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1 CEREALI 
 
Il  nome  cereali  deriva  da  Cerere,  dea  protettrice  delle  messi  (dei 
raccolti).  Quasi  tutti  i  cereali  appartengono  alla  famiglia  delle 
Graminacee.  La  caratteristica  comune  dei  cereali  è  la  cariosside,  il 
seme  secco  della  pianta  (frutto)  ricco  di  sostanze  nutritive.  È  di  facile 
trasportabilità  e  conservabilità,  è  ricco  di  zuccheri  e  carboidrati  ma 
anche  proteine,  lipidi  e  sali  minerali.  La  cariosside  può  essere 
facilmente  trasformata attraverso la produzione di farine. I cereali sono 
piante  con  un’elevata  capacità  di  adattamento  ambientale  che 
permette loro di essere diffuse in tutto il mondo.  
 
Classificazione botanica  
I cereali si suddividono in tre famiglie:  
1. Graminacee 
2. Polygonaceae → grano saraceno. 
3. Chenopodiaceae → quinoa.  
La famiglia delle graminacee si suddivide in diverse tribù:  
1. Hordeae → grano tenero, grano duro, orzo, segale. 
2. Avenae → avena  
3. Oryzeae → riso 
4. Paniceae → miglio, miglio perla, panico. 
5. Andropogoneae (andropogonace) → sorghi. 
6. Maydeae (maidacee) → mais. 
Possiamo classificare le graminacee anche in: 
1. Microterme  →  grano  tenero,  grano  duro,  orzo,  avena,  segale, 
triticale  (tutti  quelli  che  contengono  alimenti  che  poi  danno 
origine al glutine). 
2. Macroterme  →  mais,  sorgo,  miglio,  miglio  perla,  panico,  riso  (non 
contengono glutine). 
 
Distribuzione mondiale  
Maggiori  produttori  al  mondo:  Cina,  USA,  Russia,  Francia,  Indonesia  e 
Canada.  
In America si coltivano soprattutto frumento, mais, avena e sorgo.  

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In Europa si coltivano soprattutto cereali vernini e mais.  
In  Italia  si  coltivano  soprattutto  cereali  autunno-vernini  tra  cui 
frumento  duro  (siamo  tra  i  primi  produttori  in  Europa  e  al  mondo), 
frumento  tenero e mais (quest’ultimo soprattutto per l’alimentazione del 
bestiame  e  utilizzi  alternativi  all’alimentazione  come  produzione  di 
plastiche, biomasse e etanolo per la produzione di energia).  
 
Caratteristiche morfologiche  
Apparato radicale 
Costituito  da  radice  primaria  e  radici  secondarie  ma  quella  primaria 
non  è  tanto  più  sviluppata  delle  secondarie  per  cui  è  pressoché  un 
apparato fascicolare.  
 
Fusto  
Il  fusto  è  chiamato  culmo,  in  quanto  cavo  all’interno.  L’altezza  varia  in 
funzione  della  specie  e  delle  varietà  e  normalmente  termina  con 
l’infiorescenza.  In  alcuni  casi  il  culmo  non  è  completamente  cavo:  nel 
mais  a  maturazione,  il fusto è ricolmo di midollo, mentre nel riso, il fusto 
è  parzialmente  occupato  dal  mesofillo  e  da  delle  canaline  che 
permettono  alle  radici  di  sopravvivere  durante  i  lunghi  periodi  di 
asfissia (processo di sommersione, tipico delle risaie).  
Il  culmo  delle  graminacee  è  inoltre  caratterizzato  da  due 
comportamenti:  
1. Allettamento  →  a  causa  del  vento,  della  pioggia  o  di  attacchi 
parassitari,  il  culmo  tende  a  stendersi  e  sdraiarsi  per  terra. 
Questo  è  un  problema perché limita la fase della raccolta e rende 
la pianta maggiormente attaccabile dai parassiti.  
2. Ginocchiatura  →  attraverso  la  proliferazione  di  alcune  cellule  il 
culmo riesce a rialzarsi e tornare in posizione eretta.  
3. Accestimento  →  sviluppo  di  culmi  secondari  che  avvengono  nel 
nodo  basale  della  pianta  e  che  porta  ad  uno  sviluppo  in 
larghezza  della  pianta  stessa.  Il  culmo  porta  l’infiorescenza  per 
cui,  in  questo  modo,  si  aumenta  la  resa  produttiva  della  pianta 
stessa.  Questo  però  non  è  sempre  un  effetto  positivo  perché  la 
formazione  di  culmi  secondari  provoca  una  diminuzione  della 

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disponibilità  di  nutrimenti  per  i  culmi  primari.  Il  numero  di  culmi 
che  possono  uscire  dallo  stesso  seme  viene  indicato  come  indice 
di accestimento.  
 
Apparato fogliare  
Le  foglie  sono  di  forma  allungata, con rigature parallele. Si distinguono 
quattro parti:  
1. Guaina → lega la foglia al culmo avvolgendo il culmo stesso. 
2. Lamina → parte principale della foglia.  
3. Ligula  →  si  trova  alla  base  della  lamina  nella  parte  che  poi  si 
attacca  al culmo. Sostiene la lamina insieme alle auricole (la ligula 
non è sempre presente). 
4. Auricole → (non sempre presenti). 
Prima  dell’infiorescenza  le  piante  sono  molto  simili  tra  loro,  tanto  che 
potrebbe  essere  difficile  riconoscere  le  piante  infestanti.  Controllando 
le  caratteristiche  della  ligula  e  delle  auricole  si  riesce  invece  a 
differenziarle.  
 
Infiorescenza  
Solitamente si trovano nella parte terminale del culmo. Possono essere:  
1. A  spiga  →  ha  il  fiore  sessile.  Le  spighette  sono  attaccate 
direttamente al culmo della spiga, chiamato rachide.  
2. A  pannocchia  (o  panicolo)  →  le  spighette  si  attaccano  al  rachide 
tramite un peduncolo.   
Molte  delle  graminacee  microterme  hanno  spiga,  alcune  macroterme 
hanno la pannocchia, alcune (come il mais) hanno entrambe.   
Spiga  →  formata  da  un  asse  centrale  chiamato  rachide  su  cui  sono 
inserite spighette sessili.  
Spighette  →  sono  di  numero  variabile  per  ogni  nodo (es: nel frumento 1, 
nell’orzo  3).  Le  spighette  contengono  a  loro  volta  dei  piccoli  fiori  di 
numero  variabile  a  seconda della specie (es: 1 nell’orzo, 2-3 nel farro, 5-7 
nel  frumento).  La  spighetta è contenuta nel glume, che ha la funzione di 
proteggerla.  Ogni  fiore  è  protetto  a  sua  volta  da  due  glumelle:  una 
inferiore  (lemma)  e  una  superiore  (palea).  La  lemma  termina  a volte con 

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una  parte  appuntita  che  è  caratteristica  di  ogni  specie  e  che  può 
assumere colorazioni diverse.  
 
Cariosside  
Parte  produttiva  di  nostro  interesse.  Frutto  secco  indeiscente  che 
contiene un unico seme cresciuto insieme al pericarpo. Può essere:  
1. Vestita → le glumelle sono saldate intorno alla cariosside.  
2. Nuda → priva di glumelle.  
All’interno  della  cariosside  troviamo  l’embrione,  l’elemento  da  cui  poi  si 
formerà  la  nuova  pianta.  Nell’embrione  troviamo:  il  coleoptile  (che 
racchiude  la  piumetta)  e  la  coleoriza  (che  racchiude  la  radichetta). 
L’embrione  è  attaccato  all’endosperma,  che  contiene  tutti  gli  elementi 
di riserva (soprattutto amido), attraverso il cotiledone.  
 
Ciclo biologico e ciclo produttivo  
I  due  cicli  non  coincidono  sempre,  a  volte  la  cariosside  può  essere 
raccolta  prima  della  sua  completa  maturazione.  Inoltre,  in  base  al 
nostro  fine,  potremmo  aver  bisogno  di  raccogliere  l’intera  pianta e non 
solamente la cariosside.  
Ciclo  biologico  e  ciclo  produttivo  prevedono  le  stesse  fasi:  emergenza, 
accestimento, levata, spigatura, maturazione.  
 
Le esigenze climatiche delle graminacee  
In  base  alla  loro  appartenenza  al  gruppo  delle  microterme  o 
macroterme, necessitano diverse tipologie di clima.  
 
Cereali microtermi:  
1. Frumento  →  nelle  prime  fasi  dello  sviluppo  richiede  una 
temperatura  crescente  e  sempre  al  di  sopra  degli  0°C.  Durante 
l’accestimento  è  in  grado  di  superare  l’inverno  tipico  dei  nostri 
territori  (anche  con  temperature  basse).  Durante  la  levata  e  la 
maturazione  necessita  di  una  temperatura  costante  senza 
frequenti  sbalzi  termici  e  senza  alternanza  di  gelo  e  disgelo. 
L’umidità  deve  essere  gradualmente  in  aumento  fino  alla  fase 

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precedente  alla  maturazione  poiché  in  quest’ultima  fase 
un’umidità eccessiva comprometterebbe la maturazione stessa. 
2. Segale  →  più  resistente  al  freddo  rispetto  al  frumento  perciò 
viene coltivata nelle zone Nord d’Europa.  
3. Orzo  →  si sviluppa in tempi più brevi rispetto agli altri cereali e ha 
un’esigenza  d’acqua  limitata.  Si  adatta  bene  sia  ai  climi  caldi  che 
ai climi freddi. 
4. Avena  →  una  delle  più  sensibili  ai  climi  troppo  caldi  o  troppo 
freddi. In compenso, resiste molto bene agli eccessi idrici. 
 
Cereali macrotermi:  
1. Riso  →  necessita di un’elevata umidità e di una temperatura calda 
costante (al di sopra dei 12°C per la germinazione e al di sopra dei 
20-25°C  per  la  crescita  e  la  maturazione).  Si  adatta  alle  zone 
tropicali. 
2. Mais  →  necessita  una  temperatura  elevata  (16-20°C)  fino  alla 
fioritura  per  poi  decrescere  da  questa  alla  maturazione.  La 
disponibilità  d’acqua  è  molto  importante.  Viene  danneggiato 
dalle gelate tardive.  
3. Sorgo  →  ha  meno  necessità  d’acqua  rispetto  agli  altri  cereali 
macrotermi  ma  è  più  esigente  per  quanto  riguarda  la 
temperatura.  
4. Miglio  e  panico  →  resistono  alla  siccità  meglio  del  mais,  ma  non 
resistono al freddo.  
 
In Italia:  
1. Cereali  microtermi  (vernini)  →  semina  in  autunno-inverno  e 
raccolta in primavera-estate. 
2. Cereali  macrotermi  (estivi)  →  semina  in  primavera-estate  e 
raccolta in estate-autunno. 
 
Esigenze pedologiche  
1. Azoto  →  tutte  le  graminacee  necessitano  di  azoto  in  quantità 
medio  alta  dall’accestimento  alla  fioritura,  ma  l’eccesso  è 
dannoso e provoca allettamento. 

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2. Fosforo  →  influenza  l’accestimento,  la  precocità  e  la  resistenza 
all’allettamento. 
3. Potassio → influenza lo sviluppo e la robustezza del culmo. 
 
Le esigenze del terreno delle graminacee 
Cereali microtermi: 
1. Frumento → predilige terreni franchi, argillosi, e ben drenanti. 
2. Segale  →  si  adatta  più  facilmente,  predilige  terreni  acidi  e  con 
molto scheletro. 
3. Orzo → come il frumento. 
4. Avena → in grado di adattarsi a qualsiasi tipo di terreno. 
 
Cereali macrotermi:  
1. Riso  →  si  adatta  a  tutti  i  tipi  di  terreno  purché  siano  adatti  al 
sistema di irrigazione di sommersione. 
2. Mais  →  predilige  terreni  franchi  piuttosto  profondi  perché  ha 
delle  radici  che  scendono  in  profondità.  Necessita  inoltre  di 
un’elevata disponibilità d’acqua. 
3. Sorgo  →  come  il  mais,  ma  si  adatta  anche  a  terreni  acidi.  Resiste 
agli eccessi di umidità e alla secchezza del terreno. 
4. Miglio e panico → prediligono terreni sciolti, profondi e freschi. 
 
Aspetti qualitativi nutrizionali  
I  valori  nutritivi  e  quindi  la  composizione  chimica  della  cariosside 
dipendono da diversi fattori: 
1. La specie e la varietà di cereale che si prende in considerazione 
2. Il clima 
3. Il terreno  
4. Le scelte colturali 
La  percentuale  di  proteine  è  di  circa  il  12%  ma  sono  carenti  in 
aminoacidi  essenziali  soprattutto  in  lisina  e  metionina.  La  percentuale 
di lipidi, invece, si aggira intorno al 2%.  
 
 
 

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Carboidrati  
I  cereali  sono  costituiti  soprattutto  da  carboidrati,  circa  il  79%.  Quelli 
presenti nella cariosside sono:  
1. Amido → (60-68%). Ha una forma tipica per ogni tipo di cereale. 
2. Pentosani → (6.5%). Polimeri non attaccabili dai batteri. 
3. Cellulosa  e  lignina  →  (2-2.5%).  Si  trovano  soprattutto  negli  strati 
esterni che vengono eliminati durante l’abburattamento.  
4. Zuccheri riducenti → (1.5%). Prodotti dall’idrolisi dell’amido.  
 
Proteine  
Presenti soprattutto nella parte più esterna, ma anche nell’endosperma. 
Si riconoscono quattro tipi di proteine nei cereali:  
1. Albumine  →  ricche  in  aminoacidi  essenziali.  Sono  presenti  nella 
porzione  esterna della cariosside e nel germe. Vengono asportate 
con l’abburattamento per cui non sono presenti nelle farine. 
2. Globuline  →  come  le  albumine  ma  sono  presenti  esclusivamente 
nel germe.  
3. Prolammine  → sono presenti nell’endosperma. Sono miscelate con 
la parte amidacea per cui sono quelle che rimangono nelle farine. 
4. Glutenine → come le prolammine.  
Prolammine  e  glutenine  prendono  nomi  diversi  in funzione della specie. 
Nel  frumento  sono  presenti  le  gliadine  (prolammina)  e  le  glutenine 
(glutenina)  che  compongono  il  glutine.  La  composizione  aminoacidica 
delle  prolammine  e  delle glutenine è importante perché, grazie alla loro 
idrosolubilità  e  capacità  di  interagire  con  l’acqua,  conferiscono 
all’impasto  una  certa  coesione, elasticità, viscosità e resistenza durante 
la  cottura.  Formano  quindi  una  matrice  proteica  nella  quale  sono 
immersi  amido  e  lipidi.  Queste  capacità  del  glutine  sono  correlate  alla 
presenza  di  aminoacidi  essenziali  come  cisteina,  prolina  e  acido 
glutammico. 
 
 
 
 
 

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3.2 FRUMENTO  
 
Classificazione 
1. Famiglia → Graminacee  
2. Genere → Triticum  
3. Specie  
a) Grano tenero: Triticum aestivum 
b) Grano duro: Triticum durum 
c) Farro 
 
Morfologia  
1. Apparato radicale → fascicolato. 
2. Fusto  →  culmo  (cavo),  di  altezza  variabile.  Le  varietà  moderne 
hanno  un’altezza  tra  70  e  120  cm,  le  varietà  più antiche erano alte 
il doppio.  
3. Foglie  →  lamina  e  nervature  parallele.  L’ultima  foglia  vicino  alla 
spiga viene chiamata “bandiera” e le fornisce i nutrienti necessari. 
4. Spiga  →  con  spighette  a  loro  volta  costituite  da  fiori  che 
origineranno la cariosside. 
5. Cariosside  →  costituita  da  una  parte  dorsale  convessa  e  una 
parte  ventrale  che  presenta  un  solco.  All’apice  può  avere  un 
piumino  composto  da  peli  (assenti  nei  grani  duri).  Nella  parte 
basale  è  presente  l’ilo  che  lega  la  cariosside  alla  pianta.  La 
cariosside  del  grano  duro  si  differenzia  da  quella  del  grano 
tenero perché è più spigolosa e vetrosa (trasparente). 
Dal  grano  tenero  si  otterranno  le  farine  adibite  poi  alla  produzione  di 
pane,  prodotti  da  forno  e  paste  fresche,  mentre  dal  grano  duro  si 
otterrà  la  semola  di grano duro utilizzata per la produzione della pasta 
alimentare secca.  
 
Origine e diffusione  
Il  frumento  è  uno  dei  cereali  più  antichi,  infatti  veniva  coltivato  già  nel 
Neolitico.  Inizialmente  si  coltivava  soprattutto  nel  Medio  Oriente,  si  è 
poi  diffuso  anche  in  Asia  e  in  Europa.  In  italia  le  prime  coltivazioni 

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furono  fatte  dagli  Etruschi,  poi  i  Romani  le  diffusero  e le trasformarono 
in coltura intensiva.  
I  maggiori  produttori  mondiali  sono:  Europa,  Cina,  India,  Russia,  USA, 
Canada.  La  Francia  è  il  primo  produttore  dell’EU.  L’italia,  invece, 
insieme  alla  Turchia,  è  al  primo  posto  per  la  produzione di grano duro, 
a livello mondiale è secondo solo al Canada. 
La  produzione  mondiale  di  frumento  supera  i  700  milioni  di  tonnellate 
all’anno (circa il 30% della produzione mondiale di cereali).  
 
Diffusione in Italia  
1. Grano  tenero → diffuso soprattutto al Nord. La nostra produzione 
non  è  però  sufficiente  a  soddisfare  i  bisogni  nutrizionali 
dell’intero  Stato  per  cui  ne  importiamo  circa  il  60%  da  Francia, 
Germania, Austria, Ungheria, USA e Canada. 
2. Grano  duro  →  diffuso  soprattutto  al  Sud.  Nonostante  siamo  i 
primi  produttori  europei  di  grano  duro,  la  nostra  produzione 
copre  solo  il  70%  del fabbisogno italiano per cui lo importiamo da 
Canada, Messico e Grecia. 
 
Ciclo produttivo  
1. Germinazione (Nov) 
2. Emergenza (Dic) 
3. Accestimento (Gen) 
4. Levata (Mar) 
5. Spigatura (Mag) 
6. Raccolta della cariosside (Lug) 
 
Maturazione della cariosside 
La cariosside ha diversi gradi di maturazione: 
1. Maturazione lattea → la cariosside può ancora essere schiacciata 
e dà origine a un liquido latteo.   
2. Maturazione  cerosa  →  la  cariosside  è  più  consistente,  ma  può 
ancora essere incisa con l’unghia. 
3. Maturazione  fisiologica  →  la  cariosside  è  completamente  dura, 
secca e matura. 

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Temperatura 
È  un  cereale  microterma,  a  semina  autunnale.  Resiste  al  gelo  in  fase  di 
accestimento,  ma  non  in  fase  di  levata,  fioritura,  germinazione  e 
maturazione (grano duro è più sensibile del grano tenero).  
Le temperature minime necessarie allo sviluppo del grano sono:  
1. 2-3°C → per germinazione ed accestimento. 
2. 10-12°C → in levata. 
3. 14-17°C → in fioritura. 
4. 18-20°C → per la maturazione delle cariossidi. 
 
Terreno 
Poco  esigente  ma,  essendo  una  pianta  C3,  è  importante  valutare  la 
quantità  d’acqua:  terreni  troppo  sciolti  potrebbero  causare  carenze 
d’acqua  e  di  nutrienti.  In  questo  caso  la  pianta  tenderebbe  a  chiudere 
gli  stomi  limitando  la  captazione  di  CO2  e  quindi  la  fotosintesi.  Al 
contrario,  un  eccesso  d’acqua  sarebbe  negativo  soprattutto  in  fase  di 
emergenza,  accestimento  e  maturazione  in  quanto causerebbe asfissia 
radicale  e  maggior  possibilità  di  attacchi  fungini.  Le  fasi  dello  sviluppo 
che  richiedono  una  certa  quantità  d’acqua  sono:  germinazione,  levata, 
fioritura,  per  poi  calare  durante  la  fase  di  maturazione  perché 
un’elevata  umidità  comporterebbe  una  maggior  possibilità  di  attacchi 
parassitari.  
 
Concimazione 
Per  la  produzione  di  grano  si  preferisce  la  concimazione  minerale 
piuttosto che quella organica.  
1. N  →  la  concimazione  azotata  non  deve  essere  fatta  all’inizio  del 
ciclo  produttivo,  ma  durante  la  fase  di  levata.  La  quantità  di  N 
disponibile  è  correlata  positivamente  alla  quantità  di  proteine 
presenti nella cariosside.  
2. P  →  bassa  necessità,  ma  importante  per  la  qualità  del  prodotto 
finale. 
3. K  →  alta  richiesta  iniziale  ma  di  solito  è  già  disponibile da colture 
da rinnovo precedenti.  
 

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Tecniche colturali  
Essendo  il  grano  una  pianta  depauperante,  che  richiede  un’elevata 
dose  di  nutrienti,  non  è  adatta  alla  tecnica  della  monosuccessione 
perché  causa  stanchezza  al  terreno  e  maggior  possibilità di crescita di 
malerbe.  L’ideale  sarebbe  che  le  colture  che  precedono  quella  del 
grano  fossero  colture  da  rinnovo  come  mais,  girasole,  pomodoro…  e 
che  quelle  che  la  seguono  fossero  colture  intercalari  come  prato  e 
erbaio.   
 
Lavorazione del terreno  
Vengono  attuate  le  tecniche  tradizionali:  interramento  di  residui 
colturali  precedenti,  aratura,  erpicatura  e  preparazione,  semina 
meccanica. Oltre alle tecniche tradizionali, si stanno diffondendo nuove 
tecniche: 
1. No  tillage  →  semina  su  sodo,  ovvero  su  terreno  che  non  è  stato 
lavorato. 
2. Minimum  tillage  →  minima  lavorazione  del  terreno  prima  della 
semina. 
Queste  techinche  hanno  lo  scopo  di  ridurre  al  minimo  le  lavorazioni 
con  l’obiettivo  di  ridurre  i  costi,  il  depauperamento  della  fertilità  del 
terreno e una maggiore sostenibilità economica e ambientale. 
La  semina avviene in mesi diversi a seconda del luogo in cui ci troviamo 
affinché  si  possano  rispettare  le  temperature  minime  che  il  frumento 
richiede.  In  particolare,  nel  Nord  Italia  la  semina  avviene  in  autunno, 
entro  ottobre,  mentre  al  Sud  Italia  entro  dicembre;  nei  paesi  nord 
europei, invece, avviene in primavera.  
 
Avversità  
Le  avversità  peggiori  dal  punto  di  vista  produttivo  sono  quelle  legate 
alla  presenza  di  erbe  infestanti.  Queste  vengono  controllate  in  pre 
semina  oppure  con  diserbo  chimico  in  pre  emergenza  e  post 
emergenza.  Sono  responsabili  di  un  calo  della  resa  che  può  essere  del 
30% fino al 100% in caso di mancato intervento. 
Gli  insetti  invece non sono un grande problema in Italia perché le basse 
temperature  autunnali  alle  quali  si  svolge  la  semina  proteggono  il 

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raccolto  dall’attacco  di  insetti.  Infatti,  gli  interventi  in  copertura  sono 
rari.  
Il  vero  problema  italiano  è  rappresentato  dall’attacco  di  crittogame 
perché  possono  provocare  lo  sviluppo  di  sostanze  tossiche  sulla  spiga 
che la rendono non commercializzabile. Si agisce a diversi livelli:  
1. Scelta di varietà resistenti  
2. Seme conciato che previene il loro sviluppo  
3. Trattamenti in campo (nei paesi più freddi e umidi) 
 
Raccolta e resa 
La  raccolta  avviene  quando  la  cariosside  è  matura  e  l’umidità  è 
inferiore  al  14%:  bilancio  tra  massima  produzione  e  secchezza 
(necessità  di  tenere  la  pianta  in  campo  il  più  possibile  affinché  si 
accumulino  più  fotosintetati  possibili)  e  rischio  di  piogge  tardive  (con 
conseguente  rischio  di  attacchi  crittogamici  e  caduta  spontanea  della 
semente  a  terra).  Se  la  raccolta  avviene  a  un’umidità  superiore  al  14% 
c’è il rischio di fermentazione e riscaldamento della cariosside.  
Periodo di raccolta:  
1. Sud Italia → da metà Maggio in poi. 
2. Nord Italia → da metà Giugno a inizio Luglio.  
3. Nord  Europa  →  estate  fino  a  metà  Settembre  (si  raccoglie  a 
umidità superiori al 14% e poi si essica artificialmente).  
La  raccolta  avviene  per  mezzo  della  mieti-tribatrice  che  è  uno 
strumento  che  taglia  e  separa  la  cariosside  dal  resto  della  pianta 
(culmo, spighette, glume…).  
La  resa  produttiva  viene  calcolata  in  equivalenti  di  cariossidi  al  13%  di 
umidità.  Formula:  peso  al  13%  di  umidità  =  peso  a  umidità  effettiva  x 
(100-umidità effettiva) / (100-13).  
In  Italia  le  rese  medie  per  il  grano  tenero  sono  intorno  ai  5  t/ha 
(tonnellate  per  ettaro),  mentre  per  il  grano  duro  sono  intorno  ai  3  t/ha. 
Nel Nord Europa la resa del grano tenero è maggiore dei 10-12 t/ha.  
Una  volta  raccolta  la  cariosside  va  conservata  in  silos  che  sono  a 
controllo  di  temperatura  e  umidità.  A  volte  sono  anche  dotati  di  un 
impianto  per  il  controllo  della  ventilazione  in  modo  tale  da  mantenere 
le condizioni ambientali ottimali per evitare ammuffimenti.   

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Sottoprodotti della raccolta  
1. Pula  →  resti  della  spiga.  Spesso  viene  lasciata  in  campo  insieme 
alle  stoppie  (ciò  che  resta  della  pianta  tagliata).  Sono  interrati  e 
restituiscono  parte  dei  nutrienti  asportati  durante  il  ciclo 
produttivo. 
2. Paglia → resti del culmo.  
a)  La  paglia  viene  asportata  con  la  mietitura  ma  può  essere 
ridistribuita  in  campo  per  mezzo  di  una  trinciatrice  sulla 
mietitrebbia:  in  questo  caso  si  crea  uno  squilibrio  tra  C  e  N, 
quindi  si  deve  aggiungere  N  in  modo  tale  che  la  coltura 
successiva abbia i nutrienti che necessita.  
b)  La  paglia  viene  bruciata  insieme  alle  stoppie  in  modo  da 
purificare  il  terreno  da  malerbe  e  malattie.  Questo  comporta 
anche  una  perdita  di  sostanza  organica  e  un  pericolo:  vietato 
dopo il 15 agosto per salvaguardare gli animali selvatici.  
c)  Infine  può  venire asportata ed utilizzata negli allevamenti come 
lettiera oppure in industria cartiera per la produzione di carta.  
 
Composizione della cariosside  
La  composizione  della  cariosside  è  influenzata  da:  varietà,  clima, 
terreno e concimazione. Generalmente, la sua composizione media è:  
1. Umidità → 10-11%  
2. Proteine → 10-12% (tenero), 14-16% (duro) 
3. Amido → 70%  
4. Cellulosa/emicellulose → 2%  
5. Lipidi → 1-2% 
6. Ceneri → 2% 
 
Amido  
L’amido  del  frumento è costituito da granuli di tipo A e granuli di tipo B, 
diversi  in  forma  e  dimensioni.  L’amilosio  (parte  lineare)  e  l’amilopectina 
(parte ramificata) sono in proporzioni 1:3. 
Proteine  
L’80%  della  frazione  proteica  del  frumento  è  rappresentata  da  gliadine 
(40%)  e  glutenine  (40%),  entrambe  proteine  insolubili.  Sono  presenti 

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nell’endosperma  insieme  all’amido,  sono  in  grado  di  formare  legami 
covalenti e non covalenti e sono responsabili della struttura del glutine.  
Celiachia  →  il  frumento  è  il  cereale  che  causa  maggiori  problemi  di 
celiachia. Seguono orzo, segale e avena.  
 
Lipidi  
Si  trovano  nel  germe  del  grano.  L’olio  di  germe  di  grano  è  un’olio 
particolarmento  pregiato  e  ricco  in  acido  linoleico,  fosfolipidi  e 
tocoferoli.  Si  trovano  vitamine  del  gruppo  B  e  sali  minerali  quali  Na,  K, 
Ca  e  Mg.  Essendo  le  vitamine  del  gruppo  B  termolabili,  vengono 
eliminate in parte o completamente durante il processo di cottura.  
 
Struttura della cariosside  
1. Embrione o germe 
2. Endosperma  amilaceo  interno  →  contiene  amido  e  proteine. 
Procedendo  sempre  più  verso  l’interno  del  chicco  i  granuli  di 
amido  crescono  di  dimensioni  e  perciò  si  abbassa  il  contenuto 
proteico  che  invece  risulterà  maggiore  nelle  parti  più  esterne  del 
granulo.  Rispetto  allo  strato  aleuronico,  nell’endosperma 
amilaceo  la  percentuale  di  lipidi,  sali  minerali,  vitamine  ed  enzimi 
è inferiore.  
3. Crusca  →  costituita  da  pericarpo,  tegumento  e  strato  aleuronico. 
Quest’ultimo  rappresenta  la  parte  esterna  del  chicco  ed  è 
costituito  da  proteine  ad  alto  valore  biologico  che  non 
contengono glutine.  
 
Trasformazione  
Macinazione  o  molitura  →  schiacciamento  delle  cariossidi  e 
separazione di tre frazioni:  
1. Endosperma  amilifero  →  dal frumento tenero si ricava la farina , e 
dal frumento duro la semola. 
2. Embrione o germe (ricco di grassi) → si ricava l’olio alimentare, 
cosmetici, ecc.  
3. Crusca → costituita dai tegumenti della cariosside, ricchi di fibra 
ai quali resta saldato lo strato aleuronico, (ricco di proteine ad 

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alto valore biologico e di elementi minerali) → uso alimentare 
umano o animale.  
a) Frumento duro → Mulino → Semola → Industria → Pasta  
b) Frumento tenero → Mulino → Farina → Industria → Pane, fette 
biscottate, biscotti, crackers, ecc.  
 
Resa alla macinazione → percentuale di farina (o di semola) ottenuta 
dall’unità di peso di cariosside. Questo parametro è legato a:  
1. Percentuale  delle  ceneri  →  maggiore  è  la  percentuale  di  ceneri, 
minore  sarà  la  resa.  Questo  perché  maggiore  sarà  la  quantità 
delle  ceneri,  localizzate  prevalentemente  nei  tegumenti  e  negli 
strati  più  esterni  (crusca),  minore  sarà  la  quantità  di  “parte 
interna”  e  quindi  cariosside.  Influenzato  dall'andamento 
dell'annata  e  dall'ambiente:  cala  col  diminuire  della  latitudine= 
produzioni  ottenute  al  Sud  hanno  %  inferiori  di  ceneri  rispetto  a 
quelle  delle  altre  aree  del  Paese.  Nel  complesso  la  produzione 
nazionale  manifesta  un  limitato  tenore  in  ceneri;  anche  le 
tecniche  agronomiche  appaiono  determinanti  nel  condizionare  i 
fenomeni  di  mineralizzazione  nella  granella,  influenzate  ad  es: 
dall’irrigazione. 
2. Peso  ettolitrico  →  rappresenta  il  peso  specifico  apparente  della 
cariosside,  è  il  peso  (in  kg)  dell'unità  di  volume  (hl)  occupato  dalle 
cariossidi  e  dagli  spazi  vuoti.  Es:  si  pesa  lo  stesso  volume  di 
cariosside,  quello  che  pesa  di  più  ha  una  qualità  maggiore, 
perché “piene” e non striminzite.  
3. Umidità  della  granella  →  deve  essere  inferiore  a  13%.  La  resa  alla 
molitura diminuisce all'aumentare dell’ U%. 
4. Presenza  di  scarti  e  impurità  →  come  ad  esempio:  pula,  semi 
estranei,  semi  di  infestanti,  ecc.  Massima  percentuale  di  impurità 
accettabile: 10%. 
5. Volpatura  o  black  point  nel  frumento  duro  →  alterazione  delle 
cariossidi  con  imbrunimenti  nella  zona  dell'embrione  e  del  solco 
ventrale,  associati  ad  attacchi  fungini.  Non  è  eliminabile  con  la 
macinazione  e  la  pasta  otteneibili  risulterebbe  “puntata”  di  nero. 
La soglia di tolleranza è del 10-12% in peso di cariossidi volpate. 

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6. Grado  di  bianconatura  →  formazione  di  cavità  piene  d’aria 
nell’endosperma  del  grano  duro  che  si  manifestano  con  una 
colorazione  bianca.  E  dovuto  a  mancata  o ridotta formazione del 
reticolo  amido/proteico  nell'endosperma  a  causa  di  una  cattiva 
nutrizione  azotata  nella  fase  di  granigione.  Una 
regolamentazione  EU  stabilisce  la  quantità  massima  accettabile 
di  cariossidi  bianconate.  La  quantità  si  misura  con  conta  di  semi 
bianconati dopo taglio con taglia grani. 

Qualità tecnologica  
Attitudine  a  rispondere  alle  esigenze  di  trasformazione  a  seconda  del 
prodotto alimentare. I parametri che più intervengono sono: 
1. Contenuto  proteico  →  maggiore  è  la  quantità,  maggiore  è  la 
qualità.  Per  Regolamento  deve  essere  superiore  a  11,5%. 
Importante  la  diversa  %  delle  diverse  proteine  (albumine  / 
globuline  /  gliadine  /  glutenine)  in  funzione  della  destinazione 
d’uso.  
2. Glutine  →  dalla  quantità  e  qualità  del  glutine  che  si  forma  dalle 
farine  e  dalle  semole dipende la loro capacità di assorbire acqua, 
e  mantenere  la  consistenza  durante  la  lavorazione  e  la  forma 
dopo  la  cottura;  il  glutine  è  responsabile  della  struttura  dei 
prodotti  trasformati  (es.  pane  o  panettone).  La  quantità  si  misura 
in  modo  analitico,  mentre  la  qualità  viene  misurata  attraverso 
prove  di  estensibilità  e  prove  empiriche  legate  all’esperienza  del 
mugnaio.  
3. Indici tecnologici per il frumento tenero come ad esempio: 
a) Indici  alveogafici  per  la  forza  e  l'elasticità  del  glutine  → 
informazioni  sulla  forza,  la  tenacità  e  l’elasticità 
dell’impasto. 
b) Indice  farinografico  di  Brabender  →  per  la  stabilità 
dell'impasto. 
4. Indici tecnologici del frumento duro come ad esempio: 
a) Indice  colorimetrico (indice di giallo) → la pasta nei paesi del 
nord  viene  utilizzata  come  contorno (senza quindi alterarne 
il  colore  con  sughi),  per  questo  riveste  un  ruolo  importante 

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la  sua  colorazione,  che  dipende  dalla  presenza  di 
carotenoidi  (carotene  e  xantofille)  nell'endosperma.  Si  può 
misurare  in  diversi  modi,  il  più  preciso  è  col  colorimetro 
(indice di giallo). 
b) Contenuto  in  proteina  grezza  →  contenuto  proteico  del 
frumento  duro  è  normalmente  più  alto  rispetto  al  frumento 
tenero (12-16% anziché 10-14%). 
c) Forza  ed elasticità del glutine → misurate con l'alveografo di 
Chopin, valutano la “tenuta alla cottura” della pasta.  
 
3.3 MAIS 
 
Classificazione 
1. Famiglia → Graminacee 
2. Genere → Zea  
3. Specie → Zea mays  
A  seconda  delle  caratteristiche  morfologiche  della  cariosside,  la specie 
si suddivide a sua volta in diverse sottospecie. Tra le più importanti:  
a) Indentata  →  mais  dentato.  Cariosside  che  presenta  una 
depressione  alla  sommità  dovuta  a  un rapido essiccamento 
dell’amido.  L’amido  ai  lati  è  più  compatto  e  corneo.  Ha 
un’elevata conservabilità ed è utilizzata nella zootecnia. 
b) Indurata  → mais vitreo. Alta conservabilità e germinabilità. È 
una  delle  sottospecie  più  antiche  e  viene  utilizzata  sia  per 
l’alimentazione umana che per l’avicoltura.  
c) Everta  →  mais  da  scoppio  (pop  corn).  Costituito  da  spighe 
piccole  e numerose. I semi hanno un contenuto di amido più 
compatto  verso  l’esterno  rispetto  l’interno.  In  seguito  a 
riscaldamento  il  vapore  generato  all’interno  del  seme 
aumenta di volume, esplode e si forma il pop corn.  
d) Saccharata  → mais zuccherino. Contiene un elevato numero 
di  zuccheri  solubili.  Viene  raccolto  a  maturazione 
latteo-cerosa  (quindi  non  completa)  e  viene  utilizzato  come 
ortaggio in scatola. 

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e) Ceritina  →  mais  amilopectinico.  Alto  contenuto  di 
amilopectina  quindi  utilizzata  per  la  produzione  di  amido, 
mediante trasformazione industriale.  
f) Tunicata → mais vestito. Uso ornamentale.  
g) Amylacea  →  maggiori  quantità  di  amilosio  rispetto  ad 
amilopectina.  
 
Morfologia  
1. Apparato  radicale  →  fascicolato,  può  arrivare  fino  a  2  m  di 
profondità.  
2. Fusto  →  chiamato  anche  stocco.  Ha  un'altezza  media  di  2-3  m 
(può raggiungere i 6-7 m). 
3. Foglie  →  molto  grandi  e  alternate.  Dotate  di  una  lamina  con 
nervatura  parallela.  Internodi  più  piccoli  nelle  varietà  precoci, 
negli  ibridi  ci  sono  più  internodi  e  si  sviluppa  di  più  verso  l’alto. 
L’estensione  fogliare  può  arrivare  fino  ad  un  LAI  di  5.  Ha  un 
metabolismo  C4  quindi  riesce  a  sfruttare  al  massimo  la  CO2 
catturata dall’ambiente. 
4. Spiga  →  pianta  monoica  dicline, cioè con fiori maschili e femminili 
sulla  stessa  pianta  portati  da  infiorescenze  diverse.  Quella 
femminile  si  sviluppa  al  sesto/settimo  nodo  a  partire  dall’alto.  In 
cima allo stocco abbiamo l’infiorescenza maschile (pannocchia).  
5. Cariosside  →  embrione  analogo  al  frumento  anche  se  contiene 
maggiori  quantità  di  grassi  che  sono  estraibili.  L’endosperma  è 
costituito  dallo  strato  aleuronico  esterno  ricco  di  proteine  e  da 
una  parenchima  amilacea  ricca  di  sostanze  azotate  che 
diminuiscono man mano che si va verso il centro della cariosside.  
Composizione  della  cariosside:  prevalentemente  amido,  7-9% 
proteine, pochi grassi.  
 
Origine e diffusione  
È  il  cereale  con  la  maggior  produzione  totale  (32%  della  produzione 
mondiale  di cereali). Gode di rese più elevate e di un maggior numero di 
utilizzi. È originaria del Messico. Un mese dopo la scoperta dell’America, 
è stata importata dagli Europei da Cuba, dove veniva chiamata mahìz.  

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Coltivata  soprattutto  nell’emisfero  meridionale.  I  maggiori  produttori  al 
mondo sono gli USA.  
In  Italia  il  mais  è  arrivato  attraverso  il  porto  di  Venezia  e  si  diffuse  in 
tutta  la  Pianura  Padana.  Oggi  il  91%  del  mais  è  prodotto  in  Piemonte, 
Lombardia,  Veneto,  Friuli  e  Emilia  Romagna.  Importante  anche  per  la 
produzione  zootecnica,  infatti  contribuisce  alla  produzione  del  70% 
della carne prodotta in Italia, del 70% del latte e del 60% delle uova.  
 
Ciclo produttivo  
1. Germinazione  
2. Emergenza 
3. Levata 
4. Fioritura  
5. Maturazione lattea/cerosa/fisiologica 
a)  Maturazione  lattea  →  dopo  pochi  giorni/settimane  dalla 
fecondazione.  
b)  Maturazione  cerosa  →  dopo  50  giorni  dalla  fecondazione. 
Momento ottimale per la raccolta destinata all’insilamento.  
c) Maturazione fisiologica → si raggiunge il massimo peso secco.   
 
Temperatura 
Pianta  macroterma,  le  temperature  ottimali  in  levata,  fioritura  e 
granigione  sono  tra  i  22-25°C,  con  temperature  medie  notturne 
maggiori di 15°C.  
Un  criterio  utilizzato  per  classificare  gli  ibridi  è  in  base  alle  lore 
esigenze  climatiche:  Growing  Degree  Day  (GDD)  →  sommatoria  di  gradi 
giorno  necessari  per  portare  a  maturazione  un  ibrido,  ovvero i gradi al 
di sopra della temperatura minima necessaria.  
Ha  uno  “zero  di  vegetazione”  uguale  a  10°C,  ovvero  si  semina  a 
temperature  che  si  aggirano  intorno  ai  12°  C.  Temperature  prossime 
allo  0  e  quindi  gelate  tardive  ucciderebbero  la  pianta.  In  granigione 
cessa  di  crescere  sotto  i  17°C  che  è  la  soglia  termica  che  indica  il 
termine della stagione vegetativa (metà settembre in Italia).  
È  una  pianta  C4  quindi  ha  un’ottima  efficienza  fotosintetica,  ma  ha 
bisogno di grandi disponibilità di radiazione solare, acqua e nutrienti. 

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Terreno  
Il  mais  si  adatta  facilmente  al  tipo  di  terreno  ma  ha  forti  esigenze 
idriche.  Infatti  è  coltivata  soprattutto  al  Nord  dove  le  piogge  sono  più 
frequenti.  Il  picco  della  necessità  d’acqua  è  a Luglio che corrisponde al 
periodo della fioritura.  
Il mais può produrre fino a 350-400 kg ss/ha/giorno, ma solo se ha: 
1. Apparato radicale funzionale e ben sviluppato.  
2. Terreno  in  ottime  condizioni  per  permettere  l’attività  radicale 
(sostegno  meccanico  e  assorbimento  di  acqua  ed  elementi 
nutritivi);  
3. Apparato  assimilatore  ampio.  Un  LAI  di  almeno  4-5,  deve  essere 
efficiente e longevo. 
4. Predisposizione  di  ‘sink’  →  “magazzini”  nei  quali  i  prodotti 
giornalieri della fotosintesi possano traslocare. 
 
Concimazione 
La  concimazione  più  adatta  è  quella  organica  ma  in  mancanza  di 
questa si usano concimi minerali.  
N determina la resa e il contenuto proteico.  
P  viene  assorbito  solo  in  piccola  parte  ed  è  la  fonte  di  energia 
necessaria per la traslocazione delle sostanze di riserva.  
K  è  un  regolatore  dei  processi  metabolici  e  influisce  l’assorbimento 
dell’N.  
 
Avvicendamento  
L’avvicendamento  ci  permette  di  tenere  sotto  controllo  le  avversità.  Il 
mais  è  una  pianta  in  grado  di  sopportare  anche  la  monosuccessione 
ma,  in  questo  caso,  prevede  lavorazioni  approfondite.  Si  adatta  anche 
ad  essere  una  pianta  da  secondo raccolto ovvero coltivata in seguito a 
colture a raccolta precoce come pisello e orzo, oppure prima di un’altra 
coltura principale.  
 
 
 
 

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Lavorazione del terreno 
Avvengono  sia  lavorazioni  tradizionali  come  interramento  di  residui 
colturali  precedenti,  aratura,  erpicatura  e semina meccanica, sia nuove 
lavorazioni quali no tillage e minimum tillage.  
 
A seconda dell’utilizzo finale la semina può avvenire:  
1. Come coltura principale → da metà Marzo a metà Aprile 
2. Come  secondo  raccolto  →  dopo  loiessa,  dopo  orzo  o  frumento 
insilati (metà e fine maggio).  
3. Come terzo raccolto → dopo orzo da granella (fine giugno).  
 
Avversità  
1. Erbe  infestanti  →  è  importante  combatterle  soprattutto  nelle 
prime  fasi  perché  poi  diventano  fisicamente  troppo  grandi  e 
ombreggiano  la  pianta  coltivata  entrando  in  competizione  con 
essa.  Il  controllo  delle  erbe  infestanti  non  prevede  il  loro 
allontanamento totale ma solamente il controllo nelle fasi critiche. 
Per  far  ciò  si  può  agire  attraverso  la  falsa  semina,  il  pirodiserbo, 
le  sementi  selezionate  oppure  trattamenti  mirati  e  in  diversi 
periodi.  
2. Insetti  →  si  suddividono  in:  ipogei  (che  attaccano  le  radici)  ed 
epigei  (che  attaccano  gli  organi  aerei).  Tra  gli  insetti  più  deleteri 
per  il mais ricordiamo la piralide che con le larve va a intaccare lo 
stocco  rendendolo  debole,  oppure  attacca  le  spighe  provocando 
lacerazioni  che  danno  origine  poi  a  muffe.  Uno  delle  più  grandi 
minacce  per  il  mais  è  la  diabrotica,  un  insetto  che  attacca  sia  le 
radici  sia  l’infiorescenza  (pennacchio,  spiga)  provocando  erosioni 
fogliari. 
3. Crittogame  →  il  carbone  colpisce  la  spiga  provocando  la 
formazione  di  muffe  grigie  che  accrescono  il  contenuto  di 
micotossine  oltre  a  diminuire  la  resa.  Importanti  sono  anche  gli 
attacchi  di  peronospora  che  attacca  l’infiorescenza  maschile 
(pennacchio). 
4. Micotossine  →  tossine  prodotte  da  funghi  microscopici  come 
Aspergillus,  Fusarium,  Penicillium,  Alternaria  e  Claviceps. 

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Attaccano  la  pianta  in  particolare  la  cariosside  e  rilasciano 
sostanze  tossiche  che  rimangono  nel  prodotto  e  non  possono 
essere  allontanate  con  nessun  tipo  di  trattamento  post  raccolta. 
Questo  accade  quando  le  condizioni  di  temperatura  e  umidità 
sono  alte  e  quindi  sfavorevoli  .  Si  possono  sviluppare  in  campo 
ma  anche  in  fase  di  raccolta  o  di  conservazione.  Le  micotossine 
negli  animali  vengono  metabolizzate  e  trasformate  in  altri  tipi  di 
micotossine  che  poi  noi  troviamo negli alimenti di origine animale 
(latte  e  formaggi).  Sono  stati  stabiliti  dei  contenuti  massimi  di 
micotossine  che  un  alimento  può  contenere  affinché  non  risulti 
tossico per il consumatore.  
 
Raccolta e resa 
La  stagione  di raccolta del mais da granella va dalla metà di Settembre 
fino  alla  fine  di  Ottobre.  Il  momento  ideale  per  la  raccolta  è  un 
equilibrio  tra:  granella  più  secca,  che  è  più  conservabile  ma  che  con  le 
macchine  potrebbe  subire  delle  perdite,  e  tra  granella  più  umida,  che 
però si spacca facilmente.  
La  raccolta  avviene  per  mezzo  della  mietitrebbiatrice  munita  di 
un’apposita testata spannocchiatrice.  
La  resa  viene  calcolata  in  equivalenti  di  cariossidi  al  13%  di  umidità.  In 
Italia  le  rese  medie  sono  le  più  alte  del  mondo: 13-14 t/ha, mentre quelle 
mondiali sono di 9 t/ha.  
Lo stoccaggio avviene a circa 14% di umidità.  
 
Destinazioni della produzione  
1. Prodotti  per  la  zootecnia  →  rappresentano  circa  il  65%  dell’uso 
del mais prodotto al mondo:  
a)  Prodotto  insilato  →  raccolto  a  maturazione  cerosa  e  utilizzato 
come  insilato  completo  di  tutta  la  pianta  oppure  solo  spighe 
triturate insieme al tuttolo.  
b)  Granella  e  farina  di  mais  →  alimenti  con  un  alto  livello 
energetico  ma  anche  con  un  possibile  alto  contenuto  di 
micotossine.  

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2. Bramata  o  semolino  →  prodotto  più  grossolano.  Usato  per 
preparare  prodotti  per  la  colazione  come  cornflakes  o  altri 
prodotti  che  subiscono  prima  processi  di  cottura,  rullatura  e 
tostatura.  
3. Fioretto  →  farina di media finezza. Cucinata in acqua bollente per 
preparare la polenta.  
4. Fumetto  →  farina  fine.  Destinata  alla  produzione  di  biscotti  e 
dolci.  Utilizzato  come  fonte  di  amido  in  prodotti  alcolici  come 
birre e whiskey in sostituzione al malto.  
5. Amido  e  fecola  →  utilizzati  per  la  produzione  di  prodotti da forno 
e  dolci  in  seguito  a  macinazione  umida  e  a  trasformazioni 
enzimatiche per convertire l’amido in sciroppi e zucchero.  
 
Il  mais  viene  coltivato  non  solo  per  la  produzione  di  alimenti  per  il 
consumo  umano  e  animale,  ma  viene  anche  utilizzato  come  fonte  di 
energia rinnovabile. Il mais può dare origine a energia in modi diversi:  
1. Per  combustione diretta →  per eliminazione dello stocco e residui 
di lavorazione. 
2. Per  fermentazione  di  granella  e  amido  →  che  dà  origine  a 
etanolo.  
3. Per  fermentazione  delle  biomasse  fornite  dalla  pianta  intera  → 
che dà origine a metano. 
 
Sottoprodotti 
A  seconda  della  diversa  percentuale  di  amilosio  e  amilopectina 
presente nel mais possiamo avere diversi tipi di sottoprodotti:  
1. Germe → da cui si estrae l’olio e la crusca.  
2. Glutine di mais → costituito per il 60% da proteine. 
3. Concentrato  dell  acque  di  macerazione  →  contiene  sostanze 
azotate  e  altre  sostanze  nutritive  che  vengono  utilizzate  per  la 
produzione di mangime oppure nell’industria farmaceutica.  
 
Composizione in nutrienti  
Minerali  

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Circa l’80% è localizzato nel germe della cariosside (quindi non presente 
nella farina finale). Il calcio è uno dei minerali meno presenti nel mais. 
Il  mais  giallo  ha  un  buon  contenuto  di  provitamina  A  mentre  è  carente 
di vitamina PP (pellagra preventing) e di triptofano.  
L’olio  di  mais  è  uno  dei  sottoprodotti  e  ha  un  alto  contenuto  di  acidi 
grassi  insaturi  quali  acido  linoleico  e  oleico  e  sostanze  antiossidanti 
(tocoferoli). Al contrario, vi è un basso contenuto di acido linolenico.  
 
 
3.4 RISO  
 
Classificazione  
1. Famiglia → Graminacee  
2. Genere → Oryzeae  
3. Specie → Sativa, che si suddivide in diverse sottospecie: 
a) Japonica  →  diffusa  nelle  zone  temperate  dell’Asia  orientale, 
Sud  America,  California,  Mediterraneo,  Australia.  Esigenze 
termiche  minori  rispetto  alle  altre  specie  ma  ha  maggiori 
esigenze  nutrizionali.  Ha  un’elevata  produttività.  Chicchi 
compatti  e  tondeggianti/ovali  che  assorbono  molto  liquido 
durante la cottura diventando appiccicosi.  
b) Indica  →  coltivata  prevalentemente  in  zone  tropicali.  Ha  un 
ciclo  produttivo  più lungo ed è resistente a periodi di siccità 
e  a  malattie.  I  chicchi  sono  snelli  e  hanno  una  forma 
allungata,  assorbono  meno  acqua  e  vengono  utilizzati  per 
riso asciutto, insalate, ripieni, ecc.   
c) Javanica  →  coltivato  soprattutto  in  Indonesia,  Filippine, 
Madagascar. Abituato a temperature piuttosto basse.   
 
Classificazione italiana  
È  stata  istituita  una  classificazione  italiana  in  base  alla  lunghezza  del 
chicco:  
1. Riso comune o originario → < 5.2 mm 
2. Riso semifino → 5.2 - 6.4 mm 
3. Riso fino → > 6.4 mm 

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4. Riso  superfino → > 6.4 mm, con caratteristiche superiori rispetto al 
riso fino. 
 
 
Classificazione europea  
Fa  riferimento  alla  lunghezza  del  chicco  e  al  rapporto  tra  lunghezza  e 
larghezza:  
1. Tondo → < 5.2 mm 
2. Medio → 5.2 - 6 mm 
3. Lungo A → > 6 mm 
4. Lungo  B  →  >  6  mm,  stessa lunghezza di A ma diverso rapporto tra 
lunghezza e larghezza, il chicco è più allungato e longilineo.  
 
Origine e diffusione  
Il  riso  è  uno  dei  più  antichi  cereali  coltivati  (oltre  10.000  anni  a.C.).  Nel 
Mediterraneo  è  approdato  nel  800  d.C.  ma  ha  iniziato  ad  essere 
coltivato  in  Italia  solo  nel  1500  d.C.  quando  i  sistemi  di  irrigazione  si 
sono  sviluppati.  La  produzione  mondiale  è  di  circa  550  milioni  di 
tonnellate  all’anno.  L’Asia  da  sola  produce  il  90%  della  produzione 
mondiale  di  riso,  mentre  l’Europa  è  il  continente  che  ne  produce  di 
meno.  In  Europa  il  maggior  produttore  è  l’Italia  che  da  sola  produce  la 
metà  della  produzione  europea  di  riso.  Il  33%  di  questa  produzione  è 
destinata  al  mercato  interno,  il  10%  esportata  in  paesi  extraeuropei  e  il 
restante  esportata  in  paesi  europei.  In  Italia  il  riso  è  coltivato  quasi 
esclusivamente in Lombardia e in Piemonte.  
 
Morfologia  
1. Apparato  radicale  →  fascicolato,  caratterizzato  dalla  presenza di 
canali  aeriferi  che  permettono  di  portare  aria  alle  radici  che 
altrimenti  soffocherebbero  perché  coltivate  in  condizioni  di 
asfissia.  
2. Fusto  →  culmo.  Nell’internodo  si  distinguono  l’epidermide,  con  gli 
stomi,  la  corteccia  che  lignifica  a  maturazione,  il  parenchima 
midollare  e il lume, cavo. Nella parte periferica sono presenti delle 

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lacune  aerifere  nelle  quali  si  accumula  amido  che  permette  al 
culmo di ritardare la senescenza rispetto alle foglie.  
3. Foglie  →  nervature  parallele.  Costituite  da  una  guaina  e  da  una 
lamina  ruvida  per  la  presenza  di  peli  corti.  Come  il  culmo, 
presenta  cavità  aerifere.  La  ligula  è  lunga  e  bifida  e  le  auricole 
sono  pelose,  ialine  o  pigmentate.  Il  giavone  è  una  malerba  molto 
simile  al  riso,  quindi  nelle  fasi  precedenti  all'infiorescenza  sono 
difficilmente  distinguibili.  Analizzando  però  le  foglie  si  riescono  a 
distinguere in quanto il giavone non ha né la ligula né le auricole.  
4. Infiorescenza  →  a  pannocchia,  si  sviluppa  nella parte terminale, è 
ramificata  con  diverse  spighette  uniflore  (contengono  un  unico 
fiore) saldato all’interno delle glumette. Pianta autogama. 
5. Cariosside → vestita dalle glumette (prende il nome di risone). 
 
Ciclo produttivo  
1. Germinazione  
2. Emergenza  
3. Accestimento  
4. Levata  
5. Sviluppo pannocchia, spigatura  
6. Fecondazione  
7. Accrescimento  
8. Maturazione (lattea, cerosa, vitrea) 
 
Temperatura  
Pianta  macroterma.  Il  riso  non  sopporta  le  brusche  variazioni  di 
temperatura e le sue temperature ottimali sono:  
1. Germinazione → 28-30 °C (minima 10-12 °C) 
2. Fioritura  →  30  °C,  a  temperature  inferiori  il  processo  è  rallentato 
(nei nostri climi occorre che avvenga a fine Luglio). 
3. Fotosintesi → 23 °C (minima 18 °C).  
4. Maturazione  →  20  °C.  L’abbassamento termico notturno favorisce 
il  processo.  La  maturazione  è  scalare,  questo  significa  che  per  la 
raccolta  bisogna  aspettare  che  tutti  i  chicchi  raggiungono  la 
maturazione. Il ciclo completo della pianta va dai 5 ai 6 mesi.  

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L’irrigazione  di  sommersione  ha  lo  scopo  di  mantenere  le  condizioni 
termiche  ottimali  della  pianta:  impedisce  che  il  terreno  abbassi  troppo 
la temperatura.  
 
Terreno 
Il  terreno  ottimale  per  questa  coltivazione  è  un  terreno  limoso  o 
limoso/argilloso  in  quanto  si  adatta  alla  pratica  della  sommersione.  È 
necessaria  una  profondità  di  almeno  30-40  cm,  in modo che si possano 
sviluppare adeguatamente le radici.  
N  può  essere  presente  nel  terreno  soltanto  in  forma  ammoniacale 
perché  il  terreno,  essendo  soggetto  a  periodi  di  asfissia,  deve  rendere 
disponibile  l’N  alla  pianta  e,  sotto  forma  di  N  ammoniacale  è  l’unico 
modo  per  preservarlo.  La  disponibilità  di  N  è  fondamentale  per  il 
contenuto  proteico  e  la  vetrosità  della  cariosside  e  per  conferirgli  una 
maggior  resistenza  alla  cottura.  Un  eccesso  di  N  provocherebbe 
allettamento e maggiori possibilità di attacchi da parte di parassiti.  
P  e  K  possono  bilanciare  questi  effetti  negativi,  in  particolare  il  K 
influisce sulla qualità e sulla resistenza a malattie e allettamento.  
 
Tecniche colturali  
Per  ragioni  economiche  l’avvicendamento  non  viene  fatto  se  non  dopo 
2-3  anni.  Si  avvicenda  con  mais  o  orzo,  ma  solo  quando  vi  è 
un'importante infestazione da parte del riso crodo (erba infestante).  
 
Lavorazioni del terreno  
1. Sistemazione  del  terreno  →  deve  essere  arieggiato  e 
pianeggiante  e  avere  un  fondo  impermeabilizzato.  Deve  essere 
diviso in camere, collegate tra loro da un leggero dislivello. 
2. Semina  →  può  essere  fatta  con  risaia  in  sommersione  oppure  in 
asciutta.  La  prima  è  la  più  utilizzata  e  viene  attuata  tra  inizio 
Aprile  e  metà  Maggio  quando  l’acqua  ha  raggiunto  una 
temperatura  di  12-14  °C.  La  semina  avviene  a  spaglio  con  una 
seminatrice  centrifuga  pneumatica  dopo  che  la  cariosside  è 
rimasta  in  ammollo  per  24  ore.  Nei  terreni  più  leggeri  si  può 

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attuare  la  semina  in  asciutto  e  poi  effettuare  una  sommersione 
subito dopo.  
3. Concimazione  →  deve  essere  fatta  con  N  ammoniacale  e  P  (no  K 
perché è restituito dai residui colturali). 
4. Irrigazione  →  non  deve  essere  fatta  con  acqua  troppo  fredda, 
quindi, in caso, subirà un processo di riscaldamento. 
5. Controllo  avversità → soprattutto alghe, piante come il riso crodo, 
crittogame e insetti che si cibano della pianta. 
6. Raccolta  →  meccanica,  inizia  a  Settembre  per  le  coltivazioni 
precoci  e  può  arrivare  fino  alla  fine  di  Ottobre  per  le  coltivazioni 
tardive.  L’umidità  della  granella  necessaria  alla  raccolta  è  del 
22-28%.  È  importante  la  tempestività  della  raccolta  per  evitare 
perdite dovute alla crodatura e di qualità del prodotto.  
7. Stoccaggio  →  la  cariosside  viene  stoccata  come  risone  (con 
chicco  avvolto  nella  glumella)  in  silos  o  in  magazzini  previa 
essiccazione in impianti termici con un’umidità del 14-14.5%.  
In Italia le rese medie italiane sono intorno alle 7 t/ha di risone.  
 
Lavorazione post raccolta 
1. Pulitura  →  del  risone,  vengono  allontanati  i  corpi  estranei  (terra, 
sassi, ecc.). 
2. Sbramatura  →  vengono  eliminate  le  glume  e  le  glumelle  tramite 
un  getto  d’aria.  In  questo  modo  si  ottiene  il  riso  integrale  che 
mantiene  il  pericarpo  (pellicola  di  cellulosa)  commestibile  ma  che 
allunga i tempi di cottura. 
3. Sbiancatura  →  i  chicchi  vengono  sottoposti  all’azione  di 
macchine  (da  3  a  5  cicli)  che  eliminano  il  pericarpo,  il  germe,  lo 
spermoderma  e  lo  strato  aleuronico,  lasciando  alla  fine  la 
mandorla  farinosa.  Si  ottiene  così  il  riso  mercantile  (o  raffinato) 
che,  se  sottoposto  ad altri processi, porta alla formazione del riso 
brillato.  
4. Brillatura  o  oleatura  →  trattando  il  riso  raffinato  con  talco  e 
glucosio  (brillatura)  oppure  con  oli  inodori e insapori (oleatura), si 
ottiene,  nel  primo  caso,  riso  brillato  (o  commerciato),  e  nel 
secondo  caso,  riso  camolino.  In  seguito  a  questi  processi  il  riso 

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perde  gran  parte  dei  suoi  nutrienti  (grassi,  vitamine,  proteine)  ma 
aumenta  la  sua  conservabilità  (eliminando  i  grassi,  si  elimina  la 
possibilità di ossidazione e irrancidimento).  
 
Sottoprodotti  
Dal  risone  iniziale  otteniamo  circa  il  62%  di  riso,  il  20%  di  lolla  e  il  6%  di 
chicchi rotti. I sottoprodotti principali nella lavorazione del riso sono: 
1. Lolla  →  utilizzata  come  combustibile  oppure  per  l’estrazione  del 
furfurolo (importante dal punto di vista dell’integrazione).  
2. Pula  →  utilizzata  nell’industria  mangimistica  oppure  nell’industria 
farmaceutica.  
3. Chicchi  scartati  e  rotti  →  utilizzati  per  le  produzione  di  farine  o 
semolini o per la fermentazione della birra.  
 
Riso parboiled  
Il  riso  parboiled  si  ottiene  in  seguito a una lavorazione speciale del riso 
che  permette  di  perdere  in  quantità  minori  gli  elementi  nutritivi 
importanti  che  si  perdono  invece  nella  preparazione  del  riso  brillato. 
Questa  lavorazione  prevede  il  passaggio  in  acqua  del  risone  per 
almeno  24  ore,  che  viene  poi  trattato  a  vapore.  In  questo  modo,  le 
sostanze  nutritive  presenti  negli  strati  più  esterni,  vengano  dapprima 
rilasciate  in  acqua,  e  poi  vengono  spinte sottopressione nella parte più 
interna  del  chicco  in  modo  tale  che,  nelle  fasi  di  raffinazione,  queste 
non  vengano  eliminate.  Alla  fine  il  riso  viene  essiccato  e  portato  in 
lavorazione  come  un  risone  normale.  Il  riso  parboiled  mantiene  più  o 
meno le stesse caratteristiche nutrizionali del riso integrale.  
 
Composizione della cariosside  
La  forma  e  la  dimensione della cariosside varia a seconda del genotipo 
(japonica  o  indica),  così  come  la  distribuzione  in  peso  delle  sue  varie 
parti  (glumette,  pericarpo,  strato  aleuronico,  germe,  scutello, 
endosperma).  
Nell’aleurone  sono  depositate  sostanze  di  riserva,  soprattutto  proteine 
e nella varietà indica anche lipidi.  
 

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Amido  
L’amido  del  riso  ha  una  struttura  sferoidale,  piccola  e  regolare. 
L’endosperma  è  costituito  da  amido,  e  il  diverso  rapporto 
amilosio/amilopectina  nelle  diverse  varietà  conferisce  diverse 
caratteristiche  al  riso.  L’elevata  presenza  di  amilopectina  rende  il  riso 
più  colloso.  In  alcuni  casi  la  presenza  di  amilosio  è  quasi  nulla  e  dà 
origine  alle  varietà  waxy  che  vengono  impiegate  in  pasticceria  come 
leganti alimentari.  
Alcuni  elementi  che  vengono  considerati per valutare la qualità del riso 
sono:  
1. Tenore  in  amilosio  →  l’amilosio  influenza  il  comportamento  alla 
cottura  e  alla  masticazione,  per  questo,  i  vari  tipi di riso, possono 
essere  classificati  in  funzione  del  tenore  (alto,  basso  o  nullo)  di 
amilosio  (analisi  colorimetrica).  La  quantità  di  amilosio  presente 
nel  riso  è  influenzata  da:  temperature  durante  il  periodo  di 
accrescimento,  la  quantità  di  N  somministrata  e  il  tipo  di 
lavorazione. 
2. Temperatura  alla  quale  avviene  la  scomparsa  della  birifrazione 
dell’amido  →  che  corrisponde  alla  temperatura  alla  quale  il  90% 
dei granuli di amido sono gelatinizzati.  
3. Consistenza del gel (amido gelatinizzato)  
4. Tempo  di  cottura  →  necessario  per  le  totale  gelatinizzazione 
dell’amido  contenuto  nel  riso  (legato  al  contenuto  di  amilosio,  al 
contenuto proteico e alla sottospecie di riso considerata). 
 
Proteine  
La  percentuale  di  proteine  nel  riso  è  di  circa  7-8%  (la  maggior  parte 
sono  glutenine  e  prolamine).  Il  riso  è  uno  dei  cereali  che  dà  meno 
problemi  a  coloro  che  soffrono  di  intolleranza  al  glutine.  Minore  è  il 
contenuto  proteico,  maggiore  è  la  collosità  del  riso  (es.  risi  giapponesi 
non  hanno  più  del  6%  di  proteine).  La  quantità  proteica  è  correlata 
positivamente alla disponibilità di N e K insieme.  
 
 
 

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Lipidi  
Presenti  nell’embrione  e nello strato aleuronico. Diminuiscono la qualità 
del  riso  in  seguito  a  lunghi  periodi  di  conservazione  perché  possono 
andare incontro a ossidazione. 
 
Minerali  
Gran  parte  dei  minerali  vengono  eliminati  con  la  lavorazione. 
Importante  è  il  rapporto tra Mg e K nel riso sbramato perché un’elevata 
percentuale  di  Mg  conferisce  collosità  al  riso  cotto  (favorevole  per 
giapponesi  che  utilizzano  le  bacchette,  meno  per  gli  indiani  che  usano 
le mani per mangiare il riso).  
 
 
3.5 CEREALI MINORI 
 
AVENA 
 
Classificazione  
1. Famiglia → Graminacee 
2. Genere → Avena  
3. Specie → si dividono in due categorie: 
a) Cariosside  nuda  →  Avena  nuda,  Avena  nudi  brevis,  Avena 
chinensis. 
b) Cariosside  vestita  →  Avena  sativa,  Avena  byzantina,  Avena 
brevis, Avena abyssinica. 
 
Dal punto di vista commerciale l’avena si suddivide in: 
1. Avena  bianca  →  soprattutto  avena  sativa, rappresenta l’80% della 
coltivazione mondiale di avena.  
2. Avena  rossa  →  soprattutto  avena  byzantina,  rappresenta  il  20% 
della coltivazione mondiale di avena. 
 
Morfologia 
1. Foglie  →  lamina  a  nervature  parallele,  auricole  assenti  e  ligula 
sviluppata. 

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2. Infiorescenza → a pannocchia. 
3. Cariossidi  →  vestite  (in  Italia).  Le glumelle rappresentano il 25-35% 
del peso della cariosside e sono ricche di cellulosa e tiamina.  
 
Caratteristiche  
1. Temperatura  →  l’avena  bianca  è  molto  meno  esigente  dell’avena 
rossa  quindi  si  può  adattare  anche  ai  climi  del  Nord  Europa.  È 
sempre  alta  la  sensibilità  al  gelo,  quindi  in  Italia  si  pratica  la 
semina  primaverile  al  Nord  e  la  semina  autunnale  al  Sud.  Adatta 
anche a zone piovose soggette a ristagno.  
2. Terreno  →  si  adatta  a  terreni  asfittici  e  resiste  ai  ristagni,  questo 
permette  minori  lavorazioni  (minimum  tillage).  Si  adatta  anche  a 
terreni  tendenzialmente  acidi  ma  ha  una  bassa  tolleranza  alla 
salinità e alle zone siccitose.  
3. Ciclo  colturale  →  più  lungo  rispetto  al  frumento,  per  questo  si 
preferisce  effettuare  una  semina  precoce.  Una  raccolta  tardiva 
aumenta  il  rischio  di  crodatura.  Sensibile  all’allettamento. 
Necessita  una  bassa  somministrazione  di  N.  Tollera  la 
monosuccessione.  
4. Rese  →  2,3  t/ha  nella media europea, ma sale fino a 4 t/ha in Italia 
visto  che  c’è  un  clima  più  caldo  e  favorevole  rispetto  al  Nord 
Europa e al Nord America. 
 
Diffusione e utilizzo  
Coltivata  soprattutto  nel  Nord  America  (USA  e  Canada)  e  in  Europa 
(Ucraina,  Russia,  Germania,  Polonia).  In  Italia  è  coltivata  soprattutto  al 
Sud. 
L’avena viene utilizzata per: 
1. Alimentazione  animale  →  cariosside  vestita  utilizzata  per  i  cavalli 
mentre la pianta intera viene usata come foraggio.  
2. Alimentazione  umana  →  soprattutto  come  cereale  per  la  prima 
colazione, sotto forma di fiocchi o farina.  
3. Trasformazione → whisky. 
 
 

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FARRO 
 
Classificazione  
1. Famiglia → Graminacee 
2. Genere → Triticum, comunemente chiamato “frumento vestito”  
3. Specie → tre specie: 
a) Triticum  monococcum  →  farro  piccolo.  Culmo  sottile  e 
debole.  Spiga  distica  e  aristata  con  spighette  che 
contengono  una  sola  cariosside.  È  il  meno  produttivo  e  il 
più  tardivo  (10-20  giorni  in  più rispetto alle comuni varietà di 
frumento).  Molto  suscettibile  all’allettamento.  Le  cariossidi 
hanno un elevato contenuto di proteine e carotenoidi.  
b) Triticum  dicoccum  →  farro  medio.  Il  più  diffuso.  Spiga 
compatta  e  aristata  con  spighette  che  contengono  almeno 
due  cariossidi.  Estremamente  adattabile  e  quindi  adattabili 
a diversi territori.  
c) Triticum  spelta  →  farro  grande.  Spiga  priva  di  reste  con 
spighette che contengono due cariossidi, a volte tre. È la più 
recente.  Potenzialità  produttive  superiori  ma  si  esprime  al 
meglio  solo  in  ambienti  favorevoli.  In  condizioni 
pedoclimatiche  difficili  non  si  adatta  facilmente  come  il 
farro medio. 
 
Caratteristiche  
1. Temperatura  →  resistente  al  freddo,  non  compatibile  con  clima 
piovoso e caldo durante le fasi finali del processo produttivo. 
2. Terreno  →  si  adatta  a  zone  marginali  che  riescono  a  sfruttare  le 
modeste  esigenze  di  fertilità  del  farro.  È  soggetta  all’allettamento 
ma  la  scarsa  fertilità  degli  ambienti  marginali  le  permette  di 
contenere.  
3. Elevato accestimento  
4. Cariosside vestita → valida protezione contro le avversità. 
5. Uso  → il farro è destinato soprattutto all’alimentazione umana ma 
anche all’alimentazione animale. 
 

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Tecnica colturale  
1. Preparazione del terreno → minimum tillage.  
2. Semina  →  autunnale  ma  può  avvenire  anche  a  fine  inverno 
(febbraio-aprile). 
3. Concimazione  →  di  solito  non  necessaria.  Si  utilizza  la 
letamazione  o  la  fertilità  lasciata  dalla  coltura  precedente.  La 
somministrazione  di  N deve essere valutata bene perché sensibile 
all’allettamento.  
4. Infestanti  →  il  farro  è  una  pianta  competitiva  contro  le  infestanti 
per questo non ne subisce le conseguenze.   
5. Raccolta  →  più  tardiva  rispetto  al  frumento,  a  partire  da  metà 
Luglio  fino  a  metà  Agosto.  Deve  essere  fatta  con  attenzione 
poiché il rachide è fragile e si rischierebbe di avere molte perdite. 
6. Resa  →  le  produzioni  sono  molto  variabili:  2.8-3  t/ha  nei  terreni  di 
pianura, 1-1.8 t/ha nelle zone di montagna e marginali.  
 
 
ORZO 
 
Classificazione  
1. Famiglia → Graminacee  
2. Specie → Hordeum vulgare si suddivide in:  
a) Orzi distici → Hordeum vulgare distichon  
b) Orzi  polistici  →  Hordeum  vulgare  hexastichon  aequale, 
Hordeum vulgare hexastichon inaequale.  
 
Hordeum  vulgare  distichon  →  solo  la  spiga  centrale  è  fertile  mentre  le 
due laterali sono sterili; questo dà origine a una cariosside più grande. 
Hordeum  vulgare  hexastichon  aequale  →  tutte  e  tre  le  spighette  sono 
fertili  e  disposte  a  raggiera  e danno origine a cariossidi sottili. La spiga 
è a 6 file.  
Hordeum  vulgare  hexastichon  inaequale  →  tutte e tre le spighette sono 
fertili,  quelle  laterali si sovrappongono a quelle soprastanti; la spiga è a 
4 file. 
 

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Diffusione  
I  principali  produttori  sono:  Russia,  Canada,  Germania,  Spagna  e 
Turchia.  
In Italia è diffuso sia a Nord che a Sud.  
 
Morfologia  
1. Culmo → altezza fino a 150 cm. 
2. Foglie → ligula allungata e auricole lunghe.  
3. Glume  →  piccole,  glumette  molto  sviluppate  e  aderenti  alla 
cariosside.  Lemma  con  nervatura  mediana  che  termina  con  una 
resta robusta.  
4. Cariosside → vestita.  
 
Caratteristiche  
1. Terreno  e  temperatura  →  in  grado  di  tollerare,  la  siccità  e  la 
salinità. Limitata resistenza al gelo. 
2. Ciclo  biologico  breve  →  adatta  anche  ai  Paesi  nordici.  8-10  giorni 
più  breve  rispetto  al  frumento  tenero  con  possibilità  di  un 
secondo  raccolto  (es  mais).  Possibilità  di  avvicendamento 
orzo-mais-orzo. 
3. Sensibilità  alle  crittogame  →  non  adatto  a  zone  umide  (zone 
tropicali).  
 
Tecnica colturale  
1. Lavori preparatori → come il frumento.  
2. Semina  →  non  adatto  a  semina  precoce  per  evitare  il  rischio  di 
virosi trasmesse da afidi.  
3. Fotoperiodo → longidiurna; ciclo autunno-primaverile. 
4. Accestimento  e  allettamento → notevole capacità di accestimento 
con  conseguente  maggior  rischio  di  allettamento,  per  questo 
bisogna prestare attenzione alla densità della semina.  
5. Avversità  →  più  sensibile  alle  malattie  rispetto  al  frumento.  È 
sensibile ad alcuni diserbanti.  
 
 

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Utilizzo  
L’orzo viene utilizzato per le produzione di:  
1. Granella  →  per  uso  sia  umano  che  animale,  la  raccolta  avviene al 
13%  di  umidità  con  l’utilizzo  di  una  mietitrebbia.  Resa:  4  t/ha  (in 
Lombardia  5,5  t/ha);  resa  mondiale  media  attorno  a  2,8  t/ha.  NB: 
L’orzo  è  talmente  importante  per  l’alimentazione  animale  che  è 
stato  preso  come  riferimento  per  definire  l’unità  foraggera  che 
corrisponde infatti all’energia pari ad 1 kg di granella d’orzo. 
2. Trinciato  →  viene  trinciata  la  pianta  intera  per  uso  foraggero 
destinato  quindi  all’alimentazione  animale  (simile  a  silomais).  La 
raccolta  avviene  a  maturazione  cerosa  (65-75%  di  umidità)  con 
falcia  trincia  caricatrice.  Resa  25-35  t/ha  (pari  a  8/11  t/ha  di 
sostanza secca). 
3. Malto  →  il  12%  di  tutto  l'orzo  commercializzato  è  destinato  alla 
produzione  di  malto.  Il  malto  è  uno  zucchero  molto 
fermentescibile.  Per  la  sua  formazione,  le  cariossidi vengono fatte 
germinare  in  5-7  giorni,  vengono  poi  essiccate  e  mescolate  con 
acqua  affinché  possano  fermentare.  La  cariosside  ideale  deve 
avere  un’alta  germinabilità,  con  un  basso  tenore  proteico  e  un 
alto  tenore  zuccherino.  Per  la  produzione  di  malto,  è  importante 
tenere in considerazioni diversi parametri: 
a) Meglio orzo distico → perché ha grani più regolari. 
b) Maggiore densità → per evitare l’accestimento. 
c) Dosi  di  N  piuttosto  basse  (10-15%)  →  evitare  gli  eccessi  che 
rendono la granella meno adatta alla trasformazione. 
d) Raccolta  accurata  →  i  distici  crodano  più  facilmente.  Dalle 
maletrie  non  sono  accettate  le  partite  con  più  del  5%  di 
grani rotti o lesionati. 
 
 
GRANO SARACENO 
 
Classificazione  
1. Famiglia → Polygonaceae  
2. Specie → Fagopyrum esculentum  

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Caratteristiche  
1. Diffusione  →  Russia,  Cina,  Ucraina,  e  in  Italia  nelle  zone  alpine 
centro orientali (Valtellina). 
2. Temperatura → fresco-umido. 
3. Terreno → sciolto tipico della montagna.  
4. Avvicendamento → rotazione con segale. 
5. Semina  →  la  semina  non  avviene  prima  di  Aprile  in  modo  da 
evitare  le  gelate  tardive.  Deve  essere  somministrato  poco  N  per 
evitare allettamento. 
6. Raccolta  in più passaggi → la raccolta avviene a Ottobre. Quando 
il  75%  delle  piante  sono  mature  si  tagliano  (per  evitare  la 
crodatura)  e  si  mettono  su  cavalletti  per  farle  essiccare  al  sole. 
Successivamente  si  trebbia al 16% di umidità in modo da separare 
la  granella  dal  resto  della  pianta  (può  essere  fatta  anche 
l’essiccazione  forzata).  Raramente  si  può  avere  mietitrebbiatura 
diretta su piante seccate, prima delle gelate. 
7. Resa  →  non  è  altissima,  la  resa  in  semi da decorticare e sfarinare: 
1-2 t/ha. 
8. Contenuto di nutrienti → 75% amido, 15% proteine, 3% grassi. 
 
 
QUINOA  
 
Classificazione  
1. Famiglia → Chenopodiaceae  
2. Specie → Chenopodium quinoa  
 
Caratteristiche  
1. Diffusione  →  Bolivia  (50%  della  produzione  mondiale),  Equador, 
Perù; in Italia coltivazione produttiva sperimentale a Piacenza. 
2. Temperatura  →  fresca,  anche  arido  (la  pianta  è piuttosto rustica), 
fino a 4000 metri. 
3. Terreno → sciolto. 

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4. Semina  e  raccolta  →  da  seminare  dopo  gelate  (Aprile-Maggio)  e 
raccolta  autunnale  (Ottobre-Novembre).  Raccolta  a  mano,  rara 
ma possibile con mietitrebbia. 
5. Tecnica  colturale  →  si  ha  una  densità  elevata  (500-700  p/mq)  e  si 
somministrano  dosi  massicce  di  concime  per  avere  alte  rese;  il 
controllo delle malerbe avviene con sarchiatura. 
6. Resa  →  in  semi  da  decorticare  e  sfarinare:  da  0,7  a  3  t/ha;  per  la 
produzione  di  foraggio  si  utilizza  la  pianta  intera  e  quindi la resa 
è di 8-9 t/ha.  
7. Contenuto di nutrienti → 60% amido, 14% proteine, 3% grassi. 
 
 
  
  
 
 
 

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