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Articolo 2043 c.c. (Risarcimento da fatto illecito): “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad
altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”
Che cos’è il diritto privato? Il diritto privato è l’insieme delle norme giuridiche garantite, che stabiliscono
(regolano) la condotta sociale.
Questa tipologia di istituzione, la si può ritrovare in paesi come la Francia e la Spagna; invece, nei paesi oltre
la manica non è presente.
La norma giuridica costituisce una regola di condotta socialmente garantita (un comando), che impone al
cittadino ad un determinato comportamento. La norma giuridica esiste in quanto è stata posta in essere,
dall’autorità dello Stato.
Il comando contiene degli obblighi e dei divieti. Stiamo parlando di precetti e sanzioni. L'esecuzione della
sanzione avviene in seguito al mancato rispetto del precetto; essa può consistere nella sottrazione forzata dei
beni del personale patrimonio dle soggetto (regole di condotta oggettivamente sanzionabile).
I caratteri dell’astrattezza e della generalità sono strettamente correlati (legati) all’articolo 3 della
Costituzione italiana. i due caratteri permettono di accogliere le nuove esigenze della società, portando a
nuove interpretazioni della norma giuridica,
La norma giuridica deve essere INTERPRETATA, dunque si deve passare dalla fattispecie astratta a quella
concreta. Per questo motivo si differenzia dalla clausola generale, che è ancor più generale della norma. Si
parla di fattispecie concreta nel momento in cui viene emanata una sentenza.
La norma è giusta quando non va contro la Costituzione italiana; questo secondo, il principio della
gerarchia delle fonti.
Articolo 1 c.c. delle preleggi (Indicazione delle fonti): “sono fonti del diritto: le leggi, i regolamenti, gli
usi e le consuetudini”
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I DECRETI - LEGGI: decreti emanati dal Governo in caso di estrema necessità; essi però devono
essere approvati dal parlamento entro 60 giorni;
I DECRETI DELEGA: che riguardano i giuristi visto la loro capacità tecnica in determinate
materie. Per questo motivo il Parlamento vota una legge delega, dove vengono con precisione i
criteri che il Governo dovrà rispettare nel momento in cui attuerà la delega;
I TESTI UNICI (t.u.): in materie molto tecniche il Parlamento emana dei testi unici, ovvero una
legge in cui all’interno vengono inserite tutte le possibili disposizioni riguardanti una determinata
materia.
Tra le fonti del diritto oggettivo possiamo trovare anche le norme programmatiche e precettive, contenute
all’interno della Costituzione:
Le norme programmatiche: indicano programmi, che verranno portati avanti dallo Sato;
Le norme precettive: sono norme che possono essere applicate immediatamente dalla Magistratura.
Le fonti che abbiamo esaminato vengono chiamate fonti di produzione; da non confondere con le fonti di
cognizioni.
LE FONTI DI COGNIZIONE sono le fonti attraverso il quale la comunità, viene a sapere delle norme
giuridiche; ovvero gli strumenti che lo stato impegna a questo scopo (es: la gazzetta ufficiale dello sato).
LE FONTI DI PRODUZIONE, invece hanno un’efficacia erga homnes, ovvero nei confronti di tutta la
comunità dei consociati. Non vi sono leggi ad personam, perché violerebbero un principio fondamentale
della nostra carta costituzionale; contenuto nell'articolo 3.
LA GIURISPRUDENZA:
La giurisprudenza non è menzionata all'interno dell'articolo1 delle preleggi. Questo perché la giurisprudenza
non è fonte del diritto, ma svolge una funzione importante di PRECEDENTE. Nei paesi di civil law il
precedente non è obbligatorio o vincolate, come invece è nei paesi di common law.
Nei paesi civil law, il precedente non è vincolante ma è PERSUASUVO. Esso sta nella forza,
nell’autorevolezza e nella credibilità del precedente. In Italia è la Corte di Cassazione a creare il
precedente. Nei sistemi di civil law, dalla norma si risolve la controversa giudiziaria; nei sistemi di common
law quello che stabilisce il giudice diventa norma giuridica.
I giudici non possono creare diritto, essi lo interpretano e lo applicano. Nei paesi del commonwealth i
giudici possono, anzi creano diritto.
La giurisprudenza, e l'insieme di tutte le decisioni emesse dagli uffici giudiziari della Repubblica italiana,
aventi potere giudiziario.
Quest'organo si chiama SEZIONI UNITE DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresenta il momento più
alto di autorevolezza della Corte di Cassazione. Quest’ultime devono garantire l’uniforme applicazione del
diritto; inoltre, analizzano questioni sulle quali vi è fra i giudici una pluralità di opinioni.
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Con il termine DOTTRINA ci si riferisce ai volumi di diritto, che vengono scritti da esperti di diritto. Anche
la dottrina non è fonte del diritto, essa fa parte della libertà di opinione degli esperti.
L’EQUITA è sinonimo di giustizia, principio di uguaglianza … anche l’equità non è fonte del diritto.
L'equità può essere un elemento integrativo della norma giuridica, nella sua fattispecie astratta (esempio: dei
processi arbitrari).
Articolo 1226, (Valutazione equitativa del danno): “se il danno non può essere provato nel suo preciso
ammontare, e liquidato dal giudice con valutazione equitativa”
Il Codice civile va dall’articolo 1 al 2962. Il codice e diviso in libri che a loro volta sono divisi in capi
sezione; i libri del Codice civile sono sei:
Nel libro primo possiamo trovare anche le famiglie, le unioni e i doveri del matrimonio. Non si parla di
divorzio perché il Codice civile disciplina solamente la separazione personale, il divorzio e regolato da una
legge, che ammette quest'ultimo in seguito alla separazione (è specificato per i vari casi il lasso di tempo).
DELLE SUCCESSIONI: dopo la morte di una persona fisica si pone il problema di sostituirsi ai
beni del defunto, gli eredi sostituiscono / succedono al precedente titolare. Il defunto non è
completamente libero di scegliere come gestire il proprio patrimonio in seguito alla morte.
Quest’ultimo deve rispettare una quota, destinata ai successori legittimi; dunque, più parenti legittimi minore
è la libertà del testatore. Parleremo poi della quota disponibile e della quota indisponibile.
DEI BENI E DELLA PRORPIETA: citiamo l’articolo 810 c.c: “sono beni le cose possono formare
oggetto di diritto”. I diritti sui beni che le persone fisiche e giuridiche possono avere; essi non sono
più diritti oggettivi ma diritti soggettivi. Il diritto soggettivo per eccellenza è la proprietà.
Articolo 832 c.c. (Contenuto del diritto): “il proprietario ha il diritto di godere e di disporre della cosa nel
modo più pieno e assoluto, con osservanza dei limiti e degli obblighi imposti dalla legge”
Si parla di diritti reali, perché sono diritti riguardanti la res, ovvero la cosa e il suo godimento. Quando noi
parliamo di diritti reali possiamo parlare anche dell’usufrutto, dove il godimento spetta ad un altro soggetto.
Ad esempio, io non ho un reddito ma ho una casa, posso decidere di vedere la nuda proprietà. La proprietà
però riamane in mano all’usufruttario fino al momento del decesso.
Differente è la comunione, dove vi sono più soggetti che dividono una proprietà. Nel terzo libro vi è anche il
possesso, ovvero un dato di fatto.
LE FONTI DELLE OBBLIGAZIONI E DEI CONTRATTI: esso costituisce il libro più corposo;
comincia dall’articolo 1173 e finisce con l’articolo 2059. Vi sono i contratti tipici disciplinati dal
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Codice civile e i contratti innominali, ovvero quei contratti che non hanno una disciplina legislativa
perché sono creati dall’autos nomos delle obbligazioni
DEL LAVORO E DELLA SOCIETA: non è da fare.
DELLA TUTUELA E DEI DIRITTO: non è da fare è paragonabile ad uno Zibaldone riguardanti
differenti materie.
Al disotto noi possiamo trovare i REGOLAMENTI ESECUTIVI; che hanno lo scopo di chiarire le leggi,
che hanno bisogni di spiegazioni. Vi sono anche i regolamenti indipendenti che riguardano il diritto
pubblico.
In fine possiamo trovare gli usi e le CONSUETUDINI, ovvero regole di condotta non scritte. Perché gli usi
e le consuetudini possano essere ritenute valide fonti del diritto, sono necessari due requisiti:
Opignio iuris et necessità: vuol dire ripetendo e mantenendo fedeltà a questa consuetudine, i romani
erano convinti che quella condotta fosse giuridicamente doverosa.
La spontaneità: ovvero non deve essere reiterato da un ordine.
III. AUTENTICA; essa è interpretata dal legislatore. Caso rarissimo che si verifica solamente nel momento
in cui una norma emanata dal legislatore, dopo qualche tempo genera incertezza (es: in materia tributaria).
Il legislatore interviene e fa una legge di interpretazione autentica. Ovvero emette un’altra norma che
chiarisce con chiarezza il significato della norma precedente.
I criteri che devono essere rispettati e seguiti dai giudici, dai dottori e dai legislatori sono contenuti
all’interno dell’articolo 12 del Codice civile.
Primo criterio: L’INTERPRETAZIONE LETTERALE, ovvero vengo analizzate le singole parole; nel
diritto non si può attribuire, altro senso se non quello fatto proprio dal significato delle parole. Si parla allora
di specificità del linguaggio; allora potremmo ricorre al brocardo “in claris non fit interpretazio”. No, perché
anche se la norma, la lettera è chiara e solare, essa deve essere sempre interpretata.
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Esempio: la parola assenza nel linguaggio comune sta ad indicare una mancanza, nel linguaggio giuridico
però indica la situazione in cui un soggetto scomparso da due o più anni non è pervenuto, ovvero è
scomparso. In questo caso possiamo notare come il diritto privato abbia una specificità di linguaggio.
Tale situazione provoca un disagio sulla gestione del patrimonio dello scomparso. Nel momento in cui
quest’ultimo sia assente da più di dieci anni, i famigliari possono richiedere la dichiarazione di morte
presunta. Con la dichiarazione di morte presunta vi è la successione dei beni; il linguaggio del diritto privato
possiamo parlare di modalità (dell’uso) del godimento del bene (diritto reale).
Secondo criterio: LOGICO, secondo la condizione di esso e l’interpretazione del legislatore. Per cui ciascuna
legge è parte di un articolo argomentato.
Terzo criterio: SISITEMATICO, la singola norma vive e si muove in un contesto di migliaia di norme,
l’insieme delle norme costituisco un ordinamento giuridico (cita Santi Romano); non esiste un solo
ordinamento, ma molteplici, per questo motivo parliamo di pluralità degli ordinamenti. All’interno di un
ordinamento giuridico vivono anche le leggi emanate dal legislatore.
L'interpretazione della norma si compone di un PRIMO MOMENTO FONDAMENTALE; che coincide con
la discussione di un caso dinanzi al giudice, ove vi è un fatto in cui è necessario riportare la norma (la
norma parla di casi fortuiti).
Viene citato Aristotele, secondo cui l’attività d’interpretazione della norma è caratterizzata da un sillogismo,
costituito da una premessa maggiore. Ovvero i fatti di una premessa maggiore, di cui il giudice deve
verificare, se il fatto è contenuto all’interno della norma; dunque, se è possibile portare la premessa
maggiore in quella minore. In altre parole, il fatto deve essere sussunto; la sussunzione logica. Tuttavia,
questo non soddisfa completamente l’attività dell’interprete.
Nel codice napoleonico veniva considerato la bocca della legge, esso dunque è privo di personalità, per
questo motivo parliamo di INTERPRETAZIONE DICHIARATIVA. Quest'ultima si contrappone al
modello d’interpretazione anglosassone, secondo cui è il giudice che fa la legge.
Al centro fra questi due modelli opposti, vi è il giudice italiano, il quale non è creatore della legge ma
possiede poteri interpretativi.
Esempio: il creditore ha un credito di 100 euro, nei confronti di 5 debitori; come fa ad ottenere il pagamento
dei 100 euro? Ci sono due regole opposte:
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Se ci sono più debitori nel diritto privato si presume che la regola sia questa, cioè il creditore può andare
indistintamente da uno dei debitori, a riscuotere la cifra totale. Questo perché l’obbligazione dei cinque
debitori è solidale.
Articolo 2740 del Codice civile: “il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi
beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla
legge”
Che cosa è il non patrimonio? Per comprendere che cosa non è il patrimonio, dobbiamo conoscere ciò che
invece lo costituisce. Per questo motivo andiamo a prendere un articolo contenuto all’interno del VI libro del
Codice civile. Sono un danno NON PATRIMONIALE, i danni che vanno a ledere la persona.
I danni non patrimoniali possono essere risarciti nei soli casi espressamente previsti dalla legge. Dal 1942
al 2003, i soli casi previsti dalla legge quando il danneggiato poteva chiedere il risarcimento del danno, che
chiamiamo non patrimoniale (danno alla persona); erano quelli in cui il fatto illecito costituiva al tempo
stesso reato.
All'articolo 2059 c.c. è collegato l’articolo 285 del Codice penale: “il reato oltre alle sanzioni tipiche del
diritto penale (arresto, reclusione), presenta anche le conseguenze civili del risarcimento danni”. Nel 2003
la Corte di Cassazione, con un’interpretazione estensiva della norma, disse che nei casi espressamente
previsti dalla legge, non vi è solamente il reato, ma vi è anche la Costituzione.
Dunque, quando viene leso un diritto inviolabile protetto dalla Costituzione, il fatto lesivo di quella persona
che integri o non integri il reato posto in essere dal fatto illecito, tu soggetto che lo hai provocato devi
risarcire il danno non patrimoniale. Il risarcimento e per il 99% per equivalente monetario (e difficile
stabilire il preciso ammontare).
Se NON VI è UNA NORMA, il giudice decide il caso con l’applicazione di una norma analoga (analogia
legis). Esempio del leasing, il giudice può decidere di utilizzare le norme della vendita oppure della
locazione. Quando non vi è una norma analoga, il giudice deve comunque prendere una decisione; egli deve
dunque decidere seguendo i principi generali dell’ordinamento (articolo 12 pre c.c. secondo comma). I
principi generali devono essere frutto dell’attività interpretativa dei giudici; che comincerà dalla
Costituzione. Non può essere utilizzato il procedimento analogico (articolo 14 delle preleggi) per due
norme:
Per le norme penali, perché privano il responsabile della liberà personale. Se non vi è un caso
previsto dalla legge il soggetto viene liberato.
Per le norme eccezionali, è quella norma che fa eccezione ad una regola, e dunque non può essere
applicata analogicamente (quindi utilizzo l’interpretazione letterale).
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L’EFFICACIA DELLA NORMA NELLO SPAZIO
La fattispecie concreta, presenta elementi di estraneità rispetto alla norma generale astratta. Quando ci
sono due norme astrattamente applicabili, bisogni stabilire quali sono i criteri di collegamento.
L’EFFICACIA DELLA NORMA NEL TEMPO: una legge acquista valore quando viene promulgata nel
tempo dal Presidente della Repubblica e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dello Stato, ed entra in vigore
normalmente 15 giorni dopo la pubblicazione. Questo corridoio temporale prende il nome di vacazio legis
(diamo tempo a tutti i consociati di conoscere la nuova norma). La legge non può disporre per il periodo
antecedente alla legge, la norma di legge non è retroattiva. La norma cessa la sua efficacia nel tempo,
quando viene sostituita da una legge successiva che abroga la legge precedente. L'abrogazione può essere
espressa o tacita.
L'abrogazione è diversa dalla deroga, cioè introduco un’eccezione, ma non abrogo la norma completamente.
La norma può venir meno nel momento in cui la Corte costituzionale può dichiarare l’illegittimità
costituzionale di una norma.
La nuova norma normalmente contiene al suo interno delle previsioni valide per permettere una rigorosa
successione della norma nel tempo. Quando però viene a mancare una norma di coordinamento così avviene
nel passaggio dalla vecchia alla nuova legge. Sono state proposte due teorie:
La teoria del diritto quesito: la nuova legge non può mai e poi mai può toccare i diritti che oramai
sono nati e si sono consolidati.
La teoria del fatto compiuto: la legge non può avere effetto su quei fatti che si sono già verificati
nella loro concretezza.
Con il termine prescrizione della legge intendiamo un lasso di tempo nella quale il soggetto, detentore del
diritto deve esercitare tale diritto entro quel lasso di tempo; altrimenti il diritto si estingue.
Il criterio che sta alla base del diritto privato è il diritto comune che si applica se non c’è la previsione
delle norme pubblicistiche che sono caratterizzate da una posizione di grande dominio e supremazia.
LE MATERIE DI DIRITTO PRIVATO sono: diritto privato, diritto civile, diritto di proprietà industriale,
diritto del lavoro, e il diritto internazionale privato.
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IL RAPPORTO GIURIDICO
IL RAPPORTO GIURIDICO nasce dal diritto oggettivo (ovvero dalla norma e dalle fonti del diritto); cioè
il diritto che prevede la nascita di infiniti rapporti giuridici.
Il rapporto giuridico è l’origine di quelle che vengono chiamate SITUAZIONI SOGGETTIVE; alle quali va
aggiunto l’aggettivo ATTIVO o PASSIVO, in pase alla situazione. Questo rapporto giuridico è una
relazione tra due soggetti, che possono essere attive o passive; fra le due azioni vi è una simmetria, perché la
situazione soggettiva attiva chiama a sé la situazione soggettiva passiva; se vi è una situazione passiva allora
ce né anche una attiva.
Esempio 2043: la norma descrive la fattispecie, se qualcuno commette qualcosa di importante con colpo o
con dolo, deve risarcire il danno causato. Il titolare della situazione soggettiva attiva è il danneggiato, è
titolare di una situazione soggettiva per richiedere il risarcimento del danno. Il danneggiante è titolare di una
situazione soggettiva, perché è obbligato a pagare il risarcimento del danno. Vi può essere un terzo; esso
però non è vincolato dal rapporto giuridico.
Diritto soggettivo relativo, debitore; nella situazione del diritto soggettivo attivo, ci riferiamo al creditore.
Nel rapporto giuridico che lega la situazione soggettiva attiva (diritto soggettivo relativo) e situazione
soggettiva passiva, che la necessaria presenza di una condotta da parte del soggetto titolare della situazione
soggettiva passiva. È tenuto ad eseguire una prestazione; l’interesse del creditore richiede necessariamente
un’attività del debitore.
Diritto soggettivo relativo; facoltà di agire per la protezione di un interesse giuridicamente protetto. Io sono
creditore di una somma di denaro, perché ho finanziato …
… il mio debitore è costretto a compiere una prestazione di DARE, DI FARE o DI NON FARE.
IL DIRITTO SOGGETTIVO
Il diritto soggettivo è la libertà, la facoltà d’agire per la tutela e la protezione di un interesse giuridicamente
protetto dalla norma.
Esempio dell’a proprietà occupata: il diritto di proprietà è un diritto soggettivo assoluto, che io posso far
valere nei confronti di erga homnes.
Se non adopero il mio diritto, e dopo venti anni io perdo la proprietà e colui che lo ha occupato lo acquista
per usucapione. Un diritto si può estinguere anche per prescrizione (inerzia del titolare).
Il diritto soggettivo chiama il sostantivo azione; il diritto soggettivo è la libertà di agire per il
soddisfacimento di un interesse protetto dalla norma; uno deve presentare qualcosa davanti ai tribunali
competenti (perché non si può fare giustizia da solo), questo qualcosa è l’azione. L’AZIONE è il veicolo
processuale tramite il quale il diritto soggettivo sostanziale prede corpo e vive.
Non lo posso vantare il diritto soggettivo nei confronti del terzo; lo vanto solamente nei confronti di colui
che è titolare del diritto.
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Il diritto soggettivo assoluto è la proprietà; altri diritti soggettivi assoluti sono I DIRITTI REALI, ovvero i
diritti sulla cosa. Nei diritti sulla cosa, vi è uno sdoppiamento, tra il proprietario e il titolare del diritto reale.
Il proprietario rimane proprietario a tutti gli effetti di legge, ma ha una nuda proprietà; perché il godimento
viene esercitato da un altro soggetto. Il proprietario cede L’USUFRUTTO ad un’altra persona, oppure cede
la nuda proprietà ad un’altra persona mantenendo l’usufrutto. L'usufrutto è il diritto di godere la cosa per la
vita dell’usufruttario.
Vi sono altri diritti reali soggettivi assoluti, come la comunione. LA COMUNIONE è quando la proprietà
spetta a più soggetti, i quali diventano comproprietari; in un linguaggio più tecnico si dice comunisti.
Vi sono anche i DIRITTI DELLA PERSONALITA, cioè sulla mia persona, come il mio diritto al nome, alla
vita, alla salute, alla privacy, all’oblio, all’onore; il diritto all’onore può essere soggetto alla diffamazione e
all’ingiuria. Il terzo devo evitare di porre in essere qualsiasi tipo di attività che possa compromettere il diritto
soggettivo assoluto.
Articolo 1218 c.c. (Responsabilità del debitore): “il debitore che non esegue esattamente la prestazione
dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l'impedimento o il ritardo è stato determinato da
impossibilità della prestazione derivanti da causa a lui non imputabile”
In tutte e due le ipotesi se io non rispetto il diritto soggettivo assoluto o relativo; vado in contro alla stessa
conseguenza; ovvero risarcire il danno.
Anche i DIRITTI DELLA PERSONALITA fanno parte dei diritti soggettivi assoluti. Essi tratta temi come:
la vita, all’oblio, all’onore …
Un altro diritto soggettivo è il DIRITTO POTESTATIVO; è un diritto che simmetricamente che dall’altra
parte delle situazioni soggettive passiva, non c’è un dovere, ma una situazione che viene chiamata di
soggezione. Se il titolare della situazione soggettiva attiva non può contestare quest’ultima.
Esempio: siamo in comunione, cinque figli ereditano le fortune del padre, su cinque solamente uno vuole
vendere la sua quota. I fratelli non possono opporsi; essi godono solo di un diritto di prelazione.
Poi ci sono LE FACOLTA, che fanno parte del diritto soggettivo, e sono la concreta possibilità che il
titolare del diritto soggettivo di esercitare il suo diritto. Diverso ancora è il concetto di ASPETTATIVA,
quando in sostanza il diritto non c’è ancora, ma in rerum natura il diritto può venire in esistenza, io ho
un’aspettativa di diritto.
Esempio: i genitori dicono al figlio se passi l’esame di diritto privato ti regaliamo la macchina; questo diritto
non vi è ancora, egli ha una aspettativa, lui acquisterà il diritto se passerà l’esame. I genitori in questo caso
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regalano subito l’auto al figlio, però se l’esame va male la macchina torna indietro. Il diritto viene acquistato
subito, ma se si verifica questo fatto il bene deve essere restituito.
INTERESSE LEGITTIMO: era proprio del diritto amministrativo. L’interesse legittimo è la situazione
soggettiva attiva di tutti i privati rivolta nei confronti della pubblica amministrazione. Il comune cittadino
ha un interesse legittimo che la pubblica amministrazione, nell’esercizio della sua attività non violi
l’interesse legittimo dei privati.
L’interesse legittimo dei privati consiste nel rispetto della pubblica amministrazione nell’esercizio della sua
attività; i principi di: imparzialità, legalità e rispetto della legge.
Se tali criteri non vengono rispettati, si fa “incontro” al t.a.r (tribunale amministrativo regionale). Che dovrà
verificare se la pubblica amministrazione abbia o non abbia rispettato i criteri sopracitati.
La violazione dell’interesse legittimo determinava fino al luglio del 1999, il solo rimedio dell’annullamento
del provvedimento amministrativo. Dal 1999 due sentenze della Corte di Cassazione a sezioni unite (500-
501), hanno radicalmente cambiato la giurisprudenza italiana; dichiarando che: “il cittadino leso da un
provvedimento amministrativo non rispettoso dei principi; non solo ha il diritto di chiedere l’annullamento
dell’atto amministrativo, ma ha anche il diritto a chiedere il risarcimento del danno”.
L’ONERE DELLA PROVA, regolato all’interno del sesto libro del Codice civile e regolato all’interno
dell’articolo 2697 c.c. L’onere della prova che sta ad indicare una condotta processuale molto specifica, che
è quella di provare i fatti.
Articolo 2697 c.c. (Onere della prova): “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che
ne costituiscono il fondamento”
Possiamo dunque introdurre il concetto di ABUSO DEL DIRITTO; ovvero quando l’esercizio del diritto da
parte del proprietario oppure da parte del creditore, vuole più procurare fastidi a terzi soggetti, più che
vantaggi al titolare del diritto. Vi sono degli atti che il proprietario non può fare, atti che rientrano nella
libertà del titolare, che però vogliono creare solamente disagio a terze persone.
Articolo 833 c.c. (Atti di emulazione): “il proprietario non può fare atti, i quali non abbiano altro scopo
che quello di nuocere o recare molestia ad altri”.
Il problema che si pone con l’abuso del diritto è, ma è una figura generale che prescinde dal fatto che ci sia
una norma specifica (possiamo ricavarlo dai principi generali dell’ordinamento); o pure ha bisogno di una
norma specifica. L’abuso del diritto è l’esercizio di un diritto che viola i principi generali.
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COME SI ACQUISTANO I DIRITTI SOGGETTIVI?
L’acquisto del diritto soggettivo può avvenire in due modi; si dice a titolo originario o a titolo derivativo.
A TITOLO ORIGINARIO: io acquisto un diritto che non era di nessuno, il mio acquisto è originario
(esempio: raccolgo dei fungi nella foresta; l’usucapione).
A TITOLO DERIVATIVO: ovvero quando io acquisto da un terzo il mio diritto (esempio: io acquisto i
funghi all’interno di un negozio). L’acquisto a titolo derivativo può essere di due tipi:
Derivativo costitutivo: come nel caso dell’usufrutto, ovvero si acquista un diritto novo che però
lascia impregiudicato la posizione del nudo proprietario.
Derivativo traslativo: quando il soggetto acquista un diritto (come nel caso del compratore nel
contratto di compravendita), che deriva dal precedente titolare.
LE SITUAZIONI DI FATTO
Situazioni soggettive attive e situazioni soggettive passive; prendono il nome di situazioni di fatto. Quelle
citate precedentemente sono delle situazioni di diritto. Le situazioni di fatto sono previste e tutelate
dall’ordinamento giuridico, anche se non costituiscono diritto. Ad esempio, il possesso e la detenzione.
IL POSSESSO è una situazione di fatto che viene tutelata senza considerare la situazione di diritto (io
proteggo il dato esterno). Il possesso e il potere sulla cosa.
Articolo 1140 c.c. (Il possesso): “il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività
corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. si può possedere direttamente o per
mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa”
Il possesso è una situazione di fatto protetta dall’ordinamento; ovvero l’ordinamento protegge il possessore a
prescindere che il possessore della cosa ne sia il proprietario (tutuela il fatto esterno). Il possesso è tutelato
da azioni che prendono il nome di azioni possessorie, che si affiancano alle azioni a difesa della proprietà;
che prenderanno il nome di azioni petitorie.
LA SOGGETTIVITÀ GIURIDICA
Chi è in diritto privato, chi è soggetto di diritto? Cosa si intende per soggettività giuridica?
La soggettività giuridica si identifica sostanzialmente con la capacità giuridica, che si acquista al momento
della nascita (anche il concepito gode di alcuni diritti).
Sono soggetti di diritto sia le persone fisiche, sia le persone che non sono fisiche, ovvero le persone
giuridiche. Non sono le persone giuridiche ma anche gli enti, che possono essere persone giuridiche (o
personificati), come non essere persone giuridiche (ed esempio: i sindacati).
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LA CAPACITÀ GIURIDICA spetta a tutti; la capacità giuridica deve essere coniugata con l’articolo 3 della
Costituzione italiana. La capacità giuridica significa l’idoneità del soggetto a essere titolare di diritti, doveri
e di situazioni giuridiche soggettive.
Articolo 16 delle preleggi, (Trattamento dello straniero): “lo straniero è ammesso a godere dei diritti
civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali.
questa disposizione vale anche per le persone giuridiche straniere.”
La capacità giuridica si acquisisce al momento della nascita, non è necessario il requisito della vitalità
(basta che abbia “respirato” anche per un solo secondo). Questo consente al concepito di acquistare diritti;
anche chi non è stato concepito può acquistare diritti (es: successori).
LA CAPACITÀ DI AGIRE invece viene si acquisisce col compimento della maggior età. La capacità
d’agire significa che il soggetto è libero e autonomo di esercitare personalmente i diritti di cui sia titolare.
Vi sono però delle situazioni che possono limitare completamente oppure parzialmente la capacità d’agire;
siamo in presenza di incapacità d’agire assoluta oppure relativa.
L’INCAPACITÀ D’AGIRE
Chi sono i soggetti incapaci? I soggetti incapaci sono:
Il minore d’età (si può sposare dai 16 anni, con la richiesta al tribunale);
L’interdetto: l’interdizione può essere di due tipi giudiziale oppure legale assolute o relative;
L’inabilitato.
Il soggetto incapace ASSOLUTO è colui che non può porre in essere alcun atto, sia di ordinaria che di
straordinaria amministrazione, il soggetto incapace RELATIVO invece non può porre in essere solamente
gli atti di straordinaria amministrazione.
L’incapacità legale assoluta è prevista nei seguenti casi: il minore d’età, interdizione giudiziaria e
interdizione legale. L’incapacità legale relativa, si à, nell’inabilitazione.
Gli ATTI sono i contratti/l’attività negoziale, posta in essere da un soggetto incapace di agire è per regola
annullabile. L’annullamento è uno strumento di protezione.
L’INTERDIZIONE GIUDIZIALE: viene disposta dal tribunale competente per territorio, per una persona
non minore d’età la cui infermità di mente, è così grave da rendere impossibile per il soggetto, di
provvedere alla gestione dei propri diritti e dei propri interessi (il soggetto deve avere un’infermità mentale).
L’interdizione giudiziale non può essere richiesta da tutti, può essere richiesta dai parenti fino al quarto
grado.
Il provvedimento di interdizione giudiziale disposto dal tribunale; il provvedimento del tribunale viene
iscritto in uno dei registri del diritto civile. Viene iscritto all’interno dell’atto di stato civile, in modo tale
che tutti sappiano che il soggetto è interdetto.
L’interdizione giudiziale non ha un tempo, questo implica che il soggetto possa migliorare e dunque non sia
più necessaria l’interdizione giudiziale.
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L’INTERDIZIONE LEGALE: è una misura afflittiva, disposta automaticamente dalla legge, nel caso di un
condannato penale (pena superiore di 5 anni). Oltre alla privazione della libertà personale, il tribunale
stabilisce di dichiararlo interdetto; ovvero il soggetto non potrà compiere attività di ordinaria o straordinaria
amministrazione.
Articolo 415 c.c. (Persone che possono essere inabilitate): “il maggiore di età infermo di mente, lo stato
del quale non è talmente grave da far luogo all’interdizione, può essere inabilitato. Possono anche essere
inabilitati coloro che; per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o stupefacenti, espongono
sé o la loro famiglia a gravi pregiudizi economici. Possono in fine essere inabilitati il sordo e il cieco dalla
nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un’educazione sufficiente, salva l’applicazione
dell’articolo 414 c.c., quando risulta che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi”
L’amministratore di sostegno nella maggior parte dei casi viene nominato all’interno del nucleo famigliare;
la cui attività non è descritta all’interno della legge, per questo motivo deve sempre rivolgere al tribunale.
Perché si verifichi l’annullamento del contratto c’è bisogno del pregiudizio subito dall’incapace, ma come è
un atto bilaterale è necessario tener conto della sfera giuridica di chi ha acquistato il diritto. Bisognerà
dunque vedere se la persona che ha acquistato il diritto, poteva o non poteva rendersi conto della transizione
che si stava eseguendo (articolo di riferimento, 428 del Codice di procedura civile).
I gradi di parentela in linea retta vengono calcolati nel seguente modo: dallo stipite, si calcola per ogni testa
un grado; sono considerati parenti fino al quarto grado. La parentela e molto importante non soltanto in
ambito matrimoniale ma anche in ambito successorio (si calcola fino al sesto grado).
La parentela non va confusa con il concetto di AFFINITA; mentre la parentela riguarda lo stipite comune,
l’affinità riguarda il rapporto che esiste tra il coniuge e i parenti del suo coniuge. I gradi di affinità si
calcolano nel medesimo modo in cui vengono calcolati i gradi di parentela.
Precedentemente alla modifica dell’articolo 74 c.c. durante il governo Monti; il figlio nato al di fuori del
matrimonio, poteva ricevere atti successori esclusivamente da parte del genitore che lo avesse riconosciuto.
Con la riforma del 2012 il figlio acquista diritti successori nei confronti dei parenti così come il figlio nato
all’interno del matrimonio.
GLI ENTI
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Gli enti sono soggetti di diritto a tutti gli effetti. Quali sono gli enti di diritto pubblico? Gli enti di diritto
pubblico sono lo Stato, le regioni, le provincie … Gli enti di diritto privato sono: le associazioni, le
fondazioni e altre istituzioni di carattere privato.
Ente significa soggettività, ovvero essere soggetto di diritto diverso differenziato dalle persone fisiche che
compongono l’ente.
Glie enti non persone giuridiche, hanno un’AUTONOMIA PATRIMONIALE IMPERFETTA (non
completa); non godono di una completa divisione dei patrimoni. Ad esempio, nel caso in cui il patrimonio
dell’ente non fosse sufficiente a pagare i debiti di quest’ultimo; vi è la responsabilità di coloro che hanno
agito, in nome e per conto dell’ente. Dunque, il debitore può rivalersi sul patrimonio di coloro che hanno
agito in nome e per conto dell’associazione.
Articolo 38 c.c. (Obbligazioni): “per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano
l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono
anche personalmente e solidalmente le persone che hanno aggiunto in nome e per conto delle associazioni”
Le società sono enti particolari, avendo questo ultimo scopo di lucro. Il superamento della personalità
giuridica in Italia, si è verificato rare volte. Si ha avuto quando il presidente dell’ente ha considerato l’ente
come “una cosa sua”; ovvero ha fatto ricadere nel patrimonio dell’ente obbligazioni che il presidente
dell’ente aveva contratto indipendentemente (fenomeno molto diffuso nell’ambito societario).
Anche gli enti non personificati sono soggetti di diritto (esempio, partiti politici e sindacati). il tentativo di
spiegazione dell’associazione, fondazione e altre istituzioni di carattere privato, attraverso la verifica di tre
elementi:
Oggi giorno, l’ente per essere riconosciuto deve solamente: andare dal notaio (atto pubblico); prefettura della
propria provincia (valutazione di legittimità; se lo scopo e lecito e possibile); l’associazione viene
direttamente iscritta nel registro delle persone giuridiche private della prefettura della provincia (tempi medi
dai quattro ai sette mesi).
L’ATTO PUBBLICO fatto dal notaio, fa piena prova che in quel determinato giorno, in quella determinata
ora e località; si è presentato un soggetto (e tutti i suoi dati personali) e ha dichiarato questo; il notaio appone
un sigillo. In questo modo nessuno lo può contestare; ameno che non vi sia un’incidente probatorio, fino a
querela di falso. Ma fa piena prova dell’estrinseco ma non dell’intrinseco, ovvero che il soggetto era lì
presente, ma non fa piena prova che quelle dichiarazioni siano vere.
Nell’atto pubblico sono incorporati due documenti, completamente distinti: uno è l’atto costitutivo
dell’associazione; accanto vi è l’insieme delle regole che determinano la vita dell’associazione, che prende il
nome di statuto.
Il profitto in ambito commerciale prende il nome di utile; ovvero la differenza fra costi e ricavi. L’utile può
essere di tipo oggettivo oppure soggettivo.
Per gli enti no profit e vitata qualsiasi distribuzione di utile, che possa avvenire a favore dei soci, anche se
per loro meriti l’ente ha conseguito un utile. La “morte” dell’ente, si chiama estensione dell’ente; anche
dopo che estinto l’utile non può essere distribuito (se muore l’utile viene evoluto ad un altro ente con
analoghe finalità). L’obbligatoria non distribuzione di utile è il cuore; in termini giuridici si definisce causa.
Gli enti intermedi non potevano acquistare beni immobili o accettare eredità se non con un’autorizzazione
governativa; era l’articolo 17 del Codice civile. L’articolo 17 era la medesima compia della legge saccardi
emanata durante lo stato sabaudo (Cavour). Oggi gli enti posson o acquistare beni immobili e ricevere eredità
senza alcuna autorizzazione.
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costituzionali in ambito di libertà associativa (es: articolo 18-19-39), fenomeni che costituiscono la libertà
associativa.
Com’è strutturata un’associazione? Ad essa sono applicati una serie di articoli che vanno dall’ 11
all’articolo 35 del Codice civile; l’associazione normalmente si compone di tre organi (sono gli strumenti
tramite i quali l’associazione sviluppa e promuove la sua attività):
L’ente è libero di porre fine al rapporto associativo, in casi di difficile rapporto tra l’ente e il singolo socio.
Una norma del Codice civile, riporta che: “un socio può essere espulso per giusta causa”; qual è la giusta
causa? Con il termine giusta causa si intende un irriducibile conflitto tra la posizione che svolge l’ente e ciò
che il singolo socio sostiene; in questo caso viene lesa anche la stessa immagine dell’ente (esempio quando
l’ideologia di un individuo non segue l’ideologia dell’ente). L’espulsione per giusta causa può essere
impugnata.
La fondazione si dice essere una massa patrimoniale (rivolta verso il futuro non modificabile), sempre
adeguato allo scopo, che il fondatore o i fondatori mettono a disposizione dell’ente per portare avanti un
certo programma. Nella fondazione manca l’organo sovrano della realtà associativa, ovvero l’assemblea.
Nella fondazione questo ruolo viene ricoperto dall’autorità amministrativa; che valuta a livello provinciale
come procede la fondazione. Possono essere nominati degli amministratori speciali.
Non si può avere fondazioni non riconosciute; ha differenza delle associazioni che possono essere non
riconosciute. Le fondazioni non possono essere non riconosciute perché l’ordimento dichiara che: “non
possono esistere masse patrimoniali, senza che vi sia una persona giuridica, che vi sia un soggetto che
possa controllare come l’andamento del patrimonio venga attuato” (nel nostro ordinamento il patrimonio è
unico).
Vantaggio dell’essere non riconosciuto: non essere assoggettati a nessuna forma di controllo;
Svantaggio dell’ente non riconosciuto: l’autonomia patrimoniale imperfetta;
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Gli enti come le persone fisiche hanno dei diritti della personalità; ovvero hanno un nome e un’immagine.
L’ente è una categoria generale nella quale noi raggruppiamo gli enti aventi personalità giuridica
(personificati) e gli enti che non sono persone giuridiche.
Le associazioni non riconosciute sono caratterizzate da una libertà di fonti; con il regime dell’autonomia
patrimoniale imperfetta.
Le associazioni non riconosciute; sono regolate in tre articoli del Codice civile:
Articolo 38 c.c. (Obbligazioni): “per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano
l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono
anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”
Tale articolo viene applicato esclusivamente alle OBBLIGAZIONI NEGOZIALI; ovvero quelle
obbligazioni che derivano dai negozi giuridici. Nel caso sopracitato ci stiamo riferendo a un’obbligazione di
tipo solidale, ovvero se il numero dei debitori è maggiore di uno, il creditore può recarsi indistintamente da
uno o dall’altro (questo perché si presume che vi sia solidarietà).
Le OBBLIGAZIONI LEGALI invece non prevedono questa solidarietà; di conseguenza il creditore può
ricevere il pagamento del proprio debito solamente dal fondo comune dell’associazione. Esempio,
l’obbligazione da fatto illecito.
Il fatto di lascare questo ampio margine di libertà alle associazioni non riconosciute non comporta, che
queste ultime non debbano avere una struttura interna simile o uguale a quella delle associazioni
riconosciute. Anche nelle associazioni non riconosciute decisiva e centrale è la finzione dell’assemblea.
Articolo 37 c.c. (Fondo comune): “il fondo comune costituisce un patrimonio autonomo dell’ente, che va
tenuto separato da quello dei singoli associati. Esso deve essere utilizzato per i fini propri dell’associazione
e non per scopi diversi, gravando su di esso con cd. vincolo di destinazione”
Il socio che recede dall’associazione non riconosciuta (anche riconosciuta); che diritto a quest’ultimo sul
patrimonio dell’associazione? Al socio viene attribuito un diritto patrimoniale, ha diritti sulla quota del
patrimonio pari a zero; in altri termini non ha diritti (stessa funzione della distribuzione dell’utile).
Se non sono presenti norme che regolino un determinato caso, allora tocca al giurista darne
un’interpretazione tramite il ricorso alle norme in tutela delle associazioni riconosciute, Nel qual caso non
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vi fossero norme neanche in caso di tutela delle associazioni riconosciute; il legislatore ricorrerà ad
un’interpretazione di tipo estensivo, restrittivo o analogica.
LE FONDAZIONI DI PARTECIPAZIONE; esse sono una via di mezzo fra le associazioni e le fondazioni
(esse sono libere di scegliere fra i due principi); derivante dall’autonomia dei privati. Nella quale due e tre
costituiscono una fondazione aperta, ovvero vogliono lasciare la possibilità ad altre imprese, in un
momento temporale successivo a quello della costituzione, possono aderire diventando anche loro soci.
Presentano caratteristiche in una e nell’altra.
Il principio di tipicità nelle società allo scopo di tutelare i creditori. Le fondazioni si chiudono con gli
articoli (39-42 c.c.). I comitati implicano che in presenza di determinati eventi sociali importanti, sono i
soggetti che si preoccupano di gestire e organizzare questi grandi eventi sociali provvisori, e nel momento i
cui l’evento finisce, tutti i rapporti giuridici si concludono (alcuni comitati possono diventare associazioni o
fondazioni).
Il primo settore è costituito dallo STATO; quest’ultimo può essere di diverse tipologie. Lo Stato è in
crisi ne momento in cui non riesce a soddisfare tutti i bisogni della società; per questo si parla di
stati welfare state; questi stati sono “più leggeri” (crisi dello stato);
Il scodo settore è costituito dal MERCATO, che ha sua volta è governato dalle società (profit).
Anche il mercato ha una crisi perché non riesce ad essere presente in una serie di settori in cui il
mercato non porta a casa un profitto (santità, ricerca …).
Esiste una forma di diritto privato; ovvero il diritto privato sociale in cui la formula giuridica formativa non
funziona. Queste crisi sono delle praterie per il terzo settore, ovvero ciò che non è stato e ciò che non è
mercato, è privato ma che non agisce per il raggiungimento di finalità egoistiche; agisce altruisticamente per
fini sociali. Le due crisi hanno permesso al terzo settore di fiorire (articolo 2 del cost.).
Cosa sono glie enti di terzo settore? Gli enti di terzo settore abbreviati con l’acronimo e.i.s; vi è un l’ungo
elenco (art. 4 del codice di terzo settore); si diche che sono enti di terzo settore, le associazioni riconosciute e
no, le fondazioni, le reti associative, l’impresa sociale, le società di muto soccorso, le associazioni
filantropiche e qualunque altra istituzione di carattere privato (riprende la formula del Codice civile, e li vene
data dignità normativa).
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LE CARATTERISTICHE DEI DIRITTI REALI
L’assolutezza: sono diritti soggettivi nei confronti di tutti.
imprescrittibili: non hanno limitazioni di tempo, di conseguenza il soggetto li può far valere in
qualunque momento (sempre); tali diritti sono imprescrittibili perché sono legati alla persona.
L’indisponibilità: non possono essere oggetto di disposizioni (accordi); con il quale il soggetto
titolare di quel diritto lo trasferisce a terzi (esempio, pubblicità vi deve essere il consenso del
soggetto).
Non patrimonialità: i diritti della personalità non contenuti all’interno dell’articolo 2 della
Costituzione.
LE FORME DI TUTELA
Le forme di tutela dei diritti della personalità sono regolate all’interno del Codice civile; esse sono (la tutela
è una forma facente parte della sentenza):
Il danno patrimoniale riguarda, il mio patrimonio (il patrimonio del singolo); il danno non patrimoniale
rappresenta nei diritti della personalità la “voce” più importante (il pregiudizio nella maggior parte dei casi
non riguarda il patrimonio del soggetto). Il quinto libro viene chiuso dall’articolo 2059 c.c.
Articolo 2059 c.c. (Danni non patrimoniali): “il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi
determinati dalla legge e nei casi in cui sia cagionato da un evento di danno consistente nella lesione di
specifici diritti inviolabili della persona”.
Accanto a queste tre forme di tutela si aggiungono anche le tutele in ambito penale.
Nel primo trimestre si guarda alla madre dal punto di vista della salute (qualitativo della vita). In
questo periodo dopo la prima visita si viene ricoverati per effettuare la procedura medica.
Nel secondo trimestre; l’intervento abortivo è quasi impossibile. La madre se desidera interrompere
la gravidanza deve esibire una prescrizione, nella quale viene dichiarato che la gravidanza sta
provocando patologie (dannose alla salute) a lei e/o al feto.
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L’Italia del 1978 si pose in una posizione mediana tra il modello tedesco e spagnolo, ove il diritto della
donna ad abortire era quasi impossibile; e il modello americano (si differenzia da stato a stato). Celebre fu il
caso della signora Reo.
Caso Reo contro Wade: la signora Reo conseguentemente ad uno stupro rimase incita. Secondo la legge del
Texas all’epoca, l’aborto non poteva essere praticato in nessun caso; le associazioni femministe si mossero in
favore della signora Reo, che presero la decisione di far causa. Il caso fu così eclatante da finire alla Corte
Suprema (durante il corso del processo la gravidanza viene portata a termine).
Il caso si concluse con la dichiarazione di anticostituzionalità della legge texana che proibiva l’aborto, in
quanto ledeva la libertà della donna. In seguito a questa sentenza fu concesso alle donne di abortire sia nel
primo che ne secondo trimestre (è la scelta più radicale e individualistica della società).
NON ESISTE IL DIRITTO A NON NASCERE SANI: caso finito in Corte di Cassazione nell’anno 2015;
conosciuto come il caso di baby Marta. La madre chiese di aver certezza della sanità del feto, per poi
esercitare in caso di malformazioni di quest’ultimo il suo diritto d’aborto. Il medico sbaglio la procedura;
invece, di compiere una amniocentesi (test completo), esegui il tri test (molto meno affidabile); questo test
diede un risultato negativo in ambito di malformazioni.
La bambina nasce con la sindrome di down, la mamma fa causa al medico, con l’accusa adi non aver
rispettato la sua libertà; oltre alla madre però fa causa anche baby Marta. Entrambe le cause verranno vinte.
Punto del caso: la madre avrebbe dovuto dimostrare e affermare con assoluta certezza che avrebbe preso
quella decisione. La Corte di cassazione emanò una sentenza nel 2017.
IL DIRITTO DI MORIRE
L’eutanasia fa parte dei diritti soggettivi; quest’ultimo viene definito anche come diritto alla dolce morte. È
necessario però fare una distinzione tre l’eutanasia passiva e l’eutanasia attiva:
Esempio, Eluana Englaro; caso di omissione: la ragazza rimase coinvolta in un gravissimo incidente
stradale, ove in seguito venne dichiarato il decesso encefalico (encefalogramma piatto). Il padre richiese,
non un’azione ma un’omissione; ovvero di far cessare la vita della figlia (questa richiesta fece sorge
numerose controversie), Il padre fece causa numerose volte, perdendo ogni volta.
La corte di cassazione però dichiaro: che in casi particolari, dove la persona non è più in grado di esercitare
la propria capacità intellettuale, deve essere rispettato il suo diritto di interrompere la propria vita. Il giudice
Antonio Genovese propose la stipulazione di un testamento biologico (fornendo così una prova). Englaro
riuscì a vincere la causa; perché riuscì a convincere la corte, tramite due cartoline, che la figlia avrebbe
desiderato morire; se si fosse ritrovata in tale situazione.
Si raggiunse una conclusione, solamente in seguito all’emanazione di una legge riguardante il trattamento
personale dei dati sanitari. Ovvero la LEGGE 219 (dell’anno 2017), che si occupa contemporaneamente,
del consenso espresso dalla persona che si sottopone a un trattamento sanitario (se il medico non rispetta le
mie decisioni; viola quella che è la mia libertà personale).
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All’interno della legge 219 si parla anche delle disposizioni di fine vita, ovvero il soggetto (riprendendo il
suggerimento di Antonio Genovese) può esprimere il consenso; nominando un rappresentante; all’eutanasia.
L’eutanasia passiva è ammessa se vengono rispettate le disposizioni della legge 219. Vietata è, la forma
dell’accanimento terapeutico.
Articolo 32 cost.: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della
collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.
Per oltre 50 anni, l’articolo 32 è stato considerato come una NORMA PROGRAMMATICA. Ovvero, quanto
dice l’articolo 32 non si applica immediatamente nei rapporti privato e privato, ma esprime un programma
di azione del governo, per prendere in cura il bene della salute dell’individuo.
Cambia tutto verso la fine degli anni 70; si è riconosciuto l’articolo 32, come NORMA PRECETTIVA.
Destinata cioè a essere operativa nei rapporti tra privati; uno dei campi in qui questa immediata percettività è
stata applicata nei rapporti fra privato e privato come danno subito.
Danno subito dalla persona del danneggiato, senza considerare il patrimonio di cui la persona del
danneggiato fosse titolare. Fino al 1970 il risarcimento del danno alla persona; il danno veniva liquidato, in
base al patrimonio del danneggiato; in particolar modo al reddito che la persona danneggiata fosse
titolare.
Fece scalpore un caso gestito dal tribunale di Milano nel 1971: in questo caso un sedicenne (di nome
Gennarino), venne investito da un’automobile, riportando un’invalidità permanete. Il tribunale si pose il
problema di come risarcire il danno (questo perché era ancora in vigore la metodologia sopracitata);
ponendosi di conseguenza la domanda “che cosa avrebbe fatto Gennarino da grande?”. Il tribunale concluse
che quest’ultimo avrebbe svolto il medesimo lavoro del padre, ovvero il manovale; in questo caso stiamo
parlando di una sentenza di classe.
Qualche anno dopo avvenne un caso analogo ma in questo caso il minore era figlio di un avvocato; che prese
il doppio del risarcimento di Gennarino. Nasce in quegli anni la necessità di un risarcimento dei danni uguale
per tutti; necessita soddisfatta dall’articolo 32 della Costituzione.
Con l’articolo 32 come norma precettiva; viene stabilito il danno come DANNO BIOLOGICO. Il danno
biologico corrisponde ha un danno non patrimoniale che riguarda l’attività psicofisica della persona
indipendentemente dalla sua capacità di produrre redito. Oggi giorno il danno biologico viene
riconosciuto come una voce costante ne risarcimento alla persona.
Nel diritto alla salute vi è anche scritto che nessuno può essere sottoposto ad un trattamento sanitario se
non nei casi previsti dalla legge (secondo comma articolo 32).
Esempio dei testimoni di Geova: i medici non eseguono la trasfusione, e la famiglia richiede il risarcimento
danni completo. Se la trasfusione di sangue fosse seguita il ragazzo avrebbe avuto il 50% di possibilità di
salvarsi. Il danneggiante non paga il 100% ma il 50%; in questo caso stiamo parlando di un “concorso”.
Nel caso dei faccini obbligatori: la legge del 1965 non prevendeva alcun risarcimento; questa legge fu nel
1990 definita anticostituzionale. In questo caso però non si parla di un risarcimento pieno ma di un
INDENIZZO.
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Legge del 1992, la numero 210; la quale è intitolata indennizzo a favore delle persone che abbaino riportato
un danno da vaccinazioni obbligatorie, HIV, emoderivati. A queste persone non spetta un risarcimento
pieno, ma spetta un indennizzo (molto meno di un risarcimento).
Non sonno ammissibili nel nostro ordinamento gli atti che l’articolo 5 c.c.; ovvero gli atti di disposizione del
proprio corpo (esempio: la vendita di organi). Se questi atti possono cagionare permanentemente l’integrità
psicofisica del soggetto (si può parlare di donazione).
il prenome;
il nome (cognome).
Serve ad indicare un soggetto nelle infinite relazioni interindividuali. Il bambino prende il nome della
persona che per prima lo riconosce (sentenza n°131 dichiara incostituzionale, l’attribuzione automatica del
cognome paterno).
Il nome non soltanto ha la funzione di identificare un soggetto all’anagrafe, esso rappresenta anche una
forma riassuntiva dell’identità personale (interpretazione degli articoli 6/7 in maniera estensiva). Fu proprio
la Corte di Cassazione a dichiarare che il diritto al nome non ha solamente una funzione identificativa, ma
anche come la persona è conosciuta da tutti gli altri consociati.
Possiamo parlare di usurpazione del nome, in questo caso vi è una tutela inibitoria di cessazione di
un’azione che io trovo illecita.
Esempio, Umberto Veronesi: il nome del dottore Umberto Veronesi, conosciuto per la sua campagna
antifumo; fu impegnato da una società austrica per sponsorizzare le sigarette elettroniche.
IL DIRITTO ALL’IMMAGINE: anche in questo caso noi possiamo parlare di un significato esteso
dell’immagine della persona che non si limita solamente al volto (anche quest’ultimo è disciplinato
all’interno del Codice civile).
Il diritto all’immagine significa che la persona che ne è titolare può chiedere la cessazione (tutela inibitoria)
dell’utilizzo di quest’ultima; inoltre può richiedere il risarcimento danni (tutela risarcitoria). Il diritto
all’immagine delle persone famose sarà più esteso, rispetto a quello dei “comuni” cittadini.
In questo caso per stabilire il risarcimento del danno, viene applicato il principio di mercato. Viene svolta
un’indagine di mercato, che indaga per stabilire quanto sarebbe stato pagato il soggetto se avesse sottoscritto
un regolare contratto con quella determinata azienda; stiamo parlando del prezzo di mercato.
L’INTEGRITÀ MORALE
Dell’integrità morale si tutela L’ONORE; a metà strada fra il diritto civile e il diritto penale; questo perché
nel diritto penale esiste ancora il reato di diffamazione. Invece non è più un reato ed ha una tutela
civilistica, ovvero l’ingiuria. Differenza fra diffamazione e ingiuria:
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Per quanto la diffamazione rientri nell’ambito penalistico, nella maggior parte dei casi il diffamato richiede
il risarcimento danni, rientrando nella sfera civilistica. I principali soggetti accusati di diffamazione sono i
giornalisti; in questo caso stiamo parlando dei limiti e dei requisiti della liberà giornalistica (i fatti devono
essere separati dall’opinione).
Sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione del 1984; che offre ancora oggi a noi interpreti gli
elementi chiave dello statuto del buon giornalista. Se il giornalista non rispetta uno di questi tre criteri, il
giornalista perde la causa:
utilità sociale dell’informazione: ovvero bisogna dimostrare che l’informazione, offerta dal
giornalista sia considerata socialmente utile;
il requisito di continenza; ovvero la continenza espressiva dell’articolo, il giornalista deve rispettare
un principio espressivo equilibrato;
la verità putativa: il giornalista deve verificare la sua consistenza, la sua verità dell’informazione
ricevuta. La verità non può essere del tutto oggettiva, però si pretende un lavoro di ricerca minimo
(deve approfondire le fonti).
I dati personali devono e possono essere utilizzati solamente nei modi previsti dalla legge. Esiste il garante
della privacy, ovvero un’autorità che vigila sul corretto svolgimento di tutte le attività dove sono “aggrediti”
i nostri dati personali.
PRESCRIZIONE, DECADENZA
LA PRESCRIZIONE
Con il termine prescrizione intendiamo la morte di un diritto; differente da prescrizione della norma che
invece si riferisce alla condotta. Ci troviamo nel sesto libro del Codice civile, ovvero il libro riguardante la
tutela dei diritti.
La prescrizione determina la morte di un diritto, quando il titolare di questo diritto non lo esercita; in altre
parole, è inerte per un lungo lasso di tempo; parliamo dell’inerzia del titolare.
L’esigenza che sta alla base delle norme relative alla prescrizione è la certezza dei rapporti giuridici.
L’istituto della certezza dei rapporti giuridici, sulla quale si basa la prescrizione è strettamente collegata con
il fattore tempo (calendario), perché e proprio quest’ultimo a determinare la morte di un diritto.
La prescrizione in materia contrattuale è di 10 anni, se non è previsto diversamente da una singola norma in
relazione a specifici contratti (diritto di credito). In questo caso stiamo parlando di una PRESCRIZIONE
ORDINARIA.
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Articolo 1331 c.c. (Opzione): “Quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolata alla propria
dichiarazione e l'altra abbia facoltà di accettarla o meno, la dichiarazione della prima si considera quale
proposta irrevocabile per gli effetti previsti dall'art. 1329”.
LE PRESCRIZIONI BRVI sono quella prescrizione dalla durata di 2 o di 5 anni. Esempio, il contratto di
trasporto: è molto breve rispetto a quello contrattuale; questa e di un anno. Il soggetto, dunque, deve
richiedere immediatamente il risarcimento del danno (i tempi sono così brevi perché vi sono ragioni
discrezionali e tecniche).
In materia assicurativa invece il lasso di tempo e di 2 anni. Se io portassi troppo avanti i termini non potrei
soddisfare i termini di certezza del rapporto giuridico. Fuori dal contratto vi è l’extracontrattuale che invece
ha una durata di 5 anni.
Da quando decorre la prescrizione? Il Codice in materia contrattuale dice dal momento in cui quest’ultimo
è stato concluso (non si calcola il giorno dopo). Quando non vi è contratto; ovvero quando il danneggiante e
il danneggiato, non sono uniti da un contratto ma sono terzi (ovvero stranieri); la prescrizione decorre dal
momento in cui il fatto illecito è stato posto in essere. Il Codice nello specifico dice che decorre dal
momento in cui il diritto può essere fatto valere; art. 22085 (esempio: incidente, il soggetto è ricoverato in
ospedale).
Articolo 2085 c.c. (Indirizzo della produzione): “Il controllo sull'indirizzo della produzione e degli scambi
in relazione all'interesse unitario dell'economia nazionale è esercitato dallo Stato, nei modi previsti dalla
legge e dalle norme corporative”.
È possibile far valere un diritto anche in seguito alla prescrizione o alla decadenza di quest’ultimo. Questo fu
possibile in seguito ad una serie di sentenze emanate dalla Corte di Cassazione nel 2008, in seguito ad un
caso riguardante la somministrazione di sangue infetto. In questo caso la Corte di Cassazione dichiarò che:
“le norme sulla decorrenza, devono essere volete a permettere l’esercizio del diritto nel momento in cui il
soggetto viene a conoscenza della lesione subita”.
La decorrenza dei termini è espressamente funzionale; per quanto riguarda la conoscenza invece, noi
possiamo individuare due tipologie di CONOSCENZA:
Non possiamo parlare di RINUNZIA della prescrizione, quando la prescrizione è in corso (questo perché le
norme sono di ordine pubblico. Si può rinunziare quando si è verificata la prescrizione; non lo posso fare
preventivamente.
La prescrizione non può essere rilevata d’ufficio dal giudice; deve essere la parte avversaria a sollevare la
eccezione di prescrizione.
La certezza dei rapporti giuridici è un valore irrinunziabile all’interno di tutti gli ordinamenti giuridici. Le
norme sulla prescrizione come già detto in precedenza sono norme di ordine pubblico, e dunque sono
inderogabili. Conseguentemente le pari non possono stabilire all’interno dei loro contratti, termini di
prescrizione differenti da quelli imposti dall’ordinamento giuridico (inoltre le parti non possono rinunziare
preventivamente alla prescrizione).
Il tempo della prescrizione può essere neutralizzato? L’ordinamento giuridico ci dice che esisto due istituti.
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LA SOSPENSIONE: il termine di prescrizione viene sospeso, per una serie di ragioni molto particolari; casi
eccezionali. La sospensione significa dunque che il tempo già passato rimane in vigore e che il termine
ricomincia a decorre da quando è intervenuta la sospensione.
Esempio, terremoto dell’aquila: prescrizione di dieci anni, al momento del terremoto sono già decorsi tre
anni; viene paralizzato l’effetto della clessidra per due anni. I tre anni che sono già maturati vengono contati;
dunque, la prescrizione si ricomincia a contare dai tre anni.
L’INTERRUZIONE: è un qualcosa di più invasivo; il titolare smette il sonno ed esercita il suo diritto di
credito. Così facendo azzera il tempo che è maturato; il creditore tramite un avvocato fa una lettera di
interruzione della prescrizione. Ciò vuol dire che i nove anni già passati vengono annullati; la clessidra
ricomincia da zero. L’interruzione della prescrizione può essere fatta in due modi:
Se io faccio valere un diritto di proprietà o un diritto reale, devo incominciare una causa ovvero
istaurare una controversia presso l’ufficio competente. Significa notificare un atto di citazione,
presso il tribunale competente.
Se invece il diritto di cui sono titolare è un diritto di credito, io posso interrompere la prescrizione,
scrivendo una lettera raccomandata, con ricevuta di ritorno.
Il pagamento del debito prescritto non può essere ripetuto, ovvero restituito; costituisce a tutti gli effetti
un’obbligazione naturale.
LE PRESCRIZIONI PRESUNTIVE: si fondano sulla presunzione che un determinato credito si sia estinto.
In questi casi si presume che l’estinzione del debito avviene, di regola, contestualmente all’esecuzione della
prestazione.
Da notare che in questo caso il debito non si estingue, ma si presume che si sia estinto. In altre parole, il
debitore è esonerato dall’onere di fornire in giudizio la prova dell’avvenuta estinzione del credito azionato
(come altrimenti dovrebbe fare); spetta invece al creditore offrire la prova che la prestazione non è stata
eseguita.
Iuris tantum (presunzioni relative): esse ammettono la prova contraria. Le presunzioni prescrittive
danno parte di queta categoria;
Iure et de iure (presunzioni assolute): esse non ammettono la presenza della prova contraria.
Che cosa può fare il creditore per rivedersi riconosciuto il suo diritto di credito? In questo caso il creditore
deve essere in grado di dimostrare l’esistenza del proprio diritto di credito. La prescrizione presuntiva non
ammette qualsiasi mezzo di prova. Il creditore dunque puo:
la confessione del debitore: il creditore deve “sperare” che il debitore confessi di non aver
adempiuto;
il creditore deferisce il giuramento (decisorio) al debitore, dichiarato sotto giuramento (il reato che
si può commettere e quello di falso giuramento).
LA DECADENZA
Nella decadenza il fattore tempo assume una posizione differente da quella che assumeva nella prescrizione.
La decadenza; a differenza della prestazione che si fonda sull’inerzia del titolare; si fonda sulla fissazione di
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un termine perentorio, entro il quale si deve compiere una determinata attività. Se il periodo di tempo fissato
decorre, il diritto decade e non può più essere impugnato.
Di conseguenza nella decadenza il fattore tempo non ha alcun rimedio. Non sono dunque applicabili di
istituiti di interruzione e sospensione previsti per la prescrizione (esempio: gli atti d’ appello). La decadenza
può essere impedita solamente con il compimento dell’atto previsto.
La decadenza necessita del principio della certezza dei rapporti giuridici. Esempio: nell’attività processuale,
per quanto rigurda gli appelli (che devono essere compiuti entro trenta giorni dalla notifica). Questa tipologia
di decadenza che richiama questo pricipio e la DECADENZA LEGALE; alla quale non si possono applicare
gli istituti sopracitati per la prescrizione.
Differente dalla decadenza legale è la DECADENZA CONVENZIONALE. In questo caso le parti esercitano
i loro poteri di autonomia, inserendo all’interno delle previsioni del contratto dei termini di decadenza entro i
quali una determinata attività deve essere svolta.
Esempio: nel contratto di vendita di beni immobili, i beni devono essere esenti da vizzi (un bene si definisce
viziato quando ha un valore rispetto a quanto è stato venduto, o non è idoneo all’uso). Il consumatore in
questo caso ha un termine di otto giorni per poter denunziare i vizzi (se non occulti). Questo è un esempio di
decadenza.
LA TUTELA GIUDIZIARIA
LE AZIONI
L’azione chiama il diritto soggettivo, ovvero lo strumento processuale attraverso il quale il diritto soggettivo
riceve protezione che il diritto soggettivo ha. Il diritto soggettivo è la facoltà d’agire per la tutela di un
interesse giuridicamente protetto dall’ordinamento.
Il soggetto titolare di un diritto soggettivo è libero di agire o di dormire (se dorme vi è la prescrizione); ma
se decide di agire per la tutela dei suoi diritti, deve andare in tribunale e porre uno strumento processuale
per la tutela del suo interesse; ovvero pone in essere un’autotutela.
L’AUTOTUTELA la possiamo ritrovare all’interno del Codice civile; una forma di autotutela è costituita dai
contratti a prestazioni corrispettive. Si prevede ne contratto che la parte adempiente, difronte agli
inadempimenti della controparte, possa chiedere la risoluzione del contratto (ovvero il termine).
Il contratto a forza di legge tra le parti; vincola le parti come se fosse norma di legge. Di conseguenza se le
parti vengono meno il contratto stesso si risolve, stimo parlando della clausola risolutiva espressa.
LE AZIONI DI COGNIZIONE: sono le azioni ordinarie; la persona che prende l’iniziativa, ovvero l’attore
può chiedere tre cose:
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Al giudice in alcuni casi viene concessa la possibilità di emanare SENTENZE COSTITUTIVE, ovvero
emanare qualcosa che prima non era stato disciplinato.
Le parti prima di firmare il contratto definitivo, stipulano un CONTRATTO PRELIMINARE. Dal contratto
preliminare nasce l’obbligo si stipulare il contratto definitivo. Visto che il contratto preliminare ha forza di
legge, posso richiedere al giudice l’emanazione di una sentenza costitutiva; che tenga luogo de contratto
che non è stato concluso poiché il promittente venditore non si è presentato.
Articolo 2932 c.c. (Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto): “Se colui che è
obbligato a concludere un contratto non adempie l'obbligazione, l'altra parte, qualora sia possibile e non
sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso”.
LE AZIONI CAUTELARI: sono procedimenti volti ad assicurare una tutela più immediata, giusta e
possibile; azione svolta con lo scopo di far cessare un determinato comportamento. Nelle azioni cautelari
non vi è il risarcimento danni, ma solamente la cessazione.
LE AZIONI ESECUTIVE: quando il debitore non adempie spontaneamente alla sentenza di condanna, il
creditore può eseguire una sentenza forzata nei confronti dei beni del debitore (il debitore risponde con il
suo patrimonio; art. 2740 c.c.).
Il pignoramento dei beni comporta la vendita forza all’asta. Esiste il principio del parcondicio dei
creditori, ovvero tutti i creditori devono avere i medesimi diritti
I MEZZI DI PROVA
I fatti possono essere fatti valere o con prove che possono essere di due tipologie:
Articolo 2697 c.c., (L’onere della prova): “Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che
ne costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è
modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda”.
Fa piena prova dell’estrinseco ma non dell’intrinseco. Di fronte all’atto pubblico vi è la scrittura privata, la
quale viene stipulata da un privato. La scrittura privata fa prova contro l’autore della dichiarazione se
quest’ultimo non la disconosce.
I mezzi costituenti che fanno piena prova, ovvero la prova legale che il giudice prima rimette e valuta
secondo il suo apprezzamento (tenendone conto all’interno della sentenza). La testimonianza viene vista con
sospetto all’interno del nostro ordinamento giuridico; vi sono però dei settori del diritto, in cui la prova
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testimoniale e l’unico mezzo possibile. Questo fenomeno si verifica quando si è in presenza di fatti illeciti
(in questo caso i testimoni sono i terzi).
Differenti sono i casi riguardanti i negozi, dove la prova testimoniale non assume una posizione
fondamentale; che invece viene ricoperta dalla prova cartacea. Non si può provare per testimonianza un
contratto con valore superiore alle cinquemila lire; la prova testimoniale però può essere ammessa anche per
contratti con valore superiore a cinquemila lire, solo in tre casi:
In questi tre casi la prova testimoniale è ammessa. La prova testimoniale non è mai ammessa quando vuole
provare fatti avventi anteriori o contestuali alla conclusione del contratto; in questo caso la prova
testimoniale può provare solamente i fatti posteriori alla firma del contratto.
Non è ammissibile la prova testimoniale per i contratti, per la quale il Codice civile prevede la forma ad-
substancia; per i quali la legge impone che si adotti una forma scritta, sottoforma di atto pubblico oppure in
scrittura privata.
Confessione stragiudiziale: in questo caso la confessione non viene resa davanti a un giudice; di
conseguenza non può essere considerata come piena prova. La confessione stragiudiziale viene
dunque lasciata al libero convincimento del giudice.
Confessione qualificata: caso in cui, il confidente dichiara la verità dei fatti sfavorevoli a sé e
favorevoli all’altra parte ma aggiunge circostanze ed elementi che in qualche modo ridimensionano
la portata confessoria della dichiarazione del confidente (esempio: il soggetto era in stato alterato).
Le obbligazioni solidali: caso in cui vi sono più debitori; uno dei quali si reca di fronte al giudice e
fa una confessione, che è negativa. Tale confessione non può costituire provale legale; in quanto vi è
un pricipio per cui gli atti posti in essere (le dichiarazioni) di un singolo debitore non si estendono
agli altri debitori. Questo perché solo le azioni favorevoli possono essere estese (le azioni sfavorevoli
rimangono vincolate alla singola persona).
Le presunzioni sono conseguenze che si ricavano da un fatto noto. Esempio: nasce un bambino da una
coppia sposata, vi è una presunzione di paternità e maternità. Nel possesso, si presume la buona vede in colui
che ha una disponibilità materiale del bene.
IL GIURAMENTO: quando la parte che ha adito in giudizio, non è riuscito a provare nulla, ma pensa di
avere ragione. In questo può deferire il giuramento; ovvero sotto vincolo di giuramento l’altra parte deve
dichiarare, se quei fatti che vengono allegati siano veri oppure no. Stiamo parlando del giuramento
decisorio, decisorio perché dall’esplicamento del giuramento dipende la causa stessa.
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Ma se il giudice civile, si rende conto che la dichiarazione della parte a cui è stato deferito il giuramento
siano false; il giudice sospende il processo civile e rinvia al giudice penale, che deve verificare se vi sia stato
spergiuro (falso giuramento). Esiste anche un altro tipo di giuramento, che prende il nome di suppletorio.
Con L’ATTO GIURIDICO entra in campo la volontà umana (l’atto prende in considerazione i
comportamenti). La forma più importante di atto giuridico è la dichiarazione di volontà, che è diretta a
produrre effetti giuridici (dichiarazione di volontà che viene chiamata rinunzia).
Nell’atto giuridico in senso stretto (ovvero la dichiarazione) gli effetti giuridici prodotti dalla dichiarazione
di volontà, si producono indipendentemente dalla direzione della volontà di questi effetti (gli effetti della
mia dichiarazione producono effetti inevitabilmente).
IL NEGOZIO GIURIDICO è la dichiarazione di volontà, uguale all’atto giuridico. Nel negozio giuridico la
dichiarazione di volontà deve essere diretta espressamente alla produzione di quegli effetti e di quelle
conseguenze che l’ordinamento vuole.
Il negozio giuridico è una creazione della pandettistica tedesca, della seconda parte dle XIX secolo. Figura
di ordine nel traffico giuridico; il Codice tedesco, contiene una parte generale del negozio giuridico, che
influenzarono la dottrina italiana del XX secolo. Nel 1942 si scontrarono due correnti di pensiero, una
francofona (che prevalse) e una tedesca; per questo motivo all’interno del Codice civile italiano non vi è
alcuna norma che tratta il negozio giuridico (tuttavia esso rimane molto importante).
Esempio: siamo in materia di obbligazioni; il debitore deve eseguire esattamente la prestazione (articolo
1218 c.c.). Il ritardo citato all’interno dell’articolo 1218 viene ripreso nuovamente nell’articolo successivo
(1219 c.c.), ove il ritardo diventa mora, il debitore diventa moroso (appesantimento della propria
prestazione). Come si fa a costituire in mora il debitore?
Articolo 1219 c.c., (Costituzione in mora): “il debitore è costituito in mora mediante intimazione o
richiesta fatta per iscritto. Non è necessaria la costituzione in mora quando: (i) quando il debito deriva dal
fatto illecito; (ii) quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere eseguire l’obbligazione; (iii)
quando è scaduto il termine, se la prestazione deve essere eseguita al domicilio del creditore. Se il termine
scade dopo la morte del creditore, gli eredi non sono costituiti in mora che mediante intimazione o richiesta
fatta per iscritto, e decorsi otto giorni dall’intimazione o dalla richiesta.”
Gli effetti giuridici della costituzione in mora, si producono indipendentemente dal fatto che io gli enunci
all’interno della mia raccomandata (con ricevuta di ritorno).
Esempio, contrato di compra vendita: il compratore deve pagare il prezzo, il venditore deve vendere (ovvero
deve trasferire la proprietà di quel diritto reale); ad un certo punto il compratore non paga il prezzo. Il
venditore ha una possibilità di chiedere la risoluzione del contratto oppure di continuare a chiedere che il
debitore adempia a qual contratto (il venditore vuole esercitare la libertà di risolvere il contratto). Il venditore
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fa dunque una diffida ad adempiere; dando un tempo di termine di grazia, se il contratto non viene rispettato
allora sarà risoluto (ovvero risolto).
Il negozio giuridico può essere composto anche della dichiarazione di volontà di una sola parte, si parlerà di
negozio giuridico unilaterale. Il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, modificare, estinguere
un rapporto giuridico di natura patrimoniale. Il contratto è dunque bilaterale o in alcuni casi anche
plurilaterale.
Un esempio di negozio unilaterale (personalissimo) è il testamento; sono vietati a pena di nullità i così detti
patti successori. Sono accodi con il quale il testatore si mette d’accordo con qualcuno, essi sono vietati
perché si vuole tutelare l’assolta volontà del soggetto, che può decidere di modificare il suo testamento anche
all’ultimo minuto. La volontà del testatore è ambulatoria, ovvero si può modificare.
Il contratto è più piccolo del negozio giuridico, perché l’accodo è di natura patrimoniale. Esistono dei
negozi giuridici che possono essere bilaterali che però non hanno un contenuto patrimoniale. Esempio: il
matrimonio (non è un contratto); dal matrimonio possono nascere delle conseguenze patrimoniali (il regime
patrimoniale tra i coniugi).
I BENI
I beni sono regolati all’interno del libro terzo del Codice civile (dall’articolo 810 fino all’articolo 1972)
Articolo 810 c.c. (Nozione): “La nozione giuridica di bene è, in questo modo, resa interdipendente con il
concetto di proprietà: sono beni le cose che l'uomo ha interesse a fare proprie, a fare oggetto di un proprio
diritto, che escluda gli altri dalla loro utilizzazione.”
Articolo 812 c.c. (Distinzione dei beni): “Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d'acqua, gli
alberi, gli edifici e le altre costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che
naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo”.
I BENI MOBILI REGISTRATI: sono tutti qui mobili che, come i beni immobili, vengono registrati
all’interno di registri pubblici (es: p.r.a ovvero il pubblico registro delle autovetture). Questi ultimi inoltre
vengo disciplinati giuridicamente nel medesimo modo dei beni immobili.
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Distinzione importantisi tra i beni immobili, mobili registrati e mobili, è la cessazione dei diritti relativi ha
quest’ultimi. Per i beni immobili e mobili registrati è richiesta la forma scritta; mentre per i beni mobili non
è richiesta alcuna forma, ma vale il principio di libertà della forma. I beni immobili e mobili registrati sono
tenuti a una pubblicità, che svolge una finzione dichiarativa; in questo caso il diritto nasce prima della
trascrizione.
Esempio: se un bene viene venduto a più soggetti, la proprietà è trasferita a colui che per primo trascrive
l’acquisto alla conservativa generale (ultimo capitolo del torrente).
Vi sono delle conseguenze molto importanti (domanda d’esame); il possesso vale a titolo di acquisto della
proprietà che vale sol per i beni mobili (art. 1153 c.c.).
Articolo 1153 c.c. (Effetti dell’acquisto del possesso): “Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di
chi non ne è proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché' sia in buona fede al
momento della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà”.
BENI INFUNGIBILI: si caratterizzano per essere determinati e specifici, la distinzione riguarda i beni
specifici e i beni generali (importante).
I beni infungibili specifici: riguarda il momento del trasferimento del bene. Esempio: la proprietà, il
trasferimento della proprietà si volge semplicemente attraverso un'unica regola, ovvero la regola del
principio del consenso traslativo (fissato all’interno dell’articolo 1376 c.c.).
Articolo 1376 c.c. (Contratto con effetti reali): “Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della
proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il
trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del
consenso delle parti legittimamente manifestato”.
… legittimamente manifestata tra le parti, non vi è bisogno del consenso (diritto romano: tradizio). Il bene si
trasferisce perché i due soggetti si scambiano un consenso legittimo, non vi è bisogno della consegna del
bene.
Il più diffuso in Italia, è il contratto di compravendita o di vendita; ove il proprietario trasferisce la proprietà
o altro diritto direttamente il pagamento del prezzo.
Il trasferimento dei beni specifici, dunque non richiede la consegna ma il trasferimento che si verifica con il
consenso legittimamente manifestato dalle parti; è un consenso traslativo (rivoluzione del IX° secolo).
Vi è bisogno della consegna nel momento in cui parliamo di beni generici; per cui non basta il consenso ma è
necessaria la specificazione (articolo 1378 c.c.).
Articolo 1378 c.c. (Trasferimento di cosa determinata solo nel genere): “Nei contratti che hanno per
oggetto il trasferimento di cose determinate solo nel genere, la proprietà si trasmette con l'individuazione
fatta d'accordo tra le parti o nei modi da esse stabiliti”.
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DISTINZIONE TRA BENI CONSUMABILI E BENI INCONSUMABILI
I BENI CONSUMABILI per eccellenza è il denaro (bene fungibile). I beni consumabili sono quei beni che
si distruggono con un solo utilizzo oppure dei quali si perde la disponibilità dopo un utilizzo. Essi sono detti
anche beni ad utilità semplice perché non possono essere impiegati più di una volta.
I BENI INCONSUMABILI: sono beni inconsumabili quei beni che possono essere impiegati per più usi
successivi. Alla base vi è una distinzione fra due contratti il contratto di mutuo soccorso (bene fungibile; il
denaro) e il contratto che ha per oggetto i beni che non sono consumabili, se non nei limiti del normale uso
(il comodato e essenzialmente a titolo gratuito).
I FRUTTI CIVILI: sono le obbligazioni pecuniarie, che generano altri beni, che sono così chiamati perché si
dice che il denaro e fecondo (principio della fecondità del denaro).
I FRUTTI NATUALI: ovvero appartengono alla natura delle cose. Ovvero quelli che provengono
direttamente dalla cosa, vi concorra o no l'opera dell'uomo, come i prodotti agricoli, la legna, i parti degli
animali, i prodotti delle miniere, cave e torbiere.
Articolo 2740 c.c. (La responsabilità patrimoniale): “Il debitore risponde dell'adempimento delle
obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se
non nei casi stabiliti dalla legge”.
Questi beni possono essere di differente natura (esempio: il bene di credito); il debitore in altri termini è a
sua volta creditore dei confronti di altri debitori. [oltre ai beni materiali e i beni immateriali; ovvero le cose
che si possono “proteggere”, il corpus meccanico e il corpus misiticus]
I DIRITTI REALI
I diritti reali, iura in re sono i diritti sulla cosa; essi rientrano in una categoria più ampia, ovvero quella dei
diritti soggettivi. I diritti reali hanno le seguenti caratteristiche:
L’ASSOLUTEZZA: ovvero sono diritti erga omnes (ovvero diritti assoluti). I diritti soggettivi che
non godono dell’assolutezza, ma che godono della non assolutezza. L’assolutezza richiama a sé la
relatività. Esempio: il diritto di credito, il creditore ha un diritto soggettivo ma relativo perché
rigurda solamente il debitore.
L’IMMEDIATEZZA: nei diritti di credito la cooperazione di un altro soggetto è necessaria per
concludere l’obbligazione; nei diritti reali no. Il proprietario, in tal senso ha un rapporto diretto con
la cosa.
L’INTEREZZA: il diritto soggettivo assoluto e immediato del proprietario nei confronti del bene,
inerisce al bene (è cosa legata al bene). È qualcosa che accompagna il bene ovunque il bene vada.
Se su quel bene c’è un diritto reale, questo diritto reale segue il bene ovunque vada. Ius sequeli
ovvero diritto di seguito.
Esempio: se vi è l’ipoteca su un bene, ovvero vi è una garanzia reale a favore della banca (diritto reale di
garanzia); se il soggetto non restituisce il prezzo, la banca può vendere all’asta il bene. Se io vendo un bene
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ipotecato, l’ipoteca imposta sul bene rimane; perché è legata ad esso. L’usufrutto è un diritto reale, il quale si
estingue alla morte dell’usufruttario; la durata della vita dell’usufruttario accompagna il bene ovunque sia.
LA TIPICITA: i diritti reali sono tipici (cioè sono un numero limitato). Ovvero le parti non possono
creare nuovi diritti reali di godimento; essi sono a numero chiuso, in quanto essi si dividono in due
macrocategorie:
(i) Ci sono i diritti di godimento (iura in re aliena), che sono: usufrutto, superfice, servitù e
comunione. I diritti reali di godimento attribuiscono ad un soggetto diverso dal proprietario, i
poteri che sono del proprietario (articolo 832 c.c.). Il titolare senza godimento è un nudo
proprietario; è stato espropriato legittimamente del potere di godere.
(ii) I diritti reali di garanzia; l’imitano il potere di disposizione del proprietario (esempio: l’ipoteca
e il pegno).
Non si possono creare nuovi diritti reali di godimento; in quanto il proprietario può essere espropriato del
potere di godimento, solo in quei casi particolari. La tipicità dei diritti reali di godimento è stata affermata
dalla giurisprudenza, per proteggere il proprietario; un altro motivo riguarda invece la circolazione dei
diritti. Vi è la tipicità per proteggere il proprietario e per garantire la certezza del traffico giuridico.
LE OBBLIGAZIONI REALI: dette anche obbligazioni propter rem. L’obbligazione è il rapporto tra un
soggetto creditore attivo e un soggetto debitore passivo. Le obbligazioni che seguono la cosa sono chiamate
obbligazioni ambulatorie. Tali obbligazioni sono accessorie alla titolarità di un diritto reale.
Esempio: sono titolare di un appartamento, facente parte di un condominio (figura di diritto reale che nasce
dalla comunione). Essendo condomino, sono tenuto a pagare al condomino dei contributi per il
funzionamento della cosa comune, in base alla mia quota (millesimi). L’obbligazione di pagare in millesimi
è accessoria alla titolarità del diritto reale.
LA PRORPIETA
La proprietà è un diritto soggettivo assoluto immediato, che inerisce al bene. Nel codice del 1942 per la
prima si parla del proprietario e non della proprietà. Fino al XIX secolo la proprietà era considerato un
diritto quasi sacro; ora invece vi è un richiamo all’osservanza degli obblighi e dei limiti.
Il mutamento della proprietà lo si attua in maniera ancora maggiore nel 1948. La proprietà viene disciplinata
dalla Costituzione non nei primi articoli, ma nel titolo relativo ai rapporti economici. Dall’articolo 41 cost. e
seguenti; la Costituzione disciplina la proprietà che può essere privata o pubblica.
Articolo 42 cost. terzo comma (Diversa destinazione dei fondi): “La proprietà privata può essere, nei casi
preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale”.
La proprietà privata non è più sacra e inviolabile. Nei casi previsti dalla legge, costituisce una RISERVA DI
LEGGE (la riserva di legge può essere assoluta o relativa); cioè e solo la legge a dire quel bene può essere
espropriato (questo è un caso di riserva assoluta).
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Negli ultimi anni l’indennizzo fa riferimento all’effettivo valore del bene. Inseguito all’intervento della
Corte di Giustizia, “contro” la Repubblica italiana, per aver compresso troppo i diritti del proprietario
quando viene espropriato. In seguito, vi furono le sentenze della Corte di Cassazione, che imposero allo
Stato italiano di meglio proteggere i diritti del proprietario.
Tuttavia, siamo sicuri che l’articolo 42 cost. si applichi solamente quando vi è un formale trasferimento
della titolarità di un bene da un soggetto pubblico ad un soggetto privato? Si può applicare anche
nell’ipotesi in cui il soggetto proprietario del bene rimanga privato. Ma a carico di quella proprietà del
soggetto privato (la riserva di legge salvo indennizzo) prevedo tali e tante limitazioni e vicoli su quella
proprietà; che il soggetto e più che un semplice nudo proprietario.
La Corte di Cassazione ha stabilito anche per questi casi un indennizzo; anche se non vi è un esproprio.
Un’altra caratteristica del diritto di proprietà è L’ELASTICITA; il diritto del proprietario è elastico. Ovvero
quando il diritto reale di godimento, che spetta ad un soggetto diverso dal proprietario, e cessa (perché è
scaduto il termine) il nudo proprietario ritorna proprietario.
Proprietà agricola;
Prprietà edilizia;
Proprietà dei beni culturali
Vi è dunque un processo di frammentazione dal pricipio di proprietà; a più proprietà (moltiplicazione dei
modelli proprietari). Di conseguenza gli obblighi che pesano sul proprietario, sono dunque diversi.
Per quanto riguarda i LIMITI vi è una partizione fra i limiti di interesse pubblico e i limiti di interesse
privato.
Articolo 844 c.c. (Immisioni): “il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di
calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se
non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell’applicare
questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze, della produzione con le ragioni della
proprietà può tener conto della priorità di un determinato uso”.
Chi stabilisce che quel suono o rumore è normalmente tollerabile? Normalmente è il giudice, che nomina un
consulente tecnico esterno, per misurare il rumore mediante i decibel di quell’emissione. In alcuni settori il
valore della normale tollerabilità (norma generale) e decisa con decreti da parte delle autorità regionali
competenti.
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Primo caso: vi è un rumore ma non viene superata la normale tollerabilità. Il godimento della
proprietà vicina non determina lesione eccessiva del godimento del proprietario dell’area vicina, che
deve accettare una compressione del suo godimento;
Secondo caso: le emissioni superano la normale tollerabilità. Ma, non si può interrompere una
lavorazione continua (24h/24h); in questi il superamento della normale tollerabilità, viene
giustificato con la presenza di interessi pubblico (molto importanti).
In questo caso viene riconosciuto a favore del proprietario che subisce una immissione che supera la normale
tollerabilità; ma che giustificata da esigenze della produzione, si dà un indennizzo.
Terzo caso: si supera la normale tollerabilità ma non ci sono esigenze di produzione. In questo caso
non vi è un semplice indennizzo ma un risarcimento completo del danno, anzi vi è anche
l’applicazione della tutela inibitoria, ossia la cessazione dell’attività.
GLI ATTI EMULATIVI; articolo 833 c.c.: il proprietario non può compiere atti, i quali non abbiano altro
scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri (animus nocenti).
Titolo derivativo: se acquisto la proprietà da un soggetto; ma essa è viziata, il vizio della proprietà
che acquisto si riverbera nel mio diritto di proprietà. Il vizio ha efficacia anche nel diritto d’acquisto.
Titolo originario: acquistando la proprietà a titolo originario, si diventa proprietari del bene, senza
relazioni con il precedente titolare.
Il creditore vende il suo credito, il nuovo creditore che si chiamerà cessionario; acquista non un nuovo diritto
di credito, ma lo stesso diritto di credito del cedente. Se il cedente era titolare di un diritto di credito viziato;
il vizio si trasferisce al cessionario. Nessuno può trasferire un diritto diverso da quello che possedeva (Nemo
plus iuris in alium transferre potest quam ipse habet).
Articolo 923 c.c. (Cose suscettibili di occupazione): “le cose mobili che non sono proprietà di alcuno si
acquisiscono con l’occupazione. Tali sono le cose abbandonate e gli animali che formano oggetto di caccia
o di pesca”.
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Articolo 924 c.c. (Sciame d’api): “il proprietario di sciami di api al diritto di inseguirli sul fondo altrui, ma
deve indennità per il danno cagionato al fondo; se non li ha inseguiti per due giorni o ha cessato durante
due giorni di inseguirli, può prenderli e ritenerli il proprietario del fondo”.
Articolo 925 c.c. (Animali mansuefatti): “gli animali mansuefatti possono essere inseguiti dal proprietario
nel fondo altrui, salvo il diritto del proprietario del fondo e dell’indennità per il danno”.
Articolo 926 c.c. (Migrazione di colombi, conigli e pesci): “i conigli o pesci che passano ad un’altra
conigliera o peschiera si acquistano al proprietario di queste, purché non vi siano stati attirati con arte o
con frode”.
INVENZIONE: sono le cose trovate e gli oggetti smarriti. Il tesoro spetta al proprietario del suolo
(perché il suolo accede/mangia tutto) in cui si trova il tesoro (la proprietà si estende in senso
verticale fino alle stelle); ma se l’attività di ritrovamento del tesoro non è stata volta da un terzo, che
cosa succede?
Articolo 932 c.c. (Tesoro): “Tesoro è qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui
nessuno può provare di essere proprietario. Il tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui si trova. Se
il tesoro è trovato sul fondo altrui, purché sia stato scoperto per effetto del caso, spetta per metà al
proprietario del fondo e per meta al ritrovatore. La stessa disposizione si applica se il tesoro è scoperto in
una cosa mobile altrui, per il ritrovamento degli oggetti di ritrovamento storico, archeologico,
paleontologico e artistico si osservano le disposizioni delle leggi speciali”.
I beni usati se sono di altri soggetti, che succede? I lavori sono fatti dal proprietario del suolo ma i beni sono
di altri soggetti. Prevale la considerazione della conservazione della proprietà e al proprietario dei beni usati
per costruire una superficie spetta un diritto risarcitorio; pari alla minor somma tra costo di materiali e
aumentano di valore il fondo. Questo fenomeno è normato da un diritto di superficie. Articolo 935 e 936 del
Codice civile.
Il problema si pone se i mobili sono usati dal proprietario del ben e non del fondo o sono beni di un terzo
soggetto. Vince sempre il suolo, ma è sempre riconosciuto a chi non usa beni non propri alcuni diritti. Il
criterio usato è la minor spesa tra i costi del materiale usato e il miglioramento del fondo dovuto alla
costituzione fatta sul fondo.
Viene derogato in un'unica ipotesi che è l’accessione invertiva, presa in considerazione nell’articolo 938. Il
proprietario del suolo A edifica con i propri materiali una costituzione, ma si allarga e si sconfina. Parte della
costituzione edifica occupa una parte del fondo B. La regola è che spetta a B diventare proprietario ma, in
considerazione di ciò che il proprietario ha fatto e si il proprietario ha fatto e se il proprietario B non dice
nulla entro tre mesi dopo l’ultimazione dei lavori, la proprietà del suolo A. Il proprietario A deve pagare una
somma pari a due volte al valore della costituzione.
(ii) Accessione di immobili a immobile: tale fenomeno accade quanto si verificano eventi naturali.
Il terreno guadagnato dopo l’alluvione e avulsione spetta al proprietario del fondo, che prima
subisce danni e poi un allargamento delle proprie aeree.
(iii) Accessione di mobile a mobile: in questi casi si previlegia il lavoro dell’artista, riconoscendo il
proprietario del legno il valore di esso.
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L’USOCAPIONE: esso si basa su un fatto esterno, detto possesso. Il godimento del bene non è
svolto dal proprietario che dorme ma da un soggetto diverso dal proprietario. Il possesso
normalmente è del proprietario ma anche di un altro soggetto.
Il possesso di un bene continuo e non violento per vent’anni, determina l’acquisto della proprietà a
vantaggio di chi ha posseduto il bene con continuità e senza violenza. Si parla di usucapione ordinario, che
riguardava i beni immobili; esistono usucapioni più brevi, che tuttavia riguardano altri beni.
IL POSSESSO VALE TITOLO: rigurda l’applicazione di una norma importante, articolo 1153 c.c.
(rigurda i beni mobili non registrati, per cui non c’è un sistema di pubblicità).
Articolo 1153 c.c. Effetti dell’acquisto del possesso:” colui con il quale sono alienati beni mobili da parte
di chi non ne è proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al
momento della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà. La proprietà si acquista
libera da diritti altrui sulla cosa, se questi non risultano dal titolo e vi è la buona fede dell’acquirente. Nello
stesso modo si acquistano i diritti di usufrutto, di uso e di pegno”.
Perché si verifichi l’acquisto, ci vuole la buona fede del soggetto che entra nel possesso del bene. Si parla di
buonafede soggettivo; io che sto acquistando ignoravo di ledere l’altrui diritto. Il titolo è una causa di
acquisto di un bene. La buonafede si presume; non so chi è il proprietario, non essendoci un sistema di
pubblicità.
Nelle AZIONI PETITORIE, il proprietario che agisce deve provare il suo diritto di essere proprietario, in
quanto il bene è posseduto da un altro soggetto. Tali azioni possono essere di diverso tipo:
È necessario un principio di continuità della trascrizione, mentre la semplice esibizione di un atto notarile
non è sufficiente. Oppure si deve unire al titolo d’acquisto di colui che ha trasferito la proprietà, il possesso
del mio precedente proprietario per un periodo di vent’anni. Sono poche le cause delle rivendicazioni, perché
il proprietario che perde il godimento del bene raramente usa le azioni di rivendicazione. Il limite temporale
delle azioni non c’è. L’azione di rivendicazione è imprescrittibile, perché la proprietà non conosce limiti
temporali.
Se il possessore ha posseduto il bene per vent’anni e io aspetto più di vent’anni per notificare l’atto di
notificazione, perdo la causa. In materia di diritti reali, la prescrizione si interrompe con un atto giudiziario;
in materia di diritti di credito si interrompe con un semplice atto. Non è azione di rivendicazione la
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restituzione del bene; nelle azioni di restituzione non è in discussione il diritto di proprietà di colui che
chiede la restituzione. L’inquilino è detentore, infatti nella detenzione c’è il riconoscimento di un diritto di
proprietà.
AZIONI NEGATORIE: il proprietario agisce mediante tale azione se vengono fatti a lui degli
impedimenti che limitano il suo diritto di proprietà. Egli nega dunque, la legittimità di queste
manifestazioni di disturbo.
AZIONI DI REGOLAMENTO DI CONFINI: essa è abbastanza frequente nella proprietà agricola;
ove ci possono essere delle inesattezze catastali. Il problema si risolve proponendo un’azione di
regolamento di confini; la proprietà non è discussa ma ciò che è discusso sono i confini, ossia i limiti
tra ciò che è di A e ciò che è di B. se le parti non riescono a provare le loro posizioni, hanno vigore
le indicazioni catastali (azioni di apposizioni di termini).
È possibile rinunziare alla proprietà? Prima la risposta era no, il proprietario lo è nel bene e nel male. Negli
ultimi anni, il problema della rinuncia si è posto in modo diverso. Per i beni mobili è possibile la rinunzia.
Per i beni immobili si dice che sia possibile e legittima la rinunzia, ma essendo beni immobili c’è un sistema
di pubblicità. Deve essere fatta per iscritto a substancia (me lo impone la natura del ben), andrà nel
patrimonio immobiliare dello stato.
In Italia si impose una nuova formula di proprietà, LA MULTIPROPRIETA; che è considerato come una
forma particolare del diritto reale di comunione (regolato dall’articolo 2100). La comunione chiama subito
a sé il concetto di quota. I contitolari sono chiamati comunisti.
Si comincia dall’articolo 952 del Codice civile, ossia il diritto di superficie, si passa dall’enfiteusi,
all’usufrutto, alle servitù prediali, alla comunione e al codominio. Ci sono diritti reali anche di garanzia, che
limitano il potere di disposizione del bene; pegno, ipoteca e privilegio.
IL DIRITTO DI SUPERFICIE
Articolo 952 c.c. (Costituito del diritto di superfice): “il proprietario può costituire il diritto di fare e
mantenere al di sopra del suo una costruzione a favore degli altri, che ne acquista la proprietà. Del pari può
alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo”.
C’è il proprietario del suolo e il proprietario della proprietà superficiaria, che distinto dal proprietario.
Normalmente, la superficie si costituisce per contratto. Spetta al proprietario superficiario la tutela che spetta
al nudo proprietario.
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ENFITEUSI
L’enfiteusi ha come oggetto i beni immobili. È il diritto reale con il quale il proprietario concede l’uso di una
proprietà agricola all’enfiteuta, che paga un canone per l’uso del terreno. Sono previsti a favore
dell’enfiteuta e proprietario l’affrancazione, a favore dell’enfiteuta (l’enfiteuta può diventare il proprietario
del bene) o la devoluzione, a vantaggio del nudo proprietario a seguito di inadempimenti dell’enfiteuta.
USUFRUTTO
Il proprietario nudo attribuisce ad un altro soggetto, l’usufrutto, il diritto di godere e di disporre della cosa. Il
diritto di godere della cosa implica il rispetto della destinazione economica del bene. L’usufrutto, se non
diversamente stabilito, dura fino a quando finisce la vita dell’usufruttaio. Dunque, la proprietà ritorna nelle
mani del proprietario.
A favore di persone giuridiche l’usufrutto dura trent’anni; ha per oggetto beni immobili ma anche beni
mobili. Il denaro è un BENE CONSUMABILE, ed esso è consumato; in riferimento al denaro, si parla di
quasi usufrutto. Si deve restituire il pari valore della moneta.
Per i BENI DETERIORABILI, ci è l’usufrutto a tutti gli effetti. A carico dell’usufruttario ci è sempre
l’obbligo di restituire lo stesso bene o di risarcire il danno. Fino al 1975 (data della riforma di famiglia),
l’usufrutto era di frequente applicazione, in quanto la congiunge superstite, non era riservata una quota in
proprietà piena ma veniva lasciato un usufrutto su alcuni beni.
Volontà dell’uomo;
La legge: essa prende in considerazione la posizione dei minori d’età. Esiste, dunque, un usufrutto a
favore dei genitori.
Se enfiteusi e superficie hanno come oggetti i beni immobili (non piantagioni), l’usufrutto può avere anche
beni mobili.
I diritti reali di godimento sono tipici, volendo proteggere la proprietà e la circolazione dei diritti. È dunque
possibile un usufrutto congiuntivo? Quando finisce l’usufrutto, rimane in carico alla moglie, nonostante la
morte del marito? Si, vengono nominati congiuntamente due usufruttai.
Cosa diversa è L’USUFRUTTO SUCCESSIVO. Un soggetto viene nominato usufruttaio ma viene dato ad
egli, il diritto di nominare un nuovo usufruttaio che diventi, una volta morto, l’usufruttario. In tal modo
l’usufrutto finisce per confliggere con la natura determinata dell’usufruttaio.
Il torrente dice che l’usufrutto successivo improprio è lecito. Per legittimare l’usufrutto successivo
improprio, si ricorre al seguente articolo del Codice civile-
Articolo 796 c.c. (Riserva d’usufrutto) (in materia di donazione): “è permesso al donatore di riservare
l’usufrutto dei beni donati a proprio vantaggio, e dopo di lui a vantaggio di un’altra persona o anche di più
persone, ma non successivamente”.
Esempio: A trasferisce a B la proprietà, riservandosi un usufrutto a suo favore; il donate diventa usufruttaio.
L’usufrutto è in capo al donante il quale, si riserva di dominare dopo di lui un altro.
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Se invece della donazione; compio la vendita di un’immobile; un negozio non più a titolo gratuito ma
oneroso; posso fare la stessa cosa? In questo caso mediante interpretazione estensiva di ciò che è previsto in
materia di donazione.
L’usufruttaio può fare locazione? Si, perché egli a potere di disposizione della locazione. Alla morte
dell’usufruttaio il rapporto di locazione muore? In questo caso la locazione rimane per una durata di tempo
pari a cinque anni (con lo scopo di proteggere i terzi).
Finisce, in tal caso, quando muore il primo usufrutto, in quanto il secondo subisce le limitazioni e
caratteristiche del primo, dipendendo da esso. C’è anche il diritto di disporre dei beni. Tutti i diritti reali di
godimento si prescrivono per vent’anni.
LE SERVITU PREDIALI:
Articolo 1027 c.c. (Contenuto del diritto): “La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo
(servente) a vantaggio di un fondo limitrofo o vicino (dominante). Due sono le condizioni poste dalla norma:
che i fondi anche se non confinati siano almeno vicini, così da permettere l’esercizio della servitù”.
C’è un fondo A e un fondo B, che si toccano. Solo il fondo A ha accesso sulla strada, mentre il fondo B ha
un burrone (senza collegamenti né accessi). Il diritto di servitù sta nell’esigenza di B di passare senza creare
pregiudizi. Ci sono servitù molto importanti, come l’acquedotto coattivo. Ci sono tre principi:
Predia vicina debent esse: i fondi devono essere vicini. La vicinitas è il primo requisito. Non è una
vicinitas assoluta ma è in relazione alla particolarità del caso.
Nemini res sua servit: si richiede la diversità della proprietà dei due fondi.
Servitus in faciendo cosistere nequit: la servitù non consiste in un’attività positiva dal fare, ma
soltanto nel tollerare, o nel non fare.
Entriamo in un campo diverso dai diritti reali di godimento, infatti entriamo nelle SERVITU PERSONALI,
che consistono in un’attività di facere, non essendo però diritti reali di godimento. Sono, infatti, delle
obbligazioni. Il rapporto vincola i titolari del diritto di proprietà ma se uno dei due vende la proprietà a
vantaggio di un altro soggetto, l’obbligazione non circola, essendo un’obbligazione che ne vincola il fondo.
Il Codice civile si è posto il problema per cui ci sono beni/servizi che comportano una diminuzione dei diritti
del proprietario. Il diritto soggettivo potestativo è un diritto per cui il titolare è in uno stato di soggezione.
Ad esempio: se il proprietario dal fondo, si oppone all’iniziative dell’Enel è possibile chi ci sia una causa.
Normalmente LE SERVITU COATTIVE sono previste dalla legge. Se il passaggio è evidente, siamo di
fronte ad espropriazione anonime.
Fondo intercluso: nasce a favore del fondo B il diritto di chiedere il riconoscimento di un diritto di servitù
sul fondo A. il proprietario del fondo intercluso dovrà richiedere un accertamento che verifichi
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l’interclusione affinché ci sia sentenza costitutiva che riconosca il diritto reale. L’inclusione può essere
anche relativa.
Oltre a tali servitù, vi sono le SERVITU VOLONTARIE. Ad esempio: A e B costituiscono un diritto reale di
servitù (si distinguono il diritto reale di servitù che segue il fondo e qualcosa di personale del titolare del
fondo che egli si impegna a fare) personale, riguardando le singole persone.
Oltre che per contratto può essere costituito per testimoniato. Oppure, si comincia a possedere il diritto di
servitù, se possiede per vent’anni in modo continuo e senza violenza lo acquisto per usucapione.
L’usucapione vale per le servitù apparenti.
Acquisto della servitù per destinazione al buon padre di famiglia: ci sono due fondi ma il proprietario è lo
stesso, il quale ha unito i fondi. Ad un certo punto, il proprietario vende une dei due fondi. Con il nuovo
proprietario, si può creare una nuova servitù. Se il proprietario ha creato qualcosa che collega i due fondi
viene venduto.
LA COMUNIONE
Ci sono anche altre comunioni disciplinate nel Codice; la comunione legale tra coniugi (il regime
patrimoniale è regolato dalla comunione legale, approvata nel 1975), la comunione tra eredi. Queste sono
comunioni diverse dal regime di comunione, figura di comunione madre.
LA COMUNIONE ORDINALE, regolata dall’articolo 1100 e 1116 del Codice civile. Quando la proprietà o
altro diritto reale spetta in comune a più persone, se il titolo o la legge non dispone diversamente, si
applicano le norme seguenti.
Il diritto che spetta a più persone è il diritto di credito. L’obbligazione, in tal caso, ha più creditori ma un
solo debitore e verrà chiamata obbligazione complessa. Devono esistere più persone ed esse devono avere lo
stesso diritto. Non c’è comunione se i diritti sono diversi.
LA QUATA è la parte che spetta a ciascun titolare di un diritto reale. Ciascuno è titolare di una quota, che
rappresenta la misura della proprietà di ciascun titolare ed è trasferibile liberamente. La quota indica
l’estensione dei diritti e degli obblighi del titolare di godimento.
Articolo 1101 c.c. (Quote dei partecipanti): “le quote dei partecipanti alla comunione si presumono
eguali. Il concorso dei partecipanti, tanto nei vantaggi quanto nei pesi della comunione, è in proporzione
delle rispettive quote”.
La comunione non piace al Codice, in quanto viene limitata la circostanza del bene. Il bene è ostacolato da
fattori legati alla contitolarità. Invece, il Codice vuole che il bene circoli senza le limitazioni che un regime
di comunione porta con sé.
Quando si verifica lo scioglimento della comunione ereditaria, si considera come se la proprietà fosse stata
in esclusiva da sempre. Si parla di efficacia retroattiva. Nella comunione ereditaria è una figura transitoria,
ciascuno può chiedere lo scioglimento. Il patto è valido se non nella misura di dieci anni; la comunione deve
essere qualcosa di transitorio.
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La contitolarità: di un diritto, della proprietà (o altro diritto reale) e anche nell’abito dei diritti di
credito, quando i contitolari hanno il medesimo diritto.
La quota: essa corrisponde alla misura del godimento e dell’ampiezza; di cui sono titolari tutti i
comproprietari (contitolari).
La divisione: la comunione finisce con la divisione volontaria; perché deve essere accettata da tutti
(questo fenomeno è frequente nelle comunioni ereditarie).
(i) Nel caso in cui tutti i titolari sono concordi; si procede alla formazione dei lotti, dei vari beni che
non possono essere divisi; tali lotti devono avere il medesimo valore.
(ii) Nel caso in cui i contitolari non riuscissero a giungere a d’accordo; l’ordinamento prevede
l’intervento dell’ufficio giudiziario competente, che ha sua volta nominerà il C.T.U (cioè il
consulente tecnico d’ufficio).
La transitorietà: è legata al godimento/disposizione.
Di godimento: di conseguenza la comunione non è società (conferiscono contratto di società due o
più parti, che conferiscono beni e servizi in comune per l’esercizio di un’attività).
VOLONTARIA: deriva da un atto di volontà di più soggetti, che decidono di acquistare un bene;
INCIDENTALE: si ha comunione indipendentemente dalla volontà del soggetto. Esempio: la
comunione ereditaria;
FORZOSA: due proprietà vicine sono divise dallo stesso muro (caso che fa parte della comunione
ordinaria, articolo 100 c.c).
Vi sono altre comunioni che non sono ordinarie; come, per esempio, la comunione legale tra congiungi.
Una forma particolare di comunione è quella dei CONDOMINI DI EDIFICI: regolato dall’articolo 116/117
e seguenti del Codice civile. Essa costituisce una forma particolare di comunione, che ha per oggetto le parti
comuni dell’edificio. Per questa contitolarità l’amministratore di condomino (che viene nominato dai
condomini in un’assemblea) prepara le tabelle millesimali; ovvero il dato mille delle parti comuni, in base
all’estensione delle parti.
Che cos’è il condominio dal punto di vista giuridico? Il condominio è un soggetto di diritto, non persona
giuridica (è distinto dai condomini); non è dotato di un’autonomia patrimoniale; inoltre, il condominio e
distino dalla proprietà.
Che cosa succede un condomino non paga le spese condominiali? In questo caso l’amministratore si
condominio, può richiedere un supplemento agli altri condomini. Invece che cosa succede se il condomino a
sua volta non paga i suoi debiti (esempio il portinaio)? Il soggetto che non viene pagato (il creditore) può
rivolgersi per il pagamento hai singoli soggetti? In questo caso si prevede che il soggetto richieda il
pagamento del debito al condominio; questa condizione però non preclude al debitore, di rivolgersi ai singoli
condomini (questo perché il condominio non gode di un’autonomia patrimoniale perfetta).
Questa condizione però pone un problema riguardante la natura nei confronti delle obbligazioni di terzi;
tra le obbligazioni del condominio e la posizione dei singoli condomini. In questo caso vi è una contitolarità
dei beni ovvero un’obbligazione solidale, anche se non nella forma descritta dall’articolo 38 del Codice
civile. Il creditore sì, si può rivolgere ai singoli condomini, ma deve recarsi necessariamente in primis, da
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condomino non in regola con il pagamento delle quote millesimali del condominio. In altre parole, il
creditore prima di recarsi dai condomini solidalmente in regola, si deve recare dal condomine inadempiente.
La legge ha intorto questa specifica, perché la regola precedentemente prevedeva che il creditore si potesse
recare indistintamente da tutti condomini.
LA MULTIPROPRIETA (altra forma di comunione): nasce dal diritto inglese; ed è volta a facilitare i nuclei
famigliari, non in grado ad acquistare autonomamente una proprietà. È stata una direttiva europea a stabilire
le caratteristiche della multiproprietà, che può essere:
Una multiproprietà azionaria: consiste nell’intestazione del complesso immobiliare di una società
(s.p.a) previamente costituita, il quale capitale si compone di azioni ordinarie e di azioni privilegiate.
IL POSSESSO
Il possesso non è un diritto ma una SITUAZIONE DI FATTO; come la detenzione; che si manifesta con
un’attività corrispondente all’esercizio di un diritto reale. La situazione di fatto fra il possessore e la cosa è
tutelata dal diritto che regola e protegge tale relazione. Il possesso è regolato dagli articoli 1140 fino al 1172
del Codice civile; la tutela avviene attraverso le azioni possessorie, differenti dalle azioni riconosciute a
favore della proprietà, in cui si fa valere il diritto di proprietà, di servitù… in questo caso viene fatto valere il
possesso.
In questo caso stiamo parlando di ius possidenti, ossia l’insieme dei diritti che il possesso di per sé genera in
capo al possessore; in particola modo il diritto in tutela possessoria. Non ha tutti i possessori spetta lo ius
possidenti.
Il diritto protegge il possesso e il possessore; nella maggior parte dei casi il possessore è anche il proprietario
del bene; in altri termini il diritto protegge colui che ha una relazione fisica e materiale con il bene. Dietro
la tutela del possesso vi è la tutela del proprietario.
Esigenze di tutela alla base del possesso: si protegge la proprietà, una coesione e una pace sociale (dice il
torrente); ovvero i do una protezione ha colui che ha una relazione fisica e materiale con il bene; articolo
1140 c.c.
Articolo 1140 c.c. (Possesso): “il possesso e il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività
corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per
mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa”.
La relazione di fatto sulla cosa, che costituisce possesso, è data da due elementi:
CORPUS: ovvero l’elemento che conferma il 1140 c.c. Il corpus ce lo ha anche il detentore del bene; ad
esempio: il rapporto di locazione (il conduttore).
ANIMUS: è il soggetto che sa di essere il titolare di quel diritto reale (soggettivamente). L’animus può
essere di differenti tipologie:
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animus detinendi: ossia la volontà di tenere la cosa come propria o come titolare di un altro dirtto
reale;
diposizione materiale della cosa: cioè svolgere quell’attività corrispondente al possesso;
animus possessionis: il riconoscimento del possesso altrui sulla cosa.
Questi tre casi sono regolati in maniera differente dal codice. Dobbiamo specificare che esistono due nozioni
di BUONA FEDE:
bona fede in senso soggettivo: vuol dire che io ignoro di ledere un diritto altrui, ovvero il soggetto
non era a conoscenza che il bene fosse altrui.
buonafede in senso oggettivo: fa riferimento ad un comportamento (articolo 1175 c.c.).
La buona fede si presume, presunzione relativa; nel primo caso la buona fede deve esistere nel momento in
cui io compio l’acquisto. Sia il creditore che il debitore devono sempre agire per correttezza; ossia secondo
la buona fede in senso oggettivo.
QUALI SONO I MODI DI ACQUISTO DEL POSESSO? Anche in questo caso noi possiamo fare una
distinzione:
a titolo originario: il proprietario diventa titolare di un diritto nuovo che non gli viene trasferito da
un terzo (altra persona);
a titolo derivativo: il possesso deriva da un soggetto precedente, che viene trasferito con la consegna
(come si fa per il trasferimento dei beni immobili; es: consegna delle chiavi traditio simbolica).
Per quanto rigurda i beni immobili si può anche parlare di traditio previ mano; ossia il bene viene acquistato
dal soggetto che già ne era detentore. Un altro caso analizza la situazione in cui B vede il bene immobile
(una casa); ma conseguentemente viene concesso al soggetto A di continuare a godere del bene per un lasso
di tempo determinato. [il possessore alla fine del possesso è tenuto a riconsegnare l’immobile al
proprietario.]
I frutti che sono stati incassati dal possessore devono essere restituiti nel momento in cui inizia
l’azione di rivendicazione.
Le spese che il possessore ha fatto non devono essere restituite; tali spese si dividono in due
tipologie: (i) spese ordinarie, non restituibili fino al momento della rivendicazione; (ii) le spese
straordinarie.
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I costi miglioramenti consistono in tutte quelle spese che sono state apportante per un
miglioramento del fondo. In questo caso bisognia verificare se queste siano state fatte in buona o
mala fede. Nel caso di buona fede verrà riconosciuta una somma pari al valore del miglioramento;
se invece le azioni sono state fatte in mala fede verrà data una sorta di indennizzo ovvero la minor
somma fra spesa e miglioramento).
II. POSSESSO VALE TITOLO: titolo per che cosa? Ci stimo riferendo all’acquisto della proprietà a titolo
originario (articolo 1153 c.c.); che però si riferisce esclusivamente ai beni mobili non registrati. Perché si
riferisce esclusivamente a questa categoria di beni? Per i beni mobili non registrati non esiste un sistema ti
pubblicità come invece esiste ber i beni immobili e i beni mobili registrati. Questo con lo scopo di favorire
la circolazione dei beni, in particolare quelli mobili non registrati.
Il titolo astrattamente idoneo a permettere il trasferimento della proprietà al verificarsi di questa triplice
condizione.
Se il non dominus aliena lo stesso bene a più soggetti; quale di questi è il nuovo proprietario? “vince” chi
per primo dichiara il possesso/l’attività materiale sul bene (art. 1153 c.c.)
III. L’USUCAPIONE: costituisce una forma di prescrizione acquisitiva, ed è basato sul possesso e sul
tempo. Con l’usucapione ordinario posso acquistare, un soggetto può acquisire non soltanto un diritto di
proprietà ma anche dei diritti reali (non può acquistare le servitù prediale perche non evidenti/visibili).
L’usucapione deve essere:
Possesso non violento: deve essere avvenuto in modo non viziato, violento e clandestino;
Il periodo di tempo deve essere continuo e non interrotto.
Caso particolare per il possesso remoto; in questo caso il possesso che è stato esercitato nel periodo di
tempo contenuto tra il momento attuale e un momento remoto. Il Codice civile dice che se si prova il
possesso remoto, è presunto anche quello intermedio (1142 c.c.).
Quali sono le possibili cause dell’interruzione del possesso? Sono le medesime cause dell’interruzione della
prescrizione; si aggiungono però le cause:
Se manca la buona fede sono dieci anni (non sicura di quello che ho scritto);
Caso in cui vi è la presenza della buona fede, ma il possesso è dato da un titolo trascritto all’interno
dei registri pubblici (pubblicitari); in questo caso l’acquisto della proprietà non si attua più in 10 anni
ma in 3 anni (beni immobili 10; beni mobili registrati 3).
L’usucapione si acquista tramite ex legem; ovvero tramite una sentenza dichiarativa e non costitutiva, perché
il bene è già stato acquistato tramite il possesso.
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Quali possono essere i vantaggi dell’essere possessore di un bene? Stiamo parlando degli ius possessiones
(ovvero i vantaggi ricollegati alla posizione di possessore).
Le azioni di rivendicazione: in questo caso il possessore chiamato in giudizio dal proprietario non
deve provare nulla (ovvero non deve provare la proprietà); l’onere della prova spetta al proprietario
che ha posto in giudizio l’azione;
Il possessore può raggiungere l’usucapione.
Tramite una serie di altri diritti, il possessore può ottenere il titolo di proprietà del bene da lui
posseduto.
Sono vantaggi riconosciuti dal nostro ordinamento, sul presupposto che dietro il possessore vi sia il titolare
del diritto; questo perché statisticamente il possessore è anche il detentore del diritto. Ma non ha tutti i
possessori spetta lo ius possidenti.
Quali sono le azioni a tutela del possesso? Le azioni a difesa del possesso, conosciute come azioni
possessorie, sono azioni previste dall’ordinamento giuridico italiano a tutela di quest’ultimo.
LE AZIONI POSSESSORIE conseguono un risultato provvisorio a colui che lo richiede. Nella tassinomia
delle azioni rientrano le azioni cautelari (una tutela immediata); ne deve essere conseguente un giudizio di
cognizione ordinaria (una tutela più pena). Le azioni possessorie consentono una tutela immediata, questi
giudizi si esauriscono ne giro di poche settimane; limiti temporali che invece il giudice ordinario non ha.
Le azioni possessorie possono essere azioni di: (i) di reintegrazione e di spoglio; (ii) di manutenzione; (iii) le
azioni quasi possessorie, ossia azioni di denunzia di nuova opera o di danno temuto, sono azioni
sostanzialmente cautelari.
Azioni di reintegrazione e di spoglio: azioni regolate dall’articolo 1168 c.c. (rimette nella stessa
situazione di fatto che c’era prima “dell’effrazione”). Lo spoglio può essere violento o occulto; il
soggetto ha un lasso di tempo pari ad un anno per reagire (nel caso occulto, il lasso di tempo inizia a
decorrere nel momento in cui la persona si rende conto dello spoglio).
Lo scopo della reintegrazione allo spoglio e quello di reintegrare il possesso dello spogliator (colui che
spoglia l’altrui possesso). Chi è legittimato (attivo) a porre in essere l’azione di reintegrazione? Questa
azione spetta al detentore ovvero a colui che ha il corpus sul bene, ma non ha l’animus. Dunque, la
legittimazione attiva spetta al detentore, ma solo se qualificato; non spetta a colui che gode del bene per un
breve lasso di tempo. E possibile reintegrare da parte di terzi? Si.
[N.B. il possesso non è un diritto, ma è una situazione di fatto, un potere di fatto su una cosa che si
manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà o di un diritto reale]
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LA DETENZIONE
La detenzione può essere divisa in due tipologie:
DETENZIONE QUALIFICATA: quando è esercitata nel proprio interesse, come accade per il
conduttore. La detenzione qualificata a sua volta può dividersi in: (i) autonoma, quando vi è un titolo
specifico nell’esercizio del godimento; (ii) non autonoma, quando non vi è un titolo specifico
nell’esercizio del diritto di godimento.
DETENZIONE QUALIFICATA: quando è esercitata nell’interesse altrui, come accade per il
depositario.
La detenzione è dotata di un corpus, ma non di un animus, perché il detentore riconosce che la proprietà
spetta ad un altro soggetto (questa rappresenta la detenzione tradizionale). Come si possono distinguere
detenzione e possesso in base ad un elemento soggettivo? Detenzione e possesso come già detto in
precedenza si distinguono per l’elemento soggettivo ovvero l’animus. Nella detenzione parliamo di
ANIMUS DETINENDI; mentre per il possesso parliamo di ANIMUS POSSIDENDI.
Esempio: se il soggetto che guida la mia auto è un ladro, sarà possessore; se è un amico cui ho prestato la mia
vettura, sarà detentore.
Il detentore può diventare possessore, modificando l’animus; queste modificazioni prendono il nome di
INVERSIO POSSESSIONIS, e sono:
dichiarazione da parte del detentore: tramite una dichiarazione il detentore, modifica il proprio
animus disconoscendone il titolo originario (modifica le ragioni del suo possesso.
costituito possessorio (causa derivante da un terzo): in questo caso vi è la cessazione del possesso in
favore della detenzione. In questo caso non è obbligatoria la consegna della cosa.
GLI ONERI REALI: sono nei diritti reali di godimento. L’unico caso di oneri reali, lo possiamo ritrovare in
materia di consorzio (unione di più proprietari che uniscono i loro fondi per fare opere di bonifica e di
miglioramento, delle parti di cui sono contitolari). Se uno dei comproprietari non “caccia” soldi, è
inadempiente; gli altri comproprietari possono vendere esclusivamente la parte dell’inadempiente. [Concetto
regolato all’interno dell’articolo 865 c.c.].
Articolo 1321 c.c.: “il contratto è l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro
un rapporto giuridico patrimoniale”.
Possiamo però definire l’obbligazione come la relazione tra due soggetti; un soggetto attivo e un soggetto
passivo; in virtù della quale uno dei due soggetti è tenuto ad eseguire una prestazione. Obligatio est iuris
vinculum, quo necessitate adstringimur alicuius rei solvendae secundum iura nostrae civitatis.
I. L’ATTO GIURIDCO: vi sono comprese le promesse unilaterali, ovvero quelle che derivano dalla
dichiarazione di volontà di un singolo soggetto. Sono atti giuridici, ad esempio, i titoli di credito (conti
correnti e cambiali).
II. IL FATTO ILLECITO: vi sono tre figure disciplinate dagli articoli dal 2028 al 2042 c.c.; tali figure sono:
Che cosa caratterizza un’obbligazione? Crea un vincolo di diritto se vi è un debito; se vi è un debito vi è una
responsabilità; se vi è una responsabilità allora vuol dire che vi è un debito. Che tipo di responsabilità è nei
confronti del diritto? In questo caso ci stiamo riferendo ad una responsabilità patrimoniale (articolo 2740
c.c.) e di azioni esecutive.
[se l prestazione non viene esattamente eseguita, il creditore può aggredire il patrimonio e non la persona del
debitore]
LE OBBLIGAZIONI NATURALI: esse non sono obbligazioni (vi è l’annullamento del sostantivo); queste
ultime sono trattate nell’articolo 2034 c.c.
Articolo 2034 c.c.: “non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione
di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace”
Le obbligazioni generali, molto spesso si riferiscono a delle obbligazioni derivanti da contratto. Come già
detto in precedenza l’obbligazione chiama responsabilità; se vi è obbligazione vi è responsabilità.
La responsabilità può essere solamente di tipo patrimoniale; se il debitore non ha beni pignorabili, ovvero
non è patrimonializzato “vince”; vi è però un’eccezione come già visto in precedenza ovvero l’obbligazione
naturale (se il soggetto adempie spontaneamente, non può richiedere la restituzione).
Spontaneamente: non ci deve essere un titolo giuridico che obbliga a adempiere (contratto di legge = forza
normativa). Il soggetto deve esse capace d’agire.
Quali sono i doveri morali e sociali espressi dal primo comma del 2034 c.c.? Il codice tipizza alcune forme
normalizzate dal codice. Esempio, un altro debito morale sociale è il debito da gioco, che non è
regolamentato e di conseguenza non suscita responsabilità; poi vi è la fiducia testamentaria (compito
fiduciario delle obbligazioni).
Il problema sorge con il secondo comma dell’articolo 2034 c.c.; in cui l’unico effetto dell’obbligazione
naturale è la SOLUTI RETENTIO; ovvero l’irreparabilità di quanto sia stato adempiuto. Esso è anche
l’unico effetto per qui doveri non tipizzati che sono lasciati alla libera interpretazione del giudice, ovvero
alle esigenze del diritto vigente.
[sintesi: (i) primo comma i doveri morali e sociali sono tipizzati; (ii) secondo comma sono affidati ha
un’interpretazione evolutiva del giudice. Il 2034 nel suo insieme determina l'assoluti retentio.]
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IL RAPPORTO OBBLIGATORIO
Il rapporto obbligatorio è costituito dai soggetti atti e i soggetti passivi. Se vi è un unico creditore ed un unico
debitore, l’obbligazione verrà qualificata come UN’OBBLIGAZIONE SEMPLICE; se invece vi sono più
creditori e debitori allora l’obbligazione sarà soggettivamente complessa.
Attuazione solidale: in questi casi vi sono cinque debitori ed un solo creditore; il creditore può
richiedere il pagamento ad uno dei cinque condebitori in solido. Il debitore cha ha pagato per tutti
può chiedere solamente la quota di titolarietà del singolo (questa azione prende il nome di azione di
regresso).
Il codice predilige questa tipologia perché avviene immediatamente (in un unico passaggio) l’estinzione
dell’obbligazione.
Attuazione parziale: il creditore può andare dai singoli debitori e farsi pagare la corrispettiva quota.
Quando si applica uno e quando si applica l’altra? L’ordinamento ama l’attuazione solidale, questa però
presuppone la presenza di una solidarietà passiva (1294 c.c.). Dunque, nella maggior parte delle volte si
applica quella solidale, salvo che la legge o il titolo non disponga diversamente (ad esempio: quando alla
morte del padre vi sono dei debiti da pagare e tre sono i debitori).
L’obbligazione soggettivamente complessa dal punto di vista del creditore, e meno importante. Solo quando
la legge e il titolo, lo dichiarino chiaramente; ovvero conosce un’attuazione solidale. Nel caso in cui non sia
specificata l’attuazione da adoperare; l’attuazione solidale non può essere adoperata dal punto di vista del
creditore.
Una volta che c'è l'attuazione solidale da parte di uno dei condebitori scatta il regresso. Ad esempio: il
creditore prima di ricevere il pagamento integrale pone in essere delle attività nei confronti di solo uno dei
debitori. Costituisce fatto, atto e negozio giuridico; nell’atto della costituzione in mora il creditore costituisce
in mora solo uno dei cinque debitori; la mora non si estende agli altri condebitori.
Agli altri debitori si estendono solamente gli effetti a questi ultimi favorevoli e non quelli sfavorevoli. La
transazione (contratto mediante il quale si chiude una lite) normalmente ha effetto se l’altro debitore può
dichiarare di aver vantaggio dalla transazione.
Dare: in questo caso vi è la consegna della tradito; molto importante in epoca romana. Oggi giorno
essa non riveste più un ruolo così importante, perché vi è una nuova regola; ossia che la proprietà e i
diritti reali non si trasferiscono tanto con la conseguenza ma con il libero consenso manifestato dalle
parti, che regola il consenso traslativo (res peritio dominus; articolo 1376 c.c.).
Fare;
Non fare;
Con il termine prestazione si può intendere anche come la condotta a cui il debitore è tenuto; tale termine
intende anche il risultato che si vuole conseguire con tale condotta (argomento centrale). Nasce una
distinzione tra l’obbligazione dei mezzi e l’obbligazione di risultato.
LA PRESTAZIONE (non fare, fare, dare): è regolato dall’articolo 1174 c.c. Punti principali: (i) idoneità ad
essere valutata; (ii) ci deve essere anche un interesse non patrimoniale.
Articolo 1174 c.c. (Carattere patrimoniale della prestazione): “la prestazione che forma oggetto di
obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un interesse, anche
non patrimoniale, del creditore”.
Per l’oggetto si parla prettamente nelle prestazioni di dare; invece, nella considerazione di fare, l’oggetto
viene considerato nella sua fisicità (articolo 1175 c.c.).
In ogni caso vi deve essere la presenza della buona fede, che può essere oggettiva oppure soggettiva; in
questo caso ci stiamo riferendo alla BUONA FEDE IN SENSO OGGETTIVO, che può essere affrontata in
due modi:
Integrazione del regolamento contrattuale: ogni contratto a differenti obbligazioni; la buona fede
sta ad indicare che al di là delle singole obbligazioni possono nascere altre obbligazioni si implicite,
che prive di forma scritta. Obblighi di protezione; bisognia assicurarsi che la prestazione si sia
conclusa.
Esempio: il debitore non deve solamente preoccuparsi di gestire il cliente, ma si deve assicurare di fornire
l’informazione più completa.
Valutazione: là dove vi sia un inadempimento, il giudice ex post vede il rapporto obbligatoria dalla
nascita fino alla morte.
LE OBBLIGAZIONI PECUNIARIE
Le obbligazioni pecuniare (= la circolazione del debito e del credito) hanno per oggetto una somma di
denaro, che deve pagata con la moneta in corso legale nel momento in cui nasce l’obbligazione. Nel
momento in cui vi è una perdita del potere di acquisto della moneta, quale pricipio viene applicato? In
questi casi si guarda il PRINCIPIO NOMINALISTICO; ovvero l’obbligazione si estingue con la moneta
avente valore legale nello Stato nel momento del suo pagamento e per il suo valore nominale.
obbligazioni di valore: ha per oggetto una somma di denaro che deve essere determinata con
riferimento ad un valore che è quello del diritto leso (un fatto illecito). In questo caso deve avvenire
una conversione del danno subito in somma monetaria; dopo la conversione nasce la realtà
monetaria (articolo 433 c.c. a seguire).
obbligazioni di valuta: hanno per oggetto una somma di denaro certa hai fini del valore nominale.
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LE OBBLIGAZIONI PECUNIARIE ACCESSORIE sono oggetto di d’interesse perché presuppongono
un’obbligazione pricipale, dalla quale derivano degli interessi. Gli interessi hanno una duplice fonte:
fonte legale: è la stessa legge che prende in considerazione la capacità di denaro, nel produrre
denaro;
fonte di convenzione volontaria.
Gli interessi possono essere corrispettivi; il denaro si ritiene idoneo a produrre denaro (normale fecondità
del denaro). Gli interessi compensativi sono una categoria molto discussa in materia di contratto di
compravendita (articolo. 1149 c.c.).
Se il DEBITORE è IN MORA (ovvero in ritardo), quest’ultimo non dovrà solamente pagare il risarcimento
ma anche gli interessi causati dal ritardo. Qual è la misura dell’interesse? Per circa quarantotto anni
l’interesse legale fissato dalla legge è stato del 5%. Nel corso del tempo però si è deciso di fissare tale
interesse tramite un decreto volta per volta. La misura degli interessi moratori può essere stabilita dalle parti,
e può superare il tasso fissato dalla legge; purché le parti non prevedano interessi usurai. Se gli interessi non
possono superare il tasso effettivo medio globale d’interesse (chiamato anche tasso soglia); se gli interessi
superano il tasso diventano usurai e di conseguenza nulli; questo può portare alla nascita di azioni penali e
civili (legge del 96).
Gli interessi di un’obbligazione pricipale possono a loro volta produrre interessi? è legittima la
capitalizzazione dell’interesse? In questo caso parliamo del fenomeno/pricipio anatocistico, ovvero gli
interessi non possono produrre a loro volta interessi, ma esistono delle eccezioni. Gli interessi possono
produrre a loro volta interessi se derivano da un periodo di sei mesi e se vi è la presenza di un patto scritto (e
se vi sono degli usi che ammettono la possibilità di produrre interessi.
ADEMPIMENTO E INADEMPIMENTO
L’obbligazione deve essere adempiuta esattamente; se adempita esattamente si produce automaticamente
l’estinzione dell’obbligazione. Da una parte vi è il creditore che viene soddisfatto e dall’altra vi è il debitore
che è libero dall’obbligo. Adempimento = esatta esecuzione della prestazione.
L’estinzione di un’obbligazione di un’obbligazione può essere raggiuta in altri modi. mezzi diversi di
estinzione diversi da quelli dell’estinzione sono regolati dagli articoli 1230 – 1259 c.c. Esse sono:
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Con l’adempimento del terzo il patrimonio di quest’ultimo tende a diminuire, egli può rimediare in qualche
modo? Sì, il creditore una volta conclusa la prestazione da parte dle terzo può surrogare nei suoi diritti di
creditore il terzo, SURROGAZIONE PER VOLONTA DEL CREDITORE.
Articolo 1201 c.c. (Surrogazione per volontà del creditore): “Il creditore, ricevendo il pagamento da un
terzo, può surrogarlo nei propri diritti. La surrogazione deve essere fatta in modo espresso e
contemporaneamente al pagamento”.
Articolo 1202 c.c. (Surrogazione per volontà del debitore): “Il debitore, che prende a mutuo una somma
di danaro o altra cosa fungibile al fine di pagare il debito, può surrogare il mutuante nei diritti del
creditore, anche senza il consenso di questo”.
Articolo 1203 c.c. Surrogazione legale: “stabilisce che è vi è surrogazione ad altro creditore nel caso in
cui si effettui il pagamento del suo credito; il creditore che ha pagato, anche se chirografario, ha diritto a
surrogarsi nelle ipoteche che il creditore soddisfatto aveva acceso nei confronti del comune debitore”.
Se il terzo non viene surrogato dal creditore, quest’ultimo può fare ancora due cose:
Quando il creditore esegue una prestazione differente da quella a cui era tenuto; può decidere trasferire il
credito. Questa azione prende il nome di PRESTAZIONE IN LUOGO D’ADEMPIMENTO. Estinzione
dell’obbligazione quando il credito sarà incassato e il bene trasferito.
Articolo 1197 c.c. (Prestazione in luogo d’adempimento): “il debitore non può liberarsi eseguendo una
prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta.
In questo caso l'obbligazione si estingue quando la diversa prestazione è eseguita”.
LA NOVAZIONE
Vi è una modifica oggettiva del tempo, del luogo e del destinatario dell’adempimento.
Luogo: possono nascere problemi nel tribunale competente. Nelle obbligazioni derivanti da
contratto sono le parti a determinare il luogo dell’adempimento. Per le obbligazioni pecuniare
normalmente devono essere adempiute a domicilio del creditore (obbligazioni portabili).
Tempo: dipende dalla tipologia di obbligazioni; il termine normalmente è stabilito a favore del
debitore; il creditore deve aspettare la scadenza del termine per il pagamento. Se non è stato fissato
alcun termine il pagamento deve avvenire immediatamente.
Il destinatario dell’adempimento (approfondito sul torrente e nelle pagine successive degli
appunti).
LA QUIETANZA: ovvero il creditore nel momento in cui riceve il pagamento del debito deve appore una
sigla ha conferma dell’avvenuto pagamento. La quietanza a valenza probatoria simile a quella della
confessione.
LA MORA DEL CREDITORE = COOPERAZIONE DLE CREDITORE: non ha nulla a che fare con la
mora del debitore; la mora del creditore e regolata dagli articoli 1206 – 1217 c.c.
Articolo 1206 c.c. (Condizioni): “Il creditore è in mora quando, senza motivo legittimo, non riceve il
pagamento offertogli nei modi indicati dagli articoli seguenti o non compie quanto è necessario affinché' il
debitore possa adempiere l'obbligazione”.
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In alcuni casi, dunque, la figura del creditore si frappone alla liberazione/estinzione dell’obbligazione da
parte del debitore. La figura dell’articolo 1206 c.c. conclude la figura d’abuso, comportamento soggettiva
attivo non coerente con quanto stabilito (riferimento al paradigma della buona fede).
Esempio: vi è divorzio, nelle clausole di divorzio la casa coniugale viene assegnata alla moglie ma è di
proprietà del marito. La casa coniugale rimane alla moglie fino a quando il marito, non assicura alla moglie
un'abitazione adeguata. In questa situazione si costituisce la mora del crediotre.
L’offerta della prestazione: che può essere di due tipi; (i) reale, quando ha per oggetto una forma di
denaro o di beni; (ii) per intimidazione, quando l’oggetto è costituito da un bene immobile.
Articolo 1208 c.c. (Caratteristiche dell’offerta): " affinché l’offerta sia valida è necessario: (i) chi sia fatta
al crediotre capace di ricevere o a chi ha la facoltà di ricevere o a chi ha la facoltà di ricevere per lui; (ii)
che si è fatta da persona che può validamente ad adempiere; (iii) che comprenda la totalità della somma o
delle cose dovute dei frutti o degli interessi de delle spese liquide e una somma per le spese non liquide, con
riserva di un supplemento, se è necessario; (iv) che il termine sia scaduto, se stipulato in favore del
creditore; (v) che si sia verificata la condizione della quale dipende dall’obbligazione; (vi) che l’offerta sia
fatta alla persona dle creditore o nel suo domicilio; (vii) che l’offerta sia fatta da un ufficiale pubblico a ciò
autorizzato. Il debitore può subordinare l’offerta al consenso del creditore necessario per liberare i beni
delle garanzie reali o da altri vincoli che comunque ne limitino la disponibilità”.
Fare il deposito; ovvero quelle somme di denaro (case offerte all’ufficiale giudiziario), con il
deposito il debitore viene liberato dall’obbligo.
Se vuole un riconoscimento dai danni deve fare un giudizio autonomo nella quale le spese sono a carico del
crediotre.
L’INADEMPIMENTO
L’inadempimento è regolato dall’articolo 1218 c.c.
Articolo 1218 c.c. (Responsabilità del debitore): “il debitore che non esegua esattamente la prestazione
dovuta è tenuto al risarcimento del danno, s enon priva che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato
da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”
Se il debitore non esegue esattamente la prestazione è tenuto al risarcimento, tuttavia può dimostrare che
l’inadempimento o il ritardo è derivato forza maggiore, un causo fortuito come uno sciopero generale, una
nevicata importante. Si deve vedere dunque il tipo di obbligazione, perché vi sono alcune per cui il criterio
che viene posto a carico del debitore per escludere la sua responsabilità è più severo, più rigoroso. Altre per
cui il criterio è meno rigoroso invece. Vi sono principalmente tre gruppi, soprattutto di contratti:
obbligazioni derivanti da prestazione: contratto di trasporti, appalto (criterio di responsabilità rigoroso che si
avvicina a quella oggettiva);
Se c’è inadempimento scatta l’obbligazione di risarcire il danno. È necessario vedere prima il tipo di
inadempimento:
Assoluto: la prestazione originaria viene rimossa e assume rilevanza solo l’obbligazione di risarcire
il danno;
Relativo: come quello temporalmente qualificato, che viene chiamato in mora, ovvero ritardo del
debitore.
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Non vi è un articolo nel codice che definisce il danno, assume un significato che deve essere tradotto. Siamo
di fronte ad una polisemia di tale termine (=pregiudizio, perdita), viene definito modificazione peggiorativa
del patrimonio (VI libro: insieme di tutti i beni presenti e futuri). Il patrimonio prima dell’inadempimento
aveva un certo valore, dopo ha subito una perdita. Il danno indica principalmente due cose, vi sono due
nozioni:
danno-evento: che coincide, si identifica con la lesione del diritto. Se il debitore commette
inadempimento, il danno evento è la lesione del diritto di credito del creditore ad ottenere l’esatta
prestazione. (concezione penalistica)
danno-conseguenza: una volta accertata la lesione di un diritto, allora è certo che c’è stato un danno,
ma si pone il problema di veder qual è concretamente il danno conseguito, quanto deve pagare il
soggetto responsabile. Quali modificazioni peggiorative del patrimonio ha comportato.
Articolo 1223 c.c. (Risarcimento del danno): “Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per il
ritardo deve comprendere così la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne siano
conseguenza immediata e diretta”.
l’articolo 1223 c.c. è richiamato anche in materia di fatto illecito. Questo articolo definisce il danno-
conseguenza, vi è inadempimento, il ritardo, che genera una perdita subita e mancato guadagno. Questi
diventano danno emergente e lucro cessante. Il legislatore, a favore del creditore, vuole assicurare che egli
ottenga tutto il risarcimento. Tale principio è fondamentale e viene definito principio di integrale
risarcimento/riparazione del danno.
In America sono presenti anche i danni punitivi: risarcimento punitivo= la condotta del danneggiante è stata
riprovevole, ha compiuto un fatto illecito con dolo (= con l’intenzione di commettere tale danno), oltre il
danno riparatorio si aggiunge anche il danno punitivo. In Italia, tuttavia, questo non vi avviene. La perdita
subita può consistere per esempio nel fatto che un soggetto, investito, è dovuto andare in una struttura
ospedaliera, ha consumato farmaci, ha fatto accertamenti.
Si tratta di una sorta di conto della spesa sostenuta dal soggetto. Mancato guadagno invece consiste nel fatto
che il soggetto che è stato investito per esempio, non ha potuto lavorare guadagnare per un certo periodo di
tempo. Il risarcimento deve essere integro, tutto il danno deve essere risarcito. Il danno viene risarcito se
conseguenza diretta e immediata; sia perdita che guadagno. Questo significa che nel caso concreto deve
esserci un nesso di casualità. Le norme di questa materia sono disciplinate dal Codice penale dagli articoli 40
– 41c.c. Il nesso di casualità si può interpretare in due modi:
materiale: bisogna vedere se c’è un nesso tra l’azione/omissione umana del danneggiante/debitore e
il danno-evento subito dal soggetto. Risponde sostanzialmente alla domanda: C’è o no
responsabilità? Se c’è si prende il nesso di causalità giuridica per vedere quanto il danneggiante
deve pagare, risarcire.
giuridica: conseguenza diretta e immediata. C’è stata una lesione del diritto e si tratta di vedere
quanto il soggetto può chiedere come risarcimento. L’onere della prova (art 2697 c.c.) è a carico del
soggetto deve dimostrare che c’è stato un danno. Presuppone che ci sia un danno-evento. Per vedere
che ci sia stata la lesione del diritto è necessario il nesso di causalità materiale.
Equivalgono alla contrapposizione tra danno-evento e danno-conseguenza. Nel 2005 causa contro enti
tabacchi per responsabilità dello stato perché se avesse fatto prima la legge del 1992 con cui si avvertono i
compratori di sigarette dei pericoli che comporta fumare mettendo le etichette, il signore avrebbe smesso
prima di fumare.
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Chi fuma accetta i rischi tuttavia. Si va in appello. La corte d’appello dispose consulenza tecnica per
accertare se l’uso di sigarette fosse o meno la causa probabile del carcinoma polmonare. I consulenti
chiariscono il nesso di causalità probabilistico. La corte fissò la responsabilità dello Stato. Nesso di causalità
materiale; c’è responsabilità perché lo stato doveva prendere precauzioni. Nesso di causalità giuridico;
danno emergente e lucro cessante.
Articolo 1225 c.c. (Prevedibilità del danno): “Se l'inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del
debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l'obbligazione”.
Può essere risarcito il danno imprevedibile? No, perché non è conseguenza diretta e immediata.
Tuttavia, solo nel caso in cui l’inadempimento posto in essere dal debitore è stato commesso con dolo. Se il
debitore nel non adempiere l’obbligazione ha posto in essere una condotta caratterizzata da dolo,
riprovevole, in mala fede., si può chiedere il risarcimento del danno anche se questo non poteva essere
previsto. Se c’è solo bisogna risarcire anche il fanno imprevedibile.
Articolo 1226 c.c. (Valutazione equitativa del danno): “Se il danno non può essere provato nel suo
preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa”.
Il danno c’è, ma non si può determinare nel suo preciso ammontare, ma con Valutazione equitativa. Non si
parla tanto di danno patrimoniale, quanto Danno non patrimoniale che riguarda la persona. Anche se il
codice non ne parla. Come si può risarcire tale danno? Il risarcimento è normalmente per equivalente
monetario, il denaro serve (obbligazioni pecuniarie, di valore ledere un bene che non ha una valenza
monetari) ci si pone il problema di come convertire il danno in denaro. Dunque, per la difficoltà di convertire
in denaro questi beni, in Italia sono adottate delle tabelle giudiziarie in cui sono raccolti tanti casi precedenti.
Tabelle per prima sperimentate sono state quelle di Milano.
Articolo 1227 c.c. (Concorso del fatto colposo del creditore): “Se il fatto colposo del creditore ha
concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle
conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto
evitare usando l'ordinaria diligenza.”
Nella pratica forense, si parla per quanto riguarda il primo comma di concorso di colpa; il debitore e in colpa
per inadempimento ma anche il creditore ha avuto un comportamento non perfettamente corrispondente al
parametro della necessaria prudenza. Il risarcimento viene diminuito in proporzione della gravità della colpa
e della entità delle conseguenze.
Per esempio, un soggetto che nel centro urbano guida a una velocità più elevata di quella prevista e investe
un soggetto fuori dalle strisce pedonali. Si calcolano le colpe e il risarcimento viene diminuito.
Il secondo comma parla invece di altro. Chi ha causato il danno è responsabile solo di quello iniziale ma non
di quelli che il soggetto con la sua condotta diligente avrebbe potuto evitare.
Il risarcimento del danno viene trattato sia per quanto riguarda l’inadempimento partendo dall’articolo 1218
ma anche per quanto riguarda il fatto illecito.
Articolo 1228 c.c. (Responsabilità per fatto degli ausiliari): “Salva diversa volontà delle parti, il debitore
che nell'adempimento dell'obbligazione si vale dell'opera di terzi, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di
costoro”.
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Il debitore (soprattutto impresa), nell’adempimento dell’obbligazione risponde anche se l’inadempimento è
posto in essere da persone di cui si avvale per l’esecuzione della prestazione. Si tratta di una responsabilità
diretta. L’impresa debitrice si avvale di forza lavoro e se questi commettono inadempimento, allora è
riferibile all’impresa poiché è il motore organizzativo.
Articolo 1229 c.c. (Clausole di esonero da responsabilità): “è nullo qualsiasi patto che esclude o limita la
responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave. È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero
o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore e dei suoi ausiliari costituisca
violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico”.
Creditore e debitore soprattutto nelle obbligazioni derivanti da contratto, si mettono d’accordo, fanno una
clausola ovvero un patto secondo cui se il debitore non adempie, il creditore esclude la sua responsabilità. La
rubrica del 1229 fa riferimento anche a clausole di limitazione di responsabilità con cui non si vuole
raggiungere un esonero completo della responsabilità. Il contratto è dunque nullo (come atti di disposizione
del proprio corpo art 5 del c.c.) il che significa che non produce effetti (quod nullum est,nullum producit
effectum).
un danno patrimoniale: danno emergente e lucro cessante che si calcola secondo i criteri che la
parte danneggiata deve fornire al giudice come fatture, ricevute, le spese fatte e i mancati guadagni
se conseguenza diretta e immediata;
un danno non patrimoniale: disciplinato solo nell’ultima norma del quattro libro del codice. Si
tratta dell’articolo 2059 c.c. (in materia di fatto illecito, in cui non c’è un rapporto obbligatorio
precedente come la circolazione stradale): “Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei
casi determinati dalla legge”.
Si è posto il problema di vedere se il danno non patrimoniale potesse essere richiesto anche dal creditore di
un’obbligazione rimasta inadempiuta. Per oltre 60 anni il creditore che chiedeva risarcimento al debitore per
inadempimento poteva chiedere solo il danno patrimoniale, proprio perché il 2059 c.c. era norma riguardante
solo il settore dei fatti illeciti, inoltre riguarda l’ipotesi dei danni non patrimoniali, che venivano controllati
dal nostro sistema, con un atteggiamento severo. Il caso in cui il risarcimento del danno non patrimoniale
veniva concesso era quello in cui il fatto illecito costituiva anche un reato. In questo caso assumeva le
caratteristiche di un danno morale.
Agli inizi del 2000 tuttavia questo cambia; infatti: nei casi espressamente previsti dalla legge, oltre il reato,
c’è la costituzione. La corte di cassazione, con sentenza a sezioni unite, ha dato all’art 2059
un’interpretazione di tipo evolutivo costituzionale: nella legge di cui si parla è prevista anche la costituzione.
Quindi bisogna risarcire anche il danno non patrimoniale. Anche il creditore può aver subito a sua volta un
danno non patrimoniale.
Spesso le parti fanno un contratto, in cui convengono una clausola penale con cui le parti scrivono che se una
delle due non dovesse adempiere correttamente all’obbligazione si stabilirebbe fin da subito il risarcimento
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da pagare. Ha lo scopo di migliorare la condotta delle parti, evitare liti. Tuttavia, quando le parti concludono
il contratto non possono sapere l’entità dell’inadempimento, la penale può essere valutata troppo o poco. In
questo caso ci si reca dal giudice, a cui si può chiedere di ridurre la penale o aumentarla riconducendola ad
equità (art 1384 c.c.); è un risarcimento del danno già amministrato e governato dalle parti.
Nei confronti di una penale troppo alte il giudice può ridurla secondo equità, nei confronti di una penale
troppo bassa, il giudice non può aumentarla. La possibilità di ridurre la penale consiste nell’esigenza del
giudice di ristabilire un equilibrio contrattuale, l’impossibilità di alzarla risiede nel fatto che il giudice
diventerebbe colui che riscrive il contratto, può intervenire per sanare situa di eccesso ma non può ristabilire
il valore economico della penale.
La parte può chiedere risarcimento del danno non avvalendosi dell’automatismo della penale, ma provando il
danno, perché ritiene che la misura del danno subito sia superiore al valore della penale. Tuttavia, è un
rischio, perché da una parte c’è la strada sicura della penale, dall’altra vi sono i rischi processuali del caso
chiedendo il tradizionale risarcimento.
novazione
confusione
compensazione
emissione
impossibilità sopravvenuta
CONFUSIONE: il creditore e il debitore si confondono; io sono debitore nei confronti di un soggetto che mi
ha nominato erede, quindi le due qualità si confondono.
Sprigiona i suoi effetti estintivi ogni qual volta che giunga a destinazione del debitore, non c’è bisogno
dell’accettazione del debitore, ma può succedere che egli dichiari di non volerne approfittare. Non è
remissione, tuttavia, la dichiarazione con la quale il creditore comunica al debitore, che essendo a
conoscenza di una sua crisi, si impegna a non chiedere il pagamento per un certo periodo di tempo.
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COMPENSAZIONE: creditore e debitore hanno nei loro confronti voci attive e passive. Perché si abbia
compensazione è necessario che le due voci derivino da titoli contrattuali differenti. Se c’è un unico titolo
in base al quale maturano debiti e crediti non vi è compensazione tecnicamente. La compensazione elide le
voci di dare e avere parzialmente o totalmente. Ne esistono tre tipi:
Legale: automatica che prescinde dal consenso di debitore e creditore, ma richiede che crediti e
debiti reciproci presentino omogeneità, ovvero devono avere la stessa natura come il denaro, ma
anche esigibilità, ovvero si può richiedere immediatamente il pagamento, sono già scaduti se
previsto il termine, se non lo hanno comunque si può chiedere subito il pagamento.
Giudiziale: disposta dal giudice, se le due parti hanno pretese contrapposte. Se sono facilmente
liquidabili, ovvero il credito di uno e dell’altro non sono ancora convertiti in denaro ma possono
esserlo.
Volontaria: le parti avvalendosi dei loro poteri di autonomia patrimoniale, decidono come
compensare debiti e crediti. Assegnano un valore monetario alle diverse prestazioni e raggiungono
effetto compensativo.
IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA
L’impossibilità sopravvenuta; è regolato dall’articolo 1256 – 1259 c.c.; questi articoli sono legati all’articolo
1218 c.c.
Impossibilita non è intesa come maggiore onerosità della prestazione, ovvero che costi di più di quanto fosse
preventivato, non è intesa come maggiore difficolta nell’esecuzione della prestazione.
Se l’impossibilità fosse stata presente al momento della nascita dell’obbligazione, questa non sarebbe nata,
ma deve essere successo qualcosa successivamente, deve superare il limite della diligenza del buon padre di
famiglia (art 1176 c.c.).
Se il debitore, pur usando la diligenza del buon padre di famiglia, questa cambia in ragione della natura
dell’obbligazione, se supera la sua capacità di controllo, non ne può essere responsabile e l’obbligazione si
estingue. Può essere totale o parziale, se c’è possibilità che il bene arrivi in ritardo, riguarda solo una parte
della prestazione. In questo caso, il corrispettivo sarà ridotto.
La cessione del credito (aericolo 1260 c.c. e seguenti): Il creditore cedente A cede il suo credito a
B; che diverrà il nuovo creditore; prendendo il nome di cessionario. Il cedente può trasferire il
credito al cessionario, tramite la vendita; ponendo così in essere un atto oneroso; il credito può
essere donato anche a titolo gratuito.
Per la cessione del credito sia a tiolo oneroso sia ha titolo gratuito, come già anticipato in precedenza,
devono essere presenti e concordi il cedente e il cessionario; non è richiesta la presenta del debitore ceduto
(giuridicamente irrilevante). Il consenso dell’uno e dell’altro fanno parte del consenso traslativo (articolo
1386 c.c.), i titoli di credito si trasferiscono per il consenso legittimamente manifestato dalle parti.
Ci sono dei crediti incedenti che possono essere raggruppati: (i) oggetto di denaro sono strettamente legati
alla persona del creditore, esempio i crediti alimentati, separazione fra coniugi. (ii) i crediti, regolati dagli
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articoli 161 e 162 c.c. ricordati come incedibilità legale e riguardano determinate categorie di professionisti
come giudici e cancellieri (per ragioni di imparzialità). (iii) crediti che le parti dicono che non possono essere
ceduti.
Fino al momento in cui il debitore non è a conoscenza della modificazione del soggetto attivo; il creditore
rimane il soggetto cedente. Se il cedente cede il proprio credito a più soggetti; ha valore quello che per rimo
lo comunica al debitore.
Il cedente nei confronti del cessionario consa garantisce? In questo caso sono due le alternative possibili:
(i) Garantisce che il credito esiste; nel diritto romano si diceva veritas nomini;
(ii) Garantisce che il debitore ceduto sia un buon debitore (che il credito sia pagato); nel diritto
romano si diceva bonitas nomini.
Normalmente il cedente garantisce esclusivamente la veritas nomini; in questo caso la cessione prende il
nome di pro-soluto. Questo implica il rischio che il creditore non pachi (il cessionario acquisterà il credito
ad un prezzo più basso). Si parla invece di credito a titolo satisfattorio, ne caso in cui il cedente non solo
garantisca la veritas nomini, ma anche la bonitas nomini.
Il factoring: Il factoring è un tipo di contratto che consente alle aziende di cedere a terzi i propri crediti,
ottenendo immediatamente o alla scadenza il loro valore nominale al netto dei costi di compravendita e
gestione. La società finanziaria acquirente viene detta factor. La cessione dei crediti può avvenire in due
modi differenti: (i) pro solvendo che lascia al cliente il rischio dell'eventuale insolvenza dei debiti ceduti; (ii)
pro soluto con cui il factor si assume il rischio di insolvenza dei debiti ceduti.
La delegazione attiva: non è disciplinata all’interno del Codice civile a differenza della delegazione
passiva. Il soggetto delegante, delega il suo credito al delegato; così da recarsi dal delegatario.
La surrogazione di pagamento: il terzo che paga il credito; quest’ultimo può essere surrogato dal
creditore originario. Con la surrogazione eil terzo acquisisce i diritti di presa del creditore. La
surrogazione nel caso del fideiussore costituisce una forma di garanzia; in questo caso, infatti, la
surrogazione avviene automaticamente senza la necessità della volontà.
L’accollo: il terzo, chiamato accollante; stipula un contratto con il debitore che prende il nome di
accollato. Il terzo si assume l’obbligo di eseguire la prestazione, che dovrebbe essere compita dal
debitore. Il creditore che prende il nome di accollatario non è presente all’interno del contratto;
nonostante ciò, egli deve dichiarare la propria adesione alla modificazione del rapporto originario; se
egli non aderisce allora la prestazione deve essere eseguita dal debitore originario. In altri termini il
rapporto tra accollante e accollato, è un contratto a favore dell’accollante; il vero beneficiario però è
colui che non è presente nel contratto, ovvero l’accollatario, a favore dell’accollante.
Il torrente differenzia l’accollo interno dall’accollo esterno. L’accollo interno è quello sopracitato, mentre
invece l’accollo esterno rigurda la fase di adesione del creditore.
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La delegazione passiva: A è creditore di B di 100£; ma A è anche debitore di C della medesima
cifra. Il codice predilige un unico pagamento; per questo motivo si compie una delegatio promittenti;
ovvero A delega B di pagare il suo debito di 100£ direttamente a C (B può decidere di non aderire).
La delegatio promittenti può essere:
(i) pura e astratta; quando nella delega non sono menzionati i due rapporti sottostanti ovvero
quello di provvista e di valuta.
(ii) casuale e materiale; quando al momento della delegazione A faccia riferimento espresso di
“quanto tu devi a me di titolo di mutuo è quanto io devo dare a C di locazione”; ovvero
specifico il legame fra i due rapporti.
Se i due rapporti sono viziati a titolo contrattuale, e io ne faccio menzione, allora tutta la procedura
sopracitata ne risente. Invece se io non esplico i due rapporti allora è irrilevante. Unica eccezione vale nella
concezione astratta, ove dove sono presenti vizi in entrambi allora sono considerati nulli.
L’espromissione (la più semplice): figura in qui il terzo, che prende il nome di esponente; prede
accordo con il creditore, per pagare il debito del debitore. Questa è un’iniziativa del terzo. Se vi è
accordo allora vi può essere la liberazione del debitore originario; oppure possono rimanere due
debitori (cumulativo). La differenza tra l’espromissione è l’adempimento del terzo, è la presenza o
meno della volontà.
LA GARANZIA
La garanzia patrimoniale articolo 2740 c.c.; questa è la garanzia generica che spetta sempre ad ogni
creditore. Tutti i creditori hanno un contenuto minimo che è il patrimonio del debitore, se il debitore non
adempie alle sue obbligazione, scatta il risarcimento del danno; se il debitore non adempie né al rapporto
originario né il nuovo rapporto allora scatta una responsabilità del debitore che consiste nel patrimonio ossia
il creditore con il decreto ingiuntivo aggredisco i beni li pignoro e li vendo all'asta. Il patrimonio è la
garanzia generica allora si guardano le garanzie specifiche.
Il creditore non si fida del suolo patrimonio del debitore; per questo motivo richiede una garanzia specifica.
La garanzia specifica può essere di due tipologie:
I. REALE: a favore del creditore vengono messi non tutti i beni del patrimonio del debitore, ma vengono
riservati solamente alcuni specifici beni. Vuol dire che quei beni che servono a soddisfare quel credito di
quel creditore; su quei beni è presente un vincolo reale, ovvero ovunque sti beni vadano il vincolo li segue.
Questi crediti dall’ordinamento sono tutelati e dotati di una prelazione (preferenza). Il creditore in questo
caso può essere:
Privilegio: lo ius prelazionis del creditore viene stabilito dal legislatore, nella sua discrezionalità
tecnica e politica (la legge stabilisce con discrezionalità). I privilegi sono tipici, di conseguenza le
parti non possono creare nuove e differenti forme di previlegio rispetto a quelle previste e regolate
dall’ordinamento. Il privilegio può essere:
(i) Generale: su tutti i beni mobili del debitore; privilegio generale mobiliare;
(ii) Speciale: rigurda singoli e specifici beni; sia mobili che immobili.
I crediti privilegiati sono collocati in una struttura gerarchica piramidale, articolo 2751 bis c.c. (bis =
modifica legislativa con il sisitema della nobilitazione).
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Pegno: ha per oggetto i beni mobili non registrati e i diritti di credito; ovvero la cessione dle credito
che viene trasferita con tutte le garanzie. Per la costituzione del pegno è necessaria la consegna del
bene; al creditore oppure a un terzo nominato custode. La consegna è il fenomeno di spossamento
del debitore sulla cosa che passa al creditore o al terzo custode; sui quali grava l’obbligo di custodire
il bene.
Il pegno costituisce un contratto reale che si perfeziona/completa, ne momento in cui il possesso del ben
viene trasferito ad ‘un altro soggetto. Il trasferimento del pegno non può essere compiuto sottoforma
verbale, ma deve avere la forma scritta; altrimenti la cosa interna, non ha efficacia nei confronti di terzi.
È uno dei pochi contratti che si perfezionano con la consegna, quanti sono: (i) pegno; (ii) mutuo; (iii)
comodato e; (iv) deposito. [questo perché il condice napoleonico aveva scelto di allontanarsi da modello
romano, ove tutti i contratti erano reali ovvero si concludevano in seguito alla traditio]. Ci stiamo riferendo al
consenso traslativo, ovvero il trasferimento di un titolo su cosa determinata e specifica basata sul consenso
legittimamente manifestato. La legge ha introdotto una forma di pegno che non richiede lo spossessamento
ovvero il pegno rotativo.
Il pegno rotativo: le parti dal momento della nascita del pegno si mettono d'accordo in base alla natura del
bene; di sostituire il bene originario con un altro bene (la garanzia rimane). Lo spossessamento rende
evidente la presenza di una garanzia pignoratizia, il creditore o il terzo non può disporre del bene, non può
essere tenuto in proprieta ma deve essere venduto.
Per i diritti di credito non vi è lo spossessamento ma bisogna rendere dotti i terzi della presenza di una
garanzia pignoratizia, anche in questo caso è necessaria una notifica inviata in forma scritta. Il credito è la
madre, le garanzie sono accessorio, ovvero sono valide in quanto la madre ossia il credito originario e
valido/esiste. Le garanzie sono accessorie al credito principale.
PEGNO IRREGOLARE (paragrafi del torrente): è irregolare perché vi è una somma di denaro ovvero una
cauzione che tutela il proprietario in seguito ad eventuali inadempimenti.
Ipoteca: è un diritto reale di garanzia che ha per oggetto beni immobili, mobili registrati o diritti reali
sui beni immobili. Tutte le forme di garnzia sono caratterizzate dall’accessorietà, che ricade anche
sulla specialità e l’indivisibilità.
L’ipoteca si costituisce solamente con l’iscrizione ipotecaria; ovvero quando vengono iscritti nel registro dei
beni immobili. In questo caso parliamo della pubblicità costitutiva, che rende conosciuto a tutti i terzi che su
quel bene vi è un’ipoteca; negli altri casi la pubblicità e dichiarativa.
L’ipoteca è l’unica forma per cui necessita la pubblicità costitutiva; la proprietà invece si acquista prima
della pubblicità dichiarativa, in quanto vi è la regola del principio traslativo (articolo 1376 c.c.).
La rinnovazione: l’ipoteca come i diritti reali di godimento si prescrive in 20 anni; se il creditore vuole
vedere portata la garanzia dell’ipoteca, il creditore deve porre in essere un’istanza di rinnovazione. Se il
creditore ipotecario viene ceduto, bisogna rendere edotto il cambiamento della titolarità del credito. Poi
abbiamo l’istanza di cancellazione in seguito all’estinzione.
I sottotipi di ipoteca:
(i) Legale: contratto di compravendita; a garanzia che queste obbligazioni siano garantite, viene
costituita un’ipoteca a favore del venditore (pagamento, rinuncia), Oppure una comunione viene
posta un’ipoteca sul bene della divisione;
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(ii) Giudiziale: vi è una lite in giudizio, il giudice su istanza della parte creditrice (in base alla
somma di denaro), dispone un’ipoteca giudiziale sui beni immobili del debitore per accrescere la
garanzia di soddisfacimento;
(iii) Volontaria (la più frequente): creditore e debitore, si mettono d’accordo che ha per iscritto
un’ipoteca su un determinato bene (esempio: finanziamento bancario o/e istituto di credito).
L’ipoteca nasce solo per iscrizione, per indicare dal punto di vista giuridico; questo fenomeno si utilizza il
termine in grado. Il grado è quello che premia il creditore ipotecario più risalente nel tempo. Se viene
espropriato, il credito dei due creditori viene diviso (salomonicamente) tra entrambi i creditori in maniera
proporzionale. Il grado non può essere modificato, vi può essere solamente il consenso.
I creditori non privilegiati hanno come unica forma di garanzia, la garanzia generale che comprende tutto il
patrimonio del debitore. Nessun creditore può farsi giustizia da solo, e tutti i creditori hanno il diritto di
aggredire il patrimonio del debitore inadempiente. In questi casi parliamo di ius distraenti (il diritto di
assoggettare la portata dei beni del patrimonio del debitore); solo alcuni hanno anche lo ius prelazionis
(ovvero la preferenza; perché sono privilegiati/pignoratizi/ipotecari, dunque devono essere soddisfatti
prima).
Il codice non permette il patto compromissorio; che viene considerato dall’ordinamento nullo; in questi casi
creditore e debitore eseguono immediatamente il trasferimento dei beni che equivalgono al debito del
debitore. Numerosi possono essere le motivazioni che conducono alla nullità, in questa specifica situazione
la nullità deriva dalla violazione del pricipio parcondicio creditorium, ovvero il pricipio di uguaglianza fra
tutti i creditori.
Articolo 2744 c.c. (Divieto del patto compromissorio): “è nullo il patto col quale si conviene che, in
mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la prorpietà della cosa ipotecata o data in pegno
passi al creditore. Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno”.
II. PERSONALE: garanzia che il debitore adempia alle sue obbligazioni ci può essere
l'impegno/obbligazione assunta da un terzo. Parliamo di fideiussione, il contratto di fideiussione viene
garantito non con un singolo bene, ma con il patrimonio della fideiussione (banca). La banca quando rilascia
fideiussione, ma se il debitore non paga il creditore va dal fideiussore che viene surrogato automaticamente
perché e un caso di surrogazione per volontà della legge (1203 c.c.).
I. AZIONE SURROGATORIA: regolato dall’articolo 2901 c.c. non bisognia confonderla con la
surrogazione (sono due cose distinte). Il debitore ha dei crediti verso terzi; i crediti del debitore fanno parte
del suo patrimonio
II. AZIONE REVOCATORIA: e differente dall'azione a difesa della proprietà di rivendicazione. Il crediotre
reagisce contro atti di disposizione che hanno diminuito la consistenza del patrimonio. Possono essere
oggetto gli atti di diposizione posti in essere prima della nascita del rapporto obbligatorio; ovvero non si è
ancora tecnicamente il debitore, ma pongo in essere un’attività dismissiva che fa apparire il mio patrimonio
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meno consistente; il creditore può far dichiarare nulli tali atti; prima dismetto il bene e in seguito mi assumo
il debito.
È una situazione molto difficile da provare sia par il creditore sia per il terzo. Il debitore ha venduto a un
terzo; il terzo rivende il bene ad un’altra persona, questo soggetto prende eil nome di sub acquirente.
L’azione revocatoria può essere posta in essere anche al sub acquirente, secondo le medesime condizioni
citate precedentemente. Il terzo e il terzo sub acquirente non sono protetti dall’ordinamento, perché non
pongono alcun sacrificio (probabilmente tramite donazione).
L’azione di inefficienza relativa: dichiarazione che rigurda solamente il soggetto creditore che ha proposto
dell’azione revocatoria, posso proporre tutte quelle misure di espropriazione forzata. La sentenza con cui
viene accolta l'azione revocatoria, è una sentenza costitutiva, perché costituisce un nuovo rapporto/situazione
giuridico. Per essere applicata deve passare il giudicato (ovvero non può essere più appellata) di solito passa
in giudicato dopo parecchi anni, in considerazione è stato aggiunto a titolo gratuito di eseguire la sentenza
senza il passaggio in giudizio.
IL CONTRATTO
Articolo 1321 c.c. (Nozione): “Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o
estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”.
Articolo 1372 c.c. (Efficacia del contratto): “Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere
sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge”.
Il negozio giuridico: può essere anche unilaterale, alla dichiarazione di volontà che può essere di una
sola parte (es: testamento e rinunzia). Il negozio giuridico può coprire anche u territorio non
patrimoniale.
Il contratto: vi è sempre il pricipio di libertà contrattuale; anche se vi sono dei limiti (in età
napoleonica la libertà contrattuale era molto più ampia, le parti sceglievano liberamente tutti gli
aspetti dell’accordo).
Articolo 1325 c.c. (I requisiti essenziali del contratto): “i requisiti del contratto: (i) l’accordo delle parti;
(ii) la causa; (iii) l’oggetto; (iv) la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità”.
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Poi vi sono gli elementi non essenziali, che prendo il nome di elementi accidentali; le parti bilaterali e
plurilaterali, nell’esercizio della loro libertà contrattuale decidono di inserire altro, oltre gli elementi
essenziali. Il codice ne ha tipizzati tre: (i) condizione; (ii) termine e; (iii) modo.
Articolo 1322 c.c. (Adesione di altre parti al contratto): “Se ad un contratto possono aderire altre parti e
non sono determinate le modalità dell'adesione, questa deve essere diretta all'organo che sia stato costituito
per l'attuazione del contratto o, in mancanza di esso, a tutti i contraenti originari”.
I soggetti sono godono di una propria libertà contrattuale; purché non oltrepassino i limiti fissati
dall’ordinamento. I contratti atipici non sono regolati all’interno dle Codice civile perché nuovi; come ad
esempio il factoring. Che cosa significa che non appartengono a tipi? I tipi di contratto sono quelli
disciplinati all’interno del Codice civile, e sono: (i) compravendita; (ii) la perdita; (iii) l'appalto; (iv) la
locazione; (v) somministrazione; (vi) il riporto.
Con la nascita dei contratti atipici, ci si è posti il problema di quali norma applicare; si decise di prendere in
esame le norme più simili, tramite un procedimento ermeneutico di tipo analogico ed estensivo.
Esempio: il contratto preliminare (linguaggio notarile compromesso) a effetti obbligatori perché obbliga le
parti a porre in essere un contratto successivo, quindi obbliga le parti a stipulare un successivo contratto.
LA PROPOSTA: normalmente e revocabile, la revoca deve avvenire prima che vi sia accettazione; vi sono
dei casi in cui la proposta è detta irrevocabile, ovvero il preponente esprime una volontà ferma e irrevocabile
per n giorni. Classico esempio è quello dell'opzione (che spesso viene confusa con la prelazione, sono due
cose differenti). La proposta irrevocabile è frequentissima nel settore immobiliare, fatta dalla parte del
compratore e del venditore, il venditore fa una proposta irrevocabile, questa proposta rimane irrevocabile
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fino a n giorni, il potenziale compratore basta che dica ok tramite una comunicazione scritta, da questo nasce
automaticamente un contratto, non sono necessarie ulteriori comunicazioni.
Il contratto in termini di conclusione in questo caso appena viene comunicato l'assenso ad una proposta
irrevocabile porta alla nascita del contratto. Proposta irrevocabile = proposta a fermo. Tale operazione non
deve essere conclusa con la prelazione.
LA PREALZIONE: in questo caso assume un significato differente; il venditore non sa ancora se venderà
l'immobile, il compratore dirà se tu me la vendi mi concedi una prelazione; ovvero se mai deciderò di
venderlo ti farò avere una preferenza (il soggetto si chiama pretermesso). Prelazione che nasce fra l'accordo
di due parti; prelazione che prende il nome di prelazione volontaria. Denuntatio come veniva chiamato in
epoca romana.
Se vendo l'immobile senza rispettare la prelazione, quali sono le conseguenze della violazione degli accordi
di prelazione? Il soggetto pretermesso può andare dal terzo acquirente? È una tutuela obbligatoria (ovvero
il risarcimento del danno) tutela reale? In questo caso è una tutela obbligatoria perché parliamo di
prelazione volontaria, vi sono una serie di casi in cui esiste la prelazione che invece è una prelazione di tipo
reale; questo perché la legge dice che a favore di questi soggetti, tutti sanno che nasce una tutela
obbligatoria. Quando la prelazione è fissata dalla legge, assicura al soggetto titolare di prelazione
l'ordinamento garantisce una tutela reale (es comunione ereditaria, non opera la solidarietà del bene e tenuta
a pagare i debiti del decuis pro quota, gli altri coeredi hanno un diritto di prelazione, in questo caso la tutela
permette ai coeredi di andare dal terzo e rivendicare il bene; prende il nome di retratto successorio).
L’OFFERTA AL PUBBLICO: proposta fatta al pubblico considerato nella sua totalità; da non confondere
con la promessa al pubblico (riferimento alle fonti delle obbligazioni). Fonte che deriva da promessa
unilaterale è un'obbligazione non un contratto; mentre invece l'offerta al pubblico è un contratto, sono
destinate ad una accettazione dell'altra parte.
LE TRATTATIVE: per i contratti più importanti si svolgono delle trattative. Le parte si studiano, si
interrogano, e in questa fase si scambiano delle lettere d’intendi. Sono chiamate le negoziazioni
precontrattuali. Durante le trattative le parti sono libere, non c’è ancora il contratto che ha forza di legge.
Fino al momento in cui proposta e accettazione si fondono le parti sono libere, ma devono comportarsi
secondo buonafede (giuridicamente rilevanti art 1336). Il venditore vuole vendere al prezzo più alto, il
compratore comprare al prezzo più alto; devono rispettare la buonafede. Due tipi di buonafede:
Il venditore deve mettere a disposizione del compratore tutti i documenti, i registri. In cosa consiste la
buonafede? Dare informazioni che la parte richiede, ma fino al momento finale sono libere. In questo tempo
si scambiano dei documenti per fare un calendario dell’attività negoziale, come le lettere d’intenti. Se il
comportamento è scorretto, la responsabilità è precontrattuale. È contrattuale (1218 c.c. e seguenti) o
extracontrattuale (2043 c.c. e seguenti)? Se una delle parti durante le trattative non si comporta secondo
correttezza, deve pagare il danno. Esiste differenze tra le due. Dunque, le parti anche se non hanno
raggiunto il contratto sono parti o terzi? La natura della responsabilità contrattuale è contrattuale, anche se
il contratto non c’è per cui tecnicamente è sbagliato parlare di parti. La giurisprudenza della corte di
cassazione riteneva che la responsabilità che nasce durante il periodo delle trattative, dovesse essere regolate
dalle norme dell’illecito extracontrattuale proprio perché non c’è il contratto.
Solo negli ultimi anni la corte ha cambiato giurisprudenza e ha fissato il principio per cui la responsabilità
delle trattative è contrattuale, bisogna dunque risarcire il danno. Di che danno si tratta? Per anni il danno è
stato interpretato come interesse negativo leso dalla condotta sleale non prova dell’altra parte. Si tratta di un
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interesse a non iniziare trattative che si sarebbero rilevate inutili, non sarebbe andato per avere un
approfondimento sui documenti ecc. Non coinvolgono tuttavia un altro lemma del danno, comprende anche
il mancato guadagno. Risarcire il tempo perso, ma non il lucro cessante. Negli ultimi anni si sta ripensando,
se ce stata condotta di malafede (provando dimostrando questo), può aver diritto ad entrambe. Non bisogna
limitarlo al solo interesse negativo, ma anche se avesse completato l’operazione contrattuale avrebbe potuto
avere occasione di guadagno. [gli articoli 1337-1338 riguardano le trattative].
Due sole norme disciplinano questo fenomeno: art. 1341-1342 c.c. Il contraente che propone il contratto
prepara il tetto contrattuale attraverso condizioni generali di contratto; ovvero clausole. Per ragioni
economiche, di celerità e di uguaglianza, non è un servizio ad personam. Questi contratti così conclusi sono
chiamati di adesione, ma anche di massa perché riguardano un gruppo indeterminato di soggetti. Sollevano
però problemi di giustizia contrattuale, non è possibile negoziare il singolo contratto e il soggetto deve
decidere se aderire o meno. Se in queste condizioni vi sono cose sbilanciate, poco oneste, l’altra parte non
può negoziare, sindacare. Si parla di asimmetria economica e informatica.
Il sistema introdotto dal codice per ovviare a questa situa di asimmetria: la parte deve essere richiamato sulle
clausole che sono più pregiudizievoli per lui. Il legislatore vuole che il soggetto che sta per sottoscrivere tale
contratto debba sapere che ci sono alcune clausole più insidiose di altre. Si parla di clausole vessatorie, in
grado di ledere la posizione giuridica della parte che non sceglie. La tutela consisteva nella distinta autonoma
sottoscrizione delle clausole. La parte che aderisce deve mettere due firme: una per il contratto, l’altra per
queste clausole. È stata questa la forma di tutela (della doppia firma).
Articolo 1314 c.c. (Condizioni generali di contratto): “Le condizioni generali di contratto predisposte da
uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi
le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza”.
I CONTRATTI CON I CONSUMATORI: il sistema italiano pretende la doppia firma per le clausole
vessatorie indicate nel secondo comma dell’articolo 1341c.c. sono assoggettabili ad un’interpretazione
estensiva, applicando la duplice firma anche per clausole non menzionate in questo secondo comma. Non
soddisfa l’esigenza di tutela dei consumatori. Nasce così in Europa l’esigenza di assicurare protezione al
consumatore, verso il quale vi è asimmetria informatica ed economia. Si scontrano a livello di Europa
comunitaria negli anni 90 due scuole di pensiero:
Tedesca: per tutelare il consumatore volevano attribuire un potere al giudice di possibili contenziosi
tra impresa grande e consumatore. In caso di causa, egli doveva avere il potere di intervenire sul
contratto e se in questo vi sono clausole vessatorie, intervenire con la massima decisione con una
dichiarazione giudiziale di nullità. Le clausole vengono dichiarate nulle.
Francese: non vogliono intervento del giudice, che interviene sempre ex post, dopo e un intervento
successivo. Quindi vi è sempre incertezza, bisogna risolvere prima i problemi ex ante. Quindi
stabilire ex ante quali sono le clausole ritenute vessatorie, fare un elenco e queste non potranno
essere inserite nel contratto e se vengono inserite vengono ritenute nulle.
Si arriva ad una direttiva in materia di contratto con i consumatori nel 1993. E un compromesso. Nei
contratti tra i consumatori e i professionisti, si stabiliscono clausole di due tipi:
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ne ha discusso, ha negoziato, è un processo negoziale contrattuale. Solo se il professionista riesce a
dimostrarlo allora la clausola non è considerata vessatoria.
Il codice di consumo: si tratta di una legge del 2005 in cui vi sono tutte le disposizioni normative che
riguardano il consumatore. La direttiva del 1993 era finita nel Codice civile all’articolo 1469 c.c. Decreto
legislativo nr 206. È consumatore la persona fisica che agisce per scopi all’attività imprenditoriale, Il
professionista è la persona fisica e giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale,
commerciale. Quando ce un consumatore si applicano le norme relative al consumatore, se un professionista
aderisce alle condizioni generali di contratto si applicano quelle del codice (art. 1341c.c.).
Art 33: "Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole
che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e
degli obblighi derivanti dal contratto." [lista grigia]
Art 36: “Sono nulle le clausole che, quantunque oggetto di trattativa, abbiano per oggetto o per effetto di:
a) escludere o limitare la responsabilità del professionista in caso di morte o danno alla persona del
consumatore, risultante da un fatto o da un'omissione del professionista; b) escludere o limitare le azioni del
consumatore nei confronti del professionista o di un'altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o
di adempimento inesatto da parte del professionista; c) prevedere l'adesione del consumatore come estesa a
clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto. (lista
nera). La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d'ufficio dal giudice. Il
venditore ha diritto di regresso nei confronti del fornitore per i danni che ha subito in conseguenza della
declaratoria di nullità delle clausole dichiarate abusive. È nulla ogni clausola contrattuale che, prevedendo
l'applicabilità al contratto di una legislazione di un Paese extracomunitario, abbia l'effetto di privare il
consumatore della protezione assicurata dal presente titolo, laddove il contratto presenti un collegamento
più stretto con il territorio di uno Stato membro dell'Unione europea”.
Responsabilità per danni causati da prodotto difettoso. Nuova fonte di danno è l’intelligenza artificiale. Il
produttore è responsabile dei danni recati dal difetto del prodotto considerato nella sua materialità.
IL CONTRATTO PRELIMINARE: contratto con forza di legge, che obbliga le parti a stipulare il contratto
definitivo. E un esempio di contratto ad effetto obbligatorio. Le parti decidono di obbligarsi infatti. Si ha
soprattutto in materia immobiliare, la proprietà si trasferisce solo con la conclusione del contratto definitivo
da quello preliminare nasce solo l’obbligo di concluderlo.
Può vincolare entrambe le parti o solo una, lo decidono i contraenti. Viene chiamato anche compromesso. Da
non confondersi con clausola compromissoria. Fanno un contratto preliminare soprattutto perché tutto
sarebbe pronto per un contratto definitivo ma il venditore ha bisogno di tempo per trovare liquidità. Oppure
il compratore vuole verificare che l’immobile che sta per acquistare sia apposto, che tutto sia stato fatto.
La forma preliminare del contratto: ha la sua autonomia ma ha vita accessoria rispetto al definitivo. Devono
avere la stessa forma. Se il definitivo ha forma scritta ab substantiam, allora anche preliminare lo avrà che sia
scrittura privata o pubblica. Non si può utilizzare in alcune figure contrattuali. Per esempio, in quello di
donazione, in cui per spirito di liberalità una parte donante arricchisce l’altra. Se si facesse sarebbe nullo. Per
i contratti reali invece per esempio è previsto.
È possibile il preliminare del preliminare? Nella partica immobiliare sì. È legittimo? Si, chi lo riteneva
illegittimo vedeva in questa partica un’ingiustificata compressione della libertà contrattuale, che ci fosse tale
rischio.
Se una delle parti non adempie all’obbligo di stipulare il contratto definitivo, vi è inadempimento e si applica
il risarcimento del danno (art. 1218 c.c.). Ma c’è anche un altro strumento che la legge prevede solo per
questo caso: sentenza che tenga luogo del contratto che il venditore oppure compratore non corretto non ha
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voluto concludere. È la più forte invasione del giudice terzo. Si parla di sentenza costitutiva che prende il
posto del contratto. È prevista nel sesto libro del Codice civile chiamato tutela dei diritti.
Articolo 2932 c.c. (Esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto): “Se colui che è
obbligato a concludere un contratto non adempie l'obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non
sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso”.
Nel 1997 ci fu tuttavia una modifica. Non si poteva trascrivere il preliminare, perché il codice non prevedeva
il preliminare tra gli atti sottoposti a prescrizione. Si aggiunse così un bis all’articolo con cui si dice che
possono essere trascritti anche i contratti preliminari.
Se il promittente compratore, soprattutto per immobili nuovi, se la società entra in uno stato di liquidazioni
(fallisce) e la casa che aveva promesso di comprare, viene travolta dai volumi dei debiti, per cercare di
proteggerlo: il costruttore di appartamenti è obbligato a dare delle fideiussioni.
I VIZZI DEL VOLERE: principio fondamentale; si tutuela il soggetto il cui volere e vizziato ma non si può
non tutelare anche colui che ha contratto con un soggetto il cui volere non si è adeguatamente formulato.
L'affidamento incolpevole. I vizzi del volere sono tre (sono per un certo verso tipizzati); il contratto può
essere annullato solamente in presenza di uno di questi tre vizzi:
Articolo 1429 c.c. (Errore essenziale): “l’errore è essenziale: (i) quando cade sulla natura o sull’oggetto
del contratto; (ii) quando cade sull’identità dell’oggetto della prestazione, ovvero sopra una qualità dello
stesso che secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze, deve ritenersi determinante del
consenso; (iii) quando cade sull’identità o sulle qualità della persona dell’altro contraente, sempre che
l’una o le altre siano state determinate dal consenso; (iv) quando trattandosi di errore di diritto, è stata la
ragione unica o principale dle contratto”.
Nell’articolo 5 del Codice penale, secondo cui il soggetto autore di un reato non può dire che non sapeva che
il fatto fosse considerato un reato. Come si concilia l’errore di diritto con articolo 5 c.p.? Nemo censitur
ignorare legi; ossia nessuno può dire che quel fatto non sapeva fosse un reato, per liberarsi da ogni
responsabilità. L’errore di diritto; è un problema di interpretazione da dare alla legge, non la conoscenza di
essa. Non è un errore sul diritto oggettivo, sulla norma ma sulla sua interpretazione.
L’errore deve essere riconoscibile; può essere oppure no riconosciuto dall’altra parte, in questo caso
parliamo del principio dell’affidamento incolpevole.
Per essere causa di annullamento del contratto deve essere determinante. Pratiche commerciali scorrette;
esaltare troppo il proprio prodotto e criticare quello dell’altro (non lo chiede). Se l’inganno è del terzo? No
non è causa di annullamento, a meno che il dolo del terzo sia conosciuto alla parte che ne abbia approfittato.
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Dolo incidente: c’è stato inganno, ma la parte che lo ha sofferto, quel contratto la parte lo voleva a tutti i
costi. Lo avrebbe chiuso in ogni caso. Cosa può chiedere? Un risarcimento del danno che copra il pregiudizio
subito. L’articolo 1440 del c.c. è collegato all’articolo 1337 c.c. (comportarsi secondo buona fede).
Paragone con il dolo; la violenza morale del terzo, la sua minaccia è causa di annullamento del contratto.
Perché il reato di estorsione e sanzionato penalmente in modo più severo di quello di truffa.
IL CONTRATTO ANNULLABILE: produce i suoi effetti, ma se c’è annullamento viene accolto dal tribunale
questi effetti tornano indietro. L’azione di annullamento è sottoposta ad una prescrizione. Il contratto nullo
invece non conosce limiti di prescrizione, la richiesta è imprescrittibile. Ma l’usucapione annulla
l’imprescrittibilità. La prescrizione è di cinque anni, decorre da quando i vizi della volontà vengono scoperti.
I cinque anni decorrono dal momento della scoperta. In questi cinque anni può succedere che la parte
convalida il contratto, c’era un vizio ma la parte tacitamente o espressamente pone in essere comportamenti
che indicano una non volontà di annullare il contratto.
La convalida: nel contratto nullo (cause più gravi, per esempio, quando non presenta i requisiti essenziali),
non ce convalida, perché il contratto nullo rappresenta una patologia più forte dei vizi della volontà.
[incapace = contratto annullabile.]
LA RAPPRESENTANZA
Soggetto rappresentante che pone in essere un’attività giuridica di cui lui non è il titolare, ma l’attività di
gestione è compiuta dal rappresentante. Per i soggetti incapaci di agire c’è un criterio di rappresentanza
legale, è la legge che li individua. Esiste anche la rappresentanza volontaria; la volontà che il soggetto
rappresentato attribuisce al rappresentante il potere di compiere attività giuridica. Vi sono due figure:
In entrambe le ipotesi è che il rappresentante B agisca, ponga in essere attività nell’interesse di A, non nei
suoi interessi. Nella rappresentanza diretta il rappresentante si presenta al terzo dicendo di essere
rappresentante di A, è come se A agisse spende cioè il nome di A.
In diritto romano si indicava come contemplatio domini; ossia contempla il titolare del diritto. Nella
rappresentanza diretta si esprime quando A dà a B la procura; A nomina B rappresentante, suo procuratore. B
esibisce al terzo C la procura che a suo favore p stata data da A. Dal punto di vista della fenomenologia
giuridica la procura è un negozio giuridico, perché ci vuole la volontà. È unilaterale, non c’è bisogno
dell’accettazione, B prende la procura. Se l’atto posto in essere dal rappresentante esige la forma scritta,
allora anche la procura avrà forma scritta. La procura riguarda cioè il lato esterno, serve a legittimare il
rappresentante, al terzo non interessa niente dal rapporto interno tra A e C. Rapporti tra rappresentato A e
rappresentante B possono essere vari: di lavoro, di mandato (art. 1702 c.c. e seguenti).
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DISITNZIONE TRA MADATO E PROCURA: la procura riguarda aspetto esterno, mentre il mandato
riguarda, le posizioni interne, il rapporto interno tra A e B. Può essere con rappresentante se c’è la procura se
non c’è allora mandato. Gli atti posti in essere dal mandatario rimangono nel patrimonio e possono essere
trasferiti ad A solo con un successivo atto.
Se il rappresentante pone in essere attività giuridica in conflitto di interessi con il rappresentato, bisogna
proteggere anche il terzo, poteva o no rendersi conto? Usando la diligenza del buon padre di famiglia? Il
terzo si tutela se nessuna colpa e individuabile nella sua condotta. È annullabile su istanza del rappresentato
se questo conflitto fosse conoscibile dal terzo, non potrebbe non rendersi conto; affidamento incolpevole. Se
C non poteva rendersi conto. Esempio: il contratto con sé stesso vale? È annullabile, costituisce esempio di
conflitto di interessi, ma vi è l’articolo 1395 c.c.
Articolo 1395 c.c. (Contratto con se stesso): “E' annullabile il contratto che il rappresentante conclude con
se stesso, in proprio o come rappresentante di un’altra parte, a meno che il rappresentato lo abbia
autorizzato specificatamente ovvero il contenuto del contratto sia determinato in modo da escludere la
possibilità di conflitto d'interessi. L'impugnazione può essere proposta soltanto dal rappresentato”.
Cosa succede se un soggetto si presenta di fronte a C e dice di essere rappresentante anche se non lo è? In
questo caso stiamo parlando del falsus procurator.
LA RAPPRESENTANZA SENZA POTERE: atto posto in essere dal falsusu procurator; il codice lo chiama
atto inefficace (abbandonare dicotomia di annullabilità e nullità). È considerato inefficacie (non è idoneo a
produrre effetti giuridici), anche se dotato di tutte le caratteristiche dell’atto legittimo; ameno che ci possa
essere che il falsamente rappresentato decida in tutta libertà e autonomia, di ratificare, annullando
l’inefficacia del rapporto. Nell’ipotesi in cui non avviene la rettifica, il falso rappresentato può richiedere il
risarcimento; è una forma di illecito, contratto e buona fede.
La gestione di affari altrui; è un fatto giuridicamente rilevante dalla quale derivano delle obbligazioni;
quali sono le obbligazioni a carico del gesto e a carico del dominus? A carico del gestore il codice prevede
che quest’ultimo si prenda cura della cosa (casa nell’esempio). Il dominus e tenuto a rifondere tutte le spese
sostenute dal gestore.
L’OGGETTO
L’oggetto del contratto è la prestazione che la parte è tenuta (contratti a prestazioni prestabilite) oppure si
guarda l’oggetto nella sua realtà (ad esempio gli immobili). Deve soddisfare tre caratteristiche:
Negli anni Ottanta novante, prese piede una forma particolare di fideiussione; ovvero la fideiussione
omnibus. Il fideiussore in questo caso si impegna a garantire al creditore non solamente la singola
obbligazione; ma tutte le obbligazioni future, per un determinato lasso di tempo, tra il creditore e il debitore.
Questa forma passo sotto l’esame della Corte di Cassazione e delle Sezioni Unite; che stabilirono indiscussa
la legittimità di questa forma (non è discussa perché rientra nell’ambito delle libertà contrattuali), purché sia
chiaro e indicato il valore complessivo che il fideiussore intenda garantire.
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Il terzo arbitratore: figura che compare nel momento in cui la determinazione del contratto risulta
eccessivamente complicata per le parti; che dunque decidono di affidare a un terzo la
determinazione/misurazione dell’oggetto. Esempio: la vendita di una società.
Articolo 1349 c.c. (Determinazione dell’oggetto): “Se la determinazione della prestazione dedotta in
contratto è deferita a un terzo e non risulta che le parti vollero rimettersi al suo mero arbitrio, il terzo deve
procedere con equo apprezzamento”.
Articolo 1470 c.c. (La vendita = contratto di compravendita): “la vendita è il contratto per oggetto il
trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto”.
La causa del contratto rigurda il gioco delle prestazioni. Funzione economica e sociale già regolata nel
codice che si identifica nel tipo; ovvero nella definizione di ogni singola tipologia contrattuale. La causa non
solo deve esistere nei suoi termini generali, ma deve esistere anche nei suoi termini concreti.
Articolo 1882 c.c. (Nozione di assicurazione): “L'assicurazione è il contratto col quale l'assicuratore,
verso pagamento di un premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso
prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla
vita umana”.
Accertamento della causa concreta; non si può completare una causa assicurativa se non vi è più il bene sulla
quale viene richiesto.
Cosa è la causa dei contratti atipici (non ex ante)? Devono essere destinati a realizzare interessi meritevoli
di tutela. Per i contratti atipici il controllo è ex post; ove si chiede al contratto atipico qualcosa di più del
contratto tipico (art. 1322, 2 comma c.c.).
I MOTVI: sono nel foro interno delle parti. La regola prevede “che i motivi non acquistano giuridica
rilevanza; salvo che si ha un motivo: (i) comune ad entrambe le parti; (ii) sia stata la ragione determinate
della volontà delle parti (non è sempre così; esempio la donazione rigurda una sola parte) e; (iii) se esso è
illegittimo”; l’importante è che sia rispettata la causa in concreto.
Vi sono dei NEGOZZI ASTRATTI; in questo caso la causa vi è ma non si vede; si parla dunque di
astrazione. L’astrazione può essere di due accezioni:
Sostanziale: vi sono dei negozi che prescindono dalla causa, anche se quest’ultima è presente
(esempio: diritto di credito, assegni bancari). La promessa di pagare è astratta e prescinde dalla
causa; perché non è richiesta la causa nei negozi astratti? Non viene menzionata perché si vuole
favorire la circolazione del titolo di credito. Se il titolo di credito riamane a carico del beneficiario
posso sollevare tutte le condizioni; se invece la cambiale ha girato io devo pagare.
Nella cessione del credito ordinaria, il debitore ceduto nei confronti del cessionario, può sollevare tutte le
eccezioni riguardanti il rapporto fondamentale. Il credito che circola (tramite la girata) nella cessione
ordinaria il credito circola con tutte le sue caratteristiche. L’unica possibilità, nel caso in cui ci siano più
girate e di riuscire a dimostrare che l’ultimo ha acquistato i titoli di credito con la consapevolezza del vizio.
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Processuale: non ha nulla a che fare con la causa; ma un meccanismo che rigurda il coretto
funzionamento dell’onere della prova. In questo caso vi è un’inversione dell’onere della prova, le
due figure a cui si applica sono la promessa di pagamento e la ricognizione di debito (rientrano nelle
promesse unilaterale; la cui volontà e solamente di una delle parti). L’ordinamento prevede che se vi
è la promessa di colui che si riconosce debitore; il soggetto (creditore) alla quale prometto il
pagamento, deve solamente esibire il documento.
L’ILLECITA DELLA CAUSA (art. 2043 c.c.) quando è contraria all’ordine pubblico a norme imperative e
al buon costume (la morale); spiegazione:
Le norme imperative: dal tenore della legge ci rediamo conto della sua inderogabilità; le parti non
possono creare pattuizione che vanno contro quello che la norma, indica Esempio atti di
disposizioni del proprio corpo (art. 5 c.c.).
Ordine pubblico: siamo difronte delle clausole generali, che possono aggiornarsi, perchè
costituiscono un ponte con la realtà. Si distingue ordine pubblico:
(i) Economico: le imprese fanno dei cartelli ovvero delle intese volte a restringere/minare la
concorrenza; stabilendo il valore dei premi assicurativi (in questi casi vi può essere
l’annullamento del contratto come conseguenza).
(ii) Politico: vendita del voto. La concorrenza elettorale deve rispettare le norme che ne
regolano la disciplina.
La causa è nulla quando il contratto non può produrre i suoi effetti; se vi è nullità gli effetti tornano indietro
(ciò che è stato versato deve tornare indietro); è una forma di restituzione dell’indebito. Questo non si
verifica per le obbligazioni naturale (art. 2034 c.c.); che nascono spontaneamente; in questo caso non si può
richiedere la ripetizione; l’unica conseguenza è la
Il buon costume: sempre nullo, ovvero chi ha ricevuto una prestazione è tenuto a restituire la
prestazione; in questo caso il Codice civile introduce una regola specifica; “se il negozio è immorale,
ma questa immoralità è stata commessa da entrambi; allora entrambi i soggetti non sono meritevoli
di tutuela”. Difronte ad un contratto bilateralmente immorale, dunque, l’ordinamento non prevede
alcuna tutuela/protezione, esplicativo è il brocardo: “in pari causa turpitudis est condicio
possidendis” (art. 2035 c.c.).
La causa può esserci all’inizio; la causa però quando il contratto nasce vi è ma non completamente; in questo
caso si parla di un difetto genetico parziale. Se fosse totale, vi sarebbe la nullità del contratto. Se c’è difetto
genetico parziale di causa, l’ordinamento mette a disposizione della parte è LA RESCISSIONE (distinta
dalla risoluzione) del contratto = fine del contratto.
Rescissione del contratto conclusione nel caso di pericolo; esempio del naufrago,
Contratto concluso per stato di bisognio per una delle parti: esso necessità di tre requisiti:
(i) requisito oggettivo, ci deve essere tra le due prestazioni una sproporzione che supera il
cinquanta percento (ultra dimidium);
(ii) stato di bisognio del soggetto che ha venduto meno della metà;
(iii) requisito soggettivo, ovvero devo dimostrare che l’atra parte fosse a conoscenza di questa
situazione di asimmetria (ovvero l’intenzione).
L’azione di rescissione è posta ad un termine di un anno. L’altra parte per evitare la rescissione ha la
possibilità di ricondurre il contratto all’equità; il contratto rescindibile può essere convalidato? Sì.
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LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO
La risoluzione non rigurda la genesi del contratto ma la vita, l’esecuzione del contratto. Tre sono le figure di
risoluzione del contratto:
PER INADEMPIMENTO: una delle parti è inadempiente; ma hai fini della risoluzione del
contratto, l’inadempimento non deve essere stato di scarsa importanza ha avuto riguardo all’interesse
dell’altra parte.
B è inadempiente; A può fare due cose; vuole a tutti i consti l’adempimento della prestazione; prende il
nome dio azione di manutenzione. Dichiaro la risoluzione del contratto, se io scelgo la risoluzione del
contratto, non si può tornare indietro e richiedere l’adempimento del contratto. Se A richiede l’adempimento
del contratto possono richiedere la risoluzione. La scelta di richiedere la risoluzione del contratto è molto più
importante.
Vi sono dei casi di risoluzione dle contratto sui quali si dice “la risoluzione del contratto opera
automaticamente/di diritto”. Questi casi sono tre:
(i) La diffida a adempiere (negozio giuridico): B è inadempiente; ma A ha poco tempo per agire;
dato un tempo di adempimento. Se B non adempi entro questi termini il contratto si ritiene
risolto.
(ii) Automatica, clausola risolutiva espressa: è la clausola chiamata risolutiva espresso; le parti
hanno già stabilito l’adempimento dle contratto; se non viene rispettato allora il contratto di
ritiene risolto. Le parti devono esprimere chiaramente/indicare specificatamente le clausole la
cui violazione determina la risoluzione dle contratto.
(iii) Scadenza del temine essenziale: le parti nel regolamento contrattuale, hanno previsto dei termini
per l’adempimento delle loro obbligazioni, che devono essere considerati a tutti gli effetti di
legge come essenziali. Anche in questo caso il contratto si ritiene risolto automaticamente.
Tre figure ricollegate alla risoluzione dell’inadempimento; sono figure di autotutela contrattuale; queste tre
figure sono:
Articolo 1460 c.c. (Eccezione d’inadempimento): “Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei
contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere
contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti
o risultino dalla natura del contratto”.
Articolo 1461 c.c. (Mutamento delle condizioni patrimoniali dei contratti): “Ciascun contraente può
sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono
divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata
idonea garanzia”.
Tuttavia, non può rifiutare l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona
fede.
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IMPOSSIBILITA SOPRAVVENTUA (art. 1218 c.c.): se l’impossibilità totale li contratto si risolve.
Se invece è parziale, una parte del contratto è ancora … bisogna vedere se l’altra parte vuole
l’adempimento parziale della prestazione.
Pricipio del consenso traslativo (1376 c.c.) (domanda d’esame): con il semplice consenso si trasferisce la
proprietà o altro diritto reale di un bene determinato, non generico. Se la prestazione diventa impossibile in
modo sopravvenuto, nei contratti che hanno già avuto l’effetto traslativo, non esime dalla prestazione, perché
la prorpietà è gia dle soggetto (res pertit domino).
Come nella rescissione la parte contro la quale viene proposta la risoluzione per eccessiva onerosità ha la
facoltà di ricondurre il contratto ad equità.
LA PRESUPOSIZIONE: è un qualcosa elaborato dalla dottrina tedesca di fine XVII secolo; che ne parlava
come condizione implicita del contratto. La condizione è un avvenimento futuro e incerto dal cui verificarsi
dipende la produzione degli effetti giuridici oppure il venir meno degli effetti giuridici già verificati.
Condizione che viene chiamata sospensiva, con la conseguente restituzione degli effetti.
Perché il contratto deve essere interpretato? Vi sono delle espressioni utilizzate delle parti che non sono
chiare. Dall’ articolo 1362 al 1371 c.c. regolano l’interpretazione soggettiva e oggettiva del contratto; è
rigurdano il tenore letterario.
Articolo 1362 c.c. (Intenzione dei contraenti): “Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia
stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole”.
Articolo 1370 c.c. (Interpretazione contro l'autore della clausola): “Le clausole inserite nelle condizioni
generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s'interpretano, nel dubbio, a
favore dell'altro”.
Regolata dagli articoli 1414 - 1417 c.c. Simulare significa fingere; ossia creare una realtà apparente, che
collida con quale interesse tutelare. Può avere scopi sia leciti che illeciti. Tale simulazione può essere:
ASSOLUTA: in questo caso l’acquirente e il falso alienante non vogliono la produzione di alcun
effetto; la finzione è completa e totale.
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Come già detto non produce alcuna tipologia di effetto; in questo le azioni di nullità sono imprescrittibili. In
questo caso stiamo parlando di azioni dichiarative e non costitutive.
RELATIVA: le parti vogliono qualcosa, ossia che si producano gli effetti di un altro negozio,
nascosto rispetto a quello indicato. Esempio: le parti indicano un compenso molto inferiore rispetto a
quello realmente versato (se si indica un prezzo basso si pagano meno immissioni fiscali).
Stiamo parlando di un negozio dissimulato; il negozio nascosto può produrre i suoi effetti purché abbia i
requisiti di sostanza e di forma del negozio che si vuole la produzione degli effetti. Esempio: quando le parti
simulano una donazione ma vogliono concludere una vendita o viceversa; in questo caso le parti si devono
recare dal notaio tramite atto pubblico, e vi deve essere la presenza di due testimoni (per il principio di
libertà).
Il problema della simulazione; ovvero creare questa apparenza di diritto rispetto alla realtà del diritto sta
sostanzialmente nell’ accordo che simulato alienante e simulato acquirente si scambiano; questo accordo
prende il nome di CONTRODICHIARAZIONE. Viene fatto l’atto con il quale si vende e trasferisce il dirtto,
che ha la sembianza di un vero accordo; le parti pero dietro a tale accordo raggiungono un accordo
simulatorio.
In tal modo il simulato acquirente riconosce e dichiara a tutti gli effetti che questa prorpietà mi è stata
trasferita in via simulata e apparente. L’accordo simulatorio non va nei pubblici registri ma rimane inter-
partes; costituisce una prova.
GLI EFFETTI DELLA SIMULAZIONE SU TERZI: che effetti ha la simulazione nei confronti dei terzi (in
particolar modo per i creditori)? La simulazione tra le parti lascia fuori i terzi allora l’accordo rientra nella
fisiologia dle rapporto. Naturalmente si complica se si guardano i terzi, che sono all’oscuro della
controdichiarazione. Il terzo entra nel rapporto e guarda il simulato acquirente; egli però è acquirente del
diritto, non simulato; il simulato acquirente vende.
Come acquista il terzo? Il terzo acquista bene, perché l’accordo simulato essendo non conoscibile allora il
terzo acquista in buona fede (la buona fede si presume sempre).
I creditori del simulato alienate hanno tutto l’interesse a far accettare a far accertare la simulazione; i
creditori del simulato acquirente hanno invece un interesse specularmente opposto. Vi è un conflitto tra
creditori del simulato alienante e creditore del simulato acquirente.
I creditore che si affrontano apertamente, sono colore che non sono assistiti da una causa legittima di
prelazione; che prendono il nome di creditori chirografari.
Se vi fossero dei creditori assistiti da causa legittima di prelazione; ovvero creditori privilegiati. In
questo caso se sul bene oggetto del trasferimento apparente si è formata una garanzia reale; vincono.
Fra i creditori del dissimulato acquirente e i creditori del dissimulato alienato, vincono i creditori del
dissimulato alienato, però alla condizione che il loro credito sia nato prima dell’atto di dissimulazione.
Vicino alla simulazione vi è IL NEGOZIO FIDUCIARIO: che entra nella genus del negozio indiretto.
Nasce in diritto romano, con due figure:
(i) fiducia cum amcio: il fiduciante trasferisce dei beni al fiduciario; anche in questo caso stiamo
parlando di un patto interno, che prende il nome di patto fiduciario (basato sulla fides) traferisce
i beni ad un amico; che diventa il proprietario (indicandoli di non vendere i beni).
(ii) fiducia cum creditore: traferisce dei beni.
Il fiduciario vende quello che poteva vedere; cosa succede all’atto che aveva posto in essere dal fiduciario?
Il fiduciante avrà nei confronti del fiduciario, una tutuela obbligatoria, ovvero può richiedere il risarcimento
del danno (art. 1218 c.c. e danno 1223 c.c.).
Trust; è una figura simile alla fiducia ed è una figura tipica common law. In questo caso vi sono due
proprietari; A (colui che costituisce il trust) trasferisce dei beni a B (che è il proprietario), lui è il
proprietario; ma in diritto inglese vi sono due categorie di proprietà:
una di common law: B diventa proprietario secondo commons; ma la sua proprietà deve essere
gestita/conservata non per i suoi interessi ma gli interessi di C.
equity: in questo caso anche C è proprietario.
Da non confondere l’invalidità del contratto, con l’inefficacia ed efficacia del contratto. L’inefficacia o
efficacia riguarda l’idoneità del negozio del contratto a produrre i propri effetti. La validità o invalidità
invece, rigurda solamente un confronto tra il singolo contratto posto in essere dalle parti e lo schema
generale e astratto preso in considerazione dal legislatore.
Il negozio può essere valido ma inefficacie, perché la condizione il temine e il modo, che costituiscono gli
elementi accidentali del negozio. Le parti sono libere di inserire oppure no; se vengono inseriti però
diventano vincolanti.
NULLITA: quando il contratto è nullo. Regolato dall’articolo 1418 c.c., costituito da tre commi (il
prof analizza dall’ultimo al primo comma).
Articolo 1418 c.c. (Cause di nullità del contratto): “(i) il contratto è nullo quando è contrario a norme
imperative salvo, che la legge disponga diversamente. (ii) producono nullità del contratto la mancanza di
uno dei requisiti indicati dall’articolo 1325 c.c., l’illecita della causa l’illecita dei motivi nel caso indicato
dall’articolo 1346 c.c. (iii) il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge.”
Terzo comma: questo criterio di nullità è chiamato criterio testuale; ossia oltre all’ipotesi del primo e del
secondo comma, il contratto è nullo quando vi è una specifica norma di legge che parla di nullità. Prima
norma che viene menzionata nel codice è l’articolo 458 c.c., (materia successori); dichiara che i patti
successori sono nulli.
Secondo comma: si parla di nullità strutturali, perché incidono e rigurdano la struttura del negozio.
Primo comma: in questo caso si parla di nullità virtuale, questo tra le tre macro-ipotesi di nullità e quella più
impegnativa. In questo caso va stabilito caso per caso; perché non è una norma imperativa (dichiarata dalla
legge).
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ANNULLAMENTO: vizzi del volere e incapacità legale del soggetto (incapacità transitoria).
(i) Prescrizione: l’azione volta a dichiarare la nullità è imprescrittibile; l’azione volta a dichiarare
l’annullamento e prescrittibile, ovvero incontra una limitazione temporale di cinque anni che
decorrono dal momento in cui è scoperta la violenza.
L’azione volta a dichiarare la norma nulla è imprescrittibile; ma: (i) si può verificare a favore del soggetto a
qui è stato trasferito il diritto, in virtù di un titolo nullo, si può verificare l’usucapione (fenomeno di acquisti
del diritto reale); (ii) prescrizione dell’azione di ripetizione.
(ii) La sentenza: che accerta la nullità di un contratto è una sentenza dichiarativa; la sentenza che
giudica in materia di annullamento è costitutiva.
La nullità può essere fatta valere da chiunque (art. 1421 c.c.), ma può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
Perché? Siamo in presenza di un vizio molto forte.
Il negozio nullo non produce effetti; il negozio annullato produce i suoi, salvo poi essere rimossi dalla
sentenza di annullamento.
INESISTENZA (figura d’invalidità che non è invalidità): in questo caso, il soggetto non ha in mano
nulla. Esempio: il matrimonio tra persone dello stesso sesso era considerato inesistente, perché il
sesso dei coniugi era indispensabile.
LA FORMA A SUBSTANTIA deve necessariamente rivestire una forma, ossia quella scritta (atto pubblico e
scrittura privata); non sempre deve essere fatto per atto pubblico.
Articolo 1350 c.c. (Atti che devono farsi prescritto): “devono farsi per atto pubblico o per scrittura
privata, sotto pena di nullità: (i) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili … (vi sono altri
12 casi)”.
Articolo 1351 c.c. (Contratto preliminare): “il contratto preliminare è nullo, se non è fatto nella stessa
forma che la legge prescrive per il contratto definitivo”.
Forma ad PROVATIONEM TANTUM in alcuni casi il contratto non deve essere fatto prescritto, ma in
alcuni casi il contratto deve essere solamente provato prescritto (le parti lo devono provare prescritto).
Esempio: contratto di transazione, è il contratto con il quale le parti mediante reciproche concessioni
pongono fine ad una lite già instaurato oppure prevengono l’instaurazione di una lite.
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Deve essere provato per iscritto quando non vi è la prova scritta. L’altra parte in questo caso deve sperare
che vi sia una confessione o che sotto il vincolo di giuramento, confermi l’avvenuta transazione.
La regola generale che nel nostro ordinamento viga il pricipio della liberà di fondo, le parti possono adottare
una forma assolutamente liberà; ameno che non sia indicata la forma scritta nell’ articolo 1350 c.c. La forma
è stata riscoperta come strumento di protezione; si parla di forme di protezione. Esempio: contratti ad
investimento; devono avere una forma scritta perché il consumatore deve essere consapevole di tutti i rischi
in qui va incontro.
Articolo 1372 c.c. (Efficacia del contratto): “Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere
sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge”.
IL MUTUO DISSENZO: le parti nell’esercizio delle loro libertà contrattuali decidono di modificare o
annullare il contratto; sovranamente e liberamente hanno creato un contratto, e sovranamente e liberamente
estinguono il contratto. In entrambi i casi vi deve essere la volontà di entrambe le parti; mai e poi mai la
volontà di una sola delle parti e concesso estinguere il contratto.
A entrambe le parti il codice confermando assoluta validità al principio che il contratto ha forza di legge;
comunque pensa di attribuire ad una delle parti la possibilità di uscire dal contratto; tecnicamente prende il
nome di RECESSO.
Si rispetta la forza normativa del contratto, ma o lo stesso contratto o la legge riconoscono ed ammettono a
mio favore l’esistenza di un recesso; ossia la possibilità di uscire dal contratto; i due tipi di recesso si
distinguono per la fonte:
Recesso convenzionale (previsto dalle parti): al momento della nascita del contratto le parti
prevedono delle clausole di rescissione (ovvero vie d’uscita del contratto);
Articolo 1322 c.c. (Autonomia contrattuale): “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del
contratto nei limiti imposti dalla legge e delle norme corporative. Le parti possono anche concludere
contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare purché siano diretti a realizzare
interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.
Recesso legale (previsto dalla legge): in questo caso è la stessa legge che prevede delle clausole di
rescissione del contratto. In quali casi la legge prevede queste clausole automaticamente? All’interno
dei contratti di durata (quelli di lungo tempo); per questo motivo il condice automaticamente prevede
delle vie di uscita per le parti.
Esempio: il rapporto di lavoro subordinato, il lavoratore dopo qualche anno riceve l’offerta di un’altra società
etc. Il lavoratore può recedere in questo caso stiamo parlando di divisione, ovvero un recesso del rapporto di
lavoro (dimissioni). Anche il datore di lavoro può recedere, in questo caso parliamo di licenziamento; che
però deve essere giustificato.
Il recesso sia convenzionale che legale, impone alla parte recedente l’osservanza di particolari regole;
impone alla parte di dare una comunicazione preventiva della volontà di recedere dal contratto; in termini
specifici si chiama preavviso. Il preavviso è sintonico con i principi di buona fede.
Come una sorta di corrispettivo le parti prevedono il versamento di una somma di denaro o di cose fungibili.
La parte a cui favore viene prevista la possibilità di recesso è tenuta a versare una somma di denaro che
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assume valore di garanzia per l’altra parte, oppure si promette di versare una somma di denaro per il diritto
di recesso; questo tipo di versamento si chiama caparra penitenziale (vuol dire un diritto di pentimento).
Il recesso non è da confondere con la disdetta ovvero la comunicazione di volontà di una parte, la quale non
acconsente alla rinnovazione del contratto.
Esempio in materia di recesso: una casa automobilistica francese, aveva stabilito che il recesso avrebbe
dovuto essere comunicato 12 mesi prima, generalmente a tutti i concessionari. La Corte di Cassazione
dichiaro che per quanto conforme alla legge questo recesso così generalizzato finisce per essere un recesso
abusivo. In questo caso il recesso è considerato abusivo perché va a ledere il principio di buona fede [opera
di giustizia contrattuale].
L’articolo 1375 c.c. stabilisce che il contratto deve essere eseguito in buona fede impendendo alle parti
contrattuali di comportarsi in maniera onesta e leale. In pendenza della condizione; la condizione è un
elemento accidentale e futuro del contratto; ovvero non siamo sicure che la condizione si verificherà e
dunque le parti sono tenute a buona fede (ne abbiamo conferma nell’esecuzione del contratto).
Articolo 1376 c.c. (Contratto con effetti reali): “Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della
proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il
trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del
consenso delle parti legittimamente manifestato”.
LA VENDITA: sotto il profilo della conclusione del contratto è sempre consensuale; mai reale; basta il
consenso legittimamente manifestato. Sotto il profilo dell’oggetto la vendita è ad effetti reali (sia la prorpietà
che il credito).
Un altro contratto che produce effetti obbligatori è il contratto preliminare (anche per il mandato).
Articolo 1470 c.c. (Nozione): “La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà
di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo”.
Ci sono dei casi in cui la vendita non ha effetti reali ma effetti obbligatori; ovvero non si trasferisce la
proprieta ma l’obbligo a trasferire successivamente; questa vendita a effetti obbligatori si ha in una serie di
ipotesi:
la vendita di cose generiche; una volta che diviene determinato/specifico, inseguito alla misurazione;
la vendita di cose altrui; in questo caso si trasferisce l’obbligo a trasferire il bene che è di un altro
soggetto;
la vendita di cose future (ossia che non esistono ancora in rerum natura); si vende l’obbligo a
trasferire le cose quando le cose verranno a materiale esistenza;
vendita con riserva di proprietà; acquisto un bene con pagamento a rate; acquisto la proprietà al
pagamento dell’ultima rata.
Il contratto preliminare, non trasferisce la prorpietà ma un obbligo per una o entrambe le parti, ha stipulare il
contratto anche questo è un rapporto ad effetti obbligatori.
Le parti al momento del contratto prevedono un modo efficiente per LIQUIDARE ATIPACITAMENTE IL
DANNO. Le parti prevedono ex ante, determinano al moneto della conclusione del contratto, determinano
quale sia il danno che debba essere pagato dalla parte inadempiente. La parte che potrebbe essere
inadempiente e cosciente che esiste una penale; questo in termini di valutazione di condotta prevede una
maggior attenzione dalla parte che deve adempiere (questo non vale solo l’inadempimento ma anche la mora
del debitore/parte).
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Succede l’inadempimento; la parte adempiente cosa può fare? La parte chiede la penale ma
malguardatamente la penale che hanno previsto nel contratto si rivela troppo bassa rispetto all’ammontare
del danno subito. La parte in questo può non utilizzare la penale e fare una scelta autonoma, ovvero può
richiedere la risoluzione del contratto per inadempimento con il risarcimento del danno; di tutto il danno;
però la parte lo deve dimostrare (la penale forniva un “biglietto” automatico).
Se la parte richiede il pagamento della penale cosa può fare l’altra parte nei confronti di una penale che lui
ritiene troppo alta. La parte che è tenuta al pagamento della penale può chiedere al giudice una riduzione
della penale; in particolare la riduzione della penale può essere richiesta in due casi:
quando vi sia stato quale adempimento ovvero la prestazione è stata in parte eseguita;
la penale e troppo alta; il giudice, quindi, riduce equitativamente la penale (caso portato alle sezioni
unite nel 2005).
[caso portato alle sezioni unite vedeva il problema: il giudice in caso di una penale troppo alta può decidere
di ridurla equativamente nonostante il mancato intervento della parte? La Corte di Cassazione rispose sì;
dichiarando che il giudice deve fare giustizia contrattuale.]
La penale però non deve essere confusa con la caparra confirmatoria; in questo caso la parte versa una
somma di denaro per fornire la garanzia dell’esecuzione della prestazione.
Cosa succede se la parte che ha versato la caparra si rende inadempiente? La parte che ha versato la caparra
se è inadempiente perde la caparra Cosa succede se la parte che ha ricevuto la caparra si renda lei
inadempiente? La parte che è inadempiente e quella che ha ricevuto la caparra; dovrà restituire il doppio
della caparra ricevuta e versare una somma pari alla caparra.
Se la caparra non è satisfattiva, la parte può richiedere l’applicazione dei rimedi ordinari. Ossia richiedendo
la risoluzione del contratto, chiedendo l’accertamento di tutto il danno che ha subito, quando la parte ritenga
che il danno sia molto superiore rispetto al danno della caparra.
Della caparra che è stata versate, se ne richiede la risoluzione, deve essere restituita? La Corte di
Cassazione, dichiarò che la parte la può tenere, ma non è ancora sua, rimane a garzaia parziale di tutto il
risarcimento.
PROMESSA DEL FATTO DEL TERZO (art. 1981 c.c.): io, mi obbligo dei confronti di Leonetti; però io
prometto a Leonetti non il fatto mio, ma prometto il fatto del terzo; ossia dico a Leonetti che la società
Ongaro ti assumerà come responsabile dell’ufficio legale.
Che conseguenze ha la promessa del fatto del terzo? Sono responsabile se il terzo non compie l’azione che
ho promesso? Nel momento in cui il terzo non è conforme alla promessa che ho fatto; allora vado in contro
nei confronti di Leonetti un’indennità (no risarcimento).
CONTRATTO A FAVORE DI TERZO: le parti possono stipulare un contratto a favore del terzo? No, la
relatività degli effetti contrattuali, vincola esclusivamente le parti (in diritto romano si diceva: “res inter alios
acta, tertio neque nocet neque prodest”).
A e B possono prevede che C acquisti un diritto conseguentemente alla pattuizione tra A e B? Possono
prevedere la nascita di un diritto a favore del terzo, ma sempre spetta al terzo aderire (rif. l’accollo). Anche
in questo caso però è indispensabile il consenso del terzo (1411 – 1412 – 1413 c.c.).
Articolo 1380 c.c. (Conflitto tra più diritti personali di godimento): “Se, con successivi contratti, una
persona concede a diversi contraenti un diritto personale di godimento relativo alla stessa cosa, il
godimento spetta al contraente che per primo lo ha conseguito”.
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Che cosa succede sei un bene viene ceduto a B e a C, da parte di A?
Bene mobile: in questo caso la prorpietà l’ha acquista; chi fra B e C ha conseguito per primo il
possesso.
Bene immobile: esso esige la forma a subbstantiam e la pubblicità. Fra i due “vince” quelle che
assolve alla pubblicità dichiarativa per primo.
Questi casi non sono regolati dall’articolo 1380 c.c.: l’articolo regola quei casi non previsti specificatamente
all’interno del codice (es: prenotazione del campo da teniis). In questi casi la giurisprudenza prevede che la
proprietà si attribuita a colui che per primo consegue il godimento del bene.
L’ATTO
Le obbligazioni che derivano da atto sono sostanzialmente quelle obbligazioni che derivano sostanzialmente
da promesse unilaterali.
Articolo 1987 c.c. (Efficacia delle promesse): “La promessa unilaterale di una prestazione non produce
effetti obbligatori fuori dei casi ammessi dalla legge”.
LE PROMESSE UNILATERALI sono quelle promesse che constano della dichiarazione di volontà di una
sola parte; essa crea effetti obbligatori. Che effetti produce la promessa che proviene dalla volontà di un
singolo soggetto? Anche in questo caso siamo difronte a un fenomeno di tipicità.
Perché le promesse unilaterali sono a numero chiuso? L’ordinamento tutuela la parte singola che al di fuori
della logica bilaterale possa esporsi a obbligazioni che possono essere limitative della libertà contrattuale. Le
promesse unilaterali non fanno riferimento ad un vincolo obbligatorio preesistente; per questo motivo
l’ordinamento le guarda con sospetto. Le promesse unilaterali sono:
promessa di pagamento;
ricognizione di debito;
promessa al pubblico;
titoli di credito;
Le promesse unilaterali rigurdano un’obbligazione non esistente; mentre invece la promessa di pagamento e
la ricognizione di debito, rigurdano delle obbligazioni gia nate, inoltre producono l’inversione dell’onere
della prova.
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Articolo 1988 c.c. (Promessa di pagamento e ricognizione di debito):” La promessa di pagamento o la
ricognizione di un debito dispensa colui a favore del quale è fatta dall'onere di provare il rapporto
fondamentale”.
In questi casi il soggetto di riconosce debitore nei confronti del creditore e promette di pagare; quali sono gli
effetti che producono queste dichiarazioni di volontà? Normalmente, la parte adempiente deve provare il
contratto e l’inadempimento dell’altra parte. Qui invece, la parte che riceve la promessa di pagamento e la
ricognizione di debito, non deve provare ed allegare nulla, deve solo esibire la dichiarazione dell’autore e
della promessa della ricognizione di debito. Spetta a chi è l’autore della dichiarazione dimostrare qualcosa
che elimini la forza di ciò che è scritto nella promessa di pagamento e nella ricognizione di debito; ovvero si
inverte l’onere della prova.
La promessa di pagamento e la ricognizione di debito possono apparire in due modi (in materia di
delegazione):
pura e astratta: io prometto di pagare cento e basta; risulta astratto perché non vi è alcun documento
che descriva le motivazioni per qui paga questa somma di denaro.
causale e titolata: in questo caso invece viene spiegato la motivazione per qui nasce
un’obbligazione.
La differenza fra le due per quanto rigurda l’onere della prova; ovvero la presenza di uno o dell’altro. Rende
l’onere della prova più difficile nel caso di delegazione pura e astratta rispetto al caso della delegazione
casuale e titolata; perché viene identificato il titolo causale a cui l’autore della dichiarazione fa riferimento.
Se nella promessa di pagamento e nella ricognizione di debito; non solo viene indicato il titolo, ma si
indicano oltra al titolo anche tante altre cose che hanno a che fare di come è nato il debito di come mi sono
dichiarato di riconoscere e di pagare. Allora in questo caso la dichiarazione di pagamento e la ricognizione di
debito; assorge e viene considerata da parte dei nostri giudici come una sorta di confessione.
[La confessione è una prova legale, e dunque fa piena prova. Essa però non fa piena prova in tre casi: (i) resa
in sede stragiudiziale; (ii) quando si aggiungono delle confessioni che ne ridimensionano la portata, ovvero
la confessione qualificata; (iii) il debitore fa una confessione, ma vi sono più debitori. ]
La confessione rigurda fatti; mentre la promessa di pagamento e la ricognizione di debito non rigurdano fatti
ma diritti e rapporti obbligatori. Però viene attribuita a una promessa di pagamento e una ricognizione di
debito così ricca e articolata; un’efficacia molto simile a quella della confessione.
PROMESSA AL PUBBLICO: la promessa è sempre composta dalla dichiarazione di volontà di una singola
parte, che crea un’obbligazione nei confronti di più persone. Da nono confondersi con l’offerta al pubblico.
letteralità: la forza del titolo di credito sta nella carta; perché sono promesse di pagamento contenuti
in un documento (è tutto). Il titolo di credito acquista forza e rilevanza giuridica per quanto è scritto
nel documento (esempio: la cambiale).
autonomia: nel documento, non vi è traccia alcuna dle rapporto fondamentale per la quale pago. La
mia promessa cambiaria di pagare non è presente in alcun modo nel documento; il credito di chi ha
ricevuto un pagamento è autonomo rispetto alle sorti dle rapporto fondamentale.
astrattezza: essa non è propria di tutti i diritti di credito ma solamente di alcuni.
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Titoli di credito al portatore: si presenta al pagamento chi è portatore del documento di pagamento; sono
stati progressivamente aboliti perché si potevano nascondere le evasioni.
Titoli di credito nominativi: sono sottoposti a un regime di circolazione molto stringente, ovvero un
transfert.
IL FATTO
GESTIONE DI AFFARI ALTRUI: vi è il gestore che senza essere legittimato, ossia aver ricevuto un
mandato o una procura; questo gestore si trova a gestire, perché senza essere obbligato si prende cura di una
situazione. Quali sono le obbligazioni che nascono da questo fatto? Il soggetto non era obbligato, ma se
l’iniziativa che lui prende risulta utile, egli deve prestare la sua presenza fino in fondo (non può
abbandonare). L’obbligazione in questo a carico del dominus deve essere assoluta (totale).
Se il gestore non prosegue l’opera; si apre un’azione di responsabilità che viene valutata caso per caso.
LA RIPETIZIONE DELL’INDEBITO: si restituisce quanto non si aveva diritto di ricevere (2033 c.c.). si
mette in moto un circuito restitutorio; non solo nel caso di negozio nullo o annullabile.
La restituzione, ossia l’indebito oggettivo si ha anche nelle altre ipotesi di risoluzione e rescissione del
contratto (quelle prestazioni devono ritornare in dietro).
Articolo 2033 c.c. (Indebito oggettivo): “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere
ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto
era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda”.
ex latere creditoris: in questo caso il debitore sbaglia a pagare il creditore. questa ipotesi viene
disciplinata con l’applicazione dell’indebito oggettivo; il solvens in questo caso ha diritto alla
restituzione, a meno che il suo vero creditore dichiari di ratificare, (far proprio) il pagamento.
ex latere debitoris: il solvens paga, ma lui non aveva nessun debito nei confronti di A. Da non
confondersi con l’adempimento del terzo. Se fosse inadempimento del terzo non ci sarebbe
ripetizione, questo perché l’adempimento del terzo e derivante da un atto di autonomia.
La ripetizione e possibile solamente quando il pagamento è stato compiuto per errore; però il codice dice che
deve essere un errore scusabile; ovvero si deve la scusabilità dell’errore.
Articolo 2034 c.c. (Obbligazioni naturali): “Non è ammessa la ripetizione di quanto è stato
spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita
da un incapace. I doveri indicati dal comma precedente, e ogni altro per cui la legge non accorda azione ma
esclude la ripetizione si ciò che è stato spontaneamente pagato non producendo altri effetti”.
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Questo fenomeno prende il nome di soluti ritentio. Negozio e contratto immorale: ovvero presenta una
deviazione dal buon costume; si restituisce tutto se però l’immoralità e di tutte e due le parti del contratto
(imparicausa di turpitudini).
L’azione di ingiustificato arricchimento è sussidiaria (art. 2042 c.c.), cioè non possono essere
utilizzate o esperite altre azioni o rimedi per proteggere la sfera giuridca del soggetto che deve essere
protetto; il soggetto in questione è quello che si è impoverito.
Il soggetto a qui favore viene riconosciuta l’azione di ingiustificato arricchimento ha un rimedio
monetario diverso dal risarcimento dle danno; è un’azione sussidiaria. Non ci può essere il
risarcimento del danno, ma vi è un indennizzo; la qui quantificazione spetta all’apprezzamento
equitativo del giudice (art. 1226 c.c.).
IL FATTO ILLECITO
Fatti illeciti che causano un danno vige nel diritto civile un principio completamente opposto a quello che è
presente nel diritto penale. Il principio che vive in materia di fatto illecito è il principio di atipicità
dell’illecito civile (art. 2043 c.c., traduzione di una norma del condice napoleonico che è ancora in vita);
invece nel diritto penale l’illecito è rigorosamente tipico (art. 25 Cost.).
Il sistema di diritto civile si muove secondo ottiche diverse, l’ordinamento deve essere pronto con questa
clausola generale a dire situazioni nuove. Qual è la funzione della responsabilità civile? La funzione della
responsabilità da fatto illecito è una funzione riparatoria; tramite il risarcimento, ossia tramite
un’equivalente monetario, deve rimettere il danneggiato nella redazione, nella stessa situazione in cui si
trovava prima del fatto.
La responsabilità civile oggi; a parte alcune eccezioni; non ha alcuna funzione sanzionatoria contro l’autore
del danno; a differenza di quella penale che invece ha una funzione sanzionatoria (si focalizza su coli che ha
commesso il danno). La responsabilità civile da fatto illecito sta diventando sempre di più una responsabilità
assicurata.
L’obbligazione che nasce dal fatto illecito è l’obbligazione risarcitoria (come nel contratto). Ma se in
entrambe le situazioni scatta l’obbligazione di risarcire il danno?
ELEMENTI COSTITUITVI DELL’ARTICOLO 2043 c.c.: sono sei elementi e sono indispensabili (devono
essere presenti tutti):
I. Il fatto: può essere attivo (azione) o negativo (omissione). L’omissione deve essere contraria
alla legge (ex ante).
II. L’imputabilità (articolo 85 c.p.): ovvero quello soggetto deve essere imputabile. Colui che ha
commesso il fatto in quel momento deve essere in grado d’intendere e di volere (la capacità d’agire è
richiesta solo nei rapporti contrattuali), non è imputabile.
Esempio: il minore; in questi casi l’imputabilità ricade sui genitori; nonostante ciò, un soggetto
minorenne può essere imputabile, perché in quel momento è in grado d’intendere e di volere.
III. Colpa o dolo: costituiscono l’elemento soggettivo dell’illecito. Dolo; inteso come
volontà/intenzione di creare un danno (difficilissimo da provare). Ci sono degli illeciti che
sono necessariamente dolosi (non basta la colpa); esempio in materia di proprietà (art. 833
c.c.) Per colpa (disciplinato del condice penale) si intende negligenza, imprudenze,
imperizia e violazione di legge, ordine e regolamenti (colpa soggettiva e colpa oggettiva).
(i) Imprudenza: il contrario della diligenza (ovvero del buon padre di famiglia);
(ii) Imperizia: rigurda soprattutto le carriere professionali;
(iii) Negligenza: mancanza d’attenzione.
Che ci sia colpa o che ci sia dolo, non si modifica il risultato finale, il risarcimento del danno permette il
risarcimento del danno sovverto.
IV. Illecita: sta per ingiustizia riferita al fatto e non al danno. Essa significa due cose:
(i) Ci deve essere il contra ius: ovvero deve ledere una situazione giuridica meritevole di tutuela da
parte dell’ordinamento. Fino la 1971 si diceva che solamente la lesione di un diritto soggettivo
assoluto fosse meritevole di tutuela.
Cosa succede quando viene leso il diritto soggettivo relativo (di credito), scatta o no il 2043 c.c.? a partire
dal 1971 anche i diritti soggettivi relativi possono essere risarciti; si applica dunque il 2043 (caso Merone). Il
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contra ius non si ferma al diritto di credito, ma va avanti, la cassazione riconobbe anche gli interessi
legittimi; si risarciscono anche gli interessi di fatto (possesso).
(ii) Ci deve essere non iure: perché ci sia illecita, bisognia che non siano presenti le clausole di
esclusione dell’antigiuridicità (legittima difesa, esercizio del diritto, accettazione del rischio,
stato di necessità). Si chiamano cause di giustificazione, poiché escludono l’antigiuridicità, sono
atipiche.
V. Il nesso di casualità: è ancora più evidente quando tra danneggiato e danneggiante non vi è un
rapporto obbligatorio persistente ovvero sono terzi; ci sono due nessi di casualità :
(i) Nesso di casualità materiale (danno evento): il legame che deve esistere tra l’azione umana /il
fatto umano ed evento di danno. C’è o non c’è responsabilità? Se vi è questo nesso di casualità
materiale, vi è responsabilità; ma quanto è il risarcimento? Viene rispero l’articolo 1223 c.c.,
anche per il fatto illecito. [rigurda la responsabilità]
(ii) Nesso di casualità giuridica (danno conseguenza): risarcisco perdita e guadagno se conseguenza
diretta e immediata. Il danno deve provocare delle conseguenze. [rigurda la determinazione del
danno]
La casualità incerta: non so effettivamente quale sia la causa che ha determinato quell’accadimento; per il
diritto non vi è più bisognio della certezza assoluta. In materia di responsabilità civile e da fatto illecito il
diritto privato si accontenta di un nesso di casualità differente da quello penale; ovvero un nesso di casualità
basato sulla probabilità. Per il diritto provato basta che il nesso di casualità sia caratterizzato da un certo
grado di più probabile che no.
Ci possono essere numerose cause che determinato il danno; quando ci sono più cause si prede la cause più
adeguata ossia quella maggiormente realistica. Cosa succede quando il fatto illecito è stato posto in essere da
più soggetto? Il soggetto danneggiato può andare indifferentemente da uno dei tre e chiedere tutto il
risarcimento (art. 2055 c.c.). Le quote all’interno del rapporto possono essere differente in base al danno.
VI. Il danno: non è definito nel codice; possiamo definirlo come un qualcosa che modifica
negativamente il complesso del patrimonio del soggetto offeso; si applica la teoria della differenza. Il
danno deve essere certo; il codice apre a figure di danno che non hanno la caratteristica di certezza;
esempio: il danno da perdita di chances.
Il risarcimento del danno è per equivalente monetario (art. 2057 - 2058 c.c.); quando c’è un danno alla
persona grave il giudice può risarcire il danno tramite la rendita vitalizia. La rendita vitalizia è un contratto
ove il danneggiato riceve una somma di denaro mensilmente oppure annualmente (norma trascurata per
settant’anni; sentenza ottobre 2022 la riconosce pienamente).
Articolo 2057 c.c. (Danni permanenti): “Quando il danno alle persone ha carattere permanente la
liquidazione può essere fatta dal giudice, tenuto conto delle condizioni delle parti e della natura del danno,
sotto forma di una rendita vitalizia”.
Un’altra forma di tutuela e il risarcimento in forma specifica; ossia rimetto integramente il tuo patrimonio
come era anteriormente; questo non è concesso quando è eccessivamente onerosa. Il risarcimento del danno
deve avere carattere/funzione riparatoria; deve rimettere il danneggiato nella stessa curva d’indifferenza, non
ci può essere un vantaggio ulteriore del danneggiato rispetto al danno da lui subito.
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sempre lo stesso; però la condotta dal danneggiante può assumere rilevanza in qualche modo? Da
circa 20 anni si parla in Itali di danni puniti.
I danni punitivi superano il livello di danno sofferto dal danneggiato; essi non costituiscono tanto una
riparazione del danno ma una sanzione per la condotta del danneggiante. In Italia non sono ammessi, sono
derivanti da oltre oceano. La Corte di Cassazione dichiaro con una sentenza dle 2017: sono riconoscibili le
sentenze di danni punitive se vi è una previsione legislativa specifica e certa (ci stiamo riferendo a casi di
diritto internazionale privato).
compensatio lucri cum danno: il danno e cento e io devo risarcire cento; però io non prendo solo
cento dal danneggiante, perché lo stato mi riconosce un’invalidità. Posso godere dei benefici in virtù
di un altro rapporto anche se il danno è gia stato “riparato” dal terzo?
Il risarcimento vuole ripagare il danno integralmente; se io porto a casa una somma maggiore, io ho un
ingiustificato arricchimento dal danno. In questo caso deve essere adoperato il defalco; offerto una
sottrazione di quello che è il risarcimento di somme che ha me spettano in virtù di altri rapporti. Argomento
molto discusso, la Corte di Cassazione (deposita di quattro sentenze) fornisce una regola generale per cui:
bisognia detrarre dal risarcimento avuto i benefici che la persona danneggiata possa ricedere da un’altra
fonte. Perché se fosse possibile avvantaggiarsi dei benefici di altra fonte si determinerebbe una ferita
all’integrale riparazione del danno.
Ci sono però dei casi in cui il defalco non è previsto; la Corte di Cassazione ne spiega le ragioni, cercando di
capire, se i benefici risarcitori altri hanno un’altra natura rispetto al risarcimento allora possono stare
(esempio: la pensione di reversibilità non ha natura risarcitoria).
Articolo 2059 c.c. (Danno non patrimoniale): “il danno non patrimoniale è risarcibile solo nei casi
determinati dalla legge e nei casi in cui sia cagionato da un evento di danno consistente nella lesione di
specifici diritti inviolabili della persona”.
Il danno alla persona per anni veniva riconosciuto solamente quando costituiva anche rato (art. 185 c.p.). il
danno patrimoniale viene chiamato danno morale (antica Roma, veniva chiamato prezzo del dolore). La
Corte di Cassazione dice: il dolore momentaneo, interinale; il perturbamento dello stato d’animo della
vittima che però finisce.
L’articolo 2059 c.c. In seguito ad una sentenza della Corte di Cassazione deve essere interpretato tramite
un’interpretazione estensiva e costituzionalmente orientata. L’unica figura di danno non patrimoniale
prevista nel 1942 era il danno morale, però negli anni Settanta e Ottanta, si dichiara che oltre al danno morale
è riconosciuto il danno biologico.
Il danno biologico è un danno non patrimoniale che rigurda la lesione della integrità psicofisica (articolo 32
cost.); indipendente dalla capacità di produrre redito. In Italia vi sono quattro categorie di cittadini per la
quale non è facile determinare un redito: i minori; gli anziani; le casalinghe e i disoccupati. Come si
liquidava il danno? Riprendi esempio di Gennarino. Oggi giorno; se il danno è certo ma non può essere
provato nel suo specifico ammontare, il giudice arriva secondo la sulla valutazione equitativa.
Ciascuno deve essere risarcito nella lesione della salute indipendentemente dalla capacità di produrre reddito;
il corpo è uguale per tutti e deve essere valutata secondo criteri rispetto si dell’articolo 3 della Costituzione.
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Però ci sono casi ove si ricade in seguito nel danno patrimoniale; esempio: la gamba del calciatore o la mano
del chirurgo.
Il danno esistenziale: è il danno che rigurda la qualità della vita compromessa da un certo fatto illecito,
rigurda in modo particolare la lesione di un soggetto danneggiato. Il soggetto danneggiato non riesce a fare
più le cose che faceva prima; non rigurda il redito ma il fatto che il leso non sia più in grado di fare certe
attività. Non è un danno biologico perché si parla di non poterlo fare.
Il danno esistenziale viene poi accolto oggi giorno dalla Corte di Cassazione come un danno che in qualche
modo lede la capacità relazionale del soggetto. Non si parla più di danno esistenziale ma di danno biologico,
ma deve aver provocato tali e tante conseguenze straordinarie sulla qualità della vita, oltre cioè alle
conseguenze normali.
Come si liquida un danno esistenziale? Si va all’apprezzamento equitativo del giudice, questa è una
patologia del sistema (perché non si può avere una valutazione differente in base al tribunale in cui viene
discussa la controversia). I giudici si mettono ad elaborare distretto per distretto, dei criteri prestabiliti ex
ante; si parla di tabelle giudiziali, ove vengono presi in considerazione diversi fattori (età del soggetto e il
grado d’invalidità: permanete o temporaneo). Tabelle che voglio raggiungere due obiettivi, ossia: (i)
uniformità; e (ii) uguaglianza.
Le tabelle di Milano sono state largamente utilizzate in tutta Italia raggiungendo una diffusione dle 75%
degli uffici giudiziali. Ad un certo punto però la Corte di Cassazione che prima amava le tabelle di Milano;
ha iniziato a criticarle e a favorire la diffusione delle tabelle di Roma (ora vi è una lotta tra Milano e Roma).
Quando il danno non rigurda tanto il soggetto primariamente offeso, ma rigurda soggetti offesi
secondariamente; ovvero i famigliari della persona offesa. Questa figura di danno si chiama danno da
relazione parentale e costituisce un danno indiretto.
Milano in questo causo sbaglia perché fissa una forchetta fra un minimo e un massimo; la Corte di
Cassazione boccia Milano, dicendo che è una forchetta troppo discrezionale, bisogna dare più criteri.
LA RESPONSABILITA OGGETTIVA: in alcune norme del Codice civile vi sono delle norme sulla
responsabilità oggettiva. È una responsabilità non basata sulla colpa; il danneggiato non deve provare la
colpa del danneggiante. Ci sono vari criteri su cui basarsi la responsabilità:
Articolo 2049 c.c. (Responsabilità dei padroni e dei committenti): “i padroni e i committenti sono
responsabili per i danni arrecati dal fatto illecito commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono
adibiti”.
Il datore di lavoro, l’impresa, sono responsabili del fatto illecito commesso dal proprio lavoratore; ovvero
sono oggettivamente responsabili; non vi è la colpa (elemento soggettivo). Dove sta la colpa del datore di
lavoro? In questo caso la colpa sta nel fatto di aver scelto/selezionato una persona che ha commesso un fatto
illecito oppure non lo avrebbe controllato.
Il fatto illecito però deve essere posto in essere nell’esercizio delle incombenze del preposto. Quello che la
giurisprudenza di cassazione riporta chiama il nesso di casualità necessaria. Se il lavoratore subordinato
commette un fatto illecito quando non è in ambito lavorativo o relativo all’ambito lavorativo, il datore di
lavoro non è responsabile. Altri articoli riguardanti la responsabilità oggettiva, sono gli articolo 2053 – 2054
c.c.
Responsabilità del produttore per danni causati dal difetto del prodotto: il condice del consumo disciplina
questa ipotesi all’interno dell’articolo 114 del Codice del consumo: “il produttore è responsabile dei danni
causati da difetto del prodotto”. Un prodotto viene definito difettoso quando: “non offre la sicurezza che ci
si poteva legittimamente attendere dal prodotto stesso”. I difetti del prodotto possono essere:
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difetto di produzione o fabbricazione;
difetti di progettazione;
difetti di sviluppo (soprattutto i vaccini);
Queste regole; di derivazione comunitaria; stanno per essere modificate (invariate, più o meno, dal 1985), a
causa della modificazione del riferimento; esempio: l’intelligenza artificiale.
La responsabilità aggravata: si distaccano dalla responsabilità soggettiva, ovvero non sono più basate sulla
colpa; ma non sono ancora una responsabilità oggettiva. Cioè il danneggiante che deve rispondere dle
risarcimento può fare qualcosa, può dire qualcosa per cercare di escludere la responsabilità.
Ma si collegano a metà fra la responsabilità oggettiva e quella soggettiva perché il danneggiante non può dire
“giudice non sono incolpa”. Per escludere la sua responsabilità deve dimostrare di aver adottato tutte le
misure idonee; ossia una prova rigorosa. Si citano gli articoli 2050 – 2051- 2052 c.c.
Articolo 2050 c.c. (Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose): “Chiunque cagiona danno ad
altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto
al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.
Articolo 2051 c.c. (Danno cagionato da cosa ingiusta): “Ciascuno è responsabile del danno cagionato
dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Il caos che apre la stagione della responsabilità del produttore di un bene di consumo; è Donegan vs
Stevenson (lumache nella birra).
La responsabilità medica: legge n. 24 del febbraio del 2017 chiamata Gelli- Bianco; riguardanti la sicurezza
delle cure, e della responsabilità medica. Il professionista nell’adempimento delle obbligazioni è tenuto a
fornire la diligenza del buon padre di famiglia; in questo caso parliamo di un’obbligazione di mezzi e non di
risultato.
Perché l’Italia del 2017 ha deciso di approvare una legge (che affianca il codice) rigurdante solamente la
responsabilità medica? I medici e le strutture ospedaliere avevano sempre più paura di subire iniziative
giudiziarie dai pazienti. Questa condizione di paura porto alla nascita di un fenomeno che prese il nome di
medicina difensiva (può essere passiva o attiva); porto i medici a compiere un numero di esami spropositato
rispetto all’effettivo bisognio. Questo numero di esami ebbe un costo altissimo (migliaia di euro) per lo
Stato; inoltre, le compagnie assicurative scapparono dal mercato (per la responsabilità medica il rapporto è
unilaterale; a differenza della responsabilità automobilistica che invece è bilaterale).
I giudici nei confronti die pazienti che chiedono il risarcimento hanno reso più rigorosa la responsabilità
della struttura ospedaliera:
La legge Gelli- Bianco, non è una legge innovativa, dice tre cose:
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al danneggiato paziente la legge consiglia di agire contro la struttura sanitaria; se vuoi cominciare
una causa nei confronti dle medico devi passare per il 2043 c.c.
La legge dichiara che:” la struttura ospedaliera non può essere ritenuta responsabile nel momento in cui
rispetta le line guida e i protocolli sanitari”. Lo scopo della legge Gelli-Bianco era quello di rassicurare le
assicurazione, che erano in fuga; il loro obbiettivo però era quelle di concedere la paziente un azione diretta
ossia richiedere direttamente all’assicurazione il risarcimento dle danno (come per la responsabilità auto).
Assicurazione obbligatoria unilaterale; ovvero le impresi di assicurazione possono decidere di non
assumersi i rischi della responsabilità medica.
La responsabilità ambientale: si tutuela l’ambiente come bene della collettività. Solo lo Stato tramite il
ministero dell’ambiente può richiedere il risarcimento del danno ambientale.
[Europa: “chi inquina paga”. Si parla di risarcimento per equivalente; poi cambiò idea, perciò a carico
dell’inquinatore è tenuto ad effettuar le misure di riparazione primaria e secondaria, di bonifica e rispristino
dello stato del luogo. Nei casi in qui non è possibile si ritorna al risarcimento monetario.]
Articolo 1227 c.c. (Concorso del fatto colposo del creditore): “Se il fatto colposo del creditore ha
concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle
conseguenze che ne sono derivate.”
LA PRESCRIZIONE: normalmente è di cinque anni; per la circolazione di veicoli invece due. I termini di
prescrizione sono inderogabili, ossia di ordine pubblico. Da quando decorre la prescrizione (problema di
dies a quo)? Dobbiamo distinguere due tipologie di illeciti:
Istantaneo: il danno viene arrecato immediatamente; ma il danno subito si manifesta dopo un lungo
lasso di tempo; in questo caso parliamo di illeciti lungo latenti. La prescrizione dunque in questa
caso decorre dal momento che il soggetto ha avuto la percezione del danno subito.
Tale prescrizione deve essere oggettiva o soggettiva? La giurisprudenza dice soggettiva; ossia quando il
soggetto si rende conto del danno subito.
I CONTRATTI TIPICI
IL CONTRATTO DI COMPRAVENDITA
Il contratto di compravendita si conclude sempre con il consenso; pricipio del consenso traslativo; è sempre
ad effetti reali. In alcuni casi la vendita ha effetti obbligatori (sono quattro).
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Quali sono le obbligazioni a carico del compratore e quali a carico del venditore? Quelle a carico del
compratore sono il pagamento del bene. Per il venditore sono più articolate: (i) l’obbligo se è ad efficacia
obbligatoria; (ii) la consegna del bene rispettare. Le due principali obbligazioni sono:
Edizione: il bene che il venditore trasferisce al compratore deve essere privo di limitazioni imposte
da un terzo soggetto (ad eccezione che non siamo presenti nell’atto di compravendita); che limitano
il godimento del bene.
(i) Totale: in questo caso il diritto del terzo vince sul diritto del compratore; egli però a diritto ad
una restituzione del prezzo al risarcimento del danno e al rimborso delle spese sostenute.
(ii) Parziale: in questo caso il venditore è venuto meno al suo obbligo; ma per il compratore è
irrilevante perché ha interesse a mantenere il contratto in vita. Nonostante ciò il compratore
richiede una riduzione del prezzo secondo l’incidenza della lesione del terzo che a compromesso
il godimento del bene.
Vizio: sono situazione che rendono il bene (soprattutto mobili) inidoneo oppure che ne riducono
sensibilmente il valore; in questo caso parliamo di vizi redibitori. In questo caso la disciplina
prevista dal codice è molto severa; infatti, i vizi di un bene devono essere denunziati entro otto giorni
dalla conclusione del contratto (a meno che non siano vizzi occulti). La decadenza in questo caso
non può essere interrotta.
Entrambi costituiscono un effetto naturale del contratto di compravendita. Le parti possono nell’esercizio
della loro libertà possono porre dei limiti.
LA VENDITA CON PATTO DI RISCATTO: in questo caso un soggetto deve vendere un bene con urgenza,
però non se ne vuole separare completamente, e allora chiede al venditore un termine per riscattare il bene.
Possiamo parlare di una vendita che prevede il trasferimento: A vende a B; ma A ha un diritto di credito per
cui entro un lasso di tempo può riscattare il bene venduto a B. È differente dalla rivendita, nella quale il
compratore non concede un diritto di credito ma concede al venditore di ricomprare il bene.
LA VENDITA CON RISEVA DI PRORPIETA: è la forma più diffusa di vendita (esempio: i pagamenti a
rate); e costituisce una vendita a esigenze oggettive. In questo ambito vi è una particolare norma, ossia la
1526 c.c. che tratta una forma particolare di leasing, ossia il leasing traslativo.
IL CONTRATTO DI FIDEIUSSIONE
Il contratto di fideiussione fa parte dei contratti obbligatori di garanzia (non ha carattere personale ma
obbligatorio). L’articolo 1936 c.c. è l’unico articolo del condice civile che non definisce un contratto, ma
definisce il soggetto attore del contratto.
Articolo 1936 c.c. (Nozione): “è fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore,
garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui. La fideiussione è efficace anche se il debitore non ne ha
conoscenza.”
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Il fideiussore si obbliga, ovvero assume un’obbligazione su di sé, che viene raggiunta con un soggetto
creditore. Il debitore in questo caso non compare. Che differenza che fra un’obbligazione reale e
un’obbligazione personale?
Obbligazioni reali: i dicono garanzie reali (pegno e ipoteca) perché sono legate al bene che è oggetto
di garanzia (in questo caso vi è un principio di spossessamento).
Obbligazioni personali: la logica della garanzia personale invece; leggi fideiussione; è che il
soggetto fideiussore non risponde con un bene specifico, ma risponde con tutti i suoi beni presenti e
futuri.
Questo vuol dire che se il soggetto fideiussore è quello che dispone di un debito; non ha nel suo assetto
patrimoniale; il soggetto creditore non ha in concreto l’opportunità di recuperare i suoi beni. La fideiussione
come abbiamo detto è un contratto che prevede il creditore e il fideiussore, però proviamo ad immaginarcelo
con tre soggetti: (i) il fideiussore; (ii) il crediotre; e (iii) il debitore. In questo caso abbiamo due rapporti
giudici distinti:
Giuridicamente (anche se nella realtà avviene questo coinvolgimento triangolare) il contratto di fideiussione
non è un contratto fra tre soggetti; ma è solamente un contratto tra il fideiussore e il creditore. La
fideiussione, dunque, è un classico contratto bilaterale.
Che ruolo ha il debitore in questo rapporto? In questo caso il debitore è terzo (estraneo) rispetto al contratto.
Di conseguenza non è necessaria la partecipazione e il consenso del terzo per la costituzione del rapporto
giuridico. Il contratto di fideiussione è valido se e solo se c’è accordo fra il garante (fideiussore) e il
creditore.
Il fideiussore risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri; questo vuol dire che la scelta del garante e
rimessa a una sua capienza patrimoniale. Il soggetto creditore non ha alcun potere sul patrimonio del
fideiussore; ossia non lo può limitare. Potrebbe succedere che il fideiussore si liberi di tutti i suoi beni; questa
è l’unica ipotesi in cui il soggetto creditore potrebbe agire sul patrimonio del garante con l’azione
revocatoria, solo se vi sono i presupposti, altrimenti si tratta di una semplice azione pecuniaria.
Tale principio è da collegare con i mezzi di prova. Questo implica l’ammissione dell’esistenza del contratto
purché sia avvenuta in forma espressa (e eventuali limitazioni del contratto), possono essere provati sia per
presunzioni che per testimoni (non possibile con il contratto in forma scritta).
Articolo 1939 c.c. (Validità della fideiussione): “la fideiussione non è valida se non p valida l’obbligazione
principale, salvo che sia prestata per un’obbligazione assunta da un’incapace”.
Il rapporto creditore e debitore deve essere valido a finché sia valido il rapporto di garanzia di fideiussione.
La fideiussione non è valida se non è valida l’obbligazione principale; questo pricipio prende il nome di
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pricipio del contratto accessorio. L’accessorietà di questo tipo di contratto prevede che tutte le eccezioni che
sono legate al contratto base (crediotre e debitore) siano esattamente opponibili anche dal garante
fideiussore.
Nel momento in cui vi è un rapporto di fideiussione il creditore può decidere, non di rivolgersi direttamente
al debitore, ma di recarsi per il soddisfacimento di quel contratto dal fideiussore. Dato che parliamo di un
rapporto accessorio e collegato al momento credito e debito; nel momento in cui il fideiussore paga alla
banca il debito del rapporto sottostante il fideiussore subentra nella posizione del debitore; da qui derivano
due conseguenze:
La fideiussione è un classico esempio di obbligazione solidale; in maniera specifica dal lato passivo. Quindi
possiamo applicare anche i pricipio dell’obbligazione solidale anche al contratto di fideiussione.
Negli anni novata gli istituti di credito richiedevano la fideiussione senza imporre un limite massimo della
garanzia. Di conseguenza i crediti concessi potevano aumentare illimitatamente; la fideiussione che veniva
rilasciata in questi casi veniva chiamata fideiussione omnibus. Il garante era chiamato a rispondere di tutti i
debiti che il soggetto debitore contraeva; potremmo definirla una dinamica patologica. In questo caso
l’oggetto (elemento essenziale dle contratto) che deve essere determinato e determinabile; può subire delle
modificazioni. Nel 1992 venne fatta una normativa che stabiliva un tetto massimo per la fideiussione.
Si può prevedere una fideiussione non soltanto dei debiti presenti ma anche dei debiti futuri. Come per tutte
le obbligazioni anche la fideiussione, deve basarsi sulla buona fede. Nei confronti di chi influisce la buona
fede? La buona fede influisce sul garante fideiussore, questo implica che se la banca concede un credito
continuo e ripetuto senza avvisare il fideiussore, del debito che sta diventando patologico; è considerato un
comportamento contrario a buona fede. Se non vi è buonafede, vi è l’annullamento del contratto di
fideiussione.
Il beneficio di escussione: il beneficio di escussione in un rapporto di solidale, la banca può sceglie ha chi
rivolgersi per l’adempimento della prestazione. Salvo che non sia previsto tra le parti un obbligo in capo al
creditore per cui le deve prima rivolgersi al soggetto debitore e solo successivamente in caso di infruttuosa
esecuzione, rivolgersi al soggetto fideiussore.
Il contratto autonomo di garanzia: contratto di origine statunitense che rispecchia perfettamente il contratto
di fideiussione; fatta eccezione per la presenza di due clausole nel testo contrattuale:
Nell’autonomia privata (articolo 1322 c.c.) dei contratti, va a recidere il principio essenziale della
fideiussione, ossia il pricipio di accessorietà, cioè il pricipio di opponibilità delle eccezioni sostanziali. A
differenza della fideiussione i rapporti base della cessione credito e debito non possono in alcun modo essere
oggetto del rapporto di fideiussione (viene reciso il principio di accessorietà). Il contratto autonomo di
garanzia è un contratto differente dal contratto della fideiussione.
Il riconoscimento di una prassi contrattuale che portò alla creazione di un contratto autonomo
indipendentemente dal modello fideiussorio, lo ha sdoganato. Se non vi è una delle due clausole sopracitate
non vi è un contratto autonomo di garanzia ma vi è una fideiussione atipica.
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La differenza fondamentale fra i due contratti consiste in: mentre per la fideiussione, il fideiussore può nel
momento in cui la banca li richiede il pagamento eccepire immediatamente i rapporti di base. Nel contratto
autonomo di garanzia il garante deve pagare immediatamente (lasso temporale limitato), e non può in alcun
modo opporre eccezioni.
I rapporti da garanzia sono accessori al rapporto credito e debito pricipale; essendo accessori normalmente il
rapporto accessorio soffre di tutti i rapporti e vizi del contratto pricipale. Nel contratto autonomo di garanzia
invece questo non si verifica; perché il soggetto creditore va nei confronti dle garante e dice pagami in prima
richiesta. Ossia un meccanismo nella quale il soggetto garante paga poi si vedrà se il rapporto principale ha
dei vizzi.
LA LOCAZIONE E IL LEASING
IL CONTRATTO DI LOCAZIONE: è un contratto che può avere per oggetto varie tipologie di beni (mobili,
immobili …). Quali sono le obbligazioni che derivano dal contratto di locazione a carico delle due parti
contrattuali (il locatore e il conduttore)?
Articolo 1571 c.c. (Nozione): “La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere
all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo.”
La norma più semplice è a carico del conduttore; ci stiamo riferendo all’articolo 1587 del Codice civile.
Articolo 1587 c.c. (Obbligazioni principali del conduttore): “Il conduttore deve: (i) prendere in consegna
la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia nel servirsene per l'uso determinato nel contratto
o per l'uso che può altrimenti presumersi dalle circostanze; (ii) dare il corrispettivo nei termini convenuti.”
Lui prende la cosa nella sua sfera di controllo, diventandone il detentore (perché riconosce che vi è una
situazione del locatore proprietario, cioè vi è il corpus ma non vi è l’animus). L’altra obbligazione a carico
dell’inquilino convenuto e quello del pagamento di un corrispettivo che può essere mensile o annuale. Le
obbligazioni principali sono a carico del locatore principale.
Articolo 1575 c.c. (Obbligazioni principali del locatore): “Il locatore deve: (i) consegnare al conduttore
la cosa locata in buono stato di manutenzione; (ii) mantenerla in stato da servire all'uso convenuto; (iii)
garantirne il pacifico godimento durante la locazione.”
Il tema che queste obbligazioni toccano è il tema delle riparazioni. Succede qualcosa nella casa che ho
locato; questa casa compete al proprietario locatorio, se la cosa è necessaria per il godimento del bene. Sono
eccezione quelle piccole riparazioni che possono essere fatte dal conduttore se sono oggetti.
Legge sull’equo canone: nel luglio1978; lo Stato ha variato una legge sull’equo canone, dichiarando: “per le
locazioni abitative destinate all’abitazione, per proteggere un diritto costituzionalmente importante; ossia il
diritto alla casa; stabilisco che il canone che tu dovrai pagare non potrà superare quello dell’equo canone”
(l’equo canone è molto basso). In seguito, il legislatore ha introdotto delle norme differenti per i beni
immobili sottoposti a equo canone e beni immobili a mercato libero.
Quando la locazione ha per oggetto un bene produttivo prende il nome di affitto (esempio: un’azienda o un
capannone).
IL LEASING: fino la 2017 non era in alcun modo regolato, prima era considerato un contratto misto fra il
contratto di vendita e di locazione. In questi casi la giurisprudenza italiana dotta il criterio della prevalenza
del tipo; problema di disciplina applicabile.
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Il leasing nasce dalla necessità dell’imprenditore o persona fisica, che non vuole rivolgersi al sistema
creditizio per acquistare un bene abbastanza caro. L’imprenditore A non vuole andare in banca per chiede un
presto per l’acquisto di un nuovo macchinario. A livello economico il soggetto B che può essere il produttore
del bene o può essere un intermediario finanziario; cede in leasing al soggetto A la machina di cui ha
bisognio. Questa tipologia di leasing prende il nome di leasing diretto/operativo. Il soggetto A per l’utilizzo
del macchinario deve pagare un canone; questo evoca la locazione; A non è proprietario ma ne è
l’utilizzatore.
In altri casi parliamo di un leasing finanziario, che comporta la presenza di un terzo soggetto all’interno del
rapporto giuridico. Questo terzo soggetto prende il nome di intermediario finanziario; per questo motivo si
parla di un rapporto trilaterale. I soggetti sono: (i) l’utilizzatore della macchina; (ii) il distributore della
macchina; e (iii) l’utilizzatore della macchina.
Il leasing di godimento: in questo caso una volta finito il tempo convenuto, il soggetto A può
richiedere un rinnovo del leasing oppure può decidere di restituire il bene;
Il leasing traslativo: in questo caso invece una volta scaduto il tempo convenuto, il soggetto A
decide di acquistare il bene in leasing.
Dietro a questi due casi vi sono delle regole giuridiche differenti; in questo caso non si guarda la fisiologia
ma la patologia. Che cosa accade se non vengono pagati i canoni di locazione?
(i) Nel leasing di godimento, uno dei soggetti chiede la risoluzione del contratto (per
inadempimento); la risoluzione dle contratto ha effetti retroattivi.
(ii) Leasing traslativo; la parte utilizzatrice voleva acquistare la prorpietà del bene, ma vi è
inadempimento. In questo caso la giurisprudenza italiana è andata a pescare la norma di vendita
con riserva di proprietà (vendita a rate).
Articolo 1526 c.c. (Risoluzione del contratto): “Se la risoluzione del contratto ha luogo per
l'inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo
compenso per l'uso della cosa, oltre al risarcimento del danno.”
Articolo 1703 c.c. (Nozione): “il mandato è il contratto con il quale una parte si obbliga uno o più atti
giuridici per conto dell’altra.”
Con il mandato facciamo necessariamente riferimento alla rappresentanza; può essere diretto o indiretta. La
differenza tra procura o mandato.
Articolo 1704 c.c. (Mandato con rappresentanza): “Il mandatario presta un'attività negoziale impiegando
la propria volontà, ma esegue l'incarico secondo l'intendimento dichiarato o presupposto del mandante. In
apicibus quindi la volontà del mandatario corrisponde a quella del mandante senza identificarsi con essa.”
Articolo 1705 c.c. (Mandato senza rappresentanza): “Il mandatario che agisce in proprio nome acquista i
diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza
del mandato. I terzi non hanno alcun rapporto col mandante.”
Gli atti giuridici posti in essere dal mandatario senza rappresentanza si fermano nel patrimonio del
rappresentante; questo implica un ulteriore atto con il rappresentante trasferisce il bene nel patrimonio del
rappresentato.
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Beni immobili: comprato dal mandatario senza rappresentanza si ferma nel patrimonio del
mandatario. Il mandante ha un diritto di cretico, per cui il mandatario deve trasferire il bene nel suo
patrimonio. Ma non ne diventa proprietario, non potendo per le ragioni collegate alla natura del
bene, non può esperire un’azione di rivendicazione.
Beni mobili non registrati: in questo caso riprendiamo il pricipio dle possesso vale titolo. Il
mandante può agire per permettere il subentro del possesso, con maggiore possibilità rispetto per
quanto accade con i beni immobili.
Diritti di credito: i beni entrano nel patrimonio del mandatario; i suoi creditori sono contenti. In
questo caso sorge un problema ovvero quello del conflitto di posizione; chi vince? In questo caso
vince il mandante, però vi è bisognio che il mandato sia anteriore al pignoramento che i creditori del
mandatario fanno.
Il contratto di autonomo di garanzia vuole negare l’accessorietà dei rapporti di garanzia. Vi è una garanzia
autonomo rispetto il rapporto pricipale. Se il rapporto pricipale è viziato, posso bloccare l’adempimento, se
invece la prestazione garantita con una un contratto autonomo di garanzia succede che il debitore deve
comunque pagare (in seguito può richiedere la ripetizione).
L’APPALTO: è il contratto con la quale una parte, ossia il committente, attribuisce ad un’altra parte
appaltatrice di fare o costruire qualcosa. Gli appalti possono essere privati o pubblici; gli appalti pubblici
sono maggiormente diffusi rispetto a quelli privati.
L’appaltatore è un imprenditore; ossia colui che organizza i vari momenti dell’impresa produttrice, per
raggiungere un risultato economico. L’oggetto dell’appalto è il facere. La vendita di cose future obbliga a
trasferire quando il bene viene a crearsi; essa e differente dall’appalto che invece prevede l’esecuzione di un
lavoro.
Sia per gli appalti pubblici e privati, l’appaltatore deve garantire al committente una garanzia che compra
determinate inesattezze che ci possono essere nell’esecuzione del lavoro. In questo caso si parla di una
garanzia a prima domanda. Il committente in questo può escutere la garanzia, e dunque richiede un
pagamento. La banca in questo caso può bloccare la garanzia dichiarando l’abusività dell’escussione
(recepito doli generali). In questi casi se l’appaltatore non riesce a bloccare questa garanzia a prima
domanda, la banca paga, e si surroga nei confronti del creditore committente nei confronti del debitore
appaltatore (da qui si apre la causa). Negli appalti internazionali (ma oramai anche in quelli interni) il fatto
che al momento di presentare domanda d’appalto e quasi sempre previsto che l’appaltatore dia una garanzia
a prima domanda per l’esalta esecuzione dei lavori.
L’agente: il settore assicurativo si può parlare di agenzie, l’agenzia immobiliare in realtà rientrano
nella mediazione; l’agente promuove la conclusione di un contratto. L’agente promuove la
conclusione del contratto ma non lo conclude egli è un procacciatore di affari l’agente viene
retribuito in base alla commissione dei contratti con cui ha promosso la conclusione. Sull’agente
normalmente non grava il rischio del mancato pagamento dei premi. L’unica eccezione ha questa
regola, si ha quando viene inserita nel rapporto d’agenzia; che prende eil nome di “lo star del
credere”. Indica che è l’agente ad assumere il rischio del mancato pagamento dle premio
La mediazione: il codice non parla della mediazione, ma parla del mediatore, colui che avvicina le
parti al momento della conclusione del contratto; esso non è legato in alcun modo alle parti. Nel caso
in cui vi sia la conclusione del contratto, il mediatore riceve una commissione che ricade su
entrambe le parti (normalmente nella misura del 2%).
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I contratti aleatori: ovvero sono quei contratti ove vi è un rischio. Non si applica la restituzione del contratto
essi sono la rendita, che è una forma che sta tornando in materia di fatto illecito. i contratti aleatori sono:
La rendita è il versamento di una somma di denaro che viene versata ad un soggetto beneficiario
della rendita in cambio: (i)si trasferisce un immobile (ii) o si trasferisce un capitale. Può essere:
(i) perpetua;
(ii) vitalizia; ossia dura la mia vita (è la forma più comune).
Quando il danno alla persona è molto grave il giudice può costituire a favore dle macro leso, una rendita
(articolo 2057 c.c.).
Assicurazione: è un contratto aleatorio, con il quale viene trasferito il rischio (atto di previdenza).
Trasferisco il rischio ha chi è istituzionalmente in grado di coprire il rischio; per questo motivo le
compagnie assicurative sono assoggetta ha controlli molto rigorosi (IVAS). Le assicurazioni si
dividono in due tipi:
(i) Danni: sottotipo di quella di danni assicurazione della responsabilità civile si assicura per
trasferire i danni alla compagnia.
(ii) Vita;
L’assicurazione è governata da una regola pivotale ossia il principio indennitario, cioè l’indennità che la
compagnia d’assicurazione versa qualora si verifichi un rischio a favore del suo assicurato; non deve mai
superare il livello del pregiudizio subito dall’assicurato (compensatio lucri cum danno). Se il rischio viene
meno perché si scopre che l’assicurato è stato reticente, come fa l’assicuratore a calcolare il rischio?
Normalmente si basa sulle informazioni dell’assicurato; se la reticenza è grave si può ridurre l’indennizzo
oppure annullare il contratto.
LA FAMIGLIA
Il Codice civile al suo interno non regola la famiglia, ossia non ne dà una defezione, quest’ultima la
possiamo trovare all’interno dell’articolo 29 della Costituzione italiana.
Articolo 29 della Costituzione: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale
fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i
limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.”
Una citazione molto bella di faglia è data da Arturo Carlo Jemolo: “la famiglia è un’isola, che il mare del
diritto può solo sfiorare”.
In ambito giuridco e il settore rigurdante la famiglia è quella che maggiormente risente il cambiamento della
società.
1942: il diritto di famiglia era basato su tre principi (venuti tutti meno con la costituzione e
l’evolversi della società):
(i) Assetto fortemente gerarchico (pater familia);
(ii) La stabilità assoluta, la cogenza assoluta (il matrimonio non poteva essere sciolto);
(iii) Forte discriminazione dei figli nati fuori dal matrimonio (figli illegittimi).
1948:
1970: legge Fortuna Linetta Baslini, rigurdante la materia di divorzio e cessazione degli effetti civili
del matrimonio.
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1975: fu approvata dal Parlamento italiano la legge 151; che riformava il diritto di famiglia che fu
attuata con il sistema della novellazione (ossia legge recepita all’interno del Codice civile).
2012: Antonio Monti, vara la disciplina in materia di figli (figliazione). Scompaiono gli aggettivi di
figlio legittimo e figlio naturale (prima illegittimo).
2016: viene varata la legge per le unioni civili fra persone dello stesso sesso.
Articolo 30 della Costituzione: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire e educare i figli,
anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti
i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,
compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca
della paternità.”
IL MATRIMONIO
Che cosa è il matrimonio e che tipologie di matrimonio sono presenti all’interno del nostro ordinamento? Il
matrimonio è una figura di diritto privato a tutti gli effetti; in questo caso il rapporto prede le caratteristiche
del negozio giuridico (perché fra i due coniugi viene espressa una manifestazione di volontà, volta a produrre
effetti). Il matrimonio può essere di due tipologie:
Il matrimonio civile,
Il matrimonio canonico: e disciplinato dal diritto eclesiastico e canonico;
L’ordinamento della Chiesa però è differente dall’ordinamento dello Stato. Per fare in modo che il
matrimonio canonico venga ritenuto valido anche dall’ordinamento giuridico italiano; durate la cerimonia si
devono leggere alcuni articoli della Costituzione; ma soprattutto attraverso la successiva trascrizione
dell’atto di matrimonio nei registri dello Stato civile. In questo modo quello che è stato celebrato davanti a
Dio ha valore anche dal punto di vista giuridico.
Il matrimonio può essere impugnato dal tribunale italiano per n. ragioni, che può essere annullato. Per lo
Stato invece il matrimonio resta in vigore, se si vuole ottenere l’annullamento del matrimonio canonico è
necessario passare per il tribunale della Sacra Rota.
Se la promessa di matrimonio viene violata, si può avere solamente il rimborso dei costi che un candidato
coniuge aveva sostenuto tenendo conto che andava a costituirsi il contratto matrimoniale (per esempio:
l’acconto di una causa).
INVALIDITA MATRIMONIALE (articoli 117 – 127c.c.): la categoria dle diritto canonico ha avuto una
forte influenza sull’annullamento del contratto. Ontologicamente/concettualmente inammissibilità in diritto
canonico; perché il matrimonio è un sacramento. Chiara influenza del diritto francese su quello italiano;
quest’ultimo come quello canonico non ha più ontologiche resistenze ma concettualmente vede male la
categoria dell’annullamento.
Nel libro primo, vedremo che ci sono dei momenti di nullità, ma poi ci sono dei momenti tipici di
annullamento. Il diritto privato vede un matrimonio un possibile un errore sulle qualità personali (articolo
122 c.c.). Possono rinunciare al possibile rischio, ossia una figura mascherata di annullamento. Lo Stato
italiano privilegia l’unione, il rapporto e la convivenza.
Libertà di stato: i due coniugi non devono essere uniti da un altro matrimonio. Esso non si ottiene
con la separazione personale, si ha solo con la sentenza di divorzio.
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L’Età: fino al 1975 lo potevano concludere anche persone avete quattordici e dodici anni. Oggi
giorno si richiede la maggiore età anche se esistono delle eccezioni; il minore ultra-sedicenne può
richiedere la licenza di matrimonio.
Assenza d’interdizione giudiziale e incapacità naturale.
La commissio sanguni: alla persona coniugata li si fa divieto di contrarre se non dopo un passaggio
temporale di 300 giorni dal momento in cui è stata pronunziata la sentenza di divorzio. Gli
impedimenti; legati alla commissio sanguini: matrimonio tra parenti: per ragioni genetiche; espone i
bambini a malformazioni genetiche.
Articolo 119 c.c. (Interdizione): “il matrimonio di chi è stato interdetto per infermità di mente può essere
impugnato dal tutore o dal pubblico ministero, se, al tempo del matrimonio, vi era già sentenza
d’interdizione passata in giudicato, ovvero se l’interdizione fu pronunziata posteriormente, ma l’infermità
esisteva al tempo del matrimonio. Può essere impugnato, dopo revocata l’interdizione, anche dalla persona
che era interdetta. L’azione può essere proposta, se dopo revocata l’interdizione vi è stata coabitazione per
un mese.”
L’azione di annullamento ha la legittimazione relativa; mentre la nullità può essere rilevata da tutti. Dopo un
anno di convivenza non si può richiedere l’azione di nullità, l’ordinamento lo considera nato male, e quindi
può andare avanti. L’interesso dell’ordinamento è quello di salvaguardare il matrimonio.
Articolo 120 c.c. (Incapacità di d’intendere e di volere): “Il matrimonio può essere impugnato da quello dei
coniugi che, quantunque non interdetto, provi di essere stato incapace di intendere o di volere, per
qualunque causa, anche transitoria, al momento della celebrazione del matrimonio. L’azione non può essere
proposta se vi è stata coabitazione per un anno dopo che il coniuge incapace ha recuperato la pienezza
delle facoltà mentali.”
Articolo 122 c.c. (Violenza ed errore): “Il matrimonio può essere impugnato da quello dei coniugi il cui
consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause
esterne allo sposo. Il matrimonio può altresì essere impugnato da quello dei coniugi il cui consenso è stato
dato per effetto di errore sull’identità della persona o di errore essenziale su qualità personali dell'altro
coniuge. L'errore sulle qualità personali è essenziale qualora, tenute presenti le condizioni dell'altro
coniuge, si accerti che lo stesso non avrebbe prestato il suo consenso se le avesse esattamente
conosciute e purché' l'errore riguardi: (i) l'esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia
o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale; (ii) l'esistenza di una sentenza
di condanna per delitto non colposo alla reclusione non inferiore a cinque anni, salvo il caso di
intervenuta riabilitazione prima della celebrazione del matrimonio. L'azione di annullamento non può
essere proposta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile; (iii) la dichiarazione di delinquenza
abituale o professionale; (iv) la circostanza che l'altro coniuge sia stato condannato per delitti
concernenti la prostituzione a pena non inferiore a due anni. L'azione di annullamento non può essere
proposta prima che la condanna sia divenuta irrevocabile; (v) lo stato di gravidanza causato da persona
diversa dal soggetto caduto in errore, purché’ vi sia stato disconoscimento ai sensi dell'articolo 233, se la
gravidanza è stata portata a termine. L'azione non può essere proposta se vi è stata coabitazione per un
anno dopo che siano cessate la violenza o le cause che hanno determinato il timore ovvero sia stato
scoperto l'errore.”
Il consenso son c’era, esso era viziato. L’ordinamento canonico è straordinariamente più ricco e articolato,
per il diritto canonico è importante che il consenso sia il più autentico possibile. Una delle ipotesi più
comune di annullamento di fronte ai tribunali ecclesiastici e la procreatio prolis (ossia uno dei due coniugi
non vuole figli).
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Articolo 123 c.c. (Il matrimonio simulato): “Il matrimonio può essere impugnato da ciascuno dei coniugi
quando gli sposi abbiano convenuto di non adempiere agli obblighi e di non esercitare i diritti da esso
discendenti. L’azione può essere proposta decorso un anno della celebrazione del matrimonio ovvero nel
caso in cui i contraenti abbiano convissuto come coniugi successivamente alla celebrazione medesima.”
IL MATRIMONIO PUTATIVO: ovvero matrimonio ritenuto valido anche se valido non è. In questo caso
non che stata convivenza e il matrimonio viene dichiarato nullo. Riforme incisive: la ragione di nullità del
matrimonio non tocca i figli; sono fuori da ogni conseguenza negativa che possono derivare dalla sentenza di
nullità. I figli conservano tutti i diritti che li rigurdano e tutti i diritti a livello successorio.
Entrambi i coniugi sono in buona fede, cioè non sono riusciti a rendere conto della causa che ha portato
all’invalidità del matrimonio. La sentenza di nullità non produce effetti nei loro confronti, essi mantengono
diritti successori inalterati.
Se uno dei due congiungi non è in buona fede, nei suoi confronti la sentenza di nullità avrà delgi effetti di
carattere successorio. Nei confronti dle congiunge in buona fede può essere previsto un assegno di
mantenimento; della durata di tre anni.
UNIONI CIVILI E CONVIVIENZA: Legge del 2016, sulle unioni civili e convivenza: nella quale vi sono
cose che rigurdano: la separazione; la successione e l’adozione. Le unioni civili sono modellate sul
matrimonio; si fa difronte a un ufficiale dello stato civile e in seguito l’atto deve essere trascritto nel registro
civile. In questo caso nascono le medesime obbligazioni che nascono per i due coniugi. I dritti successori il
congiunge di un’unione civile ha un diritto legittimario (ovvero li viene riservata una quota di legittima). Il
convivente non acquista diritti successori, duncque vi deve essere necessariamente un testamento; non esiste
una quota che viene lasciata al convivente come invece accade nelle unioni civili.
Ci può essere separazione anche per le unioni civili, ma è necessaria la presenza di determinate
caratteristiche: si fa ricorso all’autorità comunale, dove è stato trascritto il patto di unione civile. Ha
differenza della separazione vi è un periodo di sospensione; ossia si accoglie la domanda di scioglimento
dell’unione civile, per tre mesi (90 giorni). Dopo questo lasso di tempo si passa allo scioglimento dell’unione
civile.
La convivenza: o common law family; la convivenza all’interno del nostro ordinamento, costituisce una
formazione sociale ove si svolge la personalità dell’individuo. Prima della legge del 1976, la legge era
intervenuta in diverse occasioni su questo argomento.
Primo caso: i conviventi si scambiano beni di diversa natura; poi vi è una crisi nella coppia. Una
delle due pari richiede in dietro i beni donati; questo però è considerata un’obbligazione naturale, si
parla dunque di souti retentio (si guarda all’articolo 2034 c.c.).
Secondo caso: che diritti ha il convivente more uxorio, per quando rigurda la lesione di danni
(esempio: il prof investe la cittadina polacca convivente un cittadino ungherese)? La cassazione
diche che è un interesse giuridicamente protetto. Fino al 1994 la Corte di cassazione non lo risarciva;
oggi giorno vi è risarcimento se si prova la convivenza, ovvero una formazione sociale.
Terza ipotesi: sul contratto di locazione vi è solo uno dei due; colui che però ha firmato però muore;
nel contratto di locazione può subentrare il convivente more uxorio? La legge di locazione sugli
immobili urbani non prevedeva questa possibilità. Nel 1978 la Corte costituzionale dichiara tale
norma illegittima, perché non vi è ragione di attribuire al convivente more uxorio la possibilità di
succedere nel contratto di locazione.
Articolo 143 c.c. (Diritti e doveri reciproci dei coniugi): “Con il matrimonio il marito e la moglie
acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla
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fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla
coabitazione.”
Queste sono obbligazioni, la cui violazione però non determina alcuna conseguenza. la violazione di questi
doveri assume rilevanza nel giudizio di separazione; in casi rarissimi possono assumere anche rilevanza nella
sentenza risarcitoria di uno dei due coniugi per la violazione di uno dei quattro doveri descritti all’interno
dell’articolo 143 c.c.
LA SEARAZIONE PERSONAELE: ossia quella che vien definita come la crisi della coppia. La
separazione personale prima era un istituto molto rigido e severo; esso si poteva ottenere solamente in
presenza di un comportamento deplorevole da parte dei due coniugi (esempio: concubinato e adulterio; oggi
giorno sono considerati incostituzionali). Nel 1975 cambia completamente la visione giurisprudenziale della
separazione personale; da questo momento in poi si può richiedere la separazione non solo per la presenza di
causa grave ma anche per l’intollerabilità della convivenza coniugale (ossia un dato oggettivo).
Articolo 151 c.c. (Separazione giudiziale): “La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche
indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la
prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole.”
Separazione di fatto: i due coniugi si separano, ma i due non lo dichiarano al tribunale. Questa però
è giuridicamente irrilevante, se i coniugi dopo n. anni, decidono di tornare insieme non serve nulla.
Ma se vogliono regolarlo gli anni di separazione di fatto non vengono conteggiati, vengono
conteggiati i cinque anni a partire dalla dichiarazione al tribunale.
Il coniuge separato agli stessi diritti di quello non separato; i diritti successori si perdono solamente con il
divorzio. La riconciliazione anche dei diritti è ammessa nelle ipotesi di separazione personale.
In questo caso è il giudice che stabilisce i provvedimenti urgenti per assicurare la gestione della comunità
familiare. Il giudice si sostituisce ove le parti non hanno potuto o voluto trovare l’accordo, e dirà lui i tre
punti fondamentali. Nell’assolvere questo compito il giudice deciderà tramite l’esame delle carte; tali
provvedimenti prendo il nome di provvedimenti presidenziali. Da questo momento inizia una vera e propria
causa di separazione giudiziale. Causa che dovrà valutare se qui provvedimenti che il presidente dle tribunale
ha dato sulla base di un esame sommario; che si articola in più udienze. Tale causa si conclude con una
sentenza ha carattere definitivo i tre problemi principali.
Solo nel caso della separazione giudiziale, possono svilupparsi le domande di uno dei coniugi. Se questa
sentenza contiene l’addebito della separazione è molto importante perché il coniuge cui viene addebitata la
separazione perde i diritti successori. Esso a solamente diritto ad un assegno di carattere alimentare.
(ii) Consensuale: i coniugi consensualmente redigono un ricorso, ove sono d’accordo su tutto. I
principali punti di discussione sono: (i) assegno di mantenimento; (ii) se ci sono figli; (iii) la casa
coniugale.
101
I coniugi sotto scrivono il ricorso, chiedono che venga fissata l’unione personale dei coniugi che possa
omologare le condizioni di separazione che sono qui trascritte. I coniugi devo comparire, firmano il verbale
di separazione consensuale, il verbale viene omologato. Dal momento della comparizione personale dei
coniugi scattano i termini per la successiva fase di divorzio.
All’ due forma sopracitate nel 2014 si aggiunsero nuove forme di separazione personale nell’ambito di
provvedimenti legislativi; che vogliono snellire il tutto. Ossia permetto di uscire dal tribunale nel quadro di
una negoziazione assistita.
Caso in cui i coniugi voglio riconciliarsi: in questo caso si chiede un provvedimento che dichiari la
riconciliazione fra i due. I provvedimenti di separazione sono caratterizzati da un’otologica temporaneità.
Questo perché la relazione può modificarsi (esempio: assegno di mantenimento). Il coniuge beneficiario
dell’assegno di mantenimento instaura una famiglia di fatto perde l’assegno di mantenimento.
L’assegno di mantenimento: premessa la separazione non è la fine della famiglia, questo avviene solamente
con il divorzio. Il Codice civile stabilisce che: “l’assegno di mantenimento assicura al coniuge che en abbia
oggettivo bisognio e fondamento, un aiuto o un mantenimento per mantenere un livello di vita adeguato”.
Il creditore, ossia il beneficiario dell’assegno di mantenimento; ma il codice sapendo quanto sia importante
ricevere questo assegno prevede delle forme di garanzia. Ci sono casi in cui al di là dell’addebito di
separazione il coniuge può porre all’interno del giudizio oppure furi dal giudizio di separazione, autonome
cause di responsabilità. [il 2043 c.c. viene portato all’interno del 143 c.c.].
La negoziazione assistita: la separazione “normale” ossia quella che si svolge davanti al tribunale
competente. Per dei provvedimenti legislativi viene introdotta la negoziazione assistita, ha lo scopo di
snellire il procedimento di separazione. Perché essa venga adoperata non vi deve essere la presenza di figli.
Anche in questo caso possiamo esaminare due forme differenti:
Uno si svolge in tribunale: i coniugi devono essere assistiti necessariamente da avvocati; gli avvocati
raggiungono un accordo e lo trasmettono alla procura della repubblica e non al tribunale. Viene
esaminata se l’intesa raggiunta dai coniugi sia conforme oppure no. In fine vi è la trascrizione
dell’atto.
Uno si svolge direttamente alla casa comunale, cioè all’ufficio di stato civile del comune
territorialmente competente. I coniugi si presentano direttamente all’ufficiale di stato civile;
portando l’accordo di separazione.
IL DIVORZIO: anche in questo caso vi è la medesima situazione della separazione. Vi è il ricorso ha:
Divorzio consensuale: i due coniugi sono d’accordo, il termine fissati un’udienza personale di dei
coniugi, il presidente chiede la conferma di quanto è contenuto all’interno dle ricorso congiunto di
divorzio; dopo la firma viene omologato o trascritto negli uffici dello stato civile.
Divorzio giudiziale: non vi è accordo, vi è una vera e propria causa (come gia descritto
precedentemente).
Cosa cambia nel divorzio rispetto alla separazione? Il divorzio rappresenta la fine della famiglia; vi è una
possibilità che in materia di separazione non è ancora considerata possibile. La legge sul divorzio prevede
che l’assegno possa essere liquidato possa essere liquidata una tantum.
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Con il divorzio si chiude il matrimonio e si fanno tutta una serie di conti. Legge 1970 ha accolto un assegno
che ha una funzione perequativa compensativa che tiene conto di tutta una serie di variabili.
In materia di crisi di coppia la regola del 2006 e poi confermata nel 2012, quando si è parlato dell’unicità del
rapporto di filiazione è l’affidamento condiviso.
L’affidamento condiviso: regola di derivazione internazionale. La prima dle 2006 era l’affidamento
esclusivo a uno dei coniugi; l’altro aveva solamente un diritto di visita. Riforma in esclusivo interesse del
bambino; per permettere il medesimo rapporto con entrambi i genitori. Articolo importa ti da leggere 337
tern. C.c.; 135 c.c.
I bisogni della famiglia: sono un qualcosa di aperto e d’indefinito. Duncque tutte le sostanze, le capacità e i
frutti della capacità di lavoro professionale e domestici, devono essere destinati al soddisfacimento dei
bisogni del nucleo famigliare.
Articolo 143 c.c. (Diritti e doveri reciproci dei coniugi): “Con il matrimonio il marito e la moglie
acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri. Dal matrimonio deriva l'obbligo reciproco alla
fedeltà, all'assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell'interesse della famiglia e alla
coabitazione. Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria
capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.”
Nel 1942 il regime patrimoniale tra i coniugi, in assenza di una loro diversa alternativa, si applicava la
separazione dei beni. Potevano, i coniugi, stipulare una convenzione matrimoniale differente; come pre-
esempio la comunione. Nel 1942 era molto diffusa anche la dote; tolta come giuridicamente rilevante nel
1975. Oggi il regime legale non è quello della separazione dei beni ma la comunione legale (articoli 176 –
177 c.c.). Esistono altri regimi patrimoniali:
La separazione dei beni: i patrimoni sono separati; di conseguenza i coniugi rimangono titolari dei
loro beni.
La comunione legale: è il regime legale in materia famigliare. Si parla di comunione legale tra
coniugi, ma non bisognia pensare che tale figura sia vicina alla comunione ordinaria, in materia di
diritti reali. La comunione legale fra coniugi è una comunione molto particolare: (i) solo alcuni beni
entrano immediatamente in comunione; (ii) comunione in deresiduo, ossia quei beni che entrano in
comunione quando si verifica lo scioglimento di quest’ultima; (iii) i beni personali (art. 179 c.c.) non
entrano mai in comunione. La conferma si sede di comunione legale fra coniugi è il concetto di
quota; parità di quota fra i due coniugi. La comunione non da vita a un nuovo soggetto di diritto; non
vi è un’autonomia patrimoniale della comunione rispetto hai patrimoni dei singoli coniugi.
Articolo 177 c.c. (Oggetto della comunione): “costituiscono oggetto della comunione: (i) gli acquisti
compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di beni personali;
(ii) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della
comunione; (iii) i provvedimenti dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se allo scioglimento della
comunione, non siano stati consumati; (iv) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il
matrimoni. Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma
gestite da entrambi, la comunione concerne solo gli utili e gli incrementi.”
La lettera (a) dell’articolo 177 c.c. è quella che in ambito giurisprudenziale ha creato maggiori problemi. In
questo caso entra in comunione un bene che viene acquistato solamente da uno dei due coniugi; si ha un
allontanamento dalla regola dell’articolo 1372 c.c. Il titolare di quel bene, che non ha partecipato all’atto, vi è
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un’estensione di titolarietà immediata, determinata dal fatto che vi si è in una situazione di comunione legale
fra coniugi.
(i) Primo problema: i diritti di credito possono rientrare nella lettera (a) dell’articolo 177 c.c.?
Non sembra essere irriducibile la difficoltà, di comprendere anche i diritti di credito all’interno
della comunione.
(ii) Secondo problema: ci sta a ricomprendere negli acquisti della proprietà; non tanto a titolo
derivativo ma a titolo originario (es: usucapione); rientra nell’articolo 177 c.c. La Cassazione ha
stabilito che anche l’acquisto a titolo originario poteva essere compreso nella nozione di acquisti
ai sensi dell’articolo 177 c.c.
(iii) Terzo problema: uno dei coniugi all’atto di acquisto dichiara la sua ostilità/contrarietà che il
bene (immobile) entri in comunione. Accanto ai beni che entrano in comunione sono comprese
le aziende cestite da entrambi i coniugi.
I beni personali sono regolati dall’articolo 179 del Codice civile (meglio impararli tutti).
Articolo 179 c.c. (Beni personali): “non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del
coniuge: (a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di
un diritto reale di godimento; (b) i beni acquisiti successivamente al matrimonio per effetto di donazione o
successione, quando nell’atto di libertà o nel testamento non è specificato che essi sono attribuiti alla
comunione; (c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge ed i loro accessori; (d) i beni che
servono all’esercizio della professione del coniuge, tranne quelli destinati alla conduzione di un azienda
facente parte della comunione; (e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno nonché la pensione
attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa; (f) i beni acquistati con il prezzo del
trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato
all’atto dell’acquisto. L’acquisto di beni immobili, o di beni mobili elencati nell’articolo 2683, effettuato
dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione ai sensi delle lettere (c; d; f) del precedente comma, quando
tale esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge.”
La comunione convenzionale;
Il fondo patrimoniale;
Queste quattro figure del regime di famiglia appartengono al genus convenzioni matrimoniale. I coniugi
possono sempre, dopo la celebrazione del patrimonio, modificare il regime patrimoniale. Per fa ciò bisognia
recarsi da un notaio o da un ufficiale dello stato civile, per redare un atto pubblico.
Se non vengo scelte altre convenzioni matrimoniali, si applica la comunione legale (entrano in comunione
solamente alcuni beni, ovvero quelli acquistati in seguito al matrimonio). Quel è la natura giuridica (lettera
b – c dell’articolo 177 c.c.) della comunione del residuo? In giurisprudenza per più di vent’anni si sono
scontrate die ipotesi:
La Corte di Cassazione riconosce (nel 2022) alla comunione di residuo la seconda ipotesi. Dei beni che
vengono acquistati da un coniuge, all’atto di acquisto partecipa anche l’altro coniuge che non acquista i beni;
e dichiara che: “quei beni che vengono acquistati da mio marito/moglie; gli ha comprati mio marito/moglie
con la vendita di beni personali”. Il secondo comma dell’articolo 17c.c. ci dice che i beni acquistati con il
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denaro maturato dalla precedente vendita personali; sono anche essi personali. Il coniuge annulla ogni
dubbio.
Che portata ha la dichiarazione del coniuge non acquirente, che partecipa all’atto? Si è posto in
giurisprudenza il problema della portata confessoria della dichiarazione del coniuge; che partecipa all’atto
ma non acquista il bene.
Però la giurisprudenza negli ultimi anni ha adottato una posizione molto più severa che ha messo in crisi
l’impianto di tutti questi atti (che consistono sostanzialmente in beni immobili); adottando una posizione che
protegge la comunione. Il coniuge acquirente deve provare che sta acquistando quel bene con i soldi
maturati da una precedente cessione. Non basta una generica dichiarazione, ma devo indicare rigorosamente
quali soldi uso e da dove derivano per evitare possibili aggressioni all’impianto della comunione. Una
sentenza della Cassazione del 2022 ha proprio confermato questa posizione; in cui si è esclusa la postata
confessoria della dichiarazione dle coniuge non acquirente.
Che cosa succede se uno dei due coniugi non vuole compiere tale atto? In questo caso ci si reca dal giudice,
e si chiede al giudice l’autorizzazione per il compimento di un atto di straordinaria amministrazione,
naturalmente esibendo che tale atto è nell’interesse della comunità famigliare. Se uno dei due coniugi compie
l’atto di straordinaria amministrazione senza chiedere preventivamente l’autorizzazione; che succede? L’atto
viene considerato annullabile. Vi è un termine molto breve per poterlo impaniare da parte dle coniuge che
non è d’accordo; che potrebbe successivamente all’atto di straordinaria amministrazione a cui inizialmente si
era opposto. La convalida dell’atto.
Il caso sopracitato vale per i beni immobili e mobili registrati. Per i beni mobili non registrati, esigenze di
protezione della circolazione di diritti non ve ne sono. Se il coniuge pone in essere atti di straordinaria
amministrazione (di vendita) di beni immobili non registrati. Nasce in capo all’altro coniuge che non era
d’accorto, un diritto di credito forte e un obbligo nei confronti dell’altro coniuge. Il coniuge che ha venduto
ha l’obbligo di ricostruire il valore della comunione.
I CREDITORI DEI CONIUGI: vi sono i creditori dei coniugi, che hanno ragioni creditorie di entrambi.
Che cosa succede? Il patrimonio dei coniugi non è particolarmente corposo, però vi è la comunione legale.
I creditori dei coniugi insoddisfatti possono agire nei confronti dei beni della comunione. Non ci
riferiamo hai bene della comunione intesi del loro insieme totale. Ma possono agire nei confronti dei
singoli beni costituenti la comunione, e agire per la quota del 50% in capo ai coniugi.
I creditori vanno nel patrimonio dei singoli coniugi, soddisfacendo per l’uno e per l’altro per la
metà.
ALTRE FORME DI CONVENZIONI MATRIMONIALI: disco rosso per la dote. La separazione de beni è
ancora oggi la forma maggiormente diffusa e adottata.
Il fondo patrimoniale: è un insieme di beni (nello specifico: beni immobili, diritti di credito e azioni), che
sono un fondo che viene creato dai coniugi o che viene creato da un terzo.
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Articolo 167 c.c. primo comma (Costituzione del fondo patrimoniale): “ciascuno o ambedue i coniugi,
per atto pubblico o terzo, anche per il testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando
determinati beni, immobili o iscritti in pubblico registri, o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della
famiglia.”
Il fondo patrimoniale costituisce una delle pochissime ed eccezionalissime ipotesi di patrimonio separato.
Una persona dispone di più di un patrimonio; questo comporta che i creditori di uno die due coniugi, se trova
il patrimonio insufficiente; può decidere di aggredire il fondo istituito a favore dle coniuge.
Che cosa si può fare nei confronti della costituzione di un fondo un po' opaco/sospetto? Il fondo se lo può
immaginare come una cassaforte; questo perché i soldi sono destinati all’evoluzione, all’educazione e alla
crescita della famiglia. Il fondo è un atto a titolo gratuito; allora il crediotre che cerca di dimostrare una
frode. In questo caso duncque si può attuare un’azione revocatoria. L’unica possibilità per i creditori è
quando i beni sono costituiti in trust.
La comunione convenzionale: le parti utilizzando i loro poteri di autonomia contrattuale (articolo 1323 c.c.),
disegnano una comunione differente. Alcuni beni però non possono essere spostati, perché sono beni
ontologicamente personali. Quello che non si può spostare nella comunione convenzionale è il pricipio che i
due coniugi sono contitolari al 50%; e al momento della nascita della comunione e al momento della
successione di scioglimento della comunione. la comunione convenzionale non ha avuto molto successo.
FILIAZIONE
A partire dal 2012, si parla dell’unicità del rapporto di filiazione. Il concetto di parentela fino alla riforma
del 2012 il figlio (sia legittimo che naturale) acquistava una posizione giuridica (in particolar modo per i
diritti successori) solo esclusivamente nei confronti del genitore che avesse provveduto al riconoscimento. Il
figlio naturale riconosciuto non acquistava alcun diritto nei confronti dei parenti che genitore che lo aveva
riconosciuto. Il concetto di parentela è regolato dall’articolo 74 del Codice civile.
Articolo 74 c.c. primo comma (Parentela): “la parentela è il vincolo tra le persone che discendo da uno
stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione si avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è
avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio sia adottato.”
LA FILIAZIONE NATA IN CONSTANZA DI MATRIMONIO: “mater sempre cesta est pater nunca”.
Nascono nei confronti del padre due presunzioni di paternità.
Presunzione di paternità del marito: il bambino e nato e concepito nel matrimonio. Tale
presunzione può tollerare l’evento opposto; ovvero il disconoscimento di paternità.
Articolo 231 c.c. (Paternità del marito): “il marito è il padre del figlio concepito o nato durante il
matrimonio.”
Presunzione di concepimento durante il matrimonio: il figlio nato quando ancora non sono decorsi
i 300 giorni dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio; il papà e sempre il marito.
Che cosa succede se il bambino è nato 300 giorni dopo? In questo caso non vale più la presunzione di
concepimento, ma è possibile dimostrare che nonostante siano decorsi 300 giorni (e dunque sia fuori dalla
portata del matrimonio); il padre sia il marito.
Ciò che dà al figlio lo stato di figlio, è l’atto di nascita (regolato nell’articolo 236 c.c.). E se non si denunzia
la nascita di un figlio? È possibile raggiungere la medesima autenticazione che si ottiene col l’atto di nascita
anche il possesso di stato. Il possesso di stato (situazione di fatto) permette se sono presenti gli estremi
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dell’articolo 237 c.c. di raggiungere una situazione che perfettamente equipollente all’atto di nascita. Non c’è
nei registri dello stato civile un atto di nascita, ma il bambino e sempre stato chiamato, considerato e
percepito all’interno e all’esterno della comunità famigliare come figli di. Se sono presenti: (i) nomen; (ii)
tractatum; e (iii) faman; si può determinare il possesso di stato.
Come si può dire che il rapporto di filiazione non sia un vero rapporto di filiazione? Qui ci sono i tre
strumenti attraverso i quali si può comprendere:
La contestazione dello stato di figlio: il torrente fa riferimento a due fenomeni: (i) sostituzione di
neonati; (ii) supposizione di parto.
Disconoscimento di paternità: nel 1942 l’azione di disconoscimento della paternità spettava
solamente al padre; non si prevedeva che il disconoscimento potesse essere chiesta dalla madre o dal
figlio. In seguito alla riforma del 1975, la legittimazione spetta anche hai padri e hai figli.
Ma quando si può chiedere il disconoscimento? Una risposta la si può trovare nell’articolo 235 c.c. abrogato
nel 2012. Questo perché prevedeva la richiesta di disconoscimento solo in determinati casi; il 2012 invece ha
intenzione di perseguire la verità; ovvero non vi è lacuna limitazione per la richiesta di disconoscimento.
Sostanzialmente le ipotesi però sono quelle presenti nell’articolo 235 c.c.
La madre ha la possibilità di proporre il disconoscimento di paternità entro sei mesi dalla nascita del
bambino. Il padre invece ha tempo di un anno il tempo comincia a decorre dal momento in cui si scopre la
motivazione per cui ne fa rischista (ad esempio: scopre di essere impotente). Il figlio invece non ha alcuna
limitazione di tempo (è imprescrittibile) per richiedere il disconoscimento della paternità.
La materia della filiazione e attraversa da due tendenze contrastanti, da una parte si vuole favorire la verità
(favor veritatis); dall’atra parte vi è un’esigenza opposta. Il diritto di famiglia a cercato di soddisfare
entrambe le esigenze
Fino al 2012, venivano trattate nel condice con un filtro; ossia prima di iniziare la vera causa io ti obbligo a
compiere un’azione preventiva di ammissibilità dell’azione. Il giudice prima di fare altre prove vuole vedere
che tale azione di un’azione fondata, ossia non temeraria.
Il riconoscimento prima del 1975 e anche fra il 1975 e il 2012; il figlio veniva visto come un’entità passiva,
ossia non aveva un ruolo. Il riconoscimento è regolato dall’articolo 250 c.c. [Si può riconoscere un figlio
anche premorto.]
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Il riconoscimento è sempre sostanzialmente ammesso. I figli nati fra genitori fra i quali ricorre un vincolo di
parentela; in questo caso in figli non possono essere riconosciuti. I figli nati da un rapporto incestuoso, però
potevano essere oggetto di un accentramento giudiziarie di paternità o maternità, però non potevano essere
riconosciuti. Nel 2012 4si possono riconoscere i figli di un rapporto incestuoso, articolo 251 c.c. Si vuole
evitare che nascano forme di pregiudizio.
Il riconoscimento permette di raggiungere lo stato di figlio e duncque dell’unicità della filiazione. Quando
può essere invalidato il riconoscimento? Qui ritorna l’esigenza di verità. Il riconoscimento può essere
impugnato:
Articolo 263 c.c. (Impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità): “Il riconoscimento può
essere impugnato per difetto di veridicità dall'autore del riconoscimento, da colui che è stato riconosciuto e
da chiunque vi abbia interesse. L'azione è imprescrittibile riguardo al figlio. L'azione di impugnazione da
parte dell'autore del riconoscimento deve essere proposta nel termine di un anno che decorre dal giorno
dell'annotazione del riconoscimento sull'atto di nascita. Se l'autore del riconoscimento prova di aver
ignorato la propria impotenza al tempo del concepimento, il termine decorre dal giorno in cui ne ha avuto
conoscenza; nello stesso termine, la madre che abbia effettuato il riconoscimento è ammessa a provare di
aver ignorato l'impotenza del presunto padre. L'azione non può essere comunque proposta oltre cinque anni
dall'annotazione del riconoscimento. L'azione di impugnazione da parte degli altri legittimati deve essere
proposta nel termine di cinque anni che decorrono dal giorno dall'annotazione del riconoscimento sull'atto
di nascita. Si applica l'articolo 245.”
L’ADOZIONE: essa è prevista dal codice. L’adozione del maggiorenne rappresenta una questione
importante; il suo scopo e quello di garantire una continuità generazionale. Il principio di continuità
generazionale sta alla base dell’adozione descritta nel codice.
Legge 184 del 1983; da titolo “diritto di un minore di far parte di una famiglia”. Esiste il diritto del minore a
essere educato nella propria famiglia. In situazioni in cui le famiglie non sono economicamente in grado di
mantenere un figlio; in questo caso il minore deve essere protetto. Il tribunale competente segnalare le
famiglie indicenti (prima strada di tutuela per il minore). La seconda strada viene intrapresa quando la prima
non ha avuto efficacia; in questo caso il tribunale de minorenni, riceve un elenco di nucleo famigliari ove il
minore non può crescere perché come dichiara la legge: “vi è una situazione di abbandono”. Il tribunale
emette dei provvedimenti preliminari, nella quale il minore viene inserito in una lista di adottabilità.
Ci possono avere accesso le coppie sposate da un certo lasso di tempo. La adozione viene riportata
all’interno dei registri civili. L’adottato ha gli stessi diritti successori. È possibile adottare da parte del
coniuge, il figlio dell’altro coniuge? Quali devono essere i rapporti tra chi viene adottato e la propria
famiglia d’origine?
Atto preadottivo: il minore prima di essere giudicato idoneo per l’adozione può essere affidato per un
periodo di circa un anno. Articolo 44, adozione in casi particolari non vi è caso di abbandono. Sono descritti
quattro ipotesi, che superano i limiti dell’adozione. Il consenso all’inseminazione artificiale è irrevocabile.
Obbligazione legale di alimenti, quando vi è una situazione di bisogno.
LE SUCCESSIONI
Bisogna assicurare che il patrimonio non rimanga senza titolare. Le successioni possono essere:
inter vivos;
108
mortis causa;
GLI EREDI LEGITTIMI: quali sono i soggetti che devono essere tutelati dall’ordinamento in ambito
successorio? Il primo soggetto ha essere tutelato e lo stesso dominus; in secondo luogo viene tutelata la
famiglia; la terza categoria di soggetti tutelati sono i creditori; in fine possiamo trovare lo Stato.
Articolo 42 Costituzione: “La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad
enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di
acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a
tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per
motivi d'interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e
testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.”
La costituzione dice: “la legge fissa le norme e i limiti della successione legittima e della successione
testamentaria”. Nel diritto italiano esistono solamente due delazioni (vocazioni) ereditarie: (i) il testamento;
e (ii) la legge.
Articolo 456 c.c. (Apertura della successione): “la successione si apre la momento della morte, nel luogo
dell’ultimo domicilio del defunto”.
Articolo 457 c.c. (Delazione dell’eredità): “l’eredità si devolve per legge o per testamento. Non si fa luogo
alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria. Le disposizioni
testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva hai legittimari.”
Si va alla successione legittima quando manca il testamento oppure il testamento risulta incompleto (il
testatore non ha contemplato tutti i suoi beni). Differenza tra legittimi e legittimari: i legittimari
costituiscono un cerchio più piccolo rispetto a quello degli eredi legittimi. Ossia quelli che si presumono
legati al testatore da un intenso rapporto affettivo, sono: (i) il coniuge; (ii) i figli; e (iii) gli ascendenti. Hanno
diritti quantitativi.
Che libertà ha il testatore? La risposta e dipende; ossia bisognia vedere chi sono gli eredi legittimari rimasti.
Il testatore non può ledere i diritti che la legge riserva a favore dei soggetti legittimari (riservatari). Il
testamento che non rispetti i diritti die legittimari; non è annullabile o nullo, ma può essere impugnato dai
soggetti legittimari (azione di riduzione). Non esiste nel nostro ordinamento la figura della successione
mortis causa per contratto o patto. Il testamento è un negozio giuridico unilaterale; deve trarre origine dalla
volontà assoluta e incondizionata del testatore.
I patti successori: sono proibiti; non vi è spazio alcuno per avere legittimità dei patti successori; perché se si
ammette l’idea di un patto successorio significa comprimere la libertà del testatore. Caratteri di
ambulatorietà, ovvero il testamento è qualcosa che il testatore può rivocare fino all’ultimo respiro. Ma, vi è
eccezione per i patti di famiglia.
Il patto di famiglia: legge derivante principalmente dal mondo imprenditoriale. In questo caso si fa un
contratto che deve avere la forma di atto pubblico; alla quale partecipano tutti i legittimari, stabilendo che la
gestione imprenditoriale, vadano a favore del soggetto atterzato per portare avanti il soggetto
imprenditoriale. Il patto di famiglia non vuole essere in alcun modo uno strumento per non rispettare le quote
dei legittimari. Se ad un certo punto vengono fuori altri legittimari; se vi sono dei legittimari dei
sopravvenuti se ne tiene conto e sono tutelati dal diritto, per l’ottenimento della quota loro spettante.
109
L’EREDITA: per introdurre l’argomento è necessario porre una distinzione fra le successioni a titolo
universale e le successioni a titolo particolare.
La distinzione fra erede e legatario e importante, essere eredi significa avere tutta una serie di conseguenze
mentre essere legatari significa avere tutta un’altra serie di effetti. L’erede ameno che non rinunzi all’eredità,
o accatti l’eredità con beneficio di inventario l’erede è tenuto al pagamento dei debiti ereditari. Il legatoario
non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari. Vi sono delle differenze che rigurdano il processo: l’erede
subentra nel processo, invece il legatario no; l’erede succede ne possesso del decuius, mentre invece il
legatario accede al possesso.
Nella successione legittima (si ha quando il testamento non c’è o non è completo), la delazione/vocazione è a
titolo universale; il problema si pone solamente quando il testatore scrive lui il testamento.
Se il testamento non è chiaro, bisognia interpretarlo; bisognia dunque trovare dei principi di conservazione
del testamento. Indica dei beni specifici come quota del patrimonio (non dotati in se per se di una consistenza
autonoma); l’attribuzione specifica di beni determinati, se questa attribuzione viene vissuta nel testamento;
siamo in presenta di una vocazione a titolo universale e non più a titolo particolare.
Articolo 588 c.c. (Disposizioni a titolo universale e a titolo particolare): “le disposizioni testamentarie,
qualunque sia l’espressione o la denominazione usata dal testatore, sono a titolo universale e attribuiscono
la qualità di erede, se comprendono l’universalità o una quota dei beni del testatore. Le altre disposizioni
sono a titolo particolare e attribuiscono la qualità di legatario. Le indicazioni di beni determinati o di un
complesso di beni non esclude la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha
inteso assegnare quei beni come quota del patrimonio.”
LA CAPACITÀ DI SUCCEDERE: la capacità di succedere spetta a tutti però bisognia essere in vita al
momento dle testamento; con l’unica eccezione per il concepito e il conceptorus. Possono succedere anche i
soggetti di diritto non persone fisiche; ossia le persone giuridiche. Per le persone giuridiche vi sono stati
degli interventi di tipo abrogativo in cui le persone giuridiche poteva accettare eredita solamente in seguito
ad un’autorizzazione ministeriale (articolo 17 c.c.; legge Seccadri di Cavuour; abrogato nel 1997). Le
persone giuridiche possono accettare le successioni; però con beneficio d’inventario, per evitare di divenire
eredi si situazioni in cui vi è il peso della passività. Possono acquistare anche gli enti non riconosciute; che
potevano acquistare solamente facendo istanza di riconoscimento (articolo 600 c.c.; poi abrogato).
Da non confondere con l’indegnità. È indegno colui che ha commesso cose piuttosto forti e penalmente
rilevanti, nei confronti dle decuius.
Articolo 463 c.c. (Casi di indegnità): “è escluso dalla successione come indegno: (i) chi ha
volontariamente ucciso o tentato di uccidere la persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un
discendente, o un ascendente della medesima, purché non ricorra alcuna delle cause che escludono la
punibilità a norma della legge penale; (ii) … “
110
LA RAPPRESENTAZIONE: il soggetto chiamato a rappresentare non vuole o non può accettare l’eredità.
Non vuole perché ha rinunciato all’eredità; non vuole perché è premorto. Che succede? In questo caso
succedono i successori del soggetto che sono i suoi rappresentati. In questo caso la lista dei rappresentanti
rigurda una lista molto stretta, che rigurda i discendenti e/o fratelli e sorelle che sono eredi legittimari.
Ameno che il testatore, non dichiari che nel caso in cui l’erede leggiamo non voglia o non possa accettare
l’eredità; io nella pienezza delle mie capacità lo sostituisco con un altro soggetto. La rappresentazione si a
solo per stirpe.
ACCRESCIMENTO: vengono chiamati con una chiamata congiuntiva tutti gli eredi. Se uno degli eredi non
può o non vuole; vi è un accrescimento della quota delgi altri due eredi. Anche qui nell’accrescimento il
testatore ha sempre la possibilità di nominare un sostituto. La sostituzione ordinaria è quando il testatore
prevede ex ante in cui uno o più non possono o non volgano accettare l’eredità.
L’accettazione ha un termine per accettare molto lungo, ossia di dieci anni. I creditori in questo caso possono
richiedere un’azione interrogatoria.
In questo caso non si verifica la confusione fra i due patrimoni. Atto di sfiducia nei confronti del testatore.
Che cosa è l’inventario? L’inventario è la lista dei beni del decuius, deve essere fatta in maniera analitica, i
tempi per compilarla sono molto stretti. Il codice distingue che l’erede sia o non sia nel possesso dei beni
ereditari, molto rigoroso nei confronti dell’erede nel possesso.
L’erede nel possesso deve entro tre mesi compilare l’inventario dall’apertura della successione entro
quaranta giorni deve decidere se accettare con beneficio si inventario o no. I termini possono essere prorogati
dal tribunale. Differente il caso in cui non vi sia il possesso dei beni ereditari, il termine è molto più lungo,
ossia il termine di prescrizione (decennale).
Che cosa succede se i debiti del decuius sono maggiori rispetto hai beni dell’inventario? In questo caso
possiamo esaminare due ipotesi:
Ipotesi in qui non vi sia sproporzione oppure la sproporzione non è molto rilevante: i credi
vengono pagati su una base di priorità temporale (chi si presenta prima viene pagato);
Ipotesi in cui la sproporzione è forte: in questo caso si applica un criterio fallimentare, tutti i
creditori hanno lo stesso trattamento di riduzione del credito.
Si cerca di tutelare i creditori del decuius. Articolo 490 c.c. Se il chiamato all’eredità non rispetta i termini,
sono i creditori a dover prendere l’iniziativa e richiedere la separazione del patrimonio.
111
AZIONE DI PETIZIONE EREDITARIA: riferimento alle azioni di difesa della proprietà. L’erede può
proporre un’azione di petizione ereditaria, fa un’azione nei confronti di un soggetto possiedono il bene. Ha
che titolo possiedono il bene? Può essere promossa solo nei confronti di due possessori:
A titolo di erede: in questo caso l’azione di petizione ereditaria non si propone, ma si proprone
l’azione adeguata al suo titolo;
Possiedo perché possiedo (non è un titolo specifico).
L’azione è imprescrittibile come l’azione di rivendicazione. Vi è un soggetto terzo che ha acquistato dei beni
dall’erede che sembra l’erede, l’erede appratente. Deve sempre concorrere la buona fede. L’ordinamento
considera ancora una volta decisivo il pricipio della buona fede. Anche in questo caso vi è il pricipio di
tutuela incolpevole. Per escludere l’acquisto devo dimostrare la colpa grave. Poi si distingue se sono beni
mobili e immobili.
RINUNCIA ALL’EREDITA: la rinunzia può essere sempre revocata, impugnata per violenza o per dolo.
Non può essere sindacata da chi ha un interesse opposto. La rinunzia non può essere soggetta ad azione di
surrogazione.
In materia di successione legittima è importante ricordare; la portata dell’articolo 74 del Codice civile, in
matria di parentela. Dal 2012 il figlio naturale acquista diritti successori nei confronti di tutti i parenti e
viceversa. La coniuge spettava una qua dei titoli di beni di usufrutto.
Questa scelta non si basa tanto sulla necessità di rispettare il dettato Costituzionale (art 24 cost.). forte nelle
ultime tre legislature è stata la volontà di aumentare la libertà del testatore, di attribuire al decuius maggiore
ampiezza d’azione; oggi giorno si fa da un massimo dle 50% ad un minimo di ¼ del patrimonio.
Esempi: vi è solo il coniuge, a egli gli spetta la metà. Coniuge con un figlio: al coniuge un 1/3 al figlio un 1/3
e 1/3 è libero. Coniuge con più di un figlio: hai figli spetta la metà dle patrimonio, al coniuge ¼ e ¼ libero.
Coniuge con ascendenti: al coniuge la metà, agli ascendenti ¼ e ¼ libero.
C’è una quota del patrimonio indisponibile, che prende il nome di quota di riserva; poi vi è una quotina
disponibile. Come si calcola il valore della quota disponibile? A questo proposito si parla di un’operazione
aritmetica cartacea, che prende il nome di riunione fittizia.
Il primo bene si chiama relictum; ossia quello che è stato lasciato al momento dell’apertura della
successione, il giorno del trapasso del decuius. Si guarda al momento della dichiarazione di
successione.
Il secondo bene è il debitum; ossia i debiti del decuis. Il debitum deve essere sottratto dal relictum.
In fine abbiamo il donatum; ossia quello che il testatore durante gli anni (ultimi anni) ha fatto delle
donazioni.
112
Si stabilisce il valore del patrimonio e si vede chi concorre al patrimonio. Il donatum che si è aggiunto al
valore è in capo al donatario. La quota indisponibile di questo valore patrimoniale è stata lesa; che cosa si
deve fare? Quando uno dei legittimari riservatari, decide di partire con un’azione di riduzione.
Come si opera la riduzione? L’azione di riduzione spetta a uno dei legittimari quando la quota indisponibile
è stata lesa. Che cosa si riduce? L’azione di riduzione tocca in prima battuta le cose sono più vicine ossia le
disposizioni testamentarie con il quale il testatore abba esagerato nell’attribuire a non legittimari dei beni che
erano invece parte della quota indisponibile. Le disposizioni testamentarie possono toccare anche altri
legittimari. Molto più complicato è il caso in cui il decuius abbia toccato la quota indisponibile in vita
facendo delle donazioni o simulando degli atti di vendita (simulazione relativa), che in realtà erano delle vere
e proprie donazioni.
Che cosa succede se il terzo ha venduto queste donazioni a titolo oneroso? Se la riduzione viene accolta che
sorti ha sulla donazione posta in essere? Quanto fatto dal testatore è valido o invalido? Prima conclusione,
gli atti di donazione posti in essere in vita dal testatore sono validi. Non si tratto d nullità ma si guarda
all’inefficacia. Si dice, visto che il codice nulla menziona, che l’azione di riduzione determina una sorta di
risoluzione delle donazioni, per inefficacia, con effetto restitutorio. Si accerta che quella donazione abbia
leso la legittima dei legittimari. L’effetto restitutorio è successivo alla dichiarazione di inefficacia; è molto
complicato quando l’oggetto della donazione è un bene immobile.
Uno dei problemi è che il donante decuis si protegge, e pone in essere atti che fondamentalmente sono atti a
titolo oneroso, ma che in realtà sono delle vere e proprie donazioni. Simulazione relativa, le parti hanno
posto in essere una vendita ma in realtà volevano una donazione (presenza di uno schema causale).
Tendenzialmente le parti si scambiano una contro dichiarazione; il legittimato nei confronti di una
simulazione posta in essere dal decuius con il terzo donatario come fa a provare la donazione? Egli è terzo
rispetto a questo atto simulato. La legge assicura al terzo che vuole accertare una legittimazione una
maggiore possibilità processuale, perché possono accedere alla prova testimoniale senza alcun limite e la
prova presuntiva. Ma prima mi devo accertare di una simulazione che non è vendita ma donazione, che
a violato la mia quota legittima. L’azione di riduzione ha un termine mobile a seconda che vi sia il possesso
o no dei beni ereditari.
La sanzione di riduzione vuole essere una forma di tutela per i legittimari, e vuole essere una forma di
sanzione nei confronti dei donatari e dei terzi acquirenti. Nel 2005 in mesi diversi (maggio e dicembre) sono
state varate due leggi che vogliono proteggere i due soggetti contendenti nell’azione di riduzione. In primi
vogliono proteggere i diritti dei legittimari e vogliono proteggere anche i diritti di coloro che dai donatari
hanno acquistato diritti a titolo oneroso (ossia i terzi, ci si riferisce alla circolazione dei beni). Quando sono
passati vent’anni dall’acquisto da parte del donatario, quel bene non può più essere oggetto di azione di
riduzione (il terzo acquista bene dopo vent’anni).
La riforma del 2005 a favore dei legittimari consiste in: i legittimari qualora siano a conoscenza di una
donazione, possono fare riserva di opposizione. Non viene attaccato il bene ma in questo modo sterilizzo i 20
anni che rendono il bene commerciabile.
Il primo obbiettivo dell’azione di riduzione e quello di ridurre le disposizioni testamentarie della legittima.
Se non è possibile si vanno a prendere le donazioni poste in essere dal testatore. Se si guarda la riduzione
delle disposizioni testamentarie, i dieci anni decorrono dall’apertura della successione. Se invece si guardano
le donazioni allora il termine di prescrizione decorre da quando l’erede legittimario ha accettato l’eredità; in
questo caso il codice pone un onere di accettazione con beneficio di inventario.
L’azione di riduzione non può essere rinunziata preventivamente dai legittimari; essi devono attendere la
morte del de cuius (guardare molto bene il torrente).
113
Nel caso in cui il donatario venda ad un’terzo a titolo oneroso (in buona fede). Ma nei confronti delle pretese
del legittimario che chiede la riduzione dell’azione di riduzione; la posizione dle terzo che abbia acquistato a
titolo onerose è perdente (vince il legittimario). Per paura della probabile pretesa del legittimario; i terzi
avevano paura di acquistare (mercato fermo).
Interviene il legislatore con due provvedimenti, ossia i provvedimenti dle 2005; con lo scopo di proteggere di
due soggetti: il terzo che acquista (per terzo si intende il mercato); e i legittimari. I due provvedimenti
legislativi dle 2005 proteggono entrambi i soggetti; come?
Mercato: se sono passati vent’anni da quando si è verificata la donazione, da quando e stata trascritta
la donazione fatta dal de cuius, passano vent’anni, i diritti dei terzi che abbiano acquistato dal
donatario e dallo stesso donatario, sono salvi. Il terzo acquista bene dopo vent’anni.
I legittimari: possono compiere un’opposizione alla donazione fatta. Opposizione che essendo bene
immobile deve essere trascritta. Questa opposizione sterilizza i vent’anni; in questo modo blocca “il
passare del tempo”.
Il testamento non è ammissibile il testamento congiuntivo o reciproco; perché lede (contra legem) il principio
dell’unilateralità. Mentre riceve sanzione piena il testamento congiuntivo o reciproco, la giurisprudenza però
ritiene legittimo il testamento simultaneo. In questo caso i due coniuge su due scede testamentarie differenti
dichiarano, se more prima uno, tutto va al secondo.
Le forme del testamento: il testamento deve avere la forma scritta; il testamento orale (nuncupativo) non è
assolutamente ammesso. Se sono state eseguite disposizioni testamentarie di un testamento nullo ì, queste
sono sanate, ossia non possono più essere annullate. Articolo 590 c.c.
Non hanno capacità testamentari: l’incapace giudiziale, il minore, l’incapace d’intendere e di volere; ma non
l’inabilitato (lui può fare testamento).
Il testamento olografo: è quello che può essere fatto su un foglio (no computer). Che cosa è
necessario perché vi sia? (i) deve essere scritto di pugno dal testatore. Per il principio
dell’unilateralità del testamento; (ii) sottoscrizione; (iii) la data, è importantissima perché: ci possono
essere stati più testamenti; può succedere che il soggettò era in una situazione di incapacità di
d’intendere e di volere. E la forma esposta ha più rischio testamentari. Esempio: non si trova il
testamento. Allora sì la successione legittima.
Testamento per atto pubblico: fatto davanti al notaio, che in questo caso scrive il testamento. Ha
tutte le caratteristiche dell’atto pubblico. Ci è una forma di testamento pubblico ancora più
complicate che è il testamento segreto; testamento da cui si va dal notaio ma la scheda testamentaria
è già stata preparata (come un testamento olografo), viene sigillata e resa segreta.
Bisogna passare attraverso alla fase della pubblicazione; chi ha un testamento olografo si fa un verbale ad
atto pubblico (la pubblicazione non è un requisito di validità). Il testatore nomina un esecutore testamentario
(quando i beni sono particolarmente complessi oppure quando i legati o legatari sono tanti).
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Due sono le esigenze per quanto rigurda l’interpretazione testamentaria; sono anche conflittuali tra di loro
(riferimento interpretazione del contratto): (i) interpretare nel modo più completo e preciso; (ii) io devo
cercare di conservare il documento testamentario (perché ultimo documento). In materia di interpretazione
testamentaria non vi sono norme dedicate espressamente all’interpretazione del testamento; dunque, vengo
ripescate quelle dell’interpretazione del contratto, rigurdante la sfera soggettiva. La volontà del testatore deve
essere non viziata; il testamento può essere impugnato se vi è stato dolo, violenza o errore. Per quanto
rigurda l’errore non possiamo dire che deve essere determinabile e riconoscibile.
Nel contratto l’errore sul motivo non assume rilevanza, perché appartiene alla sfera soggettiva delle parti.
Nel negozio testamentario invece l’errore sul motivo invece presenta una diversa valenza; esso infatti può
avere rilevanza perché io devo ricostruire e comprende la volontà dle testatore. L’errore sul motivo può
essere causa di annullamento (se dimostrabile e costituisce una ragione decisiva) del testamento.
Principio di conservazione della sceda testamentaria: a volte le disposizioni testamentario sono generiche o
poco determinate o indeterminate (leggi esempio sul torrente).
Il testatore non voleva lasciare determinati beni ad una persona; quest’ultimo nomina un soggetto con il
compito; lui direttamente; di eseguire diposizioni che lui direttamente non poteva e non voleva fare a carico
della persona. Siamo in presenza di una figura regolata dall’articolo 627 c.c.; ossia le disposizioni fiduciarie
(è un esempio tipico di obbligazione naturale). Non vi è un obbligo giuridico, ma un dovere morale e sociale,
tipizzato, che se viene adempiuto spontaneamente rende irripetibile ciò che è stato spontaneamente adempito.
Articolo 627 c.c. (Disposizione fiduciaria): “Non è ammessa azione in giudizio per accertare che le
disposizioni fatte a favore di persona dichiarata nel testamento sono soltanto apparenti e che in realtà
riguardano altra persona, anche se espressioni del testamento possono indicare o far presumere che si
tratta di persona interposta”.
Il legato: attribuzione a titolo particolare. Differenza: non di richiede l’accettazione come invece viene
richiesta nell’eredità, vi è la possibilità di una rinunzia. Il legatario non risponde dei debiti ereditari; egli e
hai senti dell’articolo 588 c.c. è una disposizione a titolo particolare. Ossia viene attribuito al legatario un
bene specifico e determinato. Il legatario acquista il suo diritto nei confronti dell’erede che si chiama onerato
o di un altro legatario. Il legatario può essere:
Di specie: quando ha per oggetto beni specifici e determinati (vice il principio del consenso
traslativo);
Di genere: in questo caso si parla di bene generici, di conseguenza l’attribuzione al legatario da parte
degli eredi dovrà avvenire secondo i criteri del 1178 c.c.
Che differenza c’è tra il sub-legato (ossia quando il soggetto che è tenuto a trasferire il bene è un altro
legatario) e il prelegato? Il prelegato è un legato a carico dell’eredità e a favore dell’erede.
LA COMUNIONE EREDITARIA: quando ci sono più eredi e dunque vi è una contitolarità (riprende tratti
della comunione ordinaria).
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Il coerede che vuole procedere alla vendita deve attuare la denutiatio (ossia alla notifica). Nella denutiatio
viene concesso un termine di trenta giorni, per assicurare al coerede che è interessato ad acquistare la quota
di proprietà dell’altro coerede. Se per caso non venisse attuata la denutatio, il coerede pretermesso ha una
tutela particolare forte; ossia il retratto successorio, ossia riprendere la titolarietà del bene dal terzo che lo ha
acquistato.
La comunione ereditaria è uno dei casi in cui la legge dispone diversamente; cioè i singoli coeredi, sono
responsabile del pagamento dei debiti ereditari non per l’intero, ma sono responsabili pro quota; quindi non
più ad attuazione solidale ma ad attuazione parziale.
(i) Divisione volontaria: può assumere la forma più semplice, ossia quando i coeredi sono
d’accordo nel provvedere alla divisione dei beni oggetto della comunione. Si ha una divisione
così detta volontaria, convenzionale e pattizia. Si vanno a costituire i lotti dei beni che vengono
assegnati ai singoli eredi.
(ii) Divisione giudiziale: in questo caso è il giudice a decidere come dividere i beni; nominando un
consulente tecnico per la formazione di quello che rigurda i lotti (ossia una parte del tutto).
Vi è una divisione stabilita dal testatore in materia testamentaria (molto più frequente nel codice previgente).
Il codice dice solo che il testatore ha la facoltà di indicare lui, quelli che sono i beni d’assegnare all’interno
della scheda testamentaria (successione testamentaria). Parliamo di divisione volontaria.
Può essere il regolamento convenzionale di divisione essere in qualche modo impugnato dalle parti e si
preoccupa di vedere se nella formazione dei lotti, sia stata non perfettamente rispettosa delle quote dei
singoli coeredi. Quando si formano in sede di regolamento pattizio derivante da visone contrattuale; vi è un
rimedio (già analizzato per quanto riguarda il difetto generico di causa del contratto rescindibile). In materia
di divisione contrattuale non si richiede una sproporzione del 50% ma di ¼.
LA COLLAZIONE: richiama a sé la riunione fittizia. La collazione non rigurda tutti i legittimari. Il de cuius
ha fatto donazioni (in vita) ad una di queste categorie, come deve essere interpretato? Il donate voleva fare
un trattamento privilegiato. Ha differenza della riunione fittizia, i beni oggetto di collazione vengono mossi
veramente, ossia possono essere imputati (imputazione delle donazioni). Pone problemi complicati, quando il
bene da conferire sia un bene immobile. Si cerca di ristabilire la quota tra i soggetti. Non sono oggetto di
collazione tutta una serie che il donate ha fatto per mantenere i legittimari.
LA DONAZIONE: è un contratto (dentro il secondo libro perché più vicino alle successioni). Due sono i
requisiti da non scordarsi mai: (i) spirito di liberalità (non sono assolutamente da confondere con gli atti a
titolo gratuito), essa costituisce la causa del contratto; (ii) arricchimento del donatario, il patrimonio del
donatario riceve una modificazione migliorativa.
Articolo 769 c.c. (Definizione): “la donazione e il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte
arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa
un’obbligazione”.
116
La forma della donazione e una forma molto rigorosa, atto pubblico ad substantiam, con la presenza di due
testimoni. Il Codice civile vuole essere sicuro della volontà del donante (la forma è l’ultimo campanello
d’allarme). Caratteristiche della conazione è la spontaneità (non si deve dire che vi è spazio per il
preliminare, assolutamente no). La donazione di beni futuri; la vendita la prende in considerazione, ma la
donazione no (eccesiva prodigalità). È permessa la vendita di beni altrui? A certe condizioni la vendita di
beni altrui diventa legittima. Vi deve essere specificato il soggetto dal quale il donante si obbliga ad
acquistare quelle incertezze che potrebbero compromettere l’equilibrio causale.
La donazione indiretta: essa fa parte del negozio indiretto. Esempio: io non faccio una donazione ma
adempio come terzo ad un’obbligazione del debitore. Sono situazioni in cui vi è un arricchimento di un
soggetto non attraverso una strada maestra delgi articoli 769 e seguenti del Codice civile.
Il negozio mixtum cum donazione: sembra una vendita ma sembra anche una donazione; perché il venditore
vede il bene ad un prezzo molto più basso del market price. Bisogna vedere se vi è la prevalenza della
vendita o della donazione. Questo perché vi possono esserci conseguenze importanti in termini di operatività
delle singole figure.
La donazione può essere revocata; non può essere revocata la donazione remuneratoria, ma può essere
invece revocata sono in limitatissime serie di ipotesi. Ipotesi che prevedono un comportamento molto brutto
da parte del donatario; il codice parla di ingiuria grave.
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