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Istituzioni di diritto privato (cfu 9)

Programma:
Nozioni generali ed introduttive allo studio del diritto privato (fonti del
diritto, interpretazione della legge, norma giuridica, situazioni
giuridiche soggettive); disciplina delle persone e della famiglia (libro I
del codice civile). Disciplina delle successioni e delle donazioni (libro
II del codice civile). Disciplina dei beni: categorie dei beni. Proprietà.
Diritti reali di godimento. Possesso (libro III del codice civile).
Disciplina delle obbligazioni in generale. Disciplina dei contratti in
generale con cenni alla teoria del negozio giuridico. I singoli contratti
disciplinati nel libro IV del codice civile ad esclusione dei contratti
bancari. Disciplina delle promesse unilaterali, dei titoli di credito
(cenni generali), della gestione di affari altrui, del pagamento
dell'indebito, dell'arricchimento senza causa. Cenni alla disciplina
degli assegni. Disciplina del fatto illecito (libro IV del codice civile).
Disciplina della trascrizione. Disciplina delle prove civili. Disciplina
della prescrizione e della decadenza. Disciplina della responsabilità
patrimoniale, delle cause di prelazione e della garanzia patrimoniale.
Disciplina della tutela giurisdizionale dei diritti (libro VI del codice
civile).

+ H. KELSEN, Lineamenti per una dottrina pura del diritto, Einaudi, 2000 (con
esclusione dei capitoli VI, VII, VIII e dell’appendice)

'E escluso dal programma lo studio dei titoli di credito (ad eccezione
dei cenni generali sopra indicati), dell'impresa, del lavoro
dipendente, dell'azienda, del diritto d'autore e della concorrenza, dei
consorzi e delle società, dei contratti di borsa e dell'intermediazione
finanziaria, delle procedure concorsuali.

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Nozioni preliminari
L’ordinamento giuridico (cap I)
Ogni comunità umana necessita di una serie di norme che disciplinino i rapporti tra
gli individui. Un aggregazione umana da luogo ad una societas (gruppo
organizzato) al verificarsi di 3 condizioni :

a. L’agire dei consociati è regolato da regole di condotta;


b. Tali regole devono essere stabilite e attuate da appositi organi ai quale tale
compito sia affidato in base a precise regole di struttura, competenza o
organizzative;
c. Le regole di condotta e struttura devono essere effettivamente osservate.
(Principio di effettività)

Un ordinamento giuridico si dice tale quando esiste un’autorità capace di attuarlo


che nei sistemi democratici deriva dal consenso dei consociati.

Leggi naturalistiche: non poste dall’uomo, egli si limita ad eseguirle, sottoposte a


sperimentazione empirica (es: l’acqua bolle a 100°)

Regole di condotta: imposte dalla volontà umana, non preesistenti. se A allora B

Quando una norma si dice giuridica?


A. Teoria della coercibilità: è giuridica una norma che da luogo ad una sanzione.
Tale teoria trascura però che:
1. Ci sono regole giuridiche che non prevedono sanzioni; es: articoli della Cost.
2. Ci sono regole non giuridiche assistite da sanzioni.

B. Teoria: Sono giuridiche tutte le norme con contenuto giuridico. Nemmeno


questa teoria può considerarsi valida poiché non c’è nessun contenuto
naturalmente giuridico. Non esiste il contenuto giuridico prima che sia
espresso dal legislatore. Il legislatore non è vincolato nelle sue scelte, agisce in
linea con le decisioni del gruppo parlamentare di maggioranza.

C. Criterio estrinseco: Sono giuridiche le norme poste da fonti giuridiche.

Nella “Teoria pura del diritto” Kelsen racchiude in una piramide la gerarchia delle
fonti del diritto, ciò che proviene da queste fonti è una norma giuridica.

Le norme prodotte da una fonte che sta sotto devono essere compatibili con la
fonte superiore. (es: La legge ordinaria esiste perché lo prevede la costituzione.

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GRUNDNORM

Altre fonti del diritto: (Cost. ,


Legge..)

Atti Amm.vi Sentenze Contratti


Una norma valida è quella conforme al
modello di Kelsen, una n. non valida
non è conforme al modello di Kelsen, una norma
difforme è costituzionalmente non valida.

Grundnorm (it. norma fondamentale) è il fondamento di ogni altra norma nella


dottrina pura del diritto con la struttura a gradi.

Al legislatore non riguarda il problema deontologico (la norma è giusta o ingiusta?


problema del giurista) o il problema fenomenologico (la norma è rispettata o no?)
ma il problema ontologico (la norma è valida o no ?).

Tutte le nome presenti nell’ordinamento presentano lo schema:

se A allora B
A - fattispecie: descrizione del fatto, parte ipotetica della norma, come il legislatore
immagina un certo fatto, astrazione di un fatto futuro, ipotetico.

B - effetto giuridico: sempre volto a disciplinare la condotta umana, comporta


l’estinzione di un diritto o un obbligo.

Sono giuridici i fatti conformi ad una fattispecie.


La giuridicità dei fatti di natura non è un attributo interno al fatto ma è relativa alla
conformità della fattispecie.

Il diritto si fonda sulla sussunzione* di un fatto che viene riportato (mediante un


giudizio crinologico, verifica la sussumibilità) all’interno di una fattispecie da cui
trae l’effetto giuridico. (struttura del sillogismo aristotelico)

*sussunzione: riconduzione del caso concreto a quello generale previsto dalla


norma giuridica.

Il giurista conosce indirettamente il fatto mediante un mezzo che gli fa riconoscere il


fatto, le prove. Dunque non conosce il fatto in se ma la rappresentazione del
fatto.

Vi sono norme che coesistono in più ordinamenti (morale, politico, religioso), al


concetto di diritto si sovrappongono dunque altri argomenti.

Il diritto si serve di fattispecie per regolare il mondo.

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Es: art. cc. 2043: risarcimento per fatto illecito - Qualunque fatto doloso o colposo,
che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a
risarcire il danno.
Più è scarna la descrizione dei fatti, maggiori sono i casi a cui la norma si applica.

La fattispecie semplice descrive l’accadere di un solo fatto, mentre quella


complessa descrive l’accadere di più fatti, quando tra i fatti che costituiscono la
fattispecie sussiste un collegamento di ordine logico e cronologico si parla di
fattispecie a formazione progressiva.

Può essere inoltre astratta, che indica cioè l’astratta previsione normativa relativa a
quell’accadimento, individuando gli effetti giuridici da esso prodotti; o concreta,
che individua il singolo fatto che si è verificato.

Es (molteplicità di fatti): art. cc. 1454: Diffida ad adempiere - Alla parte


inadempiente l'altra può intimare per iscritto di adempiere in un congruo termine,
con dichiarazione che, decorso inutilmente detto termine, il contratto s'intenderà
senz'altro risoluto.
Il termine non può essere inferiore a quindici giorni, salvo diversa pattuizione delle
parti o salvo che, per la natura del contratto o secondo gli usi, risulti congruo un
termine minore.
Decorso il termine senza che il contratto sia stato adempiuto, questo e' risoluto di
diritto.
I fatti possono essere umani o inumani ma l’effetto volge sempre a regolare
l’attività di un umano.

Es: art. cc 926: Migrazione colombi, conigli e pesci - I conigli o pesci che passano
ad un'altra conigliera o peschiera si acquistano dal proprietario di queste, purché
non vi siano stati attirati con arte o con frode - Fatto inumano, naturale.

ES: art. cc. 932: Tesoro è qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di
cui nessuno può provare d'essere proprietario.
Il tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui si trova [art. 826, 922 c.c.]. Se il
tesoro è trovato nel fondo altrui, purché sia stato scoperto per solo effetto del caso,
spetta per metà al proprietario del fondo [artt. 959, 988 c.c.; art. 647, n. 2 c.p.] e per
metà al ritrovatore. La stessa disposizione si applica se il tesoro è scoperto in una
cosa mobile altrui.
Per il ritrovamento degli oggetti d'interesse storico, archeologico, paletnologico,
paleontologico e artistico si osservano le disposizioni delle leggi speciali. - fatto
dovuto al caso.

Nel caso in cui l’uomo manifesta la volontà sia di compiere il fatto che
controllarne l’effetto (es: contratto, matrimonio, testamento) si parla di negozi
giudici .

art. cc. 428: Atti compiuti da persona incapace di intendere o di volere - Gli atti
compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi
causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui gli atti

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sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o
dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore.
L'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il
pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di
volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro
contraente. […]
Se nel contratto tra le due parti l’una è in stato di malevolità nei confronti dell’altro
il contratto è invalido.

Caratteri della norma giuridica: generalità, astrattezza (dettata per fattispecie


astratte, ipotetiche), deve rispettare il principio di eguaglianza ( art. 3 Cost.: Tutti i
cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali
e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno
sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. )

Effetto giuridico: descrizione di un comportamento umano, situazioni giuridiche


soggettive SGS*. Le SGS possono riguardare un obbligo (situazioni sfavorevole)
o un diritto soggettivo (situazione favorevole).

Diritto Obbligo (es: Creditore Debitore)

Diritto e obbligo normalmente si corrispondono, eccetto in casi straordinari come


il rapporto potestativo e l’onere.

• In caso di diritto soggettivo assoluto il titolare può far valerlo nei confronti di
ogni consociato, non ha come riferimento un singolo titolare della situazione
sfavorevole. es: diritto di proprietà.
L’obbligo può essere positivo o negativo (divieto).

• Il diritto soggettivo relativo è invece relativo ad un soggetto: diritti pecuniari* e


diritti relativi non pecuniari.

(*diritto pecuniario: che ha ad oggetto una somma di denaro)

es: art. cc. 6 e 7 Diritto al nome e Tutela al diritto di nome si parla in questo caso di
diritto assoluto.

es: Il creditore non può portare a compimento la sua prestazione senza la


cooperazione del debitore (attraverso il pagamento del corrispettivo). [diritto
pecuniario]

Art. cc 944: Avulsione - Se un fiume o torrente stacca per forza istantanea una parte
considerevole e riconoscibile di un fondo contiguo al suo corso e la trasporta verso
un fondo inferiore o verso l'opposta riva, il proprietario del fondo al quale si e' unita
la parte staccata ne acquista la proprietà. Deve pero' pagare all'altro proprietario
un'indennità nei limiti del maggior valore recato al fondo dall’avulsione.

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(se A allora B)

Il nuovo proprietario della zolla la acquista (diritto soggettivo assoluto, diritto di


proprietà). Dall’acquisto nascono una serie di obblighi da estinguere noi confronti di
colui che non è più il proprietario ⟹ diritto di credito (diritto soggettivo relativo)
per colui che non è più proprietario. (diritto e obbligo si corrispondono).

Quanto detto non si applica i caso di:

Diritto potestativo: Diritto soggettivo a cui non corrisponde propriamente un


obbligo.

es: art. cc 2697: Onere della prova - Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve
provare i fatti che ne costituiscono il fondamento.Chi eccepisce l'inefficacia di tali
fatti ovvero eccepisce che il diritto si e' modificato o estinto deve provare i fatti su
cui l'eccezione si fonda.

Colui che deve dare prova dei fatti non è responsabile nel caso in cui in riesca a
rappresentarli.

Onere: Obbligo a cui non corrisponde un diritto, l’inadempimento non produce


conseguenze.

es: art. cc 1111: scioglimento della comunione - Ciascuno dei partecipanti può
sempre domandare lo scioglimento della comunione; l'autorità giudiziaria può
stabilire una congrua dilazione, in ogni caso non superiore a cinque anni, se
l'immediato scioglimento può pregiudicare gli interessi degli altri. […]
Il titolare del diritto di comunione può chiedere lo scioglimento ma questo non
comporta un obbligo nei confronti degli altri titolari.

es: art. cc. 874: comunione forzosa del muro sul confine - Il proprietario di un fondo
contiguo al muro altrui può chiederne la comunione per tutta l'altezza o per parte di
essa, purché lo faccia per tutta l'estensione della sua proprietà. Per ottenere la
comunione deve pagare la meta' del valore del muro, o della parte di muro resa
comune, e la meta' del valore del suolo su cui il muro e' costruito. Deve inoltre
eseguire le opere che occorrono per non danneggiare il vicino.

Il proprietario del fondo contiguo al muro ha il diritto di richiedere l’unione forzosa e


l’altro non ha il diritto di opporsi alla realizzazione di tale diritto. (diritto potestativo)
L’altro subisce passivamente, non c’è un obbligo, l’altro non può e non deve fare
nulla, è in condizione di soggezione*.

*soggezione: si indica la situazione giuridica soggettiva del soggetto di diritto che,


pur non essendo gravato dal dovere di tenere un certo comportamento, deve
tuttavia subire gli effetti giuridici dell'esercizio del potere altrui.

Il diritto potestativo non è in realtà un diritto; l’onere non è un obbligo.

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• Equità: “giustizia al caso singolo”, criterio decisionale il cui ricorso è possibile
solo in casi eccezionali.
La legge stabilisce che il giudice nel decidere le controversie debba seguire le
norme del diritto, e possa discostarsene solo quando la legge gli attribuisca il
potere di decidere secondo equità.
Ciò avviene ad esempio nelle cause di minor valore. Ammessa la possibilità di
ricorso all’equità il giudice non deve far valere le sue concezioni personali ma
deve ispirarsi a quelle dell’ordinamento vigente e a come si sarebbe
comportato il legislatore se avesse potuto prevedere il caso.

• Difesa dell’ordinamento

• misure repressive

• misure preventive: vigilanza e dissuasione

• norme promozionali o incentivanti

L’ordinamento di una società politica prevede sempre l’allestimento di un apparato


coercitivo volto ad assicurare la salvaguardia collettiva. Ciò avviene tramite
sanzioni in modo diretto (si realizza il risultato che la legge prescrive) o indiretto
(ricorrendo ad altri mezzi per l’osservanza della norma).
Può in alcuni casi avvenire con l’uso della forza, il cui monopolio è statale (è
concesso ai privati solo in determinate circostanze).

IL DIRITTO PRIVATO E LE SUE FONTI (cap II)

Diritto pubblico Disciplina l’organizzazione dello stato e degli enti pubblici,


regola la loro azione nell’interesse della collettività e impone ai singoli il
comportamento che sono tenuti a rispettare per la vita associata.

Diritto privato Disciplina le relazioni interindividuali di singoli e enti privati.

Tra i due diritti a volte il confine è incerto, ad esempio lo Stato può avocare a sé la
realizzazione di alcune funzioni prima di lasciarle ai privati, esistono inoltre stessi
fatti regolati sia dal diritto pubblico che privato.

Le norme di diritto privato si dividono in:

- inderogabili o cogenti : applicazione imposta dall’ordinamento a prescindere


dalla volontà dei singoli;

- derogabili o dispositive : applicazione evitabile mediante accordo tra


interessati. Il carattere risulta dalla formulazione o va indagata ricercando la
volontà del legislatore o dalla previsione di nullità dell’atto compiuto in violazione
della norma.

- suppletive : si applicano quando i privati non abbiano provveduto a disciplinare


un determinato aspetto dei loro rapporti.

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• Fonti delle norme giuridiche
- Fonti legali di produzione Atti ( fonti espresse nell’attività di un organo/ente col
potere di produrre norme) e fatti idonei a produrre diritto.

- Fonti di cognizione Documenti/Pubblicaz. ufficiali da cui si può prendere


conoscenza di un testo normativo (es: Gazzetta ufficiale)

Dell’atto si può individuare: l’organo investito del potere di emanarlo (Parlamento,


governo), Procedimento formativo, Documento normativo, i precetti ricavabili dal
documento (il significato).

Gerarchia delle fonti (vedi piramide di Kelsen)

• La Costituzione assolve il ruolo di norma sulla produzione giuridica. Regola il


procedimento di formazione delle leggi, disciplina atti normativi, pone la gerarchia
per le ulteriori fonti e pone principi/limiti all’attività del legislatore.

I principi supremi della Cost. non sono suscettibili a revisione e limitano il potere
dello stesso legislatore costituzionale.

La legge ordinaria non può modificare la Cost. o altra legge di rango costituzionale
(es: Diritto internazionale consuetudinario art 10 Cost)

La Corte Costituzionale si occupa del controllo di legittimità costituzionale


delle leggi.

Forma di controllo incidentale: se un giudice ritiene di dover applicare una norma


di sospetta anticostituzionalità deve rimettere gli atti del processo alla Corte
Costituzionale.

Giudizio di costituzionalità in via principale: promosso dal Governo contro le leggi


regionali che eccedono la competenza legislativa delle regioni.

• Leggi statali e leggi regionali


Leggi statali ordinarie sono approvate dal Parlamento con procedura disciplinata
dalla Carta Costituzionale.

Legge ordinaria Può modificare/abrogare qualsiasi norma priva di valore di legge,


può essere abrog./ modificata solo da una legge successiva o abrogata con
referendum popolare. (art 75 Cost.)

Decreti legislativi delegati e Decr. legge di urgenza Provvedimenti con forza di


legge emanati dal Governo per delega del Parlamento che con una legge specifica
l’oggetto di delega e i criteri da seguire, successivamente è necessario che il
decreto-legge venga convertito in legge dal Parlamento.

Legislazione regionale Ad essa spettano: materie di legislazione concorrente i cui


principi sono determinati dallo stato o la potestà legislativa in ogni materia non
espressamente riservata alla legge dello Stato. (art 1 preleggi)

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Alle leggi sono subordinati regolamenti, norme corporative(non più in uso dopo la
dissoluzione del sistema corporativo fascista), e usi.

• Regolamenti Fonti secondarie, emanabili dal Governo, ministri e altre autorità


amministrative anche non statali. Il contenuto normativo proviene dall’autorità
amministrativa non dal potere legislativo. Non possono contenere norme contrarie
alle disposizioni di legge.

In caso di controversia tra norma regolamentare e norma di legge il giudice civile è


tenuto a disapplicare la prima. Il giudice amministrativo ha invece il potere di
annullare un regolamento, in tal caso la sua efficacia viene rimossa.

• Fonti comunitarie

L’ingresso dell’Italia nelle Comunità Europee e nell’UE è avvenuta mediante


l’adesione a trattati internazionali. (Trattato sull’UE, Trattato sul funzionamento
dell’UE, Carta dei diritti fondamentali dell’UE (Carta di Nizza))

L’art 11 Cost. prevede che alla stregua della valenza dei sopracitati contratti sono
ammissibili limitazioni alla sovranità nazionale per consentire la partecipazione
dell’Italia ad organizzazioni nazionali.

La CGUE ha ribadito che gli organi nazionali devono fare il necessario affinché
venga applicato il diritto di fonti comunitarie e che venga applicata l’interpretazione
fornita dalla CGUE.

Le fonti derivate di matrice comunitaria sono i regolamenti, le direttive e le


decisioni.

• Regolamenti Atti di portata generale e obbligatori. In caso di controversia con la


legge interna il giudice italiano deve disapplicare quest’ultima e far prevalere quella
regolamentare.

• Direttive Si rivolgono ad organi legislativi degli stati membri e hanno lo scopo di


armonizzare le legislazioni interne dei singoli paesi. Non sono subito efficaci
nell’ordinamento dei singoli paesi ma devono essere attuate mediante leggi dei
rispettivi parlamenti.

Leggi di recepimento della direttiva Se uno stato inadempie all’obbligo di


attuare una direttiva entro il termine previsto può essere sanzionato dagli organi
comunitari. Nel caso in cui un cittadino subisca un danno per mancato o ritardato
recepimento della direttiva può richiedere un risarcimento allo stato.

Per consentire la tempestiva attuazione delle direttive, il Parlamento attraverso


l’emanazione di una legge comunitaria delega al Governo l’emanazione dei decreti
legislativi di attuazione delle direttive il cui termine è in scadenza.

• Decisioni Disciplinano situazioni ben definite e vincolano solo gli specifici


soggetti destinatari. La CGUE ha competenza di interpretazione dei trattati e le
sue decisioni sono vincolanti.

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• Consuetudine (nel codice civile chiamata Uso)

- Ripetizione generale e costante in un dato ambiente, per un tempo protratto di un


certo comportamento osservabile come regola di condotta tra privati.

- Atteggiamento di osservanza di quel comportamento in quanto ritenuto


doveroso e non semplicemente conforme a prassi.

La consuetudine non è regolata dalla Cost., è subordinata alla legge.

Consuetudine secundum legem operano in accordo con la legge


Consuetudine praeter legem ricorso alla consuetudine per colmare una lacuna
del diritto nel caso non si possa procedere al giudizio per analogia.

Il diritto consuetudinario non è scritto, non vi sono fonti ufficiali di cognizione.


Il giudice deve applicare la consuetudine di cui sia a conoscenza; è nell’interesse
della parte interessata all’applicazione provare l’esistenza di una consuetudine,
tale attività probatoria non è soggetta a forme legali (si può far ricorso ad ogni
mezzo consentito).

Uso normativo: norma giuridica che costituisce fonte di diritti tra privati. Determina
una presunzione semplice ( argomento provato in una data circostanza attraverso il
cui si prova un’altra circostanza sfornita di prova diretta).

Usi negoziali: valgono per l’integrazione degli effetti al contratto .

Usi interpretativi: funzione interpretativa del contratto.

• Il codice civile regola soggetti, beni e diritti sulle cose, attività e i principi
fondamentali sulla responsabilità civile.

Il primo fu il “Codice Napoleone” (1804) sorto durante la Rivoluzione Francese

- 1861: Unificazione del Regno d’Italia - Codice civile + Codice di Commercio

- 1942: Nuovo codice - L’ideologia fascista non ha lasciato significative tracce in


esso perciò è ancora idoneo.

I codici sono sottoposti a controlli di legittimità dalla Corte Costituzionale. Possono


essere modificati da leggi successive o con la tecnica della “novella” (Si sostituisce
direttamente il testo di un articolo mantenendo la stessa numerazione).

L’EFFICACIA TEMPORALE DELLE LEGGI (cap III)

L’entrata in vigore delle leggi richiede oltre che l’approvazione da parte delle due
camere, la promulgazione dal Presidente della Repubblica, la pubblicazione nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica, Vacatio legis il decorso di 15 giorni circa dalla
pubblicazione all’entrata in vigore.

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Con la pubblicazione la legge si ritiene conosciuta e diventa e diventa obbligatoria
per tutti. Ignorantia iuris non exscusat.

• Abrogazione
Una legge viene abrogata quando un nuovo atto dispone che ne cessi l’efficacia.
Una legge può essere abrogata da un legge posteriore di pari valore giuridico.

Abrogazione tacita Assenza di dichiarazione esplicita a cessare l’efficacia delle


disposizioni previgenti. Si ha se le norme posteriori:

- sono incompatibili con una o più delle anteriori

- introducono nuova regolamentazione dell’intera materia già regolata la quale


viene assorbita dalla nuova regolamentazione.

Un’altra figura di abrogazione espressa può essere realizzata mediante un


referendum popolare, se richiesti da almeno 500.000 elettori o 5 consigli regionali.
• Deroga Fenomeno che si ha quando una nuova norma pone per specifici casi una
diversa applicazione della legge rispetto alla precedente.

L’abrogazione ha effetto per l’avvenire, ex nunc (quindi seppur abrogata la legge


può essere ancora applicata ai fatti verificatisi quando era in vigore), mentre la
dichiarazione di illegittimità costituzionale annulla la disposizione illegittima, ex
tunc, come se non fosse mai stata emanata.

L’abrogazione di una norma che aveva a sua volta abrogato una norma precedente
non fa rivivere quest’ultima salvo che sia espressamente disposto, si parla allora di
norma ripristinatoria.

• Irretroattività della legge


La legge non dispone che per l’avvenire.

La Corte Cost. può giustificare l’efficacia retroattiva nel caso in cui ciò serva a
tutelare diritti di rilievo costituzionale o a tutela della Convenzione Europea dei
diritti dell’uomo.

Le leggi interpretative hanno efficacia retroattiva.

• Successioni di leggi
Norme transitorie Mediante le quali il legislatore regola il passaggio tra legge
vecchia e nuova. La nuova legge non può colpire i diritti quesiti (già entrati nel
patrimonio di un soggetto).

Teoria del fatto compiuto La legge non si applica a fattispecie realizzatesi prima
della sua entrata in vigore.(salvo diverse disposizioni)

Nel caso di rapporti pendenti (rapporti che sono ancora ineseguiti da entrambe le
parti al momento della dichiarazione di fallimento; si tratta pertanto di rapporti sorti,
ma non ancora esauriti) bisogna risalire alla volontà del legislatore.

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Ultrattività Disposizione che stabilisce che atti compiuti in vigore di una nuova
normativa sia regolati da una legge anteriore.

APPLICAZIONE E INTERPRETAZIONE DELLA LEGGE (cap IV)

Per applicazione si intende la concreta realizzazione nella vita collettiva di quanto è


ordinato dalle regole dell’ordinamento giuridico.

• Interpretazione Dal testo di legge si giunge al significato della disposizione.

Distinguiamo tre tipi di interpretazione: (a seconda di chi è a compierla)

Dottrinale (prof, studiosi, studenti…) con essa si studia la legge, non è vincolante,
altri si possono discostare da tale interpretazione.

Giudiziaria svolta dal giudice nell’esercizio del suo potere giurisdizionale, è


vincolante per le parti in giudizio. [ giurisprudenza: orientamento applicativo
espresso dalla costante prassi dei giudici. Ciascun giudice è libero di adottare
l’interpretazione che ritenga preferibile. I precedenti giurisprudenziali non hanno in
genere forza vincolante per la risoluzione di casi successivi analoghi.]

Autentica svolta dal legislatore per chiarire il significato di una precedente


disposizione; proviene dallo stesso soggetto che ha elaborato la norma.

L’interpretazione è necessaria data la natura polisemica delle parole. Secondo l’art


12 delle preleggi non si può attribuire alla legge altro significato da quello proprio e
dall’interpretazione predisposta dal legislatore.

Occorre sempre risalire alla volontà del legislatore e comprendere la ratio legis.
Si può ricorrere alla gerarchia delle fonti , criteri logici e di specialità per risolvere la
situazione di conflitto nella formulazione di più leggi.

Tra i vari significati possibili bisogna scegliere quello conforme alla costituzione.

Si parla di interpretazione dichiarativa nel caso dell’attribuzione ad un documento


legislativo del senso più diretto e immediato.
Nel caso invece dell’attribuzione di un significato diverso da quello che a prima
vista sembra essere il proprio, si parla di interpretazione correttiva, nelle due
forme di interpretazione estensiva (si estende il significato delle parole oltre l'uso
cui sono normalmente destinate) e int. restrittiva (si restringe il significato della
parola usata dal legislatore; che giunge fino al limite dell’int. abrogante).

Per integrazione della legge si intende l’individuazione di una regola che il


documento normativo non consentirebbe ad una sua prima immediata lettura.

Il documento è muto senza l’interprete, il significato è il risultato, e non il


presupposto, dell’attività interpretativa.

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•Interpretazione teologica: valuta non solo il significati proprio delle parole ma la
ratio legis (aiuta a scegliere tra i vari significati attribuibili quello più adatto al caso
in analisi), la finalità obiettiva.

Esistono altri criteri interpretativi:

criterio logico:
- argomentum a contrario: esclude dalla norma quello che pare non espressamente
compreso

- arg. a simili: estensione a fenomeni simili

- arg. a fortiori: esteso a fenomeni che a maggior ragione meritano il trattamento


riservato quello risultante dal contenuto della disposizione

criterio storico: analisi delle motivazioni con cui un istituto è stato introdotto in un
sistema giuridico precedente.

criterio sistematico: collocare la disposizione nel quadro complessivo


dell’ordinamento in cui va inserita.

criterio sociologico conoscere gli aspetti economico dei rapporti regolati

criterio equitativo evitare intepr. che contrastino con il senso di giustizia della
collettività.

• Analogia (analogia legis)


volta a colmare le lacune dell’ordinamento.
Per l’art 12, comma 2 delle preleggi il giudice che non sia riuscito a pronunciarsi
per la risoluzione di un caso attraverso una norma che lo contempli direttamente
o mediante interpretazione estensiva deve ricorrere ad analogia.

Si fonda su un’identità di ratio. Riconosce di una finalità della norma positiva che ne
giustifica l’operare anche un caso simile ma non contemplato dalla legge.

analogia iuris ricorso ai principi generali dell’ordinamento politico dello Stato.

Il ricorso all’analogia non è possibile in caso di norme penali, incriminatrici o in


caso di deroghe, privilegiando la disciplina normale a quella eccezionale.

CONFLITTI NELLE LEGGI DELLO STATO (cap V)

•Il diritto internazionale privato

Per il diritto pubblico, le norme di polizia e di diritto penale vige il principio di


territorialità il quale enuncia che “il diritto vigente in ciascun ordinamento si applica
a tutti, cittadini e stranieri, coloro i quali si trovino nel territorio sul quale l’autorità
politica dalla quale l’ordinamento promana estende la sua sovranità”.

es: un italiano e un tedesco concludono un accordo in Germania. Qual è


l’ordinamento che ha competenza di regolarlo ?

In ciascun paese vengono elaborate norme di diritto internazionale privato d.i.p.

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Si tratta di norme che stabiliscono quale tra varie leggi nazionali vada applicata in
ogni singola ipotesi, ma:

Non è davvero un diritto internazionale (come il diritto pubblico interno) ha fonte in


atti normativi propri dei singoli ordinamenti, è invece diritto interno ogni paese è
arbitro del proprio.
Non riguarda solamente rapporti giuridici tra privati (es: fenomeni di tipo
processuale).
Non è costituito da norme materiali ma da regole strumentali le quali si limitano
semplicemente ad individuare rispetto a ciascun rapporto contemplato a quale
ordinamento si debba far capo per stabilire come regolare tale rapporto.

È l’insieme delle norme che il giudice italiano deve applicare, nel caso in cui debba
regolare una controversia relativa ad una fattispecie che presenti elementi di
estraneità al nostro ordinamento giuridico, per individuare l’ordinamento giuridico in
base al quale deve essere decisa la controversia. Opera secondo la tecnica di
rinvio.

Sono state nel tempo elaborate convenzioni di d.i.p uniforme, regole comuni per
gli aderenti.

Le fonti del d.i.p italiano sono: le fonti europee, i regolamenti che disciplinano
fenomeni di rilevanza transnazionale nel rapporto tra gli stati membri.

Per stabilire quale rapporto applicare bisogna prima procedere alla


qualificazione del rapporto (es: coniugale, extracontrattuale). Si prende solamente
in considerazione la legge del luogo in cui si procede alla disciplina del rapporto.
Si deve poi assumere il momento di collegamento, elemento della fattispecie
decisivo per la scelta dell’ordinamento competente a regolare il rapporto in oggetto.

Vari momenti di collegamento:

1. capacità giuridica Si applica la legge nazionale della persona. Se ha più


cittadinanze si applica quella con cui ha il contatto più stretto.

2. capacità di agire Delle persone fisiche - si applica la legge nazionale;


Degli enti - Si applica legge dello stato nel cui territorio è stato perfezionato il
contratto.

3. matrimonio/ rapporto coniugale (diversi profili)


a. capacità matrimoniale Regolata dalla legge naz. di ciascun nubendo al
momento del matrimonio;
b. riforma del matrimonio Regolata dalla legge del luogo di celebrazione o
legge nazionale di uno dei due;
c. rapporti personali dei coniugi Regolati dalla legge naz. se hanno stessa
cittadinanza o la legge dello stato in cui è prevalentemente localizzata la vita
coniugale;
d. rapporti patrimoniali Regolati dallo stato in cui almeno uno dei due è
cittadino o risiede;
e. separazione Regolata dalla legge dello stato in cui la vita coniugale risulta
prevalentemente localizzata.

14
4. filiazione Regolata dalla legge dello stato di cui uno dei genitori è cittadino al
momento della nascita.

5. unione civile tra persone dello stesso sesso Regolata dalla legge nazionale di
ciascuna parte al momento dell’unione civile.

6. adozione Reg. dal diritto nazionale dell’adottato o adottanti se in comune, o


nello stato in cui gli adottanti sono entrambi residenti dove è prevalentemente
localizzata la loro vita matrimoniale.

7. successione mortis causa Reg. dalla legge nazionale del proprietario


dell’eredità al momento della morte, ossia lo stato in cui il defunto aveva
residenza al momento del decesso.

8. diritti reali e di possesso Reg. dalla legge del luogo in cui i beni si trovano. Per
i beni immateriali si applica la legge dello stato di utilizzazione.

9. obbligazioni contrattuali Regolamento di applicazione universale: si applica la


legge dello stato con il quale il contratto presenta il rapporto più stretto.

10. obbligazioni non contrattuali Applicazione universale: le obbl. derivanti da un


fatto illecito sono regolate dalla legge del paese in cui si è verificato il fatto.

• Ulteriore rinvio
Si tiene conto del rinvio operato dal d.i.p. straniero alla legge di un altro stato se:
si tratta del rinvio alla legge italiana; il diritto di tale stato accetta il rinvio.

Non si applica la legge straniera se i suoi effetti sono contrari all’ordine pubblico.
Spetta al giudice decider est la legge straniera è applicabile, in caso negativo si
decide in base alla legge italiana.

• La condizione dello straniero


Il trattato di Maastricht ha introdotto la “Cittadinanza dell’Unione”. I cittadini di
uno stato membro, dicasi cittadini comunitari, a loro vengono riconosciuti gli stessi
diritti civili del cittadino nazionale e hanno permesso di soggiorno.
È previsto un trattamento a favore anche per i cittadini di paesi terzi familiari a un
cittadino dell’unione.

Agli extracomunitari è applicabile sia il diritto d’asilo (art 10, comma 3, Cost.: uno
straniero al quale nel suo Paese sia impedito di esercitare "le libertà democratiche
garantite dalla Costituzione Italiana", ha diritto d'asilo nel territorio italiano,
“secondo le condizioni stabilite dalla legge”.) che l’inammissibilità di estradizione
per i “reati politici” (art 10, comma 4, Cost.)

[L’estradizione è la consegna di un imputato o di un condannato, fatta dall’Autorità


Giudiziaria di uno Stato a quella di un altro Stato, per rendere possibile, in
quest’ultimo, rispettivamente la celebrazione del processo o l’esecuzione della
condanna.
L’estradizione si distingue in attiva e passiva, a seconda che uno Stato,
rispettivamente, chieda la consegna dell’imputato o del condannato, o ne venga

15
richiesto. L’articolo 13 del codice penale  subordina la possibilità di procedere a
estradizione all’esistenza delle seguenti condizioni:
• l’estradizione deve riguardare un fatto previsto come reato sia dalla legge italiana
che dalla legge del Paese che la richiede o al quale viene richiesta;
• l’estradizione non è ammessa nei casi in cui sia espressamente vietata da
convenzioni internazionali;
• l’estradizione del cittadino è ammessa solo se espressamente consentita da
convenzioni internazionali.
(art 10, comma 4; art 26 Cost.:L’estradizione del cittadino può essere consentita
soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali. Non può in
alcun caso essere ammessa per reati politici)
La Costituzione non ammette l’estradizione, sia per i cittadini che per gli stranieri,
relativamente ai reati politici, intendendosi per reato politico quello che offende un
interesse politico dello Stato, o un diritto politico del cittadino, oppure sia stato
determinato, in tutto o in parte, da motivi politici.
L’estradizione contribuisce ad evitare che gli autori di reati possano assicurarsi
l’impunità riparando in altri Paesi (esistono a riguardo numerosi trattati di
estradizione, ai quali aderisce la maggior parte degli Stati) e viene accordata dal
Ministro della Giustizia su deliberazione della Corte d’Appello territorialmente
competente. ]
Allo straniero presente alla frontiera o nel territorio dello stato sono riconosciuti i
diritti fondamentali della persona umana.

Al regolarmente soggiornante in Italia è inoltre assicurato il riconoscimento dei diritti


in materia civile attribuiti al cittadino italiano.

Attiene ai rapporti di diritto privato la condizione di reciprocità per cui un


determinato diritto può essere riconosciuto allo straniero a condizione che nella
medesima fattispecie ad un Italiano, nel paese di cui lo straniero è cittadino, quel
diritto sia riconosciuto.
Tale principio seppur sia sopravvissuto alla Cost. e alla riforma del d.i.p. si ritiene
superato come modo di intendere il rapporto tra gli Stati.

Ai lavoratori stranieri è garantita la parità di trattamento e l’uguaglianza di diritti


rispetto i lavoratori italiani.

L’ATTIVITÀ GIURIDICA E LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI


LE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE (cap VI)

Rapporto giuridico Relazione tra due soggetti, dicasi parti, regolata


dall’ordinamento giuridico. (es: matrimonio, creditore-debitore ).
Appartiene alla categoria delle situazioni giuridiche (ciò che si verifica al compiersi
di una fattispecie)

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- soggetto attivo: al quale l’ordinamento giuridico attribuisce un potere o diritto
soggettivo
- soggetto passivo: a carico del quale sussiste un dovere (es: pagare)

Si definisce terzo l’estraneo al rapporto giuridico. Non produce effetti né a favore né


a danno del terzo, ma potrebbe essere indirettamente toccato dalle vicende del
rapporto giuridico.

• Situazioni soggettive attive


Al soggetto attivo del rapporto giuridico è attribuito un diritto soggettivo.

Diritto soggettivo potere di agire per il soddisfacimento del proprio interesse


individuale, protetto dall’ordinamento giuridico.

In alcuni casi il potere di agire non è attribuito al singolo per la realizzazione di un


proprio interesse bensì un interesse altrui. (es: poteri concessi ai genitori
nell’interesse dei figli). Tali figure di potere che allo stesso tempo sono doveri si
chiamano potestà o uffici.

La facoltà o diritti facoltativi sono invece manifestazioni del diritto soggettivo


che non hanno carattere autonomo ma sono comprese in esso, la facoltà è una
singola manifestazione di una s.g.s di cui sia titolare un soggetto (es. il proprietario
ha la facoltà di godere del suo bene utilizzandolo).

L’aspettativa è l’acquisto di un diritto che deriva dall’acquisto di più elementi


successivi, alcuni dei quali devono essersi già verificati. Si parla in tal caso di
fattispecie a formazione progressiva.Si pensi ad esempio all'aspettativa di cui è
titolare l'acquirente di un bene in virtù di un contratto sottoposto a condizione
sospensiva non ancora verificatasi.

Lo status è una qualità giuridica che riguarda la posizione dell’individuo in una


collettività. Può essere di diritto pubblico (es: cittadino) o di diritto privato (es: figlio,
coniuge..)

• L’esercizio del diritto soggettivo consiste nell’esplicazione dei poteri di cui il


diritto soggettivo consta.

L’esercizio di tale diritto va distinto dalla sua realizzazione, che consiste nella
soddisfazione materiale dell’interesse protetto, sebbene i due fenomeni spesso
coincidano.

La realizzazione dell’interesse può essere spontanea o coattiva, e si dice coattiva


quando occorre far ricorso ai mezzi che l’ordinamento predispone a tutela del diritto
soggettivo.

Chi esercita un diritto soggettivo, seppur questo causi frustrazione o lenisca gli
interessi di altri, non è tenuto a compensare costoro per i pregiudizi che il
corretto esercizio di tale diritto possa aver causato. Vi sono anche disposizioni
legislative che vietano l’abuso del diritto soggettivo.
Si ha abuso quando il titolare di tale diritto si avvale delle facoltà e i poteri concessi

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per realizzare finali ulteriori rispetto l’ambito di interesse che la legge ha inteso
tutelare.

es: art 833 c.c.(Atti d’emulazione). Il proprietario non può fare atti i quali non abbiano
altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri. Il proprietario non può
piantare alberi se ciò non gli arreca alcuna utilità, ma è fatto al solo scopo di togliere
al vicino una veduta panoramica.
L’exceptio doli generalis è un istituto che risale al diritto romano, indica il rimedio
generale diretto a precludere l’esercizio fraudolento o sleale dei diritti attribuiti
dall’ordinamento. In alcuni casi seppure la pretesa del titolare del diritto corrisponda
al contenuto del diritto, tale pretesa può essere rifiutata dal giudice nel caso
quest’ultimo ritenga che ciò avvenga in mala fede da parte del titolare.

Art 54 de La Carta dei diritti fondamentali dell’UE (Carta di Nizza) - Nessuna


disposizione della presente Carta deve essere interpretata nel senso di comportare il
diritto di esercitare un'attività o compiere un atto che miri a distruggere diritti o
libertà riconosciuti nella presente Carta o a imporre a tali diritti e libertà limitazioni
più ampie di quelle previste dalla presente Carta.
• Categorie di diritti soggettivi
- Diritti assoluti: garantiscono al titolare un potere che può far valere verso tutti.
(es: sono proprietario di un bene, ciò esclude tutti gli altri dalla facoltà di godimento
di quel bene.)

Tipici diritti assoluti sono i diritti reali, cioè i diritti su una cosa; attribuiscono cioè
al titolare una signoria piena (proprietà) o limitata (diritti reali su cosa altrui), su un
bene.
I soggetti passivi (esclusi dalla facoltà di godimento del bene) del diritto reale non
sono “tutti” ma solo coloro che abbiano concretamente la possibilità di interferire
con la posizione del titolare del diritto.

Appartengono alla categoria dei diritti assoluti anche i diritti della personalità
(diritto all’integrità fisica, al nome, all’immagine ecc.) che sono tutelati in capo al
singolo nei confronti di chiunque.

Nel rapporto obbligatorio o di credito per la realizzazione dell’interesse del


titolare del diritto è determinante il comportamento di un altro soggetto (soggetto
passivo) il quale è tenuto a una determinata condotta verso il creditore.

Si tratta dunque di un diritto relativo poiché è necessaria la cooperazione di un


altro soggetto al fine della realizzazione del diritto soggettivo.

- Diritti relativi: che attribuiscono al titolare una pretesa o comunque una


situazione giuridica attiva, non verso la totalità dei consociati, ma esclusivamente a
soggetti individuati.

Essi comprendono i diritti di credito che vengono detti personali in opposizione ai


diritti reali.

18
Dall’altra parte sia dei diritti personali che reali vi è un dovere.
Nel caso del diritto reale a capo di qualsiasi consociato vi è il dover negativo di
astenersi dall’interferire col godimento del bene da parte del proprietario.
Nel caso del diritto di credito si pone il dovere, o meglio l’obbligo di una o più
persone determinate a svolgere una prestazione o tenere un certo comportamento
nei confronti del creditore.

Diritti personali di godimento Situazione in cui un soggetto si è obbligato a far


godere di un proprio bene un altro soggetto.

es: locazione - La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere
all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato
corrispettivo
Si discute che abbiano duplice natura, un opinione sostiene che abbiano natura
relativa averso chi ha concesso il godimento, e assoluta verso tutti gli altri che sono
tenuti ad astenersi da quel godimento.
- Diritti potestativi È il potere attribuito ad un soggetto di modificare, con un
proprio atto, la sfera giuridica di un altro soggetto, che versa in situazione di
soggezione. Ai poteri di tale persona non corrisponde dunque alcun dovere ma uno
stato di soggezione.

es: art 1111 c.c.: Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento
della comunione; l'autorità giudiziaria può stabilire una congrua dilazione, in ogni
caso non superiore a cinque anni, se l'immediato scioglimento può pregiudicare gli
interessi degli altri. […]
I comproprietari (soggetto passivo) del bene indiviso in comunione, non possono
fare nulla di fronte a questa iniziativa. I soggetti passivi si trovano in condizione di
soggezione; basta la volontà del titolare perché si abbia la realizzazione
dell’interesse tutelato.

• Gli interessi legittimi

Interesse: vantaggio o utilità che costituisce l’obiettivo o il movente dell’agire di


un soggetto. Può dirsi pubblico o privato a seconda di chi ne sia portatore.

Un interesse privato si dice semplice o di fatto quando non fruisce di alcuna


protezione giuridica, poiché quando invece ci sono strumenti di coercizione posti
dall’ordinamento posti a tutela della realizzazione di un interesse si è titolari di un
diritto soggettivo.

Si parla di interesse legittimo nell’ambito dei rapporti tra privato e pubblici poteri.
Tale situazione comporta il potere di sollecitare un controllo giudiziario in ordine al
comportamento tenuto, correttamente o meno, dalla pubblica amministrazione.

La tutela dell’interesse legittimo riguarda una tutela mediata o strumentale volta al


controllo del coretto esercizio delle pubbliche funzioni.
Uno strumento di tutela consiste nell’impugnazione (contestazione) dell’atto
amministrativo illegittimo al fine di ottenere l’annullamento.

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Il privato può contestare la validità di un determinato provvedimento della Pubbl.
Amm. rivolgendosi ai Tribunali Amm.vi Regionali T.A.R. e deducendo il relativo
vizio che può essere di incompetenza, violazione di legge o eccesso di potere.

A seguito del provvedimento della Corte di Cassazione del 22 Luglio 1999 il privato
che abbia subito un perdita a causa di un atto amministrativo ha diritto al
risarcimento del danno patito.

• Situazioni di fatto L’ordinamento protegge provvisoriamente contro i


comportamenti lesivi altrui anche la situazione di fatto in cui il soggetto può trovarsi
rispetto ad un bene ed attribuisca ad essa alcuni effetti. Si hanno le due figure di
possesso e detenzione.

• Situazioni soggettive passive


Il dovere generico di astensione è quello che ricade su tutti i consociati (soggetti
passivi) dal ledere il diritto assoluto di un altra persona.

Si parla di onere quando ad un soggetto è attribuito un potere, ma l’esercizio di tale


potere è condizionato da un previo comportamento.

Es: il compratore che intende avvalersi della garanzia per vizi della cosa vendutagli
ha l’onere di denunciare i vizi della cosa entro otto giorni dall’acquisto, altrimenti
perde il diritto di far valere la garanzia.

Non è un vero onere l’onere della prova che è in realtà più un rischio per lui che ne
è gravato, in quanto il giudice rimasto incerto nel giudizio deve accogliere come
vera la versione offerta dalla parte che non aveva l’onore di provare quel fatto.

Art. 2697. (Onere della prova).Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i
fatti che ne costituiscono il fondamento.Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero
eccepisce che il diritto si e' modificato o estinto deve provare i fatti su cui
l'eccezione si fonda.
Il termine onere viene anche utilizzato come sinonimo di “modo” nei c.d. elementi
accidentali del negozio.

• Vicende del rapporto giuridico


Il rapporto giuridico si costituisce quando il soggetto attivo acquista il diritto
soggettivo.
L’acquisto può essere 1. a titolo originario quando il diritto soggettivo sorge a
favore di una persona senza esserle trasmesso da nessuno;
2. a titolo derivativo quando il diritto si trasmette da una persona ad un’altra.

es 1: il pescatore che fa propri i pesci caduti nella propria rete, poiché i pesci non
erano di nessuno.
Oppure se l’oggetto ha formato oggetto di altro rapporto, ma il soggetto non entra in
tale rapporto perche la cosa non gli viene trasmessa dal precedente titolare.
È quindi a titolo originario l’acquisto delle cose abbandonate, oppure l’acquisto per
usucapione di un bene altrui.
es 2: acquisto un immobile da chi ne è proprietario.

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Il titolo d’acquisto è l’atto o il fatto giuridico che giustifica l’acquisto.
Nell’acquisto a titolo derivato si verifica il passaggio di un diritto dal patrimonio
giuridico di una persona a quello di un’altra, ciò si definisce successione. (la quale
non si verifica nell’acquisto a titolo originario)

Colui che per effetto della successione perde il diritto si chiama autore o dante
causa; chi lo acquista successore o avente causa.

Nella successione può non solo verificarsi il mutamento del soggetto attivo ma
anche di quello passivo (es: l’erede succede nell’obbligo di pagare i debiti del
defunto.)

Acquisto derivativo-traslativo si trasmette proprio lo stesso diritto che aveva il


precedente titolare.

Acquisto (o successione a titolo) derivativo costitutivo attribuzione di un nuovo


diritto differente che scaturisce dal precedente titolare, in quanto lo suppone e
ne assorbe il contenuto o in parte lo limita.

Il nuovo soggetto che consegue lo stesso diritto del titolare precedente non può
vantare un diritto di portata più ampia del precedente titolare. L’acquisto del
diritto del nuovo titolare dipende dall’esistenza effettiva del diritto del precedente
titolare.

es: ho ereditato un bene da una persona e risulta che il mio dante causa non è
proprietario del bene, anche il mio diritto cade.

La successione è di due specie: a titolo universale quando una persona subentra


in tutti i rapporti di un’altra persona sia in posizione attiva (diritti di proprietà,
crediti…) che passiva (debiti) [nell’ord. giuridico italiano si verifica per le
successioni a causa di morte o nel caso di fusione di società];
a titolo particolare quando una persona subentra solo in un determinato diritto
o rapporto.

La vicenda finale del rapporto è l’estinzione, cioè quando il titolare perde il diritto
senza che questo sia trasmesso ad altri.

Oltre ai diritti disponibili vi è la categoria dei diritti indisponibili.

IL SOGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO (cap VII)

• Soggetto e Persona
Le s.g.s fanno capo a soggetti. L’idoneità ad essere soggetti è definita capacità
giuridica. Nel nostro ordinamento compete alle persone fisiche, gli enti e ad altre
strutture organizzate.

Tra gli enti si distinguono quelli che sono persone giuridiche (associaz. riconosciute,
società di capitali…) ed enti non dotati di personalità (associaz. non riconosciute,
società di persone…). Sono entrambi soggetti di diritto. I primi hanno autonomia
patrimoniale perfetta.

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Il concetto di persona e soggetto non coincidono. Le persone, fisiche e giuridiche,
sono soggetti.

LA PERSONA FISICA
L’uomo acquista capacità giuridica alla nascita e conseguentemente diventa
soggetto di diritto. (art 1, comma 1,c.c.)

L’art 22 della Cost. enuncia che nessuno può essere privato, per motivi politici,
della capacità giuridica. Compete indifferentemente a tutti gli uomini. Non è
sempre stato così nel corso della storia; solo dopo la caduta dell’ancien régime si
afferma il principio di eguaglianza secondo cui tutti gli uomini nascono e
rimangono liberi e uguali nei diritti. (art 3 Cost.)

Il legislatore è intervenuto per eliminare quelle limitazioni formali alla capacità dei
cittadini su base della razza, del sesso e delle condizioni personali.
L’eliminazione delle limitazioni formali non è però condizione sufficiente alla
completa attuazione del principio di eguaglianza.
La Costituzione prevede infatti che “è compito della Repubblica rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale del Paese”. (art 3, comma 2, Cost.)

La capacità giuridica riguarda anche lo straniero, a cui sono garantiti i diritti


fondamentali della persone umana (oltre che il principio di reciprocità). I diritti
inviolabili della persona umana sono riconosciuti a chiunque nel nostro ordinamento.

Nascita.
La persona fisica acquista capacità giuridica al momento della nascita
(acquisizione della piena indipendenza del corpo che si realizza con l’inizio della
respirazione polmonare) e la perde al momento della morte. Non occorre vitalità,
l’idoneità fisica alla sopravvivenza; il neonato morto dopo la nascita ha acquisito
comunque capacità giuridica; si tiene in considerazione se i polmoni abbiano
respirato o meno.

Entro dieci giorni l’evento della nascita deve essere (dai genitori o un procuratore
speciale, ossia medico o ostetricia o altra persona che ha assistito al parto)
dichiarato all’ufficiale dello stato civile per la formazione dell’atto di nascita. Se
la nascita avviene in un ospedale o in una casa di cura la dichiarazione può essere
resa entro tre giorni presso la relativa direzione sanitaria che provvederà alla sua
trasmissione all’ufficiale dello stato civile.

Morte Cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. Entro 24 ore dal


decesso la morte è dichiarata (dal coniuge, convivente o un delegato) all’ufficiale di
stato civile per la formazione dell’atto di morte.

Art. 4. (Commorienza). Quando un effetto giuridico dipende dalla sopravvivenza di


una persona a un'altra e non consta quale di esse sia morta prima, tutte si
considerano morte nello stesso momento.

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Con la morte alcuni rapporti facenti capo al defunto si estinguono. (es: matrimonio,
unione civile, contratto di convivenza…) Gli altri rapporti possono essere sciolti per
iniziativa degli eredi del defunto e/o iniziativa dell’altra parte.
I diritti patrimoniali si trasmettono secondo le regole dettate per la successione a
causa morte. La tutela degli interessi non patrimoniali è invece affidata al coniuge
superstite e/o i prossimi congiunti.

• Incapacità speciali

Per l’accesso ad alcuni rapporti non basta la nascita ma devono verificarsi altri
presupposti, in mancanza dei quali non si può esser parte di un dato rapporto.

Tali incapacità si distinguono in:


-assolute se al soggetto è precluso un dato tipo di rapporto o di atto (es: il rapporto
di lavoro subordinato è precluso a chi non abbia compiuto il sedicesimo anno di età)
- relative se al soggetto è precluso quel dato tipo di rapporto o di atto ma solo con
determinate persone o solo in determinate circostanze.

Questi casi comportano una limitazione della capacità giuridica in quanto il


rapporto non è accessibile al soggetto neppure attraverso l’intervento di un
rappresentante e, l’atto eventualmente compiuto in violazione del divieto è nullo e
non già semplicemente annullabile.

Il concepito

Lo Stato tutela la vita umana dal suo inizio dunque dal concepimento.

Il codice civile attribuisce al concepito: la capacità di succedere per causa di


morte (se il padre muore dopo il concepimento ma prima della nascita del figlio,
l’eredità si devolve comunque a favore di quest’ultimo seppur non ancora nato); la
capacità di ricevere per donazione.
La capacità di succedere per testamento e ricevere per donazione è riconosciuta
anche a chi non sia stato ancora concepito, ma sia figlio di una determinata
persona al momento della donazione.

La giurisprudenza afferma la risarcibilità del danno:

1. la risarcibilità del danno alla salute e all’integrità fisica eventualmente cagionato


al nascituro prima o durante il parto;

2. la risarcibilità del danno sofferto a seguito dell’uccisione del padre ad opera di


un terzo.

I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento
della nascita.

23
• La capacità di agire

Non sempre la persona fisica è in grado di gestire le situazioni giuridiche che ad


essa fanno capo. Perciò la legge richiede, affinché possa compiere personalmente e
autonomamente atti di amministrazione dei propri interessi, che il soggetto abbia,
oltre che la capacità giuridica, anche la capacità d’agire: Idoneità a porre in essere in
proprio atti negoziali destinati a produrre effetti nella sua sfera giuridica.

La capacità d’agire presuppone la capacità giuridica, ma non viceversa.


La capacità d’agire si acquista con il raggiungimento della maggiore età (art. 2,
comma 1, c.c.).

Vi sono strumenti posti a salvaguardia del rischio che soggetti seppur maggiorenni
che non siano in condizioni di discernimento pongano in essere negoziati che
incidano negativamente sui loro interessi, come gli istituti previsti dal codice
civile: della minore età, dell’interdizione giudiziale, dell’inabilitazione,
dell’emancipazione, dell’amministrazione di sostegno, dell’incapacità di intendere o
di volere.

Mentre a logica non di protezione ma sanzionare risponde l’interdizione legale.

Dalla capacità negoziale vanno distinte


1. la capacità extracontrattuale e 2. la capacità di porre in essere atti giuridici in
senso stretto.
La capacità extracontrattuale riguarda l’idoneità del soggetto a rispondere delle
conseguenze dannose degli atti dallo stesso posti in essere.
La capacità di porre in essere o ricevere atti giuridici in sensi stretto: es. la richiesta
di risarcimento dal danneggiato rivolta al danneggiante.

• La minore età
Prima della maggiore età il soggetto è ritenuto legalmente incapace,
successivamente acquista invece la capacità di compiere tutti gli atti per i quali non
sia richiesta un’età diversa.

Il minore non può stipulare direttamente atti negoziali destinati ad incidere sulla
propria sfera giuridica, ma neppure decidere il loro compimento. Gli atti
eventualmente posti in essere dal minore solo annullabili.

L’atto posto in essere dal minorenne può essere impugnato entro cinque anni dal
raggiungimento, da parte del minore stesso, della maggiore età. L’impugnativa può
essere proposta solo dal rappresentante legale del minore.

Se l’atto è annullato per la sua incapacità legale il minore ha diritto alla restituzione
di quanto prestato in esecuzione di esso, mentre è tenuto a restituire la prestazione
ricevuta solo nei limiti in cui la stessa è stata rivolta a suo vantaggio.

Art 1425, comma 1, c.c.: (senza operare distinzioni di sorta) il contratto è annullabile
se una delle parti era legalmente incapace di contrattare.

24
Al minore sono accessibili gli atti necessari alla soddisfazione delle esigenze della
propria vita quotidiana (comprare cibo, libri, biglietti, vestiti…).

La gestione del patrimonio del minore, ossia il potere di amministrazione, e il


compimento di ogni atto relativo, potere di rappresentanza, competono in via
esclusiva ai genitori:

- disgiuntamente per quanto riguarda gli atti di ordinaria amministrazione (che non
comportano rischi per l’integrità del patrimonio)

- congiuntamente per gli atti di straordinaria amministrazione ( suscettibili di


incidere in termini significativi sulla struttura e/o la consistenza del patrimonio) e
gli atti con cui si conquistano/concedono atti personali di godimento.

Inoltre alfine di verificare che gli atti rischiosi per il patrimonio del minore siano
effettivamente funzionali ai suoi interessi la legge richiede che i genitori si
muniscano della preventivo autorizzazione del giudice tutelare.

Se uno dei due genitori è morto o impossibilitato, la responsabilità genitoriale,


l’amministrazione del patrimonio e la relativa rappresentanza del figlio competono
all’altro genitore.

Se entrambi i genitori sono morti o non possono esercitare la responsabilità


genitoriale, ciò spetta a un tutore nominato dal giudice tutelare (nella persona
designata dal genitore che per ultimo ha esercitato la responsabilità genitoriale, o
scegliendolo tra gli ascendenti o altri prossimi parenti o affini del minore).

Ove capace di discernimento, il minore ha il diritto di essere ascoltato nell’ambito


dei procedimenti , nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano.
(Convenzione sui diritti del fanciullo, New York, 20 Nov. 89; Carta dei diritti
fondamentali dell’UE)

•L’interdizione giudiziale

L’interdizione (provvedimento con il quale il maggiorenne perde la capacità d'agire,


ossia la capacità di compiere atti giuridici, al ricorrere dei presupposti previsti dalla
legge) è pronunciata con sentenza dal tribunale, quando ricorrono
congiuntamente i seguenti presupposti:

I. infermità mentale intendessi una malattia che mini profondamente il soggetto


nella sfera intellettiva e/o volitiva, non consentendogli di esprimere una volontà
liberamente e consapevolmente maturata

II. abitualità di detta infermità un’infermità non transitoria;

III. incapacità del soggetto, a causa di detta infermità, di provvedere ai propri


interessi
IV. necessità di assicurare al soggetto un’adeguata protezione - si può procedere
all’interdiz. solo quando risultino non idonei/sufficienti gli strumenti di
protezione dell’incapace pur previsti dall’ordinamento.

25
L’interdizione può essere pronunciata solo a carico del maggiore di età essendo il
minore già legalmente incapace.

L’interdizione può essere promossa di regola dato stesso interdicendo, dal


coniuge, dal partner in un unione civile tra persone dello stesso sesso, dalla
persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dal pubblico
ministero.

Fase centrale del procedimento è l’esame diretto dell’interdicendo da parte del


giudice il quale può farsi assistere anche da un consulente tecnico.
Dopo tale esame il giudice può nominare, se necessario, un tutore provvisorio.
In caso di successiva interdizione gli atti compiuti in prima persona
dall’interdicendo prima della nomina del tutore sono annullabili.

Gli effetti decorro al momento della pubblicazione della sentenza di primo


grado. La sentenza viene annotata dal cancelliere nel registro delle tutele e
comunicata entro dieci giorni all’ufficio dello stato civile per essere annotata a
margine dell’atto di nascita.

La condizione dell’interdetto è simile a quella del minore, può compiere atti solo
necessari a soddisfare esigenze della propria vita quotidiana. Il patrimonio è
gestito, nel suo interesse, dal tutore che necessita comunque l’approvazione del
giudice tutelare o del tribunale. Su sentenza del giudice questo può comunque
pretendere che alcuni atti di ordinari ammin. possano essere svolti autonomamente
dall’interdetto.

L’interdetto preclude al soggetto il matrimonio, l’unione civile tra persone dello


stesso sesso, l’amministrazione dei cespiti oggetto di comunione legale tra coniugi
o uniti civilmente, il riconoscimento dei figli naturali, la possibilità di fare testamento
e l’assunzione della carica di amministrazione o sindaco di s.p.a.

L’eredità devolute all’interdetto non si possono accettare se non con il beneficio


d’inventario.

Se e quando dovessero venir meno i presupposti che hanno portato all’interdizione


questa può essere revocata con sentenza del tribunale. Il tribunale può, ove vi
siano i presupposti dichiarare il soggetto inabilitato e trasferire gli atti al giudice
tutelare affinché si apra una procedura di amministrazione di sostegno.

• Interdizione legale

Il codice penale prevede come pena accessoria alla condanna definitiva


all’ergastolo (reclusione per reati non colposi per un tempo non inferiore ai cinque
anni) l’interdizione legale. Ha funzione sanzionatoria.
Per quanto riguarda i rapporti patrimoniali l’interdetto legale si trova anella stessa
situazione di quello giudiziale, con la differenza che per gli atti dell’interdetto legale
vale l’annullabilità assoluta, ossia sono annullabili non solo dall’interdetto o dal
tutore ma da chiunque ne abbia interesse. Tale provvedimento è previsto come
sanzione.

L’interdizione legale non influisce però su gli atti di carattere personale (matrimonio,
testamento, riconoscimento di figlio naturale..).

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• L’inabilitazione

È pronunciata con sentenza dal tribunale quando ricorra alternativamente uno dei
seguenti presupposti

I. Infermità di mente non talmente grave da far luogo all’interdizione (non


priva completamente il soggetto dalla capacità di intendere o di volere)

II. Prodigalità (impulso patologico che compromette la capacità del soggetto di


valutare la rilevanza economica dei propri atti, fino a spingersi allo sperpero)

III. Abuso abituale di bevande alcoliche o stupefacenti


IV. Sordità o cecità
Il procedimento di inabilitazione è analogo a quello di interdizione con la differenza
che viene nominato un curatore provvisorio.

L’inabilitato può compiere autonomamente gli atti di ordinaria amministrazione


mentre per quelli di straordinaria necessita del curatore.
Il curatore non si sostituisce ma integra la volontà dell’inabilitato previo
ottenimento dell’autorizzazione giudiziale.
L’assistenza del curatore è sempre necessaria affinché l’inabilitato possa stare in
giudizio.

• L’emancipazione
Il minore ultrasedicenne che autorizzato dal tribunale contrae matrimonio
acquista automaticamente l’emancipazione.
La condizione giuridica dell’emancipato è analoga a quella dell’inabitato; questo
può compiere atti di ordinari amministrazione mentre per quelli di straordinaria
necessita dell’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Gli atti di straordinaria amm.
compiuti senza l’autorizzazione del curatore sono annullabili.

Se è sposato con persona di maggiore età questa ne è il curatore, in caso contrario


il giudice nomina per entrambi un curatore preferibilmente tra i genitori.

Lo scioglimento del matrimonio non far venir meni l’emancipazione, che cessa però
con il raggiungimento della maggior età.

• L’amministrazione di sostegno

Si apre con decreto motivato del giudice tutelare quando ricorrano


congiuntamente i seguenti presupposti:

I. Infermità o menomazione fisica o psichica della persona (presupposto


oggettivo)

II. Impossibilità per il soggetto, a causa di detta infermità o menomazione, di


provvedere ai propri interessi (presupposto soggettivo)

È aperta nei confronti del maggiore di età, essendo il minore già tutelato. Il decreto
di apertura può essere emesso anche nell’ultimo anno di minore età.
Il procedimento può essere promosso dallo stesso beneficiario, dal coniuge, dal

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convivente stabile, da parenti entro il quarto grado, affini entro sul secondo grado,
dal curatore/tutore, dal pubblico ministero o responsabili dei servizi sanitari e sociali
direttamente impegnati nella cura della persona.

Gli effetti decorrono dal deposito del decreto di apertura che è immediatamente
annotato dal cancelliere nel registro delle amministrazioni di sostegno, e entro dieci
giorni deve essere comunicato all’ufficiale di stato civile per essere annotato in
margine all’atto di nascita.

Gli effetti dell’interdizione e dell’inabilitazione sono prestabiliti dalla legge e


standardizzati mentre quelli dell’amministrazione di sostegno sono determinati di
volta in volta dal giudice tutelare.

Nell’atto di nomina dell’amministratore di sostegno il giudice tutelare indica inoltre,


a seconda della situazione:

I. Gli atti che l’amm. di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto
del beneficiario, che correlativamente perde la capacità di porli in essere
personalmente.

II. Gli atti cui l’amministratore di sostegno deve dare il proprio assenso,
prestando così assistenza al beneficiario, che correlativamente perde la capacità
di porli in essere da solo. Consegue l’annullabilità di quelli che avesse a
compiere autonomamente.

Con l’assistenza dell’amm. di sostegno il beneficiario conserva integra la propria


capacità d’agire.

Gli atti compiuti dall’amministratore in violazione di disposizione di legge o in


eccesso rispetto ai poteri conferitigli sono annullabili.

• L’incapacità naturale
Può capitare che un soggetto legalmente capace si trovi, nel momento in cui pone
in essere un atto, in una situazione di incapacità di volere e/o di intendere per
qualsivoglia causa permanente (es: soggetto con sindrome di Down o demenza nn
assoggettato da misure di protezione) o transitoria (sotto abuso di alcool o in stato
di shock).

Il soggetto legalmente capace di compiere un atto è comunque ammesso ad


impugnarlo, se prova che, nel momento in cui l’ha compiuto, versava in uno stato
di incapacità di intendere e/o di volere. La controparte non è invece autorizzata a
proporre la domanda di annullamento stipulato dall’incapace naturale.

Nel caso di:

I. Matrimonio, unione civile tra persone dello stesso sesso, testamento e


donazione, sono impugnabili nel caso in cui il soggetto dimostra che era
incapace di intendere e/o di volere nel momento in cui ha compiuto l’atto.

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II. Atti unilaterali (che fanno sorgere obblighi in capo a solo una/alcune delle parti)
sono annullabili se si dimostra che il soggetto era incapace di intendere e/o di
volere e che da tali atti è derivato un grave pregiudizio per l’incapace stesso.

III. I contratti sono annullabili se si dimostra che da un lato il soggetto era


incapace di intendere e/o di volere mentre li ha posti in essere e che l’altro
contraente era in malafede.

L’annullamento di atti unilaterali e contratti posti in essere in stato di incapacità


naturale può avvenire dal soggetto che l’ha posti in essere, una volta riacquisita la
capacità naturale, entro cinque anni dal loro compimento.

• La legittimazione

“Idoneità del soggetto a esercitare e/o disporre di un determinato diritto.”

Non sempre la legittimazione corrisponde con la titolarità del diritto.


Es: il mandatario può, in caso di urgenza, vendere le cose detenute per conto del
mandante. Ciò non produce l’invalidità dell’atto, in tal caso l’ordinamento si
accontenta dell’apparenza. (quando una determinata situazione manifesti e faccia
apparire reale una qualificazione giuridica che non corrisponde alla sua sostanza, e
specificamente un diritto soggettivo)

L’applicazione del principio dell’apparenza è possibile in tre presupposti:

I. una situazione di fatto non corrispondente ad una situazione di diritto;

II. Il convincimento di terzi che la situazione di fatto rispecchi la situazione di diritto

III. un comportamento colposo del soggetto effettivamente legittimato, che abbia


consentito il crearsi della situazione di apparenza.

• La sede delle persona

Il luogo in cui la persona fisica vive e svolge la propria attività ha per l’ordinamento
giuridico rilievo in ambito processuale e sostanziale. La legge (art 43 c.c.) distingue
tra:

- domicilio Luogo in cui la persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari
ed interessi. Si distingue in:
legale, se fissato direttamente dalla legge (es: il minore ha domicilio nel luogo di
residenza della famiglia o del tutore),
volontario, se concretamente eletto dall’interessato a centro della propria vita di
relazione.
In alcuni casi domicilio e residenza coincidono. Il domicilio generale, inteso
appunto come sede principale degli affari […] è unico. La legge consente però di
eleggere un domicilio speciale mediante dichiarazione per iscritto.

- dimora Luogo in cui la persona attualmente abita

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- residenza Luogo in cui la persona ha volontaria ed abituale dimora. Dipende
dall’elemento oggettivo della permanenza in un determinato luogo e
dall’elemento soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente.

L’interessato deve dichiarare all’anagrafe del comune in cui intende fissare la


dimora abituale il trasferimento della propria residenza.

• La cittadinanza

Situazione di appartenenza di una persona fisica ad un determinato Stato. (Più


inerente al diritto pubblico). La cittadinanza itali si acquista:

a. Iure sanguini: sono cittadini italiani figli di cittadino italiano; stesso vale per i figli
adottivi, anche se stranieri se almeno uno degli adottatari sia cittadino italiano.

b. Iure soli: sono cittadini italiani i nati nel territorio della Repubblica qualora
entrambi i genitori siano ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non acquisisce la loro
cittadinanza in base allo legge dello Stato di appartenenza di questi.

c. Iuris communicatio: il coniuge o i partner di unione civile tra persone dello


stesso sesso, straniero o apolide, di cittadino italiano che, dopo il matrimonio/
unione civile risieda da almeno due anni nella Repubblica, o dopo tre anni dal
matrimonio/unione civile se risiede all’estero.

d. naturalizzazione: concessa a un cittadino di uno Stato dell’UE che vive


legalmente in Italia da almeno quattro anni; all’apolide che risiede legalmente in
Italia da almeno cinque anni; allo straniero che risiede legalmente in Italia da
almeno dieci anni.

E’ consentito che un cittadino abbia doppia cittadinanza, è possibile inoltre perdere


la cittadinanza, ma nessuno può essere privato della cittadinanza per motivi politici.

Oltre alla cittadinanza nazionale, chiunque sia cittadino di uno Stato membro ha
anche cittadinanza europea.

• La posizione della persona nella famiglia


La parentela è il vincolo che unisce i soggetti che discendono dalla stessa persona,
o meglio stipite, non importa se nati all’interno o fuori da esso, ossia adottivi.

Il vincolo di parente viene indicato attraverso linee e gradi:

I. Ia linea retta unisce persone di cui una discende dall’altra, es: padre e figlio,
nonno e nipote.

II. la linea collaterale unisce le persone che pur avendo stipite comune non
discendono l’uno dall’altro, es: fratello e sorella, zio e nipote.

III. i gradi si contano calcolando le persone e togliendo lo stipite. La legge


riconosce effetti della parentela fino al sesto grado.

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L’affinità è il vincolo che unisce un coniuge e i parenti dell’altro coniuge. es:
marito e cognata. Il grado di affinità si stabilisce tenendo conto del grado di
parentela con cui l’affine è legato al coniuge.

La morte di uno dei due coniugi non stingue l’affinità, che cessa invece se il
matrimonio è dichiarato nullo. Tra coniugi non c’è né parentela né affinità ma un
rapporto detto coniugio.

• Scomparsa, assenza e morte presunta


La scomparsa è dichiarata con decreto dal tribunale quando concorrono seguenti
presupposti:

a. Allontanamento della persona dal luogo del suo ultimo domicilio o ultima
residenza

b. Mancanza di sue notizie oltre il lasso di tempo che può essere giustificato dagli
ordinari spostamenti di una persona.

Il tribunale procede con finalità di conservazione del patrimonio dello scomparso


e può ad esempio nominare un curatore che lo rappresenti in giudizio. Se lo
scomparso torna gli effetti della dichiarazione di scomparsa cessano senza la
necessita di una nuova pronuncia giudiziale.

L’assenza è dichiarata con decreto dal tribunale quando concorrono seguenti


presupposti:

a. Allontanamento della persona dal luogo del suo ultimo domicilio o ultima
residenza

b. Mancanza di sue notizie da oltre due anni.

Il tribunale se richiesto ordina l’apertura dei testamenti dell’assente. Gli eredi


possono richiedere l’immissione temporanea dei beni dell’assente, senza però
poterne disporne, avendone però il diritto di godimento e l’amministrazione.

La dichiarazione di assenza determina lo scioglimento della comunione legale, ma


non del matrimonio/unione civile.

Gli effetti della dichiarazione cessano se l’assente torna o ne è provata l’esistenza.


Ha diritto alla restituzione dei beni secondo gli atti di gestione e di disposizione, se
debitamente autorizzati, compiuti da chi era nel loro legittimo possesso.

La morte presunta è dichiarata con sentenza dal tribunale quando concorrano i


seguenti presupposti:

a. Allontanamento della persona dal luogo del suo ultimo domicilio o ultima
residenza

b. Mancanza di sue notizie da oltre dieci anni. Nei confronti di chi è scomparso per
infortunio sono sufficienti due anni (es: scomparsi in eventi bellici)

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Gli effetti sono quelli che la legge normalmente ricollega alla morte, i quali cessano
in caso di ritorno o nel caso in cui si provi l’esistenza della persona dichiarata morta
presunta. Quest’ultima recupera i propri beni, restano fermi gli atti di gestione e
disposizione fin qui compiuti. Il nuovo matrimonio/unione civile è nullo salvo per il
matrimonio putativo (è un matrimonio che produce gli effetti del matrimonio valido
fino alla pronunzia della sentenza di nullità).

• Gli atti dello stato civile


Le vicende più importanti della persona fisica sono documentate negli archivi
dello stato civile (i quali adempiono alla funzione di pubblicità notizia delle
principali vicende della persona fisica), tenuti presso ogni comune. Gli atti conservati
sono: la cittadinanza, la nascita, i matrimoni, le unioni civili, la morte.

Si iscrivono dunque, perlopiù le dichiarazioni che i privati rendono all’ufficiale di


stato civile. Sono atti pubblici, ciò che viene dichiarato, fino a prova contraria si
presume sia la verità, e forniscono prova di ciò che l’ufficiale di stato attesta
essere avvenuto in sua presenza o da lui compiuto. Hanno dunque funzione
probatoria in ordine ai temi sopra elencati.

Negli archivi dello stato civile si trascrivono inoltre provvedimenti di autorità


amministrative e giudiziarie, italiane e stranieri, in merito ai detti temi.

La rettifica di un atto contenente errori, la ricostruzione di un atto andato distrutto


o smarrito, la formazione di un atto omesso o la cancellazione di un atto
indebitamente registrato possono avvenire solo in forza di decreto motivato dal
tribunale.

Gli atti dello stato civile sono pubblici, dunque chiunque può consultarli e chiederne
estratti o certificati.

I DIRITTI DELLA PERSONALITÀ


• Nozioni e caratteri
I diritti inviolabili dell’uomo sono tutelati dallo Stato. I diritti del singolo sono tali
anche nei confronti degli altri consociati.
Il codice civile detta norme a tutela dell’integrità fisica, del nome e dell’immagine.
L’elenco dei diritti inviolabili è da un lato aperto, essendo ammissibili diritti della
personalità per così dire “atipici”, dall’altro storicamente condizionato.

Ai fini dell’individuazione di diritti che nel nostro ordinamento sono da considerarsi


inviolabili, svolgono un ruolo importante anche le norme di derivazione extrastatuale.

I diritti della persona si connotano dei caratteri:

- necessarietà, competono a tutte le persone fisiche dalla loro nascita alla loro
morte;

- imprescrittibilità, il non uso prolungato non ne determina l’estinzione;

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- assolutezza, implicano in capo a tutti i consociati un generale dovere di
astensione dal ledere l’interesse presidiato da detti diritti e sono tutelabili erga
omnes

- non patrimoniali, tutelano valori della persona non suscettibili di valutazione


economica

- dell’indisponibilità, non sono rinunciabili

• Diritto alla vita


Nella carta dei diritti fondamentali dell’UE si parla di diritto alla vita, che è definito
dalla nostra Corte costituzionale come il primo dei diritti inviolabili dell’uomo. Non
è semplice stabilire quando nasca il diritto alla vita poiché lo Stato tutela la vita
umana dal suo inizio, dal concepimento.

Il diritto a nascere trova tutela nei confronti dei soggetti diversi dalla madre, è
sanzionato colui che provochi un’interruzione di gravidanza senza il consenso
della donna manifestato secondo le modalità previste dalla legge.

Nei confronti della madre si distingue invece:

• L’interruzione volontaria di gravidanza entro i primi 90 giorni dal concepimento è


rimessa alla sua libera determinazione. Il medico, difronte alla richiesta
dell’interruzione di gravidanza le rilascia un documento firmato che attesta lo stato
di gravidanza e l’avvenuta richiesta, e la vita ad attendere sette giorni. Trascorsi i
sette giorni si può presentare per procedere all’interruzione di gravidanza secondo
il documento rilasciatole.

• L’interruzione volontaria di gravidanza dopo i 90 giorni può essere praticata


unicamente quando gravidanza/parto comportino un grave pericolo di vita per la
donna, o quando siano accertate grave anomalie e malformazioni del nascituro. In
tal caso il diritto del nascituro può essere sacrificato dell’interessa della madre
alla vita e all’integrità psico-fisica.

Suicidio Sebbene non vi è sanzione per chi consegue il suicidio o il tentato suicidio,
è invece reato l’istigazione o aiuto al suicidio.

Costituisce reato anche chi provochi la morte di altri, seppur col consenso di
questo, omicidio al consenziente.

È inoltre illecita la condotta di chi per motivi di pietà o con il suo consenso, al fine di
evitargli le sofferenze del processo patologico terminale pratica la c.d. eutanasia
attiva.

Diverso è il caso in cui l’interessato rifiuti il trattamento terapeutico necessario a


salvargli la vita o di interromperlo, sicché dall’esistenza al diritto alla salute
costituzionalmente garantito esiste il suo risvolto negativo cioè il diritto a non
curarsi e il diritto a lasciarsi morire finché la malattia segua il corso naturale fino
alla morte. In tal caso i medico è obbligato a seguire la volontà dell’assistito
contrario alle cure. Ciò presuppone però che l’interessato sia in grado di
manifestare consapevolmente e liberamente la propria intenzione.

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In caso contrario, in uno stato di urgenza, deve necessariamente ricevere le cure.
Passata l’emergenza la decisone del consenso/rifiuto spetta al suo rappresentante
legale. Nel caso in cui il rappr. rifiuti le cure che il medico ritenga invece appropriate
e necessarie la decisone è rimandata al giudice tutelare.

Al fine di non delegare tali scelte la legge consente al maggiorenne capace di


intendere e di volere di consegnare in maniera anticipata nella forma dell’atto
pubblico le proprie disposizioni anticipate di trattamento.
Il disponente può allo stesso modo indicare un fiduciario che lo rappresenti nelle
relazioni con il medico e le strutture sanitarie. Le DAT sono solo in parte vincolanti
per il medico nel caso in cui le direttive del fiduciario appaiano incongrue o vi siano
nuove terapie non prevedibili all’atto di sottoscrizione del DAT. In caso di conflitto
tra fiduciario e medico la decisione è rimessa al giudice tutelare.

Nel caso un paziente si trovi in una condizione patologica la cui evoluzione


potrebbe precludergli la possibilità di manifestare la su volontà egli può manifestare
in maniera anticipata il suo volere con la pianificazione condivisa delle cure, alle
quali, in caso di incapacità del paziente, il medico e la sua equipe dovranno
attenersi.

• Diritto alla salute


L’art. 32, comma 1, Cost definisce il diritto alla salute come fondamentale diritto
dell’individuo.
L’art. 3, comma 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’UE proclama che ogni
individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. Ciò implica per tutti i
consociati, l’obbligo di astenersi da condotte che possano cagionare ad altri
malattie, infermità o menomazioni.

Non sussiste invece il diritto di non nascere se non sano. Dunque chi sia nato con
una grave patologia non vanta di alcun diritto risarcitorio.

Nel diritto alla salute e all’integrità psicofisica vale il principio


dell’autodeterminazione. Nessuno è obbligato a ricevere un trattamento sanitario
se non per disposizione di legge.

Lo Stato è tenuto a risarcire chi, a causa di trattamenti, vaccinazioni


obbligatorie, abbia riportato lesioni o infermità da cui sia derivata una
menomazione permanente dell’integrità psicofisica.

Al di fuori dei casi eccezionali, i trattamenti sanitari sono volontari, richiedono il


consenso dell’avente diritto il quale può legittimamente rifiutare.
Affinché il consenso sia valido il paziente deve essere informato sulle sue
condizioni, e sui benefici e rischi derivanti dagli eventuali trattamenti. L’eventuale
inadempimento all’obbligo informativo lede il principio dell’autodeterminazione.

In ogni caso chi ha dato il suo consenso ha diritto di revoca in qualsiasi momento.

Limitazioni del principio di autodeterminazione Gli atti dispositivi del proprio


corpo sono consentiti a due condizioni:

a. Che non siano contrari alla legge;

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b. Che non cagionino una diminuzione permanente all’integrità fisica del soggetto.

Si fa eccezione per: il caso di espianto dal vivente del rene, parti di fegato, polmone
e pancreas al fine di favorire la pratica dei trapianti di organi, eliminando ostacoli
all’esercizio del dovere di solidarietà; interventi di modificazione di caratteri sessuali.

Le parti legittimamente staccate dal corpo sono beni autonomi di spettanza del
soggetto al cui corpo appartenevano.

Per il momento successivo alla morte, la persona può disporre in ordine alla
collocazione della propria salma, per testamenti o per iscrizione ad associazioni
che abbaino tra i propri fini statutari la creazione dei cadaveri dei propri associati, e
dichiarare la propria volontà in merito alla donazione di organi e tessuti. La mancata
dichiarazione corrisponde all’assenso.

• Diritto al nome
Il nome, costituito da prenome e cognome svolge la funzione di identificazione
sociale della persona e si colloca tra i valori fondamentali della persona anche in
merito alla protezione della sua identità.

Il figlio nato nel matrimonio assume il cognome del padre e il prenome attribuitogli
all’atto della dichiarazione di nascita all’ufficiale di stato civile. Se il dichiarante non
da prenome, vi supplisce l’ufficiale di stato civile. Viene attribuito il cognome del
padre sempre che, di comune accordo non si stabilisca di trasmettere al figlio
anche quello materno.

Il figlio nato al di fuori del matrimonio assume il cognome del genitore che per primo
lo ha riconosciuto. Se riconosciuto da entrambi nello stesso momento riceve quello
del padre o, in comune accordo anche quel della madre.

I bambini non riconosciuti da alcuno dei loro genitori assumono cognome e


prenome imposto dall’ufficiale di stato. Il figlio adottivo assume il cognome degli
adottanti.

A seguito del matrimonio, la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito
e lo conserva anche durante la separazione personale. Con lo scioglimento del
matrimonio per morte del marito, la moglie conserva il cognome fino a nuove nozze.

La donna divorziata perde il cognome maritale ma può chiedere l’autorizzazione a


mantenerlo quando sussista un suo interesse.

Le parti di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, mediante dichiarazione
all’ufficiale dello stato civile, per la durata della loro unione, posso scegliere un
cognome comune.

Il nome è tendenzialmente immodificabile. Il mutamento di nome e/o cognome o


l’aggiunta di altro nome e/o cognome possono essere concessi con decreto del
Prefetto della provincia del luogo di residenza del richiedente. In considerazione
della sua funzione di riconoscimento sociale il nome viene tutelato contro:

a. la contestazione che si ha quando un terzo compie atti volti a precludere e


ostacolare i soggetto nell’uso del nome legalmente attribuitogli;

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b. l’usurpazione che ha quando un terzo a cui è stato attribuito un nome diverso,
utilizza il nome di altri per indicare la propria persona; inoltre l’uso del cognome
altrui è vietato solo quando possa creare pregiudizio al suo legittimo titolare

c. l’utilizzazione abusiva si ha quando un terzo utilizzi il nome altrui per indicare


un personaggio di fantasia.

La vittima di contestazione, usurpazione o utilizzazione abusiva può chiedere la


cessazione del fatto visivo ed il risarcimento del danno, oltre che la
pubblicazione su uno o più giornali della sentenza che accerta l’illecito.

È analogamente tutelato lo pseudonimo.


L’avente del diritto di nome può concedere di utilizzare il proprio nome a fini
commerciali.

• Diritto all’integrità morale

La legge nazionale tutela anche con sanzioni (diffamazione) il diritto di ciascuno


all’onore (il valore sociale di un determinato soggetto, dato l’insieme delle sue doti
morali), al decoro (valore sociale di un determinato sogg., dato l’insieme delle sue
doti intellettuali, fisiche e altre qualità che concorrono a determinarne il prestigio
nell’ambiente in cui vive), alla reputazione (opinione che gli altri hanno dell’onore e
del decoro di un determinato soggetto, cioè la stima di cui un stesso gode in un
ambiente sociale.

Risulta illegittima qualsiasi espressione di mancato rispetto dell’integrità morale


della persona, manifestata attraverso parole, scritti, disegni, caricature, gesti, suoni
ecc. manifesta direttamente all’interessato o a terzi.

L’illiceità dell’offesa non viene meno se il fatto attribuito alla persona o il giudizio
espresso corrisponde a verità o sono di pubblico dominio.

Il diritto all’integrità morale cede di forte al diritto dell’informazione, la notizia


può essere legittimamente pubblicata, quando concorrano tre presupposti:

a. verità delle notizia;

b. utilità sociale dell’informazione;

c. continenza espositiva;

Notizie lesive all’integrità altrui possono essere pubblicate anche senza rispondere a
tali presupposti se vi è l’assenso dell’avente diritto. L’illegittima lesione dell’altrui
integrità morale ha invece l’obbligo di essere risarcita.

• Diritto all’immagine

Comporta il divieto per terzi di esporre, pubblicare, mettere in commercio il ritratti


altrui, ossia la rappresentazione delle sue sembianze senza il suo consenso. Tale
tutela comprende anche l’utilizzo del sosia di qualcuno per scopi commerciali.

Il consenso dell’effigiato vale solo a favore di colui cui è stato prestato e per il
tempo stabilito.

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Il consenso alla pubblicazione dell’immagine costituisce un negozio unilaterale,
che non ha ad oggetto il diritto d’immagine ma il suo esercizio. È revocabile in
qualsiasi momento.

È consentita la diffusione dell’immagine altrui senza consenso dell’interessato,


quando sia giustificata da:

a. La notorietà o dall’ufficio pubblico ricoperto dalla persona ritratta

b. Necessità di giustizia o polizia;

c. Scopi scientifici, didattici o culturali;

d. Collegamento a fatti, avvenimenti o cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in


pubblico.

In ogni caso la pubblicazione deve essere giustificata da esigenze di pubblicazione.

Il titolare può consentire l’uso della propria immagine non solo a titolo gratuito, ma
anche a titolo oneroso.

I contratti aventi ad oggetto il diritto dell’utilizzazione dell’immagine altrui richiedono


la forma scritta ad probationem.

Diritto alla riservatezza dei dati personali

La giurisprudenza tra i diritti inviolabili dell’uomo riconosce il diritto alla riservatezza


inteso come il potere dell’interessato di votare comportamenti di terzi volti a
sconoscere o far conoscere situazioni o vicende della propria vita personale o
familiare, anche se svoltesi al di fuori del proprio recinto domestico, che non
avessero un interesse socialmente apprezzabile.

Per dato personale si intende qualsiasi informazione che riguardi una persona
fisica identificata o identificabile, direttamente o indirettamente.

Per interessato si intente la persona fisica cui i dati personali si riferiscono.

Per trattamento si intende qualsiasi operazione o insieme di operazioni, compiute


con o senza l'ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali o insiemi
di dati personali, come la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la
strutturazione, la conservazione, l'adattamento o la modifica, l'estrazione, la
consultazione, l'uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o
qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l'interconnessione, la
limitazione, la cancellazione o la distruzione;

In via generale è previsto che:

a. l’interessato venga previamente informato circa le finalità del trattamento cui i


dati sono destinati

b. il trattamento personale dei dati avvenga solo se vi è il consenso presso


dell’interessato

c. l’interessato abbia diritto di ottenere da chiunque conferma se lo stesso abbia o


meno in corso un trattamento di dati personali che lo riguardano e, in caso

37
affermativo, di aver accesso e copia di detti dati, con indicazione delle finalità
del trattamento, dei destinatari cui i dati personali sono stati o saranno
comunicati, la fonte da cui gli sono stati raccolti ecc.

d. l’interessato abbia il diritto di ottenere la rettifica dei dati personali inesatti o


l’integrazione di quelli incompleti

e. l’interessato abbia il diritto di ottenere, senza ingiustificato ritardo, la


cancellazione dei dati che lo riguardano quando non più necessari rispetto
alle finalità per cui sono stati raccolti o trattati

f. i dati personali devono essere trattati in modo lecito corretto e trasparente;


adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per cui
sono trattati; trattati in maniera da garantire l’adeguata sicurezza, compresa la
protezione;

Chi si ritenga vittima di un illecito trattamento dei dati può rivolgersi o al Garante o
all’Autorità giudiziaria ordinaria.

• Diritto all’identità personale


Corrisponde al diritto di ciascun a vedersi rappresentato con i propri reali
caratteri, senza travisamenti della propria storia, delle proprie idee, della propria
condotta, del proprio stile di vita, dei proprio patrimonio intellettuale, ideologico ecc.

GLI ENTI
• Gli enti : soggettività giuridica e personalità giuridica
Oltre le persone fisiche anche gli enti sono “soggetti” di diritto. Un bene, una
responsabilità per atto illecito, un contratto possono dunque far capo
direttamente all’ente in quanto tale.

È dotata di soggettività giuridica quell’organizzazione cui l’ordinamento attribuisca


la capacità giuridica.

Si dicono dotati di personalità giuridica solo quegli enti che godono di autonomia
patrimoniale perfetta, hanno dunque il loro patrimonio e rispondono delle loro
obbligazioni solo con detto patrimonio.

Gli enti non possono agire che attraverso persone fisiche che fanno parte della
loro struttura organizzativa, tali persone si dicono organi dell’ente. È da escludere
che gli enti siano incapaci di agire.

Gli organi dell’ente si distinguono in interni ed esterni a seconda che abbiano o


meno il potere di rappresentanza dell’ente. Si distingue però il potere di gestione
(interno - poter decidere una determinata operazione) dal potere di rappresentanza
(esterno - potere di porre in essere in nome e per conto dell’essere).

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• Classificazione degli enti
Enti pubblici ( o persone giuridiche pubbliche): Stato, enti territoriali, Università
statali, INPS, INAIL, ACI, ISTAT e altri enti con varie strutture e finalità.

Non è sempre semplice distinguere tra un ente pubblico ed un ente privato,


l’ordinamento si limita dunque a dare una nozione funzionale e cangiante di ente
pubblico.
Gli enti pubblici, se almeno di regola possono operare attraverso l’esercizio di
potere pubblicistici, possono tuttavia avvalersi, come qualsiasi cittadino, di
strumenti privatistici.

Per gli enti privati si distingue tra:

a. enti registrati e non registrati - le vicende relative ai primi risultano registrate in


un pubblico registro accessibile a chiunque ne faccia richiesta.
b. enti dotati di personalità giuridica e privi di pers. giuri. - i primi a differenza
dei secondi godono di autonomia patrimoniale perfetta.
c. enti a struttura associativa e a struttura istituzionale - i primi danno vita a
un’organizzazione stabile a più soggetti per l’organizzazione di un’attività volta al
perseguimento di un fine comune; i secondi danno vita ad un’organizzazione
stabile per la gestione di un patrimonio, finalizzata al perseguimento di scopi
altruistici.
d. enti con finalità economiche e senza finalità economiche- i primi hanno
come scopo la ripartizione tra i partecipanti dell’utile conseguito mediante
l’attività svolta dall’ente stesso (società lucrative), mentre nei secondi la
ripartizione di utili o vantaggi economici è statutariamente esclusa.

Nel codice civile gli enti con finalità economiche, che svolgono dunque attività
d’impresa sono regolati dal libro quinto; gli enti senza finalità economiche nel libro
primo.

Tra gli enti privati senza finalità economiche la legge distingue: associazioni,
fondazioni, comitati e altre istituzioni di carattere privato.

• Il fenomeno associativo

L’art.18 comma 1, della Costituzione proclama che i cittadini hanno il diritto di


associarsi liberamente senza autorizzazione. La Costituzione affida alla repubblica il
compito di garantire i diritti inviolabili dell’uomo anche all’interno delle formazioni
sociali.
• Associazioni e società
L’associazione è un’organizzazione collettiva che ha come scopo il perseguimento
di finalità non economiche, costituisce il tipo ente non profit, è escluso il lucro
soggettivo. Anche le associazioni possono svolgere attività economica di
produzione o scambio di beni/servizi solo in condizione che sia escluso il lucro
soggettivo.

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La società si differenzia invece poiché, pur essendo un’organizzazione collettiva
con comune scopo, è caratterizzata o da uno scopo lucrativo, cioè di dividere tra
i partecipanti gli utili conseguiti attraverso l’esercizio in comune di un’attività
economica, o da uno scopo naturalistico, di attribuire cioè ai partecipanti vantaggi
di natura economica.

L’impresa sociale è quella che esercita in via stabile e principale una o più attività
di interesse generale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di
utilità sociale.

La società benefit sono società che oltre allo scopo lucrativo, perseguono anche
finalità di beneficio comune, si trovano dunque in un’area intermedia tra profit e
non profit.

Non va confuso lo scopo con l’attività svolta.

• L’associazione riconosciuta
L’associazione riconosciuta prende vita in forza di un atto di autonomia, un
contratto tra fondatori, ossia un atto costitutivo, che deve rivestire la forma
dell’atto pubblico.

Esso deve contenere oltre alla manifestazione di volontà : la denominazione


dell’ente; scopo, patrimonio e sede; norme sull’ordinamento e sull’amministrazione;
diritti e obblighi degli associati; condizioni di ammissioni all’associazione.

L’atto costitutivo e statuto devono essere presentati alla prefettura della provincia
in cui è stabilita la sede, insieme alla richiesta di riconoscimento dell’associazione
come persona giuridica.
Al fine di tale riconoscimento, la prefettura deve verificare: che lo scopo sia
possibile e lecito; che il patrimonio sia adeguato alla realizzazione dello scopo.
Nell’ipotesi di esito positivo il prefetto provvede all’iscrizione dell’associazione nel
registro delle persone giuridiche.

L’ordinamento interno dell’associaz. riconosciuta deve avere almeno due organi:


l’assemblea degli associati e gli amministratori.

L’assemblea ha competenza per le modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto,


per l’approvazione del bilancio, […] per tutte le materie che siano alla stessa
demandate dall’istituto.

Gli amministratori hanno competenza per la gestione dell’attività associativa e


rappresentano l’associazione nei confronti di terzi.

Il patrimonio dell’associazione è formato dai cespiti conferiti in origine dai


fondatori, le quote di ammissione/iscrizione eventualmente versate dagli associati,
apporti di privati…

Il patrimonio dell’associazione distinto dal patrimonio personale degli associati, non


hanno alcun diritto sul patrimonio dell’associazione. Per le obbligazioni
dell’associato non risponde l’associazione con il su patrimonio e viceversa.

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L’accordo associativo è aperto all’adesione di terzi data la struttura aperta
dell’organizzazione. Una volta entrato nell’associazione, l’associato ha il diritto di
rimanervi e non può essere escluso se non per gravi motivi. Egli ha pero il diritto di
recedere in qualsiasi momento. Nel caso i cui abbia assunto l’obbligo di rimanere
nell’associazione per un tempo determinato la recessione può avvenire per giusta
causa.

L’associazione si estingue per raggiungimento dello scopo, impossibilità della


sua realizzazione, venire meno di tutti i suoi associati. Il verificarsi di una di tali
cause viene accertato dal prefetto. Una volta dichiarata l’estinzione di procede alla
liquidazione del suo patrimonio, con il pagamento dei debiti dell’associaz. stessa.
Si procede poi con la cancellazione dell’ente dal registro delle persone giuridiche.

• L’associazione non riconosciuta


Prende vita in forza di un atto di volontà tra i fondatori, l’iter formativo si completa
con l’accordo tra i fondatori. Non acquista personalità giuridica ma gode di una
sua soggettività.

Ordinamento interno e amministrazione, ossia la disciplina dei rapporti tra associati


e associazione sono integralmente rimessi agli accordi degli associati.

L’associaz. non riconosciuta ha un suo fondo comune , distinto dal patrimonio degli
associati, che non possono dunque chiederne la divisione ne pretendere una quota
in caso di recesso.

• La fondazione
È un organizzazione stabile che si avvale di un patrimonio per il perseguimento di
un scopo non economico e di pubblica utilità. Trae vita anch’essa da un atto di
autonomia che però in questo caso è un atto unilaterale, l’atto di fondazione.

Questo può essere:

a. inter vivos quando riveste forma dell’atto pubblico; è revocabile dal fondatore
fino a quando non sia avvenuto il riconoscimento.

b. contenuto in un testamento il quale diverrà efficace solo al momento


dell’apertura della successione e fino a quel momento potrà essere revocato dal
testatore.

L’atto di fondazione, oltre alla manifestazione di volontà deve contenere altre


informazioni come denominazione dell’ente, scopo, patrimonio ecc. le quali
possono trovarsi un documento separato quale lo statuto.

Essenziale per la fondazione è che sia dotata di un patrimonio, distinto da quello


del fondatore, donato in modo definitivo e irrevocabile e con vincolo di
destinazione.

Per il riconoscimento e l’acquisto della personalità giuridica valgono le stesse regole


dell’associazione riconosciuta. A differenza delle associaz. però le fondazioni non
possono operare come non riconosciute.

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Per il raggiungimento dello scopo la fondazione svolge un’attività, che
tradizionalmente si limitava alla gestione del patrimonio al fine di devolverne le
rendite alle finalità statutariamente previste. Oggi possono anche svolere attività
d’impresa.

È gestita da un organo amministrativo.

Quando si verifica una causa di scioglimento la fondazione modifica il suo scopo.

• Il comitato

È un’organizzazione di più persone che, solitamente attraverso raccolta pubblica


di fondi, costituisce un patrimonio con il quale realizzare finalità di natura
altruistica. Nasce da un accordo associativo.

L’attività del comitato si svolge in due fasi:

1. i promotori annunciano al pubblico il programma volto a perseguire un


determinato scopo invitando gli interessati ad effettuare offerte di denaro o altri
beni.

2. gli stessi promotori, indicati nel programma, gestiscono i fondi raccolti per la
realizzazione dello scopo annunciato nel programma.

Il patrimonio è di regola costituito dai fondi pubblicamente raccolti, su cui grava un


vincolo di destinazione allo scopo programmato.

Il codice civile prevede che il comitato possa vivere come ente non riconosciuto
dotato di semplice soggettività, oppure una volta raccolti i fondi sufficienti allo
scopo programmato richiedere e ottenere il riconoscimento e la personalità
giuridica.

Per le obbligazioni del comitato risponde solo il suo patrimonio, autonomia


patrimoniale perfetta.

Altre istituzioni di carattere privato


La personalità giuridica agli effetti civili è attribuita anche agli enti ecclesiastici
civilmente riconosciuti, appartenenti alla Chiesa Cattolica, per il quale è prevista
l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche.

• Terzo settore
Nasce a partire dagli anni ’70. Ente del terso settore, ETS è definito come l’ente di
carattere privato che, senza scopo di lucro, persegue finalità civiche,
solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento in via esclusiva o principale
di una o più attività di interesse generale.

Agli ETS è di regola consentito svolgere attività di impresa sia invia esclusiva o
principale, sia in via secondaria e strumentale rispetto a quella di interesse generale.
Devono redigere il bilancio d’esercizio depositandolo presso il registro unico
nazionale del terzo settore.

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È precluso il lucro soggettivo, e di conseguenza gli ETS devono assumere una
delle forme giuridiche contemplate nel libro I del codice civile (associaz., fondazione
o altri enti di carattere privato diversi dalle società).

Esistono una serie di figure tipiche di ETS, in riferimento a ciascuna delle quali
esiste una disciplina particolare:

a. organizzazioni di volontariato (possono assumere solo la forma di associaz.


riconosciuta o non) svolgono una o più attività di interesse generale a favore di
terzi estranei all’associaz., avvalendosi dell’attività di volontariato svolta
gratuitamente dai propri associati

b. associaz. di promozione sociale (associaz. riconosciuta o non) svolgono


attività di interesse generale in favore dei propri associati, familiari o di terzi
avvalendosi dell’attività svolta a titolo gratuito dai propri associati.

c. enti filantropici (associaz. riconosciuta o fondazione) svolgono attività di


erogazione di denaro, beni, servizi a sostegno di categorie di persone
svantaggiate o di attività di interesse generale.

d. imprese sociali (schemi organizzativi del libro I o V del cc) esercitano attività di
impresa in via stabile e principale in determinati settori

e. cooperative sociali (possono assumere solo la forma di società cooperative)


operano nei settori socio-sanitari, educativi e delle attività finalizzate
all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate

f. reti associative (associaz riconosciuta o non ) svolgono attività di


coordinamento, tutela, rappresentanza, promozione o supporto degli enti del
terzo settore loro associati

g. società di mutuo soccorso (società lucrative di capitali, ma non possono


svolgere attività d’impresa) svolgono attività di erogazione di contributi, sussidi e
servizi in favore dei soci e loro familiari.

Il principio di sussidiarietà (art.118 Cost) prevede che "Stato, Regioni, Province,


Città Metropolitane e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli
e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del
principio della sussidiarietà”.

Tale principio implica che le diverse istituzioni debbano creare le condizioni


necessarie per permettere alla persona e alle aggregazioni sociali di agire
liberamente nello svolgimento della loro attività. L'intervento dell'entità di livello
superiore, qualora fosse necessario, deve essere temporaneo e teso a restituire
l'autonomia d'azione all'entità di livello inferiore.

I diritti della personalità sono in genere riconosciuti anche agli enti, che siano
dotati di personalità giuridica o meno ( fatta eccezione per i diritti indissolubilmente
legati alla corporeità della persona fisica).

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L’OGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO (Cap VIII)

• Il bene
Bene e cosa sono due concetti distinti. Cosa è una parte di materia, non ogni
cosa è un bene. Un bene è solo la cosa che possa essere fonte di utilità e
oggetto di appropriazione.

Non sono beni: le cose delle quali non si è in grado, allo stato, di trarre vantaggio a
qualcuno (es: stelle, giacimenti su altri pianeti); le cose di cui tutti possono fruire,
senza impedire una pari fruizione da parte degli altri consociati (es: luce del sole,
vento, acqua degli oceani)

art 810 c.c. : sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti.

Le cose che possono essere oggetti di diritti reali, che si distinguono per la loro
suscettibilità di valutazione economica e la loro corporeità, sono i c.d. beni
materiali o corporali. In tale categoria il legislatore riconosce anche le energie
naturali purché abbiano valore economico (es: energia elettrica).

Gli stessi diritti vengono considerati per i beni immateriali quando questi possono
formare oggetto di negoziazione, es: il credito, la quota di una S.r.l., gli strumenti
finanziari destinati alla negoziazione sui mercati finanziari per i quali la legge impone
la dematerializzazione.

Il discorso vale anche per i dati personali, il contenuti delle banche dati e le c.d.
opere dell’ingegno, ossia opere letterarie, scientifiche, didattiche, musicali..

Beni immateriali sono considerati la ditta, l’insegna, il marchio, le invenzioni e gli altri
possibili oggetti di proprietà industriale.

Anche un idea può, a certe condizioni, diventare un bene come nel caso del
know-how, ossia il patrimonio di informazioni, nozioni utili per attuare un processo
produttivo, per acquisire un vantaggio competitivo sul piano organizzativo o
commerciale, ecc.

I beni si distinguono in:

a. immobili il suolo e tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al


suolo stesso. Vi sono alcune eccezioni per beni considerati immobili ma non
incorporati al suolo come: mulini, bagni ed edifici galleggianti quando siano
saldamente ancorati alla riva o all’alveo per destinazione permanente.

b. mobili tutti gli altri beni compresi le energie.

Alcune vicende relative ad alcune categorie di beni, i beni registrati, sono iscritte
nei registri pubblici.

Una particolare categoria di beni è individuata dai prodotti finanziari, i quali fanno
riferimento a tutte le forme di investimento di natura finanziaria esclusi depositi
bancari e postali non rappresentati da strumenti finanziari (come azioni,
obbligazioni, titoli di debito emessi da società di capitali…)

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I beni possono altresì dividersi in:

a. fungibili (o di genere o generici) che sono individuati con esclusivo riferimento


alla loro appartenenza ad un determinato genere. Possono essere sostituiti
indifferentemente con altri, non importa avere proprio quel bene, ma una data
quantità di beni di quel genere (es: banconote per 100€)

b. infungibili sono invece individuati dalla loro specifica identità; tali sono di regola
i beni immobili.

La fungibile o infungibilità dipende dalla natura dei beni ma può derivare anche dalla
volontà delle parti, le quali possono attribuire carattere infungibili ad un bene che
dovrebbe essere fungibile.

I beni si distinguono anche in:

a. consumabili i quali non possono arrecare utilità all’uomo senza perdere la loro
individualità (es: cibo)

b. inconsumabili i quali sono suscettibili di plurime utilizzazioni senza essere


distrutti nella loro consistenza a meno che non si deteriorino con l’uso.

I beni consumabili sono anche detti beni a fecondità semplice, i beni incolmabili
sono anche detti beni ad utilità permanente o a fecondità ripetuta.

Si distinguono ancora i beni:

a. divisibili ossia quelli suscettibili di essere ridotti in parti omogenee senza che se
ne alteri la destinazione economica (es: appezzamento di terreno, quota
sociale, forma di formaggio ecc.)

b. indivisibili non rispondo a tale caratteristica (es: un animale vivo, un quadro,


un’autovettura).

Tale nozione ha particolare importanza in caso di contitolari di diritti su un bene,


poiché mentre se il bene divisibile si può sempre ottenere lo scioglimento della
comunione mediante l’assegnazione delle sue parti,

per il bene indivisibile lo scioglimento della comunione avviene soltanto o con


l’attribuzione dell’intero bene tra i condividenti che facciano congiuntamente
richiesta con debito dell’eccedenza a beneficio degli esclusi, oppure con la vendita
del bene e la successione ripartizione del ricavato tra gli aventi di diritto.

Altra distinzione:

a. beni presenti ossia già esistenti in natura, gli unici a poter formare oggetto di
proprietà o di diritti reali

b. beni futuri ossia non ancora presenti in natura (es: casa progettata
dall’architetto ma non ancora costruita) , i quali possono formare oggetto solo di
rapporti obbligatori.

Nel caso di acquisto di un bene futuro, se questo non viene ad esistenza, esso
non produce effetto e nessun corrispettivo è dovuto all’altra parte.

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Situazione si verifica se due parti che si affidano alla sorte (contratto aleatorio)
comprano ciò che si ricovera dal getto di una rete, quindi lo stesso prezzo sarà
dovuto sia nel caso in cui la rete esca piena di pesci o vuota.

• I frutti

Si distinguono in due categorie:

a. i frutti naturali che sono prodotti direttamente da altro bene (prodotti agricoli,
parti di animali, prodotti di miniere) vi concorra o meno la mano d’opera
dell’uomo. Perche si possa parlare di frutti occorre che la produzione abbia
carattere periodico e non incida né sulla sostanza né sulla destinazione
economica della cosa madre.

Finche non avviene la separazione del bene che li produce i frutti naturali si dicono
pendenti e non hanno ancora esistenza autonoma. Sono considerati beni futuri e
possono essere unicamente oggetto di rapporti obbligatori. Acquisiscono la loro
individualità con la separazione e diventano oggetto di autonomo diritto di
proprietà che spetta al proprietario della cosa-madre salvo che non abbia già
disposto a favore di altri.

Se le spese per la produzione/raccolto dei frutti sono sostenute da persona diversa


da quella cui spetta il diritto di proprietà, quest’ultima è tenuta al relativo rimborso
sempre che tali spese non superino il valore dei frutti, altrimenti il rimborso spetta
fino al limite di tale valore.

b. i frutti civili sono quelli che si ritraggono dalla cosa come corrispettivo del
godimento che altri ne abbia. es: se do il mio appartamento in locazione ad altri e
questi mi paga un corrispettivo ricavo un quid che non è naturalmente prodotto da
essa, ma sostituisce l’utilità che avrei ricavato dalla cosa.à

I frutti civili si acquistano giorno per giorno, in ragione della durata del diritto.

• Combinazione di beni
I beni possono esser impiegati dall’uomo separatamente o insieme o collegati ad
altri. Da qui nasce una serie di distinzioni, come quella tra:

a. bene semplice i cui eletti sono talmente compenetrati tra loro che non possono
essere staccati senza distruggerne o alterarne la fisionomia del tutto. (es:
animale, una pianta, un fiore)

b. bene composto quello risultante dalla connessione materiale o fisica di più


cose, ciascuna delle quali potrebbe essere staccata dal tutto ed avere
autonoma rilevanza economica (es: autovettura)

Nell’ipotesi di vendita di un bene composto, nel caso i cui i singolo elementi che lo
compongono appartengano a un proprietario diverso bisogna distinguere: se il tutto
è una cosa mobile il proprietario può rivendicarlo; se invece è un immobile i singoli

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elementi diventano di proprietà del titolare dell’immobile salvo indennizzo o
risarcimento.

• Le pertinenze
Se una cosa è posta ad ornamento o servizio di un’altra senza rappresentarne
elemento indispensabile per la sua esistenza, ma ne accresce l’utilità o il pregio, si
parla di pertinenza.

Per la costituzione del rapporto pertinenziale devono concorrere:

a. un elemento oggettivo: il rapporto di servizio/ornamento tra cosa accessoria e


principale, la prima deve arrecare utilità alla seconda

b. un elemento soggettivo: la volontà espressa o tacita, di effettuare la


destinazione dell’una cosa a servizio/ornamento dell’altra

Può intercorrere tra immobile e immobile, mobile e immobile o mobile e mobile.


L’una cosa ha carattere accessorio rispetto l’altra, se manca tale vincolo di
accessorietà non vi è pertinenza. Tale vincolo deve essere durevole, non
occasionale e deve essere posto in essere da chi è proprietario della cosa
principale, da chi ha dunque un diritto reale su essa.

Secondo il principio enunciato dalla giurisprudenza, per la configurazione di tale


rapporto, la cosa accessoria dovrebbe appartenere al proprietario della cosa
principale.

Tuttavia il vincolo tra le due cose non pregiudica i diritti che i terzi abbiano sulla
cosa destinata alla funzione pertinenziale, questi possono rivendicare la propria
cosa.

I terzi proprietari delle pertinenze possono rivendicarle contro il proprietario della


cosa principale.

La cessazione della qualità di pertinenza non è opponibile ai terzi che abbiano


anteriormente acquistato diritti sulla cosa principale.

Se vendo un bene, l’atto ha ad oggetto anche le pertinenze, anche se di queste non


si faccia cenno, sempre che le parti non manifestino diversa volontà.

• Le universalità patrimoniali
L’art 816 c.c.c definisce universalità la pluralità di cose mobili che appartengono
alla stessa persona, e hanno una destinazione unitaria (libri di una biblioteca, quadri
di una pinacoteca).

É distinta dalla “cosa composta” perche non vi è coesione fisica tra le varie cose, e
dal “complesso pertinenziale” in quanto le cose non si trovano in rapporto di
subordinazione l’una con l’altra.

Sono disciplinate da un regime differente da quello che disciplina i singoli beni


mobili. Il possesso di un’universalità di beni mobili può essere ad esempio tutelato
con l’azione di manutenzione, che non è invece concessa per i singoli beni mobili.

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La dottrina distingue tra universalità di fatto, che è costituita da più beni mobili
unitariamente considerati, e universalità di diritto, è costituita da più beni, o
rapporti giuridici, in cui la riduzione ad unità è operata dalla legge che, sotto alcuni
profili considera unitariamente l’insieme di tali beni e rapporti.

• Il patrimonio
In senso giuridico il patrimonio è il complesso dei rapporti attivi e passivi,
suscettibili di valutazione economica, facenti capo ad un soggetto.

Non è considerato un bene unico, non è dunque un universitas.

Ogni soggetto ha un patrimonio ed un patrimonio solo, con il quale risponde propri


debiti.

Il singolo può staccare beni o rapporti giuridici (che continuano ad appartenere allo
stesso soggetto) dal proprio patrimonio per riservarli a creditori, solo nei casi
previsti dalla legge. Detti cespiti o categorie di cespiti separati dal patrimonio
prendono appunto il nome di patrimonio separato.(es: beni costituiti in fondo
patrimoniale).

Invece il patrimonio autonomo riguarda il fenomeno del distacco di una parte di


patrimonio, che viene attribuito ad un nuovo soggetto mediante la creazione di una
persona giuridica o un ente.

• Beni pubblici, beni comuni, beni collettivi, beni degli enti ecclesiastici
Di beni publici si pala in due sensi:

a. beni appartenenti ad un ente pubblico, c.d. beni pubblici in senso soggettivo

b. beni assoggettati ad un regime speciale diverso dalla proprietà privata, per


favorire il raggiungimento dei fini pubblici cui quesi cespiti sono destinati, c.d.
beni pubblici in senso oggettivo.

Sono pubblici in senso oggettivo i beni demaniali e i beni del patrimonio


indisponibili.
I beni demaniali si distinguevano tradizionalmente in:
beni immobili del demanio necessario, che appartenevano necessariamente allo
Stato (es: demanio marino: lido del ,are, spiagge, porti);
e beni immobili e universalità di mobili del demanio accidentale, che possono
appartenere anche a privati e sono demaniali solo se appartengono allo Stato o
altro ente pubblico territoriale. (demanio stradale, culturale, aeronautico..).

In quanto destinati al soddisfacimento di interessi imputati alla collettività


rappresentata da enti territoriali, sono assoggettati ad un regime particolare, no
possono per esempio formare oggetto di negozi di diritto privato.

I beni non demaniali appartenenti ad un ente pubblico, si definiscono beni


patrimoniali e a loro volta si distinguono in:

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a. beni, immobili e mobili, del patrimonio indisponibile (es: foreste, miniere, cave,
cose mobili di interesse storico, archeologico…) che on possono essere sottratti
dalle rispettive destinazioni se non con le modalità previste dal diritto pubblico
se non con le modalità previste dal diritto pubblico; non possono essere oggetto
di usucapione.

b. beni del patrimonio disponibile che non sono destinati direttamente ed


immediatamente al perseguimento dei fini pubblici e sono soggetti alla norme
del codice civile.

Un principio di tutela vale anche per i beni comuni, ossia quelli che per loro natura
o finalizzazione risultano funzionali al perseguimento e alla realizzazione di interessi
della collettività e per i quali, proprio per questo, viene assicurato un uso diretto da
parte della collettività stessa. es:strade vicinale di proprietà privata ma soggette al
pubblico transito.

Il regime giuridico dei beni collettivi è caratterizzato invece dall’inalienabilità,


dall’indivisibilità, dall’inusucapabilità, dalla perpetua destinazione
agro-silvo-pastorale, dall’affidamento ala relativa amministrazione ad enti
esponenziali delle collettività titolari, cui è riconosciuta personalità giuridica di diritto
privato ed autonomia statutaria.

Ai beni degli enti ecclesiastici trovano applicazione le norme del codice civile, se
non diversamente disposto dalle leggi speciali. Il regime giuridico delle chiese
destinate all’esercizio pubblico del culto cattolico può appartenere anche a privati. Il
titolare del diritto di proprietà può godere del proprio diritto nel limite in cui ciò non
ostacoli le esigenze del culto.

IL FATTO, L’ATTO ED IL NEGOZIO GIURIDICO (Cap IX)


• I fatti giuridici
Per fatto giuridico si intende qualsiasi avvenimento cui l’ordinamento ricolleghi
conseguenze giuridiche.
Si distinguono in fatti materiali (quando si verifica un mutamenti della situazione
preesistente in rerum natura, nel mondo esterno fisico o sensibile, percepibile
dall’uomo con i sensi; es: abbattimento di un albero),

e fatti in senso ampio, comprensivi di omissioni (es: mancato esercizio di un


diritto che, nel tempo conduce alla estinzione del diritto per prescrizione), dei fatti
interni o psicologici.

Si parla di fatti in senso stretto o naturali quando determinate conseguenze


giuridiche sono poste in relazione ad un certo evento senza che assuma rilievo se
sia intervenuto o meno l’uomo.

Si parla invece di atti giuridici se l’evento causativo di conseguenze giuridiche


consiste in un’azione umana.

La giuridicità del fatto dipende dunque dalla circostanza che da un dato evento
derivi, secondo una norma giuridica, un certo effetto giuridico.

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• Classificazione degli atti giuridici
Si distinguono in due grandi categorie: gli atti leciti, cioè conformi alle prescrizioni
dell’ordinamento, e gli atti illeciti, compiuti in violazione di doveri giuridici e che
producono la lesione del diritto soggettivo altrui.

Gli atti leciti si suddistinguono in operazioni (o atti reali o materiali o


comportamenti) che consistono in modificazioni del mondo esterno, e
dichiarazioni, che sono atti diretti a comunicare ad altri il proprio pensiero, il
proprio stato d’animo o la propria volontà.

Tra le dichiarazioni, maggiore importanza va attribuita ai negozi giuridici, ossia le


dichiarazioni con cui i privati esprimono la volontà di regolare in un determinato
modo i loro interessi, mediante la produzione di effetti giuridici (es: assumendo
un’obbligazione, rinunciando ad un diritto…).

Le dichiarazioni di scienza non sono quelle con cui si esprime la propria volontà,
ma si comunica di essere a conoscenza di un atto o di una situazione del passato,
della quale il dichiarante afferma di essere a diretta conoscenza (es: confessione).

Tutti gli atti umani consapevoli e volontari, che non siano negozi giuridici, si dicono
atti giuridici in senso stretto. I loro effetti giuridici sono disposti dall’ordinamento,
senza riguardo all’intenzione di colui che li pone in essere.

Per la validità di questi atti, salva diversa disposizione legislativa, non è richiesta la
capacità d’agire, ma è sufficiente la capacità di intendere e volere al momento
dell’atto.

Una particolare categoria è costituita dagli atti dovuti o satisfattivi, che consistono
nell’adempimento di un obbligo.

• Il negozio giuridico
Con ciò si indica tradizionalmente una dichiarazione di volontà con la quale
vengono enunciati gli effetti perseguiti, intento empirico, ed alla quale
l’ordinamento giuridico ricollega effetti giuridici conformo al risultato voluto dal o dai
dichiaranti.

In tal modo ai privato è attribuito, entro i limiti previsti dalla legge, il potere di creare
una regola giuridica dei loro rapporti e di produrre modificazioni della situazione
giuridica preesistente.

Nel codice civile non è dedicata un’apposita disciplina al negozio giuridico sebbene
vi siano regolate varie figure negoziale come il contratto, il testamento, il
matrimonio, ecc.

• Classificazione dei negozi giuridici:


a. in relazione alla struttura soggettiva
Se il ng è perfezionato con la dichiarazione di una sola parte si dice unilaterale (es:
testamento o atto costitutivo di una fondazione).

La nozione di parte è distinta da quella di individuo, essa si riferisce ad un centro di


interessi.

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Si ha atto collegiale, quando vi sono dichiarazioni di volontà dirette a formare la
volontà di un organo pluripersonale di una persona giuridica o di una collettività
organizzata di individui. Nell’atto collegiale si applica il principio della
maggioranza.

L’atto complesso consta invece di più volontà tendenti ad un fine comune, ma


queste volontà si fondono per formarne una solo. Ad esempio la volontà
dell’inabilitato e del suo curatore.

I negozi giuridici unilaterali si distinguono in recettizi, se per produrre l’effetto la


dichiarazione negoziale deve pervenire a conoscenza di una determinata persona,
alla quale deve essere dunque comunicata (es: la disdetta);
e non recettizi se producono un effetto indipendentemente dalla comunicazione ad
uno specifici destinatario (es: riconoscimento di un figlio nato fuori dal matrimonio).

Il negozio plurilaterale presuppone la presenza di almeno tre parti, ciascuna delle


quali si rende portatrice autonoma di interesse, e non deve essere confuso con il
caso in cui un contratto bilaterale abbia struttura pluri-soggettiva.

b. in relazione alla funzione


Ulteriore distinzioni del ng si ricollegano alla sua funzione o causa.

Si distinguono i negozi mortis causa, i cui effetti presuppongono la morte di una


persona, dai negozi inter vivos.

A seconda che si riferiscano ad interessi economici o meno si distinguono negozi


patrimoniali o a contenuto patrimoniale, dai negozi patrimoniali.

I negozi di attribuzione patrimoniale si distinguono in negozi di disposizione, che


importano un’immediata diminuzione del patrimonio mediante alienazione o
rinunzia, e negozi di obbligazione che generano la nascita di un obbligazione.

I negozi di disposizione si distinguono a loro volta in negozi traslativi,( se attuano il


trasferimento del diritto a favore di altri), traslativo-costitutivi (se costituiscono un
diritto reale limitato di un bene del disponente), e abdicativi.

I negozi di accertamento si propongono invece solo di risolvere controversie e


dubbi sulla questione giuridica esistente. Ha effetto retroattivo.

• Negozi a titolo gratuito e a titolo oneroso

Il codice non definisce la definizione di gratuito e oneroso, si qualifica comunque


come negozio a titolo oneroso quando un soggetto, per acquistare qualsiasi tipo di
diritto, beneficio o vantaggio, accetta un correlativo sacrificio,

mentre si dice a titolo gratuito il negozio per effetto del quale un soggetto
acquisisce un vantaggio senza alcun correlativo sacrificio.

In genere l’acquirente a titolo gratuito è protetto meno intensamente di quello a


titolo oneroso. La gratuità non coincide con la liberalità che rappresenta la causa

51
della donazione e connota e si connota per l’intento di arricchire il beneficiario di
un’attribuzione patrimoniale.

• La rinunzia
Negozio abdicativo è la rinunzia, che è la dichiarazione unilaterale del titolare di
un diritto soggettivo, diretta a dismettere il diritto stesso senza trasmetterlo ad altri.
Non è escluso comunque che poi altri possa avvantaggiarsi della rinunzia.

La rinunzia va distinta dal rifiuto, che si caratterizza per il fatto che o il diritto non è
ancora presente nella sfera del dichiarante, e dunque il soggetto in realtà impedisce
che vi faccia ingresso (rifiuto impeditivo), oppure il diritto dimesso, non è ancora
pienamente stabile, ossia è suscettibile di essere rimosso con effetto retroattivo
(rifiuto eliminativo).

• Elementi del negozio giuridico

Gli elementi del negozio giuridico si distinguono in essenziali, senza i quali il


negozio giuridico è nullo, ed accidentali, che le parti sono libere di apporre o meno.

In reazione al contratto, gli elementi essenziali si chiamano requisiti, e la mancanza


di uno di essi ne comporta la nullità. Gl elementi essenziali si dicono generali se si
riferiscono ad ogni tipo di contratto, altrimenti si dicono particolari.

Elementi accidentali sono la condizione, il termine e il modo.

Nella dottrina meno recente era solito aggiungere anche la categoria degli elementi
naturali. Si tratta in realtà di effetti naturali del negozio che la legge considera
connaturati al negozio posto in essere dalle parti stesse; si producono senza
bisogno di previsione delle parti.
Le parti possono tuttavia escludere gli effetti naturali del contratto.

• La dichiarazione
La volontà del soggetto diretta a produrre effetti giuridici deve essere dichiarata,
esternata. A seconda delle modalità con cui questa avviene può definirsi espressa
(se fatta a parole o co qualsiasi mezzo idoneo a far intendere agli altri il nostro
pensiero) o tacita ( comportamento che risulti incompatibile con la volontà
contraria), detta anche dichiarazione indiretta o comportamento concludente.

In alcuni casi, per evitare incertezze, l’ordinamento non si accontenta della


dichiarazione tacita ma richiede la dichiarazione espressa della volontà della parte.

Il silenzio può avere valore di dichiarazione tacita solamente in alcune circostanze.

Esempio - art 1712, comma 2, c.c: Il ritardo del mandante a rispondere dopo aver
ricevuto tale comunicazione, per un tempo superiore a quello richiesto dalla natura
dell'affare o dagli usi, importa approvazione, anche se il mandatario si è discostato
dalle istruzioni o ha ecceduto i limiti del mandato.

52
• La forma
in taluni casi è necessario che un determinato atto sia compiuto secondo
determinate forme solenni.

Le prescrizioni di forma trovano giustificazione in esigenze di certezza, conoscibilità


e ponderazione dell’atto. La forma può essere prescritta in funzione del tipo di atto.

Nel caso del contratto non esiste un regime formale generale e uniforme, i vincoli di
forma risultano imposte in base all’oggetto del contratto, o il tipo di contratto, o ai
connotati di una certa categoria di contratti.

In questi casi, definiti a forma vincolata, la forma è richiesta ad susbtantiam actus,


in quanto l’atto compiuto in forma diversa da quella legale è invalido.

• Il bollo e la registrazione
Il bollo e la registrazione non son requisiti di forma. Per molti negozi lo Stato, per
ragioni fiscali, impone la bollatura degli atti (il valore del bollo acquistato viene
versato all’Erario); l’inosservanza delle prescrizioni in materie di bollo non provoca la
nullità del negozio ma una sanzione pecuniaria.

Anche la registrazione, che consiste nel deposito del documento presso l’ufficio del
registro, avviene per ragioni fiscali, poiché le part devono pagare un’imposta
proporzionale al valore economico dell’affare risultante dal negozio registrato.
Rende inoltra certa la data della scrittura privata nei confronti di terzi.

• La pubblicità: fini e natura


Le vicende giuridiche possono interessare anche terzi, per questo la legge impone
l’iscrizione degli atti in registri tenuti dalla pubblica amministrazione. La pubblicità
degli atti li rende dunque consultabili da terzi. Non coincide con la dichiarazione
negoziale, essa la presuppone e costituisce un mezzo per far conoscere il negozio a
terzi. Se ne distinguono tre tipi:

A. La pubblicità-notizia. Assolve la funzione di rendere conoscibile un atto, del


quale il legislatore ritiene opportuno sia data notorietà. L’omissione di tale
formalità non rende invalido/inefficace un atto, ma dà luogo ad una sanzione
pecuniaria. Essa costituisce non un onere, ma un obbligo. es: pubblicazione
matrimoniale

B. La pubblicità dichiarativa. Serve a rende opponibile il negozio a terzi.


L’omissione non inficia sulla validità o l’efficacia, ma va a discapito di terzi.

C. La pubblicità costitutiva. È elemento costitutivo della fattispecie, senza di


essa il negozio non si può opporre ai terzi, ma non produce nemmeno effetti
tra le parti. es: l’acquisizione della personalità giuridica della S.p.a avviene nel
con l’iscrizione nel registro delle imprese.

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L’INFLUENZA DEL TEMPO SULLE VICENDE GIURIDICHE (cap X)

Il tempo è preso i considerazione dall’ordinamento giuridico sotto vari aspetti.


Innanzitutto sussistono una serie di regole volte a stabilire come i termini vadano
calcolati. Art. 2963 c.c.:

a. Non si computa il giorno iniziale;

b. Si computa quello finale;

c. Il termine scadente il giorno festivo è programmato per il giorno seguente non


festivo;

d. Se il termine è a mese o ad anno, si segue il criterio ex nominatione e non ex


numeratione dierum;

e. Se nel mese di scadenza manca il giorno corrispondente, il termine si compie


con l’ultimo giorno dello stesso mese.

• L’influenza del tempo sull’acquisto e sull’estinzione dei diritti soggettivi


Il decorso di un periodo di tempo può dar luogo all’acquisto o all’estinzione di un
diritto soggettivo.

Se il decorso serve a far acquistare un diritto soggettivo si considera l’istituto


dell’usucapione; l’estensione per decorso di tempo forma invece l’oggetto di altri
due istituti: la prescrizione estintiva e la decadenza.

• La prescrizione estintiva
Essa produce l’estinzione di un diritto soggettivo per effetto dell’inerzia del
titolare del diritto che non lo esercita o non ne usa per un arco di tempo determinato
dalla legge.

È un istituto di ordine pubblico, le norme che stabiliscono l’estinzione del diritto


sono inderogabili. Le parti non possono rinunciare preventivamente alla prescrizione
né tantomeno in pendenza del termine, ma ha valore diverso nella fase successiva
al decorso del termine.

Può essere tanto espressa quanto tacita. Non può essere rilevata d’ufficio ma
deve essere eccepita dalla parte che vi ha interesse.

Nel caso in cui un debitore paghi un debito caduto in prescrizione, non può farsi
restituire quanto versato, si verifica un ipotesi di obbligazione naturale.

Tutti i diritti sono soggetti a prescrizione fatta eccezione per i diritti imprescrittibili
(es: diritti indisponibili, diritti della personalità, la responsabilità genitoriale…).

Anche il diritto di proprietà non è soggetto a prescrizione, poiché il non uso è


espressione della libertà riconosciuta al proprietario.

Non sono prescrittibili nemmeno le singole facoltà che formano il contenuto del
diritto soggettivo.

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• Inizio della prescrizione
La prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto avrebbe potuto essere
esercitato.

Il termine prescrizionale non decorre nel caso in cui vi sia l’impossibilità di esercitare
un diritto per cause giuridiche, e non impedimento soggettivi o ostacoli di mero
fatto.

• Sospensione ed interruzione
La prescrizione non opera quando sopraggiunga una causa che giustifichi l’inerzia
del titolare del diritto.

La sospensione è determinata

a. o da particolari rapporti intercorrenti tra le parti, tra le parti di un’unione civile, tra
chi esercita la responsabilità genitoriale e chi vi è sottoposto, tra un tutore ed
interdetto e minore, tra la società e i suoi amministratori

b. o dalla condizione del titolare, nei confronti dei militari in servizio attivo in tempo
di guerra ecc.

Il decorso alla prescrizione in relazione ai crediti distributivi dei prestatori del lavoro
è sospeso per tutta la durata del rapporto, in quanto l’inerzia del lavoratore
potrebbe essere determinata dal timore del licenziamento.

Le cause di sospensione della prescrizione indicate dalla legge sono tassative. In


tal modo gli impedimenti di fatto valgono a sospendere il decorso della prescrizione.

L’interruzione avviene:

a. o perché il titolare avvia un procedimento volto all’esercizio del proprio diritto;

b. o perché, in caso di diritti di credito, il titolare pone in essere un atto di


stragiudiziale idoneo a costituire in mora il debitore;

c. o perché il soggetto passivo effettua il riconoscimento dell’altrui diritto.

La sospensione e l’interruzione della prescrizione possono essere rilevate d’ufficio


dal giudice, sulla base di prove ritualmente acquisite agli atti.

Il fondamento dei due istituti è diverso: nella sospensione l’inerzia del titolare del
diritto continua a durare ma è giustificata; nell’interruzione è l’inerzia stessa che
viene meno, o perché il diritto è stato esercitato o perché è stato riconosciuto
dall’altra parte.

Gli effetti della sospensione durano per tutto il periodo in cui si estende la causa
giustificativa dell’inerzia, ma non toglie valore al tempo trascorso in precedenza, che
viene sommato.

Invece interruzione, facendo venir meno l’inerzia, toglie ogni valore al tempo
anteriormente trascorso.

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• Durata della prescrizione

La prescrizione ordinaria, salvo i casi per cui la legge dispone diversamente,


matura in dieci anni. È invece richiesto un periodo di vent’anni per l’estinzione dei
diritti reali, in armonia con il termine per l’usucapione.

Tra i casi più significativi per cui è previsto un periodo minore vi è il diritto al
risarcimento del danno conseguente ad un illecito extracontrattuale, che si prescrive
in cinque anni, o a due nel caso di danni derivati dalla circolazione di veicoli.
Nel caso in cui il fatto dannoso costituisca un reato, per il quale il termine di
prescrizione è più lungo, anche questo si applica all’azione civile del risarcimento
del danno.

In cinque anni si prescrivono anche i diritti a prestazioni periodiche, quelli derivanti


da rapporti societari e i crediti di lavoro.

La prescrizione dei diritti derivanti da alcuni rapporti commerciali è invece annuale.

• Le prescrizioni presuntive
Le prescrizioni presuntive, sono diverse dalla prescrizione estintiva, si basano sulla
presunzione che un determinato credito sia stato pagato, o che si sia comunque
estinto per effetto di qualche altra causa.

Mentre la prescrizione estintiva è essa stessa causa dell’estinzione del diritto, la


prescrizione presuntiva semplicemente presume che si sia verificata una causa
esaustiva di esso.

La parte che solleva in giudizio l’eccezione di prescrizione, ha l’onere di


puntualizzare se intende avvalersi di quella estintiva o quella presuntiva.

L’istituto della prescrizione presuntiva si basa sulla considerazione dei rapporti di


vita a quotidiana in cui l’estinzione del debito avviene di regola contestualmente con
l’esecuzione della prescrizione. (es: al ristorante, lezioni private ecc)

Il debito si presume estinto. Una volta decorso il termine in cui matura la


prescrizione, il debitore è esonerato dall’onere di fornire in giudizio la prova
dell’avvenuta estinzione di credito azionato; spetta al creditore offrire la prova che la
prestazione non è stata eseguita.

Contro la presunzione di estinzione non è ammesso qualsiasi mezzo di prova. Nel


caso un cui il creditore abbia lasciato correre l’intero periodo prescrizionale prima di
pretendere il pagamento, in caso gli venga opposta in giudizio la presunzione
presuntiva egli può vincerla solo:

a. attendendo dal debitore l’ammissione che l’obbligazione è ancora esistente,


oppure

b. deferendo alla parte debitrice giuramento decisorio, ossia invitandola a


confermare sotto giuramento che l’obbligazione si è davvero estinta.

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• La decadenza
Alla base della decadenza della prescrizione vi è esclusivamente la fissazione di un
termine perentorio entro il quale il titolare del diritto deve compiere una determinata
attività.

La decadenza produce l’estinzione del diritto in virtù del decorso del tempo.
Implica dunque l’onere di esercitare il diritto entro il tempo prescritto dalla legge.

Ad essa non si applicano le norme relative alla sospensione e all’interruzione. La


decadenza può essere impedita solo dall’esercizio del diritto mediante il
compimento dell’atto previsto.

Può essere prevista in un contratto, c.d. decadenza convenzionale.

La decadenza legale costituisce sempre un istituto eccezionale, in quanto deroga al


principio generale secondo cui l’esercizio dei diritti soggettivi non è sottoposto a
limiti e il titolare li può esercitare quando e dove lo ritenga opportuno.

Le norme che subiscono decadenza sono di stretta applicazione e non sono


suscettibili di applicazione analogica.

Se la decadenza legale è stabilita nell’interesse generale, deve essere rilevata


d’ufficio. Se è invece stabila a tutela di un interesse individuale deve essere invocata
dalla parte interessata.

La possibilità di stabilire decadenze in un contratto o in un negozio giuridico


persiste quando si versa in tema di diritti disponibili.

LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI (Cap XI)

Se il diritto soggettivo non viene spontaneamente rispettato, solo in casi eccezionali


il titolare può provvedere direttamente all’autotutela. Es: diritto di ritenzione; alla
legittima difesa.

È al contempo riconosciuto il diritto di rivolgersi agli organi necessari a farsi giustizia


in quei casi in cui si può ottenere da sé, cioè il diritto di agire in giudizio che si
chiama azione.

Chi esercita l’azione proponendo la domanda giudiziale si chiama attore, colui


contro quale l’azione è proposta si chiama convenuto. Il diritto di agire in giudiziose
per la tutela dei propri diritti/ interessi legittimi è oggetto di garanzia costituzionale
quindi non può essere soppresso o limitato nei confronti di nessuno e per nessuna
ragione.

Esistono vari tipi di azione:

Processo di cognizione: se tra Tizio e Caio sorge una controversia riguardo al


modo di essere di un determinato diritto soggettivo, il giudice individua una regola
applicabile al caso concreto. es: accerta se la proprietà appartiene a Tizio o Caio.

L’azione di cognizione può tendere a una di queste finalità:

57
a. mero accertamento dell’esistenza del modo di essere di un rapporto giuridico
controverso

b. emanazione di un comando che il giudice rivolge alla parte soccombente, di


tenere la condotta che lo stesso giudice riconosce come dovuta

c. costituzione, modificazione o estinzione dei rapporti giuridici. es:


separazione tra i due coniugi

Se nemmeno tramite la sentenza Caio opera seconda la condotta imposta dal


giudice, Tizio può instaurare contro di lui un processo di esecuzione, la cui finalità
consiste nel realizzare coattivamente il comando contenuto nella sentenza.

Per evitare che nel corso del processo di cognizione la controparte possa porre in
essere condotte volte a frustrare gli effetti di un eventuale sentenza sfavorevole,
l’altra parte può avvalersi del processo cautelare, al fine di conservare lo stato di
fatto esistente, per rendere possibile l’esecuzione dell’emananda sentenza.

• La cosa giudicata

Per assicurare la conformità della sentenza a giustizia, alle parti è concessa la


possibilità di promuovere il riesame della lite. Ciò deve avvenire entro dei limiti e nel
caso invece una delle parti tenti di proseguire il dibattito si può opporre la “cosa
giudicata” (dunque non più modificabile” o “passaggio in giudicato” della sentenza.

L’efficacia del giudicato preclude dunque la possibilità di ulteriore riesame o


impugnazione. E ciò riguarda il valore formale della cosa giudicata.

Ha anche un valore sostanziale che consiste nella definitività dell’accertamento,


rispetto anche a qualunque futuro processo.

• Il processo esecutivo
Se non viene adempiuto il comando contenuto nella sentenza, colui a cui favore è
emanato il comando può avviare il processo esecutivo. Però solo in alcuni casi, in
maniera coattiva, con l’esecuzione forzata in forma specifica, si riesce ad
assicurare il risultato comandato nella sentenza.

Ciò accade nei casi in cui sia rimasto inseguito un:

a. obbligo del dare un obbligo riguardante la consegna di una cosa determinata,


mobile o immobile, nel caso in cui l’avente diritto otterrà la consegna o il rilascio
forzati di tale bene

b. obbligo del facere un obbligo avente ad oggetto il facere fungibile, in cui


l’amante diritto potrà ottenere soltanto che esso sia eseguito da altri seppure a
spese dell’obbligato. Mentre nel caso di facere infungibile, in cui la prestazione
non potrebbe essere svolta che dall’obbligato, non potendo eseguire la
prestazione poiché infungibile è tenuto al risarcimento del danno.

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c. obbligo di concludere un contratto nel quale l’avente diritto potrà ottenere dal
giudice una sentenza costitutiva che produca gli effetti del contratto non
concluso.

d. obbligo di non facere in cui l’avente diritto potrà ottenere a spese


dell’obbligato, la distruzione della cosa realizzata in violazione di detto obbligo.
Nel caso si abbia ad oggetto un qualcosa materialmente non suscettibile a
distruzione, potrà ottenere solamente il risarcimento del danno.

La forma più importante di procedimento esecutivo è l’esecuzione mediante


espropriazione forzata, che ha per oggetto l’espropriazione dei beni dal debitore.

Tale procedimento ha inizio con il pignoramento, processo mediante il quale si


indicano i beni assoggettati all’azione esecutiva. In tale caso non hanno effetto gli
atti di alienazione dei beni pignorati.

Nel caso terzi abbiano acquistato in buona fede, ignari del pignoramento, beni
mobili non iscritti nei pubblici registri, basta l’acquisto del possesso a
salvaguardare i loro diritti.

LA PROVA DEI FATTI GIURIDICI (cap XII)

L’esito di un giudizio può dipendere da una queastio facti, ossia l’accoglimento di


una delle versioni fornita dalle parti.

Ogni volta in cui di una circostanza le parti forniscono ricostruzioni contrastanti, il


giudice è tenuto a scegliere tra le contrapposte versioni. Le parti devono indicare al
giudice i mezzi di prova al fine di accreditare la propria versione dei fatti.

Il giudice debe infatti giudicare sulla base di quanto allegato e provato dalle parti.
Deve innanzitutto valutare se i mezzi di prova forniti dalle parte siano:

a. ammissibili, conformi alla legge

b. rilevanti, che abbiano dunque ad oggetto fatti che possano influenzare la


decisione della lite.

Dopo aver ammesso con ordinanza, e assunto le prove (interrogato le parti,


ascoltato i testimoni, visualizzato i documenti…) il giudice valuta la loro
concludenza, ossia la loro idoneità a dimostrare i fatti su i quali vertevano.

A tal fine il giudice riterrà “provata” una circostanza che abbia acquisito la certezza
che si sia effettivamente verificata e le prove lo abbiano convinto che una delle due
versioni dei fatti sia convincente e concili con il materiale probatorio.

Il giudice deve comunque motivare la sua decisione spiegando le ragioni del suo
convincimento, senza trarre conclusioni da fonti che non sino state acquisite in
giudizio con tutte le garanzie processuali.

I fatti relativamente ai quali non sorgono divergenze, sono posti dal giudice a
fondamento della decisione senza necessità di prove.

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• Onere della prova
Nel caso in cui i risultati delle prove raccolte non siano persuasivi o siano
contraddittori, il giudice dovrà far valere la regola dell’onere della prova,
accogliendo la versione proposta dalla parte su cui non grava l’onere della prova.

Tale regola ha carattere residuale, il giudice non può applicarla prima di conoscere
tutte le prove, e se la dimostrazione del fatto risulti già fornita in causa, ma solo se
in merito al fatto contestato non rimangano prove sufficienti ai fini della decisione.

In generale l’onere di provare un fatto ricade su colui che invoca tale fatto a
sostegno della sua tesi.

Rispetto a taluni fatti rimane difficile stabilire su quale delle due parti ricada l’onere
probatorio. La Suprema Corte fa in tal caso richiamo al principio di vicinanza della
prova che induce a far gravare l’onere sulla parte che è più agevolmente in grado di
svolgerlo.

Le parti possono tuttavia stabilire diversamente, inversione convenzionale


dell’onere della prova, purché non si tratti di diritti indisponibili e la modificazione
non renda eccessivamente difficile per una delle parti l’esercizio del diritto.

• I mezzi di prova
Per mezzo di prova si intende un qualsiasi elemento idoneo a stabilire quale tra le
contrapposte versioni sostenute dalle parti sia la più convincente. Il giudice può
avvalersi sia di prove tipiche, che di prove atipiche, cioè non espressamente
previste dal codice purché idonee a fornire elementi validi in giudizio.

Per il principio del libero apprezzamento della prova, il giudice è libero nella
valutazione delle prove, deve però poi motivare quella che è la sua decisione a
riguardo.

Tale principio è però derogato dal legislatore in merito alle prove legali (atto
pubblico, confessione) poiché la loro rilevanza è già predeterminata dalla legge, ed
è preclusa ulteriore valutazione discrezionale del giudice.

I mezzi di prova si distinguono in:

a. prove precostituite o documentate, che esistono già prima del giudizio (atto
pubblico, scrittura privata…)

b. prove costituende destinate a formarsi nel corso del giudizio. (prova


testimoniale, giuramento, presunzione…)

• La prova documentale

Per documento si intende ogni cosa idonea a rappresentare un fatto, in modo da


consentirne la presa di conoscenza a distanza di tempo. Di particolare importanza
tra i documenti vi sono l’atto pubblico e la scrittura privata.

L’atto pubblico è un documento redatto con particolari formalità da un notaio o un


altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuire a tale atto quella particolare fiducia
nella sua veridicità detta pubblica fede.

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L’atto pubblico fa piena prova: della provenienza del documento dal pubblico
ufficiale che lo ha formato; delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il
pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza.

Costituendo piena prova, deve essere assunto per vero dal giudice. Se una parte
intende contrastare tale forza probatoria deve ricorrere al procedimento di querela
del falso.

Im caso l’atto pubblico fosse nullo per qualche difetto normale potrebbe comunque
avere l’efficacia della scrittura privata, se sottoscritto da una o più parti,
conversione formale.

La scrittura privata è un qualsiasi documento che risulti sottoscritto da un privato.


È essenziale la sottoscrizione autografa, colui che ha firmato si assume la
responsabilità di quanto dichiarato. Non provenendo da un p.u non ha la stessa
efficacia dell’atto pubblico.

Può far prova soltanto contro chi lo ha sottoscritto, e non in suo favore, ciò però a
condizione che il firmatario riconosca come sua la sottoscrizione.

Si intende legalmente riconosciuta la sottoscrizione autenticata da un notaio o


altro p.u., la c.d. scrittura privata autenticata, o la sottoscrizione di un documento
prodotto in giudizio e non disconosciuto da colui contro cui la produzione è
effettuata. Tali sottoscrizioni, autenticate, riconosciute o non disconosciute
costituiscono piena prova.

Ha meno valore, meramente indiziario, se in giudizio viene invocata una scrittura il


cui sottoscrittore è estraneo.

Nei confronti di terzi può avere rilevanza la data della scrittura privata. Le parti
potrebbero mettersi d’accordo a danno del terzo apponendo una data fittizia,
anteriore all’atto. Per evitare tali frasi la legge stabilisce che la data della scrittura
per i terzi è data certa: se si stratta di scrittura privata autentificata, la data
dell’autenticazione; se si tratta di scrittura privata non autenticata, la data della sua
registrazione, oppure la data in cui si verifica un evento che stabilisca in modo
incontestabile che il documento sia stato formato anteriormente.

Anche al telegramma è riconosciuta efficacia probatoria, solo se l’originale


consegnato all’ufficio di partenza è sottoscritto dal mittente o è stato
consegnato dal mittente stesso senza sottoscriverlo.

Anche le carte e i registri domestici, al pari delle scritture private fanno prova
contro chi li ha scritti, anche senza sottoscrizione.

Allo stesso modo libri e altre scritture contabili delle imprese soggette a
registrazione fanno prova contro l’imprenditore.

Le riproduzioni meccaniche ( riproduzioni fotografiche, informatiche, e-


cinematografiche, fonografiche, email…) formano piena prova dei fatti e delle cose
rappresentate, se colui contro le quali sono prodotte non ne disconosce la
conformità ai fatti.

61
Le copie fotostatiche e fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia
dell’originale, se la loro conformità con l’originale è attestata da p.u. o non è
espressamente disconosciuta. L’eventuale contestazione di conformità deve
avvenire in modo chiaro e circostanziato agli aspetti che rendono la difformità
dall’originale.

Il fax fa piena prova della sua conformità con l’originale, se colui contro il quale è
prodotto non la contesta.

Rispetto ai documenti informatici, documenti elettronici che contengono la


rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti, si distingue
tra: documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, firma elettronica
qualificata, firma digitale e firma elettronica.

• La prova testimoniale
La testimonianza è la narrazione fatta al giudice da una persona estranea alla
causa, a seguito della seguente dichiarazione “Consapevole della responsabilità
morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la
verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”.

Può avere ad oggetto solo fatti obiettivi, non apprezzamenti o valutazioni personali.

È comunque considerata con una certa diffidenza dal legislatore, sia per il rischio di
testi interessati o compiacenti, sia per il rischio di deformazioni inconsapevoli nello
sforzo di ricordare.

Vi sono limiti legali di ammissibilità in merito alla prova testimoniale. Non è


ammissibile

1. quando sia invocata per il perfezionamento di un contratto avente un valore


superiore a cinquemila lire (2,58€).

2. se dimostra che anteriormente o contemporaneamente al contratto sono stipati


altri patti non risultanti nel documento.

3. se tende a provare un contratto che deve essere stipulato o anche solo provato
per iscritto.

Il giudice deve ammettere la prova testimoniale se ricorre una delle tre ipotesi:

1. vi sia un principio di prova scritta

2. quando la parte è impossibilitata nel procurarsi una prova scritta

3. la parte abbia perduto senza sua colpa il documento che forniva prova

62
• Forma ad substantiam e forma ad probationem
Quando la forma scritta, atto pubblico/scrittura privata, è richiesta ad substantiam,
costituisce un elemento essenziale del contratto, senza il quale l’atto è nullo.

Es: in tal caso la vendita di un immobile, stipulata verbalmente, rende il contratto


invalido e privo di qualsiasi effetto.

La prova del contratto con la forma richiesta può essere data con la produzione in
giudizio del documento in cui l’atto è consacrato. Il legislatore impone alla parte
l’onere di custodire il documento, in mancanza del quale il giudice conclude che
esso non è mai stato formato.

Se invece nel caso dell’atto in forma ad probationem non sia stato compiuto nella
forma indicata nella legge, questo non è nullo, semplicemente ne consegue il
divieto della prova testimoniale e presuntiva, almeno che la parte non provi di
aver perduto senza sua colpa il documento che forniva la prova.

Se il contenuto dell’atto costituisce un fatto non contestato il giudice deve


considerarlo provato. Nel caso sia invece contestato, la parte che intende
disamorare che il negozio si sia realmente perfezionato, può chiedere
l’interrogatorio formale della controparte sperando in una confessione.

• Le presunzioni
Per presunzione, o prova indiretta, si intende ogni argomentazione attraverso cui,
essendo già provata una determinata circostanza, di giunge a provare altresì
un’altra circostanza, sfornita di prova diretta.

Si parla di presunzioni legali quando è la stessa legge ad attribuire ad un fatto


valore di prova in ordine ad un altro fatto. Le presunzioni legali possono essere a
loro volta:

a. iuris et de iuri - assolute laddove non ammettono prova contraria

b. iuris tantum - relative ammettono prova contraria

Le presunzioni semplici non sono prestabilite dalla legge, ma lasciate alla


valutazione del giudice, il quale in caso di prove dirette, può ritenere provato un
fatto quando vi siano indizi gravi, precisi e concordanti.

Non si può far ricorso alle presunzioni semplici nei casi in cui la legge esclude la
prova per i testimoni.

• La confessione

La confessione è la dichiarazione che la parte fa della verità di fatti a sé sfavorevoli


e favorevoli all’altra parte. Non è un negozio giuridico, ma una dichiarazione di
scienza, non occorrendo che il dichiarante ne voglia gli effetti.

La confessione giudiziale, se resa in giudizio, fa piena prova; può essere fatta


spontaneamente, ma è solitamente provocata da un interrogatorio formale a cui il
giudice procede su richiesta dell’altra parte.

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La confessione stragiudiziale è resa fuori dal giudizio; se è fatta alla parte o al suo
rappresentante ha valore pari a quella giudiziale, se è fatta ad un terzo deve essere
valutata dal giudice e deve essere dimostrata.

Entrambi i tipi di confessione possono essere revocati, nel senso che l’efficacia
probatoria può essere vinta, nel caso in cui si dimostri che è stata determinata da
un errore di fatto o violenza.

La confessione si dice qualificata quando la parte riconosce la verità fatti a sé


sfavorevoli ma aggiunge altri fatti o circostanze che modificano l’efficacia del fatto
confessato. In tal caso:

a. se l’altra parte non contesta la verità dei fatti aggiuntivi, la confessione fa piena
prova nella sua integrità

b. se l’altra parte contesta, è rimessa alla valutazione del giudice l’efficacia


probatoria della confessione.

Per poter produrre effetti, la confessione deve avvenire da un soggetto capace di


disporre del diritto cui i fatti confessati si riferiscono.

La dichiarazione cognitiva ha invece ad oggetto l’osservazione di diritti o rapporti


giuridici (es: chiaro di essere tuo debitore di 100€).

• Il giuramento

Il giuramento è un mezzo di prova legale cui si può ricorrere nel corso di un


giudizio civile, in presenza di particolari presupposti al fine della dimostrazione di
fatti. Può essere decisorio o suppletorio.

Il giuramento decisorio riguarda circostanze che abbiano un valore decisorio in


ordine ad thema decidendum su cui il giudice è chiamato a pronunciarsi, in tal
modo l’esito del giuramento preclude ogni ulteriore accertamento a riguardo; è una
prova legale e fa piena prova.

Può essere deferito solo ad iniziativa di una delle due parti in lite, specificando
l’iniziativa al giudice il quale dovrà invitare la controparte a confermare sotto
giuramento, che il fatto contestato si sia verificato secondo quanto sostenuto nel
processo.

Si parla di giuramento de meritate quando la parte deferisce in merito ad suo


fatto. Nel giuramento de scientia la parte è chiamata a giurare in relazione alla
conoscenza che ha di un fatto altrui.

Nel caso sia il giudice stesso a ricorrere al giuramento si parla di giuramento


suppletorio. Questo potere può essere esercitato in presenza di alcune condizioni:
Da un lato non ci deve essere la prova piena, dall’altro ci deve essere un principio di
prova.

Secondo l’articolo 2738 del codice civile, una volta che il giuramento è stato
prestato, la controparte non è ammessa a provare il contrario e il giudice deve
pronunciare sentenza conforme al giurato. Anche quando il giuramento fosse
dichiarato falso, la parte non potrebbe neanche chiedere che la sentenza sia

64
revocata, al massimo, può chiedere che il danno gli venga risarcito, nel caso di una
condanna, in sede penale, per falso giuramento.

Il giuramento non è ammissibile quando si tratti: di diritti indisponibili, di fatto


illecito, di un atto per cui sia stata chiesta la forma scritta ad substantiam, di negare
un fatto che risulta avvenuto da un atto pubblico redatto in presenza del p.u.

I DIRITTI REALI IN GENERALE E LA PROPRIETÀ (cap XIII)

• I diritti reali

La categoria dei diritti reali raggruppa i diritti su cosa materiale. Si caratterizzano


tradizionalmente: dall’immediatezza, il titolare può esercitare direttamente il potere
sulla cosa senza necessitare della cooperazione di terzi;
dall’assolutezza, ossia il dovere di tutti i conosciuti di astenersi dall’interferire nel
rapporto tra il titolare del diritto e il bene che ne è oggetto;
dall’inerenza, ossia l’opponibilità del diritto a chiunque possieda o vanti diritti sulla
cosa. Queste caratteristiche non sono sempre proprie solamente dei diritti reali.

Costituiscono un numero chiuso (i privati non possono creare ulteriori diritti


rispetto quelli disciplinati dalla legge) e hanno carattere di tipicità, che rende il loro
contenuto non modificabile dai privati.

In ambito di diritti reali si distingue tra: la proprietà “ius in re propria” e dall’altro


lato “iura in re aliena”, cioè diritti reali che gravano su beni di proprietà altrui e che
coesistono e gravano il diritto del proprietario.

I diritti reali in re aliena si distinguono a loro volta in:

- diritti reali di godimento (superficie, enfiteusi, usufrutto, uso, abitazione, servitù,


prediali) i quali attribuiscono al titolare il diritto di trarre utilità dal bene

- diritti reali di garanzia (pegno ed ipoteca) i quali attribuiscono al titolare il diritto


di farsi assegnare, con prelazione (diritto si preferenza, fondato sulla legge o la
volontà delle parti) rispetto gli altri creditori, il ricavato dall’eventuale alienazione
forzata del bene, in caso di inadempimento all’obbligo garantito.

Nelle obbligazioni reali l’obbligato è identificato in base alla titolarità di un diritto


reale su un determinato bene.

Mentre neve l’onere reale consiste nel fatto che il creditore, per il pagamento di
denaro o un determinato bene immobile, possa soddisfarsi sul bene stesso,
chiunque diventi il proprietario o acquisti diritto reali di godimento o garanzia su
esso.

LA PROPRIETÀ
L’art 832 c.c. enuncia il principio secondo cui al proprietario spetta il diritto di
sorgere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo. La proprietà attribuisce al
titolare: il potere di godimento del bene, traendo utilità dal bene e decidendo se e

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come utilizzarlo, direttamente o indirettamente; il potere di disposizione del bene,
ossia il potere di cedere ad altri, tutto o in parte, diritti sulla cosa.

Il proprietario può godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, ma solo
entro i limiti e con osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.

Il codice civile provvede detta una disciplina differenziata in merito alle vare
categorie di beni e proprietà.

La proprietà non è inviolabile come nello Statuto Albertino, e non fa parte dei
principi fondamentali, è però costituzionalmente garantita.
Esistono delle eccezioni per cui la legge può trasferire determinate categorie di beni
ai fini di utilità generale. La Costituzione demanda al legislatore il compito di
determinare i modi di acquisto, godimento ed i limiti, in modo da garantire la
funzione sociale e renderla accessibile a tutti.

La proprietà si caratterizza tradizionalmente per:

a. elasticità, i poteri che competono al proprietario possono essere compressi in


coesistenza sullo stesso bene di altri diritti reali, i quali sono destinati a
riespandersi autonomamente col venir meno dei questi

b. imprescrittibilità la proprietà non si perde per “non uso”, soltanto per


usucapione

c. perpetuità poiché una proprietà temporanea sarebbe una contraddizione,


sebbene esistano alcune ipotesi di proprietà temporanea.

• Espropriazione e indennizzo

Art 42, comma 3, Cost : “la proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge,
e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale”.

La Costituzione prevede che la posizione del privato possa essere sacrificata solo in
presenza: (ciò è trattato anche nell’art.17 Carta dei diritti fondamentali dell’UE)

a. di un interesse generale

b. di una revisione legislativa che lo consenta

c. di un indennizzo che compensi il privato del sacrificio che subisce nell’interesse


della collettività.

Il significato attuale di espropriazione non si limita a trasferimento della titolarità ma


vi rientrano anche quelle limitazioni che pur non determinando la perdita de diritto,
incidono sul godimento del bene al punto da renderlo inutilizzabile o da incidere sul
suo valore di scambio, c.d. espropriazione larvata.

La Corte distingue comunque i casi di espropriazione da quelli di conformazione, in


cui per mezzo di disposizioni che fanno riferimento ad intere categorie beni, questi
sono sottoposti ad un particolare regime di godimento e/o disposizione, ciò non
comporta un indennizzo.

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Secondo quanto stabilito dalla Corte, l’indennizzo non consiste necessariamente
nell’integrale risarcimento se non per alcuni casi. Il D.P.R. n.327/2001 contempla
una serie di meccanismi di quantificazione dell’indennità.

Per incentivare la cessione volontaria della proprietà di un bene dall’espropriando


al beneficiario dell’espropriazione senza il ricorso al formale decreto di esproprio, la
legge ha previsto un corrispettivo per la cessione, maggiore rispetto
all’indennizzo.

Nell’ipotesi in cui la P.A. realizzi un’opera pubblica su un fondo privato occupato


illegalmente, senza aver adottati prima un provvedimento di espropriazione o di
occupazione di emergenza, è legittimata in presenza di attuali ed eccezionali ragioni
di interesse pubblico e in assenza di alternative ad adottare un provvedimento di
acquisizione coattiva. Al proprietario è riconosciuto un indennizzo per il danno
sofferto.

• La proprietà dei beni culturali

Oltre alle disposizioni del codice civile e della Cost. a tutela del patrimonio culturale,
il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n.42 delinea un particolare regime proprietario per i beni
culturali (cose immobili, mobili, che prestano interesse artistico, storico,
archeologico […] o che comunque costituiscono testimonianze aventi valore di
civiltà). Per garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione
impone al privato proprietario una serie di vincoli:

a. sia al potere di godimento: facendo autorizzare su essi opere e lavori di


qualunque genere; imponendo al proprietario l’obbligo di garantirne la
conservazione; contemplando che possa essere imposta la visita per scopi
culturali

b. sia al potere di disposizione: prevedendo l’obbligo di denuncia degli atti che


trasferiscono, tutto o in parte, a proprietà o la detenzione di tal beni; il diritto di
prelazione di Stato, regioni enti pubblici territoriali interessati in caso di
alienazione o conferimento in società

I beni culturali possono essere soggetti ad espropriazione per causa di pubblica


utilità.

• La proprietà edilizia

Al proprietario di un’area interessata all’edificazione compete il diritto di costruire,


ius aedificandi.

Gli è inoltre riconosciuta la cessione di cubatura, ossia a prestare il consenso che


la cubatura realizzabile sulla sua area venga attribuita dalla P.A. al proprietario di un
fondo vicino. (cede tale diritto ad un altro per la realizzazione dell’edificabilità su un
immobile di quest’ultimo)

L’attività di trasformazione urbanistica e edilizia del territorio può essere svolta solo
nel rispetto delle previsioni degli strumenti urbanistici. Per gli interventi di maggior
imbatto è necessario il rilascio dl permesso di costruire da parte dell’autorità
comunale, che comporta la corresponsione di un contributo.

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Per le opere di minore impatto è sufficiente una comunicazione, CILA
comunicazione di inizio lavori osservata o SCIA segnalazione certificata di inizio
attività, all’Amministrazione comunale.

Gli strumenti urbanistici erano tradizionalmente espressione di provvedimenti


adottati unilateralmente, dalla P.A. Ad oggi sono subentrati anche meccanismi di
tipo privatistico come la convenzione di lottizzazione, mediante cui i proprietari
aree interessate, dopo aver ottenuto un’autorizzazione dal comune, si assumono
una serie di impegni nei confronti del comune stesso.

Per evitare l’abusivismo la legge si avvale di strumenti amministrativi ma anche di


tipo privatistico. es: sanziona con nullità gli atti aventi ad oggetto il trasferimento o
la costituzione di diritti reali su terreni, dove agli atti non sia allegato il “certificato di
destinazione urbanistica”.

• La proprietà fondiaria

La proprietà fondiaria, la proprietà della terra o dei fondi, si estende verticalmente


all’infinito sia nel sottosuolo che nello spazio aereo soprastante.

La proprietà del sottosuolo o soprassuolo si estende in realtà a quella parte


suscettibile di utilizzazione secondo un criterio di normalità. Al proprietario non è
consentito opporsi all’attività di terzi che operino ad una profondità o un’altezza che
egli non abbia interesse ad escluderle. es: non si può opporre al passaggio degli
aerei in cielo).

È legittima l’alienazione del sottosuolo e soprassuolo come entità reali


giuridicamente autonome. Una limitazione subentra al costituirsi del diritto di
superficie.

In senso orizzontale, la proprietà del fondo si estende fino ai propri confini. Il


proprietario ha la facoltà di cintare il proprio fondo ed impedirne l’accesso a
chiunque.

Le consuetudini consentono talora l’accesso a fondi altrui (per passeggiare, sciare


ecc).

• I rapporti di vicinato
Al fine di contemperare gli interessi contrapposti dei proprietari di fonti contigui, per
la disciplina dei rapporti di vicinato il codice civile detta una serie di regole in
merito a: atti emulativi, immissioni, distanze, muri, luci e vedute, acque.

• Gli atti emulativi

Al proprietario sono preclusi gli atti emulativi, ossia quelli che non hanno altro
scopo che arrecare molestia o nuocere ad altri.

Al concorrere di due presupposti, può essere vietato il godimento di un determinato


bene:

a. assenza di utilità per chi lo compie (presupposto oggettivo)

b. intenzione di nuocere o arrecare molestia ad altri (presupposto soggettivo)

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es: è vietato piantare alberi se il solo scopo è di togliere la veduta panoramica alla
villa confinante. Non rientra però nel divieto un comportamento omissivo del
proprietario. Non è illegittimo che questo abbia lasciato crescere arbusti che
precludano la visuale al vicino.

• Le immissioni

Il diritto di godimento del proprietari lo autorizza ad opporsi a qualsiasi attività


materiale di terzi che abbia a svolgersi sul suo fondo, c.d immissioni materiali. Non
può opporsi invece, di regola, alle attività che si svolano lecitamente sul fondo del
vicino.

È possibile che tali attività importino a produzione di fumi, calori, rumori esalazioni
nelle proprietà circostanti, c.d. immissioni immateriali.
Se queste rientrano al di sotto della soglia della normale tollerabilità, chi le subisce
deve sopportarle.
Se superano la soglia di tollerabilità ma sono giustificate da esigenze di
produzione, chi le subisce non ha il diritto di farle cessare ma può ottenere un
indennizzo. Questo solo se l’emissione non sia eliminabile o riducibile mediante
accorgimenti tecnici non onerosi e, la cessazione dell’attività comporterebbe alla
società un danno maggiore rispetto al sacrificio infinito ai proprietari dei fondi vicini.
Se superano la soglia senza giustificazione per esigenze di produzione, chi
subisce le subisce ha il diritto a chiedere che ne cessi la prosecuzione ,per il futuro,
e a richiedere l’integrale risarcimento del danno, per il passato.
L’azione di accertamento dell’illegittimità delle emissioni e la loro condanna è
rivolta al proprietario del fondo da cui provengono.

L’azione risarcitoria va esercitata proprio contro chi ha concretamente provocato il


danno.

La tollerabilità di un immissione va valutata caso per caso tenendo conto la


condizione dei luoghi. Non sono invece rilevanti le condizioni soggettive di chi
utilizza il fondo (es: un soggetto particolarmente irritabile, un soggetto che svolge
lavoro notturno e riposa nelle ore diurne) La tollerabilità di immissioni ed emissioni
acustiche è regolata mediante i criteri di accettabilità del rumore indicati nella legge
quadro sull’inquinamento acustico.

Nel medesimo fine rientrano le situazioni in cui l’emissione arrechi pregiudizio alla
salute degli operanti sul fondo che la subisce o all’ambiente.

• Le distanze legali

Art 873 c.c dispone che le costruzioni su fondi finitimi, se non unite o aderenti,
devono essere tenute a distanza non minore di tre metri tra loro.

Nessuna parte della costruzione, con esclusione dei soli sporti (es: canali di gronda)
possono trovarsi a distanza inferiore rispetto a quella prescritta. Se risulta a distanza
inferiore il vicino può agire alla rimozione dell’opera abusivamente realizzata e
richiedere il risarcimento del danno sofferto.

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Il codice civile riporta una serie di disposizioni aventi ad oggetto i muri (artt.
874-878 c.c.).
Il proprietario confinante ha il diritto di acquisire, mediante sentenza costitutiva ove
l’altro proprietario non lo consenta, la comproprietà del muro che si trovi sul confine.
Chi acquista la comproprietà del muro deve pagare un importo pari alla metà del
valore del muro e del suolo su cui insiste, e nel caso non si trovi sul confine, un
importo pari al valore dell’area da occupare con la nuova costruzione.

Chi costruisce per primo finisce per condizionare le scelte di chi costruirà
successivamente, principio di prevenzione. Per costruisce per primo vi sono tre
alternative:

a. costruire rispettando una distanza dal confine pari almeno quella imposta
dalla legge. Il vicino che costruisce successivamente deve costruire ad una
distanza tale da mantenere il distacco legalmente prescritto.

b. costruire sul confine. Il vicino che costruisce successivamente può in questo


caso chiedere la comunione forzosa del muro di confine o realizzare la propria
costruzione in aderenza allo stesso, o arretrare il proprio edificio ad una distanza
tale da mantenere il distacco legalmente prescritto.

c. costruire ad una distanza dal confine inferiore a quella imposta dalla legge.
Il vicino può chiedere la comunione forzosa del muro, avanzando la propria
costruzione fino ad esso, occupando lo spazio intermedio, dopo aver stabilito
col proprietario se intende estendere i muro a confine o procedere alla sua
demolizione.

Per motivi di sicurezza sono stabilite anche delle distanze di sicurezza dal confine
per pozzi, cisterne e tubi, e allo stesso modo per fossi, canali e piantagioni evitando
inoltre che il fondo vicino possa avere pregiudizi per il propagarsi di radici, rami,
umidità ed ombra. Vi è una distanza minima anche per gli apiari.

• Le luci e le vedute

Le aperture nel muro continuo al fondo finitimo si distinguono in:

a. vedute o prospetti (finestre ad altezza uomo, balconi, terrazzi…) sono quelle


che consentono in comodità e sicurezza non solo di guardare al fondo del
vicino senza ricorrere all’ausilio di mezzi meccanici, inspicere, ma anche di
sporgersi, prospicere, per vedere di fronte, obliquamente e lateralmente. (vedute
dirette, oblique e laterali). Il proprietario può sempre aprire vede nel muro
contiguo al fondo altrui, ma per motivi di riservatezza deve rispettare le distanze
minime di confine.

b. luci sono quelle aperture che pur consentendo il passaggio di luce ed aria non
consentono la vista o quantomeno l’affaccio sul fondo del vicino. La luce, luce
regolare, deve rispettare determinate caratteristiche. Nel caso in cui non le
rispettasse, il proprietario ha il diritto che essa sia resa regolare.

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• Modi di acquisto della proprietà

I modi di acquisto a titolo derivativo importano la successione dello stesso diritto


già appartenente ad altro soggetto, gli eventuali vizi che ricadevano sul titolo del
precedente proprietario sono trasmessi al secondo. I modi di tale acquisto sono il
contratto, la successione causa morte, l’espropriazione per pubblica utilità ecc.

I modi di acquisto a titolo originario determinano la nascita di un nuovo diritto. I


modi di acquisto a titolo originario sono invece: l’occupazione, l’invenzione,
l’accessione, l’usucapione e il possesso in buona fede di beni mobili.

L’occupazione consiste nella presa di possesso in via permanente e definitiva di


cose mobili che non sono in proprietà di qualcuno (pesci in mare), o abbandonate
(oggetti nella spazzatura); non è possibile per i beni immobili, che se non sono in
proprietà di qualcuno spettano al patrimonio dello Stato.

L’invenzione riguarda solo le cose mobili smarrite. Se si presenta il proprietario,


questo deve al ritrovatore un premio proporzionale al valore della cosa smarrita o
nella quota fissata dal giudice.

Caso particolare di invenzione è quello del tesoro, il quale diviene immediatamente


di proprietà del titolare del fondo in cui si trova. Se è trovato per caso in fondo altrui
spetta per metà al proprietario del fondo e per metà al ritrovatore. Caso diverso per
i beni culturali che sono in ogni caso proprietà dello Stato.

L’accessione riguarda la stabile incorporazione, per opera dell’uomo o per evento


naturale, di beni di proprietari diversi

a. L’accessione di mobile a immobile, vede l’applicazione del principio che la


proprietà del suolo si estende nello spazio sovrastante e sottostante. Il
proprietario del suolo acquista per legge la proprietà che si incorpora al suo
suolo.
L’ipotesi dell’accessione invertita prevede che, quando nel realizzare una
costruzione, il proprietario finitimo sconfina sul fondo altrui, trovandosi a cavallo
tra i due fondi se: 1. la parte realizzata sul terreno altrui non ha propria
autonomia funzionale, 2. se l’autore dello sconfinamento opera con l’intento di
costruire su proprio suolo, opera in buona fede, 3. e se il proprietario del fondo
occupato no sporge occupazione in tre mesi, l’autore dello sconfinamento può
richiedere al giudice di acquisire la proprietà della parte occupata in cambio del
pagamento del oppio del valore della parte occupata.

b. L’accessione di immobile a immobile si articola nelle fasi di


1. alluvione quando il materiale terroso e sabbioso trasportato dal fiume si
deposita impercettibilmente lungo le rive. L’acquisto avviene nel corso del
tempo e questi materiali possono formare un bene; l’acquisto di tale proprietà
avviene per accessione
2. avulsione quando la forza delle acque asporta una zolla di un fondo
superiore, la quale è andata successivamente ad appigliarsi a un fondo
rivierasco. Il proprietario del terreno a valle ne diventa proprietario quando le
piante hanno fissato le loro radici sulla terra che si è andata a staccare ed è
inoltre tenuto a pagare all’altro un’indennità.

71
c. L’accessione di mobile a mobile da luogo alle figure di
1. unione che consiste bella giunzione di beni mobili appartenenti a proprietari
diversi formando un tutto inseparabile di proprietà comune senza dar luogo ad
una “cosa nuova”.
2. specificazione consiste nella creazione di una cosa del tutto nuova con beni
mobili appartenenti ad altri; si ha la trasformazione della materia mediante
l’opera umana. (es: produco sapone con materi prime altrui)

• Perdita di proprietà
La proprietà si perde in forza d’un atto di disposizione (vendita, donazione ecc.)
posto dal titolare che ne determina il trasferimento in favore di terzi, che la
acquisiscono a titolo derivativo.

Si perde in conseguenza dell’acquisto che altri facciano per usucapione.


Si può inoltre perdere per rinuncia del proprietario. Nel caso di bene mobile può
avvenire per facta concludentia, in tal modo diventa res derelicta e può essere
acquistata per occupazione (es: abbandonando il bene in discarica); nel caso di
bene mobile la rinuncia deve avvenire per forma scritta ed essere trascritta nei
pubblici registri immobiliari, diventa di patrimonio dello Stato.

• Azioni a difesa della proprietà


Le azioni petitorie, a difesa della proprietà, si dicono di natura reale poiché sono a
difesa di un diritto reale, e sono:

a. L’azione di rivendicazione è concessa al proprietario che fa valere il suo diritto


di proprietà per recuperare la cosa da altri illegittimamente posseduta o
detenuta.
art 948 del c.c.“Il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o
detiene e può proseguire l’esercizio dell’azione anche se costui, dopo la
domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa. In tal
caso il convenuto è obbligato a ricuperarla per l’attore a proprie spese, o, in
mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno. Il proprietario,
se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore la restituzione della
cosa, è tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma
ricevuta in luogo di essa. L’azione di rivendicazione non si prescrive, salvi gli
effetti dell’acquisto della proprietà da parte di altri per usucapione”.
L'azione di rivendicazione ha una finalità restitutoria, con essa il proprietario,
che non è nel possesso della cosa, chiede, previo accertamento della titolarità
del proprio diritto, la condanna alla restituzione del bene.
L'azione ha natura reale, fa valere quello che è un diritto reale. Per essere
proprietario si deve dare la prova anche dell'acquisto legittimo dei vari danti
causa dell'attore, immediati e mediati, sino a risalire a un acquisto a titolo
originari dal quale ha avuto origine la catena dei trasferimenti.
Per i beni mobili ai fini della ricerca dell'acquisto a titolo originario soccorre la
regola possesso vale titolo.
L'azione di rivendicazione è imprescrittibile, perché il non uso è una
manifestazione del potere che spetta al proprietario.
Il proprietario può agire in giudizio, davanti all’autorità giudiziaria, nei confronti di

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chiunque violi il suo diritto, ottenendo dal giudice un provvedimento che
ristabilisce d’autorità il diritto violato.

b. L’azione di mero accertamento della proprietà è riconosciuta chi ha


interesse ad una pronuncia giudiziale che affermi, con l’efficacia del giudicato, il
suo diritto di proprietà su un bene. L’azione non è rivolta a recuperare la cosa,
ma a rimuovere incertezza un merito alla proprietà di essa

c. L’azione negatoria è concessa al proprietario di un bene al fine di ottenere


l’accertamento dell’esistenza dei diritti reali di terzi sul bene stesso. L’attore non
deve fornire la prova della proprietà sul bene, è sufficiente che diponga di un
valido titolo d’acquisto. Anche l’azione negatoria è imprescrittibile, ma dovrà
essere rovistata ne caso il convenuto abbia acquistato il diritto per usucapione.

d. L’azione di regolamento dei confini presuppone l’incertezza, oggettiva o


soggettiva, del confine tra due fondi. I titoli di proprietà non sono contestati, vi è
solo incertezza relativa alla linea di confine. La prova può essere servita con ogni
mezzo, in mancanza del quale il giudice si servirà delle mappe catastali. È
imprescrittibile.

e. L’azione per apposizione di termini presuppone invece la certezza del confine


e serve a far apporre o ristabilire i segni lapidei, ossia i simboli di confine tra i
due fondi, nel caso manchino siano divenuti irriconoscibili.

I DIRITTI REALI DI GODIMENTO (cap XIV)

I diritti reali su cosa altrui costituiscono una limitazione del diritto di proprietà, e si
distinguono in diritti reali di godimento e di garanzia.

I diritti reali di godimento costituiscono un numero chiuso e sono: superficie,


enfiteusi, usufrutto, uso, abitazione, servitù prediale. Quelli di superficie, enfiteusi,
abitazione e servitù hanno ad oggetto solo beni immobili; usufrutto ed uso hanno
ad oggetto anche beni mobili.

La superficie
Per accessione, tutto ciò che è ancorato sopra sotto il suolo appartiene al
proprietario del medesimo suolo. Questa regola è derogata quando il diritto di
superficie spetti ad un soggetto diverso:

a. concessione ad aedificandum consiste nel diritto di costruire un opera, di cui


si diventa proprietari, sul suolo altrui, mentre il suolo resta di proprietà de
concedente (nuda proprietà). La concessione si estingue se il titolare non
costruisce per vent’anni.

b. proprietà superficiaria un soggetto diverso dal titolare diviene proprietario di


una costruzione già esistente, mentre la propria del suolo resta al concedente.
Non subisce estinzione per non uso.

La superficie può essere perpetua o a termine, nel secondo caso allo scadere della
proprietà passa gratuitamente al proprietario del suolo, salvo patto contrario.

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I modi di acquisto della superficie sono il contratto, il testamento e l’usucapione.

Il superficiario ha libera disponibilità della costruzione, può alienarla, costituire su


essa diritti reali, concederla mi godimento a terzi, ecc.

L’estinzione si verifica per scadenza del termine, confusione (unione di superficie e


nuda proprietà sotto lo stesso soggetto), rinuncia, prescrizione ventennale.
Nell’estinzione per scadenza, i diritti reali gravanti sul suolo si estendono alla
superficie, e quelli costituiti dal superficiario si estinguono, ad eccezione della
servitù a favore della costruzione. Se l’estinzione avviene per altre cause i diritti reali
costituiti dal superficiario e dal nudo proprietario continuano a gravare
separatamente sui rispettivi oggetti di diritto.

Il diritto di superficie trova applicazione ad esempio negli edifici condominiali,


mentre la proprietà del suolo spetta in comunione, indiviso, a tutti i condomini, le
singole unità immobiliari competono, in via esclusiva a ognuno di essi.

L’enfiteusi
L’enfiteusi attribuisce al soggetto su cui ricade, lo stesso potere di godimento del
proprietario, salvo l’obbligo di migliorare il fondo e pagare al proprietario un
canone periodico (in denaro o in prodotti naturali). L’enfiteuta può modificare la
destinazione del fondo, al contrario dell’usufruttuario, purché non lo deteriori. (es:
cambio tipo di coltivazione).
Il potere di godimento dell’enfiteuta è detto dominio utile, al nudo proprietario
spetta invece il dominio diretto, che si riduce al canone. L’enfiteusi può essere
perpetua o a tempo, ma in tal caso non può durare meno di vent’anni. L’enfiteuta
disporre del proprio atto inter vivos che per mortis causa, e costituire su esso un
numero limitato di diritti reali.
Si può acquisire per contratto, con forma scritta, testamento ed usucapione.
All’enfiteuta spetta inoltre: il potere di affrancazione, può acquistare dunque piena
proprietà del fondo pagando una somma a favore del concedente; il potere di
devoluzione per cui in caso di inadempimento dell’enfiteuta a uno dei suoi obblighi
deve liberare il fondo dal suo diritto.

L’usufrutto

L’usufrutto consiste nel diritto di godere della cosa altrui, con l’obbligo di
rispettarne la destinazione economica. Ha necessariamente durata temporanea,
perché non rimarrebbe utilità pratica per la nuda proprietà.

Se costituito a favore di una persona fisica, il titolo, dove non sia prevista una durata
inferiore, dura tutta la vita dell’usufruttuario, e la morte ne provoca l’estinzione. Se
costituito a favore du una persona giuridica non può durare più di trent’anni.

L’usufrutto congiuntivo è attribuito congiuntamente a più soggetti, con diritto di


accrescimento a favore del più longevo. L’usufrutto successivo è invece attribuito
a più soggetti in via successiva alla morte del precedente; è espressamente vietato
se costituito per testamento o in forza di donazione, e in tal caso vale solo in favore
del primo beneficiario. È invece valido l’usufrutto successivo improprio, in
previsione dell’art 769 c.c: È permesso al donante di riservare l'usufrutto dei beni

74
donati a proprio vantaggio, e dopo di lui a vantaggio di un'altra persona(o anche di
più persone, ma non successivamente.

Qualsiasi specie di bene, immobile o mobile può essere oggetto di usufrutto, ad


esclusione dei beni consumabili, i quali non possono essere restituiti; possono
esserlo invece anche i beni deteriorabili e in tal caso usufruttuario ha diritto di
servirsene secondo l’uso a cui sono destinati.
Se il godimento di beni consumabili viene attribuito a qualcuno di diverso dal
proprietario si parla di quasi usufrutto, che non è un diritto reale su cosa altrui.

I modi di acquisto sono:

a. per legge, riguarda l’usufrutto legale dei genitori sui beni del figlio minore.

b. provvedimento del giudice Il giudice, in relazione alle necessità della prole e


all'affidamento di essa, può costituire a favore di uno dei coniugi l'usufrutto su
una parte dei beni spettanti all'altro coniuge (divisione legale dei beni in
comunione art 194 cc.).

c. la volontà dell’uomo: contratto, testamento, donazione obnuziale, ecc. Gli atti


inter vivos richiedono la forma scritta ad susbtantiam

d. usucapione e, sui beni mobili non registrati l’acquisto del possesso in buona
fede.

Fino a tempi recenti era previsto l’usufrutto uxorio secondo cui il coniuge
superstite in sede di successione mortis causa acquisiva il diritto si usufrutto su una
quota dei beni relitti, mentre ora è previsto che la quota sia non su una parte ma sui
beni stessi.

All’usufruttuario competono:

a. poter di godimento sul bene, che implica di trarre utilità dal bene
mantenendone la destinazione economica, il possesso e l’acquisto dei frutti
naturali e civili della cosa. Nel caso il possesso sia esercitato da altri può,
mediante l’actio confessioria, accertare il suo diritto e condannare il terzo che
lo detenga.

b. il potere di disposizione , solo per atto inter vivos, del diritto di usufrutto,
cedendolo gratuitamente o a titolo oneroso, senza arrecare danno a nudo
proprietario.

c. il potere di disposizione , solo per atto inter vivos, del godimento del bene.
Le locazioni concesse dall’usufruttuario dovrebbero terminare con l’estinguersi
dell’usufrutto. Tuttavia il legislatore ha consentito che possano proseguire per
una durata limitata, non oltre i cinque anni, e facendolo risultare mediante atto
pubblico.

d. La facoltà di apportare miglioramenti ed eseguire addizioni.

Gli obblighi dell’usufruttuario sono:

a. usare la diligenza del buon padre di famiglia nel godimento della cosa

75
b. non modificarne la destinazione

c. fare l’inventario e prestare garanzia circa gli obblighi di conservazione e


restituzione.

Queste sono ritenute dalla Suprema corte come vere e proprie obbligazioni
dell’usufruttuario nei confronti del nudo proprietario.

Le spese, gli oneri e i costi di amministrazione sono accalco dell’usufruttuario,


mentre spettano al nudo proprietario le riparazioni straordinarie.

L’estinzione dell’usufrutto si verifica: a. per scadenza del termine o morte


dell’usufruttuario; b. per prescrizione estintiva ventennale; c. per
consolidazione, ossia unione dell’usufrutto e della nuda proprietà sotto la stessa
persona; d. per ferimento totale della cosa; e. per abuso che l’usufruttuario faccia
del suo diritto; f. per rinuncia, che nel caso di beni immobili deve avvenire per
iscritto.

Ha il diritto richiedere la separazione delle addizioni qualora in tal modo non arrechi
nocumento; nel caso il proprietario intenda ritenerle gli deve la differenza tra quanto
speso e il migliorato.

L’uso e l’abitazione sono tipi limitati di usufrutto. L’uso consiste nel diritto di servirsi
di un bene, e se fruttifero di raccogliere i frutti limitatamente ai propri bisogni e della
propria famiglia. L’abitazione consiste nel diritto di abitare una casa limitatamente
ai propri bisogni e della propria famiglia. Non vi possono essere altre destinazioni e
non si possono cedere. Tali diritti possono nascere anche ex lege, ad esempio nel
caso della morte di un coniuge, a favore dell’altro.

La servitù
La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo, il fondo servente,
per utilità di un altro fondo, il fondo dominante, appartenente a diverso proprietario.

L’utilità può consistere anche nella maggior comodità o amenità. Il contenuto delle
servitù tipiche è descritto nel codice civile, si costituiscono però anche servitù
atipiche sempre finalizzate all’utilità del fondo dominante. Sono concesse le servitù
industriali, strumentali agli utilizzi produttivi del fondo dominante. Sono servitù non
prediali quelle aziendali, che consistono in strumenti utili all’azienda
indipendentemente dal fondo in cui si trovino.

Le servitù possono essere reciproche, quindi poste simultaneamente a carico di


due o più fondi che traggono vantaggio reciprocamente.
L’utilità può essere ance rivolta ad un edificio da costruire o un fondo da acquistare.
Le servitù “irregolari” a favore di una persona, non sono prediali.

1. La servitù può imporre al fondo servente un dovere negativo di non facere (es:
alla servitus altius non tollendi, o pati, di sopportare (es: il proprietario del fondo
servente deve sopportare che quello del fondo dominante passi sul suo fondo.)
Nel caso caso in cui il proprietario del fondo servente tenuto ad una
prestazione positiva si hanno due rapporti distinti: il rapporto reale di servitù e
un rapporto obbligatorio propter rem.

76
2. La servitù presuppone che i fondi appartengano a proprietari diversi.

3. I fondi devono trovarsi nella situazione topografica tre che uno possa arrecare
utilità all’altro.

La costituzione può avvenire: in attuazione di un obbligo di legge (servitù coattive),


per volontà dell’uomo mediante contratto o testamento (servitù volontarie), per
usucapione o seriazione del padre di famiglia.

Quando un fondo è in una situazione che arreca pregiudizio alla sua utilità, la legge
interviene imponendo al proprietario del fondo servente a servitù coattiva. es: un
fondo non ha accesso alla via pubblica. Ciò può avvenire mediante un contratto che
accerta tale situazione e con successiva sentenza del giudice. Il venir meno di tali
presupposti presume l’estinzione del diritto di servitù coattiva. Le figure più
importanti di servitù coattiva sono:

acquedotto coattivo, si può richiedere anche quando l’acqua non è necessaria,


perche già per le esigenze primarie, ma è utile ad altro; elettrodotto coattivo;
passaggio coattivo, possibile anche quando il fondo non sia intercluso, quindi
abbia un altro passaggio alla via pubblica, ma questo sia conveniente ai fini d’uso
del fondo, o l’esistente passaggio no sia sufficiente alle esigenze del fondo. Il
passaggio deve essere breve e arrecare il minor danno possibile al fondo servente.

Quando il fondo non di trova in condizioni sfavorevoli, il proprietario assicurarsi


l’utilità che gli occorre per il suo miglio sfruttamento tramite contratto o testamento.
Le servitù per usucapione o destinazione del padre di famiglia si dicono apparenti
sono quelle al cui esercizio sono destinate opere visibili e permanenti (anche
formatesi naturalmente, come un sentiero per effetto del calpestio.

L’esercizio della servitù è regolato dal titolo e dalla legge. Tale diritto comprende
tutte le facoltà accessorie ma indispensabili per esercitarlo. In caso di dubbi circa le
modalità di esercizio si segue il principio della soddisfazione del fondo dominante
col mine aggravio per il fono servente.

Le servitù si estinguono: per rinuncia fatta per iscritto; per scadenza del termine;
per confusione; per prescrizione estintiva ventennale. Il momento da cui inizia a
decorrere il tempo per a scadenza dipende dalla natura della servitù.
In caso di servitù negativa (in cui il proprietario dominante vieta qualcosa al
proprietario servente), la prescrizione non decorre se il proprietario servente non
abbia infranto un divieto.

Stessa cosa se è affermativa continua (quindi l’attività dell’uomo è antecedente


l’esercizio della servitù), la prescrizione non decorre se il proprietario servente non
abbia infranto un divieto.

Se è affermativa discontinua (il fatto deve essere concomitante con l’esercizio


della servitù), la prescrizione inizia a decorrere dall’atto dell’ultimo esercizio.

A tutela della servitù è predisposta l’azione confessoria mediante la quale colui


che si afferma titolare, il legittimato attivamente, ottiene l’accertamento del suo
diritto. Il legittimato passivamente può essere il proprietario del fondo servente o
colui che ne contesta l’esercizio.

77
LA COMUNIONE E IL CONDOMINIO (cap XV)

La comunione

Un diritto soggettivo può appartenere a più persone, che sono in tal caso contitolari
dello stesso unico diritto. La contitolarità di un diritto reale prende i nome di
comunione pro indiviso nel caso di diritto dominicale; consufrutto se si tratta di
contitolarità di diritto di usufrutto ecc. A ciascun contitolare spetta una quota ideale
sull’intero bene, tale quota è disponibile e segna la misura di facoltà, diritti ed
obblighi dei rispettivi titolari. Esiste anche il caso della comunione senza quote, in
cui il bene appartiene unitariamente al gruppo.

La comunione si distingue dalla società poiché nel primo caso i compartecipi si


limitano all’esercizio del godimento del bene, mentre nel secondo si esercita di
norma un’attività economica. Anche nella comunione ci può essere una finalità
produttiva, nel caso in cui concedano il bene a terzi, e si limitino a raccoglierne i
frutti, senza però qualificarla come attività d’impresa.

I modi di costituzione sono:

a. volontaria con accordo dei futuri contitolari

b. incidentale quando scaturisce senza un atto diretto

c. forzosa quando scaturisce dall’esercizio di un diritto potestativo da parte dei


uno dei contitolari (es: unione forza del muro).

Si distingue tra: comunione ordinaria, regolata dagli artt. 1100 e 1116; e comunioni
speciali figurate autonomamente e regolate dalla legge.

In merito al potere di godimento, ogni contitolare può servirsi della cosa comune
non alterandone la destinazione non impedendone il godimento agli altri contitolari.
Le parti possono comunque concordare una “divisione” e concordarne l’uso
indiretto (es: locazione a terzi). Ciascun contitolare ha i diritto di percepire i frutti
della cosa in proporzione alla quota, dovendo partecipare ala porzione di spese che
gli competono.

Ciascun compartecipe deve concorrere all’amministrazione. Per l’adozione di


deliberazioni non è richiesto il consenso di tutti ma della maggioranza.

Per gli atti di ordinari amministrazione è sufficiente il consenso di tanti proprietari


di cui le quote rappresentino più della metà del valore complessivo della cosa
comune. Per quelli di straordinaria amministrazione devono raggiungere i due
terzi. Sono comunque vietati atti pregiudizievoli per la cosa comune.

Il singolo partecipante è tutelato da azioni petitorie a difesa del diritto comune,


azioni possessorie a difesa della comune situazione possessoria, e risarcitorie in
caso di danni sofferti dalla cosa comune.

Con il consenso di più della metà dei contitolari si può stabilire un regolamento.

Ciascun partecipante ha la facoltà di chiedere in qualsiasi momento e contro la


volontà della maggioranza, lo scioglimento. Il codice civile vieta che le parti

78
possano convenzionalmente vincolarsi a rimanere in comunione per più di dieci
anni.

Lo scioglimento non è consentito nel caso in cui la comunione a ad oggetto beni


che indivisi perdono la loro utilità.

Il condominio
La figura del condominio si ha quando nel medesimo edificio coesistono più unità
immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini. Le parti comuni si presume
appartengano comunione a tutti i proprietari delle singole unità immobiliari del
condominio.

Il singolo condomino può fare uso delle parti comuni senza compiere attività che
incidano negativamente dura loro destinazione d’uso; può apportare modifiche
alle parti comuni funzionali al miglior godimento della propria unità immobiliare;
deve contribuire alle spese in misura proporzionale alla propria quota.

NON può rinunciare al diritto sulle parti comuni per sottrarsi alle relative spese, non
può disporre delle parti comuni nella loro totalità, se no congiuntamente alla
porzione immobiliare di proprietà esclusiva; non può eseguire opere che arrechino
danno alla perte. comune. Le parti comuni sono tradizionalmente indivisibili, se non
con accordo che richiede il consenso di tutti.

Gli organi del condominio sono l’assemblea e quando i condomini sono più di otto,
obbligatoriamente anche l’amministratore. Se opportuno l‘assemblea può
nominare un revisore che verifichi la contabilità del condicio e un consiglio di
condominio formato da almeno 3 condomini negli edifici da 12 unità imm.
Tra le competenze dell’assemblea ci sono: l’adozione del regolamento
condominiale, la nomina dell’amministratore, l’approvazione del preventivo delle
spese occorrenti durante l’anno e la ripartizione tra i condòmini, ecc.

Il quorum costituivo dell’assemblea si raggiunge con i condomini che rappresentino


i due terzi del valore dell’edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio.
In caso non si possa deliberare per mancato raggiungimento del quorum costitutivo
si può convocare per un giorno successivo, ma non oltre i dieci giorni.

Nelle deliberazioni relative a spese e modalità di gestione dei servizi di


riscaldamento e condizionamento dell’aria il diritto di voto non compete al
proprietario dell’appartamento concesso in locazione, ma a colui che lo occupa.

Dalle deliberazioni assembleari si deve redigere recesso verbale da trascrivere nel


registro tenuto dall’amministratore. Le deliberazioni assunte sono vincolanti per tutti
i partecipanti al condominio. I condòmini assenti all’assemblea o dissenzienti
rispetto una deliberazione possono impugnarla, entro 30 giorni, davanti al giudice, e
nel caso sia contraria alla legge al regolamento condominiale sarà annullata.

Dalle deliberazioni annullabili si distinguono quelle nulle, perché prive di elementi


essenziali, o con oggetto possibile o illecito.

La carica di amministratore dura un anno ma può essere revocata in ogni momento.


A costui compete eseguire le deliberazioni dell’assemblea, convocarla annualmente

79
per l’approvazione del rendiconto condominiale, ecc. L’incarico di amministratore
del condominio può essere conferito, oltre che a una persona fisica, ad una società
lucrativa.

L’amministratore, nei limiti delle proprie attribuzioni, rappresenta i singoli condomini.


L’amministratore deve tenere distinta la gestione del proprio patrimonio da quello
del condominio e degli atri condòmini.

Nel caso i condòmini siano più di dieci, con la maggioranza per le deliberazioni nella
prima convocazione, approva un regolamento, il quale richiede la forma scritta ad
substantiam, contenente le norme sull’uso delle cose comuni, la ripartizione delle
spese, l’amministrazione e la stella del decoro dell’edificio.

Le infezioni del regolamento sono sanzionate con il pagamento di somme che


arrivano fino a €200,00, e in caso di recidiva €800,00. Se non è prevista nel titolo al
regolamento dev’essere allegata la tabella millesimale, che indica espresso in
frazione millesimale, il rapporto proporzionale fra i valore della singola unità
immobiliare e quello dell’intero edificio.

L’assemblea e il regolamento non possono porre limitazioni diritti di singoli


condòmini sulle rispettive unità immobiliari.

Le clausole, seppur approvate all’unanimità, che regolano l’uso dei beni comuni
possono essere modificate con l’approvazione della maggioranza.

Si parla di supercondominio nel caso in cui distinti condomini siano legati tra loro
dall’esistenza di cose, impianti, o servizi in comune, in rapporto di accessoriato
rispetto a ciascuno di tali condomini. Per regolare le parti ed i servizi necessari si
seguono le norme dettate per il condominio; per le altre strutture di autonoma utilità
(impianti sportivi, spazi di intrattenimento…) si applicano le orme relative alla
comunione.

Il c.d. condominio orizzontale è invece un complesso residenziale costituito da più


edifici autonomi di proprietà individuale, che fruiscono però di una serie di aree e
servizi in comune.

La multiproprietà
La multiproprietà indica un’operazione economica nella quale più soggetti sono
pieni proprietari di uno stesso immobile, goduto da ciascuno, a turno, per una
frazione limitata dell'anno.

Il termine multiproprietà si può utilizzare esclusivamente quando il diritto oggetto


del contratto sia un diritto reale, a norma del Codice del Consumo. Esistono
diverse fattispecie di multiproprietà: Multiproprietà immobiliare; Multiproprietà
azionaria; Multiproprietà alberghiera.

Per dar veste giuridica all’operazione, in assenza di una specifica disciplina


legislativa, si fa prevalentemente ricorso all’istituto della comunione.

80
IL POSSESSO (cap XVI)

Il diritto di godere e disporre di un determinato ben si distingue dal fatto di godere


effettivamente e disporre di tale bene.Accade tuttavia che chi disponga del diritto su
un bene non possa esercitarlo, e chi pur non avendo il diritto di proprietà si
comporti, di fatto, come se lo avesse. Il possesso non è un diritto, ma una
situazione di fatto.

Il codice attribuisce rilevanza giuridica alle situazioni di fatto che si distinguono


attraverso un’attività corrispondente all’esercizio di diritti reali, le c.d. situazioni
possessorie, prescindere che alle stesse corrisponda o meno la situazione di
diritto.

Il possesso di fatto assicura al possessore alcuni vantaggi: la tutela possessoria;


l’acquisto della proprietà per usucapione o per la regola “possesso vale titolo”, ecc.
Il motivo di tale tutela è volto: a tutelare il proprietario che è di solito colui che
possiede il bene, ed è comunque una situazione facilmente accertabile; a
proteggere il possessore, mantenendo la pace tra i consociati.

Lo ius possessionis riguarda l’insieme dei vantaggi che il possesso genera a


favore del possessore. Lo ius possidendi corrisponde invece alla situazione di chi
ha effettivamente il diritto a possedere il bene, che implica inoltre la possibilità di
rivendicarlo presso chi lo possieda senza titolo.

Si distingue tra:

a. possesso pieno - costituito da un elemento oggettivo, che consiste nell’avere


la disponibilità di fatto della cosa, mentre quello soggettivo riguarda la volontà
del soggetto di comportarsi come proprietario in relazione a tale bene.

b. detenzione - L’elemento oggettivo consiste nell’avere la disponibilità di fatto


della cosa, quello soggetto riguarda la volontà di godere e dispone del bene,
riconoscendo i diritti su tale bene che spettano ad altri.

c. possesso mediato -caratterizzato dal solo elemento soggettivo, mentre la


disponibilità materiale del bene compete al detentore.

Ciò che distingue il possesso dalla detenzione è lo stato psicologico che il soggetto
manifesta all’esterno, che dipende principalmente dal titolo i forza del quale
avviene l’acquisizione o le modalità in cui avviene. (il soggetto che prende in prestito
un libro dalla biblioteca manifesta esternamente di rispettare i diritti della biblioteca
nella successiva restituzione e non danneggiamento del libro, questo non conferma
la sua futura volontà di farlo effettivamente)

Nel caso l’esercizio del potere si identifichi con la fattispecie del possesso, sta a chi
nega tale situazione l’onere di provare che si tratti di un’ipotesi di semplice
detenzione.

Il mutamento della detenzione in stesso avviene solo se la modificazione dello


stato psicologico del possessore si manifesti all’esterno: in forza di opposizione dal
detentore al possessore (es: il soggetto decide di non restituire il libro, nega alla

81
biblioteca di doverlo restituire); in forza di causa proveniente da un terzo , ossia
l’attuale possessore, anche non legittimato a disporre del bene, attribuisce al
detentore la sua posizione possessoria. (es: caso in cui un ladro dopo avermi
concesso la detenzione di n bene me lo vende).

Il possesso legittimo si ha quando il potere di godere e disporre del bene è


esercitato dall’effettivo titolare del diritto di proprietà, quando invece siano esercitati
da chi non sia il titolare di tale diritto si parla di possesso illegittimo.

Il possesso (illegittimo) in buona fede si verifica quando il possessore ha


acquistato la materiale disponibilità del bene ignorando di ledere il diritto altrui, la
buona fede dipende dalle circostanze in cui avviene l’acquisto del possesso.
Se si procede all’acquisto seppur conoscendo il difetto del titolo di acquisto si parla
di possesso (illegittimo) di mala fede.
Si distingue inoltre il possesso (illegittimo) vizioso quando non solo l’acquisto
avviene in mala fede, ma anche con violenza e clandestinità (es: rapina, furto).

Si stingue inoltre la detenzione qualificata quando il detentore ha acquisito la


disponibilità materiale del bene nell’interesse proprio (deten. qualificata autonoma) o
nell’interesse del possessore (deten. qualificata non autonoma); detenzione non
qualificata quando il detentore ha acquistato la materiale disponibilità del bene per
ragioni di ospitalità, servizio o lavoro (es: accolgo un amico nel mio appartamento,
affido all’autista la mia auto affinché guidi…).

Possono esistere situazioni di fatto che corrispondono anche ad altri diritti reali, e
sul medesimo bene come posso gravare più diritti reali, posso coesistere più
possessi di diverso tipo.

L’acquisto del possesso può avvenire:


in modo originario con l’impossessamento della cosa contro o senza la volontà di
un eventuale precedente possessore, ed il conseguente esercizio sulla cosa dei
poteri spettanti al titolare di diritti reali. Non si ha acquisto del possesso se
l’impossessamento avviene per mera tolleranza del possessore.
in modo derivativo con la consegna (traditio) materiale o simbolica del bene da
parte del precedente al nuovo possessore. Esistono due figure di traditio ficta
(consegna simbolica) con ciò non muta la relazione di atto con la cosa ma l’animus.
Con la traditio brevi manu il detentore acquista il possesso del bene, con il
costituto possessorio il possessore perde il possesso però acquista la detenzione
del bene.

Essendo una situazione di fatto, la giurisprudenza non breve un contratto per il


trasferimento del possesso.

La perdita del possesso si verificaa per il venir meno di uno degli elementi del
possesso, (la volontà di possedere il bene animus o la disponibilità materiale del
bene corpus). La perdita del corpus si intende quando causa la sua definitiva
irreperibilità od irrecuperabilità (es: non l’ho perso se ho scordato l’ombrello a casa
di amici).

82
Il possesso di animali selvatici si perde quando riacquistano la libertà naturale;
quello di animali addomesticati quando perdono la consuetudo revertendi, ossia
l’abitudine a tornare nel luogo n cui erano solitamente accuditi.

Alla morte del possessore, il possesso è ereditato, ipso iure dunque anche in
mancanza della disponibilità materiale del bene, dal suo successore a titolo
universale, con gli stessi caratteri che aveva rispetto al defunto.

Caso diverso è l’accessione del possesso applicabile solo a chi acquista il


possesso in forza di un titolo (es: vendita) astrattamente idoneo a trasferire a titolo
particolare la proprietà sul bene, che nel caso dell’acquisto di possesso avviene
ipso iure.

Effetti del possesso


Il possessore illegittimo è di norma tenuto a restituire al titolare del diritto non
solo il bene, ma anche i frutti prodotto dal bene dal momento in cui ha avuto inizio il
suo possesso. Nel caso si tratti di possesso in buona fede, il possessore ha diritto a
tenere i frutti.

Per le spese ordinarie il possessore ha diritto di rimborso in proporzione al tempo


per cui è tenuto alla restituzione dei frutti. Per le spese straordinarie sia il
possessore in buona che in mala fede hanno diritto al rimborso. Hanno anche diritto
al rimborso delle spese per miglioramenti, alla condizione che tali miglioramenti
sussistano al momento della restituzione.

Il possessore un buona fede ha inoltre diritto di ritenzione, quindi a non restitutore


il bene finché non gli siano state corrisposte le indennità dovute.

Di regola, acquistando un bene da ci non ne è proprietario, c.d. acquisto a non


domino, (es: da un ladro), non se ne diventa proprietario. Si ovvia al problema nel
caso di beni mobili e immobili registrati.
Per i beni mobili non registrati vale però il principio possesso vale titolo purché
concorrano i seguenti presupposti:
- che l’acquisto riguardi beni mobili suscettibili di possesso;
- che l’acquirente possa vantare di un titolo idoneo al trasferimento della proprietà
(es: compravendita) che non presenti altro vizio oltre all’essere stipulato da chi non
è legittimato a disporre del bene; (è nulla se è illegittimo anche l’oggetto della
compravendita, es: compravendita per droga)
- che l’acquirente oltre ad aver stipulato l’atto d’acquisto del bene , ne abbia
acquistato anche il possesso. Il legislatore tutela l’acquirente solo se vi è già stata la
consegna a favore di quest’ultimo, altrimenti tutela ancora il precedente dominus.
- che l’acquirente sia in buona fede.

L’art 1155 c.c. regola il caso in cui taluno alieni il medesimo bene a più persone o
costituisca lo steso diritto a favore di più persone. In tal caso, tra esse il primo
acquista ne acquista il possesso in buona fede è preferito tra le altre.

L’usucapione
Il possesso protratto per un certo di tempo fa acquisire al possessore, mediante
l’usucapione, la titolarità del diritto reale. L’usucapione costituisce dunque un

83
modo di acquisto a titolo originario della proprietà e dei diritti reali minori.
L’usucapione agevole inoltre la prova del diritto di proprietà, senza di esso chi si
afferma proprietario dovrebbe dare la prova di aver acquistato precedentemente da
un soggetto che era effettivamente il proprietario.

L’usucapione si distingue dalla prescrizione estintiva, poiché il dato del tempo e


l’inerzia del titolare del diritto nel caso della prescrizione ne portano all’estinzione,
nel caso dell’usucapione ne comportano l’acquisto. La prescrizione riguarda inoltre
diritti di portata generale, mentre l’usucapione proprietà e diritti reali minori. In
particolare per usucapione si possono acquistare solo la proprietà e i diritti
reali di godimento.

I diritti usucapibili posso avere ad oggetto tutti i beni ad esclusioni di quelli


demaniali e del patrimonio indisponibile dello Stato.

Per verificarsi l’usucapione devono concorrere i seguenti presupposti:

a. il possesso a prescindere che sia o meno in buona fede. Non è invece rilevante
la detenzione.

b. la continuità del possesso per un certo lasso di tempo

c. la non interruzione del possesso, che si ha quando nel lasso di tempo richiesto
dalla legge non si verifichino né cause di interruzione naturale (es: abbandono,
smarrimento …) che civile (caso in cui viene posta una domanda giudiziale
contro il possessore al fine di privarlo del possesso, es: azione di rivendicazione;
o nel caso in cui il possessore abbia effettuato il riconoscimento del diritto del
titolare)

d. il decorso di un lasso di tempo corrispondente a venti anni. Nel caso di


acquisto del possesso a titolo particolare si può sommare al proprio tempo
quello dei dati causa. Chi lo ha acquistato a titolo originale giova del possesso
del suo autore (successione del possesso). Sono previsti termini più previ
termini più brevi in casi specifici. Nel momento in cui mattina il termine prevosto
l’acquisto in forza di usucapione avviene ex lege.

Il possessore può rinunciare all’usucapione maturata in su favore .

• Tutela delle situazioni possessorie Se qualcuno agisce in modo illecito con


l’intento di privarmi del mio possesso, fino a che la sua azione è in atto mi posso
opporre in via di autodifesa.
Se l’azione l’azione si è risolta nella privazione turbativa del possesso, ci si deve
rivolgere al giudice per ricorrere alle azioni possessorie poste a tutela del
possesso, (mentre quelle petitorie sono volte a tutela solo di chi si affari titolare del
diritto di proprietà). Chi soccombe nel giudizio possessorio può successivamente
esperire u giudizio petitorio.

Qualora concorrano i presupposti della responsabilità civile, l’autore di lesioni


verso situazioni possessorie è tenuto al risarcimento del detentore/ possessore.

Azione di reintegrazione o spoglio L’azione di reintegrazione si pone a garanzia


della tutela giudiziaria del possessore di un bene, che su esso abbia diritto o meno,

84
di reintegrare nel possesso del bene chi si a rimasto vittima di uno spoglio violento
o clandestino.
Con spoglio si intende qualsiasi azione che generi la duratura privazione del
possesso del bene o che comprometta l’esercizio del possesso. Si dice violento
clandestino quando è posto n essere contro la volontà espressa o presunta del
possessore o detentore.
L’azione di reintegrazione agisce solo nel caso di animus spoliandi, quando lo
spoglio venga compiuto dall’autore con la consapevolezza di ledere il possessore/
detentore.
La legittimazione attiva ad esercitare tale azione spetta a qualsiasi possessore, sia
in buona o cattiva fede, detentore compreso ad eccezione del detentore non
qualificato (per servizio/ospitalità). La legittimazione passiva riguarda, oltre che
l’autore materiale, anche gli altri che rispondo al fatto di quest’ultimo , l’autore
morale.

Vi è un termine di decadenza di un anno a partire dal giorno della scoperta dello


spoglio clandestino.

Nel caso in cui lo spoglio no sia violento né clandestino, si può reagire solo con
l’azione di manutenzione. Si qualifica come spoglio non clandestino né violento il
rifiuto da parte opposto dal detentore a possessore, i restituire il fondo, oltre al
disconoscimento del possesso. Tale azione è volta far cessar le “molestie” di cui
sia stato vittima il possessore ristabilendo la situazione eventualmente alterata.
Con molestia o turbativa si intende un attività che arrechi un disturbo al
possessore, tanto che consista in attentati materiali, molestia di fatto (es: taglio di
alberi), o si estrinsechi in atti giuridici, molestia di diritto, in contrasto con la
situazione possessoria.

Si può ricorre all’azione di manutenzione solo in presenza dell’animus turbandi,


condizioni in cui colui che provoca molestia al possesso altrui lo fa con la
consapevolezza del pregiudizio che gli arreca.

La legittimazione attiva in questo caso spetta solo al possessore di un immobile/


università di immobili alla sola condizione che ne sia in possesso da almeno un
anno. La legittimazione passiva riguarda l’autore materiale e morale dell’azione.
Anche l’azione di manutenzione è soggetta a termine di decadenza di un anno.

Esistono inoltre l’azione di nuova opera e l’azione di danno temuto, (dal codice
definite come “denuncia di nuova opera” e “denuncia di danno temuto” ), esercitate
a tutela del possesso, della proprietà o altro diritto reale di godimento. Hanno
finalità cautelare, mirano a prevenire un dano o pregiudizio che può derivare da
una nuova opera o dalla cosa altrui, in attesa che si accerti il diritto alla proibizione.

IL RAPPORTO OBBLIGATORIO (cap XVII)

Con il termine obbligazione (civile) si intende il rapporto tra un soggetto passivo,


debitore, e un soggetto attivo, creditore, in forza del quale il primo è tenuto a una
determinata prestazione nei confronti del secondo.

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Al debitore fa capo un obbligazione, mentre al creditore il correlativo diritto di
credito. Il diritto del creditore si dice relativo perché vale solo nei confronti del
debitore, contrapponendosi così al diritto reale che si caratterizza per l’assolutezza.

Il potere del creditore sul bene è mediato (poiché il godimento dipende alla
condotta imposta al debitore) e relativo.

Il vincolo del debitore è sanzionato dalla responsabilità patrimoniale, egli risponde


all’inadempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Nel caso
in cui il creditore resti insoddisfatto della prestazione può dunque esercitare misure
coercitive sul patrimonio dell’obbligato.
Nel caso in cui il creditore ha diritto a ricevere una somma di denaro, può
conseguire tramite l’esecuzione forzata la stessa somma che aveva diritto a
conseguire con l’adempimento spontaneo.

Le obbligazioni possono sorgere (= sgorgare) da: contratto, fatto illecito o ogni


altro atto e fatto idoneo a produrle in conformità con l’ordinamento.

Nelle fonti di obbligazione devono rientrare, oltre che quelle nominate


(espressamente indicate dal legislatore), quelle innominate, cioè ulteriori a quelle
previste dalla legge, che siano ritenute idonee alla produzione di obbligazione. Vi
rientrano ad esempio il testamento, gli atti leciti dannosi, i rapporti nascenti da
alcuni contratti nulli, ecc.

Si è fin qui fatto riferimento all’obbligazione civile. A questa si contrappone


l’obbligazione naturale, ossia quando una determinata prestazione è devota non in
forza di un fonte di obbligazione, ma in esecuzione di un dovere morale o
sociale. In questo caso il debitore non è giuridicamente obbligato ad eseguire la
prestazione ma, se la esegue, non può chiederne la restituzione, soluti retentio,
che è l’unico effetto dell’obbligazione naturale. Ciò presuppone il concorso dei
seguenti presupposti:

a. La spontaneità della prestazione, che deve essere eseguita senza coazione

b. La capacità del soggetto che la esegue

c. La proporzionalità tra la prestazione seguita, i mezzi a disposizione e l’interesse


da soddisfare.

Alcune ipotesi di obbligazione naturale sono espressamente previste dalla legge.


(es: il debito di gioco)

GLI ELEMENTI DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO (cap XVIII)

I soggetti attivo e passivo del traportò giuridico devono essere determinati


quantomeno determinabili.

La titolarità del rapporto obbligatorio si determina in base alla titolarità della


proprietà o altro diritto reale su un determinato bene (obbligazioni reali, a soggetto
determinabile). Sono dunque caratterizzate dalla connessione con una cosa, si
definiscono anche "ambulatorie", in quanto, appunto, i soggetti del rapporto
mutano in seguito alla circolazione del bene.

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È inoltre possibile che l’obbligazione faccia capo ad una pluralità di soggetti, nel
caso dell’obbligazione plurisoggettiva, che ricorre in caso di:

a. obbligazione solidale
Passiva (più debitori, un unico creditore) quando ciascuno dei più debitori è
obbligato ad effettuare, a favore del creditore, l’intera prestazione.L’esecuzione
dell’intera prestazione di un debitore libera di conseguenza tutti gli altri debitori.

(es: se 2 coniugi contraggono un mutuo bancario, ciascuno è tenuto, nei confronti


della banca, a restituire la somma dovuta. La restituzione della somma mutuata
effettuata da parte di uno dei 2 coniugi, estingue integralmente il credito della
banca, determinando di conseguenza anche l’estinzione dell’obbligo restitutorio da
parte dell’altro coniuge).

Attiva (più creditori, un unico debitore) ciascun creditore ha diritto nei confronti del
debitore, all’intera prestazione. L’esecuzione dell’intera prestazione fatta dal
debitore a favore di uno dei creditori estingue l’obbligazione.

b. Obbligazione parziaria

Passiva ciascun dei più debitori è tenuti ad eseguire una parte solo dell’intera
prestazione. La restante deve essere seguita da ciascuno per la sua parte.

Attiva ciascuno dei più creditori ha diritto ad una parte soltanto dell’intera
prestazione.

Di solito in caso di pluralità di debitori di una medesima prestazione gli stessi sono
tenuti al solido (cioè tutti devono l’intera prestazione) c.d. Principio di Solidarietà
passiva a meno che il titolo non disponga diversamente.

In caso di pluralità di creditori si ritiene che la solidarietà ricorra solo se è


espressamente prevista dalla legge o dal titolo.

Per quanto riguarda l’obbligazione solidale passiva il creditore può rivolgersi per
ottenere l’intera prestazione, ad uno qualsiasi coobbligati, ed esso è obbligato al
pagamento. Il coobbligato che ha pagato al creditore l’intera somma di denaro può
fare la c.d. azione di regresso nei confronti degli altri coobbligati (cioè potrà
richiedere agli altri coobbligati la parte di rispettiva competenza).

Le obbligazioni si distinguono in:

a. indivisibili, che hanno ad oggetto una prestazione non suscettibile di


adempimento parziale, per sua natura o per volontà delle parti.

b. divisibili sono le altre.

L’obbligazione plurisoggettiva indivisibile è dunque quella solidale.

• La prestazione a cui è tenuto il debitore deve:

a. essere suscettibile di valutazione economica

b. rispedire ad un interesse del creditore

87
Le prestazioni possono consistere:

I. In un dare, dunque nel trasferimento del diritto su un bene, o nella consegna di


un bene; nel caso delle obbligazioni generiche il debitore è tenuto a dare cose
non ancora individuate e appartenenti ad un determinato genere (es: 100 qt di
grano), mentre nelle obbligazioni specifiche è tenuto a dare una cosa
determinata.

II. In un facere, cioè nel compimento di un’attività materiale o giuridica. Nel caso
dell’obbligazione di mezzi il debitore non è tenuto a garantire che il creditore
consegue il risultato sperato, come invece accade per le obbligazioni di risultato;
III. In un non facere, obbligazioni negative, dunque nell’osservanza di una condotta
consistente in un non dare o non facere.

La prestazione può inoltre distinguersi in:

a. fungibile se per il creditore è irrilevante l’identità del debitore e le sue qualità


(es: nelle obbligazioni di dare una somma di denaro)

b. infungibile nel caso contrario

È in ogni caso necessario che la prestazione sia possibile, lecita e determinata. Il


debitore e il creditore devono inoltre comportarsi secondo le regole della
correttezza.
Sorgono in tal modo in capo al debitore accanto all’obbligo principale relativo alla
prestazione, una serie di obblighi di protezione, finalizzati alla tutela degli interessi
dell’altra parte. (es: il meccanico deve custodire l’autovettura che gli viene
consegnata per una riparazione)

L’oggetto dell’obbligazione è la prestazione dovuta.


Le obbligazioni semplici hanno ad oggetto una sola prestazione.
Quelle alternative, ne hanno due o più, il debitore si libera eseguendone una sola
che può in genere scegliere.
Anche obbligazioni facoltative hanno ad oggetto una sola prestazione, ma il
debitore ha la facoltà di liberarsi eseguente un’altra.

Obbligazioni pecuniarie
Le obbligazioni pecuniarie, quelle in cui il debitore è tenuto a dare una somma di
denaro al creditore, sono le più diffuse.
I debiti pecuniari vanno estinti mediante moneta avente corso legale nello Stato al
momento del pagamento. Se il debito è espresso in moneta estera , il debitore può
pagare in moneta nazionale, almeno che non sia stato pattuito diversamente.

Possono esser estinte, oltre che con la moneta (nel caso l’importo sia inferiore a
€ 3.000, con altri mezzi di pagamento.
Se il debitore paga in moneta una cifra minore di € 3.000 il creditore non può
rifiutare il pagamento; il creditore può rifiutare il pagamento avvenuto con altri mezzi
che assicurino comunque la disponibilità della somma dovuta solo per un
giustificato motivo che deve allegare.

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La moneta non soddisfa direttamente i bisogni dell’uomo ma è utilizzata per la sua
funzione di pagamento, ciò che importa non è il suo valore nominale, ma il valore
reale, ossia il potere d’acquisto.

Per il principio nominalistico però, il debitore si libera alla scadenza pagando la


cifra pagata, senza tener conto del cambiamento del valore della moneta nel corso
del tempo.

Per le obbligazioni di valuta, che hanno fin dall’origine ad oggetto una somma di
denaro, si applica il principio nominalistico; non vale invece per le obbligazioni di
valore, che inizialmente hanno ad oggetto una prestazione diversa dalla somma di
denaro.
Per la liquidazione delle obbligazioni di valore le prestazioni oggetto
dell’obbligazione vengono quantificate in moneta e adeguate agli indici ISTAT di
variazione del costo della vita.

• Gli interessi
L’obbligazione pecuniaria agli interessi è un particolare obbligazione di carattere
accessorio rispetto all’obbligazione pecuniaria principale.
A seconda della fonte gli interessi si distinguono in: legali se dovuti in forza di una
previsione di legge; convenzionali se dovuti inforza di un accordo tra debitore e
creditore.

Rispetto alla funzione vengono distinti in:

- corrispettivi in quanto corrispettivo per il godimento che il debitore ha del denaro


del creditore (es: interessi su captali concessi a mutuo);

- compensativi sono quelli dovuti al creditore di obbligazioni di valore;

- moratori sono dovuta dal debitore in mora al creditore di obbligazioni aventi ad


oggetto una somma di denaro. Rappresentano una sorta di risarcimento per il
ritardo con cui il creditore riceve il pagamento dovutogli.

Gli interessi si determinano in base al tasso, al capitale e il tempo.

MODIFICAZIONE DEI SOGGETTI DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO (cap XIX)

Ai soggetto originari del rapporto obbligatorio, nel corso del tempo, se ne possono
sostituire o aggiungere altri. Ciò accade nel caso della successione a titolo
universale o per effetto di una successione a titolo particolare.

A. Modificazione del lato attivo del rapporto obbligatorio

La modificazione del soggetto attivo del rapporto obbligatorio può realizzarsi per
atto inter vivos, a titolo particolare, mediante le figure:

a. della cessione del credito

b. della delegazione attiva

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c. del pagamento con surrogazione

a. La cessione del credito


La legge ne parla in due significati differenti:

- indica da un lato il contratto con cui il creditore pattuisce con un terzo il


trasferimento a quest’ultimo del suo diritto verso il debitore

- dall’altro indica l’effetto di tale contratto, il trasferimento del credito in capo al


cessionario.

Qualunque credito, anche i crediti futuri, può formare oggetto di cessione a meno
che: il credito abbia carattere strettamente personale; il trasferimento sia vietato
dalla legge o la cessione si stata convenzionalmente esclusa dal parti.

Il contratto di cessione si perfeziona in forza di un accordo tra creditore,


cedente, e terzo, cessionario. Non è richiesta l’accettazione da parte del debitore,
che in ogni caso rimane estraneo all’accordo.

Il contratto può vedere a favore del cedente un corrispettivo in denaro o con altra
prestazione, vendita del credito, o avvenire senza corrispettivo, donazione del
credito, o essere effettuata in funzione di garanzia, ecc. Viene appunto definito a
causa variabile per le molteplici funzioni che può svolgere.

Effetti - Il credito è trasferito per consenso traslativo al momento del


perfezionamento dell’accordo. Affinché abbia affetti nei confronti del debitore, a
quest’ultimo deve essere notificata l’avvenuta cessione. In tal modo si rende la
cessione opponibile terzi. Notazione ed accettazione sono atti a forma libera.

Nonostante cambi il soggetto attivo, l’obbligazione resta invariata.

Mentre nel caso della cessione di contratto con esso si trasferiscono tutti i diritti ed
obblighi, nel caso della cessione di credito l’effetto si limita al diritto di credito.

Rapporti tra cedente e cessionario - Se la cessione è a titolo oneroso, il


cedente, garantisce al cessionario l’esistenza del credito al momento della
cessione. Se la cessione è titolo gratuito, la garantisce solo se l’ha espressamente
promessa, ma non garantisce in ogni caso la solvenza del debitore.
Si può mediante un ulteriore patto garantire la solvenza del debitore, che grava sul
cedente in caso di inadempimento da parte del debitore.

Quando la cessione è stata fatta per estinguere un debito dal cedente verso il
cessionario può avvenire:

- pro solvendo in tal modo la liberazione del cedente si verifica solo quando il
cessionario abbia ottenuto il pagamento dal debitore ceduto;

- pro soluto il cessionario libera il cedente dall’obbligo che aveva nei suoi
confronti, accollandosi per intero il rischio della solvenza del debitore ceduto.

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l contratto di factoring - Il factoring è un particolare contratto di cessione di
crediti, in forza del quale un factor, un imprenditore specializzato, si impegna a
fornire all’impresa una gamma di servizi relativi alla gestione dei crediti, a fronte del
pagamento di una commissione variabile. Effettua a favore dell’impresa cliente
anche un’anticipazione finanziaria e talvolta si fa carico del rischio di insolvenza
di uno o più debitori dell’impresa nel caso della cessione effettuata pro soluto. Nel
caso invece della cessione pro solvendo l’azienda è tenuta a restituire al factor le
anticipazioni relativi ai crediti che non sono stati più incassati.

L’impresa cede al factor in massa i crediti che vanta o venterà nei confronti di uno o
più o tutti i clienti. Il factor ne diviene formalmente titolare e può da un lato gestire i
crediti, dall’altro erogare l’anticipazione finanziaria necessaria, che verrà poi
recuperata con l’incasso dei crediti ceduti.

Sono state introdotte delle deroghe al regime codicistico della cessione del credito
che avrebbero altrimenti creato un’ostacolo all’operazione di factoring.

La cartolarizzazione dei crediti - è un’operazione finanziaria che opera sulla


cessione del credito finalizzata allo smobilizzo dei crediti (procurando immediata
liquidità al creditore) e alla creazione di un nuovo bene da collocare sul mercato.

Un soggetto, originator, cede a titolo oneroso, uno o più crediti pecuniari, esistenti
e futuri, ad una società di capitali avente come unico scopo una o più operazioni di
cartolarizzazione, società veicolo.

La società veicolo emette titoli per procurarsi il necessario all’acquisto dei crediti,
destinati ad essere collocati presso investitori professionali e non. Provvede poi
(direttamente o mediante una società distinta, servicer) alla riscossione dei crediti
ceduti e alle attività ad esse finalizzate.

Le somme incassate dai debitori ceduti vengono destinate in ia esclusiva ai


portatori dei titoli emessi per finanziari l’acquisto dei relativi crediti.

I crediti ceduti dall’originator, pur diventando di titolarità della società veicolo,


costituiscono un patrimonio separato, distinto dal residuo patrimonio della società
e da quello relativo ad altre operazioni i cartolarizzazione.

b. delegazione attiva
Il codice si occupa solo della delegazione passiva. La delegazione attiva consiste
in un accordo trilaterale tra creditore, debitore ed un terzo. Il creditore, delegante,
delega il debitore, delegato, ad impegnarsi ad effettuare la prestazione al terzo,
delegatario. In tal modo il delegato diviene debitore sia del delegante che del
delegatario, salvo diverso accordo.

L’effetto della delegazione attiva è cumulativo: al creditore originario non si


sostituisce, ma si aggiunge un nuovo creditore.

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B. Modificazioni nel lato passivo del rapporto obbligatorio
La modificazione del soggetto passivo del rapporto obbligatorio può realizzarsi a
titolo particolare mediante le figure:

a. della delegazione passiva

b. dell’espromissione

c. dell’accollo

La sostituzione del debitore non è possibile senza l’espressa volontà del creditore,
in assenza del quale il debitore non viene liberato, ma si aggiunge nuovo soggetto
passivo a quello precedente.

a. La delegazione passiva
Si distingue in delegazione a promettere e delegazione di pagamento.

La delegazione a promettere consiste in un negozio trilaterale tra debitore


(delegante), creditore (delegatario) ed un terzo (delegato). Il debitore delega il
terzo ad obbligarsi ad effettuare un determinato pagamento a favore del creditore.

Il delegante non è tuttavia libero, ma resta obbligato insieme al delegato. Il


delegatario può tuttavia liberare il delegato con una dichiarazione, conservando
come unico debitore l’obbligato originario.

L’obbligazione del delegato è diversamente regolata a seconda che nell’accordo


venga fatto o meno riferimento ai rapporti tra le parti, delegazione titolata, in caso
contrario si parla di delegazione pura.

La delegazione di pagamento, o delegatio solvendi, consiste in un accordo tra il


debitore ed un terzo, in forza del quale il debitore delega il terzo ad effettuare
senz’altro una determinata presentazione a favore del creditore.

È ad esempio lo schema dell’assegno bancario con cui un cliente ordina alla banca
di eseguire n pagamento in favore del portatore dell’assegno.

Ha dunque funzione immediatamente solutoria dell’obbligazione. (a differenza


della delegazione a promettere) Il delegante può revocare la delegazione fino a
quando il delegato non abbia assunto l’obbligazione nei confronti del delegatario o
non abbia eseguito il pagamento a favore di quest’ultimo.

b. L’espromissione
L’espromissione consiste in un contratto fra il creditore ed un terzo in forza del
quale quest’ultimo si impegna nei confronti del primo, a pagare un preesistente
debito dell’obbligato originario.

È un contratto unilaterale, poiché ne derivano obbligazioni solo per il terzo. Cioè che
la differenza dalla delega è la spontaneità dell’iniziativa del terzo, e le ragioni
restano indifferenti.

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Anche in questo caso si parla di espromissione cumulativa, il terzo è obbligato in
solido con il debitore originario, ma mediante l’espromissione liberatoria il
creditore potrebbe liberare il debitore originario e in tal modo rimarrebbe obbligato
solo il terzo.

Il terzo promettente entra nella stessa posizione del debitore originario, può
dunque opporre le eccezioni che quest’ultimo avrebbe potuto opporre, eccetto
quelle personali.

c. L’accollo
L’accollo è una accordo bilaterale tra debitore e terzo, in forza del quale
quest’ultimo, l’accollante, assume a proprio carico l’onere di procurare al creditore,
l’accollatario il pagamento di un debito anche futuro del primo, accollato.

L’accollo può essere:

- Interno se con l’accordo tra debitore e terzo si decide che il creditore possa
chiedere l’adempimento dell’obbligazione solo al debitore (accollato).Quindi il
creditore non acquista accanto al debitore originario un nuovo debitore.

- Esterno se con l’accordo tra debitore e terzo si decide che il creditore possa
chiedere l’adempimento dell’obbligazione direttamente al terzo (accollante).
Esso può essere a sua volta:
Cumulativo se il debitore originario resta obbligato con l’accollante;
Liberatorio se il debitore originario sia liberato dall’obbligazione,
rimanendo obbligato solo l’accollante.
Per l’accollo esterno liberatorio c’è bisogno di una dichiarazione espressa del
terzo (accollante) e del creditore (accollatario).

ESTINZIONE DELL’OBBLIGAZIONE (cap XX)

L’obbligazione è un rapporto tendenzialmente temporaneo, destinato ad


estinguersi.L’obbligazione si può estinguere:

Per adempimento cioè l’effettuazione della prestazione dovuta;

Per morte del debitore quando si tratta di prestazione infungibile (es. l’obbligo di
dipingere un quadro);

Per compensazione; Confusione; Novazione;


Remissione; Impossibilità sopravvenuta (modi di estinzione delle obbligazioni
diverse).

L’adempimento

L’adempimento (o pagamento) consiste nell’effettiva realizzazione della prestazione


dovuta.

Il legislatore stabilisce che, nell’adempiere l’obbligazione, il debitore deve usare la


diligenza del buon padre di famiglia (cioè deve curare l’adempimento con
l’attenzione, e la prudenza del buon padre di famiglia). Le parti possono convenire
tramite un patto aggravamenti o attenuazioni della diligenza prevista.

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Siccome il debitore è tenuto ad adempiere esattamente la prestazione dovuta, il
creditore può, se vuole, rifiutare un pagamento parziale.

Il debitore può adempiere personalmente o mezzo di dipendenti o ausiliari del


cui comportamento è sempre responsabile di fronte al creditore. Il debitore non può
impugnare l’adempimento eseguito.
Il debitore può chiedere, a proprie spese, che gli venga rilasciata la quietanza di
pagamento, cioè una dichiarazione scritta in forza della quale il creditore attesta di
aver ricevuto l’adempimento.

Per quel che riguarda il destinatario dell’adempimento il debitore può eseguire il


pagamento: direttamente al creditore, purché questo abbia la capacità legale di
ricevere, oppure anziché al creditore ad una persona da lui indicata (es. la cassiera
del supermercato).
In caso di contestazione spetta al debitore l’onere di dimostrare che il creditore
avesse indicato un terzo per ricever il pagamento.

Il debitore si libera altresì se paga, in buona fede, al creditore apparente cioè a


colui che in base alle circostanze appare essere il creditore (es. al commesso che si
sia abusivamente seduto alla cassa del negozio).

Per quel che riguarda il luogo dell’adempimento, esso di regola è determinato nel
titolo costitutivo del rapporto (contratto, testamento ecc) o dalla natura della
prestazione.

Per quanto riguarda il tempo dell’adempimento si deve osservare che:

- se l’obbligazione è di durata, cioè è ad esecuzione continuata (ad es. quella del


lavoratore dipendente) o ad esecuzione periodica (ad es. quelle di pagare gli
interessi a cadenze trimestrali), occorre determinare l’inizio e la fine della
prestazione dovuta;

- se l’obbligazione è ad esecuzione istantanea (es: pagare una somma di denaro)


o ad esecuzione differita o ad esecuzione periodica occorre determinare il giorno
dell’adempimento.

Il termine è spesso indicato dal titolo costitutivo dell’obbligazione, ma se il titolo non


preveda alcun termine, la regola generale è quella dell’immediata esigibilità della
prestazione.
Il termine nel silenzio del titolo - qualora il titolo non preveda nulla relativamente al
tempo dell’adempimento il creditore può pretendere immediatamente il
pagamento.

Nell’ipotesi in cui nel contratto non sia stabilito il termine relativo al pagamento di
transazioni commerciali, l’adempimento deve avvenire di regola entro trenta giorni
a decorrere da eventi previsti dalla legge.

Se, invece, per la natura della prestazione (ad es. oggetto dell’obbligazione è la
costruzione di un immobile) sia necessario un termine, la sua fissazione in
mancanza di accordo tra le parti, è rimessa al giudice.

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Il termine è solitamente fissato a favore del debitore, prima della scadenza il
creditore non può esigere la prestazione, ma il debito può adempiere prima del
termine fissato. La situazione si capovolge nel caso il termine sia fissato a favore
del creditore. Può inoltre essere a favore di entrambi, in tal caso né il creditore il
debitore possono pretendere di eseguire/ottenere la prestazione prima della
scadenza.

Il debitore decade (ossia il creditore può agire in giudizio come se il termine fosse
già scaduto) dal termine fissato a proprio favore quando abbia diminuito le garanzie
che aveva dato o non abbia offerto le garanzie che aveva promesso, o sia divenuto
insolvente.

Limitazione all’uso dei contanti

Al fine di combattere il riciclaggio del denaro sporco e il finanziamento del


terrorismo, il legislatore ha vietato il trasferimento di denaro contante, quando il
valore sia pari o superiore a 3.000 €.

I trasferimenti di importo superiore devono essere effettuati solo tramite Banche,


Poste, o istituti di moneta elettronica ed istituti di pagamento.

Adempimento del terzo

Quando la prestazione è infungibile (ad es. quella di dipingere un


quadro) il creditore può legittimamente rifiutare che il debitore proponga di far
eseguire quella prestazione da un suo sostituto.

Se in vece la prestazione è fungibile (ad es. la dazione di somma di denaro) il


creditore non può legittimamente rifiutare la prestazione che gli venga offerta da
un terzo. L’eventuale rifiuto potrebbe portare le conseguenze della mora
accipiendi. Solo nel caso in cui il debitore abbia indicato la propria opposizione il
creditore lo può rifiutare.

L’adempimento dell’obbligo altrui non va confuso con la promessa di adempiere un


obbligo altrui in quanto una cosa è promettere (delegazione a promettere, accollo,
espropriazione) un’altra cosa è effettivamente adempiere

Imputazione a pagamento

Se un soggetto che ha più debiti della medesima specie (per es. di denaro) verso la
stessa persona, fa un pagamento che non comprenda la totalità dei debiti, può
importare sapere quale di quei debiti intende estinguere (ad es. per il calcolo degli
interessi). La legge riconosce al debitore la facoltà di dichiarare, quando paga, quale
debito intende estinguere; tale facoltà va esercitata e si consuma all’atto del
pagamento, dopodiché la dichiarazione risulta inefficace.

In caso di mancata imputazione il pagamento viene imputato al debito scaduto, nel


caso di più debiti scaduti a quello meno garantito, nel caso di debiti ugualmente
garantiti va a quello più oneroso per il debitore.

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Il pagamento con surrogazione

L’adempimento può anche dar luogo alla sostituzione (surrogazione) del


soggetto attivo (creditore) con altra persona. In tal caso l’obbligo non si estingue
ma muta direzione.

La surrogazione dà luogo ad una successione nel lato attivo del rapporto


obbligatorio.

La differenza tra surrogazione di pagamento, delegazione attiva e cessione del


credito è che nella surrogazione di pagamento si presume che il creditore sia stato
soddisfatto, cioè si suppone che l’obbligazione sia stata adempiuta, nella
cessione e nella delegazione attiva si suppone che l’adempimento non si sia ancora
verificato.

La finalità è quella di agevolare l’adempimento a favore del creditorie ordinario, con


attribuzione al terzo che rende possibile tale adempimento. Può avvenire per
volontà del del creditore, del debitore o per volontà della legge.

La prestazione in luogo di adempimento - Il creditore avendo diritto all’esatta


esecuzione della prestazione può legittimamente rifiutarne una diversa da quella
dedotta nell’obbligazione anche se questa abbia valore eguale o superiore. Tuttavia
il creditore può accettarla, si parla in tal caso di datio in solutum, dazione in
pagamento. Si usa anche il termine di prestazione in luogo dell'adempimento:
con la datio in solutum l'obbligazione si estingue mediante l'effettiva esecuzione
della prestazione sostitutiva.

La compensazione dl creditore nell’adempimento e la mora credendi


Per la realizzazione dell’adempimento è necessaria la cooperazione del creditore.
Può tuttavia succede che questo abbia un interesse contrario o non voglia
accettare la prestazione. La giurisprudenza riconosce in capo al creditore il dovere
di cooperare all’adempimento. Nel caso egli rifiuti senza legittimo motivo il
debitore mediante l’offerta della prestazione può costituirlo in mora, mora credendi
o accipiendi.

La mora non ha però come effetto l’estinzione dell’obbligazione. Per liberarsi di


essa il debitore, in casi di beni mobili deve procedere al loro deposito, se ha invece
ad oggetto beni immobili deve procedere alla loro consegna ad un sequestratario
nominato dal tribunale.

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• La compensazione

Quando il soggetto creditore in un rapporto è, al tempo stesso, debitore di un altro


rapporto, nei confronti della stessa persona, rapporto reciproco, i due rapporti si
possono estinguere, in modo totale o parziale, senza bisogno di provvedere ai
rispettivi adempimenti, mediante compensazione tra i rispettivi crediti.

(es. Tizio deve 100 € a Caio, e a sua volta Caio deve 50 € a Tizio, allora il rapporto di
estingue per compensazione con il solo trasferimento di Tizio di 50 €)

La compensazione può essere:

- legale se stabilito dalla legge; i crediti devono essere caratterizzati


dall’omogeneità, avere dunque ad oggetto denaro o cose fungibili dello stesso
genere, dalla liquidità, dunque già determinati nel loro ammontare, dall’esigibilità
dunque essere suscettibili di richiesta di immediato adempimento.

- giudiziale se stabilito da un giudizio e quindi da una sentenza;

- volontaria se stabilito dalle parti.

Per alcuni crediti stabiliti dalla legge non è possibile fare compensazione.

• La confusione

Qualora le qualità di creditore e di debitore vengano a trovarsi nella stessa persona


l’obbligazione si estingue per confusione (es. perché il creditore diventa l’erede del
debitore o viceversa).

•La novazione

La novazione è un contratto con il quale i soggetti di un rapporto obbligatorio


sostituiscono un nuovo rapporto a quello originario.

Si distingue tra:

- novazione soggettiva quando si sostituisce il debitore;

- novazione oggettiva quando si sostituisce l’oggetto (ad es. dovevo denaro,


d’accordo con il creditore, dovrò corrispondere una quantità equivalente di grano).
A tal proposito devono concorrere tre presupposti: uno oggettivo consistente nella
modificazione sostanziale dell’oggetto della prestazione o del titolo del rapporto;
uno soggettivo consistente nella comune ed inequivoca volontà delle parti di
sostituire l’obbligazione originaria con una nuova; uno strutturale consistente
nell’interesse comune delle parti all’effetto novativo.

• La remissione

La remissione consiste in un negozio unilaterale in forza del quale il creditore


rinuncia, totalmente o parzialmente, al proprio credito.

Essa produce effetto estintivo nel momento in cui la dichiarazione del creditore è
comunicata al debitore. (ma vale solo per quel debitore e solo per quel debito)

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• L’impossibilità sopravvenuta

L’impossibilità originaria della prestazione non fa sorgere il rapporto obbligatorio.

L’impossibilità sopravvenuta determina, invece, l’estinzione qualora


dipenda da causa non imputabile del debitore. Per impossibilità sopravvenuta
per impossibilità del debitore si intende quella situazione impeditiva
dell’adempimento, non prevedibile al momento del sorgere del rapporto
obbligatorio, e non superabile con lo sforzo (esigibile) del debitore.

Il problema è dunque quello di stabilire se quella situazione impeditiva: sia esigibile


cioè superabile con lo sforzo del debitore con una particolare condotta oppure
inesigibile.

Se è esigibile allora l’obbligazione non si estingue e quindi il debitore che non tenga
la condotta atta a superare quella situazione sopravvenuta incorrerà
nell’inadempimento.

Se al contrario non è esigibile cioè non è superabile attraverso lo sforzo


del debitore allora l’obbligazione si estingue ed il debitore è liberato dall’obbligo
della prestazione.

(es. se devo consegnare dei maiali ad un salumificio ma mi è impossibile farlo in


quanto è stato disposto con legge che è vietato il trasporto di maiali per evitare la
diffusione della febbre suina, allora l’obbligazione si estingue per impossibilità
giuridica sopravvenuta)

L’impossibilità può essere:

- definitiva, determinata da un impedimento irreversibile

- temporanea determinata da un impedimento di natura transitoria

- totale che preclude integralmente il soddisfacimento dell’interesse creditorio

- parziale preclude il soddisfacimento solo in parte.

L’INADEMPIMENTO E LA MORA (cap XXI)

Il debitore è tenuto ad eseguire esattamente la prestazione dovuta, se


non lo fa incorre nell’inadempimento.

L’inadempimento lo si ha, di regola, quando è decorso il termine entro cui il


debitore doveva effettuare l’adempimento (cioè è già maturato); lo si può avere
anche prima della scadenza del termine stabilito ad es. quando sia certo che il
debitore non sarà in grado di adempire. L’inadempimento può essere:

- totale quando la prestazione è mancata totalmente;

- parziale o inesatta quando è stata effettuata ma non correttamente.

Nell’adempimento parziale, l’inesattezza può riguardare la diligenza richiesta, la


perizia necessaria, la prudenza indispensabile, il luogo, la quantità, ecc.

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L’inadempimento può essere ancora:

- Assoluto o definitivo quando non può essere effettuato in futuro (ad es. il
fotografo che non si presenta a farmi le foto al mio matrimonio);

- Relativo (o ritardo) quando si tratta di un ritardo dell’adempimento, che non


è stato eseguito ma potrebbe essere eseguito in futuro. (es. la persona che non
si è presentato quel giorno a consegnarmi quanto dovuto si presenta il giorno
dopo).

La responsabilità contrattuale

Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuta al


risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato
determinato da impossibilità della prestazione sopravvenuta, non imputabile al
debitore (cioè non derivante ad colpa del debitore).

Se l’inadempimento è determinato da impossibilità della prestazione derivante


da causa non imputabile al debitore, l’obbligazione si estingue e il debitore non è
più tenuto ad adempiere.

Al contrario, se l’inadempimento è determinato da impossibilità derivante da causa


imputabile al debitore, allora, il debitore è obbligato al risarcimento del
denaro: la c.d. responsabilità contrattuale

N.B. la responsabilità - impropriamente chiamata - contrattuale non vale solo per i


contratti ma per le obbligazioni in generale qualunque essa sia (contratto, fatto
illecito, ecc.
Se si tratta di inadempimento assoluto, la prestazione risarcitoria si sostituisce
alla prestazione originaria.
Se si tratta di inadempimento relativo, la prestazione risarcitoria si aggiunge
alla prestazione originaria che comunque continua ad essere dovuta anche se con
ritardo.

Responsabilità per colpa In molte ipotesi il debitore è esonerato da


responsabilità contrattuale (risarcimento) se nell’adempimento, abbia impiegato
la diligenza, la prudenza e la perizia del buon padre di famiglia (cioè di una persona
onesta e coscienziosa). In caso contrario il debitore incorre nella responsabilità per
colpa.
La diligenza richiesta varia, in pratica, a seconda del tipo di rapporto obbligatorio.

(es: a chi effettua una prestazione a titolo gratuito è richiesta un impegno diverso o
comunque meno gravoso rispetto a colui che la effettua a pagamento.
N.B. Se si tratta di incidere su valori tipo la sicurezza o l’incolumità fisica delle
persone, non si fa differenza di responsabilità e di impegno)

Responsabilità anche senza colpa Può accadere che il debitore risponde anche
se nessuna negligenza può essergli imputata (cioè anche se egli ha operato con la
diligenza del buon padre di famiglia) in quanto egli risponde anche dei rischi,
prevedibili, connessi alla sua attività.

99
Si parla in questo caso di responsabilità anche senza colpa (o oggettiva).

(es. il vettore risponde dell’eventuale perdita o rottura delle merci trasportate, in


quanto sono rischi derivanti dalla propria attività.)

Il debitore è esonerato dalla responsabilità se sopravviene una circostanza


anomala non connessa alla sua attività.

(es. il vettore è esonerato da responsabilità se l’attentato terroristico distrugge la


merce trasportata, in quanto non prevedibile e non connessa alla sua attività).

In poche parole e il debitore è esonerato tutte le volte che l’adempimento sia


ostacolato da sopravvenienze che non possono essere superate da condotte che
siano esigibili dal debitore stesso.

Dal punto di vista processuale spetta al creditore che difronte all’inadempimento del
debitore agisca in giudizio, fornire la prova del suo diritto.

Il danno risarcibile
Il risarcimento del danno deve comprendere: la perdita subita dal creditore c.d.
danno emergente; il mancato guadagno c.d. lucro cessante.

Non solo il danno patrimoniale, ma anche il danno non patrimoniale può essere
risarcibile ma solo nel caso in cui l’inadempienza del debitore abbia determinato
una lesione dei diritti inviolabili dell’uomo.

Quando il creditore pretende il risarcimento, esso ha l’onere di provare le singole


voci di danno per le quali pretende il risarcimento. Infatti per poter procedere alla
liquidazione devono essere accertati tutti gli elementi delle prove.

Per sfuggire a questo onere, il creditore può pattuire con il debitore, ex ante (cioè
alla stipulazione del contratto) una clausola penale: dove si stabilisce
forfettariamente una somma che il debitore dovrà al creditore in caso di
inadempienza, esonerando però il creditore dall’onere della prova.

Per le obbligazioni pecuniarie questa regola è derogata in quanto, dal giorno


della scadenza di adempimento il debitore che non ha pagato la somma dovuta è
tenuto automaticamente a pagare gli interessi di mora oltre al capitale originario.

Tuttavia se il creditore non si accontenta degli interessi di mora, ma sostiene di aver


subito un danno maggiore allora il creditore avrà l’onere di provare il maggior danno
da lui supposto.

Il creditore ha il dovere di non aggravare il danno arrecatogli dall’inadempienza ma


di limitare il danno.

La mora del debitore

La mora del debitore (c.d. mora debendi) si ha quando concorrano 3 presupposti:

1. Il ritardo nell’adempimento dell’obbligazione; 2. L’imputabilità di detto ritardo al


debitore; 3. L’intimazione (o richiesta) scritta, da parte del creditore al debitore di
adempiere all’obbligazione, seppure con ritardo, cd. mora ex persona.

100
La mora si ha automaticamente al solo verificarsi del ritardo imputabile al debitore
(quindi senza intimazione) quando:

- L’obbligazione derivi da fatto illecito;

- Il debitore dichiari per iscritto di non voler adempiere all’obbligazione;

- L’obbligazione è a termine e la prestazione deve essere eseguita al domicilio del


creditore;

- L’obbligazione pecuniaria nasce da una transazione commerciale (cioè tra


imprese).

La mora debendi può venire in considerazione solo nelle obbligazioni positive (di
dare, di fare). Effetti della mora debendi sono:

a) L’obbligo del pagamento degli interessi morativi;

b) Passaggio del rischio al debitore, cioè se poi la prestazione diventa impossibile


per causa non imputabile al debitore, siccome è in mora, non è liberato, ma è
obbligato a risarcire i danni come se fosse responsabile della
sopravvenuta impossibilità della prestazione.
(in quanto la legge lo ritiene responsabile poiché se avesse adempiuto a suo
tempo la prestazione, il creditore avrebbe potuto godere della cosa).

(Se il debitore non è in mora, il rischio è a carico del creditore, nel senso che se la
prestazione diventa impossibile per causa non imputabile al debitore, l’obbligazione
si estingue.)

Mora del creditore


La mora debendi si verifica per il ritardo della prestazione dovuta al debitore. La
mora del creditore (c.d. mora credendi) si verifica per il ritardo della prestazione
dovuta dal comportamento del creditore.

In caso di mora credendi il debitore può pretendere :

- il risarcimento dei danni che il comportamento del creditore gli abbia procurato;

- il rimborso delle eventuali spese sostenute per la custodia o per la conservazione


della cosa.

Inoltre è a carico del creditore il rischio che la prestazione dovuta divenga


impossibile per causa non imputabile al debitore.

LE RESPONSABILITÀ PATRIMONIALI DEL DEBITORE (cap XXII)

Se il debitore non adempie alla prestazione dovuta, il creditore, dopo aver fatto
accertare al giudice l’inadempimento, può chiedere un processo esecutivo sui beni
del debitore, può chiedere cioè la c.d. esecuzione o espropriazione forzata.

Cioè il creditore ha il diritto di far vendere i beni del debitore per soddisfarsi sul
ricavato.

“Il debitore risponde dell’adempimento dell’obbligazione con tutti i suoi beni


presenti e futuri”. Cioè tutti i beni del debitore anche se acquistati

101
successivamente al sorgere dell’obbligazione possono essere espropriati dal
creditore. (art. 2740 c.c.)

Se vi sono più creditori che hanno ugual diritto di soddisfarsi con il ricavato
dell’espropriazione per par condicio si distribuirà in proporzione al credito di ogni
creditore. Ad alcuni creditore la legge riconosce dei diritti di prelazione cioè la
legge da più prevalenza ad un creditore rispetto ad un altro nella divisione del
ricavato dell’espropriazione.

I diritti di prelazione sono: privilegio; pegno; ipoteca.

LE CAUSE LEGITTIME DI PRELAZIONE (cap XXIII)

IL PRIVILEGIO

Il privilegio è la preferenza che la legge fa su un creditore detto privilegiato.

I privilegi non sono pattuiti dalle parti come nel caso del pegno o dell’ipoteca, ma
sono predisposti dalla legge stessa infatti sono:

- Privilegi generali che riguardano tutti i beni mobili del debitore e non sono
opponibile ai terzi (se cioè il debitore aliena i beni mobili il creditore non potrà
agire per riaverli);

- Privilegi speciali che si ha su determinati beni sia mobili, sia immobili costituisce
un diritto reale di garanzia, cioè è opponibile ai terzi (se cioè il debitore aliena i
beni mobili il creditore potrà riaverli indietro)

Ordine di preferenza: Di regola il pegno è preferito al privilegio speciale sui mobili.


Il privilegio speciale sugli immobili è preferito all’ipoteca.

Il pegno e l’ipoteca oltre ad essere cause legittime di prelazione (diritti di


prelazione) sono anche diritti reali (su cosa altrui) e in particolare diritti reali
garanzia (connotati da inerzia).

Differenza tra pegno e ipoteca – privilegio generale

Il pegno e l’ipoteca si distinguono dal privilegio generale per il fatto di essere diritti
reali cioè di avere il c.d. diritto di sequela cioè il diritto di sottoporre il bene a
esecuzione forzata, anche se divenuto di proprietà di terzi, inoltre il pegno e
l’ipoteca gravano sempre su beni determinati e non generali (come il privilegio
generale).

Differenza tra pegno e ipoteca – privilegio speciale

Il pegno e l’ipoteca si distingue dal privilegio speciale, non dal fatto di essere diritto
reale di garanzia in quanto lo è anche il privilegio speciale, ma dal fatto che i
privilegi sono stabiliti espressamente dalla legge, invece il pegno e l’ipoteca
sono stabiliti dalle parti attraverso un atto costitutivo.

Pegno ed ipoteca sono funzionali ad assicurare al creditore il soddisfacimento del


proprio credito.

102
Il pegno e l’ipoteca attribuiscono al creditore:

- ius distrahendi la facoltà di far espropriare la cosa oggetto della garanzia se il


debitore non paga;

- ius praelationis il diritto di prelazione cioè la preferenza rispetto agli altri


creditori nella divisione del ricavato dell’espropriazione del bene oggetto della
garanzia;

- il diritto di sequela cioè il diritto di sottoporre il bene ad esecuzione forzata,


anche se divenuto di proprietà di terzi.

Differenza tra pegno e ipoteca - La differenza sta nella diversità dell’oggetto e nel
possesso in quanto:

- il pegno ha per oggetto beni mobili non registrati mentre l’ipoteca ha per
oggetto beni immobili, beni mobili registrati e alcuni diritti immobiliari.

- Nel pegno il possesso della cosa passa al creditore, nell’ipoteca il possesso


della cosa rimane al debitore.

La legge vieta il patto commissorio cioè il patto secondo il quale viene stabilito
che in mancanza del pagamento del credito, la proprietà della cosa, data in pegno o
in ipoteca, passerà automaticamente al creditore.

La ratio potrebbe essere la tutela della libertà contrattuale del debitore, o secondo
altri è presidio della par condicio creditorum, oppure in rispetto del principio che il
creditore non può conseguire dal debitore più di quanto gli spetti.

In contrapposizione al patto commissorio è però valido il patto marciano in forza


del quale, nell’ipotesi di inadempimento dell’obbligazione garantita il bene viene
trasferito al creditore insoddisfatto, ma ad un valore stimato da un terzo al momento
del trasferimento. Il creditore è dunque tenuto a versare l’eventuale differenza

IL PEGNO

Il pegno è un diritto reale su beni mobili (non registrati) del debitore o di un terzo.Il
creditore costituisce il pegno a garanzia del proprio credito. Oltre ai beni mobili,
compresi i titoli di credito anche dematerializzati, ti possono essere concessi in
pegno: crediti e universalità di mobili.

Scaduta l’obbligazione, se il debitore non adempie spontaneamente, il creditore per


conseguire quanto gli è dovuto, può far vendere coattivamente il bene su cui grava
il pegno. Il pegno attribuisce al creditore il diritto di prelazione sugli altri creditori e il
diritto di sequela.

La legge permette il pegno rotativo, che consiste nella clausola di rotatività, con la
quale le parti convengono sulla possibilità di sostituire il bene originariamente
costituito in garanzia, senza che questa sostituzione comporti novazione del
rapporto di garanzia, e sempre che il bene offerto in sostituzione abbia identico
valore.

103
È invece vietato il suppegno ossia il pegno che abbia per oggetto il bene ricevuto in
pegno, dal momento che il creditore non piò usare e disporre della cosa senza il
consenso del costituente.

Il pegno può essere costituito a garanzia di qualsiasi credito, anche condizionale o


futuro, purché determinato o determinabile.

Costituzione Il pegno (regolare) può essere costituito mediante accordo


contrattuale tra creditore e debitore o terzo dare di pegno.

Per gli effetti inter partes il negozio costitutivo potrebbe essere anche solo verbale.
In ogni caso si perfeziona con la consegna della cosa al creditore o al terzo; quelli
del pegno è un contratto o negozio reale.

Per attribuire il diritto di prelazione e il diritto di sequela (l’opponibilità a terzi) il


contratto deve:

- Essere per iscritto;

- Deve contenere il credito garantito e il suo ammontare e anche il bene su cui


grava il pegno;

- Deve avere data certa.

Spossessamento - Fondamentale è che per la costituzione del pegno il possesso


della cosa passa al creditore, cioè la cosa oggetto del pegno deve essere
consegnata al creditore, che non potrà né godere né disporre della cosa, in quanto
dovrà riconsegnare il bene oggetto del pegno una volta che il debitore abbia pagato
quanto dovuto. Il debitore ha in tal caso il diritto di trattenere la cosa, ma l’obbligo
di custodirla.

Se il debitore non paga il creditore può chiedere la vendita del bene oggetto del
pegno o può chiedere che quel bene gli venga assegnato. Ovviamente se il bene
oggetto del pegno ha un valore superiore a quanto il debitore dovrebbe dare, il
creditore dovrà dare al debitore la somma eccedente il suo credito.

Al fine di garantire all’impresa un meccanismo di finanziamento più duttile (rispetto


allo spossessamento) è stato introdotto l’istituto del pegno mobiliare non
possessorio disciplinato dall’art. 1 del D.l. n. 59/2016 e prevede la facoltà di
costituire in pegno beni determinabili o determinati e senza necessità di privarsi
del possesso degli stessi, a garanzia dei soli crediti inerenti all’attività d’impresa.

Pegno irregolare - La cauzione è un pegno irregolare a garanzia del creditore. A


garanzia del creditore vengono consegnate dunque cose fungibili, come danaro o
titoli di credito. Se il debitore non paga il creditore compensa l’inadempienza con la
cauzione. Se il debitore adempie il creditore non deve restituire proprio quei pezzi
monetari, ma la medesima quantità che gli era stata consegnata.

L’IPOTECA
L’ipoteca (come il pegno) è un diritto reale di garanzia che attribuisce al creditore il
diritto di prelazione e il diritto di sequela. Ha in comune con il pegno il carattere
dell’accessorietà, esiste in funzione del credito da garantire, la specialità, grava

104
solo su beni determinati, non sono dunque ammesse ipoteche o pegni generali,
l’indivisibilità, grava per intero su tutti i beni vincolati .

La differenza sta nell’oggetto e nel possesso.

Per costituire un ipoteca è necessaria la sua pubblicità, cioè si costituisce


mediante trascrizione nei pubblici registri immobiliari, in modo che tutti possano
sapere se su quel bene grava un ipoteca o meno.

Pertanto l’ipoteca si costituisce solo dopo che l’iscrizione sia stata effettivamente
eseguita, c.d. funzione costitutiva dell’iscrizione.

Oggetto dell’ipoteca possono essere: I beni immobili, i mobili registrati (navi, aerei
auto), le rendite dello Stato.

Possono formare oggetto di ipoteca anche: L’usufrutto su beni immobili, il diritto di


superficie, la nuda proprietà, il diritto dell’enfiteuta e del concedente sul fondo
enfiteutico.

L’ipoteca immobiliare può avere ad oggetto solo beni in commercio ad esclusione


dei beni demaniali e dei beni facenti parte del patrimonio pubblico indisponibile.

L’ipoteca su cosa futura può essere iscritta validamente solo quando il bene è
venuto ad esistenza. Prima di ciò ha solo efficacia obbligatore, il concedente ha
l’obbligo che la cosa venga ad esistenza.

L’ipoteca può essere iscritta in forza:

- Di una norma c.d. Ipoteca legale;

- Di una sentenza c.d. Ipoteca giudiziale;

- Di atto di volontà del debitore c.d. Ipoteca volontaria.

Ipoteca legale - attribuisce a determinati creditori il diritto di ottenere


unilateralmente, e perciò senza o anche contro la volontà del debitore, l’iscrizione
dell’ipoteca. L’ipoteca legale spetta:

1) All’alienante (cioè al venditore) di immobili a garanzia dell’adempimento di pagare


quanto dovuto, ipoteca dell’alienante

2) Ai coeredi, ai soci o comunque ai condividenti di beni immobili a garanzia del


pagamento agli altri condividenti della quota che non gli spetta, ipoteca del
condividente

Sia l’ipoteca dell’alienante che quella del condividente sono iscritte d’ufficio, dal
responsabile dell’Agenzia delle entrate, nel momento in cui avviene la trascrizione
dell’alienazione o della divisione. L’ipoteca legale prevale sulle trascrizioni o
iscrizioni già eseguite contro l’acquirente il condividente, in deroga al principio prior
in tempore potior in iure al fine di garantire l’aliante e il condividente.

Ipoteca giudiziale - Se il creditore riesce ad avere una sentenza che condanni il


debitore a pagargli una somma di denaro, o comunque di adempiere ad un’altra
obbligazione, il creditore ha il diritto di ottenere, anche unilateralmente, l’iscrizione
dell’ipoteca su un qualsiasi bene immobile del debitore.

105
Ipoteca volontaria - può essere iscritta in forza di un contratto o anche di una
dichiarazione unilaterale scritta di volontà del debitore.

Ad ogni ipoteca, al momento dell’iscrizione nei pubblici registri, viene assegnato un


numero d’ordine o grado dell’ipoteca. L’ipoteca prende grado al momento della
sua iscrizione. (art 2852)

Se su uno stesso bene gravano più ipoteche, in caso di inadempimento del


debitore, prevale l’ipoteca che è stata registrata per prima, cioè quella che ha il
grado di ipoteca minore.

È possibile che due persone si presentino contemporaneamente per l’iscrizione


dell’ipoteca, in questo caso viene assegnato uno stesso numero d’ordine, e in caso
di inadempimento i creditori concorreranno in proporzione ai rispettivi crediti.

Non è vietato lo scambio di grado tra creditori ipotecari, purché esso non leda i
creditori aventi gradi successivi.

• La pubblicità ipotecaria si attua mediante: iscrizione, annotazione, rinnovazione,


cancellazione.

L’iscrizione è l’atto con cui l’ipoteca prende vita. Ha funzione costitutiva e si


esegue presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate del luogo in cui si trova l’immobile.
L’iscrizione dell’ipoteca legale è eseguita d’ufficio dal conservatore che scrive l’atto
di divisione/ alienazione; quella dell’ipoteca giudiziale e volontaria è scritta su
istanza dell’interessato.

L’annotazione serve a rendere pubblico il trasferimento dell’ipoteca a favore di


un’altra persona. Anch’essa ha funzione costitutiva.

L’iscrizione dell’ipoteca conserva il suo effetto per venti anni dalla data in cui è stata
effettuata. La rinnovazione serve appunto ad evitare che si verifichi l’estinzione
dell’iscrizione e deve eseguirsi prima che i venti anni dall’iscrizione siano decorsi.

Trascorsi i venti anni il creditore può effettuare una nuova trascrizione ma questa
prenderà grado dalla nuova iscrizione. perciò se nel frattempo qualcun altro ha
iscritto ipoteca, sarà preferito a colui che non l’ha rinnovata per tempo.

Se il bene viene acquistato da un terzo che ha trascritto il suo titolo, non si può
efferate una nuova iscrizione ne a carico del terzo acquirente ne del suo dante
causa. Il mancato rinnovo dell’ipoteca a termine non impedisce al creatore di far
espropriare il bene ma lo priva della legittima causa di prelazione. Se invece il bene
è stato alienato a terzi, il creditore perde anche indiretto di farlo espropriare.

• La cancellazione estingue l’ipoteca e vi si ricorre di regola quando il credito è


estinto o quando il creditore rinunzia all’ipoteca.

Alla cancellazione si procede quando la stessa è consentita dal creditore, nel caso
in cui l’atto di assenso di cancellazione deve provenire da persona incapace e
rivestire le stesse forme richieste per il negozio di concessione d’ipoteca;

106
ordinata dal giudice e in tal caso la cancellazione può essere effettuata sono se la
sentenza è passata in giudicato.

La cancellazione viene eseguita mediante annotazione a margine della relativa


iscrizione.

Il creditore ipotecario, in caso di inadempimento del debitore, ha diritto di attivare la


procedura esecutiva immobiliare, ius distrahendi, venendo preferito agli altri
creditori in base al proprio grado di ipoteca nella ripartizione del ricavato. I creditori
chirografari concorreranno nella ripartizione dell’eventuale rimanenza, ius
praelationis.

Il terzo acquirente del bene ipotecato - Chi acquista il bene dopo l’iscrizione
dell’ipoteca non rispedì con tutti suoi beni verso i crederi che abbiano iscritto
l’ipoteca sull’immobile, questi possono espropriare solo il bene ipotecato. Il terzo
acquirente, a differenza del terzo datore non ha dato vita all’ipoteca. Questo,
tutelato dalla legge, può evitare l’espropriazione:

pagando i crediti a garanzia dei quali è iscritta l’ipoteca; rilasciando i beni ipotecati
in modo che l’espropriazione non gravi contro lui ma un amministratore nominato
dal tribunale; liberare l’immobile dalle ipoteche mediante il procedimento di
purgazione delle ipoteche.

In ogni caso il terzo acquirente che sia stato espropriato ha diritto ad essere
rimborsato dal debitore, diritto di regresso.

Il terzo datore d’ipoteca - Il terzo datore d’ipoteca non può avvalersi delle facoltà
sopra citate destate al terzo acquirente. Non si può nemmeno opporre
all’espropriazione dei beni.

Se paga i crediti garantiti o subisce l’espropriazione può rivolgersi contro il debitore


per farsi rimborsare, diritto di regresso.

Estinzione dell’ipoteca - L’estinzione degli effetti dell’iscrizione dell’ipoteca, che si


verifica solo venti anni dalla sua iscrizione, va distinta dall’estinzione dell’ipoteca.
Nel primo caso vengono semplicemente meno le conseguenze della pubblicità
ipotecaria, ma si può nuovamente iscrivere.

L’estinzione dell’ipoteca colpisce invece lo stesso diritto di ipoteca. Tra le tipiche


cause vi sono il venir meno dell’obbligazione, dunque l’estinzione; la rinuncia che
va scritta in atti ad substantiam; il perimento del bene ipotecato. Una particolare
ipotesi è quella della prescrizione dell’ipoteca. In quanto diritto reale su cosa altrui
non è di regola soggetta a prescrizione però a tutela del terzo acquirente è previsto
nell’ipotesi in cui tale bene sia alienato da colui che ha concesso l’ipoteca, questa si
estingue per prescrizione col decorso di venti anni dalla data di trascrizione del
titolo.

107
I MEZZI DI CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA PATRIMONIALE (cap XXIV)

Il patrimonio del debitore costituisce, per il creditore, una sorta di garanzia generica
per il soddisfacimento delle obbligazione.

Per impedire che il patrimonio del debitore possa subire delle diminuzioni che
incidano sulla garanzia, la legge riconosce al creditore dei mezzi di conservazioni
della garanzia patrimoniale: L’azione surrogatoria, l’azione revocatoria, il
sequestro conservativo.

L’azione surrogatoria

In teoria i creditori non hanno diritto di controllare il modo in cui il debitore


amministra il proprio patrimonio.

Ma nel caso in cui il debitore trascura gli atti che possono incidere positivamente sul
patrimonio dello stesso (ad es. non riscuotendo un credito) facendo diminuire così
la garanzia generica del creditore (il patrimonio su cui si può rifare il creditore), la
legge consente al creditore di surrogarsi (sostituirsi) al debitore inattivo per
esercitare in nome e per conto suo, a vantaggio del debitore, i diritti e le azioni che
gli spettano.

Tale legittimazione ha comunque carattere eccezionale ed è consentita solo nei casi


previsti dalla legge. A tal fine i presupposti sono: l’esistenza del credito del
surrogante nei confronti del surrogatori, l’inerzia del debitore nel tutelare i propri
diritti nei confronti di terzi, il pregiudizio che dalla condotta del debitore possa
ricadere sul creditore surrogante, la patrimonialità del diritto del diritto che il
creditore surrogato trascura di esercitare, il carattere non strettamente personale
del diritto patrimoniale che il debitore trascura di esercitare.

In surrogatoria il creditore può esercitare i diritti e i poteri del debitore dia in via
giudiziale (es: mediante un’azione di rivendicazione contro chi è nel possesso di un
bene del debitore) sia in via stragiudiziale. Nel primo caso deve partecipare al
relativo procedimento anche il debitore, litisconsorzio necessario.

Il debitore conserva in ogni caso la legittimazione di esercitare in proprio i suoi diritti


e doveri, iniziando ad esempio un azione di adempimento, ma che a disporne, ad
es. mediante rinuncia.

L’azione revocatoria

Oltre che con l’inerzia, il debitore può peggiorare la condizione dei suoi creditori
ponendo in essere atti (che vanno a discapito del patrimonio del debitore) che
rendano più difficile il soddisfacimento dei loro diritti.
Se il debitore compie atti che diminuiscano il suo patrimonio fino a renderlo
insufficiente a garantire tutti i creditori, a ciascun creditore è concesso il rimedio
dell’azione revocatoria.

Legittimato attivamente a proporre l’azione revocatoria è il creditore quando


anche il credito non sia certo, liquido ed esigibile.

108
Per l’attuazione dell’azione revocatoria si richiedono dei presupposti:

- Un atto di disposizione ossia un atto del debitore che modifica la sua situazione
patrimoniale (es. vendita di un immobile);

- Un pregiudizio per il creditore, consistente nel fatto che, come conseguenza di


quell’atto di disposizione compiuto, il patrimonio del debitore risulta insufficiente
a garantire tutti i creditori;

- La consapevolezza che a seguito di tale atto il suo patrimonio diviene


incapiente, anche senza la specifica intenzione di nuocere ai debitori. Se l’atto è a
titolo gratuito basta che questa consapevolezza sussista nel debitore, se è
invece a titolo oneroso che anche il terzo sia a conoscenza del pregiudizio che
tale atto arreca.

L’onere di provare questa consapevolezza spetta a chi ha proposto l’azione


revocatoria.

L’azione revocatoria non elimina l’atto di disposizione e non ha effetto restitutorio


del bene dal terzo acquirente al debitore originario, ma consente al creditore che
abbia agito, di promuovere nei confronti del terzo acquirente quelle stesse azioni
conservative o esecutive sul bene revocato. (come se il bene non fosse mai
uscito dal patrimonio del debitore).

Semplicemente rende inefficace l’atto impugnato, ma soltanto nei confronti del


creditore che ha agito.

Se chi ha acquistato dal debitore ha a sua volta disposto a favore di terzi, creditore
e terzo subacquirente sono alla pari, la legge ritiene opportuno proteggere
l’affidamento che i terzi, ignari della frode, hanno fatto sull’efficacia sul precedente
contratto.

Per agevolare il processo dell’azione revocatoria, il legislatore ha introdotto una


deroga che, in presenza di alcuni presupposti, permette al creditore di iniziare
l’azione esecutiva su un bene facente parte del patrimonio del debitore, e di cui
questo abbia disposto a favore di terzi successivamente al sorgere del debito,
senza prima dover passare per l’azione revocatoria.

Il sequestro conservativo

Il sequestro conservativo è una misura preventiva e cautelare che il creditore può


chiedere al giudice, quando ha fondato timore di perdere le garanzie del proprio
credito (ad es. perché ritiene che il debitore stia per alienare e quell’immobile che
costituisce l’unico cespite di valore del patrimonio).

Il sequestro ha come scopo quello di impedire la vendita o il danneggiamento da


parte del debitore dei beni sequestrati. Se il debitore vende o danneggia i beni
incorre in sanzioni penali.

109
Il giudice può autorizzare il sequestro conservativo al concorrere di due presupposti:

a. fumus boni iuris - ossia elementi che consentano di ritenere sussistente e


fondato il diritto di credito di colui che si dichiara titolare

b. periculum in mora - il rischio che il debitore depauperi il suo patrimonio

L’esecuzione del sequestro ha effetto solo nei confronti del creditore sequestrante.

Esiste inoltre il diritto di ritenzione, secondo il cui il creditore ha diritto ha trattenere


una cosa di proprietà del debitore fin quando questi non abbia adempiuto ad
un’obbligazione connessa a tale cosa.
Non è un mezzo di conservazione della garanzia generica del creditore, quanto più
una forma di autotutela.
Poiché l’ordinamento giuridico non permette però ai singoli di farsi giustizia da soli è
consentito solo nei casi espressamente previsti. Le disposizioni che prendono diritto
di ritenzione non sono suscettibili di applicazione per analogia.

I CONRATTI IN GENERALE
IL CONTRATTO (cap XXV)

Il contratto è un istituto centrale dell’intero sistema del diritto privato e la figura più
importate di negozio giuridico.

art. 1321 c.c.: Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o
estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.

Attraverso il contratto i privati operano sul mercato. In termini giuridici è uno


strumento per realizzare determinati interessi delle parti attraverso la produzione di
effetti giuridici, i quali possono riguardare diritti reali o rapporti obbligatori.

Il contratto ricopre il ruolo di mezzo di esplicazione della libertà, o meglio


dell’autonomia dei privati, che è però soggetta a limiti. Il contratto non produce
effetti quando ad esempio non risponde ai requisiti richiesti per la sua validità (es: la
forma).

Sul piano fenomenico il contratto è anzitutto un fatto, un negozio, una


manifestazione di volontà.

Non ogni accordo è un contratto, tale qualificazione spetta ad un accordo con


precise caratteristiche. Il matrimonio è ad esempio un accordo non contrattuale.
Esistendo una pluralità di accordi, il legislatore non adopera sempre il termine con
assolto rigore, nell’indicare le ipotesi di intese tra privati. Usa talvolta il termine
consenso, altre convenzione, consenso, patto o assenso.

Non si deve confondere il contratto intenso in senso proprio, cioè l’accodo tra le
parti, e documento contrattuale, ossia la carta su cui è scritto il contratto
costituisce prova della dichiarazione delle parti, e con il rapporto contrattuale, che
riguarda gli effetti giuridici pronto dal contratto.

110
L’art 1322 offre una descrizione di autonomia contrattuale il primo comma
stabilisce che le parti possono liberamente determinare le clausole, il contesto del
contratto. L’assetto concreto d’accordo deriva dal risultato delle trattative, dalla loro
abilità o potere contrattuale, dal loro interesse nella realizzazione dell’affare.

Il secondo livello di autonomia riguarda il tipo contrattuale, ossia un modello di


contratto, avente determinate caratteristiche e volto a realizzare una certa
operazione economica.

Un’ulteriore libertà riguarda il fatto che le parti non sono obbligate adottare uno dei
modelli previsti dal codice, ma possono elaborare schemi contrattuali non previsti
dalla legge, contratti atipici o innominati.
Elementi essenziali del contratto

L’art 1325 c.c. descrive gli elementi essenziali del contratto, definendoli requisiti che
sono: l’accordo delle parti, la clausola, l’oggetto, la forma quando è richiesta per
la validità del contratto.

Classificazione dei contratti

a. contratti tipici o nominati e contratti atipici o innominati a seconda che alla


singola figura contrattuale il legislatore dedichi o meno una disciplina.

b. contratti con due parti o con più di due parti

c. contratti a prestazioni corrispettive o sinallagmatici ( che prevedono


prestazioni reciproche) e contratti con obbligazioni a carico di una parte sola.

d. contratti a titolo oneroso e contratti a titolo gratuito


e. contratti di scambio e contratti associativi, nei primi la prestazione di ciascuna
parte è a vantaggio dell’altra, mentre negli associativi la prestazione di ciascuno
è rivolta al conseguimento di uno scopo comune

f. contratti commutativi e contratti aleatori. Commutativi sono i contratti in cui le


prestazioni dovute sono certe, aleatori sono quelli in cui vi è incertezza sui
reciproci sacrifici delle parti.

g. contratti ad esecuzione istantanea e contratti di durata, nei primi la


prestazione è concentrata in un dato momento, nei secondi è continua nel
tempo o si ripete periodicamente. I contratti ad esecuzione istantanea possono
essere ad esecuzione immediata oppure differita.

h. contratti a forna libera e contratti a forma vincolata


i. contratti consensuali e contatti reali. I contratti consensuali, che sono la
maggioranza, si perfezionano con il semplice consenso o accordo delle parti, i
senili risiedono invece oltre al consenso la consegna del bene.

j. contratti a efficacia reale e contratti a efficacia obbligatoria. I contratti ad


efficacia reale realizzano automaticamente per effetto del solo consenso il
trasferimento, la costituzione, la modificazione o estinzione di un diritto reale. In

111
quelli ad efficacia obbligatoria ciò non avviene automaticamente, sono le parti a
doverlo attuare.

LE TRATTATIVE E LA CONCLUSIONE DEL CONTRATTO (cap XXVI)

• Formazione del contratto. La proposta e l’accettazione


L’esistenza di un contratto come tale può dipendere dal sugo di adempimento e dalla
competenza territoriale el caso di liti giudiziarie.

Stabilire quando un accordo si è perfezionato rimane agevole quando le parti manifestano il


consenso nello stesso contesto di luogo e di tempo.

Nel procedimento di formazione del contratto i due atti fondamentali sono la proposta, con
il quale si inizia il procedimento, e l’accettazione con cui si conclude.
Essendo elementi che precedono il perfezionamento del negozio si dicono prenegoziali.

Proposta e accettazione costituiscono le dichiarazioni di volontà individuali che si fondono


poi in un’unica volontà, la volontà contrattuale. A tal fine occorre:

a. L’efficacia temporale della proposta. Cioè l’accettazione deve pervenire al


proponente entro il termine da lui stabilito. (se il destinatario non risponde entro il
termine, la proposta perde efficacia);

b. Conformità tra proposta e accettazione. Cioè la dichiarazione di accettazione deve


essere conforme alla proposta altrimenti si ha una nuova proposta.

c. Forma dell’accettazione. Cioè l’accettazione deve essere compiuta nella forma


richiesta dal proponente.

Il perfezionamento diventa meno agevole quando le parti comunicano a distanza. Ci sono


comunque principi che regolano l’efficacia della manifestazione di volontà:

1. principio della dichiarazione (la manifestazione è efficace appena espressa)

2. principio della spedizione (è efficace appena inviata all’altra parte)

3. principio della ricezione (è efficace quando l’altra parte la riceve)

4. principio della cognizione (è efficace quando il destinatario ne viene a conoscenza).

Per ovviare alla situazione in cui il ricevente a cui non conviene più il contratto potrebbe
sostenere di non esserne a conoscenza, la legge ha introdotto un’ulteriore regola da
coordinare al principio della cognizione: l’art. 1335 c.c stabilisce una presunzione valida per
tutti i negozi recettizi, secondo la quale qualsiasi dichiarazione diretta ad una persona
determinata si reputa conosciuta appena giunta all’indirizzo del destinatario.

Grava sul destinatario l’eventuale onere di provare di essersi trovato, senza la sua colpa dei
suoi dipendenti, nell’impossibilità di averne notizia.

I contratti si possono concludere anche senza una formale accettazione, dando


direttamente esecuzione ad un ordine ricevuto dal proponente, perfezionamento
mediante esecuzione.

Nel caso invece del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente la legge non
ritiene necessari l’esplicita dichiarazione di accettazione. Una proposta di questo tipo è
irrevocabile non appena ne giunge a conoscenza il destinatario, cosa che è invece
possibile per gli altri tipi di contratto. Al perfezionamento di tale contratto è sufficiente che il
destinatario non respinga la proposta.

112
• La revoca della proposta e l’accettazione
Proposta e accettazione posso essere ritirate mediante un atto uguale e contrario detto
revoca.

Art 1328 c.c. La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso.
Tuttavia, se l'accettante ne ha intrapreso in buona fede l'esecuzione prima di avere notizia
della revoca, il proponente è tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per
l'iniziata esecuzione del contratto.
L'accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente
prima dell’accettazione.

La revoca della proposta ha dunque carattere non recettizio, impedisce la conclusione del
contratto purché sia stata emessa prima che il proponente sa venuto a conoscenza
dell’accettazione della controparte.

La revoca dell’accettazione invece deve per avere efficacia deve giungere a conoscenza
del proponente prima dell’accettazione.

Un ulteriore tesi invece considera recettizi sia la proposta che l’accettazione.

La proposta perde automaticamente efficacia se, prima che il contratto sia perfezionato
il proponente muore o diventa incapace. Ciò non vale nell’unico caso in cui si tatti di
dichiarazione fatta da piccolo imprenditore nell’esercizio della propria impresa.

Il proponente potrebbe anche precludersi la faceta di revoca dichiarando la propria


proposta irrevocabile. In tal caso la successiva revoca risulterebbe inefficace, anche in
caso di morte del proponente.

• L’offerta al pubblico - è un particolare tipo di proposta indirizzata a destinatari


indeterminati, e dunque la conclusione avviene per effetto della dichiarazione di
accettazione dell’interessato a perfezionare il contratto oggetto della proposta. A tal
scopo deve contenere gli estremi essenziali del contratto.

L’offerta al pubblico è revocabile ma, a a differenza della revoca di un proposta ad un


soggetto determinato, la revoca dell’offerta al pubblico è efficace anche in confronto di chi,
essendo in precedenza venuto a conoscenza dell’offerta, non sia venuto a conoscenza
della revoca.

• Il contratto aperto all’adesione - Talvolta un regolamento contrattuale può essere


aperto all’adesione di alto parti. Vale ad esempio per la realizzazione di organizzazione a
carattere associativo. Di solito è disciplinata dal contratto stesso la modalità di volontà di
adesione.

• Le trattative. Il dovere di buona fede


Per giungere alla stipulazione del contratto è spesso necessario un periodo di trattative,
durante le quali le parti sono libere di scegliere se concludere o meno il contratto, ma
devono comportarsi secondo buona fede. Si tratta di di un preciso dovere giuridico.

La parte che violi questo dovere incorre nella responsabilità precontrattuale. Le condotte
che possono dar vita a tale ipotesi sono varie:

a. abbandono ingiustificato della trattativa. La parte che interrompe senza giustificato


motivo la trattativa è tenuta a risarcire all’altra parte i danni conseguenti alla
frustrazione dell’affidamento.

b. mancata informazione sulle cause di invalidità del contratto. Tra le cause di validità
rientrano l’annullabilità, l’invalidità e l’inefficacia.

113
c. influenza illecita sulla determinazione negoziale della controparte. Se un soggetto
ne induce un altro a stipulare un contratto traendolo in inganno o minacciandolo o
approfittando di un errore dell’altra parte, il contratto è annullabile per vizio della
volontà, ed il colpevole è tenuto al risarcimento anche se non venga chiesto
l’annullamento del contratto.

d. induzione della controparte alla stipulazione di un contratto pregiudizievole. può


accadere che la responsabilità precontrattuale conviva con un contratto valido ed
efficace. Ad esempio nel caso in cui una parte abbia tratto in inganno l’altra al fine di
indurla ad accettare condizioni diverse da quelle che avrebbe sottoscritto se non fosse
stata ingannata; oppure nell’ipotesi in cui una parte ometta un’informazione doverosa,
secondo il criterio di correttezza e buona fede.

Un caso di obbligo legale di informazione sussiste nell’attività degli intermediari finanziari


i quali nel fornire i servizi di investimento devono adempiere appositi obblighi di
informazione nei confronti dei clienti.

La responsabilità contrattuale - culpa in contrahendo


La culpa in contraendo è di natura aquilana (o extracontrattuale). Nel caso di
inadempimento il risarcimento del danno (responsabilità contrattuale) deve comprendere:

Sia le perdite subite dal creditore c.d. danno emergente;

Sia il mancato guadagno c.d. lucro cessante.

Invece nel caso della trattativa andata a buon fine il soggetto non ha diritto al risarcimento
dell’utile, poiché ne avrebbe avuto diritto solo se fosse stato stipulato.

Nel caso in cui la mala fede delle trattative abbia portato alla stipulazione di un contratto
non conveniente per la parte lesa, il danno si determina considerando le diverse condizioni
che si sarebbero create, in assenza di inganno, per il contraente.

• Le condizioni generali di contratto - contratti standard o per adesione


In caso di contratti di massa, come quelli conclusi dalle imprese con un gran numero di
persone, non potrebbero in maniera agevole concludersi attraverso trattative individuali.

Le imprese predispongono appunto di moduli o formulari contrattuali contenti clausole


uniformi e standardizzate. Si parla perciò di condizioni generali di contratto. I contratti in
questione si dicono standard.

Il cliente in tal caso non può negoziare, o aderisce o rifiuta. Tuttavia sia nel testo originale
del codice civile che il legislatore dl 1942 hanno previsto un apposita disciplina volta a
tutela dell’aderente, che si trova nella posizione di contraente debole rispetto al proprio
interlocutore.

La protezione del contraente aderente ad un regolamento contrattuale predisposto da altri


è stata fortemente incrementata dalla legislazione recente, almeno nel caso in cui l’aderente
sia un consumatore.

I VIZI DELLA VOLONTÀ (cap XXVII)

A) IL PROBLEMA IN GENERALE
Il contratto è espressione di un volere individuale. Se il contraente si trovi nella
situazione di incapacità di agire o il processo decisionale che abbia portato alla
conclusione del contratto abbia subito interferenze, la volontà del soggetto risulti
dunque viziata, in tal caso il contratto è annullabile.

I vizi della volontà a cui la legge attribuisce rilevanza sono l’errore, il dolo, e la violenza.

114
Premettendo che il negozio è una manifestazione di volontà individuale, si potrebbe
concludere che una dichiarazione a cui non corrisponda un’interna volontà è priva della sua
stessa essenza, e dovrebbe essere dunque nulla.

La dichiarazione potrebbe essere però intenzionalmente divergente dalla volontà reale del
soggetto, come nel caso della simulazione.

Il codice, escludendo a teoria della volontà, della dichiarazione, e il principio della


responsabilità, (per cui il dichiarante è obbligato, anche nei casi in cui manca a volontà, se
la divergenza è intenzionale o imputabile a sua colpa), per cercare un punto di equilibrio tra
la tutela del dichiarate e il destinatario, segue come teoria generale quella dell’affidamento.

Secondo la teoria dell’affidamento, se la dichiarazione diverge dall’interno volere o questo


non si è correttamente forma, deve essere protetto l’affidamento dei terzi che hanno
regolato la loro condotta considerando attendibile ed efficace quella dichiarazione.

B) ERRORE
L’errore consiste in una falsa conoscenza della realtà. Ad esso è equiparata l’ignoranza. Si
distinguono l’errore-vizio, incidente sul processo interno di formazione della volontà, ed
errore ostativo, che consiste nella divergenza o contrasto tra la volontà e la dichiarazione
emessa.

L’errore ostativo è dunque l’errore che cade sulla dichiarazione o sulla trasmissione della
dichiarazione. (es: volevo scrivere cento e ho scritto mille per distrazione).

Entrambi gli errori determinano l’annullabilità del contratto. Il contratto viziato da errore di
una delle due parti è annullabile a condizione che l’errore sia: essenziale, riconoscibile
dall’altro contraente.
Tale regola si applica anche agli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale recettizi,
mentre non si applica al testamento o al matrimonio.

Il contratto può dunque essere impugnato solo quando l’errore abbia un apprezzabile rilievo
rispetto all’obiettivo oggetto degli interessi del contratto. L’errore è essenziale quando
cade:

1. sulla natura del negozio;

2. sull’oggetto del negozio;

3. su una qualità della cosa che costituisce oggetto del negozio, nel caso in cui la qualità
sia rilevante al consenso;

4. sulla persona, ossia sull’entità o le qualità dell’altro contraente; deve trattarsi però di un
negozio in cui l’identità della persona e le sue qualità abbiano rilevanza tale da
determinare il consenso;

5. sulla quantità della prestazione, sempre che questa sia determinante del consenso e
non si riduca ad un errore di calcolo, che in tal caso non darebbe luogo all’annullabilità
del contratto ma alla rettifica;

6. l’errore di diritto, cioè un errore derivante dalla non conoscenza di una norma, infatti il
contratto è annullabile se l’errore di diritto è stato la ragione unica o principale del
contratto.

L’errore si considera invece riconoscibile quando, in relazione al contenuto, alle


circostanze del contratto o alle qualità dei contraenti, la controparte usando la normale
diligenza avrebbe potuto accorgersene.

115
Nel caso di errore bilaterale o comune, quando dunque i contraenti sono entrambi incorsi
nel medesimo errore, la giurisprudenza ritenga non vada applicato il principio
dell’affidamento ma sia sufficiente l’essenzialità dell’errore per l’annullabilità del negozio.

C) DOLO
Il dolo inteso come inganno, o vizio del consenso, può essere:

Dolo determinante è quell’inganno determinante che ha portato la vittima a stipulare l’atto,


che se non fosse stata ingannata, non avrebbe concluso.

Dolo incidente si limita ad incidere sulle condizioni del contratto cioè non è stato
determinate per la stipulazione del contratto in quanto la vittima lo avrebbe comunque
concluso, ma avrebbe preteso condizioni più favorevoli o meno onerose.

Il dolo determinate è annullabile, il dolo incidente invece comporta il risarcimento del danno
da chi lo ha compiuto.

Entrambe le parti hanno obblighi di informazione circa tutti i fatti inerenti al negozio. Si
integra nella figura del dolo anche il problema della reticenza, ossia il gatto di tacere
circostanze che potrebbero indurre la controparte rinunciare alla stipulazione dell’atto.

Sono annullabili tutti quei negozi in cui una delle parti non agisce in buona fede non
informando l’altra parte dei possibili rischi. (es. colui che stipula un’assicurazione sulla vita
tace di essere affetto da una grave malattia)

Il dolo inganno non va confuso con il dolo intenzione, che si incontra nel campo di diritto
penale e privato come elemento psicologico del fatto illecito o dell’inadempimento di
un’obbligazione.Ha carattere soggettivo o psicologico e consiste nell’intenzione di
realizzare un determinato risultato (omicidio, inadempimento…); si concreta nella
corrispondenza tra il programma stabilito da una persona e il fatto illecito che ne consegue.
Il dolo inganno denota invece la condotta di chi inganna e raggira, consiste dunque in un
fatto.

D) VIOLENZA
La violenza psichica consiste ella minaccia di un male ingiusta rivolta ad una persona
allo specifico scopo di forzarla alla stipulazione di un contratto o un altro tipo di negozio
giuridico.

La violenza fisica costituisce invece un evento insolito e si manifesta quando manca del
tuttora volontà di emettere la dichiarazione e l’atto fisico in cui consiste la manifestazione di
volontà è il risultato di un comportamento materiale di un terzo.

Nell’ipotesi di violenza fisica la volontà della parte è del tutto mancante, pertanto il negozio
è ritenuto nullo. Nel caso di valenza psichica la volontà non manca ma è viziata, e
comporta l’annullabilità del negozio compiuto dal soggetto minacciato.

La valenza psichica si considera come vizio della volontà quando miri a nessun altro
risultato che ottenere dal minacciato un atto a carattere negoziale. (es: farsi consegnare il
portafoglio dal minacciato).
Il minacciato di violenza psichica si trova a dover scegliere se subire il male mangiato o
porre in essere l’atto richiesto.

La violenza si distingue dal timore reverenziale che consiste nell’intenso rispetto che si
nutre vero persone autorevoli. Non vi sono azioni intimidatrici da parte di nessuno. Se la
dichiarazione è emessa per timore di riusare sgraditi verso la persona autorevole, il
contratto non è annullabile.

Si distingue invece il timore di eccezionale gravità che rende impugnabile il matrimonio.

116
Dalla violenza si distingue lo stato di pericolo in cui il soggetto è spinto alla dichiarazione
negoziale dall’altrui minaccia. Nello stato di necessità o pericolo vi è una situazione psichica
di paura ma non è determinata dalla minaccia di un’altra persona volta a far concludere un
negozio, ma da uno stato di fatto oggettivo. In tal caso il negozio non è annullabile ma
rescindibile. La lege non lo prende in considerazione come vizio della volontà ma come un
disequilibrio contrattuale.

es: un incendio mette in pericolo la vita di una persona cara e io accedo alla richiesta esosa
fatta da chi ha la possibilità di intervenire per salvarla.

• Requisiti della violenza Si fa riferimento a quando la minaccia sia diretta allo scopo di
indurre la vittima a perfezionare il contratto che le si chiede di concludere. La legge
richiede che is tratti di una minaccia tale da fare impressione su una persona media,
tenendo conto delle particolari circostanze (sesso, età, condizioni personali…).

Il male minacciato deve esser ingiusto, e può riguardare anche persone a cui il destinatario
della minaccia sia affezionato, in tal caso la valutazione dell’efficacia della minaccia è
rimessa al giudice.

Non è invece una minaccia far valere un proprio diritto.

La violenza produce l’annullabilità del negozio anche se esercitata da un terzo e anche se


l’altro contraente sia ignaro, a differenza del dolo, che è rilevante solo se proveniente
dall’altro contraente o gli è quantomeno noto.

LA FORMA DEL CONTRATTO (cap XXVIII)

Trattando di negozi giuridici in generale per “forma” si intende la modalità di espressione


della volontà individuale.

Per quanto riguarda il contratto la forma è tra i requisiti del contratto solo nell’ipotesi in cui
essa è richiesta dalla legge a pena la nullità.

Quindi se ne deduce che se la legge non impone esplicitamente il rispetto di una


determinata forma le parti possono adottare qualsiasi modalità di forma cioè di espressione
della volontà (ad es. scrivendo, parlando, esprimendosi a gesti ecc…).

Un’ipotesi in cui la legge impone un requisito dii forma minimo è quella in cui richieda che la
volontà debba essere espressa. Altre volte è ad esempio imposta la forma scritta.

Sono state sviluppate inoltre le forme di protezione ossia poste a tutela di una delle parti
e aventi lo scopo di richiamare l’attenzione del contraente sul contratto che va stipulando.

Per gli atti costitutivi delle persone giuridiche la scrittura privata non è sufficiente, ma è
addirittura richiesto l’atto pubblico.

La forma è talora richiesta anche a tutela di terzi.

Quando per il contratto “principale” è richiesta la forma scritta, cioè si estende anche per il
relativo preliminare.

Quando la legge richiede forma scritta, questa è soddisfatta sia che le parti sottoscrivano
uno stesso documento, o che si scambino due distinte dichiarazioni, ciò che conta è il
significato delle loro dichiarazioni.

Anche il telegramma può soddisfare il requisito della forma scritta quando ciò sia previsto
dalla legge. Non tutti i moderni mezzi di trasmissione sono idonei a perfezionare contratti
per cui è richiesta la forma scritta, essendo a tal fine necessaria la sottoscrizione
autografa del dichiarante.
È stata ad esempio introdotta una regola relativa agli smart contract, programmi le cui
tecnologie producono effetti contrattuali al verificarsi di condizioni rilevate dal programma.

117
Le forme convenzionali

L’art 1352 c.c. ammette che le parti possano con apposito accordo scritto, pattuire di
adottare una determinata forma per la conclusione di un contratto.

“Se le parti hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura
conclusione di un contratto, si presume che la forma sia stata voluta per la validità di
questo.” Il principio di libertà della forma contrattuale può essere derogato, oltre che dalla
legge, anche dalla volontà delle parti.

LA RAPPRESENTANZA (cap XXIX)

È possibile che in un contratto la volontà contrattuale è espressa non direttamente


dall’interessato, il “dominus” dell’affare, ma da un terzo appositamente incaricato, il
rappresentante.

La rappresentanza è l’istituto per cui ad un soggetto (rappresentante) è attribuito (dalla


legge o dall’interessato) un apposito potere di sostituirsi ad un altro soggetto
(rappresentato) nel compimento di sue attività.

Viene chiamato rappresentante diretto se il rappresentante compie atti in nome e per


conto del rappresentato. In tal caso gli effetti del negozio si produco direttamente e
immediatamente nella sfera dell’interessato.

Viene chiamato rappresentante indiretto quella persona che agisce nell’interesse altrui ma
non dichiara di agire in nome altrui. Colui che emette la dichiarazione acquista diritti e
diventa correlativamente soggetto degli obblighi nascenti dal negozio, ed occorrerà un
altro negozio per trasmettere gli effetti all’atto nel patrimonio dell’interessato. Sono in tal
caso necessari quindi due negozi affinché si producano effetti nella sfera giuridica del
dominus dell’affare.

Una figura simile è quella dell’autorizzato che è colui che mediante l’autorizzazione di una
persona autorizzante, ha il potere di compiere atti giuridici diretti ad influire nella sfera
giuridica dell’autorizzante, ma in nome dell’autorizzato.

Dal rappresentante si distingue la figura del nuncius, che è colui che trasmette
materialmente la dichiarazione altrui, è in sostanza un “portavoce” che riferisce la volontà
negoziale altrui, non la propria.

Nel matrimonio non ricorre la figura del rappresentante ma quella del nuncius.

Per alcuni negozi non è ammessa la rappresentanza, ad esempio per i negozi riservati
esclusivamente alla persona interessata.

• Fonti della rappresentanza Come già detto il potere rappresentativo può derivare dalla
legge o essere conferito dall’interessato.

La rappresentanza legale ricorre quando il soggetto è incapace. ES: il minore è


rappresentato dai suoi genitori o un tutore.

La rappresentanza organica è invece il potere di rappresentare un ente che spetta


all’organo che ha la competenza di esternare la volontà di quest’ultimo. Questo non va
confuso con il potere gestorio, che riguarda la direzione interna dell’ente.

Invece l’ufficio privato consiste nel potere di svolgere un’attività nell’interesse altrui e con
effetti nella sfera giuridica del d’oggetto sostituito, in adempimento a una funziona prevista
dalla legge. (es: custode in caso di sequestro convenzionale).

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• La procura

Il negozio con cui una persona conferisce ad un’altra (rappresentanza volontaria) il potere di
rappresentarla di chiama procura, detta impropriamente anche delega. Il rappresentante
volontario si dice procuratore.

A tal merito bisogna distinguere due aspetti.

Incaricando una persona di compiere un atto in mia vece questa può farlo gratuitamente,
ad esempio per amicizia, o dietro compenso, ciò attiene al lato interno. La procura riguarda
invece il lato esterno, ha natura giuridica e consiste in un negozio unilaterale recettizio, per
la cui efficacia non occorre l’accettazione del procuratore, è sufficiente che ne sia venuto a
conoscenza.

La procura non va confusa con il mandato, che è un contratto che regola i rapporti tra
mandante e mandatario e disciplina i loro obblighi reciproci.

Come ogni dichiarazione di volontà, la procura può essere espressa o tacita. Di regola per
la procura non è richiesta ad substantiam alcuna forma particolare, salvo in cui tale forma
sia richiesta per il negozio da concludere.

Requisiti- considerando che gli effetti si ripercuotono direttamente sul patrimonio del
rappresentato, è necessaria la capacità legale del rappresentato. Il suo rappresentante
può anche essere un incapace legale purché abbia capacità di intendere e di volere.

La procura può riguardare un solo affare o più affare determinati, procura speciale, o tutti gli
affari del rappresentato, procura generale.

Un terzo contraente ha diritto di esigere dal rappresentante la giustificazione dei suoi


poteri, e in caso sia conferita per atto scritto di ottenerne una copia. Il rappresentante è
tenuto a restituire il documento nel momento in cui cessano i suoi poteri.

Il rappresentato può far cessare il potere conferito al rappresentante mediante la revoca


della procura, che è sempre un negozio unilaterale. Non è revocabile la procura conferita
anche nell’interesse di terzi o del stesso procuratore.

Cessa di regola con la morte del rappresentato.

La revoca e le modificazioni devono essere portate conoscenza dei terzi con mezzi idonei,
altrimenti, se non si è provveduto, il negozio concluso dal rappresentante è valido,
nonostante la revoca o la modificazione.
Per evitare la validità di questo negozio il rappresentato ha l’onere di provare che il terzo al
momento della conclusione del contratto era a conoscenza della modificazione o della
revoca.

Il negozio concluso dal rappresentante è annullabile se egli versava in errore, o è stato


vittima di dolo o violenza. Stessa cosa vale se il rappresentante versi in mala fede nei
confronti del rappresentato.

Il potere di rappresentanza è generalmente conferito nell’interesse del rappresentato.


Nel caso in cui la procura sia conferita anche negli interessi del rappresentante si parla di
procurator in rem suam.

Se gli interessi del portatore sono in contrasto con quelli del rappresentante si è nella
condizione di conflitto di interessi. Se il rappresentante agisce in conflitto d’interessi con il
rappresentato, il negozio è, su domanda di quest’ultimo, annullabile.

Rientra nel conflitto di interessi il contratto con se stesso, che ricorre quando un unico
soggetto ricopre le due parti: un procuratore che rappresenti sia il compratore che il
venditore. È di regola annullabile; è valido quando sia stato autorizzato dal rappresentato.

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Rappresentanza senza potere Il negozio compiuto da chi ha agito come rappresentante
senza averne il potere (difetto di potere) o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli
(eccesso di potere) non produce alcun effetto nella sfera giuridica dell’interessato. Il negozio
è inefficace.

Tale negozio è annullabile ma non nullo, in tal modo l’interessato può ratificare con effetti
retroattivi il negozio stipulato per lui.
La ratifica consiste nella dichiarazione di volontà volta ad approvare ciò che è stato fatto
nel nome dell’interessato senza che egli avesse attribuito il potere rappresentarlo. La
ratifica può essere espressa o tacita, ed ha effetto retroattivo, in tal modo il negozio si
considera come se fosse stato posto originariamente in essere da persona fornita di
procura.

La retroattività non può pregiudicare i diritti acquistati da terzi. La legge prevede che il terzo
contraente possa evitare l’interessato a chiare definitivamente se intende ratificare o meno il
negozio stipulato dal falso procuratore.

Se l’interessato non ratifica il negozio stipulato in suo nome dal falso procuratore, è chiaro
che questo negozio resta inefficace, cioè non produce i suoi effetti né nei confronti del
rappresentato, che non aveva concesso il potere di stipulare l’atto a nome suo, né nei
confronti del falso procuratore, dal momento che il terzo non intendeva stipulare un
contratto con quest’ultimo.

Il 3° ha diritto al risarcimento: se il contratto, mancando la ratifica del rappresentato,


rimane definitivamente inefficace, il terzo ha diritto di chiedere il risarcimento dei danni al
falso procuratore, questo solo se il terzo abbia confidato senza sua colpa nella validità del
contratto o non avrebbe potuto accorgersene usando la normale diligenza.

Il 3° non ha diritto al risarcimento: se il terzo sapeva che il falso procuratore non aveva il
potere di rappresentanza.

• La gestione di affari altrui


Talvolta l’occuparsi delle cose altrui senza averne il potere può essere utile dal punto di
vista sociale, ad esempio nel caso in cui il proprietario sia assente o impedito di curare i
propri interessi (ma non si tratta di un impossibilità assoluta).

Nel caso in cui taluno assuma spontaneamente la gestione di affari altrui, ha l’obbligo di
continuare la gestione, finché l’interessato non sia in grado di riprendere il governo dei
propri interessi.

Non si deve guardare all’esito finale, ma vedere se l’affare stesso si prendeva necessario o
utile.

• Il contratto per persona da nominare

Nel momento della conclusione di un contratto, una parte può riservarsi la facoltà di
nominare la persona nella cui sfera giuridica il negozio deve produrre gli effetti.

Con la dichiarazione di nomina effettuata entro tre giorni si verificano gli stessi effetti che si
sarebbero verificati se fosse stata conferita la procura prima del negozio.
Le parti possono convenire un termine maggiore dei tre giorni nel caso si tratti di un temine
certo e determinato.

Si ricorre a tale figura quando il contraente non vuole apparire al momento della
conclusione del contratto per suoi motivi personali.

Se manca la dichiarazione di accettazione, il negozio produce effetti direttamente nei


confronti di colui che ha eseguito il contratto.

120
Sia la dichiarazione di nomina, sia la dichiarazione di accettazione, sia quella di ratifica
del rappresentato, sono contratti unilaterali, e devono avere la stessa forma che le parti
hanno usato per il contratto.

IL CONTRATTO PRELIMINARE ED I VINCOLI A CONTARRE (cap XXX)

Si dice preliminare quel contratto con cui le parti si obbligano a stipulare un contratto
definitivo, del quale deve essere già terminato il contenuto essenziale nel preliminare,
altrimenti il contratto sarebbe invalido per indeterminatezza.

Il contratto preliminare obbliga le parti a stipulare successivamente un contratto definitivo.


Pertanto il contratto preliminare ha effetti obbligatori e non reali.

Il contratto preliminare può vincolare ambedue le parti o una sola ( promessa o


preliminare unilaterale).

Se la persona che si è obbligata a vendermi la cosa per effetto del contratto preliminare
non adempie alla stipulazione del contratto definitivo l’altra parte può:

- Chiedere il risarcimento dei danni subiti a causa dell’inadempienza della controparte.


(in questo caso si tratta di responsabilità contrattuale e non precontrattuale, in quanto
consegue all’inadempimento dell’obbligazione dei stipulare un contratto definitivo) oppure;

- Può chiedere attraverso una sentenza del giudice l’esecuzione in forma specifica degli
obblighi derivanti dal contratto preliminare.
Cioè può chiedere l’esecuzione del contratto definitivo anche se l’altra parte non vuole
stipulare il contratto definitivo.

Questo tipo di strumento può essere attivato quando: sia materialmente possibile; o non
sia escluso dal contratto preliminare cioè può essere attivato sempre che le parti non
abbiano specificato nel contratto preliminare di non poter ricorrere a tale strumento.

La forma del contratto preliminare deve essere uguale a quella prevista per il contratto
definitivo.

La trascrivibilità del contratto preliminare


La legge ha previsto la possibilità della trascrizione di alcuni contratti preliminari (come i
contratti relativi a immobili, diritti di comunione, diritti di servitù prediali, uso e abitazione).

La trascrizione produce i suoi effetti solo se i contratti preliminari risultano da atto pubblico
o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente.

L’effetto della trascrizione del preliminare lo rende opponibile a terzi che avessero
acquistato diritti reali sulla cosa promessa in vendita.

Es. Tizio stipula un contratto preliminare con Caio, sottoponendolo a trascrizione, dove
Tizio si obbliga di vendere un bene immobile a Caio.
Se poi Tizio dopo la trascrizione lo vende a Sempronio con un contratto definitivo,
Caio avendo trascritto il preliminare potrà opporre ai terzi quel bene cioè potrà riavere
indietro il bene oggetto della trascrizione in quanto la trascrizione preliminare prevale su
qualsiasi trascrizione definitiva successiva alla trascrizione preliminare.
Una tale prevalenza però non può durare all’infinito. Essa opera entro un anno dalla data
convenuta tra le parti per la stipulazione del contratto definitivo, o comunque entro tre anni
dalla trascrizione del preliminare, dopo di che questa trascrizione perde qualsiasi
efficacia e si considera come mai avvenuta.

121
La prelazione

Ciascuno è di regola libero di contrattare con chi vuole. A volte però o la legge o per
volontà delle parti si può attribuire ad un soggetto un diritto di prelazione, cioè un
diritto di essere preferito ad ogni altro, nel caso in cui il soggetto passivo della prelazione
dovesse decidere di stipulare un contratto di vendita.

Se il sogg. pass. di una prelazione vuole vendere ad un terzo il bene oggetto della
prelazione, il sogg. pass, è obbligato, prima di stipulare il contratto con il terzo, ad offrire al
titolare della prelazione il contratto alle stesse condizioni pattuite con il terzo.

La prelazione può essere:

- Volontaria quando viene concessa per accordo tra le parti.

- Legale quando viene imposta da una norma.

La prelazione volontaria non è opponibile ai terzi cioè in caso di inadempimento, il


promittente è tenuto al risarcimento dei danni a favore del titolare del diritto di prelazione,
ma quest’ultimo non può chiedere la restituzione del bene al terzo acquirente.

La prelazione legale invece è opponibile ai terzi, cioè in caso di inadempimento del


promittente, il titolare del diritto di prelazione ha diritto di riscattare il bene del terzo
acquirente.

L’OGGETTO DEL CONTRATTO (cap XXXI)

• I requisiti dell’oggetto. Oggetto e contenuto


Art. 1346 c.c.: L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o
determinabile.

L’oggetto del contratto è la prestazione dovuta. I requisiti dell’oggetto sono:

- La possibilità: cioè l’oggetto deve essere effettivamente suscettibile di esecuzione. (non


lo è ad es. la prestazione di consegnare una cosa inesistente)

- La liceità: cioè l’oggetto non deve essere contrario alle norme imperative,
all’ordine pubblico e al buon costume.

- Determinatezza o determinabilità: cioè l’oggetto deve essere determinato o


determinabile.

Un contratto è nullo se l’oggetto del contratto non possiede questi requisiti. La legge
ammette che il contratto possa avere per oggetto cose future se ciò non sia vietato dalla
legge, ad es. è vietata la donazione di cose future.

Le parti possono anche stabilire che l’oggetto sia determinato dal giudice o da un terzo
chiamato arbitratore.

Ad es. le parti possono stabilire che il prezzo della cosa, oggetto del contratto, sia fissato
da uno stimatore esperto. Il terzo deve procedere con equo apprezzamento, altrimenti le
parti possono rivolgersi al giudice se la determinazione del terzo è palesemente non equa o
erronea.

Se invece si da carta bianca al terzo, le parti non potranno rivolgersi al giudice in caso di
non equa determinazione dell’oggetto, a meno che non si riesca a provare la sua mala
fede.

LA CAUSA DEL CONTRATTO (cap XXXII)

La causa è un elemento essenziale in ogni negozio giuridico.

122
Al termine causa solo però ricollegati più significati.

Si parla di causa dell’obbligazione, in cui l’obbligazione però non è un negozio ma un


rapporto giuridico, e la causa sta ad indicare i titolo da cui indebito deriva.

Si parla di causa anche riguardo al fondamento di una attribuzione patrimoniale per


determinare se lo spostamento di ricchezza è giustificato.

Riferito al negozio il concetto di causa è importante soltanto per quelli nei quali
l’autonomia dei privati può influire sugli effetti del negozio. (la causa non ha quindi
importanza ad es. per il matrimonio, l’adozione ecc dove il privato può scegliere se
compiere o meno l’atto, ma non può interferire con i suoi effetti).

Quando invece gli effetti (e quindi il contenuto) del negozio dipendono dalla libera scelta del
privato (nel caso del contratto) è necessario che gli effetti siano giustificati
dall’ordinamento giuridico.

Quindi la causa è la giustificazione giuridica dell’accordo tra le parti.


Nei contratti sinallagmatici, cioè contratti a prestazioni corrispettive, la causa consiste nello
scambio tra le due prestazioni, cosicché il sacrificio di una delle parti è giustificato da quello
dell’altra parte.

Sia per i contratti tipici, cioè quelli disciplinati dal cod. civ. (compravendita, locazione ecc),
che per quelli atipici o innominati, la causa deve essere lecita cioè non contraria alle
norme imperative, al buon costume e all’ordine pubblico.

Un contratto illecito o senza causa è nullo.

Una categoria particolare dei contratti atipici è rappresentata dai contratti misti, cioè quei
contratti la cui causa è costituita dalla fusione delle cause di due o più contratti tipici.
(es: causa della locazione è la concessione di godimento di una cosa contro corrispettivo)

La disciplina che si applica ai contratti misti è quella del contratto che effettivamente
prevale sull’altro (teoria dell’assorbimento).

Situazione differente si verifica nel caso dei contratti collegati, ossia quando le parti
stipulano negozi tra loro distinti, che conservano ciascuno causa autonoma, ma che sono
preordinati dalle parti per la realizzazione di un disegno unitario, condiviso dai contraenti.

Un esempio di contratto collegato è il subcontratto, che ricorre quando colui che ha


effettuato un determinato contratto ne stipula un altro, con un terzo.
(es. si pensi al caso dell’appaltatore, che impegnandosi a costruire una determinata opera,
subappalta ad un terzo l’esecuzione di parte dei lavori di costruzione.)

Essendo il subcontratto dipendente dal contratto principale, se questo viene meno (ad es.
per una causa estintiva) ciò influisce anche sul subcontratto.

• Contratti astratti
Ogni negozio deve avere la sua causa cioè la giustificazione dell’accordo (c.d. negozi
causali). Ci sono però dei negozi i cui effetti si producono prescindendo dalla causa.
Tali negozi sono chiamati astratti in contrapposizione di quelli causali.

L’astrazione sostanziale è quella per cui il negozio nel suo funzionamento resta svincolato
dalla causa.

L’astrazione processuale presuppone che il negozio sia causale. Chi agisce per ottenere
la prestazione derivante dal negozio non ha l’onere riprovare l’esistenza o la liceità della
causa, ma chi è chiamato in giudizio deve provarne l’eventuale mancanza o l’illiceità se
vuole sottrarsi alla condanna. L’astrazione processuale si risolve dunque in una versione
legale dell’onere della prova.

123
• Mancanza della causa
La causa può mancare sin dall’origine (c.d. mancanza genetica della causa) e in questo
caso il negozio è nullo; oppure può esistere originariamente, ma per vicende successive
non essere più realizzabile. (c.d. mancanza sopravvenuta)

Sia nel caso di inadempimento che di impossibilità sopravvenuta il contratto non è nullo ma
la parte può agire per la risoluzione e così sciogliersi dal vincolo.

• L’illiceità della causa


Il contratto con causa illecita produce nullità del negozio. Il contratto contrario a norme
imperative è detto illegale, quello contrario al buon costume, che cioè viola i principi etici,
è detto immorale.

Bisogna però considerare una distinzione:

- Se la causa è illegale ed è stata eseguita la prestazione chi l’ha eseguita ha diritto ad


ottenere la restituzione di ciò che ha dato.

Se la causa è immorale invece, bisogna distinguere:

- L’immoralità unilaterale: allora si ha il diritto di restituzione di quanto dato.


(es. se per liberare una persona a me cara che è stata sequestrata da banditi, pago la
somma richiesta da costoro, io non commetto azione immorale. L’unica immoralità è dei
banditi, ed in questa ipotesi l’interessato ha il diritto di richiedere la restituzione di quanto
dato);

- L’immoralità bilaterale: non si ha diritto alla restituzione di quanto dato. (es. si pensi a
colui che versa ad un pubblico funzionario una somma di denaro per corromperlo).

• Il motivo

Il motivo che spinge una persona a porre in essere un negozio giuridico è la finalità da lui
perseguita, ed è giuridicamente irrilevante, perciò l’errore sul motivo non può di regola,
rendere annullabile il contratto.

Tuttavia i motivi diventano giuridicamente rilevanti quando la loro realizzazione venga a


formare espressamente l’oggetto del contratto o di una condizione cui si subordina
l’efficacia dell’atto.

(ad es. acquisto un terreno a condizione di potervi costruire, il contratto diventerà efficace
solo se il comune mi darà l’autorizzazione a costruire)

Se il motivo della conclusione del contratto è illecito il contratto è nullo.

• Il contratto in frode di legge

All’illiceità della causa l’art 1344 c.c. equipara la frode di legge, che ha luogo quando il
contratto, pur rispettando la lettera della legge, costituisce un mezzo per eludere
l’applicazione di una norma imperativa, e ottenere un risultato praticamente equivalente
a quello vietato.

Si distingue dal ritratto contrario ala legge poiché questo mira direttamente ad un
risultato vietato, mentre quello in frode mira, mediante qualche accorgimento, ad ottenere
un risultato equivalente a quello vietato dalla norma imperativa.

Dalla frode alla legge si distingue la frode ai creatori, volta a danneggiare costoro e colpita
da azione revocatoria, e il negozio simulato, che consiste nel compiere una dichiarazione
negoziale senza volerne gli effetti.

124
L’INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO (cap XXXIII)

Come l’interpretazione della legge è diretta a ricercare e precisare il significato da attribuire


ad un testo legislativo, così l’interpretazione del negozio giuridico tende a determinare il
significato della dichiarazione negoziale.

Il punto di riferimento dell’attività dell’interprete deve essere naturalmente il


testo della dichiarazione negoziale, ma non ci si deve limitare solo al senso letterale delle
parole, occorre, infatti, ricercare il significato che entrambe le parti attribuivano all’accordo
al momento della stipulazione, valutando la fase anteriore (trattative), e la fase posteriore del
contratto.

Il contratto deve essere interpretato secondo buona fede (principio dell’affidamento).

Se il senso della dichiarazione negoziale, non risulti chiara, si applica il principio di


conservazione del negozio, cioè il negozio deve interpretarsi nel senso in cui esso possa
avere qualche effetto anziché in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno.

Inoltre, regola finale, il negozio se a titolo gratuito deve essere inteso nel senso meno
gravoso per l’obbligato, se a titolo oneroso deve essere inteso nella equa distribuzione degli
interessi.

GLI EFFETTI DEL CONTRATTO (cap XXXIV)

Dal momento in cui il contratto si perfeziona le parti sono obbligate ad osservarlo cioè il
contratto ha forza di legge tra le parti.

Le parti sono libere, con un atto contrario di comune accordo, di sciogliere o modificare il
contratto, c.d. mutuo dissenso.

Il recesso unilaterale cioè il diritto di liberarsi unilateralmente degli obblighi assunti con il
contratto è ammissibile solo quando specificamente stabilito :

- dalla legge (recesso legale);

- o da un apposito patto (recesso convenzionale).

Si differenzia dal recesso la disdetta ossia il diniego di rinnovazione di un contratto di


durata per il quale sia previsto un automatico rinnovo alla scadenza

Gli effetti tra le parti

Gli effetti del contratto corrispondono al contenuto degli accordi tra le parti. (autonomia
negoziale).

La determinazione del significato di tali accordi dipende dall’interpretazione delle volontà


delle parti. Per stabilire quali effetti un negozio è idoneo a produrre occorre non soltanto
l’interpretazione, ma anche aver proceduto a:

- qualificazione dell’atto, ossia la sussunzione sotto la fattispecie legale appropriata, da


cui si determina la disciplina applicabile; bisogna associare il contratto concretamente
stipulato con un contratto astrattamente previsto dal legislatore.

- integrazione dei suoi effetti, incontrato produce non colo gli effetti perseguiti dalle parti,
ma anche quelli disposti dalla legge.

La legge può inoltre imporre ai pravi clausole o prezzi, che si sostituiscono di diritto dai
contraenti.

125
Contratti ad effetti reali ed effetti obbligatori
I contratti possono essere ad effetti reali, quando terminano la trasmissione o la
costituzione di un diritto reale o di un altro diritto, oppure a effetti obbligatori quando
danno luogo alla nascita di un rapporto obbligatorio.

Art 1376 c.c.: Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una
cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento
di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del
consenso delle parti legittimamente manifestato.

Per fare in modo che la cosa determinata si trasferisca nel patrimonio dell’acquirente basta
che le parti sottoscrivano il contratto, o nel caso di beni mobili che abbiano raggiunto
l’accordo.

Si parla dunque di consenso traslativo in quanto attribuisce al consenso delle parti la forza
di determinare il trasferimento o la costituzione di un diritto reale.

Se invece si tratta di cose determinate solo nel genere, cose generiche o fungibili, la
proprietà si trasmette con l’individuazione delle cose materiali destinate a costituire oggetto
del trasferimento. Solo in quel momento si può identificare la res, prima suste solo
l’obbligazione dell’alienante di compiere quanto necessario per far acquistare la proprietà
all’acquirente. Per questo il trasferimento di cose generiche è un contratto ad effetti
obbligatori, e non reali.

• Conflitti tra acquirenti di diritti sullo stesso oggetto


Se qualcuno alieni a più persone uno stesso bene mobile (non registrato), è preferito chi tra
queste lo ha acquistato in buona fede, anche con titolo posteriore.

Se il conflitto riguarda diritti reali e personali su beni immobili e mobili registrati si applicano
le regole della trascrizione.

Nel caso di conflitto tra i titolari di più diritti di godimento, tra i vari aventi diritto è preferito
chi per primo ha conseguito il godimento della cosa.

• La clausola penale e la caparra

In caso di inadempimento il creditore ha diritto come sappiamo al risarcimento dei danni,


ma ha l’onere di provare il danno che dice di aver subito.

Le parti possono inserire nel contratto una clausola, detta penale, con cui si stabiliscono
ex ante quanto il debitore dovrà pagare in caso di inadempimento, perciò si dice che tale
clausola contiene una liquidazione convenzionale anticipata del danno, poiché in tal
caso l’inadempiente è tenuto a pagare senza che il creditore dia prova del danno.
Può essere prevista sia per il caso di:

- inadempimento assoluto: se il creditore pretende la clausola penale, non può


pretendere la prestazione principale;

- semplice ritardo: in questo caso il creditore può pretendere sia la penale (che lo ristora
del danno conseguente al ritardo della prestazione), che la prestazione prevista.

La legge precisa che ,qualora le parti abbiano pattuito una penale, il creditore non può
chiedere di più di quanto stabilito dalla clausola penale stessa, a meno che nel contratto
non venga dichiarato espressamente nella clausola, che il creditore abbia il diritto di
pretendere oltre alla penale, anche il risarcimento dell’eventuale maggior danno.

Ovviamente questo maggior danno deve essere provato.

126
Con la clausola penale non va confusa la caparra.

La caparra consiste nella consegna, da una parte all’altra, di una somma di denaro o di una
quantità di cose fungibili. Si tratta di un contratto reale perché si perfeziona con la
consegna della res. Si distinguono caparra confirmatoria e caparra penitenziale.

La caparra confirmatoria, una volta eseguito il contratto, deve essere restituita o imputata
a titolo di accanto al prezzo.

Ove però, la parte che ha dato la caparra si rendesse inadempiente agli obblighi assunti,
l’altra parte può scegliere se recedere dal contratto, trattenendo la caparra a titolo di
risarcimento danno. Se a rendersi inadempiente sia invece colui che riceve la caparra, è
ovviamente la controparte a poter scegliere se recedere dal contratto, e in tal caso potrà
pretendere il doppio dell’importo versato come caparra.

Se il contraente ritenga di aver subito per effetto dell’inadempimento un danno superiore


alla caparra, potrebbe decidere di proporre una domanda giudiziale di risoluzione del
contratto. Nel corso del giudizio non potrà mutare la propria domanda.

La caparra penitenziale si differenzia dalla caparra confirmatoria poiché è il corrispettivo


del diritto di recesso attribuito ad un contraente. Vale a dire che chi ha versato la caparra
può esercitare la facoltà di recedere dal contratto “perdendo” la caparra, che va l’altra
parte, ed il contratto è sciolto.

Effetti del contratto rispetto terzi Gli effetti del contratto sono limitati alle parti: esso non
può di regola danneggiare né giovare al terzo estraneo.

Se prometto che un terzo assumerà un obbligo nei tuo confronti, il terzo non è vincolato per
effetto del mio impegno, sono io l’unico obbligato a persuadere il terzo a fare ciò che ho
promesso. Se il terzo non aderisce dovrò indennizzare colui a cui ho fatto la promessa.

• Il contratto a favore di terzi

Art 1411 c.c: È valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia
interesse.
Salvo patto contrario, il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della
stipulazione. Questa però può essere revocata o modificata dallo stipulante, finché il terzo
non abbia dichiarato, anche in confronto del promittente di volerne profittare.
In caso di revoca della stipulazione o di rifiuto del terzo di profittarne, la prestazione rimane a
beneficio dello stipulante, salvo che diversamente risulti dalla volontà delle parti o dalla
natura del contratto.
• La cessione del contratto
Si ha cessione di un contratto quando una parte, cedente, di un contratto stipula con un
terzo, cessionario, un apposito contratto (di cessione), con il quale cedente e cessionario
si accordano per trasferire a quest’ultimo il contratto originario.

Nei contratti sinallagmatici si ha cessione quando le prestazioni non siano state ancora
eseguite.

Al fine della cessione è necessario il consenso del ceduto. (La cessione è in praticala
sostituzione di un soggetto originario con uno nuovo.)

127
Se la cessione è accettata dal ceduto, allora il cedente è liberato dalle sue obbligazioni
verso il ceduto, e non è neanche responsabile verso quest’ultimo dell’eventuale
inadempimento contrattuale da parte del cessionario,
a meno che non dichiari espressamente con il suo consenso che non intende liberare il
cedente: in tal caso quest’ultimo risponde in proprio qualora il cessionario si renda
inadempiente.

Così anche nei confronti del cessionario il cedente non è responsabile qualora il ceduto
non adempia.

Però il cedente può garantire al cessionario l’adempimento del contratto fungendo egli
stesso da fideiussore del ceduto (cioè in caso di inadempimento del ceduto, il cedente
risponderà in solido della prestazione dovuta dal ceduto verso il cessionario).

GLI ELEMENTI ACCIDENTALI DEL CONTRATTO (cap XXXV)

A) NOZIONI GENERALI
All’interno del contratto si distinguono gli elementi essenziali a quelli accidentali, che non
sono indispensabili ai fini della validità del negozio giuridico, non attengono alla sua
essenza.

I più importanti tra gli elementi accidentali sono la condizione, il termine e il modo.

B) LA CONDIZIONE

La condizione è un avvenimento futuro e incerto, dal quale le parti fanno dipendere o la


produzione degli effetti del negozio, condizione sospensiva, o l’eliminazione degli effetti
che il negozio ha già prodotto, condizione risolutiva.

Non tutti i negozi tollerano l’apposizione della condizione, tali negozi si definiscono actus
legitimus. Nel caso sia stata comunque apposta la condizione, talora la condizione si ha
per non apposta, talora si verifica la nullità dell’atto.

La condicio facti cioè una condizione che dipende dalla volontà delle parti, che quindi
sono libere di apporre o meno la condizione.

La condicio iuris invece costituisce la condizione prevista e stabilita dalla legge sul quale la
volontà delle parti non può influire.

La condizione si distingue inoltre in casuale se il suo avveramento dipende dal caso o dalla
volontà di terzi (es: se scoppierà la guerra); o potestativa se dipende dalla volontà di una
delle due parti; mista se dipende imparate dal caso o volontà di terzi in pare dalla volontà
di una delle due parti.

La condizione è meramente potestativa quando consiste in un comportamento della stesa


parte obbligata, che può tenero o meno a suo arbitrio.

Illiceità della condizione La condizione è lecita quando è contrari a norme imperativi,


all’ordine pubblico e al buon costume.

Nel caso di illiceità della condizione il codice non adotta una disciplina uniforme per tutti i
negozi.

La condizione impossibile è invece quella che consiste in un avvenimento irrealizzabile, o


dal punto i vista naturale, o dal punto di vista giuridico.

Si ha per non apposta nel testamento, nei contratti invece rende nullo il negozio se è
sospensiva, mentre si ha come non apposta se è risolutiva.

128
• Pendenza della sospensione
In un negozio condizionato si debbono distinguere 2 momenti:

- la fase di pendenza della condizione, in cui l’avvenimento non si è ancora verificato, ma


può ancora verificarsi;

- l’avveramento o la definitiva mancanza della condizione, in tal caso l’incertezza è


eliminata; l’avvenimento si è verificato o è certo che non si può più verificare.

Durante la pendenza della condizione sospensiva, il diritto che deriva dal negozio non è
ancora nato, ma vi è la possibilità che esso nasca.

Invece durante la pendenza della condizione risolutiva v’è la possibilità che il diritto stesso
sia perduto dal titolare.

Entrambe le parti hanno l’onere di comportarsi in buona fede,


quindi la condizione deve considerarsi come avverata se una della parti abbia, in mala
fede, ostacolato l’avverarsi del fatto condizionante.

Chi ha un diritto sottoposto a condizione sospensiva o risolutiva può anche disporne (cioè
chi ha acquistato una cosa sotto condizione sospensiva può venderla ad altri).

Il periodo di pendenza della condizione può essere temporalmente limitato dalle parti,
cioè se entro un certo termine non si verifica la condizione, la condizione stessa si
considererà definitivamente mancata.

• Avveramento della condizione


La condizione si dice avverata quando si veridica l’evento dedotto.

Quando la condizione sospensiva si è verificata, si producono tutte le conseguenze del


negozio, con effetto retroattivo al tempo in cui è stato concluso (efficacia originaria).
Se non si verifica non si producono le conseguenze del negozio (inefficacia originaria).

L’inverso avviene se la condizione è risolutiva: gli effetti del negozio si considerano


come mai verificati (inefficacia successiva).

Questa retroattività viene chiamata retroattività reale che significa che gli effetti del
negozio si considerano verificati o meno dal momento della conclusione anche di fronte ai
terzi.

C) IL TERMINE
Il termine consiste in un avvenimento futuro e certo, dal quale, termine iniziale, o fino al
quale, termine finale, debbono prodursi gli effetti del negozio.

Tuttavia può capitare che si certo il verificarsi di un avvenimento senza la possibilità di


sapere il momento in cui avvera (es: la morte). Si distingue perciò il termine determinato da
quello indeterminato.

Termine di scadenza o di adempimento: riguarda il momento in cui l’obbligazione deve


essere eseguita.

Anche nel termine si distinguono due momenti:

- la pendenza, durante la pendenza il diritto non può essere esercitato finché


l’avvenimento non si verifica (termine iniziale).
Al sopraggiungere del termine iniziale si verificano gli effetti del negozio, ma non
retroagiscono come nella condizione;

- la scadenza: al sopraggiungere del termine finale, cessano gli effetti del contratto.

129
D) IL MODO
Il modo (misura, limitazione) od onere (= peso) è una clausola accessoria che si appone ad
una liberalità allo scopo di limitarla, imponendo un determinato dovere di condotta, o di
astensione a carico del beneficiario della liberalità.

Può consistere in un obbligo di dare, di fare, o di non fare.

Il modo riduce gli effetti dell’attribuzione patrimoniale, ma non ne costituisce un


corrispettivo.

Il modo impossibile o illecito si ha per non apposto a meno che esso non risulti essere
l’unico motivo determinante.

Essendo il modo l fonte di un obbligo giuridico, l’adempimento può essere chiesto da


ogni interessato. L’inadempimento è causa di risoluzione (scioglimento) del negozio solo
quando sia essere previsto nell’atto.

LA MANCANZA DI VOLONTÀ E LA SIMULAZIONE (cap XXXVI)

Sorge un problema nel momento in cui una dichiarazione esteriorizza non corrisponda
all’effettiva volontà di produrre gli effetti giuridici di tale dichiarazione.

La riserva mentale consiste nel dichiarare intenzionalmente cosa diversa da ciò che si
vuole effettivamente, senza che, di solito l’altra parte possa scoprire la divergenza. Siccome
rochi riceve una dichiarazione non è tenuto a indagare sule reali intenzioni, il dichiarante
rimane vincolato alla sua dichiarazione.

• La simulazione

Si considera simulato un contratto quando le parti pongono in essere una dichiarazione


contrattuale, al fine di poterla innovare in fronte a terzi, ma sono d’accordo che gli effetti
previsti dall’atto simulato non sono voluti e non i devono manifestare. Le
parti convengono prima della stipulazione che non daranno esecuzione alle prestazioni del
contratto fittizio, pece appunto non sono dovute.

Ciò che caratterizza la simulazione è dunque l’accordo simulatorio, dunque l’intesa tra le
parti che il contatto stipulato sia puramente fittizio e finalizzato a produrre gli effetti a cui
sembra indirizzato, solo per far sorgere la situazione giuridica che dovrebbe sorgere per
effetto del contratto. Siamo dunque in presenza di finzione concordata tra le parti.

Dietro la simulazione vi sono spesso cause illecite o lesive nei confronti di terzi, ma talvolta
si verifica anche senza uno scopo fraudolento, ma solo a scopo di riservatezza. Lo scopo
per cui le parti ricorrono alla simulazione si chiama causa simulandi.
Simulazione assoluta: si ha quando le parti concordano che la situazione giuridica
preesistente rimane immutata cioè si decide che gli effetti del contratto ufficiale (simulato)
non si producono.

Simulazione relativa: si ha quando le parti concordano di voler modificare la situazione


giuridica preesistente attraverso un contratto dissimulato.

Quindi accanto al contratto simulato (accordo ufficiale) che non produce alcun effetto, vi è
un contratto segreto chiamato dissimulato che modifica la situazione giuridica
preesistente.

La simulazione relativa a sua volta si divide in:

- simulazione relativa oggettiva l’oggetto del contratto simulato è diverso dall’oggetto


del contratto dissimulato;

130
- simulazione relativa soggettiva, o interposizione fittizia, nella quale viene simulata
l’identità della parte contrattuale. Il contratto simulato viene concluso con un
prestanome, mentre il contratto dissimulato, che è che in realtà si vuole, intercorre tra
soggetti diversi.

Gli effetti della simulazione sono diversi a secondo che si consideri la situazione tra le
parti o rispetto ai terzi.
Nel caso di simulazione assoluta il negozio simulato non produce effetto tra le parti, stesso
discorso vale nel caso di simulazione relativa, in cui però può avere effetto il contratto
dissimulato, che deve però rispondere ai requisiti di forma e sostanza).

Diverso è il discorso per i terzi che abbiano acquistato diritti dal titolare apparente.

Per il principio dell’affidamento: se un terzo ha acquisito in buona fede diritti dal


proprietario apparente, nei confronti del terzo la simulazione non è opponibile.

I diritti acquisiti dal terzo in buona fede (cioè ammesso che egli non sapesse del contratto
simulato e ammesso che, usando la normale diligenza, non avrebbe comunque potuto
accorgersene) sono validi.

Spetta a chi vuole opporre la simulazione, l'onere di provare che il terzo acquirente sia
stato in mala fede.

(N.B. basta che la buona fede vi sia stata al momento dell’acquisto; la conoscenza della
simulazione in un momento successivo alla stipulazione del contratto non nuoce)

Giova inoltre evidenziare gli importanti effetti della pubblicità, nei casi in cui la domanda
giudiziale di simulazione, relativa a beni immobili, è soggetta a trascrizione.

In tali casi infatti, dal giorno in cui la domanda giudiziale viene trascritta nei pubblici registri
immobiliari, i terzi sono messi a conoscenza della pendenza gravante sul bene; ragion per
la quale, se essi non avranno provveduto a trascrivere l'atto d'acquisto prima della
trascrizione della suddetta domanda, la sentenza che dichiarerà la simulazione sarà
opponibile nei loro confronti.

• Effetti della simulazione nei confronti dei creditori


I creditori dell’apparente alienante hanno interesse a far accertare la simulazione che
pregiudica i loro diritti, e facendo prevalere la realtà sull’apparenza, agire sui beni dei quali il
loro debitore si è solo apparentemente spogliato.

I creditori dell’apparente acquirente, invece, hanno un interesse contrario, cioè hanno


interesse a non vedersi opposta la simulazione (praticamente vogliono che il bene
risulti nelle mani dell’apparente acquirente), in modo da poter sottoporre a esecuzione
forzata anche il bene apparentemente entrato a far parte del patrimonio dell’apparente
acquirente.

Nella risoluzione del conflitto la legge fa prevalere la realtà sull’apparenza.

Quindi la legge preferisce i creditori dell’apparente alienante ma soltanto se il loro credito è


anteriore all’atto simulato, in quanto i creditori facevano affidamento anche sul bene che
poi successivamente è uscito, ma solo apparentemente, dal patrimonio del loro debitore.

• La prova della simulazione


Dedurre in giudizio il carattere simulato di un atto implica l’allegazione di un patto contrario
al contenuto di un documento; chi agisce per l’accertamento della simulazione afferma
l’esistenza dell’accordo simulatorio, ossia il patto volto a negare o modificare gli effetti
del contrato documentato.

131
Nel caso in cui ad agire per l’accertamento della simulazione sia una delle parti egli dovrà:

- o produrre una controdichiarazione scritta;

- o dar prova della simulazione mediante un interrogatorio formale dell’altra parte;

- o far fare un giuramento decisorio dell’altra parte;

- non potrà avvalersi di testimoni o presunzioni.

Nel caso in cui ad agire siano i terzi, essi godono di un ampia libertà di prova, e possono
avvalersi anche dei testimoni e delle presunzioni.

• Negozio indiretto e negozio fiduciario. Il trust

Il negozio simulato va tenuto distinto da: negozio in frode alla legge o ai creditori; negozio
indiretto; negozio fiduciario.

Differenza tra simulazione e frode alla legge o ai creditori è che mentre nel negozio simulato
gli effetti negoziali non sono voluti, cioè si dichiara ufficialmente cosa diversa da quella
realmente voluta, nel contratto in frode gli effetti negoziali sono voluti.

Si ha il negozio indiretto quando un determinato effetto giuridico non viene realizzato


direttamente, ma viene conseguito attraverso la stipulazione di altri atti, diretti ad altri
effetti, ma che con la loro combinazione realizzano egualmente il risultato perseguito.

(es. voglio estinguere un debito: conferisco al mio creditore il mandato di riscuotere il


canone di locazione di un immobile, fin quando non avrà incassato quanto gli devo)

La differenza tra negozio indiretto e simulato è evidente: nel negozio indiretto tutti gli atti
posti in essere sono voluti dalle parti e producono i relativi effetti, mentre nel negozio
simulato le parti si accordano per escludere gli effetti dell’atto.

Il negozio fiduciario avviene quando un soggetto detto fiduciante trasferisce ( senza


corrispettivo) o fa trasferire da un terzo (pagandolo o mettendo a disposizione il denaro per
farlo) ad un fiduciario la titolarità del bene (mobile o immobile), ma con il patto che il
fiduciario utilizzerà e disporrà del bene secondo le istruzioni date dal fiduciante.

Pertanto il fiduciario è titolare del bene, ma non opererà nel proprio interesse ma
nell’interesse del fiduciante.

Il negozio fiduciario non è regolato dal cod. civ.

La differenza tra simulazione e negozio fiduciario è che il negozio fiduciario è reale in


quanto al fiduciario viene trasferita effettivamente la proprietà del bene ma con l’obbligo di
gestire il bene secondo le istruzioni del fiduciante.

Il trust è un istituto sorto nel diritto anglosassone ma che dal 1992 è stato riconosciuto
anche in Italia, in forza del quale il soggetto che costituisce il trust pone dei beni sotto il
controllo di un trustee (amministratore fiduciario) che amministra e gestisce questi
beni, secondo le disposizioni impartite dal costituente, nell’interesse di un terzo, il
beneficiario del trust.

I beni sottoposti alla gestione del trustee non fanno parte del patrimonio del trustee, ma
costituiscono un patrimonio separato, in modo che i creditori del trustee non possano
sequestrare i beni del trust.

INVALIDITÀ ED INEFFICACIA DEL CONTRATTO (cap XXXVII)

L’invalidità del contratto può assumere due configurazioni distinte tra loro: nullità e
annullabilità.

132
Il codice civile non contempla l’inesistenza, sebbene si parli talvolta in giurisprudenza di
negozi inesistenti. Ciò implica una deficienza talmente grave da impedire perfino
l’identificazione dell’atto compiuto come negozio di un certo tipo.

Un’importante distinzione è quella tra la validità ed efficacia. L’efficacia è la concreta


idoneità del negozio a produrre gli effetti ai quali è preordinato. Non necessariamente un
negozio efficace è anche valido, e viceversa. L’atto nullo è invece invalido ed inefficace.

L’inefficacia può essere originaria o successiva, la prima rispetto alle parti è sempre
transitoria, altrimenti non si distinguerebbe dalla nullità. L’inefficacia successiva può
dipendere dall’impugnativa di una delle parti o di terzi.

La cessazione degli effetti può anche derivare da appositi atti negoziali.

LA NULLITÀ
L’atto nullo è invalido e inefficace , cioè non è idoneo a produrre effetti. L’atto si dice nullo
quando, a prescindere dal vizio, non è idoneo a produrre effetti.

• Cause di nullità del contratto


Il cod. civ. (art. 1418) stabilisce quali sono le cause di nullità del contratto:

a. nullità testuale: cioè quando la legge descrive testualmente che una determinata
fattispecie è nulla. (es. l’art. 68 dice: è nullo il nuovo matrimonio, se il vecchio coniuge
dichiarato erroneamente morto presunto, ritorni);

b. nullità strutturale: cioè nel caso in cui manchino o siano viziati i requisiti essenziali
(accordo, causa, oggetto e forma); es: illiceità della causa, mancanza dei requisiti
dell’oggetto (oggetto possibile, lecito e determinabile)

c. nullità virtuale: cioè quando è contrario alle norme imperative (sono norme che non
possono essere derogate dalle parti).

Una categoria che va diffondendosi nella legislazione speciale è quella delle nullità di
protezione, in cui un contratto è qualificato nullo ai fini di tutela di una delle due parti.

• La nullità parziale e sostituzione di clausole

Il vizio che determina la nullità può investire l’intero negozio, nullità totale, o investire una o
più clausole dell’atto, nullità parziale. Il contratto però è nullo totalmente se risulta che i
contraenti non lo avrebbero stipulato in assenza della clausola colpita dalla nullità parziale.

Inoltre il contratto non è nullo ma continua a essere valido se le clausole nulle sono
sostituite automaticamente da clausole poste dalla legge.

• L’azione di nullità
Il negozio nullo non produce alcun effetto giuridico, ma questo non significa che non possa
essere materialmente eseguito.
Quando si vuole accertare se un contratto è nullo o meno si deve procedere con l’azione
di nullità. Caratteristiche dell’azione di nullità:

- L’azione di nullità non è soggetta a prescrizione pertanto può essere sempre richiesta

- Il negozio nullo è insanabile cioè non può essere convalidato cioè le parti non
possono confermare gli effetti rinunciando a far valere il vizio di nullità, a meno che la
legge non disponga diversamente;

- L’azione di nullità è un azione di mero accertamento in quanto la sentenza si limita ad


accertare che il negozio è nullo.

133
(il negozio era già nullo prima dell’accertamento giudiziale e tale rimane dopo la sentenza
che lo dichiara nullo);

- È legittimato attivamente a richiedere un azione giudiziale chiunque vi abbia interesse.


Quindi possono richiedere l’azione di nullità sia le parti che i terzi purché provino il loro
interesse (vantaggio) nell’accertamento che il negozio è nullo;

- La nullità di un atto può anche essere rilevata d’ufficio dal giudice, cioè se un negozio
viene invocato da una parte in giudizio, se ne può dichiarare la nullità anche in assenza di
domanda di una delle parti, e quindi il giudice provvede d’ufficio.

• La conversione del contratto nullo+


Il contratto nullo non può produrre gli effetti per i quali era posto in essere. Tuttavia la legge
ammette che il giudice può trasformare l’atto nullo in un negozio giuridico diverso che
produce alcuni effetti. (c.d. conversione)

Per attuare la conversione il giudice deve ritenere che le parti se fossero state a
conoscenza del vizio di nullità avrebbero sottoscritto quel contratto anche senza quel vizio
che lo rende nullo.

I requisiti al fine della conversione sono:

a. che sia stato stipulato un contratto nullo, non idoneo a produrre effetti tipici;

b. che nonostante il contratto sia nullo presenti i requisiti di sostanza e forma;

c. che al momento della stipulazione le parti non fossero consapevoli della nullità, e che
le parti se fossero state a conoscenza del vizio di nullità avrebbero sottoscritto quel
contratto anche senza quel vizio che lo rende nullo;

d. che il vizio che affetta il contratto non ne comporti l’illiceità.

Diversa dalla conversione è la rinnovazione, con cui le parti pongono in essere un nuovo
negozio, privo del vizio che dava luogo alla nullità di quello precedente. La conversione non
esige invece di una nuova manifestazione di volontà.

• Conseguenze della nullità


Il negozio giuridico nullo, di regola, non produce alcun effetto. Tuttavia questa regola può
essere derogata dal legislatore

(es. l’art. 2126 c.c: La nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per
il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall'illiceità
dell'oggetto o della causa.
Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro,
questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione.)

Inoltre questa regola può non è valida nei confronti di terzi. Cioè la nullità di un contratto
non è opponibile a terzi. (ad es. se nel contratto simulato il titolare apparente vende il
bene ad un terzo, questo atto è nullo. Però se il terzo ha acquistato in buona fede la nullità
non è opponibile al terzo che rimarrà proprietario del bene).

Se il negozio nullo sia stato eseguito si può pretendere la restituzione delle prestazioni
compiute attraverso l’azione di ripetizione.

L’azione di nullità è imprescrittibile, ma restano salvi gli effetti dell’usucapione e della


prescrizione dell’azione di ripetizione.

134
ANNULLABILITÀ
L’annullabilità costituisce un’anomalia di minore gravità rispetto alla nullità. Deriva in
genere dall’inosservanza delle regole che mirano a proteggere particolarmente uno dei due
soggetti.

Le cause generali di annullabilità del contrato previste dal cod. civ. sono:

a. l’incapacità, legale o naturate del contraente;

b. i vizi della volontà: errore, violenza, dolo.

Presenta i seguenti caratteri:

a. l’azione di annullamento, è costitutiva, non si limita a far accertare la situazione


giuridica esistente, ma mira a modificarla;

b. la legittimazione attiva a chiedere l’annullamento spetta solo alla parte nel cui
interesse l’invalidità è prevista dalla legge;

c. l’annullabilità di un atto non può essere rilevata d’ufficio;

d. l’azione di annullamento è soggetta a prescrizione, il termine è generalmente di cinque


ani, ma sono stabiliti diversi termini relativi a specifiche fattispecie.

e. L’eccezione dell’azione di annullamento può essere sempre chiesta, è


imprescrittibile, salvo che le prestazione non siano ancora state eseguite.
Questo perché la parte non legittimata a richiedere l’annullamento dell’atto potrebbe
far scadere i 5 anni prescrizionali per poi richiedere l’adempimento del negozio.
In questo caso l’incapace o la persona colpita da dolo, violenza o errore, può sempre
richiedere l’eccezione dell’azione di annullamento.
L’eccezione serve quindi per tutelare la persona che avrebbe potuto richiedere
l’annullamento dell’atto.

f. l’annullabilità e sanabile attraverso la convalida del negozio.

• Effetti dell’annullamento
Se l’azione di annullamento viene accolta dal giudice, l’annullamento ha effetto
retroattivo, cioè è come se il negozio non avesse prodotto alcun effetto giuridico.

Se è stata effettuata la prestazione e il giudice annulla quel contratto va restituita la


prestazione ricevuta (azione di ripetizione).

Se un incapace legale (interdetto o minorenne) vende un bene ad una persona, e questa la


rivende a terzi anche se in buona fede, può essere fatta valere l’annullabilità, cioè il primo
negozio annullabile travolge anche il secondo negozio anche se il terzo acquirente è in
buona fede.

Se invece il negozio è annullabile per causa di vizi della volontà, il terzo acquirente se in
buona fede e il negozio è a titolo oneroso, allora l’annullamento non può essere fatto valere
nei confronti dei terzi in quanto ignoravano l’esistenza del vizio.

• La convalida
Il negozio annullabile può essere sanato con la convalida. La convalida è un negozio con il
quale la parte legittimata a proporre l’azione di annullamento si preclude la possibilità di far
valere il vizio cioè conferma gli effetti rinunciando a far valere il vizio di annullabilità.

(Una volta convalidato non si può più chiedere l’annullabilità).


La convalida può essere espressa o tacita

135
LA RESCISSIONE E LA RISOLUZIONE DEL CONTRATTO (cap XXXVIII)

Il legislatore non si occupa di regola dell’equilibrio di scambio, che è invece rimesso alle
parti. Tuttavia la legge interviene con alcuni strumenti al fine dittela, come con l’azione di
rescissione. Tale azione interviene a tutela di una parte la cui decisione di stipulare un
contratto sia stata condizionata da particolari situazioni fino ad indurla ad accettare un
contratto economicamente pregiudizievole.

La rescissione del contatto può chiedessi in due ipotesi: perché e stato colluso in uno stato
di pericolo; per lesione.

Requisiti per la rescissione in condizioni di pericolo (art 1447 c.c.):

a. lo stato di pericolo che il contraente intende ovviare con la conclusione del contrato.
Deve essere una situazione di pericolo attuale di un danno grave alla persona, non è
sufficiente che il danno riguardi esclusivamente una cosa. Lo stato di pericolo deve
costituire il presupposto dello stato di necessità.

b. il fatto che lo stato di pericolo fosse noto alla controparte.

c. iniquità delle condizioni a cui il contraente ha dovuto soggiacere (es: richiesta di una
somma del denaro per effettuare il salvataggio).

Requisiti per la rescissione in per lesione (art 1448 c.c.):

a. (primo elemento oggettivo) la lesione, che consiste in una sproporzione tra la


prestazione di una parte e quella dell’altra. Una prestazione deve in tal caso risultare
superiore al doppio del valore della controprestazione.

b. (secondo elemento oggettivo) lo stato di bisogno della parte danneggiata, che non
significa una soluzione di assoluta indigenza ma anche una difficoltà economica
momentanea, consiste in una difficoltà di ordine economico.

c. (un elemento soggettivo) occorre che la parte avvantaggiata abbia approfittato dello
stato di bisogno in cui versava l’altra parte.

L’azione di rescissione non è soggetta a convalida; il contraente contro cui è proposta può
pero evitare l’azione di rescissione offrendo un aumento della prestazione o modificando
il contratto per ricondurlo ad equità.

La rescissione non ha efficacia retroattiva, non pregiudica i diritti acquisti da terzi, ed è


soggetta a prescrizione, in un anno dalla conclusione del contratto.

La nuova disciplina dell’usura ritiene illeciti contratti e pattuizioni volti a far conseguire ad
una delle parti vantaggi usurari, si parla di usura reale anche per un contratto a prestazioni
squilibrate.

La risoluzione del contratto, ossia lo scioglimento del vincolo contrattuale e la cessione


degli effetti da esso derivanti è prevista per anomalie funzionali, nello specifico: per
inadempimento, per impossibilità sopravvenute, per eccessiva onerosità.

La risoluzione per inadempimento è applicabile sono ai contratti a prestazioni


corrispettive (sinallagmatici). Di fronte all’inadempimento dell’altra parte il contraente può:

a. insistere per l’adempimento, chiedendo la manutenzione del contratto e quindi la


condanna della controparte ad eseguire la prestazione. Il contraente oltre
all’esecuzione prestazione ha diritto al risarcimento del danno provocato dal ritardo
della prestazione. Chi propone lezione di adempimenti ha comunque diritto di cambiare

136
idea e valutare la risoluzione del contratto, non si può invece dopo la risoluzione,
chieder l’adempimento.

b. agire per la risoluzione del contratto, facendo valere il suo diritto potestativo.
In tal caso il creditore non dovrà più adempiere la sua controprestazione o può
chiederne la restituzione nel caso avesse già eseguita, può inoltre rivolgersi ad altri per
ottenere la prestazione che era dovuta dalla controparte inadempiente e ricevere da
quest’ultima il risarcimento che sostituisce la sua mancata prestazione.
Dalla data della domanda di risoluzione, la parte inadempiente non può più rimediare
con una tardiva esecuzione della prestazione.
Il contraente ha il potere di rifiutare la prestazione tardiva anche prima di aver
intrapreso la domanda di risoluzione.

Per paterne la risoluzione occorre proporre una domanda giudiziale e spetterà al giudice in
caso di contestazione accertare se vi sia stato veramente l’inadempimento. Il giudice deve
inoltre valutare la gravità dell’inadempimento. Nel caso di inadempimento da entrambi
le parti la risoluzione, che non può essere pronunciata in favore di entrambe la parti, sarà
addebitata alla parte il cui comportamento risulti aver avuto un ruolo prevalente nell’alterare
i programma contrattuale.

La risoluzione ha effetto retroattivo, vengono rimossi anche gli effetti traslativi obbligatori
già prodottisi dato che le prestazioni già eseguite devono esser restituite. La retroattività
non opera in caso di contratti ad esecuzione continuata o periodica.

Nel caso in cui una parte prima della risoluzione della compravendita abbia venduto il bene
a terzi, la risoluzione non è opponibile ai terzi in quanto l’efficacia retroattiva vale solo tra
le parti.

• La risoluzione di diritto - La risoluzione del contratto può avvenire non solo per effetto
della sentenza pronunciata dal giudice, ma anche di diritto, in tre casi regolati dal codice.

1. Se c’è la clausola risolutiva espressa, cioè una clausola con la quale le parti
prevedono espressamente che il contratto sarà automaticamente risolto qualora una
determinata obbligazione non venga adempiuta.
Per avere l’effettiva risoluzione del contratto la parte non inadempiente deve
comunicare all’altra parte che intende avvalersene.

2. In caso di diffida ad adempiere, cioè una dichiarazione scritta con la quale la parte non
inadempiente intima l’altra parte di provvedere all’adempimento entro un termine
congruo (che non può essere inferiore a quindici giorni), con espressa avvertenza che
ove il termine fissato dovesse decorrere e non vi è stato adempimento, il contratto, a
partire da quel momento, si intenderà risolto di diritto.

3. Se è decorso il c.d. termine essenziale stabilito nel contratto cioè quel termine entro il
quale la prestazione deve essere adempiuta, altrimenti se la prestazione la si ha dopo il
termine essenziale, essa diventa inutile per il creditore.
In caso di inadempimento entro il termine essenziale, il contratto si considera
automaticamente risolto, e la parte non inadempiente non è tenuta fare alcuna
dichiarazione.
Nel caso in cui quest’ultima è disposta a mantenere in vita il contratto e ad accettare un
adempimento tardivo, può evitare la risoluzione dando notizia della sua decisione entro
3 gg dal dalla scadenza del termine essenziale.

• Eccezione di inadempimento - Nei contratti sinallagmatici esiste anche un altro rimedio


chiamato eccezione di inadempimento che consiste nella facoltà concessa ad un
contraente di rifiutare di eseguire l prestazione, se l’altra parte non adempie o non offre
contemporaneamente di adempiere a quanto da essa dovuto. Il rimedio si applica anche
nel caso in cui la prestazione sia stata adempiuta, ma in modo inesatto.

137
A tal fine occorre che il rifiuto sia conforme a buona fede.

L’eccezione di inadempimento è una forma di autotutela sinallagmatica.

La tutela delle parti del contratto sinallagmatico considera non solo l’adempimento ma
anche l’ipotesi del pericolo di inadempimento. Se però viene prestata idonea garanzia di
adempimento, cessa tale pericolo e non ha senso sospendere la prestazione anche parziale
della controparte.

Art 1461 c.c.: Ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione da lui
dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo
il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia.

Questa previsione va a tutela della parte che deve provvedere per prima alla prestazione, è
tuttavia difficile da attuare, poiché non è sempre agevole dare prova del peggioramento
delle condizioni economiche.

• La clausola solve et repete


La clausola solve et repete consiste nella rinuncia al diritto di opporre eccezioni.

Cioè una delle parti può assicurarsi, mediante questa clausola, l’adempimento della
prestazione dell’altra parte evitando che questa possa invocare eccezioni al fine di
ritardare o evitare la prestazione dovuta.

In altri termini, la parte a carico della quale sarà posta questa clausola sarà anzitutto
obbligata al pagamento di quanto dovuto (solve) e solo in un secondo momento potrà
opporsi, chiedendo la restituzione (ripetizione) di quanto già dato (repete).

Questa clausola non ha effetto per l'eccezione di annullabilità, nullità e rescissione del
contratto, quanto queste mettono in dubbio la validità e l’efficacia dell’intero negozio e
quindi anche della clausola medesima.

La risoluzione per impossibilità sopravvenuta


L’impossibilità sopravvenuta della prestazione estingue l’obbligazione: essa perciò libera
la parte che vi era tenuta. La risoluzione per impossibilità sopravvenuta avviene
quando una prestazione diventa impossibile.

Per capire se la prestazione di una parte deve essere comunque eseguita bisogna capire di
chi era la proprietà del bene nel momento in cui è avvenuta la sopravvenuta impossibilità.

Nei contratti corrispettivi fa venire meno il diritto alla controprestazione, da luogo alla
risoluzione di diritto.

Se la prestazione è divenuta parzialmente impossibile, il corrispettivo è commisurato a tale


parte e la risoluzione è parziale. Se la prestazione residuata non offre un interesse
apprezzabile per il creditore, egli può recedere dal contratto ( a cui non arreca utilità la casa
locata, se una buona parte è stata distrutta da un incendio).

Per quanto riguarda i contratti traslativi si ricorda che se oggetto del contratto è una cosa
determinata, la proprietà si trasferisce per effetto del semplice consenso; mentre il
trasferimento della proprietà di cose fungibili ha luogo con l’individuazione.

In generale se il perimento avviene dopo che la proprietà è passata nelle mani


dell’acquirente, è questo che deve sopportare il rischio, e pertanto è comunque tenuto a
corrispondere la controprestazione stabilita.

Il venditore è obbligato a consegnare il bene venduto, e risponde dell’eventuale


inadempimento di tale obbligazione, o nel caso in cui per sua negligenza lascia perire o
smarrire la merce che deve consegnare.

138
Il venditore non è responsabile invece nel caso in cui lui ha consegnato la merce al vettore,
ma durante il trasporto la merce è andata distrutta per un caso non prevedibile (incidente
del furgone).

Pertanto il venditore non solo non è responsabile della merce non arrivata a destinazione
ma ha anche il diritto di pretendere il pagamento del prezzo dal compratore, in quanto il
compratore era già proprietario nel momento in cui la merce è andata distrutta.
Poi eventualmente potrà agire contro il vettore per il risarcimento del danno arrecato al
compratore.

Tale criterio di ripartizione del rischio vale anche per il contratto sottoposto a termine.

Nei contratti plurilaterali l’impossibilità della prestazione dovuta da uno dei contraenti
comporta lo scioglimento del contratto solo relativamente a quest’ultimo.

La risoluzione per eccessiva onerosità


La risoluzione per eccessiva onerosità è un rimedio nel caso in cui fatti straordinari e
imprevedibili rendano la prestazione di una delle parti eccessivamente onerosa,
determinando un sacrificio sproporzionato di una parte a vantaggio dell’altra.

La si ha se:

- Si tratta di contratti ad esecuzione continuata o periodica;

- Si verifichi l’eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione di una delle parti;

- l’eccessiva onerosità dipende da avvenimenti straordinari e imprevedibili.

La risoluzione per eccessiva onerosità non si applica, come per la rescissione per lesione,
ai contratti aleatori.

Come per la rescissione del contratto, il contraente contro cui è proposta l’azione di
risoluzione per eccessiva onerosità può evitarla eliminando lo squilibrio, e quindi
riconducendolo ad equità.

Nei contratti in cui una sola delle parti ha assunto obbligazioni, l’eccessiva onerosità non da
luogo alla risolubilità, ma alla rivedibilità.

• la presupposizione

La presupposizione non è prevista dalla legge, ma è uno strumento laborato dalla dottrina
come rimedio agli sviluppi anomali che possano influire sull’assetto dei rapporti tra le parti
del contratto.

Ricorre in particolare quando da un’interpretazione secondo buona fede della volontà


negoziale risulta che le parti, pur non facendone menzione nel contratto, hanno pensato ad
una situazione di fatto attuale o futura come determinante per la conclusione del contratto.
(es: una parte s’impegna a pagare un balcone per una giornata, senza specificare che il fine
è quello di assistere ad un corteo o una manifestazione sportiva. Se però venisse annullata
la manifestazione?)
Se il presupposto non menzionato non si verifica l’accordo ne risulta condizionato e il
contratto è inefficace, ma non avendo disciplinato nel contratto tale eventualità non si può
stabilire la rilevanza da dare a tale situazione.

Da un lato vale il principio dell’irrilevanza dei motivi non dichiarati.


La giurisprudenza tende ad usare lo strumento della risoluzione.

139
I SINGOLI CONTRATTI
DAI CONTRATTI DEL CONSUMATORE AL DIRITTO DEL CONSUMATORE (cap XXXIX)

I contratti del consumatore non costituiscono un tipo contrattuale, tuttavia la legislazione


degli ultimi decenni ha sviluppato una disciplina ad essi applicabile.

Lo sviluppo della disciplina protettiva (diritto) del consumatore implica un’applicazione


“personale” del diritto privato, in quanto è applicabile in forza di specifici connotati
soggettivi delle parti.

Il materiale inerente al diritto dei consumatori è stato nel corso degli anni più volte oggetto
di modifiche, ed è oggi organizzato nel plesso normativo del codice di consumo.
Nelle disposizioni di esordio (art. 2) il codice enuncia i diritti fondamentali riconosciuti ai
consumatori, ossia il diritto:

a. alla tutela alla salute;

b. alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi

c. ad un’adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;

c-bis. al fatto che le pratiche commerciali siano esercitate secondo i principi di buona fede,
correttezza e lealtà;

d. all’educazione al consumo;

e. alla correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali;

f. alla promozione dell’associazionismo tra i consumatori ed utenti;

g. all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità ad efficienza.

In questo tipo di rapporti, una delle parti deve essere il consumatore o utente, ossia la
persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale,
artigianale o professionale eventualmente svolta, l’altra il professionista, è la persona fisica
o giuridica che agisce nell’esercizio della propria attività imprenditoriale, commerciale,
artigianale o professionale, ovvero un suo intermediario.

Il consumatore è necessariamente una persona fisica. Lo stesso soggetto può mutare veste
(da consumatore a professionista viceversa) a seconda dell’operazione posta in essere.

La definizione di professionista, contenta anche nelle fonti comunitarie non riguarda quella
di professionista intellettuale ( medico, avvocato, architetto…). il codice di consumo intende
il professionista sia come imprenditore (grande, piccolo, artigiano) che il professionista
intellettuale in senso stretto.

La disciplina in oggetto prevedi che le parti del contratto siano eterogenee, non si applica
nei contratti in cui nessuno dei due sia il professionista o lo siano entrambi.

Nel codice dl consumo è stata introdotta la figura della microimpresa a cui sono state
rese applicabili alcune delle previsioni dettate a tutela del consumatore. Le microimprese
sono entità, società o associazioni che esercitano un attività economica, anche a tutolo
individuare o familiare occupando meno di dieci persone, e realizzando un fatturato annuo
o un totale di lancio annuo non superiori a due milioni di euro.

L’educazione al consumatore è funzionale allo sviluppo di una maggiore


consapevolezza, da parte dei consumatori, ai loro diritti, alla promozione dei rapporti
associativi tra consumatori e alla loro partecipazione ai procedimenti amministrativi.
Tali attività destinate all’educazione non hanno finalità promozionale di specifici prodotti.

140
Esistono obblighi di informazione relativi a prodotti e servizi. Sono dovute informazioni ai
consumatori relativamente alla sicurezza, composizione e qualità, provenienza del prodotto
e devono essere fornite in modo chiaro e comprensibili. Vige il divieto di
commercializzazione per prodotti privi delle indicazioni indispensabili.

Il codice regola inoltre il modo in cui il professionista si avvicina al pubblico dei consumatori
disciplinano con norme la pubblicità altre comunicazioni commerciali, reprimendo la
pubblicità ingannevole. Questa serie di norme è inclusa all’interno della disciplina delle
pratiche commerciali, definite nell’art. 18 cod. cons.: qualsiasi azione, omissione, condotta
o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la
commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla
promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori.

La legge vieta le pratiche commerciali scorrette, ossia quelle contrarie alla diligenza
professionale e idonee a falsare il comportamento economico del consumatore medio. Sul
piano fenomenico le pratiche ingannevoli posso consistere in azioni o omissioni.

Un azione ingannevole può essere ad esempio trasmettere un informazione falsa, oppure


corrispondente al vero ma trasmessa in modo da trarre in errore il consumatore.
Un’omissione ingannevole consiste nella mancata trasmissione di informazioni rilevanti al
fine di permettere al consumatore di assumere una decisione consapevole.

Le pratiche aggressive mirano a condizionare il consumatore limitando la sua libertà di


scelta e inducendolo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe
altrimenti preso.

L’art 27 del cod. cons. attribuisce all’ Autorità garante della concorrenza e del mercato
c.d. Autorità Antitrust il potere di inibire la prosecuzione di pratiche scorrete, eliminarne gli
effetti e provvedere con sanzioni pecuniarie.

A tutela de consumatore, vi è la disciplina stessa del contratto e in particolare delle


clausole vessatorie. Si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede,
determinano a capo del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi
derivanti dal contratto. La legge non reprime lo “squilibrio” del valore delle prestazioni, ma
la grave disparità dei diritti e obblighi delle parti.

Tuttavia si distinguono clausole che sono temp ritenute vessatorie, e quelle che la legge
presume abbiano carattere vessatorio. Le seconde sono ingaggiar numero e sono elencate
al comma 3 dell’art. 33 del cod. cons. Spetta al professionista la chance provare l’effettivo
negoziato sulla clausola, smentendone il carattere vessatorio. Potrebbe vincere la
presunzione di vessatorietà anche nel caso in cui, valutando la clausola nel caso specifico,
questa non determini un significativo squilibrio di diritti e obblighi.

Per le clausole considerate invece sempre vessatorie, non è concessa la possibilità di


prova contraria e sono contenute nell’art.36, comma 2. Tale elenco viene definito “ black
list”. Tali clausole limitano la responsabilità del professionista in caso di morte o danno al
consumatore; limitano le azioni del consumatore in caso i inadempimento da parte del
professionista; rendono infine inefficaci nei confronti del consumatore le clausole
contrattuali da lui non conosciute prima della conclusione del contratto.

L’art 35. cod. cons. detta inoltre una regola ermeneutica: in caso di dubbio prevale
l’interpretazione a favore del consumatore.

Ai sensi dell’art. 36 le clausole vessatorie sono nulle, e si tratta di nullità di protezione, in


quanto posta a tutela di una sola parte. La nullità può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
Dopo aver sancito a nullità delle clausole vessatorie, il resto del contratto rimane efficace.

141
Esistono una serie di contratti elencati nell’art. 47 cod. cons. ai quali la disciplina
protettiva non si applica in ragione della tipologia o dell’oggetto del contratto (es:
contratti per servizi sciali, assistenza sanitaria, giochi d’azzardo), o delle circostanze o alla
modalità di stipulazione.

L’art 48 cod. cons prevede un obbligo di informazione precontrattuale relativa a:

a) le caratteristiche principali dei beni o servizi

b) l'identità del professionista

c) il prezzo totale dei beni o servizi comprensivo delle imposte o, se la natura dei beni o
dei servizi comporta l'impossibilità di calcolare ragionevolmente il prezzo in anticipo, le
modalità di calcolo del prezzo e, se applicabili, tutte le spese aggiuntive di spedizione,
consegna ecc

d) le modalità di pagamento, consegna ed esecuzione, la data entro la quale il


professionista si impegna a consegnare i beni o a prestare il servizio e il trattamento dei
reclami da parte del professionista;

e) oltre a un richiamo dell'esistenza della garanzia legale di conformità per i beni,


l'esistenza e le condizioni del servizio postvendita e delle garanzie commerciali, se
applicabili;

f) la durata del contratto.

Il mancato adempimento del dovere di informazione può accudire rilevanza anche


indirettamente ai fini del giudizio di vessatorietà con conseguente nullità delle clausole.

• I contratti negoziati fuori da locali commerciali


I contratti negoziati fuori dai locali commerciali comprendono tutti i casi in cui il negozio
vien perfezionato: in un qualsiasi luogo diverso dal locale commerciale del professionista, o
nel locale commerciale ma dopo che il cliente sia stato avvicinato personalmente in un
luogo diverso; in un escursione organizzata al di fuori de proprio locale commerciale allo
scopo di copiare una dimostrazione dei prodotti e sollecitarne l’acquisto.

I negozi a distanza sono quelli conclusi senza la presenza fisica e simultanea del
professionista e del consumatore, mediante l’uso di mezzi di comunicazione a distanza.

Il consumatore che abbia stipulato un contratto a distanza gode di un diritto di recesso


detto “di pentimento”, che gli consente di rimuover egli effetti del contratto alla radice, e
può essere esercitato senza dover fornire alcuna motivazione.

A seconda dei casi il recesso è esercitabile entro 14 giorni dalla conclusione del contratto o
dal conseguimento del possesso fisico del bene acquistato. Il recesso è tempestivamente
esercitato, se entro il termine legale, la comunicazione viene inviata in forma cartacea o
elettronica, o con altra modalità prevista. Se è validamente espiato le parti sono scelte dalle
relative obbligazioni.

Il consumatore restituisce i beni entro la data prevista, sostenendo il solo costo della
restituzione, almeno che non se ne faccia carico il professionista.
Il cod. cons. prevede una serie di contatti a distanza per cui non è esercitabile il diritto di
recesso.

Con le offerte di servizi della società dell’informazione si intendono le attività


economiche svolte online e qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a
distanza, per via elettronica, a richiesta individuale di un destinatario di servizi.

142
• Singoli contratti del consumatore: multiproprietà e prestazione di servizi turistici

La legge dedica apposita attenzione ai contratti relativi all’acquisto di diritti di godimento


ripartito su tali immobili, multiproprietà, e ai contratti relativi a prodotti per le vacanze a
lungo termine, denominata dal codice del consumo come codice del turismo. vengono in
particolari disciplinati gli obblighi di informazione rivolti ali operatori, il contenuto del
contratto e gli obblighi del venditore, il diritto di recesso a favore del consumatore, gli
obblighi di garanzia a carico del venditore e vietando la previsione di pagamento di acconti.

• Il credito al consumo - È nell’interesse dei produttori sospingere i potenziali acquirenti


all’acquisto di beni anche per mezzo di facilitazioni di pagamento, nella forma di dilazione
rateizzazione. È a tal fine necessaria una tutela sociale al fine di evitare un
sovraindebitamento dei consumatori e per assicurare l’adeguata percezione degli oneri
finanziari da parte del consumatore relativa alle varie operazioni finanziarie.

Per credito al consumo si intende qualsiasi forma di credito concesso sotto forma di
finanziamento o di dilazione di pagamento a favore di un consumatore, con una serie di
esclusioni, tra cui le operazioni di valore inferiore a €200 o superiore a € 75.000 e quelle
volte a finanziare l’acquisto di beni immobili.

Anche in tal caso sussistono una serie di obblighi di informazione, i quali devono
permettere al consumatore di poter effettuare un confronto tra le offerte del mercato,
maturando una decisione consapevole.
Prima della conclusione del contratto l’imprenditore deve valutare il merito creditizio del
consumatore, ossia la sua capacità di adempiere le obbligazioni che va assumendo.

Il contrato deve avere la forma scritta ad substantiam. Al consumatore è garantita la facoltà


di rendere entro 14 giorni dalla stipulazione.

Un collegamento contrattuale si instaura quando il finanziamento sia volto a mettere a


disposizione i mezzi per l’acquisto di uno specifico bene o servizio.
In caso di inadempimento da parte del fornitore, il consumatore dopo aver inutilmente
effettuato la costituzione indora del fornitore, ha dirotto alla risoluzione del contratto, se
rincorrono i requisiti previsti dalla legge. (art 1455 c.c.).

• Tutele speciali Per agevolare il consumatore nei rapporti con il professionista la legge
prevede che il giudice competente sia quello del logo di residenza del consumatore al
momento proposizione della domanda.
Tuttavia si riconosce che gli strumenti giurisdizionali civili offro, nel caso della tutela del
mercato del pubblico dei consumatori, una forma di tutela limitata, inefficace.

Per potenziare quindi la tutela prevista dal cod. con. può essere chiesto al giudice di inibire
al professionista o associazione di professionisti l’impiego di alcune clausole.
L’inibizione di tali clausole ne comporta il conseguente divieto di utilizzo in altri contratti,
poiché vengono riconosciute come vessatorie.

L’inibitoria previene la prosecuzione di una condotta illecita, ma non interviene laddove essa
abbia già operato ed arrecato un danno. A tal fine interviene l’articolo 140-bis cod. cons. a
regolare l’azione collettiva risarcitoria, ispirata al modello anglosassone della class action.

Attraverso l’azione di classe si chiede al tribunale l’accertamento delle responsabilità


dell’imprenditore e la condanna al risarcimento o alle restituzione conseguenti.

CONTRATTI TICPICI E ATIPICI (cap XL)

I contratti tipici sono quelli che per la loro maggiore importanza o frequenza sono stati
specificamente regolati dal legislatore. È raramente concessa alle arti anche la facoltà di
stipulare contratti atipici.

143
LA COMPRAVENDITA (cap XLI)

La compravendita è un contratto di grade rilevanza sociale, a cui qualsiasi persona fa


continuamente ricorso procurarsi la disponibilità di beni di cui ha bisogno.
È il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o un diritto,
verso il corrispettivo di un prezzo che l’elemento essenziale della vendita e consiste in un
corrispettivo in denaro.

Il fatto che il corrispettivo sia in denaro distingue la vendita dalla permuta. Il prezzo deve
essere determinato o determinabile, il contratto è altrimenti nullo.

L’operazione di vendita può essere attuata:

a. dal produttore, che colloca la propria produzione sul mercato direttamente presso i
consumatori e rivenditori

b. da un intermediario della circolazione dei beni, il quale può esercitare direttamente il


commercio nei confronti del pubblico o mediante altri rivenditori

c. da un venditore non professionale che aliena un determinato cespite, in maniera


occasionale, di solito in merito a beni già “usati”.

La vendita è un contratto consensuale, non viene perfezionato dalla consegna della cosa,
ma quella rientra nell’obbligazione del venditore. Può avere ad oggetto anche realtà
complesse come un’eredità o una quota di eredità.

È già nota la distinzione tra contratti ad effetti reali e contratti ad effetti obbligatori. Le figure
più importanti di vendita obbligatoria sono:

a. la vendita di cose generiche, merce identificata per genere e quantità, ma non ancora
specificata (benzina, stoffa, grano), è necessario quindi indicare gli specifici pezzi o
masse di unità che si intendono consegnare e trasferire;

b. la vendita alterativa in cui il trasferimento si verifica solo dopo aver scelto tra due o più
cose dedotte in obbligazione;

c. la vendita di cosa futura, è necessario per che la cosa sia venuta ad esistenza, ad
eccezione delle specifiche norme riguardo la vendita avente ad oggetto immobili da
costruire;

d. la vendita di cosa altrui, non è né nulla né annullabile.


Non è possibile il trasferimento immediato, poiché sorge prima l’obbligazione a carico
del venditore di acquistare la proprietà dal proprietario e trasmetterla al compratore.
La giurisprudenza ammette comunque che per l’adempimento il venditore induca
direttamente il proprietario a trasferire la proprietà al compratore.
Nel caso in cui il compratore venga ex post a conoscenza dell’altruità della proprietà, se
questa non gli è stata ancora trasferita dal venditore, può chiedere la risoluzione del
contratto, il risarcimento del danno, restituzioni e rimborsi.

• Forma e pubblicità della vendita


La vendita di beni immobili è soggetta a trascrizione, ciò avviene anche per alcuni beni
mobili e per la vendita immobiliare.
Al fine di tutelare il cliente dal rischio che dal momento della compravendita a quello della
trascrizione venga iscritto un gravame dal venditore tale da compromettere l’acquisto, il
notaio è tenuto a depositare il prezzo su apposito conto vincolato. Il conto corrente su cui il
noto versa la somma costituisce un patrimonio separato.

144
• Obbligazioni del venditore
Le obbligazioni principali del venditore sono per l’art 1476 c.c:

il trasferimento della proprietà, che nel caso di contratto ad effetti reali avviene
immediatamente;

la consegna della cosa al compratore. La consegna della cosa costituisce l’atto che pone il
compratore di disporre materialmente della cosa ormai diventata sua. Deve avvenire nel
tempo e nel luogo fissati nel contratto. In mancanza di un termine deve avvenir in
concomitanza col trasferimento del diritto.

• Garanzia per evizione

La legge attribuisce al compratore una particolare tutela per il caso in cui venga privato del
godimento del bene acquistato o ne subisca una limitazione, per effetto di diritti che terzi
facciano valere sulla res.

A) Evizione totale. Il termine evizione allude alla situazione che il compratore sia rimasto
soccombente nel giudizio posto contro di lui dal terzo che abbia rivendicato la proprietà
del bene.
Il compratore chiamato in giudizio ha in tal caso l’onere di chiamare in giudizio anche
il venditore, poiché questo potrebbe essere utile aporie che l’azione del terzo è
infondata.

Il compratore perde la garanzia sulla proprietà se rimane soccombente non chiama in


causa il venditore, o se riconosce spontaneamente il diritto affermato dal terzo.

Il compratore che abbia ragione di temere che la cosa possa essere rivendicata da terzi, pò
sospendere il pagamento, a meno che non gli fosse già noto al momento della vendita.
Se ignorava l’altruità della cosa il compratore ha diritto al risarcimento del danno e la
restituzione del prezzo.

L’evizione costituisce un effetto natural del negozio, opera senza necessità di una
specifica pattuizione. e posta nell’interesse del compratore questo può apporre
modificazioni convenzionali della garanzia rinunciandovi o pattuendo che ne derivino
effetti più gravi. Il compratore evitto che abbia rinunciato alla garanzia ha diritto alla
restituzione del prezzo e al rimborso ma non al risarcimento del danno. In caso di un
esclusione più radicale della garanzia, no ha nemmeno diritto alla restituzione e rimborso.

B) Evizione parziale. In caso l’evizione sia solo parziale, il compratore ha diritto alla
risoluzione del contratto o può ottenere una riduzione del prezzo, ottenendo comunque il
risarcimento del danno nel caso ignorare l’altruità parziale della cosa.

C) Cosa gratta da oneri o diritti di godimento di terzi. Il compratore può in tal caso
domandare la risoluzione del contratto, nell’ipotesi che non avrebbe acquistato la cosa se
ne fosse stato a conoscenza, oppure una riduzione del presso oltre che il risarcimento dei
danni.
• La garanzia per vizi
Il venditore è tenuto all garanzia quando i vizi siano tali o da rendere il bene inidoneo
all’uso cui è destinato, o da diminuirne in modo apprezzabile il valore.

Non è invece dovuta se al momento del contratto di vendita di cosa specifica, il compratore
era già a conoscenza dei vizi della cosa.

Il termine di decadenza per il compratore che intende far valere la garanzia per vizi
apparenti è di entro otto giorni dalla consegna nel caso di vizi apparenti, oppure dal
momento dalla scoperta nel caso di vizi occulti.

145
La denuncia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizio o l’ha
occultato.

Nei requisiti indicati il compratore ha diritto a sua scelta di chiedere la risoluzione del
contratto (che implica la restituzione della cosa)con restituzione del prezzo pagato (salvo
che per contratti che escludano la possibilità di risoluzione), o la riduzione del prezzo, con
annesso risarcimento del danno nel caso in cui il compratore fosse a conoscenza del vizio.
L’azione del compratore è soggetta a prescrizione il cui termine di un anno decorre dal
momento della consegna.

L’onere di provare l’esistenza dei vizi lamentati ricade sul compratore.

Nel caso in cui invece la cosa venduta non abbia le qualità promesse il compratore ha
diritto alla risoluzione del contratto.

La garanzia può essere accresciuta mediante specifici patti inserii nel contratto. Un tipo
particolare di garanzia relativa alla vendita mobiliare è la garanzia di buon funzionamento.
In tal caso il compratore deve denunciare il malfunzionamento entro trenta giorni dalla
scoperta, come termine di decadenza.

Un ulteriore tipo di tutela che si distingue da quale sopracitate è l’aliud pro alio, che
riguarda la consegna di untene radicalmente diverso da quello previsto nel contratto.

• Le obbligazioni del compratore


L’obbligazione principale del compratore consiste nel pagare il prezzo pattuito entro il
termine e nel luogo stabiliti, e in mancanza di ciò al luogo e al momento della consegna.
In caso di mancato pagamento all’atto, deve avvenire presso il domicilio del venditore.

Nel caso non sia stato stabilito vi sono delle apposite regole per la determinazione legale
del prezzo.
Se ad oggetto della vendita vi sono cose che il venditore vende abitualmente si presume
che le parti si riferiscano al prezzo normalmente praticato dal venditore. Se si tratta di cose
aventi un prezzo di borsa, o indicato su specifici listini, si presume che le parti si riferivano a
tali parametri.

In alternativa le parti possono demandare ad un terzo la determinazione del prezzo.

• La vendita con patto di riscatto


La vendita con riscatto è una vendita sottoposta a condizione risolutiva: il venditore si
riserva il diritto di riavere la proprietà della cosa venduta mediante la restituzione del prezzo
e i rimborsi stabiliti dalla legge.

Gli effetti della vendita vengono eliminati se il venditore dichiara di voler riscattare la cosa
vendita e restituisce il prezzo e le spese sostenute per la vendita. La condizione ha dunque
effetto retroattivo e il riscatto ha effetto sui subacquirenti, che sono tenuti a lasciare la
cosa.

L’esercizio di tre riscatto è sottoposto al termine di decadenza di due anni per i beni
mobili, cinque per i beni immobili. Il termine è inderogabile e improponibile.

I patto di rivendita invece obbliga l compratore alla stipulazione di un nuovo contratto di


vendita, ( nel quale chi compra si obbliga a rivendere al venditore ).

Invece con la clausola in diem addictio, la vendita resta caducata (perde di efficacia) se
entro un certo periodo il venditore trova a vedere la cosa a condizioni migliori ad un altro
acquirente.

146
• Vendita di cose mobili
La vendita di cose mobili è il caso più frequente i compravendita.

Se la cosa venduta deve essere trasportata, il venditore si libera consegnando le cose al


vettore; la merce viaggia “ a rischio e pericolo” del compratore, il quale si deve fare carico
dei costi del trasporto, salvo patti/usi contrari.
Esistono delle clausole volte a regolare la distribuzione di rischi e costi, ad esempio nella
clausola cif (cost, insurrance, freight) all’interno del prezzo della merce sono comprese le
spese per il caricamento e per il trasporto.

Se il compratore non si presenta per ricevere la cosa venduta, il venditore la può


depositare in un publico deposito, a spese del compratore.

Se il compratore non paga, il venditore può far rivendere la cosa per conto e a spese del
compratore per mezzo dell’ufficiale giudiziario e ha diritto al risarcimento del danno.

Se il venditore inadempie, il compratore ha il potere di far acquistare la cosa a spese del


venditore per mezzo di un commissario, ha diritto al maggior costo sostenuto al
risarcimento.

Se una delle due parti offre la prestazione, e l’altra non accetta, il contratto prosegue di
diritto. La parte non inadempiente può avvalersi entro 8 giorni della risoluzione, se lo
dichiara, sennò si procede con le regole generali sulla risoluzione del contratto.

Esistono figure particolari di vendita:

a. vendita con riserva di gradimento: il contratto si perfezione cono quando il


compratore comunica al venditore, che è vincolato, che la cosa è di suo gradimento;

b. vendita a prova; è una vendita a condizione sospensiva che la cosa abbia le qualità
pattuite o sia idonea all’uso a cui è destinata;

c. vendita su campione: è una vendita perfetta ma può essere risolta se la fece è difforme
dal campione;

d. vendita su documenti: attribuisce a chi li possiede il diritto ad ottenere la consegna dal


detentore e il potere di alienarle terzi.

e. vendita a termine di titoli di credito

• Vendita di beni di consumo


Per beni di consumo si intende qualsiasi bene mobile, anche da assembrare, ad esclusione
di quelli oggetto di vendita forzata (acqua, gas, energia elettrica).

Il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore un bene conforme a quello stabilito


nel contratto.

La garanzia sull’acquisto non opera quando il compratore era a conoscenza del difetto o
poteva concerto impiegando l’ordinari diligenza.

Il compratore ha la facoltà di chiedere la riparazione o sostituzione del bene. Il venditore


non è tento a tali interventi quando ciò comporti spese irragionevoli.

I rimedi quali la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo, nel caso di beni di
consumo, possono essere attivati solo in via subordinata alla riparazione.

Il termine di decadenza per la denuncia dei vizi, nel caso dei beni di consumo è di due
mesi. La denuncia non è necessaria se il venditore riconosce di aver occultato un difetto di

147
conformità. Il termine di prescrizione è in tal caso di ventisei mesi, e l’eccezione è
imprescrittibile se il vizio sia stato tempestivamente denunciato.

Le parti possono aggiungere alla tutela minima è inderogabile assicurata dalla legge, un
aggiuntiva garanzia convenzionale.

Il professionista è obbligato a consegnare la merce entro e non oltre trenta giorni dalla
conclusione del contratto. Im caso di inadempimento il consumatore può invitarlo ad
effettuare la consegna in un termine superiore, dopodiché è legittimato a risolvere il
contratto e chiedere il risarcimento.

• La vendita con riserva di beni


Nella vendita a rate, le parti stabiliscono che il prezzo debba essere pagato frazionatamene
entro un certo tempo, e che la proprietà passi al compratore solo al pagamento dell’ultima
rata.

Gli effetti della vendita si verificano immediatamente alla conclusione del contratto.

Chi compra a rate non può alienare il bene fin quando non ne abbia acquistato la proprietà,
ma se il terzo la acquista in buona fede l’alienazione avviene.

Per l’opponibilità della riserva di proprietà ai creatori del compratore, che intendessero
espropriare la cosa acquistata a rate, il patto relativo deve risultare da atto scritto avente
data certa anteriore al pignoramento.

Al fine di tutelare il compratore da patti vessatori, la legge ha stabilito che il mancato


pagamento di una rata comporta la risoluzione solo se tale rata supera l’ottava parte del
prezzo.

La vendita con riserva di proprietà è una vendita a credito, garantita dalla proprietà del
bene, se questo non viene pagato, il venditore può recuperare il bene del quale ha
conservato la proprietà.

• Vendita immobiliare
È già noto che la vendita di immobili deve farsi per iscritto ed è soggetta a trascrizione.

A seconda della determinazione del prezzo si distingue la vendita a misura, in cui il prezzo
è stabilito in proporzione delle unità di misura, e la vendita a corpo, in cui l’immobile è
venduto per un pezzo globale.

È stata introdotta nel 1985 una legge di nullità per violazione di norme urbanistiche, volta
a consentire una sanatoria degli abusi edilizi commise in passato, ed impedirne in futuro.

La legge ha previsto che gli atti inter vivos aventi ad oggetto diritti reali riguardanti edifici la
cui costruzione sia iniziata dopo l’entrata in vigore della legge sono nulli. È stato chiarito
che il contratto è pero valido ove nell’atto di compravendita sia presente la dichiarazione
dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico riferibile all’immobile.

CONTRATTI DI SCAMBIO CHE REALIZZANO UN DO UT DES (cap ZLII)

• La permuta
La permuta si distingue dalla vendita perché ha ad oggetto il reciproco trasferimento della
proprietà di cose o titolarità di diritti, salvo l’intervento di eventuali conguagli in denaro.
Tranne regole particolari in tema di evizione e di spese, per la permuta sono richiamate le
norme stabilite per la vendita.

148
• Il riporto

Con il riporto una persona, detto riportato, trasferisce all’altro contraente, il riportatore, la
propria di una data quantità di titoli di credito di massa contro il contestuale pagamento di
un prezzo;

il riportare si obbliga a ritrasferire al riportato, entro il termine previsto, la proprietà di


altrettanti titoli della stesa specie, contro il rimborso del credito, che può essere maggiore o
minore di quello ricevuto a suo tempo.

È un contratto reale, si perfeziona con la consegna dei titoli.

Il contratto di riporto viene utilizzato sia nella pratica bancaria sia nella pratica di borsa.Nel
primo caso, si parla di riporto di banca, o finanziario.Il contratto ha funzioni
prevalentemente creditizie, nel senso che la banca lo stipula per concedere un
finanziamento alla sua clientela.L’operazione prende il nome di riporto attivo e vede la
banca in veste di riportatrice, oppure per crearsi una forma supplementare di provvista,
riporto passivo, con la banca in veste di riportata.

• Il contratto estimatorio
Con questo tipo di contrattura parte, il tradens, consegna una o più cose mobili all’altra,
accipiens, che si obbliga a pagarne il prezzo, con la facoltà però di liberarsi di tale
obbligazione restituendo nel termine stabilito le res ricevute.

L’edicolante ad esempio, restituisce a fine giornata all’editore le copie invendute.

La funzione del contratto consiste nell’attribuire all’accipiens un potere di disposizione


della cosa. L’obbligo del pagamento è condizionato al fatto che quest’ultimo preferisca non
avvalersi entro il termine pattuito, della facoltà di restituire la cosa ricevuta.

Il trasferimento della proprietà avviene al momento del pagamento del prezzo. Prima di tale
momento, i creditori dell’accipiens non possono eventualmente sottoporla a pignoramento
o sequestro.

La scelta dell’accipiens tra pagamento e restituzione non da luogo ad un’obbligazione,


poiché questa corrisponde al prezzo, mentre la restituzione è un’opzione facoltativa.

• La somministrazione
La somministrazione o fornitura soddisfa bisogni di carattere continuativo di beni
(es: fornitura del pane ad altri rivenditori o ristoranti). È il contratto con cui una parte si
obbliga, verso il corrispettivo di un pezzo, ad eseguire a favore dell’altra prestazioni
periodiche o continuative di cose.

Dunque la prestazione consiste in un dare. Si distingue ad esempio dall’appalto, la cui


prestazione consiste in un facere. Si avvicina invece alla vendita obbligatoria, poiché non
produce l’effetto di trasferimento immediato del bene, ma obbliga ad eseguire prestazioni
periodiche o continuative.

Da quindi luogo ad una pluralità di prestazioni, tra loro distinte. La somministrazione è un


contratto di durata.

Il contratto ha una causa unica, perciò l’inadempimento di una delle prestazioni può avere
influenza su tutto il contratto. Una parte può chiedere la risoluzione del contratto solo se
l’adempimento di una prestazione sia tale da menomare la fiducia nei successivi
adempimenti.

In caso di inadempimento di lieve entità, che non giustifichi la risoluzione, il somministrante


può sospendere il contratto, dando congruo preavviso.

149
Vi sono varie clausole accessorie come il patto di preferenza, con il quale l’avente diritto
alla prestazione si obbliga a dare preferenza al somministrante con cui stipula il contratto,
nella stipulazione di un successivo contratto conto stesso oggetto, a parità di condizioni.

Atra clausola è il patto di esclusiva, che può essere patito a favore del somministrante o
del somministrato.

CONTRATTI DI SCAMBIO CHE REALIZZANO UN DO UT FACIAS (cap XLIII)

• Locazione ed affitto
Art. 1571 c.c.:La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all'altra
una cosa mobile o immobile per un dato tempo verso un determinato corrispettivo.

Si distinguono:

a. la locazione di beni mobili, in particolare beni mobili registrati, (automobili, navi…), da


non confondere col noleggio, in cui il bene non è direttamente utilizzato dal conduttore,
ma rimane nella disponibile e responsabilità del concedente;

b. la locazione di beni immobili urbani;

c. la locazione di immobili non urbani (es: fabbricati rurali)

d. la locazione di beni produttivi ( fondi rustici, aziende, alberghi…)

Per il codice civile il contratto locazione:

a. può essere a tempo determinato o senza locazione di tempo (nel secondo caso è la
legge a stabilire dei limiti in relazione all’oggetto di locazione);

b. il locatore ha l’obbligo di consegnare e mantenere la cosa in stato da servire all’uso


convenuto, provvedendo alle riparazioni, eccetto quelle di piccola manutenzione ce
sono a carico del conduttore; in caso di vizi che ostacolino il godimento, il conduttore
ha diritto a risolvere l contratto o chiedere una riduzione del canone;

c. il conduttore ha l’obbligo di servirsi della cosa secondo l’uso pattuito e con la


diligenza del buon padre di famiglia, e deve restituire la cosa nello stato in cui l’ha
ricevuta; non ha diritto ad indennità per aver apportato eventuali migliorie, almeno che
non le abbia apportate con il consenso del locatore;

d. l’alienazione del bene locato non determina lo scioglimento del contratto, purché la
locazione abbia data anteriore al trasferimento;

e. salvo patto contrario il conduttore ha la facoltà di sublocare il bene, tutto o in parte,


ma non può cedere il contratto senza il consenso del locatore;

f. se la locazione è pattuita per un tempo determinato, il rapporto cessa


automaticamente con lo spirare del termine. La locazione si da tuttavia per rinnovata se
allo scadere del termine il conduttore è lasciato nella detenzione della cosa locata;

Ciascuna delle parti, con congruo preavviso, può dare disdetta prima della cadenza del
termine, altrimenti il contratto i rinova tacitamente.

Nell’affitto, la cosa locata è una res produttiva (mobile o immobile). L’affittuario deve
curarne la gestione, rispettandone la distinzione economica, e gli spettano i frutti e le altre
utilità della cosa. Il locatore può chiedere la risoluzione del contratto se l’affittuario non
rispetta le regole o muta la destinazione economica. L’affittuario può prendere iniziative atte
a produrre più reddito, purché non comportino obblighi per il locatore.

150
• La locazione di immobili urbani
La locazione di immobili urbani è stato oggetto di continui interventi di leggi speciali, nella
preoccupazione di proteggere i consumatori. La nuova disciplina distingue tra contratti
“liberi” e contratti “tipo”.

Per i contratti liberi la determinazione del canone e della relativa dinamica nel tempo
(aumenti periodici) è lasciata ala libera negoziazione delle parti. È prevista una durata
minima quadriennale dl contratto, con previsione vincolante di un rinnovo alla prima
scadenza.

I contratti tipo sono anche detti “a canone concentrato”. Le parti aderiscono,


beneficiando di sgravi fiscali, ad un contratto le cui condizioni sono fissate mediante
accordi stipulati in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le
organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative, su base di indicazioni fornite
da una convenzione nazionale.

Per tali contratti è richiesta la forma scritta ad substantiam.

Vigono alcuni divieti come quello per il conduttore di non poter sublocare il bene, e diritti
come quello di recedere per gravi motivi con almeno sei mesi di preavviso.

Per le locazioni di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione i principi più
importanti sono:

a. la durata di locazione di immobili adibiti ad attività industriali, commerciali. artigianali,


turistiche non può essere inferiore a sei anni, nove anni nel caso dell’attività
alberghiera, almeno che on si tratti d attività per loro natura di carattere transitorio;

b. ove il locatore lo conceda, il conduttore può recedere prima della scadenza del
contratto per gravi motivi;

c. il contratto si rinnova tacitamente alla sua scadenza per un ulteriore identico periodo,
almeno che i conduttore non dia tempestivamente disdetta prima della scadenza;

d. il conduttore può sia sublocare che cedere il contratto di locazione a terzi senza il
consenso del locatore, purché con esso venga ceduta insieme o locata l’azienda;

e. Il canone iniziale può essere liberamente determinato dalle parti, ma la disponibilità


degli aumenti è regolata e limitata dalla legge;

f. in caso di cessazione non dovuta ad adempimento o recessone del conduttore, a


questo è dovuta un identità per la perdita dell’avviamento commerciale;

g. In caso in cui il locatore tenda vendere l’immobile locato conduttore ha diritto di


prelazione;
h. è nulla ogni pattuizione volta a limitare la durata legale del contratto o attribuire un
canone maggiore rispetto a quello risultante dall’applicazione.

È previsto per i soli contratti di locazione ad uso non abitativo, per i quali sia patito un
canone anno superiore a € 250.000,00, che i termini e le condizioni possano essere stabiliti
in deroga rispetto alle disposizioni predisposte.

151
• Il leasing e il rent to buy

Il leasing o locazione finanziaria è un operazione finanziaria, derivata dall’esperienza


anglosassone, in cui l’utilizzatore, avendo bisogno di un bene, anziché chiedere il
prestito di denaro necessario all’acquisto, si rivolge ad un intermediario finanziario
chiedendogli di acquistare il bene dal fornitore, su scelta e indicazione dell’utilizzatore, per
poi concedere all’utilizzatore stesso il godimento temporaneo contro il pagamento di un
canone.
Dal contratto i leasing si tiene distinto quello con cui il cedete compra il bene dal fornitore.
L’utilizzatore si assume ogni rischio di perimento o cattivo funzionamento del bene.

Alla scadenza del contratto l’utilizzatore può decidere di acquistare il bene, pagando un
prezzo residuo finale, può altrimenti procedere alla restituzione, o prorogare il contratto e
continuare a pagare il canone. Si distinguono varie tipologie di leasing.

Nel leasing operativo, il contratto è bilaterale ed intercorre tra produttore ed utilizzatore;


il leasing finanziario è contratto trilaterale tra produttore, utilizzatore e finanziatore.

Si distingue inoltre tra leasing di godimento e leasing traslativo a seconda che


l’utilizzatore preveda di usare il bene semplicemente per un periodo o sia interessato
all’acquisto al termine del periodo di utilizzazione.

Solitamente il leasing di godimento ricorre quando il bene è soggetto a rapida


obsolescenza e l’utilizzatore tende ad esaurire il suo interesse verso di esso. L’utilizzatore
non ha dunque interesse ad acquistare il bene , ed il contratto è paragonabile alla
locazione.

La situazione è opposta nel caso di leasing traslativo, e si scorge in esso più che la causa di
locazione, quella di vendita.

Viene considerato un grave inadempimento, idoneo a provocare la risoluzione del


contratto, il mancato pagamento di almeno sei canoni mensili o due trimestrali, anche non
consecutivi, nel caso di leasing operativo, mentre per i leasing finanziari il mancato
pagamento di quattro canoni mensili anche non consecutivi.

La Suprema Corte ha distinto due casi in cui interviene la tutela verso l’utilizzatore.
Nel caso di vizi che rendano l’oggetto del leasing inidoneo all’uso, nel caso questi siano
emersi prima della consegna, il concedente, in forza del principio di buon fede, deve
sospendere il pagamento del prezzo ed agire per la risoluzione del contratto o la riduzione
del canone.

Nel caso siano emersi successivamente alla consegna, perché nascosti o taciuti dal
fornitore, l’utilizzatore ha azione diretta verso il fornitore per l’eliminazione dei vizi o la
sostituzione della cosa, mentre il concedente ha gli stessi doveri del precedente caso.
L’utilizzatore può inoltre agire con il fornitore per il risarcimento dei danni compresa la
restituzione dei canoni già pagati.

Contratto diverso è il lease back, un contratto bilaterale in cui il proprietario di un bene lo


aliena ad una società che svolge attività finanziaria, che però lo lascia in godimento
all’alienante, contro il pagamento di un canone, e con la possibilità del concessionario di
acquistare la proprietà con il pagamento di un prezzo finale, o di prorogare il contratto
continuando a pagare il canone, o restituendo il bene alla scadenza.

Il rent to buy è un’operazione che consente alle parti di regolare un rapporto di locazione,
attribuendo al conduttore il diritto di acquistare il bene entro un termine imputato, contro il
pagamento di una certa parte di canone precedentemente indicata nel contratto. Tali
contratti, diversi dal leasing, prevedono l’immediata concessione del godimento di un
immobile. Al conduttore che non intende esercitare il diritto di acquistare la proprietà viene
restituita dal cedente una parte dell’incassato.

152
Il contratto può esser trascritto, in questo modo il conduttore è tutelato dal rischio che
durante l’esecuzione dl contratto, il concedente possa alienare il bene a terzi.

Si risolve in caso di mancato pagamento di un minimo di canoni stabiliti dalle parti, che
non può esser inferiore ad un ventesimo del numero complessivo.

L’esercizio dell’acquisto non determina l’immediato trasferimento della proprietà


all’acquirente.

È inoltre previsto che in caso di fallimento del concedente, il contratto a favore del
conduttore prosegue.

• L’appalto
L’appalto è il contratto con il qual un committente affida ad un appaltatore il compimento di
un opera/svolgimento di un servizio verso un corrispettivo in danaro. Gli appalti si
distinguono in pubblici e privati.

Nel caso di appalto pubblico la scelta dell’appaltatore deve avvenire attraverso apposite
procedure di selezione del contraente, valutando mediante una gara tra potenziali
appaltatori, l’ottenimento delle migliori condizioni contrattuali.

Negli appalti privati la stipulazione del contratto può essere oggetto di fiera negoziazione
tra le parti, non sussiste alcuna disciplina vincolante all’assegnazione dell’appalto.

Caratteristica dell’appalto la gestione “ a rischio” dell’appaltatore il quale provvede ad


organizzare in autonomia tutti i “mezzi necessari” all’esecuzione del contratto; deve
impiegare i capitali ed organizzare i fattori della produzione, dunque assume un rischio
maggiore. Dunque l’appaltatore è un imprenditore in cui l’opera/servizio sono compiuti
mediante il lavoro proprio senza la necessita di disporre di complessi produttivi.

Si stingue dalla vendita poiché ha ad oggetto un facere, e non un dare.

L’oggetto dell’appalto deve essere determinato o determinabile. È normalmente definito in


un progetto procurato dal committente, dettagliato abbastanza da permetterne la
realizzazione. L’appaltatore ha il dovere di controllare comunicare la bontà e la correttezza
delle istruzioni impartite. Può esentarsi da responsabilità solo nel caso in cui dimostri di
aver mostrato dissenso ed esser stato indotto ad eseguire comunque.

Il compenso può essere stabilito a forfait per l’opera nel suo complesso, o a misura.

Se per circostanze imprevedibili si verifichino aumenti/diminuzioni di prezzo relativi a


materiali/mano d’pera tali da causare un avariarono superiore ad un decimo del prezzo, le
parti hanno diritto a chiedere una revisione del prezzo.

L’appaltatore ha diritto ad un ulteriore compenso se durante lo svolgimento dell’opera si


manifestino condizioni non previste dalle parti che rendano la prestazione più onerosa.

Nel corso dei lavori il committente ha diritto a controllare l’andamento, e ha diritto di


verificare l’opera compiuta prima di riceverne la consegna, c.d. collaudo. L’appaltatore è
tenuto a garantire al committente per eventuali difformità o vizi dell’opera. Tale garanzia non
è dovuta se il committente ha accettato l’opera. Se i vizi erano occulti il committente ha
l’opera di denunciare la difformità entro sessanta giorni dalla scoperta.

L’appaltatore deve eliminare a sue spese le difformità o diminuire proporzionalmente il


prezzo. Se però le difformità sono tali da rende l’opera inadatta alla sua destinazione, il
committente ha diritto alla risoluzione del contratto.

L’azione contro l’appaltatore si prescrive in due ani dalla consegna dell’opera. L’eccezione è
imprescrittibile.

153
Quando l’opera riguarda edifici o immobili destinati a lunga durata, qualora l’opera per vizi
del suolo o difetti di costruzione vada in rovina, la responsabilità dell’appaltatore dura dieci
anni dal compimento dell’opera, purché sia stata fatta denunzia entro un anno dalla
scoperta.

Nella realizzazione di opere complesse, è frequente la stipulazione di subappalti, che


richiedono l’autorizzazione da parte del committente. In tal caso si ha la stipulazione di un
nuovo contratto, distinto dal contratto principale.

È spesso adoperata a clausola if and when che prevede che il subcommittente paghi il
corrispettivo del subappalto solo dopo aver ricevuto il pagamento del contratto principale.

• Il contratto d’opera. Le prestazioni d’opera intellettuale. I contratti di scambio che


realizzano un do ut facias.
Con il contratto d’opera una persona si obbliga a compere un’opera o un servizio con
lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione. È il contratto
caratteristico dell’attività del lavoratore autonomo.

La definizione di contratto d'opera delineandone i caratteri essenziali quali:

a) prestazione di lavoro prevalentemente personale; b) assenza di vincolo di


subordinazione; c) corresponsione di un corrispettivo.

Il contratto d'opera, è caratterizzato dalla prevalenza dell'obbligazione di fare, con o senza


l'onere di acquisto del materiale, requisito che sostanzialmente lo differenzia dal contratto
di vendita, almeno che le parti non abbiano avuto “prevalente considerazione per la
materia”, in tal caso si applicano le norme di vendita.

L’opera deve essere seguita a regola d’arte, altrimenti il committente dopo aver concesso
al prestatore d’opera un termine per adeguarsi, può recedere dal contratto.

Le regole circa difformità e vizi seguono quelle dell’appalto con la distinzione che il termine
per denunciare i vizi occulti è di otto giorni.

L’accettazione dell’opera libera il prestatore da responsabilità inerenti a difformità e vizi.

Se il corrispettivo non sia stato determinato dalle parti o stabilito da tariffe, spetta al
giudice la quantificazione in base al risultato ottenuto e al lavoro impiegato per ottenerlo.
Il committente può recedere dal contratto anche qualora sia già iniziata l’esecuzione,
risarcendo il prestatore delle relative spese.

Il codice civile non da definizione delle opere intellettuali, la professione intellettuale si


connota per il fatto di richiedere particolari conoscenze, indispensabili ai fini dell’erogazione
della prestazione richiesta.

All’interno delle professioni intellettuali si distingue tra quelle il cui esercizio è subordinato
in apposti albi o elenchi (avvocato, medico, ingegnere, dottore commercialista…
(professioni protette)) ed è assoggettato al potere disciplinare degli ordini o collegi
professionali, e quelle che possono invece esser liberamente svolte da chiunque
(professioni non protette).

Per le professioni valgono in generale i principi:

a. dell’esecuzione necessariamente personale della prestazione (se consentito dal


contratto può tuttavia assumendosi della responsabilità avvalersi di sostituti e
collaboratori)

b. del compenso rapportato all’importanza dell’opera e al decoro professionale

154
c. dell’alleggerimento della responsabilità professionale qualora a prestazione implichi la
soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà

d. dall’esonero dallo “statuto dell'imprenditore” con i suoi vantaggi.

I professionisti hanno inoltre l’obbligo di comunicare in forma scritta a colui che conferisce
l’incarico professorale la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra
oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale.

• La subfornitura
La subfornitura, introdotta in deroga con numerosi principi relativi alle obbligazioni e ai
contratti, è n rapporto principale, un singolo contratto tra due imprese. Può consistere in un
facere o in un dare, inserendosi dunque nel tipo dell’appalto o della vendita.

a. È obbligatoria la forma scritta ad substantiam ai fini della stipulazione del contratto,


in mondo da assicurare certezza e trasparenza al rapporto. Il requisito di forma è
soddisfatto anche dalla comunicazione per via telefax o altra modalità telematica di
trasmissione. Il contratto è perfezionato anche se il subforniture non da per iscritto la
sua accettazione, ma provvedere all’esecuzione diretta di un ordine del committente.

b. Il committente non può dilazionare il pagamento per un termine superiore a sessanta


giorni; un ulteriore ritardo dà la possibilità di applicare a suo carico gli interessi moratori
previsti dalla legge speciale.

c. È vietato ogni eventuale abuso dello stato di dipendenza economica in cui possa
trovarsi l’impresa subfornitrice. Un patto con cui si realizzi tale abuso è nullo.

Gli abusi di posizione dominante sono già repressi dalla Legge Antitrust, rimettendone
l’accertamento all’Autorità garante della concorrenza.

• Il contratto di trasporto
Con il contratto di trasporto, che rientra nella categoria della locatio operis, una parte si
obbliga vero corrispettivo a trasferire persone o cose da un luogo all’altro.

Il trasporto terrestre è regolato dal codice civile, quello per acqua e aria oltre che dal c.c.
dal codice della navigazione.

I servizi di linea costituiscono un servizio pubblico che viene esercitato tramite


concessione amministrativa.

Per evitare abusi ed assicurare il servizio alla generalità del pubblico a carico delle imprese
concessionarie di servizi di trasporto sussistono due obblighi:

a. contrarre con chiunque ne faccia richiesta;

b. osservare la parità di trattamento dei contraenti secondo le condizioni generali


stabilite o autorizzate nell’atto di concessione.

Nel trasporto di cose, queste sono affidate al vettore, che ne ha l’obbligo di custodia
durante il trasporto. Nel trasporto di persone non sussiste questo “affidamento”.

Le cose che il viaggiatore porta con sé, restando nella sua sfera di controllo, non formano
oggetto di affidamento al vettore, che non ne ha obbligo di custodia ( responsabilità ex
recepto). Con il contratto di trasporto il vettore assume solo l’obbligo di trasportare la
persona, con responsabilità relativa al ritardo e l’inadempimento secondo le regole generali,
ma anche relativa all’incolumità del viaggiatore durante il viaggio.

In caso di sinistri che colpiscono la persona, e per la perdita o l’avaria del bagaglio, è
presunta la colpa del vettore e spetta eventualmente a quest’ultimo l’onere della prova
liberatoria.

155
Ha inoltre l’onere di dimostrare di aver attuto le cautele idonee ad evitare il danno. Il
viaggiatore è tenuto solo a dimostrare l’esistenza del contratto.

Nel caso in cui il vettore aereo affidi ad un altro soggetto le operazioni di carico, scarico e
deposito dei beni oggetto del trasporto, ( handling aeroportuale), l’operatore handling
assume la qualifica di ausiliario del vettore; in caso di perdita o avaria in fase di trasporto,
il proprietario può agire nei confronti del vettore, responsabile del fatto colposi del proprio
ausiliario.

In deroga alle clausole che esonerano la responsabilità del vettore per colpa lieve o causa
degli ausiliari, sono nulle le clausole che limitano le responsabilità del vettore per sinistri
che colpiscano viaggiatore.

Tutti i principi enunciati si applicano anche al trasporto gratuito. Sebbene nel trasporto
amichevole non vi sia natura negoziale, il vettore incontra in ogni caso la responsabilità, che
incombe in genere ad ogni soggetto, di non arrecare danno agli altri.

Le cose sono spesso consegnate dopo il trasporto ad un soggetto diverso dal mittente, il
destinatario. l contatto concluso tra mittente e vettore assume la forma del contratto
stipulato a favore del terzo.

nel momento in cui il destinatario richiede al vettore la consegna della merce, il vettore
perde la facoltà di sospendere il trasporto o orinare la consegna ad una persona diversa.

La prova del contratto è fornita da un documento detto lettera di vettura, che il mittente
compila e d’insegna al vettore, il quale ne rilascia un delicato.

I CONTRATTI DI COOPERAZIONE NELL’ALTRUI ATTIVITÀ GIURIDICA (cap XLIV)

• Il mandato
Il mandato è un contratto con cui una parte, mandatario, assume l’obbligo di compiere uno
o più atti giuridici per conto, dunque nell’interesse, dell’altra pare, il mandante.

Rientra nella categoria della locatio operis e si distingue per l’oggetto dell’obbligazione che
consiste nel compimento di atti giuridici. Il mandato può esser con o senza rappresentanza.

Se i mandato è con rappresentanza, al mandatario è dunque conferita una procura, gli


effetti giuridici si verificano direttamente in capo al mandante.

Se il mandato è senza rappresentanza, o rappresentanza indiretta, il mandatario agisce


annone proprio acquistando diritti e obblighi derivante dal negozio, che non hanno alcun
rapporto con il mandante. Il mandatario ha poi l’obbligo di trasferire effetti giuridici e
materiali.

Nel caso l’oggetto del mandato sia il compimento di un acquisto per conto del
mandante:

Nel caso di beni immobili o mobili iscritti nei pubici registri, il mandatario che li acquista a
proprio nome per conto del mandatario ne diventa proprietario e ha poi l’obbligo di
trasferirne la proprietà al mandante. In caso di inadempimento il mandante può chiedere al
giudice il trasferimento mediante sentenza costitutiva. Il mandato senza rappresentanza
con oggetti trasferimento di beni immobili deve essere stipulato.

Nel caso di beni mobili (non registrati) il mandante rivendica i beni acquistati dal
mandatario a nome proprio, ma nell’interesse del mandante. Essendo un’azione a tutela
della proprietà, la rivendicazione è opponibile anche nei confronti di terzi fatti salvi gli effetti
dell’acquisto in buona fede.

Essendo la rivendicazione un azione petitoria, il mandante acquista a proprietà inforza


dell’acquisto compiuto dal mandatario, senza necessità di trasferimento.

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I creditori del mandatario non possono pignorare/sequestrare i beni che, in esecuzione
del mandato, il mandatario ha acquistati in nome proprio, purché, trattandosi di beni mobili
o di crediti, il mandato risulti da scrittura avente data certa anteriore al pignoramento.

Il mandante è legittimato all’esercizio dei crediti acquistati dal negozio posto in esser dal
mandatario. Si applica in tal caso l’azione surrogatoria con l’eccezione che il mandante può
in ogni caso esercitare i diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato.
A tutela del terzo che ha contratto conio mandatario, il mandatario non può sottrarsi alle
obbligazioni assunte in nome proprio verso il terzo, se questi nonni acconsenta.

Il mandato detto collettivo è conferito ad una stessa persona da più mandanti, con un
unico atto comune; può essere revocato solo da tutti i mandatari. Si dice invece
congiuntivo il mandato conferito a più mandatari che attendano congiuntamente ad un
medesimo affare.

Il mandato si presume oneroso, con un compenso a favore del mandatario. Il mandatario


deve assolvere gli obblighi con la diligenza del buon padre di famiglia, e il mandante è
tenuto a somministrargli i mezzi necessari all’esecuzione del mandato.

Il mandato è fondato sull’intuitus personae non si da quindi l’incarico di svolgere attività


giuridica nel proprio interessa ad una persona nella quale nonni ha fiducia.

La morte, interdizione, inabilitazione di una delle due parti estinguono il contratto.


L’estinzione può avvenire anche mediante la dichiarazione unilaterale del mandante
( revoca) o il mandatario ( rinunzia). La revoca può essere espressa o tacita. Se il mandato è
conferito anche nell’interesse del mandatario o di terzi, può essere revocato sono per giusta
causa.

• La commissione

È un mandato senza rappresentanza, che ha per oggetto l’acquisto o la vendita di beni per
conto, ossia nell’interesse di una parte, committente, e in nome dell’altra,
commissionario. A questo contratto si applicano le regole del mandato senza
rappresentanza.

Il compenso che spetta al commissionario chiama provvigione. Nel caso in cui il


commissionario, a garanzia del buon esito dell’affare, risponde con il proprio patrimonio,
si dice che è tenuto allo “star del credere” e ha diritto ad una maggiore provvigione.

Se non è diversamente disposto, il commissionario può fornire o acquistare al prezzo


fissato le cose che ripetitivamente deve acquistare o vendere (contratto con se stesso).

• Il contratto di spedizione
Rientra anche questo del mandato senza rappresentanza, si distingue però per l’oggetto:
una parte, spedizioniere, assume l’obbligo di concludere in nome proprio e per conto del
mandante, un contratto di trasporto e di compiere operazioni accessorie.
Rivolgendomi ad un’impresa che compie per me le operazioni relative ed accessorie al
trasporto concluso un contratto di spedizione (invece che di trasporto).

Lo spedizioniere ha l’obbligo di attenersi alle istruzioni del mittente riguardo alla scelta della
via, il mezzo e le modalità di trasporto.

• Il contratto di agenzia
Con tale contratto un imprenditore, detto preponente, affida ad un agente l’incarico, con
carattere di stabilità, di promuovere nell’ambito di una zona territoriale assegnatagli per il
procacciamento di contratti con terzi. L’agente non provvede alla diretta stipulazione dei
contratti ma si limita a trasmetterli all’imprenditore.

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La retribuzione dell’agente consiste in provvigioni sugli affari conclusi. l’agente è chiamato
a restituire la provvigione già riscossa quando è sicuro che il relativo contratto non avrà
esecuzione per cause non imputabili al preponente. È nullo qualsiasi patto più sfavorevole
all’agente.

È in tal caso vietata la pattuizione dello “star a credere”. L’agente sostiene in proprio tutte le
spese per la propria organizzazione e sopporta il rischio economico dell’attività che svolge,
è in pratica considerato a sua volta un imprenditore.

Vale per l’agenzia il diritto di esclusiva reciproco. L’azienda non può assumere incarichi
per più imprese in concorrenza tra loro. e l’impresa non può nominare altri agenti nella zona
assegnata ad un agente. Tale violazione da luogo alla responsabilità contrattuale.

Il contratto di agenzia può esser e stipulato a tempo determinato o indeterminato. Alla


cessazione del rapporto all’agente può spettare un equa indennità, nel caso la sua attività
abbia portato nuovi clienti o incrementato l’attività esistente; on spetta invece in caso di
risoluzione del contratto.

Vi è inoltre la possibilità di stipulare un patto di non concorrenza, che limita nel corso dei
due anni successivi alla fine del rapporto, la concorrenza da parte dell’agente nei confronti
nel proponente.

Era prima indispensabile che l’agente fosse iscritto all’albo, era altrimenti nullo l’eventuale
contratto stipulato. La Corte di cassazione ha però annunciato l’attuale possibilità, in caso
di necessità di derogare questa regola.

• Il contratto di affiliazione commerciale - franchising


Il contratto di affiliazione commerciale,, franchising, è il contratto conduci un imprenditore
(affiliante o concedente) attribuisce ad un altro imprenditore ( il commerciante affiliato o
aggregato alla catena) verso corrispettivo, un insieme di diritti relativi all’uso di marche,
insegne, denominazioni commerciali, e gli fornisce assistenza tecnica e commerciale,
inserendolo in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio allo
scopo di commercializzare determinati beni o servizi.

Il contratto deve essere stipulato per iscritto e indicare specificatamente spese e


investimenti a carico dell’affiliato, modalità di calcolo elle royalties (compensi spettanti
all’affiliante) e know how, condizioni i rinnovo, risoluzione o cessione del contratto.

L’affiliante ha doveri di trasparenza (deve fornire all’affiliato indicazioni sull’affiliante


stesso, sull’attività, la consistenza della rete …).

L’affiliato non può trasferire la sede se ciò non sia previsto nel contrattato e,
successivamente alla cessazione è tenuto ad osservare la massima riservatezza sul
contenuto dell’attività getto dell’affiliazione.

• La mediazone
La mediazione è l’intervento di una persona estranea ale parti, il mediatore, che senza
nessun legame ad esse da rapporti di collaborazione o di dipendenza, le mette in relazione
tra loro per provocare o agevolare la conclusione di un affare.

Secondo il codice civile chiunque poteva svolgere opera di mediazione, professionalmente


o occasionalmente, Il legislatore ha poi istituito un apposito ruolo. Ad oggi tale formalità
consiste invece con l’iscrizione presso il registro delle imprese.

Il mediatore o sensale ha diritto ad una provvigione da entrambe le parti, se anche abbia


agito per incarico di una sola, ma la provvigione gli spetta sol se l’affare si è concluso per
effetto del suo intervento.

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La misura del compenso può essere desunta da tariffe professionali, usi, o determinata
secondo equità dal giudice.

Il mediatore è libero di adoperarsi o meno per favorire la stipulazione, ma nel momento in


cui accetta uno specifico incarico è tenuto ad eseguirlo con diligenza e comportarsi con
correttezza e buona fede nei confronti di entrambe le parti.

Ha diritto al risarcimento delle eventuali spese sostenute, se l’affare non venga concluso,
quando abbia agito su specifico incarico di una parte e nei confronti di questa.

• Le vendite piramidali
La struttura piramidale riguarda il rapporto tra un imprenditore e un soggetto incaricato
della vendita, che può essere un subordinato, un agente o una persona che svolge tale
attività senza vincoli o subordinazione, in maniera abituale o occasionalmente.

La vendita piramidale indica un modello commerciale non sostenibile che comporta lo


scambio di denaro per arruolare nuove persone dirette generalmente alla vendita di beni e
servizi.

Nella vendita piramidale, infatti, la remunerazione è basata sul reperimento di nuovi soggetti
da inserire nell’organizzazione: gli acquirenti che entrano nella catena pagano non tanto la
merce quanto il diritto di accesso all’organizzazione senza che tale inserimento sia basato
sulle effettive capacità dell’interessato di vendere o promuovere la vendita.In tale ipotesi
l’investimento iniziale è obbligatorio quale prezzo per entrare nell’organizzazione.

Tali forme di organizzazione delle attività di vendita sono espressamente vietate.

I PRINICIPALI CONTRATTI REALI (cap XLV)

• Il deposito regolare

Il deposito è il contratto col quale una parte (depositario) riceve dall’altra (depositante) una
cosa mobile con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura.

La funzione pratica consiste nell’assicurare la custodia della cosa, garantendo la


vigilanza necessaria per la sua conservazione ai fini della restituzione.

Trattandosi di un contratto reale, l’obbligo di custodie sorge solo dopo la consegna della
cosa. Il depositario si lima a custodire la cosa, non ne ha possesso e proprietà. Se
l’alienasse commetterebbe il delitto di appropriazione indebita.

Il deposito si presume gratuito, poiché la prestazione di custodia è spesso accessoria ad


una di carattere principale (es: guardaroba di un ristorante).

Il depositario deve usare la diligenza nella custodia della cosa, ed è esentato all’obbligo
della restituzione solo se la cosa gli viene sottratta per causa non imputabile a lui.

Il depositari deve restituire la cosa quando il depositante gliela chiede; il depositario può
domandare in ogni momento di essere liberato dall’obbligo ella custodia, che potrebbe
diventare gravoso.

Il deposito può essere effettuato da chiunque abbia il possesso o la detenzione della cosa,
pur non essendo il proprietario.

Parlando del deposito in albergo, nel caso in cui le cose siano affidate alla custodia
dell’albergatore l’albergo è illimitatamente responsabile del deterioramento, distruzione o
sottrazione della cosa, salvo per ipotesi di forza maggiore; nel caso invece portate in
albergo ma non affidate alla custodia dell’albergatore, la responsabilità dell’albergatore,
non può superare dicendo volte il prezzo di locazione dell’alloggio per la giornata.

Sono nulli i patti di limitazione preventiva della responsabilità dell’albergatore.

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• Il deposito irregolare
In questo caso l’oggetto di deposito è il denaro o altri beni fungibili, dei quali viene
concessa la facoltà al depositario di servirsi. Egli ne acquista la proprietà, non è infatti
tenuto a restituire le stesse cose, mala stessa quantità di cose del medesimo genere di
quelle depositate.

(es: la banca non restituisce gli stessi biglietti o monete ricevute)

• Deposito nei magazzini generali


I magazzini generali sono locali in cui i commercianti possono depositare le merci; l’impresa
che li gestisce provvede verso compenso alla custodia ed alla conservazione.

Questo tipo di deposito viene utilizzato per far circolare la proprietà della merce depositata.
Su richiesta del depositante vengono rilasciati titaniche rappresentano le merci. Il portatore
di detti documenti è legittimato, oltre cha chiederne la consegna, ad esercitare gli inerenti
diritti.

Trasferendo la fede di deposito, il commerciante trasferisce la proprietà della merce senza


spostarla dal magazzino.

La merce depositata può essere tenuta distintamente dall’altra oppure confusa (deposito
alla rinfusa). Il depositante non perde la proprietà della merce, al diritto di proprietà solitaria
si sostituisce un diritto di comunione con quota pari alla quantità consegnata.

• Il comodato

Il comodato è il contratto con cui una parte, comodante, consegna all’altra, comodatario,
una cosa mobile o immobile, affinché questa se ne serva per un tempo o un uso
determinato, con l’obbligo di restituire la cosa, ma senza pagare un corrispettivo.

Si trasferisce temporaneamente la semplice detenzione, non si può alienare il bene, e va


restituito esattamente quello.

Solo le cose inconsumabili possono formare oggetto del comodato.

Mentre il depositario non può servirsi della cosa, il comodatario si.

Il comodato è un contratto essenzialmente gratuito, poiché se fosse a pagamento si


ricadrebbe nello schema del contratto di locazione. Il presupposto della gratuità non viene
meno se a carico del comodatario prestazioni accessorie, purché non siano tali da
assumere il carattere di un vero corrispettivo.

Si dice che il comodato sia un contratto bilaterale imperfetto, nasce di regola


l’obbligazione del comodatario, mentre quella carico del comodante è eventuale. Ad
esempio se la cosa abbia vizi tali da arrecare danno a chi se ne serve, il comodante deve
risarcire il comodatario qualora conoscendo i vizi non lo abbia avvertito.

Il comodato è tipicamente temporaneo, il termine può essere concordato dalle parti, o se


non pattuito la cosa deve esser restituita non appena il comodante ne faccia richiesta.

La restituzione prima del termine pattuito può avvenire solo in caso di un urgente ed
imprevisto bisogno.

• Il mutuo
Il mutuo è il contratto con quale la parte mutante consegna all’altra, mutuatario, una
determinata quantità di denaro o altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire
altrettante cose della stessa specie e qualità.

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Il mutuo ha per oggetto cose fungibili, delle quali la proprietà passa al mutuatario (a
differenza del comodato).

Ciò che invece distingue il mutuo dal deposito irregolare è la funzione, che nel deposito in
generale consiste nella custodia; il mutuo soddisfa invece il bisogno del mutuatario di
disporre temporaneamente di una somma.

Mentre nonostante l’analogia tra il mutuo e il quasi usufrutto, la distinzione sta nel fatto che
il mutuo è un contratto reale, e il quasi usufrutto è l’effetto di un contratto consensuale.

Il mutuo, salva diversa volontà delle parti, si presume oneroso, e si dice anche feneratizio.
Il mutuatario deve corrispondere gli interessi al mutante, e nel caso le parti non pattuiscano
il tasso di interesse, si applica il tasso legale.

Nel caso si convenissero interessi usurai, è prevista la nullità della clausola e non sono
dovuti interessi. ( Questo aspetto è stato oggetto di più modifiche nel corso del tempo.)

Ai fini di tutelare le vittime dell’usura e di attività estrusive è stata prevista una lege volta
ad ottenere una somma di contributo al ristoro del danno patrimoniale subìto.

Il termine di restituzione delle cose mutate deve essere pattuito a favore di entrambe le
parti.

La portabilità dei mutui bancari convente a coloro che abbaino contratto debiti con la
baca, di rivolgersi con più facilità ad altri finanziatori che offrano condizioni migliori. Tale
trasferimento avviene senza l’applicazioni di penali, oneri o costi aggiuntivi.

Se il mutuo è gratuito, il termine è invece pattuito a favore del mutuatario.

Se il mutuatario non paga anche una sola rata, il mutante può chieder l’immediata
restituzione dell’intero; se il mutuatario non paga gli interessi, il mutuante può chiedere la
risoluzione del contratto.

Il mutuo è un contratto che si perfeziona con la traditio. Anche la promessa di mutuo


importa l’obbligo ad erogare il mutuo promesso.

CONTRATTI ALEATORI (cap XLVII)

A) LA RENDITA

Per rendita si intende qualsiasi prestazione periodica avente ad oggetto danaro o una
certa quantità di cose fungibili. Può essere costituita a fronte del trasferimento della
proprietà di un bene o della cessone di un capitale, o s titolo di liberalità.

es: ti alieno un immobile e tu, invece di pagare immediatamente il prezzo, darai una certa
somma annua a me o i miei eredi.

I due tipi più importanti di rendita sono la rendita perpetua e la redita vitalizia.

• La rendita perpetua
Con il contratto di rendita perpetua una parte trasferisce all’altra ( e i suoi eredi) il diritto di
esigere in perpetuo una prestazione periodica quale corrispettivo dell’alienazione di un
immobile, la cessione di capitale, o come onere dell’alienazione gratuita di un immobile o la
cessione del capitale.

La rendita si dice fondiaria se è costituita mediante alienazione di un immobile; semplice


se mediante cessione di capitale.

A seconda che l’alienazione avvenga a tutolo gratuito o oneroso si applicano le regole della
donazione e della vendita.

161
Il legislatore riconosce al debitore la facoltà di sciogliersi dal vincolo mediante una
dichiarazione unilaterale di volontà e pagando una somma risultante dalla capitalizzazione
della rendita anta sulla base dell’interesse legale (il riscatto). Il riscatto può essere forzoso,
il debitore può essere costretto al riscatto se è in mora o non ha dato le garanzie promesse.

• La rendita vitalizia
La rendita vitalizia ha maggior diffusione della rendita vitalizia. È “vitalizia” poiché sussiste
l’obbligo di corrispondere la rendita finché dura la vita di una persona designata dalle parti,
che può essere sia il beneficiario della rendita che un terzo.

La rendita vitalizia ha natura tipicamente aleatoria. Nel momento in cui è ceduto l’immobile
o la somma per costituire a favore di un terzo la rendita vitalizia, non si può stabilire a quali
delle due parti il contratto arrecherà vantaggio, poiché dipende dalla lunghezza della vita
del beneficiario. Nel caso sia longevo il debitore potrebbe trovarsi a pagare un importo
superiore a quanto ricevuto.

Può essere costituita per contratto o testamento.

Non è risolubile per inadempimento, in caso di mancato adempimento si possono far


sequestrare e vendere i beni dell’obbligato, in modo da pagare la rendita con il ricavato.
Non lo è nemmeno in caso di onerosità sopravvenuta.

Il riscatto è ammesso solo se espressamente pattuito.

B) LE ASSICURAZIONI
L’assicurazione è il contratto con cui una parte, verso il pagamento di una somma detta
premio, si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno di un sinistro,
assicurazione contro i danni, o a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento
attinente alla vita umana, assicurazione sulla vita.

La causa del contratto di assicurazione è il trasferimento di un alea economica.

Essendo diretta al trasferimento del rischio da una parte all’altra, l’assicurazione appartiene
alla categoria dei contratti aleatori. Il rischio costituisce l’elemento essenza, la sua
inesistenza è causa di nullità del contatto, la sua cessazione da luogo allo scioglimento del
contratto, la sua inesatta conoscenza costituisce causa di annullamento, risoluzione o
rettifica.

Il contratto di assicurazione costituisce un atto di previdenza per l’assicurato ed


un’operazione economica per l’impresa assicuratrice.

L’impresa di assicurazione può essere esercitata solo da un istituto di diritto pubblico, o


una S.p.a., o una mutua assicurazione in osservanza delle norme stabilite dalle leggi
speciali. Esiste a tal proposito un’autorità del settore: l’Istituto per la vigilanza sulle
assicurazioni, IVASS.

Si distinguono le assicurazioni private da quelle sociali: le seconde attuano


obbligatoriamente una forma di previdenza del lavoratore.

• La conclusione del contratto


Il contratto richiede la forma scritta ad probationem. L’assicuratore è obbligato a rilasciare
al contraente la polizza, un documento all’ordine o al portatore, che contiene le condizioni
generali di contratto.

Il contratto deve essere redatto immondo chiaro e comprensibile.

162
L’assicuratore deve valutare il rischio per stabilire se conviene o meno concludere il
contratto e quale premio conviene chiedere. Se non può reperire informazioni necessarie a
stimare il rischio deve rimettersi alla lealtà dell’altro contraente.

Risposte inesatte o recenti dell’assicurato danno luogo all’annullabilità del contratto solo
nell’ipotesi di dolo o grave colpa dell’assicurato. Altrimenti l’assicuratore ha facoltà di
recedere dal contratto.

La durata dell’assicurazione opera generalmente nel periodo di copertura del rischio. Ha


effetto dalle ore 24 del giorno della confusione fino alla stessa ora dell’ultimo giorno di
durata del contratto.

• L’assicurazione contro di danni


A questo tipo di assicurazione si applica il principio indennitario, per cui l’indennizzo dovuto
all’assicuratore non può mai superare l’importo del danno sofferto (al fine di non far
diventare l’assicurazione un mezzo di arricchimento o speculazione).

L’assicuratore che paga l’indennità ha diritto ad esercitare le azioni che spettano


all’assicurato contro i terzi responsabili del danno arrecato alla cosa, c.d. surrogazione
legale.
Non ci si può assicurare per i danni ad un bene altrui, la cui perdita indifferente per il nostro
patrimonio.

art 12 cod. assic.: Sono vietate le associazioni tontinarie o di ripartizione, le assicurazioni


che hanno per oggetto il trasferimento del rischio di pagamento delle sanzioni
amministrative e quelle che riguardano il prezzo del riscatto in caso di sequestro di persona.
In caso di violazione del divieto il contratto è nullo.

• Assicurazione della responsabilità civile. Le assicurazioni obbligatorie.


Nell'assicurazione della responsabilità civile l'assicuratore è obbligato a tenere indenne
l'assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo
dell'assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel
contratto.

Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi. L’assicurazione pone in salvo il patrimonio il
patrimonio da future eventuali responsabilità per un proprio fatto colposo.

L’assicuratore ha facoltà, previa comunicazione all'assicurato, di pagare direttamente al


terzo danneggiato l'indennità dovuta, ed è obbligato al pagamento diretto se l'assicurato lo
richiede.

Le spese sostenute per resistere all'azione del danneggiato contro l'assicurato sono a
carico dell'assicuratore nei limiti del quarto della somma assicurata. Tuttavia, nel caso che
sia dovuta al danneggiato una somma superiore al capitale assicurato, le spese giudiziali si
ripartiscono tra assicuratore e assicurato in proporzione del rispettivo interesse.

Il massimale è l‘importo limite stabilito in funzione del rischio e dell’ammontare del premio
pagato.

L'assicurato, convenuto dal danneggiato, può chiamare in causa direttamente


l’assicuratore.

Per snellire le procedure di risarcimento, in merito a danni dovuti da sinistri stradali, che
abbiano colpito solo cose e non persone vige l’obbligo per l’assicuratore di elaborare entro
sessanta giorni la proposta di risarcimento del danno, risarcimento diretto, in forza del
quale il danneggiato rivolge la richiesta al proprio assicuratore.

163
È atto istituito un”fondo di garanzia per le vittime della strada” per cui il danneggiato può
chiedere l risarcimento anche qualora il danno sia stato provocato da un veicolo o un
natante non identificato.

• Assicurazioni sulla vita


A questa tipologia di assicurazione appartengono tutte quelle in cui la prestazione
dell’assicuratore dipende dalla durata della vita umana.

Si distingue tra assicurazioni per il caso di morte e il caso di vita. Nel secondo caso
l’assicurazione si impegna a pagare una redita a partire dal raggiungimento di una certa età
dell’assicurato. Esistono tutta via tipologie miste.

Si è accentuata nel tempo la funzione finanziaria dell’assicurazione sulla vita, come mezzo
di investimento e remunerazione del capitale secondo modelli di contratto in cui le
prestazioni pecuniarie dovute all’assicuratore sono collegate a valore di quote fondi o indici
e valori di riferimento.

L’assicurazione può essere anche contratta a favore di un terzo, ma è necessario il


consenso di questo, al fine di evitare l’incentivo all’omicidio.

È frequente l’assicurazione a favore di un terzo in cui viene stabilito che alla morte
dell’assicurato l’indennità sia attribuita ad un beneficiario, attribuendogliela mediante
testamento. L’eventuale revoca avviene sempre mediane testamento.

Gli eredi del defunto non possono dunque vantare alcuna pretesa sulla somma assicurata,
possono agire solo limitatamente ai premi pagati.

Sono i premi ad essere usciti dall’effettivo patrimonio dell’assicurato, mentre il premio è


frutto di un effetto contrattuale.

• La riassicurazione
È il contratto con il quale l’assicuratore assicura presso un’altra impresa i rischi che ha
assunto. Non crea rapporti tra l’assicurato e il riassicuratore.

C) GIUOCO E SCOMMESSA
Gioco e scommessa sono i contratti aleatori per eccellenza, hanno esclusivamente scopo
di lucro per entrambe le parti.

Se gioco/commessa sono proibiti il negozio è nullo e non sorge alcun diritto in favore del
vincitore, che è per altro tenuto a restituirei che il perdente abbia eventualmente pagato.

Se il gioco è lecito il vincitore non ha azione, il perdente non può ripeter quanto abbia
spontaneamente pagato.

L’azione è ammessa in caso di giochi/scommesse relative a competizioni sportive o lotterie


autorizzate.

Tutti i debiti contratti tra giocatori, o un giocatore con il gestore della casa del gioco, per
iniziare o proseguire il gioco, sono irripetibili.

I CONTRATTI DIRETTI A COSTITUIRE UNA GARANZIA (cap XLVIII)

• La fideiussione. Il mandato di credito. Le lettere di patronage.

La fideiussione il contratto con il quale si costituisce a favore del creditore la garanzia


personale di un terzo. Il fideiussore, obbligandosi verso il creditore, garantisce il
compimento dell’obbligazione altrui.

La garanzia è personale perché il credito può soddisfarsi del patrimonio di una persona
diversa dal debitore, e non dà luogo ad alcun diritto reale.

164
Il fideiussore risponde con tutti i suoi beni mentre il terzo datore di pegno o ipoteca
risponde solo con la cosa data in pegno o ipoteca.

Se nel patrimonio non si trovano beni, il creditore non può rivolgersi contro il terzo
acquirente.

La fideiussione è un rapporto bilaterale tra creditore e fideiussore, sebbene possa essere


preceduto, come anche no, da un'intesa col debitore. Dato che comporta obblighi solo a
carico del fideiussore il contratto si perfeziona anche senza l’accettazione del creditore
garantito.

La fideiussione ha natura accessoria, tale garanzia sussiste in quanto esista l’obbligazione


principale. Non può eccedere da ciò che è dovuto al debitore, né può essere prestata a
condizioni più onerose.

Il fideiussore può imporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore,
tranne quelle derivanti dall’incapacità.

La volontà di prestare fideiussione deve essere manifestata in forma espressa.

Vige il principio di solidarietà tra i debitori, il fideiussore è obbligato in solido con il debitore
principale, sebbene si possa convenire per l’esclusione dell’ultimo. In tal caso il fideiussore
si può ritirare dalla condanna sostenendo che il creditore deve prima sottoporre ad
esecuzione i beni del debitore principale.

Il fideiussore che ha pagato i debiti è surrogato nei diritti che aveva il debitore verso il
creditore. Il fideiussore ha inoltre la facoltà dell’azione di regresso contro il debitore, anche
se la fideiussione è stata prestata a sua insaputa, ha diritto a farsi rimborsare.

Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, nel


caso in cui entro sei mesi il d’editore abbia proposto e coltivato azioni contro il debitore.

Il mandato di credito è un contratto con cui una persona A si impegna verso un’altra B a
far credito ad un terzo C. La persona B che ha chiesto all’altra di fare debitore risponde
come fideiussore di un debito futuro. Non ha nulla a che fare con il mandato.

Le lettere di patronage o patrocinio consistono nella dichiarazione rilasciata da una


persona fisica o un gruppo di società nei confronti di una banca, e concerne rapporti tra il
soggetto dichiarante, patronnant, e la terza società, detta patrocinata, che intenda avere
rapporti finanziari con la banda destinata al patrocinio.

La dichiarazione del patronnant può limitarsi alla comunicazione alla banca di avere una
partecipazione di controllo nella società finanziaria, o piò rilasciare una dichiarazione oltre
che di carattere informativo, anche impegnativo. es: afferma che eserciterà la propria
influenza diretta sulla società.

Non si tratta di un rapporto di fideiussione, il patronato non dichiara di volersi costituire


debitore a garanzia di un debito altrui.

• La fideiussione omnibus. La fideiussione per obbligazione futura.


Nel caso di fideiussione omnibus un soggetto si impegna verso una banca, garantendo
l’adempimento dei debiti di interroga che futuri, alla fideiussione, al momento di un termine
posto dalla nuca o quando questa deciderà di rendere dal contratto riscattando dunque i
propri crediti.

Quando il creditore non è in grado di rispondere dei propri debiti la banca si rivolge al
fideiussore omnibus. È tuttavia stabilito un importo massimo garantito a tutela di
quest’ultimo. Questo può liberarsi dall’impegno nel caso in cui la banca, senza chiedergli
una preventiva autorizzazione, conceda con larghezza credito al debitore sapendo che poi
è il fideiussore a rispondere.

165
• Garanzia a prima richiesta (o autonoma)
La parte del contratto che si trova titolare di crediti pecuniari vuole essere sicura di
incassarli e tutelarsi dal rischio che il debitore rifiuti il pagamento o diventi insolvente.

Dunque il garante (una banca o una compagni assicurativa) opera su ordine del debitore
della prestazione principale impegnandosi a versare al beneficiario l’importo stabilito, bel
caso in cui questo gliene faccia richiesta, essendo il garante tenuti a rinunciare ad opporgli
qualsiasi tipo di eccezione.

Se il garante effettua a favore del beneficiario un pagamento che non era dovuto, ha azione
di ripetizione nei confronti di questo.

Il garante che provi che il beneficiario della garanzia n stai abusando può essere sospeso
dal pagamento.

• L’anticresi
Con tale contratto il debitore i interzo si impegna a consegnare un immobile al creditore a
garanzia di credito, affinché questo ne percepisca i frutti. imputandoli al capitale e agli
interessi, se dovuti.

Si differenzia dall’ipoteca poche questa non presuppone il passaggio del possesso del
fondo al creditore.

Richiede forma scritta ad substantiam. È vietato in relazione ad esso il patto commissorio.

I CONTRATTI DIRETTI A REDIMERE UNA CONTROVERSIA


• La transazione è il contratto con cui le parti, medianti reciproche concessioni, pongono
fine ad una lite già iniziata o ne prevengono una che potrebbe sorgere tra loro.

Le parti preferiscono, con reciproco sacrificio, convenire ad un regolamento contrattuale


che rende irrilevante accertare chi avesse ragione o torto.

La corrispettività della transizione è assicurata dalle reciproche concessioni che le partisi


fanno rispetto alle contrapposte pretese, che hanno dato luogo alla lite. Con tali
concessioni le parti incidono sui rapporti oggetto della contestazione.

Per tornarne a far valere le pretese originarie, la transazione non è risolta in caso di
inadempimento. È nulla relativamente ad un contrato illecito, è annullabile, per iniziativa
della parte che ignorava la causa di nullità in caso di rapporti derivanti da un contratto nullo
ma non illecito.

La transazione richiede la forma scritta ad substantiam, ad probationem in caso di


controversie relative a diritti reali su beni immobili.

Se una delle parti è consapevole di avere torto nella lite, e che da parte sulla lite era
temeraria, si può chieder l’annullamento della transazione.

Si può chieder l’annullamento anche per la transazione stipulata su documenti poi


riconosciuti come falsi.

• La cessione di beni ai creditori


Con tale contratto il debitore incarica i suoi creditori dializzare i suoi bene ripartire tra loro il
ricavato per il soddisfacimento dei crediti, in tal modo in debitore è libero. Può altrimenti
liberarsi pagando il capitale dovuto, gli interessi e le spese. I creditori possono chiedere
l’azione di annullamento se nel cedere tutti i beni il debitore stia dissimulando, ne abbia
occultati alcuni o stia simulando passività inesistenti.

È richiesta la forma scritta ad substantiam.

166
I CONTRATTI AGRARI (cap L)

• L’affitto di fondi rustici

Sono considerati agrari i contratti che attraverso il conferimento del godimento di un fono o
bestiame, sono diretti a dar vita all’impresa agricola e disciplinarne l’attività.
L’agricoltore non proprietario, pagando un corrispettivo in danaro (non è piu consentito in
natura mediante la consegna di frutti), può coltivare i fondi e farne propri i frutti.

Tale affitto obbliga il cedente a consegnare un fondo “attrezzato” con accessori e


pertinenze d’uso. La dotazione può consistere in scorte morte, macchine attrezzi ecc…, o
scorte vive come bestiame da lavoro o allevamento.

Viene distinto (e favorito) l’affitto a coltivatore diretto, ossia che coltivano infondo con il
lavoro proprio e la propria famiglia. (nel caso di coltivatore diretto si fa un rinvio delle norme
che regolano l’affitto di quello diretto)

La durata minima dell’affitto è di quindici anni; l’affittuario può sempre rendere, il locatore
può chiedere la risoluzione al giudice solo per grave inadempimento del conduttore.

Nel caso di trasferimento del fondo a titolo oneroso, l’affittuario gode di diritto di
prelazione, in violazione del quale ha diritto a conseguire la proprietà del fondo. Gode di
prelazione anche nell’ipotesi di nuovo affitto del fondo.

• Contratti soggetti a conversione in affitto: mezzadria, colonìa parziaria, soccida.


Nella mezzadria il proprietario di un podere (terreno con annessa casa colonica, su cui si
esercita una impresa agricola in modo da assicurare il mantenimento della famiglia
colonica), detto concedente, e un coltivatore, mezzadro, si associano per la coltivazione
del potere e la divisone di prodotti ed utili. Questo tipo di contratto è diventato nullo con
una legge del 1964, ribadita da Una legge successiva.

È stata poi prevista la conversione in affitto per tutti i contratti agrari in corso.

La colonìa parziaria si differenzia poiché prevede il conferimento di un fondo e manca la


figura della famiglia colonica.

La soccida è invece una forma di collaborazione economica nell’industria dell’allevamento


del bestiame. La soccida è:

a. semplice quando il bestiame è conferito dal soccidante mentre il soccidario deve


prestare il lavoro necessario alla custodia e allevamento del bestiame affidatogli,
lavorazione dei prodotti e trasporto fino al deposito.

b. parziaria quando il bestiame è conferito da entrambi i contraenti

c. con conferimento di pascolo quando il bestiame è conferito dal soccidario al quale


spetta la direzione d’impresa, mentre il soccidante conferisce il treno per il pascolo.
LE OBBLIGAZIONI NASCENTI DA ATTI UNILATERALI
LE PROMESSE UNILATERALI (cap LI)

A) TIPICITÀ DELLE PROMESSE UNILATERALI


Le promesse unilaterali vincolanti per la legge hanno il carattere della tipicità cioè sono
espressamente previste dalla legge.

Ove le promesse unilaterali non rientrano nei casi previsti dalla legge potranno far sorgere al
massimo un obbligazione naturale. Mentre i contratti che producono effetti (cioè vincolanti)
possono essere sia tipici che atipici le promesse unilaterali per produrre effetti giuridici
devono essere tipiche.

167
B) PROMESSA DI PAGAMENTO E RICOGNIZIONE DI DEBITO
Differente dalla promessa unilaterale è la promessa di pagamento. Mentre con la promessa
unilaterale il promittente fa sorgere un debito prima inesistente, con la promessa di
pagamento il promittente dichiara la consapevolezza di dover adempiere ad un debito
già esistente.

Alla promessa di pagamento (es. prometto di darti entro il 31 dicembre i 100 che ti devo)
viene equiparata la ricognizione o riconoscimento del debito (riconosco di doverti 100
entro il 31/12 prossimo).

Ovviamente la promessa di pagamento e la ricognizione di debito non possono far


sorgere il debito se questo non esisteva in precedenza. Non hanno effetto sostanziale di
far nascere il debito, ma hanno effetto sostanziale dell’interruzione della prescrizione
del credito a cui si riferiscono

La legge attribuisce a dette dichiarazioni rilevanza solo sul piano processuale. Colui che
può vantare a suo favore una promessa di pagamento o un riconoscimento di debito ha
l’onere di provare l’esistenza del debito.

Poi spetterà all’autore della promessa o della ricognizione l’onere di fornire prova contraria
qualora intende opporsi alla pretesa dell’altra parte.

Differenza tra ricognizione di debito e confessione: la ricognizione ha ad oggetto il


riconoscimento di rapporti obbligatori, la dichiarazione confessoria ha ad oggetto il
riconoscimento di fatti a sé favorevoli o sfavorevoli.

Dichiarazione di debito e promessa di pagamento possono presentarsi:

a. in forma pura quindi ad oggetto hanno solo ed esclusivamente l’osservazione di un


debito o la consapevolezza di dover adempiere un debito di cui si riconosce l’esistenza,
senza che venga fato riferimento né alla causa debendi en al fatto generico stesso.

b. in forma titolata quindi ad oggetto l’osservazione di un debito o la consapevolezza di


dover adempiere un debito di cui si riconosce l’esistenza, accompagna dall’indicazione
della relativa causa debendi.

C) PROMESSA AL PUBBLICO
La promessa al pubblico è una promessa rivolta al pubblico, a favore di chi si trova in una
determinata situazione o chi abbia compiuto una determinata azione (es. promessa di un
premio in denaro alla madre che per prima ha partorito nell’anno nuovo in una determinata
località, o la ricompensa a chi ritrova un cane o un oggetto smarrito).

L’offerta al pubblico è una proposta di contratto che in quanto tale per divenire vincolante
necessita dell’accettazione da parte dell’oblato. La promessa al pubblico è vincolante per
la legge cioè produce effetti non appena è resa pubblica.

Essa è revocabile solo per giusta causa, ma non può essere revocata se la situazione o
l’azione si è già verificata. La revoca deve essere resa pubblica nella stessa forma della
promessa.

D) I TITOLI DI CREDITO
I titoli di credito sono dei documenti contenenti una promessa unilaterale di pagamento o
un ordine di pagamento.

Sono titoli di credito gli assegni, le cambiali, i titoli di stato o del debito pubblico, le
obbligazioni e le azioni. È ammessa anche l’emissione di titoli atipici.

168
I titoli di credito si distinguono in:

- Titoli al portatore cioè per il trasferimento del diritto in esso contenuto è sufficiente
consegnarlo al debitore. È indifferente chi sia l’intestatario;

- Titoli all’ordine (cambiale) per il cui trasferimento sono richieste la consegna del titolo e
la girata, cioè l’ordine che l’intestatario dà al debitore di pagare ad una persona diversa
chiamata giratario. Il giratario può a sua volta trasferire il titolo ad un’altra persona.

- Titoli nominativi sono intestati ad un determinato soggetto. (ad es. titoli azionari).
L’intestazione è contenuta oltre che sul titolo anche nel registro dell’emittente.
La circolazione del titolo nominativo è più complicata in quanto per effettuare il
trasferimento ad un'altra persona bisogna consegnare il vecchio titolo all’emittente in
quanto sul titolo ci deve essere il nome del nuovo intestatario, e l’emittente emetterà il
nuovo titolo.

Caratteristiche del titolo di credito:

- Letteralità: cioè quello che in esso è scritto, che determina la qualità, la quantità e le
modalità del diritto attribuito al possessore del documento.La letteralità serve a
proteggere il terzo in buona fede che ha fatto affidamento sul documento.

- Autonomia: cioè colui a cui il titolo viene trasferito acquista un titolo nuovo, originario e
autonomo rispetto al diritto del precedente creditore. Pertanto il debitore non può
opporre al terzo in buona fede le eccezioni che avrebbe potuto opporre al primo creditore

(es. se il compratore ha rilasciato una cambiale, e questa viene girata, il compratore non
può opporre al terzo giratario la mancata consegna della merce del venditore.
Il compratore dovrà pagare, e poi al massimo si rivolgerà al venditore per essere
rimborsato)

Eccezioni opponibili dal debitore - Le eccezioni opponibili dal debitore sono di due
specie:

- Reali cioè che possono essere opposte a chiunque. E sono:


Le eccezioni di forma: se mancano i requisiti firma richiesti il documento non a natura di
titolo di credito e l’eccezione è opponibile a tutti
La falsità della firma del debitore;
Le eccezioni fondate sul contesto del titolo;
La mancanza delle condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione.

- Personali cioè che possono essere opposte solo ad un possessore determinato.

L’ammortamento dei titoli di credito all’ordine e nominativi - Che cosa avviene se un


titolo all’ordine o nominativo viene smarrito, sottratto o distrutto? La legge predispone
un procedimento chiamato ammortamento con il quale si distrugge l’efficacia del titolo
smarrito, sottratto o distrutto e si crea un documento che lo sostituisce.
Per ottenere questo documento bisogna presentare ricorso al presidente del tribunale del
luogo in cui il titolo dovrebbe essere pagato, indicando i requisiti essenziali del titolo e i fatti
che hanno provocato lo smarrimento, la sottrazione o la distruzione del titolo stesso.

Il presidente del tribunale pronunzia con un decreto l’ammortamento e autorizza il


pagamento alla scadenza.

La procedura di smarrimento non è ammessa per i titoli al portatore.

169
LA CAMBIALE (cap LII)

La cambiale è un titolo di credito all’ordine che ha la funzione di rimandare il pagamento di


una somma in denaro. Si distinguono due figure di cambiali

1. la tratta o cambiale in senso stretto, che contiene l’ordine che un soggetto, traente, da
ad un altro, trattario, di pagare ad un terzo, prenditore, una somma di denaro;

2. il vaglia cambiario o pagherò cambiario, che contiene la promessa fatta da un


soggetto dato mittente di pagare una somma di denaro strettamente nel mani del
promissario o prenditore.

Figure particolari di cambiaria sono.

a. la cambiale ipotecaria, il cui pagamento è garantito dall’ipoteca che in tal caso si


trasferisce con la girata dei titoli di credito;

b. la cambiale agraria che garantisce i finanziamenti delle attività agricole e zootecniche;

c. la cambiale finanziaria, è un particolare titolo di credito all’ordine emesso in serie e con


scadenzano inferiore ad ungesse e non superiore a trentasei dalla data di emissione.

Come gli altri titoli di credito presenta le caratteristiche della letteralità e dell’autonomia. Si
connota inoltre per essere un negozio astratto (sono astratti quei negozi che si producono
astraendosi o prescindendosi dalla causa). Si caratterizza anche per l’efficacia esecutiva
del titolo cambiario, ossia nonché bisogno di sentenza condanna del debitore, per iniziare
l’esecuzione basta la cambiale.

Natura giuridica della cambiale

La cambiale è un titolo all’ordine, ed è trasferibile con girata.

Si caratterizza come gli altri titoli di credito per la letteralità e l’autonomia, non tiene conto
del rapporto fondamentale tra creditore e debitore che ha dato origine all'emissione della
cambiale. È un negozio astratto.

È un titolo formale, il documento che ha i requisiti previsti dalla legge vale come titolo di
credito. È un titolo completo, le clausole che individuano e regolano il diritto cartolare di
credito devono essere contenute nello stesso documento cambiario.

È un titolo esecutivo, se in regola con il bollo, vale come titolo esecutivo e non c'è bisogno
di munirsi di una sentenza di condanna o di un decreto ingiuntivo di pagamento se
l'emittente, nel caso del pagherò, o il trattario, nel caso della cambiale tratta, non paga a
scadenza l'effetto.

È un titolo astratto, non dice la causa per la quale è stata emessa la cambiale.

Forma - La cambiale si compila su appositi moduli predisposti dall'amministrazione
finanziaria, con l'assolvimento dell'obbligo di bollatura.

Requisiti Vale come cambiale anche qualsiasi foglio che presenta i requisiti essenziali.

I requisiti formali sono quelli essenziali e quelli naturali (quelli naturali si hanno quando la
loro lacuna viene colmata da norme suppletive).

Quelli essenziali si hanno quando la loro mancanza determina la nullità della cambiale.

Essi sono:

a. denominazione di cambiale (vaglia o pagherò cambiario);

b. ordine o promessa incondizionata di pagamento verso il portatore del titolo;

c. nome luogo e data di nascita del trattario

170
d. indicazione di luogo del pagamento

e. indicazione di data e luogo di emissione

f. sottoscrizione del traente o emittente

La mancanza di bollo o parte della cambiale - In mancanza di bollo o in parte la


cambiale non può essere protestata e non ha nessun effetto giuridico, non può acquisire la
funzione di titolo esecutivo, non può essere oggetto di protesto.

L’emissione di una cambiale costituisce un atto di straordinaria amministrazione. Un


minore e un interdetto possono assumere obbligazioni cambiarie attraverso un
rappresentante legale e previa autorizzazione del giudice.

Per gli inabilitati e i minori emancipati c'è bisogno della firma del curatore “per assistenza”
oltre che la firma dell'interessato.

È possibile riempire la cambiale anche successivamente l'emissione con l'accordo di


riempimento. C'è il rischio che l'accordo di riempimento non venga rispettato, con abusivo
riempimento. L'eccezione di abusivo riempimento è un'eccezione personale, non è
opponibile al terzo possessore in buona fede. L'accordo di riempimento decade dopo tre
anni dalla sottoscrizione.

L'accettazione da parte del trattario è sufficiente per dimostrare l'accordo tra le parti.

• La girata è un negozio unilaterale con il quale si trasferisce la cambiale.


La girata può avere effetti più limitati se è diretta all'incasso o alla costituzione di un
pegno. Va scritta sul titolo e sottoscritta dal girante: quando il nome del giratario non è
indicato, si parla di girata in bianco. Colui che riceve un titolo con girata in bianco, può
riempire la girata con il proprio nome o quello di altri, oppure può girare nuovamente il
titolo in bianco.

Anche l’obbligazione cambiaria può essere garantita mediante un’altra obbligazione


cambiaria che è l’avallo.

L’azione cambiaria è di due specie: diretta, o principale contro gli obbligati principali, di
regresso, contro gli obbligati di regresso. Sono entrambe soggette a prescrizione, la prima
dopo tre ani, la seconda i un tempo più breve.

Al fine di esercitare l’azione di regresso, il creditore ha l’onere di far constatare con l’atto di
protesto, il rifiuto di accettazione o pagamento.

GLI ASSEGNI (cap LIII)

L’assegno è uno strumento di pagamento che mira a procurare al portatore l’immediata


disponibili di una somma di denaro. Le più importanti figure di assegno sono l’assegno
bancario e l’assegno circolare.

L’assegno bancario, consiste in un documento, stampato dalla banca e consegnato da


questo al cliente, su cui unilateralmente l’emittente sottoscrive un ordine incondizionato
rivolto alla banca, il cui nome è scritto sul modulo, di pagare una determinata somma a
favore dei un beneficiario.

L’emissione deve essere autorizzata dalla banca e prevede l’esistenza presso la banca ci un
adeguata provvista. in mancanza di provvista chi abbia emesso l’assegno non valido deve
pagare la somma al beneficiario con l’aggiunta di un dieci per cento a titolo penale.

Può essere emesso con specifica indicazione di nome del beneficiario, nominativo, o al
portatore.

171
L’assegno pagabile ad una persona si trasferisce per mezzo della girata, quello al portatore
può essere trasferito mediante semplice consegna.

La anca è tenuta a rispondere del danno nel caso in cui proceda colpevolmente al
pagamento dell’assegno a soggetto non legittimato.

Mentre l’assegno bancario può esser emesso da chiunque abbia una disponibilità di fondi,
l’assegno circolare può essere emesso solo da una banca quando un cliente ne faccia
richiesta e versi un addebito dell’impatto per il quale il titolo è emesso.

L’emissione dell’assegno circolare è necessariamente all’ordine di uno specifico


nominativo, non può essere al portatore.

La struttura è quella del pagherò-cambiario. La banca si impegna incondizionatamente a


pagare a vista l’importo del titolo emesso all’intestatario o eventualmente ad un giratario.

LE OBBLIGAZIONI NASCENTI DALLA LEGGE (cap LIV)

• La gestione di affari

Figure di obbligazioni nascenti dalla legge sono la gestione di affari, la ripetizione


d’indebito, l’arricchimento senza causa.

Si ha gestione di affari altrui nell’ipotesi in cui taluno, senza esservi obbligato, si intromette
negli affari di un altro, che non sia in grado di provvedervi. La legge ne fa derivare un
obbligo a carico del gestore di continuare la gestione intrapresa fino a quando il dominus
non possa intervenire direttamente (art.2028 c.c.).

A sua volta il dominus è tenuto ad adempiere le obbligazioni che il gestore ha assunto in


nome di lui e deve tenere indenne il gestore per quelle che questi abbia assunto in nome
proprio, rimborsandogli altresì tutte le spese necessarie od utili effettuate nell’interesse del
dominus (art.2031 c.c.).

• La ripetizione di indebito
Se si è fatto un pagamento senza che preesista un debito, chi l’ha fatto ha diritto alla
restituzione di ciò che ha pagato, mentre non era dovuto. Distinguiamo due diverse figure
d’indebito:

a) si ha l’indebito oggettivo quando viene effettuato un pagamento benché non esista


alcun debito;

b) si ha indebito soggettivo quando chi non è debitore, credendosi erroneamente tale,


paga al creditore quanto è, in realtà, dovuto a quest’ultimo da un terzo. Si ha indebito, in tal
caso, soltanto se colui che paga il debito altrui è in errore: altrimenti deve ritenersi che
abbia inteso eseguire il pagamento in sostituzione del debitore.

Non dà luogo a ripetizione d’indebito l’adempimento di un’obbligazione naturale. Allo


stesso modo non ha diritto di pretendere la restituzione chi abbia eseguito una prestazione
che costituisca offesa al buon costume anche da parte sua. La ripetizione comprende non
solo ciò che si è pagato, ma anche i frutti e gli interessi.

L’azione di ripetizione dell’indebito è un’azione personale: se chi ha ricevuto indebitamente


una cosa determinata l’ha successivamente alienata, chi ha pagato non può pretendere la
restituzione dal terzo acquirente, ma soltanto chiedergli il corrispettivo qualora sia ancora
dovuto (art.2038 c.c.).

Sull’attore della ripetizione grava l’onere della prova sia del pagamento, sia della
mancanza di una causa che lo giustifichi.

172
• L’ingiustificato arricchimento

L’ordinamento giuridico non può consentire che una persona riceva un vantaggio dal danno
arrecato ad altri, senza che vi sia una causa che giustifichi lo spostamento patrimoniale da
un soggetto ad un altro. Così la legge ha stabilito, come rimedio generale, l’azione
d’ingiustificato arricchimento.

Essa ha carattere sussidiario: è proponibile quando il danneggiato non può esperire altra
azione per rimuovere il pregiudizio (art.2042 c.c.). I presupposti dell’azione sono:

1) l’arricchimento di una persona;

2) la diminuzione patrimoniale di un’altra;

3) il nesso causale tra la diminuzione patrimoniale e l’arricchimento;

4) la mancanza di causa giustificativa dell’arricchimento dell’uno e della perdita dell’altro.

L’ingiustificato arricchimento pone a carico dell’arricchito l’obbligo di restituzione in


natura, quando ha ad oggetto una cosa determinata, o l’obbligo di indennizzare la
controparte della diminuzione patrimoniale subita.

Nella quantificazione dell’indennizzo relativa ad una prestazione di facere in assenza di


valido contratto bisogna tener conto del guadagno che sarebbe derivato se la prestazione
fosse stata eseguita in un valido contratto.

OBBLIGAZIONI NASCENTI DA FATTO ILLECITO


LA RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATUALE (cap LV)

La responsabilità contrattuale (cioè il risarcimento del danno), avviene come


conseguenza all’inadempimento di un obbligazione. (sanziona l’inadempimento)

La responsabilità extracontrattuale o aquiliana o civile (cioè il risarcimento del danno),


grava su chiunque abbia, con fatto doloso o colposo, cagionato ad altri un danno ingiusto.
(sanziona il fatto illecito dannoso).

Quindi chiunque abbia, con fatto doloso o colposo, cagionato ad altri un danno ingiusto, è
obbligato a risarcire il danno (art.2043).

Perché il danneggiante sia obbligato a risarcire il danno da egli stesso causato al


danneggiato devono ricorrere i seguenti presupposti:

a. Il fatto;

b. L’illiceità del fatto;

c. L’imputabilità del fatto al danneggiante;

d. Il dolo o la colpa del danneggiante;

e. Il nesso causale fra fatto ed evento dannoso;

f. Il danno (c.d. danno-conseguenza).

• Il fatto - Per fatto si intende ciò che cagiona il danno. Solitamente di tratta di un
comportamento dell’uomo e quindi di atti (di una condotta).

La condotta può essere: commissiva quando consiste in un facere (si pensi ad es. alla
condotta di un conducente che investe un pedone sulle strisce pedonali);

173
o omissiva che consiste in un non facere (si pensi ad es. alla condotta di chi vedendo
uscire fumo dall’appartamento del vicino non avverte i pompieri, contribuendo
così al diffondersi dell’incendio).

• L’illiceità del fatto - Un fatto si dice illecito se è contrario alle norme imperative, al buon
costume, o all’ordine pubblico.

A volte è la legge stessa ad indicare espressamente che un determinato fatto è illecito, e in


quanto tale obbliga chi lo commette a risarcire il danno ai terzi.

In generale può considerarsi illecito civile “qualunque fatto doloso o colposo che cagiona
ad altri un danno ingiusto”.

Vengono considerati danni ingiusti, e quindi risarcibili, tutti i danni che ledono un diritto
soggettivo assoluto, più in generale tutti quei danni che si traducono in una lesione di un
interesse tutelato dall’ordinamento giuridico.

La giurisprudenza è giunta a prevedere la risarcibilità non solo per la lesioni di diritti, ma


anche per le situazioni di fatto.

Più recentemente è stata ammessa la risarcibilità degli interessi legittimi: i danno deriva
dalla violazione della P.A. di una regola posta nell’interesse generale.

• Cause di giustificazione

Le cause di giustificazione sono quelle circostanze in presenza delle quali un


comportamento che arreca danno ad una persona diventa giustificato
dall’ordinamento, cosicchè non si è tenuti a risarcire il danno causato.

Un fatto non può essere considerato ingiusto se questo fatto rientra nelle cause di
giustificazione. Le cause di giustificazione sono:

a. l’ esercizio di un diritto: (ad es. il giornalista che scrive che il sig. Tizio è stato
arrestato per pedofilia, purché scriva la verità, è giustificato dall’ordinamento giuridico
anche se reca un danno al sig. Tizio. Il giornalista esercita il proprio diritto, l’importante
è che dica la verità);

b. adempimento di un dovere: (si pensi al carabiniere che arresta una persona e che
quindi arreca un danno alla libertà personale della persona arrestata);

c. legittima difesa: (l’ordinamento esclude la risarcibilità di un danno arrecato


all’aggressore per legittima difesa) affinché si possa parlare di legittima difesa devono
concorrere i seguenti presupposti:
-illegittima aggressione alla persona;
-attualità della situazione di pericolo non è a tal fine successivo un pericolo esaurito o
futuro;
-inevitabilità della situazione di pericolo;
-non imputabilità dell’aggredito per la situazione in cui è venuto a trovarsi;
strumentalità dell’offesa che deve essere volta a neutralizzare l’offesa (es: non si può
sparare ad un ladro già in fuga);
-proporzionalità tra difesa e offesa.

d. Partecipazione volontaria ad un attività lecita pericolosa: (ad es. ad un incontro di


pugilato).

L’art 2045 c.c. contempla inoltre il danno arrecato in stato di necessità: Quando chi ha
compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal
pericolo attuale di un danno grave alla persona e il pericolo non è stato da lui

174
volontariamente causato né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuta
un'indennità, la cui misura è rimessa all'equo apprezzamento del giudice.

Se l’azione di pericolo è stata causata per dolo o per cosa da un terzo, il danneggiato può
sia proporre l’azione risarcitoria nei confronti del terzo, che l’azione identitaria nei confronti
del danneggiate.

• Imputabilità del fatto

Non risponde delle conseguenze del fatto dannoso (risarcimento del danno), chi non
aveva la capacità di intendere e di volere al momento in cui l’ha commesso, a meno che
lo stato di incapacità derivi da sua colpa (abbia assunto droghe o alcool in questo caso
dovrà cmq risarcire il danno).

Se il danno è stato provocato da persona incapace, il danneggiato potrà pretendere dalla


persona tenuta alla sua sorveglianza (dell’incapace), il risarcimento del danno.

Qualora l’incapace non abbia una persona tenuta alla sua sorveglianza o il sorvegliante
dimostra che egli non ha potuto impedire il fatto, il giudice potrà decidere un equa
indennità che l’incapace/danneggiante dovrà corrispondere al danneggiato.

• Il dolo e la colpa del danneggiante

Dolo o colpa sono i presupposti della responsabilità extracontrattuale (art. 2043 c.c
qualunque fatto doloso o colposo …)

Un fatto si dice doloso se è stato realizzato con l’intenzione cioè con la consapevolezza
che questa può determinare l’evento dannoso.

Al fine del dolo non è necessario che l’autore ponga in esser tale condotta (dolo diretto) al
fine di produrre l’evento. (es. rapinatore che minaccia con una pistola per fare consegnare
la borsa).

In alcuni casi si ha responsabilità solo se la canotta è dolosa. (es: atti emulativi)

Un fatto si dice colposo quando non è stato intenzionalmente determinato, ma si è


comunque verificato a causa della negligenza o imperizia o imprudenza o inosservanza di
leggi, regolamenti o discipline. Prudenza, perizia e prudenza si valutano alla luce del
parametro del buon padre di famiglia.

(es. lascio inavvertitamente la bombola del gas aperta causando l’esplosione del palazzo
(negligenza)).

Per la responsabilità extracontrattuale è irrilevante se il danno è causato da fatto doloso


o colposo, in entrambi i casi va integralmente risarcito.

L’onere di provare il dolo o la colpa del danneggiante spetta al danneggiato (colui che
vuole far valere il proprio diritto, colui che ha subito il danno e che va in giudizio), a
differenza della responsabilità contrattuale dove l’onere di provare l’avvenuto adempimento
spetta al debitore, al creditore spetta provare solo il suo credito e la data di scadenza (colui
che va in giudizio).

• La responsabilità oggettiva
L’art 2043 sembrerebbe intendere che il danno extracontrattuale sia risarcibile solo se l’atto
che lo cagiona sia doloso o colposo. In realtà lo stesso codice prevede non poche ipotesi
dove un soggetto risponde del danno anche in assenza di dolo o di colpa c.d
responsabilità oggettiva.

175
es: art. 2049 c.c. è responsabile il committente (datore di lavoro) per i danni causati dai
suoi commessi (dipendenti), quindi se un muratore fa cadere un mattone sula macchina che
sta giù, risponderà il datore di lavoro per responsabilità oggettiva.

In tal caso il danneggiato non solo non ha l’onere di provare che il committente sia in dolo
o in colpa; il preponente non potrà nemmeno sottrarsi a responsabilità dimostrando che
nessuna negligenza, imprudenza, imperizia, rispetto di leggi, regolamenti o discipline può
essergli imputato.

La ratio legis è volta a tutelare chi è esposto ai rischi inevitabilmente indotti da determinate
attività o cose, accollandoli attraverso il meccanismo della responsabilità oggettiva, al
soggetto che immette detti rischi nella società.

Responsabilità aggravata

Oltre alle ipotesi in cui la responsabilità extracontrattuale, cioè risarcitoria, sia accollata al
danneggiante per responsabilità soggettiva (per dolo o per colpa), o per responsabilità
oggettiva, ci sono delle ipotesi in cui la responsabilità extracontrattuale provenga da
responsabilità aggravata.

La responsabilità aggravata è chiamata così perché se da un lato il legislatore tutela


maggiormente la posizione del danneggiato, dall’altro lato aggrava la posizione del
danneggiante.

In caso di responsabilità aggravata, l’aggravamento del danneggiante si realizza nel caso in


cui egli non sia in grado di fornire la prova liberatoria che appunto lo libera da ogni
responsabilità.

La prova liberatoria viene richiesta al danneggiante e non al danneggiato.

Ci sono diverse ipotesi di responsabilità aggravata:

A. L’art 2047 c.c prende che in caso di danno cagionato dall’incapace, il risarcimento è
dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza, salvo che provi di non aver potuto impedire il
fatto (prova liberatoria);
analogamente l’art. 2048 prevede che il padre, la madre o il tutore sono responsabili
del danno cagionato dal figlio minore, salvo che provino di non aver potuto impedire il
fatto (prova liberatoria);
così anche i maestri d’arte sono responsabili del danno causato dai propri allievi nel
tempo in cui sono sotto la loro vigilanza, salvo che provi di non aver potuto impedire il
fatto (prova liberatoria); stesso cosa vale per i “precettori e coloro che insegnano un
mestiere o un’arte”

B. Art. 2050: chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un attività pericolosa,
per sua natura o per natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, salvo che
provi di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno (prova liberatoria);

C. Art. 2051: ciascuno è responsabile del danno cagionato dalla cosa che ha in custodia,
salvo che provi il caso fortuito (cioè l’imprevedibilità, l’eccezionalità del caso cioè era
fuori dalla sfera di controllo del custode, ad es. un evento naturale, fatto da un terzo…);

D. Art. 2052: il proprietario dell’animale è responsabile del danno cagionato dall’animale,


sia che fosse in sua custodia sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso
fortuito (cioè una causa esterna come ad es, un fatto naturale, fatto dal terzo o dello
stesso danneggiato);

E. Art 2053: responsabilità del proprietario per danno causato da rovina dell’edificio, salvo
causa di forza maggiore (terremoto, inondazione ecc);

176
F. Art 2054: responsabilità del conducente per danno da circolazione di veicoli, salvo che
provi di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. (si pensi al malore improvviso
che mai aveva colpito il conducente) (prova liberatoria).

In tutti questi casi la difficoltà della prova liberatoria richiesta finisce con il confondere la
responsabilità aggravata con la responsabilità di tipo oggettivo.

• Nesso di causalità

Un altro presupposto della responsabilità extracontrattuale è il nesso di causalità tra fatto


ed evento lesivo: per addossare ad un soggetto l’obbligo di risarcire un determinato
danno, è necessario verificare che proprio quel fatto (o condotta) sia la causa di
quell’evento.

Da un punto di vista naturalistico possono ritenersi cause tutte quelle condotte senza il cui
concorso l’evento stesso non si sarebbe condotto.

Art. 2055 c.c.: Se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido
al risarcimento del danno.
Colui che ha risarcito il danno ha regresso contro ciascuno degli altri, nella misura
determinata dalla gravità della rispettiva colpa e dall'entità delle conseguenze che ne sono
derivate.
Nel dubbio, le singole colpe si presumono uguali.

L’ art 42 del codice penale esprime il principio dell'equivalenza delle cause, secondo il
quale in presenza di una pluralità di cause, tutte idonee a produrre l'evento, queste
vengono considerate di pari valenza, ricordando però che, quando una di esse sia stata
da sola idonea a far realizzare l'evento, tale principio non opera.

• Il concorso di colpa del danneggiato

Può accadere che a cagionare l’evento dannoso, concorra lo stesso danneggiato (si
pensi ad es. all’automobilista che sfrecciando a velocità eccessiva, investe il ciclista che,
senza segnalarlo, cambia improvvisamente traiettoria).

In questo caso se il creditore del risarcimento (il danneggiato) ha concorso a cagionare il


danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa.

L’onere di provare il concorso di colpa del danneggiato spetta al danneggiante.

• La responsabilità per fatto altrui

Di regola, l’obbligo di dover risarcire il danno causato grava su chi lo ha causato


(responsabilità diretta).nA volte il codice però, a maggior tutela del danneggiato, prevede
che tale obbligo gravi su determinati oggetti, anche se il pregiudizio è causato da fatto di
altri (responsabilità indiretta).

La responsabilità indiretta del terzo si aggiunge, di regola, a quella diretta dell’autore del
danno, ciò al fine di tutelare il danneggiato che potrà far conto, per avere il risarcimento, sia
del patrimonio dell’autore del danno, sia del patrimonio di chi ha la responsabilità indiretta.

I casi di responsabilità indiretta sono espressamente previsti dal codice e sono per lo più
quelli già studiati negli articoli 2043- 2054:

a. Responsabilità dei genitori (o dei tutori) per i danni arrecati dai figli minorenni (o da
persone sottoposte a tutela) con essi conviventi.
La responsabilità indiretta dei genitori (o dei tutori) concorre con la responsabilità
diretta dei figli (o delle persone sottoposte a tutela) solo se questi sono capaci di
intendere e di volere. Trattandosi di responsabilità solidale (quella diretta e indiretta),
spetta al danneggiato scegliere a chi rivolgersi per ottenere il risarcimento (se al

177
minore o ai genitori o ad entrambi). Ovviamente i genitori possono liberarsi da
responsabilità indiretta se forniscono la prova liberatoria.

b. Responsabilità indiretta dei precettori o maestri d’arte (insegnante, istruttore ecc)


per i danni arrecati dai suoi allievi o apprendisti nel tempo che sono sotto la loro
vigilanza.
La responsabilità indiretta dei precettore si aggiunge a quella diretta degli allievi.
Sono responsabilità solidali; e anche i precettori possono fornire prova liberatoria.

c. Responsabilità indiretta dei padroni o committenti (o preponenti) dei danni causati


dai loro domestici o commessi (o preposti) nell’esercizio delle loro funzioni.
Anche qui la responsabilità indiretta dei commessi si aggiunge a quella diretta dei
preposti.
Sono responsabilità solidali; i committenti non possono fornire prova liberatoria.
Sono responsabili oggettivamente cioè solo per il fatto di avvantaggiarsi dell’attività del
preposto.
Poi il preponente potrà esercitare azione di regresso contro il preposto per la
somma sborsata sempre che il preponente non abbia concorso alla determinazione del
danno.

d. Responsabilità indiretta del proprietario di un edificio per i danni arrecati a terzi per
vizi di costruzione. Cioè per il danno causato dalla rovina di un edificio causato da
vizio di costruzione, risponde chi ne è proprietario al momento della rovina.
Egli non può fornire prova liberatoria, potrà al massimo, dopo aver risarcito il danno al
terzo, chiedere un azione di regresso contro chi ha progettato l’immobile per avere
quanto sborsato.

e. Responsabilità indiretta del proprietario del veicolo per danni derivanti da vizi di
costruzione del veicolo stesso. (Come per il proprietario di edificio: dovrà pagare e poi
potrà chiedere azione di regresso).

f. Responsabilità indiretta del proprietario di un veicolo per i danni cagionati dalla


circolazione di un veicolo con conducente diverso dal proprietario. La responsabilità
indiretta del proprietario del veicolo si aggiunge a quella diretta del conducente.
Sono responsabilità solidali; e anche i proprietari possono fornire prova liberatoria.
Ovviamente una volta risarcita la somma al terzo il proprietario potrà esercitare azione di
regresso contro il conducente per avere quanto ha sborsato.

• Il danno

Il verificarsi del danno, in conseguenza ad un atto illecito, è l’ultimo presupposto per il


sorgere dell’obbligo della responsabilità extracontrattuale.

Il danno-evento è la lesione di un interesse non tutelato dall’ordinamento.


Il danno-conseguenza è il danno che effettivamente il danneggiato ha sofferto come
conseguenza del danno-evento (fatto illecito). È il solo il danno conseguenza ad essere
oggetto di risarcimento.

Per danno-conseguenza si intende qualsiasi alterazione negativa della situazione del


soggetto rispetto a quella che si sarebbe avuta se non si fosse verificato il fatto illecito
(danno-evento). Il danno-conseguenza si distingue in:

- Patrimoniale se altera negativamente la situazione economica del danneggiato;

- Non patrimoniale se altera non la situazione economica del danneggiato (la psiche di
una persona, cambiamento di stile di vita ecc);

178
Un fatto illecito può determinare sia un danno patrimoniale, sia un danno non patrimoniale
oppure entrambi.

E inoltre può colpire anche più soggetti (es: una persona che è stata investita e ha xso
l’uso delle gambe dovrà essere rimborsato non solo per il danno patrimoniale e non, ma
anche perché cambierà la vita della moglie, dei figli per quanto concerne lo stato
psicologico e lo stile di vita).

Quando ci sono tutti i presupposti per il sorgere della responsabilità extracontrattuale nasce
in capo al danneggiante (o in capo al terzo se si tratta di responsabilità indiretta) l’obbligo
di risarcire il danneggiato. Il risarcimento può essere fatto in due misure:

- Per equivalente: dazione di somma di danaro per compensarlo del danno subito;

- In forma specifica: eliminazione del danno verificatosi (ad es. riparazione della
vettura sinistrata).

Il danno permanente alla persona viene risarcito mediante rendita vitalizia.

Il danno deve essere riparato integralmente.

La giurisprudenza pone comunque l’attenzione nell’evitare che nel caso al danneggiato


spetti sia il risarcimento che un’ulteriore prestazione a finalità compensativa di quella
risarcitoria, questo non ne consegua un arricchimento ingiustificato, detraendo
eventualmente la posta indennitaria percepita anche ad altro titolo.

• Il danno patrimoniale

Il danno patrimoniale consiste nell’alterazione negativa della situazione patrimoniale del


danneggiato, rispetto a quella che sarebbe stata se non si fosse verificato il fatto illecito.
Il danno patrimoniale comprende:

- Il danno emergente cioè l’effettiva diminuzione del patrimonio come conseguenza al


fatto illecito;

- Il lucro cessante cioè il guadagno che quella persona avrebbe potuto avere se non si
fosse verificato il fatto illecito.

Rimane abbastanza complesso il calcolo del lucro cessante che nel caso del lavoro
dipende si accolla su base del reddito da lavoro più i redditi esenti e al lordo delle
detrazioni e ritenute di legge, per il lavoro autonomo si calcola sulla base del reddito netto
che risulta tra i più alti dichiarati.

• Il danno non patrimoniale

Il danno non patrimoniale identifica i pregiudizi che derivano da lesione dei diritti della
persona e non hanno rilievo economico.
Giurisprudenza e dottrina hanno compiuto un lungo percorso evolutivo che ha condotto,
oggi, ad elaborare le seguenti categorie di danno non patrimoniale:
danno morale, quale turbamento transeunte dello stato d'animo;
danno biologico, cioè la lesione psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento
medico-legale, che incide sul suo quotidiano e sulle sue relazioni, ma che prescinde dalla
sua capacità reddituale;
danno esistenziale, che, ledendo altri diritti costituzionalmente tutelati, compromette la
possibilità di svolgere le attività che realizzano la persona umana.

Il danno non patrimoniale deve essere risarcito oltre che nei casi espressamente previsti
dalla legge (art 2059), in caso di lesione dei diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti dalla
Costituzione. (vi rientrano anche i diritti non espressamente riconosciuti dalla costituzione,
ma che vengono comunque garantiti)

179
• Risarcimento per equivalente e risarcimento in forma specifica

Sia il danno patrimoniale che quello non patrimoniale può essere risarcito o per
equivalente, o in forma specifica. La scelta fra le due alternative spetta al danneggiato.

Se il danneggiato richiede il risarcimento in forma specifica, il giudice può negarglielo se


questo è impossibile o comporta un eccessiva onerosità per il danneggiante rispetto al
danno inflitto al danneggiato.

La prescrizione

La prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da responsabilità


extracontrattuale, è di regola di cinque anni dal giorno in cui si è verificato l’illecito.

Se il danno è provocato da circolazione di veicoli di ogni specie il termine di prescrizione è


di 2 anni.

Se il fatto illecito è considerato reato allora la prescrizione è più lunga.

Esiste inoltre la responsabilità per danno causato all’ambiente che verrà risarcito nei
confronti dello Stato.Per danno ambientale si intende quello arrecato all’interesse
collettivo.

• La responsabilità per danno da prodotto difettoso

Qualsiasi bene mobile messo in circolazione se venduto difettoso, il compratore potrà


chiedere il risarcimento del danno se riesce a provare: il danno sofferto; il difetto del
prodotto; la connessione tra danno e difetto.

Quindi accertate queste prove il produttore o il fornitore o l’importatore, dovrà risarcire il


compratore del danno sofferto. Se al danno concorrono più persone sono obbligate in
solido al risarcimento.

Se però il venditore informa, prima della vendita, il compratore del difetto gravante sul
prodotto, il venditore non deve risarcire nulla.

La prescrizione di danni derivanti da prodotti difettosi è di 3 anni decorsi dal giorno in cui il
danneggiato ha avuto conoscenza del difetto e del danno.

• La responsabilità medica
La giurisprudenza ha rivisitato le regole, pur in assenza di norme codicistiche specificate,
inerenti alla responsabilità medica, ossia la responsabilità di strutture sani tarde e socio-
sanitarie, medici e persone infermieristico ecc.

La responsabilità medica viene ricondotta a responsabilità contrattuale sia nei casi in il


paziente abbia stipulato un vero e propio contratto, sia nei casi in ci non vi sia stato
stipulato.

La giurisprudenza si è mossa per alleggerire l’onere della prova a carico del paziente;
ampliare il novero delle condotte esigibili dal personale sanitario la cui violazione implica
responsabilità; innalzare il livello di diligenza e perizia richiesto all’operatore sanitario.

La L. 24/2017 si basa sui seguenti principi:

- la sicurezza delle cure


- la responsabilità contrattuale si cui la struttura, sia pubblica che privata, risponde nei
confronti dell’assistito, sia per inadeguatezza del trattamento eseguito, sia per condotte
dolose e colpose da parte del personale che opera a suo interno

180
- al dover aderire alle linee guida emanate ed aggiornate con cadenza biennale dal
ministero della salute

- alla riparazione integrale del danno sofferto dalla vittima

- le strutture, a tutela sia del danneggiato che degli operatori sanitari che vi operano, sono
tenute a munirsi di copertura assicurativa
- la vittima di un danno sofferto può agire direttamente contro la compagnia di
assicurazione della struttura sanitaria. […]

Differenze tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale


La differenza sostanziale è che la responsabilità contrattuale sanziona l’inadempimento di
un'obbligazione, la responsabilità extracontrattuale sanziona il fatto illecito dannoso.

Differiscono anche per la disciplina:

a) per quanto riguarda la capacità di intendere e di volere:

- la Resp. Contr. non presuppone la capacità di intendere e di volere, l’obbligo di risarcire


grava anche sul soggetto minore o incapace;

- la Resp. Extrac. richiede, di regola, la capacità di intendere e di volere dell’autore


dell’illecito dannoso.

b) riguardo al danno:

- la Resp. contr. importa la risarcibilità solo del danno prevedibile nel tempo in cui è sorta
l’obbligazione

- la Resp. extrac. importa la risarcibilità sia dei danni prevedibili che imprevedibili-

c) Per la Prescrizione:

- Per la Resp. Contr. il termine di prescrizione è di regola 10 anni;

- Per la Resp. Extrac. è di 5 anni salvo eccezioni.

d) Per l’onere della prova:

- Nella Resp. Contr. il creditore/danneggiato che agisce in giudizio deve solo fornire la
prova del suo credito, spetta poi al debitore provare (fornire l’onere della prova) o che la
prestazione sia stata adempiuta o che il ritardo/inadempimento è determinato da
impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile;

- Nella Resp. Extrac. il danneggiato che agisce in giudizio ha l’onere di provare il danno, il
fatto illecito, il nesso tra fatto illecito e danno, nonché (salvo che nelle ipotesi di Resp.
oggettiva o aggravata), il dolo o la colpa del danneggiante.

• Il concorso tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale

La nostra giurisprudenza ammette il c.d. concorso tra responsabilità contrattuale ed


extracontrattuale, cioè lascia al danneggiato la facoltà di scegliere se agire in via
contrattuale o extracontrattuale.

L’esercizio di una non comporta la rinuncia all’altra, cioè se è stata rigettata la proposta in
via extracontrattuale per decorso della prescrizione quinquennale, il danneggiato potrà
proporre quella in via contrattuale.

N.B. ovviamente il risarcimento ottenuto per una via fa venir meno la proposta nell’altra via.

181
I RAPPORTI DI FAMIGLIA
TRASFORMAZIONI SOCIALI E DIRITTO DI FAMIGLIA (cap LXV)

La famiglia soddisfa bisogni fondamentali dell’individuo

Non essendovi un modello universale di famiglia, che è soggetto a mutamenti nel corso del
tempo, il codice non definisce la famiglia.

I valori presenti negli artt 29-30 della Costituzione, enunciati dopo la Riforma del diritto di
famiglia del 1975, riconoscono i diritti della famiglia come società naturale fondata sul
matrimonio; nel matrimonio i coniugi hanno uguaglianza giuridica e morale; entrambi
hanno diritto e dovere di mantenere, istruire ed educare la prole; si tutelano i figli nati fuori
dal matrimonio.

Si supera in tal modo l’assetto gerarchico autoritario delicato dal codice nella vecchia
disciplina.

• Famiglia legittima e famiglia di fatto

La famiglia legittima è quella fondata sul matrimonio; anche i figli nati da genitori uniti in
matrimonio sono detti legittimi.

La famiglia di fatto è quella costituita da persone, che pur non essendo legate dal vincolo
del matrimonio convivono, come se fossero coniugati (more uxorio), insieme agli eventuali
figli nati dalla loro unione.

La diffusione del rapporto di convivenza ha fatto sì che la relazione more uxorio fosse
oggetto di vari interventi normativi, mediante disposizioni speciali che volta per vota hanno
disciplinato gli aspetti più rilevanti del rapporto di convivenza.

È esclusa l’applicabilità analogica alle coppie conviventi, delle norme specificamente


dottate per le famiglie legittime.

MATRIMONIO: LA FORMAZIONE DEL VINCOLO (cap LXVI)

A) IL MATRIMONIO CIVILE
Il matrimonio è un istituto che tradizionalmente assume rilievo sia dal punto di vista
religioso, come sacramento, che dal punto di vista dell’ordinamento giuridico dello Stato.

Per il diritto italiano il termine matrimonio indica sia l’atto cioè le nozze che il rapporto che
nasce tra gli sposi.

Il rapporto che si costituisce con il matrimonio è un rapporto coniugale, che determina


l’acquisizione automatica, per la prole, dello status di figli legittimi.

Essendo il matrimonio la comunione di vita “spirituale e materiale” tra i coniugi, il diritto non
fa altro che imporre dei vincoli giuridici tra gli sposi, che si traducono in un insieme di
obblighi reciproci.

Il vincolo del rapporto coniugale non è più considerato indissolubile dal 1970, anno in cui è
stata introdotta la legge sul divorzio. Esso rimane esclusivo, ossia monogamico,
indisponibile, e di durata indeterminata.

Il matrimonio può essere celebrato secondo due criteri:

- Matrimonio civile: matrimonio celebrato davanti ad un ufficiale dello stato civile;

- Matrimonio concordatario: cioè matrimonio celebrato davanti a ad un ministro del culto


cattolico, secondo le regole del diritto canonico, purché seguita da trascrizione dell’atto
nei registri dello stato civile.

182
• La promessa di matrimonio
Il matrimonio è di solito preceduto dal “fidanzamento” che viene considerato dal diritto ai
fini della disciplina della promessa di contrarre matrimonio.

Le parti hanno libertà fino al momento delle nozze, la promessa non le obbliga a contrarre
matrimonio e non lo considera come un inadempimento.

Qualora però una delle due parti abbia affrontato spese o contratto debiti al fine di costruire
la propria famiglia, se la promessa è fatta per iscritto o risulta dalle pubblicazioni, nel caso
in cui per ingiusto motivo il promettente ricusi di contrarre nozze, è tento al risarcimento dei
danni. (limitatamente alle spese affrontate e i debiti contratti)

Nel caso il matrimonio nonni contragga si può richiedere inoltre la restituzione dei “doni fatti
a causa della promessa di matrimonio”, le quali donazioni non richiedono la forma dell’atto
publico e si perfeziono mediante la consegna.

Le azioni di risarcimento e restituzione dei doni sono soggette a termine di decadenza


annuale.

• Capacità e impedimenti
Per contrarre matrimonio è necessario che ciascuno dei coniugi abbia la piena capacità di
sposarsi e non sussistono ostacoli relativi alla coppia.

I requisiti di capacità sono:

a. La libertà di stato: non può contrarre (nuovo) matrimonio chi è ancora sposato; a meno
che il matrimonio precedente non sia stato annullato o sia nullo o comunque sciolto (per
divorzio o morte dell’altro coniuge);

b. L’età minima: di 18 anni per entrambi.


Eccezione: La legge può permettere a 2 minorenni che abbiano compiuto almeno 16
anni, di sposarsi attraverso l’emancipazione, solo per gravi motivi, e accertata la
maturità psico-fisica;

c. La capacità di intendere e di volere: non può contrarre matrimonio la persona inferma


di mente o comunque che non abbia la capacità di intendere e di volere per qualsiasi
causa anche transitoria;

d. l’assenza di rischio di commixtio sanguinis: questo requisito vale solo per la donna
che sia già stata sposata, che non può contrarre nuovo matrimonio prima che siano
passati 300 giorni dallo scioglimento del precedente. Il tribunale può accordare
dispensa da questo divieto quando sia escluso lo stato di gravidanza, il matrimonio non
sia stato dichiarato nullo per impotenza di uno dei coniugi o non abbia convissuto col
marito nei 300 giorni.

Non possono contrarre matrimonio:

- Gli ascendenti e i discendenti in linea retta, legittimi o naturali;

- i fratelli e le sorelle, legittimi o naturali;

- lo zio e la nipote, la zia e il nipote;

- gli affini in linea retta (suocero e nuora, genero e suocera);

- I cognati (suscettibile di dispensa);

- L’adottante e l’adottato e i suoi discendenti;

- I figli adottivi della stessa persona; L’adottato e il coniuge dell’adottante.

183
Non possono contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali una è stata condannata
per omicidio e l’altra sia il coniuge della vittima. impedimentum crimis
Lo straniero che contragga matrimonio in Italia deve avere una dichiarazione delle autorità
del paese che sostengono che non vi siano impedimenti al matrimonio. Valgono in generale
gli impedimenti previsti dall’ordinamento giuridico italiano (scritti sopra).

• Pubblicazione e celebrazione
La celebrazione del matrimonio deve essere preceduta da alcune formalità preliminari,
come la pubblicazione, che deve precedere per legge la celebrazione di almeno quattro
giorni; essa può essere omessa solo per gravi motivi previa autorizzazione giudiziale.

La pubblicazione che consiste nell’affissione di un atto, contenente le generalità degli


sposi, alla porta della casa comunale per almeno 8 gg.
Questo serve ad evitare nozze precipitose a dare modo agli interessati di fare eventuali
opposizioni. Se non c’è stata nessuna opposizione durante questo periodo il matrimonio
può essere celebrato.

La richiesta della formalità deve avvenire da uno dei nubendi o una persona che ne abbia
avuto speciale incarico, e deve dichiarare le generalità degli sposi e le eventuali cause
impeditive al matrimonio, in base alle quali l’ufficiale recupererà i documenti necessari a
dimostrarne la sussistenza.

In manca dei presupposti indicati, per l’art 102 c.c.: I genitori e, in mancanza loro, gli altri
ascendenti e i collaterali entro il terzo grado possono fare opposizione al matrimonio dei loro
parenti per qualunque causa che osti alla sua celebrazione.

La celebrazione deve avvenire pubblicamente nella casa comunale davanti all’ufficiale di


stato civile al quale si è fatto richiesta di pubblicazione.

L’ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni, da lettura agli sposi degli art. 143,
144,147 del c.c. e riceve da entrambi, l’una dopo l’altra, la dichiarazione che esse si
vogliono prendere in marito e in moglie, e successivamente dichiara che sono ufficialmente
unite in matrimonio, e immediatamente dopo la celebrazione devono trascrivere il
matrimonio nel registro di stato civile.

La dichiarazione degli sposi di prendersi rispettivamente come marito e moglie non può
essere sottoposta né condizioni né a termine.

È ammessa la celebrazione per procura per i militanti in tempo di guerra e quando uno degli
sposi risiede all’estero e concordano gravi motivi.

La natura giuridica della celebrazione è il negozio bilaterale in quanto entrambe le parti


dichiarano di volersi prendere rispettivamente in marito e meglio. Non è però un negozio di
natura contrattuale. Il matrimonio non si conclude infatti per effetto della dichiarazione delle
parti, ma attraverso un atto amministrativo, la dichiarazione dell’ufficiale.

• Invalidità del matrimonio


Un matrimonio è invalido se manca di requisiti di capacità o sussistano gli impedimenti.
Può dirsi addirittura inesistente in mancanza di elementi minimi della fattispecie (es: prima
erano inesistenti i matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Tra le cause di invalidità alcune possono essere fatte valere da chiunque abbia
interesse(invalidità assoluta);
alcune solo dai coniugi o dal pubblico ministero (invalidità relativa);
altre possono essere fatte valere in qualunque tempo (invalidità insanabile
imprescrittibile) altre sono suscettibili di rapida sanatoria.

184
Cause di invalidità:

a. Vincolo di precedente matrimonio di uno dei coniugi, cioè se uno dei coniugi è ancora
sposato e il vecchio matrimonio non è ancora sciolto o annullato.
Può essere impugnato da chiunque e in qualunque tempo (invalidità assoluta e
imprescrittibile);

b. Non possono contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali una è stata
condannata per omicidio e l’altra sia il coniuge della vittima. impedimentum crimis
L’invalidità è assoluta e insanabile.

c. Interdizione giudiziale di uno dei coniugi Chiunque può impugnare il matrimonio in


cui uno dei coniugi è interdetto (invalidità assoluta);

d. Incapacità naturale di uno dei coniugi Uno dei coniugi può impugnare il matrimonio
se al momento del matrimonio non era capace di intendere e di volere (invalidità
relativa).
L’azione di invalidità non può essere richiesta se vi è stato coabitazione per un anno
dopo che il coniuge ha riacquisito la pienezza delle capacità mentali.

e. Difetto di età Può essere impugnato da uno dei coniugi, dai genitori dei coniugi o dal
pubblico ministero a meno che il minorenne durante il processo abbia raggiunto la
maggiore età e decida di rimanere nel vincolo del matrimonio oppure a meno che non la
coppia non abbia avuto un figlio.

f. Vincolo di parentela, affinità, adozione o affiliazione. L’invalidità non può essere


proposta dopo 1 anno dalla celebrazione del matrimonio

In taluni casi è possibile impugnare il matrimonio per vizi del consenso, che sono:

I. Violenza qualora il consenso sia stato estorto mediante minacce

II. Timore di eccezionale gravita nel caso in cui uno dei due coniugi risulti costretto alla
celebrazione da elementi obiettivi e seri che ne perturbano la volontà, ma che non siano
minacce di un terzo, poiché in tal caso ricorrerebbe l’ipotesi di violenza.

III. Errore su qualità personali dell’altro coniuge, applicabile solo se dopo le nozze un
coniuge scopra una determinata circostanza (prevista dall’art 122, comma 3, c.c.)
dell’altro, da lui ignorante in precedenza.

IV. Simulazione ( con termine di decadenza annuale)

L’azione di impugnazione è personale e intrasmissibile agli eredi, che non legittimati a


proporla, ma possono continuare il processo che il loro dante causa aveva iniziato.

In pendenza di giudizio di separazione di annullamento o nullità può essere disposta la


separazione.

• Il matrimonio putativo
Se i coniugi sono in buona fede (ossia ignoravano, al momento della celebrazione, il vizio
che inficiava le loro nozze), il matrimonio si considera valido fino alla pronunzia della
sentenza di annullamento, la quale, dunque, opera ex nunc (quasi fosse una causa di
scioglimento del vincolo), anziché ex tunc (perciò si parla di matrimonio putativo:
matrimonio, che i coniugi credevano valido).

Se in buona fede è uno solo dei coniugi, gli effetti del matrimonio putativo si verificano
soltanto in favore suo e dei figli.
Se entrambi i coniugi sono in mala fede, i figli si considerano egualmente legittimi, a meno
che la nullità dipenda da bigamia o incesto: in queste due ipotesi, ai figli spetta lo status di

185
figli naturali riconosciuti. Non può ricorrere la figura del matrimonio putativo nel caso in cui il
matrimonio sia addirittura inesistente.

B) MATRIMONIO CONCORDATARIO E IL MATRIMONIO CELEBRATO DAVANTI AI


MINISTRI DI ALTRI CULTI
Il matrimonio in quanto atto contempla una varietà di forme e può essere celebrato dinanzi
a ministri di culto.

Una figura tipica nel nostro ordinamento è il matrimonio concordatario (ossia canonico),
che mediante accordo tra Stato e Chiesa Cattolica produce effetti non solo religiosi ma
anche civili.

In quanto matrimonio canonico, è retto dalla disciplina del diritto canonico, producendo
effetti anche nell’ordinamento dello Stato. Dunque la sentenza di nullità del matrimonio
canonico pronunciata dall’autorità giurisdizionale ecclesiastica , può diventare efficace
anche di fronte all’ordinamento dello Stato mediante deliberazione della Corte d’Appello.

• Le modalità per il riconoscimento dell’efficacia civile del matrimonio canonico


Anche la celebrazione del matrimonio concordatario deve essere preceduta dalle
pubblicazioni, mediante affissione di un avviso con le generalità degli sposi, sia alle porte
della chiesa parrocchiale, sia alle porte della casa comunale per avere effetti sia religiosi
che civili.

Eseguite le pubblicazioni e se non si ha nessuna opposizione si può procedere con la


celebrazione da parte del ministro del culto.

Affinché un matrimonio religioso abbia anche effetti civili occorre che:

a) il parroco o il suo delegato spieghi gli effetti civili derivanti dal matrimonio e dia loro
lettura degli articoli riguardanti i diritti e i doveri dei coniugi (art 143, 144 e 147 previsti
dal 107).

b) Dell’atto del matrimonio siano redatti due copie originali;

c) Uno degli originali dell’atto del matrimonio sia trasmesso all’ufficiale dello stato civile
per effettuare la trascrizione nel registro dello stato civile.

L’atto fondamentale perché il matrimonio religioso consegua effetti civili è la sua


trascrizione nel registro dello stato civile. In mancanza della trascrizione il matrimonio
canonico rimane un atto puramente religioso, irrilevante per l’ordinamento giuridico.

Gli effetti civili si producono non dal giorno della trascrizione bensì dal giorno della
celebrazione: la trascrizione ha cioè efficacia retroattiva.

Il matrimonio canonico è intrascrivibile in alcuni casi:

- Quando gli sposi non rispondono ai requisiti di capacità civili dell’età o non era in grado
di intendere e di volere (incapacità naturale);

- Quando sussiste una causa di impedimento (affinità, parentela, adozione ecc).

Se la trascrizione nel registro dello stato civile del matrimonio canonico sia stata omessa,
per qualsiasi causa, può essere in qualsiasi momento chiesta la trascrizione tardiva da
entrambi i coniugi o anche da uno a patto che l’altro ne sia a conoscenza e non si opponga.
Anche la trascrizione tardiva ha effetto retroattivo, cioè gli effetti civili decorrono dal
momento della celebrazione.

Anche il matrimonio celebrato davanti a ministro di un culto acattolico deve essere


trascritto nel registro dello stato civile, perché produca effetti civili.

186
Riguardo alle condizioni necessarie affinché la sentenza di nullità di matrimonio pronunciata
dal tribunale ecclesiastico sia dichiarata efficace nella Repubblica, è necessario che la
Corte d’Appello competente per territorio accerti:

a. che il giudice ecclesiastico era competente a conoscere la causa

b. che nel procedimento davanti al tribunale ecclesiastico sia stato assicurato alle parti
indiretto di agire e resistere in giudizio in modo non difforme dai principi
dell’ordinamento italiano

c. che concorrano le condizioni richieste dalla legislazione italiana per la dichiarazione di


efficacia delle sentenze straniere.

A differenza di quello cattolico, quello acattolico è regolato totalmente dal cod. civ. e per
avere effetti civili il ministro del culto acattolico deve essere autorizzato dall’ufficiale di stato
civile. Non è ammessa trascrizione tardiva.

IL MATRIMONIO: IL REGIME DEL VINCOLO (cap LXVII)

Il matrimonio è basato sull’uguaglianza giuridica e morale dei coniugi (art. 29 Cost.).Con il


matrimonio i coniugi acquistano gli stessi diritti e doveri (art 143 c.c.)

L’attuale disciplina insegna i coniugi a concordare l’indirizzo della vita familiare e la


residenza della famiglia, che non è più di arbitrio del marito, secondo le esigenze di
entrambi e della famiglia.

Costituisce un “limite” al principio di parità se necessario a garantire “l’unità familiare” la


norma derivante da un’antica tradizione che prevede l’aggiunta del cognome maritale a
quello della moglie.

Dal matrimonio derivano l’obbligo alla:

a. Fedeltà, che non è più oggetti di considerazione da parte del diritto penale, sebbene sia
un obbligo giuridico

b. Assistenza morale e materiale, che in caso di violazione può essere causa di addebito
alla separazione

c. Collaborazione nell’interesse della famiglia (sacrificare qualche interesse individuale


per l’interesse della famiglia);

d. Coabitazione. L’interruzione della convivenza per giusta causa non costituisce


violazione.

La parità comporta anche doveri di solidarietà economica, i coniugi sono tenuti a


contribuire ai bisogni della famiglia in relazione alle proprie sostanze e le proprie capacità di
lavoro.

Tali obblighi sono di carattere personale e non suscettibili di coercizione, sebbene il giudice
li possa addebitare in caso di separazione, come comportamento contrario ai doveri che
derivano dal matrimonio.

Sono stati di recente introdotti ordini di protezione al fine di prevenire e sanzionare la


violenza nelle relazioni familiari.

• La crisi della coppia e la separazione.


La separazione “personale” (giudiziale o consensuale) si differisce dal divorzio, in quanto
non comporta la cessazione degli effetti del matrimonio, è viene concepita dalla legge
come un fase transitoria, che può cessare in ogni momento mediante la “riconciliazione”.

187
Il codice si occupa di regolare solo la separazione legale,

può tuttavia verificarsi la separazione di fatto, ossia un’interruzione della convivenza


coniugale non sanzionata da provvedimenti giuridici, ma voluta e attuata liberamente, sulla
base di n accordo informale tra i coniugi. La separazione di fatto non comporta effetti
giuridici, i coniugi possono dunque riprendere i qualsiasi momento la convivenza.

La separazione legale può essere giudiziale o consensuale.

Secondo le vecchie norme la separazione giudiziale poteva essere ottenuta soltanto


adducendo all’altro una “colpa”.
L’art 151 c.c. consente invece ai coniugi di richiederla come conseguenza del fatto che la
loro convivenza sia divenuta intollerabile al punto da arrecare grave pregiudizio
all’educazione della prole.
Ma la giurisprudenza ha affermato che basta la volontà di una delle due parti a non
proseguire la convivenza, a prescindere dalle cause.

Qualora uno dei due coniugi non abbia redditi propri adeguati, il giudice può imporre
all’altro l’obbligo di versare un’assegno periodico necessario al suo mantenimento.
Nel caso di mancata instaurazione della comunione materiale e spirituale del
matrimonio, vengono meno i presupposti per l’assegno di mantenimento.
L’assegno non può essere attribuito alla parte a cui sia attribuita la responsabilità della
separazione, i quali diritti sono gravemente limitati anche nei cifranti del patrimonio dell’altro
coniuge.

Le statuizioni contenute nella sentenza di separazione possono essere revocate o


modificate, possono essere adeguate nel caso il contesto sostanziale cambi.

Il giudice può inoltre vietare alla moglie l’uso del cognome maritale, quando possa risultare
gravemente pregiudizievole per il marito.

Ai fini della separazione consensuale non è sufficiente il consenso dei conigli, ma per
produrre effetti giuridici vi deve essere anche l’omologazione del tribunale. Prima di
concedere l’omologazione, il presidente del tribunale deve esperire un tentativo di
riconciliazione, e non può essere concessa l’omologazione in caso sia in contrasto con
l’interesse dei figli.

Dal d.l. del 12 settembre 2014 sono state introdotte nuove modalità di separazione, come la
negoziazione assistita. Essa comete in una negoziazione tra i coniugi, ciascuno dei quali
deve essere assistito da un diverso avvocato.
Nel caso non vi siano figli minori, o maggiori portatori di handicap o economicamente
insufficienti, l’accordo deve esser trasmesso all Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale competente, in caso contrario; in caso contrario il pubblico Ministero interverrà a
verificare la rispondenza dei patti agli interessi dei figli.

Il ruolo degli avvocati è da un lato il tentativo di riconciliazione delle parti, dall’altra sono
tenuti a trasmettere all’ufficiale dello stato civile del Comune presso cui il matrimonio è
stato iscritto o trascritto, la copia autenticata dallo stesso, dell’accordo raggiunto.

Un’ulteriore modalità introdotta è la separazione consensuale dinanzi all’Ufficiale di


stato ufficiale, figura ricoperta dal Sindaco, in cui l’assistenza degli avvocati è solo
facoltativa. Non si può ricorrere a tale modalità in presenza di figli minori o portatori di
handicap grave o economicamente non autonomi.

Gli effetti della separazione cessano con la riconciliazione, la quale non richiede una
forma solenne, può avvenire mediante dichiarazione, o meramente di fatto.

188
• Lo scioglimento del matrimonio, il divorzio.
Fino al 1942 secondo il codice civile vigeva il principio di indissolubilità del matrimonio, il
quale si riteneva sciolto solo dopo la morte del coniuge.
Il sistema è stato modificato nel 1970 con l’introduzione della disciplina sullo scioglimento
del matrimonio,
in realtà tale provvedimento non faceva riferimento divorzio, ma allo scioglimento del
matrimonio con cessazione degli effetti civili, mentre per la chiesa continuavano ad essere
sposati.

La condizione di morte del coniuge, non è identica in tutto a quella di non coniugato,
poiché continuano a prodursi degli effetti (es: i diritti successori spettanti al coniuge
superstite). Alla morte del coniuge è equiparata la condizione di morte presunta, il nuovo
matrimonio è tuttavia dichiarato invalido se si accerta l’esistenza o ritorna il coniuge
presunto morto.

Il divorzio si pone come rimedio al fallimento coniugale, ed è ammissibile solamente


quando la comunione materiale e spirituale tra i coniugi non può più essere mantenuta o
ricostituita.
Prima dell’introduzione sulla legge del divorzio breve, ai fini della separazione vi doveva
essere stata la separazione personale dei coniugi per almeno 3 anni.
Il nuovo provvedimento ha abbreviato il termine a un anno per la separazione giudiziale, e
sei mesi nel caso della separazione consensuale. La separazione deve essere
ininterrotta. È a tal fine irrilevante la separazione di fatto.

Le altre cause di divorzio sono: una condanna penale, passata in giudicato, di particolare
gravità; una condanna penale per reati in danno al coniuge o di un figlio; l’assoluzione totale
per vizio di mente da uno dei delitti per i quali la condanna sarebbe caos sufficiente al
divorzio; l’annullamento di matrimonio o divorzio ottenuti all’estero dal coniuge straniero; la
mancata consumazione del matrimonio.

In caso si rettificazione dell’attribuzione di sesso è previsto lo scioglimento del


matrimonio o la cessazione dei suoi effetti civili.

Al ricorrere dei seguenti presupposti, uno o entrambi i coniugi posso richiedere lo


scioglimento del matrimonio contratto a norma del codice civile, o nel caso di matrimonio
concordatario, la cessazione degli effetti civili.

Con la sentenza di divorzio il Tribunale può predisporre l’obbligo per un coniuge di


disporre all’altro un assegno periodico, nel caso quest’ultimo non abbia i mezzi adeguati o
non possa procuraseli. La misura dell’assegno è determinata oltre che in base allo stile i
vita precedente allo scioglimento del matrimonio, mediante un criterio composito che
comparando le rispettive condizioni economico-patrimoniali.

Su accordo delle partila corresponsione può avvenire in un unica soluzione. L’obbligo di


corresponsione cessa quando il coniuge passa beneficiario passa a nuove nozze.

• I provvedimenti rigira i figli nella crisi di coppia.

In tutti i casi di dissoluzione i si rifaceva all’art 155 c.c. tuttavia nel corso del tempo la
disciplina dei figli della coppia in crisi è stata oggetto di varie modifiche.

La legge del 2006 pone come regola fondamentale l’affidamento condiviso.

L’art 337-ter c.c.: Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e


continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza
morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di
ciascun ramo genitoriale. (La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori)

189
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all'articolo 337
bis, il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse
morale e materiale di essa.
Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori
oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro
presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di
essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli.
Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori.
Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea
impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l'affidamento familiare.
All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del
merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d'ufficio.
A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico
ministero, al giudice tutelare.
I provvedimenti relativi ai figli sono sempre modificabili.

Nel caso la coppia abbia figli maggiorenni economicamente non autosufficienti è prevista la
possibilità di disporre il pagamento di assegni a favore di questi, versandoglieli
direttamente.

Il godimento della casa familiare è attribuito perseguendo in maniera prioritaria l’interesse


dei figli e tenendo conto dell’eventuale titolo di proprietà. Il provvedimento di assegnazione
è suscettibile di trascrizione per renderlo opponibile a terzi.

IL REGIME PATRIMONIALE DELLA FAMIGLIA (cap LXVIII)

Esistono due regimi patrimoniale della famiglia, cioè due tipi di rapporti patrimoniali tra i
coniugi e sono:

- Il regime della separazione dei beni: dove ciascun coniuge rimane titolare esclusivo dei
beni acquistati durante il matrimonio, senza avere alcun diritto sui beni dell’altro coniuge;

- Il regime di comunione di beni: dove i beni acquistati dai coniugi durante il matrimonio
sono di proprietà di entrambi (principio di solidarietà e parità).

Se prima vi era solo la separazione dei beni (riforma del 1975) , ora con la nuova
riforma si applica sempre la comunione dei beni a meno che i coniugi non si accordino
per avere la separazione dei beni. In mancanza di tale quest’accordo automaticamente si
applica il regime patrimoniale legale della comunione dei beni.

Lo stesso regime vale nel caso delle caso delle unioni civili.

• L’obbligo di contribuzione per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia

Il matrimonio impone ad entrambi i coniugi (indipendentemente dal regime patrimoniale


adottato) l’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia. (cioè i coniugi sono obbligati a
mettere a disposizione della famiglia tutti i redditi e i beni per il soddisfacimento dei bisogni
familiari)

Ciascun coniuge deve adempiere all’obbligo di mantenere, istruire, ed educare la prole


(sempre in proporzione del proprio reddito).

N.B. Nell’ipotesi in cui la coppia non abbia mezzi sufficienti al provvedere al mantenimento
dei figli, la legge impone ai loro ascendenti di fornire i mezzi necessari affinché
quest’obbligo venga adempiuto.

190
• Regime patrimoniale legale. Le convenzioni matrimoniali
Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di un accordo tra i coniugi, è
quello della comunione dei beni.

La scelta della separazione dei beni può essere fatto solo mediante accordo stipulato: o
mediante atto pubblico; o risultante dall’atto di matrimonio (quello trasmesso all’ufficiale
di stato civile) quindi non può essere chiesta la separazione dei beni mediante atto
unilaterale.

Mediante l’atto pubblico i coniugi possono accordarsi anche per la costituzione: di un


fondo patrimoniale; o di una comunione convenzionale. La comunione convenzionale
può essere chiesta anche dopo il matrimonio.

La comunione legale

Il regime patrimoniale legale della famiglia, in mancanza di diverso accordo, è quello della
comunione legale.

La comunione legale non è una comunione universale, cioè non tutti i beni acquistatati
fanno parte della comunione. Ci sono beni che cadono automaticamente nella comunione
dei beni e altri chiamati beni personali che invece rimangono esclusivamente al singolo
coniuge.

I beni cadono automaticamente nella comunione (dove i coniugi diventano contitolari -


comunione immediata) sono:

- gli acquisti compiuti (insieme o separatamente) durante il matrimonio, ad esclusione dei


beni personali (sono beni che cadono in comunione automaticamente i mobili,
l’immobile, l’auto ecc);

- le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio;

- gli utili e gli incrementi di aziende gestite da entrambi, anche se appartenente ad uno
solo dei coniugi anteriormente al matrimonio.

Sono esclusi dalla comunione e rimangono nei beni personali di ciascun coniuge:

- i beni che ciascun coniuge già possedeva prima del matrimonio;

- i beni da lui acquisiti per effetto di una donazione a SUO favore, salvo che
siano espressamente attribuiti alla comunione;

- i beni di uso strettamente personale;

- i beni che servono all’esercizio di una professione, tranne quelli che si usano in una
azienda facente parte della comunione;

- i beni acquisiti con lo scambio di altri beni personali.

I redditi e i risparmi di ciascun coniuge non sono né beni a comunione immediata e né beni
personali. Essi entrano a far parte della comunione (per effettuare la divisione) se e solo se
al momento dello scioglimento della comunione non sono stati del tutto consumati.
(c.d. comunione di residuo).

I crediti di ciascun coniuge non entrano a far parte della comunione legale.

Sui beni in comunione, i coniugi possono effettuare disgiuntamente gli atti di ordinaria
amministrazione e congiuntamente gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione.

191
Se non c’è l’accordo di uno dei coniugi, l’altro coniuge può chiedere l’autorizzazione al
giudice di effettuare comunque quell’atto eccedente l’ordinaria amministrazione quando
questo sia necessario per la famiglia.

Sono annullabili gli atti eseguiti da un coniuge senza il consenso dell’altro per gli atti
eccedenti l’ord. amm. se riguardano beni immobili o mobili registrati.

Se invece riguardano beni mobili il coniuge che li ha compiuti deve cercare di ritornare alla
situazione precedente, se questo non è possibile deve pagare alla comunione l’equivalente.

I creditori di uno dei coniugi si possono rifare solo sui beni personali del coniuge, se questi
non sono capienti a soddisfare il loro credito possono rifarsi anche sui beni in comunione
ma solo per metà del valore di tutti i beni in comunione (cioè solo della quota di quel
coniuge).

• Scioglimento della comunione


La comunione legale si scioglie per una delle seguenti cause:

- Morte di uno dei coniugi;

- Sentenza di divorzio;

- Dichiarazione di assenza o morte presunta di uno dei coniugi;

- Annullamento del matrimonio (cause di cambio sesso, mancata consumazione);

- Separazione legale (giudiziale o consensuale);

- Fallimento di uno dei coniugi;

- Convenzione tra i coniugi di abbandonare il regime di comunione;

- Separazione giudiziale dei beni.

eccezione: la separazione giudiziale dei beni può essere pronunciata dal tribunale su
richiesta anche di uno dei coniugi (a differenza della separazione dei beni che può essere
fatta solo con accordo di entrambi i coniugi) qualora ricorra:

- Interdizione di uno dei coniugi;

- Inabilitazione di uno dei coniugi;

- Cattiva amministrazione dei coniugi;

- Disordine degli affari o condotta personale di un coniuge tale da mettere in pericolo gli
interessi dell’altro.

Verificata una causa di scioglimento della comunione cessa il regime legale della
comunione e inizia quello della separazione dei beni, quindi tutti i beni acquistati dalla
sentenza di scioglimento della comunione in poi, diventano di proprietà esclusiva di ciascun
coniuge;

avviene la divisione dei beni comuni in parti uguali tra moglie marito ed eredi.

In caso di regime di separazione di beni se sorge una controversia tra marito e moglie circa
la titolarità di un bene, se ne presume che esso sia in comunione per pari quota, a meno
che uno dei coniugi non riesca a fornire la prova che quel bene è il suo o è titolare di una
quota maggiore.

192
• Comunione convenzionale e fondo patrimoniale
I coniugi, con atto pubblico, possono scegliere invece della comunione legale, o della
separazione dei beni la c.d. comunione convenzionale o il fondo patrimoniale.

La comunione convenzionale consiste, solitamente, nel far rientrare nella comunione


anche i beni personali (ad es. quelli di cui i coniugi erano già titolari prima del matrimonio),
ad eccezione dei redditi e dei risparmi, che possono entrare nella comunione solo in caso di
comunione residua.

Il fondo patrimoniale serve per far fronte ai bisogni della famiglia. Esso può essere
costituito da ciascuno dei coniugi, da entrambi o da un terzo (per testamento).

Possono far parte del fondo solo beni immobili, beni mobili registrati e titoli di credito.

La proprietà dei beni è di entrambi i coniugi, e l’amministrazione del fondo è regolata dalle
stesse regole della comunione legale (disgiuntamente gli atti di ordinaria
amministrazione, congiuntamente quelli eccedenti l’ordinaria amministrazione)

I frutti possono essere utilizzati solo per i bisogni della famiglia.

La legge prevede che i beni del fondo e i relativi frutti non possono essere sottoposti ad
esecuzione forzata per per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per
scopi estranei ai bisogni della famiglia.

• L’impresa familiare (art 230-bis c.c.)


Salvo che sia configurabile un diverso rapporto,
il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o
nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della
famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli
incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità
del lavoro prestato.
Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla
gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a
maggioranza, dai familiari che partecipano all'impresa stessa.
I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacità di agire sono
rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi.
Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell’uomo.

• La dote
La dote era rappresentata dai beni che la moglie o altri per essa apportava, mediante atto
solenne, al marito per sostenere i pesi del matrimonio. (prima della riforma il marito doveva
mantenere la moglie)

La riforma del 1975 ha stabilito un divieto rigoroso alla costituzione di dote essendo, con la
riforma, moglie e marito posti sullo stesso piano.

LA FILIAZIONE (cap LXIX)

Il figlio è legittimo se è stato concepito da genitori uniti in matrimonio (conta infatti il


momento del concepimento non quello della nascita).

È figlio naturale quando è stato concepito da genitori che non sono sposati.

193
La legge pone due presunzioni:

1) Si presuppone legittimo il figlio nato 180 gg dopo il matrimonio ed entro 300 gg dallo
scioglimento del matrimonio (presunzione di concepimento in costanza di matrimonio);

2) Si presuppone, se il figlio è nato nel matrimonio, che il padre sia effettivamente il marito
della madre (presunzione di paternità).

Lo status di figlio legittimo si prova con l’atto di nascita, iscritto nei registri dello stato
civile. L’atto di nascita indica le generalità dei genitori.

La madre può chiedere di non essere nominata nell’atto di nascita in questo caso il figlio
diventa naturale.

• L’azione di riconoscimento della paternità del figlio nato nel matrimonio. Reclamo e
contestazione dello stato di figlio.

Abbiamo detto che secondo le due presunzioni un figlio si considera legittimo. Queste
presunzioni però non sono assolute e possono essere superate con l’azione di
disconoscimento di paternità.

L’azione di disconoscimento di paternità, se va a buon fine, determina la perdita di status


legittimo del figlio. L’azione di disconoscimento è consentita solo in alcuni casi:

- Nascita entro i 180 giorni dopo la celebrazione del matrimonio

- Se i coniugi non hanno coabitato nel periodo tra 180 gg ed entro i 300 gg dallo
scioglimento del matrimonio;

- Se durante questo periodo il marito era affetto da impotenza;

- Se durante questo periodo la moglie ha commesso adulterio o ha nascosto la gravidanza


e il figlio.

La prova che il figlio non sia nato dal marito può essere data con ogni mezzo.

L’azione di disconoscimento deve essere proposta, pena la decadenza, dal marito entro
un anno dal giorno della nascita, o dal giorno che è venuto a sapere del bimbo;
dalla madre entro 6 mesi dalla nascita del figlio;
dal figlio maggiorenne, ed è per lui imprescrittibile.

Altre azioni di stato sono:

- Azione di contestazione della legittimità la può fare chiunque vi abbia interesse (se ad
es. chi appare nell’atto di nascita padre di un bimbo senza esserlo);

- Azione di reclamo della legittimità che può essere proposta solo dal figlio per accertare
lo status di legittimità in caso manchi un documento che lo attesti.

Il riconoscimento dei figli nati al di fuori del matrimonio, non ha effetto immediato per
riconoscimento del genitore, ma deve essere giudizialmente accertato.

Per la riforma del 1975 vigeva il divieto di riconoscere come naturale il figlio adulterino che
avesse già lo status di figlio legittimo di altri. Il divieto persiste, e il riconoscimento può oggi
avvenire solo se viene meno tale status di figlio legittimo nei confronti dell’altro genitore.

I figli incestuosi possono essere riconosciuti, anche se concepiti da genitori che siano
parenti affini tra loro.

Può essere riconosciuto anche un figlio premorto in favore dei suoi discendenti.

194
La capacità di riconoscimento di un figlio naturale si acquista dal sedicesimo anno di età.
Se il genitore non possa riconoscere il figli per difettosi età, fino al compimento dell’età
richiesta il figlio non può esser nemmeno adottato, purché nel frattempo il minore sia
assistito dai genitori o parenti entro il quarto grado.

Se il figlio riconosciuto ha già compiuto 14 anni occorre il suo consenso affinché il


riconoscimento produca effetti.

Nel caso in cui il riconoscimento sia stato fatto da solo uno dei due genitori, il relativo atto
non può contenere informazioni sull’altro genitore senza il suo consenso.
Il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e i parenti e i parenti di
questo.

Il riconoscimento produce effetti solo se ciò dichiari un fatto vero. Può dunque essere
impugnato il riconoscimento che si presume non risponda a verità. Può essere impugnato
sia dall’autore che dal figlio. L’impugnazione ha effetto solo quando si dia prova con
qualsiasi mezzo che la filiazione non esiste.

Può essere inoltre impugnato se l’autore del riconoscimento è stato costretto con la
violenza o l’abbia compiuto in stato di interdizione giudiziale.

L’azione è trasmissibile agli ascendenti e discendenti di colui che abbia effettuato il


riconoscimento, nel caso sia morto prima di completare l’azione.

• La dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità

Se i genitori non hanno provveduto al riconoscimento, il figlio può promuovere un


procedimento giudiziario per ottenere l’accertamento della filiazione e la seguente
attribuzione dello status.

La prova di filiazione può essere data con qualunque mezzo, anche in via indiretta o
mediante filiazioni.

Non può essere necessaria la sola dichiarazione della madre a dare prova della paternità.
Ciò può avvenire sottoponendo il figlio e il presunto padre a particolari analisi del sangue e
delle caratteristiche genetiche.

Se il padre si rifiuta di presentarsi o essere sottoposto al test di paternità non può essere
obbligato, sebbene il giudice può trarre dal suo rifiuto una fonte di prova.

Come già detto ai fini di convalidare il riconoscimento è richiesto il consenso del figlio nel
caso questo abbia compiuto 14 anni. L’azione è imprescrittibile per il figlio.

In caso di mote l’azione può essere proseguita dai discendenti all’interessato entro due anni
dalla sua morte.

• I figli nati da genitori legati tra loro da relazione di parentela o affinità


Art 251 c.c.: Il figlio nato da persone, tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta
all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta,
può essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice avuto riguardo all'interesse del
figlio e alla necessità di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio.
Il riconoscimento di una persona minore di età è autorizzato dal giudice.

Art. 279 c.c: In ogni caso in cui non può proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di
paternità o di maternità, il figlio [naturale] nato fuori del matrimonio può agire per ottenere
il mantenimento, l'istruzione e l'educazione. Il figlio [naturale] nato fuori dal matrimonio
se maggiorenne e in stato di bisogno può agire per ottenere gli alimenti, a condizione che il
diritto al mantenimento di cui all'articolo 315 bis, sia venuto meno.

195
L'azione è ammessa previa autorizzazione del giudice ai sensi dell'articolo 251.
L'azione può essere promossa nell'interesse del figlio minore da un curatore speciale
nominato dal giudice su richiesta del pubblico ministero o del genitore che esercita la
[potestà] responsabilità genitoriale.

• La condizione giuridica dei figli nati al di fuori del matrimonio


Se il figlio viene riconosciuto contemporaneamente da entrambi genitori riceve il
cognome del padre, altrimenti il cognome del genitore che l’ha riconosciuto per primo.

Se il riconoscimento del padre è posteriore a quello della madre, il figlio può decidere di
aggiungerlo, anteporlo o sostituirlo a quello della madre.

Nel caso alla nascita il figlio non venga riconosciuto da nessuno dei due genitori, nome
e cognome vengono attribuiti dall’ufficiale dello stato civile, che può essere poi sostituito
nel caso venga riconosciuto successivamente.

Nel caso in cui il riconoscimento di un figlio minorenne sia effettuato da persona


sposata, il figlio può essere inserito nella famiglia del genitore se vi è il consenso del
coniuge convivente e gli altri figli abbiano più di 16 anni; nel caso fosse stato effettuato il
riconoscimento anche da parte dell’altro genitore è richiesto il consenso anche di questo.

Se una persona si sposa dopo aver riconosciuto un figlio, questo può esser inserito nella
casa coniugale se già viveva con il genitore o se l’altro coniuge ne era a conoscenza o
concede il consenso; nel caso fosse stato effettuato il riconoscimento anche da parte
dell’altro genitore è richiesto il consenso anche di questo.

• La procreazione mediamente assistita p.m.a.


Le pratiche di procreazione assistita si praticano già da tempo, malgrado siano state per
lungo eseguite in assenza di una precisa regolamentazione giuridica.

Essendovi stati molti casi in passato, la legge ha precluso al marito che acconsente alla
procreazione artificiale mediante inseminazione artificiale eterologa, la facoltà di
disconoscere conseguentemente il figlio allegando a fondamento di ciò la certificazione
dell’imoptentia genererandi (che è proprio la causa per cui si è effettuata l’inseminazione
artificiale.

Possono accedere alla p.m.a. le coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o


conviventi, in età potenziamenti fertile, entrambi viventi. (non è ammissibile per le coppie
omosessuali)

È vietata qualsiasi tecnica di surrogazione di maternità.

La volontà di accedere a pma deve essere espressa dalla coppia su base di un consenso
informato ricevuto dal medico della struttura sanitaria in cui è previsto l’intervento.
Tra consenso e intervento devono passare 7 giorni. Il consenso può essere revocato fino
alla fecondazione dell’ovulo. Occorre evitare che ovulo fecondato sia trasferito all’utero
coattivamente, poiché lederebbe un principio costituzionale.

In caso l’uomo revochi in maniera inefficace il consenso dopo i sette giorni, la donna può
comunque procedere all’innesto.

Il figlio che nasce di conseguenza assume lo status del figlio nato da matrimonio, ossia
conosciuto. Non sono accettati ulteriori ripensamenti e la madre non può dichiarare di non
comparire sull’atto di nascita.

Il donatore del seme non può avere nessuna relazione giuridica col nato e non può far
valere nei suoi confronti alcun diritto né titolare di obblighi.

196
Vi son inoltre regole tutela dell’embrione. È vietata la sperimentazione sull’embrione
mentre è consentita la sperimentazione per le sole finalità terapeutiche.

LA RESPONSABILITÀ GENITORIALE E LA TUTELA DEI MINORI (cap LXX)

• Rapporti tra genitori e figli.


Gli artt 315 e 315-bis cc. sanciscono che

- tutti i figli hanno o stesso stato giuridico


- Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori,
nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.
Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di
discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo
riguardano.
Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle
proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con
essa.
Per l’esercizio della responsabilità genitoriale è necessario che evi sia un rapporto di
filiazione giuridicamente valido.

Se un genitore è lontano, incapace o impedito, la responsabilità è esercitata solo dell’altro


genitore.

Se i genitori non hanno mezzi sufficienti a provvedere ai figli devono subentrai gli
ascendenti a predisporre tali mezzi.

Qualora uno dei coniugi non provveda a soddisfacimento dei bisogni familiari, il tribunale
può imporre che una quota di reddito dell’inadempiente sia versata direttamente a favore
all’altro coniuge o dei figli.

I genitori rappresentano i figli e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinari amministrazione


possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitori, Quelli di straordinari
amministrazione necessitano l’autorizzazione del giudice tutelare.

Se nasce un conflitto di interessi patrimoniali tra i figli soggetti alla comune responsabilità
genitoriale, o sorge tra genitori e figli interviene il tribunale nominando a cura dei figli un
curatore speciale.

Anche nel caso genitori si rifiutino di compiere atti eccedenti quelli di ordinaria
amministrazione, ma necessari ai figli, può essere nominato un curatore a tutela dei figli.

Il giudice può pronunciare la decadenza della potestà quando il genitore abusi dei poteri
provocando danni al figlio.(in casi di maltrattamenti il giudice può anche allontanare il figlio
o il genitore dalla casa familiare)

Il genitore a cui è stata tolta la potestà può riacquisirla con la reintegrazione della potestà
emessa dal giudice.

• La tutela dei minori


La tutela la si ha se entrambe i genitori sono morti o per altre cause non possono più
esercitare la potestà.

Organi di tutela sono: il giudice tutelare, il tutore e il protutore.

197
Il giudice tutelare nomina come tutte la persona indicata dai genitori, o nel caso non
abbiano indicato nessuno il giudice tende a scegliere tra ascendenti, parenti prossimi o
affini.

Il tutore ha la cura del minore, lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra i beni.

Il protutore rappresenta il minore nel caso in cui l’interesse del minore sia in contrasto con
quella del tutore.

La tutela è un complesso di poteri che vengono attribuiti al tutore (come la potestà ma con
minor poteri).

Il tutore deve procedere all’inventario dei beni del minore, provvedere alla sua istruzione,
alla sua educazione e ad investire i suoi capitali.

Non può compiere atti di straordinaria amministrazione se non con l’autorizzazione del
giudice tutelare.

L’ADOZIONE (cap LXXI)

La disciplina del codice del 1942 prevedeva come univa forma di adozione, quella che
consenta ad una persona che avesse compiuto 50 anni e fosse priva di figli, di assumere un
figli come pesano dai età inferiore di almeno 18 anni, a cui trasmettere il proprio nome e i
corpi beni.

Tale legge è stata conservata ma è di rara applicazione, riservata alle persone di maggiore
età.

Il fine primario dell’adozione è quello di procurare una famiglia ai minori che e sin privi o
non ne abbian una idonea.

Costituisce uno strumento per superare una condizione patologica da cui sollevare il
minore assicurandogli la sostituzione della famiglia d’origine con una nuova.

L’adozione del minore è consentita “a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità”,
dichiarazione valida per i minori che si trovino in stato di abbandono. Tale condizione
ricorre quando il minore sia privo di assistenza morale e materiale da parte di genitore e
parenti.

L’adozione è consentita se ci sono determinati requisiti, quali:

- Una coppia (uomo donna) uniti dal vincolo del matrimonio da almeno 3 anni, non separati,
e idonei e capaci di mantenere, istruire ed educare il minore che intendono adottare;

- L’età degli adottanti deve essere superiore rispetto a quella dell’adottando di almeno 18
anni ma non più di 45 anni, (salvo deroga del tribunale);

- Il minore sia stato dichiarato in stato di adottabilità.

Dichiarato lo stato di adottabilità e accertati tutti i requisiti per l’adozione, il minore viene
collocato in affidamento preadottivo per almeno un anno. Trascorso l’anno si chiede a
tutti gli interessati il consenso (ai due adottanti, all’adottando, e agli eventuali figli degli
adottanti).

Se l’affidamento ha esito favorevole e c’è il consenso di tutti, il tribunale procede con


l’adozione. La sentenza va annotata nei registri degli atti di nascita, può essere notata
anche la sentenza pronunciata all’estero.

Effetti: L’adozione ha per effetto l’acquisto, da parte del minore, dello status di figlio
legittimo degli adottanti. L’adottato prende il cognome del padre adottante.

198
L’adottato ha diritto di conoscere le proprie origini nei tempi e nei modi più opportuni per i
nuovi genitori.

L’adottato può accedere alle informazioni dell’identità dei genitori biologici, di regola,
solo al compimento del 25°anno di età. Ciò può venire per i minorenni su autorizzazione
del tribunale solo per gravi motivi.

L’autorizzazione non è richiesta quando il figlio sia maggiorenne, e i genitori biologici siano
entrambi deceduti o divenuti irreperibili.

È stato ritenuto illegittimo l’articolo che non consentiva l’accesso alle informazioni della
madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata nell’atto di nascita. ( parto
anonimo ) Dunque su richiesta del figlio, il giudice può comunque interpellare la madre
biologica.

Vi sono dei casi particolari in cui si può dottare seppure il minore conscia abbandonato e
l’adozione piena sia irrealizzabile:

a. minore orfano di padre e madre, che sia unito dal vincolo di parentela fino al sesto
grado o da rapporto stabile e duraturo dalla morte dei genitori

b. minore figlio del coniuge adottante, la legge consente l’adozione del minore figlio di
un’altra persona e che questa sia coniugata con persona diversa dall’altro genitore;

c. minore orfano di padre e madre affetto da handicap


d. minore per il quale risulti impossibile l’affidamento preadottivo.

In tali casi particolari l’adottato non assume lo status i figli dell’adottante ma gli spettano
tutti i diritti del rapporto di filiazione.

• Adozione internazionale

Si fa riferimento ai casi in cui un minore straniero sia adottato da italiani, o il minore


straniero sia adottati da cingi stranieri residenti in Italia e del minore italiano adottato da
coniugi residenti all’estero (non importa se italiani o stranieri).

Le coppie residenti in Italia interessate all’adozione devono presentare una dichiarazione di


disponibilità al tribunale dei minorenni. Ottenuto il decreto dovranno rivolgersi ad un ente
autorizzato che curerà la procedura di adozione.

Se lo stato straniero di origine del minore ha già pronunciato l’adozione prima dell’ingresso
di quest’ultimo in Itala, il tribunale verifica la sussistenza dei requisiti, e in caso di esito
positivo ne ordina ala trascrizione nei registri dello stato civile.

Se l’adozione si deve perfezionare invece dopo l’ingresso in Italia, deve prima decorrere il
periodo di affidamento preadottivo di un anno.

Al minore straniero che si trovi in Italia in stato di abbandono si applica la legge italiana in
tema di adozione/affidamento.

• Affidamento di minori

L’affidamento costituisce un rimedio si carattere temporaneo ad una situazione in cui il


minore i venga a trovare, nonostante gli interventi pubblici di sostegno alla famiglia.

La legge ha cecato di non determinare un’interruzione tra i genitori e il minore, in vista di un


possibile reinserimento del minore nella famiglia di origine.

In caso di affidamento, si predilige l’inserimento del minore in una famiglia preferibilmente


con figli minori o anche ad una singola persona (mentre non è consentita l’adozione a
persone non unite in matrimonio.

199
Nel caso i genitori abbiano presto consenso all’affidamento , la procedura di affidamento
avviene mediante i servizi sociali locali.

Il provvedimento deve specificare la motivazione, i modi dell’esercizio dei poteri attribuiti


all’affidatario, gli altri componenti della famiglia …e la durata. La durata non può essere
superiore a due anni e può essere prorogata dal tribunale per i minorenni.

La stessa autorità che ha disposto il provvedimento può operare per la cessazione.

• L’adozione per le persone maggiori età


L’adozione di persone maggiorenni è consentita a coloro che non hanno figli legittimi o
legittimati, e che abbiano almeno 18 anni in più rispetto all’adottando.

Non esiste invece alcun limite massimo di età né per chi vuole adottare, né per essere
adottato.

Chiunque può essere adottato. L’unico divieto è l’adozione di figli naturali dell’adottante.

Per l’adozione si richiedono il consenso del adottante, dell’adottando, dei genitori


dell’adottando e anche dei coniugi sia dell’adottante che dell’adottando.

Una volta effettuata l’adozione dal tribunale, l’adottato assume il cognome dell’adottante
anteponendolo al proprio.

L’adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine e non diventa
parente dei parenti dell’adottante.

L’adozione può essere revocata per indegnità quando l’adottato abbi d’attentato alla vita
dell’adottante o il suo coniuge o i suoi parenti.

OBBLIGAZIONE DEGLI ALIMENTI (cap LXXII)

L’obbligazione legale degli alimenti ha il presupposto dello stato di bisogno del creditore.
L’obbligazione non sorge, infatti, se la persona non si trova in tale stato.

Peraltro, il diritto agli alimenti è condizionato all’obbligo del lavoro, ed è quindi legato alla
prova, da parte di chi chiede gli alimenti, dell’impossibilità di provvedere al proprio
mantenimento.

L’avente diritto non è però tenuto ad un lavoro non confacente alla sua posizione sociale.

L’obbligazione incontra, in ogni caso, un limite: non deve superare le esigenze della vita
dell’alimentando.

Appunto perché gli alimenti devono adeguarsi al bisogno dell’alimentando e alle condizioni
economiche dell’alimentante, l’obbligazione non ha una durata prestabilita ed una misura
determinata: essa, invece, può cessare, se cessa lo stato di bisogno o mutano le condizioni
economiche, può essere ridotta o aumentata con il mutare dei due coefficienti.

L’obbligazione alimentare ha carattere strettamente personale: cessa con la morte di uno


dei due soggetti; il creditore non può cedere ad altri il proprio credito né questo può
formare oggetto di pignoramento.
L’obbligato ha la facoltà di scelta circa le modalità delle prestazioni alimentari: o può pagare
un assegno anticipato o può accogliere e mantenere in casa sua l’alimentando. Questa
facoltà di scelta non è assoluta: il giudice può anche disporre diversamente.

Ordine tra gli obbligati

Vi è una gerarchia tra gli obbligati agli alimenti; la legge stabilisce una graduatoria tenendo
conto dell’intensità del vincolo e l’alimentando deve seguire quest’ordine oppure dimostrare
che si è rivolto all’obbligato ulteriore (per es. al figlio anziché al coniuge), perché quello
precedente non si trova in condizioni economiche tali da soddisfare l’obbligo stesso.

200
Nel caso di concorso di coobbligati di pari grado, ciascuno è tenuto in proporzione delle
proprie condizioni economiche.

L’ordine è indicato nell’art.433 c.c.: bisogna in proposito ricordare che l’obbligo degli
alimenti tra i coniugi è diverso da quello del mantenimento e rilevare che tra fratelli e sorelle
gli alimenti sono dovuti nella misura dello stretto necessario.

Con la riforma l’obbligo alimentare dei figli naturali e dei genitori naturali è stato parificato a
quello dei figli legittimi e dei genitori legittimi. La mancata prestazione degli alimenti
costituisce causa di revoca della donazione che la persona, la quale si trova in stato di
bisogno, abbia precedentemente fatto alla persona obbligata agli alimenti.

L’obbligazione volontaria degli alimenti


L’obbligazione degli alimenti, oltre che dalla legge, può derivare da negozio giuridico. In
questo caso, essa trova giustificazione nella volontà delle parti o del testatore.

L’obbligazione volontaria degli alimenti non si distingue dagli altri rapporti obbligatori se non
per il fatto che la misura della prestazione non è determinata: le parti, il testatore, non
stabiliscono la quantità o la somma dovuta, ma l’indicano, genericamente con il termine
“alimenti”.

Salva diversa volontà delle parti, anche per la misura degli alimenti negoziali si applica il
principio della proporzionalità al bisogno dell’alimentando e alle condizioni economiche
dell’alimentante.

LE UNIONI CIVILI E LE CONVIVENZE (cap LXXII-bis)

La L. 20 maggio 2016 ha introdotto la regolamentazione giuridica delle unioni civili tra


persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze di fatto. Negli altri paesi era già
presente; l’introduzione è stata sollecitata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

La legge non contiene una definizione di unione civile, me ne regola l’instaurazione e gli
effetti. Si costituisce davanti all’ufficiale dello stato civile alla presenza di due testimoni e
viene registrata nell’archivio di stato civile.

A differenza del matrimonio non necessita di una preventiva pubblicazione.

La legge on precisa il contenuto della dichiarazione. La costituzione del matrimonio è


certificata da un documento contente i dati anagrafici delle parti e dei testimoni,
l’indicazione del regime patrimoniale scelto e della residenza.

La costituzione di unione civile è nulla al ricorre di uno dei seguenti impedimenti:

a. una delle parti sia già vincolata da matrimonio o unione civile;

b. interdizione per infermità mentale di una delle parti;

c. vincoli di parentela, affinità o adozione tra le parti

d. il fatto che una delle parti sia stata condannata per omicidio tentato o consumato nei
confronti del coniuge o di chi sia unito civilmente all’altro contraente

Le parti scelgono liberamente quale tra i loro, debba divenire il cognome comune.

È ribadito il regime paritario, dall’unione civile derivano l’obbligo di coabitazione e di


assistenza morale e materiale. Non è nominato l’obbligo di fedeltà presente nel matrimonio.

Il regime patrimoniale è identico a quello del matrimonio.

È espressamente esclusa l’applicazione delle disposizioni di legge sull’adozione.

201
Nella morte di Una delle due parti, al superstite spettano i diritti che la legge attribuisce al
defunto, con conferimento della successione ab intestato e sulla quota di riserva.

Non è previsto l’istituto della separazione personale, ma solo dello scioglimento , che può
avvenire per la morte di un coniuge, o per una delle cause previste per divorzio con
esclusione della mancata consumazione.

Vi sono stati problemi con il riconoscimento della fattispecie della la convivenza, poiché si
tratta di una condizione di fatto.

La convivenza non determina obblighi di coabitazione e reciproca assistenza morale e


materiale. Assume rilevanza giuridica in quanto situazione di fatto.

Il convivente può inoltre con dichiarazione autografa o in presenza del testimone, designare
l’altro ad assumere decisioni in materia di salute che riguardino il convivente divenuto
incapace di intendere e di volere.

Il contratto di convivenza deve avere forma pubblica o di scrittura privata autentificata da


notaio, a pena si nullità.

Il contratto di convivenza si risolve automaticamente conta morte di una delle due parti o
unione civile tra i conventi, o tra uno di essi e una terza persona.

Può essere risolto consensualmente o per recesso unilaterale, con le forme di pubblicità
previste per la stipulazione.

La parte che non sia in grado di provvedere al mantenimento ha diritto agli alimenti.

LE SUCCESSIONI PER CAUSA DI MORTE


PRINCIPI GENERALI (cap LXXIII)

Con il termine successione si intende il fenomeno per cui un soggetto subentra ad un altro
nella titolarità di uno o più diritti o rapporti giuridici (anche passivi come i debiti).
Parleremo della successione per causa di morte. (mortis causa)

La morte dell’individuo determina il sorgere di quella situazione definita l’esigenza negativa


che un patrimoni non resti privo di titolarità.

La designazione del successore può avvenire in 2 modi:

- per legge (successine legittima);

- per testamento (successione testamentaria).

È esclusa la successione per contratto ammessa in altri ordinamenti.

La sorte del patrimonio del defunto è di solito lasciata alla volontà dello stesso ereditando
attraverso testamento.

Il legislatore limita però, nel caso in cui ci siano stretti congiunti (figli, coniugi, ascendenti),
la volontà del testatore, in quanto riserva a favore di questi congiunti una quota di
patrimonio del congiunto, variabile a seconda del numero e delle qualità degli aventi diritto
(c.d. riserva dei legittimari).

Per la parte disponibile del suo patrimonio può destinarlo a chi meglio preferisce, anche a
persone non legate dal vincolo di parentela.

Ove però l’ereditando non abbia provveduto, in tutto o in parte, a destinare il proprio
patrimonio mediante testamento, è la legge stessa a dettare i criteri per la destinazione del
patrimonio del defunto, rispettando ovviamente prima di tutto le quote di riserva dei
legittimari. (successione legittima)

202
Alla successione legittima si ricorre quando manca un testamento, oppure quando è stato
fatto il testamento ma non di tutto il patrimonio del defunto ma solo di una parte.
In questo caso per la parte restante si provvede con la successione legittima. (rispettando
però sempre le quote di riserva dei legittimati)

• Eredità e legato
Il complesso dei rapporti patrimoniali trasmissibili, attivi o passivi, facenti capo al de
cuius (persona defunta), costituisce la sua eredità (o anche chiamata asse o massa
ereditaria).

La successione mortis causa può avvenire in due modi:

- a titolo universale ed allora si parla di eredità e di erede (che sarebbe il beneficiario


dell’eredità) o coeredi se in caso più successori;

- a titolo particolare ed allora si parla di legato e legatario (che sarebbe il beneficiario del

legato).

Con la successione a titolo particolare il legatario acquisisce uno o piu diritti o rapporti
giuridici determinati.

Con la successione a titolo universale l’erede acquisisce complessivamente la situazione


patrimoniale del defunto, cioè l’erede subentra in tutti i rapporti trasmissibili, attivi o passivi,
facenti capo al de cuius al momento della morte, ad eccezione soltanto di quelli per i quali
sia diversamente disposto dalla legge o dal testamento.

Quando la successione è stata regolata per testamento è necessario interpretare la volontà


del testatore per capire e stabilire se una successione è stata fatta a titolo universale o a
titolo particolare.

L’interprete quindi ha il difficile compito di capire e stabilire quale fosse l’intenzione del
testatore. L’interpretazione è facile quando al chiamato siano attribuiti tutti i beni del
testatore.

Le difficoltà sorgono quando la disposizione contenga l’indicazione di beni determinati o di


un contesto di beni poiché: l'indicazione di beni determinati o di un complesso di beni non
esclude che la disposizione sia a titolo universale, quando risulta che il testatore ha inteso
assegnare quei beni come quota del patrimonio.(art 588, comma 2, c.c.)

Ovviamente quando la successione si devolve per legge il problema non si


pone, perché la successione configurata dal legislatore come chiamata a titolo universale.

Nel caso di pluralità successibili ex lege, la chiamata è comunque a titolo universale per
ciascun coerede, attribuendogli la capacità di succedere in tutti i rapporti indistintamente,
sebbene pro quota. Ne consegue un regime di comunione in quote spettanti a i coeredi tutti
gli elementi che compongono l’asse ereditario, che cessa solo con la divisione.

Per le situazioni giuridiche non patrimoniali, in quanto intrasmissibili, non si verifica


successione.

È intrasmissibile anche il diritto morale d’autore.

Sono intrasmissibili tutti i rapporti strettamente personali come l’usufrutto, l’uso,


l’abitazione la rendita vitalizia poiché la morte è causa di scioglimento di questi contratti.

L’erede subentra nei diritti potestativi spettanti al de cuius.

La morte del proponente non comporta l’inefficacia della proposta volta a concludere un
contratto con proposta irrevocabile o nell’esercizio d’impresa.

203
• Apertura della successione
La morte di una persona determina l’apertura della sua successione.

Ha importanza il luogo e il momento in cui viene aperta, al fine di stabilire quale normativa
applicare in caso di successioni transfrontaliere, e per determinare la competenza di
territorio e la giurisdizione nelle cause ereditarie.

La successione si apre nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto. Qualora il sonettò in
questione abbia residenza abituale in uni dei paesi dell’UE, l0intera successione è attribuita
dagli organi giurisdizionali di quello Stato.

Alla morte la giurisprudenza equipara la morte presunta; in caso di assenza gli eredi
possono invece domandare solo l’immissione nel possesso temporaneo dei beni.

Aperta la successione occorre vedere a chi spettino il patrimonio ereditario o i singoli beni.

Il nostro codice preferisce parlare di delazione di eredità, cioè di offerte dell’eredità ad una
persona che se vuole la può acquistare. La dottrina classica considera invece equivalenti
interine vocazioni e delazione.

Si può procedere alla successione per legge, secessione legittima, o per testamento,
successione testamentaria. È invece esclusa la successione per contratto.

Il c.c. vieta espressamente varie tipologie di patti successori:

- confermativi o istitutivi, i quali vincolano al de cuius la libertà di disporre che la legge


riconosce invece fino alla morte;

- dispositivi impediti dal legislatore per evitare che un soggetto disponga con leggerezza
di sostanze che ancora non gli appartengono.
- rinunciativi impediti dal legislatore per evitare che un soggetto disponga con leggerezza
di sostanze che ancora non gli appartengono.

È vietata la donazione mortis causa. La donazione è valida sotto la condizione sospensiva


“se il donante morirà prima del donatario”.

I patti successori sono regolati dalla legge che regolerebbe la successone se la persona
fosse deceduta al tempo della stipulazione.

• Giacenza dell’eredità
Per diventare erede, questo deve effettuare una dichiarazione di volontà chiamata
accettazione dell’eredità (sia che la successione sia per legge che per testamento).
L’erede può scegliere se accettare o meno l’eredità essendo l’eredità il complesso dei
rapporti patrimoniali passivi e attivi.

Nell’intervallo che intercorre tra la morte dell’ereditando e l’accettazione del patrimonio


dall’ereditario, questo rimane senza titolare.

L’eredità giacente si ha solo quando:

1) non sia ancora stata fatta l’accettazione del chiamato;

2) che il chiamato non si trovi nel possesso dei beni ereditari;

3) sia stato nominato un curatore dell’eredità giacente che provvederà all’amministrazione


e alla conservazione del patrimonio.

Il curatore non è un rappresentate del patrimonio, ma solo un amministrtore, con funzioni


conservative e , in caso di necessità poteri dispositivi.

204
Può ad esempio provvedere al pagamento dei debiti ereditari e dei legati su autorizzazione
del tribunale.

Se non viene nominato un curatore non si verifica la condizione di giacenza, e il patrimonio


è nella situazione di “vacanza” senza un dominus. In tal caso sono concessi alcuni limitati
poteri al chiamato in eredità al fine di conservazione del patrimonio.

Egli può inoltre esercitare azioni possessorie, se taluno compie atti di spogli o di turbativa
del possesso.

Il chiamato in eredità può anche compiere atti conservativi, di vigilanza e di amministrazione


temporanea.

• La capacità di succedere
La capacità di succedere spetta a qualunque persona fisica che al momento della
successione sia già nata e sia ancora in vita.

In caso di assente, la successione si devolve a favore di coloro ai quali sarebbe spettata in


mancanza dell’assente.

Possono essere chiamati alla successione anche i figli non ancora concepiti di una
determinata persona. In tal caso la successione va a favore di tutti i figli nascituri di detta
persona.

Se nella successione è chiamato un concepito, l’incertezza di attribuzione dei beni a lui


devoluti è breve e non dura più di 300 giorni, nei quali l’amministrazione spetta al padre e
alla madre.

Se invece per testamento sono chiamati alla successione nascituri non ancora concepiti il
periodo può durare più a lungo, e il legislatore prevede che nel frattempo l’eredità essa sia
affidata ai coloro a cui spetterebbe nel caso i nascituri chiamati in successione non
dovessero venire in esistenza.

Vi è la possibilità di succedere per testamento per le persone giuridiche, le quali


necessitano di un’autorizzazione governativa per poter accettare, non richiesta invece per
le società.

Sussiste oggi inoltre la possibilità di succedere senza un’autorizzazione per tutti gli enti,
mentre non era possibile in passato.

• L’indegnita

L’indegnità
La persona dichiarata indegna con sentenza del giudice è esclusa dalla successione.

L’indegnita si basa sull’incompatibilità morale del successibile: una persona è indegna se


ha compiuto degli atti gravemente pregiudizievoli verso il de cuius.

Mentre l’incapacità comporta la radicale assenza di effetto acquisitivo, indegnità funziona


come una causa di esclusione a seguito di una pronuncia del giudice, che ha carattere
costitutivo.

L’azione per far pronunciare l’indegnità è soggetta a prescrizione, a differenza di quella per
incapacità, e no può essere rilevata d’ufficio, ma dichiarata dall’interessato.

L’indegnità può essere rimossa con riabilitazione.

205
Una persona è dichiarata indegna dal giudice se:

- se ha compiuto degli atti contro la persona fisica (tentato omicidio, omicidio) o contro la
personalità (calunnie) del de cuius o del coniuge o del discendente di lui;

- chi ha indotto con dolo o con violenza il de cuius a mutare il testamento a suo favore

- decadenza della responsabilità genitoriale.

L’indegnità non si comunica ai figli dell’indegno, per evitare che siano colpiti da colpe altrui.

La sentenza che pronuncia l’indegnità ha effetto retroattivo, l’indegno è considerato come


se non fosse mai stato erede.

L’indegno può essere riabilitato dal de cuius o con atto pubblico o con testamento.

Si distingue invece la diseredazione che consiste nell’espressa dichiarazione dl de cuius di


voler escludere un determinato soggetto dalla sua successione.

• La rappresentazione
La rappresentazione è quell’istituto in forza del quale i discendenti legittimi o naturali
(c.d.rappresentanti) subentrano al loro ascendente nel diritto di accettare un’eredità o un
legato qualora il chiamato (c.d. rappresentato) non può o non vuole (per rinuncia) accettare
l’eredità o il legato.

La rappresentazione può avvenire solo se il chiamato (rappresentato) che non può o non
vuole accettare l’eredità sia un figlio o un fratello o una sorella del de cuius.

La rappresentazione è esclusa se il chiamato sia rispetto al de cuius un estraneo o cmq un


parente diverso da figlio, fratello o sorella.

La rappresentazione è esclusa qualora il de cuius abbia predisposto nel testamento una


sostituzione al destinatario del lascito.

Quando si applica la rappresentazione, la divisione si fa pere stirpi, ossia i discendenti


subentrano tutti in luogo del capostipite.

La rappresentazione avviene anche inciso di unicità di stirpe. Se il de cuius abbia lasciato


un unico figlio, subentrano anche i figli di quest’ultimo non come parenti ma come
rappresentanti.

• L’acrescimento
L’istituto dell’accrescimento comporta che la quota destinata al chiamato che non può o
non vuole accettare il lascito (eredità o legato di uno stesso bene) si devolve a favore degli
altri beneficiari di una chiamata congiuntiva, dunque si accresce la quota spettante a questi
ultimi.

Non si può applicare l’accrescimento quando ricorrano le condizioni per applicare la


rappresentazione (a meno che anche il rappresentante non possa o non voglia accettare il
lascito), o quando nella successione testamentaria il testatore abbia disposto una
sostituzione.

Questo è applicabile solo se è stata effettuata una chiamata congiuntiva (es. se il de cuius
ha lasciato l’eredità a 3 chiamati congiuntamente, qualora uno di essi non accetti o non
possa accettarvi, la sua quota viene divisa tra gli altri 2 beneficiari).

La vocazione testamentaria congiuntiva si verifica:

206
1. se si tratti di istituzione di erede, quando gli eredi siano chiamati al testatore e il
testatore non abbia fatto determinazione di parti, o abbia determinato parti uguali.

2. se si tratta di legato, basta la comunicazione che tale oggetto sia stato legato a più
persone.

L’accrescimento opera di diritto, senza il bisogno di un’ulteriore accettazione.

Nel caso di successione congiuntiva legittima, quando più persone sono chiamate ex lege a
concorrere alla successione, la quota di colui che rinuncia si accresce a quel di coloro che
avrebbero concorso con lui.

• Le sostituzioni
La sostituzione avviene quando il testatore abbia predisposto che nell’ipotesi in cui il
chiamato non possa o non voglia accettare l’eredità o il legato, essa passa nelle mani di
un’altra persona da lui indicata (sostituto).

Questa è la sostituzione ordinaria o volgare. Prevalendo la volontà del testatore la


sostituzione prevale sul diritto di rappresentazione e sull’accrescimento.

La sostituzione fedecommissaria, che nel passato serviva a conservare i beni nell’ambito


dei discendenti di una famiglia, è stata abolita dal nostro ordinamento. prevedeva che il
testatore costituisse un erede, vincolando che alla morte di questo i beni passassero ad
un’altra persona da lui indicata. In tal caso il primo chiamato non ha una piena titolarità dei
beni e non può disporne per passarli al successivo chiamato. Agisce oggi solo in funzione
di tutela di soggetti incapaci.

La validità di sostituzione di fedecommissaria è esclusa in tutti i casi, eccetto quelli disposti


da genitori, ascendenti in linea retta o coniugi dell’interdetto, a favore delle persona o est,
che sotto la vigilanza del tutore, hanno avuto cura dell’istituito.

ACQUISTO DELL’EREDITÀ E LA RINUNCIA (cap LXXIV)

Abbiamo detto che l’eredità si acquista con l’accettazione del chiamato. In ta modo l’erede
può disporre dei beni ed alienarli.

Ci sono due tipi di accettazione:

1. accettazione pura e semplice dove il patrimonio del defunto si confonde con quello
dell’erede. L’erede risponde di tutti i debiti del defunto anche se questi superano l’attivo
dell’eredità;

2. accettazione col beneficio di inventario con cui non si produce la confusione dei
patrimoni.

Vi sono diverse modalità di accettazione:

- Accettazione espressa: può essere pura e semplice o col beneficio di inventario. Se


l’accettazione è pura e semplice può essere fatta con atto pubblico o con scrittura
privata;
Se è col beneficio d’inventario deve essere fatta con dichiarazione ricevuta dal notaio.
L’accettazione dell’eredità devolute alle persone giuridiche può essere fatta
solo col beneficio di inventario).

- Accettazione tacita: è tacita quando il chiamato all’eredità compie atti che


presuppongono la sua volontà di accettare o che non avrebbe il diritto di fare se non in
qualità di erede.

- Accettazione presunta: cioè l’accettazione avviene automaticamente per il solo fatto


che non si è provveduto ad uno specifico atto imposto dalla legge o si è tenuto un

207
determinato comportamento che preclude la rinuncia all’eredità, rendendo colui che lo
compie erede puro e semplice.

L’accettazione di eredità quando determina l’acquisto di determinati diritti (come ad es. di


immobili, di usufrutto, di servitù prediali ecc art 2643 n°1,2,4) è soggetta a trascrizione.

Il diritto di accettare l’eredità è soggetto a prescrizione, il termine non è suscettibile di


interruzione e può essere stabilito dal testatore.

Può verificarsi che una persona abbia interesse che il chiamato decida se accettare o meno
l’eredità in un tempo più breve della scadenza determina. Questa può dunque far ricorso
all’actio interrogatoria, con cui l’autorità giudiziale fissa un termine di ruota inferiore, dopo
il quale il chiamato perde il diritto di accettare. Costituisce così un’ipotesi di decadenza.

L’azione si può impugnare per violenza o per dolo, ma non per errore.

• Accettazione con beneficio d’inventario (art 490 c.c)

L'effetto del beneficio d'inventario consiste nel tenere distinto il patrimonio del defunto da
quello dell'erede.

Conseguentemente:

1) l'erede conserva verso l'eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il
defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte;

2) l'erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei
beni a lui pervenuti;

3) i creditori dell'eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai


creditori dell'erede. Essi però hanno l’onere domandare la separazione dei beni, secondo le
disposizioni del capo seguente, se vogliono conservare questa preferenza anche nel caso
che l'erede decada dal beneficio d'inventario o vi rinunzi.

Tale tipo di accettazione necessita la forma ad substantiam, dichiarazione ricevuta dal


notaio o dal cancelliere del tribunale in cui si è aperta la successione, e deve esser
pubblicata nel registro delle successioni conservato presso il tribunale e trascritto entro
ungesse nei registri immobiliari.

Se il chiamato è nel possesso dei beni, deve fare l’inventario tre mesi prima di aprire la
successione o dalla notizia di devoluzione dell’eredità e nei 40 giorni successivi deve
dichiarare se intende accettare o meno. IL primo termine può essere prorogato.

Il chiamo che non ia impossesso dei beni può fare la dichiarazione di accettazione con
benefico di inventario fin quando non sia decorso il termine di prescrizione, e poi effettuare
l’inventario nei tre mesi successivi. Se fa la dichiarazione ma non l’inventario è erede puro e
semplice.

colui che accetta diventando beneficiario d’inventario diventa amministratore del patrimonio
ereditario anche nell’interesse dei creditori del defunto e dei legatari.

L’eventuale decadenza è causata anche da omissioni e infedeltà nell’inventario.

Il pagamento dei creditori del defunto può avvenire in tre modi:

1. l’ereditario paga crediti e i legatari che vengono per primi.

2. se vi è opposizione a tale pagamento, o per volontà dell’erede, si può altresì procedere


alla liquidazione dei beni ereditari.

3. l’erede può anche rilasciare i beni ereditari a favore dei creditori e legatari, mediate un
curatore che provvede alla liquidazione di questi.

208
• La separazione del patrimonio del defunto
L’accettazione con beneficio di inventario impedisce la confusione tra il patrimonio
dell’erede e il patrimonio del defunto, e giova principalmente all’erede, in quanto se
risultano nell’eredità dei debiti del defunto che sono superiori all’attivo dell’eredità, egli non
è tenuto a pagare la parte eccedente l’attivo, di tasca sua, ma anche ai creditori del defunto
(in quanto essi vengono preferiti rispetto ai creditori dell’erede).

Però se l’erede non accetta con beneficio di inventario o l’erede decade dal beneficio di
inventario, i creditori del defunto possono attuare la separazione del patrimonio del defunto
da quello dell’erede.

In questo caso la separazione opera a favore dei creditori del defunto che si assicurano
il soddisfacimento sui beni del defunto, a differenza dei creditori dell’erede.

Il diritto alla separazione deve essere esercitato entro tre mesi dall’apertura della
successione pena la decadenza.

Per i beni mobili occorre una domanda giudiziale; per gli immobili l’iscrizione del credito o
del legato sopra ciascuno dei beni ereditari per il quale il creditore o il legatario separatista
faccia valere il suo diritto.

• L’azione di petizione ereditaria


L’azione di petizione ereditaria è quell’azione promossa dall’erede contro chiunque
possegga beni ereditari con lo scopo di farseli consegnare o rilasciare.

Chi propone quest’azione deve dimostrare:

- che sia l’erede: o attraverso il testamento in caso di successione testamentaria o


attraverso un documento che attesti la parentela con il de cuius in caso di successione
legittima;

- che il bene posseduto da altri sia di proprietà del de cuius al momento della sua morte.

L’azione è imprescrittibile.

Se l’azione viene accolta, la sconosciuta qualità di erede dell’attore non potrà più essere
rimessa in discussione, e il convenuto è condannato alla restituzione delle cose possedute.

Si distingue comunque il caso in cui il possessore sia in buona fede o in mala fede.

Se il possessore ha alienato in buona fede untene ereditario, l’erede vero può solo ottenere
il prezzo o il corrispettivo ricevuto dal possessore medesimo.

• Gli acquista dell’erede apparente


L’erede può agire con la petizione di eredità non solo contro il possessore, ma anche contro
le persone a cui costui (il possessore) abbia alienato le cose da lui possedute, salvo il caso
in cui il terzo acquirente era in buona fede, cioè pensava di aver acquistato il bene dal vero
erede che in realtà era solo l’erede apparente, e che l’acquisto del bene è stato effettuato a
titolo oneroso.

• La rinuncia all’eredità
La rinuncia all’eredità consiste in una dichiarazione unilaterale con la quale il chiamato
manifesta la sua decisione non di volere acquistare l’eredità.

La rinunzia all’eredità, come l’accettazione, richiede una forma particolare (dichiarazione


ricevuta da un notaio o dal cancelliere del Tribunale in cui è stata aperta la successione). È
soggetta a pubblicazione nel registro delle successioni.

209
La rinuncia non può essere fatta:

- da chi si trova nel possesso di beni ereditari e siano già trascorsi tre mesi dal giorno
dell’apertura della successione;

- da coloro che hanno nascosto o sottratto beni ereditari.

Questi sono considerati eredi puri e semplici.

Le conseguenze della rinuncia sono diverse a seconda che si tratti di successione


legittima o testamentaria:

- nel caso di successione legittima: se non ha luogo la rappresentazione, la parte di colui


che ha rinunziato va a favore degli altri beneficiari per accrescimento.

- nel caso di successione testamentaria bisogna distinguere il caso in cui il testatore


abbia predisposto una sostituzione, e la quota del rinunciante va al sostituito,
non abbia predisposto nulla, se ricorre uno dei presupposti previsti per la
rappresentazione si devolve al rappresentante, se non sussistono questi presupposti, la
parte del rinunziante va a favore degli altri coeredi beneficiari per accrescimentose e solo
se il testatore aveva voluto dividere il tutto in parti uguali, altrimenti va a favore degli eredi
legittimi.

A differenza dell’accettazione, la rinuncia è revocabile, cioè chi ha rinunciato può


ricredersi e accettare l’eredità solo se: non è decorso il periodo di prescrizione; l’eredità non
è stata accettata da altri.

La rinuncia può essere impugnata solo per violenza o dolo.

I creditori del rinunciante possono essere pregiudicati dalla rinuncia, dunque la legge
stabilisce una tutela a loro favore. Se la rinuncia è stata fatta senza frode, i creditori
mediante azione giurisdizionale possono farsi accettare l’eredità in nome e in luogo del
rinunciante. Questo non diventa ereditario, l’azione ha il solo scopo di far soddisfare i
creditori sui beni ereditari.

LA SUCCESSIONE LEGITTIMA (cap LXXV)

Alla successione legittima si ricorre quando manca un testamento, oppure quando è stato
fatto il testamento ma non di tutto il patrimonio del defunto ma solo di una parte.

In questo caso per la parte restante si provvede con la successione legittima rispettando
però sempre le quote di riserva dei legittimari.

Le categorie successibili, nella successione legittima sono: il coniuge, i discendenti


legittimi e naturali, gli ascendenti, i collaterali, i genitori del figlio naturale, gli altri parenti e lo
Stato.

Al coniuge spetta la metà del patrimonio del defunto, se in concorso con un solo figlio
(legittimo o naturale), 1/3 se concorre alla successione con due figli, 2/3 se concorre con
fratelli o sorelle, o ascendenti legittimi.

In mancanza di tali soggetti si devolve l’intera eredità al coniuge.

Gli altri successibili possono distinguersi in diversi ordini di importanza:

- 1° ordine: fanno parte i figli legittimi o naturali riconosciuti o adottivi. I figli succedono
tutti in parti uguali ed escludono dalla successione tutti gli ascendenti e i
collaterali.Quindi dopo aver dato la quota spettante al coniuge (situazione particolare) i
figli dividendola restante parte in parti uguali;

210
- 2° ordine: fanno parte i genitori, i fratelli e sorelle, nonché i discendenti di questi ultimi, gli
ascendenti.Tutti questi soggetti succedono solo se il de cuius muore senza lasciare prole. I
genitori e i fratelli dividono tutto in parte uguali. Gli ascendenti succedono soltanto in
assenza di genitori.

- 3° ordine: fanno parte i collaterali dal terzo al sesto grado, che hanno diritto alla
successione solo quando non vi siano altri successibili.

La successione non ha luogo tra parenti oltre il sesto grado.

Il coniuge separato conserva i diritti ereditari tranne nell’ipotesi che a lui sia addebitata la
separazione, mentre nel caso di divorzio l’ex coniuge non ha diritto di partecipare alla
separazione.

La successione dello Stato

L’eredità è devoluta allo Stato in mancanza di altri successibili, cioè sia nel caso in cui non
ci siano i successibili sia nel caso in cui tutti abbiano rinunciato alla successione.

Lo Stato non può rinunciarvi e l’acquisto si opera di diritto senza bisogno di accettazione.

Lo Stato inoltre non risponde mai dei debiti oltre il valore dell’attivo.

LA SUCESSIONE NECESSARIA
La legge stabilisce che quando ci sono determinate categorie di successibili, una parte
del patrimonio del de cuius deve essere attribuito a costoro.

La quota che la legge riserva a costoro si chiama quota di legittima o riserva.

I successori che vi hanno diritto sono chiamati legittimari o riservatori o successori


necessari, perché devono in ogni caso succedere.

I successori legittimari non devono essere confusi con i successori legittimi, ossia con
coloro che ai quali l’eredità viene devoluta per legge in mancanza del testamento.

La successione necessaria è quell’istituto che attribuisce una riserva ai legittimari.

Legittimari sono: Il coniuge e anche il partner dell’unione civile; I figli legittimi e naturali; Gli
ascendenti legittimi.

Per il coniuge la riserva è della metà del patrimonio se non vi sono figli e ascendenti, in
caso contrario varia a seconda della qualità e del numero di soggetti con i quali concorre.

Tali diritti sono riservati anche al coniuge separato a cui non sia stata addebitata la
responsabilità della crisi del rapporto.

La riserva a favore dei figli legittimi o naturali non è fissa, ma variabile a seconda del
numero di figli e secondo l’esistenza o meno del coniuge.(quota mobile)Se manca il
coniuge la riserva è della metà del patrimonio se il figlio è solo uno, se i figli sono più di uno
la riserva è di 2/3.

La riserva degli ascendenti opera solo se il defunto non lascia figli legittimi o naturali. In tal
caso è di 1/3, se invece concorre anche il coniuge, a cui spetta la metà del patrimonio, agli
ascendenti la riserva scende ad ¼.

La quota legittima
Quando all’apertura della successione vi sono dei legittimari, il patrimonio del de cuius si
distingue in 2 parti:

- Parte disponibile che il testatore è libero di attribuirla a chiunque;

211
- Legittima o riserva della quale il testatore non può decidere la sua sorte, in quanto la
legge la attribuisce ai legittimari. Il testatore non ha alcun potere sulla legittima.

Le uniche due azioni che può compiere sono:

- Legato in sostituzione di legittima: il testatore attribuisce al legittimario un legato di


somma di denaro o beni determinati, per un valore uguale o anche superiore alla quota di
legittima, a condizione che esso (il legato) si sostituisce alla legittima.
Cioè il legittimario una volta accettato il legato in sostituzione non può più chiedere il
supplemento se il valore del legato risulta inferiore a quello della legittima.
Egli non acquista la qualità di erede e quindi non risponde dei debiti del de cuius;

- Legato in conto di legittima: il testatore attribuisce al legittimario uno o più beni, che
devono essere calcolati al fine della legittima, cioè il legittimario può chiedere il
supplemento se il valore dei bene è inferiore alla quota di legittima a lui spettante.

Ovviamente il legittimario è libero di rinunziare o meno il legato in sostituzione o in conto di


legittima o scegliere l’attribuzione della riserva.

Se decide di rinunziare deve farlo per iscritto, in quanto all’apertura della successione il
legato viene attribuito automaticamente al legatario (legittimario).

Il legato in sostituzione di legittima si ritiene tale solo se è espressamente dichiarato dal


testatore, altrimenti lo si considera un legato in conto di legittima.

La riunione fittizia
La riunione fittizia è un operazione che serve per poter stabilire se il testatore abbia leso o
meno le quote spettanti ai legittimari, calcolando il suo patrimonio all’epoca dell’apertura
della successione.

È un operazione contabile ed è chiamata così poiché si riuniscono solo fittiziamente tutti i


beni del testatore, essendo un operazione contabile fatta sulla carta.

La riunione fittizia consiste nel calcolare la parte disponibile al testatore e vedere se quanto
lui ha disposto con il testamento lo ha fatto ledendo le quote dei legittimari.

Si calcola tutto l’attivo del testatore, si sottraggono tutti i debiti, e si aggiungono tutte le
donazioni o legati fatti in vita dal testatore a terzi (non legittimari).

Su tale importo si calcola la quota di cui il testatore poteva disporre cioè poteva attribuire a
terzi.

Se invece la donazione è stata fatta a favore dei legittimari allora queste si considerano
come in conto di legittima.

L’azione di riduzione
Se mediante i calcoli della riunione fittizia, risulta che le disposizioni testamentarie o le
donazioni effettuate eccedono la quota che il testatore aveva a disposizione, ciascun
legittimario può agire per la riduzione delle une o delle altre con un apposita azione
chiamata appunto azione di riduzione.

Cioè l’azione di riduzione viene promossa nel caso in cui dopo aver effettuato la riunione
fittizia risulta che il testatore ha leso i diritti spettanti ai legittimari.

Se viene accolta, il donatario o il beneficiario della disposizione testamentaria deve


restituire in tutto o in parte il bene o restituendo al legittimario una quota in denaro a lui
spettante.

Le prime ad essere ridotte sono le disposizioni testamentarie, se queste non sono


sufficienti a coprire la legittima si procede alla riduzione delle donazioni o dei legati.

212
L’azione di riduzione è soggetta a prescrizione ordinaria decennale.

Il patto di famiglia
Per conservare integralmente e far continuare l’azienda di un titolare (padre di famiglia)
anche dopo la sua morte senza che l’azienda venga sciolta per dividere le quote di riserva
tra i legittimari, la legge pone il rimedio del patto di famiglia.

Il patto di famiglia è un contratto con il quale l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte,


l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie
quote a uno o più discendenti.

Il patto di famiglia quindi può essere fatto solo a favore dei propri figli (e non coniugi o altri
parenti), e in mancanza di essi oppure perché non sono in grado di gestire l’azienda, a
favore dei nipoti, purché discendenti.

Gli assegnatari del patto di famiglia possono essere solo i discendenti.

Il contratto deve essere fatto con atto pubblico pena la nullità.

Al contratto devono partecipare, oltre agli assegnatari, anche il coniuge e tutti coloro che
sarebbero i legittimari. In caso non partecipino il contratto è invalido.

I legittimari non assegnatari possono:

- Rinunziare a tutti i diritti relativi all’impresa, e ovviamente dividere il patrimonio del titolare
alla sua morte, con gli assegnatari dell’azienda, escludendo dal patrimonio l’azienda
stessa.

- Se non rinunziano ai diritti relativi all’impresa, gli assegnatari devono liquidare i legittimari
non assegnatari dell’azienda, con una somma corrispondente alla loro quota di riserva.

Il patto può essere sciolto in 2 casi:

1) Per un successivo contratto di patto di famiglia;

2) Per recesso che deve essere certificato da un notaio.

LA SUCCESSIONE TESTAMNETARIA
Il testamento è un atto con il quale una persona decide a chi attribuire i propri beni al
momento della sua morte.

Il testamento è sempre revocabile dal testatore cioè egli può in qualsiasi momento
modificare il testamento finché è in vita.

Pertanto non sono ammessi dal nostro ordinamento né patti successori né donazioni mortis
causa.

Il testamento può contenere l’istituzione di uno o più eredi o anche soltanto legati.

Il testamento è un negozio unilaterale non recettizio, ed è un atto strettamente personale,


espressione della volontà del testatore che non ha bisogno di essere portato a conoscenza
di persone determinate se non al momento della morte.

Per il carattere della personalità, non è ammesso il testamento congiuntivo cioè costituito
da un unico atto sottoscritto da due o più persone.
È ammesso invece il testamento simultaneo cioè composto da due atti sottoscritti ognuno
da una sola persona ma scritti su uno stesso foglio di carta.

Né è ammessa la rappresentanza legale o volontaria.

Il testamento è un negozio solenne in quanto deve essere compiuto ad substantiam


secondo forme determinate dalla legge.

213
Il testamento come negozio giuridico
È incapace di testare: il minorenne, gli interdetti per infermità di mente, gli incapaci naturali
cioè quelle persone che anche temporaneamente non erano capaci di intendere e di volere.

Il testamento fatto da un incapace è impugnabile da chiunque vi abbia interesse entro


cinque anni dal giorno dell’esecuzione del testamento.

Il testamento deve essere interpretato in modo da capire quale è stata la volontà del
testatore al momento della sottoscrizione.

Le disposizioni testamentarie possono essere impugnate da chiunque vi abbia


interesse in caso di vizi della volontà (errore, violenza e dolo).

Mentre nei negozi unilaterali recettizi l’errore sul motivo è irrilevante, nel testamento
l’errore sul motivo è una causa di annullamento della disposizione testamentaria ma solo
se:

- Il motivo erroneo risulti dall’atto (es. “nomino erede Tizio perché mi ha salvato la vita”
condizione erronea in quanto la vita è stata salvata da Caio);

- Il motivo erroneo sia il solo che ha determinato il testatore ad assegnare a lui l’eredità (es.
“nomino mio erede Tizio perché è mio cognato e mi ha anche salvato la vita” questa non
è impugnabile né annullabile in quanto il motivo di aver salvato la vita anche se erroneo
non è stato l’unico a determinare la scelta dell’erede).

Il motivo illecito determina la nullità del testamento se e solo se esso risulti dal
testamento ed è stato il solo che ha determinato il testatore a disporre.

L’incapacità di ricevere può dipendere o dall’incapacità di succedere o dalla tutela della


libertà testamentaria. Cioè per tutelare la libertà testamentaria non possono ricevere la
successione chi potrebbe abusare della funzione che svolge (ad es. tutore, protutore,
notaio, testimone, interprete, persona che ha scritto il testamento).
Cioè queste persone sono incapaci assoluti di ricevere.

La disposizione testamentaria a favore di un incapace assoluto di ricevere è nulla senza


che ci sia bisogno né di provare né di una sentenza che accerti l’abuso.

La legge stabilisce che l’interposizione è nulla (per aggirare l’ostacolo – lascio a Tizio che
darà tutto a Caio) se e solo se il testamento sia a favore di un parente stretto dell’incapace
di ricevere.

Il testamento a favore di una persona incerta, che non può essere determinata dalla legge,
è nullo. E si procederà con la successione legittima.

(es. è valido il testamento che dispone come erede i parenti più prossimi, è nullo il
testamento che dispone come eredi i parenti più meritevoli, poiché per la legge non è
possibile determinarli )

Gli elementi accidentali del testamento


In quanto negozio giuridico, il testamento può contenere elementi accidentali.

Gli elementi accidentali sono:

La condizione: sia alla successione a titolo universale (eredità) che a quella a titolo
particolare (legato) può essere imposta una condizione risolutiva o sospensiva.

Se si avvera la condizione: l’erede o legatario istituito sotto condizione sospensiva si


considera tale dalla data dell’apertura della successione;

214
oppure l’erede o legatario istituito sotto condizione risolutiva si considera come se non
fosse mai stato erede, ma è tenuto alla restituzione dei frutti solo dal giorno
dell’avveramento della condizione.

Il termine: si considera come non apposto ad una successione a titolo universale, può
invece apporsi ad una successione a titolo particolare;

L’onere o modus può essere apposto. Il testatore impone un obbligo all’erede di fare una
determinata prestazione.

Forme del testamento


Il testamento è un atto solenne, che richiede una particolare forma ad substantiam.Il
testamento orale non è ammesso dal nostro ordinamento, esso deve essere
necessariamente scritto.

Ci sono due forme di testamento:

- Ordinarie: Testamento olografo; Testamento per atto di notaio (che può essere: pubblico
o segreto)

- Speciali
Il testamento olografo
Il testamento olografo è la forma più semplice e al tempo stesso più riservata
dell’espressione della volontà del testatore.

I requisiti di forma sono:

- L’autografia che consiste nel fatto che il testamento sia stato scritto integralmente dalla
mano del testatore. (non basterebbe la sola firma del testatore di un testamento scritto a
computer).

- La data, giorno, mese e anno, se mancasse uno di questi l’atto è annullabile. (si può
scrivere Pasqua 1997, Natale 2000 in quanto è si può risalire al giorno della Pasqua di
quell’anno o comunque si sa che Natale è il 25 dicembre); Si può accertare se la data
dichiarata corrisponda al vero, e in caso contrario l’atto è annullabile.

- Sottoscrizione con nome e cognome del testatore o anche da uno pseudonimo un


vezzeggiativo che lo identifichi univocamente.

Se manca uno di questi requisiti il testamento è annullabile.

Il testamento olografo è un scrittura privata, e si può usare qualsiasi foglio l’importante e


che scriva che vuole istituire quel foglio come testamento (ad es. “voglio che questo sia il
mio testamento”

Il testamento pubblico (o per atto notarile pubblico)


Il testamento pubblico è un atto redatto da un notaio.

I requisiti di forma sono:

- Dichiarazione di volontà orale del testatore al notaio;

- Presenza di 2 testimoni (se oltre ad essere analfabeta è o sordo, muto, o sordomuto


devono essere 4);

- Redazione per iscritto della volontà a cura del notaio (cioè al notaio spetta di redigere
il testamento ma la scritturazione può essere fatta sia dal notaio stesso, sia da un
testimone, sia dal testatore che da un amanuense);

215
- Lettura dell’atto al testatore e ai testimoni;

- Sottoscrizione del testatore, dei testimoni e del notaio;

- La data giorno, mese, e anno che comprende anche l’ora;

- La menzione dell’osservanza delle formalità enunciate.

Il testamento segreto (o per atto notarile segreto)


Il testamento segreto, a differenza di quello pubblico, rimane segreto cioè il suo contenuto
non viene letto dal notaio o dai testimoni se non al momento della morte del testatore.

Il testamento segreto consiste in 2 elementi:

- La scheda testamentaria (il testamento);

- L’atto di ricevimento con cui il notaio documenta che il testatore, alla presenza di
due testimoni, gli ha consegnato personalmente la scheda e gli ha dichiarato che in
quell’atto ci sono le se volontà testamentarie.

La scheda viene sigillata dal notaio, poi egli fa sottoscrivere l’atto di ricevimento da i due
testimoni, dal testatore e anche egli stesso sottoscrive con la sua firma.

Il vero momento perfezionativo del negozio è l’atto di ricevimento steso dal notaio.

La scheda può essere non autografa cioè può essere scritta da terzi o da computer (se
scritta da altri o con mezzi meccanici la sottoscrizione deve essere fatta ogni mezza
pagina).

Il testamento segreto può essere fatto anche da chi non sa scrivere, ma non da chi non sa
o non può leggere.

Testamenti speciali
Si ricorre a testamenti speciali solo quando si è impossibilitati a ricorrere al testamento
ordinario ad

(es. x causa di malattia contagiosa, o perché a bordo di navi o aerei, testamenti di militari
ecc.)

Questi testamenti presentano una medesima caratteristica: dopo 3 mesi dalla cessazione
delle causa che ha impedito il testatore di valersi della procedura ordinaria, perdono la loro
efficacia.

Invalidità del testamento per vizio di forma


Il testamento è nullo se manca:

- l’autografia o la sottoscrizione nel caso di testamento olografo;

- la redazione per iscritto, da parte del notaio, delle dichiarazioni del testatore;

- la sottoscrizione del notaio o del testatore nel caso di testamento per atto di notaio

Per ogni altro difetto di forma il testamento può essere annullato su istanza di chiunque vi
abbia interesse.

L’azione di annullamento si prescrive entro 5 anni dalla data di esecuzione


del testamento.

La revoca del testamento


Il testamento può essere revocato fino all’ultimo momento di vita.

216
Si ha la revoca sia:

- se con un testamento posteriore a quello precedente si dichiara che il vecchio testamento


è revocato (revoca espressa);

- se si fa un nuovo testamento posteriore a quello precedente (revoca tacita).

(Solo per il testamento olografo, la sua cancellazione o distruzione fa presumere la


revocazione delle disposizione in esso contenuto, salva la possibilità per gli interessati che
la distruzione sia stata causata da persona diversa dal testatore).

Pubblicazione del testamento


Morto il testatore chiunque vi abbia interesse può chiedere la pubblicazione del testamento
dopo aver aperto la successione.

Il procedimento prevede:

1. la presenza dei due testimoni

2. verbale redatto nella forma degli atti pubblici e contente la descrizione dello stato del
testamento, la riproduzione del suo contenuto, l’eventuale menzione di apertura del
testamento se sigillato

3. sottoscrizione della persona che presenta il testamento.

4. al verbale di pubblicazione devono essere allegati la carta in cui è scritto il testamento;


l’estratto dell’atto di morte del testatore o la copia del provvedimento che orina
l’apertura degli atti di volontà dell’assente, o la sentenza che dichiara la morte
presunta.

Il testatore può nominare uno o più esecutori testamentari, i quali hanno il compito di
curare che siano eseguite le disposizioni di ultima volontà del defunto.

Alla fine deve rendere conto della loro gestione e consegnare i beni all’erede. Può anche
attribuire all’esecutore, che non sia erede o legatario, l’incarico di procedere alla divisione
dell’eredità.

IL LEGATO (cap LXXVIII)

Il legato è una successione a titolo particolare che consiste nell’attribuzione di beni


determinati e non comprende quindi l’universalità dei beni.

Il legato, di regola, è disposto con testamento.

La persona a cui il legato è attribuito si chiama legatario, e non risponde dei debiti del de
cuius.

Acquisto del legato

Il legato, a differenza dell’eredità, si acquista di diritto, cioè automaticamente con


l’apertura della successione, senza bisogno di accettazione. Il legatario ha però la facoltà di
rinunziare al legato.

Se il legato ha ad oggetto beni immobili, la rinunzia deve farsi per iscritto.

Tipi di legati: legato di cosa altrui, legato di genere, legato alternativo, legato di credito,
legato di

liberazione da un debito, legato a favore del creditore, legato alimentare.

217
DIVISIONE DELL’EREDITÀ (cap LXXIX)

La comunione ereditaria

Si ha la comunione ereditaria quando l’eredità è acquistata da più eredi (comproprietari).

Se uno dei coeredi decida di alienare la sua quota o una parte di essa, gli altri coeredi
hanno il diritto di prelazione cioè il diritto di essere preferiti agli estranei. Se procede senza il
loro consenso, questi hanno diritto a riscattare la quota.

La divisione

Ogni coerede può sempre domandare la divisione. Con la divisione cessa lo stato di
comunione e ogni erede ottiene la titolarità esclusiva di una parte del bene sottoposto in
eredità.

La divisione ha natura dichiarativa ed effetto retroattivo.

La divisione può essere fatta:

- dal testatore (divisione testamentaria);

- d’accordo tra i coeredi (divisione contrattuale o amichevole o contratto di divisione);

- per opera del giudice se le parti non sono d’accordo (divisione giudiziale).

Divisione contrattuale

Può essere chiesta da uno dei coeredi per ottenere lo scioglimento della comunione
ereditaria, e devono essere chiamati a partecipare tutti i condividenti.

Il contratto di divisione può essere annullato per dolo o per violenza ma non per errore.

Se per errore sono stati omessi dei beni c’è un rimedio: il supplemento di divisione.

Se vi è stato un errore che riguarda la valutazione dei beni c’è un altro rimedio: la
rescissione per lesione. Quest’azione permette al coerede che è stato leso di essere posto
sullo stesso piano degli altri coeredi.

Il coerede contro cui è promossa quest’azione può evitarla riconducendo ad equità il


coerede leso, dando cioè il supplemento in natura o in denaro al coerede leso.

La rescissione per lesione di divisione ha il termine di prescrizione di 2 anni.

La divisione è nulla ed è imprescrittibile (cioè può essere chiesta in ogni momento)


quando:

- non vi abbiano partecipato tutti i coeredi;

- o si è proceduto alla divisione contrattuale nonostante esisteva un testamento.

La divisione giudiziale

Può essere chiesta da uno dei coeredi per ottenere lo scioglimento della comunione
ereditaria, e devono essere chiamati a partecipare tutti i condividenti.

Si procede prima alla stima (valutazione) dei beni e poi alla formazione e assegnazioni
delle porzioni. Se le porzioni che vengono formate con i beni in natura non corrispondono al
valore delle quote ereditarie, chi ha avuto la porzione di valore eccedente è tenuto a
pagare agli altri la differenza in denaro (conguaglio).

La divisione fatta dal testatore

Cioè il testatore decide a chi assegnare i propri beni. Se il testatore nel fare le porzioni leda
la quota di legittima di un legittimario, questi può agire con l’azione di riduzione.

218
I debiti e i crediti ereditari

I debiti e i pesi ereditari (ad es. spese per i funerali) devono essere sopportati da ciascuno
dei coeredi in proporzione alla propria quota di eredità, salvo che il debitore non abbia
disposto altrimenti.

Questa regola vale sia per i rapporti interni tra i coeredi (per i pesi ereditari), sia per i
rapporti esterni (debiti ereditari), e se uno di questi ha pagato l’intero debito potrà
promuovere l’azione di regresso contro gli altri coeredi (ma sempre nei limiti delle quote
ereditarie).

Quindi ciascun creditore non può chiedere ad un coerede più di quanto egli deve in
proporzione alla sua quota ereditaria, a meno che non si tratti di debiti ipotecari dove il
creditore potrà chiedere al singolo coerede l’intero debito, poi ovviamente il coerede
si rifarà promuovendo l’azione di regresso per riavere quanto versato (sempre nei limiti
delle proprie quote ereditarie).

La garanzia per l’evizione

Tutti i coeredi sono tenuti tra di loro alla garanzia per l’evizione.

Quindi se un bene è stato assegnato ad un coerede come porzione della divisione, ma


questo non era di proprietà del de cuius ma di un terzo, e questo coerede è costretto a
rilasciare il bene o i beni al terzo, ecco che al coerede viene a mancare la sua porzione di
quota ereditaria.

Quindi tutti i coeredi sono tenuti alla garanzia per l’evizione, cioè sono tenuti alla ripartizione
del danno subito (non è giusto che solo uno subisca il danno).

La collazione

Se il de cuius aveva fatto durante la sua vita delle donazioni o ai figli o al coniuge o ai propri
discendenti, la legge presume che quelle donazioni non sono state altro che un anticipo
sulla futura successione.

Perciò i beni donati devono essere conferiti nella massa attiva del patrimonio del de cuius
per poi procedere alla divisione rispetto alle quote stabilite dal testamento o dalla legge.

I soggetti obbligati a conferire i beni donati sono solo il coniuge, i figli e i discendenti del de
cuius.

La collazione può avvenire in 2 modi:

- per natura: cioè si restituisce materialmente ciò che è stato ricevuto in donazione (beni
immobili);

- per imputazione: cioè prelevando tanti beni in meno, dal patrimonio ereditario tenendo
conto del valore della donazione ricevuta (per i beni mobili).

Differenza tra collazione e riunione fittizia: nella collazione la riunione delle donazioni
con il patrimonio esistente del de cuius è reale cioè si ha effettivamente; nella riunione
fittizia se non risulta lesa la legittima, l’operazione si riduce ad un calcolo che rimane sulla
carta, se invece risulta lesa le donazioni non rientrano nella massa ereditaria, ma sono
soltanto soggette a riduzione.

LA DONAZIONE ( cap LXXX)

La donazione è un contratto. Essa richiede per la sua perfezione l’incontro della volontà di
due parti: non soltanto occorre la volontà del donante di arricchire l’altra parte senza
corrispettivo, ma è necessaria anche l’accettazione del donatario. (a meno che non si tratti
di donazione obnuziale)

219
Elementi della donazione sono:

- Lo spirito di liberalità: costituisce la causa del contratto;

- L’arricchimento: cioè l’arricchimento del patrimonio del donatario, che può realizzarsi o
cedendo un diritto al donatario o assumendo un obbligazione verso il donatario.

La cosa che contrassegna il negozio della donazione è la mancanza di corrispettivo.


Rientra nella categoria dei negozi a titolo gratuito.

È considerata donazione anche la donazione remunerativa cioè la liberalità fatta per


riconoscenza al donatario.

Rispetto alla donazione è inammissibile e inconcepibile:

- il contratto preliminare;

- un contratto diretto a creare l’obbligo di concludere una donazione;

- la promessa di donazione (questa è nulla) in quanto il soggetto deve essere libero di


compiere o meno una donazione.

(non bisogna però credere che qualsiasi negozio gratuito costituisca una donazione in
quanto la gratuità importa soltanto l’assenza di corrispettivo, ma non implica una
liberalità ossia di determinare spontaneamente l’arricchimento dell’altra parte, elemento
necessario al concetto di donazione).

Donazione indiretta

Lo scopo di arricchire un'altra persona si può raggiungere:

- in modo diretto con il contratto di donazione;

- in modo indiretto avvalendosi di negozi che hanno una causa diversa da quella liberale
(spontaneità senza corrispettivo) la c.d. donazione mista ad es. vendita a prezzo inferiore
al valore della cosa.

Si ha la donazione mista tra vendita e donazione se vi è sproporzione tra le due prestazioni


ma occorre che la sproporzione sia voluta da colui che la subisce, allo scopo di effettuare
una liberalità, e questa liberalità sia accettata dall’altra parte.

Se manca questo elemento (sproporzione sia voluta) e il contratto è commutativo si potrà


ricorrere alla rescissione per lesione.

Requisiti e disciplina

Non hanno la capacità di donare (cioè non possono fare donazioni):

- i minorenni;

- l’interdetto;

- l’inabilitato;

- l’incapace naturale.

ECCEZIONE: è fatta per le donazioni a causa di matrimonio (c.d. donazioni obnuziali) che
sono valide anche se compiute da minori o inabilitati purché fatte con l’assistenza delle
persone che esercitano la potestà o la tutela di quel soggetto.

Tutti gli altri hanno la capacità di donare.

220
Hanno la capacità di ricevere una donazione:

- persone fisiche;

- concepiti;

- persone giuridiche;

- enti riconosciuti e non.

Sono incapaci di ricevere cioè non possono ricevere donazione il tutore e il protutore dal
soggetto incapace di cui loro hanno la tutela, a meno che il tutore o il protutore non siano
parenti entro il 4° grado o coniuge o comunque persona stabilmente convivente con
l’incapace.

Oggetto della donazione non possono essere beni futuri.

Forma della donazione: la donazione richiede ad substantiam (pena la nullità) una forma
particolare sia che si tratti di beni mobili che di beni immobili:l’atto pubblico, e che al
momento della donazione ci siano 2 testimoni.

Questa forma solenne non è richiesta per le donazioni di modico valore.

La donazione può essere sottoposta a condizione.

Un particolare tipo di donazione sottoposto a condizione sospensiva è la donazione


obnuziale, in quanto essa (oltre a non essere soggetta ad accettazione) produce i suoi
effetti solo se il matrimonio si celebra (condizione sospensiva).
Se si annulla il matrimonio la donazione diventa nulla.

Un'altra condizione che può essere inserita ad una donazione è la condizione di reversibilità
(di ritorno). È una condizione risolutiva e consiste che i beni ritornano al donante nel caso in
cui il donatario muore prima del donante medesimo.

La donazione può essere gravata da modo o onere cioè ad un obbligo del donatario ad
effettuare una donazione entro i limiti della cosa donata. Per l’adempimento del modo
possono agire il donante e qualsiasi interessato anche durante la vita del donante stesso.

La risoluzione della donazione per inadempimento del modo è possibile solo se


espressamente previsto dall’atto di donazione e può essere chiesto dal donante o dai suoi
eredi.

L’onere illecito o impossibile si considera come non apposto. Rende nulla la donazione se è
stata l’unico motivo che ha determinato la donazione.

L’errore sul motivo della donazione, la rende annullabile (così come rende annullabile
l’errore sul motivo del testamento) se il motivo risulti dall’atto e sia il solo ad aver
determinato il donante a compiere la donazione.

Il motivo illecito rende nulla la donazione quando risulta dall’atto e sia il solo ad aver
determinato il donante a compiere la donazione.

La revoca della donazione

La donazione si può revocare (cioè può sciogliersi) solo per 2 cause:

- ingratitudine del donatario;

- sopravvenienza di figli.

Sono ingrati a succedere quei soggetti considerati indegni di succedere, o che sono
colpevoli di ingiuria grave verso il donante.

221
Le ragioni che ricorrono per la donazione non ricorrono in caso di donazioni rimuneratorie o
obnuziali.

La revoca dipende da iniziativa unilaterale del donante. Cioè solo il donante può togliere
efficacia alla donazione.

La sentenza che pronuncia la revocazione, sia per ingratitudine che per sopravvenienza di
figli, condanna il donatario a restituire i beni donati.

La revoca non pregiudica i terzi che hanno acquistato i diritti su quei beni prima della
domanda di revoca al giudice.

PUBBLICITÀ IMMOBILIARE
In linea generale la trascrizione è un mezzo di pubblicità che si riferisce ai beni immobili e
mobili registrati (nave, automobili, aeromobili) e serve a far conoscere ai terzi le vicende
giuridiche riguardante quei determinati beni.

La trascrizione ha nell’ordinamento varie funzioni:

1) la funzione originaria della trascrizione è quella di strumento di soluzione di conflitti tra


più acquirenti di diritti reali su determinati beni.

Un diritto reale diventa opponibile a terzi solo per effetto della trascrizione.

Criteri di soluzione:

- per i beni mobili non registrati, il conflitto tra più acquirenti di uno stesso bene dal
medesimo titolare è risolto in base al principio “possesso vale titolo” e della “buona fede”.

Cioè se un proprietario di un bene con successivi contratti aliena a più persone uno stesso
bene, il conflitto è risolto a favore di chi per primo ha conseguito in buona fede il possesso
del bene (viene preferito agli altri).

- per i beni immobili e mobili registrati e in generale per tutti i beni sottoposti a
trascrizione, il conflitto tra più acquirenti di uno stesso bene dal medesimo titolare si risolve
in base alla trascrizione: colui che per primo ha fatto trascrivere in pubblici registri il
trasferimento è preferito rispetto a colui che non ha trascritto o che ha trascritto
successivamente.

N.B. ciò che è determinante ai fini della soluzione dei conflitti tra più acquirenti di uno
stesso bene, non è la data in cui l’atto viene compiuto, ma la data in cui viene
eseguita la trascrizione. (art. 2644)

N.B. Il conflitto tra più acquirenti di uno stesso bene è risolto in due modi diversi a seconda
che siano:

- diritti su beni immobili e mobili registrati: il conflitto si risolve esclusivamente sulla base
della trascrizione, prescindendo dalla buona fede (irrilevanza della buona fede);

- diritti su beni mobili non registrati: il conflitto si risolve sulla base del possesso e della
buona fede dell’acquirente (la buona fede fa parte della fattispecie).

Ovviamente chi ha subito un pregiudizio derivante dalla doppia alienazione di uno stesso
bene può rivolgersi contro il suo venditore e richiedere il risarcimento dei danni essendo
lui il responsabile del danno.

222
Inoltre il primo acquirente, che sia risultato soccombente rispetto a colui che ha
acquistato successivamente ma ha trascritto per primo l’atto, può chiedere il risarcimento
dei danni anche al secondo acquirente se e solo se dimostri che quest’ultimo abbia
acquistato in mala fede (cioè sapeva che il bene fosse stato già venduto ad altri, e quindi
abusando delle regole sulla trascrizione, ha eseguito per prima la trascrizione).

Da notare che comunque questa particolarità non va in contrasto con la regola


sull’irrilevanza della buona fede nella risoluzione dei conflitti aventi per oggetto diritti su beni
immobili o mobili registrati, in quanto la mala fede del secondo acquirente non fa venir
meno l’efficacia della trascrizione (egli rimarrà comunque proprietario del bene o del
diritto acquistato sul bene) ma comporta solo una responsabilità risarcitoria (di tipo
aquilano) nei confronti del primo acquirente che ha visto leso il proprio diritto a causa di un
comportamento consapevolmente scorretto da parte del secondo acquirente.

Natura dichiarativa della trascrizione


La trascrizione serve a dirimere il conflitto tra due o più persone che hanno acquistato un
medesimo diritto (o comunque diritti tra loro incompatibili), da uno stesso titolare.

Quindi la trascrizione non è un elemento della fattispecie acquisitiva del diritto: il


trasferimento del diritto lo si ha con il consenso legittimo di entrambe le parti.

Quindi se acquisto un immobile, ne divento proprietario indipendentemente dalla


trascrizione dell’atto di acquisto; la trascrizione serve solo per prudenza per evitare che
possa essere danneggiato nel caso in cui il mio venditore venda al altri lo stesso bene, e il
secondo acquirente trascriva prima di me l’atto nei pubblici registri.

Quindi la trascrizione ha efficacia dichiarativa, e serve solo per l’opponibilità ai terzi.

ECCEZIONE: la trascrizione ha efficacia costitutiva solo nel caso di:

- ipoteca cioè l’ipoteca si costituisce mediante la trascrizione nei pubblici registri (è


elemento integrante della fattispecie negoziale);

- usucapione abbreviata cioè l’usucapione si costituisce mediante la trascrizione nei


pubblici registri.

In altri casi la trascrizione ha funzione di pubblicità-notizia (ad es. trascrizione della


dichiarazione dell’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario).

La trascrizione come strumento di pubblicità notizia ha due tipi di efficacia:

- efficacia negativa: gli atti non trascritti si presumono ignoti a i terzi;

- efficacia positiva: gli atti trascritti si presumono noti a terzi e quindi e opponibili a terzi.

La trascrizione per la maggior parte dei negozi, rappresenta solo un onere per le parti,
infatti nessuno mi obbliga ad effettuare la trascrizione, ma è nel mio interesse effettuarla se
voglio rendere l’atto opponibile ai terzi.

Impostazione dei registri immobiliari italiani


I nostri registri immobiliari sono basati su un sistema personale e non reale.

Questo vuol dire che nei registri immobiliari non abbiamo una rilevazione di tutte le vicende
che hanno interessato un certo bene, ma troviamo tutte le vicende che hanno interessato
una certa persona.

Quindi per sapere qualcosa su un bene (ad es. di chi è la proprietà) devo partire dal
soggetto cioè devo ricostruire tutti gli atti che hanno riguardato quel bene, indagando sui
soggetti che ne hanno avuto la proprietà.

223
Principio di continuità delle trascrizioni
Nei casi in cui un atto di acquisto è soggetto a trascrizione, le successive trascrizioni non
producono effetto se non è stato trascritto l’atto anteriore di acquisto.

Atti soggetti a trascrizione


Sono soggetti a trascrizione tutti e solo gli atti espressamente previsti dalla legge (art.
2643).

Gli atti soggetti a trascrizione sono:

- gli atti riguardanti beni immobili;

- gli atti riguardanti i beni mobili registrati;

- gli atti che comportano trasferimento, costituzione, modificazione, estinzione di diritti


reali;

- contratti traslativi della proprietà;

- contratti relativi a diritti personali su beni immobili solo se superano una certa durata;

- gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati ai numeri precedenti;

- transazioni (contratti con i quali le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine
ad una lite) ma solo se riguardano modificazioni dei diritti menzionati ai numeri
precedenti;

- sentenze che operano costituzioni, modificazioni, trasferimenti dei diritti menzionati nei
punti precedenti.

La trascrizione ha sempre per oggetto atti.

Trascrizione degli acquisti mortis causa: è soggetta a trascrizione l’accettazione


dell’eredità se importa l’acquisto di diritti reali su beni immobili o beni mobili registrati.

Sono soggetti a trascrizione se hanno per oggetto beni immobili:

- le divisioni di eredità comuni;

- le convenzioni matrimoniali.

La trascrizione degli “atti di destinazione”


Sono soggetti a trascrizione gli atti di destinazione. Non tutti vengon trascritti ma è
trascrivibile qualsiasi atto di destinazione, con il solo limite della non contrarietà a norme
imperative.

Gli atti di destinazione sono quegli atti che riguardano beni immobili o mobili registrati che
una persona decide di destinare ad un beneficiario per la realizzazione di interessi meritevoli
di tutela.

I soggetti beneficiari possono essere: persone disabili, persone fisiche, pubbliche


amministrazioni o altri enti.

Con la trascrizione gli atti di destinazione diventano opponibili ai terzi. Deve essere fatto
con atto pubblico.

Con la destinazione si realizza una separazione dei beni cioè quei beni possono essere
utilizzati solo per la realizzazione del fine di destinazione anche dai successivi acquirenti.

224
(Se una persona con un atto di destinazione trascrive che un immobile viene utilizzato come
ricovero per disabili, il successivo acquirente di quell’immobile non potrà cambiare la sua
destinazione, e i creditori del nuovo acquirente non potranno rifarsi sul bene sottoposto a
destinazione).

Il vincolo però non può durare per un periodo superiore ai 90 anni o alla durata della vita del
beneficiario.

La dottrina sostiene che tra gli atti di destinazione suscettibili di trascrizione rientrerebbero
anche i trust, il cui effetto è proprio quello di destinare un determinato bene a uno
specifico scopo, vincolando il trustee a rispettarlo e evitando che i beni del trust vadano
confusi con il patrimonio del trustee.

La trascrizione delle domande giudiziali


Anche le domande giudiziali possono essere trascritte per renderle opponibili ai terzi.

La trascrizione delle domande giudiziali serve per mettere a conoscenza i terzi che è stata
proposta una domanda giudiziale con la quale viene contestata la titolarità di un diritto su
un bene immobile o mobile registrato.

Se non si vuole correre il rischio che durante la pendenza di un giudizio, il convenuto


compia atti di disposizione sul bene oggetto della lite, l’attore deve trascrivere la domanda
giudiziale.

La trascrizione della domanda giudiziale funge da prenotazione di quel bene cioè prevale
su qualsiasi diritto acquistato da terzi, sul bene oggetto della lite, se trascritto
successivamente alla trascrizione della domanda giudiziale.

Qualora i terzi abbiano trascritto il loro titolo anteriormente alla trascrizione della
domanda giudiziale, l’eventuale accoglimento della domanda non potrà pregiudicare i terzi
stessi.

Prevale sempre chi per primo ha effettuato la trascrizione.

Domande soggette a trascrizione:

- domanda di risoluzione o di rescissione di contratti relativi a diritti su beni immobili e


mobili registrati;

- domanda di accertamento della simulazione;

- domanda di revoca per frode;

- domande di nullità o di annullamento;

- domande di rivendicazione.

In caso di rigetto della domanda o di estinzione del processo il giudice ordina la


cancellazione della domanda giudiziaria trascritta in modo che quel bene può essere
rimesso in circolazione essendo stato prenotato dalla trascrizione della domanda giudiziale.

Modalità per eseguire la trascrizione


La trascrizione di diritti su beni immobili deve essere richiesta presso l’ufficio immobiliare
nella cui circoscrizione si trova il bene.

La trascrizione la si può avere solo:

- con sentenza;

- con atto pubblico;

- con scrittura privata autenticata o accertata giudizialmente.

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Per la trascrizione delle domande giudiziale bisogna invece presentare copia
autenticata della domanda giudiziale, munita di relazione di notifica alla controparte.

Per la trascrizione dei diritti sui beni mobili registrati il cod. civ. fa rinvio alle leggi della
navigazione e alle leggi speciali. In mancanza si osservano le norme dei diritti sui beni
immobili.

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