Sei sulla pagina 1di 62

CEREALI

MINORI

1
FARRO
Triticum

2
FARRO
• Farro è la denominazione generica attribuita
indifferentemente a ben tre specie diverse del
genere Triticum, comunemente chiamate
“frumenti vestiti”.
• Da alcuni anni è diventato oggetto di una forte
ripresa di interesse, per un insieme di fattori
legati alla riscoperta di cibi tipici e alternativi, a
provvedimenti di politica agraria volti a
diversificare gli indirizzi produttivi e al recupero
di aree marginali e svantaggiate attraverso
forme di agricoltura ecocompatibili, alla
accresciuta sensibilità nei riguardi della
conservazione di specie agrarie a rischio di
estinzione o di erosione genetica. 3
FARRO
• In Italia la coltivazione del farro può contribuire
alla valorizzazione di ambienti marginali,
attraverso la tipicità e la qualità della materia
prima e dei suoi derivati ottenuti da coltivazioni
e da attività di trasformazione realizzate in
quelle stesse aree, nonché in forza delle
opportunità che attività di questo tipo
forniscono al recupero di tradizioni e di valori
storico-culturali propri di quegli ambienti.
• Le più importanti aree italiane di coltivazione
sono la Garfagnana e l'area umbro-laziale, a
cavallo tra l’Umbria ed il Reatino (comprendente
l’alta valle del Corno e l’alta Valnerina in
Umbria, l’altopiano di Leonessa (Rieti) ed altri
territori di confine tra la provincia di Rieti e
l’Abruzzo). 4
FARRO
CEREALE VESTITO UTILIZZATO DALL'UOMO SIN DAL NEOLITICO

TRITICUM MONOCOCCUM L. (FARRO PICCOLO) a

3 SPECIE : TRITICUM DICOCCUM Schubler (FARRO MEDIO) b

TRITICUM SPELTA L. (FARRO GRANDE) c

a DIPLOIDE 2n=14 GENOMA A ORIGINE: TURCHIA


DOVE CRESCE SPONTANEO IL PROGENITORE: T. boeoticum
b TETRAPLOIDE 2n=28 GENOMA AB ORIGINE: ASIA Occ.
DOVE CRESCE SPONTANEO IL PROGENITORE: T. dicoccoides
c ESAPLOIDE 2n=42 GENOMA ABD ORIGINE: ASIA Centro-Occ.
DOVE CRESCE SPONTANEO Aegilops squarrosa CHE INCRO-
CIATASI CON T. dicoccum HA DATO ORIGINE A T. spelta
5
1 Farro piccolo 2 Farro medio 3 Spelta
(T. monococcum) (T. dicoccum) (T. spelta) 6
Caratteristiche botaniche
Farro piccolo o monococco: ha culmo sottile e debole, spiga
distica, aristata, compressa lateralmente. Le spighette hanno
glume consistenti (la lemma è aristata), che racchiudono una,
molto raramente due, cariossidi schiacciate lateralmente, a
frattura semivitrea. È il farro di più antica origine e
coltivazione.
Farro medio: presenta, come il farro piccolo, spiga compatta e,
generalmente, aristata. Le spighette contengono di norma due
cariossidi, raramente tre. La domesticazione del T. dicoccum fu
molto più rapida di quella del farro piccolo (per la sua
superiore produttività grazie alle due cariossidi per spighetta
invece dell’unica d T. monococcum).
Farro grande: presenta spiga lasca, priva di reste o munita di
reste brevissime. Come nel farro medio, le spighette
contengono due cariossidi, raramente tre. È il farro di origine
più recente (due millenni più tardi di farro piccolo e medio).

7
Adattamento alle zone marginali
Si adatta a quelle zone marginali dove i terreni sono poco
idonei alle moderne varietà di frumento e di altri cereali a
paglia:
- rusticità, modeste esigenze di fertilità, resistenza al freddo.
Altre caratteristiche morfologiche e fisiologiche quali:
– elevato accestimento, che entro certi limiti, può consentire il
recupero di una sufficiente fittezza delle colture nei casi di
semine mal riuscite o di diradamenti dovuti a freddi invernali;
– ciclo tardivo, non compatibile con un clima meno piovoso e
più caldo di quello collinare-montano durante le fasi finali del
processo produttivo;
– cariosside vestita, valida protezione contro avversità biotiche
e possibili alterazioni della granella causate dalla piovosità che
di norma accompagna la granigione e la maturazione negli
ambienti alto collinari.
La taglia alta, con la tardività del ciclo e il forte accestimento
conferisce elevata suscettibilità all’allettamento, avversità che la
scarsa fertilità degli ambienti marginali permette di contenere. 8
Specie e varietà

Farro piccolo: è il meno produttivo il più


tardivo (10-20 giorni in più rispetto alle
comuni varietà di frumento). Molto
suscettibile all’allettamento. Il farro piccolo
presenta interesse soprattutto sotto
l’aspetto qualitativo: le cariossidi, a frattura
semi-vitrea, hanno un elevato contenuto di
proteine e di carotenoidi.

9
Pigmentazione da carotenoidi in pani di:
monococco (accessione ID140) e frumento tenero (cv. Pandas) 10
Biscotti di frumento tenero (A) e di monococco (B e C)

Biscotti di frumento tenero (a sinistra) e di monococco (a destra) 11


Specie e varietà
Farro medio: è il più importante e il più diffuso in Italia, tanto da
essere spesso considerato il farro per antonomasia. È la specie
tipica delle aree tradizionali di coltivazione. Nell’ambito di tali areali
la coltivazione e la riproduzione in loco da lunghissimo tempo hanno
differenziato delle popolazioni autoctone (ecotipi) caratteristiche
degli areali medesimi.
Ogni ecotipo costituisce un elemento di tipizzazione della produzione
del proprio areale di coltivazione, con riferimento al quale viene
generalmente denominato.
Le particolarità caratterizzanti i tipi dei vari ambienti riguardano
soprattutto habitus di sviluppo e produttività più che la morfologia
della pianta. Per quanto riguarda il primo carattere sono ad habitus
di sviluppo nettamente autunnale i farri della Garfagnana e del
Molise, che dimostrano elevate esigenze di vernalizzazione. Sono
pertanto tipi “non alternativi”, non adatti alla semina di fine inverno.
La popolazione dell’Italia centrale, viceversa, si caratterizza per
elevato grado di primaverilità: di tipo “alternativo” idoneo a semine
“marzuole” (fine inverno-inizio primavera), quali di norma sono
realizzate in certi ambienti (altopiano di Leonessa) del suo areale
coltivazione.

12
Specie e varietà
Farro grande: possiede potenzialità
produttive superiori al farro medio, che
tuttavia possono esprimersi appieno solo
in ambienti non troppo sfavorevoli. In
situazioni pedoclimatiche difficili lo
spelta non risulta competitivo col farro
medio, anche in conseguenza del più
lungo ciclo di sviluppo.
Diversamente dal farro medio lo spelta
non è presente in Italia sotto forma di
popolazioni autoctone, mentre sono
disponibili numerose varietà commerciali,
quasi tutte selezionate in paesi
centroeuropei.
13
Tecnica colturale
La tecnica di coltivazione è estremamente semplificata e
in certi casi rudimentale quanto a mezzi tecnici
impiegati e modalità della loro applicazione.
Limitatissimo o assente è l'impiego di prodotti di
sintesi, in particolare di erbicidi; anche l’impiego di
concimi è inesistente o limitato ad apporti molto ridotti
di fertilizzanti azotati.
Generalmente non sono adottati regolari schemi di
successione colturale.
La preparazione del letto di semina non è così accurata
come quella degli altri cereali vernini. L’attuale
tendenza agronomica alla semplificazione delle
lavorazioni, con un minor numero e intensità degli
interventi, presenta aspetti di grande interesse nel caso
della coltura del farro, per i vantaggi derivanti dalla
riduzione del costo delle lavorazioni e dal contenimento
dell’impatto ambientale (rischi di erosione).
14
Tecnica colturale
La semina è di norma autunnale, salvo in ambienti ad altitudini
elevate dove viene eseguita a fine inverno. La semina post-invernale
può cadere da fine febbraio ad aprile inoltrato, a seconda delle
condizioni locali. La quantità di seme vestito da impiegare è molto
variabile (da un minimo di 70 a un massimo di 150 kg/ha), per un
investimento non superiore a 150-200 cariossidi a metro quadrato. La
semina può essere effettuata a spaglio o con le comuni seminatrici
per cereali.
Riguardo alla concimazione, di solito è sufficiente la letamazione o la
fertilità lasciata dall'erba medica. Il farro ha infatti modeste esigenze
in fatto di elementi nutritivi. Modesti apporti di azoto possono
viceversa rendersi utili su terreni di fertilità molto scarsa, con
avvicendamenti in cui prevalgono colture sfruttanti o senza apporti
di letame. È da tener presente che questi cereali sono molto
suscettibili all'allettamento.
Essendo coltivati in zone marginali, dove si fa poco uso di erbicidi,
difficilmente si fa ricorso a un controllo chimico delle infestanti.
Tuttavia questi cereali presentano una rapida crescita iniziale e un
elevato accestimento, risultando quindi molto competitivi nei
confronti delle infestanti.

15
Raccolta e utilizzazione
È più tardiva rispetto al frumento e viene effettuata a
partire dalla fine della prima metà di luglio e fino a metà
agosto, a seconda delle aree e del tipo di farro. A causa
dell'elevata fragilità del rachide, durante la trebbiatura si
deve ridurre la velocità di avanzamento della macchina e
di rotazione dell'aspo.
Le produzioni sono molto variabili: dai 2,8-3,0 t/ha nei
terreni di pianura ai 1,0-1,8 delle zone di montagna e
marginali.
La granella, di elevato valore alimentare, può essere
impiegata nell'alimentazione zootecnica. Oggi viene
impiegata quasi esclusivamente nell'alimentazione
umana.
Nel caso dello spelta, può essere impiegata anche nella
panificazione.
La coltivazione del farro può contribuire alla
valorizzazione di ambienti marginali (Farro della
Garfagnana IGP - Riconoscimento CE: Reg. CE n.1263/96). 16
FARRI MEDI

17
Orzo
Hordeum vulgare 18
ORZO
L’Hordeum vulgare deriva dalla domesticazione della forma
selvatica Hordeum spontaneum, ancora oggi presente allo stato
naturale (distico e rachide fragile) nel vicino oriente.

I principali paesi produttori sono:


Russia, Canada, Germania, Spagna e Turchia.
19
20
ORZI DISTICI
Hordeum vulgare distichon
Solo la spighetta mediana è
fertile mentre le due laterali sono sterili.

ORZI POLISTICI
Hordeum vulgare hexastichon aequale
Le 3 spighette sono fertili e disposte a
raggiera; la spiga appare a 6 file.
Hordeum vulgare hexastichon inaequale
Le 3 spighette sono fertili e quelle laterali
si sovrappongono con quelle soprastanti;
la spiga appare a 4 file e quadrangolare

21
ORZO: distico - polistico

D
I
S
T
I
C
O
P
O
L
I
S
T
I
C 22
O
EVOLUZIONE SUPERFICIE E PRODUZIONE IN ITALIA

23
Produzione 24
ORZO: caratteristiche botaniche –
composizione cariosside
• culmo: formato da 5-8 internodi; altezza da 30-150 cm; auricole lunghe, ligula
allungata
• glume: molto piccole.
• glumette: molto sviluppate e aderenti strettamente alla cariosside;
lemma con nervatura mediana che termina in una robusta resta;
palea piccola e avvolta dalla lemma.
• granello: cariosside vestita (ma esistono forme nude, poco diffuse).
• peso 1000 semi: vestiti: 45-55 g per i distici; 35-45 g per i polistici.
• peso ettolitrico: 65-75 kg per i distici; 60-70 kg per i polistici.

Composizione granello (%):


estr. inazotati 67-70
proteina grezza 10-11.3
grassi 1.8-2.1
fibra 3-6
ceneri 2.2-2.5 25
CARIOSSIDE DI ORZO

26
27
Orzo perlato
ESIGENZE ED ADATTAMENTO AMBIENTALE

28
29
TECNICA COLTURALE
• Avvicendamento: orzo-
mais-orzo, per aziende
zootecniche
• Lavori preparatori:simili al
frumento
• Concimazione. 60 kg/ha N,
100 kg/ha P, 50 kg/ha K.
• Semina: 300-350 semi
germinabili m2; maggiore
quantità per il distico. Non
anticipare la semina a causa
delle virosi trasmesse da
afidi
• Controllo infestanti.
Attenzione alcuni
diserbanti del frumento
sono tossici per l’orzo.
30
Orzo
Inizio accestimento, fine levata -Clopiralid+MCPA+Fluroxipyr
Inizio accestimento, levata -Tribenuron+mcpp
Inizio accestimento, botticella -Fluroxipyr Dicotiledoni con Galium
Inizio accestimento, inizio levata -Florasulam

Terza foglia, levata -Tribenuron metile


Terza foglia, botticella -Metsulfuron metile
Quarta foglia, accestimento -Triasulfuron

Terza foglia, fine levata -Pinoxaden+cloquintocet-mesile

Accestimento, secondo nodo -Tralcossidim Graminacee


Accestimento, secondo nodo -Diclofop-metile

31
Principali avversità
• Rinchosporium sp., specialmente sui distici
• Ruggini
• Oidio
• Virus del nanismo giallo

• Helminthosporium gramineum
• Ustilago sp.
• Fusariosi
• Pythium
• Aspergillus
• Pyrenhophora graminea (Drechslera graminea) e Pyrenophora
teres

• Afidi

• Allettamento
• Pregerminazione
32
Afidi:vettori del virus del nanismo

33
Virus del nanismo

34
Varietà resistente

35
36
Striatura bruna da Pyrenhophora graminea (Drechslera graminea)
Maculatura reticolare da Pyrenophora teres 37
Ruggine bruna da Puccinia hordei 38
Rincosporiosi da Rinchosporium secalis 39
Rincosporiosi da Rinchosporium secalis 40
41
Utilizzazione

42
43
44
Qualità orzi da malto
• Peso 1000 semi e calibro
Sono misure che indicano il grado di riempimento e la dimensione del
granello
• Proteine
Conferiscono torbidità alla birra e rendono più friabile la macinazione
dell’orzo maltato
• β-glucani
Costituiscono i ¾ delle pareti cellulari dell’endosperma e prevengono
l’accesso degli enzimi idrolitici all’amido e alle proteine, riducendo la
resa in estratto. Con le proteine rallentano la filtrazione del mosto e
quindi devono essere degradati più rapidamente nel corso della
maltazione
• Viscosità (cP)
È inversamente correlata alla sua filtrabilità e dovrebbe attenersi a valori
prossimi a 1,50 cP (centipoise) e comunque inferiori a 1,60 per evitare
problemi nella lavorazione della birra
• Resa in estratto (HWE)
Indica la sostanza estraibile e quindi utilizzabile per la fermentazione
alcolica. La resa in birra e il grado alcolico, dipendono da quanto
materiale utile può essere solubilizzato dall’orzo maltato.
45
46
La maltazione

47
La birrificazione
• La tecnica di fabbricazione della birra è vecchia di secoli
e si compone di quattro fasi:
• Miscelazione dell'infusione di malto con acqua,
riscaldando fino ad una temperatura che favorisca la
completa conversione in zuccheri dell'amido contenuto
nel cereale
• Bollitura del "mosto di malto" così ottenuto con
conseguente concentrazione e quindi aggiunta di
luppolo
• Fermentazione, provocata con aggiunta di lieviti al
mosto, che causa la formazione di alcol e anidride
carbonica gassosa, ambedue prodotti della reazione tra
lieviti e zuccheri
• Invecchiamento, in cui le proteine presenti vengono
sedimentate oppure "digerite" dagli enzimi; tale processo
può durare dalle 2 alle 24 settimane. Oggi si preferisce
separare dal mosto l'anidride carbonica che si forma
durante la fermentazione per reintrodurla nella birra
48
durante l'imbottigliamento
49
50
51
TRITICALE: origine
TRITICALE (x Triticosecale W.) (Triticum x Secale)

• ploidia:

FR. TENERO X SEGALE


(3x) (x)

TRITICALE
4x OTTOPLOIDE

Elevata instabilità citologica,


sterilità, taglia alta, seme 8x = 56 CROMOSOMI
striminzito.

FR. DURO X SEGALE


(2x) (x)

TRITICALE
3x ESAPLOIDE

52
6x = 42
CROMOSOMI
53
TRITICALE
FRUMENTO SEGALE

54
TRITICALE: caratteristiche botaniche
• culmo: generalmente eretto.
• infiorescenza: spiga simile a frumento; più slanciata e più grossa.
• spighette: spighetta terminale fertile (al contrario della segale);
fertilità simile a quella del frumento (più di 2 fiori fertili).
• glume: evidenti, grandi, come frumento ma pelose e dentellate sulla
nervatura, possono terminare con un mucrone.
• glumette: lemma simile a quella della segale, dentellata ma in
misura minore, spesso aristata, con lieve peluria; reste con
portamento più o meno eretto a seconda che derivi
dall'incrocio con frumento tenero o duro.

55
TRITICALE: cariosside
• granello: cariosside simile a quella del frumento ma più
scura e più stretta, con tendenza a fuoriuscire dalle
spighette a maturità.
• peso 1000 semi: 20-50 g
• peso ettolitrico: 68-73 kg
La granella ha un contenuto in proteina (20%) ed in lisina superiore a
quella del frumento e della segale. Presenta anche un più elevato
contenuto di P, Fe, Cu,
Zn, Mn.

56
57
58
59
TRITICALE
Sono disponibili varietà
invernali e primaverili.

Le migliori varietà da
granella sono pure
idonee per uso foraggero.
La produzione di biomassa
può raggiungere 10 t/ha s.s.

Granella e insilato sono


particolarmente indicate
nella alimentazione dei
suini per alto contenuto
in protidi e fibra.
60
61
Triticale

Inizio accestimento, fine levata -Clopiralid+MCPA+Fluroxipyr


-Fluroxipyr
Inizio accestimento, botticella
-Ioxinil+MCPP
Dicotiledoni con Galium
Accestimento, levata

62

Potrebbero piacerti anche