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1 CEREALI
Il nome cereali deriva da Cerere, dea protettrice delle messi (dei
raccolti). Quasi tutti i cereali appartengono alla famiglia delle
Graminacee. La caratteristica comune dei cereali è la cariosside, il
seme secco della pianta (frutto) ricco di sostanze nutritive. È di facile
trasportabilità e conservabilità, è ricco di zuccheri e carboidrati ma
anche proteine, lipidi e sali minerali. La cariosside può essere
facilmente trasformata attraverso la produzione di farine. I cereali sono
piante con un’elevata capacità di adattamento ambientale che
permette loro di essere diffuse in tutto il mondo.
Classificazione botanica
I cereali si suddividono in tre famiglie:
1. Graminacee
2. Polygonaceae → grano saraceno.
3. Chenopodiaceae → quinoa.
La famiglia delle graminacee si suddivide in diverse tribù:
1. Hordeae → grano tenero, grano duro, orzo, segale.
2. Avenae → avena
3. Oryzeae → riso
4. Paniceae → miglio, miglio perla, panico.
5. Andropogoneae (andropogonace) → sorghi.
6. Maydeae (maidacee) → mais.
Possiamo classificare le graminacee anche in:
1. Microterme → grano tenero, grano duro, orzo, avena, segale,
triticale (tutti quelli che contengono alimenti che poi danno
origine al glutine).
2. Macroterme → mais, sorgo, miglio, miglio perla, panico, riso (non
contengono glutine).
Distribuzione mondiale
Maggiori produttori al mondo: Cina, USA, Russia, Francia, Indonesia e
Canada.
In America si coltivano soprattutto frumento, mais, avena e sorgo.
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In Europa si coltivano soprattutto cereali vernini e mais.
In Italia si coltivano soprattutto cereali autunno-vernini tra cui
frumento duro (siamo tra i primi produttori in Europa e al mondo),
frumento tenero e mais (quest’ultimo soprattutto per l’alimentazione del
bestiame e utilizzi alternativi all’alimentazione come produzione di
plastiche, biomasse e etanolo per la produzione di energia).
Caratteristiche morfologiche
Apparato radicale
Costituito da radice primaria e radici secondarie ma quella primaria
non è tanto più sviluppata delle secondarie per cui è pressoché un
apparato fascicolare.
Fusto
Il fusto è chiamato culmo, in quanto cavo all’interno. L’altezza varia in
funzione della specie e delle varietà e normalmente termina con
l’infiorescenza. In alcuni casi il culmo non è completamente cavo: nel
mais a maturazione, il fusto è ricolmo di midollo, mentre nel riso, il fusto
è parzialmente occupato dal mesofillo e da delle canaline che
permettono alle radici di sopravvivere durante i lunghi periodi di
asfissia (processo di sommersione, tipico delle risaie).
Il culmo delle graminacee è inoltre caratterizzato da due
comportamenti:
1. Allettamento → a causa del vento, della pioggia o di attacchi
parassitari, il culmo tende a stendersi e sdraiarsi per terra.
Questo è un problema perché limita la fase della raccolta e rende
la pianta maggiormente attaccabile dai parassiti.
2. Ginocchiatura → attraverso la proliferazione di alcune cellule il
culmo riesce a rialzarsi e tornare in posizione eretta.
3. Accestimento → sviluppo di culmi secondari che avvengono nel
nodo basale della pianta e che porta ad uno sviluppo in
larghezza della pianta stessa. Il culmo porta l’infiorescenza per
cui, in questo modo, si aumenta la resa produttiva della pianta
stessa. Questo però non è sempre un effetto positivo perché la
formazione di culmi secondari provoca una diminuzione della
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disponibilità di nutrimenti per i culmi primari. Il numero di culmi
che possono uscire dallo stesso seme viene indicato come indice
di accestimento.
Apparato fogliare
Le foglie sono di forma allungata, con rigature parallele. Si distinguono
quattro parti:
1. Guaina → lega la foglia al culmo avvolgendo il culmo stesso.
2. Lamina → parte principale della foglia.
3. Ligula → si trova alla base della lamina nella parte che poi si
attacca al culmo. Sostiene la lamina insieme alle auricole (la ligula
non è sempre presente).
4. Auricole → (non sempre presenti).
Prima dell’infiorescenza le piante sono molto simili tra loro, tanto che
potrebbe essere difficile riconoscere le piante infestanti. Controllando
le caratteristiche della ligula e delle auricole si riesce invece a
differenziarle.
Infiorescenza
Solitamente si trovano nella parte terminale del culmo. Possono essere:
1. A spiga → ha il fiore sessile. Le spighette sono attaccate
direttamente al culmo della spiga, chiamato rachide.
2. A pannocchia (o panicolo) → le spighette si attaccano al rachide
tramite un peduncolo.
Molte delle graminacee microterme hanno spiga, alcune macroterme
hanno la pannocchia, alcune (come il mais) hanno entrambe.
Spiga → formata da un asse centrale chiamato rachide su cui sono
inserite spighette sessili.
Spighette → sono di numero variabile per ogni nodo (es: nel frumento 1,
nell’orzo 3). Le spighette contengono a loro volta dei piccoli fiori di
numero variabile a seconda della specie (es: 1 nell’orzo, 2-3 nel farro, 5-7
nel frumento). La spighetta è contenuta nel glume, che ha la funzione di
proteggerla. Ogni fiore è protetto a sua volta da due glumelle: una
inferiore (lemma) e una superiore (palea). La lemma termina a volte con
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una parte appuntita che è caratteristica di ogni specie e che può
assumere colorazioni diverse.
Cariosside
Parte produttiva di nostro interesse. Frutto secco indeiscente che
contiene un unico seme cresciuto insieme al pericarpo. Può essere:
1. Vestita → le glumelle sono saldate intorno alla cariosside.
2. Nuda → priva di glumelle.
All’interno della cariosside troviamo l’embrione, l’elemento da cui poi si
formerà la nuova pianta. Nell’embrione troviamo: il coleoptile (che
racchiude la piumetta) e la coleoriza (che racchiude la radichetta).
L’embrione è attaccato all’endosperma, che contiene tutti gli elementi
di riserva (soprattutto amido), attraverso il cotiledone.
Ciclo biologico e ciclo produttivo
I due cicli non coincidono sempre, a volte la cariosside può essere
raccolta prima della sua completa maturazione. Inoltre, in base al
nostro fine, potremmo aver bisogno di raccogliere l’intera pianta e non
solamente la cariosside.
Ciclo biologico e ciclo produttivo prevedono le stesse fasi: emergenza,
accestimento, levata, spigatura, maturazione.
Le esigenze climatiche delle graminacee
In base alla loro appartenenza al gruppo delle microterme o
macroterme, necessitano diverse tipologie di clima.
Cereali microtermi:
1. Frumento → nelle prime fasi dello sviluppo richiede una
temperatura crescente e sempre al di sopra degli 0°C. Durante
l’accestimento è in grado di superare l’inverno tipico dei nostri
territori (anche con temperature basse). Durante la levata e la
maturazione necessita di una temperatura costante senza
frequenti sbalzi termici e senza alternanza di gelo e disgelo.
L’umidità deve essere gradualmente in aumento fino alla fase
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precedente alla maturazione poiché in quest’ultima fase
un’umidità eccessiva comprometterebbe la maturazione stessa.
2. Segale → più resistente al freddo rispetto al frumento perciò
viene coltivata nelle zone Nord d’Europa.
3. Orzo → si sviluppa in tempi più brevi rispetto agli altri cereali e ha
un’esigenza d’acqua limitata. Si adatta bene sia ai climi caldi che
ai climi freddi.
4. Avena → una delle più sensibili ai climi troppo caldi o troppo
freddi. In compenso, resiste molto bene agli eccessi idrici.
Cereali macrotermi:
1. Riso → necessita di un’elevata umidità e di una temperatura calda
costante (al di sopra dei 12°C per la germinazione e al di sopra dei
20-25°C per la crescita e la maturazione). Si adatta alle zone
tropicali.
2. Mais → necessita una temperatura elevata (16-20°C) fino alla
fioritura per poi decrescere da questa alla maturazione. La
disponibilità d’acqua è molto importante. Viene danneggiato
dalle gelate tardive.
3. Sorgo → ha meno necessità d’acqua rispetto agli altri cereali
macrotermi ma è più esigente per quanto riguarda la
temperatura.
4. Miglio e panico → resistono alla siccità meglio del mais, ma non
resistono al freddo.
In Italia:
1. Cereali microtermi (vernini) → semina in autunno-inverno e
raccolta in primavera-estate.
2. Cereali macrotermi (estivi) → semina in primavera-estate e
raccolta in estate-autunno.
Esigenze pedologiche
1. Azoto → tutte le graminacee necessitano di azoto in quantità
medio alta dall’accestimento alla fioritura, ma l’eccesso è
dannoso e provoca allettamento.
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2. Fosforo → influenza l’accestimento, la precocità e la resistenza
all’allettamento.
3. Potassio → influenza lo sviluppo e la robustezza del culmo.
Le esigenze del terreno delle graminacee
Cereali microtermi:
1. Frumento → predilige terreni franchi, argillosi, e ben drenanti.
2. Segale → si adatta più facilmente, predilige terreni acidi e con
molto scheletro.
3. Orzo → come il frumento.
4. Avena → in grado di adattarsi a qualsiasi tipo di terreno.
Cereali macrotermi:
1. Riso → si adatta a tutti i tipi di terreno purché siano adatti al
sistema di irrigazione di sommersione.
2. Mais → predilige terreni franchi piuttosto profondi perché ha
delle radici che scendono in profondità. Necessita inoltre di
un’elevata disponibilità d’acqua.
3. Sorgo → come il mais, ma si adatta anche a terreni acidi. Resiste
agli eccessi di umidità e alla secchezza del terreno.
4. Miglio e panico → prediligono terreni sciolti, profondi e freschi.
Aspetti qualitativi nutrizionali
I valori nutritivi e quindi la composizione chimica della cariosside
dipendono da diversi fattori:
1. La specie e la varietà di cereale che si prende in considerazione
2. Il clima
3. Il terreno
4. Le scelte colturali
La percentuale di proteine è di circa il 12% ma sono carenti in
aminoacidi essenziali soprattutto in lisina e metionina. La percentuale
di lipidi, invece, si aggira intorno al 2%.
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Carboidrati
I cereali sono costituiti soprattutto da carboidrati, circa il 79%. Quelli
presenti nella cariosside sono:
1. Amido → (60-68%). Ha una forma tipica per ogni tipo di cereale.
2. Pentosani → (6.5%). Polimeri non attaccabili dai batteri.
3. Cellulosa e lignina → (2-2.5%). Si trovano soprattutto negli strati
esterni che vengono eliminati durante l’abburattamento.
4. Zuccheri riducenti → (1.5%). Prodotti dall’idrolisi dell’amido.
Proteine
Presenti soprattutto nella parte più esterna, ma anche nell’endosperma.
Si riconoscono quattro tipi di proteine nei cereali:
1. Albumine → ricche in aminoacidi essenziali. Sono presenti nella
porzione esterna della cariosside e nel germe. Vengono asportate
con l’abburattamento per cui non sono presenti nelle farine.
2. Globuline → come le albumine ma sono presenti esclusivamente
nel germe.
3. Prolammine → sono presenti nell’endosperma. Sono miscelate con
la parte amidacea per cui sono quelle che rimangono nelle farine.
4. Glutenine → come le prolammine.
Prolammine e glutenine prendono nomi diversi in funzione della specie.
Nel frumento sono presenti le gliadine (prolammina) e le glutenine
(glutenina) che compongono il glutine. La composizione aminoacidica
delle prolammine e delle glutenine è importante perché, grazie alla loro
idrosolubilità e capacità di interagire con l’acqua, conferiscono
all’impasto una certa coesione, elasticità, viscosità e resistenza durante
la cottura. Formano quindi una matrice proteica nella quale sono
immersi amido e lipidi. Queste capacità del glutine sono correlate alla
presenza di aminoacidi essenziali come cisteina, prolina e acido
glutammico.
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3.2 FRUMENTO
Classificazione
1. Famiglia → Graminacee
2. Genere → Triticum
3. Specie
a) Grano tenero: Triticum aestivum
b) Grano duro: Triticum durum
c) Farro
Morfologia
1. Apparato radicale → fascicolato.
2. Fusto → culmo (cavo), di altezza variabile. Le varietà moderne
hanno un’altezza tra 70 e 120 cm, le varietà più antiche erano alte
il doppio.
3. Foglie → lamina e nervature parallele. L’ultima foglia vicino alla
spiga viene chiamata “bandiera” e le fornisce i nutrienti necessari.
4. Spiga → con spighette a loro volta costituite da fiori che
origineranno la cariosside.
5. Cariosside → costituita da una parte dorsale convessa e una
parte ventrale che presenta un solco. All’apice può avere un
piumino composto da peli (assenti nei grani duri). Nella parte
basale è presente l’ilo che lega la cariosside alla pianta. La
cariosside del grano duro si differenzia da quella del grano
tenero perché è più spigolosa e vetrosa (trasparente).
Dal grano tenero si otterranno le farine adibite poi alla produzione di
pane, prodotti da forno e paste fresche, mentre dal grano duro si
otterrà la semola di grano duro utilizzata per la produzione della pasta
alimentare secca.
Origine e diffusione
Il frumento è uno dei cereali più antichi, infatti veniva coltivato già nel
Neolitico. Inizialmente si coltivava soprattutto nel Medio Oriente, si è
poi diffuso anche in Asia e in Europa. In italia le prime coltivazioni
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furono fatte dagli Etruschi, poi i Romani le diffusero e le trasformarono
in coltura intensiva.
I maggiori produttori mondiali sono: Europa, Cina, India, Russia, USA,
Canada. La Francia è il primo produttore dell’EU. L’italia, invece,
insieme alla Turchia, è al primo posto per la produzione di grano duro,
a livello mondiale è secondo solo al Canada.
La produzione mondiale di frumento supera i 700 milioni di tonnellate
all’anno (circa il 30% della produzione mondiale di cereali).
Diffusione in Italia
1. Grano tenero → diffuso soprattutto al Nord. La nostra produzione
non è però sufficiente a soddisfare i bisogni nutrizionali
dell’intero Stato per cui ne importiamo circa il 60% da Francia,
Germania, Austria, Ungheria, USA e Canada.
2. Grano duro → diffuso soprattutto al Sud. Nonostante siamo i
primi produttori europei di grano duro, la nostra produzione
copre solo il 70% del fabbisogno italiano per cui lo importiamo da
Canada, Messico e Grecia.
Ciclo produttivo
1. Germinazione (Nov)
2. Emergenza (Dic)
3. Accestimento (Gen)
4. Levata (Mar)
5. Spigatura (Mag)
6. Raccolta della cariosside (Lug)
Maturazione della cariosside
La cariosside ha diversi gradi di maturazione:
1. Maturazione lattea → la cariosside può ancora essere schiacciata
e dà origine a un liquido latteo.
2. Maturazione cerosa → la cariosside è più consistente, ma può
ancora essere incisa con l’unghia.
3. Maturazione fisiologica → la cariosside è completamente dura,
secca e matura.
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Temperatura
È un cereale microterma, a semina autunnale. Resiste al gelo in fase di
accestimento, ma non in fase di levata, fioritura, germinazione e
maturazione (grano duro è più sensibile del grano tenero).
Le temperature minime necessarie allo sviluppo del grano sono:
1. 2-3°C → per germinazione ed accestimento.
2. 10-12°C → in levata.
3. 14-17°C → in fioritura.
4. 18-20°C → per la maturazione delle cariossidi.
Terreno
Poco esigente ma, essendo una pianta C3, è importante valutare la
quantità d’acqua: terreni troppo sciolti potrebbero causare carenze
d’acqua e di nutrienti. In questo caso la pianta tenderebbe a chiudere
gli stomi limitando la captazione di CO2 e quindi la fotosintesi. Al
contrario, un eccesso d’acqua sarebbe negativo soprattutto in fase di
emergenza, accestimento e maturazione in quanto causerebbe asfissia
radicale e maggior possibilità di attacchi fungini. Le fasi dello sviluppo
che richiedono una certa quantità d’acqua sono: germinazione, levata,
fioritura, per poi calare durante la fase di maturazione perché
un’elevata umidità comporterebbe una maggior possibilità di attacchi
parassitari.
Concimazione
Per la produzione di grano si preferisce la concimazione minerale
piuttosto che quella organica.
1. N → la concimazione azotata non deve essere fatta all’inizio del
ciclo produttivo, ma durante la fase di levata. La quantità di N
disponibile è correlata positivamente alla quantità di proteine
presenti nella cariosside.
2. P → bassa necessità, ma importante per la qualità del prodotto
finale.
3. K → alta richiesta iniziale ma di solito è già disponibile da colture
da rinnovo precedenti.
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Tecniche colturali
Essendo il grano una pianta depauperante, che richiede un’elevata
dose di nutrienti, non è adatta alla tecnica della monosuccessione
perché causa stanchezza al terreno e maggior possibilità di crescita di
malerbe. L’ideale sarebbe che le colture che precedono quella del
grano fossero colture da rinnovo come mais, girasole, pomodoro… e
che quelle che la seguono fossero colture intercalari come prato e
erbaio.
Lavorazione del terreno
Vengono attuate le tecniche tradizionali: interramento di residui
colturali precedenti, aratura, erpicatura e preparazione, semina
meccanica. Oltre alle tecniche tradizionali, si stanno diffondendo nuove
tecniche:
1. No tillage → semina su sodo, ovvero su terreno che non è stato
lavorato.
2. Minimum tillage → minima lavorazione del terreno prima della
semina.
Queste techinche hanno lo scopo di ridurre al minimo le lavorazioni
con l’obiettivo di ridurre i costi, il depauperamento della fertilità del
terreno e una maggiore sostenibilità economica e ambientale.
La semina avviene in mesi diversi a seconda del luogo in cui ci troviamo
affinché si possano rispettare le temperature minime che il frumento
richiede. In particolare, nel Nord Italia la semina avviene in autunno,
entro ottobre, mentre al Sud Italia entro dicembre; nei paesi nord
europei, invece, avviene in primavera.
Avversità
Le avversità peggiori dal punto di vista produttivo sono quelle legate
alla presenza di erbe infestanti. Queste vengono controllate in pre
semina oppure con diserbo chimico in pre emergenza e post
emergenza. Sono responsabili di un calo della resa che può essere del
30% fino al 100% in caso di mancato intervento.
Gli insetti invece non sono un grande problema in Italia perché le basse
temperature autunnali alle quali si svolge la semina proteggono il
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raccolto dall’attacco di insetti. Infatti, gli interventi in copertura sono
rari.
Il vero problema italiano è rappresentato dall’attacco di crittogame
perché possono provocare lo sviluppo di sostanze tossiche sulla spiga
che la rendono non commercializzabile. Si agisce a diversi livelli:
1. Scelta di varietà resistenti
2. Seme conciato che previene il loro sviluppo
3. Trattamenti in campo (nei paesi più freddi e umidi)
Raccolta e resa
La raccolta avviene quando la cariosside è matura e l’umidità è
inferiore al 14%: bilancio tra massima produzione e secchezza
(necessità di tenere la pianta in campo il più possibile affinché si
accumulino più fotosintetati possibili) e rischio di piogge tardive (con
conseguente rischio di attacchi crittogamici e caduta spontanea della
semente a terra). Se la raccolta avviene a un’umidità superiore al 14%
c’è il rischio di fermentazione e riscaldamento della cariosside.
Periodo di raccolta:
1. Sud Italia → da metà Maggio in poi.
2. Nord Italia → da metà Giugno a inizio Luglio.
3. Nord Europa → estate fino a metà Settembre (si raccoglie a
umidità superiori al 14% e poi si essica artificialmente).
La raccolta avviene per mezzo della mieti-tribatrice che è uno
strumento che taglia e separa la cariosside dal resto della pianta
(culmo, spighette, glume…).
La resa produttiva viene calcolata in equivalenti di cariossidi al 13% di
umidità. Formula: peso al 13% di umidità = peso a umidità effettiva x
(100-umidità effettiva) / (100-13).
In Italia le rese medie per il grano tenero sono intorno ai 5 t/ha
(tonnellate per ettaro), mentre per il grano duro sono intorno ai 3 t/ha.
Nel Nord Europa la resa del grano tenero è maggiore dei 10-12 t/ha.
Una volta raccolta la cariosside va conservata in silos che sono a
controllo di temperatura e umidità. A volte sono anche dotati di un
impianto per il controllo della ventilazione in modo tale da mantenere
le condizioni ambientali ottimali per evitare ammuffimenti.
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Sottoprodotti della raccolta
1. Pula → resti della spiga. Spesso viene lasciata in campo insieme
alle stoppie (ciò che resta della pianta tagliata). Sono interrati e
restituiscono parte dei nutrienti asportati durante il ciclo
produttivo.
2. Paglia → resti del culmo.
a) La paglia viene asportata con la mietitura ma può essere
ridistribuita in campo per mezzo di una trinciatrice sulla
mietitrebbia: in questo caso si crea uno squilibrio tra C e N,
quindi si deve aggiungere N in modo tale che la coltura
successiva abbia i nutrienti che necessita.
b) La paglia viene bruciata insieme alle stoppie in modo da
purificare il terreno da malerbe e malattie. Questo comporta
anche una perdita di sostanza organica e un pericolo: vietato
dopo il 15 agosto per salvaguardare gli animali selvatici.
c) Infine può venire asportata ed utilizzata negli allevamenti come
lettiera oppure in industria cartiera per la produzione di carta.
Composizione della cariosside
La composizione della cariosside è influenzata da: varietà, clima,
terreno e concimazione. Generalmente, la sua composizione media è:
1. Umidità → 10-11%
2. Proteine → 10-12% (tenero), 14-16% (duro)
3. Amido → 70%
4. Cellulosa/emicellulose → 2%
5. Lipidi → 1-2%
6. Ceneri → 2%
Amido
L’amido del frumento è costituito da granuli di tipo A e granuli di tipo B,
diversi in forma e dimensioni. L’amilosio (parte lineare) e l’amilopectina
(parte ramificata) sono in proporzioni 1:3.
Proteine
L’80% della frazione proteica del frumento è rappresentata da gliadine
(40%) e glutenine (40%), entrambe proteine insolubili. Sono presenti
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nell’endosperma insieme all’amido, sono in grado di formare legami
covalenti e non covalenti e sono responsabili della struttura del glutine.
Celiachia → il frumento è il cereale che causa maggiori problemi di
celiachia. Seguono orzo, segale e avena.
Lipidi
Si trovano nel germe del grano. L’olio di germe di grano è un’olio
particolarmento pregiato e ricco in acido linoleico, fosfolipidi e
tocoferoli. Si trovano vitamine del gruppo B e sali minerali quali Na, K,
Ca e Mg. Essendo le vitamine del gruppo B termolabili, vengono
eliminate in parte o completamente durante il processo di cottura.
Struttura della cariosside
1. Embrione o germe
2. Endosperma amilaceo interno → contiene amido e proteine.
Procedendo sempre più verso l’interno del chicco i granuli di
amido crescono di dimensioni e perciò si abbassa il contenuto
proteico che invece risulterà maggiore nelle parti più esterne del
granulo. Rispetto allo strato aleuronico, nell’endosperma
amilaceo la percentuale di lipidi, sali minerali, vitamine ed enzimi
è inferiore.
3. Crusca → costituita da pericarpo, tegumento e strato aleuronico.
Quest’ultimo rappresenta la parte esterna del chicco ed è
costituito da proteine ad alto valore biologico che non
contengono glutine.
Trasformazione
Macinazione o molitura → schiacciamento delle cariossidi e
separazione di tre frazioni:
1. Endosperma amilifero → dal frumento tenero si ricava la farina , e
dal frumento duro la semola.
2. Embrione o germe (ricco di grassi) → si ricava l’olio alimentare,
cosmetici, ecc.
3. Crusca → costituita dai tegumenti della cariosside, ricchi di fibra
ai quali resta saldato lo strato aleuronico, (ricco di proteine ad
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alto valore biologico e di elementi minerali) → uso alimentare
umano o animale.
a) Frumento duro → Mulino → Semola → Industria → Pasta
b) Frumento tenero → Mulino → Farina → Industria → Pane, fette
biscottate, biscotti, crackers, ecc.
Resa alla macinazione → percentuale di farina (o di semola) ottenuta
dall’unità di peso di cariosside. Questo parametro è legato a:
1. Percentuale delle ceneri → maggiore è la percentuale di ceneri,
minore sarà la resa. Questo perché maggiore sarà la quantità
delle ceneri, localizzate prevalentemente nei tegumenti e negli
strati più esterni (crusca), minore sarà la quantità di “parte
interna” e quindi cariosside. Influenzato dall'andamento
dell'annata e dall'ambiente: cala col diminuire della latitudine=
produzioni ottenute al Sud hanno % inferiori di ceneri rispetto a
quelle delle altre aree del Paese. Nel complesso la produzione
nazionale manifesta un limitato tenore in ceneri; anche le
tecniche agronomiche appaiono determinanti nel condizionare i
fenomeni di mineralizzazione nella granella, influenzate ad es:
dall’irrigazione.
2. Peso ettolitrico → rappresenta il peso specifico apparente della
cariosside, è il peso (in kg) dell'unità di volume (hl) occupato dalle
cariossidi e dagli spazi vuoti. Es: si pesa lo stesso volume di
cariosside, quello che pesa di più ha una qualità maggiore,
perché “piene” e non striminzite.
3. Umidità della granella → deve essere inferiore a 13%. La resa alla
molitura diminuisce all'aumentare dell’ U%.
4. Presenza di scarti e impurità → come ad esempio: pula, semi
estranei, semi di infestanti, ecc. Massima percentuale di impurità
accettabile: 10%.
5. Volpatura o black point nel frumento duro → alterazione delle
cariossidi con imbrunimenti nella zona dell'embrione e del solco
ventrale, associati ad attacchi fungini. Non è eliminabile con la
macinazione e la pasta otteneibili risulterebbe “puntata” di nero.
La soglia di tolleranza è del 10-12% in peso di cariossidi volpate.
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6. Grado di bianconatura → formazione di cavità piene d’aria
nell’endosperma del grano duro che si manifestano con una
colorazione bianca. E dovuto a mancata o ridotta formazione del
reticolo amido/proteico nell'endosperma a causa di una cattiva
nutrizione azotata nella fase di granigione. Una
regolamentazione EU stabilisce la quantità massima accettabile
di cariossidi bianconate. La quantità si misura con conta di semi
bianconati dopo taglio con taglia grani.
Qualità tecnologica
Attitudine a rispondere alle esigenze di trasformazione a seconda del
prodotto alimentare. I parametri che più intervengono sono:
1. Contenuto proteico → maggiore è la quantità, maggiore è la
qualità. Per Regolamento deve essere superiore a 11,5%.
Importante la diversa % delle diverse proteine (albumine /
globuline / gliadine / glutenine) in funzione della destinazione
d’uso.
2. Glutine → dalla quantità e qualità del glutine che si forma dalle
farine e dalle semole dipende la loro capacità di assorbire acqua,
e mantenere la consistenza durante la lavorazione e la forma
dopo la cottura; il glutine è responsabile della struttura dei
prodotti trasformati (es. pane o panettone). La quantità si misura
in modo analitico, mentre la qualità viene misurata attraverso
prove di estensibilità e prove empiriche legate all’esperienza del
mugnaio.
3. Indici tecnologici per il frumento tenero come ad esempio:
a) Indici alveogafici per la forza e l'elasticità del glutine →
informazioni sulla forza, la tenacità e l’elasticità
dell’impasto.
b) Indice farinografico di Brabender → per la stabilità
dell'impasto.
4. Indici tecnologici del frumento duro come ad esempio:
a) Indice colorimetrico (indice di giallo) → la pasta nei paesi del
nord viene utilizzata come contorno (senza quindi alterarne
il colore con sughi), per questo riveste un ruolo importante
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la sua colorazione, che dipende dalla presenza di
carotenoidi (carotene e xantofille) nell'endosperma. Si può
misurare in diversi modi, il più preciso è col colorimetro
(indice di giallo).
b) Contenuto in proteina grezza → contenuto proteico del
frumento duro è normalmente più alto rispetto al frumento
tenero (12-16% anziché 10-14%).
c) Forza ed elasticità del glutine → misurate con l'alveografo di
Chopin, valutano la “tenuta alla cottura” della pasta.
3.3 MAIS
Classificazione
1. Famiglia → Graminacee
2. Genere → Zea
3. Specie → Zea mays
A seconda delle caratteristiche morfologiche della cariosside, la specie
si suddivide a sua volta in diverse sottospecie. Tra le più importanti:
a) Indentata → mais dentato. Cariosside che presenta una
depressione alla sommità dovuta a un rapido essiccamento
dell’amido. L’amido ai lati è più compatto e corneo. Ha
un’elevata conservabilità ed è utilizzata nella zootecnia.
b) Indurata → mais vitreo. Alta conservabilità e germinabilità. È
una delle sottospecie più antiche e viene utilizzata sia per
l’alimentazione umana che per l’avicoltura.
c) Everta → mais da scoppio (pop corn). Costituito da spighe
piccole e numerose. I semi hanno un contenuto di amido più
compatto verso l’esterno rispetto l’interno. In seguito a
riscaldamento il vapore generato all’interno del seme
aumenta di volume, esplode e si forma il pop corn.
d) Saccharata → mais zuccherino. Contiene un elevato numero
di zuccheri solubili. Viene raccolto a maturazione
latteo-cerosa (quindi non completa) e viene utilizzato come
ortaggio in scatola.
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e) Ceritina → mais amilopectinico. Alto contenuto di
amilopectina quindi utilizzata per la produzione di amido,
mediante trasformazione industriale.
f) Tunicata → mais vestito. Uso ornamentale.
g) Amylacea → maggiori quantità di amilosio rispetto ad
amilopectina.
Morfologia
1. Apparato radicale → fascicolato, può arrivare fino a 2 m di
profondità.
2. Fusto → chiamato anche stocco. Ha un'altezza media di 2-3 m
(può raggiungere i 6-7 m).
3. Foglie → molto grandi e alternate. Dotate di una lamina con
nervatura parallela. Internodi più piccoli nelle varietà precoci,
negli ibridi ci sono più internodi e si sviluppa di più verso l’alto.
L’estensione fogliare può arrivare fino ad un LAI di 5. Ha un
metabolismo C4 quindi riesce a sfruttare al massimo la CO2
catturata dall’ambiente.
4. Spiga → pianta monoica dicline, cioè con fiori maschili e femminili
sulla stessa pianta portati da infiorescenze diverse. Quella
femminile si sviluppa al sesto/settimo nodo a partire dall’alto. In
cima allo stocco abbiamo l’infiorescenza maschile (pannocchia).
5. Cariosside → embrione analogo al frumento anche se contiene
maggiori quantità di grassi che sono estraibili. L’endosperma è
costituito dallo strato aleuronico esterno ricco di proteine e da
una parenchima amilacea ricca di sostanze azotate che
diminuiscono man mano che si va verso il centro della cariosside.
Composizione della cariosside: prevalentemente amido, 7-9%
proteine, pochi grassi.
Origine e diffusione
È il cereale con la maggior produzione totale (32% della produzione
mondiale di cereali). Gode di rese più elevate e di un maggior numero di
utilizzi. È originaria del Messico. Un mese dopo la scoperta dell’America,
è stata importata dagli Europei da Cuba, dove veniva chiamata mahìz.
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Coltivata soprattutto nell’emisfero meridionale. I maggiori produttori al
mondo sono gli USA.
In Italia il mais è arrivato attraverso il porto di Venezia e si diffuse in
tutta la Pianura Padana. Oggi il 91% del mais è prodotto in Piemonte,
Lombardia, Veneto, Friuli e Emilia Romagna. Importante anche per la
produzione zootecnica, infatti contribuisce alla produzione del 70%
della carne prodotta in Italia, del 70% del latte e del 60% delle uova.
Ciclo produttivo
1. Germinazione
2. Emergenza
3. Levata
4. Fioritura
5. Maturazione lattea/cerosa/fisiologica
a) Maturazione lattea → dopo pochi giorni/settimane dalla
fecondazione.
b) Maturazione cerosa → dopo 50 giorni dalla fecondazione.
Momento ottimale per la raccolta destinata all’insilamento.
c) Maturazione fisiologica → si raggiunge il massimo peso secco.
Temperatura
Pianta macroterma, le temperature ottimali in levata, fioritura e
granigione sono tra i 22-25°C, con temperature medie notturne
maggiori di 15°C.
Un criterio utilizzato per classificare gli ibridi è in base alle lore
esigenze climatiche: Growing Degree Day (GDD) → sommatoria di gradi
giorno necessari per portare a maturazione un ibrido, ovvero i gradi al
di sopra della temperatura minima necessaria.
Ha uno “zero di vegetazione” uguale a 10°C, ovvero si semina a
temperature che si aggirano intorno ai 12° C. Temperature prossime
allo 0 e quindi gelate tardive ucciderebbero la pianta. In granigione
cessa di crescere sotto i 17°C che è la soglia termica che indica il
termine della stagione vegetativa (metà settembre in Italia).
È una pianta C4 quindi ha un’ottima efficienza fotosintetica, ma ha
bisogno di grandi disponibilità di radiazione solare, acqua e nutrienti.
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Terreno
Il mais si adatta facilmente al tipo di terreno ma ha forti esigenze
idriche. Infatti è coltivata soprattutto al Nord dove le piogge sono più
frequenti. Il picco della necessità d’acqua è a Luglio che corrisponde al
periodo della fioritura.
Il mais può produrre fino a 350-400 kg ss/ha/giorno, ma solo se ha:
1. Apparato radicale funzionale e ben sviluppato.
2. Terreno in ottime condizioni per permettere l’attività radicale
(sostegno meccanico e assorbimento di acqua ed elementi
nutritivi);
3. Apparato assimilatore ampio. Un LAI di almeno 4-5, deve essere
efficiente e longevo.
4. Predisposizione di ‘sink’ → “magazzini” nei quali i prodotti
giornalieri della fotosintesi possano traslocare.
Concimazione
La concimazione più adatta è quella organica ma in mancanza di
questa si usano concimi minerali.
N determina la resa e il contenuto proteico.
P viene assorbito solo in piccola parte ed è la fonte di energia
necessaria per la traslocazione delle sostanze di riserva.
K è un regolatore dei processi metabolici e influisce l’assorbimento
dell’N.
Avvicendamento
L’avvicendamento ci permette di tenere sotto controllo le avversità. Il
mais è una pianta in grado di sopportare anche la monosuccessione
ma, in questo caso, prevede lavorazioni approfondite. Si adatta anche
ad essere una pianta da secondo raccolto ovvero coltivata in seguito a
colture a raccolta precoce come pisello e orzo, oppure prima di un’altra
coltura principale.
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Lavorazione del terreno
Avvengono sia lavorazioni tradizionali come interramento di residui
colturali precedenti, aratura, erpicatura e semina meccanica, sia nuove
lavorazioni quali no tillage e minimum tillage.
A seconda dell’utilizzo finale la semina può avvenire:
1. Come coltura principale → da metà Marzo a metà Aprile
2. Come secondo raccolto → dopo loiessa, dopo orzo o frumento
insilati (metà e fine maggio).
3. Come terzo raccolto → dopo orzo da granella (fine giugno).
Avversità
1. Erbe infestanti → è importante combatterle soprattutto nelle
prime fasi perché poi diventano fisicamente troppo grandi e
ombreggiano la pianta coltivata entrando in competizione con
essa. Il controllo delle erbe infestanti non prevede il loro
allontanamento totale ma solamente il controllo nelle fasi critiche.
Per far ciò si può agire attraverso la falsa semina, il pirodiserbo,
le sementi selezionate oppure trattamenti mirati e in diversi
periodi.
2. Insetti → si suddividono in: ipogei (che attaccano le radici) ed
epigei (che attaccano gli organi aerei). Tra gli insetti più deleteri
per il mais ricordiamo la piralide che con le larve va a intaccare lo
stocco rendendolo debole, oppure attacca le spighe provocando
lacerazioni che danno origine poi a muffe. Uno delle più grandi
minacce per il mais è la diabrotica, un insetto che attacca sia le
radici sia l’infiorescenza (pennacchio, spiga) provocando erosioni
fogliari.
3. Crittogame → il carbone colpisce la spiga provocando la
formazione di muffe grigie che accrescono il contenuto di
micotossine oltre a diminuire la resa. Importanti sono anche gli
attacchi di peronospora che attacca l’infiorescenza maschile
(pennacchio).
4. Micotossine → tossine prodotte da funghi microscopici come
Aspergillus, Fusarium, Penicillium, Alternaria e Claviceps.
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Attaccano la pianta in particolare la cariosside e rilasciano
sostanze tossiche che rimangono nel prodotto e non possono
essere allontanate con nessun tipo di trattamento post raccolta.
Questo accade quando le condizioni di temperatura e umidità
sono alte e quindi sfavorevoli . Si possono sviluppare in campo
ma anche in fase di raccolta o di conservazione. Le micotossine
negli animali vengono metabolizzate e trasformate in altri tipi di
micotossine che poi noi troviamo negli alimenti di origine animale
(latte e formaggi). Sono stati stabiliti dei contenuti massimi di
micotossine che un alimento può contenere affinché non risulti
tossico per il consumatore.
Raccolta e resa
La stagione di raccolta del mais da granella va dalla metà di Settembre
fino alla fine di Ottobre. Il momento ideale per la raccolta è un
equilibrio tra: granella più secca, che è più conservabile ma che con le
macchine potrebbe subire delle perdite, e tra granella più umida, che
però si spacca facilmente.
La raccolta avviene per mezzo della mietitrebbiatrice munita di
un’apposita testata spannocchiatrice.
La resa viene calcolata in equivalenti di cariossidi al 13% di umidità. In
Italia le rese medie sono le più alte del mondo: 13-14 t/ha, mentre quelle
mondiali sono di 9 t/ha.
Lo stoccaggio avviene a circa 14% di umidità.
Destinazioni della produzione
1. Prodotti per la zootecnia → rappresentano circa il 65% dell’uso
del mais prodotto al mondo:
a) Prodotto insilato → raccolto a maturazione cerosa e utilizzato
come insilato completo di tutta la pianta oppure solo spighe
triturate insieme al tuttolo.
b) Granella e farina di mais → alimenti con un alto livello
energetico ma anche con un possibile alto contenuto di
micotossine.
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2. Bramata o semolino → prodotto più grossolano. Usato per
preparare prodotti per la colazione come cornflakes o altri
prodotti che subiscono prima processi di cottura, rullatura e
tostatura.
3. Fioretto → farina di media finezza. Cucinata in acqua bollente per
preparare la polenta.
4. Fumetto → farina fine. Destinata alla produzione di biscotti e
dolci. Utilizzato come fonte di amido in prodotti alcolici come
birre e whiskey in sostituzione al malto.
5. Amido e fecola → utilizzati per la produzione di prodotti da forno
e dolci in seguito a macinazione umida e a trasformazioni
enzimatiche per convertire l’amido in sciroppi e zucchero.
Il mais viene coltivato non solo per la produzione di alimenti per il
consumo umano e animale, ma viene anche utilizzato come fonte di
energia rinnovabile. Il mais può dare origine a energia in modi diversi:
1. Per combustione diretta → per eliminazione dello stocco e residui
di lavorazione.
2. Per fermentazione di granella e amido → che dà origine a
etanolo.
3. Per fermentazione delle biomasse fornite dalla pianta intera →
che dà origine a metano.
Sottoprodotti
A seconda della diversa percentuale di amilosio e amilopectina
presente nel mais possiamo avere diversi tipi di sottoprodotti:
1. Germe → da cui si estrae l’olio e la crusca.
2. Glutine di mais → costituito per il 60% da proteine.
3. Concentrato dell acque di macerazione → contiene sostanze
azotate e altre sostanze nutritive che vengono utilizzate per la
produzione di mangime oppure nell’industria farmaceutica.
Composizione in nutrienti
Minerali
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Circa l’80% è localizzato nel germe della cariosside (quindi non presente
nella farina finale). Il calcio è uno dei minerali meno presenti nel mais.
Il mais giallo ha un buon contenuto di provitamina A mentre è carente
di vitamina PP (pellagra preventing) e di triptofano.
L’olio di mais è uno dei sottoprodotti e ha un alto contenuto di acidi
grassi insaturi quali acido linoleico e oleico e sostanze antiossidanti
(tocoferoli). Al contrario, vi è un basso contenuto di acido linolenico.
3.4 RISO
Classificazione
1. Famiglia → Graminacee
2. Genere → Oryzeae
3. Specie → Sativa, che si suddivide in diverse sottospecie:
a) Japonica → diffusa nelle zone temperate dell’Asia orientale,
Sud America, California, Mediterraneo, Australia. Esigenze
termiche minori rispetto alle altre specie ma ha maggiori
esigenze nutrizionali. Ha un’elevata produttività. Chicchi
compatti e tondeggianti/ovali che assorbono molto liquido
durante la cottura diventando appiccicosi.
b) Indica → coltivata prevalentemente in zone tropicali. Ha un
ciclo produttivo più lungo ed è resistente a periodi di siccità
e a malattie. I chicchi sono snelli e hanno una forma
allungata, assorbono meno acqua e vengono utilizzati per
riso asciutto, insalate, ripieni, ecc.
c) Javanica → coltivato soprattutto in Indonesia, Filippine,
Madagascar. Abituato a temperature piuttosto basse.
Classificazione italiana
È stata istituita una classificazione italiana in base alla lunghezza del
chicco:
1. Riso comune o originario → < 5.2 mm
2. Riso semifino → 5.2 - 6.4 mm
3. Riso fino → > 6.4 mm
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4. Riso superfino → > 6.4 mm, con caratteristiche superiori rispetto al
riso fino.
Classificazione europea
Fa riferimento alla lunghezza del chicco e al rapporto tra lunghezza e
larghezza:
1. Tondo → < 5.2 mm
2. Medio → 5.2 - 6 mm
3. Lungo A → > 6 mm
4. Lungo B → > 6 mm, stessa lunghezza di A ma diverso rapporto tra
lunghezza e larghezza, il chicco è più allungato e longilineo.
Origine e diffusione
Il riso è uno dei più antichi cereali coltivati (oltre 10.000 anni a.C.). Nel
Mediterraneo è approdato nel 800 d.C. ma ha iniziato ad essere
coltivato in Italia solo nel 1500 d.C. quando i sistemi di irrigazione si
sono sviluppati. La produzione mondiale è di circa 550 milioni di
tonnellate all’anno. L’Asia da sola produce il 90% della produzione
mondiale di riso, mentre l’Europa è il continente che ne produce di
meno. In Europa il maggior produttore è l’Italia che da sola produce la
metà della produzione europea di riso. Il 33% di questa produzione è
destinata al mercato interno, il 10% esportata in paesi extraeuropei e il
restante esportata in paesi europei. In Italia il riso è coltivato quasi
esclusivamente in Lombardia e in Piemonte.
Morfologia
1. Apparato radicale → fascicolato, caratterizzato dalla presenza di
canali aeriferi che permettono di portare aria alle radici che
altrimenti soffocherebbero perché coltivate in condizioni di
asfissia.
2. Fusto → culmo. Nell’internodo si distinguono l’epidermide, con gli
stomi, la corteccia che lignifica a maturazione, il parenchima
midollare e il lume, cavo. Nella parte periferica sono presenti delle
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lacune aerifere nelle quali si accumula amido che permette al
culmo di ritardare la senescenza rispetto alle foglie.
3. Foglie → nervature parallele. Costituite da una guaina e da una
lamina ruvida per la presenza di peli corti. Come il culmo,
presenta cavità aerifere. La ligula è lunga e bifida e le auricole
sono pelose, ialine o pigmentate. Il giavone è una malerba molto
simile al riso, quindi nelle fasi precedenti all'infiorescenza sono
difficilmente distinguibili. Analizzando però le foglie si riescono a
distinguere in quanto il giavone non ha né la ligula né le auricole.
4. Infiorescenza → a pannocchia, si sviluppa nella parte terminale, è
ramificata con diverse spighette uniflore (contengono un unico
fiore) saldato all’interno delle glumette. Pianta autogama.
5. Cariosside → vestita dalle glumette (prende il nome di risone).
Ciclo produttivo
1. Germinazione
2. Emergenza
3. Accestimento
4. Levata
5. Sviluppo pannocchia, spigatura
6. Fecondazione
7. Accrescimento
8. Maturazione (lattea, cerosa, vitrea)
Temperatura
Pianta macroterma. Il riso non sopporta le brusche variazioni di
temperatura e le sue temperature ottimali sono:
1. Germinazione → 28-30 °C (minima 10-12 °C)
2. Fioritura → 30 °C, a temperature inferiori il processo è rallentato
(nei nostri climi occorre che avvenga a fine Luglio).
3. Fotosintesi → 23 °C (minima 18 °C).
4. Maturazione → 20 °C. L’abbassamento termico notturno favorisce
il processo. La maturazione è scalare, questo significa che per la
raccolta bisogna aspettare che tutti i chicchi raggiungono la
maturazione. Il ciclo completo della pianta va dai 5 ai 6 mesi.
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L’irrigazione di sommersione ha lo scopo di mantenere le condizioni
termiche ottimali della pianta: impedisce che il terreno abbassi troppo
la temperatura.
Terreno
Il terreno ottimale per questa coltivazione è un terreno limoso o
limoso/argilloso in quanto si adatta alla pratica della sommersione. È
necessaria una profondità di almeno 30-40 cm, in modo che si possano
sviluppare adeguatamente le radici.
N può essere presente nel terreno soltanto in forma ammoniacale
perché il terreno, essendo soggetto a periodi di asfissia, deve rendere
disponibile l’N alla pianta e, sotto forma di N ammoniacale è l’unico
modo per preservarlo. La disponibilità di N è fondamentale per il
contenuto proteico e la vetrosità della cariosside e per conferirgli una
maggior resistenza alla cottura. Un eccesso di N provocherebbe
allettamento e maggiori possibilità di attacchi da parte di parassiti.
P e K possono bilanciare questi effetti negativi, in particolare il K
influisce sulla qualità e sulla resistenza a malattie e allettamento.
Tecniche colturali
Per ragioni economiche l’avvicendamento non viene fatto se non dopo
2-3 anni. Si avvicenda con mais o orzo, ma solo quando vi è
un'importante infestazione da parte del riso crodo (erba infestante).
Lavorazioni del terreno
1. Sistemazione del terreno → deve essere arieggiato e
pianeggiante e avere un fondo impermeabilizzato. Deve essere
diviso in camere, collegate tra loro da un leggero dislivello.
2. Semina → può essere fatta con risaia in sommersione oppure in
asciutta. La prima è la più utilizzata e viene attuata tra inizio
Aprile e metà Maggio quando l’acqua ha raggiunto una
temperatura di 12-14 °C. La semina avviene a spaglio con una
seminatrice centrifuga pneumatica dopo che la cariosside è
rimasta in ammollo per 24 ore. Nei terreni più leggeri si può
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attuare la semina in asciutto e poi effettuare una sommersione
subito dopo.
3. Concimazione → deve essere fatta con N ammoniacale e P (no K
perché è restituito dai residui colturali).
4. Irrigazione → non deve essere fatta con acqua troppo fredda,
quindi, in caso, subirà un processo di riscaldamento.
5. Controllo avversità → soprattutto alghe, piante come il riso crodo,
crittogame e insetti che si cibano della pianta.
6. Raccolta → meccanica, inizia a Settembre per le coltivazioni
precoci e può arrivare fino alla fine di Ottobre per le coltivazioni
tardive. L’umidità della granella necessaria alla raccolta è del
22-28%. È importante la tempestività della raccolta per evitare
perdite dovute alla crodatura e di qualità del prodotto.
7. Stoccaggio → la cariosside viene stoccata come risone (con
chicco avvolto nella glumella) in silos o in magazzini previa
essiccazione in impianti termici con un’umidità del 14-14.5%.
In Italia le rese medie italiane sono intorno alle 7 t/ha di risone.
Lavorazione post raccolta
1. Pulitura → del risone, vengono allontanati i corpi estranei (terra,
sassi, ecc.).
2. Sbramatura → vengono eliminate le glume e le glumelle tramite
un getto d’aria. In questo modo si ottiene il riso integrale che
mantiene il pericarpo (pellicola di cellulosa) commestibile ma che
allunga i tempi di cottura.
3. Sbiancatura → i chicchi vengono sottoposti all’azione di
macchine (da 3 a 5 cicli) che eliminano il pericarpo, il germe, lo
spermoderma e lo strato aleuronico, lasciando alla fine la
mandorla farinosa. Si ottiene così il riso mercantile (o raffinato)
che, se sottoposto ad altri processi, porta alla formazione del riso
brillato.
4. Brillatura o oleatura → trattando il riso raffinato con talco e
glucosio (brillatura) oppure con oli inodori e insapori (oleatura), si
ottiene, nel primo caso, riso brillato (o commerciato), e nel
secondo caso, riso camolino. In seguito a questi processi il riso
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perde gran parte dei suoi nutrienti (grassi, vitamine, proteine) ma
aumenta la sua conservabilità (eliminando i grassi, si elimina la
possibilità di ossidazione e irrancidimento).
Sottoprodotti
Dal risone iniziale otteniamo circa il 62% di riso, il 20% di lolla e il 6% di
chicchi rotti. I sottoprodotti principali nella lavorazione del riso sono:
1. Lolla → utilizzata come combustibile oppure per l’estrazione del
furfurolo (importante dal punto di vista dell’integrazione).
2. Pula → utilizzata nell’industria mangimistica oppure nell’industria
farmaceutica.
3. Chicchi scartati e rotti → utilizzati per le produzione di farine o
semolini o per la fermentazione della birra.
Riso parboiled
Il riso parboiled si ottiene in seguito a una lavorazione speciale del riso
che permette di perdere in quantità minori gli elementi nutritivi
importanti che si perdono invece nella preparazione del riso brillato.
Questa lavorazione prevede il passaggio in acqua del risone per
almeno 24 ore, che viene poi trattato a vapore. In questo modo, le
sostanze nutritive presenti negli strati più esterni, vengano dapprima
rilasciate in acqua, e poi vengono spinte sottopressione nella parte più
interna del chicco in modo tale che, nelle fasi di raffinazione, queste
non vengano eliminate. Alla fine il riso viene essiccato e portato in
lavorazione come un risone normale. Il riso parboiled mantiene più o
meno le stesse caratteristiche nutrizionali del riso integrale.
Composizione della cariosside
La forma e la dimensione della cariosside varia a seconda del genotipo
(japonica o indica), così come la distribuzione in peso delle sue varie
parti (glumette, pericarpo, strato aleuronico, germe, scutello,
endosperma).
Nell’aleurone sono depositate sostanze di riserva, soprattutto proteine
e nella varietà indica anche lipidi.
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Amido
L’amido del riso ha una struttura sferoidale, piccola e regolare.
L’endosperma è costituito da amido, e il diverso rapporto
amilosio/amilopectina nelle diverse varietà conferisce diverse
caratteristiche al riso. L’elevata presenza di amilopectina rende il riso
più colloso. In alcuni casi la presenza di amilosio è quasi nulla e dà
origine alle varietà waxy che vengono impiegate in pasticceria come
leganti alimentari.
Alcuni elementi che vengono considerati per valutare la qualità del riso
sono:
1. Tenore in amilosio → l’amilosio influenza il comportamento alla
cottura e alla masticazione, per questo, i vari tipi di riso, possono
essere classificati in funzione del tenore (alto, basso o nullo) di
amilosio (analisi colorimetrica). La quantità di amilosio presente
nel riso è influenzata da: temperature durante il periodo di
accrescimento, la quantità di N somministrata e il tipo di
lavorazione.
2. Temperatura alla quale avviene la scomparsa della birifrazione
dell’amido → che corrisponde alla temperatura alla quale il 90%
dei granuli di amido sono gelatinizzati.
3. Consistenza del gel (amido gelatinizzato)
4. Tempo di cottura → necessario per le totale gelatinizzazione
dell’amido contenuto nel riso (legato al contenuto di amilosio, al
contenuto proteico e alla sottospecie di riso considerata).
Proteine
La percentuale di proteine nel riso è di circa 7-8% (la maggior parte
sono glutenine e prolamine). Il riso è uno dei cereali che dà meno
problemi a coloro che soffrono di intolleranza al glutine. Minore è il
contenuto proteico, maggiore è la collosità del riso (es. risi giapponesi
non hanno più del 6% di proteine). La quantità proteica è correlata
positivamente alla disponibilità di N e K insieme.
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Lipidi
Presenti nell’embrione e nello strato aleuronico. Diminuiscono la qualità
del riso in seguito a lunghi periodi di conservazione perché possono
andare incontro a ossidazione.
Minerali
Gran parte dei minerali vengono eliminati con la lavorazione.
Importante è il rapporto tra Mg e K nel riso sbramato perché un’elevata
percentuale di Mg conferisce collosità al riso cotto (favorevole per
giapponesi che utilizzano le bacchette, meno per gli indiani che usano
le mani per mangiare il riso).
3.5 CEREALI MINORI
AVENA
Classificazione
1. Famiglia → Graminacee
2. Genere → Avena
3. Specie → si dividono in due categorie:
a) Cariosside nuda → Avena nuda, Avena nudi brevis, Avena
chinensis.
b) Cariosside vestita → Avena sativa, Avena byzantina, Avena
brevis, Avena abyssinica.
Dal punto di vista commerciale l’avena si suddivide in:
1. Avena bianca → soprattutto avena sativa, rappresenta l’80% della
coltivazione mondiale di avena.
2. Avena rossa → soprattutto avena byzantina, rappresenta il 20%
della coltivazione mondiale di avena.
Morfologia
1. Foglie → lamina a nervature parallele, auricole assenti e ligula
sviluppata.
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2. Infiorescenza → a pannocchia.
3. Cariossidi → vestite (in Italia). Le glumelle rappresentano il 25-35%
del peso della cariosside e sono ricche di cellulosa e tiamina.
Caratteristiche
1. Temperatura → l’avena bianca è molto meno esigente dell’avena
rossa quindi si può adattare anche ai climi del Nord Europa. È
sempre alta la sensibilità al gelo, quindi in Italia si pratica la
semina primaverile al Nord e la semina autunnale al Sud. Adatta
anche a zone piovose soggette a ristagno.
2. Terreno → si adatta a terreni asfittici e resiste ai ristagni, questo
permette minori lavorazioni (minimum tillage). Si adatta anche a
terreni tendenzialmente acidi ma ha una bassa tolleranza alla
salinità e alle zone siccitose.
3. Ciclo colturale → più lungo rispetto al frumento, per questo si
preferisce effettuare una semina precoce. Una raccolta tardiva
aumenta il rischio di crodatura. Sensibile all’allettamento.
Necessita una bassa somministrazione di N. Tollera la
monosuccessione.
4. Rese → 2,3 t/ha nella media europea, ma sale fino a 4 t/ha in Italia
visto che c’è un clima più caldo e favorevole rispetto al Nord
Europa e al Nord America.
Diffusione e utilizzo
Coltivata soprattutto nel Nord America (USA e Canada) e in Europa
(Ucraina, Russia, Germania, Polonia). In Italia è coltivata soprattutto al
Sud.
L’avena viene utilizzata per:
1. Alimentazione animale → cariosside vestita utilizzata per i cavalli
mentre la pianta intera viene usata come foraggio.
2. Alimentazione umana → soprattutto come cereale per la prima
colazione, sotto forma di fiocchi o farina.
3. Trasformazione → whisky.
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FARRO
Classificazione
1. Famiglia → Graminacee
2. Genere → Triticum, comunemente chiamato “frumento vestito”
3. Specie → tre specie:
a) Triticum monococcum → farro piccolo. Culmo sottile e
debole. Spiga distica e aristata con spighette che
contengono una sola cariosside. È il meno produttivo e il
più tardivo (10-20 giorni in più rispetto alle comuni varietà di
frumento). Molto suscettibile all’allettamento. Le cariossidi
hanno un elevato contenuto di proteine e carotenoidi.
b) Triticum dicoccum → farro medio. Il più diffuso. Spiga
compatta e aristata con spighette che contengono almeno
due cariossidi. Estremamente adattabile e quindi adattabili
a diversi territori.
c) Triticum spelta → farro grande. Spiga priva di reste con
spighette che contengono due cariossidi, a volte tre. È la più
recente. Potenzialità produttive superiori ma si esprime al
meglio solo in ambienti favorevoli. In condizioni
pedoclimatiche difficili non si adatta facilmente come il
farro medio.
Caratteristiche
1. Temperatura → resistente al freddo, non compatibile con clima
piovoso e caldo durante le fasi finali del processo produttivo.
2. Terreno → si adatta a zone marginali che riescono a sfruttare le
modeste esigenze di fertilità del farro. È soggetta all’allettamento
ma la scarsa fertilità degli ambienti marginali le permette di
contenere.
3. Elevato accestimento
4. Cariosside vestita → valida protezione contro le avversità.
5. Uso → il farro è destinato soprattutto all’alimentazione umana ma
anche all’alimentazione animale.
33
Tecnica colturale
1. Preparazione del terreno → minimum tillage.
2. Semina → autunnale ma può avvenire anche a fine inverno
(febbraio-aprile).
3. Concimazione → di solito non necessaria. Si utilizza la
letamazione o la fertilità lasciata dalla coltura precedente. La
somministrazione di N deve essere valutata bene perché sensibile
all’allettamento.
4. Infestanti → il farro è una pianta competitiva contro le infestanti
per questo non ne subisce le conseguenze.
5. Raccolta → più tardiva rispetto al frumento, a partire da metà
Luglio fino a metà Agosto. Deve essere fatta con attenzione
poiché il rachide è fragile e si rischierebbe di avere molte perdite.
6. Resa → le produzioni sono molto variabili: 2.8-3 t/ha nei terreni di
pianura, 1-1.8 t/ha nelle zone di montagna e marginali.
ORZO
Classificazione
1. Famiglia → Graminacee
2. Specie → Hordeum vulgare si suddivide in:
a) Orzi distici → Hordeum vulgare distichon
b) Orzi polistici → Hordeum vulgare hexastichon aequale,
Hordeum vulgare hexastichon inaequale.
Hordeum vulgare distichon → solo la spiga centrale è fertile mentre le
due laterali sono sterili; questo dà origine a una cariosside più grande.
Hordeum vulgare hexastichon aequale → tutte e tre le spighette sono
fertili e disposte a raggiera e danno origine a cariossidi sottili. La spiga
è a 6 file.
Hordeum vulgare hexastichon inaequale → tutte e tre le spighette sono
fertili, quelle laterali si sovrappongono a quelle soprastanti; la spiga è a
4 file.
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Diffusione
I principali produttori sono: Russia, Canada, Germania, Spagna e
Turchia.
In Italia è diffuso sia a Nord che a Sud.
Morfologia
1. Culmo → altezza fino a 150 cm.
2. Foglie → ligula allungata e auricole lunghe.
3. Glume → piccole, glumette molto sviluppate e aderenti alla
cariosside. Lemma con nervatura mediana che termina con una
resta robusta.
4. Cariosside → vestita.
Caratteristiche
1. Terreno e temperatura → in grado di tollerare, la siccità e la
salinità. Limitata resistenza al gelo.
2. Ciclo biologico breve → adatta anche ai Paesi nordici. 8-10 giorni
più breve rispetto al frumento tenero con possibilità di un
secondo raccolto (es mais). Possibilità di avvicendamento
orzo-mais-orzo.
3. Sensibilità alle crittogame → non adatto a zone umide (zone
tropicali).
Tecnica colturale
1. Lavori preparatori → come il frumento.
2. Semina → non adatto a semina precoce per evitare il rischio di
virosi trasmesse da afidi.
3. Fotoperiodo → longidiurna; ciclo autunno-primaverile.
4. Accestimento e allettamento → notevole capacità di accestimento
con conseguente maggior rischio di allettamento, per questo
bisogna prestare attenzione alla densità della semina.
5. Avversità → più sensibile alle malattie rispetto al frumento. È
sensibile ad alcuni diserbanti.
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Utilizzo
L’orzo viene utilizzato per le produzione di:
1. Granella → per uso sia umano che animale, la raccolta avviene al
13% di umidità con l’utilizzo di una mietitrebbia. Resa: 4 t/ha (in
Lombardia 5,5 t/ha); resa mondiale media attorno a 2,8 t/ha. NB:
L’orzo è talmente importante per l’alimentazione animale che è
stato preso come riferimento per definire l’unità foraggera che
corrisponde infatti all’energia pari ad 1 kg di granella d’orzo.
2. Trinciato → viene trinciata la pianta intera per uso foraggero
destinato quindi all’alimentazione animale (simile a silomais). La
raccolta avviene a maturazione cerosa (65-75% di umidità) con
falcia trincia caricatrice. Resa 25-35 t/ha (pari a 8/11 t/ha di
sostanza secca).
3. Malto → il 12% di tutto l'orzo commercializzato è destinato alla
produzione di malto. Il malto è uno zucchero molto
fermentescibile. Per la sua formazione, le cariossidi vengono fatte
germinare in 5-7 giorni, vengono poi essiccate e mescolate con
acqua affinché possano fermentare. La cariosside ideale deve
avere un’alta germinabilità, con un basso tenore proteico e un
alto tenore zuccherino. Per la produzione di malto, è importante
tenere in considerazioni diversi parametri:
a) Meglio orzo distico → perché ha grani più regolari.
b) Maggiore densità → per evitare l’accestimento.
c) Dosi di N piuttosto basse (10-15%) → evitare gli eccessi che
rendono la granella meno adatta alla trasformazione.
d) Raccolta accurata → i distici crodano più facilmente. Dalle
maletrie non sono accettate le partite con più del 5% di
grani rotti o lesionati.
GRANO SARACENO
Classificazione
1. Famiglia → Polygonaceae
2. Specie → Fagopyrum esculentum
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Caratteristiche
1. Diffusione → Russia, Cina, Ucraina, e in Italia nelle zone alpine
centro orientali (Valtellina).
2. Temperatura → fresco-umido.
3. Terreno → sciolto tipico della montagna.
4. Avvicendamento → rotazione con segale.
5. Semina → la semina non avviene prima di Aprile in modo da
evitare le gelate tardive. Deve essere somministrato poco N per
evitare allettamento.
6. Raccolta in più passaggi → la raccolta avviene a Ottobre. Quando
il 75% delle piante sono mature si tagliano (per evitare la
crodatura) e si mettono su cavalletti per farle essiccare al sole.
Successivamente si trebbia al 16% di umidità in modo da separare
la granella dal resto della pianta (può essere fatta anche
l’essiccazione forzata). Raramente si può avere mietitrebbiatura
diretta su piante seccate, prima delle gelate.
7. Resa → non è altissima, la resa in semi da decorticare e sfarinare:
1-2 t/ha.
8. Contenuto di nutrienti → 75% amido, 15% proteine, 3% grassi.
QUINOA
Classificazione
1. Famiglia → Chenopodiaceae
2. Specie → Chenopodium quinoa
Caratteristiche
1. Diffusione → Bolivia (50% della produzione mondiale), Equador,
Perù; in Italia coltivazione produttiva sperimentale a Piacenza.
2. Temperatura → fresca, anche arido (la pianta è piuttosto rustica),
fino a 4000 metri.
3. Terreno → sciolto.
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4. Semina e raccolta → da seminare dopo gelate (Aprile-Maggio) e
raccolta autunnale (Ottobre-Novembre). Raccolta a mano, rara
ma possibile con mietitrebbia.
5. Tecnica colturale → si ha una densità elevata (500-700 p/mq) e si
somministrano dosi massicce di concime per avere alte rese; il
controllo delle malerbe avviene con sarchiatura.
6. Resa → in semi da decorticare e sfarinare: da 0,7 a 3 t/ha; per la
produzione di foraggio si utilizza la pianta intera e quindi la resa
è di 8-9 t/ha.
7. Contenuto di nutrienti → 60% amido, 14% proteine, 3% grassi.
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