Ai sensi dell’art. 1470 c.c., la vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento
della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di
un prezzo.
Rientra nella categoria dei contratti traslativi e cioè quei contratti che trasferiscono la
proprietà di una cosa determinata ovvero costituiscono o trasferiscono diritti reali, tra
cui rientrano anche il contratto di riporto di cui all’art. 1548 cc, che è il contratto per il
quale il riportato trasferisce la proprietà al riportatore titoli di credito di una data specie
per un determinato prezzo, e il riportatore assume l'obbligo di trasferire al riportato, alla
scadenza del termine stabilito , la proprietà di altrettanti titoli della stessa specie, verso
rimborso del prezzo, che può essere aumentato o diminuito nella misura convenuta; il
contratto di permuta di cui all’art. 1552 c.c., che è il contratto che ha per oggetto il
reciproco trasferimento della proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente
all’altro; il contratto estimatorio nel quale, ai sensi dell’art. 1556 c.c., una parte
consegna una o più cose mobili all'altra e questa si obbliga a pagarne il prezzo, salvo
che restituisca le cose nel termine stabilito, nonché il contratto di somministrazione,
che ai sensi dell’art. 1559 c.c., è il contratto con il quale una parte si obbliga
(somministrante) verso il corrispettivo di un prezzo a eseguire a favore dell’altra
(somministrato) prestazioni periodiche o continuative di cose.
Caratteristiche fondamentali della vendita:
- è un contratto consensuale, in quanto si perfeziona con il realizzarsi dell'incontro
della volontà delle parti senza che occorra la consegna della cosa o il pagamento del
prezzo;
- è un contratto ad effetti reali, in quanto produce il trasferimento della proprietà la
costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il trasferimento di altro diritto.
Esistono, in ogni caso, alcune ipotesi in cui la vendita ha efficacia meramente
obbligatoria, non trasferisce, cioè, immediatamente la proprietà della cosa, ma obbliga il
venditore a trasferirla successivamente, conferendo al compratore soltanto un diritto di
credito (c.d. vendita ad effetti reali differiti o vendita obbligatoria). Tra esse rientrano:
la vendita alternativa art.1285 c.c.: Il debitore di un'obbligazione alternativa si libera
eseguendo una delle due prestazioni dedotte in obbligazione, ma non può costringere il
creditore a ricevere parte dell'una e parte dell’altra; la vendita di cose generiche art.
1378 c.c.: nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento di cose determinate solo
nel genere, la proprietà si trasmette con l'individuazione fatta d'accordo tra le parti o nei
modi da essi stabiliti. Trattandosi di cose che devono essere trasportate da un luogo a un
altro, l'individuazione avviene anche mediante la consegna al vettore o allo
spedizioniere; la vendita di cosa futura art. 1472 c.c.: nella vendita che ha per oggetto
una cosa futura, l'acquisto della proprietà si verifica non appena la cosa viene ad
esistenza. Se oggetto della vendita sono gli alberi o i frutti di un fondo, la proprietà si
acquista quando gli alberi sono tagliati o i frutti sono separati; la vendita di cose altrui
art. 1478 c.c.: se al momento del contratto la cosa venduta non era di proprietà del
venditore, questi è obbligato a procurarne l'acquisto al compratore. Il compratore
diventa proprietario nel momento in cui il venditore acquista la proprietà dal titolare di
essa.
- si tratta di un contratto con attribuzioni corrispettive;
- istantaneo nel senso che l'esecuzione della prestazione si esaurisce in un solo istante,
ovverosia, nel momento, immediato o differito, in cui il trasferimento si verifica;
- commutativo in quanto è possibile valutare vantaggi e gli svantaggi derivanti dall'atto
sin dal momento della stipulazione. Fanno eccezione la vendita di speranza (art. 1472
c.c.), la vendita a rischio e pericolo del compratore (art. 1488 secondo comma c.c.) e la
vendita di eredità;
- un contratto di straordinaria amministrazione: incide sulla sostanza del patrimonio.
Obblighi del venditore:
1) l'obbligo di consegnare la cosa al compratore,
2) l’obbligo di fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto, se l'acquisto non è
effetto immediato del contratto,
3) l’obbligo di garantire il compratore dall'evizione e dai vizi della cosa.
Le garanzie:
1. garanzia per evizione: è esperibile quando il compratore viene privato in tutto in
parte del diritto sul bene acquistato in conseguenza dell’accertato diritto di un terzo (art.
1483 c.c.).
L'evizione può essere totale quando si riferisce a tutta quanta la cosa venduta o
parziale se si riferisce solo a parte di essa (art. 1484 c.c.).
Gli effetti della garanzia sono:
- in caso di evizione totale il venditore deve restituire al compratore il prezzo pagato,
rimborsargli le spese di contratto, le spese successive fatte per la cosa ( artt. 1479 e 1482
c.c.);
- in caso di evizione parziale il compratore può ottenere una riduzione del prezzo oltre
al risarcimento del danno. Si applicano comunque le norme sull'evizione totale, qualora
risulti, secondo le circostanze, che egli non avrebbe acquistato la cosa senza la parte di
cui non è divenuto proprietario.
Come statuito dalla Suprema Corte, "l'evizione totale o parziale si verifica solo quando
l'acquirente sia privato in tutto o in parte del bene alienato, mentre nell'ipotesi in cui
risulti inesistente la servitù attiva che il venditore abbia dichiarato nel contratto si
determina la mancanza di una qualitas fundi, con conseguente applicazione dell'art.
1489 c.c., estensivamente interpretato, che oltre ai tipici rimedi sinallagmatici della
risoluzione e della riduzione del prezzo consente anche il solo risarcimento danno"
(Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14324 del 24/06/2014).
FATTO: Con contratto di compravendita immobiliare del maggio 2017, Tizio
acquistava un fondo sito nella località di Bellavista. Veniva prevista espressamente nel
trasferimento immobiliare la servitù di passaggio per accedere al fondo altrimenti
intercluso, in quanto l’alienante Caio aveva dichiarato che per accedere alla vicina
strada provinciale si poteva attraversare la proprietà dei vicini.
A distanza di qualche mese dall’acquisto del fondo, però, Tizio si rendeva conto
dell’inesistenza della servitù dichiarata dal venditore, informava tempestivamente Caio
di tale circostanza e si recava dal suo legale onde conoscere i rimedi esperibili a fronte
di tale situazione.
In tal caso, la Suprema Corte ha preso le mosse dalla considerazione che la servitù
inerisce, rispettivamente dal lato attivo e passivo, al fondo dominante ed a quello
servente, costituendone una qualitas, sicché essa si trasferisce automaticamente in caso
di vendita di uno dei due fondi. Da ciò deriva che qualora venga venduto un immobile
(o frazione di esso) a cui favore sia stato precedentemente costituita una servitù, il
riferimento, nell'atto di compravendita, all'atto costitutivo della servitù, è giuridicamente
irrilevante ai fini dell'esistenza della stessa, nel senso che esso è superfluo se la
costituzione era validamente avvenuta, mentre non può produrre alcun effetto
nell'ipotesi di inesistenza derivante da invalidità per qualsiasi motivo dell'atto
costitutivo richiamato.
Come già anticipato (usate sempre questo tipo di espressioni che danno organicità e
logicità al vostro elaborato), l'evizione totale o parziale si verifica solo quando
l'acquirente sia privato in tutto o in parte del bene alienato ovvero il diritto trasferito
perda le sue caratteristiche qualitative o quantitative.
Per contro, se la privazione riguardi esclusivamente limitazioni inerenti il godimento del
bene o imposizioni di oneri che lascino integra l'acquisizione patrimoniale trova
applicazione l'art. 1489 c.c., riguardante i vizi della cosa venduta.
In altri termini, non solo l'esistenza di servitù passive non dichiarate, ma anche
l'inesistenza di servitù attive dichiarate dal venditore ricade - quale ipotesi speculare a
quella normativamente prevista - sotto la disciplina dell'art. 1489 c.c.
Nell'un caso come nell'altro, è intaccata non l'esistenza del diritto trasferito e
l'estensione quantitativa del bene che ne forma oggetto, ma una qualitas fundi che le
parti hanno negoziato attribuendovi un valore economico, e la cui inesistenza, alterando
l'equilibrio sinallagmatico, giustifica i rimedi previsti dalla citata norma.
Ciò significa che in casi simili è possibile agire con l’azione della garanzia per vizi ex
art. 1489 c.c., interpretata estensivamente, che oltre ai tipici rimedi sinallagmatici della
risoluzione e della riduzione del prezzo, consente anche il solo risarcimento del danno.
2. Garanzia per vizi della cosa art. 1490 c.c.: il venditore è tenuto a garantire che la
cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'uso a cui è destinata o ne
diminuiscano in modo apprezzabile il valore. I vizi sono imperfezioni materiali della
cosa tali da incidere sul valore della stessa.
La garanzia può essere esclusa o limitata convenzionalmente, ma le clausole in deroga
non hanno effetto nel caso in cui il debitore abbia taciuto in malafede vizi della cosa
( art. 1490 c.c.). La garanzia non è dovuta nel caso di vizi conosciuti o facilmente
riconoscibili dal compratore (art. 1491 c.c.).
Il compratore deve denunciare i vizi al venditore entro il termine di otto giorni dalla
scoperta, salvo diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge. Il compratore è
esonerato dall'onere di denuncia solo nel caso di riconoscimento o viceversa di
occultamento dei vizi da parte del venditore.
Inoltre, l’azione per far valere la garanzia per vizi si prescrive in un anno dalla consegna
del bene compravenduto. L’occultamento dei vizi per assumere rilevanza deve
consistere non nel semplice silenzio serbato dal venditore ma in una particolare attività
illecita, funzionale, con adeguati accorgimenti, a nascondere il vizio della cosa
Sul punto la Suprema Corte è recentemente intervenuta precisando che “l'azione del
compratore contro il venditore per far valere la garanzia ex art. 1495 c.c. si prescrive,
in ogni caso, nel termine di un anno dalla consegna del bene compravenduto, e ciò
indipendentemente dalla scoperta del vizio” (cass. 5 maggio 2017, n. 11037). La
Suprema Corte ha, dunque, ribadito che il termine prescrizionale di un anno decorre dal
giorno della consegna del bene venduto e non dalla scoperta del vizio della cosa, anche
quando il vizio non fosse stato rilevabile attraverso un diretto ed evidente esame della
fornitura.
Quali sono i rimedi a tutela del compratore?
il compratore ha il diritto di scelta tra la risoluzione del contratto e la riduzione del
prezzo. Si parla, rispettivamente, di azione <<redibitoria>> ed <<estimatoria>>,
definite anche azioni <<edili>>, perché si ricollegano ad analoghe azioni di diritto
romano, previste negli editti degli aediles curules.
• La c.d. actio redhibitoria, è l’azione di risoluzione per inadempimento, che condivide
la natura dell’azione di risoluzione generale di cui all’art. 1453 c.c., differenziandosene
per l’irrilevanza della colpa e per l’onere di preventiva denuncia.
• La c.d. actio aestimatoria tutela, invece, l’equilibrio tra le prestazioni per il caso in
cui il compratore non opti per la risoluzione, potendo il compratore, evidentemente
intenzionato a mantenere la proprietà del bene acquistato e a non restituirlo al venditore,
effetto che conseguirebbe dall’esperimento dell’azione di risoluzione, richiedere la
riduzione del prezzo pattuito (art. 1495 c.c.). Per tutte le azioni esaminate è previsto un
termine di prescrizione annuale. Il dies a quo coincide con quello di conclusione del
contratto, nei casi in cui il compratore abbia la disponibilità della cosa; altrimenti da
quello di consegna.
• risarcimento del danno: il venditore deve risarcire il danno se non prova di aver
ignorato senza colpa vizi della cosa (art. 1494 c.c.). Il risarcimento del danno spetta al
compratore indipendentemente dall'esercizio dell'azioni redibitoria ed estimatoria.
Con particolare riferimento al risarcimento del danno, la Suprema Corte è recentemente
intervenuta, precisando che, in caso di inadempimento o inesatto adempimento del
venditore, per vizi della cosa venduta, oltre alla corrispondente responsabilità
contrattuale, è configurabile anche la responsabilità extracontrattuale del venditore
stesso, ma solo quando il pregiudizio arrecato al compratore abbia leso interessi di
quest’ultimo che siano sorti al di fuori del contratto ed abbiano la consistenza di diritti
assoluti. Intanto può sussistere, in capo al venditore, un doppio titolo di responsabilità,
in quanto il danno lamentato dall'acquirente vada ad interessare diritti assoluti, ma a
condizione che non si tratti di interessi nascenti e disciplinati dal contratto.
FATTO: vendita di alcuni terreni, risultati poi inquinati, tanto da aver costretto
l’acquirente ad opera di bonifica.
La responsabilità aquiliana potrebbe sussistere nel caso di specie se, ad esempio, vi
fossero stati avvelenamenti patiti dallo stesso acquirente o da terzi in conseguenza
dell'inquinamento in questione, oppure se la società Bracco avesse lamentato una
lesione del proprio buon nome commerciale in conseguenza di tale acquisto. Per contro,
la S.C. ha ritenuto non ipotizzabile, a carico del venditore, il doppio titolo di
responsabilità, ove il compratore lamenti il danno derivante dal fatto che un fondo
compravenduto sia risultato inquinato ed abbia avuto bisogno di opere di bonifica,
atteso che tale danno è conseguenza diretta del minor valore della cosa venduta o della
sua distruzione o di un suo intrinseco difetto di qualità, che resta nell’ambito della
responsabilità contrattuale, con azione soggetta a prescrizione annuale, nel caso di
specie la posta risarcitoria extracontrattuale si basava sulla lesione del diritto assoluto di
proprietà, in quanto motivata in ragione della violazione da parte della società venditrice
degli obblighi contrattuali ed il generale dovere del neminem laedere, «nel senso che i
terreni inquinati non avevano solo diminuito il valore del bene comprato ma avevano
anche esposto la società ad una vera e propria compromissione del suo diritto su quel
bene», non potendone la stessa disporre «secondo la sua funzione economico-sociale»
se non a condizione «di massicci e costosi interventi di bonifica».
Aggiornamenti giurisprudenziali
- Quanto alla garanzia per vizi della cosa, si riporta una recente pronuncia
giurisprudenziale che merita attenzione con riferimento ai vizi degli alimenti messi in
commercio.
Nel settore alimentare, dove la circolazione di merce sicura e sana contribuisce in
maniera significativa alla salute e al benessere dei consumatori, l'acquirente di un
alimento, operatore professionale e produttore (mediante l'utilizzazione del componente
comperato) della sostanza finale destinata al consumo umano, ha l'obbligo -
riconducibile al dovere di diligenza, previsto dal secondo comma dell'art. 1227 cod.
civ., cui il creditore è tenuto per evitare l'aggravamento del danno indotto dal
comportamento inadempiente del debitore - di attenersi al principio di precauzione e di
adottare misure proporzionate in funzione delle caratteristiche del prodotto e della sua
destinazione, verificando, attraverso controlli di genuinità a campione, prima di
ulteriormente impiegarlo quale parte o ingrediente nella preparazione di un alimento poi
distribuito su scala industriale, che il componente acquistato risponda ai requisiti di
sicurezza previsti e non contenga additivi vietati e pericolosi, senza poter fare esclusivo
affidamento sull'osservanza da parte del rivenditore dell'obbligo di fornire un prodotto
non adulterato né contraffatto, a meno che non abbia ricevuto, prima dell'impiego su
scala industriale dell'alimento acquistato, una precisa e circostanziata garanzia.
Nella catena delle produzione degli alimenti, dunque, “in tema di vizi della cosa
venduta, ai sensi dell'art. 1494 cod. civ., il rivenditore è responsabile nei confronti del
compratore del danno a lui cagionato dal prodotto difettoso se non fornisce la prova di
aver attuato un idoneo comportamento positivo tendente a verificare lo stato e qualità
della merce e l'assenza di vizi, anche alla stregua della destinazione della stessa, giacché
i doveri professionali del rivenditore impongono, secondo l'uso della normale diligenza,
controlli periodici o su campione, al fine di evitare che notevoli quantitativi di merce
presentino gravi vizi di composizione” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15824 del
10/07/2014).
- Il vizio redibitorio oggetto della garanzia di cui agli artt. 1490 e ss. c.c. è cosa diversa
dalla mancanza di “qualità promesse o essenziali per l’uso a cui è destinata” ex art.
1497 c.c.: pur presupponendo entrambi l’appartenenza del bene al genere pattuito, il
primo riguarda le imperfezioni o i difetti inerenti al processo di produzione,
fabbricazione o conservazione della cosa medesima, mentre la seconda è inerente alla
natura della merce e “consiste nella carenza di tutti quegli attributi che esprimono la
funzionalità, l’utilità o il pregio del bene e che, senza mai pregiudicarne l’individualità,
la consistenza o la sua appartenenza al suo originario genere merceologico, influiscono
sulla classificazione della cosa in una specie piuttosto che in un’altra” (cfr. da ultimo
Cass., 5 aprile 2016, n. 6596, relativamente alla consegna di una sonda idonea allo
specifico uso che il compratore doveva farne ma priva di un requisito di precisione, non
costituente un elemento di identificazione del bene compravendita: si tratta, quindi, di
una mancanza di qualità promesse).
Vizi redibitori e mancanza di qualità, si distinguono, a loro volta dalla vendita aliud
pro alio, giacché relativa alla consegna di un bene non soltanto viziato o carente, ma in
radice “altro” rispetto al pattuito (c.d. inidoneità ad assolvere la funzione economica e
sociale).
Si ha consegna di aliud pro alio che dà luogo all’azione contrattuale di risoluzione o
inadempimento, ai sensi dell’art. 1453 c.c., svincolata dai termini di decadenza e
prescrizione previsti dall’art. 1495 c.c., qualora il bene venduto sia completamente
diverso da quello pattuito in quanto, appartenendo ad un genere diverso, si riveli
funzionalmente del tutto inidoneo ad assolvere la destinazione economico-sociale della
res venduta e, quindi, a fornire l’utilità richiesta.
Le distinzioni tra le categorie in rassegna rilevano sotto il profilo del regime applicabile,
in quanto il vizio redibitorio è sottoposto alla disciplina di cui all’art. 1495 c.c., la
mancanza di qualità promesse a quella di cui all’art. 1497 c.c. che, d’altronde, rinvia al
regime di cui all’art. 1495 c.c., mentre la vendita aliud pro alio è sottoposta al regime
ordinario di cui all’art. 1453 c.c. per la risoluzione del contratto.