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DIRITTO PRIVATO

CAPITOLO 1 → L’ORDINAMENTO GIURIDICO E LE FONTI DEL DIRITTO


La norma giuridica

Il diritto è un insieme di comandi rivolti ai consociati per dare ordine alla loro convivenza e per regolare e
organizzare le loro attività.
Hanno natura di regole generali: ipotesi definite in base ad alcune caratteristiche generali e perciò
suscettibili di presentarsi un numero indeterminato di volte. Per esempio: “qualunque fatto doloso o
colposo, che cagioni ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatti a risarcire il danno”.
Oppure il comando giuridico può riferirsi a un singolo fatto concreto: la sentenza che condanna X, autore
di un illecito, a risarcire il danno.

Il comando giuridico di carattere generale e astratto si dice norma giuridica, consente di escludere che
essa sia posta per favorire o danneggiare un persona determinata e tende ad impedire la discriminazione
individuale al momento della sua applicazione. La generalità della norma e la sua relativa permanenza nel
tempo tendono ad assicurare maggior ordine nella vita sociale; consentono in buona misura la prevedibilità
delle decisioni che verranno prese nei singoli casi concreti.

Il precetto contenuto nella norma giuridica si collega quasi sempre con uno o più meccanismi sanzionatori
istituiti allo scopo di assicurare un risultato che la norma si propone. Si tratta di una pena per il
trasgressore: si vuole che il timore della pena contribuisca a determinare il rispetto della norma giuridica.

Puoi venire disposta l’esecuzione forzata mediante l’uso della forza pubblica, per realizzare il risultato
dovuto o eliminare una situazione antigiuridica, nella misura in cui ciò si possibile, o per realizzare una
situazione equivalente a quella che il diritto intendeva garantire.
(l’edificio costruito in violazione di un divieto verrà demolito; la cosa che il debitore deve consegnare e non
consegna verrà prelevata con la forza.

Il diritto attribuisce determinati vantaggi, subordinandoli però a certe condizioni, per esempio riconosce
efficacia al contratto o ad altro atto giuridico solo se è lecito ed è stato fatto secondo le sue prescrizioni;
altrimenti quel contratto o quell’atto giuridico è invalido: l’invalidità può anche considerarsi una sanzione.

La norma giuridica quindi si collega con uno o più meccanismi sanzionatori:


- Pena: il timore dei consociati determina il rispetto della norma
- Coazione diretta: intervento da parte della forza pubblica per impedire il compimento di un atto vietato
(violazione di domicilio)
- Esecuzione forzata: intervento della forza pubblica per eliminare una situazione antigiuridica

Non tutte le norme giuridiche sono direttamente collegate ad un meccanismo sanzionatorio; l’art. 315
codice civile, per esempio, dispone che il figlio debe rispettare i genitori, ma non vi è sanzione giuridica
contro il figlio se non rispetta la norma. L’intero sistema giudiziario si fonda sul principio che il giudice deve
decidere secondo la legge, ma non vi è rimedio contro una sentenza sbagliata del giudice di ultima istanza.
Queste regole sono giuridiche perché collegandosi con altre formano un complesso coordinamento di
norme detto ordinamento giuridico.

L’ordinamento giuridico è caratterizzato dalla possibilità di impiego della forza, ma ciò non significa che
l’osservanza delle norme giuridiche dipenda principalmente dal timore della sanzione.
Il rispetto della norma giuridica nasce dalla sua accettazione, fondata sul riconoscimento della sua utilità;
speso deriva dall’abitudine e convinzioni morali. Il timore della sanzione è solo uno dei fattori che entrano
nel gioco delle motivazioni e contribuiscono a determinare l’obbedienza.

Le fonti del diritto

1. La Costituzione
2. Le leggi ordinarie dello Stato
3. Le leggi regionali
4. I regolamenti
5. Gli usi (consuetudini)

Al diritto profitto dalle fonti elencate si affianca quello prodotto da fonti comunitarie. L’art. 238 del
Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che insieme al Trattato sull’Unione Europea
costituisce il il fondamento dell’Unione, cui l’Italia aderisce, attribuisce alle istituzioni comunitarie il potere

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di emanare norme (regolamenti) direttamente applicabili in tutti gli stati membri.
Le istituzioni comunitarie possono emanare direttive che vincolano gli Stati membri cui sono rivolte per
quanto riguarda il risultato da raggiungere.
Se non attuate entro il termine, le direttive, possono attribuire ai privati diritti nei confronti dello Stato,
che non deve trarre vantaggio dal sia inadempimento; si tratta di un potere legislativo dell’Unione e di una
limitazione della sovranità dello Stato italiano, secondo l’art. 11 e 17 della Costituzione.

L’art. 1 di queste disposizioni preliminari dà alle fonti un elenco (un po’ diverso) che comprende
nell’ordine: leggi, regolamenti, norme corporative, usi.
Alla caduta del fascismo fu soppresso l’ordinamento corporativo e venne così meno la fonte di produzione
delle norme corporative. L’Italia si dava poi la Costituzione repubblicana, che entrava in vigore il 1°
gennaio 1948, come fonte del diritto sovraordinata alle altre.

Fra le fonti del diritto italiano sussiste una precisa gerarchia.


La Costituzione appartiene ad un livello superiore rispetto alla legge ordinaria dello Stato e alla legge
regionale, le quali non sono valide se contraddicono la Costituzione.
Il diritto dell’Unione Europea direttamente efficace prevale sul diritto interno.
Nelle materie di maggiore importanza riconosciute alla potestà legislativa delle regioni concorre in
posizione subordinata con la potestà legislativa dello Stato, poiché allo Stato è riservata la determinazione
dei principi fondamentali, cui la regione si deve attenere. Il regolamento non è valido se contraddice la
legge.

1. La Costituzione della Repubblica Italiana è prima nella gerarchia delle fonti del diritto sia per il
carattere intrinseco di norma fondamentale che regge la comunità degli italiani, sia perché esprime i
principi fondamentali dell’ordinamento giuridico.
È un documento di altissimo livello civile, elaborato e promulgato in un momento in cui le speranze
consentivano di gettare i pilastri su cui doveva essere costruita la democrazia repubblicana.
Essa detta le norme fondamentali di organizzazione dello Stato, regolando le fonti creatrici del diritto,
determinando gli organi supremi, i loro compiti, responsabilità e reciproci rapporti, legittimando i pubblici
poteri.
Un’altra grande categoria di norme costituzionali proclama i diritti e i doveri fondamentali dei cittadini e dei
gruppi sociali.

Queste disposizioni riguardano i rapporti tra cittadini e lo Stato ed anche i rapporti dei cittadini fra loro; in
tal modo la Costituzione esprime anche regole fondamentali del diritto privato.

Le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute hanno rango costituzionale (art. 10 cost.).
Hanno valenza costituzionale le norme del Trattato sull’Unione Europea e della Carta dei Diritti
fondamentali dell’Unione Europea: le leggi ordinarie non possono contraddirle in virtù dell’art. 117
cost.

Hanno valenza costituzionale i principi generali espressi nella Convenzione Europea per la
salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali.

Le diversità tra norme costituzionali e le leggi ordinarie sta nel fatto che le prime vincolano non solo i
privati, I giudici e gli organi esecutivi dello Stato, ma anche lo stesso Parlamento, fissando direttive e limiti
alla legislazione. Il parlamento può derogare alla costituzione, modificandola, Ma solo per mezzo di leggi di
revisione costituzionale da approvare con un particolare procedimento e a maggioranza assoluta: art. 138
Cost, in ciò si manifesta la “rigidità” della costituzione.
Le leggi approvate nelle forme ordinarie devono essere conformi alla costituzione; altrimenti non sono
valide. L’invalidità per contrasto con la costituzione viene accertata e dichiarata dalla corte costituzionale.

Le norme di fonte comunitaria direttamente efficaci prevalgono sul diritto interno

2. Le leggi ordinarie: La legge statale ordinaria è l’atto normativo approvato dal parlamento con il
procedimento prescritto dagli articoli 70 e successivi della costituzione. L’aggettivo “ordinaria” è utilizzato
per segnare la differenza rispetto alla legge costituzionale, approvata con il particolare e più complesso iter
previsto dall’articolo 138 Cost.
Le leggi ordinarie regolano i privati, i giudici, gli organi dello Stato ed anche il parlamento stesso.
Le leggi ordinarie devono sottostare alla costituzione e se vengono considerate non conformi ad essa se ne
dichiara l’invalidità (stabilita dalla corte costituzionale).
Le principali norme del diritto privato sono contenute nel codice civile emanato nel 1942

3. Le leggi regionali: L’articolo 117 Cost, definisce con un lungo elenco di materie fondamentali nelle
quali la potestà legislativa spetta esclusivamente allo Stato; fra esse rientrano l’ordinamento civile penale,
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la giurisdizione, le norme processuali, e la giustizia amministrativa. La costituzione specifica poi un elenco
di materie nelle quali alle regioni è attribuita una potestà legislativa concorrente con quella dello Stato,
Cioè spetta alle regioni la potestà legislativa salvo che per la determinazione dei principi fondamentali
riservata alla legislazione dello Stato. Spetta alla regione la potestà legislativa in ogni materia non
espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le regioni a statuto speciale dispongono di forme e di condizioni particolari di autonomia; le leggi regionali
emanate fuori dei limiti fissati non sono valide : la loro invalidità è accertata dalla corte costituzionale.

4. I regolamenti si distinguono in varie categorie secondo la materia regolata e secondo il fondamento


della loro efficacia. Per quanto riguarda il diritto privato e vengono in particolare considerazione i
regolamenti di esecuzione, emanati per disciplinare l’applicazione delle leggi statali e regionali
specificandone e completandole. Le norme di regolamento contrarie disposizioni di legge non sono valide e
l’invalidità può essere rilevata dal giudice ordinario.

5. Gli usi o consuetudini nascono dalla tradizione. Per l’esistenza di una consuetudine occorrono
elemento materiale e un elemento psicologico; l’elemento materiale consiste in una pratica uniforme e
costante, tenuta per lungo tempo dalla generalità degli interessati in un particolare ambito di rapporti. Per
l’elemento psicologico della consuetudine occorre che la pratica costante sia tenuta con la convinzione che
sia obbligatoria, perché è conforme ad una regola giuridica. In mancanza pensa di questa convenzione sia
solo un uso di fatto (mancia al ristorante), non un uso normativo, fonte di diritto.
Negli ordinamenti giuridici moderni il ruolo della consuetudine è ridotto in confronto con quello della legge.
La subordinazione degli usi alle leggi implica una conseguenza importante: una legge non può venir meno
della desuetudine ma può venire abrogata solo da un’altra legge successiva.

L’attività giurisdizionale

La norma giuridica è generale astratta ma è sempre una situazione un comportamento concreto che deve
venire qualificato come giuridico o antigiuridico lecito o illecito, doveroso, e così via. Occorre cioè giungere
a un giudizio non più generale e astratto, bensì individuale. Nelle situazioni controverse e litigiose questo
giudizio viene espresso dal giudice nella sentenza e viene accompagnato dalle disposizioni e dagli ordini
che ne conseguono.
Il giudizio individuale, la sentenza, deve essere conforme alla norma generale, considerandola come
un'applicazione al caso concreto.
Il procedimento d'applicazione della norma generale e astratta è considerato come un sillogismo: norma
premessa maggiore, fatto premessa minore e sentenza conclusione.
Tutto ciò non consiste nella semplice riproduzione di un articolo di norma di legge, Ma spesso essa deve
essere interpretata oppure creata con particolari tecniche nel caso in cui non esiste una norma
direttamente applicabile al caso.

L’interpretazione della legge

Il problema dell’interpretazione si può porre a proposito di qualsiasi legge, anche se tecnicamente


impeccabile, perché la legge è espressa con parole e ogni formulazione verbale presenta necessariamente
problemi di interpretazione.
Ogni proposizione ha infatti una zona centrale di significato sicuro e attorno a questa una penombra di
riferimenti incerti.

Per esempio: la parola abitazione designa certamente le stanze dell’appartamento o della casa dove
qualcuno abiti; è dubbio se sia riferibile anche al cortile, alle cantine e all’autorimessa.

Appare perciò evidente che l’interpretazione va condotta in relazione al contesto con la conseguenza che la
stessa parola può doversi interpretare diversamente in diversi testi di legge del medesimo ordinamento
giuridico. Così per esempio, in una norma la parola famiglia dovrà essere intesa con riferimento solo al
coniuge e figli; altrove comprenderà anche i genitori e fratelli, e in altro contesto ancora comprenderà
anche i parenti più lontani.

L’articolo 12 comma 1 delle disposizioni sulla legge in generale dispone che: “nell’applicare la legge non si
può adesso attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la
connessione di esse e dalla intenzione del legislatore”.
(qui è espresso un richiamo del giudice al suo dovere di fedeltà alla legge, piuttosto che una regola di
interpretazione)

L’interpretazione di ciascuna norma deve essere condotta con riferimento al complesso dell’ordinamento
giuridico e problemi della società, quindi anche se una norma specifica non viene modificata può variare la

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sua interpretazione in base a cambiamenti di altre leggi e allo sviluppo della società: interpretazione
evolutiva

Il procedimento analogico

Non sempre esiste una norma che può essere applicata direttamente al caso concreto. In tal caso il
compito del giudice andare a crearne una tenendo conto delle disposizioni che regolano casi simili o
materie analoghe. L’articolo 12 comma 2 delle disposizioni sulla legge in generale: impone qui di aver
riguardo delle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe (procedimento per analogia).

(Per esempio l’articolo 1555 codice civile dispone che le norme stabilite per la vendita si applicano alla
permuta, in quanto siano con questa compatibili.)

Un esempio di procedimento analogico: l’articolo 1768 codice civile dispone che il depositario deve usare
nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia, ma aggiunge “ se il deposito è gratuito, la
responsabilità per colpa è valutata con minor rigore”.
Da queste disposizioni si ricava immediatamente un principio generale: chi rende una prestazione gratuita
è assoggettato ad una responsabilità meno rigorosa rispetto a chi agisca per un corrispettivo.

L’analisi rivela che il momento essenziale del procedimento analogico consiste nel determinare la
ragione giustificatrice della norma, per stabilire se essa può giustificare l’applicazione del medesimo
trattamento al caso non previsto.
Il giudice dovrà preferire lo scopo più coerente, più utile e degno.
In altri casi si dovrà decidere in base principi generali dell’ordinamento giuridico, come quello di
uguaglianza, responsabilità delle proprie azioni, etc.
Non sempre il procedimento può essere così semplice intuitivo; spesso si richiudono valutazioni complesse
e dubbie.

Le leggi eccezionali

L’eccezionalità di una disposizione di legge non può venire intesa in senso puramente logico-formale.
Nell’ordinamento giuridico l’ambito di applicazione di qualsiasi legge è limitato dal concorrere di altre
norme.

Per esempio: la disposizione secondo la quale il malato di mente che abbia cagionato un danno può essere
condannato a pagare un’equa indennità al danneggiamento, se quest’ultimo non ha potuto ottenere il
risarcimento da chi era tenuto alla sorveglianza dell’incapace, si presenta come un’eccezione alla regola
per cui l’incapace non risponde delle conseguenze del fatto dannoso (art 2046 cod. civ.). ma questa regola
costituisce a sua volta eccezione alla regola, che obbliga al risarcimento chiunque abbia cagionato un
danno ingiusto (art. 2043 cod. civ.)

Si può affermare che la legge eccezionale non può venire definita in base ad un criterio di logica formale,
ma solo in base ad una valutazione politico-giuridica, in modo da comprendere quelle leggi la cui
applicazione analogica sia pericolosa o inopportuna ai fini di un corretto funzionamento del meccanismo di
produzione del diritto
-norme penali
-norme eccezionali

Per chiarire questo concetto è opportuno fare una distinzione:


- Leggi strutturali: esprimono regole di struttura del sistema giuridico, principi stabili e portano a giudizi
consolidati e accertati
- Leggi congiunturali: dettate da considerazioni contingenti e variabili e di conseguenza la loro
applicazione analogica richiederebbe giudizi di valore e non consolidati
In base a questa distinzione si arriva alla vera e propria definizione di leggi eccezionali: sono leggi
eccezionali tutte le leggi congiunturali e quindi esse non sono applicabili per analogia.
Ciò per la necessità di avere decisioni giudiziarie adeguate, oggettive, uniformi e prevedibili.

Le clausole generali

Quando il legislatore si limita a fissare i princìpi, lasciando alla giurisprudenza il compito di specificarli in
relazione ai vari tipi di casi, vengono impiegate le “clausole generali”:
- giusta causa

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- giustificato motivo
- grave motivo, danno ingiusto
- interesse meritevole di protezione
- correttezza
- buon costume
- ordine pubblico
- diligenza del buon padre di famiglia
- ed altri.

Nell’applicare questi concetti il giudice dovrà rispettare la direttiva che essi esprimono.
Ma nella misura in cui questi concetti sono indeterminati, spetta al giudice di compiere un’opera di
integrazione, formulando egli stesso la regola di diritto da applicare al caso concreto.

Dovrà dunque decidere in modo adeguato allo scopo della legge e ai valori accolti nell’ordinamento
giuridico

Un ruolo importante lo assume l’equità: equità si contrappone alla rigidità della norma giuridica,
esprimendo l’ideale di una giustizia perfettamente adeguata alle particolarità di ogni caso concreto.
La norma giuridica è necessariamente semplificatrice e può accadere che essa detti un regolamento giusto
e utile nella gran parte dei casi e si adatti male alle peculiarità di particolari situazioni.
Autorizzare il giudice a decidere secondo equità significa autorizzarlo a derogare in tali casi all’applicazione
rigida della legge.

Il giudice e la legge

I giudici svolgono anche un’opera di integrazione dell’ordinamento giuridico, in quanto non si limitano ad
applicare norme già formulate dal legislatore, ma devono talvolta decidere secondo regole che esistessi
costruiscono, collocandole entro le lacune o nell’ambito delle clausole generali.
Queste regole elaborate dei giudici non hanno la stessa efficacia delle leggi.
La legge e vincolante per la generalità dei casi ai quali si riferisce; la regola costruita dal giudice in sede di
interpretazione o di integrazione invece costituisce solo un passaggio nella motivazione della sentenza che
decide un singolo caso (Per gli altri giudici ai quali si possano presentare casi simili essa non è vincolante).
Ogni decisione giudiziaria costituisce un precedente che influenza di fatto le decisioni successive,
soprattutto quando sia fondata su una motivazione persuasiva.

Su molti problemi di interpretazione e di integrazione finiscono così per formarsi e degli ordini orientamenti
stabili, che consentono di prevedere con un certo grado di probabilità le decisioni giudiziarie.
Conoscere un sistema giuridico richiede perciò che se ne conoscano non solo le leggi, ma anche la
giurisprudenza.

Le regole così elaborate nella giurisprudenza hanno, pur con diversa efficacia, lo stesso tipo di contenuto
delle norme di legge.
È accaduto spesso che regole di giurisprudenza siano state successivamente accolte in testi di legge;
risulta chiaro a questo punto che il diritto viene prodotto anche al livello dell’attività giurisdizionale.

Il giudice inevitabilmente deve in qualche misura completare perfezionare la legge, perché sono in evitabili
le lacune e le zone di penombra attorno alle formulazioni verbali delle norme.

1. Interpretazione: notevole importanza in campo politico e costituzionale, in quanto attiene alla


produzione del diritto ed ai rapporti tra potere legislativo e giudiziario.

2. Poteri del giudice: la loro ampiezza dipende dalla tecnica legislativa. Una legislazione fatta da principi
generali lascia largo spazio all’interpretazione giurisprudenziale; ma tutto ciò comporta alcuni
inconvenienti:
- incertezza: diversi giudici potrebbero decidere in maniera differente riguardo al medesimo caso;
- la possibilità di elaborare le regole adeguate;
- influenza politica da parte del giudice nell’interpretazione, infatti egli potrebbe decidere in base ai
propri criteri politici

CAPITOLO 2 → DIRITTO PRIVATO E DIRITTO PUBBLICO

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Diritto privato e diritto pubblico

L’ordinamento giuridico si divide in 2 grandi settori:

• DIRITTO PUBBLICO →

1. Ha per oggetto l’organizzazione dello Stato, degli enti pubblici territoriali (Regioni, Provincie,
Comuni) e altri enti pubblici: enti che sono costituiti per realizzare interessi collettivi e a questo
scopo hanno poteri di supremazia, dotati di agevolazioni e privilegi particolari, sono sottoposti a
controlli permanenti ed anche alla direzione dello Stato o di altro ente pubblico dominante (per esempio
le Camere di Commercio e le Università degli Studi).

2. Rientrano nel diritto pubblico i rapporti reciproci di questi enti, quando riguardano l’esercizio
delle loro funzioni pubbliche, e i rapporti di questi enti con i privati, quando in essi si manifesta
la supremazia dell’ente pubblico e la soggezione del privato (per esempio il rapporto tra il fisco e il
contribuente; la pretesa punitiva dello Stato nei confronti di chi abbia commesso un reato)
Appartengono perciò al diritto pubblico: il diritto costituzionale, il diritto amministrativo, il diritto
tributario, il diritto penale, la procedura penale

• DIRITTO PRIVATO →

Regola i rapporti reciproci degli individui, si nel campo personale e familiare, sia in quello
patrimoniale (contratti, responsabilità civile, obbligazioni, proprietà e altri diritti reali, rapporti
commerciali). Regola inoltre l’organizzazione e l’attività di società, associazioni e altri enti
privati.

Non sempre lo Stato e gli enti pubblici entrano in rapporto coi privati operando una posizione di
supremazia giuridica.
Al di fuori della zona in cui è ammissibile l’esercizio di poteri di supremazia, trovano applicazione le
regole del diritto privato; per esempio, se un ente pubblico, al di fuori dell’esercizio dei propri poteri,
cagiona ad un privato un danno ingiusto, ne risponde secondo le regole sulla responsabilità civile, che
appartengono al diritto privato.

Spesso l’ente pubblico ritiene opportuno ricorrere agli strumenti di diritto privato per realizzare i propri
fini; per esempio un Comune che voglia procurarsi un terreno per la costruzione di una scuola può farlo
espropriare contro il pagamento di un giusto indennizzo; ma anziché ricorrere a questo mezzo del diritto
pubblico, per il Comune sarebbe più semplice acquistare il terreno dal proprietario.
La distinzione tra diritto privato e pubblico dipende dal tipo di rapporto, secondo che esso si svolga su un
piano di parità giuridica e in base a un principio di autonomia di soggetti, o invece manifesti l’esercizio di
poteri di supremazia.

CAPITOLO 3 → LA COSTITUZIONE E IL DIRITTO PRIVATO


La costituzione e i princìpi fondamentali del diritto privato

La preminenza della costituzione nella gerarchia delle fonti del diritto italiano ha duplice significato:
1. La preminenza consiste nella funzione di legittimare i pubblici poteri e disciplinare la validità dell’attività
legislativa. Al fine di assicurare è meglio questa funzione, la costituzione italiana è rigida: può essere
modificata solo con le procedure aggravate (previste dall’articolo 138 Cost) rispetto a quelle prescritte
per la formazione delle leggi ordinarie
2. La preminenza della costituzione consiste nel fatto che essa esprime principi dell’ordinamento giuridico,
proclamando i diritti e doveri fondamentali dei cittadini e dei gruppi sociali e delineando le strutture
organizzative pubbliche. La rigidità della costituzione garantisce un ordinato sviluppo delle istituzioni.

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La costituzione esprime la parte generale di tutto il diritto e così anche del diritto privato. Le disposizioni
sui diritti e doveri fondamentali dei cittadini e dei gruppi sociali riguardano i rapporti fra i cittadini dello
Stato ed anche i rapporti dei cittadini fra loro.
Si tratta di diritti e doveri che per loro natura valgono principalmente nei rapporti tra privati: Per esempio,
il dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli (art 30 Cost); o il diritto del lavoratore alla
retribuzione (art 36 Cost)

Efficacia e interpretazione delle norme costituzionali

Destinatario delle norme costituzionali non è solo il legislatore, esse conferiscono diritti e impongono
doveri anche ai singoli ed ai gruppi sociali.
Un problema si presenta quando il potere legislativo emana una legge ordinaria in contrasto col precetto
costituzionale. In tal caso il giudice deve sospendere il giudizio e trasmettere gli atti alla corte
costituzionale la quale, dichiara con sentenza l’illegittimità costituzionale della norma di legge, che cessa
così di produrre i suoi effetti.
Le norme della costituzione spesso sono formulate in termini generali, il che rende più difficile
l’interpretazione.
Una posizione particolare spetta quei precetti costituzionali che si limitano a prescrivere direttive di azione
da svolgere in futuro, o proclamano un diritto senza determinare i mezzi per soddisfarlo.

Le norme costituzionali presentano problemi di interpretazione più delicati che le leggi ordinarie, perché
sono formulate in termini più generali sia in ragione del loro oggetto sia in funzione di una maggiore
stabilità e durata.
Il primo passo consiste nell’interpretazione letterale, i termini vanno intesi avendo anche riguardo al
significato che hanno nel linguaggio politico, e non solo a quello del linguaggio tecnico giuridico.
Ma un’interpretazione letterale della singola norma non è quasi mai sufficiente; si deve ricorrere alla
coordinazione logico-giuridica della singola disposizione con le altre.

L’interpretazione del testo costituzionale, come di ogni altro testo normativo non può trascurare il
riferimento alle circostanze sociali ed economiche che la norma intende regolare. Per esempio i concetti di
“buon costume” (art. 19 Cost), “utilità sociale” (art 41 comma 2 Cost), “servizi pubblici necessari” (art 43
Cost)

Stato di diritto e stato sociale

Il diritto deve essere fondato sul leggi generali al fine di assicurare l’eguaglianza; le leggi devono essere
formulate chiaramente e pubblicate e devono disporre solo per il futuro, affinché ciascuno le possa
conoscere con certezza e tenerne conto nel proprio comportamento.
La legge esprime obblighi di rispetto e si manifesta con divieti.
A garanzia dei diritti e delle libertà del cittadino lo “Stato di diritto” concede rimedi giurisdizionali non solo
nei rapporti fra privati, ma anche contro l’azione illegale della pubblica amministrazione.
Lo “stato di diritto” è quella forma di Stato che assicura la salvaguardia e il rispetto dei diritti e delle
libertà dell'uomo, insieme con la garanzia dello stato sociale, ed è caratterizzato da: sovranità della legge,
sistema dei rimedi giurisdizionali, divisione dei poteri, certezza del diritto, principio della irretroattività
delle leggi.

Lo stato sociale ha la finalità di ridurre le diseguaglianze economiche, esso garantisce diritti e servizi
sociali, ad esempio:
- Assistenza sanitaria;
- Pubblica istruzione;
- Indennità di disoccupazione, sussidi familiari, in caso di accertato stato di povertà o bisogno;
- Previdenza sociale (assistenza d'invalidità e di vecchiaia)

Diritti e libertà civili e loro garanzia costituzionale

La costituzione italiana pone in primo piano la persona umana: l’uomo non è visto in funzione e al servizio
dello Stato, bensì in funzione e al servizio dell’uomo.
Alla dichiarazione generale del riconoscimento e della garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo (Art 2 Cost)
segue la dichiarazione di diritti e libertà specifiche:

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1. Libertà che attengono alla sfera personalissima del singolo: libertà personale(art. 13 Cost),
l’inviolabilità del domicilio(art. 14 Cost), la libertà di religione (art. 19 Cost)
2. Libertà e diritti che tutelano lo svolgimento materiale dell’esistenza: libertà di scelta del lavoro (art 4
Cost), libertà di circolazione di soggiorno (art 16 Cost), proprietà personale della casa di abitazione dei
titoli di investimento arti. 44-45 Cost)
3. Libertà che attengono alla comunicazione all’associazione: libertà e segretezza della corrispondenza
(art 15 Cost), libertà di riunione e di associazione (artrite 17-18 Cost), libertà di professione religiosa
associata e di propaganda religiosa (art 19 Cost), di libertà di manifestare il proprio pensiero con ogni
mezzo di diffusione (art 21 Cost)

La libertà dell’iniziativa economica e il diritto di proprietà hanno una posizione diversa rispetto ai diritti e
alle libertà attinenti alla personalità umana: devono essere determinati e limitati dalla legge in modo
compatibile con l’utilità sociale (artt. 41-42 Cost)
È presente una distinzione fra diritti e libertà personali, da una parte che hanno un carattere primario e
che possono essere riconosciuti al singolo nella misura più ampia senza danno per gli altri; e d’altra parte,
diritti e libertà che hanno carattere strumentale e che non possono espandersi oltre certi limiti senza
mettere in pericolo libertà altrui.

La costituzione riconosce garantisce anche i diritti dell’uomo nelle formazioni sociali nelle quali si svolge la
sua personalità Art due Cost: famiglia, organizzazioni religiose, associazioni, partiti, sindacati, scuola.

La costituzione menziona in particolar modo quelle libertà e quei diritti per i quali l’esperienza storica ha
dimostrato la necessità del riconoscimento e della garanzia.

Ci sono diritti e libertà definiti dalla costituzione e che perciò non possono venire limitati dalla legge
ordinaria, tantomeno da fonti subordinate o da provvedimenti singolari; per esempio: il diritto di riunirsi
pacificamente e senza armi in luoghi privati, il diritto di associazione, la libertà di religione, la libertà
dell’arte, della scienza e dell’insegnamento

Per altri diritti e libertà la costituzione prevede la loro delimitazione mediante la legge ordinaria (riserva di
legge)
Talvolta la costituzione, nel riservare alla legge ordinaria la disciplina di certi rapporti, le impone le
direttive, finalità o limiti (riserva di legge rinforzata); per esempio, la libertà di circolare soggiornare in
qualsiasi parte del territorio nazionale può essere limitata dalla legge, ma solo in via generale per motivi di
sanità o di sicurezza.

Il principio di eguaglianza

L’Art 3 comma 1 della costituzione Afferma che “ tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali
davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di
condizioni personali e sociali”.
È una norma fondamentale che esige uguale trattamento giuridico di situazioni uguali.
E le uguaglianza è riferita ai cittadini, ma vale pure per lo straniero, quando si tratta di rispettare diritti
inviolabili dell’uomo, che devono essere garantiti sia in base all’Art 2 Cost, sia in conformità
dell’ordinamento internazionale richiamato dall’Art 10 cost.
La convenzione europea dei diritti dell’uomo dispone che il godimento dei diritti in essa previsti deve
essere assicurato chiunque, salve solo le limitazioni all’attività politica degli stranieri.
Il principio generale dell’eguaglianza giuridica trova una serie di applicazioni particolari, considerata in altre
disposizioni: uguaglianza dei coniugi nel matrimonio; uguaglianza di diritti fra lavoratori, con parità di
retribuzione a parità di lavoro, salve le norme protettive della maternità del lavoro dei minori; uguaglianza
degli elettori; uguale possibilità per tutti cittadini dell’uno e dell’altro sesso di accedere agli uffici pubblici e
alle cariche elettive; uguali oneri tributari per i cittadini di uguale capacità contributiva.
L’uguaglianza giuridica richiede un uguale trattamento di situazioni uguali, e un disuguale trattamento di
situazioni disuguali, un irragionevole parificazione di situazioni diverse contrasta con il principio di
uguaglianza. Occorre stabilire quando la diversità delle situazioni giustifica un diverso trattamento e
quando no.
L’articolo tre della costituzione fornisce una prima indicazione, quando vieta di distinguere in base al sesso,
alla razza, alla lingua, alla religione, alle opinioni politiche, alle condizioni personali e sociali.
Questo divieto vale solo quando la diversità di trattamento sia irragionevole; d’altra parte il divieto di
distinguere secondo le “condizioni personali e sociali” è ancora generico e richiede di essere precisato.
La diversità di trattamento è illecita quando hai il fine di perseguitare un particolare gruppo, quando è
dettata dal pregiudizio.
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In tal caso il compito della corte costituzionale di annullare l’illegittima discriminazione.

(Vi sono anche diseguaglianze derivante da difetti tecnici delle leggi, e in particolare da difetti di
coordinamento, anche in questi casi opera il controllo della corte costituzionale).

Ad integrazione del principio di eguaglianza giuridica l’Art 3 comma 2 Cost. impone alla Repubblica il
compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e
l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di
tutti lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese.
Il legislatore può dettare norme protettive di categorie più deboli, creando diseguaglianze giuridiche
formali, giustificate nella misura in cui compensano inferiorità di fatto che renderebbero difficile a quelle
categorie l’esercizio dei propri diritti.

La legge può intervenire a contenere l’autonomia contrattuale dei privati, allo scopo di equilibrare la forza
contrattuale dei contraenti, evitando possibilità di sopraffazione. Ciò si manifesta soprattutto nelle
disposizioni protettive dei lavoratori di fronte ai datori di lavoro.
Accanto a questa difesa legale, si trova l’autotutela di categoria, con gli strumenti dell’organizzazione
sindacale, dello sciopero e della contrattazione collettiva, garantita dalla costituzione e dalle leggi
ordinarie.

Convenzioni internazionali

La Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea dichiara che l’unione si fonda sui valori
indivisibili e universali della vita umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà, e si basa sul
principio della democrazia e dello stato di diritto, ponendo la persona al centro della sua azione e cercando
uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Analoghi ai valori della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle
libertà fondamentali, redatta e adottata fin dal 1950 nell’ambito del consiglio d’Europa, che comprende
molti altri Stati oltre a quelli dell’unione europea.
Questa convenzione, che l’Italia aveva ratificato e resa esecutiva con legge interna nel 1955, è richiamata
nel preambolo della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e i suoi principi generali sono
dichiarati nel trattato parte del diritto dell’unione.

Si può menzionare la Carta Sociale Europea del 1996 promossa dal consiglio d’Europa, che l’Italia ha
ratificato e resa esecutiva con legge interna.
Le convenzioni anzidette hanno un contenuto che a livello dei principi coincide con quello delle norme della
costituzione sui rapporti civili ed etico sociali; contengono però anche norme che hanno rilevanza per la
loro immediata efficacia precettiva, sia come l’espressione di direttive generali.

I principi presenti nel Trattato sull’Unione Europea e nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione
Europea prevedono un’economia di mercato fondata sulla concorrenza, ammettono l’intervento dello
Stato nell’esercizio di attività produttive, ma vietano quegli aiuti statali che favorendo talune imprese o
talune produzioni falsino la concorrenza.

CAPITOLO 4 → ASPETTI GENERALI DEL DIRITTO PRIVATO


Il divieto dell’autotutela privata

La regola giuridica ha la funzione di assicurare nell'ordine la pacifica convivenza e lo sviluppo dei


consociati.
Occorre disciplinare il procedimento di attuazione del diritto, per garantire che la tutela pubblica si applichi
con l’energia prevista dalla legge per la soddisfazione delle pretese accertate come effettive e nel rispetto
dei principi di civiltà, libertà e dignità umana.
Tutti gli ordinamenti vietano al privato di farsi giustizia da sé; Il divieto non vale solo per gli atti violenti
che cagionino danno a persone o cose, ma si estende a qualsiasi atto di chi, al fine di realizzare una
propria pretesa, leda comunque un diritto dell’obbligato o lo privi del potere di fatto finora esercitato su
una cosa.
Per esempio, al creditore non pagato non è solamente vietato di sottrarre una cosa il debitore con la forza,
al fine di venderla e soddisfarsi con il prezzo; gli è vietato anche , qualora abbia una cosa consegnatagli
dal debitore, di approfittarne per trattenerle soddisfarsi su di essa.

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La legge consente qualche deroga al principio che vieta l’autotutela privata:
1. In primo luogo quando essa sia necessaria per difendere un diritto proprio o altrui contro
un’aggressione attuale, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa (Art 52 codice penale; Art
2044 codice civile).
In queste situazioni di emergenza, non essendovi la possibilità di reclamare un’immediata difesa
pubblica, si ammette la legalità della propria protezione contro l’attacco ingiusto (legittima difesa).
2. In secondo luogo il creditore, il quale detenga una cosa del debitore, ha talvolta un diritto di ritenzione:
può cioè trattenerla, finché il debitore non adempia.

Il diritto soggettivo

Il diritto soggettivo è l'insieme di pretese, facoltà, immunità e poteri riconosciuti al singolo per la
soddisfazione di un suo interesse secondo verso libero apprezzamento

Nel diritto privato un posto del massimo rilievo spetta al diritto soggettivo. È essenziale la libertà nel suo
esercizio da ogni intervento o direzione esterna, attribuendosi al singolo una zona di potere nella quale egli
può muoversi a suo criterio.
La delimitazione di queste “zone” presuppone l'attualità di interessi in conflitto e tiene conto della loro
rilevanza sociale. Per esempio, La delimitazione del diritto alla riservatezza va compiuta tenendo conto del
contrapposto interesse all'informazione giornalistica.
La disciplina legislativa non può essere che generale e tipica realizza l'esigenza che i diritti soggettivi siano
delimitati preventivamente in modo certo, il che costituisce anche una garanzia di uguaglianza giuridica.
Non sempre è possibile definire il diritto soggettivo mediante norme rigide, nella loro generalità e
astrattezza.
La legge consente che il limite sia determinato caso per caso dal giudice o dall'autorità amministrativa.

Quando il limite al diritto soggettivo è voluto direttamente dall'interesse pubblico, e va accertato


determinato caso per caso, si ha l’intervento della pubblica amministrazione. La legge stabilisce in queste
ipotesi che determinati atti dei privati richiedano un’autorizzazione amministrativa in funzione di controllo
o di programmazione (per esempio: il proprietario di un bosco situato in una zona assoggettata a vincolo
per scopi idrogeologici non può trasformarlo in altra qualità di coltura senza l'autorizzazione
amministrativa).
Proprio perché si tratta di limitare diritti garantiti dalla legge, questa definisce le ipotesi e fissa
esplicitamente o implicitamente i criteri o gli scopi della valutazione amministrativa: principio di legalità.
Nel diritto soggettivo è essenziale l'attribuzione di una sfera di autonomia, nella quale il titolare del diritto
stesso può muoversi a proprio arbitrio. Questo aspetto appare in pieno rilievo se il diritto soggettivo viene
confrontato e contrapposto alla nazione di potestà, che consiste in un potere attribuito ad una persona
per l'esercizio di una funzione rivolta a proteggere e realizzare un interesse altrui o un interesse
superiore.
La figura più notevole di questo potere vincolato alla funzione è il potere discrezionale; la discrezionalità si
colloca fra l'agire interamente libero e l’agire interamente vincolato: implica possibilità di decisione, che
devono essere però finalizzate alla realizzazione di certi interessi e che non si sottraggono a controlli
esterni, in forza della legge.

Autonomia privata

l’autonomia privata è il potere del singolo di regolare nel modo che egli ritiene di suo interesse I molteplici
rapporti giuridici che sono il contesto delle attività economiche e delle relazioni personali. Essa si esplica
mediante negozi giuridici: dichiarazione dispositivi è alle quali l'ordinamento fa seguire effetti giuridici
conformi all'intento del dichiarante (contratto, testamento, matrimonio,…) , si svolge entro i limiti stabiliti
dal diritto.
Le operazioni negoziali richiedono normalmente l'accordo di tutte le parti che vi sono immediatamente
coinvolte, il negozio unilaterale essendo ammesso solo quando si dispone esclusivamente del proprio
patrimonio (per esempio la rinuncia all’eredità); di regola non è consentito gestire affari altrui senza un
apposito incarico.

I problemi giuridici dell'autonomia privata:


1. il diritto deve determinare i presupposti della capacità di agire: ai minori di età e ai malati di mente essa
non è conosciuta

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2. una giusta tutela della libertà negoziale è accordata contro gli eventuali illeciti interventi di terzi che
mettano in essere minacce o inganni

Altre limitazioni sono disposte al fine di tutelare l'interesse pubblico, Per esempio, il divieto delle intese fra
imprenditori per eliminare la reciproca concorrenza

Infine il diritto stabilisce norme rivolte ad assicurare in qualche misura il giusto equilibrio dei rapporti
contrattuali nelle ipotesi in cui la debolezza economica di una delle parti, Il difetto d’informazione, o altre
situazioni distorte renderebbero possibili abusi sopraffazioni.

Stabilità, dinamica, concorrenza

L'ordinamento giuridico promuove e realizza due essenziali obiettivi: quello della sua stabilità e quello
della sua dinamica.

a) il presupposto di qualsiasi attività giuridica rilevante è una base di certezza e di stabilità del dettato
legislativa delle posizione giuridiche.
Si tratta di un momento statico della protezione giuridica essenziale dal punto di vista soggettivo, cioè del
titolare del diritto, e dal punto di vista oggettivo, cioè per i terzi che quel diritto devono rispettare.
b) esiste una dinamica consentita e promossa dall'ordinamento giuridico, per la quale le singole posizioni
determinano rispettivi mutamenti condizionamenti; si tratta cioè di quella dinamica che attiene alla
circolazione e al mutamento dei diritti.

Nell'ambito dell'interazione fra momento statico e momento dinamico esistono e valgono condizioni
formalistiche: disposizioni che per la validità di certi atti richiedono forme particolari, come la forma
scritta, l'atto notarile, l'uso di certe parole,…

Il fenomeno più caratteristico della dinamicità dell'ordinamento giuridico è dato dal principio di
concorrenza: esercizio della concorrenza si è sviluppato nella società industriale e rappresenta lo
strumento attivo dei sistemi economici moderni, corrisponde a concreti bisogni e vantaggi di
perfezionamento e di selezione.

Potere economico, interessi del pubblico, principio di solidarietà

• La società di massa si impone per la sua struttura che si è determinata nel sistema socio-economico.
La grande impresa rappresenta un prodotto caratteristico della società di massa e propone problemi sia
sulla sua conformazione giuridica, sui suoi rapporti con le istituzioni e con il pubblico dei consumatori,
degli utenti e dei risparmiatori.
Il problema degli interessi diffusi si presenta a proposito della difesa dei consumatori e degli utenti,
Contro la pubblicità ingannevole, contro la diffusione di prodotti dannosi o l'imposizione di clausole
vessatorie nei contratti conclusi mediante moduli predisposti. Si ritiene che un ruolo importante spetti ai
controlli amministrativi agli interventi della pubblica autorità.
Per la tutela degli interessi diffusi può essere talvolta realizzata con gli strumenti del diritto privato, Per
esempio: l'azione di un supermercato contro il fornitore di prodotti difettosi finisce per difendere il grande
pubblico dei suoi clienti.

• Il principio solidaristico vuole assicurare ad ogni cittadino le condizioni migliori per un'esistenza libera
e dignitosa e per l'affermazione e lo sviluppo della propria personalità

CAPITOLO 5 → I RAPPORTI GIURIDICI


Concetti giuridici elementari

La definizione dei termini giuridici presenta particolari difficoltà dovute al loro collegamento con il
linguaggio non tecnico della vita quotidiana: per esempio, “dolo” può significare la volontà di cagionare un
danno
( “omicidio doloso”: omicidio volontario); ma la stessa parola può rappresentare il raggiro.
Per procedere in modo logicamente ordinato conviene muovere dal concetto di norma giuridica, questa
consiste in un comando e se ad un soggetto è comandato di tenere un certo comportamento, questo
comportamento è oggetto di un suo dovere.
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Il dovere giuridico può avere per oggetto un'azione (pagare, trasportare,..) oppure un'astensione (non
costruire un certo fondo, non diffamare,..).
Il dovere è sempre imposto per la realizzazione di un interesse. Se di questo interesse è portatore un
soggetto, al quale sia attribuita la possibilità di pretendere l'adempimento del dovere, si può dure che egli
sia titolare di una pretesa.
Per esempio, al dovere di debitore corrisponde la pretesa del suo creditore; al dovere dell'imprenditore A di
non denigrare i prodotti del suo concorrente B corrisponde la pretesa di quest'ultimo che A si astenga dalla
denigrazione.
L'esigenza di una pretesa correlativa al dovere è costante nel diritto privato; ma non nel diritto pubblico,
dove si hanno anche doveri imposti per la realizzazione di interessi generali. Per esempio, al dovere di non
portare abusivamente armi, di non maltrattare animali, non corrisponde la pretesa di un soggetto
particolare.
Il dovere corrispondente ad una pretesa si può designare con il termine più specifico di obbligo.
"Pretesa" e "obbligo" sono concetti correlati: dire che A ha nei confronti di B l'obbligo di tenere un certo
comportamento equivale a dire che a B spetta a corrispondente pretesa nei confronti di A.
Negazione dei concetti di pretesa e di obbligo: se A non pò pretendere un certo comportamento da B, ciò
equivale a dire che B non ne ha l'obbligo; il che si può esprimere anche dicendo che B ha la facoltà di non
tenere quel comportamento.
Nuovi concetti: la facoltà e la mancanza di pretesa.
Per esempio, il proprietario di un auto ha la facoltà di utilizzarla, di non utilizzarla, e anche di demolirla. In
questo modo si riuniscono sotto la stessa denominazione concetti giuridici che è opportuno distinguere:
quella di escludere gli estranei è una pretesa; l'uso o il non uso della cosa propria, invece, sono facoltà
grazie alle quali il proprietario soddisfa da sé il proprio interesse.
L'esercizio di una facoltà presuppone che esso sia impedito da altri. E alla facoltà si accompagna spesso la
pretesa a che chiunque si astenga dall'impedirne o turbarne l'esercizio (ad esempio, per le facoltà di
godimento della cosa da parte del proprietario).

pag. 47

Il diritto soggettivo: struttura e classificazioni

Aspettativa, diritto potestativo, onere

Rapporti giuridici semplici e rapporti complessi

I fatti e gli atti giuridici

I SOGGETTI

CAPITOLO 6 → LA PERSONA FISICA


La capacità giuridica

La nascita e l’acquisto della capacità giuridica

Diritti della personalità e libertà civili

La capacità di agire. Le incapacità di protezione

L’interdizione legale del condannato

La minore età. La responsabilità genitoriale

La tutela dei minori

L’emancipazione

Tutela degli interdetti e curatela degli inabilitati


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Amministrazione di sostegno

Sede della persona: domicilio e residenza

Scomparsa, assenza, morte presunta

CAPITOLO 7 → LE PERSONE GIURIDICHE


Cenni introduttivi

Nel linguaggio giuridico diritti doveri e comportamenti non vengono riferiti solo uomini, ma spesso anche
ad enti.
Questi enti possono venire considerati come soggetti della vita giuridica in modo analogo agli uomini, ed è
perciò che vengono designati come persone giuridiche.
Le persone giuridiche non possono venire poste sullo stesso piano delle persone fisiche, dato che quelle
sono lo strumento di queste, essendo costituite e gestite da uomini per realizzare interessi di cui sono
portatori, sempre e solo uomini.

Diversi sono gli scopi pratici che possono richiedere la costituzione di una persona giuridica; si tratta di
realizzare interessi di carattere generale o propri di categorie vaste variabili di persone: In questi casi è
opportuno costituire un ente, che si faccia portatore istituzionale di tali interessi.
Ciò si verifica nel diritto pubblico ma anche nel diritto privato:
Se si intende destinare un patrimonio ad uno scopo culturale, per esempio che ecceda la durata della vita
umana(Per esempio un ospedale, un istituto di ricerche scientifiche), dovrà costituire un’organizzazione
che possa sopravvivere E conferire ad essa i necessari mezzi materiali (è il fenomeno giuridico della
fondazione). In questo modo si consegue anche il risultato di assicurare una stabile destinazione dei beni
conferiti.
Oppure può trattarsi della realizzazione di uno scopo per il quale non bastano le forze di un singolo, ma
occorrono le attività e i mezzi materiali coordinati di più persone; e se l’organizzazione risultante presenta
un carattere di sufficiente stabilità e autonomia viene considerata come un soggetto giuridico (società,
associazione, consorzio).

Vi è uno scopo ulteriore, che può spingere a costituire una persona giuridica, ossia il beneficio della
limitazione di responsabilità che è subordinato all’adozione di uno degli schemi organizzativi tipici previsti
dalla legge: questi sono sottoposti ad una disciplina imperativa, che ha lo scopo di dare ai terzi protezione
contro l’inganno e contro il pericolo che il patrimonio dell’ente venga sottratto alle loro pretese creditorie.

Autonomia patrimoniale

Perché si possa parlare di una “persona giuridica” occorre essere in presenza di un patrimonio (insieme di
rapporti giuridici attivi e passivi) che si è staccato dal patrimonio di qualsiasi persona fisica e sia sottoposto
a vicende autonome, dirette a realizzare un determinato scopo.
La “autonomia” del patrimonio della persona giuridica significa che esso è stabilmente destinato allo scopo
dell’ente, subisce le conseguenze delle operazioni deliberate e attuate dagli organi di questo, mentre è
insensibile alle vicende che riguardano i soggetti dell’ente stesso (fondatori, soci, associati, amministratori,
beneficiari).

La comunione non ha alcuna autonomia patrimoniale, perché diritti e debiti comuni non costituiscono un
patrimonio unificato e distinto da quello dei partecipanti.
Una separazione patrimoniale netto e completa la troviamo invece, nelle società per azioni: i soci non
rispondono dei debiti della società e il patrimonio sociale non è assoggettato in alcun modo alle pretese dei
creditori particolari dei singoli soci; in questo caso l’ente ha un’autonomia patrimoniale perfetta.
Si collocano in una posizione intermedia i vari tipi di organizzazioni giuridiche collettive con un’autonomia
patrimoniale imperfetta, perché il loro patrimonio non è del tutto insensibile alle vicende patrimoniali dei
partecipanti ed è soggetto a disgregarsi parzialmente a causa delle pretese dei creditori di questi.

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Autonomia patrimoniale vuol dire, insensibilità del patrimonio dell’ente ai debiti personali del singolo
partecipante o esistenza di qualche schermo giuridico che difende il patrimonio dell’organizzazione dai
debiti dei singoli partecipanti, assicurando in ogni caso la destinazione preferenziale dell’attivo dell’ente
alla soddisfazione dei creditori dell’ente stesso.
La separazione del patrimonio dell’ente da quelli dei partecipanti implica che esso operi nel mondo del
diritto come un soggetto giuridico distinto: esso ha una denominazione o ragione sociale e una sede, Può
stipulare contratti, acquistare i diritti e assumere obblighi , e stare in giudizio nella persona dei propri
rappresentanti.
La soggettività giuridica di queste organizzazioni è il presupposto necessario perché delle loro obbligazioni
possono non rispondere singoli partecipanti o gli amministratori. È possibile conferire denaro o beni ad
un’associazione o ad una fondazione per realizzare scopi ideali, o ad una società per partecipare ad
un’iniziativa economica, impegnando solo quanto conferito e senza mettere a rischio il resto del proprio
patrimonio.
Questa però, non è una caratteristica necessaria dei soggetti giuridici collettivi: ci sono società,
associazioni e altre organizzazioni collettive nelle quali coloro che abbiano agito in nome dell’ente,
rispondono anche personalmente dei debiti di questo; queste persone offrono ai creditori dell’ente la
propria garanzia personale, accanto a quello offerto del patrimonio dell’ente.
Più è netta la separazione e molto più rigorosa diventa la disciplina della legge che assicura la tutela dei
creditori sociali, degli interessi e del pubblico in generale, accentuando obblighi di pubblicità delle vicende
più importanti dell’ente, disponendo controlli pubblici, particolari formalità e cautele per lo scioglimento.

Nel linguaggio del codice, il termine “personalità giuridica” è riferito, nel settore degli enti privati, solo a
quelli nei quali è più netta la separazione dell’ente dalle persone dei partecipanti: le associazioni
riconosciute, le fondazioni, le società per azioni e le altre società di capitali.

Gli organi

Elemento essenziale in tutte le organizzazioni, è la presenza di uno o più persone alla cui amministrazione
è affidato il patrimonio. Costituiscono l’organo amministrativo dell’ente (organo individuale, se si tratta
di amministratore unico; collegiale se si tratta di più persone riunite: consiglio di amministrazione).
Ci sono organizzazioni che hanno lo scopo di realizzare interessi generali o di persone esterne alla loro
struttura organizzativa (istituzioni); in esse la direttiva di massima per operare delle amministratore è
costituita dallo scopo dell’ente, definito nell’atto costituivo.
Invece le organizzazioni a carattere associativo (corporazioni) si propongono di realizzare interessi di cui
sono portatrici persone operanti all’interno della struttura organizzativa; in esse i partecipanti (soci o
associati) deliberano riuniti in assemblea generale.
In alcune persone giuridiche sono presenti anche organi di controllo, come nelle società per azioni, il
collegio sindacale.
È possibile la presenza di organo anteriori con il compito di rappresentare difendere particolare interessi.
Gli atti giuridici compiuti dagli organi dell’ente, entro limiti dei loro poteri, vengono imputati. All’ente
vengono inoltre imputati gli atti illeciti compiuti dei titolari degli organi nell’esercizio delle loro incombenze.

Classificazione delle persone giuridiche private

Le persone giuridiche possono presentare una struttura di istituzioni, oppure di corporazioni.


1. Le istituzioni sono vincolate a uno scopo che prestabilito nell’atto costitutivo ed è relativamente
immutabile; possono proporsi di realizzare un fine di carattere generale (istituzione per la ricerca
scientifica), oppure interessi di una particolare categoria di persone (casa di riposo per musicisti
anziani).
2. Le corporazioni invece, sono gruppi di persone che gestiscono la propria organizzazione dispongono
liberamente del patrimonio comune; i partecipanti possono proporsi interessi personali (per esempio
una società commerciale), o anche interessi di carattere generale (per esempio un’associazione per lo
sviluppo degli scambi culturali tra due paesi).
Fra le istituzioni di diritto privato hanno importanza preminente le fondazioni: vengono costituite da uno
o più fondatori, i quali conferiscono il patrimonio iniziale e fissano nel lato costitutivo lo scopo dell’ente e le
norme sull’amministrazione. Le fondazioni possono anche venire costituite ad opera di un comitato
promotore, il quale raccoglie presso terzi i fondi necessari.

Gli enti a struttura corporativa prendono il nome di associazioni, se il loro scopo diretto non è l’esercizio di
un’attività produttiva; se lo scopo è lucrativo o mutualistico, prendono il nome di società. Se lo scopo è il
soddisfacimento in comune di un bisogno economico dei partecipanti, attraverso il compimento di
un’opera, la prestazione di un servizio, prendono il nome di consorzi.
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CAPITOLO 8 → LE ASSOCIAZIONI
La libertà di associazione e la tutela dell'individuo nell'associazione

L'associazione è un'organizzazione collettiva privata, formata da una pluralità di persone che perseguono
uno scopo comune di natura ideale o diverso dall'esercizio dell'attività economica. Nasce per effetto di un
accordo fra due persone che decidono di associarsi (atto costitutivo) e stabiliscono le regole di
funzionamento dell’associazione (statuto).
Nel concetto di associazione rientrano organizzazioni con vari scopi (non attività commerciali/economiche):
associazioni culturali, ricreative, sportive, assistenziali, studentesche, religiose, politiche; vi rientrano in
particolare i sindacati e i partiti politici. Sono tutte formazioni sociali dove si svolge la personalità
dell’uomo.
In Italia la libertà di associazione garantita dalla costituzione: ” I cittadini hanno diritto di associarsi
liberamente, senza autorizzazione, per fini che non siano vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite
le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante
organizzazioni di carattere militare” (art.18 cost.).

Il riconoscimento e l'autonomia patrimoniale. Differenze di trattamento fra associazioni riconosciute e


associazioni non riconosciute.

Le associazioni possono venire riconosciute con provvedimento dell'autorità amministrativa, ma per


associarsi non è necessaria l'autorizzazione: sarebbe contrario al precetto costituzionale (art. 18 cost).
Le associazioni che si propongono fini illeciti sono vietate; il controllo della liceità viene esercitato solo
dall'autorità giudiziaria.
Il riconoscimento non è un presupposto per l'efficacia giuridica dei patti associativi; si limita a conferire
la “personalità giuridica”: implica che dei debiti dell'associazione risponde solo questa con il suo
patrimonio.
In mancanza del riconoscimento, alla responsabilità dell'associazione si accompagna la responsabilità
personale di coloro che hanno agito in nome e per conto dell'associazione stessa (Per esempio, se il
venditore vende una cosa all'associazione può chiederne il pagamento a chi ha sottoscritto l’ordine,
all'associazione stessa, ma non anche a qualsiasi iscritto).
Il riconoscimento efficacia costitutiva della personalità giuridica.
Il riconoscimento può esser negato quando, tenuto conto dell'ampiezza dell'attività dell'associazione, il suo
patrimonio è insufficiente per garantire le ragioni dei futuri creditori.
Gli atti più importanti della vita delle associazioni riconosciute sono soggetti a pubblicità nel registro delle
persone giuridiche, che può essere consultato da qualsiasi interessato.
Le differenze tra associazioni riconosciute e non riconosciute si manifestano nelle regole relative alla
responsabilità per i debiti e alla pubblicità, anche qualche possibile controllo dell'autorità amministrativa
sulle associazioni riconosciute.
Le associazioni non riconosciute hanno un'importanza maggiore di quelle riconosciute: La maggior parte
dei gruppi organizzati, tra questi i partiti politici e i sindacati, preferiscono la forma dell'associazione non
riconosciuta per favorire la riservatezza degli associati.

La soggettività giuridica e il patrimonio delle associazioni

I contributi degli associati e i beni acquistati costituiscono il fondo dell’associazione; questo fondo è
proprietà dell'associazione e non proprietà comune degli associati, i quali non hanno alcun diritto su di
esso. Tantomeno potranno i creditori degli associati pretendere di soddisfarsi sui beni dell'associazione.
Il patrimonio sociale è ben distinto rispetto quello dei singoli associati, sia nell'associazione riconosciuta
che in quella non riconosciuta.

Atto costitutivo e statuto

Le associazioni si costituiscono con un accordo tra un gruppo di persone, che saranno i primi associati.
Per costituire un'associazione non riconosciuta non sono necessarie formalità particolari, è sufficiente
l'accordo sugli elementi essenziali per l'esistenza dell'associazione:
1. Lo scopo
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2. Diritti e obblighi degli associati
3. Le condizioni per l'ammissione degli associati
4. Le regole sull'ordinamento interno e sull'amministrazione

Se l'associazione vuole ottenere il riconoscimento, l'atto costitutivo dovrà essere redatto in forma pubblica
e dovrà indicare anche la denominazione, il patrimonio e la sede: elementi controllati dall'autorità
governativa e indispensabili per attuare la pubblicità nel registro delle persone giuridiche.

Gli organi dell'associazione

L'assemblea degli associati delibera in base al principio maggioritario. La legge detta alcune disposizioni
circa la convocazione , le presenze necessarie per la valida costituzione dell'assemblea, e le maggioranze
per approvare le deliberazioni. Le deliberazioni dell'assemblea possono essere impugnate davanti
all'autorità giudiziaria.
Il controllo giudiziario è necessario a tutela dei singoli associati, dell'ente stesso e di interessi generali;
esso però non deve ledere l'autonomia dell’associazione, perciò viene eseguito solo sulla conformità alla
legge, all'atto costitutivo e allo statuto (art 23 codice civile, il controllo è di legalità e non di merito).
L'assemblea degli associati nomina gli amministratori.

Federazioni di associazioni e associazioni parallele

Le grandi associazioni presentano problemi organizzativi che vanno risolti attraverso il decentramento.
Una soluzione è quella di costituire numerose associazioni minori e riunirle in una federazione: È
un'associazione in cui i membri sono altre associazioni, anziché persone fisiche.
Altra struttura possibile è quella delle associazioni parallele: gli iscritti partecipano alle sezioni locali o
settoriali, e all'associazione di vertice con due rapporti paralleli. Alle assemblee dell'associazione di vertice
possono partecipare solo i delegati eletti dagli scritti in assemblea separata.

Ammissione e recesso degli associati

Le associazioni, nella loro struttura tipica (prevista dalla legge), sono aperte all'adesione di nuovi membri.
Gli statuti determinano i requisiti necessari per l'ammissione però, il terzo che presenti i requisiti prescritti
non ha un diritto ad essere accolto.
L’associato può sempre recedere dall’associazione (art. 24 comma 2 codice civile), l'impegno di partecipare
all'associazione per tutta la vita è nullo, per la tutela della libertà del singolo.
È nullo anche l'impegno di parteciparvi per una durata eccessiva; se si tratta poi di un'associazione di
carattere religioso o politico, l’impegno di farne parte per un tempo determinato sarà sempre nullo, perché
in contrasto con principi fondamentali di libertà: da questo tipo di associazioni si deve poter sempre
recedere con effetto immediato.
È sempre possibile recedere anticipatamente e con effetto immediato per giusta causa.

Esclusione degli associati

L’esclusione di un associato può essere deliberata dall'assemblea solo per gravi motivi, per esempio, per
mancato pagamento dei contributi o per il grave inadempimento di altri obblighi sociali.
L’autorità giudiziari non può sostituire i proprio criteri a quelli dell’associazione: restare libera di adottare i
criteri più o meno rigorosi per le esclusioni e questa opportunità non può essere sindacata dal giudice, che
ne deve rispettare l'autonomia dell’associazione.
Se lo statuto dell'associazione contiene una descrizione specifica delle cause di esclusione dell’associato, la
verifica giudiziale è limitata all'accertamento della loro effettiva ricorrenza; altrimenti il giudice valuterà se
l'esclusione abbia un carattere discriminatorio.
L'associato receduto o escluso, che abbia cessato di appartenere all’associazione, non può pretendere che
gli venga liquidata una quota del patrimonio sociale.

Alle società si partecipa per fini economici, e perciò il conferimento del socio ha la natura di un
investimento di capitale, che dà diritto ad una quota di liquidazione alla fine del rapporto; alle associazioni
si partecipa per scopi non patrimoniali, perciò le prestazioni degli associati sono contributi a fondo perduto
per realizzare gli scopi dell’ente.

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L'estinzione dell'associazione

Oltre che per le cause previste nell'atto costitutivo e nello statuto, l'associazione si estingue quando lo
scopo è stato raggiunto o è diventato impossibile, oppure quando siano venuti a mancare tutti gli associati
(art. 27 cod. civ.).

Per le associazioni riconosciute queste cause devono essere dichiarate dall'autorità amministrativa.

L'associazione si estingue inoltre per deliberazione dell'assemblea con il voto di almeno tre quarti degli
associati (art. 21 cod. civ.); in seguito l'associazione entra in liquidazione. In questa fase non si possono
compiere nuove operazioni (art. 29 cod. civ.): si devono solo definire rapporti giuridici, pagando i creditori
dell'associazione.
I beni che restano sono devoluti secondo le disposizioni dell'atto costitutivo e dello statuto o secondo le
deliberazioni dell'assemblea che ha stabilito lo scioglimento.

Esaurita la liquidazione, l'associazione si estingue.

CAPITOLO 9 → FONDAZIONI E COMITATI


Costituzione, riconoscimento

La fondazione è un’istituzione creata da un fondatore o da più fondatori per attuare la destinazione di un


patrimonio ad un determinato scopo. Può essere di natura culturale (centro studi), scientifica (un istituto di
ricerca), assistenziale (fondazione che eroghi borse di studio),..
la fondazione si distingue dall’associazione, perché quest’ultima consiste in un gruppo di persone (gli
associati), le quali Deliberando in assemblea, possono determinare, interpretare e modificare liberamente
gli scopi dell’associazione, orientarne l’attività attraverso la scelta e il controllo degli amministratori, ed
anche deciderne lo scioglimento.
La fondazione invece, persegue finalità esterne, che sono determinate dal fondatore con l’atto costitutivo e
si impongono agli organi della fondazione.
L’associazione ha anche un organo dominante: l’assemblea degli associati; la fondazione invece ha solo
organi serventi.
La fondazione è costituita con atto pubblico o con testamento (Art 14 codice civile); l’atto costitutivo
deve contenere la denominazione dell’ente, l’indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede e delle
norme sull’ordinamento e sull’amministrazione. Deve inoltre determinare i criteri e le modalità di
erogazione del rendite (art 16 cod. civ.).
La fondazione acquista la personalità giuridica con il riconoscimento amministrativo, il quale sarà concesso
o negato in base agli stessi criteri delle associazioni.
Se l’attività è iniziata prima del riconoscimento e ne derivano delle obbligazioni, di queste risponderanno
personalmente coloro che le hanno assunte.
La costituzione gli altri fatti più importanti della vita delle fondazioni sono soggetti a pubblicità nel
registro delle persone giuridiche.

Organi. Controlli pubblici

Gli amministratori sono nominati con i criteri prescritti dall’atto di fondazione; se questo non provvede, gli
amministratori vengono scelti dall’autorità amministrativa (art. 25 comma 1 cod. civ.).

Nelle associazioni l’attività degli amministratori è controllata dall’assemblea degli associati, perché possono
liberamente disporre degli interessi sociali. Nelle fondazioni un simile controllo interno non è possibile,
poiché esse si propongono di realizzare interessi esterni; perciò il controllo è esercitato dall’autorità
amministrativa, per assicurare che il patrimonio della fondazione sia effettivamente è destinato allo scopo
istituzionale.

Diritti dei beneficiari

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Gli statuti delle fondazioni prevedono l’erogazione di somme o l’esecuzione di altre prestazioni a terzi. Ci si
domanda se questi abbiano un corrispondente diritto soggettivo: se possono, cioè, agire per ottenere la
prestazione, nel caso che la fondazione non la esegua.
La risposta è affermativa, nel caso che il terzo sia determinato dall’applicazione meccanica di criteri
previsti nell’atto costitutivo della fondazione, senza necessità di ulteriori valutazioni discrezionali.

Trasformazione ed estinzione delle fondazioni

La struttura e lo scopo della fondazione sono quelli determinati inizialmente nell’atto costitutivo.
Se lo scopo si esaurisce, o diventa impossibile o di scarsa utilità, o se il patrimonio diventa insufficiente,
l’autorità governativa può trasformare la fondazione, allontanandosi il meno possibile dal suo carattere
originario.

Nel caso in cui il patrimonio sia diventato insufficiente il provvedimento più razionale è spesso quello della
fusione con altre fondazioni che abbiano uno scopo analogo.
La trasformazione non è però ammessa quando i fatti sono considerati nell’atto di fondazione come causa
di estinzione dell’ente e di devoluzione dei beni a terze persone.

La fondazione si estingue per le cause previste nell’atto costitutivo e nello statuto; si estingue inoltre
quando lo scopo è stato raggiunto o è diventato impossibile, se l’autorità governativa non provvede alla
trasformazione.
Per la dichiarazione di estinzione la liquidazione valgono regole analoghe a quelle applicabili alle
associazioni.

I comitati

I comitati sono gruppi di persone che raccolgono presso terzi fondi destinati ad uno scopo annunciato. La
legge menziona i comitati di soccorso o di beneficenza e i comitati promotori di opere pubbliche,
monumenti, esposizioni, mostre o festeggiamenti (Art 39 codice civile).

Lo scopo annunciato costituisce un vincolo di destinazione che grava sui fondi raccolti, e che i componenti
del comitato non possono successivamente modificare.
I comitati appartengono al genere delle fondazioni, infatti, se il comitato ottiene la personalità giuridica
(Art 41 codice civile) sorge un avere propria fondazione.

In assenza del riconoscimento manca il beneficio della limitazione di responsabilità: delle obbligazioni
assunte risponde non solo il fondo raccolto, ma rispondono anche, personalmente e solidalmente, i
componenti del comitato.
I fondi raccolti hanno però una certa autonomia, perché non appartengono più a coloro che li hanno offerti
e neppure appartengono ai componenti del comitato.
La responsabilità personale per le obbligazioni assunte grava sui componenti del comitato, e non anche sui
sottoscrittori.

Coloro che si assumono la gestione dei fondi raccolti sono responsabili personalmente e solidalmente della
conservazione dei fondi e della loro destinazione allo scopo annunciato (Art 40 codice civile).
Qualora i fondi raccolti siano insufficienti allo scopo, questo non sia più attuabile, o raggiunto lo scopo, si
abbia un residuo di fondi, l’autorità governativa stabilisce la devoluzione dei beni, se questa non è stata
disciplinata al momento della costituzione (Art 42 codice civile).

NOZIONI PRELIMINARI SUI BENI E SUI DIRITTI PATRIMONIALI

CAPITOLO 10 → I BENI
L’oggetto dei diritti patrimoniali

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Il diritto soggettivo attribuisce garantisce al suo titolare determinate utilità. Queste derivano talvolta
dall’utilizzazione di una cosa o di un’energia naturale che abbia valore economico; altre volte derivano da
un comportamento altrui (la prestazione) per esempio, l’esecuzione di un trasporto.
Importante è la distinzione tra diritti reali e diritti di credito; l’oggetto immediato del diritto di credito è il
comportamento del debitore.
Accanto ai diritti reali e diritti di credito vi è un’altra grande categoria di diritti patrimoniali: i diritti sulle
opere dell’ingegno (diritto d’autore, brevetti); oggetto di questi diritti e l’opera letteraria, scientifica,
artistica, l’invenzione industriale,…
L’opera dell’ingegno si può concepire come un bene immateriale.

Beni materiali. Definizione e classificazione delle cose

Sono beni materiali le cose e le energie suscettibili di appropriazione e che possono formare oggetto di
diritti (Art 810 e Art 814 codice civile). Dal punto di vista giuridico non sono beni, per esempio:
l’atmosfera, la luce, il calore atmosferico, le acque oceaniche.

A. Cose mobili e immobili

- Sono beni immobili terreni e tutto ciò che sia materialmente incorporato al suolo: principalmente gli
edifici e gli alberi.
- Sono mobili tutti gli altri beni (Art 812 codice civile).
L’esercizio di diritti di proprietà Immobiliare è assoggettato a maggiori restrizioni di diritto pubblico,
perché può influire su condizioni ambientali di interesse generale, sia perché il suolo può presentare in
zone particolari problemi di scarsità
La pubblicità immobiliare rende più facile annotare i trasferimenti e le altre vicende giuridiche degli
immobili in pubblici registri e, affinché chiunque ne possa prendere conoscenza.
Un’analoga pubblicità si è potuta istituire per alcuni beni mobili, come le navi, gli aeromobili e gli
autoveicoli (beni mobili registrati). Ma per la maggior parte dei beni mobili un sistema di pubblicità è
difficile da organizzare e non è opportuno; perciò i trasferimenti immobiliari possono manifestarsi ai
terzi, nella maggior parte dei casi, solo attraverso gli spostamenti del possesso, cioè del potere di fatto
esercitato sulla cosa.
Le cose mobili possono venire trasferite senza rispetto di forme particolari, mentre per trasferire i beni
immobili si richiede un atto scritto (Art 1350 codice civile).

B. Cose fungibili e infungibili

- Cose fungibili sono quelli che possono sostituirsi indifferentemente le une alle altre, perché uguali
quantità di cose dello stesso genere sono del tutto equivalenti ai fini dell’utilizzazione. Appartengono a
questa categoria, per esempio, i prodotti dell’agricoltura e delle miniere, i generi alimentari,…
Fungibili sono anche i biglietti di banca e le monete; vi è fungibilità anche tra strumenti monetari di
taglio diverso dato che si valgono esclusivamente come simbolo di un’astratta somma di denaro (un
biglietto da 100 e 10 biglietti da 10 euro).
Il venditore di cose fungibili non è tenuto a consegnare esemplari determinati, ma si libera trasferendo
esemplari qualsiasi appartenenti al genere richiesto, purché siano di qualità non inferiore alla media.

- Infungibili sono invece le cose prodotte in esemplari unici, per esempio gli originali delle opere
d’arte non multiple. Sono infungibili, di regola gli immobili: anche due terreni di uguale natura
differiscono per la loro collocazione nello spazio

C. Cose consumabili e non consumabili

- Sono consumabili le cose che non hanno un uso continuativo o ripetuto , Perché vengono
consumate del primo atto di utilizzazione (cibi, combustibili,...); in questa categoria rientra anche il
denaro, perché per utilizzarlo occorre spenderlo, e dunque privarsene.

- Inconsumabili sono le cose che hanno un’utilizzazione ripetuta, anche se questa finisca, primo poi,
per deteriorarle (vestiti, automobili,…)

D. Le pertinenze

Le pertinenze sono le cose destinate in modo durevole al servizio o ad ornamento di un’altra cosa,
senza esserne parte costitutiva; Per esempio gli attrezzi e la ruota di scorta dell’automobile,
l’autorimessa destinata al servizio di una casa di abitazione.
Gli atti e i rapporti giuridici che hanno per oggetto la cosa principale comprendono anche le pertinenze,
se non è diversamente disposto.
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E. Universalità di mobili

L’universalità di mobili è una pluralità di cose che appartengono alla stessa persona e hanno una
destinazione unitaria. Per esempio: il magazzino delle merci di un’impresa, una collezione di monete, il
gregge. La destinazione dipende dalla volontà del possessore.
Gli atti rapporti giuridici possono avere per oggetto la universalità o le singole cose che la compongono
(si può vendere il gregge e si può vendere la singola pecora).
Le universalità di mobili sono assoggettata a regole giuridiche diverse da quelle applicabili alle cose
mobili in generale.

F. I frutti

I frutti si distinguono in due categorie: i frutti naturali e frutti civili.

- I frutti naturali provengono direttamente dalla cosa, come prodotti agricoli, i prodotti delle miniere,
i parti degli animali,… Essi appartengono al proprietario della cosa che li produce (Art 820 comma 1
codice civile).
- I frutti civili si ritraggono da una cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia: Interessi
di un capitale da tuo mutuo, corrispettivo di un affitto,.. (Art 820 comma 3 codice civile).

CAPITOLO 11 → DIRITTI REALI E DIRITTI DI CREDITO

Nozione di diritto reale

Classificazione dei diritti reali

Nozione di obbligazione: la prestazione dovuta

Causa della prestazione, azione, responsabilità patrimoniale

Le fonti delle obbligazioni

Le obbligazioni reali

Confronto tra diritti reali e diritti di credito

Diritti personali di godimento di cose

Tipicità dei diritti reali

Il patrimonio

CAPITOLO 12 → ACQUISTO E TUTELA DEI DIRITTI PATRIMONIALI


Acquisti a titolo originario e a titolo derivativo

Tutela in forma specifica e tutela per equivalente. Tutela assoluta e relativa.

ATTI ILLECITI E RESPONSABILITÀ CIVILE

CAPITOLO 13 → GLI ATTI ILLECITI


Atti dannosi leciti e illeciti

Il problema dell’identificazione degli atti illeciti. Tipicità e atipicità degli atti illeciti.

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Le principali figure di atto illecito. Illeciti contro la persona

Illeciti contro l’onore, la riservatezza e la verità personale

Lesioni di diritti reali

Danni all’ambiente

Pregiudizio a posizioni contrattuali

Concorrenza sleale e illeciti contro l’impresa

Falsa informazione

Illeciti connessi con l’amministrazione della giustizia

Responsabilità per omissione

Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei percettori e dei maestri d'arte

Le cause di giustificazione

Il dolo

La colpa

Atti colpiti solo se compiuti con l'intenzione di nuocere, oppure con dolo o con colpa grave

La capacità di intendere e di volere

CAPITOLO 14 → LA RESPONSABILITÀ OGGETTIVA


Nozione

Rivoluzione industriale e mutamento nel sistema della responsabilità civile

Le ipotesi di responsabilità oggettiva per rischio

La funzione della responsabilità oggettiva per rischio

La responsabilità per il fatto dei dipendenti: a) il rapporto di preposizione b) L’esercizio delle incombenze

La responsabilità per il danno cagionato da cose o animali: a) Determinazione del responsabile b) Il “caso
fortuito” quale limite della responsabilità c) Ambito di applicazione dell’art. 2051 codice civile

Responsabilità per l'esercizio di attività pericolose

Responsabilità del produttore

Responsabilità civile e assicurazione

CAPITOLO 15 → DANNO, CAUSALITÀ, RIMEDI


Nozione di danno patrimoniale e non patrimoniale. Danno emergente e lucro cessante

Causalità di fatto e condizione “sine qua non”

La causalità “immediata e diretta”

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Rapporto fra ambito della responsabilità da atto illecito e scopo della norma violata

Rapporto fra ambito della responsabilità oggettiva e funzione di questa

Concorso di responsabili

Concorso di colpa del danneggiato

Il risarcimento del danno per equivalente

La reintegrazione in forma specifica

La ripartizione del danno non patrimoniale

Azione inibitoria

IL NEGOZIO GIURIDICO E IL CONTRATTO

CAPITOLO 16 → L'AUTONOMIA PRIVATA E IL NEGOZIO GIURIDICO


Nozione

Autonomia privata significa possibilità, per i singoli di regolare da sé, nel modo voluto, i rapporti giuridici
con altre persone.
Strumento per la realizzazione dell’autonomia privata è il negozio giuridico. Questo consiste in un atto, o
in un insieme di atti di più persone, rivolto a produrre effetti riconosciuti e garantiti dall’ordinamento
giuridico.
Gli atti negoziali consistono normalmente in dichiarazioni (per esempio lo scambio della proposta e
dell’accettazione per la conclusione di un contratto).
Talvolta però essi possono consistere anche in comportamenti che diano materialmente attuazione ad un
assetto negoziale di interessi (per esempio il comportamento di chi sale sul tram, con ciò conclude un
contratto di trasporto).
Il negozio giuridico ha la funzione di consentire ai singoli di regolare in modo autonomo i propri interessi,
dando ad essi un assetto voluto.
La volontà però non basta a giustificare l’efficacia: non ci sarebbe nessuna ragione per vincolare gli uomini
alle loro intenzioni; ciò che crea il vincolo è la posizione di un regolamento di interessi (per esempio:
l’assunzione di un impegno, il trasferimento di un diritto) nei confronti di altre persone attraverso la
dichiarazione o l’attuazione negoziale.

Volontà e dichiarazione nel negozio giuridico

La dichiarazione negoziale corrisponde a ciò che il dichiarante vuole; talvolta però questa corrispondenza
può mancare. Problematici sono i casi nei quali la divergenza derivi da errore nella dichiarazione e quelli in
cui siano state usate espressioni dal significato equivoco o incerto; inoltre, i casi nei quali il processo
formativo della volontà negoziale sia stato turbato dalla minaccia o dall’inganno o dall’errore.

Limiti dell’autonomia privata

Il potere dei singoli di regolare da sé i propri interessi trova un limite nell’esigenza che tali interessi non
siano in contrasto con quelli della società e che siano protetti dall’ordinamento giuridico.

Talvolta l’ordinamento giuridico consente ai privati solo la scelta fra determinati tipi di negozi giuridici.
Così, nel diritto di famiglia esiste solo un numero chiuso di negozi tipici (il matrimonio, l’adozione,...).
Il principio della tipicità si incontra anche nel campo dei negozi patrimoniali, quando esso sia imposto
dall’esigenza di tutela dei terzi. In traffico giuridico, o da altre ragioni particolari.

In alcuni casi la legge determina rigidamente tutti gli effetti del negozio atipico; altre volte invece lascia
uno spazio, ristretto o anche ampio, entro il quale la volontà privata può determinare il contenuto del
negozio. Nel campo degli accordi contrattuali vale il principio della atipicità; in ogni caso occorre però che il

22
regolamento contrattuale determinato dalle parti non sia illecito, ma diretto a realizzare interessi
meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322 cod. civ.).

L’integrazione del regolamento negoziale privato

Chi stipula un contratto o un altro negozio giuridico non pensare colarne tutti gli effetti (Due persone
Stipulano una compravendita accordandosi sulla cosa sul prezzo, senza determinare il luogo nel quale
debba avvenire la consegna della cosa). In questi casi la lacuna del regolamento negoziale è colmata da
disposizioni di legge.

Il codice e le altre leggi civili contengono un complesso importante di regole integrative dei contratti
incompleti.
Gli effetti essenziali del negozio giuridico devono essere stati voluti dalle parti: essi costituiscono il nucleo,
al quale solo possono accedere alle disposizioni integrative. Così, si può integrare un contratto di vendita
immobiliare solo se le parti si sono accordate sulla cosa e sul prezzo; se le parti non hanno raggiunto
l’accordo su uno di questi elementi, n’è hanno fissato i criteri per la sua determinazione, il contratto è
nullo.

Fin qui si tratta solo di colmare lacune: ciò significa che le norme delle quali stiamo parlando sono
dispositive.
L’autonomia privata incontra dei limiti, fissati da norme e principi non derogabili (norme e principi
imperativi). Talvolta invece la nullità ne colpisce solo una parte, che spesso viene sostituita
automaticamente dalla disposizione imperativa: il regolamento negoziale viene ad essere non solo più
integrato, ma anche parzialmente modificato dalla legge.
Concludendo si può dire che a determinare il regolamento negoziale concorrono le dichiarazioni percettive
dei privati, la legge (con norme dispositive o imperative), e talvolta anche gli usi e l’equo apprezzamento
del giudice.
Di regola è necessario che almeno il nucleo essenziale degli effetti del negozio sia stato positivamente
voluto dalle parti.

Elementi del negozio giuridico

L’articolo 1325 cod. civ. elenca quattro elementi essenziali del contratto:
1. L’accordo delle parti
2. La causa
3. L’oggetto
4. La forma

L’accordo delle parti esprime la manifestazione di volontà, riferibile non solo ai negozi che richiedono un
accordo di più parti, ma anche a quelli che consistono in una dichiarazione o in un comportamento di
attuazione materiale.
La causa è la ragione essenziale del negozio, la giustificazione delle prestazioni negoziali; occorre che essa
esista, che sia lecita (art 1418 codice civile) e degna di tutela (Art 1322 codice civile).
L’oggetto consiste nelle prestazioni negoziali: deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile
(artt 1346, 1418 codice civile).
La forma è un requisito del negozio “quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità”, la
legge si riferisce non alla forma in genere, ma alla forma speciale vincolata (per esempio atto notarile,
scrittura privata).

Negozi unilaterali e contratti

Il negozio giuridico si dice unilaterale quando è costituito dalla dichiarazione di volontà o dal
comportamento negoziale di una sola parte: si pensi al testamento o all’abbandono di una cosa mobile. Il
termine “parte” può rappresentare una singola persona (fisica o giuridica), ma anche un gruppo di persone
che si pongono rispetto al negozio con un unico centro di interessi; per esempio, la promessa al pubblico
(art 1989 codice civile).
Se il negozio è costituito dalle dichiarazioni di volontà o dai comportamenti di due o più parti, si dice
bilaterale o plurilaterale. Il contratto è il negozio con il quale due o più parti costituiscono, regolano o
estinguono rapporti giuridici patrimoniali (art 1321 codice civile).

Il contratto copre la maggior parte dei negozi giuridici patrimoniali tra vivi: quando il contratto si conclude
senza la necessità di accettazione da parte dell’oblato, quest’ultima attraverso il rifiuto può fermare
l’efficacia.
Il negozio unilaterale, invece ha effetto.
23
Con negozi giuridici unilaterali possono essere realizzate solo per operazioni giuridiche residue come ad
esempio gli atti che riguardano direttamente il patrimonio di chi li compie: conferimento di una procura,
accettazione di eredità, l’abbandono di una cosa mobile. Se dovesse trattarsi di un immobile, l’abbandono
unilaterale della proprietà ne determina l’acquisto da parte dello Stato (Art 827 codice civile).
Esistono anche negozi unilaterali che presuppongono in chi li compie un potere derivante dal contratto o
dalla legge: sono atti unilaterali che possono implicare modifiche anche sfavorevoli per il patrimonio, come
ad esempio il recesso da un contratto, da un’associazione o da una società o la dichiarazione di volersi
avvalere della clausola che prevede la risoluzione del contratto nel caso di inadempimento di una
determinata obbligazione (art. 1456 cod. civ.).

Deliberazioni

Le deliberazioni sono dichiarazioni negoziali approvate dall’organo collegiale di una persona giuridica o
di un gruppo organizzato (Per esempio: assemblea di soci, consiglio di amministrazione di una persona
giuridica).
Esse valgono come regolamento: si considerano come negozio unilaterale provenienti dal gruppo stesso.

CAPITOLO 17 → LE MANIFESTAZIONI DI VOLONTÀ

CAPITOLO 18 → L’INTERPRETAZIONE DEL NEGOZIO GIURIDICO

CAPITOLO 19 → LA SIMULAZIONE

CAPITOLO 20 → I VIZI DELLA VOLONTÀ

→ L’ERRORE
L’errore nella formazione del negozio giuridico

L'errore consiste in una falsa conoscenza o nell'ignoranza di situazioni, qualità, rapporti.


L'errore può influire sulla formazione del negozio giuridico inventarsi modi.
Esso può cadere sulla dichiarazione; ciò accade quando per distrazione o per ignoranza del significato delle
parole O dei segni usati, si dichiara una cosa diversa da quella che si vorrebbe (in un'assemblea alzo la
mano credendo di votare a favore di una proposta, ma ho male inteso il chiesto di alzare la mano a coloro
che fossero contrari).
Oppure l'errore può cadere su circostanze che influenzano la formazione della volontà negoziale (errore
vizio).
Per esempio: accetto di acquistare l'oggetto che mi è stato offerto, perché credo sia d'oro, mentre in realtà
è di altro metallo; qui non viene errore sul significato della dichiarazione: ho dichiarato di voler acquistare
quell'oggetto, ma la mia volontà si è formata sulla base di un errore (se avessi saputo che l'oggetto era
dottore, non avrei deciso di comprarlo).

La tutela dell’affidamento

L’errore determina la formazione di un negozio inidoneo alla funzione che gli è propria: Quella di strumento
concesso a persone ed enti per realizzare autonomamente programmi economici e dare ai propri interessi
l’aspetto desiderato. Per questo c’è l’esigenza di negare efficacia al negozio viziato da errore.
Il dichiarante regola con il negozio i propri interessi nei rapporti con altre persone, le quali fanno
affidamento sull’assetto negoziale e si regolano di conseguenza.

La legge italiana risolve l’errore facendo prevalere la tutela dell’affidamento nei contratti a titolo oneroso, e
facendo prevalere la tutela del dichiarante nei negozi a titolo gratuito.
Questa diversità di trattamento si giustifica considerando che la mancata tutela dell’affidamento e la
conseguente insicurezza dei rapporti nei contratti a titolo oneroso fermerebbe dannosamente i traffici,
mentre lo stesso discorso non può farsi a proposito dei negozi a titolo gratuito.
La delusione dell’affidamento nel contratto a titolo oneroso implica danni più gravi per il singolo
interessato.
La tutela dell’affidamento nei contratti a titolo oneroso non significa che il dichiarante caduto in errore
sia sempre vincolato dalla sua dichiarazione; se l’errore è stato rilevato dall’altra parte, non viene nessun
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affidamento da tutelare il contratto può essere annullato. La stessa soluzione vale per l’errore che non sia
stato rilevato dall’altra parte, ma fosse da questa riconoscibile; ciò significa che la legge impone a ciascun
contraente un onere di attenzione all’esistenza di eventuali vizi della volontà o della dichiarazione dell’altra
parte: solo l’affidamento, nato nonostante questa attenzione, merita tutela.
Il contratto a titolo oneroso è dunque annullabile solo se l’errore è riconoscibile dall’altro contraente (art.
1428 e 1431 cod. civ.).
L’errore deve essere anche essenziale, che cada sulla natura o sull’oggetto del contratto, sull’oggetto
della prestazione o, sull’identità o sulle qualità della persona dell’altro contraente.
Ogni altro errore è rilevante, anche se determinante del consenso.

Nei negozi a titolo gratuito l’affidamento non trova tutela: l’errore può essere causa di invalidità anche
se non è essenziale e riconoscibile. Occorre che l’errore abbia avuto un’efficacia causale determinante:
perciò il negozio resta valido se, anche in mancanza dell’errore, sarebbe stato stipulato ugualmente.

CAPITOLO 21 → OGGETTO E CAUSA

CAPITOLO 22 → LA FORMA

CAPITOLO 23 → CONDIZIONE, TERMINE, MODO

CAPITOLO 24 → LA RAPPRESENTANZA

CAPITOLO 25 → INVALIDITÀ DEL NEGOZIO GIURIDICO

CAPITOLO 26 → IL CONTRATTO NELLA SOCIETÀ CONTEMPORANEA

CAPITOLO 27 → TIPI E STRUTTURE CONTRATTUALI


Contratti tipici e atipici

La legge prevede e regola una serie di figure contrattuali “tipiche”: la vendita, il mandato, la transazione, e
così via.
Alle parti è consentito anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina
particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico
(art. 1322 cod. civ).

Talvolta il contratto atipico si presenta come una combinazione di diversi contratti tipici. Per esempio, il
contratto di logistica, con il quale una parte si assume il compito di organizzare e assicurare un flusso di
beni fra il luogo d’origine e il luogo di utilizzazione in modo da rispondere all’esigenza del destinatario di
disporre del bene giusto nella giusta quantità al momento giusto e nel luogo giusto, così da realizzare
risultati di efficienza economica e finanziaria.

Gli interventi del legislatore in questa materia si sono generalmente limitati a disciplinare alcuni aspetti dei
nuovi contratti, senza giungere a dettarne una disciplina completa.

Ai contratti atipici si applicano le norme e i principi generali sul contratti (1323 cod. civ.) e le norme
speciali eventualmente emanate per disciplinare alcuni aspetti.
Molti contratti, che non sono oggetto di una disciplina di legge specifica e completa, sono legislativamente
“atipici”, sono però tipici socialmente, per la loro diffusione nella pratica degli affari.

Alcune strutture contrattuali

I contratti tipici e atipici, si possono classificare in relazione a varie caratteristiche di struttura, tali da
influire profondamente sulla loro disciplina giuridica.

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A) Contratti a titolo oneroso e contratti a titolo gratuito

Il contratto è oneroso quando al sacrificio patrimoniale di ciascuna parte fa riscontro un vantaggio


corrispondente (il compratore paga per avere la cosa; l’assicurato paga i premi per essere garantito
contro un rischio;..). Altrimenti il contratto è gratuito.
Chi compie un’attribuzione gratuita è assoggettato a una responsabilità contrattuale meno rigorosa.

B) Contratti unilaterali, contratti a prestazioni corrispettive, contratti a struttura associativa

C) Contratti commutativi e contratti aleatori

D) Contratti ad esecuzione continuata o periodica

Contratti consensuali, formali, reali

CAPITOLO 28 → PROMESSE UNILATERALI


Promesse unilaterali e contratti

La promessa al pubblico

CAPITOLO 29 → IL CONTRATTO: FORMAZIONE ED EFFETTI

CAPITOLO 30 → LA RESCISSIONE DEL CONTRATTO

Nozione

Il diritto dei contratti è fondato sull’ode che il corrispettivo economicamente giustificato sia quello
liberamente determinato dalle parti, perciò è escluso, di regola, ogni intervento giudiziario rivolto
a modificare i termini del contratto secondo un criterio di giustizia amministrativa.
Il diritto offre però un rimedio nelle ipotesi in cui l’iniquità delle condizioni contrattuali dipenda
dall’approfondimento dello stato di pericolo o dello stato di bisogno di una parte: in tal caso il
contratto può venir rescisso.
È possibile solamente per i contratti (mentre la nullità e l’annullabilità sono riferibili a qualsiasi
negozio giuridico).

Contratto concluso in stato di pericolo

È rescindibile il contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni a condizioni inique, per la
necessità, nota alla controparte, di salvare sé altri dal pericolo attuale di un danno grave alla
persona (art. 1447 cod. civ.): ipotesi di una persona che, trovandosi il pericolo, sia costretta a
promettere un compenso spropositato per ottenere soccorso; quindi deve ricorrere uno stato di
necessità come quello previsto dall’art. 2045 cod. civ., in tema di atto illecito, con la differenza
però che anche il pericolo nel quale si sia incorsi volontariamente o per impudenza, può
giustificare la rescissione del contratto.
Nel pronunciare la rescissione il giudice può assegnare un equo compendo all’altra parte per
l’opera prestata (art. 1447 cod. civ.)

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Contratto concluso in stato di bisogno

È rescindibile anche il contratto concluso in stato di bisogno: si pensi all’ipotesi di una persona
che, mancando dei mezzi per far fronte a necessità finanziarie impellenti, venda un proprio
immobile ad un acquirente, il quale approfittando dell’urgenza, riesca ad ottenere l’acquisto ad
un prezzo vile.
Occorre che la lesione ecceda la metà del valore che la prestazione eseguita o promessa della
parte danneggiata aveva al tempo del contratto (art 1448 cod. civ.), quindi occorre che la parte
lesa abbia dato o promesso una prestazione che valga più del doppio di quella ottenuta come
corrispettivo.

La legge aggiunge che l’altro contraente deve averne approfittato, è sufficiente che la
conoscenza dello stato di bisogno della controparte e della possibilità di approfittarne con la
stipulazione di un contratto iniquo abbia costituito la spinta psicologica a contrarre.

L’azione di rescissione

La rescissione è pronunciata dal giudice su domanda della parte danneggiata. Si tratta di


un’azione analoga a quella dell’annullamento, ma vi sono però alcune differenze: non è ammessa
la convalida del negozio rescindibile ( art 1451 cod. civ.); la prescrizione si compie in un anno
( art. 1449 cod. civ.) e colpisce non solo l’azione ma anche l’eccezione; la rescissione non è
opponibile a terzi ( art. 1452 cod. civ.).

CAPITOLO 31 → L’INADEMPIMENTO E LA RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE

CAPITOLO 32 → MANCATA ESECUZIONE DEL CONTRATTO E ALTERAZIONI


DELL’EQUILIBRIO CONTRATTUALE

CAPITOLO 35 → LE OBBLIGAZIONI PECUNIARIE


La moneta e il principio nominalistico

Debiti di valore

L’adempimento delle obbligazioni pecuniarie

CAPITOLO 36 → OBBLIGAZIONI SOLIDALI, INDIVISIBILI, ALTERNATIVE,


FACOLTATIVE
La solidarietà passiva

La solidarietà attiva

Obbligazioni indivisibili

Obbligazioni alternative

Obbligazioni facoltative

CAPITOLO 37 → L’ADEMPIMENTO E ALTRE CAUSE DI ESTINZIONE DELLE


OBBLIGAZIONI

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CAPITOLO 38 → L’INADEMPIMENTO E IL RISARCIMENTO DEL DANNO

CAPITOLO 51 → LA PROPRIETÀ

CAPITOLO 52 → I DIRITTI REALI DI GODIMENTO

CAPITOLO 54 → IL POSSESSO

CAPITOLO 65 → PRINCÌPI COSTITUZIONALI E ASPETTI GENERALI DEL


DIRITTO DI FAMIGLIA

CAPITOLO 70 → LE SUCCESSIONI: PRINCIPI GENERALI

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