27.09 Studio dell’evoluzione dell’esperienza giuridica romana a partire dall’età monarchica, VIII secolo
a.C., fino all’età di Giustiniano, VI secolo d.C.
La storia del diritto romano ha come oggetto il diritto pubblico romano, o meglio dire, il diritto relativo alle varie
forme di governo della storia di Roma, relativo anche al processo penale. Oltre al diritto romano pubblico,
quello privato si occupa, invece, di regolare i rapporti tra privati.
Inizialmente la storia di queste due branche del diritto romano era studiata singolarmente ma con l’unione
degli stessi, si può giungere ad uno studio e apprendimento storico e istituzionale.
Con il diritto romano, dunque, si intende un sistema normativo vigente dalle origini di Roma, 753 a.C., fino alla
codificazione del diritto voluta dall’imperatore Giustiniano, con la durata di circa tredici secoli.
È importante specificare che i romani non utilizzarono mai le espressioni “ius romanum” (diritto romano) o “ius
romanorum” (diritto dei romani) poiché facevano riferimento a diverse masse giuridiche che componevano
quello che oggi noi chiamiamo “diritto romano”.
Tali masse giuridiche erano indicate con i seguenti nomi:
Ius civile: regolava i rapporti tra i cittadini romani
Ius gentium: regolava i rapporti tra i cittadini romani e stranieri
Ius honorarium: chiamato niche diritto pretorio, era una massa giuridica che privilegia l’importante attività
giurisdizionale esercitata dal pretore urbano (magistrato odierno)
È possibile individuale delle differenze tra il diritto romano e quello vigente in Italia: il nostro ordinamento è
codificato, difatti gli operatori del diritto (magistrati, avvocati) devono far riferimento a norme scritte. Nel
periodo romano, invece, non esistevano norme codificate ma si faceva affidamento al pretore, che risultava
dunque avere un ruolo differente rispetto al magistrato dei giorni nostri. Il pretore svolgeva un’attività creativa.
Il diritto era espressione della società che lo aveva creato ma è riuscito a sopravvivere nonostante la stessa
venne meno. I principi posti al vertice della cultura e società romana continuarono il loro percorso di esistenza
e vennero applicati in vari Stati d’Europa per secoli.
Un esempio eclatante è la Germania, fino al 1° Gennaio 1900, con l’istituzione del codice civile tedesco,
l’ordinamento, ovviamente adattato ai tempi più moderni, prevedeva i principi del diritto romano.
Ad oggi è possibile affermare che il diritto romano non è applicato in nessuno Stato ma in Italia, il nostro
ordinamento è di matrice romanistica, le linee essenziali risalgono al diritto romano.
Nella famiglia romana ruotava tutto intorno alla figura del pater che aveva addirittura il diritto di uccidere o
vendere i propri figli. Oggi tale rapporto di podestà si è fortunatamente trasformato in responsabilità o cura
genitoriale, che pone l’accento sui diritti ma soprattutto doveri dei genitori verso un figlio (tutela del minore).
Dunque, essendo di matrice romanistica, lo studio del diritto romano porta ad una maggior consapevolezza
della comprensione del diritto vigente. Ad esempio, in epoca romana, precisamente III secolo a.C. veniva
attuata la lex Aquilia volta al risarcimento dei danni; ancora oggi vige tale legge ed è chiamata responsabilità
aquiliana.
28.09 analogie e differenze tra diritti romano e diritto vigente,ordinamento giuridico, norma giuridica,
fonti di produzione del diritto e fonti di cognizione del diritto
con l'ordinamento giuridico si intende l'insieme di norme che sono finalizzate a ordinare e disciplinare la
comunità politica e questo concetto si esprime con ubi civitas ibi ius (dove c'è comunitá politica lì c'è diritto).
esso ha lo scopo di ordinare e regolare la comunità per garantire l'ordine ed evitare il caos.
la concezione di diritto romano fa riferimento alle masse giuridiche che compongono l'ordine giuridico romano
(ius civile,ius honorarium, ius gentium).
c'è la concezione del diritto soggettivo di cui si parla del ius vendendi (diritto di vendere) quindi che rientra
nella patria potestas, cioè fa parte del d. soggettivo.
IUS= diritto, ma indica anche un giudizio, un procedimento che si instaura dinnanzi al magistrato. viene
utilizzata l'espressione vocatio in ius (vocazione in giudizio).
1 fase del processo che si svolge dinnanzi al pretore urbano e viene indicana con l'espressione fase in iure
il termine ius può indicare anche una situazione giuridica soggettiva che riguarda una persona, quindi amche il
complesso dei diritti che fanno capo ad una persona e questo significato lo abbiamo nella cosiddetta
successione (cioè quando un soggetto muore e l'erede subentra nella posizione giuridica soggettiva nel
complesso dei diritti e doveri {anche posizione giuridica} che appartenevano al defunto. in questo è caso si
parla di successione a titolo universale, successio in universum ius.
l'ordinamento è composto da norme giuridiche, quindi la caratteristica della norma giuridica è che inserita in un
ordinamento -che contribuisce a formare- ed inoltre è dotata di autorità, cioè è imposta dall"ordinamento e che
deve essere rispettata da tutti i consociati. L'insieme delle norme costituisce il diritto positivo, cioè il diritto
vigente.
norma giuridica -che deve essere rispettata e osservata- va distinta dalla norma morale o da un precetto
religioso, quest'ultime non hanno autorità e quindi entrambe vengono rispettate soltanto nel momento in cui la
coscienza del singolo decida di farlo.
su questo però vi è anche una norma giuridica (dare all'incrocio la precedenza al veicolo situato alla propria
destra).
in diritto romano la separazione, la netta distinzione tra la sfera giuridica e l'ambito religioso non è così
evidente. Queste due sfere sono strettamente connessi, infatti si è solito parlare di tale rapporto tra ius e il
cosiddetto fas (ciò che è lecito, ciò che è giusto) per non turbare la pace degli dei. I romani erano
profondamente convinti che bisognava rispettare dei determinati comportamenti per non turbare la pace
divina, altrimenti temevano che l'ira divina si potesse scagliare sulla società turbando l'ordine sociale.
1 conseguenza= notevole formalismo dei romani. Loro davano una grande importanza ai riti e anche a tutta
una serie di formalità che dovevano essere rispettate secondo le indicazio i che erano emerse nel tempo e che
Storia del diritto romano
quindi non bisognava modificare.Ad es. nell'ambito processuale il rispetto di djverse solennittà (verbali e
gestuali) erano più importanti del contenuto.
2 conseguenza= data dal fatto che un collegio sacerdotale dei pontefici crea le norme e questi pontefici
(sacerdoti) hanno al contempo competenze in ambito giuridico e quindi con la lorp attività indicano il
comportamento da seguire in determinate situazioni. Questi sacerdoti sono i primi esperti di diritto (iuris periti,
GIURISTI)
Nel nostro ordinamento non sempre è sufficiente la messa in atto di una pena o sanzione civile per ricevere il
rispetto della comunità. di base deve esserci l'importanza della cultura della legalità,il rispetto delle leggi.
nel diritto romano il pretore, nella sua attività giurisdizionale, svolge un'attività del diritto. tant'è vero che da vita
ad una massa giuridica.
A partire dall'età del principato (I sec ac) nell'ambito della produzione del diritto dobbiamo ricordare le leggi
emanate dall'imperatore, le cosiddette costituzioni imperiali.
Accanto a queste fonti bisogna menzionare l'attività della giurisprudenza (termine che si riferisce all'attività
svolta dagli esperti di diritto) romana.
Aspetto fondamentale giuridico romano: in alcune epoche della storia romana l'evoluzione del diritto romano si
è avuto grazie e soprattutto all'attività dei giuristi. Gli studiosi parlano del diritto romano come diritto
giurisprudenziale, cioè un diritto integrato e modificato grazie all'importante apporto dei giuristi.
le fonti di cognizione del diritto è tutto ciò che ci permette di conoscere l'ordinamento giuridico. si parla di fonti
di cognizione in senso tecnico e in senso atecnico
tecnico: sono quelle che hanno lo scopo di riferire e far conoscere l'ordinamento giuridico. es. gazzetta
atecnico: sono quei mezzi che non hanno lo scopo principale di far conoscere l'ordinamento, ma
indirettamente contengono alcuni elementi che ci permettono di conoscere alcuni aspetti dell'ordinamento
giuridico. Es. varie forme di rappresentazione artistica.
Le fonti giuridiche si distinguono dalle fonti cosiddette non giuridiche, dette anche letterarie
Storia del diritto romano
- si parla di fonte di cognizione giuridica quando ad esempio ci riferiamo ad un testo di una
costituzione imperiale che ci è pervenuto fino a noi. es. opere di giuristi romani (che possiamo leggere
grazie alla raccolta voluta dall'imperatore Giustiniano, il corpus iuriis civilis e il digesto di giustiniano che
raccoglie gli scritti dei principali giuristi romani)
- si parla di fonte di cognizione non giuridica, cioè testimonianze che sono tratte non da una
costituzione imperiale o scritto giurista, ma provengono da opere retoriche, filosofiche, storiche…e che
quindi non sono tecniche ma in alcuni casi si permettono di conoscere alcuni aspetti dell'ambito
giuridico (es. cicerone, livio)
le fonti giuridiche hanno più valore, però non sempre essa è attendibile perché potrebbero essere "manipolate"
per renderli attuali a quell'epoca storica.
ad es. con livio vi è una visione soggettiva dei fatti, non oggettiva.
per avere una visione critica bisogna far riferimento ad altre fonti in merito al tema in questione
capacità di agire= va differenziata dalla prima, perché è la capacità psicofisica di intendere e di volere l'atto
che si pone in essere, cioè è la capacità di poter compiere atti giuridici (atto rilevanti per il diritto) che siano
validi e che permettono al soggetto che detiene questa capacità di poter esercitare diritti o di poter assumere
obblighi, quindi di impegnarsi nei confronti di altri soggetti. Questa capacità di agire consiste nella possibilità di
agire e avere effetti realizzare una serie di comportamenti che hanno come conseguenza il fatto di incidere
sulla propria sfera giuridica. Oggi ad esempio nel compimento della maggior età (art.2 del codice civile).
es. oggi un bambino può, in quanto erede nell'ambito di una successione,può ereditare un ingente patrimonio
ma non ha lacapacità di adire.
la capacità giuridica si pone in una condizione statica, anzichè della capacità di agire che è più dinamica,
poiché le azioni del soggetto possono portare a delle ripercussioni sulla sfera giuridica.
tutti i soggetti che hanno la capacità di agire hanno anche quella giuridica. In diritto romano è sempre così, vi
potevano essere casi di soggetti privi della capacità giurdica ma che, in casi particolari, avevano una limitata
capacità di agire. ad es. gli schiavi non avevano la capacità giuridica, ma veniva riconosciuta loro una
limitata capacità di agire perchè poteva oporre in essere una serie di atti le cui però conseguenze
ricadevano non nella sfera giuridica dello schiavo, ma ricadevano nella sfera giuridica del loro dominus
(padrone) e questo discorso valeva anche per i figli con il pater familia.
anche nella realizzazione di atti illeciti, ricadevano le conseguenze sul pater (era il responsabile) commessi dai
propri figli.
per avere la capacità di agire i requisiti erano:
Storia del diritto romano
-legati all'età (prima 14 anni, poi 25 anni);
-l'appartenenza al sesso maschile;
-normalità psichica e fisica;
con riferimento agli atti giuridici, bisogna sottolineare il fatto che quando si parla di atti giuridici si parla di atti
volontari compiuti dal soggetto;
ci sono poi invece altre situazioni che possono essere rilevanti per il diritto, ma che non dipendono dalla
volontà di un soggetto. Ci sono dei fatti naturali che producono delle conseguenze giuridiche ma che non
dipendono dalla volontà del soggetto, ad es. la morte comporta l'apertura della successione; fenomeni naturali
ed etc
quando l'evento dipende dalla volontà del soggetto si parla di atto giuridico, che può essere lecito (ammessi
dall'ordinamento giuridico romano) o vietati (cioè non ammessi dall'ord. romano).
con gli ordinamenti giuridici si vuole distinguere tra i cosiddetti meri atti giuridici e gli atti giuridici di
autonomia privata:
- meri atti giuridici: atti che dioendono dalla volontà del soggetto ma sono quegli atti i cui effetti e
conseguenze giuridiche sono automaticamente già previste dall'ordinamento giuridico.
es. quando c'è un creditore che ha diritto ad una somma, se il debitore non paga e quindi non soddisfa
l'interesse del creditore. A questo ounto il creditore può agire, cioè intimare per iscritto (sorta di diffida)
con la quale si invita il debitore ad adempiere entro un certo limite di tempo. in questo cso si dice che il
debitore è costituito in mora, cioè è formalmente in ritardo. Da questo, l'ordinamento giuridico
italiano fa scaturire che il debitore è in ritardo e la posizione del debitore è più gravosa rispetto a un
debitore che non ha ricevuto l'avviso, perché se la prestazione diventa impossibile a causa di un
evento involontario, se il debitore in mora è
- atti giuridici di autonomia privata: sono quegli atti non solo voluti dal soggetto agente, ma i cui effetti
sono voluti dal soggetto (non previsti dall'ordinamento). ipil soggetto pertanto vuole sia quell'atto sia
quelle conseguenze. si è soliti parlare di negozio giuridico, cioè un atto e conseguenza volontaria.
es.
in diritto romano, nelle prime epoche, si può dire che erano più i meri atti giuridici che gli atti giuridici di
autonomia privata. per il diritto romano essendo importante la formalità e il rispetto delle solennità verbali e
gestuali, l'ordinamento giuridico romano prevedeva delle conseguenze giuridiche per quel soggetto. quello
importante era l'aspetto esteriore, l'aspetto formale rispetto agli elementi sostanziali.
nel diritto romano i rapporti g. assoluto e relativo esisteva già; r.g. pubblici e privati, il discorso è più complesso
che nell'esperienza romana non c'è una concezione dello stato nel senso moderno del termine. la concezione
moderna di stato fonda le sue radici in epoche successive a quella romana. "stato".
varie epoche della storia romana: aspetti politici differenti l'un dall'altro. Nel tardo principato (III d.c.) abbiamo
una testimonianza risale ad un giurista di nome ulpiano, che ci è pervenuta grazie al digesto di giustiniano,
nella quale si afferma che il diritto pubblico (assemblee…) è quello che riguarda l'assetto della res pubblica; il
diritto privato è quello che riguarda l'utilitas dei singoli, cioè l'interesse dei singoli privati.
05/10 interpretazione giuridica o del diritto. differenze tra interpretazione giuridica moderna e quella
antica romana.
interpretazione giuridica o del diritto: è una delle più importanti attività che l'operatore di diritto deve
svolgere perché c'è bisogno di applicare le norme giuridiche ai casi concreti della realtà. l'operatore del diritto
dbee in primo luogo verificare se un fatto ha rilevanza per il diritto e poi deve vedere qual è la disciplina
prevista dall'ordinamento giuridico per regolare un fatto e quindi deve individuare la norma da applicare al
caso, ma prima di applicarla deve verificare qual è il senso della norma: cioè qual è il significato della norma
attraverso l'attività di interpretazione giuridica.
Storia del diritto romano
● interpretazione qualificata che va distinta in base all'autore che la realizza.
● prima tipologia di analisi fatta dagli studiosi ed esperti di diritto, dalla dottrina. Essa non è vincolante e
viene indicata come interpretazione dottrinale.
● interpretazione svolta dai giudici nell'ambito della loro funzione giudicante, interpretazione
giurisdizionale o giudiziale, molto importante perché il giudice deve verificare qual è la norma da
applicare al caso concreto e quindi deve interpretare il significato della norma. Essa è vincolante nei
confronti delle parti del giudizio. non è considerato una fonte di diritto in senso tecnico perché di civil
law (basato sui codici, nel nostro ordinamento il precedenteha una forza persuasiva per orientare i
giudici successivi che esamineranno i casi successivi), no common law come quello anglosassone.
● interpretazione che viene fatta dallo stesso legislatore che in alcuni casi interviene a posteriori per
chiarire meglio il significato di una norma precedente. Questa interpretazione viene definita autentica.
Quest'ultima ha forza vincolante ed è fonte di produzione del diritto.
passaggi di interpretazione
1. analisi letterale del testo
2. logica giuridica: cioè individuare il senso logico giuridico della norma, qual è la cosiddetta ratio legis
(criterio di logica giuridica). I romani dicevano che conoscere le leggi non significa capire le loro parole
ma cogliere la loro effettiva portata (lo spirito della norma). ← preleggi del codice civile, art. 12
3. criterio storico: aver ben presente il contesto storico della norma e il contestualizzare la sua
applicazione
4. criterio sistematico: cioè per poter interpretare una norma è indispensabile leggerla non
parzialmente, ma nella sua interezza, combinandolo poi con le altre norme dell'ordinamento giuridico.
5. criterio sociologico: cioè che per avere una buona interpretazione della norma, vi deve essere un
ottima conoscenza degli aspetti economici e sociali dei rapporti che si vanno a regolare.
quando non vi è una norma da applicare al caso concreto, si può ricorrere al principio dell'analogia: cioè si
ricorre a disposizioni a norme che regolano casi simili a quello preso in considerazione dall'operatore di diritto.
L'analogia è prevista soltanto in ambito civile e non penale, anzi c'è un divieto all'analogia con riguardo
alle norme penali: perché c'è il principio di legalità in base al quale un fatto per essere considerato come
reato deve essere previsto da un'apposita norma, stabilendo poi anche la pena.
principio di legalità espresso in latino "nullum crimen, nulla pena, sine praevia lege"(non ci può essere nessun
crimine,nessun reato, se prima non è previsto dalla legge).
Un'altro principio è quello dell'irretroattività penale, cioè la legge penale non può andare a disciplinare
fattispecie precedenti alla sua emanazione.
differenze tra interpretazione giuridica moderna e quella antica romana (interpretatio): già con i primi giuristi
romani rappresentati dal collegio sacerdotale, che svolge l'attività di interpretatio di mores maiorum
(consuetudini degli antichi). Non ci sono norme scritte. quando c'era una questione da risolvere ci si riferiva al
pontefice, il quale ascoltava e dava il responso. Il pontefice per dare questo responso deve far riferimento ai
mores maiorum, però il diritto si evolve in base alla società perché essa pone delle problematiche che non
sono previste nel diritto. Il pontefice adatta in alcuni casi i mores alle situazioni nuove che vengono sottoposte
alla sua attenzione, ma adattare significa anche modificare e anzi creare in senso sostanziale un nuovo diritto.
la differenza di fondo di interpretazione giuridica tra oggi e quello romamo è data dal fatto che l'attività di
interpretatio fosse attività creativa del diritto romano. esso è un concetto più fondante rispetto al termine
italiano corrispondente.
numa pompilio fu il primo a dare ai romani delle istituzioni religiose, prescrivendo riti, formule (che
dovevano essere rispettafo per le varie cerimonie) e fondando soprattutto i primi collegi sacerdotali diviso in:
collegio sacerdotale dei pontefici e collegio sacerdotale degli auguri.
tullio ostilio e anco marcio che, dal canto loro, sfgnano una significativa espansione della città: in particolare
andando a condurre numerose vittorie contro varie città limitrofe. Si dice che rullio ostilio avrebbe distrutto
albalonga (città molto forte). Quindi vi è l'espansione, militare.
I 3 RE ETRUSCHI:
prisco accentua le caratteristiche del comandante militare e da vita a costruzioni importanti per la città, come:
il foro (piazza centrale utilizzata per le pubbliche riunioni);
servio tullio che procede ad una ulteriore divisione della popolazione in tribù 0erché servio divide la città in 4
parti e a tali quartieri corrispondono 4 tribù che saranmo chiamate tribù urbane per distinguerle da quelle
invece cosiddette rustiche che avrebbero poi raggruppavano coloro che abitavano nelle campagne. quando si
parla di lui, viene fatto riferimento ad un importante riforma: la riforma di dividere i cittadini in 5 classi in base al
censo, cioè in base alla ricchezza posseduta dai cittadini. Sostanzialmente si va a verificare quella che era la
ricchezza che in origine era la ricchezza immobiliare e in base a questa ricchezza ai era inseriti ad una classe
superiore rispetto da un'altra. Sostanzialmente questa riforma avrebbe stabilito anche che queste 5 classi
avrebbero fornito le unità militari che andavano a comporre l'esercito, cioè ciascuno in base alla propria
ricchezza andava a far parte dell'esercito ricoprendo i gradi più elevati jn base alla ricchezza. Al vertice c'erano
coloro che erano più ricchi che potevano permettersi un'armatura più pesante e un cavallo. Questa riforma è
una riforma che sarà fondamentale per il funzionamento di un'altra assemblea di nome comizio centuriato,
Storia del diritto romano
perché nell'età pubblicana la principale assemblea popolare sarà riunito non in curie ma centurie (che quindi
dipende dall'organizzazione dell'esercito). Quindi il comizio centuriato compirà atti importanti, seguirà secondo
un organizzazione basata sulla dipartizione del popolo in base alla ricchezza. coloro che appartenevano alle
classi più elevate contavano di più rispetto alle classi meno abbienti.
tarquinio il superbo che dopo aver compiuto una serie di nefandezze fu cacciato con una rivolta a seguito
della quale fu instaurata nel 509 (VI a.c.) la cosiddetta repubblica. Assetto repubblicano fondato sui valori
della libertà.
edificio sul monte palatino molto importante risalente all'VIII sec a c. Secondo l'opinione degli studiosi, roma
inizialmente si sarebbe presentata più come una sorta di insieme di federazione, insieme di gentes (gens è
un'aggregazione di famiglie composte da tutti i soggetti che discendono da un capostipite comune) quindi in
realtà roma in questa fase sarebbe stata strutturata più fondandosi su queste aggregazioni di gentes e
l'insieme dei capi famiglia -detti patres- avrebbero espresso come capo della federazione il re. la forma
ordinaria di governo non è quella monarchica ma dei patres i quali poi richiamavano il re per risolvere
determinate questioni. Quando viene a mancare un re si pare di interregno, che è quello spazio di tempo che
intercorre tra la morte di un re e la nomina di un altro re. In questo periodo era esercitato da uno dei patres su
nomina del senato chiamato interre è esercitava il potere solo per 5 giorni e dopodiché veniva trasmesso il
potere ad un altro interrè. ciò avveniva fin quando le condizioni non erano mature per poter proclamava un
nuovo re. Il comizio curiato attraverso una delibera riconosceva al soggetto designato la facoltà di esercitare il
comando (imperium) indicata con l'espressione lex curiata de impero, con la quale il popolo riunito riconosceva
formalmente l'imperium al nuovo re e questa fase veniva conseguita da una sorta di verifica che doveva
essere fatta con l'aiuto del collegio sacerdotale degli auguli attraverso una cerimonia religiosa chiamata
inaguratio, si verificava che il nome del re -indicato dal senato e approvato dal comizio centuriato- fosse
valido, per cui si cercava l'approvazione della volontà degli dei.
mettendo insieme questi dati, se andiamo a considerare che l'età della monarchia copre un periodo di 250
anni e all'epoca l'aspettativa di vita era molto limitata, si è dedotto che in questi 7 re di roma sono
relativamente poche per coprire tale arco temporale. Si può ritenere che questo primo periodo della storia è un
periodo nel quale l'assetto di governo non è sempre monarchico, ma oligarchico che tendenzialmente detiene
che il potere sia esercitato da pochi e che quando si richiedeva un capo dell'esercito, si richiedeva la
proclamazione di un vero e proprio re.
● il collegio sacerdotale:
○ dei pontefici: costituito da 5 membri e un pontefice massimo. tra le varie funzioni vi era quella di
interpretatio dei mores maiorum. considerati i primi giuristi della storia di roma. costoro avevano
il compito di indicare nel calendario i giorni fasti (giornni nei quali era possibile svolgere
determinate attività, tra le quali anche di risoluzione di controversie) e nefasti (giorni in cui NON
asi potevano svolgere determinate attività). I pontefici indicavano i giorni più importanti e lo
svolgimento delle principali attività dell’epoca, per cui avevano molto potere.
○ degli auguli: interpretavano anche loro la volomtà divina ttraverso alcuni fenomeno.
○ dei feziali: incaricati di gestire una serie di rituali solenni e formali che riguardavano soprattutto
i rapporti internazionali (con altri popoli). il capo dei feziali faceva la formale dichiarazione di
guerra nei confronti di un popolo, la quale decisione però di guerra spettava al re e al senato.
12/10 LA FAMIGLIA
la famiglia è la cellula essenziale della società. la famiglia romana ruota intorno alla figura del capofamiglia
(pater familias) e i suoi enormi poteri. essa è caratterizzata da una struttura patriarcale e l’appartenenza alla
quale era data dalla sottoposizione di tutti i suoi componenti al potere giuridico del capofamiglia, una persona
Storia del diritto romano
sui iuris (di diritto proprio) e tutti gli altri soggetti sono persone alieni iuris (di diritto altrui). quindi anche se per
avere la famiglia romaane era necessario il matrimonio tra 2 soggetti, a differenza della famiglia moderna, il
fondamento di questo gruppo familiare per i romani non è tanto individuato nel matrimonio, ma nel dipendere
da un altro, cioè dal capofamiglia. a questo proposito sinpuò sottolineare una prima distinzione: tra una
famiglia in senso stretto (proprio iure) e una famiglia in senso allargato (familia communi iure).
● senso stretto: si aveva quando vi era un determinato gruppo familiare composto da una sola persona
autonoma, sui iuris, e i soggetti a lui sottoposti (i figli, nipoti, moglie…). la definizione data dal giuridta
classico ukpiano, il quale indica la famiglia proprio iure= più persone che sono sottoposte per natura o
per diritto al potere giuridico di un’ unica persona. per nascita o per diritto, cioè possono essere
adottati. il vincolo di parentela fra i componenti della famiglia che erano accomunati dal fatto di essere
sottoposti ad un unica persona, è definito dai romani come la cosiddetta ad gnatio. questa è una sorta
di parentela riconosciuta dal ius civile che può prescindere dal vincolo di sangue, ma che è fondata sul
fatto che i soggetti sono sottoposti dal capofamiglia. gli agnati erano sia figli naturali, ma anche figli
adottivi. il vincolo di sangue non era necessario. COn la morte del capofamiglia, questa famiglia in
senso stretto si divideva in tante famiglie quanti erano i figli nati della famiglia originaria: i figli maschi,
alla morte del loro padre, non erano più sottoposte, ma diventavano persone autonome.
● Abbiamo tante famiglie quanti erano i figli maschi. questo vincolo che vi era in origine, non è che si
estingueva e quindi in qualche modo erano ancora legati tra loro ed erano legati in una famiglia in
senso più allaragato.
famiglia in communi iure, andava a comprendere tutte quelle persone che sarebbero state sottoposte
al potere giuridico dello stesso pater.
a questo proposito ulpiano ci chiarisce cosa significa la famiglia communi iure: cioè quella famiglia
composta da tutti gli abgnati e infatti, anche se una volta che è morto il comune padre, i singoli figli
hanno ciascuno la propria famiglia, tutti coloro che erano sotto il potere giuridico di un unica persona,
vengono indicati come parte della famiglia originaria.
accanto all’abgnatio, i romani indicavano la parentela naturale col termine cognatio: quindi era il vincolo di
sangue. La cognatio, soprattutto nelle prime epoche della storia di roma, era poco rilevante. Soprattutto nella
disciplina delle successioni.
nell’età giustinianea viene dato un rilievo preminente alla cognatio.
la famiglia romana era caratterizzata dal fatto di essere tendenzialmente un gruppo che poteva essere dotato
di una certa autonomia interna in qualche sottratta al controllo del potere pubblico. alla base della famiglia
romana, gli aspetti preminenti sono dati dagli aspetti patrimoniali, cioè quello che conta è l’autonomia interna
del gruppo (casa,terre,schiavi…). Per i romani c’era una notevole importanza dlla tutela del patrimonio
familiare e per cui deve essere trasmesso integro o accresciuto di generazione in generazione agli eredi.
1. per i romani la disciplina delle successioni era molto rilevante. per i romani era grave non disporre di un
testamento.
2. riforma del re servio tullio in base al censo: per i romani avere un’ingente patrimonio, significava poter
contare di più inizialmente nell’ambito dell’esercito, in seguito questo sistema (divisione delle classi)
sarà utilizzato per l’organizzazione e funzionamento del comizio centuriato in età pubblicana. si
contava di più in base all’appartenenza della classe e dell’attività legislativa. Per i romani sarà
importante l’attività di censimento dei censori, i quali classificavano i cittadini in base al censimento.
la peculiarità della famiglia romana era data dalla patria potestas, la quale era eccezionale agli occhi degli
antichi. a questo proposito, il giurista gaio dice nel II sec. dc nessun altro popolo da ai suoi figli un potere
giuridico come quello che abbiamo noi romani.
ciò dipendeva anche dalla sua durata, cioè finché il padre era ancora in vita.
bisogna ricordare il diritto di vendere i propri figli, il cosiddetto ius vendendi. questo diritto risulta esercitato più
volte dai capifamiglia e le testimonianze antiche fano riferimento ad un abuso di questo diritto, soprattutto tra le
famiglie numerose più povere nelle quali il pater decideva di vendere il figlio o i figli.
nell’età repubblicana nell’ambito di una importante raccolta di leggi scritte (legge delle 12 tavole) fu introdotto
un principio per cercare di arginare questo abuso del diritto di vendita stabilendo che qualora il pater avesse
venduto per più di 3 volte lo stesso figlio, succedeva che dopo la terza vendita il figlio non era più sottoposto
alla patria potestas. i giuristi romani in età pubblicana prendendo le mosse da questo principio delle 12 tavole,
idearono una sorta di stratagemma che poteva essere utilizzato quando si voleva liberare il figlio dalla patria
potestas, nel senso che qualora ci fosse stata questa situazione, stabilirono che il pater doveva accordarsi con
Storia del diritto romano
un uomo di fiducia al quale vendere il proprio figlio. L’accordo era che l’acquirente doveva rivenderlo al pater, e
il pater lo rivendeva a questo uomo di fiducia, quando scattava la terza vendita il figlio non era più sottoposto
alla patria potestas. ciò indica quello che viene definito l’istituto dell’emancipatio, emancipazione del figlio dai
poteri del capofamiglia. i giuristi svolgono attività creativa legislativa, come in questo caso.
diritto di esposizione: cioè il capofamglia aveva il diritto di abbandonare il figlio in luogo pubblico
manifestando l’intenzione di non volerlo accogliere nella propria famiglia. ciò accadeva in casi deformi o non
idonei a lavorare, considerati come un peso. così la comunità sapeva che quel figlio non era voluto dal pater e
le opzioni erano: essere accolto da un’altra famiglia; oppure destinato a morire.
questo diritto era una pratica molto crudele che richiama ad un uso che ancora oggi si verifica: quando la
madre, per qualsiasi motivo, decide di abbandonare il proprio figlio. (specialmente se muore il figlio, infanticidio
578 del codice penale).
il capofamiglia era responsabile delle azioni dei sottoposti, quindi se un figglio effettuava un’azione illecita che
provocava un danno economico all’altro, buisognava risarcire il danno: però in questo caso si riconosce al
capofamiglia il diritto di essere esonerato da questo obbligo, il diritto quindi di consegnare il figlio nelle mani
della vittima dell’atto illecito.
la patria potestas veniva assegnata per nascita in un giusto matrimonio; oppure per adozione di un altro pater
familias; ovvero nel caso di adoptio, cioè quando veniva adottato il figlio appartenente ad un altra famiglia. in
questo caso l’adottato veniva sottoposto alla patria potestas dell’adottante. comportava la revocazione della
patria potestas nei casi:
- la morte
- il venir meno della sua capacità giuridica veniva meno la patria potestas quando il figlio veniva
adottato.
- infine il caso dell’emancipatio in età repubblicana
i poteri del capofamiglia sulle cose della famiglia: bisogna far riferimento a quello che oggi chiamiamo diritto di
proprietà. tale diritto (dal latino proprietas) lo si ritrova nell’ultimo periodo della storia di roma. i romani, prima di
questo termine, parlavano di dominium ex iure quiritium (il dominio in bae al diritto dei quiriti, gli antichi
romani -uomini delle curie-). i romani alle origi non parlavano di dominium, ma di mancipium (mancipio)
indicava quel potere di dominio che il capofamiglia esercitava sulle cose della famiglia. quindi il mancipium
indicava quella antichissima posizione giuridica soggettiva che dava vita al primo rapporto giuridico assoluto,
quello tra il capofamiglia e tutti gli altri cittadini che non dovevano turbare questo diritto. diritto che veniva
esercitato su quelle cose (quindi non tutte) che i romani ritenevano essenziali per la vita della famiglia. queste
cose erano definite res mancipi:
- casa
- terreno
- animali da lavoro per la terra (buoi cavalli e asini)
- gli schiavi
- servitù rustiche
tutte le altre cose erano dette res nec mancipi. nell’ambito delle res mancipi, i romani vanno ad includere
anche dei diritti, in particolare quelle che vengono definite le servitù rustiche. si ha la servitù quando c’è un
fondo servente che è asservito all’utilità di un altro fondo. il proprietario del fondo accerchiato, per raggiungere
il proprio, deve attraversare una porzione di terra di un altro proprietario.
i romani considervano queste servitù come essenziali per l’economia della famiglia. quindi vengono inserite
queste servitù rustiche o praeviali, che nascevano dalla vicinanza più fondi.
per le res nec mancipi, considerate meno rilevanti nell’economia della famiglia, quando il proprietario di quella
res voleva trasferire il dominio ad un altro capofamiglia, era sufficiente la semplice consegna del bene. questa
modalità viene indicata con il termine traditio.
la posizione del capofamiglia, in origine l’unico vero potere era il mancipio che aveva ad oggetto sia le res, ma
anche le persone che facevano parte della famiglia. dopodiché, a seguito dell’evoluzione dei rapporti
all’interno della famiglia, si è avuta una scissione: accanto al mancipio vi fu l’evoluzione della patria potestas
e si definì la manus maritalis (mano maritale che aveva ad oggetto la moglie). c’era sulla moglie la possibilità
di dar vita a questo rapporto di sottoposizione della manus maritalis: per dar vita ad un matrimonio, quello che
era importante era la volontà dei coniugi di voler vivere come marito e moglie (momento volitivo); altrettanto
importante era che effettivamente i 2 coniugi vivessero come marito e moglie. quindi per avere il matrimonio
erano fondamentali questi 2 aspetti: volontà e rispetto di una serie di comportamenti dai quali si evince la
volontà di vivere in coppia.
con riferimento al matrimonio, si potevano avere 2 tipologie di matrimoni:
1. matrimonio con il quale si costituiva anche la manus (cum manu): in questo caso si aveva che la
donna, si sottoponeva pienamente al potere del marito, e se sottoposta ad altri soggetti, perdeva ogni
legame con la famiglia di origine. se la donna fosse stata anche autonoma (a livello anche
patrimoniale), con la manus perdeva quella autonomia e quel patrimonio andava nelle mani del marito.
quando si fosse verificata la morte del marito, in base al ius civile, la donna diventava sui iuris (quindi
autonoma) e considerata anche erede del patrimonio. nel caso di matrimonio cum manu, erano
necessarie alcune formalità:
a. cerimonia religiosa con effetti giuridici nell’ambito della quale i futuri sposi mangiavano
insieme simbolicamente una pagnotta di pane di farro (simboleggiava la futura convivenza).
questa celebrazione viene indicata con il termine cum farreatio.
b. Altrimenti, altra modalità: cioè con una vera e propria vendita della donna che veniva
effettuata dal pater familias della donna, a favore del futuro marito. una vendita nella quale però
si specificava che veniva realizzata a scopo di matrimonio. questa modalita viene indicata con il
termine coeptio matrimonii causa
c. quando non venivano utilizzate queste modalità, il matrimonio avveniva ricorrendo al cosiddetto
usus maritalis: cioè si aveva quando si verificava un anno continuo di convivenza tra i 2
Storia del diritto romano
coniugi. a seguito di quest’anno scattava la manus, la donna veniva considerata un bene
mobile.
2. matrimonio sine manu: matrimonio che non comportava come conseguenza la costituzione della
manus maritalis. la donna, alla morte del marito, non venia considerata erede al patrimonio del marito
poiché ancora legata alla famiglia d’origine. fu stabilito in età repubblicana nelle 12 tavole un principio
in base al quale si poteva evitare che scattasse quella manus se durante quell’anno la moglie si fosse
allontanata per tre notti consecutive dalla casa coniugale, interrompendo il decorso dell’anno.
in origine erano prevalentemente matrimoni cum manu: nell’età repubblicana e del principato, si hanno
entrambi e poi prevarrà quello sine mano: ciò dipende dalla posizione della donna e dalla sua autonomia.
i romani avevano stabilito con i beni mobili fosse sufficiente un anno per scattare l’usu capione.
con i beni immobili (proprietà terriera), erano necessari 2 anni.
se è vero che l’aspetto sacrale è fondamentale, è altrettanto verp che dietro questo aspetto e alla base degli
interventi del re, ci sono motivazioni laiche: c’è un ratio non necessitivamente religiosa, cioè il re deve
intervenire anche per cercare di garantire l’ordine sociale ed evitare conflitti tra capifamiglia.
primi e più gravi crimina della storia di roma: in particolare il parricidium e perduellio
- parricidium: con numa pompilio vi sarebbe stato un intervento legislativo che avesse disciplinato
questo reato. indicava in origine l’uccisione del pater familias e poi dell’uomo libero. addirittura a
seguito degli interenti di numa pompilio, si ebbe una prima distinzione tra l’ipotesi di parricidio
volontario (cioè commesso con l’intenzione di uccidere quella persona) dall’ipotesi di parricidio
involontario (cioè c’è stata l’uccisione, ma l’uccisione si è verificata non a seguito di un atto voluto, ma
per negligenza o colpa, avvenuto per omicidio colposo). Infatti, abbiamo un testo proveniente dal
grammatico Festo del II sec. dc, de verborum significatum, fa riferimento ad una legge riferimento a
numa pompilio e riporta il contenuto di tale legge.
si parla di parricidio involontario e si stabilì che il colpevole non era punito con la pena capitale ma
con un sacrificio dell’ariete in presenza dei parenti della vittima e di tutto il popolo.
per parricidio volontario è prevista una pena capitale, interveniva il re.
non c’era un processo ma il re era aiutato da collaboratori chiamati quaestores parricidi, costoro
avevano il compito di verificare in merito di quel caso di stabilire se fosse stato un parricidio volontario
o involontario.
abbiamo un lento intervento dell’autorità regia e si tende a limitare la reazione privata dei familiari, che
fino a quel momento era considerata lecita.
- il perduellio: indica un delitto contro l’ordinamento costituzionale, un altro tradimento. di questo reato
parla Livio, il quale ne parla a proposito dell’episodio dei curazi (roma) e degli orazi (albalonga) e il loro
scontro. questo orazio, dopo aver uccso i curazi, uccide la sorella perché pianse per la morte di un
curatio (considerato alto tradimento). questo orazio si era macchiato del perduellio perché si era
sostituito all’autorità del re che avrebbe dovuto giudicare il caso. livio ci dice che tullio ostilio avrebbe
istituito una rex legia, la cosiddetta duumvri perdullionis, avevano il compito di giudicare e punire
l’imputato di perduellio. l’orazio si presentò al popolo per aver sconfitto i 3 curiazi per evitare la
condanna e ciò avvenne. per questo reato era prevista la pena capitale.
vi erano altre fattispecie che furono punite dal re perché considerati crimini che mettevano a repentaglio la
sicurezza militare della civitas. es. la diserzione, il passaggio al nemico, la remitenza alla leva militare…in
questi casi si andava dalla semplice fustigazione alla pena capitale. il re interviene non come sommo
sacerdote in questo caso, ma come supremo comandante dell’esercito: quindi il suo interbento non è un atto
giurisdizionale ma espressione di un comando. abbiamo un intervento molto rapido che non permette alcuna
contestazione (perché bisogna evitare il cattivo esempio, punendolo in maniera esemplare) e da vita ad una
forma di giustizia che è parallela alla giustizia. la giustizia militare ha regole e procedimenti dalla giustizia
civile.
24/10
disciplina delle successioni e giurisdizione privata
Storia del diritto romano
successione indica l’idea di una persona che prende posto di un’altra, in particolare il termine successio in ius
indica quando un soggetto (il successore) subentra nella situazione giuridica che faceva capo ad un altro
soggetto.
- possiamo avere o l’ipotesi di un soggetto che subentra nell’insieme di tutte le situazioni giuridiche che
facevano capo ad un altro soggetto e questa è la successione a titolo universale (successio in
universum ius) attive e passive riconducibili ad un altro soggetto.
- successione a titolo particolare quando il successo re non subentra in tutte le situazioni giuridiche
attive e passive, ma quando il successore subentra in una determinata posizione giuridica soggettiva.
in questo caso la successione non riguarda tutto il patrimonio, ma determinati beni. si parlava di
successio in singulas res. a questo proposito si parla dei cosiddetti legati, cioè è una disposizione di
ultima volontà con cui si determina l’acquisto di un singolo bene.
questa differenza è importante: perché di solito la responsabilità del successore a titolo universale prescinde
(cioè non dipende) da quanto ha ricevuto. il titolare universale possiede tutti i diritti e doveri e risponde quindi
dei debiti legati a quella situazione giuridica soggettiva; mentre nel caso del tit. particolare la responsabilità del
successore è limitata e circoscritta a quanto ha ricevuto e quindi risponde dei debiti eventualmente nei limiti
del valore del singolo bene ricevuto (responsabilità limitata).
distinzione relativa alla successione mortis causa e quella,invece, detta inter vivos (tra vivi):
- mortis causa: più diffusa, si ha quando dipende dalla morte di un soggetto. il caso di mortis causa a
titolo universale: in base al ius civile, oggetto della successione, era la cosiddetta ereditas (eredità) e i
successori erano gli eredi in base al ius civile. vi è un’evoluzione del concetto di ereditas: perché in
origine costituivano le ereditas soltanto le cosiddette res mancipi; in seguito abbiamo un ampliamento
di questo concetto, perché vengono inclusi le res nec mancipi; come viene incluso anche quel
complesso di riti che il capofamiglia faceva in onore delle divinità domestiche. nel concetto di ereditas
vi è stata un’ulteriore evoluzione: cioè i giuristi hanno detto che, se l’erede subentrando nella situazione
giuridica del defunto, diventa titolare del patrimonio e acquista dei diritti, e se il soggetto defunto era
creditore verso altri soggetti, nel concetto di ereditas vanno inseriti anche i diritti di credito nei confronti
dei debitori. Se invece dei crediti vi fossero dei debiti, quindi il soggetto doveva una somma ad altri
soggetti, quei debiti vanno trasmessi agli eredi.
- inter vivos: che non dipende dalla morte di un soggetto, ma dipende da un atto negoziale tra i vivi.
quindi in questo caso il successore acquista i diritti di cui era titolare un altro soggetto che però non è
defunto, ma abbiamo che un soggetto subentra nella posizione giuridica di un altro soggetto. in diritto
romano si verificava nel caso dell’ad rogatio, vi era il pater familias che accoglieva un altro pater
familias il quale acquistava i diritti del soggetto accolto; e lo stesso vale anche per il matrimonio cum
manus (la moglie perdeva ogni diritto e il marito acquistava ogni suo diritto).
bisogna sottolineare che non tutti i diritti erano traferibili, la patria potestas ad esempio si estingueva con la
morte del capofamiglia ed era il principale modo in cui il figlio si liberava della sottoposizione paterna. bisogna
tener presente che già nell’età della monarchia abbiamo una prima regolamentazione della disciplina delle
successioni. sostanzialmente si hanno 2 differenti regolamentazioni che sono previste dall’ordinamento
giuridico:
1. data dall’ipotesi in cui, morendo il pater familias, senza che questi avesse disposto nulla (cioè non
avendo fatto nessun tipo di testamento) in questo caso si applicava la disciplina del ius civile, si parla
infatti di una previsione in base alla quale - morto il capofamiglia- gli eredi erano i figli maschi sottoposti
alla patria potestas del padre defunto. questi figli, che diventavano autonomi, continuavano a gestire il
patrimonio del loro padre uniti in una sorta di comunione. quindi non vi è una divisione del patrimonio
dei figli, ma i figli continuano a gestire il patrimonio attraverso un consorzio fraterno. una comunione
nel quale le decisioni dovevano essere prese di comune accordo tra tutti i figli.
Storia del diritto romano
non era facile la gestione comune del patrimonio, e per far fronte a questo problema, nell’età della
repubblica si riconosce la possibilità di ottenere la divisione di questo consorzio, a richiesta di uno dei
fratelli esercitando una apposita azione nota come azione divisoria del patrimonio ereditario.
2. già nell’eta della monarchia si permette al soggetto che lo avesse voluto di poter durante la propria vita
di disporre del proprio patrimonio in previsione della sua morte. quindi di poter decidere la sorte del
proprio patrimonio ricorrendo al cosiddetto testamento. atto unilaterale di mortis causa, con il quale si
indicano le ultime disposizioni di volontà.
a. si parla di successione testamentaria, che può essere realizzato utilizzando alcune modalità
ed in particolare le prime forme di testamento sono rappresentate dal testamento che si poteva
fare dinnanzi all’assemblea di tutto il popolo riunito per curie (comizio curiato). si permetteva ai
capifamiglia di presentarsi dinnazi al popolo ed indicare le disposizioni di ultima volonta; il
popolo aveva quindi anche la funzione di testimone. il termine testamentum deriva da testes
(testimoni). questo tipo era definito testamentum calatis comitis.
b. testamento che veniva fatto dal militare prima di partire per una battaglia complessa. si
permetteva al militare di fare questo testamento orale dinnanzi all’esercito riunito pronto a
partire. questo è un testamentum in procictum.
c. si poteva verificare il caso di un pater familias che voleva disporre i propri beni, si intende a
riconoscere al pater familias la possibilità di poter fare un testamento attraverso un unico
schema negoziale rappresentato dalla mancipatio (traferimento della proprietà). si parla di
mancipatio familiae, cioè si permette al capofamiglia di utilizzare lo schema della mancipatio e
attraverso ciò trasferire il proprio patrimonio ad un altro soggetto afficnhé o il soggetto lo
potesse tenere per sé oppure il soggetto che lo acquistava si impegnava a trasferire quel
patrimonio -subito dopo la morte- alla persona o persone che erano state indicate nell’ambito
della mancipatio. questo schema sarà la base sulla quale verrà regolamentato un’antica forma
di testamento, nota come testamento librale che si avrà in età repubblicana.
24/10
prima forma di processo privato, passaggio dall’età monarchica all’età repubblicana
per le prime forme di giurisdizione privata dell’età della monarchia, in questo periodo non vi era l’obbligo da
parte del cittadino di rivolgersi all’autorità statale per la risoluzione delle controversie private, vigeva il
principio dell’autotutela: cioè si ricnosceva al cittadino il diritto di agire personalmente -ricorrendo all’uso
della violenza anche- per far rispettare un proprio diritto. questo lo si ritrova anche nel sistema repressivo una
sorta di vendetta privata; se questo è vero, allo stesso modo all’età della monarchia, piano piano c’era
l’intervento dell’autorità del re e in qualche modo si assiste nei casi più rilevanti a prime forme di intervento del
re anche con riguardo alla risoluzione delle controversie private.
quando a fronte di una pretesa di un soggetto che affermva l’esistenza di un diritto nei confronti di un altro
soggetto, a seguito della pretesa e della rivendicazione di questo diritto, la controparte non riconosceva questo
diritto -anzi, affermava di essere egli il titolare del diritto- contestano la pretesa altrui nei casi più gravi, si
assiste al ricorso all’autorità del re per chiedere un aiuto. in questo caso il re, dinnanzi al quale sono convocati
i 2 cittadini, quando avveniva ciò deve intervenire: interviene invitando colui che affermava di essere titolare
del diritto a prestare un giuramento, a impegnarsi in ciò definito sacramentum con il quale costui doveva
giurare che, qualora la sua pretesa fosse risultata infondata, versava una sorma di denaro alla cassa dello
stato (erarium). in questo periodo ci si impegnava a sacrificare un animale o addirittura sé stesso. anche in
questo caso veniva sollecitato il giudizio divino. la controparte aveva 2 opzioni:
1. o riconosceva effettivamente l’esistenza del diritto da quel pater familias che aveva prestato
giuramento, dando poi esecuzione a quel diritto valutato.
2. o continuava a contestare la pretesa di quel capofamiglia e si impegnava anch’egli a prestare un altro
giuramento (invocare il servizio divino), qualore fosse stata dimostrata la veridicità della vicenda,
poteva sacrificare una persona o un animale o versare una somma di denaro.
questa forma primordiale di giurisdizione privata dell’età della monarchia viene esercitata dinnazi al re, che è
l’autorità più importante ma anche il sommo sacerdote, e a lui spettava -non si sa con quali criteri- risolvere la
Storia del diritto romano
controversia e verificare quale dei 2 fosse stato il giuramento corretto. quest’attività non definibile un vero e
proprio processo privato, viene indicato nelle testimonianze antiche come lege agere sacramento. in realtà
non si ha ancora nell’età della monarchia un sistema processuale disciplinato da leggi e quindi si può
intendere questo lege agere sacramento come un agire dinnanzi al re con determinate solennità ricorrendo al
sacramentum.
soltanto nell’età repubblicana, dopo le 12 tavole, si avranno alcune disposizioni che vanno a regolamentare
la prima vera forma di processo privato: processo per legis actiones (processo che si svolge utilizzando le
azioni di legge, solennità verbali previste dalle leggi delle 12 tavolte). HA FONDAMENTO LEGISLATIVO.
molto probabilmente, già nell’età della monarchia avanzata, si tende a distinguere l’ipotesi nella quale un
soggetto vantava di essere titolare di un diritto reale (diritto di proprietà), quindi un diritto che dava vita a un
rapporto giuridico assoluto dall’ipotesi differente nella quale un soggetto agiva per affermare l’esistenza di
uncredito nei confronti di un altro soggetto debitore, di un rapporto giuridico relativo (obbligazione).
già con la lege agere sacramento si distingue in:
- rem, quando oggetto della controversia è il diritto su una cosa. diritto reale. il soggetto che agiva
dinnanzi al re affermava solennemente che quel bene era di sua proprietà
- in personam, in questo caso oggetto della controversia è l’esistenza o meno di un rapporto
obbligatorio, di un obbligazione. colui che agiva -sempre solennemente- affermava che l’altro pater
familias era debitore di una somma di denaro nei propri confronti.
questo rappresenta la base da cui in età repubblicana si sviluppa la prima forma di processo privato. mentre
questa fase iniziale si svolgeva in unico giudizio dinnanzi al re, si vedrà che anche nell’età repubblicana ci
saranno frasi solenni,
1. si svolgerà però dinnanzi al magistrato repubblicano il pretore urbano (fase in iure)
2. una seconda fase (apud iudicem) che si svolge dinnanzi ad un giudice privato che poi emetterà la
sentenza.
ci si ritrova in un processo bifasico.
Le magistrature: vi era il principio della gratuità, cioè che -secondo una concezione romana- non bisognava
essere retribuiti per lo svolgimento di un’attività significativa e rilevante per le istituzioni della res pubblica. lo si
faceva nell’ottic di servire la res publica. questo principio -invocato anche in altri contesti- aveva un risvolto:
era dato dal fatto che potevano concorrere alle magistrature formalmente tutti i cittadini, ma in concreto
concorrevano alle magistrature in prevalenza coloro che provenivao da famiglie aristocratiche che avevano
un’ingente patrimonio alle spalle tale da poter permettere una carriera politica e da poter permettere una
campagna elettorale, particolamente dispendiosa.
vi è un’altra concenzione, in base alla quale -proprio per questo spirito tradizionalista molto forte- si guardava
non positivamente coloro che non provenissero dalle famiglie aristocratiche, c’era una certa diffidenza verso
gli omnes novi che non avevano una tradizione alle spalle (quindi non era facile).
le magistrature abbiamo:
- i consoli: magistratura più importante e si tratta di magistrati eponimi (cioè che davano il loro nome
all’anno di carica). titolari del supreno potere militare e civile; esercitavano una suprema potestas ed un
imperium maius -teoricamente illimitato- se non dal fatto che questo potere dovev essere esercitato
collegialmente (i consoli dovevano essere 2 e sostanzialmente il concetto di base era che uno era
titolare dell’intero potere, salvo però della possibilità di intercessio -potere di veto- dell’altro console),
cioè magistratura collegiale. In particolare, attraveros la potestas il magistrato rappresenta la volontà
dello “stato” e -grazie all’imperium- dà esecuzione a questa volontà dello stato. Imperium che indicava
poteri sia di natura civile che militare e quindi si è soliti distinguere:
- l’imperium domi: esercitato all’interno del pomelium, cioè del perimetro sacro intorno alla città
di roma. poteri esercitati dentro la città. questo è limitato dalla provocatio ad populum. i consoli
potevano convocare i comizi, il senato. esercitavano poteri coercitivi (di repressione criminale)
- imperium militae indicava quell’insieme di poteri esercitati al di fuori della città di roma. questo
non sarà per lungo tempo non sarà limitato dalla provocatio ad populum. ci si riferisce ai poteri
di carattere militare che i consoli esercitavano quando erano a capo dell’esercito.
sostanzialmente i consoli sostituivano il re, la collegialità dei due consoli stabiliva un equilibrio. uno dei
due con l’intercessio poteva bloccare le iniziative dell’altro. vengono adottati alcuni criteri di ripartizione
del potere:
1. criterio del turno: con rdeterminati tmpi si decideva di far esercitare determiati poteri ad un
console per un certo periodo di tempo e poi tali poteri passavano all’altro;
2. criterio di sorteggio
Storia del diritto romano
3. e criterio preventivo elle scelte da portare avanti nella gestione della repubblica; criterio
dell’annualità: limitati dal tempo annuale). per evitare l’accentramento dei poteri il criterio
temporale er molto importante.
allo scadere dell’anno di carica, i consoli erano responsabili nei confronti del popolo, delle loro attività
svolte durante l’anno (consolato).
- pretura: i pretori -magistrati dotati da imperium- eletti dai comizi centuriati e avevano il diritto di
convocare il popolo, il senato (per richiedere pareri) e in alcuni casi esercitavano il comando
dell’esercito. quando si parla dei pretori, la funzione più importante era la iuris victio: cioè una
funzione giurisdizionale, funzione di dire diritto nel sistema processuale da utilizzare per impostare
giuridicamente un caso che poi sarà risolto dal giudice privato nella fase del processo privato (fase
apud iudicem). la funzione di iuris victio era un’attività creativa del diritto, l’attività del pretore era quella
di integrazione. si parla della massa giuridica dello ius honorarium. i pretori, grazie a questa attività,
avevano lo ius evicendi (diritto di emanare editti). l’editto era il provvedimento del pretore emanato
all’inizio dell’anno di carica, nel quale editto il pretore indicava quelle che erano le formule (schemi
orocessuali) che egli avrebbe utilizzato in quell’anno di carica per impostare le controversie. in
particolare, c’era l’editto perpetuo che durava durante l’anno di carica. poteva verificarsi il caso che
durante l’anno di carica vi fosse una situazione nuova non prevista dall’editto perpetuo, allora emanava
il pretore un altro editto, noto come editto repentino (improvviso) per disciplinare una fattispecie
prevista all’inzio dell’anno di carica. vi era anche l’editto tralatizio: quando il pretore entrava in carica,
prima di emanare il proprio editto, andava a verificare l’editto del pretore dell’anno precedete, per
vedere quali formule del pretore precedente fossero state valide. con l’editto tralatricio il pretore attuale
andava a riprendere le formule dei pretori degli anni precedenti considerate valide. ciò da vita a una
stratificazione della massa edittale.
- si considera la pretura urbana, istituita nel 367 con licinio sestio, magistratura riconosciuta
soltanto come patrizia. – ius honorarium
- a seguito del fatto che i romani avevano contartti con stranieri e con le loro rispettive
controversie, si ebbe il pretore pellegrino, nato nel 242ac, istituito per risolvere le controversie
tra cittadini romani e stranieri o tra stranieri che si erano trovati a roma. anch’essa è fonte di
produzione del diritto, al punto che darà vita a quella massa giuridica chiama – ius gentium.
qui non vi era la collegialità. ad un certo punto i pretori saranno posti a capo delle giurie criminali
dell’età repubblicana, che rispondono a nome delle quaestiones perpetuae che sostituiranno il
processo comiziale.
- tribuni della plebe: magistrati rivoluzionari creati dalla plebe per difendere i propri interessi. queti
tribuni della plebe avevano un potere importante (tribunicia potestas che implicava il fatto che
potessero intervenire con un intercessio -diritto di veto- per paralizzare le porposte dei magistrati patrizi
qualora avessero danneggiato gli interessi della plebe). i tribuni della plebe, inviolabili nella loro
persona, nell’età repubblicana si assiste ad un ampliamento dei loro poteri (convocare la plebe nei
concilia; viene concesso di covocare il senato…) sempre di più, al punto tale che i tribuni della plebe
diventeranno significati nell’assetto costituzionale di quell epoca (tiberio e gaio cracco). nell’ultimo
secolo della res publica, con Silla che voleva contrastarli rappresentando l’aristocrazia, con le leggi di
silla si limitano le funzioni e i poteri dei tribuni della plebe.
funzione legislativa che riguarda le modalità con le qualu si fa una legge a roma: sostanzialmente, con
riferimento alla legge comiziale, si sa dal giurista del II sec ac Gaio, egli elenca le fonti di produzione
del diritto e dice che la lehhe comiziale è ciò che prescrive e stabilisce il popolo. l’organo deliberante è
il popolo, però bisognava rispettare un procedimento formale e complesso che prendeva le mosse dal
magistrato (console o pretore) che poteva presentare la rogatio (proposta di legge; rima di convocare
l’assemblea formale, la proposta di legge doveva essere esposta pubblicamente su delle tavolette nel
foto per un periodo di tempo di 3 mercati, cioè 24 giorni, durante il quale i cittadini potevano prendere
cognizione della proposta di legge. prima della votazione, il magistrato doveva prendere gli auspicia,
cioè doveva verificare che quella proposta di legge avesse incontrato il favore degli dei, dopo aver
svolto ciò avveniva la votazione secondo le procedure precedentemente descritte.
il popolo non poteva apportare modifiche alla proposta di legge: poteva accettarla o rigettarla in blocco;
in caso di rifiuto, il magistrato avrebbe fatto una nuova proposta di legge seguendo queste procedure.
era un procedimento lento e formale.
si è soliti dire che i romani sono staiti popolo del diritto ma non della legge: cioè, molti sottolineano
questo aspetto, significa che -è vero si- che la legge comiziale è una fnte di produzione del diritto
nell’età della repubblica e Gaio addirittura apre il suo manuale elenecano le fonti di produzione del
diritto e ricorda al primo posto la legge comiziale; però, per aggiornare il diritto e i vecchi principi di ius
civile, più che riucorrerre a questo strumento legislativo, molto più facilmente si aggiornava e
modificano i prncipi dello ius civile ricorredno all’attività dei giuristi da un lato che continuano a svolgere
un ruolo importante; ma anche il pretore urbano deteneva l’attività creativa del diritto.
la legge comiziale (lex publica) provvedimento che viene approvato a seguito dell’iter
preedentenmente descritto. la legge risultava composta di 3 parti:
1. la praescriptio: essa era la premessa ed era la parte iniziale che indicava il nome del
magistrato o dei magistrati che avevano proposto la rogatio, e ndicava anche le circostanze e
motivi che avevano dato vita a questa proposta di legge.
2. la rogatio: era il testo della proposta di legge
Storia del diritto romano
3. la sanctio: che non era la sanzione nel senso moderno del termine (la sanctio era già indicatra
nella rogatio), ma la sanctio indicava un insieme di clausole che erano in qualche modo
finalizzate ad un migliore inquadramento della legge al’interno dell’ordinamento giuridico
romano. miravano a rendere più facile l’inquadramento della legge nel sistema dell’ordinamento
giuridico romano e cercava di finalizzare l’attuazione e il rispetto di tale norma. una di queste
clausole, contenuta nella sanctio, era nota come caput tralaticium de impunitate: prevedeva
l’impunità, cioè (esn moderno: quando una legge va discplinare un argomento trattato da una
precedente legge, prevale la legge più recentemente abrogata) i principi dello ius civile sono
-almeno formalmente- sempre vigenti e perenni e in quanto tale devono essere rispettati; tant’è
vero che anche quando vi è un aggiornamento dei vecchi principi dello ius civile da parte dei
giuristi, nessun giurista non affermerà mai in maniera esplicita di innovare quel principio. si
poteva verificare che o un cittadino per rispettare i contenuto di una legge più recente, poteva
trovarsi in contrasto con una legge precedente che formalmente era ancora vigente; il caput
tralaticium de impunitate è una clausola che prevedeva che, nel caso in cui un cittadino
rispettava il dettato contenuto in una legge più recente, si trovava in contrasto con una legge
presente nella fattispecie precedente, per cui non doveva essere punito.
- il concilio della plebe (concilium plebis tributa) è l’assemblea della plebe, che veniva convocata dai
magistrati plebei (tribuni) e aveva come funzione quella di eleggere magistrati plebei (tribuni ed edili) e
aveva anche la funzione di approvare quelli che erano i plebisicita, cioè le delibere della plebe. questa
assemblea era riunità per tribù quind non si ha la divisione per centurie ad esempio, quindi si sa che
era un procedimento molto più snello e meno formale e rigido rispetto a quello previsto dal comizio
centiuriato per approvare le proposte di legge.
gaio con riferimento al plebisicito, ricorda anche il plebiscito dicendo che esso è ciò che prescrive e
stabilisce la plebe. c’è da dire che i plebisicita, valevano -almeno in origine- soltanto per la plebe: cioè il
loro contenuto non era esteso e vincolante a tutto il popolo. si sa anche che in particolare nel conflitto
patrizio plebeo, vi è un lento processo di equiparazione dei plebisciti alle leggi comiziali. solo con la
lex ortensia nel 287 ac, si ha la effettiva equiparazione dei plebisciti alle leggi comiziali. i plebisiciti dal
III sec valgono come leggi: infatti molte di quelle che oggi si chiamano leggi, molte erano dei plebisciti.
- il comizio tributo era un’assemblea è considerata una sorta di ibrido dagli storici, si possono
sintentizzare in 2 ipotesi:
1. fa capo a ducenzo arangio ruiz, è un’ipotesi secondo cui questo comizio tributo non è altro
che il concilio della plebe che si era trasformato dopo l’equiparazione dei plebisciti alle leggi
comiziali e dopo ciò i concilia si trasformano in comizi.
2. fa capo ad antonio guarino, che sostiene che in realtà non sia possibile parlare del concilio
plebeo che si è trsformato dopo l’equiparazione: perché sembrerebbe che anche dopo
l’equiparazione dei plebisciti alle leggi comiziali - anche dopo la creazione di questa assemblea
nuova- risultano testimoniati ancora i concili della plebe. quindi si tratta di un’altra assemblea
popolare che va distinta dal concilio della plebe, perché il plebiscito era convocato dai
magistrati plebei mentre i comizi da organi giurdiszionali superiori. quindi questo comizio risulta
essere un’assemblea minore che si affianca al concilio della plebe, al comizio centuriato e
curiato.
grazie a questa funzione consultiva, il senato da organo di mera consulenza si trasforma in un organo
di governo (perché decideva le cose più importanti di poitica estera e interna). la posizione del senato è
Storia del diritto romano
centrale e fondamentale, se non ci fosse stato il senato questo assetto repubblicano si sarebbe
paralizzato prima del tempo.
tutto sommato, proprio il senato che doveva essere garante di tale assetto, nel periodo della crisi della
res publica, sarà proprio il comportamento del senato al di fuori di quell’ordine e quell’equilibrio,
espressione del ceto più conservatore che con questa politica -tutta protesa a tutelare i propri interessi-
e cercando di paralizzare movimenti rivoluzionari, contribuirà in maniera determinante allo sgretolarsi
della res publica ponendo così le basi del principato.
la politica estera di roma è una politica molto duttile: nel senso che con questo sistema -federazione- le città
che hanno a che fare con roma e che si rendono conto che dovranno a lei soccombere, è chiaro -sin dal primo
momento- ad accordarsi cn roma per cercare di avere un trattamento -almeno formalmente migliore.
Al contrario, le città che hanno resistito e continuano a resisterle, sanno bene che vanno incontro ad una fine
infelice e trattamento sfavorevole. roma crea anche esempi: è importante creare valori esemplari perché le
altre comunità hanno davanti le opzioni che sono prospettate e possono decidere per il meglio prima che la
situazione sia irreparabile, quindi il foedus.
un’altra opzione è rappresentata dalla cosiddetta ricreazione dei municipia (i municipi). questi municipi erano
delle comunità cittadine -che già esistevano- che però venivano incorporate nel territorio romano e quindi vi
era l’incorporazione della cittadinanza romana e quindi di regola questi abitanti dei municipia avevano la
cittadinanza romana. cittadinanza romana, con tutti i diritti che comportava, e nel contempo veniva
Storia del diritto romano
riconosciuta a questi municipi una loro autonomia amministrativa. autonomia amministrativa che poteva
variare da caso a caso.
si ha ancora la fondazione di colonie: qui il discorso è differente rispetto ai municipia (perché si avevano
comunità di cittadini che preesistevano).
si parla di fondazione ex novo di colonie, che potevano essere colonie latine o colonie romane.
- colonie latine significa che roma aveva permesso ai latini (oltre al foedu equum) di poter fondare
colonie solo di latini. i latini coloniali che avevano soltanto il cosiddetto ius commercii
- colonie romane di cittadini romani e
le colonie ovviamente venivano fondate in località strategiche (es.ostia). si trattavano di luoghi che potevano
essere di grande interesse o per i traffici commerciali o per funzione di difesa per il territorio.
con riferimento alla modalità di creazione delle colonie, il senato aveva competenza anche in merito alla
politica estera: perché era il senato che decideva dove doveva essere fondata la colonia. quindi si attivava con
una procedura molto formale: veniva dato a questi abitati della colonia una sorta di statuto, la cosiddetta lex
coloniae, e si procedeva all’assegnazione dei terreni ai coloni che facevano parte di quella colonia,
tracciando 2 linee:
- il decumano massimo da est a ovest; LINEA ORIZZONTALE
- il cardo massimo da nord a sud; LINEA VERTICALE
successivamente venivano tracciate altre linee parallele (altri decumani e cardi) andando così ad individuare le
singole porzioni di terra da affidare agli abitanti della colonia.
roma ricorreva per l’organizzazione dei territori esteri alla stipulazione di trattati (foedus) oppure si ricorreva
alla creazione di province. il termine provincia indicava in origine a sfera di competenza dell imperium del
magistrato. questo termine ben presto indicava però quella circoscrizione territoriale -caratterizzato dal fatto di
essere sottoposto all’imperium militiae di un governatore provinciale- sottoposta al potere del governatore
provinciale. governatore che inizialmente era un magistrato, e ben presto però fu stabilito che dovessero
essere governatori provinciali ex magistrati. il territorio da gestire diventava sempre più esteso e per un
magistrato romano non era facile svolgere funzioni sia a roma che nella provincia molto distante. si finì a
creare questa figura di governatore provinciale che prima era un ex magistrato. tale figura rappresentava
l’autorità di roma e della provincia stessa: tant’è vero che questi governatori esercitavano anche un’attività
giurisdizionale, quindi sia in ambito privato (risoluzione delle controversie) sia in ambito criminale per
mantenere l’ordine pubblico con riferimento alla necessità di reprimere i reati che erano commessi nella stessa
provincia e che potevano essere disciplinati dallo stesso governatore provinciale. a meno che non si fosse
trattato di un cittadino romano che si fosse trovato in quella provincia, poteva richiedere di essere valutato
ritornando a roma e richiedendo la provocatio ad populum (processo comiziale).
i terreni che costituivano le province appartenevano al popolo romano, però -molte volte- era per ragioni
logistiche era concessa in sfruttamento agli abitanti della provincia, potevano coltivare questi terreni. vi era poi
l’obbligo di pagare roma o somme di denaro oppure pagate in natura, cioè con i prodotti coltivati in quella
provincia.
questo sistema è un sistema che in qualche modo ha creato le premesse o ha contribuito all’emergere ad una
situazione di crisi agraria in italia: perché, a seguito della politica espansionistica di roma, vi furono una serie di
conseguenza che sono rilevati anche nell'ambito della politica economica interna.
1. la notevole massa di schiavi che viene immessa nell’economia romana. gli schiavi a livello giuridico
sono persone che sono equiparate a delle cose. la principale causa che ha dato origine alla condizione
di schiavitù è determinato dalla prigionia di guerra: i nemici, prigionieri che non avevano stretto accordi
con roma e cedere dinnanzi al potere di roma, erano ridotte in schiavitù. nell’economia interna viene
sempre più diffusa l’attività di questi schiavi: schiavi che andavano a far parte dei patrimoni dei ricchi
proprietari terrieri. si riduce sempre di più quindi il ricorso all’utilizzo della manodopera di uomini liberi.
Storia del diritto romano
2. problema dell'ager publicus et occupatorius: cioè quei terreni che formalmente -frutto delle conquiste-
appartenevano al popolo romano ma che poi sostanzialmente erano affidati ai cittadini delle province
che avevano i mezzi per utilizzarli.
si ha la premessa di creazione di latifondi a discapito dei piccoli proprietari terrieri laddove quest'ultimo
incontra maggiori difficoltà.
il fatto che le province erano tenute ad una sorta di pagamento o in denare o in dare quantità di prodotti
agricoli da loro coltivati, è un fenomeno che crea dei problemi all’economia romana, cioè nel momento in cui
alcuni prodotti (soprattutto il frumento) arrivava dalle province, creava delle conseguenza sul mercato di quei
prodotti e quindi questo crea dei problemi sul prezzo, che cala e non invoglia la produzione di conseguenza di
quel determinato prodotto.
in questo contesto si inserisce la riforma dei gracchi (tiberio e gaio gracco): due tribuni della plebe e fratelli,
appartenuti alla nobilitas. tiberio a seguito di un viaggio durante il quale ha potuto constatare tutte queste
dinamiche precedentemente descritte, decise di proporre questa riforma agraria. riforma agraria che parte
dall’idea di fondo di limitare il possesso dell’ager publicus: nel senso che si stabilisce
- di limitare a 500 iugeri l’estensione di ager ublius che un privato poteva possedere.
- fu stabilito anche che si potessero avere 750 iugeri nel caso si avesse avuto un figlio; 1000 iugeri nel
caso di più figli.
- stabilisce anche che la parte eccedente -quella che deve essere sottratta ai grandi proprietari- deve
essere retribuita ai plebei in lotti di 30 iugeri. a ogni cittadino plebeo si deve riconoscere quindi il
possesso di 30 iugeri di terra, che siano inalienabili: cioè’ che non possono essere venduti dai plebei.
- stabilisce anche che venga creata un’apposita magistratura con il compito di attuare questa riforma
agraria di realizzare in concreto questa riforma. questi magistrati avevano il compito di assegnare
queste porzioni di terra eccedenti e avevano un potere giurisdizionale in merito alle controversie che si
sarebbero avute nel togliere ai grandi latifondisti la parte eccedente per ridistribuirla ai plebei.
questa riforma agraria riprende il tema del compromesso di licinio sestio: se nel 133 ac c’è ancora il problema
dell’ager publicus, vuol dire che i problemi non sono stati risolti. allora tiberio aveva riflettuto sulle criticità di
ciò: la norma non si era realizzata perfettamente perche:
- da un lato si erano create delle controversie tra i grandi latifondisti che non volevano cedere le parti
eccedenti adducendo il fatto che avevano coltivato da molto tempo quei terreni e quindi si opponevano
in tutti i modi a ciò.
- dall’altro lato in molti casi si era verificato che alcuni plebei che avevano avuto la propria porzione di
terra, trovandosi ancora in difficoltà, tendevano a vendere quel terreno che avevano avuto e ben presto
si ritrovano a non avere più nessun terreno da coltivare. ecco perché i terreni non si potevano vendere,
i plebei avevano diritto a questo sussidio.
questa riforma non era ben vista dal senato. si ha una spaccatura all’interno della nobilitas:
- da un lato c’era l’aristocrazia senatore, ceto più conservatore, che non vuole cedere nulla.
- dall’altro una parte della nobilitas, rappresentata dai gracchi, tende ad appoggiarsi all’elemento
popolare anche in contrasto con la vecchia aristocrazia.
tiberio gracco fu ucciso e quella proposta non potè produrre gli effetti sperati. nel 323 ac caio gracco
riprenderà 10 anni dopo questa riforma insieme anche ad altre riforme che andranno sempre nella direzione di
limitare il potere del senato a favore dell’elemento plebeo. il senato con una politica tutt tesa a salvaguardre i
propri interessi, reagirà utilizzando la forza e l'eliminazione fisica di caio cercando così di eliminare tale
movimento. ma ciò porterà alla crisi della repubblica.
23/11 CAIO GRACCO, GUERRA SOCIALE, SILLA GUERRA CIVILE, PRIMO E SECONDO TRIUMVIRATO,
CESARE E OTTAVIANO
caio presenta oltre alla questione agraria presenta nuove proposte, in particolare quella che
- prevedeva la creazione di nuove colonie in italia e fuori italia.
- con la lex frumentaria si stabilisce che i plebei dovevano avere diritto ad assegnazioni di grano a
prezzi inferiori rispetto a quelli del mercato, quindi una legge a favore dei plebei.
Storia del diritto romano
- con la lex sempronia iudiciaria si stabiliva che nell’ambito dei processi criminali e in particolare
nellambito delle corti giudicanti in materia criminale, cioè le quaestiones i giudici erano tratti dall’ordine
senatorio. con questa legge si prevede che siano chiamati a svolgere l fnzione giudicante non più i
senatori ma i cavalieri. legge che tende a ridurre le funzioni del senato.
- nella direzione di limitare i poteri del senato, vi era anche una legge che regolava la disciplina degli
appalti, delle imposte della provincia d’asia: stabiiva che la gestione delle imposte che gli abitanti delle
province dovevano pagare a roma, questa gestione doveva essere sottratta al controllo del senato e
stabiliva che la gestione di queste imposte dovesse essere affidata ai cosiddetti pubblicani (sorta di
appaltatori di imposte), i quali avevano l’incarico di riscuotere le imposte.
- proposta che teneva conto anche del problema degli abitati della penisola italica che ormai da
tempo reclamavano la cittadinanza romana con tutti i diritti connessi ad essa. caio propone ciò per i
latini in particolare e la latinità (cioè la condizione di latini che comportava essere titolare dello ius
commerci e ius connubi) a tutti gli altri italici della penisola italica.
queste proposte non potevano incotrare il favore del senato: esso infatti ricorse al senatus consultum ultimum,
e anche caio gracco venne eliminato a seguito di ciò.
si può dire che con l’uccisione di caio, accade una linea politica -che se fosse stata accettata dal ceto
conservator romano- avrebbe evitato una dissoluzione traumatica delle istituzioni repubblicane. abbiami tribuni
della plebe che rappresentano la parte più illuminata della nobilitas, quella che si rende conto di dover fare
alcune concessione per salvare le istituzioni repubblicane; invece, è prevalsa l’ala più conservatrice,
espressione dell’aristocrazia senatoria che paradossalmente nel tentare di difendere i propri privilegi, mette in
atto una politica contraddittoria che contribuisce al venir meno dell’assetto costituzionale repubblicano. e
soprattuto ci si illude di eliminar fisicamente il protagonista, si possa frenare o rallentare quel percorso che
ormai si era già avviato.
dopo la morte di caio, vi erano tutte le premesse pe parlare del periodo di crisi della res publica: periodo dove
si incontrano molti personaggi ed eventi e situazioni che non sempre sono facilmente decifrabili alla luce delle
conoscenze aventi. non si sa -in relazione a questi eventi- anche il ruolo significativo legato anche agli aspetti
più personali di questi protagonisti, che agiscono formalmente nell’interesse della res publica ma si trovano ad
operare per interessi personali o di sggetti a loro vicini. è un periodo che viene ricordato come la prassi
costituzionale repubblicana: cioè una serie di comportamenti e regole che devono essere rispettate nel tempo,
fino al periodo di crisi. nell’ambito di questo contesto, per comprendere meglio le dinamiche e i principali
avvenimenti, è opportuno considerare che la lotta che si avrà (molto aspra) è un conflitto all’interno della
classe dirigente dell’epoca. non è più un conflitto patrizio-plebeo, qui si ha un conflitto della classe dirignete:
- da un lato si hanno i cosiddetti optimates (ottimati) che erano espressione dell’aristocrazia senatoria e
che rappresentano il ceto più conservatore che non vuole cedere nulla;
- dall’altro i cosiddetti populares (i popolari, democratici) che erano rappresentati da cavalieri (che si
oppongono all’aristocrazia senatoria) e da un ceto urbano composto non solo dalla plebe ma anche da
commercianti ed è un movimento più aperto alle esigenze del popolo, ma che -a volte- utilizzava le
proteste popolari per propri fini, strumentalizzando il malcontento che veniva dal basso.
107 ac: i cavalieri riuscirono a portare ed eleggere al consolato caio mario. caio mario è un homo novus:
non proveniva cioè da famiglie aristocratiche. egli a ricordato per la riforma che realizza in merito
all’arruolamento dell’esercito. la novità è che egli aprì le porte dell’esercito anche ai nulla tenenti, anche a
coloro che non avessero un minimo di ricchezza. fino a quel momento l’organizzazone dell’esercito, si veniva
inseiriti all’interno in base alla ricchezza posseduta. con mario si permette anche ai più poveri di prendervi
parte volontariamente. questa riforma ha delle conseguenze nel tempo: perché col tempo si tendono a creare
degli eserciti professionali, cioè eserciti che sono costituiti da uomini che fanno quella scelta non tanto per
difender ele istituzioni e il popolo romano, ma per professione e quindi per un loro tornaconto personale (non
tanto nella oaga, quanto nella possibilità di partecipare alla spartizione del bottino di guerra).
grazie a questo sistema, si hanno più soldati che sono sempre più legati ai loro capi piuttosto che alle
istituzioni repubblicane.
Storia del diritto romano
problema legato alla cittadinanza romana richiesta dagli italici: non è stato risolto ciò, la pressione aumenta
sempre di più e scoppia la guerra sociale, cioè la guerra che l’esercito di roma ha dovuto combattere contro i
soci italici, alleati di roma.
essa NON è una guerra civile.
è una guerra molto difficoltosa per roma: perché questi alleati avevano un notevole livello di addestramento
pari a quello romano, e quindi roma non riesce a sconfiggere questi alleati a punto tale che è costretta a
cedere. infatti nel 90 ac, con una legge (la legge giulia) sulla cittadinanza romana da concedere ai latini e ai
soci italici, questa lex iulia de civitate latiniis et sociis dava la cittadinanza a coloro che non si erano ancora
uniti a questa guerra sociale. tuttavia nell’89ac, la lex plautia patilia de civitate, questa legge promise la
cittadinanza a tutte le popolazioni italiche che entro 60 giorni si fossero sottomesse, e che quindi avessero
deposto le armi.
ciò significa che anche il ceto più conservatore si rende conto che i tempi stanno cambiando e quindi si tende
a modifiare lentamente il contesto che avev stabilito la posizione di roma.
con la guerra sociale si incontra Lucio cornelio silla: egli apparteneva all’antica nobiltà romana (optimates), si
era rilevato nella guerra sociale per le sue abilità di condottiero e nell88ac ebbe l’incarico di condurre la
guerra contro mitridate, che era re del ponto (regione del medio-oriente). nel frattempo si ha che i populares,
rappresentati da caio mario, riescono a far revocare questo incarico che era stato dato a silla (e ciò era un atto
rivoluzionario). alla notizia di questa revoca, silla decide di tornare a roma e di marciare con il proprio esercito
verso roma: cioè non ha esitato a portare per la prima volta l’esercito all’interno del pomelium (perimetro
sacro) e costrinse mario a fuggire. Silla riparte per il ponto per combattere contro mitridate e cerca una pace di
compromesso con questo re perché nel frattempo a roma mario e i suoi fedelissimi si erano di nuovo
organizzati. quindi nel’83 silla decide di ritornare a roma e -nonostante sia deceduto mario- i suoi soldati
continuano a sostenere l’orientamento dei populare e quindi si assiste ad una vera e propria guerra civile:
cioè una guerra nella quale si confrontano e battono gli eserciti della repubblica. silla, in questa guerra civile, si
schierano 2 giovani nobili di nome Licinio Crasso e Gneo Pompeo.
guerra civile che si conclude con la sconfitta dell’esercito mariano e nell’82ac con una lex valeria, si
attribuisce a silla la dittatura, che però conferiva a silla dei poteri straordinari: infatti silla viene nominato
dictator legibus scribundis et rei publice constituende (dittatore con il potere di scrivere le leggi e di
ricostituire la res publica).
LE RIFORME DI SILLA: Silla realizza una politica tutta protesa a tutelare gli interessi della nobilitas e quindi
volta a limitare i poteri dei populares e in particolare si hanno una serie di riforme indirizzate a limitare i poteri
della plebe e i magistrati plebei:
1. con la gestione delle imposte della provincia dell’asia, con silla si stabilisce che la gestione di queste
imposta deve essere affidata ai governatori della provincia (i proconsoli o pretori –ex magistrati) che
erano la longa manus dell’aristocrazia senatoria,sotto il loro controllo.
2. riforma che prevedeva che la votazione della plebe sulle proposte presentate dai tribuni della plebe,
dovessero essere precedute da un’auctoritas del senato. si vuole estendere questo potere di controllo
del senato anche con le assemblee della plebe. si stabilisce anche che gli ex tribuni devono essere
esclusi da ogni nuova magistratura. i tribuni della plebe avevano la cosiddetta intercessio (diritto di veto
con cui potevano bloccare le iniziative dei agistrati qualore fossero state i contrasto con gli interessi
della plebe) questo potere viene molto limitato: cioè si limita a quei casi in casi in cui il tribuno può
intervenire a portare aiuto al singolo cittadino plebeo, minacciato da un determinato ordine.
3. riforma che andava a regolare la progressione di carriera che bisognava rispettare nell’ambito delle
magistrature: in realtà -già prima di silla- vi era stata la lex villia del 180ac che andava a regolare il
cosiddetto cursus honorum, cioè regolava l’ordine delle magistrature che potevano essere ricoperte dai
cittadini, cioè bisognava in primo luogo:
a. questura
Storia del diritto romano
b. pretura
c. consolato
silla riprende questa legge ribadendo la necessità di ristabilire questo ordine. si può ricoprire il
consolato solo dopo aver fatto esperienza delle magistrature inferiori. viene anhe stabilito un intervallo
decennale per coloro che avevano ricoperto il consolato, per chi voleva ricoprire nuovamente tale
magistratura.
4. riforma relativa alla distinzione tra l’imperium domi e l’imperium militiae.
a. imperiumo domi che poteva essere esercitato all’interno di roma ed esercitato quindi dai
consoli.
b. impeium miitiae riconosiuto solo ai pro consoli e rpomagistrati, esercitato fuori roma.
silla vuole evitare la situaqzione che un magistrato possa codurre eserciti romani all’interno del
pomelium.
5. riforma rappresentata dalla riorganizzazione del processo criminale delle quaestiones: perché con silla
il sistema delle quaestiones viene regolamentato in maniera più completa, cioè che per ogni reato è
stato istituito un apposito tribunale e giuria criminale. ritornano a giudicare i senatori con silla, non sono
più cavalieri. il far parte di un giuria criminale, può diventare anche uno strumento di lotta politica:
perché in alcuni casi quano non era possibile eliminare un avversario politico democraticamente, si
poteva ricorrere a falsi accusatori e contando sul ruolo dei giudici si eliminava fisicamente l’avversario,
quindi diventava strumento di lotta politica.
nel 79ac silla si ritirò a vita privata: non si sa perché fece questa scelta. con silla ci si trova afd un
cambiamento epocale: un uomo che ha raggiontu il potere attravero la forza degli eserciti e non attraverso gli
antichi meccanismi istituzionali.
alla morte di silla ricordiamo pompeo, che gli vengonjo riconosciuti dei poteri eccezionali: imperium triennali
per debellare i pirati nel mediterraneo (pirati: piaga molto diffusa all’epoca). il senato cerca di appoggiare
pompeo con questo in carico; però avvenimento importante e rappresentato dal 60ac quando fu il cosiddetto
triumvirato: accordo tra tre uomini, i triumviri -pompeo, crasso e cesare (parente di mario)-, in base a questo
triumvirato si stabilisce un accordo di durata di 5 anni in base al quale:
- al pompeo si riconosce l’approvazione dei suoi proveddimenti in asia
- a cesare viene riconosciuto nel 59 il consolato e il comando della provincia della gallia
- crasso tutelò i suoi interessi finanziari perché aveva grandi interessi di natura economica.
nel 53 ac muore crasso: non si ha più un equillibrio e il senato decide di appoggiare e sostenere pompeo,
riuscendo a farlo eleggere come consul sine collega, cioè elezioni di un console senza collega. dall’altro,
cerc di limitare i poteri di cesare, dichiarando che cesare ra decaduto da proconsolato in gallia richiamandolo
in patria come semplice cittadini.
quindi succede che cesare decide di tornare a roma, ma con il proprio esercito deciso a combattere contro
pompeo, il quale era scappato da roma. nel 48 ac a farsalo in grecia, cesare riuscì a sconfiggere pompeo.
cesare torna a roma e ottiene una serie di riconoscimenti: nel 48 divenne console e dittatore; nel 44 dittatore a
vita e riconoscimento della tribunicia potestas, fino a quando non viene assassinato da bruto e cassio nelle idi
di marzo.
POLITICA DI CESARE:
1. con riferimenti al senato, aumentò il numero dei senatori da 600 a 900. furono inseriti nel senato anche
elementi provenienti dalla gallia e questi soggetti ebbero il riconoscimento della cittadinanza romana ad
personam, cioè per volontà di cesare.
- da un lato si ha l'ampliamento del senato con elementi stranieri;
- dall’altro avendo aumentato significativamente il numero dei senatori,ma rendeva meno
agevole il lavoro del senato.
2. Cesare aveva intenzione di dar vita ad una codificazione dello ius civile: progetto di grande interesse.
codificare significava poter avere un potere di scelta.
Storia del diritto romano
dopo la morte di cesare si hanno: da un lato marco antonio, uno dei più grandi cesariani; dall’altro il pronipote
di cesare, ottaviano. tra loro due c’è un conflitto (tanto che mrco antonio cre un esercito a roma,allo stesso
modo ottaviano lo crea e lo sconfigge). nonostante questo confronto militare, a un certo punto si decide di
stipulare un secondo triumvirato, nel 43ac: accordo tra antonio, ottaviano e lepido (altro cesariano).
questo secondo triumvirato è istituito con un’apposita legge pubblica e si ha una spartizione del otere tre i 3:
- lepido ottiene il comando dell’afirca
- antono il controllo dell’oriente
- ottaviano rimane a roma, e quindi controlla l’occidente.
quando viene meno il triumvirato con la morte di lepido, la situazione degenera: Antonio era un oriente e
antonio a roma. antonio stringe rapporti sempre più stretti con la regina di egitto di nome cleopatra: tutto
questgo non vienee ben visto da roma e dalla stesa aristocrazia senatoria, tant’è vero sembra quasi che non
tenga nel dovuto conto quelli che erano gli interessi fondamentali di roma. c’erano tutte le oremesse per un
conflitto tra antonio e ottaviano: conitto visto come una battaglia di 2 mondi, oriente e occidente. nel 41ac
antonio viene scofitto nella battaglia navale di azio e si avrà dopo questa battaglia ottaviano acquisirà il potere.
ottaviano, invece di voler conservare questo potere, decide di tornare a roma e di restituire formalmente
restiruire il potere nelle mani dei senatori. è un atto che colpisce molto il senato, a punto tale che vengono
riconosciute ad ottaviano una serie di cariche o di titoli onorifici, che saranno fondamentali per l’assetto della
nuova forma di governo.
- nel 39ac acquisisce il titolo di imperator;
- nel 28 princeps
- nel 27 ac il titolo di augustus, diventando ottaviano augusto(perché aveva l’auctoritas)
- nel 23ac la tribunicia potestas che implicava il diritto di veto sena che nessun altro magistrato potesse
bloccare le iniziative di ottaviani
- nel 19 il consolato
- nel 12 il pontificato massimo
- nel 2ac titolo pater patriae, padre della patria
da un lato vengono riconosciuti ad augusto i poteri che richiamano l’assetto costituzionale repubblicano;
dall’altro, però, nella sostanza sono riconosciuti ad ottaviano una srie di potere eccezionali che lo pongono al
di sopra di tutti e che creano il principato.
nell’età della repubblica sono rappresentate dalle leggi delle XII tavole (451-450ac) e l’esperienza
decemvirale. questa è un’importante fonte di produzione del diritto ed è la prima raccolta scritta non di tutti i
principi dello ius civile, esso è una raccolta di alcuni dei più importanti mores che fino a quel momento erano
tramandati oralmente.
➔ bisogna far riferimento alla legge comiziale: la cosiddetta lex publica, per quanto riguarda le funzioni
dell’assemblea centuriata e il procedimento legislativo che bisognava rispettare (molto lento, formale e
complesso).
➔ plebiscita: cioè delibere approvate non da tutto il popolo, ma una da una parte di quest’ultimo -in
particolare dalla plebe- nel concilio della plebe. questi vincolavano soltanto la plebe e -a
seguitodell’equiparazione dei plebiscita alle leggi comiziali- con la lex ortensia del III ac, da quel
momento i plebiscita varranno non solo più dalla plebe, ma dall’intero popolo.
➔ editti dei pretori: in particolare quelli del pretore urbano. l’attività di iurisdictio esercitata dal pretore, era
un’attività profondamente diversa dall’attività giurisdizionale esercitata dal magistrato odierno. il
Storia del diritto romano
pretore, grazie agli editti, può aggiornare e integrare, modificare i principi del vecchio ius civile dando
vita a quella massa giuridica che i romani chiamavano ius honorarium (diritto onorario o pretorio). la
sua è un'attività creativa del diritto. queste attività sono ricordate dal giurista Gaio, che nel suo manuale
institutiones, elenca le varie fonti di produzione del diritto.
➔ con riferimento al senato consulto, non si può parlare dell’età della repubblica di una vera e propria
produzione del diritto. nell’età repubblicana ciò non ha valore normativo. nell’età del principato -quando
gaio scrive le institutiones- il senato consulto avrà valore normativo.
questo è lo schema delle fonti di produzione del diritto nell’età repubblicana.
bisogna porsi il problema a quale è il ruolo dei giuristi e della giurisprudenza nell’età della repubblica: questa
attività dei giuristi è un’attività che si trova sempre presente nella storia romana, pur con caratteristiche
differenti.
giurisprudenza laica: cioè i giuristi -esperti del diritto- non giurisprudenza sacerdotale con il
sono più dei sacerdoti, non si ha più quindi il collegio sacerdotale dei pontefici, che
potere dei pontefici, ma ci si troverà di fronte a svolgeva un’attività molto importante
privati cittadini che studiano il diritto e che
ed era un’attività di interpretatio dei
svolgono l’attività ai fini dell’evoluzione
dell’ordinamento giuridico romano. avviene un mores (interpretazione orale delle
processo di laicizzazione della giurisprudenza, consuetudini) maiores (avi). questa
processo che è molto lento e graduale, di cui è attività di interpretatio era un’attività
possibile individuare le principali tappe: es. anch’essa creativa del diritto. essa si
leggi delle 12 tavole. tratta di una fonte di produzione del
diritto in senso sostanziale e non
formale (perché -appunto- non rientra
nelle f.p.d.). questa attività comportava
un’aggiornamento dei vecchi principi
dello ius civile.
la svolta delle il popolo tramite le 12 tavole può rendersi questa è una tappa importante, perché
12 tavole conto del dato testuale e conoscere quello che se fino quel momento i pontefici nello
erano i principali mores e si assiste a un svolgimento della loro attività di
processo di democratizzazione del diritto: un interpretatio prendevano le mosse dal
diritto che prima era nelle mani di pochi mos e non era facile intuire dove
(monopolio del diritto) e dopo il diritto è reso terminava il mos e dove invece iniziava
accessibile a tutti, anche all’elemento plebeo e qualcosa di nuovo prodotto dai
non solo più ai patrizi (che erano gli unici che pontefici. dopo le 12 tavole i pontefici
potevano far parte del collegio sacerdotale. per dare la risposta non prendevano
non è che con le 12 tavole viene del tutto più le mosse dai mores di una volta,
meno l’attività creativa del diritto da parte dei ma dovevano prendere le mosse dallo
pontefici, cioè quest’attività di interpretatio scritto delle 12 tavole.
presenta ancora qualche caratteristica
differente rispetto a quella precedente, perché
il pontefice deve basarsi sulla norma scritta;
però, si tratta di brevi frasi e che quindi
possono essere oggetto di un’attività di
interpretatio più ridotta rispetto all’interpretatio
dei mores in età arcaica.
Storia del diritto romano
caratteristiche pubblicità: in quanto il giurista riceve i cittadini segretezza: i pontefici esponevano il
principali che avevano bisogno di un suo parere proprio responso in segreto e in forma
nell’atrio della casa, alla presenza anche dei oracolare
suoi collaboratori. svolge questa attività non
più in forma oracolare
gratuità: cioè vi era una concezione romana
secondo la quale era disdicevole ricevere soldi
per lo svolgimento di attività intellettuali ( e non
manuali) ritenute di particolare prestigio e che
in quanto tale non dovessero essere retribuite.
questo principio molto nobile, presentava il
fatto che chi si dedicava a questo tipo di
attività erano soltanto coloro che provenivano
da famiglie aristocratiche con ingenti patrimoni
su cui poter contare, da potersi dedicare allo
studio e conoscenza del diritto. tant’è vero che
molti giuristi dell’epoca repubblicana
provenivano da famiglie aristocratiche note.
il giurista dell’età della repubblica è un privato cittadino, non più sacerdote, che studia e che conosce
profondamente il diritto e bisogna ricordare -con riferimento alle attività svolte dal giurista- tre verbi latini che
sintetizzano le principali attività del giurista dell’età della repubblica, i cosiddetti triaverba:
- respondere: attività del giurista volta a dare responsa (risposta tecnica) in qualità di esperto del diritto
in relazione a un quesito sottoposto alla sua attenzione
- cavere: attività consultiva svolta dal giurista e consisteva nell’assistere i cittadini nel consigliare
eventuali schemi negoziali che bisognava realizzare per poter raggiungere un certo scopo. es. se c’era
bisogno di fare un testamento, si poteva chiedere consiglio al giurista su quale era lo schema da
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utilizzare per raggiungere quello scopo, per indicare per iscritto le manifestazioni di ultima volontà.
(attività svolta dal notaio oggi)
- agere: deriva dall’actio (azione) ed esso ha a che fare col processo. l’agere non consisteva nell’attività
che viene svolta dagli avvocati dei nostri giorni, è un attività consultiva che è possibile definire
stragiudiziale, il giurista non è un avvocato, ma è colui che da consigli attraverso il responso.
questi erano i triaverba utilizzati per sintetizzare l’attività del giurista durante l’età della repubblica. attraverso
questi triaverba, il giurista svolge un’attività di interpretatio iuris (non più interpretatio dei mores), cioè del
diritto: nel senso che ancora nell’età della repubblica l’attività dei giuristi è un’attività creativa del diritto e quindi
attività molto significativa ai fini dell’evoluzione dell’ordinamento giuridico romano. il giurista dispone di un
patrimonio di norme scritte (12 tavole) formalmente immutabile, però ci si rende conto che c’è un’evoluzione
della società e delle sue dinamiche che pongono una serie di problemi non previsti o non del tutto previsti dallo
ius civile. attraverso quest’attività che riguarda la risoluzione dei singoli casi si ha un’evoluzione dello ius civile.
si parla del diritto romano definito anche diritto casistico: cioè che si aggiorna anche grazie alla soluzione dei
singoli casi che viene di volta in volta prospettata dai giuristi. si parla di un cosiddetto ius controversum (
diritto controverso) cioè un diritto che è in qualche modo aperto ai contributi innovativi dei giuristi. i giuristi
pongono il proprio responso sul loro prestigio e autorevolezza e non sono rari i casi nei quali si hanno diversi
Storia del diritto romano
orientamenti dei giuristi in relazione a un determinato problema. pur esistendo le formali fonti di produzioni del
diritto nell’età della repubblica, è molto più facile integrare e innovare i principi del vecchio ius civile ricorrendo
all’attività di interpretatio dei giuristi.
nell’età della repubblica i due poli in cui ruota gran parte dell’attività consultiva dell’ordinamento giuridico sono
rappresentati e che portano un’evoluzione dell’ordinamento giuridico: da un lato dall’interpretatio iuris dei
giuristi; dall’altro della cosiddetta iurisdictio del pretore urbano.
l’istituto dell’emancipazione: è quell’istituto del diritto privato romano attraverso il quale, quando il
capofamiglia è d’accordo, è possibile liberare i figli dalla patria potestas e questo istituto dell’emancipatio è
frutto dell’attività creativa dei giuristi dell’età repubblicana: perché bisogna ricordare che il capofamiglia aveva
il cosiddetto ius vendendi (cioè il diritto di poter vendere liberamente i propri sottoposti) e non erano rari i casi
in cui si assiste a un abuso di questo ius vendendi, cioè lo stesso figlio poteva essere venduto più volte
quando -a seguito della vendita- rientrava nella famiglia d’origine. ecco che fu prevista una disposizione delle
12 tavole che stabilì un limite alla vendita dei propri figli: infatti si afferma che se il padre vende i propri figli
per 3 volte, il figlio sia libero dal padre (IV tavole). ciò non prevede l’istituto dell'emancipazione, ma un
limite allo ius vendendi e una sorta di sanzione che comportava la liberazione del figlio dalla patria potestas.
i giuristi -a seguito da questa istanza proveniente dalla società (cioè per trovare un rimedio affinché i figli siano
liberi non aspettando la morte del capofamiglia)- prendendo le mosse dalla disposizione decemvirale, hanno
consigliato ai vari capofamiglia di mettersi d’accordo con una persona di fiducia alla quale vendere il proprio
figlio. questa persona di fiducia si prendeva l’impegno di venderlo al capofamiglia e questo schema doveva
essere seguito per tre volte; alla terza vendita si aveva l’autonomia del figlio. questo sistema è in concreto
l’istituto dell’emancipazione del figlio dalla patria potestas del capofamiglia qualora il pater familias fosse stato
d’accordo.
l’attività dei giuristi è creativa perché fino a quel momento non esisteva l’attività creativa dell’emancipatio.
ben presto gli stessi auditores (collaboratori del giurista) prendevano appunti trascrivendo ai vari responsa e
dando vita ad opere scritte. opera scritta importante del giurista di Sesto elio, che ha scritto i tripertita (opera
divisa in 3 parti):
1. sono riportate in sintesi i precetti delle 12 tavole;
2. viene riportato ciò che è frutto dell’attività di interpretatio dei giuristi con riferimento alle 12 tavole
3. le actiones, cioè ciò che ha a che fare col processo
tre parti che hanno a che fare con tre ambiti dell’attività dei giuristi. quindi nell’età della repubblica l’attività dei
giuristi è fondamentale. vi sono giuristi che fondarono lo ius civile: giulio punto, manio manilio, publio
scepola…
diritto romano= diritto giurisprudenziale, cioè un diritto che non è tanto a fondamento legislativo, ma che è
aggiornato e creato grazie all’attività dei giuristi.
requisiti essenziali della capacità giuridica: per capacità giuridica si intende l’idoneità di essere titolari di
diritti e doveri. per poter avere la piena capacità giuridica, quindi per poter essere un soggetto sui iuris e non
alieni iuris, c’era bisogno di alcuni requisiti:
1. libertà: cioè non bisognava essere schiavi e la più importante distinzione che si ha -con riferimento allo
status delle persone- è quella tra uomini liberi e schiavi:
a. uomini liberi: possono essere titolari di una serie di diritti. si poteva essere liberi o per nascita
o perché lo si poteva diventare in un secondo momento.
i. si era liberi per nascita quando si nasceva da madre libera: in questo caso si parla dei
cosiddetti ingenui. l’importante era che la madre durante anche il periodo del
concepimento fosse libera. in realtà nel caso di giuste nozze,la condizione che si
andava a prendere in considerazione era quella del padre; quando non vi erano giuste
nozze, si prendeva in considerazione la condizione della madre: però, in realtà, anche
nel caso di giuste nozze, le nozze per poter essere valide era necessario che anche la
madre fosse stata libera, ecco perché è il dato di fatto essenziale era la nascita da
madre libera.
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b. schiavi: pur essendo persone, vengono qualificate come delle cose (res mancipi, ritenute
essenziali nell’economia della famiglia). il tema della schiavitù ancora oggi in molti paesi ci sono
persone che sono sfruttate nello svolgimento di determinate attività lavorative. chi era nato
schiavo poteva essere liberato in un secondo momento: attraverso un particolare atto di
manomissione (manumissio) e a seguito di ciò il soggetto diventava un liberto. i liberti erano
ex schiavi che sono stati affrancati in un secondo momento.
le modalità di manomissione erano molto formali e disciplinate dallo ius civile, lo schiavo
diventava uomo libero e cittadino romano:
1. affrancazione che si svolgeva dinanzi ad un magistrato, la cosiddetta
affrancazione giudiziale: cioè si svolgeva dinanzi al magistrato, al quale si presentava
lo schiavo stesso e il proprietario dello schiavo; davanti al magistrato lo schiavo
reclamava la propria libertà. a fronte di una mancata contestazione del proprietario, il
quale non diceva nulla al magistrato e approvava la reclamazione della libertà del
proprio schiavo, il magistrato riconosceva giuridicamente la libertà dello schiavo in
questione (manumissio vindicta).
2. si realizzava attraverso il censimento: cioè la affrancazione tramite censimento, nel
senso che consisteva nel classificare i cittadini in base al censo e ricchezza posseduta e
anche qui, quando il censore procedeva all’operazione di censimento, in qualche modo
il dominus dello schiavo autorizzava il censore di inserire quello schiavo nell’elenco degli
uomini liberi. da quel momento si ha un liberto, e questa era la cosiddetta manumissio
censu.
3. possibilità riconosciuta al dominus di disporre la libertà dello schiavo nel
testamento: quindi il testamento -redatto per iscritto- può avere diverso contenuto e si
permetteva al dominus di poter disporre la liberazione del proprio schiavo dopo la morte
del dominus.
nell’età della repubblica si assiste a una notevole diffusione di queste affrancazioni di schiavi: non erano rari i
casi in cui il dominus avesse deciso di liberare uno o più schiavi di sua proprietà (per motivazioni personali,
per esternare la propria ricchezza oppure si procedeva ad affrancazioni di più schiavi perché quegli schiavi
erano soggetti che potevano acquisire la cittadinanza e si andava a creare una sorta di consenso della
clientela elettorale in previsione ad una candidatura ad una magistratura di quel dominus).
vi potevano essere altre modalità che si avevano sempre con una manifestazione di volontà del dominus:
c’era sempre bisogno della volontà del dominus. ma nel momento in cui non era manifestata tale volontà
del dominus, poteva anche comportare la liberazione dello schiavo ma non comportava la cittadinanza
romana.
come si diventa schiavi? si poteva verificare il caso di soggetti liberi per nascita che diventassero poi schiavi.
- la principale e più antica causa di riduzione in schiavitù era rappresentata dalla prigionia di guerra.
questo vale anche per i cittadini che vanno a combattere e potevano essere fatti prigionieri, una volta
fatti prigionieri perdevano la libertà e tutti i diritti connessi. i romani hanno previsto un istituto
particolare, noto come l’istituto post liminio: questo era un istituto in base al quale si stabiliva che il
cittadino romano che una volta fatto prigioniero fosse diventato schiavo, qualora fosse riuscito a
scappare a tornare a roma, riacquistava la libertà e la cittadinanza
- nel caso di nascita da madre non libera, schiava.
nell’età dell’origine non si ha una grande schiavitù, questa si sviluppa molto durante l’età repubblicana con le
varie conquiste territoriali che roma ha ottenuto nel corso degli anni. Gli schiavi venivano immessi
nell’economia romana.
ingente di quantità di schiavi che si ritrova sia nelle campagne nel lavoro dei campi, che nelle vicende
domestiche dei ricchi proprietari terrieri. non é che gli schiavi vivevano nella stessa condizione di oppressione
e sfruttamento: si sa che chi lavorava nei campi era più soggetto a questa condizione; mentre coloro che
avevano la fortuna di essere inseriti all’interno di una famiglia aristocratica benestante e nel caso in cui lo
schiavo detenesse delle competenze conoscitive, si trovavano a condizioni di vita meno disagiate. l’economia
schiavile caratterizzerà molto l’economia repubblicana e del principato. Nell’età tardoantica vi sarà una
riduzione dello sfruttamento di schiavi (perché si erano anche limitate a quel tempo le campagne di conquista
e inizia un periodo di declino di roma, dato anche dall’affluenza dei principi cristiani, anche se la chiesa non ha
mai messo in discussione l’istituto della schiavitù).
Storia del diritto romano
07/12/2022 REQUISITI DELLA CAPACITA’ GIURIDICA, DELLA CAPACITA’ DI AGIRE E DISCIPLINA DEL
MATRIMONIO NELL’ETA’ DELLA REPUBBLICA E RUOLO DELLA DONNA IN EPOCA ROMANA
capacità giuridica: oltre al requisito della libertà, il secondo requisito è quello della cittadinanza romana: il
possesso della cittadinanza è molto importante perché per quanto riguarda il diritto pubblico solo i cittadini
romani potevano esercitare il diritto di voto per le elezioni delle magistrature durante le assemblee popolari e
solo i cittadini romani potevano candidarsi all’eventuale magistratura.
solo i cittadini romani potevano appellarsi al popolo con il ricorso alla vocatio ad populum e ciò era previsto
solo per i cittadini romani.
essere cittadino romano era fondamentale anche sotto l’aspetto del diritto privato: perché la prima massa
giuridica -nota come ius civile- era una massa di principi e regole che erano applicabili soltanto ai cittadini
romani.
il discorso della cittadinanza è per certi aspetti di grande attualità: perché si parla ancora oggi del problema
della cittadinanza riguardo gli immigrati e c’è una normativa che prevede vari criteri per il riconoscimento della
cittadinanza (criterio della nascita o del matrimonio -soggetto ad abusi-).
sostanzialmente il requisito della cittadinanza, era molto importante soprattutto nell’ambito del diritto pubblico
il requisito dell’autonomia nell’ambito familiare, era importante per poter operare nell’ambito del diritto privato e
realizzare gli atti negoziali previsti dallo ius civile.
i requisiti per avere la piena capacità di agire ed erano: capacità di porre in essere atti giuridicamente rilevanti
che possano incidere sulla propria sfera giuridica. Con riferimento alla capacità di agire che veniva
riconosciuta ai soggetti sui iuris, era però necessario che vi fossero altri requisiti:
- requisito dell’età: cioé era necessario che il soggetto avesse raggiunto l’età pubere, l’età della pubertà,
nella quale si riteneva che il soggetto fosse idoneo a quel punto anche a procreare. l’età era fissata per
i 14 anni, per le donne 12 anni. nel corso del tempo fu preso in considerazione un altro elemento che fu
rappresentato dal compimento del 25esimo anno di età (sia per le donne che per gli uomini).
- il secondo requisito per poter avere la piena capacità di agire è rappresentato dall’appartenenza al
sesso maschile: le donne, a causa di una presunta leggerezza o mancanza di fermezza d’animo,
quando avevano raggiunto l’età della pubertà non erano autonome, ma per il compimento di alcuni atti
negoziali più rilevanti era necessario l’autorizzazione di un tutore. infatti esisteva l’istituto della tutela
delle donne: come c’era la tutela per gli impuberi (cioè per coloro che non avevano raggiunto ancora la
pubertà), c’era un tutore che nel caso della tutela degli impuberi era colui che gestiva il patrimonio del
soggetto che ancora non era idoneo a gestire quel patrimonio, che poi gli veniva dato al fanciullo una
volta raggiunta l’età prestabilita.
il tutore poteva essere:
- testamentario: indicato nel testamento
- o un parente stretto dell’impube
- tutore che veniva assegnato dal magistrato su richiesta
le donne erano sottoposte a questo altro tipo di tutela: anche qui vi era un tutore di uno di queste tipologie
appena descritte, ma la differenza è che il tutore non è che gestiva il patrimonio della donna, ma doveva
prestare la propria autorizzazione con riferimento al compimento degli atti negoziali più importanti. bisogna
dire che la condizione della donna nell’esperienza romana è di notevole inferiorità: fa maglia romana era una
famiglia patriarcale, tutto ruotava intorno alla figura del pater familias. c’è una concezione che è durata per
tanti secoli e che ha avuto delle conseguenze anche nei secoli successivi. la donna non aveva la patria
potestas, la potestà sui figli e quindi non poteva neanche adottare. la donna sotto il profilo del diritto pubblico:
- non aveva diritto di voto
- non poteva concorrere alle magistrature o far parte dell’esercito
durante i vari secoli della storia romana si assiste ad una evoluzione dell’autonomia delle donne, tant’è vero
che nell’età del principato si fa ricorso a questa tutela, ma tende a perdere sempre più valore (diventando un
discorso formale) al punto tale che ben presto la donna potrà fare a meno del tutore.
Storia del diritto romano
la donna tendenzialmente è una persona all’interno della famiglia non aveva autonomia, era subordinata al
pater familias e nell’ipotesi di matrimonio cum mano, comportava la piena sottoposizione della donna
all’interno della famiglia.
pian piano accanto al matrimonio cum manu, si hanno matrimoni sine manu: ciò vuol dire che si prospetta la
possibilità per alcune donne quello di avere un margine di autonomia all’interno della famiglia. il patrimonio
della donna nel matrimonio sine manu non andava a confluire nel patrimonio del marito.
diffusione dei divorzi: nell’età del principato, soprattutto per i ceti più abbienti. il divorzio era una situazione
che comportava il venir meno di quel rapporto coniugale e questo era ammissibile nell’ipotesi in cui la dona
avesse avuto un’autonomia economica.
- il terzo requisito per avere la capacità di agire, era rappresentato dalla normalità fisica e psichica:
cioè il soggetto non doveva essere affetto da una infermità fisica o mentale. es. nel caso del
sordomuto, costui non aveva la piena capacità di agire perché per il compimento di alcuni atti negoziali
previsti dallo ius civile, era necessario che fossero rispettate determinate solennità, non solo gestuali
ma anche verbali (ripetizioni di frasi solenni o rispondere con frasi altrettanto solenni, es. istituto della
stipulatio, che da vita alla nascita delle obbligazioni. esso era caratterizzato dall’oralità: cioè il futuro
creditore chiedeva formalmente e solennemente al futuro debitore, di impegnarsi a svolgere una
determinata attività o prestazione).
ci sono anche dei casi in cui a determinati soggetti si riconosce una limitata capacità di agire, una mera
capacità di agire: in quanto quelli sottoposti al capofamiglia o al dominus -nel caso dello schiavo- possono
svolgere determinate attività di cui è responsabile e risponde il pater (nel caso dei figli) o il dominus (nel caso
degli schiavi).
09/01 DIRITTO PRIVATO NELL’ETA’ DELLA REPUBBLICA, CONDIZIONE DEI FIGLI E IL MATRIMONIO
per avere la piena capacità giuridica bisognava essere: liberi, cittadini romani e non sottoposti al controllo di un
altro soggetto.
i figli erano sottoposti al pater familias e non avevano la piena capacità giuridica. erano soggetti alieni iuris
(sottoposti al potere giuridico altrui) e non sui iuris (di diritto proprio). è vero che questi soggetti, i figli e anche
gli schiavi, in determinate situazioni si devono riconoscere una limitata capacità di agire: cioè in determinate
situazioni potevano agire (compiere atti giuridicamente rilevanti), tuttavia di queste conseguenze rispondeva il
capofamiglia. al compimento di atti illeciti, rispondeva il dominus dello schiavo, il quale padrone poteva essere
esonerato da questa responsabilità del sottoposto consegnandolo nelle mani della vittima dell’illecito.
lentamente si riconobbe la possibilità ai figli e agli schiavi di svolgere anche determinate attività lecite rilevanti
sotto il profilo giuridico ed economico, perché non erano infrequenti i padri in cui il capofamiglia avesse deciso
di dimettere uno schiavo di fiducia o suo figlio allo svolgimento di una determinata attività di natura
commerciale. quindi delle conseguenze di questa attività di natura commerciale, degli eventuali debiti assunti
dello svolgimento di quest’attività, non era giusto che rispondesse il pater o dominus.
ci si rese conto che i terzi che venivano in contatto con il pater familias, con il quale avevano rapporti
commerciali, dovevano essere tutelati ed essere certi che quel debito avesse risposto il pater. allora, il pretore
sostanzialmente per tener conto di questa particolare esigenza, crea delle apposite azioni, dette azioni
adiettizie, cioè delle azioni che il terzo poteva esercitare per vedere tutelato il proprio diritto e per
eventualmente chiedere il pagamento del debito assunto dal figlio o dallo schiavo (processo formulare,
processio per formulas, ambito delle azioni che sono più frasi solenni caratterizzate da una formula scritta e
nella formula si indicavano una serie di elementi, tra i quali i nominativi dei soggetti che davano vita a quel
rapporto giuridico e il nominativo del soggetto di cui si chiedeva la condanna, a pagamento della somma).
nel caso delle azioni adiettizie, ci si trova di fronte ad azioni caratterizzate da una formula con una struttura un
po’ particolare, formula a trasposizione di soggetti: cioè che è una formula nella quale viene indicata sia il
nome del figlio o dello schiavo che ha dato vita a quel rapporto giuridico, sia anche il nominativo del pater o
Storia del diritto romano
dominus. in queste azioni la condemnatio, nella quale si chiedeva la condanna o il pagamento di una
specifica somma di denaro, era rivolta contro il pater o dominus.
si poteva verificare il caso in cui il pater familias o dominus fosse proprietario di una nave e avesse deciso di
affidare la gestione della nave al proprio figlio o schiavo competente, in qualità di comandante della nave
soprattutto per dare l’incarico al figlio e di svolgere le attività commerciali da luoghi lontani per poi portarle al
pater o dominus. in questo caso i debiti assunti dal figlio dovevano essere risanati dal -pater; oppure il pater
poteva essere proprietario di un locale/osteria e poteva preporre alla gestione di ciò il figlio, e dei debiti di
costui rispondeva il pater e ai creditori veniva riconosciuta l’azione institoria.
si poteva verificare anche che quel singolo atto di natura commerciale era stato eseguito dal figlio a seguito di
una esplicita autorizzazione da parte del pater, che prendeva nota pubblicamente delle azioni del figlio. il pater
rispondeva della vendita e si riconosceva al terzo l’azione nota come azione di poter esercitare a seguito di
autorizzazione
si ha una modialità che non ha effetti obbligatori, come nel primo caso. nel secondo caso si parla di effetti
reali.
- la promessa di dote (dotis promissio): in questo caso, come nella pronunzia di dote, il soggetto che
costituiva la dote non trasferiva immediatamente quei beni,m ma si obbligava a consegnarli in un
secondo momento su richiesta del marito, acquistando un effetto di credito nei confronti di chi gli dava
la dota.
è una condizione un po’ particolare: perché da un lato la dote si costituiva a favore del marito: era il marito che
diventava titolare dei beni dotali; però, è anche vero che la dote veniva costituita in considerazione della
moglie che si doveva sposare. questo discorso lo avevano ben presente i giuristi romani, i quali pur
riaffermando il concetto giuridica,emnte corretto, per cui il titolare dei beni dotali era il marito, hanno espresso
l’idea che la dote appartenesse alla moglie. la storiografia moderna ha parlato di un carattere ibrido della dote:
tant’è vero che in origine la dote entrava a far parte del patrimonio del marito e il marito non era responsabile
se non avesse utilizzato quei beni per affrontare gli oneri del matrimonio e non era neanche tenuto alla
restituizione di questi beni in caso di scioglimento del matrimonio.
accanto a questa discipina iniziale, ben presto si intervenne per correggere questa disciplina: tant’è vero che si
diffuse l’idea che la dote apparteneva alla moglie; e se ciò fosse vero, si comprenderebbe perché venne
previsto che in caso di scioglimento del matrimonio, poteva essere riconosciuto un’apposita azione volta a
richidiere la restituizione della dote. un’azione nota come actio rei uxorie (del bene della moglie). fu anche
stabilito che, in determinate situazioni, il marito potesse avere diritto a trattenere una parte di questi beni (ad
esempio come le spese necessarie sostenute per la gestione del matrimonio; oppure in caso di divorzio per
colpa della moglie, vi era una regolamentazione che prevede a favore del marito -come il numero dei figli- una
parte del patrimonio totale dovesse essere lasciato nelle mani del marito).
la disciplina della dote è rilevante nell’esperienza romana; nell’età del pricipato fu vietato di vendere al marito
beni immobili del patrimonio dotale senza il consenso della moglie.
se il matrimonio si basava sull’esistenza di comportamenti concludenti, quanti questi venivano meno si aveva il
divortium e ciò si aveva anche nell’età repubblicana, ma ovviamente in molti casi era più un ripudio che
divorzio. nell’età del prinxipato la posizione della donna è più diversa rispetto alle epoche precedenti, dove la
scelta di porre fine al matrimonio era perlo più condivisa.
del pater.
bisogna segnalare che nel caso delle azioni adiettizie il pater rispondeva dell’intero debito fatto dal figlio. vi
potevano essere dei casi in cui il pater fosse stato responsabile non dell’intero debito, ma di una parte di
quest’ultimo. questo significava con riferimento alla gestione da parte del figlio del cosiddetto peculio. il
peculium era una sorta di paghetta che il pater dava ai figli per le esigenze minime: però questo peculium, con
il passare del tempo e in alcune famiglie particolarmente benestanti non era sempre ridotto ad una paghetta,
ma poteva consistere in qualcosa di più rilevante( es.animali schiavi…).
Nell'amministrazione del peculium rispondeva il pater, quindi anche dei debiti assunti dal figlio nella gestione di
questo patrimonio. però in questo caso al tempo si riconosceva al padre debitore un'apposita azione nota
come actio de peculio. ovviamente in questo caso, a differenza della disciplina delle azioni adiettizie dove il
padre era responsabile dell’intero debito, in questo caso il padre era responsabile soltanto nei limiti del
peculium.
questa pratica del peculium é importante perché nell’età del principato, si vedrà come verrà riconosciuto ai figli
anche un nuovo tipo di peculium, il peculium castrense (che ha a che fare con l’attività militare, patrimonio che
il figlio metteva da parte per la creazione di bottini di guerra in quanto militare). quindi patrimonio di cui sarà
sempre più responsabile il figlio e gestito autonomamente da quest’ultimo e sarà strumento importante che
aprirà la strada per l’autonomia dei figli all’interno del contesto familiare.
il matrimonio: nell’età della repubblica Si parlava di matrimonio cum manu e sine manu.
Nell’età della repubblica in riferimento alla modalità di costituzione del matrimonio con manu viene meno la
confarreatio e l’usus, anche perché c’è sempre di più la possibilità di interrompere la decorrenza dell’anno
facendo allontanare la moglie per tre notti dalla casa maritale.
In concomitanza con una lenta evoluzione della posizione politica della donna, c’è un’evoluzione dei matrimoni
sine manus, che non sono accompagnati dal pieno assoggettamento della donna alla manus maritalis, questo
potere giuridico molto forte del pater familias.
Certamente per potersi avere un matrimonio la condizione necessaria era la convivenza di fatto di due soggetti
appartenenti a sesso diverso con la volontà (affectio maritalis) di vivere come marito e moglie.
La fase precedente al matrimonio era rappresentata dalla promessa (sponsali), che aveva rilevanza sul piano
religioso, sul piano sociale ma non aveva conseguenze strettamente giuridiche nell’età repubblicana.
Solo nell’età tardoantica verrà introdotta l’arra sponsalicia che era una sorta di caparra versata dal matrimonio
da uno dei due futuri coniugi all’altro e nell’età tardoantica il non rispettare la promessa di matrimonio
comportava degli effetti giuridici anche di natura economica aveva come conseguenza la perdita di questa
caparra oppure nella restituzione del doppio nella caparra nel caso in cui il matrimonio non si fosse compiuto a
causa di chi aveva ricevuto la caparra.
Storia del diritto romano
Nel diritto romano c’erano dei requisiti per avere le iustae nuptiae con le conseguenze predisposte
dall’ordinamento:
1) Bisognava avere unione tra due soggetti che avevano sesso diverso e fossero capaci di procreare.
2) Non vi doveva essere un rapporto di parentela tra i futuri coniugi.
3) Non dovevano essere legati da vincoli di sangue.
Vi era una concezione inoltre del matrimonio monogamico, non si poteva essere contemporaneamente sposati
con più persone, il matrimonio valido era uno.
Nel caso in cui un unione successiva non avesse rispettato i canoni per avere un matrimonio giusto, rimaneva
in vigore il matrimonio precedente e quella nuova forma era definita: concubinato.
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