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DIFETTO

PENALE

NEI SUOI RAPPORTI


COLLA
CAPACIT GIURIDICA
DE! CONDANNATI
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DELL'AVVOCATO
FERDINANDO MECACCI
Redattore del Monitore giudiziario La Legge.

R0MA
STAB. TIP. DI A. MUCCI
1873.

HARVARD
LAW
LTORART

HARVARD LAW LIBRARY

FROM THE LIBRARY


or
HEINRICH LAMMASCH

Received May 25, 1922.

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It

IL DIRITTO PENALE
NEI SUOI RAPPORTI
COLLA CAPACIT GIURIDICA DEI CONDANNATI

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DIRITTO

PENALE

NEI SUOI RAPPORTI


COLLA
CAPACIT GIURIDICA
DEI CONDANNATI

DELL'AVVOCATO

FERDINANDO MECACCI
Redattore del Monitore giudiziario La Legge

R0MA
STAR. TIP. DI A. MOCCI
1873.

AI MIEI GENITORI

$?4

MAY 2 5 1922

AI MIEI GENITORI

IL DIRITTO PENALE
NEI SUOI RAPPORTI
'COLLA CAPACIT GIURIDICA DEI CONDANNATI.

IPrincipi generali.
CAPO

I DIRITTI CIVILI E I DIRITTI POLITICI.


'!.
2.
3.
i.
II.
C.
7.

Esplicazione del diritto nel consorzio civile.


Diritto privato e diritto pubblico.
Diritto naturale e civile: confutazione di questa distinzione.
Conclusione della confutazione.
Diritti politici e pubblici: incertezza di questa distinzione.
Perdita dei diritti civili o politici nella legislazione vigente.
Godimento ed esercizio dei diritti.

1. Ogni essere umano, considerato come membro di una


societ, costituisce una personalit, giuridica, la quale si esplica
nelle molte e svariate relazioni che la legano ai suoi simili.
Le leggi non sono la sorgente di queste relazioni, sibbene
le norme regolatrici. Il diritto adunque, se lo consideriamo
nel modo onde ci circonda e ci penetra in ogni momento
della vita reale, appare come un potere dell' individuo. Nei
limiti di questo potere la volont di lui regna, e regna col
consenso generale, perch la libert di ciascuno coesiste colla
libert di tutti.
La nozione del diritto non si manifesto mai cosi imme
diata e chiaracome quando negato o assalito, e quando s'in
voca l'autorit dello Stato ad integrarlo. E vero nondimeno
che anche nelle condizioni ordinarie si concepisce facilmente
l' esistenza di norme regolatrici della convivenza sociale, le
quali se mutano di forma secondo i tempi e le condizioni so*
ciali, rimangono per sempre inalterate nella sostanza.

8 Queste norme abbracciano i diversi rapporti giuridici delle


persone fra loro, e delle persone colle cose, onde abbiamo :
1. rapporti di diritti personali e patrimoniali ; che costitui
scono il diritto civile privato : 2. rapporti di diritto nascenti
dalla partecipazione dei cittadini alla sovranit, diritto elet
torale, diritto alle funzioni pubbliche ecc. ; che costituiscono
il diritto politico : 3. rapporti di diritto concernenti l'invio
labilit della persona, in quanto pu essere offesa con dolo
o frode in s o nei suoi beni ; che costituiscono il diritto
penale.
A ciascuno di questi diritti corrisponde un dovere: di
ritto e dovere sono idee correlative in societ. Ogni uomo
ha delle facolt o diritti nelle relazioni coi suoi simili coi
quali vive, si sviluppa e si perfeziona: ma a loro volta que
sti simili hanno dei diritti verso di lui, ed egli in dovere
di rispettarli.
2. I diritti differiscono tra loro solo nell' oggetto. In so
stanza, la pi razionale distinzione quella di diritti privati
e diritti pubblici. Diritti privati, quelli che hanno per og
getto esclusivo l' individuo e si attengono all' esistenza di lui
nelle sue diverse condizioni giuridiche private: jus quod
ad singvUorum utititatem special (1). Diritti pubblici,
quelli che hanno per oggetto principale la societ intera, e
considerano l' individuo come oggetto secondario ; quelli in
somma che sono la manifestazione dei rapporti pubblici in
base alla costituzione politica e all' organismo amministra
tivo dello Stato : jus quod ad statimi rei romanae spectat (2). Quest' ultima specie di diritti ha oggi acquistato
molto sviluppo e molta importanza, inquantoch le moderne
societ riposano ormai sul principio della sovranit popolare.
3. Generalmente i diritti, che dicemmo privati, nelle scuole
come nei tribunali, nelle leggi come nei libri, sono distinti
in naturali e civili (3). Con questa distinzione per lungo tempo
(1) Fr.
(2) Fr.
(3) Dei
austriaco

1. 2. D. de jusi. etjur.
1. eod. I. 4. de jur. nat. gent, et civ.
diritti naturali esplicitamente parla il Cod. civ.
al 15. Ogni uomo ha dei diritti innati che si co

9
si A determinata la condizione giuridica degli stranieri e
dei condannati, sebbene non regga evidentemente alla cri
tica. Quali diritti, infatti, debbono ritenersi per naturali, quali
per civili? Parlando della distinzione delle leggi in naturali
e civili, alla loro determinazione, dice Comte (4), cominci il
disaccordo; e mentre Domat sostiene esser legge naturale che
i genitori lascino i loro beni ai figli (5), Montesquieu affer
ma il contrario, e accetta come legge naturale soltanto 1' ob
bligo di alimentarli (6). Ora lo stesso avvenuto e avviene
tuttora rispetto alla distinzione dei diritti.
Dai pi si dice che diritti naturali sono quelli fondati nel
diritto di natura, o diritto delle genti. Ma questa spiegazione
non una vera petizione di principio ? Qual' il diritto di
natura o delle genti ? Pu distinguerlo mai il giudice ? Le
grandi controversie che vanno perpetuandosi ci rispondono che
no. Qui non possono servir di norma le leggi romane, poich
il diritto naturale, di cui parlano, ben differisce dal di
ritto naturale nell' esteso significato che gli oggi attribui
to. Ius naturate est, dicono queste leggi, quod natura
omnia animatia docuit (7). Era dunque il solo diritto al
la sussistenza.
Secondo Zachariae rientrano nella categoria dei diritti ci
vili tutti quelli che pei principii filosofici non esisterebbero
se l'uomo vivesse in uno stato extrasociale, e che perci hanno
il loro unico fondamento nella legislazione positiva (8). Se non
noscono colla ragione e perci egli da considerarsi como
persona La schiavit o propriet dell'uomo e l'esercizio della
potest ad essa relativa non sono tollerati in questi Stati. E
al 17. Tutto ci che e conforme agli innati diritti naturali si
avr come sussistente sino a tanto che non venga provata la le
gale restrizione di questi diritti. Orane quod naturale est,
dice pur Wolfio, jure naturai semper prcesumitur nisi contro.
rium probetur.
(4) Traiti de legisl. I. 9.
(5) Lois civit. II. 6.
(6) Esprit des lois XXIV. 4.
(7) Fr. 1. D. de just, et jur.
(8; Cours de droit civil t. 1. 760. pag. 163.

10
che molti filosofi moderni, contro le astrazioni di Giangiacomo
Rousseau, che in questo stato extrasociale ha posto tutto il
suo sistema filosofico, han dimostrato come l' uomo fuori della
societ una pura ipotesi, la quale non si mai verificata:
1' uomo essere socievole per eccellenza ha sempre vissuto in
societ, sotto leggi e costumi positivi. Questa la realt: ci
che sulla realt non poggia cade nel vuoto.
Finalmente, altri han chiamato naturali, i diritti che
esistono per natura e necessit delle cose, sebbene le leggi non
ne abbiano determinatala forma, e che sono ammessi da tutti
i popoli civili, come per esempio il diritto di vendere e di
comprare. Hanno invece chiamati civili, i diritti di cui
non pu concepirsi l'esistenza senza che le leggi ne abbiano
accordata la facolt, come per esempio il diritto di ricevere
e di trasmettere a titolo gratuito, ossia per donazione o per
testamento. (9) Ma anche costoro non sono riusciti a porre
una linea netta e precisa di separazione tra gli uni e gli
altri diritti. Alcuni di quelli che annoverano tra i naturali
sono omai sanzionati dalla legislazione di tutti i popoli, sono
adunque fondati nel diritto positivo delle nazioni, sono in
somma diritti civili.
4. Per tutto ci chiaro, che i diritti privati o debbono
dirsi tutti naturali o tutti civili : naturali nel senso che sono
nella natura delle cose, nella ragione naturale: civili nel
senso che sono universalmente stabiliti e scritti nelle leggi
dei popoli civilizzati. I diritti non hanno nulla d'arbitrario :
le nostre facolt o qualit sono regolate dalle leggi positi
ve, ma sopra di esse sta la ragione filosofica di cui deb
bono essere la sorgente. Soltanto non sar inutile avvertire,
che la ragione filosofica non dogmatica, non ingenita,
come suol troppo spesso ripetersi, nel cuore dell'uomo;
poich non in molti uomini, s in molti popoli, nella mag
gior parte dell' umanit ignota affatto. Non neppure
il resultato del buon senso, dell' ordinaria istruzione ci
vile: non possiamo ammettere l'argomentazione di Locke
(9) Corte di Cass. di Parigi, 31 gennaio 1821, v.in Laurent,
Principes de droit ci, frane. n. 422, pag. 530.

11
rispetto alla legge naturale. Le leggi che tutto il genere
umano riconosce sono naturali : quelle che le persone di buon
senso riconoscono sono ammesse da tutto il genere umano:
noi e i nostri amici siamo persone di buon senso; dunque
le nostre massime sono leggi naturali . (10) Questo un
evidente sofisma. Le leggi sono il resultato della esperienza
e della civilt.
5. I diritti che dicemmo pubblici sono veramente i di
ritti politici dei quali parlano le moderne legislazioni. Si
attengono, infatti, ai rapporti pubblici tra l'individuo e lo
Stato; consistono nella facolt di concorrere col proprio voto a
dare una costituzione politica e un organismo amministrativo
allo Stato; nella facolt o capacit di ottare ai pubblici uf
fici, di far parte della milizia cittadina e simili. Bisogna per
distinguerli dai diritti che molti dicono pubblici in senso
speciale e proprio (11) , e altri annoverano tra i poli
tici, ampliandone la categoria, come il diritto d'associazione
e riunione, di stampa ecc. Quest'ultimi, osserva acutamente l'e
simio Prof. Saredo nel suo commento al codice civile, (12) non
sono che veri e propri diritti civili, sia perch ne godono anche
gli stranieri, sia perch si mantengono ancora nella sfera dei
privati rapporti e del diritto comune. Cosi, dimanda lo stesso
giureconsulto, rapporto alla libert di stampa, i contratti e
le obbligazioni fra editori e scrittori, fra venditori di carta
e di caratteri , fra proprietari di tipografie e composito
ri non sono regolate dal codice civile e di commercio ?
Dov'entra allora l'elemento politico ? Negli scritti pubblicati ?
Ma anche qui, risponde, regna il diritto comune: se si viola
qualche legge o diritto altrui vi la sanzione penale da pro
nunciarsi dall'autorit giudiziaria dello Stato, come per ogni
altra violazione della legge positiva.
Non parliamo poi del diritto alla libert individuale, del
(tO) Essai sur l'entend. humain I. 2.
(11) Demangeat, Eist.de ta cond. civ. des etr. en France pag.
273 e seg. Ducaurroy, Bonnier e Roustaing. I, pag 13.
Pacifici Mazzoni, Inst. di div. civ. voi. I. pag. 11.
(12) Pag. 155 e seg.

12
diritto alla libert di coscienza o di culto. Tali diritti sono
strettamente inerenti all'umana personalit: e l'ultimo anche
fuori dell' azione del potere sociale. Tante solenni dichiara
zioni degli Statuti e delle leggi che li guarentiscono segnano
il trionfo delle idee liberali sulle aberrazioni di Governi
aduti sotto il peso degli arbitri e degli odi accumulati da
tanti secoli: pure non wen vero che da esse non sorge co
me creato il diritto: il compito del legislatore tutto si ri
duce a regolarne l' esercizio nell' interesse dell' ordine pub
blico.
6. Checch della distinzione dei diritti incivili e poli
tici si pensi, alla stessa noi dobbiamo tenerci nello sviluppo
di questo lavoro, perch di fondamento in tutto il sistema
penale di cui veniamo ad occuparci.
Lo statuto fondamentale del Regno all' art. 24 dichiara,
che tutti i regnicoli (ossia i cittadini) godono dei diritti ci
vili e politici, e sono ammissibili alle cariche civili e mili
tari salve le eccezioni determinate dalle leggi speciali. (13)
Il Codice civile all' art. l. dispone, che ogni cittadino
gode dei diritti civili purch non ne sia decaduto per con
danna penale.
.
Cos adesso certo: 1. Che il godimento dei diritti non
un favore accordato ad alcuni, negato ad altri, ma una
qualit inerente alla persona: 2. Che contro la presunzione
di godimento non ammessa altra prova fuori di quella di
una condanna penale, salvo il concorso degli speciali requi
siti richiesti dalle leggi rapporto ai diritti politici. La
dottrina della uguaglianza divenuta presso di noi una
verit giuridica che sfugge all' arbitrio di ogni potere. Nella
moderna legislazione non si conosce altrimenti quella deminutio capitis che fu l' istituzione dominante nel sistema delle
leggi romane.
(13) L'art. 24 dello Statuto tolse, com' noto, ogni differenza
risultante dalla diversa professione religiosa. Gli ebrei e i non
cattolici nel Cod. civ. Alb. non godevano dei diritti civili se non
secondo le leggi e gli usi che li riguardavano (art. 18). Erano
adunque fuori del diritto comune.

13
In Roma con termine pi preciso dicevasi che niun cit
tadino poteva perdere i diritti di cittadinanza se non in con
seguenza del fatto proprio. Hoc juris a majoribus proditum est, esclamava Cicerone nella Orazione pro domo suar
ut nemo civis romanus qut tibertatem aut civilatem possit
amittere nisi tpse auctor sit. (14):
7. In materia di diritti essenziale, e dovremo spesso
rammentarla in seguito, la differenza tra godimento ed
esercizio. Il godimento la capacit, T attribuzione dei di
ritti: l' esercizio la facolt di usarne, la pratica dei me
desimi. Tal distinzione non pu soltanto applicarsi a quei
diritti i quali sono essenzialmente e strettamente perso
nali: riguardo ad essi onon vi ha godimento, o se vi ha va
congiunto alla facolt di esercitarli, di guisa che godimento
ed esercizio non possono scindersi tra loro.

CAPO II.
DELLE PENE E DELLE CONSEGUENZE PENALI.

R. Natura c specie della pena.


9. Ci clic si dice conseguenza di una pena una pena in s.
10. Tene principali e pene accessorie.
11. Caratteri penali delle incapacit civili e politiche.
12. Rapporto delle pene col delitto.
13 Le incapacit civili e pnliticlic furono e possono essere mezzo potente di
penalit.
8. Il rimorso della coscienza, dopo il delitto, per se stesso
un gastigo.
Esemplo quodeumque malo committitur, ipsi
Pisplicct anctori. Prima est haec ultio, quod, so
Indice, nemo nocens absolvitur
(!)

(14) 40.
(li Giovenale, Satira XIII.

14
Mail rimorso non sufficente. L'offesa alla giustizia sociale
dev' essere espiata e riparata : necessaria adunque una coer
cizione civile, una pena da infliggersi dal potere sociale.
Oppida caeperunt munire et ponerc leges
Ne quis fur cssct, nec latro, nec quisquis adultcr. (2)
La pena, dice il Prof. Carrara, quel male che in con
formit delle leggi dello Stato i magistrati infliggono a coloro
<:he sono colle debite forme riconosciuti colpevoli di un
delitto. (3)
Il dolore costituisce l' essenza della pena. Ogni dolore
pena, qualunque sia la sua natura ed intensit. La diversit
del dolore base soltanto alla classificazione delle pene. Pu
consistere nell'estremo supplizio-pene capitali; nella restri
zione della libert individuale con maggiore o minore ina
sprimento - pene afflittive: nella diminuzione dell'onore o
della fama - pene infamanti o umilianti: nella diminuzione
del patrimonio - pene pecuniarie.
La stessa diversit di dolore o pena, nel sistema delle
leggi importa diversit di conseguenze nella condizione civile
e politica del condannato. Alcune pene la modificano in modo ac
cessorio, in quanto la pronuncia di esse importa, per espressa
dichiarazione del legislatore, la perdita o la sospensione del
godimento o dell' esercizio dei diritti. Alcune altre invece la
modificano di per loro stesse come pene principali, le quali
possono essere applicate isolatamente, e perci non sono l'ac
cessorio di alcuna.
9. Per la privazione o sospensione di diritti che comu
nemente sono dette conseguenza di una pena, a propriamente
parlare non sono a loro volta che una vera e nuova pena.
Quando il legislatore dice : il condannato a questa o quest'al
tra pena afflittiva, perder questo o quest'altro diritto, gli
sar sospeso per un tempo pi o meno lungo questo o que
st'altro beneficio, egli in sostanza mostra di essere convinto
(2) Orazio, Satira III, lib. I.
(3) Programma di diritto criminale, voi. I, pag. 334.

15
che la tutela giuridica richiede una pi grave sanzione; che
senza di essa non raggiungerebbesi il line del magistero pu
nitivo; il ristabilimento, cio, dell'ordine esterno della so
ciet, dell'ordine giuridico: egli insomma punisce ancora.
Ci tanto vero, che se questa perdita o sospensione di di
ritti non la dichiarasse in modo esplicito , niun condannato
vi andrebbe per certo soggetto : mentre quello che
conseguenza ed effetto tal cosa che non deve esservi
bisogno di dichiararla. Cos potremo dire conseguenza od
effetto della condanna penale il disdoro, o la cattiva fama la
quale colpisce il condannato, e nel dominio della conscienza
pubblica sfugge ad ogni sanzione positiva: cosi 1' incapacit
di comparire in giudizio civile in persona propria, nei casi
nei quali la legge non richiede l' ufficio di procuratore, allor
ch taluno stia espiando la pena dei lavori forzati o del
carcere. Non mai, per esempio, il diritto di disporre dei
propri beni nel modo che pi gli aggrada, che per essergli
tolto fa d'uopo di nna espressa dichiarazione della legge.
Se certe incapacit, le quali sopraggiungono dopo la con
danna, vogliono dirsi conseguenze od effetti della pena nel senso
che, non consistendo in un fatto di esecuzione diretto, fisico,
materiale, non vanno soggette alle regole stabilite rapporto
alle pene afflittive, non abbiamo nulla da opporre. Desse, in
fatti, non sono comprese nella enumerazione delle pene fatta nei
Codici : non si prescrivono come la pena del carcere o dei
lavori forzati; non necessario che il magistrato le pronunci,
perch sono dichiarate dal legislatore. Il Codice penale to
scano lo dice con termine espressivo: la pena di morte, del
l' ergastolo e della casa di forza portano seco la piena inter
dizione per ministero di legge ope legis(i). Ma nella realt
delle cose non pu davvero negarsi che sieno un dolore, una
pena ; e talora anzi una pena ancor pi grave delle afflittive.
Lo stesso legislatore ha ottemperato alla ragionevolezza di
questo principio, allorch nel numero delle pene principa
li e accessorie ha posto alcune incapacit di cui parliamo,

(4) Art 14. 16.

16
e appunto quelle relative alla condizione politica del cittadino,
comprese nella interdizione e sospensione dei pubblici uffici.
La privazione o sospensione dei diritti civili o politi
ci , stabilite come conseguenze penali , e non come pena,
assumerebbero quella nota d' infamia che la civilt e il pro
gresso ha fatto cancellare dai Codici penali. E noi certo non
vorremmo che fosse ripristinata.
10. Nei rapporti delle incapacit civili e politiche, che si
dicono conseguenze di certe pene afflittive, sarebbe precisa la
distinzione tra pene principali e pene accessorie., ammessa in
senso pi ampio, nel senso cio di pene che stanno di per
loro, e pene che tengono dietro ad altra principale, nei Codi
ci vigenti, ma cancellata dai progetti del 1868 e 1870 come
inutile e superflua (5). N in contrario potrebbe obbiettarsi,
che se in tal modo si enumerano tra le pene la privazione
di certi speciali diritti civili, cos vi si dovranno enumerare
certi speciali gastighi, come l' isolamento, l' anello al piede oaltri simili; inquantoch questi non si attengono veramente al
sistema penale, sibbeneal regime penitenziario; dipendono in
teramente da ragioni di opportunit e di convenienza al
l'oggetto di assicurare l' esecuzione della pena : non aggiun
gono una nuova e distinta punizione a quella principale cui
il delinquente fu condannato, n sono vere e proprie pene
in un regolare sistema punitivo.
11. Stabilito che le incapacit ai diritti civili, come quelle
ai diritti politici costituiscono vere e proprie pene, nulla
significa che il legislatore dichiari che in certi dati casi si
abbiano a incorrere ipso jure a seguito di condanna afflit
tiva, senza bisogno di speciale pronuncia del magistrato. Noi
teniamo assai al principio, sol perch vogliamo risalire fa
cilmente alla ragione filosofica delle sanzioni della legge, vo
gliamo che anche sotto questo rapporto il magistero puni
tivo si informi ai principii che sono l' ultimo portato della
civilt e del progresso scientifico.
Sotto questo punto di vista ogni civile o politica incapa
cit, a seguito di condanna penale, dev'essere: 1. legale, os(5) Verbali, n IT, pag 198.

17
sia minacciata dalla legge, non mai rilasciata all' arbitrio del
giudice o di altra autorit : 2. personale, cio non aberran
te; che non colpisca altri che il colpevole; 3. uguale per
tutti ; 4. divisibile in modo che corrisponda alla graduabilit
del delitto: 5. reparabile per quanto possibile, col rispetto
dei diritti acquisiti dai terzi: 6. , infme, proporzionata al de
litto, di guisa che esista un rapporto intimo di quantit tra
il male del delitto e il male della pena.
In questi principi concordano ormai tutti i criminalisti; soloognuno si riserba di applicarli alla sua maniera. A ci aggiun
gasi che non sempre possono trovar la loro rigorosa ed assoluta
applicazione. Cos la privazione dei diritti civili o politici, per
quanto personale, produrr indirettamente degli effetti sui fi
gli o il coniuge, che il legislatore non pu certo impedire. La
pena, come il delitto, reagisce coi suoi funesti effetti su tut
ti coloro i quali trovansi nella sfera di azione del condannato.
Per quanto applicata ai colpevoli di dati reati senza privilegi
o distinzioni, l'effetto non sar sempre uguale, ma varier in
vece secondo gli individui ; secondo cio il loro sentimento di
onoratezza, di affezione alla famiglia, la loro condizione so
ciale e economica. Per quanto infine reparabile e remissibile, nel
caso di errore non se ne potranno mai cancellare tutte le con
seguenze : i patimenti sofferti, i diritti acquisiti dai terzi saran
no un ostacolo gravissimo ad una vera restitutio in integrum.
Tutto ci resultato, conseguenza inevitabile del sistema pu
nitivo. Nulla di questo dato a potenza umana il cambiare.
Il legislatore ha solo il dovere di non estendere questi
resultati al di l della loro portata naturale ; di non ag
gravare gratuitamente la condizione dei condannati : di
cercare soprattutto questo il cardine di tutto il sistema
la proporzione e l' armonia tra la pena e il delitto.
12. Il rapporto della pena col. delitto una verit d'intui
zione, non si dimostra. la nozione del bene e del male,
del giusto e dell' ingiusto che si applica al fatto della espia
zione. La coscienza nostra pone dei limiti all' ufficio del
punire; ma questi limiti sono troppo vaghi ed incerti ; sono
troppo variabili secondo il diverso apprezzamento degli uo
mini. E come poi persuadere che l' apprezzamento della no^
2

18
stra conscienza conduce al vero ? Le passioni, gli interessi,
i pregiudizi possono far velo alla giustizia. Qui bisogna ri
correre a quei principi che pel giurista e il legislatore
formano un punto di appoggio sul quale pu costruirsi un
buon sistema penale, coll' aiuto dell' analogia e delle indu
zioni.
L'analogia uno degli elementi essenziali della propor
zione delle pene : essa le rende istruttive e sodisfacenti alla
pubblica conscienza. Il est essentiel, dice Montesquieu (6),
que les peines aient de l' harmonie entre elles parce qu'il
est essentiel que l'on vite plutt un grand crime qu'un
moindre : ce qui attaque plus la socie t que ce qui la choque modus. Possiamo ripetere col poeta :
Adsit
ftcgula, pcreatis qna poenas irroget acqnas ;
Ne scutic digrumi, horribili sedere flagello.
Soltanto coll'analogia tra i delitti e le pene, il potere so
ciale pu raggiungere il vero scopo del magistero punitivo,
il quale nel suo esercizio basa ormai su cardini essenzial
mente morali e giuridici.
Nella civilt antica fu cardine l' utile politico, universale.
Principalmente si considerava l'aggregazione: poco o nulla il
diritto personale degli individui.
Il benessere dello Stato, dice il Senatore Sclopis, si dipin
geva dagli antichi con colori diversi da quelli che ora si
adoperano. La forza, la potenza, la gloria erano i tre ultimi
fini di ogni politico reggimento. Laddove nella condizione
attuale dell' incivilimento le virt morali sono tenute, e giu
stamente, per fondamento principale di ogni unione di uo
mini in societ regolata (7). La giustizia e la moralit delle
pene: ecco la pietra angolare del sistema penale.
13. Il legislatore nella interdizione del godimento o dell'e
sercizio dei diritti pu rinvenire un mezza potente di penalit,
(6) Esprit des lois 1. 6. cap. 1(5.
(7) 1. c.

-io
ma questo magistero punitivo deve esercitarsi entro giusti
limiti. 1 diritti degli individui debbono rispettarsi come quelli
di qualsiasi potere collettizio; l' umanit ha le sue impre
scrittibili ragioni.
Il fondamento dell' incapacit resultanti da condanna pe
nale, sta nel diritto che ha il potere sociale di spogliare, o
di sospendere di certe facolt coloro che riconosca inde
gni di esercitarle. Cos vediamo che presso tutti i popoli
dell' antichit certe condanne modificarono in modo pi o
meno grave lo stato e la capacit delle persone.
Presso gli Ebrei, fu conseguenza di certi crimini, spe
cialmente religiosi , l' espulsione dalla famiglia d' Israello;
una specie di scomunica (8).
In Atene il bando e la pena di morte producevano la
perdita dei beni e dei diritti civili. Si stabilirono nella le
gislazione certe speciali interdizioni. I cittadini condannati
all' infamia non potevano sedere nell' assemblea popolare.
Spesso era loro vietato di portare certe accuse, d* intrapren
dere certe navigazioni o commerci. Quest' ultima incapacit
fu abolita da un decreto del popolo dopo che i Lacedemoni
riportarono la vittoria navale di Egos-potamos che decise
della sorte d'Atene (9). Le interdizioni pronunziate in seguito
a questo decreto furono tutte politiche, e alcune religiose:
cosi un decreto proib l' entrata nei tempi , e F assistenza
alle sacre cerimonie a tutte le donne convinte di prostitu
zione e di adulterio (10). Le leggi di Dracone sull' omicidio
ordinarono che l' uccisore fosse escluso dalle purificazioni ,
libazioni, e dai luoghi sacri e pubblici (11).
In Roma le interdizioni civili e politiche costituirono e
informarono l' intero sistema penale. Vedremo adesso il loro
corso storico.

(8) Pastorkt, Hist. de la leg. voI. I. cap. 24.


(9) Anni 405 avunti G. C.
(10) Ise, Succes. de Philoct. pag. 61.
(11) Demosthn cantr. Lept. pag. 564. Pastoret, Hist. de la
legis. voI. 11. cap. XfU.

I?arte 1 *
DELLA CAPACIT CIVILE DEI CONDANNATI.

CAPO IDEL SISTEMA PENALE DELLE LEGGI ROMANE.


1.
i.
3.
4.
5.
6.
7.

Primitiva legislazione di Roma XII Tavole.


Il terrore e la celerit nei giudizi penali.
Le Quotatone* Le leggi di Siila.
1 privilegi dei cittadini romani.
Atrocit delle pene nel periodo imperiale.
La confisca: provvedimenti in favore dei congiunti e dei creditori.
La eapitis deminutto maxima, media, minima.

1. Le prime leggi di Roma fatte per un popolo composto


di fuggiaschi, di schiavi e malandrini furono severissime.
In tempi nei quali l'autorit civile ritenevasi come un'e
manazione dell'autorit religiosa, e l'una e l'altra risiede
vano nello stesso capo, la consecratio fu la pena ordinaria
ilei crimini di lesa maest divina ed umana, dei crimini cio
che violavano la maest degli Iddei e del popolo. (1) La pro
priet essendo posta sotto la divina protezione gli attentati
contro essa furono considerati come altrettanti sacrilegi (2),
e la confisca dei beni fu la conseguenza dell' anatema. (3)
Nelle leggi delle XII Tavole si trovano traccie della pena
del taglione. Si quis mernbrum rupit avi os fregit tedio
est. Il taglione fu sostituito dalle composizioni in da
naro. (4)

(1) Tito Livio, I. 26, II. 5., XXV. 15.


(2) Plinio, Uist. XVIII. 36. Tito Livio, III. 7. 33.
(3) Cicerone, Pro domo sua, 47 Aulo Gellio, XX. I.
(4) Festo, V. Tulio - Cicerone, De Repub. 10- Tito Livio, I,
i'6, II. 5, XXV., 15.

21
Lo spirito della Repubblica non richiedeva che i decem
viri riportassero in queste Tavole le antiche leggi; ma per
sone che alla tirannia aspiravano non vi guardarono troppo.
Tito-Livio narrando il supplizio di Mezio Suffezio, Ditta
tore d' Alba, che da Tullio Ostilio fu condannato ad es
sere trascinato da due carri, dice che questo fu in Roma
l' ultimo supplizio in cui si mostr d'aver perduta la conoscen
za dell'umanit. Nondimeno certo che le XII Tavole era
no piene di crudeli disposizioni: pene quasi sempre ca
pitali il furto punito di morte di morte puniti i libellisti
il fuoco, il marchio, la mutilazione ecc.
2. Allorquando si allargava e riducevasi a perfezione lo
studio della ragione civile, e le scuole degli antichi giu
reconsulti romani stavano tutte intese alla equit filosofica
che inalzava la giurisprudenza alla dignit di scienza mo
rale, le leggi relative all'accusa, alle prove ed alle pene
non si erano ancora ritratte dall'antico rigore originato
dagli aspri costumi e dalla dominazione politica. Sotto la
libera Repubblica , dice l' illustre Senatore Sclopis (5), ap
pena si pensava a provvedere in tal parte quanto sugge
riva la ragione di Stato e l' occorrenza dei tempi.
Il Machiavelli discorrendo di gravissime pene inflitte a
gran moltitudine di reati, loda come virt politiche il terrore
e la celerit. (6) Ma giustamente lo stesso Senatore Sclo
pis lo riprende, e a lui sembra che tali intendimenti
non bastino per scemare i mali maggiori che sorgono da
ogni avventato, sciolto ed acerbo metodo di punizione (7).
3. Dopo l' espulsione dei decemviri, colla istituzione delle
Quaestiones il rigore delle pene fu mitigato assai. Molte
leggi penali che non si abrogarono espressamente, avendo
la legge Porcia vietato di dar morte ad un cittadino romano,
non furono pi applicabili. La pena pi grave fu Vinterdictio
iuiuae et ignis: ed a questo periodo che debbe riferirsi il

(5) Storia della legislaz. Hai. cap. VI. pag. 218 e seg
(6) Discorsi sulla 1" Deca di Tito Livio, lib. 3. cap 39.
<7) 1. c.

22
dire di Tito-Livio niun popolo pu gloriarsi di avere stabi
lite pene pi umane delle nostre (8) .
Siila fu quegli che pi tardi inaspr nuovamente il siste
ma penale. Confondendo tirannia con anarchia, fece le ben
note leggi Cornelie , e per null' altro sembra che il faces
se se non per stabilire delitti. Egli qualific omicidi una
infinit d' azioni ; vide per ogni dove reati ; e con pra
tica che sciaguratamente venne anche troppo seguita nei
tempi posteriori, tese insidie , semin spie , aperse abissi
sotto i piedi dei cittadini. Quasi tutte le leggi che emana
rono da questo Dittatore istabilirono le interdictio aquae et
ignis (9).
4. Nella legislazione romana si riscontrano tre specie di
pene : 1. quelle da applicarsi ai primi personaggi dello Stato
(subtimiores), che furono assai miti : 2. quelle da applicarsi
alle persone ascritte a qualche ordine inferiore (medio, che
furono pi severe: 3. quelle infine da applicai si soltanto a
individui di bassa condizione {intimi), che furono le pi
dure.
Sino dalla legge Valeria era proibito ai magistrati, sotto
pena di essere consacrati agli Dei, di violare la libert o la
integrit della persona di un cittadino romano che invocasse
il giudizio del popolo (10). Pi tardi fu permesso penino di
uccidere il magistrato che a questa prescrizione avesse con
travvenuto (11). Il cittadino romano, quand' anche fosse stato
accusato di un crimine pubblico, avea diritto di dar cauzione
e rimanere in tibera custodia (12) : egli non poteva neppure

(3) I. 8.
(9) Fr. I - 17. ad leg. corn. de sicar.
(10) Cicerone, De Repub. II. 53 In Verrem, III, 931.
lU) Tito Livio, lI. 53
(12) 11 carcere in Roma non fu una pena; mamio reorum,
ad corti inendos , non ad puniendos reos estructus. V. Fr. 8.
9 D. de poznis - - Tito Livio, IX. 34. - Sallustio, in Catitin,
47 - Peraltro per certi reati si dava una costodia pubblica o mi
litare -V. Cicerone, De div. 1,. 25

23 essere flagellato (13). I peregrini e tanto pi i servi, non


goderono d' alcuno di questi privilegi.
5. Nel periodo imperiale, istituitosi un Governo militare,
terribile si pei sudditi che pegli Imperatori, questi cerca
rono di temperarlo in favore di chi era investito di pub
bliche dignit, inculcandone sommo rispetto. In ogni resto
verso le altre classi di persone alla imperiale podest non fu
posto alcun freno : l' arbitrio non di rado suppl alla legge:
l' atrocit dei tormenti si tenne per efiicacissimo mezzo di
impedire la rinnovazione di gravi delitti : si fecero crude
lissime leggi pei delitti di lesa maest , sino a che ai figli
innocenti del colpevole la vita divenisse supplizio, la morte
conforto. Filit sint postremo iales, ul/tis perpetua egestate
sordentibus, sit et mors solarium, et vita supplicium (14).
Si giunse sino al punto di stabilire ima pena capitale pella
promiscuit di nozze tra provinciali e barbari (15).
6. Nello stesso periodo si organizz fortemente il sistema
della confisca (16).
Sino ai tempi di Siila non sembra che si conoscesse in
Roma. Tarn moderata judicia fiscati sunt a majoribas constituta, diceva Cicerone, ut ite poena cajntis cum pecunia
conjimganlur (17). La legge Cornelia de proscripUs l'isti
lu per la prima.
Cesare, aggiungendo la confisca alla condanna t&Yinterdic io aquae et ignis, ebbe per scopo d' impedire che i ric
chi, conservando in esilio il loro patrimonio, potessero la
sciarsi andare facilmente al delitto. Poenas facinorum au(13) Tito Livio X. 9.
(14) C. 5. . 1. ad leg. Iui maj. -I figli dei condannati
per tali reati erano esclusi non solo dalla successione del padre
ina anche della madre. Le figlie potevano ottenere il quarto a ti
tolo di alimenti.
(15) C. unic. Theod. de nupt. gentd.
(16) La confisca fu pena assai usata presso i popoli dell'anti
chit. In Grecia, Ltsia ci dice, che quando il Senato non aveva
pi danari riceveva accuse per confiscare dei beni (capo VI t.
VI pag. 272)
(17) Cicerone, Pro riamo sua, 29. 30

24
xit, cum locupletes co facitius sedere se obtigarent, quod
integris patrimoniis exularent (18). Essa ben presto di
venne generale per tutte le condanne a morte, a pene che
importavano la servit, e alla deportazione. Damnatione
bona piibticantur, cum aul vita adimilur, aul civias, aul
servitis conditio irrogalur (19).
Varie leggi furono emanate a tutela dei diritti dei fi
gli ne atieno admisso graviorem poenam luerent, quos
nulla contingeret culpa (20). Per goderono della loro pro
tezione i soli figli nati da justae nuptiae anteriormente alla
condanna (21), e i figli in questo tempo adottati, purch
senza frode (22).
Nell'anno 426 gli Imperatori Teodosio e Valentiniano sta
bilirono, che non potesse pronunciarsi confisca in universum
jus, se non quando il condannato fosse senza discendenti; e
nel loro concorso dovesse lasciarsi salva la met dell' asse
patrimoniale (23). Giustiniano infine decise, che i beni del
condannato andassero ai suoi ascendenti e discendenti fino
al terzo grado, salvo che nel caso di reati di lesa maest (24)
o in quello di matrimonio incestuoso, allorch non fossero
esistiti figli di matrimonio antecedente (25).
Varie leggi furono pure emanate a tutela dei diritti dei
creditori. Non possunt ulla bona ad Fiscum pertinere,
dice il Fr. // D. de jur. Fise. , nisi quae creditoribus

(18) Svetonio, in Tutio Caesare.


(19) Fr. I. D. de bon. damn. -C. 4. 6. Debon. proscript. An
ton Matteo. De criminibus, voI. 1. pag. 549 e seg.
(20) Fr. 7. pr. D. de bon. damn. - In Grecia ancora si accordava
il diritto di alimenti alla moglie e ai figli (Dmosth. contr. Aphob.
pag. 904.)
(21) Fr. 1. . 2. de boti. damn.
(22) Fr. 7. 2. eod.
(23) C. 10 de bon. proscript.
(24) Nov. 17 cap. ult.
(25) Nov. 134. cap. ult.

superfutwa stmt: id enim honorum cujusque inieltigitur,


quoti aeiH atieno superest (26).
7. Tutti gli effetti delle pene afflittive si comprendevano
in Roma nella deminutio capitis.
Questa espressione ha dato luogo a diverse interpreta
zioni. Gaio nel Fr. 1. D. de cap. min. dice: capitis minutio est
status permutatio ; nel c. 1. 159 delle sue Instituzioni
capitis minutio estprioris status permutatio . Giustiniano ha
accolto questa definizione (27). Adesso tradurla per decadenza di
Stato, potrebbe far credere che diminuisse la capacit di chi
ne veniva colpito, il che non era. Deminutio non significava
propriamente diminuzione : quando infatti Giustiniano dice
che l'usufrutto non utendo diminutiva* ci non vuol dire
che 1' usufrutto diminuito (28). D' altronde l' idea di can
giamento, che risulta dalle parole stesse di Gaio, non ci sem
bra esatta, in quanto che quando si perdeva la cittadinanza
o la libert non acquistavasi nulla in vece di esse : vi era
decadenza di stato senza compensazione. La deminutio capitis,
nella realt delle cose consisteva nella privazione o perdita
totale o parziale dello stato che taluno aveva.
Lo status, il caput, si componeva di tre elementi: libertas civitas famitia. La deminutio capitis era pure di tre
specie maxima, media e minima che corrispondevano
alla perdita di tutti, o del secondo e terzo, o del terzo sol
tanto di questi elementi. Pell'intelligenza di tutto ci nulla
di meglio che riportare la spiegazione chiara e precisa del
testo. Capitis deminutions tria sunt genera: maxima,
media, minima: tria enim sunt quae habemus, Ubertatem,
civitatem, famtttam. Igitur, cum omnia haec ammittimus,
hoc est, libertatem, et civitatem, et familiam, maximam esse
capitis deminutionem: cum vero amittimus civitatem, libertatem retinemus, mediam esse capitis deminutionem: cum
(26) Era regola generale: non sunt bona nisi aere alieno
deciucio E il Fr. 2. pr. D. de cap. min. Dabiturpiane aedo in
eos, ad quos bona pervenerunt eorunx (damnatontm)
(27) I, pr. de cap. dim.
(28) C 13. de servit. Nel senso di diminuzione V. Heineccio,
Antiquit. rotnan. voi. I. tit. XVI I.

26
et liberas, et civitas retinetur, familia tantum mutatur, mi
nimum esse capitis deminutionem constat. (29)
Diremo ora dei rapporti della capitis dimimUio colle
pene, e naturalmente con quelle stabilite nella legislazione
imperiale.
CAPO

II

DELLA CONDIZIONE CIVILE DEI CONDANNATI A PENE CAPITALI


E NON CAPITALI NELLE LEGGI ROMANE.
8.
9.
il).
11.
12.

Pene capitali e non capitali


Le condanne alla pena di morte, ai metallo, e la serviti! della pena.
La servit si equiparava alla morte naturale.
le condanne in opus metalli e in ministerium metalli.
La condanna all' (nttrdictio aquue et ignis: la perdita dei diritti ci
vili e la capacit juris gentnun.
15. La deportatto.
H. La relegano.
iti. Le pene corporali e i cinc/Iti. L'abolizione della servit della pena e della confisca in gius nuovissimo.
8. Nella legislazione imperiale le pene si distinguevano
in due grandi classi. Capitali e non capitali. Capitali erano:
1 la morte: 2i metatta: 3 la pena in opus metatta: 4 quel
la in ministerium metatli: 5 quella ad opus perpetuum: 6
l' interdiclio aquae et ignis: 7 la deportatio. Non capitali
frano: 1 la relegatio: 2 la pena ad opus temporarium: 3
le pene corporali: 4 la perdita di qualche dignit o l' inter
dizione da qualche atto: 5 le pene pecuniarie col1' infamia
o senza.
Cominciamo dalle capitali.
9. La condanna alla pena di morte, che eseguivasi con
mezzi svariatissimi e atrocissimi, rendeva il colpevole sacer
Divis; i di lui beni erano soggetti a confisca (1).
La condanna ad metatta, pei delinquenti di bassa condi
ci)) Fr. 1l. D. de cap min -l 1-5 de cap. dim.
(\) Fr. 12. 9. D. de poenis. Fr. l.D. debon damn. V. sui vari
modi di esecuzione della pena di morte Fr. 8. 1 Fr. 11. 3Fr. 18. pr D. de poenis, V Anton Matteo, De crimin. pag. &40.

zione, e pei reati pi ignobili, come la falsificazione di mo


nete, 1' incendio ecc. (2) importava la servit della pena.
I servi della pena erano in condizione peggiore di tutti
gli altri. Avendo per padrone il supplizio eterno, loro non
era dato di essere affrancati; colpiti dalla maxima capitis
dem inulto, perdevano tutti i diritti di libert, di cittadinanza
e di famiglia.
Non potevano obbligarsi od obbligare; acquistare pel pa
drone, o per loro stessi; eccetto che a titolo di alimenti Si
in metallum damnato quid extra causam atimentorum reliclum fuerit: pro non scriplo est . (3) Niuno, neppure il
Fisco avrebbe potuto attribuirsi il diritto che loro era nega
to. Il Fisco era perfino incapace ad acquistare i legati fatti
ai medesimi anteriormente alla condanna (4). Il loro testa
mento era irrito, e quindi erano privati del diritto di testa
re in seguito (5). Secondo alcuni giureconsulti poteva
no succedere alla madre, ma tal successione contraria
ai principi di tutta la legislazione. Le espressioni ptacuit
eum admitlere delFr. 1. 6 ad senatus-consultum Tertullianum, su cui eglino si sono basati, riferisconsi soltanto a
chi suas operas locavit . E d'altronde pi sotto i 4. 8
eod. contraddicono espressamente questo concetto. Infine le
sostituzioni che li riguardavano erano aperte (6) , e i beni
confiscati (7).
(2) Paolo, Sent. V. XXVI. 3.
(3) Fr. 3. pr. 1. Dehisquae pro non script. Del resto chi non
poteva acquistare per mancipazione, noi poteva neppure colla
cessio de jure.. per legge, per usucupione o adiudicatio.
(4) Fr. 12. D. de jur. Fise.
(5) Fr 3. cit de his quae pro non script. Fr. 6. 6- 7 8. D
de inj. rupi. Fr. 18. D. de int. et releg. Un rescritto d'Adriano
permise al condannato per delitto militare, di testare jure mi
litari del peculio castrense. ( Fr. 2. 11. pr. D. de test, mil.) E se
non ne disponeva passava ai suoi eredi o cognati fino al quinto
grado, e soltanto in loro difetto a1. Fisco (Fr. 2. D. de veteran. et
mit siteces.)
<6) Fr. 17. 6. ad Senat. Consul Trebel.
(7) Fr. 1 D de bon. damn. C. 4. de bon proscr.

2S
Il matrimonio dei servi della pena era disciolto, e ci
portava a speciali conseguenze.
Se era condannato il marito la moglie riprendeva la sua
dote e riteneva le donazioni ante nuptias, che da lui le fos
sero state fatte. Avendo apportato dote, essa avea diritto
di prelevare sui beni del marito un quarto in propiet, in
mancanza di figli; altrimenti un quarto a titolo di alimenti (8).
Se condannata era la moglie, nel caso di delitto di lesa maest,
di violenza pubblica, di avvelenamento o omicidio, la dote si
prendeva dal Fisco, ma il marito poteva far valere contro
di questo i diritti che avrebbe avuti contro la moglie stes
sa (9): nel caso di altro delitto la dote restava senz'altro
al marito (10).
Se condannato fosse stato il genitore che avea costituita
la dote, il Fisco non avea diritto di reclamare la dote pro
fettizia ; perch in caso di premorienza della moglie restava
al marito non condannato (11).
Quando un affrancato fosse stato colpito da condanna ca
pitale, il patrono succedeva nella parte che gli era attribuita
dalla legge ; il di pi passava al Fisco (12). Lo stesso avve
niva riguardo ai figli del patrono (13).
10. In genere i servi della pena erano privati di tutti i
diritti patrimoniali e di condizione civile, quali meglio vedre
mo or ora riguardo ai condannati soggetti alla capitis deminutio media. Eglino perdevano perfino il diritto di cognazione.
Nam si maxima capitis deminufio interveniat jus quoque
cognationis perit : et nequtdem si manumissus fuerit, recipil cognationem (14.
Questa condizione ben' indicata nel Fr. 59. 2. de cond.
servorum, colle parole : Servilutem moriamati co npara(8) Nov. 117. cap. 5.
(9) Fr. 4. D. de bon. damn.
(10) Fr. 5. pr. eod.
(11) Fr 10. pr. eod.
(12) Fr. 7. 1. eod.
(13) Fr. 8. eod.
' (14) 1. 6. de cap. dem.

29
mus. Ma non certo inopportuno il rammentare che
coloro che vi si trovavano, se non civilmente potevano ri
manere obbligati naturalmente: Eas obbligationes , quae
natwalem praestationem habere intelligurdur , dice esplici
tamente il Fram. 8. D. de cap. min., patam est capitis deminuticme non perire: quia civitis ratio naturatia jura corrumpere non potest. ( 15). In ogni caso adunque, in cui un
diritto non sfuggiva all'applicazione dei principi rigorosi della
capitis deminutio, V azione corrispondente non era estinta.
11. La condanna in opus metatli e quella inministerium
metatli producevano gli stessi effetti. L' una differiva dalla
condanna ad metalta pel1' inasprimento, e perch applicavasi a coloro che evadevano dalle mine : in metatlo gravius
coercentur. (16) L' altra differiva ugualmente in quanto"
era propria delle donne, e consisteva in lavori meno gravi
in servizio dei condannati ad metalta (17).
12. La condanna all' Interdictio aquae et ignis e alla deportatio ebbe molta importanza.
Da molti testi resulta che la interdicUo e la deportatio>
traevano seco la perdita della civitas, ma non della libertas:
producevano insomma la capitis deminutio media noii gi
la maxima (18). Fra gli altri il 2. Inst. de cap. dem.
molto esplicito. Minori sive media capitis deminutio est,
cum civitas quidem amittitur, libertas vero relinetur. Quod
accidit ei cui aqua et igni interdictum fuerit vel ei qui in
insutam deportatus est. In contrario vero che si allega
il Fram. 6. ult. D. de extr. cogn. e la C. 2. de bon. proscript.,
(15) Savigny, Append. 4.
(16) Fr. 8. 6. Fr. 28. 6. Fr. 17. 36. D. de poenis.
(17) Fr. cit. de poenis. Questa pena poteva essere anche tem
poranea, e allora non toglieva i diritti di cittadinanza. Quando.
era perpetua damnatae quasi servae poenae constituvntur:
CtJACio, 6. Obser. 25. Le donne potevano essere condannate an
che in salinas, pena della stessa indole di quella in mintsterium
metalli.
'
'"
(18) Fr. 2. 1 - 5. Fr. 17. 1. - Fr. 28. 34. D. de poenis. Fr.
3. 6. 14. 15. D. de int. et releg. Fr. 2. D. de pu- jud. C. 1. de
poenis I 2. de cap. dem. Gajo, Comm. IV. 37.

30
ma la contraddizione soltanto apparente: l'uno e l'altro te
sto parlano della perdita della libert civile propria del cit
tadino romano, mentre le Instituzioni parlano della perdita
della libert juris gentium per opposizione alla servit.
Quelli adunque che erano colpiti da tali condanne , pote
vano considerarsi come peregrini (19).
Privati della protezione juris civitis, perdevano Yjus com
merci (jus emendi vendendique modis civUibus) e il dominium civite o quiritarium: aut enim ex jure Quiritium
unusquisque dominus erat, aut non intelligebatur dominus:
mantenevano solamente la honorum possessio, se non fosse
stata ordinata la confisca (20). Inoltre, perdevano il diritto
di stipulare solennemente colle formule spondeo, spondes
e quello di testare, in quanto che la testamenlifactio deri
vava dall' jus commerci, ed era fondata sulla solenne mancipatio per aes et libram: il testamento gi fatto diveniva
irrito. Perdevano il diritto di essere istituiti eredi e di suc
cedere ab intestato, esclusa anche ta bonorwu possessio: (21)
i beni erano confiscati (22). certo che per loro si estingue
va il diritto di patronato (23), ma pu sorgere il dubbio
se passasse ai figli. Un testo d'Alfeno sembra che stia pella negativa (24); altri testi sono esplicitamente d' avviso con
trario (25).
(19) Gajc, Comm. IV. 37. II. 41.
(20) Qajo, Comm. II. 40. Ulpiano, reg. 19. 1-5.
(21) Fr. 16. D. de int. et releg. Fr. 6. 7. D. de inj. irr. et
rupi. test. Fr. 1. 2. D. de leg. et fideic. (3) Fr. 1. 9. D. de bon,
pos. cont. tab C. 1. de hered. inst. Per eccezione avrebbero potuto
ricevere per testamento militare. Fr. 13. 2. D. de test. mit.
(22) Fr. 4. 14. 1. D. int. et releg. Fr. I. D. de bon. damn.
C. 2. 4. 7. I . de bon prose.
(23) Fr. 2. de int. et releg.
(24) Fr. 4. eod. Bum, qui civitatem admitteret , nihit aliud
juris adimere liberis, nisi quod ab ipso perventurum essetadeos,
si intestatus in civitate moretur.
(25) Fr. 4. 2. D. de bon. liber. Fr. 4. D. de jur. patron. Fr.
9. D. ad leg. lui. rnaj. L'antinomia fra questi testi e l'anteceden
te spiegata colla differenza di data: differenza che concide col
grado di severit della pena della deportazione.

- 31 In virt della capitis' deminutio media terminava I' usu


frutto (26) e la societ (27). Le donazioni tra sposi a causa
di morte, revocabili a volont, nel caso in specie di depor
tazione non rimanevano ferine: invece il condannato conser
vava il diritto di revocarle fino alla morte (28): non si
aprivano le sostituzioni f29). Ai condannati alla pena della
deportazione l' Imperatore avrebbe potuto anche lasciare tutti
o parte dei beni attribuiti al Fisco, e allora erano tenuti di
azioni utili verso i creditori. (30).
Privati della stessa protezione perdevano anche Y jus conmibii miptiae uocoris duccndae facultas (31); perdevano
& manus, la patria potestas , la tuteta e la cura, V agna
tizi e fa coynatio a causa della costituzione tutta civile della
famiglia romana (32).
Invece jure gentium erano capaci di comperare e vendere,
d'obbligare i loro beni1; di disporre per atti tra vivi purch
senza frode del Fisco (33). Il matrimonio rimaneva in vita
come unione affectioni maritali (34). Anzi una costituzione
imperiale lo circond delle stesse guarentigie del matrimonio
dei cittadini integri status. Maneat igitur mafrtmonium hoc
nihit ex decreto judiciati in metattum taesum, nlpote inte>,

(i.6) I 3. De usufr.
(il) Fr. I. D. pro socio i. 7. de societ.
(28) Fr. 13. l. D. de don. int. vir. et uxor.
(29) Fr. 17. 6- D. ad Senat. Cam. Trebel.
(30) Fr. 14. 3. D de int. et releg.
31 ) Ulpiano, reg. 5 3.
(3:?) I. 3. quib. mod. jus patr. pot. amit. 3. de leg. agn.
tvt. C. de cap dem. Pi che cessare la cognazione, vincolo
naturale, pu dirsi che cessassero gli effetti. Infatti, secondo il
. 10. de nuptiis, servites quoque cognationes Impedimento nuptiis esse. E ci anche dopo l'emancipazione.
(33) Fr. 15. 14. D. de int. et releg. Dall' ultimo Fr. risulta che
potevano perseguitare ed essere perseguitati con azioni utili.
V. pure il Fr. 22. 5. D. Mand.
(34) Fr. 13. I. D. de. don. int. vir. et uxor. C. f. de repud.
I. pr. dejur. nal. gen. et civ. Ulpiano, Fragm, t. VI. V. connulwm.

32
personas tiberas consisterti. (35) Eccezionalmente continua
va a sussistere la dote.
Per questo ci sembra troppo assoluto il dire del Fr. 1.
28. D. De bon. pos. contr. lab. Deportatos enim morluorum
loco habendos .
13. L'viter(tictio aqitae et ignis fu pena assai grave. Ai primi
legislatori sembr incerto di avere il diritto di togliere un cit
tadino a Roma. Nei primi tempi il caput non avrebbesi po
tuto toccare senza l' intervento del potere supremo: Leges
praeclarissimae duodecim tabularum transtata duae; qua
rum altera de capite cives rogare nisi maximo comitialu (36) . Vollero adunque costringere il delinquente ad esu
lare da se privandolo dell'acqua e del fuoco,- e quest'esilio
non si consider sempre come una pena: non supplicium
est, sed perfugium portusque supptici (37) , Sol quando le
libert repubblicane vennero meno, la finzione dell' intwdictio aquae et ignis perde del suo primitivo prestigio. La
volont del principe si sostitu alle guarantigie popolari:
quod Principi placuit legis habet vigorem (38) . Allora
s' introdusse altra pena pi in armonia collo spirito del
le nuove istituzioni la deportatio in insutam e ben pre
sto divenne di frequente applicazione (39). Gli effetti e spes
so anche il nome dell' interdictio aqiae et ignis si manten
nero nella deportatio.
14. Le pene non capitali si attenevano pi alla stima che
al caput: ad extimationem nagis, quam capitis periculum
pertinent, diceva il giureconsulto Callistrato (40) . Se non
che sulla existimatio ci tratterremo altrove.
(35) Nov. 22. cap. 8. 13. Damnatio in metallum non est justa
divortii causa Gothofredo in cost. eod.
(36) Cicerone, De leg. Ili, 19. Pro Sestio 30. In Grecia si fece
grand' uso dell'esilio. Il bandito non potevasi rifugiare neppure
sulle navi, sotto minaccia di grave pena al ricettatore. Demosthn. Contr. Polyci's, pag. 1091.
l37| Cicerone, Pro Coecina. 34.
(38) Fr. I. D. de const. Princ
(39) V. Anton Matteo 1. c.
(40) Fr. 28. l.D. de poenis. Fr. 5. 1.2.3. D. deextr. cogn.

33
La retegatio, poco nota sotto la Repubblica, la trovia
mo stabilita nella legge Jutia de adulleris , e Augusto ne
us verso la figlia Giulia (41).
Essa poteva farsi in un isola o in una provincia; poteva
essere perpetua o temporanea. Lasciava intatti i diritti di
libert, di cittadinanza e di famiglia, perch soltanto restrit
tiva della libert individuale (42). Quindi, chi n' era colpito
non perdeva i diritti di propriet, salvo che diversamente
avesse stabilito un decreto del magistrato o che fosse an
data congiunta alla deportazione; non perdeva la testamentifactio n il diritto di succedere (43); non perdeva infine i
diritti di patria potest, n la manus n il gius patronato,
a meno che non fosse intervenuto un contrario decreto del
l' Imperatore (44). Retegatimi diceva lo stesso giurecon
sulto Callistrato, suum stalum integrum retinei (45) .
Ovidio, la misteriosa vittima dal dispotismo imperiale,
relegato al Ponto cantava nei Tristi:
Quippc relegatus, non exul dicor in illo;
Parcaque fortunae sunt data verba meae (40).
Nec vitam, nec opes, nec jus mini civis adcmil;
Nil nisi me patriis jussit abesse focis.
Ipse relegati, non exulis, utitur in me
Nomine (47)
La relegazione dunque differiva essenzialmente dalla de
portazione, in quanto che questa, gi fu visto, si faceva in
f41) Svetonio, in Octavio.
(42) Fr. 4 28. D. de poenis. Fr. 7. 2. 3. 4. Fr. 14. D. de irti.
et releg. Fr. 2. D. de pub. jud. Paolo, Sent. V. XXVI. 3. V.
XX. 26. V. IV. 15.
(43) Fr. cit. alla nota 42. Fr. 8. 3. D. de bon. damn. Fr. 39 pr.
D. de jur. Fisci. Paolo, 1. c. Tacito, Ann. 111. Cuiacio, in Leg. 3.
in InstU. D. de inter. et reteg. Vot. XLVI1I. cap. fcO, 4.
(44) Fr. 18. pr. D. de int. et reteg.
(46) Fr. 17. 18. D. de int et reteg.
(46) Eleg. unic. lib. 2.
(47) Eleg. 11. lib. 5.
3

34
un isola, era perpetua, importava la perdita di tutti i dirit
ti juris civitis, infine la confisca in universum jus (48).
15. Le pene corporali consistevano nei lavori pubblici a
tempo opus pubticum lemporarium a favore dello Sta
to; nella fustium admonitio e nella flagetlorum castigatio.
I lavori pubblici a tempo non ben certo di qual natura
fossero, ma sulle traccie dei lavori pubblici perpetui, in
opus perpeluum, sembra che consistessero nelle occupazioni
le pi basse in favore dello Stato. Comunque, i testi ci di
cono che lasciavano intatta la qualit di cittadino con tutte
le sue prerogative.
La vinculorum verberatio consisteva nella detenzione a
tempo entro una segreta in cui il colpevole doveva essere
fustigato: ibi verberandus (49). Di questo gastigo ha vo
luto parlare Plauto nei versi dell' Asinaria:
A pud fustitudinas ferricrepidinas insulas,
Ubi vivos homincs mortai incursant boves.
Sino ai tempi imperiali, tempi in cui cessarono malaugu
ratamente gli scrupoli di battere un cittadino romano, tal
pena e la flagetlorum castigatio si applicarono alle persone
humitiores. La fustium admonitio, che come indica l'etimo
logia della parola avea per scopo l' emenda, fu la pena pro
pria dei liberi (50).
Paolo e Callistrato fra i minori supplizi enumerano an
che i vincala. Vari esempi di condanna a questa pena si
incontrano difatti nella legislazione romana, e sino a che
l'Imperatore Adriano con suo rescritto non lo proibi, pote
rono perfino essere comminati in perpetuo. Ma i vincula ,
come il carcere, non facevano parte della scala penale , ed
erano riprovati dai giureconsulti (51).
(48) Fr. 14. I. . D. de int. et releg.
(49) Fr. 7. D. de poenis.
(50) Fi: 7. i8. 2. D. de poenis. Fr. 22 D. de hisquinot. inf
C. 14. ex quib. caus/ inf. irr.
fl) Fr. 8. 9. D. de poenis. Paolo, Sent. V. XVI. 3. Binkers.
Obser.jur. rom. lib. 1. cap. 2. Anton Matteo 1. c.

35
Dalla multa e d'ogni altra pena pecuniaria, sarebbe su
perfluo parlare in questo lavoro, perch fuori dei suoi limiti.
Delle incapacit speciali di diritto pubblico parleremo con
pi opportunit nel capo relativo all' infamia.
16. Il sistema penale or ora esposto nella sua natura come
nei suoi effetti non sub gravi cangiamenti fino all'ultimo
stadio del periodo imperiale.
In questo stadio, coi principi della filosofia cristiana si
addolcirono i costumi; si proclam l' uguaglianza di tutti gli
uomini e il rispetto all' umana personalit. L' Imperatore Co
stantino cambi il dispotismo esclusivamente militare in mi
litare e civile, e nel sistema penale dall' eccessivo rigore
and talora fino all' eccessiva rilassatezza. Per grandi e no
bili riforme v' introdusse. Egli e l' Imperatore Onorio proi
birono i combattimenti nei circhi, il ludus venatorius, che
importava la servit della pena; sebbene colui che vi era
condannato continuasse a riguardarsi come privo di ogni
giuridica capacit, quasi come morto (52). Giustiniano abol
senz' altro questa servit, e nella Novella XXII, cap. 8,
cambiando i principi esposti nel titolo de capite deminutione
delle Instituzioni, lasci in retaggio ai posteri questa mas
sima memorabile. Nullum ab irUtlo bene natorum ex suppticio permittimus fieri servum: neque enim mutamus nos
formam tiberam in servilem staluin, qui etiam dudum serventium manumissores esse festinavimus.
In gius nuovissimo adunque, sebbene non sparisse affatto
l' idea della servit della pena inveterata nella mente dei ro
mani giureconsulti, niun condannato si trov altrimenti in
stato di servo. Per consenso quasi unanime degli interpreti,
l' abolizione della servit della pena comprese anche i con
dannati alla pena di morte, e questa pi non trasse seco la
perdita assoluta e completa dei diritti (53).
In gius nuovissimo, come ben noto, spar ancora ogni
differenza fra dominium quiritarium e dominium bonitarium,
e fu abolita la confisca, salvo che per qualche raro caso.
(5i) C. 1. de gioii. Fr 5. pr. D. de boti. damn. Fr. 59. 2. de condit.
(54) Guadagni, Inst. jur. civ. lib. 1. t. 8. cap. 14. n. 6. Forti,
Imt. civ. lib. 2. cap. 10. 1.

36
CAPO III.
DELLA CONDIZIONE CIVILE
DEI CONDANNATI NEL DIRITTO INTERMEDIARIO.
17. Il diritto punitivo presso i Germani.
18. La vendetta individualo, le composizioni, e la categoria delle pene dopo
l'invasione dei barbari.
19. Individuo ex lege: i banniti, diffidati, proscripti.
20. Ai tanniti, diffidati, proscripti, non poteva darsi asilo : confisca del
loro beni.
21. Origine della morte civile.
22. Conseguenze assurde di questa instituzione.
23. La morte civile contraria ai principi razionali della pena.
24. Abolizione della morte civile in Francia, nel Belgio e in Italia.
SS. Condizione civile dei condannati a pene temporanee.
26. L' Interdizione legale o patrimoniale.
27. Abolizione della confisca.
17. Nella vita privata dei Germani fu comune il concetto
religioso della penalit. Verberare, vincere, animadvertere non nist sacerdotibus permissiom nec dueis jussu, sed
vetati Deo imperanti. Il diritto germanico al magistero pu
nitivo aggiunse un elemento che non si appalesa spiccato
nella legislazione romana, e fu il fondamento delle instituzioni penali barbariche ; quello, cio, del valore della persona
offesa dal reato. (1)
Nel diritto germanico si us di una estrema indulgenza
pei crimini. Se la composizione non era pagata, tutto si ri
metteva alla vendetta privata del diritto di punire : contro
i parenti della vittima si pronunciava l' infamia, quando non
1' avessero vendicata. Essi si chiamavano foedosi ed erano
privati della successione. (2)
18. Distrutta l'unit latina, coll'invasione dei barbari presso
(1) Tacito, De morib. german. Walter, Corpus jur. gertn.
wilda, Dir. pen. dei Germani, Halle, 1845?, voi. I. Haererlin, Spe
dii. Saxon. et Suev. jus crim., Berolini, 1838. Pessina, Elem. di
dir. pen. pag. 40.
(2) L. c.

- 37
d noi prevalse lo stesso principio della vendetta individuale,
e l'esercizio del diritto di punire cadde nel pi deplorevole
arbitrio. Il sistema barbarico delle composizioni fu la nega
zione del principio filosofico della pena. Gravi disuguaglianze,
tradizione in gran parte delle stesse leggi romane, si veri
ficarono nell' applicazione , e vissero riconosciute e sanzio
nate dall'uso. Spesso rigori esagerati di pene non armoniche,
distruttive dell'umana personalit, oltrepassarono lo scopo
del punire, e furono la vera espressione o del dispotismo
monarchico o del dispotismo repubblicano.
Qui non ci fermeremo ad esaminare le varie specie di
pene. Si ebbe quasi la stessa sequela di gastighi e di sup
plizi che vedemmo nella legislazione romana, con peggiori
instituzioni giudiziarie e con maggior confusione di poteri e
di giurisdizione.
La pena di morte coi pi terribili mezzi di esecuzione si
applic con vera prodigalit. Alla pena ad metalla, ed a quella
in opus metalti corrispose la pena delle galere: all' interdictio aquae et ignis e alla deportatio, il bando perpetuo o
temporaneo : alla retegatio, sotto la stessa forma, la relegazio
ne o la reclusione in luogo fortificato. Per assicurarsi la con
fessione di reit s'introdusse nei giudizi l'abominevole si
stema della tortura. Nella scala penale si mantennero i
supplizi corporali e le speciali degradazioni ed interdizioni di
atti e funzioni. L'instituto della confisca pei maggiori reati,
come quelli di lesa maest o ribellione, e l' instituto dell' in
famia, qual punto di distinzione della qualit e gravit dei
reati, non che come ragione determinante le interdizioni,
ossia le incapacit al godimento o all' esercizio di diritti ci
vili o politici, furono il naturai portato del sistema e del
suo fondamento giuridico.
I reati che pi si repressero furono quelli di lesa mae
st, di ribellione, e gli omicidi. Gli statuti dei nostri Municipi
contengono severissime disposizioni. Si contingal atiquod
homicidium, vulnus, seu vulnera, dice lo statuto di Firenze,
cum atiquo genere armorum, commilti in civitate Florentiae, seu fieri de die, omnes de populo, in quo latia commitlerentur, et ctiam liabitantes, vel apotheeam tenentes in

38
eo, teneantur currere et clamare contra malefaclorem ci
facere ptdsari campanas Ecclesiae ipsius poputi ad sturmtm et eos prosequi, et capere loto posse, et in fortiam
Communis Florentiae ducere, vet duci facere. Et idem si
tales malefactores evaderunt de loco detieti ecc. (3).
19. Nel medio-evo, con instituto tutto germanico, le condanne
alle galere perpetue ponevano chi n'era colpito ex lege. Ex
lege si ritennero i banniti, diffidati, proscripti, i quali si con
sideravano come pubblici nemici.
I banniti potevano essere offesi e uccisi impunemente,
nel caso di delitto punito colla morte. Damna, injuriae et
maleficia, dicta et facla in persona vet in rebus banniti de
mateficiis ex quo poena mortis ingeralur, perpetuo remanent impunita : et proecssus qui fieret per quemeunque judicem sit nullius ipso jure (4). E i commentatori di questi
statuti, tutto dire, non trovarono esorbitante simile rigore
che giungeva sino alla ferocia (5).
Qualche statuto estese l' impunit anche all'offese contro
i condannati per delitto punito con pena diversa da quella
di morte. Condemnati vero pro maleficio, dice lo statuto
di Faenza, cujus maleficii poena sit mutilationis aticujus
membri, seu erutionis ocuti, possit tibere et impune a quocumque offendi citra tam mortem tatis sic condemnati, et
quod tatis offensio casibus praedictis singula siigutis con
grue referendo remanent impunita (6). Ma per onore
dell' umanit bisogna dire che simili disposizioni non furono
seguite dalla maggior parte degli altri statuti. Diffidatus,
aggiunge lo statuto di Roma, dtra poenam mortis non

(3) Lib. 3, rubr. 156. Lib. 5, rubr. 198.


(4) Statuto di Parma. Lib. 3, cap. 4. Statuto di Roma. Lib. 3,
cap. 16. Statuto di Firenze. Lib. 3, rubr. 156-162-163. Statuto di
Siena. Lib. 3, cap. H-17. Statuto di Rieti. Lib. 2, cap. 43.
(5) Bartolo, in Leg. Ut vim. D. de jusi. et jur. Claro, in
Homic. n. 51. Farinaccio. Quaest 103. n. 8. Menochio, De arbitr.
Lib. 1. Quaest. 90.
(6) Lib. 3, rubr. 21.

39
fossit nec etiam leviter offendi: im /no eum offendens ila
puniatur ui si non di/fidalum offendisset (7).
20. Ninno poteva dar ricetto, sotto minaccia di gravissime
pene, a un bandito, diffidato o proscritto. Et Communilas,
seu Universitas, seu dominus vet co>isors conlrafaciens pu
niatur (8). Da queste pene talora si esentarono i congiunti
pi stretti del condannato, ma purch il loro ajuto si fosse
limitato a dare al colpevole quanto era necessario giornal
mente per vivere. (9).
I cittadini erano tenuti a prendere e consegnare il
bandito, diffidato o proscritto che avessero sorpreso nel ter
ritorio sotto la cui giurisdizione era stato condannato, e or
dinariamente ricevevano un premio alla consegna. Et quaUbet possil sopradictos condemnatos et bannitos capere. Et
quatibet de dictis castris vet viltis teneantur ad ctamorem et
reqmsitionem cuiuscumque clamantis seu requirentis in
eorum castris, viltis et pertinentis eorum et cujuscumquc
ipsorum ire et trahere et solticite persequi et capere
deducere et pulare (10). Tal persecuzione si estese anche
.ai congiunti del condannato nel caso di condanna per rea
to di prodizione (11).
Questi banditi, diffidati o proscritti erano infine privati dei
loro beni in virt di confisca che peraltro, come nella le
gislazione romana rispettava i diritti dei congiunti e dei cre
ditori; mentre d' altra parte apriva l' adito all'annullamento
di tutti quegli atti di alienazione i quali fraudolentemente
avessero diminuito o distolto il patrimonio e lesi i diritti del
Fisco (12).
(7) Lib. 3. cap. 16 cit.
(8) Talora furono puniti perfino colle stesse pene del ricet
tato. V. 1. c. nota 4.
(9) Statuto di Ferrara. Lib. 3. cap. 43.
(10) Statuto di Rieti 1. c. e gli altri citati a nota 4.
(11) Statuto di Ferrara. 4. cap. 14.
(12) Statuto di Ferrara. Lib. 2. cap. 31. 32. 44. Statuto di Fi
renze. Lib. 1 rubr. 46. 48. Statuto di Siena. Lib. 4. cap. 43.
Statuto di Savona. Lib. 2. cap. 58. In quello di Firenze si presu
meva fraudolenta la vendita fatta 30 giorni prima del delitto-

- 40
21. Dall' instituzione dell' individuo ex lege a quella della
morte civile si giunse facilmente. Il Prof. Pessina, nei suoi
elementi di diritto penale rammenta una Costituzione di
Federico secondo, nell' Italia meridionale, la quale stabiliva
che i tanniti, diffidati, proscripli, macchiati d' infamia, aves
sero a ritenersi come morti civilmente. (13) L' uso a poco
a poco generalizz il concetto della morte civile, e si cred
fondata nelle leggi della sapienza romana. Ma sappiamo gi
come dopo l' abolizione della servit della pena queste leggi
sanzionassero solennemente il rispetto alla umana persona
lit; come, anche quando furono pi rigorose, lasciando in
tatti i diritti jurts gentium, contengano utili ammaestramenti
alla barbarie dei tempi posteriori.
22. L' istituzione della morte civile ha dominato assai a
lungo. sopravvissuta alla pi grande rivoluzione dei
tempi moderni, anche quando era universalmente ricono
sciuta contraria al principio filosofico del punire, esorbitan
te, ineguale (14). I legislatori preoccupati della necessita
di conguagliare la perpetuit della pena afflittiva , colla
perpetuit della incapacit agli atti civili, giunsero fino a.
considerare come inesistente , agli occhi della societ ,
colui che n' era colpito ; insomma lo finsero addirittura
morto. Ma la finzione non la pot vincere giammai sul
la realt: anche all'individuo morto civilmente doverono
pur troppo riconoscersi dei diritti, che potenza al mon
do fino alla morte naturale non potrebbe menomare o di
struggere, come quelli agli alimenti, all'integrit della
persona, ad ottenere la punizione delle offese e degli attentati
contro la' medesima, a lavorare e provvedere ai propri biso
gni della vita: anche all'individuo morto civilmente dove
rono riconoscersi dei doveri, come quello di aiutare i suoi
cari, la sua famiglia, di rispettare i diritti di ognuno.
Ponderiamo poi le conseguenze della morte civile. La
(12) Pag. 334 e seg. Poenam com. II. 3.
(14) Dumont, Le Cod. progres. pag. 11. Moliner, Reveu de
dr. fran. anno 1850. Paoheoo, Etudios de derecho pen. t. II. pag.
V07. Nioolini. Proc. pen. par 2. n. 410.

41
legge col dichiarare sciolto il matrimonio dava alla fedelt
gli effetti del concubinaggio (15) ; proscriveva la virt. Coll'aprire la di lui successione, se un giorno veniva ad essere
riconosciuto innocente o graziato, la dichiarazione d' inno
cenza o l' atto di grazia erano una vera ironia ; egli do
veva rientrare in societ senza fortuna come senza fami
glia. Col devolvere allo Stato i di lui beni, sia posseduti al
momento della condanna, sia acquistati in seguito, sanzio
nava l' abominevole diritto della confisca ; escludeva il diritto
di rappresentazione nei figli e discendenti, e in tal modo pu
niva barbaramente gli innocenti pel colpevole.
in questa parola morie civile, esclamava al Tribunato
francese M. Mallarm, che trovasi la fonte di tutti i pretesti
inventati per spogliare in favore del Fisco i condannati, la sua
moglie, i suoi figli ; in questa parola che abbiamo la fonte
di tutti gli imbarazzi, di tutte le assurdit dei ragionamenti
e induzioni in cui si va, paragonando la morte civile alla
morte naturale (16).
23. La morte civile avea caratteri contrari ai principi
razionali del diritto punitivo: e cosi era: 1. indivisibile,
perch non suscettibile di maximum e di minimum, si quanto
alla durata che all'intensit; 2. disuguale e diversamente
apprezzabile, perch per V uomo bene educato e agiato era
eccessiva, per l' ignorante e l' indigente era nulla : 3. imperso
nale, perch colpiva direttamente il coniuge e gli altri mem
bri della famiglia del condannato : 4. immorale, perch pri
vava il padre della sua propriet, e lo sottoponeva all' arbi
trio dei figli e del coniuge.
La morte civile, dice Pellegrino Rossi, degli uomini che si
(15) Lo leggi canoniche posero un freno all'imprevidenza
del legislatore. La morte civile discioglieva il contratto, non di
struggeva il vincolo del sacramento. Sacramentum non est
personarum acceptio apudDeum. Portaxis nell'esporre i motivi
del Codice civile al corpo legislativo francese diceva: Noi abbiamo
creduto che la legge civile non poteva essere cosi inflessibile come
la religione e la morale.
(16) Locr e Fenet, Trav. prepar. t. 7. pag. 19-48.

42
credono sapienti perch giuocano sulle parole, non volendo
chiamarla una pena, ma solo una conseguenza di essa, fu
nella legislazione francese uno dei casi di anacronismo. Chi
potr credere, aggiunge questo giureconsulto, che il titolo
primo del codice civile sia stato promulgato al principio del
secolo XIX, di questo terribile secolo, quindici anni dopo il
1789 ? (17)
Pellegrino Rossi ben riflette. La morte civile negli ultimi
tempi in Francia, come altrove, fu un anacronismo di fronte allo
spirito liberale che andava informando le nuove istituzioni
sorte dalla rivoluzione del 1789. Per, opportuno il ram
mentarlo, fu la influenza potente del primo Napoleone, che
paralizzando il voto con cui questa istituzione fu rigettata
al Tribunato in tempi pi propizi all' abolizione, ne riport
la sanzione dal corpo legislativo (18).
24. La morte civile, negazione dell'umana personalit e della
giustizia, nel Belgio fu abolita dalla costituzione dell' undici
febbraio 1831 (19). In Francia, al momento di rivedere il codice
penale, nell' anno 1832, si torn all' antica proposta di sop
primerla, ma fu mantenuta ancora in vita, ritenuto che fosse
cosa sconveniente riformare radicalmente il codice civile di
scutendo proposte attinenti al codice penale. I progetti di
abolizione si avvicendarono dipoi e calorosamente si discus
sero; nondimeno, soltanto colla legge 8 giugno 1851 si aboli
di fatto rispetto alla deportazione, pena pei colpevoli di reati
politici ; (20) soltanto colla legge 31 maggio 1854 si aboli per
(17) Cours de droit pen pag. 457 e seg.
(18) Alcuni giureconsulti francesi hanno opinato, che la morte
civile fosse rimasta abolita nel diritto intermedio della loro na
zione per preterizione, perch n la legge 16 settembre 1791
n il codice dei delitti e delle pene, di brumaio, anno IV, fan
no parola di questa finzione ; ed oltre a ci, perch gli eredi dei
condannati in contumacia dopo 20 anni, a partire dal giorno della
condanna stessa, potevano ottenere il possesso temporaneo dei
beni per causa d'assenza. V. Desrosiers, Thtfse soutenue a la
facolt de droit de Paris, e aut. da esso citate a pag. 62.
(19) Art. 3.
(20) Art. 3.

43
ogni specie di reati, sostituendo!e-. l'interdizione legale e la
degradazione civica (21).
In Italia nel Regno delle due Sicilie, nel Ducato di
Parma, nel Ducato di Modena e Guastalla, nello Stato pon
tificio pur troppo sopravvivendo all'esempio del Belgio e
della Francia, tenne salde radici sino a che l'unit politica,
foriera dell'unit legislativa, non determin la promulga
zione del codice penale sardo del 1859.
Gli Stati che pi presto videro cancellata dalla loro le
gislazione l' onta di questa instituzione, furono il LombardoVeneto ove furono introdotti i codici dell'Impero austria
co, ben pi razionali dei codici francesi e la Toscana.
In Toscana si dette nel secolo decorso il pi bello e splen
dido esempio di riforme legislative. Colla legge del 30 no
vembre 1786 fu abolita la pena di morte, e ripristinatasi nel
1790 fu rarissimamente applicata. La morte civile, secondo
l' opinione dei pi insigni giureconsulti, sino da questa
epoca fu soppressa per continuare la tradizione del gius ro
mano nuovissimo; inquantoch, sebbene le leggi civili di
sponessero sulla condizione delle persone morte civilmente,
le leggi penali ne tacevano affatto. (22) In ogni modo
certo, che dal rescritto del 1833 e dalla notificazione del 12
aprile 1836 risulta gi abolita pelle condanne alla casa di
forza a vita. Il codice Leopoldino del 1853, monumento vi
vente del progresso delle discipline penali in Toscana, non
va pi oltre della interdizione legale (23).
(21) Dalloz, Repert. V. Droit civils. n. 602. e seg.
(22) Guadagni, Inst. tur. civ. lib. 1. t. 3. cap. 14. n. 6. -Carmignani, Elemen. iur. crim. 1. 1. 80, nota a-PucciONi, Comm.
al cod. pen. tose, sull' art. 16.
'(23) In questa interdizione fu disputa se cadesse la facolt
di testare. Puccioni, Com. cit. sull'art. 15, (pag. 145-157) tenne
l'affermativa. Carmignani, Elem. cit. t. I. 280 osserva, che nella
pratica antica toscana consuetudo invaluit testamentum ab adiudicatis ultimo suppticio posse condi. V. pure Carpzovio, Pract.
crim. Quaest. 135, n. 13. -Claro, Testam. Quaest. 51. n. I. - In
senso opposto sta il chiarissimo Forti, Inst. di dir. civ. n 7. lib.
2. cap. 10. 8.

44
25. Nel suo lungo periodo di esistenza, la morte civile si
equiparata alla morte naturale : mors civitisnaturcUi equiparatur (24). facile adunque il comprendere, che dove
vasi restringere alle condanne alla pena di morte od a pene
afflittive perpetue : nec enim quis ad certum lempus intettigi mori.
Le condanne temporanee alle galere, alla relegazione e
alla reclusione in luogo fortificato importarono, come oggi,
ben minori incapacit. Sicuramente gli individui che n' erano colpiti rimanevano in una condizione degradata : cosi
perdevano l' esercizio di certi diritti di famiglia, come la po
test patria e maritale, la tutela e la cura; come vedremo
pi ampiamente in seguito perdevano la capacit di diritto
pubblico, e quindi le cariche pubbliche di cui erano rivesti
ti, il diritto di testimoniare ecc. Nel rimanente, e riguardo
in specie al loro patrimonio, mantenevano la capacit di ob
bligare ed obbligarsi, di alienare a titolo gratuito od oneroso,
e di testare. I beni dei medesimi non erano soggetti a con
fisca generale : era ammessa soltanto la confisca parziale
per certi reati importanti responsabilit civile per rifaci
mento di danni, sia in favore del leso, sia in favore del
Fisco.
26. L'interdizione legale, o patrimoniale, nei tempi di
mezzo non era organizzata.
Presso di noi, quando diversi Stati della penisola, sul fi
nire del secolo passato e sul principiare del presente pre
sero un pi ordinato indirizzo politico, come si vide tutta
la convenienza di riunire le sparse membra della legisla
zione penale e civile in codici meglio disposti, cosi si com
prese la necessit di dare novello spirito alle discipline giu
ridiche. Il principio dell'uguaglianza fu stabilito come car
dine della giustizia punitiva; la misura e la proporzione
delle pene fu meglio studiata e attuata.
In questo periodo di progresso scientifico, tra l' esorbitante
pena della morte civile, o della perdite dei diritti civili, se
quela della condanna a morte o a pene afflittive perpetue, e i
(24) Farinaccio, Quaest. 34. n. 49.

45
naturali impedimenti all' esercizio dei diritti civili o politici
portati dallo stato di pena, il legislatore fu spinto a ricer
care una media condizione d'incapacit pelle condanne a pene
afflittive temporanee, e dessa fu rinvenuta e stabilita nella
interdizione dei pubblici uffici, detta in Francia degrada
zione civica.
I primi codici italiani il codice delle due Sicilie, il par
mense, l' estense, l' austriaco vigente nel Lombardo-Veneto,
il sardo, il toscano tutti in un modo pi o meno esteso
contengono l' instituzione della interdizione legale qual con
seguenza delle condanne a pene temporanee criminali, pel
periodo della loro durata. E dicemmo in modo pi o meno
esteso, inquantoch il codice delle due Sicilie parla esplici
tamente d'interdizione patrimoniale soltanto: il codice toscano
d' interdizione legale piena, salvo la facolt di testare; il che
ha portato molti giureconsulti a concludere pell' impedimento
all' esercizio di tutti i diritti civili e politici, come se il con
dannato fosse un minore : i rimanenti codici infine, come il
codice francese, d' interdizione legale in genere, senza alcuna
specificazione; il che ha dato luogo a gravi controversie nella
dottrina e nella giurisprudenza per fissarne i limiti. (25)
27 L' abolizione della morte civile generalmente trasse
seco l' abolizione della confisca. Ove per qualche tempo si
mantenne ancora, si restrinse a certi determinati reati pi
gravi, e specialmente a quelli di lesa maest.
In Toscana, per la prima, si attu anche questa riforma.
Sul finire del secolo passato la confisca ivi. pi non esisteva (26);
mentre negli altri Stati continu a sussistere, sebbene in pi
miti proporzioni che per lo passato, come conseguenza della
stessa morte civile. In Francia la Carta del 1814, all'art. 66
dichiar solennemente: La confisca abolita e non potr
pi essere ristabilita. Questa dichiarazione stata ripe
tuta all' articol 67 della Carta del 1830; e fu il principio
(25) V. Ferrarotti, Comm. al cod. pen. sardo, vo1. I. sull' art.
22, e le autorit francesi da lui citate. V. Puccioni, Comm. al
cod. pen. tose- voI. 3. sull'art. 18. id. id.
(26) Forti. Inst. cit. lib. 2, cap. 10. 1, e seg.

46
dell'abolizione generale. Ovunque in seguito si mantenuta
soltanto la confisca degli oggetti di reato: confisca che in
Inghilterra, quando abbiano arrecato la morte di un uomo,
detta deodand.
Tutto ci fu un gran progresso reclamato imperiosamente
dalla giustizia e dalla civilt. La confisca, osserva Pellegrino
Rossi, e una pena immorale: essa ha per scopo quasi inevi
tabile la cupidigia dello spirito di parte e corrompe chi per
s stesso non ancora corruttore o troppo corrotto. D' altra
parte, riducendo all' indigenza non solo il condannato, ma per
via indiretta anche la famiglia di lui, colpisce l' innocente per
ragion del colpevole; l'esaspera senza motivo; lo provoca al
crimine e tende a perpetuare le discordie civili. Se i parenti
infine si mostrano giusti e umani e illusoria, se duri e avidi
d'effetto rivoltante, immorale. (3)
La confisca tal pena che ormai rigetta la dottrina e la
coscienza universale.
CAPO IV.
DELLA CONDIZIONE CIVILE DEI CONDANNATI
NEL DIRITTO VIGENTE
28. Promulgazione del codice penale sardo nelle Provincie d' Italia.
29. Decreto del Luogotenente generale del Re, del 17 febbraio 1861.
30. Questione se gli effetti civili delle condanne debbano regolarsi dal codice
civile o dal penale.
31. Disposizioni transitorie del codice civile.
28. Quando il codice penale sardo, dopo gli avvenimenti
politici dell'anno 1859, fu promulgato nelle Provincie annesse
al Regno Sabaudo, la condizione giuridica dei condannati rest
regolata, se non in modo il pi consentaneo ai progressi
della scienza penale e della civilt, almeno in modo pi uni
forme.
Questo avvenimento fu il primo passo verso l'unificazione
della legislazione penale, sebbene non l' attuasse per intero.
Le provincie venete, infatti, fino al 1870, anche dopo la lo(3J Cours de droit pen. pag. 460 e seg.

47
ro liberazione dalla soggezione all' Austria continuarono ad
essere rette dal codice penale dell' Impero. Nelle provincie
toscane si mantenne in vigore, come si mantiene tuttora, il
codice penale Leopoldino. A ci debbe aggiungersi, che in
varie provincie, e cio nelle napoletane e siciliane, all' atto
della promulgazione il codice penale sardo non and esente
da importanti modificazioni.
L'art. 20 del codice penale sardo dispone: le con
danne alle pene di morte e dei lavori forzati a vita trag
gono seco la perdita dei diritti politici e di quelli specifi
cati nell' art. 44 del codice civile delle antiche provincie
del Regno. L' art. 22, dopo che l' art. 2l ha pronunciata
l'interdizione dai pubblici uffici pelle condanne ai lavori for
zati a tempo, alla reclusione rapporto ai crimini designati
dall' art. 23, e alla reclusione stessa o alla relegazione negli
altri casi dalla legge determinati , aggiunge : Ogni con
dannato alla pena dei lavori forzati a tempo o alla reclusio
ne , sar durante la pena in stato d'interdizione legale, e gli
sar nominato un tutore per agire in suo nome e per am
ministrare i suoi beni colle forme prescritte dalle leggi ci
vili per gli interdetti. Infine l' art. 25 chiude il capitolo
delle disposizioni preliminari al codice penale nei seguenti
termini: I condannati alle pene infamanti (cio alle pene
di morte e dei lavori forzati a vita a senso dell'art. 24) ol
tre alle incapacit portate dall' art. 19 (ossia l' interdizione
dai pubblici uffici) non potranno essere assunti come periti,
n fare testimonianza in giudizio, fuorch per somministrare
semplici indicazioni, e saranno esclusi dalla facolt del por
to d' armi.
29. Il Decreto del Luogotenente generale del Re, del 17
febbraio 1860, cos cambi l' art . 20: La condanna ai la
vori forzati a vita trae seco la perdita dei diritti politici e
fa interdizione patrimoniale. Il tribunale di circondario
dispone gli assegnamenti da farsi alla famiglia del condan
nato e ad altri che vi abbiano diritto. Gli art. 21 e 22
li lasci intatti. L' art. 25 fu modificato nel modo seguente:
I condannati alla pena dei lavori forzati a vita ed i con
dannati a quella dei lavori forzati a tempo pei reati con

48
templati dalla seconda parte dell' art. 23, non potranno es
sere assunti come periti, n fare testimonianza in giudizio,
fuorch per somministrare semplici i ndicazioni , e saranno
esclusi dalla facolt del porto d' armi. Devesi infine av
vertire , che all' art. 24 proclam solennemente il principio
gi riconosciuto dal codice penale toscano, che niuna pena
infamante.
Il decreto luogotenenziale discorda dunque dal codice pe
nale sardo in questi punti : 1 Che non stabilisce alcuna
incapacit riguardo alle condanne alla pena di morte: 2 Che
ha sostituito l'interdizione patrimoniale semplice alla per
dita dei diritti civili a senso dell' art. 44 del codice civile
Albertino, riguardo alle condanne alla pena dei lavori forzati
a vita: 3 Che ha estesa l'incapacit a testimoniare e al porto
d'armi, dai condannati alla pena dei lavori forzati a vita ai
condannati ai lavori forzati a tempo per alcuno dei reati
contemplati nella seconda parte dell' art. 23.
Cos, dopo la promulgazione del medesimo Decreto, nelle
Provincie napoletane e siciliane i condannati alle pene di
morte goderono della piena loro capacit. Tal fatto fu pur
riconosciuto dal compianto Prof. Precerrutti in seno alla
Commissione legislativa pel codice civile, n d'altronde pu
recar meraviglia, se si pensa che la brutale commedia del sup
plizio in effigie, troppo spesso crudelmente rappresentata nei
tempi di mezzo, era ormai proscritta dai codici delle na
zioni civili. Cos i condannati ai lavori forzati a vita pote
rono godere di tutti i diritti civili salvo di quelli di ammi
nistrare e disporre dei propri beni. Questo godimento venne
limitato soltanto per quei diritti rispetto ai quali esercizio e
godimento non potevano disgiungersi, di guisa che l'impe
dimento all' uno importava necessariamente restrizione ed
impedimento all'altro, nei limiti delle leggi. Peraltro, osser
vate come poco il legislatore si curasse di conciliare i punti
modificati cogli altri. Ai termini del Decreto del Luogote
nente generale del Re i condannati alla pena dei lavori
forzati a vita erano sottoposti all' interdizione patrimoniale,
ma i condannati ai lavori forzati a tempo e alla reclusione
restarono colpiti dalla interdizione legale del codice penale

49
sardo che andava allora in vigore. Ecco adunque che nuo
vamente si apr largo campo alle antiche dispute sui limiti
di questa interdizione: ecco adunque che i condannati a pene
afflittive temporanee avrebbero potuto essere assoggettati
a incapacit civili maggiori che i condannati a pene perpe
tue, se la ragione della legge non si fosse posta al di sopra
della sua lettera.
30. Discutendosi il progetto del codice civile sorse questione,
se gli effetti civiti delle condanne penati dovessero o non
determinarsi dalle leggi civili. Il Commissario Precerutti
tenne l'affermativa, i Commissari De Foresta e Restelli ac
colsero invece la negativa.
Gli on. De Foresta e Restelli ben si apposero osservando,
che la perdita o la sospensione del godimento o dell'esercizio
dei diritti civili sono una vera e propria pena, e il regolarne
l'applicazione compito delle leggi penali. Ma ragioni d'op
portunit si elevavano contro il principio astratto e pura
mente scientifico, tanto pi che la condizione giuridica dei
condannati trattavasi di regolarla nelle disposizioni transi
torie. Il vantaggio di unificare la legislazione penale , e
di togliere di mezzo la questione, che altrimenti sarebbesi
senza dubbio sollevata, se gli art. 44 e seguenti del codice
civile Albertino fossero stati o non abrogati, era tale da spin
gere a prendere un provvedimento generale (1). In questo stato
di cose, messo da parte l'articolo del progetto Ministeriale,
secondo il quale la condizione di coloro che per effetto di con
danna fossero incorsi nella perdita del godimento o dell'eser
cizio dei diritti civili, doveva continuare ad esser regolata dalle
leggi anteriori, la Commissione legislativa pel codice civile
ne accolse altro comunicato al Ministro Guardasigilli dalla
Commissione legislativa pel codice penale, cosi concepito :
Sino alla promulgazione di un codice penale per tutte le
(1) Il Comm. Borsari dimanda perch il codice civile siasi taciuto
sulla condizione giuridica del condannato, e se con questo silenzio
sia stata intenzione del legislatore di abrogare le disposizioni
precedenti, o abbia pensato che il luogo di speciali disposizioni fos
se piuttosto nel codice penale. (Dell'azione penale, pag. 606 e seg).
Lo disposizioni transitorie e i motivi rispondono perfettamente.
4

50 Provincie del Regno le condanne alle pene di morte, dell'er


gastolo e dei lavori forzati a vita traggono seco la perdita
dei diritti politici, della potesti patria e maritale, e la in
terdizione legale del condannato, salva per la facolt di far
testamento. (2)
31. Questo articolo adunque di una durate a tempo de
terminato, cesser di avere vigore col verificarsi di un' av
venimento da lungo tempo desiderato, e che vogliamo sperare
non troppo lontano, con sodisfazione generale: cio la pro
mulgazione di un codice penale unico per tutto il Regno.
Le ragioni di tal disposto son ben fatte palesi nella re
lazione al Re, del codice civile. Ivi detto: Se la legisla
zione di un paese deve costituire un complesso armonico,
ciascun ramo di essa ha per il suo peculiare subbietto
ed i suoi razionali confini la cui violazione genera confu
sione e spesso occasione di disposizioni censurabili e di
erronee interpretazioni. Il codice civile obbedendo a questo
concetto, abbandona al codice penale l' ufficio di determi
nare le conseguenze delle pene in ordine alla condizione
giuridica dei condannati, ma finch non vi si provvegga
con un nuovo codice penale necessit riempire tal la
cuna con una particolare disposizione.
Ma qui essenziale la dimanda : le disposizioni transito
rie del codice civile intesero di regolare la condizione giuridi
ca dei condannati allepem di morte, dell'ergastolo e dei lavori
forzati a vita, specialmente indicate, oppure anche quella di
tutti gli altri'? In altri termini, lasciarono, o non, la interdizione
legale, per la durata della pena, pei condannati alle pene dei
lavori forzati a vita e della reclusione, a tenore dell'art. 22
del codice penale sardo ? Il fatto che le stesse disposizioni
(2) V on. Mancini, membro della Commissione legislativa, avea
proposto il seguente articolo: Sino alla promulg izione di un
nuovo codice penale le condanne a pene afflittive perpetue trag gono seco la perdita dei diritti politici, della potest patria e
maritale, l'interdizione dai pubblici uffici e patrimonial1.
Le conseguenze indicate dagli articoli 21 e 22 del codice
penale sardo deriveranno anche nelle Provincie toscane della
condanna alla pena dell' ergastolo e della casa di forza.

v- 51 transitorie hanno avuto per scopo di supplire all' art. 44 del


codice civile Albertino, e quindi di regolare la condizione
giuridica degli individui colpiti dalle incapacit in tale articolo
stabilite, che sono appunto i condannati alle pene di morte,
dell' ergastolo e dei lavori forzati a vita. In seno alla Com
missione legislativa la questione non varc mai questi limiti,
n per verit li ha varcati la lettera della legge : il silen
zio di questa, e la mancanza di una esplicita dichiarazione
sulla condizione giuridica dei condannati a pene afflittive cri
minali temporanee, ci porta naturalmente a ritenere, che il
disposto del citato articolo 22 del codice penale sardo, e il
corrispondente art. 18 , 4, del codice penale toscano, sieno
tuttora in pieno vigore.
CAPO V.
DELL' INDOLE, COSTITUZIONE, ESERCIZIO E CESSAZIONE
DELLA TUTELA DEI CONDANNATI.

32. Udiri del tutore del condannato.


33. Tra quali persone deve scegliersi il tutore.
34. Nomina per testamento o atto notarile: protutore, consiglio di fami
glia, curatore.
35. Incapacit, esclusioni, remozioni dagli urtici tutelari.
30. Obblighi del tutore: inventario, cauzione, ipoteca legale ecc.
37. Cessazione della tutela ex parte tutori*, e ex parte condemnatt,
38. Responsabilit del tutore, del condannato e suoi eredi.
32. Gli uffici tulelari non sono perfettamente identici nelcaso d' interdizione giudiziale e in quello d' interdizione
legale, sia perpetua sia temporanea.
Anzitutto, l' interdizione legale consiste nell' interdizione
patrimoniale gi in vigore nelle Provincie napoletane e si
ciliane. Le incertezze e le difficolt alle quali a prima giun
ta ha potuto dar luogo il confronto letterale tra le dispo
sizioni del Decreto luogotenenziale, del 17 febbraio 1860, mo
dificative dell'art 20 del codice penale sardo, e le disposizioni
dell'art. 22 lasciato intatto, ornai non possono pi sollevarsi.

52
Per convincersene appieno basta osservare: 1 Che le
disposizioni transitorie del codice civile, all'art. 3 dichia
rano tassativamente quali facolt o diritti, oltre i patri
moniali, si perdano a seguito delle condanne a pene afflit
tive perpetue; e, posto il principio dell'interdizione legale, ne
determinano l'applicazione aggiungendo: questa interdi
zione toglie al condannato la capacit di amministrare i suoi
beni, di alienarli, ipotecarli, e disporne altrimenti che per
testamento. Al condannato interdetto legalmente nomina
to un tutore per rappresentarlo e amministrare i suoi be
ni: 2 Che per conseguenza logica e giuridica la condizione
dei condannati a pene afflittive temporanee non pu rendersi
pi grave di quella dei condannati a pene afflittive perpetue,
mentre l'art. 22 del codice penale italiano riguardo agli uffici
del tutore adopera lo stesso linguaggio che l' art. 3 delle
disposizioni transitorie. Qualche dubbio grave pu sorgere
di fronte all'art. 18, 2, del codice penale toscano tuttora
vigente, poich parla d' interdizione legale piena, ma anche
questo dubbio viene a sparire pella ragione di massima or
ora addotta.
Il tutore del minore, oltre rappresentarlo negli atti
civili ed amministrarne i beni, deve aver cura della perso
na di lui; onde egli ha un ufficio di educazione e istruzio
ne, di disciplina e correzione, di aiuto e soccorso (1). Il tu
tore dell' infermo di mente spiega questo stesso ufficio in
riguardo alla condizione di esso, e per quanto la medesima lo
comporta. Invece il tutore del condannato interdetto legal
mente, ai termini del citato art. 3 delle disposizioni transi
torie del codice civile, e dell'art. 22 del codice penale ita
liano, nominato unicamente per rappresentarlo e ammi
nistrarne i beni. A lui dunque manca quel potere che si eser
cita veramente sulla persona di chi soggetto alla tutela;
manca insomma queir ufficio di educazione e istruzione, di
disciplina e correzione, di aiuto e soccorso che nella na
tura dell' instituto della tutela. Tale ufficio, chiaro, va a

(\) Cod. civ. art. 277. 78 279.

53
risiedere nelle persone preposte alla direzione della casa di
pena, per tutta la durata di questa, nei limiti tracciati dai
regolamenti per la emenda e la riforma dei colpevoli.
33. Il tutore del condannato dev'essere nominato nelle
forme prescritte dalle leggi civili per gli interdetti giudi
zialmente e i minori. La scelta deve pur farsi a tenore di
queste leggi. Adunque, tutore del condannato alla pena
dell' ergastolo, dei lavori forzati a vita, dei lavori forzati
a tempo e della reclusione, di diritto il coniuge maggiore
di et. Sono poi tutori di diritto dopo il coniuge il padre,
ed in mancanza del padre la madre; mancando la tutela del
coniuge, del padre e della madre, il tutore dev'essere nomi
nato dal consiglio di famiglia (2). L'avolo e l'avola paterni,
in mancanza di coniuge e di genitori sono di diritto tutori
dei minori, non degli interdetti giudizialmente : quindi non
lo saranno neppure degli interdetti legalmente (3).
Ma la separazione personale causa di esclusione dalla
tutela, quand'anche sia stata pronunciata per colpa del con
dannato? Se il condannato minore di et e quindi sotto tu
tela di gi, il tutore in ufficio cesser al momento della con
danna per far luogo ad altro tutore da nominarsi.9 La
negativa non pu essere mai dubbia. Sulla prima quistione
osserviamo infatti, che il coniuge innocente , bench dalla
legge abbia dei vantaggi sul coniuge colpevole , dessi si li
mitano al diritto ai lucri dotali e ad ogni altro utile dipen
dente dal contratto di matrimonio (4). D'altronde, il disposto
dell'art. 330 del codice civile chiaro ed esplicito: tutore di
diritto il coniuge maggiore di et non separato legalmente.
Sulla seconda questione basta avvisare, che sarebbe inutile e
senza ragione nominare un tutore quando gi esiste e prov
vede a quanto d'uopo. Nella maggioranza dei casi dovrebbesi
scegliere quegli stesso che gi funziona.
34. Pu chiedersi, se il genitore sopravvivente, il quale

(2) Art. 330.


(3) Art. 223. 330.
(4) Art. 156.

54
preveda l'interdizione legale del figlio ci che in specie
facile nel periodo d'accusa come il genitore il quale preveda
l'interdizione giudiziale di lui, abbia facolt di designargli
un tutore per testamento o per atto notarile (5). A questa
dimanda a noi sembra che debba rispondersi affermativa
mente, poich non si ha alcuna ragione che si opponga all'e
sercizio della accennata facolt: anzi in suo appoggio stala
regola generale secondo la quale le norme della legge comune
relative alla interdizione giudiziale debbono estendersi alla
interdizione legale.
Il tutore del condannato, come ogni altro tutore, de
v'essere assistito da un Consiglio di famiglia o di tutela
e da un protutore, a cui sono respettivamenente applicabili
le disposizioni degli art. 249 e seg. 265 e seg. del codice
civile, relative alla nomina, all'esercizio e alla cessazione
del loro ufficio. Supposto che alcuno istituisca erede un
condannato interdetto legalmente, egli potr nominargli un
curatore speciale per la sola amministrazione delle sostanze
che gli trasmette. Sin d'ora, invero, bisogna premettere, che
il condannato col sistema dell'interdizione non diviene mai
incapace di succedere. (6)
35. Le incapacit, le esclusioni e remozioni dagli uffici'
tutelari sono regolate dalle norme stabilite dagli art. 268 e
seguenti del codice civile, alla sezione IV. Le cause di di
spensa dagli uffici di tutore o protutore , da quelle sta
bilite dagli art. 272 e seguenti dello stesso codice, alla
sezione V.
36. Gli obblighi del tutore del condannato sono identici a
quelli del tutore dell'infermo di mente e del minore.
Egli ha l' obbligo di fare l' inventario dei beni nelle for
me e nei termini prescritti dalle leggi civili agli art. 281 e
seguenti. Se nel patrimonio del condannato vi sono stabili
menti industriali o commerciali l'inventario deve compiersi
nelle forme usate in commercio (7). Quando abbia debito o
(5) Art. 43. 331. ult. capov.
(8) Art. 247.
(7) Art. 284.

credito o altro ragioni verso il condannato ha l'obbligo di


dichiararlo sull'interpellazione del notaro, prima che incomin
cino le operazioni relative all' inventario, sotto pena della
decadenza stabilita dagli art. 285 e 2S6. I valori in numera
rio o in carte al portatore e gli oggetti preziosi debbono
essere depositati nella cassa dei depositi giudiziari od in
quella che sia dal Pretore designata, per rimanervi fino a
che il Consiglio di famiglia non abbia intorno ad essi deli
berato '8). Se omette di fare 1' inventario nei modi e nei
termini stabiliti, o lo fa infedele, tenuto al risarcimento
dei danni e pu essere rimosso dalla tutela (9).
Egli prima del compimento dell' inventario devo limitare
la sua amministrazione agli affari che non ammettono di
lazione (10). Appena entrato nel pieno esercizio delle sue fa
colt deve impiegare le rendite del patrimonio del condan
nato che sopravanzino agli assegni della sua famiglia, nella
misura che vedremo altrove. Per tale impiego diviene re
sponsabile di ogni negligenza o colpa, secondo il disposto
dell' art. 291.
Egli soggetto all' obbligo della cauzione , salvo che
la tutela gli sia stata conferita ipso iure per ministero di
legge, e per ci si tratti di persona garantita dalla fiducia del
legislatore (11). I suoi beni sono gravati d' ipoteca legale (12);
senza l'autorizzazione del Consiglio di famiglia, e talora l'o
mologazione del tribunale non pu fare che gli atti di sem
plice amministrazione (13). I titoli al portatore deve farli
(8) Art. 487.
(0) Art. 288.
(10) Art. 289.
(11) Art. 292, 293, 294.
(12) Art. 292. 293. 1069 , n. 3. Su ci stata grave questione
in Francia; e peli' affermativa ha tenuto Duranton t. 19. n 316.
Flandin, Trait. des hypot. ined. Dalloz, Repert. Prioit. et hypot.
p. 1033. naturale: il condannato che soffre gli svantaggi deve
risentire gli utili della tutela. Inoltro la garanzia dell' ipo
teca sta non solo nell' interesse del condannato, ma anche degli
eredi e congiunti.
(13) Art. 06.

56
inscrivere in nome del condannato, se il Consiglio di
famiglia non ne delibera la conversione in altro impiego (14).
Gli stabilimenti di commercio e d' industria constituenti il
patrimonio del condannato debbono essere alienati dal tutore
e liquidati nei modi e colle cautele da determinarsi dal Con
siglio stesso. Questo peraltro pu permettere la continua
zione dall' esercizio per evidente utilit del patrimonio e
dietro omologazione della relativa deliberazione per par
te del tribunale (15). Finalmente, s il tutore che il pro
tutore non possono accettare la cessione di alcuna ragione
o credito verso il condannato n comperare i beni di lui,
n prenderli in affitto senza autorizzazione del Consiglio
di famiglia (16).
37. La tutela ex parte tutoris, o meglio l' uffizio del tu
tore finisce colla sua morte, colla sopravvenuta incapacit,
colla dispensa e remozione dagli uffici tutelari, coll'assenza
anche semplicemente presunta, e colla rinunzia accettata
dal Consiglio di famiglia (17). Nessuno, ad eccezione del
coniuge, degli ascendenti e dei discendenti, dice l' articolo
333 del codice civile, tenuto a continuare- nella tutela
dell' interdetto oltre dieci anni. Con questa disposizione il
legislatore ha avuto per scopo di impedire che la tutela pos
sa protrarsi per un tempo troppo lungo, anche per venti,
trenta, quaranta anni, con vistoso sacrificio del tutore. Ora
pu disputarsi, se sia applicabile alla tutela dell' interdetto
legalmente, ma la disputa resta facilmente risoluta in senso
affermativo, se si riflette che per essa ricorre la ragio
ne della legge: ubi eadem ratio, ibi eadem lex. La dottrina
e la giurisprudenza francese hanno accolto questa opinione tan
to pella tutela dei condannati a pene afflittive perpetue, quan
to pella tutela dei condannati a pene afflittive temporanee.
Ex parie condemnati, vedremo in una parte speciale di
questo lavoro quando cessi la tutela: intanto avvisiamo sem-

(14)
(15)
(16)
(17)

Art.
Art.
Art.
Art.

97. 98. 301.


299.
300.
306. 307.

57
plicemente che cessa per morte, per espiazione della pena,
per assoluzione in un nuovo giudizio di revisione, per amni
stia e per grazia.
33. Finita la tutela, la responsabilit reciproca tra tutore,
condannato o suoi eredi, regolata dagli art. 308 e 309 del
codice civile : quindi, la somma cui ascende il residuo de
bito del tutore produce interessi dal giorno dell' ultimazione
del conto e non occorre che ne faccia dimanda; gli interessi
delle somme che dal condannato sieno dovute al tutore non
decorrono invece se non dal giorno della dimanda giudiziale,
fatta dopo la stessa ultimazione del conto. Le azioni del con
dannato contro il tutore e il protutore, o quelle del tutore
o protutore verso il condannato, relative alla tutela, si pre
scrivono in dieci anni computabili dal giorno della libera
zione o della morte del condannato, salvo 1" azione del pa
gamento del residuo resultante dal conto definitivo, e senza
pregiudizio delle disposizioni relative all' interruzione e so
spensione del corso delle prescrizioni.
CAPO VI.
Della perdita e della sospensione della potest patria
a seguito di condanne penali.
39.
40.
41.
42.
43.

Perdita della potest patria per condanne a pene criminali perpetue.


Opposizione al matrimonio dei figli: dottrina del Ministro Borgalti.
11 diritto romano e il diritto francese.
La dote e le convenzioni matrimoniali dei figli ecc.
Sospensione della potest patria p er condanne a pene criminali tempora
nee: suo speciale carattere.
44. Opposizione al matrimonio secondo il citato giureconsulto: nostre di
scordanze.
45. Opinione del Prof. Pacifici-Mazzoni.
38. I condannati alla pena di morte dell' ergastolo e dei
lavori forzati a vita, noto, sono soggetti alla perdita della
potest patria e maritale.
La potest patria non soltanto un complesso di diritti,
ma anche di doveri. L'educazione, l' istruzione e ravviamen

S
to delle prole ad un arte o professione fi), la correzione f2"),
la rappresentanza del Aglio minore negli atti della vita ci
vile {3), V amministrazione dei di lui beni (4), il consenso
al matrimonio e l'opposizione al medesimo per le cause am
messe dalla legge (5), se sono diritti dei genitori, d'altra parte
sono anche dei doveri imperiosi. Diritti puramente e sem
plicemente sono l' usufrutto legale, salvo nella parte da de
stinarsi al mantenimento, alla educazione e istruzione del
figlio (6), l'emancipazione (7), il consenso all'adozione (8),
la dote (9) ecc.
39. Ma la perdita della potest patria a tenore dell'art 3.
delle disposizioni transitorie, importa la distruzione di tutti
questi diritti e doveri, senza eccezione?
Al Ministero di grazia e giustizia, subito dopo la pro
mulgazione del vigente codice civile fu proposto il dubbio
sul consenso al matrimonio dei Agli e discendenti, giusta gli
art. 63, 64, 65, e l' on. Ministro Borgatti tenne la negativa
in una Circolare ai Procuratori generali del Regno, del 28
ottobre 1866.
11 diritto di consentire al matrimonio dei figli, dice questa
Circolare, non che una conseguenza della potest patria. Ci
apertamente dichiarato nelle Instituzioni al tit. de nuptiis:
Si fili famitiarum sunt, consensum habeant pareiitum quo
rum in potestate suni, nani hoc fieri debere et civitisetnaiuratis ratio suadet. Ci ricavasi luminosamente anche
dalla relazione della Commissione senatoria sul Progetto che
serv di base al nuovo codice civile, ove volendosi giustificare
ia necessit del consenso pei figli maschi sino all'et di ven
ticinque anni, l'onorevole estensore cos si esprime: la leg(1)
(2)
(3)
(4)
(D)
(6)
(7)
(8)
(9)

Ccd. civ. art. 1F6.


Art. 222. 223.
Art. 224.
Art. 224. 225. 226.
Art. 63. 82.
Art. 228. 230. 231.
Art. 3H.
Art 208. 209. 213.
Art. 334 1386.

59
ge che pi largamente confida nell' amore e nell' autorit
dei genitori e degli ascendenti, non fa che conformarsi al
voto di natura, e non da temere che sia abusato un po
tere commesso alla pi benigna e sicura delle autorit, la
paterna. Posto, adunque, che si tratti di atto il quale
derivi dall' autorit paterna, ne discende ovvia la conse
guenza che non lo possa compiere il genitore che per
condanna ha perduto questa autorit. Se la legge ritie
ne che il genitore condannato alla pena di morte, del
l' ergastolo e dei lavori forzati a vita, sia indegno di ave
re la direzione morale ed economica dei figli, ed attri
buisce il pieno esercizio di essa all' altro genitore , ove
esista, ed in sua mancanza costituisce un Consiglio di fami
glia, la ragione della legge richiede, che quel potere, quella
direzione morale cessi anche riguardo all' atto il pi impor
tante della vita civile il matrimonio. Che l'impossibilit di
cui parlano gli art. 63, 64 e 65 del codice civile, debba inten
dersi cosi della fisica o naturale, come della civile o giuri
dica non pu seriamente mettersi in dubbio. E questo il
linguaggio generale della legge; essa ritiene impossibile ci
che vieta e che non pu farsi secondo le sue disposizioni.
40 I principi esposti sono perfettamente logici e giusti.
I testi del diritto romano che da alcuni s'invocano in con
trario riferisconsi al matrimonio delle figlie soltanto; e
non dicono gi che il consenso al loro matrimonio non sia
conseguenza della potest patria, il che contraddirebbe il .
delle Instituzioni de nvptns, tanto esplicito, ma unicamente di
doversi ottenere anche divenute suiiuris, appunto come av
viene in diritto moderno, senza che il diritto del genitore
cambi natura. (10 1
Riguardo al diritto francese, Dalloz riporta alcune sen
tenze pronunciate sotto l'impero della morte civile, le quali
annullarono il matrimonio per mancanza di consenso del
padre (11), argomentando, che la morte civile non poteva
esimere i figli del rispetto verso i genitori. Per se tali sen(10) C. 16. 20. de nuptiis.
(11) Reper. V. Contract de mariag n. 208.

- 60 fenze possono avere avuto ed avere ancora importanza in


Francia, sotto l'impero di una legislazione in cui la condi
zione civile dei condannati si voluta determinare in ba
se all'effimera distinzione tra diritti civili e naturali, non
ne possono avere alcuna presso di noi ove la stessa di
stinzione lettera morta, e il legislatore regola il godi
mento e l'esercizio di ogni diritto con norme certe e precise,
senza lasciar campo a sottigliezze ed equivoci. D' altronde
anche in Francia non sapremmo quanto sarebbe fondata
l'opinione espressa nelle stesse sentenze. L'art. 168 del co
dice civile Napoleone, rispondendo quasi preventivamente
all'obbiezione che naturalmente poteva nascere da ci che il
consenso necessario pei figli maschi eziandio oltre la et
maggiore, che segna il termine ordinario della potest pa
terna, provvede con disposizione speciale per le pubblica
zioni nel caso in cui le parti contraenti od una di esse siano
relativamente al matrimonio sotto la patria potest:
dunque, come giustamente osserva anche l'on. Ministro Borgatti, si fa palese il concetto della legge francese di riferire il
consenso dei genitori pel matrimonio dei figli alla potest
anzidetta, e la medesima per questo speciale ed importante
oggetto si intende protratta oltre il confine ordinario.
41. Dopo ci, cosa a dirsi della dote e delle convenzioni
matrimoniali dei figli del condannato al momento di contrarre
matrimonio.? L'art. 334 del codice civile dichiara che la dote
e le convenzioni matrimoniali dei figli dell' interdetto per
infermit di mente debbono essere regolate dal Consiglio di
famiglia o di tutela. Ora tal disposizione sar applicabile an
che alla tutela del condannato interdetto legalmente ?
Humbert, analizzando l'art. 511 del codice civile francese,
identico all'art. 334 del codice civile italiano, ha opinato
negativamente. Secondo lui l' esercizio della detta facolt im
plica quello di disporre del patrimonio del condannato, ma
il tutore, il Consiglio di famiglia non possono esercitare un
diritto di cui egli ha perduto il godimento. In mancanza di
un eccezione formale della legge 31 maggio 1854, che regola
attualmente la condizione dei condannati a pene afflittive per
petue, crede Egli che la generalit del testo imponga la dura

CI
necessit di riconoscere che l'art. 511 non applicabile
nella specie. (12)
Nonostante l'autorit di questo giureconsulto, a noi sembra
che si pelle leggi francesi che pelle italiane debba accogliersi
diversa opinione. Le nostre disposizioni transitorie, infatti,
come gli articoli 28, 29 e 31 del codice penale francese richia
mano puramente e semplicemente le disposizioni del codice
civile relative alla tutela dell'interdetto per infermit di
mente e dei minori, senza deroga alcuna: per lo che la ecce
zione formale che Humbert vorrebbe che fosse espressa nella
legge, evidentemente vi implicita. Ci avrebbe dovuto pur
Egli intravedere, allorch alfine riconosce che diverso dalla
lettera, la quale vuole interpetrare, dev'essere stato lo spirito
della legge.
Quello che dicemmo della dote e delle convenzioni matri
moniali pu dirsi, del resto, anche degli altri diritti personali,
salvo che la legge, prevedendo il caso d'impossibilit ad eser
citarli, di qualunque sorta essa sia, o fisica, o morale, o penale,
al genitore non sostituisca espressamente altra persona di
stinta da quella del tutore. Cosi invero avviene riguardo
all' opposizione al matrimonio, perch nel caso d'impossibi
lit dei genitori conferisce questo diritto agli avoli e alle
avole, e talora anche ai fratelli e alle sorelle, agli zii e alle
zie, e ai cugini (13). Peraltro, anche il diritto di opposizione al
matrimonio dei figli, sotto il punto di vista delle conseguenze
che il matrimonio stesso pu produrre sul patrimonio del
condannato, ci sembra giusto che il tutore o il curatore
debba aver facolt di esercitarlo in concorso coi sopraddetti
collaterali, previa autorizzazione del Consiglio di famiglia.
Nel rimanente il tutore e il Consiglio di famiglia deb
bono intendersi surrogati interamente nei diritti e nei doveri
del condannato interdetto verso la prole, colle cautele e colle
norme ordinarie. Il tutore del padre tutore di diritto dei
figli: questi adunque sono a lui sottoposti, e su di essi il
tutore spiega gli stessi uffici che sui genitori.
(12) Des conseq. des eondamn. pe'n. retat. ata capete, des per
son, pag. 102. n. 437.
(13) Art. 82. 83,

G2
42. Le condanne alla pena dei lavori forzati a tempo
della reclusione non importano la perdita della potest pa
tria. Nelle nostre leggi esiste una eccezione sola, che pu
estendersi anche alle condanne ad altre pene criminali e
alle correzionali , quella , cio , delle condanne per reato di
eccitamento o facilitazione alla prostituzione o corruzione di
figli minori a tenore dell' art. 423 del codice penale italia
no. Perdutasi per tal reato la potest patria, il genitore non
pu pi riacquistarla, qualunque sia la sua condotta avve
nire, sia anche la pi esemplare.
La legge non dice neppure che quelle condanne importino
la sospensione della ridetta potest; mentre d' altra parte
l' interdizione legale stabilita nel nuovo sistema d'incapacit
civili non pu estendersi oltre i limiti della interdizione pa
trimoniale. Nondimeno un fatto che durante l'espiazione della
pena in loro impossibile quest' esercizio. Privati della li
bert individuale non possono attendere agli uffici pi impor
tanti di genitore. In tale stato di cose un' incapacit si
sussiste, ma un' incapacit naturale, materiale direi quasi,
non un' incapacit giuridica, penale. A noi in conclusione sem
bra, che i condannati di cui parliamo vadano soltanto sogget
ti ai provvedimenti ordinari stabiliti dalla legge pel caso
d' impossibilit reale dei genitori all' adempimento degli uf
fici' di patria potest.
Se la sospensione della potest patria non avviene per
sanzione penale, sibbene per impedimento reale, con
seguenza ovvia che l' incapacit del genitore non debba
intendersi in senso assoluto e generale. Qui pu stabilirsi il
principio, che il padre, cui primieramente attribuita la po
test stessa, o in sua mancanza la madre, nel caso di con
danna penale la quale non ne importi la perdita restano sol
tanto inabilitati a quelle funzioni che trovano ostacolo ad
esercitare per tutto il tempo che la pena medesima dura.
Questo principio trova valido appoggio, oltrech nel
disposto delle leggi che regolano in modo speciale la con
dizione civile dei condannati, nelle norme di diritto comune,
del codice civile. L'art. 104 infatti, quando parla della po
test patria da conferirsi alla madre cos si esprime: se

- 03 il padre non possa ecc. L'espressione generale non possa


comprende tutte le incapacit, ma se non si tratta d'impossibi
lit penale, la quale sia una vera interdizione, esclusione o so
spensione, o d'impossibilit morale, come quella dell'inter
detto per infermit di mente, non pu trattarsi che di una
impossibilit naturale. Ora simile impossibilit non possia
mo estenderla oltre i suoi veri limiti. Il condannato a pene af
flittive temporanee come un padre lontano dalla famiglia,
occupato in gravi affari, se non pu esercitare la patria po
test in tutta la sua estensione, lo pu rispetto agli atti
ai quali la lontananza non pregiudica. La lettera e lo spi
rito della legge non possono trarsi fino al punto di fare
della potest patria una unit indivisibile, di guisa che quan
do ne sia impedito l'esercizio in parte, lo debba essere in
tutto.
La conferma di ci la rinveniamo, nel disposto dell'art. 241.
A tenore di esso la tutela non si apre se non quando am
bedue i genitori sieno morti, assenti dichiarati, o incorsi netta
perdita della potest patria a seguito di condanna penale. Ma
se la tutela si apre quando ambedue i genitori hanno perduta la
potest patria, evidente che quando uno di essi sia morto e l'al
tro condannato, o, cosa rara, ambedue condannati per reato che
non importo questa perdita, i figli non ricevono direttamente
un tutore, e i genitori non sono affatto dimenticati. Questi
figli certamente non si abbandonano nei loro bisogni, e rice
vono il tutore stesso dei genitori, che deve rappresentarli e
provvedere agli uffici dai quali sono allontanati. Ma se
l' ufficio del tutore del condannato ristretto nei limiti del
l' interdizione legale e degli impedimenti reali portati dallo
stato di pena, ae viene appunto per conseguenza che nel ri
manente 1' autorit del condannato stesso verso i figli non
pu considerarsi come estinta o sospesa in ogni sua parte.
I condannati alla pena dei lavori forzati a vita e della reclu
sione sotto quest'aspetto non potrebbero esercitare quel potere
di educazione e direzione che si attiene ai rapporti giornalieri
e all'indirizzo della societ familiare: per essi verrebbe meno
il diritto di rappresentare i figli negli atti della vita civile,
di amministrarne i beni, di goderne in virt dell' usufrutto

04 legale; poich se sono impediti o privati del godimento di


diritti consimili propri della loro persona, tanto pi lo sa
ranno di quelli che loro appartengono per attribuzione spe
ciale della legge: absurdum est ut alios regat, qui se ipsum gerere nequit. Invece eglino conserverebbero il diritto
di prestare il consenso al matrimonio dei figli, di fare ad
esso opposizione per le cause ammesse dalla legge, di eman
cipare e prestare il consenso all'adozione, di stabilire infine
la dote e le convenzioni matrimoniali ; sempre sotto il con
trollo dell'autorit giudiziaria contro l'ingiusto rifiuto o al
tro, secondo le regole generali.
43. A tali idee, non possiamo nasconderlo, si oppone la
citata circolare dell' onorevole Ministro Borgatti. Egli sul
diritto, in specie, di opposizione al matrimonio dei figli, dopo
avere parlato dei condannati a pene perpetue, continua: Vi
sono altre condanne penali che senza togliere la patria po
test ne tolgono l'esercizio; come quelle che producono
una impossibilit giuridica e di fatto all'esercizio medesimo;
tali sono le condanne alle pene che traggono seco l'interdi
zione legale del condannato. Dalle disposizioni che regolano
la interdizione legale risulta che l' interdetto non privato
soltanto dell' amministrazione dei suoi beni, ma perde la rap
presentanza civile e gli viene nominato un tutore, il quale
lo rappresenti in tutti gli atti giudiziali e stragiudiziali nel
modo stabilito per gli interdetti giudizialmente. Non pu
quindi esercitare la patria potest quegli stesso che si trova
soggetto alla tutela; e se l'interdetto legalmente non po
trebbe rappresentare i suoi figli od altrimenti intervenire
pei medesimi negli atti civili, giudiziali e stragiudiziali,
conseguente che si trovi pure nella impossibilit civile di
consentire al matrimonio.
Come vedesi , la differenza di opinione sta tutta nel di
verso apprezzamento dell' indole dell' interdizione legale e
della sospensione dell' esercizio della potest patria. L' ono
revole giureconsulto intende questa interdizione in senso lar
ghissimo; noi invece, con tutto il rispetto a tanta autorit,
l' intendiamo in senso pi limitato, perch cos ci sembra che
risulti evidente dalla legge. D'altra parte, vero che il padre

G5
condannato non pu rappresentare i figli, n intervenire pei
medesimi negli atti civili, giudiziali o stragiudiziali ; ma al
tro la rappresentanza, altro l' esercizio di un diritto pro
prio di autorit, e autorit cos naturale come quella dei
genitori sui figli. Gi ponemmo per principio fondamentale
che al genitore sospeso l' esercizio della potest patria per
tutti quegli atti che in realt non pu compiere, privato
com' della sua libert individuale, e del beneficio di osser
vare da vicino l' andamento della famiglia. Ci chiude l'aditoalle conseguenze vulnerabili dei nostri principi.
L'on. Ministro Borgatti, ricorre anche alla ragione della
decenza e della morale. Sul fine della sua Circolare esclama:
Ognuno vede quanto sarebbe sconveniente l' obbligare i
figli che hanno la sventura di avere un genitore in un re
clusorio, a rivolgersi a quei luoghi di pena per ottenere i
primi auspici alle loro nozze t Come si pu attendere un
consiglio autorevole da un uomo macchiato di gravi reati,
che ne sta scontando la pena, colpito personalmente egli
stesso d'incapacit civile dalla legge? Si aggiunga che la
qualit della pena lo tiene segregato dalla famiglia, e privo
delle comunicazioni sociali; onde non si troverebbe neppure
in grado di procacciarsi le nozioni necessarie per dare o ne
gare ragionevolmente il suo assenso al matrimonio dei fi
gli. Ma pu rispondersi, che contro l' ingiusto rifiuto la
legge accorda il diritto di ricorrere all' autorit giudiziaria:
nel rimanente pi decente e morale un atto di rispetto
verso il genitore, sia pur colpevole, che un atto di ostilit
e di avvilimento contro chi un giorno dovr nuovamente
divenire il capo della famiglia : contro chi il figlio avr
tutto a sperare, n si vergogner di dimandare la succes
sione, solo perch appartiene a un condannato !
44. Sotto altro punto di vista che questo della intelli
genza da darsi al sistema dell'interdizione legale, la Circolare
dell'on. Ministro Borgatti ci sembra inattaccabile. La critica
che ad essa fa il Prof. Pacifici-Mazzoni, dopo aver convenuto in
massima che certe condanne debbono trarre seco la perdita
del diritto di prestare il consenso al matrimonio dei figli,
non la crediamo fondata. Egli infatti, riprendendo lo stesso

6G -
on. Ministro, per avere distinto le pene producenti incapa
cit civili da quelle che danno causa all'interdizione legale,
dice : L' art. 3 delle disposizioni transitorie attribuisce
l' uno e l' altro effetto alle medesime pene. Benvero la di
stinzione potrebbe avere qualche significato in riguardo alle
leggi anteriori, che ad alcune pene attribuissero la forza di
produrre la incapacit civile assolutamente intesa, e ad altre
l'interdizione legale, ma anche a questo riguardo non si di
mentichi la disposizione dell' art. 4 delle medesime leggi
transitorie, che ha effetto retroattivo in quanto alla natura
e alla estensione dell' incapacit (15).
Con tal ragionamento il rammentato Professore non
abbraccia il vero concetto dell' onorev. Ministro. Secondo
questo illustre giureconsulto, producono incapacit civile
(perdita della potest patria) le condanne alla pena di mor
te, dell' ergastolo e dei lavori forzati a vita, pel disposto
preciso dell' art. 3 delle disposizioni transitorie del codice
civile : producono invece la sola interdizione legale le con
danne alla pena dei lavori forzati a tempo e della reclusio
ne, pel disposto dell' art. 22 del codice penale italiano vi
gente. Questa interdizione, siccome temporanea, cio pella
durata della pena, non d n pu dar luogo ad incapacit
vera e propria, ma soltanto a sospensione dell'esercizio della
potest patria. Le leggi anteriori al codice civile che dubi
tativamente il Prof. Pacifici- Mazzoni ammette attribuissero
la forza di produrre l' incapacit civile assolutamente in
tesa, ed altre I" interdizione legale, l' attribuivano difatti,
e l' attribuiscono tuttora perch sono sempre in vigore: dopo
l' anno 1866 non sappiamo che sia stato promulgato un nuovo
codice penale, o sia stata modificata la condizione giuridica
dei condannati a pene criminali afflittive temporanee. Ricor
rere alla forza retroattiva dell' articolo 4 delle disposizioni
transitorie certamente fuor di luogo, poich discutiamo nel
campo delle pene temporanee, e le disposizioni stesse riferisconsi unicamente a quelle perpetue.

(15) Istituz. di dir. civ. voI. I, pag 110.

67
Il Prof. Pacifici-Mazzoni critica l' on. Ministro Borgatti
anche pella distinzione da lui fatta fra perdita della potest
patria e perdita dell' esercizio. Questo avviene perch con
tinua il suo esame in rapporto all'art. 3 delle citate disposi
zioni agli art. 423 del codice penale, 241 e 233 del codice ci
vile, i quali parlano della perdita della potest medesima. Mai
rammenta il sistema di sospensione che realmente esiste
nella legislazione penale, combinato col disposto generico
dell' art. 104 del codice civile, e che contiene evidentemente
implicita la stessa distinzione tra perdita del godimento e
inabilitazione all' esercizio. Restringendo l' esame nei limiti
del codice civile e delle disposizioni transitorie, Egli non po
teva giungere a diversa conclusione (16.
In questa materia essenziale l'abbracciare con un solo
sguardo tutto il sistema penale d' incapacit civili: essen
ziale distinguere pene da pene; altrimenti facile cadere in
incompletezze ed equivoci. Nella legislazione penale vigente
i condannati alla pena di morte, dell' ergastolo e dei lavori
forzati a vita, sono in una condizione diversa da quella dei
condannati alla pena dei lavori forzati a tempo o della re
clusione; e a loro volta quest'ultimi da quella dei condan
nati ad altre pene criminali o a pene correzionali. I primi
sono soggetti a interdizione legale e alla perdita di speciali
diritti civili; i secondi alla sola interdizione legale; gli altri
non sono colpiti da alcuna interdizione della legge, ma na
turalmente lo stato stesso di pena li sottopone a certe inca
pacit o inabilitazioni.

(16) L. c.

R8
CAPO VII.
DELLA PERDITA E SOSPENSIONE DELLA POTEST MARITALE,
E DELLA SEPARAZIONE PERSONALE A SEGUITO
DI CONDANNE PENALI.
iS.
46.
47.
48.
49.
50.
51.
83.
53.
54.
55.

Perdita o sospensione dei diritti d' autorizzazione maritale.


Capacit conseguenziale della donna maritata.
Condanne in contraddittorio e in contumacia.
Perdita o sospensione dei diritti dotali, e di altri diritti di potesi ma
ritale.
La separazione personale si accorda secondo la specie della pena e non
del delitto.
Il divorzio le condanne a pene afflittive perpetue.
Separazione personale a seguito di condanne a pene correzionali.
L' azione civile distinta dalla penale : regole recettive.
Ufficio del Presidente polla conciliazione.
Fatti dimostrativi della conciliazione.
Effetti della separazione personale per condanna penale.

45. Sulla potest maritale sono chiare e precise le di


sposizioni delle nostre leggi.
La potest maritale consiste principalmente nel diritto
d'autorizzazione agli atti civili tassativamente indicati dall'art.
134 del codice civile. E questa autorizzazione un omaggio
all'autorit del capo della famiglia, un pegno dell'armonia
tra i coniugi, una garanzia dell' ordine e degli interessi
della famiglia, non pi una tutela alla fragilit del sesso.
L' art. 3 delle disposizioni transitorie pronuncia la per
dita piena ed assoluta della potest maritale contro i con
dannati alla pena di morte, dell'ergastolo e dei lavori forzati
a vita. L'art. 135 del codice civile esime la moglie dall' au
torizzazione maritale, quando il marito interdetto, senza
distinguere tra interdizione giudiziale e legale (1).
A tenore del citato art. 135 l' autorizzazione non ne
cessaria neppure se il marito sia condannato a pi d' un
anno di carcere, ma la decadenza da si importante diritto
di potest maritale, che colpisce il marito, qui temporanea,
(1) C. S. di Napoli, 20 giugno 1868, Bettini, XX, I. 645.

69
dura cio soltanto per tutto il tempo che egli sta espiando
la pena.
46, Nei casi in cui l'autorizzazione maritale non richie
sta dalla legge, la moglie libera di donare, alienare beni
immobili , sottoporli ad ipoteca, contrarre mutui, cedere
o riscuotere capitali, costituirsi sicurt, transigere o staro
.in giudizio relativamente a tali atti, e compiere tutti quelli
di minore importanza. Essa non ha bisogno neppure d'auto
rizzazione del tribunale, poich l'art. 136 del codice civile
dimanda quest' autorizzazione in alcune circostanze espres
samente determinate, e cio se il marito ricusi l'autoriz
zazione, o se trattasi di atto nel quale vi sia opposizione
d'interessi, ovvero se la moglie sia legalmente separata
per colpa sua, o per colpa sua e del marito, o per mutuo
consenso. Il fatto che il marito sia divenuto incapace per
interdizione o giudiziale o legale, o che sussista separa
zione per di lui colpa non annoverato tra le cause che dan
no luogo all'autorizzazione giudiciale.
L'autorizzazione, in ogni caso, dimandata dalla cele
bra/ione allo scioglimento del matrimonio , ma deve trat
tarsi di matrimonio valido (2). Se il matrimonio sia an
nullato, la mancanza di autorizzazione non pu opporsi
contro chi contratt o stette in giudizio colla moglie. Questo
principio meriterebbe grave attenzione se il matrimonio
fosse annullato per vizio essenziale o errore determinante
il consenso, a causa di condanna criminale ignorata da uno
degli sposi per malizia dell'altro, di cui parleremo tra poco.
47. La legge non distingue tra condanna in contraddit
torio e condanna in contumacia, onde la moglie non ha
unquemai bisogno d'autorizzazione maritale. In contrario
pu osservarsi che le incapacit civili nel caso di condanna
in contumacia hanno il loro principio cinque anni dopo la
pronuncia della sentenza. Allora rammentiamo che questa
annullata soltanto per l'avvenire; essa sussiste per gli effetti
dell' incapacit basata sulla sua semplice pronuncia indipenden
temente dagli effetti di incapacit accessorie, e constituenti una
(2)Demolomb-, III, 120. Avbrte Rau, IV. 122 123 test, e nota 5.

- 70 vera e propria pena as. D'altronde il fatto stesso della contu


macia porta a questa conseguenza, una volta che la legge esime
dall'autorizzazione maritale nel caso di assenza del marito,
senza distinzione tra quella presunta e quella dichiarata, e la
giurisprudenza esime ugualmente nel caso di lontananza,
quando la moglie sia posta nella impossibilit di ottenerla. (3)
Il marito che fugge alle ricerche della giustizia, e di cui si
perdono le traccie dalla pubblica autorit, pu ben sotto questa
rapporto considerarsi in stato tale da essergli impossibile
l'esercizio della autorizzazione maritale.
48. Oltre l'autorizzazione maritale, il diritto d'agire con
tro i detentori della dote, d' amministrare i beni, di riscuo
tere gli interessi, di esigere infine i capitali, possono consi
derarsi come altrettanti diritti di potest maritale. Quindi
non dubbio che ne decadano per sempre i condannati sog
getti alla perdita di essa, ossia i condannati alla pena di
morte, dell' ergastolo e dei lavori forzati a vita a tenore del
l'art. 3 delle disposizioni transitorie del codice civile. Quanto
ai condannati a pene criminali temporanee, come i lavori
forzati a tempo e la reclusione, la legge dice che loro so
speso l' esercizio dell'autorizzazione maritale, elemento prin
cipale della potest stessa, e tace dell'esercizio di altre facolt.
Nondimeno anche la sospensione di questo conseguenza na
turale della interdizione legale, per la ragione che tutti i ram
mentati diritti sono relativi all' amministrazione del patri
monio della moglie, la quale non pu esser lasciata a chi
privato di quella del patrimonio proprio.
Quando si tratti di condanne a pene criminali, che non im
portano interdizione legale, o a pene correzionali, il marito
veramente non perde la capacit di esercitare tali diritti, se
non personalmente almeno in virt di persona delegata; ma
il passaggio della potest patria dal marito alla moglie, ci
porta a concludere che in questa sola abbiano a risiedere per
provvedere ai bisogni principali della famiglia, e pel retto
andamento della medesima.
(3) Laurent, III, 127. Marcad, sull'art. 222. C. d'ap. di To
rino, 3 marzo 1868: Annali di giurisprudenza, 1868, II pag. 292.

71
49. Le condanne penali possono anche dar luogo a sepa
razione personale. La separazione personale, dice l'art. 151
del codice civile, si pu dimandare contro il coniuge che sia
stato condannato ad una pena criminale, tranne il caso che
la sentenza sia anteriore al matrimonio, e l' altro coniuge
ne fosse consapevole .
La separazione personale determinata dalla specie
di pena, senza riguardo alcuno alla natura e alla specie del
reato (4). Eppure le pene si trovano in certi riguardi si poco
in armonia col sentimento pubblico sul grado d' immoralit
dei fatti pei quali si applicano, che chi punito con pena
criminale spesso non decade dalla stima pubblica pi d' altri
che punito con pena correzionale.
A noi sembra contrario alla giustizia e all'equit, che in
ragione della condanna possa ottenere la separazione persona
le il coniuge dell'uno e non il coniuge dell'altro; e cosi ad
esempio che possa ottenerla il coniuge di chi sia stato con
dannato, per abuso di potere pubblico, alla interdizione dai
pubblici uffici, e non il coniuge di un miserabile che sia
stato condannato, per furto, falso o attentato ai costumi,
a cinque anni di carcere.
Vero che si introdotta una giurisprudenza benigna,
la quale tende a riconoscere nel fatto di una condanna di
qualche entit un' ingiuria grave alla moglie, causa essa
pure di separazione personale; per questa giurisprudenza non
pu supplire in tutti i casi alla incompletezza della legge, e
in ogni modo al di l di certi limiti pu ben dar luogo ad
una strana applicazione di principi (3). Qui, meglio che un
(4) Col nostro sistema non vi diritto a dimandare la sepa
razione personale per condanna a causa di crimine, quando ad esso
siano state applicate pene correzionali. V. Allemand, Du Moriage, n. 1?76, e altri in Dalloz. 1 c. La separazione personale
non pu essere dimandata fino a che la condanna non sia dive,
nuta irrevocabile: l'accusa non basta. Contr. Pigeau t II. pag. 588.
.5) Dalloz, Itepert. V. Separation des corps, n. 98 e seg. La
Corte di Grenoble decise (24 gen. 1865, D. P. 65.2. *i0) che non co
stituisce ingiuria alla moglie, la condanna per reato di falso ii\
scrittura di commercio.

-72Uisposto tassativo di legge potrebbe bastare all'uopo un di'


sposto generico, che permettesse al magistrato l'esercizio del
suo prudente arbitrio, e meglio assolutamente sarebbe il prov
vedere non soltanto secondo la specie della pena, ma anche
del reato.
50. Oltre a ci, la separazione personale, specialmente
quando si tratti delle maggiori condanne criminali, delle
condanne, cio, che importano l' interdizione legale e la per
dita della potest patria e maritale, non che un sol
lievo incompleto alla triste condizione del coniuge. in rap
porto a queste condanne penali che l' instituzione del divor
zio, non temiamo il dirlo, ci si presenta ragionevole, salu
tare e benefica. Oggi dopo la separazione, il coniuge del
condannato resta ancora oppresso da ci che i nostri pre
giudizi riserbano d'umiliante ai congiunti di lui. Colla sepa
razione personale la legge si rende complice di questi pre
giudizi e vi sottomette senza distinzione i due coniugi. Noi
non possiamo persuaderci, e il caso non troppo raro, che
donna giovane, educata e doviziosa debba continuare a por
tare il nome di chi la opinione pubblica e la legge stessa,
colpisce d' infamia,- di chi la societ rigetta per sempre dal
suo seno con disprezzo e riprezzo. Meglio renderli estra
nei l' uno all'altro; meglio distruggere un vincolo che or
mai non pu dar pi alcun frutto se non d' immoralit, di
dolore, di colpe e d' infamia. Con questo, credasi pure, la sociel non croller, non sar distrutta!
51. Alcune condanne a pene correzionali, anche nel vigen
te sistema legislativo possono essere di fondamento alla
dimanda in separazione personale; e sono appunto quelle
per adulterio, eccessi, sevizie e ingiurie gravi sulla persona
del coniuge, ai termini dell'art. 150 del codice civile.
Onde il marito possa dirsi adultero non ignoriamo essere
necessario che mantenga la concubina in casa, o notoriamente
in altro luogo, o che l'adulterio stesso sia accompagnato da
circostanze tali che il fatto costituisca una ingiuria grave
alla moglie; come se fosse sorpreso in flagrante concubito,
o si mostrasse in pubblico con la concubina ecc. (6).
(6) Relaz. Vigliami, pag. 56.

73
Per eccessi, in senso proprio, s' intendono gli atti i quali
sorpassano il modo di agire calmo e civile: nel senso speciale
della legge sembra invece, che siasi voluto accennare agli at
tentati, i quali mettono in pericolo l' integrit della persona
e la vita del coniuge contro cui sono commessi. Per sevizie
s'intendono gli atti di crudelt e di durezza meno gravi e vio
lenti degli eccessi, e in generale tutti i mali trattamenti: per
m inaccie, gli atti e i movimenti severi di mano e di testa,
e le parole con cui si vuol far temere gastigo e vendetta:
per ingiurie, infine, tutti gli atti (ingiurie reali) o detti
(ingiurie verbali) lesivi dell'onore e della considerazione, o
dimostrativi di odio, avversione o disprezzo. Per gli ecces
si, nel senso sopra indicato, costituiscono sempre in modo
assoluto una causa di separazione personale: le sevizie, le
minaccie e le ingiurie debbono essere gravi; e il giudizio
su questa gravit nell' incensurabile arbitrio del giudice,
secondo l'entit delle medesime, la qualit e condizione delle
persone, le abitudini ecc. Ma su ci rimandiamo utilmente
ai civilisti che si occupano di proposito e lungamente della
materia (7)
52. Pei fatti indicati l'azione civile distinta dalla penale:
l'ima non esclude l'altra (8). Nondimeno, per regola, la cosa
giudicata in criminale ha influenza in civile, potendo servire di
base alla dimanda per separazione personale (9); sebbene
l' azione di danni sperimentata nel procedimento criminale
non possa riproporsi nel giudizio civile (10).
La dimanda in separazione personale a causa di condan-

(7) Laurent, HI, 194 Legge, anno 1871 pag. 283, nota 1. C.
S. di Torino, 16 marzo 18fi8.
(8) Vazeille (t. II, n. 539) ha opinato, che il marito il quale
abbia fatto condannare la moglie per adulterio, non possa di
mandare la separazione personale. Questa sarebbe un' eccezione
ingiustificabile alla regola generale che tiene distinta l'azione
penale dalla civile.
(9) Dalloz, Repert. V. Chose juge n 544 e seg. V 0 Separation des corps, n. 93 e seg. , colle autor cit.
(10) Demoi.ombe, IV, n. 417.

Tl
na penale dev'essere accompagnata dalla copia della relati
va sentenza, con un certificato della Cancelleria della Corte
di Assise, o della Corte di appello o del tribunale che at
testi non essere suscettibile di riforma in via legale. La pre
sentazione di questa copia e di questo certificato non dispen
sa da ogni altra formalit del giudizio; l' instanza dovr es
sere istruita e decisa secondo le regole ordinarie (11).
53. Ma il Presidente prima di rimettere le parti al tri
bunale dovr tentare la conciliazione di che all' art. 808
del codice di procedura civile? E nel caso affermativo a rag
giungere lo scopo avr egli il pctere di far comparire per
sonalmente ambedue i coniugi, e cosi anche il condannato
durante l'espiazione della pena?
La legge impone in modo assoluto l' ufficio della conci
liazione e la comparsa personale, senza distinguere caso da
caso. Certo il buon esito sar difficile : specialmente quando
si tratti di condanna perpetua noi non possiamo aspettar
ci troppo spesso atti di eroismo e di abnegazione la pi gran
de. Ma nelle vedute del legislatore ci sembra che sia stato il
tentare ad ogni costo (12).
54. Questione pi grave pu sorgere sul punto di sape
re, se possa proporsi con effetto l'eccezione di riconciliazio
ne a tenore dell'art. 153 del nostro codice civile.
Alcuni giureconsulti hanno ritenuto la negativa argomen
tando cos. La riconciliazione suppone un grave dissenso,
una rottura di rapporti dopo l'adulterio, gli eccessi, le sevi
zie o le ingiurie gravi; la condanna penale invece non im
plica nulla di simile; il coniuge del condannato pu per ge
nerosit o per un resto di simpatia continuare a trattarlo
affettuosamente senza che siamo autorizzati a indurre che
abbia inteso di rinunciare ai suoi diritti (13). Questa argo(11) L'art. 261 del codice civile Napoleone rispetto al divorzio
dichiarava bastare la sola presentazione della copia della sen
tenza e del certificato della Corte d'Assise. La dottrina e la giuri
sprudenza furono per divise. V. le autor cit. da D.vlloz V. Sepa^
rotion des corps n. 98.
(12) Contr. autor, cit. al n. 8.
(13) Dai.loz, 1. c. n. 105.

mentazione, non pu negarsi, di molto valore, ma le con


seguenze ci sembrano troppo rigorose ed assolute. I motivi su
cui si fonda il citato articolo 153 ci convincono che i fatti iso
lati di riconciliazione, ordinariamente ammessi come fonda
mento del rigetto delle azioni, sono insufficienti per far re
spingere la dimanda originata da condanna penale. Per que
sto per non dobbiamo ritenere che i tribunali restino priva
ti del diritto di apprezzarla, e che il loro ufficio si fermi a
verificare se il titolo sul quale si appoggia esiste o non.
L'art. 151 sanziona un diritto del coniuge del condannato;
costui pu rinunziarvi espressamente o tacitamente, e delle
circostanze di rinuncia, che valgano a dimostrare la con
ciliazione, giudice il magistrato (14).
55. La separazione ammessa per causa di condanna, natu
ralmente costituisce in colpa il coniuge condannato: egli
sottoposto alle conseguenze dannose di che all'art. 204, ossia
alla perdita dei lucri dotali e di tutti gli utili derivanti dalle
convenzioni matrimoniali; dell' usufrutto legale sui beni
dei figli ecc.
CAPO Vlll
DELLA CAPACIT DEI CONDANNATI A CONTRARRE MATRIMONIO
E DELLO SCIOGLIMENTO DI ESSO PER CONDANNA
ANTERIORE.
36.
57.
88.
59.
CO.
61.
62.
63.
C4.
65.

Le condanne penali non figurano tra gli impedimenti al matrimonio.


Eccezioni per alcune condanne in contradittorio o in contumacia.
Forine e conseguenze del matrimonio del condannato.
Opposizione del tutore,
Errore sulla persona a causa di condanna anteriore al matrimonio.
Principi dei giureconsulti francesi e italiani.
Scioglimento del matrimonio.
La recente giurisprudenza francese.
Obbiezioni della dottrina e confutazione di esse.
Matrimonio putativo.

56. I condannati possono contrarre matrimonio ?


Il codice civile all' art. 62 fa un impedimento dirimente
(14) Id id. n. 2j3.

70
dell' interdizione. Ma al senso generale della parola interdizione,
che comprende s l' interdizione giudiziale che l' interdi
zione legale, suppliscono le disposizioni transitorie al codice
civile, e il codice penale stesso, in modo da potersi ri
tenere che la sola interdizione giudiziale per infermit
di mente costituisce impedimento al matrimonio. Le cose gi
dette sull' estensione dell'interdizione legale nella vigente
legislazione trovano qui nuovamente il luogo opportuno. Se
le leggi penali non hanno pronunciata interdizione alcuna,
questa non pu da noi troppo leggermente ammettersi per
far rivivere una incapacit la quale fu una delle cause
dell'abolizione della morte civile. L'interdizione legale re:
golata da speciali disposizioni, e secondo esse non ha per og
getto di togliere al condannato il godimento di tutti i diritti,
sibbene il solo esercizio di quelli espressamente indicati, e
di qualche altro a causa della condizione medesima di chi sta
espiando la pena. Ora che diverrebbe questa distinzione e
questa restrizione, se al condannato fosse negata la facolt
di maritarsi? Certo oltre l'esercizio sparirebbe anche il go
dimento, perch il diritto di matrimonio non pu esercitarsi
coll' intermediario di un tutore (1).
57. Soltanto eccezionalmente, in altro ordine d'idee, a tutela
cio della pubblica moralit, l' art. 62 del codice civile re
stringe la capacit, disponendo, che chi fu convinto reo o
complice di omicidio volontario commesso, mancato, o ten
tato sulla persona di uno dei coniugi non pu unirsi in sia
ti) Le leggi ecclesiastiche annoverano tra gli impedimenti di
rimenti quattro specie di crimini. Primum est solum homicidium: secundum homicidium cum adulterio; tertium adxdterium
solum cum promissione matrimonii de futuro: quartum adulterium solum cum atio matrimonio contracto. Ferrari, Bibliote
ca, lett. I. Impedim. matrim. t. 4, pag. 67.
Il 12 della legge matrimoniale dei cattolici, gi vigente nel
Lombardo-Veneto sotto la dominazione austriaca, proibiva di
contrarre matrimonio al condannato a morte od al carcere duro,
dal momento della intimazione della sentenza fino all'eventuale
condono, e respettivamente fino a cbe durasse il tempo di pena
(Tolomei, Eleni, di dir. pen. , pag. 3 10).

77

trimonio coll' altro. Il codice civile Napoleone sancisce gli


stessi principi agli art. 29 e 31 (2).
Con questo impedimento dirimente, assoluto, il legislatore
ha inteso di prevenire certi reati, ai quali un individuo
preso da violenta passione potrebbe facilmeute essere spinto,
sperando di poter contrarre matrimonio col coniuge della
vittima. Oltre a ci, egli ha inteso d'impedire il ributtante
spettacolo di un vincolo matrimoniale con il reo o complice
dell' omicidio mancato tentato o consumato sulla persona
dell'altro.
L'omicidio dev' essere volontario, doloso, perpetrato a
sfogo di passione: non basterebbe che fosse invece commes
so per colpa, forza maggiore, legittima difesa, in obbedien
za alla legge, senza alcun discernimento. Quando sia concor
sa l' intenzione delittuosa, non necessario che sia stato di
retto a rendere possibile il matrimonio, n che sieno preesi
stiti rapporti adulteri (3). L'omicidio, quand' accompagnato
semplicemente da una circostanza di scusa, come quella del
la provocazione, della ubriachezza ecc., non cambia natura: il
suo titolo d' essenza sempre quello d' omicidio volontario,
doloso; per cui costituisce sempre impedimento al matrimonio.
Le ferite che cagionano la morte nei quaranta giorni
susseguenti, essendo dall' art. 541 del codice penale italiano
vigente equiparate all'omicidio, vanno soggette alle stesse
regole. Il dubbio pu sorgere rispetto all' omicidio preter
intenzionale , nel caso, cio, che l'effetto abbia sorpassato
l' intenzione dell' agente, sia che fosse sia che non fosse pre
vedibile: ma la lettera della legge se non interamente la
ragione morale e politica, ci spinge ad abbracciare la opi
nione meno rigorosa ; perocch la parola omicidio sus
seguita immediatamente dall'altra volontario di guisa che,
(2) Questo impedimento deriva dal diritto canonico. Et hoc
criminis impedimentum , dicono gli scrittori ecclesiastici, non
est inductum jure naturae, vel divino, utpote in David, qui
post adulterium et vccisionem Uriae, ducit ejus uxorem Bethsabaeam, sed solimi in jure ecclesiastico > Ferrari, 1 e.
(3) Bianchi, vo1. II. pag. 66. Processi verbali, 6. I.

78
nel reato consumato, la volontariet elemento essenziale
come nel reato tentato e mancato.
Il rapporto di complicit, s'intende bene, dev'essere di
complicit reale, diretta all' omicidio; non pu essere impe
dimento al matrimonio la complicit successiva, posteriore,
cio, al delitto , consistente nel favoreggiamento all' oggetto
di far sparire le traccie del meJesimo. Su questi principi
torneremo allorch si verr a parlare dell'indegnit alla suc
cessione a causa di crimine.
Per causa d' omicidio , sebbene la legge noi dica espres
samente, l' incapacit non vien meno quando si tratti di con
danna in contumacia: e anzitutto, per le ragioni dette a pro
posito della autorizzazione maritale ; secondariamente, perch
l' art. 62 capov. del codice civile stesso dichiara, che durante
l'accusa la celebrazione del matrimonio tra persone addebi
tate dei rammentati reati deve essere sospesa : e noi certo
non possiamo porre il condannato in contumacia in miglior
condizione dell' accusato. La ragione morale e giuridica evi
dentemente ci soccorre nella nostra opinione.
58. Ma il matrimonio di un condannato, durante l'espia
zione della pena, non pu aver luogo senza gravi cambia
menti nelle forme e nelle conseguenze del contratto.
Nelle forme. 1. Le pubblicazioni di matrimonio, dice
I' articolo 71 del codice civile, debbono farsi nel Comune di
residenza degli sposi. Questa disposizione ha senza dubbio
voluto riferirsi al caso ordinario di matrimonio di persone
in stato di liberta, non gi a quello, che sar ben raro,
di matrimonio di un condannato durante l' espiazione della
pena. Nell'ultimo caso la dimora nel bagno o nel carcere,
essendo forzata, non pu considerarsi come residenza legale,
come fatto, cio, il quale possa utilmente dar luogo alle pub
blicazioni nel Comune in cui situata, e quindi dovranno
farsi invece nel Comune di ultima residenza del condannato
prima che subisse la condanna, e soltanto per mezzo di per
sona munita di mandato speciale ed autentico
2. Il
matrimonio non pu celebrarsi nella sala comunale e pub(4) Cod. civ. , art. 37.

79
blicamente dinanzi 1' ufficiale dello stato civile del Comune
ove uno degli sposi ha il domicilio o la residenza (5). Il con
dannato si trova in uno dei casi d' impedimento , di portarsi
alla detta sala, ammessi dall' art. 91 , e perci il segretario del
Comune del luogo in cui egli recluso, e ivi alla presenza di
quattro testimoni dovr procedere alla celebrazione, previa dele
gazione per parte dell'ufCciale dello stato civile del Comune del
luogo di ultima residenza, ai termini dell'art. 94.
Nelle conseguenze. 1 11 matrimonio del condannato na
turalmente non importa l'obbligo della coabitazione, n quello
dell'ordinaria assistenza, salvo nei limiti che il permettano i
regolamenti penitenziari e carcerari (6). L' obbligo invece della
fedelt non viene meno perch assunto necessariamente e volon
tariamente nel contratto matrimoniale n d' impossibile adem
pimento. Noi sappiamo che desso sussiste anche tra coniugi
giudizialmente saparati, allorch il vincolo morale e giuridico
quasi si rompe; tanto pi adunque dovr sussistere tra coniugi,
sebbene uno di essi sia condannato e stia espiando la pena, al
lorch tal vincolo ancora integro, e anzi stabilito in contem
plazione della di lui condizione. 2. Lo sposo in stato di libert,'
se l'altro sia condannato ad una pena importante l' interdizione
legale, , come fu visto, il tutore di lui ; ne amministra i beni
e lo rappresenta in tutti gli uffici da cui allontanato ; esercita
la patria potest; e se condannato il marito, la moglie pu fare
tutti gli atti della vita civile senza bisogno di autorizzazione n
maritale n giudiziale (7).
Nel rimanente il matrimonio del condannato soggetto alle
stesse formalit, e deve riunire le stesse condizioni di validit
di ogni altro : pu anche essere impugnato secondo le norme
comuni.
59. Pu dimandarsi, se il condannato interdetto legalmente
abbia bisogno, per contrarre matrimonio, del consenso del tu.

(5) Art. 631.


(6) Art. 138.
(7) V. capo antecedente, n. 46.

80
tore ; e se questi possa fare opposizione al matrimonio in virt
dell' ordinario potere accordato ai tutori dall' art. 84 del codice
civile. A questa dimanda noi crediamo poter rispondere af
fermativamente. Il tutore dell' interdetto deve infatti curare e
amministrare i beni di lui, e rappresentarlo negli uffici da cui
rimosso : per, il matrimonio del condannato potendo avere gravi
conseguenze sul patrimonio, il tutore che appunto lo deve curare
e amministrare sotto questo aspetto pu presentarsi come legit
timo oppositore.
Per la stessa ragione il tutore del condannato pu intervenne
a regolare le convenzioni matrimoniali o attaccare di nullit
quelle che gi sieno state fatte senza la sua autorit.
60. Ma, posto che il condannato sia capace a contrarre ma
trimonio, una condanna pu esser causa di annullamento del
medesimo, quando sia stata celata con malizia ed inganno dallo
sposo contro cui fu pronunciala ? La difficolt per risolvere la
controversia tutta verte sul punto di vedere, se un matrimonio
contratto con tal malizia o inganno sia affetto, o non, da errore,
a senso degli art. 105 e 100 del codice civile.
I giureconsulti francesi discussero a lungo e discutono ancora
qual significato debba attribuirsi alla espressione errore nella
persona dell'art. 480 del codice civile Napoleone ; e per verit
sono andati in opposte opinioni (8). Il nostro legislatore, riprodu
cendo all'art. 105 questa stessa espressione, lettteralmente non ha
tolto tutti i dubbi e le incertezze.
Allorch si discuteva il codice civile vigente, il relatore
del Senato, l'onorevole Vigliani, toccando della nullit derivante
da errore nella persona osserv quanto segue. Il Progetto
diceva a: quando vi fu errore essenziale. L' addiettivo es
senziale che fu probabilmente inserito per dissipare le ambi
guit e le dubbiezze che taluni pretesero di trovare nella
espressione errore nella persona adoprata dal codice ci
vile Napoleone, sembr alla Commissione poter riuscire al re
sultato contrario, cio ad accrescere le incertezze e ad aprire

(8) D*i tot, Repert. V. Contract de mariage, n. 40 e seg.

81
un nuovo campo a disputare quale errore fosse essenziale.
Per queste considerazioni si soppressa la parola essenziale
coll' intendimento che il solo errore il quale cade sulla iden
tit della persona di uno dei contraenti dia luogo all' annul
lamento del matrimonio. L'errore sopra qualsiasi qualit o
tsica o sociale della persona, non dovrebbe mai costituire un
motivo di nullit.
61. Questa rigorosa interpretazione dell' art. 105 in que
stione, non coerente allo spirito della legge stata respinta
dalla dottrina e dalla giurisprudenza (9).
Il Prof. Saredo ed Huc hanno osservato, che qui devesi
distinguere tra errore che esclude o distrugge il consen
so e errore che semplicemente lo vizia; e perci ripren
dono l' on. Vigliani per aver dimenticata questa distinzione.
Non fu per caso , nota lo stesso Prof. Saredo, che la locu
zione errore nella persona stata adoperata di prefe
renza all'altra errore sulla persona la quale pareva pi
naturale. Questa locuzione si riferisce manifestamente alle
qualit chiamate dai canonisti redundantes in personam;
cio essenziali o sostanziali, che sono in qualche modo in
tegranti della persona, per cui l'errore sopra una di esse
cade sulla persona stessa (10). Tali qualit sono quelle che
sono cosi aderenti alla persona, che la loro presenza
sempre presunta, e lo spirito non se ne preoccupa mai, es
sendo portato a credere naturalmente che esse esistano. Ma
appunto per questo, conclude, appunto perch l' esistenza di
queste qualit presunta, tanto naturale, la loro assenza
fa che non si sarebbe sposata la persona, se si fosse saputo
che ne era privata.
Gli esposti principi furono pur quelli della Commissione
(9) C. S. di Torino, 9 maggio 1870; Annati di giurisprudenza,
IV, p. 436.
(10) Trattato di cod. civ. pag. 477 e seg.
Error circa quatitatem , dice Vane spen , dicitur reduntlare in personam quando animus conlrahentis sic fertur in certam qualitatem, ut impticite notit personam, si ipsi desit qualitas
in qua errat. > (Iuris eccles. Pars II, tit. XIII., cap. III. n. 5.)
6

82
di coordinazione del codice civile, in quanto che nel processo
verbale leggeri : Riguardo all' art. 105 un Commissario
osserva, che la Commissione Senatoria aveva eliminata la
parola esseizinle che si leggeva nel Progetto del Governo ;
egli non ha difficolt di accettare questa soppressione, poich
sussiste sempre il concetto che l' errore pu cadere tanto
sull'identit della persona quanto sulla qualit della mede
sima : ma non potrebbe mai consentire al motivo che di que
sta soppressione ha dato la Commissione Senatoria nella sua
relazione, inquantoch questo motivo restringerebbe troppo
la portata della disposizione di quest'articolo, limitandolo alla
sola identit della persona ed escludendo qualunque errore es
senziale, quantunque possa viziare il consenso : il che sarebbe
contrario al vero concetto del medesimo articolo ed alla giu
risprudenza.
62. In conclusione adunque, la risoluzione della controversia
tutta dipende dal vedere se la qualit di persona integri sta
tus, che non abbia subito condanne penali, sia qualit essen
ziale e integrante della persona o non piuttosto accidentale
e secondaria.
Nella relativa ricerca fa d'uopo riferirsi alla distinzione
delle pene.
Le pene criminali, accompagnate dalla interdizione legale,
certo compariscono quali cause degradanti la coudizione civile,
e perci possono essere causa di errore nella persona in
senso giuridico, di errore, cio, nelle qualit essenziali e in
tegranti la personalit civile. Quando le condanne relative
sieno state dolosamente taciute, e uno sposo sia stato ingan
nato, per presunzione juris pu ritenersi escluso o distrutto
il consenso e il matrimonio annullabile.
Le altre pene criminali e le correzionali nella conscienza
pubblica come nel sistema della legge non attaccano questa
condizione civile, e perci possiamo giungere a diversa con
clusione. Rispetto alle condanne a tali pene, data anche la
ci rcu mvenzione e l'ignoranza dello sposo, la presunzione
juris di errore sostanziale, di vizio insanabile del consenso
non ammissibile, perch contraria a ci che ordinariamente
avviene. Qui il determinare se siavi stato o non tal' errore

83
o tal vizio, sembra miglior espediente lasciarlo al prudnte
apprezzamento del magistrato. La specie del reato, gli effet
ti di esso sulla capacit civile o politica , la condizione
speciale degli sposi, la loro educazione e istruzione, la
loro moralit e onest, la stima pubblica, possono servire
quali elementi di fatlo determinanti in complesso la natura
e il carattere dell'errore. Qui bisogna tutelare la buona fede
degli sposi e non legare brutalmente in solidariet l'inno
cente col colpevole: chi decaduto della stima pubblica ed
colpito dalla diffidenza della legge e chi pu dichiararsi
puro in faccia agli uomini.
Ci si attiene alla moralit e all' onore delle famiglie;
moralit e onore che sono pi del patrimonio e della nasci
ta ; sono la stessa esistenza sociale. Supponete un furfante di
primo genere, che con artifizi e inganni sia giunto a sor
prendere la buona fede di gentil donzella : supponete ad es
empio un individuo che tutto il suo avvenire abbia dimo
strato nella speranza di un lucroso ufficio o nell'eserciziodi una nobile professione, ma che invece dall' ufficio e dalla
professione sia ignobilmente interdetto per condanna a cin
que anni di carcere, per furto, falso, frode o altro simile
reato (11); che inoltre, rettile velenoso pell' onore della fa
miglia sfa stato anche condannato a due anni o pi di car
cere per eccitamento alla prostituzione di altra moglie o di
figli: darete a lui il mezzo d'irridere la sua vittima, di te
nerla stretta nelle sue braccia, o almeno col suo nome, sol
perch le condanne sono di quelle che la legge chiama
correzionali?
Fra le condanne inidonee a indurre 1' annullamento
del matrimonio vorremmo annoverare quelle a pene crimi
nali per reati puramente politici, che si commettono per
desiderio ardente del bene pubblico, bench spesso frainteso,
che non denotano basse passioni, sibbene spirito generoso etalor nobilissimo . Ma la nostra legge determinando gli
effetti civili e politici delle condanne penali non gi secondola specie del reato, ma dal genere di pena, evidentemente
si oppone.
(11) Cod. pen. ital. art. 19..

84
63. A questi principi va adesso inspirandosi anche la giuri
sprudenza francese, nonostante i contrari precedenti suoi e della
dottrina (13). Infatti recentemente ha stabilito: 1 Che il
matrimonio pu essere dichiarato nullo per errore nella
persona, non solo se cada sulla persona fisica, ma anche sulla
persona civile: l'errore non necessario, fu detto, che ab
bracci una personalit completa, in altri termini che sollevi
una questione d'identit, ma basta che abbracci invece le
condizioni sostanziali, constitutive della medesima: (13) 2
Che in conseguenza, nel caso di condanna penale, i tribunali
dovranno esaminare, secondo i fatti e le circostanze della
causa, sino a qual punto l'errore su cui basata la dimanda
di annullamento del matrimonio abbia influito sul consenso (14).
64. In senso contrario si detto , doversi imputare allo
sposo il non aver prese informazioni bastanti sul conto del
l'altro prima del matrimonio; ed essere contradetta dalla legge
l'idea d'annullamento, allorquando a causa di condanne an
teriori al matrimonio ignorate da uno degli sposi accorda sol
tanto il diritto di separazione. Ma al primo argomento pu
rispondersi, che se poniamo per principio che lo sposo debba
sopportare il danno di non avere usate tutte le precauzioni
possibili per garantirsi dalla malizia o dall'inganno dell'altro,
bisogner togliere dal codice civile ogni azione in nullit dei
contratti affetti da errore o da frode. Al secondo argomento
poi, che per lo stesso fatto pu darsi 'benissimo annullamento
(12) In Francia si ritenuto perfino, che le condanne anteriori
al matrimonio, sebbene ignorate da uno degli sposi, non attri
buissero il diritto di separazione personale; perch l' art. 232
del C. C. Napoleone parla di separazione per condanna contro
uno degti sposi, e avanti il matrimonio sposi non ve ne sono.
(Toullier, II. pag. 41. n. 261 -Zachariae e annot. Mass e Verg,
I. pag 250, nota - Proudhon, I, pag. 491, - Marcad, sull' art. 505
n, 4, II, pag. 332 - Demolombk, IV, n. 392 ) - La fragilit di que
sto argomento di tutta evidenza. Il cit. art. 232 adopera la
parola sposi, perch questa era la maniera pi naturale di desi
gnare la persona che il legislatore aveva in mira.
(13) C. S. frane, 11 febbraio 1861, D. P. I. 49.
(14) Trib Boulogne, 23 agosto 1853, D. P. 53. 3. 56.

So
di matrimonio e separazione personale : annullamento quandoIo sposo ingannato proponga la relativa azione entro il ter
mine stabilito dalla legge, e cio entro trenta giorni daliascoperta dell' errore; separazione personale quando altrimenti
egli non creda di appigliarsi a questo rimedio estremo. La
legge ha lasciate aperte due vie, e 1' una in surrogazione
dell' altra, o nella scelta dello sposo secondo le circostanze e
i suoi interessi, i quali potrebbero rimanere troppo danneg
giati, unitamente a quelli dei figli, dall'azione in annulla
mento. La separazione personale sempre stata nelle miredei legislatore, sopra ogni mezzo risolutivo del vincolo matri
moniale. D' altronde, non ogni condanna criminale, secondo
quanto esponemmo, pu portar seco l'annullamento del ma
trimonio: naturale adunque, che la legge con disposizione
generica stabilisse altro rimedio, a tutela dell' onore e della
pace dello sposo ingannato.
65. 11 matrimonio cos annullato per vizio ed errore nel
consenso non vuoto affatto di effetti. Invece pu essere
efficace, come se si trattasse di matrimonio putativo, pello sposo
di buona fede e pei figli; i quali ne resteranno legittimati,
se nati anteriormente e riconosciuti prima dell'annullamento.
Ci richiesto dalla giustizia e dall' equit. (15)
Questi principi, avanti la promulgazione del codice ci
vile Napoleone, in mancanza di una esplicita dichiarazione
di volont del legislatore, incontrarono in Francia qualche
difficolt, e dettero luogo a lunghe dispute. Merlin ed altri in
signi giuristi si fecero ad essi oppositori, ma nonostante furono
quelli che prevalsero nella pratica giurisprudenza e quindi
anche nella dottrina. Fu poi 1' art. 158 del citato codice, che
tolse ogni questione traducendoli in legge.

(15) V. le gravi questioni sugli effetti del matrimonio putativo,


nei trattatisti di diritto civile. Buniva, voi. pag. k22, Bianchi,
voi. II. pag. IO. e le autor, e citati.

86
CAPO IX.
DELLA CAPACIT DEI CONDANNATI
RIGUARDO AL RICONOSCIMENTO E ALLA LEGITTIMAZIONE DI FIGLI
ALL' ADOZIONE E ALLA TUTELA.
66.
67.
68.
69.
70.

Diritto di riconoscere tigli naturali : principi direttivi.


Diritto di legittimare : forme respcttive.
Diritto di adottare ed essere adottati.
Esercizio degli ulfici tutelari.
Efletti speciali di alcune condanne.

G6. Nei rapporti di famiglia, oltre che sul diritto di con


trarre matrimonio, d' uopo spiegare il nostro esame sui dirit
ti del condannato, in specie se interdetto legai mente, di ricono
scere o di legittimare figli naturali, di adottare od essere
adottato, e di essere scelto ad esercitare uffici tutelari. Le
controversie, che in riguardo ad alcuno di tali diritti pos
sono sollevarsi, sono direi conseguenziali a quella dibat
tutasi sul matrimonio, e identiche sono le nonne per di
scendere alla soluzione delle medesime.
Il riconoscimento di figli nati fuori di matrimonio un
atto essenzialmente personale, che non pu compiere il tu
tore. Dunque, per i principi esposti, in mancanza di una pre
cisa disposizione di legge che ne tolga la capacit, il rico
noscimento stesso rimane nel potere del condannato inter
detto legalmente.
Secondo Demolombe il riconoscimeuto di figli pu effet
tuarsi s dal minore di et, che dall' infermo di mente nei
lucidi intervalli (1). Rapporto al riconoscimento per parte
di un minore di et, questo giureconsulto cos la ragiona.
Le fait dont il s'agit, n'est pas, comine le mariage et le
testament, un fait que la loi puisse impcher avant un certain ge; c'est un faute, c'est un desordre et il serait rationnel que, ds qu' il a eu lieu, il puisse tre reconnu et
rpar. Le Magistrats, en cas de contestation, esamineront
seulement de plus prs la sincerit de la reconnaissance,
lorsqu' elle aura t fait par une personne incapable de contracter.
(I) T. II. n. 387 e seg.

87
Coloro che al condannato interdetto legalmente negano
il diritto di riconoscere un figlio osservano, che egli al
trimenti in modo indiretto potrebbe venire a gravare il suo
patrimonio di oneri non lievi in favore dei figli riconosciuta
mentre incapace perfino ad amministrarlo. Ma quest'argo
mentazione non decisiva. L' incapacit di cui qui si parla
riferiscesi agli atti di ordinaria contrattazione, agli oneri
derivanti delle obbligazioni civili; <ion gi a quelli che risul
tano direttamente dalla legge stessa. Il riconoscimento dei
figli naturali una giusta riparazione di una grave colpa,
insomma una riparazione civile simile a quella che pu es
sere imposta al patrimonio del condannato per delitto o qua
si delitto; n sarebbe morale e giusto che vi si ponessero
degli ostacoli senza ragione potente (2).
67. Il diritto del condannato di legittimare un figlio una
conseguenza di quello di contrarre matrimonio e di ricono
scere figli. Questa legittimazione, naturale, dovr farsi
colle stesse cautele e limitazioni, e colle stesse forme sta
bilite opportunamente dal codice civile agli articoli 194 e seg.
Anch'essa potr aver luogo per sitsequens maimonium, e
nel caso che il matrimonio sia impossibile, per naturalit:i
da accordarsi per decreto reale o per legge.
Del resto nulla impedisce che il condannato invece di rico
noscere o legittimare un figlio, sia riconosciuto e legittimato
egli stesso.
68. L'esercizio del diritto di adozione trova ostacolo nell'in
terdizione legale, perch, in virt di esso, indirettamente,
senza alcuna necessit, n morale n sociale n giuridica verrebbesi a derogare alla medesima. Trova poi ancora ostacolo
nel disposto dell'art. 215 del codice civile, il quale stabilisce
che la Corte d'appello deve verificare se l'adottante goda
buona fama. La buona fama certo strano che possa goderne
colui il quale fu condannato per i pi gravi o i pi bassi e
ignobili delitti.
Nondimeno debbesi avvertire, che la condanna espiata
(2) Dalloz, Repcrt. V. Paicrn. e filiation. n. 493. Zachariae,
edit. Masse e Verg t. I. pag. 318, nota 4.

88
e di cui sieno cessati gli effetti, mentre da un lato lascia
qualche macchia nella onoratezza e illibatezza di un' indivi
duo, dall'altra non sufficiente a stabilire la mala fama;
questa deve essere la manifestazione della conscienza pubplica, e non pu resultare se non da un complesso di circostanze.
Noi quindi crediamo che una condanna per crimine o delitto
non possa considerarsi a priori come impedimento all'eser
cizio della facolt di adorare. Il considerarla come tale, a
seconda dei casi, ci sembra che debba essere rilasciato
all' illuminato e prudente apprezzamento del magistrato il
quale deve pronunciare sulla relativa dimanda.
Con pi rigore opiniamo nella questione , se il con
dannato possa essere adottato.
L'adozione infatti un vincolo fittizio, che non ha la sua
base in natura: arreca dei vantaggi pecuniari all'adottato ed
manifestazione di stima e di affetto; anzi sulla stima e sull'af
fetto interamente fondata: per lo che lodevole cosa che
abbia luogo soltanto pei figli morigerati e degni di tal di
stinzione.
Il codice nostro non spiegasi abbastanza. Per prescrive
che la persona la quale vuole essere adottata deve presentarsi
personalmente al Presidente della Corte d' appello nel cui
distretto ha domicilio l" adottante per venire all' atto di con
senso. Ora, sodisfare a tal' obbligo impossibile al condan
nato durante l'espiazione della pena : n l' ostacolo, come gi
vedemmo anche a proposito della separazione personale, da
alcuna disposizione di legge remosso. In ogni modo per ri
spetto alla umana dignit vogliam credere che le dimande
per l'adozione di un condannato non saranno troppo fre
quenti. Il legame di adozione stabilisce una specie di solida
riet tra l'adottante e l'adottato, che non pu sicuramente
ricercare e volere un uomo onesto, un uomo di buona fama.
Se l' adozione conferisce dei diritti pecuniari, a vo
lere che abbia il suo scopo bisogna almeno che il con
dannato non sia soggetto a interdizione legale. Tuttavia non
pregiudica all'adozione l'interdizione che sopravviene dopo
il consenso, anche prima della presentazione dell'atto di con

89
senso alla Corte d'appello per l'omologazione, inquantoch
il sMo consenso fa l'adozione. (3)
69. L' ultimo punto da esaminarsi sui diritti di famiglia o
di condizione civile, quello relativo all' attitudine o capa
cit del condannato agli uffici tutelari.
Questa capacit si perde, come vedremo pi estesamente
altrove, colla interdizione dai pubblici uffici, contenuta nei
moderni codici talora come pena criminale principale , per
certi reati, tal altra come pena accessoria di pene afflittive
perpetue, o di certe pene afflittive temporanee (4). E l'in
terdizione durando spesso in quest'ultimo caso quanto la
pena alla quale va unita, il codice civile ha opportunamente
provveduto, pel tempo in cui sia espiata, con questa disposi
zione dell' art. 269. Sono esclusi dagli uffici' tutelari e deb
bono essere rimossi qualora li avessero assunti : 1. I con
dannati ad una pena criminale: 2. I condannati alla pena
del carcere per furto, frode, falso o per attentato contro i
buoni costumi: 3. le persone di notoria cattiva condotta....
o di provata infedelt o trascuraggine, o colpevoli di abuso
di autorit nell' esercizio della tutela.
La notoria cattiva condotta, gi noto, dee risultare da
un complesso di circostanze, il cui apprezzamento lasciato
al prudente arbitrio del magistrato (5). Che una sola condanna
penale non basti a stabilirla, si ricava ancora da che l' art.
270 contiene una disposizione speciale pei condannati a
pene correzionali, per reati diversi da quelli indicati nel
numero 2 dell' art. 269, ed la seguente : Nel caso di
condanna a pene correzionali per reato non indicato nel n. 2
dell' articolo precedente, il condannato non pu essere tutore
fmch non abbia scontata la pena: qualora poi avesse
(3) Demolombf, VI, 118 Duranton, III. 302 nota 2 Marcad,
sull'art. 360, I, II Toullier, I, 465.
(4) Cod. pen. ital , art. 19 Cod. austr., 26 Cod. delle 2
Sicilie, art. 14 Cod. parmense, art. 22 Regolam. romano, art.
69 7 Cod. frane, art. 34.
(5) Fr. i. 8. D. de suspect. tutor. I. 5. de excusat. Demolomee, VII, 484 e autor, cit.

90
assunto la tutela e la pena fosse maggiore di un anno di
carcere, la perde, ne pu esservi riammesso finch dura la
pena : se questa minore di un anno di carcere, il con
siglio di famiglia lo pu rimuovere.
Qui non il genere del reato, sibbene la specie della
pena che determina l' incapacit. In conseguenza, quando un
accusato per crimine, pel concorso di circostanze scusanti o
attenuanti sia condannato a pene correzionali, egli conserva
la sua capacit agli uffici tutelari.
70. In ultimo rammentiamo, che alcune condanne, sia cri
minali, sia correzionali, sono origine di parziali incapacit le
quali influiscono sulla condizione civile delle persone. Cos la
condanna per adulterio con celamento di nascita pu servir
di base all' azione in negazione della paternit : la condanna
per adulterio e incesto, all' azione in opposizione al ricono
scimento e alla legittimazione dei figli: la condanna per ratto
o stupro violento all' azione per la ricerca della paternit,
quando il tempo del concepimento corrisponda a quello del
commesso reato : la condanna che costituisce prova di pater
nit o maternit all' azione pel conseguimento degli alimenti
in favore del figlio che non pu essere riconosciuto o legit
timato.
Quando consti che un figlio fu concepito durante il tempo
in cui il padre stava espiando la pena, e tra lui e la moglie
non vi fu ravvicinamento di sorta, la condanna del padre
stesso pu servir di base all' azione in negazione di pater
nit. Siamo nel terreno della impossibilit fisica della coa
bitazione, di cui parla 1' art. 162 del codice civile.

91

CAPO X.
DELLA CAPACIT DEL CONDANNATO DI OBBLIGARE:
ED OBBLIGARSI.
71. Incapacit in genere.
72. Incapacit in specie agli atti della vita civile.
75. Scioglimento della societ ed incapacit a certi diritti relativi al conrmercio.
74. Decorrenza della prescrizione.
75. Nullit degli atti dell' interdetto legalmente,
76. Kidejussione rispelto a questi atti.
77. Azione di nullit o rescissione.
71. Il condannato interdetto legalmente incapace di
amministrare i suoi beni, di alienarli, ipotecarli, salvo che
per testamento.
L' espressione incapacit di amministrare e di aliena
re deve intendersi in senso lato, in senso, cio, d'assoluta
inabilitazione ad obbligare ed obbligarsi, nello stesso modeche pell' infermo di mente interdetto giudizialmente.
Alcuni giureconsulti francesi han ritenuto, che il con
dannato morto civilmente potesse compromettere e translgere coi suoi creditori; consentire o ricevere pagamenti, a
seguito di concordato, nel caso di fallimento; sodisfare i propri
debiti (1). Questa loro opinione fondarono sulla nota distin
zione tra diritti naturali e diritti civili che soli toglieva la
morte civile, e fu un equo correttivo al rigore di un sistema
che tendeva ad estinguere affatto la umana parsonalit del
condannato, senza che la natura delle cose il secondasse.
Adesso sotto il regime della interdizione legale troncata
ogni questione, poich il condannato che vi soggetto divie
ne incapace a tutti gli atti d' amministrazione e di disponi
bilit, e quindi anche a quelli or ora indicati.
(1) Valette su Proudhon, t I. pag. 151 Duranton, sui1' art. 1285. Cod. civ. Napoleone.

- 92
72. Egli in specie privato delle facolt di vendere i suoi
beni sia mobili, sia immobili. In Francia fu giudicato, che
senza l' intervento del tutore non potesse neppure vendere il
manoscritto delle sue memorie composte in carcere; e che
perci colui al quale fosse stato ceduto non avesse diritto
d'intentare azione in contraffazione contro il librajo che l'a
vesse comperato in seconde trattative (2).
Egli incapace all'esercizio del commercio; non pu sot
toscrivere lettere di cambio; non pu ipotecare i suoi beni,
o acconsentire una cancellazione o riduzione d' ipoteca sui
medesimi (3) ; non pu cederli , permutarli , costituirvi un
usufrutto, una servit, una rendita vitalizia; non pu do
narli, o costituirvi una dote. Egli incapace di eseguire
un pagamento, fare offerta reale; acconsentire una nova
zione, una remissione di debito (4): prestare sicurt, transi
gere (5), compromettere o rinunziare agli atti di un giudi
zio (6); infine non pu accettare un mandato, e quello che aves
se gi ricevuto o dato viene ad estinguersi (7).
Per determinare se alcuno di questi atti sia o non va
lido, devesi guardare alla data data certa. La data certa
condizione sostanziale per la validit degli atti, e tanto
pi pella validit di quelli fatti da un condannato, perch
la prova della mancanza di frode; il che anche altrove
vedremo.
73. Come in diritto romano colla capitis deminutio ma
xima, e nel diritto intermedio colla condanna susseguita da
morte civile, cosi oggi colla interdizione legale sciogliesi il
contratto di societ
Il contratto di societ fatto in contemplazione della
persona. Ora , dal punto di vista del diritto, la persona ci
vile, nel caso d' interdizione legale, se non distrutta viene
(2) C. Paris, 7 agosto 1837, Raislac c. Bourin.
(3) Cod. civ. art. 1974, 1975, 2033.
4) Art. 1240, 1260 n. 12. 1279.
(5) Art. 1904, 1765.
(6; Cod. di proc. civ. art. 29, 343.
(7) Cod. civ. art. 1757 Duranton, I. c. n. 285 Casaregis,
Disc 135. n. 16 Troplong, n. 750.

03
a<l essere impedito nel suo svolgimento. Lo scopo dell' as
sociazione, di conferire o ricevere il mandato, di rappresen
tare l' ente collettivo, di esercitare azioni in giudizio nell' interesse generale dei soci, viene a mancare.
L'art. 1279, del codice civile, al n. 4 dichiara, che la
societ civile finisce per l' interdizione o il fallimento di
alcuno dei soci. L'art. 1GG, del codice di commercio, al
n. 4 parimente dichiara, che le societ commerciali si sciol
gono per l' interdizione del socio o dei soci amministratori
nelle societ in nome collettivo o in accomandita semplice,
se non stato altrimenti convenuto nell'atto di societ.
Per nel nostro diritto, come nel diritto romano, sebbene
lo scioglimento della societ sia assoluto, non impedisce
una nuova costituzione. Dicitur et capitis demtnutione solvi
societatem, quia civiti ratione capitis deminutio morti aequiparari dicitur; sed si adhuc consentiant in societatem,
nova videtur incipere societas (8) .
Certe condanne a pene sia criminali sia correzionali sono
causa di esclusione dalla societ. Pu essere escluso dalla
societ, dice l' art. 124 del codice di commercio, il socio am
ministratore che si vale della firma o dei capitali sociali ad
uso proprio, oche commette frodi nell'amministrazione o nella
contabilit.
Le condanne per bancarotta fraudolenta , nonostante
l'espiazione della pena, e quelle per bancarotta semplice, du
rante il tempo di questa, privano di diritto il commerciante
della amministrazione dei suoi beni e di quelli che gli perven
gano durante lo stato di fallimento. A causa delle condanne
medesime, come i mediatori pubblici interdetti o sospesi non
ha ingresso alla borsa; se pubblico mediatore interdetto
pure di-diritto dal suo ufficio. Non pu ritenere n assumere
la professione di commerciante, e non pu essere impresa
rio di spettacoli pubblici n aprirne per suo conto : non pu
essere ammesso ad uffizi di contabilit dipendenti da Comuni

(8) Gajo, Com. III. 153.

04
o da Stabilimenti pubblici (9) : non pu essere infine nomi
nato esecutore testamentario (10).
74. Quello cui neppure il condannato interdetto legalmente
trova impedimento si l' acquistare e liberarsi per prescri
zione. Tal fatto invero fuori delle rigorose forme ci
vili : per esso non necessario un atto di persona civilmente
capace, basta il possesso materiale legittimo e continuato
per lo spazio di tempo stabilito dalla legge. Sulle traccie
del Fr. 15 D. de interd. et retegat, perfino sotto l' impero
della instituzione della morte civile si ritenne che il condan
nato col prodotto del suo lavoro e colle sue economie potesse
fare acquisti a titolo oneroso, e consolidarli colla prescri
zione (11).
In materia pu dubitarsi, se la prescrizione decorra o non
contro i condannati interdetti legalmente. L' art. 1200 del
codice civile dispone, che la prescrizine non decorre con
tro l' infermo di mente interdetto giudizialmente e i minori;
e taee rispetto a costoro. Nondimeno, siccome la regola ge
nerale quella che le norme le quali regolano la condizione
degli uni debbono estendersi agli altri, cos con tutto fon
damento possiamo ritenere che non ricorra occasione di dif
ferenza (12). Ci consiglia anche la ragione giuridica, in
quanto che gli interdetti legalmente come gli interdetti
giudizialmente e i minori ricevono un tutore; come questi
non possono nel loro stato attendere agli affari o intentare
azioni in giudizio: ubi eadem ratio, ibi eadem lex .
75. Ma la nullit degli atti fatti dall'interdetto legalmente,
assoluta o relativa : in altri termini pu essere opposta
soltanto dall' interdetto o dai terzi , o dall' uno e dagli
altri simultaneamente ?
(9) Cod. di comm. art. 631,697, 715.
(10) Cod. civ. art. 904. L'esecutore testamentario una specie
di mandatario, e quindi deve esser capace di obbligare e obbli
garsi. C. S. Napoli, 22 luglio 1870. Gazzetta del Procur. V. n. 340.
(1 1) Planck, Prescripi. pag. 15 Delvincourt, t. I. pag. 5. II,
pag. 639 Vazeille, Prescripi. n. 253 TRorxoNG, Prescript.
t. II n. 36 LorRii, Leg. t. II, pag 148.
(12) Duranton, 1. c. n. 297.

95
A prima giunta sembra che 1' individuo colpito di inter
dizione legale , essendo assimilato all' interdetto ordinario,
conformemente agli art. 335 e 1107 del cod. civile debba potere
opporre la nullit dei suoi atti. Ma sarebbe veramente con
trario alla morale che il condannato traesse vantaggio dalla
sua posizione degradata, per tenere vincolati i terzi ad una
obbligazione nulla a suo riguardo.
D' altronde, l'art. 1107 ha per scopo di proteggere 1' in
terdetto ordinario, non di privarlo del diritto di contrat
tare; mentre che le leggi le quali stabiliscono la interdizio
ne legale non hanno voluto proteggere, ma punire il con
dannato. Lo stesso art. 1107 rispetto agli atti dell' inter
detto per infermit di mente fa un eccezione al principio di
uguaglianza che deve regolare i contratti, e noi sappiamo
che alle eccezioni non pu darsi arbitraria estensione.
Per queste ragioni, il nostro legislatore ha tolte le con
troversie che lungamente si sono agitate su questo punto
nella dottrina e nella giurisprudenza francese, a causa della
generalit del disposto dell' art. 1125 del codice civile Napo
leone (1), stabilendo al capoverso, che l' incapacit derivante
da interdizione per causa di pena si pu opporre da chiunque
vi ha interesse; che quindi la nullit degli atti fatti da
colui che ne sia colpito assoluta, generale, di ordine pub
blico. Il legislatore dee certo aver veduto, che con una con
traria decisione non avrebbe raggiunto lo scopo preso di
mira, non sarebbe giunto, cio, ad impedire certi contratti
di mala fede tra l' interdetto legalmente ei terzi : che il suo
disposto sarebbe rimasto privo di sanzione, perch i terzi
avrebbero quasi sempre trovato 1' interdetto disposto ad
accettare le condizioni che credessero d' imporgli, e abu
sato della di lui condizione e dei di lui beni.
Dalloz (2), Valette su Proudhon (3) e Demolombe (4)
(1) Dalloz, Rcpert. V DroiCcivl n. 770 Zachariae, pag. 33.
nota 1. Demolombe, n. 193.
iS) 1. c
(3) t. II, pag. 557.
(4) 1. c.

96
nel concetto del nostro legislatore hanno opinato, che
l' interdetto debba essere inabilitato a prevalersi della
sua incapacit nel caso che eoa dolo abbia ingannato i terzi
sulla sua condizione personale. E ci anzitutto, perch sa
rebbe contrario alla ragione, che il condannato della sua in
capacit potesse farsi un mezzo di sorpresa verso i terzi :
dipoi, pel fondamento dell' analogia, perch pel disposto del
l'art. 1310 del codice civile Napoleone, il minore il quale abbia
usato dolo o frode verso i terzi non ha diritto alla resti
tuzione in intero. Il corrispondente articolo 165 del codice
civile nostro meglio dice che in tale ipotesi il minore non
pu impugnare l' obbligazione assunta.
76. Altra grave questione , se l'obbligazione di un in
terdetto legalmente possa essere validamente cauzionata.
Voct (5) e Pothier (6) rispetto all' interdetto giudizial
mente insegnano, che la fideiussione di una sua obbligazione
non ha efficacia se non quando intervenga per sicurezza
di un obbligazione resultante da quasi contratto o quasi de
litto, ossia da un fatto dipendente dalla sua volont. Duranton (7) e Ponsol (8) invece la ritengono sempre efficace :
essi non dimenticano che l' art. 502 del codice civile Napo
leone dichiara nulla l'obbligazione di un interdetto, ma spie
gano come l' articolo stesso non debbe intendersi in senso
assoluto, una volta che a tenore dell' art. 1125 la nullit non
pu essere invocata da chi ha contrattato con lui. La
obbligazione di cui si tratta, dicono, non nulla di diritto
se non nel senso che l'interdetto non ha bisogno, per otte
nerne l'annullamento, di provare che gli arreca pregiudizio:
e poich non nulla, ma soltanto suscettibile di essere an
nullata in virt dell'eccezione personale resultante dall'in
capacit dell' interdetto, ne segue che ai termini dell' arti
colo 2012 pu essere utilmente garantita. Troplong (9) e
(5)
(6)
(7)
(8)
'9)

Ad Pandecl, De fidej. n. 9.
Traiti des oblig. n. 394.
T. 18 ri. 306
N 65.
N. 80.

97
Dalloz infine (10), invocando in proprio appoggio l'autorit
delle leggi romane, osservano che 1' obbligazione dell' inter
detto produce un vincolo naturale, quando assunta in un mo
mento di lucido intervallo: e da ci deducono essere suscet
tibile di fideiussione in questo caso, se non quando assunta
in un periodo di alienazione mentale, in cui unultum negotium gerere potest; quia non intelligtt quod agit (11) ..
La dottrina dei rammentati giureconsulti mantiene pressod noi tutto il suo valore , tanto pi che gli identici
principi degli art. 502, 1125 e 2012 del codice civile Napo
leone ha sanzionato il nostro legislatore ai corrispondenti
art. 103 e 105 del vigente codice civile. Ma gi dicemmo co
me si aggiri tutta sulle obbligazioni dell' interdetto giudi
zialmente per infermit di mente, e per verit non crediamo
che da queste possa estendersi alle obbligazioni dell' inter
detta legalmente per condanna penale. L'interdetto giudizial
mente, privo della capacit naturale, all'esercizio dei diritti
trova un ostacolo reale che il difetto di mente. L' inter
detto legalmente invece, nella pienezza delle sue facolt men
tali, trova ad esso un ostacolo legale, cio la sanzione del
legislatore, in pena del reato da lui commesso. cosi che
V uno, quando il difetto di mente venga meno, se non civil
mente pu obbligarsi naturalmente, per riguardo alla buona
fede: l'altro invece, in rapporto ad uno stato permanente di
diritto, che lo priva di ogni civile facolt di obbligarsi e di
obbligare, non pu vincolarsi neppure naturalmente; tutti
gli atti che compie debbono considerarsi come non fatti,
quasi fosse spogliato di ogni personalit.
77. Secondo noi, colui il quale interviene come fideiussore
in una obbligazione assunta da un interdetto legalmente, .
tenuto non gi come fideiussore, perch non sussiste obbli
gazione principale di sorta alcuna, valida; ma come prin-

(10) Repert. V. Cautionnement, n. 58.


(Hi I. 8. de inulti, slipul. I. i. Quib. non eslpermis. facere
Irstam. Fr. 1. D. Qui test. fac. possunt. Fr. 25. D. de fldejus
7

98
cipale obbligato, come contraente che ha voluto donare
prtncipaitter animo donandi (12).
Del resto, l'art. 1300 del codice civile stabilisce, che
le azioni in nullit o rescissione di un contratto durano per
cinque anni ; ma questi decorrouo per l' interdetto ordinario
dal giorno che cessata l' interdizione. Tal disposizione
pu essere applicata all' interdetto legalmente per condanna
a tempo, ma invece d'impossibile applicazione pell'interdetto
legalmente per condanna a vita, in quanto che la sua inter
dizione perpetua, . e per niun fatto di legge, neppure per
prescrizione della pena, viene a sparire. Qui non ci resta che
applicare puramente e semplicemente, come riguardo all'as
sente, la regola generale, che queste azioni durano per cin
que anni in tutti i casi nei quali non sono ristrette a minor
tempo da una legge particolare.
CAPO XI.
Della capacita dei condannati
di testare e di succedere.
78. Diritti del condannato e dei suoi congiunti sul patrimonio,
79. Diritto francese.
80. Discussione sulla capacit del condannato a testare.
81. Conclusione della discussione.
82. Incapacit a succedere pelle leggi francesi.
81. Capacit secondo le nostre leggi.
84. Eccezione: principi del Prof. Paciflci-Mazioni.
85. Regole di diritto in materia di omicidio.
86. ld. in materia di accusa calunniosa.
87. Id. in materia di violenze ecc. riguardo al testamento e alle donazioni-.
78. Il tutore dell'interdetto legalmente amministrai di lui
beni: egli quindi ne riscuote le rendite e ne fa l'investimento.
La moglie e i figli hanno diritto agli assegni necessari al
loro mantenimento, e i figli in ispecie alla loro educazione
ed istruzione. (1) I congiunti hanno diritto agli alimenti
(12) Vinnio, Inst. de fidej.% 1. n. 4.
\l) V. il capo antecedente, pag. 91 e seg.

99
nei gradi, nei limiti e nei modi indicati dagli art. 139 e
seg. del codice civile.
Quanto ai diritti del condannato stesso sulle rendite del
suo patrimonio, l'art. 3 delle disposizioni transitorie dichia
ra esplicitamente, che a lui non pu essere assegnato se
non un tenue sussidio a titolo di alimenti. Il tutore quindi
quegli che deve far determinare dal Consiglio di famiglia
l'ammontare di questo sussidio. La direzione dello stabili
mento penitenziario dovr poi naturalmente determinare il
modo e la misura della distribuzione, in base ai vigenti re
golamenti penitenziari.
79. L'art. 31 del codice penale francese, pi rigoroso delle
nostre disposizioni transitorie, stabilisce che al condannato
interdetto legalmente non pu essere rimessa alcuna somma
provvisoria o porzione di rendite.
Quando nel 1808 discutevasi questo codice, M. Regnami
in seno al Consiglio di Stato dimand la soppressione del
eitato art. 31 ; e Redon propose di lasciare la facolt di ri
mettere soccorsi al condannato nella proporzione dei suoi
averi. Ma il contrario avviso prevalse per non autorizzare
privilegi scandolosi in favore di delinquenti ricchi; per non
facilitare orgie e piaceri in un luogo di dolore ed espiazione, e
nello stesso tempo per non aprire l' adito alla corruzione e
all'evasione.
Noi per non sappiamo approvare la legge francese. Co
loro che si sono resi colpevoli di crimine certo non meri
tano spesso troppi riguardi e favori. Ma forse tutto favore
il sovvenire ai bisogni che reclama l' umanit ? Non v'
alcun mezzo per conciliare i principi di umanit con quelli
di rigorosa giustizia ? Il nostro legislatore ha risposta
che s.
80. Pelle nostre leggi vigenti l'interdetto legalmente a
causa di condanna, rispetto al patrimonio non ha altro di
ritto che quello di disporne per testamento. Questa facolt
eccezionale pur dichiarata esplicitamente al ben noto ar
ticolo 3 delle disposizioni transitorie del codice civile.
Nel seno della Commissione legislativa pel codice ci
vile si propose che il condannato all'ergastolo, pena massima.

100
stabilita dal codice penale toscano in sostituzione della pena
di morte, fosse' escluso dalla testamentifactio attiva. L'onor.
De Foresta sul fondamento dell'opportunit di questa pena
sui generis, e della necessit di mantenerne l'efficacia, ap
poggi la proposta. La Commissione medesima la mun della
sua sanzione.
Da ci si entr in piena discussione, se ai condannati
menzionati nell'art. 3 delle disposizioni transitorie, cio ai
codannati alla pena di morte, dell'ergastolo e dei lavori for
zati a vita dovesse o non riconoscersi il diritto di testare.
L'onor. Prof. Mancini, seguit pi tardi nella discussione del
Progetto di codice penale unico dagli onor. Ellero e Toloniei, sostenne la negativa: e ci pel timore che il condan
nato abusasse della sua facolt, per ira o dispetto, a danno
dei propri congiunti. L' onor. Cassinis batt la stessa via,
sviluppando le seguenti considerazioni (2).
1. Che il proposito onde fu mossa la Commissione a trat
tare l'argomento, era quello in sostanza di far rivivere l'ar
ticolo 44 del codice civile Albertino, richiamato dall'art. 20
del codice penale sardo, del 1859: ma dalla combinazione di
questi due articoli potersi ricavare che il condannato a morte
ed ai lavori forzati a vita era ritenuto come intestabile.
2. Che l'incapacit di testare non tanto una pena, quanto
specialmente la conseguenza di una pena, anzi, aggiunse l'onor.
preopinante, la conseguenza di una morale estimazione che la
societ f del criterio di un uomo il quale si reso tanto
colpevole: onde non fuori di luogo il pensare, che quest'uo
mo di passioni e di delitti disporr dei propri beni sempre
meno adequatamele che non lo far la legge.
3. Che dopo aver deliberato che in Toscana, finch duras
se il codice Leopoldino, il condannato all'ergastolo non potes>
se testare, essere strano e ripugnante esorbitantemente a quel
sistema di unificazione anelato, che il condannato stesso fosse
privato della facolt di testare, mentre non lo era il condan
nato a morte ed ai lavori forzati a vita.
(2) V. i motivi delta disp trans. Foschini, pag. 14. V. i
verbali del Prog. di cod. pen. del 1868, n. 27. pag. 200.

10)
In contrario l' onor. Precerutti osserv , essere lode
vole proposito quello di seguire la via dell' unificazione
legislativa, ma non scostandosene nel tema in disputa, sarebbesi finito coll'aggravare senza pr la condizione del con
dannato ove la condanna alle pene di morte e dei lavori
forzati a vita non toglieva la capacit di far testamento,
come appunto nelle provincie napolitano e siciliane in virt
del Decreto del Luogotenente generale del Re, del 17 feb
braio 1860.
Queste osservazioni dell' onor. Precerutti fecero preva
lere nel seno della Commissione il principio della capacit
di testare.
81. A questo punto adunque, salvo che al condannato alla
pena dell'ergastolo nelle provincie toscane, a tutti gli altri
condannati era stata riconosciuta la convenienza di lasciare
intatta la testamentifadio attiva. Ma il gi deliberato non
fu senz'altro tradotto in legge: tal' eccezione non era abba
stanza benvisa perch, protraendosi la discussione, potesse
riunire i voti della maggioranza della Commissione legisla
tiva. Questa non trovandosi d'accordo su vari punti del Pro
getto ministeriale che regolava la condizione giuridica dei
condannati, sanzion invece alcune disposizioni, comunicatele
dalla Commissione pella legislazione penale per mezzo del
Ministro Guardasigilli, le quali senza alcuna distinzione ac
cordarono la facolt di testare anche ai condannati all'erga
stolo. Il potere legislativo non trov nulla ad immutare.
Di tal fatto adesso non abbiamo che a rallegrarcene.
In tempi in cui il diritto di propriet stato ed tuttora
obbietta di gravi e violenti attacchi, non conviene sottoporre
a controllo severo le numerose restrizioni che alcuni vor
rebbero arrecargli.
Il rispetto del diritto individuale di propriet per noi
la prima garanzia dell'ordine sociale. La facolt di disporne
per testamento la prerogativa pi preziosa del diritto di
propriet. Il testamento non che una applicazione parziale
di questo diritto, e la legge di successione ab intestato non
ha altra solida base se non una interpretazione di volont
presunta.

102
La privazione del diritto di testare non richiesta dalla
difesa della societ, n dalle esigenze del diritto punitivo. In
un atto cos solenne di distacco dalla vita, che concilia idee
di pace e di perdono, di affetto e di responsabilit, il timore
di odiose e turpi vendette o d' ignobili ricompense non ci
impressiona di troppo. In ogni modo la possibilit di qualche
abuso non sembraci davvero ragione sufficiente per distrug
gere addirittura un diritto cosi importante e sacro.
82. In questa materia noi siamo convinti che il nostro legi
slatore ha fatto un bel progresso sulla legislazione francese.
La legge francese, del 31 maggio 1854, che abol la mor
te civile, all' art. 3 dispone : Il condannato ad una pena
afflittiva non pu Esporre dei suoi beni, in tutto o in parte,
sia per donazione tra vivi, sia per testamento, n ricevere
a questo titolo, salvo che per causa di alimenti. Ogni testa
mento da lui fatto anteriormente alla sua condanna in contradittorio divenuta definitiva nullo .
Queste disposizioni a nostro vedere sono esorbitanti. Non
bastata l' incapacit del condannato a testare dopo la con
dannaci voluto retrotrarla all'epoca anteriore alla pronuncia
di essa; si voluto anche stabilire l'incapacit di ricevere per te
stamento. Tal condizione di cose ci avvicina all' istituto del
la morte civile, e pi che il condannato colpisce ingiusta
mente i congiunti innocenti : oltre a ci essa e inefficace,
poich non basta a distogliere i malvagi dal commettere
reati. L' esperienza ci insegna che le minacele di gravi pene
e di gravi interdizioni non servirono mai allo scopo; il
genio malvagio si tortura a rinvenire i mezzi per sfuggire
alle sanzioni della legge punitiva, in ragione della sua mag
giore severit. Quando rigorosamente si proibisce ai con
dannati di ricevere a titolo di donazione o testamento, si al
lettano i malvagi ad eludere la proibizione con cessioni o
donazioni occulte o simulate : si corre facilmente il ri
schio che la legge sia violata, e si apre l'adito al grave scan
dalo di vedere che il violatore astuto se ne va impunito.
83. Le nostre leggi non colpiscono i condannati d' inca
pacit a ricevere a titolo gratuito. Solo i condannati inter
detti legalmente non possono accettare eredit o legati

103
se non colle norme relative agli acquisti degli interdetti
per infermit di mente e dei minori ; cio nelle for
me stabilite nel tit. IX, lib.. I, del codice civile vigente
merc l' intervento del tutore e del Consiglio di famiglia (3),
e col benefizio di inventario (4). Queste garanzie pi che
pel condannato, il quale non pu godere del beneficio di
succedere e di ricevere, sono richieste nelP interesse dei
congiunti e aventi causa di esso.
84. Una eccezione al principio della capacit del condannato
a succedere si d so!o per causa d' indegnit in certi casi
espressamente determinati dalla legge. Cosi l' art. 725 del
codice civile dispone, che come indegno incapace di suc
cedere : 1. chi abbia volontariamente ucciso o tentato di
uccidere la persona della cui successione si tratta: 2. chi
1' abbia accusata di reato punibile con pena criminale, quando
l' accusa sia stata dichiarata calunniosa in giudizio : 3. chi
l' abbia costretto a far testamento o a cangiarlo: 4. chi
l' abbia impedita di fare testamento o di revocare il gi
fatto, o avesse soppresso, celato o alterato il testamento po
steriore.
L'uccisione della persona della cui successione si tratta,
dev' essere stata commessa volontariamente. (5) Il Prof. Pa
cifici-Mazzoni cos espone questa causa d'indegnit: Non
causa d'indegnit l'omicidio commesso per imprudenza o in
stato di pazzia, imbecillit o ubriachezza (art. 88 e 95, cod.
pen.), n l'omicidio commesso per forza maggiore e legit
tima difesa, o in obbedienza alla legge o al comando di le
gittima autorit (art. 558-560. Cod. pen.), e quello commesso
dal minore di quattordici anni o da un sordo-muto quando
abbiano agito senza discernimento .(art. 88 e 92, Cod. pen.).
Ma causa d'indegnit l'omicidio scusabile (art. 561 e 563,
Cod. pen.), e quello commesso in duello, quando l' omicidio

(3)
(4)
(5)
tario.

Cod. civ. art. *96.


Art. 930.
Sappiamo gi come il tentativo non pu essere che volon
V. capo VilI. pag. 75.

104
abbia avuto luogo non per imprevidenza, ma per deliberato
proposito (art. 588, Cod. pen.) . (6)
Quest'esposizione, non coordinata ai principi della scienza
penale, pu dar luogo a gravi quistioni.
vero che causa d'indegnit l'omicidio scusabile (7),
ma non esatto il dire in senso assoluto che non lo
l'omicidio commesso in stato di pazzia, imbecillit o ubria
chezza, perch ordinariamente una specie dello stesso omi
cidio scusabile, di quello, cio, che si commette in uno stato
di coscienza e di libert meno piena. Qui l'essenziale il
distinguere, sulle orme degli art. 94 e 95 del codice penale
italiano vigente, tra i gradi di conscienza e libert dell' agente. Fatta questa distinzione possiamo stabilire : che non
causa d'indegnit l'omicidio commesso da chi trovavasi in istato
di assoluta imbecillit o di pazzia o di morboso furore, o a
cui fu tratto da una forza alla quale non pot resistere
{art. 94): che invece causa d'indegnit l'omicidio commesso
allorch la pazzia, l' imbecillit, il furore o la forza non
erano a tal grado da rendere non imputabile affatto l'azione
(art, 95). Nel primo caso, infatti, il reato, come dice la legge
stessa, non esiste, mancando il concorso dei due elementi
constituenti l'imputabilit morale e giuridica, cio la con
scienza dei propri atti e la libert d' elezione. Questi prin
cipi sono applicabili anche all'omicidio commesso in istato
d'ubriachezza, poich essa non va presa come scusa ai segni
esterni, ma s agli interni: ai giurati devesi dimandare non
gi se l'ubriachezza fu piena o meno piena secondo i suoi
effetti sul fisico, ma se tolse affatto o diminu soltanto di
qualche grado la conscienza e libert medesima (8). Essi sono
applicabili non solo nel caso che trattisi di autore, ma
anche in quello di complicit nell'omicidio.
(6) Inst. di dir. civ., par. II, Delle successioni e donazioni, pag.
30 e seg.
(7) Atjbry e R u, V, 503. pag. 71, nota 3. Demolombe, XIII,
235. Buniva, cap. II, pag. 36, 37. Fulci, sugli art. 724, 725, pag.
21 e seg.
(8) Sugli effetti dell'ubriachezza sulla conscienza e libert di
elezione v. il mio articolo nella Leggb, I. anno 1872, pag. 338.

103
85. Le circostanze che sono d'ostacolo alla dichiarazione
d'indegnit presuppongono tutte la mancanza della intenzione
di delinquere, del dolo. Cos della colpa o imprudenza, della
forza maggiore, della legittima difesa, della obbedienza alla
legge, del comando di legittima autorit, della minore et,
del sordomutismo.
Onde l' indegnit produca i suoi effetti, non necessario
che l'autore dell'omicidio tentato mancato o consumato sia
stato condannato in giudizio penale, in quanto che essa non
l'effetto della condanna, sibbene del reato (9). Inconseguenza,
l'indegnit potr essere dimandata ed opposta in giudizio
ivile indipendentemente dal fatto che F azione penale sia
stata promossa, o possa promoversi, oppure sia estinta: ma
quando l'azione stessa sia stata promossa, il giudizio civile,
secondo le regole generali di diritto, dovr essere sospeso
sino a che il giudizio penale non sia esaurito. (10) L' inde
gnit potr farsi valere in giudizio civile, pel periodo di trenta
anni dal giorno dell' apertura della successione; non cesser
n per prescrizione della pena, n per riabilitazione (11).
86. L' indegnit per accusa calunniosa, la legge dice espres
samente che deve riferirsi a reato punibile con pene crimi
nali. Per la parola accusa non sta qui nel senso di rinvio
alla Corte d'assise in esecuzione di sentenza della Sezione
d'accusa, ma nel senso di semplice denunzia o querela. Que
sta invero basta a svelare la iniqua malevolenza, la perfidia
dell'erede, insomma la stessa indegnit (12).
(9) Diversamente si ritenuto dalla giurisprudenza francese ;
ma ci per la diversa dizione dell'art. 727 del cod. civ. Napo
leone, di fronte all'art 723 del cod. civ. nostro. V. Huc, Le cod.
civ. it. et le cod. civ. Nap. 177.
(10) Quattrofrati, Interpretazione dell' art. 725 del cod. civ.
nell'Archivio giuridico, V, pag. 618 e seg. Cod. proc. civ. arg.
art. 4. 31. Fulci, 1. c. pag. 22 e seg.
(11) ben noto che l'indegno pu essere ammesso a succedere
quando ve lo abbia espessamente abilitato con atto autentico o
con testamento la persona della cui successione si tratta.
Cod. civ. art. 726.
(12) Processi verbali, 28. V.

10G
La calunnia necessario che sia dichiarata in giudizio,
e nulla influisce che ci avvenga in giudizio penale o in
giudizio civile (13). Qui si applicano le stesse regole che
pell'omicidio, tanto sul modo di promuovere l'azione d' inde
gnit, quanto sulla sua estinzione. Ed d'avvertirsi, che la
falsa testimonianza in giudizio ha tutti i caratteri degli ef
fetti della calunnia, e secondo la dottrina e la pratica giuri
sprudenza deve equipararsi all'accusa calunniosa (14).
87. Infine l'indegnit per il fatto di avere costretto alcuno
a fare o non fare , sopprimere o modificare un testamento ,
non si riferisce direttamente ad alcun reato, e trova il suo
fondamento nel rispetto che devesi alla volont del testa
tore. *Nthil est quod magis hominibus debeatur; quam ut
supremae votuntatis, postquam jam itiud velie non possimi,
liber sit stytus, et licitum quod iterum non redit arbitrium. (15). Peraltro il reato di minaccie, violenze, frode o
falso, e la relativa condanna possono essere l'origine del
l'azione civile, nonostante che secondo i principi stabiliti il pro
cedimento civile sia indipendente dal penale. A costituire l'ac
cennata indegnit non bastano le presunzioni, le preghiere,
le blandizie. (16)
Di un ultimo effetto sono causa le condanne penali, e que
sto la revocazione della donazione. L'art. 1078 del codice
civile stabilisce, che le donazioni possono revocarsi per in
gratitudine, senza indicare i fatti che la costituiscono. Ma
certo che tali sono tutti quelli che offendono gravemente
il donante, come l'attentato alla di lui vita, le percosse e feri
te, le sevizie e le ingiurie gravi, la diffamazione e la calunnia,
non che 1' ingiusto rifiuto di somministrargli gli alimenti
quando sia caduto in estrema miseria ecc.
(13) I Prof. Buniva e Pacifici-Mazzoni sulle traccie dei giu
reconsulti francesi opinarono diversamente; ma quest'ultimo ha
disdetta la sua opinione nella seconda edizione delle sue Tnst'tuzioni di dir. civ. lib. II. par. I. n. 15. 2.
(14) Buniva,1. e.- Pulci, 1. e- Delle svedesi, pag. 68.- Divergi er
su Toullier, IV. 109, nota 6. - Demolombe, t.H, Zil.-Contr. Sala,
Delle succ. test, e intest. pag. 68.
(15) C. 1. De sac. eccles.
(16) Cosi il Fr. 3 D. si qvis aliq. test, prohib.

- 107
CAPO XII.
Della capacit dei condannati a promuovere o sostenere
azioni in giudizio, all'esercizio del diritto
di querela ecc.
88. Dirtllo a promuovere o sostenere azioni giudiciali in diritto antico.
89. Id. nel diritto vigente.
90. Conseguenze rispetto alla competenza e alla procedura nel raso di con
danne a pene criminali perpetue.
91. Segue in questo proposito.
92. Decadenza o perenzione delle azioni.
93. Id. nel caso di condanne a pene criminali temporanee o a pene corre
zionali.
94. Diritto di querela nell' interesse della propria persona in diritto antico.
95. Id. nel diritto vigente: desistenza e rifacimento di danni.
96. Diritto di querela nell' interesse della persona della moglie o dei Tigli.
97. Diritto di difesa.
88. Parlando delVinfamia vedremo, che nella legislazione
romana se pure il condannato soggetto alla capitis deminutio
media era incapace di stare in giudizio come attore, non era
. incapace di starvi come convenuto. Vedremo ancora, che nella
legislazione statutaria ai Podest ed altri ufficiali giudiziari
era proibito di rendere giustizia nelle cause in cui erano
interessati i bannitt , diffidati, o proscripti (1).
L'incapacit generale fece parte del sistema della morte
civile (2): pi tardi di quello della perdita dei diritti civili ac
colto dai codici sardi; ma in questo si ammise la rappresentanza
per mezzo di curatore (3). Ci fu naturale, se si riflette che
al condannato erano tolti molti diritti della pi alta impor
ta V. parte II. capo I e II.
(2) C. civ. Napoleone, art. 25 - delle 2 Sicilie, art. 16- parmense,
art. 51 -estense, art. 42 - austriaco, ,261ett.f. - Cod. pen. tose., art.
14, 15. - Col sistema della morte civile si fece la solita distinzione
tra diritti civili e naturali; e rapporto a questi il condannato
si ritenne capace a promuovere o sostenere azioni in giudizio, senza
bisogno di curatore: ma si cadde nelle solite controversie per di
stinguere gli uni dagli altri. V. Dalloz, Repert.V.0 Droit. civ. n. 699.
(3) Cod civ. Alb., art 44. - Cod. pen. sardo, art. 25.

108
tanza, non tutti: la parola morte civile non era pronun
ciata.
89. Nel diritto vigente i condannati soggetti ad interdi
zione legale essendo privati del diritto di amministrare e di
disporre del proprio patrimonio Inter vtvos, per conseguenza
naturale rimangono incapaci a promuovere o sostenere in giu
dizio azioni vertenti su diritti patrimoniali. Il tutore que- .
gli cui spetta il promuoverle e sostenerle, come loro rappre
sentante negli uffici dai quali sono allontanati.
90. Riguardo alle azioni, che interessano il loro stato per
sonale, la loro condizione civile, a prima giunta pu sem
brare che non li colpisca la stessa incapacit, in quanto ben
sappiamo che 1' interdizione legale ristringesi per dichiara
zione esplicita del legislatore ai diritti patrimoniali. Ma d'altra
parte bisogna riflettere, che ogni azione giudiziaria, bench
essenzialmente personale , risolvesi sempre in un pericolo o
in un aggravio reale sul patrimonio: a sostenere una lite
qualunque fa d' uopo, infatti, di costituire procuratore e sob
barcarsi ad un insieme di spese certo non indifferenti. E
cos adunque , che anche nell' esercizio delle rammentate
azioni, il condannato interdetto legalmente deve essere rap
presentato o almeno autorizzato e assistito dal tutore e dal
Consiglio di famiglia.
Egli, sebbene la legge noi dica, non ha domicilio proprio
e distinto. Il domicilio e il luogo in cui uno ha la sede
principale dei propri affari ed interessi (4): ma questa sede
dopo la condanna si trasporta nel luogo di domicilio del tu
tore: qui trova applicazione la regola generale, che 1' inter
detto ha il domicilio di chi esercita la tutela (5). Egli non
ha neppure residenza e dimora agli effetti di legge, cio co
me luogo attributivo di diritti e di giurisdizione, una volta
che non ha domicilio legale suo proprio.
91. Da ci facile dedurre, che la citazione e gli altri
atti giudiziari i quali non possono essere notificati al pro
curatore costituito, lo debbono essere al tutore, al suo domi(4) Cod. civ. arg. art. 1C.
(5) Id. art. 18. capov. 2.

109
cilio, alla sua residenza o dimora. L' art. 136 del codice di
procedura civile in ogni modo dichiara esplicitamente, che
chi non ha la libera amministrazione dei propri beni debbe
essere citato nella persona del suo rappresentante. Da ci
facile pure dedurre, che l' autorit competente a decidere
una causa in cui sia convenuto un condannato interdetto le
galmente, come se fosse convenuto un interdetto giudizial
mente o un minore/ quella del luogo di domicilio del tu
tore (6).
Nondimeno la rappresentanza del tutore non deve inten
dersi in senso di assoluto assorbimento della personalit del
condannato: ad esso ci sembra che non possa essere vie
tato di comparire in giudizio a fornire quelle prove che di
pendono da fatti personali, e non potrebbe dare se non egli
soltanto. Di tal guisa, secondo noi, potr essere ammesso a ri
conoscere la sua scrittura, a dare giuramento suppletorio o
decisorio, quando la parte avversaria ne sia sodisfatta (7).
Il Ministero pubblico dovr concludere nelle cause di
ogni sorta in cui il condannato interdetto legalmente sia in
teressato, a tenore del n. 5 dell'art. 346 del codice di pro
cedura civile. E ci pure non gi a titolo di speciale prote
zione di cui tal condannato indegno, ma per supplire alla
impossibilit in cui posto di curare personalmente i propri
affari e il buon esito del giudizio ; per non danneggiare in
giustamente i di lui congiunti, eredi, o aventi causa.
Le procedure compiute senza l' intervento del tutore o
senza le conclusioni del Ministero pubblico saranno nulle, e
questa nullit, d'ordine pubblico, potr essere opposta in ogni
stadio della causa, e quindi anche in appello (8).
92. Gli effetti della decadenza o della perenzione del
l'azione si spiegano anche contro il condannato. L'artico-

(6) Cod. proc. civ. art. 90. 368.


(7) C. app. Torino, i3 settembre 1848; Bettini, anno II, 1849,
pag. 357 e seg.
(8) Cos in Francia Delvinoourt, t. 1. pag. 23. nota li Demcv
lombe, t. 1. n. 205. Dali.oz, Repert. V. Droit. civ. n. 700.

110
Io 335 del codice di procedura civile dispone, che la pe
renzione, la quale si compie col decorso di tre anni, ha luogo
anche contro lo Stato, gli istituti pubblici, i minori, e qua
lunque altra persona che non abbia la libera amministra
zione dei suoi beni, salvo il regresso contro gli amministra
tori in colpa. Ora gli interessi dell'interdetto a causa di con
danna non possiam certo credere che dal legislatore si sieno
voluti favorire e proteggere pi di quelli dello Stato, degli
istituti pubblici, degli interdetti per infermit di mente e
dei minori stessi.
93. Cos non procedono le cose rispetto ai condannati a
pene criminali temporanee, che non importano interdizione
legale, o a pene correzionali. Costoro certamente possono
stare in giudizio sia come attori sia come convenati , sen
za assistenza n di tutore n di curatore. Nel caso che
debbano comparirvi debbono applicarsi le regole ordinarie
della competenza e della procedura, perch si rientra nel gius
comune. Eglino, infatti, mantengono il loro domicilio d'origine,
e possono eleggerne altro nel luogo che credono pi oppor
tuno: tengono la propria residenza, coatta vero, ma qual
luogo in cui sicuramente possono rinvenirsi pella notifica
zione di atti giudiziari. E allorquando un procuratore le
gale non esista, o non sia pella natura della causa necessa
rio, ad essi personalmente od al loro domicilio e residenza
dovranno essere intimati la sentenza, l'atto d'appello, il ri
corso in cassazione e gli altri atti giudiziari.
94. Le leggi romane negarono il diritto di querela pubblica
ai condannati ad metalla, perch nulla avendo da arrischiare
nell'accusa, fu veduta la necessit d' impedire che le loro, ca
lunnie potessero andare impunite: ma d' altro lato diedero
loro facolt di continuare le accuse gi incominciate al mo
mento della condanna. Si quis reus factus est , dice il Fr.
5. D. de pub. jud., purgare se debet: me ante polest accu
sare, quam fuerit excusalus. Illud incerlum est, utrum Ha
demum accusare potest, si fuerit tiberatus, an etsi poenam
siibierit: est enim constilutum ab Imperatore nostro, et divo
patre ejus, post damnationem accusationem quem inchoare
non posse. Ssd hoc puto ad eos demum pertinere, qui vei

Ili
civitatem, vl tibertatem amiserunt. Inchoatus piane delatioms arile damnationem implere eis, et posi damnationem
permissum est. (9) Gli stessi condannati ad melatta ebbero
il diritto di esercitare le azioni civili in risarcimento dei
danni loro arrecati dal reato. Durante l'Impero, venuta meno
l'istituzione dell' accusa popolare, il diritto di querela pub
blica perde della sua importanza, e allora il condannato pot
soltanto constituirsi denunciante.
Quanto al diritto di querela privata niuno ne fu giam
mai privato in Roma.
Nella legislazione del medio-evo, introdottosi 1' elemento
barbarico, anche questo principio di naturai giustizia venne
meno. Gi sappiamo che i danniti, diffidati e proscripti po
tevano essere uccisi impunemente. In questo stato di cose
chiaro che il diritto di querela privata era in loro annullato: si
nelle cause criminali, che nelle cause civili, nelle quali erano
interessati, agli ufficiali di giustizia era proibito il pronunciare.
Ma, fuori che rispetto a questi individui, ben diversi
furono i principi che prevalsero negli Statuti e pi tardi
fra gli Interpreti . Fra costoro , appunto , tanto si con
sider come personale e quasi inerente alla persona del
l'offeso la querela d'ingiurie, che anche nel caso d'interdetta
amministrazione dei propri beni prevalse 1' opinione che ri
manesse sempre in mano deli' interessato e non potesse il
curatore o amministratore darla n impedirla: e ci perch
come dice il Prof. Carrara,, se altri pu essere miglior giu
dice di me sulle mie convenienze economiche, nessuno pu
essere miglior giudice di me stesso su ci che conviene all'onor mio (10). Questi principi dopo qualche contrasto e
oscillazione sull' interpretazione di alcuni testi delle leggi
romane, si estesero anche ai minori d'et, purch maggiori
di quattordici anni, renuente aut non renuerde tutore; senza
*

(0) V. anche Fr. 17. D. de jur. Fisci.


(10) Corso di diritto crim. parte spec. vo1. IV. 1833.

112
bisogno di decreto del giudice, sebbene da alcuni si credesse
necessario. (11)
95. Nelle leggi vigenti la regola , che ogni persona la
quale si pretenda offesa o danneggiata da un reato pu por
tarne querela avanti l' autorit cui pu farsene denuncia. (12)
Giammai queste leggi fanno intendere che il condannato sia
escluso da questa facolt. Se adunque egli offeso nella persona;
se un costode inumano lo fa giacere sul nudo terreno, o aggrava
con sevizie in qualsiasi modo il suo stato; se la moglie
adultera; se il tutore con l' aiuto di false carte o mediantel 'occultazione dolosa di danaro depaupera in qualsiasi mo
do le eredit che gli spettano, e gli nega ingiustamente
ogni sovvenzione; se alcuno gli chiude con forza o con
dolo la strada per cui le sue preci possono giungere sino al
Sovrano per ottener grazia, o per dimostrare la falsit o la
corruzione che dettarono la sua condanna; in tutti questi casi
ed altri simili non gli n gli pu essere vietato di quere
larsi dinanzi i magistrati.
Il condannato pu ritenersi aver pure il diritto di pro
muovere azione civile in rifacimento di danni causati da de
litto commesso contro di lui, eccitando il magistrato, inve
stito della cognizione di esso, a pronunciarvi sopra d'ufficio,.
sebbene non sia abilitato a goderne immediatamente i buoni.
resultati. Infatti, l'art. 3 del codice di procedura penale vi
gente accorda tale azione al danneggiato, o a chi ne fa leveci , in modo disgiuntivo e alternativo. Peraltro, quando
si tratti di condannato interdetto legalmente, per costi
tuirsi all'uopo parte civile non possiamo esimerci dall' am
mettere la necessit dell' intervento o dell' autorizzazione
(11) C. 2. . De accusat. Montano, D tulet. e. 30, n. 147. Maulio, De tutti, t. 13. pag. 442. Le stesse regole si applicarono
al diritto di desistenza dalla querela: ma talora si esigette il
giuramento d' irretrattabilit. V. Simoncello , De decr. lib.
2. tit. 6. - Inspect. 16. n. 140. - Deciano, lib. i. Cons. 35. n. 9".
- Gutierez, De lutei, cap. 7. n. 23. Oddo, De resi. in integr. par.
2. - Quaest. 85. art. 7. n. 59.
(12) Cod. di proc. pen. art. 104.

113
del tutore, per la convalidazione della sua dimanda a tutti
gli effetti utili o dannosi.
96. Ma il marito condannato avr diritto di promuoverequerela per la moglie, o il genitore condannato per i figli ?
Stando attaccati alla legge, se la condanna abbia tratto
seco la perdita della potest maritale e patria sembra che
debbasi accogliere la negativa. Per, anzitutto non dubbio
che, pei principi esposti, il marito e il genitore pei delitti
commessi contro la moglie o i figli pu aver ragione di que
rela in persona propria, quando vengano a ledere il suo onore,
per quanto possa essere esiguo nella estimazione sociale, o.
il suo patrimonio. Quando poi non ne sia attaccato in alcun
modo allora ha solamente aperto l' adito alla denuncia: denuncia che in qualche caso pu essere atto nobile e giu
sto capace di riabilitarlo in parte dinanzi la societ.
Se invece la condanna non trasse seco la perdita della pote
st maritale e patria, pu dubitarsi che al condannato spetti
il diritto di querela nell' interesse della moglie, nei casi in
cui a tenore delle leggi civili abbia perduto il diritto di au
torizzazione maritale, ma non mai che gli spetti nell'interesse
dei figli che gi vedemmo non sfuggire per intero alla sua
potest, n tanto meno alla sua tutela, nel caso di semplice
interdizione legale. E poniamo dubitativamente la risoluzione
negativa nella prima ipotesi, in quanto che in senso assolu
tamente contrario si spiega l'insigne Nicolini con queste toc
canti parole: Nel caso che la moglie avvilita dalla sciagura
del marito, fosse obbligata forse dai suoi nemici al silenzio,
non trovasi ragione per cui non sia permesso al marito stes
so, di far giungere dal suo luogo di sventura una querela
per lei innanzi al magistrato. (4) Il diritto di querela, bi
sogna riflettere, pi che all' ufficio di potest, d'autorit, si
attiene all'ufficio di tutela e protezione, che legge umana non
pu mai -estinguere affatto in chi da natura vi preposto.
'J7. Come ogni condannato ha libero il diritto di querela..

(4) Della Procedur. pcn. n. 405.

Ili
nel suo interesse, a maggior ragione ha libero il diritto della
difesa nei procedimenti per reati di cui sia accusato o im
putato dopo la primitiva condanna. In ci, ovvio, non ha
d' uopo neppure dell' assistenza del tutore. Alla difesa legale
non opposto alcun ostacolo.
Quanto alla desistenza dalla querela, pu credersi che sia
di niuna efficacia quando provenga dall'interdetto giudizial
mente o dal minore, in quanto costoro mancano di quel di
scernimento necessario a convalidare il loro assenso, che
forma un atto il quale contiene in s implicita la possibilit di
un danno reale e della perdita di qualche lucro. Ma il condan
nato interdetto legalmente devesi considerare nella pienezza
delle sue facolt mentali; in condizione tale, cio, da valersi
del diritto di desistenza dalla querela con piena cognizione
di causa: a lui adunque non possiamo in alcun modo osta
colarne l' esercizio. Soltanto ci sembra che, ammessa la de
sistenza per parte del condannato, non possa d' altra parte
impedirsi al tutore di continuare l'azione per ufficio proprio:
la desistenza, invero, importa degli oneri al patrimonio, come
appunto l' obbligo di pagare le spese del processo e la rinun
zia al diritto di esercitare l' azione civile in risarcimento di
danni, salvo che nell'atto relativo non ne sia stata fatta
espressa riserva (5).
Questi principi possono valere anche riguardo alla re
m issiono (6).
(5) Cod. di proc. pen. art. H8.
(6) La remissione non necessario che abbia luogo dinanzi l'au
torit giudiziaria nelle stesse forme della desistenza. Essa allo
effetto di abolire il diritto a promuovere azione penale dev'essere
chiara, reale. Ma trattandosi d'interdetti non tale se non pell' intervento del loro rappresentante (V. sulla remissione le
mie osservazioni nella Legge, I, anno 1873, pag. 560).

Ilo

JParte II.

DELLA CAPACIT POLITICA DEI CONDANNATI

CAPO I.
DELLA INFAMIA COME CAUSA D'iNCAPACITNELLE LEGGI ROMANE.

1.
2.
3.
4.
5.
C.

I diritti politici nella nostra legislazione.


L' infamia nella legislazione romana: suoi caratteri e pronunci:!.
Effetti dell' infamia immediata nel diritto pubblico e privato.
Effetti dell'infamia meUiata ir.
L' infamia nei rapporti colle pene non capitali.
Speciali interdizioni in Roma.

1. I condannati alla pena di morte dell'ergastolo e dei


lavori forzati a vita, oltre che dall' interdizione legale e
dalla perdita della potest patria e maritale, a tenore dell'art.
3 delle disposizioni transitorie del codice civile sono colpiti
dalla interdizione dei diritti politici.
Quale sia la natura e il carattere dei diritti politici gi
l'accennammo al capo primo dei Principi generati di questo
lavoro. Ma nel sistema delle nostre leggi non troppo chiaro
quali precisamente sono d'annoverarsi tra essi.
Comunemente i diritti politici si riducono al diritto di
essere elettore od eleggibile, di far parte della milizia na
zionale , e di essere scelto a giurato . Questa categoriapero non completa. Ogni pubblica funzione, e in specietutte le funzioni rammentate dalla legge nello stabilire l' in
terdizione dei pubblici uffici, debbono considerarsi come altret
tanti diritti politici. Infatti consistono appunto nella parte
cipazione alla sovranit; non solo si attengono ai rapporti
pubblici fra il cittadino e lo Stato, ma per esse il cittadino
stesso attua questi rapporti, ne diviene il regolatore. Il le
gislatore italiano certamente entrato in questo concetto,

- 116 allorch ha voluto regolare l'esercizio delle une e delle altre


l'unzioni in un solo articolo del codice penale, e cio nel
l'art. 19 relativo alla rammentata interdizione dei pubblici
uffici.
Le espressioni dell'art. 3, delle disposizioni transitorie del
codice civile, interdizione o perdita dei diritti potitici
conformemente alle idee esposte sulla divisione scientifica
dei diritti, e sotto il punto di vista della reale estensione
della incapacit cui sono soggetti i condannati dall' articolo
stesso rammentati, non esatta: meglio direbbesi iidet*dizione o perdita dei diritti pubbtici .
2. L'interdizione dei diritti pubblici, come quella dei di
ritti civili o privati, ha un lungo corso storico. Gi dicem
mo al capo primo che era conosciuta e praticata largamen
te dai popoli dell'antichit, come i Greci e gl'Israeliti.
In Roma, in gran parte dipendette dall' instituto dell' infa
mia; fu conseguenza di essa, non della capitis deminuUo (l).
I cittadini romani come nell'ordine privato, cosi nell'ordine
pubblico, per godere integramente dei loro diritti, doveano
possedere la existimatio, la considerazione pubblica- exi
stimatio est, dicono le leggi romane, dignitatis inlaesae stalus,
legibus ac moribus comprobatus, qui ex detieto nostro auciurliate legum aut minuilur, aut conswnittir ("!) .
Dichiarare l'infamia, la perdita della existimatio, appar
teneva ai censori colla nota censoria in albo, o colla cancel
lazione del nome del cittadino dai registri del censo e l' in
scrizione fra gli aerari. Il diritto pretorio determin le azioni
ignominiose che dovevano essere causa della diminuzione e
della perdita della considerazione o stima pubblica (3): il diritto
(1) *,Nam (cum deminutione capitis) mancre magistratum ,
wl senatorem, vel judicem certuni est. Fr. 5. 2. Fr. G. D. de cap.
min.
2) Fr 5. 1. D. de extr. cogn.
(3) L'infamia propriamente, infamia juris, distingueva;^ dalla
tvrpitudo e dalla levis nota. La turpitudo, infamia fasti, impor
tava le stesse incapacita che l'infamia juris, e si incorreva per
alrune professioni o per cattivi precedenti dell'indi viduo; la lei'is
vola olire poco interesse dal punto di vista penale: essa colpiva gli

117
imperiale diede compimento all'architettato edificiodella isti
tuzione della infamia juris. Questa, gi lo scorgiamo, fu di due
specie, o mediata, cio quale conseguenza di certe condanne
penali, o immediata, cio indipendente da ogni condanna
in contemplazione di certi fatti che non importavano vera e
propria responsabilit penale (4). Ma della prima specie
che qui naturalmente noi intendiamo parlare.
3. Nei primi tempi di Roma gli effetti della infamia im
mediata si restrinsero al diritto pubblico. Turpi judicio
damnati in perpetuum, diceva Cicerone nella Orazione pro
Ciuentio, omni honore ac dignitaie privantur (5). Invece
nei tempi posteriori la stessa infamia ebbe anche la sua in
fluenza nel diritto civile, o privato (6).
Nel diritto pubblico, chi era colpito dalla perdita della
existimatio perdeva l'Jus suffragii e Vjus honorum, vale a
dire diveniva incapace di essere eletto a cariche pubbliche,
o di continuare in quelle di cui era gi rivestito (7;: di
far da testimone in un testamento, in un atto, o in giudi
zio (8); di querelarsi dinanzi i magistrati, salvo che
in causa di omicidio commesso in persona del figlio o
del padrone, o per la ricupera delle cose proprie (9); d' in
affrancati e i figli dei commedianti o delle prostitute. V. Marezzol,
L'onore civile e ta sua perdita totale o parziale Giessen 1824
SXviont, II. 76-83, pag. 170-230; e pi distesamente all' Ap
pendice VII, pag. 516, 559.PUCHTA, 119. Arndts, trad. del chia
rissimo Prof. Serafini, pag. 38, 40.
(4) V. autor, della nota anteced.
(5) 42.
(6) Fr. 1-25. D. de his qui not. inf.
(7) C. 3. de re mit. C. 1. de his qui non impl. stipcn. C. 8. de
decurion. Savigny, 1. c. 79, 80. Vot, 1. III. t. 2. 8 1Il decurione perdeva la carica, ma dovea sopportarne gli oneri,
altrimenti la condanna gli avrebbe giovato. C. 1. de his qui non
impl. stipen. C 10. deinfam. CuJA.no, 1. X. tit. 31-1. X. tit. 58.
(8) Fr. 20. D. qui test. fac. pos. Fr. 20. D. de testibus. Nov. 90,
cap. 1. Savigny per crede che l'incapacit a far da testimone in un
testamento sussistesse solo per certe condanne. 1. e 8 82.
(9) Fr. 4. D. de accusat. et inscript. Fr. 4. D. de popul. action.
Savigny, 1. c.

118 tentare azioni di dolo con troie persone honestiores (10); di


promuovere azioni pubbliche, ossia popolari (11); di stare
in giudizio come advocatus, anche senza contraddittorio; di
postulare per altri, eccetto che pei suoi prossimi parenti o
pel patrono (12); ' di stare infine in giudizio coll' ufficio di
un procuratore o cognilor (13).
Nel diritto privato, l' infame era incapace di rendersi ces
sionario di azioni; in quanto che non poteva essere nomi
nato procurator o cognitor, cui nell'atto della cessione per
finzione di legge era assimilato,- sino a che non gli furono
concesse le azioni uiiles, e ai tempi di Giustiniano non fu tolta
ogni finzione (14): egli era incapace, se era femmina, di con
trarre nozze con un Senatore o suoi discendenti, e con uomini
liberi in certi dati casi,- sino a che ai tempi pure di Giu
stiniano non fu tolta ogni proibizione; e ci da prima purch
il matrimonio fosse stato contratto durante l'ufficio senatorio,
o si fosse trattato di commediante la quale avesse lasciato la
professione; pi tardi senza altra condizione che la necessit
della stipulazione per atto pubblico (151: alcuni credono che
fosse incapace di testare, e quindi il suo testamento potesse es
sere attaccato nella sua istituzione colla querela inofficiosi
testamenti, eccetto si trattasse della donna che avesse con
tratto matrimonio prima della decorrenza dei 10 mesi dal
giorno della vedovanza (16); ma questa incapacit non ve-

(10) Fr. H. D. de dolo malo.


(11) Fr. 1. 5. 8. D. de postul. Cujacio, 1. II. tit 11.
(12) Fr. 8. de accus. et inscript. Fr. 7. D. ad leg. Ivi. maj.
C. 15. de his qui acc. non possunt. Fr. 11. D. de pub. jud
(13) Paolo, Sent.,l,U. i. Frag. Vatic. 322, e seg. Savigny,
t. II. c. 2. 82.
(14) Paolo, Sent., I, II, 3- Gajo.Cowi. 4. 39. Fr. 3. 5. D. de
in rem verso. C. 9. de haered. vel act. vend. Savigny, 1. c.
(15) C. 28. 29. de nuptiis. Novel. 117. cap. 6. Savigny, 1. c. Il
matrimonio contratto contro il divieto, in diritto antico non fu
nullo: Io fu solo per decreto di M. Aurelio.
(10) Fr. 9. D. de secund. nupt.

119
ramente stabilita da alcun testo, se non per certe specie di
condannati, e forse fu scambiata con quella di essere nomi
nato erede per testamento (17): infine, era incapace di eser
citare un ufricio di tutela, sebbene mantenesse l' esercizio
della patria potest (18).
4. L' infamia mediala, che era sequela di condanna a
pene capitali, fu quella che si mantenne sempre nel campo dei
diritti pubblici. I servi della pena, in forza del fatto stesso della
servit, erano in genere esclusi da ogni ufficio o funzione, e
potevano anche essere flagellati : etiam verberibus coercentur (19). I condannati all' interdictio aquae et ignis e alla
deportatio, erano colpiti dalla stessa esclusione, e in specie
detto nei testi, che divenivano incapaci alle cariche pub
bliche (.20; ; non potevano figurare come testimoni in un te- '
stamento o in un atto pubblico, o in giudizio (21) ; formare
un' accusa criminale, o postulare per altri (22). Pu nascere
disputa se potessero far valere i loro diritti dinanzi i ma
gistrati ; ma certo che non lo poterono fino a che fu in
vigore la procedura delle actiones, nello stesso modo che i
peregrini. Quando poi ebbe vita il sistema formulare, allora
sembra che la cosa andasse diversamente, poich in molti
testi si veggono dei deportati figurare in una instanza
come convenuti, e niun testo proibisce loro di figurarvi co
me attori (23). Qui civilatem amisit, dice il Fr. 14 D. de
interd. et reteg., et bona detinet, utitibus actionibus tenetur.it

(17) Fr. 18, 26 D. qui test. fac. pos. Fr. 3. 5. 14. 15. D. De
test. c. 27. de inof. test.
(18; Fr. 3. 4. D. de tib. exib. Fr. 17. 13. D. de injur. et
fam. tib. Fr. 17. l. D. de test. tut.
(19) Fr. 8. 1. D. de poenis.
(20) Fr. 10. 6. D. de in jus. vocan. C. 2. de his qui in eooil.
(21) I. 6. de testarti, ordin. Fr. 3. 5. 20. D. de test. Vedremo
nuovamente, in seguito, di questa incapacit.
(22) V. nota 12.
(~3) Fr. 5. 1. D. de pub. jud. Fr. pr. e 1 6. D, de postul.
Quo. Cvmm. II, 5.

120
t relegati infine non decadevano dalla existimatio, se non
nel caso che la loro condanna fosse stata pronunciata in
judictum ptibttcum, per causa infamante. Soltanto allora
perdevano pienamente Yjus honorum e 'jus suffraga (24J.
5. Le condanne a pene non capitali in Roma produs
sero decadenza dalla existimatio in questi soli tre casi:
1. Quando erano il risultato di un procedimento pubblico judictum pubticum - di un procedimento, cio, regolato da una
legge speciale che definiva il crimine e determinava la pena 2. Quando erano pronunciate per alcuno dei reati che senza
. -essere obbietto di legge speciale , erano soggetti all'arbi
trio il pi completo in un giudizio extra ordinem.S.0 Quando
si trattava di un fatto pel quale sarebbesi ugualmente incorsa
l'infamia, se fosse stato giudicato con procedimento priva
to. (25)
L'infamia poteva evitarsi dal condannato coll' assogget
tarsi ad una pena afflittiva pi grave: Poena gravior ultra
legem imposita existimationem conservat. (26)
6. Indipendentemente dall' infamia, gi dicemmo che in
Roma erano stabilite incapacit speciali ai diritti pubblici,
che talora dipendevano interamente dalla dichiarazione della
legge, tal'altra dall'arbitrio del magistrato. Questi, in tal caso,
poteva scegliere tra simili incapacit e una data pena corpo(24) Cos conciliasi il fatto che nei testi talora si dice che il
relegato gode dell' jus honorum, tal'altra no. Fr. 1. 2. 7. D. de
pub.jud. Fr. 28- 1. D. depoenis. Fr. 5. 2. D. de extr. cognit.
Fr. 24 D. de test. C. 2. de his qui in exil.
(25; Cdjacio, 1. IX t. 5 Nei primi tempi, ricavasi dall' editto del Pretore, l'infamia non fu cosi generale Quanto ai
giudizi privati s'incorse pei crimini pi ignobili, come il furto
e la rapina, e poi lo stellionato e l'usura sebbene fosse intervenuta
una transazione tra il danneggiato e il colpevole. Paolo, Scnt I'.
III. 5. Quanto ai giudizi pubblici s'incorse soltanto pei delitti
di calunnia e di prevaricazione o di violazione di sepolcro. Un
decreto del Senato la stabili pel delitto di violenza privata. In se
guito fu stabilita per ogni crimine punito con pena capitale o
giudicato in pubblico judicio. Savigny, 1. c. 77.
(i!6j Fr. 7. D. de his qui noi. inf.

- 121 rale, specialmente pei reati commessi da persone honestiores (27).


Qui sarebbe troppo lungo esporre per quali reati e in
quali limiti queste incapacit potevano comminarsi. d'av
vertirsi soltanto, che si pronunciavano specialmente contro
persone rivestite di pubblico ufficio o dignit, e che erano
riconosciute colpevoli di reati generalmente attinenti all'uf
ficio o dignit medesime. Queste, d'altronde, non potevano
essere tali da esimere alcuno dagli oneri pubblici (mimera).
Nec infames immunitatem habere, cum haec privitegii non
notae sit, convenit. (28). Consistevano nella esclusione dal
Senato, dalla Curia, dalla Decuria e dal Fro; nella inca
pacit di proporre querele, di postulare per altri, di testi
moniare o di comparire dinanzi alcun magistrato, od alcuna
dignit elevata. (29)
In Roma si annover tra le pene anche l'interdizione di
certi affari od arti. Il Preside della provincia poteva, per esem
pio, escludere alcuno dall'appalto delle imposte; poteva pure
vietare ad alcuno, pel periodo della sua amministrazione, l'uso
di qualche arte. Sunt auiem et atiae poenae, si negotiattone
qitis absiinere jubeatur, vel ad conductionem eorum quae
publice locantur, accedere, ut ai vectigatia publica. (30)
Queste interdizioni speciali ci richiamano il sistema dei
nostri Codici. La tradizione delle leggi romane ha ancora
molta efficacia presso di noi.
(27) Fr. 3. 2. D. Stellion. Fr. 1. 3. D. de abigeis. Paolo.
Sent. V. XX, 6.
(28) C. 12. de decvr. Fr. 8. D. de interd. et relegai.
^29) Fr. 2. 3. D. de Senat. Fr. 1. 1. D. de effract. Fr. 1. n.
ad leg. Ini. de vi priv. Fr. 40. D. de inj. et libel. famos. Fr. 9.
4. 8. D. de poenis. Fr. 1. 6. D. de postid. Fr. 18. 20. 5.
D. qui test. fac. pos. Fr. 14. 15. D. de test.
(30) Fr. 9 9. Fr. 4. 3. D. de poenis. Il Preside non avrebbe
potuto obbligare alcuno ad astenersi in genere da un dato ne
gozio. Fr. 9 10. D. eod.

CAPO II.
Delle pene infamanti
E della interdizione dei pubblici uffici
NEL DIRITTO INTERMEDIARIO E NEL VIGENTE.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
15.
14.

L' infamia del medio-evo.


Decadenza dai diritti pubblio! : - i tanniti, diffidati, proscrlpti.
Decadenza dai titoli di nobilt, c dal beneficio ecclesiastico.
Interdizioni speciali
Le pene infamanti e la degradazione civica in Francia.
Interdizione dei pubblici uffici nei codici degli Stati italiani.
Interdizione dei pubblici uffici nel codice penale sardo.
Interdizione del pubblico servizio nel codice penale toscano: esclusio
ne dell' infamia.
15. Sospensione dei pubblici uffici e sue interdizioni speciali.
1C. Le disposizioni transitorie del codice civile e le leggi speciali,
7. Dopo la caduta del romano Impero, l' infamia sotto mol
ti rapporti non mantenne la forte organizzazione che le die
dero le leggi romane, ma nel sistema penale ebbe sempre
capitale importanza. Il cristianesimo, i costumi, le nuove idee
che andavano prevalendo, affermarono e stabilirono il princi
pio della personalit delle pene, troppo a lungo disconosciu
to, e l' infamia stessa ebbe effetti pi ristretti. In specie,
essa non fu pi causa di modificazione o perdita parziale del
godimento od esercizio dei diritti civili , come quello di testa
re o di stare in giudizio (1), ma solo dei diritti politici, dei
pubblici uffici e dei gradi di nobilt, nei luoghi in cui per
l' introdursi dell'elemento barbarico avea preso campo nel
diritto civile o privato.
8. I noti banniti, diffidati o proscripti, a tenore degli
statuti dei nostri Municipi, colpiti appunto d' infamia, non
potevano essere eletti ad alcun' ufficio pubblico e decadevano
da quelli di cui fossero gi rivestiti. Et bannitos vet habitos pro bmnito non possit esse offitiatis Comunis, nec pro
(I) Pothiek, Trait. des donai. test. cap. 1. 3. e seg. - Dalloz,
Repert. V. Donai, entre vifs et test. C. 12. sez. 4. art. 1. n 10.

123
Comune, nec advocatus, vel procurator in aliqua causa, nec
atiquod beneficium possit habere in, vel pro dicto Comune,
in aliquo suo jure civititer, vel criminatiter, vel atiquod sibi
fat quoquommodo satvo. (2) Non potevano essere uditi dai
magistrati in causa alcuna nella quale fossero interessati (3),
n far testimonianza in giudizio , sebbene quest'ultima proi
bizione si trovi in alcuni Statuti stabilita con pi discer
nimento che nelle legislazioni moderne, per essere ristretta
a certi reati soltanto. Cos lo Statuto di Pisa stabiliva, che
non potessero essere uditi dinanzi alcun giudice, n accolti
come arbitri; 1. I falsificatori di moneta o di carta, o d'oro
o d'argento, o coloro che li coadiuvarono nella falsificazione,
o esitarono, pignorarono o diedero in cambio gli oggetti
falsificati. - 2. I testimoni falsi e i magistrati i quali avessero
pronunciata una falsa o ingiusta sentenza con animo malo.
Stabiliva inoltre, che niuno di questi individui potesse am
mettersi a giurare in causa in cui fosse interessato. (4)
9. L'infame era privato dei titoli d'onore e ordinariamen
te dei gradi di nobilt. La nobilt di razza non era per
estinta pel solo fatto della sentenza, ma era necessaria una
speciale degradazione; e in ogni caso i figli restavano nobi
li. L' infamia, specialmente in alcuni paesi retti a monar
chia, come la Francia, non fu rigorosamente personale riguardo
soltanto ai condannati borghesi: incredibile aberrazione dello
spirito dei tempi, esclama vivamente Humbert, che faceva
della personalit delle pene un privilegio del sangue (5). A te
nore delle leggi canoniche, l'infame non poteva essere ammes
si Statuto di Firenze - lib. 2. rubr. 250. e seg. Statuto di Ro
ma lib. 2. cap. 10 Talora erano esclusi dai pubblici uffici anche
i congiunti del condannato (cit. Statut. di Firenze lib. 5. rubr. 253).
J diffidati nello Statuto di Roma e altri ancora, n'erano esclusi si
se trattavasi di causa criminale che di causa civile Diffidati pro
civili vel criminali causa, ad aliquod officium intra vel extra
urbem elegi non possint et elf.ctio non teneal* (1. c. cap. 14).
(3) Statuto di Rieti- lib. 2 cap. 4., egli altri, cit al capo III.
nota 4. par. I.
(4) Statuto di Pisa- lib. 2. cap. 17.
(5) 1. c. pag. 307.

124
so agli ordini sacri; era spogliato del beneficio di cui era
investito al momento in cui incorreva 1- infamia (6). Ma
gi la Chiesa riguardava come ostacolo agli uiliri ecclesia
stici qualsiasi condanna: ex poenilatibus quanlumvis sii
bonus elenio non ordinalur (7); onde spesso le incapacit
canoniche pi gravi dipendevano dalla condanna e non gi
dal fatto che questa fosse seguita da infamia.
I canoni della Chiesa enumerano distintamente ciascuno
dei reati, che sono causa della perdita ipso jure dei benefici
ecclesiastici, e cio: 1 l'eresia; 2 la simonia; 3 la
percussione e le offese reali contro i cardinali o i vescovi,-
4 l'assassinio di un uomo, sia commesso per volont propria,
sia per mandato altrui, e l'omicidio e la mutilazione del ret
tore o di altro cherico della chiesa vi cui l'omicida o mu
tilatore ottenne il benefizio: 5 il procurato aborto; 6'
la sodomia; 7 la falsificazione o alterazione di lettere apo
stoliche : 8 il duello sia solenne, sia privato, sia provocato,
sia non provocato, e anche non seguito da morte: 9 l'in
giusta occupazione dei beni di una Chiesa o di un luogo pio:
10 il carcere privato contro un cherico per astringerlo a
resignare il suo beneficio: 11 gli offensori dei litiganti
nella Curia romana, o dei loro giudici, avvocati, procuratori,
notari, testi ecc. --Per altri reati, quand'anche avessero impor
tato la morte civile, o la deportazione, o la galera, i benefi zi non vacavano ipso jure, ma erano amministrati dal Vica
rio o Coadiutore, sino a che i condannati non ne fossero
dichiarati decaduti per sentenza del giudice ecclesiastico .8).
10. Anche in questo periodo storico continuarono le inter
dizioni speciali, indipendentemente dalla pronuncia H'infamia. Ma in tutto questo sistema penale d'incapacit esisteva
una grande incertezza. Il legislatore non era intervenuto con
principi fissi, e molto era lasciato all'arbitrio dei tribunali.

(6) Hericourt, Lois eccle's., par. 3. eap. 5. art. II. 34. Papon,
Iib. II. t. 6. a?t. 1. - Pohtier, Trait. des person. par. 1. 1. 3 seg. 3.
(7) Quarto concilio cartag. canon. 4.
'8) Ferrari, Biblioteca, voI. I. A. B. art. 7. pag. 244.

125
Fu sulla fine del secolo passato, che con quello delle incapa
cit civili, si organizz regolarmente un sistema d'incapacit
politiche, e l' infamia s' incominci a combattere come instituzione di tempi barbari.
11. In Francia, l' infamia fu cancellata dal codice penale
dell' anno 1791, ma si stabili una scala di pene inramanti e
si organizz il sistema della degradazione civica. In Italia,
alla line del secolo decimottavo si segu la medesima via e
s' introdusse l' equivalente sistema della interdizione dei
pubblici uffici.
La degradazione civica che nel codice penale francese
del 1810 regolata da disposizioni precise, nel codice rive
duto del 1832 fu meglio organizzata si come pena criminale
principale, che come pena accessoria, ossia qual conseguenza
delle pene afflittive importanti la perdita del godimento o
dell' esercizio dei diritti civili, in virt della morte civile.
Questa degradazione civica, anche adesso che alla morte
civile fu sostituita l' interdizione legale, consiste : 1 nella
privazione del diritto di voto, di elezione ed eleggibilit, ed
in generale di tutti i diritti politici, e del diritto di portar
decorazioni: 2. nella destituzione ed esclusione da ogni
funzione, impiego od ufficio pubblico: 3. nel1' incapaciti
di essere scelto a perito giurato, di essere assunto come
testimone negli atti, e di deporre in giudizio altrimenti che
a semplici indicazioni o schiarimenti: 4. nell' incapacita
di far parte di un Consiglio di famiglia, di essere tutore, cu
ratore, surrogato tutore, o consulente giudiziario , tranne
pei propri figli, e dietro parere conforme del Consiglia
di famiglia: 5. nella privazione del diritto di far parte della
Guardia nazionale, di servire nell'armata francese, e di por
tar armi: C. nella privazione del diritto di tener pen
sionato, di far scuola, e di essere impiegato in qualsiasi sta
bilimento d' istruzione, in qualit di professore, maestro,
sorvegliatore.
La forinola con cui si pronunziava la degradazione civica,
in pubblico dall'usciere, fu questa: Votre pays vous a trouv
convaincu d' une action infame , la loi et le tribunal vous
dcgradent de la quali de citoyen francais.

12G
12. I vari codici gi vigenti negli Stati d' Italia, nello
stabilire l' interdizione dei pubblici uffici, che pronunciavasi
dal magistrato colla sentenza stessa di condanna, riprodus
sero ciascuna di queste incapacit.
Il codice penale austriaco, gi vigente nelle provincie
Lombardo-Venete, alla esposta enumerazione aggiunse l' esclusione della redazione responsabile di uno stampato e la
decadenza dal grado di nobilt (1).
Il codice delle due Sicilie (2), il parmense (3), il tosca
no (4), e il regolamento romano (5) tra le speciali interdi
zioni di diritto pubblico comprendono l' esclusione del con
dannato da ogni funzione od impiego pubblico, ma tacciano
della esclusione dall'esercizio dei diritti politici. La ragione
del silenzio pu peraltro spiegarsi facilmente. Con una or
ganizzazione politica in cui si riconoscevano dei sudditi, non
dei cittadini tiberi; in tempi, insomma, nei "quali la forma di
governo esistente fu la monarchia assoluta, nei membri com
ponenti lo Stato non era ammesso il diritto ad alcuna par
tecipazione della sovranit; la volont del Principe e dei suoi
consiglieri rendeva lettera morta il suffragio del popolo; non
si avevano instituzioni popolari, non diritti popolari o politici
nel senso inteso dalle nostre leggi.
13. Il codice penale sardo, all'art. 19 riproducendo l'art. 34
del codice penale francese ha stabilito, che l'interdizione dai
pubblici uffici consiste: 1. nella esclusione perpetua dal
diritto d' elettorato e da quello di eleggibilit in qualsiasi
comizio elettorale, e in genere da ogni diritto politico :
2. nella esclusione perpetua da ogni funzione, impiego od
officio pubblico; 3. nella decadenza del beneficio ecclesia
stico di cui il condannato fosse provvisto: 4. nella perdita di
tutte le decorazioni nazionali od estere, di tutti i distintivi
di onore civili e militari, di tutti i titoli pubblici, di tutti i
(1)
(2)
(3;
(4)
(5)

26. let. C 27. let. A.


Art. 14.
Art. 22.
Art. 24,25.
68. 69.

127
gradi e di tutte le dignit accademiche: 5. nella incapa
cit di essere tutore o curatore, di concorrere negli atti re
lativi alla tutela tranne pei propri figli nei casi dalla legge
contemplati.
Lo stesso codice penale stabilisce l'incapacit a testimo
niare e compiere le funzioni di perito giurato, contro i con
dannati alle pene riconosciute come infamanti, e cio alla mor
te, all'ergastolo ed ai lavori forzati a vita, ai termini dell'art.
25 (6). Adesso cade in acconcio avvertire, che nello stessotempo, e contro gli stessi condannati commina anche la esclu
sione dalla facolt del porto d' armi, compresa coll' anteceden
te incapacit a testimoniare nel sistema della degradazione
civica del codice penale francese, e negata, s in Francia che
presso di noi, soltanto agli oziosi e vagabondi ed ai sospetti
in reati (7)L' esposta interdizione dai pubblici uffici perpetua
come la degradazione civica: i giudici non possono limitarne
la durata e s'incorre ipso jure. Peraltro, il rigore del sistema
di una interdizione perpetua, nella nostra legislazione atte
nuato dall' altro della sospensione dagli stessi pubblici uffici.
Tal sospensione differisce dalla interdizione nella durata, ed il
giudice ha facolt di spaziare tra il maximum e il minimum
della medesima nei casi espressamente stabiliti dalla legge,
con un certo rapporto di armonia tra la pena e il reato (8>.
L' interdizione dei pubblici uffici sequela necessaria della
condanna alla pena di morte, dell' ergastolo e dei lavori for
zati a vita. Dall' art. 21 del codice penale sardo pure unita
alle condanne ai lavori forzati a tempo ed alla reclusione,
quando sia pronunciata per alcuno dei crimini designati nel
l'alinea dell'art. 23, ed alla stessa reclusione od alla relega
zione negli altri casi dalla legge determinati (9).

(6) V. par. I. capo IV. pag. 45.


(7) Leg. di P. S. 20 marzo 1865, alleg. B. art. 80. n. 3.
(8) Cod. austr., 242. - Cod. delle 2 Sicilie, art. 27. - Cod.
parmense, art. 32. - Cod. tose, art. 24 25. - Regol. romano,
68. 69. - Codice sardo, ora HaI., art. 31.
(9) Nel Cod. pen. austriaco ( 26) detto doversi applicare per

128
14. Fra tutti i codici d' Italia, il solo codice penale to
scano, in omaggio a certi principi di opportunit e di giusti
zia, che svilupperemo nella parte teorica di questo lavoro, ha
respinto il sistema di un' interdizione perpetua dei pubblici
uffici pei condannati a pene afflittive criminali temporanee (10);
e pur nel suo sistema d' interdizione temporanea ha meglio
di ogni altro rinvenuto ed attuato un rapporto armonico tra
la pena e il reato, che crediamo dover essere la base d' un
buon codice penale (11).
L'interdizione dai pubblici uffici del codice penale sardo,
ora italiano, e del codice penale toscano vigente non com
parisce, come la degradazione civica del codice penale fran
cese, qual pena infamante, tanto pi oggi che prevale il
principio niuna pena essere infamante per legge.
Adesso sarebbe fuor di luogo riandare le ragioni sulle
quali fondato questo principio. Basti il dire che l'infamia
ope legis o superflua o inutile. superflua se il reato trae
seco l'infamia di fatto: inutile e inefficace , se l' opinione
pubblica non vi corrisponde. Il patrimonio dell'onore non
esiste che nella conscienza dei nostri simili: ma la legge pu
comandare ai corpi non all'opinione pubblica; ci che toglie
l'onore e la stima non la pena, sibbene il fatto criminoso
per s stesso. A ci dobbiamo aggiungere, che l'infamia
pena aberrante, diversamente sentita, perpetua, distruttrice
iniilsiasi condanna criminale - Nel cod. delle due Sicilie (art. 13)
pelle condanne ai ferri anche nel presidio e alla reclusione - Nel
cod. parmense (art 49) pelle condanne alle pene afflittive criminali.
(10) Art. 24. 25. cit.
(11) L' interdizione dai pubblici uffici comminata come pena
principale dal cod. pen. sardo (art. 312) e dal cod. pen. tose,
(art. 174):in un solo caso e anche comminata a tempo per alcune
condanne a pene correzionali dal cod. pen. tose. (art. 167.)
(IV) Donello rigett la distinzione tra infamia di fatto e in
famia di diritto, ma ben fu confutato da Amava, in Cod. De inf.
thes. H.-Bacoyius, ad Treutlerum, thes. 4 - Bentham e Filangeri
sono grandi sostenitori delle pene infamanti - Bentham volle gra
duarle col singoiar sistema, come dice il Prof. Carrara, delle
macchie in un panno (Progr, di dir. crim. parie gen. pag. 105) -

129
dell'umana dignit, ostativa dell'emenda, indefinita; carat
teri tutti che ripugnano a un buon sistema punitivo (12).
15. L'interdizione o sospensione dei pubblici uffici nei
codici penali moderni seguita dalla interdizione o sospen
sione dell'esercizio di una carica od impiego determinato, di
una determinata professione, negoziazione od arte. Gli im
pieghi, professioni, negoziazioni od arti, di cui facciamo
parola, sono propriamente quelle di pubblica fede, o che ri
chiedono matricola, o autorizzazione governativa pell'esercizio. Tale interdizione e sospensione stabilita sempre quai
pena accessoria ed in specie va unita alle condanne per cri
mini commessi con abuso dell'esercizio di una carica, di un
impiego, di una professione, di una negoziazione od arte. (13).
16. Dopo gli avvenimenti politici dell'anno 1859, le leggi am
ministrative-politiche del Regno completarono il sistema delleinterdizioni dei diritti che continueremo a chiamare pubbli
ci. Le disposizioni transitorie del codice civile, mentre hanno
regolato la condizione civile dei condannati, nulla hanno dispo
sto sulla condizione politica o pubblica: in quest'ultimo rap
porto nulla adunque stato immutato di quanto dispongono
il codice penale sardo, ora italiano, e il codice penale to
scano, non che le stesse leggi amministrative-politiche.
Del resto, tra coloro. che meglio dissertarono sulle pene infamanti
vedasi in Carrara 1. c.
(13) V. ilcod. pen. austriaco ( 30. 242), il parmense (art. 32,
33), il sardo (art. 39, 43), iJ toscano (art. 25, SO. 38).

1>

130
CAPO III.
Della capacit dei condannati
all'esercizio dell'elettorato politico e amministrativo.
17. Condanne cae importano incapacit all'elettorato
legge del 13 dicembre
1860, e 20 marzo 1865; allegato A.
18; Questioni Sulla espressione frode,
19. Stato della nostra giurisprudenza.
30. Questioni sulla espressione truffa.
21. Questioni sulla espressione furto.
Si. Interdizioni speciali: ronfino, esilio locale.
23. Ammonizione giudiciale e sorveglianza della polizia.
2i. Avvertenza sull' elettorato provinciale.
17. La prima incapacit che trae seco l'interdizione dei
pubblici uffici del codice penale italiano, quella dell'eletto
rato e dell'eleggibilit in qualsiasi comizio elettorale. Essa
stabilita anche dalla legge elettorale politica del 17 decembre
1860, e dalla legge comunale e provinciale del 20 marzo 1865,
alleg. A- anzi queste leggi unicamente servono a regolare la
capacit all' elettorato ed alla eleggibilit in Toscana, ove
non annoverata tra le incapacit portate dall'interdizione
det pubbtico servizio del codice penale Leopoldino.
L'art. 104 della legge del 17 decembre 1860 dispone: Non
possono essere n elettori n eleggibili, n esercitarne i di
ritti, coloro che furono condannati a pena criminale
co
loro che furono condannati per furto, truffa, od attentato ai
buoni costumi. L'art. 26 della legge del 20 marzo 1865 dice :
Non sono n elettori n eleggibili
quelli che furono con
dannati a pena criminale: i condannati a pena correzionale
od a particolari interdizioni mentre le scontano: i condan
nati infine per furto, frode o attentato ai costumi. Oltre
a ci e da avvertirsi, che l' art. 208 di questa stessa legge
aggiunge: La qualit di consigliere si perde verificandosi
alcuno degli impedimenti di cui agli art. 25, 26, 27.
La legge elettorale politica come la legge comunale e pro
vinciale parlano di condanna a pene criminali; quindi, secondo

131
il principio ormai stabilito, le condanne a pene correzionali
per crimini, pel concorso delle circostanze scusanti, come la
minore et o altra, o pel concorso di attenuanti, di regola
non inducono incapacit all' elettorato o all'eleggibilit (1).
Le condanne a pene correzionali sono eccezional mente
causa di tale incapacit quando sono pronunciate per furto,
falso, o frode, come dice la legge comunale e provinciale, o
truffa, come dice la legge elettorale politica.
18. Ma in qual senso deve intendersi l'espressione frode?
In qual senso deve spiegarsi la differenza fra queste leggi ,
nel porre nella categoria delle pene, causa d'incapacit, l'una
la frode e l'altra la truffa?
Ambedue i punti abbiamo toccato nella Legge, in nota ad
una sentenza della Corte d'appello di Torino, del 18 set
tembre 1872, e in questi precisi termini (2).
La parola frode nel codice penale italiano ha un signi
ficato lato che comprende vari reati con denominazione spe
ciale e distinta. La sezione 3, capo II, tit. IX del libro II,
dello stesso codice penale, intitolata : Delle truffe, ap
propriazioni indebite e altre specie di frode. Quindi, sotto
il nome di frode si ritenuto generalmente che nel concetto
del legislatore sieno comprese : 1. Le truffe, punite dagli ar
ticoli 626, 627, 628, 629, 630: 2. Le appropriazioni indebite,
punite dall'art. 631: 3. Le alterazioni di vino, liquori ed al
tre mercanzie per parte di vetturali ecc., punite dall'art.
632: 4.1l trafugamento di qualche titolo, documento od altro
scritto prodotto in giudizio, punito dall' art. 633 : 5. Infine
l'appropriazione di cose trovate, punita dall'art. 634. E poi
da aggiungersi, che alla stessa sezione terza fa sguito un capo
speciale intitolato : Disposizioni retative alle tre precedenti
sezioni : cio, la prima, delle grassazioni, estorsioni violente
e rapine : la seconda, dei furti : la terza, quella accennata
delle truffe, appropriazioni indebite ed altre specie di frode.
Di qui facilmente sorta l' idea che l' incapacit all' elettor
rato debba colpire tutti i condannati pei reati sui quali difi) V. capo IX, pag. 90.
(2) Parte II, anno 1873, pag. 1 16 -Id. parte r, anno 1873, pag. 19Qt

132
spongono queste disposizioni generali stesse, e di natura
fraudolenta come gli altri puniti nelle tre sezioni antece
denti ; e cos i condannati : 1. per ricettazione o ritenzione
dolosa di danaro o altre cose rubate, o truffate, di cui
agli art. 638, 639, 640: 2. per omissione della dichiarazione
prescritta dagli art. 641, 642, 643, 644, agli orefici gioiel
lieri, orologiai, e poi agli osti, locandieri ecc., degli oggetti
respettivamente comprati, permutati, ricevuti in pagamento,
0 in pegno : 3. per contraffazione o alterazione di chiavi,
vendita illegittima di grimaldelli, ritenzione non giustificata
delle une e degli altri, di cui agli art. 645, 646, 647, 648, 649.
E del resto, n alla sezione terza rammentata, n a queste
disposizioni generali delle tre sezioni precedenti si sono fissati
1 limiti dell' incapacit al diritto d'elettorato in base all'espres
sione frode dell'art. 26 della citata legge comunale e provin
ciale. stato infatti ritenuto, che ogni qualvolta si tratti di
reati di natura fraudolenta, di reati, cio, che hanno per ele
mento costitutivo i maneggi e raggiri l' inganno il
caso d' applicazione della sanzione proibitiva dell' articolo
stesso. Sotto questo punto di vista condanna che esclude
dall' elettorato quella per frode relativa al commercio, alle
manifatture e alle arti capo I tit. V : quella commessa
dagli approvigionatori o appaltatori di somministrazioni o ser
vizi pubblici art. 398: quella commessa contro la li
bert degli incanti art. 407: ecc. Insomma la parola
frode stata dai pi intesa piuttosto come mezzo al reato,
che come un reato speciale o unico, contemplato dal codice
penale italiano.
19. Stando alla giurisprudenza, sono frode, causa d'inca
pacit all' elettorato : 1. L'avere carpito una scrittura d'ob
bligo ad un minore abusando della sua inesperienza, reato
previsto dall'art. 428, cod. pen. (3); 2. Le appropriazioni

(3) C. d'appello di Casale, 22 agosto 1868, Temi Cascdese, I,


pag. 333 -IJ. 22 dicembre 1869, Giurisprudenza, VII, pag. 203.

133
indebite (4); 3. La ricettazione di cose furtive (5); La
prevaricazione in genere, e in specie la sottrazione commessa
da un ufficiale pubblico nell'esercizio delle sue funzioni (6);
5. L' avere con offerta di danaro allontanato oblatori dagl'in
canti (7). Per questo reato il qualificativo di frode, fu detto,
si ha nell'art. 403 del codice stesso; 6. La sottrazione frau
dolenta, dai registri comunali, di un atto di nascita e di
battesimo (8).
20. La parola truffa, adoperata dalla legge elettorale poli
tica, del 17 decembre 1860, all'art. 104, ha un significato pi
ristretto, un significato speciale a una categoria di reati
contemplati dal codice penale (9). E qui noi non possiamo
(4) C. S. di Torino, 30 luglio 1868, Giurisprudenza, V, pag.
594-Legg, parte II, 1868, pag. 354. .Non osta la sentenza
della Corte di app. di Casale, del 19 agosto 1859, (Giurista calabre
se, II, pag. 690) che ripar un Decreto dell'Intendente generale
di Vercelli, il quale avea dichiarato incapace un tale stato con
dannato per appropriazione indebita. Questa decisione, infatti, fu
resa sotto l'impero della legge comunale del 7 ottobre 1848, che
a differenza di quella del 23 ottobre 1859, e della vigente del 20 mar
zo 1865 , pronunziava l' incapacit, soltanto pei condannati per
truffa, e cosi la restringeva ad un caso speciale e pi grave di
frode.
(5) C. d'app. di Catanzaro, 18 giugno 1869, Giurista Calabrese,
III, pag. 195.
(6) CU. sent. della C. S. di Torino, 30 luglio 1868.
(7) C. d'app. di Casale, 25 agosto 1870, Temi Casalese, II, pag.
475 - Contr. per in C. d'app. di Torino, 3 agosto 1869, Giuri
sprudenza, III. pag. 651.
(8) Legge, II, sent. cit. 1873, pag. 116 - Id. id. I. 1873, pag. 190.
Nella Legge riscontrasi anche una sentenza della Corte d' app.
di Parma, 4 luglio 1865 (anno II, 1865, pag. 289), pronunciata in
base all'art 486 del cessato cod pen. del Ducato, in cui si ri
tenne qual frode, all' effetto dell' incapacit all'elettorato, 1' aver
operato inganno sulla quantit o qualit delle cose vendute, usando
di falsa misura; -altra decisione poi della Deputazione provinciale
di Molise, 6 luglio 1870 (II, anno 1870, pag. 354), in cui qual
frode si ritenne pure l'uso doloso, per ragione di lucro, di un do
cumento falso.
(9) V. Giurisprudenza, anno 1873, pag. 86.

134
procedere per analogia ; non possiamo estendere da capo a
capo il disposto della legge, e con esso l' incapacit all'elet
torato. Certamente il legislatore ubi voluit diosit, ubi noluit
tacuit : d' altronde scritto nell'art. 4 delle disposizioni pre
liminari del codice civile, che le leggi penali e quelle che ri
stringono il libero esercizio dei diritti o formano eccezione
alle regole generali o ad altre leggi, non si estendono oltre
i casi e tempi in esse espressi. La giurisprudenza si uni
formata a queste massime, ed ha quindi stabilito, che non
sono colpiti d' incapacit all' elettorato politico i condannati
per appropriazione indebita (10), n i condannati per aver
carpito scritture o quitanze ad un minore , abusando della
sua inesperienza (11) : tali reati, infatti, sebbene compresi nel
genere frode, non sono per compresi nella specie truffa.
Le rammentate decisioni alla generalit sono sembrate
giuste e conformi allo spirito della legge : ma noi vera
mente crediamo che per evitare il pericolo di estendere
una disposizione penale, restrittiva di diritti importanti, da
un caso all' altro, senza una esplicita dichiarazione, quasi
direi per induzione, sarebbe stata opportuna minor sobriet
di parole nel disposto dell' art. 26 in questione, e cio qual
che dichiarazione che meglio avesse posto i limiti dell' in
capacit all' elettorato. Questo difetto vogliamo sperare che
sar tolto nella riforma della legge elettorale, cui una buona
volta dovremo giungere.
21. Quanto alle condanne per furto da osservarsi: 1. che
I' incapacit, di cui sono causa, si estende anche ai ricetta
tori delle cose furtive (12) : 2. che la legge allorch parla
di furto non distingue tra le varie specie di esso, e perci
comprende implicitamente anche il furto di campagna (13).
Quanto alle condanne per attentato ai costumi, che non co
lio) Cit. sent. della Corte d'app. di Casale, 10 agosto 1859.
(11) C. S. di Torino, 9 dicembre 1870, Giurisprudenza, Vili, 51.
(12) C. di app. di Catanzaro l8 giugno (869 Legge, I, 1869,
pag. 231; Ma forse quella con antecedente promessa.
(13) Decr. min. 13 ottobre 1859. L'appropriazione indebita, si
vide gi, non pu assimilarsi al furto, ma alla frode. C. appCasale, 19 agosto 1859.

135
stituisce tal reato, l'oltraggio al pudore in luogo privato,
poich a ritenersi che nelle mire del legislatore sia stata
la repressione dello scandalo pubblico, causa di disistima per
parte dei cittadini (14).
22. Fra le particolari interdizioni, di cui l' art. 26 della
legge comunale e provinciale, senza dubbio si comprendono
quelle portate dall' art. 38, del codice penale italiano, quali
pene accessorie, e cio le interdizioni dell' esercizio di una
carica od impiego determinato, di una determinata professio
ne, negoziazione od arte (15). Ma, e quella del confino e del
l' esilio locale, e quelle derivanti dall'ammonizione sono esse
fuori dei termini del legislatore?
Il confino e l' esilio locale, se costringono l' individuo ad esulare dal luogo in cui avrebbe il diritto di elettorato, sia
per qualit personale, sia per censo, certo che a lui fanno
perdere l' esercizio del diritto di essere elettore : egli non
potrebbe abbandonare il luogo di pena, neppure per portarsi
alle urne elettorali, senza contravvenire alle prescrizioni del
giudice,e senza incorrere nelle relative pene. Invece, niun osta
colo si frappone a che possa essere eletto. L'art 25 della
stessa legge comunale e provinciale dichiara eleggibili tutti
gli elettori inscritti : ora il condannato al confmo e all'esilio
locale non detto che debba essere cancellato dalle liste
elettorali; senza dubbio egli vi rimane inscritto ancora. D'al
tronde, qui nuovamente pu opporsi il noto principio, che le di
sposizioni penali le quali tolgono o ristringono l'esercizio dei
diritti non debbono ricevere lata interpretazione: - in poenalibus causis semper benignus interpetrandum est.
23. L' ammonizione giudiziale non ci sembra che possa es
sere ostacolo n al godimento del diritto di essere elettore,
n a quello di essere eleggibile. L'ammonizione preventiva,
non repressiva: suppone il pericolo del reato, non il reato
stesso. Ma se la legge determina espressamente che solo i
reati di una certa specie, o le respettive condanne sono
(14) C. app. Genova, 30 novembre 1863.
(15 V. al capo anteced. pag. 129, il confronto cogli altri co
dici italianI.

136
causa (1 incapacit all' elettorato, chiaro che si anderebbe
al di l dei limiti delineati il dare lo stesso effetto alla pro
nuncia del magistrato che non ebbe per obbiettivo alcun
reato, n pu dirsi vera e propria condanna penale.
Piuttosto potrebbe ritenersi quale speciale interdizione a
tenore dell'art. 26 citato, la sorveglianza della pubblica si
curezza. Ad essa, invero, tien dietro una serie d' interdizio
ni, come quella di frequentare luoghi pubblici, di trattener
si fuori della propria abitazione nelle ore di notte, di porta
re armi, bastoni e simili: interdizioni che nel loro complesso
sono d'ostacolo materiale al libero esercizio del voto da una
parte, dall'altra pongono colui che n' colpito in una condi
zione degradata, da uguagliarsi certo alla condizione di chi
interdetto dell' esercizio di una carica od impiego deter
minato, di una professione, negoziazione od arte.
24. Del resto, facile avvertire, che le disposizioni degli
art. 2(1 e 208 della legge 20 marzo 1863 sono applicabili non
solo all' elettorato comunale, cui precisamente si riferiscono,
ma anche all' elettorato provinciale. Infatti, si trovano sotto
il titolo IV: Disposizioni comuni all' amministrazione co
munale e provinciale.
CAPO IV
Della capacit. dei condannati
di far parte delle milizie nazionali
e di portar armi.
25.
26.
27.
28.
29.
30.
31.
32.

L' art. 19 del codice penale italiano.


Esclusione dall' esercito regolare: - legge 24 marzo 1834.
Moralit e opportunit di questa esclusione.
Sistema della legge: - sue conseguenze.
Principi relativi al codice penale toscano e all' austriaco.
Esclusione dalla guardia nazionale: - legge 4 agosto 1861.
Questioni sul reato di bancarotta.
Esclusione dal porto d' arme.

25. L' art. 19 del codice penale italiano, dopo aver detto
che l'interdizione dei pubblici urtici importa l'esclusione per
petua dal diritto di elettorato e da quello di eleggibilit in

137
qualsiasi comizio elettorale, aggiunge : e in generale da ogni
altro diritto politico. Questi altri diritti, come altrove gi
avvertimmo, si riducono principalmente a quelli di far parte
dell' esercito regolare di essere inscritto nei ruoli della
Guardia nazionale di essere eletto all'ufficio di giurato .
Ma 1' esercizio di teli diritti regolato da leggi speciali.
26. Riguardo alla esclusione del diritto di far parte del
l' esercito regolare, la legge 24 marzo 1854 ha tuttora il suo
pieno vigore, poich le leggi posteriori sul reclutamento
militare si sono in questo punto ad essa perfettamente uni
formate (1).
L'art. 2 della citata legge stabilisce, che sono esclusi dal
servizio militare, e non possono per alcun titolo far parte
dell'esercito: 1. i condannati ai lavori forzati: 2. i con
dannati alla pena della reclusione o della relegazione, come
colpevoli di reati definiti nel libro secondo del codice penale
al titolo I, capo II, art. 169 e seg: tit. Ili, capo II, sez. 4,
art. 210: tit. Ili, capo III, sez. 7, art. 291 e seg.:
tit. IV, art. 316 e seg. : tit. VII, art. 422, 423, 424 e 425 :
tit. VIII, art. 426, 427, 428 e 429 : tit. IX, art. 489,
490 : tit. X, capo II, art. 586 e seg. (2)
Tutti questi reati sono i seguenti : 1. gli attentati con
tro la sicurezza esterna dello Stato; 2. gli attentati di co
spirazione contro la sacra persona del Re e della Reale fa
miglia; 3 gli attentati diretti a turbare lo Stato con le guerre
civili, colla devastazione e col pubblico saccheggio; 4. gli
scritti, discorsi o fatti ingiuriosi contro il Re, la sua Reale
famiglia ed il Governo; 5. la rottura di sigilli, la sot
trazione commessa nei luoghi di pubblico deposito, le sot
trazioni, trafugamenti o distruzione di documenti;
6. la
sottrazione commessa da ufflziali o depositari pubblici ;
7. la falsificazione di monete, di sigilli, di atti sovrani,
di cedole ed obbligazioni dello Stato, di punzoni, di bolli e
(1) Legge 28 luglio 1861 - 8 agosto 1863 -19 luglio 1871.
(2) Avvertiamo che la legge del 24 marzo 1854 riferiscesi ai
corrispondenti titoli, capi e articoli del cod. pen. sardo del 1839.
Qui noi ci siamo riferiti al cod. pen. sardo del 1859, ora italiano.

138
d'impronte; 8. la falsit in atti pubblici e nelle scritture
di commercio o private; 9. la falsit in passaporti o fo
gli di via ; 10. la falsa testimonianza o calunnia; 11.
la prostituzione, corruzione o libidine contro natura ; 12.
le associazioni di malfattori, l' aiuto e ricettazione di ban
de ; 13. lo stupro violento ; 14. la grassazione, estor
sione violenta, rapina, furto e truffa ; 15. l'incendio, sac
cheggio, sommersione volontaria di bastimenti, navi, por
ti, molini e battelli ; 16. la distruzione o devastamento
di argini, dighe e simili ripari di fiumi .e di torrenti ;
17. l' abbruciamento o dispersione volontaria di registri ,
minute, od altri originali della pubblica autorit, di docu
menti, biglietti, lettere di cambio, effetti di commercio o di
banca contenenti o producenti obbligazione, disposizione o
liberazione.
27. Le esclusioni sopra notate hanno il loro fondamento
in un principio di morale, e nella necessit di mantenere in
tatto il prestigio e il sentimento di disciplina dell' esercito.
Coloro i quali per condanna ad alcuno di questi reati stanno
sotto il peso della pubblica disistima, coloro i quali si mo
strano indegni d'indossare la nobile divisa del soldato, non
possono godere la fiducia del Governo e dei cittadini; ad essi
non pu certamente affidarsi senza timore la sicurezza in
terna ed esterna del paese.
Per, secondo noi, l'esenzione assoluta pu essere pi che
pena un favore, e un favore troppo grande per certi mise
rabili. Quando tutti gli onesti si levano per scongiurare il
danno comune, difendendo coi loro petti l' unit, l' indipen
denza o l' onore della patria, accordare un brevetto di sicu
rezza a costoro ripugna alla nostra coscienza. Si comprende
facilmente che non si dia loro un arme in mano ; ma non
potrebbero essere impiegati ai lavori delle fortificazioni, ai
lavori di difesa ? Questo sarebbe servizio conveniente e nello
stesso tempo pena morale e giusta.
28. Nella legge vigente, le esclusioni dall' esercito sono
determinate da un sistema misto, che ha riguardo alla spe
cie della pena e alla natura e specie del reato insieme.
Quando la condanna sia stata pronunciata per fatto delittuoso

130
dalla legge stessa contemplato, soltanto dalla specie della
pena che dobbiamo prendere norma. Anche qui adunque, se
il concorso di circostanze scusanti o attenuanti fu causa che
furono applicate pene diverse da quelle minacciate al reato in
s, e che sole sarebbero state causa di esclusione, il condan
nato non decade dal diritto n pu esimersi dal dovere di
essere assoggettato alla leva militare (2).
29. Quando si tratti di condannati sotto l'impero del co
dice penale toscano tuttora in vigore, per determinare se
ricorra o non incapacit, d'uopo procedere ad un esame di
equivalenza fra le pene stabilite dal codice penale sardo, cui
la citata legge del 24 marzo 1854 riferiscesi, e quelle por
tate dal codice penale toscano medesimo (3). Nel far ci si
vedr, che la pena della reclusione dell' uno corrisponde alla
pena della casa di forza dell'altro, sebbene digeriscano tra
loro nel maximum della durata; in quanto che la prima pu
estendersi soltanto fino ai 10 anni, la seconda fino ai 20. (4)
La pena della reclusione non ha corrispondenza colla pena

(2) Becchi, Comm. detle leggi sul reclutarti, dell' esercito, pag.
6. n. 8. V. capo III, pag. 131. n. 16
(3 Lo stesso esame devcsi fare riguardo ai condannati sotto
l'impero del cod. pen. austriaco, gi vigente nelle provincie Lom
bardo-Venete. La giurisprudenza militare ha stabilito: che la pena
del carcere duro, la quale pu estendersi da 6 mesi a tutta la
vita del condannato , corrisponde a quella dei lavori forzati o
della reclusione ordinaria, secondo che oltrepassi o non nella in
flitta misura il limite di 10 anni, che il minor grado della prima
di dette pene: che in tal modo, e siccome la pena della reclusio
ne corrisponde a quella del carcere duro nella misura da 3 a 10
anni (R D 18 ottobre I866 n. 3285), cos la pena del carcere duro
al disotto di 3 anni non pu trarre seco l'esclusione dal servizio mi
litare qualunque sia il reato per cui venga applicata; fra i 3 e 10 an
ni trac seco esclusione, se sia stata pronunciata per alcun dei reati
espressamente dalla legge determinati; al di sopra dei 10 anni
l'importa sempre senza distinzione alcuna. V. Becchi, 1. e - Torre,
Relaz. sulla leva dei nati nel 1846, pag. 25. 170, 171, 172, 173.
(4) Torre, Relaz. sulla leva dei nati nel 1843, pag 29 e 177.

140
del carcere del codice penale toscano, e si distinguono s
pel carattere giuridico, che pell'intensit e la durata: la re
clusione, infatti, pena esclusivamente criminale, il carcere
correzionale, nonostante che nel concorso di circostanze scu
santi o attenuanti possa essere applicato ai crimini : la re
clusione si estende da 3 a 10 anni, il carcere da 1 giorno
a 5 anni- i condannati alla reclusione sono rinchiusi in una
casa di forza e sottoposti ai lavori che vi si eseguiscono a
norma dei regolamenti; i condannati al carcere lavorano in
cella, o in altra stanza loro assegnata, e rimangono per
tutta la durata della pena in segregazione continua dagli
altri condannati.
30. Quanto al diritto di essere inscritti nei ruoli della
guardia nazionale, l'art. 13, della legge 4 agosto 1861, dice:
Non sono ammesse a far parte della milizia comunale le
persone che la legge esclude dal concorrere alla leva mili
tare, e ne sono esclusi altres coloro i quali furono condan
nati all'interdizione di pubblici impieghi, ovvero a pene an
che solamente correzionali per furto, truffa, bancarotta sem
plice, abuso di confidenza e sottrazione commessa nella qua
lit di ufficiale o depositario pubblico.
Con questa disposizione il legislatore ha stabilita l'inca
pacit a causa di certi reati che la legge elettorale politica
e la legge comunale provinciale comprendono nel titolo gene
rico frode o truffa. La bancarotta semplice, invero, una
specie di frode prevista e punita al capo I, del tit. V. Dei
reati retativi al commercio , alle manifatture ed arti, alle
sussistenze mititari ed ai pubbtici incanti. L'abuso di con
fidenza precisamente l' appropriazione indebita, che sopra
vedemmo essere ammessa quale specie di frode: l'espressione
abuso di confidenza tutta del codice penale francese, ma
equivale appunto a tale reato (5). La sottrazione commessa
nella qualit di ufficiale, o depositario pubblico, costituisce
il reato di prevaricazione a senso dell' art. 210 del codice
penale italiano; il legislatore adoperando la parola sottra
zione, piuttostoch prevaricazione, ha fatto distinzione tra
(5) Art. 408.

141
una specie e l'altra di questo reato, e quindi ha colpito d'in
capacit i soli condannati per la specie pi grave: cosi egli
ha impedito le questioni che altrimenti si sarebbero agitate
nella giurisprudenza sull'estensione della medesima incapacit.
31. Causa nuova d' interdizione qui la bancarotta sem
plice. Tal reato definito dall' art. 698 del codice di com
mercio, allorch dichiara colpevoli di esso il commerciante
fallito che si trovi in uno di questi casi: -1. se le sue spese
personali o quelle della sua casa sono giudicate eccessive :
- 2. se ha consumato notabili somme in operazioni di pura
sorte, ovvero in operazioni fittizie di borsa o sopra merci:
- 3. se coll'intento di ritardare il suo fallimento ha fatto com
pra per rivendere al disotto del valore corrente, ovvero ha
fatto ricorso a prestiti, a girate di effetti o ad altri mezzi
rovinosi di procurarsi fondi : - 4. se dopo la cessazione dei
pagamenti ha pagato qualche creditore a danno della massa 6).
Elementi essenziali della bancarotta sono il fallimento e
la qualit di commerciante, ossia di persona che esercita atti
di commercio e ne fa la sua professione abituale (7). La
bancarotta pi che altro reato colposo ed causa d' inca
pacit pel semplice fatto della dichiarazione del tribunale di
repressione, nonostante qualsiasi concordato coi suoi credi
tori (8). La bancarotta di cui al numero 4 del citato art. 698,
del codice di commercio, apre l'adito a condanna, qualunque ne
sia stato il momento. La dottrina e la giurisprudenza hanno
stabilito, che il tribunale correzionale, se riconosca che un
fallito ha pagato uno dei suoi creditori posteriormente alla
(6) All'art. 381, capoverso 2, del codice penale italiano,
e all'art. 398 del cod. di comm. relativi alla bancarotta semplice
corrispondono respettivamente: - gli art. 402 capov. 2, del cod.
pen., 585 e 586 del cod. di commercio di Francia- gli art. 3SO
del cod. pen. e 580, 581 del cod. di comm del Regno delle due Si
cilie - gli art. 409 1 e 3 del cod. pen. e 586 del cod. di com. toscano
- i 119 let. f. e 486 del cod. pen. austriaco.
(7) Ferrarotti, Comm. al cod. pen. sardo, sull'art. 381, vo1.
II, pag. 6 n. 1, 2, 3. 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10.
(8) V. Dalloz, alfab. t. VII, pag. 293 - Sirey, t. II, parte I, pag.
114 - Chauveau ed Helie, t. II. n. 3436, e le sentenze da essi citate.

142
cessazione dei pagamenti, non pu pel riflesso che egli non
abbia avuta altra intenzione che quella di evitare la di
chiarazione di fallimento, non dichiararlo bancarottiere sem
plice (9).
32. In fine di questo capo crediamo utile accennare ancora
all' interdizione dei condannati dal porto d' arme. L'art. 23
del codice penale italiano assoggetta a questa interdizione sol
tanto i condannati alle pene dei lavori forzati a vita, e a tempo
per crimini di grassazione, estorsione, rapina, furto, falsit
in moneta, cedole, obbligazioni dello Stato, carte pubbliche di
credito equivalenti a moneta, bolli, sigilli o scritture, di falsa
testimonianza o di calunnia. Ma la legge di pubblica sicu
rezza, del 20 marzo 1865, allegato B, ha provveduto pi larga
mente all' art. 31, attribuendo all' autorit politica del cir
condario la facolt di rilasciare, o non, permessi pel porto
d'arme, a seconda delle circostanze e della qualit dell' in
stante. Qui resta soltanto salvo il diritto di proporre ricorso
in via gerarchica, conformemente al disposto generale in ma
teria di provvedimenti amministrativi.
(9j Sirky, t. XLII, parte I, pag. 479 - Renouard, t. H.pag.4G4.

CAPO V.
Della capacit dei condannati
all' esercizio dell' ufficio di giurato e d'arbitro.
33.
31.
55.
36.
37.
38.
39.
40.
il.
42.

Esclusione dall' ufficio di giurato: legge del 6 ottobre 18C.5.


Questioni sul reato di trutta e appropriazione indebita.
Idea del legislatore.
Oziosi e vagabondi.
Ragione di differenza tra gli uni e gli altri.
Perpetuit della esclusione.
Stato d' accusa e di contumacia mandato di cattura.
Esclusione dall' uOicio d'arbitro,
Questioni nel diritto francese.
Disposizioni del nostro codice di procedura civile.

33. Dall'ufficio di giurato, pel disposto dell'art. 87 della


legge del 6 ottobre 1865, sull'ordinamento giudiziario, sono es
clusi: 1. coloro che furono condannati a pene criminali: 2.
coloro che furono condannati per furto, truffa, appropriazione
indebita, vagabondaggio e attentato ai costumi : 3. coloro
che sono in stato di accusa o contumacia, o sotto mandato
di cattura (1).
(1) La legge francese 4 giugno 1853 pi larga nelle sue es
clusioni.
Essa esclude dall'ufficio di giurato anche -i condannati a pene
correzionali per fatti qualificati crimini - i condannati alla prigio
nia almeno per tre mesi-i condannati por oltraggi alla morato
pubblica e alla religione, per attacchi contro il principio della
propriet e i diritti di famiglia - i militari condannati al brulet
o ai lavori pubblici - i condannati per infrazione alle disposizioni
degli art. 38, 41, 43, 45, della legge 21 marzo 1832 sul recluta
mento dell'armata, e alle disposizioni degli art. 318 e 423 del
codice penale, e dell'art. 1 della legge 27 marzo 1831 - i con
dannati per delitti d'usura (presso noi non esiste delitto d'usura)
- i notai, uscieri e ufficiali ministeriali destituiti - quelli cui le
funzioni di giurati sieno state interdette per disposizione dell'art.
396 del codice d'istruzione criminale, e 42 del codice penale -quello
sotto mandato d'arresto o deposito. - Sono poi incapaci per cinque

144
34. Riguardo al n. 2 di questo art. 87, una volta che il le
gislatore ha determinato quali specie di frode son causa di
esclusione; una volta, cio, che invece di adoprare l' espres
sione generica frode usa invece di altra che ha speciale si
gnificato truffa e appropriazione indebita per quello
che gi dicemmo sull' art. 104 della legge elettorale politica
e 26 della legge comunale e provinciale, non dato esten
dere l' incapacit ai condannati per delitti di specie analoga
non espressamente contemplati nella determinazione parziale
di quelli che sono causa d'incapacit. Non vogliamo peraltro
tacere, che un tale stato di cose, il quale importa una grave
differenza tra i limiti dell' interdizione in materia di eletto
rato e di eleggibilit, e quelli della interdizione in materia
di giurati, non proprio, a nostro vedere, di un buon si
stema di guarentigie legali nella scelta dei giurati.
Come, chi escluso dal dare il voto in un comizio elet
torale amministrativo o politico, potr essere scelto all'uffi
cio di giurato ? Siamo tanto scrupolosi per impedire, ad
esempio, che un condannato per alterazione di vino, liquori
ed altre mercanzie, o per omessa denuncia delle persone
ospitate nel suo albergo, getti nell'urna elettorale il suo voto
che con tutta probabilit non avr efficacia sull' esito delle
operazioni elettorali, e tanto meno sul buon andamento del
l' amministrazione pubblica, per l' onest dell' eletto confer
mata dal suffragio della maggioranza dei cittadini ; e si per
mette invece che un condannato per frodi relative al com
mercio o alle manifatture ed arti, o per abuso dell' inespe
rienza di minori, o per prevaricazione possa concorrere col
suo suffragio a decidere definitivamente della vita e della
morte, dell' onore o dell' infamia di un cittadino ? E non si
pensa alle pi gravi e terribili conseguenze che questo voto
pu produrre in societ, e anzitutto nella famiglia del con
anni realmente a datare dallo spirare della pena, i condannati a
un mese di prigionia almeno.
Molte di queste incapacit non v' dubbio che meritano molta
considerazione, specialmente ora che tanto si discute, e si prepara
la nuova legge sui giurati.

145
dannato ; alle miserie gravi e durature che generalmente
trae seco una condanna dei giurati ; agli attacchi cui pu
andar soggetta l'amministrazione della giustizia pella par
tecipazione di persone indegne a esercitare il sacrosanto
ufficio di giudice incensurabile del fatto? Vero che le
liste dei giurati, i quali debbono prestar servizio in ciascuna
sessione della Corte d'assise, sono formate con un sistema di eli
minazione cui procedono colla massima cautela le autorit am
ministrative e giudiziarie : ma supponiamo per un momento
che alcuno dei ridetti condannati abbia in qualche modo fatto
parte del giuri decidente, potremo noi sostenere che la com
posizione di esso non fu viziata, che il verdetto l' espres
sione di una conscienza pura e degna del nobile ufficio ? E
in ogni modo morale, giuridico tenere aperto l' adito a
che individui colpiti da pene di qualche gravit per reati che
denotano basse e ignobili passioni possano essere chiamati a
partecipare all' ufficio di giudice popolare, di giudice di con
scienza? Non lo crediamo certamente.
35. A queste conseguenze siamo convinti che non sia
stata intenzione del legislatore il discendere. E tale opinione
fondiamo sulla possibilit che l' espressione truffa sia stata
da lui adoperata piuttosto nel senso filologico che giuridico,
o meglio, piuttosto nel senso filologico che in quello spe
ciale del codice penale sardo : insomma nel senso ancora
di reato che si commette coll' inganno dell' altrui buona
fede.
36. Il vagabondaggio solo nella legge sui giurati causa di
interdizione speciale di diritti politici. Si noti per, l' art.
87 di essa legge, parla di condanna per vagabondaggio: e
questo pu dar luogo alla questione, se la condanna per ozio
sit semplicemente basti all'esclusione di un cittadino dalle
liste dei giurati.
Pell' art. 435 del codice penale italiano, sono oziosi co
loro i quali sani e robusti, e non provveduti di sufficenti.
mezzi di sussistenza vivono senza esercitare professione, arte
o mestiere, o senza darsi a stabile lavoro. Pel susseguente
art. 436 sono vagabondi: 1. coloro che non hanno n domi
cilio certo, n mezzi di sussistenza e non esercitano abitual10

14G
mente un mestiere od una professione: 2." coloro che vaga
no da un luogo all' altro allettando l'esercizio di una profes
sione e di un mestiere, ma insufffcente per s a procurare
la loro sussistenza: 3. coloro che fanno il mestiere d' indo
vinare, pronosticare o spiegare sogni per ritrarre guadagno
dall' altrui credulit. 11 codice penale italiano, a differenza
del codice penale di Francia (2), fa adunque dell' ozio e del
vagabondaggio due reati distinti, sebbene li assoggetti alla
stessa misura di penalit: il vagabondo differisce dall'ozioso
semplicemente, in quanto quegli oltre non aver mezzi di sus
sistenza e non esercitare abitualmente un mestiere od una
professione, non ha domicilio certo, o meglio, nel senso ap
punto che il legislatore ha inteso di dare a questa parola
domicilio, non ha abitazione, dimora certa.
37. Per questa differenza tra l' ozio e il vagabondaggio,
stando rigorosamente al disposto dell'art. 87, n. 2, della legge
del 6 dicembre 1865, a prima giunta pu credersi che dall' ufficio
di giurato sia escluso colui il quale fu colpito da condanna
per l' nn titolo, non per l'altro. Ma questa opinione emessa
in senso assoluto non crediamo che sarebbe la pi fondata.
L' art. 437, infatti, al capo 2 dichiara che alla pena del car
cere da 3 a 6 mesi cui sono soggetti s gli oziosi che i va
gabondi dovr sempre aggiungersi la pena della sorveglianza
speciale della pubblica sicurezza: ma tale sorveglianza gi
vedemmo che trae seco speciali interdizioni (3), le quali sono
affatto incompatibili coll' ufficio di giurato; onde, almeno
sinch essa dura, possiamo dedurre che colui il quale vi
soggetto veramente e propriamente incapace, tanto se la
condanna sia stata pronunciata per vagabondaggio, quanto se
sia stata pronunciata invece per oziosit distintamente, o
per T uno e l' altra insieme.
Se non che a questo punto ci facciamo la dimanda: giu
stificata questa differenza tra la condanna per oziosit e quella
per vagabondaggio al cessare della sorveglianza speciale della
pubblica sicurezza? Per verit non vediamo ragione alcuna
(2) Art. i;70.
(3) V. capo anteced. pag. 136-

147
che difatto la giustifichi. Identica la natura e l'essenza del
reato: identici sono gli elementi constitutivi, salvo che il va
gabondo, gi fu visto, imputato pi dell'ozioso di non tenere
domicilio, cio abitazione o dimora certa: ma questa circo
stanza la quale, come non ha. influenza alcuna sulla misura
della pena, cos non pu averla riguardo agli effetti sulla
capacit civile o politica di coloro i quali ne sono colpiti.
38. Noi non crediamo che si giustifichi neppure la per
petuit dell' interdizione a causa di condanna per vagabon
daggio e per oziosit. L'uno e l'altra sono un abito morboso
cui spesso non corrisponde la malvagit dell'animo: d'altronde
non raro il vedere, che collii il quale per disgraziate cir
costanze fu ozioso e vagabondo un giorno , diviene attivo ,
valido sostegno della famiglia, accumulatore di ricchezze in
seguito. Ma se dall'ufficio di giurato non sono perpetuamente
esclusi i condannati per reati i quali denotano ignobili e basse
passioni , come i reati di frode non contemplati distinta.mente dalla legge in esame, quelli di danno dato doloso, di
diffamazione, ingiurie ecc., come potranno mai- escludersi
i condannati per vagabondaggio ? E grave che il nostro le
gislatore abbia cos poco ponderate le conseguenze delle sue
disposizioni incomplete.
39. In fine, riguardo al numero 3 del citato articolo 4 de
ve notarsi, che lo stato d'accusa o contumacia, e la sotto-,
posizione a mandato di cattura pure per la. prima volta
nella legge sull'ordinamento giudiziario che compariscono
quale causa d'incapacit all'esercizio di diritti. Ma ci ben
giusto. L'esercizio di una magistratura com' quella di
giurato, con cui si affidano alla coscienza di questi, le so
stanze, la vita e l'onore dei cittadini, d'uopo mantenerlo
nelle regioni le pi pure e serene; che vada scevro affatto
da sospetti e attacchi; che nulla vi possa l' interesse, Tamor
proprio, o altra qualsiasi ragione disdicevole alla importanza
e santit delle funzioni.
40. Affine alla esclusione dall'ufficio di giurato quella
dell'ufficio di arbitro. L'art. 10 del nostro codice di proce
dura civile dichiara, infatti, al capoverso 1, che non possono
essere arbitri .... coloro i quali, esclusi dall' ufficio di giu
rato, per condanna penale, non furono riabilitati.

148
Dicemmo esclusione affine, non identica, perch non ci
sembra molto fondata l'opinione di alcuni (4), che il diritto di
essere nominato arbitro costituisca un diritto politico. No,
secondo noi esso diritto puramente civile, in quanto attua
rapporti di puro diritto privato, simili ai rapporti da mandante
a mandatario. Mandalo preterime accedlt. La conferma di ci
pu riscontrarsi nella dichiarazione stessa del citato articolo
10, che chiunque, cittadino o straniero, pu essere nominato
arbitro.
41. In Francia, nel silenzio delle leggi civili e penali sulla
capacit dei condannati all' ufficio d'arbitro, si agit viva
mente la questione, se quelli in specie colpiti da morte ci
vile o da pena infamante avessero potuto allo stesso ufficio
essere nominati : e il campo rest assai diviso.
Pardessus (5), Carr (6), Bellot (7) ed altri giureconsulti (8)
tennero la negativa, riguardo ai condannati a pene infamanti;
Vot (9) e Merlin (10) invece l'affermativa. Gli uni per ana
logia all'incapacit ad essere scelti come periti o uditi come
testimoni con giuramento ritennero immorale e ingiuridica
qualsiasi concessione favorevole : gli altri invocarono il prin
cipio che le leggi importanti decadenza o restrizione al godi
mento o all'esercizio di diritti non possono estendersi per ana
logia, e l'autorit del Fr. 4. D. de recepite, secondo il quale
parvi referl integrae famae quis sit arbiter an ignominiosus (11). In fine, combattendo gli argomenti degli avversari,
(4) Rodiere, t. 3. pag. 11. Gli arbitri emanano, vero, delle
vere e proprie sentenze, ma non in virt di autorit pubblica,
sibbene per ufficio privato; e d'altronde devono essere rese ese
cutorie dall'autorit giudiziaria. Cosi Merlin, Quest., V. Arbitre,
14. art. 2. Durm, Req n. 959.
(5) N. 1389.
(6) Lois de le proced. n. 3260.
(7) N. K'6.
(8) Jousse, Admin. de lajustice civile, pag 692. Boucher, pag.
E8 n. 1.2. citati da Dalloz, Hepert. V. Arbitrage, n. 336.
(9) Lib. 4. tit. 8. 9.
(10) Quest. 14. art. 5.
(Mi Per parte nostra rammentiamo il Fr. ult. D. de recept.
eod. - Eum qui judex esse nequit, nec poste arbitrum.

149
ben rammentarono che l'arbitro non tenuto come il pe
rito, il testimone, il giurato, a prestar giuramento, e quindi
non compie un dovere pubbtico.
Lo stesso Pardessus (12) non che Pigeau (13) e Mongalvy (14) giunsero alle medesime conclusioni riguardo ai
condannati colpiti da morte civile, in quanto il morto civilmen
te essendo privato dell'esistenza civile e della capacit di agi
re senza curatore, ritennero essergli impossibile adempiere al
le condizioni imposte all'arbitro, instruire, ordinare inchieste,
udire testimoni, insomma compiere una serie di atti i quali
suppongono l'esercizio pieno dei diritti civili. Lo stesso Mer
lin e Dalloz (14) invece, sempre per l'opinione pi mite, os
servarono, che in diritto francese il condannato morto civil
mente, come quello sottoposto a pene infamanti conservava tut
te le facolt di diritto delle genti; che nella stessa condizione
trovavasi il condannato soggetto alla deminutio capitis nelle
leggi romane, e fra tali facolt comprendevano quella appunto
di essere arbitro, come lo dimostra il Fr. 7. D. de receptis
quando l'ammette nello schiavo.
42. Appo noi queste dispute non hanno pi alcuna impor
tanza, or che l'art. 10 del codice di procedura civile ha deter
minato in principio di massima l'incapacit dei condannati.
Pel rimanente sembraci che possa bastare il riportarsi a
quanto fu detto riguardo alla esclusione di essi dall'ufficio di
giurato.
(12) L. e.
(13) T. 1. tit 3. n. 5.
(14) N. 132.

150

CAPO VI-

Della capacit dei condannati agli offici pubblici


propriamente, e in specie al godimento
del benefizio ecclesiastico.

43.
44.
4!!.
4G.
47.
48.
49.

Esclusione da ogni funzione, impiego o ufficio ptrbblrco.


Estensione di questa esclusione.
Riscossione delle imposte.
Perdita delle decorazioni, gradi, dignit ecc.
Perdita dei diritti lucrativi: pensioni.
Decadenza dal benefizio ecclesiastico.
Obbiezioni alle sanzioni della legge.

43. L' art. 19 del codice penale sardo, ora italiano, sta
bilita l' esclusione perpetua da ogni diritto politico, aggiunge:
1 ' interdizione dai pubblici uffici consiste anche nella esclusione
perpetua da ogni funzione, impiego, od ufficio pubblico .
Ma qual la portata della espressione funzione, im
piego, od ufficio pubblico? Il legislatore ha voluto sottoporre
alla sua sanzione gli ufficiali soltanto governativi, oppure
anche gli agenti di questi, anche i funzionari e gli ufficiali delle
Provincie, dei Comuni e degli Stabilimenti pubblici 9 Egli ha
voluto sottoporvi anche coloro i quali senza essere pubblici
funzionari o ufficiali ne dello Stato, n delle Provincie, n
dei Comuni, n degli Stabilimenti pubblici, sono abilitati al
l' esercizio di funzioni che sottopongono a discipline speciali
stabilite nell' interesse pubblico, e ad una certa giurisdi
zione delle autorit dinanzi cui si spiegano, come l' avvoca
tura, il notariato ecc. ?
44. I termini assoluti della legge ogni funzione, im
piego, od ufficio pubblico ci spingono a credere che siasi
voluto seguire la via pi rigorosa, quella, cio, della completa
esclusione da tutte le accennate funzioni.

151
Qui, se il legislatore, piuttostoch usare la parola funzione,
o ufflcio, avesse invece usata quella di funzionario , o ufficia
le, avrebbe potuto nascere questione pi grave sulla porta
ta della esclusione , poich essa di significato un poco
vago ed elastico si nel linguaggio usuale, che nel linguag
gio della legge , in quanto non definisce in alcun luogo
quali persone abbia precisamente voluto annoverare tra i
pubblici funzionari e i pubblici ufficiali il).
Il codice penale toscano mostrasi in questo punto alquanto
pi provvido del codice penale italiano, allorch sotto il nome
di pubblici ufficiali dichiara: 1. esser compresi tutti gli im
piegati dello Staio e dei Comuni, del pari che di qualunque
Stabilimento la cui amministrazione sia soggetta alla tutela
o alla vigilanza del Governo e del Comune (2 ) : 2. i notai
in tutto ci che concerne 1' esercizio delle loro funzioni (3):
3. gli agenti pubblici, anche negli ultimi gradini della ge
rarchia, come i custodi, carcerieri e agenti della pubblica
forza (4). Dicemmo per atquatito pi provvido, perch di
mentica gli uffiziali dell'amministrazione provinciale e di al
tre amministrazioni dipendenti dal Governo, dalle Provincie
o dai Comuni, sorte col nuovo organismo politico e ammini
strativo, come quelle delle Societ ferroviarie, e altre si
mili.
45. Fra gli uffici pubblici costituiti di recente havvi quello
della riscossione delle imposte e diritti erariali, provinciali,
comunali e consorziali ; ma rapporto ad esso provvede a suf
ficienza la relativa legge del 20 aprile 1811 all'art. 14, dispo
nendo, che dall' ufficio di esattore sono esclusi i condannati
a pene criminali, o a pene correzionali per reati comuni.
Qui per reati comuni sembra doversi intendere tutti i reati
previsti dalle leggi comuni, salvo i politici, essendo ben noto
come generalmente gli uni si distinguano per la loro stessa
speciale denominazione dagli altri.
(1)
zioni.
(2)
(3i
(4)

V. Legge, I, anno 1872, pag. 20, colle relative osserva


Art. 5 e 165 1.
Art. 105. 2.
Art. 188. 189.

152
40. Il complemento del n. 3 dell'art. 17 codice penale italia
no, che stabilisce la esclusione da ogni funzione, ufficio od im
piego pubblico trovasi nel successivo n. 4, secondo il quale
la condanna all' interdizione dai pubblici uffici importa an
che la perdita di tutte le decorazioni nazionali od estere, di
tutti i distintivi di onore civili e militari, di tutti i titoli
pubblici, di tutti i gradi e di tutte le dignit accademiche.
Questa disposizione esorbitante, togliendo i gradi e le
dignit accademiche risolvesi nella interdizione dall' eserci
zio di tutte le professioni liberali e che richiedono matri
cola; come quella di medico, chirurgo, farmacista, ingegne
re, perito, ecc.; qualche cosa che ci rammenta e in parte
mantiene in vita l' instituto della morte civile
la morte
civile contro cui non si trovano adesso parole sufficenti per
stigmatizzarla! Togliendo poi tutti i distintivi di onore civili
e tutti i gradi, viene a spogliare il condannato anche dei titoli
di nobilt, dei quali tra tutti i codici dei cessati Stati d'Ita
lia, toccava il solo codice penale austriaco che ebbe vigore
nelle Provincie Lombardo-Venete, al 27 in cui detto :
la sentenza colla quale un reo di crimine condannato
alla pena di morte o del carcere duro, produce in forza della
legge i seguenti effetti : a) se il reo nobile deve aggiun
gersi alla sentenza, eh' egli decade dalla nobilt : ma ci ri
guarda lui solo, non anche la moglie, n i figli generati pri
ma della sentenza di condanna .
47. Ivi si parla della perdita dgli uffici, dei gradi e dei
titoli e non della perdita dei diritti lucrativi, ma l' una
conseguenza naturale dell'altra : chi legalmente indegno
dell' ufficio, del grado o del titolo, e n' dichiarato decaduto,
non pu godere delle pensioni, provvigioni, assegni, sussidi
che ad essi vanno uniti : altrimenti piuttostoch un danno
verrebbe a risentire un vantaggio dalla interdizione.
In ispecie, in fatto di pensioni, provvede la respettiva
legge 21 aprile 1864: essa all'art. 32 cosi dispone: Il di
ritto al conseguimento della pensione si perde per condanna
ad una pena criminale per qualunque reato o per condanna
a pena correzionale per reati di prevaricazione, corruzione
o malversazione. All'art. 33 poi: Non si pu esercitare

153
il diritto al conseguimento della pensione durante il tempo
della espiazione della pena per condanna correzionale. Al
l' art. 34 : La pensione gi conseguita si perde per con
danna a pena criminale per qualunque reato, o per condanna
a pena correzionale per reato di corruzione, prevaricazione
o malversazione. All' art. 35 in fine : Nel caso di con
danna a pena criminale od a pena correzionale ai termini
dei precedenti articoli 32 e 34, la moglie e la prole del con
dannato conseguiranno la quota di pensione a cui avrebbero
diritto se egli fosse morto.
per un imperioso principio di equit che la decadenza
dall'ufficio, e la indegnit del marito o del padre al conse
guimento o al godimento della pensione non nuoce respettivamente al coniuge o ai figli. La legge non ha voluto ren
dere la moglie o i figli responsabili delle colpe del marito
o del padre: e pietosamente lo considera come morto avanti
la condanna, all'effetto di aprire l' adito ai diritti acquisiti
da esso.
48. Il n. 5. del noto art. 19 del codice penale italiano, quasi
come aggiunta alla esclusione perpetua da ogni funzione,
impiego od ufficio pubblico, stabilisce anche la decadenza dal
benefici ecclesiastico, di cui il condannato colpito da interdi
zione dai pubblici uffici fosse provvisto. E dicemmo quasi
come aggiunta, poich ci sembra che la base di questa di
sposizione debba essere stato il concetto, che gli ecclesiastici
investiti di beneficio, quali ministri del culto sieno a consi
derarsi come veri e propri funzionari pubblici.
Questo stesso concetto s' infiltrato nella nostra legisla
zione sull'esempio di Francia. Vivien (5) enumerando le'
diverse specie di funzionari pubblici cos si esprime. Tre
rami del servizio dello Stato si presentano i primi e richia
mano la nostra attenzione per la elevatezza dei bisogni sociali
ai quali essi corrispondono, per una organizzazione regolare
e per una destinazione precisa. Noi vogliamo parlare del clero,'
della magistratura e dell'universit. La religione, la giustizia,
la scienza, sono alla testa degli interessi morali di una na5) tudes admin pag. 48.

154
zione, e coloro che hanno il dovere d'espanderne i benefici
esercitano un ministero sacro. Il clero compone in Francia
un corpo pubblico, retribuito dal tesoro, ed esercita le sue
funzioni in virt d'una delegazione diretta o indiretta dell'au
torit civile. E Serrigny (6): Il potere sociale non con
siste solamente nel giudicare, combattere e amministrare: il
sacerdozio e il ministero religioso una delle pi evidenti
funzioni della societ.
49. Ma questo modo di considerare i ministri della reli
gione cattolica nello stato attuale delle idee e della legisla
zione a noi sembra profondamente errato. Esso la nega
zione implicita del principio della separazione del potere spi
rituale dal temporale, che da tanto tempo ci travaglia, che con
tanti sforzi e tante lotte abbiamo solidamente posto a fonda
mento del nostro diritto pubblico odierno. Gli ecclesiastici
sono funzionari nell'ordine spirituale, ma non lo sono punto
nell'ordine temporale. La dottrina che insegnano, l'autorit
che esercitano non l'hanno certamente ricevuta dallo Stato;
nonostante l'art. 1. dello Statuto, lo Stato come ente distinto
dai cittadini non ha religione, non pu essere Pontefice n
Vescovo. Gli ecclesiastici non dipendono ormai per nulla
dalle autorit civili dello Stato: non sono depositari di al
cuna porzione di autorit pubblica, n agenti di questa: non
sono infine i suoi salariati.
Tutto ci pu far dubitare della opportunit della in
gerenza delle leggi civili nel determinare le cause di deca
denza dall'ufficio o beneficio ecclesiastico.
Si dir vero, che la sanzione del legislatore sta a tu
tela della morale e del decoro nell'esercizio del culto. E sia
pure: malo Stato deve curare la morale fino a questo punto, ed
nelle sue attribuzioni il provvedere a tale esercizio? Se
non ci manteniamo nella sfera d'azione propria del potere
civile, se non osserviamo i limiti che l'indole di esso e lo scopo
cui deve mirare c' impongono, corriamo il rischio di una de
plorevole confusione di principi, e di scambiare l' ufficio del
(6) Trait. du droit. pub. i. ?.. pag. 186 e seg. - Contr. Dalloz,
Repert. V. Fonctfanaire pubtic. , n. 51.

155
legislatore con quello del puro moralista o del teologo. D'al
tronde, volendo lo Stato provvedere al decoroso esercizio del
culto, non vediamo perch a raggiungere l'intento non vada
fino a togliere il carattere di ecclesiastico, come toglie quello
di ufficiale pubblico: cos il decoro. del culto sarebbe meglio
e pienamente tutelato !
In questa materia non pu intervenire che l' autorit
ecclesiastica: essa la sola reggitrice della societ religiosa,
la sola regolatrice dell'esercizio del culto: la societ religiosa
provveda, ch non d'uopo della sanzione delle leggi civili.

CAPO VII.

Della capacit dei condannati in materia


d stampa, d'istruzione e d' insegnamento privato.

50. Libert del pensiero e d' insegnamento.


51. Incapacit di pubblicare un periodico e di comparirvi come gerente.
52. Godimento dell'esercizio dei diritti civili: incompletezza della nostra
legge.
53. Imputazione e condanna.
84. Incapacit all'insegnamento e all'esercizio di uffici attinenti all'istruzione.
85. Incapacit agli uffici tutelari.
50. In materia d' interdizione dei diritti pubblici, di due
capacit di grave importanza ci resta a parlare ; ossia
della capacit a pubblicare un giornale o scritto periodico,
0 a comparirvi come gerente responsabile, e di quella di at
tendere all' istruzione, o di frequentare corsi pubblici.
Ambedue queste capacit non costituiscono per noi un
diritto politico : veramente dei diritti politici loro manca il
carattere, poich non importano alcuna partecipazione al
l' esercizio della sovranit, e non costituiscono un beneficio
da cui assolutamente sieno esclusi gli stranieri : esse sono
l' estrinsecazione di una naturai facolt, il primo e pi pre
zioso attributo dell' uomo, quello, cio, della libera comunica
zione del pensiero.

156
51. Riguardo alla capacit di pubblicare un giornale o
scritto periodico, l' art. 35 dell' editto sulla stampa, del 26
marzo 1848, dispone che qualunque suddito del Re, il
quale sia maggiore di et, e goda del libero esercizio dei
diritti civili, qualunque societ anonima o in accomandita ,
qualunque corpo morale legalmente costituito nei regi Stati,
potr pubblicare un giornale o scritto periodico osservando
le condizioni stabilite. Queste qualit, dice il n. 1 del susse
guente art. 36, sono richieste anche pel gerente. Per di
pi, l'art. 38 della legge modificativa per le provincie napo
letane e siciliane, del 1 dicembre 1860, dice anche che il
gerente responsabile, alle qualit indicate nell' art. 35 deve
aggiungere l' altra di non essere imputato di reato, e di
avere il domicilio reale nel Comune ove si eseguisce la pub
blicazione.
L' espressione suddito det Re dell' articolo 33, non
sta ad indicare il cittadino, sibbene qualsiasi individuo
sottoposto alle leggi del Regno ed alla giurisdizione dei no
stri magistrati, in quanto si trovi nel nostro territorio. La
conferma di ci pu riscontrarsi nel fatto che la nostra leg
ge, modellata sulla francese, omette la dichiarazione dell'ar
ticolo 11 del Decreto imperiale del 1852, che colui il quale
vuole attendere alla pubblicazione di un giornale o scritto
periodico, oltre che dei diritti civili, debba godere dei diritti
politici ; di pi nel fatto che lo stesso art. 35, sopra ripor
tato, autorizza a tale pubblicazione le societ anonim e in
accomandita, o qualunque corpo moralmente constituito senza
distinzione di nazionalit; poich non vedesi perch il legi
slatore possa aver voluto favorire le societ o corpi stranieri
pi degli individui.
52. Nel sistema delle nostre leggi sono privati del libero
esercizio dei diritti civili i soli condannati alla pena di morte,
dell'ergastolo e dei lavori forzati a vita, in perpetuo; e i con
dannati alla pena dei lavori forzati a tempo e alla reclusione,
durante l'espiazione di essa: essi soli adunque, entro que
sti limiti, sono resi incapaci a pubblicare un giornale o scritto
periodico, tenendo il luogo, sia dell'editore, sia del Direttore.
I condannati ad altre pene criminali temporanee, compresa la

- 157 stessa pena dell' interdizione dai pubblici uffici, non risulta
che sieno colpiti da tale incapacit; sebbene lo stato di pena
venga a porre un ostacolo materiale al libero esercizio della
facolt di cui esame, finch essa duri.
Questa condizione di cose sta in omaggio al principio di
libert di stampa, ma non sappiamo troppo approvarla. La
stampa ha una missione essenzialmente morale, bisogna adun
que che quegli i quali vogliono servirsi di questo potente
mezzo d' influenza sulle masse, dieno guarentigie sufficenti
della loro moralit e onest. Vero che l' eccessiva libert
temperata da una legge repressiva, ma le sanzioni del le
gislatore non sono da tanto da impedire e distruggere certi ve
lenosi influssi che non si manifestano con segni sensibili e
materiali: la stampa nostra, e i processi delle nostre Corti d'as
sise confermano deplorevolmente questa verit. Le condanne
a pene criminali tutte, e quelle a pene correzionali almeno
per furto, frode, falso o attentato ai costumi, nell'ordine della
moralit e del diritto, non che nel sistema generale d'inter
dizioni speciali delle nostre leggi, ci sembrano sufficenti per
togliere a chi n' colpito il diritto di pubblicare un giornale
o scritto periodico. Le sole di queste condanne, delle quali
a desiderarsi vivamente che non se ne faccia una causa d'in
terdizione, sono quelle pronunciate per reati politici quelle
che forse hanno indotto il nostro legislatore ad una certa
larghezza nella determinazione dell' incapacit in quanto
esse meritano certamente maggior riguardo che le ordinarie,
per non avvalorare il sospetto che con mezzi indiretti, con
una qualunque condanna si possa impedire la libert di pa
rola, la libera discussione delle opinioni politiche e degli
affari del paese.
53. Queste osservazioni ci sembra che trovino il loro luogo
anche rispetto ai gerenti. abbastanza che la legge auto
rizzi un sistema in cui i veri colpevoli vanno impuniti, e si
punisca invece un uomo che mai ebbe intenzione, e forse mai
comprese neppure di delinquere. Almeno a tutela del rispetto
che devesi alla legge fa d' uopo che sia tale da offrire ga
ranzie di onest; a tutela della morale e del decoro pubblico
d' uopo che sia tale da offrire garanzie di emenda, e non

158
faccia vergognosa mostra di ludibrio agli offesi e alla societ!
Il prudente arbitrio, in virt del quale l'autorit politica
rifiuta per gerente chi non fornisce le accennate garanzie,
non ci sodisfa di troppo : la miglior cosa si che l' incapa
cit sia scritta esplicitamente nella legge.
Il disposto dell'art. 38, della citata legge 1 dicembre 1860, che
il gerente responsabile deve non essere imputato di reato ri
guarda il primo momento della pubblicazione di un giornale
o scritto periodico. Un gerente accettato e costituito legal
mente nell' ufficio, non cessa dal medesimo se non per con
danna; condanna che se importer la perdita dei diritti
civili sar causa di esclusione perpetua; se no, di esclusione
temporanea durante l'espiazione della pena (1). Lo stesso di
sposto sembra che abbia avuto soltanto per scopo di impedi
re che si accetti un gerente il quale possa presto essere di
stolto dall'ufficio, e venir meno alle garanzie legali, merc una
condanna ordinaria che paralizzi l'autorit giudiziaria nello
svolgimento dell'azione penale e nell'applicazione della pena a
seguito di condanna per reato di stampa. Il gerente qui vuol
essere libero d'accusa, come di domicilio certo, onde non sfug
ga alle ricerche dell'autorit inquirente e alla repressione
della giustizia. La legge sulla stampa del 1 dicembre 1860
deve intendersi in armonia coH'editto del 26 marzo 1848, e
non mai contro le regole d' interpretazione delle materie pe
nali che tolgono il godimento o l'esercizio dei diritti civili
o politici.
54. Veniamo al diritto d' insegnamento e d' istruzione
A tenore dell'art. 167 della legge sulla pubblica istruzione, del
13 novembre 1859, non possono essere ammessi ai corsi univer
sitari, n eletti a far parte dei corsi accademici, n comechessia chiamati od autorizzati ad insegnare ed esercitare un uf
ficio amministrativo od un impiego di qualsiasi ordine negli
(1) L'art. 47 della legge in esame, n'e una riprova rispetto ai
reati di stampa pella seguente disposizione: in caso di condanna
contro un gerente a pena afflittiva per reato di stampa, la pubbli
cazione verr sospesa, mentre egli sta scontando la pena, amme
noch non siasene surrogato un altro che riempia le condizioni
volute dalla legge.

159
stabilimenti universitari, e debbono in ogni caso cessare im
mediatamente dalle funzioni che vi esercitano, coloro i quali
sieno stati condannati a pene criminali, a meno che non sia
intervenuta o non intervenga in loro favore un' amnistia.
Questa amnistia non potr invocarsi a favore dei condannati
ad una pena qualunque per falso, furto, truffa, attentato ai
costumi, e fallimento doloso, ossia bancarotta fraudolenta.
A tenore dell'art. 246 fatta facolt ad ogni cittadino che
abbia l' et di 25 anni compiti ed in cui concorrano i requisiti
morati necessari, di aprire al pubblico uno stabilimento di
istruzione secondaria, con o senza convitto, purch sia osser
vata la condizione, che le persone cui saranno affidati i diver
si insegnamenti abbiano respettivamente i requisiti voluti
dalla legge per aspirare ad insegnere in una scuola secon
daria pubblica. In fine a tenore dell'art. 256, le cause per
cui secondo l' art. 167 s'incorre nella incapacit legale di es
sere ammessi ai concorsi di insegnamento o di essere impie
gati negli stabilimenti universitari, producono lo stesso effetto
di ci che tocca i concorsi, l'insegnamento e gli impieghi ne
gli stabilimenti d'istruzione secondaria si pubblici che privati.
Queste disposizioni completano il sistema dell' interdi
zione dei pubblici uffici, e dei diritti pubblici in generale. E
non dicemmo della interdizione dei diritti politici, imperocch
n il diritto d' istruzione, n quello d'insegnamento privato,
importano propriamente alcuna partecipazione alla sovranit
dello Stato, secondo l' essenza dei diritti politici in senso
pi ristretto (2).
55. Non possiamo dar termine alla parte di questo lavoro
senza accennare all'ultima incapacit stabilita dall'art. 19 del
codice penale italiano per coloro i quali sieno soggetti all'in
terdizione dei pubblici uffici; quella, cio, di far parte di alcun
consiglio di famiglia, di essere tutore, protutore, curatore o
consulente giudiziario se non pei propri figli , nei casi dalla
legge contemplati.
Questa incapacit tutta di diritto privato, e gi ne fu vi
sto parlando dell' interdizione legale dei condannati alla pena
(2) V. parte I, capo I, pag. 1 1

160
ili morte, dell'ergastolo e dei lavori forzati a vita, ai termini
dell' art. 3 delle disposizioni transitorie al codice civile. La
tutela legale, di cui l'art. 19 del codice penale sardo, adesso
non pu essere che quella di cui l'art. 184 del codice civile
vigente, quella, cio, che il padre ha sui figli naturali rico
nosciuti. Ma meglio potrebbe in tutto e per tutto assimilarsi
alla potest patria.
L'interdizione dai pubblici uffici non importa per s stessa
la perdita della patria potest, perch di questa tace affatto
la legge, e d' altronde, perch altrove ben determina i casi
in cui deve aver luogo.
CAPO VillDELLA CAPACIT DEI CONDANNATI A TESTIMONIARE
5G. Incapacit a testimoniare nelle leggi romane.
57. Id. nel codice penale sardo, ora italiano, e nel decreto luogotenenziale del
16 febbraio 1861.
58. Esame e critica dei provvedimenti relativi.
59. Giurisprudenza stabilita in Toscana.
60. Testimonianza in giudizio civile.
61. Id. nei testamenti e negli atti pubblici.
62. Incapacit all'officio di mediatore, agente di cambio, sensale.
56. Le leggi romane toglievano la capacit di testimoniare
a diverse persone. Adhiberi quoque iestes possunt, dice il Fr.
1, 1. D. de testibus, hi quibus non interdicilur lestimonium.
In specie il Fr. 7 del medesimo titolo colpisce d'interdizione
lo schiavo, salvo che egli solo avesse potuto manifestare la
verit: il Fr. 3. 5. colpisce il condannato in judicio pubbtico.
Queste incapacit furono base al principio, che per am
mettere alcuno a deporre come testimone, dovevasi esaminare
an honestae, et inculpatae vitae, an vero notatus quis et reprehensibitis. (1)
57. Nelle leggi posteriori la stessa interdizione, generale,
si riprodusse pei condannati colpiti d' infamia. (2)
(1) Fr. 3. D. de testibus.
(?) Daxloz, Repert- V. Droit civ. n. 69-1.

161
Le disposizioni transitorie del codice civile, che regolano
per intero la condizione giuridica del condannato, passano sot
to silenzio la facolt di testimoniare ; ma rapporto ad essa
provvede chiaramente il vigente codice penale. L'art. 25 cos
infatti dispone: I condannati alle pene infamanti non po
tranno essere assunti come periti, ne fare testimonianza in
giudizio, fuorch per somministrare semplici indicazioni.
Simile disposizione contiene anche il codice penale francese (3),
e contenevano pure gli abrogati codici degli antichi Stati
d'Italia, come quello delle due Sicilie (4), il Parmense (5), non
che il codice Austriaco. (6)
Il Decreto del Luogotenente generale del Re nelle Pro
vincie napolitane e siciliane, del 16 febbraio 1861, riformando
il rammentato art. 25, stabil per massima che niuna pena
infamante; ma l'incapacit di testimoniare si mantenne an
cora dopo di esso pei condannati a pene che per l' avanti
erano annoverate fra le cos dette pone infamanti, come appun
to la pena di morte, quelle dell'ergastolo e dei lavori forzati
a vita.
58. Adesso, fermandoci alquanto sul disposto in esame, anzi
tutto quello che dobbiamo rimarcare si , che nello stabilire la
incapacit a testimoniare pei condannati alle note pene infa
manti riferiscesi alla specie della pena non gi del reato.
Cos anche in questo punto, bench le circostanze atte
nuanti non abbiano per effetto di modificare la qualifica
data al reato, nondimeno se il colpevole di crimine pel concorso
di esse, invece che colle pene infamanti minacciate sia stato
punito con pene non infamanti, non escluso dal far testi
monianza giurata in giudizio (7). Oltre a ci, che se con
tro il disposto della legge un condannato sia udito con giu(3) Art. 25, capov. 4.
(4) Art. 17, capov. 2.
(5) Art. 51, capov. 5.
(6) 26, lett. f.
(7) Dalloz, Recuil, 16 febbr. 1845. Reg. D. P. 45. 1. 153 3 dicembre 1857. Bordeaux. D. P. 58. 2. 153.- 9 luglio 1852. c. c.
D. P. 52. 528.
lt

162
ramento, constante la dottrina e la giurisprudenza nel ri
tenere, che tal fatto non sufficiente ad indurre la nullit
del giudizio, quando dalla parte interessata non siasi elevata
alcuna opposizione o protesta ( 8).
Respingere assolutamente la testimonianza di un con
dannato sarebbe grave errore. Spesso , infatti , si presenta
come unico mezzo alla scoperta della verit, e allora l' inte
resse supremo della giustizia impone che il magistrato ne
tragga tutto il giovamento che n' possibile. Ma prendono
un giusto provvedimento le nostre leggi, quando chiamano
a testimoniare a semplici indicazioni gli stessi condannati
alle pene di morte, dell'ergastolo e dei lavori forzati a vita ?
Noi per verit nol crediamo.
Stabilito il sistema delle deposizioni giurate, se, com' certo,
dalle deposizioni del condannato vogliamo trarre lumi e sus
sidi alla scoperta della verit, non le possiamo assoggettare
a un diritto eccezionale: altrimenti la malvagit del testimone
non avr alcun ritegno. Se il condannato giura il falso, ne
senta il rimorso della conscienza e il magistrato provveda colla
coazione della legge che punisce la falsa testimonianza, ma non
si apra un adito scandaloso a rendere inefficace il suo deposto: per
gastigare il delinquente non si sacrifichi l'innocenza e la giu
stizia: come dice Bentham (9), la legge per intimorire
un colpevole non passi uno strale sul corpo di un innocente.
Un deposto a semplici indicazioni s nell'animo dei giudici
che dei giurati spesso pu produrre la stessa impressione di
un deposto giurato. Fra l'uno e l'altro non passa una diffe
renza reale, oggi che non abbiamo pi il sistema delle prove
legali , il quale tenendo per massima testis unus testis
nullus contava le testimonianze e non le pesava: oggi che
l'apprezzamento del valore delle prove orali lasciato inte-

(8) Ferrarotti, Comm. al cod. pen. sardo, voI. I, sull'art. 25.


ri. 13, e autor, ivi cit. - ChmjVeau ed Helie, t. 1. n. 190-Sirey,
t. XXV. parte I. pag. 313.
(9) Thorie des pein. pag. 148. V. pure Boitard, Logon de
droit pdn. , pag. \24.

(63
ramente alla conscienza del giudice o del giurato senza di
stinzione di numero o di persone.
59. La legislazione penale toscana qui pu servire di
esempio: essa non conosce incapacit a testimoniare in giu
dizio. Questo sistema, secondo la Corte suprema di Firenze,
rimasto ancora in vigore nonostante la promulgazione del
codice di procedura penale unico per tutto il Regno. In una
sentenza recente, la stessa Corte cos la ragiona (10): Se
vero che per 1' art. 285 del codice di procedura penale non
sono ammessi a far testimonianza coloro che hanno perduta
la capacit di deporre in giudizio a tenore degli art. 25 e 374
del codice penale sardo del 1859, per da considerarsi, che
nella tabella ordinata dall' art. 13 del R. decreto del 30 no
vembre 1865 per indicare le corrispondenze tra gli articoli del
codice penale predetto, citati in quello di procedura penale, e
gli articoli del codice penale e delle altre leggi vigenti nelle
Provincie di Toscana, si dichiara espressamente, che gli ar
ticoli 25 e 374 del codice penale del 1859, non corrispondono
ad alcuna disposizione di legge toscana per gli effetti onde
a quelli rimanda l' art. 285 del codice di procedura penale. A
ci vuoisi aggiungere, che gli art. 25 e 374 citati, non fu
rono giammai pubblicati nelle provincie toscane, e che la
loro pubblicazione fu forse omessa in considerazione delle di
sposizioni del nuovo codice civile, il quale limitava lo inca
pacit civili dipendenti da condanne penali.
60. Ma l'incapacit di cui esame estendesi anche alle ma
terie civili ?
Le leggi romane escludevano in modo formale la testi
monianza dei deportati non soium in criminatibus causis,
sed eliam in pecuniariis litibus. (11) Anche i codici degli an
tichi Stati italiani, non solo moltiplicarono le cause di so
spetto contro i medesimi, ma ne pronunziarono ancora la
esclusione per causa di condanna penale. Difatti furono di
chiarati incapaci di fare testimonianza in giudizio i condan
nati ad una delle pene dette infamanti; e in tal modo si
(10) V. Legge, parte I, anno 1873, pag. 161-21 dicembre 187?.
(11) Fr. 1. I. D. de teslibus.

164
Venne a colpire non gi il condannato, ma la parte che ab
bisognava della testimonianza, quasich le fosse possibile di
scegliere i testimoni a suo piacimento. La dottrina e la giu
risprudenza francese., nonostante il difetto di una qualsiasi
disposizione di legge , in proposito seguirono la medesima
via, allegando la fallace ed inconcludente ragione, che la testi
monianza del condannato ordinariamente non ha in questi giu
dizi civili quel carattere di necessit ed urgenza che fu visto
riguardo ai giudizi penali ; e 1l magistrato pu ricorrere alla
prova testimoniale di altre persone che il condannato medesi
mo, o ad altra prova diversa nell' interesse puramente priva
to dei contendenti. (12). La stessa dottrina e giurisprudenza
rigett poi anche la testimonianza a semplici indicazioni,
per la ragione che le leggi di procedura civile impongono
il giuramento ad ogni testimonio, senza che al magistrato
sia data facolt di dispensa/ e cos di rigore in rigore
giunsero sino al completo sacrificio degli interessi dei liti
ganti e della giustizia.
Invece il nostro codice di procedura civile vigente ha in
trodotto in questo rapporto un radicale cambiamento, esclu
dendo espressamente l' incapacit a testimoniare a causa di
condanna penale. La relazione del progetto presentato in
iniziativa al Senato dal Ministro Guardasigilli, l'onor. Pisanelli, chiama strana confusione d'idee le ragioni che si addu
cono in sostegno di questa incapacit, e quindi continua:
La incapacit di far testimonianza non vuol essere consi
derata come un diritto civile, ma sibbene, come realmen
te, una obbligazione, un dovere, un carico che la societ
impone ai suoi membri. Egli sotto questo aspetto che ven
gono comminate pene contro i testimoni che si rifiutano di
comparire o di deporre : ottenere da un testimonio che egli
si astenga dal presentarsi o dal rispondere un genere di
subornazione, che nelle sue pratiche conseguenze pu esse
re il pi esteso ed il pi pericoloso, poich coll'astenersi il
testimonio non si espone all'onta della menzogna, n alla
pena dello spergiuro. Il progetto non stabilisce pertanto al(12) V. Carnot sull'art. 27 del cod. peri, frane.

165
cuna causa d'incapacit per effetto di condanna penale (13).
61. L'incapacit del condannato interdetto legalmente, se
condo le nostre leggi non fermasi alla testimonianza in giu
dizio penale o civile. L' art. 788 del codice civile vuole, in
fatti, che i testimoni nei testamenti debbano non aver per
duto per condanna il godimento o l' esercizio dei diritti ci
vili. Questa condizione che devesi verificare negli atti pub
blici di ogni sorta, sebbene lo stesso codice non si spieghi
esplicitamente, come alcuni di quelli abrogati, e specialmente
il parmense sopra citato (14), sulle traccie del codice civile
Napoleone (15).
62. Rammentiamo infine, semplicemente, che il condan
nato a pene criminali , oltre che dall' incapacit a testimo
niare, colpito da quella di essere pubblico mediatore o agente
di cambio e sensale. (16)
CAPO IX,
Della sorveolianza speciale della polizia.
63.
64.
65.
66.
67.
68.
69.
70.
71.
72.

Natura e indole della sorveglianza della polizia.


11 diritto di prevenzione.
Origine della sorveglianza: prime leggi francesi.
La sorveglianza nel codieo penale francese del 1832.
Effetti che ne derivano.
La sorveglianza nei codici italiani, e in specie nel codice penale sardo.
Effetti; legge di P." S.* del 20 marzo 1865, allegato B.
Contravvenzioni: domicilio coatto.
La sorveglianza nel codice penale toscano.
Regole di giurisprudenza sull'applicazione della sorveglianza.

63. Una pena che coll'interdizione legale e dei pubblici uf


fici ha molta analogia per le incapacit alle quali d luogo, la
sorveglianza speciale della polizia, detta anche sorveglianza
di pubblica sicurezza. Ed perci che qui crediamo oppor
tuno il parlarne.
(13)
(14)
(15)
(16)

Art.
Art.
Art.
Cod.

236.
51, capov. 4.
25, capov. 4 cit.
di com. art. 32.

1GG
Il Prof. Carrara, unitamente alla detenzione e all' esilio,
l' annovera tra le pene afflittive, indirette o negative. Ma
l' insigne criminalista ben riconosce che in essa prevale
1' idea della prevenzione esercitata come misura di buon go
verno ; e sebbene molti codici la considerino realmente co
me pena, perch trovano conveniente che in certi casi debba
decretarsi dal tribunale, scientificamente guardata non sa
persuadersi che sia veramente tale nel senso filosofico della
parola. Invero, Egli dice, la misura di questa coercizione si
ragiona praticamente sulla malvagit, individuale, vera o
presunta del colpevole, lo che esce dai criteri ordinari della
funzione e rientra nelle considerazioni di polizia. Cosila pen
sarono anche i compilatori del codice Ionio, ricco d'altronde
di bellissime idee. Questo codice descrive una classe speciale
di sanzioni da irrogarsi dai tribunali come affatto estranee
alla vera pena : e le designa (art. 68 e seg.) come misure
di precauzione dirette a sovvenire i reati, le quali possono
adottarsi dalla giustizia punitiva : e quivi enumera l' allon
tanamento, la malleveria, la sottoposizione alla vigilanza
speciale e l' espulsione dallo Stato dei condannati stranie
ri (1).
G4. Niuno pu alla societ contestare il diritto di prendere
misure di precauzione verso le persone della cui condotta ha
giusto motivo di sospettare. Sotto questo punto di vista si
giustifica la sorveglianza speciale della polizia o della pub
blica sicurezza, perch quale sospetto pi grave di quello che
infonde una sentenza di condanna ? Un primo delitto, seb
bene espiato, sussiste nella memoria dei cittadini come mi
naccia perenne dell' ordine sociale.
Il principio della prevenzione dei reati, merc la sorve
glianza speciale della polizia, sommamente morale e giu
ridico. Il delitto, dice Ortolan, genera la sorveglianza, la
sorveglianza l'impossibilit al lavoro, l' impossibilit al la
voro il delitto: ecco il cerchio entro il quale continuamente ci
aggiriamo (2). Tutta la difficolt sta nel modo di applicarla,
(1) Progr di dir. crim. , parte gen. 350, e seg.
(2) Cours de droit pti, vo1. I. pag. 225.

- 167
cio nel far s che-, senza perdere niente nelle guarentigie so
ciali, le misure della legge rispondano alla esattezza del lin
guaggio ed ai dettati della scienza. E del resto due estremi
debbono evitarsi, vale a dire l'eccessivo rigore e la colpe
vole rilassatezza delle leggi e delle autorit, nell' interesso
della morale, dell'ordine e della tranquillit pubblica.
65 L'elemento preventivo comune alle legislazioni dei po
poli civili: esso riscontrasi nelle leggi di Greciaedi Roma,
negli Statuti dei nostri Municipi e nelle leggi anteriori alla
vigente codificazione. (3) Ma la sorveglianza speciale della
polizia, tal quale oggi organizzata, di origine moderna e
tutta francese.
Col decreto del 19 ventoso, anno XIII, e con altro de
creto del 17 luglio 1806, s' incominci a regolare la resi
denza e la sorveglianza dei liberati dai lavori forzati (4). Il
codice penale del 1810 estese questo sistema di sorveglianza
a tutti i liberati da una pena criminale, afflittiva, tempora
nea, e nello stesso tempo ne addolci il regime, accordando
completa libert a coloro i quali avessero fornito cauzione
di buona condotta (5). Infine il codice penale riveduto del 1832
(3) La polizia in Roma era affidata al Preside della Provincia.
Nam et in mandaiis Principum est, ut (Praeses Provinciae)
curet is qui praest malis homnius provinciam purgare; neo
dtstinguitur, unde sit. (Fr. 3. D. de offic. Praesid.) Nelle nostre
citt, nel medio-evo, la polizia era affidata ai Podest, i quali
erano in obbligo di tenere dei registri in cui dovevano essere
annotati tutti i banditi, ribelli e condannati per poterli comoda
mente sorvegliare. V. Statuto di Firenze, lib. 1. rubr. 9. Statuto
di Ferrara, lib. 2, cap. 14. Statuto di Siena, lib. 3. cap. 13. ecc.
(4) 11 codice penale del 1791, e il codice di brumajo, anno IV,
non ne parlano.
(5) Un parere del Consiglio di Stato, del 4 agosto 1812, ri
tenne, che il Governo avesse diritto di rifiutare l'offerta della
cauzione. Altro parere del 30 settembre, dello stesso anno, ritenne
pure che il condannato non potesse far riparare l'omissione della
Corte, di fissare nella sentenza l'ammontare della cauzione. Ma la
dottrina unamine rigett questi pareri, come lesivi dello spirito
della legge. Dalloz, Repert. V. Peine, n. 672 e seg.

1C8
organizz un nuovo e pi completo sistema di sorveglianza,
annoverandola addirittura tra le pene, come parte integrante
della scala penale.
C6. Le disposizioni del citato codice del 1832 sono le se
guenti :
La sorveglianza deriva di pieno diritto dalle condanne ai
lavori forzati a tempo, alla detenzione e alla reclusione, e
dura per tutta la vita del condannato (6). Nel caso di condanna
al bando, dura invece per un tempo uguale a quello passato
dal condannato in esilio (7). La stessa sorvegtianza dev' assere applicata ai condannati per crimini o delitti inte
ressanti la sicurezza interna o esterna dello Stato (8). Questa
locuzione stessa sorvegtianza ha dato luogo alla quistione, se avesse ad intendersi estesa a tutta la vita del con
dannato, oppure per un tempo uguale a quello passato nello
stato di pena, secondo i due sistemi antecedenti: ma l'opinione
prevalente nella dottrina e nella giurisprudenza si e, che la
determinazione del tempo sia lasciata al prudente arbitrio
del magistrato i9).
La sorveglianza in certi casi ordinata dalla legge, in
altri in facolt del giudice: generalmente pena accessoria;
nondimeno qualche volta pu essere applicata come pena
principale di per s stessa (10).
67. Gli effetti della sorveglianza consistono tutti nella restri
zione del diritto di locomozione. Il condannato ha facolt di
scegliersi una residenza fuori delle localit che possono es
sergli interdette : riceve dall' autorit amministrativa un fo-

(6) Art. 47.


(7) Art. 48.
(8) Art. 49.
(9) Boitard, Lepoti de droit pn. Bull' art. 49 - Contr. Ca unot, sull'art, stesso.
(10 V. art. 221, 246,308,313, 315, 326.- V. art. 100, 108, 138,
144. La legge 14 marzo 1872, all'art. 3, d facolt ai tribunali
di assoggettare alla sorveglianza da 5 a 10 anni coloro che ac
cettino funzioni nella societ internazionole dei lavoratori o che
ne favoriscono lo sviluppo.

169
glio di via in cui regolato V itinerario e la durata del suo
soggiorno in ciascun luogo: obbligato a presentarsi nelle
24 ore dal suo arrivo avanti il Sindaco del luogo; conserva
il diritto di cambiar residenza, sebbene abbia 1' obbligo di
avvisarne tre giorni prima il Sindaco del luogo che lascia e
quello del luogo in cui si reca, e di dimandare un nuovo fo
glio di via.
La disobbedienza o infrazione della proibizione, infraction
de ban, costituisce un delitto punibile sino a cinque anni di
carcere (11). Da un decreto dell' anno 1851 al carcere stata
sostituita, nelle facolt del giudice, la trasportazione in una
colonia penitenziaria, a Cajenna o in Algeria, da cinque a
dieci anni.

68. Fra i codici degli antichi Stati d'Italia, il codice penale


napoletano segui le orme del codice penale francese del 1810. Di
fatti sottopose il condannato, dopo l'espiazione della pena, all'ob
bligo di dar sicurt di buona condotta per un tempo da de
terminarsi dai giudici, non minore di tre anni n maggiore
di dieci. Una tal sicurt chiam malleveria e non poteva es
sere minore di cento ducati n maggiore di cinquecento. Quando
il condannato non fosse in grado di dar malleveria egli doveva
sottoporsi alla vigilanza della polizia, cui era in obbligo di
dimostrare, al termine di ogni mese, di essersi dato all'eser
cizio di un arte o mestiere, se non voleva andar soggetto a
tutte le restrizioni e misure di precauzione proprie di que
sta sorveglianza. Questo sistema lasciando l'alternativa o di
dar cauzione o di tener buona condotta conteneva un bel mi
glioramento sul codice penale francese.
Il codice penale sardo, come gli altri codici italiani, ha
seguito il codice penale francese del 1832, ma non senza gravi
cambiamenti. In questo codice sono soggetti alla sorveglianza:
i condannati per reati contro la sicurezza interna od esterna
dello Stato: i condannati ai lavori forzati od alla reclusione
per grassazioni, rapine o furti: i condannati a pene criminali
o correzionali pei reati preveduti negli art. 426, 428, 429, 430.
Dell''associazione dei malfattori . Il legislatore sardo guar
di) Art. 25.

- 170
da giustamente pi alla specie del reato che al genere di pena:
non ammette sorveglianza perpetua, n che vi si possa in
correre ipso jure, onde lascia il pronunciarla e determinarla
nella sua durata al giudice stesso, colle seguenti norme del
l' art. 46: la sorveglianza della pubblica sicurezza nelle
condanne a pene criminali non pu essere minore di tre anni,
n maggiore di dieci: nelle condanne correzionali non pu
essere minore di sei mesi, n maggiore di due anni, salvo
nei casi dalle leggi determinati. Essa comparisce sempre
qual pena accessoria, mai qual pona principale.
69. Gli effetti della sorveglianza, dopo che il codice penale
- sardo stato esteso a tutte le provincie d'Italia, eccetto che alla
Toscana, sono determinati dalla legge di pubblica sicurezza,
del 20 marzo 18G5, allegato B. (12). Le sue disposizioni sono
le seguenti:
Quando il condannato alla sorveglianza intenda di variar
il domicilio eletto o fissatogli, deve per mezzo dell' autoriti
locale rivolgerne dimanda all' autorit politica del circonda
rio adducendone i motivi e designando il luogo in cui vuole
trasferirlo (13). Egli per recarsi alla sua residenza autoriz
zata deve munirsi di foglio di via dall' autorit politica del
luogo di dove parte, e presentarlo immediatamente dopo
il suo arrivo all' autorit politica della nuova residen
za (14). Per tutto il tempo che dura la condanna deve sem
pre tenere presso di s la carta di permanenza che gli ri
lasciata dall' autorit locale di pubblica sicurezza, secondo il
modulo stabilito (15): inoltre tenuto di uniformarsi a queste
prescrizioni: 1. di presentarsi all'autorit di pubblica sicu
rezza nei giorni che saranno stabiliti nella carta di perma
nenza, e tutte le volte che sar chiamato dalla stessa auto
rit: 2. di rendere ostensibile la carta ai RR. carabinieri,
ed a qualunque ufficiale di pubblica sicurezza, a semplice loro
richiesta: 3." di obbedire alle prescrizioni di non comparire
(12)
(13)
(14)
(15)

Sezione XI.
Art. 77.
Art. 78.
Art. 79.

171
in un dato luogo , di non uscire in certe ore dalla pro
pria abitazione, di non portar armi o bastoni, di non frequen
tare determinate persone, e altre simili norme (16).
L' autorit di pubblica sicurezza deve tenere apposito re
gistro in cui debbono annotarsi gli individui sottoposti alla
speciale sorveglianza nel suo distretto, e notarvi i giorni nei
quali il condannato dovr presentarsi, e le obbligazioni spe
ciali che gli avr imposto. Nel caso di procedimento, un estratto autentico del registro pu bastare a stabilire la con
travvenzione, sino a prova in contrario (17).
70. La disobbedienza o contravvenzione alle prescrizioni del
la pubblica sicurezza costituisce un delitto punibile colla pena
del carcere sino a sei mesi (18). Il Preletto nell'interesse
dell' ordine pubblico e della pubblica sicurezza potr poi or
dinare al sorvegliato, come all' ozioso e vagabondo, di sta
bilir domicilio nelle citt ed altri luoghi da lui scelti, il Mi
nistro dell' interno potr anche, sempre per gravi motivi di
sicurezza e d'ordine pubblico, designare, per un termine non
maggiore di un anno, il luogo nel quale dovr stabilire il suo
domicilio (19).
71. Il codice penale toscano di poco si discosta dal codice
penale sardo, ora italiano (20). La legge di pubblica sicurezza
essendo stata promulgata anche in Toscana, ormai ben poche
differenze si verificano tra il sistema vigente in questa re
gione, e quello vigente nelle altre. Differenza notevole e che
il codice penale toscano determina espressamente ciascuno
dei casi nei quali la pena della sorveglianza deve essere
applicata, e il 3 dell'art. 30 ne stabilisce la durata in questi
termini: la sorveglianza della polizia non pu essere pi
breve di un anno, n pi lunga di cinque anni, ed e divi
sibile ad anni.
(16) Art. 80.
(17) Art. 82, 83.
(18f V. gli art. 71, 74, 75, 76, comuni agli oziosi e vagabondi
e ai sorvegliati - Cod. pen. ital. art. 437.
(19) Art. 437 cit.
(10) Art. 30, 1, 2.

172
Riguardo alla durata, tanto sotto l'impero del codice pe
nale toscano, quanto sotto l'impero del codice penale italia
no, pu farsi questione, se pella disposizione che d fa
colt ai giudici di abbassare la carcere al disotto del
minimum, e di sostituire ad essa una pena di polizia, si
possa abbassare anche il minimum della sorveglianza della
P. S." (21) Tal questione si dibattuta anche in Francia,
e la prima risoluzione della Corte di cassazione fu negativa,
argomentando dalla diversit di pena e di circostanze: invece
la risoluzione delle sezioni riunite fu affermativa. (22) In
mancanza di una proibizione precisa della legge questa ri
soluzione ci sembra la pi naturale e ragionevole. In poenatibus causis semper benignius inierpetrandum est. (23)
72. Sotto l'impero dei codici penali vigenti stabilito
1 Che la sorveglianza comminata pel reato di furto
non pu estendersi al reato di ricettazione, qual delitto a
s, e non gi come forma di complicit: (24) 2 Che la sor
veglianza deve pronunciarsi ancha nei giudizi dinanzi i
tribunali militari, quando ne sia il caso, secondo le rego
le di diritto comune: (25) 3 Che la sorveglianza non pu
essere l'accessorio di una pena perpetua, dovendo aver prin
cipio dopo l'espiazione della pena afflittiva: e quindi se un con
dannato a pena perpetua graziato, egli non pu esservi
assoggettato, salvo che la grazia non consista in commuta
zione di pena che la importi di per s stessa. (26)
La sorveglianza speciale della polizia essenzialmente
restrittiva della libert individuale nel seno stesso della
(81) Cod. pen. it. art. 682 Cod. pen. delle 2 Sicil , art. 453
e seg. Cod. pen. parmense, art. 153 e seg. Cod. pen. austr.
22 e seg. -Cod. pen. frane, art 463.
(22) Conf. Daxloz, Kepert. V. Peine, n. 689 e seg. - Chauveau
ed Helie, vo1. 1, pag. 168.
(23) Fr. 155. D. de reg. jur.-Yv. 42. D. de poenis.
(24) Ferrauotti, Comm. al cod. pen. sardo, vo1. I, sall' art,
45, n. I.
(25) Id. n. 6.
(26) Id. n. 7. Chauveau ed Helie, voI. I, pag. 226. Boitard,
1. c. pag. 242.

- 173 societ. Essa non toglie e non sospende il godimento di


diritti civili, ma per influisce grandemente sul modo di esercitarli o di farli valere in giudizio; poich la residenza
forzata, ad arbitrio dell'autorit amministrativa, origine
di nuove relazioni giuridiche, apre l'adito all'applicazione
di speciali norme di diritto, relative all' introduzione d'azio
ni personali dinanzi i magistrati, alla competenza, alla no
tificazione di atti giudiziali: influisce ancora su tutti quegli
atti che nella residenza debbono avere la loro origine o il loro
compimento, come, ad esempio, le pubblicazioni di matrimonio,
la celebrazione di esso ecc. Talora importa la perdita di spe
ciali diritti politici, come gi vedemmo il diritto di elettorato
e quello di essere giurato e altri per espressa dichiarazione
di legge (27). A qualche incapacit o esclusione d vita in
fine in base alle regole generali di diritto, come, ad esempio
l'esclusione dagli uffici tutelari, dal diritto d'adozione e
simili.
Quando esamineremo i progetti del codice penale unico
esporremo le nostre idee in proposito ai vari sistemi di
sorveglianza. Adesso a noi basta l'avere esposto e delucidate
le disposizioni delle leggi vigenti.
(7) Id. n. 9. Sirey, t. XLI, par. II, pag. 429.

174 Parte Terza


DEL TEMPO E DEL LUOGO
IN CUI LA CAPACIT DEI CONDANNATI.
SUBISCE ALTERAZIONE.

CAPO I.
DEL TEMPO IN CUI SUBIVA ALTERAZIONE LA CAPACIT
DEI CONDANNATI IN CONTRADDITTORIO NELLE LEGGI
ROMANE.
1. Irretroattivit delle condanne in contradittorio.
2. Chiusura del dibattimento e pronuncia della sentenza : conflitto di
testi.
3. Capacit del condannato innanzi la pronuncia : eccezioni.
*. Conseguenze dannose della frode.
8. Effetti dell'assoluzione o della morte del reo innanzi la pronuncia.
G. Effetti dell'appello:
7. Acquiescenza del condannalo.
1. Le condanne in contraddittorio non avevano effetto retroat
tivo in Roma (1). Questa regola andava soggetta ad eccezione
soltanto riguardo ai crimini che davano luogo a perseguire la
memoria del colpevole, come quelli di lesa maest operduettio,
e quelli di concussione. Quando trattavasi di crimini di que
sta natura le incapacit civili rimontavano al giorno in cui
il reato era stato commesso, per lo che tutti gli atti fatti poste
riormente erano affetti di nullit (2'. Le leggi romane non

(1) Fr. 2 1. D. de poenis-Fv. 2. 1. D. de bon. eorum qui


ante sent. mort. sibi consciver - Fr. 1. 3. D. de leg- et /idee (3)
(2) Fr. 11. D. ad leg. Iui. majest. -Fr. 20. D. de accus. et
inscript. -Fr. 32. 4. D. de donai. Vot, 1. XLVI, t. 1. 2.

- 175 davano importanza al fatto della esecuzione della condanna:


spesso avveniva in Roma, specialmente nel caso di condanna
ad bestias, che il supplizio era ritardato a lungo, ma nel
frattempo non mettevasi in dubbio l' incapacit civile del
condannato (3).
2. Peraltro, il momento preciso in cui il condannato era col
pito da incapacit, era quello della chiusura del dibattimento
e della redazione della sentenza, oppure l'altro della pronuncia
o pubblicazione di essa? Un testo sembra che stia in appoggio
dell' ultima opinione. Qui ex causa in metallum dati sunt, dice
il Fram. 10. 1. D. de poenis, et post hoc deiiquerunt, ineos
tanquam metalticos constilui debent: quanwis nondum in
eum locum perAucti faerini, in quo operari habent: nam statim , ut de his sententia dieta est, conditionem suam permutant. In contrario si ricorre al Fram. 6. D. de pubiticts judiciis,e 20. D. de poenis, eod; ma per verit ambedue non
contraddicono il senso netto e preciso del citato Fram. 10. 1.
Il Fram. 6, infatti, cos concepito: defuncto eo qui reus fuit
criminis, et poena extincta in quacunque causa criminis
extincti debet is cognoscere, cujus de pecuniaria re cognitio est : ma qui la parola reus sta a significare l' accusato,
non il condannato : ci chiaro, se si riflette che il Fram.
per l' applicazione delle pene pecuniarie rinvia avanti il giu
dice chiamato a conoscere del reato ; mentre tal rinvio sa
rebbe inutile, se l' accusato fosse stato giudicato in vita
perch la sentenza avrebbe statuito in proposito. Il Fram. 20
poi dice : si poena atieui irrogatur, receiAum est commen
tino jure, ne ad heredes transetti: cujus rei Illa ratio videtur, quod poena constiluitur in emendationem hominum:
quae morluo eo,in quem constilui videlur, desinit: ma anche
questo frammento parla di pena irrogala; e legalmente tale
non se non quando sia stata pronunciata e conosciuta da
colui che n' colpito. In ogni modo, quand' anche il sunto di
questi due frammenti fosse dubbio, oltre il Fram. 10. 1. D. de
poenis, havvene ben altri il cui significato chiaro e preciso
(3) V. nota 2, e il Fr. 29. D. de poenis -Paolo, Sent. V. XVIICliacio, obser. 1. XIV. c. 10.

170
nel senso da noi sostenuto. Qui ultimo suppticio damnati?
tur, dice il Fram. 29. D. depoenis, statim et civitatem ettibertatem prdimi: itaque praeoccupat hie casus mortem, et nonnunquam longum lempus occupat: quod accidil in personas eorum qui ad bestias damnantur: saepe eiiam ideo servari solerit post damnationem,utexhisinatios quaestio habealur. E il Fram. 2. 1. D. de bonis eorum, qui ani. seni,
mortem sibi consciver. Cum damnalus nemo videri possit
in hunc annum, antequam de eo forte judicium Romaereddilum, et pronuntiatum esset : neque cujusquam morlui bo
na, antequam de eo Romae pronuntialum sit, pubticata suiit,
eaque bona heredes possidere debeni.
3. In conseguenza del principio esposto, l'accusato di cri
mine, lino a che la condanna non fosse stata pronunciata,
poteva amministrare i propri beni e riscuotere le rendite
dei medesimi (4) : poteva sodisfare validamente i propri cre
ditori (5): i suoi debitori si liberavano dalle obbligazioni
contratte verso di lui rimborsandolo del dovuto (6). Si di
sputato assai, se in questo frattempo fra l'accusa e la con
danna potesse alienare : ma prevalsa l' opinione afferma
tiva, perch le leggi romane, quando non si trattava di reato
di lesa maest, di perduettio odi concussione, accordavano al
l' accusato il diritto di manomettere i propri schiavi, e tal
diritto vale appunto quello di alienare a titolo gratuito (7).
La sola condizione pella validit degli atti d'ammini
strazione o di alienazione era quella che non fossero infor
mati da frode : debitor recte bona fkle solvi. Ogni atto frau
dolento in pregiudizio del Fisco o degli eredi poteva essere
annullato (8), e non avrebbe potuto mai convalidarsi in se
guito : quod ab initio vitiosum est non potest traclu tempore
convalescere (9).
(4)
(5)
(6)
(7)
(8)
(9)

Fr. 46. 6. D. de jure Fsci.


Fr. 45. D. de solution, et tiberal.
Fr. 41. D. eod.
V. nota 2.
Fr. 45. 1. 46. 1. D. de jure Visti
Fr. 9. D. de regul. juris.

- 177 4. La frode stabilivasi diversamente secondo la specie di


alienazione. L' alienazione a titolo gratuito, se posteriore al
commesso reato, era riguardata dalla legge con sospetto, la
frode si presumeva, e per questo nel caso di condanna era
annullata (10). La prova contraria era ammessa nelle dona
zioni causa ni ortis e per testamento, non mai in quelle inter
vivos (11). L'alienazione a titolo oneroso, e pure posteriore
al commesso reato, non dava luogo a sospetto in quanto
che il patrimonio non ne restava essenzialmente danneg
giato, la frode escludevasi affatto, e per questo invece era
dichiarata valida. La prova contraria in suspicione poenae
era sempre ammessa (12).
In ogni modo, la frode doveva risultare da due elementi
corpus ed animus fatto e intenzione. L'intenzione nel1' alienazione a titolo oneroso doveva assumere 1' aspetto di
connivenza col coontrattante (13).
5. In conseguenza sempre dell' esposto principio, se l'ac
cusato veniva assolto dal giudice, o se veniva a morte pri
ma della pronuncia della sentenza di condanna, tutti gli atti
fatti respettivamente dall'accusa all'assoluzione o alla morte
erano pienamente validi (14), salvo, nel caso di morte, si fosse
(10) La Vulgata al Fr. 15. D. de donat. dice: posi. contraetum
capitale crimen donationes factae valent ex conslituUone Bivorum
Severi et Antonini: nisi condemnatio secuta sit. L'edizione Haeioandri contiene al 1. c. lo stesso concetto, ma con diversa es
pressione, e cio
donationes factae non valent si condem
natio secuta sit. Dall'edizione di Firenze scaturisce invece l'op
posta idea.... donationes factae non valent
nisi condemnatio
secuta sit: ma, secondo Bartolo, Comm. ad tib. 1. respons., L. 31.
ult. assolutamente inammissibile.
(11) Fr. 7. D. de mort. caus. dsnat. Questo Fr. dopo avere pri*
scritto le donazioni a causa di morte seguite da condanna dice:
quamvis caeterae donationes sine suspicionepoenae factae valeant.
(12) Fr. 45. pr. D. de jure Fisci -Fr. 41. D. de solut.. et tib. Cuiacio, in Leg. Posi. contr. D. de donat. - Vot 1. XLVlH, t. 20.
1. - Cosi pure Alciato e Bartolo.
(13) Fr. 9. 10. 2. D. quae in fraude credii. facta sunt.
(14) Fr. 9. 13. 2. D. qui testanti, fac. poss. - Fr. 20. D. de
accvsat. et inscript. - Fr. 8. D. ad leg. Pomp. de parricid.
12

178
trattato dei noti crimini di lesa maest, perduettio, o con
cussione (15), oppure la morte stessa fosse avvenuta per sui
cidio inspirato dal crimine, non gi da disgusto della vita,
timore dei creditori , malattia , furore. Gli eredi dell' accu
sato , che si fosse reso defunto entro questo stesso termine,
avevano diritto a raccogliere la successione (16).
6. In Roma gli effetti della condanna erano impediti dal
l'appello. L'appello l' annullava (17), eccetto che fosse stato
interposto dai ridetti crimini soggetti ad un diritto eccezio
nale; o da altri assai gravi e dannosi pella pace pubblica,
come quelli di brigantaggio, d' instigazione alla sedizione, di
partecipazione alla guerra civile ecc. ; o infine da uno dei
capi di accusa di minore entit (18). Eum accipiemus
datnnalum, dice il Fram. 2. 2. D. depoenis, qui non provo
catoit : caeterum, si provocet, nondum damnalus videlur. Sed
et si ab eo, qui jus damnandi non habuit, rei capitatis quis
damnatus sit: eadem causa -erit. Damnatus enim ille est, ubi
damnatio tenuit. E il Fram. 1. 14. D. ad Senaluscons. Turpiti., de aboi, crini. : 7'eus condamnatus provocami: deinde
accusator destitit, an in hoc Senatusconsulto incidit? Prope
est, ut incidisse videatur : quia provocationis remedio condemnationis extinguitur pronunciatio. In materia di testa
mento abbiamo un esempio luminosissimo dell' applicazione
(15) V. nota n. 2. 11 Fr. 11. D. ad leg. hd. de maj., fra i delitti
di lesa maest sembra che restringa l'eccezione alla solaperduettio. Caeterum, dice infatti, si quis ex atia causa legis Iutiae majestatis reus sit, morte crimine tiberatur.
(16) Fr. 6. 7. de injusi. rumpt. irr., fact. test. - Fr. 2. 1. Fr.
3. pr. D. de bon. eorum qui ante sent. mort sili conscio. -Fr. 45.
1. 2. D. dejur. Fisci- Paolo, Sent. V. XII. 1. Cuiacio, Comm.
jtit. de inust., rumpt. ecc.
(17) Fr. 6. 8. D. de injust. ecc. - Fr. 13. 2. D. qui test. fac.
pos. -Fr. 1. pr. D. nihil innov. appel. - Fr. 2. 2. D depoenis
- Fr 1. 14 D. ad senatuscons. Turpil. de abol. crim.- Fr. 45.
1.2 D. de jur Fisci cit. - Paolo, Sent. V. XII. 1. Vot, 1. III.
l. 2. 6.
(18) V. nota 15. Fr. 16. D. de appel. et relat. Fr. 1. pr. ni
hil innov. appel. cit.

- 179
di questo principio, al Frani. 6. 8. D. de injust, rumpt. irr.
fact. test. Hi omnes, quorum testamento, irrita damnatione fieri diximus , si provocaverint, capile non minuuntur :
alque ideo ncque testamenta,, quae ante fecerunt, irrita (lenti
et tane testari potermi.
Ma quid juris, se la sentenza pronunciata in prima
istanza era confermata in appello, in vita del condannato ?
Sebbene l' appello avesse impedito gli effetti della sentenza
medesima, dessi avevano poi effetto retroattivo ? Scevola nel
Fram. 57, l.D. de admin. et pericul. lui. suppone l'afferma
tiva: ma dai citati Fram. 2. 2. D. de poenis, di Ulpiano, e
1. 14. D. ad Senaluscons. Turpil. de abol. crini, di Mar
ciano, non che dal Fram. 6. 1. D. de his qui notan. infam.
risulta chiaramente la negativa, riguardo s alla capitis deminutio che all' infamia (21).
7. Il diritto all' appello non veniva meno neppure pella
acquiescenza quando si fosse trattato di condanna all' ultimo
supplizio. Credo enim, dice Ulpiano al Fram. 6. D. de appet. et retation. , humanitatis ratione omnem provocantem audiri debere : ego et si ipse adquiescit sententiae, nec quaerimus, cujas intersit. Quid ergo, si resistat qui damnatus
est adversus provocationem? Nec vetit admitti ejus appetlationem, perire fesUnans? Adhuc putem differendum suppticium.

CAPO II.
DEL TEMPO IN CUI SUBIVA ALTERAZIONE
LA CAPACIT DEI CONDANNATI IN CONTRADDITTORIO
NEL DIRITTO INTERMEDIARIO.

8. Irretroattivit delle sentenze nel diritto privalo.


9. Eccezioni delle leggi.
10. Alienazioni fraudolente: regole di diritto.
11. Irretroattivit delle sentenze nel diritto pubblico.
12. Effetti dell'appello.
15. Primi cambiamenti legislativi in Francia.
U. Id. in Italia.
15. Il cod. penale sardo e le disposizioni transitorie del cod. civile.

8. I principi della romana sapienza sul tempo in cui la capa


cit dei condannati in contradditorio subiva alterazione, im
perarono nelle leggi dei tempi posteriori alla distruzione del
l'impero latino. Anche quando l' instituzione della morte civile
e il bannum ebbero salda radice, anche quando i supplizi cor
porali coll' infamia furono il segno reale e materiale della pu
nizione del colpevole, cui allora tanto facilmente sfuggivasi,
dalla pronuncia o pubblicazione della sentenza di condanna
dat la stessa alterazione.
Nel diritto intermediario, alle sentenze, vere leggi private,
si applic il principio della non retroattivit propria delle
leggi pubbliche. Ben si vede l' assurdo che una sentenza
potesse avere effetto prima che fosse stata conosciuta, e si
ripet il principio, che ognuno deve presumersi innocente
sino a quando non sia riconosciuto e dichiarato colpevole :
che ognuno devo presumersi capace sino a quando non sia
dichiarato e riconosciuto incapace. In conseguenza fu rite
nuto generalmente, che gli atti compiuti in questa presun
zione dal giorno del commesso reato o dell' accusa a quello
della pronuncia o pubblicazione della sentenza di condanna
avessero il loro effetto, salvo sempre il caso che fossero

181
stati informati da dolo o frode verso il Fisco, e connivenza
col contraente (1).
9. In questo periodo della storia del diritto, le leggi ro
mane trovarono precisa applicazione perfino nelle loro ecce
zioni: e cos ebbero effetto retroattivo soltanto le condanne
per crimine di lesa maest divina ed umana, di ribellione
alla giustizia colla forza aperta, di suicidio per cui era infa
mata la memoria del colpevole, e per di pi di duello (2); quando
peraltro una sentenza di condanna fosse stata pronunciata.
Come nelle stesse leggi romane non si ebbe riguardo
alla esecuzione della sentenza di condanna, sia reale sia in
effigie, che secondo le usanze barbariche andava generaliz
zandosi contro il condannato in contumacia. Alcuni giure
consulti vero che hanno opinato diversamente, ma la loro
opinione non pu scambiarsi con quella che risulta chia
ramente dalle leggi positive (3).
10. Nello stesso periodo si fece pure distinzione, in ma
teria di alienazione, tra quelle a titolo oneroso e quelle a
titolo gratuito. Le une si presumerono sempre scevre da dolo
e si ritennero valide; le altre si considerarono come fatte
in suspicione poenae e si ritennero invece nulle (4). Riguardo
alle alienazioni a titolo gratuito alcuni giureconsulti spinsero
il rigore sino a negare l'ammissibilit d'ogni prova sull'assenza
della frode (5); e altri, specialmente francesi, sino a dichia
rarle nulle quand' anche fosse intervenuta dipoi una sen
tenza di assoluzione (6).
(i) V. capo I, nota n. 13. Anche il testamento era valido; ma
veniva annullato per indegnit se interveniva condanna. Non perdevasi la capacit a succedere, salvo nel caso di crimini atroci,
e anche allora potevasi ricevere un legato di alimenti.
i2) Hanin, Des conseq. civ. des condamn. peti. pag. 112, 150.
(3) Eccettuarono, essi ancora, il caso di suicidio, di evasione, o
che si trattasse di un bandito a perpetuit, e questo fosse morto
dopo la pronuncia della sentenza, prima di partire. V. Hanin 1. c.
(4) Claro, Quaest. 18 n. 19 -Farinaccio, Quaest. 166 n. 59. -Mer
lin, Repert. V. Accus n. 4 - Legraverend, t. 1. cap. 2, sez. 3 (5) Claro, Quaest. 78. n. 17 -Farinaccio, Quaest. n. 122 e seg.
136 -Merlin, Repert. V. Mort. civ. 1. art. IV, n. 1.
(6) Claro, Quaest. a. 78. 10.

182
La frode era facile a presumersi, se la vendita anteriore
alla condanna fosse consistita in tutti i beni; se fosse stata
fatta senza causa legittima o senza che ne fosse stato im
piegato il prezzo ; a prezzo vile , o ad un prossimo parente,
per interposta persona: e in fine senza il trapasso delle
cose vendute nel compratore, o percezione dei frutti per
parte di questi. Invece nessuna presunzione di frode po
teva elevarsi, se la stessa vendita fosse stata forzata o ca
gionata da un giusto motivo; se, per esempio, fosse stata fatta
per pagar debiti, per procurarsi gli alimenti necessari per
sodisfare spese di giustizia o di difesa. Questo riguardo al
diritto privato.
11. Quanto al diritto pubblico l'ordinanza d'arresto o
1' atto d' accusa, senza colpirlo d'infamia, rendeva l'accusato
legittimamente sospetto: egli poteva essere rigettato come
testimone, era interdetto da tutte le funzioni pubbliche; seb
bene da alcuni si creda che questa interdizione si restringesse
al diritto di sedere come giudice o come ufficiale di giusti
zia (7).
In tempi in cui il diritto canonico formava gran parte
della legislazione vigente, si fece questione se l'accusato
potesse rimettere il beneficio in favorem nelle mani del
Papa o del di lui legato. E Van Espen (8) e Dumolin (9)
hanno opinato pella negativa, quando egli fosse stato condan
nato, perch allora tale atto di remissione era a ritenersi
surretizio, e 1' intenzione del beneficiato era a presumersi
fraudolenta: peli' affermativa quando egli fosse stato invece
assoluto.
L' accusa non faceva per regola decadere dal beneficio
ecclesiastico: toglieva per la capacit ad ottenerne altro.
Il beneficio era dichiarato vacante di pieno diritto soltanto
quando si fosse trattato di crimini di lesa maest, di eresia,

(7) Pothier, Trait. des pers. par. I, t 3. sez. 3. - H.vnin, 1 c.


pag. 98.
(8) Reg. De infirmi* resignationibus. n. 3C8 e seg.
(9) De jure eccles. par. 2. t, 27. cap. 4. n. 7. e seg.

183
di assassinio, di ratto, d'incesto, di simonia o di altri delitti
determinati dalle leggi canoniche (10).
12. L' appello dalla sentenza di condanna nel diritto in
termediario, per unica differenza colle leggi romane, fu sospen
sivo degli effetti di essa, ma non causa annullatrice : tanto
vero che anche la sospensione ebbe spesso dei limiti Assi.
Quando penda l'appello, dice lo Statuto di Savona al cap. 14,
il magistrato tenealur retardare executionem; ma se la so
spensione duri da oltre 60 giorni sar nell' arbitrio di lui
l' ordinare l' esecuzione provvisoria. Per questo non raro
il vedere che le condanne dovessero avere effetto dal giorno
della pronuncia della prima sentenza, non gi della sentenza
confermatoria (11).
13. Soltanto sul finire del secolo passato, in materia di
condanne in contraddittorio, i codici e i giureconsulti cpmin
ciarono a discostarsi dalle leggi romane.
Al Consiglio di Stato francese, discutendosi il codice ci
vile Napoleone, per evitare lunghe e intricate indagini e
procedure, si fecero queste due essenziali proposte, cio: 1. Che fossero dichiarati fraudolenti tutti gli atti compiti dopo
il commesso, reato quando fossero di quelli i quali traevano
seco la morte civile: - 2. Che si dicesse, che se il condannato
veniva a morte prima della esecuzione della sentenza di con
danna, non avesse pi a considerarsi come morto integri
status , quando se la fosse procurata da s medesimo. Ma la
prima proposta si riconobbe troppo generica e rigorosa, con
traria ai supremi principi del diritto: col fatto si torn a
sanzionare il principio che le alienazioni a titolo oneroso, e di
pi il testamento, si avessero a ritenere valide quando l'ac
cusato non avesse usato dolo o frode, sebbene fosse dipoi
intervenuta condanna, o quando per morte questa si fosse
resa impossibile (12). La seconda proposta pure si riconobbe
irragionevole e illogica, una volta che il suicidio non era pu
nito dalle leggi penali. Quindi ambedue furono rigettate (13).
(9) L. c. e Loyseau, Trait. des off. 1. 1. cap. 13. n. 14.
(10) Richer, par 2. t. 3. cap. 8. Hanin, 1- c pag. 100.
(IH Daxloz, Repert V. Droit. civ. n. 24 e le aut. cit.
(12) L. c nota 1l.

184
Nel 1791 e nell' anno IV, instituitosi il Giur, le sen
tenze delle Corti d'assise, quale espressione della conscienza
popolare si dichiararono inappellabili in merito. Sorse allora
la Cassazione nell' interesse della legge, come tuttora sus
siste, ma gli effetti del nuovo sistema si mantennero uguali
a quelli dell' antico; vale a dire, la capacit del condannato
era alterata dal giorno della prima sentenza di condanna
non gi da quello della sentenza definitiva (14).
14. La legislazione d'Italia si mantenne intatta conti
nuando la tradizione delle leggi romane. Fu solo nel periodo
della moderna codificazione, che anche in Italia il sistema
delle leggi romane sub dei gravi cambiamenti.
Le condanne criminali perpetue, cui tenev a dietro la per
dita dei diritti civili e l'interdizione dai pubblici uffici', a
tenore dell' art. 46 del codice civile Albertino producevano i
loro effetti dal momento della pubblicazione o notificazione
della relativa sentenza: le condanne a pene criminali tem
poranee, cui teneva dietro l' interdizione legale durante la
espiazione della pena, e la stessa interdizione dai pubblici,
unici, a tenore dell' art. 71 del codice penale sardo produce
vano il loro effetto dalla data della relativa sentenza; ma la
data pure non poteva intendersi che dalla pubblicazione o
notificazione. L' uno e l' altro articolo lasciarono peraltro
nel dubbio, se il legislatore colla espressione sentenza no
tificata avesse voluto riferirsi alla prima sentenza di con
danna, o alla definitiva.
15. Gli altri codici d'Italia, mantenuto il principio di mas
sima, tolsero simile dubbio con una opportuna dichiara
zione. Cos il codice penale parmense (15*, il codice penale
estense (16) parlarono di sentenza passata in cosa giu
dicata; cos il codice penale toscano (17) parl di sentenza
divenuta eseguibile. Il codice penale austriaco pi esplicita(14) id. id.
(15) L. c. art. 52, che importava la perdita della cittadinanza
-Cod. pen. art. 41.
(16) Art. 31.
(17) Art. 14. 2 15. 3.

185
niente dispone in genere, che gli atti e le disposizioni pre
cedenti alla condanna non perdono a cagione della pena la
loro validit (18).
Il codice civile delle due Sicilie, seguendo il nuovo prin
cipio stabilito nel codice civile Napoleone su cui intera
mente modellato (19), fu l'unico che dasse importanza all'e
secuzione della condanna dichiarando, che le condanne prof
ferite in contraddittorio non producessero privazione dei di
ritti civili se non dal giorno della loro esecuzione (20). Questa
disposizione si riferiva poi alle sole condanne importanti la
morte civile, le condanne, cio, a morte o a pene criminali
perpetue.
CAPO III.
DEL TEMPO IN CUI SUBISCE ALTERAZIONE
LA CAPACIT DEI CONDANNATI
IN CONTRADDITTORIO NEL DIRITTO VIGENTE.
16. Le incertezze del codice penale sardo sulle condanne in eontradittorin si
generalizzano.
17. Necessiti di un provvedimento.
18. Effetti del ricorso in Cassazione.
19. Stato della giurisprudenza.
20. Esecuzione della condanna.
21. Eccezione pelle Incapacit politiche.
16. I nostri codici vigenti non contengono, pi che quelli
gi abrogati, norme certe sicure sul tempo in cui debbono
entrare in vigore le incapacit derivanti da condanna pro
nunciata in contraddittorio.
(18) 7, alin. 3. Por questo ha ragione Basevi di maravigliarsi
che il Prof. Anger, di fronte a si esplicita dichiarazione, voglia
sostenere che le disposizioni di ultima volont precedenti alla
condanna, perdevano la loro efficacia se il condannato moriva du
rante l'espiazione della pena.-ToLOMEi, Elem. di dir. pen. pag.
318. nota 30.
(19) Art. 26.
(iO) Art. 29.

18G
i
Quando collo scopo dell' unificazione della legislazione
penale, il codice penale sardo divenne codice penale italia
no, i dubbi ai quali fu abbandonata la giurisprudenza, per
essere stata usata 1' espressione sentenza notificata piuttostoch sentenza definitiva si generalizzarono; anzi a
dire il vero se ne aggiunsero dei nuovi, in quanto che il
codice penale sardo richiamando il solo art. 44 del codice
civile Albertino, che determinava le incapacit conseguenze
della perdita dei diritti civili, non mai il citato art. 46, sor
geva facilmente la questione, se questo avesse a considerarsi
come dall'altro distinto e separato, e quindi fuori d'appli
cazione nonostante la promulgazione del codice penale sardo
medesimo. Nel caso affermativo evidente che avrebbesi do
vuto ritenere che fossero rimaste in vigore le disposizioni
dei vari codici civili non ancora abrogati.
L' incertezza originata dalle disparit di diverse legi
slazioni non vennero meno neppure colla promulgazione delle
disposizioni transitorie del codice civile, le quali, ben noto,
regolarono la condizione giuridica del condannato uniforme
mente per tutto il Regno; poich anch' esse richiamarono pu
ramente il citato art. 44 del codice civile Albertino (1).
Tuttora adunque ci resta a desiderare una disposizione pre
cisa la quale determini in modo chiaro e netto il tempo in
cui la capacit del condannato viene ad essere alterata pella
pronuncia del giudice.
17. Oggi che regola legale che i dibattimenti una volta
incominciati debbono continuare senza interruzione fino al
loro termine (2); oggi che regola legale, che il verdetto
dei giurati deve essere pronunciato immediatamente dopo la
discussione, e la sentenza della Corte d' assise immediata
mente dopo il verdetto (3), nulla significa che il legislatore
ometta di dire se la sentenza produrr i suoi effetti dalla
chiusura del dibattimento, o dalla pubblicazione o notifica
zione della sentenza : Ma se i dibattimenti si protag(1) Art. 3. 4.
(2) Cod. di proc. pen. art. 510.
(3) Id. art. 318. 523.

187
gono e si protraggono a lungo con pi rinvi di cassazione,
assolutamente d'uopo che dichiari, se intende che la condan
na produca isuoi effetti dalla prima sentenza o dalla definitiva.
18. In materia criminale, coll'instituzione del giur, non
si riconosce altra causa ordinaria di sospensione della con
danna se non il ricorso in cassazione. Oggi a seguito del
ricorso in cassazione, fuorch ove vige il codice penale to
scano, che accenna alla sentenza irrevocabile, pu diman
darsi, se dalla prima sentenza alla definitiva , pendente,
cio, il ricorso stesso e il giudizio di rinvio, l' accusato
sia colpito dalla interdizione legale. E qui potrebbe in
vocarsi per analogia la giurisprudenza che ha decisa la
questione, se nel calcolo della pena debba computarsi il car
cere sofferto in questo intervallo (14): ma ecco che allora
cadremmo in pi grave controversia ancora : controver
sia la quale se pu avere ancora qualche ragione di esistere
in un caso, perch implicata l' altra questione, se il car
cere sofferto pendente il ricorso in cassazione e il giudizio
di rinvio, abbia a considerarsi come continuazione di costodia legale, non pu invece averne alcuna in materia, in cui
cardinale il principio che durante l'accusa, sino a certa prova
di colpevolezza non pu incorrersi in alcuna incapacit le
gale. Qui bisogna che ci atteniamo ai rigorosi principi del
diritto.
Il ricorso in cassazione, infatti, per s stesso di ef
fetto sospensivo della condanna (15) : ma se per la sola pro
nuncia di questa si dichiarano senz'altro incorse le relative
incapacit civili e politiche, ecco che viene a ricevere ese
cuzione immediata in parte, e direi nella parte pi gravosa,
con incalcolabile e irreparabile danno. D' altronde, colla di
chiarazione dell' accusato di voler ricorrere in cassazione,
alla stessa sentenza viene a mancare il fondamento della
cosa giudicata pella quale il verdetto dei giurati e la pro
nuncia del magistrato pro veritate habentur : ma seguendo
quella via rigorosa si corre pericolo di dar corpo alle ombre,
'.14) V. Legge, I, anno 1871, pag. 4M in nota.
(15) Cod. di proc. pen. art. 652.

188
di dar valore di verit all' errore; ci che, bisogna pur dirlo,
in materia criminale non troppo raro; insomma si va di
rettamente contro la regola fondamentale, che ognuno deve
presumersi innocente fino a prova irrefragabile in contra
rio ; prova irrefragabile la quale non possiamo avere se non
quando sieno esauriti tutti i gradi ordinari e straordinari
di giurisdizione, e la sentenza, passata in giudicato, sia
divenuta irrevocabile : damnalus vero ille est ubi damnatio
tenuit (16).
19. L' antica giurisprudenza sarda si stabilita in questo
senso, e pi volte la suprema Corte di Torino ha deciso,
che pendente il ricorso in cassazione e il giudizio di rinvio,
l' accusato pu validamente compiere atti civili, purch senza
dolo o frode, in quanto deve ancora considerarsi integri sta
lus (11): che egli pu stare in giudizio in nome proprio ed
essre udito come testimone con giuramento (18).
20. I partigiani del sistema francese pensano che la
interdizione legale dovrebbe aver principio dal giorno della
esecuzione della condanna. 1. Perch dopo la sentenza
definitiva pu aver luogo la grazia, e in contemplazione di
questo fatto bisogna evitare che ad essa sia dato effetto
prima che sia esaurito questo rimedio estremo: 2. Perch
l' esecuzione il vero segno che un individuo separato dal
consorzio civile, ed divenuto incapace agli atti della vita
civile. Ma pu osservarsi contro il primo argomento, che la
grazia un rimedio il quale ben raramente si verifica, e in ogni
modo non fa parte dell' ordine comune dei giudizi: essa pu
intervenire in ogni momento, anche dopo vari anni che il
condannato sta espiando la sua pena, e rispetto a tale avve
nimento non esistono riserve. Poco vale adunque, anzi spesso
pu essere una giusta espiazione, che intervenga pochi giorni

(16) Fr. 2. D. de poenis. cit.


(17) C. C. Torino, 9 febb. 1838; Bettini, I, 1858, pag. 175 Il giugno 1858; id. I, 1858, pag. 509 - 9 marzo 1859; id. I, 1850,
pag. 207 e seg.-V. Rossi, Corso di dir. pen , lib. III. cap. XI.
(18) L. c. nota 13.

189
dopo la condanna, quando gi il condannato ha provato al
quanto il rimorso della sua colpa e i danni morali e mate
riali che ne sono la conseguenza. Anche per le leggi romane
la grazia non aveva effetto sospensivo: dopo l'appello la sen
tenza jus facebat (9 . Contro il secondo argomento poi pu
osservarsi ancora, che della separazione del delinquente dalla
societ, della sua civile incapacit, segno sufficentissimo la
pubblicazione della sentenza di condanna, dopo un dibatti
mento pubblico e solenne, senza necessit dell' esecuzione ;
esecuzione che, d'altra parte, allorch si tratti della maggior
pena, della pena di morte, avviene anche in silenzio e fuori
la vista del pubblico cui si vuol dare di essa tanta notizia.
21. Qui nel determinare quando la condanna dovr avere i
suoi effetti, prima cura del legislatore debbe essere quella
di evitare l'espressione a cominciare dat giorno . Essa,
e ben noto, ha dato occasione a lunghe dispute, se avesse a
intendersi dal principio o dalla fine del giorno : ma ora sa
rebbe cosa improvvida il non troncarle affatto (10).
Queste regole sono applicabili si rispetto alle incapacit
civili che alle incapacit politiche. Fra le une e le altre non
ricorre in materia ragione di differenza alcuna. Lo stato
d'accusa, nella nostra legislazione, causa, come fu visto,
d'incapacit all' ufficio di giurato, (11) In ogni resto, cau
sa soltanto di sospensione dell'esercizio di diritti politici
durante la carcerazione preventiva, e in contemplazione del
l' impedimento naturale che essa vi arreca.
(9; Fr. 55. D. de re jud.
(10) Merlin, Repert. V. Mort. civ.% 1. art. 5. n. 4. - Dalloz,
Repert. V. Droit. civ. n. 4G4 - Henin Des conseq. civ. des condamn. pen. pag. 214
(11) V. parto II, capo V.

- 190
CAPO IV.
DEL TEMPO IN CUI SUBIVA ALTERAZIONE LA CAPACIT
DEI CONDANNATI IN CONTUMACIA NELLE LEGGI ROMANE.
22.
23.
2i.
2B.
2C.
27.

Idea della contumacia.


Il contumace per accusa capitale non poteva essere condannato.
Procedura contro il contumace: -intimazioni.
Confisca dei beni e infamia: - morte dal reo.
Giudizio contro il contumace per causa non capitale.
Gius nuovissimo.

22. Il timore delle pene spinge per instinto naturale co


loro che sono ricercati dalla giustizia a fuggire. Spesso, an
che l' innocente, preoccupato dei danni di una lunga proce
dura, del mal volere altrui e dell' errore umano, fugge al
l' imminenza di un arresto, e del carcere preventivo, e alle
possibilit di una condanna. L'esempio di Socrate il quale
piuttustoch disobbedire alle leggi ricusa di scampare ad una
morte immeritata, ha sempre trovati pochi imitatori (1). Per
questo le leggi in ogni tempo hanno dovuto regolare la con
dizione giuridica del contumace.
23. In Roma, nel periodo repubblicano, allorch la liber
t provvisoria sotto cauzione fu un diritto di ogni cittadino
accusato, anche nel caso dei pi gravi crimini, non si us di al
cun rigore per prevenire la fuga del colpevole. A tutti no
to che i complici di Catilina, scoperta la congiura, furono
posti in tibera costodia, confidando ciascuno di essi alla sor
veglianza di qualche Senatore nella di lui propria abitazio
ne (2). In questa condizione di cose spesso avveniva, che
colui il quale prevedeva una condanna imminente, segreta
mente se ne partiva abbandonando la patria, e i Comizi col
loro voto sanzionavano dipoi la pena dell'esilio, che volon
tariamente sceglieva, colla interdictio aquae et ignis e colla
confisca delle cauzioni date di presentarsi in giudizio sponsiones.
(1) Seneca, Epist. 24. e 70.
(2) Sallustio, in Catitin. IV. 5.

- 191
La regola delle leggi romane fu, che niuno potesse es
sere processato o condannato in contumacia: enini satius es
se, impunilum retinqui facinus nocentis, quam innocentem
damnare t,3i .
Tal regola si mantenne in vigore anche nel periodo im
periale, poich Marciano al Fram. 1. D. de requir. vet absent.
damn. rammenta un rescritto dell' imperatore Severo e
Antonino Magno, che riproducevala. Divi Severi et
Antonini Magni rescriptum est, ne quis absens punialur; et
hoc jure vMmur, ne absentes damnentur: neque enlm inau
dita causa quemquam damnari aequitatis ratio patitur .
"24. Nel caso di accusa capitale, ecco il sistema della le
gislazione romana:
Citato il reo per trinundinum, quando allo spirare dei
trenta giorni non fosse comparso dinanzi al giudice , gli
erano sequestrati i beni (4). Se, dopo tal sequestro, compa
riva entro un anno, che era stabilito per purgare la contu
macia, consideravasi come non fosse stato mai assente: i
beni quindi gli venivano restituiti insieme ai frutti (5): il
giudizio doveva compiersi colle forme ordinarie del procedi
mento penale. Se invece lasciava decorrere il detto anno sen
za comparire, gli stessi beni erano soggetti definitivamente a
confisca (6): sui medesimi perdeva ogni diritto, n avrebbe
potuto riacquistarli, ancorch avesse dimostrata la sua in
nocenza, nel giudizio cui, presentandosi in seguito, avea
sempre diritto (7). Tanto i romani credevano grave colpa
il disobbedire alle ordinanze dei magistrati, e necessario il
(3) Fr. 1. 1. D. de requir, vet absent. damnandis -Ci. de
requir. reis. - Paolo, Sent. V. V. 9 - Tito Livio, III. 1 3. 58 - XXV. 4
-XLI1I. 2 -Cicerone, pro domo sua, 30.
(4) Fr. l.4. eod. 1 beni soggetti a deperimento si vendevano
coll'obbligo di depositarne il prezzo. Dopo la confisca i debitori non
potevano sodisfare i loro debiti in mano del contumace.
(5) Fr. 5. 2. D. eod.
(6) Fr. 1. 3-Fr. 2 I.
(7; Fr. 2. 1. cit. - C. 2. de requir. reis. -C. 2. de exiben.
et transm. reis.

192
privare il contumace di ogni risorsa, per impedirgli d' in
tralciare il corso della giustizia ed astringerlo a presentarsi ! (8)
Ma potea darsi che il reo non comparisse, o perch im
possibilitato (9) o perche il giudice che gli avea intimato di
comparire era incompetente (10). In questi casi era ammes
so un excusator per dimostrare la ragionevolezza della sua
mancanza, e quando la scusa fosse stata legittima e dimo
strata i magistrati doveano accordare al reo un tempo pi
lungo per comparire (11). Questa parte di exnusator potea
compiersi quolibet de popul, anche senza mandato scritto.
(8) Fr. 5. 3. D. eod.
(9) Fr. 53. 2. D. de re jud.
(10) Fr. 53. 3. D. eod.
(11) Si disputato assai, se il reo potesse o non essere rap
presentato da un procuratore Sussiste antinomia tra il contesto
affermativo del Fr. 33. 2. D. de procur. et defens. e la C. 3.
de accusat., e il contesto negativo dei Fr. 10. 13. 1. D. de pub.
jud. e I. D. an per alium causae appell. red. poss. Cujacio li
concili dicendo, che il procuratore era ammesso nelle cause
capitali e non nelle non capitali. Anton Matteo ha ritenuto che,
come sopra dicemmo, fosse ammesso a provare l'assenza, non mai
alla difesa: e per meglio volgere il testo in suo favore corresse ileit.
Fr. 33. 2. D. deprocur. t defens. facendo absentiam excusantem
di innoccntiam excusantem, perch l'innocenza non si scusa, m'i
si commenda. Ma la correzione sta contro la C. 3. de accusat., seb
bene sia vero il concetto. Bohemero e Nani (note ad Anton Matteo)
distinsero tra il procuratore dominus litis per mandato, e quello
ufficioso che pel bene pubblico assume la difesa, nei casi nei
quali poteva aver luogo condanna (per es. in quella di delitti pu
nibili colla confisca), ritenendo ammissibile 1' uno e non l'altro.
Per il criminalista Giuliani osserva (Dir. crim. pag. 680), che a
questa distinzione manca la ragione legislativa. Secondo questo
criminalista, come non era ammesso che potesse farsi rappresen
tare da procuratore l'accusatore, per non abilitarlo a sottrarsi
alla condanna per calunnia (C. 15. de accusat. Fr. 13. 1. D. de
pub. jud.), cos non era ammesso che potesse farsi rappresentare
dal medesimo il reo, quando merc sua avesse potuto sottrarsi
alla condanna legittima ; cosa facile, se non avesse dato cauzione,
o la pena fosse stata diversa dall'interdizione o rimozione dal
l' ufficio.

193
25. La confisca dei beni del contumace colpisce a prima
giunta la nostra mente, tanto pi che la legislazione roma
na, oltre sanzionare principi che manifestano tanto rispetto
alla libert individuale del cittadino, e ai diritti di difesa, la
sciava nel rimanente intatti tutti i diritti di personalit ci
vile. Il Fram. 2. 1- D. de requir. vet absent. damnandis
autorizzava difatti il contumace ad immettersi personalmente
nel possesso dei propri beni, quando il Fisco avesse lasciato
perimere i suoi diritti: sed si per vigiliti annos Fiscus
bona non occupaverit,postea praescriptione vet ab ipso, vet ab
heredibus ejus submovebilur . Ma se egli fosse stato col
pito dalla perdita dei diritti civili, senza dubbio non avreb
be potuto altrimenti in niun caso essere reintegrato net
possesso dei propri beni.
Il contumace , decorso l' anno per purgare la contu
macia, secondo la costituzione 3, de requis. reis di Onorio
e Teodosio diveniva anche infame. Criminatis programmatis (ediclum contra latitantem proposilum) tenor liane
tantam ferat de jure censuram, ut inter eos adnotati, non
tanlum patrimo- nium debeat transferre, sed et famae existimationem lae dere (12).
Dato che il reo fosse morto entro l' anno medesimov
l'azione penale rimaneva estinta. Egli consideravasi co
me decesso integri stalus; onde gli atti fatti avanti la mor
te, come nel caso d'accusa in contraddittorio, ritenevansi co
me validi, i suoi eredi raccoglievano la successione. Facevasi eccezione soltanto nel caso di crimini di lesa maest
o perduettio, o di concussione, oppure di suicidio per cau
sa del crimine. (13) A chi osava poenam anteire et dese stalliere, arrecandosi volontariamente la morte, non fu
raro neppure che si aggiungesse, per sentenza, la confisca
dei beni.
(12) Non cosi, secondo noi, avanti questa Costituzione. Infatti
il contumace poteva usucapire i propri beni, e noi sappiamo che
l'usucapione era era un diritto civile proprio dei soli cittadini
capaci di acquistare il dominium ex jure quiritium.
(13) V. le note 2. 15. Capo I.
13

194
26. Le leggi romane non ammisero giudizi in contuma
cia, se non nel caso di accusa non capitale, e dopo reitera
ti e infruttuosi avvertimenti del giudice di presentarsi di
nanzi a lui. Queste condanne dovevano pronunciarsi more
jrrivatorum judiciorum, sebbene potessero estendersi, da una
pena pecuniaria od afflittiva minima, alla relegazione inclusivamente, e talora perfino all' infamia. (15)
27. Si creduto da alcuni, che nel gius nuovissimo i
principi esposti abbiano ricevuto modificazione dalla Novella
69, cap. 3. de abseniibus rels, e dalla Novella 108, de eo qui
adprin. denunc. in jud. se non sistit: ma ci in realta non
. La Novella 69, cap. 3, dice: Qui per contumaciam deserit, in nullo minor praesente putabilur. Si vero Me quidem
forsan adveniril, aut miserit quempiam, accusator aidem
desii, lunc et absolvere eum, et damna ejus mederi callumnialorem cogat, sic erunt temperatiores; sic peccare
cessabunt: sic non piUabunt potentiam divitiarum justittae
praevalere. Questa Novella, come vedesi, non fa che au
torizzare le condanne pecuniarie contro gli assenti, secondo
il diritto gi vigente; e ci per la ragione che i ricchi ave
vano presa la mala abitudine di non riparare i danni arrecati
coi loro delitti ai poveri, lasciando il luogo in cui l'avevano
commesso, e ponendo costoro nell' impossibilit di seguirli
in luogo lontano ed iniziare ivi una procedura lenta e co
stosa. La citata Novella 108 aggiunge: etenim hip quoque
libi ter a judice citalus non parueril, absens condemnabilur,
ita tamen si mdla causa, quae illum, qui se injudicio non
cMutit, verisimititer purget, adjustam excusationemsubsit.it
Ma anche questa novella riferiscesi alle azioni civili, inquantoch pi sopra parla di convenuto non di accusato, di
azione privata abbandonata dall'attore, non di azione pub
blica, penale.
(15) Fr. 5. pr. I) de poenis.

105
CAPO VDel tempo in cui subiva alterazione la capacita
dei condannati in contumacia nel diritto intermediario.
28.
39.
50.
31.
32.
33.
34.
53.

Procedura contro il contumace nei codici barbarici.


Id. negli statuti municipali.
Principio dell'esecuzione della condanna in effigie.
Prime riforme del codice penate leopoldino.
Sistema dei primi codici francesi.
Id. del codice civile Napoleone.
Principio del sequestro dei beni.
Nuove riforme dei primi codici italiani.

28. Nel codice dei Longobardi, nei capitolari di Carlo


Magno e di Lodovico, e in altri codici del medio evo, la
procedura contro i contumaci fu presso a poco la stessa che
nella legislazione romana. Differenze non si riscontrano che
nel rito relativo al tempo, numero e forme delle citazioni,
onde il reo comparisse dinanzi al giudice (1).
Secondo le leggi Ripuaria e Salica, se il reo citato
in giudizio non obbidiva agli ordini del giudice^era chia
mato dinanzi al Re; ma persistendo nella contumacia al
lora era messo fuori della di lui protezione, ex lege, e niuno
poteva pi dargli ricovero o vitto. Se era di condizione ordi
naria i suoi beni venivano confiscati, e senz'altro ritenevasi
convinto del crimine addebitatogli. Se era un vassallo del
Re, in virt appunto dei privilegi che godevano questi vas
salli manteneva la propriet e il godimento dei beni, e sino
a che non fosse stata pronunciata sentenza di condanna si
presumeva sempre innocente (2).
Secondo i capitolari di Carlomagno, come secondo la le
gislazione romana, non erano ammesse condanne in contu
macia. In causa capitati, dice il capitolare 61, lib.7, cap. 204 nemodamnatur, neque absens ver alium accusatorem accusari

(1) Nicolini, Delta proced. pen., par. 3. n. 1186.


(V) Montesquieu, Esprit des lois, 1. 3. cap. 8.

196
potest (3). In Francia simili condanne furono introdotte dalle
ordinanze successive dei Re per cupidigia di confisca (4).
29. I nostri statuti municipali non furono certo men ri
gorosi. Quando si trattava di accusa capitale, accusalus, ci'
talus nec comparens, dice lo statuto di Ferrara, bannitur
super scatis palata, ut veniat ad se defeiidendum, atius habetur pro confesso et condemnalur (5). A lui si dava un
termine di sette giorni per comparire dinanzi il mallum e
per purgare la contumacia, ma decorso senza che si fosse
presentato, i giudici dovevano senz' altro pronunciare la sen
tenza e farla notificare ; dopo di che, spirato altro termine,
il condannato era dichiarato esule, bannilus. Il bannum im
plicava il sequestro, e dopo un anno la confisca dei beni e
tutte le altre conseguenze che gi vedemmo al capo III della
parte I. (6)
Nei giudizi per crimine e delitto punito colla morte, col
taglio di un membro o con altra pena afflittiva del corpo
superiore alla relegazione, il reo non era ammesso a
proporre alcuna eccezione, scusa o difesa in merito della
causa, neppure per mezzo di procuratore, o del padre o di
altro congiunto : ma, come in Roma, era invece ammesso a
provare la ragione pella quale non poteva presentarsi, e
quando fosse legittima e provata, il giudice doveva pure ac
cordare una dilazione (7). Oltre a ci, secondo alcuni statuti,
la proclamazione o il bando ad inquirendum non poteva mal
(3) Richer, par. 2. 1. II. cap. 3. sez. 3.
(4) Daxloz, Repert. V. Contumace n. 4.
(5) Lib. 2. c. 122 - Et ita observabitur contra inquisitimi con'
tumacem. Statuto di Siena, lib. 3. cap. 23. 25.
(6) Statuto di Roma, lib. 2. cap. 14. Statuto di Siena, lib. 2.
cap. 25. 9. Statuto di Ferrara, lib. 2. cap. 5. Statuto di Savona,
lib. 2. cap. 4.
(7) Statuto di Roma, lib. 2. cap. 14. 15. Statuto di Siena, lib. 3.
cap. 36. 33. Statuto di Ferrara, lib. 2. cap. 21 22. In atiis vero
criminibus, vel detictis etiam ubi poena eorporati* in defectum
pecuniarae veniret imponenda idem observetur, visi inculpatua
prius praestet idoneam et svfflcientem fidejussionem arbitrio Potestatis seu judicis malefido rum et massarii communis
(Statuto di Ferrara 1. c.)

197
pronunciarsi senza prove od indizi' gravi. E in specie, se
condo quello di Venezia, il termine a presentarsi per tutti
i banditi ad inquirendum non poteva essere minore di mesi
sedici, e poi di anni due, decorribile dal termine del reggi
mento di quel rettore che li avea colpiti di bando; lo che cer
tamente doveva essere guarantigia d'imparzialit di giudizi (8).
Dopo il giudizio in contumacia il reo non avea pi diritto a
discolparsi, quand'anche si fosse presentato volontariamente:
inoltre non aveva neppure pi il diritto di ottenere un
nuovo giudizio, perch riconosciuta la identit della persona
si dava tosto al carnefice, o altro esecutore di giustizia. Ci
dicevasi fuorjudicare, quasi giudicare che egli era fuori di
ogni adito di giudizio e cacciato con pubblico bando fuori
della protezione di ogni legge (8). Il Sovrano soltanto, per
grazia, avrebbe potuto concedergli il benefizio straordinario
della difesa, quando l'innocenza sua fosse risultata chiara e
netta dalla relazione del Pretore relazione che da alcuni
statuti era prescritto doversi presentare ogni qualvolta la
condanna fosse stata capitale (10).
30. L' uso di condannare absente reo , e di eseguire la
pena in effigie, non che di permettere a chiunque del popolo
quotibet de populo di eseguirla sulla persona del condan
nato senza forme e modo, giunse fino a noi, dice Nicolini,
dai ghiacci del settentrione e nei tempi di barbarie ritorna
ta. La constituzione dell' imperatore Federico, che altrove
abbiamo rammentato (11), fu la prima che import questa ma
niera di giudizi nel Regno di Napoli, e lo stesso Imperatore
nel promulgarla non obli di dire, che ci faceva perch in
atiquibus nostri Imperi partibus cosi costumavasi. Secondo
gli usi dell' impero germanico, il reo dichiarato contumace
pi che confesso si riteneva pr moriuo; gli era negato quindi
(8) Legge o Parte presa in Cons. dei dieci con Zonta de! 7
marzo 1518, pag. 28. V. la recente monografia dell'Avv. M. Diena,
sulla Procedura in contumacia nelle cause correzionali.
(9) Quasi foris omnis judicii constitutus. Nicolini, 1. c.
(10) Statuti, cit.
(11) Poenam com. II. 3.

198
il diritto d'appellarsi, e ogni altro rimedio giudiziario, e a chi
1' avesse ucciso non pur davano lode, ma premi. L' unico
addolcimento che si apport a questo barbaro sistema, fu
quello di limitare tal condizione ex lege, bannum o fuorjudicatiOj ai pi gravi misfatti puniti colle maggiori pene cor
porali. Ma in proposito ci richiamiamo a quello che dicem
mo riguardo ai banniti, diffidati, fuorjudicati e proscripti al
capo III citato (12).
31. In questa materia il primo legislatore che riprov il
sistema divenuto generale in Italia e in Europa, fu Pietro
Leopoldo di Toscana. Egli nella legge del 30 novembre 1786
regol le forme dei giudizi contumaciali con una saviezza e
con una equit, di cui invano a sperarsi la maggiore (13).
Viet che il contumace si considerasse come confesso, e
volle anzi che si giudicasse se gli indizi contro di lui fos
sero sufflcenti alla condanna. Pronunciata la condanna, accor
d un termine per purgare la contumacia e il diritto di un
giudizio in contraddittorio nel caso che fosse dipoi arrestato
o si fosse presentato volontariamente. Diede effetti civili, a
favore della parte offesa, alle sentenze pronunciate in contu
macia; ma nei riguardi della pena rimosse il diritto alla
prescrizione ; aborri ogni esecuzione giudiziaria e molto
pi ogni esecuzione provvisoria; stabil che in qualunque
tempo e in qualunque modo il reo si presentasse, fosse sem
pre ammesso alla sua difesa, e con nuovo procedimento do
vesse o confermarsi o modificarsi o revocarsi la sentenza
contumaciale. Qua in re, dice il Cremani, codex Leopoldinus
mirifico excellit, in quo nihit de absenlibus et contumacibus
reis statutum invenies quod naturalis civitisque ratio non
probet humanitas aulem, vehementer non commendet (14).
32. Il codice penale francese del 3 brumajo anno IV, adott
il sistema Leopoldino, ma per avidit fiscale sottopose a se-

(12) Nei reati minori 1'Imperator Federico generalmente si con" tent della confisca! V. cap. Sive quis forban. ecc.
(13) Art. 38.
(14) Dejvr. crim., t. III. cap. 31. n. 10.

190
questro tutti i beni del contumace, niente meno che fino a cin
quanta anni ancora (15).
Sul finire del secolo passato, allorch nei nuovi codici si
organizz il sistema della morte civile, da prima si stabil,
che questa dovesse incorrersi dal condannato a pene afflit
tive perpetue dal giorno della esecuzione della condanna in
effigie, salvo che, se egli fosse comparso o morto entro i
cinque anni da questo stesso giorno, avrebbesi dovuto risol
vere a tutti gli effetti. Ma in seguito si vide il danno che
derivava dal lasciare in sospeso per questo periodo di cin
que anni lo stato del condannato, della moglie e dei figli; la
propriet acquistata e da acquistarsi da lui; e per ci fu po
sto invece il principio, che la morte civile dovesse aver vita
cinque anni dopo l' esecuzione in effigie, concessi per pur
gare la contumacia. Tale fu, infatti, la via seguita dal codice
civile Napoleone (16), e pi tardi, sulle orme di questo, dai
codici degli Stali italiani, come il sardo (17), quello delle due
Sicilie (18), e certo anche dagli altri, sebbene non tutti si
spieghino esplicitamente in proposito.
33. Il codice civile Napoleone, nel suo sistema fu pi ri
goroso dei codici italiani, per le misure gravi adottate verso
la persona e i beni del condannato in contumacia, sia ante
riormente sia posteriormente alla sentenza. A tenore di esso
il magistrato doveva dare all'accusato un termine utile per
presentarsi, ma decorso questo termine infruttuosamente, do
veva poi dichiararlo ribelle alla giustizia ; sospendergli l' esercizio dei diritti civici, e potitici (19), non che del diritto di
(15) Art. 462 e seg.
(16) Art. 27 e seg. - Locr Esprit du cod. civ. sur. art. 27.
Hanin, 1. c. n. 221.
(17) Art. 27.
(18) Art. 30.
(19) Cod. d'istr. crim. art. 465. Secondo la dottrina prevalente
questi diritti civili erano quelli propri dei cittadini soltanto; da
non confondersi coi civili, dei quali sotto certi rapporti godevano
anche gli stranierI. V. Demolombe, t. 1 . n. 226 - Dalloz, Repert.
V. Droit. civ. n. 636 - Cantra. Duranton, t. I. n. 230 e seg - Aubky
e Rao su Zachariae, t. 1. pag. 312.

200
agire in giudizio (20) ; ordinare il sequestro dei di lui beni
in beneficio del Demanio, togliendogli quindi l' amministra
zione e la disponibilit dei medesimi.
Dopo la sentenza in contumacia, se incorreva nella morte
civile, nei cinque anni dall'esecuzione in effigie era in stato
di assoluta interdizione, e cosi privato dell' esercizio di tut
ti i diritti civili e politici, e anzitutto di quelli di contrarre
matrimonio, di far testamento, di accettare e repudiare una
eredit ; mentre mantenendo il godimento degli stessi di
ritti era capace di raccoglierla e trasmetterla ai suoi con
giunti (21); i di lui beni tenuti in sequestro continuavano
ad essere amministrati dal Demanio come beni d'assente (22);
il Demanio ne percipeva le rendite salvi i diritti dovuti al
coniuge, ai discendenti e agli altri congiunti ; doveva infine
rendere il conto agli eredi presuntivi al termine della sua
gestione, dopo, cio, il detto quinquennio. Se invece non
incorreva nella morte civile, i beni, sempre sotto sequestro,
erano amministrati dal Demanio, ma il condannato non era
privato della capacit di disporne, purch senza dolo o frode:
il conto dovea rendersi dopo la prescrizione della pena (23).
34. La ragione del sequestro dei beni si creduto di ri
scontrarla nella opportunit di togliere al condannato tutte
le risorse pecuniarie allo scopo d' indurlo per sentimento
della propria conservazione a presentarsi ai magistrati. Ma
Beranger cosi giustamente combatte questa misura rigorosa.
L'esperienza c' insegna, die' Egli, che i giudizi per contu
macia non procurano alla giustizia alcuna vera sodisfazione.
Giammai il sequestro dei beni, giammai l' onta di una con(20) Come attore, non gi come convenuto - V. le autor, cit.
alla nota anteced. e Merlin, Repert. V. Contumace 1. n. 4.
(21) Demolombe, 1. c. n. 324. - Dalloz, 1. c. n. 636 - Cantra:
Vai-ette, su Proudhon, t. 1. pag. 147.
(22) Contra: De Moly, Trait. des absent. n. 783 e seg. - Bour
uiGNON, Iurisp. du cod. crim. sull' art. 465.
(23) L'art. 465, cod. d'istr. crim. derog all'art. 28 cod. civ.
che lasciava l'amministrazione di beni del condannato in contuma
cia, se colpito da morte civile, agli eredi presuntivi. I beni che
non potevano conservarsi erano vendut1.

201
danna provvisoria hanno fatto retrocedere un uomo che ha
avuto le sue buone ragioni a fuggire; giammai considera
zioni, bench imperiose, hanno fatto deliberare a ci colui
che, col suo ritorno, si esporrebbe a pene afflittive o infa
manti. Questa parte della nostra legislazione dunque su
perflua, perch inutile e senza scopo. Essa ingiusta, per
ch autorizza la condanna di un uomo che non stato udito.
Essa barbara, perch punisce una famiglia, non solo di un
crimine cui estranea, ma sovente dei timori di un in
nocente (24).
35. I codici degli antichi Stati italiani, sull'esempio del
codice toscano, ripudiarono a poco a poco quasi tutto l'an
tico sistema, di cui fu visto. Essi non stabilirono alcuna
restrizione alla capacit civile dell' incolpato intimato a
comparire dinanzi i tribunali; e abolita la confisca non am
misero altrimenti il sequestro dei beni. Fece eccezione sol
tanto il codice di procedura penale parmense, il quale, pi
rigoroso degli stessi codici francesi, che tolsero 1' esercizio
dei diritti civici e politici soltanto, sanzion un sistema di
sospensione dei diritti civili (25).
Le leggi italiane durante il sistema della morte civile, e
quello della perdita dei diritti civili, concordarono colle leggi
francesi nel dar principio alle respettive incapacit allo sca
dere dei cinque anni concessi per purgare la contumacia, e
nel considerare il condannato come non mai colpito dalla
pronuncia del magistrato, o integri status, quando fosse com
parso volontariamente, o fosse arrestato o venuto a morte
durante il quinquennio lasciando per intatti gli effetti gi
prodotti dalla condanna provvisoria (26). Ma anche in que
sto proposito stette la differenza, che pelle leggi francesi i
beni del condannato rimasero sotto sequestro nell' am
ministrazione del Demanio, e il condannato fu assoggettato
alla interdizione legale ; pelle leggi italiane, senza sequestro,
(24) Instr. crim. en France, pag. 220.
(25) Art. 499, capov. 2.
(<J6) Cod. civ. delle 2 Sicilie, art, 31 e seg. - sardo, art. 52 o
seg. - parmense, art. 26.

202
furono affidati all' amministrazione degli eredi presuntivi,
come adesso i beni d' assente, senza alcuna comminatoria
speciale d' incapacit ; pelle une i cinque anni decorrevano
dal giorno dell'esecuzione della condanna in efllgie, eia
comparizione o l' arresto del condannato in contumacia
era causa annullatrice della sentenza e del procedimento po
steriore all'ordinanza di comparizione o di accusa; pelle altre
i cinque decorrevano invece dal giorno della pronuncia o pub
blicazione della sentenza contumaciale, e la comparizione e ar
resto del condannato era causa annullatrice di questa sen
tenza stessa, ma non di quella di rinvio, n dell'atto d' ac
cusa, n degli atti anteriori (27). Soltanto il rammentato
codice di procedura penale parmense dichiar nulli tutti gli
atti posteriori alla sentenza della sezione d' accusa (28).
(27) Alcuni giuristi francesi hanno cercato di attenuare il ri
gore del sistema accolto dalle loro leggi nei punti pi oscuri. V.
Duranton, t II. pag. 21 1. Demolombe, 1. 1. t. 1. n. 9. I codici
italiani vedansi confrontati in Ferrarotti, Cora, alcod. di proc.
peri, sardo, sulF art. 529. Com. al cod. pen., sull'art. 22.
(k8) Cod. proc. pen. art. 511.

203
CAPO VL
DEI. TEMPO IN CUI SUBISCE ALTERAZIONE LA CAPACIT
DEI CONDANNATI IN CONTUMACIA NEL DIRITTO
VIGENTE.
56.
37.
38.
59.
40.
41.
42.
45.
44.

Sistema francese in materia di condanne in contumacia.


Disposizioni del vigente codice di procedura penale.
Prescrizione e purgazione della contumacia.
Critica delle stesse disposizioni.
Conclusione di questa critica.
Questioni sulla espressione interdizione polla durata della pena. ,,
Disposizioni relative alla interdizione dei pubblici uffici.
Esame di queste disposizioni.
Eccezioni per alcuni speciali diritti.

36. In materia di condanne in contumacia le leggi nostre


hanno seguito in gran parte le orme delle leggi francesi
Colla legge del 31 maggio 1854 in Francia sparita la so
spensione dei diritti civici e politici, e di stare in giudizio,
stabilita pel tempo anteriore alla condanna in contumacia,
dopo l' intimazione a comparire dinanzi il magistrato: spa
rita 1' interdizione legale, stabilita pel periodo di cinque anni
posteriori alla stessa condanna, e concesso per purgare la
contumacia.
Ai termini dell' art. 3, 1' interdizione legale, di cui gli
art. 28, 29 e 31 del codice penale, applicabile al condan
nato in contumacia cinque anni dopo l'esecuziQne in effigie.
Ma pu dimandarsi: il disposto dell' art. 476, del codice di
istruzione criminale, secondo il quale la comparizione, 1' ar
resto o la morte del condannato in contumacia, a pena im
portante la morte civile, non distrugge gli effetti omai da
questa prodotti, applicabile alla stessa legge del 31 mag
gio 1854 riguardo ai condannati a pena importante 1' inter
dizione legale perpetua ? L' opinione prevalente P affer
mativa, poich i termini del citato art. 3, ult. capov., sono
assoluti e non hanno bisogno di dichiarazione : d' altronde,
se si fosse voluto sanzionare diverso principio sarebbe stato

204
senza scopo il dire che le incapacit civili debbono incorrer
si dopo cinque anni dalla esecuzione in effigie.
L' amministrazione e la disponibilit dei beni tolta al
condannato in contumacia dal nuovo sistema francese : il re
gime di questi beni, come se fossero di persona assente,
pur dalla stessa legge del 31 maggio 1854 affidata al Demanio;
e ci tanto se trattisi di condanne perpetue che di condanne
temporanee. Soltanto riguardo alle prime l' interdizione na
turalmente non cessa mai, riguardo alle seconde cessa colla
prescrizione della pena in 20 anni.
37. Il nostro codice di procedura penale, contro i con
tumaci, con una deplorevole leggerezza riproduce gli an
tichi pregiudizi e le moderne incertezze ed assurdit. Esso
all'art. 382 nega al contumace la libert provvisoria; agli
art. 347 e 348 interdice l'intervento del difensore e l'am
missione delle prove a discarico nei giudizi contumaciali.
Nel rimanente ecco le sue disposizioni che ne regolano la
condizione giuridica.
Art. 543 1. Il condannato in contumacia ad una pena
criminale, in qualunque tempo si presenti volontariamente
o si costituisca in carcere, o pervenga in potere della giu
stizia prima che la pena sia prescritta, sar sentito nel me
rito della causa ed ammesso a fare le sue difese, come se
non fosse stato contumace.
2. La sentenza contro di lui profferita sar conside
rata come non avvenuta, e si proceder ulteriormente con
tro di esso nella forma ordinaria. La sentenza di rinvio e
l' atto d' accusa, non che gli atti anteriori conserveranno
per tutto il loro effetto.
3. Nel caso in cui la condanna contumaciale importi la
interdizione legale del condannato, essa non produrr il suo
effetto che trascorsi cinque anni dalla pronunziazione della
sentenza. Durante i cinque anni i beni del condannato sa
ranno amministrati, e le sue ragioni promosse come per gli
assenti presunti.
4. Se il condannato in contumacia si costituisca in car
cere, o sia arrestato dopo i cinque anni, rientrer per l'av
venire nel godimento di tutti i suoi diritti; rimangono per

205
salvi gli effetti dell' interdizione legale per l' intervallo de
corso dopo la scadenza dei cinque anni fino alla di lui com
parsa in giudizio.
38. Da ci risulta , che il condannato in contumacia ,
nel caso in cui rimanga a suo favore prescritta la pe
na, non pu essere ammesso a presentarsi per purgare la
contumacia (1). La legge ha creduto dover porre un limite
al di lui diritto di essere giudicato nuovamente in con
traddittorio, nell' interesse della giustizia e per ragione
di utilit. La prescrizione veramente un diritto dell' indi
viduo, comunque colpevole, non gi una mera creazione del
legislatore ; onde sembrerebbe che questi non possa imporvi degli oneri come se si trattasse di un atto di sovrana
clemenza. Peraltro d' uopo riflettere, che ponendosi quel
termine non si lede il beneficio o diritto della prescrizio
ne, perocch colla esenzione dalla pena si raggiunge lo scopo di
essa : qui si tratta di un altro ordine di diritti, del diritto,
cio, di comparire in giudizio entro un termine ragionevole,
per purgare la contumacia; il che cade nel prudente arbitrio
del legislatore medesimo. N d' altronde il termine da que
sto stabilito pu dirsi troppo breve e non giustificato. Il con
dannato che si tacque per 20 e pi anni eludendo le aspet
tative della giustizia, aspettando la dispersione delle prove
e ponendo i giudici nell' impossibilit di raccoglierle di nuo
vo, quasi si appresta a schernire la loro autorit: con ra
gione, adunque, deve pagare il fio del suo contegno cos poco
encomiabile i2).
Non vogliamo del resto tacere, che il criticato disposto ha
poca influenza sulla capacit civile del condannato in contu
macia, da che le nostre leggi non stabiliscono alcuna sospen
sione di diritti durante il termine a comparire e l' instru
zione del procedimento.
39. Ponendo alquanto la nostra attenzione sulle anzidette
disposizioni, anzitutto non riteniamo troppo degno d' appro
vazione il n. 2, che la sentenza di rinvio e l' atto d' accusa,
(1) Cod. pen. ital. art. 148.
(2) Borsari, I. c. pag. 602 e seg.

206
non che gli atti anteriori debbano conservare il loro effetto
nonostante l' annullamento della sentenza di condanna. Se
condo noi, osserva il Prof. Carrara in una sua memoria, in
occasione del discorso inaugurale dell' anno giuridico 1872,
prenunciato dal Proc. gen. Cesarmi, alla Corte di Appello
di Lucca, se il condannato presentandosi al magistrato pu
dare tali spiegazioni e discolpe da demolire l' accusa, senza
ragione vuoisi mantenere in vita. Per questo, giustamente
l' illustre giureconsulto si fa nel caso in esame a sostenere
la ripristinazione del constituito obiettivo (3).
Il n. 4 che la comparsa o l' arresto del condannato
dopo i cinque anni concessi per purgare la contumacia, non
distrugge gli effetti omai prodotti dalla interdizione legale
non meno censurabile. Per esso, infatti, una condanna tem
poranea produce effetti definitivi : una pena senza rimedio,
irrevocabile, ingiustamente inflitta a colui che ricono
sciuto innocente, con grave danno di lui, della sua famiglia,
dei terzi di buona fede, che abbiano seco lui stipulato ob
bligazioni. In sostegno del medesimo disposto si dice, che le
conseguenze passate della contumacia debbono pesare sul
condannato, non gi come resultato del crimine di cui sia
dichiarato innocente, sibbene come resultato, come gastigo
della contumacia : ma questa argomentazione non ci persuade
di troppo. La contumacia spesso pu essere del tutto in
volontaria: e in ogni modo quando uno si sente innocente,
se pur sia volontaria, ha origine da un sentimento di timore
nella giustizia umana, da un sentimento di cautela, che non
pu assimilarsi al sentimento colpevole di chi in sfregio alla
giustizia si rifiuta di obbedire ai suoi ordini ; tanto vero
che la legge stessa non colpisce il contumace di alcuna spe
ciale sanzione penale.
Queste osservazioni mantengono tutto il loro valore allor
ch si tratta non solo di sentenza assolutoria, ma anche di sen
tenza di non farsi luogo a procedere, o di condanna a pene non
importanti interdizione legale, imperocch non al fatto mate
riale della contumacia che noi dobbiamo aver riguardo, ma al
fatto criminoso in s, nella sua natura ed essenza morale e
giuridica.
(3) Eco dei Tribunali, del 12 febbraio 1872.

207
40. La via pi semplice per evitare poco eque conseguenze
sarebbe quella di tornare puramente e semplicemente al diritto
comune, dando effetto irrevocabile alla sentenza di condanna,
allo spirare dei 20 anni concessi al condannato per farsi giu
dicare nuovamente, prima, cio, della prescrizione della pena.
Questa via a prima giunta, poteva credersi che si fosse
. seguita sotto l' impero della legislazione penale del 1859 ;
e ci perch 1' art. 21 del codice penale sardo non richia
mava altra disposizione che l' art. 44 del codice civile Al
bertino ; e l' art. 529 del codice di procedura penale del ram
mentato anno, in sembianza molto liberale, stabiliva che il
condannato in qualunque tempo si presentasse volontaria
mente, o si costituisse in carcere, o pervenisse in potere
della giustizia prima che la pena fosse prescritta, dovesse
sentirsi nel merito della causa, ed essere ammesso in giu
dizio contraddittorio a fare le sue difese come se non fosse
stato mai contumace. Ma lo stesso articolo 529 pi oltre ag
giungeva, che, nel caso in cui la condanna contumaciale im
portasse la perdita dei diritti civili, dovessero osservarsi le
disposizioni degli art. 52 e 58 inclusivamente del codice ci
vile delle antiche provincie del Regno : onde evidente che
ha voluto riprodurre il sistema di questo codice in tutta la
sua integrit (4).
41. L' interdizione legale per condanne criminali tempo
ranee, essendo stabilita pella durata della pena pu di
mandarsi, se nella contumacia del condannato decorra dal
giorno della pronuncia della sentenza contumaciale, o da
quello della sentenza definitiva in contraddittorio, quando ab
bia luogo.
Pella prima opinione sta la generalit dei termini della legge,
poich commina la interdizione pella durata della pena
ma per chiunque sar stato condannato . Di pi il fatto,
che altrimenti la disobbedienza del contumace renderebbe
la sua posizione pi vantaggiosa, e lo sottrarrebbe ad ogni
incapacit. Pella seconda opinione sta la lettera della legge
stessa, inquantoch durante la contumacia la pena afflittiva
(-1) Borsari, 1. c. pag. 009.

208
non dura, il colpevole non espia la sua pena, anzi egli sfugge
all' azione della legge, alle conseguenze della reale applica
zione di essa. In ultimo sta il fatto che il legislatore stabi
lisci garanzie sufficienti contro i contumaci.
L'ultima opinione tende a prevalere, (5) e per verit la
pi equa. Sino a che il tempo per purgare la contumacia non
sia decorso il condannato mantiene la sua piena capacit. Se
ci pei condannati a pene perpetue, tanto pi lo dovr es
sere pei condannati a pena temporanea. Oltre che dalla ragione
giuridica questa opinione sorretta dalla necessit di tutelare
la buona fede dei terzi; di coloro, cio, che credendo alla sua
capacit, abbiano contrattato con un condannato durante il
periodo della contumacia.
42. Ma fin qui dalle condanne in contumacia, in quanto si
traggono seco l' interdizione legale. Rispetto alla interdi
zione dai pubblici uffici dispone l' art. 545, del vigente co
dice di procedura penale, nei seguenti termini:
1. La condanna contumaciale che importa la pena del
l' interdizione dei pubblici uffici, produrr il suo effetto dopo
trascorsi tre mesi dall' affissione della sentenza, eseguita ai
termini dell' art. 539.
2. Se il condannato in contumacia alla detta pena si
presenta volontariamente, od arrestato, dopo trascorso il
termine di tre mesi, rientrer, per l'avvenire, nell'esercizio
dei suoi diritti, ma rimarranno salvi gli effetti dell' interdi
zione dei pubblici uffzi pel tempo trascorso dalla scadenza
del detto termine, sino alla di lui comparsa in giudizio.
3. Se il condannato in contumacia, all' interdizione dai
pubblici uffici, contro cui non siesi spedito mandato di cat
tura, dopo essersi volontariamente presentato, non compari
sce nella udienza fissata pel secondo giudizio, la Corte pronunzier, senza intervento dei giurati, sentenza colla quale
si ordiner l'esecuzione di quella profferita in contumacia....
43. La ragione della differenza tra l'interdizione legale e
quella dei pubblici uffizi s' intende a prima giunta. I diritti
(5) Cosi Humbert, 1. c. n. 363. In senso diverso per rispetto
ai condannati in contraddittorio evasi dal luogo di pena. V. anche
Boitard, 1. c. pag. 190. Berriat-Saint-Prix, n. 95.

209
di condizione civile costituiscono la personalit dell' indivi
duo, si attengono strettamente all' esistenza sociale : il go
dimento o l' esercizio di essi non pu adunque essere tolto
se non quando il diritto di punizione lo esiga; se non quando,
cio, l' accusato sia stato dichiarato colpevole di un determi
nato crimine, e siasene reso indegno. I diritti politici e gli
uffici pubblici invece, costituiscono una prerogativa di coloro .
i quali danno garanzia piena di capacit e moralit; di co
loro i quali hanno una reputazione intatta e godono della
fiducia pubblica : anche senza l'esercizio di tali diritti la
personalit civile non ne resta deteriorata nelle sue condi
zioni di essenza e di sviluppo. Ma un accusa non impugnata,
un giudizio in contumacia seguito da una sentenza d con
danna, sono fatti i quali, se neppure nel sistema della legge
fanno prova irrefragabile di colpevolezza, nondimeno ne sono
indizio prossimo, meglio una prova provvisoria allo stato
degli atti e alle resultanze del giudizio contumaciale : co
lui che n' l' obbietto non offre pi quelle garanzie di cui
gi dicemmo, perde la fiducia pubblica sino a che una nuova
sentenza non lo dichiari innocente.
Per questo nulla ci sembra di potere opporre al disposto
del n. 1 dell' art. 544, codice di procedura penale : esso
meno rigoroso del corrispondente disposto dell' art. 675 del
codice d'istruzione criminale francese, in quanto che questodichiara, che la degradazione civica decorre dal giorno del
l' esecuzione in effigie. In ogni modo poi. da osservarsi , che
lo stato stesso di contumacia rende materialmente incapaci
all'esercizio dei diritti politici o dei pubblici uffici, anche sen
za una dichiarazione d' indegnit del legislatore e del magi
strato.
Il n. 2 dello stesso art. 544, sebbene contenga identica
disposizione non crediamo che possa dar luogo alle osserva
zioni fatte in rapporto al n. 4 dell'antecedente art. 543. Gli
effetti di una interdizione dei diritti politici e dei pubblici
uffici, che riguardano il solo condannato, senza danno reale
n di esso, n della famiglia, n dei terzi, qui non possono
essere che irrevocabili : gli esposti principi sulla natura
della stessa interdizione ce ne convincono appieno.
14

210
Quanto al n. 3, si ha un utile innovazione messa in vi
sta anche dalla relazione del Ministro Guardasigilli a S. M.
Esso, invero, regolando la procedura contumaciale contro
accusati di reati punibili colla sola interdizione dai pubbli
ci uffizi, impedisce l'inconveniente che un condannato in con
tumacia a pena siffatta possa eludere la pena con successive
presentazioni per ottenere nuova udienza, susseguite poi da
altrettante contumacie, e il rimedio consiste nell'essere or
dinato, che la seconda sentenza contumaciale sia senz'altro
esecutoria, n possa pi essere impugnata.
44. Del resto, parlando degli effetti delle condanne con
tumaciali sui diritti politici, riguardo in specie a quello di
far parte dell' esercito nazionale, dobbiamo avvertire , che
l'art. 2, capov. 4, della legge del 20 marzo 1854, non fa delle
stesse condanne una causa di esclusione, atteso la possibilit
che chi ne colpito si presenti a purgare la contumacia nel
termine legale, e cos nel nuovo giudizio venga ad essere
assolto.
Nella discussione del nuovo progetto di legge sul reclu
tamento militare, in Comitato privato della Camera, il De
putato Torre raccomand alla Commissione opposto princi
pio , e questa raccomandazione non trov alcuna opposi
zione (6). Ma veramente il principio della esclusione a causa
di condanna contumaciale, posto in senso assoluto non ci
sembra per nulla giustificabile, ed contrario alle regole
ordinarie di diritto in questa materia. Il far parte dell'eser
cito nazionale se sotto un aspetto un diritto, sott' altro
un dovere : l' esclusione non d luogo a riforma del provve
dimento relativo, ma una volta che il condannato fosse ar
restato o comparisse volontariamente nei cinque anni con
cessi dalla legge per purgare la contumacia, sarebbe assurdo
ammettere che quand' anche fosse assolto dovesse irremis
sibilmente essere escluso. Coll'arresto o colla comparsa volon
taria non bisogna dimenticare che la sentenza di condanna vie-

(0) Seduta del 18 gennaio e del G febbraio 1873.

211
ne ad essere annullata: adunque tutto ci consiglia a rientrare
nel diritto comune con una disposizione di questa natura :
sono esclusi dal servizio militare i condannati:.... in con
tumacia , dopo decorsi i cinque anni di che l' art. 443 del
codice di procedura penale, per purgare la contumacia.
CAPO VII.
Dei conflitti fra le regole dell' assenza
e quelle della contumacia.
45.
46.
47.
48.
49.
50.

Questioni sulla successione ilei condannato nelle leggi francesi.


Applicazione delle regole delle leggi civili sulla, assenza,
ld. delle regole delle leggi penali.
Nostro sistema riguardo alla successione.
Vari periodi della contumacia ed effetti di essa nei rapporti dell'assenza.
Apertura della tutela.

45. In Francia, col sistema della perdita dei diritti civili,


in rapporto appunto a quello di successione, nato conflitto
tra le regole relative all' assenza, e quelle relative alla con
tumacia. Vale a dire si quistionato, se dato il termine dei
cinque anni per purgare la contumacia stessa, per determi
nare chi avesse diritto di successione sui beni del condan
nato dovesse guardarsi al giorno preciso in cui tal termine
fosse spirato, o non piuttosto a quello in cui si fossero avute
del condannato le ultime notizie, secondo le norme dell' as
senza. Molte ragioni si sono addotte in un senso e nell' altro.
46. In favore del sistema che- vuole applicate le regole
relative all' essenza si argomentato:
Pel disposto delle leggi civili, quando un individuo abbia
cessato di comparire nel Iuogodel suo domicilio o della sua
residenza, e per un certo numero d'anni non si sieno avute
notizie di lui, si fa luogo alla dichiarazione d' assenza e al
possesso temporaneo dei suoi beni in favore degli eredi pre
suntivi al giorno della sua scotn pariz ione o delle sue ultime
notizie, e all' esecuzione provvisoria del testamento. Ora sia-mo qui nel caso preciso.

212
Vero che la causa della scomparizione conosciuta.
Non abbiamo l' assenza semplice, sibbene un' assenza colpe
vole, la ribellione alla pubblica giustizia, insomma la contu
macia. Ma tra 1" una e l' altra la legge non fa distinzione
alcuna; n per verit avrebbela potuta fare.
L'assenza se non si verifica sempre dopo una condanna,
nondimeno il pi spesso si verifica dopo essersi commesso
qualche reato, e per sfuggire alle ricerche della giustizia. La
legge permette al tribunale di aver riguardo alle cause della
scomparizione, e secondo esse pronunciare o differire la di
chiarazione d'assenza. Per nessuna disposizione esiste, che
ad esso accordi il diritto di negarsi a pronunciare sol peri chfc ne conosca i motivi: la scienza dei motivi non cambia
il carattere essenziale della situazione; siamo sempre in
certi se il fuggitivo esista o no.
Supponiamo un poco che si tratti di contumacia per con
danna che non importa n interdizione legale, n perdita dei
diritti civili. In questa ipotesi, senza dubbio, le regole del
l' assenza dovranno essere applicate, perch in difetto di no
tizie, in difetto, cio, di prova della morte del contumace
non ricorre altro mezzo per regolare la devoluzione dei be
ni. Ora qual mai la ragione della differenza, quando in
vece si tratta di contumacia che importa interdizione legale,
o perdita dei diritti-civili stessi ? La maggiore o minore in
tensit della pena pronunciata non ha n pu avere alcuna
influenza nella questione (I).
Tutto ci stato detto non solo rispetto a quello che pu
riguardare i diritti degli eredi verso il contumace o il suo
patrimonio, ma anche i diritti dei medesimi verso i terzi,
come legittimi di lui rappresentanti o successori.
47. In favore del sistema accolto dalle leggi penali, Demolombe anzitutto ha osservato, (2) che a tenore delle dette
leggi il condannato in contumacia colpito dalla perdita dei
(1) Cosi sembra avere opinato il Consiglio di Stato francese
sed. 19 agosto 20 settembre 1809 De Moly, Trait. des
absen. n. 788, e seg., e Demante, t. I n. 6 bis. XIII a XV.
(2) T 1, cap II. pag. 329, n 5:34.

213
diritti civili, cinque anni dopo l'esecuzione in effigie ^presso
di noi cinque anni dopo la pronuncia della sentenza di con
danna) onde in Francia la sua successione deve aprirsi
a profitto di coloro che sono allora eredi, e il testamento
del condannato non pu avere esecuzione. Che in propo
sito le stesse leggi sono assolute non mai subordinate alla
condizione della prova della esistenza del condannato. Il pe
riodo della contumacia deve seguire il suo corso di pieno
diritto, salvo il caso soltanto di presentazione volontaria o
forzata, odi morte di lui prima dello spirare del medesimo.Orala
morte dovrebbe essere provata da chi l'allega, e pretende
aver essa arrestato la decorrenza del termine legale.
Secondariamente , che con diverso sistema si verrebbe a
snervare il potere e l' efficacia della pena, aprendo l' adito
perfino all' esecuzione delle disposizioni testamentarie del
contumace. La dimanda della dichiarazione d'assenza avrebbe
in s qualche cosa d' odioso, in quanto che ecciterebbe coloro
che avessero notizie del condannato a mettere la giustizia
sulle sue traccie : ci che facilmente potrebbe portar per con
seguenza che le speranze dell' instante fossero eluse. Quel che
pi,s'anderebbe poi incontro a tanti imbarazzi e complicazioni,
poich volendosi applicare il regime dell' assenza, non lo si
potrebbe se non nella sua integrit, col lungo possesso dei
beni temporaneo e limitato, coll'obbligo dell'inventario, della
cauzione ecc.
Infine, all'obbiezione che il regime dell'assenza si applica
senza discussione riguardo alle condanne le quali non im
portano incapacit civili, lo stesso Demolombe risponde, che
ci non pu maravigliare se si riflette che in questo caso
la legge non determina il tempo in cui i diritti degli eredi
possono prendere vita, e la successione pu essere aperta;
ma nel caso inverso vi un epoca fissa , l' ordinaria pre
sunzione di morte al giorno al quale risalgono le ultime no
tizie, cede di fronte al volere della legge stessa, che tutte le
conseguenze della condanna pronunciata si compiano (3).
(3) V. pure Aubry, e Rkv, t T, pag 310. 315 Bertauld,
Revue pratic de droit frane t. VI pag. 99. e seg. Cours de cod.
pt'n. pag 257 e seg.

214
48. Oggi la quistione ha perduto la sua capitale importanza,
poich i condannati non sono altrimenti privati dei diritti
successori n del diritto di testare.
Rispetto a tali diritti, come in genere rispetto a tutti i
diritti civili o privati, vige il sistema dell 'interdizione, non pi
quello della perdita dei medesimi. Le leggi danno effetto alla
condanna in contumacia cinque anni dopo la pronuncia o la
esecuzione in effigie, ma solo nei riguardi dell' interdizione
legale : quindi, se prima dello spirare di questo tempo il con
dannato ritorna e si presenta, oppure preso dalle autorit
dello Stato, allora ha luogo un giudizio in contraddittorio, il
quale rende definitiva la sua giuridica condizione; se in
vece decorre questo tempo senza un risultato ed egli se
ne resta contumace, allora senz'altro egli colpito dalle
incapacit civili proprie della condanna contro di lui pro
nunciata. Per anche in questo caso, sebbene possa ancora
cambiarsi mediante lo stesso giudizio in contraddittorio cui
la legge gli d diritto sino alla prescrizione della condanna
penale, la sua condizione giuridica diviene pur definitiva , si
considera come se fosse realmente in stato di pena; i suoi
diritti trapassano in virt di legge nei suoi congiunti, i quali
ne godono o personalmente o coll' intermediario del tutore
proprio, oppure di quello che abbia gi il condannato stesso,
se e come ne sia il caso.
In questo trapasso, il godimento ed esercizio dei diritti,
siapatrimoniali, sia di condizione puramente civile, quando non
si tratti di quelli di potest patria e maritale e di condannati
alla pena di morte, dell'ergastolo o dei lavori forzati a vita,
in ogni resto si verifica nei modi e nei termini dell' interdizio
ne legale: vale a dire , non si opera direttamente e completa
mente, ma provvisoriamente, sino a che la condanna penale
non sia prescritta, e con tutte le riserve alle quali abbiamo
accennato nella prima parte di questo lavoro, parlando in
specie dell' estensione delle incapacit derivanti dal vigente
sistema d'interdizione legale.
Cosi niun conflitto pu verificarsi tra i diritti della
assenza e quelli della contumacia: la condanna non spoglia
definitivamente il contumace di alcun diritto, come non lo

215
spoglia l' assenza sino a che non sia provata la morte, o
questa per il lungo spazio di tempo decorso sia dalla legge
presunta. Se alcuno crede di suo interesse il far dichiarare
F assenza, egli pu farlo, senza che per questo venga a tur
barsi l'ordine delle successioni, n vengano ad essere ingiusta
mente pregiudicati i diritti del condannato o dei suoi con
giunti e dei terzi.
La legge non fa distinzione tra le cause d' assenza or
dinarie, e quella per causa di reato. La contumacia vera
e propria insomma, pu dar luogo all' applicazione delle re
gole stabilite al titolo III del codice civile. Farla dichiarare
nella generalit dei casi sar utile pei congiunti, e per tutti
coloro i quali avranno a reclamare dei diritti dipendenti dalla
morte del condannato; in quanto che, nei limiti dell' inter
dizione legale, cui questi sia andato soggetto, il patrimonio
di lui resta sotto l' amministrazione di un tutore ; i con
giunti stessi a null' altro hanno diritto se non al godimento
delle rendite, secondo il grado di parentela e la loro condi
zione civile, ma semplice godimento e indeterminato; i terzi
che hanno dei diritti a sperare dalla morte del condannato,
nulla possono ottenere se non provando la morte di lui, la
qual prova, quando non si ricorra all' aiuto delle presun
zioni della legge e alle ricerche ufficiali pu essere spesso
assolutamente impossibile.
49. Nel fatto della contumacia possono riscontrarsi i tre
ordinari periodi dell' assenza : assenza presunta assenza
dichiarata assenza definitiva.
In ciascuno di questi periodi trovano applicazione le re
gole respettivamente stabilite al capo I, ll e III, sezione I,
ed alla sezione II e III del codice civile relative all' ammi
nistrazione del patrimonio e alla rappresentanza del condan
nato negli atti della vita civile, al godimento, alla disposi
zione e alla riserva delle rendite durante il possesso tempo
raneo dei beni ; alla apertura della successione testamenta
ria o intestata, e all' immissione nel possesso definitivo; non
che le regole relative alle garanzie richieste dalla legge, al
l' effetto di ottenere il possesso temporaneo o definitivo stesso,
(come la cauzione e l'inventario), o di alienarlo e in qualsiasi
modo di vincolarlo.

21C
Dopo l'immissione nel possesso temporaneo o definitivo dei
beni del condannato in contumacia , provato il tempo della
morte di lui, colle norme ordinarie coloro che a quel
tempo sarebbero stati suoi eredi o legatari, od avessero ac
quistato un diritto in conseguenza della morte, od i suc
cessori, possono proporre le azioni loro competenti, salvi ai
possessori i diritti acquistati colla prescrizione, e gli effetti
della buona fede riguardo ai frutti. Se dopo quest'immissione
in possesso il contumace ritorna, secondo le leggi civili cesse
ranno gli effetti della assenza dichiarata e della definitiva;
egli ricever i beni o il prezzo dovuto, e sar reintegrato nei
suoi diritti di condizione civile. Ma vedremo a lungo altrove,
come pelle leggi penali trovi a ci degli ostacoli dopo la pre
scrizione della condanna penale; allorch egli non pu pi
rinnovare un giudizio in contraddittorio.
50. In tutto il tempo della contumacia, s'intende bene,
quando la condanna sia di quelle che importano interdizione
legale, il tutore deve rappresentare il condannato, negli atti
della vita civile; assorbendo nel periodo dell'assenza presunta
le funzioni attribuite dalla legge al procuratore lasciato dall'as
sente, e negli altri quello di erede presunto o definitivo di
rettamente interessato. Chiunque avr dei diritti da far va
lere contro il condannato contumace dovr rivolgersi ad es
so, secondo le regole ordinarie ; ma su di esse sarebbe per
noi superfluo trattenersi pi a lungo.

217
CAPO Vili.
DELLA EFFICACIA DELLE CONDANNE DEI TRIBUNALI ESTERI
SULLA CAPACIT DI UN NAZIONALE 0 DI UNO STRANIERO.
51.
52.
53.
54.
55.
56.
57.
58.
59.
GO.
G1.
62.

Territorialit delle leggi penali.


Principio della cstraterritorialit.
Regolo speciali riguardo alle interdizioni di diritti civili o politici.
Condizione di un nazionale condannato dai tribunali esteri.
Distinzione di effetti tra l'interdizione dei diritti civili e quella dei di
ruti politici.
Nostri principi in proposito.
Efficacia delle sentenze dei tribunali stranieri nel Regno.
Costituzione della tutela di un nazionale condannato all'estero.
Condizione dello straniero condannato dai tribunali del suo .Slato.
Principi delle nostre leggi penali : esame di esse.
Difficolt da superarsi.
Condizione dello straniero condannato dai tribunali del Regno

51. La legge penale primitivamente territoriale: dissi


mile, come dice il Prof. Carrara, dalla legge militare e dalle
ecclesiastiche e da altre tali che legano soltanto gli uomini
ascritti ad un determinato consorzio, la legge penale proteg
gendo l'ordine riello Stato impone a tutti i fatti che nello
Stato si compiono a danno di queir ordine, senza curare se
da un suddito o contro un suddito; o piuttosto da uno stra
niero contro uno straniero sieno commessi (1). La territo
rialit conseguenza naturale del principio d' autonomia e
d' indipendenza degli Stati: la volont del legislatore non
trova limiti se non nei confini del suo Stato.
Nei tempi primitivi lo stato quasi di guerra in cui
vivevano i popoli, fece prevalere il sistema della territorialit
come principio fondamentale del giure penale: e fu allora che
ebbe importanza il diritto di asilo come conseguenza delle
idee e talora come effetto di speciale benevolenza. Alcuni
scrittori tentarono di far prevalere le regole dello statuto
(1) Programma di dir. crim. 1061. V. Bertauld, Revue
critique, vo1. 29. pig. 24. voi. 20. pag. 554.

218
personale, che confonde principi e casi distinti e conduce a
false argomentazioni, e di stabilire quindi il principio che non
potesse applicarsi la legge penale pei delitti commessi fuori
dello Stato s dai cittadini che dagli stranieri (2). Questa
dottrina prevalse specialmente in Inghilterra e negli Stati
uniti.
52. Ma oggimai la civilt e il progresso scientifico vanno
sempre pi spingendo innanzi il principio della estraterri to
nalit del giure penale. Generalmente si comprendono i van
taggi dell'affratellamento delle nazioni tra loro, e la neces
sit morale e giuridica di un diritto punitivo universale, li
berato anche dalle pastoie del diritto di reciprocit, che molti
hanno preso caldamente a sostenere (3) ; bench contrario ad
ogni idea di giustizia assoluta, a quanto si fonda soltanto su
un interesse male inteso delle nazioni. Generalmente si com
prende che il diritto punitivo non pi un fatto di creazione
nazionale, sibbene un fatto di creazione umanitaria, eminente
mente morale e riformatore. Oggimai, dice lo stesso Prof. Car
rara la sovranit del diritto superiore a tutte le sovranit del
la terra, le quali altro non sono che subordinate e ministre (4).
Se la penalit variabile secondo il luogo in cui il delitto
stato commesso, ci dipende unicamente dalla diversit
della ragione politica. Le nazioni civili perlina specie di ge
nerale accordo, niun delitto considerano pi come affatto
estraneo al loro interesse di repressione.
Per questo, con pi o meno larghezza e perfezione, le
leggi dei popoli civili provvedono alla repressione dei reati,
in qualunque luogo sieno stati commessi, o direttamente o
in virt dei trattati di estradizione. Se alcuno viola le leggi
di uno Stato al di l dei suoi confini, o se dopo averle vio
late entro i medesimi si rifugia all'estero, egli non ha troppo
a sperare nell'impunit. Se egli fugge avanti la condanna,
o dopo di essa, quando non sia abbastanza scaltro da sot(2) TKEBUtieN,.pag. 2. t. 128. Hluber, Droit des gent- SI.
(3) Schmaltz, Dir. gen. lib. 4. c. 3. u. 3. Mittermaier, Arch.
di dir. vo1. 2. pag 75.
(4) L. c.

219
trarsi alle investigazioni e alle ricerche delle autorit pu
ben pensare di ricevere il meritato gastigo: per consueto
ninna eccezione fatta se non pei reati politici, attesa la loro
speciale indole e natura che li distingue essenzialmente dai
reati comuni.
53. Per qui non dobbiamo considerare il solo fatto di
reati da reprimersi con pena afflittiva. Supponiamo ch si
tratti invece di reati da reprimersi con speciali interdizioni
del godimento o dell'esercizio di diritti civili o politici, o
di reati che gi repressi con pena afflittiva importino per
sequela simili interdizioni: quali norme dovranno applicarsi?
certo che nell' uno e nell'altro caso non pu aver luogo
estradizione di sorta: ordinariamente essa si da pei reati
di maggiore gravit, puniti colle maggiori pene afflittive,
come l'ergastolo, i lavori forzati, e la reclusione: sa
rebbe assurdo il darla allorch la condanna gi espiata o
estinta e non rimangono d'essa che alcune tracce: le cos
dette conseguenze penali. Sotto altro e ben diverso punto
di vista bisogna quindi tentare di stabilire alcune norme.
L' interdizione del godimento o dell' esercizio dei di
ritti modifica, chiaro, lo stato delle persone. Ma questo
stato non lasciato a regolarsi all'arbitro di ciascuna na
zione: esso va soggetto a regole chiare e precise nella le
gislazione positiva. In specie, il nostro codice civile ha due
articoli i quali hanno una capitale importanza in materia, e
richiedono tutta la nostra attenzione. L'art. 6 del titolo pre
liminare dice infatti: Lo stato e la capacit delle persone
ed i rapporti di famiglia sono regolati dalla legge della na
zione cui esse appartengono. E l'art. 12: Nonostante le
disposizioni degli articoli precedenti (e quindi anche del ri
portato art. 6) in nessun caso le leggi, gli atti e le sen
tenze di un paese straniero, e le private disposizioni e con
venzioni potranno derogare alle leggi proibitive del Regno,
che concernono le persone, i beni e gli atti, n alle leggi
che riguardano in qualsiasi modo l'ordine pubblico e il buon
costume.
54. Dopo ci, la prima dimanda a farsi questa: le
incapacit civili da cui sia stato colpito un nazionale per

220
condanna pronunciata dai tribunali esteri, soprassederanno
al suo ritorno nel Regno, prima che sia decorso il termine
relativo 1 Alcuni criminalisti hanno ritenuto P affermativa,
perch, essi dissero, ogni crimine deve considerarsi come at
tentato alla sicurezza del genere umano, e lo interesse comu
ne delle nazioni esige un certo accordo per lasciare il con
dannato nell'onta e sotto il peso della pena incorsa: di pi,
perch le incapacit civili costituiscono una modificazione allo
stato delle persone, e questo segue l' individuo ovunque si
porti.
Ma queste sole ragioni non ci sembrano sufficienti a farci
accogliere l'esposta opinione. Ogni magistrato, infatti, tiene la
sua autorit dal governo dello Stato, o meglio dalla legge dello
Stato ; dessa adunque ha necessariamente un limite ai con
imi dello Stato. Questa regola se trova la sua applica
zione in materia civile, tanto pi dovr trovarla in materia pe
nale, perch la differenza di idee e di costumi pu far re
putare crimine ci che appo noi tenuto qual'azione onore
vole e inoffensiva, o almeno come fatto delittuoso di bon mi
nore importanza e gravit. D'altronde, vero che le inca
pacit civili modificano lo stato delle persone, e questo se
gue l' individuo ovunque si porta, ma bisogna ben riflettere
che sono le leggi nazionali, non le straniere, quelle che pos
sono regolare e modificare lo stato medesimo. Una autorit
straniera non pu togliere un diritto che essa non ha il pote
re di regolare, frapponendosi come giudice sovrano fra l' in
dividuo che ne gode e la nazione cui appartiene.
Merlin ha sanzionata l' opinione da noi accolta riguardo
ai condannati soggetti a morte civile parce que, die' Egli,
les jugements rendus dans une souverainet n' ont pas d'effet dans une autre souverainit, parce que cette grande r
gie du droit public des nations n' est pas moins applicable
aux matiers criminelles qu'aux matires civiles (5).
55. Qualche difficolt grave qui non s'incontra se non ri(5) V. Report. V. Succession, sez. 1. 2. art. V. anche
Temolombe, t. l.n. 108. Vaxette sur Proudhon, 1. 1. pag. 136 ci
tati da Dalloz, Repert. V. Droit civ n. 6l5.

221 __.
spetto alle incapacit politiche, e ci per ragione tutta spe
ciale. I diritti politici o pubblici sono, invero, la pi perfetta
manifestazione della personalit civile, ma nella nostra or
ganizzazione sociale non ne costituiscono propriamente l'es
senza: il loro godimento ed esercizio non dipende unicamente
dalla qualit di membro del consorzio civile, sibbene da quella
di cittadino, riyestito di certe condizioni di capacit, e pi
ancora di moralit e onest impregiudicata. Ora, allorquando
un nazionale sia stato condannato da un tribunale estero, e
dichiarato interdetto legalmente o decaduto da certi diritti
civili, se per gli esposfi principi giustificato che al suo
ritorno in patria, di fronte alle leggi del suo Stato, abbia a
considerarsi come capace agli atti della vita civile, i quali
si attengono all'esercizio dei diritti propri della personalit
umana, pu dubitarsi assai che lo stesso sia riguardo agli
atti della vita politica o pubblica, i quali costituiscono quasi
unjus singulare, un diritto, cio, di quei cittadini che possono
ilare di s quelle garanzie di moralit e onest sopra indicate.
E specialmente in base alla diversa ragione di capacit, che
talora la giurisprudenza ha ritenuto essere incapace a testi
moniare in giudizio il condannato da un tribunale estero a
pene cos dette infamanti. In lui, si disse, manca la fiducia della
moralit che il fondamento della testimonianza: mancando
questa fiducia ogni deposizione sarebbe sospetta, e non po
trebbe servire se non a sviare la conscienza dei giudici (6).
56. Noi per crediamo che non sia ammissibile differenza
alcuna tra la capacit ai diritti civili e la capacit ai diritti
politici o pubblici. Qui non questione di pi grave o pi
leggera presunzione di colpabilit e quindi di moralit, ma
d' inefficacia nel nostro territorio della sentenza che ha di
chiarato un nazionale colpevole. Si grider allo scandalo, alla
ingiustizia e all' atto impolitico di favorire i delinquenti sol
perch hanno delinquito all'estero! Ma pi scandaloso, pi
ingiusto e impolitico lasciare impunito nel nostro territorio
un delitto commesso all' estero, o non consegnare il delin
quente, colla estradizione, alle autorit che lo condannarono.
(6) Trib. di Bordeaux (D. P. 1866, 3. 55) 16 febbraio 1866.

222
Qui una delle due. 0 il delinquente fuggito alle ricer*
che della giustizia di un estero Stato, e all' esecuzione o
espiazione della pena, e allora le nostre autorit dovranno
dare manforte perch il delitto riceva il meritato gastigo;
dovranno si veramente consegnarlo. 0 stato amnistiato
o graziato, o ha prescritta o espiata la pena in paese este
ro, a seguito di condanna contro di lui pronunciata, e al
lora inutile e sarebbe esorbitante assoggettarlo a questo
punto alle incapacit civili o politiche, causa incognita, cio
sui resultati di una sentenza pronunciata da tribunali esteri,
con leggi estere, le quali possono anche trovarsi in piena
contraddizione colle nostre. In alcuni luoghi un tenue reato
punito con pena enorme: e vorremo noi ammettere, che
le incapacit civili col pronunciate debbano sussistere nel
nostro Stato?
Si comprende facilmente che vorr distinguersi tra
reati e pene corrispondenti e non corrispondenti. Ma ove mai
si rintracciano le norme di corrispondenza: ove mai si rin
tracciano le norme per un giudizio ad hoc? possibile un
giudizio nello Stato dopo un giudizio all'estero: e lo vogliono
le nostre leggi? Tutto silenzio: le sentenze, vere leggi
private, perdono la loro forza coattiva ai confini dello Stato
in cui furono pronunciate: i giudizi di delibazione sono
propri soltanto dell' esecuzione di una sentenza di un tribu
nale estero nel Regno, in materia di diritto privato. Altre
idee,, altre norme sono in materia penale applicabili.
Noi non approviamo davvero gli ostacoli che la giu
stizia punitiva trova ai confini dello Stato, ma finch essi
non sono tolti, le nostre idee s'infrangono senza pr contro
di essi. Giustizia sociale, solidariet delle nazioni, sono belle
espressioni, ma pur troppo, deplorevolmente, siamo ben lungi
dal raggiungerle. Nei nostri codici mancano quasi afTatto
delle norme per regolare le relazioni della giustizia punitiva
tra Stato e Stato: i codici dei vari Stati sono ancora ben
lungi dal raggiungere la uniformit di vedute e di sanzioni
segnata da tanti filosofi.
57. Le nostre leggi non determinano l'efficacia delle sen
tenze pronunciate da tribunali stranieri se non riguardo al

223 servizio militare. E l' eccezione conferma la regola, che in


altri rapporti l' efficacia stessa nulla.
Pell' art. 2. della legge 20 marzo 1854, i condannati dai
tribunali esteri alle pene o pei reati in esso indicati, possono
essere esclusi dall'esercito per decisione del ministro della guer
ra. L'esercito il sostegno delle instituzioni nazionali, il tutore
della sicurezza interna ed esterna dello Stato: per ci giu
sto, che sotto le sue gloriose bandiere non si raccolgano in
degni malfattori, e sieno respinti coloro sui quali pesa l'on
ta di una grave condanna, sebbene pronunciata da tribunali
esteri.
Quello che giusto per un lato intendiamo bene che
Io dev' essere anche per ' altro, e cio rispetto a tutti i
diritti politici o pubblici. Ma, lo ripetiamo nuovamente,
il difetto delle leggi che chiude l'adito ai principi: per un
diverso grado di libert e civilt che gli Stati mantengono
tra loro una differenza di leggi e una diffidenza ad applicare
o dare effetto a quelle non proprie . il che ci fa pensare
alla imperfezione delle umane instituzioni e all'opportunit di
speciali provvedimenti.
58 Del resto, quando un nazionale sia condannato in paese
estero, a pena importante la morte civile, se col che deve
scontarla, col dovr aprirsi la relativa tutela. E ci at
tenendosi allo statuto personale, non a norma delle leggi
straniere che sar nominato il tutore e composto il Consiglio
di famiglia, sibbene a norma delle leggi italiane. Fra la Fran
cia e l'Italia, ad esempio, per la convenzione consolare del 26
luglio 1866, mediante l' ufficio del Console che deve prov
vedersi in questi termini alla tutela medesima.
59. Ma fin qui dicemmo del nazionale il quale, condanna
to all' estero, ritorni nel Regno. Quidjuris dello straniero,
condannato nel suo paese, che si rifugia presso di noi ? Do
vr egli ritenersi soggetto alle incapacit civili che trasse
seco la sua condanna, e ancora non estinte ?
Pell' affermativa sta realmente il citato articolo 6 del ti
tolo preliminare del codice civile, secondo il quale, lo stato
o la capacit delle persone ed i rapporti di famiglia sono re
golati dalle leggi della nazione cui essf appartengono. Non

224
dimno ci non deve prendersi in senso rigoroso ed
assoluto. Qui d' uopo distinguere tra incapacit civili che
sono ammesse dalle nostre leggi, e incapacit civili che sono
invece da esse respinte. Il sistema penale, lo stato delle per
sone sono di ordine morale e pubblico; niuna sentenza di
tribunale estero potrebbe ammettersi che possa derogare in
qualche modo al medesimo.
L' art. 6 devesi combinare ed applicare coll'art. 12. In
nessun caso le leggi, gli atti e le sentenze di un paese stra
niero e le private disposizioni e convenzioni potranno dero
gare alle leggi proibitive del Regno, che concernono le per
sone, i beni o gli atti, n alle leggi riguardanti in qualsiasi
modo l' ordine pubblico ed il buon costume. Adunque se
dimani giungesse nel nostro territorio uno straniero con
dannato nel suo paese alla morte civile, noi non potremmo
considerarlo come a questa soggetto, perch dessa contraria
alle leggi nostre, al buon costume e all'ordine pubblico dello
Stato. Se invece vi giunge uno straniero condannato egual
mente alla interdizione legale, qual' stabilita presso di noi,
non avremo alcuna ragione di sopprimere il suo stato per
sonale ; noi dovremo considerarlo come interdetto legalmente.
60. Questi principi armonizzano con quelli che sono or
mai stabiliti in altri analoghi rapporti. Infatti, uno straniero
il quale secondo le leggi del suo paese vivesse nella poliga
mia, non potrebbe essere riconosciuto come poligamo dalle
nostre autorit, n queste potrebbero essere astrette a rispet
tare il suo statuto personale in tutto ci che in simili rapporti
riguardasse i nostri connazionali e le nostre leggi: la poli
gamia non ammessa nel nostro Stato ; contro il buon
costume e V ordine pubblico. Invece uno straniero, il quale,
sempre secondo le leggi del suo paese, fosse minorenne ad
una et che un italiano maggiorenne, dovrebbe essere ri
conosciuto come minorenne dalle nostre autorit, n queste
potrebbero violare il suo statuto personale in tutto ci che
in questo rapporto riguardasse pure i nostri connazionali e
le nostre leggi : la maggiore et sia pure stabilita a un
tempo diverso ; ci ha le sue cause legittime , dipende
da ragioni intellettuali morali e fisiche apprezzabili secondo

225
paesi e il loro stato di civilt. Qui d' ordine pubblico
una divisione tra la minore e la maggiore et, tra il periodo
della incapacit e quello della capacit che in ciascun #paese
facile determinare; ma non il tempo pi o meno lungo
che le circostanze impongono. Cos mentre riteniamo che
presso di noi debba rispettarsi lo statuto personale, il qua
le riguarda il tempo che divide la minore dalla maggiore
et, non diremmo lo stesso dello statuto personale il quale
assoggettasse i figli di famiglia, o le donne, come era nell' antico diritto romano, ad una tutela perpetua.
61. In contrario pu dirsi, che le incapacit civili costi
tuiscono una vera e propria pena, e perci come le pene af
flittive non possono essere applicate dalle autorit dello Sta
to, che non le hanno pronunciate. Noi gi ammettemmo la
premessa, non ammettiamo adesso la conseguenza per ra
gioni di stretto diritto e di opportunit. Non l'ammettiamo
per ragioni di stretto diritto, perch il citato art. 6, del ti
tolo preliminare del codice civile, in modo assoluto sottopone
lo stato e le capacit delle persone alla legge nazionale, allo
statuto personale. L' art. 12 non permette che si deroghi
alle leggi del Regno, ma solo che le leggi straniere possano
continuare a spiegare la loro efficacia sugli individui che vi
sono soggetti, sino a che nol vieti il buon costume- e l" or
dine pubblico. Ora vogliamo vedere in qual modo una con
danna legittimamente pronunciata da un tribunale estero, e
causa di incapacit civile, al buon costume o all'ordine pub
blico si oppone, quando pronunciata da un tribunale nazionale
produrrebbe lo stesso effetto. Non l'ammettiamo per ragioni
di opportunit, perch ridonderebbe tutta in danno dei nostri
connazionali- infatti, sarebbe un autorizzare e favorire dei
contratti che poi non potrebbero avere efficacia alcuna, e si
aprirebbe larga via alle frodi, non potendo il patrimonio del
contrattante essere in alcun modo vincolato. Qui non che
manchino, come nel caso di condanna all' estero di un no
stro connazionale, le norme regolatrici della materia : gli
stessi art. 6 e 12 del titolo preliminare del codice civile
spargono luce abbastanza in proposito.
Le pi gravi difficolt nella specie si presentano nel
15

226
caso d'incapacit perpetue; poich nel caso d'incapacit tem
poranee, pel tempo in cui il condannato sta espiando la pe
na, se. egli siasi rifugiato nel nostro territorio, prima della
espiazione stessa, alle nostre autorit sar facile farne l' estradizione e la consegna alle autorit del suo Stato.
62. In ultimo, se lo straniero sia condannato nel nostro ter
ritorio, finch ivi si trovi non dubbio che debba andare
soggetto alle incapacit civili che per disposizione delle no
stre leggi trae seco la condanna stessa. L' art. 11 del ti
tolo preliminare del codice civile vigente dichiara, che le
leggi penali , di polizia e sicurezza pubblica obbligano tutti
coloro che si trovano nel territorio del Regno.
Alcuni giureconsulti, e tra questi in Francia Proudhon (7),
hanno ritenuta l'opposta opinione; argomentando che le inca
pacit civili non sono vere e proprie pene, riguardano lo stato
civile, e questo non pu essere modificato se non per sentenza
delle autorit giudiziarie della nazione cui taluno appartiene.
Ma le incapacit civili vedemmo che sono vere e proprie
pene accessorie : in ogni modo, ammesso al pi che sieno
delle conseguenze delle pene, ovvio che non possono es
sere dalle medesime disgiunte, e anderebbe contro la propria
autorit quella legge che le disgiungesse.
Finch lo straniero resta nel nostro territorio la sua condi
zione non pu essere privilegiata sopra, quella del nazionale:
ci che la giustizia punitiva esige per questo non pu non esi
gere per quello. Vero che le incapacit civili modificano lo
stato civile, ma non vero per nulla che le sole autorit nazio
nali possano toccarlo: questo sarebbe un esautorare affatto la
legge del luogo in cui lo straniero si porta , e spingendoci
sino alle ultime conseguenze del principio bisognerebbe am
mettere che le sole autorit nazionali potessero applicare
una pena qualsiasi, perch in qualche modo tocca sempre,
specialmente se perpetua, lo stato civile, privando il condan
nato della sua libert individuale e della conseguenziale ca
pacit che in essa sola si fonda. Ma ci permetterebbe la
sicurezza delle nazioni, la loro autonomia e indipendenza? I
(7) T. i. pag, 136, nota.

227
provvedimenti delle leggi di tutti i paesi contro i delinquenti
stranieri ci mostrano che no.
CAPO IX.
Del passaggio da una legge vecchia ad una legge nuova
e delle leggi militari.
63.
Gi.
65.
66.

Principi sull'irretroattivit delle leggi.


Eccezione pelle leggi penali.
Norme delle disposizioni transitorie del codice civile.
Incapacit per condanna pronunciata dai tribunali militari.

63. La non retroattivit delle leggi principio fondamen


tale. Bacone raccomanda : quae retrospiciunt, raro et magna
cum cautione sunt adhibendae : neque enim ptacet Ianus in
legibus (1).
Il diritto romano fa larga applicazione di questa massi
ma. Leges et constitutiones, dice la C. 7. de legibus, futuris certum est dare formarti negoUis, non ad facta praeterita revocari, nisi nominatim et de praeterito tempore,
et adhuc pendentibus negottis cautum sit (2). Il diritto ca
nonico ha seguito i precetti delle leggi romane. Quoties
novum quid statuitur, ita solet futuris formarti imponere,
dice la C. 2. X. de const., ut dispendiis praelerita non commendet, ne detrimentum ante prohibitionem possint ignorantes incurrere quoad eos postmodum dignum est vetitos
sustinere.
La non retroattivit la regola generale di tutte le
moderne legislazioni (3); la retroattivit 1' eccezione, che
fondasi in giustizia non gi sull' arbitrio.
Il nostro codice civile all' art. 2 dichiara che la legge
(1) App. XLVIII.
(2) C. 65. dedecur. C. 29. de testam. C. 23. 3 mandati
C. unic. pr de rei uxor. act., ecc.
(3) Cod. civ. sardo, art. 11 Cod. civ. parmense, art. 7 Cod.
eiv. estense, art. 5 Cod. civ. delle 2 Sicilie, art. 2 Cod. civ.
austriaco, 5 Cod. civ. frane., art. 2.

228
non dispone che per l' avvenire : essa non ha effetto re
troattivo . Anzitutto fa bisogno riflettere, che questa dispo
sizione non pu vincolare il legislatore come sanzione ob
bligatoria, ma solo moralmente come precetto generale di
diritto, come consiglio; secondariamente, che il legislatore
stesso ha dovuto in certi casi determinati derogarvi f4).
64. Fra i casi di deroga dobbiamo principalmente anno
verare quello delle leggi penali. Riguardo a queste, la re
troattivit imposta da gravi ragioni di equit e di giusti
zia. L' art. 3 del codice penale italiano vigente dispone in
proposito : Nessun reato pu punirsi con pene che non
fossero pronunciate prima che il reato fosse commesso. Se
la pena che era imposta dalla legge al tempo del commesso
reato, e quella stabilita dalla legge posteriore fossero di
verse fra loro, sar sempre applicata la pena pi mite. Se
la nuova legge cancella dalla classe dei reati un'azione con
siderata come reato dalla legge anteriore, cessano di diritto
tutti gli effetti del procedimento e della condanna.
Gli esposti principi si sono seguiti dalle leggi che hanno
regolata la condizione giuridica dei condannati. L' articolo 4
delle disposizioni transitorie del codice civile stabilisce , che
la condizione di coloro i quali per effetto di condanne pe
nali pronunziate prima dell' attuazione del nuovo codice ci
vile sono incorsi nella perdita del godimento o dell' eserci
zio dei diritti civili, continua ad essere regolata dalle leggi
anteriori, ma le incapacit civili non pi ammesse dall' ar
ticolo precedente, cessano di diritto dal giorno dell' attua
zione del detto codice (5) .
L' efficacia delle leggi anteriori , di che questo art. 4,
riguarda i fatti compiuti, i diritti acquisiti. Nel promulgare
le disposizioni transitorie fu concetto del legislatore che il
(4) Saredo, Trattato delle leggi, 297 e seg. Gabba, Teoria
della retroatt. delle leggi, lib. I. cap. V. Merlin, Repert. V.
Effet retroactif, sez- II, 2. Laurent, 1. c. I, 145.
(5) Questa disposizione fu formolata dall'on. Vaccarone sulla
proposta dell'on. Mancini in seno alla Commissione legislativa
nelle sedute del 20 settembre, 5 e 7 ottobre 1865.

229
condannato fosse restituito in quei diritti, i quali non erano
altrimenti obietto d'incapacit, in quanto non fossero andati
ad accrescere il patrimonio altrui. Cosi egli volle che le
successioni omai aperte in danno di lui, la devoluzione dei
beni effettuatasi in pr degli eredi, le stipulazioni e i pas
saggi successivi a tale devoluzione costituissero una resjudicata uno stato di cose giuridicamente immutabile. Ma
nello stesso tempo volle anche, che lo stesso condannato di
venisse capace d' acquistare a titolo oneroso o a titolo gra
tuito, colle norme ordinarie che regolano gli acquisti delle
persone soggette a tutela quando ne fosse il caso di far te
stamento di contrarre matrimonio di legittimare un figlio
ecc. diritti che a lui erano negati col sistema della morte
civile e con quello della perdita dei diritti civili.
65. Come vedesi, l' art. 4 delle rammentate disposizioni
transitorie stabilisce il principio della non retroattivit del
la condanna pegli effetti prodotti, ma quello della retroatti
vit per gli effetti invece da prodursi. Sarebbe stata grandis
sima ingiustizia dare efficacia alla nuova legge, che migliorava
la condizione giuridica dei condannati, in danno dei diritti acqui
siti dai terzi, come sarebbe stato grandemente ingiusto e rivol
tante disporne l' applicazione pell' avvenire senza occuparsi
per nulla del passato, e, guardando soltanto al fatto della
condanna intervenuta sotto l' impero della legge antica, dar
luogo ad una ingiustificabile differenza tra i condannati i quali
gi stessero subendo la pena, e quelli i quali vi fossero as
soggettati in seguito.
Colla legge nuova il legislatore ha ritenuto, che l'antica
fosse troppo dura; che alla sicurezza sociale bastassero pi
miti sanzioni; e queste fossero imposte da un buon sistema
punitivo. Or come dunque ammettere, che da un lato potesse
mantenere ci che dall'altro riconosceva ingiusto e assurdo?
N, equit e giustizia volevano che si creasse una condizione
perfettamente eguale tra tutti i condannati; che tutti subis
sero le stesse incapacit civili, come subiscono la stessa pena
afflittiva.
L' articolo 4. delle disposizioni transitorie del nostro
codice civile trova il suo corrispondente nelF art. 5. della

230
legge francese del 31 maggio 1854 che abol la morte civile, e
che il seguente: Les effets do la mort civile cessnt pour
l' avenir, le gard des condanns actuellement morts civilement, sauf les droits acquis des tiers L' etat de ces
condamns est rgi par les dispositions qui prcdent.
Forse quest'articolo anche pi chiaro del nostro, in quanto
che l' espressione sauf les droit acquis des tiers
precisa il vero concetto del legislatore meglio dell' altro
che la condizione civile dei condannati continua ad essere
regolata dalle leggi anteriori, quando invece le leggi ante
riori perdono intieramente la loro efficacia, per dar luogo
all' applicazione delle posteriori. Ci che si voluto garan
tire e tutelare non n pi n meno che il diritto dei ter
zi, il diritto acquisito (6).
66. Prima di dar termine a questa parte del nostro la
voro, un dubbio ancora ci resta a chiarire, ed il seguente.
Le condanne pronunciate dai tribunali militari importano le
stesse incapacit che quelle pronunciate dai tribunali ordi
nari, allorch le pene o i reati sieno corrispondenti?
Pella negativa stato detto, che il legislatore, organiz
zando il sistema d' incapacit civili, non ha potuto avere in
mira leggi affatto eccezionali, come le militari. Il Fram. 11. D.
de testam. mil., secondo il quale, ex mititari detieto capite
damnatis testamentum facere ticet super bonis duntaxat castrensibus, non ha pi oggi alcun rapporto colle nostre leggi.
Infatti, in Roma il giudice era autorizzato a pronunciare nelle
sentenze la sua capacit a testare: permillente eo in ipsa
sententta, qui damnavit (7): ma questo potere discrezionale
non riscontrasi pi nelle moderne legislazioni, come non vi ri
scontriamo pi la distinzione tra beni castrensi e non ca
strensi.
Nonostante tutto ci, non pu esser dubbia la preferenza
pell' affermativa. Si comprende difficilmente che sia necessa
ria pi autorit per colpire la capacit giuridica che per

(6) V. Humbert, 1. c. n. 226.


(7) Fr. 22. 1. D. de legai. 3.

231
condannare alla morte. D' altronde, fu in proposito ben os
servato in Francia, alla Camera dei Pari, nella seduta del 21
aprile 1829, e pi tardi dal Consiglio di Stato, che sarebbe poco
conveniente attribuire effetti diversi ad una pena identica,
secondo che sia pronunciata in forza di un codice o di un
altro; non si comprenderebbe perch si avesse a variare la
pena nelle sue conseguenze, o meglio diremo noi nei suoi
elementi, secondo la qualit di chi la deve subire, o secondo
il tribunale che la deve pronunciare. Le condanne dei tri
bunali militari, spesso importano la degradazione militare.
Ora dopo tal degradazione non vediamo perch il militare
dovrebbe godere di favore speciale, quando invece tutto il si
stema penale per esso pi rigoroso.

232
Parte IV.
DELLA RESTITUZIONE DEI CONDANNATI
NELLA LORO CAPACIT.

CAPO I.
Della restituzione graziosa e legittima
nelle leggi romane.
1. Idea della restituzione graziosa c in specie di quella che si opera col1' amnistia.
2. L'amnistia quale atto politico in Grecia e Noma: - indulgentia - abolitio.
3. Vicende politiche della abolitio generale c speciale.
4. Restituzione graziosa generale e speciale.
5. Effetti di questa restituzione.
G. Formolo della restituzione, e interpretazione di esse.
7. Riacquisto, in specie, della existimatio.
8. Condanne in contumacia: annotati.
9. Idea della restituzione legittima.
10. La restituzione legittima nei diritti pubblici, e in specie nel decurionato.
11. Segue in proposito.
12. Avvertenza.
1. Tutte le legislazioni dei popoli civili hanno ammesso
il principio di una restituzione graziosa e legittima in favo
re dei condannati.
Nelle antiche legislazioni di Grecia e di Roma nella re
stituzione graziosa si comprese in un sol concetto l'amnistia,
la grazia, la revisione o rivocazione, la riabilitazione. Ma
questi instituti ben si distinguono oggi tra loro, s per la
speciale indole e natura, che per gli speciali effetti sulla
condizione giuridica dei condannati.
L' amnistia , quale atto politico estintivo del reato e
delle sue conseguenze penali, d'antica data. La storia ci
dice, che allorquando Atene fu assediata da Lisandro, per po
tersi mettere in linea di battaglia un maggior numero di
guerrieri si rivocarono tutte le infamie inflitte per condan

233
ne che erano causa di esclusione dalle milizie. Parimente,
allorquando i Persi minacciavano la Grecia intera, gli Ate
niesi chiamarono sotto le armi tutti gli esiliati, e si rista
bilirono nei loro diritti civici (1). E dopo la cacciata dei
trenta tiranni, anche Trasibulo oblivionem fedi contro i
fautori della cessata tirannia (2).
2. L'amnistia si conosceva gi in Roma nel perio
do repubblicano sebbene abbia avuto un nome speciale sol
tanto nell'ultimo periodo dell'Impero. Nel tempo in cui il pen
siero governativo teneva salde radici, perch risiedeva in
un Senato permanente, l'amnistia pot assumere prontamen
te il carattere d' instituzione giuridica; ma tale fu il genio
del popolo e lo stato della civilt, che l'amnistie furono po
co numerose, e abbastanza ristrette negli effetti per farle
rassomigliare alle grazie. (3) Oltre a ci, l'amnistia non concedevasi per alcuni determinati reati, come appunto quelli di
lesa maest, di concussione, di tradimento e spergiuro (4).
L'amnistia, secondo l'opinione di Cuiacio, nomavasi indu1gentia e distruggeva perfino la memoria del crimine: et
haec indtdgentia est abolitio criminis, et lex oblivionis et
amnestia. L'amnistia, abotitio perfecta, si distingueva dal
l' abolitio semplice, poich questa sospendeva soltanto l'azio
ne penale: in hoc abolitio, distat ab amnestia, sive obli
vionis lege, quod post amnestiam accusatio institui vel re-

(1) Andocid., Myst. pag. 14. Vi sono anche esempi di amnistia


generale V. Thucidid., De bello Polopon. Vili. 73.
(2) Lysia, contr. N'com. pag. 184. ed altre autorit citate da
Pastoret, Hist. de ta legis. voi. III. pag. 69. e seg.
(3) Amnistia dal greco apvtiorta, da a, privativa e mneme,
dimenticanza delle cose passate. Dione attesta, che in Roma una
legge d'amnistia fu pubblicata dopo la cacciata di Tarquini; Plu
tarco, alla morte di Cesare; Tacito, quando Domiziano volle
conciliare gli odi suscitati dalle lunghe fazioni di tre Impera
tori; Volpisco, nelle sedizioni sotto Aureliano. V. Nicolini, Delta
proc. pen., pag. 162. Rein, Des criminal rechi de Roemer von
Romuius bis auf Iustinianus, pag. 244.
(4) C. 3. 4. de abolii.

234
peti non potest, post abotttionem publicam potest. (5) Ma
se esaminiamo bene i testi, il significato che alla parola indulgentia si dato dal rammentato giureconsulto non sem
bra che sia ben definito: infatti, pi che determinare una
specie di abolitio , e la pi grande, sembra che stia ad indi
care Yabolitio in genere, il beneficio sovrano di qualunque
natura esso fosse.
3. Generalmente 1' abolitio avea luogo in occasione di
qualche festa pubblica o di qualche pubblico successo : ^abo
litio publice flt ob diem insignem , aut publicam gratulationem, vel ob rem prospere gestam. (6) E questo attributo
della sovranit ha seguito le vicende politiche.
Nel periodo repubblicano le assemblee popolari soltanto
ebbero il diritto di annullare o revocare una sentenza pro
nunciata dai Comizi , o nelle Quaestiones o Commissioni
permanenti. Nel formalismo antico, le sentenze, vere e
proprie leggi emanate dal popolo o dai suoi delegati non
avrebbero potuto essere annullate o revocate se non in virt
di altra legge. E questo diritto delle assemblee popolari non
fu veramente una giurisdizione d' appello, in quanto che il
popolo e i suoi delegati giudicavano in prima ed ultima
instanza.
Lo stesso potere fu esercitato dal Senato quando esso
riun nelle sue mani la somma dei poteri. Ma nel periodo
imperiale, allorch il Principe si attribu tutti i poteri tri
bunizi e senatori, non certo pell'ultimo fu di esso investito, e
d' allora in poi divenne anzi il pi sacro attributo della
maest sovrana (7).
(5) Ad. tit. LC. de gen. oboi., e nelle sue interpretazioni a Pa
olo, Sent. V. XIV. 18.
(6) Fr. 8. 9. Dmad Senaluscons. Turpit. Accenniamo anche alla
distinzione dell' abolitio in privata e legale: la prima si accordava
sulla dimanda di chi avca intentata l'azione: aut privatim actore
postutante: la seconda si dava nel caso di morte dell'accusatore o
di un avvenimento che impediva di mettere fine all'accusa: terlio
genere fit, ex 1ege abolitio, accusatore mortuo vel ex justa causa
impedito quominus accusare possit.
(7) Fr. 1. 10. D. de postul. Fr. 1. 27. D. de quaest. Fr. 27.
1. D. de poenis. Vot, 1. XLVIII, t. 23. 1.

235
L' abolitio pubbtica fu regolata sotto Tiberio con uno spe
ciale Senatusconsulto. (8) Dopo la condanna era concesso un
lasso di dieci giorni per ricorrere alla clemenza sovrana ;
anzi era proibito che le sentenze tutte, perfino quelle pro
nunciate dal Senato, tribunale d' ultima instanza, potessero
portarsi all' aerarium prima dello scadere di questo termi
ne. Alcuni Imperatori crudeli non usarono del loro diritto se
non pei loro favoriti ; ma fortunatamente pell' umanit ve
ne furono ancora dei magnanimi e virtuosi. Sono note le
opere di Tito, di Marco Aurelio, di Antonino.
L' abotitio di una condanna capitale, in quanto insieme
alla pena corporale avesse liberato il condannato dalla per
dita della capacit civile, dalla capitis deminutto, si diceva
restiluito redditto stalus.
4. La restiluito, era generale, se comprendeva una classe
intera di persone, particolare, se comprendeva invece alcune
persone soltanto.
Della restituito generale ce ne d un esempio l' impera
tore Filippo, allorch permise di tornare in patria a tutti i
condannati alla deportazione, sebbene non ridonasse loro la
existtmatto e le dignit perdute. Con tale restituzione eglino
riacquistarono la qualit di cittadini , ma non la potest pa
tria, n i diritti pubblici (9). Della restituito particolare occorro
no molti esempi nei testi. Principale effetto di essa fu quello di
ridonare i diritti di cognazione, anche quando il condannato
non ricuperasse la patria potest; poich, come noto, la so
luzione di questi diritti non avveniva che per una finzione le
gale (10). Riacquistatili, i figli del restituito avrebbero po
tuto invocare il possesso dei beni contra tabutas, o unde ti-

(8) Tacito, Ann. IH. 51. Dione Cassio, LVII. 20.


(9) C. 7. 9. de sent. pas. et rest. Se al graziato si ridonava il suo
grado o la sua propriet, grazia e perdono erano sinonimi di remissio. Richiesta era restitutio, perciocch restituimur volenles,
reddimur vlmtibus; restituuntur patriae exules, reddunlur filii
parentibus. Tal significato danno al restituam et reddam di Tetenzio, Donato ed altri. V. Nicolini, 1. c. pag. 162.
(10) Fr. 4. D. de sent. pas. et rest. V. parte I. capo II. n. 12.

236
beri (11). Altro effetto fu quello di ristabilire i diritti di
patronato anche quando la condanna avesse importata la ser
vit della pena (12).
5. Le varie specie di restituzione possono ridursi a tre:
1.* quella che ridonava i beni e i diritti di cittadino, ma non
la existimatio (13); 2. quella che ridonava Yjus honorum
e le dignit pubbliche, ma non la potest patria n i beni
confiscati (14); 3. quella che ridonava Yjus honorum ele
dignit pubbliche unitamente alla stessa potest ed ai beni (15).
Se il condannato era restituito nella integrit dei suoi
beni, i creditori riacquistavano tutti i loro diritti, e quindi
anche quello di esercitare le azioni dirette: quodsi bona cum
dignitate restiluiione concessa recuperava, utiles actiones necessariae non erunt, cum et directae compelunt (16). Se era
restituito in parte, i creditori riacquistavano i loro diritti
pro rata ; se infine era restituito in alcun beni solamente,
le cose rimanevano nella stessa condizione come se egli non
fosse mai stato restituito (17).
Spesso avveniva poi, che colla restitutio il condannato
assumeva quasi una nuova personalit civile ; consideravasi
come persona la quale spogliata della antica qualit, era ri
vestita d'altra che gli dava nuova e distinta condizione ci
vile: in tal caso, per seguire appieno la finzione legale, i
beni rimanevano in causa bonorum pubticatorum : i credi
tori perdevano il diritto di esercitare azioni dirette contro
di lui, ed egli contro i creditori (18): quegli al quale fossero
stati aggiudicati i beni non acquistava che azioni utili per
andarne al possesso: sive amissione civitatis sive tibertatis
omissione contigat capitis deminutio, cessabit edictum ncque
(H)
(12)
(13)
ili)
(15)

Fr. 1. 9. Fr. 2. D. de bon. pos. cont. tab.


Fr. 1. pr. e 1. D. de sent. pas. et rest. C. 9. cod.
C. 3. de gen. oboi. C. 7. de seni. pas. et rest
Fr. 2. D. eod.C. 2. 4 6. eod.
C. 1. de gen. abol.
Fr. 3. D. de sent. pas. et rest. C. 11. 12. eod. Cujacio,
Cotnm., de verb. obi. 1. 122 Vot, 1. XLVII1. t. 23, 5.
(17) C. 3. eod.
(18> C. eod. Fr. 2. 3. D. eod.

237
possimi hi penitus conveniri (19). Per bisogna avvertire,
che ci avveniva generalmente quando la condanna portava
seco la confisca : altrimenti, per regola, nonostante ta restitulio, i diritti dei terzi dovevano rimanere salvi, tanto
vero che gli amministratori del patrimonio del condannato
non erano obbligati alla restituzione dei frutti percepiti (20).
6. Le formole di restituzione furono varie, e di diverso
significato.
La formola di pi ampio significato fu. restituo te in itegrum. Come indica la parola, il restituito in intero riacquista
va tutti i diritti perduti- bisogna solo eccettuare quello del ma
trimonio omai sciolto, per sopraggiunta servit della pena
(21). La ristitutio produceva gli stessi effetti che Vjus posttiminii (22).
La formola restituo te in donis et in dignitalibus
fu creduta da Papiniano comprensiva dei beni e della potest
patria; di guisa che fosse nullo il testamento del figlio di un
deportato. Paolo ed Ulpiano invece ritennero esclusa la pote
st patria ; ma Costantino, animato da un principio di carit
pi che di diritto, decise in favore di Papiniano. In ogni modo
egli dichiar validi gli atti compiuti dai figli del condannato
avanti la reslitutio; e ci per rispetto dovuto ai diritti ac
quisiti dai terzi. (23).
Le formole di restituzione in certi diritti soltanto, dove
vano essere interpetrate in senso stretto. Cosi la restitutio
di tornare in patria non avrebbesi potuto estendere alla po
test patria o alla existimatio quella della pena, o della
extstiinatio, non avrebbesi potuto estendere ai beni confiscati,
senza un' espressa dichiarazione del Principe (24).

(19) Fr. 2. pr. D. de cap. min,


(20) Vot, 1. c. t. 23. 3.
(21) C. 1. de sent. pas. et rest. Paolo, Sent. IV. Vil1. 24.
(22) Fr. 14. 1. D. de capt. et de postlim.
(23) C. 13. de sent. pas. et rest.
(24) C. 6. 9. de sent. pas. et rest. C. 3. de gen. abol. Fr. 2. 3.
P. cod.

238
7. Da ci resulta chiaramente, che l' existimatio doveva
essere ridonata da esplicita dichiarazione. La C. 1. de gen.
aboi., gi citata in nota, dice: indulgentia, Patres conscriptt,
quos liberat notat, neque infamiam fallit, sed poena grattam
facit. Ma queste parole si riferiscono all' abolitio meno piena,
ed al caso in cui il Principe non ne avesse ordinata la resti
tuzione. In questo senso debbe pure intendersi il celebre
verso d' Ovidio: (26)
Poena potest demi, culpa perennis crii.
Devesi nondimeno avvertire, che Vexistimatio, oltre che
dal Principe, in certi casi potevasi rimettere dal magistrato.
Cosi, se il Pretore, ex officio jurisdictionis suae, decretava la
restitulto in integrum per un minore di venticinque anni, che
assolveva da una condanna a pena infamante, costui, secondo
Pomponio, liberavasi dall' infamia, e avrebbe potuto postulare
per altri. An autem et Praetor restituire possit, quaeritur,
diceilFram. 1. 10 D. de postutando. Etmihi videtur iaUapreforum decreta non esse servanda: nisi sicubi,ex officio ju
risdictionis suae subvenerunt: ut in aetate observatur, si quis
deceptus sit; caeterisque speciebus, quas sub titulo de inte
grimi restituitone exsequemur. Pro qua sentenlia est, quoi
si quis famosojudicio condemnatus, per in integrum restitutionem fuerit absohUus, Pomponius putat, hunc infamia
eximi.
8. Ma la restitutio poteva in Roma accordarsi in favore
di condannati in contumacia, o annotati^ Cum indutgentia
nostra interveniente, dice la C. 10, de serUentiam passis et
restitutis, sis reversus ad tares tuos, frustra vereris, ne ex
annotatione Presidis,quaejam abolita est, catumniampatiaris. Nondimeno dubbio che agli annoiati o contumaci
restituiti, tornassero i beni confiscati: forse era necessaria
anche in questo riguardo una espressa dichiarazione del
Principe.

(25) De Ponto. Epist. I. Ad. Brut. v. 66.

239
9. Questo, del resto, quanto alla restituzione graziosa.
La capitis deminutio e l' infamia juris non pot accoppiarsi
nelle leggi romane col sistema di una restitutio legittima,
per dichiarazione, cio, di legge. L' una e l'altra colpivano
il condannato, non a tempo, ma in perpetuo; 1' una e l'altra,
adunque, non potevano cessare se non a seguito di restitulio
gratiosa, ossia per beneficio del Principe. La conferma di
questo principio pu riscontrarsi nella C. 6. ex quib caus inf.
irrog., la quale riguardo ai condannati in opus pubUicum a
tempo, colpiti appunto da capitis deminutio e da infamia juris,
cosi si esprime: Ad tempus in opus pubUicum damnati,
pristinum quidem statum relinent; sed damno infamiae post
impletum tempus subiiciuntur.
L' infamia, solo quando risultasse dall'esecuzione della con
danna cessava colla espiazione della pena (26); e cessava talmen
te, che il condannato, tornato a libert, avrebbe potuto persino
essere riammesso nella milizia, eccettuato il caso che per erro
re del giudice, un reato il quale doveva essere punito con una
pena importante infamia, lo fosse stato invece colla sola
esclusione temporanea da certi ordini (27). Ma per gi vedesi
che questa specie di restituzione legittima non estendevasi
che ai diritti ed uffici pubblici.
10. Coloro che erano esclusi dal loro ordine, ed interdetti
dall' advocatio per causa non infamante per s medesima,
tornavano alla pristina condizione collo spirare del tempo in
dicato dalla sentenza di condanna. Imperator Antoninus, dice
il Fram. 3. 1. D. de Decur., edicto proposito siatuit, ut unicunque aut qualunque causa ad tempus ordine, vel advocalionibus, vel quo atio officio fuisset interdictum, completo tem
pore nihitominus fungi honore vel officio possit. E il Fram.
8. D. de poshU: Imperator Antoninus rescripsit, eum, cui
advocationibus in quinquennio interdictum esset, post quinquennium pro omnibus postutare non prohibetur. Divus quo
que Hadrianus rescripserat, de exitio reversum postutare
posse. E infine la C. l.de his qui in esit. dati: Quibus posi
lo) Fr. 4. D. de decur.
'27) Fr. 3. eod.

240
hac ordini suo, vet advocationi ad tempus interdicetur, postimpletum lemporis spatium non prorogabitur infamiam. (28)
Se un Decurione era relegato a tempo per una cau
sa non infamante in s stessa , al ritorno in patria ri
prendeva la sua dignit, ma non il suo ordine, e non poteva
essere ammesso a nuovi onori che dopo un intervallo di tempo
uguale a quello passato in esilio. Ad tempus eandare Decu
rio jussus, dice la C. 2. de his qui in exit, dat., et impleto
tempore regressus, pristinam quidem recipit dignitatem; ad
novos vero honores non admittitur, nisi tanto tempore his
absttnuerit , quanto per fugam abfuit.
. Alcuni credono che tal restrizione si facesse anche pel
Decurione condannato alla esclusione temporanea dalla Cu
ria, in base al Fram. 15, D. ad Munte., cosi concepito : Or
dine decurionum ad tempus motus , et in ordinem regres
sus ad honorem, exemplo relegati tanto tempore non admittetur quanto dignitate caruit. Ma questo sta in contra
dizione coi termini assoluti e generali del citato frammento
2, 1, D. de decur., e col silenzio della citata C. 2, de his
qui in exit dat. ; il che dai giureconsulti stata spiega
to in questo senso. Il Fram. 15 stato scritto da Papiniano sotto l' impero di Antonino Caracalla, e forse prima
della promulgazione dell'editto di questo Imperatore, di cui
il Fram. 3. 1. D. de decur. riporta le parole, e sembra mette
re in opposizione il caso della esclusione temporanea dalla Cu
ria con quello della relegazione pur temporanea, dicendo :
sed si quis non ad tempus sit relegatus, sed ad tempus or
dine motus. Cos adunque a ritenersi, che la C. 2 abbia
derogato al Fram. 3, 1, e che questo sia stato trascritto
nel corpo del diritto per negligenza del compilatore (29).
i28) V. pure il Fr. 2. pr. e 1. D. de decur.
(9' V. Humbert, 1. c. pag. 165 Questa opinione armonizza col
principio costantemente applicato dalle leggi romane di favoriro
i Decurioni, aggravati da tanti pesi pubblici. Di pi appoggiata
dalle date del tempo. Papiniano, di cui il Fr. 3. X.de decur.,
osserva Humbert stesso, fu messo a morte poco dopo l'assas
sinio di Geta, per suo fratello Caracalla: ora la C. 2 non porta
che il nomo di quest'ultimo : dunque probabile che non la co
noscesse.

241
11. L' esclusione temporanea dall' ordine dei Decurioni,
quando non fosse stata pronunciata per fatto per s stesso
infamante, e vi fosse qualche buon motivo di usare una certa
indulgenza verso colui che n' era colpito, non era causa di
infamia, neppure se teneva il luogo di una pena afflittiva.
Etsi severior sententia dici debuit, tamen, cum ProconsiU
vir c1arissimus certis rationibus motus miiorem sententiam
dixerit, et ordine decurionum te biennio abstinere jusserit,
transaclo tempore non esse te in numero infamimi, patata
est eo, quod post biennium remisisse tibi prohibitionem decurionatus Iudex videtur (31).
per gi ben noto, che talora certe persone rivestite di
qualche pubblica autorit potevano sfuggire all'infamia assog
gettandosi ad una pena afflittiva pi severa di quella incorsa,
come per esempio alla relegazione temporanea (32). In tal
modo evidente, che desse sfuggivano ancora alla decadenza
dai pubblici uffici.
In ogni caso di condanna in judicum famosum, il
condannato non poteva sfuggire all' infamia n col cessare
della pena afflittiva, n col subire una pena maggiore; a ci
era sempre necessario un rescritto del Principe ; si rien
trava nuovamente nella restituzione graziosa. Imperatores
Antoninus et Verus Anglisti reseripserunt, dice il Fram. 13
D. de Decur., in tempus relegatos et reversos in ordinem atlegi sine permissu Principis non posse.
12. A compimento della materia relativa alla restituzione
legittima, qui potremmo dire alcun che della revisione della
sentenza e degli effetti di essa, non che della prescrizione
della pena ; ma opportunamente toccheremo di questi instituti altrove, tanto pi che n 1' uno n l'altro per riguardo
alla nostra tesi ebbero molto sviluppo in Roma.
(31) C. 3. e quib. caus. inf. irrog.
(32) Fr. 5. D. de decur. C. 4. ex quib. caus. inf. irrog.

10

CAPO IL
Della restituzione graziosa e legittima
nel diritto intermediario.
(3. Il diritto di grazia ed amnistia nella legislazione germanica.
ii. li. nelle legislazioni posteriori.
15. Le lettere di abolizione: reitituzione in virt di esse.
16. Abolizione e ripristinazione del diritto di grazia in Francia.
17. Instituto dcl!a,revisione: suo sistema.
18. 11 giuri e la revisione in Francia.
19. Instituto della prescrizione della pena.
SO. Sistema delle leggi romane e delle barbariche.
21. Idee e sistemi moderni sulla prescrizione.
22. Prescrizione dello incapacit civili.
23. Instituto della riabilitazione.
24. Cambiamenti legislativi.
13. Il diritto di grazia e restituzione ebbe poca impor
tanza nelle leggi germaniche, poich alla punizione rima
neva estranea l' autorit dello Stato nei numerosi casi in
cui il colpevole era perseguitato dagli offesi, o da altri in
nome dei medesimi. Ma riprese il suo antico vigore allor
ch si rinnuov lo studio e si ravviv 1" autorit del diritto
romano. La dottrina comunemente accolta dagli interpetri fu
quella che al Principe si appartenesse il diritto di grazia o
di abolizione , e solo per alcuni pi bassi e ignobili reati ,
come l'omicidio volontario, l' adulterio, la sodomia , ecc. in
culcarono doversene egli astenere a tutela della morale e
della rigorosa giustizia. (1)
14. Nel diritto intermediario, il potere d'amnistia risied
sempre nella suprema autorit. Amnestia, dice Cocceio, est
eorum, quae durante discordia hostititer ultro citroque facto,
sunt,pubtice sancita obtivio, qua id agilur, ut haec salutaris
(i) Boehmero, ad Carpzovium, Quaest. 150. Obs. 1. Bossio, De
remunerai. ex clemen. Princip. Deciano, III, 35. Claro, Quaest.
59. Farinaccio, Quaest. 6. n. 1. Leyser, medit. spec. 597. Thomabio, De jure Princip. aggratiandi in consti, hom. 5707..

243
quasi herba, quidquid e dissidiis pubbticis retiquum est ulceris ,
ei medeatur, omniumque inde injurarum, acerbilatumjue
non sensum modo, sed et memoriam deteat, atque obtiterct. (2)
Un trattato di pace ferma il ferro nemico , l' ammistia, si
disse, deve comporre le interne discordie. L' uno attacca il
male, l'altra deve attaccare le sue conseguenze: quello prov
vede alla sicurezza esterna, questo deve restituire la confi
denza scambievole nei popoli, l' amicizia tra le famiglie,
l' impero della legge.
Nello stesso periodo legislativo si regolarono insieme il di
ritto di grazia rispetto alla pena afflittiva, e il diritto della re
stituzione graziosa rispetto al godimento o all'esercizio dei
diritti perduti o sospesi a seguito di condanna penale. L'un
diritto, come l' altro, segu le vicende politiche, e secondo le
varie forme di governo o risied nel Sovrano, o nelle assem
blee popolari, o nei consigli degli aristocratici, o nei loro
immediati delegati. In questo periodo legislativo ebbe molta
estensione il sistema delle lettere di abolizione, di perdono
e commutazione, specialmente poi nei paesi retti a monarchia.
15. Le lettere di abolizione , che si dicevano di alta Can
celleria, producevano una vera e propria restilulio in inte
grimi nei beni e nella stima, nello stesso modo che l' abotitio piena delle leggi romane: si accordavano prima della
condanna, ed estinguendo V accusa ed il crimine erano veri
e propri atti di amnistia. Le lettere di perdono, che si di
cevano di bassa Cancelleria, producevano parimente effetto
pieno, quando non potevano attaccarsi per vizio di orrezione
o surrezione; ma si accordavano dopo la condanna , e spe
cialmente nel caso di pronuncia di una pena capitale.
Le lettere di remissione erano piuttosto atti di giustizia
che di grazia, e corrispondevano alla purgatto delle leggi roma
ne stesse: si accordavano soltanto nel caso che alcuno era ri
conosciuto autore o complice materiale di un reato, ma sen
za il concorso dell' intenzione del dolo come appunto
in quello di omicidio involontario, o per legittima difesa. Le
lettere di liberazione o commutazione infine, producevano, ef(2) De ponlim. in pace it amnest.

244
fetto meno pieno: condonavano ordinariamente la pena, co
me l' abolttio meno piena, o la deprecatio, ma non restitui
vano nei beni e nella condizione civile che pell' avvenire :
pur esse si accordavano dopo la condanna, ed erano sem
plici atti di grazia. Tutte queste specie di lettere lasciavano
per intatti i diritti dei terzi. (3)
L' infamia juris essendo di sua natura perpetua, se non
si accordava una lettera di abolizione o di perdono i con
dannati ne rimanevano colpiti dopo l' espiazione della pe-na o altro beneficio sovrano , tanto pi se andavano sog
getti alla morte civile. Quando il Principe concedeva la grazia
colla semplice parola grafia oppure con quella indidgeo il suo atto aveva effetto riguardo alla persona, cio
nei rapporti della pena afflittiva, non gi dei beni o della
stima. Pel riacquisto dei diritti perduti, sia patrimoniali, sia
di condizione civile, era necessaria una speciale restituzione;
e in ogni modo, sebbene la restituzione si considerasse come
un fatto ex jure posttiminii, non poteva pregiudicare i diritti
acquisiti. Il restituito non aveva quindi il diritto di riven
dicare i beni gi alienati, n ai frutti gi percepiti dagli
eredi o dal Fisco: egli era tenuto di sodisfare i suoi cre
ditori, nonostante che i suoi beni fossero stati da questo
venduti, salvo speciale volont del Principe. (4) Se alcuno era
restituito o cancellato semplicemente e bano, dal bando, s'in
tendeva restituito semplicemente nella stima (5).
16. Il diritto d'amnistia e di grazia, unitamente al diritto
di riabilitazione, o restituzione in integrimi, non regolato da
norme certe e precise, ma lasciato invece all'arbitrio asso
luto del potere supremo, come sua speciale prerogativa si ri
spetto all'esercizio in s, che all' estensione degli effetti del
medesimo, ha continuato senza interruzione sino ai tempi
moderni. E se stato un mezzo di favoritismo sovrano, non
(3) Pothier, Trait. des persoti. 1. 1. 1. Ili, e seg. Carnot. Instr.
crim , par. IT, l. 2. t. 7. cap. 14.
(4) Bossio, Tract. de re crim. pag 331, e i numerosi interpreti
delle leggi romane da esso citati.
\J>) Bossio 1. c.

245
raramente -e a lungo stato anche un giusto rimedio con
tro l' esorbitanza delle pene, specialmente in certi casi
straordinari in cui i meriti del delinquente o altra circo
stanza hanno consigliato una sovrana indulgenza. Al sof
fio della rivoluzione del 1789, che abbatt gran parte delle
instituzioni del passato, in Francia scomparve anche il dirit
to di grazia, ma fu ben presto ristabilito dal Senatusconsulto
del sedici termidoro. Ormai ammesso generalmente nelle
Monarchie come nelle Repubbliche, sebbene in qualche Stato,
specialmente 1' amnistia, sia soggetta all' approvazione dei
Parlamenti.
17. Un' instituzione che nel diritto intermediario prese spe
ciale sviluppo, fu quella della revisione, e quindi della rivo
cazione.
In Roma la revisione del processo era ammessa in ogni
materia. Il Fram. 33, D. de re jud. accordava una specie
di revisione da qualsiasi condanna ingiusta; e i giudici die
tro lettera accordata dal Principe erano autorizzati, se vi
era luogo, a pronunciare la ritrattazione delle proprie sen
tenze. D' altra parte, la C. 1, de senien. praef. praetorio, e
la C. 5, de precib. Imperat. offerenti. , e la novella 119, cap. 5
alle parti che pretendessero di essere state illegittimamente
condannate dal Prefetto del Pretorio accordavano una via di
rimedio, detta supplicalio, e pella quale le cause giudicate
in ultima istanza erano sottoposte a nuovo esame. Sotto
l' imperatore Constantino e i suoi successori, qualsiasi con
dannato poteva ricorrere al Principe e domandare la revi
sione del processo.
Ma nel diritto intermediario a poco a poco il diritto di ri
corso in via di revisione si ristrinse alle sole materie pe
nali, e opportunamente si provvide al rispetto della cosa giu
dicata in materia civile. Infatti, l'umanit impone un siste
ma di revisione, da che con esso si tratta di tutelare la vi
ta, la libert e 1' onore dei cittadini, in presenza special
mente di deplorevoli esempi, non troppo rari, di innocenti
colpiti da condanna irrevocabile: d'altra parte, il riposo delle
famiglie, la stabilit degli interessi privati richiede che non
si apra 1' adito a nuove e gravi controversie su causa gi
decisa definitivamente in contraddittorio delle parti.

240
La revisione operavasi dai magistrati ordinari, per or
dino del Principe, o di chi esercitava il potere supremo,
quando fossero sorte gravi prove dell' innocenza del condan
nato; per lo che ordinariamente confondevasi colla rivoca
zione, vera e propria restituzione in iniegrum legittima.
Essa poteva accordarsi anche dopo la morte del condannato
a benefizio dei figli e degli eredi, specialmente quando si
fosse trattato di condanne a pene infamanti. Alla sua larga
applicazione non si posero dei limiti precisi, se non sul finire
del secolo passato al momento che la giurisdizione dei ma
gistrati and acquistando il suo normale assetto, e fu orga
nizzato un regolare sistema di procedimento penale con a
capo V instituto di una Corte suprema, investita di speciali
funzioni in revisione e annullamento, in certi casi dalle leggi
determinati.
Le leggi da prima non indicarono specificatamente ciascuno
dei casi di revisione; e si ammise in genere per tutti gli er
rori che viziassero la sentenza, sia di fatto sia di diritto,
lasciandone l' apprezzamento al prudente arbitrio del giu
dice.
18. In Francia, allorch fu instituito il Giuri, si cred
che il mezzo della revisione fosse con esso incompatibile, e
dall'Assemblea costituente fu cancellato dalla legislazione (6).
Ma ben presto si provarono i funesti effetti di questa aboli
zione; ben presto si vide la necessit di ripristinarlo (7).
Il verdetto resultato del giudizio degli uomini e pu cadere
in errore." E come lasciare allora una condanna sulla testa
di un innocente? Bentham, parlando dell'Inghilterra, ove il
giur in grande onore, giustamente esclama : c Finch gli
uomini non avranno alcun carattere certo per distinguere
il vero dal falso , una delle prime garanzie che si debbono
reciprocamente di non ammettere, senza una necessit di
mostrata, pene assolutamente irreparabili. Non si veduto
tutte le apparenze di un crimine accumularsi sulla testa di
un accusato di cui l' innocenza era dimostrata, quando non
(6) Dccr. 9 ottobre e Z novembre 1789.
(7) Decr. 19 agosto 1792.

247 restava pi che a gemere sugli errori di una precipitazione


presentuosa ? Deboli e inconseguenti che siamo. Noi giudi
chiamo come persone che possono ingannarsi e puniamo come
esseri infallibili! (8) Come diceva Trajano, satius esse, impunitum retinqvi facinus nocentis, quam innocentem damnare. (9)
Per questo l'instituto della revisione mostrossi in ogni tem
po assolutamente necessario, s per riguardi di somma giu
stizia che per riguardi di umanit. Il diritto di grazia non pu
bastare allo scopo, perocch lascia sempre il sospetto della
colpabilit, mentre qui si tratta di dover cancellare una con
danna ingiusta. Carnet ci narra, che un soldato ingiusta
mente condannato in Francia, rifiut la grazia offertagli,
dicendo di preferire la morte con onore, che la vita nel sos
petto di essere colpevole, nonostante il benefizio sovrano.
19. Tutte le legislazioni anteriori ai moderni codici, al
pari deHe leggi romane, tacciono della prescrizione delle con
danne penali, e per conseguenza anche della prescrizione
delle incapacit civili o politiche, sia qual pena principale
o accessoria, sia quale effetto delle medesime.
In materia penale, l' instituto della prescrizione ha in
suo appoggio una lunga tradizione, ma nel senso di prescri
zione dell' azione penale, non gi della pena. Demostene e
Lisia ci dicono, che gli Elleni ammisero generalmente que
sta prescrizione eccetto che riguardo a certi speciali reati
pi ignominiosi : e come ragione di essa additano le difficolt
delle prove, segnatamente quella dell' innocenza, coir elasso
del tempo (10).
20. Nelle leggi romane sino al cadere della Repubblica non
si rinviene alcuna regola di prescrizione. Soltanto sotto l'im
pero di Augusto s' introdusse pei delitti compresi nella legge
Giulia de aduteris, e si stabil a cinque anni (11) : il che ha
fatto supporre, come dice il Prof. Pessina, che abbia avuto
(8) Thorie des peines, t. II, pag. 390.
(9) V. parto III. capo V. nota 3.
(10) Demo sth., pro Phorm. Lysia, Orat. ntpt r. ffDxou, HeFFTER
Trai. di dir. pen. 186. Platner, II proc- e le accuse presso gli
Attici., I, 147. Pessina, Elem. di dir. pen pag. 373.
(U) D Fr. 29. 6.

US
connessione coll'instituto religioso del lustrimi (12). Nei tempi
posteriori, allorch in specie fiorivano i grandi giureconsulti,
si stabil a venti anni pei crimini pubblici: quereta falsi
lemporatibus praescriptionibus non excludilur, nisi vigtnti
annorum exceptione, sicut celer quoque fere crimina (13).
Ma vi erano poi alcuni delitti di minor conto che si pre
scrivevano in minor spazio di tempo , cio coll' elasso del
quinquennio (14), ed alcuni invece di maggior gravit, come
il parricidio, la supposizione di parto, attesa l' imprescritti
bilit dello stato civile delle persone, l' apostasia, e qualche
altro, che non si prescrivevano affatto (15).
Anche le leggi barbariche parlano poco di prescri
zione, e in ogni modo ammettendola rispetto all' azione
penale soltanto, la stabiliscono a trenta anni, come la
prescrizione longissimi temporis in materia civile. A fon
damento di essa posero il bisogno di assicurare la tranquil
lit dell'individuo e liberarlo dal pericolo di giudizi incerti :
quia omnia ad quietem omnium pertinentia ex lege conrenit proviaere (16). Anche i nostri statuti municipali con
tengono poche regole in materia, ma i commentatori e gli interpetri del diritto romano, sorto che fu a nuova vita, pre
sero a svolgere ed estendere i principi delle leggi romane (17 1.
Le leggi ecclesiastiche in un solo luogo, e cio nelle Decret.
Gregor. lib. Ill, t. 25, de except. c. 6, accennano alla pre
scrizione dei reati, e la stabiliscono a venti anni. Gli sta(12) V. anche Dambach, Studio detla dottr. dellepreserie, pen.
70. 71: Berlino 1860.
C. 12. ad leg. Corn.de jalsis.C. 1. 2. de requir. reis. Fr.
13. D. de dio. temprir. praescript.
(14) Fr. 13. D. de senatuscon. Silan. Fr. 7. D.adleg. Iul.pe'ut. C. 2. de vectig. et commis.
05) Fr. 10. D. de leg. Pomp. de parric. Fr. 19. 1. D. de leg.
Corn. de falsis C. 1. 5. de apost.
(16) Leg. Burgund. LXXIX. 5. Decret. Cliildeb. anno 595- Leg.
Wisigoth. X, 2. 3. Stiernhoeck, de jur. Goth. 1. IH. c. 4 cit.
dal Prof. Pessina 1. c.
(17) Bossio, De accus. n. 30 32. Claro, Quaest. 51 n. 6. 7. DeriANO, IH. 37. Farinaccio, Quaest. 1. 4. 18.10 n. 10 35. Lkyser, med. spec. 515

249
tu ti municipali stessi stabilirono l' imprescrettibilit di al
cuni crimini, e fra questi compresero quelli di lesa maest
e il duello (18).
21. Le regole delle leggi romane, sono ora il fondamento
di tutta la dottrina moderna, eccetto che della dottrina in
glese. Oggimai la prescrizione dell' azione penale ammessa
anche da chi, come Bentham, si rifiuta alla considerazione
del cessato danno sociale, per l'impossibilit di difendersi in
cui il decorso del tempo pone l'accusato. Questa prescrizione
non sotto il dominio del legislatore: l' opera inesorabile
del tempo che cancella la ricordanza del reato, e fa cessare
il diritto di punirlo (19).
Ma qui noi dobbiamo riferirci unicamente alla prescri
zione della pena. Questa prescrizione di origine mo
derna : introdottasi dalla legge francese del 1791, fu stabilita
a trent' anni, e ben presto fu ammessa dai codici di tutti i
popoli civili (20). Da alcuni per verit fu sin dal suo prin
cipio combattuta, come ripugnante al principio della pena, con
seguenza inevitabile del reato, e pericolosa all'ordine sociale
per la speranza dell'impunit che infonde nei colpevoli (21).
Ma niuno ha potuto negare che sia nel dominio pratico del di
ritto. Il tempo non crea n distrugge il diritto, la cui so
stanzialit eterna ; ma l' attuazione, la vita di esso si
svolge nel tempo concatenandosi alla varia moltiplicit delle
cose ed alla loro mutabilit. Come dicono i filosofi, la pre(18) V. le autor, cit. alla nota anteced. e Carpzovio, Quaest.
141. n. 112.
(19) Ortolan, Iievue critique, vo1. 22. pag. 204.
(20) Eccetto il Regolamento romano e il codice toscano, i
codici degli antichi Stati italiani ammisero tutti la prescrizione
dell'azione penale, e della pena; ma questa sottoposero a spe
ciali restrizioni a causa della gravit e specie del reato. V.
Cod. tose, art. 89-95 Regolam. rom., art. 39-48 Cod. delle 2
Sicilie, art 613-622 Cod. parmense, art. 603-612 Cod. estense,
art. 88-100 Cod. sardo, art. 141-156.
(21) Benthaii, Theor. des peifies, t. II. pag. 390. Zachariae, t.
IV. pag. 364-466. Grundler, Dissert nell'Arci, di dir crim. 1836.
Oersted, leg. fond. sur la lgis. pen., pag. 471 e seg.

250
scrizione non sta nell' elasso del tempo, ma nel non essersi
esercitato entro il medesimo un diritto, e pel grave pericolo
d' ingiustizia che si correrebbe esercitandolo in seguito (22).
22. La prescrizione della condanna penale se ha incon
trato gravi difficolt rispetto alla pena in s, ben maggiori
ne ha incontrate rispetto alle incapacit civili o politiche
che sono considerate come sua conseguenza. Sotto l' impero
della morte civile non ha avuto altro effetto che quello di
esimere il delinquente dalla pena afflittiva; ed anche col si
stema dell' interdizione legale pella durata della condanna ,
producendo questa l' infamia, la prescrizione ridonava la ca
pacit civile, non mai quella di diritto politico. I giurecon
sulti sin da principio hanno osservato: 1. Che si prescrive
la pena corporale per un principio politico, perch, cio, sa
rebbe crudele e senza pr applicarla dopo lungo spazio di
tempo: ma questo principio stesso non pu stare a fonda
mento delle interdizioni perpetue, perch le cause dalle qua
li derivano sono permanenti e durevoli. Invano il colpevole
cercher di provare che non cess mai di compiere le fun
zioni di cittadino; ci non pu costituire se non una ribel
lione alla giustizia , un' usurpazione di diritto. 2. Che
non si prescrive contro l'interesse della societ; e il bene
pubblico interessato a che un colpevole, che la societ si
abituato a considerare come bandito dal suo seno, lo sia
in effetto. Questo principio ha avuto la sua solida base nelle
instituzioni dei tempi, nella ben nota morte civile, la quale
spogliava il condannato d' ogni civile personalit, e Ano dal
momento della pronuncia del magistrato gli eredi e i terzi
acquistavano dei diritti sul patrimonio di lui, ed erano sciolti
in suo riguardo da ogni vincolo, come se fosse morto .na
turalmente.
23. Nel diritto intermediario non ha avuto esistenza spe
ciale e distinta l' instituto della riabilitazione, il quale co
stituisce il mezzo principale di restituzione legittima nelle
vigenti legislazioni. Certo il principio della riabilitazione
spontaneo nella mente degli uomini, e sotto un aspetto o sotto
(22) Harens, Philos. du droit, t. I. pag. 218.

251
un altro si riscontra in ogni epoca dell' umanit : la riabi
litazione il naturale portato della scoperta di un errore ir
reparabile e della buona condotta continuata per lungo spa
zio di tempo. In Grecia si elevarono statue a Socrate, a
Focione, ed altre vittime illustri (23) : e ovunque il ripristinamento nei diritti perduti si considerato come premio
dovuto al pentimento e all'emenda. Ma la riabilitazione nei
popoli antichi, come gi abbiamo veduto in Roma, fu prero
gativa sovrana, e si confuse col diritto di grazia, quasi fosse
una sua continuazione. La riabilitazione come diritto dei
cittadini, cio come legittima restituzione, instituto anche
esso moderno : si attiene alla divisione dei poteri secondo
un sistema razionale, conforme alle vicende politiche, e che
meglio permette di distinguere le attribuzioni di grazia dal
riconoscimento di un diritto ; la clemenza sovrana, dalla ri
gorosa giustizia.
La riabilitazione, in Francia, da prima fu nelle attri
buzioni del Consiglio generale del Comune, ma in seguito
pass nelle attribuzioni dell' autorit giudiziaria. Il Presi
dente del tribunale, sulla istanza di due officiali del Comune,
deliberata nello stesso consiglio, pronunciava questa formola.
Sur l'attestat e par la dimand de votre pays la loi et le
tribunal effacent la tache de votre crime. La riabilitazione
in Francia, come altrove, fu pi una restituzione legittima
che graziosa: non dipendette, infatti, dall'arbitrio esclusivo del
Sovrano, ma costitu uno stato di diritto, soggetto a regole
Asse ed eguali per tutti i cittadini. Questi caratteri, man
tiene tuttora nelle moderne legislazioni, sebbene sia stata
assai modificata nelle sue condizioni. (24)
24. Da ci vedesi, come le antiche instituzioni che tene
vano il loro appoggio nelle leggi romane andarono trasfor
mandosi a poco a poco. La riabilitazione produceva effetti
pieni : essa sola poteva restituire la capacit civile o la sti
ma perdute, se non fosse intervenuto un atto di vera e pro
pria amnistia obtivio.
(23) Dioo. Larce, Socrate, 23. Plutarco, Focione, 52.
(24) Carnot, 1. c. Dalloz, Repert. V. Rchabilitation' n 4. o
autor, ivi cit.

2:.2
CAPO III.
DELLA RESTITUZIONE LEGITTIMA E GRAZIOSA
NEL DIRITTO VIGENTE.
25. Attacchi contro il diritto di grazia.
26. Il diritto di grazia ed amnistia nella nostra legislazione.
27. Effetti dell'amnistia, dell'indulto e della grazia sulla capacit dei con
dannati.
28. La riabilitazione in virt di atto sovrano.
29. Inviolabilit dei diritti dei terzi.
30. 11 diritto di revisione nella nostra legislazione.
31. Incompletezza delle sue disposizioni.
32. Revisione riguardo alle condanne a pene correzionali.
33. Confronto della nostra legislazione colla francese.
34. Revisione in favore di persone defunte condannate in contumacia.
35. Effetti della revisione sulla capacit dei condannati.
25. Il diritto di grazia gi dicemmo che oggimai am
messo senza contrasto dalle legislazioni dei popoli civili.
Ma pur troppo dai dottrinari si riproducono e sovente si
ripetono gli attacchi contro di esso. Il dilemma di Bentham
divenuto ormai famoso, e si dice ancora : o la pena neces
saria, e allora non dev' essere rimessa; o non necessaria,
e allora non dev' essere pronunciata (1). Questo dilemma
combattuto dall' esame dei fatti, i quali dimostrano, che il
diritto di grazia un complemento necessario di un buon
sistema penale, e risponde in realt al bisogno che nasce
da speciali circostanze, le quali possono produrre l' imperfe
zione delle leggi, o l'imperfezione delle sentenze. D'altronde,
la grazia incoraggia ed eccita il condannato ad una buona
condotta e all' emenda.
Il difficile stabilire quando bisogni veramente punire o
piuttosto perdonare. Ci meglio si comprende di quello che
possa essere prescritto. Quando la clemenza, pensa Mon
tesquieu, ha dei pericoli, sono questi visibilissimi : la cle
menza si discerne agevolmente da quella debolezza che con
fi) Trait. de leg. pn., t. 2. pag. 190-192.

253
duce il Sovrano al disprezzo e all' impotenza stessa del
punire. La grazia non dev' essere un cieco impulso di ge
nerosit e di amor proprio privato , ma un rimedio onde
la legge penale colla sua indistinta severit non diventi in
giusta data certe circostanze, in qualche caso particolare. Essa
insomma, come conclude Beniamino Constant, un potere mo
deratore, perch chiamato a mettere in armonia tutti gli altri
poteri ; e secondo Blackastone, la pi dolce prerogativa, la
pi bella gemma della Corona (2).
26. Nella nostra legislazione il diritto di grazia e d'amnistia
appartiene esclusivamente al Re, ma sono prescritte certe
forme speciali. Il Re fa grazia, dice I' art. 8 dello Statuto
fondamentale del Regno, e commuta le pene. Quest' arti
colo tace del diritto d' amnistia ; onde, come sotto l' impero
della Carta francese del 1830, ai termini rigorosi di esso po
trebbe nascere questione, se sia, o non, una prerogativa reale.
Ma l' art. 130 del vigente codice di procedura penale dichiara
esplicitamente, che l' amnistia si concede per decreto reale,
sopra proposta del Ministro di grazia e giustizia, udito il
Consiglio dei Ministri (3).
27. La grazia esime dalla pena soltanto; interviene sempre
dopo una condanna passata in cosa giudicata; lascia la mac
chia del delitto, poich non impedisce la recidiva. L'amnistia
abolisce l'azione penale ed estingue le pene inflitte per rea
ti determinati nel decreto reale; pu intervenire si avanti
che dopo la condanna; distrugge ogni macchia del delitto,
dbtivio est; impedisce anche la recidiva, salvo il caso di es
pressa condizione o dichiarazione in contrario. La gra(2) Comm. etc, IV. c. 31. Story, Coni, sulla cosi. degli Stati
Uniti d'America, lib. Ili, capo 39. V. in appoggio del diritto di
grazia, Flembach, Il dir. della Corona alla grazia. Nurnberg.
1813. Mittbrmajer, Dissert. sulla grazia nel libro sul Progres,
delle leggi. 1843. 45. Mohl, Dissert. sul diritto di grazia in oper.
Staatsrecht, Voelkerrecht und Politik, t. 2. pag. 631-691. Carrara,
Progr. di dir crim. 160. Pessina, Elem, di dir. pen. pag 367.
(3) Legge , I, anno 1872, in nota ad una sentenza della Corte
suprema di Palermo.

254
zia un atto di clemenza sovrana, e coloro a cui beneficio
fatto ne decadano, se nel termine di due mesi dalla spedi
zione, non lo presentano alla Corte o tribunale che ha
pronunziato la sentenza. L'amnistia propriamente un atto
politico che parte dalla clemenza sovrana, ma che non tro
va in essa tutta la sua ragione di essere; e se non prescri
ve condizione od obblighi all' imputato accusato o condan
nato per esserne ammesso a goderne, produce il suo effetto
di pieno diritto (4).
L'effetto dell'amnistia, rispetto alle incapacit civili e po
litiche quello di una vera e propria restituzione in intero,
tanto se intervenga avanti la condanna, quanto se interven
ga posteriormente. Cum principatis causa non subsistit nec
ea quae sequuniur locum habent (5).
sorta disputa, se lo stesso effetto producano l' indulto
e la grazia; ma l'art. 136 del codice penale sardo, ora ita
liano, ha tolto ogni questione, dichiarando che, estinguendo
si il reato e le pene cogli indulti o con speciale grazia sovra
na, il condannato non rientrer in quei diritti n riacqui
ster quelle capacit di cui sia stato privato colla sofferta
condanna, ove alla pena fosse unita l' infamia, o l' interdidizione dei pubblici uffizi o dell' esercizio di una carica, di
un impiego, di una professione, negoziazione od arte. Que
sto per, senza pregiudizio di quanto stabilito nel lib- III.
tit. XII, del codice di procedura penale, per la riabilitazion>i
dei condannati che sieno stati compresi negli indulti o che
abbiano ottenuto la grazia.
Nel caso in cui invece di condonare intera la pena com
minata, l'atto sovrano la commuti in altra pi leggera, pu
esser dubbio, se debbano cessare, o non, le incapacit alla
prima annesse. Ma, secondo noi, pi fondata l'opinione af
fermativa, poich le incapacit giuridiche sono un accessorio
(4) Carrara, 1. c. Nicolini, Dellaproc. pen., pag. 59. Borsari,
Dellazione penale , pag. 197.
(5) Fr. 29. I. D. de reg. jur. L'amnistia non d nuova per
sonalit civile, come disse Blackstone, 1. c. lib. 4. c. 3 ; ma
conserva Fantica.

255
della pena afflittiva, e cessando l' una deve cessare l'altra,
quando, ben inteso , non sia necessario un atto posteriore
di riabi litazione: accessorium sequilur principale in dubio pro reo (6).
28. Da alcuni si dimandato, se il Sovrano possa comprendedere nell'atto di indulto o grazia la riabilitazione. Ed in
senso affermativo si detto, che ci non pu incontrare
ostacolo una volta che la riabilitazione stessa non pu con
cedersi se non per decreto reale. Per a questo pu rispondersi:
che la riabilitazione non sta come la grazia nell' arbitrio
del Principe; non , come altrove dicemmo, una restituzione
graziosa, sibbene legittima, perch regolata con norme fisse
e invariabili: (7) che le incapacit al godimento o all'eserci
zio dei diritti politici, nel sistema delle nostre leggi, si pro
ducono- per sola forza delle medesime, e perci non posso
no cessare se non nei casi e nei modi prescritti. Con quel
principio si confonde il diritto di grazia col diritto di riabi
litazione, che sono essenzialmente distinti: al Sovrano sidnno
facolt non concessegli n dallo Statuto fondamentale del Re
gno, n dalle leggi comuni; si pone insomma al disopra di
queste, pelle quali la riabilitazione legale non pu essere effi
cace, se non quando il condannato abbia dato garanzie sufficien
ti della sua buona condotta, e sia gi riabilitato nella pub
blica opinione.
L'art. 834 del vigente codice di procedura penale conferma
ampiamente questi principi, allorch dichiara, che nel caso
di condono della pena, la dimanda di riabilitazione non potr
essere fatta, se non cinque anni dopo l'annotazione del decreto
di grazia o la declaratoria d' ammissione al godimento del
l' indulto.
In Francia la stessa questione si dibattuta vivamente,
e la dottrina e la giurisprudenza non sono state sempre
concordi. Un parere del consiglio di Stato, dell' 8 gennaio
1823, accolse l' opinione da noi preferita, ma fu criticata con
calore da molti giureconsulti. Questi, giovandosi del silenzio
(6) Contr. Legraverend, t. II. pag. 752.
(7) Id. id. pag. 99.

256
del codice penale francese, che il nostro non ha imitato, han
no messo in dubbio la risoluzione a prendersi riguardo alla
degradazione civica, perch, qual pena accessoria, non ammet
teva riabilitazione. L'art. 834 del nostro codice di procedura
penale, ha pure tolto tale appiglio, dichiarando poter essere
riabilitato anche il condannato alla sola interdizione dei pub
blici uffizi, che alla degradazione civica corrisponde. (8)
29. Del resto, in materia di grazie e d'amnistia nelle mo
derne legislazioni stabilito il principio delle leggi ro
mane : beneficium Principis pienissime quam interpetrari
debemus. La grazia e l'amnistia non possono recar pregiu
dizio ai terzi; per lo che non estinguono il diritto all'esercizio
dell' azione civile in chi fu danneggiato dal reato condonato,
n gli altri diritti acquisiti per fatto della condanna: be
neficium Principis nunquamjus quesitum tollit tertio. n Cos,
ad esempio, il coniunge del condannato a pena criminale, nononstante l' intervento di un atto di grazia o d' amnistia po
tr legittimamente proporre dimanda in separazione perso
nale ai termini dell' art. 150 del vigente codice civile.
30. Col moderno sistema della Cassazione, per l'annul
lamento delle sentenze errate in diritto, e violatrici della
legge, l'instituzione della revisione si definitivamente ris
tretta nella cerchia dell' errore di fatto materialmente dimo
strato, e nei casi espressamente determinati dalle leggi.
Il nostro codice di procedura ristringe la revisione a que
sti tre casi : 1. quando due persone sieno state condan
nate per uno stesso crimine, con due sentenze che non pos
sono conciliarsi, e sono la prova dell' innocenza dell' una o
dell' altra : 2. quando dopo una condanna per omicidio si
elevino indizi sufficienti sulla esistenza della persona la cui
supposta morte diede luogo alla condanna medesima: 3.
quando, dopo una condanna contro un accusato, uno o pi
testimoni che hanno deposto nel processo saranno imputati
di falsa testimonianza o reticenza a suo carico, e 1' accusa
per questo reato sia stata commessa, o siasi soltanto rila(8) Daxloz, Repert. V. Amnist. n. 42 e seg. Henin, 1. c. pag.
319, e art. cit.

257
sciato contro i testimoni mandato di cattura, e sia quindi
seguita sentenza di condanna.
Le disposizioni degli art. 688 e seguenti, del codice di
procedura penale, e relative alla revisione, sicuramente non
sono le pi perfette. La stessa relazione al Re del Ministro
Guardasigilli ce ne avverte : Le norme della revisione, vi
detto, per quanto fosse vivo il desiderio di condurle a quel
punto che richiedevano i voti generosi della scienza, non
poterono per essere essenzialmente innovate, perch le in
troduzioni di nuovi casi, oltre quelli stabiliti dal codice, o
la creazione di una formola che mettesse in forse i giudi
cati anteriori, parvero eccedere il mandato del coordinamento
e contenere il germe di molte e gravissime difficolt prati
che nel conflitto colle norme che regolano il giudizio per
giurati.
31. Della imperfezione, di cui andiamo dicendo, eccone qui
la riprova. Un domestico condannato per furto in danno del
suo padrone ; ma in seguito si scopre che il furto fu com
messo dal figlio. La legge non permettendo l'azione di furto
tra genitori e figli, bisogner rinunciare alla revisione che
si presenta come l'unico mezzo per scoprire la verit e ren
dere giustizia. Ecco adunque una condanna che colpisce un
innocente, e non pu indurre una seconda condanna incon
ciliabile. Lo stesso a dirsi, se il reato contro il quale vorrebbesi aprire la procedura sia rimasto prescritto.
Queste deplorevoli conseguenze ci consigliano ad interpetrare con una certa larghezza il disposto della legge ; e
nulla si oppone a che caso per caso si sciolgano quelle dif
ficolt che la citata relazione al Re non ha voluto enume
rare con una formola generale per timore d' abusi.
32. Si questionato a lungo sull'ammissibilit del ricorso
in revisione riguardo alle condanne correzionali. E fondan
dosi sul principio della irrefragabilit della cosa giudicata,
molti scrittori hanno accolta l' opinione negativa, e quindi
ammesso il ricorso soltanto nel caso di errore di un ordine
elevato, quale non pu riscontrarsi se non nelle condanne
per crimini. Ma questa opinione sembra orinai da rigettarsi
per le gravi ed ingiuste conseguenze alle quali pu dar luogo,
17

25S
Quando infatti sia dimostrato che in una duplice condanna
sta un errore palpabile, come concepire che si possa lasciar
compiere l' esecuzione di una sentenza mostruosamente ini
qua, sotto pretesto che essa fu pronunciata da un tribunale
correzionale ? 0 la sentenza sia stata pronunciata dalla Corte
d' assise o da un tribunale correzionale, la condizione del
condannato per errore non ugualmente degna di ogni pro
tezione dell' autorit ? I principi di giustizia e di umanit
vogliono ambedue che un simile scandalo non si realizzi
giammai. D' altronde, il medesimo fatto, pel solo concorso
di circostanze scusanti o attenuanti, non raro il vedere
che talora giudicato come crimine da una Corte d'assise,
tal' altra, colla finale istruzione, come delitto da un tribu
nale correzionale. Ora come sostenere tanta differenza, in
base a questo avvenimento, riguardo all' importantissimo
diritto di revisione?
Si parimente quistionato a lungo, specialmente in Fran
cia, se il diritto di revisione derivi dalle sentenze delle Corti
ordinarie soltanto o anche da quelle di privilegio. noto
^esempio del maresciallo Ney, il quale per essere stato giudi
cato dalla Corte dei Pari , si crede , che la sua condanna
non potesse dar luogo a revisione. La lettera della legi
slazione nostra e francese soccorre 1' opinione pi rigorosa,
in quanto che contempla sempre le condanne pronunciate dalla
Corte d' assise : ma interpetrando troppo giudaicamente la
legge stessa, qui certamente pu corrersi il rischio di riu
scire all' intento opposto a quello che fu nella mente del le
gislatore; a sanzionare una grave e deplorevole ingiustizia.
33. In materia di revisione il sistema delle nostre leggi
il seguente :
L' art. 688, relativo alle sentenze inconciliabili, parla di
revisione per causa di crimine ; l'art. 689, relativo agli in
dizi sulla esistenza della persona la cui supposta morte ab
bia dato luogo alla condanna, parla di omicidio, senza nep
pure indicarne la specie, se tentato, mancato, o consumato.
L' art. G90, relativo alla falsa testimonianza, parla in gene
re, senza distinguere tra condanna per crimine o per de
litto, sebbene la determinazione della competenza della Corte

259
d'assise ci porti naturalmente all'ipotesi del crimine. L'ar
ticolo 693, inline, dichiara, che le disposizioni dei citati ar
ticoli 688, 689, 690, 691, sono comuni alle sentenze inappel
labili pronunziate in materia correzionale : la qualcosa ci fa
concepire il sistema il pi largo, inquantoch, se la revisione
ammessa pelle sentenze inappellabili, a maggior ragione
dev'essere ammessa pelle sentenze appellabili, che sono
pi gravi.
L' ultimo sistema francese, stabilito dalla legge 5 luglio
1867, invece questo. Si lasciata sussistere la determina
zione dei casi nei quali la revisione pu aver luogo, tale
quale stabilita dal codice d' istruzione criminale (simile
alla nostra), ma si esteso il beneficio a certe condanne
correzionali, come quelle dell'imprigionamento importante
1' interdizione totale o parziale dell' esercizio dei diritti ci
vili e di famiglia (l).
34. Quando si tratti di sentenze inconciliabili, o di con
danne per omicidio, ammessala revisione anche in favore di
persona defunta. In questo caso, dice l'art. 692 del nostro
codice di procedura penale, la Corte di cassazione nominer
alla di lei memoria un curatore, in contradittorio del quale
si proceder alla formazione del processo, e che eserciter
tutti i diritti del condannato. Se dal nuovo processo risul
ter che la prima condanna fu profferita ingiustamente, la
Corte d' assise riabiliter la memoria del condannato. Que
sto davvero un bel progresso della moderna civilt: adesso"
un procedimento contro la memoria di un defunto desterebbe
orrore I Solo non vediamo la ragione perch questa riabilita
zione il legislatore abbiala voluta restringere ai casi con
templati dagli art. 688 e 689. Quello contemplato dall' art.
690, il caso della falsa testimonianza, certo non men
degno di favore, e il di lui silenzio ingiustificabile. Il fatto
che il condannato sia stato, non pu essere d'ostacolo contro
la giustizia, contro la verit: il legislatore deve impedire il
rinnovarsi di casi ben noti per lacrimevole celebrit, che su
scitarono generale commozione.
(1) Pesrosiers, Thcse, Des modificai, apport. par Ics cond.
pen, a V tat et a ta capac des pers. pag. 143 e sog.

260
35. Del resto, il diritto di revisione sussiste s nel caso di
condanna in contraddittorio che in quello di condanna in con
tumacia. Qui veramente non sapremmo da che potesse ori
ginare una ragione di differenza. Questo diritto assoluto,
nell' interesse della giustizia e dell' umanit : niuna irrego
larit di procedura o incompletezza di giudizio pu porre
ostacolo al suo esercizio.
L' assoluzione nel giudizio di revisione, s' intenda bene,
annulla la sentenza e tutti gli atti di procedura , opera una
vera restilutio in integrimi, per quanto lo comporta il ri
spetto che devesi in ogni caso ai diritti acquisiti dai terzi.

CAPO IVSEGUE NELLO STESSO PROPOSITO.


36. Il diritto di prescrizione nella nostra legislazione: suoi effetti sulla capa
cit dei condannati
37. Rapporti della prescrizione eolia sorvegliala della polizia.
38. Il diritto di riabilitazione nella nostra legislazione.
39. Riabilitazione riguardo alle condanne a pene correzionali,
io. Condanne in contumacia.
41. Effetti della riabilitazione sulla capacit dei condannati.
42. Eccezione rispetto al diritto di far parte dell'esercito nazionale.
43. Forme e decreti di riabilitazione: diritti dei terzi.
36. Veniamo adesso a parlare della prescrizione.
Gli effetti della prescrizione della pena sulla capacit giu
ridica del condannato si ricavano dai relativi articoli 137,
138 e seg. del codice penale italiano. L' art. 137 dice : con
tro le sentenze di condanna a pena di morte, o dei lavori
forzati a viti, la prescrizione si acquista in favore del con
dannato col trascorso di trent' anni compiti, a cominciare
dal giorno della sentenza: il condannato per non rientre
r in quei diritti, n riacquisterquellecapacitdicuifuprivato
per sentenza. E l'art. 138: contro le sentenzedi condanna a
pene criminali minori della morte, o dei lavori forzati a vi
ta, la prescrizione si acquista in favore del condannato col

261
trascorso di venti anni compiti , a cominciare dal giorno
della sentenza: se per questa avr inflitto una delle pene
che la legge riguarda come infamanti, il condannato non
rientrer nell'esercizio dei diritti politici, di cui nel primo
alinea dell' art. 19. Cos adunque i condannati alla pena
di morte, dell' ergastolo o dei lavori forzati a vita, di cui
l' art. 3 delle disposizioni transitorie del codice civile, anche
dopo la prescrizione della pena sono soggetti alla interdi
zione legale e dei pubblici uffici; essi sono piombati nel
l'abisso ; ogni vincolo tra loro e la societ rotto. I con
dannati alla pena dei lavori forzati a tempo dopo la stessa pre
scrizione della pena sono ripristinati nella pienezza della ca
pacit civile, ci che ora ha ben poca influenza, in quanto
che a tenore delle stesse disposizioni non sono soggetti a
legale interdizione; ma non lo stesso riguardo alla ca
pacit politica, allorch l' interdizione dei diritti relativi abbia
avuta la sua causa dalla generale interdizione dei pubblici
uffici, non gi da condanna a pena correzionale, che abbia
portato seco la perdita, in specie, dei diritti politici.
La ragione della differenza facile a spiegarsi. La pre
scrizione della pena una prescrizione liberatoria del diritto
di esecuzione : ma le pene, come appunto quella della stessa
interdizione dei pubblici uffici, che non hanno bisogno, per
essere messe ad effetto, di alcun atto fisico di esecuzione, e
dalle quali il condannato si trova colpito pel solo fatto della
sentenza divenuta irrevocabile, non sono suscettibili di tale
prescrizione. Qui non vale invocare la prescrizione acquisi
tiva, perch principio che lo stato delle persone non si
acquista n si perde mai per prescrizione: d'altronde non
pu ricorrersi alla regola che l' accessorio segue la sorte
del principale, per dedurre che le incapacit ai pubblici uf
fici debbano disparire colla pena principale poich anche nel
caso di prescrizione della pena corporale, queste incapacit
o interdizioni sussistono, in quanto colpiscono il condannato
eziandio dopo l'espiazione della pena, e anzi non cominciano
che allo spirare della medesima.
37. Questione grave pu sorgere invece sulla prescrizione
della sorveglianza della pubblica sicurezza : e rispetto ad essa

262
sembra dovere distinguere tra il caso in cui la condanna
principale sia stata eseguita, e quello in cui la condanna sia
stata prescritta.
Nel primo caso, infatti, la prescrizione della sorveglianza
della pubblica sicurezza assolutamente impossibile, per
la ragione che dessa non 6 destinata a incominciare che
dopo l'espiazione della pena principale, o corporale, e seb
bene l'autorit amministrativa si astenga dal fissare il luogo
in cui il condannato dovr stabilire la sua residenza, non
per questo pu dirsi che non sia eseguita. La sua esecuzione
indipendente dalle misure facoltative attribuite dalla legge
all' autorit .amministrativa: la sorveglianza della pubblica
cicurezza, ben dice un giurista francese , accompagna il
condannato allo spirare della pena, si continua, si perpetua,
e per conseguenza impossibile. (V) Nel secondo caso, ri
flettendo che l'art. 147, del codice penale, stabilisce delle
misure speciali, che non sono la sorveglianza, contro il con
dannato alla pena di morte o dei lavori forzati per omicidi
o per altro crimine contro le persone, quando sia decorsa
in suo favore la prescrizione, pu sembrare che almeno nei
rapporti di questi crimini la sorveglianza stessa venga a sparire
colla pena principale. Ma ci in realt non . La prescrizione
di una pena non pu correre se non dal giorno in cui pu
ricevere la sua esecuzione : ora qui non pu aver luogo che
a partire dalla liberazione del condannato; in questo stato
di cose, siccome la sorveglianza non sempre porta seco l'ob
bligo di cambiare domicilio, era naturale che il legislatore
provvedesse riguardo al medesimo nei casi in cui ha creduto
utile ed opportuno.
L' art. 147 citato dispone precisamente cos: Nei casi di '
prescrizione delle pene di morte o dei lavori forzati pronun
ciate per omicidi o per altro crimine contro le persone, il
condannato non potr abitare nel luogo ove dimora l'offeso, n
in caso di morte di questo, nei luoghi ove dimorano i suoi
eredi immediati, o il conjuge, od i congiunti per consangui-

(I) Desrosiers, 1. c. pag. 147.

_ 263
neit od affinit sino al terzo grado inclusivamente, se non
col consenso in iscritto dei medesimi. Di tale consenso dovr
far constare il reo prima di ottenere il decreto della Corte.
Nel caso che non s'ottenga il consenso, il condannato non
potr stabilire la propria residenza che alla distanza che sar
determinata dalla Corte, la quale non potr essere minore
di tre miriametri. Il saggio scopo di queste disposizioni
quello d' allontanare l' uccisore dai luoghi abitati un tempo
dalla sua vittima, o dalla famiglia di essa, e d'allontanare il
colpevole dal teatro del suo misfatto; di rassicurare i testi
moni e i giurati; di purgare infine le grandi citt della pre
senza d'una moltitudine di liberati che vengono a perdersi
nella folla, e le di cui intimit e associazioni incutono giu
sto timore alla societ pel mantenimento della tranquilliti
pubblica. Questa sorta di bando non sta dunque senza grave
ragione. (2)
38. A questo punto, dei mezzi di restituzione ammessi in
diritto moderno non resta che a parlare della riabilitazione.
La riabilitazione l'atto solenne che ristabilisce un condan
nato nei diritti di cui fu privato per condanna penale. Essa
pi che una restituzione graziosa una restituzione legitti
ma, e anzi la pi importante. Infatti regolata con norme
certe e precise dalla legge, ed i magistrati sono incaricati
di referire e provocarla presso il potere Sovrano, quando
ricorrano le condizioni dalla medesima indicate.
L' art. 834 del nostro codice stabilisce , che pu essere
riabilitato ogni condannato ad una pena criminale importante
la interdizione di cui agli art. 19, 25 e 39 del codice pena
le, il quale avr scontata la sua pena, o avr ottenuto de
creto reale d' indulto, di commutazione, o di condono per
grazia. Peraltro, la dimanda di riabilitazione non pu essere
fatta dai condannati ai lavori forzati a tempo, alla reclusione
e alla relegazione, se non cinque anni dopo che avranno
(2) Il codice d'istruzione criminale francese all'art. 635 estende
questa disposizione anche ai reati contro la propriet. Ma giusta
mente il nostro codice di procedura penale l'ha ristretta ai reati
contro le persone.

264
scontata la loro pena ; e dai condannati alla sola interdi
zione dei pubblici uffici, se non dopo cinque anni a contafe
dal giorno in cui la condanna sar divenuta irrevocabile.
Di pi, nel caso di commutazione, la domanda di riabilita
zione non pu esser fatta se non cinque anni dopo scontata
la. nuova pena ; e nel caso di condono , cinque anni dopo,
come vedemmo gi, l'annotazione del decreto di grazia o la
declaratoria d' ammissione al godimento dell' indulto (3).
39. Per queste disposizioni, la prima questione che si pre
senta quella di decidere, se parlandosi di riabilitazione da
condanne a pene criminali, le quali importano interdizione
legale, dessa possa aver luogo anche a seguito di condanne a
pene correzionali.
In appoggio della negativa sufficientemente esplicita la
lettera delle disposizioni della legge sopra riportata. D' al
tronde, il susseguente disposto dell'art. 847 spiega in modo
preciso il concetto del legislatore, rispetto a tali condanne, in
questi precisi termini : Il condannato ad una pena che non
sia criminale, e che per disposizione di legge speciale porti
seco l'esclusione di lui dall'esercizio dei diritti di elettorato
e di eleggibilit nei comizi per le elezioni amministrative o
politiche, o porti un'altra incapacit qualunque, potr essere
riabilitato dopo trascorso il termine prescritto dall'art. 835.
Questo stato di cose non pu recar meraviglia, se si pensa
che le pene correzionali non furono mai e non sono infa
manti, n importano, per s stesse, incapacit al godimento
o all' esercizio di diritti civili o politici, se non in virt di
leggi speciali, rispetto alle quali provvede sufficientemente
questo stesso art. 847 1.4).

(3) V. capo III. pag. 255 n. 28.


(4) In Francia v. per la negativa: Demante, Revue de dir.
frane, t. VI. pag. 928; t. VII. pag. 85 Hanin, 1. c. pag. 328
e aut. cit. Il decreto 1 8-22 aprile 1848, dette facolt al Ministro
di accordare la riabilitazione ai condannati a pene correzionali
dopo tre anni dalla espiazione della pena. (Humbert, 1. c. pag.
423). La legge 18 maggio 3 luglio 1852, regol meglio <mesta
specie di riabilitazione.

2G
40. Anche il contumace pu essere riabilitato, perocch
la legge ammette la riabilitazione in termini generali senza
distinzione tra condanna in contraddittorio o in contumacia.
Invece non pu essere riabilitato colui il quale gi lo sia
stato altra volta per antecedente condanna; e il recidivo non
pu dimandare la riabilitazione se non decorso il doppio ter
mine ordinario, ossia dieci anni (5).
La vigente legge francese in materia pi saggia e li
berale della nostra. L' art. 619 del codice d' istruzione cri
minale in origine parlava di riabilitazione da condanna per
crimine; ma dopo molte opposizioni della dottrina e della
giurisprudenza, in virt del decreto del 18 aprile 1848 (4) e
della legge del 3 luglio 1852 , cessata ogni anomalia, e
cosi rimane disposto : ogni condannato a pena afflittiva o
infamante, o a pena correzionale, che ha espiata la sua con
danna o che ha ottenuto grazia, pu essere riabilitato (6).
41. Ma quali sono gli effetti di questa riabilitazione?
L' art. 836 dichiara, che l' effetto della riabilitazione
quello di far cessare per l' avvenire nella persona del con
dannato tutte le incapacit resultanti dalla condanna, ad ec
cezione dell' interdizione dell'esercizio dei diritti politici, di
cui nel primo capoverso dell' art. 19 del codice penale.
Ora, tale disposizione a prima giunta pu sembrare in con
tradizione con quella dell' art. 834 in line, il quale ammette
la riabilitazione da condanne all'interdizione dei pubblici uf
fici, e coll' altra dell'art. 847, il quale ammette la riabilita
zione da condanne importanti l' esclusione dall'esercizio dei
diritti di elettorato ed eleggibilit, o altre incapacit. Ma
per verit realmente non esiste contradizione, ma si oscura
e cattiva dizione della legge.
L' art. 834 la regola il diritto alla riabilitazione
da qualsiasi condanna criminale : l'art. 836 l'eccezione
l' esclusione perpetua, senza remissione, da alcuni diritti abo
liti dalla pena dell' interdizione dei pubblici uffici., e per
l' appunto i diritti politici. L'art. 847 poi intende parlare
(5) Art. 835.
(6) Dalloz, 1. c.

266
della riabilitazione da condanne le quali traggono seco la
perdita dei diritti politici, non in causa di questa interdizione
generale, che pena criminale perpetua, ma per disposizioni1
di legge speciale, come avviene riguardo alle condanne a pene
correzionali. Adunque, in conclusione, pella combinazione di
questi articoli , la riabilitazione sempre ammissibile , per
ogni specie di condanne, la quale colpisca la capacit politica,
salvo che pegli effetti dei diritti politici, nel caso che sieno
stati tolti per condanna alla interdizione dei pubblici uffici.
42. Riguardo in specie al diritto di far parte dell'esercito na
zionale, che sott' altro aspetto, come sappiamo, pure un
dovere, il deputato Negrotto nella discussione del nuovo Pro
getto sul reclutamento militare raccomand alla Commis
sione di non colpire di esclusione i condannati riabilitati (7).
Questa raccomandazione non incontr contrasto, e per verit
nulla ci sembra che si opponga a che sia tradotta in legge.
La riabilitazione non pu essere che piena ed assoluta; una
riabilitazione soggetta a condizioni o restrizioni secondo
noi inammissibile, perch ripugna ad ogni principio di ragione.
Essa soggetta a tante garanzie, che ben pu considerarsi
come ragione abolitiva dell' esclusione, nell'interesse stesso
dello Stato, almeno per certi reati che dimostrano minor
pravit ed ignobilt di animo.
43. Qui sarebbe superfluo fermarsi sulle forme della riabilizione : esse sono stabilite dagli art. 837, 838, 839, 840, 841 .
842, 843, 844. Peraltro il parere che deve dare la sezione d'ac
cusa al Ministro di grazia e giustizia deve essere motivato?
L'affermativa l'opinione pi fondata perocch da questa
motivazione che deve prendere le mosse la relazione che il
Ministro deve fare al Re. In contrario si dice da alcuni, e
tra questi da Dalloz (8), che questo parere spesso non ha
fondamento se non in confidenziali informazioni , le quali non
bene che si facciano palesi: ma chi mai che vuole violare
il segreto ? Si pu ammettere l'obbligo di motivare il parere
per rendere impossibile l' arbitrio, e quello del segreto in(7) Sedute 18 gennaio e 6 febbraio 1873.
(8) Repcrt. V. Droit. civtt. n. 755.

267
sieme, nell' interesse della buona amministrazione della giu
stizia. Ci che non sarebbe in alcun modo ammissibile il
ricorso in Cassazione, poich un parere non un atto di
giurisdizione contenziosa, e quindi non pu andar soggetto
alle rispettive regole di riforma.
La riabilitazione produce il suo effetto dal giorno in
cui la Corte, che pronunci la sentenza, avr data lettura
del decreto in pubblica udienza, a termini dell' art. 844 del
codice di procedura penale. Essa, come l'indulto e la grazia,
lascia intatta 1' azione civile per la riparazione del danno
derivato dal reato, e altri diritti del Fisco o dei terzi (9;.
(9) Cod. proc. peri. art. 44. Cod. pen Ha1. art. 136.

208
rarto V.
ESAME DEI VARI SISTEMI IN PROGETTO
SULLA CONDIZIONE GIURIDICA DEI CONDANNATI
CAPO I.
Della capacit dei condannati, secondo i progetti
di codice penale unico
1.
2.
3.
i.
5.
fi.
7.

Necessiti di entrare nella legislazione in progetto.


Idea della condizione giuridica del condannali nella stessa legislazione.
Vari progetti da prendersi in esame.
Sistema penale d' incapacit civili dell' On. De Falco.
Id. del codice del 1868.
Id. del codice del 1870.
Imperfezioni di questi sistemi.

1. Non passer molto tempo che una buona volta la le


gislazione penale sar unificata per intero da un nuovo co
dice: questo il desiderio generale; questo il punto cui
tende la nostra legislazione in conseguenza dell'unificazione
politica.
In tale stato di cose potremmo mai limitarci in questo
lavoro alla parte sola del diritto constituito? Non ci sembre
rebbe ragionevole n opportuno, per non lasciare incompleto
lo svolgimento della materia di cui fu gi esame. Vero
che toccando delle disposizioni delle nostre leggi non man
cammo di fare quelle osservazioni che credemmo utili sotto
l' aspetto teorico ; ma qui non basta accennare a delle idee
separate, d' uopo veramente discutere completamente un
sistema; vedere quale fra i vari sistemi quello che meglio
si conforma al progresso scientifico e alla civilt moderna.
2. Sulla condizione giuridica dei condannati, non sempre
le stesse idee hanno inspirato i diversi Progetti di un nuovo
codice penale unico per tutto il Regno. Invece gravi discor
danze si riscontrano in essi : un principio o un sistema ben
accolto oggi disconfessato dimani ; la proporzione delle
pene e il rispetto alla personalit dell' individuo si trovano

2C9
spesso in contrasto coll' eccessivo rigore abolitivo di diritti
civili ; i giurisperiti colla conscienza universale ; questa coi
principi del diritto e dell' utile sociale.
Il legislatore da lungo tempo si aggira nelle stesse in
certezze : niuna radicale innovazione fu mai progettata; niun
sistema ha preso definitivamente il posto sull' altro. Dal
sistema della perdita dei diritti civili e politici a quello del
l' assenza dichiarata ; dal sistema dell' interdizione legale
piena a quello della interdizione patrimoniale; e via via dal
l' uno all'altro, niuna uniformit di vedute e di leggi pot
mai verificarsi.
Le incapacit civili e politiche, si e ripetuto sempre, sono
una conseguenza di alcune pene afflittive. Raramente si
riflettuto, che in realt sono delle pene vere e proprie, le
quali necessario che abbiano di per s certi caratteri
di giustizia, di moralit e di armonia coi delitti, si per la in
tensit che per la specie. Di qui l'origine di dubbi e incer
tezze: di qui tanta diversit di sistemi.
Allorch in Francia trattavasi di abolire la morte civile,
giustamente osservava Moliner, che lascelta di un sistema
d'incapacit molto difficile. Qui d'uopo sodisfare alle mire
della legge e provvedere alla necessit delle diverse condizioni
nelle quali le condanne in contraddittorio o in contumacia pon
gono i condannati, per .rapporto alla loro persona e ai loro
beni (1). Qui bisogna rammentare che se la societ ha i suoi
diritti, non meno imperiosi ne ha l' umanit.
3. I Progetti di codice penale che formeranno obbietta del
nostro esame sono: quello dell' on. De Falco del 1866 (1 li
bro): quello elaborato dalla Commissione legislativa del 1868:
quello riveduto dalla Commissione ministeriale del 1870. E
anzi tutto riguardo alle incapacit civili, dipoi riguardo alle
incapacit politiche.
4. Il Progetto dell 'on. De Falco bandi la pena di morte. Tal
pena, che per le sue attinenze coll' ordine morale, coi diritti
dell'individuo e della conservazione sociale, importala pi de
licata questione della scienza dei delitti e delle pene, ormai
(1) icvue e'r. et frane. 1866, pag. 482.

270
condannata dal principio filosofico, ed dubbio assai che sia
sorretta dal principio della necessit politica, dell' esempio e
della intimidazione. Sarebbe qui fuor di luogo trattenersi a
lungo su questo punto: ci basta di rammentare, che neppure
allorquando la pena di morte stata applicata colla pi grande
prodigalit i reati sono sensibilmente diminuiti n in numero
n in intensit : omai i giurisperiti, il Parlamento, l' opinione
pubblica 1' hanno condannata, e certo destinata irremissi
bilmente a sparire. (2)
Lo stesso Progetto alla pena di morte sostitu l'ergastolo per
petuo col sistema Filadelfiano lavoro in cella a segregazione
continua, a profitto dello Stato. Ma, senza entrare a discu
tere i pregi e i difetti del nuovo sistema, non deve omettersi
d'avvertire, che se alla morte in un colpo si sostituir una
morte lenta lenta, con infiniti ed acerbi patimenti fisici e mo
rali, l' umanit rimarr ben poco grata a coloro che ne scri
veranno 1' abolizione I (3)
(2) Dopo Beccaria, rammenta il Prof. Carrara, (Progr di dir.
crim. pag. 380, 661) hanno sostenuta l'abolizione della pena,
di morte, Malanima, Brissot, Lucas, Pastoret, Livingston, CarM1GNANI, DUCPTETIAUX, PUCCIONI , PEREZ DE MOLINA, ELlERO:
e noi adesso aggiungiamo, Mittermajer, e gli onor. membri della
commissione legislativa pel codice penale, unico dell'anno 1868, cio
PAOLI,PESSINA, PlSANELLI, MARZUCCHI, ARABIA, CONFORTI, MORELLI
Ambrosoli, Vacoaron e. Hanno invece sostenuto il mantenimento
della stessa pena, Ulloa, Vanghert, Bensa, Silvela, Kant, e quasi
tutti i giuristi francesi, come Montesqieu, Rousseau, Merlin, De
Maistre, Trebutien, Chauveau ed Helie ed altri
(3) Questo progetto stabilisce la seguente scala di pene crimi
nali : l'ergastolo perpetuo: 2 lavori forzati a vita: 3" deten
zione straordinaria : 4 lavori forzati a tempo: 5 reclusione:
6 detenzione a tempo: 7 interdizione dei pubblici uffici.
La detenzione si ordinaria che straordinaria e la reclusione sono com
minate contro i colpevoli di reati politici, o di reati commessi nel
l'impeto d'ira, provocazione ecc., i quali rivelano un animo ben
distinto da quello che si manifesta nei reati comuni , originati
da male passioni, come l' odio, la vendetta, la cupidigia ecc.
In questa classificazione di pene ben si scorge tutto un nuovo si
stema, pi in armonia colla specie di delitti, sebbene non troppo
semplice.

- 271 Dipoi allargando alquanto il sistema delle incapacit ci


vili, in armonia con la nuova scala di pene afflitive, stabil:
1. Che i condannati all'ergastolo, ai lavori forzati a vita
e a tempo, alla reclusione, alla detenzione, al quarto e al
quinto grado della detenzione , e al terzo nei casi di recidiva
e di concorso di pi misfatti, fossero soggetti durante la pena
all' interdizione legale: 2. Che l'interdizione legale togliesse
al condannato la capacit di amministrare i suoi beni, d'alie
narli, ipotecarli, o disporne altrimenti che per testamento,
onde dovesse nominarglisi un tutore per agire in suo nome
ed amministrare i suoi beni nel modo prescritto dal codice
civile per gli interdetti per infermit di mente: 3. Che le di
sposizioni relative all'amministrazione dei beni degli interdetti
dovessero applicarsi all' interdizione legale dei condannati; e
durante l' interdizione non potesse loro essere rimessa alcuna
somma o porzione delle rendite patrimoniali, eccetto qualche
tenue sussidio alimentario: che cessata l' interdizione legale i
beni del condannato dovessero restituirsi e i conti dell' am
ministrazione rendersi a chi di diritto. (4)
Questo sistema non sembra essere stato quello dell' in
terdizione patrimoniale semplice, ma s l'altro dell'interdi
zione legale piena: il Progetto, infatti, richiama puramente e
semplicemente le disposizioni relative all'interdizione giudi
ziaria per infermit di mente, senza aggiungere distintamente
alcuna speciale incapacit come quella per esempio della
potest patria o maritale. La espressione poi durante la
pena applicata s alle condanne afflittive perpetue che tem
poranee, porta naturalmente a far supporre una certa beni
gnit per coloro i quali condannati a pene afflittive perpetue
ne vadano in seguito esenti in uno dei modi ammessi dalla
legge, come per amnistia' o per grazia, o per prescrizione.
5. Nel Progetto della Commissione legislativa del 18G8
vedesi mantenuta l' abolizione della pena di morte, ma l'at
tuazione di questo generoso provvedimento fu subordinata a
grandi innovazioni nel sistema penale (.">). Lo stesso Prof.
(4) Art. 24. 25.
(5) Questo Progetto contiene questa seala penale, senza distili

272
Carrara, s caldo partigiano di questa abolizione, e il Comm.
Conforti espressero l'idea di subordinarla ad una nuova scala
penale e ad un nuovo sistema penitenziario. Nello stato at
tuale delle carceri, in cui il numero delle evasioni dei mal
fattori pur troppo rilevante, eglino osservarono essere
conveniente sospendere l' abolizione completa; poich se il
popolo vedesse che con siffatta misura posto in bala del
pi scellerato, il quale riuscendo a fuggire potrebbe impu
nemente commettere i maggiori reati, sicuro di non avere
in ogni peggiore ipotesi che a rientrare in carcere per es
iliarvi la pena interrotta, scorgerebbe in ci un segno di de
bolezza ed un abbandono della tutela sociale (6).
Il condannato all' ergastolo nello stesso Progetto equiparato a chi dichiarato assente per sentenza, onde
detto che a lui sono applicabili le disposizioni del codice ci
vile, libro I, tit. Ill, cap. Ill, le quali determinano gli effetti
della dichiarazione d'essenza (7). Il condannato alla reclusione
invece equiparato a chi dichiarato interdetto per sen
tenza; ond' detto che a lui sono applicabili le disposizioni
del codice civile, libro I, tit. X, cap. II, le quali determinano
gli effetti della interdizione dichiarata (8).
Questo sistema pur quello dell'interdizione legale pienn,
poich toglie l'esercizio di tutti i diritti civili, e perfino la facolt
di testare, salvo che rispetto al condannato alla reclusione (9).
6. Il Progetto riveduto dalla Commissione ministeriale
zione tra pene criminali, correzionali e di polizia. 1. Erga
stolo: 2 reclusione: 3 relegazione: 4 prigionia: 5 de
tenzione : 6 confine: 7 esilio : 8 interdizione dei pubblici
uffici: 9. multa: In questa scala scorgesi un miglioramento
sopra il Progetto dell' 1866, nella classificazione delle pene secondo
la natura e la specie dei reati : 1' ergastolo e la prigionia sono
stabilite pei reati comuni senza il concorso di alcuna causa scu
sante: la reclusione e la detenzione per gli altri: la relegazio
ne in specie pei reati politicI.
(6) Verbale n. 17 Seduta 25 marzo 1866 pag. 125 e 126.
(7> Art. 35. 2.
l8j Art. 36. . 2.
(9) art. cit. . cit.

273
del 1870, riproducendo uno stato di cose che ormai credevamo
cessato per sempre ha fatto dei passi indietro nella via del
progresso e della civilt. Esso ha soltanto il merito di avere
riordinato e migliorato la serie delle pene e la scala penale.
Allorch echeggiava ancora un grido generale di ripro
vazione contro il carnefice, ha ripristinata la pena di morte.
Allorch vedevasi dimenticata ogni traccia della morte civile,
si ad essa ravvicinato con un sistema di perdita dei diritti
civili simile a quello del codice civile Albertino, gi abrogato
dalle disposizioni transitorie del codice civile vigente.
Il condannato alla pena di morte e della reclusione a
vita 1' ha assoggettato alla decadenza dei diritti civili, e cosi
alla perdita: a) del possesso e del godimento di tutti i suoi
beni e del diritto di acquistare e di disporre per donazione
o per testamento, e quello di succedere, salvo che per legato
a titolo di alimenti: b) della potest patria e maritale, e della
capacit di essere scelto a tutore o curatore e di concorrere
agli atti relativi alla tutela ed alla cura: come pella inter
dizione dei pubblici uffici: c) della capacit di far testimo
nianza sia negli atti, sia in giudizio: d) della capacit di sta
re in giudizio come attore e come convenuto, fuorch per
ministero di procuratore: e) della facolt di testare, salvo
in favore del coniuge degli ascendenti e discendenti: il te
stamento gi fatto prima della condanna lo dichiar nullo,
salvo sempre nelle disposizioni riguardanti tali persone ilO).
Il condannato alla pena della reclusione temporanea l'ha
equiparato all' interdetto per sentenza, durante la pena, as
soggettandolo alle disposizioni del codice civile che determi
nano gli effetti della interdizione dichiarata. Ad esso ha non
dimeno mantenuto il diritto di disporre liberamente dei pro
pri beni per testamento (11).
Il pregio di questo Progetto quello di avere abolita
la terribile pena dell' ergastolo e dei lavori forzati per so
stituirvi la pena pi mite e meno degradante della reclusione
perpetua o temporanea. Anche in questo per non ci sembra
(10) Art. 37. . 3.
(ti) Art. 38. . 2. '

- 274 che abbia raggiunto la perfezione desiderabile. La scala pe


nale debbe essere ancora ritoccata, le case di reclusione hanno
bisogno di un nuovo riordinamento (12). Possibilmente dob
biamo cercare che non si verifichi sproporzione alcuna tra
pena e pena riguardo ai reati che differiscono tra loro in
gravit ed intensit. Possibilmente dobbiamo tenere separati
condannati da condannati, onde grave pericolo non sovrasti
alla societ da una certa comunione tra loro, e adottare un
sistema di reclusione che impedisca veramente le evasioni.
Il difetto del sistema di detenzione non nuovo nel
Progetto del 1870; anzi inveterato presso di noi, e da' lungo
tempo preoccupa giustamente le menti degli esperti. Il Pro
getto dell' on. De Falco contiene in questo riguardo dei ra
gionevoli e utili miglioramenti.
7. Nei Progetti del codice penale ora esaminati non pu
dirsi che le instituzioni del passato non abbiano spiegato il
loro influsso. Il Progetto del 1870 col suo sistema della per
dita dei diritti civili mantiene ancora, come accennammo, le
impronte disastrose della morte civile. E il Progetto del 1808
(chi il crederebbe ?) poco manc che non sanzionasse il si
stema della confisca dei beni. (13}
La Commissione legislativa per mezzo dell' on. Prof. Tolomei propose, che coli' interdizione accessoria dei diritti ci
vili, in certi casi determinati avesse luogo la perdita di tutti
i beni del condannato, sulle traccie del codice penale Napo
letano. Ma il Presidente della stessa Commissione, l'on. Pisanelli, giustamente combatt con molta vigoria questa strana
proposta. Pu accadere infatti, ed accaduto sotto 1' impero

(12) Questo Progetto passa dalla pena di morte a quella della re


clusione; maevidentemente tra 1' una e 1' altra vi un intervallo
troppo grande. All'art. 13 pone fra le pene criminali: 1 la morte:
2 la reclusione a vita: 3 la reclusione temporanea: 4 la re
legazione : 5 la decadenza dai pubblici uffici. Non 6 stato troppo
BOttile nella distinzione delle pene secondo la natura e la specie dei
reati : soltanto la relegazione ha stabilita pei reati politici.
(13) Verbale n. 27. pag. 28l.

275
del rammentato codice penale Napoletano, che un uomo con
dannato alla perdita dei beni, privato di ogni sostanza di cui
restano investiti i successibili, se pi tardi graziato o pre
scrive la pena, debba ritornare, vecchio cadente ed impo
tente al lavoro, al suo luogo natio, e non trovi un tozzo di
pane, e con miserando strazio sia respinto dalla propria casa,
dai Agli suoi
!
La perdita dei beni si risolve in una confisca mu
tata la destinazione di essa e cio surrogati i parenti al
Fisco. Ma chi pu mai dimenticare le acerbe critiche che ha
riscosso il sistema della confisca e quello delle pene pecu
niarie ? Nel secolo XIX non possiamo tollerare neppure
la rimembranza di un sistema che ormai nel dominio del
passato. Oggimai, osserv benissimo l' illustre Consiglier
Paoli, non pu darsi successione di uomo vivente! Ci sa
rebbe contrario ad ogni principio di morale e di giustizia.

CAPO II.
Del sistema della perdita dei diritti civili
e dell' assenza dichiarata.
8
9.
10.
11.
12.
13.
li.
15.
IC.
17.

Vari sistemi da prendersi in esame.


Principi razionali sui diritti di personalit rivile.
Sistema della perdita dei diritti civili.
Sua opposizione alle regole di un buon sistema punitivo.
Opinione del Cons. Borsari in materia.
Nostre idee in contrario.
Sistema dell'assenza dichiarata.
Disposizioni del Progetto di codice penale unico del I8C8: esame di esse.
Reminiscienze della morte civile
Principi del Prof. Pessina sul sislema d' incapacit civili: conseguenze
dei medesimi.

8. I sistemi d'incapacit civili sin ora esaminati sono:


1. quello della perdita dei diritti civili secondo il codice penale
sardo e il Progetto di codice penale unico del 1870: 2. quello
di considerare il condannato come in stato di assenza dichia
rata secondo il progetto dell'on. De Falco. 3. quello della in
terdizione legale piena secondo il codice penale toscano e il Pro
getto del 1868: 4. quello della interdizione patrimoniale sem
plice colla perdita di alcuni speciali diritti, come quello di pote
st patria e maritale, di e tutela curatela, secondo le vigenti di
sposizioni transitorie del codice civile.
Ma quale tra questi sistemi degno di preferenza? Que
sta ricerca sar l'obbietto del nostro esame in questo capo
e nei seguenti.
9. Il legislatore non crea la personalit civile, ma la ri
conosce e ne garantisce unicamente il rispetto colle sanzioni
penali contro coloro che si attentino ad attaccarla.
I diritti di personalit civile non sono n un favore n una
concessione della legge, sibbene la condizione necessaria della
esistenza, il substrato della personalit umana come tale.
Essi sono l'origine della famiglia, della propriet, della suc
cessione, insomma di una serie di rapporti sul cui rispetto
ha base l' ordine sociale.
Per questo il legislatore non pu arbitrariamente as

277
soggettarli alla sua azione concedendoli o togliendoli a vo
lont. Quando un individuo si rende colpevole di qualche reato
e bisogna punire, il magistero punitivo, di cui investito,
non gli lecito estenderlo sino a violare questi diritti di
personalit civile o umana, manomettendone l'integrit e constituendola per sempre in una condizione degradata che sia
la negazione assoluta della esistenza sociale. Certe trasfor
mazioni di personalit, la capitts deminutio vera e propria,
si attengono ad un organizzazione sociale che impossibile
far rivivere nei tempi moderni.
Allorch un individuo esiste, noi non possiamo conside
rarlo come inesistente : la morte civile sotto tutti gli aspetti
pi o meno completa, riprovata dalla conscienza univer
sale. Allorch un individuo esiste, noi non possiamo dimenti
care i rapporti che mantiene colla famiglia e colla society
sebbene rinchiuso in una casa di pena, questi rapporti sono
indistruttibili.
Il magistero punitivo impone delle garanzie sul modo
cnn cui tali rapporti nell' interesse pubblico e privato hanno
a svolgersi e stabilirsi, ma non mai la loro distruzione; di
struggerli al di l del suo dominio, al di l dei limiti del
giusto e dell'utilit sociale.
La distruzione dei diritti civili constitutivi della perso
nalit civile o umana si oppone allo scopo del punire, pe
rocch riesce ad un effetto opposto a quello che il legisla
tore deve proporsi; causa, cio, di demoralizzazione, invece
che di miglioramento ed emenda del condannato.
N d' altronde potrebbe giustificarsi col principio della
necessit sociale. Necessit sociale quella d' impedire al
condannato di nuocere pi oltre, di assicurare, cio, e ga
rantire i buoni contro gli attacchi del malvagio. Necessit
sociale insomma quella di togliere al condannato medesi
mo la libert individuale sino al punto che il diritto di pu
nire il permette. Ma non davvero necessit sociale colpirlo
d' anatema rispetto agli atti civili per tutta la vita; colpirlo
con danno irreparabile, condannarlo all' ostracismo della fa
miglia e della societ.
11. La distruzione dei diritti civili pena che non ha i ca
ratteri i quali deve avere un buon sistema punitivo, perocch:

278
1. Non personale. Per verit colpisce non solo la per
sona del condannato, ma anche quella del coniuge, dei figli,
degli altri congiunti, e spesso anche di molti aderenti. Pren
diamo ad esempio la privazione del diritto di succedere. Essa
impedisce che il patrimonio del condannato si arricchisca :
ma ci non solo in riguardo a costui, ma anche di tutte
le rammentate persone, che in seguito gli sarebbero succe
dute. Prendiamo ad esempio la privazione del diritto di far
testamento. Se specialmente il condannato non abbia parenti
prossimi, impedisce ingiustamente che il condannato possa
far pervenire un' equa remunerazione a quelle persone che
l' abbiano beneficato o in qualsiasi modo onesto e legittimo
abbiano da lui ben meritato. Prendiamo infine ad esempio
la privazione del diritto di contrarre matrimonio e di legit
timare o riconoscere un figlio. Essa una ingiustizia ed una
crudelt senza pari, perocch sacrifica la vittima dell'amore
e della seduzione, e gli innocenti figli.
2. Non uguale per lutti. Secondo la qualit dei condan
nati, le privazione dei diritti civili o inefficace o esorlitante. E inefficace pel condannato di bassa sfera sociale ,
privo di mezzi di fortuna, incolto : esorbitante pel condan
nato di condizione di qualche elevatura, fornito di tai mezzi
e di una certa educazione e istruzione. Cosi se togliete, ad
esempio, il diritto di succedere o di far testamento a chi non
ha a sperare eredit e nulla possiede, o il diritto di con
trarre matrimonio, di legittimare o riconoscere un figlio a
chi non ha alcuna colpa di paternit da riparare, farete ve
ramente opera vana ed illusoria. Ma ci non sar certamente
se questi diritti li toglierete invece a persona discendente
da ricco lignaggio, agiata, a cui il favore della legge rispetto
al matrimonio, alla legittimazione e al riconoscimento dei fi
gli non giunga inopportuno.
3. Non divisibile almeno nel sistema delle moderne le
gislazioni. La perdita dei diritti civili infatti stabilita co
me conseguenza delle condanne a morte, ai lavori forzati a
vita, e spesso ai lavori forzati a tempo, o ad altre pene cri
minali, senza gradazione, indipendentemente dalla natura e
specie del reato.

279
4. Non riparabile. Quando una eredit, per incapacit
di quegli cui sarebbe spettata, sia trapassata in altre mani
o in altra famiglia che la sua, egli ne perde irremissibilneute i vantaggi, e nulla vale che in seguito si venga a
riconoscere l' errore della sua condanna, oppure sia amni
stiato o graziato. Quando la vittima dell'amore o della se
duzione e gli innocenti tgli sieno morti, il colpevole autore
lasciato crudelmente in bala ai suoi rimorsi, si rende im
possibile una riparazione della colpa e della sventura, e nulla
vale anche qui qualsiasi avvenimento che dimostri l' inno
cenza del condannato o la giustizia del favore sovrano.
12. Per queste ragioni non ci sembra di poter seguire l'idea
del Consiglier Borsari, il quale rispetto al sistema della per
dita dei diritti civili stabiliti dall' art. 20 del codice penale
sardo, ora italiano, con richiamo dell' art. 44 del codice ci
vile Albertino , cos si esprime. Le incapacit da questi
articoli stabilite sono perfettamente correlative allo stato del
condannato a perpetuit ; seguono la natura delle cose, rap
presentano la materiale e morale incapacit della sua azio
ne ; sono improntate dei caratteri della penalit senza ecce
dere la misura, senza finzioni crudeli e senza essere pi ir
reparabile delle pena principale (1). La reparabilit cui
qui si allude, se pu riscontrarsi quanto al possesso e al go
dimento dei beni passati agli eredi, non lo stesso agli ef
fetti possessori dei beni passati ad estranei. E d' altronde,
il diritto stesso di reintegrazione, riguardo alla prima specie
di beni, non certamente il rimedio massimo di una grave
ingiustizia patita, poich quando gli eredi ne abbiano tra
scurata l' amministrazione, distrutto ogni risparmio, di ben
misero edetto riuscirebbe.
6. Il Consiglier Borsari, come gi altrove annotammo,
redarguendo i compilatori del codice civile italiano, di aver
taciuto sulla condizione giuridica del condannato, proclama
altamente che la pena eccede e diventa barbara, incivile,
inumana, se offende, schernitrice e crudele la dignit per
sonale sempre rispettabile in tutti e per tutti ; se essa oltre(1) Detl' azione penale, pag. 606.

280
passa la dolorosa necessit del punire, come eccede il terri
bile diritto della guerra il mutilare a sangue freddo e l'op
primere di catene il prigioniero reso inoffensivo (2). Ma, in
lede nostra, non sappiamo se sia attenersi a giusti limiti
rinchiudere un uomo, per tutta la vita, in una casa di forza
o in un bagno, e poi togliergli tutte le prerogative della
personalit civile, come il possesso e il godimento dei
beni la facolt di disporre in qualsiasi modo della pro
priet dei medesimi il diritto di succedere il diritto
di acquistare in virt di donazione tra vivi o per testamen
to, salvo che per causa di alimenti il diritto di disporre
sia per donazione tra vivi, sia per atti di ultima volont dei
beni che avesse in seguito acquistati il diritto di eser
citare la patria potest il diritto di concedere l' autoriz
zazione agli atti riguardanti gli interessi della moglie il
diritto di essere scelto a tutore o curatore e di concorrere
agli atti relativi alla tutela o curatela il diritto di inter
venire come testimone in un atto pubblico, e di far testimo
nianza giurata in giudizio il diritto di stare in causa
come attore e come convenuto, fuorch sotto il nome e me
diante il ministero di un curatore nominato dal giu
dice infine tutti i diritti politici o pubblici. Quale
altra incapacit pu mai stabilire il legislatore ? Non gli re
sta veramente che dichiarare sciolto il matrimonio e porre
la funesta lapide : Morto civilmente !
Il sistema della perdita dei diritti civili, qual' stabilito
dai codici sardi, ai quali il Consiglier Borsari riferiscesi,
ben poco si discosta da quello della morte civile : mancagli
il nome, non il carattere sostanziale (3). Al condannato
mantiene l' inutile diritto di propriet sui beni posse
duti al momento della pronuncia della condanna; ma gli im
pedisce d' acquistare in seguito o anche dopo la grazia o la
prescrizione della pena , di guisa che i suoi creditori non
possono far valere i loro diritti se non su quei beni mede
simi; ma gli impedisce di disporre del suo patrimonio per
(2) I c.
(3) V. cod pen. sardo del 1859, art. 0 Cod. civ. Albertino,
art. 44 e seg.

281
atto d' ultima volont, onde viene a distruggere il sacro
santo diritto di testare, che si basa su un principio di ra
gione naturale e sfugge all' azione del magistero punitivo.
14. Il sistema che pone il condannato in stato d'assenza du
chiarata, inteso in tutto il suo rigore sembra a noi della
stessa natura ed effetto del sistema or ora esaminato della
perdita dei diritti civili.
A dire il vero il primo sistema pi duro, e pi del se
condo si avvicina alla morte civile. Colui, infatti, che in sta
to d'assenza dichiarata, non pu presumersi n vivo n morto;
ma tale condizione d' incertezza dovendo durare per tutta la
vita del codannato, naturalmente viene a sparire il subbietto
del diritto, a tutti gli effetti giuridici riguardanti la persona
sua, del conjuge, dei figli e dei terzi.
L'art. 42 del codice civile dichiara, che niuno am
messo a reclamare un diritto in nome di persona di cui
s' ignora l' esistenza, se non provi che essa viveva quando
il diritto nato. Ma se il condannato che si pone in stato
d' assenza dichiarata, secondo la regola comune di diritto
relativa agli assenti, non pu legalmente presumersi n vivo
n morto, ne deriva per conseguenza che egli incapace a
far valere qualsiasi diritto in nome proprio o d'altri, come,
allo stesso oggetto, rispetto a lui sono incapaci coloro ai
quali il diritto spetterebbe, quando non sia il caso che la
legge ammette la rappresentazione.
Spieghiamo il nostro conctto. L' assente dichiarato non
pu contrarre matrimonio, n legittimare, adottare o ricono
scere un figlio: non pu esercitare la potest patria o mari
tale, n gli uffici di tutela o curatela. Egli non pu acquistare,
n disporre in qualsiasi modo dei suoi beni, neppure per te
stamento: perde il diritto di stare in causa come attore o
come convenuto, in nome proprio; dopo l' immissione nel
possesso dei beni in beneficio degli eredi, chiunque ha ra
gioni da far valere contro l'assente deve proporle contro
costoro (1). Allorch si dice che uno assente, che s'ignora
se esiste, s' intende bene che non pu presentarsi all' eser
cizio di alcun diritto; altrimenti non sarebbe pi assente.
(i) Cod. civ. art. 35.

282
5. Il sistema in esame, tale quale nel Progetto di co
dice penale unico dell'anno 1868, d luogo d'altra parte a gravi
e numerose incertezze. L' art. O6 dice che al condannato al
l'ergastolo perpetuo sono applicabili le disposizioni delcap. Ili,
tit. Ill, del codice civile vigente, relative allo stato degli as
senti dichiarati: ma il richiamo puro e semplice di queste
disposizioni, senza alcuna aggiunta o schiarimento, apre largo
campo a qnistionare: 1. se gli eredi che sono immessi nel
possesso dei beni del condannato sono tenuti a godere e con
servare le rendite nei modi e nei limiti stabiliti dagli arti
coli 30 e 31 del codice civile; e ci nella totalit, seven
gano alla successione ascendenti, discendenti o il coniuge;
nei quattro quinti nei primi dieci anni dal giorno dell'as
senza, e cosi di seguito nei nove decimi sino ai trenta anni, se
vengano alla successione parenti entro il sesto grado: 2. se
gli eredi e tutti coloro che abbiano diritti dipendenti dalla
morte del condannato, che vuoisi considerare come assente
dichiarato, sieno obbligati all' inventario dei mohili e alla
descrizione degli immobili, o alla cauzione a tenore degli
articoli 26 e 29 dello stesso codice: 3. se il godimento dei
beni nei limiti dei rammentati articoli 30 e 31, debbano te
nerlo sino alla morte naturale del condannato, o sino alla
prescrizione della pena,, o infine sino ai trenta anni dalla
dichiarazione d' assenza e l' immissione nel possesso tempo
raneo.
Pelle disposizioni del codice civile vigente, invocate
dagli autori del Progetto del rammentato codice penale
sembra che il condannato debba ritenersi incapace a testa
re, ma resti per efficace il testamento fatto prima della
sentenza di condanna. Nondimeno, se gli aventi causa e gli
eredi possono entrare al possesso dei di lui beni, se il con
dannato stesso privato di ogni diritto personale e patrimo
niale, evidente che siamo in pieno sistema della morte
civile.
Ma la morte civile ripetiamo ancora, omai definitivamente
condannata dalla scienza e dalla coscienza universale: ognuno
temedi profferire la detestata parola. Come allorasi va in cerai
e si tenta di dar fondamento ad un sistema che n' la precisa

283
riproduzione, salvo che rispetto allo scioglimento del matri
monio? Non sarebbe cosa migliore che il legislatore mani
festasse francamente il punto cui mira, e spiegasse il suo
concetto con disposizioni chiare e precise, piuttostoch atte
nersi timidamente a un sistema il quale la negazione dei
principi medesimi dai quali si protesta di non volersi disco
stare 9 Quando egli pensi che per punire adequatamele
necessario tanto rigore, scelga pure il sistema della perdita
dei diritti civili; ma con una finzione giuridica, col confon
dere, cio, uno stato coll'altro, l'assente col condannato, tra
i quali non passano veri rapporti d' analogia pella rispettiva
condizione morale e giuridica, non sia troppo facile ad aprire
il campo a tante incertezze e tante controversie che gi so
pra brevemente accennammo.
16. Tanto il sistema della perdita dei diritti civili, quanto
quello il quale considera il condannato in stato d'assenza di
chiarata, sembra a noi certo che nell'esercizio del diritto di
punire oltrepassino i limiti posti dalla giustizia sociale e dalle
necessit del magistero punitivo medesimo.
17. Il Prof. Pessina pensa che la privazione dei diritti,
civili a seguito di condanna penale, abbia a fondamento la
necessit di collocare al disotto degli altri uomini , chi at
tenti ai loro diritti, e cosi spiega il suo concetto. Poi
ch l' uomo con l' azione criminosa ha negato l'uguaglianza
giuridica attribuendosi quello che la legge a tutti nega, bene
pu avverarsi per giusta retribuzione una deficinza in que
sta sfera, che compensi l' eccesso derivato dall' abuso della
libert. Alla violazione del diritto che include un porsi al
disopra alle condizioni degli altri, seguita cosi una coerci
zione che mette l' uomo in una condizione inferiore a quella
degli altri, d'uguaglianza per via negativa ripristinata (2 .
L' esimio criminalista napoletano con queste parole ci
d la ragione del sistema delle incapacit civili o politiche;
ma i suoi principi' non debbono prendersi in senso troppo ri
goroso- la giustizia sociale e la necessit di tutelare la si
curezza dei buoni pongono ad essi un limite che noi possiamo
giungere a delineare.
(Sf) Elem. di dir. pen. 1. c.

284
La giustizia sociale riposa su cardini immutabili, che la
ragione rivela; non ha una sfera illimitata e arbitraria;
giusto tutto ci che istituisce e serve a mantenere l'or
dine universale. La necessit di tutelare la sicurezza dei
buoni ha pur essa i suoi confini: necessario per la si
curezza dei buoni, tutto ci che serve ad allontanare ogni
pericolo reale di nuova aggressione ai diritti altrui.
Se cosi non fosse, colla teoria del prof. Pessina si giun
gerebbe addirittura alla pena del taglione morale. Fu violato
un diritto, e tale che importa incapacit al godimento o al
l' esercizio di altri; dunque perdita dei diritti civiti : ecco la
conclusione. La differenza tra il sistema sostenuto e quello
del taglione morale non starebbe nel meno, ma certamente
nel pi.
Ad evitare qualunque equivoco, non crediamo che sia
esatto parlare del diritto di punire, come di necessit di sta
bilire l'uguaglianza turbata dal diritto. L'idea della repres
sione della personalit individuale, non ci sembra che possa
stare ad unica base morale e giuridica del sistema punitivo, si
riguardo alle pene afflittive, che riguardo alle pene direi quasi
morali, le quali consistono nella privazione dei diritti civili e
politici. Un diritto o pi viola il delitto; un diritto o pi to
glie il legislatore ; procedendo senza giusto criterio si giunge
all'uguaglianza in un modo poco encomiabile colla distru
zione , cio, di quello che circonda di tanto rispetto, e munisce
della sua valida sanzione per tutelarlo e garantirlo da ingiu
ste aggressioni.

285
CAPO III.
Del sistema della interdizione legale
18. Sistema della interdizione legale.
19. Diritto di matrimonio.
20. Vantaggi di accordarne l'esercizio al condannato.
Si. Diritto di riconoscere Agli naturali e di legittimarli.
22. Diritto di adozione.
23. Diritto di potest pali ia.
24. Obbiezioni e risposte sulla facult di esercizio.
25. Segue in proposito.
2G. Diritto di potesti maritale.
27. Ragioni di un diflercnle indirizzo riguardo all'autorizzazione.
28. Diritto di tutela e curatela.
18. Sin d' ora possiamo stabilire, che l' unico sistema di
incapacit civili, il quale ci sembra fondato in ragione,
quello dell' interdizione legale. Per sua condizione essen
ziale si , che tale interdizione, perpetua o temporanea, par
ziale o totale, stia in armonia col delitto e colla pena afflit
tiva, tenuto pur conto dei diritti del coniuge, dei Agli, dei
congiunti e dei terzi.
Per riassumere le nostre idee sar utile portare separata
mente il nostro esame su questi punti: I. diritto di matrimo
nio, legittimazione, riconoscimento di figli, e adozione: II. Di
ritto di potest patria e maritale, tutela e curatela: III. Di
ritto di godere, di amministrare e disporre dei propri beni, sia
per atti inter vivos, sia per atti di ultima volont: IV. Di
ritto di promuovere e sostenere azioni in giudizio, di comparirvi
come testimone ecc.
I. Diritto di matrimonio, legittimazione, riconoscimento
di figti, e adozione.
19. Non sar troppo frequente il caso, che un condan
nato all' ergastolo, ai lavori forzati a vita o a tempo , o ad
altra pena criminale afflittiva voglia contrarre matrimonio,
legittimare o riconoscere un figlio : ma quando il dimandi
niuno ostacolo pu ragionevolmente opporsi all' esercizio di
questi diritti, poich ci non richiesto dalla necessit del

286
punire. Qui opportuno richiamare i principi che sopra
esponemmo nell'esame del sistema della perdita dei diritti
civili.
Il matrimonio una instituzione la quale trova il suo fon
damento non solo nell' ordine sociale, ma anche nell'ordine
morale : non una creazione della legge o una instituzione
puramente civile, ma anzitutto morale e religiosa. La leggo
non pu agire sul consenso coniugale, prima condizione del
matrimonio, e non pu tradurre in doveri giuridici tutti i
doveri morali che ne derivano.
Il matrimonio del condannato, anche quando la pena
afflittiva debba durare per tutta la sua vita, se non si pre
senta a prima giunta come instituzione strettamente atti
nente allo stato sociale, sussiste nondimeno come institu
zione essenzialmente morale e religiosa, la manifestazione
di un profondo sentimento di devozione e di affetto, d vita
a tutti i doveri morali che ne costituiscono l' essenza pura;
lega le anime coll' amore, e tutto sul vincolo dell' amore e
del dovere si fonda.
20. Il matrimonio del condannato l'unico rimedio ai
mali di una unione concubinaria anteriore alla condanna ;
la sodisfazione di un obbligo di conscienza che solo pu tran
quillizzare le anime, e renderle coraggiose e forti a soppor
tare le angoscie di una vita di espiazione e di emenda. Ora
il legislatore non potrebbe disconoscere e tanto meno di
struggere questa serie di rapporti e doveri ; ci sarebbe
non tutelare, com' suo compito, l' ordine morale e l'ordine
sociale, ma arrecargli grave colpo.
Posto che la privazione del diritto di contrarre ma
trimonio non pu far parte del sistema punitivo, pel rima
nente il legislatore non ha ragione di riguardare con occhio
sfavorevole il matrimonio del condannato, una volta che am
mette il matrimonio in extremis, il quale, quanto agli ef
fetti, d luogo alle medesime prevenzioni (1). Anzi a dire
il vero, il matrimonio del condannato deve presumersi di
maggiore effetto del matrimonio in extremis, non diciamo
(I) Relaz. Violiani 1. 41

287
gi quando si tratti di condanna a pena afflittiva tempora
nea, che allora la sua inefficacia parimente temporanea,
ina anche quando si tratta di condanna a pena afflittiva per
petua ; in quanto che il matrimonio di chi prossimo alla
dipartenza da questa vita non lascia alcuna speranza l'uf
ficiale dello stato civile si presenta ad unire le anime non
i corpi ; mentre il matrimonio del condannato all' erga
stolo o alla reclusione a vita non toglie affatto la speranza
della clemenza sovrana pel1' emenda o la buona condotta. Il
legislatore nel matrimonio in extremis dice all' ufficiale
dello stato civile : accertatevi dello stato mentale di colui
che prossimo alla morte dimanda di stabilire un vincolo che
ormai non ha pi attrattive per lui: accertatevi che inganni
o frodi non si nascondano in quest'atto tanto importante nei
rapporti dei diritti di famiglia o di successione ; ma poi tran
quillizzate le conscienze, sanzionate una unione che potr essere
1' unico rimedio di gravi colpe, la redenzione di una sven
turata amante e di sventurati figli nati fuori di matrimonio.
Ora questo ragionamento calza perfettamente riguardo al
matrimonio del condannato, e veramente si nell'interesse
della morale che della giustizia, s nell' interesse sociale che
privato delle famiglie.
Nel matrimonio del condannato certo il legislatore non
raggiunger tutti quegli effetti che generalmente si ripro
mette; cosi la coabitazione, l'assistenza reciproca, l'obbligo
della protezione del marito verso la moglie ecc. (2); sar
salva la morale, saranno salvi diritti sacrosanti, n sar
eluso il fine principale dell' unione coniugale.
21. Quanto al riconoscimento e alla legittimazione di figli
naturali, sarebbe superfluo trattenervisi a lungo. Pelle idee
esposte riguardo al matrimonio del condannato i nostri in
tendimenti sono ormai palesi. Il diritto di legittimare e ri
conoscere figli naturali conseguenza diretta del diritto di
contrarre matrimonio.
Si grider al cattivo esempio pel figlio, alla crudelt di
svelargli la sua disonorata origine, alla spinosa condizione.
(s>) Cod. civ., art. 130. 131. 132.

288
in cui si porr, di dover essere ascritto alla famiglia di un
forzato I E chi nega questi inconvenienti ? Ma sono vera
mente tali da farci retrocedere dagli esposti principi ? Non
lo pensiamo. sventura, infatti, esser figlio riconosciuto o
legittimato di un forzato per non meno grave sventura
ancora essere figlio semplicemente naturale, confuso col volgo
dei figli diseredati e derelitti di genitori colpevoli, che forti
della protezione della legge, possono esimersi, e anzi trovano
insormontabile ostacolo all' adempimento dei loro doveri di
paternit (3). Il forzato che tende le braccia a suo figlio, e
gli offre tutto ci che la sua condizione comporta, certa
mente ben pi encomiabile di quegli che lo lascia nell' abbandono e nella miseria, occasiono di nuovi delitti
nuove infamie. Questo figlio, d'altronde, pu sperare che la
espiazione del delitto, la clemenza sovrana o altra favorevole
circostanza gli ridoni un padre operoso ed onesto: se poi la
giustizia degli uomini non si placher pi mai , egli potr
ancora rispettare il suo genitore che riconciliato colla giu
stizia divina purg la sua colpa col pentimento I
22. Ben diverse invece sono le nostre idee in fatto d'ado
zione. Essa non , come la legittimazione, un dovere morale e di
rei quasi giuridico; non il riconoscimento di un vincolo
reale, ma invece un instituto che dipende interamente dalla
volont delle persone che v' intervengono; un atto che
stabilisce un vincolo fittizio d' autorit e subiezione, e di
rapporti di famiglia ; insomma una vera e propria facolt
protetta dalla legge. Or dunque, rispetto alla medesima non
hanno alcun valore gli argomenti sopra addotti sul rispetto
che devesi alla personalit umana, e ai doveri sacrosanti
imposti dalla morale, dalla giustizia e dall' utilit pubblica
e privata. Volere che il legislatore continui a coprire del suo
favore quegli cui toglie il massimo dei beni la libert in
dividuale sarebbe un contraddire il suo sistema punitivo,
sarebbe un creare degli ostacoli ingiustificabili all'applicazione
(3) Cod. civ., art. 189. Le indagini sulla paternit non sono
ammesse fuorch nei casi di ratto o di stupro violento, quando
il tempo di essi risponda a quello del concepimento.

289
dei suoi giusti principi. Con ci sarebbe anche grandemente
lesa la morale pubblica che il legislatore stesso deve avere
a suprema cura il tutelare; poich invero non sarebbe
beli' esempio 1' abbandono di un nome onorato per altro in
famato dal fatto di una condanna criminale ! Tale abbandono
ci darebbe l' idea di un turpe sodalizio fra due uomini cor
rotti, con danno ingiusto e incalcolabile delle persone unite
all' adottante da vincoli di sangue.
D'altronde, l'adozione deve imitare la natura; deve dare
l'affetto di figlio e l'autorit di padre a chi non pu ottenerla
diversamente che con questa finzione : ma quale affetto, quale
autorit mai possibile fra persone che debbono vivere se
parate dalle mura di una casa di forza o di un bagno, e dalla
infamia di una condanna criminale ?
Concedendo al condannato alle maggiori pene crimi
nali il diritto di adottare, indirettamente sarebbe a lui
dato anche il diritto di disporre dei propri beni per atti
inter vtws; il che forma la principale interdizione dei mo
derni sistemi d' incapacit civile. Oltre a ci, sarebbe a lui
aperto il varco per sfogare odi e vendette contro i congiunti,
e somministrato un mezzo efficace per procurarsi da persone
sue pari quel favore e queir ajuto che i buoni hanno tanto
a temere per la loro sicurezza. Questi timori qui, non sareb
bero come nel testamento, infondati; inquantocih l' atto d'ado
zione, diversamente da quello con cui il condannato disponga
dei suoi beni pel tempo che sar morto, tale da destare i
pi gravi sospetti.
Dopo ci inuti le trattenersi a vedere, se invece di adot
tare, il condannato possa essere adottato. Le osservazioni
esposte pel primo caso valgono pel secondo ; n ci ha biso
gno di schiarimento.
II. Diritto di potest patria e maritate.
Rispetto a questo diritto importantissimo la prima distin
zione a farsi quella tra condanne a pene perpetue e con
danne a pene temporanee.
Nelle condanne perpetue la durata stessa della pena giu
stifica la durata della interdizione dell' esercizio della po
test patria. Pena perpetua ed interdizione perpetua sono
19

- 200
due termini correlativi; essi costituiscono uno stato ili fatto
e di diritto perfettamente razionale e logico.
Ma nelle condanne a pene temporanee non ci sembra
altrettanto. In tale ipotesi, nei tgli conservasi viva l' idea di
subiezione, di rispetto e d' interessi comuni col padre ; gene
ralmente questa idea va unita ad un profondo sentimento di
compassione, spesso poi ad una convinzione d' innocenza, o al
meno di eccessivo rigore nei giudici , senza che perdano mai
di vista il momento che, espiata la pena, sar liberato e ri
diverr loro sostegno e guida. Per questo la sanzione abolitiva del legislatore sarebbe qui o inefficace, o iniqua e im
morale ; inefficace, se la coscienza e il sentimento del conjuge
e dei figli non la secondassero ; iniqua e immorale se costoro
senza cuore verso colui col quale, sebbene colpito dalla giu
stizia umana, conservano ancora dei vincoli industruttibili di
natura, e forti della temporanea protezione della legge lo
condannassero alla dimenticanza e allo scherno.
Chi che noi veda ? Il legislatore privando affatto del
l' esercizio della potest patria il condannato a pene tempo
ranee, dannerebbe all' obbrobrio chi un giorno dovr pure
indossare nuovamente la veste di capo della famiglia I Ma
quando la dovuta devozione e il dovuto rispetto abbia cos
contribuito a distruggere, anzi egli stesso abbia distrutto, come
pi tardi redarguire e punire il figlio snaturato il quale re
spinga dal suo seno il padre, e tenti sottrarsi alla sua auto
rit tornata a rivivere ignobilmente per colpa sua ? Crede
forse il legislatore di poter creare e sciogliere a suo libito
la moralit, il rispetto pel capo di famiglia, l'unit e la so
lidariet della medesima? Noi creda mai : distrutte una volta
non rivivranno altrimenti: le disposizioni della legge sa
ranno insufficenti allo scopo; perocch non potranno certamen
te bastare a ristabilire dei vincoli di natura che sfuggono
alla sua azione coercitiva.
24. Contro 1' opinione pi mite si oppone: 1. Che colui
il quale rinchiuso in una casa di pena, impossibilitato
ad ogni atto della vita civile, onde deve sopportare che il
magistrato destini persona idonea a curare gli interessi dei
ligli: la legge, concludesi, non potrebbe conlidare nella

291
elezione di un suo mandatario, perch posta nel giusto so
spetto che chi si reso colpevole di grave delitto, non abbia
fiducia che nei pari suoi: 2. Che egli non pu esercitare la
rappresentanza domestica coll' esempio e colla pratica della
virt (1).
Ma l'una e l' altra obbiezione non colgono sempre nel
vero.
Rispetto al primo punto pu invero osservarsi, che in
diritto constituito, il genitore avente la potest patria rappre
sentai figli nati e nascituri in tutti gli atti civili, ne amministra
i beni e ne gode l'usufrutto (2): se si tratta del padre, egli eserci
ta un potere direttivo di educazione e correzione (3); pu per te
stamento o per atto autentico stabilire condizioni alla ma.lre
suprestite per l'educazione dei figli e per l'amministrazione
dei beni (4): infine, quando il figlio non abbia compiuto gli
anni 25 o la figlia gli anni 21, deve prestare il consenso al
matrimonio (5); deve intervenire collo stesso consenso al
l' adozione (6), ed ha il diritto di emancipare (7). Ora lo stato
di pena rende materialmente impossibile l' esercizio di alcu
ne, non gi di tutte queste facolt.
Al condannato certamente non pu essere concessa l' am
ministrazione e il godimento dei suoi beni, perch ci. sa
rebbe contrario all' uguaglianza di trattamento tra i con
dannati, alle necessit del diritto di punire, e pericoloso
per la sicurezza sociale : dunque per gli stessi principi a lui
non pu essere concessa l' amministrazione e il godimento
dei beni dei figli, n quindi il diritto di essere loro manda
tario o rappresentante negli atti respettivi. Ma a tal con
clusione per verit siamo spinti anche dalla condiziona
sua durante lo stato di pena.
(1) Puccioni, Comm. al cod. pen. tose. voI. I. pag. 167.
(2) Cod. civ. art. 224 228.
(3) Art. 220.
(4) Art. 235.
<5) Art. 63.
(6) Art. 208.
(7) Art. 311.

292
Fuori che in tal rispetto, noto, il potere del genitore con
dannato non incontra gravi ostacoli nel suo esercizio. Egli
come il genitore lontano dalla sua famiglia, impedito di eser
citare quel potere di direzione e correzione che direi ordinario,
e che si attiene all'indirizzo morale ed economico di ogni di,
ma non certo di esercitare quel potere di direzione e corre
zione che si attiene ad autorit di ben maggiore importanza, e
richiede delle gravi e straordinarie risoluzioni, proprie del pote
re domestico nella sua vera essenza, non gi dell' ufficio di
vigilanza e di educazione che ne l' attuazione. Parimente,
poich le leggi gli concedono "il diritto di disporre dei propri
beni per testamento, (8) non impedito, quando si tratti del
padre, di stabilire condizioni alla madre suprestite per l'educa
zione dei figli e l'amministrazione dei loro beni. Infine non
impedito di prestare il consenso al matrimonio, all'adozione,
u di fare instanza pell' emancipazione.
25. Relativamente al secondo punto osserviamo poi, che
l' esempio e la pratica della virt ci che desiderarsi
ed esigersi in chi deve esercitare autorit, specialmente sui
figli. Ma non colla interdizione piena che veramente potre
mo ottenerlo.
Il pericolo che dobbiamo temere non l' imitazione del
l' atto colpevole, poich a distoglierne i figli pu bastare la
minaccia della pena ed il fatto della sua applicazione, sibbene
l' influenza dei mali instinti e la perversit del genitore che
lo commise.
Ora questa influenza impedita anzitutto colla separa
zione che tra figlio e genitore condannato opera l'esecuzione
della condanna, cui tengono dietro, gi vedemmo , molte in
capacit civili ; ma in ogni modo, l'esercizio dell' autorit
sui figli garantito a sufficienza nei suoi fini di moralit
dai provvedimenti di diritto comune, i quali contemplano il
caso d'impedimento del genitore, senza che faccia d'uopo ri
correre ad una sanzione penale abolitiva, a disdoro del con
dannato e della sua famiglia, e senza vera utilit nei rap
porti del diritto punitivo. Qui ricordiamo quanto dicemmo
del nostro diritto vigente, al capo VI della parte I.
(8) Art. 3. delle disp. trans, del cod. civile.

293
26. Principi diversi da quelli che esponemmo sulla pote
st patria ci guidano nella questione della potest maritale,
poich l' origine ed essenza dell' una diversa dall' origine
ed essenza dell' altra.
Il marito investito della potest maritale ministerio legis. L' uguaglianza naturale tra i coniugi la respinge. Solo
un motivo d' ordine domestico la mantiene in vita in alcune
legislazioni moderne.
L' autorizzazione maritale, in cui specialmente si con
cretizza questa potest, (9) richiesta dalle leggi nello scopo
di mantenere l'unit e solidariet d'indirizzo e d'interessi
tra i coniugi nella famiglia. La donna non ha un'incapacit
assoluta agli atti della vita civile, come i figli soggetti alla
potest patria : oggimai tutto ci che si detto e ripetuto,
per tanto tempo, contro la debolezza e 1" inettitudine della
donna agli affari smentito dai fatti e dall' esperienza. Il
legislatore noi disconosce allorch declina dall 'obbligo del
l' autorizzazione, se il marito abusi della sua condizione, sia
danneggiando gli interessi della moglie, sia negandole ingiu
stamente di acconsentire a qualche atto civile, e se gli
interessi dell' uno si trovino in conflitto con quelli del
l'altro (10). Egli nel disconosce soprattutto, allorch, morto
il marito, non solo non richiede pi autorizzazione di sorta,
ma accorda alla vedova la potest patria (11).
Nel caso che il marito per un tempo pi o meno lungo
sia privato della libert individuale a causa di pena, il vin
colo di subiezione della moglie perde della sua opportunit
ed efficacia. Quando il marito non pu pi essere il capo
della famiglia n provvedere agli affari della moglie e rap
presentarla negli atti della vita civile, costei viene natural
mente e per necessit dell' ordine domestico a riacquistare
la sua indipendenza e capacit, menomata soltanto in ri
guardo a relazioni giornaliere divenute omai impossibili (12).
Le leggi civili s' inspirano a questo concetto, quando nel
(9) Cod. civ. art 135 e seg.
(10) Art. 136.
(11) Art. 104.

294
caso d' impedimento del marito, nel caso di morte o d' as
senza legale del medesimo, le accordano il diritto di potest
patria : le leggi penali lo confermano, quando tolgono al
condannato il diritto di amministrare o disporre per atti In
ter vivos dei beni propri, e quindi anche di quelli dei figli
e della moglie.
27. I rapporti tra coniugi differiscono per molti punti da
quelli tra genitori e figli. I coniugi costituiscono una so
ciet d'eguali, con eguali diritti e uguali doveri : tra essi
esiste solidariet d'interessi, ma d'interessi distinti, che so
no sempre personali, e non tolgono nulla alla naturale ca
pacit di ciascuno. I genitori e i figli costituiscono invece
una gerarchia, non pi vero da padrone a cose, come
nell' antica Roma, ma di superiore a inferiore, per ragione
di educazione e tutela. Espiata la pena, e quando appunto
si tratti di una delle pene pi gravi , la moglie ha il
diritto di dimandare la separazione personale contro il ma
rito condannato ; se nol dimanda significa che a lei non
pesa l' antico vincolo di subiezione e di rispetto, e di secon
dare le mire del legislatore che nel legame della famiglia
vede il cardine della societ. Ma i figli sono soggetti ai ge
nitori per vincoli indissolubili: ad essi giustamente non
dato alcun mezzo di esimersi dalla loro autorit; di ripetere
quello che natura stessa non consente.
Dopo ci facile comprendere, perch entro certi giu
sti limiti il legislatore deve determinare i casi nei quali per
causa di condanna a pene temporanee il marito sar inter
detto del diritto di autorizzazione maritale ; mentre diverso
principio esponemmo riguardo al diritto di patria potest. (12)
Oltre l' autorizzazione maritale, altri rapporti debbono ve
nir meno, e vengono meno difatti a seguito di condanna, sia
perpetua, sia temporanea. Lo stato di pena rende impossibile
l'adempimento di certe obbligazioni, le quali costituiscono
veramente l' essenza del vincolo coniugale, come ad esempio
(12) Il cod.-civ. all'art. 135, n 1, sospende equamente il diritto
d' autorizzazione, quando il marito sia condannato a pi di un anno
di carcere.

295
l'obbligo della coabitazione e dell'assistenza reciproca, se que
sta non consista nell' adempimento di certi doveri di uma
nit cui non si oppone il regime penitenziario. Invece
ne mantiene in vita altre di non minore importanza, come
quella della fedelt, degli alimenti, ecc.
28. Quanto infine al diritto di tutela e curatela, non sem
bra a noi che possano sorgere gravi controversie. Gli uffici re
spettivi costituiscono un munuspublicum, e sarebbe immorale
ed improvvida quella legge, la quale non proibisse che ne
sieno investiti i condannati durante l'espiazione della pena,
sia anche dopo di essa, quando si tratti della maggiori pene
criminali.
CAPO IV.
Segue nello stesso proposito.
39.
50.
31.
32.

Diritto di godere e amministrare i propri beni.


Diritto di testare: obbiezioni e risposte.
Diritto di promuovere o sostenere azioni in giudizio.
Riassunto dei nostri principi rispetto ai condannati a pene criminali per
petue.
3J. Id. rispetto ai condannati a pene criminali temporanee.
34. id. rispetto agli altri condannati.
III. Diritto di godere, amministrare e disporre dei pro
pri beni, sia per atti inter vivos sia per atti di ultima vo
lont.
29. Lasciare ai condannati il godimento e 1' amministra
zione dei loro beni contrario assolutamente allo scopo della
pena. Gi fu avvertito, che ci sarebbe lo stesso che stabi
lire uno scandaloso privilegio in favore di delinquenti ricchi,
e una disuguaglianza patente ed ingiusta fra coloro i quali
debbono espiare una identica pena. Sarebbe lo stesso che
convertire in luogo di piaceri materiali e di orgie un luogo
di dolore, di espiazione e di emenda; aprire l'adito alla cor
ruzione dei costodi e all' evasione. D' altra parte, l'ammini
strazione non pu darsi a chi privato della sua libert indi
viduale impedito d'attendere agli atti della vita civile.
Al condannato, se deve interdirsi il godimento e 1' am

2D6
ministrazione dei beni, a maggior ragione gli si dovr in
terdire l' alienazione per atti inter vivos, sia a titolo oneroso,
sia a titolo gratuito,- altrimenti si anderebbe incontro agli
stessi inconvenienti e agli stessi pericoli, che colla prima
specie d' interdizione intendesi di evitare : di pi al condan
nato stesso si lascerebbe libero campo di sfogare odi e ven
dette, o altro simile sentimento contro i suoi congiunti, e
sino al punto di poterli privare della quota legittima, o di
ogni altro diritto successorio.
30. Diverse sono le nostre idee, gi l' abbiamo avvertito,
riguardo alle disposizioni mortis causa, ossia riguardo al
diritto di testare.
Il testamento l' atto supremo di distacco dalla vita.
Sebbene fatto da un condannato, esso concilia le idee pi
pure di religione e di pace ; n troppo facile che sia
inspirato da sentimenti di odio o vendetta. L' odio e la
vendetta non vediamo perch abbiano a temersi pi nel
condannato che in altri : la conscienza invece della pro
pria colpa e della propria responsabilit, la memoria so
lenne di avere per proprio fallo lasciato la famiglia e i
congiunti nel disonore e nel lutto, lo avvicineranno mag
giormente a costoro, e lo spingeranno ad atto giusto ed
equo.
N in contrario pu valere il dire, che il legislatore
ha il diritto di stabilire quelle incapacit che crede pi op
portune, per cui l' incapacit di testare pu far parte del si
stema penale. Il diritto di testare basato sul diritto sacro
santo di propriet chi ha propriet deve avere disponibi
lit e togliendo l'uno si viene a ledere l'altro, il quale
inerente all' umana personalit, riconosciuto e regolato dalle
leggi positive, non da esse originato. Oltre a ci, dobbiamo
rammentare, che una pena onde possa giustificarsi d'uopo
che sia improntata del carattere specialmente della necessit,
e degli altri che gi esponemmo al capo II dei Principi gene
rati: ma l'interdizione, ossia la perdita, che qui vai lo stesso,
del diritto di testare, non ne ha propriamente alcuno.
Sarebbe inutile accordare questo diritto in favore del
coniuge o discendente, come fa il Progetto di codice penale

297
unico del 1870, in quanto che a costoro provvede sufficien
temente il codice civile coll' obbligo della quota legittima, e
tal disposizione si renderebbe direi quasi inutile.
Nel rimanente, qui richiamiamo quanto dicemmo al capo
IX, parte I, sul diritto di testare nelle legislazioni passate e
nelle vigenti, e sulla facolt di sovvenzioni a semplice titolo
di alimenti.
IV. Diritto di ptwauovere o sostenere azioni in giudizio.
31. Sul diritto del condannato a stare in giudizio bisogna
distinguere l' azione introdotta a ragione propria, da quella
introdotta invece a ragione delle persone soggette alla sua
autorit.
In materia penale, l' azione a ragione propria non mi
sembra che gli si possa negare, quando egli abbia sof
ferto danno nella persona o nei beni. Anche nei beni, poi
ch, sebbene non ne abbia il godimento e l'amministrazione,
ormai ammesso universalmente che ne mantenga la pro
priet e la disponibilit per atti d'ultima volont. Soltanto
chiaro, che l' indennit la quale sar in suo favore decretata
dai magistrati andr ad accrescere la massa, o meglio a ri
sarcire il suo patrimonio, ma come tutti gli altri beni non
potr formare subbietto di godimento per lui.
Il diritto di querela penale e un diritto eminentemente per
sonale; ad esso il legislatore non pu porre ostacolo, perocch,
mentre non gioverebbe allo scopo del punire sarebbe una ne
gazione di giustizia. E opportuno peraltro aggiungere, che il
diritto del condannato non pu paralizzare quello del tutore
quando la condanna sia stata di quelle che portano seco
l'interdizione legale. Con diverso principio verrebbesi ad at
tenuare l' autorit del tutore in materia in cui il suo inter
vento assai utile, ed in ogni modo giustificato dalla ne
cessit di tutelare gli interessi del patrimonio dell' inter
detto, che possono correre grave rischio a causa di una
querela avventata e illegittima. L' autorit del tutore e quella
dei magistrati saranno anche un buon rimedio contro gli
inconvenienti che si possono trarre dalla facolt di cui
esame.
L'azione a ragione delle persone soggette all'autorit del

298
condannato non pu dar luogo a controversia quando la con
danna non sia stata causa della perdi ta della potest patria. Ma
quid juris in caso inverso? Per quanto a prima giunta lo
slato di condanna in questione possa sollevare dei dubbi e
delle diUicolt, noi crediamo pi ragionevole l' opinione pi
mite, che lascia al condannato affatto libera la via per pro
porre azione penale sia in nome e vantaggio dei figli, sia
del coniuge. Il diritto di querela, infatti, non rigorosamente
un attributo della potest patria, un diritto nell' interesse
privato, ma si un attributo di luteta domestica, un diritto
nell' interesse privato e pubblico , ossia nell' interesse della
giustizia.
In materia civile, n l'azione a ragione propria, n quel
la a ragiona delle persone sottoposte alla sua autorit pu
accordarsi al condannato interdetto legalmente. Essendo a lui
tolto il godimento, l" amministrazione e la disponibilit del
patrimonio suo e di quello dei figli e del coniuge, sarebbe
assurdo concedergli il diritto di promuovere o sostenere azioni
in giudizio, che implicano appunto questa disponibilit in
riguardo alle spese giudiciali, agli onorari per procuratori
e avvocati, al risarcimento di danni.
32. Da tutto ci risulta, che nei condannati a pene perpetue
il sistema cui in ultima analisi crediamo di dare la preferenza,
quello dell'interdizione patrimoniale, salvo il diritto di testare,
e di alcuni speciali diritti personali di condizione civile.
Il nostro concetto lo comprendiamo nella seguente dispo
sizione :
Riassunto. - I condannati a pene afflittive perpetue saranno
soggetti all' interdizione patrimoniale, a quella della potest
patria e maritale - Essi saranno sottoposti all'autorit di un
tutore, e nei limiti delle rammentate incapacit saranno loro
applicabili le disposizioni del codice civile relative alla no mina e all' autorit a all' amministrazione del tutore degli
interdetti per infermit di mente. Peraltro, potranno loro
essere assegnate delle tenui somme dalla famiglia a titolo
di alimenti, e sar salvo il diritto di testare, e rester valido
il testamento fatto legittimamente prima della condanna de finitiva .

299
In questo articolo non abbiamo ritenuto opportuno di an
noverare l' interdizione degli uffici di tutela o di curatela,
o del diritto di adottare od essere adottato, in quanto che
lo stato stesso di pena, e le disposizioni del codice civile re
lative a tali materie la traggono seco come naturale e ne
cessaria conseguenza (1).
Non abbiamo creduto neppure opportuno di rammentare
le incapacit civili dei condannati alla pena di morte, inquantoch siam fermi nella convinzione che nel codice penale unico
sar cancellata. Ci peraltro non avvenendo, a noi sembra
che tali incapacit non possano sfuggire alla sanzione della
legge. Provvedere alla condizione giuridica di questi condan
nati pu credersi a prima giunta inutile, poich il tempo che
resta loro, dopo che la sentenza sia devenuta definitiva, cio
irrevocabile ed eseguibile, non che di brevissima durata
forse ventiquattro ore, forse quarantotto e non pi e in
questo lasso non possono aver campo se non di disporre
del loro patrimonio per testamento. Ma cos in realt
non . Noi qui non dobbiamo considerare il solo tempo
dalla pronuncia all'esecuzione regolare della condanna, ma
anche quello dalla pronuncia stessa alla esecuzione man
cata per un accidente, e principalmente per evasione del
condannato. Dato tale avvenimento, sarebbe a nostro pa
rere illogico ed ingiusto che il condannato il quale si ri
bell alla giustizia, e fuggi spargendo il timore per ogni dove,
fosse trattato assai meglio di chi ossequiente ai suoi ordini
sen sta espiando la pena per reato anche di minor gravit.
33. Quanto ai condannati alle pene dei lavori forzati a
tempo e della reclusione, fermi pure nell'idea di respingere
la perdita dei diritti civili dei quali sono privati i condannati
a pene criminali perpetue, non sapremmo per tacciare d'in
giusta la interdizione patrimoniale, quale ora stabilita nelle
nostre leggi. Essa anzi la riconosciamo sommamente morale,
provvida e giusta.
Riassunto. I condannati alle pene dei lavori forzati a
(1) Cod. civ. art. 184. cod. pen. ital. art. 19. V. a pag. 160,
della parte II.

3C0 .
tempo e della reclusione come i condannati a pene perpetue
saranno soggetti all' interdizione patrimoniale. Essi
saranno sottoposti all' autorit di un tutore, e nei limiti
delle incapacit patrimoniali saranno loro applicabili le di sposizioni del codice civile relative alla nomina ed all'animi nistrazione del tutore degli interdetti per infermit di mente.
. Peraltro, potranno sempre essere loro assegnate delle
sovvenzioni dalla famiglia a titolo di alimenti, sar loro
^ mantenuto il diritto di testare, e rester valido il testa> mento fatto legittimamente prima della condanna (2).
34 Riguardo agli altri condannati, si comprendono a prima
giunta le nostre idee senza bisogno di alcuna spiegazione. Essi
dovranno essere colpiti soltanto dalle incapacit civili che
sono naturale e necessaria conseguenza dello stato di pena, e
generalmente, in forza delle disposizioni del codice civile, dal
l' incapacit all'esercizio del diritto di autorizzazione mari
tale. Nello stesso codice, infatti, essa stabilita per tutti i
condannati a pi di un anno di carcere. (3)
(2) Sar necessario spiegare, se queste incapacit si incorreranno
durante l'espiazione reale della pena, oppure anche durante la
contumacia.
Cod. civ. art. 133.

301
CAPO V.
Del sistema della interdizione dei pubblici uffici.
38. Progetti di codice penale unico da prendersi in esame.
36. Interdizione dei pubblici udci : disposizioni legislative.
37. Esame e confronto respettivo.
38. Interdizione speciale dei diritti politici, di una carica o professione.
39. Interdizione come pena principale e come pena accessoria.
40. Difetti di questa institu2ione: difetti d' analogia e di durata .
41. Segue in questo proposito.
42. Proposte abolizione in Francia.
43. Nostre idee in materia.
35. La legislazione in progetto sulle incapacit politiche
dei condannati si attenuta ai sistemi che vigono nella at
tuale legislazione, ma ha introdotto per gravi immutazioni.
Il Progetto dell' on. De Falco (1), quello del 1808 i2\ e
quello infine riveduto del 1870 (3) hanno tutti collocato nel1' ultimo grado della scala delle pene criminali l'interdizione
dei pubblici uffici.
36. La pena dell' interdizione dei pubblici uffici nel Pro
getto dell' on. De Falco consiste :
I. Nella esclusione del condannato dal diritto di voto , di
elezione e di eleggibilit in qualsiasi comizio elettorale, ed
in generale dall' esercizio di ogni diritto politico: 2. Nella
esclusione da ogni funzione, impiego o ufficio pubblico:
3. Nella decadenza dal benefizio ecclesiastico, di cui il condan
nato fosse provvisto, e nell'incapacit di ottenerne altro: 4.
Nella privazione di tutte le decorazioni nazionali od estere, di
tutti i distintivi di onore civili e militari, di tutti i titoli
pubblici e di tutte le dignit (4).
(1) Art. 14. n. 7.
(2) Art. 12. n. 8.
(3) Art. 13. . 1. lett. f. L' incapacit perpetua per detta
decadenza, in opposizione alla temporanea che e detta interdizione.
Questa sarebbe la pena che negli altri Progetti e detta sospensione.
(4) Art. 21.

302
Nel Progetto del 1868 consiste parimente:
a) Nella perdita del diritto di votare in qualsiasi co
mizio elettorale, e di essere eletto: 6) Nella perdita de
gli impieghi, uffici o servizi pubblici o funzioni, pel cui eser
cizio necessaria la nomina o approvazione di un' autorit
governativa : c) Nella perdita del beneficio ecclesiastico,
di cui il condannato fosse investito: d) Nella perdita di
tutti i diritti lucrativi od onorifici inerenti agli impieghi,
uffici o servizi pubblici, alle funzioni od al beneficio eccle
siastico menzionato nelle lettere b, c: e) Nella incapacit
di conseguirne altro - f) Nella incapacit di essere scelto
a tutore o curatore, e di concorrere negli atti relativi alla
tutela o alla cura, tranne quella dei propri Agli nei casi sta
biliti dal codice civile : g) Nella perdita dei gradi e delle
dignit accademiche : h) Nella perdita dei titoli e delle
insegne onorifiche nazionali ed estere (5).
Nel Progetto del 1870, infine, produce:
a) La perdita di ogni ufficio elettivo, politico od ammi
nistrativo, e del diritto di votare in qualsiasi comizio elet
torale, e di essere eletto, e l' incapacit di riacquistarlo:
b) La perdita degli impieghi, uffici o servizi pubblici o fun
zioni, pel cui esercizio necessaria la nomina o l' approva
zione governativa, e l'incapacit di acquistarne altri:
c) La perdita del beneficio ecclesiastico , di cui il condannato
fosse investito, e la incapacit di acquistarne altri : d) La
perdita di tutti i diritti lucrativi od onorifici inerenti agli
impieghi, uffici o servizi pubblici, alle funzioni od al bene
ficio ecclesiastico, menzionati nelle lettere b, c, e l' incapa
cit di acquistarne altri: e) La perdita dell'ufficio di tutore
o curatore di cui fosse investito, e l' incapacit di essere scelto
a tutore o curatore, e di concorrere negli atti relativi alla tu
tela o alla cura, tranne quella dei propri figli nei casi sta
biliti dal codice civile : D La perdita dei gradi e delle
dignit accademiche, dei titoli e delle insegne onorifiche na
zionali ed estere, e l' incapacit di acquistarne altri (6).
(5) Art. 27. I.
(6) Art. 28. . 1.

303
37. Il primo dei detti Progetti fa dell' interdizione dei
pubblici uffici una pena perpetua e temporanea. Quest' ulti
ma ha la durata da cinque a venti anni, e si divide nei se
guenti due gradi: 1. da cinque a dieci anni: 2. da dieci a
venti anni (7). Essa si distingue dalla semplice sospensione,
che consiste nella esclusione del condannato per un deter
minato tempo dall' esercizio dei diritti politici, e di qualun
que funzione, impiego o ufficio pubblico; in quanto che l'una
annoverata tra le pene criminali, l'altra tra le pene corre
zionali (8).
38. Nel secondo fa della stessa interdizione una pena per
petua o temporanea (9). Ma la temporanea l' estende da sei
mesi a dieci anni, e la divide nei cinque gradi seguenti :
1. da sei mesi ad un anno : 2. da un anno a tre :
3. da tre anni a cinque : 4. da cinque anni a sette :
5. da sette anni a dieci. Entro i limiti del primo grado si
applica a mesi ; del secondo a semestri; degli altri gradi ad
anni (10;.
Questo Progetto avendo abolito la distinzione tra pene
criminali e pene correzionali , l' interdizione temporanea
naturalmente tiene anche il luogo della sospensione dei pub
blici uffici.
Il terzo riproduce lo stesso sistema (11). Soltanto, l'in
terdizione temporanea l' estende ugualmente da sei mesi a
dieci anni, ma la divide poi in una misura diversa nei se
guenti cinque gradi : 1 . Da sei mesi ad un anno: 2. Da
un anno e sei mesi a tre anni: 3. Da quattro anni a
cinque : 4 Da sei anni a sette : 5. Da otto anni a
dieci. Entro i limiti del primo grado si applica pure colle
stesse regole (12;.
In ogni caso all'interdizione generale dei pubblici uf-

(7) Art. 22.


(8) Art. 35.
(9) Art. 28. . 1.
(10) Art. 28. . 2. 3.
(11) Art. 28. . 1. 29 1
(12) Art. 29. . 2. 3.

304
fici tiene dietro l' interdizione speciale, i cui limiti sono es
pressamente determinati dalla legge (13).
39. Il Progetto dell' on. De Falco, come il codice penale
italiano e il codice penale toscano vigente, comprende tra le
pene accessorie l' interdizione dell' esercizio di alcuni spe
ciali diritti politici , o di una determinata carica, impiego,
professione, negozio od arte, ed essa pure a perpetuit, o a
tempo, cio da cinque a venti anni. Le esclusioni di cui col
pisce il condannato sono queste :
1. Di esercitare qualunque funzione, uffizio o impiego
pubblico; di amministrare o possedere qualunque benefizio ec
clesiastico: 2. Di voto, di elezione e di eleggibilit in qual
siasi comizio elettorale; di essere giurato e di esercitare
ogni altro diritto politico : 3. Di far uso di qualunque
decorazione, dignit, titolo, grado o distintivo di onore civile
o militare : 4. Di far parte della guardia nazionale, o di
servire nell'armata: 5. Di tenere scuola, d'insegnare, o di
essere impiegato in uno stabilimento d' istruzione come pro
fessore, direttore o maestro : 6. D' intervenire negli atti
relativi alla tutela, e di esser tutore, tranne pei propri figli,
e col voto del Consiglio di famiglia : 7. Di asportare ar
mi; di essere adoperato per testimone negli atti , e deporre
in giudizio siccome perito o testimone, tranne per sommini
strare semplici indicazioni o schiarimenti : 3. Di eserci
tare una determinata carica, impiego, professione, negozio
od arte (14).
I Progetti del 1868 e 1870, abolendo la distinzione tra
pene principali e pene accessorie, stabiliscono soltanto che
la legge determina i casi nei quali alla pena (afflit
tiva) si aggiunge la perdita dell' esercizio d' industrie per
sonali o di altri diritti (15) .
40. L' interdizione e la sospensione dei pubblici uffici
esistono di diritto durante le pena principale (afflittiva) cui
(13) Prog. De Falco, art. 23., capov. Prog. 1868, art. 27, .
2. Prog. 1870, art. 27. . 4.
(14) Art. 42.
(15) Prog. 1868, art. 32. . 1. Prog. 1870, art. 33. . 1.

305
sono aggiunte col nome di pene accessorie. Estinta questa
pena principale, allora che incominciano a decorrere pel
tempo stabilito dalla legge o dalla sentenza del magistra
to (16).
L'interdizione o sospensione dei pubblici uffici in ciascuno
dei rammentati Progetti, come nella legislazione attuale, non
compariscono soltanto quali pene a s, sia principali, sia acces
sorie, ma anche quali conseguenze delle maggiori pene afflittive,
cio delle criminali. Le medesime, in rapporto alle vigenti
leggi speciali, continuano pure a sussistere quali conse
guenze delle pene correzionali per certi reati pi ignomi
niosi (17).
Sotto ognuno di questi aspetti opportuno esaminare
adesso la materia che ci occupa.
44. Al potere sociale non si contesta il diritto che esercita
nella distribuzione delle pene, ma s il limite entro il quale
tale esercizio attuato, e 1* idea direttiva della sua ap
plicazione.
Ciascun pubblicista, dicono Chauveau ed Helie (18), ve
nuto, con una teoria alla mano, a tracciare un nuovo circolo
pel legislatore, a offrire al suo potere una base nuova. I li
miti assegnati alla sua azione repressiva, talora quasi indeflnitivamente estesi, talora limitati e ristretti, talora indecisi
e vaghi, sono ancor oggi 1' obbietta di dispute scientifiche.
L' interdizione dei pubblici uffici, detta in Francia de
gradazione civica, tra quelle pene le quali danno luogo alle
pi aspre critiche. I vizi principali, che ad essa possono attribu
irsi, sono di essere perpetua come tutte le pene infamanti, e di
non avere alcuna analoga colla maggior parte dei delitti che
destinata a reprimere.
L' ultimo vizio risulta evidente, se si riflette quali nume-

(16) Prog. De Falco, art 47. Prog. 1868, art. 47. . 2.


Prog. 1870, art. 39. . 2.
(17) Prog. De Falco, art. 23. Trog 1868, art. 35. . I. Prog.
1870, art. 88. . 1. 37. . I.
(18) Voi. I. n. 183, cap. 5.
20

3CG
rose e diverse incapacit essa importa, e come sieno applicate,
senza distinzione od eccezione alcuna a colpevoli di disparatissima condizione e per reati di disparatissima natura ed
effetti.
Noi comprendiamo come possa punirsi colla interdizione
dei diritti politici il colpevole di falsificazione di schede elet
torali] colla interdizione degli uffici di tutela o curatela il
colpevole di furto, o di corruzione di minori ; colla interdi
zione della magistratura, il giudice colpevole di corruzione
nell'esercizio del suo ufficio, o che per odio o favore abbia
pronunciata un' ingiusta sentenza; colla interdizione infine
del porto d' arme chi ne abbia fatto funesto uso. Ma non
comprendiamo invece come tutte queste incapacit ed altre
molte diversissime, possano riunirsi contro il medesimo in
dividuo per ragione di un solo reato. (19)
L' interdizione perpetua dei pubblici uffici ha un ca
rattere di pena infamante, mentre l' infamia legale can
cellata dai moderni codici. Essa ben poco vale a rassicurare la
societ, intimidendo i malvagi; poich una volta pronunciata
contribuisce d' assai a fargliela invece considerare come suo
irreconciliabile nemico.
42. Evidentemente non ha neppure i caratteri di pena che
possa annoverarsi in un buon sistema penale. Non perso
nale, perch spesso colpisce pi la famiglia che il condan
nato: non divisibile, perch i giudici non possono scegliere
fra le molte incapacit che si trae seco: non uguale, perch
esorbitante per coloro i quali, cadendo sotto le sue san
zioni, sono privati di diritti importantissimi, che costituiscono
la loro posizione sociale, i loro mezzi d' esistenza ; inefficace
al contrario per altri i quali non sono in condizione da esserne
colpiti: non infine proporzionata, anzitutto perch in essa
manca spesso l' elemento di analogia col reato, dipoi perch
pel suo carattere di perpetuit, e per la sua estensione,
pena indefinita, di conseguenze incalcolabili.
In Francia, discutendosi il codice penale del 1810, Cambacres propose di togliere questa interdizione dal nove(19) Rossi, Cours de droit peti. pag. 457.

3u7
ro delle pene accessorie, sembrandogli che come pena ac
cessoria fosse contraria alla regola non bis in idem. Beranger appoggi la proposta del nominato giureconsulto, perch
il legislatore invece di stabilire dei gastighi non giungesse
a fare delle esenzioni. Ma 1' interdizione dei pubblici uffici
si mantenne s come pena criminale principale, che come pena
accessoria. (3)
Sotto il punto di vista di questi due argomenti la repulsa
non fu irragionevole. L' interdizione dei pubblici uffici dopo
1' espiazione della pena afflittiva non contraddice la regola
twn bis idem, perche non una pena nuova, dopo quella
dovuta, ma la continuazione di questa. La stessa interdizione'
non un' esenzione per s stessa, ma quando giunga a questo
risultato una pena male applicata: l'obbiezione di Beranger
pi che la natura della pena incolpa 1' applicazione che n'
fatta in alcune specie. Certe incapacit limitate a casi nei
quali non basano su una finzione, ma sulla necessit del diritto
punitivo, non sono che la ricognizione di un fatto incontestato;
e la legge stabilendole proclama una indegnit non una esen
zione. Riguardo ad esse il legislatore deve soltanto arrestarsi
ove lo scopo del punire esige. Vi sono s dei diritti il cui eser
cizio affatto incompatibile, dopo certe condanne e certi
reati: le une e gli altri tolgono ogni fiducia nella moralit
ed onest di un uomo, e l' interesse pubblico e privato esige
che se ne faccia una causa di esclusione. Le pi belle fun
zioni del cittadino non debbono confidarsi a chi abbia violato,
i principi e le virt senza le quali l'esercizio stesso diviene
perniciosissimo.
43. L'interdizione dei pubblici uffici, ristretta in giusti
confini, applicata con discernimento nelle sue varie incapacit
secondo la diversa natura e specie di reati, ossia per analo
gia coi medesimi, il compimento necessario di un buon si
stema penale. In tal modo pu essere pena personale, divisibile,
uguale, proporzionata, e oltre a ci esemplare, instruttiva,
riformatrice e morale.
Livingston nel codice penale della Luisiana, accogliendo
(3) Proc. verb., 8 ottobre 1808 Iocr, t. XV, pag. 60.

>

308
questa pena, ha ben saputo evitare gli inconvenienti di cui
abbiamo fatto parola. Egli si contentato di enumerare i
diritti politici e civili dei quali autorizza la sospensione o la
interdizione, ed secondo la qualit dei reati che pronuncia
le incapacit che ai medesimi corrispondono, ()
Quanto al vizio della perpetuit, esso, s' intende bene,
restringesi al caso di condanne a pene temporanee; poich
quando si tratti di condanne a pene perpetue, la perpetuit
della interdizione si adatta perfettamente alla perpetuit del
gastigo.
Nella discussione del Progetto di codice penale nico del
1868 venne in questione, se si avesse, o non, a mantenere la
interdizione perpetua del diritto di elettorato, che la prima
incapacit portata, nei codici moderni, dalla interdizione dei
pubblici uffici. L' on. Senatore Tecchio e l'on. prof. Tolomei tennero per l' affermativa: l'on. prof. Ellero invece
tenne per la negativa. Le ragioni della sua opinione furono:
l9 Che l'interdizione perpetua inchiude l'idea d' incorreg
gibilit, in urto col nuovo sistema generale del codice ;
2 Che escludendosi per sempre il cittadino dall' esercizio dei
diritti civili si fa membro morto, anzi membro necessaria
mente avverso alla societ ; 3 Che l' interdizione perpetua
dei diritti politici perde di scopo col mutarsi delle circostanze
politiche. (5)
Noi riconosciamo la gravit di queste ragioni, e vi
concordiamo. Secondo il nostro vedere , tolta l' interdizione
dei pubblici uffici, quale oggi stabilita nelle moderne le
gislazioni, poche disposizioni possono bastare a formare una
buona scala penale d' interdizioni speciali.
(4) Dai.loz, Reper. V. Peine, n. 63.
(5) Verbali 1. c.

309
CAPO VI.
SEGUE NELLO STESSO PROPOSITO.
44. Questione se l'interdizione dei pubblici uffici debba regolarsi dal codice
penale o dalle leggi speciali.
45. Discussione sull' incapacit all' elettorato.
46. Opinione d'accogliersi in proposito.
47. Conclusioni riguardo agli altri uffici, al benefizio ecclesiastico, alla te
stimonianza, alla tutela e curatela.
48. Differenza tra gli uffici governativi, provinciali, comunali ecc.
49. Abolizione dell'interdizione di una carica, professione od arte.
50. Riassunto.
44. Le disposizioni relative all' interdizione dei pubblici
uffici tra i quali a rammentarsi che si comprender eser
cizio dei diritti politici hanno il loro luogo opportuno
nel codice penale, oppure nelle leggi speciali ?
A noi sembra che abbiano luogo opportuno nel codice pe
nale. Il sistema prevalso, di porle quasi alla rinfusa in
questo come nelle leggi speciali , trova la sua giustifica
zione nella rimarchevole diversit d' instituzioni e di leggi
penali nelle varie provincie del Regno, e quindi nella ne
cessit di completare le parti mancanti al sopraggiungera del
nuovo sistema legislativo, e di unificare almeno i principi
sulla distinzione dei reati e sulle modificazioni della capacit
giuridica dei condannati. Nel codice penale unico che sar
dato all' Italia, nulla di pi opportuno di togliere tutte le
discrepanze, le ambiguit e gli equivoci, che sino ad ora si
sono riprodotti in gran numero, nel conflitto tra la legge
generale e la legge speciale.
Intendiamo a prima giunta la difficolt di riordinare in
un codice penale cos svariate incapacit, ma il sistema at
tuale della sospensione dei pubblici uffici, mostra come pu
raggiungersi 1' intento, sebbene ci restino ad attuare tanti
miglioramenti rispetto all' applicazione e graduazione delle
medesime. In ogni modo pensiamo, che meglio di quello che
noi sia adesso si dovrebbero coordinare le disposizioni del co
dice penale con quelle delle numerose leggi speciali.

310
45. Entrando a dire qualche parola sulle diverse incapa
cit politiche, la prima che si presenta quella dell' eletto
rato.
Nella rammentata discussione del Progetto di codice pe
nale unico del 1868, l' on. Prof. Carrara, e l' on. Senatore
De Filippo, posero la quistione, se sia lecito e conveniente
togliere ad un cittadino l' elettorato nei comizi , a causa di
condanna penale : e la loro opinione fu negativa, argomen
tando che altrimenti si viene a limitare il diritto delle as
semblee di giudicare della capacit degli eletti (1).
L'on. Senatore Conforti in appoggio delle idee svolte dagli
on. Carrara e De Filippo, osserv dipoi, che niuna senten
za di giudice pu vietare al popolo di eleggere, alla Camera di
approvare l' elezione; rammentando opportunamente dei casi
nei quali essa per non esporsi a contraddire un giudicato
dei tribunali e per non subirne la legge preferi addirittura
non discutere l' elezione. Concluse adunque, questo giure
consulto, di dare all' autorit giudiziaria il diritto di togliere
ad un cittadino la facolt di votare, ma non mai agli elet
tori quella di eleggerlo (2).
46 Tutto ci non persuase altri membri della Commis
sione pella formazione del Progetto di codice penale unico,
e in specie l'on. ed illustre Pisanelli, il quale sen fece forte
oppositore. E le sue obiezioni furono, che il Parlamento, qual
potere legislativo, ha il diritto di stabilire i casi nei quali
il condannato debbe essere privato dei diritti elettorali, e
una volta stabiliti, le respettive esclusioni debbono conside
rarsi come l'espressione della sua volont. Il dire che l'inter
dizione del diritto elettorale limita il diritto del popolo un
argomento che prova troppo : tutte le incapacit politiche
limitano questo diritto, e la stessa legge elettorale , per s
stessa, una estesa limitazione del medesimo. D'altronde, vero
, come si osserva generalmente, che questa interdizione
colpisce l' individuo in un diritto di molta importanza, ma
ogni condanna produce lo stesso effetto ; la libert indivi(1) Verbale n. 27. pag 191. 195.
(2) L. c.

311
duale, che ordinariamente tolta, bene apprezzabile quanto
il diritto d' lettorato (3).
Tali ragioni, per verit, ci persuadono appieno, e ristretta
in certi giusti limiti l'interdizione dell' elettorato ci sembra
pena bene adattata per certi delitti pi ignominiosi, o contro
l' esercizio di diritti politici. Ci che devesi sommamente
raccomandare si , di togliere, con disposizioni chiare e pre
cise, tutte le incertezze cui gi vedemmo dar luogo in questa
materia la legislazione vigente.
47. Quello che fu detto pel diritto elettorale, lo dicia
mo per gli altri diritti pubblici, come quello di far parte
dell'esercito regolare e della guardia nazionale; di portar
armi ; di essere eletto giurato od arbitro ; di dirigere o re
digere un giornale; di frequentare corsi pubblici od attendere
al privato insegnamento ; di portar decorazioni, distintivi di
onore, titoli o dignit. (4)
Riguardo alla privazione del benefizio ecclesiastico, del
diritto di far testimonianza, e di quello di essere eletto tu
tore o curatore, rimandiamo a quanto esponemmo nei capi
speciali di questo lavoro. (5)
La questione della testimonianza sembraci ben risoluta
colla distinzione fra quella che si fa in giudizio e quella che
si fa negli atti. Nel primo caso l' interdizione contro l'in
teresse pubblico e privato ; nel secondo invece lo tutela e
protegge.
La questione della tutela e curatela nel Progetto di codice
penale del 1868 e in quello del 1870 sembraci pure ben
definita colla distinzione fra tutela o curatela di estranei, e
tutela e curatela di figli, quale i genitori hanno appunto sui
figli naturali riconosciuti. La legge dichiarando che que
sta tutela o curatela spetta ai genitori nonostante l'interdizione
dei pubblici uffici, non esime dalla perdita della medesima nei
casi cui il reato sia di quelli i quali importano la perdita della
(3)
(4)
(5)
(6)

L. c.
V. capo IV. V. VII. parte I.
V. capo VI. VII. Vili, parte I.
Cod. civ. art. 184.

312
potest patria, n dalla parziale incapacita che conse
guenza naturale dello stato di pena. Le leggi civili noi
dicono, ma certo che i genitori perdono la tutela o cu
ratela dei loro figli per le stesse cause per cui perderebbero
la patria potest medesima.
48. Quanto alla interdizione o decadenza dai pubblici uf
fici, in senso proprio, gi sappiamo come siasi agitata que
stione, se dovesse estendersi agli uffici governativi soltanto,
oppure anche a quelli provinciali e comunali, e degli instituti pubblici dipendenti dal Governo, dalla autorit della
Provincia e del Comune. Nel Progetto di codice penale del
1868 il legislatore ha tolto ogni incertezza, dichiarando espli
citamente che pubblici uffici debbono intendersi quelli di
nomina governativa soltanto: ma ci non deroga alle dispo
sizioni di leggi speciali sulle qualit necessarie per ottenere
o esercitare gli altri pubblici uffici. L'interdizione respettiva,
ristretta agli uffici governativi, mal risponderebbe al suo
scopo, e assai ne sarebbe danneggiato il pubblico e privato
interesse. Chi deve esercitare uffici pubblici, di qualunque
sorta, deve riunire certe qualit che sole sono guarentigia
di moralit e di onest.
49. Adesso, ponendo il nostro esame sulla interdizione di
una carica, impiego, professione, negoziazione od arte, dessa
non crediamo che meriti molto favore.
In proposito ci basta rammentare quanto ne disse il Pro
fessor Carrara. Non novero fra le pene restrittive l' in
terdizione di arti o mestieri, perch pena assolutamente
inaccettabile. Scrisse non ha guari il Consiglier Cuniac, che
questa pena repugnerebbe ai costumi francesi; io dico che
ripugna ai costumi di tutti i popoli civili, e spero di essere
riuscito a farla cancellare dal nuovo Progetto di codice pe
nale italiano (7) . Deplorabilmente il voto dell'illustre cri
minalista non sembra che sia stato sodisfatto. Ma il codice
penale unico non ancora comparso ! Tal pena immora
le ed eccitamento novello al delitto, perch priva il delin-

(7) Progr. di dir. crim. - voI. I. pug. 430-

313
quente, che ha espiato la sua pena, dei mezzi di sussistenza.
Questo sufficiente avviso al legislatore !
50. Dopo ci se dovessimo formulare le nostre idee sta
biliremmo :
Riassunto. Sono soggetti all'interdizione perpetua dei
diritti politici e dei pubblici uffici i condannati a pene af flittive perpetue.
La legge determina i casi in cui il giudice deve e pu
alle pene afflittive aggiungere l' interdizione temporanea
di tutti i diritti politici e dei pubblici uffici, o di alcuni di
essi soltanto.
Quando si tratti di condanne a pene criminali, V eser cizio dei diritti politici o dei pubblici uffici non potr mai
essere accordato, se non sia intervenuta riabilitazione.
L' interdizione temporanea dei diritti politici e dei pub blici uffici ha la durata da cinque a venti anni, e si divide
nei seguenti gradi : 1. da sei mesi ad un anno: 2. da
un anno a tre : 3. da tre a cinque: 4. da cinque anni
a sette : 5. da sette a dieci : 6. da dieci a quindici:
7. da quindici a venti.
Entro i limiti del primo grado si applica a mesi ; nel
secondo e terzo a semestri; negli altri ad anni.

314
CAPO VII.
DEL SISTEMA DELLA SORVEGLIANZA SPECIALE
DELLA POLIZIA.
51. La sorveglianza speciale della polizia nel Progetto dell'on. De Falco.
52. Id. nel Progetto del 1868.
53. Proposta di abolirla dell'on. Pessina: obbiezioni in contrario degli on.
De Foresta e Tecchio.
Si. Id. nel Progetto del 1870.
55. tiravi difetti di questa instituzione.
56. Esorbitanza di essa come pena principale o accessoria.
57. Inattuabilit del sistema napolitano della malleveria.
58. Riassunto.
51. I vari Progetti di codice penale unico mantengono
quasi intatta l'attuale instituzione della sorveglianza speciale
della polizia.
Il Progetto dell' on. De Falco l' annovera tra le pene ac
cessorie (1), e vi assoggetta: l. i condannati per misfatto
contro la sicurezza interna od esterna dello Stato : 2 i con
dannati ai lavori forzati o alla reclusione per omicidi quali
ficati, per falsit di moneta o carte di pubblico credito equi
valenti a moneta, per depredazione, estorsione o furto : 3 i
condannati per misfatto o delitto di associazione di malfat
tori. Dichiara infine potervi essere assoggettati anche i
recidivi di misfatto, i condannati per delitto contro la sicu
rezza interna od esterna dello Stato, e per gli altri reati
dalla legge designati. (2)
La sua durata nelle condanne a pene criminali non pu
essere minore di tre anni n maggiore di dieci; nelle con
danne a pene correzionali non pu essere minore di sei mesi,
n maggiore di due anni, salvo i casi speciali dalla legge
determinati. (3)
Questa sorveglianza d diritto al Governo di determinare
alcuni luoghi nei quali sar interdetto al condannato di di
t1) Art. 41. n. 2.
(*) Art. 50.
(3) Art. 54.

315
morare dopo espiata la pena. In caso di disobbedienza il tra
sgressore dev' essere arrestato e la pena dev' essere conver
tita in quella del confino in un luogo determinato del Regno,
o anche della prigionia per un tempo che potr estendersi
ad un anno, fermo stando in questo caso, se vi luogo, il
rimanente tempo della vigilanza.
52. Il Progetto del 1868 sulla sorveglianza contiene que
sta sola disposizione : La sorveglianza speciale di polizia pu
essere aggiunta ad altre pene, secondo i casi. Deve sempre
essere aggiunta alle condanne per delitti contro la sicurezza
dello Stato, di falsificazione del suggello dello Stato, della mo
neta o delle carte di pubblico credito, di depredazione, rapina,
estorsione, furto qualificato ed associazione di malfattori.
Riguardo agli stranieri la sentenza pu stabilire che, scontata
la pena, vengano espulsi dal Regno. Nella legge di pubblica
sicurezza sono stabilite le norme per la esecuzione della sor
veglianza speciale. (4)
53. Il prof. Pessina nella discussione di questo Progetto fu
tra i pochi che si dichiararono contrari alla instituzione
della sorveglianza di pubblica sicurezza. Questa pena, osserv
l'esimio criminalista, autorizza l' arbitrio degli agenti della
polizia e della forza pubblica; una barriera all'emen
da del condannato , perch gli rende difficilissimo trovare
onesto lavoro ed oneste compagnie; costringendolo a rima
nersi fra polizziotti e fra i tristi, gli tentazione la reci
diva. I benefizi che da tal sorveglianza indarno adesso si spe
rano, vanno procurati dal compimento del sistema correttivo
adottato nelle pene, con instituzioni, cio, di patronato, di
case di lavoro e simili.
Le belle parole del Prof. Pessina furono ben ponderate, e
le sue ragioni pur troppo si conobbero giustissime. Il Sena
tore Marzucchi aggiunse , che se il legislatore , punendo ,
vuol correggere, deve proporzionare la pena al suo scopo.
Ed per assurdo che egli ritenga di non averlo ottenuto
dopo l'espiazione di essa, e negando fiducia alla propria opera,

(4) Art 34.

316
si appigli ai mezzi di prevenzione, e li metta come parte
dello stesso sistema fra le pene.
Gli on. Senatori De Foresta e Tecchio a queste strin
genti argomentazioni risposero , con sole considerazioni
pratiche, fermandosi specialmente sulla incorreggibilit di
molti condannati pericolosi : e anzi lo stesso Senator Tecohio propose di considerarla non gi come una pena, sibbene
come una conseguenza penale in certi dati casi. Le conside
razioni degli on. De Foresta e Tecchio erano quelle che
si costituivano una maggioranza fra i membri della Commis
sione legislativa, onde il Prof. Pessina propose di discutere
anche sulla opportunit di prescrivere la cautio iene viven
di o malleveria del sistema napoletano, sia sostituendola, se
condo i suoi desideri, alla sorveglianza, sia anche applicando
ora l' una ora l' altra a seconda dei casi. Ma dopo lunghe
e dotte discussioni le proposte dell'egregio Pessina non fu
rono accolte. Soltanto all' art. 31, sulla proposta del Prof.
Carrara si dichiar, che la sorveglianza speciale temporanea
della pubblica sicurezza una conseguenza della condanna, che
il giudice deve aggiungere nei casi determinati dalla legge; e
quindi si tolse dalla categoria delle pene accessorie. Oltre a
ci, si omise di far cenno della espulsione dello straniero,
essendo essa sempre in facolt del Governo, e derivando da
considerazioni estranee al mandato dell'autorit giudiziaria < 5).
Per conseguenza, all'art. 31, divenuto in seguito 32, 2, fu di
sposto quanto segue : Sono determinati dalla legge i casi nei
quali si aggiunge alla pena la sottoposizione del condannato
alla vigilanza speciale della polizia ; la quale pu estendersi
da tre mesi a cinque anni, ed regolata dalla legge di pub
blica sicurezza.
54. Il Progetto del 1870 all'art. 33. 2, ha riprodotto te
stualmente questa disposizione, senza alcuna omissione od
aggiunta.
Come vedesi, poich questa sorveglianza ha incontrato ed
incontra ancora tanti oppositori, il nostro legislatore ha cer
cato di renderla pi consentanea ai principi della scienza. L'ha
(5) Verbale n. 37, pag. 325.

317
sottratta, infatti, all'arbitrio del potere amministrativo e ese
cutivo, l' ha stabilita per un tempo determinato non certo
esorbitante, e ne ha fatta applicazione nei casi che l' utile
sociale richiedeva energicamente. Ma pur troppo il rinvio
puro e semplice alla legge di pubblica sicurezza vigente pu
sembrare poco ragionevole : questa legge comprende un am
masso di disposizioni che ne fanno un supplizio pernicioso e
insopportabile, e costituiscono i gravi difetti della instituzione.
53. Le misure di polizia per assicurare che il liberato si
trovi realmente nella residenza che gli stata assegnata, dnno
oggi al fatto della condanna una pubblicit inevitabile. Il
sorvegliato, segnalato alla diffidenza dei padroni, allo scherno
e al disprezzo degli operai, sospetto sempre di tutti i delitti
che si commettono nel luogo in cui abita, il pi spesso non
trova lavoro e gli impossibile di guadagnare onestamente
il suo pane : a poco a poco si estingue in lui ogni risolu
zione di una vita migliore, e la miseria lo rigetta nel de
litto. La sorveglianza si pronuncia al momento della con
danna, quando non si conosce ancora quale sar la sua con
dotta dopo l' espiazione della pena afflittiva, e dessa quindi
pu riuscire assolutamente ingiusta e senza scopo, se questa
condotta medesima divenga irreprensibile. In Inghilterra il
Giuri esige delle ricognizioni di buona condotta, ma al momen
to di timore e secondo la gravit dell'allarme o del danno: recognizances to keep the peace and for good behaviour (6) .
Il sistema della sorveglianza da decretarsi dopo l'espiazione della pena, sentito il consiglio delle prigioni,
ci sembra che meglio potrebbe corrispondere ai Ani di uti
lit e giustizia sociale, dai quali spesso con altri sistemi ci al
lontaniamo. I condannati alla sorveglianza debbono essere
dispensati da tutte quelle misure di polizia che lo colpiscono
di una specie di riprovazione universale e lo espongono al
pubblico scherno e sospetto, senza utilit della giustizia so
ciale. La condanna a questa pena non deve pronunciarsi per
tutti i delitti anche minimi, come per qualunque furto: in
(6) H. Stephen, Summary of. the crim. lato. pag. 218, 220.

318
tal modo diverrebbe tirannica e ingiusta. In Francia Cambacres volea che non potesse pronunciarsi se non dalle
Corti d' assise, e la Commissione del corpo legislativo chia
mata a partecipare alla redazione del codice penale ammet
teva, che in materia correzionale questo mezzo non dovesse
impiegarsi se non con circospezione (7).
La sorveglianza della polizia dai codici moderni ge
neralmente considerata come pena a s, mentre in realt
dovrebbe far parte del sistema penitenziario: pi che desti
nata a punire dovrebbe invece essere destinata allo scopo
della totale emenda, allontanando il delinquente dai pericoli
di nuovi delitti, rendendogli accessibili i mezzi di poter vi
vere onoratamente in societ. Questa sorveglianza l'espres
sione della diffidenza della efficacia del magistero punitivo
sulla correzione del colpevole. Certo sventuratamente pu
accadere che la cura morale assunta con tal magistero non
produca i suoi effetti in tutti i condannati, ma non possiamo
ritenere a priori, prima, cio, che la pena principale sia con
sumata, la necessit della sorveglianza, senza presupporre il
concetto dell' assoluta inefficacia della pena ordinaria. Ad
alcuni giureconsulti giustamente sembrato, che maggior
coerenza si sarebbe rintracciata nella sorveglianza, se fosse
stata adottata solamente dopo l' avvenuto esperimento della
pena principale, per quei condannati che avessero dato ri
prove d'incorreggibilit, o il cui contegno avesse fatto du
bitare della loro correzione (8).
56. La sorveglianza, com' oggi costituita, d alla pena su
bita una tal pubblicit che toglie al liberato quel pudore
il quale arra di pentimento o di correzione sincera. Quin
di , ben osserva l'esimio criminalista Puccioni, quelle vi
site domiciliari, quei precetti che inibiscono quasi sempre il
lavoro notturno, perch obbligano il precettato a rientrare
nella sua abitazione al tramontare del sole, quel cambia
mento di domicilio, che rompe sempre i vincoli di famiglia,
queir obbligo di rassegnarsi a brevi intervalli a chi la poli((7) Locre, XV. 60.
(8) Puccioni, Comm, al cod. pen. tose, sull'art. 30 vo1. II.

zia locale dirige, infine tutti gli altri poteri, e sono molti,
conferiti alla polizia amministrativa, formano tale aggregato
di morali patimenti, da spingere alla disperazione, o a quella
impudenza che si gloria del delitto ; distruggono infine l'o
pera salutare della pena, ed impediscono al benefico zelo
della societ di patronato, il morale ed evangelico ufficio
suo, e quello che pi monta, rendono grandemente difficol
toso al precettato l' impiegare 1' opera sua e ritrarne il pa
ne ; perch il pacifico cittadino, che ha giusta repugnanza a
servirsi dell' opera di un delinquente, lo respinge poi bru
scamente da s quando lo vede nel continuo e necessario
contatto con gli agenti della forza pubblica (9).
57. Peraltro, se da una parte non ci sembra razionale
il sistema di sorveglianza adesso vigente, dall' altro non ci
sapremmo deliberare ad accogliere qualche altro proposto e
sostenuto da alcuni giuristi. In specie il sistema della mal
levera del codice napoletano e del codice francese crediamo
che sia rimedio quasi impossibile ad attuarsi. Infatti, chi mai
avr il coraggio di farsi mallevadore pel ladro, pel falsario
e peli' omicida ? Chi mai avr il coraggio di garantire coi
suoi beni in favore di chi non ha nulla a perdere? Il siste
ma deve dipendere dal fatto del delinquente, non da quello
di un terzo.
58. La sorveglianza della polizia dovrebbe soltanto stabilirsi
pei condannati a seguito di reati che denotano speciale mal
vagit d'animo, e incorreggibili, senza chiudere l'adito a
giusto ed equo beneficio pei delinquenti che abbiano tenuta
buona condotta e dato prova di emenda.
Sotto questo punto di vista sarebbe lungo formulare un
completo sistema; sarebbe d' uopo oltrepassare i limiti di
questo lavoro gi per s stesso ampio abbastanza; sarebbe
d' uopo estendersi in considerazioni, obbiezioni e risposte, le
quali porterebbero oltremodo in lungo il nostro dire, e che
per verit possono formare importante subietto di speciale
monografia. Noi quindi crediamo opportuno formulare sem
plicemente qualche principio.
(9) Questa Societ esiste in Toscana in pr dei liberati dal
carcere, e meriterebbe di essere studiata profondamente.

320
Riassunto. La sorveglianza della polizia un'aggra vante che deve pronunciarsi dal magistrato pei reati espres samente determinati dalla legge e in specie pei recidivi.
La sorveglianza nei casi pi gravi di reato pu esten dersi sino alla fissazione del domicilio in un luogo determi nato, ed essere accompagnata da speciali interdizioni.
Nei casi ordinari la stessa sorveglianza impone sem plicemente 1' obbligo di dar conto di s all' autorit di
> pubblica sicurezza locale ad ogni sua richiesta, e di munirsi
di foglio di via nel caso di abbandono del luogo dello stabi lito domicilio.
Quando il condannato abbia dato prove indubitabili di
buona condotta e di emenda, sentito il consiglio delle prigioni
e la Camera di consiglio o la Sezione d'accusa del luogo in
cui, chi ha espiato la pena, fu condannato, egli potr es sere liberato con decreto del Ministro di grazia e giustizia
e culti. *

321
CAPO Vlll.
DEL SISTEMA RELATIVO AL TEMPO IN CUI DEE SUBIRE ALTERAZIONE
LA CAPACIT DEI CONDANNATI.
59. Sistema dei Progetti di codice penale unico rispetto alle condanne in
contraddittorio.
60. Id. rispetto alle condanne in contumacia.
61. Obbiezioni di alcuni giuristi.
62. Riassunto.
59. Relativamente al tempo in cui debbono cominciare a de
correre le incapacit giuridiche, il Progetto dell'on. De Falco
dispone: Le condanne alla interdizione dei pubblici uffici
ed alla interdizione legale del condannato pronunciata in
giudizio contradditorio, produrranno il loro effetto dal giorno
in cui diventano irrevocabili (1).
I Progetti del 1868 (2) e del 1870 (3) contengono simile
disposizione, ma solo ristretta alla interdizione dei pubblici
uffici. Essi adunque tacciono sul tempo in cui deve cominciare
a decorrere l' interdizione legale.
A questo silenzio certamente s'intese supplire colle espres
sioni: la condanna ... porta seco l'interdizione legale: il
condannato alla pena ... e equiparato all' interdetto legal
mente: durante la pena ... il condannalo parimente
equiparato all' interdetto legalmente. Ma queste espres
sioni non tolgono tutte le incertezze e tutti gli equivoci, co
me gii fu visto parlando del diritto vigente. In materia d'uopo
specificare qual' propriamente la condanna da cui traggono
principio le incapacit civili : d' uopo specificare, se desse,
nel caso di condanna a pena temporanea, s' inteso di farle
sussistere durante l'espiazione reale della medesima, oppure
anche durante il tempo che decorre la prescrizione.
II principio che gli atti anteriori alla condanna definitiva,
(1) Art. 27.
(2) Art. 37. 1.
(3) Art. 39. 1.
2l

322
compiuti senza frode, sono pienamente validi, il cardine di tut
to il sistema. Andare in diversa via sarebbe uno sconvolgere
l' ordine dei principi giuridici, e volere apportare funeste
conseguenze pratiche. Se gli atti stessi a cagione della pena
susseguente avessero a perdere la loro validit, dovrebbero
dichiararsi nulli il preesistente matrimonio e tutti gli altri
contratti conchiusi regolarmente e validamente prima della
condanna. Ma chi sarebbe allora pi sicuro nei suoi atti,
se un avvenimento incerto e posteriore, quale quello che
l'obbligato sia condannato a causa di crimine, potesse giun
gere ad annullarli ? Come funesti sarebbero gli effetti nei vi
cendevoli commerci (4) ?
60. Quanto alle incapacit civili o politiche da incorrersi
nel caso di condanna in contumacia, gi svolgemmo le no
stre idee ai capi IV e V, parte III.
I vari Progetti di codice penale da esse alquanto si al
lontanano. Il Progetto del 1868 (5), e quello del 1870 (6),
riproducono per intero le disposizioni del vigente codice di
procedura penale (7). Il Progetto dell' on. De Falco, pi ri
goroso degli altri due, tornato a instituti omai dimentica
ti: Le condanne alla interdizione dei pubblici urtici e alla
interdizione legale del condannato, pronunciate in giudizio
contumaciale, dice l'art. 27, produrranno il loro effetto dal
giorno della pubblicazione della sentenza Adunque non pi
per esso un termine di grazia per purgare la contumacia ;
non pi presunzioni d' innocenza innanzi la condanna ; non
pi rispetto al ritorno del contumace, quand'anche la con
tumacia sia stata involontaria.
61. Il sistema delle condanne contumaciali, che nelle mo
derne legislazioni prevale, non senza oppositori.
Posto che non consentaneo all' indole di un saggio e
religioso governo, dice Giuliani, l' armare il braccio dei cit-

(4)
(5)
(6)
(7)

Tolomei, Elem. di dir. pen. pag. 318, nota 30,


Art. 37. 1.
Art. 39. 1.
Art. 543, 544.

323
tediai contro il reo contumace e condannarlo per darlo a
morte, dovendosi evitare il pessimo esempio di eccitare gli
animi al tradimento, al sangue ed alle stragi, agevole il
vedere, che per applicare qualunque pena al condannato con
tumace, bisogna ridurlo nella forza della giustizia, a meno
che la pena stessa consistesse nell' esilio o in una multa
pecuniaria (8). Ora, questo giureconsulto ha perfettamente
ragione quando aborre il famoso bannum medio-evale, e le
iniquit e le impunit che gli tennero seguito: ma ben altrososteniamo.
Noi non vogliamo la giustizia fuori della legge, fuori della
autorit destinata ad amministrarla ed eseguirla, si la giusti
zia in essa e per essa esclusivamente. Vogliamo che il reo
sia condannato, ma abbia un tempo utile per purgare la con
tumacia, e se comparisce in seguito volontariamente, o a forza,
sia ammesso sempre e in ogni caso a far valere le sue-discolpe-,
sino a che la condanna penale non sia prescritta. In tal moda
la giustizia ci sembra garantita a sufficienza, n il potremmo
di meglio Noi non vogliamo soltanto incutere timore con
una condanna impotente, n giungere sino ad ammettere la
famosa esecuzione in effigie: oh siamo certo convinti che
l' esecuzione in effigie produce pi ridicolo che terrore! Vo
gliamo solo impedire la distruzione o r afflevolimento delle
prove, o che al suo ritorno il reo possa contrapporre i beneliei del tempo alla negligenza e alla incuria dei magistrati,
i quali esaurendo immediatamente il procedimento avrebberopotuto delucidare la verit sin dal bel principio, e all'astu
zie di lui contrapporre la prova, la irrefragabile- prova giu
diziale.
Il sistema sostenuto dal Giuliani quello del Regolamento
Gregoriano, ma meglio a nostro parere han disposto gli
altri codici degli Stati italiani, meglio dispongono i nostri
codici vigenti e i Progetti. Le condanne in contumacia for
mano ormai il diritto universale delle nazioni civili.
62. Cosi adunque a noi sembra che possiamo stabilire:
Riassunto. Le incapacit civili o politiche, sia sole
sia unite a pena afflittiva, nel caso di condanna in contra(8) Dir. pen. pag. 680.

324
dittorio avranno principio dal momento in cui questa sar
divenuta irrevocabile (9) .
Le incapacit civili, sia sole, sia unite a pena afflittiva,
nel caso di condanna in contumacia, avranno com indamente
dal momento in cui sar decorso il tempo per purgare la
contumacia: ma nel caso di arresto o di presentazione vo lontana e di successiva assoluzione del condannato, gli ef fetti delle medesime dovranno essere annullati, salvo i
diritti acquisiti dai terzi.
Le incapacit politiche nello stesso caso avranno invece
cominciamento dal giorno in cui la condanna sar dive nuta definitiva.
E ben nota la differenza fra condanna definitiva e con
danna irrevocabile. Irrevocabile quella che oltre essere
definitiva, siccome pronunciata regolarmente in contraddit
torio, non pu essere altrimenti abolita. Definitiva quella
che per qualche circostanza, come appunto nel caso di pre
sentazione o arresto del condannato in contumacia, pu essere
ancora revocata, sebbene pronunciata in ultimo grado.
(9i Nulla varrebbe che nella pena dovesse computarsi il car
cere preventivo. 11 periodo del carcere preventivo, un periodo
di capacit giuridica, perch manca la sanzione del magistrato
per cui vien meno. Secondo il Progetto dell' on. De Falco (art.
78.) in facolt del giudice di computare il carcere preventivo
sino a 6 mesi nel caso di condanne a pene criminali , sino a 3,
nel caso di condanne a pene correzionali: deve invece computarsi
il carcere sofferto prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile,
salvo che il ricorso sia rigettato. Secondo il Progetto del 1868 (art.
34.) si deve computare il carcere preventivo per intero, qualun
que sia la condanna, compresa quella alla multa , o alla deten
zione surrogata alla medesima: deve pure computarsi sempre il
carcere sofferto prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile.
Secondo il Progetto del 1870 infine, ( art. 35. 36. ) il carcere pre
ventivo deve computarsi a periodi secondo le varie specie di con
danna; e nel rimanente riprodotta la disposizione del Progetto
dell' on. De Falco. In proposito vedi il Fogtio di lavoro pel Con
gresso internazionale di Londra per la prevenzione e repressione
dei reati, del Cons. Paoli.

325

CAPO IX-

Del sistema di restituzione graziosa e legittima.

63.
64.
65.
66.
67.
68.
69.
70.

Effetti dell'amnistia noi Progetti di codice penale unico.


Id. dell' indulto e della grazia.
Preferenza pel sistema del Progetto dell'on. De Falco.
Cessazione delle interdizioni derivanti da condanna temporanea.
Equivalenti disposizioni legislative in Francia.
Nostre idee in proposito.
Effetti della revisione e della rivelazione della sentenza.
Riassunto.

63 La materia della restituzione legittima, dopo quello


che dicemmo nella parte IV, non ci sembra che ormai ri
chieda molti schiarimenti. Fermandosi sui Progetti di co
dice penale unico, essa verter ancora sull'amnistia, sull'in
dulto, sulla grazia, e sulla revisione; quindi sulla prescri
zione della condanna penale, e sulla riabilitazione. Questo
sistema corrisponde ai vari modi di restituzione, e cio alla
restituzione graziosa ed alla restituzione legittima, di cui
gi a lungo ci occupammo.
Amnistia, indulto, grazia e revisione. L' amnistia,
nel tempo stesso che arresta per l'avvenire tutti gli atti
d'istruzione o di azione penale pei fatti compresi nel beneficio
sovrano, sopprime gli effetti delle condanne penali pronun
ciate a causa dei fatti medesimi. Le pene corporali cessano o
non possono essere eseguite; le interdizioni e la perdita dei
diritti relativi allo stato e alla capacit delle persone hanno
fine : non restano veramente che gli effetti che costituiun diritto acquisito dei terzi.
Per questo 1' art. 141 del Progetto dell' on. De Falco di
chiara : l'amnistia estingue di diritto tutti gli effetti del
l' azione penale, e delle pene pronunciate. E lo stesso con

326 ratto naturalmente e chiaramente implicito nell' art. 84,


1, del Progetto del 1868, e nell' art. 88, 3 del Progetto
del 1870.
64. Fu questione, se l'indulto o la grazia avesse a far
cessare le incapacit civili o politiche congiunte alla pena
afflittiva ; e la soluzione stata diversa. Il Progetto del
l' on. De Falco all' art. 441 cit. dispone, che l'indulto o la
grazia che condona o commuta la pena, fa cessare l' inter
dizione legale del condannato, a meno che la commutazione
non abbia luogo in altra pena cui congiunta per legge
questa interdizione. Il Progetto del 1868 non si spiega a
sufficienza in proposito, poich al 1 dell' art. 84 dice sol
tanto, che V indulto e la grazia non fanno cessare la
interdizione dei pubblici uffici, che va congiunta per legge
alle pene dell' ergastolo e della reclusione, salve le disposi
zioni del codice di procedura penale sulla riabilitazione dei
condannati. Ma, come nel primo Progetto il silenzio sulla
interdizione dei pubblici uffici, in confronto del disposto sulla
interdizione legale, porta a far ritenere che continui a sussi
stere nonostante l' indulto o la grazia, cos nel secondo il
silenzio sulla interdizione legale, in confronto del disposto
sulla interdizione dai pubblici uffici, porta invece a far ritenere
che cessi quando intervenga tal favore sovrano. Il pi rigoroso
di tutti il Progetto del 1870, in quanto che al 2 del
l'art. 88 stabilisce addirittura, che l'indulto e la grazia
non fanno cessare la decadenza dai diritti civili e politici
e dai pubblici uffici, che vanno congiunte per legge alla pena
della morte e della reclusione.
65. In mezzo a questa disparit di disposizioni, a noi sem
brano preferibili quelle del Progetto dell' on. De Falco. Il
Ile pu far grazia di tutte le pene, anche di quelle che mo
dificano la capacit giuridica del condannato : certo adun
que che egli pu condonare le incapacit civili o politiche le
quali, impropriamente vero, ma pure nel sistema delle no
stre leggi sono dette effetti o conseguenze della pena, e
perci modificano tal capacit. Per questa considerazione
a noi sembra, che nel difetto di una dichiarazione restrittiva,
l'atto sovrano debba intendersi aver voluto estendere il suo

327
favore a tutti gli efletti o conseguenze medesime, quale ac
cessorio della condanna.
La facolt del Sovrano, di restringere il favore dell'atto
di grazia, giustamente espresso nel capov. del cit. art. 140
del Progetto dell' on. De Falco, in tali termini : Nel caso
che l' indulto o la grazia condoni o commuti la sola pena
principale, le incapacit e la vigilanza di pubblica sicurezza
che fossero congiunte alla condanna divenuta irrevocabile,
non cesseranno che al termine segnato nella sentenza, il
quale comincia a decorrere dal giorno della grazia, ovvero
dietro la riabilitazione del condannato nel modo stabilito dal
codice di procedura penale. S'intende bene, che attribuen
dosi al Re la facolt di rilevare in tutto o in parte il con
dannato dalle incapacit incorse, si toglierebbero molte di
queste dispute.
66. Controversia grave pu peraltro nascere quanto al
tempo in cui debbono cessare le interdizioni derivanti da con
danna a pena afflittiva temporanea.
Il Progetto dell'on. De Falco, in questo proposito, all'art.
139 dispone: L' espiazione della pena fa cessare la interdi
zione legale cui il condannato era sottoposto. Non fa cessare le
incapacit che fossero congiunte alla condanna se non dopo il
termine fissato nella sentenza, il quale comincia a decorrere
dalla pena principale , ovvero in seguito della riabilitazione
del condannato ottenuta nel modo prescritto dal codice di
procedura penale.
L' art. 140 aggiunge: Il Re potr per decreto di grazia
rilevare il condannato da tutte o parte delle incapacit incorse per effetto della condanna, ed accordargli anche nel luogo
della espiazione della pena l' esercizio di tutti o di parte dei
diritti civili di cui sia stato privato.
67. Questa disposizione trova i suoi precedenti nel codice
penale francese, il quale all'art. 16 disponeva: Le gouvernement poutrait nullemain accorder a le deportate, dans le
lieu de la deportation l' exercice des droits civils ou de
quequel-uns de ces droits. Essendo la deportazione una pena
stabilita per la repressione dei delitti politici, pareva di
tutta convenienza che il Governo avesse la podest di accor

328
dare al deportato in tutto o in parte l' esercizio dei diritti
civili. Ci per non avrebbe potuto togliere gli effetti della
morte civile gi verificati.
La legge del 18 giugno 1850 tradusse questa facolt in leg
ge. La legge del 31 maggio 1854, abolendo la morte civile, al
l' articolo 4 contiene l' identica disposizione dell' art. 140
del Progetto dell' on. De Falco, sebbene ristretta alle sole
condanne a pene perpetue : Le gouvernement peut relever la condamne une peine afflittive perpetuelle de tout
ou partie des capacits prononces par l'article prcdent
d'excution de la peine, des droits civils ou de quelqueluns
de ces droits, dont il a t prive par son interdiction legale.
Il rammentato articolo dest qualche apprensione nel
Corpo legislativo. Il Deputato Legrand manifest il timore
che le disposizioni puramente amministrative potessero sner
vare la legislazione penale. L' art. 4, disse Egli, ha un ca
rattere troppo generale, tiene troppo viva la speranza di
giungere a godere del favore sovrano , e subordina la giu
stizia a un decreto amministrativo. (1)
68. Ma la facolt nel Re di rilevare il condannato da tutte
o parte le incapacit incorse, quando fosse ben regolata,
sul parere dell'autorit giudiziaria, non gi dell'amministra
tiva, ci sembra che potrebbe trovare largo campo nei riguardi
delle condanne per reati politici, e fors'anche per reati comuni
commessi non per false ed ignobili passioni, per preme
ditazione nei propositi e fraudolenti disegni, ma nell'impeto
d' ira, a seguito di provocazione, per sentimento di onore,
eccesso di difesa ecc.
certo che la pena non pu e non deve proporsi un
identico reato. La pena da infliggersi al ladro, al truffa
tore, allo stupratore e simili, deve proporsi a scopo principale
l'emenda. Ora la pena da infliggersi a chi si ribell al Go
verno e proclam nuovi principi, siccome gli impulsi che
promossero il reato furono dipendenti da mere opinioni poli
tiche sul modo di constituire e governare lo Stato, sarebbe
inutile che si proponesse questo scopo: una convinzione di
(l) Humbert, 1. c. pag. 515

329
principi non si cancella dall' animo colla pena, colla violenza.
L' emenda ha qualche parte nella pena da infliggersi al col
pevole di omicidio e ferimento commesso nell' impeto d' ira,
o accompagnato da alcuna delle circostanze sopra accennate,
ma qui si hanno minori difficolt da superare, perch minore
la perversit dell'animo dell' agente.
L' interdizione dei diritti civili tal pena, che nei sopra
detti casi la remissione di speciali incapacit civili si pre
senta come una parte del diritto di grazia, come un corret
tivo alla severit relativa delle pene, con vantaggio dell' in
teresse pubblico e privato.
69. Quanto alla revisione ci riferiamo unicamente a ci che
abbiamo detto al capo III, parte IV. Quello che potremmo
ancora aggiungere su di essa si atterrebbe pi al sistema di
questa instituzione che agli effetti sulla capacit giuridica.
La revisione, quando sia seguita dalla rivocazione della sen
tenza, naturalmente importa per conseguenza la riabilitazione
piena: questo di tutta evidenza.
70. Quindi fermiamo in proposito le nostre idee:
Riassunto. L'amnistia estingue di diritto tutti gli
effetti dell' azione penale, e delle pene pronunciate, rela tivi alla capacit giuridica dei condannati.
L' indulto o la grazia, e la commutazione di pene, pro ducono lo stesso effetto, salvo che questa commutazione
non importi identiche o nuove incapacit, e salva pur sem pre una contraria volont del potere sovrano.
Il Re potr rilevare il condannato da tutte o parte le
incapacit incorse per effetto della condanna durante l' e spiazione della pena afflittiva o posteriormente alla mede sima, nello stesso modo e colle stesse forme che per l' e sercizio del diritto di grazia.
La rivocazione della sentenza in un giudizio di revi sione opera una vera restituzione in intero, salvi i di ritti dei terzi acquisiti in dipendenza della condanna.

330
CAPO X.
Segue nello stesso proposito.
71.
79.
73.
74.
75.
76.
77.

Effetti della prescrizione nei Progetti di codice penale unico.


Nostre idee in proposito ai diritti civili.
Id. in proposito ai diritti politici.
La prescrizione in rapporto alla sorveglianza della polizia.
Effetti della riabilitazione nei medesimi Progetti.
Pregi e difetti delle relative disposizioni.
Riassunto.

71. Rispetto alla prescrizione ecco le disposizioni della le


gislazione in Progetto :
Progetto dell' on. De Falco. Secondo l' art. 152 la
prescrizione della pena fa cessare l' interdizione legale del
condannato. Non fa cessare le incapacit e la vigilanza spe
ciale della pubblica sicurezza che sono congiunte alla con
danna, se non dopo il termine fissato nella sentenza, il quale
comincia a decorrere dal giorno della prescrizione della pena
principale, ovvero in seguito alla riabilitazione del condan
nato nel modo prescritto dal codice di procedura penale. In
tutti i casi i condannati all' ergastolo, ai lavori forzati o alla
detenzione straordinaria, che avessero prescritto la loro pe
na, rimangono di diritto sotto la vigilanza speciale della
pubblica sicurezza.
Progetto del 1868. -r- Nissuna disposizione regola la pre
scrizione delle incapacit che tengono dietro alla pena prin
cipale : il che ci lascia in molte incertezze. Solo l' art. 85
dichiara, che le pene dell' ergastolo e dell' interdizione per
petua dei pubblici uffici non si prescrivono mai. Onde certo
che non pu prescriversi neppure l'interdizione legale o la
interdizione dei pubblici uffici che sono congiunte a questa
massima pena afflittiva.
Progetto del 1870. Esso segue il sistema del Progetto del
1868, se non che con pi restrizioni. Secondo l'art. 89, non
si prescrivono le pene della morte, della reclusione a vita,
della decadenza dai pubblici uffici, e neppure la decadenza
dai diritti politici e civili.

331
72. Il sistema che meglio si conforma alle nostre idee
quello di distinguere tra prescrizione delle incapacit civili
prescrizione delle incapacit politiche.
Le incapacit all' esercizio di diritti civili si aggiungono
sempre alle condanne a pene afflittive criminali, e secondo
le mire del legislatore sono sempre il portato necessario
dello stato di pena. Ora, quando la pena prescritta, per
dono esse di ogni opportunit e legittimit : le stesse ra
gioni che giustificano l'instituto della prescrizione delle pene
afflittive, giustificano pure l'instituto della prescrizione delle
incapacit civili. Anzi qui v' e di pi, e cio l'instituto della
prescrizione delle incapacit civili avvantaggia assai l' inte
resse privato delle famiglie, ed il favore che dispensa una
guarentigia maggiore per la sicurezza sociale. Infatti, ponete
nuovamente nel numero dei cittadini un delinquente che ha
prescritta la sua pena, ma negategli i mezzi necessari per
divenire un galantuomo, distoglietelo dagli interessi suoi e
della sua famiglia, scolpitegli in fronte il marchio indelebile
della sua colpa, sarete voi che ne farete un nemico sociale,
che ne impedirete l'emenda, e nelT isolamento generale da
voi procurato ne farete .un uomo-bruto.
A questi principi non crediamo che possa farsi ragionevol
mente eccezione, se non nel caso di condanne a pene afflit
tive perpetue, riguardo ai diritti di potest patria e mari
tale, che tanto si attengono alla morale educazione della fami
glia. Allora, invero, sebbene il condannato abbia prescritto
la pena, l'esercizio di tal potest desta gravi apprensioni, e non
inopportuno che il legislatore intervenga a guarentire la
moralit e il retto indirizzo della famiglia medesima.
Nel rimanente non siamo neppure di parere che si abbia a
restringere il diritto di prescrizione, per alcuna condanna. 0
sempre o giammai; ecco il principio che ci sembra conforme alla
logica del diritto. Le calamit che d' ordinario accompagnano la
vita del contumace alla pena, e le ansiet della fuga e del
l'esilio, se sono considerate come sufficiente espiazione del
commesso reato, quando sieno durate per quindici o venti
anni dopo la sentenza, rispetto a chi fu condannato a quin
dici o venti anni di casa di forza o di reclusione, non vedesi

332
perch non lo sieno, rispetto a chi sia stato condannato a
pena di pi lunga durata. Si stabilisca, se credesi opportuno,
un pi lungo lasso di tempo, ma non si adoprino due pesi
due misure : altrimenti si correr il pericolo, che di due
colpevoli di gravissimo delitto, dopo vari anni l'uno sen vada
affatto impunito, e l' altro abbia ancora a scontare tutta in
tera la pena. Per evitare tale inconveniente si ricorrer al
rimedio di diminuire la pena di qualche grado a chi sia ar
restato o comparisca volontariamente dopo lungo spazio di
tempo : ma, credasi pure, la punizione di un vecchio, dopo
lunghissimi anni che fu condannato, vestir sempre le ap
parenze di crudelt pi che di giustizia, e rimarr senza
scopo lo spettacolo di una pena che applicata in faccia ad
una generazione che non ebbe lo spettacolo del delitto, o
che da moltissimo tempo l' ha gi dimenticato (1).
73. Diversa opinione accogliamo quanto ai diritti politici
ed ai pubblici uftici, per la diversa loro natura e carattere.
La prescrizione della pena non cancella il delitto ; non can
cella l' onta e l' infamia di una grave colpa. Ma 1' esercizio
dei diritti politici e dei pubblici uffici non pu accordarsi,
come altrove fu detto, se non a cittadini senza macchia, a
cittadini almeno che nella riabilitazione abbiano trovato la
quiete della loro conscienza ed un pubblico attestato d'emenda.
74. Disposizione che ci sembra degna d' approvazione
quella gi indicata sulla sorveglianza della polizia. Colui
che ha prescritto la pena, non pu entrare nella so
ciet in mezzo alla quale ha delinquito senza un certo so
spetto. Questa sorveglianza, distinta dalla pena principale,
non pu giuridicamente seguire le sorti della medesima, e sa
rebbe contrario all'interesse pubblico il sopprimerla troppo
leggermente, senza ragione plausibile, anzi quando le circo
stanze ci consigliano altrimenti.
(1) V. la dottrina della prescrizione della pena nelle - Nozio
ni etementari di diritto penale, del Consiglier Paoli, pag. 148nel Programma di Diritto criminale, del Prof. Carrara, Voi.
I. pag 340 - nel Comm. al Cod. pen. tose, del Piccioni, Voi,
I. sull' art. 30.

333
Tutto ci consona coi provvedimenti del codice vigente sul
la residenza dei condannati dopo aver prescritta la pena (2).
Tutto ci consona coi provvedimenti identici accolti dal Pro
getto dell'on. De Falco all'art. 153, che cos concepito: Nei
casi di prescrizione delle pene dell'ergastolo o dei lavori for
zati, pronunciate per omicidi, non potr il condannato abi
tare nel luogo ove dimorano il coniuge, oi parenti od affini
dell'ucciso sino al terzo grado inclusivamente, se non col
consenso legalmente prestato dai medesimi. Nel caso che
non ne ottenga il consenso, il condannato non potr stabi
lire la sua residenza che alla distanza che sar determinata
dalla Corte, la quale non potr essere minore di tre miriametri.
75 A questo punto non ci resta che concludere rispetto al
pi importante dei mezzi di restituzione legittima e cio
rispetto alla riabilitazione. La riabilitazione adesso rego
lata dalle leggi di procedura; ma veramente meglio ci sembra
che tenga il suo luogo nel codice penale. Essa il battesimo
della rigenerazione civica; la cessazione completa degli
effetti delle pene : nulla dunque di pi ragionevole, che vada
unita alle disposizioni, le quali si riferiscono al modo di ap
plicare e di operare delle medesime.
Fra i vari Progetti di codice penale, il solo che entrato
in tal concetto quello del 1870, poich alla riabilitazione
consacra un capo speciale.
Questo progetto dispone quanto appresso:
Possono essere riabilitati i condannati alla decadenza dei
pubblici uffici, e coloro i quali per effetto di condanna, sieno
incorsi nella decadenza dai diritti politici e civili, o in quella
dai pubblici uffici.
La riabilitazione dalla decadenza dei pubblici uffici pu
essere dimandata;
(a) quando sieno trascorsi cinque anni dal giorno in cui
la pena restrittiva della libert personale, o la pena pecu
niaria, alla quale andava congiunta, sia stata scontata, oppure
sia rimasta estinta per atto d' indulto o grazia;
(2) Art. 147.

334
(b) ed inoltre se il condannato abbia dato prove di emen
damento.
Il condannato alla pena di morte o della reclusione a
vita pu dimandare la riabilitazione dalla incorsa decadenza
dai diritti politici e civili ;
(a) quando sieno trascorsi cinque anni dal giorno in cui
le dette pene sieno state condonate per atto d' indulto o di
grazia, o dal giorno in cui sia stata scontata o sia rimasta
estinta per atto d' indulto o di grazia la pena che vi sia stata
surrogata per atto di commutazione ; purch, s nell' uno che
nell' altro caso, siano trascorsi dieci anni dalla data della
sentenza divenuta irrevocabile;
(b) ed inoltre se il condannato abbia dato prove d' emen
damento.
Non fatto luogo a riabilitazione quando la pena ri
masta estinta per prescrizione.
Essa dichiarata con decreto reale sul conforme parere
dell' autorit giudiziaria, ed osservate le forme stabilite dal
vigente codice di procedura penale.
Produce effetto dal giorno in cui dichiarata.
76. Queste disposizioni contengono innegabili migliora
menti. E anzitutto, quello di aver concesso la riabilitazione
dall'interdizione o decadenza dei diritti politici e dai pubblici
uffici senza eccezione alcuna, compreso quindi il diritto di
elettorato, contrariamente a ci che avviene nella legislazio
ne vigente. Secondariamente, quello di avere determinato in
modo preciso come e quando l'indulto e la grazia aprano l'adito
alla restituzione. Infine, quello di avere stabilito un lasso
conveniente di tempo, nel caso stesso d'indulto o di grazia,
dalla sentenza alla riabilitazione dalle condanne alle maggiori
pene criminali, come la morte o la reclusione a vita, e pi
lungo che nelle altre ipotesi.
Difetto pu sembrare ad alcuno, l' aver ristretto il di
ritto alla riabilitazione alle condanne che modificano, sia in
modo principale, sia in modo accessorio, la capacit civile o
politica del condannato, senza alcun riguardo alle altre, che
pure sono grave macchia pell'onore e pella considerazione del
cittadino. Difetto pu ancora sembrare ad alcuno l'aver man

335
tenuto la riabilitazione qaal prerogativa del potere sovrano,
piuttostoch della magistratura, e forse pi ragionevolmente
di ogni altra, della magistratura popolare, di quella stessa
che ha affermato la colpabilit, ed ha col suo verdetto pro
nunciata la sentenza di condanna del reo vogliamo dire
del Giuri.
Difetto vero , secondo noi, il negare la riabilitazione
a chi abbia prescritta la pena. Quando la giustizia punitiva
gettando un velo sul passato per ragioni di politica e di equit
dimentica il delitto, e al delinquente apre libero adito al ri
torno nella societ, da cui stette per lungo tempo lontano,
non vedesi perch d' altra parte il debba accompagnare di
una nota perpetua d' infamia, e gettare nel pi terribile iso
lamento. Chi libero di s, con una buona condotta continuata
per lungo spazio di tempo, abbia dato prove indubitabili di
emenda, ben pi degno di commiserazione di colui il quale
abbia ottenuto decreto di grazia; e la riabilitazione trova in
lui una ragione legittima.
77. Quindi fermiamo ancora il nostro concetto:
Riassunto. La prescrizione della pena distrugge
le incapacit civili congiunte alla medesima, salvo il di ritto di potest patria e maritale nel caso di condanna
a pena afflittiva perpetua.
La stessa prescrizione non distrugge le incapacit po litiche, n impedisce la sorveglianza della polizia, ma
sempre aperto l' adito alla riabilitazione.
La riabilitazione pu dimandarsi a causa di qualsiasi con danna a pena criminale.
Il tempo respettivo di dieci o cinque anni decorrer
dal giorno dell'espiazione della pena, o da quello che inter venne decreto d'indulto o di grazia, o da quello che si
> comp la prescrizione.

PROGETTO

I condannati a pene amili ivo perpetue saranno soggetti all' interdizione patri
moniale, ed a quella della potest patria e maritale Essi saranno sottoposti all'au
torit di tutore, e nei limiti delle rammentate incapacit saranno loro applicabili
le disposizioni del codice civile relative alla nomina, all'autorit od all'ammini
strazione del tutore degli interdetti per infermit di mente. Peraltro, potranno
loro essere somministrate dello tenui somme dalla famiglia a titolo di alimenti,
sar loro mantenuto il diritto di testare, e rester valido il testamento fatto legit
timamente prima della condanna definitiva.
I condannati a pene afflittive criminali temporanee, durante l'espiazione delle
medesime, saranno soggetti, come i condannati a pene afflittive perpetue, all 'interdi
zione patrimoniale. Essi saranno sottoposti all' autorit di un tutore, e nei li
miti delle incapacit patrimoniali saranno loro applicabili le disposizioni del codice
civile relative alla nomina ed all'amministrazione del tutore degli interdetti per
infermit di mente. Peraltro, potranno sempre essere loro assegnale delle sov
venzioni dalla famiglia a titolo di alimenti, sar loro mantenuto il diritto di te
stare, e rester valido il testamento fatto legittimamente prima della condanna
definitiva.
Sono soggetti all'interdizione perpetua dei diritti politici e dei pubblici uf
fici i condannati a pene afflittive perpetue.
La legge determina i casi in cui i lmagistrato alle pene afflittivo pu o deve ag
giungere l' interdizione temporanea di tutti i diritti politici e dei pubblici
uffici, o di alcuni di essi soltanto.
Quando si tratti di condanne a pene criminali, I' esercizio dei diritti poli
tici, o dei pubblici uffici non potr mai essere accordato se non sia intervenuta
riabilitazione.
L' interdizione temporanea dei diritti politici e dei pubblici uffici ha la du
rata da cinque a venti anni e si divide nei seguenti gradi: i. da sei mesi ad un
anno ; 2. da un anno a tre . 3. da tre a cinque : i. da cinque a sette:
3. da sette a dicci: 6. da dicci a quindici: 7. da quindici a venti.
Entro i limiti del primo grado si applica a mesi; nel secondo e terzo a se
mestri; negli altri ad anni.
La sorveglianza della polizia un'aggravante che deve pronunciarsi dal ma
gistrato pei reati espressamente determinati dalla legge e in specie pei recidivi.
La sorveglianza nei casi pi gravi di reato pu estendersi fino alla fissazione
22

338
del domicilio in un luogo detcrminato, ed essere accompagnata da speciali inter
dizioni.
Nei casi ordinari la stessa sorveglianza impone semplicemente l' obbligo di
dar conto di s all' autorit di pubblica sicurezza locale ad ogni sua richiesta, e
di munirsi di foglio di via nel caso di abbandono del luogo dello stabilito do
micilio.
Quando il condannato abbia dato prove indubitabili di buona condotta e di emen
da, sentito il consiglio delle prigioni e la Camera di consiglio o la Sezione d'ac
cusa del luogo in cui, chi ha espiato la pena, fu condannato, egli potr esserne
liberato con decreto del Ministro di grazia e giustizia e culti.
Le incapacit civili o politiche, sia sole, sia unite a pene afflittive, nel caso di
condanna in contradittorio avranno principio dal memento in cui questa sar
divenuta irrevocabile.
Le incapacit civili, sia sole, sia unite pene afflittive, nel caso di condanna
in contumacia avranno cominciamento dal momento in cui sar decorso il tempo
per purgare la contumacia: ma nel caso di arresto o volontaria presentazione e di
successiva assoluzione del condannato, gli effetti delle medesime dovranno es
sere annullati, salvo i diritti acquisiti dai terzi.
Le incapacit politiche nello stesso caso avranno invece cominciamento dal
giorno in cui la condanna sar divenuta definitiva.
L' amnistia estingue di diritto tutti gli effetti dell' azione penale e delle pene
pronunciate, relativi alla capacit giuridica dei condannati.
L' indulto o la grazia, o la commutazione di pene, producono lo stesso effetto,
salvo che questa commutazione non importi identiche o nuove incapacit, e
salva pur sempre una contraria volont del potere Sovrano.
Il Re potr rilevare il condannato da tutte o parte le incapacit incorse
per effetto della condanna, durante l' espiazione della pena afflittiva o posterior
mente alla medesima, nello stesso modo e colle stesse forme che per 1' esercizio
del diritto di grazia.
La rivocazione della sentenza in un giudizio di revisione opera una vera re
stituzione in intero, salvi i diritti dei terzi acquisiti in dipendenza della con
danna.
La prescrizione della pena fa cessare le incapacit civili congiunte alla mede
sima, salvo il diritto di potest patria e maritale, nel caso di condanna a pene
afflittive perpetue.
La stessa prescrizione non fa cessare le incapacit politiche, ni impedisce la
sorveglianza della polizia, ma sempre aperto l'adito alla riabilitazione.
La riabilitazione pu dimandarsi a causa di qualsiasi condanna a pena criminale.
Il tempo respettivo di dieci o cinque anni decorrer dal giorno dell'espia
zione della pena, o da quello che intervenne decreto di grazia e d'indulto o da
quello che si compi la prescrizione.

INDICE

Principi generali.
Cato I. I diritti civili e i diritti politici .... pag. 7
Caro II. Delle pene e delle conseguenze penali ... 13
PARTE I.
Della capacit civile dei condannati.
Cato I. Del sistema penale delle leggi romane ...
Capo II. Della condizione civile dei condannati a pene
capitali e non capitali nelle leggi romane ...
Capo III. Della condizione civile dei condannati nel di
ritto intermediario

Capo IV. Della condizione civile dei condannati nel di


ritto vigente

Capo V. Dell- indole, costituzione esercizio e cessazione


della tutela dei condannati

Capo VI. Della perdita e della sospensione della pote


st patria a seguito di condanne penali ....
Capo VII. Della perdita e sospensione della potest ma
ritale, e della separazione personale a seguito di
condanne penali

Capo VilI. Della capacit dei condannati a contrarre


matrimonio, e dello scioglimento di esso per con
danna anteriore

20
26
36
46
51
57

68

75

340
Capo IX. Della capacit dei condannati riguardo al ri
conoscimento e alla legittimazione di figli, all'ado
zione ed alla tutela
pag.
Capo X. . Della capacit dei condannati di obbligare ed
obbligarsi

Capo XI. Della capacit dei condannati di testare e


di succedere

Capo XII. Della capacit dei condannati a promuovere


o sostenere azioni in giudizio, all' esercizio del di
ritto di querela ecc
>
PARTE SECONDA
Della capacit politica dei condannati.
Capo l. Della infamia come causa d'incapacit nelle
leggi romane

Capo II. Dello pene infamanti e della interdizione dei


pubblici uffici nel diritto intermediario e nel vigente
Capo III. Della capacit dei condannati all'esercizio del
l'elettorato politico e amministrativo . . . . >
Capo IV. Della capacit dei condannati di far parte deldell milizie nazionali, e di portar armi. . , .
Capo V. Della capacit dei condannati all' esercizio del
l' ufficio di giurato e d'arbitro

Capo VI.
Della capacit dei condannati agli uffici pub
blici propriamente , e in specie al godimento del
benefizio ecclesiastico
>
Capo VII. Della capacit dei condannati in materia di
stampa, d' istruzione e d' insegnamento privato .
Capo VilI. Della capacit dei condannati a testimoniare >
Capo IX. Della sorveglianza speciale della polizia .

PARTE TERZA
Del tempo e del luogo in cni la capacit dei condannati
subisce alterazione.
Capo I. Del tempo in cui subiva alterazione la capacit
dei condannati in contradditorio nello leggi romane

341
Capo II. Del tempo in cui subiva alterazione la capacit
dei condannati in contraddittorio nel diritto inter
mediario
pag.
Capo III. Del tempo in cui subisce alterazione la capacit
dei condannati in contraddittorio nel diritto vigente
Capo IV. Del tempo in cui subiva alterazione la capacit
dei condannati in contumacia nelle leggi romane
Capo V. Del tempo in cui subiva alterazione la capacit
dei condannati in contumacia nel diritto interme
diario

Capo VI. Del tempo in cui subisce alterazione la capacit


dei condannati in contumacia nel diritto vigente >
Capo VilI. Dei conflitti fra le regole dell'assenza e quelle
della contumacia

Capo VilI. Della efficacia delle condanne dei tribunali


esteri sulla capacit di un nazionale o di uno stra
niero

Capo IX. Del passaggio da una legge vecchia ad una


legge nuova, e delle leggi militari

180
185
190

195
203
211

217
227

PARTE QUARTA
Della restituzione dei condannati nella loro capacit.
Capo I. Della restituzione graziosa e legittima nelle leggi
romane
, . .
Capo II. Della restituzione graziosa e legittima nel di
ritto intermediario
Capo III. Della restituzione graziosa e legittima nel di
ritto vigente . .
Capo IV. Segue nello stesso proposito

232
242
252
260

PARTE QUINTA
Esame dei vari sistemi in Progetto
sulla condizione giuridica dei condannali.
Capo 1. Della capacit dei condannati secondo i Pro
getti di codice penale unico
268
Capo II. Del sistema della perdita dei diritti civili e
dell'assenza dichiarata
276

342
Capo III. Del sistema della interdizione legale . . pag.
Capo IV. Segue nello stesso proposito

Capo V. Del sistema della interdizione dei pubblici uffici


Capo VI. Segue nello stesso proposito
Capo VII. Del sistema della sorveglianza speciale della
polizia

Capo VIII. Del sistema relativo al tempo in cui subisce


alterazione la capacit dei condannati ....
Capo IX. Del sistema di restituzione graziosa e legittima
Capo X. Segue nello stesso proposito

Progetto

285
285
301
309
314
321
325
330
337

ERRATA-CORRIGE

ag. 12. V. 11. dei diritti incivili dei diritti in civili


16. 3. privazione o so- privazione o sospenspensione dai
sione dei diritti
diritti
26. 20. . Capitali e non : capitali e non capitali
capitali
47. 31. decreto 17. feb
decreto 17 febbraio
51.
52.
braio
1860,
1861
101. 9.
151. 27. legge 21 aprile legge 21 aprile 1871
1821
195. 2. del luogo in cui del tempo in cui subiva
subiva
177. 11. in suspicione poe- in sospicione poenae
181. 21nae
335. 31. decreto d'indulto decreto d' indulto o di
o d'amnistia
grazia

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