DIRITTO PENALE
Il diritto penale è quel complesso di norme giuridiche con cui lo Stato,
mediante la minaccia di una specifica sanzione afflittiva, detta sanzione
criminale, reprime o previene determinati comportamenti umani, considerati
contrari ai fini che esso stesso persegue.
Il diritto penale presenta i seguenti caratteri:
• positivo: è diritto penale solo quello previsto da norme giuridiche;
• statuale: le norme di diritto penale possono essere emanate soltanto dallo
Stato;
• pubblico: il diritto penale è un ramo del diritto pubblico interno;
• autonomo: il diritto penale non si limita a sanzionare condotte già vietate da
altri rami dell’ordinamento, ma tutela in modo autonomo determinati beni e/o
interessi.
Il diritto penale ha sia una funzione punitiva che preventiva.
L’inosservanza delle regole nel diritto penale viene perseguita mediante una
sanzione afflittiva, che incide sulla libertà personale, ragion per cui
l’applicazione del diritto penale rappresenta l’extrema ratio, da applicare nelle
situazioni in cui non è stato possibile ripristinare o far dissuadere i consociati
alla violazione della norma mediante altre sanzioni (civili, amministrative o di
altra natura). Al diritto penale si collegano le pene vere e proprie irrogate
dall’Autorità Giudiziaria, mentre al Diritto Amministrativo si collegano le
sanzioni amministrative, irrogate dall’Autorità Amministrativa, tranne nei casi
di connessione tra reato e illecito amministrativo, ove sono stabilite dall’Autorità
Giudiziaria.
Il diritto penale sostanziale è quel ramo del diritto pubblico che disciplina e
proibisce, mediante la minaccia di una pena, determinati comportamenti
umani, mentre il diritto penale processuale è quel ramo del diritto pubblico che
disciplina lo svolgimento del processo penale, che può portare all’irrogazione
della pena.
Il diritto penale fondamentale è il diritto contenuto nel Codice Penale, che è
suddiviso in tre libri:
• Dei reati in generale (artt. 1-240)
• Dei delitti (artt. 241-649)
• Delle contravvenzioni (artt. 650-734bis)
Il diritto penale complementare è contenuto nelle varie leggi speciali, che
prevedono autonome figure di reati.
NORMA PENALE
La norma penale è una disposizione di legge che vieta o impone determinati
comportamenti sotto la minaccia di una pena per i trasgressori, è caratterizzata
dall’imperatività, è obbligatoria ed ha carattere statuale, nel senso che proviene
soltanto dallo Stato, non è un atto autoritario dello Stato, ma è intesa come
l’interpretazione dei sentimenti e delle esigenze del popolo.
Ci sono le norme incriminatrici e le norme subordinate, si definiscono
norme penali quelle che disciplinano l’esercizio del potere punitivo da parte
dello Stato. I caratteri essenziali delle norme penali sono:
• autonomia: complesso di norme, dotato di proprie regole e principi;
• sussidiarietà: il ricorso al diritto penale è l’extrema ratio;
• frammentarietà: l’illecito penale si configura solo con riferimento a
determinate modalità di aggressione dei beni giuridici;
• necessarietà (o meritevolezza): l’intervento del diritto penale deve essere
limitato alla sfera degli interessi di maggiore importanza per la collettività, di
solito di rilevanza costituzionale.
CONSUETUDINE
La consuetudine non può costituire fonte del diritto penale, non può creare
norme incriminatrici e nuove pene, non ha il potere di abrogare una legge già
esistente, ma ha importanza nella valutazione della legge a seconda degli
ambienti sociali a cui si riferisce quando alla norma viene attribuito un carattere
elastico con le parole: onore, decoro, pudore, moralità pubblica, buon costume.
INTERPRETAZIONE
E’ quell’operazione mentale con la quale si ricerca e se ne spiega il significato
al fine di poter applicare la norma al fatto concreto. Ci sono tre
tipi: autentica (organo che l’ha
emanata), giudiziale (magistratura), dottrinale (giuristi nello studio del
diritto).
2. Principi del diritto penale
PRINCIPIO DI LEGALITA’
E’ il principio formale su cui si basa il Sistema Penale ed è fondato sul Sistema
del doppio binario, basato sia sulla pena che sulle misure di sicurezza. E'
sancito dai seguenti articoli:
- Art. 25 Cost.: "Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che
sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto
a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge."
- Art. 1 c.p.: "Nessuno può essere punito per un fatto che non sia
espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che siano da
esse stabilite."
- Art. 199 c.p.: "Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non
siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dai casi dalla legge stessa
preveduti."
Il principio di legalità formale ha quattro corollari:
• Principio di riserva di legge: qualsiasi comportamento per costituire reato
deve essere previsto dalla legge e qualsiasi condotta per costituire reato deve
corrispondere alla descrizione legale, contenuta nella norma incriminatrice;
• Principio di tassatività: necessità della formulazione di una fattispecie
tipica, che specifichi ciò che è penalmente lecito o illecito;
• Principio di irretroattività (art. 2 c.p.): nessuno può essere punito per un
fatto che non fosse previsto come reato al momento in cui fu commesso (è
operante nei riguardi delle norme incriminatrici ma non rispetto alle misure di
sicurezza, riguarda inoltre tutte le norme giuridiche, anche se non penali, da
cui potrebbe dipendere la rilevanza penale sopravvenuta);
• Principio di tipicità (o divieto di analogia): è reato solo quel fatto che il
legislatore ha espressamente e tassativamente considerato come tale.
Eccezione a tale corollario è la c.d. l'interpretazione estensiva.
A tal proposito, meritano menzione i concetti di interpretazione e analogia.
L’interpretazione giuridica è quel procedimento logico attraverso il quale si
chiarisce e si spiega il significato di una norma. Nell’applicare la legge non si
può ad essa attribuire altro senso che quello palese del significato proprio delle
parole secondo la connessione di esse e della intenzione del legislatore. Se
una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha
riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe, se vi
sono ancora dubbi, si decida secondo i principi generali dell’ordinamento
giuridico dello Stato.
Si ha poi la successione di leggi, quando una norma si estingue ed un’altra
le subentra. Il fenomeno successorio delle leggi penali è regolato col principio
di irretroattività della norma incriminatrice, sia nell’ipotesi in cui la legge
istituisca un nuovo titolo di reato, sia quando il mutamento di uno degli elementi
costitutivi di preesistente fattispecie criminose, rende punibili fatti che prima
non lo erano. Nel dettaglio:
- abolitio criminis: se la nuova norma non prevede più come reato, un fatto
che in precedenza era considerato tale, si applica il principio di retroattività
della legge.
- abrogazione: si ha quando una fattispecie di portata più generale, succede
ad una precedente di portata più specifica, ossia è l’istituto mediante il quale il
legislatore determina la cessazione dell’efficacia di una norma giuridica.
- modificazione: prevede due casi:
• Teoria della continuità del tipo di illecito: si ha una modificazione se tra
due norme il bene giuridico protetto e le modalità di aggressione allo stesso
sono uguali.
• Teoria del rapporto di continenza: si ha una modificazione quando la
nuova norma introduce una fattispecie con elementi di specialità rispetto alla
disposizione precedente.
La Cassazione ha stabilito che vi è sempre l’individuazione della normativa di
favore per il reo, quindi fra due leggi, una nuova e una vecchia, occorre
applicare quella che tra le due risulti più vantaggiosa per il reo, ossia che
condurrà a conseguenze meno gravose per il reo.
Il principio di retroattività non è applicato per le leggi eccezionali (situazioni
anormali) e temporanee (hanno vigore entro un limite di tempo da esse
determinato). In questi casi si applica solo e sempre la disposizione in vigore
nel tempo in cui è stato commesso il fatto.
PRINCIPIO DI MATERIALITA'
Il reato deve necessariamente consistere in un fatto umano materialmente
palesatosi nel mondo esteriore e la sola intenzione di commettere un reato non
è punibile.
PRINCIPIO DI OFFENSIVITA'
Occorre che il reato sia realmente ed effettivamente offensivo del bene protetto
della norma incriminatrice.
PRINCIPIO DI SOGGETTIVITA'
Un comportamento umano costituisce reato quando, oltre ad essere tipico e
compiuto in assenza di cause di giustificazione, è anche riferibile alla volontà
dell'agente (art. 27 Cost). A seguito della sentenza n.364/1988 della Corte
Costituzionale, è divenuto principio di colpevolezza, diventando il presupposto
della personalità della responsabilità penale e si oggettiva in un giudizio di
rimproverabilità per l'atteggiamento.
PRINCIPIO DI TERRITORIALITA’
Tutti gli atti dello Stato, compresi quelli legislativi, incontrano nel territorio il loro
limite spaziale di efficacia.
• La legge penale italiana, obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si
trovino nel territorio dello Stato (art. 3 comma 1 c.p.p.).
• Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la
legge italiana (art 6 comma 1 c.p.p.).
• La legge penale italiana, obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si
trovino all’estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla legge medesima o dal
diritto internazionale (art 3 comma2 c.p.p).
E' definito territorio dello Stato:
- Il territorio della Repubblica, ossia:
• La terraferma nei limiti fissati dai confini politici.
• Il mare territoriale che comprende le zone di mare dall’estensione di 12
miglia marine, lungo le coste continentali e insulari.
• La spazio aereo sovrastante il territorio ed il mare territoriale.
• Il sottosuolo, fin dove l’uomo può ricavare utilità.
• Le ambasciate.
- Le navi e gli aerei, dovunque si trovino, salvo che siano soggetti secondo il
diritto internazionale, a una legge territoriale straniera. Le navi mercantili
private all’estero sono soggette alle leggi locali, le navi militari o dello Stato, a
bordo sono sempre da considerarsi territorio italiano, mentre per i fatti
commessi dall’equipaggio sceso a terra, si applicherà la legge dello Stato in
cui si trovano.
Vi sono dei reati che anche se commessi all’estero saranno sempre puniti
incondizionatamente dallo Stato Italiano:
• Delitti contro le personalità dello Stato.
• Delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e uso di tale sigillo.
• Delitti di falsità di monete in corso legale nel territorio dello Stato e in valori
di bollo o carte di credito.
• Delitti commessi da Pubblici Ufficiali a servizio dello Stato abusando di poteri
o violando i dover inerenti alle loro funzioni.
• Ogni reato per cui speciali disposizioni di legge o di convenzioni
internazionali stabiliscano l’applicabilità della legge italiana.
Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l’azione o
l’omissione che lo costituisce è ivi avvenuta in tutto o in parte, oppure ivi si è
verificato l’evento
Il delitto comune commesso all’estero da italiano o da straniero, è punibile in
Italia e secondo la legge italiana a condizione che: si tratti di delitto, sia punito
con la reclusione, il reo sia presente in Italia.
E’ ammesso eccezionalmente il riconoscimento delle sentenze emesse da
Tribunali stranieri al fine di:
• Per stabilire la recidività, ovvero per definire la tendenza a delinquere.
• Quando secondo la legge, si dovrebbe sottoporre la persona a misure di
sicurezza.
• Quando importa condanna a restituzione o risarcimento, che devono essere
fatti valere in Italia.
Caso particolare è il c.d. delitto politico.
E’ delitto politico ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato
ovvero un diritto politico del cittadino, è altresì considerato delitto politico il
delitto comune determinato in tutto o in parte, da motivi politici.
I delitti politici sono diretti, quando offendono gli interessi politici dello Stato
nella sua essenza unitaria, sono indiretti quelli che offendono un diritto politico
del cittadino per impedirgli di partecipare alla vita attiva dello Stato. Rientrano
in questa categoria i delitti anarchici e quelli commessi per finalità di terrorismo.
In questo contesto, fattispecie rilevante è l'estradizione (art. 13 c.p.).
Consiste nella consegna che uno Stato fa di un individuo, che si sia rifugiato
nel suo territorio, ad un altro Stato, perché ivi venga sottoposto al giudizio
penale o alle sanzioni penali.
Può essere attiva, quando l’Italia riceve in consegna un individuo che si trova
all’estero o passiva, quando l’Italia consegna ad uno Stato Straniero un
individuo qualora questi abbia commesso un reato che quello Stato è
interessato a punire.
L’estradizione non è ammissibile tranne i casi espressamente previsti dalle
convenzioni internazionali, è vietata per i reati politici ad eccezione dei delitti di
genocidio, per motivi di razza, religione o nazionalità e per reati puniti all’estero
con la pena di morte.
La legge italiana pone le seguenti condizioni per l'estradizione:
• il fatto che forma l’oggetto della domanda di estradizione deve essere
preveduto come reato sia dalla legge italiana che da quella straniera;
• non si deve trattare di reato per il quale le convenzioni internazionali
facciano divieto di estradizione;
• l’estradando deve essere straniero, in caso contrario deve essere consentita
nelle convenzioni internazionali.
In tema di estradizione vi è il principio di specialità, ossia lo Stato richiedente
ha l’obbligo di non processare l’estradato per un fatto anteriore o diverso da
quello per cui è stata concessa l’estradizione e ha il dovere di non assoggettare
lo stesso ad una pena diversa da quella relativa al fatto per cui è stata
concessa.
PRINCIPIO DI OBBLIGATORIETA’
Il nostro diritto positivo dispone che, la legge penale italiana, obbliga tutti coloro
che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salvo le eccezioni
stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale. Ciò è sancito dal
brocardo “ius excludendi alios”: sul proprio territorio, lo Stato non riconosce
nessun’altra autorità al di fuori della propria.
Le immunità sono particolari prerogative riconosciute a determinate persone
che adempiono funzioni o ricoprono uffici di particolare importanza. Esse si
sostanziano nell’esenzione di questi soggetti da ogni conseguenza penale, in
ragione della loro qualifica personale e derivano o dal diritto pubblico interno o
dal diritto internazionale:
• diritto interno: riguardano il Capo dello Stato, che non è responsabile degli
atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni (tranne che per alto
tradimento o attentato alla Costituzione). Riguardano inoltre: i membri del
Parlamento e i Consiglieri regionali, per le opinioni espresse e i voti dati
nell’esercizio delle loro funzioni (nessun membro del Parlamento può essere
arrestato senza l’autorizzazione della Camera di appartenenza, salvo reati
per i quali è obbligatoria la cattura), i Giudici della Corte Costituzionale e i
membri del C.S.M. Nessuna immunità è prevista per i reati comuni.
• diritto internazionale: riguardano i Capi di Stato esteri che si trovano in
tempo di pace in Italia, il Papa, i Ministri degli Affari esteri e i membri stranieri
dei tribunali arbitrari, gli agenti diplomatici accreditati presso il Capo dello
Stato, Consoli, Vice Consoli e Agenti consolari, reparti di truppe straniere
autorizzati dallo Stato, diplomatici stranieri, membri del Parlamento Europeo
e della Corte dell’Aja.
IL REATO CONTRAVVENZIONALE
Le contravvenzioni si distinguono dai delitti in base alla pensa stabilita dalla
legge, che per tali reati è l’arresto e l’ammenda. Sotto il profilo oggettivo vi sono
le contravvenzioni mediante azione, mediante omissione e commissive
mediante omissione. Nelle contravvenzioni, ciascuno risponde delle proprie
azioni e delle proprie omissioni, siano esse dolose o colpose. Vi sono dottrine
contrastanti in merito alle contravvenzioni, minoritaria è quella che ritiene che
per la punibilità non è richiesto ne dolo ne colpa, essendo sufficiente la mera
coscienza e volontà della condotte, mentre la dottrina dominante ritiene la
necessità almeno della colpa.
4. Elementi oggettivi del reato
ELEMENTI OGGETTIVI DEL REATO
Gli elementi oggettivi del reato si distinguono in:
- condotta
- evento
- nesso di casualità
CONDOTTA
Con il termine condotta si indica il comportamento umano che costituisce
reato. Per essere penalmente rilevante, la condotta deve corrispondere a
quella descritta dalla norma incriminatrice speciale, deve cioè essere tipica.
La condotta può essere positiva (azione) o negativa (omissione), ma in ogni
caso deve essere accompagnata dalla coscienza e volontà di chi la compie.
Con il termine "presupposti della condotta", si indicano quegli elementi, di fatto
o di diritto, che preesistono alla condotta e dai quali la condotta stessa prende
le mosse perché il reato sussista, come ad esempio la gravidanza nell’aborto
e la detenzione altrui nel furto.
A tal riguardo, l'art. 42 comma 1 c.p., sancisce: "Nessuno può essere punito
per un’azione od omissione preveduta dalla legge come rato se non l’ha
commessa con coscienza e volontà".
Affinché vi sia azione (condotta attiva), deve esserci un movimento del corpo,
che si concretizzi in atti esternamente visibili e manifestati. L’azione può essere
quindi costituita da un unico atto (reati unisussistenti) o da una pluralità di atti
(reati plurisussistenti).
L'omissione (condotta omissiva) consiste invece mancato compimento
dell’azione che si attendeva da una persona.
I reati omissivi si distinguono in:
• Reati omissivi propri: per la cui sussistenza è necessaria e sufficiente la
semplice condotta negativa del reo.
• Reati commissivi mediante omissione: perché ricorrano è necessario che
il soggetto, abbia causato con la propria omissione, un dato evento.
L’EVENTO
L'evento è il risultato della condotta consistente nella concretizzazione di una
situazione derivante da un certo comportamento, è quindi un effetto naturale
della condotta dell’agente. A tal proposito, si distinguono:
• Concezione naturalistica: è qualsiasi modificazione della realtà naturale,
conseguenza della condotta esteriore dell’uomo.In questo caso, l’evento non
è l’elemento che ricorre sempre nel reato, esistono reati con pluralità di eventi
e reati aggravati dall’evento.
• Concezione giuridica: l'evento coincide con l’offesa arrecata dal reato e
consiste nella lesione o messa in pericolo del bene protetto dalla norma. In
questo caso, ogni reato consta necessariamente di un evento, non esistono
reati con doppio evento o aggravati dall’evento: dall’evento dipende
l’esistenza del reato.
In funzione dell'evento, è possibile distinguere diverse tipologie di reati:
• Reati di pura condotta: sono quelli che si realizzano attraverso un semplice
comportamento umano.
• Reati di evento: la cui consumazione richiede che si concreti un effetto
distinto della condotta.
• Reati di danno e di pericolo: a seconda che il bene sia lesionato o solo
messo in pericolo
• Reati istantanei e permanenti: i primi si esauriscono in un solo momento,
gli altri si protraggono.
NESSO DI CAUSALITA’
Ai fini dell’esistenza di un reato è necessario che la condotta e l’evento siano
legati da un nesso causale. L’esistenza di tale legame è importante per poter
stabilire se un fatto verificatosi sia opera dell’uomo, che grado di responsabilità
questi abbia avuto, oppure se il fatto debba attribuirsi a fattori estranei.
Vi sono diverse teorie dominanti:
• Conditio sine qua non: deve considerarsi ogni singola condizione
dell’evento, è causa dell’evento l’insieme degli antecedenti senza i quali
l’evento non si sarebbe verificato;
• Causalità adeguata: è necessario che l’azione determinata dall’uomo sia
proporzionata a provocare l’evento;
• Causalità umana: per l’esistenza del rapporto di causalità, è necessario che
l’uomo abbia posto in essere una condizione dell’evento e che quest’ultimo
non sia il risultato del concorso di fattori eccezionali.
CONCETTO DI ANTIGIURIDICITA’
Consiste nel contrasto tra il fatto e l’intero ordinamento giuridico. Considerata
un concetto unitario e inscindibile, non è né oggettiva né soggettiva. Nella
struttura del reato, l’antigiuridicità si sostanzia nella mancanza delle
cosiddette cause di giustificazione.
5. Elementi soggettivi del reato
ELEMENTI SOGGETTIVI DEL REATO
L'elemento soggettivo, inteso come atteggiamento psichico dell'agente, può
assumere le forme del dolo, della colpa o della preterintezione.
IL DOLO
Si definisce dolo, la rappresentazione e volontà di realizzare il fatto costituente
reato.
Il dolo è il normale criterio di imputazione soggettiva in quanto l’art. 42 comma 1
c.p., stabilisce che nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge
come delitto, se non l’ha commesso con dolo.
Il delitto è doloso o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o
pericoloso, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria
azione od omissione, ed è strutturato da due elementi costitutivi, un momento
rappresentativo, ovvero occorre che l’agente abbia una visione anticipata di
tutti gli elementi significativi del fatto che costituisce reato, e un momento
volitivo, ovvero occorre che la volontà dell’agente sia rivolta all’effettiva
realizzazione della condotta e dell’evento conseguente ad essa.
TIPOLOGIE DI DOLO
E' possibile distinguere il dolo in:
- dolo diretto: si configura ogni qualvolta l’evento conseguito è rispondente a
quello voluto e rappresentato dall’agente, vi è poi il dolo alternativo, quando
dall’azione vi è la possibilità del verificarsi di due eventi, indifferenti all’agente
che li vuole entrambi e il dolo indeterminato, quando il soggetto agente vuole
due o più risultati, cumulativamente o alternativamente.
- dolo indiretto: si ha quando il risultato conseguente alla propria azione, pur
rappresentato, non è stato dall’agente direttamente o intenzionalmente voluto.
L’unica forma di dolo indiretto riscontrabile in concreto è il dolo eventuale, che
ricorre quando l’agente prevede un certo evento come conseguenza della sua
condotta e agisce accettando il rischio del suo verificarsi. Si differenzia
dalla colpa cosciente, in quanto in quest’ultimo caso l’agente, pur
prospettandosi la possibilità del verificarsi di un evento non voluto come
conseguenza della propria condotta, confidi tuttavia che esso non si verifichi.
Vi sono poi altre tipologie di dolo, quali:
• dolo d'impeto: Il delitto è il risultato di una decisione improvvisa e viene subito
eseguito.
• dolo di proposito: Si ha quando trascorre un considerevole lasso di tempo tra
idea ed azione.
• dolo di danno: Ricorre quando il soggetto ha voluto ledere il bene protetto
• dolo di pericolo: Si ha nelle ipotesi in cui l’agente abbia voluto solo minacciare
il bene.
• dolo iniziale: Si riscontra solo nel momento dell’azione od omissione.
• dolo concomitante: Accompagna lo svolgimento del processo causale che
genera l’evento.
• dolo successivo: Si manifesta dopo il compimento dell’azione od omissione.
• dolo generico: Si ha quando è richiesta la coscienza e volontà del fatto.
• dolo specifico: Si ha quando la legge da rilevanza ad un fine particolare che
sta oltre il fatto materiale tipico.
• dolo generale: Viene considerata fattispecie dolosa ogni ipotesi in cui l’evento
morte, pur rappresentato e voluto dall’agente, non è la conseguenza del
decorso causale posto in essere dall’azione dolosa iniziale; ad esempio
sparare a un uomo e sotterrarlo vivo (causandone la morte), credendolo
morto.
L’intensità del dolo influisce sulla gravità del reato e dipende dalla durata del
proposito criminoso, dalla maggiore o minore consapevolezza del reo e dal
diverso atteggiarsi del momento volitivo.
Al di fuori della tematica del dolo vi è la premeditazione, prevista
come circostanza aggravante speciale di taluni delitti accumunati dall’evento
materiale della lesione fisica o della morte.
LA COLPA
Il delitto è colposo o contro l’intenzione, quando l’evento, anche se preveduto,
non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza (mancata adozione
delle cautele imposte dalle regola cautelari), imprudenza (agire la dove le
regole cautelari lo sconsiglino) o imperizia (negligenza o imprudenza
qualificata), ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
Per la sussistenza del reato colposo occorre che la condotta sia attribuibile al
volere del soggetto, che manchi la volontà dell’evento e che si verifichi a causa
di negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi,
regolamenti, ordini o discipline.
LA CONDOTTA COLPOSA
Sotto il profilo oggettivo, la condotta consiste nella violazione della regola di
diligenza, da intendersi e valutarsi in senso obiettivo. La regola di diligenza
enuncia la prevedibilità ed evitabilità del pericolo, cui determinati beni
sarebbero esposti in caso di sua trasgressione. Quanto al contenuto delle
regole di diligenza, esso può tradursi in obbligo di informarsi, obbligo di agire
con cautela, obbligo di astenersi del tutto dall’agire.
La dottrina ha individuato due categorie di limiti al dovere di diligenza, il rischio
consentito e il principio di affidamento e comportamento del terzo.
Per quanto riguarda gli atti incoscienti, dovuti a ragioni fisiologiche o
patologiche, dovrà aversi riguardo non agli atti in se stessi, ma al
comportamento volontario antecedente alla loro realizzazione, al fine di
verificare se tale attività configuri essa stessa la condotta tipica di reato.
Ai fini del giudizio sulla responsabilità colposa, si afferma la necessità di un
rapporto di causalità tra condotta ed evento.
Si distinguono diverse tipologia di colpa:
• colpa generica: Il parametro è il soggetto di normale diligenza e capacità
che opera nelle stesse condizioni dell’agente, il rispetto della regola di
diligenza, sarà esigibile nei limiti in cui l’evento era prevedibile ed evitabile da
tale agente modello.
• colpa specifica: In genere la violazione della regola cautelare è sufficiente
all’affermazione della colpevolezza dell’agente.
• colpa cosciente: Ricorre allorchè l’agente non vuole commettere il reato,
ma prevede come possibile la verificazione dell’evento; tale tipo di colpa si
distingue dal dolo eventuale in quanto il soggetto agisce con certezza che
l’evento dannoso o pericoloso non si verificherà.
• colpa incosciente: Si ha quando l’agente agisce con imprudenza o
negligenza o imperizia o violando norme cautelari, ma non prevede di causare
con il proprio comportamento un evento antigiuridico.
• colpa propria: In essa rientrano i casi nei quali si riscontra la caratteristica
tipica della colpa, la mancanza di volontà dell’evento.
• colpa impropria: Sono espressione della colpa impropria quei casi
eccezionali in cui l’evento è voluto, ma l’agente risponde di reato colposo,
ossia l’eccesso colposo nelle cause di giustificazione, l’erronea supposizione
della presenza di cause di giustificazione e l’errore di fatto determinato dalla
colpa.
La previsione rappresenta una circostanza aggravante del delitto colposo.
LA PRETERINTENZIONE
Il delitto è preterintenzionale quando dall’azione od omissione deriva un
evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente. Nel delitto
preterintenzionale, si individua la volontà di un evento minore che ne
rappresenta la base dolosa e la non volontà di un evento più grave che è pur
sempre conseguenza della condotta dell’agente.
Nell’omicidio preterintenzionale, il rapporto di causalità va identificato in una
successione necessaria e uniforme, non è sufficiente che l’azione del
colpevole si ponga come antecedente causale dell’evento ma è necessario
che ne costituisca un antecedente idoneo e adeguato a produrlo.
LA RESPONSABILITA’ OGGETTIVA
L’art. 42 c.p. fissa al primo comma, la regola per cui nessuno può essere punito
per un’azione od omissione se non l’ha commessa con coscienza e volontà ed
al secondo comma quella per cui, ai fini della punibilità è richiesto il dolo, salvo
i casi espressamente previsti dalla legge di delitto preterintenzionale o colposo.
Il terzo comma dice che la legge determina i casi nei quali l’evento è posto
altrimenti a carico dell’agente, come conseguenza della sua azione od
omissione.
La dottrina ritiene che tale previsione preveda la c.d. responsabilità
oggettiva, cioè quella forma di responsabilità attribuita solo in base al rapporto
di causalità.
La responsabilità oggettiva è pura, in cui il fatto è attribuito sulla base del
rapporto di causalità, oppure è spuria o mista a dolo o colpa, in cui alla base
dell’attribuzione del fatto vi è sempre una fattispecie dolosa o colposa.
LA LEGITTIMA DIFESA
A norma dell'art. 52 c.p., non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi
stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui, contro il
pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata
all’offesa.
Gli elementi della legittima difesa sono l’aggressione e la reazione.
L’aggressione deve presentare i seguenti caratteri:
• L’oggetto dell’offesa deve essere un diritto, sia personale, che patrimoniale o
morale.
• L’offesa deve essere ingiusta, ovvero no imposta o autorizzata
dall’ordinamento giuridico.
• Il pericolo deve essere attuale, inteso sia come incombente che perdurante.
• Il pericolo non deve esser stato determinato volontariamente dall’agente, il
quale si sia messo volontariamente in una situazione di pericolo, conoscendo
il rischio a cui andava incontro
La reazione consta di tre elementi:
• La costrizione, che implica un conflitto di interessi nell’aggredito, il quale deve
trovarsi nell’alternativa bloccata di reagire o di essere offeso, non ricorre
quando lo stesso ha intenzionalmente provocato o ha consapevolmente
accettato e non ha evitato il pericolo.
• La necessità di difendersi, ovvero la soluzione inevitabile per sottrarsi
all’offesa e sia idonea a neutralizzarla.
• La proporzione con l’offesa, che sussiste ove il male provocato dall’aggredito
risulti essere inferiore, uguale o leggermente superiore a quello subito,
determinato rapporto di proporzione, si ha nel caso in cui non vi sia desistenza
e vi sia concreto pericolo, all’interno del domicilio dell’aggredito o del posto di
lavoro
LO STATO DI NECESSITA’
A norma dell'art. 54 c.p., non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi
stato costretto dalla necessità di salvare se o altri dal pericolo attuale di un
danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, ne
altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionale al pericolo.
Gli elementi dello stato di necessità sono:
• La situazione di pericolo: il pericolo deve essere attuale, l’oggetto del
pericolo deve essere un danno grave alla persona, sia fisico che morale,
ovvero la violazione dei diritti dell’individuo, costituzionalmente garantiti,
l’agente non ha causato il pericolo e non abbia un particolare dovere ad
esporsi ad esso.
• Azione lesiva necessitata: l’azione lesiva di chi reagisce al pericolo deve
essere costretta, assolutamente necessaria per salvarsi e proporzionale al
pericolo.
L’art. 54 c.p. legittima la reazione oltre che per salvare un proprio diritto, anche
per salvare un diritto altrui, è questo il soccorso di necessità, che si distingue
dall’obbligo di soccorso, in quanto non è un obbligo, ma una facoltà e perché
impone che la situazione di pericolo sia incombente.
Una scriminante è anche il costringimento psichico, di cui risponderà dal fatto
commesso dalla persona minacciata, chi l’ha costretto a farlo.
L’IMPUTABILITA’
Secondo l’art. 85 c.p., è imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere nel
momento in cui è commesso il reato.
Le cause che escludono l’imputabilità sono:
• la minore età: fino al compimento del quattordicesimo anno di età, vi è la
presunzione assoluta di assenza di capacità di intendere e di volere, tra i
quattordici e i diciotto anni, non vi è tale presunzione, ma il giudice deve
accertare caso per caso l’imputabilità. Il minore non imputabile, viene
prosciolto, ma nel caso in cui venga riscontrata la pericolosità sociale, può
essere disposto il ricovero presso il riformatorio giudiziario o la libertà vigilata.
Il minore di anni diciotto ma maggiore di anni quattordici è imputabile e quindi
soggetto a processo penale.
• l'infermità di mente: il vizio di mente deve essere conseguenza di una malattia,
di uno stato psicologico che turba la psiche del soggetto. Sotto il profilo
cronologico, non occorre che lo stato di infermità sia duraturo, essendo
sufficiente che sussista al momento della commissione del fatto, mentre sotto
il profilo causale, vi è la necessità di un nesso di causalità tra la malattia e il
reato. Vi è la distinzione tra vizio totale e vizio parziale di mente, nel primo
caso quando vi è l’assoluta mancanza di capacità di intendere o di volere, nel
secondo caso quando è grandemente scemata. La differenza sta nella pena,
nel primo caso vi è il proscioglimento dell’imputato al quale viene applicata la
misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, nel
secondo caso, vi è solo una diminuzione della pena, a cui di solito si aggiunge
il ricovero presso una casa di cura e custodia dopo aver scontato la pena. Per
il minore imputabile, semi-infermo di mente si opera nello stesso modo e nei
limiti del maggiorenne, mentre per gli stati emotivi e passionali, non vi è ne
esclusione ne diminuzione dell’imputabilità.
• il sordomutismo: il legislatore non ha adottato una soluzione definitiva ma
va analizzato caso per caso, nel caso in cui si riconosce la piena capacità di
intendere e di volere viene considerato imputabile, se la capacità non
sussiste, viene equiparato a chi è affetto da vizio totale di mente, se si accerta
che è grandemente scemata, è parificato a chi è affetto da vizio parziale di
mente.
• l'ubriachezza: in caso di ubriachezza accidentale, ovvero quando la
perdita della capacità di autocontrollo è determinata da fattori del tutto
imprevedibili, non si applicano misure di sicurezza. Nel caso di ubriachezza
volontaria, non vi è ne esclusione ne diminuzione dell’imputabilità. Nel caso
di ubriachezza preordinata, utilizzata per commettere un reato, vi è un
aumento di pena. Nel caso di ubriachezza abituale, vi è la necessità che il
soggetto abbia la consuetudine di fare un eccessivo uso di sostanze alcoliche
e che la conseguenza sia un frequente stato di ubriachezza. L’ubriachezza
cronica viene considerata come una malattia psichica e quindi viene
disciplinata con le norma sul vizio di mente. Stesso discorso vale per l’uso di
sostanze stupefacenti.
eati omissivi
IL REATO OMISSIVO
Contrapposto all’azione è l’omissione che viene definita anche comportamento
negativo ovvero azione in senso negativo. Per aversi omissione occorre che il
soggetto abbia l’effettiva capacità di compiere l’azione richiestagli.
Si distingue tra reati omissivi propri (reato di pura condotta), quelli per la cui
sussistenza è necessaria e sufficiente la semplice condotta negativa del reo
e reati commissivi mediante omissione (reato di evento), nei quali il
soggetto deve aver causato, con la propria omissione, un dato evento.
POSIZIONI DI GARANZIA
Le posizioni di garanzia si sostanziano in obblighi di protezione e sorgono
da un rapporto di famiglia: genitori tenuti a garantire la vita e l’incolumità dei
figli e viceversa, obbligo di reciproca assistenza tra coniugi (art. 143 c.c.), una
stretta relazione comunitaria, conviventi o confratelli, una assunzione
volontaria o consensuale, espressa o tacita di un tale obbligo.
Obblighi di controllo di una determinata fonte di pericolo sorgono da un potere
di disposizione o di organizzazione, relativamente a cose o situazioni
potenzialmente pericolose che si verifichino nella sua sfera di signoria, da un
rapporto di educazione, istruzione, cura e custodia (ad esempio, i maestri) e
da una assunzione volontaria o consensuale (ad esempio, il bagnino
risponderà della morte bagnante solo se già in servizio al momento
dell’annegamento).
L’IMPUTABILITA’
Secondo l’art. 85 c.p., è imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere nel
momento in cui è commesso il reato.
Le cause che escludono l’imputabilità sono:
• la minore età: fino al compimento del quattordicesimo anno di età, vi è la
presunzione assoluta di assenza di capacità di intendere e di volere, tra i
quattordici e i diciotto anni, non vi è tale presunzione, ma il giudice deve
accertare caso per caso l’imputabilità. Il minore non imputabile, viene
prosciolto, ma nel caso in cui venga riscontrata la pericolosità sociale, può
essere disposto il ricovero presso il riformatorio giudiziario o la libertà vigilata.
Il minore di anni diciotto ma maggiore di anni quattordici è imputabile e quindi
soggetto a processo penale.
• l'infermità di mente: il vizio di mente deve essere conseguenza di una malattia,
di uno stato psicologico che turba la psiche del soggetto. Sotto il profilo
cronologico, non occorre che lo stato di infermità sia duraturo, essendo
sufficiente che sussista al momento della commissione del fatto, mentre sotto
il profilo causale, vi è la necessità di un nesso di causalità tra la malattia e il
reato. Vi è la distinzione tra vizio totale e vizio parziale di mente, nel primo
caso quando vi è l’assoluta mancanza di capacità di intendere o di volere, nel
secondo caso quando è grandemente scemata. La differenza sta nella pena,
nel primo caso vi è il proscioglimento dell’imputato al quale viene applicata la
misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, nel
secondo caso, vi è solo una diminuzione della pena, a cui di solito si aggiunge
il ricovero presso una casa di cura e custodia dopo aver scontato la pena. Per
il minore imputabile, semi-infermo di mente si opera nello stesso modo e nei
limiti del maggiorenne, mentre per gli stati emotivi e passionali, non vi è ne
esclusione ne diminuzione dell’imputabilità.
• il sordomutismo: il legislatore non ha adottato una soluzione definitiva ma
va analizzato caso per caso, nel caso in cui si riconosce la piena capacità di
intendere e di volere viene considerato imputabile, se la capacità non
sussiste, viene equiparato a chi è affetto da vizio totale di mente, se si accerta
che è grandemente scemata, è parificato a chi è affetto da vizio parziale di
mente.
• l'ubriachezza: in caso di ubriachezza accidentale, ovvero quando la
perdita della capacità di autocontrollo è determinata da fattori del tutto
imprevedibili, non si applicano misure di sicurezza. Nel caso di ubriachezza
volontaria, non vi è ne esclusione ne diminuzione dell’imputabilità. Nel caso
di ubriachezza preordinata, utilizzata per commettere un reato, vi è un
aumento di pena. Nel caso di ubriachezza abituale, vi è la necessità che il
soggetto abbia la consuetudine di fare un eccessivo uso di sostanze alcoliche
e che la conseguenza sia un frequente stato di ubriachezza. L’ubriachezza
cronica viene considerata come una malattia psichica e quindi viene
disciplinata con le norma sul vizio di mente. Stesso discorso vale per l’uso di
sostanze stupefacenti.
Cause soggettive di esclusione del reato
CAUSE SOGGETTIVE DI ESCLUSIONE DEL REATO
Sono cause soggettive di esclusione del reato, quelle che eliminano il reato
escludendo il nesso psichico richiesto dal comma 1 dell’art. 42 c.p.
(c.d. suitas) ed escludendo l’elemento soggettivo del reato
(c.d. colpevolezza), cioè il dolo o la colpa. Nella prima ipotesi rientrano
l’incoscienza indipendente della volontà, la forza maggiore e il costringimento
fisico, nella seconda ipotesi rientrano invece il caso fortuito e l’errore.
IL CASO FORTUITO
Consiste in un avvenimento imprevisto ed imprevedibile che si inserisce
improvvisamente nell’azione del soggetto e che non può farsi risalire all’attività
psichica dell’agente, neppure a titolo di colpa. E’ l’imprevedibilità che
caratterizza il caso fortuito. Nel caso fortuito la forza che determina l’azione è
inconoscibile e collabora con l’azione del soggetto alla produzione dell’evento,
nella forza maggiore questa è imprevedibile e si pone contro la volontà del
soggetto, il quale inutilmente tenterebbe di contrastarla per impedire l’evento.
L’INESEGIBILITA’
Sia il dolo che la colpa sono esclusi allorchè l’agente si è trovato in condizioni
tali da non potersi pretendere umanamente da lui un contegno diverso da
quello tenuto, tali cioè da non potersi esigere un comportamento conforme al
precetto penale (ad esempio, l'alpinista che sorpreso dalla tormenta
abbandona il compagno per salvarsi).
REATO IMPOSSIBILE
Il secondo comma dell’art. 49 c.p. stabilisce che la punibilità è esclusa quando
per l’inidoneità dell’azione (ad esempio, Tizio intende uccidere Caio con una
pistola giocattolo) o per l’inesistenza dell’oggetto di essa (ad
esempio, quando manchi la persona o l’oggetto su cui cade l’attività materiale
del reato), è impossibile l’evento dannoso o pericoloso. Per comprendere la
figura del reato impossibile occorre far riferimento al principio di offensività.
L’offensività è un requisito fondamentale per la configurazione e punibilità di
un fatto come reato, per cui se l’esito di un’azione non si sostanzia nella lesione
o messa in pericolo del bene, l’azione stessa non è offensiva e quindi non può
costituire reato, per cui il reato è impossibile perché è impossibile che si
verifiche l’evento dannoso o pericoloso.
REATO CONSUMATO
Il reato è suddiviso nelle seguenti fasi:
• Ideazione: E’ il periodo di tempo durante il quale nel soggetto nasce e si sviluppa
l’idea di commettere il reato. Ricorre solo per i reati dolosi.
• Esecuzione: Coincide con l’attuazione della risoluzione criminosa e consiste nella
realizzazione del tipo di comportamento previsto dalla singola norma penale
incriminatrice.
• Consumazione: L’esecuzione ha come punto d’arrivo la consumazione.
Ogni reato ha ad oggetto un bene giuridico, si ha la consumazione del reato quando si
determina l’effettiva lesione o messa in pericolo del bene tutelato, ovvero quando si
sono realizzati tutti i requisiti previsti dalla fattispecie legale per il perfezionamento
del reato. Nei reati di pura condotta la consumazione coincide col realizzarsi della
condotta vietata, nei reati di evento col verificarsi di questo.
DELITTO TENTATO
Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde
di delitto tentato (art. 56 comma 1 c.p.). Si ha dunque delitto tentato quando il soggetto
agente vuole commettere un reato e si attiva in tal senso, senza però realizzare il proprio
proposito per causa indipendenti dalla propria volontà. Il tentativo rappresenta un titolo
autonomo di reato, in quanto rappresenta la messa in pericolo del bene tutelato ma
viene riservato un trattamento meno severo rispetto al consumato. L’incompiutezza del
reato si presenta talvolta perché non è stata portata a termine l’intera condotta diretta a
commettere reato (ad esempio, fuga del ladro), altre volte pur essendo stata portata a
termine la condotta, l’evento richiesto non si è verificato (ad esempio, si spara ma non
si colpisce il bersaglio).
I requisiti del tentativo (art. 56 c.p.) sono l’intenzione di commettere un reato,
l’idoneità degli atti, l’univocità degli atti e il mancato compiersi dell’azione o il
mancato verificarsi dell’evento.
Quanto all’intenzione di commettere il delitto, occorre che tale intenzione sia formata
dal compimenti di atti idonei diretti a commettere il reato. Il tentativo è sempre un
delitto doloso, non essendo compatibile con il tentativo la colpa.
Per accertare l’univocità bisogna determinare l’intenzione criminosa. Sono univoci
quegli atti che per il grado di sviluppo raggiunto dalla condotta criminosa, lasciano
prevedere come verosimile la realizzazione del delitto voluto.
Sono idonei gli atti adeguati alla commissione del delitto, quegli atti che si inseriscono
nel piano criminoso dell’agente come conditiones sine quibus non.
Si distinguono:
• tentativo circostanziato: Ricorre quando le circostanze riguardano direttamente il
tentativo e sono compiutamente realizzate nel contesto della stessa azione tentata.
• tentativo di delitto circostanziato: Ricorre quando le circostanze non sono state
realizzate ma entrano a far parte del proposito criminoso.
Le pene per il delitto tentato sono più lievi rispetto al delitto consumato, la reclusione
non inferiore a dodici anni se per il consumato è previsto l’ergastolo, la pena diminuita
da un terzo a due terzi per gli altri casi.
DESISTENZA
Si ha desistenza (art. 56 comma 3 c.p.) quando l’agente dopo aver iniziato
l’esecuzione del delitto, muta proposito e interrompe la sua attività criminosa. Ha
carattere positivo nei reati commissivi e negativo nei reati omissivi e deve verificarsi
volontariamente. La desistenza importa di regola l’impunità a meno che non siano già
stati compiuti atti che costituiscono reato diverso per i quali l’agente risponderà.
ABERRATIO ICTUS
L’art. 82 c.p. dispone che quando per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione
del reato o per altra causa, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla
quale l’offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il
fatto in danno della persona che voleva offendere. Qualora oltre alla persona
diversa, sia offesa anche quella alla quale l’offesa era diretta, il colpevole
soggiace alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino alla metà.
L’aberratio ictus è compatibile col delitto preterintenzionale.
Si distinguono:
• aberratio ictus monolesiva: si verifica quando si arreca offesa
esclusivamente alla persona diversa;
• aberratio ictus bi-offensiva: si verifica quando si offendono
contemporaneamente tanto la vittima predestinata che una persona diversa;
• aberratio ictus plurioffensiva: oltre alla vittima predestinata anche altre
persone; non è stabilito dal codice, si discute sull’aumento di pena in base
alle persone o all’applicarsi di norme del concorso di reati. Stesso discorso
per offesa a più persone, indenne la vittima designata.
ABERRATIO DELICTI
Se per errore nell’uso dei mezzi di esecuzione del reato o per altra causa, si
cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde a titolo di
colpa dell’evento non voluto, quando il fatto è previsto dalla legge come delitto
colposo. Se il colpevole ha cagionato altresì l’evento voluto, si applicano le
regole sul concorso di reati.
ABERRATIO CAUSAE
Ricorre quando per errore nella fase consumativa, la successione causale si
sia svolta in maniera diversa da quella prevista dall’agente. Irrilevante nei reati
a condotta libera, è rilevante nei reati a condotta vincolata.
Reato circostanziato
REATO CIRCOSTANZIATO
Nella struttura del reato si distinguono elementi essenziali ed elementi
accidentali o accessori, che incidono sulla gravità del reato e ne determinano
una variazione qualitativa e/o quantitativa della pena. La loro presenza
trasforma il reato da semplice a circostanziato. Vi sono circostanze tipiche o
definite e circostanze indefinite o innominate, la cui individuazione è rimessa
alla discrezionalità del giudice.
Il reato circostanziato contiene tutti gli elementi della fattispecie del reato
semplice, con l’aggiunta di uno o più requisiti specializzanti, non devono quindi
considerarsi circostanze gli elementi essenziali del reato, gli elementi che
aderendo ad un modello di reato ne determinano un mutamento del titolo dello
stesso, il concorso di persone nel reato e il tentativo rispetto al reato
consumato.
Le circostanze si suddividono in:
1. comuni e speciali (a seconda che siano previste per tutti i reati con cui
non siano incompatibili o per uno o più reati determinati);
2. aggravanti e attenuanti;
3. oggettive (la natura, l’oggetto, la specie, i mezzi, il tempo, il luogo e
ogni altra modalità dell’azione) e soggettive(l’intensità del dolo o il
grado della colpa, le condizioni o le qualità personali del colpevole, i
rapporti tra colpevole e offeso);
4. antecedenti, concomitanti e susseguenti, intrinseche (quelle che
attengono alla condotta illecita) o estrinseche (estranee all’esecuzione
e alla consumazione del reato);
5. ad efficacia comune ( quelle circostanze che aumentano o
diminuiscono la pena fino a un terzo di quella prevista per il reato
base), ad efficacia speciale ( quelle per le quali la legge stabilisce pene
di specie diversa da quella ordinaria del reato), ad effetto
speciale (quelle circostanze che prevedono aumento o diminuzione
superiore a un terzo).
CIRCOSTANZE AGGRAVANTI
L’art. 61 c.p. prevede le seguenti circostanze aggravanti comuni:
• l’aver agito per motivi abietti o futili (art. 61 n.1 c.p.); abietto si intende un
motivo ignobile che provochi un senso di ripugnanza in ogni persona di media
moralità, futile invece è qualsiasi azione in cui vi sia enorme sproporzionalità
tra motivo e azione delittuosa. E’ una circostanza soggettiva, incompatibile
col vizio parziale di mente, minore età, ubriachezza e con la provocazione,
inoltre non è compatibile con i reati colposi, in quanto manca un motivo a
delinquere.
• l’aver commesso reato per eseguirne od occultarne altro, ovvero per
assicurare a se o ad altri prodotto, profitto o prezzo ovvero impunità da altro
reato (art. 61 n.2 c.p.), vi sarà connessione teleologica quando si compie il
reato per eseguirne un altro (ad esempio, lesioni per rapina impropria) e
connessione consequenziale quando il reato è commesso al fine di occultarne
un altro o assicurare prodotto (ad esempio, refurtiva), profitto (ossia il
vantaggio patrimoniale o non derivante dal reato), prezzo (beni dati o
promessi al soggetto affinchè compia il reato), impunità (ossia ka sottrazione
alle conseguenze processuali derivanti dal reato). E’ una circostanza
soggettiva.
• l’avere agito, nei delitti colposi, nonostante la previsione dell’evento (art. 61
n.3 c.p.), è questa la cosiddetta colpa cosciente che consiste nell’agire pur
prevedendo l’evento come conseguenza della sua condotta, si agisce nella
sicura fiducia che esso non si verifichi, ritenendo di poterlo evitare in virtù della
propria abilità personale o per l’intervento di fattori esterni. Circostanza
soggettiva.
• l’aver adoperato sevizie o aver agito con crudeltà verso le persone (art. 61 n.4
c.p.), cioè infliggere violenza fisica o morale, con mezzi non necessari alla
commissione del reato e con assoluta mancanza di sentimenti
umanitari. Circostanza soggettiva compatibile col vizio parziale di mente e
con l’attenuante della provocazione, non è compatibile col vizio totale di
mente.
• l’aver profittato di circostanze di tempo, luogo o di persona, anche in
riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa (art. 61 n.5
c.p.), ovvero avvantaggiarsi intenzionalmente di una condizione favorevole,
sia essa causale o provocata dal soggetto; per configurarsi basta che la difesa
sia ostacolate. E’ una circostanza oggettiva, in quanto agevola la
commissione del reato. Per circostanze di tempo e luogo si intende ad
esempio la notte e la situazione di calamità, per circostanze di persona si
intendono ad esempio i mutilati, ubriachi ecc.
• l’avere commesso il reato, durante il tempo in cui si è sottratto
all’esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto, cattura o
carcerazione per un precedente reato (art. 61 n.6 c.p.); circostanza
soggettiva.
• l’avere nei delitti contro il patrimonio o che offendono il patrimonio, determinati
da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno di
rilevante entità (art. 61 n.7 c.p.), è una circostanza con natura
oggettivariferendosi all’entità del danno. La rilevanza del danno deve essere
valutata avendo riguardo del livello economico medio della comunità sociale
nel momento storico di riferimento, prescindendo dalle condizioni economiche
del danneggiato.
• l’avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto
commesso (art. 61 n.8 c.p.), consiste in un fatto successivo alla commissione
del reato, con cui l’agente ne abbia aggravato o tentato di aggravare le
conseguenze (ad esempio, ferire un uomo ed impedirne i soccorsi).
• l’avere commesso il fatto con abuso di potere o con violazione dei
doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio (art. 61 n.9
c.p.), l’abuso deve essere doloso.
• l’avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o contro una
persona incaricata di pubblico servizio o ministro di culto cattolico o culto
ammesso dallo Stato, o contro un agente diplomatico o consolare di uno
Stato, nell’atto o a causa dell’adempimento delle funzioni (art. 61 n.10 c.p.),
trattasi di circostanza oggettiva perché riguarda la persona offesa.
• l’avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche,
ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione, d’opera, di
coabitazione o di ospitalità (art. 61 n.11 c.p.).
• l’avere commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale
(art. 61 n.11bis c.p.).
• l’avere commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto
minore all’interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione
(art. 61 n.11ter c.p.).
• l’avere il colpevole commesso un delitto non colposo durante il periodo in
cui era ammesso ad una misura alternativa alla detenzione in carcere. (art.
61 n.11quater c.p.).
• l’avere, nei delitti colposi contro la vita o contro l’incolumità individuale, contro
la libertà personale, commesso il fatto in presenza o in danno di un minore
di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza. (art. 61
n.11quinques c.p.).
AGENTE PROVOCATORE
E’ colui che spinge altre persone a commettere reati al fine di farli scoprire e
punire (spesso sono appartenenti a forze di Polizia). Secondo la dottrina
dominante egli va esente da responsabilità per mancanza di dolo, in quanto
agisce con la precisa convinzione che l’evento non si sarebbe verificato. La
giurisprudenza considera l’opera dell’agente provocatore non esente da
punibilià a meno che non si tratti di opera marginale consistente in attività di
osservazione, di controllo e di contenimento delle azioni illecite, che devono
essere esclusivamente opera altrui.
CIRCOSTANZE ATTENUANTI
Ex art. 114 c.p., la pena può essere diminuita qualora il giudice ritenga che
l’opera prestata da talune persone concorse nel reato, abbia avuto minima
importanza nella preparazione o esecuzione del reato e nei confronti di colui
che è stato indotto alla partecipazione per timore reverenziale da persona che
esercita su di lui autorità, direzione o vigilanza, come pure per il minore di
diciotto anni, l’infermo o avente deficienza psichica.
Concorso di reati
IL CONCORSO DI REATI
Si verifica quando un individuo viola più volte la legge penale ed è perciò
chiamato a rispondere di più reati. Il concorso può essere materiale, quando
è caratterizzato dal fatto che i vari reati sono posti in essere da una pluralità di
azioni od omissioni, oppure formale, quando i reati vengono realizzati con una
sola azione od omissione, o apparente, quando la molteciplità dei reati è solo
apparente, in quanto la violazione della norma penale è sostanzialmente unica.
IL CONCORSO MATERIALE
Si ha quando è caratterizzato dal fatto che i vari reati sono posti in essere da
una pluralità di azioni od omissioni, l’unico legame tra questi reati è dato
dall’identità della persone dell’agente che li ha posti in essere. I reati commessi
da un unico agente possono essere legati da un:
• vincolo ideologico, quando il reato è commesso per eseguirne un altro
(ad esempio, omicidio per derubare la vittima);
• vincolo consequenziale, quando un reato viene commesso per
assicurarsi un prezzo, prodotto, profitto o impunità da altro reato (ad
esempio, dopo aver ucciso un neonato ne occulta il cadavere);
• vincolo occasionale, quando nella commissione di un reato vi è
l’occasione di commetterne un altro (ad esempio, ladro entra per rubare,
vede una giovane e la violenta).
IL CONCORSO FORMALE
Si distingue in concorso eterogeneo quando con una sola azione od
omissione si violano diverse disposizioni di legge (ad esempio, colpo di pistola
che uccide una persona e rompe una vetrina), e concorso omogeneo,
quando con una sola azione od omissione vengono compiute più violazioni
della medesima disposizione di legge (ad esempio, frase ingiuriosa rivolta a
più persone).
Lo scopo della materia del concorso dei reati è quello di limitare l’entità della
pena da applicare a chi deve essere giudicato per più reati. Sono tre i sistemi
concepibili per la disciplina del concorso di reati:
1. l’assorbimento, si applica solo la pena prevista per il reato più grave e non
si tiene conto di quello minore;
2. il cumulo giuridico, si applica la pena più grave con un aumento non
corrispondente alla somma delle altre pene ma ad una congrua quota fissata
dalla legge;
3. il cumulo materiale, il reo soggiace a tante pene quante sono le infrazioni
commesse.
Reato continuato
IL REATO CONTINUATO
Si ha reato continuato, quando con più azioni od omissioni esecutive di un
medesimo disegno criminoso, si commettono, anche in tempi diversi, più
violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge (art. 81 c.p.).
Perché possa applicarsi l’art. 81 c.p. è necessario che vi sia una pluralità di
azioni, intesa come una pluralità di condotte autonome, che sfociano in più
episodi criminosi e non quindi come più atti unificabili in un’unica azione, più
violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge e l’identità del disegno
criminoso.
IL REATO ABITUALE
E’ abituale il reato che risulta dalla reiterazione nel tempo di più condotte
identiche ed omogenee.
Il reato abituale può consistere:
• nella ripetizione di condotte che prese isolatamente non costituirebbero reato
(c.d. reato abituale proprio), ad esempio, nei maltrattamenti in famiglia;
• nella ripetizione di condotte che già di per se costituiscono reato (c.d. reato
abituale improprio), ad esempio, la relazione incestuosa.
Punibilità
LA PUNIBILITA’
E’ l’applicabilità della pena, ovvero la possibilità giuridica di irrogare questa
sanzione, è quindi una conseguenza del reato e non può considerarsi
elemento di esso, per sorgere la punibilità occorrono commissione di un
reato, assenza di cause personali di esclusione della pena (immunità, non
imputabilità), presenza di eventuali condizioni obiettive di punibilità, che
debbono consistere in un avvenimento del mondo esterno e debbono essere
estranee alla condotta illecita (quando per la punibilità del reato, la legge
richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche
se l’evento da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto).
Per individuare le condizioni di punibilità, occorre fare ricorso ad indici
strutturali, alla collocazione dell’elemento all’interno della fattispecie astratta e
a criteri sostanziali, relativi alla determinazione dell’interesse tutelato dalla
norma.
La dottrina distingue tra condizioni di punibilità intrinseche, che sono
partecipi dell’offensività del fatto reato, in quanto comportano un ulteriore
aggravamento, una progressione tipica dell’offesa e le condizioni
estrinseche, che sono estranee all’offensività del fatto.
Tra le cause intrinseche rientrano:
• il pericolo della malattia nell’abuso dei mezzi di correzione;
• il pubblico scandalo nei delitti di incesto;
• la dichiarazione di fallimento nei delitti di bancarotta.
Invece tra le cause estrinseche rientrano:
• l’annullamento del matrimonio, nell’induzione al matrimonio mediante
inganno;
• la sorpresa in flagranza;
• la presenza del reo nel territorio dello Stato.
Il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, comporta una
trasformazione della punibilità, infatti prima della sentenza, la pena applicabile
è quella che la legge stabilisce in astratto per il reato, dopo la sentenza, la pena
che va applicata è quella che il giudice ha irrogato all’autore del reato, si avrà
quindi punibilità in astratto che ricorre quando sussistono tutti gli elementi
richiesti dalla legge per l’inflizione della pena e la punibilità in concreto, che
si avrà col passaggio in giudicato della condanna. Le cause di estinzione del
reato (morte del reo prima della condanna, amnistia, prescrizione, remissione
di querela, perdono giudiziale, oblazione, sospensione condizionale della pena
dopo cinque anni per delitti e due per contravvenzioni) estinguono la punibilità
in astratto, le cause di estinzione della pena estinguono la punibilità in
concreto.
LA PERICOLOSITA’ CRIMINALE
E’ definita socialmente pericolosa, la persona che ha commesso un reato o un
quasi reato ed è probabile che commetta nuovi fatti previsti dalla legge come
reati.
AMNISTIA
Causa di estinzione del reato, è la rinuncia da parte dello Stato a far valere la
propria potestà punitiva, per determinati reati commessi in un certo lasso di
tempo. L’amnistia è un provvedimento generale ed astratto, estintivo della
punibilità di soggetti che hanno commesso fatti costituenti reato in un
determinato periodo, anteriore all’entrata in vigore della legge che concede il
beneficio. L’amnistia propria riguarda i reati per i quali ancora non è
intervenuta una sentenza penale irrevocabile di condanna, l’amnistia
impropria riguarda i reati per i quali è già stata pronunciata sentenza penale
irrevocabile di condanna. Della condanna irrevocabile, se ne dovrà comunque
sempre tenere conto in futuro, ai fini dell’accertamento della recidiva, della
dichiarazione di delinquente abituale, della professionalità nel reato, della
applicabilità sospensione condizionale della pena, della applicazione delle
aggravanti. L’intervenuta amnistia non fa venire meno le conseguenze civili del
reato. E’ possibile rinunciare all’amnistia se il condannato ha l’interesse a
dimostrare la propria innocenza.
INDULTO O CONDONO
E’ un atto di clemenza generale, che opera esclusivamente sulla pena
principale, vi sarà indulto proprio o improprio, l’indulto estingue la pena ma
non estingue le pene accessorie a meno che il decreto non preveda
diversamente e non estingue gli effetti della condanna.
Titolare del potere di indulto e amnistia è il Parlamento, che deve deliberare a
maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, l’efficacia è
circoscritta ai reati commessi fino al giorno precedente l’emanazione del
decreto, nel concorso di reati si applica una volta sola, sono cumulate le pene.
Il beneficio dell’indulto è revocato di diritto se chi ne ha usufruito, commette
entro cinque anni dalla data di entrata in vigore della legge, un delitto non
colposo per il quale riporti condanna a pena detentiva non inferiore a due anni.
GRAZIA
Atto di clemenza del Presidente della Repubblica, è un atto particolare in
quanto è essenzialmente individuale e va a beneficio di una determinata
persona, presuppone una sentenza irrevocabile di condanna ed è rimesso al
potere discrezionale del Capo dello Stato, che opera solo sulla pena principale,
condonandola in tutto o in parte.
L’OBLAZIONE
E’ una causa di estinzione del reato, sia per le contravvenzioni punite solo con
ammenda che con arresto o ammenda. In entrambi i casi consiste in un
pagamento di una somma di denaro, che ha l’effetto di degradare il reato in
illecito amministrativo e quindi di estinguerlo, prima dell’apertura del
dibattimento o prima del decreto di condanna. L’oblazione ove è prevista
l’ammenda, ha luogo a richiesta dell’interessato e consiste nel pagamento di
una somma di denaro, corrispondente alla terza parte del massimo della pena
edittale, per le contravvenzioni punite con pene alternative, è facoltà del
giudice ammettervi o meno l’imputato che ne abbia fatto domanda. L’oblazione
ha luogo mediante il pagamento di una somma di denaro corrispondente alla
metà del massimo dell’ammenda, stabilita per legge per la contravvenzione
commessa, oltre le spese del procedimento.
In alcune ipotesi l’oblazione è per legge esclusa, in caso di recidiva reiterata,
se l’imputato è stato dichiarato contravventore abituale, oppure delinquente o
contravventore professionale e quando permangono conseguenze dannose o
pericolose del reato, eliminabili da parte del contravventore.
LIBERTA’ CONDIZIONALE
Premio per il condannato, che durante il periodo di detenzione abbia dato
costante prova di buona condotta, tale istituto da un lato premia il detenuto,
dall’altro incita gli altri detenuti a seguirne l’esempio. Le condizioni sono che:
• il detenuto deve aver tenuto un comportamento tale da far desumere un suo
ravvedimento;
• deve aver scontato almeno trenta mesi o metà pena se la pena residua non
supera i cinque anni, nel caso di prima condanna o recidiva semplice, nel caso
di recidiva aggravata o reiterata;
• deve aver scontato almeno quattro anni e non meno dei tre quarti della pena,
per l’ergastolo, deve aver scontato almeno ventisei anni.
La libertà condizionale è concessa dal Tribunale di sorveglianza, su parere
del magistrato di sorveglianza, è revocata se la persona liberata commette un
delitto o una contravvenzione della stessa indole, o se trasgredisce agli
obblighi inerenti la libertà vigilata.
Nel caso di revoca, il tempo di pena detentiva ancora da espiare viene
determinato tenendo conto del tempo trascorso in libertà condizionale, nonché
delle restrizioni della libertà subite dal condannato e del suo comportamento
durante tale periodo. La liberazione condizionale sospende l’esecuzione della
parte di pena ancora da scontare, se però tutto il tempo della pena
inflitta decorre senza alcuna causa di revoca, la pena rimane estinta e sono
revocate le misure di sicurezza personali.
RIABILITAZIONE
Estingue le pene accessorie e ogni altro effetto penale della condanna, per
ottenerla occorre che il condannato:
• abbia dato prova effettiva e costante di buona condotte;
• abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato;
• non sia sottoposto a misure di sicurezza diversa dall’espulsione dello
straniero;
• sia decorso un termine prefissato dall’esecuzione o dall’estinzione della pena
principale.
La riabilitazione è concessa quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno
in cui la pena principale sia stata eseguita o sia estinta, il termine invece è
fissato in almeno otto anni nel caso si tratti di recidivo, mentre è fissato in dieci
anni per delinquenti abituali, professionali o per tendenza. La valutazione della
buona condotta oltre ai tre anni successivi alla pena, riguarda anche il periodo
fino alla data della decisione sull’istanza presentata.
La concessione del beneficio è rimessa al Tribunale di sorveglianza, è un diritto
del condannato e l’Autorità Giudiziaria ha l’obbligo di accordarla; è revocata se
il soggetto entro sette anni commette un delitto non colposo per il quale sia
inflitta una pena non inferiore a due anni.
Pena
LA PENA
La pena è la sanzione che consegue alla violazione di un precetto penale, ha
come carattere essenziale l’afflittività, nel senso che infligge al reo una vera e
propria sofferenza ed è esclusivamente punitiva, non porta cioè alla
riparazione o al risarcimento per la violazione compiuta, si può definire quindi
come la sofferenza comminata dalla legge penale ed irrogata dall’Autorità
Giudiziaria mediante processo a colui che viola un comando della legge
medesima.
Vi sono diverse funzioni della pena secondo la dottrina moderna, quella della
prevenzione generale e cioè dell’intimidazione (dissuadere dal violare i
precetti) e nella fase edittale, quella della retribuzione e dell’emenda (secondo
essa la pena è protesa verso la redenzione morale e il ravvedimento spirituale
del reo), nella fase giudiziale e quello della rieducazione nella fase di
esecuzione.
La pena è personalissima e colpisce solo l’autore del reato ed è rigorosamente
disciplinata dalla legge, una volta minacciata, viene sempre applicata all’autore
della violazione ed è proporzionata al reato.
Il legislatore ordinario, con L. n.589/1994, ha abolito la pena di morte anche
per i reati previsti dal codice penale militare di guerra, si è quindi provveduto a
sopprimere nell’art. 27 Cost., l’inciso in cui era ammissibile la pena di morte nei
casi previsti dalle leggi militari di guerra.
Le principali pene detentive sono:
• l'ergastolo (art. 22 c.p.): l'ergastolo è una pena detentiva a carattere perpetuo
inflitta a chi ha commesso un delitto ed equivale alla reclusione a vita.
Consiste nella privazione della libertà, scontata in uno degli stabilimenti a ciò
destinati, con l’obbligo del lavoro e l’isolamento notturno. Il condannato
all’ergastolo può essere ammesso al lavoro all’aperto, ma tale concessione
può essere disposta solo se sono stati acquisiti elementi tali da escludere
l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.
Il reo può essere ammesso alla libertà condizionale solo dopo aver scontato
ventisei anni di pena. In Italia esistono due tipi di ergastolo: quello normale e
quello ostativo. Il primo concede al condannato la possibilità di usufruire di
permessi premio, semilibertà o liberazione condizionale. Il secondo, invece,
nega al detenuto ogni beneficio penitenziario, a meno che non sia un
collaboratore di giustizia. Ostativo è uno status particolare di quei detenuti
(non necessariamente ergastolani) che si trovano ristretti in carcere a causa
di particolari reati classificati efferati dal nostro ordinamento giuridico:
associazione di tipo mafioso (art. 416bis c.p.), sequestro di persona a scopo
di estorsione (art. 630 c.p.), associazione finalizzata al traffico di droga (art.
74 D.P.R. n.309/1990), ecc., i quali ostacolano la concessione dei benefici
previsti dalla legge. Grazie all'intervento della Corte Costituzionale, tale pena
è stata esclusa per i minori imputabili, perché incompatibile con la finalità
rieducativa del minore, alla quale devono tendere le pene previste per i minori
di età.
• la reclusione (art. 23 c.p.): per reclusione in Italia si intende la pena detentiva
per la commissione di un delitto, ovvero un reato di particolare gravità.
Consiste nella privazione della libertà personale per un periodo che va da un
minimo di quindici giorni a un massimo di ventiquattro anni. La
reclusione consiste nella limitazione della libertà personale da eseguirsi in
carcere o in altro istituto a ciò espressamente deputato in regime di
detenzione, quando una sentenza di condanna a pena detentiva per un delitto
sia passata in giudicato e non sia stato possibile ottenere l'applicazione di
misure alternative. Il recluso ha l'obbligo del lavoro e con l'isolamento
notturno. Tuttavia il condannato alla reclusione che ha scontato almeno un
anno della pena può essere ammesso al lavoro all'aperto. La reclusione può,
a determinate condizioni (tra cui ovviamente la disponibilità di un domicilio
ritenuto idoneo) e su autorizzazione del Tribunale di sorveglianza, essere
scontata anche in regime di detenzione domiciliare per condanne inferiori a
due anni (quattro anni in casi particolari), periodo che può essere anche la
parte finale di una pena più lunga.
• l'arresto (art. 25 c.p.): consiste nella privazione della libertà da un minimo di
cinque giorni a un massimo di tre anni e si applica ai reati contravvenzionali.
L'istituto ha la finalità fine di prevenire la fuga di un soggetto, qualora ne
ricorrano i presupposti e le condizioni di legge, per impedire la ulteriore
commissioni di crimini, tutelare lo sviluppo delle indagini preliminari da parte
delle forze di polizia, impedendo che la persona possa fuggire sottraendosi
alla giustizia o assicurare l'esecuzione della pena inflitta a carico di una
persona condannata. Nel diritto italiano, il termine arresto indica più istituti
differenti e distinti tra loro: l'arresto in flagranza di reato (definito anche come
fermo di polizia), la pena dell'arresto, l'arresto per l'esecuzione di un ordine di
custodia cautelare, l'arresto per l'esecuzione di un ordine di carcerazione in
esecuzione di una condanna penale definitiva alla pena della reclusione o
dell'arresto. Si precisa che la legge parla di arresto tanto nel caso di reclusione
in carcere come pure nel caso di persona a cui viene intimato di rimanere
nella propria abitazione (in tal caso si definisce la custodia cautelare come
arresti domiciliari e la sostituzione della pena della reclusione come
detenzione domiciliare). Esso deve essere disposto seguendo le prescrizioni
imposte dalla legge, altrimenti si potrebbe trattare di arresto illegale.
Invece, la principali pene pecuniarie sono:
• la multa: quale pena pecuniaria concernente i delitti, consiste nel pagamento
allo Stato di una somma di denaro non inferiore a 50 Euro ne superiore a
50mila Euro. Per i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce
solo la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la multa da 50 a 25mila
Euro. I suddetti limiti riguardano i delitti disciplinati dal codice penale e
vincolano esclusivamente il giudice, infatti il legislatore può in una c.d. legge
penale speciale, punire un delitto con una multa inferiore o superiore ai limiti
previsti.
• l’ammenda: quale sanzione pecuniaria per le contravvenzioni, consiste nel
pagamento allo Stato di una somma di denaro non inferiore a 20 ne superiore
a 10mila Euro.
LE PENE ACCESSORIE
Le pene accessorie si distinguono in:
• interdizione da pubblici uffici (artt. 28-29 c.p.): può essere perpetua o
temporanea, quella perpetua produce la perdita dei diritti elettorali e di ogni
altro diritto politico, degli uffici di tutore e curatore, dei gradi, delle dignità
accademiche, titoli, decorazioni, pensioni ed assegni a carico di enti pubblici,
salvo che traggano origine da un rapporto di lavoro o si tratti di pensioni di
guerra, essa consegue a condanna all’ergastolo, alla reclusione per un
periodo superiore a cinque anni e alla dichiarazione di abitualità o
professionalità nel reato, ovvero tendenza a delinquere.
Quella temporanea produce gli stessi effetti di quella perpetua, ma per una
durata che non può essere inferiore ad un anno ne superiore a cinque anni,
consegue di diritto ad ogni condanna alla reclusione per un tempo non
inferiore a tre anni.
• interdizione da una professione o un'arte (art. 30 c.p.): priva il
condannato, per un periodo non inferiore a un mese e non superiore a cinque
anni, della capacità di esercitare professioni, arti, mestieri, industrie o
commerci per cui è richiesta un’autorizzazione, licenza o permesso
dell’Autorità, consegue alle condanne per delitto commesso con abuso di una
professione o arte o con abuso di pubblico ufficio.
• interdizione legale (art. 32 c.p.): produce le incapacità proprie
dell’interdizione giudiziale, non impedisce ai detenuti e internati l’esercizio
personale dei diritti loro derivanti dalla legge stessa, consegue alla condanna
all’ergastolo o reclusione non inferiore a cinque anni.
• interdizione temporanea da uffici direttivi di persone giuridiche (atr.
32bis c.p.): priva il condannato della capacità di esercitare, durante
l’interdizione, l’ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore, direttore
generale e dirigente preposto alla redazione di documenti contabili e societari,
nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica
o dell’imprenditore, consegue a condanna non inferiore a sei mesi per delitti
commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all’ufficio.
• incapacità di contrattare con al Pubblica Amministrazione (artt. 32ter-
32quater c.p.): comporta il divieto di concludere contratti con la Pubblica
Amministrazione , salvo che per ottenere prestazioni di un pubblico servizio,
consegue a delitti commessi in danno o vantaggio di un’attività imprenditoriale
o comunque in relazione ad essa e non può durare meno di un anno e non
può superare i tre anni.
• estinzione del rapporto di lavoro o impiego (art. 32quinques c.p.):
è previsto quando vi è la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore
a tre anni per i delitti di concussione, peculato, corruzione per l’esercizio delle
funzioni, corruzione in atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere
utilità.
• decadenza della responsabilità genitoriale (art. 32quinques c.p.): produce
la privazione di ogni diritto che al genitore spetti sui beni del figlio, in forza
della responsabilità genitoriale prevista, mentre la sospensione importa
l’incapacità di esercitare, durante la medesima, i suddetti diritti.
• sospensione dell'esercizio di una professione o un'arte (art. 35 c.p.):
consegua ad ogni condanna per contravvenzione commessa con abuso della
professione o arte, per la quale è stabilita la pena dell’arresto non inferiore ad
un anno. La durata va da minimo quindici giorni a massimo due anni.
• sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi (art. 35bis c.p.): non può
avere una durata inferiore a quindici giorni ne superiore a due anni e
consegue ad ogni condanna all’arresto per contravvenzioni con abuso dei
poteri o violazione dei doveri inerenti all’ufficio.
• pubblicazione della sentenza penale di condanna (art. 36 c.p.): la
sentenza di condanna all’ergastolo è pubblicata mediante affissione nel
Comune ove è stata pronunciata, in quello ove il delitto fu commesso e in
quello ove il condannato aveva l’ultima residenza, è inoltre pubblicata sul sito
internet del Ministero della Giustizia e la durata della pubblicazione è stabilita
dal giudice comunque non oltre trenta giorni. La legge determina gli altri casi
in cui la sentenza di condanna deve essere pubblicata, effettuata stavolta
esclusivamente sul sito del Ministero.
L'applicazione delle pene accessorie è in genere automatica, conseguendo di
diritto alla condanna penale come suo effetto ulteriore, laddove non sia la legge
ad applicarla, la durata è uguale a quella della pena principale inflitta, in nessun
caso può oltrepassare il limite minimo o massimo stabilito per ciascuna pena
inflitta. L’applicazione del patteggiamento non comporta l’applicazione di
pene accessorie ne di misure di sicurezza. Quando sussistono gravi indizi di
reità e si procede per delitti per i quali la legge stabilisce le pene dell’ergastolo
o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, l’applicazione
delle misure cautelari interdittive è consentito, quelle previste sono la
sospensione dell’esercizio della responsabilità genitoriale, la sospensione
dall’esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il divieto temporaneo di esercitare
attività professionali o imprenditoriali.
Vi sono poi pene accessorie previste da leggi speciali, come la sospensione
e la revoca della patente di guida previste dal codice della strada e la
sospensione della patente di guida ed il divieto di espatrio, previsti in materia
di stupefacenti.
CONCORSO DI PENE
Si ha nel caso di concorso di reati, trattandosi di reati che importino pene
detentive temporanee o pecuniarie della stessa specie. La pena da applicare
cumulando le condanne non può mai essere superiore al quintuplo della più
grave fra le pene ricorrenti, ne comunque eccedere trent'anni di reclusione, sei
di arresto, 15493 Euro di multa, 3098 Euro di ammenda. Trattandosi di reati
che importano pene detentive diverse la durata della pena da applicare non
può superare i trent'anni.
Misure di sicurezza
LE MISURE DI SICUREZZA
Tendono a difendere l’ordinamento contro il pericolo che determinate persone
possano commettere reati. La dottrina ritiene le misure sanzioni penali, in
quanto presuppongono un fatto costituente reato, sono disciplinate dal codice
penale e sono mezzi di lotta contro il reato e conseguenze giuridiche della
commissione di un reato. Differiscono dalle pene perché in esse la durata è
predeterminata solo nel minimo.
L’applicazione è affidata all’Autorità Giudiziaria., si differenziano dalle misure
di Polizia (ossia, foglio di via, sorveglianza speciale della P.S., divieto o obbligo
si soggiorno) in quanto queste ultime sono adottate sulla base di indizi o
sospetti e non presuppongono la commissione di un reato, hanno scopo
preventivo e sono applicate dal Tribunale su proposta del Questore.
Al fine dell’applicazione delle misure di sicurezza occorre:
• la commissione di un fatto penalmente rilevante (reato o quasi reato per
reato impossibile o istigazione a commettere reato), corrispondente ad una
figura di reato descritta dal legislatore;
• che non esistano cause di giustificazione;
• che ricorrano dolo o colpa dell’agente;
• che ricorra la pericolosità sociale del soggetto, che va accertata di volta
in volta e mai presunta.
La durata delle misure di sicurezza è indeterminata, ogni misura ha un minimo
stabilito dalla legge per la specie di delinquente e la gravità del reato, decorso
tale periodo minimo, il giudice procede al riesame della pericolosità, se cessata
la misura sarà revocata, altrimenti fisserà un nuovo termine per il successivo
riesame e la misura andrà avanti. Il Ministro della Giustizia può revocarla anche
se non sia decorso il minimo di durata.
Le misure di sicurezza sono regolate dal principio di legalità e l’art. 199 c.p.
stabilisce che nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non
siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dai casi della legge stessa
preveduti, principio recepito anche dall’art. 25 Cost.
Ulteriori caratteristiche delle misure di sicurezza:
• sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione;
• si applicano a tutti coloro che si trovano in Italia, anche agli stranieri;
• se la legge non dispone la misura da applicare il giudice disporrà la libertà
vigilata;
• sono ordinata dal giudice nella sentenza di condanna o proscioglimento;
• durante le indagini o il giudizio è ammessa la misura di sicurezza, disposta
dal giudice su richiesta del P.M.;
• l’esecuzione avviene immediatamente se applicate con proscioglimento,
dopo che la sentenza è divenuta irrevocabile se aggiunte a pena non
detentiva, dopo che la pena è stata scontata o estinta, se aggiunte a pena
detentiva;
• nel caso di concorso di misure, trattandosi della stessa specie ne è disposta
una sola, se invece sono di specie diversa, il giudice valuta la pericolosità
della persona e applica una o più misure stabilite dalla legge;
• l’esecuzione è sospesa quando la persona sottoposta alla misura deve
scontare pena detentiva;
• se la persona sia colpita da infermità psichica, il giudice ne ordina il ricovero
in ospedale psichiatrico giudiziario o in casa di cura;
• le cause che estinguono il reato impediscono l’applicazione della misura di
sicurezza;
• le cause che estinguono la pena impediscono l’applicazione delle misura a
meno che non si tratti di quelle che possono essere ordinate in ogni tempo;
• se la persona si sottrae volontariamente all’esecuzione della misura il periodo
minimo della durata ricomincia a decorrere dal giorno in cui è data
nuovamente esecuzione.
LE MISURE DI PREVENZIONE
Vengono disposte indipendentemente dalla commissione di un reato, ma solo
sulla base di un sospetto, quanto alla loro funzione è quella di costruire un
baluardo della società, nei confronti di quei soggetti, che per le loro abitudini di
vita, costituiscono un grave pericolo per la sicurezza pubblica, mirano quindi a
rimuovere o contenere le cause che favoriscono la commissione di reati,
annullando la pericolosità delle persone, anche a prescindere da pregresse
condanne. Nel procedimento di prevenzione, l’oggetto dell’accertamento è
la pericolosità del soggetto, desunta da specifiche circostanze indicative, gli
strumenti dell’accertamento sono le circostanze specifiche aventi rilevanza,
indiziante della pericolosità, le finalità del procedimento sono quelle di garantire
la sicurezza collettiva, individuando e sottoponendo a misure le persone
pericolose. Nate in epoca fascista, hanno subito modifiche dapprima con la L.
n.1423/1956, ulteriori modifiche sono state apportate col D.Lgs. n.159/2011
recante il codice antimafia e delle misure di prevenzione.
Nel codice viene riprodotta la distinzione tra:
• misure di prevenzione personali: distinte tra quelle applicate dal
Questore, come l’avviso orale, attraverso il quale si invita la persona e si
avvisa della sussistenza di indizi a suo carico, a tenere una condotta conforme
alla legge, e quelle applicate dall’Autorità Giudiziaria, come la sorveglianza
speciale di P.S., attraverso la quale il Tribunale, può imporre, accanto alle
prescrizioni di legge, come il divieto di associarsi abitualmente a pregiudicati,
di allontanarsi dalla dimora senza avvisare l’autorità di P.S., di rincasare più
tardi di una certa ora, tutte quelle prescrizioni che ravvisi necessarie, avuto
riguardo alle esigenze di difesa sociale, prescrizioni alle quali è tenuto ad
attenersi, pena sanzioni detentive.
• misure di prevenzione patrimoniali: come il sequestro dei beni, dei quali
la persona risulta poter disporre direttamente o indirettamente, quando il loro
valore, risulta sproporzionato al reddito dichiarato o all’attività economica
svolta, ovvero quando sulla base di sufficienti indizi, si ha motivo di ritenere
che gli stessi, siano frutto di attività illecite e ne costituiscano il reimpiego, cui
si aggiunge la relativa confisca dei beni sequestrati, cui la persona non possa
giustificare la legittima provenienza.
Per ciascuna misura, viene dettata apposita disciplina concernente i soggetti
destinatari, il procedimento applicativo e le relative impugnazioni.