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Diritto Costituzionale

CAPITOLO I:
Caratteri fondamentali del fenomeno giuridico
Il Diritto è un fenomeno sociale
Il Diritto è quel complesso di regole di condotta che disciplinano i rapporti tra i membri di
una certa comunità in un determinato periodo storico.

Il fenomeno giuridico consiste in un complesso di regole che si applicano all'interno di un


aggregato sociale, entro una determinata sfera territoriale, attraverso un organizzazione dotata
di un minimo di stabilità. Queste regole nascono dal generale consenso intorno a determinati fini
da conseguire attraverso l'organizzazione comune; fini che posso essere assai vari in base al
contesto.

Il fenomeno giuridico nasce là dove esiste qualche forma di aggregazione umana, lo sviluppo della
società stessa si svolge all'interno delle regole che disciplinano i rapporti tra i soggetti che la
compongono. La connessione fra fenomeno giuridico e sociale segna l'evoluzione della
storia dell'uomo dalle civiltà più antiche a oggi.

L'esigenza di regole di comportamento obbligatorie per tutti emerge con l'affermazione delle
prime forme di aggregazione umana stabile, nella fase di nascita delle città-Stato.

Il manifestarsi di finalità comuni quali il commercio di prodotti e la difesa da nemici


esterni pone le premesse per avvio di un'evoluzione delle strutture sociali e per la
formazione di un tessuto di norme giuridiche più articolato.

Nasce così lo Stato: un'entità che si colloca in una posizione di supremazia rispetto a tutti i
soggetti componenti il popolo che vivono in un territorio rivendicando la Sovranità, e che di
conseguenza dispone della forza legittima necessaria per assicurare la sopravvivenza e lo
sviluppo al gruppo sociale che ne ha determinato la nascita, impedendo ai singoli dello stesso di
farsi giustizia da soli.

Questa entità attraverso i suoi organi partecipa alla formazione di altre regole di comportamento
dirette a disciplinare i rapporti con altri Stati sia pacifici sia ostili.
Genesi delle regole giuridiche
Le regole di diritto possono nascere secondo varie modalità qualificano il sottoinsieme del diritto
che costituiscono:

• Diritto Consuetudinario
Le regole di diritto nascono sul terreno dei fatti, in particolare in comunità
primitive, quando questi sono, non solo, ripetuti nel tempo con costanza e
frequenza (repetitio facti), ma anche riconosciuti obbliganti e doverosi.
(riconosciuto dall'ordinamento ma non prevalente)

• Diritto Convenzionale
Le regole di diritto nascono sul piano di accordo fra le più parti destinatarie del diritto
stesso.

• Diritto Giurisprudenziale
Le regole di diritto nascono dall'attività dei giurisperiti, innanzitutto quella dei
giudici.
(sul Diritto Giurisprudenziale si basano gli ordinamenti di Common Law di matrice anglosassone; il nostro ne trae
riferimento per quanto riguarda l'organo della Corte Costituzionale)

• Diritto Politico
La formazione del Diritto è ad opera degli organi per ciò preposti nei quali vale il
Principio di Maggioranza.
(sul Diritto Politico si basano gli ordinamenti di Civil Law)

Regole giuridiche e regole religiose, morali o filosofiche


Può essere operata fra le regole giuridiche e quelle religiosi, morali o filosofiche una netta
distinzione su molteplici piani:

• Destinatari:
Le regole di diritto dirette a disciplinare in modo stabile i rapporti tra gli individui di una
comunità.
Le regole religiosi, morali o filosofiche dirette a disciplinare i comportamenti dei
singoli membri di un gruppo al quale solo chi appartiene è coinvolto.

• Finalità:
Le regole di diritto funzionali al raggiungimento di tutti i fini ritenuti di interesse
generale.
Le regole religiose, morali o filosofiche funzionali al conseguimento di fini
particolari.

• Storicità:
La regole di diritto indissolubilmente legate agli eventi storici concreti.
Le regole religiose, morali o filosofiche, se pur in misura diversa, legate a valori
trascendenti.
• Eventuale Trasgressione:
Le regole di diritto caratterizzate dalla Coattività, ossia l'esistenza di meccanismi
sanzionatori volti a reprimerne eventuali violazioni.
Le regole religiose, morali o filosofiche affidate all'adesione spontanei dei membri del
gruppo.

Le caratteristiche del fenomeno giuridico


Le caratteristiche del diritto statale sono l'effettività della regola, la certezza del diritto e la
relatività del diritto.

• L'effettività della regola:


Una regola di diritto può considerarsi esistente in quanto i membri della società le
riconoscano un valore obbligatorio e colleghino alla sua violazione la irrogazione di
determinate sanzioni di natura o giuridica o sociale.
Non è raro il caso in cui norme giuridiche pur esistenti formalmente non riescano ad aver
alcun valore e perdano la loro forza obbligatoria.
Ciò può accadere:
- Per il contrasto tra la regola di diritto ed un'esigenza sociale;
- Quando gli apparati pubblici non ne assicurano il rispetto, si parla così di Desuetudine.

• Certezza del Diritto:


L'esistenza di meccanismi tali da garantire la conoscibilità della regola e delle
sanzioni che sono implicate nei casi di sua accertata infrazione.
(porta come corollario che la regola giuridica approvata sia comunicata ai consociati e la si presunga conosciuta)

• Relatività del Diritto:


Le regole di diritto possono avere un contenuto mutevole a seconda della comunità
sociale alla quale si riferiscono; il loro ambito di estensione può mutare a seconda delle
esigenze e dei problemi che lo sviluppo della società pone.

Caratteristiche dell'atto normativo


• Generalità: Un atto normativo è tale se si riferisce ad una pluralità indeterminata ed a
priori indeterminabile di soggetti. Un atto normativo non è tale se è pensato e disposto
per un singolo o più singoli.

• Astrattezza: Un atto normativo è tale se è applicabile ad una pluralità indeterminata ed a


priori indeterminabile di casi. Un atto normativo non è tale se pensato e disposto per un
singolo caso.

• Innovatività: Un atto normativo non deve essere pedissequa ripetizione di un atto già in
vigore, esige almeno una nota innovativa.

• 3+1 Sanzionabilità: Intesa come la Sanzionabilità in caso di trasgressione dell'atto


normativo, eventuale non necessaria.
(al contrario delle prime tre che necessarie sono)
Il contenuto delle norme giuridiche
Una norma giuridica è una regola di comportamento obbligatoria per tutti i componenti di una
determinata società.

Per imporre un comportamento si deve aver prima determinato:

• Quale ordine di fatti si intende regolare:


Scelta degli eventi cui riconoscere effetti giuridici, questi costituiscono la fattispecie astratta,
essa può consistere o in un'attività o in un fatto, rispettivamente espressione e non della volontà
dell'uomo.

• Quali effetti si intendono riconnettere a tali fatti:


Scelta degli effetti giuridici che conseguono obbligatoriamente al verificarsi della
fattispecie. Possono consistere:

- Posizioni soggettive di svantaggio: obbligo di svolgere o di astenersi dallo


svolgere determinate attività. Si parla di:
-Doveri: quando previste per il soddisfacimento di un interesse generale;
-Obblighi: q.p. per il soddisfacimento dell'interesse di un altro soggetto;
-Oneri: q.p. per il soddisfacimento di un interesse proprio e non altrui.

- Posizione soggettive di vantaggio: diritto di esigere da altri un comportamento conforme


a quello previsto per legge. Si qualificano come:
-Diritto soggettivo: l'interesse del titolare riceve una tutela diretta da parte della
norma giuridica mediante l'imposizione di un obbligo ad altri soggetti.
Si distinguono in questo caso:
-Diritti assoluti: obblighi nei confronti di una pluralità indistinta;
-Diritti relativi: obblighi nei confronti di un preciso destinatario.
Quando invece la tutela assicurata al singolo è indiretta questi sarà titolare di una
posizione di Interesse Legittimo.

I soggetti giuridici
Sono definiti soggetti giuridici i destinatari delle norme giuridiche, cioè coloro cui le norme
intendano attribuire diritti o imporre obblighi.

• Persone Fisiche: ciascuna persona fisica è dotata delle capacità giuridica, è cioè idonea
ad essere titolare di diritti e destinataria di obblighi, fin dal momento della nascita.
Per svolgere le attività che ad obblighi e doveri si riconnettono il soggetto deve possedere non solo la capacità giuridica ma anche la
capacità di agire.
• Persone Giuridiche: particolari organizzazioni collettive , considerate come soggetti
distinti dalle persone fisiche che le compongono e titolari sia della capacità giuridica che
della capacità di agire.
Tra questi si distinguono:
-Private: espressione dei fenomeni di aggregazione sociale;
-Pubbliche: enti pubblici.

La Persona Giuridica Pubblica per eccellenza è lo Stato.

Il concetto di ordinamento giuridico e la pluralità di


ordinamenti giuridici
L'ordinamento giuridico è un complesso di atti normativi che si coordinano l'uno con l'altro e che
regolano la struttura e il funzionamento dell'apparato organizzativo che assicura la produzione,
l'applicazione e il rispetto degli stessi.
L'ambito di operatività dell'ordinamento è particolare o generale.

• Ordinamenti Particolari: Ordinamenti che si propongono il raggiungimento di


finalità parziali delimitate ad un singolo settore, queste possono avere natura
economica, culturale, sportiva, religiosa o di altro genere.

• Ordinamenti Generali: Ordinamenti che si propongono il soddisfacimento di una


finalità tendenzialmente omni-comprensiva di tutti i possibili interessi sociali. Si
distinguono in:
-Originari, è il caso dello Stato;
-Derivati, è il caso delle Regioni.

La coesistenza armonica di più ordinamenti è regolata:

• Sul piano interno: riconoscendo all'ordinamento giuridico generale statuale non solo il
compito di regolare i rapporti tra i singoli membri di una comunità, ma anche quelli
tra i diversi ordinamenti giuridici che si sviluppano al suo interno. Questi sono
tutelati se non si pongono in contrasto con gli interessi perseguiti dall'ordinamento
generale statuale.

• Sul piano esterno: in un duplice modo. Da un lato si sono sviluppate forme sempre più
stabili ed efficaci di collaborazione internazionale di natura politica, economica e militare
(organizzazioni internazionali ONU e sovranazionali Unione Europea). Dall'altro lato con
lo sviluppo di strumenti volti a disciplinare le relazioni tra le regole di ordinamenti
statuali diversi in relazione ad uno stesso rapporto giuridico.
Lo Stato: popolo, territorio e sovranità
Lo Stato: è un'organizzazione territoriale alla quale è riconosciuto il potere non
dipendente da altri, di dettare regole giuridiche per il popolo, per il territorio e quindi
anche per gli estranei. Sono elementi costitutivi dello Stato: il Popolo, il Territorio,
necessari ma non sufficienti, serve: la Sovranità (superiorem non recognoscens).

Il popolo

Complesso di persone fisiche dotate dello status di cittadini, cui sono collegati tutta una serie di
diritti (tendenzialmente in modo esclusivo i diritti politici ma anche doveri.

Si distingue della Popolazione: risultante del complesso di cittadini (popolo), stranieri, apolidi
(senza cittadinanza). E dal concetto di Nazione: patrimonio di elementi etnici, linguistici,
culturali e sociali che individuano una determinata comunità.

La cittadinanza è disciplinata da:

• La Costituzione (Art.22; Art.117 comma2);

• Accordi Internazionali;

• Leggi 5 Febbraio 1992, N°91 (modificata dalle legge del2009, N°94).

Secondo l'Art.22 della C.: Nessuno può essere privato per motivi politici della capacità
giuridica, della cittadinanza, del nome.
Fu scritto in forte polemica con la legge fascista del 31 Gennaio 1926, N°108, la quale prevedeva
la perdita di cittadinanza per chi all'estero concorreva a turbare ordine e nome del regno, e con le
leggi razziali del 1938/1939.

Criteri di acquisto della cittadinanza nel mondo sono:

• Per Nascita:
A: da cittadini dello stato, dovunque si nasca (ius sanguinis); B: da
cittadini stranieri ma nello stato (ius soli).

• Per Scelta dell'interessato (ius electionis).

• Per comunicazione del diritto di cittadinanza da un membro della famiglia all'altro (ius
communicatio).

In Italia vige principalmente lo ius sanguinis: si è cittadini per nascita o per adozione, anche
all'estero, da parte di padre o di madre cittadini italiani.
Vi sono però regole sussidiarie introdotte dalla legge 5 Febbraio 1992, N°91:

• Vale lo ius soli per coloro che nascono in Italia da genitori apolidi o genitori stranieri che
non possono trasmettere la loro cittadinanza in forza di leggi del loro stato di
appartenenza;
• Vale lo ius electionis nella fattispecie di uno straniero nato in Italia che abbia risieduto
legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età (se vuole deve
dichiararlo entro un anno).

• Vale lo ius communicatio per uno straniero o un apolide che sposi un cittadino o una
cittadina italiana che risieda dopo il matrimonio da almeno due anni in Italia o che sia
sposato da almeno tre anni se residente all'estero.

Ma può darsi anche che la cittadinanza sia acquisita in un altro modo: se il padre, la madre o
uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado di uno straniero sono stati cittadini per
nascita questi diviene cittadino se:

• Se presta servizio militare e dichiara di voler acquisire la cittadinanza;

• Se assume pubblico impiego, anche all'estero, e dichiara di voler acquisire la


cittadinanza;

• Se risiede da almeno 2 anni in Italia al raggiungimento dei 18 anni.

Inoltre può diventare italiano un membro dell'Unione Europea se risiede da 4 anni in Italia, uno
straniero se vi risiede da 10 anni, se si è apolidi da 7 anni.

In casi di doppia cittadinanza l'Art.11 della legge N°91 del 1992 stabilisce che: il cittadino che
possiede, acquista o riacquista una cittadinanza straniera conserva quella italiana, ma può
rinunciarvi se ha residenza all'estero.

Per gli apolidi invece la legge N°91 del 1992 prevede che questi in Italia siano soggetti all'esercizio
dei diritti civili e obblighi militari (la C.Cst. con la sent.172 del 1999 sancisce la lecità di tale legge.

Secondo l'Art.12 della legge N°91 del 1992 la cittadinanza tuttavia può anche essere persa,
seppur mai per motivi politici:

• Se avendo accettato incarico da Stato estero o organo Sovrazionale (al quale l'Italia non
partecipa), ricevute intimazioni all'abbandono, si rifiuta.

• Se si accetta cariche (o si fa servizio militare) per un Paese in guerra con l'Italia. La


cittadinanza può anche però essere riacquisita.

La cittadinanza europea è prevista dai trattati come un istituto sussidiario, la si possiede se si è


cittadini di uno stato membro. Se si perde la cittadinanza dello stesso si perde anche quella
europea. E' rilevante per :
- l'esercizio di alcuni diritti politici come quelle di voto;
- dà il diritto di essere protetti all'estero da rappresentanze non solo del paese di
appartenenza ma anche quelle di altri paesi europei;
- dà il diritto di rivolgersi al mediatore europeo.
Territorio

E' un elemento essenziale e necessario per la composizione di uno Stato. Lo dimostra il fatto che
sul piano politico internazionale non sono mai stati equiparati agli stati governi in esilio.
Compongono il territorio:

• Superficie emersa: lo spazio delimitato dai confini, dalle frontiere.


• Mare territoriale: la fascia di mare che accede alle terre emerse.
(In Italia secondo l'Art.2 del Codice di Navigazione: in linea di principio ne fanno parte
i golfi, i seni e le baie le cui coste sono parte della Repubblica, se la distanza fra i punti
estremi non supera le 24 miglia marine)

• Piattaforma Continentale: il mare immediatamente oltre il mare territoriale.


(regolata dalla Convenzione ddi Montego Bay del 10 Dicembre 1982)

• Spazio Aereo: lo spazio che sovrasta il territorio della Stato e il relativo mare
territoriale. (regolato dalla Convenzione di Chicago del 7 Dicembre 1944)

• Il Sottosuolo.
• Il Territorio Mobile: il suolo di navi ed aereo-mobili in località non soggette alla
sovranità di alcuno Stato (Art.5 del Codice Navale stabilisce il rapporto con i reati).

• Le sedi diplomatiche all'estero: tali luoghi sono sottratti alla giurisdizione dello Stato in cui
si trova la sede diplomatica stessa.

Nascita dello Stato

Lo Stato nasce da:


-
una propria decisione;

-
guerre o liberazioni;

-
accordi pattizi;

-
incorporazioni o annessioni;

-
fusioni;

-
smembramento o dissoluzione.

La continuità giuridica da uno Stato all'altro vale ma conosce molte eccezioni a seconda del
contesto storico all'interno del quale tale passaggio si verifica. Ad esempio si ha nel corso della
storia la Piemontizzazione della penisola italiana anziché l'unificazione delle precedenti realtà
oppure con le Rivoluzioni Francese e Russa veri e propri momenti di rottura.
Fonti del Diritto
Sono Fonti del Diritto atti o fatti dai quali deriva la creazione, modificazione o estinzione di
disposizioni suscettibili di valere come tali nell'ambito dell'ordinamento giuridico di riferimento.

- Fonti Atto: sono frutto di un agire volontario da parte di un organo a cui lo stesso
ordinamento dà il potere di porre in essere atti normativi.

- Fonti Fatto: sono frutto di accadimenti consuetudinari che generano ex se norme.


Vi sono delle Fonti particolari che prendono il nome di Fonti sulla Produzione, le quali
individuano quali sono le fonti, come si approvano, chi le pone in essere e come vanno
interpretate.

Premessa:
Disposizioni: comandi giuridici nel loro enunciato letterale. Norme:
disposizioni soggette a un processo di interpretazione.

Criteri di ordinamento delle fonti


Il criterio di ordinamento delle fonti permette di risolvere i contrasti, detti antinomia, fra due o più
di esse.

• Criterio Gerarchico: alcune fonti hanno un rilievo istituzionale prevalente.


• Criterio Cronologico: il tempo risulta fondamentale nel risolvere le antinomie.
• Criterio della Competenza: il maggiormente complesso.

Criterio Gerarchico

Secondo il criterio gerarchico le fonti sono ordinate secondo una scala gerarchica a seconda della
loro diversa forza normativa: sul gradino più alto le fonti dotate di maggior forza e poi via via
quelle con forza minore.

Nel nostro ordinamento attuale la gerarchia poggia le sue fondamenta su due principi:

• Principio di Costituzionalità: supremazia della Costituzione sulle fonti legislative.


• Principio di Legalità: Prevalenza della Legge sulle leggi inferiori. E si
compone come segue:

• Livello Costituzionale;
• Livello Primario: li appartengono leggi ed atti con forza di legge;
• Livello Secondario: li appartengono regolamenti governativi e di altri tipi;
• Consuetudini.
La Costituzione è superiore alla legge ma questa possiede un ruolo di primario ordine in virtù
della sua legittimazione, proveniente dal Corpo Elettorale.

Ciò è evidenziato dall'istituto della Riserva di Legge: Istituto figlio dei regolamenti
costituzionali che impongono che dati ambiti siano ordinati dalle legge.
La Costituzione non può esaurire ogni aspetto rilevante della normazione ed individua appunto
nella legge la fonte normativa adibita a farlo; la Costituzione Italiana è ricca di riserve di legge
di diverso tipo soprattutto in ambito di diritti di libertà:

• Riserva di Legge Assoluta: locuzione aperta, tutta la disciplina deve essere regolata in
maniera vincolante dalla Legge
Art.13 comma 2: nei casi e nei modi stabiliti dalla legge.

• Riserva di Legge Relativa: locuzione tipica in base, affida alla Legge la disciplina degli
aspetti fondamentali di una materia e le permette di delegarne i particolari ai regolamenti;
tuttavia non impedisce alla Legge di normare tutta la materia
Art.23: Nessuna prestazione patrimoniale può essere imposta se non in base alla
legge.

• Riserva di Legge Rinforzata: la Costituzione determina i caratteri generali di una


materia e lascia alla Legge di ottemperare a dei vincoli motivati dalle ragioni
individuate dalla Costituzione stessa.
Art.16: salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di
sanità e sicurezza.

• Riserva di Legge Costituzionale: contraddistingue leggi con il carattere costituzionale e


conseguentemente impone per la loro modifica un iter legislativo aggravato.

L'istituto della riserva di legge è avvalorato da tre fattori:


-
L'organo che esercita il potere legislativo è legittimato dal corpo elettorale;
-
In camera ed in senato si scontrano e dibattono maggioranza ed opposizione;
-
L'iter legislativo è caratterizzato di pubblicità.

La riserva di legge ha in sé un elemento preclusivo: ove questa è presente si impedisce alle fonti di
grado inferiore alla legge di disciplinare, così poiché non potendo che entrare il legislatore in
determinate materie egli è vincolato a farlo.
Criterio Cronologico
Se vi è contrasto fra fonti dello stesso livello, e quindi si è in presenza di antinomie, non potendo
applicare la gerarchia trova applicazione il criterio cronologico secondo il quale : lex posterio
derogat priori.
Tale principio è esplicitato dall'istituto dell'Abrogazione.
Secondo l'Art15 delle Disposizioni Preliminari al Codice Civile (1942) le fonti dello stesso livello
sono abrogate in 3 tipologie di modi:

• Abrogazione Espressa: dichiarazione esplicita del legislatore;


Esempi di abrogazione espressa
Mera Abrogazione:
- il Referendum Abrogativo (il corpo elettorale ha gomma non matita)
- anche il legislatore può meramente abrogare una parte o una legge con una legge
meramente abrogativa la quale non per forza lascerà alle sue spalle una lacuna.
Sostituzione Normativa (novellazione):
- il legislatore sostituisce alcuni commi o At. di una legge con dei nuovi.

• Abrogazione Tacita: incompatibilità fra le nuove disposizioni e le precedenti;


• Abrogazione Implicita: la nuova legge regola l'intera materia regolata dalle legge
anteriore, la legge anteriore è abrogata anche in caso di compatibilità.

• Abrogazione Innominata: il legislatore afferma che sono abrogate tutte le leggi


precedenti e incompatibili.

L'Abrogazione non implica la scomparsa della legge dall'ordinamento, si traduce in una sua
limitazione, ma questa continua ad esistere ed a disciplinare i fatti avvenuti prima dell'entrata in
vigore della legge abrogante.

Criterio di Competenza
Il Principio di Competenza opera in linea di principio quando non opera né quello gerarchico
né quello cronologico ed opera effettivamente in un assetto di Costituzione rigida.

La Costituzione prevede che la disciplina di una materia sia riservata interamente o in parte ad una
fonte, con ciò escludendo la possibilità per altre di entrare in quella materia. Ciò si manifesta ad
esempio nel Regolamento Parlamentare che garantisce una sfera di autonomia nei confronti
dell'altra a ciascuna delle due camere del parlamento. Tale suddivisione contraddistingue anche il
rapporto fra stato e regioni, anch'esso definito dalla Costituzione.
Interpretazione delle Fonti
Non vi è un rapporto biunivoco fra norme e disposizioni, una disposizione infatti può
generare due o più norme così come una norma può anche essere il risultato di più
disposizioni ovvero di un Combinato Disposto.
Appreso che una disposizione necessita sempre di essere interpretata, l'unica fonte che guida tali
interpretazioni sono le preleggi al Codice Civile in particolare l'Art.12; che tuttavia deve a suo volta
essere interpretato.
Il legislatore autoritario del tempo le formulò affinché il giudice mediante la propria
interpretazione non subordinasse:

• l'Interpretazione testuale;
• l'Intenzione del legislatore;
Oggi l'acquisizione delle preleggi al Codice Civile nell'ordinamento ne ha determinato alla luce
dei principi costituzionali una reinterpretazione.
Oggi i criteri interpretativi sono i seguenti:

• Letterale: non si può attribuire ad una legge altro senso che quello fatto palese dal
significato proprio delle parole secondo la connessione di esse
(come stabilivano anche originariamente le preleggi).
Il linguaggio del legislatore varia da quello comune, a quello tecnico giuridico, a quelo
giuridico internazionale, a quello scientifico.

• Secondo Ratio: l'intenzione del legislatore si desume dal teso della legge e
dall'insieme dei rapporti che questa legge ha con le altre presenti
nell'ordinamento.

• Conforme alla Costituzione: canone interpretativo affermatosi nella prassi


giurisprudenziale secondo il quale il giudice quando interpreta una disposizione de
giungere ad un risultato tale che sia in accordo con la Costituzione.

In caso di controversie solo in seconda istanza ci si rivolge alla Corte Costituzionale.


CAPITOLO II:
Forme di Stato e Forme di Governo
L'ordinamento giuridico statuale si pone finalità di carattere generale che in un certo momento
storico una certa collettività si pone nella ricerca di una pacifica convivenze e di un adeguato
sviluppo sociale.
Le regole giuridiche dell'ordinamento investono tre diversi settori:

• Organizzazione dell'apparato statuale;

• Rapporti tra l'apparato statuale, i cittadini, la società civile;

• Rapporti intersoggettivi tra i singoli membri della comunità. I

primi due aspetti sono l'oggetto del diritto pubblico.


Si definiscono concettualmente come Forma di Stato e Forma di Governo:

• Forma Stato: L'insieme delle finalità che lo Stato si propone di raggiungere ed i


valori ai quali ispira la propria azione, finalità e valori determinano le
caratteristiche del rapporto tra la struttura del potere statuale e la collettività.

• Forma di Governo: L'insieme dei modi e dei mezzi che contraddistinguono il


modello organizzativo mediante il quale la realtà statuale persegue le proprie
finalità; modi e mezzi si traducono in un insieme di regole che definiscono la
ripartizione del potere politico tra i supremi organi dello Stato.

Le due nozioni sono strettamente connesse:


-
Sono entrambe nozioni ricavate dalla Costituzione;
-
Nel corso della storia forme di Stato e le forme di Governo si sono sviluppate
parallelamente. Tuttavia nonostante le forme di Governo risentano delle forme di Stato
fra queste non vi è mai stato un rapporto di derivazione necessaria.

Forme di Stato
• Stato Patrimoniale

• Stato Assoluto
Stato di Polizia

• Stato Liberale

• Stato Totalitario

• Stato Socialista

• Stato Sociale
Stato Patrimoniale
E' la prima forma di stato affermatasi dopo la caduta dell'Impero Romano ed ha
caratterizzato tutto l'Alto Medio Evo.

E' una forma di stato estremamente embrionale alla quale manca una stabile
amministrazione che consenta il perseguimento di fini collettivi.

L'idea di collettività non è infatti presente ed alla base dello stato è un accordo di natura quasi
privatistica fra il Sovrano ed i feudatari riguardo la tutela del loro diritto di proprietà da
minacce esterne.

La proprietà costituisce la struttura portante di questo assetto e rappresenta:


-
fonte stessa di legittimazione del potere;
-
la misura di cui ciascuno è titolare;
- l'insieme dei diritti che gli spettano.
Inoltre dà sul territorio posseduto la facoltà di:

- organizzare la produzione dei prodotti agricoli;


- esercitare la giurisdizione;
- esigere tributi.
Lo Stato Patrimoniale entra in crisi con l'apertura della società medievale alle attività
economiche e commerciali rispetto le quali le strutture precedenti si rivelano
insufficienti: mancano regole e mancano infrastrutture.

Stato Assoluto
Nasce dall'esigenza della società del Basso Medio Evo di avere delle condizioni ottimali per lo
sviluppo delle nuove finalità economiche e quindi del superamento della
frammentazione feudale.

Lo stato assume quindi non più un fine specifico ma di fautore dell'interesse generale e
sviluppa una concezione interventista in più settori: quello della proprietà fondiaria
(burocrazia), quello finanziario, quello dell'istruzione e quello della realizzazione delle
opere pubbliche.

Tuttavia lo Stato Assoluto è un Idealtipo mai realizzato, il più identificativo è quello della
Francia di Luigi XIV. Dovrebbe assecondare lo schema in cui tutte le funzioni rilevanti sul piano
statale sono riservate al solo sovrano, sacro, inviolabile e non soggetto alle stesse regole che egli
pone.

Tuttavia vi sono limiti ereditati dal passato che ne ostacolano la realizzazione:


- Autonomie territoriali e corporazioni;
- Il potere statuale si laicizza e si svincola dal potere religioso, tuttavia ne eredita il carattere
divino e ciò implica la teorizzazione di legge infrangibili dallo stesso sovrano. In
particolare il re, in quanto re per grazia di dio, non può discutere del legittimo
erede al trono.

E' sotto lo stato Assoluto che si conosce la prima forma di unità militare assente
nell'assetto feudale.

Stato di Polizia
Variante del Stato Assoluto che si afferma verso la fine del Settecento di Austria e in
Prussia, è caratterizzata dal riconoscimento di alcune posizioni soggettive ai singoli,
tutelabili di fronti ai giudici anche contro i pubblici poteri.

Introduce due grandi novità:

- Distingue fra atti sindacabili ed atti insindacabili;


- Riconosce ai cittadini la contestabilità di atti iure gestionis se questi sono adottati in
contrasto con una fonte normativa (atti per lo più di tipo finanziario).

Cio comporta in embrione la nascita di un Sistema di giustizia amministrativa. Anche

lo Stato Assoluto entra in crisi per fattori:

- Economici: la crescente spesa pubblica, i momenti di crisi produttivi ed i tributi


richiesti per il finanziamento delle guerre contribuiscono a generare un
insostenibile cuneo fiscale a carico della popolazione.

- Sociali: la classe borghese conosce una crescita vertiginosa e si ritrova a possedere


il dominio economico ma ad essere esclusa da quello politico.

- Culturali: l'avvento dell'Illuminismo incrina il Principio di Autorità, nega la


trascendenza regia e diffonde valori di eguaglianza.

In Inghilterra si ha un adeguamento del sistema alle nuove istanze.

In Francia il ruolo marginale riservato alla borghesia fa implodere il sistema e porta alla
rivoluzione.

In Italia nei vari stati la borghesia si afferma ma troppo debolmente e le aristocrazie terriere
e militari conservano patteggiando la propria natura e il proprio ruolo.
Stato Liberale
Nuovi fini
Lo Stato Liberale conserva ai pubblici poteri il compito di perseguire come finalità generale il
soddisfacimento degli interessi dell'intera collettività, ma non più attraverso un
intervento diritto bensì mediante un azione indiretta rivolta a ridotte finalità. Quali:
- sicurezza sul piano esterno,
- giustizia,
- la garanzia della moneta.

Lo stato è concepito come garante dei diritti di libertà, in particolare delle libertà
negative ovvero quelle individuali quali:
-
domicilio
-
diritto di proprietà

- diritto di voto a suffragio ristretto di censo


(in base all'idea secondo la quale non può essere esercitata nessuna tassazione in assenza
di una rappresentanza)

Le quali compongono il Principio di Uguaglianza Formale.


Non conoscono spazio i diritti sociali poiché minano l'idea di un Stato leggero e non
interventista.

La legittimità del potere


La legittimazione che i poteri statali posseggono non è più trascendente ma deriva dall'idea
che la Nazione possegga una propria di Volontà Generale.
La Volontà è espressa nella Legge e per questo motivo non vi può essere nulla al di sopra di
essa. Il legislatore che la detiene è onnipotente.
Ciò porta all'affermarsi della rappresentanza politica ed all'avvaloramento del momento
elettorale che tuttavia coinvolge un numero ristretto di individui secondo criteri di:
- Sesso
- Censo
- Istruzione
- Adempimento agli obblighi di leva

Lo Stato Liberale non è di per sé democratico ma elitario ed oligarchico, il passaggio dal Re alla
Nazione vedrà il mantenimento nell'opposizione alle formazioni sociali con interessi particolari.

Suddivisione dei poteri


Il potere non è più concentrato in un solo individuo ma diviso, in particolare fra potere
legislativo, esecutivo e giudiziario (i giudici conosceranno unaprogressiva affermazione in
quanto bocche della legge).
Tale principio conosce nei vari ordinamenti diverse applicazioni:
- Gli organi detentori dei diversi poteri non comunicano.
- A ogni organo sono riconosciuti poteri che permettono di bilanciare reciprocamente il potere
degli altri.

Nascono con lo Stato Liberale modelli di Costituzioni scritte generalmente flessibili e


modelli di giustizia amministrativa che aprono al modello dello Stato di Diritto, ovvero
sottoposto al suo stesso ordinamento.

Le esperienze storiche
Lo Stato liberale si afferma in contesti diversi per geografia, tempi e modi.
Si afferma precocemente in Inghilterra dove la nobiltà si oppone agli assolutismi
monarchici istaurando un proficuo rapporto con la classe borghese emergente.
La transizione verso lo Stato liberale avviene qui infatti in maniera non traumatica,
nonostante i due eventi rivoluzionari avvenuti contro Carlo I nel 1649 e contro Giacomo II nel
1688.
In Francia invece dove l'assolutismo aveva trovato un terreno assai più favorevole e dove il ruolo
effettivo della classe sociale nobiliare non le permise di mediare nel processo i toni furono bruschi
e violenti.

La crisi
Tuttavia verso la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento lo Stato Liberale entrò in crisi. Questa
fu determinata da una serie di contraddizioni sorte sulla base dei principi che erano il
fondamento stesso dello Stato. In particolare:
-
Al Principio di Uguaglianza si opponevano una concezione elitaria del potere e
l'aggravamento delle diseguaglianze economiche.
-
Le garanzie costituzionali in materia non impedirono un'interpretazione
fortemente restrittiva da parte dei legislatori riguardo i diritti di libertà.
-
All'affermazione del principio di volontà popolare aveva corrisposto l'esclusione
delle classi sociali più povere da ogni forma di partecipazione politica.
- Al non intervento dello stato in materia finanziaria corrispose invece un
progressivo inserimento nello stesso, che lo espose a contraccolpi dovuti
all'andamento dell'economia.

Stato Totalitario
Lo Stato Totalitario presuppone la soppressione delle libertà e del pluralismo politico a
favore di un regime partitico.
Si fonda su un forte accentramento del potere nella figura del Capo o di un organo
supremo

- espressivo della forza politica egemone.


-
unico interprete della volontà della nazione .
-
in grado di contenere e regolare in maniera autoritaria i conflitti sociali
in particolare si nega il conflitto sociale: lo sciopero diviene reato e il partito
stesso gestisce le opposizioni fra le varie forze.
Lo Stato secondo questo assetto non è più solo garante ma artefice primo degli interessi della
collettività.

Storicamente le esperienze più note riguardano il Fascismo in Italia e il Nazismo in


Germania, fenomeni che tuttavia conoscono molte differenze:

- In Italia l'ideologia razzista prende campo in un secondo momento.


In Germania l'ideologia razzista prende campo da subito.
- In Italia permangono la Monarchia e l'associazione cattolica.
In Germania non vi sono altre entità non riconducibili allo stato.
- In Italia il fascismo tenterà di istaurare un ordinamento corporativo e mantenere così
il primato.
In Germania tutto si fonderà sul primato politico che i tedeschi avevano fornito al
Nazismo.
• In Italia il fascismo mantenne formalmente lo Statuto e con ciò il primato della Legge. In
Germania l'assetto costruito dal Fascismo aveva il suo vertice in Hitler soltanto.

Stato Socialista
Lo Stato socialista concentra la propria identità nell'opposizione alle diseguaglianze
economiche dovute alla proprietà privata che nega radicalmente a favore di modelli di
produzione statalizzati e pianificati.

Lo stato in quest'ottica è più che interventista: organizza ogni aspetto della vita dei cittadini
verso l’instaurazione prima dell'egemonia proletaria e poi di una società equa e senza
classi.

Il compito di amministrare tale realtà è detenuto dal partito comunista, unico interprete
della volontà del popolo e strutturato secondo il centralismo democratico che vede le
decisioni del segretario vincolanti per tutti i piani inferiori.

Le realtà in si è instaurato più stabilmente sono URSS, Cina e Cuba.

Stato Sociale
Figlio della crisi dello Stato Liberale lo Stato Sociale è uno stato che supera il suo predecessore
con mezzi attenuati e progressivi. Si pone come fine quello di rimuovere le
diseguaglianze di fatto presenti nella società mediante l'azione dei pubblici poteri.

- All'eguaglianza formale realizzatasi nello Stato Liberale, ricco di diseguaglianze


economiche contrappone un'eguaglianza sostanziale, alimentata dall'intervento forte
dello Stato nel rimuovere ostacoli economici e sociali.
- Alle garanzie costituzionali degli Stati Liberali interpretate restrittivamente dei
legislatori contrappone Costituzioni a più ampia tutela dei diritti fondamentali.
Vengono ancora difese le libertà negative, ma al loro pari si trovano ora quelle
positive.
- Nello Stato Liberale al principio di volontà popolare era corrisposta l'esclusione delle
classi sociali più povere da ogni forma di partecipazione politica, lo Stato Sociale
si caratterizza del Principio democratico al quale consegue una maggiore
rappresentanza politica. Questa si fonda sui partiti orientati a dirigere la politica nazionale
ed ad essere tramite fra elettori e istituzioni.
- Si mantiene una politica interventista in materia finanziaria.
Inoltre si prende coscienza della necessità di Costituzioni maggiormente rigide poichè al
vertice giuridico e politico dell'ordinamento.
Inoltre la separazione dei poteri appare insufficiente e ci si presta ad elaborare nuovi
organi di garanzia (Corte Costituzionale e Presidente della Repubblica).

A tutto questo corrisponde un notevole accrescimento degli apparati amministrativi e la loro


differenziazione. Ciò assieme al massiccio intervento nel settore economico comporta l'aumento
significativo delle risorse necessarie alla finanza pubblica.

Seguono però sempre maggiori difficiltà nel governo delle istituzione a causa delle pressioni di
molti interessi. La stessa legittimazione democratica degli organi statali è messa in discussione per
i malfunzionamenti dei meccanismi elettorali in grandi società di massa.

Stato federale / Stato accentrato / Stato regionale


La suddivisione delle varie forme di stato può anche essere effettuata in relazione al rilievo che
viene riservato al Principio di Autonomia territoriale.

Stato federale
La Corte Costitucionale con sent.365 del 2007 afferma che gli stati federali normalmente sono
il frutto della storia, ovvero della progressiva attribuzione di potere ad un istituto centrale
sino al punto in cui a livello internazionale stati originari, pur mantenendo forti prerogative
garantite dalle proprie costituzioni, non appaiono più come Stati Sovrani.
Negli Stati federali solitamente l'ordinamento dello Stato Centrale è analogo a quello degli stati
federati che tuttavia mantengono il proprio apparato giudiziario e le proprie forze di polizia.
Possono nascere per aggregazione, come gli U.S.A, oppure per disgregazione, come il
Belgio.

Vi è una netta distinzione fra Stato federale e Confederazione di Stati, in quest'ultima gli stati
restano sovrani è l'ente superiore ha solo alcune prerogative.
Stato accentrato
Non riconosce livelli territoriali e se li riconosce dà loro poche prerogative.
L'organizzazione è amministrata mediante un decentramento degli organi centrali: vi
sono Ministeri al centro e prefetti sul territorio.
Lo stato accentrato per eccellenza è la Francia, reduce da una concezione di potere unitaria.
Tuttavia tale modello è insoddisfacente data la complessità storica attuale, ciò ha innescato un
progressivo programma riformatore in Francia.

Stato regionale
Lo Stato regionale nasce il più delle volte come evoluzione di uno Stato accentrato che decide
in un determinato momento di valorizzare le prerogative dei territori.
Le differenze fra questo e lo stato federale tuttavia sono molte:

- Lo stato federato quale retaggio della sovranità perduta manterrà le proprie


competenze escluse quelle enumerate dello stato centrale.
La regione avrà competenze enumerate mentre tutte le altre saranno in mano allo
Stato.
(Tuttavia l'Art.117 della Costituzione italiana prevede che lo Stato abbia competenze
enumerate e le regioni le restanti, nonostante questo le enumerate sono moltissime.)

- Ogni stato federato ha il proprio parlamento e il proprio governo.


La regione al contrario no.

- Lo stato centrale secondo il modello federale ha un assetto parlamentare che prevede due
camere: una eletta politicamente dai cittadini, l' altra è impostata per dare voce al
centro alle esigenze locali.
Le regioni solitamente non hanno questa rappresentanza (che però
acquisirebbero con la Riforma Renzi-Boschi).

- Li stati federati posseggono un qualche rilievo a livello internazionale sempre


quale retaggio della carica perduta.
Le regioni no.

Entrambi gli assetti prevedono potestà legislativa sia per lo Stato centrale che per le
regioni o per gli stati federati. Ciò pone in essere la possibilità di conflitti e la necessità di un
organo che li risolva, in Italia la Corte Costituzionale.
Forme di Governo
• Monarchia Assoluta
• Monarchia Costituzionale
• Forma Parlamentare
• Presidenziale
• Semi-Presidenziale
• Direttoriale
• Forma Socialista
La forma di governo è definita da:

- La Costituzione, sul piano normativo.


- Leggi ordinarie di rilevanza: leggi elettorali che determinano la composizione del governo.
- Regolamenti parlamentari: regolano il funzionamento del parlamento e i suoi rapporti con il
governo.

- Configurazione del sistema partitico: determinante è la polarizzazione politica.

Monarchia Assoluta
Tale forma di Governo si manifesta con lo Stato Assoluto.

Nella Monarchia Assoluta il vertice della struttura amministrativa è il Sovrano, unico


titolare del potere di decisione politica, il quale trae la propria legittimazione
direttamente da una divinità.
A lui fanno capo tutte le funzioni statuali: quella legislativa, quella esecutiva e quella
giurisdizionale, esercitate da amministratori nominati direttamente dal re.
Tuttavia il crescente intervento dello stato nella cura diretta delle esigenze collettive fa si che il
sovrano si doti di un organo ausiliario che oggi chiameremmo Governo e che in alcune
esperienze sopravvivano organi collegiali a scopo consultivo.

Monarchia Costituzionale
Con l'avvento degli stati liberali emerge la Monarchia Costituzionale che traduce in
istituzioni le nuove acquisizioni politico filosofiche quali la separazione dei poteri e il
carattere pattizio delle costituzioni.
Ad esempio nello Statuto Albertino l'Art.2:

- Il Legislativo in mano al re ed a due camere (Art.3): la prima a elezione ristretta, la


seconda a nomina vitalizia regia, composta da un numero non specificato di soggetti.

- L'Esecutivo in mano al re, del Governo fanno parte i ministri che egli nomina (Art.65) e che
sono responsabili del proprio operato di fronte al re stesso (Art.67), il quale al contrario
non è responsabile di ciò che commette poichè la sua persona è sacra e inviolabile (Art.4)

Tale assetto manifestava istituzionalmente il dualismo nel quale convivevano aristocrazia e


popolo, sarà superato nella prassi con l'evoluzione verso la forma parlamentare.

Forma Parlamentare
Data l'insostenibilità del sistema dualista progressivamente il sovrano si emargina dal
proprio ruolo politico, lasciando spazio al Governo.
Il Governo cessa così di essere responsabile nei confronti del re e lo diventa nei confronti del
parlamento il quale alla sua formazione e sulla base del suo programma vota la Fiducia. Il
Governo diviene così legittimato dal parlamento stesso che, nel momento in cui il programma
non fosse rispettato, votare una mozione di sfiducia.
La forma di governo diviene così monista ed ha il suo centro nel parlamento.
Se il parlamento non riesce ad esprimere un governo può essere sciolto prima della
propria scadenza naturale.
Del governo parlamentare si possono avere versioni estremamente differenti, una un
regime partitico che pone il governo al centro del sistema l'altra un sistema pluri-partitico che
riservi al governo la posizione di mero organo esecutivo e renda il governo assembleare.
Le due varianti necessitano entrambe di correttivi:
A - in un caso per limitare gli abusi delle maggioranze, B
- per limitare l'instabilità politica dei governi.

Accorgimenti Garantistici:
- Rigidità Costituzionale: allo scopo di non rendere onnipotente una maggioranza
contingente.
- Giustizia Costituzionale: finalizzata a sanzionare eventuali abusi.
- Prerogative del Capo dello Stato: immaginato come un estraneo al Governo con la
capacità di garantire il corretto funzionamento istituzionale.
- Istuti di democrazia diritta: come il referendum abrogativo.
- Poteri propri degli enti regionali.

Accorgimenti Funzionali:
- Art.94 comma 4 della Costituzione Italiana prevedere che: il voto contrario di una o di
entrambe le camere su una proposta del governo non implica obbligo di dimissioni
per lo stesso.
- Poteri di risoluzione di crisi sono dati al Presidente della Repubblica/Capo di
Stato: Art.92 comma 2 nominare Presidente del Consigli e su proposta di questo i
ministri; Art.88 può, sentiti i presidenti di entrambe, sciogliere una o due camere. In
Germania invece: Il BundesTag può esprimere la sfiducia solo se trova a maggioranza
un successore.
In Francia Art.49 comma 2 della Costituzione prevede che: la sfiducia è espressa a
maggioranza dai membri componenti dell'Assemblea Nazionale.

Forma Presidenziale (U.S.A)


Nella Forma Presidenziale gioca un ruolo fondamentale il Capo dello Stato che è:

- Di derivazione popolare.
- Il vertice del potere esecutivo e quindi capo del governo.
- Non essendo legittimato dal Parlamento ma dall’elettorato non può essere
sfiduciato ed a sua volta non può però sciogliere le camere.

L'idea sula quale versa l'assetto è quella di una divisione dei poteri temperata dal sistema dei
checks and balances, ad esempio l'Advice and Acconsent:

- Il Capo dello Stato nomina e revoca i ministri che tuttavia devono essere approvati
dal Senato dopo le hearings.
- Il Capo dello Stato nomina a vita 9 giudici della Corte Suprema e il Presidente
della Corte che devono essere approvati dal Senato dopo le hearings.

Altro istituto fondamentale del rapporto fra Congresso e Capo dello Stato è quello
dell'Impeachment, il quale prevede l'allontanamento del Presidente in caso di accuse di matrice
penale o di corruzione e il suo giudizio di fronte al Senato che deve destituirlo con i 2/3 dei
voti (maggioranza qualificata per evitare la prassi sfiduciaria). Tuttavia anche in caso di
allontanamento l'ex Presidente non è condannato fino alla sentenza di un giudice.

Il problema di tale forma di governo risiede nella possibile discordanza politica fra
Congresso e Presidente.

Forma Semipresidenziale (Francia)


Il Capo del Stato possiede un ruolo di spicco anche in questo assetto, è:
- Eletto dal Corpo Elettorale.
- E' parte del Governo di cui fa parte però anche un Primo Ministro.
- Ha competenze proprie quali la politica estera e quella militare.
Il primo ministro e il governo sono legati al parlamento da un rapporto di fiducia e
possono quindi essere sfiduciati dallo stesso; il Capo dello Stato è invece indipendente e
detiene il potere di sciogliere il parlamento.
Questo sistema fuò funzionare in modi diversi a seconda delle circostanze:

- Capo dello Stato, governo e parlamento hanno lo stesso orientamento politico, allora
il Primo Ministro diviene un comandante in seconda.

- Capo dello Stato e parlamento sono discordi allora questo è costretto a nominare un
Primo Ministro di orientamento non conforme al suo e facendo spostare il dialogo
sull'asse Primo Ministro parlamento.
(la coabitazionne è scoraggiata parificando mandati e anteponendo elezioni del Capo dello Stato a quelle del Parlamento)

Forma Direttoriale (Svizzera)


L'essenza della forma direttoriale è costituita da un organo collegiale che cumola le
funzioni del Capo del Governo e Capo di Stato. Il ruolo del Presidente del cosiddetto
Direttorio è assunto a rotazione dai membri dello stesso.
Il Direttorio è eletto a termine dal parlamento; fra le due parti vi è un rapporto bilanciato
poiché:

- Il parlamento non può revocare i componenti del Direttorio ante scadenza.


- Il Direttorio, facente veste di Cap di Stato, non può sciogliere il parlamento.
I problemi possono sorgere in virtù del dissidio fra direttorio e parlamento, per questo
sono presenti contrappesi esterni:

- Molte competenze sono prerogative dei 26 Cantoni.


- Sono presenti forti istituti di democrazia diretta.
- Il Direttorio è sempre il risultato dei più grandi partiti.

Forma Socialista
Tutti gli organi statuali sono in mano al partito. La politica è diretta da un insieme di assemblee
con al vertice il Soviet supremo eletto in modo non libero. Il Governo risponde al Soviet supremo.
CAPITOLO III:
Lo Stato Costituzionale
La Costituzione
La fonte-atto più rilevante nello Stato Costituzionale è, appunto, la Costituzione, sia per i
contenuti che questa disciplina, sia per la posizione che questa occupa nella gerarchia delle
fonti.

Per ciò che riguarda l'oggetto della disciplina costituzionale il suo nucleo fondamentale è iscritto
nell'Art.16 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, che recita: La società
nella quale la garanzia dei diritti non è assicurata, nè la separazione dei poteri
determinata, non ha Costituzione.
Questo riguarda la distribuzione del potere fra legislativo, esecutivo e giudiziario tra gli
organi che compongono lo Stato e la disciplina dei rapporti di questi apparati con la società
civile (rapporto tra autonomia e libertà).

Per quanto invece riguarda il suo ruolo nell'ordinamento, la Costituzione è un insieme di regole
che aspirano a porsi come legge fondamentale di una certa comunità sociale stabile e proprio
per questo collocata al vertice delle varie fonti normative. Il suo ruolo è quello di fissare una
serie di principi e valori condivisi in grado di fungere da cornice allo sviluppo
conflittuale dei rapporti sociali.

I vari tipi di Costituzione

Dal punto di vista della nascita e della forma delle costituzioni, si può parlare di:

• Costituzione ottriata e Costituzione votata


- Costituzione ottriata: il suo nome deriva dal francese e significa concessa. E'
quindi elargita dal Sovrana o da un altro organo dominante. A questa categoria
appartengono quasi tutte quelle della metà dell'Ottocento (come lo Statuto Albertino).
- Costituzione votata: è il risultato del lavoro di appositi organi collegiali
rappresentativi del corpo sociale (Costituzione Italiana).

• Costituzione scritta e Costituzione consuetudinaria


- Costituzione scritta: è una fonte-atto che riunisce in un unico testo scritto i principi
e le regole fondamentali del sistema di relazioni istituzionali e sociali che intende
regolare.
- Costituzione consuetudinaria: è composta da principi e regole nati e
consolidatisi grazie a prassi e consuetudini mantenutesi nel tempo, ma in parte anche
da atti legislativi (esperienza inglese o israiliana).
• Costituzione breve e Costituzione lunga
- Costituzione breve: si limita a fornire una disciplina di carattere generale fatta più
di principi che di regole. A questa categoria appartengono tutte le costituzioni tipiche di
metà Ottocento, le quali si concentrano sulle libertà individuali e non su quelle collettive,
secondo una politica liberale e garantista.
- Costituzione lunga: fornisce una disciplina assai più articolata ed analitica
nella quale i principi trovano già il loro primo svolgimento.

Per quanto riguarda invece il suo contenuto:

• Costituzione procedurale e Costituzione-programma:


- Costituzione procedurale: si limita a regolare l'esercizio dei poteri pubblici e i
modi di produzione del diritto.
- Costituzione-programma: è arricchita con la previsioni di disposizioni che
intendono orientare l'azione dei pubblici poteri in funzione del raggiungimento di
finalità comuni.

Per quanto riguarda la sua effettività:

• Costituzione formale: è l'insieme delle disposizioni contenute nel teso, alcune delle quali
magari non trovano attuazione ma che tuttavia mantengono il loro carattere di norma
Costituzionali.

• Costituzione vigente: insieme delle disposizioni contenute nel testo che risulta
effettivamente operante in quel determinato momento storico, grazie all'opera di coloro
che devono dar loro attuazione.

• Costituzione materiale: è la risultante delle concezioni sociali e istituzionali condivise, in


un determinato momento storico, dalle forze politiche dominanti che dell'intera
Costituzione mettono in risalto parti precise.

Dal punto di vista della collocazione della Costituzione nel sistema delle fonti, si può parlare
di:

• Costituzione flessibile e Costituzione rigida


- Costituzione flessibile: suscettibile di essere modificata o comunque disattesa da
un'altra fonte normativa, a partire dalla legge, non prevedendosi alcun meccanismo
giuridico che ne assicuri il primato giuridico.
- Costituzione rigida: prevede procedimenti aggravati per la sua modifica
(procedimenti di revisione costituzionale) e sistemi di controllo delle conformità delle
leggi rispetto alla Costituzione (sistemi di giustizia costituzionale).

Tale alternativa è fortemente storica, la generalità delle costituzioni dell'Ottocento sono flessibili
invece la generalità di quelle del Novecento sono rigide.
Le esperienze storiche
L'esperienza francese della Rivoluzione prese di mira l'Assolutismo Regio con ragioni
politiche, economiche e culturali radicando l'idea che per l'assetto futuro sarebbe stata
necessaria, a fondamento della Nazione, la Costituzione.
La Volontà Generale del popolo secondo la Costituzione si esprime nel Parlamento e nella
Legge. Per questo motivo essa non può incontrare limiti di contenuto neppure nella
Costituzione stessa, che possiede solo un primato politico.
Ciò appare chiaramente nell'Art.4 della Costituzione del 1791: Nulla piega la Legge,
neppure il Re che può pretendere l'obbedienza solo in funzione di questa.

Differente è l'esperienza ed il risultato dell'Indipendenza americana.


Le colonie contestarono alla madre patria l'uso iniquo della legge nei loro confronti; per questo
motivo affermata la propria autonomia rifiutarono di fornire l'onnipotenza ai futuri legislatori
impedendo loro possibili abusi sancendo la supremazia della Costituzione. Le modalità che
avrebbero garantito tale supremazia rimasero sospese dal 1787 sino al 1803, l'anno della sentenza
Malbury Madison. Questa si risolse con la promulgazione da parte del giudice John Marshall a
capo della Corte Suprema, vertice della magistratura, di una sentenza che sancì la
disapplicazione delle leggi da parti dei giudici nei casi in cui questi contrastassero la
Costituzione. Divenuto principio cardine alla base del judicial review in virtù del vincolo dello
stare decis su cui si basa l'ordinamento di common law statunitense.

Successive evoluzione del costituzionalismo europeo


All'indomani della fine del primo conflitto mondiale la società europea va incontro ad una forte
trasformazione che vede come attori principali:
- progressiva introduzione del suffragio universale;
- la nascita dei primi sindacati e partiti di massa e la conseguente sempre maggior partecipazione alle decisioni
politiche di ampi strati sociali;

- crescita degli apparati burocratici statali operanti nella fornitura dei servizi sociali;
- crescita della finanza pubblica;
- trasformazione dei sistemi di governo.

Tutto ciò porta all'affermarsi di una tendenza a riformare le vigenti Carte costituzionali nella
direzione di un assetto più razionale della divisione dei poteri, in direzione della tutela del
principio autonomistico e dei diritti. Si fa strada l'idea che i principi e le regole costituzionali
debbano essere messe al riparo di maggioranza contingenti. E' infatti nel periodo fra le
due guerre che sono messi in opera i sistemi di giustizia costituzionale introdotti in Austria, in
Cecoslovacchia e in Spagna.
L'arresto del processo fu causato dall'esperienze totalitarie in Europa e dal conflitto al quale le
politiche internazionali portarono.
Il fallimento dell'evoluzione dello stato liberale portò ad edificare successivamente Costituzioni
democratiche fondate sulla inviolabilità dei diritti dell'uomo e d improntate alla rigidità.
CAPITOLO IV:
Le trasformazioni delle Istituzioni Pubbliche
dallo Statuto Albertino alla Costituzione Repubblicana
Lo Statuto Albertino è una Costituzione tipo dell'età della Restaurazione, è stato concesso
il 4 Marzo 1848 da Carlo Alberto Re di Sardegna ed è divenuto poi Costituzione del Regno
d'Italia nel 1861.

Nel Preambolo lo Statuto è definito Legge Fondamentale, perpetua ed irrevocabile della


Monarchia, ciò sembrerebbe porre esso stesso al vertice delle fonti, connotandone la natura
rigida, tuttavia allo stesso mancavano i requisiti di modifica aggravata e di giustizia costituzionale
per poter essere tale.

Il termine irrevocabile voleva sottolineare l'impossibilità da parte della Monarchia di ritirare tale
atto, ciò fu inteso come un'esautorazione del potere costituente del re, ma non come l'esauturazione
di quello del parlamento, rappresentativo del popolo.

L'assetto dello Statuto


E' una Costituzione di natura pattizia che si ispirava ad un assetto monarchico
costituzionale che vede:

• Il Re a capo dell'Esecutivo, con il potere di approvare o sanzionare la Legge.


• Il Parlamento incaricato della Legislazione.
Il Re
Il Re gode di una posizione molto privilegiata secondo lo Statuto: l'Art.4 stabilisce che la
persona del Re è sacra ed inviolabile, conseguentemente questi non è responsabile di
fronte a nessuno del proprio esercizio. L'Art.5 riserva al sovrano una serie di prerogative, quali la
facoltà di comandare l'esercito, dichiarare guerra, concludere trattati di commercio, di
pace e di alleanza, di questi i cittadini possono avere notizia solo se non ne vale la sicurezza del
paese.

Il Parlamento
Per quanto riguarda il Parlamento invece questo è composto da due camere, diverse per
composizione ma non per esercizio, entrambe partecipano alla formulazione della Legge che non è
tale se non è approvata, con lo stesso testo, da entrambe. Una è composta dai Deputati che sono
scelti dai collegi elettorali e stanno in carica per 5 anni. Mentre secondo l'Art.33 il Senato è
composto da membri a vita di nomina regia, il cui numero non è specificato.

I Ministri
L'Esecutivo ha al vertice il re ed è composto dai ministri che da lui sono nominati e revocati
come recita l'Art.65. Secondo l'Art.67 i ministri sono responsabili, le leggi e gli atti di
Governo non hanno vigore se non sono muniti della firma di un ministro.
Il combinato disposto dell'Art.65 e dell'Art.67 definiva i ministri responsabili di fronte al re e la
possibilità che questi recitassero il ruolo di capri espiatori a favore del Sovrano, inoltre la loro
responsabilità era penale poiché il Senato (dopo un procedimento analogo a quello
dell'Impeachment) diveniva nel caso giudice nei loro confronti.

La Giustizia
Secondo l'Art.68 la giustizia emana dal Re ed è amministrata dai giudici che egli
istituisce. L'Art.69 invece riserva una tutela d'indipendenza all'apparato giudiziario
affermando che i Giudici nominati dal Re, ad eccezione di quelli di mandamento, sono
inamovibili dopo tre anni di esercizio. Seppur limitata un po' di autonomia è concessa pure
ai Pubblici Ministeri.

Diritti di Libertà
L'Art.32 stabilisce che è riconosciuto il diritto di adunarsi pacificamente e senz'armi,
uniformandosi alle leggi che possono regolarne l'esercizio nell'interesse della cosa
pubblica. Questa disposizione non è applicabile alle adunanze in luoghi pubblici, od aperti
al pubblico, i quali rimangono interamente soggetti alle leggi di polizia.
Anche la libertà di stampa è tutelata dallo Statuto con disposizioni molto generiche. Considerando
la natura flessibile della Costituzione, le tutele sono rinviate alla volontà dei legislatori
futuri.

La prassi e l'evoluzione
La forma di governo delineata dallo Statuto muta nel tempo in una monarchia
parlamentare, la quale si consolida all'inizio del Novecento. Ciò accade in virtù
dell'impossibilità di sostenere un assetto rigidamente dualistico da parte delle istituzioni, il
governo è infatti impossibilitato a svolgere i propri compiti senza l'approvazione del bilancio da
parte del parlamento con il quale necessita di dialogare. Uno dopo l'altro i governi sentono la
crescente necessità di trovare appoggio nel Parlamento anche in virtù della responsabilità penale
dei ministri che cominceranno a firmare solo quando certi della maggioranza; così nel tempo la
loro responsabilità muterà da penale in politica e sarà introdotto l'istituto delle dimissioni. Così
nella prassi emergono due elementi del tutto non previsti dallo Statuto:

• l'istituto della fiducia;


• la figura di un Coordinatore del governo: il Presidente del Consiglio.
Il suo ruolo sarà descritto in definitiva dal Regio Decreto del 14 Novembre
1901, n°146 durante il governo Zanardelli:
- Si riconosce il suo ruolo di primo fra gli altri ministri poiché rappresenta il
Gabinetto e cura l'adempimento degli impegni presi dal governo.
- Si enumerano le sue competenza, fra le quali rientrano alcune le quali ancora
formalmente spettavano al Re.

Tale maturazione sarà tuttavia lenta e contraddittoria, molto diversa da quella avvenuta in
Inghilterra:
• Il Inghilterra è presente la figura del 1° Ministro, diversa da quella del Presidente del
Consiglio italiana in ragione di motivi politici.

• In Inghilterra il sistema politico era bipartitico.


In Italia il sistema politico è bilaterale e molto friabile a causa del
trasformismo e ciò genererà un rapporto molto instabile fra governo e
parlamento.

• In Inghilterra questo indusse una progressiva emarginazione del Re. In


Italia tale emarginazione non avverrà.

• In Inghilterra lo scioglimento delle camere è una decisione del 1°


Ministro e della Maggioranza.
In Italia, con l'affermarsi dell'istituto della fiducia, il potere di scioglimento delle camere
passerà nelle mani del governo che spesso lo utilizzerà in una logica di ricatto, al
contrario dell'ottica che voleva il governo di deriva parlamentare.

In Italia inoltre il governo erode al re la facoltà di nominare i senatori, questo fu assicurato per
garantire, con le cosiddette infornate, la maggioranza in Senato quando si aveva già quella alla
Camera.

La legislazione elettorale
All'inizio dell'epoca statutaria in base al carattere censitario la percentuale degli aventi diritto
al voto era dello 0,7% della popolazione.

La legge elettorale adottata nel 1848 fece salire al percentuale al 2%, ma ciò non cambiò il sistema
politico, dominato da un ceto di nobili che fondavano i propri rapporti sulle affinità di ordine
culturale.

Un cambiamento fu apportato dalla legge del 1877 con la quale il diritto di voto fu esteso a coloro
che avessero la maggiore età e che avessero compito l'obbligo scolastico (3° anno di scuola
elementare), ciò porto il bacino al 7% della popolazione.

La svolta si avrà nel 1912 quando con il governo Giolitti il voto sarà permesso a tutti i
cittadini di sesso maschile con più di 30 anni, nonché ai maggiorenni che sapessero leggere e
scrivere o avessero prestato servizio militare, si arriverà al 23%.

Nel 1919 il diritto di voto sarà esteso a tutti i cittadini di sesso maschile che avessero
compiuto la maggiore età.

Sviluppi dell'organizzazione statale edelle tutele di libertà


Successivamente all'unificazione del paese in ambito di amministrazione statale si mantiene il
modello accentrato di derivazione francese nell'intenzione di ricondurre ad un
ordinamento unitario una realtà molto differenziata; ciò fu tentato con le leggi di
unificazione amministrativa del Regno, leggi n°2215 e 2248 del 1865. L'idea di formare degli
enti regionali con una limitata autonomia amministrativa fu scoraggiata dalle spinte autonomisti
presenti in alcune zone.

E' introdotto col tempo anche un sistema di giustizia nell'amministrazione che consente al
singolo di chiamare l'amministrazione a rispondere di eventuali illegittimità commesse nei suoi
confronti davanti al giudice ordinario.

Nel 1888 crescono le autonomie locali con il passaggio dei Sindaci e dei Presidenti delle
amministrazioni provinciali a cariche elettive e non più di nomina governativa.

Nascono inoltre nel tempo le prime aziende pubbliche, come quella creata in seguito alla
statalizzazione delle ferrovie, e i primi enti pubblici nazionali, come l'INA a seguito della
pubblicizzazione del settore assicurativo.

Le prime modifiche all'asseto dello Statuto in ambito di libertà avvennero con il Codice
Penale Zanardelli 1889 che affermò l'intenzione crescente dello Stato di volersi fare carico
delle problematiche sociali e politiche, importantissimo fu il riconoscimento del ruolo dei
sindacati nel momento della stipulazione dei contratti collettivi di lavoro.

Per quanto riguarda invece i diritti di libertà religioso lo Statuto sembrava figurare uno Stato
confessionale di sola religione cattolica e riconoscere come tollerati altri culti.
Tuttavia nel tempo si sviluppò una legislazione laica a causa del conflitto con la Chiesa di Roma
che era stato provato a pianare senza successo nel 1871 con la Legge delle Guarentigie.

L'evoluzione delle fonti


L'Art.3 dello Statuto che recita Il potere legislativo sarà collettivamente esercitato dal Re e da due
Camere: il Senato, e quella dei Deputati, sancisce il primato della Legge e l'onnipotenza del
Legislatore. L'Art.6 che recita Il Re nomina a tutte le cariche dello Stato; e fa i decreti e
regolamenti necessari per l'esecuzione delle leggi, senza sospenderne l'osservanza, o dispensarne,
determina invece la subalternità alla legge degli atti del Governo. Tuttavia la Flessibilità
dello Statuto determinerà nella prassi l'affermarsi dell'Atto di Governo, qualificatosi nel tempo al
livello della Legge.
Gli atti con forza di legge si dividono in:

• Decreti legge.
Il Governo li adotta in virtù di particolari situazioni di urgenza, non regolabili con la
complessità temporale legislativa. Nella dottrina si parlò di consuetudine o di necessitò
come fonte di diritto. Solo un decennio dopo il governo avvertì l'esigenza di chiedere
un voto al parlamento sulla base della responsabilità ministeriale.
• Decreti legislativi.
Essendo lo Stato in guerra il Parlamento esce provvisoriamente di scena e dà al governo
pieni poteri.

• Decreti sullo stato d'assedio.


In determinati casi le autorità militari si sostituiranno a quelle civili.

Trova crescente fortuna il fenomeno della Delegificazione, secondo il quale a patto che la
legge lo conceda certe materie possano essere delegati ai Decreti.

Ciò, in relazione alla flessibilità dello Statuto darà vita ad una legislazione a fisarmonica nella
quali i diritti passeranno dall'essere tutelati all'essere solo formali. Il fascismo troverà terreno
fertile per attuare la propria svolta autoritaria.

L'avvento del Fascismo


Al termine del Primo Conflitto Mondiale il sistema istituzionale è incapace di affrontare i
grandi problemi:

• La gestione della vittoria militare.


• La necessaria riconversione dell'apparato produttivo e dell'amministrazione
pubblica.

• Il mantenimento delle promesse fatte in tempo di guerra. Il


paese si trova in preda a forti tensioni sociali diffusasi con:

• L'enfasi nazionalistica diffusasi largamente nella popolazione.


• La Rivoluzione Sovietica.

Fenomeni che porteranno alla nascita di formazioni volte alla radicalizzazione dello scontro
politico:

- 1919 I Fasci Italiani di Combattimento divenuti poi nel 1921 il Partito Nazionale
Fascista.

- 1921 Il Partito Comunista fondato a Livorno da Gramsci,Bordiga,Togliatti.


Negli anni 1919/1920 con il Biennio Rosso e successivamente negli anni 1921/1922,
durante il cosiddetto Biennio Nero, si affermerà il Regime fascista.
L'evento che ne determinerà la salita al potere sarà la Marcia su Roma del 22 Ottobre
1922 in seguito alla quale il Re Vittorio Emanuele III incaricherà Mussolini di formare un
nuovo governo al posto di quello di Facta.
Le leggi fascistissime e lo Stato totalitario
Regio Decreto 14 Gennaio 1923, n°31
Art.1 E' istituita una milizia volontaria per la sicurezza nazionale.
Art.2 La milizia [...] è agli ordini del Capo del Governo.
Si inquadrano le frange più radicali del partito fascista.

Legge Acerbo 18 Novembre 1923


Introduce alla precedente legge elettorale un importante premio di maggioranza: la lista più
votata, che abbia raggiunto il 25% dei voti, ne riceve il 65%.
Le elezioni del 1924 si tengono in un regime di violenza e il fascismo ottiene più del 65%
senza il premio di maggioranza.
Il deputato Giacomo Matteotti che denunciò i brogli elettorali avvenuti e il clima violento
delle stesse elezioni fu assassinato da squadra fascista guidata da Amerigo Drumini.
Successivamente al suo rapimento avvenuto il 10 Giugno 1924 una parte dei deputati oppositori
del fascismo decise di astenersi dai lavori parlamentari dando vita alla Secessione dell'Aventino.
Dopo la presa di responsabilità da parte di Mussolini e il non intervento in materia del sovrano si
ebbe la svolta autoritaria.

Legge 24 Dicembre 1925, n°2263


L'Art.1 stabilisce che Il potere esecutivo è esercitato dal re per mezzo del suo governo. Il
governo è costituito dal 1° Ministro Segretario di Stato che ne è al capo e dai ministri segretari di
stato. L'Art.2 definisce invece la responsabilità del 1° Ministro verso il re (unica forma di
continuità, sembrava avere solo un'importanza formale ma risulterà determinante nel 1943 alla
caduta del fascismo). Con tale legge si sopprime il rapporto di fiducia e inoltre mutano
secondo l'Art.6 le capacità delle singole camere che non possono trattare argomenti senza
l'approvazione del governo.

Legge 31 Gennaio 1926, n°100


Tale legge disciplina le fonti del governo in virtù del fenomeno di delegificazione apertosi con la
precedente.
L'Art.3 stabilisce che il giudizio della necessità del decreto legge diviene prerogativa del
parlamento, al contrario di quanto accaduto in precedenza nel 1922 quando la cassazione aveva
stabilito la non forza di legge di un provvedimento in mancanza di presupposti (Così facendo si
allontana la magistratura non conforme). Si stabilisce anche che il Decreto Legge non approvato
entro 2 anni dal Parlamento sarebbe stato abrogato e avrebbe continuato a legiferare per i casi
precedenti.
I decreti legislativi invece vengono resi tali da non avere nè limiti di Tempo nè di Materia
qualora esista una legge di delega a monte, la quale però necessariamente non deve dare
indicazioni generali.
Ai regolamenti è permesso di occuparsi di tutte le materie prive di normazione, secondo altra
interpretazione è permesso la normazione tutto.
L'Art.1 stabilisce le delegificazione totale in ambito di pubbliche amministrazioni.

Legge 9 Dicembre 1928, n°2693


L'Art.1 istituisce il Gran Consiglio del Fascismo, organo dalla natura confusa, aveva il suo
Presidente nel Capo del Governo e doveva detenere un elenco delle persone fra le
quali il re avrebbe scelto in caso di venuta meno del 1°Ministro. Il Gran Consiglio del Fascismo
esponeva il proprio parere sulle leggi più rilevanti e preparava la lista unica del Partito per
le elezioni.

Legge 3 Aprile 1926, n°563


La prima delle leggi volte alla trasformazione dello Stato secondo un assetto corporativo;
l'Art.1 prevede l'istituzione di corporazioni come enti pubblici che riuniscono datori di
lavoro e sindacato del partito. Secondo la legge al loro interno si sarebbero stabilite le condizioni
di lavoro, queste avrebbero assunto il ruolo di Norme Corporative, delegate ai regolamenti ed
alle leggi. L'Art.10 sancisce che tutti i contratti di lavoro hanno efficacia erg omnes e il divieto di
scioperi e serrate.

Legge 19 Gennaio 1939, n°129


Con questa legge, secondo l'Art.1 la Camera dei Deputati diviene la Camera dei Fasci e
delle Corporazioni e perde la propria elettività pur formale; mentre secondo l'Art.2 la Camera
dei Fasci e delle Corporazioni e il Senato collaborano con il Governo per la formazione della
legge.

Legge 25 Novembre 1926, n°2008


Si istituisce il Tribunale fascista composto da membri della milizia e dell'esercito regio. Con
questa legge si apre una fase di legislazione liberticida coerentemente alla quale saranno emessi:

18 Giugno 1931, n°773 il Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza. 1930
il Codice Penale.
1931 il Codice di Procedura Penale

La fine del fascismo


A Metà del 1943 la Sicilia è invasa dalle forze alleate, per questo motivo il 25 luglio
Mussolini chiama a riunione il Gran Consiglio del Fascismo al quale viene presentato un
ordine del giorno che invita il re ad assumere suprema iniziativa decisionale in virtù della
prerogativa regia in materia estera e militare. L'organo è diviso fra i sostenitori del Duce e
coloro che volevano uscire dalla guerra ed accantonarlo, al momento della votazione il secondo
schieramento prevalse.

Mussolini convinto che si trattasse di una mera esortazione presentò al re il risultato del voto,
Vittorio Emanuele III conscio che questi aveva perso il controllo del partito in virtu dell'Art 5
della legge del 1925 lo destituì, la notizia fu data il giorno stesso con un comunicato nel
quale però si parlava di dimissioni.

Il re invece di pescare dalla lista di nomi del Gran Consiglio Fascista scelse per Capo del
Governo il Generale Badoglio, il quale decise di proseguire la guerra al fianco della
Germania. Badoglio avviò una prima defascitizzazione con atti di decreti legge ai sensi
della legge n°100 del 1926, impose lo scioglimento del partito, del Gran Consiglio e
delle corporazioni.

Il 2 Agosto 1943 anche la Camera dei Fasci e delle Corporazioni fu sciolta, tuttavia
l'elezione della Camera dei Deputati fu rimandata, secondo la volontà del re che voleva
trattare da una posizione di forza con gli antifascisti che successivamente lo avrebbero
accusato.

L'8 Settembre 1943 il generale Eisenhower e il generale Castellano firmarono l'Armistizio,


il quale nei contenuti si poteva definire una resa senza condizioni. Alla notizia seguì la fuga del
Sovrano e di pochi ministri da Roma verso Brindisi.

Il 10 Settembre 1943 diversi partiti antifascisti si unirono nel C.L.N Comitato di


Liberazione Nazionale, fra questi:

• DC - Democrazia Cristiana.

• PCI - Partito Comunista Italiano.

• PSIUP - Parito Socialista Italiano di Unione Proletaria.

• PLI - Partito Liberale Italiano.

• PDAZ - Partito d'Azione di Calamandrei e Ciampi.

• DL - Democrazia e Lavoro di Meuccio Luini


I componenti degli stessi manifestavano l'esigenza di una nuova Costituzione ma erano divisi
fra Repubblicani e Monarchici.

La svolta di Salerno
La svolta avviene con il rientro in Italia di Togliatti il quale affermando la disponibilità del
Partito Comunista a collaborare con il governo provvisorio, riesce a coinvolgere tutte le
forze del C.L.N.
I membri del comitato e Vittorio Emanuele III siglano il Patto di Salerno, lo stesso prevede che il
re accetti di ritirarsi irrevocabilmente a vita privata e non abdichi, ciò perché:

• Lo stesso Vittorio Emanuele III non desidera farlo.

• I membri repubblicani del C.L.N non sono favorevoli poiché ciò implicherebbe la
discesa in campo di Umberto II o di suo figlio quale nuovo sovrano.

Per questo Umberto II è nominato Luogotenente del Regno (formalmente avverrà Il 5


Giugno 1944 con il decreto n°140), una carica non prevista dallo Statuto, con ciò si desidera
mettere in luce la rottura con il passato e la transitorietà del periodo.

In compenso i membri del C.L.N si impegnano a entrare nel governo e ad accettare la


luogotenenza.

Le due parti si impegnano a non commettere nessun atto che avrebbe potuto
condizionare il futuro assetto istituzionale, da decidere al termine della guerra.
Il Patto di Salerno è codificato il 25 Giugno 1944 con decreto legislativo luogotenenziale:
• L'Art.1: Le forme istituzionali saranno decise dopo la liberazione dal popolo che eleggerà una
Assemblea Costituente sancisce di fatto l'uscita dalla legalità statutaria.

• Con l'Art.2 invece è abrogato esplicitamente il regio decreto che voleva l'elezione di una nuova camera
a data da destinarsi. Sempre secondo l'Art.2 sarà la stessa Assemblea a indicare monarchia o
repubblica.

• L'Art.3 invece congela la questione istituzionale e ne sottrae i ministri.


• L'Art.4 stabilisce invece che la funzione legislativa è propria del governo, quindi in mano al C.L.N.
Sempre secondo il Patto la carica dei ministri è indicata dai partiti ed appoggiata dal
Luogotenente. E si sceglie la parità di rappresentanza, dando ad ogni partito la facoltà di aprire
una crisi di governo.

L'Assemblea Costituente
Con il decreto n°249 del 1944 si stabilisce che tutti gli atti legislativi della Repubblica di Salò
siano nulli. Successivamente è istituito la Consulta Nazionale, nel tentativo di comporre in
forma embrionale un Parlamento solo consultivo.

All'inizio del 1946, terminata la guerra, potendo eleggere l'Assemblea ci si pone prima il
problema del rapporto che questa debba avere con il governo:
• Secondo la DC questa deve edigere e redigere la Costituzione.
• Secondo PSI e PC questa deve edigere e redigere la Costituzione, ma anche approvare leggi
ordinarie sostituendosi al governo.

poi se effettivamente debba autonomamente decidere la futura forma istituzionale:


• Forze Inglesi e Partiti liberali propense alla Monarchia.
• Forze U.S.A, PSI e PCI per la Repubblica.
• DC divisa e neutra poichè una presa di posizione avrebbe potuto determinare una perdita
considerevole di voti.

Con il decreto legislativo luogotenenziale del 16 Marzo 1946, n°98 si stabilisce che:

• Art.1 La forma istituzionale sarà scelta dal popolo con referendum.


• Art.2 Provvisoriamente si sceglie una forma Parlamentare che vede il Governo
responsabile verso l'Assemblea Costituente. Le dimissioni sono previste solo in
relazione a una mozione di sfiducia votata dalla maggioranza assoluta dei componenti
(ripresa, Art.94 della Costituzione)

Nella scelta dei poteri da affidare alla Assemblea si giunge a una decisione che vede rimanere i
poteri di legislazione tranne:

• Legge elettorale.

• Approvazione trattati interni.

• Qualunque argomento specificatamente delegato.


Questa scelta si rileverà ottima quando nel 1947 l'unita dei partiti del C.L.N si romperà, ma ciò non
influirà sul lavoro dell'Assemblea.
Monarchia o Repubblica
Il 9 Maggio 1946 Vittorio Emanuele III abdica per Umberto nonostante il Patto di Salerno glielo
proibisse.
Nonostante questo il 2 Giugno 1946 al referendum la Repubblica vince con uno scarto di soli 2
milioni di voti, il Nord si rivela largamente repubblicano, il Sud monarchico.
Il prodotto dell'Assemblea è una Costituzione:

• Votata

• Lunga

• Rigida e garantita

• Programmatica
Lo è soprattutto riguardo gli aspetti economici e sociali, riguardo i quali si prepone di
rimuovere gli ostacoli che determinano le diseguaglianze sostanziali (In particolare
Art.41 e seguenti prendono il nome di Costituzione economica). Tuttavia le norme
programmatiche rischiano di essere un mero manifesto politico ma hanno un efficacia
giuridica in quanto posseggono una efficacia invalidante verso future politiche avverse.

• Aperta
La Costituzione non può caricarsi di contenuti dettagliati e minuti poichè deve poter
mutare nel tempo. Lo stesso significato dei principi si ampia nel tempo con l'evoluzione
della società.
CAPITOLO V:
L’Unione Europea
La Base
La logica che induce i sei paesi fondatori a dare vita nel 1957 ai trattati di Roma è un’idea NON solo
economica, ma che attraverso regole di convergenza relativamente ad alcuni ambiti:
1. Carbone
2. Acciaio
3. Nucleare
si ponessero le premesse per disinnescare ulteriori guerre.
I padri fondatori sono il Cancelliere tedesco Adenauer, per la Francia Schuman e Monnet, per
l’Italia Alcide De Gasperi e altri.
Il processo prende avvio all’inizio degli anni 50’ con la nascita delle 3 comunità europee
originarie:
A. CEE
B. CEEA
C. Euratom
L’integrazione è andata sempre più intensificandosi con l’approvazione di alcuni trattati, atti
tipici del diritto internazionale, ovvero accordi tra gli stati, che necessitano di esecuzione per divenire
atti di diritti interno.
Successivamente sono seguiti ulteriori trattati con i quali all’Unione Europea sono state attribuite più
competenze affinché le originarie potessero essere attuate i quali però hanno operato anche una modifica
dell’originario impianto istituzionale della Comunità e delle regole decisionale.
L’ultima di queste tappe è il Trattato di Lisbona del 2007.
Parallelamente sono accresciuti anche il numero di stati, che dai 6 originari sono divenuti 28.

Tuttavia parlare dell’Unione Europea, originariamente Comunità Europee, significa parlare di una
organizzazione non facilmente descrivibile con schemi del diritto internazionale. Questo perché:
l’Unione Europea realizza una organizzazione sovranazionale e non internazionale; si definisce tale
poiché:
• abilitata dai trattati a porre in essere atti immediatamente vincolanti per gli stati membri,
• nelle materie di propria competenza, vige il Principio della Prevalenza del diritto dell’Unione
Europea sulle eventuali previsione interne dei singoli stati.
L’Unione ha un pluralismo organizzativo, ha una propria forma di governo, un proprio apparato di
giustizia e ha visto con il trascorrere degli anni l’accrescimento progressivo delle proprie competenze
secondo una logica incrementale che oggi però sta segnando il passo.

L’Unione ha inciso profondamente nel nostro ordinamento non solo a livello legislativo, ma anche a
livello costituzionale. Tanto che si può affermare che nessuna parte della Costituzione Italiana non
risenta di quanto previsto dall’Unione.
L’Unione è un fattore di condizionamento del diritto costituzionale, poiché il nostro ordinamento è parte
di un ordinamento più grande, con tutti i problemi che tale convivenza pone.

Tuttavia quando l’Italia dà esecuzione ai trattati di carattere istitutivi dell’Unione la modalità seguita nella
prassi è stata quella di dare esecuzione agli stessi con legge ordinaria, scelta ormai da anni rivista.
La Corte Costituzionale con la sentenza 14 del 1964 ha giustificato la via della legge ordinaria sulla base
dell’Art.11 che legittima la via della legge ordinaria anziché quella costituzionale che altrimenti sarebbe
stato necessario seguire.
Nel 1957 ciò fu fatto anche per mancanza di maggioranze necessarie in parlamento a causa
dell’opposizione delle destre e delle sinistre.
Nonostante il dissenso in dottrina, di coloro che hanno ritenuto che l’Art.11 non estendesse la copertura alle
leggi ordinarie ma solo a leggi costituzionali.
Il Processo di Formazione
Trattato di Bruxelles del 1965
Realizza la 1a forma di coordinamento tra le 3 comunità riunificandone gli esecutivi e dando vita a:
1. Una sola Commissione Europea,
2. Un unico Consiglio Europeo,
3. Un unico Bilancio Europeo.

Atto Unico Europeo del 1986


Aumenta la cooperazione politica europea immaginando un processo di integrazione maggiore
rispetto a quello economico fissato fino a quel momento.
Si comincia a porre le basi di una svolta che sembrava portare a una convergenza che passasse
dall’economia alla politica. Tale svolta arriva con il Trattato di Maastricht.

Trattato di Maastricht, Trattato sull’Unione Europea: TUE, del 1992


Ha come coordinate fondamentali:
1. Si dà vita a un processo di convergenza che comincia a riguardare anche la sfera monetaria.
Processo che porterà in un decennio alla moneta unica e all’istituzione della BCE.

2. Si immagina un’azione delle comunità su 3 ambiti diversi con un diverso livello di integrazione, i
cosiddetti 3 pilastri:
- Mercato comune, ribadito e incrementato.
- PESC: Politica estera di Sicurezza Comune, ovvero avvio di un processo di convergenza che
dovrebbe riguardare ambiti propri tradizionalmente della sovranità dei vari stati. Qui la convergenza è
minore e si cominciano a delineare poteri che rimangono tuttavia limitati alla sfera delle
raccomandazioni.
- GAI: Giustizia e Affari Interni, che delinea forme di collaborazione non vincolanti nel settore della
pubblica amministrazione e della giustizia.
I 3 pilastri costituiscono l’insieme che permette di parlare di Unione Europea.

3. Contiene previsioni che cominciano inserire le comunità anche sul piano dei diritti
fondamentali che costituiscono principi generali di azione e si evincono dalle tradizioni
costituzionali comuni degli stati membri.

Trattato di Amsterdam del 1997


Connotato da tre punti principali:
A. Modifiche modeste alla forma di governo comunitaria,
B. Rafforzamento della politica sociale europea,
C. Valorizzazione della cittadinanza europea.

Trattato di Nizza del 2001


Tenta ulteriormente di rafforzare l’Unione con il Principio di Maggioranza, l’Unione fino al 2001
voleva un funzionamento degli organi fosse il Principio di Unanimità, ma questo era già difficile
quando gli Stati membri erano solo 6.
Si ha anche la proclamazione di una Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione, realizzando di fatto
ciò che era stato solo preannunciato a Maastricht.
Questa era composta da più di 50 articoli, era ancora un titolo solo politico e non ancora
giuridico, ma implicava un rilievo notevole a livello costituzionale.

Trattato di Adesione, Atene 2003


E’ sottoscritto dai 15 Stati che già facevano parte dell’Unione e i 10 che entrano a farvi parte in questo
momento; contiene disposizioni volte a facilitare l’ingresso dei nuovi stati membri.
Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa del 2004, Roma
Nel Dicembre del 2001 venne decisa la convocazione di una Convenzione sul futuro
dell’Europa che avrebbe dovuto portare all’elaborazione di una Costituzione per l’Europa.

L’organo avrà presidente Valéry Giscard d’Estaing e come uno dei due vicepresidenti Amato; i lavori
portano ad un testo però molto lungo, simile più ad un trattato che ad una Costituzione, il solo nome ne
rivela l’inadeguatezza.

Questo prevedeva che:


• La Carta dei diritti assumesse valore non solo politico ma anche giuridico;
• Definiva un vero e proprio quadro costituzionale dell’Unione;
• Definiva un processo di semplificazione dei procedimenti decisionali, in una logica a favore
del principio di maggioranza e a svantaggio di quello dell’unanimità.

Il Trattato fu firmato a Roma, esattamente dove nel 1957 erano stati stipulati i trattati esecutivi, ma
non è mai entrato in vigore.
Questo a causa del fatto che alcuni ordinamenti prevedono che sulle leggi che danno
esecuzione a questi tipi di trattati sia possibili effettuare un referendum, è il caso di:
• Francia,
• Olanda,
i referendum in questione si svolsero e i risultati furono negativi.

Invece di questo è entrato in vigore un nuovo trattato quello di Lisbona, il quale ancora oggi regola il
funzionamento dell’Unione.

Trattato di Riforma del 2007, Lisbona


Il trattato prevede che:
1. Biforca i trattati e dà ad entrambi valore giuridico:
• Trattato sull’Unione (TUE), che fissa la cornice istituzionale,
• Trattato sul Funzionamento dell’Unione (TFUE), che dà regole più dettagliate;
2. In allegato ai suddetti trattati fissa il valore giuridico della Carta dei Diritti Fondamentali;

Fra gli obbiettivi del documento vi è anzitutto aumentare il tasso di democratizzazione:


A. attraverso una valorizzazione dei poteri del Parlamento europeo,
B. si prevedono istituti di democrazia diretta, in particolare la possibilità per un certo
numero di cittadini di proporre atti normativi,
C. si ampliano i casi in cui gli organi decidono a maggioranza e non all’unanimità,
D. si adeguano numericamente le strutture degli organi, riducendone il numero, poiché con i
raggiunti 28 paesi nell’Unione si rischierebbe di avere organi pletorici.

TFUE
I punti fondamentali che emergono dal Trattato sul Funzionamento e sull’Unione:
Il Trattato sull’Unione all’Art.2 fissa un tessuto di principi fondamentali ai quali si deve ispirare
l’Unione nel suo funzionamento, sono principi che richiamano quelli della Costituzione Italiana e che si
affiancano a quelli della Carta.
Alludono a:
• Libertà fondamentali,
• Ai diritti dell’uomo,
• Alle pari opportunità,

TUE
Si fissano di seguito anche gli obbiettivi dell’Unione, il Trattato sull’Unione all’Art.3 fissa il primo, ovvero
la Pace: L’Unione persegue la promozione della Pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli,
offrendo ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, senza barriere interne in cui sia
assicurata la libera circolazione delle persone assieme a misure adeguate per quanto riguarda i
controlli asilo, immigrazione e la prevenzione e la lotta contro la criminalità.
I Principi richiamati dal Trattato sono di Eguaglianza e di rispetto dell’Identità Nazionale, si afferma la leale
collaborazione fra gli organi dell’Unione e gli Stati membri e si ribadiscono 3 principi relativi ai
rapporti fra Unione e stati membri nell’esercizio delle rispettive competenze:
• Principio di Attribuzione: l’Unione agisce e opera tassativamente nei limiti delle competenze che le
sono attribuite dai trattati, ciò che non spetta all’Unione resta ai singoli stati;
• Principio di Sussidiarietà: per cui l’Unione negli ambiti di propria competenza, in particolare
esclusiva, interviene solo se e nella misura in cui gli obbiettivi non possano essere conseguiti in modo
adeguato direttamente dagli Stati membri;
• Principio di Proporzionalità: il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto
necessario per conseguire gli obbiettivi in forza dei quali l’Unione ha le proprie competenze (fissato dagli
Art.4 e 5 del Trattato);

Inoltre il Trattato di Lisbona potenzia la Cittadinanza Europea, che spetta a tutti i cittadini che sono
cittadini di uno degli stati membri dell’Unione, è aggiuntiva e sussidiaria. Questa garantisce i diritti
garantiti a livello dell’Unione che non sono quelli classici ma sono anche diritti politici:
A. Diritto di Voto al Parlamento Europeo,
B. Diritto di Voto anche a livello locali, elettorato attivo e passivo, fatta eccezione per il sindaco,
C. Diritto di presentare petizioni al Parlamento Europeo,
D. Diritto di presentare proposte di atti normativi,
E. Diritto di proporre istanza, ricorsi, al Mediatore Europeo.

La cittadinanza dà anche diritto alla protezione diplomatica qualora un cittadino si trovi in uno Stato
Terzo, alle stesse condizioni in cui quella rappresentanza protegge i cittadini del suo stato. Il Trattato sul
funzionamento, prevede anche che l’elenco dei diritti e dei doveri dei cittadini dell’Unione possa essere
ampliato da una decisione unanime adottata dal Consiglio dei Ministri previa approvazione del
Parlamento Europeo.

La Forma di Governo dell’Unione Europea


Sono presenti 5 organi che hanno competenze di carattere generale:

Consiglio dei Ministri


Il primo è il Consiglio dei Ministri che è composto dai rappresentanti dei governi di ciascuno dei
paesi dell’Unione; è quindi un organo variabile nella composizione poiché dipende dalla
materia, a cui attende il rispettivo ministro in questione.
I paesi federali possono inviare anche quello che potrebbe essere definito come un Presidente di Regione
nei paesi in cui la materia non è statale ma regionale, ad esempio la Germania.

Vi sono 2 articolazioni del Consiglio che sono previste in quanto NECESSARIE dai trattati:
A. Consiglio Affari Generali,
B. Consiglio Affari Esteri.
Il Consiglio è presieduto a rotazione semestrale dal rappresentante di uno Stato, salvo
l’articolazione Consiglio degli Affari Esteri che è presieduto da un’autorità dell’Unione, quale l’Alto
rappresentante per gli Affari Esteri e la politica di Sicurezza, attualmente Federica Mogherini, politica
italiana, dal 1º novembre 2014.

Il Consiglio si occupa delle questioni più importanti, ciò manifesta il deficit di democrazia
dell’Unione, poiché l’organo che prende le decisioni più importanti non è eletto democraticamente dai
cittadini come il Parlamento, ma esprime i governi dei paesi, in questo vi è un retaggio delle origini
dell’Unione, sul terreno del Diritto Internazionale.
Il Consiglio:
• delibera gli atti normativi dell’Unione,
• esercita la funzione di bilancio,
• definisce politiche e coordinamento tra le politiche,
• si occupa della cooperazione,
• decide sulle nomine dell’Unione.

La modalità di decisione, salvo eccezioni in cui rimane l’unanimità, il Consiglio delibera a


Maggioranza Qualificata che è data da:
1. il 55% di rappresentanti di Stati, pari a 15 Stati,
2. che rappresentino almeno il 65% della popolazione globale dell’Unione.

Consiglio Europeo
Il secondo è Il Consiglio Europeo il quale è la riunione die Capi di Stato o di Governo dei paesi
membri, questo perché gli Stati hanno forme di governo diverse.
Partecipano anche i ministri degli Esteri, il Presidente della Commissione Europea e l’Alto
rappresentante della Politica Estera e della Sicurezza comune.

E’ quindi il vertice politico dell’Unione, presieduto secondo il Trattato di Lisbona dal Presidente del
Consiglio Europeo che viene nominato per 2 anni e mezzo, con una sola possibilità di rinnovo, e a
tempo pieno, l’attuale è il polacco Donald Tusk.

Fino al trattato di Lisbona non aveva competenze deliberative proprie, era un organo chiamato a definire
le strategie di fondo, obbiettivi comuni e grandi scelte poi tradotti dagli altri organi; non aveva neppure
una propria formalizzazione nei trattati.
Oggi il Trattato di Lisbona prevede che si debba riunire almeno due volte l’anno, e che abbia alcune
competenze proprie:
A. Nomina e Proposte di Nomina, riguardo il Presidente della Commissione.
B. Possibilità di riesaminare questioni che il Consiglio dei Ministri avrebbe dovuto deliberare
all’unanimità quando questa non si sia raggiunta.

Commissione Europea
Il terzo è la Commissione Europea, fino al trattato di Nizza era composta da un numero di membri pari
a quello degli Stati Membri, con l’aumento a 28 si è prevista una riduzione ai 2/3 con un criterio che fissa
l’impossibilità per uno stato di rimanere fuori per due mandati consecutivi.
E’ presieduta da un Presidente e da un numero di componenti: i Commissari, i quali esercitano le loro
competenze in piena indipendenza dal paese di provenienza, criterio che vale anche per la Banca Centrale
Europea.

Una recente novità prevede che alle elezioni europee le liste che si presentano e ormai si
collegano in gruppi europei, indichino il candidato alla presidenza della Commissione Europea,
l’attuale è il lussemburghese Juncker.
La nomina dei componenti compreso il Presidente avviene così:
1. Il Consiglio Europeo fa una proposta per individuare il Presidente, vincolata ai risultati
delle elezioni del Parlamento Europeo, proposta che a maggioranza qualificata viene presentato al
Parlamento Europeo.
Il candidato deve essere eletto dal Parlamento a maggioranza dei componenti.
Se il candidato non ottiene la maggioranza il Consiglio deve formulare una seconda proposta che
segue la medesima procedura.
Il procedimento è finalizzato ad uscire da una logico intergovernativa.
2. I membri della commissione sono designati in modo analogo, ma la proposta del Consiglio deve
essere d’intesa con il Presidente eletto.
Tutti i componenti devono poi ottenere la fiducia del Parlamento Europeo, che ricorda una dinamica
parlamentare; c’è anche la possibilità di votare una mozione di censura, di sfiducia.
I commissari rimangono in carica 5 anni, lo stesso tempo del mandato del Parlamento Europeo.

Le competenze di questo Governo sono di 3 tipi:


Ha una serie di competenze che riguardano l’attività normativa:
• Ha un diritto di iniziativa esclusiva sulle proposte di atti normativi deliberate poi dal
Consiglio dei Ministri, il quale può delegare alla commissione la fase approvativa.
• Dopo l’approvazione dell’atto interviene a valle attuando gli atti deliberati.
Ha una serie di competenze che riguardano poteri di vigilanza sulla attuazione degli atti normativi
dell’Unione: Trattati e anche degli atti normativi derivati da parte degli operatori; se verifica inadempimenti
può promuovere una procedura di infrazione sanzionatoria.
Svolge funzioni di raccordo e coordinamento tra gli organi che compongono la forma di governo
dell’Unione.

Parlamento Europeo
Il quarto è il Parlamento Europeo, unico organo direttamente elettivo dal 1979; attualmente si
compone di un numero di membri non superiore a 750, i seggi spettano ai vari stati in proporzione alla
consistenza demografica, ma per temperare eccessi con una forbice minima, 6 membri, e una massima, 96
membri.

Il sistema elettorale è fissato da un regolamento dell’Unione che lo demanda alla disciplina


degli Stati membri con alcuni principi imposti.
In Italia è regolata dalla legge numero 18 del 1979 che prevede un sistema di tipo proporzionale con una
soglia di sbarramento al 4% a livello nazionale.

Per molti anni il Parlamento è stato l’anello debole della catena, mentre i trattati più recenti hanno
mirato a rafforzarlo sempre nell’ottica della democratizzazione:
• Nel procedimento legislativo si sono aumentati i casi in cui il Parlamento Europeo deve
esprimere una co-decisone con il Consiglio dei Ministri.
• Avere previsto un rapporto di fiducia con la Commissione Europea ha portato al suo inserimento in
una dinamica politico istituzionale dalla quale era escluso, alimentato anche dal lento emergere di
famiglie politiche europee.

Corte di Giustizia
Il quinto organo è la Corte di Giustizia, composta da 28 giudici, nominati per 6 anni dai Governi degli
Stati membri, è un vero e proprio organo giurisdizionale, competente a conoscere qualsiasi
controversia fra:
• Gli stati membri,
• Uno stato membro e l’Unione,
La sua giurisprudenza ha determinato il conformarsi del sistema istituzionale europeo ed è grazie
alla stessa, le cui sentenze hanno diretta efficacia nell’ordinamento degli stati membri, che si è
affermato un principio poi recapito nei trattati, ovvero quello del Primato del diritto dell’Unione
Europea nelle materie lei spettanti.
La Corte cumola nelle proprie prerogative:
A. quelle di una Corte di Cassazione, poiché assicura uniforme interpretazione del diritto
dell’Unione, e quindi ha funzione ha funzione nomofilattica, paragonabile a quella di una Corte
Suprema nazionale.
B. quelle di una Corte Costituzionale Nazionale, poiché ha una competenza che si estende fino
all’annullamento di atti che contrastino con le previsione contenute nei trattati. Ad essa possono
ricorrere in questo ambito:
• Stati membri che si ritengano lesi da un atto dell’Unione,
• La Commissione Europea quando ritiene che uno Stato abbia violato gli accordi,
• Privati che si ritengano lesi da un atto dell’Unione.

Per alcune materie dal 1986 con l’Atto Unico Europeo, è diventata una sorta di giudice di appello, poiché
per alcune materie è previsto in prima istanza un tribunale di primo grado.

Altri Organi
La Corte dei Conti Europea è composta da 28 membri nominati per 6 anni dal Consiglio, sentito il
Parlamento, assimilabile a quello di una Corte dei Conti nazionale, solo con prerogative di controllo e di
verifica più forti sulla gestione finanziaria.

La Banca Centrale Europea è un organo che è al centro dell’Unione Monetaria Europea, che lega non
tutti e 28 ma 18 paesi dell’Unione.
Ha una serie di prerogative che però non sono ancora tali da assimilarle ad una nazionale, non ha infatti fa la
politica monetaria ma non ha il governo dell’economia dei paesi poiché questo è ripartito con gli Stati
membri.

E’ un organo che agisce in condizione di piena indipendenza rispetto agli stati membri; al suo interno è
composta da 3 organi:
1. Presidente
2. Consiglio Direttivo
3. Comitato Esecutivo
Oltre a compiti propri di un istituto di immissione governo della moneta, ha assunto competenze di
vigilanza sui principali istituti di credito dei vari paesi.

Le Fonti Normative dell’Unione


e gli effetti che producono
Per capire quali sono le fonti si devono definire le competenze dell’Unione.

I trattati attribuiscono all’Unione anzitutto un fascio di Competenze Esclusive, dove salvo il


temperamento della Sussidiarietà e il Principio di Proporzionalità, le quale riguardano materie in
cui legifera soltanto l’Unione Europea:
1. Unione doganale,
2. Regole di concorrenza a favorire mercato interno comune,
3. Per i paesi dell’area euro, la politica monetaria.

Il secondo tipo di sono le Competenze Concorrenti, diverse da quelle che regolano in Italia il
rapporto fra Stato e Regioni, simile invece a quella tedesca.
Unione e Stati membri possono legiferare in una data materia, ma gli stati membri possono
legiferare solo se non è intervenuta l’Unione, finché questa non interviene, oppure se la stessa abbia
deciso di abrogare e quindi di ritrarsi da quella competenza che prima esercitava.
Ad esempio:
1. Coesione economica,
2. Agricoltura,
3. Politiche sociali.

Il terzo tipo di competenze sono le Competenze di Appoggio, in cui l’Unione integra la


legislazione degli Stati membri al fine di completare l’ordinamento:
1. Salute umana,
2. Cultura,
3. Turismo.

Il quarto e ultimo tipo di competenza è la Clausola di Flessibilità, è un istituto contenuto nei trattati, per
cui: Se un’azione dell’Unione appare necessaria, nel quadro delle politiche difinite dai trattati, per
realizzare uno degli obbiettivi di cui ai trattati, senza che quest’ultimi abbiano previsto i poteri di
azione richiesti a tal fine, il Consiglio dei Ministri deliberando all’unanimità su proposta della
Commissione e previa approvazione del Parlamento Europeo, adotta le disposizioni a proposito.

Gli Atti dell’Unione


Per quanto riguarda gli Atti dell’Unione:
• La prima fonte sono i Trattati, fonti del diritto apicale, analogamente a quanto nel nostro stato è la
Costituzione.
• Accanto ai Trattati vi sono i Principi Generali, ovvero quelle norme inespresse che fissano
coordinate generali che devono ispirare l’azione dell’Unione e diventano vincolanti al pari dei trattati;
l’organo incaricato dell’emersione dei diritti generali è la Corte di giustizia.
I Trattati e i Principi Generali costituiscono il Diritto Primario dell’Unione.
I Trattati prevedono un Sistema di Fonti che danno attuazione ai trattati stessi e che prendono il nome di
Diritto Derivato.

• Regolamenti, da non confondersi con quelli del sistema italiano, sono fonti del diritto con
portata genere, che sono obbligatori in tutti i suoi elementi e sono direttamente applicabili
nell’ordinamento degli Stati membri.
Direttamente applicabili significa che hanno un’efficacia propria che deriva dai Trattati negli ordinamenti
degli Stati che non possono recepirli, poiché hanno applicazione di per sé, e prevale sul diritto interno in
conglitto.
Nel regolamento si trova la diversità fra un ordinamento internazionale e sovranazionale, poiché nel
primo caso tali atti sarebbero dovuto essere recepiti.

• Le Direttive, sono atti normativi che vincolano gli Stati membri per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, vincolano nel fine ma non nei mezzi poiché questi spettano agli stati.
Con mezzi si intendono gli atti fonte che devono recepire e dare attuazione alla direttiva. L’atto fonte
dipende dal livello al quale la direttiva si situa, a seconda del primario, del secondario.
Contengono tutte quante un termine per il loro recepimento, decorso il quale, se lo Stato non adempie
rischia una procedura di infrazione, che prevede una condanna peculiare giornaliera, promossa dalla
Commissione e decisa dalla Corte di Giustizia.
Se una Direttiva è dettagliata la Corte di Giustizia le ammette.

• Le Decisioni sono atti attuativi di norme comunitarie, sono obbligatorie per i destinatari che
possono essere anche atti determinati, come ad esempio le imprese.
• Raccomandazioni e Pareri i quali non sono atti vincolanti, ma atti di indirizzo.

Dato che l’Italia patologicamente le attua con ritardo ha previsto una legge ordinaria la 234 del 2012, la
quale disciplina il rapporto tra rapporti Italia e Unione Europea, sul terreno dell’attività normativa.
Disciplina la fase Ascendente e la fase Discendente o Attuativa:

• La Fase Ascendente disciplina la formazione dell’atto normativo, direttiva regolamento, cioè come
nasce ovvero iniziativa della Commissione e delibera del Consiglio dei Ministri ma a monte sono
previste fasi in cui è possibile una interlocuzione anche dei parlamenti nazionali sul contenuto dell’atto
normativo.
Questa può riguardare i profili di legittimità dell’atto e i profili contenutistici dell’atto. Se tale pratica
fosse effettuata sistematicamente dal parlamento italiano ciò rafforzerebbe il ruolo del parlamento anche
nei confronti dello stesso governo.
• Par quanto concerne la Fase Attuativa si prevedono apposite leggi, due leggi annuali: la Legge Europea
e la Legge di Delegazione Europea.

La legge Europea dà diretta attuazione, se semplice, ad una serie di direttive; in particolare modo si
occupa di quelle direttive sulle quali grave in tempi brevi la procedura di infrazione.

La legge di Delegazione Europea invece è quella con cui si autorizza il Governo a dare attuazione alle
direttive e per questo dovrà contenere a riguardo direttive e tempi ed è in parte una legge di Delega,
vedi Art.76; in parte invece una Legge di Autorizzazione: autorizza il governo a recepire altre direttive
con regolamenti governative, quando si tratti di direttive che operino in materie dove non ci sono leggi
o dove si è delegificato.
In parte ancora è una Legge Cornice in materie di legislazione concorrente dove dovranno
intervenire anche le regioni.

Rapporti tra Diritto Interno ed Unitario


Contrasto fra leggi dell’Unione e ordinamento della Legge italiana: la Corte Costituzionale non ha mai
smentito la presenza di un dualismo, ovvero: le fonti dell’Unione che si applicano nel nostro ordinamento
non divengono fonti dell’ordinamento italiano stesso, ma vengono abilitate ad avere diretta applicabilità. Il
conflitto può verificarsi in 2 casi:
• Se la fonte europea, il regolamento, è successivo ad una legge italiana.
• Oppure nel caso in cui il regolamento sia precedente e la legge successiva. Nel
secondo caso la Corte ha ricostruito il problema in 3 tappe diverse:

• Sentenza 14 del 1974


Ivi la Corte afferma che se la legge italiana successiva viola un regolamento precedente non esiste
rimedio sul piano del diritto interno, l’Italia risponderà nell’ambito dell’ordinamento dell’Unione ma
non sarà in sé patologica.
Tale interpretazione minimizzava il primato del diritto dell’Unione. Tale
tesi fu rigettata polemicamente dalla Corte di Giustizia Europea.
• Sentenza 232 del 1975
Ivi la Corte cambia orientamento e afferma che è presente una patologia, poiché la legge italiana
successiva non può contrastare contro una europea precedente. La modalità di risoluzione individuata fu
quella di affermarne la incostituzionalità, in merito all’Art.11. Tuttavia la Corte di Giustizia non è
soddisfatta poiché la questione diviene tutta nazionale.
• Sentenza 170 del 1984
Ivi la Corte stabilisce che ogni giudice, ove rilevi tale contrasto, deve non dare applicazione alla legge
italiana; una soluzione che è una deroga all’Art.101 della Costituzione che stabilisce che il giudice è
soggetto solo alla legge.

Il Primato del diritto dell’Unione è soggetto a contro-limiti, si ferma di fronte ai Principi Supremi della
Costituzione, nel caso in cui si verificasse una fattispecie in cui un regolamento violasse i principi supremi
si dovrebbe impugnare di fronte alla Corte Costituzionale la legge italiana che ha dato attuazione ai Trattati
dell’Unione, nella parte in cui a consentito l’entrata in vigore di quel regolamento.
INTRODUZIONE AL CAPITOLO VI:
Organi Costituzionali
• Corpo Elettorale

• Parlamento

• Presidente della Repubblica

• Governo

• Corte Costituzionale
Affinchè un organo si possa definire costituzionale è necessario che sia indicato dalla
Costituzione e che:

• La Costituzione deve dettarne composizione e funzione.


• Deve essere un organo necessario la cui mancanza affosserebbe il sistema.
• Deve avere caratteristica di Indefettibilità, ovvero nel caso in cui vengano meno può
essere sostituito solo temporaneamente e secondo vie regolata dalla Costituzione.
• Deve possedere legittimazione diretta o mediata dal corpo elettorale, cioè essere
rappresentativi.

• Deve partecipare alla funzione di ordine politico.

La Costituzione prevede altri organi, i quali, tuttavia, essendo carenti di una o più caratteristiche fra quelle
sopra, vengono definiti Organi di Rilievo Costituzionale e sono:

• C.S.M Consiglio Superiore Magistratura


(ad esempio il Titolo IV sezione 1 dà delle direttive ma questi non possiede le caratteristiche A e
B)

• C.N.E.L Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro

• Consiglio di Stato

• Corte dei Conti

• Consiglio Supremo di Difesa

Una Repubblica Parlamentare Atipica


All'interno della Repubblica sono presenti elementi di temperamento del circuito
maggioranza - governo:

• Presidente della Repubblica ha poteri di controllo, equilibrio e stimolo

• Esiste la Giustizia Costituzionale.

• Garanzia Indipendenza esterna C.S.M.


Principi Fondamentali della Costituzione
• Principio Democratico

• Principio Personalista
In virtù del passato statalista del paese la Costituzione repubblicana mette la persona
umana e si suoi diritti al centro, poichè titolare di diritti e propri prima che dati dallo
Stato; ciò è tangibile già a partire dall'Art.2.

• Principio Pluralista
Principio che connota tutta ka Costituzione ed è rivolto alle libertà collettive, come
chiaro per l'Art.39 e Art.49. Il legislatore potrà regolare formazioni sociali, e anche
quelle regionali, ma solo rispettandone l'autonomia.

• Principio Lavorista
Nell'Art.1 della Costituzione si parla di una Repubblica fondata sul lavoro e non sui
lavoratori, come invece avrebbero voluto i socialisti. Il Lavoro è il Primo diritto sociale
dellla Costituzione e come gli altri diritti sociali mira a diminuire le diseguaglianze
sostanziali. E' oggetto di previsioni precise a partire dall'Art.35.

• Principio Pacifista e Apertura Internazionalista


In netto contrasto con la reciprocità vigente precedentemente la Costituzione vuole la
Repubblica aperta ai rapporti pacifici con gli altri stati e al riconoscimento dei diritti agli
stranieri.

Costituzione in senso formale e materiale


E' importante distinguere fra:

• Costituzione in senso Formale, ovvero quanto risulta dall'insieme delle sue


disposizioni.

• Costituzione in Senso Materiale, ovvero l'insieme dei fini e dei valori che
costituiscono il principio di unità, ovvero l'insieme dei principi morali.

Concezione che nasce in Germania portata in Italia da Mortati volto a evidenziare la


scissione fra lo Statuto e le leggi fascistissime.
CAPITOLO VI:
Il Corpo Elettorale
Tutto il popolo è titolare della Sovranità, il Corpo Elettorale è la parte attiva del popolo,
ossia quell'insieme dei soggetti in possesso dei requisiti richiesti dalla Costituzione e o dalla
Legge per l'esercizio delle funzioni che valgono a mettere in moto l'azione degli organi statali
attraverso i quali si esprime la sovranità popolare; si manifesta:

Nel momento dell'elezione di organi Statali e Rappresentativi.


Nell'ambito di istituti di democrazia diretta.
L'Art.48 è la traduzione in Atto del diritto di voto e prevede che il voto deve possedere determinate
caratteristiche.
Il Primo comma prevede che:

• Universalità del diritto


Determinata però da due criteri positivi:
- Cittadinanza
- Maggiore età, stabilita dal Codice Civile.

Il Secondo comma prevede che:

• Personalità
Il voto non può essere per procura, si vota ad un seggio previa identificazione. (Il
voto assistito non è delega di voto).
• Uguaglianza
Il principio si fonda sul concetto di Una Testa un Voto, non esiste il voto plurimo. La
Costituzione garantisce:
Eguaglianza di Voto in Entrata;
non l'Eguaglianza in Uscita.
Se la Costituzione garantisse la seconda sarebbe ammesso solo un sistema elettorale
puramente proporzionale (come è invece in Spagna). La Costituzione ha sempre negato
che si trattasse della seconda e lo ha ribadito la Corte Costituzionale nella sent.43 del
1961 e ribadito con sent.429 del 1995. Poi riaffermato con sent.1 del 2014 riguardante la
legge Calderoli, affermando che il sistema elettorale è tuttavia sindacabile dalla Corte se
risulta irragionevole.

• Libertà
Carattere volto a impedire che vi siano indebiti condizionamenti o pressioni di
origine esterna incidenti sulla determinazione degli elettori. L'esercio di tali pressioni
secondo il Decreto del Presidente della Repubblica 361 del 1957, Art. 97 comporta una
pena. Da tale principio derivano anche la Parcondicio e le regole sulle campagne
elettorali.
• Segretezza
E' un requisito strumentale a quello di Libertà: assenza di condizionamenti è alla
base dellìArt.62 Decreto Presidente della Repubblica 361 del 1957, il voto espresso
fuori dalla cabina elettorale è nullo; e del decreto legge 49 del 2008 è vietato introdurre
in cabina fotocamere.
Il Quarto comma prevede: "Il diritto di voto non può essere limitato se non per
incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnità
morale indicati dalla legge" (Riserva di Legge Assoluta).
Pertanto le limitazioni del diritto di voto possono essere solo tassative all'insegna del favor
verso il diritto di voto, consentito anche a detenuti, ricoverati in ospedali, infermi e residenti
all'estero.
A partire dal 1978 con la L.180 votano anche i ricoverati psichici e dal 2006 con D.LGS 5 anche i
falliti.
In attuazione del Quarto comma è intervenuto il Decreto del Presidente della Repubblica 20
Marzo 1967, n° 223, il quale prevede che non siano elettori:
-
Coloro che sono definitivamente interdetti da pubblici uffici.
-
Coloro che sono temporaneamente interdetti dai pubblici uffici.
-
Coloro che sono in Isolamento.

Gli italiani all'estero


La Costituzione prevede che questi siano elettori, la revisione del 2001 ha permesso loro, se
vogliono, di votare all'estero non tornando in Italia purchè iscritti all'AIRE.
Se si vota all'estero lo si può fare solo per Camera, Senato e referendum nazionali.
Gli italiani all'estero votano 12 seggi alla Camera e 6 seggi per il Senato della Republlica.

Diritto o Dovere
La Costituzione stabilisce che il voto è un dovere civico, ma il significato di tale termine è
interpretabile sia come giuridico o come etico, al venir meno nel primo caso spetta una sanzione,
nel secondo caso nessuna.
La dizione civico ha rimandato al legislatore la scelta. Fino al 1993 era prevista sanzione tenue e
solo per il mancato voto alle politiche. Era prevista l'iscrizione pubblica dei non votanti e la
menzione nel certificato di buona condotta per 5 anni. Dal 1994 non è prevista alcuna sanzione.
La presenza del quorum per il referendum abrogativo implica però che il legislatore avesse
preventivato tale possibilità. Di fatto la capacità elettorale passa per un fascio di diritti positivi e per
la mancanza di diritti negativi.

Elettorato Passivo
L'Art.51 stabilisce le linee guida in materia di Elettorato Passivo:

• Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici


pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i
requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con
appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.
L'eguaglianza in esame indica non solo le medesime possibilità di accesso ma anche lo
stesso trattamento mansioni, retribuzione, trattamento previdenziale ecc.
Il 1° comma contiene una Riserva di Legge Assoluta che assieme a quella presente
nell'Art.65 e nell'Art.122 comma 1 riguarda i limiti all'elettorato passivo nei casi di
Ineleggibilità, Incandidabilità e Incompatibilità.
Ineleggibilità
Rende impossibile l'elezione ma non la candidatura. Un candidato ineleggibile può
comunque portare voti alla propria lista.
Incandidabilità
Impedisce la candidatura, è applicabile a condannati con sentenza definitiva per gravi
reati.
Incompatibilità
Un individuo è impossibilitato a ricoprire 2 o più cariche elettive, ha diritto di
opzione per un periodo di tempo il candidato doppiamente eletto.
Legge Costituzionale 30 maggio 2003, n. 1
Il problema della rappresentanza femminile nelle cariche elettive era sentito già nel XX
Secolo e per farvi fronte il legislatore aveva dettato norme che garantivano quote di
riserva, vale a dire che nelle liste elettorali sarebbe stato presente un certo numero di
candidati donna. Tuttavia la Corte Costituzionale con sent.422 del 1995 censurò questa
pratica ritenendo che essa non avrebbe portato al risultato di parificare l'accesso alle
cariche tra uomo e donna bensì a quello di assicurare un certo numero di donne elette.
Con la modifica operata dalla legge Costituzionale 30 maggio 2003, n. 1, le eventuali
norme che si sostanzino nelle c.d. azioni positive (azioni volte a cancellare la
diseguaglianza in determinati settori tra donne e uomini) hanno un fondamento
costituzionale.

• La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive,


parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
Il riferimento è agli italiani rimasti all'esterno del territorio a causa dei trattati di pace
della Seconda Guerra Mondiale

• Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo


necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.
Lo scopo perseguito da tale ultimo comma è quello di consentire anche a chi non goda di
patrimoni ingenti di ricoprire cariche pubbliche, in quanto gli viene garantito il diritto di
mantenere il posto di lavoro mediante l'istituto dell'aspettativa.
Sistemi Elettorali: I Partiti

L'Art.49 stabilisce che:

Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere


con metodo democratico a determinare la politica nazionale.

• Sancisce il diritto di partecipazione politica.

• Garantisce o presuppone il riconoscimento di una funzione costituzionale ai


partiti politivi.

La Corte Costituzionale con ordinanza 79 del 2006 pur riconoscendo loro il ruolo di istituti
attuativi dellArt.49 e importanti funzioni afferma che devano considerarsi associazioni
proprie della società civile.
Ciò fa sorgere una questione irrisolta se relazionato al metodo democratico poichè
questo potrebbe riferirsi:

• In proiezione esterna, ai rapporti fra i partiti ed ad una dialettica pacifica e non


violenta.
Tale interpretazione si giustifica con la diversità testuale fra l'Art49 e l'Art.39.

• In proiezione interna, alla linea interna al partito riguardo formazione e decisioni.


Queste due interpretazioni sono sostenute rispettivamente da:
-
Diversità testuale fra l'Art49 e l'Art.39.
-
La natura dell'Art.49 quanto a specifica dell'Art.18 garante dell'autonomia delle
associazioni.
Mentre la prima interpretazione era relativa ai metodi fascisti che il paese aveva
riconosciuto la seconda era relativa all'assetto comunista che non si riconosceva
democratico.
Se ci fossero stati controlli volti a determinare regolarità questi sarebbero stati fatti ad opera
dei giudici e ciò avrebbe comportato un'Indigenza indebita.
Il Fianziamento
Il Decreto Legge n°149 del 28 Dicembre 2013 chiede ai partiti che vogliono accedere a
contribuzioni pubbliche di rispettare canoni di democrazia interna e trasparenza.
L'Art.2 prevede infatti che:
I partiti politici sono libere associazioni attraverso le quali i cittadini concorrono,
con metodo democratico, a determinare la politica nazionale. L'osservanza del
metodo democratico p regolata dalle disposizioni di questo decreto.
Art.3
I partiti che intendono avvalersi di finanziamenti pubblici devono darsi uno statuto
che rispetti determinati canoni: numero, cadenza assemblee, diritti e doveri degli
iscritti, sanzioni per gli iscritti, devono scegliere in modo democratico i propri
candidati.

La Corte Costituzionale con sent. 151 del 2012 afferma che un sistema di sostegno pubblico ai
partiti evita che questi abbiano differenti possibilità, si rischia altrimenti che i partiti dipendano
dai propri investitori; oggi ne rimangono due forme:
Finanziamento privato in regime fiscale agevolato
Solo per i partiti che:

• Hanno uno statuto con criteri di democrazia.

• Abbiano avuto almeno un eletto o al Senato o alla Camera o all'Unione Europea.

• Abbiano avuto 3 candidati in 3 circosrizioni (Camera, Senato, Unione Europea)


Ripartizione Nazionale di Risorse
Solo per i partiti che:

• Sono registrati e hanno almeno un eletto.


Consta di:

• Finanziamento con detrazioni Irpef sulle donazioni effettuati in favore dei partiti.

• Donazione del 2% del proprio Irpef a favore di un partito politico registrato.

LImitazioni all'Iscrizione
L'Art.98 comma 3 consente che la legge limiti per alcuni l'iscrizione ai partiti:

• Magistrati
La Corte Costituzionale con sent.224 del 1009 ha stabilito che Magistrati possono
esprimere la propria idea, ma prevale l'esigenza di assicurarne la Terzietà e
l'Immagine.

• Militari in Carriera

• Funzionari di Polizia

• Rappresentanti Diplomatici
Sistemi Elettorali

Con sistema elettorale in senso stretto si intende la disciplina contenuta nella legge che
individua come i voti si trasformano in seggi.
Con sistema elettorale in senso lato si intende la materia più ampia che comprende la
disciplina di contorno, la quale riguarda: come si presentano le liste, contrassegni, contenziosi.

Sistema elettorale in senso stretto



Sistemi elettorali proporzionali.
L'attribuzione dei seggi è diretta correlazione dei voti dai. Il Parlamento deve
rispecchiare i diversi orientamenti secondo il Principio di Rappresentività.

Sistemi elettorali maggioritari.
I seggi sono attribuiti al partito o alla coalizione che ottenga la maggioranza dei voti a
favore del Principio di Governabilità.

Sistemi elettorali misti.
Sistemi che hanno al loro interno tratti, elementi, istituti di entrambi i precedenti.

Sistemi elettorali proporzionali


Tali sistemi generalmente prevedono circoscrizioni plurinominali con l'intento di favorire la
rappresentanza.

Sistema D'Hondt
Per calcolare l'attribuzione dei seggi in base ai voti si divide il n° dei voti del partito per
quanti sono i seggi da eleggere; poi nella tabella risultante composta dai singoli risultati
si selezionano tante cifre più alte quanti sono i seggi da eleggere e così si attribuiscono
a seconda del numero gli stessi ai vari partiti.

Sistema Sainte-Laguë
Per calcolare l'attribuzione dei seggi in base ai voti si segue la procedura del metodo
D'Hondt ma si divide inizialmente solo con i divisori dispari.

Quoziente Naturale
Per calcolare l'attribuzione dei seggi in base ai voti si sommano tutti i voti ottenendone il
Totale, si divide per il n° dei seggi da assegnare e si ottiene così un quoziente. Diviso il
n° dei voti ottenuti da ciascun partito per suddetto quoziente si ottiene un risultato che
stabilisce i seggi che spettano a ogni partito. Si arrotonda per eccesso su cifre decimali
più alte.

Quoziente Corretto
Per calcolare l'attribuzione dei seggi in base ai voti si utilizza il metodo del
Quoziente Naturale aggiungendo al n° del quoziente qualche unità in più per
favorire i partiti più grandi.
Sistemi elettorali maggioritari
Tali sistemi hanno generalmente come riferimento territoriale collegi uninominali, con l'intento di
favorire l'attaccamento dell'eletto (molto legato anche al suo partito) nel territorio.

Sistema Plurality
Vale il Principio di matrice anglosassone: The Winner Takes All, svolte le votazioni le
percentuali ottenute in un seggio dai singoli candidati non contano, vince SOLO quello
che ha avuto più voti.
Utilizzato in Inghilterra per la Camera dei Comini, in USA per il Congresso e in India.

Sistema Majority
E' eletto colui che aariva primo se ha la maggioranza dei voti. Se nessuno la ottiene alla
prima votazione si procede ad un 2° turno di votazioni in cui avviene o un Ballottaggio
fra i due più votati o una seconda votazione fra i candidati che al primo turno hanno
raggiunto una data percentuale. Al secondo turno vince chi arriva 1°.
Il Politologo francese Duverger sosteneva che con un Sistema proporzionale si avranno partiti
con identità più marcate, mentre con il Sistema Plurality si previligeranno partiti maggiori, il
Sistema Majority invece secondo lui porterebbe a polarizzazioni e convergenze. Per valutare gli
effetti dei singoli sistemi si devono considerare una serie di fattori: il sistema, la dimensione
delle circoscrizioni e la presenza o meno di soglie di sbarramento.
Sistemi elettorali vigenti in Italia

Prima Fase 1948-1992


Vigevano sistemi elettorali proporzionali e poco selettivi che favorivano il pluripartitismo
estremo; ciò in virtù:
-
Principio Democratico in polemica con il passato.
-
Il sistema politico presentava forti fratture.

Fece eccezione il tentativo della Legge Truffa l.148 del 1953 la quale prevedeva un premio di
maggioranza in favore della lista o della coalizione più votata se questa raggiungeva il 50%+1
dei voti aveva diritto al 65% dei seggi. Fu ideata da De Gasperi per paura di perdere gli alleati
di centro. Tale legge si applicò alle elezioni del 1953 ma la coalizione di centro non vinse e
successivamente la legge fu abrogata.

Seconda Fase 1993-2005


Con le leggi Mattarella 276 e 277 del 1993 si ha una svolta maggioritaria. Prevedevano sistemi
elettorali di tipo misto:

3/4 dei seggi di entrambe le camere assegnati sulla basi di collegi uninominali
con metodo plurality.

1/4 dei seggi assegnato con metodo proporzionale: Al
Senato, su base regionale con sistemi D'Hondt;
alla Camera, su base nazionale con quoziente naturale con soglia di
sbarramento al 40%.

Terza Fase 2005-20016


La legge Calderoli prevede un sistema proporzionale corretto con un premio di
maggioranza:
Per la Camera:

Sistema proporzionale a livello nazionale con quoziente naturale corretto;

Premio di maggioranza spettante alla lista o alla coalizione più votata senza soglia
minima, che dà accesso al 55% dei seggi.

Soglie di sbarramento:
per le coalizioni al 10% ,all'interno delle coalizioni liste che ottengono più del 2% e la
lista con più voti sotto il 2%;
per le liste al 4%.

Liste Rigide: l'elettore sceglie il contrassegno e non i candidati, scelti poi dal partito. Per il
Senato:

Sistema proporzionale a livello regionale con quoziente naturale.

Premio di Maggioranza alla lista o alla coalizione più votata regione per regione dava
diritto al 55% dei seggi.

Soglie di sbarramento per le liste singole all'8%, invece per le liste all'interno di una
coalizione con almeno il 20% dei voti la soglia scenda al 3%.

• Liste Rigide
La legge Calderoli presentava non poche problematiche, con premio di maggioranza e soglie di
sbarramento diverse per liste e coalizioni si incentivavano quest'ultime e si permetteva loro di
trarre benefici anche dalle liste che di per se non superavano le soglie di sbarramento. Tanto più
eterogenea è la coalizione tanto è più fragile. Al Senato inoltre il premio del 55% si ottiene solo
se una coalizione vince in tutte le regioni, altrimenti i premi si compensano e non si ottiene
nessuna maggioranza.

Per 3 diversi motivi la Corte Costituzionale con sent.1 del 2014 ne ha dichiarato
l'incostituzionalità:

• Premio di Maggioranza alla Camera


Con tale sentenza la Corte afferma che benchè la Costituzione lasci al legislatore
discrezionalità riguardo sistemi elettorali e garantisca l'eguaglianza solo in entrata la
Corte può intervenire in casi di manifesta irragionevolezza. La sentenza
afferma che i meccanismi devono favorire si la formazione di una maggioranza
ma in questo caso non è prevista una soglia minima di voti per l'assegnazione del
premio e quindi questo può essere ottenuto anche con un numero di voti davvero
esiguo. Ciò produce una eccessiva divaricazione fra la volontà dei cittadini e la
sovranità popolare e il risultato e quindi illegittimità poichè in contrasto con Art.1 e
Art.67 della Costituzione.
Corte precisa poi però che ciò vale solo a livello nazionale e non regionale dove premi
di maggioranza senza requisiti sono ammessi.
Inoltre la Corte afferma che la legge contrasta anche con l'Art.48; una volta che lo
stesso legislatore parla di sistema proporzionale a quoziente corretto i consociati
hanno ragione di aspettarsi che tuteli rappresentanza a scapito della governabilità, ma
un premio di maggioranza così forte non permette tale concezione (qui la Corte si
richiama alla gemella Tedesca).

• Premio di Maggioranza al Senato


Essendo l'elezione del Senato a base regionale i 20 premi di maggioranza si
compensano e non creano governabilità.
• Espressione del
Voto Liste
Bloccate
La Corte afferma che le liste bloccate di per se non sono incostituzionali, ma si
qualificano come tali in ragione della loro lunghezza vincola il voto dei candidati alla
lista e impedisce la conoscibilità dell'eletto.
Possibilità di opzione degli eletti in più circoscrizioni
La legge dava la possibilità di opzione agli eletti in più circoscrizioni, la Corte nella
sentenza afferma che la grandezza delle circoscrizioni italiane non è compatibile
con questo sistema vigente altrove.

Corte dichiara l'illegittimità di tale meccanismo per l'impossibilità di esprimere la


preferenza per un singolo determinato candidato.
Quarta Fase Oggi
Oggi in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale riguardo la legge Calderoli, in Italia si
hanno 2 leggi elettorali; nel caso in cui vincesse il No al referendum costituzionale del 4
Dicembre e il Senato restasse elettivo allora si avrebbe:

Per il Senato:
Ciò che la Corte non ha sancito incostituzionale della legge Calderoli cioè si ha un sistema
proporzionale a quoziente naturale. In questo sistema sono presenti soglie di
sbarramento diverse per coalizioni, ancora previste, e liste singole; ciò in assenza di premio
di maggioranza fa si che i grandi partiti privi di interessi nel coalizzarsi abbiano la facoltà di
ricattare partiti più piccoli che senza coalizione andrebbero incontro a una soglia dell'8%
anzichè del 3%.

Per la Camera:

• L'Italicum legge 52 del 2015 è un sistema proporzionale corretto con un


premio di maggioranza in continuità con la legge Calderoli, ma è profondamente
distinto.

• Per ottenere il premio sono necessari determinati requisiti: può essere assegnato solo a una
lista singola e non ad una coalizione, tale lista deve aver raggiunto il 40% dei voti
alla prima votazione.
Se nessuno lo ottiene, si va ad un 2° turno nel quale si confrontano al ballottaggio le
due liste più votate al 1° turno; al ballottaggio non vi è una soglia minima da
raggiungere per ottenere il premio, va alla lista che ottiene il numero maggiore di
voti.

• La selezione dei candidati avviene con la possibilità di esprimere per gli elettori fino a 2
preferenze di genere; in ogni circoscrizione tuttavia è presente 1 candidato
bloccato scelto dal partito, che può presentarsi al massimo in 10 circoscrizioni.

• I seggi sono attribuiti per quoziente naturale in relazione alle circoscrizioni: il territorio è
stato diviso in 100 circoscrizioni, in ognuna di queste si eleggono 6,18 deputati; si
fa la somma dei voti a livello nazionale e poi si ribaltano fra regioni e circoscrizioni.

• Soglie di sbarramento al 3% per liste e per coalizioni.


L'Italicum è oggetto di discussione riguardo a diversi punti:

• Se dovesse vincere il No al Referendum si avrebbe una Camera con premio di


maggioranza e un senato senza.

• Al Ballottaggio una lista che riceve anche il 13% dei voti può accedere al 55% dei seggi.
• Le liste con il capolista bloccato fanno si che il voto degli elettori conti solo se si
eleggono due o più deputati della stessa.
Sistema Elettorale Regionale
L'Art.122 della Costituzione prevede che il sistema elettorale regionale sia di competenza delle
regioni stesse?
La legge 165 del 2004 all'Art4 stabilisce che:

• Agevoli governabilità e assicuri la rappresentanza delle minoranze.


(sistemi proporzionali con premio di maggioranza)

• I cittadini lo stesso giorno e con la stessa scheda votano consiglio regionale e


Presidente del consiglio regionale a suffragio universale.

• Divieto di mandato imperativo.


Di tutte queste questioni è già stata investita la Corte Costituzionale che si esprimerà dopo il
Referendum.

Sistema Elettorale dei Comuni


L'Art.117 della Costituzione stabilisce che il sistema elettorale dei comuni è di competenza dello
stato.

Per i comuni fino a 15.000 abitanti:

• Gli elettori con la stessa scheda scelgono sindaco e consiglieri comunali.

• Il sindaco deve essere legato a una sola lista di consiglieri.

• Il sindaco eletto è quello con il maggior numero di voti.

• La lista collegata al sindaco eletto ottiene i 2/3 dei seggi.

• Il restante 1/3 dei seggi è ripartito fra le altre liste con metodo D'Hondt (opposizioni
polverizzate).

Per i comuni con più di 15.000 abitanti:

• Gli elettori con la stessa scheda scelgono sindaco e consiglieri comunali.

• Ogni candidato sindaco può legarsi a più liste.

• E' eletto sindaco il candidato con il maggior numero di voti, altrimenti se nessuno dei
candidati raggiunge la maggioranza al primo turno ne segue un secondo di
ballottaggio fra i due migliori.

Ogni elettore può votare per:


-Candidato Sindaco,
-Lista consiglieri,
-Esercitare un voto disgiunto facendo valere la propria preferenza per una lista di
consiglieri e per un sindaco ad essa non legato.
-Può esprimere fino a 2 preferenze se di genere.
L'elezione di un candidato a Sindaco al 1° o al 2° turno, porta un premio di maggioranza
che vale i 3/5 dei seggi, i restanti sono spartiti fra le altre liste con
metodo D'Hondt.
Tuttavia questo non accade se una lista a lui non legata ha raggiunto la maggioranza
assoluta in virtù della facoltà di voto disgiunto degli elettori; allora si usa un metodo
proporzionale D'Hondt e si apre alla possibilità di un Sindaco privo di maggioranza.

La forma di governo vigente in comuni non è parlamentare e vuole il Sindaco al vertice


dell'esecutivo, non figlio del consiglio ma avente legittimazione popolare e con la facoltà
di revocare assessori. Se questi viene meno, anche se sfiduciato dal Consiglio che può farlo a
maggioranza assoluta, nonostante lui abbia legittimazione popolare, si innesca lo scioglimento
del Consiglio e si va a nuove elezioni. Questa forma di governo è la vigente anche nelle
regioni.

Livello Provinciale
Legge del Rio la n°56 del 2014 prevede a livello provinciale, al contrario della precedente, una
elezione indiretta degli organi ad opera dei consiglieri comunali e dei sindaci dei comuni
presenti nella provincia. Per quelle ex province che interessano invece una Città Metropolitana,
il sindaco della città è di diritto il sindaco della Citta Metropolitana.

Elezione rappresentanti europei


Sistema proporzionale con soglia di sbarramento a livello nazionale del 4% (esistente a
partire del 2009). Gli elettori a seconda delle circoscrizioni possono esprimere una o più
preferenze. I seggi sono assegnati a livello nazionale e ribaltati in 5 grandi ripartizioni.

Procedimento Elettorale
Il procedimento elettorale consta di 4 fasi:

• Iniziativa, competenza formale del Presidente della Repubblica. Secondo Art.61 le


elezioni hanno luogo entro 70 giorni dalla fine delle precedenti.

• Fase Preparatoria, per questa fase sono costituiti appositi organi amministrativi ovvero uffici
circoscrizionali composti da membri della magistratura preposti alla gestione della fase che si
articola in:
• Deposito Contrassegni (nati in età giolittiana per permettere agli analfabeti di
distinguere le varie liste).

• Individuazione del Capo della Forza Politica e del Programma.

• Presentazione delle liste sottoscritte da un minimo di elettori, fatta eccezione per i partiti
già presenti in parlamento.

• Votazione.
• Scrutinio.
• Proclamazione degli eletti.
Contenzioso Elettorale

Per quanto riguarda solo le elezioni politiche secondo l'Art.66 ciascuna camera è giudice
elettorale, alle quali giunte potranno appellarsi coloro che si fanno carico di qualsiasi
contestazione emersa durante il procedimento elettorale. La Ratio dell'Art. sta nel garantire la
non ingerenza del potere giudiziario in ambito politico, ma proprio perché le camere sono
organi politici spesso questo procedimento ha dato luogo ad abusi. La Corte Costituzionale nella
sua giurisprudenza dà all'Art.66 una interpretazione estensiva quindi anche il contenzioso sulla
fase preparatoria va alle camere

Istituti di Democrazia Diretta


Gli Istituti di democrazia diretta costituiscono una novità della Costituzione Repubblicana
rispetto al passato statutario. Sono tre e sono elencati dalla stessa Costituzione in ordine
progressivo di maggior rilevanza politico istituzionale:

• Art.50 la Petizone.

• Art.71 l'Iniziativa legislativa popolare.

• Successivamente I Referendum.

La Petizione
Il nome Petizione viene dal latino petère, e un Istituto di origine antica figlio delle suppliche
rivolte dai sudditi ai sovrani per provvedimenti particolari o generali, sovrano che erano autorizzati
a considerarle o meno. Si distinguevano la plainte petition e la pubblic petition L'Art.50 accoglie la
seconda natura e stabilisce che:

• I titolari sono i cittadini (lo stesso Art.50 fissa come unico requisito per muovere la
petizione sia la cittadinanza, non in senso stretto anche estesa agli stranieri).

• I destinatari le camere, non vincolate nè ad accogliere la proposta nè ad


esaminarla nel merito; limiti che portano molti a sancirne l'inutilità.
• L'oggetto sono richieste di provvedimenti legislativi ed esposizione di comuni
necessità.

• La forma si sottointende scritta.

Sulla natura della petizione stabilita dall'Art.50 ci si domanda in dottrina se questa sia:

- un diritto politico, come sostiene Mortati,


-
un diritto di libertà di pensiero, come sostiene Virga,
-
un'istituto di partecipazione politica come afferma Nacci.

I limiti di tale istituto sono evidenti, poichè questa non pongono vincoli ai destinatari ma la
Petizione potrebbe trovare nuova linfa con il progresso tecnologico; a livello europeo inoltre le
petizione sono accolte più spesso all'insegna della democratizzazione.

L'iniziativa legislativa popolare


E' la possibilità, riconosciuta ad elettori di presentare una proposta di legge.
L'Art.71, 2° comma stabilisce due requisiti:
(esiste anche a livello regionale ma è regolata non dalla Costituzione ma dagli Statuti)

• Servono almeno 50.000 firme raccolte in 6 mesi, autenticate da un pubblico


ufficiale.

• La porposta deve essere redatta in articoli poichè secondo Art.72


devono essere esaminate e votate articolo per articolo.

Le fonti di attuazione di questo istituto è in parte in una legge ordinaria e per quanto
riguarda l'esame delle proposte nei regolamenti parlamentari:

Legge n°352 del 1970 attua la Costituzione con riguardo all'iniziativa popolare ed ai
referendum previsti dalla stessa.
Stabilisce che:

• Art.48: come tutte le proposte di legge la proposta d'iniziativa popolare deve essere
presentata a uno dei presidenti delle due camere; il quale la sottoporrà in
esame di validità anzitutto per quanto riguarda la sottoscrizione delle firme.

• Art.49: come tutte le proposte di legge la proposta d'iniziativa popolare deve essere, oltre
che redetta in articoli, essere accompagnata da una relazione che ne illustri
finalità e oggetto.

Procedimento:

• Si presenta la proposta con tutti i requisiti presso la Corte di Cassazione.

• Si ha un termine di 6 mesi per raccogliere le 50.000 firme necessarie.


L'Art.71 non pone limiti precisi di argomento, ma questi sono previsti e si ricavano dall'Art. 81 1°
comma che specifica che le leggi di bilancio sono riservate all'iniziativa legislativa del
governo. Si possono presentare proposte di riforma costituzionale.

Effetti:
Non ci sono vincoli per il parlamento all'approvazione del testo e non sono presenti corsie
preferenziali per l'esame della proposta d'iniziativa popolare, tuttavia a favor delle stesse
queste non decadono in caso di scioglimento delle camere e si intendono
automaticamente ripresentate, al contrario delle tradizionali proposte.

Revisione Renzi-Boschi
L'Art.11 della riforma modifica l'Art.71 della Costituzione, si richederanno 150.000 firme, ma la
discussione e la deliberazione del parlamento sulla stessa proposta è garantita in tempi
e forme decisi dai regolamenti parlamentari.

Il Referendum
Nazionale:

• Referendum nel procedimento di formazione e di revisione di leggi


costituzionali (Art.158).

• Referendum abrogativo di legge statale (Art.75).

• Referendum sui procedimenti di variazione dei territori:


- Fusione o Creazione di nuove regioni (Art.132).
- Distacco e Aggregazione di province e comuni ad un'altra regione (Art.132).
- Istituzione di nuovi comuni e di modifica di circoscrizioni (Art.133).
- Procedimento di approvazione statuto di città metropolitane (L.56/2014).

Regionale:

• Referendum nel procedimento di formazione degli statuti ordinari delle regioni


(Art.123).

• Gli statuti delle regioni devono disciplinari referendum su leggi e provvedimenti


amministrativi delle regioni.

Comunale:

• Referendum disciplinati da statuti del comune che hanno ad oggetto atti di


amministrazione esclusivamente locale secondo Decreto legislativo 267 del
2000.

Referendum abrogativo

L'Art.75 della Costituzione stabilisce che:


E' indetto referendum popolare per deliberare la abrogazione, totale o parziale, di
una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedono cinquecentomila
elettori o cinque Consigli regionali.

Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di


indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.

Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la


Camera dei deputati.

La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la


maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti
validamente espressi.

• Il Referendum abrogativo ha ad oggetto leggi e atti con forza di legge (di fatto
leggi e decreti legislativi poichè decreti legge durano solo 60 giorni prima di
decadere o essere convertiti).

• Il Referendum è nazionale e riguarda leggi statali.

• E' un Referendum facoltativo che ha luogo solo se richiesto dal basso.

• Iniziativa esercitata da 500.000 elettori o 5 consigli regionali.

• Il Referendum è esercitato su atti già in vigore e produttivi di effetti (al contrario del
referendum costituzionale).

• Il referendum ha una natura oppositiva.

• E' un istituto di partecipazione correttivo con carattere di eccezionalità. Le


Fonti del Referendum:

• Art.75

• Legge 352 del 1970 applicativa dell'Art.75 (prima non si potevano richiedere ref.
abrogativi)

• Legge costituzionale n°1 del 1953


Stabilisce che è la Corte Costituzionale a giudicare l'Ammissibilità del
referendum abrogativo; il legislatore lo ha fatto con una legge costituzionale
poichè:
-Ragione formale: è la Costituzione che elenca nell'Art.134 le competenze della Corte
-Ragione sostanziale: la Corte è un organo costituzionale e in quanto tale la sua prima
caratteristica è che la sua disciplina e le sue competenze siano attribuite dalla
Costituzione.
L'Ammissibilità fa questione poichè l'Art.75 prevede 4 categorie di legge
espressamente non suscettibili:
-Leggi Tributarie.
-Leggi di Bilancio.
-Leggi di autorizzazione a ratifica di trattati internazionali.
-Leggi di amnistia e indulto.

La Natura del Referendum:

• In dottrina per alcuni il referendum abrogativo è un atto normativo.

• Per altri il referendum abrogativo è un atto di participazione e di controllo sul


parlamento corroborato dal Principio Democratico.

Oggetto del Referendum:

Il Referendum abrogativo ha ad oggetto leggi e atti con forza di legge, sono sottratte tutte le fonti
subordinate alla legge come i regolamenti governativi e tutte le fonti non statli, come quelle
regionali o europee.

L'Iniziativa del Referendum:

• Spetta al corpo elettorale.


• La proposta del quesito deve essere effettuata da 10 cittadini sottoscrittori che la
depositino in cassazione e poi si adoperino per raccogliere le 500.000 firme.

• 5 consigli regionali che debbano deliberare l'iniziativa con la maggioranza


assoluta dei componenti.

I titolari dell'Iniziativa dal momento del deposito sino alla proclamazione del Referendum
acquisiscono la qualifica di Poteri dello Stato ovvero possono adire la Corte Costituzionale
quando sia lesa una loro sfera di competenza.

Controlli previsti sul quesito


sono 2 e si susseguono l'uno all'altro:

Il quesito, esaurita la raccolta delle firme, è nuovamente presentato alla Corte di


Cassazione all'Ufficio Centrale per il referendum, composto da magistrati che ha ad
oggetto:

• Il n° delle firme.

• La natura dell'atto a cui ci si riferisce (legge o atto con forza di legge).

• Si adopera per eventuali accorpamenti in presenza nel caso di più quesiti simili.

• E' incaricato di dare una denominazione sintetica al quesito.


Controllo di Ammissibilità da parte della Corte Costituzionale:

• Leggi Tributarie.
L'imposizione tributaria avrebbe un esito certo in caso di referendum e renderla
suscettibile significherebbe mettere a rischio lo stato sociale.
• Leggi di Bilancio.
Abrogare la legge di bilancio equivarrebbe a paralizzare il governo.

• Leggi di autorizzazione a ratifica di trattati internazionali.


Poichè i trattati internazionali implicano una responsabilità dell'Italia all'estero.

• Leggi di amnistia e indulto.


L'abrogazione dell'estinzione di una pena violerebbe il favor rei.

Oltre a questi limiti ve ne sono altri, impliciti desumibili direttamente dalla


Costituzione.
Nel 1972 la Corte Costituzionale con la sentenza 10 si pronuncia riguardo divorzio, sembrava dare
un'interpretazione tassativa alle materie escluse. Tuttavia nel 1978 con la sentenza 16 la Corte
cambia orientamento a causa dei cambiamenti politici avvenuti: il Partito Radicale guidato da
Pannella presentò nel 1977 più di 10 referendum, aprendo ad una concezione dello stesso istituto
non più come correttivo ma centrale.
Pone così ulteriori limiti riconducibili a:

Limiti di materia, ovvero ulteriori leggi che si sottraggono all'azione referendaria:

• Leggi Costituzionali e di revisione costituzionale


Tali legge poichè sono fonti sovraordinate hanno un procedimenro tipico e aggravato.

• Leggi aventi una particolare resistenza all'abrogazione


Per tali Leggi il referendum è inutile; ne fanno parte leggi che regolano il rapporto stato
regioni, non abrogabili nè da legge ordinaria nè da referendum.

• Leggi a contenuto costituzionalmente vincolato


Tali leggi ordinarie hanno contenuto costituzionalmente vincolato; ad esempio il partito
radicale intendeva abrogare giurisprudenza militare, ma questo contrastava con il comma
3 dell'Art.103.

• Leggi costituzionalmente necessarie


La corte costituzionale con sent.13 del 2012 per leggi come quella elettorale ammette
referendum parziale su alcune leggi in modo tale che anche dopo abrogazione rimanga
Normativa di Risulta autoapplicativa, così da garantire costante operatività
all'organo.

• Leggi strettamente conseguenti a quelle espressamente escluse dall'Art.75


Fra queste la legge di stabilità che accompagna legge di bilancio non è abrogabile.

Giudizio di ammissibilità di ciò che rimane del testo, ovvero la normativa di risulta non sarà più
controllata dalla Corte, ma le legittimità verrà fatta valere in via ordinaria.
Limiti attinenti alla formulazione del quesito:
La Corte Costituzionale con sentenza 16 del 1978 riguardante quesito referendaria sulla caccia,
stabilisce che il quesito debba essere omogeneo, questo perché una pluralità di domande
eterogenee lederebbe libertà di voto.
Quesito deve essere completo, la Corte con sentenza 34 del 1993 dichiara inammissibile quesito
sull'abolizione del Ministero della Salute poichè rivolto solo il ministero e non tutte le norme che
nei Codici attribuiscono compiti a esso.
Si è inoltre nel tempo è sviluppata una prassi per cui i referendum hanno in oggetto articoli o
addirittura commi di determinate legge, in particolare se questi sono Leggi costituzionalmente
necessarie, soggette a referendum solo parzialmente. Ciò ha portato a referendum che sforbiciano
piccole parti di leggi, tale pratica apre al problema del Quesito Manipolatorio: si passa
dall'abrogazione di una normativa alla crezione di una normativa di residua con
significato rinnovato mediante l'abrogazione di parti specifiche di un periodo.

L'esito del referendum


Per il raggiungimento del quorum contano anche le schede bianche e i voti non
validamente espressi.

• Nel caso in cui vinca la proposta abrogativa del Referendum si ha un decreto del
Presidente della Repubblica che dichiara l'abrogazione e questa ha effetto dal
giorno dopo dalla sua pubblicazione sulla gazzetta.
Il Presidente della Repubblica con delibera preliminare del Consiglio dei
Ministri e in accordo con il governo può però rimandare di 60 giorni l'entrata in
vigore se vuole dare tempo al parlamento di colmare eventuali lacune.

• Nel caso in cui non vinca la proposta abrogativa ne è data notizia e si stabilisce che il
referendum non può essere riproposto per 5 anni, se invece non è stato
raggiunto il quorum il referendum può essere riproposto l'anno successivo.

Se dopo l'indicitura del referendum il parlamento decide di modificare la legge in


questione compiendo una modifica sostanziale e non formale, o l'Ufficio Centrale per il
Referendum decide di: riadattare il quesito oppure il referendum stesso è incorporato
nella legge.

Dopo l'approvazione di un referendum abrogativo il parlamento può ripristinare la legge


abrogato solo in base alla natura del corpo elettorale.

• La Corte Costituzionale con ordinanza 9 del 1997 in modo generico afferma che il
ripristino formale o sostanziale è incostituzionale;

• La Corte Costituzionale nella sentenza 199 del 2012 dichiara una disposizione
incostituzionale poichè c'è stato ripristono, senza sostanziali modifica senza
motivi reali o temporali.

Riforma Renzi-Boschi
Art.75 abbassa quorum alla maggioranza dei votanti dell'ultima elezione politica se il
Referendum è proposto da 800.000 elettori anzichè da 500.000 (manca favor per le regioni).
Art.71 prevede che una legge costituzionale futura detterà le condizioni e gli effetti di
referendum popolari propositivi e di indirizzo.
Referendum costituzionale

Referendum abrogativo presuppone una legge in vigore mentre il referendum


costituzionale è preventivo ed eventuale.
E' richiedibile da:

• 500.000 elettori.

• 5 consigli regionali.

• 1/5 di Senatori o Deputati.


Il referendum non si svolge se nella seconda approvazione le camere raggiungono i 2/3 dei
voti.
Se nella 2a approvazione si raggiunge un numero di voti x tale che 50%+1 < x < 2/3 il
testo notiziario del quesito referendario è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e scattano tre
mesi per raccogliere firme o delibere necessarie. Non è necessario nessun quorum
poiché il parlamento si prende responsabilità di essere smentito.
Dal punto di vista della minoranze se vi fosse anche da convincere un numero tale di
individui per raggiungere il quorum non sarebbe fattibile.
Dal 2001 al 2006 si è portato avanti riforme costituzionali senza una maggioranza
qualificata in parlamento.
Il referendum costituzionale deve avere ad oggetto l'intera legge costituzionale e
non una sola sua parte, il c.d Spacchettamento è complicato poiché:

• non vi è un organo preposto a compierlo,

• si apre alla possibilità che entri in vigore un testo che potrebbe non avere
coerenza interna,

• si perde la valenza di strumento oppositivo popolare e l'istituti diviene strumento di


codecisione del popolo nei confronti del parlamento.

La natura del referendum costituzionale è:

• oppositiva a favore delle minoranze,

• confermativa a favore delle maggioranze.

Come afferma la sentenza della Corte Costituzionale 496 del 2000.

Dato che non si tratta di un Referendum abrogativo NON c'è controllo di Ammissibilità ma di
Legittimità.
CAPITOLO VII: PARTE I
Il Parlamento
L'Assemblea Costituente sin dall'ordine del giorno Perassi il 4 Settembre 1946 la 2a
sottocommissione stabilisce che in virtù della storia e delle condizioni della società italiana questa
non si adattava nè al Presidenzialismo nè alla frma direttoriale. Si decise così per la forma
Parlamentare, corretta con dispositivi costituzionali idonei a garantire stabilità e azione di governo.

La prima scelta fu quindi fatta per il Bicameralismo, in particolare per tre ragioni:

• In virtù del dualismo sociale così riflesso nella forma di governo.

• Se si decide per un assetto federale o regionale, è necessaria una camera che dia voce alle
esigenze locali a livello centrale.

• Temperamento e ponderamento della forma di governo.


Modelli Bicamerali:

• Bicameralismo Paritario

• Bicameralismo Differanziato

A livello politico l'Assemblea Costituente si trovò divisa:

• La DC a favore di un Bicameralismo Differenziato con una seconda camera, il Senato, a


rappresentare Regioi e Professioni; proposta alla quale si opponevano PCI e PSI che
vedevano con timore lo spettro del corporativismo.

• PCI e PSI a favore di un Monocameralismo, al quale però la DC si opponeva per i


concreti rischi di assembleismo.

La scelta, alimentata anche dalla tradizione bicamerale del paese, fu l'esito del compromesso fra le
due parti e ricadde sul Bicameralismo Paritario. La proposta originale della DC lascia però diversi
residui, come nell'Art.57 comma 1 che vuole il Senato eletto su base regionale, seppur non si
configura come camera di rappresentanza delle regioni.

L'assetto del Bicameralismo Paritario


Il Parlamento è composto da:

- Camera, 630 Deputati di cui 12 eletti all'estero.


- Senato, 315 Senatori di cui 6 eletti all'estero
Più gli ex Presidenti della Repubblica più i senatori a vita: secondo l'Art.59 questi sonon
nominati dal Presidente della Repubblica. Fino allla carica Sandro Pertini era in vigore la
peassi di interpretare la parola Presidente come organo istituzionale; poi con Pertini e
Cossiga si ebbe una svolta che portò alla nomina di 5 senatori a vita per ciascuno. Dopo
Cossiga si ripristinò la Prassi.
Durata
Stabilisce l'Art.60 della Costituzione che La Camera dei Deputati e il Senato della
repubblica sono eletti per 5 anni. La durata di ciascuna camera non può essere
prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra.
Durata modificata con la legge costituzionale n°2 del 9 Febbraio 1963 che stabilì il
rinnovamento uguale ogni 5 anni.

Elettorato
due corpi elettorali distinti eleggono Camera e Senato:
Camera: Attivo 18 anni, Passivo 25 anni.
Senato: Attivo 25 anni, Passivo 40 anni.

Sistema Elettorale
Vi è forte diversità fra i sistemi elettorali delle due camre.

Temperamento
Un tentativo di temperare il dualismo del bicameralismo paritario è costituito da: il
Parlamento in seduta comune.
Art.55 comma 2 stabilisce che: [...] Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei
membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione. Questo avviene
per:

• Elezione del Presidente della Repubblica


Art.83 della Costituzione prevede che il parlamento sia integrato da 58 delegati
regionali (3 per ogni regione, 1 la Valle d'Aosta).
Art.83 al comma 3 specifica che è necessaria per l'elezione la maggioranza dei 2/3 nei
primi tre scrutini e dal 4° la maggioranza assoluta.
Riforma Renzi-Boschi
Abolisce integrazione di rappresentanti regionali e cambia i quorum.

• Elezione di 1/3 dei membri del C.S.M


L'Art.134 della Costituzione prevede che ne siano membri di diritto il Presidente della
Repubblica, il 1° Presidente e il Procuratre generale della Corte di Cassazione; gli altri
componenti:
-2/3 sono eletti da tutti tra i magistrati ordinari
-1/3 sono eletti, appunto, dal Parlamento in seduta comune e sono professori ordinari in
materie giuridiche e avvocati dopo 15 anni di esercizio, fra questi il Vice Presidente del
C.S.M. La legge n°195 del 24 Marzo 1958 stabilisce che è necessaria la maggioranza dei
3/5 dei componenti nei primi 3 scrutini, poi dei 3/5 dei votanti.
La Ratio di tale tipo di elezione staa nell'evitare la separazione fra il C.S.M e le
istituzioni.

• Elezione di 1/3 (5) giudici della Corte Costituzionale


L'Art.135 comma 1 della Costituzione con attuativa nella legge n°2 del 22
Novembre 1967 all'Art.3 stabilisce che nei primi 3 scrutini sia necessaria la
maggioranza dei 2/3, poi dal 4° scrutinio in poi la maggioranza dei 3/5 dei
componenti.

• Messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica


Può accadere per fattispecie di:
-Altotradimento
-Attentato alla Costituzione
l'ottenimento della maggioranza assoluta del parlamento in seduta comune rinvia il
giudizio ad una Corte composta dai 15 membri della Corte 5*5-costituzionale più 16
Giudici Aggregati (estratti fra i 40 di un elenco di cittadini selezionati dal parlamento
in seduta comune con requisiti per l'eleggibilità in Senato).

La dottrina discute riguardo alla natura del Parlamento in seduto comune, ovvero se debba
essere considerato un organo a parte rispetto le camere che lo compongono.

Il Senato targato Renzi-Boschi


Camera resta tale, avrà il pieno esercizio della funzione legislativa, esercita il controllo
dell'operato del governo, legato a questa dalla fiducia; il Senato cambia per:

• Composizione

• Esercizio di Funzioni
Composizione
Ridotto a 95 Senatori, più 5 cittadini eletti a senatori dal Presidente della Repubblica, non più
senatori a vita ma in carica per 7 anni; rimangono i senatori di diritto, ovvero gli ex Presidenti
della Repubblica.
Art.57 comma 2 stabilisce che: I consigli regionali, e i Consigli delle Province autonome di Trento
e di Bolzano eleggono con metodo proporzionale, i senatori fra i propri componenti e, nella misura
di uno per ciascuno, fra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori.
Art.57 comma 3 stabilisce che: Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore
a due; ciascuna delle Provincie di Trento e Bolzano ne ha 2.
Art.57 comma 4 stabilisce che: La ripartizione die seggi tra le Regioni si effettua, previa
applicazione del precedente comma, in proporzione alla loro popolazione, quale risulta
dall'ultimo censimento generale, sulla base di quozienti interi e dei più alti resti.
Art.57 comma 6 stabilisce: Seggi sono attribuiti in ragione dei:

• Voti espressi in elezione regionale.

• Composizione di ciascun consiglio.


Art.57 comma 5 stabilisce che i senatori siano eletti fra i candidati consiglieri in conformità alle
scelti degli elettori, si aprono così due alternative:

• Il Senato resterà una camera politica con semplice ratifica dei consigli.

• Oppure sarà camera di voce territoriale.


Funzione
Il Senato concorre alla funzione legislativa ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli enti
costitutivi della Repubblica ed Unione Europea.
Avrà facoltà nuove:

• parteciperà a decisioni dirette alla forma ed alla attuazione di atti normativi e delle
politiche dell'Unione Europea.

• valuterà politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni.

• verificherà impatto delle politiche dell'Unione Europea sui territori e dell'attuazione delle
leggi dello Stato.

• concorrerà ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo.


Principio fondamentale di Continuità
L'Art.60 della Costituzione stabilisce che:

- Comma 1: Camera e Senato sono eletti per 5 anni

- Comma 2: Disciplina l'Istituto di PROROGA, la durata delle camere non può essere
prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra.
Le camere prorogate esercitano oltre il quinquennio piene competenze.

L'Art.61 disciplina invece un istituto diverso, quello della PROROGATIO. Dopo la fine della
legislatura affinchè non sussistano vuoti sono prorogati i poteri delle precedenti, poteri che tuttavia
incontrano limiti di competenza poichè la legittimità delle camere è attenuata. La Costituzione
stessa stabilisce le competenze che le camere possono esercitare, ovvero convertire decreti legge.
Come stabilisce l'Art.85 la PROROGATIO riguarda anche il Presidente della Repubblica, ne sono
esenti però i Giudici della Corte Costituzionale.

Il Principio di Continuati non prevede però che le nuove camere debbano continuare il lavoro delle
precedenti, fatta eccezione per l'iniziativa legislativa popolare e secondo i regolamenti di Camera e
Senato i disegni leggi approvati da una sola delle due camere.

Gruppi Parlamentari
I gruppi parlamentari sono la proiezione in parlamento dei partiti se sono composti in
proporzione alla loro consistenza nello stesso.
L'adesione ad un gruppo è obbligatoria per un parlamentare, questo poichè il loro ruolo è
fondamentale in relazione alle normative dei regolamenti.
Vi sono a volte liste che non hanno un gruppo e gruppi che non corrispondono a liste singole,
in questi casi è obbligatoria l'adesione al cosiddetto Gruppo Misto.

Distinti dai gruppi parlamentari sono le giunte che nella prassi, escluse quelle per i
regolamenti che sono presiedute dai presidenti delle camere, sono presieduti dai
parlamentari d'opposizione.

Guarentigie Parlamentari
L'Art.67 della Costituzione stabilisce che ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione
senza vincolo di mandato. Mira a proteggere il singolo parlamentare nei rapporti con:

I. Elettori: dato che rappresenta la Nazione non può rappresentare interessi particolari.

II. Partito di Appartenenza: la responsabilità verso lo stesso può essere fatta valere solo nelle
successive elezioni.
Qui si tratta di conciliare:
- Principio Democratico Art.1
- Funzione costituzionale partiti Art.49
- Libero mandato parlamentare Art.67
Vi è addirittura chi ha sostenuto che non ci possa essere compatibilità fra Art.49 e Art.67; si cerca
di trovare un punto di equilibrio. Con questo intento si è cercato di limitare e sanzionare la:

- Prassi delle dimissioni in bianco.


Oggi tuttavia è presente un nuovo fenomeno:

- Mobilità Parlamentare.
Tuttavia a freno di questo fenomeno si sono fatte diverse proposte che tuttavia non sono mai state
attuate anche in virtù di fenomeni di gruppo come le scissioni di partiti.

Immunità e inviolabilità

L'Art 68 della Costituzione, recita:


Il 1° comma riguarda la fattispecie di Immunità.
I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni
espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

Il 2° e il 3° comma riguarda la fattispecie di Inviolabilità.


Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del
Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può
essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in
detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna,
ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto
obbligatorio in flagranza.

Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento a


intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro
di corrispondenza.

Tuttavia questo articolo è figlio di una modifica costituzionale del 1993 con ratio
restrittiva, relativa alla prima parte del 2° comma:
Senza autorizzazione della camera potesse essere sottoposto a procedimento penale, il
pubblico ministero doveva richiedere l'autorizzazione a procedere della camera d'appartenenza
e nel caso in cui la camera si pronunciasse contraria, interrompersi. Adesso invece un processo
contro un parlamentare può protrarsi senza l'approvazione della camera, che tuttavia è
necessaria se si vuole limitare alcune libertà dell’individuo.
1° Comma
• Titolarità
Riguarda tassativamente i parlamentari, in quanto deroga ai principi fondamentali dello
Stato di diritto.

• Effetto
Nessuna responsabilità civile o penale può essere addebbitata in una sede esterna al
parlamento ad un parlamentare qualora si tratti di opinioni espresse e voti dati
nell'esercizio delle proprie funzioni.
I Presidenti delle rispettive camere hanno la facoltà di sanzionare disciplinariamente gli
appartenenti alla camera stessa, senza, però, dare nessun restoro alla vittima.

• Ratio
Non mira solo a salvaguardare il singolo parlamentare ma anche la Funzione
Parlamentare stessa.

• Tempo
Questa tutela si estende oltre la scadenza del mandato parlamentare. Nell'ottica di
impedire ripercussioni future.

La Sentenza 262 del 2009 la Corte riafferma che:

L'Immunità anche parlamentare tutela il libero svolgimento delle funzioni parlamentari, ma


dato che è istituto derogatorio dell'eguaglianza, può essere prevista solo dalla Costituzione
e non con legge ordinaria.

Rimarca la Tassatività dell'istituto.

La legge attuativa dell'Art.68 è la legge 262 del 2009:


l'Art.3 afferma al 1° comma che si è in presenza di opinioni espresse e voti dati: in ogni caso per atti
tipici della funzione parlamentare e, anche, per ogni altra attività di divulgazione, di critica
e di denuncia politica connessa alla funzione di parlamentare espletata al di fuori
del parlamento.

Procedimento funzionale
Se un parlamentare viene inquisito penalmente o convenuto in un processo civile e il giudice di
riferimento ritiene si sia nella fattispecie definita dall'Art.68, il giudice deve pronunciare sentenza
di archiviazione o assoluzione.

Se invece il giudice ritiene che la fattispecie non ricada nell'Art.68 allora è tenuto a trasmettere
copia degli atti alla camere di appartenenza del parlamentare, che possono essere chiamate in
causa anche dai singoli parlamentari.

La stessa camera deve decidere sul punto, a prescindere dalla volontà del singolo
parlamentare. Le camere hanno aldilà degli schieramenti politici adottato sempre una
espressione estensiva della prerogativa.
Il giudice di fronte alla delibera della camera che afferma la fattispecie dell'Art.68:

- o il giudice si convince della delibera.


- o se intende disattendere la pronuncia della camere deve ricorrere alla Corte
Costituzionale nella sede di conflitto di attribuzione dei poteri dello Stato.

Si aprono però problematiche riguardo a quali siano le opinioni espresse da un parlamentare


nell'esercizio delle funzioni, il quale può anche essere individuato al di fuori della sede
parlamentare.

All'interno dell'aula parlamentare quasi ogni attività rientra nell'espressione delle proprie
opinioni, all'esterno la Corte ha individuato la soluzione nel Nesso Funzionale: l'attività
esterna ricade nella sfera dell'Art.68 1° comma se questa rientra nell'esercizio delle funzioni.

- Tendenzialmente affinché ci sia il Nesso Funzionale prima deve esserci atto


parlamentare e successivamente esternazione.

- L'esternazione deve essere imputabile all'attività del singolo parlamentare, niente a


riguardo del suo gruppo.

La sentenza della Corte Costituzionale 144 del 2015, che vede coinvolti il giornalista Travaglio e il
parlamentare Gasparri, afferma che affinché ci sia nesso funzionale devono esserci:

- Nesso Temporale che vede prima atto e poi esternazione a distanza di non troppo tempo.
- Ci deve essere correlazione di significati fra l'atto parlamentare e l'esternazione.
- Non è sufficiente un mero contesto politico.
2° Comma
• Titolarità
Riguarda tassativamente i parlamentari.

• Tempo
Questa tutela non si estende oltre la scadenza del mandato parlamentare.

• Effetto
Nessun membro del Parlamento può:
- essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare.
- può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale.
- mantenuto in detenzione.

Con 2 eccezioni però:

• Sentenza irrevocabile di condanna.

• Colto in flagranza di reato.

La Ratio dell'Art.68 volta a preservare integrità delle camere, ha portato dottrina e prassi
all'individuazione del parametro che la camera deve utilizzare in materia di decisione: il Fumus
Persecutionis.
Il Fumus Persecutionis è o:

- Soggettivo: la camera non dovrebbe guardare se c'è fondatezza o meno nei sospetti e negli
indizi a carico del parlamentare, poichè ciò è a carico della magistratura; la camera
dovrebbe verificare o meno se è presente intento persecutorio, desumibli seppur
difficilmente dai tempi e dalle modalità dell'esercizio della funzione penale.

meno accreditato è il criterio del Fumus:

- Oggettivo: evidente infondatezza delle accuse rivolte al parlamentare.

In alcuni casi però le autorizzazioni a procedere divengono veri e propri divieti, come nel caso
delle intercettazioni. Le intercettazioni si dividono secondo la giurisprudenza della Corte in:

• Dirette: la magistratura chiede disposizione su utenze dirette del parlamentare, serve


autorizzazione della camera preventiva.

• Indirette: la magistratura mette sotto intercettazione le utenze abituali di un parlamentare,


serve autorizzazione della camera, non preventiva ma successiva all'intercettazione già
acquisita; richiesta se si dimostra parte di una strategia volta a controllare tutte le utenze
vicine ad un parlamentare.

• Casuale: la magistratura nello svolgimento di indagini incontra prove


compromettenti un parlamentare, non necessita di autorizzazione.
Autonomia Regolamentare
Esistono regolamenti di ciascuna delle camere del Parlamento che garantiscono
l'autonomia delle stesse previste in quanto organi costituzionali.
Art.64 recita: Ciascuna Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza
assoluta dei suoi componenti [...]. Tali regolamenti hanno per oggetto il funzionamento
interno delle camere stesse a partire dalla Funzione legislativa.

La natura giuridica dei regolamenti parlamentari è quello di


Fonti di Diritto Primarie con:

• Competenza Riservata (sottratta alla legge e al legislatore, ciò affinchè un ramo del
parlamento sia tutelato dall'altro) e Piena (non come la legge regionale in maniere
concorrenti).

• Insindacabili da parte della Corte Costituzionale (con la sentenza 154 del 1985 ribadita
nella sentenza 120 del 2014, la corte afferma che:
-i regolamenti parlamentari sono una Fonte Primaria ma non con forza di legge e come afferma
l'Art.134 la Corte si occupa di leggi e di atti con forza di legge.
-i regolamenti parlamentari sono espressione dell'indipendenza dell'organo sovrano da ogni
altro potere; aprendo una zona franca per eventuali incostituzionalità).

• Libera interpretazione e attuazione da parte delle camere (l'Art.72 stabilisce che: la legge
è approvata dalla camera secondo quanto prevede il suo regolamento. Se una legge
venisse approvata violando direttamente l'Art.72 essa sarebbe incostituzionale; tuttavia se violasse
il regolamento parlamentare al quale l'Art.72 rimanda, allora in questo caso in base a quanto ha
sancito la Corte sin dall'1985, sempre in ragione della sovranità delle camere, non si avrebbe
incostituzionalità; seconda zona franca per eventuali incostituzionalità).
CAPITOLO VIII:
Il Presidente della Repubblica
La Natura

La natura del Presidente della Repubblica ai sensi dell’Art.87 questi è il Capo dello Stato e
rappresenta l’unità nazionale.

L’elezione
Le possibili modalità individuabili per l’elezione del Capo dello Stato erano:
1. Elezione a suffragio diretto
2. Elezione da parte delle camere
3. Elezione da parte di un organo speciale

L’Art.83 della Costituzione stabilisce che l’elezione del Capo dello Stato avviene in sede di
Parlamento Integrato da 3 rappresentanti per ogni regione salvo 1 per la Valle d’Aosta, presieduto
dal Presidente della Camera e amministrato secondo criteri stabiliti dal regolamento della Camera stessa.

La natura del collegio è imperfetta, ovvero svolge solo funzioni elettorali, non può discutere sulle
candidature né proporne.

Il Presidente della Repubblica non è un’autorità del governo, ma Super Partes; è indipendente
anche dalle forza politiche che ne hanno determinato l’elezione. Ciò è
possibile dedurlo da:
A. Il mandato del Presidente ha durata 7 anni, quindi è più duraturo di quello delle camere; Il
quale secondo alcuni, essa serve anche a far si che il Presidente della Repubblica maturi
l'esperienza necessaria per affrontare le problematiche più complesse.

Infine, il fatto che la durata del mandato sia superiore a quella delle Camere sarebbe stata pensata
per sottolineare la funzione di raccordo del Capo dello Stato tra vecchie e nuove forze politiche
al potere.

B. Sono richieste maggioranze particolari per l’elezione, fissate dall’Art.83 comma 3°; L'elezione
del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi
dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta

C. Elezione è connotata da scrutinio segreto.

E’ importante sottolineare, l’assenza del divieto di rielezione del Presidente della Repubblica,
avvenuta per la prima volta nel 2013.

Il giuramento è previsto dall’Art.91 della Costituzione, il quale è una esplicitazione dell’Art.54 e


recita: Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di
fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta
comune.
E’ dal momento del giuramento che si calcola il termine del mandato.

L’Art.85 fissa le modalità dell’elezione del Presidente, affermando testualmente che:


1. Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
2. Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta
comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
3. Se le Camere sono sciolte, o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, l'elezione ha luogo entro
quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente
in carica.

La convocazione delle Camere è anticipata rispetto alla scadenza del mandato del Capo dello Stato per
evitare, per quanto possibile, la proroga dei suoi poteri.

Le problematiche sorgono in due fattispecie:


1. La prima presa in considerazione dal comma 2° nel caso in cui le Camere siano già sciolte o
prossime alla scadenza, ovviata con l’attesa di nuove elezioni, poiché la legittimazione delle
camere in scadenza è fortemente attenuata.
2. la seconda per l'ipotesi in cui esse vengano regolarmente convocate entro trenta giorni dalla scadenza
del mandato ma l'elezione del nuovo Presidente si protragga oltre questo termine.
allora il precedente Presidente va in Prorogatio.

Il Semestre Bianco
L’Art.88 della Costituzione stabilisce che:
1. Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di
esse.
2. Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o
in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.

Il divieto per il Presidente della Repubblica di procedere allo scioglimento anticipato delle Camere
nell’ultimo semestre del suo mandato vuole evitare il rischio che questi abusi di uno dei suoi più
delicati poteri nella speranza di una composizione del Parlamento lui più favorevoli all’insegna di una
nuova elezione.
La legge costituzionale 1 del 1991 ha modificato il comma 2° dell’Art.88 consentendo al Presidente
lo scioglimento nel caso del cosiddetto Ingorgo Costituzionale, cioè quando le camere in quello stesso
periodo esauriscano il loro mandato e quindi che eventuali situazioni di crisi non possano essere
adeguatamente affrontate.

Gli Impedimenti del Capo dello Stato


L’Art.86 della Costituzione stabilisce che:
1. Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate
dal Presidente del Senato.
2. In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della Repubblica, il
Presidente della Camera dei deputati indice l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro
quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi
alla loro cessazione.

Con il termine Impedimento Permanente si intende quella condizione che non consente più al
Presidente della Repubblica di esercitare tali funzioni, tuttavia l’Art.86 non si esprime riguardo le
procedure di accertamento di suddetto stato.
In via sistematica si è stabilito che se egli è in grado si accertare il proprio stato proceda a
rassegnare le dimissioni.
Nel caso in cui, questi invece non sia in grado di accertare le proprie condizioni, come capitò al
Presidente segni dall’estate fino al dicembre del 1974, che una volta ripresosi parzialmente si dimise,
sono 3 gli organi chiamati a intervenire:
1. Il Presidente del Senato, che ne sarebbe il supplente,
2. Il Presidente della Camera, che dovrebbe convocare una nuova elezione,
3. Il Governo, in qualità di interlocutore costante del Presidente e in quanto i suoi membri
controfirmano gli atti del Presidente rendendoli tali.

Tuttavia vi sono varie problematiche di rilievo:


A. Quando si è di fronte ad un impedimento?
B. Quale è la durata massima degli impedimenti temporanei?
La dottrine ha ricercato tale risposta nella Costituzione senza trovarla con certezza; il termine è rimesso
alla discrezionalità degli organi suddetti ed il loro giudizio legato alle possibilità di reversibilità.
C. Quali organi sono competente ad accertarli?
D. Quali sono i limiti dei poteri del supplente del Capo dello Stato?
• Barile affermava che il supplente non potesse che avere poteri soltanto poteri
amministrativi, tesi per altro poi adottata;
• Leopoldo Elia affermava che essendo quelli del Presidente poteri essenziali il supplente
dovesse poterli esercitare tutti.

Un caso si verificò nel 1980 quando si aprì una crisi del governo Cossiga nel momento in cui Pertini
si trovava all’estero, il Presidente del Senato Fanfani non avviò le consultazioni, ma attese il rientro
anticipato del Presidente.

Nel caso di sospensione a seguito della messa in stato di accusa ex Art.90 della Costituzione, la Corte
Costituzionale valuterà la possibile sospensione del Presidente dai suoi incarichi.

Poteri del Capo dello Stato


Essendo quella prevista dalla Costituzione una forma parlamentare politica, il dialogo istituzionale si gioca
tutto sull’asse governo parlamento.

Nello stabilire i poteri della figura del Capo dello Stato i costituenti avevano come riferimento quanto
all’Art.48 della Costituzione di Weimar del 1919, il quale stabiliva che: Il Capo dello stato è il
potenziale detentore di tutti i poteri dello Stato, che questi assume nei momenti di crisi politica; aveva potere
di ordinanza e poteva, in parte o del tutto, sospendere i diritti fondamentali.

All’interno del nostro ordinamento non vi è la presenza di una norma esplicita ma si lascia intravedere
la possibilità di centralità del ruolo del Presidente, tuttavia la sua carica non può coincidere con
l’esecutivo.

Altra concezione è invece quella inglese secondo la quale il Capo dello Stato, e re, è magistero
d’influenza nei confronti del governo e del Presidente del Consiglio.

Il dettato costituzionale del nostro ordinamento in materia appare sommario testualmente e


concettualmente, per questo la dottrina ha sviluppato vari orientamenti:
1. Alcuni lo hanno definito in termini di organo governante, affermando che la natura dei suoi
poteri non poteva che avere il senso di associarlo all'esercizio della funzione di governo.
2. Altri ritengono la sua natura quella di un potere neutro, nel senso di moderazione, d’influenza e di
indirizzo in grado di assicurare una sintesi fra le diverse parti politiche.
3. Altri ritengono i suoi poteri legati ad una funzione di indirizzo politico costituzionale,
distante da quella della maggioranza.
4. Altri ancora, secondo l’interpretazione prevalente, sostengono la sua natura di organo di
garanzia della continuità e della regolarità del funzionamento del sistema costituzionale.
Nei periodi di corretta funzionalità del sistema, sarà la natura di garanzia a prevalere, mentre in caso di
disfunzione sarà quella politico costituzionale ad emergere.
Infatti nell’ordinamento italiano vi è parte anche della concezione inglese, alla quale però si
aggiungono poteri effettivi essenziali al funzionamento del sistema, quali:
A. Nomina del Governo,
B. Scioglimento delle camere.

La concezione italiana del Presidente della Repubblica è quella di un potere:


A. neutro,
B. spoliticizzato
C. imparziale,
D. con poteri di garanzia, e appunto, di funzionamento.

L’Art.87 della Costituzione stabilisce che:


1. Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.

Poteri verso il Parlamento


2. Può inviare messaggi alle Camere.
Il Capo dello Stato può rivolgere direttamente un messaggio alle camere.
Questo rappresenta il più solenne potere di stimolo verso il Parlamento, poiché allo stesso segue da
parte dei membri dello stesso un giudizio su tali valutazioni.
3. Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
Attività nella sostanza vincolata dalle disposizioni costituzionali e legislative.

Inoltre il Presidente della Repubblica che promulga le leggi del Parlamento, esercita un importante controllo
preventivo di legittimità costituzionale e di rispetto dei valori costituzionali. Se lo ritiene necessario entro un
mese dalla sua approvazione può rinviare una legge alle camere; se le camere la riapprovano nuovamente,
questa deve essere promulgata.

Infine il Capo dello Stato può analogamente ai Presidente delle stesse e di 1/3 dei membri,
convocare in via straordinaria le camere.

Poteri verso il Governo


4. Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
5. Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

Poteri verso il Corpo Elettorale


6. Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.

Inoltre ha facoltà di esternazione, libera e in merito alle proprie opinioni e in merito ai più diversi
problemi politico-istituzionali nei confronti della Pubblica opinione e al sistema dei partiti.

Altri Poteri
7. Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
8. Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa,
quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.
La Costituzione gli riconosce un pieno potere di conoscenza della politica estera del Governo ed anche
di impulso rispetto all’attuazione dei valori costituzionali di pace.

9. Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito


secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
Questo è integrato dall’affidamento al Capo dello Stato della Presidenza del Consiglio Supremo
di Difesa, con il compito di esaminare i problemi attinenti alla difesa nazionali e determinare
criteri e direttive per l’organizzazione.

10. Presiede il Consiglio superiore della Magistratura.


11. Può concedere grazia e commutare le pene.
Poteri frutto di una tradizione statutaria era in origine formalmente del Presidente ma di fatto del
Governo utilizzato molto di frequente per moderare la severa legislazione. Tuttavia la legge
costituzionale 1 del 1992 ha riportato il potere nelle mani del Presidente.
12. Conferisce le onorificenze della Repubblica.

Tali poteri sono guidati dagli Art.89 e 90; per quanto riguarda l’Art.89, questo stabilisce che:
1. Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri
proponenti, che ne assumono la responsabilità.
2. Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal
Presidente del Consiglio dei ministri.

Tale articolo non è scritto correttamente, farebbe infatti presupporre secondo una interpretazione
letterale che OGNI atto del Presidente della Repubblica dovrebbe derivare dal governo, tale lettura è
sbagliata, tuttavia nella storia se ne sono avuti casi:
1. Nel Medioevo: si esigeva l’attestazione di un ministro che un tale atto fosse del re;
2. Nel Basso Medioevo: la controfirma ha assunto una ulteriore valenza, nell’ottica di responsabilità
gravante sul ministro in virtù dell’inviolabilità regia, in tal modo il ministro diviene il parafulmine degli
atti del re.
3. Durante l’Ottocento: con il passaggio alla forma parlamentare il controfirmante diviene il decisone
del contenuto, il re, non potendo discutere la fiducia parlamentare, si riduce ad un investitore
formale.
Se ci si attenesse a questa interpretazione il Presidente della Repubblica perderebbe ogni
prerogativa di contenuto; non si è mai seguita in quanto di conseguenza il Governo avrebbe deciso
i membri della Corte Costituzionale.

La Ratio Legis dell'istituto della controfirma si spiega con il fatto che il Capo dello Stato è esente da
qualsiasi forma diretta di responsabilità politica, ciò che, a sua volta, deriva dalla circostanza per
cui egli non ha alcuna funzione di indirizzo politico.
Quindi, la menzionata responsabilità politica deve essere assunta da altri: questo si realizza proprio
con la controfirma.

Quindi esclusa tale interpretazione totale, si è convenuto distinguere in merito ai poteri del
Presidente fra quelli esercitati in quanto organo:
A. Formale
B. Effettivo
La dottrina ha proposto quindi di leggere il termine:
• Proponenti
• con Competenti
in modo tale da poter distinguere gli atti:
1. Atti esenti da controfirma;
2. Atti dovuti per Costituzione, nessuno ne ha l’iniziativa: è un’attività vincolata;
3. Atti Governativi, adottati su proposta del controfirmante proponente, su ciò il Presidente
esercita una attività di controllo di Costituzionalità;
4. Atti di iniziativa del Capo dello Stato, adottati su proposta del Presidente, di cui il ministro si
assume la responsabilità;
5. Atti Duunvirali, decisi paritariamente e di concordo dal Presidente e dal Governo;
1) Sono Atti esenti da controfirma:
• Le dimissioni del Presidente della Repubblica, atti insindacabili in quanto per ricoprire un ufficio
pubblico è necessaria la volontà del soggetto in questione, il titolare.
• Le dichiarazioni di impedimento permanente del Presidente della Repubblica.
• I regolamenti di organizzazione della Presidenza, indipendenti dal Governo.
• L’ atto orale del conferimento di incarico di formare il governo (non nomina).
• Le esternazioni informali del Presidente della Repubblica, questi a volte le concorda con il
Governo, ma spesso ciò non accade.
• Gli atti adottati come Presidente di organi collegiali, ovvero il C.S.M e C.S.D (Consiglio Supremo
di Difesa), relativi alla costituzione e al funzionamento del collegio, sono adottati nel ruolo di
Presidente del collegio e non di Capo dello Stato.

2) Sono Atti dovuti per Costituzione:


• La promulgazione dopo la disapprovazione della legge
• Le elezioni Politiche.

3) Sono Atti Governativi:


• L’ emanazione di atti normativi del Governo, come decreti ed altri atti.

4) Sono Atti di iniziativa del Capo dello Stato:


• La nomina di 5 dei giudici della Corte Costituzionale, del quale il Governo può contestare solo la
legittimità, legge 87 del 1953.
• La nomina a vita dei senatori.
• Il rinvio di leggi in sede di promulgazione.
• Il messaggio formale alle camere.

5) Sono Atti Duunvirali:


• La nomina del Presidente del Consiglio, la quale presuppone la accettazione ed è
disciplinata dalla legge 400 del 1988.
• Lo scioglimento anticipato delle camere.
In dottrina si è a lungo discusso su quest’ultimo atto:
A. Alcuni hanno affermato che di questo stesso fosse titolare il governo, in modo analogo a quanto
previsto in Gran Bretagna fino al 2011, quando poi una legge ha stabilito che si possa sciogliere solo
con una maggioranza dei 2/3 dello stesso Parlamento, per evitare che vi fosse un ribaltamento del
rapporto governo parlamento.
B. Vi è anche però un’altra tesi, la cosiddetta Presidenziale, la quale sostiene che non avrebbe
significato altrimenti il Semestre Bianco previsto dalla Costituzione stessa né il parere obbligatorio e
non vincolante dei Presidenti delle camere.

1. Parere Facoltativo = possibile, ma non necessario.


2. Parere Obbligatorio = la Costituzione impone che sia acquisito il parere e la prassi vuole che nel
caso di disattenzione si debba motivarla.
3. Parere Semi-vincolante = obbligatorio e disattendibile solo facendo intervenire l’organo
titolare dell’adozione dell’atto in questione.
4. Parere Vincolante = obbligatorio e non disattendibile, l’unico modo per ignorarlo è quello di non
promulgare l’atto in questione.

Il punto debole di questa seconda tesi risiede nel fatto che finisce per consegnare al Presidente della
Repubblica una attività politicamente rilevante e irresponsabile.
Lo scioglimento delle camere
In concreto si ricorre allo scioglimento anticipato delle camere solo in determinate circostanze:
1. Scioglimento Tecnico; il Senato è stato sciolto secondo tale modalità nel 1953, 58 e 63.
2. Scioglimento Funzionale, con ciò si includono anche gli auto-scioglimenti, in particolare nei casi
di impossibilità e incapacità di ricostruire un nuovo governo; si sono verificati 7 casi: il 1° nel 1972,
l’ultimo nel 2008.
3. Scioglimento Sanzione, è lo scioglimento punitivo per le camere nella fattispecie di:
• Inadempienza sul piano costituzionale, in caso di contrasti perduranti fra le camere stesse;
• Scioglimento in caso di contrasto fra le camere e l’opinione pubblica, in caso di referendum o di
elezioni amministrative e regionali.
Nel 1994 il vecchio sistema politico cade sotto il peso delle indagini, per questo si chiama alla
Presidenza del Consiglio un non senatore: Ciampi, a gestire l’economia e le leggi elettorali, questi viene
colpito da una mozione di sfiducia che però viene poi ritirata e rivoltata la fiducia. Ciampi va dal Capo
dello Stato Scalfaro il quale si presenta al Quirinale con decreto di scioglimento già pronto; Ciampi
firmò e lo scioglimento fu promulgato senza crisi di Governo dovendo motivarlo, affermo che ciò era
dovuto dal fatto che buona parte del Parlamento era indagati, dall’abrogazione delle leggi elettorali era
derivata la sfiducia popolare e alle comunali parziali del paese la maggioranza era stata persa quasi
ovunque.

La messa in Stato d’Accusa


L’Art.90 della Costituzione si occupa della Responsabilità penale del Capo dello Stato:
1. Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue
funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
2. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza
assoluta dei suoi membri.

La Procedura di messa in Stato d’Accusa consta di 2 fasi: Parlamentare e Giudicante.


A. Fase Parlamentare: Il Parlamento in seduta comune e a maggioranza assoluta dei
componenti procede ad una sorta di rinvio a giudizio. A monte del voto vi è l’attività
istruttoria del Comitato del Procedimento d’Accusa, composto da commissioni di
autorizzazione a procedere. E’ lo stesso Comitato a relazionare prima del Voto.
In caso di messa in stato di accusa può esservi anche la sospensione cautelare dalla carica.
B. Fase Giudicante: Di questa è protagonista la Corte Costituzionale Integrata, ovvero composta da
31 membri: i 15 della Corte e 16 membri eletti secondo quanto stabilisce l’Art. 135 al comma
7°: Nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica intervengono, oltre i giudici
ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti
per l’eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni 9 anni mediante elezione con le
stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.
La fase consta di un'attività istruttoria, del dibattimento e della decisione finale. Avverso la
pronuncia non sono ammesse impugnazioni salvo una eventuale revisione ad opera della Corte
stessa.

La Ratio Legis risiede nel fatto che i costituenti hanno riconosciuto molta libertà al Presidente della
Repubblica nell'esercizio della sua funzione ma hanno ritenuto che essa incontri un limite negli illeciti
che mettono in pericolo la stessa Costituzione o la vita democratica del Paese, essendo questi i valori
alla cui tutela è preposta la figura.

L’Alto Tradimento e l’Attentato alla Costituzione sono 2 fattispecie di reato che in quanto tali
possono essere previsti dal legislatore ai sensi dell’Art.25 al comma 2° che recita:
1. Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.
2. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del
fatto commesso.
L’Attentato alla Costituzione è previsto dall’Art.283 del Codice Penale.
L’Alto Tradimento invece è previsto dall’Art.77 del Codice Penale Militare di Pace.
Tuttavia l’Art.90 si riferisce a due fattispecie proprie del Presidente della Repubblica, queste
devono essere dedotte dall’Art.90 data la loro estrema specificità è difficile incasellarle in una
definizione legislativa.
L’Art.25 è recuperato in fase di procedura grazie alla presenza della Corte Costituzionale Integrata, il reato
che questa definisce è un Reato Proprio, ovvero implica responsabilità penale secondo quanto
previsto dall’Art.15 della legge costituzionale 1 del 1953 che recita:
Per i reati di attentato alla Costituzione e di Alto Tradimento connessi al Presidente della
Repubblica la Corte Costituzionale, nel pronunciare sentenza di condanna, determina le sanzioni
penali nei limiti del massimo di pena previsto dalle leggi vigenti al momento del fatto, nonché le
sanzioni costituzionali, amministrative e civili adeguate al fatto.

L’Art.90 tuttavia presenta una problematica insoluta, il Presidente della Repubblica risponde solo di 2
fattispecie, se questi commette un reato non connesso alle stesse si aprono due scenari possibili:
A. Fuori dall’esercizio delle proprie funzioni questi risponde come un comune cittadino.
B. In quanto Presidente della Repubblica questi non è un privato cittadino e gode di una
immunità priva di limiti.

A tal proposito la Corte di Cassazione ha effettuato giurisprudenza in merito ad una condanna civile per
diffamazione di un ex Presidente, la Corte, a cui questi aveva fatto ricorso, lo ha condannato a risarcire
l’accusa in linea con i principi costituzionali affermando così l’ipotesi A.

E’ stato invece risolto da tempio problema di stabilire se il Presidente della Repubblica debba adempiere ai
doveri di testimonianza presso le autorità giurisdizionali, secondo il Codice di Procedura Penale, questi deve
ma nelle vesti di Capo dello Stato.

Altra questione è quella in merito alla sentenza 1 del 2013 della Corte Costituzionale.
La vicenda ha riguardato il conflitto di attribuzione sollevato dal Presidente della Repubblica nei
confronti dell’attività di intercettazione telefonica della Procura di Palermo.
La Corte ha osservato che essendo il Presidente, posto dalla Costituzione:
1. al di fuori dei tradizionali poteri
2. al disopra di tutte le parti politiche
questi dispone di determinati poteri finalizzato alla salvaguardia e alla separazione dei poteri stessi.
Osserva che in tale assetto la praticabilità di tali funzioni sarebbe compromessa dalla pubblicazione delle
intercettazioni e stabilisce il Divieto di intercettazione per il Capo dello Stato.

La Libertà nell’esercizio del mandato


La costituzione allArt.84 comma 3° prevede che la legge assicuri al presidente un assegno personale,
nonché una dotazione in denaro, in beni mobili ed immobili, destinata agli apparati organizzativi della
presidenza per il miglior espletamento delle funzioni presidenziali.

Si prevede inoltre che il capo dello Stato disponga liberamente di un apparato organizzativo autonomo, la
legge 1077 del 1948 e le sue successive modificazioni hanno configurato gli apparati della presidenza della
Repubblica come organizzati in un’unica Struttura,: Il Segretariato Generale della presidenza della
Repubblica.

Il segretario generale che sovrintende a tutti gli uffici e servizi della presidenza E nominato e
revocato dal presidente della Repubblica
CAPITOLO IX:
Il Governo
Il Governo della Repubblica
In ogni sistema costituzionale contemporaneo il Governo:
• è vertice degli apparati amministrativi dello Stato, preposto alla loro guida,
• ha un ruolo centrale nella formazione e nell’attuazione dell’indirizzo politico.

Nei regimi parlamentari tende a porsi come il comitato direttivo del Parlamento:
1. è composto dai più autorevoli esponenti della maggioranza,
2. la fiducia parlamentare avviene tramite l’approvazione del piano politico dello stesso.

Inoltre nella contemporaneità vi sono altri 2 fattori chiave che hanno contribuito a rafforzarlo:
• il ruolo del Governo tende a rafforzarsi in uno Stato Sociale e interventista,
• la crescita degli organismi sovranazionali ne accentua il cosiddetto potere estero, in larga
misura riservatogli.

Il Procedimento di Formazione
L’Art.92 della Costituzione, che riguarda la nomina del Governo, stabilisce che:
1. Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che
costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
2. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo,
i ministri.
Questo Art. non delinea in maniera compiuta il procedimento di formazione del Governo, poiché questo non
si basa sulla nomina ma su fasi non disciplinate dalla Costituzione.

Le fonti che riguardano il Governo sono molteplici:


A. Gli Art. della Costituzione numero: 92, 93, 94, 95, 96.
B. Le Consuetudini e Convenzioni costituzionali;
C. Legge 400 del 1988;
D. Decreto Legislativo 300 del 1990;
E. Decreto Legislativo 303 del 1990;
F. Regolamento interno del Consiglio dei Ministri.

Queste esistono nel nostro ordinamento anche a livello costituzionale: si sono affermate in relazione alla
laconicità della Costituzione in determinate materie, tuttavia sono limitate all’interno di un regime di
Costituzione rigida.
Si formano quando si ha:
• Repetitio Facti,
• Opinio juris ac necessitatis, ovvero sentimento Obbligatorio per le stesse.

Queste operano sul piano della Forma di Governo con rango costituzionale; la Corte
Costituzionale afferma che sono ammissibili in quanto:
• Integrative della Costituzioni,
• Coerenti con la Costituzione.

Figlie delle Consuetudini e Convenzioni costituzionali sono le Consultazioni: accordi taciti fra le varie
parti politiche.

Ad esempio per quanto ha riguardato le dimissioni del governo Letta, queste sono state comunicate dal
Segretario Generale della Presidenza della Repubblica. Questi ha parlato non
della nomina immediata di un nuovo governo, ma di consultazioni.
Queste sono aperte dal Presidente della Repubblica, al quale spetta il compito di individuare la parte e il
nome che hanno più facilità nell’ottenere la fiducia dal Parlamento.
Il Capo dello Stato deve giuridicamente consultare:
1. Capi Gruppo parlamentari, poiché meglio di tutti gli altri conoscono i rapporti di forza interni al
parlamento e il quasi certo comportamento dei vari gruppi.
Questi non sono i Segretari dei vari partiti, poiché ci si riferisce solamente al parlamento e non sul
partito fuori.
2. I Presidenti delle varie Camere, per due ragioni:
A. In quanto organi imparziali,
B. Nell’eventualità che il parlamento non riesca a esprimere un Governo si va verso lo
scioglimento delle camere.
Il Presidente della Repubblica inoltre, per prassi, non giuridica, sente il parere degli ex Presidenti.

Compiuto tale procedimento si aprono più varianti, a seconda delle diverse circostanze.
Il Presidente della Repubblica conferisce al soggetto individuato, l’incarico, non in alcun modo
formalizzato di formare il Governo, questi può:
Il designato Presidente del Consiglio può accettare Senza Riserva e presentando subito i ministri, poiché ha i
numeri, ovvero la maggioranza sicura, per farlo; come nel caso del Governo Berlusconi del 2008.

Il designato Presidente del Consiglio accetta con Riserva, ovvero accetta a patto che la disponibilità espressa
dalle parti si concretizzi in base al programma e alla nomina dei ministri.
In tal caso, il Presidente incaricato deve avviare a sua volta delle consultazioni con le parti politiche che sono
disposte.
A questo punto le possibilità sono 2:
A. Si trovano condizioni favorevoli al Governo, allora è sciolta la Riserva e l’Incaricato presenta la lista
dei ministri al Presidente della Repubblica;
B. Non si trovano le condizioni necessarie, allora:
• Si formula un altro incarico,
• Si svolgono altre consultazioni,
• Si sciolgono le camere.

Infine se le Consultazioni, sin da subito non producono risultati, allora il Presidente della Repubblica
assegna a uno dei due Presidenti delle camere il Mandato Esplorativo, ovvero gli incarica di tenere
delle Consultazioni suppletive e poi riferirle.

Nel momento in cui si riesca ad individuare il soggetto capace di formare un Governo allora si applica
l’Art.92 della Costituzione, il quale stabilisce che:
1. Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che
costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
2. Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo,
i ministri.

Li atti sottoscritti dal Presidente della Repubblica e firmati dal Presidente del Consiglio sono:
A. Il 1° Decreto che nomina il Presidente del Consiglio,
B. Il 2° Decreto, su proposta del Presidente del Consiglio, sono nominati i ministri,
il Presidente della Repubblica può rifiutare proposte di nomina solo in virtù di impedimenti
giuridici, altrimenti può consigliare, ammonire, ma non impedire.
C. Il 3° Decreto è quello che accetta le dimissioni del precedente Governo.
La legge 400 del 1988 prevede che sia controfirmata dal nuovo Presidente del Consiglio
affinché:
A. Il Vecchio Presidente del Consiglio potrebbe essere venuto meno,
B. Il Vecchio Presidente del Consiglio potrebbe non volere.
Il Giuramento
L’Art.93 della Costituzione riguardo al Giuramento stabilisce che:
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento
nelle mani del Presidente della Repubblica.

Questi non è solo esplicitazione dell’Art.54 ovvero quello che al 2° comma stabilisce che:
1. Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.
2. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore,
prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.
ma segna il momento in cui il Governo entra in carica, in attesa della fiducia.

Prima della fiducia questo eserciterà funzioni di ordinaria amministrazione, le quai coincidono con quelle
che il Governo uscente può esercitare dopo le dimissioni; il Consiglio dei Ministri può:

1. Deliberare il programma,
2. Procederà nomina sotto-Segretari di Stato,
3. Può adottare decreti legge,
4. Può adottare Decreti Legislativi con della in scadenza

La Fiducia e dimissioni
L’Art.94 della Costituzione stabilisce che:
1. Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere.
2. Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello
nominale.
3. Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenerne la
fiducia.
4. Il voto contrario di una o d’entrambe le Camere su una proposta del Governo non importa
obbligo di dimissioni.
5. La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera
e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla sua presentazione.

Dopo il Giuramento il Presidente del Consigli dei Ministri si presenta in uno dei due rami del
Parlamento e compie dichiarazioni programmatiche, nell’altra camera invece recapita semplicemente
un testo.
Dopo le dichiarazioni si apre un dibattito che si conclude con una Mozione Motivata la quale
dovrebbe contenere le dichiarazioni fatte dal Presidente del Consiglio e votata con Appello
Nominale.
Il Governo deve, in sede di insediamento, ottenere la fiducia di entrambe le camere o altrimenti
dimettersi.

Il comma 4° dell’Art.94 tutela la stabilità del Governo, le dimissioni sono sempre state volontarie mai
con Mozioni di Sfiducia.

Il comma 5° dell’Art.94 regola invece la Mozione di Sfiducia, la quale obbliga il Governo a


dimettersi:
• questa deve essere sottoscritta da 1/10 dei componenti della Camera,
• è votata a scrutinio Iper Palese,
• non può essere discussa prima di 3 giorni per far si che non si sfruttino assenze contingenti.
Crisi di Governo
Se il Governo si dimette si apre la Crisi di Governo, queste possono essere di vario tipo:
1. Costituzionalmente Necessarie o Parlamentari in Senso Stretto
Il Governo si deve dimettere se viene sfiduciato oppure se non ottiene la fiducia iniziale; è
accaduto 5 volte nel corso della storia.
2. Crisi di Governo in Senso Lato
Il Governo decide di aprire la Questione di Fiducia e viene battuto, l’esito è assimilabile a
Questione di Sfiducia, ma anche se il Parlamento respinge Legge di Bilancio.
3. Non Necessarie
Governo battuto in Parlamento su una proposta.
4. Crisi Extraparlamentari
Dovete a nuove elezioni politiche, a prescindere dal loro esito.
5. Crisi Extraparlamentari non Dovute
• Causate da alterazione o rottura della coalizione anche a causa del ritiro del sostegno di un solo
gruppo.
• Gravi dissensi tra i ministri; unico caso Governo Spadolini nel 1982.
• Esaurimento del programma di Governo.
• Dimissioni di Cortesia a seguito dell’elezione di un nuovo Capo di Stato, una prassi di
ossequio, sempre rifiutate.

Sulle crisi di Governo Extraparlamentari grava un problema costituzionale, ovvero il Governo si dimette
senza dare ragioni al Parlamento.

Dagli Anni 90’ è prassi la cosiddetta Parlamentarizzazione delle Crisi di Governo, ovvero, in questi casi, il
Presidente del Repubblica respinge le dimissioni del Governo e lo rinvia alle camere per valutare le
motivazioni e verificare se c’è ancora la fiducia.
Molto spesso è una mera informativa che si conclude comunque con le dimissioni.
La Parlamentarizzazione non è possibile se il Presidente del Consiglio ritiene le dimissioni
Irrevocabili, in questo caso il Capo dello Stato deve per forza accoglierle.

Rimpasti Ministeriali

Con Rimpasto Ministeriale si intende la sostituzione di uno o più ministri operata senza aprire una
crisi di governo. Può essere:
1. Tecnico, ovvero dovuto a ragioni non politiche,
2. Politico, ovvero dovuto al dissenso o divergenze di scelta politica.
Indipendentemente da ciò, ogni sostituzione deve essere comunicata dal Governo al Parlamento. [La

sostituzione dei Ministri necessari, con portafoglio, è traghettata dall’istituto ad Interim]

Quale sia il limite con la Crisi di Governo non è chiaro, alcuni sostengono il Criterio Numerico, ovvero
affermano che dipenda dal numero dei ministri; tuttavia questo concetto non tiene conto del diverso peso dei
vari ministri a seconda del loro dicastero, inoltre anche una sola sostituzione potrebbe comportare il sottrarsi
del sostegno al Governo, nel caso in cui il ministro fosse il leader di un gruppo della coalizione.

Nel caso di un mutamento consistente, che quindi implica o un ampio numero di ministri oppure ministri
importanti, non è sufficiente la comunicazione, ma si ritiene necessaria la verifica della fiducia.
Il Consiglio dei Ministri

L’Art.95 della Costituzione stabilisce che:


1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è
responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e
coordinando la attività dei Ministri.
2. I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei Ministri, e individualmente
degli atti dei loro dicasteri.
3. La legge provvede all’ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le
attribuzioni e l’organizzazione dei Ministeri.

Il Governo è un Organo Costituzionale composto da 3 soggettività necessarie:


1. Il Presidente del Consiglio, con competenze proprie;
2. Il Consiglio dei Ministri, composto dal Presidente e dai singoli Ministri;
3. I singoli Ministri, ognuno con un proprio ministero responsabile individualmente degli atti del
proprio ministero; vi è una Riserva di Legge per numero, attribuzione e organizzazione, componenti
su piani diversi, strutture differenti, rapporti reciproci e compiti.

Rapporti fra Consiglio e Presidente

L’Art.95 non detta vincoli per il rapporti fra il Presidente del Consiglio e le altri parti; allinea
sullo stesso piano:
1. Principio di Vertice del Presidente del Consiglio,
2. Principio Collegiale,
3. Responsabilità ministeriale.

Conseguentemente a seconda dei vari governi si potranno avere due distinte tendenze e le loro sfumature:
A. Tendenza Monocratica, con il Presidente quale vertice del Governo stesso,
B. Tendenza Collegiale, con il Consiglio dei Ministri al vertice e Presidente come riferimento.

Sul piano teorico analogamente:


• Alcuni interpretano monocraticamente,
• Alcuni teorizzano che l’imputazione dell’indirizzo politico è nel momento collegiale,
• Altri teorizzano che l’imputazione dell’indirizzo politico sia lasciata alla dinamica politica stessa. Nella
prassi è prevalso il criterio tutto politico in forza del quale il Presidente del Consiglio fosse debole mediatore
paziente fra ministri e partner, la dinamica aveva quindi condotto al Feudelesimo
Ministeriale con ciascun ministro responsabile sempre e solo verso il proprio partito.

La legge 400 del 1988 stabilisce che il Consiglio determina l’indirizzo politico e delibera altresì su ogni
questione relativa all’indirizzo politico fissato dal rapporto di fiducia, sottolineando, in accordo con il
comma 1° dell’Art.95, che il Presidente del Consiglio dirige lo stesso ma non ne determina l’operato.

Tuttavia questa fissa a monte e a valle dell’operato del Consiglio vi sono prerogative del suo Presidente:
A. A monte: Potere generale di impulso, proposta.
B. A valle: Potere di coordinamento volti a far attuare ai ministri quanto previsto dal Consiglio.
Compone quindi un equilibrato modello in cui convivono il Principio Monocratico e Collegiale.
Il Presidente del Consiglio e le sue competenze
La legge 400 del 1988 e il Regolamento del Consiglio dei Ministri prevedono che il Presidente del
Consiglio presieda il Consiglio stesso e:
• Fissa l’ordine del giorno,
• Dirige la discussione,
• Ha potere generale di apprezzamento del risultato delle votazioni, sta al Presidente valutare la non
unanimità delle votazioni sia in base a considerazioni tecniche che politiche.

Quando si tratta di attuare le decisioni l’Art.5 della legge 400 del 1988 stabilisce che:
1. Il Presidente può indirizzare i ministri tramite direttive politiche.
2. Il Presidente può sospendere atti ministri se fuori asse con un indirizzo politico e rimettere al
Consiglio dei Ministri la valutazione.
3. Il Presidente può e dovrebbe concordare con i ministri riguardo le dichiarazioni pubbliche le quali
impegnano il Governo.
Inoltre questi possiede anche prerogative proprie, come:
A. Gestione dei servizi segreti,
B. Politiche dei servizi di sicurezza.

Il Presidente del Consiglio è un Primus Inter Partes in seno al Governo, coerentemente la dottrina prevede
che questi NON possa far revocare un ministro su sua proposta.
Tuttavia si ammetta che possa presentarsi una caso di Sfiducia Individuale, non in Costituzione, ma nel
regolamento della Camera e per prassi al Senato.

Fino al 1995 nessuno era stato sfiduciato, il primo caso si ha annesso ad un governo tecnico: il Ministro
della Giustizia Mancuso inizia infatti una attività ispettiva contro la procura di Milano, la maggioranza dopo
vari avvertimenti approva una mozione di sfiducia nei suoi confronti. Mancuso tuttavia non si dimette e sulle
la questione di fronte alla Corte Costituzionale nel merito del conflitto di interesse, affermando che
l’atteggiamento del Senato fosse incostituzionale poiché la fiducia prevista dalla Costituzione non fosse
parcellizzabile.
La Corte rigetta poichè:
1. Il fatto che la Costituzione non la preveda non significa che la vieti e il fatto che Repetitio Facti e
Coerenza avessero formato una Consuetudine Costituzionale.
2. La fiducia personale facesse valere la responsabilità individuale die ministri.

Gli effetti di un voto di sfiducia individuale non possono che consistere, secondo la Corte, nelle
dimissioni del ministro che ne sia fatto oggetto.

Gli altri organi


Gli Art.92 e 95 sembrano definire il Governo come un complesso composto da 3 componenti necessari ma
anche da altri organi non strettamente necessari, collegiali e no; la Regolamentazione dei quali è espressa
nella legge 400 del 1988.

La Dottrina afferma che ciò è possibile poiché:


• L’Art.92 della Costituzione intende indicare solo gli organi che non possono non esserci ma non ne
escludi altri eventuali.
• Il Governo gode, in quanto insieme di organi costituzionali di autonomia organizzativa, questa può
prevedere organi che tuttavia non possano esercitare le competenze dei necessari.

Organi collegiali NON necessari:


Barbieri
Consiglio Di Gabinetto
E’ composto dal Presidente del Consiglio e un numero di ministri non determinato, rimesso alla sua volontà.
La Ratio risiedeva, quando come nel 1988, i ministri erano più di 20 di un organo più ristretto; tuttavia per
non farlo subentrare al Consiglio dei Ministri lo si configurò come un organo a esso ausiliario.
Da circa 3 decenni non esiste a causa di:
• Ragioni istituzionali, ovvero oggi i ministri sono di un numero estremamente ridotto.
• Ragioni politiche.

Comitati Interministeriali
La Ratio della loro istituzione risiedeva nell’avere organi collegiali più ristretti per materie
trasversali tramite i quali si coordinasse l’operato dei ministri coinvolti.
Ne derivano diversi problemi a causa:
• Incompatibilità con le competenze del Consiglio dei Ministri derivanti dal fatto che nel tempo si erano
determinati indirizzi politici di settore,
• Crescente proliferazione dei comitati, la quale ha aumentato la parcellizzazione.
Per questo motivo a partire dagli anni 90’ se ne è ridotto il numero a 12 e se ne sono chiarite le competenze
amministrative.
Fra questi spiccano:
1. CIPE: comitato interministeriale per la programmazione economica
2. CICR: comitato interministeriale per il credito ed il risparmio
3. CICR: comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica
4. CIACE: comitati interministeriale per gli affari comunitari europei

Organi individuali NON necessari:

Vicepresidenti del Consiglio


Hanno funzione essenzialmente politica di privilegiare i membri die partiti non centrali ma
fondamentali per il sostegno al Governo.
Secondo quanto stabilito dall’Art.8 della legge 400 del 1988 questi esercitano funzione di
supplenza del Presidente, funzione che coerentemente con l’Indefettibilità dell’organo
costituzionale, è restrittiva.

Note: Affinché un organo si possa definire costituzionale è necessario che sia indicato dalla Costituzione e
che:
A. La Costituzione deve dettarne composizione e funzione.
B. Deve essere un organo necessario la cui mancanza affosserebbe il sistema.
C. Deve avere caratteristica di Indefettibilità, ovvero nel caso in cui vengano meno può essere
sostituito solo temporaneamente e secondo vie regolata dalla Costituzione.
D. Deve possedere legittimazione diretta o mediata dal corpo elettorale, cioè essere
rappresentativi.
E. Deve partecipare alla funzione di ordine politico.

Ministri senza portafoglio


Sono veri e propri ministri appartenenti al Consiglio, tuttavia non hanno portafoglio poiché non sono
preposti ad alcun ministero. Si usa il termine portafoglio poiché il Bilancio ha le sue voci nelle spese dei vari
ministri.
Ve ne sono di specifici:
1. Ministro per i rapporti con il Parlamento
Questi esercita funzioni delegate del Presidente del Consiglio, amministra i rapporti con il Parlamento
nel Procedimento Legislativo e partecipa a riunioni sul calendario delle camere.
2. Ministro affari regionali
Si occupa del rapporto Stato-Regioni, può impugnare assieme al Presidente del Consiglio, leggi
regionali difronte alla Corte Costituzionale.
3. Ministro della pubblica amministrazione
Barbieri
Questi sono preposti ad un dipartimento presso la Presidenza del Consiglio.

Alticommissari
Sono cariche temporanee, la cui durata è decisa a monte, di amministrazione e con compiti puntuali; gli
incaricati sono diversi dai sottosegretari poiché non sono autorità politiche. Sulle loro attività grava la
responsabilità del Governo.
E’ molto discusso il loro impiego per il temporaneo contrasto di attività ritenute di particolare allarme
sociale, come mafia, corruzione e contraffazione.

Sottosegratari
Pur non facendo parte del Governo sono i più stretti collaboratori politici del Presidente del Consiglio e
dei Ministri ed esercitano i compiti delegati loro con decreto ministeriale pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale; inoltre possono partecipare al Consiglio dei Ministri per sostitutivi o a coadiuvare il ministro
di riferimento.
Non più di 10 Sottosegretari possono essere nominati Vice-Ministro, disponendo di uffici maggiori in
rilevanza e della possibilità di partecipare al Consiglio dei Ministri senza diritto di voto ma per riferire
riguardo le loro materie.
Una posizione di rilievo la ricopre il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il quale risponde di
poteri diversi e da lui dipendono l’Ufficio di segreteria del Consiglio dei Ministri e dei dipartimenti che il
Presidente gli delega.

Responsabilità dei membri del Governo


Il Presidente del Consiglio e i ministri rispondono politicamente degli atti del proprio dicastero.
L’Art.96 della Costituzione stabilisce che:
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per
i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione
del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge
costituzionale.
Prevede la responsabilità penale dei membri del Governo per i reati commessi nell’esercizio delle proprie
funzioni; diversa da quella del Presidente della Repubblica, poiché si parla di reati comuni commessi in
riferimento al proprio ministero.

Per il giudizio degli stessi si prevede un procedimento speciale in virtù della valutazione politica necessaria.
Il procedimento spetta al giudice penale comune previa autorizzazione parlamentare e si compone di 3 fasi:
1. La Notitia Crimini è valutata dal Tribunale dei Ministri, se il collegio si convince della fondatezza delle
accuse allora:
2. Scatta l’autorizzazione a procedere da parte di Camera e Senato; l’oggetto della autorizzazione non
è il Fumus Persecutionis, la Camera o il Senato possono negare l’autorizzazione a procedere se
ritengono che il Ministro abbia agito nel supremo interesse dello Stato.

I requisiti soggettivi richiesti ai membri del Governo sono da ritenersi:


1. La cittadinanza,
2. la capacità di agire,
3. la condizione di alfabetismo.
Ipoteticamente il venir meno di una di queste condizioni potrebbe portare alla loro decadenza Per
quanto riguarda l’incompatibilità dei soggetti con le funzioni governative a causa del c.d. conflitto di
interessi questa è determinata dalla legge 215 del 2004, prodotta in seguito all’ assunzione nel 1994 da
parte di Silvio Berlusconi della carica di Presidente del Consiglio.
Si è stabilito che i membri del Governo debbano dedicarsi esclusivamente alla cura degli interessi pubblici
e astenersi dal porre in essere atti e dal partecipare a deliberazioni collegiali in situazione di conflitto di
interessi.
Barbieri
Si prevedono peraltro anche situazioni di conflitto di interesse nel caso che l’atto o l’omissione di un
titolare di cariche di Governo abbia un’incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del titolare, del
coniuge o dei parenti entro il 2° grado, ovvero delle imprese o delle società da essi controllate.

Su tale comportamento vigila l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale ha facoltà
di, in ordine:
1. Diffidare semplicemente l’impresa in questione da astenersi dall’avvalersi dall’atto medesimo,
2. In caso di inottemperanza, procedere ad una sanzione pecuniaria,
3. In questo caso riferire al Parlamento.
Si applica invece ai soggetti riguardati il divieto di far parte del Governo o la eventuale decadenza dagli
incarichi governativi.

Funzione di Indirizzo politico del Governo

La politica generale del Governo si concretizza di innumerevoli atti normativi ed amministrativi; questi non
vengono adottati solo dal Consiglio dei Ministri ma anche dal Presidente dello stesso:
A. Atti relativi alla determinazione della piattaforma politica e programmatica sulla quale il
Governo chiede la fiducia e sulle sue successive modificazioni.
B. Atti mediante i quali il Governo esercita la sua azione nell’ambito delle relazioni internazionali,
compresi quelli con cui si assicura lo sviluppo dei rapporti all’interno dell’Unione Europea.
C. Atti relativi alla determinazione della politica militare.
D. Atti in tema di pubblica sicurezza.
E. Atti che danno attuazione agli Art.7 e 8 e riguardano il rapporto dello Stato con la confessione
cattolica e le altre.
F. Atti relativi all’esercizio del potere legislativo da parte del Governo.
G. Disegno di legge relativo al bilancio preventivo e tutti gli atti che lo precedono o lo
accompagnano.
H. Direttive per indirizzare l’attività dei Prefetti del capoluogo regionale sulla base degli indirizzi
determinati dal Consiglio dei Ministri.
I. Atti indirizzati ad altri organi o soggetti della pubblica amministrazione.

Funzione amministrativa del Governo


La maggior parte delle funzioni amministrative sono proprie dei singoli Ministri, ma anche il Presidente
del Consiglio e il Consiglio dei Ministri sono titolari di funzioni amministrative.Spetta al Consiglio dei
Ministri a deliberare sulla nomina:
• dei Segretari generali dei Ministeri
• dei dirigenti preposti a “strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali generali”
Formalizzata in un decreto del Presidente della Repubblica.
Sempre il Consiglio dei Ministri nomina la quota dei componenti:
• Corte dei Conti
• Consiglio di Stato
Molto numerose sono le norme che affidano al Presidente del Consiglio o al Consiglio dei Ministri la
nomina dei componenti degli organi dei maggiori:
1. enti pubblici
2. agenzie
3. aziende
4. organismi collegiali operanti presso l’amministrazione statale.
In tema di governo del settore valutario e di funzionamento del settore creditizio il peso del Governo è
elevato e passa prevalentemente al complesso rapporto fra Ministro dell’economia, Banca d’Italia e
CICR.
Quanto ai poteri amministrativi dei singoli Ministri essi sono legati alle disposizioni legislative ma anche
alla sommatoria di tutte le attribuzioni degli apparati organizzartivi a cui sono preposti.
Barbieri

L’Attività Normativa del Governo


L’attività normativa del Governo è di 2 tipi di atti:
1. Atti con forza di legge, decreti legislativi regolati dall’Art.76 e decreti leggi regolati dall’Art.77;
2. Regolamenti, subordinati alla legge secondo il
• Principio di Legalità, un regolamento è infatti adottabile se permesso dalla legge;
• Principio di Preferenza della Legge, esprime la superiorità e l’inderogabilità della legge nei
confronti dei regolamenti.

Atti con Forza di Legge


Gli atti con forza di legge sono eccezione della regola stabilita dall’Art.70 della Costituzione, il quale
prevede che: La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.
Questi vuole che la funzione legislativa sia esercitata dal Parlamento secondo la separazione dei poteri; in
quanto eccezione devono fondarsi interamente nella costituzione, come accade:

Art.76:
1. L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con
determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

Art.77:
1. Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di
legge ordinaria.
2. Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua
responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per
la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si
riuniscono entro cinque giorni.
3. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni
dalla loro pubblicazione.
4. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti
non convertiti.

Art.134:
1. La Corte costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle
leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra
i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; sulle accuse promosse
contro il Presidente della Repubblica [ed i Ministri] a norma della Costituzione [90].

Quest’ultimo afferma che la Corte Costituzionale giudica su leggi e atti aventi forza di legge e non sui
regolamenti.
La stessa Corte ha affermato più volte, anche con sentenza come con la 171 del 2007, che gli atti con
forza di legge sono ECCEZIONI alla tradizionale normazione; nella stessa sentenza inoltre si afferma che al
loro contrario la legge ha legittimazione suprema del corpo elettorale.

Nella formazione degli atti con forza di legge è previsto il coinvolgimento del Parlamento, in
particolare:
A. a monte con la promulgazione di una legge di deroga per i decreti legislativi,
B. a valle con l’intervento per la conversione in legge di un decreto.

Gli stessi art.76 e 77 escludono l’idea che il Governo disponga di atti sganciati dal Parlamento. Inoltre
un’altra conseguenza della loro natura eccezionale risiede nei limiti che segnano materie che non questi non
possono regolare, poiché si sostanziano di autorizzazioni o approvazione di atti o proposte del governo:
• Legge di Bilancio
• Leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali
• Deleghe Legislative
Barbieri

• Conversione di un decreto legge


• Sanatoria di un decreto legge
• Deliberazione dello Stato di Guerra, come stabilito dall’Art.78

La Corte afferma che gli atti con forza di legge possano colmare materie con Riserva di Legge, poiché
comunque vedono coinvolto il Parlamento, riguardo le suddette materie però su cui vige la Riserva di
Legge Formale ciò non è possibile.

Decreti Legislativi
L’Art.76 si occupa della Delegazione Legislativa, questa è un processo binario:
A. Prima il Parlamento fa la delega,
B. Poi il Governo emette l’atto.

La delega riguarda l’esercizio della funzione legislativa e non la funzione stessa.

Il Decreto Legislativo era previsto in epoca statutaria, la legge 100 del 1926 non poneva particolari limiti,
oggi vi sono dei limiti riguardo la legge di delega, procedurali e contenutistici, il primo:
A. La delega è sempre, anche dopo l’approvazione, revocabile, o con mera abrogazione, oppure con
abrogazione tacita se una legge norma l’argomento della delega.
B. Il Governo non può attuare la legge di delega, ovvero non può auto-delegarsi, quindi il
procedimento è in sede referente.

L’Art.76 fissa criteri direttivi:


• Tempo Limitato, può essere una data certa oppure un determinato periodo che decorre
dall’entrata in vigore della legge di delega;
• Oggetti Definiti, con i quali si intende un concetto più limitato di quello di materia;
Che assieme costituiscono i cosiddetti Contenuti Tipici, Necessari della legge di delega; Principi e criteri
direttivi costituiscono una endiadi che circoscrive l’attività del Governo.
Tuttavia ve ne possono essere altri detti Ulteriori, in un’ottica contenitiva della discrezionalità del Governo.

I contenuti tipici sono un vero e proprio vincolo:


A. per il Governo, se questi li viola il decreto legislativo è incostituzionale;
B. per il Parlamento che altrimenti vedrebbe incostituzionale la legge di delega.

Tuttavia mentre solitamente l’incostituzionalità vuole 2 parti in causa:


1. La Costituzione,
2. Una legge o un atto con forza di legge;
Qui le parti in causa sono invece 3:
1. L’Art.76 della Costituzione,
2. La legge di delega,
3. Il decreto legislativo.
Per questo motivo qualcuno aveva ipotizzato che nel caso in cui il decreto legislativo violasse la legge di
delega fosse un atto:
• illegittimo e quindi si dovesse chiamare in causa i giudici comuni,
• e non incostituzionale, caso nel quale interviene la Corte Costituzionale.
Tuttavia si è deciso per la seconda versione, questo poiché una violazione da parte del decreto legislativo della
legge di delega equivale ad una violazione dell’Art.76, dato che viola la Fonte Interposta dallo stesso.

Per quanto riguarda l’Oggetto della legge di delega, la legge 400 del 1988 da attuazione all’Art.95 della
Costituzione, disciplina gli atti con forza di legge.
L’Art.14 della legge si riferisce al caso in cui una legge delega si riferisca a più oggetti di distinta materia, il
Governo allora può:
Barbieri
A. adottare un solo decreto legislativo,
B. adottare tanti decreti quanti sono gli oggetti.
Il confino fra oggetto e materia è opinabile, per questo la Corte su tali punti è sempre prudente.

Riguardo invece i Principi e i Criteri direttivi, la Corte con la sentenza 224 del 1990 ha affermato che
questi presentano una fenomenologia particolarmente variegata.
Prima ancora, con la sentenza 156 del 1987 la Corte aveva stabilito che una delega possa
dimandare ai principi di un’altra delega.
L’unica eccezione con scrutinio rigoroso riguarda le deleghe per ordinare una materia con un Testo Unico, la
sentenza 170 del 2007 ha infatti precisato che con tale della si possa solo riunire la normativa di una
materia ma non innovarla.

Il Termine poneva un rilevante problema interpretativo, questo poiché il decreto legislativo segue un iter
complesso:
1. Deliberato dal Consiglio dei Ministri,
2. Emanato dal Presidente della Repubblica,
3. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale,
4. Vacatio,
5. Entrata in Vigore.
Ci si domandava quale passaggio dovesse essere intercorso.
Il comma 2° dell’Art.14 della legge 400 del 1988 stabilisce che il riferimento è al secondo passaggio,
poiché con lo stesso l’atto viene ad esistere e inoltre tale emanazione non è una mera formalità, poiché il
Presidente della Repubblica può opporre rilievi di costituzionalità.
Sempre suddetto Art. stabilisce che il testo deliberato dal Consiglio dei Ministri debba essere trasmesso al
Presidente della Repubblica entro 20 giorni prima della scadenza del termine. Mentre se il presidente
ricorre al rinvio alle camere di una legge, come stabilisce l’Art.74 deve motivare la sua scelta, se questi
decide di non emanare un decreto legislativo la scelta si limita al rapporto di dialogo fra questi e il
Governo.

Il comma 4° dell’Art.14 della legge 400 del 1988 riguarda le deleghe Ultra-biennali, per queste si
prevede una ulteriore fase, ovvero il parere delle Commissioni Parlamentari Permanenti per Materia,
espresso entro 60 giorni dall’invio della bozza. Queste nel parere devono indicare le disposizioni non
coerenti alla legge di delega ed entro 30 gironi il Governo deve rinviare alle stesse il testo modificato e
queste fornire un ulteriore parere.
Nella prassi la previsione del parere parlamentare, singolo e non doppio, sta divenendo routine.

Vi sono poi le Deleghe Integrative e Correttive, le quali prevedono 2 termini:


A. Si prevede una legge delega con i suoi contenuti tipici
B. Poi si prevede che in un termine successivo il Governo possa correggere e integrare il decreto
legislativo, questo può rendersi necessario poiché la legge delega può sciogliersi, o per scadenza ao per
attuazione.
Queste leggi di delega sono oggetto di discussione poiché consentono al Governo di fare e disfare la
normativa di una materia, ma la Corte le ha legittimate, a patto che il 1° termine non sia scaduto senza
attuazione.

La legge 400 del 1988 afferma che i decreti legislativi debbano auto-nominarsi come tali, prima della
sua promulgazione questi invece erano atti del Presidente della Repubblica.
Essendo atti con forza di legge la Corte dei Conti non può esercitare un controllo sugli stessi né prima né
dopo.
Barbieri
Decreti Legge
In Assemblea costituente si discusse molte sul se prevederli in Costituzione, poiché avevano durante
l’epoca statutaria e poi fascista causato non pochi problemi; temendo che in ogni caso si sarebbero
affermati nella prassi furono circondati di cautele.

Art.77:
1. Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di
legge ordinaria.
2. Quando, in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua
responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per
la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si
riuniscono entro cinque giorni.
3. I decreti perdono efficacia sin dall'inizio, se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni
dalla loro pubblicazione.
4. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti
non convertiti.

Le Cautele in questione riguardano:


• casi straordinari di necessità e urgenza,
• conversione in legge entro 60 giorni,
• in caso di mancata conversione il decreto è Annullato,
• il Governo li adotta sotto sua responsabilità, oltre che politica giuridica a cui vanno incontro i membri
del Consiglio dei Ministri e che scatta SE E SOLO SE il decreto non viene convertito.

L’Art.15 della legge 400 del 1988 che ha dato attuazione all’Art.76 afferma che:
• I decreti leggi così come i decreti legislativi hanno una denominazione propria,
• nel preambolo il Governo deve motivare l’esistenza di casi straordinari e d’urgenza.
• il comma 2° fissa i limiti di materia.

Tali LIMITI escludono le materie soggette da Riserva di Legge Formale:


• Legge di Bilancio
• Leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali
• Deleghe Legislative
• Conversione di un decreto legge
• Sanatoria di un decreto legge
• Deliberazione dello Stato di Guerra, come stabilito dall’Art.78 Ma
sono anche ulteriori:
• Leggi che hanno ad oggetto materie indicate dal 4° comma dell’Art.72: La procedura normale di
esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge
in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a
ratificare trattati internazionali, di approvazione di bilanci e consuntivi.
Ovvero coperte da Riserva di Assemblea, si allude alle leggi costituzionali e alle leggi elettorali.
• Il Governo non può rinnovare le disposizioni di decreti leggi dei quali sia stata negata la
conversione con il voto di una delle due camere.
Prima ciò era possibile ed aveva portato fino alla reiterazione di un decreto legge 19 volte, per questo
motivo con le sentenza 360 del 1996 la Corte ha negato tale possibilità e questo poiché la reiterazione
snatura il decreto dei suoi caratteri di eccezionalità e finisce per incidere sulla forma di Governo,
distorcendola. A tale decisione però sono previste due eccezioni:
A. Se il nuovo decreto si fonda su nuovi e autonomi presupposti di necessità e urgenza,
B. Se le camere nonostante la reiterazione convertono il decreto legge, allora il vizio è sanato.
La ratio di tale eccezione sta nel modo di concepire la legge di conversione:
-
La legge di conversione è un fenomeno di Novazione della fonte,
-
La legge di conversione è un fenomeno di convalida, in quest’ottica, non seguita dalla
Corte nel 1996, a legge caricherebbe su di sé l’illegittimità.
Barbieri

• Il Governo non può regolare i rapporti sorti sulla base di fenomeni non convertiti, non può cioè
decretare la cosiddetta Legge di Sanatoria.
• Il Governo non può ripristinare disposizioni di legge dichiarata illegittime dalla Corte
Costituzionale salvo che il vizio fosse procedurale e non contenutistico.
• I decreti legge devono contenere immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico e
omogeneo, non si comprende chiaramente se in merito alla materia o alla finalità, e corrispondente al
titolo.
A tal proposito la Corte Costituzionale afferma che l’omogeneità non ha rango costituzionale, ma è
tracciante per capire se il decreto legge è riconducibile ai casi di urgenza.
• Le modifiche eventualmente apportate al decreto legge, esplicito così che la legge di conversione
permetta al Parlamento di modificare il decreto, entrano in vigore dal giorno dopo salvo che la
disposizione non indichi diversamente; questo però ha senso nell’ottica di
emendamenti aggiuntivi e non soppressivi.
• Il Ministro della Giustizia cura la conversione totale o parziale dei decreti, nonché la mancata
conversione per decorrenza del termine.

La legge 100 del 1926 segnava le circostanze di urgenza come limite per i decreti leggi, ma essendo
questa sindacabile solamente dal Parlamento si riduceva ad essere un requisito esclusivamente
politico.
Anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione si è ritenuto per anni che questo fosse un
requisito politico.
• al Senato se ne occupa la Commissione per gli Affari Istituzionali,
• alla Camera invece se ne occupano le Commissioni permanenti per materia competenti.

A causa nella prassi di un’abuso della pratica del decreto legge, la Corte Costituzionale con la sentenza 29
del 1995 si riappropria della valutazione riguardo i decreti nei casi di evidente mancanza dei requisiti, ha
stabilito che in mancanza dei requisiti questo sia incostituzionale e che tale vizio si trasmetta anche alla
legge di conversione.
Quindi in suddetta sentenza sembra affermare che la legge di conversione non è valida sanatoria per queste
mancanze.
Tuttavia bisognerà aspettare fino al 2007 per avere una sentenza della Corte in tal merito.

Sentenza 171 del 2007


La Corte ha dichiarato parzialmente incostituzionale un decreto legge, ma afferma anche di non
sostituirsi al Parlamento, evidenziando la diversità di ruoli fra:
• la valutazione politica,
• la salvaguardia dell’assetto delle fonti normative.

Sentenza 128 del 2008


Si usano indici intrinseci ed estrinseci per ravvisare o meno la presenza dei requisiti necessari:
• Titolo,
• Preambolo,
• Lavori preparatori della legge di conversione e la sua relazione, Loro
corrispondenza con il contenuto e omogeneità.

Sentenza 22 del 2012


La legge di conversione per anni è stata considerata una legge ordinaria e quindi emendata in ogni modo,
tuttavia ciò ne distorceva il significato e per questo la Corte ha sancito la necessità di emendamenti coerenti.
Barbieri
La legge di Conversione
A livello procedurale, la legge di conversione:
1. E’ autorizzata dal Capo dello Stato in via formale, poiché di fatto il decreto legge è stato già
emanato.
2. Il Capo dello Stato dopo la sua approvazione potrebbe rinviarla per incostituzionalità delle
modifiche, mettendo di fatto il Parlamento in scacco a causa dei tempi dato il vincolo di
conversione entro 60 giorni.
Dal punto di vista istituzionale invece, la legge di conversione:
• E’ una convalida operata dal Parlamento verso il Governo,
• Stabilizza gli effetti del decreto.

Legge di Sanatoria
Se non avviene la conversione del decreto allora questo decade ex tunc, per attenuare gli effetti della
decadenza la Costituzione prevede la legge di sanatoria, sulla quale grava Riserva di Assemblea.

Potere Regolamentare
Il potere regolamentare del governo è diverso da quello del parlamento:
• Le fonti primarie sono tassativamente previste dalla Costituzione, in un’ottica di chiusura
• Le fonti subordinate sono lasciate all’insegna dell’apertura, possono essere plasmate dal
legislatore ordinario.

L’Art.87 della Costituzione afferma che: […] Il Presidente della repubblica promulga le leggi ed emana
i decreti aventi valore di legge e i regolamenti […].
L’Art.117 al comma 6° stabilisce che: La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di
legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni.

Il rapporto fra Leggi e Regolamenti è governato da:


A. Principio di Legalità, il quale stabilisce che i regolamenti hanno fondamento nella legge:
• Legalità ristrettiva, serve un fondamento legislativo in qualità di mera autorizzazione,
• Legalità sostanziale, servono direttive per lo stesso regolamento.
B. Principio di Preferenza della Legga, il quale stabilisce che se una materia è normata da una legge
questa prevale sui regolamenti.
C. La Riserva di Legge esprime un limite all’esercizio del potere regolamentare.

L’Art.4 delle Preleggi al Codice Civile stabilisce che:


• I regolamenti non possono contenere disposizioni contrarie a quanto previsto dalle leggi,
• I regolamenti per esistere necessitano di una leggi che li preveda.

Un regolamento può essere incostituzionale, ma per sua natura non è sindacabile da parte della Corte
Costituzionale.

I regolamenti si dividono in due categorie:


1. Regolamenti governativi in senso stretto, deliberati dal Consiglio dei Ministri e emanati dal
Presidente della Repubblica si sensi dell’Art.87 comma 5°; e prevalgono su:
2. Regolamenti ministeriali, i quali sono atti dei singoli ministri e del Presidente del Consiglio dei
Ministri.
Barbieri
Procedimento d’Adozione dei Regolamenti Governativi

L’Art.17 della legge 400 del 1988 detta il loro procedimento di adozione, per quelli governativi:
1. Acquisizione del parere obbligatorio ma non vincolante del Consiglio di Stato,
2. Deliberazione del Consiglio dei Ministri,
3. Decreto del Presidente della Repubblica,
4. Visto e registrazione della Corte dei Conti,
5. Pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, con denominazione nel titolo di decreti del Presidente della
Repubblica.

Per i regolamenti di Delegificazione inoltre è necessario anche del parere delle Commissioni
parlamentari competenti per materia.

Per l’adozione dei regolamenti ministeriali invece:


1. Invio del testo al Presidente del Consiglio, tranne se è questi stesso a formulare il regolamento,
2. Acquisizione del parere obbligatorio ma non vincolante del Consiglio di Stato,
3. Deliberazione del Consiglio dei Ministri,
4. Decreto del Presidente della Repubblica,
5. Visto e registrazione della Corte dei Conti,
6. Pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, fanno eccezione rispetto agli altri anche perché nel loro titolo
devono recare il termine Regolamento.

Il comma 3° del suddetto articolo, fonda la gerarchia die regolamenti, affermando che quelli
ministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle fissate dal governo.

Regolamenti Governativi

- Regolamenti di Esecuzione delle Leggi


Questi sono i regolamenti che maggiormente risponda alla Ratio stessa dei regolamenti. Possono essere
attuati in ambito di Riserva di legge relativa ma NON assoluta, anche se parte della dottrina ritiene che
sarebbero adottabili poiché coprono soltanto minime applicazioni.

- Regolamenti attuativi ed integrativi


Questi regolamenti sono compatibili nei casi di leggi a maglie larghe che diano principi fondamentali e
non forniscano dettagli. Sono compatibili ad hoc con la Riserva di legge relativa, mentre incompatibili
con la assoluta.

- Regolamenti indipendenti
Questi regolamenti possono essere adottati in materie non normate dalla legge, non possono invece
intervenire in materie dove è previsto qualsiasi tipo di Riserva Relativa.
Si tratta di una categoria problematica, poiché mette in discussione il Principio di Legalità in senso
formale e fornendo una autorizzazione generale al Governo affida le materie non normate a fonti
secondarie e insondabili da parte della Corte.
Tuttavia è davvero difficile trovare nell’ordinamento materie che non siano coperte da Riserva di legge, in
ogni caso dovrà essere il giudice comune a sindacare il regolamento in questione e farlo alla stregua della
Costituzione facendosi in modo anomalo giudice costituzionale.

- Regolamenti di Delegificazione
Questi regolamenti hanno lo scopo di trasferire la normativa di una materia dalla legge ai regolamenti per
ridurre i tempi e la quantità di leggi; ciò è possibile se si rispettano alcuni criteri. Il Procedimento di
delegificazione è regolato dalla legge 400 del 1988, come stabilisce l’Art.17 al comma 2° è necessaria una
legge che, coerentemente con i Principi di Legalità e Preferenza, contenga norme generali e principi della
materia.
Questa legge ha quindi caratteristiche specifiche e limiti:
• Autorizzazione espressa,
Barbieri
• Deve contenere norme generali che regolino la materia,
• deve abrogare leggi vigenti in quella materia in modo Differito (da quando) e Condizionato (se) il
governo adotta un regolamento, al fine di evitare vuoti normativi.
• NON può riguardare materie coperte da Riserva di Legge Assoluta.
• La Corte e gli stessi giudici hanno più volte affermato che si può deligificare solo tramite i
regolamenti governativi, poiché sostituendosi alla legge questi chiamino in causa la responsabilità
del Consiglio dei Ministri.

- Regolamenti per l’organizzazione dei ministeri e delle pubbliche amministrazioni


Questi sono regolamenti sono attuati in attuazione della delegificazione in materia di
organizzazione di tutti gli apparati ministeriali e delle amministrazioni pubbliche.
Si tratta di una deleficazione stabile, serva una riserva di regolamento, anche se questa non si trova
all’interno del nostro ordinamento.
Si adottano con il tradizionale procedimento con l’aggiunta del parere delle Commissioni
parlamentari permanenti per materia.

E’ utile ricordare che:


• La delega porta ad un atto con forza di legge, sindacabile da parte della Corte.
• La deleficazione porta ad un regolamento, non sindacabile.

Regolamenti Ministeriali

La legge 400 del 1988 tipizza i regolamenti governativi ma non ministeriali, che invece sono distinti da
due differenze:
1. La delegificazione è solo governativa,
2. L’Art.17 comma 3° esclude i regolamenti ministeriali dalla categoria degli indipendenti,
affermando che possano esistere solo se una legge li prevede.

Decreti legislativi di attuazione degli statuti speciali

Non sono previsti dalla Costituzione ma dai singoli statuti delle singole regioni, sono ammessi poiché
questi ultimi sono previsti a livello costituzionale.
Si differenziano con decreti legislativi poiché:
• Ognuno è previsto da ogni Statuto Speciale,
• Hanno un oggetto ampio e generico,
• non è previsto un termine per il loro esercizio,
• l’attuazione degli statuti speciali è materia riservata al decreto legislativo in questione, la legge non può
intervenire,
• sono adottati dal Governo ma redatti da una commissione paritetica.
Questi sono l’unico caso nel nostro ordinamento in cui il Governo ha un primato.
Barbieri

CAPITOLO X:
L’ORGANIZZAZIONE DEGLI
APPARATI AMMINISTRATIVI STATALI

La pubblica amministrazione (introduzione)

La Costituzione tratta la disciplina della pubblica amministrazione nella sezione II del titolo III dedicato
al Governo, tuttavia non ne fornisce una specifica definizione; una nozione generale non è fornita neppure
a livello legislativo dalle singole leggi.

Si differenzia la P.A. in:


A. P.A. in senso soggettivo
Intesa quale insieme delle strutture burocratiche costituite per lo svolgimento di pubbliche
funzioni.
B. P.A. in senso oggettivo
Intesa come amministrazione in senso sostanziale, ovvero a cura degli interessi pubblici; la quale
a sua volta si differenzia in:
• Amministrazione autoritativa, volta a restringere o ampliare la sfera di diritto dei privati.
• Amministrazione di prestazione, volta a realizzare finalità di interesse generale.
Barbieri

I principi costituzionali sull’amministrazione

Principio di Legalità
Il Principio di Legalità è affermato dalla Costituzione:
A. Secondo quanto al comma 2° dell’Art.97: I pubblici uffici sono organizzati secondo
disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità.
La disposizione fissa una riserva di legge intesa in dottrina come relativa.
B. Rango costituzionale ribadito dagli Art.23 e 113 che assoggettano l’attività della P.A. al controllo
dell’autorità giudiziaria, presupponendo che non possa svolgersi in contrasto con le norme di legge.
E ribadito dalla Normativa Primaria: Art.1 della legge 241 del 1990.

Principio di Imparzialità
L’Art.97 della Costituzione pone il principio di imparzialità in ambito di P.A., finalizzato a
preservare questa da possibili influenze politiche o di altro genere. Impone:
A. L’equidistanza rispetto ai soggetti, pubblici o privati, che con essa vengono in contatto; e si
traduce nel divieto di favoritismi e disparità di trattamento tra coloro con cui viene in contatto
B. La ponderazione comparativa di tutti gli interessi coinvolti dall’azione amministrativa.
Il Comma 4° dell’Art.97 sancisce che agli impieghi nelle P.A. si accede tramite concorso, salvo
casi stabiliti dalla legge, e che il concorso stesso si basi sul metodo compartivo nella selezione dei candidati
e ne verifichi la sufficiente attitudine.

Principio di Ragionevolezza
Impone alla P.A. di seguire criteri di razionalità operativa:
• la corrispondenza dell’azione amministrativa ai fini indicati dalla legge,
• la proporzionalità dei mezzi rispetto ai fini.
La violazione dei criteri può ripercuotersi sulla validità dei provvedimento in quanto indice di
eccesso di potere.

Principio di buon andamento


Questo richiede ai funzionari amministrativi parametri di:
• Economicità
• Efficacia
• Efficienza
All’insegna dell’equilibrio dei bilanci e per la sostenibilità del debito pubblico.

Principio di Pubblicità
Impone alla P.A. di rendere visibile e controllabile dall’esterno il proprio operato e porta come
corollario il Principio di Trasparenza.

Principio di Sussidiarietà
Principio emerso a livello comunitario e in seguito costituzionalizzato, definisce il riparto delle
funzione tra i livelli territoriali di Governo.

Principio di responsabilità
L’Art.28 della Costituzione stabilisce che: I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici
sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in
violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.
A questo si affianca la previsione della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica
amministrazione.
Barbieri

La P.A. in senso soggettivo

Organizzazione della P.A.

La P.A. si articola in tre rami:


-
Livello Centrale
• Presidenza del Consiglio dei Ministri
• Ministeri
• Agenzie
• Aziende autonome
-
Livello Periferico
• Uffici ministeriali decentrati su livello nazionale
-
Enti Pubblici
operanti al di fuori dell’articolazione ministeriale

L’apparato amministrativo centrale dello Stato

Ministeri
Uffici complessi dotati di personale e mezzi propri diversificati in ordine ad una specifica sfera
d’azione. Questi dipendono dal Ministro, organo di titolarità politica e che se ne assume la responsabilità;
sono sottoposti a questo:
-
Uno o più Sottosegretari di Stato che lo coadiuvano.
-
Uffici di diretta collaborazione col Ministro, con competenze di supporto e raccordo.
-
A seconda del modello:
• Direzioni, divisioni, sezioni.
• Dipartimenti.
-
Ufficio centrale del bilancio
-
Ufficio per le relazioni con il pubblico
-
Due organi collegiali:
• Consiglio di amministrazione, con funzioni consultive.
• Consiglio di disciplina, con funzioni contenziose.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri


Tale organo è preposto a garantire l’esercizio effettivo delle funzioni del Presidente del
Consiglio; articolata in dipartimenti e uffici alle dipendenze del Segretario Generale, esclusi
quelli che lo stesso Presidente del Consiglio affida ai ministri senza portafoglio.

Le Agenzie
Sono strutture strettamente collegate ai singoli ministeri e sottoposte ai poteri di indirizzo e
vigilanza dello stesso.
NON hanno personalità giuridica e la loro attività è di carattere tecnico operativo, ma sono
dotate comunque di autonomia organizzati e funzionale.
Regime speciale è quello delle Agenzie fiscali che hanno personalità giuridica e hanno un forte grado
di autonomia.

Le aziende autonome
Hanno attività di tipo essenzialmente produttivo, NON hanno personalità giuridica ma ampia
autonomia amministrativa e finanziaria.
Nel tempo sono state investite dal fenomeno delle privatizzazioni, a seguito del quale sono
divenute s.p.a.:
-
Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato -> Ferrovie dello Stato s.p.a.
-
Amministrazione delle poste -> Poste italiane s.p.a.
Barbieri

L’amministrazione periferica dello Stato

L’amministrazione periferica è disciplinata essenzialmente del decreto legislativo 300 del 1999, la quale
ha trasformazione delle Prefetture in Uffici territoriali del Governo, organi di rappresentanza generale
del Governo sul territorio.
Svolgono:
compiti di amministrazione generale
compiti di tutela dell’ordine e delle sicurezza pubblica
ed assicurano il coordinamento dell’attività amministrativa.

Gli Enti pubblici

Sono soggetti dotati di capacità giuridica di diritto pubblico, deputati al perseguimento di


finalità di pubblico interesse.

Classificazione tradizionale degli enti pubblici:


• Territoriali: il territorio ne è l’elemento costitutivo.
• Non Territoriali: il territorio NON è elemento costitutivo.
• Nazionali: perseguono interessi destinati ad assumere rilevanza statale.
• Locali: perseguono interessi destinati alla circoscrizione.
• Necessari: enti senza i quali l’istituto di promanazione non può esistere.
• Ad appartenenza necessaria: enti di cui si fa parte indipendentemente da qualsiasi
manifestazione di volontà.
• Pubblici Economici: enti che operano in senso imprenditoriale.f
• Enti in forme associative
-
Federazioni
-
Consorzi
-
Unione dei Comuni

Caratteristiche di regime degli Enti pubblici

Le caratteristiche in questione sono 4:

Autarchia
-
Consiste secondo alcuni nel potere degli enti pubblici di amministrare i propri interessi
attraverso un’attività avente gli stessi caratteri e la stessa efficacia dell’attività amministrativa dello
Stato.
-
Capacità degli enti diversi dallo Stato di disporre di potestà pubbliche in specie del poter
disporre atti equiparati agli atti amministrativi dello Stato.

Autotutela
E’ il potere della P.A. di risolvere autonomamente i conflitti, attuali o potenziali, relativi ai suoi
provvedimenti o alle sue pretese.
Si divide in:
-
Autotutela decisoria, si attua attraverso l’emanazione di una decisone amministrativa, incidente sugli
atti precedentemente emanati o su rapporti giuridici di diritto amministrativo e può essere:
• Diretta, spontanea.
• Indiretta, su impulso dell’interessato.
-
Autotutela esecutiva, è l’attività rivolta all’attuazione di decisione già adottate
dall’amministrazione.

Autonomia
Barbieri
Designa la libertà determinazione dell’ente nella cura dei propri interessi. Si
distingue in:
A. Autonomia politica, libertà nelle scelte da compiere riconosciuta sia dallo Stato che dalle
Regioni.
B. Autonomia giuridica, capacità dell’ente di autodeterminarsi per il raggiungimento dei fini; ha
varie configurazioni:
autonomia normativa
autonomia organizzativa e amministrativa
autonomia finanziaria
autonomia di gestione

Autogoverno
L’ente è governato da persone che fanno parte dea compagine sociale di cui l’ente è esponenziale.

Il Personale e la Dirigenza statale

Per un lungo periodo si è avuta una netta distinzione fra la prestazione lavorativa a favore della
pubblica amministrazione e tutte le altre:
A. Si ritenevano prevalenti gli interessi pubblici, da ciò derivava una disciplina rigidamente
unilaterale, la quale prevedeva a volte anche stati giuridici assai poco rispettosi di alcune
libertà personali del lavoratore.
B. Presentava di contro però alcuni vantaggi, quali la tendenziale stabilità del posto di lavoro,
un’accesso tramite concorsi pubblici.
Con il tempo invece sono stati introdotti istituti di tutela delle libertà e un importante ruolo alla
contrattazione collettiva, stipulati a livello nazionale dall’ARAN; si è stabilito che le controversie
fossero sottoposte a giudici ordinari.

Inoltre per quanto riguarda la Dirigenza, intesa come quella non nominata dal Governo, a partire dal 2001, si
è stabilito che a questa spetti l’adozione degli atti e dei provvedimenti amministrativi, la gestione finanziaria,
tecnica ed amministrativa.
Infine si è deciso che gli stessi atti dei dirigenti non sono suscettibili di ricorso gerarchico al
Ministro e che quest’ultimo non disponga del potere di sostituzione.

La P.A. in senso oggettivo

L’azione amministrativa, ovvero l’attività con cui provvede alla cura degli interessi che le sono affidati, può essere
distinta in:
A. Autoritativa o Negoziale
• Attività di diritto pubblico, in cui la P.A. agisce in una posizione di supremazia, con la capacità di
modificare unilateralmente la sfera giuridica dei soggetti privati destinatari dell’azione.
• Attività di diritto privato, attività di carattere negoziale nella quale la P.A. agisce in una posizione
paritaria con i privati, al fine di realizzare scopi meramente patrimoniali.
B. Vincolata o Discrezionale
• Attività vincolata, la norma attributiva di potere alla P.A. indica tutti i requisiti richiesti per la fattispecie da
regolare non lasciando margini residui di scelta.
• Attività discrezionale, la norma attributiva di potere indica gli obbiettivi ma affida alla P.A. facoltà di
scelta.
Barbieri

Il Procedimento amministrativo
Nel perseguire l’interesse pubblico la P.A: è tenuta a seguire un procedimento che garantisca lo svolgimento
imparziale ed efficace della sua azione; la disciplina organica dello stesso è stata introdotta per la prima volta
con la legge 241 del 1990 e successivamente modificata.
1. Fase dell’iniziativa: il procedimento può prendere avvio d’ufficio o su istanza della parte
interessata.
2. Fase istruttoria: durante la quale la P.A. raccoglie tutti gli elementi necessari.
3. Fase decisoria: durante la quale la P.A. adotta la decisione in ordine alla fattispecie concreta e quindi
stabilisce il contenuto del provvedimento finale.
4. Fase integrativa dell’efficacia: il provvedimento è perfetto, ma viene sottoposto a verifiche al fine
di attribuirne l’efficacia.

Inoltre Il procedimento è garantito da alcuni fattori:


• Obbligo di conclusione dello stesso entro un termine stabilito
• Obbligo di motivazione della scelta adottata
• L’individuazione del soggetto responsabile del procedimento attività
• Diritto di accesso ai documenti amministrativi

Il Provvedimento Amministrativo
Il Provvedimento costituisce l’atto tipico della P.A. e si connota per:
-
Unilateralità, carattere autoritativo del provvedimento, capace di incidere in modo imperativo e anche
sfavorevole sui destinatari.
-
Tipicità, la P.A. è obbligata dalla legge ad agire tramite specifici atti predeterminati.
-
Esecutività, il provvedimento produce effetti in modo automatico dalla sua entrata in vigore.
-
Esecutorietà, indicia il potere della P.A. di portare a esecuzione coattiva i provvedimenti se
necessario.

Tipologie di Provvedimento
-
Provvedimenti Favorevoli, ampliano la sfera giuridica dei destinatari:
• autorizzazioni
• concessioni
• incentivi
• esenzioni
-
Provvedimenti sfavorevoli, comprimono la sfera giuridica dei destinatari:
• ordini
• divieti
• espropriazioni
• canzoni amministrative

Cause di invalidità dei provvedimenti amministrativi


Le particolari caratteristiche dei provvedimenti amministrativi sono alla base anche delle loro
possibili cause di invalidità:
-
Nullità, sanzione giuridica predisposta a causa di vizi talmente gravi da impedire il
perfezionamento stesso del provvedimento amministrativo:
• Mancanza degli elementi essenziali: requisiti di forma, volontà e oggetto.
• Difetto assoluto di attribuzione: se emesso da un soggetto privo di autorità.
• Altri casi espressamente previsti dalla legge.
-
Annullabilità, sanzione giuridica accordata per vizi meno gravi ma recanti illegittimità.
• Incompetenza: se emesso da chi difetta della competenza specifica,
• Violazione di legge
• Eccesso di potere, vizio tipico della discrezionalità amministrativa.
Barbieri

Le Forme di tutela contro l’Attività amministrativa Illegittima


Con i ricorsi amministrativi, i soggetti che si ritengono danneggiati da una deliberazione
amministrativa danno inizio ad un apposito procedimento per la verifica della:
• Legittimità
• Opportunit