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LEZIONE 1

DOMANDA GIUDIZIALE E RICORSO INTRODUTTIVO, NULLITA' DEGLI ATTI E DEL RICORSO. INTRODUZIONE
DEL PROCESSO DEL LAVORO, DEPOSITO CON MODALITA'TELEMATICHE.

Di cosa ci occupiamo? Della tutela giurisdizionale dei diritti, il che vuol dire che ci occupiamo di
comprendere come si regola il processo che è funzionale a consentire al diritto sostanziale, di trovare
attuazione. Il diritto processuale è un diritto strumentale. L’avvocato è un servente del diritto sostanziale.
Se c’è un diritto sostanziale, questo deve essere fatto valere, bisogna accertarne l’esistenza, e in caso di
mancata cooperazione, attuarlo mediante lo Stato. Noi studieremo un processo funzionale a far trovare
soddisfazione ad un diritto del lavoratore, parte debole del rapporto sostanziale.

Cosa è la funzione giurisdizionale? Conosciamo la ripartizione fra i poteri (esecutivo, legislativo,


giurisdizionale) e la funzione giurisdizionale è quella che interviene al fine di far trovare attuazione al diritto
sostanziale.

Perché abbiamo un processo? Perché parliamo di diritto di azione? Perché abbiamo delle azioni? La
ragione è quella per la quale, è possibile che sia necessario che intervenga lo Stato al fine di rendere
effettivi, diritto soggettivo e interesse legittimo, la posizione giuridica attiva di colui che chiedere una tutela
nei confronti di chi, a quella tutela si oppone, che ritiene non sussistente quella posizione di vantaggio.

Nel diritto sostanziale abbiamo:

- una posizione di vantaggio, cioè un diritto, una facoltà, un potere da esercitare sulla controparte;
- doveri, obblighi e soggezioni.

Perché interviene il diritto processuale civile? È ovvio, che se fossimo tutti d’accordo non servirebbe il
processo, perché non sorge una lite, un contrasto tra le parti.

Da cosa deriva il contrasto?

- Dalla normativa applicabile, cioè l’attore è “buono”, il convenuto è “cattivo” oppure chi chiede ha
ragione e quello che non paga è cattivo. Nell’ambito del diritto italiano, non esiste la vincolatività
del precedente. È possibile che tra due soggetti, uno che vanta il diritto e l’altro che si oppone, non
sappiamo chi dei due ha ragione.
- Dalla sussistenza del presupposto per l’applicazione della norma: può esservi un dubbio al ricorrere
degli elementi che costituiscono la fattispecie sostanziale.
- Dall’elemento: la crisi di cooperazione del soggetto obbligato: colui che è obbligato non adempie.
Nel momento in cui mi oppongo in mala fede ad una pretesa, sono suscettibile di pagare un
risarcimento per responsabilità processuale.
- Dall’azione dinanzi al giudice, perché vi è un pubblico interesse che prevede una tutela
giurisdizionale come: l’interdizione, lo scioglimento del matrimonio. La logica è che il matrimonio è
un contratto ma le parti non possono farlo con la sola volontà e quindi lo Stato prevede che sia
attuato un processo, con garanzie annesse.

In alcuni casi, ci si rivolge al giudice in assenza di lite: viene definita giurisdizione volontaria e il legislatore
sceglie di attribuire quel determinato adempimento al giudice pur se in teoria potrebbe essere un
adempimento gestibile da un organo amministrativo: esempio: nomina del curatore speciale, nomina
dell’amministratore di una società, in queste ipotesi una legge possa attribuire quella decisione ad un
organo amministrativo. Il legislatore ha ritenuto, per ragioni legate alle garanzie che si assicura il processo,
di attribuirle allo Stato: siamo di fronte ad una funzione giurisdizionale. Non sempre la funzione
giurisdizionale è esercitata dallo Stato, dal giudice ma dall’ARBITRO. Nel Sud Italia, gli arbitri non sono
diffusi mentre nel Nord Italia, l’arbitro si sostituisce al giudice.
L’arbitrato è un procedimento che si svolge davanti a soggetti privati, che però devono seguire le norme
processuali previste dal legislatore e ha limitato la libertà delle parti degli arbitrati: le parti possono
scegliere di non adire il giudice e di utilizzare il più breve, funzionale, efficiente procedimento arbitrale, ma
le parti non possono rinunciare ad alcuni principi che permeano il nostro processo: il più importante è il:

Principio del contraddittorio: nessuno deve essere soggetto ad una sentenza, che lo condanni, senza essere
stato chiamato in causa. Nel nostro ordinamento vige inderogabile tanto davanti ad un giudice, quanto
davanti ad un arbitro, il principio del contraddittorio. La parte deve essere sempre in condizione di
partecipare. Se questo diritto non c’è, il processo non è stato giusto e quindi la sentenza – o il lodo – non è
impugnabile.

La funzione giurisdizionale è la funzione attraverso la quale si dà attuazione al diritto di una posizione


giuridica, suscettibile di tutela e lo Stato potrebbe intervenire in sostituzione del convenuto, del soggetto
passivo per dare attuazione a quel diritto.

Logica: se l’ordinamento mi dà un diritto sostanziale e il legislatore mi dà un processo funzionale a far


valere quel diritto sostanziale, nasce il concetto di DIRITTO DI AZIONE. IO ho un diritto di agire, il
diritto processuale si aggiunge al diritto sostanziale. IO ho il diritto di far valere il mio diritto anche se poi
alla fine del processo si riconoscerà che quel diritto non ce l’ho.

Esempio: se IO affermo di essere titolare di un diritto all’assunzione presso un’amministrazione pubblica –


approvazione graduatoria – il MIO diritto all’assunzione è oggetto di discussione nel processo. Alla fine del
processo, il giudice dirà: “il TUO diritto all’assunzione esiste o il TUO diritto all’assunzione non esiste,
perché hai letto male la graduatoria, o hai fatto uno scorrimento della graduatoria che non era previsto.” Si
discuterà nel merito nel corso del processo. Il diritto all’assunzione sarà l’oggetto della sentenza, oggetto
del giudicato, il decisum. La decisione è impugnabile ma in mancanza quella decisione resta irrevocabile,
incontrovertibile. Prima di arrivare a ciò, però, IO ho il diritto di far valere quel diritto. Il diritto di azione è
un diritto. Il giudice vedrà se IO ho quel diritto di azione.

Esempio: IO faccio valere il diritto di MIO figlio all’assunzione, il giudice dirà: “LEI non ha il diritto di azione”.
E il giudice non aprirà il diritto sostanziale, come se fossero due fascicoli uno dentro l’altro.

ART.24 COST.: “Ciascuno ha diritto di far valere le proprie situazioni giuridiche.” È un diritto di azione che
nessuno potrà togliere, previsto dalla Costituzione. Se mai una legge dovesse dire che non è ammissibile
l’azione per far valere quel diritto specifico, quella norma sarebbe incostituzionale.

Il Diritto di Azione è il diritto a poter azionare la macchina dello Stato e ottenere una decisione di merito,
non ad avere ragione perché questo si saprà alla fine con la sentenza. Prima di ciò, bisogna verificare se si è
soggetti titolari di una situazione giuridica lesa dall’altra parte.

Se il diritto di azione IO non ce l’ho, il processo si chiude su una questione di mero rito. Distinguiamo merito
e rito: la decisione sarà sul diritto di azione, non sul diritto sostanziale.

Il diritto di azione è sancito dall’art.24 cost.: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e
interessi legittimi.” (co.1)
A seconda che si parli di situazioni giuridiche, riconducibili dinanzi al giudice ordinario e al giudice
amministrativo, in ogni caso, a meno che non si tratti di un interesse di puro fatto, detto interesse semplice,
si può adire al giudice ordinario o amministrativo. Il giudice dirà “non sono io, è l’altro giudice.” Se si fa
valere un interesse semplice, al giudice dirò “Ho diritto a che la PA metta una lampadina nella mia strada”:
non è un interesse legittimo. Quando c’è un diritto soggettivo o un interesse legittimo, bisogna porsi il
problema di come farlo valere avanti ad un giudice, perché è possibile che quel diritto sia violato da un
soggetto qualsiasi.
Uno dei principi cardine è il principio del contraddittorio: se l’art.24 tutela il diritto di azione, tutela anche il
diritto di difesa. Il processo deve avere un’azione e una risposta. La difesa è un diritto inviolabile in ogni
stato e grado del procedimento. (art.24 co.2)

Un principio importante è quello dell’effettività: art.3 co.2 cost.: non siamo tutti uguali ma tutti
abbiamo diritto alle stesse possibilità. Attore e convenuto hanno le stesse possibilità. Dire al soggetto che si
danno il diritto di azione, diritto di difesa ma non assicurargli che si diano i mezzi economici necessari per
esercitare quei diritti, significa non assicurarli: sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi
per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. (art.24 co.4): ecco perché esiste il gratuito patrocinio a
spese dello Stato, fino a poco tempo fa il processo del lavoro era gratuito, ad oggi si paga un contributo
unificato da pagare solo al di sopra di un certo reddito.

Questi principi, diritto di azione, di difesa e il diritto al giusto processo*, sono contemplati dalla normativa
internazionale: art.6 della CONVENZIONE PER LA SALVAGUARDIA DI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTA’
FONDAMENTALI è legato alla terzietà e all’imparzialità del giudice; art.14 del PATTO INTERNAZIONALE SUI
DIRITTI CIVILI E POLITICI: tutti sono uguali dinanzi ai tribunali, alle corti di giustizia, ogni individuo ha diritto
ad un’equa pubblica udienza; art.47 della CARTA FONDAMENTALE DEI DIRITTI DELL’UNIONE che fa
riferimento al diritto al ricorso effettivo ad un giudice imparziale.

ART.111*: è una norma che si applica a qualsiasi processo civile o penale e delinea i presupposti purché sia
assicurato il giusto processo. L’art.111 è una norma modificata di recente, quasi 20 anni fa (legge
costituzionale n°2 del 1999) per introdurre il principio del giusto processo? Prima della riforma il processo
poteva essere ingiusto? Ovviamente, no. Prima del 1999 bastava l’art.24 per giustificare una serie di
eventuali dichiarazioni di incostituzionalità.

 Tornando all’arbitrato: prima c’era l’arbitrato obbligatorio che era una rinuncia alla giurisdizione
per legge, cioè è una norma che mi toglie il diritto di azione davanti ad un giudice. Quella normativa
era in contrasto con l’art.24. Non è il legislatore che può scegliere di non assicurare il diritto di
azione ad un determinato soggetto.

L’art.111 ha contribuito a chiarire quali sono gli elementi del giusto processo, nell’ambito del diritto di
azione e difesa ed è alla base di tanti mutamenti di giurisprudenza. Negli ultimi 20 anni, la corte di
cassazione ha cambiato molti orientamenti sulla base di questa norma. L’art.111 prevede il giusto processo
e la ragionevole durata.

COSA PREVEDE L’ART.111?

Co.1: “La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.” Cosa è questa? È una
RISERVA DI LEGGE perché il processo non può essere lasciato ad una normativa regolamentare, non può
essere lasciato alla discrezione del giudice. Non c’è un processo nel quale l’avvocato entra nel foro di Foggia
e dice “come si fa qui?”. Non funziona così: il processo è uno ed è tale in tutta Italia. Il processo è regolato
dalla legge. Ma ci sarà una minima discrezionalità del giudice per dettagliare il processo, che è un insieme
di atti funzionali a raggiungere la sentenza. Esempio: nel processo del lavoro, dove le parti nell’unica
udienza, insieme ai testimoni, alle parti dovrebbero arrivare alla sentenza: questo processo non esiste, è
impossibile. O per motivi organizzativi – la mancanza di organico – o per ciò che accade nel corso del
processo perché può esserci un elemento non preventivabile che insorge e implica la fissazione di una
nuova udienza. Il processo deve essere regolato dalla legge ma dal placet del giudice ma un minimo di
discrezionalità vi è. Ma il giudice non può dire “non ho capito la memoria di Tizio, gli do un termine.”
Sarebbe impensabile perché non c’è parità tra le parti.
Co.2: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti...” Il principio del contraddittorio significa
che una parte formula una domanda non può formularla e chiedere al giudice una decisione senza la
controparte che sia avvisata eventualmente della sentenza: questo è incostituzionale, viola l’art.24: diritto
di difesa e l’art.111 che oggi prevede testualmente il principio del contraddittorio.

Il principio del contraddittorio significa che IO devo avvisare la controparte ma non significa che la
controparte deve essere presente: la controparte è in condizione di partecipare al convincimento del
giudice. Se IO formulo una domanda deve essere portata all’attenzione della controparte, che deve POTER:

- Costituirsi
- Portare delle prove
- Formulare delle eccezioni contrarie

Diciamo “POTER” perché non è tenuta a farlo. Può anche non costituirsi ma è già parte del processo. Sono
parte quando ricevo la notifica del ricorso introduttivo: che IO vada al processo o no, sono parte del
processo, che lo sia fisicamente o no.

…in condizione di parità…”: non significa che attore e convenuto devono fare le stesse cose; l’attore arriva
nel processo e formula una domanda nei confronti del convenuto. Il convenuto che si presenta nel
processo formula una domanda? No. Risponde. Formula eccezioni, pretese, porta prove. Laddove, il
convenuto abbia l’esigenza di formulare una domanda perché se egli sa di non dover dare niente all’attore,
anzi, all’attore dirà “TU devi dare a me”: questa è la domanda riconvenzionale. IO sono convenuto per la
prima domanda, e attore per la seconda domanda. Premesso che il processo deve essere svolto in
condizione di parità, cambierà la sua struttura: la condizione di parità non è una condizione di identità ma
di uguaglianza sulla base delle posizioni giuridiche. Se anche il giudice entra nel processo del lavoro, il
processo cambia nuovamente.

...davanti ad un giudice terzo e imparziale…”: vengono in rilievo le norme, le garanzie dell’ordinamento


giudiziario; il processo si fa davanti ad un giudice perché egli è imparziale, e l’imparzialità deriva
dall’accesso alla magistratura attraverso concorso, elemento di imparzialità. Il giudice è soggetto alla legge.
Fra i giudici non c’è gerarchia. Il giudice del tribunale di Foggia può decidere diversamente dalla corte di
cassazione. È una garanzia di imparzialità. A tutto ciò deve aggiungersi l’imparzialità e terzietà di non avere
per esempio già deciso un altro grado del giudizio. Se in primo grado, il giudice dà torto. Si va in appello e
c’è lo stesso giudice monocratico che ha dato torto, perché nel frattempo ha fatto carriera e dal primo
grado è passato in appello. Quel giudice è imparziale. Esiste il principio del convincimento, della
prevenzione. Il giudice, in assoluta buona fede, ha una prevenzione perché deve decidere su una sua
decisione e saper dire “ho sbagliato.” La logica del processo prevede che una sentenza possa essere
revisionata dallo stesso giudice. Queste previsioni sono contenute negli artt.51 e 52 del codice di rito civile.

…la legge ne assicura la ragionevole durata.”: nelle norme comunitarie, è previsto che il processo debba
avere una ragionevole durata. L’Italia è stata condannata più volte per le irragionevoli durate fino a quando
non è corsa ai ripari con la Legge Pinto che ha previsto un rimedio interno non perché il nostro processo
non sia più di irragionevole durata ma perché “i panni sporchi si lavano in casa.” Anziché far valere a livello
europeo i ritardi, questi si risolvono “dentro casa.” Il legislatore prevede un indennizzo per il soggetto che
subisce una durata irragionevole del processo. L’irragionevole durata non è soltanto la ragione per la quale
è previsto un indennizzo ma è diventato un criterio ermeneutico, un principio a fondamento
dell’interpretazione. Fra due interpretazioni parimenti sostenibili di una norma, verrà scelta la norma che
assicura la ragionevole durata del processo.
Esempio: condanna al pagamento di 15 mila euro: il soggetto non paga e si ha l’esecuzione forzata. Lo
Stato si sostituisce al debitore vendendo i beni del debitore e sulla somma ricavata soddisfa il credito del
creditore. L’esecuzione forzata inizia con una notifica di atto di precetto e in quel momento il debitore paga
i 15 mila euro, fino a qualche giorno prima dell’atto di precetto. Il creditore continua l’esecuzione perché
quello che aveva pagato non aveva tenuto conto di quei giorni prima dell’atto di precetto, mancavano 16
euro. La corte di cassazione, dinanzi alla quale è arrivata la pronuncia, ha affermato che quel soggetto non
aveva il diritto di azione esecutiva. La macchina risorsa giustizia è limitata. Il soggetto che sia stato pagato
non ha un interesse giuridicamente tutelabile di agire.

AZIONI CONCRETE CHE SI POSSONO PROPORRE: pensiamo al diritto all’immagine, al diritto all’oblio, sono
diritti che si sono affermati per ius pretorio. Per questi diritti non c’è un processo specifico. Sono diritti
d’azione? Ogni volta che c’è un diritto soggettivo c’è un diritto di azione? Ex art.24: ogni qualvolta ci sia un
diritto sostanziale sopravvenuto, si può agire. In mancanza di una normativa specifica, si utilizza il processo
ordinario. Il legislatore non può limitare il diritto di azione. La risorsa della giustizia è scarsa e il legislatore
introduce dei condizionamenti al diritto di azione che siano utili: la corte costituzionale ha ammesso la
GIURISDIZIONE CONDIZIONATA. Il legislatore può impormi di fare qualcosa prima di adire un giudice. Cosa
era obbligatorio fare prima di iniziare? La conciliazione. Il tentativo obbligatorio di conciliazione è un tipo di
giurisdizione condizionata. Non posso avviare l’azione e se l’ho iniziata viene dichiarata improcedibile
momentaneamente. Perché se posso adire al giudice, il legislatore limita il mio diritto di azione? La corte
costituzionale ha ammesso la giurisdizione condizionata alla presenza di 3 condizioni; Non ogni
condizionamento di diritto di azione è legittimo:

1) Quando la condizione che viene posta al diritto di azione tutela o lo stesso soggetto che propone il
diritto di azione o la collettività. Nell’ipotesi del tentativo di conciliazione, l’idea è che il
procedimento sia funzionale a tutelare il soggetto che esperisce il tentativo di conciliazione che
potrebbe ottenere soddisfazione del suo diritto senza iniziare un processo.
2) Il limite posto alla tutela, all’azione deve essere limitato per un periodo congruo. Non si può
imporre il tentativo di conciliazione, qualunque sia la durata del tentativo di conciliazione. Se il
tentativo di conciliazione che mi è stato imposto dura 4 anni, per 4 anni non posso adire il giudice:
non è un periodo congruo, se consideriamo che il primo grado ha quella stessa durata. La
legislazione in materia di mediazione obbligatoria, conciliazione obbligatoria laddove rimasta,
prevede un tempo limitato, decorso il quale posso adire il giudice, anche se con la controparte non
ho avuto rapporto.
3) Nell’ipotesi dell’arbitrato obbligatorio, il condizionamento non deve essere definitivo. Non deve
trattarsi di una rinuncia alla giurisdizione, deve essere una limitazione temporanea per il termine
congruo.

Di fronte a queste 3 condizioni, potrò avere un condizionamento della giurisdizione costituzionalmente


rispettoso, conforme. Non si ha la definitività. L’arbitrato obbligatorio è un passaggio dal quale non si torna
indietro, come dalla conciliazione che se non riesce posso andare dal giudice, perché l’arbitrato dà sempre
origine ad una decisione.
QUALI SONO LE FORME DI TUTELA?

1) TUTELA A COGNIZIONE: miriamo ad ottenere una certezza circa l’esistenza o l’inesistenza di un


diritto. Sulla base di questo accertamento, posso chiedere la condanna di un pagamento, ad un
fare, ad un non fare, ad una consegna, ad un rilascio. Posso chiedere la modificazione o
costituzione di un diritto. Ci sono ipotesi come lo scioglimento del matrimonio, in cui il processo
serve a costituire, modificare o estinguere il diritto. Queste 3 tutele corrispondono a 3 tipi di
azioni:
- Azione di accertamento, mero o negativo
- Azione di condanna
- Azione costitutiva

A queste si affiancherà la

Tutela esecutiva: mira all’attuazione coattiva del diritto (diretta o indiretta) * risultante da un titolo
esecutivo. L’attore se deve avere una somma di denaro chiede al giudice di condannare il convenuto al
pagamento: il lavoratore chiede il pagamento delle differenze retributive e chiede allo Stato di accertare la
sua posizione lavorativa: quindi azione di accertamento. Poi chiede il pagamento, quindi un’azione di
condanna. Il giudice dice “premesso che dichiaro esistente la sua posizione lavorativa, e quindi tizio ha
diritto alle differenze retributive, condanno caio al pagamento di 1000 euro.” Questa sentenza è efficace ed
esecutiva: anche se caio propone appello per quella sentenza, è tenuto al pagamento. Decide di non
pagare: Tizio avvia la tutela esecutiva: tizio avvisa il debitore, con un’intimazione con la quale deve pagare
la somma dovuta, fra i 10 e i 90 giorni, e gli dà 60 giorni con l’avvertimento che se non provvede al
pagamento, tizio avvierà l’esecuzione forzata: col pignoramento dei beni del datore di lavoro blocco i beni
e li vende attraverso lo Stato, che sostituisce al debitore vendendo i beni. Tizio sarà soddisfatto di quanto gli
è dovuto. La tutela esecutiva è un UNICUM con la tutela a cognizione. Non serve a nulla una tutela di
cognizione se non c’è un collegato strumentario esecutivo che consenta di attivare la sentenza.

Tutela cautelare: è una tutela urgente e provvisoria, strumentale alla tutela di cognizione ed esecutiva,
la quale mira ad assicurare il risultato di entrambe. È stato detto prima che il processo deve avere una
durata ragionevole e in primo luogo in alcuni è rimasta la mediazione obbligatoria, ma in alcuni il giudice
può voler fare la mediazione, poi avvia il processo. Dopodiché, attende i tempi tecnici, ci sono prove da
assumere, poi finita l’attività istruttoria si rende conto che manca un soggetto che doveva essere nel
processo e integra il contraddittorio tra le parti, in questo modo il processo potrebbe durare anche anni.
Come fa un lavoratore che non riceve lo stipendio dal suo datore di lavoro ad attendere anni per la
conclusione del processo? La tutela giurisdizionale deve essere effettiva e bisogna assicurare la tutela
cautelare: è la tutela attraverso la quale richiedo un provvedimento provvisorio urgente e strumentale
rispetto al provvedimento finale. Ipotesi: il lavoratore ha un diritto di credito ma ha un timore che, il datore
di lavoro che ha ben poche proprietà disponibili perché sta dismettendo il proprio patrimonio, quando fra
tot anni otterrà la sentenza di primo grado, il datore di lavoro non avrà più nulla. In alternativa, nei tot di
anni che passano, il lavoratore non ha da dare da mangiare ai figli perché quella era la retribuzione: ex
art.36 Cost: la retribuzione è funzionale a sé e alla propria famiglia. In tutti questi casi, il processo non è mai
una tutela effettiva del diritto perché se nel frattempo il lavoratore muore perché non ha da mangiare, la
tutela non è effettiva. Ecco perché è prevista la tutela cautelare: con il sequestro: se il datore di lavoro ha
un conto in banca o un bene mobile prezioso e in questo caso si ha il sequestro conservativo. Nel tempo il
datore di lavoro perde la disponibilità di quel bene e quando, fra un tot di anni, si ha la sentenza di
condanna, il sequestro diventa pignoramento. Il lavoratore venderà il bene per ottenere soddisfacimento.
Oppure, il lavoratore ottiene un provvedimento cautelare attraverso il quale vengono anticipate le somme
di denaro, attraverso due condizioni:

- il giudice deve verificare se c’è il FUMUS BONI IURIS, il fumo del buon diritto: il lavoratore deve
avere il diritto;
- il giudice valuta se il lavoratore subisce un pregiudizio, PERICULUM IN MORA, in modo da ottenere
la tutela cautelare altrimenti dovrà attendere i tempi del processo.

AZIONE DI ACCERTAMENTO MERO: azione con la quale punto ad ottenere la certezza circa l’esistenza o
l’inesistenza di un diritto. Il soggetto deve avere un interesse ad adire il giudice: la macchina della giustizia è
limitata. Adisco il giudice per accertare un diritto solo se qualcun altro ha vantato un diritto sullo stesso
bene, quando c’è incertezza giuridica. Deve esserci il VANTO STRAGIUDIZIALE.

AZIONE DI CONDANNA: ferma restando la necessità di ottenere l’accertamento dell’esistenza del diritto,
l’attore chiede al giudice di verifica l’intervenuta lesione causata dall’inadempimento del soggetto obbligato
e conseguentemente condannare quest’ultimo alla prestazione di dare o di fare necessaria per realizzare il
proprio interesse. Tra gli effetti della sentenza di condanna vi è la possibilità di iscrivere ipoteca su un bene
immobile del debitore. È un’azione che si fonda sulla esistenza o inesistenza del diritto ma porta a qualcosa
di più: vi è accertamento del diritto ma il diritto presuppone che la controparte abbia un obbligo ad un
determinato adempimento. Nell’azione di condanna la sentenza comporta la sentenza di condanna ad un
adempimento. Questo adempimento può essere di vari tipi: chiedere il pagamento di una somma di
denaro; obblighi di fare o di non fare: nel caso di illegittimo licenziamento il giudice condanna il datore di
lavoro a reintegrare il lavoratore; libertà del datore di lavoro costituzionalmente tutelata = diritto del
lavoratore a lavorare? Organizzazione aziendale. Il datore di lavoro ha diritto di organizzare la propria
azienda; obbligo di non fare: lo Stato dice “questo comportamento non lo devi avere più.” Accanto
all’esecuzione diretta, ipotesi nella quale posso ottenere attraverso la forza dello Stato una somma di
denaro, un rilascio di un immobile, c’è l’esecuzione indiretta.

*si parla di esecuzione diretta e indiretta:

Esempio di prestazione fungibile: una società imbianca un’aula universitaria, in virtù del contratto
l’università paga la prestazione ma la società non esegue. L’università cosa fa? Ottiene un’esecuzione
attraverso la quale l’obbligo di fare viene svolto da un’altra società a spese di quella che non ha adempiuto.
Esempio di prestazione infungibile: se viene scelto un pittore specifico che deve riprodurre un affresco con
un determinato tema, ci sarà un altro soggetto che si può sostituire al pittore? No. L’esecuzione in forma
specifica non può aver luogo perché tramite lo Stato non può esserci sostituzione. Quindi, l’università
ottiene l’adempimento tramite l’esecuzione indiretta, MISURE COERCITIVE.

Esempio: contraffazione di coloro che stampano le borse di Louis Vitton: distruzione delle borse prodotte
da parte di chi le ha prodotte o dallo Stato e non reiterazione del comportamento. Questo è un obbligo di
non fare: è una prestazione non fungibile. Come si ottiene l’adempimento? Si rende più conveniente
eseguire o non eseguire, attraverso l’esecuzione indiretta. Ipotesi: licenziamento dei lavoratori dirigenti
delle rappresentanze sindacali aziendali. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di
accertata legittimità del licenziamento, ordina le rinunce del lavoratore, è tenuto anche, oltre al pagamento
delle retribuzioni, tutto ciò che è collegato al rapporto di lavoro che si è integralmente ripristinato, a pagare
per ogni giorno di ritardo il pagamento di una somma pari all’importo della retribuzione.

La misura coercitiva indiretta è una misura attraverso la quale prevedo una sanzione civile per il soggetto
che persevera nella violazione. In INGHILTERRA: il giudice dice “esegui, altrimenti vai in galera.” In ITALIA: la
sanzione penale è limitata. Art.28 e art.18 Statuto dei lavoratori: pagamento di una somma di denaro, che
va alla controparte, o al fondo pensione o limitatamente si arriva alla sanzione penale.
L’ESECUZIONE fa parte della tutela giurisdizionale e deve essere assicurata anche sotto il profilo
costituzionale. Il legislatore ha ritenuto di introdurre la misura coercitiva di carattere generale, applicabile a
qualsiasi ipotesi contemplata dall’art.614bis “MISURE DI COERCIZIONE INDIRETTA”: l’articolo esclude dal
suo ambito di applicazione le controversie di lavoro: “…le disposizioni di cui al presente comma non si
applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico e privato e ai rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa di cui all’art.409.”; perché? Perché le controversie di lavoro hanno una loro
eccezionalità, per cui il legislatore aveva in mente una disciplina differenziata.

AZIONE COSTITUTIVA: è la tutela attraverso la quale ottengo dal giudice la costituzione, la modificazione,
l’estinzione di un diritto. In alcuni casi si ottiene perché il legislatore ha previsto questa ulteriore possibilità:
ha ammesso che:

- da un lato la tutela costitutiva si possa ottenerla personalmente, tramite accordo tra le parti;
- da un altro lato ha previsto anche che nel caso di mancata cooperazione, posso adire il giudice.

Sono tenuto ad ottenere la tutela solo tramite il ricorso al giudice: fattispecie disconoscimento di paternità,
scioglimento del matrimonio. Nelle controversie di lavoro si può stipulare un accordo preliminare: si può
ottenere una sentenza costitutiva che faccia luogo nel contratto definitivo che non sia stato stipulato per
mancata cooperazione dell’altro contraente. È una tutela costitutiva eventuale, non necessaria, legata alla
mancata attività della controparte che avrebbe dovuto cooperare.

In ogni processo possiamo avere le 3 azioni, le due 2 tutele. Ci sono procedimenti speciali come
l’impugnativa di licenziamento: in questi casi c’è una normativa speciale. Non ci deve sembrare strana la
circostanza che studiamo il rito del lavoro. Nel 2012: si prevedeva per ogni tribunale una giornata dedicata
alle impugnative di licenziamenti. La tutela deve essere differenziata, i tempi sono differenti. Il rito del
lavoro è intervenuta con la Legge 533/1973 che modifica la normativa per il rito del lavoro, in conseguenza
dei periodi caldi che ha subito il diritto del lavoro. Il processo del lavoro prevedeva disparità tra le parti, tra
uomo e donna, in materia sindacale. C’era l’esigenza di un’ingerenza forte del giudice. Non è
incostituzionale. Il rito del lavoro ha subito un’espansione negli anni a diversi tipi di controversia: il decreto
semplificazioni è stato esteso ad un’alcune materie.
CI INTERESSA COME FUNZIONA IL PROCESSO CHE TROVA APPLICAZIONE NELLE CONTROVERSIE ATTINENTI AI RAPPORTI DI LAVORO,
EX ART.409.

IL RITO DEL LAVORO TROVA APPLICAZIONE ALLE CONTROVERSIE DI LAVORO, NON VUOLE DIRE CHE TROVA APPLICAZIONE ALLE
CONTROVERSIE CHE SARANNO ALLA FINE DEL PROCESSO RICONOSCIUTE LAVORISTICHE. IO PRETENDO DI AVERE UN DIRITTO,
QUINDI HO IL DIRITTO DI AZIONE, MA SE IL DIRITTO ESISTE LO SCOPRO ALLA FINE. RISPETTO ALL’APPLICAZIONE DEL RITO, SE
FACCIO VALERE UN DETERMINATO RAPPORTO DI LAVORO, SE RIENTRA IN QUELLI DELL’ART.409, QUELLA CONTROVERSIA È
REGOLATA DALLE NORME DEL RITO DEL LAVORO ED È PROPOSTA DAVANTI AL GIUDICE DEL LAVORO. SE ALLA FINE DEL PROCESSO
O NEL CORSO DEL PROCESSO, RISULTA CHE NON È COSI’, SI VEDRA’ IN SEGUITO E SARA’ UNA QUESTIONE INERENTE AL MERITO.
INTANTO SU COSA È FONDATA LA MIA DOMANDA? COSA PRETENDO DI APPLICARE? CHIEDO LA DIFFERENZA RETRIBUTIVA CHE
RIENTRA NELL’ART.409 CON SUCCESSIVE SPECIFICHE.

- GIURISDIZIONE
- COMPETENZA
- RITO

SONO I PRESUPPOSTI DEL PROCESSO, ELEMENTI DEL PROCESSO. SONO VALUTATI INERENTI ALLA DOMANDA PROPOSTA. TUTTE LE
VOLTE IN CUI IL DIRITTO CHE FACCIO VALERE VEDE COME ANTECEDENTE LOGICO NECESSARIO IL RAPPORTO DI LAVORO, EX
ART.409, SONO DI FRONTE AD UNA CONTROVERSIA REGOLATA DAGLI ARTICOLI 409 E SS. IL RAPPORTO DI LAVORO NON DEVE
ESSERE GIA’ INSTAURATO: LEGITTIMO LICENZIAMENTO, LAVORO NERO, DIMISSIONI IN BIANCO. QUELLO CHE FACCIO VALERE È
L’ESISTENZA DI QUEL DIRITTO. ANCHE SE IL CONTRATTO NON È STATO FIRMATO, ANCHE SE IL RAPPORTO NON È STATO
INSTAURATO O SE FACCIO VALERE IL DIRITTO ALL’ASSUNZIONE O L’ERRONEITA’ NELLA CHIUSURA DEL RAPPORTO DI LAVORO. IL
DIRITTO SARA’ PROPOSTO DAVANTI AL GIUDICE DEL LAVORO DEPOSITANDO UN RICORSO NELLA CANCELLERIA DEL GIUDICE DEL
LAVORO.
 AMBITO DI APPLICAZIONE DEL RITO DEL LAVORO

ESAMINIAMO L’ART.409: “CONTROVERSIE INDIVIDUALI DI LAVORO” è fondamentale per il nostro


processo perché in molti casi la disciplina prevede che “nelle controversie di cui all’art.409.” esempio:
art.614 recita “…le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle controversie di lavoro
subordinato pubblico e privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’art.409.”:
è la norma cardine perché ci dice innanzitutto a quali ambiti di applicazione si applicano le disposizioni del
rito delle controversie di lavoro. La norma trova applicazione per individuare la competenza per materia. La
norma dice:

- Da un lato qual è il rito applicabile;


- Dall’altro quelle determinate controversie sono trattate dal giudice lavoro ad eccezione del 2)
art.409

Tutte le controversie previste dall’art.409 sono trattate CON IL RITO DEL LAVORO;

Tutte le controversie di cui all’art.409 ad eccezione del 2) sono trattate DAVANTI AL GIUDICE DEL LAVORO;

Il processo del lavoro viene svolto dinanzi al giudice del lavoro, non è un giudice speciale. Il giudice del
lavoro è il tribunale ordinario in composizione monocratica, in funzione di giudice
del lavoro. Il deposito si deposita presso l’ufficio giudiziario Tribunale di Foggia. Il processo del lavoro è
introdotto con RICORSO e viene depositato davanti al tribunale e si indica “ricorso ex art.409.” Il ricorso
sarà gestito, trattato, deciso dalla sezione del lavoro del tribunale di Foggia. Quando sbagliamo giudice,
quando depositiamo il ricorso davanti al tribunale di Foggia ma non scriviamo giudice del lavoro, non è un
vizio, non ho sbagliato ufficio giudiziario che è il tribunale. È un problema di attribuzione del ricorso.

Art.409: una prima questione dirimere è se nell’ambito delle controversie di cui all’art.409 rientrino anche
le controversie collettive;

CO.1: Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative ai rapporti:
1) rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all'esercizio di una impresa;
2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti
da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie;
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di
opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato. La collaborazione si intende
coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza
autonomamente l’attività lavorativa;
4) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica;
5) rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreché non siano devoluti dalla legge ad
altro giudice.

*esamineremo le singole fattispecie numeri 1,2,3,4,5. * *il presente capo delimita il giudice e il rito. * va
considerato che nell’ambito della normativa speciale ci sono altre questioni nelle quali viene in rilievo il
riferimento agli artt.409 e ss.* *il legislatore deve tener conto della difformità tra le materie: non può
considerare che rispettare il principio di uguaglianza significhi che tutti i processi debbano essere uguali
perché c’è la necessità che per ogni tipo di controversia sia prevista una disciplina differente. Notiamo
come vengono trattati diversamente il rito ordinario dal rito del lavoro: la Legge 742/1969 prevede all’art.1
la SOSPENSIONE DEI TERMINI PROCESSUALI: anche gli avvocati e i magistrati hanno diritto ad andare in
ferie dal 1° al 31 agosto. “Il decorso dei termini processuali relativi alle giurisdizioni ordinarie ed a quelle
amministrative è sospeso di diritto dal 1º al 31 agosto di ciascun anno, e riprende a decorrere dalla fine del
periodo di sospensione.” Ci sono controversie che non ammettono differimento neanche di un mese: art.3:
“In materia civile, l'articolo 1 non si applica alle cause ed ai procedimenti indicati nell'articolo 92
dell'ordinamento giudiziario 30 gennaio 1941, n. 12, nonché alle controversie previste dagli articoli 429 e
459 del codice di procedura civile.” L’art.429 è il testo corrispondente dell’attuale art.409, prima della
riforma del 1973. Il legislatore quando modificò l’art.429, che prevedeva l’ambito di applicazione, che
diventò art.409, in molte norme di rinvio dimenticò di cambiare 429 in 409 e ancora oggi ci sono riferimenti
ex art.429. L’individuazione delle controversie di lavoro è rilevante sotto il profilo della sospensione dei
termini processuali, per i termini processuali non vi è sospensione estiva quando c’è una controversia
lavoristica. L’individuazione va effettuata la prospettazione contenuta nella domanda e non anche, per
esempio, il trasferimento delle eccezioni sollevate dal convenuto.

ESEMPIO: Il lavoratore danneggiato da un sinistro stradale occorso mentre si trovava a bordo di un’auto di
servizio agisce per ottenere il risarcimento del danno dal datore di lavoro. Il lavoratore non fa riferimento
ad un rapporto di lavoro ma ad una responsabilità extracontrattuale (aquiliana). In questo caso, seppure
il giudice, abbia la chiara percezione che c’è di mezzo un rapporto di lavoro ma non è stato posto come
ANTECEDENTE LOGICO NECESSARIO della domanda, ma la domanda è stata posta rispetto alla
responsabilità aquiliana. La competenza sarà del giudice ordinario, non si applica il rito del lavoro.

ESEMPIO: ipotesi in cui si faccia valere la violazione del divieto di non concorrenza oppure il danno
aquiliano da concorrenza sleale del dipendente dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Non si fondano
sul rapporto di lavoro, a meno che non ci sia il PATTO DI NON CONCORRENZA contenuto nel contratto di
lavoro, e quindi la richiesta del risarcimento del danno contiene come antecedente logico necessario il
rapporto di lavoro.

La domanda deve attenere al modo di essere, all’esistenza o inesistenza, agli effetti del rapporto di lavoro,
all’estinzione o costituzione del rapporto di lavoro. Non è detto che la domanda attenga ad un rapporto di
lavoro in essere in quel momento. La giurisprudenza ha elaborato il principio per il quale il rapporto di
lavoro deve essere antecedente logico necessario della domanda. In questo modo si può collegare la
domanda al rapporto di lavoro.

ESEMPIO: nell’ipotesi di domande risarcitorie inerenti alla giurisprudenza, quali domande la giurisprudenza
ha collegato al rapporto di lavoro? Ha ritenuto ricomprese nell’art.409 quando alla base ci sia uno dei 5
rapporti. ES: la domanda del dipendente che chiede il risarcimento per la perdita dall’alloggio che
costituisce parte della retribuzione, che sia stato concesso dal datore di lavoro al lavoratore; in caso di
infortunio di lavoro o in caso di mancata adozione da parte del datore di lavoro delle misure ex art.2087, in
caso di molestie sul luogo di lavoro; domande non risarcitorie: il datore di lavoro quando vuole tornare
nella disponibilità dell’alloggio messo a disposizione del lavoratore; rimborso delle spese che sono state
sostenute durante l’attività lavorativa; la deduzione dell’illegittimità della trattenuta del casinò sulle mance
dei croupier. Sono domande fondate sul rapporto di lavoro. Il processo del lavoro lo immaginiamo sempre
come lotta sindacale tra datore e lavoratore, ma anche il datore di lavoro può proporre domanda che ha
come antecedente logico necessario il rapporto di lavoro non soltanto può fare la domanda ma va tutelato,
perché non è sempre la parte “cattiva” del rapporto di lavoro, perché se il giudice lo considerasse “cattivo”
e tutelasse solo il lavoratore in quanto contraente debole, sarebbe un giudice imparziale. Vi rientra ogni
tipo di azione, di accertamento, costitutiva o di condanna. Quando parliamo di accertamento negativo o
positivo, c’è l’ipotesi in cui il datore di lavoro chieda l’accertamento della legittimità del licenziamento.
Agisce in via preventiva: il lavoratore pretende di affermare che il datore di lavoro non poteva licenziare, il
datore di lavoro chiede l’accertamento della legittimità del suo licenziamento.

ESEMPIO: CASO SCHETTINO: Costa Crociera chiese l’accertamento della legittimità del licenziamento nei
confronti di Schettino, che impugnò il licenziamento originando un regolamento, un conflitto di
competenza fra due giudici. Che succede se l’impugnativa di licenziamento non viene proposta dal
lavoratore ma dal datore di lavoro. Si applica il rito Fornero o il rito del lavoro ordinario? In tutti questi casi,
la situazione bisogna vederla da entrambe le parti.
CONTROVERSIE COLLETTIVE: Art.409 e rubrica del capo relativo parla di controversie individuali di lavoro
rimesse al giudice del lavoro. L’art.409 si riferisce all’art.429 e la differenza è che non si fa più riferimento
all’IMPRESA, non perché siamo lontani dai moti del 1968 ma perché si è affermata la logica per cui il lavoro
è tale anche quando il datore di lavoro sia un soggetto non imprenditore e che il luogo di lavoro non sia
un’azienda. Vediamo le singole ipotesi:

1) RAPPORTI DI LAVORO SUBORDINATO privato, anche se non inerenti all’esercizio di una impresa:
facciamo riferimento alla subordinazione, ex art.2094. Riferimento alle forme di lavoro
caratterizzate dalla subordinazione nei termini dell’art.2094. rapporto di lavoro subordinato
PRIVATO: il punto 1 fa riferimento al privato. In secondo luogo, anche se non inerenti all’esercizio di
un’impresa: rapporto di lavoro nei confronti di enti non imprenditori, associazioni, fondazioni,
comitati, lavoro a domicilio subordinato, lavoro retribuito che venga svolto nel proprio domicilio o
luogo in disponibilità. Come riconosco un lavoratore autonomo dal lavoratore subordinato? Il
soggetto seppur a casa propria deve essere assoggettato dalle direttive del datore di lavoro, svolge
la propria attività lavorativa in maniera personale, con l’aiuto di un familiare con l’esclusione di
manodopera retribuita; è soggetto ad un’attività lavorativa che è caratterizzata dalla continuità e
costanza, deve lavorare solo per quel datore di lavoro, quindi esclusività; etero determinazione
delle prestazioni; rete internet, quando sono lavoratori che usano lo strumento informatico;
retribuzione fissa. In questi casi vi è una presunzione semplice di subordinazione a cui può esserci
prova contraria, della volontà delle parti di aver stipulato un contratto di lavoro subordinato;
altre ipotesi peculiari di rapporto di lavoro subordinato riguardano il lavoro carcerario. Il lavoro
carcerario è il lavoro svolto ad opera del detenuto per l’amministrazione penitenziaria ma anche
per un soggetto esterno, è il lavoro svolto all’interno o all’esterno. È un rapporto di lavoro
subordinato privato, che era stato sempre assoggettato alla competenza del giudice del lavoro ma
la LEGGE GOZZINI, del 1986 introdusse con una norma una competenza del magistrato di
sorveglianza e su questa norma è intervenuta la corte costituzionale che ne ha dichiarato
l’incostituzionalità e ha affermato che la norma della legge Gozzini è stata riformata nel 2013 e la
competenza è tornata al giudice del lavoro, e l’applicazione del rito del lavoro a meno che non si
tratti di un lavoro autonomo;
parimenti è stato considerato rapporto di lavoro subordinato privato il lavoro sportivo, il lavoro
marittimo e portuale che seguono il codice della navigazione e l’art.603 del codice della
navigazione attribuiva la competenza a decidere il rapporto di lavoro della gente di mare,
applicazione delle tariffe, esecuzione dei contratti, tra il Tribunale e Comandante di Porto.
Intervenne la Corte costituzionale e dichiarò infondata la questione di legittimità costituzionale sul
presupposto dell’implicita abrogazione dell’art.603 e in realtà, nella CASSAZIONE 2020 N°5739, è
un’ordinanza di marzo ed è una pronuncia nella quale si discuteva tra due tribunali, circa la
competenza di uno o dell’altro. La corte di cassazione afferma che “è vero che l’art.603 è stato
dichiarato incostituzionale limitatamente all’attribuzione della competenza al comandante di porto,
mentre per il resto conserva vigore in quanto attiene ai criteri di determinazione di competenza
territoriale. È competente il tribunale e non il comandante di porto e l’individuazione del tribunale
in funzione di giudice del lavoro, competente per territorio sarà fatta ex art.603 perché è un
rapporto peculiare.
2) rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore
diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni
specializzate agrarie; questa norma andrebbe coordinata con la legge 203/1982 che è intervenuta
sui patti agrari che considera in maniera uniforme tutti i contratti agrari. In seguito l’art.9 della
legge 29/1990: tutte le controversie in materia di contratti agrari o conseguenti alla conversione dei
contratti associativi in affitto sono di competenza delle sezioni specializzate agrarie. L’art.109 indica
per tutti i rapporti dall’1 al 5 il rito applicabile, per tutti i rapporti tranne il n°2) il giudice del lavoro
come giudice competente. Il n°2) fa caso a sé perché la previsione ormai svuotata per altro è che
resta salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie assoggettate al rito di cui agli artt.409 e
ss. Il n°2) è stato inserito nel 1973 e poi è sopravvenuto l’art.9 della legge 29/1990.
Successivamente l’art.11 del dls.g.150/2011: “Le controversie in materia di contratti agrari o
conseguenti alla conversione dei contratti associativi in affitto sono regolate dal rito del lavoro, ove
non diversamente disposto dal presente articolo. Sono competenti le sezioni specializzate agrarie di
cui alla legge del 1963.” È l’unico caso in cui il giudice del lavoro trova applicazione di fronte ad un
giudice diverso. In questo caso c’è un tentativo di conciliazione e una previa comunicazione.
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si
concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale,
anche se non a carattere subordinato. La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto
delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza
autonomamente l’attività lavorativa. Parliamo di RAPPORTO DI LAVORO PARASUBORDINATO.
Quali sono gli elementi che vengono in evidenza?
- Continuità: un rapporto di lavoro perché possa essere assimilabile ad un rapporto di lavoro
subordinato non può che essere un rapporto con una sua continuità; la durata nel tempo non deve
essere lunga ma neanche un rapporto di durata istantanea. Non si deve trattare di un incarico
singolo, sporadico ma deve esserci una continuità nel rapporto tra il committente e colui che
esercita la prestazione. Ma quando la prestazione è una sola ma deve essere svolta da più
lavoratori? Le conclusioni sono sotto il profilo sostanziale, e se si individua un rapporto
parasubordinato e non autonomo, allora troverà applicazione il rito del lavoro davanti al giudice del
lavoro, diversamente applicheremo il processo ordinario dinanzi al giudice ordinario.
- Coordinazione: ci deve essere il perseguimento delle finalità del datore di lavoro altrimenti sarebbe
un rapporto di lavoro autonomo.
- Collaborazione: è coordinata quando nel rispetto nelle modalità di coordinamento, stabilite tra le
parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività.
- Personalità: l’attività debba essere svolta soltanto dal soggetto personalmente ma possa
coinvolgere anche la collaborazione di altri soggetti ma non deve diventare attività di impresa, o
una società perché nella società viene meno il requisito della personalità.
Le caratteristiche che abbiamo elencato sono tipiche del rapporto parasubordinato ma attengono
anche ai due rapporti tipici indicati dalla norma e devono sussistere tutti e 3 nel rapporto di agenzia
o di rappresentanza commerciale. Questi rapporti sono continuativi e coordinativi e per quanto
riguarda il carattere della personalità, c’è presunzione: l’agente di commercio è colui che è
incaricato stabilmente da una o più imprese di promuovere la stipula di contratti in una più zone
determinate; nel caso della rappresentanza commerciale il rappresentante di commercio è
incaricato di concludere i contratti in una o più zone determinate. Quali sono soggetti rientrano
nell’alveo della para subordinazione? Il consulente del lavoro, il medico convenzionato del SSN, il
procacciatore d’affari, la partecipazione del coniuge all’impresa familiare del coniuge ex art.203bis,
apporto dell’associato nell’associazione in partecipazione, a condizione però che l’apporto
dell’associato sia in modo coordinativo e continuativo e non a livello economico, altrimenti ci
sarebbe un’ingerenza di gestione.
Un’ipotesi dibattuta: amministratore di una società e con riguardo ai rapporti societari, si tiene
conto che l’art.144-ter:
“Art. 144-ter. (Controversie individuali di lavoro).Tra le controversie previste dall'articolo 409 del
codice non si considerano in ogni caso comprese quelle di cui all'articolo 50-bis, primo comma, n.
5), seconda parte, del codice.” *art.50bis divisione fra giudice monocratico e giudice collegiale*. Le
fattispecie inerenti alle controversie relative alla restabilità dell’organo gestorio non sono
controversie di tipo lavoristico.
Per quanto riguarda le somme dovute all’amministratore di una società si sono affermati due
orientamenti:
 Teoria contrattualistica: nel rapporto tra amministratore e società c’è un rapporto di lavoro:
tribunale Roma 2012 e cassazione 2009: la controversia promossa da un amministratore di una
società di capitali contro la società per ottenere il compenso dell’attività svolta nell’esercizio
della carica sociale non rientra nella competenza per materia del giudice del lavoro dell’art.409;
cassazione 4261/2009: l’amministratore è un lavoro parasubordinato e come tale può agire
dinanzi al giudice del lavoro col rito del lavoro.
 La cassazione si sta orientando verso l’orientamento opposto perché non si parla più di para
subordinazione ma immedesimazione organica o rapporto societario tout court : il
rapporto che lega l’amministratore della società è di immedesimazione organica non
riconducibile al rapporto di lavoro subordinato né a quello di collaborazione coordinata
continuativa dovendo essere ascritto all’area del lavoro professionale autonomo qualificato
come rapporto societario tout court e le controversie sono compromettibili in arbitri, prima
conseguenza e seconda conseguenza, i compensi sono pignorabili non come gli stipendi che
hanno dei limiti (1/5 dello stipendio) e quel emolumento non rientra nell’alveo della
retribuzione di rapporto di lavoro; non è un rapporto di lavoro parasubordinato; 2019: il giudice
del lavoro è competente in merito alla domanda di riconoscimento del rapporto di lavoro
subordinato, parasubordinato o d’opera, prestato da un amministratore unico della società,
che abbia ad oggetto l’accertamento e l’esecuzione del rapporto di lavoro, che si sostanzia in
attività ESTRANEE alle funzioni inerenti il rapporto organico, e quindi si tratta di attività che SI
AFFIANCAVA all’attività di amministrazione della società, e per quel rapporto si afferma la
competenza del giudice del lavoro; gennaio 2020 l’amministratore unico e il consigliere di
amministrazione di una società per azioni sono legati da un rapporto societario: questo, in
considerazione dell’assenza del requisito della coordinazione, non è compreso nel n°3) art.409
con la conseguenza che la cognizione della vertenza relativa all’azione di responsabilità esercita
contro di essi (amministratori) spetta alla sezione specializzata in materia di impresa. Non è
considerato un soggetto lavoratore parasubordinato e non rientra nell’ambito del rito del
lavoro e nella competenza del giudice del lavoro.
4) Rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente
attività economica: la tutela del rapporto del pubblico dipendente era integralmente rimessa al
giudice amministrativo e il n°4) veniva assoggettato alla giurisdizione ordinaria e in particolar modo
al giudice del lavoro: è ovvio. Il pubblico dipendente è stato contrattualizzato e sotto il profilo
sostanziale ha avuto delle conseguenze e sotto il profilo processuale? Il rapporto di lavoro pubblico
è assoggettato alla giurisdizione ordinaria, al rito del lavoro dinanzi al giudice del lavoro; il pubblico
dipendente viene affiancato al lavoratore privato.
5) Rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreché
non siano devoluti dalla legge ad altro giudice. Sono devolute al giudice amministrativo le
controversie inerenti ad alcuni dipendenti pubblici: docenti universitari, magistrati, forze
dell’ordine.

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