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Con questi appunti abbiamo creato del materiale che mira a smontare l’attuale sistema giuridico
utilizzando le sue regole per poterne creare uno nuovo con i documenti di IO SONO (che si trovano
nei siti dedicati http://oppt-italia.org e http://ioeternaessenza.blogspot.it).
Il metodo utilizzato inizia attraverso il significato dei singoli termini, la dialettica e la filosofia del
diritto, per continuare con specifici articoli della Costituzione e dei codici civile e penale, della
Dichiarazione dei Diritti Umani.
persona giuridica: Nel linguaggio giuridico, con il termine persona si indica in generale il soggetto
di diritto, titolare di diritti e obblighi, investito all’uopo della necessaria capacità giuridica e del
quale è regolata la possibilità di circolazione tra ordinamenti diversi.
In diritto, una persona giuridica è un ente cui l'ordinamento giuridico attribuisce la capacità
giuridica, rendendolo quindi soggetto di diritto.
personalità giuridica
In diritto, la personalità giuridica consiste nell'avere il diritto all'esercizio della capacità giuridica.
La persona ha il “copyright” sul proprio nome, protetto dall’art. 7 del codice civile (oltre che dal
lgs. 196/2003 sulla privacy) :
La persona, alla quale si contesti il diritto all'uso del proprio nome o che possa risentire pregiudizio
dall'uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo
(1), salvo il risarcimento dei danni (2).
L'autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza sia pubblicata in uno o più giornali (120 c.p.c.).
Art. 2043 c.c. Qualunque fatto (3) doloso o colposo (4), che cagiona (5) ad altri un danno ingiusto
(6), obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno [2058]
Art. 2058 c.c. Il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica (1), qualora sia in
tutto o in parte possibile.
Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la
reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore (2).,
Art. 2059, Il danno non patrimoniale (1) deve essere risarcito (2) solo nei casi determinati dalla
legge.
Note
(1) Il danno non patrimoniale identifica i pregiudizi che derivano da lesione dei diritti della persona
e non hanno rilievo economico. Giurisprudenza e dottrina hanno compiuto un lungo percorso
evolutivo che ha condotto, oggi, ad elaborare le seguenti categorie di danno non patrimoniale:
danno morale, quale turbamento transeunte dello stato d'animo; danno biologico, cioè la lesione
psico-fisica della persona, suscettibile di accertamento medico-legale, che incide sul suo quotidiano
e sulle sue relazioni ma che prescinde dalla sua capacità reddituale; danno esistenziale, che, ledendo
altri diritti costituzionalmente tutelati, compromette la possibilità di svolgere le attività che
realizzano la persona umana. La Suprema Corte, inoltre, con le storiche sentenze San Martino, ha
stabilito che il danno non patrimoniale costituisce un modello unitario del quale le singole categorie
hanno solo valenza descrittiva (Cass., SS.UU., 11 novembre 2008, n. 26972, 26973, 26974, 26975).
(2) Il risarcimento dell'illecito aquiliano costituisce ipotesi tipica di debito di valore, cioè di debito
che ha ad oggetto, originariamente, una prestazione diversa dal pagamento di una somma di denaro
e che si converte, poi, in tale prestazione. Ciò implica una notevole difficoltà nella liquidazione di
questo danno che viene affidata alla valutazione equitativa del giudice (2056, 1226 c.c.). Per
ovviare a tale difficoltà il legislatore ha stabilito che il danno biologico deve essere liquidato sulla
base di apposite tabelle. In particolare, esse sono contenute negli articoli 138 e 139, d.lgs. 7
settembre 2005, n. 209 e successive modifiche (c.d. Codice delle assicurazioni private) per quel che
APPUNTI
riguarda i sinistri derivanti dalla circolazione di veicoli e natanti (2054 c.c.) in caso di invalidità
permanenti inferiori o uguali al 9%. Per le ipotesi residue sono state elaborate tabelle dai singoli
Tribunali (ad esempio Milano, Roma, Bologna ecc.) ma la giurisprudenza più recente è orientata
nello stabilire l'applicazione, a fini di uniformità, delle sole tabelle milanesi.
ORA CAPIAMO PRATICAMENTE COME SIAMO TUTELATI ALLA DIFESA DI NOI STESSI
IN TRIBUNALE DA SOLI, SENZA DELEGHE:
Ritornando alla personalità giuridica: In diritto, la personalità giuridica consiste nell'avere il diritto
all'esercizio della capacità giuridica.
La capacità di agire, nell'ordinamento giuridico italiano indica l'idoneità del soggetto a porre
validamente in essere ATTI idonei a incidere sulle situazioni giuridiche di cui è titolare, senza
l'interposizione di altri soggetti di diritto. Non va confusa con la capacità giuridica, che è l'idoneità
di un soggetto a essere titolare di diritti e doveri. La capacità di agire, in quanto modo d'essere del
soggetto giuridico, rientra tra le qualità giuridiche.
E GLI ATTI CHE PONIAMO IN ESSERE SONO LA PRESENTAZIONE DEI
DOCUMENTI DI IO SONO E L’EVENTUALE SPIEGAZIONE DEGLI INCARTAMENTI
UCC VOLONTARIAMENTE.
L'ordinamento giuridico, in diritto, indica l'insieme delle norme giuridiche che regolano la vita di
una comunità all'interno di un sistema giuridico (ad esempio uno Stato).
Come recita l'antico brocardo “ubi ius ibi societas” (dove c'è il diritto ivi la società) e viceversa “ubi
societas ibi ius” (dove c'è la società ivi trovi il diritto), gli ordinamenti giuridici vengono assai
spesso identificati con le organizzazioni sovrane, ad esempio: con gli Stati, e le Federazioni e le
Confederazioni di Stati.[
Le caratteristiche fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano sono:
• continuità
• auto-identificazione
• intersoggetività
• sovranità
• imperatività
• completezza
• trasformazione
• integrazione
• positività
Originari e derivati
Un ordinamento giuridico può essere originario oppure derivato. È originario quando non deriva la
sua sovranità da nessun altro ordinamento (ad esempio: lo Stato, la Chiesa, la Comunità
internazionale); è invece derivato quando la sua sovranità non è diretta e immediata, ma un riflesso
della sovranità di un altro ordinamento (gli enti territoriali e l'Unione europea sono esempi di
ordinamenti giuridici derivati).
Generali e particolari
In relazione ai fini che persegue un ordinamento giuridico può essere generale oppure particolare.
Si dice generale quando il fine perseguito è il cosiddetto bene comune (ad esempio: Stato, enti
territoriali, Unione Europea); si dice invece particolare quando è volto al conseguimento di un
interesse specifico (la Chiesa, ad esempio, tra gli ordinamenti giuridici originari; così come una
società per azioni o un'associazione tra gli ordinamenti giuridici derivati).
Statici e dinamici
In relazione al criterio in base al quale viene stabilita la validità delle norme, ossia la loro
appartenenza all'ordinamento giuridico, quest'ultimo può essere, secondo una distinzione che risale
a Hans Kelsen, statico o dinamico.
In un ordinamento statico è valida la norma logicamente deducibile da un'altra norma
dell'ordinamento (metanorma): è questo il cosiddetto criterio materiale di validità. Negli
ordinamenti statici, così come nei sistemi morali, tutte le norme sono legate tra loro da relazioni di
deducibilità logica e costituiscono, quindi, un sistema normativo; ne sono tipici esempi gli
ordinamenti di matrice religiosa, ad esempio la Sharia islamica, dove le metanorme, in base alle
quali viene stabilità la validità delle altre norme, trovano origine in una qualche forma di rivelazione
APPUNTI
divina. Negli ordinamenti dinamici, invece, possono essere prodotte nuove norme valide in
conformità a norme apposite (metanorme o norme sulla produzione giuridica), contenute nello
stesso ordinamento, che individuano quali atti o fatti danno luogo alla loro creazione (cosiddetto
criterio formale di validità).
Sono tipici ordinamenti dinamici quelli degli stati odierni; peraltro negli ordinamenti contemporanei
solitamente il criterio materiale di validità e quello formale operano congiuntamente: così, per fare
un esempio, nell'ordinamento italiano le norme di legge devono essere create con un atto approvato
dal Parlamento e promulgate dal Presidente della Repubblica, secondo un determinato
procedimento (criterio formale); al contempo, però, devono essere logicamente coerenti con le
norme contenute nella costituzione (criterio materiale).
Il dibattito
La dottrina del diritto maggioritaria, nel solco dell'insegnamento di Santi Romano, ritiene che,
affinché si possa parlare di ordinamento giuridico, debba riscontrarsi il concorrere di tre elementi:
• plurisoggettività, ossia la presenza di più soggetti (es. i cittadini di uno Stato);
• normazione propria, ossia l'esistenza di uno specifico complesso di norme volte a disciplinare
l'azione dei soggetti;
• organizzazione, cioè una struttura con il compito di porre in essere le norme e di garantirne il
rispetto e l'efficacia.
In dottrina, dunque, si è posto il problema se le norme abbiano creato l'organizzazione sociale[1] o,
viceversa, l'organizzazione sociale abbia creato le norme[2] . Il dibattito è in corso. È certo che gli
ordinamenti giuridici sono caratterizzati da un insieme di norme e da un'organizzazione capace di
creare nuove regole; e quindi in grado di abrogare, sostituire e modificare le regole precedenti. Le
norme per essere considerate giuridiche devono essere rispettate o fatte rispettare anche contro la
volontà dei destinatari, in caso contrario non sono vere norme giuridiche[3]. La teoria elaborata da
Santi Romano si discosta notevolmente dalle precedenti perché ha dimostrato che all'interno dello
stesso territorio e della medesima popolazione possono esistere più ordinamenti giuridici sovrani. Si
pensi ai casi delle chiese non sottomesse allo Stato entro il cui territorio agiscono (o sopravvivono)
più o meno in segreto.
Prendendo spunto dalla teoria sulla pluralità degli ordinamenti giuridici, R. Federici ha effettuato un
ulteriore passo in avanti: ha ipotizzato che le guerre e le rivoluzioni siano effetto dello scontro tra
ordinamenti giuridici sovrani [4]. Ha intuito che la funzione degli ordinamenti giuridici sia quella di
prevenire e risolvere le controversie [5] E per la dimostrazione della sua tesi si è avvalso della
distinzione fondamentale tra diritto sostanziale e diritto processuale, ed ha evidenziato che lo scopo
del diritto sostanziale (diritto civile, penale, commerciale, tributario, internazionale, ecc.) è quello di
dettare le regole per prevenire le controversie; mentre l'obiettivo di risolvere le dispute è demandato
al diritto processuale (civile, penale, amministrativo, tributario, contabile).[6] A chiusura del
discorso concettuale Renato Federici aggiunge che: allorquando l'ordinamento statale non riesce a
prevenire e risolvere le controversie tra classi sociali, può accadere che il conflitto degeneri in
scontro armato, e cioè: in una rivoluzione violenta tra ordinamenti opposti (quello dei conservatori e
quello sostenuto dai rivoluzionari). Si pensi ad esempio, alla Rivoluzione francese del 1789 o a
quella russa del 1917 [7].
L'ordinamento giuridico, secondo la teoria normativista enunciata da Hans Kelsen, sarebbe
costituito dal complesso delle norme vigenti in un determinato ambito territoriale. Tali norme, fra
loro riconnesse in un rapporto di gerarchia decrescente, si potrebbero raffigurare a seconda di una
struttura piramidale, al cui vertice supremo starebbe la cosiddetta norma fondamentale di carattere
"originario", dalla quale scaturirebbero le altre norme "derivate", tutte poste a un rango di effettiva
inferiorità rispetto a quest'ultima.
In contrapposizione a questa dottrina, troviamo la teoria istituzionalista (o istituzionista) per la
quale un ordinamento non si esaurirebbe in un complesso di prescrizioni normative, poiché, al
APPUNTI
contrario, sarebbero proprio le prescrizioni normative a scaturire da una determinata e preesistente
organizzazione sociale; in tal senso, il padre di questa ricostruzione dogmatica Santi Romano
affermava: "un ordinamento non si risolve solo in norme. Il diritto è anche norma, ma oltre che
norma, e spesso prima di essere norma, è organizzazione e corpo sociale". In altri termini, giacché il
concetto stesso di organizzazione implica il reiterarsi di un'attività non casuale, ma ordinata a
seconda di precise regole (o norme), sarebbe da questo dato organizzativo - logicamente
preesistente - che conseguirebbero successivamente quelle regole (o norme) che valgono a costituire
uno degli elementi essenziali dell'ordinamento stesso.
Il soggetto di diritto (o soggetto giuridico o, secondo alcuni autori, figura soggettiva) è, nel
diritto, un essere o entità che in un determinato ordinamento giuridico può essere parte di rapporti
giuridici ed è quindi destinatario delle norme dello stesso ordinamento.
La consuetudine costituisce la fonte del diritto non scritta per eccellenza. Secondo la dottrina
tradizionale, essa consta di due elementi: uno di tipo materiale (l’usus o diuturnitas) e un altro di
tipo soggettivo (l’opinio iuris ac necessitatis), ancorché oggettivamente verificabile. Per usus o
diuturnitas si intende la reiterazione di un determinato comportamento da parte di una collettività.
L’opinio iuris ac necessitatis è, invece, la convinzione diffusa che quel comportamento sia non solo
moralmente o socialmente, ma giuridicamente obbligatorio. La consuetudine ha rivestito una grande
importanza sia nell’ambito della esperienza giuridica romana, sia nell’ambito di quella del ius
comune. Il suo declino progressivo coincide con la nascita e lo sviluppo dello Stato moderno, a
seguito della rivendicazione del monopolio della produzione normativa da parte del Monarca
(superiorem non recognoscens), monopolio che costituiva, secondo la tesi enunciata da Hobbes e da
Bodin, uno degli attributi tipici della sovranità.
Generalmente, per fonti del diritto si intendono tutti gli atti o fatti capaci di innovare un
ordinamento giuridico. L’espressione fonti del diritto è una espressione metaforica quanto mai
risalente: l’immagine naturalistica della sorgente da cui sgorgherebbe il diritto oggettivo si
ritroverebbe, infatti, già nell’ambito del diritto romano. A prescindere dalla presenza (o meno) di
questa espressione, la problematica delle fonti del diritto è presente nella compilazione giustinianea,
sia nelle Istituzioni che nel Digesto. Le fonti del diritto, da oggetto di studio dei cultori del diritto
civile (basti pensare che la loro disciplina era ed è tuttora contenuta in gran parte dei codici civili
europei, ivi compreso lo stesso codice civile italiano del 1942) o anche dei filosofi del diritto, sono
divenute ormai un tema «classico» del diritto costituzionale.
giudice
il termine giudice (dal latino iudex, derivato da ius, 'diritto', e dicere, 'dire, pronunziare'), in diritto,
ha una doppia accezione, indicando sia l'organo che esercita la giurisdizione, sia la persona fisica
titolare di quest'organo (ossia il funzionario).
Il termine funzionario designa, in senso proprio, la persona che, essendo titolare di un ufficio
nell'ambito di un ente, esercita una funzione ed è, quindi, investita di poteri che deve esercitare non
nel suo personale interesse ma nell'interesse dell'ente cui appartiene (si tratta, dunque, di poteri-
doveri, ossia potestà).Così intesi possono esserci funzionari all'interno di enti privati, enti pubblici
(funzionari pubblici) e organizzazioni internazionali (funzionari internazionali), anche se spesso il
termine funzionario, senza ulteriori specificazioni, viene utilizzato per designare i funzionari
pubblici.Il concetto di funzionario si distingue da quello, più generale, di agente, che denota
qualsiasi persona fisica attraverso la quale l'ente agisce: sono agenti i funzionari ma lo sono anche
gli altri addetti agli uffici e, in generale, gli incaricati di attività meramente materiali (i cosiddetti
meri agenti).
pubblico ufficiale
La figura, prevista nella maggior parte degli ordinamenti giuridici moderni, è generalmente
ricoperta da funzionari pubblici – ma anche privati – che esercitino pubbliche funzioni e collegano a
tale status varie conseguenze giuridiche, quale la possibilità di redigere atti pubblici.
a. essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in un modo
dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico;
b. disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa;
Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti
ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi
doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta.
Inoltre, dal punto di vista commerciale, il giudice non può obbligare una persona giuridca a
stipulare un contratto con un libero professionista (avvocato) perché sarebbe una pratica
commerciale scorretta:
La disciplina delle pratiche commerciali scorrette e la riscrittura delle regole relative alla
pubblicità ingannevole e comparativa è contenuta rispettivamente nei decreti legislativi nn. 146 e
145 del 2 agosto 2007, entrambi entrati in vigore il 21 settembre 2007, attuativi della Direttiva
2005/29/CE, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno,
che modifica le Direttive 84/450/CEE, 97/7/CE, 98/27/CE, 2002/65/CE, e il Regolamento (CE) n.
2006/2004 in materia di pubblicità ingannevole e comparativa.
Il D.Lgs. 146/07 ha completamente sostituito l'intero titolo III della parte II del D.Lgs. 6 settembre
2005, n. 206 (cosiddetto Codice del consumo, abbreviato: cod. cons.), prima intitolato alla
pubblicità ed altre comunicazioni commerciali, introducendo il nuovo concetto di pratiche
commerciali unitamente ad una disciplina del tutto nuova.
La vecchia disciplina della pubblicità ingannevole e comparativa non è stata tuttavia abrogata ma
leggermente modificata e stralciata dal D.Lgs. 145/07; essa si applica ora limitatamente ai rapporti
tra professionisti concorrenti, nei quali il consumatore non e', almeno direttamente, coinvolto.
L'art. 20 cod. cons. vieta le pratiche commerciali scorrette; una pratica diventa scorretta e perciò
illegale se è contraria alla diligenza, ed è falsa o idonea a falsare il comportamento economico del
consumatore che essa raggiunge, inducendolo a prendere una decisione che non avrebbe altrimenti
preso.
Le nuove regole si applicano alle pratiche commerciali prima, durante e dopo un'operazione
commerciale relativa a un prodotto o servizio. Oltre alla pubblicità vengono sottoposte a queste
regole anche promozioni, comunicazioni, contratti, offerte, ecc.
Rientrano tra le pratiche commerciali scorrette le forniture non richieste relative a contratti attivati
a distanza (artt. 50 ss. cod. cons.) e i servizi finanziari non richiesti relativi a contratti attivati a
distanza (es. bancari, finanziari, assicurativi).
Sono considerate in ogni caso ingannevoli le pratiche commerciali descritte dall'art. 23 cod. cons.,
tra cui:
Rientrano in questo ambito, per esempio, tutti i casi in cui i venditori facciano uso di minacce
fisiche o verbali, sfruttino qualsivoglia evento tragico o fatto grave per influenzare il consumatore,
pongano ostacoli - non previsti da un contratto - onerosi o sproporzionati alla libertà del
consumatore di far valere i propri diritti contrattuali, minaccino di promuovere azioni legali in
modo temerario o palesemente infondato.
APPUNTI
Sono considerate in ogni caso aggressive le pratiche commerciali descritte dall'art. 26 cod. cons., tra
cui:
• creare l'impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla
conclusione del contratto;
• effettuare visite presso l'abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a
lasciare la sua residenza o a non ritornarvi;
• effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta
elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza.
VEDIAMO ORA GLI OBBLIGHI DEL GIUDICE (per quanto riguarda l’avvocato (e il giudice!)
non può utilizzare il nostro nome senza il nostro consenso come visto precedentemente)
Inoltre gli avvocati di solito omettono delle informazioni per favorire il loro cliente. Questo
comportamento, oltre a non onorare il loro giuramento: “Consapevole della dignità della
professione forense e della sua funzione sociale, mi impegno ad osservare con lealtà, onore e
diligenza i doveri della professione di avvocato per i fini della giustizia ed a tutela dell’assistito
nelle forme e secondo i principi del nostro ordinamento”, commettono anche reato in caso di
procedimento civile o amministrativo per l’art. 374 c.p. Chiunque, nel corso di un procedimento
civile o amministrativo (1), al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d'ispezione o di
esperimento giudiziale, ovvero il perito nella esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo
stato dei luoghi o delle cose o delle persone, è punito, qualora il fatto non sia preveduto come reato
da una particolare disposizione di legge, con la reclusione da sei mesi a tre anni [375, 384] (2).
La stessa disposizione si applica se il fatto è commesso nel corso di un procedimento penale, anche
davanti alla Corte penale internazionale (3), o anteriormente ad esso; ma in tal caso la punibilità è
esclusa, se si tratta di reato per cui non si può procedere che in seguito a querela [120], richiesta [8,
9 2 - 3, 10, 11 2, 12 2, 127, 131 4] o istanza [9, 10], e questa non è stata presentata [375, 384] (4).
art. 101 Statuto/Costituzione: La giustizia è amministrata in nome del popolo (1). I giudici sono
soggetti soltanto alla legge (2).
art. 361 c.p. Il pubblico ufficiale (1), il quale omette o ritarda di denunciare all'Autorità giudiziaria,
o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia
nell'esercizio o a causa delle sue funzioni (2), è punito con la multa da trenta euro a
cinquecentosedici euro.
Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona
offesa.
Inoltre altri reati commessi dal giudice se non denuncia il sistema fraudolento a cui appartiene sono
i seguenti:
corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319 c.p.), rifiuto od omissione di atti
d'ufficio (art. 328 c.p.), associazione mafiosa (art. 416 bis c.p.).
APPUNTI
Questo giuramento non ha alcun valore in quanto non è specificato, in modo fraudolento nei
confronti del magistrato, che la Repubblica italiana è di fatto una Società Privata.
Per cui il magistrato risponde delle sue azioni come pubblico ufficiale.
Da ricordare anche l’art. 28 della Costituzione: I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti
pubblici [97, 98, 103, 113] sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e
amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti (1) (2). In tali casi la responsabilità civile
si estende allo Stato e agli enti pubblici (3).
E l’art. 54: Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la
Costituzione e le leggi (1).
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed
onore (2), prestando giuramento [91, 93] nei casi stabiliti dalla legge.