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CAPITOLO 1: il diritto romano e le sue fonti

ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO


Istituzioni viene da instituere (insegnare, dare i primi rudimenti della disciplina); consiste nello
studio generale di tutti i temi della disciplina (diritto privato e processo), che non è
cristallizzata in un determinato momento storico, ma è in continua evoluzione, dalla
fondazione di Roma (753 a.C.) all’età giustinianea (VI sec. D.C., 565 d.C. morte di
Giustiniano), in quanto il dir. Romano è stato in grado di adeguarsi alle mutate esigenze.
Tuttavia non si riesce ad individuare un momento preciso di cambiamento.

Varie definizioni di diritto (da dirigere: connotazione autoritativa, di comando)


Diritto è termine estraneo alla lingua latina, che usa il termine ius, da intendere in due
significati:
1) Diritto oggettivo: Norma agendi (in latino - law in inglese, cioè norma, regola di condotta):
insieme delle norme giuridiche obiettive e uniformi che regolano l’agire umano e la vita
collettiva in un ordinamento giuridico (Diritto è inteso, quindi, come ordinamento
giuridico) Es.: Iura populi romani (al plurale, perché dir. è dimensione complessa)
L’esistenza e la necessità delle norme dipende dalla volontà che qualunque aggregazione umana, esprime col
dare a se stessa delle regole di composizione dei conflitti e di organizzazione interna allo scopo di continuare ad
esistere.
2) Diritto soggettivo: facultas agendi (in latino, right in inglese, che ha termini diversi per
indicare i due aspetti): la pretesa di un soggetto, tutelata e garantita dal diritto oggettivo,
cui corrisponde il dovere di altri di soddisfare quella pretesa. Es.: “Questo è un mio
diritto”
Diritto soggettivo è il potere di agire di un soggetto a tutela di un proprio interesse riconosciuto dall'ordinamento
giuridico, nonché la pretesa dello stesso - garantita e disciplinata dal diritto oggettivo - nei confronti di altri soggetti o
beni.
Il diritto soggettivo attribuisce al suo titolare una posizione di vantaggio che questi potrà far valere nei confronti di tutti
i soggetti, nel caso di diritto soggettivo assoluto (erga omnes), oppure nei confronti di uno o più soggetti nell'ambito
di un determinato rapporto giuridico, nel caso di diritto soggettivo relativo (actio in personam).
Un esempio di diritto soggettivo assoluto è il diritto di proprietà che consente al suo titolare di agire nei confronti di tutti
i soggetti che ne turbino eventualmente il godimento.
Un esempio di diritto soggettivo relativo invece è dato dalla posizione giuridica e dai poteri dei soggetti che sono parte di
un contratto. In virtù della loro partecipazione possono esercitare vari poteri tra cui quello di agire in caso di mancato
l diritto soggettivo relativo indica una relazione tra due o
adempimento nei confronti l'uno dell'altro.
più soggetti, per cui il titolare della posizione soggettiva attiva ha un diritto solamente
verso quel determinato soggetto, e non verso tutti i consociati. 

La dottrina ha inoltre individuato la nozione di potestà e facoltà


Potestà (o diritto potestativo): il titolare esercita un potere su altri soggetti
indipendentemente dalla loro volontà (es. potestà dei genitori sui figli)
Facoltà: sono le possibilità riconosciute e garantite al titolare del diritto soggettivo (es.
il proprietario ha lo ius utendi, cioè la facoltà di usare la cosa di venderla, locarla)

Con riguardo alla posizione giuridica soggettiva passiva si parla di DOVERE GIURIDICO
(vi è, quindi, un rapporto giuridico: dir. soggettivo da una parte, dovere giuridico dall’altra)

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CAPITOLO 1: il diritto romano e le sue fonti

Si distingue tra Obbligo (dovere di fare o non fare in relazione al diritto soggettivo altrui)
Soggezione (situazione in cui un soggetto deve sottostare ad altrui potestà), Onere (sacrificio
che il diritto soggettivo addossa ad un individuo affinché possa conseguire un risultato)

Diritto Romano: diritto di quella collettività politica organizzata che fece capo all’antica
Roma; dura per oltre 1300 anni, dall’origine di Roma (VII secolo a.C., 745 a.C.) alla morte di
Giustiniano (565 d.C.), particolarmente importante per la compilazione del Corpus iuris civilis
(dal 528 al 534 d.C.). In seguito diritto bizantino in Oriente e dopo il mille dir. Comune in
Occidente.

Il diritto romano è tra i diritti dell’antichità classica quello durato più a lungo, l’unico che fu
scientificamente elaborato e solo Roma ebbe veri “giureconsulti” (giuristi, esperti di diritto).
Il diritto romano sopravvive. La nostra terminologia deriva dal diritto romano (ad es. contratto,
dominio, proprietà, obbligazioni, sono termini romani recepiti con accezione tecnica.
Continuità anche sul piano dei concetti, non solo terminologica.
Diritto a Roma raggiunge dimensione scientifica ( scientia iuris).
Ogni uomo di cultura affrontava studi guridici.
La Grecia fu grande per gli studi filosofici; Roma per quelli giuridici.
Il dir. Romano continua ad essere usato, trasfuso nei codici attuali; chiaramente oggi ci sono
aree nuove.
I concetti derivati dal dir. Romano si sono diffusi a livello generale tra diversi Stati attuali;
termini, concetti, modalità di ragionamento giuridico romano sono usati ancora oggi.
È alla base di molti sistemi privatistici di molti paesi mondiali (Europa, America Latina,
Giappone, Luisiana) e del nostro Diritto Privato, il vigente Codice Civile; ancora applicato a
San Marino e in Sud Africa.
Oggi grande interesse della Cina per gli studi di dir. romano

IUS: corrisponde alla comune parola “diritto”, usato nel diritto oggettivo (ius civile, ius
gentium), ma soprattutto nel diritto soggettivo, sia per indicare situazioni attive che passive
(ad.es., succedere in ius, succedere (erede) al defunto nella posizione giuridica complessiva
(sia nei diritti che nei doveri)
Anticamente ius indicava il “luogo del giudizio” (come nelle espressioni in ius vocatio, in iure
cessio)
In età tarda iura indicava la giurisprudenza classica, in contrapposizione a leges,
termine che indicava le costituzioni imperiali.
Ius è usato anche per indicare diritto e dovere insieme, come nell’espressione succedere in
ius (successione nella posizione giuridica complessiva).

Il diritto oggettivo viene di solito distinto in diritto  pubblico (Ius publicum) e diritto privato (ius
privatum): il primo è diretto a disciplinare la formazione, l'organizzazione e l'attività dello Stato e
degli enti pubblici, nonché i rapporti che essi intrattengono con i privati; il secondo regola i
rapporti tra individui, cioè interviene a regolare i rapporti tra i soggetti appartenenti ad una
stessa collettività in posizione di parità.
Secondo la definizione di Ulpiano il diritto pubblico si riferisce all’assetto della comunità di Roma, il diritto
privato attiene all’interesse delle singole persone

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FONTI DI PRODUZIONE del diritto


Gaio (II sec. d.C.) dedica diversi paragrafi alle fonti di prod. del dir.: Constant
autem iura populi Romani (Le istituzioni giuridiche del popolo romano prendono
consistono in) 1) leggi, 2) plebisciti, 3) senatoconsulti, 4) costituzioni del
principe, 5) editti dei magistrati, 6) mores maiorum, 7) responsi dei giuristi:
1) “La legge è quel che il popolo dispone” . “Lex est quod populus iùbet atque
constìtuit” (Inst. I, 3), cioè “legge è quel che il popolo prescrive e stabilisce”.
Gaio si riferisce alla lex rogata (legge comiziale), detta anche legge pubblica
(pubblico viene da populus): rogatio (proposta – rogare=porre una domanda) del
magistrato e successiva approvazione da parte dell’assemblea. Il magistrato si
rivolge al popolo, ai comizi (in questo caso centuriati).
Le classi inferiori difficilmente partecipano alla votazione, poiché questa viene
interrotta appena raggiunta la maggioranza si parte a contare dalle classi alte.
Il magistrato si rivolge al popolo, chiamandolo “Quiriti” (antico nome, che si
riferisce al nucleo originario del popolo romano) e sottopone un “progetto di
legge” per essere approvato1.
Poche decine di leggi in 13 secoli.

2) Il plebiscito è quel che la plebe dispone. Vi era contrasto tra patrizi e plebei,
che chiedevano equiparazione. La plebe differisce dal popolo in quanto con la
denominazione di popolo si allude a tutti quanti i cittadini, compresi i patrizi,
mentre con la denominazione di plebe si allude a tutti gli altri cittadini esclusi i
patrizi.
I plebei, che per il loro numero costituivano una forza considerevole anche per
affrontare le guerre, erano essenziali; sicchè usarono la tattica di ritirarsi
sull’Aventino.
Per un periodo vi fu una condivisione patrizio -plebea del consolato, dopodiché
le famiglie patrizie cercarono di gestire e monopolizzare la carica suprema (la
cosiddetta "serrata del patriziato"). Questa fu la causa delle prime lotte tra patrizi
e plebei che, nel 494 a.C., sfociarono in una prima secessione sull'Aventino,
dunque nel rifiuto della plebe di obbedire ai consoli e di rispondere alla leva
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Procedimento di formazione di una lex rogata
La proposta, formulata da un magistrato e pubblicata su tabulae dealbatae in luogo accessibile a tutti (promulgatio),
costituiva oggetto di discussione durante il trinundinum, periodo di tre mercati (circa 24 giorni), nel quale, nelle cd.
contiones, assemblee informali della popolazione, si argomentava a favore o contro di essa, con l’eventualità che il
magistrato potesse ritirarla ed eventualmente modificarla. Decorso quel periodo si procedeva alla convocazione dei
comitia competenti a delibare il merito della proposta, i quali si esprimevano positivamente o negativamente senza
possibilità di cambiare alcunché. In caso di esito positivo (e fino alla lex Publilia Philonis de auctoritate patrum del 339 a.C.)
il progetto approvato passava alla ratifica senatoria, divenendo compiutamente atto normativo efficace.
Da notare che la promulgatio romana è ben diversa dall’odierna promulgazione delle leggi: la prima precedeva il
procedimento di approvazione popolare ed era finalizzata a garantire la conoscibilità della proposta, la seconda, prevista
dall’art. 73 della Costituzione italiana, segue invece la deliberazione parlamentare, garantendo gli effetti dell’atto
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militare; quando i plebei si vedranno negato ciò che chiedono essi


minacceranno di non andare in guerra,
Primo risultato fu la Legge delle XII Tavole.
Essendo posto in essere solo dai plebei, aveva una forza dirompente,
rivoluzionaria, tanto che un tempo i patrizi dicevano di non essere vincolati dai
plebisciti, perché essi venivano fatti senza la loro partecipazione.
Ma poi fu emanata la lex Hortensia (287 a.C.), con la quale venne previsto che
i plebisciti vincolassero l'intero popolo e così essi furono equiparati alle leggi.
Tra i plebisciti si ricorda la lex Aquilia de damno (287 a.C. - prima legge scritta in
materia di risarcimento del danno); subito dopo la lex Hortensia: è plebiscito, ma
ormai considerata legge per equiparazione.

3) Il senatoconsulto è quel che il senato prescrive, ed esso ha valore di legge, benché ciò
sia stato oggetto di discussione . Un magistrato coinvolgeva il Senato, chiedendone
l’opinione; da semplice richiesta di parere diventa decisione presa dal Senato, costituendo
diritto.

4) Una costituzione del principe è quel che l'imperatore ha stabilito con decreto o con editto
ovvero con una lettera, e mai si è dubitato che ciò abbia valore di legge, dal momento che l'
imperatore stesso ha ricevuto il potere in forza di una legge. (siamo nel II sec. d.C.).
Tra questi i rescritti, con i quali il principe scriveva in calce all’istanza la soluzione su una
contoversia; il rescritto vincolava il giudicante una volta verificato che rispondevano al vero i
fatti così come prospettati allimperatore.

5) Il diritto di emanare editti appartiene ai magistrati del popolo romano (due pretori, urbano e
peregrino, edili curuli e in provincia i governatori)
Magistrato che ha ius edicendi (potere di emanare diritto) indica nell’editto gli
strumenti processuali che concederà per tutelare i privati. Il pretore, quindi, concedendo
azioni, è fattore di produzione del diritto. Par i romani il diritto è solo la pretesa tutelata sul
piano processuale dall’azione: se esiste l’azione per tutelare la pretesa, solo allora è un diritto
(v. cap.2 pag. 1).
In età classica l’editto contiene le formulae (modelli verbali, actiones).
Il pretore denega l'azione (Denegatio actionis) per adeguare il diritto al momento storico o
quando la pretesa dell'attore è palesemente infondata o in relazione alle circostanze è iniqua.
L’editto viene emanato dal pretore appena entra in carica (che dura solo un anno); ogni
magistrato emana un nuovo editto, ma di fatto il nuovo pretore manteneva ciò che aveva dato
buona prova ed era necessario e all’occorrenza lo migliorava, formandosi così gradualmente
un nucleo che si tramandava inalterato di pretore in pretore, cosiddetto edictum tralaticium.
Alla fine venne emanata una struttura definitiva: l’Editto perpetuo (nel 133 dall'imperatore
Adriano, avvalendosi dell'opera del giurista Salvio Giuliano), che eliminò la possibilità da
parte dei successivi pretori di creare nuovo diritto attraverso i propri editti.
I Romani chiamavano gli Editti viva vox juris civilis; e Papiniano scrisse, che il Diritto
Pretorio fu introdotto per l’utilità di tutti i cittadini, perché soccorresse, supplisse, e
perfino correggesse il Diritto Civile (adiuvandi vel supplendi vel corrigendi iuris civilis
gratia), adeguandolo al preciso momento storico e adattando le istituzioni antiche ai bisogni

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CAPITOLO 1: il diritto romano e le sue fonti

nuovi. Ius honorarium non coincide, quindi, con lo ius civile, poiché a volte lo conferma, a
volte lo corregge, a volte supplisce.

6) Mores maiorum: L’espressione mos maiorum significa letteralmente “costume (o usanza)


degli antenati” e si basava sull’idea tipica di una società rurale e tradizionalista, che gli
antenati rappresentassero un modello di comportamento
Usanze degli antichi, comportamenti ripetuti nel tempo, percepiti come vincolanti.
Erano le consuetudini formatesi, ai primordi della storia di Roma, all’interno della comunità
originaria, al fine di regolare la pacifica convivenza tra le familiæ.
Chiunque non rispettasse il "Mos maiorum" infrangeva il codice degli insegnamenti etici e
morali romani.
Trovano fondamento nei mores la familia, la patria potestas, la mancipatio, la legis actio per
sacramentum e la leegis actio per manus iniectionem.
Sui mores di svolge l’attività di interpretatio, prima dei pontefici e poi dei laici.

7) I responsi dei giuristi (pareri dei giureconsulti – interpretatio prudentium ) sono i


pareri di coloro ai quali è stato consentito di creare il diritto : e se i loro pareri sono tutti
concordi, quel che essi pensano ha valore di legge, se invece dissentono, il giudice può
seguire l' opinione che vuole; ciò è detto in un rescritto del divo Adriano.
La giurisprudenza è in continuo dibattito, avendo carattere controversiale (in senso positivo)
poiché ogni giurista deve trovare nuove argomentazioni e raffinare il pensiero giuridico,
raggiungendo la vetta nell’età classica.
NB In dir. romano giurisprudenza non è costituita come oggi dalle decisioni dei giudici, ma si
identifica con gli esperti del diritto (oggi dottrina); la forza è nell’autoritas del singolo giurista.

Periodi della storia del Dir. Rom.:


 Età arcaica  Età preclassica  Età classica  Età postclassica  Età giustinianea

ETÀ ARCAICA: dalle origini (fondazione di Roma: 753 a.C.) a metà del III secolo a.C.
Attraverso ritrovamenti archeologici vi sono riscontri sul fatto che una serie di piccoli insediamenti,
abitanti nel Latium vetus, scompaiono e ne scaturisce uno più grande, per cui probabilmente Roma è
nata dal fenomeno del sinecismo (incontro o fusione di entità più piccole ma preesistenti che si sono
conglobate).

Regime costituzionale: prima monarchico (rex, senato, assemblee popolari), poi repubblicano (senato,
magistratura, assemblee popolari)
Con l’espansione di Roma, potenza militare, si sviluppano grandi attività commerciali
Caratteri del IUS: il diritto romano è un diritto povero di strutture, formalistico per una società
rurale, è un diritto per i soli cittadini romani. Diritto di questo periodo è dapprima qualificato Ius
Quiritium, poi Ius civile.
I MORES: il diritto dell’età arcaica era basato sulla consuetudine: il diritto era fondato sui mores che
erano i costumi giuridici dei MAIORES (antichi romani)
LE LEGES: provvedimenti normativi; erano 2 tipi:
1). Leges publicae, la più nota la Legge delle XII Tavole2 (451-450 a.C.), che si ritiene esser stata
una lex data (cioè pronunciata dinanzi al popolo riunito da un magistrato cui il popolo aveva dato la

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Anche la famosa legge delle XII Tavole dovette essere in prevalenza una codificazione scritta di norme consuetudinarie
preesistenti.
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CAPITOLO 1: il diritto romano e le sue fonti

delega a legiferare), scritta su tavole di bronzo distrutte nell’incendio di Roma nel 387 a.C. ad opera
dei Galli, ma tramandate oralmente.
Le prime dieci tavole emanate dai decemviri legibus scribundis, magistrati straordinari appositamente
eletti; le ultime due dai consoli Valerio e Orazio.
2) Leges rogatae: proposte dal magistrato che “rogava” (interrogava) il popolo in assemblea (comitia
centuriata o tributa).
L’assemblea poteva: i. Approvare la proposta: il testo veniva ratificato dal Senato e prendeva il nome
di “LEX + nome magistrato proponente”. ii. Rifiutare la proposta: no LEX

I plebis scita (plebisciti), votati dalla plebe, all’inizio erano vincolanti solo per i plebei e non per i
patrizi; con la lex Hortensia (286 a.C.) vennero equiparati alle leges e resi così obbligatori per tutti.

Ma i mores restarono la fonte principale del diritto romano in età arcaica


In età arcaica conoscenza e interpretazione del diritto erano in un’atmosfera di segretezza nelle mani
dei Pontefici (primi giuristi romani sacerdoti che, in seduta segreta, rilasciavano dei pareri giuridici,
denominati respónsa e diretti ai richiedenti, che li consultavano per sapere quali fossero le norme del
ius civíle e come andassero applicate alle singole controversie), che interpretando mores e leges
crearono istituti nuovi.

Il diritto dell’età arcaica si qualifica dapprima ius Quiritium3, poi ius civile
Ius Quiritium: “diritto dei quiriti”, una delle prime collettività romane Quirítes, antichissima
denominazione dei cittadini romani. Si trattava del nucleo originario del diritto romano privato,
formato dai mòres maiòrum [vedi], dai costumi di vita comuni a tutte le famiglie originarie, e
dalle leges regiæ. Venivano riconosciute le posizioni giuridiche soggettive assolute, cioè
posizioni di potere su cose o persone. Tale potere si è espresso nel tempo prima come
appartenenza ex iure quiritium (questa cosa è mia), poi come dominium ex iure quiritium,
successivamente come proprietas (proprietà).
Ius civile: riguarda solo i cives (cittadini) romani; le fonti erano: mores, leges e
interpretatio pontificale; comprende lo ius Quiritium, ma è più ampio; vennero riconosciute
nuove posizioni giuridiche: le obbligazioni. L’obbligatorietà che ha il debitore verso il
creditore è espressa con il verbo oportere (ma non era qualificato ex iure
Quiritium).

ETÀ PRECLASSICA: dal III secolo a.C. (inizio guerre puniche) a 27 a.C.:
dall’apogeo alla crisi della repubblica (principato di Ottaviano).
Con le guerre puniche (264 a.C.) inizia l’espansionismo di Roma, che si estende e, conquistando
territori fuori dall’Italia, crea le provinciae, che vengono inglobate all’interno dell’impero; Roma
conquistava, ma integrava.
La società si evolve, anche culturalmente (influenza greca)
Il diritto dell’età preclassica perde la povertà della struttura tipica dell’età arcaica, per le nuove
esigenze commerciali occorrono nuovi negozi giuridici, utilizzati anche dai peregrini (non cittadini)

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Lo ius Quirítium costituì il diritto oggettivo durante l’età della monarchia, nel corso della quale al vertice della città stato, la cívitas, stava un magistrato
unico e vitalizio, avente la qualifica di rex. Dopo la transizione dalla monarchia alla repubblica, avvenuta verso la fine del IV sec. a.c., il rex fu sostituito da
una coppia di magistrati dal potere diseguale il praétor màximus e il praétor mìnor. L’inizio dell’età repubblicana coincise con l’insorgere di un grave
conflitto sociale che contrapponeva i cittadini membri delle géntes, potenti aggregazioni minori provviste di una notevole autonomia rispetto alla cívitas,
che formavano il ceto gentilizio; e i cittadini estranei alle géntes, costituito dal ceto plebleo. Il complicarsi della vita sociale coincise – nel corso del
periodo repubblicano fino al 23 a.c. – con il progressivo abbandono del nome Quirítes a contrassegnare i destinatari dei móres, con la sostituzione di un
generico cíves: ius civíle, venne detto il diritto oggettivo comune a tutti i cittadini; la sua fonte continuo a consistere nei móres, i quali essendo tramandati
oralmente richiedevano degli interpreti che li identificassero di volta in volta(pontefici).

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CAPITOLO 1: il diritto romano e le sue fonti

FONTI: mores, leges (anche gli ormai equiparati plebisciti).


Tante leges rogatae, ma poche di diritto privato.
I Pontefici persero il monopolio della conoscenza e interpretazione del diritto. Maggiore ruolo
del pretore e della giurisprudenza laica, soprattutto dopo che i plebei furono ammessi al
pontificato (lex Ogulnia del 300 a.C.).

Giurisprudenza (Iuris Prudentia): in dir. romano intesa come scienza del diritto, attività degli
esperti del diritto (oggi invece le pronunce, le attività dei giudici).

Interpretatio prudentium: prudentes sono esperti del diritto, giuristi, detti anche giureconsulti
(iuris consulti), perché esprimevano consulta (pareri).

Il giurista oggi è un privato che interpreta una norma, ma la sua opinione non è vincolante;
mentre i pareri espressi dai giuristi romani erano considerati ius, fonte del ius civile.
Se il giurista godeva di autoritas, i suoi pareri venivano seguiti dai giudici.
I primi giuristi, come detto, furono i pontefici; ammessi i plebei al pontificato (lex Ogulnia del
300 a.C.) vennero i laici, dapprima con attività consultiva, poi con insegnamento e opere
giuridiche.
Giuristi più noti dell’età preclassica: Giunio Bruto, Publio Mucio, Manio Manilio (si dice
“fondarono” lo ius civile).
Prima trattazione sistematica del ius civile con Quinto Mucio Scevola (console 95 a.C.).
Servio Sulpicio Rufo fu altro giurista famoso, citato pure da Cicerone; nonché Aquilio Gallo.

Nell’età preclassica si affianca allo ius civile e si contrappone il diritto onorario.


Nell’età preclassica acquista maggiore importanza lo ius civile: viene data tutela giudiziaria ed
efficacia giudiziaria a nuovi negozi giuridici compiuti dai cittadini romani e dai peregrini.
Il giudice doveva valutare la bona fides: il giudice chiamato a decidere su una lite insorta tra
le parti doveva valutare secondo la buona fede (ex fide bona) – si rimanda quindi a comuni
criteri di correttezza - i doveri del debitore (iudicium bonae fidei: v. cap. 2 pag. 13)).
Vengono riconosciuti nuovi negozi (compravendita, locazione, società, mandato).

Ius gentium: Secondo Gaio, il ius géntium sarebbe il complesso delle norme che, essendo fondato
sull’ordinamento naturale delle cose, vale presso tutti i popoli. Tale concezione muoveva
dall’osservazione che alcuni istituti giuridici si riscontravano presso tutti i popoli, in quanto fondati
sulla naturàlis ràtio. Il ius civile valeva soltanto per i romani. I rapporti con gli stranieri, nella fase più
antica, erano scarsi. Quando però Roma divenne potenza mondiale, l’ordinamento giuridico
preesistente non bastò più: la stessa espansione fece sorgere una serie infinita di nuove relazioni che
necessitavano di tutela.
Roma vi provvide non tanto estendendo anche agli stranieri, i peregrìni, l’efficacia del ius cívitas, bensì
affidando al praétor peregrìnus, la tutela giurisdizionale dei rapporti tra romani e stranieri, e tra
stranieri e stranieri. Essendo il praétor peregrìnus, come il praétor urbànus, munito del potere di
comando e del potere giurisdizionale, egli poté organizzare i giudizi indipendentemente
dall’applicabilità del ius cívitas agli interessi in conflitto. Così nella giurisdizione del pretore peregrino,
con un procedimento analogo a quello che condusse alla formazione del ius honorárium, si venne a
creare un sistema di norme, enunciate annualmente dal magistrato, la cui sfera di efficacia
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CAPITOLO 1: il diritto romano e le sue fonti

comprendeva le controversie tra romani e stranieri o fra stranieri: tale sistema di norme è il ius
géntium. Nella pratica il magistrato, non potendo applicare il criterio di composizione del ius cívitas,
utilizzava adattamenti di istituti civili o recepiva istituti stranieri. Nel proseguo del tempo le norme di
ius géntium divennero parte integrante del ius civie e si ritennero applicabili anche ai romani.

Ius Honorarium: Al ius civile si affianca allo ius civile e si contrappone il diritto
onorario. E’ il diritto risultante dall’attività creativa di alcuni magistrati con carica
annuale (pretori urbani e peregrini, edili curuli, governatori delle province,).
Pretore urbano (istituito con le Leges Liciniae Sextiae del 367 a.C.): magistrato cum imperio;
compiti: dicere ius
Edili curuli: magistrati sine imperio della cura dei templi e degli edifici pubblici; compito: cura
annonae (poteri di vigilanza sui mercati e relativa giurisdizione, soprattutto compravendita
schiavi e animali).
Pretore peregrino (242 a.C.) istituito più tardi per aumento traffici commerciali; compito:
dicere ius tra cittadini romani e stranieri (peregrini) o tra stranieri. Pari dignità pretore urbano.
Governatori provinciali: attività giurisdizionale delle province dei territori di Roma.

Tali magistrati emanavano editti, soprattutto il pretore; quindi ius honorarium = ius pretorio: da
pretore urbano che emanava un editto con durata di 1 anno (come la sua carica) con un
programma che indicava le promesse di strumenti giudiziari e i modelli dei provvedimenti che
avrebbe emanato.
I pretori successivi confermavano l’editto del precedente pretore, creando gradualmente un
nucleo edittale che si trasmetteva: fu l’edictum tralaticium.
Il pretore colmava le lacune del ius civile o lo correggeva per attuare l’aequitas (ad.es.
paralizzando l’azione basata su una promessa estorta, concedendo una exceptio).
(V. supra pag. 4 n° 5).

ETÀ CLASSICA: Dalla fine della repubblica romana e all’avvento del principato di
Ottaviano Augusto (27 a.C.) inizia l’età classica. Termina con l’abdicazione di
Diocleziano (305 d.C.).
E’ il momento più alto del diritto, si raggiunge l’apice del diritto . Alcune discipline fissate
nell’età classica trovano corrispondenza nel nostro Codice Civile.

Aspetto costituzionale: ibrido; non più repubblicano e non ancora monarchico, sopravvivono
formalmente organi repubblicani, cui si sovrappongono princeps e i suoi funzionari.
Espansione ulteriore di Roma e della società romana.

FONTI: si aggiungono senatoconsulti (emanati dal Senato) e costituzioni imperiali


(emanate dal principe); si estingue l’attività legislativa del popolo; il pretore perde il
carattere innovatore del ius.

Editto perpetuo: 130 d.C., Salvio Giuliano, su incarico d’Adriano (poi approvato dal
Senato), compone il testo definitivo dell’editto pretorio e degli altri magistrati→ editto perpetuo

Giurisprudenza: i giureconsulti raggiungo il più alto grado di importanza; l’età classica fu


caratterizzata da 2 tipi di scuole (sectae) di giuristi:
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Sabiniani: capostipite Ateio Capitone, ma il nome fu preso da Masurio Sabino. Detti anche
Cassiani (da Cassio).
Proculiani: Labeone: fondatore della scuola dei Proculiani; capostipite Marco Antistio
Labeone; la scuola prese il nome dal successore di Labeone, Procuro.
Di questo periodo: Gaio (v. dopo), Pomponio (autore di una storia del dir. romano), Papiniano
(fatto uccidere da Caracallla per non aver voluto celebrarne il fraticidio), Paolo (ad Sabinum),
Ulpiano, Africano e altri.
Con Augusto si riconduce la giurisprudenza nel potere politico, individuando specifici giuristi
posti su un piano superiore, che erano ovviamente vicini al principe.

ETÀ POSTCLASSICA Dal 312, con l’ascesa di Costantino si parla di età postclassica
fino alla morte di Giustiniano, avvenuta nel 565 d.C..
Aspetto costituzionale: con Diocleziano termina il principato e si parla di dominato, forma di
governo assoluto ove l’imperatore è un despota; l’impero è suddiviso in 2 parti (ognuna ha un
imperatore): pars occidentis: con capitale Roma; b. pars orientis: con capitale Bisanzio,
divenuta Costantinopoli
Per motivi interni (crisi e Cristianesimo, divenuto religione di stato con Teodosio I 380
d.C.) ed esterni (invasioni barbariche) finisce impero romano d’Occidente nel 476, quando
Romolo Augustolo viene sconfitto dal re ostrogoto Odoacre. Sopravvive l’impero romano
d’Oriente: Giustiniano, imperatore d’oriente, riconquista l’Italia, ma tale successo si vanificò
pochi anni dopo la sua morte.
Il diritto privato è in decadenza; l’unica fonte del diritto è l’imperatore.
Lo studio del diritto sopravvive: “Codice Teodosiano” (Teodosio II) era una compilazione delle
costituzioni imperiali da Costantino a Teodosio II.
Dal V secolo maggiore impulso agli studi giuridici che nel VI secolo Giustiniano poté adottare
la compilazione della giurisprudenza classica e delle costituzioni imperiali che oggi porta il
nome di “Corpus iuris civilis”: le differenze tra ius civile e ius honorarium furono diminuite.

FONTI DI COGNIZIONE DEL DIRITTO ROMANO Il Corpus Iuris Civilis


(Giustiniano VI sec. d.C.) fu la principale fonte di cognizione del diritto romano: compilazione
di iura (giurisprudenza classica) + leges (costituzioni imperiali di Giustiniano).
Giustiniano ha raccolto il materiale (costituzioni imperiali e iura) sedimentato nei secoli
precedenti, soprattutto dell’età classica (la vetta del dir. rom.), dandogli autorità imperiale.

È diviso in 4 parti: 1. Institutiones: analisi del diritto a livello basilare, divisa in 4 libri; sono la
parte più breve e semplice della compilazione; sono scritte in forma di discorso diretto; hanno
funzione didattica. Ha doppia valenza: è manuale di insegnamento, ma è anche testo
normativo, sono legge vigente. Recuperano modello affermatosi con Gaio, con quella
partizione: personae, res, obligationes, actiones (4 libri).
2. Digesta (D.; poi 3 numeri: libro, titolo, frammento; event. Quarto numero che indica
suddivisione di frammento molto ampio): 50 libri divisi in titoli (ognuno per argomento:
matrimonio, dote, compravendita, ecc.); è la parte di maggior pregio e grandezza del Corpus
Iuris. È un’antologia giuridica. 3. Codex (C.) : Di esso furono redatte due edizioni: la prima, il Codex
Iustinianeus primus o vetus del 529, è andata perduta, mentre la seconda, il Codex Iustinianeus repetitae

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CAPITOLO 1: il diritto romano e le sue fonti

praelectionis del 534, ci è pervenuta integralmente. D iviso in 12 libri ; contiene le costituzioni di diritto
privato di Giustiniano 4. Novellae (Nov.): sono le costituzioni di Giustiniano raccolte dopo la
sua morte.

Parte più importante: Digesto (o Pandette in greco: raccolta complessiva), da


digerire=organizzare, raccoglie opere della giurisprudenza classica; è come un’antologia di
brani di vari Giuristi, che vengono coordinati, con alterazioni al testo, per elaborare un
discorso nuovo; vengono indicati Autore e Opera da cui i brani vengono presi. Veniva inserito
ciò che era necessario recuperare come diritto vigente.
Vengono trascurati tutti i temi che non erano più attuali, per cui non vi sono alcuni istituti
scomparsi (ad es. manca la distinzione tra res mancipi e res nec mancipi; non vi sono istituti
arcaici come la dotis dictio o il matrimonio con manus o senza manus).

Ci fu un periodo della caccia alle interpolazioni (alterazioni del testo originale); in realtà le i.
sono per lo più solo sul piano formale, non incidono sul piano sostanziale della disciplina e
viene riportato in maniera genuina il pensiero dell’autore classico.

Palingenesi: ricostruzione delle opere originali, riaccorpando i vari frammenti tratti dalla
stessa opera di un giurista.
Palingenesia Iuris Civilis di Otto Lenel, che rimonta i vari frammenti del Corpus Iuris Civilis nel
contesto originale, restituendo unità al materiale diluito all’interno del Digesto e ricostruendo
le opere dei vari autori.

Fonti di cognizione pregiustinianee: Istituzioni di Gaio: scoperte a Verona dal Niburg nel
1816 e sono formate da 4 libri (cose, persone, azioni). Opera esagogica (serve da
introduzione), recuperata quasi integralmente (pare i dodici/ tredicesimi); il resto è stato
distrutto dai reagenti chimici. Il testo di alcuni di questi fogli andati perduti venne in parte ricostruito
grazie al ritrovamento in Egitto di un papiro.
Il carattere di assoluta eccezionalità dell'opera consiste nel fatto di essere l'unica opera della giurisprudenza
romana classica ad essere pervenuta fino ai nostri giorni direttamente, senza il tramite di compilazioni che ne
abbiano potuto alterare il significato. Nel 1816 il diplomatico tedesco Barthold Georg Niebuhr consultò un
manoscritto religioso della Biblioteca Capitolare di Verona. Osservando bene notò che si trattava di un
palinsesto, e che in alcune pagine affiorava una scrittura precedente cancellata alcuni secoli più tardi per far
spazio al testo di contenuto teologico.
E’ stato possibile così confrontare l’originale con i frammenti di Gaio riportati nel Digesto.
Gaio è un giurista romano del II sec. d.C.. Le sue Istituzioni parlano anche del diritto arcaico,
che possiamo conoscere grazie a Gaio.

Altri giuristi: Fiorentino (ha scritto Istituzioni, riportate in frammenti nel Digesto)

Codice Teodosiano: non pervenuto direttamente, fatto compilare nel 438 da Teodosio II;
diviso in 16 libri; conteneva le costituzioni imperiali ordinate per materia da Costantino a
Teodosio II.

Titoli ex corpore Ulpiani: opera affine alle Istituzioni di Gaio.

Fragmenta Vaticana (Fr. Vat.) ritrovati nel XIX sec, 341 frammenti di iura e leges

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CAPITOLO 1: il diritto romano e le sue fonti

Lex Dei o Mosaicarum et Romanarum legum collatio (Coll.), costituisce una raccolta di testi
tratti dalle opere di Gaio , Paolo, Ulpiano, Modestino, nonché dalle leggi imperiali.
Aspetto peculiare di tale opera è la sistematica analisi comparativa dei testi predetti con le norme della
legislazione mosaica: mediante tale costante raffronto si intendeva dimostrare la sostanziale conformità dei
precetti giuridici romani alle prescrizioni bibliche. Con tutta probabilità, l’intento perseguito dall’autore della
compilazione era quello di realizzare un’opera di propaganda a favore della religione cristiana, divenuta fede
ufficiale a partire dall’Editto di Milano di Costantino (313 d.C.); od anche quello di operare una difficile
giustificazione del diritto romano, basata su matrici prettamente pagane, alla luce dei precetti cristiani.

Consultatio vèteris cuiùsdam iurisconsùlti [Parere di un antico giurisconsulto] Opera di autore ignoto, si
presenta come una raccolta di pareri, dati da un giurista ad un avvocato, intorno ai più vari argomenti.

Lex romana Wisigothorum Complesso di norme personali regolanti i rapporti tra Romani all’interno del
regno dei Visigoti. La (—) fu emanata nel 506 dal re Alarico II, per cui è nota anche come Breviarium Alarici. Si
tratta di una raccolta di costituzioni (leges), alcuni frammenti delle sentenze di Paolo e epitome Gai (riassunto
delle Istit. Di Gaio).
L’Epitome Gai tralascia ciò che non è più attuale rispetto alle Istit. Di Gaio.

Fonti atecniche: letterarie (come i commediografi Plauto e Terenzio). Commediografi latini


adattano le trame attiche secondo il diritto romano per renderle verosimili al pubblico romano.

Epigrafi (testimonianze su pietra) danno riferimenti per ricostruire il diritto

Legge delle XII Tavole è il testo normativo più risalente, sono un corpo di leggi compilato nel
451-450 a.C. dai decemviri legibus scribundis, contenenti regole di diritto privato e pubblico.
Distrutte nell’incendio di Roma del 390 a.C. Ricostruite perché tramandate oralmente
mediante palingenesi (operazione di ricostruzione dei frammenti).
Cicerone narra che ancora ai suoi tempi (I secolo a.C.) il testo delle Tavole doveva essere
imparato a memoria dai bambini e Livio le definisce come fonte di tutto il diritto pubblico e
privato.

Glossatori: tipo di studio con annotazioni a margine (glosse).


La scuola bolognese dei glossatori (anche scuola di Bologna) è stata una scuola di giuristi e studiosi attiva in
Bologna tra il XI – XII secolo che ricostruì l'opera di Giustiniano I, il Corpus iuris civilis, e ne fece quindi un'analisi
approfondita.

Si indaga il diritto romano più per poterlo usare, con operazione continua di attualizzazione; si
prende il testo romano e lo si interpreta, attualizzandolo.

Commentatori
Umanisti
Giusnaturalisti

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CAPITOLO 1: il diritto romano e le sue fonti

19° sec. è il secolo delle codificazioni; quando non è più diritto vigente, vi è una rinascita del
dir. romano perché – non dovendolo più applicare, adeguare e adattare - si recupera la
corretta dimensione e prospettiva storica.

Umanesimo giuridico; Lorenzo Valla leggeva il Digesto 4


Lorenzo Valla, benché non sia giurista, può a ragione considerarsi come l’umanista che per primo ha avviato
una riflessione critica sul metodo della scienza giuridica medievale e sul suo valore effettivo, ponendola a
paragone con quella romana. Ciò che lo distingue dagli altri umanisti è il suo interesse verso la lingua del
diritto e la sua ferma convinzione che la giurisprudenza classica, conoscibile attraverso i frammenti raccolti
da Triboniano nel Digesto, rappresenti un modello culturale di valore assoluto, anzitutto per la qualità del
latino utilizzato, al contrario della scienza giuridica del suo tempo, da Valla disprezzata per la lingua adottata,
così come per il metodo scolastico impiegato, ancor prima che per i contenuti elaborati.

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