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Come i parlanti del diritto si esprimono nei vari paesi. il termine tecnico va lasciato nella sua lingua d’origine
nella traduzione. Il diritto non esiste in natura, il diritto è una creazione dell’uomo e richiede la lingua per
essere esplicitato, il diritto è artificiale e vive di concetti.
Principali branche del diritto italiano (che non troviamo in tutti gli ordinamenti):
diritto civile (diritto privato) dal latino “civis”: diritto dei cittadini. Si parla di separazioni,
matrimoni, divorzi, confini, acquisto di proprietà mobiliare e di tutte le questioni in cui sono
coinvolti i cittadini = private law
diritto penale riguarda i modi in cui lo Stato scoraggia determinati comportamenti = criminal law
diritto tributario diritto delle tasse
diritto amministrativo / pubblicoinvenzione francese. Diritto degli enti pubblici, in Inghilterra non
esiste. Il diritto pubblico si occupa del funzionamento degli organi pubblici (Parlamento, Governo,
Regioni…) = public law (House of Parliament)
diritto costituzionale esperienze di common law come gli Stati Uniti che conoscono il diritto
costituzionale perché in America c’è una carta Costituzionale, così come in Italia. In Inghilterra,
invece, non c’è una Costituzione scritta. Constitutional law inteso solo dagli americani
diritto internazionale riguarda i rapporti giuridici tra soggetti collocati in stati diversi
diritto processuale (civile, penale, amministrativo) procedure tramite le quali gli avvocati, davanti
alle corti, ottengono dei pronunciamenti
La tradizione giuridica occidentale a cui noi apparteniamo (western legal tradition) rimanda ad una
concezione di diritto ancorata a:
stato
legislatore
giurista
Il diritto vive in simbiosi con uno stato, cioè una serie di organismi che tramite delle procedure impongono il
diritto, di un legislatore che fa delle leggi che contengono il diritto e di un giurista che è un operatore del
diritto che fa sì che lo stato metta correttamente in opera le leggi.
L'affermazione che il diritto non è creato ma è trovato nella stessa Sharī'a ha un doppio vantaggio:
- non deve rivaleggiare con uno o più legislatori
- non deve subire la concorrenza con i modelli giurisprudenziali giacché la comunità islamica non dispone di
una “corte di vertice” ed il giudice islamico non motiva le proprie decisioni e pertanto non è tenuto a
enunciare nella sentenza la regola di diritto che risolve il caso.
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Diritti con il giurista/Diritti con il giurista
Ci sono paesi in cui la presenza del giurista è marginale.
Nei paesi occidentali ci sono molti avvocati, mentre nei paesi orientali ce ne sono pochi. Questi dati ci voglio
dire che il giurista, come portatore di un expertise, che ottiene un’applicazione della legge davanti alle corti,
non è strettamente necessario in certi casi.
CINA
Società diseguale: ciascuno ha una propria collocazione in una gerarchia sociale e l’uomo saggio è quello
che sa accettare la propria collocazione sociale e non ha bisogno del giurista perché sa fare un passo indietro,
infatti l’architettura sociale cinese è in larga misura affidata al FEN.
Secondo il confucianesimo i dissidi tra i cittadini devono essere risolti in base a:
- CH'ING (sentimento di umanità): più sono saggio, più so rispettare il mio ruolo ed accettarne le
conseguenze
- poi in base al LI (la traduzione convenzionale è “rito”; il valore del termine è cerimonia, gentilezza, rispetto
per gli altri): consuetudini
- poi secondo il LII (ragione)
e solo da ultimo in virtù del FA (“diritto” o “legge”)
GIAPPONE
Recepisce dalla Cina il confucianesimo. Per molti anni vive di un sistema feudale con molte disuguaglianze
tra uomo e donna, tra padre e figlio, tra latifondista e servo della gleba.
Il Giappone ha una storia diversa da quella della Cina: si trova in una posizione geografica strategica per gli
occidentali e, per i traffici commerciali con l’Asia, una tappa obbligata.
Nel 1853/4 gli americani decidono che il paese deve aprire i propri porti agli occidentali e ciò avviene l’anno
successivo, con la Convenzione di Kanagawa. Fu uno shock per il Giappone che si trovò invaso dagli
occidentali che volevano fare attività economica sul suolo giapponese, inoltre il paese vive di una cultura
confuciana che prescinde dalla norma scritta, quindi gli occidentali decidono di applicare le loro leggi
esportando i loro modelli. A questo punto il Giappone decise di dotarsi di strutture competitive con quelle
occidentali e nel 1897 i giapponesi prendono il codice civile tedesco, che rispecchiava la cultura giapponese,
e lo traducono in giapponese, infatti, tre quarti del codice civile giapponese è la traduzione di quello tedesco.
Nonostante ciò i giapponesi hanno continuato a vivere secondo le loro regole tradizionali.
- convenzione di Kanagawa 1854: convenzione sulla grande amicizia tra Giappone e Usa e di fatto il
Giappone deve aprire i propri porti e di fatto venne colonizzato.
- codice civile giapponese 1897 mutato dal BGB Tedesco per ¾, il codice tedesco introduceva una
novità: modello autoritario di una società patriarcale con ancora una marcata differenza sociale. La
popolazione ha però continuato a vivere secondo il diritto consuetudinario. Coloro addetti a far
rispettare le leggi hanno di fatto un ruolo marginale.
- la consuetudine come fonte del diritto: legge 08-06-1875 art. 92 c.c.g. la consuetudine è una serie di
norme viste come vincolanti anche se la legge non le ha precisamente fotografate, esiste anche
nell’ordinamento italiano. Nel sistema giapponese, se vi sono degli usi il giudice può applicarli,
anche se in contrapposizione con la legge.
- JORI criterio di ragionevolezza, anche se la legge prevede qualcosa , il giudice può andare
all’aldilà se è ragionevole -GIRI rapporto binario insieme di rapporti sociali per noi non
giuridicamente rilevanti, ma per i giapponesi profondamente deplorevoli
- JORI e GIRI: due istituti giuridici
- ADR (WAKAIil giudice sospende il processo per far risolvere le parti CHOTEI il giudice
sospende il processo e chiede che le parti risolvano da soli SAITEI negoziazione tramite un
esperto): la maggior parte delle controversie sono risolte da soluzioni alternative.
Grazie agli Stati Uniti si apriranno i porti per il commercio e i grandi coloni europei, l’unico contatto avuto
in precedenza fu con l’Olanda.
Fu imposto anche il diritto delle potenze quali USA, in quanto mancava e crearne uno è un processo molto
complesso, i giapponesi copieranno di fatto i modelli occidentali, tra questi il modello di riferimento era il
codice civile francese.
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Pre leggi promulgate con Regio Decreto 16 marzo 1942 n262 (italia)
- Le leggi
- Regolamenti
- (…)
- Gli usi
Nell’applicare le leggi non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palesare dal significato
proprio delle parole secondo la connessione di esse, e delle intenzioni del legislatore.
Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che
regolano casi simili o materie analogiche, se il caso rimane ancora in dubbio, si decide secondo i principi
generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.
Famiglia giuridica: raccoglie invece quei sistemi giuridici che hanno caratteristiche comuni
Sistema giuridico: insieme di regole che riguardano un determinato Stato (sistema giuridico italiano,
sistema giuridico francese, sistema giuridico europeo…).
Ci occupiamo di un settore del diritto che si chiama Diritto comparato questo tipo di diritto ha a che fare
con un elemento internazionale: compariamo il nostro diritto nazionale con un altro diritto nazionale o
compariamo due o più diritti nazionali nessuno dei quali è il nostro (comparazione del diritto francese e del
diritto inglese). La parola “comparato” si riferisce al metodo che utilizziamo nello studio di quel diritto.
Il Diritto comparato nasce all’incirca nel 1900 quando, a Parigi, si tenne un convegno nel quale, per la prima
volta, ci fu una sessione dedicata al diritto comparato. Quest’epoca, in ambito giuridico, era caratterizzata da
un’enorme fiducia nel diritto: si pensava che potesse risolvere qualsiasi tipo di problematica, quindi si
riteneva che il diritto non potesse essere limitato al diritto nazionale, ma si doveva cercare il diritto comune
all’umanità. In questo contesto, il diritto comparato aveva lo scopo di cancellare tutte le diversità dei vari
ordinamenti perché erano considerate degli incidenti storici.
Ciò era però difficile da realizzare anche perché, dal 1900 in avanti, nei vari stati dell’Europa continentale, si
inizia a codificare i propri diritti nazionali: fino ad un certo momento il diritto, nelle varie aree geografiche, è
molto frammentato e i vari sovrani iniziano a rendersi conto che il loro potere viene rafforzato nel momento
in cui prendono l’iniziativa di dare una certa uniformità e certezza al diritto. Quindi, i sovrani, iniziano a
promulgare i codici (raccolta di regole relativa a determinati settori).
Dall’esempio (caso pratico) si va alla regola generale [dal particolare al generale] metodo induttivo tipico
dei paesi di common law i quali partono dai casi pratici (le sentenze).
Nei sistemi continentali il metodo è deduttivo: dalla regola generale si arriva a disciplinare il caso singolo (la
regola astratta viene applicata al caso singolo) [dal generale al particolare].
In entrambi i casi stiamo facendo macro comparazione.
Nel processo americano la presenza della giuria è peculiare perché non ha nessuna competenza tecnica: la
giuria decide il fatto (se l’imputato è colpevole o innocente) mentre il giudice ha la funzione di supervisore
del processo per verificare che tutto vada secondo le regole e, dopo aver ricevuto il verdetto dalla corte,
applica le sanzioni. In Italia, invece, il procedimento è di competenza prettamente del giudice macro
comparazione
01/10
FUNZIONI DEL DIRITTO COMPARATO:
Consentire la conoscenza del diritto straniero per mirare alla conoscenza universale per capire se c’è
una soluzione a un problema migliore di quella offerta dal nostro ordinamento.
Esempio: matrimonio tra membri dello stesso sesso nel nostro ordinamento queste coppie non
avevano alcuna tutela giuridica. In altri stati, invece, si potevano sposare o almeno si potevano
stipulare delle unioni registrate. Per uniformarci agli altri paesi abbiamo dovuto aspettare il 2016 e il
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diritto comparato è servito al nostro legislatore per fare un paragone con gli altri istituti giuridici
esistenti negli altri ordinamenti e valutare se introdurli anche nel nostro sistema nel nostro
ordinamento è stata introdotta l’ipotesi francese e inglese che consente di registrare l’unione ma non
quella americana che consente a queste coppie di accedere al matrimonio.
Quando si osserva quello che succede in un altro paese, bisogna capire se ciò può essere adattato al
mio paese, quindi il diritto comparato serve a conoscere, studiare, importare delle soluzioni se idonee
e adattarle al sistema nazionale (trapianto giuridico)
Un’ipotesi di trapianto giuridico riguarda le class action: in America quando, ad esempio, viene
immesso sul mercato un farmaco che si rivela avere degli effetti collaterali, chi è stato danneggiato si
riunisce per fare un’azione comune cumulativa contro la casa farmaceutica per chiedere il
risarcimento del danno convenienza: si riducono le spese. Dal 2010 si inserisce anche nel nostro
ordinamento la tutela preventiva: si è preso un istituto americano che in Italia non esisteva e si è
trapiantato nel nostro ordinamento adattandosi al processo italiano.
Fornisce materiale per il legislatore (Parlamento) quando ci si rende conto che serve disciplinare
un aspetto, viene presentato un Disegno di legge (una bozza) che subisce una serie di passaggi nelle
due camere e che viene predisposto dalle commissioni di competenza composte da parlamentari e da
giuristi di professione, i quali guardano gli altri paesi alla ricerca della soluzione migliore.
Ad esempio, i paesi scandinavi sono all’avanguardia nel settore del diritto di famiglia e nei paesi
dell’Europa continentale, quando si è iniziato a mettere per iscritto le leggi che disciplinavano questo
settore, si guardava quello che succedeva nei paesi nordici.
Interpretare il diritto straniero Caso in cui il giudice italiano debba applicare il diritto di un’altra
nazione (per esempio la Francia)
Problemi:
Linguistico
Conoscenza delle fonti del diritto straniero
Capire l’essenza di quell’articolo perché potrebbe accadere che non trovi quello che in
Italia si chiama contratto di vendita; potrebbe accadere che la norma straniera rinvii ad, esempio,
al diritto consuetudinario francese, quindi è indispensabile che il giudice italiano riesca a
districarsi tra le fonti del diritto francese anche perché potrebbe avere un dubbio interpretativo
quindi potrebbe avvalersi del diritto comparato fornisce gli strumenti che gli servono per
collocare determinati istituti nell’ambito dell’ordinamento, quindi capire come muoversi.
Aiutare gli ordinamenti a raggiungere una certa uniformità quantomeno in alcuni settori del diritto,
come il diritto commerciale. Il diritto comparato è intervenuto per indicare le regole più diffuse nei
vari ordinamenti, quindi cercando di elaborare una sorte di linea guida in alcuni settori per poter
facilitare gli scambi. Il diritto comparato riesce a fare ciò grazie all’intervento di una serie di
organismi internazionali come Uncitral (Commissione delle Nazioni Unite che si occupa del diritto
commerciale internazionale) o la conferenza dell’Aia.
Quando due aziende stipulano un contratto di vendita, tra le varie cose sulle quali devono accordarsi,
se si trovano in paesi differenti, c’è anche quella che riguarda la consegna dei beni e il passaggio del
rischio della proprietà: c’è una fascia temporale nella quale bisogna stabilire cosa succede se quel
bene va perso, se viene distrutto o se viene rubato. Nelle vendite internazionali le parti si accordano
in maniera differente (consegna a carico di chi vende o di chi acquista), quindi la Camera di
Commercio internazionale di Parigi (organismo internazionale che sta cercando di uniformare questo
tipo di aspetto) ha elaborato una serie di clausole (Incoterms, sono delle sigle) e ad ogni sigla
corrisponde l’assunzione o meno di responsabilità del venditore o dell’acquirente fino ad un
determinato momento. Queste clausole hanno reso certo nel traffico internazionale l’assunzione di
rischio nella vendita del bene. In questo lavoro di uniformazione, anche il diritto comparato ha dato
qualche aiuto.
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1) Una delle prime classificazioni era quella che identificava i cosiddetti “sistemi originali”, ovvero un
gruppo romanistico, uno germanistico, uno anglosassone, uno islamico e uno slavo
2) Classificazione in base all’importanza delle fonti in questa classificazione la distinzione più
importante era quella tra i paesi di civil law e quelli common law perché nei primi la fonte primaria
del diritto è la legge, mentre nei paesi di common law la fonte primaria del diritto sono le decisioni
dei tribunali
3) Classificazione in base alla razza
4) Classificazione che privilegiava l’influenza del diritto consuetudinario, del diritto canonico o del
diritto romano
5) Classificazione che distingueva i paesi di matrice capitalista da quelli di matrice socialista
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˃ Fonti del diritto e metodi per la loro interpretazione (vedi sopra)
˃ Ideologia se dovessimo pensare all’influenza che ha la religione sul sistema, dovremmo
distinguere i paesi islamici da quelli occidentali
2) Mattei e Monateri: si accorgono che nelle classificazioni precedenti non si era tenuto conto di
alcuni eventi storici come il crollo dei regimi socialisti, dell’importanza economica e giuridica che
ha assunto negli ultimi decenni il sistema cinese e che il mondo islamico si è imposto con le sue
caratteristiche giuridiche. Pensano, quindi, ad una classificazione che graficamente può essere
rappresentata come un triangolo e nei tre vertici pongono 3 concetti:
1. Diritto vi sono alcune famiglie caratterizzate dalla preponderanza del diritto come modello di
organizzazione sociale (Rule of Professional Law): si tratta di quei sistemi in cui si è avuta una
distinzione tra diritto e politica e in cui il diritto si è differenziato anche da tutte le ideologie
religiose (si è avuta la secolarizzazione del diritto). In questa famiglia sono inseriti tutti i paesi di
Western Legal Tradition, quindi i paesi di tradizione giuridica occidentale
2. Politica prevalenza della politica come modello di organizzazione sociale (diritto influenzato
dalle scelte politiche, Rule of Political Law): in questo sistema sono collocati tutti i paesi ex
socialisti e i paesi in via di sviluppo africani e latino americani.
3. Tradizione caratterizzato dalla prevalenza delle tradizioni ideologiche e religiose sul diritto
(Rule of Tradition): in questo sistema sono inseriti i paesi islamici e i paesi orientali.
La particolarità di questa classificazione, oltre al fatto che è rappresentata da un triangolo, è che i sistemi non
si trovano necessariamente nel vertice del triangolo ma sono anche lungo i lati a seconda del momento
storico in cui vengono studiati e del cambiamento che stanno subendo in relazione alla prevalenza di uno dei
tre concetti: in questo tipo di classificazione, si tiene conto anche dell’evoluzione storica e del fatto che un
sistema, che in un determinato periodo si trova vicino al vertice dell’egemonia del diritto, potrebbe ad un
certo punto spostarsi verso l’egemonia della politica o viceversa.
Per esempio il Giappone, dal punto di vista giuridico, si sta avvicinando ai paesi occidentali, quindi nel
triangolo si trova abbastanza vicino al vertice della tradizione ma si sta muovendo verso il vertice del diritto
così come i paesi ex socialisti si stanno muovendo dall’egemonia della politica verso il diritto.
SISTEMA FRANCESE
Nel sistema francese c’è un codice, il codice civile francese, che è uno dei codici più importanti nell’ambito
europeo ed è stato per tanto tempo il modello di codificazione da seguire.
Viene promulgato nel 1804 ed entra in vigore nel 1806 ed è il codice storicamente legato alla rivoluzione
francese in quanto viene promulgato immediatamente dopo la rivoluzione ma in realtà è il frutto di
un’evoluzione storica di questo sistema, quindi non contiene solo i principi della rivoluzione francese ma
anche qualcosa della tradizione precedente.
Per capire quanto accade in Francia, bisogna tornare a quando la Gallia viene conquistata dai romani: quando
questi territori vengono annessi al Sacro Romano Impero viene loro imposto il diritto romano.
Con la caduta dell’impero romano d’occidente (476 d.C.), nella zona nord della Francia, arrivarono i visigoti
che portarono il diritto germanico, che è un diritto consuetudinario una consuetudine è il ripetersi di un
certo comportamento nella condizione che quel comportamento sia una regola: in alcune fasi storiche, alcune
popolazioni tendono a mettere in pratica un comportamento con la convinzione che ci sia una legge che
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disciplina tale comportamento, anche se nella realtà questa regola non esiste. Diventa poi regola nel
momento in cui tutti iniziano a tenere quel comportamento. Quindi la consuetudine è un tipo di diritto incerto
perché, essendo una fonte del diritto non scritta, è difficile capirne il contenuto e accertarne i limiti; inoltre,
può capitare che nel tempo il comportamento da tenersi si modifichi, quindi la consuetudine diventa ancora
più incerta perché non sappiamo quale sia la regola di condotta non scritta regioni del nord dette di “droit
coutumier”
Nel sud della Francia, invece, il diritto che si impone per tanto tempo e che prende piede è un tipo di diritto
scritto, quello romano (del sacro romano impero) regioni del sud dette di “droit ecrit”
Questa distinzione aveva qualche eccezione perché il diritto consuetudinario era spesso lacunoso: in alcune
aree del diritto non si riusciva a trovare una consuetudine che disciplinasse alcuni comportamenti, quindi
tutte le volte in cui il diritto consuetudinario era difficile da accertare o non c’era una regola nel diritto
consuetudinario, anche nel nord della Francia ci si rivolgeva al diritto romano e si andava a cercare nel diritto
scritto la regola funzione integrativa o sussidiaria del diritto scritto romano.
Nel tempo si erano create tantissime consuetudini perché poteva accadere che in alcune aree in cui non c’era
una regola, si iniziasse a risolvere un problema nello stesso modo, quindi si creava una nuova consuetudine.
Alcune di queste, però, erano diverse tra di loro (per esempio a Parigi ci poteva essere una consuetudine e in
un altro paese un’altra), quindi non si riusciva a capire quale fosse la regola che potesse valere per tutti.
Una modalità per superare questo problema, era quella di convocare gli anziani della città o del paese
affinché riferissero il contenuto di quella regola, ma non era un metodo affidabile. I sovrani francesi
iniziarono a capire che era importante intervenire per non affidarsi a questi metodi incerti, quindi nel 1400 i
regnanti iniziano a emettere delle ordinanze nelle quali chiedono a dei giuristi esperti di redigere per iscritto
le regole esistenti in un determinato territorio o, se alcune erano già state scritte, di metterle in ordine. La più
importante è l’ordinanza di Carlo VII del 1454 Montil-les Tours.
La redazione di queste consuetudini crea la base per un diritto consuetudinario comune a tutta la Francia
anche se vengono messe per iscritto 60 consuetudini e ne rimangono fuori 300, quindi il rapporto tra le
consuetudini ordinate e quelle non ordinate, è ancora sbilanciato a favore di quest’ultime.
A ciò si aggiunse un altro problema: quando c’è la regola ci deve essere qualcuno che la metta in pratica, ma
in Francia non tutti i tribunali le applicavano allo stesso modo, quindi alla moltitudine di norme si
aggiungeva una moltitudine di interpretazioni delle stesse norme.
In questo periodo, fine 1400-inizio 1500, c’era un tribunale particolarmente importante, ovvero il Tribunale
di Parigi che era frequentato dai giuristi più importanti e che fungeva da mediatore di tutte le problematiche
inerenti il diritto: tutte le volte in cui c’era un dubbio sull’esistenza di una consuetudine o sull’interpretazione
di una consuetudine già scritta, gli altri tribunali tendevano a fare riferimento a quello che aveva detto il
tribunale di Parigi.
In Francia si crea un ceto di giuristi specializzato formato da avvocati e magistrati che assumono su di loro
l’onere di migliorare il diritto vigente e lo fanno esercitando le loro funzioni presso i tribunali e in particolare
quello di Parigi. Quando non c’era la consuetudine scritta, i giudici e gli avvocati del tribunale di Parigi,
iniziano a fare riferimento alle consuetudini che loro pensano essere le migliori. Per esempio, se mancava la
regolamentazione scritta sulla divisione dell’eredità, i giuristi facevano una sorta di indagine sulle
consuetudini all’epoca vigenti e sceglievano la consuetudine che sembrava migliore che veniva poi applicata
continuamente dal tribunale di Parigi e, siccome gli altri tribunali si rifacevano a quello che decideva la corte
di Parigi, la regola diventava certa (il tribunale di Parigi contribuisce a creare certezza nel diritto).
Questi giuristi erano importanti perché, oltre ad essere professionalmente preparati, si era creato un sistema
attraverso il quale queste cariche garantivano una certa professionalità perché venivano affidate dal sovrano
ai giuristi che egli riteneva essere più preparati e a un certo punto queste cariche diventano istituzionali e si
trasferiscono mortis causa (si succedevano): chi veniva a mancare poteva scegliere il proprio successore,
quindi la carica si tramandava tra i giuristi più esperti e ciò garantiva una certa continuità nell’interpretazione
della legge (si sceglievano persone che appartenevano alla stessa corrente di pensiero).
Verso la fine del 1600, inizia ad affacciarsi anche un’altra categoria di giuristi, gli accademici (professori)
che nel loro insieme formano la dottrina, e che iniziano a dare il loro contributo per identificare le
consuetudini e, soprattutto, uno studioso di nome Pothier inizia a studiare il diritto consuetudinario insieme
al diritto romano. Questa è una novità perché finora in Parlamento, si cercava di mettere in ordine il diritto
consuetudinario, tralasciando il diritto romano che, essendo scritto, non presentava particolari problematiche.
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Dottrina: chi si occupa della materia giuridica, deve studiare le fonti del diritto che comprendono, oltre alle
fonti più strettamente tecniche come la legge, i decreti legislativi, le consuetudini, le convenzioni e la
giurisprudenza (le decisioni dei giudici), anche un altro elemento che contribuisce a formare il diritto, ovvero
la dottrina che è l’insieme degli studiosi di diritto (i professori universitari) i quali danno la loro
interpretazione e soluzione ad alcune problematiche (la norma non sempre ha un’interpretazione unica).
In sintesi, prima della rivoluzione francese abbiamo una situazione in divenire in cui si faceva ancora fatica
ad avere un’idea chiara di quello che era il sistema francese ma in cui si erano poste alcune basi affinché si
potesse realizzare un’unità del diritto francese (che si realizzerà dopo la rivoluzione francese).
Ad un certo punto abbiamo un evento di rottura con il passato, la rivoluzione francese. Dal 1789 al 1799
(anno in cui Napoleone prende il potere), il diritto della Francia cambia completamente e prende il nome di
diritto intermediario in quanto si trova in una fase intermedia tra il diritto precedente, quello dell’ancien
regime, e il diritto successivo, quello della codificazione.
Il nuovo regime rivoluzionario distrugge tutto l’ordine sociale preesistente: la monarchia viene abolita, i
privilegi dell’aristocrazia, così come quelli del potere giudiziario, vengono eliminati e viene eliminato il
regime fondiario sul quale si basava l’intero sistema; questo avviene perché si era imposta la concezione di
una società illuminista.
Durante la rivoluzione venne modificato il diritto di famiglia arrivando soluzioni moderne (fine della
primogenitura, possibilità per le mogli di fare delle scelte in ambito familiare e possibilità per entrambi i
coniugi di divorziare per incompatibilità di carattere).
Nel 1793 si istituisce una commissione con il compito di redigere un codice civile francese, quindi di mettere
per iscritto le regole del diritto francese di quell’epoca. Nel giro di qualche mese viene presentato un primo
progetto che aveva circa 700 articoli ma, a causa del numero elevato di articoli, viene ritenuto troppo
complicato, quindi viene ritirato e ne viene presentato un secondo che conteneva 300 articoli ma anche
questa volta non andava bene perché erano troppo pochi perciò viene redatto un terzo progetto, la cui opera
viene interrotta dalla presa del potere di Napoleone (1799) che aveva comunque capito che codificare era
importante, infatti, una delle prime cose che fa è quella di presentare un progetto di codice.
Quando Napoleone prese il potere, come forma di governo c’era il consolato formato da 3 consoli e lui era il
primo console. Questi consoli erano coinvolti nell’iter procedurale che doveva portare all’adozione del
codice civile e di qualsiasi altra legge in generale: proponevano un progetto di legge e lo sottoponevano al
Consiglio di Stato (un particolare tipo di tribunale) che, in caso di approvazione, lo doveva trasmettere al
Tribunato (Governo); se il Tribunato approvava il progetto, lo doveva inviare a sua volta al Parlamento che
promulgava la legge (Consoli Consiglio di Stato Tribunato Parlamento).
Quando Napoleone, in qualità di primo console propone il progetto di codificazione, prima di mandarlo al
Consiglio di Stato, lo invia alla Corte di Cassazione (supremo tribunale dell’ordinamento) perché voleva
evitare qualsiasi tipo di contestazione; una volta ottenuta l’approvazione della Corte, Napoleone era certo che
sarebbe stato approvato anche nei passaggi successivi. Ottenuto il benestare della Corte, invia il progetto al
Consiglio di Stato e poi al Tribunato dove però c’erano dei personaggi ostili a Napoleone che iniziarono a
fare ostruzionismo nell’approvazione di questo progetto. A questo punto Napoleone, invece di ricevere un
diniego sul progetto, lo ritira, cambia tutti i componenti del Tribunato e ripresenta il progetto di
codificazione che viene approvato ed entra in vigore nel 1806, quindi la Francia inizia ad avere un codice
civile che viene anche chiamato codice Napoleone.
Napoleone ottenne che il codice avesse un linguaggio accessibile ai cittadini, si batté affinché venisse
disciplinata la materia relativa al divorzio e impose l’introduzione della materia relativa all’adozione.
Il periodo che va dalla fine del 1700 a tutto il 1800 è l’epoca delle decodificazioni nell’Europa continentale.
In realtà il codice francese non è il primo perché, stando alle date, il primo codice è l’ALR Prussiano del
1794 ma non ebbe tanta diffusione in quanto era molto lungo e non disciplinava solo i rapporti tra privati, ma
era una codificazione dell’intero diritto, quindi prendeva in considerazione anche i rapporti tra cittadino e
Stato, risultando prolisso.
Nel 1812 c’è la promulgazione del codice austriaco che era più simile a quello francese ed era una codice
illuminato non era congruente con la realtà storica dell’epoca perché nel codice si proclamava il principio di
libertà anche se nell’Austria del 1812 esisteva ancora la servitù, quindi alla proclamazione di principio non
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corrispondeva una situazione concreta. Il codice francese, invece, era in sintonia con la realtà che descrive,
quindi solo in Francia si ha una perfetta congruenza tra la realtà sociale e l’immagine della società che viene
data nel codice.
Il codice è un compromesso tra il radicalismo del diritto intermediario e i principi conservatori dell’ancien
regime perché sicuramente nel codice si è tenuto conto dei traguardi raggiunti con la rivoluzione però, al
momento della sua realizzazione, sono stati smussati gli aspetti più radicali per reintrodurre alcune norme
della Francia tradizionale. Per esempio quando ci si doveva sposare nella Francia dell’ancien regime,
siccome le famiglie erano di tipo patriarcale e decidevano tutto i padri, c’erano delle limitazioni per cui i
genitori di entrambi i fidanzati avrebbero dovuto esprimere il loro consenso al matrimonio, senza il quale il
matrimonio non aveva luogo; nella Francia rivoluzionaria, queste limitazioni spariscono e non era più
necessario il consenso dei genitori. Nel codice c’è scritto che se lo sposo ha un’età minore di 25 anni e la
sposa minore di 21, il matrimonio è del tutto impossibile; se invece lo sposo avesse avuto più di 25 anni,
avrebbe dovuto formulare una proposta per tre volte al padre della sposa per potersi unire in matrimonio con
la figlia: questo rappresenta un compromesso tra la libertà assoluta di sposarsi e il vincolo assoluto a non
sposarsi. Inoltre, per quanto riguarda il divorzio, nel codice si prevede il fatto che, oltre all’incompatibilità, il
marito potesse divorziare dalla moglie per adulterio ma la moglie poteva avvalersi di questa possibilità solo
se trovava il marito in casa con l’amante: anche questa è una situazione intermedia tra l’assoluta
impossibilità per la moglie di addurre all’adulterio e la possibilità bilanciata di avvalersene.
Il codice civile francese del 1806 è ancora oggi in vigore e, per adattarlo ai cambiamenti avvenuti nella
società, sono stati fatti alcuni interventi: in alcuni settori come il diritto di famiglia è dovuto intervenire il
legislatore modificando alcuni articoli del codice; in altri casi, dove la regola era ancora accettabile ma
doveva essere adattata alla nuova realtà, è intervenuta la giurisprudenza e il giudice, attraverso
l’interpretazione sistematica del codice, ha adattato il senso delle parole alle nuove esigenze sociali.
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quanto delegava questo compito ai giudici, quindi la giustizia si separa anche dal potere pubblico, diventando
qualcosa su cui i privati possono fare affidamento (separazione tra pubblico e privato).
Un’altra novità è rappresentata dal fatto che si iniziano a scrivere le leggi in quanto c’è la necessità di
rendere il diritto più tecnico e più intelligibile: ciascuno deve potersi comportare sapendo quali sono le
conseguenze delle proprie azioni. Quindi nel 451-450 a.C. le XII tavole sistematizzano per iscritto tutto il
diritto romano.
Due evoluzioni fondamentali che troviamo in tutte le esperienze giuridiche: il diritto non è orale ma è un
diritto scritto (ratio scripta) che permette a posteriori di verificare le circostanze e il giudice è un tecnico del
diritto che fa riferimento a qualcosa di scritto; inoltre nel processo, le parti, avendo come riferimento una
ratio scripta, possono sindacare le decisioni del giudice e spiegare i fatti per non vedere il diritto applicato
contro di loro.
Si inventa una strutturazione delle frasi che è congeniale al mondo del diritto, ovvero le leggi si strutturano in
due fasi:
Una frase ipotetica “se..” che descrive dei presupposti che possono essere osservati
Una frase imperativa “queste sono le conseguenze”
Si inventa un modello che diventa molto efficiente e permette ai romani di regolamentare con efficienza la
vita dei consociati, di creare delle condizioni economiche migliori (sapere cos’è la proprietà, come il vicino
può o non può interferire con la mia proprietà resero più efficiente l’economia romana) e di massimizzare lo
sfruttamento del suolo (le idee dei confini, le distanze, le servitù, nascono grazie alla cultura giuridica
romana).
Il modello romano si è trasmesso attraverso due modalità:
Per imitazione
Per occupazione quasi tutti i paesi europei hanno subito una conquista da parte dei romani che
imprimevano sulle popolazioni conquistate il loro diritto
Il diritto romano era un diritto su base territoriale e c’erano dei presidi territoriali (i tribunali e le corti) che
presidiano l’amministrazione del diritto. Prima i diritti erano su base personale (ci si portava con sé la cultura
giuridica e il diritto di un popolo) e i popoli erano perlopiù nomadi.
Il diritto grava su tutte le persone che si trovano su quel territorio in quel determinato momento.
Il diritto romano è riuscito a influenzare le esperienze giuridiche dell’Europa occidentale nonostante nel 476
d.C. si assista alla caduta dell’impero romano d’occidente, perché Giustiniano I, imperatore dell’impero
romano d’oriente, preoccupato della caduta della parte occidentale dell’impero e di perdere tutto l’expertise
che i romani avevano sviluppato in diversi secoli, fa trascrivere tutto il diritto romano che la tradizione gli
aveva consegnato per poterlo tramandare anche ai posteri. Questa opera di redazione di tutto il diritto romano
prende il nome di Corpus Juris civilis o Corpus iuris Iustinianeum.
Il Corpus Juris Civilis è una raccolta divisa in 4 parti principali (le prime due sono quelle che troviamo più
frequentemente):
I. Institutiones trascrizione di una raccolta didattica del diritto romano chiamata “Istituzioni di
Gaio” che era il manuale che Gaio e i suoi successori utilizzavano per insegnare il diritto agli
studenti e che originariamente era divisa in 3 parti: persone (diritto delle persone), cose
(proprietà, terreni, confini e servitù) e obbligazioni (nell’opera Istitutiones verranno divise in due
parti: la successione legittima e le obbligazioni contrattuali e le obbligazioni da atto illecito)
anche il codice civile francese è strutturato in 3 libri fondamentali (persone, cose e azioni) così
come il codice civile italiano del 1865, replicando il modello francese, venne anch’esso
strutturato in 3 parti (persone, cose e obbligazioni); inoltre, il codice civile spagnolo, è suddiviso
in 4 libri (persone, cose, obbligazioni e azioni): la scelta di strutturare i codici in questo modo si
basa sull’esperienza giuridica romana del Corpus Juris
II. Digesta (o Pandectae) antologia di tanti frammenti estrapolati dalle opere giuridiche degli
studiosi romani che venivano raccolti per argomento in Germania, la scuola di studiosi del
diritto più importanti, si è chiamata “Pandettistica” e i libri di diritto si chiamano “Digesta”
(forte radicamento all’esperienza giuridica dei romani)
III. Codex raccolta delle leggi imperiali le raccolte delle leggi delle nostre esperienze si
chiamano codici
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IV. Novellae Constitutiones raccolta delle leggi emanate da Giustiniano dopo la pubblicazione
del Codex
Quindi il diritto romano forgia la cultura giuridica che si basa su testi scritti e sull’attività di giudici di
professione che svolgono le loro argomentazioni facendo riferimento a testi scritti e non a tradizioni orali.
Giustiniano redige il Corpus Juris ma nel frattempo in Europa continentale c’è il sopravvento del diritto
germanico e le popolazioni barbare, soppiantando le strutture del diritto romano, portano con loro il proprio
diritto. Ciò segna il ritorno al passato: diritto irrazionale che si basa sul magico ed è su base personale.
Il sopravvento nell’Europa continentale del diritto germanico su quello romano è destinato ben presto a
scomparire ma il diritto germanico lascia il particolarismo giuridico, ovvero l’idea che il diritto sia uguale
per tutti e che le persone possano partecipare a diversi sistemi di diritto.
Tutto questo però, ha delle scadenze precise. Nel 1215 il Concilio Lateranense chiede ai chierici e a tutti gli
ecclesiastici di prendere parte ai processi con prova irrazionale, magica. Questo anno segna il ritorno del
diritto romano nell’Europa continentale che, in realtà, era stato preceduto da altri eventi: l’avvento delle
università e quella di Bologna, fondata da Irnerio nel 1088, viene considerata la prima esperienza
universitaria in Europa. Nelle università si studiava il diritto, quindi il diritto romano che Giustiniano aveva
fissato nel Corpus Juris e che la Chiesa aveva custodito nelle biblioteche dei monasteri, torna al pubblico;
Irnerio inventa l’università insegnando agli studenti su dei brandelli di diritto romano che si studiavano per
ricavarne dei ragionamenti.
Il modello di Irnerio viene presto copiato in tutta Europa dai maggiori centri europei che aprono degli
studium dove gli studenti imparano utilizzando il materiale giuridico romano. Questo modello crea una
rivoluzione culturale trasversale in tutta Europa: andare all’università significava studiare il diritto romano e
il latino, quindi acquisire delle competenze e delle conoscenze che davano la possibilità di lavorare nelle
corti e di diventare funzionari perché gli studenti sapevano argomentare.
Inoltre, il latino ridiventa la lingua dei dotti che, avendo studiato all’università, erano dotati di una cultura
superiore, e in generale della fascia alta della popolazione.
Anche la Chiesa copia il modello: nel 1140, sotto il nome di Graziano, viene pubblicato il Decretum Gratiani
che fino al 1959 rappresenterà la codificazione del diritto della Chiesa di Roma. Quindi la Chiesa si dota di
una raccolta di diritto scritta in latino che ricalca l’argomentazione del diritto che si studiava all’università.
Quindi l’Europa riscopre un DNA culturale comune e il latino diventa la lingua che i giuristi utilizzano per
comunicare tra di loro qualunque fosse la loro nazionalità.
Quindi si parla del diritto come di un fenomeno culturale che ripropone in Europa il diritto romano,
nonostante il sopravvento dei barbari avesse annientato la conoscenza del diritto romano.
Tuttavia, il diritto romano che veniva studiato nelle università, non era puro perché, mentre il metodo di
studio medievale era mediato, tra l’XI e il XII secolo il metodo di studio del diritto romano è in mano alla
Scuola dei Glossatori, il cui capostipite fu Irnerio. Il docente dettava agli studenti dei brani di diritto e loro
prendevano nota (glossa), ovvero una serie di spiegazioni e di rimandi che gli studenti utilizzavano per
ordinare i testi. Nel corso dei secoli però, questa ripetuta interpolazione dei testi originali con le glosse,
aveva fatto perdere la traccia dei testi originali, quindi il diritto romano inizia ad essere intaccato dalla
glossa. Ci sarà poi nel XIV-XV secolo la scuola dei Commentatori che riguarda l’insegnamento del diritto in
Europa dove il testo non verrà più toccato e il compito dei commentatori sarà quello di fare una
classificazione di tutti questi brandelli di diritto che ormai avevano perso l’importanza in quanto non più
puri.
Nel XV secolo le università sono centri di potere molto importanti ma i rapporti con l’imperatore o il
sovrano di turno sono spesso difficili quindi il mondo universitario si frantuma in due esperienze:
Mos italicus iura docendi (tradizione italiana nell’insegnamento del diritto, ma anche la Germania
parteciperà al mos italicus) secondo questa impostazione gli studenti dovevano imparare un diritto
che servisse direttamente alla loro attività professionale in quanto l’università, nel modello italiano,
era diventata la fucina dei giuristi: i futuri avvocati, giudici e i funzionari di corte studiavano e
chiedevano di imparare un diritto che potesse essere usato direttamente nella loro attività
professionale.
Quindi il diritto in Italia, serve per lavorare e perde la dimensione culturale, in quanto c’era una
grandissima richiesta di professionisti del diritto che sapessero risolvere le controversie tra i cittadini
perché i sovrani dei singoli staterelli non avevano la capacità politica di creare un sistema di diritto
nuovo, e il diritto romano, che era amministrato da avvocati e giudici di professione e dai funzionari
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ed era un insieme di norme completo, viene visto come la soluzione a questo problema dato che tutto
poteva essere risolto facendovi riferimento.
Mos gallicus iura docendi (tradizione francese nell’insegnamento del diritto)il diritto romano
viene visto dai sovrani come un nemico perché era considerato un fenomeno culturale non
funzionale all’amministrazione della giustizia dell’ordinamento contemporaneo, infatti il diritto
francese è un diritto consuetudinario. All’università il diritto romano viene studiato in dimensione
culturale, non per applicarlo direttamente ma per formare delle categorie concettuali con le quali, i
futuri avvocati, giudici e funzionari potranno utilizzare il diritto consuetudinario.
In Inghilterra per studiare diritto romano bisognava andare a Oxford, dove era stata costruita
l’università, ovvero lontano dal potere, cioè da Londra, dove invece stava il re, che aveva poco da
spartire con i romani.
Quindi in Europa, che era frammentata in tanti stati, ci sono dei diritti consuetudinari divisi in tante tipologie
di diritti e abbiamo un diritto romano che in Italia e in Germania diventa un diritto vigente mentre in Francia,
Spagna e Inghilterra diventa una lingua culturale ma non un diritto che trova immediata applicazione.
Questo sopravvento culturale del diritto romano sospinto dall’esperienza universitaria porta all’idea secondo
la quale in tutta Europa debba vigere il diritto romano idea secondo cui ci sia uno Ius Commune che
affonda le sue radici nell’esperienza giuridica romana sospinta dal fatto che tutti i tecnici del diritto
parlavano latino e utilizzavano delle strutture giuridiche romane. Quindi c’era un’idea secondo la quale,
nonostante la frammentarietà del potere politico in Europa, tutti i cittadini partecipavano a questo Ius
Commune forgiato sul diritto romano.
Le cose peggiorano quando gli stati europei iniziano a rivendicare maggiore autonomia e ciò fa sì che ci sia
una sorta di rifiuto dello Ius Commune. Questo accade perché il sovrano definiva il diritto che riguardava le
concessioni governative, quindi il diritto dei feudatari riguardava l’imperatore e solo la fascia alta della
popolazione; il resto della popolazione non trovava risposta presso il sovrano e risolveva le controversie
facendo riferimento al diritto romano che era un diritto completo, in quanto dava soluzioni razionalmente
giustificabili per qualsiasi tipo di questione. Quando poi, con la pace di Westfalia (1648), gli stati si
chiudono, i sovrani locali ripudiano il modello romano, che fa riferimento alle loro tradizioni locali o a un
modello nuovo. Inoltre, quando veniva usato il diritto romano nella forma dello Ius Commune, si aveva a che
fare con delle norme che erano state modificate e si era perso il quadro di coerenza d’insieme. Quindi si
perde l’idea di cosmopolitismo che c’era stata fino a quel momento in Europa e che portava con sé l’idea
secondo la quale il diritto non era del singolo stato ma c’era un diritto romano comune a tutte le genti
europee.
Con l’illuminismo, ovvero la ricerca di una razionalità, lo Ius Commune entra in crisi in quanto questa nuova
corrente di pensiero porta anche un’idea anti giurisprudenziale: lo Ius Commune romano era visto come un
insieme farraginoso di norme non più efficienti.
La prima critica che fanno gli illuministi è verso l’amministrazione della giustizia, che era amministrata dai
funzionari che avevano studiato diritto romano, perché in essa non si vede più un modello di efficienza ma
un insieme di persone che, tramite il potere imperiale, perpetra delle differenziazioni.
La rivoluzione francese si focalizzerà proprio sull’amministrazione della giustizia e sul fatto che si vedeva
nella nobiltà di toga, cioè chi diventava giudice o avvocato acquisiva uno stato nobiliare, una serie di soggetti
che, invece di dare risposte alla borghesia, permetteva al potere imperiale di compiere delle ingiustizie.
Quindi la codificazione francese sarà il primo modello illuministico di superamento dello Ius Commune,
infatti essa ha molte cose in comune con il diritto romano ma si passa a un nuovo modello perché il sistema
romano amministrato dalle corti era visto come ingiusto e farraginoso.
Voltaire nel Dizionario Filosofico (1764) alla voce “Lois”, nel lamentarsi del fatto che nella Francia
contemporanea a suo dire cambiava, in un percorso, più volte tradizione giuridica che cavallo alla propria
carrozza, propone di bocciare le vecchie leggi e di farne di nuove. Quindi il modello francese è importante
perché, per la prima volta in Europa dopo la rivoluzione, si supera il modello romano.
Nel 1742 il Muratori nell’opera “dei difetti della giurisprudenza” spiega come l’opera delle corti che si
rifaceva allo Ius Commune fosse diventata altamente inefficiente, in quanto era più facile perdere una causa
in cui si aveva ragione a causa di tutti i cavilli che nel tempo si erano stratificati nell’amministrazione della
giustizia in nome della tradizione giuridica romana.
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La rivoluzione francese, tra i suoi nemici, ha anche il diritto romano dello Ius Commune. In realtà il sistema
francese non era stato così inefficiente, infatti vari sovrani francesi avevano provato ad ammodernare il
sistema che era su base consuetudinaria, ma quando vennero redatte per iscritto le consuetudini, i redattori
presero come modello l’esperienza giuridica romana perché sapevano leggere e scrivere, ed erano una
minima parte della popolazione, e avevano studiato all’università.
Il problema che si pone è che, nonostante il potere centrale con il re che cercò di ammodernare lo stato, il suo
processo di innovazione fu meno che proporzionale rispetto alle richieste della popolazione e questo sfocerà
nella rivoluzione francese e nella cosiddetta reazione antigiurisprudenziale, in base alla quale i nemici dei
rivoluzionari erano gli avvocati e i giudici nei quali si riponeva la massima sfiducia e a cui non si voleva dare
alcun tipo di potere.
La codificazione francese
La codificazione francese è una codificazione illuministica e si basava sul fatto che il diritto dovesse essere
qualcosa di scritto per non essere falsificato a posteriori, doveva essere argomentato secondo le tecniche
tipiche del diritto romano e doveva essere amministrato con efficienza. Il diritto che si vuole andare a
recuperare nella codificazione francese, pur chiamandosi codice rivoluzionario, non è un diritto innovativo.
La codificazione civile francese è un’opera che si basa su 4 pilastri fondamentali:
1) Il diritto romano così come sistemato da Domat e Pothier trattatisti che prepareranno la strada
verso la codificazione
2) Il diritto consuetudinario, ed in particolare la Coutume de Paris
3) Il diritto consacrato nelle grandi ordinanze settecentesche
4) Il diritto giurisprudenziale dei parlamenti
Il codice civile francese entrò in vigore nel 1804 e lo è tuttora, è un modello che si presenta come
rivoluzionario ma di fatto ha una fortissima continuità con il passato: il contenuto tecnico dei vari articoli del
code civil francese è formato da una riproposizione di tantissimi istituti giuridici romani. Il modello del code
civil è importante perché sarà il modello a cui tutti i popoli contemporanei faranno riferimento, o per
copiarlo o per differenziarsi, quando ci sarà un’esigenza di ammodernamento.
Prima il diritto era raccolto nelle ordinanze o era lasciato all’expertise del ceto dei giuristi, con il codice
civile francese, la rivoluzione che si fonda sull’illuminismo porta alla formazione di un modello nuovo
idea che il diritto possa essere raccolto in un insieme di norme come in un’enciclopedia.
Il codice civile francese è un prodotto rivoluzionario perché l’idea è che rappresenti un argine che protegga i
cittadini verso le ingiustizie del potere, dato che era un diritto scritto e nessuno poteva invocare cose diverse
da quelle scritte nel codice. Quindi la borghesia, uscita vittoriosa dalla rivoluzione, ispirandosi ai principi
dell’illuminismo, pretende che tutti i loro diritti e doveri fossero scritti in un libro e che fossero conosciuti da
tutti, trovando in Napoleone il soggetto che riuscì a compiere ciò.
È un codice che ha una radice fortissima con l’esperienza giuridica romana in quanto è suddiviso in 3 libri
come le “istituzioni di Gaio”: persone, beni e diversi modi di acquisto della proprietà.
Caratteristiche
È un codice illuministico, snello (contiene solo 2281 articoli), che mira alla semplicità in quanto non è scritto
in un linguaggio tecnico ma in un francese contemporaneo (a differenza del codice civile tedesco che è
rivolto ai giuristi di professione e contiene termini tecnici molto specifici, quindi risulta di difficile
comprensione ai cittadini) perché è rivolto non ai giuristi di professione ma al popolo, quindi tutti coloro che
erano alfabetizzati dovevano poterlo leggere e autodeterminarsi, capendo i propri diritti e doveri e non
affidarsi, come capitava nell’ancien regime, al volere dei giudici che, facendo riferimento a principi giuridici
sconosciuti ai più, decidevano in un senso piuttosto che in un altro.
Tuttavia il lessico giuridico francese non è preciso: ci sono ripetizioni, risulta ambiguo in alcune parti, ci
sono termini tecnici che hanno in parti diversi del codice, a parità di lemma, significati diversi e quindi
conseguenze giuridiche diverse; ciò richiede un’attenta valutazione del significato dei termini da parte del
giurista.
Il code civil era autoreferenziante, dava una soluzione per tutto, quindi l’ideologia che viene ancora oggi
portata avanti, è quella di un prodotto che mira alla completezza.
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Nel 1806 viene emanato il codice di commercio che si rivolgeva a uno strato particolare della popolazione, i
commercianti (la borghesia ha come punto di riferimento il code civil), e che consacrava i loro diritti e
doveri.
Montesquieu
Montesquieu teorizza la “tripartizione dei poteri”, afferma, cioè, che lo stato moderno, per essere moderno,
deve riorganizzarsi articolando i 3 poteri fondamentali dello stato, che tradizionalmente erano concentrati
nella figura del re o dell’imperatore, in 3 distinti centri di potere: legislativo, giudiziario ed esecutivo; ci deve
essere qualcuno che fa le leggi (potere legislativo), un potere esecutivo che le attua e un potere giudiziario a
cui compete l’interpretazione della legge nella fase attuativa. Ciò che accadeva nell’ancien regime, dove i
giudici facevano le leggi e creavano dei precedenti a cui facevano riferimento per risolvere le controversie,
era inaccettabile nell’idea di Montesquie, secondo il quale i giudici sono “bocca della legge”, quindi
interpreti passivi perché devono applicare in modo meccanicistico le leggi fatte dal Parlamento, che è il
legislatore, e non crearle. Anche i primi 3 articoli della Costituzione nord-americana riguardano i 3 poteri
(legislativo, esecutivo e giudiziario) e il fatto che nessuno può prendere il sopravvento sugli altri.
Il giudice, alla luce della tripartizione dei poteri, può solo applicare il diritto posto dal legislatore, ecco
perché il code civil ambisce alla completezza: il giudice si trova di fronte a un prodotto finito visto che, per
risolvere le controversie, deve fare riferimento solo alle norme del codice e non crearne altre.
Inizia il distaccamento dei modelli europeo-continentali rispetto alla tradizione giuridica della common law
inglese, dove non ci saranno rivoluzioni con le conseguenze avute sul continente e dove i giudici rimangono
interpreti attivi del diritto. Il sistema inglese rivendica il ruolo di un giudice che risolve le controversie
facendo riferimento ai precedenti, ovvero alle pronunce dei giudici che lo hanno preceduto, quindi il giudice
crea diritto. Anche in Francia i giudici facevano riferimento alla tradizione dello Ius Commune europeo ma
la rivoluzione francese cambia questa situazione.
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nei confronti delle parti, e deve fare riferimento solo alla legge e non ai precedenti per risolvere le
controversie che sono a lui sottoposte). Quando però recupera un precedente, dice solo “vista la sentenza xy,
allora…” ma non scende nei particolari.
Il modello francese ha il vantaggio di essere stato un modello perché è arrivato per primo: i francesi hanno
avuto, prima di tutti gli altri in Europa, una rivoluzione.
Il vero modello di esportazione del diritto francese all’estero è stato sempre il code civil. Anche
nell’esperienza di colonizzazione francese, la prima cosa che veniva fatta era l’introduzione del code civil
nei territori conquistati perché quello era il figlio della rivoluzione: lo fece Napoleone quando riunificò il
nord Italia, lo faranno i francesi durante la prima e la seconda guerra mondiale. Ecco perché, in tutti i paesi
del Maghreb, oggi abbiamo dei codici civili (come quello algerino o marocchino) che inizialmente
derivavano dall’esportazione del modello francese e che sono stati poi mantenuti adattando il modello
francese alle loro esigenze. Quindi, o il modello veniva esportato e adattato dai vari paesi o veniva copiato,
come nel caso dell’Egitto il cui codice civile è la traduzione del code civil.
Mentre il colonialismo inglese si concentrerà sul cercare di far avvicinare le popolazioni indigene al common
law proponendo un modello più conveniente sotto certi punti di vista, il colonialismo francese cercherà
sempre di imporre il modello francese visto che il code civil è figlio dell’illuminismo e della razionalità ed è
un modello completo.
Il codice civile, in vigore dal 1804 senza soluzione di continuità fino al giorno d’oggi, deve la sua
sopravvivenza ai 3 fautori del suo aggiornamento (che troviamo in tutti gli ordinamenti):
1) Legislatore il Parlamento che, nella visione di Montesquieu, dovrebbe essere l’unico organo ad
avere il potere di fare le leggi necessarie ad aggiornare quelle preesistenti
2) Giurisprudenza i giudici che quotidianamente si trovano di fronte a una società che cambia
3) Dottrina gli studiosi del diritto
La Francia è un paese di civil law, quindi uno di quei paesi che ha vissuto il momento universitario come
promotore della riscoperta del diritto. A differenza dei sistemi di common law, nei paesi di civil law il
giurista è un soggetto che necessariamente ha un expertise giuridico perché, soprattutto nel sistema francese
che crea questo modello per primo, il giudice è il laureato in giurisprudenza che sostiene un esame di stato
per l’abilitazione a diventare giudice e, una volta diventato giudice, fa la carriera burocratica all’interno di
quel settore della pubblica amministrazione che si chiama magistratura. L’avvocato invece, è laureato in
giurisprudenza e supera un esame di stato che gli permette l’abilitazione a svolgere l’attività forense.
La dialettica dell’aggiornamento del diritto, passa a un livello elevato perché la giurisprudenza, quindi la
dialettica tra giudici e avvocati, è di competenza dei soggetti che hanno fatto studi universitari e hanno
acquisito una speciale competenza in materia. Quindi, anche se il codice era un prodotto per il popolo, la sua
evoluzione passa attraverso soggetti che hanno uno speciale expertise, perciò il linguaggio giuridico francese
è specialistico perché coloro che si esprimono con quel linguaggio, sono soggetti che hanno una cultura
specifica.
Nel sistema francese solo il legislatore dovrebbe fare evolvere il diritto, anche se questo non accade quasi
mai perché il Parlamento deve formare delle maggioranze politiche per approvare delle leggi che arrivano
sempre troppo tardi, quando il problema è diventato insostenibile. Quindi, di fatto sono principalmente la
giurisprudenza, ovvero i giudici nonostante il divieto del code civil e gli studiosi del diritto ad operare gli
aggiornamenti che permettono al diritto di essere allineato con l’economia e la società contemporanea.
Lo stile linguistico dei giudici francesi è molto scarno e risponde a una struttura delineata, quindi tutte le
sentenze francesi sono strutturate secondo una struttura della sentenza (arrêt): “visto l’articolo… (ma non
viene specificato quale) premesso che… per questo motivo… decisione”. Quindi una sentenza
francese è sintetica, infatti è formata da 2 o 3 pagine, mentre una sentenza nordamericana, sulla stessa
questione che ha di solito anche la stessa risoluzione, consiste di 60-70 pagine perché lo stile linguistico
francese è volutamente criptico: non si deve leggere ciò che è scritto, ma il silenzio e questo permette al
giudice di aggiungere significati senza farlo intendere.
Sistema di Cassazione
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In Francia, per la prima volta, viene inventato un sistema procedurale atipico chiamato sistema di
Cassazione che è stato copiato dall’Italia e da altri paesi, principalmente quelli che possiamo comprendere
nella tradizione giuridica romanistico-francese, come Spagna, Belgio, Lussemburgo.
La Corte di Cassazione è diversa dalle altre perché cambia la modalità operativa con la quale questa corte si
muove: in tutti gli altri paesi del mondo che hanno una Corte Suprema che non sia una Cassazione, la Corte
opera la revisione delle sentenze (modello di revisione). Ciò significa che questa Corte Suprema opera un
riesame completo delle pronunce di primo e di secondo grado e nelle sentenze la corte tratta le questioni di
fatto e di diritto: cerca di capire bene quali sono i fatti che hanno portato alla causa e da questi, ricava delle
conseguenze di diritto.
Il sistema francese si è forgiato sulla tripartizione dei poteri, quindi la Corte ha un problema perché potrebbe
creare diritto: in tutti i sistemi vengono citate le sentenze della Corte Suprema perché, essendo l’ultimo
tribunale a cui si può arrivare per risolvere una controversia, se si è pronunciata in un certo modo in una
questione analoga a quella che le si sottopone, in teoria la soluzione sarà la stessa. Ciò è un problema per i
francesi perché nel loro sistema il giudice non può creare diritto, ma se creasse una Corte Suprema di
revisione darebbe ai giudici il potere di farlo. Quindi viene creato il Tribunale di Cassazione.
Quindi nel sistema francese la Corte di Cassazione in realtà è l’evoluzione di un istituto giuridico che era
stato inventato già nel diritto intermedio, e che aveva il nome di Tribunale di Cassazione: nel 1790, per
applicare in modo ferreo la tripartizione dei poteri, viene inventato un tribunale di cassazione che è un
tribunale speciale in quanto è un tribunale delle leggi, quindi non si preoccupa delle questioni di fatto, che
competono alle corti di merito, ma guarda solo delle questioni di diritto. Nell’idea rivoluzionaria, era un
tribunale speciale che doveva passare in rassegna le sentenze di primo e di secondo grado ed eventualmente
intervenire per annullare (cassare) tutte le pronunce nelle quali i giudici avessero creato diritto: il tribunale di
Cassazione fa nomofilassi, cioè garantisce l’uniforme applicazione della legge all’interno dell’ordinamento.
Napoleone, oltre a promulgare il code civil, cambia il nome di questo tribunale da tribunale di Cassazione a
Corte di Cassazione, che diventa un organismo diviso in tante sezioni, ciascuna competente in varie materie.
Il modello di cassazione si discosta dal modello di revisione: nell’idea francese, la Corte di Cassazione,
formata da giudici di diritto, non serve per stabilire chi ha torto e chi ha ragione in una controversia come fa
la Corte Suprema in un modello di revisione, ma serve per garantire nomofilassi, quindi la Corte non
interviene sui fatti ma verifica la corretta attuazione delle questioni di diritto. In questo modo si evita che le
sue pronunce possano diventare dei precedenti vincolanti.
Mentre una Corte Suprema in un modello di revisione guarda sia ai fatti che al diritto e quindi emette una
sentenza che dirà se ha ragione A o se ha ragione B in modo definitivo, nel modello di cassazione la Corte
non sente le parti, non interroga testimoni e non acquisisce documenti perché non è giudice di merito, ma
guarda solo se le corti a lei inferiori (le corti di merito) hanno applicato correttamente il diritto e se verifica
che i giudici che l’hanno preceduta hanno erroneamente applicato il diritto, cassa (annulla) la sentenza e
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rimanda la questione a quel giudice di merito che deve decidere di nuovo applicando, nel risolvere la
controversia, il principio di diritto indicato dalla Cassazione. Invece, nel caso in cui la Corte di cassazione
ritenga che la corte di merito abbia correttamente applicato il diritto, respinge il ricorso e conferma la
sentenza che diventa definitiva.
La dottrina francese, cioè come si studia il diritto, non è mai stata prestigiosissima ed è passata attraverso
due movimenti del XVIII e XIX secolo Nel XVIII secolo è passata attraverso la Scuola dell’Esegesi
(l’esegesi è lo studio di un testo): la dottrina guardava con rispetto il code civil e non faceva interpretazioni
evolutive ma spiegava agli studenti che il codice era un modello perfetto. Nel XIX invece, la Scuola della
libera ricerca scientifica sdoganerà il ruolo di un giurista attivo che prende atto del fatto che la società è
cambiata quindi anche il diritto necessita di ammodernarsi. Tuttavia la dottrina francese, nonostante
l’apertura della Scuola della libera ricerca scientifica, non avrà mai una posizione veramente critica nei
confronti della legge.
L’amministrazione della giustizia
Il sistema di amministrazione della giustizia in Francia è un’applicazione della
tripartizione dei poteri.
La pubblica amministrazione, che attua le politiche pubbliche, è sotto l’egida del
potere amministrativo.
Nel sistema inglese un giudice interviene sia nei confronti del privato sia della
pubblica amministrazione ma l’“administrative law” è diverso dal diritto
amministrativo che c’è in Italia e che è frutto di questa divisione dei poteri.
In Franca invece, visto che non si voleva che i giudici intervenissero ad influenzare
uno dei tre poteri dello stato, viene inventato un sistema di giudizio speciale,
l’ordine amministrativo, con un Tribunale amministrativo (che abbiamo anche in
Italia), una Corte amministrativa d’appello e un Consiglio di stato (anch’esso
presente in Italia) che è un organo giurisdizionale speciale rispetto alla
giurisdizione ordinaria, cioè sono dei giudici che trattano delle questioni che
riguardano l’organo amministrativo.
Il fatto che non si volesse che i giudici potessero interferire con l’operato della
pubblica amministrazione, fa sì che nel modello francese e nei paesi che hanno esportato questo modello, ci
siano dei giudici speciali che non decidono se la pubblica amministrazione si è comportata correttamente ma
valuta se le procedure seguite sono state corrette: se una persona viene esclusa da un concorso pubblico non
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fa causa contro la pubblica amministrazione per essere assunta ma per annullare il concorso, quindi si va
davanti a un tribunale amministrativo che valuta se la procedura è stata seguita regolarmente e se non è stato
così annulla la procedura ma non condanna la PA.
Fino alla rivoluzione francese i giudici, tramite i precedenti, avevano creato un bacino di concetti a cui si
poteva attingere per capire il lessico giuridico specialistico. Togliendo l’efficacia ai precedenti, si ha
l’esigenza di dare un senso al linguaggio giuridico francese, quindi il codice diventa fondamentale perché
contiene una serie di concetti chiave per capire e applicare tutto il diritto e il legislatore, quando fa una legge,
può presupporre i concetti giuridici che sono già contenuti nel codice. Quindi il codice è fondamentale
perché azzera il diritto previgente (la terminologia francese dell’ancien regime) e diventa l’enciclopedia dei
concetti giuridici base che non possono essere contraddetti dal giudice e che servono per leggere tutte le
leggi successive (si fa riferimento al codice civile per ricavare i termini tecnici che servono per leggere,
capire e applicare una legge). Il lato negativo è che, volendo redigere un’opera accessibile a tutti, il lessico
giuridico non è molto preciso.
Ecco perché questo sistema è più efficace di quelli di common law dove non c’è stato un codice che ha
azzerato il diritto previgente, ma la terminologia era stata per molti anni affidata ai giudici quindi le leggi
inglesi sono lunghe e noiose perché si aprono con il vocabolario (“ai sensi di questa legge, per malato si
intende…” definizione) che però è uno svantaggio del sistema.
Olanda: è un paese dove ci sono state delle influenze della common law, che ha rimesso in discussione il
ruolo stesso del codice, e che ha un codice civile che non è stato ancora completato. Nel 1938 venne
introdotto un libro dei diritti dei cittadini (un codice civile) che rappresentava un’evoluzione del codice civile
che era è sempre formato da 3 libri. È un’opera che ha iniziato a mostrare, dopo il primo dopoguerra, la sua
delicatezza. Quindi un giurista di nome Meijers ottenne l’incarico di proporre un nuovo modello di codice
civile che arriverà per gradi e oggi in Olanda c’è un NBW (un nuovo libro dei diritti dei cittadini) che è
diviso in 10 libri, alcuni dei quali sono ancora da scrivere.
Spagna: ha delle varianti strutturali all’impostazione francese. Il Código Civil español (1889) è ancora in
vigore e presenta una strutturazione indebitata con il modello francese: ha un titolo preliminare ed è diviso in
4 libri (ripercorre il modello gaiano) e molte norme erano una traduzione del code civil.
Paese in cui, a differenza di quanto accaduto in Francia dove la rivoluzione ha favorito il superamento dei
particolarismi locali, abbiamo tradizioni locali, una forte autonomia locale e un’identità nazionale che deve
farei i conti con rivendicazioni di autonomie locali e anche la lingua presenta, su base locale, variazioni non
indifferenti. Quindi il concetto di unificazione ha assunto una dimensione diversa: ci troviamo di fronte a un
codice civile che è tuttora in vigore e che ha portato sul territorio spagnolo il diritto di Gaio, come si voleva
nel modello francese.
A livello contenutistico, dalle dichiarazioni alla pratica ci sono molte differenze: la Costituzione del 1978
riconosce le autonomie locali e va a incentivare una serie di fenomeni che erano già presenti nel codice civile
spagnolo, che costituisce una traduzione in spagnolo del code civil, anche se non ne vengono applicati gli
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stessi principi. Il primo paragrafo del primo capitolo del codice (fonti del diritto) dice che le fonti
dell’ordinamento spagnolo sono la legge, le consuetudini e i principi generali del diritto quindi non c’è stata,
come nel sistema francese, una così forte censura con il passato.
L’art. 6 riconosce poi un ruolo attivo all’attività dei giudici, quindi lo stratificato delle pronunce dei giudici
non è bandito in modo assoluto come nel sistema francese, ma è un principio attivo che i giudici successivi
possono utilizzare per risolvere le controversie.
L’art. 13 sovverte l’ordine costituito dal sistema francese: il primo paragrafo dice che le uniche norme che
sono inderogabili in tutta la Spagna sono quelle relative al regime economico matrimoniale, tutte le altre
norme possono essere derogate; nel secondo paragrafo si dice che ci sono dei diritti consuetudinari su base
locale che si chiamano fueros (fonti).
Mentre nell’impianto francese il codice civile soppianta il diritto consuetudinario, in Spagna accade il
contrario: se ci sono dei fueros, il codice civile è diritto suppletorio, cioè si applica prima il fuero e, solo
dove ci sono delle lacune, vengono integrate con il codice civile. L’unica parte del codice che non è
soppiantata dai diritti consuetudinari è quella relativa al matrimonio e al trattamento economico della
famiglia.
Portogallo: paese che inizialmente partecipa al modello romanistico-francese e il cui codice civile del 1867
è la traduzione del modello di codice civile francese che, in quegli anni, era l’unico modello inventato,
quindi tutti i paesi vi si rifacevano per introdurre un codice al loro interno.
Nel 1967 si ridota di un nuovo codice civile strutturato in 5 libri che è la traduzione del codice civile tedesco,
quindi abbandona il modello francese e recepisce il modello tedesco. Il Portogallo è importante perché,
essendo uno stato coloniale, porterà in tutte le sue ex colonie il modello tedesco, infatti oggi troviamo il
codice tedesco, che era diventato codice portoghese, in Brasile.
Italia: noi che, come i romani avevamo inventato e spiegato al mondo cos’è il diritto, ritroviamo, tramite i
francesi, il modello romanistico-francese. L’Italia, prima dell’unità, era divisa in tanti stati e i duchi e i re
avevano recepito, nelle loro corti, il modello francese, che permetteva di risolvere tutte le complessità che lo
Ius Commune non consentiva di risolvere in modo efficace, e permetteva ai sovrani ducali di dare risposta
alle richieste di modernità che venivano avanzate dai loro sudditi. Dopo l’espansione del code napoleon,
all’indomani del congresso di Vienna dove si ridisegna la cartina geopolitica dell’Europa, anche in Italia gli
stati ritornati sovrani si dotano di codificazioni che sono traduzioni del code civil (1820 Codice civile del
Ducato di Parma 1837 Codice civile del Regno di Sardegna, 1851 Codice civile del Ducato di Modena).
L’avvento dell’unità d’Italia nel 1861 ha come conseguenza l’esigenza di dotare il Regno d’Italia di strutture
giuridiche efficienti e moderne, quindi si copia il modello francese introducendo il code civil, la
giurisdizione della Cassazione e quella amministrativa perché era un modello già disponibile e perché a corte
si parlava francese. Nel 1865 in Italia viene introdotto un codice civile basato su quello francese e con la
stessa strutturazione in quanto è suddiviso in 3 parti (persone, beni e modi di acquisto della proprietà).
In quegli anni la dottrina italiana non era così secondaria a livello mondiale, quindi dopo il primo
dopoguerra, insieme ai francesi, si avvia un dialogo che diventa il promotore di un progetto italo-francese di
riforma parallela del code civil e del Codice civile italiano: l’idea era quella di creare un codice uguale in
entrambi i paesi e che fosse un’evoluzione del modello del code civil.
Quindi nel 1927 si ha un nuovo codice delle obbligazioni parallelo Francia-Italia (in Francia la scuola
dell’Esegesi era di scarsa qualità e dove gli studiosi del diritto erano meno qualificati rispetto agli studiosi
italiani, quindi in questo caso siamo noi che esportiamo il nostro modello). Tuttavia in Italia, l’avvento del
Fascismo causerà l’abbandono del modello francese perché l’Italia si apre verso la Germania. Nel 1942 viene
quindi introdotto il contemporaneo Codice civile italiano, formato da 6 libri, che è un codice innovativo con
una forte radice francese mantenuta dal precedente codice, ma è un codice sfortunato perché è troppo tardo:
nel 1942, chi doveva codificare, ormai l’aveva già fatto (infatti viene copiato solo dall’Albania).
Il nostro Codice è moderno ma risentiva del periodo storico in cui fu promulgato e crea anche un problema
per gli interpreti: nel 1804 venne introdotto il code civil e nel 1806 venne introdotto il codice di commercio;
questi due libri si trovano in tutti gli ordinamenti ma solo in Italia e in Svizzera si è operata la
commercializzazione del diritto civile, quindi i due codici sono Stati Uniti in un unico libro, il che è un
problema perché può essere disorientante per chi deve fare una traduzione o operare dei collegamenti.
Quindi nel sistema tedesco diventava impossibile ipotizzare una riforma del diritto perché l’imperatore non
aveva potere di normare nei confronti dei cittadini degli altri stati anche se era loro imperatore per via
mediata tramite i vertici della piramide feudale. Inoltre, il sistema francese all’indomani della rivoluzione
proporrà un’idea unitaria di cittadino abolendo le gerarchie feudali e in questo modo i cittadini diventavano
tutti uguali davanti alla legge. Questa concezione in Germania e nei paesi germanici arriverà molto tardi: la
società dei paesi germanici si presenterà suddivisa in 3 ceti principali (Stände):
1) Feudatari (signoria fondiaria) e cavalieri (nobili)
2) Clero
3) Cittadini e, in certi casi, ceto rurale (contadini)
Questo comporta che lo status di appartenenza a un ceto piuttosto che a un altro, determina l’applicazione di
norme giuridiche diversificate per i medesimi fatti. La rivoluzione francese si oppose a questo sistema,
mentre rimase nell’ambito delle esperienze giuridiche dell’area germanistica.
In epoca molto remota si tentò una compilazione del diritto consuetudinario germanico che aveva
soppiantato, in alcune zone, il diritto romano: abbiamo lo “Specchio sassone” redatto tra il 1220 ed il 1230
che è una raccolta di diritto autoctono, quindi il diritto di base consuetudinaria con contaminazioni del diritto
romano, in cui si presenta un diritto articolato in 2 macro aree:
1) Il “diritto nobiliare” che riguardava il diritto che si applicava ai vertici della piramide feudale, quindi
tra l’imperatore e i vari principi
2) Il “diritto territoriale” che riguardava i cittadini “comuni” e al suo interno ci sono tante
sottocategorie che testimoniano la visione di una civiltà suddivisa in caste dove l’appartenenza a una
casta determina una disparità di trattamento giuridico e diverse conseguenze giuridiche in base ai
soggetti coinvolti. All’interno del diritto territoriale si distinguono:
Il “diritto cittadino” che si applicava a chi viveva nelle città
Il “diritto corporativo”, cioè il diritto delle arti e dei mestieri, quindi le professioni avevano
un particolarismo giuridico (in base al mestiere si avevano diritti diversi)
Il “diritto rurale”, cioè il diritto delle campagne
Questo quadro caotico poteva funzionare nel XIII secolo quando i commerci e la circolazione delle persone
erano molto ridotti, ma quando l’eco rinascimentale esplode, questo sistema inizia a mostrare la sua
inefficienza e l’incapacità di regolamentare i traffici giuridici tra i vari principati. Quindi in quest’area ritorna
il diritto romano che, come collante trasversale tra i vari principati, risolve tutte queste questioni, visto che il
diritto feudale non era più efficiente.
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Quindi gli studenti che erano venuti in Italia a studiare il diritto secondo il mos italicus, cioè il diritto romano
piegato all’applicazione del quotidiano, importano progressivamente il diritto romano in Germania e, tramite
la “pre-recezione” del diritto romano, funzionari, giudici e personale di corte soppiantano progressivamente
i diritti locali (diritto consuetudinario) applicando il diritto romano che è più efficiente ed è così vasto che
permette di dare soluzioni giustificabili, da un punto di vista razionale, a qualunque tipo di controversia;
inoltre tra giuristi si parla, come lingua veicolare, il latino.
Tutto questo viene suggellato alla fine del XV secolo con l’istituzione da parte di Massimiliano I d'Asburgo
di una Corte della Camera Imperiale (1495) che è un Tribunale di vertice per tutto l’impero germanico che
deve essere costituito in maggioranza da giudici che siano laureati in Giurisprudenza di estradizione
romanistica. Questo è un momento importante perché questi giudici continuano e portano a termine in modo
irreversibile, l’introduzione del diritto romano.
Giureconsulti: tecniche in base alle quali, quando un giudice si trovava in dubbio nel risolvere una
controversia, convocava dei professori universitari esperti di diritto romano che davano la loro opinione su
come andasse risolta la controversia, quindi il diritto romano (che era il diritto di un popolo che non esisteva
più) che inizialmente non era diritto vigente perché non c’era alcuna legittimazione per applicarlo, diventa il
diritto vigente in Germania perché il diritto germanico non era efficiente per l’economia del XV-XVI secolo.
Quindi il diritto romano non viene visto più come succedeva in ambito francese bacino di concetti per
sviluppare dei ragionamenti, ma come una fonte vivente per risolvere le controversie quotidiane tra i
cittadini.
Tutto questo diventa irreversibile tanto che nel XVII secolo in questa area si trova l’Usus modernus
Pandectarum che si rifà a un’opera di Samuel Stryk e che rappresenta una compilazione del diritto romano
che poteva essere così utilizzato per la risoluzione delle controversie. Quindi il Corpus Iuris viene
rimanipolato per ottenere un prodotto che sia in linea con le esigenze della pratica forense.
L’Usus Modernus Pandectarum nel XVIII soffrirà della crisi che tutto lo Ius Commune patì in ambito
europeo, e che porterà a risultati parzialmente diversi perché in entrambi i paesi avremo un codice ma con
tempistiche, contenuti e modalità nettamente diverse, inoltre questa crisi in Francia porterà alla rivoluzione e
alla ideazione del codice come nuovo strumento per soppiantare il diritto esistente.
La crisi dello Ius Commune (cioè la visione di un diritto romano come collante trasversale di tutta l’Europa
continentale) fu causata dall’Illuminismo che in Francia passerà attraverso Domat e Pothier, mentre in
ambito germanico ci sono dei trattatisti come Pufendorf, Thomasius e Christian Wolf che vollero
reinterpretare il diritto per riorganizzarlo, visto che il diritto romano, nel corso dei secoli, aveva perso
coerenza perché, utilizzandolo ogni giorno, si erano creati dei contrasti interpretativi.
ALR Prussiano
E’ l’ordinamento territoriale generale per gli stati della Prussia ed è un codice reazionario: mentre il codice
civile francese è un codice rivoluzionario di un popolo che si emancipa dal sovrano e vuole proporre un
prodotto innovativo, in tutte le codificazioni in ambito germanico, ci troviamo di fronte a dei codici
reazionari di sovrani illuminati che capiscono la tensione sociale e intervengono nell’ambito del diritto per
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evitare la rivoluzione, cioè che il malcontento del popolo monti e possa essere messo in discussione il loro
ruolo.
Quindi le codificazioni in ambito germanico sono tutte illuministiche anche se hanno come obiettivo quello
di ammodernare il diritto quel tanto che basta per mantenere saldo il potere in capo al re di turno e, dal punto
di vista contenutistico, non ambiscono a voler modificare come il popolo viveva e a creare quelle
innovazioni a cui, invece, ambivano i rivoluzionari francesi.
Il titolo esteso del Codice dice che il nemico degli illuministi è il modo in cui era diventato lo Ius Commune,
e che il codice si fonda ancora sullo Ius Commune (diritto romano) e sui principi dell’illuminismo, inoltre
mantiene la struttura tradizionale del paese e tenta di creare un prodotto efficiente che cerchi di superare le
difficoltà in cui si trovava lo Ius Commune.
È un codice che si rifà all’opera di Samuel von Pufendorf che scrisse nella lingua dei giuristi del tempo,
ovvero il latino, un trattato intitolato “de jure naturae et gentium”. L’idea di Pufendorf è quella secondo la
quale il cittadino poteva essere visto sotto due diversi punti: come singolo o come parte della società.
Quindi anche l’ALR si divide in due macro parti:
1) I diritti del singolo
2) Il cittadino nelle diverse formazioni sociali che si articola in:
I diritti che si fondano sull’appartenenza alla stessa casa (diritto di famiglia, diritti
patrimoniali all'interno della famiglia, servizio domestico)
I diritti dei diversi ceti (Stande) dello Stato
I diritti e doveri dello stato nei confronti dei cittadini (diritto costituzionale ed
amministrativo)
Non è un codice rivoluzionario in quanto la società viene ancora divisa in caste e i diritti e i doveri dei
cittadini sono diversificati in base al ceto di appartenenza, al contrario della Francia dove i diritti erano
uguali per tutti.
Inoltre l’ALR è un codice che vuole prevedere tutto per risolvere tutto (codice illuministico) e, per questo
motivo, contiene 21000 paragrafi e ogni paragrafo contiene decine di articoli ma di fatto nessuno riusciva a
maneggiare quel numero esponenziale di norme. Per esempio il giurista tedesco von Savigny, che era anche
un professore universitario, quando veniva chiamato a insegnare diritto civile in Prussia, iniziava le lezioni
dicendo che avrebbe insegnato “un mucchio di spazzatura”, ovvero l’ALR.
In sostanza è un tentativo venuto male di mediare tra diritto romano, diritto consuetudinario e istanze
illuministiche, è un codice che nessuno copierà, non sarà mai un modello di esportazione e nel 1900 verrà
sostituito con il BGB tedesco.
ABGB Austriaco
Entra in vigore nel 1812 con un sovrano illuminato che capisce la tensione sociale e opta per una
codificazione reazionaria, quindi è un tentativo di imbrigliare la richiesta di ammodernamento da parte dei
sudditi e di evitare lo scoppio di una rivoluzione come era avvenuto in Francia.
Il titolo per esteso è “Codice civile generale per i territori ereditari di lingua tedesca” ed è un codice che ha
una genesi abbastanza travagliata.
Inizialmente anche l’Austria, ed è Maria Teresa d’Austria che ne propone e sostiene l’introduzione, riceve un
progetto di codice molto simile all’ALR prussiano. Alla sovrana però questo codice non piacque perché
voleva un codice più compatto e semplice, e si dovette rifare tutto dall’inizio.
Quindi il primo progetto di codificazione viene cestinato e il 1° gennaio 1812 entra in vigore un nuovo
codice di appena 1502 paragrafi, quindi era brevissimo. Le critiche di Maria Teresa d’Austria erano state
accolte: non si voleva un codice titanico come l’ALR prussiano, ma un codice snello e scritto in un tedesco
intellegibile che mirasse comunque all’assoluta completezza, essendo di ideologia illuministica. Tuttavia,
essendo così breve, non era efficiente ma deve comunque la sua sopravvivenza alla sua brevità perché di
fronte a un codice lacunoso e con così pochi articoli ma che voleva essere allo stesso tempo completo, i
giudici avevano ampio spazio per creare diritto al fine di risolvere le controversie; proprio grazie all’attività
dei giudici, non c’è mai stata la necessità di abrogare il codice, che è ancora oggi in vigore anche se della
portata di quell’effettivo codice poco è rimasto.
Per quanto riguarda la struttura, replica il modello francese, quindi presenta la tripartizione gaiana (persone,
cose e obbligazioni).
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È un codice denso di contraddizioni e, per definirlo con le parole dei contemporanei, crea un anacronismo
storico, ipotizza inoltre un cittadino in visione unitaria (come in Francia) e mantiene una società divisa in
caste per molto tempo. In più, essendo un codice di impostazione illuministica, toglie efficacia a tutte le fonti
vigenti in precedenza (come in Francia) e costituisce “l’anno 0 del diritto”. Vorrebbe infine essere l’unica
fonte del diritto e, in caso di lacune, esse possono essere colmate secondo analogia, quindi ci sono soluzioni
simili per casi simili, e si fa ricorso ai principi del diritto naturale.
Codice di valenza illuministica perché costituisce l’enciclopedia base dei diritti e dei concetti giuridici che
possono essere utilizzati nell’applicare la legge.
È un Codice che, forte degli ideali illuministici, voleva portare a una civiltà nuova, quindi all’idea di
uguaglianza tra i cittadini anche se quando entrò in vigore il codice e fino al 1856, in Austria c’era la servitù
della gleba, ovvero c’erano degli schiavi che erano accessori del feudo ma l’articolo del codice secondo il
quale ogni uomo deve essere trattato come persona, rimane comunque valido perché gli schiavi non sono
persone. Quindi è un Codice che proponeva degli ideali che, nel momento in cui entrò in vigore, non erano
assolutamente quelli che caratterizzavano la società austriaca del tempo e che solo nel 1900 comincia a
descrivere una società che si potesse rispecchiare in quel codice, quindi per 100 anni ci fu un anacronismo
storico: designava una società che non era realmente quella austriaca del tempo.
Questo codice che non è stato copiato e il modello non è stato esportato, ma ha lasciato traccia solo nei paesi
che furono oggetto di occupazione militare austriaca: Croazia, Slovenia Bosnia e Erzegovina e Italia.
L’unica esportazione di un modello da parte degli austriaci è l’ideazione di una Corte suprema. In Austria,
nel 1945 si ipotizza per la prima volta l’idea di una Corte di vertice come terzo grado di giudizio (modello di
revisione) alternativo rispetto al modello di Cassazione francese. Oggi in Austria abbiamo il tribunale
distrettuale e il tribunale regionale come primo grado, il tribunale regionale e il tribunale regionale superiore
come secondo grado e, infine, la Corte suprema austriaca che presenta un modello di revisione: è una corte
che decide sia le questioni di diritto che le questioni di fatto e le sue interpretazioni sulle questioni di fatto e
di diritto vengono viste come precedenti interpretativi vincolanti per i giuristi successivi.
Il trattamento di questi precedenti, da un punto di vista narrativo, non è così avanzato come in Inghilterra ma
il fatto che la fonte giurisprudenziale abbia comunque un certo peso è coessenziale allo sviluppo del modello.
In seguito alla caduta di Napoleone nel 1814 le potenze europee si riuniscono a Vienna e ridisegnano il
mappamondo geopolitico dell’Europa all’indomani dei danni da lui causati.
Questo momento è politicamente importante per la futura Germania perché da una situazione in cui era
divisa in centinaia di feudi si trovò ad essere divisa in 39 principati, quindi c’erano le condizioni (anche
politiche) per pensare ad una rivoluzione del diritto tedesco anche perché questo dibattito avviene nel 1814,
quindi sono già da 10 anni che il code civile è un modello, le inefficienze dell’ALR prussiano e del modello
austriaco si erano già mostrate, quindi in ambito germanico i dottrinali, gli studiosi del diritto, si interrogano
sull’opportunità di una codificazione unitaria anche in ambito tedesco.
Quindi c’è questo autore, Thibaut, che nel 1814 scrive un’opera nella quale sostiene l’opportunità che anche
la Germania superi i particolarismi locali e si doti di un modello illuministico di codificazione, ovvero del
code civil che era più prestigioso dell’ALR e dell’ABGB austriaco.
Ciò sembrava portare verso la codificazione in ambito tedesco ma riceve una forte reazione da parte di un
altro autore, von Savigny, che in un’opera intitolata “Della vocazione del nostro tempo per la legislazione e
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la giurisprudenza”, risponde a Thibaut sostenendo che non si potesse importare il modello di code civil che si
basa anche sul diritto romano perché si doveva guardare al diritto autoctono che era consuetudinario, anche
perché l’Illuminismo in Germania stava lasciando spazio all’Umanesimo, quindi l’attenzione non era più
sull’idea di razionalità ma su una rivalutazione romantica delle consuetudini e delle peculiarità del popolo
tedesco. Savigny nella sua opera dice anche che il diritto è spirito del popolo perché il diritto al pari della
lingua, delle culture e delle tradizioni, è qualcosa che il popolo vive e fa evolvere quotidianamente e fissarlo
per iscritto nelle forme illuministiche di un codice vorrebbe dire eliminarlo perché non potrebbe più
continuare a vivere.
Il diritto viene anche visto come un pendolo che oscilla tra il diritto consuetudinario come viene sviluppato
dal popolo e i giuristi che rielaborano il diritto popolare e lo restituiscono al popolo che lo fa evolvere per poi
tornare ai giuristi e, in questo moto perpetuo, il diritto si evolve quotidianamente.
Inoltre von Savigny era un ricco proprietario terriero e per lui vedere applicato il modello del code civil nel
quale si superano le differenze sociali basate sul ceto di appartenenza e dove il cittadino viene considerato in
una visione unitaria, voleva dire perdere il suo potere. Quindi ha anche un interesse personale nel mantenere
le cose come stanno.
Quindi in Germania, nonostante le favorevoli condizioni politiche dell’inizio del XIX secolo non si arriva a
una codificazione in quanto il 1814, per il popolo tedesco, rappresenta un’occasione persa di codificazione.
Savigny, professore universitario, è il fondatore di una prima scuola di pensiero del diritto in ambito tedesco:
la Scuola Storica. Secondo la Scuola Storica, il diritto va studiato nella sua dimensione storico-sociale-
culturale e non è un diritto logico come era nella visione illuministica, d’altra parte gli assistenti universitari
di Savigny erano i fratelli Grimm che riportano la cultura popolare nelle loro fiabe.
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expertise giuridico. Il linguaggio giuridico tedesco diventa quindi un linguaggio settoriale ammirato da tutti i
tecnici del diritto, al contrario del francese giuridico che era un linguaggio contraddittorio e pieno di lacune.
Lo studio del diritto in Germania diventerà poi un modello di esportazione.
Il metodo pandettistico, che ancora oggi condiziona il modo di esprimersi del giurista tedesco, si ispira alla
matematica e alle scienze esatte. È un metodo:
Concettuale le proposizioni giuridiche vengono tutte articolate per concetti e ci sono delle
proposizioni che presentano delle ricorrenze e se i fatti si rispecchiano in quel concetto, quindi in
quella fattispecie, cioè come vengono redatte le norme giuridiche, ci sarà la ricorrenza e quel
concetto verrà applicato. Le proposizioni giuridiche vengono articolate per concetti e descrivono le
ricorrenze; inoltre, la formulazione della norma è autoreferenziante, cioè è la norma stessa a dare i
limiti della sua applicazione, e l’interprete non deve fare riferimento ad altre norme non scritte ma
direttamente a quel concetto che ricorre oppure no
Dogmatico i concetti così definiti non possono avere eccezioni e diventano dogmi
Sistematico dopo aver sviluppato dei concetti, si può riorganizzare tutto il diritto in una piramide
concettuale che ha al proprio vertice dei principi generali che, per vie di eccezioni, vengono
organizzati secondo un’argomentazione logica perché il diritto viene elevato a scienza matematica
dai pandettisti. Questa piramide concettuale è l’attuale struttura del BGB tedesco
La Germania, da un punto di vista economico, era formata da 39 staterelli tra di loro indipendenti dove non
c’era un diritto unitario tedesco quando l’economia degli scambi richiedeva, invece, una visione unitaria del
diritto perché diritto uniforme voleva dire per l’operatore economico meno costi transativi. Quindi un diritto
uniforme avrebbe agevolato lo sviluppo economico e la Germania doveva dotarsi di un diritto efficiente da
un punto di vista economico.
Caratteristiche
˃ Il codice civile tedesco che non è rivolto ai cittadini ma solo a chi ha un expertise giuridico in quanto
è scritto in un tedesco aulico comprensibile solo a chi ha un’adeguata cultura giuridica e utilizza
termini tecnici molto precisi, al contrario del code civil che non è sempre preciso ed è per il popolo.
˃ È un codice aristocratico e reazionario quindi prende come riferimento non il borghese uscito
vittorioso dalla rivoluzione francese, ma l’aristocratico, il ricco proprietario terriero anche se
rappresentava una minima parte della popolazione tedesca contemporanea.
˃ È un codice che, in un periodo in cui il socialismo stava già presentato la problematica della massa
dei lavoratori, non prende in considerazione questo problema.
˃ Codice dove la famiglia descritta è la famiglia aristocratica tedesca del tempo e dove la donna conta
poco (le donne dovranno aspettare il 1942 per essere considerate al pari degli uomini).
˃ Codice che nasce non in linea con l’economia e la società tedesca e per allinearsi subirà delle
rivoluzioni.
Il primo libro “parte generale” è il manifesto culturale della Pandettistica in quanto è la trasposizione
nell’ambito del diritto applicato di tutte le teorie della Pandettistica ed è il contenitore di tutti quegli istituti
giuridici fondamentali che l’interprete deve utilizzare per leggere sia le altre leggi che lo stesso BGB. Quindi
nella parte generale c’è una concentrazione di concetti chiave come il concetto di vita-morte e di negozio
giuridico.
La lettura del BGB, per chi non la sa compiere, è molto complessa perché
mentre negli altri codici le questioni sono trattate per argomento, quindi per
esempio se mi devo occupare del contratto di vendita vado nel terzo libro del
code civil e trovo tutte le norme che mi servono per capire un contratto di
vendita, nel diritto tedesco, il materiale giuridico è stato organizzato secondo
la piramide concettuale di Puchta dai principi generali verso principi
specifici. Quindi risolvere una qualunque tematica porta a dover leggere
norme che sono contenute nella parte generale perché sono principi generali
e, per vie di eccezione, in altri libri del codice: per esempio per leggere cos’è
un contratto di vendita devo leggere almeno due libri del codice civile perché
un contratto di vendita è un contratto che è un’obbligazione che, a sua volta,
è un negozio giuridico.
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A lui interessava che le norme fossero giuste, quindi anche se la norma era scritta male ma era giusta, andava
bene lo stesso.
Si va oltre il modello francese: il giudice, che teoricamente nel sistema tedesco si trovava di fronte a un
sistema ancora più chiuso di quello francese, può andare al di là di quelle che sono le apparenti formulazioni
del diritto. Quindi il diritto, nella sua interpretazione, comincia a prendere una piega sconosciuta al modello
francese che seguiranno anche gli austriaci.
Il giudice in Germania è un professionista del diritto che deve essere laureato in giurisprudenza. Non è un
giudice popolare ma si rivolge ai tecnici del diritto e scrive in modo aulico, utilizzando frasi elaborate e
un’articolazione del pensiero molto strutturata, perché ha paura che gli studiosi lo contestino nelle sue
sentenze per come si esprime. Quindi, mentre la sentenza francese è molto sintetica e richiede un expertise
solo per capire i collegamenti e non per capire il senso tecnico della sentenza, la sentenza del giudice tedesco
è molto più chiara per il giurista, ma si rivolge a un utente professionale, ed è più lunga di quella francese.
Il ruolo del giudice creativo deriva dal fatto che Bülow pubblica un libro dal titolo " La legge e l'ufficio del
giudice” che diventerà uno dei capisaldi in Germania e nel quale teorizza il ruolo libero del giudice che deve
poter essere giusto e non essere costretto dalle norme, quindi il fatto che i giudici creino diritto non viene
visto sotto una cattiva luce come in Francia, perché devono fare evolvere il diritto.
Ciò era possibile perché nel sistema tedesco c’erano una serie di clausole generali, cioè dei principi
generalissimi contenuti nella parte generale del codice, che erano stati introdotti nel BGB tra il primo e il
secondo progetto per andare incontro alla critica di eccessiva chiusura del BGB; sono anche quelle clausole
che hanno permesso al nazismo di intervenire lasciando intatto il codice e che hanno consentito ai giudici di
mantenerlo aggiornato. Queste clausole generali stabiliscono che il giudice debba rispettare i buoni costumi e
decidere secondo buona fede ma, essendo appunto disposizioni molto generali, erano norme in bianco
lasciate all’interpretazione del giudice. Quindi l’attività libera del giudice, in realtà non è così libera perché
deve comunque rispettare queste clausole.
Ancora oggi il codice tedesco viene fatto evolvere tramite questa finzione: il giudice crea diritto applicando
una norma in bianco del codice stesso.
La storia del diritto tedesco e dell’evoluzione del BGB può essere teoricamente divisa in 4 fasi storiche
(senso diacronico):
1) Il diritto tedesco fino al 1918 non ci sono cambiamenti significativi
2) Il diritto tedesco durante la Repubblica di Weimar la Germania si trovava in pessime condizioni
economiche e per la prima volta i giudici cominciano a dare interpretazioni evolutive. Si era
verificata l’inflazione: la moneta di riferimento tedesca perdeva quotidianamente valore e i soggetti
che dovevano pagare dei debiti, come per esempio un mutuo, si trovavano impossibilitati a farlo,
quindi intervengono i giudici e modificano i contratti facendo ricorso alla buona fede del debito
contrattuale.
3) Il diritto tedesco nel nazismo nel 1933 Hitler sale al potere e il sistema nazionalsocialista si basava
su un principio chiamato Führerprinzip nel quale il Fuhrer era la sorgente di tutto il diritto. Anche se
presto i nazisti pensarono all’introduzione di un codice che avrebbe dovuto sostituire il BGB, alla
fine a Hitler, per poter perseguire i suoi obiettivi, bastò cambiare i giudici perché nel codice civile
c’erano delle clausole generali, come la buona fede e i buoni costumi, che erano lasciate
all’interpretazione del giudice. Quindi il codice non venne abrogato e rimase in vigore
4) Il diritto tedesco nel secondo dopoguerra la Germania nel secondo dopoguerra è cambiata
tantissimo: la Costituzione federale introdusse dei principi come la parità uomo-donna che non erano
presenti nel codice civile tedesco.
Quindi, nonostante alcune modifiche intervenute nel corso del tempo, ancora oggi in Germania è in vigore
un codice che ha le caratteristiche tipiche del modello tedesco.
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Nel sistema tedesco le sentenze costituiscono un precedente anche se, a livello teorico, questo sistema si
fonda sempre sulla tripartizione dei poteri. Quindi, nonostante l’intervento del giudice che fa evolvere il
diritto e il fatto che i precedenti di corte suprema (BGH) sono indicazioni che vincolano gli operatori del
diritto, pone idealmente al vertice la fonte scritta (BGB) che non è solo la fonte principale ma è anche la
fonte delle fonti perché contiene al suo interno quei principi giuridici che servono per leggere anche le altre
leggi.
Codificazione svizzera
Il codice civile svizzero entra in vigore nel 1912 e i 12 anni che separano la codificazione svizzera da quella
tedesca, rappresentano un cambio epocale di prospettiva anche da un punto di vista del modello di
codificazione. Zweigert e Kötz negli anni ’60-‘70 proposero il modello svizzero come modello sicuro per
una futuristica codificazione unitaria europea.
La codificazione nasce in un contesto sociale molto difficile: è uno stato plurilingue con norme culturali
diverse e per nascere ha dovuto superare tante barriere e trovare compromessi. Quindi visto che anche
l’Europa era bacino di tante culture diverse, questo sarebbe potuto essere il modello che poteva superare
queste diversità.
La Svizzera conosce la codificazione grazie alla conquista di Napoleone che, come in tutte le conquiste
francesi, introdusse il code civil. La Svizzera riottiene poi l’indipendenza in seguito al congresso di Vienna
del 1814. La fine del dominio napoleonico, non fa perdere ai cittadini svizzeri una considerazione positiva
della codificazione.
I vari cantoni indipendenti, superato il dominio napoleonico, si ridotano di codificazioni, le codificazioni
cantonali, che hanno 3 modelli di riferimento:
La parte meridionale e occidentale che comprende le zone francofone o di lingua italiana, mantiene
il modello di Code civil;
Nella Svizzera centrale di lingua tedesca fu seguito il modello austriaco
Nella parte settentrionale/orientale si sviluppa un codice che si basa sulle consuetudini autoctone che
viene realizzato facendo riferimento agli insegnamenti della nascente Pandettistica, quindi tra il 1853
e il 1855 gli svizzeri si dotano di un codice che fa propri i primi postulati della scuola storica
romanistica (il più importante di questi modelli è quello di Zurigo)
Questa frammentarietà era necessaria perché la Svizzera, essendo una confederazione (come lo sono gli
USA), non aveva potere di legiferare in materia di diritto privato, perché la materia che viene trattata nel
codice civile che era appannaggio dei vari cantoni.
Ciascun cantone regolamentava il diritto privato come voleva perché la confederazione può disciplinare solo
quelle materie che sono espressamente previste dalla Costituzione.
Era un sistema confederale che riconosceva ai singoli cantoni il potere legislativo generale quindi i singoli
cantoni sono come degli stati, possono fare tutto. Entrando in una confederazione, il potere viene limitato a
poche materie quindi in questo passaggio i singoli cantoni hanno pian piano perso la loro indipendenza.
Nel 1874 viene modificata la Costituzione per permettere una possibile codificazione unitaria svizzera, per
fare in modo che la confederazione regolamentasse quelle materie che diventeranno il codice civile svizzero
e che erano di competenza solo dei singoli cantoni.
Nel 1881, quindi, viene promulgato un piccolo codice che si chiama “diritto delle obbligazioni” (OR) che
disciplina una piccola parte delle materie che sono trattate nel codice civile, i contratti: si stava uscendo da
una società agricola e si stava entrando in una società industriale e, per avere un commercio tra cantoni
efficiente, era necessario che si facesse in modo di non avere 26 sistemi giuridici a cui fare riferimento
quindi si ha un primo codice nel quale solo i contratti vengono regolamentati a livello federale.
Nel 1884 il giurista Eugen Huber, che è l’unica penna del codice civile svizzero, viene incaricato dal
Ministro della Giustizia di predisporre un progetto di codice.
Nel 1898 viene modificata la Costituzione federale, quindi la federazione può disciplinare tutto il diritto
privato.
Nel 1907 il Parlamento svizzero approva il progetto senza nessuna obiezione e, nonostante fosse possibile,
non fu sottoposto a referendum, quindi il codice civile entrò in vigore il 1° gennaio 1912.
ZGB
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È un codice plurilingue, ha una versione ufficiale in tutte le lingue riconosciute dalla Svizzera ma si tratta di
lingue artificiali perché, per esempio, l’italiano giuridico svizzero non è l’italiano giuridico dell’Italia, gli
istituti che hanno lo stesso nome in Italia e in Svizzera sono diversi, il francese giuridico svizzero, è diverso
dal francese della Francia e anche il tedesco giuridico svizzero non ha quella perfezione tecnica del tedesco
giuridico della Germania, infatti i termini tecnici del tedesco giuridico svizzero non sempre hanno una
perfetta sovrapposizione rispetto al tedesco giuridico della Germania.
È formato da 977 articoli divisi in 4 libri: diritto delle persone, diritto di famiglia, diritto delle successioni e
diritti reali a cui si aggiunge come quinto libro formalmente separato, l'OR, il Codice delle obbligazioni, che
nel frattempo era stato modificato. Anche in Svizzera, come in Italia, non c’è un codice di commercio ma il
codice è unitario.
Art. 1 ZGB
È in antitesi con l’ideologia francese.
Nel primo paragrafo si stabilisce che la legge si applica a tutte le questioni giuridiche previste, ma ciò non
rappresenta una novità.
Nel secondo paragrafo, lo stesso codice dice che il giudice crea diritto e, se non trova la norma, decide
come se egli fosse il legislatore, quindi il codice non può essere incompleto.
Il terzo paragrafo stabilisce che i giudici non si devono discostare da quello che si dice tra gli studiosi e nelle
pronunce dei giudici che lo hanno preceduto.
Quindi si assiste a un’apertura epocale, per questo il codice civile svizzero è considerato una terza fase di
codificazione in ambito germanico e un modello di codice europeo.
Tuttavia, ciò che è stabilito in questo primo articolo si scontra con le idee dei puristi francesi perché il
giudice in Francia non poteva creare precedenti ma ciò in Svizzera viene superato perché quello che in
Francia viene fatto di nascosto e che in Germania viene fatto aggrappandosi alla buona fede e ai buoni
costumi, qui viene espressamente dichiarato.
Non fu un modello di esportazione perché è un codice troppo tardo come il codice civile italiano: nel 1912
ormai avevano tutti codificato e verrà preso in considerazione dai paesi che vorranno codificare dopo il
primo dopoguerra.
C’è solo un caso di esportazione del codice, la Turchia. In Turchia nel 1921 viene dichiarata la Repubblica
ma fino a quel momento era in vigore il diritto islamico e non si riuscì a recepire il modello tedesco perché
mancava un substrato culturale e tecnico sufficiente per importare questo modello, il modello francese viene
visto come troppo lontano, quindi viene introdotto il codice civile svizzero facendolo entrare in vigore nel
1927. Il trapianto fu drammatico perché quello svizzero era un codice civile laico che viene trapiantato in un
contesto che fino a quel momento era stato caratterizzato da una fortissima tradizione religiosa, l’islam. I
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problemi sorgono a livello di famiglia perché la popolazione ha continuato a fare quello che aveva sempre
fatto: si sposava contraendo matrimonio davanti a un sacerdote, anche se il codice era laico e prevedeva il
matrimonio civile davanti al sindaco. Quindi questo trapianto mostra come non sia semplice copiare e
importare il modello.
SISTEMI NORDICI
I sistemi nordici venivano avvicinati da alcuni autori al sistema di common law, altri invece li avvicinavano
al sistema di civil law. Questo perché, come i paesi di common law, i paesi nordici erano caratterizzati da
una sorta di continuità storica nell’evoluzione del diritto.
Invece, chi osteggiava il raggruppamento dei pasi nordici nella famiglia di common law criticava il fatto che
il precedente vincolante nei paesi nordici non ha la funzione che invece ha avuto nei paesi di common law,
quindi la fonte giurisprudenziale non ha la stessa valenza che ha nei paesi di common law. Lo stesso si
poteva dire anche con riferimento alle modalità di nomina dei giudici e degli avvocati che nei paesi di
common law erano peculiari ma questa caratteristica non c’è nei sistemi nordici.
Altri avevano invece ipotizzato che questi sistemi andassero avvicinati ai paesi di civil law che hanno come
fonte primaria la codificazione e ritengono anch’essi importante il diritto romano.
Chi criticava il voler raggruppare i paesi nordici nell’area di matrice continentale, rimarcava il fatto che nei
paesi nordici non vi è una vera e propria codificazione del diritto.
Quindi, mancando sia le caratteristiche principali del common law che del civil law, la conclusione di questa
discussione giuridica ha portato a identificare i sistemi nordici come una famiglia autonoma.
Elemento linguistico: nonostante ciascuna di questa nazioni abbia una propria lingua, la vicinanza linguistica
è accentuata, quindi i giuristi riescono facilmente a interfacciarsi gli uni con gli altri e le influenze giuridiche
sono state facilitate anche dal fatto che ci fosse questa possibilità di comprensione.
Questi sistemi si caratterizzano per un alto grado di continuità storica, che quindi fa pensare ai sistemi di
common law, invece non è da collegare al fattore giurisprudenziale perché nei sistemi nordici la fonte
primaria del diritto rimane quella di matrice legislativa. In questi sistemi, come in quelli continentali,
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assistiamo all’imposizione di una serie di fonti scritte e datiamo l’inizio del diritto scandinavo nel XIII
secolo quando, nei territori di questi sistemi, si fusero due tipi di leggi:
Leggi provinciali regole che venivano trascritte in questi territori e che riguardavano i rapporti tra
i cittadini legati ad un tipo di economia fondata sulla proprietà ed erano una serie di trascrizioni del
diritto vigente autoctono, quindi non c’è un’influenza del diritto romano, ma erano delle trascrizioni
delle tradizioni di queste popolazioni
Leggi cittadine erano quelle tradizioni, che diventano usi e che diventavano leggi scritte, che si
erano sviluppate nelle città che si erano create lungo le coste di questi territori. Quello delle leggi
cittadine era un tipo di diritto improntato sui rapporti commerciali.
Le leggi erano redatte nella lingua nazionale e quindi erano facilmente comprensibili anche dai cittadini, ma
non si trattava ancora di testi legislativi. Infatti, il passo successivo verso una strutturazione del testo
giuridico un po’ più vicina a quella che è la nostra idea di atto legislativo, si ha quando, verso la fine del
1200-1300, i sovrani di questi stati prendono l’iniziativa di raccogliere le varie leggi cittadine e provinciali
vigenti all’epoca e di uniformare il diritto nazionale. L’uniformazione doveva quindi prevedere
l’unificazione tra il diritto provinciale e il diritto cittadino.
Nonostante i primi testi più ufficiali erano stati redatti, in realtà in questi testi c’è ancora una distinzione tra
diritto di matrice commerciale cittadina e diritto di matrice più rurale che veniva dal diritto delle province. A
un certo punto anche in queste aree iniziano a diffondersi le idee di codificazione dei sistemi continentali.
Nelle aree dei sistemi rappresentativi e poi anche negli altri paesi, attorno alla fine del 1600 si giunge alla
redazione di alcuni testi per dare una organicità a quelli che erano testi di matrice medievale, però si parla di
riordinamento e non di vera e propria codificazione. Quindi, nonostante il lavoro fu importante, nel senso che
si cercò di superare la distinzione tra diritto cittadino e diritto provinciale, questi testi non hanno ancora le
caratteristiche dei codici così come sono pensati sul continente perché la formulazione di queste norme non
possiede le caratteristiche che hanno invece i codici moderni. Il carattere di queste norme, infatti, è
estremamente casistico, cioè si tende a dare più concretezza alle descrizioni dei fatti che a dare astrattezza
alla norma. Inoltre, il linguaggio di queste leggi è arcaico e il riferimento è orientato verso norme di tipo
consuetudinario.
Quando vengono trattati questi sistemi, si parla spesso di una mancata codificazione e l’esempio più
significativo è quello della Svezia.
Nel 1800 in Svezia, più che negli altri sistemi appartenenti a questa famiglia, ad un certo punto si inizia a
diffondere l’idea francesizzante della necessità di una vera e propria codificazione. L’idea era quella di
migliorare la legislazione vigente senza però recepire completamente il modello continentale. Anche i
giuristi più conservatori di questo paese, non potevano negare che vi fosse la necessità di riordinare e di
rendere moderna lo stato del diritto all’epoca vigente.
Quindi nel 1811 si istituì una commissione per la riforma legislativa che era composta da giuristi, professori
e da alti funzionari. Nel 1826 viene presentata ufficialmente una proposta di legge che aveva recepito
abbastanza i modelli stranieri e soprattutto la parte relativa al diritto commerciale pareva influenzata dal
codice civile francese. Questa proposta di legge era innovativa sotto diversi punti di vista ma in realtà, alcune
di queste innovazioni apparivano ai più conservatori difficili da digerire: per esempio, questa proposta
prevedeva la parificazione dei diritti tra uomo e donna.
Questa proposta, una volta presentata, venne inviata per le osservazioni secondo la procedura all’epoca
vigente, alla Corte Suprema svedese. A causa delle istanze troppo innovative e della presenza all’interno
della corte di elementi molto conservatori, il progetto rimase bloccato presso la corte suprema per diversi
anni. Quando la situazione si sblocca e la corte suprema decide di esprimere il suo parere, il parere della
corte fu negativo, in quanto questo modello di legge era considerato troppo vicino ai modelli continentali
stranieri ed eccessivamente innovativo.
Leggendo i pareri che accompagnano il dissenso generale, si ritrovano i concetti che si erano affermati con la
Scuola Storica perché si dice che il diritto svedese, di matrice consuetudinaria, non poteva essere bloccato in
un codice che conteneva tanti elementi estranei alla tradizione locale. Quindi si riteneva che il diritto svedese
non potesse essere l’influenza di un diritto straniero.
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A causa di ciò, l’idea di codificazione subì una battuta di arresto e a questo progetto di riforma non ne
seguirono altri, infatti oggi nei sistemi nordici non abbiamo una vera e propria codificazione, ma ciò non
vuol dire che non esistano leggi scritte.
Nel 1872 in questi sistemi, dal punto di vista giuridico, si ha una svolta: si inaugurano gli incontri nordici
nei quali i giuristi, senza mandato politico, quindi spontaneamente, si riuniscono per discutere delle proposte
di legge. Questi giuristi appartenenti ai sistemi dei paesi nordici, sono tutti studiosi che hanno perfezionato i
propri studi nelle università dell’Europa continentale e questo contribuisce anche all’evoluzione del diritto
nordico con qualche influenza di matrice romano-germanica. Quello di voler condividere la soluzione di
alcuni problemi, è stato un processo naturale, tant’è che questa cooperazione dura ancora oggi e ha dato dei
risultati rilevanti.
Tra le prime materie discusse in questi incontri tra giuristi per l’uniformazione del diritto, ci furono i titoli di
credito, che rappresentavano la modalità tipica per effettuare i pagamenti nelle vendite internazionali: sono
dei documenti che hanno un valore e sono rappresentativi o di una somma di denaro o di merci; tipi di titolo
di credito sono l’assegno e la cambiale (promessa di pagamento). Questa fu una fase molto importante
perché nei paesi nordici si uniforma un elemento importante nella definizione delle controversie relative ai
rapporti commerciali.
Questa cooperazione nordica non si ferma solo ai titoli di credito perché l’efficacia che l’uniformazione di
questa materia aveva ottenuto, porta i giuristi ad ampliare il dialogo sulla uniformazione della legislazione
dei paesi nordici ad altri ambiti, quindi si arriva alla disciplina del contratto di vendita, dei contratti e delle
obbligazioni in generale e della tutela del consumatore (chiunque acquisti beni o servizi per un uso che non
sia professionale).
I sistemi nordici arrivano a disciplinare la tutela del consumatore negli anni ’70, quindi la cooperazione
nordica ha avuto il vantaggio di uniformare la disciplina vigente nei paesi appartenenti a questa famiglia ma
ha avuto anche la lungimiranza, in alcuni settori, di intervenire prima che in altri sistemi giuridici. La stessa
attenzione precoce è avvenuta anche in riferimento alla disciplina del diritto di famiglia.
Un’altra caratteristica che accomuna questi sistemi e che è peculiare di questi sistemi è il valore che nei
sistemi scandinavi hanno i lavori preparatori della legge, che sono una fonte occulta. Per lavoro
preparatorio si intende tutto quello che è collegato alla promulgazione di una certa legge, quindi le
discussioni, i pareri e le definizioni che si possono trovare nei testi che accompagnano la versione definitiva
del testo legislativo. Sono una fonte occulta perché per molti anni la norma giuridica rappresenta solo una
minima parte della norma concretamente applicata in quanto il giurista guarda sia la legge ma trova anche i
rimandi ai lavori preparatori che contengono la normativa di completamento ma che presentano un elemento
di deficit democratico: chi ha eletto i parlamentari, li ha eletti perché approvino la legge e non ha eletto i
redattori dei lavori preparatori.
I lavori preparatori in questi sistemi sono talmente importanti che spesso nelle sentenze dei tribunali,
troviamo i riferimenti a questi lavori preparatori e gli avvocati che difendono le parti in una causa sono
confortati nel loro lavoro quando nei lavoratori preparatori delle leggi trovano un appiglio che possono
utilizzare nella discussione del caso.
Per capire perché questi lavori preparatori sono così importanti, bisogna capire come vengono adottate le
leggi in questi sistemi. In questi paesi, quando si decide di adottare una certa legge che disciplina un certo
settore del diritto, si nomina una commissione formata da esperti di diritto (professori, giudici) che preparano
un progetto di legge il quale, insieme agli articoli del disegno di legge, viene accompagnato per tutto l’iter da
una sorta di relazione che contiene tutti i pareri di questi esperti, quindi contiene l’intero dibattito giuridico
che ha accompagnato la redazione di questo progetto e spiega il contenuto della legge.
Il progetto e la relazione vengono presentati ad una serie di esperti per avere un parere e tra questi esperti ci
sono le corti superiori dei vari stati. Anche questi esperti che analizzano questo disegno di legge, preparano
una relazione che viene trasmessa all’organo legislativo che dovrà provvedere alla sua adozione. Inoltre, nel
momento in cui il giudice deve applicare quella legge, se non gli è chiaro qualcosa, oltre all’articolo va a
leggere anche la relazione che accompagna quell’articolo che è fatta da chi ha scritto quella legge.
Quando poi la legge viene promulgata, c’è un doppio grado di legittimazione: da un lato c’è l’approvazione
legislativa (legittimazione di tipo giuridico); dall’altro però la legittimazione di questa legge è anche
scientifica perché la maggior parte degli esperti del diritto di quel paese ha espresso un parere su quella legge
che quindi acquisisce anche la forza data dagli esperti che hanno preparato ed analizzato quel progetto. Tutto
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quello che è contenuto sia nella legge che nei lavori preparatori, ha efficacia giuridica in questi paesi e ha lo
stesso valore e questo deriva dal processo di adozione della legge stessa.
[Un codice civile è una disciplina organica dei rapporti tra i privati cittadini. Le norme sono formulate in
maniera generale ed astratta perché sono pensate per risolvere una moltitudine di casi. Sarà poi il giudice a
individuare quale norma applicare per dare concretezza a quella norma. Sussumere sotto ogni articolo il
maggior numero di casi possibile.]
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hanno dei rapporti giuridici con lei che concede sono una concessione temporanea di utilizzare un terreno,
che rimane di proprietà della corona.
Guglielmo I aveva l’esigenza di controllare il territorio, quindi fraziona l’Inghilterra in tante contee dove
inserisce i cavalieri che lo hanno seguito e diventa un re itinerante (lo saranno anche i suoi successori) in
quanto gira costantemente per il regno. Quindi non è un re che vive lontano dal popolo come quello francese
ma vuole mantenere un contatto giuridico con tutti i livelli della piramide feudale. Inoltre, quando girava per
il regno faceva il censimento delle proprietà, incassava le tasse, amministrava la giustizia e risolveva tutte le
controversie che trovava nei vari feudi. Il re, nei suoi spostamenti di contea in contea, è seguito dalla Curia
Regis, cioè l’insieme degli alti funzionari.
La prerogativa del re itinerante per il regno, permane anche quando il re inizia a rimanere di più a Londra.
Enrico II è il sovrano che comincerà a stare più stabilmente a Londra, pur tenendo presente l’esigenza di
controllare il territorio. Con l’Assize of Northampton del 1176 divide l’Inghilterra in 6 circuiti (aree) e
nomina dei giudici che giravano al suo posto all’interno di queste 6 aree, quindi amministrano la giustizia,
fanno il censimento delle ricchezze. Introduce anche la figura dello Sheriff che è un delegato del re che
siede in pianta stabile in ogni feudo e che risponde direttamente al comando del re, che quindi continua a
mantenere un forte controllo sul territorio.
Originario sistema delle corti inglesi
La Curia Regis si specializza in 3 sezioni che hanno giudici specializzati per risolvere certe controversie e
che
ancora oggi determinano le partizioni del diritto inglese (mentre i diritti continentali sono basati sulle
partizioni di Gaio):
Exchequer è un giudice che amministra le questioni riguardanti i tributi. Il Domesday Book
censiva le ricchezze e se qualcuno contestava il censimento della ricchezza e quindi le tasse che
doveva pagare al re, si poteva rivolgere a questo giudice specializzato che trattava solo queste
questioni.
King’s (o Queen’s) Bench è la corte nella quale il re o la regina sedeva personalmente tra i
giudici e partecipava alle decisioni sui reati e sulle questioni più gravi che riguardavano i vertici
della piramide feudale, cioè i placita coronae, dato che il sovrano era garante della pace nel regno.
Common Pleas è la corte che trattava le questioni ordinarie che venivano sollevate dai cittadini e
che non presupponevano il compimento di gravi reati. Questa corte sarà il vero motore dello
sviluppo del diritto inglese, anche se era una corte più residuale che al re non interessava perché in
queste questioni non vedeva un pericolo per il proprio ruolo.
Queste ultime due corti si occupavano della giustizia ordinaria.
Inizialmente le forme con cui queste corti si esprimevano erano in latino, poi in francese e, infine, si passerà
all’inglese.
Oltre alla giustizia regia c’era anche una giustizia baronale: quando il re non c’era, la giustizia era
amministrata dal signorotto locale che riscuoteva anche le tasse. Invece, quando il re era presente, la giustizia
baronale veniva sospesa.
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Mentre nelle corti baronali il processo era principalmente orale e si svolgeva davanti al signore locale, le
corti sviluppano un processo scritto.
Nell’evoluzione continentale il processo serve per attuare i diritti preesistenti: la legge stabilisce dei diritti
definiti in senso vago e, tramite il processo, si può chiedere l’attuazione di quei diritti e, anche se non c’è una
formula processuale, c’è comunque un diritto. In Inghilterra avviene l’opposto perché il diritto inglese era
basato sulle formule: se ho la formula, allora ho il diritto; se non ho la formula, non ho il diritto. Quindi,
come diceva Blackstone: “remedies precedes rights.”
La Curia Regis aveva un istituto chiamato cancelleria, dove veniva tenuto un libro chiamato “register of the
writs” nel quale si annotavano tutte le formule che venivano rilasciate. Per avviare un processo dovevo
ottenere dalla Curia Regis una formula e se non trovavo la formula e non trovavo la disponibilità della curia
regis a emettere una nuova formula, non avevo il diritto. Quindi la Curia Regis rappresenta un filtro
importante: solo se rilasciava un writ, si poteva fare qualcosa.
C’erano due tipi principali di writs:
Writs ordinari (de cursu) già rilasciati in precedenza, quindi se sul register c’era una formula che
andava bene per le mie esigenze, pagavo la cancelleria che avviava un procedimento e la Curia Regis
rilasciava la formula
Writs straordinari (of grace) si ottenevano pagando un importo ben superiore perché i giudici
dovevano rilasciare una nuova formula ad personam. Ogni volta che veniva emesso un writ
straordinario, questo veniva annotato nel libro della cancelleria diventando un writ ordinario, quindi
il numero di formule aumentava e la curia regis riusciva così a creare nuovi diritti, quindi il diritto si
espandeva.
Quindi non c’era il legislatore che creava diritto e le corti che lo applicavano, perché le corti sono al tempo
stesso creatrici ed esecutrici del diritto, il quale nasce dalle sempre più frequenti e diversificate richieste dei
cittadini.
Questo sistema di giustizia ottenne un successo inaspettato perché la giustizia della Curia Regis si poteva
contrapporre a quella dei baroni locali, che dovettero accettare questa ingerenza del re nell’amministrare la
giustizia nei loro confronti e nei confronti dei cittadini.
Da questo sistema il re traeva due benefici: incassava soldi, quindi si arricchiva per amministrare la giustizia,
e manteneva uno stretto controllo del territorio.
Writ of trespass
Il Writ of trespass era un’azione prevista nel register of the writs, con la quale il re aveva accordato la tutela
dell’integrità della persona e delle sue proprietà, quindi tutelava il fatto che nessuno invadesse la proprietà
altrui, sottraesse beni altrui, oppure che nessuno ferisse un’altra persona. Ovvero tutelava la sfera giuridica
della persona se la molestia o la lesione della sfera giuridica e patrimoniale del soggetto che richiedeva
tutela, fosse avvenuta “vi et armis” (con la forza e con le armi). Quindi inizialmente questa azione voleva
impedire che qualcuno armato andasse a invadere la proprietà altrui, sottraesse dei beni o ferisse una
persona.
Era un procedimento molto efficace che prevedeva anche la presenza della giuria e, attraverso la procedura
in consimili casu, è divenuta una delle formule più adottate nel diritto inglese perché già allora il diritto
inglese faceva ampio uso dei precedenti, quindi se si vanno a studiare le antiche sentenze, possiamo capire
l’evoluzione delle formule e del diritto.
Uno dei casi più citati è il Farrier's Case del 1972: un maniscalco poco accorto, nel ferrare un cavallo di
particolare pregio, gli ha ferito il piede, quindi il proprietario del cavallo non lo ha potuto utilizzare per lungo
tempo fino a che lo zoccolo non si è risanato. La sentenza stabilì che, nonostante non ci sia stato da parte del
maniscalco l’uso della forza o delle armi, è stato comunque creato un danno al piede del cavallo, il
convenuto, ovvero il maniscalco, deve risarcire i danni che ha provocato all’attore, cioè il proprietario del
cavallo.
Se la formula iniziale prevedeva che il risarcimento del danno avvenisse solo se c’era stato l’uso della forza,
grazie allo Statute of Westminster II, l’avvocato riesce a ottenere un risultato che non era previsto anche se la
formula era la stessa usata in precedenza perché, manipolando la formula, ci si dimentica del requisito della
forze e delle armi.
Pochi anni prima c’era stata una micro rivoluzione: due ladri vanno a rubare della legna in un bosco e
vengono condannati in base al writ of trespass perché, anche se non avevano utilizzato armi e forza, avevano
comunque rubato e vengono condannati perché l’interpretazione è quella secondo la quale poteva essere
accordata tutela visto che non era necessario per l’utilizzo della formula la presenza del requisito vi et armis.
Quindi la sentenza mostra un collegamento progressivo verso una nuova applicazione del diritto ferme
restando le formule già emesse.
Ciò è possibile grazie all’evoluzione della giustizia regia: visto che non si possono aggiungere nuove
formule, le formule vengono adattate dagli avvocati anche grazie all’uso dei precedenti, quindi diventano
manipolatori dei testi e, grazie a queste manipolazioni, in consimili casu le formule iniziano ad essere
espanse, come il vi et armis che viene mano a mano modificato nell’uso e nell’applicazione della formula.
Questo procedimento di espansione costante è tuttavia meno che proporzionale rispetto alle richieste dei
sudditi che continuano a preferire la giustizia regia.
(Le Corti regie, di fronte alla crescente necessità di garantire tutela a situazioni concrete nuove, riconoscono
progressivamente l’ammissibilità di nuove azioni quali forme derivate dei writs ordinari. E’ questo il
procedimento ‘on the case’).
La nascita dell’Equity
Quindi c’è un’altra innovazione peculiare del sistema inglese che prende il nome di Equity (equità).
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L’equity non è l’equità conosciuta dai giuristi nell’Europa continentale che fanno riferimento è un
bilanciamento degli interessi in gioco nell’atto della decisione. L’Equity nel sistema inglese è un’altra cosa
perché è una corte autonoma ed è una prerogativa solo del sistema inglese in quanto ci sono altri paesi di
common law che non prevedono le corti di equity. Ci sono anche degli avvocati che sono specializzati in
equity, i solicitors, ed è così importante che nelle biblioteche di common law c’è una sezione che si chiama
equity.
Per capire l’origine dell’equity bisogna ricollegarsi alla figura del re che amministra la giustizia, crea diritto e
svolge funzioni amministrative, in quanto nel sistema inglese manca la tripartizione dei poteri.
Il re, è colui che deve garantire a tutti i cittadini la pace e ha il potere di andare al di là della legge, quindi ha
un potere di grazia (anche il nostro presidente della Repubblica aveva il potere di grazia, quindi poteva
abbuonare la pena a un condannato).
Il re aveva creato un sistema di giustizia che si svolge attraverso formule che si evolvono in consimili casu
ma hanno uno sviluppo che è troppo lento rispetto alle richieste di giustizia del popolo. Quindi i sudditi che
neppure in consimili casu riescono a trovare giustizia presso la Curia Regis, potrebbero rivolgersi alle corti
baronali, ma preferiscono non farlo, quindi cominciarono a scrivere al re delle petizioni chiedendo di
intervenire e concedere loro per via di grazia un provvedimento che tutelasse le loro aspettative visto che non
trovano riscontro alle loro richieste perché la curia regis è ingessata dal blocco del register of the writs.
Inizialmente il re inizia a risolvere queste petizioni, ma queste richieste diventano sempre più numerose e,
non avendo la forze politica per mettere in discussione la riapertura del register of the writs , delega una
persona in particolare a risolvere le petizioni, cioè il Cancelliere, che diventa un elemento chiave del diritto
inglese perché crea una nuova corte, l’Equity, che è una corte speciale nel sistema inglese e, fino al 1873, in
Inghilterra aveva una collocazione fisica.
Figura del Cancelliere
Era il più stretto collaboratore del re e anche il suo confessore perché, visto che il re doveva mantenere la sua
coscienza pulita e non dove macchiarsi di ingiustizie nei confronti dei cittadini, delega al cancelliere la
risoluzione delle petizioni.
Nella Curia Regis c’era un organismo che si chiamava Cancelleria che era quel luogo fisico in cui era
conservato il register of the writs e il responsabile di questo registro era proprio il Cancelliere perché era un
ecclesiastico quindi sapeva leggere e scrivere e garantiva quindi al re che la tenuta del register fosse regolare
e, visto che era lui che scriveva le formule sul registro, conosceva bene i pregi ma anche i limiti di queste
formule.
(Viene creata una corte speciale, la Court of Chancellor, una corte che decide in modo più libero rispetto
alla corte di common law dove i giudici si muovevano nel solco delle formule).
Mentre le formule fissavano già i requisiti per l’azione, il cancelliere crea diritto e, visto che è un
ecclesiastico, comincia a utilizzare le categorie concettuali romano-canoniche per svolgere i suoi processi
che avevano un carattere inquisitorio a differenza del processo davanti alla Curia Regis che era un processo
con giuria.
Quindi il cancelliere comincia ad emettere una serie di provvedimenti che vanno a colmare le lacune che il
common law aveva lasciato nella sua evoluzione e i cittadini potevano rivolgersi alla corte di Common law o
all’Equity per trovare rimedio alle loro istanze.
Tuttavia il rapporto tra le due corti è molto problematico perché l’equity comincia a invadere il campo della
common law ma anche le corti di common law iniziano a interferire sulle decisioni del cancelliere
modificandole, quindi cittadini si trovano di fronte a delle situazioni di assoluta ambiguità.
In particolare il re Giacomo I si trovò di fronte a due figure molto importanti, cioè il Cancelliere Ellesmere e
Lord Coke che erano spesso in conflitto tra di loro perché se Ellesmere mandava in prigione qualcuno, Lord
Coke lo avrebbe fatto uscire di prigione il giorno dopo. Quindi il re convocò i due a corte e stabilirà un
principio che ancora oggi è applicato in common law: in caso di contrasto, “Equity follows the law“, cioè
l’Equity prevale sulla common law, anche se l’equity deve comunque rispettare la common law.
Quindi le sentenze inglesi vanno lette con questa chiave di lettura e tutte le argomentazioni dei giuristi si
basano su questa dialettica tra i due sistemi.
Il cancelliere è una figura problematica: Enrico VIII non voleva riconoscerà l’autorità al cancelliere
Tommaso Moro che infatti sarà l’ultimo cancelliere ecclesiastico della storia del diritto inglese perché con
Enrico VIII il cancelliere diventerà un laico a tutti gli effetti.
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Il Common law e la Common law
Il sistema inglese diventa una bipartizione con due sistemi di diritto che coesistono: il common law è il
diritto inglese in senso globale; la common law è un sottoinsieme del common law ed è l’erede dell’antica
giurisprudenza delle corti regie. La common law si contrappone all’equity, che è un sistema di norme che il
cancelliere come giudice unico comincia a creare per dare risposta ai cittadini che lamentavano la lacunosità
del common law, e insieme formano il common law.
Quindi il sistema inglese è dualistico: il cittadino si trova di fronte a tante corti e se vuole avere giustizia non
è escluso che debba rivolgersi a più corti contemporaneamente, perché ogni corte è specializzata nel proprio
ambito. Solo nel 1873 si modificheranno le corti ma non l’equity, che continuerà ad essere amministrata
come una serie di principi a parte.
Judicature Acts
All’inefficienza di avere due corti fisicamente separate per risolvere questioni che erano spesso congiunte,
posero fine i Judicature Acts, che sono stati la più importante riforma del diritto inglese in tempi recenti.
Sono una serie di atti legislativi che tra il 1873 e il 1875 hanno riformato l’inefficiente sistema inglese per
quello che riguarda l’amministrazione della giustizia.
In quegli stessi anni sul continente si stava codificando, quindi anche gli inglesi capiscono che è necessario
riorganizzare il diritto che era diventato molto farraginoso. Ma, mentre in Europa ci sono dei sovrani
illuminati che annullano il diritto previgente, anche in Inghilterra si pensò di codificare ma il risultato non
sarà nel senso di una codificazione: a causa dei Judicature Acts la scelta inglese sarà quella di riorganizzare
l’amministrazione della giustizia e le fonti del diritto ma non il diritto sostanziale, mantenendo quindi una
continuità con il passato, anche perché non c’erano dei giuristi che potevano supportare la redazione di un
codice in quanto mancava la parte scientifica del progetto.
Quindi a causa dei Judicature Acts in Inghilterra non ci sarà un codice, il diritto resterà frammentario perché
resterà polverizzato in precedenti e non ci sarà l’intervento di giuristi esperti che riorganizzano il diritto che
rimane un diritto consuetudinario. Quindi i Judicature Acts sono importanti per il diritto inglese perché
hanno mantenuto l’Inghilterra lontano dai diritti continentali.
Prima riforma (1873): le corti di Cancelleria e di common law vengono unificate nella High Court of
Justice che diventa il luogo fisico dove vengono raggruppate tutte le corti che prima erano separate. Quindi
il cittadino è agevolato perché inizia una causa sola e non si deve preoccupare di andare dal giudice corretto.
Quindi i giudici applicano sia la common law che l’equity ma ciò non vuol dire che oggi in Inghilterra la
common law e l’equity si siano fuse insieme: sono amministrate dallo stesso giudice, ma rimangono insiemi
ben separati di norme.
Seconda riforma (1875): vengono abrogate le formule (“forms of actions”) e il processo, che prima i
professionisti organizzavano in base alle formule, diventa un processo che si basa su una formula singola.
Infatti, allora come oggi, per iniziare una causa, si utilizza un “claim form” nel quale si va a spiegare chi
sono le parti in giudizio, chi sono gli attori e i convenuti e le questioni che la corte deve trattare.
L’eliminazione delle formule ha avuto due conseguenze pratiche:
1) Visto che i pratici del diritto si erano formati per secoli pensando alle formule, anche se queste erano
state abrogate, le hanno continuate a utilizzare. Per farlo seconda conseguenza
2) Il precedente diventa vincolante in modo tale da far continuare a far vivere le formule. I precedenti,
cioè le sentenze che si studiavano per capire come i giudici avevano applicato le formule, non
diventano più un elemento di studio libero ma diventano vincolanti perché in questo modo il giurista
inglese riesce a portare avanti quel sistema che i Judicature Acts avevano messo in discussione,
quindi il giudice utilizza i precedenti per giustificare il proprio operato ,anche perché non c’era un
codice a cui fare riferimento. Il fatto che i precedenti siano vincolanti contraddistingue il sistema
inglese da quelli europei continentali
Nasce quindi l’immagine di un giudice oracolo del common law: il giudice inglese, facendo riferimento ai
precedenti, non crea diritto ma, come i suoi predecessori, racconta un common law che è un sistema perfetto
di diritto che si è manifestato nel corso della storia attraverso tante sentenze.
Questa visione è opposta al modello francese dove il giudice può solo applicare la legge ma in Francia c’è un
codice rivoluzionario che ha azzerato il diritto previgente, ovvero il diritto consuetudinario.
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Doctrine of Stare Decisis
Il vincolo del precedente si chiama Doctrine of Stare Decisis. Secondo questo vincolo, il giudice deve
seguire le sentenze che lo hanno preceduto e deve rispettare il principio di coerenza che è presente in tutti gli
ordinamenti ma qui è particolare perché non c’è un codice quindi il giudice, tramite lo stare decisis mantiene
coerente il sistema.
I giudici, oggi come allora, manipolano i precedenti perché la società inglese è cambiata quindi richiede di
cambiare i precedenti. Quindi con la tecnica dello Stare decisis, i giudici possono manipolare i precedenti e
farli evolvere.
La doctrine si basa sull’idea che una sentenza, un precedente, possa essere studiata suddividendo il materiale
giuridico in due macro aree:
Ratio Decidendi sono le argomentazioni in punto di diritto che risolvono il caso e come tali, per
coerenza, vincolano anche i giudici successivi
Obiter Dicta sono tutti quegli elementi di fatto che sono narrati nella sentenza, che non vincolano
i giudici
Es: un giudice deve risolvere un caso di un investimento di un pedone, quindi va ad analizzare un precedente
e ne trova uno che riguardava il signor Brown che a bordo della sua Jaguar di colore giallo, davanti a
Trafalgar Square, ha investito alle cinque del pomeriggio e con i fanali spenti, un pedone che stava
attraversano la strada sulle strisce pedonali.
In questa narrazione che condurrà il signor Brown al risarcimento, troviamo ratio decidenti (veicolo a fari
spenti che investe il pedone sulle strisce pedonali causando lesioni personali) e obiter dicta (il fatto che si
trattasse di una Jaguar e che fosse gialla, perché è comunque un veicolo, e che non sono degli elementi che il
giudice deve prendere in considerazione).
Quindi il giudice deve seguire la ratio decidendi ma non l’obiter dicta dei precedenti.
A decidere cos’è ratio decidendi e cos’è obiter dicta è l’interprete successivo, che può discostarsi dalle
sentenze precedenti riqualificando in modo diverso la ratio decidendi o l’obiter dicta.
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