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LEZIONE 1 28/9/2020

La legge è generale e astratta – In riferimento all’art.3 Costituzione la legge deve identificare tutte
le categorie di persone ma non può scendere a disciplinare i casi concreti, i quali potranno poi essere
disciplinati attraverso regolamenti, circolari e decreti. Talvolta, però è difficile verificare se le leggi
siano effettivamente confermi o meno alla Costituzione. Il diritto, che nasce prima della legge e prima
della convivenza civile tra gli uomini, si distingue dalla legge, in quanto astratto. La legge è, invece,
un concetto concreto ed è un’emanazione del diritto (una conseguenza logica del diritto); senza il
diritto non c’è legge.
➢ Esempio: Il concepimento. Due genitori che decidono di abortire cambiano la logica ereditaria
del nascituro. Che cosa comporta l’interruzione di una gravidanza dal punto di vista giuridico?
Se il bambino nasce allora entra a far parte dell’asse ereditario e, dunque, è già destinatario di
rapporti giuridici (nonostante il bambino non sappia che cosa sia il diritto).
La capacità giuridica si acquista con il concepimento (prima ancora della nascita). In
quell’istante, il feto è già destinatario di capacità giuridica, per esempio è già destinatario di beni.
La capacità di agire, invece, che è promanazione di legge e non del diritto, si distingue dalla
capacità giuridica, in quanto la si acquisisce con il raggiungimento della maggiore età. Dunque,
non solo si è destinatari di provvedimenti e di norme giuridiche ma si diventa autori della norma
giuridica e, quindi, è possibile promuoverla e promulgarla in totale autonomia.

Il diritto viene prima di tutto, il neonato che nasce ha già dei diritti, nonostante non abbia idea di cosa
sia la legge.
Il diritto è una condizione fondamentale primaria: di pensiero, di sciopero, di stampa, di salute
Questi diritti fondamentali li conosciamo perché qualcuno li ha messi in un ordinamento giuridico
alias costituzione, sono legiferati.
Si hanno due tipi di diritto: uno di “ius” tipico e uno di “ius” con logo, ovvero un diritto non scritto.
Il nostro sistema di diritto è jus tipico (diverso dal common law), quindi è un diritto scritto e proviene
dal diritto romano. Ciò che non è vietato, vuol dire che è lecito: tutto ciò che non è vietato
espressamente attraverso una legge vuol dire che è lecito. È un sistema che veniva adottato dai
Romani: tutto doveva essere codificato, ogni situazione giuridica che si presentava doveva essere
codificata.
La proprietà, il possesso, l’usufrutto, il diritto di famiglia, la successione, le donazioni: tutti i titoli del
codice civile sono gli stessi di quelli di più di due mila anni fa. Avevano uno stato avanzato e
progredito di cultura giuridica, seppur applicata con criteri di dittatura. Ad esempio se un debitore
oggi non paga, non gli posso mettere le mani addosso. I romani potevano: il debitore si presentava
di fronte ad un giudice con un creditore, il giudice gli chiedeva perché non adempie al debito e poteva
sentenziare dicendo che autorizzava il creditore a mettere le mani addosso al debitore. È una logica
giuridica molto particolare. Il fondamento di questa logica giuridica, a parte l’esecuzione, è rimasto.
Oggi giorno se uno non mi paga il debito, devo andare da un giudice, da un avvocato, fare una
pratica. Tuttavia a causa della burocrazia che ha spesso tempi troppo lunghi, il debito va sotto l’uso
perché si prescrive. (Il soggetto che vanta un credito nei confronti di un altro soggetto, deve
pretenderne il pagamento in un arco di tempo ben preciso, individuato dalla legge. Se, infatti, questo
periodo di tempo decorre senza che il creditore abbia esercitato il relativo diritto, il debito si estingue
per prescrizione. In sostanza, significa che il creditore non potrà più esigere dal debitore il
pagamento. Per comprendere quanto detto cerchiamo di capire meglio cosa si intende
per prescrizione e quando la stessa si verifica).

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Subentra un altro negozio giuridico inventato dai romani che è la prescrizione del debito, cioè la
cancellazione del diritto di credito. Perdo il diritto solo in virtù del tempo che passa. Si cancella questo
diritto e non posso più pretendere il credito.
Come si può interrompere la prescrizione? Basta un documento che certifichi la richiesta di
ottemperare (attenersi/conformarsi) oppure la richiesta del creditore di esigere il credito
Romani: applicavano il diritto con i criteri della dittatura
Oggi: se io ho un debito/credito nei confronti di un soggetto, non posso rivolgermi direttamente al
debitore per il pagamento ma devo andare da un giudice, avvocato e iniziare una pratica che spesso
si rivela troppo lunga e il mio debito/credito non viene riscosso. → Il debito si può prescrivere
Prescrizione del debito: è un istituto giuridico inventato dai Romani. È la cancellazione del diritto di
credito. La prescrizione si interrompe con un documento che certifichi la richiesta di ottemperare: la
raccomandata con avviso di ricevimento è il documento tipico che serve per interrompere una
prescrizione. (in alcuni casi il debito può essere compensato con un credito)
Termini di prescrizione: 10 anni per prescrizione ordinaria e 5 anni per crediti d’imposta

L’amministrazione pubblica ha bisogno di due binari per parlare di legalità e di tipicità:

• Fenomenologia: i fenomeni che accadono (la fenomenologia giuridica vede le cose in base
a come esse vengono comunicate e a come le si vedono es: pianoforte lo puoi suonare o ci
puoi mettere dentro il whiskey)
• Comunicazione: il modo di comunicarli. Bisogna distinguere il concetto di potere e il concetto
di garanzie individuali. Il concetto di potere è gestito normalmente da pochi, le garanzie
individuali invece sono gestite da molti, cioè da tutti noi
Ogni cosa può essere utilizzata sotto molteplici aspetti. Dobbiamo dividere il concetto di potere
(gestito normalmente da pochi) e il concetto di garanzie individuali (gestite da molti).

PRINCIPI FONDAMENTALI

Legalità. Art.23. > significa che il sistema giuridico è improntato ai criteri che derivano
esclusivamente dal diritto e dalla legge (il diritto contiene la legge); la legalità è la conformità alla
legge (un atto che è conforme alla legge)

Legittimità > è la titolarità di un atto. La legittimità è un principio legato ai vizi. L’atto illegittimo è
quell’atto che è viziato per incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge.
Vuol dire che quello che è scritto, ma anche chi ha emanato, nella legge non è viziato, non ha vizi,
non ha errori (alcune leggi sono viziate del Parlamento)

Legittimazione > La legittimazione proviene dal “basso” e non dall’”alto” ed è definita come il
riconoscimento che i cittadini/privati danno ad un comportamento che appare (sembra)
giuridicamente rilevante perché sostenuto dal principio di buona fede del Codice civile
(condizione fondamentale – se manca la buona fede cade tutto).

Se legittimo un comportamento giuridico vuol dire che lo riconosco giuridicamente rilevante, non
perchè lo dice la legge ma perché lo dico io. Es: vigile urbano che ci ferma con la paletta, io
fermandomi l’ho legittimato. Ma se è un farabutto e non un vero vigile? Lo abbiamo legittimato in
“buona fede”, quindi con questo comportamento io legittimo - principio effettività della norma
giuridica (quel principio che prevede la concreta esecuzione di quanto stabilito dal diritto sostanziale,
ovvero dalle norme che fanno parte dell'ordinamento)
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Sovranità > Il concetto che illustra il principio di Sovranità, è legato al principio secondo cui ogni
Stato democratico è caratterizzato un Parlamento. Il Parlamento di ogni Stato è sovrano, può quindi
emanare leggi anche contro la Costituzione, contro l’Unione europea e contro qualsiasi norma
(concetto di sovranità).
Riconoscere che un determinato organo può determinare le leggi, o che appartiene solo al
Parlamento, significa poter legiferare in modo consono (cioè secondo la legge o anche contrario alla
legge). Il concetto di sovranità implica l’assenza di una gerarchia superiore alla sovranità, mentre
esiste una gerarchia inferiore ad essa
La corte costituzionale può intervenire perché è il giudice che va a rimuovere quelle leggi che sono
incostituzionali (giudice sostanziale)
Il presidente della repubblica è solo garante della costituzione, può far presente il problema della
legge incostituzionale, ma poi è il parlamento che porta avanti oppure no la richiesta, lui alla fine se
il parlamento gli dice che è giusta la deve approvare per forza.
Tipicità > dell’ordinamento giuridico, vuol dire forma tipica, ovvero che le leggi, i decreti, alcuni
documenti dell’amministrazione generale, devono essere fatte solo ed esclusivamente in quella
forma. In sintesi, definiamo atto tipico un modello che deve essere standard, uguale per tutti.
Ad esempio: il modello f24, non puoi presentarlo in un modo diverso. I documenti previsti per legge
devono essere confezionati in quel modo
Discrezionalità delle amministrazioni > l’amministrazione ha la scelta tra diverse opzioni, che
comunque sono previste dalla legge, discrezionalità amministrativa, perché sto amministrando un
qualcosa e tramite l’interpretazione della legge io scelgo la via migliore per risolvere il problema
entro i ranghi della legge. Se io scelgo al di fuori della legge allora sto attuando un comportamento
arbitrario, ad esempio se io faccio vincere il bando di un concorso ad un mio amico senza
considerare il bando di concorso. Discrezionalità tecnica se l’amministrazione prima di scegliere
deve verificare il parere di un’altra amministrazione: tecnico, privato; es: costruisco una strada allora
devo verificare se lì c’è una falda acquifera o se è territorio protetto, quindi per saperlo aspetto il
parere di un esperto, altrimenti rischierei di ricadere in un territorio di illegittimità
Possono essere:

• Pareri facoltativi, se puoi chiedere un parere, però se lo chiedi devi aspettare la risposta e
scegliere comunque di fare il cazzo che vuole
• Parere obbligatorio, l’amministrazione lo deve chiedere, lo deve aspettare poi però non è
tenuto a seguirlo, ancora una volta può fare il cazzo che vuole
• Parere obbligatorio e vincolante, lo devo chiedere, lo devo aspettare e lo devo assecondare
quindi col cazzo che ho discrezionalità
L’amministrazione pubblica ha ampia discrezionalità
L’amm. Tributaria non ha discrezionalità, o pochissima, perché è tutto previsto dalla legge fin dei
minimi particolari.

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LEZIONE 2 29/09/20
Riserva di legge > ha una funzione di garanzia in quanto assicurare che in materie particolarmente
delicate, come nel caso dei diritti fondamentali del cittadino, le decisioni vengano prese dall'organo più
rappresentativo del potere sovrano ovvero dal parlamento.

è un principio che ci da una estrema garanzia perché tutto ciò che è previsto dall’ordinamento è
previsto dalla legge, che è uguale per tutti. La garanzia che tutto quello che stabilisce le limitazioni
delle libertà personali, o la riscossione dei tributi.
L’art. 23 Costituzione riguarda i tributi e, secondo il principio di riserva di legge, afferma che nessuna
prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.
Una riserva di legge può essere:
- assoluta (la legge deve regolare)
- relativa, è relativa (la legge può regolare, cioè può farlo e non farlo) perché dice solo in base alla
legge, ma non specifica quale legge, perciò possono essere provvedimenti normativi
- rinforzata: quando non solo la riserva di legge è assoluta, ma la Costituzione dettaglia i modi in
cui la legge regola.
riserva di giurisdizione > cioè tutte le sentenze, le ordinanze emanate dalla nostra giustizia
amministrativa e civile (cioè tutti i livelli di giustizia) hanno un proprio ruolo e, se sono emanate prima
dell’intervento di una norma, allora la norma che andrà ad essere scritta non potrà non tener conto
di tale ordinanza o sentenza.
Riserva di giurisdizione, sentenze che rinviano altre sentenze, nel nostro sistema civil-low (al
contrario della common-law nel quale il giudice non può contraddire le sue sentenze passate) rinvia
il giudicato, se rinvia la sentenza passa il tempo e viene resa definitiva quella precedente.
(Civil Law (Costituzione rigida, tipica dei Paesi come l’Italia. La Costituzione italiana è composta da
139 articoli e relativi commi. Il Parlamento può modificare uno di questi articoli della Costituzione e
poi emanare un provvedimento, cioè una legge. Per modificare la Costituzione (solo parzialmente)
si ricorre ad un procedimento aggravato, che è un processo molto lungo e articolato. La chiave per
entrare nella modifica costituzionale (solo alcune parti della Costituzione e non tutto) è l’art.138
Costituzione e mediamente il tempo di modifica stimato è di 12 mesi. Il terzo referendum
costituzionale nella storia della Repubblica italiana proposto da Renzi, che ebbe luogo nel 2016,
rappresenta l’ultimo tentativo di modifica della Costituzione. L’art.138 Costituzione disciplina il
procedimento di formazione delle leggi di revisione costituzionale e delle altre leggi costituzionali)
Common Law (Costituzione flessibile, tipica dei Paesi come l’Inghilterra)

Motivazione > Gli atti vanno MOTIVATI per mettere in condizioni il destinatario di poter fare ricorso
(gli atti normativi non vanno motivati perché hanno già all’interno le motivazioni, gli atti non normativi
hanno bisogno della motivazione) se la motivazione è obbligatoria e l’atto non ne dispone, allora è
un atto nullo; ma se non è obbligatori allora è un atto annullabile.
Nullità > un atto è nullo dal momento che non presenta i requisiti essenziali per poter essere valido,
mancano cioè gli elementi essenziali che compongono l’atto (firma, intestazione, soggetto…); con
nullità si indica anche l’inesistenza di un atto, in quanto non produce effetti dall’inizio (atto
inesistente).
Ma si può dare valore ad un atto nullo? Si, si può convertire: un’ordinanza può essere convertita in
un avviso. Es: ordinanza del sindaco, per pericolo sospende l’erogazione dell’acqua. Ma non c’è la
firma quindi non è valido. Ma chi va a leggere non vede nemmeno che non c’è la firma, quindi
raggiunge lo stesso risultato di un’ordinanza nonostante sia semplicemente un avviso.
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ATTO NULLO
Un atto si definisce nullo in caso di:
1. Mancanza degli elementi essenziali dell’atto: Definiamo atto nullo l’atto che non presenta i
requisiti essenziali per poter essere valido, mancano cioè gli elementi essenziali che
compongono l’atto: la firma, l’intestazione (viene emanato su carta intestata differente), il
soggetto a cui si rivolge l’atto (manca il nome del destinatario), la forma (ad esempio, un atto
verbale al posto di un atto scritto). Spesso con il termine “nullità” si indica anche l’inesistenza di
un atto, in quanto non produce effetti dall’inizio; dal punto di vista del diritto, l’atto non presenta i
requisiti necessari, quindi, per stare in piedi (atto inesistente).

2. Incompetenza assoluta: L’atto sembra che sia conforme alla legge, fatto secondo i canoni di
legge però è stato emanato da un’autorità che è incompetente in senso assoluto. Parliamo di
incompetenza assoluta quando l’autorità che ha emanato un certo atto non ne ha la competenza
(per valore, per territorio, per materia, etc.).

➢ Esempio: Il sindaco che emana un atto al posto del prefetto (firma la patente di guida). In
questo caso dunque, l’atto diventa nullo, e non annullabile, per incompetenza assoluta. Quasi
tutti gli atti amministrativi e normativi sono scritti, fanno eccezione alcuni attivi verbali che hanno
una valenza giuridica. Un esempio è quello del funzionario di fatto o quello di atti imperativi della
pubblica amministrazione che si rivolgono ai cittadini in modo orale/verbale (la segnaletica fatta
dal vigile urbano), non sono atti scritti ma hanno lo stesso valore di legge.

ATTO ANNULLABILE
è l’atto che ha dei vizi. L’atto continua a produrre effetti giuridici fino a quando qualcuno si accorge
che quell’atto è viziato (se nessuno se ne accorge allora continuerà a produrre effetti). I vizi che
rendono un atto annullabile (e, dunque, rimovibile dall’amministrazione):
1. L’incompetenza relativa (Parliamo di incompetenza relativa quando un atto è stato emanato
da un’autorità, proviene dall’ente preposto all’emanazione dell’atto, ma per motivi organizzativi
da un ufficio diverso all’interno dell’ente competente.

➢ Esempio: Il municipio (l’ente competente) ha diversi uffici per emanare atti (ufficio appalti, ufficio
concessioni, ufficio abilitazioni, ufficio licenze etc.) ma uno degli uffici ha emanato un atto
amministrativo che era di competenza di un altro ufficio.

➢ Esempio: L’emanazione di un atto. È stato emanato un atto che non è stato sottoposto alla
controfirma del capo (c’è solo una firma). In questo caso, l’atto non è nullo (è valido), però la
conformità della legge (la legalità) rispetto a questo atto afferma che dovrebbe essere
controfirmato anche dal capoufficio ed è valido fin tanto che qualcuno se ne accorge. Spesso ciò
avviene grazie agli avvocati che identificano la situazione anomala, dopo di che l’atto viene
annullato in quanto viziato (vizio di incompetenza), viene rimosso dall’amministrazione e
sostituito con un atto valido)

2. L’eccesso di potere (In questo caso, l’atto viene emanato dall’autorità che è competente ad
emanarlo, però nel fare ciò a volte l’amministrazione travisa i fatti (cioè, interpreta un fatto in
modo differente da quello che effettivamente è) oppure sviamento di potere (emana cioè un atto

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che anziché perseguire fini pubblici, lo fa per motivi di altro tipo, come ad esempio quelli privati).
L’eccesso di potere è un vizio che ricorre con maggior frequenza rispetto all’incompetenza
relativa.

➢ Esempio: Un concorso che teoricamente dovrebbe perseguire gli interessi pubblici (deve
vincere il concorso il migliore). Se, invece, qualcuno fa vincere un suo parente/ amico che
non è all’altezza del concorrente più forte allora insieme all’illecito amministrativo si aggiunge
l’illecito penale > INTERESSE PRIVATO IN ATTO D’UFFICIO

Le figure sintomatiche del vizio di eccesso di potere sono:


- il travisamento dei fatti
- lo sviamento di potere
- l’ingiustizia manifesta
- la disparità di trattamento (casi uguali ma trattati in modo diverso)
- la motivazione contradditoria o assente: cioè quando viene emanato un atto e viene detto che è
necessario per un determinato scopo, ma viene motivato in modo contrario. Dunque, la
motivazione deve essere coerente; la legge vuole che vi sia coerenza di motivazione insieme
all’atto. Se la legge afferma che l’atto deve essere motivato e manca la motivazione, allora l’atto
è nullo e non annullabile. In molti casi, invece, dove la legge lo consente, se manca la
motivazione l’atto può essere annullabile e non nullo, cioè può andare bene anche senza una
motivazione se non richiesta (es. atti normativi poiché la motivazione è insita nell’atto stesso).

➢ Esempio: Una sentenza - è un certo tipo di atto dell’amministrazione che proviene dopo un
certo procedimento (processo). Una sentenza senza motivazione è nulla (esempio di atto
nullo), il giudice → dell’appello la disapplica perché è impossibile dopo ricorrere all’appello
senza conoscere le motivazioni. In questo caso, quindi, la motivazione è obbligatoria in
quanto se la sentenza non mi è favorevole è difficile ricorrere in appello senza motivazioni.

3. La violazione di legge contiene in sé l’incompetenza relativa e l’eccesso di potere (queste


ultime sono in realtà violazione di legge), però è un concetto più generale degli altri, che invece
sono concetti più specifici. Se un atto è contrario parzialmente o totalmente a una disposizione
di legge – allora l’atto è viziato produce i suoi effetti finché qualcuno non riconosce della sua
illegittimità. Qualora qualcuno recepisca che quell’atto è illegittimo, per qualunque motivo, da
quel momento l’atto può essere rimosso dall’amministrazione che lo ha emanato o si può fare
ricorso. Il ricorso può essere di due tipi: amministrativo o giurisdizionale
(1. TAR – primo grado che giudica legittimità e merito, 2. Consiglio di Stato – giudica ciò che è
stato giudicato in primo grado (verifica che non ci siano stati errori), 2. Cassazione – verifica solo
la legittimità, non può più entrare nel merito che è già stato discusso e giudicato in secondo
grado)

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Sussidiarietà > è il principio secondo il quale, se un ente inferiore è capace di svolgere bene un
compito, l'ente superiore non deve intervenire, ma può eventualmente sostenerne l'azione (può
essere vista come aiuto o come sostituzione).
Può essere:
- gerarchica o verticale, poiché se due o più comuni non riescono a risolvere un problema possono
ricorrere anche ad organi superiori es: lo Stato)
- orizzontale (ci si aiuta tra comuni).
È importante perché ai cittadini non importa chi svolge il lavoro, ma piuttosto che venga fatto, che
siano due comuni insieme oppure un ente gerarchicamente superiore.
Nasce nel 1950 quando si incomincia a parlare di Europa, ma di un’Europa diversa, in grado di
fronteggiare la minaccia economica, politica, espansiva di altri paesi come America Cina Russia
India, paesi che possono mettere a rischio i nostri scambi commerciali e la globalizzazione. Solo
un’Europa unita può fronteggiare questi grandi paesi. I paesi con un’economia forte avrebbero
dovuto aiutare i paesi deboli.

Imparzialità, trasparenza, buon andamento art.97 > “i pubblici uffici sono organizzati secondo
disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità
dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le
attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni
si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”
- un comportamento si definisce trasparente quando segue i canoni della legge (vuol dire
comportarsi secondo la legge senza aver paura di nascondere qualcosa, e tutto ciò che faccio
lo trascrivo per renderlo noto).

- Un provvedimento imparziale si raggiunge per aver seguito esattamente i canoni stabiliti dalla
legge. Altrimenti si cade nell’illegittimità della legge.
La trasparenza e l’imparzialità sono canoni più semplici perché si ispirano alla conformità e alla
titolarità della legge;
- il buon andamento di un’amministrazione si definisce attraverso i parametri utilizzati per il
controllo gestionale di un’azienda che sono:
L’EFFICIENZA, L’EFFICACIA, L’ECONOMICITÀ e LA PRODUTTIVITÀ.
In un’azienda è piuttosto semplice la misurazione di tali parametri (attraverso formule), identifichiamo
come organizzare l’azienda in modo tale da ottimizzare i risultati, i profitti dell’azienda e ottenere il
conseguimento degli obiettivi.
Nella pubblica amministrazione, invece, questo diventa difficile perché eroga servizi e non solo beni
materiali e molto spesso questi servizi sono di natura essenziale (servizi primari: servizio dei trasporti
pubblici, servizio di tutela ambiente, servizio sanitario, servizio sociale, servizio della sicurezza
pubblica). Questi servizi sono molto costosi.
LEZIONE 3 30/9/20
In sintesi, il buon andamento significa parametrarsi alle quattro condizioni (l’efficienza, l’efficacia,
l’economicità e la produttività), cioè misurare in che modo un servizio è utile, essenziale per la
collettività (servizio sanitario e servizio dei trasporti), e fino a che punto tale servizio può incidere sui
costi e sui risultati che ci si attende. Ciò significa che spesso si è disponibili, in base alla Costituzione,
a garantire un servizio anche se costa più di quanto effettivamente renda; non deve perciò sempre
esserci l’equivalenza tra costo e beneficio.
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CRITERI DEL CONTROLLO GESTIONALE (aziendale che eroga servizi pubblici)

• EFFICIENZA(E1): Efficienza significa lavorare molto, disporre di molto personale, senza porsi
degli obiettivi e senza limiti di risorse. L’efficienza può anche essere definita come il rapporto tra
le risorse impiegate (RI) e i risultati che si vogliono ottenere (RO), cioè E1 = RI/RO (più risorse
si hanno e migliori saranno i risultati).

• EFFICACIA(E2): L’efficacia può essere definita come la relazione tra i risultati ottenuti (RO) e gli
obiettivi attesi (OA), cioè E2 = RO/OA. Le aziende (esempio: Fca, Alitalia, etc.) devono porsi
degli obiettivi di medio/breve termine, non possono essere i risultati finali. L’efficacia implica una
gestione monitorata dell’efficienza e ciò significa che non solo le risorse sono in funzione dei
risultati, ma che devono anche essere in funzione degli obiettivi che ci si pone durante l’anno.

• ECONOMICITÀ(E3): E3 = 1/CR (=costo delle risorse=CR). Ciò significa che meno costano le
risorse e più “sono” efficace ed efficiente. È l’inverso del costo delle risorse.

Il risultato di gestione non è altro che la funzione aggregata delle tre precedenti derivata

In un sistema pubblico (cioè un ente che deve garantire dei servizi ai cittadini) questi parametri
però hanno dei limiti. Si può, ad esempio, ridurre il costo delle risorse cercando di utilizzare il
personale che si ha a disposizione, distribuendolo meglio (mobilità del personale). Oppure con il
taglio dei fondi ai servizi: sanità e trasporto. Ci sono degli uffici dove il personale lavora per poco
tempo mentre negli altri troppe – la pubblica amministrazione dovrebbe comportarsi come se fosse
un’azienda pubblica erogatrice di servizi pubblici (“aziendalizzazione” del sistema)

• PRODUTTIVITA’(P): Il risultato di gestione identifica la produttività di un servizio(P). Un ente


pubblico, che eroga cioè servizi pubblici, deve essere produttivo, cioè inserito nel volano
economico di un Paese deve generare delle esternalità (positive e negative).

➢ Esempio: La costruzione di un aeroporto in una città dapprima rurale comporta l’avvento della
viabilità, i parcheggi, la ferrovia, i negozi, i bar etc. Tutto questo comporta una produttività, ciò
significa che quel bene pubblico (che in realtà è un servizio) non viene materializzato (come
invece viene fatto per un’azienda privata) ma viene materializzato nella produttività di esternalità,
cioè di beni e servizi connessi al bene principale. Le esternalità a loro volta possono essere
negative (inquinamento acustico e atmosferico) e positive.

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LA GERARCHIA DELLE FONTI
Nelle FONTI COSTITUZIONALI del diritto rientrano:

1. COSTITUZIONE
La Costituzione, descrive i valori e i principi che sono alla base, rappresenta la legge fondamentale
di un Paese. La Costituzione garantisce l’autonomia dei singoli Paesi membri dell’Unione
europea. L’Europa non potrà mai emanare leggi, regolamenti e qualunque tipo di provvedimento
che contrasti, cioè vada contro, i principi delle singole Costituzioni europee (in caso di conflitto vale
la Costituzione del Paese). Al contrario, i singoli Paesi potrebbero, attraverso le proprie Costituzioni,
in alcuni casi, restringere i contenuti dei principi stabiliti dai regolamenti europei. Le Costituzioni dei
singoli Paesi sono perciò invalicabili, ciò significa che ogni paese nella sua autonomia costituzionale
presenta un’autonomia di tipo legislativo e di tipo regolamentare.

Non è modificabile se non con l’art.138 che stabilisce le norme per la revisione della Costituzione, e
comunque la forma repubblicana non è modificabile se non con una rivoluzione. Potrà cambiare la
forma della repubblica (presidenziale, parlamentare), ma non il fatto che è una repubblica.
Sistema a bicameralismo perfetto (il potere legislativo viene esercitato da due camere
rappresentative – senato e camera dei deputati - legislative paritarie ovvero stessi compiti, gli stessi
poteri derivanti dalla stessa rilevanza costituzionale), una delle poche rimaste. E la costituzione è
vecchia, anche se una delle migliori, quindi prima di andare ad intaccare uno dei 12 art principali
attenzione

2. LEGGI COSTITUZIONALI
Sono quelle leggi idonee ad integrare o derogare la Costituzione. Fanno parte delle leggi
costituzionali quelle che sono espressamente definite come tali dalla Costituzione (art.132 e art.137),
quelle che si limitano a derogare una norma costituzionale senza modificarla in via definitiva o ad
altre leggi che il Parlamento voglia approvare con il procedimento aggravato di cui all’art.138.

3. REGOLAMENTI EUROPEI (fonti primarie sovranazionali)


I trattati dell’Unione europea hanno un profilo di dignità quasi pari alla Costituzione, in quanto il
mancato rispetto di un trattato equivale alla violazione di una norma costituzionale. In sintesi, la
Costituzione, le leggi costituzionali e i trattati dell’Unione Europea costituiscono le fonti primarie della
gerarchia delle forti del diritto.

Sono vincolanti nei paesi membri, questi regolamenti si devono applicare automaticamente, se noi
abbiamo una legge che è in contrasto con quella europea, allora quest’ultima vince su la legge
costituzionale. Nel caso un cui gli stati membri non applicano i regolamenti allora subiscono sanzioni.

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Nelle FONTI PRIMARIE del diritto rientrano:

1. LEGGI ORDINARIE
È una legge approvata da un'assemblea legislativa (parlamento) all'esito di una procedura non
aggravata (ordinaria) e che, per tale ragione, si distingue dalle leggi costituzionali e, in certi
ordinamenti, dalle leggi organiche.
Nella gerarchia delle fonti è sottordinata alla Costituzione, alle leggi costituzionali e alle eventuali
leggi organiche; nondimeno, il concetto di legge ordinaria presuppone una costituzione
rigida giacché, in presenza di costituzione flessibile, tutte le leggi hanno il medesimo potere.
L’Italia è l’unico paese ad avere ancora un sistema di bicameralismo perfetto, dove Camera e Senato
possiedono le medesime competenze. Negli altri paesi europei, il Senato si occupa principalmente
delle Regioni o dei dipartimenti, mentre la Camera riguarda tutta la nazione. Le leggi nazionali
vengono prese in considerazione dalla camera, mentre le leggi che hanno un profilo di competenza
regionale sono di competenza del Senato. (In Italia, camera e senato hanno l’equivalenza dei poteri)

2. DIRETTIVE (fonti primarie sovranazionali)


La direttiva ha una forza vincolante inferiore rispetto al regolamento, viene emanata sempre dalla
Commissione Europea e dal Parlamento Europeo, ma quando viene recepita è necessaria una legge
dello Stato membro, a cui si rivolge la direttiva, che la faccia propria attraverso una legge.
La direttiva self executive si comportano come i regolamenti, pertanto si eseguono automaticamente,
non è necessario recepirle con legge, dunque hanno una forza vincolante maggiore. È diversa dal
regolamento per velocità, perché è emanata dalla commissione europea e non deve aspettare tutte
le burocrazie e si esegue immediatamente.

3. ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE


Atti che hanno la forza di modificare/abrogare una legge precedente.
Un atto avente forza e valore di legge è un atto equiparato alla legge. Con l’espressione “atto avente
forza di legge” identifichiamo un atto o e lo rendiamo in grado di poter modificare una legge (ha cioè
la forza di rimuovere una legge precedente).
(Il valore di legge, che differisce dalla forza, riguarda invece la collocazione gerarchica di dove
collochiamo quel tipo di atto, lo mettiamo negli atti primari e, quindi, si parla di fonti primarie).

• decreto legge
- rappresenta un’eccezione, perchè un governo in questo caso può emanare un atto che è come
se fosse una legge e può anche modificare una legge precedente del Parlamento. (prerogativa
del governo)
- L’emanazione del decreto legge ha efficacia immediata, in quanto il decreto legge può essere
emanato solo in determinati casi di necessità e di urgenza. Nel caso in cui vengano a mancare
questi due requisiti è impossibile emanare un decreto.
- Viene formulato un disegno di legge (decreto legge) ed entra in vigore dalla mezzanotte. La
durata del decreto legge è di 60 giorni, allo scadere dei quali il decreto legge deve essere
convertito in legge da parte del Parlamento. Nel caso in cui il Parlamento non converta il decreto
legge entro 60 giorni, allora il decreto legge decade (è come se non fosse mai stato emanato).
Ma che cosa succede dei rapporti giuridici che si sono creati durante l’efficacia del decreto legge
nei 60 giorni? Tutti i rapporti giuridici che si sono perfezionati, cioè i rapporti dei quali si è
concluso l’iter (sono definiti) e sono resi invariabili, mentre per quei rapporti che hanno bisogno
di più di 60gg decadono.
10
- Il Parlamento è sollecitato a convertire il decreto e, essendo organo sovrano, può aggiungere
emendamenti al decreto e inoltre può correggerlo al fine di renderlo così più operativo. Il Governo
può ripresentare un decreto legge che è uguale a quello che non è stato convertito? No, non
può.

• decreto legislativo,
- è un altro strumento sempre governativo ma non di prerogativa del governo ma su deroga del
parlamento. Il governo può emanare un decreto ma solo su delega del parlamento. Il
parlamento trasferisce l’esercizio del diritto in capo al Governo, non è che dà i poteri, trasferisce
solo l’esercizio del potere e glielo può revocare in qualsiasi momento: se il governo non rispetta
gli ottemperamenti il parlamento può revocare la delega. In quella legge deroga, il governo deve
attenersi ai principi ai tempi ai modi già stabiliti dalla legge, non può andare oltre i paletti stabiliti
dalla legge.
- Nella legge delega deve esserci scritto i principi e i criteri direttivi stabiliti dal parlamento, i tempi
e i modi: il governo ha dei paletti molto stretti in cui muoversi.
- Il Governo emana decreti legislativi (in questo caso non ci sono motivi di necessità e di urgenza)
quando bisogna prendere decisioni in merito a delle norme di carattere tecnico, normativo e
specialistico per cui il parlamento non potrebbe legiferare in modo esaustivo e corretto.
- es: riformare il codice della strada, non lo fa il parlamento, lo delegheranno al governo che ha
ministeri, dirigenti, spazio tecnico nel quale può studiare il caso.
! cosa vuol dire atti aventi FORZA e VALORE di legge: FORZA vuol dire che hanno il potere di
rimuovere un provvedimento (decreto legge può mettersi al posto di una legge); VALORE perché
sono inseriti nella scala gerarchica delle fonti!

Nelle FONTI SECONDARIE\SUBPRIMARIE del diritto rientrano:

1. REGOLAMENTI PARLAMENTARI
Accanto, non dentro la gerarchia, ci sono i regolamenti parlamentari: sono sui generis (hanno una
natura particolare), in quanto vengono emanati da Camera e Senato e sono autonomi e indipendenti,
non possono essere modificati in quanto riguardano solo le Camere, che hanno quindi una
legislazione autonoma.
Non possono essere modificati da leggi o decreti del Governo o da regolamenti europei. Solo il
Parlamento può modificare, abrogare e integrare questo tipo di regolamenti.
Contengono lo svolgimento dell’attività parlamentare, il rapporto con i capi gruppo del Parlamento,
le commissioni parlamentari in sede deliberante, referente e redigente, stipendi dei parlamentari,
tempi di discussione di una legge.

2. REGOLAMENTI GOVERNATIVI
È un atto amministrativo del Governo avente valore di fonte normativa secondaria, che si colloca cioè al
di sotto delle fonti costituzionali e delle fonti primarie (ossia legge ordinaria, decreto legislativo, decreto-
legge, trattato internazionale, direttive e regolamenti dell'Unione europea). Sono quindi atti formalmente
amministrativi e sostanzialmente normativi. La loro collocazione al di sotto delle fonti primarie è
giustificata dal processo richiesto per la loro approvazione, dal quale il Parlamento (l'unico organo titolare
della funzione legislativa) è completamente escluso: i regolamenti governativi sono infatti proposti e
approvati interamente all'interno dell'esecutivo, sebbene in base a una norma di legge autorizzativa.
11
I regolamenti governativi possono essere distinti in tre gruppi:
- Organizzativi (o attuativi): I regolamenti organizzativi sono quei regolamenti con cui il governo
ordina in modo sistematico ciò che vuole la legge, recepisce ciò che dice la legge (perché la
legge non può dire tutto essendo generale ed astratta) e comincia a dire in che modo poter
organizzare, dal punto di vista pratico, la volontà del legislatore. Ne deriva che senza
regolamento organizzativo è difficile che una legge possa essere attuata; per questa ragione
sono anche chiamati regolamenti attuativi della legge.

- Esecutivi: il regolamento esecutivo è una condizione d’obbligo per poter dare esecuzione alla
legge si definiscono tutte le forme e i casi previsti dalla legge. (ci serve per dire come attuare
questa legge nei minimi dettagli)

- Autonomi: viene emanato dal Governo solo nei casi in cui il Governo si accorge che vi è una
lacuna legislativa. Ne deriva che quando si emana un regolamento autonomo, bisogna essere
certi che vi sia veramente assenza di leggi e, allo stesso tempo, è necessario essere sicuri che
i casi che la legge ha dimenticato non siano stati regolati da nessun’altro; in queste condizioni il
Governo può intervenire. Per evitare il regolamento autonomo, il Governo ha due possibilità: o
sollecitare il legislatore per poter emanare un decreto legge (che è meno pericoloso del
regolamento autonomo, in quanto interviene immediatamente ed esecutivamente) oppure
invitare il legislatore a colmare la lacuna, inserendo una nota aggiuntiva alla legge che integra
ciò che manca (ciò si verifica solo nel caso in cui il rapporto tra il Parlamento e il Governo è
strettamente “confidenziale”)

Nelle FONTI DI TERZO GRADO del diritto rientrano (fonti non scritte)
➢ CONSUETUDINI
Comportamento ripetuto nel tempo che può assumere rilevanza giuridica (comportamento tra
privati). Nei paesi a common law (costituzione flessibile) il rapporto consuetudinario può essere
considerato un rapporto che produce effetti giuridici ovvero diventa una legge.

➢ PRASSI
un esempio di consuetudine limitata soltanto all’interno di determinate organizzazioni, dove assume
una rilevanza giuridica.
➢ Esempio: La prassi prevede che l’impiegato che ha delle pratiche da smistare, quando ha
completato una determinata pratica, la porti a vedere e a firmare al capo ufficio. Nella legge non
c’è scritto che il capo ufficio la deve vedere (prima, dopo o durante) o firmare ma c’è scritto che
da quell’ufficio la pratica deve uscire conforme alla legge (ci deve cioè essere un nome, una
firma, un timbro).
Dunque, la prassi è un comportamento ripetuto nel tempo che assume una rilevanza giuridica, in
quanto è la legge che gliel’ha attribuito. La consuetudine è sempre un comportamento ripetuto nel
tempo che però è proprio dei privati, non fa riferimento alla pubblica amministrazione. Il concetto di
consuetudine può essere accostato al concetto di legittimazione.

12
➢ NORMA
qualunque tipo di provvedimento che si amministrativo, legislativo o istituzionale.
Una norma è volta a stabilire un comportamento condiviso e i valori presenti all'interno di un gruppo
sociale. Essa è finalizzata a regolare il comportamento dei singoli appartenenti al gruppo, per
assicurare la sua sopravvivenza e perseguire i fini che lo stesso ritiene preminenti. (viene assimilata
come una regola di condotta)

LEZIONE 4 5/10/20

Figure/posizioni giuridiche soggettive = rapporti che intercorrono tra cittadini e amministrazione


pubblica
POSIZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE ATTIVE

1) DIRITTO SOGGETTIVO: Il diritto soggettivo è un diritto individuale. Il diritto soggettivo, essendo


un diritto individuale, è tutelato dall’ordinamento in modo diretto ed immediato. Diritto soggettivo:
posizione individuale tutelata dall’ordinamento in modo diretto ed immediato.

Un esempio di diritto soggettivo è il diritto di associazione, in quanto si ha diritto di riunione, di


associazione – il soggetto è inserito in un contesto in cui ha il diritto di associarsi, di riunirsi (es. per
strada liberamente senza dare nessun preavviso) ma senza infrangere la legge. O se faccio ricorso
contro un danno subito, sono io che faccio ricorso per un danno a me subito, soggettivo.

2) INTERESSE LEGGITTIMO: Definiamo interesse legittimo la posizione collettiva tutelata


dall’ordinamento in modo indiretto e mediato.

L’interesse legittimo può essere di due tipi:

- COLLETTIVO Definiamo interesse collettivo quel particolare interesse legittimo chiuso, che è
riconosciuto dall’ordinamento ed è limitato ad una collettività di persone ben individuata dalla
legge.

➢ Esempio: I partecipanti ad un concorso pubblico (l’interesse legittimo coincide con l’interesse


collettivo) o ad un’associazione.

- DIFFUSO L’interesse diffuso, invece, è un interesse legittimo aperto, cioè si rivolge a una
molteplicità di persone che non possono essere individuati in modo preciso dalla legge, ma che
in qualche modo possono manifestare interessi legittimi. L’interesse legittimo diffuso è, quindi,
più difficile da individuare rispetto all’interesse legittimo collettivo.

Esempio: Il risarcimento di un danno alla salute a un numero elevato di persone. In questo caso, si
deve dimostrare il nesso di causalità (che ci sia un legame tra causa ed effetto).

Per distingue l’interesse diffuso da un altro tipo di interesse legittimo. Se non si riesce a dimostrare
il nesso causale del danno ricevuto, allora il risarcimento del danno non è garantito. È molto difficile
da individuare il nesso causale del danno ricevuto! Se non ci fosse il requisito del nesso di causalità
allora chiunque abbia un danno simile potrebbe pensare di accodarsi nell’interesse diffuso,
richiedendo il risarcimento del danno.

13
- Interessi semplici, o di fatto, si differenziano perché non trovano nessun tipo di tutela
dall’ordinamento giuridico ES: l’interesse di fare lezioni in presenza, è un interesse di tutti, è
tutelabile dall’ordinamento giuridico? No
Il diritto soggettivo e l’interesse legittimo (diffuso e collettivo) hanno come obiettivo lo studio della
differenza esistente tra colpa e dolo e le loro rispettive conseguenze.

POSIZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE PASSIVE


Le posizioni giuridiche soggettive passive sono espresse dai concetti di:
1) DOVERE: Il dovere, a differenza dell’obbligo, è un concetto di carattere generale.
- Esempio: Quando nella legge tributaria si afferma che tutti i cittadini devono contribuire alle
spese in misura della loro capacità contributiva (Art.53). In questo caso, non si viene a specificare
la categoria delle persone (cittadini, contribuenti, residenti) ma la legge si riferisce a tutti –
rappresenta un dovere. Il fatto che un cittadino debba contribuire alle spese non è considerato
un obbligo ma piuttosto un dovere.
2) OBBLIGO: L’obbligo è una posizione giuridica passiva diversificata a seconda del ruolo che un
cittadino ricopre in un determinato momento nella società.
- Esempio: Se si appartiene alla categoria automobilisti allora si ha l’obbligo di rispettare le regole
del codice della strada, mentre se si appartiene alla categoria dei pedoni ci sono altre regole da
rispettare.
3) SOGGEZIONE: La soggezione è legata alla condizione di sudditanza/sottomissione che ciascun
cittadino ha nei confronti alla legge.

ATTIVITÀ DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (art.11)


La pubblica amministrazione si muove attraverso un’attività di tipo autoritativo e consensuale, in
particolare:
1) Attività di tipo autoritativo: La pubblica amministrazione può imporre delle norme (comportamenti
da seguire) ai cittadini e si può autotutelare in caso di ricorso dei cittadini (POTERE AUTORITATIVO).
I poteri della pubblica amministrazione di tipo autoritativo:
- Autorizzazione ovvero la rimozione di un ostacolo all’esercizio di un diritto già in essere. Il diritto
nasce prima dell’autorizzazione. In questo caso, si chiede all’amministrazione “un pezzo di carta”
che dice che si può esercitare un diritto che già si possiede, ma che senza quel pezzo di carta
lo si eserciterebbe in modo illegittimo.

➢ Esempio: La patente di guida, in realtà, è una forma di autorizzazione in quanto riconosce che il
mio diritto non è solamente sulla carta ma diventa un diritto anche ai fini concreti. Infatti, la
patente è un’abilitazione, che è un particolare tipo di autorizzazione perché normalmente
l’autorizzazione è un pezzo di carta che non richiede delle particolari dimostrazioni di idoneità.
L’abilitazione, al contrario, richiede anche in più la prova di idoneità (in questo caso l’esame di
patente).

- Abilitazione, è un particolare tipo di autorizzazione, che in più prevede il superamento di una


prova di idoneità.

14
- Concessione, è un provvedimento della pubblica amministrazione che attribuisce un potere ad
un soggetto che prima non aveva. Concessioni che l’amministrazione da ad un privato di gestire
un servizio pubblico, esempio GTT.

Le concessioni possono a loro volta essere di due tipi:


o Costitutiva: la pubblica amministrazione costitutiva crea un nuovo diritto (ex novo) in capo
direttamente al soggetto. la creazione di una figura giuridica totalmente nuova.
o Traslativa: la pubblica amministrazione concede (cioè trasla) un diritto che prima era esercitato
dall’amministrazione e poi diventa del soggetto, quindi si spoglia di un suo potere e lo trasferisce
al soggetto (al contrario, nell’autorizzazione l’amministrazione non si spoglia di niente).
2) Attività di tipo contrattuale: L’amministrazione si comporta come se fosse un privato, può
stipulare accordi con i privati, che possono essere anche sostitutivi di provvedimenti. In questo caso,
la pubblica amministrazione si pone sullo stesso piano dei cittadini. L’amministrazione ricorre ad
attività di tipo contrattuale quando vuole ottenere un risultato in minor tempo, oppure vuole favorire
il cittadino (POTERE CONTRATTUALE).
Spesso l’amministrazione pubblica non può stipulare accordi ma deve imporre una norma giuridica.
Una norma giuridica mostra carattere imperativo quando è immediatamente eseguibile e, quindi,
deve avere un effetto immediato sui cittadini. L’espropriazione ne è il classico esempio.

- Appalto (L’appalto, che si distingue dalla concessione (istituto tipico del diritto amministrativo),
è un istituto del diritto privato (Codice civile). Sia l’appalto che la concessione sono strumenti
utilizzati dalle amministrazioni. Le amministrazioni possono agire o come pubblica
amministrazione (cioè come capacità autoritativa di imporre atti giuridici) o come negoziazione
(cioè negoziare e fare contratti con i privati). L’appalto è, in realtà, un istituto del diritto civile per
cui la società appaltante individua l’appaltatore in base a delle regole precise, che prendono il
nome di capitolati d’appalto.
Ciò che distingue l’appalto dalla concessione è il livello di responsabilità. Nella concessione,
quando l’amministrazione può muoversi in posizione sovrana (cioè in posizione superiore
rispetto ai cittadini e, quindi, attribuendo un diritto ai cittadini che prima non hanno),
l’amministrazione da al concessionario la maggior parte delle responsabilità. Dunque, il
concessionario è colui che risponde al 90% delle garanzie per il cittadino. L’amministrazione che
concede si spoglia di quasi tutte le responsabilità, se non dei vizi di forma.
In sintesi, nella concessione il 90% delle responsabilità, a meno che la legge non dimostri
diversamente, sono del concessionario, tutto il resto è di responsabilità della società concedente.
Nell’appalto invece, la società appaltante stipula un contratto con la società appaltatrice (il
contratto prende il nome di capitolato e contiene tutte le garanzie) per cui l’appaltatore non potrà
rispondere al 90% dei difetti del lavoro eseguito, ma risponderà limitatamente a cosa c’è scritto
nel capitolato d’appalto. Al di fuori di ciò che compare nel contratto civilistico (capitolato) risponde
la pubblica amministrazione, cioè la società appaltante. Il rapporto “trilatero” tra appaltante,
appaltatore e cliente è un rapporto disciplinato dal diritto, soprattutto per quanto riguarda le
responsabilità. L’amministrazione quando fa un appalto (una gara) per trovare un’impresa che
svolga una determinata attività, vince l’impresa che ha dimostrato di avere le garanzie migliori e
il prezzo più conveniente economicamente.
La responsabilità viene regolata dal contratto (il capitolato) tra appaltatore e appaltante, il primo
risponderà solo a quello che c’è scritto nel capitolato, il resto è responsabilità dell’appaltante. Es:
FCA, il concessionario che vende le macchine e i cittadini. Se una macchina appena venduta
non funziona, il concessionario glie la deve aggiustare a costo 0 ma poi il concessionario deve
farsi rimborsare da fca.

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INTERPRETAZIONE DELLA NORMA GIURIDICA
Le norme giuridiche devono sempre essere interpretate, sia quando sono molto chiare, sia quando
non sono sufficientemente chiare o sono contraddittorie.
Gli operatori della pubblica amministrazione (coloro che interpretano le norme) – i funzionari, i
dirigenti, i giudici – possono solo applicare o disapplicare le norme ma non possono rimuoverle o
modificarle; la magistratura ha potere giudiziario.
Tipi di interpretazione della norma giuridica:
1) Letterale/grammaticale: Una congiunzione o una disgiunzione potrebbero cambiare il senso
della norma. È fondamentale, quindi, una lettura attenta e riflessiva degli articoli che
compongono una legge. (analisi del periodo)

2) Autentica: cioè conoscere la volontà del legislatore.


➢ Esempio: Se il sindaco non è sicuro di come interpretare una norma si fa mandare una
circolare interpretativa dal ministero per sciogliere ogni dubbio interpretativo.
(Circolare (semplice): Le circolari non sono fonti produttive di diritto ma piuttosto uno strumento
di tipo organizzativo che disciplina il lavoro tra gli uffici. In questo caso, la circolare ha valore
interno, cioè ha un valore organizzativo valido solo per gli uffici a cui si riferisce)

Circolare interpretativa: La circolare interpretativa di una norma ha lo stesso valore interpretativo


di una norma giuridica – ha cioè valore normativo, cioè ha forza di legge perché interpreta una
norma giuridica. Ne deriva che se viene violata la circolare interpretativa, allora è come se fosse
stata violata la legge.

3) Sistematica: consiste nel comprendere il contesto in cui opera la norma.


➢ Esempio: Se la norma è emanata da uno Stato in periodo di crisi economica, cioè in periodi
di restrizione in cui bisogna, per esempio, fare manovre di tipo espansivo cercando di
aumentare la domanda allora la norma deve essere contestualizzata come norma espansiva
e non come norma restrittiva. Vi sono, dunque, delle norme apparentemente standard che
se vengono applicate in certi momenti storici possono avere un determinato valore e se
applicati in altri momenti storici posso assumere un altro valore. A seconda del contesto
storico/economico/ istituzionale la norma acquisisce un valore diverso; questo spesso aiuta
la comprensione di una norma standard. Es. norme anti covid

4) Analogica: va a coprire un vuoto normativo, cioè la legge ha tralasciato un particolare ritenuto


importante. L’interpretazione secondo analogia in materia di diritto può essere di due tipi:
o secondo legge – si va a cercare in materia legislativa o nella dottrina (in diritto) una norma
analogica – cioè una legge che in passato (a livello cronologico) ha regolato casi simili a quello
che si sta analizzando.
o secondo diritto – chiedendo il parere degli esperti su come una norma potrebbe essere
interpretata e, in questo caso, si sceglie l’interpretazione che si ritiene più idonea al caso
analizzato.

5) Estensiva\espansiva: con l’interpretazione estensiva si tenta di capire dove si possono


ricondurre certi casi, che non sono inseriti in un contesto normativo, cioè a quale legge fanno
riferimento, per poter estendere l’applicabilità della legge anche a dei casi particolari/concreti
che normalmente non si saprebbe interpretare.

6) Restrittiva: L’interpretazione restrittiva è, invece, il contrario di quella espansiva.

16
INFLAZIONE-LEGISLATIVA Molti ordinamenti giuridici sono caratterizzati dalla inflazione
legislativa ovvero da un numero di leggi considerato eccessivo e da una qualità considerata
scadente. Il proliferare di una produzione legislativa frammentaria, disorganica e connotata da
scarsa chiarezza rappresenta ormai un costo eccessivo per i cittadini, le imprese e la pubblica
amministrazione. Si creano così degli automatismi che possono essere interrotti solo con
l’abrogazione delle leggi. Considerando che non solo lo stato fa le leggi, ma anche le regioni, e
anche le province di Trento e Bolzano (hanno la possibilità di legiferare), cioè sistema tripartito.
LEZIONE 6 7/10/20
LEGGI PROVVEDIMENTO (non generali e astratte ma concrete, nel particolare) La legge è
generale e astratta, non deve esercitare il potere ma piuttosto deve dire come farlo. Vi sono, però,
casi in cui la legge presenta un contenuto provvedimentale: da qui la denominazione di legge
provvedimento. I casi possono essere diversi: con legge è possibile attribuire la personalità giuridica
ad un ente ben determinato, pianificare sul territorio regionale le strutture sanitarie, concedere una
pensione o approvare un bilancio.
È chiaro che, in questi casi, la legge non è solo generale ed astratta, come in linea teorica dovrebbe
sempre essere, ma è attuativa e concreta e i destinatari sono predeterminati o predeterminabili.
Si è in presenza di leggi-provvedimento quando il precetto incide su un numero determinato e
limitato di destinatari e ha un contenuto specifico.

LA COLPA E IL DOLO
COLPA: Definiamo la colpa come negligenza, imprudenza e inosservanza di norme e discipline.
Nello stato colposo, se capita un omicidio allora è un omicidio colposo. Ciò significa che chi ha
causato la morte di persone non si è rappresentato giuridicamente nella sua mente l’evento finale
(la certezza, ad esempio la morte) ma l’eventualità dell’evento (la potenzialità). Nel caso della colpa,
ci si rappresenta nella mente l’eventualità (non la certezza) che il proprio comportamento
(negligente, imprudente e senza perizia) possa causare un danno alle persone (anche mortale).
Preterintenzionale: omicidio dettato dal fatto che io non volevo ucciderlo, mi sono immaginato di
massacrarlo di botte ma non voglio ucciderlo, però lo sono andato a cercare. Il giudice giudicherà
più grave la preterintenzionalità che la colpa, perché con la colpa è capitato nel peggiore degli eventi,
invece con il preterintenzionale ci ho pensato di andargli a fare del male. (più grave)
DOLO: Definiamo il dolo, invece, come l’intenzione. Ciò significa che nella mente di chi svolge delle
azioni, si rappresenta fino al momento finale l’evento dannoso – vi è una premeditazione (aggravante
tipica del dolo nel diritto penale)
In questo caso c’è l’intenzione di ammazzarlo, con annessa premeditazione, non mi è capitato
dall’impulso (omicidio d’impulso es: in mezzo ad una rissa mi parte la legittima difesa, stato di
necessità, causa di forza maggiore. Potresti addirittura essere assolto! Oppure omicidio d’impeto: in
un impeto di rabbia mi attacco al collo di uno, ma poi me ne pento, il giudice ne tiene conto anche
se la volontarietà c’è per questo non è colposo, però potrei avere delle attenuanti). Quindi con
premeditazione, io ci ho pensato su prima di andare ad ammazzare qualcuno, calcolo i suoi
movimenti.
In sintesi, l’omicidio doloso e premeditato e intenzionale vuol dire che io mi rappresento nella mia
mente la causa che l’effetto (so che lo sto andando ad ammazzare). L'omicidio colposo è un omicidio
con l'assenza dell'intenzionalità (lo ammazzo con un mio comportamento ma senza volerlo esempio
investo uno con la macchina). L’omicidio preterintenzionale avviene quando la cui gravità vada oltre
quella che può essere stata l'intenzione del colpevole. (volevo solo fargli del male ma non
ammazzarlo, ma c’era l’intenzione di fargli del male)
17
PRINCIPI DI STABILITA’ E SOSTENIBILITA’ FINANZIARIA NELL’ORDINAMENTO EUROPEO
Stabilità: è la capacità di un sistema economico (un singolo mercato o anche l’intera economia) di
tornare nella posizione di equilibrio una volta che ne sia stato allontanato a causa di shock (capacità
di correggere gli squilibri finanziari). Essere stabili cioè affidabili dal punto di vista degli investimenti,
significa avere dei bilanci sani, in equilibrio, non vuol dire in pareggio, si parla di un equilibrio che
può essere contabile o finanziario/monetario.
- Equilibrio contabile: è possibile giocare all’interno del bilancio attraverso degli artifici, per
aggiungere tutto quello che manca alle entrate per pareggiare le spese (spese>entrate). Es:
facciamo del debito pubblico emetto titoli di stato che compra la BCE, che genera interessi etc…
certo non è un pareggio sostenibile perché è basato sul debito, mentre invece dovrebbe essere
costituito su nuove entrate o su minori spese, per arrivare ad un equilibrio finanziario.

- Equilibrio finanziario/monetario il pareggio avviene con aumento delle entrate o con un taglio
delle spese non attraverso il debito. Dagli anni ‘60 in poi così non è stato perché aumentare le
entrate era politicamente poco attuabile, così aumentarono il debito perché tanto i cittadini non
lo sapevano. Così negli anni 80 si è arrivati al 22% di inflazione, ma lo stato che doveva
rimborsare titoli e interessi non aveva le risorse, così si è entrati in un circolo vizioso.
Stabilità= rigidità di bilancio (non si spende fino a quando non arrivano le entrate)
Sostenibilità del debito è la capacità del paese di ripagare il debito, il paese può attuare diverse
manovre per finanziarlo come ad esempio emettere titoli di stato, aumentando le imposte, tagliando
la spesa pubblica (il debito deve essere pagato da qualcuno che non sia lo Stato).
L’alternativa è quella di ridurre il debito attraverso una sua ristrutturazione. Ristrutturare il debito
pubblico (riducendo il valore facciale del debito, riducendo il tasso di interesse pagato o allungando
le scadenze) comporta dei costi: si verifica una perdita di reputazione e ci sarà una maggiore
difficoltà a emettere debito in futuro; inoltre c’è una perdita per chi ha investito in titoli di Stato e, se
gli investitori sono residenti del paese, questo avrà effetti recessivi sull’economia. Ma questi costi
potrebbero essere inferiori a quelli di un aumento dell’avanzo primario.
Se la strada migliore per tornare a una posizione fiscale sostenibile è la ristrutturazione del debito,
allora si dice che il debito iniziale non è sostenibile.
LEZIONE 7 12/10/20
Spread, è la differenza tra il rendimento del Btp decennale italiano e quello tedesco (Bund a 10 anni).
Il Bund tedesco è utilizzato come riferimento perché è l’obbligazione dello Stato economicamente e
finanziariamente più forte dell’Eurozona. Lo stato tedesco è stato scelto proprio per la stabilità e la
sostenibilità. I nostri titoli di stato devono essere più appetibili rispetto ai Bund tedeschi (sono sempre
titoli di stato i Bund) e per essere tali devono avere un tasso di interesse maggiore, ma per garantire
un tasso di interesse maggiore lo stato deve essere in grado di spendere, poiché deve rimborsare
ai creditori questi tassi di interesse più il capitale. Il rimborso presiti è la spesa per il rimborso di
capitale sottoscritto da chi sostiene il debito. Insieme alla spesa per il rimborso prestiti lo stato deve
pagare degli interessi passivi che non può controllare derivanti da errori, sprechi, abusi, frodi,
corruzione che vanno a finire nelle spese correnti dello stato. Quindi circa metà delle spese correnti
dello stato sono costituiti dagli interessi passivi (cioè a rimborsare questi prestiti); la Germania
addirittura è riuscita a convincere i sottoscrittori ad accettare Bund con interessi negativi, perché
questi titoli garantiscono qualcosa di stabile e sostenibile, quindi anche se io metto 100 e ne ricavo
98, sono sicuro che se ho bisogno di liquidità lo stato tedesco me la garantisce seppure
apparentemente ci rimetto 2.
(ecco perché l’Italia e la Grecia non possono uscire dall’Italia, molti dei titoli di questi paesi sono
detenuti dallo stato tedesco, che altrimenti non si vede ripagato il debito)

18
Disavanzo, è a differenza tra entrate (tributarie (imposte dirette ed indirette), extratributarie (affitti,
locazioni, canoni), concessioni, affitti allo stato) e spese correnti (pensioni, stipendi e dei
trasferimenti deli enti locali alle regioni), che dovrebbe essere in pareggio ma da anni che l’Italia non
è in pareggio. Il concetto di equilibrio è molto più elastico: contabile (fittizio, posso usare il debito per
pareggiare il bilancio) e finanziario.
Non dovrebbe essere più del 3% del PIL, se il disavanzo (DEFICIT) corrode di più allora si va verso
un periodo di recessione/recessione/stagflazione.
Avanzo primario si riferisce alla differenza fra spesa pubblica ed entrate al netto del costo del debito
pubblico. L'avanzo primario rappresenta un importante indicatore dello stato di salute dei conti
pubblici in quanto misura la differenza tra le entrate e le uscite dello Stato. È fittizio, perché solo
contabile.
Fabbisogno, un altro modo di leggere il disavanzo, ciò che lo stato effettivamente ha pagato e ciò
che lo stato effettivamente ha incassato. Differenza tra le uscite e le entrate del settore pubblico al
netto delle spese per interessi.
Debito, quando lo stato si indebita per coprire il disavanzo
Stiglitz ci dice che nel momento in cui assistiamo al fallimento di mercato assistiamo anche a un
fallimento dello stato, sono funzioni cicliche che ricorrono; in Italia vi è un fallimento del mercato,
perché arrivano il mes, il recovery found, gli aiuti di stato (per situazioni temporanee e di emergenza),
etc…
poiché se l’aiuto di stato fosse sempre concesso questo distruggerebbe la concorrenza e quindi il
mercato, il mkt tra pubblico e privato, tra stato e privato. Si gioca tutto sulla concorrenza, che sviluppa
la competitività. Per poter rimanere sul mercato bisogna essere competitivi.
L’iniziativa economica è libera ma è anche limitata dall’interesse pubblico (art. 43, 41) L’attività
privata è finalizzata al perseguimento di un profitto personale ma non può identificarsi con l’interesse
esclusivo dell’imprenditore ma deve realizzare anche indirettamente l’interesse della società. Basta
guardare l’energia e la telefonia: e comunque sembra di essere in un oligopolio.
es: Arena, è un servizio che si occupa di treni per far concorrenza a Trenitalia. È successo che
trenitalia ha imposto ad Arena di non poter far fermate intermedie tra Torino Milano. E ti sembra
concorrenza? No. Di conseguenza Arenaway è fallita.

STATO REGOLATORE, STATO SALVATORE, STATO DEBITORE


Lo stato può essere visto in tanti modi:
- Lo stato è regolatore, nel momento in cui interviene nel mercato attraverso politiche correttive
per far si che non si creino crisi. Crea dei meccanismi tali per cui se il mkt sta fallendo può
subentrare per correggerlo. Anche perché dopo il fallimento di mercato vi è il fallimento dello
stato quindi bisogna stare attenti. (lo stato fallisce e subentrano gli altri Stati che sono più
competitivi perché hanno costi minori, ad esempio Cina e paesi orientali)

- Lo stato è Salvatore Debitore Imprenditore nel momento in cui interviene nazionalizzando


banche o aziende che offrono servizi pubblici. Lo stato diventa salvatore salvando la banca e i
servizi pubblici dalla bancarotta. Lo stato diventa debitore poiché acquista i titoli di quell’impresa
e quindi ne sostiene il debito. Lo stato diventa imprenditore poiché prendendosene il debito è
come se ci investisse. Es: se fallisce alitalia, lo stato aiuta alitalia perché diventa uno strumento
di preminente interesse pubblico, proprio perché è un servizio pubblico e lo stato non può
mandare il messaggio che un servizio pubblico fallisce perciò nazionalizza al posto di
privatizzare.
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La crisi che si è mossa dal 2007 in poi ha portato all’attuazione di molte misure, pertanto il ruolo
economico dello stato è mutato in tante forme: in particolare è passato da uno stato regolatore a uno
stato assicuratore di ultima istanza
- stato assicuratore di ultima istanza, cioè fa da garanzia. Poiché le banche sono assicurate
dallo stato se i debitori verso le banche non estingueranno i loro debiti sarà lo stato a doverli
pagare per far sì che le banche non falliscano.
Es: situazione Covid, l’impresa prende il prestito dalla banca e la banca è assicurata dallo Stato,
quindi se l’impresa non è in grado di ripagare il debito, poco male perché è lo stato che deve
rimborsare. E lo stato su chi si rifà? Su noi popolo sovrano, lo pagheranno le generazioni future.
Ancora a parlare della crisi dei mutui Subprime: crisi immobiliare tramutata in una crisi bancaria e
poi finanziaria (anche a causa di una politica monetaria espansiva). Partita dall’America e arrivata
in Europa: l’Italia ancora ci sta dentro.
LEZIONE 8 13/10/20
DALLA CRISI FINANZIARIA GLOBALE ALLA CRISI DEI DEBITI SOVRANI IN EUROPA
A partire dai primi mesi del 2008 l’economia globale è stata investita da una profonda recessione.
All’origine della crisi economica, che dal settore privato si è poi protratta alle finanze pubbliche degli
Stati, vi è stata la crisi di natura finanziaria che ha colpito gli Stati Uniti a seguito del dissesto dei
mutui sub prime e del relativo crollo del mercato immobiliare nazionale
In breve, alcune tra le più grandi banche degli Stati Uniti si sono trovate ad affrontare una crisi senza
precedenti.
La crisi, nata dal crollo del settore immobiliare statunitense, è passata quindi alla finanza globale
ed infine all’economia reale, colpendo tutti i principali mercati del globo. A pesare sul propagarsi
dell’emergenza ha contribuito l’assenza a livello sia europeo sia globale di regole e prassi di vigilanza
finanziaria comune, ognuno ha cercato di risolvere la crisi internamente, nazionalmente prendendo
provvedimenti, tagliando le spese ma senza avere un coordinamento internazionale.
In Europa, pressoché tutti i governi, in assenza di un programma di azione comune, hanno varato
misure di salvataggio del sistema bancario, finanziario ed assicurativo principalmente basate
sull’acquisto diretto, da parte dello Stato, di titoli tossici o mediante l’ingresso statale nel capitale
degli operatori economici e degli intermediari finanziari. A questi interventi sono quindi seguiti piani
di stimolo economici, volti a sostenere i settori imprenditoriali più in difficoltà, consistenti
nell’introduzione di agevolazioni nell’accesso al credito e di incentivi per investimenti in innovazione
tecnologica.
L’incisivo intervento pubblico, finalizzato a salvare il settore bancario, finanziario ed assicurativo in
crisi, unito alla recessione economica in corso, ha però condotto ad aumentare l’esposizione dei
debiti sovrani degli Stati interessati dalla crisi. (se non le avessimo salvate però, la liquidità bancaria
sarebbe finita, non circolerebbe più moneta, si blocca tutto. Una reazione catena con gravi
conseguenze. Salvare le banche per salvare i risparmi, dando il messaggio che le banche non
devono fallire, ma intervenire preventivamente nel momento in cui una banca registra un bilancio in
negativo).
All’inizio del 2010 la situazione si è pesantemente aggravata proprio nell’area dell’euro, a causa del
rischio di insolvenza del proprio debito pubblico da parte della Grecia che ha dichiarato il defoult.
La crisi di solvibilità della finanza pubblica greca, scatenata non solo dalla recessione economica
ma anche dal perdurante occultamento dei governi del paese della reale entità del debito pubblico
nazionale, si è estesa ad altri paesi europei. In Italia, in Irlanda, in Portogallo e in Spagna, sono
aumentati i tassi di interesse ed il rendimento dei titoli di Stato (spread) è cresciuto sensibilmente,
con la conseguente difficoltà per queste nazioni di ripagare il proprio debito.
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Tra il 2010 ed 2011 molti Stati Europei, sono stati declassati dalle agenzie internazionali di rating
pertanto il valore del loro debito pubblico è aumentato sostanzialmente, in ragione delle gravi
incertezze delle rispettive finanze pubbliche. La crisi, dapprima finanziaria e poi dell’economia reale,
è quindi diventata crisi dei debiti sovrani nazionali.
Gli Stati dell’Unione Europea, maggiormente coinvolti per via delle forti interdipendenze create dalla
moneta unica e dal rischio di default della Grecia, dopo aver agito come “salvatori” e dopo essere
intervenuti per arginare gli effetti della successiva recessione economica, si sono così trovati nella
necessità di essere, a loro volta, salvati.
I governi nazionali, sulla spinta dell’Unione Europea, si sono trovati costretti a dover predisporre
misure finalizzate a risanare le rispettive finanze pubbliche.
La rapida diffusione dell’emergenza ha mostrato come le economie nazionali siano oggi strettamente
collegate tra di loro. La dimensione globale del mercato richiede quindi, sempre di più, che gli Stati
nazionali ricerchino meccanismi di governo dell’economia e della finanza comuni, anche cedendo
parte dei loro poteri verso regolatori internazionali o istituzioni comunitarie (Cessione di sovranità
tecnica).
L’armonizzazione fiscale nell’ambito della Comunità europea, procedimento attraverso cui si
rendono affini le discipline normative di determinati tributi comuni agli Stati membri, al fine di
eliminare le distorsioni di origine fiscale che ostacolano la libera concorrenza nel mercato unico e di
non discriminare merci, persone, servizi e capitali in base alla nazionalità. Armonizzare non vuol dire
unificare, ma solo adeguarsi a un tipo comune (presupposto, base imponibile, aliquote) ed eliminare
le divergenze più significative. (Con l'accordo di Schengen, firmato il 14 giugno 1985, Belgio,
Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi hanno deciso di eliminare progressivamente i
controlli alle frontiere interne e di introdurre la libertà di circolazione per tutti i cittadini dei paesi
firmatari, di altri paesi dell’Unione europea (UE) e di alcuni paesi terzi.)
L'armonizzazione contabile, ovvero le leggi di contabilità e degli schemi di bilancio è un processo
di riforma degli ordinamenti contabili pubblici diretto a rendere i bilanci di tutte le pubbliche
amministrazioni omogenei, confrontabili ed aggregabili. Ad oggi quasi tutti i paesi membri
dell’Unione Europea hanno una legge finanziaria di validità triennale. La validità triennale della legge
di bilancio consente da un lato, di armonizzare il sistema finanziario di tutti i paesi dell’area dell’euro,
e dall’altro di capire gli effetti che le proiezioni avranno nel medio - lungo termine e non nel breve
termine, cioè nell’anno.
In Europa: concorrenza leale dal punto di vista economico (merci, servizi persone e capitali,
Schengen) vs concorrenza sleale dal punto di vista fiscale: inutile una senza l’altra.
La concorrenza è normale tra i vari paesi ma in Europa vi è concorrenza sleale poiché anche se vi
è una politica monetaria unitaria vi è una politica fiscale differente fra i vari paesi. Di conseguenza è
inutile armonizzare il sistema economico ma non il sistema fiscale, perché questo crea competizione
scorretta, poiché è ovvio che se in un paese europeo ci sono tasse minori rispetto ad un altro, i
cittadini fuggono verso quel paese dove pagano meno.

- PRIMA FASE: La risposta statale alla crisi del settore privato. I provvedimenti sistematici e gli
interventi sull’economia reale.
Anche in Europa, come negli Stati Uniti, si assiste ad un evidente mutamento del ruolo dello Stato
che da regolatore diventa ≪salvatore≫ del sistema economico. Alla situazione di instabilità ed
incertezza prodotta dal mercato hanno, infatti, cercato di porre rimedio i governi nazionali, varando
misure dirette, in una prima fase, al salvataggio del sistema bancario, assicurativo e finanziario e,
successivamente, alla riduzione della crisi dell’economia reale.

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In seguito all’aggravarsi della crisi, i Governi e le Banche centrali hanno adottato provvedimenti di
carattere sistemico che configurano nuovi modelli di intervento pubblico nel sistema bancario e
finanziario (Monte dei Paschi di Siena). Si pensava che il fallimento del mercato fosse più forte del
fallimento dello Stato mentre, invece, è il contrario perché se fallisce il mercato quest’ultimo si può
autoregolare ed autorigenerare. Lo Stato, al contrario, non si può rigenerare per cui una volta che è
fallito lo rimane. In sintesi, è molto più grave il fallimento dello Stato rispetto al fallimento del mercato.
In Italia, la Cassa Depositi e Prestiti (istituto preposto alla liquidità che raccoglie tutto il risparmio
postale) può intervenire a finanziare gli enti pubblici territoriali (e non territoriali) che hanno bisogno
di liquidità.
In Germania è stato favorito l’accesso al credito delle piccole e medie imprese, combinato con la
riduzione delle tasse e il rilancio delle infrastrutture. In sintesi, il nuovo ruolo di Stato salvatore si
realizza attraverso grandi investimenti pubblici in infrastrutture, in spese che vanno ad essere il vero
stimolo dell’economia. Infatti, le nazioni che hanno adottato questi criteri si sono risollevate dalla crisi
molto prima dell’Italia. Nel 2012/2013 queste nazioni si erano già risollevata dalla crisi in quanto,
essendo il proprio debito pubblico meno delle metà di quello dell’Italia, potevano investire tutte le
risorse in più nel surplus di ricchezza che si traduceva nella creazione di occupazione, nuovi posti
di lavoro e crescita.
Nota bene: L’Italia aveva un debito pubblico esageratamente elevato a causa degli eventi degli anni
70-80 nei quali erano stati emessi titoli per ottenere prestiti con tassi di interesse elevati. Per rientrare
nella spesa a causa dei tassi così elevati erano stati emessi altrettanti titoli. Alla fine il debito pubblico
era salito a livelli esponenziali, questi interessi hanno gravato sulle spese correnti e utilizzare il debito
per coprire le spese correnti è un errore, al più va utilizzato per coprire spese di investimento.
- SECONDA FASE: il rischio di insolvenza degli Stati europei. Interventi comunitari e nazionali di
riduzione del deficit pubblico.
Il patto di stabilità e crescita è un accordo internazionale, stipulato e sottoscritto nel 1997 dai paesi
membri dell'Unione europea, inerente al controllo delle politiche di bilancio pubbliche, al fine di
mantenere fermi i requisiti di adesione all'Unione economica e monetaria dell'Unione europea
(Eurozona) ovvero rafforzare il percorso d'integrazione monetaria intrapreso nel 1992 con la
sottoscrizione del trattato di Maastricht.
In base al patto di stabilità e crescita gli Stati membri devono continuare a rispettare nel tempo gli
obiettivi relativi al bilancio dello stato, ossia:
- un deficit pubblico non superiore al 3% del PIL (rapporto deficit/PIL < 3%);
- un debito pubblico al di sotto del 60% del PIL
nel ’92 patto stabilità e crescita: imponeva ai paesi di non superare una certa soglia di spesa per
contenere la spesa pubblica, e se quindi eri stabile venivi ricompensato con la crescita.
nel ’97 è stato rivisto, tutti (comuni, regioni, stati) dovevano avere a livello della pubblica
amministrazione un livello di spesa in base alle entrate che avevano e quindi avevano magari le
risorse ma non potevano effettuare la spesa. Altrimenti si incorrerebbe nella teoria keynesiana della
domanda aggregata.
Anche oggi si sostiene la teoria secondo la quale ci vorrebbe: più spesa pubblica, più investimenti e
più consumi, meno imposte in quei paesi dove la pressione fiscale è altissima e non offrono i servizi
che dovrebbero offrire viste le maggiori entrate per i tributi.
Non è così facile, perché non siamo un paese in piena occupazione. Keynes aveva supposto che il
paese dovesse avere una disoccupazione al di sotto del 5%. Ecco perché la teoria non può essere
applicata così com’è, al massimo con qualche correttivo: soprattutto per far aumentare i consumi e

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gli investimenti, è inutile attivare solo la spesa pubblica, perché poi servirebbe altro debito per
risanarla.
Si va avanti ancora fino ad arrivale al 2010, eurozona: l’Unione europea inizia a dire di evitare i
disavanzi di bilancio. Chi ha un disavanzo eccessivo, ovvero per un terzo anno consecutivo, deve
restituire una parte della somma prestata allo stato. I passaggi sono: richiamo formale->
raccomandazione scritta -> procedura di infrazione -> sanzione -> commissariamento, significa che
resta tutto uguale a livello organizzativo ma chi decide è l’Europa e non più lo stato stesso. La stessa
cosa succede alle regioni, solo che tutto l’organo regionale viene smantellato. Per riportare lo stato
in pareggio.

L’EUROZONA E GLI STRUMENTI DI GESTIONE DELLA CRISI: IL RUOLO DELLA BCE E L’ISTITUZIONE DEI
FONDI
FESF (fondo europeo di stabilità finanziaria), è uno strumento appositamente costituito dagli Stati
membri dell'Eurozona, in seguito alla grande recessione, per il solo fine di aiutare finanziariamente
gli stati membri, preservando la stabilità finanziaria dell'Eurozona in caso di difficoltà economica. È
un fondo di aiuto per gli stati con alto debito e rischio di insolvenza. Tutti gli stati hanno partecipato
per costituire questo fondo in grado di emettere obbligazioni proprie.
Nel maggio 2010 la BCE ha iniziato ad acquistare titoli di debito attraverso il quantitative easing,
ovvero acquisto di titoli di debito pubblico per rifinanziare il sistema bancario, per dare liquidità ai
vari paesi e per evitare che questi paesi andassero in default. (q.e. cioè di acquisto di titoli di stato e
di altro tipo dalle banche per immettere nuovo denaro nell’economia europea, incentivare i prestiti
bancari verso le imprese e far crescere l’inflazione molto bassa).
Limiti e quantità di tempo, tutte queste procedure di risanamento sono compatibili con le norme
europee solamente se contenuti all’interno di limiti quantitativi e temporali (limite di fondi e tempo).
Gli EUROBOND sono al di fuori di questi vincoli quantitativi e temporanei, rendono il debito dei paesi
europei proprio dell’europa. Questo perché anche l’Italia non riuscirà mai ad estinguere il debito,
dovrebbe smettere di pagare stipendi, pensioni e aumentare la disoccupazione. Estinguere il debito
è impossibile poiché richiederebbe provvedimenti impopolari. Bisogna fare leva sul deficit, riduzione
dei disavanzi eccessivi, non protrarre il disavanzo in avanti del tempo. Non possiamo avere sia
disavanzo che debito in eccesso.
Gli Eurobond costituiscono un’alternativa, europeizzare il debito: conviene a tutti perché c’è un
controllo maggiore stabilito a livello europeo. Invece oggi ogni stato ha il suo debito ed è molto più
difficile controllarlo a livello nazionale.
Il perdurare della crisi, modificando l’art.136 Trattato dell’Unione Europea, prevede la modifica del
FESF in un meccanismo di crisis management, ovvero non è più uno strumento temporaneo ma
diventa stabile/permanente
MES (meccanismo europeo di stabilità) invece è un fondo creato presso l’unione europea moto
simile al PES ma che può venire usato solo per determinati scopi, non è generale come il FES,
poiché può essere utilizzato solo per emergenze sanitarie.

SISTEMI DI VIGILANZA MICRO E MACRO PRUDENZIALE


Il propagarsi della crisi non è dipeso solo dall’euro ma anche dal problema strutturale di governance
dell’unione europea. Questo problema ha visto la necessità di una sorveglianza/vigilanza finanziaria
attraverso delle autorità amministrative e indipendenti che intervengono per dare garanzia a

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livello micro e macro prudenziale. Si tratta di un’autorità bancaria che riguarda il controllo sulle
assicurazioni, pensioni, sugli strumenti finanziari, la borsa, le transazioni finanziarie.
L’Europa necessita di un organo che si occupi di fare delle analisi sul sistema finanziario e di
segnalare le aree di rischio (meccanismo di sorveglianza preventivo al default). Per il rischio
sistemico infatti vi è un comitato europeo, che ha il compito di vigilanza macroprudenziale. Es: la
consob, però è a livello nazionale (micro). Se si mettesse in accordo con la vigilanza europea, ovvero
la vigilanza europea che tiene sotto occhio la vigilanza nazionale, si ritiene una zona a rischio. È un
ritorno al principio di sussidiarietà in questo caso verticale, poiché se la consob non controlla bene
a livello nazionale, allora arrivano quelle europee che controllano a livello macroprudenziale.
In mancanza di accordo le autorità europee hanno quindi la possibilità di imporre a quelle nazionali
l’adozione di specifiche misure e nel caso in cui queste non si conformino a quanto rilevato di poter
provvedere direttamente nei confronti dei singoli intermediari finanziari (sussidiaretà).

LEZIONE 9 14/10/20
Queste autorità di vigilanza Europea possono svolgere indagini specifiche, come se fossero dei
magistrati (hanno potere di indagine) su c/c, garanti di vigilanza nazionale (consob, banca d’italia),
per verificare il giusto funzionamento. Quindi queste autorità di vigilanza hanno il potere di imporre
la normativa europea anche a livello nazionale, o possono provvedere direttamente nei confronti
degli intermediari finanziari per la non corretta applicazione, art.119-120.
Inserire questi fondi nel sistema dell’unione europea si è vista necessaria per scongiurare le minacce
da emergenze di qualunque tipo: riforma della governance europea in particolare è una governance
economica.
Tappe fondamentali di questo processo di riforma per fronteggiare la crisi strutturale (finanziaria
/monetaria/economica) sono:
1. Approvazione in seguito ad un’innovazione franco tedesca, che nel 2008/9/10 la fase propulsiva,
che sono le nazioni con il debito pubblico più sotto controllo e un pil più forte, avevano quindi
condizioni di maggior sostenibilità (garanzia di restituzione debito) e stabilità (andamenti ciclici
modesti). Nel 2011 introducono il patto EUROPLUS: il quale prevedeva che ogni anno gli stati
partecipanti fissino insieme le azioni concrete per realizzare nei successivi 12 mesi tutte le
funzioni\obiettivi che si sono posti. Pur riconoscendo che il comando rimane alla nazione chiede il
più possibile risultati omogenei negli Stati. Quindi questo patto è poco incisivo più che altro è
programmatico, in quanto voleva che gli stati si riunissero per trovare delle azioni per ridimensionare
i disavanzi eccessivi, raffreddare il debito pubblico e azioni per rilanciare la crescita economica. In
realtà è stato un inizio importante per il cambiamento (non è altro che il patto di stabilità e crescita
degli anni precedenti 1992 Maastrich, poi patto di stabilità nel 97 che però “non era stato messo in
atto”). Ha disposto meccanismo di vigilanza, ma rappresenta un programma complementare rispetto
al Patto di stabilità e crescita. Tale programma di riforme prefigura un sistema di governance
europeo dei bilanci nazionali che sembra mettere in conto pesanti tagli alla spesa sociale in
situazioni di fas avversa del ciclo economico

2. Novembre 2011 patto six pack, (5 regolamenti più una direttiva) ha ripreso gli articoli dal 120-121
fino al 140 dal testo del trattato europeo, che parlavano di patto di stabilità e crescita. Intervengono
fissando una nuova disciplina in tema di sorveglianza economica europea. Aggiornando le regole
minime per evitare i disavanzi eccessivi. Si chiudono i rubinetti, soprattutto delle regioni. Secondo il
patto nel 2016 noi saremmo dovuti essere arrivati al pareggio in bilancio. Prima avevamo effetti
persuasivi, poi dissuasivo e infine sanzionatorio, se non ti attieni al regolamento partono le procedure
di sanzione (sopra c’è la procedura). Effetto dissuasivo e sanzionatorio vengono entrambi dal six
pack. Con questo patto si voleva mettere in relazione: politica economica (compito governativo),
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politica monetaria (dalla bce e dall bc dei singoli stati), la politica fiscale (i tributi, compito governativo
e parlamentare) e la politica di bilancio (governo e parlamento insieme).

Six pack entra in modo incisivo, sanzionatorio e dissuasivo a regolare la vita economica dei paesi
UE.
i 5 regolamenti sono:
- effettiva sorveglianza di bilancio
- misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nella zona euro
- rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del
coordinamento delle politiche economiche, già precedentemente modificato
- prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici ma anche finanziari
- accelerazione e chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi
eccessivi
In sintesi, Il six pack è un insieme di cinque regolamenti e una direttiva, che ha modificato le regole
di applicazione del Patto di stabilità e crescita. Con il quale è stato introdotto un sistema di
sorveglianza dei dati macroeconomici di ciascun paese, per cui se la Commissione europea ritiene
che ci siano degli squilibri può chiedere allo Stato di adottare misure di politica economica dirette
alla loro eliminazione.
3. Prima del 2012 patto two pack (2 regolamenti) che mirano a completare e rafforzare il six pack,
rendendo più efficaci sia la procedura del semestre europeo sia la parte preventiva e correttiva
del Patto di stabilità e crescita:
- una proposta di regolamento sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio
degli Stati membri che affrontano o sono minacciati da serie difficoltà per la propria stabilità
finanziaria nell’eurozona;
- una proposta di regolamento recante disposizioni comuni per il monitoraggio (settimanale) e la
valutazione dei progetti di bilancio e per assicurare la correzione dei disavanzi eccessivi degli
Stati membri nell’eurozona.
inaspriscono quindi le procedure di pareggio del disavanzo. I due regolamenti in particolare
prevedono: la trasparenza delle decisioni di bilancio e un rafforzamento della coordinazione tra gli
stati europei.
4. Fine gennaio 2012 il fiscal compact, non è più inerente agli squilibri di bilancio, bensì si
aggregano quelli macroeconomici. Siamo stati il primo paese ad aver inserito nella costituzione
il pareggio di bilancio, art.81.
Sono tutte misure che dal 2011 al 2012 sono state intraprese dall’europa per far fronte ad una crisi
finanziaria, bancaria etc.. una crisi a 360° destinata a durare negli anni.
LEZIONE 10 19/10/20
Cap.1 paragrafo 3: dal semestre europeo al FISCAL COMPACT
Il sistema che stiamo delineando è un sistema di stabilità e sostenibilità, per evitare il rischio di
contagio dei sistemi economici che non funzionano poiché il disavanzo eccessivo, debito elevato
sono problemi che da un paese possono in qualche modo influenzare i paesi vicini. Alcuni stati
hanno dovuto agire a livello costituzionale, l’ultimo intervento è stato nel 2001, ogni tanto prima ci
sarà stata qualche modifica. Dopo il 2001 l’altro intervento incisivo è stato nel 2012, in seguito alla
grande crisi del 2011 durante la quale lo spread aveva raggiuto livelli pari a 600 p.ti. quindi nel 2012
è stato introdotto il pareggio in bilancio in costituzione. Venne introdotto il semestre europeo: che
pone dei presupposti per una preparazione coordinata delle decisioni di finanza pubblica dei singoli
paesi (prima forma di intergazione e rafforzamento del patto di stabilità e crescita), in particolare la
Commissione europea ha valutato di istituire un complesso insieme di passaggi, destinati a svolgersi
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nell’arco di un semestre e caratterizzati da atti di coordinamento e di sorveglianza, per effetto dei
quali si sarebbe realizzata una sorta di controllo e di condizionamento a priori delle scelte che gli
stati compiranno con i vari atti di finanza pubblica.
Quindi, il semestre europeo, questo insieme di passaggi, costituiscono esattamente il meccanismo
per poter controllare a priori le scelte degli stati, perché non è pensabile che gli stati attuino delle
scelte di bilancio senza aver messo in comune gli intendimenti per arrivare a questa legge di bilancio,
poiché dal sesto mese in poi viene stipulato il bilancio. Prima c’è una specie di biglietto da visita,
documento di economia e finanza (DEF), è il documento che esprime il patto di stabilità e il
programma nazionale di riforma e tutti gli indicatori macroeconomici che devono essere inseriti nel
patto di bilancio: come il governo decide di presentarsi al parlamento e all’Unione Europea, il DEF
deve avere l’approvazione di entrambi.
Il semestre europeo è un ciclo di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio nell'ambito
dell'UE. Rientra nel quadro della governance economica dell'Unione europea.
Si concentra sul periodo di sei mesi dall'inizio di ogni anno; per questo si chiama "semestre".Durante
il semestre europeo gli Stati membri allineano le rispettive politiche economiche e di bilancio agli
obiettivi e alle norme convenuti a livello dell'UE. Quali politiche sono oggetto di coordinamento
durante il semestre europeo? Il semestre europeo si articola intorno a tre nuclei di coordinamento
della politica economica: riforme strutturali, con un accento sulla promozione della crescita e
dell'occupazione - politiche di bilancio, con l'obiettivo di garantire la sostenibilità delle finanze
pubbliche in linea con il patto di stabilità e crescita - prevenzione degli squilibri macroeconomici
eccessivi.
Il semestre europeo è seguito da quella lista scritta sopra: europlus, sic pack, two pack, etc… infine
il Fiscal Compact: che ha completato il processo di rafforzamento della vigilanza e del
coordinamento mirati a mantenere il rigore dei sistemi di finanza pubblica nazionale.
A livello sostanziale il fiscal compact riprende quello che è già stato annunciato dal six e two pack e
riprende tutto il quadro normativo ma la NOVITA’ è: il pareggio di bilancio. Non in costituzione.
Ma un equilibrio finanziario (vero), non contabile. Consente il deficit solo temporaneamente e qualora
il ciclo economico sia negativo ed attraversi periodi di gravi crisi.
Il deficit non è ridotto: ogni paese ha il deficit stending, lo stato ha la possibilità di spendere in deficit
(come sta succedendo ora) ma la deroga non deve in ogni caso compromettere la sostenibilità del
debito di lungo periodo, ovvero si può fare una deroga ed essere consentita nell’anno on corso ma
nell’anno successivo se non vi è un'altra crisi o non si protrae si deve immediatamente rientrare da
quella spesa in deficit che abbiamo sostenuto nel periodo di deroga.
(spendere in deficit significa spendere più di quanto si guadagna, lo si fa emettendo titoli di debito
pubblico o nuova moneta (che causa però inflazione). Il possibile vantaggio c’è quando si tratta di
spesa per investimento ma di solito non è così, si tratta solo di spesa fuori controllo.)
IN SINTESI: Fiscal Compact, cioè il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance
dell’Unione Europea firmato da 25 paesi il 2 marzo 2012. Si tratta di un accordo che prevede una
serie di norme comuni e vincoli di natura economica che hanno come obbiettivo il contenimento del
debito pubblico nazionale di ciascun paese (intervento sulla politica fiscale). Quindi comportò la
cessione di una fetta della propria sovranità economica di ogni paese a un ente sovranazionale,
l’Unione Europea. Il Fiscal Compact in questo senso non fu una novità assoluta, anzi: i sui
predecessori più importanti furono il Trattato di Maastricht, entrato in vigore l’1 novembre 1993, e il
Patto di stabilità e crescita, sottoscritto nel 1997. Nel Trattato di Maastricht, fra le altre cose, erano
contenuti i cinque criteri che ciascun paese avrebbe dovuto soddisfare per adottare l’euro, fra cui un
rapporto fra deficit (cioè il disavanzo annuale di uno stato) e il prodotto interno lordo (PIL) non
superiore al 3 per cento e un rapporto fra debito complessivo e PIL non superiore al 60 per cento.

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Nel Patto del 1997 l’Unione si dotò invece degli strumenti per inviare avvertimenti e applicare
sanzioni agli Stati che non avessero rispettato i vincoli imposti nel 1993.
Fra le molte cose contenute nel trattato, le più importanti sono: 1. l’inserimento del pareggio di
bilancio (cioè un sostanziale equilibrio tra entrate e uscite) di ciascuno Stato in «disposizioni
vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale» (in Italia è stato inserito nella
Costituzione con una modifica all’articolo 81 approvata nell’aprile del 2012); 2. il vincolo dello 0,5 di
deficit “strutturale” – quindi non legato a emergenze – rispetto al PIL; 3. l’obbligo di mantenere al
massimo al 3 per cento il rapporto tra deficit e PIL, già previsto da Maastricht; 4. per i paesi con un
rapporto tra debito e PIL superiore al 60 per cento previsto da Maastricht, l’obbligo di ridurre il
rapporto di almeno 1/20esimo all’anno, per raggiungere quel rapporto considerato “sano” del 60 per
cento. In Italia il debito pubblico ha sforato i 2000 miliardi di euro, intorno al 134 per cento del PIL.
PROBLEMA ITALIA: il debito non viene fatto per investimenti ma per coprire la spesa corrente.
Chi ha voluto il fiscal compact? La Germania. La cosiddetta Golden Rue, formulata sul modello
dell’art.109 della costituzione tedesca, ha modificato il sistema del federalismo europeo e quindi del
fiscal compact. Hanno preso il modello tedesco perché più stabile per garantire disavanzi non
eccessivi e di raffreddare il debito.
L’intenzione che emerge dall’accordo parrebbe dunque essere quella di una significativa
compressione della discrezionalità che ha caratterizzato fino ad oggi il ricorso all’apparato
sanzionatorio.
Si passa da discrezionalità sanzionatoria ad una sanzione automatica. Prima discrezionalità
sanzionatoria dopo il fiscal compact questa è diventata autonoma (automatizzata la sanzionabilità
dei comportamenti), non c’è nessun margine decisionale. Regola automatica. Ovviamente ci sono
sempre delle eccezioni: situazione congiunturali ed eccessivamente gravi.
La successiva virata verso l’ulteriore rigore e verso l’automatismo delle sanzioni si è verificata in
concomitanza con la crisi economico-finanziaria che ha avuto inizio nel 2008, e che indubbiamente
ha condizionato se non proprio plasmato l’indirizzo europeo di ‘demonizzazione’ (presentare in modo
deformato, negativo e allarmistico) delle situazioni di disavanzo e di debito degli Stati aderenti alla
moneta unica. Il rimedio per il salvataggio di quest’ultima e per l’uscita dalla fase di crisi è stato infatti
identificato nello sforzo di rientro della posizione debitoria e nel ridimensionamento del volume della
spesa pubblica.
Il bilancio non può che essere in pareggio se non si vuole mettere a repentaglio l’equilibrio finanziario
di partners che condividono la medesima unità valutaria. Cioè se non mettiamo in pareggio il
bilancio, oltre a mettere in difficoltà noi stessi, ma tutti e 28 i paesi, perché sommando tutti i disavanzi
stanno mettendo a repentaglio gli avanzi degli altri paesi che incominciano a guardarci con fastidio.
Altro concetto: riduzione della spesa pubblica e recessione sono due situazioni un po’ inconciliabili:
perché se sono in recessione devo aumentare la spesa pubblica, ma l’aumento di questa mi fa
aumentare il debito che aumentando mi manda ancora più in recessione. Come esco da questo
circolo vizioso? Solo con la revisione della spesa pubblica, revisione del sistema fiscale e utilizzare
i fondi che l’europa ci mette a disposizione e con questi facciamo le riforme altrimenti riduzione spesa
pubblica e recessione sono inconciliabili. Oggi è necessario spendere in deficit.
Le competenze ormai già trasferite alle istituzioni europee farebbero supporre che l’Unione sia già
molto più che un’area di solo mercato, e tuttavia la capacità di intervento comunitario non è
paragonabile a quella delle forme federali (pag. 34).
quindi, c’è una cessione di sovranità economica e monetaria che però non è paragonabile alle forme
federali: l’europa non è un sistema federale. Lo potremmo essere ma non lo siamo perché l’europa
pur avendo della sovranità (cessione di sovranità all’UE dai paesi membri) non ha tutti gli strumenti

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per poterlo diventare, poiché ad esempio l’America che è uno stato federale attraverso delle regole
stabiliscono l’andamento di tutti gli stati ma che hanno un’elasticità nell’interpretazione.
Le quattro aree dell’attuale European economic governance – la materia monetaria, la politica di
bilancio, le strutture di mercato e i tassi di interesse – hanno determinato un passo ed una dinamica
dell’integrazione, che è giunta ad uno stato di avanzamento tale da porre ormai di fronte ad
interrogativi e scelte decisivi per ciò che seguirà: il dilemma pare veramente muoversi tra l’ulteriore
conferimento di funzioni all’Unione o, al contrario, il rafforzamento de ruolo degli Stati membri.
quindi, siamo arrivati al giro di boa, o torniamo indietro declinando l’idea di stare insieme come
europa oppure andiamo verso il rafforzamento e l’unione dei poteri, quindi la cessione di sovranità
che abbiamo affrontato fino ad ora deve completarsi attraverso armonizzazione dei bilanci,
armonizzazione del fisco e la governance politica (deve essere incisiva “costituzione europea”).
Armonizzazione dei bilanci, sistema fiscale e la governance politica. Quindi rendere questi tre punti
uguali per tutti i 27/28 stati europei, creare un’unanimità.l’Europa non riesce a essere incisiva nel
legare tutti gli stati. Ma se allora non ci riusciamo, modifichiamo l trattato dell’unione e rendiamo gli
Stati più autonomi, rendendo l’Europa una semplice accordanza di scambi commerciali e di moneta
unica. Sono scelte politiche che ancora non sono state prese.
Qual è il pericolo? La stabilità macro-economica svincolata da programmi di stimolo e di crescita
dell’occupazione, delle infrastrutture, dei servizi, della conoscenza e della coesione sociale rischia
di diventare uno strumento di paralisi dei sistemi produttivi e socali, la cui tensione verso la tenuta
finanziaria non è di per sé sufficiente in relazione al conseguimento degli obiettivi che le stesse
istituzioni europee hanno prefigurato in tempi recenti.
qundi, il pericolo è quello di implosione, quando gli effetti si devono manifestare un sistema che si
implode vuol dire che si è autoconsumato: l’idea dell’Unione europea è ora che prendi un verso (tipo
l’idea di Europa che aveva Draghi).

LE MISURE NAZIONALI PER LA RIDUZIONE DEL DEFICIT PUBBLICO IN EUROPA:


CARATTERISTICHE COMUNI
La crisi dei debiti sovrani si è diffusa maggiormente tra gli Stati dell’Eurozona, non solo per via degli
stretti legami creati dall’Unione europea e monetaria, che hanno diffuso maggiormente il rischio di
contagio partito dalla Grecia, ma anche in ragione del forte debito pubblico che caratterizzava da
molti anni numerosi paesi dell’area della moneta unica.
Tra tutti gli Stati, la situazione è apparsa particolarmente complessa, si sono quindi adottate manovre
volte al contenimento della spesa, al riordino dei conti nazionali e alla riduzione del debito pubblico.
Al fine di ridurre il deficit pubblico è necessario contrastare i programmi di spesa che non hanno
coperture o che hanno coperture fittizie. In Europa si era abituati a emanare programmi di spesa,
indicandone solo successivamente la copertura di spesa.
Dal 2007/2008 non è più possibile indicare le spese senza riportare come sono finanziate. Inoltre,
bisogna indicare che tipo di spesa si va a sostenere: spesa corrente o spesa di investimento. Le
uniche spese che possono essere coperte con il debito sono quelle di investimento, mentre le spese
correnti non si possono coprire con il debito.
L’obiettivo prioritario da raggiungere per i governi nazionali era quello di riordinare la finanza
pubblica, attraverso l’introduzione di politiche di austerità in tema di spesa, rimandando ad una fase
successiva riforme, di carattere strutturale, da apportare per tentare di rilanciare la crescita.

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LE RIFORME DELLA VIGILANZA FINANZIARIA E DELLA GOVERNANCE ECONOMICA
COMUNITARIA: VERSO UN NUOVO RUOLO DELL’UNIONE EUROPEA?
Il rapido propagarsi della crisi nell’area dell’euro è dipeso anche da un problema ≪strutturale≫ della
stessa Unione europea. L’Unione europea non ha preso parte attiva nel gestire la crisi con coraggio
ma è stata piuttosto “in balia” dei singoli Stati, cedendo la vera sovranità, che avrebbe dovuto
esercitare, e lasciando che gli Stati economicamente e finanziariamente più forti prendessero
decisioni a scapito di quelli più deboli. Di conseguenza, si è riconosciuto che solo attraverso la
modifica delle regole della governance economica e sulla vigilanza finanziaria comunitaria si può
tentare di garantire concretamente, nel lungo termine, che emergenze come quella degli scorsi anni
non si ripetano nuovamente. Così come i singoli paesi hanno autorità amministrative indipendenti
(autorità di regolazione, autorità di controllo, autorità di vigilanza e autorità di garanzia) anche
l’Europa deve darsi delle autorità, in modo da non lasciare iniziativa ai singoli Stati membri in merito
al controllo dell’operato della pubblica amministrazione e dei privati.
Il nuovo sistema europeo di vigilanza finanziaria è stato introdotto con regolamenti comunitari. Dal
2011 sono operative tre nuove autorità con funzioni di vigilanza micro-prudenziale ed un comitato
con funzioni di vigilanza macro-prudenziale. Si tratta dell’Autorità bancaria europea, dell’Autorità
europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali e dell’Autorità europea degli
strumenti finanziari e dei mercati, che insieme costituiscono le Autorità europee di vigilanza micro-
prudenziali.
Oltre a queste autorità, vi è poi il Comitato europeo per il rischio sistemico che ha il compito – di
vigilanza macro-prudenziali – di condurre analisi sul sistema finanziario europeo, di segnalare le
aree di rischio (risk warnings) e di formulare raccomandazioni per interventi correttivi da realizzare
a livello europeo o nazionale. Questo sistema di vigilanza giustifica le Autorità amministrative
indipendenti, confermando il potere di vigilanza, potere sanzionatorio e il potere di indagine e
inquisitorio.
Queste autorità compongono il Sistema europeo di vigilanza finanziaria, che ha la funzione di
garantire la vigilanza del sistema finanziario dell’Unione europea.
Le tre autorità europee potrebbero aprire delle procedure di infrazione nei confronti dei paesi che
non solo non rispettano le Autorità amministrative indipendenti interne ma che non rispettano i vincoli
stabiliti dall’Unione europea. In mancanza di accordo, le Autorità europee hanno quindi la possibilità
di imporre (capacità impositiva) a quelle nazionali l’adozione di specifiche misure e, nel caso in cui
queste non si conformino a quanto rilevato, di poter provvedere direttamente nei confronti dei singoli
intermediari finanziari. Ciò significa che, se le Autorità amministrative nazionali non si conformano
alle direttive delle Autorità amministrative europee, allora queste ultime possono sostituirsi alle prime
(potere sostitutivo, in diritto amministrativo si parla di sussidiarietà – Articolo 120 Costituzione
italiana) prendendo decisioni e ricorrendo a sanzioni.
Il nuovo sistema europeo di vigilanza finanziaria pone particolare enfasi sula necessità di una stretta
cooperazione tra tutti i suoi componenti e sulla loro capacità di operare insieme per il raggiungimento
degli obiettivi comuni, valorizzando le rispettive risorse e competenze.
La riforma risponde quindi all’esigenza di co-assicurare gli Stati membri tra essi (Stato assicuratore),
accompagnando ai legami creati dal mercato, quelli formati da un corpo di regole e di istituzioni
comuni, nel tentativo di scongiurare future emergenze.
La stretta comunicabilità tra crisi della finanza privata e crisi di quella pubblica, resa evidente dalle
vicende dei debiti sovrani, ha portato infatti a considerare necessaria anche una contestuale
modifica della disciplina comunitaria sul controllo delle finanze statali. Per questo motivo,
parallelamente all’introduzione dell’FES, è stato intrapreso un percorso di riforma della governance
economica europea.

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Tappe fondamentali di questo processo, tuttora non concluso, sono state l’approvazione, a seguito
di un’iniziativa franco-tedesca, del ≪Patto Europlus≫, nel marzo del 2011; l’emanazione nel
novembre del 2011 di un pacchetto di cinque Regolamenti ed una direttiva: il ≪Six Pack≫; e infine
≪Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell’unione economica e monetaria
≫ (c.d. Fiscal compact) avvenuta nel gennaio del 2012.
Nota bene: Di rilevante importanza è stata l’introduzione del Semestre Europeo, si tratta di un ciclo
di coordinamento di politiche economiche e di bilancio. Il governo presenta al Parlamento e all’UE il
DEF (Documento di economia e finanza) illustrando le scelte di finanza e politica economica, gli
obiettivi e i tempi entro i quali raggiungerli. Diviene legge una volta approvato. Possono sorgere,
successivamente, note di aggiornamento al DEF. Conclusi i sei mesi inizia la sessione di bilancio.
- Patto Europlus (Con il Patto Europlus, sottoscritto dalla Francia e della Germania, è stato stabilito
di adottare, in sede nazionale, tutte le misure necessarie a realizzare quattro obiettivi:
- Promuovere la competitività
- Stimolare l’occupazione
- Concorrere alla sostenibilità delle finanze pubbliche (Le finanze pubbliche devono essere
garantite da entrate maggiori e sane, ovvero tributarie, privatizzazioni, tagli di spesa e non
attraverso il debito)
- Rafforzare la stabilità finanziaria, il tutto in un’ottica di coordinamento delle politiche fiscali
Il patto ha una portata principalmente programmatica e prevede che ogni anno gli Stati partecipanti
fissino insieme, mediante i rispettivi capi di stato e di governo, le azioni concrete da realizzare nei
successivi dodici mesi. Sempre lo stesso Patto Europlus, pur riconoscendo che l’imposizione diretta
resta di competenza nazionale, impegna gli Stati ad avviare discussioni sulla questione della
fiscalità, ricercando il più possibile il raggiungimento di politiche e risultati omogenei.
Un primo obiettivo del Patto Europlus avrebbe dovuto presuppore il coordinamento/armonizzazione
delle politiche fiscali di tutti i Paesi membri dell’UE al fine di scoraggiare la concorrenza sleale
(andare a produrre beni in alcuni Paesi dove le politiche fiscali sono più blande). Il Patto Europlus,
anche sotto questo punto di vista, è stato un patto fallimentare)
- Six Pack (Il Six Pack, che è composto un pacchetto di cinque Regolamenti e una direttiva, ha
invece una portata maggiormente rilevante. Le disposizioni del Six Pack si inseriscono nel quadro
della normativa previgente in tema di Patto di Stabilità e Crescita europeo e intervengono su questo
fissando una nuova disciplina in tema di sorveglianza economica europea ed aggiornando le regole
minime che dovranno essere rispettate dagli Stati membri perché sia garantita l’osservanza
dell’obbligo di evitare disavanzi eccessivi. Il Six Pack diventa, legislamente parlando, un patto
incisivo che va a modificare una situazione giuridica preesistente. Ne deriva che il Six Pack è un
patto dissuasivo, cioè un patto che si preoccupa di evitare che i paesi singolarmente accumulino
disavanzi eccessivi.
I cinque regolamenti si applicano automaticamente senza bisogno di essere eccepiti da leggi interne.
La direttiva, che insieme ai cinque regolamenti definisce il Six Pack, è una direttiva self-executive,
in quanto rientra tra quelle direttive che hanno la stessa forza del regolamento, cioè si applica senza
bisogno di essere eccepita da leggi interne.
La disciplina delle sanzioni, in passato risultata scarsamente effettiva, per i Paesi che non rispettano
i limiti di disavanzo fissati in sede comunitaria diventa maggiormente “automatica”.
Il Six Pack, oltre alla riforma del Patto di Stabilità e Crescita, individua poi una serie di meccanismi
per la prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici. In particolare, la Commissione
procederà periodicamente ad una valutazione dei rischi derivanti dagli squilibri macroeconomici in
ciascuno Stato e avvierà un riesame approfondito per le nazioni a rischio)

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- Fiscal Compact (Infine, a completare il quadro degli atti che stanno componendo la riforma della
governance economica europea, è intervenuto il Trattato Fiscal compact, approvato nel gennaio
2012, che ha confermato quanto già disposto dal Patto Europlus e dal Six Pack. A seguito
dell’introduzione del Fiscal compact Italia, Francia, Germania e Spagna hanno inserito nelle
rispettive legislazioni nazionali l’obbligo di raggiugere il pareggio di bilancio. Nel complesso nel corso
degli ultimi anni, si sono apportate significative modifiche alla disciplina della governance economica
europea)
Il percorso di riforma sta portando a rivedere l’assetto sostanziale delle competenze delle istituzioni
europee in materia di politiche economiche e fiscali, in una logica di restringimento delle prerogative
nazionali e di “pressione” sugli Stati, al fine di condurli ad un maggiore rigore di spesa. Ciò implica il
monitoraggio comunitario che controlla gli Stati (la cui sovranità è stata delegata proprio dagli stessi
Stati) e il rigore di spesa (cercare di spendere di meno in spesa corrente e spendere d più in spesa
di investimento). Il bilancio italiano presenta una spesa corrente molto alta e pari a circa il 85%/86%.
Ciò implica rigidità di bilancio e non flessibilità di bilancio, che invece significherebbe avere una
opportunità del 70% di spesa corrente e 30% di spesa di investimento.
Quanto va emergendo risulterebbe, quindi, essere un modello di governo dell’economia e della
finanza europeo maggiormente ispirato ai principi di controllo e di monitoraggio comunitario, sia ex
ante sia ex post, delle politiche nazionali.
I maggiori profili di incertezza (soprattutto i profili fiscali) riguardano i profili di contabilità di tali
regolatori sovranazionali rispetto alla loro organizzazione e alla loro attività. I regolatori
sovrannazionali applicano la cosiddetta soft law (un modo di legiferare soft), la cui funzione è quella
di essere destinata a convincere, piuttosto che a costringere.
La costruzione di una global governance dell’economia e della finanza passa necessariamente
attraverso la ridefinizione del ruolo degli Stati nazionali e la riforma dei regolatori globali attualmente
esistenti.
Nota bene: Lo spread è la differenza di rendimento tra due titoli di stessa durata e dello stesso tipo,
uno dei quali viene preso di riferimento. Prendiamo i BUND tedeschi di riferimento per via della forte
solidità (debito sostenibile) della Germania.

IN ESTREMA SINTESI - Riforma della governance macroeconomica


Riforma della governance macroeconomica europea per far fronte alla crisi strutturale:
1. Marzo 2011, EUROPLUS. Frenare i disavanzi eccessivi, raffreddare il debito, invito a discutere
sulla fiscalità. Patto programmatico senza sanzioni: effetti persuasivi.
Prefigura pesanti tagli alle spese sociali in fasi avverse del ciclo economico.
2. Novembre 2011, Six Pack (5 regolamenti, 1 direttiva: sorveglianza europea di bilancio, misure
esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici e finanziari..), si rifà anch’esso al Patto di
stabilità e crescita, ma vengono poste regole minime per evitare i disavanzi eccessivi (chiusi i
rubinetti alle regioni): miglioramento saldi 0.5 % PIL, riduzione 1/20 annuo per quelli con debito/PIL
> 60% se no deposito infruttifero dello 0.5% PIL
→ effetti dissuasivi (essendo regolamenti si impongono alle leggi nazionali) e sanzionatori (se non
ti attieni procedura)
3. Inizio 2012, Two Pack, aumentano la trasparenza delle decisioni di bilancio, rafforzano il
coordinamento nella zona euro.

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4. Marzo 2012, Fiscal Compact. Aggiunge il pareggio di bilancio (finanziario). Deficit solo se ciclo
economico è negativo (ma no debito nel lungo periodo). Compressione della discrezionalità: da
discrezionalità sanzionatoria a sanzione automatica. Golden Rule della Costituzione tedesca. Noi
introduciamo il pareggio in Costituzione (debito permesso solo per spese d’investimento).
• Completamento del processo di rafforzamento della vigilanza e del coordinamento mirati a
mantenere il rigore dei sistemi di finanza pubblica nazionale → semestre europeo: una serie di
passaggi, atti di coordinamento e sorveglianza da gennaio a luglio, che costituiscono dei meccanismi
per controllare a priori le manovre degli stati. Si presenta il Def prima che si effettuino le manovre
economiche e di riforma, che dovrà essere approvato dal Parlamento e dall’Europa.
• Il bilancio non può che essere in pareggio se non si vuole mettere a repentaglio l’equilibrio
finanziario di partners che condividono la medesima unità valutaria (se lui si perché io no?)
• Recessione inconciliabile con riduzione spesa pubblica (ma se aumenta debito)→ soluzione è
revisione della spesa pubblica, del sistema fiscale, l’utilizzo dei fondi e riforme.
• Le quattro aree dell’attuale European economic governance – la materia monetaria, la politica di
bilancio, le strutture di mercato e i tassi di interesse – sono integrate e avanzate, a questo punto o
si conferiscono ulteriori funzioni all’Unione o, al contrario, il si rafforza il ruolo degli Stati membri;
altrimenti: paralisi dei sistemi produttivi e sociali.

LEZIONE 11 20/10/20
Cap II: equilibrio di bilancio e sostenibilità finanziaria nell’ordinamento italiano
Rapporto complementare dell’Unione economica e monetaria, cioè fare il punto della situazione
al 2015 per vedere quali sono le proiezioni future 15-17 e poi 18-19-20. Il focus si articola di diversi
pilastri:
1. FASE DAL 2015 AL 2017
- Rafforzamento dell’Unione economica attraverso la creazione in ogni paese di un’autorità in
grado di valutare i progressi conseguiti con le riforme economiche. Un’autorità indipendente
dall’organo governativo, cioè non deve rispondere a nessun organo.
- l’attuazione delle procedure per gli squilibri macroeconomici, come ricondurre gli squilibri
macroeconomici entro dei livelli accettabili. Non l’eliminazione, ma la riduzione. Soprattutto con
riferimento al meccanismo sanzionatorio anche perché non è sanzionatorio e basta ma è anche
automatico: tu sfori tu paghi
- maggiore concentrazione su disoccupazione e sulla performance sociali, cioè la disoccupazione
quando è fuori controllo senza misure correttive allora diventa una bomba sociale con
meccanismi che non si rivelano essere razionali. Non è un danno solo economico, ma anche la
percezione dell’aumento della povertà da razionale diventa irrazionale.
- maggiore coordinamento delle politiche economiche nell’ambito del semestre europeo, ovvero
l’insieme di operazioni e procedure che si devono fare nei primi sei mesi dell’anno: rapporti
finanziari ed economici che vengono consegnati da ogni stato all’europa. N preparazione alla
sessione di bilancio
- completamento dell’unione finanziaria mediante l’unione bancaria, bisogna creare un fondo
interbancario che sia pronto a disposizione nel caso si renda necessario un fondo soluzione alla
crisi. Anche perché la crisi parte da un paese ma per effetto domino arriva anche agli altri.
Garanzia dei depositi: postali, bancari, c/c. es: della rapina in filiale a Torino
- ricapitalizzare le banche per rimetterle sul mercato, mettendole nell’ottica della concorrenza. Se
la banca inizia a godere di troppi privilegi si trasforma in un monopolio.
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- avvio della costruzione di mercati di capitali e quindi potenziare quello che noi definiamo come
rischio sistemico (entra un modo diffuso in tutta l’organizzazione dell’ue)
- rafforzamento dell’unione fiscale
- istituzione di un comitato consultivo europeo per le finanze pubbliche, valutare la conformità dei
bilanci nazionali con le raccomandazioni approvate a livello dell’unone europea. Cioè bisogna
raccordare i bilanci con le raccomandazioni europee nel tempo sel semestre europeo, non più
da agosto in poi, ma solo a gennaio, quando i governi preparano il def. A settembre arrivano le
sanzioni
- rafforzamento della legittimità e responsabilità democratica mediante intensificazione della
cooperazione del parlamento europeo o parlamenti nazionali: i due parlamenti si parlano troppo
poco. Non vengono create decisioni comuni. Il rapporto tra i due parlamenti è fondamentale
perché si potenzia il parlamento dell’eurogruppo. Se il parlamentare va in riunione parlamentare
europea, allora nella nazione si potrà preparare un emendamento che può aggradire quello che
vogliono gli europei, presentando una legge di bilancio preparata.

In sintesi, creazione autorità indipendenti che valutino i progressi delle riforme in ogni paese;
attuazione delle procedure per gli squilibri macroeconomici (ridurli entro livello accettabili) con
riferimento alla sanzione automatica; maggiore concentrazione su disoccupazione e performance
sociali; maggiore coordinamento politiche economiche nel semestre europeo (valutare la
conformità dei bilanci nazionali a gennaio, non dopo); fondi interbancario per le crisi; rafforzamento
unione fiscale; intensificare la cooperazione tra parlamento europeo e nazionali

2 FASE dal 2017 al 2025 prospettiva europea di lungo periodo (non considerando il Covid):
- rendere più vincolante il processo di convergenza, fare lo sforzo di concordare un valore
standard nel mercato del lavoro, competitività, contesto imprenditoriale (la nostra è importante,
bisogna valorizzarla), pubblica amministrazione (troppo vecchia, bisogna digitalizzarla), politica
tributaria (finchè non abbiamo un’unione fiscale ci creiamo concorrenza sleale, ognuno cerca di
investire laddove ci sia una convenienza fiscale. Tipo in italia si paga troppo). Allinearci a degli
standard qualitativi un po’ più uguali per poter godere dell’ombrello unico europeo.
- stabilizzatori comuni per rispondere agli shock, sono meccanismi che entrano in funzione
quando bisogna reagire ad uno shock finanziario, tipo in borsa: io suggerisco una svaluta di
un’azione, aspetto che crollano e poi li compro perché mi aspetto che si rialzino
- legittimità e responsabilità, tesorieria europea, il MES per arginare le situazioni di dramma che
abbiamo vissuto
Il piano che deve essere fatto per l’Europa, non solo per i singoli stati, il FES è parte integrante
del piano complessivo presentato dall’unione europea presentato nel 2015.
Col nuovo art.81 il pareggio di bilancio è un vincolo, non è che ci è concesso. È obbligatorio.
Non è più concesso il debito, devo indicare una copertura REALE tipo il taglio di altre spese: se
introduco una spesa nuovo, devo tagliare quella vecchia, oppure aumento le entrate o attingo a
dei fondi. Il debito pubblico deve essere l’ultimissima possibilità di risanare il debito, solo per
coprire spese di investimento.
In sintesi, concordare valori standard per convergere su lavoro, competitività, contesto
imprenditoriale, pubblica amministrazione e politica tributaria; stabilizzatori comuni contro gli shock;
tesoreria europea; MES

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LEZIONE 12 21/10/20
Cap. 4: VERSO LA CONDIVISIONE DELLE POLITICHE FISCALI E DI BILANCIO NELL’UE
Par.3 L’opportunità dell’europeizzazione di politiche fiscali e di bilancio
Mettere in relazione paesi con avanzi con quelli in disavanzo può creare dei disaccordi, e non è che
alla fine abbiano tutti i torti.
La forte ripresa delle politiche di intervento pubblico, segno di perdita di fiducia in un aggiustamento
affidato alle sole forze di mercato, ha condotto alla crescita di disavanzi e debiti pubblici, intesi
soprattutto a sostenere l’occupazione ed i redditi, nonchè ad affrontare il prolungarsi della fase
recessiva.
quindi, la funzione del debito, oltre a finanziare le spese correnti ha sostenuto poi l’occupazione e i
redditi, creando lavoro in deficit, che si andrà a scaricare appunto sui debiti. Per eguagliare le
differenze dei redditi, poiché chi lavora subisce molta tassazione.
Quello di un’integrazione che recuperi il divario tra realtà di una moneta unica e la persistente
assenza di un sistema di regole comuni vincolanti e di indirizzi politici unitari nel campo economico
e sociale, si ritiene una prospettiva da seguire. Quindi, quella che noi abbiamo chiamato una deriva
asimmetrica degli effetti della politica monetaria.
Si intende lo sviluppo dell’euro ha creato asimmetria tra i vari paesi, ha aumentato il divario fra i
paesi che ci guadagnano e quelli che ci perdono.
Le politiche di finanza pubblica può ripercuotersi in un contesto di mercato unico, anche nella resa
delle prestazioni sociali, perché qui abbiamo la fiscal rule e anche il sistema di policy che viene
ribaltato sul sistema sociale, perché durante la recessione il sistema sociale incomincia a dare segni
di sofferenza.
IN SINTESI, è auspicabile la riduzione del divario tra la realtà della moneta unica e l’assenza di un
sistema di regole comuni e indirizzi politici unitari nel campo economico e sociale, perché ora siamo
in una deriva asimmetrica degli effetti della politica monetaria: qualcuno ci guadagna, altri perdono.

Par.4. le misure non convenzionali della Banca centrale europea


Benchè sia stato osservato come in questa fase di crisi sia emersa la rilevanza, se non addirittura
la preminenza della politica di bilancio (degli Stati) rispetto alla politica monetaria (dell’Unione), va
tuttavia evidenziato il notevole contributo che quest’ultima (politica monetaria) ha dato ai Paesi della
moneta unica nel passaggio di dissesto finanziario e di difficoltà economica.
Alla Bce è preclusa, dal Trattato –art. 123 TFUE –, la possibilità di finanziarie i deficit dei Paes
membri dell’Unione monetaria attraverso l’acquisto di titoli del debito pubblico sul mercato primario;
a tale limite di intervento si aggiunge il divieto statuario di adottare azioni che possano perseguire la
piena occupazione, dal momento che il suo unico compito istituzionale è quello di tenere sotto
controllo l’inflazione.
quindi, la bce aveva come compito di tenere sotto controllo il pericolo di inflazione (procedimento
inflattivo), se andava fuori controllo si sarebbe creato quel ciclo che passa per la svalutazione della
moneta, saremmo costretti poi a riallineare l’inflazione creando instabilità del paese nei confronti di
quei paesi che hanno una bassa inflazione. Questo problema non si è verificato, anzi si è verificato
il problema della deflazione, ugualmente serio, perché la crescita del paese è 0. (La deflazione è
una diminuzione del livello generale dei prezzi, che genera un incremento del potere d'acquisto della
moneta)

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La decisione che ha aperto la nuova fase è del 2010 ha portato all’istituzione di un programma per i
mercati finanziari (Smp): sulla base di essa le banche centrali dell’eurosistema sono state
espressamente autorizzate ad acquistare sul mercato secondario titoli di debito idonei negoziabili
emessi dai governi centrali e da enti pubblici degli Stati membri la cui moneta è l’euro.
Le Banche centrali dell’eurosistema, le nostre banche anche, possono acquistare sul mkt secondario
(interno e obbligazionario) titoli del debito. Di conseguenza la Bce ha assunto una forma di sussidio
di liquidità come le banche centrali.
In più sono state adottate anche altre misure: dal permesso accordato alle banche di utilizzare
prestiti come garanzie collaterali nell’ambito delle operazioni di politica monetaria: alla riduzione del
margine di riserva obbligatoria per liberare liquidità nel settore bancario, con la speranza che ciò
rendesse disponibile liquidità per l’economia reale; fino all’erogazione di credito da parte della Banca
centrale a basso costo sulle scadenze più lunghe (pag.227).
La banca centrale nel quantitative easing, il prestito fatto alle banche per non mandarle in sofferenza
con un tasso dello 0,20%. Il tasso di sconto per cui la bce presta denaro alle singole banche centrali
degli stati, e poi ognuna delle bc presta a tassi di interesse determinati in maniera differente ai propri
clienti. Fino ad un 5/5.5% perché un minimo ci deve guadagnare.
Dimensioni piuttosto consistenti e soprattutto di durata eccezionale, prolungabile fino a tre anni
(quantitative easing), mentre in anni precedenti misure analoghe non erano andate oltre i tre mesi
(perché prima crisi congiunturale mentre ora struttturale). L’obiettivo è stato quello di concedere
credito a basso costo agli istituti creditizi.
La Bce non si è fermata a tale ruolo ma è andata oltre. Nel 2012 un nuovo modello di intervento
della Bce è stato approvato: tale modello si fonda sulle Operazioni definitive monetarie (ODM), cioè
la Bce e le altre banche centrali dell’eurosistema possono realizzare effettuando acquisti illimitati di
titoli di debito pubblico nazionali al fine di salvaguardare il meccanismo di trasmissione della politica
monetaria nell’area dell’euro, che la situazione difficile dei debiti sovrani ostacolano grandemente.
L’ultimo passaggio di questa ‘nuova’ politica monetaria è rappresentato dalla deliberazione del
Consiglio direttivo della Bce del 22 Gennaio 2015 che ha varato il cosiddetto quantitative easing,
destinato ad essere applicato a partire da marzo 2015. Esso consiste in un piano d’acquisto
combinato ed esteso di titoli di Stato e privati per un ammontare di 60 miliardi di euro al mese, al
fine di riportare l’inflazione poco sotto il 2% e di determinare il calo di rendimenti ed il deprezzamento
dell’euro.
Importantissimo tenere sotto controllo l’inflazione e il deprezzamento dell’euro, perchè con tanta
liquidità in giro l’euro si svaluta, sennò si valuta troppo e non è più competitiva. Sono misure di
politica monetaria ma anche politica economica.
La politica monetaria pare, con questo ultimo intervento, definitivamente proiettata a farsi strumento
di un’azione volta al superamento della crisi economica.
Reichlin dice che: per la Bce il problema è come fare ripartire l’economia considerando che i tassi di
interesse sono già vicini allo zero: la novità è che per la prima si ammette la divergenza tra la
congiuntura statunitense e quella della zona euro, e di conseguenza che lo stimolo monetario non è
sufficiente ed è invece necessario un coordinamento tra i Paesi per rendere meno restrittive le
politiche di bilancio nell’insieme dell’Unione. La consapevolezza che la politica monetaria da sola
non possa funzionare, soprattutto se quella di bilancio è di segno opposto, portare alla conclusione,
almeno da parte degli studiosi, che la domanda va sostenuta con manovre di bilancio espansive.
lo scrivevano già nel 2015. È inutile che la bce abbia iniziato una politica espansiva di liquidità e ciò
non sia sostenuto dai governi dei singoli paesi, anche i paesi devono attuare una politica espansiva,
per questo Conte non ha potuto chiudere tutto in caso di covid.

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IN SINTESI - Le misure non convenzionali della BCE
• BCE non può: finanziare i deficit dei Paesi membri acquistando titoli di debito pubblico; l’unico
compito è tenere sotto controllo l’inflazione (no piena occupazione)
• 2010, programma per i mercati finanziari (Smp), banche centrali autorizzate ad acquistare titoli sul
mkt secondario
• Riduzione della riserva obbligatoria per liberare liquidità, diminuzione tasso di rifinanziamento agli
istituti di credito e scadenze più lunghe
• 2012, Operazioni Definitive Monetarie (ODM): BCE e banche centrali possono acquistare
illimitatamente titoli di debito pubblico nazionali
• 2015, Quantitative Easing: piano d’acquisto esteso di titoli di Stato/privati per 60 mld al mese, per
riportare l’inflazione al 2% e far tornare l’€ competitivo
Reichlin: la politica monetaria da sola non può funzionare, soprattutto se quella di bilancio è di segno
opposto: la domanda va sostenuta con manovre di bilancio espansive.

Par.5 La vigilanza unica sugli istituti di credito e la politica di finanziamento europeo degli
investimenti
Il Consiglio ha adottato una coppia di regolamenti nel 2013:
1 conferisce alla Banca centrale europea poteri di vigilanza sugli istituti di credito dell’eurozona
2 modifica il precedente provvedimento istitutivo dell’Autorità bancaria europea- EBA, disciplinando
i nuovi compiti di vigilanza che la Bce è chiamata a svolgere
Cioè, si accentra sulla bce il potere non solo di politica monetaria, quantitative easing, etc… ma
anche (come 5° potere) il meccanismo di sorveglianza. È importante perché la bce deve avere il
potere di vigilanza sul credito di tutta l’eurozona, perché si è dimostrato che le singole banche centrali
non hanno controllato quello che dovevano controllare. Tanto è vero che alcune banche sono fallite.
Quindi sempre in virtù di sussidiarietà il controllo è stato dato all’unione europea.
L’unione bancaria poggia su altri due pilastri: il meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie
ed il sistema unico di garanzia dei depositi.
In merito all’unione bancaria è stato osservato che soltanto la strada sella solidarietà tra Paesi, in
una prospettiva di politica economica unitaria, appare in grado di permettere, infatti, il perseguimento
di obiettivi comuni e di rendere l’Unione monetaria davvero un’occasione di crescita.
Certo l’egoismo tra paesi non aiuta, anche perché ogni paese prima pensava per sé e cercava di
prendere dall’europa tutto il meglio per sé cercando di ridare il meno possibili. Se solidale invece, se
uno dei pesi è in sofferenza l’Europa se ne faccia carico. Sarebbe meglio tramite le strategie di
controllo\sorveglianza non farlo proprio andare in sofferenza il paese. Controllare\sorvegliare
attivamente vuol dire che l’Europa impone delle direttive ai diversi stati per fare il bilancio.
La fiscalità dell’Unione europea
La destinazione delle risorse raccolte dell’Unione va ricostruita a partire dal bilancio europeo, che è
alimentato da un complesso di entrare a ‘derivare’ tra cui spiccano i dazi sugli scambi con Paesi
terzi ed una quota del gettito nazionale dell’imposta sul valore aggiunto.
Il bilancio europeo riceve una quota dai paesi membri che lo mantengono attraverso l’iva, i dazi e
altre imposizioni fiscali.

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Il bilancio europeo è infatti destinato a coprire le spese di funzionamento degli apparati europei, ma
soprattutto ad alimentare quei fondi attraverso i quali si realizza la politica regionale comunitaria.
Diamo 20 mlrd all’europa e noi possiamo beneficiare di 15 mlrd, per equilibrare con quei paesi che
danno meno e prendono di più, questo perché bisogna saper presentare dei progetti per ricevere
benefici. La tassa da dare al bilancio è sempre quella, poi io ricevo quello che sono stato bravo a
presentare, se sono in grado di mettere in campo dei progetti che valgono.
Ciò significa che l’Unione europea non si sostiene finanziariamente per effetto delle prestazioni
patrimoniali imposte ai cittadini europei, ma attraverso contributi degli Stati membri: dunque i suoi
introiti sono alimentati da norme che conferiscono all’Unione diritti di credito nei confronti degli Stati
più che da rapporti di diritto tributario.
il rapporto di credito e di finanziamento che governa l’europa e gli stati membri si basa sul diritto
civile/privato, cioè commerciale perché parla di diritto di credito. Mentre il rapporto di finanziamento
che abbiamo all’interno degli stati membri è un rapporto di diritto pubblico, cioè tributario. (se non
pago le tasse posso avere delle sanzioni civili ma anche penali se invece l’italia non da denaro
all’europa può ricevere sanzioni ma non è che mandano sanzioni penali – solo sanzioni economiche
finanziarie la più grave è la radiazione dall’unione europea)
tale fenomeno non corrisponde alla nozione di ‘autonomia’, quanto piuttosto a quello di
‘autosufficienza’ finanziaria.
La trasparenza e la semplificazione dei regimi tributari devono dunque permettere agli operatori di
valutare le finalità perseguite dagli ordinamenti statali qualora le scelte fiscali si ripercuotano sulle
attività produttive e commerciali: si aggiunge che “mentre è necessario combattere la concorrenza
fiscale pregiudizievole in sede di UE e a livello internazionale, specie all’interno dell’OCSE, e
rispettare le disposizioni del Trattato in maniera di aiuti di Stato, un certo livello di concorrenza fiscale
all’interno dell’EU potrebbe essere inevitabile, contribuendo così ad una riduzione della pressione
fiscale”.
In Europa: concorrenza leale dal punto di vista economico (merci, servizi persone e capitali,
Schengen) vs concorrenza sleale dal punto di vista fiscale: inutile una senza l’altra.
Un certo livello di concorrenza fiscale è inevitabile. Ma ora ci sono delle differenze enormi tra i
membri, è una concorrenza quindi sleale. Un minimo di concorrenza è sana, poichè così i paesi con
un’eccessiva pressione fiscale sono invogliati a ridurla per poter entrare in concorrenza.
Italia: dobbiamo mettere un attimo in ordine i conti, così che nel 2021 potremmo fare una riforma
fiscale.
LEZIONE 13 26/10/20
Se Il presupposto fondamentale da cui muover i Trattati europei non definiscono il fondamento e la
natura dell’imposizione tributaria, si può allora affermare che l’unione è dotata di ‘politiche fiscali’
qualora si consideri che essa, benchè non sia un soggetto impositore e dunque non possa operare
scelte legislative che determinano la struttura del prelievo, riesca ad incidere in vario modo sulla
materia in questione. (pag.245)
Quindi qui si dice che in realtà l’unione europea non ha una sovranità tale per poter essere in grado
di imporre tributi propri, ciò significa che la politica fiscale europea deve aver bisogno della politica
fiscale dei singoli stati, quindi i singoli stati fanno conto suo. Questo dovrebbe cambiare se si volesse
instaurare una Costituzione europea.
Ma soprattutto rappresenta una vera e propria ‘politica fiscale’ l’importantissimo processo di
armonizzazione che sta compiendosi in tema di imposte indirette, ed ormai anche in relazione
all’imposizione diretta, il cui coordinamento è ad uno stadio più che iniziale.

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Insomma potrebbe essere difficile creare dal nulla delle imposte che tutti gli stati accettino e facciano
proprie, per il momento è meglio lasciare le cose come stanno, anche se potrebbe essere necessario
pensare ad una riforma del genere.
Obbligo per gli Stati di applicare una fiscalità che deve produrre effetti neutrali, ovvero non generare
agevolazioni o al contrario penalizzazioni, che possano distorcere gli effetti delle transazioni
commerciali così come regolati dal principio della concorrenza. (pag.246)
L’integrazione tra il livello nazionale, mosso dall’uguaglianza sostanziale, e il livello europeo, mosso
dal principio di non discriminazione o dell’eguaglianza formale, può essere un fenomeno destinato
a rafforzarsi ed a completarsi nel prossimo futuro, in una prospettiva di completamento reciproco dei
due ordinamenti tributari. (pag.247)
è un auspicio che possiamo avere solo se fatto in un determinato modo, altrimenti porta solo danni.
Principio di sussidarietà europea di Trichet: secondo il quale l’Europa può intraprendere diverse
strade per avanzare in direzione di una politica economica e fiscale più federale. L’autore suggerisce
di trasferire qualche spesa (per esempio alcune spese standard per la protezione sociale) a livello
centrale, creando un primo embrione di un bilancio federale. Un’ulteriore strada potrebbe essere
quella di rafforzare in misura significativa il Meccanismo europeo di stabilità (MES), in modo da avere
una capacità deterrente sostanziale ed efficace a livello europeo, nel caso in cui le speculazioni del
mercato globale tentassero di mettere nuovamente alla prova la resilienza dell’area euro.
una terza strada sarebbe quella di un cambiamento significativo nel processo di attento monitoraggio
delle politiche nazionali compreso tra i due pilastri del bilancio europeo e del Mes. Al posto di imporre
sanzioni ai Paesi che dovessero trasgredire le regole e non applicare le raccomandazioni. L’autore
suggerisce di attivare un nuovo processo decisionale, tale per cui in presenza di circostanze
eccezionali, le autorità europee – la Commissione, il Consiglio e, fondamentale, il Parlamento –
potrebbero decidere direttamente misure immediatamente esecutive per il Paese coinvolto.
Definisce tale schema ‘federazione dell’area euro per eccezione’, che si applicherebbe nell’ambito
del bilancio e di alcuni aspetti delle politiche economiche. (pag.248)
(pag. 250). Il problema centrale per il salvataggio della moneta unica è che la crisi del credito si è
riversata nella crisi del debito, che a sua volta rappresenta la crisi dell’integrazione europea. Per
superare tale crisi multiforme la via indicata da alcuni è quella di ‘more europe’, che implica il
trasferimento di poteri e competenze all’Unione in relazione ad importanti ambiti di politica
economica. Ma vi è consapevolezza di quanto poco consenso incontri, a livello di opinione pubblica,
un tale passaggio, come del resto attesta la malaugurata crescita di partiti nazionalisti in vari Paesi;
e le stesse autorità statali che a parole si dichiarano favorevoli alla prospettiva di ‘more europe’, vi
si oppongono di fatto con le proprie decisioni, dimostrando di non voler cedere le proprie funzioni se
non vi sono costrette.
i pesi non vogliono cedere la loro sovranità e responsabilità all’Europa, perderebbero consenso
politico, anche se dal punto di vista tecnica sarebbe la scelta migliore.
IN SINTESI - Fiscalità dell’UE
• Da dove raccoglie le risorse: dazi sugli scambi con paesi terzi, quota del gettito nazionale
dell’imposta sul valore aggiunto, ma si sostiene soprattutto con contributi degli Stati membri, grazie
a norme che conferiscono all’UE diritti di credito nei confronti degli Stati (no rapporti di diritto
tributario). → UE non ha sovranità per imporre tributi, necessario che gli Stati lo facciano per conto
suo, l’auspicio è che i due ordinamenti si completino reciprocamente.
• Destinazione risorse: funzionamento apparati, ma soprattutto alimentare i fondi (a cui si attinge per
merito, presentando progetti concreti)
Un certo livello di concorrenza fiscale è sano.
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Trichet: trasferire qualche spesa (per esempio per la protezione sociale) a livello centrale, creando
un primo embrione di un bilancio federale; rafforzare il MES contro le speculazioni; attento
monitoraggio politiche nazionali; attivare un nuovo processo decisionale, per cui in presenza di
circostanze eccezionali, le autorità europee potrebbero decidere direttamente misure
immediatamente esecutive; per superare la crisi dell’integrazione europea propone la strada del
‘more europe’: trasferimento di poteri e competenze all’Unione in relazione ad importanti ambiti di
politica economica
RIASSUNTO del prof - cosa vuol dire sorveglianza sugli squilibri macroeconomici,
fondamentalmente per combattere il disavanzo? (riprende l’argomento di pag 24 – 29)
L’unione europea attraverso la sua commissione prepara una relazione volta a individuare in modo
veloce gli squilibri macroeconomici che potrebbero avere degli effetti negativi sui bilanci di ogni stato
membro. Quando si inserisce un fattore che va a minare il nostro equilibrio macroeconomico,
immediatamente la commissione europea deve attuare un meccanismo di allerta, si corregge il
problema e il sistema di allerta viene ritirato. Ma se il problema continua ad andare avanti alla fine
lo Stato cadrà. (es: lui ha fatto l’esempio con la macchina, se uno continua a ignorare la spia di
allerta che ci suggerisce un problema prima o poi quella macchina ci abbandonerà). E questo
controllo di allerta l’Ue lo fa con una griglia di indicatori macroeconomici per ciascuno dei quali sono
previste delle soglie minime e delle massime: se un paese si scosta da uno di questi parametri
partono gli esami approfonditi per i singoli stati. Quali sono le misure da apportare nel momento di
squilibrio:
- misure preventive, per evitare di arrivare alle misure sanzionatorie.
-informa il parlamento europeo e la commissione raccomanda allo stato di rientrare all’interno dei
limiti previsti
- misure correttive: entro un certo tempo bisogna rientrare
-lo stato presenta un piano d’azione per poter rientrare nei limiti e l’europa lo deve accettare
-il consiglio europeo valuta questo piano: se lo ritiene soddisfacente lo approva, altrimenti chiede
allo stato un nuovo piano correttivo con le misure raccomandate, se il Consiglio europeo lo trova
soddisfacente lo approva, altrimenti si va ai voti e se si stabilisce per maggioranza che lo stato non
è in grado di adempiere a quel piano che esso stesso aveva presentato, si dichiara “l’inadempienza”
e si fissano nuovi termini. Quindi non è che lo stato si becca subito la multa, qui passano mesi prima
di essere sanzionati.
- se il consiglio ritine che alla fine lo stato ha adottato le misure necessario la procedura viene
sospesa e abroga/revoca le nuove misure adottate per rimettere apposto la situazione (le
raccomandazioni) quindi quando non presenta più squilibri eccessivi lo stato torta ad autoregolarsi.
-procedura di sanzioni: se il consiglio decide che uno stato deve essere sanzionato, allora viene
deciso di imporre un deposito infruttifero o un’ammenda annuale pari allo 0.1% del PIL..
negli ultimi anni il monitoraggio ha funzionato bene, nessuno ha subito sanzioni o raccomandazioni.
CASO ITALIA: l’italia dovrebbe affrontare il problema del raffreddamento del debito per smettere di
farlo crescere o di rallentarlo; rafforzare la debole competitività dell’italia (troppa evasione fiscale e
costo del lavoro alto); raggiungere e mantenere l’avanzo primario (differenza tra entrate correnti e
spese correnti al netto degli interessi passivi); crescita del PIL (sostenibilità e crescita e stabilità
vanno tutti di pari passo); far fronte al problema di competitività al problema di salari e redditività;
cuneo fiscale particolarmente elevato, le piccole imprese trovano difficile essere competitive;
affrontare le inefficienze della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario; combattere gli alti
livelli corruzione e di evasione fiscale; combattere le mafie che incidono negativamente sul PIL;
colmane le lacune del capitale umano che si evidenziano nei sistemi di istruzione e formazione;
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COMMENTO DEGLI ARTICOLI
Art. 116 -> regioni autonome e regioni a statuto speciale: “Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna,
la Sicilia, il Trentino-Alto Adige e la Valle d’Aosta dispongono di forme e condizioni particolari di
autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale. Inoltre la Regione
Trentino è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano – queste province hanno, quindi,
capacità legislativa”
Hanno speciale autonomia per motivi storici, geografici, bilinguismo. Trattati fatti alla fine della 2gm
quando abbiamo scelto la repubblica e quando nel 48 vi è stato l’avvento della costituzione che ha
stabilito che queste regioni potessero essere autonome: hanno autonomia legislativa, particolare
sistema di autonomia.
Per l’appunto le materie indicate dal 117 possono essere attribuite anche ad altre regioni: aprendo
così la possibilità per le regioni a statuto ordinario di aver un’autonomia particolare, che si avvicina
a quelle a statuto a speciale o uguale.
si può quindi approvare una legge (è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei
componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata) che attribuisca un’autonomia
particolare in più alle regioni di statuto ordinario, (richiesta recentemente avvenuta da alcune
regioni): REGIONALISMO DIFFERENZIATO maggiori responsabilità in materia di finanza pubblica,
rispetto al vecchio centralismo statale.

Art. 117 -> potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni è un elenco di potestà
legislativa che esercita sia lo stato che le regioni nel rispetto della costituzione e dei vincoli dell’UE.
Lo Stato ha la legislazione esclusiva nelle seguenti materie: ordine pubblico e sicurezza, difesa e
forze armate, moneta, immigrazione, previdenza sociale etc.(le materie più importanti).
Vi sono inoltre materie di legislazione concorrente (ad esempio istruzione, commercio estero) ciò
significa che per queste materie sia lo stato sia le regioni possono emanare emendamenti legislativi.
La competenza residuale, spetta alle regioni la legislazione di tutte le altre materie che non sono
strettamente di competenza dello stato, né quelle materie oggetto di legislazione concorrente. In
realtà, però, le materie di competenza delle Regioni sono relativamente poche (materia scolastica,
materia di edilizia, materia urbanistica) in quanto la maggior parte competono allo Stato, è come se
con una mano lo stato dà e con l’altra si è ripresa, perché lo stato non si fida delle regioni, invece di
fare uno stato federalista e trattare le regioni come se fossero degli stati le ha trattati come tali (prima
del 2001 tutto ciò che non è competenza delle regioni è competenza statale, dopo il 2001 il contrario).
Se regione e stato litigano in materia concorrente la corte costituzionale deve intervenire per fare da
paciere tra le due istituzioni.
Le regioni e le province autonome possono partecipare alla creazione di atti normativi comunitari
con altre nazioni senza l’intervento dello stato o creare, ovvero possono stipulare accordi con regioni
estere senza passare dallo stato sempre entro certi limiti imposti.
Principio di sostituzione in caso di inadempienza, se la regione non è in grado di adempiere ai propri
doveri\ obiettivi interviene lo stato.
La potestà regolamentare spetta allo stato nelle materie in cui lo stato ha una legislazione esclusiva,
ma potrebbe anche delegare alle Regioni l’emanazione di un regolamento. (può emanare
regolamenti governativi dando delle deroghe alle regioni.)
Chi ha potestà legislativa di una materia ha anche quella amministrativa.
Potestà = Il diritto, giuridicamente riconosciuto, all'esercizio di un potere.
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LEZIONE 14 27/10/20

FEDERALISMO: (noi abbiamo un regionalismo differenziato: perché noi non abbiamo gli stati)
modello di decentramento statale, sulla base del quale il potere (legislativo e di governo) è ripartito
tra stato centrale e stati membri. Le posizioni sono equiordinate, la titolarità della sovranità effettiva
quindi è sia degli stati membri che dello stato generale. Decentramento forte equiordinato, non in
forma gerarchica (lo stato all’interno della federazione non è visto come gerarchicamente inferiore
rispetto allo stato federale). Federalismo fiscale (autonomia finanziaria di entrata e spesa, gli enti
producono risorse finanziaria, possono introdurre tributi propri), federalismo amministrativo (quando
la coordinazione è a livello amministrativo, la potestà legislativa rimane allo stato generale),
federalismo esecutivo. Nel 2001 noi abbiamo raggiunto uno pseudofederalismo fiscale e
amministrativo ma non politico poichè ovviamente il nostro non è, a costituzione invariata.

Art. 118 -> funzioni amministrative, sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio
unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
Principio di sussidiarietà per il quale vi è un’allocazione delle competenze a diversi livelli di governo
(verticale in caso di inadempienza del comune interviene lo stato (potere di sostituzione); orizzontale
aiuto fra comuni ovvero fra pari (potere di aiuto)), le funzioni sono attribuite alle autorità
territorialmente più vicine ai cittadini;
Principio di differenziazione, bisogna vedere che poteri (caratteristiche strutturali) hanno i governi
locali sul loro territorio, cambia di regione in regione; (titolari di competenze differenti sul territorio)
Principio di adeguatezza, a coloro a cui vengono conferiti i poteri devono essere in grado di poter
garantire l’effettivo esercizio; bisogna comprendere se ogni ente è adeguato, in base alle risorse che
ha (caratteristiche strutturali ad es), a poter gestire i servizi che deve garantire.
conferimento di funzioni, come trasferimento di poteri o come delega di poteri, le differenze?
Conferire poteri con delega significa che in realtà non si conferisce il potere ma si conferisce
l’esercizio di un potere, che quindi il potere resta sempre in mano al delegante.
Conferire poteri con trasferimento, vuol dire che chi ha il potere si spoglia del suo potere e lo lascia
esercitare completamente ad un altro ente.
Nel nostro sistema pseudofederale, ovvero di regionalismo differenziato, vale di più il conferimento
con legge statale e con delega, ovvero spostare in periferia i poteri che erano concentrati nello stato
(poco federalismo ma decentramento dei poteri); in svizzera e germania, si parla di trasferimento di
poteri, ovvero una volta spostato il potere da berlino alla periferia allora Berlino non avrà alcun diritto
di esercitare quel potere sulla periferia. La cittadinanza attiva, cioè i cittadini mediante il principio di
sussidiarietà possono svolgere attività di interesse generale, servizio di interesse pubblico (es:
mantenimento delle aree verdi, associazioni che si mantengono sul territorio per seguire qualche
persona)

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Art. 119 -> I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia
finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci, e dei vincoli finanziari
derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
Negli enti locali il pareggio di bilancio è preteso, l’unico ente che può non avere il bilancio in pareggio
(deficit) è lo stato. I comuni e le provincie hanno autonomia finanziaria di entrata e spesa pe
mantenere equilibrio in bilancio; ovvero stabiliscono e applicano tributi propri in armonia con la
costituzione e secondo i limiti della finanza pubblica.
La legge dello Stato stabilisce un fondo perequativo per rimuovere gli squilibli economici (fondo di
pareggiamento, distribuzione più equa: con il fine di eliminare le ingiustizie nel campo tributario),
cioè un fondo di riequilibrio affinchè le regioni più ricche paghino un tributo maggiore perché è
maggiore il loro PIL e quelle regioni che sono in difficoltà possono attingere da esso. Questo fondo
è la concretizzazione del principio di differenziazione e di adeguatezza.
Le risorse previste dalla costituzione sono adeguate per finanziarsi integralmente, non deve venir in
mente di istituire altri tipi di entrate: questo per evitare che qualche ente locale accenda prestiti nei
confronti dei cittadini, crea cioè il debito. (es: BOC, ovvero buoni ordinari comunali, negli anni ’70 è
finita che i comuni non sono stati in grado di ripagare i cittadini, ed è dovuto intervenire lo stato).
Lo stato può destinare risorse aggiuntive\straordinarie per certi enti che non hanno l’adeguatezza
per svolgere certi compiti che la legge gli impone poiché non può permettersi di far fallire enti locali
(fallimento dello stato più grave del fallimento del mercato), tipo Roma Capitale, Torino nel periodo
delle olimpiadi.
Le regioni e le province hanno un loro patrimonio che va valorizzato, si può ricorrere
all’indebitamento solo per finanziare gli investimenti. Si vuole quindi educare Regioni/Comuni a un
comportamento virtuoso, in direzione di un regionalismo differenziato in senso federalista: più
responsabilità finanziaria agli enti territoriali.
Lo stato esclude ogni garanzia nel caso in cui qualche ente locale faccia mutui. (la garanzia del
mutuo è data solo dal comune non dallo stato)
LEZIONE 15 28/10/20

Art. 120 -> la regione non può istituire dazi tra regioni, né adottare provvedimenti che
ostacolino la libera circolazione di persone tra regioni. Inoltre se non si rispettano i patti comunitari
o i trattati internazionali, il governo può sostituirsi alle regioni. Ma può sostituirsi alle regioni anche
per motivi di sicurezza (es: un’insurrezione incontrollabile, il governo può mandare l’esercito). Il
governo quindi si sostituisce per la tutela delle prestazioni essenziali ovvero i diritti civili e sociali
garantendo così l’unità giuridica ed economica del paese.
I poteri sostitutivi che il governo ha, sono in termini di principio di sussidiarietà e di reale
collaborazione, cioè i rapporti devono essere riconducibili ad un ordinamento unitario, la reale
collaborazione la troviamo codificata nell’articolo 5: la repubblica è una e indivisibile (unità giuridica
ed economica) e riconosce e promuove le autonomie locali. Il rispetto e l’assistenza, come se le
regioni e lo stato si controllassero a vicenda.
Art. 23 -> nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base
alla legge. Personale, attività che lo stato definisce obbligatoria a favore della collettività ad esempio
il servizio militare, l’intervento di soccorso in caso di calamità naturale, il medico che si trova
immediatamente nelle vicinanze in caso di necessità, l’obbligo di dare testimonianza in caso di
incidente; patrimoniale, prestazione di tipo finanziario vuol dire che i cittadini devono concorrere alle
spese pubbliche, i cittadini devono pagare imposte locali, nazionali, dirette e indirette etc… è un tipo
di riserva di legge relativa, perché dice se non in base alla legge, ha lasciato aperta l’opportunità
anche ai decreti legge e atti avente forza di legge di imporre tributi (in realtà potrebbe essere anche
assoluta se pensiamo che il legislatore non l’ha scritto perché non lo riteneva opportuno- il prof non).
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Art. 53 -> tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in base in ragione della loro
capacità contributiva. Il sistema tributario è fondato su criteri di progressività.
Spese pubbliche, quelle che lo stato deve sostenere per garantire alla collettività i servizi pubblici;
Capacità contributiva, che vale per tutti, quindi universalità dell’imposta per tutti quelli che possono
essere considerati contribuenti (ovvero coloro che contribuiscono a produrre ricchezza, uno che non
produce niente non è considerato contribuente; la ricchezza deve essere prodotta all’interno dello
stato); capacità contributiva, cioè presuppone che il contribuente abbia una fonte adeguata di reddito
per poter far fronte ai tributi.
Questa imposizione tributaria deve essere equa, non può spingersi oltre alla capacità contributiva
del contribuente. Quando l’imposta è troppo forte e oppressiva, allora non è più equa perché non
tiene conto che il tipo di contribuzione del contribuente è espressione del suo lavoro, più che del suo
patrimonio (il patrimonio costa meno sacrificio mantenerlo rispetto al lavoro).
➢ Es: l’impiegato lavora tante ore al giorno, se con le imposte viene sottratto metà dello stipendio,
allora disincentivo l’occupazione e incentivo i sussidi; invece se uno eredita 10 locali che poi uno
affitta, non è che lavora, non gli costa sacrificio, perciò questo tipo di contribuzione fiscale
dovrebbe avere un peso maggiore. Per capire meglio: quanto sono disposto a sacrificare del mio
reddito per contribuire alle spese dello stato? Non c’è una predisposizione oggettiva
Criterio di progressività delle imposte: più guadagno, più aumento il mio reddito, più aumenta
l’aliquota, e più aumenta l’ammontare da pagare al fisco; ci sono diversi tipi di progressività, l’Italia
adotta la progressività per scaglioni; che si differenzia dall’imposta proporzionale poiché è iniqua in
quanto non si basa sulla capacità contributiva ma è uguale per tutti legata all’acquisto è infatti
imposta soggettiva (compro il bene pago l’imposta, non compro non pago niente), tipo iva, differente
dall’imposta diretta per cui anche se non usufruisci dei servizi es: mezzi pubblici, pago comunque
l’imposta; altri metodi sono: (rif. Riflessioni intorno alla finanza pubblica pag.90)
- progressività per detrazione, aliquota proporzionale in modo costante e una detrazione fissa dalla
base imponibile (si muove l’imponibile, l’aliquota teorica rimane fissa)
- progressività per classi, vi è una suddivisi in fasce o classi dei livelli di reddito, ciascuna delle quali
ha una propria aliquota, i redditi vengono colpiti con aliquote crescenti. Soffre del problema del vizio
del salto: c’è il rischio che un contribuente il cui reddito si trova al fondo di una classe paghi molto di
più di un contribuente il cui reddito si trova nella classe inferiore ma in una posizione alta, pur
essendo i due redditi molto vicini come importo, ciò accade quando c’è un salto troppo grosso fra
una classe e l’altra. (incentiva il lavoro in nero così non si rischia di scattare nella classe successiva
e con un piccolo aumento di reddito andrei a pagare molte più tasse)
- progressività per scaglioni di reddito, la base imponibile è colpita da una prima aliquota, per quanto
riguarda la prima parte del reddito, e tutte le eccedenze che si aggiungeranno verranno colpite da
un’aliquota successiva; non c’è più il vizio del salto per cui, anche se si aggiunge reddito, è solo la
parte eccedente che verrà colpita dall’aliquota più alta mentre tutto il resto sarà colpito da aliquote
più basse. A ogni fascia di reddito aggiuntivo (base imponibile maggiore) corrisponde una aliquota
maggiore MA l’aliquota ha un minimo (reddito di sussistenza) e un massimo (andrebbero a investire
all’estero), a differenza della progressività per classi e lineare continua. L’aliquota è un tot fino a
quando il reddito è 25000 euro, poi aumenta di un tot fino a un reddito paro a 30000
- progressività lineare continua, un sistema per il quale l’aliquota aumenta continuamente
all’aumentare del reddito, il vizio è che non ha un tetto di massimo, quindi se io incomincio a
guadagnare tanto sono incentivato a eludere le tasse,

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LEZIONE 16 2/11/20
Art. 81 -> è uno dei pochi articoli che è stato modificato nella costituzione, perché è stata introdotta
la legge di pareggio di bilancio.
I COMMA: “lo stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio tenendo
conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”. Quindi si tratta di un equilibrio
in senso finanziario, senza ricorrere all’indebitamento, perché costa, per raggiungere il pareggio
finanziario le entrate effettive devono corrispondere alle spese effettive. Considerando appunto le
fasi di crescita e le fasi recessive, noi è dal 2007/8 che siamo in recessione ma è un’eccezione.
Il debito è consentito se il paese ha un consistente avanzo, ovvero se il paese è in crescita, pil
elevato.
Il quadro generale riassuntivo (il riassunto) del bilancio dello Stato italiano non può essere in
pareggio, in quanto il rimborso dei prestiti del debito pubblico, il rimborso degli interessi portano il
bilancio in passivo, e non in pareggio. Come si può pareggiare un bilancio di questo tipo?
L’accensione di prestiti (cioè i titoli che vengono emessi) consente di pareggiare tutte le voci che
compaiono nelle spese (spese correnti, spese di investimento e rimborso del capitale) e, quindi, di
equilibrare il bilancio. In questo modo, le spese totali non superano più le entrate totali (Manovra di
assestamento del bilancio – Pareggio tecnico\contabile del bilancio).
II COMMA: “Il ricorso all’indebitamento è permesso solo al fine di considerare gli effetti del
ciclo economico e previa autorizzazione delle camere adottata a maggioranza assoluta
(ovvero della maggioranza degli aventi diritto al voto e non solo dei presenti in aula) dei rispettivi
componenti, al verificarsi di eventi eccezionali.” Il ciclo economico ha un andamento sinusoidale,
quindi ci sono cicli favorevoli che si contrappongono a cicli sfavorevoli. Ciò significa che per un anno,
massimo due, è consentito il ricorso all’indebitamento per sanare situazioni congiunturali. Se però
si ricorre sistematicamente (situazioni strutturali) all’indebitamento per più anni consecutivi, allora si
va contro la Costituzione. Ulteriore requisito richiesto è l’autorizzazione delle Camere adottata a
maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, cioè degli aventi diritti al voto. Terzo requisito
richiesto è rappresentato dall’eccezionalità di un evento (covid, terremoti, calamità naturali, etc..).
III COMMA: “ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.” Ovvero
garantisce meccanismi di copertura finanziaria delle spese, scrivendo esattamente nell’articolo
dove si vanno a reperire le risorse per poter dare esecuzione a quella legge.
In particolare (pag.60-61-62)
la 5° Commissione del Senato indica un obiettivo di riduzione in percentuale del PIL, del ‘saldo di
cassa del settore pubblicò.
Da una recentissima pubblicazione della Banca d’Italia (Banca d’Italia Eurosistema – supplementi
al bollettino statistico di Finanza pubblica) si ricava l’andamento delle necessità cui deve far fronte
lo stato.
Questo indica che per quanto i calcoli previsionali di spesa debbano essere preventivati con il
massimo di veridicità ovvero quella spesa è corretta e la spenderò quasi tutti (che è uno dei principi
del bilancio statale), soltanto in un secondo tempo le relative coperture danno la garanzia richiesta
dalle leggi e dal ‘buon andamento’ amministrativo. Proprio le premesse stesse della Banca d’Italia
indicano le consistenti difficoltà di quantificare le entrate, dovute alla disomogeneità dei tempi e dei
modi per contabilizzare alcune entrate.
Meccanismi e strumenti della copertura finanziaria:
gli strumenti sono:
- il bilancio, la legge del bilancio, l’assestamento del bilancio, l’alienazione\gestione dei residui
44
- i meccanismi di copertura finanziaria, cioè la copertura delle spese sono:
- tagli di spesa pubblica;
- aumento di entrate tributarie ed extratributarie (canone);
- alienazione e ammortamento di beni patrimoniali, il patrimonio che non è utilizzato tipo alloggi
sfitti, che non fanno reddito che vengano venduti o ammortizzati o affittati;
- riscossione crediti ma lo stato a volte non è in grado per poter riscuotere i crediti che ha, passano
gli anni arriva la prescrizione e il diritto di credito viene cancellato, bisogna far si che il credito
non diventi inesigibile;
- fondi speciali, sono i mezzi di copertura più idonei (non vanno ad aumentare le entrate e non
vanno a ridurre le spese) perché sono accantonamenti monetari che lo stato fa nel bilancio
(riserve monetarie) per far fronte a spese correnti e/o investimenti;
- gestione dei residui, i residui attivi sono entrate accertate con una legge ma mai riscosse, mentre
i residui passivi sono spese impegnate con una legge ma che lo stato non ha ancora pagato;
queste spese e entrate diventano residui quando passa l’anno finanziario (esercizio finanziario),
vengono portati a bilancio per un tot dopodichè vengono cancellati e messi nel fondo residui
poiché lo stato deve essere pronto nel caso in cui qualcuno riscuota il credito (con la
prescrizione);
- riduzione degli automatismi legislativi di spesa, tutte le volte che il parlamento o governo ha
emanato una legge o decreto legge, questa legge prevede una spesa, queste leggi restano in
vigore perché vivono in eterno e se nessuno le rimuove questa continuerà a produrre effetti
giuridici, e quindi le spese obbligatorie generate da questi automatismi impediscono di fare
investimenti (poiché nel bilancio risulta che ci sono già troppe spese);
- accensione di prestiti, solo in caso di estrema necessità;
- anticipazioni di cassa, vuol dire che il ministero del tesoro può avere la possibilità di anticipare
della liquidità, sempre in caso di eccezionalità, che successivamente viene restituita;
- fondi strutturali europei, accesso garantito solo previa progettualità ritenuti idonei, quindi per un
certo periodo di tempo per un progetto finalizzato ad un determinato scopo
- extragettito erariale, quando senti parlare di ‘tesoretto’ ovvero una previsione di entrata che sia
verificata sottostimata, quindi l’entrata è maggiore rispetto alle previsioni, questa maggioranza
rappresenta l’extragettito,
- cartolarizzazioni, pericolosi, tipo cessioni di debiti ad altri che si prendono la responsabilità di
coprire i debiti, ma va a finire che si rischia l’insolvenza etc.
LEZIONE 17 3/11/20
IV COMMA: Le camere ogni anno approvano con legge il bilancio e il rendiconto consultivo
presentati dal governo.
La legge ha una valenza triennale perché si deve proiettare in una programmazione finanziaria,
quindi è una previsione di programmazione per i tre anni successivi. L’Europa vuole sapere non
come ci comporteremo finanziariamente soltanto nel prossimo anno ma anche i 3 anni successivi.
Ma se la validità della legge di bilancio è di tre anni allora perché deve essere presentata ogni anno?
Tale legge deve essere presentata ogni anno perché può esigere delle variazioni per l’effetto di
scorrimento del tempo. Ogni anno il governo modifica alcuni contenuti della legge di stabilità senza
stravolgerli completamente.
È l’unica legge con la quale è possibile agire sul doppio versante delle spese e delle entrate
contemporaneamente, a differenza delle altre leggi che sono o leggi di spesa o leggi d’entrata.
Questa doppia valenza della legge di bilancio è ciò che consente la manovra di finanza. Fare una
manovra finanziaria significa trovare l’equilibrio tra le spese e le entrate. A differenza delle altre leggi
che sono identificate semplicemente con un numero e una data, presenta un numero, una data e un
nome. È una legge a tempo (nessun’altra legge è a tempo). Entro il 31 di dicembre il Parlamento
deve pronunciarsi in merito alla legge di bilancio.

45
Questa legge ha un carattere formale, poiché ha un carattere autorizzatorio, una volta che è
approvata dal parlamento autorizza il governo ad incassare le entrate e pagare le spese; carattere
sostanziale perché attraverso essa il governo può modificare o integrare le entrate e le spese dello
stato, quindi ha un carattere programmatorio.
La legge di bilancio è preventiva, deve essere approvata (sempre) entro il 31 Dicembre, per questo
è una legge particolarissima inoltre è l’unica che viene identificata con il nome ‘legge di bilancio’.
La legge di bilancio è una corsia preferenziale affinchè il governo abbia la possibilità in tempi brevi
di avere entrate e spese a disposizione.
Il rendiconto consultivo è un bilancio consultivo, qui non ci sono previsioni ma le entrate e le spese
che lo stato ha effettivamente a sostenuto e incassato, ovvero è il conto finale, mettendolo a
confronto con il bilancio preventivo si possono fare delle valutazioni circa la sua efficacia, ovvero si
vede se è stato fatto bene, per questo bisogna essere severi e rigorosi a fare il bilancio per evitare
che risultino molti residui.
V COMMA: esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e
per periodi non superiori complessivamente a 4 mesi. Può succedere che il parlamento non
riesce ad approvare entro il 31 dicembre la legge di bilancio, e solo in questo caso si può esercitare
il bilancio come se fosse stato approvato (deve approvarlo entro aprile).
VI COMMA: “il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad
assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del
complesso delle pubbliche amministrazioni, sono stabiliti con legge approvata a
maggioranza assoluta dai componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei principi definiti con
legge costituzionale.” Quindi, qui parla di equilibrio dopo l’esercizio provvisorio e legge di bilancio.
Bisogna sostenere il debito di tutte le amministrazioni pubbliche: regioni, province, comuni, inps,
poste, ferrovie, ovunque lo stato abbia delle partecipazioni, ovunque sia proprietario.
Infatti con il fiscal compact, sono mutate tutte le regole sul bilancio e sul pareggio, quindi vi è una
cogestione della finanza pubblica tra lo stato membro e l’unione europea. Ma la sovranità di bilancio
è sempre dell’unione europea infatti il DEF documento di economia e finanza (è “biglietto da visita”)
che il governo presenta all’Europa che valutano l’idoneità o meno del documento. Se valutano le
misure adottate idonee allora, in seguito, viene presentato al Parlamento che, in questo caso, conta
meno delle altre istituzioni perché se l’Europa ha già approvato il documento è difficile che anche il
parlamento non lo approvi.
Art. 97 -> “Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea,
assicurano l'equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”. “I pubblici uffici sono
organizzati secondo disposizioni di legge (riserva di legge), in modo che siano assicurati il buon
andamento e l'imparzialità dell'amministrazione”. “Nell'ordinamento degli uffici sono determinate
le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari”
Il buon andamento si misura con i parametri di efficienza, efficacia e economicità, definendo la
produttività di un ente pubblico e dunque il buon andamento. L’azione delle pubbliche
amministrazioni e quindi il perseguimento dell’interesse pubblico deve essere condizionato al minor
sacrificio dell’interesse privato, ovvero le pub. amm. non devono sacrificare troppo l’interesse dei
privati per favorire l’interesse pubblico per avere un buon andamento;
L’imparzialità delle pubbliche amministrazioni si ottengono perseguendo esclusivamente l’interesse
pubblico e attenendosi strettamente alla legge.
Sfere di competenza per dare una gerarchia e un ordine, le responsabilità connessa all’ufficio, che
dipende appunto dall’ufficio e puo’ essere responsabilità penale, contabile etc.
Agli impieghi della pubbl. amministrazione si accede tramite concorso salvo alcuni casi.
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100 -> “Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della
giustizia nell'amministrazione.” È l’organo di 2 grado del tribunale amministrativo regionale. Se devo
fare un ricorso di tipo amministrativo mi rivolgo (faccio appello) prima al tar e dopo al consiglio di
stato (entrambi giudicano la legittimità e merito), se non sono ancora soddisfatto faccio ricorso di
giudizio alla corte di cassazione. Ricorso perché la cassazione controlla solo la legittimità (delle
procedure di giudizio di primo e secondo grado), se non è legittimo allora la cassa può rinviare, e
quindi la causa viene riportata al tribunale di competenza e si riparte dal primo grado.
Il consiglio di stato è un organo di consulenza pertanto gli si possono chiedere dei pareri (facoltativi,
obbligatori, pareri obbligatori e vincolanti).
“La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello
successivo sulla gestione del bilancio dello Stato”. Cioè opera un controllo preventivo solo sugli atti
del governo e degli enti della pubblica amministrazione, e solo di legittimità, controlla quindi le spese
e verifica che queste spese non abbiano provocato danni allo stato e quindi siano “soldi spesi bene”
per scopi pubblici, poi successivamente interviene nel caso di illegittimità di spese e condanna al
risarcimento dei danni ai funzionari e all’ente pubblico. La corte dei conti in quanto magistratura
contabile riferisce alle camere anche sulla situazione degli altri enti istituzionali: regioni e province.
Però segnala solo dando un giudizio di responsabilità contabile, non ha potere di incidere in modo
da cambiare direttamente le situazioni
LEZIONE 18 4/11/20
“La legge assicura l'indipendenza dei due Istituti e dei loro componenti di fronte al Governo”.
Devono essere indipendenti dal governo poiché vanno a controllare l’operato del governo e se
fossero dipendenti non sarebbero più in grado di effettuare un controllo.
Corte dei conti e consiglio di stato, sono divisi in sezioni in base alle diverse funzioni:
- sezioni consultive in materia contabile di bilancio (cc) e amministrativa (cs),
- sezioni giurisdizionali, cioè sono anche magistrature contabile (cc), amministrativa (cs) .
Sono organi a rilevanza costituzionale, al massimo la costituzione gli dedica uno o due articoletti,
ovvero sono richiamati dalla costituzione. Richiedono massima autonomia, indipendenza (no eletti
da poteri giuridici) e terzietà (essere terzi rispetto alla contesa). Es: il magistrato se vive troppo a
lungo in un territorio rischia di conoscere troppo quel territorio, dovrebbe stare sempre solo, ai
margini poiché se conosce troppe persone poi fa fatica a mantenere la sua posizione giurisdizionale.
(come l’arbitro che si trova da solo a prendere decisioni, arriva alla partita solo, si cambia in uno
spogliatoio da solo, non ha alcun tipo di rapporto\contatto con le squadre). La corte dei conti giudica,
fa un controllo più che sui bilanci, sulle spese.
Giudizio di parificazione: la corte dei conti in realtà affianca il bilancio preventivo con il bilancio
consultivo (rendiconto) e va a vedere tutte le discordanze tra le previsioni e le realizzazioni, ed è da
lì che la corte dei conti dà il suo giudizio. La corte dei conti ha un potere incisivo sui conti pubblici:
sollevando un giudizio in via incidentale sulla corte costituzionale (via incidentale la corte
costituzionale viene interessata da qualcuno, non lo fa di sua iniziativa) es: il ministero spende e non
indica la copertura finanziaria idonea, la corte dei conti deve decidere la rilevanza e la non manifesta
infondatezza della questione (ovvero che non sia pretestuosa “campata in aria”), cioè deve avere la
parvenza di avere fondamento giuridico, si sospende il processo, si rinviano tutti gli atti alla corte
costituzionale che decide sulla sentenza.

47
REGIONI.
Dalla storia alla governance europea (pag. 330) bisogna leggere
l decreto delegato, attuativo dell’art. 10 della legge n. 133 del 1999 (legge sul federalismo) interviene
solo sulle regole di finanziamento, per un insieme di materie attribuite alla competenza delle
regioni a statuto ordinario. Esso attua, in modo coerente, i principi che hanno ispirato la riforma
costituzionale, in particolare:
— aumenta la quota delle risorse regionali finanziate con contributi propri;
— aumenta il collegamento tra l’andamento delle basi imponibili di grandi tributi e le risorse che
affluiscono ai bilanci regionali, generando in prospettiva più risorse e, anche, qualche rischio in più;
più risorse per le regioni dai tributi dello stato (irpef)
— riduce i vincoli di destinazione sulle risorse erariali trasferite alle regioni; mentre prima vi erano
dei vincoli di destinazioni più forti, magari imponendo per cosa dovevano essere spesi i finanziamenti
che arrivavano dallo stato. Aumenta l’autonomia fiscale.
— fissa le regole di solidarietà tra regioni, in particolare a favore delle regioni dove le basi imponibili
sono meno elevate. Quindi regole di solidarietà, ci ricorda il fondo perequativo, istituito a livello
nazionale è costantemente alimentato dalle regioni con capacità fiscale per abitante più elevata per
dare la possibilità allo stato di redistribuire in modo più equo le risorse sul territorio e di garantire alle
regioni più in difficoltà di assolvere comunque le loro funzioni.
Le nuove regole di finanziamento sono condizionate dall’assetto costituzionale sulle materie
attribuite alla competenza delle regioni, che vede prevalere materie sulle quali i principi dell’interesse
nazionale e dell’uniformità di trattamento sono prevalenti rispetto ai principi dell’autonomia
finanziaria. (irpef, iva, imposte dirette e indirette)

Pag.332 7 – Qualche riflessione sulle dinamiche del cambiamento


Il federalismo, fiscale e non fiscale, ha fatto grossi passi avanti, non vi è dubbio che sia nato ormai
un federalismo ‘all’italiana’, visto che le nostre leggi ne utilizzano il nome e hanno apparentemente
chiamato in causa tutto l’armamentario strumentale del federalismo fiscale, dall’autonomia tributaria
ai principi di sussidiarietà, responsabilizzazione ecc., per finire con l’istituzione di fondi perequativi
incentivati. Le regioni hanno autonomia differenziata (criterio di sussidiarietà di differenziazione e
adeguatezza.
Quindi o si arriva ad un federalismo vero e proprio o si lascia alle regioni solo il potere amministrativo
in modo che il potere sia centralizzato sullo stato.
LEZIONE 19 9/11/20
Il dubbio che può cogliere il lettore è che il caso Italia sia un caso tipico di «sindrome della rosa»,
ossia che non sia rimasto che il nome. L’intenzione era andare verso il federalismo (art.117), poi è
successo che lo stato si è accorto che stava dando troppo potere alle regioni.
Il «federalismo fiscale», che si sta realizzando in Italia, in tal caso sarebbe solo un involucro, una
scatola nuova che racchiude un contenuto vecchio. Per rimanere al decreto n. 56 del 2000 (primo
tentativo di federalismo fiscale), ci si può chiedere candidamente quale ne sia l’effettivo apporto alla
realizzazione di un federalismo fiscale, visto che:
1) si limita a sostituire trasferimenti statali con altri trasferimenti studiati dal punto di vista dei criteri,
che tuttavia spostano di poco la situazione attuale, non determinando «cambiamenti drammatici»;
dai trasferimenti statali siamo arrivati alla compartecipazione al gettito erariale (ci sono meno
trasferimenti dallo stato alle regioni e le regioni partecipano nella gestione dei soldi dello stato)
48
2) diluisce l’operazione nel tempo (il 2013 doveva essere il primo anno di regime, ma è stato il 2016),
lasciando di fatto alla «concertazione» tutto lo spazio per rovesciarne la logica, prima ancora che
possa avere un qualche effetto. Concertare significa operare scelte economiche attraverso una
consultazione preventiva delle parti sociali ma questo va fatto prima della riforma, una volta
approvata la riforma deve essere operativa.
Questa considerazione non è frutto di un’interpretazione forzata del meccanismo, se lo stesso
Giarda (che non è estraneo alla formulazione del decreto) si pone il quesito: «Quanto resisterà
l’impianto logico proposto dagli artt. 2 e 7 del decreto delegato? ». Quello che è certo, tuttavia, è che
stiamo vivendo una stagione di riforme blande.
Oggi ancora assistiamo allo stato che chiede alle regioni e le regioni che si concordano con lo stato,
quindi più di 22 trattazioni aperte. In italia la concertazione “supera” la legge.
Il carattere unificante di queste riforme è che si tratta, in gran parte, di sistemazioni globalizzanti che
sollevano tante parole, legiferate e decretate, che definiscono un’apparenza assai innovativa, ma
che forse stentano a incidere sulla realtà.
Ad esempio, è formalmente vero che «gli interventi fondamentali in materia di finanza regionale
attuati dagli anni novanta hanno attribuito alle regioni ampi spazi di autonomia, sia sul lato delle
entrate che su quello della spesa». Ma siamo sicuri che si tratti di vera autonomia o non si tratti
piuttosto, per quanto riguarda le entrate, in gran parte della sostituzione di un sistema di trasferimenti
con un sistema di compartecipazioni al gettito di imposte erariali, su cui le regioni possono incidere
poco o nulla? Ovvero, lo stato impone un tributo e quanto di quel tributo va a beneficio della regione,
non vi è quindi autonomia di entrata.
E circa l’autonomia di spesa, i gradi di libertà delle regioni sono particolarmente ristretti, quindi la
spinta innovativa del federalismo regionale appare assai ridimensionata, se vista dal lato della
spesa. Le regioni hanno un margine ristretto di spesa (autonomia limitata) perché è compresso dalle
leggi dello stato che non danno responsabilità chiare e definite e inoltre perché le regioni devono
attenersi al patto di stabilità e crescita pertanto.
Il processo di riforma e modernizzazione della pubblica amministrazione, è stato rivoluzionato, senza
però che le ricadute sul pubblico siano sostanziali, salvo l’uso dell’autocertificazione, la cui vera
riforma avrebbe dovuto essere semplicemente l’abolizione dei certificati.
Il dubbio è che a beneficiarne possa essere solo la burocrazia, invece di esserci
un’organizzazione sistematica della pubblica amministrazione per distinguere i poteri la burocrazia
è diventata un alibi cosicchè nessuna si prenda più le responsabilità e il cittadino rimane fregato
poiché nessuno più gli da una risposta, riorganizzandosi in modo da agire, a proprio vantaggio.
Tutti gli spazi offerti dalla nuova normativa. Alla stessa stregua sembra essere poi la riforma dei
bilanci e dei controlli; la vecchia legittimità è passata in secondo ordine, si presuppone che sia
tutto legittimo ma i controlli di gestione appaiono, per ora, efficaci più o meno come i vecchi controlli.
Basta leggere i commenti della Corte dei conti negli ultimi vent’anni per rendersi conto che poco è
cambiato.
Ma se il controllo è solo successivo, non è che abbia molto senso poiché il danno è fatto.
La riforma costituzionale per le regioni a statuto ordinario ha previsto il rovesciamento della
formula dell’art. 117 Cost.; ma l’attribuzione della funzione legislativa è tanto più qualificante quanto
più la competenza è esclusiva. Se la competenza è concorrente, e per di più estesa a tutto (e non
solo ai principi), come viene proposto dalla riforma, il potere legislativo è in un certo senso solo
virtuale; per cui si può sostenere che, nella prassi italiana, la competenza legislativa delle regioni è
semplicemente attuativa della legislazione nazionale, e ha assunto, quindi, piuttosto la natura dei
regolamenti amministrativi.

49
Lo stato legifera indicando tempi e modi e le regioni attuano solo quanto stabilito, se c’è una legge
in contrasto stato-regione interviene la corte costituzionale a dire chi è l’ente di competenza,
solitamente lo stato. Alle regioni resta solo l’attuazione, poichè se la regione fa una legge contro lo
stato viene chiamata in mezzo la corte costituzionale che guarda caso risolve a favore dello stato.
Per quanto riguarda invece le funzioni amministrative, al contrario di quanto stabilito per le funzioni
legislative, la Costituzione aveva sancito l’esclusività, essendo tali funzioni, nelle materie
specificamente regionali, sottratte completamente all’azione dello Stato. E, tuttavia, anche per le
competenze amministrative si è verificato lo stesso processo di centralizzazione a cui abbiamo
accennato per la funzione legislativa, in quanto lo Stato ha invaso completamente la competenza
regionale. Infatti, ormai lo Stato da un lato esercita il potere di sostituzione, e dall’altro esercita, per
via amministrativa, un potere di indirizzo e coordinamento che avrebbe dovuto essere esercitato
solo attraverso la funzione legislativa.
Si pensa a un «regionalismo in senso federalista», più che ad un federalismo di facciata. In
pratica, un disegno di legge per l’approvazione di una «legge chiave» con la quale si possa accedere
a nuovi meccanismi di erogazione della spesa basati sui «fondi mirati per obiettivi». Ciò
consentirebbe un progressivo ma deciso alleggerimento delle competenze ministeriali a favore di
una più autonoma e forte capacità di spesa da parte dei «governatori» regionali. Questa coraggiosa
devoluzione di poteri verso le regioni potrebbe, però, comportare problemi di controllo sulla copertura
finanziaria delle spese. Ecco che un serio controllo gestionale interno alle regioni e un controllo
sistematico da parte delle sezioni regionali della Corte dei Conti (su efficacia, efficienza, produttività
ed economicità) potrebbero aumentare e migliorare i livelli di salvaguardia della copertura delle
spese, nel rispetto dell’art. 81, comma 4, della Costituzione. Si tratta di un passaggio di potere, non
una delega.
Dobbiamo attuare il controllo di gestione (efficienza, efficacia, economicità, produttività). Perché il
controllo della corte dei conti è successivo.
È, pertanto, la filosofia delle regioni (coadiuvate dagli enti locali) che deve affermarsi, mentre lo Stato
deve garantire solo funzioni di controllo generale e di coordinamento formale della finanza delle
regioni, ricoprendo un nuovo ruolo, «in ombra» alle scelte decisionali formulate dai più importanti
enti territoriali riconosciuti dalla riforma costituzionale. (pag. 335)
LEZIONE 20 10/11/20
Per gli enti locali la riforma attribuisce al comune tutte le funzioni amministrative riguardanti sia la
popolazione sia il territorio. Ma la portata concreta di tale disposizione sembra decisamente inferiore
a quanto ci si potrebbe aspettare, poiché il dispositivo di legge continua con «salvo quanto non sia
espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale». L’interpretazione più
banale porterebbe quindi a individuare i comuni come enti locali, le cui funzioni sono lasciate
all’arbitrio sia della legislazione statale sia di quella regionale.
In altri termini, il modello di relazioni scelto non sembra individuare il comune in qualche modo
dipendente dallo Stato oppure dalla regione, ma individua il comune come ente che dipende sia
dalla regione sia dallo Stato.
Almeno sulla carta, la riforma è stata completata e ampliata con la legge Bassanini; ma i risultati
concreti finora sono scarsi. Certamente il trasferimento di funzioni non è stato facilitato dall’ottica
ancora troppo accentratrice che pervade la legge Bassanini. L’idea generale non è, infatti, quella di
lasciare che gli enti locali, resi autonomi finanziariamente, si dedichino alla fornitura dei servizi
pubblici loro assegnati in modo autonomo e responsabile rispetto ai loro elettori. È invece quella di
utilizzare le regioni e gli enti locali come agenti dello Stato, che si riserva di agire come controllore.
Si può quindi affermare che in Italia, negli ultimi anni, è iniziata la costruzione di un sistema di
relazioni Stato-governi locali, a cui è stato imposto il nome di federalismo che presenta delle
mutazioni genetiche rispetto a quello tradizionale:
50
- la stretta dipendenza dal governo centrale
- la concertazione (accordi, poca chiarezza sulle competenze)
I vari livelli di governo devono essere garantiti e rispettati. Non ci deve essere confusione e poca
chiarezza tra i ruoli esercitati da parlamento, governo ed enti intermedi. Implica una forte
collaborazione tra i livelli di governo, in Italia ci sono le conferenze stato-regioni e le conferenze
stato-città autonomie locali. In questo caso stato e regioni mettono in sintonia le decisioni da
prendere che ricadono, poi, sulla periferia. Nella conferenza si va a vedere quali decisioni adottare.
Ad esempio, un governo che vuole prendere provvedimenti restrittivi convoca le regioni chiedendo
la loro situazione giuridica, economica e sociale.
Non ci deve essere una confusione tra i ruoli degli enti politici, parlamento, governo, regioni e
comuni.
Le regioni hanno bisogno dei comuni, e quindi dovrebbero lavorare a stretto contatto.
(pag.336) Si può quindi affermare che in Italia, negli ultimi anni, è iniziata la costruzione di un sistema
di relazioni Stato-governi locali, a cui è stato imposto il nome di «federalismo», che tuttavia presenta
delle mutazioni genetiche rispetto a quello tradizionale.
Un primo tipo di mutazione è la stretta dipendenza dal governo centrale, il secondo è la
concertazione; entrambi sembrano minare le basi essenziali del federalismo fiscale classico, poiché
interferiscono con il funzionamento della democrazia.

Dall’inadeguatezza del sistema contabile all’armonizzazione


Al nuovo dettato costituzionale risponde la l. n. 164/2016, disponendo che a decorrere dal 1 gennaio
2016 i bilanci di regioni ed enti locali si considerano in equilibrio quando, sia nella fase di previsione
che di rendiconto consuntivo, conseguono un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le
entrate finali e le spese finali.
Quindi, cercando di tradurre il linguaggio tecnico-giuridico del legislatore, vuol dire che l’equilibrio
può essere interpretato come equilibrio “meramente contabile”, ma non finanziario, avendo coinvolto
non a caso solo il bilancio di competenza! Quindi un equilibrio vero non contabile.

Garanzie per un’analisi gestionale “armonizzata”


Il sistema contabile delle regioni deve garantire l’analisi della gestione sotto il profilo finanziario,
economico e patrimoniale.
I principi contabili generali impongono che le regioni debbano attenersi, quindi, ai contenuti del
d.lgs. 118/2011, poi dal d.lgs 126/2014 (devono avere un equilibrio contabile).
1) La competenza finanziaria, un requisito che definisce il criterio di imputazione agli esercizi
finanziari delle obbligazioni giuridicamente perfezionate, attive e passive, quindi accertamenti di
entrata e di spesa. L’espressione più evoluta e completa si traduce in competenza finanziaria
potenziata, dove le obbligazioni attive e passive giuridicamente perfezionate devono anche essere
registrate nelle scritture contabili nel momento in cui vengono perfezionate, ma vanno imputate
all’esercizio nel quale andranno a scadenza. In sostanza, è un requisito che consente di conoscere
con precisione i debiti effettivi contratti da regioni ed enti locali
2) La competenza economica, un altro requisito che definisce il criterio con cui sono imputati gli
effetti delle diverse operazioni e attività poste in essere dall’ente nel corso dell’esercizio e che si

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concretizzano in utilità economiche cedute (costi/oneri) o acquisite (ricavi/proventi), anche non
direttamente collegate ai relativi movimenti finanziari (incassi/pagamenti).
3) Il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, secondo il quale tutte le operazioni e i fatti
contabili che si sono verificati durante l’esercizio devono essere rilevati contabilmente in relazione
alla loro sostanza effettiva e quindi alla realtà economica che li ha generati e ai contenuti della stessa
e non solo alle regole e alle norme vigenti che ne disciplinano la contabilizzazione formale.

La nuova programmazione regionale


Il Documento di economia e finanza regionale è il documento che l’organo di governo della regione
(giunta) presenta all’organo deliberativo (consiglio), in cui sono descritti gli scenari economico-
finanziari internazionali, nazionali e regionali, le politiche consigliate e gli obiettivi della manovra di
bilancio regionale.
La legge di stabilità regionale assume un significato differente. Intanto è un provvedimento
legislativo e non un documento contabile Programmatorio; poi, risponde ad esigenze soprattutto di
carattere fiscale e che tutte le regioni, a decorrere dall’esercizio finanziario 2016, sono obbligate ad
adottare.
La legge di stabilità regionale regola:
a) le variazioni delle aliquote e gli interventi che incidono sul gettito dei tributi di competenza
regionale;
b) il rifinanziamento delle leggi di spesa, escludendo quelle obbligatorie e continuative;
c) la riduzione, per ciascuno degli anni considerati, delle autorizzazioni legislative di spesa (si tratta
di una revisione degli automatismi di spesa che comportano un problema di copertura finanziaria
anche per lo Stato);
d) la rimodulazione delle quote di spesa pluriennali disposte con leggi regionali destinate a gravare
su ciascuno degli esercizi considerati nel bilancio di previsione e in quelli successivi;
e) eventuali autorizzazioni di spesa per interventi la cui realizzazione si protrae oltre il periodo di
riferimento del bilancio di previsione;
f) le norme che comportano l’aumento di entrate o la riduzione di spese, sempre in ossequio al
dovere di copertura ex art. 81 Cost.
g) le norme che garantiscano il rispetto del patto di stabilità interno.
Il bilancio di previsione, che le regioni deliberano ogni anno il loro bilancio, assume però un respiro
triennale, sulla base del bilancio statale.
Il bilancio ha carattere autorizzatorio (formale), quindi produce effetti gestionali di entrate e spese,
costituendo un limite agli accertamenti e agli incassi che riguardano l’accensione di prestiti e un
limite anche agli impegni e pagamenti di spesa.
Bilancio di competenza (previsione dal punto di vista giuridico) vs bilancio di cassa (bilancio
finanziario, ovvero previsioni di entrata e uscita).entrambi in termini previsionali (è il rendiconto a
non essere previsionale ma effettivo)
Ogni regione ha il suo statuto, il principio di competenza dovrebbe dividere nazione da regione,
poiché l’autonomia è un diritto.
Differenza tra devolution (competenza legislativa esclusiva in materie che riguardassero i diritto
costituzionali, come la sanità o l’istruzione) e deregulation (decentramento su delega).
52
REGIONI, IN ESTREMA SINTESI
Decreto attuativo dell’Art. 10 delle legge n.133 ‘99 (attua principi riforma titolo V Cost. del ‘01):
• Aumenta quota delle risorse regionali finanziate con tributi propri
• Riduce i vincoli di destinazione delle risorse erariali trasferite alle regioni
• Regole di solidarietà tra regione: fondo perequativo
→ Federalismo fiscale ‘all’italiana’: autonomia tributaria delle regioni, principi di responsabilizzazione
e sussidiarietà e istituzione di fondi perequativi. MA:
• Si limita a sostituire i trasferimenti statali con compartecipazioni ai getti delle imposte erariali che
gestisce lo Stato (regioni incidono poco o nulla)
• Diluisce l’operazione nel tempo (ancora 22 trattazioni aperte)
• L’unica novità nella modernizzazione della pubblica amministrazione è l’autocertificazione
• Riforma dei bilanci e controlli: tutto legittimo e i controlli della Corte dei Conti sono solo successivi
per essere più rapidi (ma la situazione non è migliorata)
• Riforma art. 117: competenza concorrente, non esclusiva, per cui alle regioni resta solo l’attuazione
della legislazione nazionale
• Anche riguardo le funzioni amministrative (in teoria esclusive per le regioni nelle materie regionali),
lo Stato ha un potere di coordinamento e indirizzo
• In sintesi, due mutazioni: stretta dipendenza del governo centrale e concertazione.
→ soluzione: regionalismo in senso federalista. Legge chiave dello Stato che istituisce meccanismi
di erogazione della spesa basati su fondi mirati per incentivi (maggiore capacità di spesa per le
regioni, ma occorre un controllo gestionale, non successivo). Stato garantisce solo funzioni di
controllo generale e coordinamento formale della finanza regionale.
Legge n. 164/2016: dal 1/1/’16 bilanci di regioni e enti locali si considerano in equilibrio quando
conseguono un saldo non negativo in termini di competenza (i.e. equilibrio contabile).
D.lgs 126/2014, principi contabili generali del bilancio regionale:
• Competenza finanziaria (accertamenti entrate/spese) e finanziaria potenziata (a scadenza)
• Competenza economica: operazioni nell’esercizio a cui si riferiscono, non concretizzano)
• Principio della prevalenza della sostanza sulla forma: fatti contabili vanno rilevati in relazione alla
sostanza effettiva e non alle regole che ne disciplinano la contabilizzazione (es. se la legge autorizza
una spesa ingiustificata, la legge va rimossa)
Inoltre, affiancare la contabilità economico-patrimoniale dei centri di costo a quella finanziaria.

Programmazione regionale
• Documento di economia e finanza regionale presentato dalla Giunta al Consiglio regionale: scenari,
politiche consigliate e obbiettivi (documento programmatorio)
• Legge di stabilità regionale, provvedimento legislativo, risponde alle esigenze fiscali ’16, e regola:
o Norme che comportano aumento entrate/riduzione spese (art. 81 Cost)
o Revisione automatismi di spesa
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o Norme che garantiscono il rispetto del patto di stabilità
o Variazione aliquote, ecc.
• Bilancio di previsione (ogni anno, respiro triennale) ha carattere autorizzatorio (autorizza entrate e
spese) e sostanziale (modifica en/sp). Di competenza vs. di cassa, finanziario.
• Rendiconto, non previsionale ma effettivo
[Deregulation (decentramento, basato sulla delega) vs devolution (devolvere poteri alla periferia,
però controllo preventivo!). Un po’ come conferimento con delega vs trasferimento].

QUINDI, vi è stato il tentativo di creare uno stato federalista senza però riuscirvi, poichè nonostante
le molteplici riforme lo stato non da abbastanza autonomia alle regioni, lasciando loro un potere
marginale. Questa situazione fa dedurre che neanche le regioni italiane saranno armonizzate fra di
loro. OBIETTIVO UE avere run tipo di contabilità economico patrimoniale finanziaria che sia il più
omogeneo possibile per riuscire ad effettuare il monitoraggio dei singoli paesi.

LEZIONE 21 11/11/20
Art.100 della costituzione in particolare
Dopo legge ‘94, la Corte non svolge controlli preventivi se non per casi eccezionali (per essere più
dinamici poiché il controllo preventivo rallentava la creazione del bilancio), ma solo controlli
successivi che possono essere;
1) Integrati con la corte dei conti europea. l’idea è quella di affiancare al controllo sul bilancio
comunitario (corte dei conti europea) e il controllo degli organismi nazionali (corte dei conti italiana),
un sistema europeo di controlli integrati tale da coprire l’intero ambito della gestione dei fondi
comunitari. Una volta che l’europa manda i finanziamenti è la corte dei conti dello stato che deve
controllare se quei finanziamenti vengano effettivamente usati per quel progetto.
Potere di indagine (magistratura contabile), la corte dei conti in ambito giurisdizionale deve poter
fare indagini e esporre un giudizio sull’utilizzo del denaro pubblico.
Sinergie efficienti, invece delle sovrapposizioni di compiti, corte dei conti europea si dovrebbe fidare
delle corte dei conti nazionali che hanno un piano di controllo sull’utilizzo dei fondi europei, la corte
nazionale fa riferimento anche alle corti regionali, e poi questi controlli regionali e nazionali vanno
riassunti e mandati alla alla corte europea.
I parametri di controllo sono: parametro della legalità, della regolarità delle gestioni dell’efficacia
dell’efficienza, dell’economicità … quindi prima di accedere al controllo successivo la corte dei conti
deve assicurarsi che l’amministrazione abbia fatto un controllato interno in termine di questi
parametri.
2) Controlli congiunti, per motivi organizzativi potrebbero esserci dei controlli congiunti sull’operato
e sugli atti di spesa; lo stimolo può venire da uno dei due membri (europeo nazionale).
3) Controllo complessivo, (somma dei controlli delle amministrazioni, interno e esterno) si valuta
l’imparzialità buon andamento e trasparenza (atti notificati). La corte dei conti diventa un controllore
del rispetto dell’art. 97, e procede al controllo successivo sull’intera gestione e infine riferisce tutto
alla corte europea.
In sostanza, il controllo interno rappresenta una garanzia degli apparati, mentre quello esterno è una
garanzia dell’ordinamento; ciò spiega perché il controllo esterno non può trovare fondamento e limite
nel valore giuridico della sola legittimità.
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Lo stesso ruolo del controllo interno rispetto a quello riservato alla Corte dei Conti della UE, depone
nel senso di un controllo prevalentemente orientato sulla “gestione complessiva”, che va alla ricerca
del riscontro del risultato economico-finanziario piuttosto che di quello della legalità.
La corte dei conti controlla inoltre la copertura finanziaria delle spese; art. 81 corte incidentale:
rilevanza, manifestamente infondata e alla fine chiude tutto e manda alla corte costituzionale.
Quest’ultima può addirittura abrogar la spesa, costringendo a risanare le spese. (mi sembra di
averne già scritto qualcosa).
Appare che la Corte subisca, ad opera della legge che l’ha riformata, una certa “svalutazione” del
suo operato, prima ritenuto più incisivo proprio per il suo carattere preventivo; divenendo importante
il carattere successivo del controllo, appare chiaro come la capacità di impedire spese poco oculate
se non “distratte” divenga più limitata, esaurendo i suoi effetti nelle asserzioni a posteriori, non
impedendo l’iter di spesa ma potendolo solo sanzionare. (è come se noi dovessimo rinunciare alla
prevenzione e arrivare direttamente alla cura).
Il controllo successivo viene effettuato sulla base di programmi e di criteri elaborati dalla stessa Corte
dei Conti, che riferisce almeno annualmente al Parlamento ed ai consigli regionali sull’esito del
controllo eseguito.
Corte può fare controlli in corso ma senza bloccare. Controllo interno è una garanzia degli apparati
(tre ‘e’) e quello esterno della Corte è una garanzia per tutto l’ordinamento.
Come magistratura, può sollevare il giudizio in via incidentale di fronte alla Corte Costituzionale
Domanda: cosa fa il governo, se si trova dinanzi ad un no per un finanziamento? E non ha una
copertura finanziaria per fare quella spesa? Ad esempio può: spending review, taglia una spesa,
con un decreto legge con cui indica da dove possono attingere per coprire quella spesa.

DIRITTO VS FEDE
Il diritto, fenomeno di astrazione giuridica preesistente ad ogni norma, coinvolge e sposta
naturalmente l’attenzione sul relativismo.
Si tratta di un fenomeno che ha radici lontane, complesso e poliedrico, che ha attirato l’attenzione
degli studiosi di differenti discipline, nonché dell’autorevole studioso papa (emerito) Benedetto XVI
e che trova riscontro nel dinamismo più incisivo e pragmatico di papa Francesco.

LEZIONE 22 16/11/20
Responsabilità, di tipo penale, civile, amministrativa, contabile, individuale, collettiva.
La responsabilità ha una sua etica? La responsabilità è di matrice oggettiva, essere responsabili
vuol dire fare un percorso di tipo sociale, che vale per tutti, non dipende dall’età perché anche il
minorenne è responsabile in quanto la sua responsabilità ricade su un maggiorenne. Può coincidere
con la capacità di agire (porre in essere attività giuridicamente rilevanti ed esserne anche destinatari)
o anche con la capacità giuridica (posso essere azionista o destinatario della capacità giuridica).
Attuare la propria responsabilità è un comportamento naturale che nasce con il diritto. Se c’è il diritto,
c’è un comportamento responsabile. Ma se non ho il diritto, è difficile capire la responsabilità. Chi
opera nella pubblica amministrazione è responsabile, risponde del proprio operato, la responsabilità
può essere penale, civile, amministrativa, contabile, individuale, collettiva
Es: La globalizzazione sarebbe dovuta essere un’opportunità ma per come è stata sfruttata è
diventata una speculazione, emerge chi ha una finanza virtuosa speculativa e crolla chi ha una
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finanza responsabile volta all’attenzione sociale. Abbiamo iniziato a pensare di far produrre
all’estero, dove si guadagnasse di più. Guadagnare contro la natura, sfruttandola, porta alla sua
vendicazione quindi non essendo responsabili ci autodistruggiamo.
Possiamo mettere in antitesi DIRITTO E FEDE che in antitesi non sono.
La fede di un uomo non credo possa costituire un sedativo un analgesico contro i dolori del mondo,
ma credo, invece, che costituisca l’essenza dell’esistenza stessa dell’uomo, che non trova risposte
ai suoi disagi, ma che se anche le avesse individuate non riuscirebbe ad interpretarle perché non si
capisce il senso.
Tentativi razionali per tentare di dare una risposta che il mondo giuridico non puo dare non trova,
quindi si cerca una fede.
Così si può pensare ad una “fede sociale”, un’entità spirituale che non rappresenta solo l’unione
delle fedi individuali, ma una nuova identità collettiva, in grado di confrontarsi con il divenire delle
cose.
Se mettiamo insieme materiale ed anima, è quello che ci distinguere dagli animali, e se
interroghiamo l’anima interroghiamo la nostra parte trascendentale, invece il corpo è la nostra parte
razionale. Il nostro corpo è fatto per avere parte razionale ed irrazionale.
Il perché la società vada in una direzione può avere un senso logico, anche se non viene compreso.
Governare i fenomeni giuridici ed economici non vuol dire dare risposte e certezze, ma costruire
nelle dinamiche sociali i comportamenti virtuosi che tengono in equilibrio le scelte, le opportunità, le
decisioni.
Nel nostro Paese, che pure è stato teatro di inquietanti imbrogli, il potere politico da un lato ha
protetto con leggi apposite i reati dei potenti, dall’altro ha dichiarato di voler tutelare il piccolo
risparmio, ma il dibattito legislativo si è trascinato in emendamenti dispersivi, senza esiti rassicuranti.
Un editoriale del « Corriere della Sera » in occasione della Giornata del risparmio di fine ottobre
2005, con invitato d’onore il governatore di allora Antonio Fazio, iniziava così: « La cerimonia [...] più
che la Festa dei risparmiatori mi ha ricordato un allegro convegno di volpi che si ritrovano dopo aver
visitato i pollai »
La globalizzazione per com’è stata gestina non è andata bene e non va bene. Dovremmo essere
incentivati a consumare di più invece si è propendi al risparmio. Anche gli imprenditori fanno i furbi
andando a spostare le loro sedi in quei paesi dove la manodopera costa meno.
Dopo le note vicende che negli Stati Uniti hanno deluso o rovinato tante decine di milioni di piccoli
azionisti, in larga misura lavoratori e soprattutto pensionati, l’amministrazione attuale offre agli
americani, da un lato, qualche punizione esemplare ma, dall’altro, non apre una vera via di
riparazione né un orizzonte di trasparenza delle decisioni economiche, di stabilità e di sicurezza. Al
contrario, si prospetta, con il progetto di ownership society, la mera possibilità di trasformare
completamente in titoli di borsa o in forme assicurative private quel poco che resta di pubblica
previdenza e di pubblica sanità.
Quando noi pensiamo che il Sistema pubblico va verso il fallimento allora vuol dire che abbiamo una
visione limitata del Sistema. Il problema è che questi paesi come gli stati uniti, lo fanno diventare
costoso e inefficiente, allora è ovvio che il cittadino si sposta verso il privato.
Cortocircuito che si crea tra pubblico e privato, obbligando il cittadino ad una scelta verso il privato
es: se io devo fare una tac e in ospedale mi dicono che devono fare 3 mesi è ovvio che se ne ho
bisogno prenderò appuntamento nel privato.

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Diritto > fenomeno di astrazione giuridica preesistente ad ogni norma, coinvolge e sposta
naturalmente l’attenzione sul relativismo (tempo). Siamo abituati a gestire le situazioni attraverso il
tempo. Si tratta di un fenomeno che ha radici lontane, complesso e poliedrico. Otto von Gierke
sostiene che la società s’incarna quotidianamente nelle norme e istituzioni e che esse provocano
tensione emotiva; la positività di questa tensione può essere garantita da una visione etica del bene
comune.
Etica giuridica > è la capacità di designare ciò che giusto da ciò che è ingiusto. Josef Ratzinger
sostiene sia sostituita da un nuovo moralismo, incerto, e parla di società liquida (nell’acqua non
distingui le molecole) nella quale non distingui le personalità. Il relativismo produce conseguenze
nell’ambito della prassi giuridica, della visione etica della società, della responsabilità. Il diritto
esprime la possibilità di definire in modo chiaro i contenuti della norma positiva. La certezza del
diritto (garanzia dei cittadini) entra in risonanza con l’ortodossia relativista, che si fonda sul dubbio,
l’elemento dei processi della conoscenza, compreso quello relativo alla norma, alla possibilità di
ricondurla ad un’interpretazione univoca.
Fede > non è un sedativo contro i dolori del mondo, ma costituisce l’essenza dell’esistenza stessa
dell’uomo, che non trova risposte ai suoi disagi, ma che se anche le avesse individuate non
riuscirebbe ad interpretarle. Si può pensare ad una fede sociale, un’entità spirituale che rappresenta
l’unione di fedi individuali e un’identità collettiva, in grado di confrontarsi con il divenire delle cose.
Se non trovo risposta nel mondo giuridico, la cerco nell’irrazionale. Governare i fenomeni giuridici
ed economici non vuol dire dare risposte e certezze, ma costruire nelle dinamiche sociali i
comportamenti virtuosi che tengono in equilibrio le scelte, le opportunità, le decisioni.
La responsabilità: una virtù o un problema?
Intervengono anche variabili strutturali-sistemiche ad accrescere il fenomeno di autonomia
finanziaria, che inevitabilmente corrode e tradisce il senso dell’etica e della responsabilità nelle
decisioni economiche. Se un certo individuo va in galera, un gran numero di top executives, forse
meno dediti a operazioni illegali ma comunque spregiudicati e spesso inefficienti, restano immuni da
sanzioni. Cioè Essler il capo espiatorio e gli altri restano immuni anche se sono spregiudicati.
Solitamente l’amministratore delegato fa da capo espiatorio e gli altri restano immuni.
Non risulta facile ricostruire una responsabilità individuale degli amministratori delegati, (primo che
va il galera) dei presidenti, dei possessori di quote di controllo nei consigli di amministrazione. Ancor
meno facile è rendere responsabili i corsari della finanza, che spesso mettono anche alti dirigenti in
gravi difficoltà. D’altra parte vediamo usare il termine “responsabilità” anche per invitare il cittadino
a “responsabilizzarsi”, smettendola di pretendere dallo Stato, o comunque dalla spesa pubblica,
istruzione, sanità, previdenza. La pretesa del cittadino che pretende sapendo quali sono i suoi diritti
senza però rispettare i propri doveri.
Ai critici di questo indirizzo, esso appare volto a unire l’alleggerimento del big government con una
concessione di opportunità alle varie lobbies dei servizi privati, che premono sull’amministrazione.
Dove se non funzionano i servizi pubblici ecco che subentrano immediatamente quelli privati.
Se le pensioni si trasformano in conti individuali secondo meccanismi di capitalizzazione gestiti da
società finanziarie private, allora ciò che viene deciso ai vertici di queste società è d’importanza
cruciale per le sorti di quegli individui. siamo spettatori di un apparente ritorno all’astratta
celebrazione del diritto proprietario individuale, che, però, viene inteso in un senso paradossalmente
debole.
Chi lavora nel settore pubblico non dovrebbe incentivare il Cittadino a scegliere per la finanza
privata, perchè se lo fanno danno l’immagine non solo di inefficienza, ma della situazione in deficit
del servizio pubblico.
Non capendo che il servizio pubblico ha ancora tanto da offrire.

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La globalizzazione ha favorito l’emersione di Stati forti che già forti lo erano. In ambito economico
chi comanda è chi ha la potenza economica.
I sistemi imprenditoriali della new economy dove si sono realizzate operazioni volte alla flessibilità e
delocalizzazione, sia nella sfera finanziaria, dove si è dato corso a fusioni e cessioni di società, o al
contrario a spezzettamenti di imprese, ma in ogni caso a movimenti spesso rapidi e poco visibili del
mercato azionario. Es: Telecom
È pertanto utile analizzare quanto di questi risultati socialmente indesiderabili sia attribuibile
all’obiettiva complessità dei processi e quanto sia piuttosto l’effetto di una straordinaria carenza di
etica e di responsabilità, oltre alla sempre più scarsa “competenza”, un requisito che dovrebbe
costantemente affiancare quello dell’onestà.
Oggi facciamo fatica a trovare questi due requisiti nel Governo, nelle amministrazioni etc. se sono
competente ma disonesto allora rubo; se sono incompetente ma onesto, non ci faccio nulla, perché
sono un ritardato non in grado di prendere decisioni. Meglio comunque competenza e disonestà,
almeno qualcosa concludo.
Se passo da una finanza virtuosa ad una finanza creativa cioè scollegata dall’economia (speculativa)
non aumento il volano economico ma solo le tasche degli speculatori. Servono onestà e
competenza.
Questo è un fallimento sia delle regole di governance, sia dei meccanismi sanzionatore. La corporate
governance è l'insieme di strumenti, regole, relazioni, processi e sistemi aziendali finalizzati ad una
corretta ed efficiente gestione dell’impresa.

La responsabilità sociale dell’impresa


Si sviluppano i dibattiti sulla responsabilità sociale dell’impresa, per correggere le deviazioni del
potere manageriale e gli effetti distorsivi dei movimenti del capitale finanziario.
Bisogna avere strumenti legislativi idonei a controllare e disciplinare una materia in via di continua
trasformazione e stuzzicare il senso di responsabilità; si tratta di strumenti la cui applicazione
riguarda gli individui piuttosto che l’organizzazione.
In questo contesto, i comportamenti talvolta dannosi e immorali dell’alta dirigenza vengono spiegati
mettendoli in relazione con una limitazione della libertà della dirigenza stessa, costretta a occuparsi
di nient’altro che del profitto degli azionisti, e quindi impedita ad agire in modo responsabile verso
quello che si definisce “il sociale”.
Come ben si sa, gli azionisti forti talvolta coincidono con l’alta dirigenza che con la quale a volte ne
sono alleati, altre volte ancora si trovano in conflitto con essa.
John K. Galbraith, ad esempio, ha visto nel consiglio d’amministrazione un puro e semplice
inganno, un organo selezionato dal top management, e ad esso pienamente subordinato. Ha
sostenuto inoltre che “eccezioni a parte, il ruolo dei suoi membri è di semplice assenso”. E ha ribadito
che “nessuno dovrebbe aver dubbi: in qualunque corporation, gli azionisti [...] e coloro che li
rappresentano sono completamente subordinati al management. Il potere della proprietà [...] non ha
più niente di reale. È una truffa, sia pure universalmente accettata”. Parole forti di chi è entrato nel
merito della questione dalla porta principale, e non dalla serratura.

Altri studiosi hanno ribadito la posizione debole del1’azionista. Il lavoratore compra delle azioni
nell’azienda in cui lavora, questa non è etica di responsabilità

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Secondo il punto di vista sostenuto da Milton Friedman, l’unico obbligo del management sarebbe
quello di garantire i profitti degli azionisti. Ma si sa, ormai, che neppure questo obiettivo è stato
raggiunto dagli spregiudicati operatori del top management finanziario. Non solo sono stati corrosi i
redditi dei cittadini e sono state ignorate le istanze degli stakeholders (consumatori, contribuenti,
comunità, società, istituzioni, i portatori di interessi). E così le acrobazie finanziarie di Wall Street,
all’inizio del millennio hanno deluso o rovinato decine di milioni di piccoli azionisti, di pensionati
incoraggiati a forme finanziarie di risparmio, di “proprietari di minuscole quote di capitale”.
L’alta dirigenza delle grandi corporations, perseguiva obiettivi personali, spesso indipendenti dalla
performance delle stesse, oltre che del tutto in contraddizione con l’interesse generale.
Le banche partecipano nel dividere il mondo economico dal finanziario. Da parte delle banche non
c’è nessun comportamento etico, poiché vendono titoli spazzatura per titoli buoni.
Ma non meno doveroso è osservare anche le tattiche attuate all’esterno, le mosse finalizzate a
cavalcare e indirizzare i movimenti del mercato, anche a scapito di milioni di risparmiatori. Senza
ignorare, inoltre, le debolezze sistemiche e normative di cui si è già detto; le inadeguate sanzioni, le
insufficienti prestazioni della corporate governance, talvolta le connivenze al livello del rating.
Le società di rating che ci dicono quanto valiamo: guarda caso dentro queste agenzie ci sono anche
persone delle banche che hanno degli interessi a dire che le nostre prestazioni sono scadenti rispetto
ad altre. Se loro dicono che la nostra agenzia è rischiosa è come firmare per uscire dal mercato,
condannati a nessuno che investe in noi, anche se i risultati finanziari ci sono.
Dunque, punto centrale è che la maggioranza delle azioni resta comunque distribuita a una massa
di piccoli investitori privi di informazione sufficiente e di coordinamento per agire. A questo punto
emerge con più evidenza il ruolo dell’“agente decisivo”, ovvero di colui che le informazioni le
possiede e che sa manovrare in base ad esse. Può trattarsi talvolta dell’amministratore delegato o
del presidente, molto spesso, però, anche di uno stratega ad hoc dei movimenti finanziari.
La logica delle lobby è questa, pochi comandano e tutti gli altri eseguono. Il 97% esegue, cioè noi
cittadini.
Agente decisivo: colui che ha le informazioni e può decidere in che verso mandare l’economia,
addirittura mondiale.

IN SINTESI, responsabilità sociale dell’imprese: carenza degli strumenti legislativi per disciplinare
materie in trasformazione (debolezze normative, sanzioni inadeguate, connivenza rating); unico
obbligo del management è garantire profitti agli azionisti, non c’è spazio per il sociale (Friedman):
non solo ignorante istanze degli stakeholders, ma persino quelli degli shareholders (azionisti sono
subordinati al management: no potere della proprietà)

LEZIONE 23 17/11/20
ETICA E RESPONSABILITÀ: IL WELFARE, LO STATO SOCIALE
La regola del mercato non è sostituibile con nessun’altra regola, lo stato non può intervenire se non
in casi eccezionali.
Quindi, da una parte il superamento della gestione statale del welfare; dall’altra la non condivisione
di un modello integralmente privatistico fondato sul totale disimpegno pubblico; una terza via,
decisamente più percorribile sia per ragioni di bilancio che di equità sociale, si ispira ad un modello
“civile” di welfare, che riconosce alle organizzazioni della società civile la capacità di diventare
partner attivi nei processi di programmazione degli interventi e di scelta strategica.

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Diventare attivi significa avere una partecipazione che consenta di costruire la condivisione, la
concertazione più ampia possibile partecipata per adempire a scelte decisive in campo economico.
Quindi quando il governo deve prendere le decisioni su qualcosa di pubblico consulta tutte le parti,
anche le opposizioni per prendere la migliore decisione possibile.
L’economia sostenuta e sviluppata dalle imprese, dai consumatori e dalla pubblica amministrazione
nella logica del mercato deve ritornare ad essere reale (costruita sul lavoro), non solo fittizia e frutto
di speculazione finanziaria. Altrimenti non si parlerà più di “economia sociale di mercato” ma di
“mercato dell’economia”.
L’economia si salva quando è fondata sul mondo del lavoro: sul lavoratore, sull’artigiano, impiegato,
coloro i quali lavorando danno certezze nel mercato economico. Che poi certo è anche fatto dal
carattere finanziario (azioni), perché bensì faccia guadagnare molto fa anche perdere molto. Mentre
l’economia reale, quella del mkt del lavoro ci da certezze. Ci serve organizzazione, redistribuzione
e mantenere sotto controllo l’evasione.

Si può provare a pensare a tre punti di riferimento del sistema economico cioè l’organizzazione, la
redistribuzione e l’evasione.
Questi potrebbero essere individuati come tre punti deboli dell’economia il fatto di trascurare una
seria interpretazione di questi tre fattori porta uno Stato alla recessione, alla depressione e,
inevitabilmente, all’aumento dei fenomeni corruttivi. Un’economia che si muove senza
“organizzazione” spreca risorse, utilizzandone molte e non raggiungendo gli obiettivi, mancando i
risultati, o raggiungendoli ma a costi insostenibili; senza un’equa “redistribuzione” del reddito non si
realizza l’equità voluta dalla Costituzione, generando forti squilibri di benessere nella popolazione
che possono anche rivelarsi una fonte di minaccia alla democrazia; con un’elevata “evasione fiscale”
si trascurano i mezzi per garantire una corretta copertura finanziaria delle spese pubbliche, copertura
che costa molto meno del debito a cui poi si deve, però, ricorrere per mancanza di risorse.
In Italia ci rimproverano di non essere organizzati, siamo dei gran lavoratori rispetto ad altri, però ci
mettiamo più tempo per raggiungere gli obiettivi per cui gli altri ci mettono molto meno. Abbiamo una
pubblica amministrazione molto lenta sia per leggi vecchie che per funzionari indietro con
l’evoluzione.
Questo ragionamento fa pensare e ci riporta al “mutamento dei valori” di Konrad Lorenz, in Il declino
dell’uomo. Egli affronta le misure dirette a contrastare la “disumanizzazione dell’uomo”, che
capovolgono i valori fondanti dell’essenza dell’uomo. Lorenz è fondamentalmente ottimista,
basandosi su sensazioni valutative a priori che siano comuni a tutti gli uomini, cioè “universali nel
senso più alto di questa parola e non dipendano né da tradizione culturale, né dalla costruzione
sociale della realtà”. Lorenz pensa che “non occorra inculcare nell’uomo questi valori, che non
occorra educarlo a sentirli. Tali sensazioni nascono da sé quando la capacità di percezione
dell’individuo che si sta formando viene a contatto con una quantità sufficiente di dati autentici, non
falsificati, che gli riveli la sapiente realtà della natura”.
La percezione della natura porta l’uomo a capire ciò che è bene e ciò che è male conoscendo dati autentici,
la natura educa. Importante è conoscere, sapere, immaginare. La conoscenza è relativa e rappresenta il
livello a cui tutti possono accedere, arrivando un po’ più in alto o un po’ più in basso, può diventare infinita
studiando di più; la sapienza è assoluta, porta all’estremo, verso il trascendente, è irraggiungibile. Ma lo
strumento per tendere alla sapienza può consistere nell’immaginazione, che avrebbe il compito proprio di
colmare il vuoto della conoscenza, liberando l’uomo che immagina ciò che non conosce.
Goethe sostiene “Pazzo chi volge lo sguardo scrutando lassù e sopra le nuvole finge suoi simili! L’uomo si
tenga saldo qui e si guardi intorno. Non è muto questo mondo a chi sa e opera”.

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Talvolta uno dice ti inculco dei valori. Es: i genitori dicono ‘tu devi venire a messa’ non è
costringendolo che lo si avvicina alla chiesa. Oppure chi dice ‘io devo educare i miei figli ad avere
una certa sensibilità’ ma la natura ha già in se gli strumenti per spingere l’uomo a capire cosa è
buono cosa è cattivo e lasciare la libertà all’uomo di scegliere, perché è la natura che mostra i dati
autentici.
Lorenz ci dice di utilizzare dei filtri, ovvero analizzare le cose e giudicarle basandoci sulle esperienze
vissute.
E ben si ricollega al ragionamento di Lorenz la distinzione non solo terminologica ma sostanziale dei
concetti di conoscere, sapere, immaginare.
La conoscenza è relativa e rappresenta il livello a cui tutti possono accedere, arrivando un po’ più in
alto o un po’ più in basso, in base a molteplici fattori e condizioni; la sapienza è assoluta, coinvolge
l’essere umano ma è trascendente, rappresenta un livello a cui si tende senza mai arrivare. Ma lo
strumento per tendere alla sapienza può consistere nell’immaginazione, che avrebbe il compito
proprio di colmare il vuoto della conoscenza, liberando l’uomo che immagina ciò che non conosce.
Dunque, con questo sforzo ermeneutico l’uomo tende alla sapienza, consapevole di non poterla
raggiungere, ma di avere la libertà di provarci comunque.

LEZIONE 24 18/11/20
RIFLESSIONI INTORNO ALLA FINANZA PUBBLICA
L’esigenza della copertura finanziaria. La necessità che tutto il settore pubblico dell’economia, e
quindi non solo lo Stato, copra puntualmente e completamente le sue spese. Tutte le spese che
vengono istituite tramite stato comportano un finanziamento, un onere, che deve essere
automaticamente coperto nel bilancio (ce lo dice l’81).

• La copertura del disavanzo statale


Bisogna distinguere;
- disavanzo, differenza tra spese correnti ed entrate correnti. Se diventa avanzo primario vuol dire
che le spese correnti sono depurati dagli interessi passivi sul debito (vi è una differenza positiva).
Bilancio di competenza.
- fabbisogno, di cassa (monetario), tutte le entrate dello stato messe in relazione e in differenza
con tutte le altre spese (correnti, investimento e pagamento interessi). Quanto lo stato deve
recuperare nel suo bilancio di cassa per poter far fronte al suo disavanzo
- debito pubblico

CANONI, REQUISITI E PRINCIPI CHE SORREGGONO IL SISTEMA TRIBUTARIO

• Intorno alla nozione di “tributo”


la parte di gran lunga maggiore delle entrate di uno Stato è costituita certamente dai tributi.
I giuristi definiscono i tributi come le entrate che gli enti pubblici prelevano dai soggetti in virtù della
loro potestà di imperio e li distinguono dalle entrate di diritto privato, che gli enti pubblici realizzano
con l’esercizio di attività economiche nello stesso regime, di diritto privato, appunto, nel quale si
svolgono le attività economiche delle persone private.

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Distinzione tra diritto pubblico e privato: il pubblico imporre, il privato invece contratta. L’obbligazione
tributaria nasce dal fatto che sono un cittadino, esisto e sono obbligato a pagare i tributi perché è un
dovere di cittadino per imposizione dello stato. L’obbligazione tributaria non porta, o ne ha
pochissima, discrezionalità. Non si lascia nulla al caso. Un procedimento di tipo tributario all’inizio
può esserci la partecipazione del cittadino (nel caso dell’autotutela, quando l’istituzione ce lo
consente) invece nel procedimento di tipo amministrativo il cittadino è diretto partecipante.
Perché il cittadino contribuente non può partecipare come partecipa il cittadino amministrato?
L’amministrato ha la possibilità discrezionale di avere molte chance che la legge gli consente,
partecipazione nel procedimento amministrativo, il procedimento si costruisce insieme al cittadino,
non contro; il procedimento tributario si costruisce contro il cittadino e quindi l’amministrazione non
può chiamare il contribuente al procedimento contro di lui, perché questo sarebbe incentivato ad
inquinare prove, nasconderle e difendersi per far cadere le accuse contro di lui. L’avviso contro il
contribuente arriva quando l’amministrazione ha già le prove contro il contribuente che ha commesso
un reato (mancato pagamento di un tributo o evasione del fisco), anche perché altrimenti il criminale
scapperebbe. Stessa cosa vale per il procedimento penale, solo dopo che ho raccolto le prove ti
informo che sei indagato. (non so quanto sia legale).

Ai fini dell’analisi economica, importano soprattutto le distinzioni fra:


- entrate che provengono dalla gestione diretta di risorse da parte degli enti pubblici (redditi di
beni immobili, provenienti da imprese industriali, etc.) ed entrate che non comportano
gestione diretta di risorse (imposte). La gestione diretta di risorse, quindi, sono redditi che
sono evidenziati immediatamente attraverso i beni. Nel caso di imposte, invece, non c’è una
corrispondenza biunivoca tra chi paga l’imposta e chi riceve il beneficio dell’imposta. Le
imposte devono essere pagate da tutti i cittadini in base al principio della capacità contributiva
e poi sarà lo Stato a vedere in che modo tradurre la “massa di tutte le imposte” in servizi –
Principio delle imposte dirette;

- entrate che comportano un’alterazione dell’impiego delle risorse rispetto a quello che ne
farebbero i privati, ed entrate che non la comportano. Un esempio delle prime, le imposte e
i proventi delle imprese pubbliche gestite con criteri diversi da quelli che seguirebbero i
privati; delle seconde, la gestione di imprese pubbliche, o di altri elementi del patrimonio
pubblico, con criteri uguali a quelli privati.

Dalla definizione di tributi se sono identificato come contribuente ho l’obbligo di versarli, ma posso
essere esente o avere delle agevolazioni a seconda dello status ma ciò deve essere indicato dalla
legge. La definizione di tributo ha un carattere approssimativo. Il tributo nasce dalla concezione di
utilità, chiedi un’utilità e la paghi.
Il tributo va ad ammortizzare i costi delle opere ad esempio (autostrade). Eticamente dovrebbero
sorgere i tributi dal momento in cui l’opera è finita, per ammortizzare i costi della costruzione. Però
tipo l’autostrada Torino piacenza, da tempo finita da mò che abbiamo finito di ammortizare i costi.
Sarebbe giusto pagare un’imposta fissa a prescindere dal consumo, tipo l’abbonamento annuale
GTT.

Le imposte costituiscono la fonte d’entrata tradizionalmente ma anche necessariamente più


importante. Sorgono pertanto alcuni interrogativi riguardanti:

62
a) i requisiti che esse devono avere, in un paese a democrazia rappresentativa; ovvero, i canoni ai
quali si devono attenere le imposte per essere entrata regolare dello stato e determinata in modo
efficiente
b) La loro capacità di realizzare direttamente una ripartizione equa del carico tributario; equità e
redistribuzione del carico tributario, quindi quando si stabilisce il meccanismo di imposte per
evitare che vadano in cortocircuito, il meccanismo deve essere equo. altrimenti si innesta un
rapporto di sfiducia tra cittadino e fisco.
c) L’imposizione del sistema tributario, nei singoli tributi che lo compongono e nel suo complesso
organico; vale a dire vedere il sistema tributario migliore per riuscire a garantire l’efficienza e
l’efficacia del tributo (scaglioni, classe, imposizione diretta o indiretta), dipende dalla scelta
politica quella diretta intacca il reddito, quella indiretta il consumo. Politica (fiscale, monetaria,
economica)

- i CANONI del sistema tributario


Le leggi devono essere sempre riconducibili ad un principio costituzionale.
La materia della finanza pubblica non si sottrae a quest’impostazione a causa della rilevanza
giuridica dei diritti e dei doveri che considera, ed anche le sue leggi devono rispettare canoni
costituzionali.

canone della legalità


Il primo requisito dell’imposta è quello di essere stabilita in una legge od in più leggi che la
disciplinano completamente, come sancito dall’art. 23Costituzione che recita ”Nessuna prestazione
personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”. Ciò impegna l’unità pubblica
impositrice a comportarsi correttamente e garantisce, al tempo stesso, che i contribuenti considerino
l’imposta come un dovere giuridico verso la comunità.
Chi impone prestazioni personali o patrimoniali lo può fare in virtù di una legge, riserva di legge (di
che tipo: può essere sia assoluta che relativa. scrupolosamente è più relativa).
Art. 23 riserva di legge assoluta o relativa? Valgono entrambe. Riserva di legge assoluta (legge
ordinaria) perché l’art.23 afferma “se non in base alla legge” cioè solo attraverso una legge si
possono imporre dei tributi in merito alle prestazioni personali e patrimoniali. Potrebbe legge significa
anche atto avente forza e valore di legge (possono essere decreti legge o decreti legislativi) allora
questi decreti legge o decreti legislativi potrebbero essere al posto della legge. Infatti, un governo
attraverso un decreto legge può introdurre, per esempio, una misura tributaria e non per questo,
siccome è di provenienza governativa, non può incidere nell’art.23 della Costituzione (per questo è
valida anche l’ipotesi secondo cui questa è una riserva di legge relativa)
La considerazione delle prassi legalizzate che eventualmente offuschino la limpidezza di questo
canone. Prassi legalizzata è quella di una legge che affida ad un ministro finanziario il compito di
emanare il decreto che stabilisce uno o più elementi del rapporto fiscale, dato che un decreto non è
una legge; oppure allo stesso ministro di stabilire ogni anno la rendita immobiliare colpibile con
l’imposta.
cioè comportamenti ripetuti nel tempo (uguali) assume un significato giuridicamente rilevante. nel
silenzio giuridico della legge si accetta che il comportamento messo in atto abbia un rilievo giuridico,
si va verso la legittimazione.

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canoni intermedi
Altri canoni sono deducibili dall’art.53 della Costituzione, che recita “Tutti sono tenuti a concorrere
alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a
criteri di progressività”.
1. canone della generalità dell’imposta, lo si deduce direttamente dalla parola “tutti”, la quale
significa tutti coloro che hanno capacità contributiva. Tutti quanti, in qualche modo, sono in grado
di produrre un reddito (anche minimo) e, quindi, hanno capacità contributiva. La costituzione
preferisce andare verso il tutti, per poi proporre delle eccezioni (agevolazioni e esenzioni). Es:
tutti pagano il tributo tranne i non abbienti, i senza tetto etc. Astrattezza, senza scendere nel
concreto.
2. canone della territorialità, che assimila gli italiani agli stranieri fino al punto in cui traggono
beneficio dalle stesse spese pubbliche. Uno straniero che compra beni di consumo sul nostro
bene nazionale, obv deve pagare le imposte italiane. Gli stranieri che entrano in un territorio
devono sapere che ci sono delle regole che valgono per tutti (stranieri e non).

3. canone dell’uguaglianza giuridica in campo tributario: prevede che l’uguaglianza sia rapportabile
alla capacità contributiva di ciascuno;

canone della progressività l’art.53 Costituzione affianca alla capacità contributiva la


progressività; questi due canoni opportunamente combinati, diventano così i due punti
d’appoggio essenziali di tutto il sistema. In buona sostanza, progressività significa colpire di
meno quanti hanno una capacità contributiva minore ma anche quanti, in proporzione, hanno
più bisogni.
Le norme del 53 sono prescrittive (non programmata) c’è una sola soluzione; non normativa, cioè la
possibilità di varie soluzioni.

LEZIONI 25 23/11/20
- LA RIPARTIZIONE DEL CARICO FISCALE

Il carico delle imposte deve essere ripartito equamente secondo il principio di buona fede. Il rapporto
fiscale è un rapporto particolare, perché alla prestazione economica del contribuente non
corrisponde il diritto di una controprestazione.
Vuol dire che, ad es: se io pago delle imposte dirette queste, per il principio di unità del bilancio,
vanno a finire in un sacco unico, dopodichè lo stato dopo aver accumulato tutte queste imposte
verranno tirate fuori per sostenere le spese. Principio di non corrispondenza biunivoca tra imposte
e spese. Per quelle indirette è più semplice stabilire il principio di bionivocità: principio di
corrispondenza tra ciò che io pago e ciò che ottengo.
E’ più facile stabilire il principio di biunivocità tra imposte indirette e spese (al beneficio del cittadino
corrisponde quello dello Stato e viceversa; rapporto sinallagmatico tra due parti equilibrate: pago e
ricavo un’utilità*). Difficile per quelle dirette: alla prestazione del contribuente non corrisponde il diritto
a una controprestazione.
Le regole per ripartire equamente il carico fiscale sono due:
- Regola del beneficio*: al beneficio economico del cittadino corrisponde subito il beneficio
economico dello stato (o viceversa). (ottengo un beneficio pagando)
Perché io acquisto un prodotto con sopra l’iva e lo stato direttamente ha il beneficio
dell’imposta indiretta e io ho il beneficio del pc.

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La regola del beneficio rispecchia molto il principio economico dello scambio, quindi, è molto
meno finanziario e più economico. Attinta ai meccanismi dello scambio (regola dello
scambio), questa regola determina una ripartizione analoga a quella che il mercato opera per
suo conto nel campo degli affari privati.
È una regola che porta ad un rapporto sinallagmatico, un rapporto che sviluppa il suo profilo
attraverso due parte che sono equilibrate e bilanciate: ricavo un’utilità pagando qualcosa e
viceversa.

- Regola della capacità contributiva, riferita alle singole persone ma anche ad altre unità
economiche (impresa): ciascuno deve pagare i tributi secondo le proprie possibilità
economiche, essa (la capacità contributiva) trova riscontro nella regola di spesa pubblica
secondo la quale occorrerebbe dare a ciascuno secondo il suo bisogno. (verso l’utopia
finanziaria) per farlo bisogna conoscere i bisogni di ognuno di noi. Lo stato che pensa a tutti
vuol dire andare verso un’economia collettivista.

(Goboardi non è d’accordo, per lui lo stato deve provvedere al livello di reddito minimo di
sussistenza per sopravvivere. Quest’idea di collettività sembra più uno slogan. Perché dal
punto di vista standard sono decisioni che non si possono prendere, ma possiamo garantire
il livello più basso di sopravvivenza o livelli essenziali di prestazioni)
Raggiungere un benessere economico, ma questo è dato da una percezione soggettiva. Solo
sotto un certo limite arriva ad essere oggettiva (sotto un certo livello di reddito non ho alcun
tipo di benessere).
La regola della capacità contributiva si basa sul fatto che più persone pagano, in base alla
propria capacità di produrre reddito, e più aumenta il benessere collettivo (e più lo Stato
riesce a trasformare queste imposte poi in spesa pubblica senza gravare, invece, su altri tipi
di entrate, come il debito, privatizzazioni, dismissioni e tagli di spesa).

Analizziamo in particolare queste regole:


La regola del beneficio
Le giustificazioni della regola del beneficio sono vicine a quei servizi pubblici che realizzano un
consumo collettivo di risorse.
Parliamo quindi delle associazioni sociali, dove il dare attuale (sottoforma di imposte) e l’avere
successivo riguardano le stesse persone ed indicano che il sacrificio del prelievo è proporzionato al
beneficio del trasferimento, e viceversa. Tipo le pensioni.
La tutela giuridica è un beneficio futuro: io pago un’assicurazione per avere una tutela giuridica e
quindi un beneficio sicuro futuro.
Lo stato mi mantiene un servizio pubblico: inail, inps, un servizio comunque costoso, ma me lo
mantiene per la garanzia del principio del beneficio. (pago per ricevere un beneficio)
Il principio del beneficio è un espediente e un principio troppo economico e poco solidaristico.
Ma la regola del beneficio è ancora compatibile con l’evoluzione e la metamorfosi dell’economia e
della società?
La regola del beneficio potrebbe essere la regola distributiva fondamentale, cioè quella da
considerare prima di ogni altra. Essa propone che ciascun servizio pubblico venga finanziato con

65
un’imposta pertinente e specifica (non diretta), la quale si collochi concretamente nella stessa area
in cui il servizio si muove. Es: i biglietti GTT.
Ma sovente questa scelta è arbitraria: infatti, le manca un riferimento sicuro all’entità del beneficio,
per ripartirlo con precisione tra quanti usano il servizio, e le impedisce la possibilità di dividere il
costo in tante quote proporzionali all’uso che viene fatto del servizio. (questo è un limite di questa
regola)
Si è arrivati a un principio omnicomprensivo, cioè dare la possibilità a tutti di scegliere come e quando
usare il servizio, pagando una tassa fissa.
In sintesi, la regola del beneficio proporrebbe imposte specifiche per ogni servizio pubblico, ma
manca un riferimento sicuro all’entità del beneficio, si è arrivati a un principio omnicomprensivo
(pago tasso fissa, e scelgo quando usare il servizio)

Nonostante sia impossibile superare le difficoltà concettuali e pratiche di questa regola, la regola del
beneficio tutt’oggi è ancora importante ogni volta che permette impieghi di risorse in campi nei quali
il mercato non opera, o non può operare, o non opererebbe in misura conveniente. La regola del
beneficio può esistere quantunque non vi sia la regola del mercato.

La regola del beneficio ha ancora le seguenti possibilità applicative:


1. Quando si deve distinguere la finanza fiscale da quella para-fiscale (o delle assicurazioni
sociali). Si adatta cioè al prelievo dei contributi per le assicurazioni obbligatorie ma non
altrettanto a quello delle imposte
2. Quando si deve attribuire a diversi enti, nel territorio di uno stesso paese, il potere di
prelevare tributi. Sorgendo allora una specie di concorrenza al potere tributari, ed occorrendo
individuare il gruppo dei tributi che ciascun ente può manovrare ne proprio territorio, la regola
del beneficio aiuta a separare i tributi in gruppi correlati alle spese che ogni ente affronta, e
così a formulare rapporti costi-benedici equilibrati. Per esempio, se ci sono dei tributi da
dividere, coefficienti che sono comunali o addizionali comunali ad una imposta che è statale,
poter capire attraverso il principio del beneficio la parte che va allo Stato e la parte che va al
Comune deve essere commisurata con l’effettivo beneficio che produce
3. Quando il potere tributario viene esercitato nei confronti dei non residenti, dato che al
cittadino straniero è equo far pagare soltanto le imposte allineate sui vantaggi specifici che
esso riceve e non tutte quelle che riguardano la collettività generale. Per i cittadini non
residenti nel Paese (Italia) il principio del beneficio è più equo perché hanno o un soggiorno
limitato nel Paese oppure beneficiano di un minor numero di servizi.
Esempio: Imposta di soggiorno di un hotel è limitata al beneficio e non è un principio di capacità
contributiva (non chiedono all’individuo quanto guadagna per pagare l’imposta di soggiorno).
4. Quando sia utile ripartire i costi finanziari nel tempo. Questa ripartizione è temporale,
considera il tempo di accollo dei costi ad una o più generazioni, secondo una logica
complessa sempre aperta; l’orientamento che prevale è quello che la generazione presente,
sostenendo costi di lungo periodo ma offrendo anche benefici di lungo periodo, chiami quelle
successive a sopportarne una parte; ciò anche a causa della grandezza e dall’esorbitanza
dei costi rispetto alle possibilità finanziarie di una sola generazione ed a causa dei congegni
di finanziamento utilizzabili. La generazione presente si impegna, sostenendo dei costi che
vanno su un periodo più lungo, in modo da garantire la generazione successiva che ne
sopporterà solo una parte e non interamente.
5. Quando imposte speciali (imposte finalizzate a un bene\servizio) siano meglio tollerate e
capite dalle particolari categorie di soggetti che si avvantaggiano di spese speciali; categorie
ben definibili, in relazione al servizio che esse usano e che altre non usano. (es: automobilisti,
e proprietari degli immobili)
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La regola della capacità contributiva
La regola della capacità contributiva è tradizionale ma affonda le sue premesse nei principi
dell’utilitarismo (utilità marginale decrescente) e del sacrificio soggettivo di utilità. Essa relaziona
l’imposta alla capacità che ha ciascuno di sopportarla.
Ma il sacrificio è così differente da persona a persona, in qualunque tipo di società e di economia,
che a parità di reddito ciascuno pagherebbe una quantità d’imposta diversa da quella pagata da ogni
altro. In questo caso la logica è filtrata dalle posizioni soggettive che sono disposto a sopportare.
LEZIONE 26 24/11/20 p.171
Per superare questa difficoltà bisogna ricorrere ad alcuni principi, che sono:
- Sacrificio uguale, afferma che si deve prelevare a ciascun soggetto un’uguale quantità di
utilità soggettiva; non la stessa somma, ma quella parte di utilità che è uguale alla parte di utilità di
cui vengono privati tutti gli altri soggetti. (se la parte di utilità è 10 il prelievo potrebbe essere 100 su
quanti traggono dal loro reddito un’utilità 1000, e 500 su quanti traggono dal proprio reddito un’utilità
5000). Il sacrificio uguale, delineato da Mill, porterebbe all’imposta proporzionale nel caso che le
utilità fossero misurabili dal fisco. Invece, ciascun soggetto ha il suo metro di misura che è diverso
dal metro che gli altri soggetti impiegano per valutare l’utilità del proprio reddito; al massimo si può
quindi assumere che questo principio tende all’imposta proporzionale. Mill segnalò che essa rende
progressiva l’imposta nella parte di reddito che eccede il minimo di sussistenza.
- Sacrificio Proporzionale, prende in considerazione gli “averi” (redditi e beni) di cui ciascuno
è provvisto. E segnala che l’uguaglianza, dinanzi all’imposta, non si realizza quando sono uguali i
sacrifici (in termini di utilità) ma quando l’imposta determina sacrifici proporzionalmente uguali
all’utilità totale di averi che ciascuna persona possiede. Il sacrificio di ognuno è misurato ancora in
termini di utilità decrescente, ma la ripartizione del carico d’imposta è equa soltanto se ai più dotati
di risorse vengono prelevate quote in numero proporzionalmente più forti che ai meno dotati (nel
sacrificio proporzionale entra in gioco una uguaglianza proporzionale agli averi. Ne deriva che chi
dispone di più beni o redditi proporzionalmente deve contribuire in modo maggiore e così viene
raggiunta l’equità). Come si può notare, il ragionamento impositivo si sta facendo più sofisticato, ma
più in linea con i principi di giustizia ed equità fiscale. Io guadagno 20 mila euro all’anno, allora 1000
in più mi cambiano il reddito, li sento e li spendo; ma se io guadagno 300 mila euro all’anno, quei
1000 euro in più nemmeno li vedo. L’efficienza marginale diventa decrescente.
- Sacrificio Minimo collettivo: ciascuno deve contribuire in misura tale che il sacrificio della
collettività, di cui fa parte, sia il minore possibile (contro l’evasione fiscale). Qui la persona è
considerata per sè stessa (ossia per quanto possiede) ma anche come parte di una collettività; di
una grande collettività interessata a far sì che il sacrificio imposto a tutti i suoi componenti sia il più
piccolo possibile, sempre tenendo conto dell’utilità decrescente del reddito o della ricchezza di
ciascuno. In altre parole, è anche la collettività che deve soffrire il meno possibile, perciò occorre
che l’imposta prelevi una somma di utilità che sia minima fra tutte quelle che potrebbe prelevare. Se
applicato rigidamente questo principio livellerebbe innanzitutto le ricchezze, e livellerebbe i redditi
subito dopo. Questo terzo principio è il trampolino di lancio della capacità contributiva.
Uno sguardo d’insieme ai tre principi, indica che essi sono interni all’argomento della ripartizione
equa di un carico fiscale, più o meno determinati e visto al presente.
Tutti e 3 hanno inoltre una matrice impegnata di utilità soggettive e di utilità marginali decrescenti.
Ciò li rende superiori, più evoluti rispetto ai principi teorizzati prima ma al contempo li rende
applicabili poco agevolmente. Appunto perché soggettiva, l’utilità è infatti misurabile soltanto dalla
persona che è interessata a misurarla e non si presta a confrontarsi con quella di altre persone
aventi sensibilità diverse, differenti propensioni al risparmio o al consumo, tendenze all’avarizia o

67
alla prodigalità, etc; ed in tutti i principi che la utilizzano essa rimane un parametro distributivo
piuttosto vago ed indefinibile.
Lo stesso ultimo principio (sacrificio minimo collettivo) sembra ignorare che esistono, oltre al reddito
ed alla ricchezza, alcuni valori altrettanto fondamentali dal punto di vista economico. Portando la
persona dotata sul livello di quella povera esso riduce quella possibilità di risparmio che è uno dei
punti di forza dello sviluppo economico; non favorisce la selezione degli investimenti privati e
scoraggia gli operatori a mettere insieme i capitali per sostenerli, pertanto deve intervenire lo stato
a fare gli investimenti che i privati non fanno.
Le difficoltà per applicare concretamente i principi utilitaristici nascono tutte dal fatto che è
impossibile apprezzare le utilità soggettive ponendosi all’esterno della persona interessata. Ma la
circostanza che le persone, pur essendo diverse, sono uguali nella capacità di provare gioia o dolore
ed in molti comportamenti non è un indizio della possibilità che anche il fisco le tratti come se fossero
uguali? E se una persona avesse molte più risorse, o ne avesse molte di meno, non avrebbe una
sensibilità anch’essa diversa da quella che in effetti dimostra? (troppa soggettività)
A queste due domande, che riflettono probabilità obiettivamente notevoli, si può dare soltanto una
risposta: quella che, di fronte al dovere tributario, le persone diverse come sensibilità debbono
essere considerate come se non lo fossero, in forza di motivazioni d’ordine Morale.
Certo, tutta la discussione sarebbe assai meno complicata se vi fosse un modo chiaro e preciso per
misurare le utilità soggettive. Ma questo modo non c’è; ed allora bisogna essere pratici, anche se
un po’ empirici, anziché perfezionisti e inconcludenti.
I principi più utili da questo punto di vista e che hanno portato alla costruzione della capacità
contributiva sono quelli del sacrificio proporzionale e del sacrificio minimo.
Nel più lungo andare (una volta che l’imposta entra in vigore) il principio del sacrificio proporzionale
può essere impiegato con maggiore sicurezza perché non secca la fonte del reddito; invece il
principio del sacrificio minimo la esaurisce, giudicandone eccessivamente rigida l’impostazione
concettuale.
I modi che realizzano la progressività
Si è certamente compreso che l’imposta proporzionale preleva la stessa quota della base imponibile
(per cui l’aliquota è sempre quella) qualunque sia la quantità colpita e la persona del contribuente.
Quindi, risulta essere un’imposta per tutti, e se non fosse indiretta sarebbe fortemente iniqua.
L’imposta è invece progressiva quando le sue aliquote crescono più di quanto, in proporzione,
cresce la base imponibile.
1. Progressività per detrazione. Esso considera un’aliquota proporzionale costante ed una
detrazione fissa dalla base imponibile.
2. Progressività per classi di reddito. Suddivisi in fasce o classi, ciascuna delle quali ha una
propria aliquota, i redditi vengono colpiti con aliquote crescenti. (evasione fiscale, vizio del
salto)
3. Progressività per scaglioni. Vi sono fasce di reddito chiamate scaglioni, l’aliquota va a
incidere sull’eccedenza del reddito (meno iniqua).
Se guadagno 20'000 pago l’8% su 18000 e 10% sui 2000
4. Progressività lineare continua. L’aliquota sale continuamente, al salire dell’imponibile anche
di una sola lira.

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LEZIONE 27 25/11/20
LE FUNZIONI ECONOMICHE E IL WELFARE
La ricchezza prodotta deve essere messa a disposizione della collettività.
Il welfare state è un complesso di politiche pubbliche messe in atto da uno Stato che interviene, in
un’economia di mercato, per garantire l’assistenza e il benessere dei cittadini, modificando in modo
deliberato e regolamentato la distribuzione dei redditi generata dalle forze del mercato stesso.
Welfare obiettivo migliorare le condizioni di vita dei cittadini.
Titmuss distingue le politiche sociali in 3 modelli:
1. Modello residuale, in cui lo stato limita ad interventi temporanei solamene quando i canali di
risposta naturale, cioè mercato e famiglia falliscono o entrano n crisi (USA, lo Stato, siccome ha
un debito pubblico molto alto in mano a stranieri, non vuole avere responsabilità in termini di
welfare, pertanto la sanità è privatizzata)
2. Modello del rendimento industriale o remunerativo, in cui le politiche sociali sono complementari
al sistema economico e al livello di protezione che riflette il merito e il rendimento lavorativo. Lo
stato interviene rassicurando creando una tranquillità tra cittadini e governo. (La Germania
sostiene che lo Stato non possa sostenere tutte le spese sociali, in quanto molto alte, preferisce
aiutare la popolazione ad avere un reddito tale per cui possano pagarsi un’assicurazione sociale
in caso di: malattie gravi, infortuni – senza gravare totalmente sul sistema pubblico)
3. Modello istituzionale redistributivo, in cui i programmi pubblici di welfare assicurano prestazioni
sociali universali in base ai bisogni, indipendentemente dal mercato (Gran Bretagna e in parte
l’Italia - diritto alla salute (diritto soggettivo) in costituzione, livelli essenziali delle prestazioni che
deve garantire lo stato))
Cos’è il welfare state?
Dizionario “sistema sociale basato sull’assunzione da parte di uno stato politico di responsabilità
primarie per il benessere individuale e sociale dei cittadini, attraverso l’approvazione di specifiche
politiche pubbliche e la loro implementazione tramite agenzie governative”
Briggs (definizione articolata e ben argomentata) “il welfare state è uno stato in cui il potere
organizzato è deliberatamente utilizzato (attraverso politiche e amministrazione) nello sforo di
modificare le forze di mercato in almeno tre direzioni l
welfare modifica le direzioni di mercato in tre modi:
1. Garantendo agli individui e alle famiglie un reddito minimo indipendentemente dal valore di
mercato del lavoro o della loro proprietà (reddito di cittadinanza, sussistenza)
2. Restringendo la misura dell’insicurezza mettendo individui e famigli in condizione di far fronte a
certe ‘contingenze sociali’ che altrimenti condurrebbero a crisi individuali e famigliari
3. Assicurando a tutti i cittadini senza distinzione di status o classe ‘offerta dei migliori standard
disponibili in relazione ad una gamma concordata di servizi sociali”
Wilesky “l’essenza del welfare state è la protezione da parte dello stato di standard minimi di reddito,
alimentazione, salute, abitazione e istruzione, assicurata ad ogni cittadino come diritto politico, non
come carità” (welfare assistenza solidaristica non come carità)
Alber “il termine welfare state designa un insieme di risposte di policy al processo di
modernizzazione, consistenti in interventi politici nel funzionamento dell’economia e nella
distribuzione societaria delle chances di vita, i quali mirano a promuovere la sicurezza e
l’uguaglianza dei cittadini”

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Ferrera “il welfare state è un insieme di interventi pubblici connessi al processo di modernizzazione,
i quali forniscono protezione sotto forma di assistenza, assicurazione e sicurezza sociale,
introducendo fra l’altro specifici diritti sociali nel caso di eventi prestabiliti nonché specifici doveri di
contribuzione finanziaria”
Diritti sociali, non più carità; specifici doveri di contribuzione finanziaria, tutti i cittadini devono pagare
le imposte affinchè lo stato possa predisporre per tutti questi diritti sociali.
Le principali funzioni economiche attribuite ai sistemi di welfare state sono così riassumibili:
1) Redistribuzione reddito e opportunità tra i cittadini, anche tra i diversi periodi della vita dei
medesimi;
Occorre distinguere tra due tipi di redistribuzione dei redditi:
- La redistribuzione per fini economici vede destinatarie degli interventi le imprese che per
giustificato motivo non sono in grado di fronteggiare il mercato. Giustificato motivo tipo la non
competitività dell’impresa con quelle straniere, l’innovazione tecnologica non adeguata, il costo
della manodopera elevato. Quindi lo stato deve intervenire mettendo le imprese in condizione di
essere competitive, non può lasciare il 100% al mercato perché questo ha regole molto dure.
Es: non può fallire alitalia o telecom poiché rappresentano un marchio di sato, perciò lo stato
non lo permette.
- La redistribuzione per fini sociali interessa le persone fisiche a titolo individuale o famigliare ed
ha la finalità di contenere la distanza tra i redditi elevati e quelli più bassi. Ha anche ripercussioni
economiche poiché le categorie beneficiarie hanno una forte propensione al consumo e ciò
sostiene la produzione e il commercio. (sorreggere le categorie con reddito medio basso poichè
hanno una bassa propensione al consumo)
2) Modificare i comportamenti dei consumatori e delle imprese
3) Produrre beni pubblici e beni meritori, direttamente o attraverso il finanziamento di unità di offerta
private

Welfare mix= pubblico e privato insieme per garantire il miglior consumo


Lo stato deve solo controllare che il mercato rimanga nei suoi ranghi, senza intervenire troppo,
perché altrimenti nel mkt subentra anche la politica che ci distorce ancora di più il mercato.

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DEFINIZIONI
Differenza tra codice e testo unico. Il codice è un insieme di articoli o una sola legge che può
contenere molteplici articoli (esempi: codice di procedura civile, codice di procedura penale, codice
della navigazione). Il testo unico è invece, una raccolta di norme in senso cronologico e omogeneo.
Nelle norme rientrano tutto ciò che ha un riferimento giuridicamente rilevante, tra cui: decreti,
regolamenti, decreti legislativi, leggi e direttive.

Avanzo primario – dalla differenza tra le entrate tributarie e le spese correnti bisogna togliere dalle
spese correnti gli interessi passivi sul debito. In questo modo, troviamo che questa differenza è
positiva, ovvero le entrate superano le spese. Questo è ciò che accade in un bilancio, che deve
essere o in pareggio o in avanzo ma mai in disavanzo. Dalla fine degli anni 90, in Italia, il bilancio
statale, ottenuto sottraendo alle spese correnti gli interessi passivi sul debito, è in avanzo.

Fabbisogno finanziario dello Stato è l’insieme dei mezzi finanziari occorrenti per provvedere
all’adempimento dei suoi fini entro una data unità di tempo. Ammontare dei fondi che lo Stato deve
raccogliere sul mercato per far fronte al saldo netto finanziario. (disavanzo di cassa)
Di massima la raccolta sul mercato viene attuata mediante ricorso a nuovi prestiti, con i quali sovente
lo Stato procede al rimborso dei prestiti contratti in passato e venuti in scadenza.
Il fabbisogno finanziario si distingue dall'indebitamento netto dello Stato, che è costituito dalle entrate
e spese finali depurate dalle transazioni finanziarie attive (riscossione dei crediti) e passive
(conferimenti di crediti, anticipazioni) realizzate nell'anno.

L'elusione fiscale è il comportamento messo in pratica dal contribuente che mette in atto una
concatenazione di atti giuridici di per sé leciti (aggira la legge, poiché esse sono confuse e
contraddittorie perciò si creano degli escamotage), al solo scopo di ridurre l'obbligazione tributaria.
A differenza dell'evasione fiscale, l'elusione non è perseguibile penalmente ma può costituire solo
un illecito amministrativo. Evasione fiscale indica tutti quei metodi volti a ridurre o eliminare il
prelievo fiscale da parte di uno Stato sul cittadino o azienda contribuente attraverso la violazione di
specifiche norme fiscali da parte di questi ultimi. Quindi l’elusione è un modo LEGALE, l’evasione è
ILLEGALE, resta il fatto che andrebbero abolite entrambi.

Silenzio della pubblica amministrazione. Lo Stato membro che intenda adottare una nuova
misura o modificare un regime di aiuti già esistente deve notificare preventivamente il relativo
progetto alla Commissione europea, in tempo utile per consentirle di esaminarlo in via preliminare e
presentare eventuali osservazioni.
Tale fase può concludersi con una decisione positiva della Commissione che può dichiarare la non
configurabilità della misura notificata come aiuto o la compatibilità con il mercato interno della misura
sulla base di una delle fattispecie di deroga previste dall’ordinamento europeo.
Nel caso in cui, invece, la Commissione non adotti alcuna decisione nel termine di due mesi, l’aiuto
s’intende autorizzato per silenzio-assenso e lo Stato può dare attuazione alla misura, previa
comunicazione alla Commissione la quale, però, può successivamente valutarne la compatibilità
come aiuto esistente.
Il silenzio dell’amministrazione. Quando l’amministrazione non si espone in merito ad un intervento
dello stato, allora vale il principio di silenzio assenzo

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Quantative easing è una politica monetaria espansiva tramite la quale la BCE acquista titoli, come
ad esempio quelli governativi, con lo scopo di aumentare l’offerta di denaro in circolazione (aumento
di liquidità) per stimolare l’economia. Se una banca centrale applica il QE, ossia aumenta l’offerta di
denaro, troppo velocemente la mossa può tradursi in inflazione. L’eccesso di moneta sul mercato
comporta una sua progressiva svalutazione e di conseguenza la crescita dell’inflazione. Ma gli effetti
di questa politica non convenzionale non sono soltanto negativi, anzi. Nel momento in cui il nuovo
denaro creato dalla banca centrale riesce ad arrivare nelle mani dei consumatori che lo spendono,
l’economia ricomincia a girare e l’obiettivo viene finalmente raggiunto.

Principio dell’economicità (Il sistema deve necessariamente costare di meno. I controlli costano
e se un’azione è sottoposta regolarmente a numerosi controlli allora questa azienda alzerà i prezzi
in quanto una componente del prezzo è la parte che l’azienda paga per i controlli e, quindi, dare
fiducia ai propri consumatori. I cittadini comunitari sono disposti, secondo le indagini condotte
dall’ISTAT in merito, a pagare di più i prodotti a condizione che abbiano delle garanzie e un controllo)

Differenza tra statuto ordinato e statuto speciale. Per le regioni a statuto ordinario
l'organizzazione e le funzioni sono regolate in modo uniforme dalla Costituzione (artt.117-127), però
ad ognuna di esse spetta il potere di definire, nel rispetto delle norme costituzionali, la propria
organizzazione interna. Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale le funzioni e
l'organizzazione non sono disciplinate direttamente dalla Costituzione, ma da appositi statuti speciali
che devono essere approvati con legge costituzionale. Queste regioni hanno competenza legislativa
su un numero più ampio di materie e per alcune di queste é addirittura esclusiva (le province di
Trento e Bolzano hanno la possibilità di legiferare leggi).
Compartecipazione al gettito erariale. Quando stato e regioni compartecipano all’imposizione
delle tasse

Procedimento, provvedimento e atto. Ognuno è una prosecuzione dell’altro. L’atto insieme ad atri
atti va a formare il procedimento, e al termine di esso viene emanato il provvedimento

Sussidiarietà differenziazione ed adeguatezza. Le funzioni amministrative (diritto amministrativo)


degli enti locali, regioni e dello stato sono disciplinate dall’art. 118 costituzione secondo i principi di:

Il principio di sussidiarietà, in diritto, è il principio secondo il quale, se un ente inferiore è capace di


svolgere bene un compito, l'ente superiore non deve intervenire, ma può eventualmente sostenerne
l'azione.
Il principio di differenziazione, stabilisce che nell'attribuzione di una funzione amministrativa ai
diversi livelli di enti di governo (comuni-province-città metropolitane-regioni-stato) si debbano
considerare le caratteristiche relative alle rispettive capacità di governo degli enti amministrativi
riceventi; queste sono caratteristiche demografiche, territoriali, associative, strutturali che possono
variare anche in misura notevole nella realtà del paese.
Il principio di adeguatezza, stabilisce che l'entità organizzativa che è potenzialmente titolare di una
potestà amministrativa, deve avere un'organizzazione adatta a garantire l'effettivo esercizio di tali potestà

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