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PARTE TERZA
Sezione 1
Le fonti in generale
L’approccio allo studio del sistema delle fonti del diritto (regole che disciplinano e ordinano la
comune convivenza dei consociati) non può non partire dall’analisi del concetto di norma
giuridica.
La norma giuridica è:
- oggettivamente vincolante (si attua a prescindere dell’adesione dei singoli consociati)
Inoltre è costituita da:
- precetto primario: dalla regola che l’ordinamento vuole che sia seguita dai consociati.
- precetto secondario: dalla sanzione che l’ordinamento stesso infliggerà nel caso di mancato
rispetto della norma primaria.
Ulteriore caratteristica:
- coattività: intesa quale capacità di imporsi a prescindere dalla volontà e contro il volere dei
consociati.
- generalità: riguarda il fatto che tale norma deve essere idonea a regolare tematiche ampie e
complessive.
- astrattezza: si concretizza nella possibilità di ripetere ed applicare, per un numero indeterminato di
volte, il precetto contenuto nella norma.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Nel linguaggio giuridico, la parola fonte sta ad indicare la sorgente del diritto: strumenti grazie ai
quali si origina diritto.
Le fonti del diritto sono costituite da atti o fatti idonei a concretizzare norme giuridiche. Rientrano
in questa categoria:
- Atti normativi: fonti originate dalla volontà di un soggetto o di un organo abilitato
dall’ordinamento a produrre diritto.
- Fatti normativi: fonti che nascono in seguito ad accadimenti o determinate circostanze a cui
l’ordinamento attribuisce valore normativo.
1.3.1 Le fonti-atto
*Norme sulla produzione: fonti strumentali rispetto alla prime preordinate a individuare e
disciplinare i soggetti, le competenze ed i procedimenti nell’ambito dei quali dare luogo ai processi
formativi delle fonti di produzione.
1.3.2 Le fonti-fatto
La tipicità delle fonti permette di creare un collegamento tra una determinata forma e la
conseguente efficacia dell’atto normativo.
Ogni tipo di fonte ha una sua forma tipica ed una serie di elementi di riconoscimento:
1) il soggetto (l’autorità che ha posto in essere quella determinata fonte).
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
A volte, alcune fonti possono presentare delle peculiarità. In questi casi, si può parlare di ‘fonti
atipiche’: ossia di quelle fonti che fuoriescono dai normali atti normativi di riferimento presentando
delle specifiche peculiarità.
Sezione 2
INTERPRETAZIONE DEL DIRITTO E RISOLUZIONE DEI CONFLITTI TRA FONTI
In definitiva, si parlerà di interpretazione del diritto per indicare l’attività finalizzata a mettere a
fuoco i principi di una determinata materia, ad individuare una disposizione al fine di trarre la
norma regolatrice del caso specifico.
L’interpretazione è un momento preliminare dell’applicazione del diritto. Si tratta di un’attività
necessaria che tutti gli operatori giuridici sono tenuti a svolgere.
L’analisi del nostro ordinamento giuridico e dell’interpretazione del diritto hanno storicamente
ricevuto un contributo rilevante dalle Preleggi.
Le Preleggi sebbene siano state inserite come premessa del Codice civile italiano del 1942, di fatto,
non hanno limitato la loro influenza solo al Codice Civile ma presenta delle previsioni riferibili
all’intero sistema giuridico nazionale.
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Inizialmente composto da 31 articoli, gli articoli dal 17 al 31 relativi alla condizione giuridica dello
straniero sono stati formalmente abrogati e sostituiti con la nuova disciplina del diritto
internazionale privato.
Il loro valore risulta essere limitato visto le Preleggi sono contenute nelle fonti di “primo grado”.
La loro funzione è principalmente ‘ricognitiva’ di principi valevoli all’interno dell’ordinamento
giuridico. Tra i principi principali possiamo individuare:
- vacatio legis
- irretroattività della legge
- divieto di interpretazione analoga di leggi penali e eccezionali
La previsione delle Preleggi relativa alla ‘gerarchia delle fonti’ risulta essere obsoleta data
l’introduzione della Costituzione (non menzionata nelle Preleggi).
2) interpretazione giudiziale:
- operata dai giudici nell’esercizio della funzione giurisdizionale.
- non è vincolante se non per le parti chiamate in giudizio.
- può acquisire un valore più ampio, qual ora correnti interpretative si consolidano nel tempo.
3) interpretazione burocratica:
- operata dalla pubblica amministrazione nell’esercizio della propria attività amministrativa.
- sono chiamati a realizzare l’interesse pubblico.
- ruolo di assoluto rilievo la prassi (l’interpretazione di una disposizione giuridica che, ritenuta la
più corretta, si consolida nel tempo)
4) interpretazione autentica:
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
- operata dallo stesso legislatore a voler individuare il corretto significato di disposizioni già
esistenti.
- è contenuta in una legge che il Parlamento approva, con lo scopo di chiarire il significato di
disposizioni che risultano essere ‘ambigue’.
- sono sottoposte ad attenta esamina della Corte costituzionale, nel caso in cui il legislatore faccia
una ‘legge di interpretazione fittizia’ allo scopo di ottenere il valore retroattivo.
Questo è vietato dall’art 11 delle Preleggi, ma la Costituzione in merito specifica che questo divieto
è valido solo per i precetti normativi sanzionatori nonostante sia il valore fondamentale della civiltà
giuridica.
Nell’ipotesi in cui l’ordinamento giuridico presenti una lacuna normativa può essere utilizzata
l’analogia.
L’art 12 co. 2 delle Preleggi, prevede il ricorso alla analogia di legge, che permette di applicare una
norma emanata per regolare casi simili.
Differentemente, se non sia possibile trovare una legge analoga, è possibile ricorrere alla analogia
di diritto, in base al quale si potrà decidere la questione applicando i principi generali
dell’ordinamento giuridico.
L’art 14 delle Preleggi stabilisce un duplice limite al ricorso alle analogie in merito: leggi penali e
leggi straordinarie.
2.6 I criteri di risoluzione delle antinomie normative (c.d criteri ordinatori delle fonti)
Non è raro che all’interno dell’ordinamento giuridico si manifesti una antinomia normativa, che
vuole indicare un conflitto tra più fonti giuridiche che disciplinano la stessa materia.
In questo caso, è compito dei vari operatori del diritto risolvere il conflitto.
A volte la risoluzione di tali antinomie può esaurirsi mediante un’operazione interpretativa, in
altre circostanza dovranno farsi ricorso a specifici criteri:
- criterio gerarchico
- criterio cronologico
- criterio di specialità
- criterio della competenza
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La prevalenza della norma di grado superiore rispetto a quella di gerarchia inferiore dà luogo, quasi
sempre, all’ANNULLAMENTO di quest’ultima.
L’annullamento è un effetto ricavabile a seguito della dichiarazione di un giudice che interverrà
sulla fonte subordinata: annullandola o rinviando la questione ad un organo più competente.
Il soggetto chiamato a derimere la questione potrà riscontrare che la norma sovraordinata è violata
da quella di grado inferiore, nel caso in quest’ultima presenti:
- vizi formali
- vizi sostanziali
La presenza di tali vizi si ripercuote sulla validità dell’atto normativo. L’annullamento consisterà
quindi nell’accettare la non conformità dell’atto normativo rispetto le fonti che lo disciplinano,
si parla di una dichiarazione di illegittimità.
L’annullamento, di norma:
- produce effetti generali (non si può più applicare)
- opera non solo per il futuro ma estende i suoi effetti anche retroattivamente
*Non vale sempre questa regola, ad esempio nel caso dell’antinomia tra fonti dell’Unione Europea
e fonti interne, la situazione verrà risolta mediante la DISAPPLICAZIONE della norma nazionale:
- verrà azionata ad opera dei giudici comuni
- non produce effetti generali
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Ipotesi differente si ha quando il contrasto è tra fonti dello stesso grado gerarchico ma adottati in
tempi differenti.
In questo caso, la fonte successiva prevale su quella precedente producendo
l’ABROGAZIONE di quest’ultima.
L’abrogazione interviene sulla efficacia dell’atto e non essendo reversibile, nell’eventualità del
venire meno della legge abrogatrice non può dare luogo alla riviviscenza della precedente
normativa. Le nuove prescrizioni normative che subentrano avranno solo effetto per il futuro, così
com’è stabilito dal principio dell’irretroattività degli atti normativi (art 11 Preleggi).
Il criterio della specialità vuole che nel caso di fonti di stesso grado gerarchico, si preferisca quella
avente portata specifica, a prescindere che sia antecedente o successiva.
Non questo risulta sempre facile, l’applicazione concreta di tale criterio è affidata ai giudici comuni
nell’ambito delle funzioni interpretative in merito alle controversie a loro affidate.
Il criterio della specialità opera mediante l’applicazione di una DEROGA alla legge generale a
favore di quella speciale.
La norma derogata non perde né di validità né di efficacia, viene solamente circoscritto il suo
campo di azione. Nel caso di abrogazione della disciplina speciale, tornerebbe in funzione quella di
portata generale.
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Il criterio della competenza implica la necessità che le varie fonti del diritto intervengano
esclusivamente nei loro ‘ambiti di competenza’.
La ratio di tale criterio risiede nel fatto che, in un sistema articolato come il nostro, a fronte di una
pluralità di fonti, la Costituzione assegna dei settori di competenza specifici entro quali le norme
possono intervenire con le loro discipline.
Il criterio in questione prevede che le singole fonti di produzione intervengano negli ambiti di
competenza assegnati dalle fonti sulla produzione. Il mancato rispetto causerebbe un vizio di
validità della stessa legge statale che potrebbe essere sanzionata dalla Corte costituzionale mediante
l’annullamento.
Nell’ambito dei rapporti tra le fonti del diritto, assume particolare rilievo la riserva di legge. Con
questa, la Costituzione mira a regolare la concorrenza tra più norme, riservando la disciplina di una
determinata materia all’intervento della legge e non di altre fonti ad essere gerarchicamente
subordinate.
La riserva di legge fu uno dei principali elementi che caratterizzarono la transizione dallo Stato
assoluto allo Stato liberale limitando il potere normativo del Sovrano.
La valenza di tale istituto è circoscritta ai soli sistemi istituzionali a Costituzione rigida. Essa non
rappresenta un limite solo per l’esecutivo ma anche per l’Esecutivo lo obbliga ad intervenire nei
limiti e modi stabiliti dalla Costituzione.
- garanzia sostanziale: imponendo che una determinata disciplina normativa venga introdotta
mediante legge, tale istituto giuridico permette che le fonti così formate possano essere sottoposte,
tanto, alla verifica da parte della Corte costituzionale, quanto alla valutazione popolare mediante
referendum abrogativo.
Detto ciò, è necessario distinguere le diverse riserve di legge in favore di altre tipologie di atti.
Rientrano:
- La riserva di legge costituzionale: è un istituto con cui la Costituzione sottrae la disciplina di
specifiche materie alla legislazione ordinaria riservando espressamente la trattazione a leggi di
rango costituzionale.
- La riserva dei regolamenti parlamentari: è ricavabile dall’art 64 secondo cui ogni Camera
adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
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per tramite della legge, ritiene che la regolamentazione di dettaglio offerta dalle fonti di grado
inferiore sarebbe ‘necessaria’. Esempio: l’art 35 comma 5 in merito all’organizzazione di
Università, Accademie e Istituti di Alta Cultura, prescrive l’applicazione delle norme autonome di
tali enti pur nel rispetto delle leggi dello Stato.
- La riserva di legge rinforzata: prevede che il legislatore, nel regolare la materia, debba seguire:
una riserva di legge rinforzata per procedimento o una riserve di legge rinforzata per contenuto.
SEZIONE 3
LE FONTI STATALI
3.0 Introduzione
Lo studio delle fonti del diritto statale non può prendere avvio dall’analisi della Costituzione.
Insieme a questa verranno trattate le fonti di rango costituzionale, rappresentate da quelle altre
fonti che, poste allo stesso livello gerarchico della Costituzione, sono in grado di modificarla ed
integrarla. Successivamente saranno prese in esame le fonti statali di livello inferiore a quelle di
rango costituzionale:
- Le fonti di primo grado o primarie:
1) leggi
2) leggi regionali
3) decreti legge e decreti legislativi
4) atti risultanti dal referendum abrogativo
5) regolamenti parlamentari e regolamento della Corte costituzionale
- Le fonti di secondo grado o secondarie:
1) regolamenti (statali o regionali)
- Le fonti di terzo grado:
1) regolamenti ministeriali o interministeriali (si tratta di atti che, nel caso in cui una specifica legge
ne autorizzi l’intervento, possono essere adottati da uno o più Ministri nell’ambito delle materie di
propria competenza.
2) decreti assessoriali (potranno essere adottati dai singoli assessori)
- Le consuetudini
Tale fonte è costituita dal ripetersi nella collettività di un comportamento fintanto che questo si
consolida e venga recepito dal consociato come obbligatorio.
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La Costituzione rappresenta la legge fondamentale di uno Stato. Essa racchiude l’insieme dei
principi e delle regole organizzative essenziali su cui si basa la convivenza organizzativa di un
gruppo sociale.
Le Costituzioni moderne sono il frutto di un movimento politico e filosofico chiamato
costituzionalismo.
Il potere costituente rappresenta l’elemento genetico della Costituzione e si concretizza in una
serie di scelte relative alle varie opzioni che possono essere adottate per configurare l’assetto
fondamentale di uno Stato.
Le circostanze storiche ed i modi che danno origine ad una Costituzione, infatti, spesso
condizionano l’esercizio del potere costituente, ponendo una serie di limiti:
- limite implicito: caratterizzato dalle condizioni storiche e politiche
- limite esplicito: all’esercizio della podestà costituente.
- condizionamenti intrinsechi: legati alla stessa struttura del potere costituente. In questo senso,
l’impostazione ideologica e la consistenza numerica delle varie forze politiche presenti in
Assemblea costituente hanno influenzato sicuramente le scelte in merito.
Con la sua entrata in vigore, si esaurisce il compito e la funzione del potere costituente che ha
lasciato spazio all’operatività dei poteri costituiti, intesi come l’insieme degli organi a cui è
attribuito il compito di garantire il funzionamento delle strutture statali.
Le Carte costituzionali si distinguono tra loro per alcune caratteristiche. Innanzitutto, bisogna
distinguere:
- Costituzioni scritte: sono quelle in cui i principi e le regole relative alle strutture organizzative
finalizzate al funzionamento dello Stato vengono racchiuse in un documento scritto.
- Costituzioni consuetudinarie si hanno qual ora manca un testo specifico che raccolga le
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disposizioni costituzionali.
In relazione, alla resistenza formale che in grado di opporre alle modifiche, possiamo distinguere:
- Costituzioni flessibili: sono quei documenti modificabili con il normale procedimento di
formazione della legge ordinaria (non oppongono particolare ‘forza passiva’).
- Costituzioni rigide: così definite poiché per essere modificate necessitano di un procedimento
specifico e particolarmente gravoso (oppongono particolare ‘forza passiva’). Le Costituzioni rigide
si distinguono rispetto a tutte le altre fonti del diritto, oltre per il contenuto, per essere collocata al
vertice della gerarchia delle fonti.
*La Costituzione italiana è una Costituzione rigida.
La Costituzione italiana, oltre ad essere rigida e lunga, in merito all’analisi dei profili contenutistici
si può identificare come una Costituzione di stampo convenzionale. Questo perché le previsioni
sono il frutto di un accurato processo di mediazione tra le istanze e le ideologie (spesso antitetiche)
delle forze politiche presenti in Assemblea costituente (prevalente rappresentanza della componente
cattolica).
- Costituzione materiale: allude a quelle parti della Costituzione che hanno trovato concretamente
attuazione. In dottrina, alcuni studiosi hanno articolato maggiormente quest’ultimo concetto,
preferendo parlare di Costituzione effettiva per indicare le prescrizioni costituzionali effettivamente
operative.
Le leggi di revisione della Costituzione sono quelle fonti di livello costituzionale capaci di
modificare una o più disposizioni del Testo Costituzionale.
La Costituzioni si pone come norma sulla produzione rispetto alle leggi di revisione costituzionale.
Queste potranno operare nei limiti in cui il potere costituente ha previsto che le Camere possano
adottarle.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
1) fase necessaria si avvia tramite l’iniziativa; ossia la presentazione di una proposta di legge
avente oggetto l’approvazione di una legge di revisione costituzionale o di un’altra legge
costituzionale.
2) fase istruttoria riguardante l’analisi e l’esame del progetto di legge.
3) Viene richiesto che l’approvazione di tali fonti sia conseguenza di una doppia delibera da parte
di ciascuna delle Camere.
4) Trascorsi almeno 3 mesi dovrà ripetersi la nuovamente la delibera dei due rami del Parlamento.
*La prima delibera basta la normale maggioranza semplice (la metà più uno dei presenti).
*La seconda delibera dovrà raggiungere almeno la maggioranza assoluta (la metà più uno dei
componenti di ciascun ramo).
*L’art 138 prevede che si possa applicare la maggioranza qualificata (due terzi dei componenti).
5) Il raggiungimento di una o dell’altra maggioranza modifica il proseguimento del procedimento:
- Nel caso della seconda votazione si deliberi a maggioranza assoluta, l’art 138 specifica che la
legge verrà pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale per tre mesi con ‘valore meramente notiziale’
affinché i soggetti indicati dalla previsione costituzionale possano decidere se: richiedere un
referendum costituzionale o se non ritenuto opportuno si procederà alla promulgazione e ad una
seconda pubblicazione.
- Nel caso della seconda votazione si deliberi a maggioranza qualificata dei due terzi dei
componenti delle Camere, il Costituente ha ritenuto fuori luogo l’eventualità di una consultazione
popolare, presumendo una conformità di vedute tra il popolo ed i suoi rappresenti che, con una
maggioranza tanto ampia, si sono pronunciati favorevolmente all’approvazione di un progetto di
riforma costituzionale. Si procederà direttamente alla promulgazione presidenziale, e
successivamente, alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, affinché la legge entri pienamente in
vigore.
La disciplina del referendum costituzionale è contenuta nella legge n°352/1970. Affinché il testo
della legge (di revisione o costituzionale) sia approvato è necessario unicamente il raggiungimento
del quorum funzionale (numero dei voti favorevoli sia superiore a quello dei voti contrari).
Tale referendum, è da considerarsi una fase eventuale del procedimento di revisione costituzionale.
Questa è legata a due fattori:
1) al tipo di maggioranza con cui la Camera ha deliberato la seconda volta (maggioranza assoluta)
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
2) alla scelta che i soggetti legittimati riterranno opportuna operare in ordine alla richiesta o meno
della consultazione referendaria.
Relativamente, all’oggetto del referendum costituzionale l’art 138 Cost parla di “leggi”. In questo
caso, tuttavia, parlare di leggi vere e proprie non sembra del tutto appropriato, visto che si tratta di
atti normativi che non sono ancora in grado di produrre i loro effetti in attesa del responso popolare.
Sarebbe più opportuno parlare di ‘leggi sospensivamente condizionate’.
In merito alla natura giuridica di tale referendum, è da scartare ogni tipo di assimilazione rispetto
alla finalità del referendum abrogativo. Il referendum costituzionale interviene su fonti non ancora
efficaci, poiché in attesa di entrare in vigore. L’abrogazione, invece, interviene sull’efficacia di un
atto normativo già vigente.
Nel referendum costituzionale si è voluto individuare un ulteriore strumento per far si che le
minoranze politiche, possano ulteriormente opporsi all’approvazione della legge (costituzionale o di
revisione) rimettendo la scelta definitiva al popolo.
La Costituzione indica anche i limiti da rispettare ove si voglia procedere ad una modifica del Testo
costituzionale.
A ciò viene dedicato l’art 139 Cost, in cui viene disposto che ‘la forma Repubblicana non può
essere oggetto di revisione costituzionale’.
Appaiono desumibili:
- limiti espliciti: in merito alla non revisionabilità della ‘forma repubblicana’.
- limiti impliciti: allude alla ‘forma repubblicana’ come anche a una serie di elementi ugualmente
importanti nel delineare l’assetto irrinunciabile del nostro ordinamento. In questo senso sono da
considerarsi immodificabili: i ‘principi fondamentali’ della nostra Costituzione e tutta la Parte I
della Costituzione.
Restano esclusi da tale limite, gli interventi migliorativi, volti ad estendere in senso ampliativo il
regime giuridico contenuto in quelle previsioni.
Ad esempio, la modifica all’art 27 comma 4 che ha esteso il termine assoluto del divieto alla pena
di morte dando quindi una maggiore copertura costituzionale al diritto alla vita.
3.2.1 Le leggi
La legge è una fonte-atto posta in essere dai poteri costituiti eletti dal popolo. In particolare, tra i
poteri dello Stato, il potere legislativo è quello a cui è attribuita la potestà legislativa, vale a dire la
possibilità di creare le leggi.
La Costituzione italiana attribuisce la potestà legislativa allo Stato, che la esercita tramite il
Parlamento, ed a entri di autonomia quale le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
L’attuale assetto della potestà legislativa ha subito delle radicali modifiche a seguito della riforma
del Titolo V della Costituzione. Il quadro legislativo costituzionale della potestà legislativa è
adesso ricavabile non solo dall’art 70 ma anche dal riformato art 117.
Il nuovo articolo 117 Cost dopo aver individuato i limiti della potestà legislativa tanto dello Stato
quanto delle Regioni ha poi indicato le materie assegnate alla potestà legislativa concorrente,
prima di chiudere con la previsione della potestà legislativa residuale delle Regioni (a statuto
ordinario).
Le Regioni a statuto speciale continuano a riferirsi ai loro testi statutari il fondamento della propria
potestà legislativa sebbene sia stata introdotta una clausola di maggior favore anche per le Regioni
a statuto speciale.
Le leggi formali possiedono la forma e l’efficacia tipiche dello strumento ordinario di produzione
normativa dello Stato.
Esse fanno parte delle fonti di primo grado e qualificano l’intero sistema delle fonti primarie.
Le altre fonti di pari livello vengono anche definite come atti con forza e valore di legge.
Con tale accezione, si vuole indicare che godono:
- forza attiva: di innovare l’ordinamento giuridico e abrogare le leggi subordinate ad esse.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
- forza passiva: di resistere alla forza abrogratrice delle altre norme giuridiche subordinate.
Le leggi + gli atti con forza e valore di legge costituiscono il complesso delle fonti di primo grado.
Si parla di un sistema chiuso perché non esistono altre fonti a parte quelle costituzionali, che ne
disciplinano la forma e l’efficacia.
Il primato della legge è andato via via sempre più riducendosi perché gli atti normativi del Governo
con forza e valore di legge (decreto-legge) vengono spesso preferiti alla legge formale e inoltre si
assiste sempre di più all’erosione del concetto di sovranità nazionale.
Le leggi atipiche fuoriescono dal ‘tipo’ normativo di legge ordinaria presentando alcune peculiarità
per ciò che riguarda la loro forza o il contenuto. Non sono classificabili all’interno di una categoria
uniforme e secondo parametri univoci, poiché presentano delle caratteristiche eterogenee le une
dalle altre.
Lì dove l’atipicità riguarderà la forza di tali leggi sarà possibile parlare di leggi rinforzate.
Quando, invece, l’atipicità andrà a caratterizzarne il contenuto si tratterà di leggi meramente
formali.
Le leggi rinforzate mostrano elementi atipici riferibili alle diversità del loro procedimento di
approvazione rispetto a quello normalmente previsto per la formazione della legge ordinaria:
- alcune nella fase dell’iniziazione legislativa
- alcune nella fase costitutiva
Sono, in ogni caso, caratterizzate da una particolare forza che le rende non sottoponibili al
referendum abrogativo e dell’esclude che possono essere modificate o abrogate da una comune
legge ordinaria.
Esempio di leggi rinforzate con fase complessa di formazione del disegno di legge: leggi di
esecuzione dei Patti Lateranensi e le leggi che regolano i rapporti fra lo Stato italiano e le regioni
diverse dalla cattolica.
Esempio di leggi rinforzate con aggravato procedimento parlamentare di approvazione: leggi
attuative del regionalismo differenziato o leggi di amnistia e indulto.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Anche le leggi meramente formali presentano una scissione tra forma e forza. Esse, infatti, pur
possedendone la forma, sono prive del normale contenuto della legge (non sono in grado di
introdurre norme di portata generale e astratta capaci di innovare l’ordinamento).
L’iniziativa di tali leggi è rimessa esclusivamente al Governo, il Parlamento non può disporre del
loro contenuto.
Esempio: leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e la legge di approvazione
del rendiconto consultivo.
3.2.1.4 La legge di bilancio e gli strumenti normativi relativi alle politiche economiche e finanziarie
dello Stato
La recente legge cost. n 1/2012 ha profondamento innovato la tematica del ‘bilancio dello Stato’
riformulando sostanzialmente la disposizione dell’art 81 Cost. nell’ottica di quello che molti
commentatori hanno definito il principio del pareggio del bilancio.
La rinnovata previsione costituzionale pare più elastica di quanto a prima vista si possa pensare. Il
legislatore di revisione, infatti, facendo riferimento al rapporto tra le entrate e le spese dello Stato,
ha preferito parlare di ‘equilibrio’ piuttosto che di ‘pareggio’.
La norma costituzionale, infatti, prescrivendo la necessità di tener conto ‘delle fasi avverse e delle
fasi favorevoli del ciclo economico’ ha imposto al legislatore l’obbligo di praticare politiche
anticicliche tali per cui l’equilibrio di cui si diceva sarà garantito dall’applicazione di politiche
economiche di segno opposto rispetto all’andamento della congiuntura economica.
La differenza tra pareggio e equilibro è ulteriormente confermata dalla previsione contenuta nel
secondo comma dell’art 81 Cost, dove viene ammesso il ricorso all’indebitamento.
L’indebitamento pubblico che la previsione costituzionale ritiene ammissibile è circoscritto a due
ipotesi:
1) in ragione degli ‘effetti del ciclo economico’.
2) in presenza di ‘eventi eccezionali’ tramite previo atto di autorizzazione del Parlamento, adottato
a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. (l’atto di autorizzazione è indefinito
non essendo specificato se si tratti di una legge o un semplice atto di indirizzo). Gli eventi
eccezionali che giustificano tale indebitamento sono: gravi recessioni economiche, crisi finanziarie
e gravi calamità.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Il terzo comma dell’art 81 prescrive che la valutazione della copertura finanziaria di ogni previsione
normativa sia attendibile.
In particolare, usa i termini ‘spese’ e ‘nuovi e maggiori oneri’, si può quindi ricavare che si voglia
andare a coprire non solo le uscite ma anche le eventuali riduzioni delle entrate al fine di ottenere un
‘equilibrio finanziario’.
In linea con gli stessi obiettivi, sono intervenuti in materia di Pubblica Amministrazione e di Enti
locali definendo il compito di armonizzazione dei bilanci pubblici esclusivamente allo Stato.
In seguito, è stata introdotta recentemente, una nuova legge di bilancio: oltre a soffermarsi sul
bilancio di previsione annuale dello Stato, dovrà individuare gli interventi che il Governo intende
mettere in atto nei successivi tre anni per raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica.
Si articola in due sezioni:
1) presenta una parte normativa con cui è possibile introdurre modifiche alle norme che disciplinano
le entrate e le uscite pubbliche.
2) ha prevalentemente funzione contabile. Essa indica le previsioni di entrata e di spesa formate
sulla base della legislazione vigente. Tali previsioni vengono inoltre integrate con gli effetti delle
disposizioni della prima sezione.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Successivamente il Governo invia alle Camere la nota di aggiornamento del DEF dove sono
segnalati gli eventuali osservazioni e cambiamenti.
La legge di bilancio deve essere approvata entro la fine dell’anno. Ove ciò non accada si aprirà
l’esercizio provvisorio che, per durata non superiore ai quattro mesi, permette al Governo di
riscuotere le entrate e di effettuare le spese sulla base di quanto è disposto dal disegno di leggi di
bilancio in attesa di approvazione.
3.2.2 Gli atti normativi del Governo con forza e valore legge
A comporre il sistema delle fonti di primo grado, oltre alla legge, concorrono anche altri atti con
forza e valore di legge quali il decreto legislativo e il decreto-legge.
Si tratta di fonti-atto che pur, differenziandosi dalla legge sotto il profilo della forma, sono in grado
di incidere sull’ordinamento giuridico con la stessa forza della legge.
La Costituzione ha collocato le previsioni relative a tali fonti, immediatamente dopo le disposizioni
dedicate alla legge in modo da racchiudere in un’unica sezione la disciplina dell’intero sistema delle
fonti primarie.
Gli atti con forza e valore di legge costituiscono dei provvedimenti tramite i quali il Governo può
adottare fonti normative di rango primario.
Elemento comune ad entrambi gli atti è la forma del decreto, strumento tipico tramite il quale il
potere esecutivo esercita le sue funzioni. Le diverse procedure da seguire per la loro adozione
mettono in evidenza le differenti ragioni giustificatrici:
- il decreto legislativo è giustificato dalla capacità del Governo di affrontare tematiche
particolarmente complesse e tecniche.
- il decreto-legge è stato giustificato inizialmente per porre rimedio a casi di emergenze, ad oggi si
pone come rimedio per l’incapacità degli organi di rappresentanza politica di essere tempestivi nel
porre rimedio alle esigenze della società.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Il decreto legislativo è un atto con forza e valore di legge che può essere adottato dal Governo al
fine di dare svolgimento alla delega conferitagli con legge dal Parlamento.
È giustificato dalla necessità di intervenire in settori particolarmente complessi, la cui
regolamentazione può essere meglio predisposta sulla base delle conoscenze tecniche che il
Governo possiede in quanto organo di vertice dell’amministrazione statale.
La disciplina costituzionale della delega legislativa è offerta dalla lettura congiunta degli artt 76 e
77.
L’atto con il quale il Parlamento delega l’esercizio della funzione legislativa deve assumere la
forma della legge.
La delega legislativa pare trovare la sua ragione nel fatto che il destinatario della delega legislativa
può essere solo il Governo, nella sua collegialità, e non i singoli ministri.
Ciò in virtù del legame fiduciario che, nella nostra forma di governo parlamentare, lega il Governo
allo stesso Parlamento.
Ad essere delegata può essere soltanto l’esercizio della funzione legislativa. Il Parlamento, in ogni
caso, mantiene la titolarità, di conseguenza lo stesso Parlamento potrà anche decidere di revocare
la delega in modo espresso o tacito:
- revoca espressa: nel caso in cui, con una legge successiva a quella della delega, le Camere
dispongano esplicitamente di ritirare la deroga prima concessa al Governo.
- revoca tacita: se nel periodo in cui viene concessa la delega, il Parlamento approvi una legge nella
medesima materia oggetto della precedente delega.
L’art 76 Cost. individua il ‘contenuto necessario della legge di delega’ chiarendo che l’esercizio
della funzione legislativa può essere delegato ‘soltanto per tempo limitato’ con riferimento ad
‘oggetti definiti’ e nel rispetto dei ‘principi e criteri direttivi’ stabiliti dal Parlamento.
L’oggetto della delega può essere ampio ma individuato senza alcun margine di dubbio.
Non possono essere conferite deleghe, in quelle materie in cui la Costituzione delinea un rapporto
dialettico tra Parlamento e Governo, prescrivendo una necessaria alterità tra le funzioni dell’uno e
quelle dell’altro.
Il termine entro il quale il Governo può esercitare la delega deve essere assolutamente
determinato e limitato.
*Nel caso si ecceda di due anni vi è l’obbligo per il Governo di richiedere il parere delle
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Commissioni parlamentari competenti per materia sugli schemi dei decreti legislativi.
*Almeno 20 gg prima della scadenza del termine indicato nella delega, il testo del decreto
legislativo deve essere trasmesso al Presidente della Repubblica per l’emanazione.
L’art 76 Cost prescrive che la legge di delega dovrà precisare i principi e i criteri direttivi che
dovranno orientare l’attività normativa del Governo. Attribuisce al Parlamento il compito di
determinare, tanto i principi quanto i criteri direttivi. In ogni caso, la prassi relativa all’adozione
della legge di delega ha portato ad una crescente assimilazione tra principi e criteri direttivi, con
conseguente difficoltà di inquadrare autonomamente gli uni e gli altri.
L’adozione del decreto legislativo non esaurisce il valore della legge di delega che anzi assume una
duplice funzione: ausilio interpretativo e parametro di legittimità.
Una particolare tipologia di decreti legislativi è quella a cui si ricorre per dare attuazione agli statuti
speciali.
In questo caso è previsto l’intervento di un apposito organo di rilevanza costituzionale, denominato
Commissione paritetica Stato-Regione.
La nomina dei componenti della Commissione paritetica spetta al Presidente del Consiglio dei
ministri che, di norma, delega tale compito al Ministro per gli affari regionali.
La Commissione paritetica assume una duplice valenza:
- dichiarativa-ricognitiva rispetto alla componente regionale.
- valore sostanziale di nomina per i membri designati dallo Stato.
Per scelta del Presidente viene rispettato il principio di alternanza Stato-Regione. La Commissione
paritetica è rinnovata in seguito all’insediamento di ogni nuovo Governo statale o regionale e i
nuovi componenti sceglieranno tra loro anche il nuovo presidente.
Il provvedimento adottato è rappresentato dal decreto legislativo di attuazione degli statuti speciali.
Tale atto normativo, presenta alcune particolarità che lo differenziano dal modello tipico di decreto
legislativo:
- manca previa delega legislativa
- valore sopraordinario rispetto alle fonti primarie.
Come si sviluppa:
- prende avvio dalla Commissione paritetica Stato-Regione.
- deliberazione da parte del Consiglio dei ministri, alla cui riunione è invitato a partecipare il
Presidente della Regione interessata.
- Il Consiglio dei ministri potrà o accettare o respingere la proposta formulata (no modifiche).
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
- Emanazione del decreto legislativo da parte del Presidente della Repubblica, a cui seguirà la
pubblicazione e quindi l’entrata in vigore del provvedimento.
3.2.2.3 Il decreto-legge
3.2.2.3.1 Definizione
Il decreto-legge è un atto con forza e valore legge che il Governo può adottare, senza preventiva
delega delle Camere, per far fronte repentinamente ad avvenimenti imprevedibili ed eccezionali.
Si tratta di un provvedimento normativo con efficacia immediata ma dalla durata provvisoria di 60
giorni. Entro tale termine, infatti, il decreto governativo dovrà essere convertito in legge, stabilendo
i suoi effetti nell’ordinamento.
Diversamente, in caso di mancata conversione, perderà efficacia retroattivamente (sin dal momento
della sua originaria adozione).
Originariamente, il Costituente aveva immaginato il decreto-legge come un atto straordinario da
utilizzarsi nel caso in cui fosse necessario fronteggiare emergenze inattese. La prassi più recente,
tuttavia, ha visto un crescente ricorso al suo utilizzo per superare le lungaggini dell’iter legislativo,
al fine di dare risposte immediate alle esigenze sociali.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Tutti e tre gli elementi devono sussistere congiuntamente, a ciò si deve aggiungere che la
valutazione circa la ricorrenza di tali presupposti deve essere relativa alla situazione attuale, non
presumibile nel futuro.
*In caso, che durante la valutazione politica riservata al Parlamento, si evidenziasse un ‘evidente
mancanza’ dei presupposti, si ricorrerà al controllo di legittimità da parte della giustizia
costituzionale.
I limiti da rispettare nell’adozione dei decreti legge disposti al Governo che non può:
a) conferire deleghe amministrative
b) provvedere nelle materie coperte da riserva d’assemblea
c) rinnovare le disposizioni di decreto legge dei quali anche solo una Camera abbia negato la
conversione
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Immediatamente dopo la sua pubblicazione, il decreto-legge deve essere presentato alle Camere
unitamente con un disegno di legge di conversione, affinché il Parlamento entro 60 giorni possa
procedere alla conversione in legge.
La legge di conversione determina il venir meno della provvisorietà del decreto legge,
stabilizzando e rendendo definitiva la disciplina normativa da questo introdotta.
Il procedimento di approvazione:
1) prende avvio con la presentazione in Parlamento di un disegno di legge finalizzato alla
conversione del decreto-legge.
*Anche se sciolte le Camere vengono richiamate. La conversione dei decreti-legge rientra nelle
funzioni che possono svolgere in regime di progatio.
2) Unitamente al disegno di legge, il Governo deve presentare una relazione con la quale, dato
conto dei presupposti necessari e di urgenza, vengono descritti gli effetti che ci si aspetta con la sua
attuazione.
3) Il procedimento deve concludersi entro 60 giorni dalla pubblicazione del decreto che gode del
‘diritto di precedenza’ ossia scavalca le altre proposte di legge già inserite nei calendari dei lavori
precedentemente.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Durante l’iter di approvazione è possibile che il Parlamento approvi degli emendamenti rispetto
all’originario testo decreto legge governativo ed hanno efficacia dal giorno successivo a quello di
pubblicazione della legge di conversione.
Possiamo distinguere:
- emendamenti soppressivi: eliminano parte della disciplina introdotta con il decreto governativo.
- emendamenti sostitutivi: sostituiscono una parte della disciplina originaria con una nuova
introdotta dal Parlamento.
- emendamenti aggiuntivi: finalizzati ad ampliare la disciplina introdotta con la legge di conversione
anche in settori non contemplati dall’originario testo (ovviamente operano per il futuro secondo il
principio della irretroattività).
Il decreto-legge e la legge di conversione sono da inquadrarsi come un unicum nel quale l’oggetto
del decreto-legge tende a coincidere con quello della legge di conversione. Si tratta di una
fattispecie normativa a formazione progressiva con la conseguenza che il difetto dei presupposti
del decreto-legge si traduce in un vizio di procedura di conversione che, quindi, può essere oggetto
di una pronuncia di incostituzionalità anche nel caso in cui il vizio sia stato in riferimento
all’originario decreto legge.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
provvedimenti provvisori.
*La responsabilità del Governo per l’adozione di decreti legge è qualcosa di più rispetto alla
‘responsabilità politica’ ma un ulteriore ‘responsabilità giuridica’ che si assume l’Esecutivo e che
viene attribuita ai Ministri, che avendo preso parte al Consiglio dei ministri in cui è stato deliberata
l’adozione del provvedimento di urgenza, non abbiamo mostrato dissenso. Possono quindi
rispondere alla responsabilità penale (raramente), responsabilità civile (per danni prodotti verso i
terzi) e responsabilità amministrativo-contabile (in caso in cui lo Stato debba intervenire con dei
risarcimenti).
2) nell’art 77 comma 3 si è previsto che il Governo possa approvare una ‘legge sanatoria’.
*Si tratta di uno strumento normativo tramite il quale è possibile introdurre una regolamentazione
per i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti. Al riguardo, va precisato che si
tratta di una mera possibilità (nessun obbligo) strettamente riservata al Parlamento (riserva di legge
formale).
La mancata conversione del provvedimento governativo, tuttavia, non sempre corrisponde ad una
valutazione negativa del Parlamento. A volte, tale mancata conversione può essere causata anche
dalla semplice difficoltà, nei brevi 60 gg, di concludere l’iter parlamentare di approvazione della
legge. Tale ipotesi, invero, si acutizza nel caso di eccessivo ricorso all’utilizzo della decretazione di
urgenza.
Il verificarsi di tali circostanze ha fatto in modo che i Governi facessero ricorso alla reiterazione
dei decreti legge. Tale prassi abusata soprattutto negli anni ’90 è stata dichiarata illegittima dalla
Corte costituzionale.
Presentano una particolare veste giuridica gli atti normativi di competenza governativa previsti dalla
Costituzione per fronteggiare lo stato di guerra.
La nostra Costituzione nell’art 11 ha introdotto il principio cardine del nostro ordinamento che
vieta la guerra di aggressione ma è ammissibile l’uso per scopi di legittima difesa e su
autorizzazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Il diritto alla legittima difesa è un diritto imprescindibile degli Stati e connaturato alla loro stessa
esistenza. Lo Stato italiano può intraprendere una guerra di legittima difesa quando venga attaccato
oppure quando decida di intervenire in soccorso di un altro Stato aggredito.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
In caso di guerra:
- proroga della durata delle Camere
- la legge può ampliare la giurisdizione di tribunali militari
- le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono i poteri necessari al governo
Nel caso di interventi umanitari delle Forze Armate italiane in territori di altri Stati, il nostro
ordinamento costituzionale manca di una disciplina in merito alla procedura da attivare, si è
istaurata una prassi istituzionale che vede l’accordo tra Governo e Parlamento.
La decisione del Governo di inviare all’estero le nostre Forze Armate deve essere accompagnato
dall’intervento delle Camere che a seguito di un dibattito deliberano una risoluzione di
approvazione dell’operato dell’Esecutivo.
Il referendum è un istituto giuridico consistente in quel quesito tramite il quale si chiede al corpo
elettorale di confermare o di eliminare una scelta normativa compiuta dai suoi rappresentanti
politici.
Il referendum costituisce una manifestazione di democrazia diretta, riconducibile alla previsione
dell’art 1 Cost laddove dispone che ‘la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e
nei limiti della Costituzione’.
Il referendum abrogativo, oltre all’implicita copertura fornita dall’art 1 Cost, risulta disciplinato a
livello costituzionale dall’art 75 Cost e dall’art 2 della legge cost. n. 1/1953. La legge in questione
è rappresentata dalla legge n. 352/1970 recante “Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e
sulla iniziativa legislativa del popolo”.
Le origini di tale istituto possono farsi risalire alle assemblee medioevali, nelle quali i delegati del
popolo svolgevano un mandato imperativo.
Oggigiorno, invece, nei sistemi di democrazia rappresentativa in cui vige il divieto di mandato
imperativo, la ratio di tale istituto è radicalmente cambiata.
Il referendum abrogativo è uno strumento tramite il quale il corpo elettorale può incidere
direttamente sull’ordinamento giuridico, modificando o abrogando le scelte legislative compiute
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
dalle istituzioni rappresentative. Il referendum può essere definito come un atto di “legislazione
cattiva” tramite il quale può avvenire l’abrogazione totale o parziale di una legge o un atto avente
valore legge.
Deve essere annoverato tra le fonti di primo grado poiché anche la sola eliminazione di una legge o
di un atto normativo ad essa equiparato comporta un’innovazione nell’ordinamento.
La Corte costituzionale ha chiarito che il referendum è “un atto-fonte dell’ordinamento dello stesso
rango della legge ordinaria”.
Possiamo evidenziare il referendum come atto di legislazione “positiva” in merito alle capacità
dell’istituto referendario di ricavare nuove norme dalla medesima disposizione.
3.2.3.3. I limiti
L’art 75 Cost specifica anche i limiti di tale istituto prevedendo che “non è ammesso il referendum
per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare i trattati
internazionali”
La Corte costituzionale ha ampliato i criteri per valutare l’ammissibilità del quesito referendario
individuando una serie di ‘limiti ulteriori’ sulla base di alcune considerazioni:
- il referendum abrogativo è un atto con forza di legge ordinaria, motivo per cui tutti gli atti
normativi di rango superiore alla legge ordinaria non sono ammissibili ad essa (disposizioni di
rango costituzionale).
La Corte ha richiamato, infine, a casi in cui l’ammissibilità non è dovuta all’oggetto ma al modo in
cui è posta la domanda. Si richiede, quindi, la coerenza nel quesito (semplicità, chiarezza,
inconfondibile) in ossequio al principio della libertà di voto sancito dall’art 48.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
3.2.3.4 Il procedimento
Il procedimento di referendum:
1) prende avvio dalla richiesta di referendum: un’iniziativa popolare (raccolta firme 500.000
elettori) o un’iniziativa regionale (promossa da 5 Consigli regionali)
*Non può essere presentata né nell’anno anteriore alla scadenza della legislatura né nei sei mesi
successivi al rinnovo del Parlamento.
2) Presentare presso la cancelleria della Corte di Cassazione (dal 1°gennaio al 30 settembre di ogni
anno)
3) Inizia l’esame delle richieste affidato all’Ufficio Centrale per il Referendum.
4) Entro il 31 ottobre, il UCR pronuncia un’ordinanza con la quale, riuniti i quesiti che
eventualmente riguardano la stessa materia, può rilevare eventuali irregolarità.
*se sanabili può assegnare un termine ai delegati regionali e ai promotori di sistemare tutto (questi
possono contestare il UCR).
5) L’ordinanza definitiva del UCR deve essere poi trasmessa alla Corte costituzionale, che sarà
chiamata a svolgere un giudizio sull’ammissibilità del referendum.
6) Con la decisione di ammissibilità può considerarsi chiuso il procedimento davanti alla Corte.
7) Spetta al Presidente della Repubblica con un suo decreto, dietro deliberazione del Consiglio dei
ministri, indire il referendum (si celebra in una domenica compresa dal 15 aprile al 15 giugno).
*Se il Parlamento modifica la legge oggetto di referendum nei suoi ‘principi ispiratori’ questo non
avverrà.
8) Nella data fissata per la celebrazione del referendum verrà sottoposto agli elettori un quesito che
prevede come risposta si o no.
*Affinché il referendum sia valido è necessario che si raggiunga il quorum strutturale (la metà più
1 aventi diritto a voto) e successivamente (al termine della procedura referendaria) è richiesto il
quorum funzionale (ovvero che i si superano i no).
9) Se questa accadrà, il Presidente della Repubblica con proprio decreto proclamerà l’avvenuta
abrogazione.
10) Verrà immediatamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e l’abrogazione avrà effetto dal
giorno successivo a quello della pubblicazione.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
potrà essere avanzata una nuova proposta referendaria sulla stessa legge prima che siano trascorsi
almeno 5 anni, a meno che la prima volta non sia stato raggiunto il quorum strutturale.
Le principali fonti secondarie sono i regolamenti governativi. Tali atti sono da considerarsi
formalmente amministrativi (in quanto adottati dall’organo posto al vertice delle amministrazioni
pubbliche) e sostanzialmente normativi (contengono norme in grado di innovare l’ordinamento
giuridico).
Sono fonti di rango secondario poiché nella gerarchia delle fonti si collocano al di sotto rispetto
alle norme di primo grado poiché pur nel rispetto del principio di legalità possono essere
liberamente istruite sulla base di previsioni delle norme primarie. Quindi, il sistema delle fonti
secondarie è detto aperto.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
legge assoluta.
b) Regolamenti di attuazione o interpretazione: per ‘l’attuazione e l’integrazione delle leggi e dei
decreti legislativi recanti norme di principio, esclusi quelli relativi a materie riservate alla
competenza regionale’. Potranno essere adottati anche in presenza di riserva di legge relativa.
c) Regolamenti autonomi o indipendenti: utilizzabili per disciplinare ‘le materie in cui manchi la
disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge, sempre che non si tratti di materie
comunque riservate alla legge’.
d) Regolamenti di organizzazione: finalizzati a disciplinare ‘l’organizzazione ed il funzionamento
delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate dalla legge’.
e) Regolamenti autorizzati (o di delegificazione): questa tipologia di regolamenti viene utilizzata
per dar luogo al fenomeno della delegificazione ovvero la sostituzione di una normativa di rango
legislativo con una di rango regolamentare. La delegificazione produrrà una fittizia successione tra
una legge ed un regolamento, infatti, la legislazione vigente verrà abrogata da una legge di pari
grado, solo che gli effetti di tale abrogazione si produrranno dall’emanazione del regolamento. Si
precisa che tali regolamenti possono essere adottati in materie che non prevedono la riserva assoluta
di legge.
f) Regolamenti di riordino normativo: si tratta di una previsione finalizzata al riordino ed alla
razionalizzazione delle normative di livello secondario succedutosi nel tempo. Hanno il compito di
abrogare esplicitamente quelle precedenti disposizioni regolamentari che non sono più in vigore.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Non è stato espresso quale organo regionale deve adesso esercitare il potere di adottare i
regolamenti. La questione è stata risolta dalla Corte costituzionale che ha precisato che il riformato
Testo costituzionale, non attribuendo la potestà regolamentare a nessun organo, ha voluto lasciare
discrezione di scelta agli Statuti regionali.
Sono fonti di terzo grado perché “non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti
emanati dal Governo”. Quindi non possono contenere previsioni difformi dalle leggi.
Il procedimento di approvazione di regolamenti in questione necessita del parere, obbligatorio ma
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
non vincolante, del Consiglio di Stato. Successivamente, gli atti verranno comunicati al Presidente
del Consiglio che può sospendere l’adozione di atti da parte dei ministri competenti in ordine a
questioni sociali e amministrative, sottoponendoli al Consiglio dei ministri con riunione immediata.
Ove il Presidente del consiglio non ritenga di avvalersi di tale potere, i regolamenti verranno
emanati con decreto ministeriale o interministeriale. Seguirà poi il visto e la registrazione della
Corte dei conti e, infine, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Gli accadimenti verificatosi all’inizio del 2020 legati alla pandemia da Covid-19 hanno offerto
rilievo anche agli strumenti normativi per fronteggiare le straordinarie ed emergenziali necessità
legate al tentativo di evitare un’incontrollata diffusione del virus.
Il nostro ordinamento costituzionale non prevede una disciplina generale volta a regolamentare le
forme ed i modi di intervento dei vari poteri pubblici in ipotesi di emergenza, eccezion fatta per l’art
78 ma che specifica l’ipotesi di un eventuale guerra.
Al fine di definire le azioni da intraprendere per circoscrivere il dilagare del virus, il Governo ha
fatto uso dell’emanazione di alcuni decreti legge, per l’attuazione dei quali sono stati
successivamente adottati una serie di d.p.c.m (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri).
Gli effetti si sono concretizzati con un lungo periodo di ‘confinamento domiciliare’ che ha
comportato una serie di restrizione delle libertà fondamentali.
I menzionati provvedimenti pongono all’attenzione una serie di perplessità, in particolar modo
derivanti dal fatto che, a fronte di previsione quanto mai ampie e non tassativamente contenute nei
decreti legge, nei fatti, concrete restrizioni sono prevalentemente state ricavate dal d.p.c.m. Tali
provvedimenti pur avendo una natura formalmente amministrativa, nella sostanza sono sembrati
spingersi un po' oltre i confini dell’atto amministrativo.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
3.7 Le consuetudini
Le origini delle norme consuetudinarie sono risalenti agli ordinamenti primitivi, successivamente,
invece, i processi di produzione normativa sono stati sempre più formalizzati, individuando soggetti
istituzionali a cui è stato attribuito il compito di realizzare le fonti-atto.
Le consuetudini nascono da un comportamento ripetuto nel tempo, è condizionata da due elementi:
- elemento oggettivo o materiale: ripetizione nel tempo
- elemento soggettivo o psicologico: convinzione di doversi uniformarsi ad un determinato
comportamento.
Le consuetudini o usi sono riconosciute dal nostro ordinamento all’interno del sistema delle fonti.
In questo senso, si può parlare di consuetudine ‘proprie’ per far riferimento a quelle aventi valore
normativo.
Le tipologie di consuetudini riconosciute nel nostro ordinamento sono:
- la consuetudine secundum legem: quando le leggi o regolamenti operino un rinvio espresso alla
disciplina ricavabile dagli usi.
*L’unica che ha nella sostanza qualche rilievo e trova esplicito richiamo nel Codice civile.*
- la consuetudine praeter legem: costituita da quelle fonti consuetudinarie che possono operare
nelle materie non ancora regolate da leggi o regolamenti, sempre che ovviamente queste non siano
coperte da riserva di legge.
- la consuetudine contra legem: contrastante con disposizioni normative di rango superiore, non
può invece operare, in ragione della sua collocazione all’ultimo posto della gerarchia delle fonti.
In dottrina, hanno ritenuto di poterne giustificare l’esistenza sulla base delle lacune rinvenibili in
alcune parti del Testo fondamentale. In questo senso è stato ritenuto che, la lacunosità della Carta
del 1948 fosse una scelta non casuale.
Esempio: procedimento di formazione del governo che risulta scarna nella sua previsione (art 92)
consentendo per decenni al Capo dello Stato di effettuare le consultazioni prima di dare luogo alla
formazione del nuovo esecutivo.
Non sempre, tuttavia, gli studiosi si sono pronunciati a favore delle consuetudini costituzionali,
infatti, riprendendo l’esempio citato si ritiene già adesso che consultazioni abbiano un valore
meramente formale.
La differenza tra la regola (quale fonte del diritto) e regolarità (come ripetizione di un
comportamento) permette di evidenziare le differenze intercorrenti tra le consuetudini costituzionali
e le convenzioni costituzionali.
Queste ultime si sostanziano in un accordo, più o meno esplicito, che intercorre tra soggetti politici
o istituzionali (si nutre l’aspettativa che tale accordo venga rispettato).
La nostra Costituzione si sofferma esplicitamente nel menzionare una particolare tipologia di norma
consuetudinaria. Il riferimento è alla previsione dell’art 10 comma 1 secondo la quale
‘l’ordinamento italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente
riconosciute’.
A tale riguardo, l’opinione prevalente in dottrina ritiene di poter includere nel ‘diritto internazionale
generalmente riconosciuto’ tanto i principi dell’ordinamento quanto le consuetudini internazionali.
La disposizione costituzionale in questione, in pratica, stabilisce che in presenza di consuetudini
internazionali si determinerà nel nostro ordinamento la nascita di una norma di contenuto
corrispondente.
La norma interna sarà da inquadrare nell’ambito delle fonti-fatto, trovando la propria giustificazione
nel solo fatto dell’esistenza di una norma di diritto internazionale generale.
Si parla di ‘rinvio mobile’ proprio perché in presenza di un’eventuale modifica della norma
consuetudinaria di provenienza internazionale il nostro ordinamento si adeguerà automaticamente,
non necessitando ogni volta di una creazione di una specifica disposizione interna di rinvio.
Le consuetudini ‘improprie’ non assumono rilievo nel sistema delle fonti e vengono definite
consuetudini impropriamente.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Sezione 4
L’ordinamento italiano predispone specifiche previsioni finalizzate a regolare i propri rapporti con
ordinamenti esterni e con le fonti da questi prodotte.
Le fonti internazionali rappresentano quelle norme grazie alle quali i membri delle comunità
internazionali regolamentano le loro reciproche relazioni.
Tali tipologie di fonti vincolano gli Stati tra di loro sul piano internazionale.
Le previsioni della Costituzione italiana dedicate all’influenza delle fonti internazionali sul nostro
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Il diritto internazionale pattizio è costituito dai trattati internazionali vale a dire gli accordi
conclusi tra due o più Stati che si impegnano reciprocamente in determinati settori di comune
interesse.
I trattati internazionali sono conclusi a seguito di un procedimento articolato, disciplinato da:
- norme di diritto internazionale: disciplina prevalentemente le regole in base alle quali si svolgono i
negoziati e la successiva stipula dei trattati.
- norme di diritto interno: prende in considerazione il recepimento di tali trattati internazionali e di
conseguenza gli effetti da questi prodotti nell’ambito dell’ordinamento.
La previsione costituzionale disciplina che la ratifica del Capo dello Stato sarà preceduta
dall’autorizzazione delle Camere unicamente ‘quando occorra’.
I casi in cui tale previo passaggio parlamentare è necessario sono chiariti dall’art 80 Cost laddove
si dispone che ‘le Camere autorizzano con legge di ratifica dei trattati internazionali che sono di
natura politica o che prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del
territorio o oneri alle finanze o modificazioni di leggi’.
La legge di autorizzazione alla ratifica ha un contenuto formale standard, che si concretizza nella
seguente formula: “Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il trattato (..)”.
Tale legge è una legge meramente formale che esplica i suoi effetti unicamente nei rapporti tra
organi costituzionali, autorizzando il Capo dello Stato ad esercitare il potere di ratifica attribuitogli
dalla Costituzione.
Al di fuori dei casi richiamati dall’art 80 Cost, invece, si può prescindere dalla ratifica presidenziale
e spesso si procede mediante accordi in forma semplificata.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Concluso il procedimento di ratifica, tuttavia, il trattato non è ancora in grado di esplicare i suoi
effetti all’interno dell’ordinamento nazionale. Per far si che ciò accada, è necessario l’intervento
dell’ordine di esecuzione.
Normalmente, l’ordine di esecuzione è contenuto nella stessa legge di autorizzazione alla ratifica.
Cosicché, a seguito dell’intervento del Capo dello Stato, il trattato è astrattamente in grado di
produrre i suoi effetti.
Nello specifico, le previsioni dell’accordo internazionale saranno concretamente operative a seguito
dell’ordine di esecuzione solo nel caso in cui il trattato è autoapplicativo (non necessitano
dell’introduzione di ulteriori disposizioni interne per la loro attuazione).
Differente è il caso del trattato non autoapplicativo dove sarà necessario adottare appositi atti
normativi nazionali finalizzati a dare esecuzione agli impegni assunti sul piano internazionale.
Si consideri ancora che, per estendere le garanzie proprie della legge di autorizzazione alla ratifica
anche alle leggi che permettono la concreta operatività dei trattati, la Corte costituzionale ha
ritenuto che anche la legge contenente l’ordine di esecuzione debba:
- essere sottoposta alla riserva di assemblea
- sia esclusa dal novero delle fonti sottoponibili al referendum abrogativo.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
eventuali norme interne contrastanti con norme pattizie recepite saranno da considerarsi illegittime
per violazione della Costituzione, secondo il modello del parametro interposto.
4.2.1 L’adattamento alle norme concordatarie che regolano i rapporti tra lo Stato e la Chiesa
cattolica
Lo studio delle relazioni tra l’ordinamento giuridico nazionale e gli altri ordinamenti esterni, sotto il
particolare profilo delle conseguenze che ne discendono sul sistema delle fonti interne, non può non
prendere in considerazione anche le norme che regolano le relazioni che intercorrono tra lo Stato e
la Chiesa Cattolica.
L’art 7 comma 1 riconoscendo l’indipendenza e la sovranità tanto dello Stato quanto della Chiesa
cattolica, ciascuno nel proprio ‘ordine’ attribuisce a quest’ultima la dignità di ordinamento
giuridico.
Su livello extranazionale: questo rapporto viene disciplinato, laddove si svolgono le trattative e si
stipulano gli accorsi contenenti la disciplina dei reciproci rapporti.
Su livello nazionale: questo rapporto viene disciplinato mediante le norme esecutive di tali accordi.
Originariamente, le relazioni tra Stato italiano e la Chiesa Cattolica ricevettero una disciplina con la
stipula dei Patti lateranensi. Successivamente nel 1984, tali Patti vennero modificati dal
Concordato conseguente all’accordo di Villa Madama.
Le norme di esecuzione dei Patti Lateranensi sono dotate di una particolare forza all’interno del
nostro ordinamento:
- da punto di vista attivo: possono derogare anche alle previsioni costituzionali, purché non si
pongano in contrasto con i principi supremi dell’ordinamento costituzionale.
- dal punto di vista passivo: richiedono che si dia luogo ad una particolare procedura per poterle
modificare. In questo caso, infatti, si dovrà procedere ad approvare una particolare legge atipica, in
quanto preceduta da accordi bilaterali e rispettosa degli stessi.
Ne deriva che le fonti esecutive delle norme concordatarie sono classificabili come leggi atipiche,
poiché, pur possedendone la forma della legge, sono dotate di una efficacia superiore a quella della
normale legge statale.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
SEZIONE 5
Nella prima metà degli anni 50 del secolo scorso un piccolo gruppo di Stati del continente europeo
stipularono tra di loro trattati internazionali aventi, perlopiù, finalità di tipo economico.
A seguito di ciò videro la luce le prime organizzazione europee, dall’evoluzione delle quali ha preso
origine quel sistema giuridico che oggi conosciamo Unione Europea.
Nel corso degli anni, la sottoscrizione di numerosi altri trattati ha fatto si che tale organizzazione
fuoriuscisse dai tipici schemi del diritto internazionale, determinando la nascita di una nuova
tipologia di ordinamento che possiamo definire sovranazionale.
L’UE non ha mai assunto le sembianze giuridiche di uno Stato, le sue competenze sono conferite a
titolo ‘derivato’, secondo quanto deciso dagli Stati membri, in base alle attribuzioni previste nei
Trattati istitutivi.
L’esercizio dei poteri normativi dell’UE risulta circoscritto dal principio di attribuzione, in virtù
del quale gli Stati membri non hanno conferito all’UE delle competenze di natura generale ma solo
quelle specificamente indicate nei Trattati.
L’applicazione concreta del principio di attribuzione non è poi così rigida, infatti, tanto i Trattati
quanto la Corte di giustizia hanno introdotto strumenti finalizzati a rendere maggiormente flessibili
i margini entro i quali si può estendere la competenza dell’UE:
- clausola di flessibilità: in virtù alla quale se un’azione dell’UE appare necessaria per realizzare
uno degli obiettivi previsti dai Trattati, senza che questi ultimi abbiamo previsto i poteri di azione a
tal fine necessari, le Istituzioni europee possono adottare le disposizioni che appaiono più
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
appropriate.
- teoria dei poteri impliciti: l’attribuzione di una determinata competenza dell’UE comporta anche
il potere di adottare tutte le misure necessarie per assicurare un esercizio efficace ed appropriato di
tale competenza.
Il sistema delle fonti dell’UE, delineato dai Trattati istitutivi, costituisce uno degli elementi che
maggiormente caratterizza l’ordinamento giuridico europeo in ragione dell’eccezionale limitazione
di sovranità che impone agli Stati membri.
Possiamo distinguere gli atti vincolanti e gli atti non vincolanti.
Gli atti non vincolanti sono:
- Le raccomandazioni possono essere definite degli atti di indirizzo, svolgono un importante
funzione in sede di interpretazione delle altre fonti del diritto, orientandone la lettura nel senso più
conforme alle esigenze europee.
- I pareri sono degli atti con i quali ciascun organo dell’UE può rappresentare il proprio punto di
vista in merito ad una determinata questione.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
- La direttiva rappresenta un atto normativo che obbliga uno o più Stati membri a raggiungere un
determinato risultato in un margine di tempo prefissato, lasciando però liberi gli Stati membri
destinatari circa i mezzi da utilizzare per ottenere tale obiettivo.
Produce unicamente effetti verticali perché vincolano unicamente lo Stato a cui si rivolgono.
Lo Stato a cui le direttive sono indirizzate ha un obbligo di risultato, pur mantenendo un certo
margine di discrezionalità interna in ordine all’individuazione di soggetti e modi ritenuti più idonei
per raggiungerlo. Nell’esercizio di tale discrezionalità, comunque, lo Stato destinatario deve tenere
conto delle finalità della direttiva stessa ed a garanzia di ciò la Corte di Giustizia ha elaborato il
principio di interpretazione conforme.
In merito ai mezzi giuridici da utilizzare per l’attuazione delle direttive, nel caso in cui la materia
interessata dalla direttiva risulti già disciplinata da un precedente atto normativo nazionale, la Corte
di giustizia ha precisato che il recepimento della direttiva dovrà avvenire con un provvedimento
normativo dello stesso rango dell’atto interno che dovrà essere modificato per attuare le direttive.
! Non sono ammesse delle mere procedure amministrative !
Le direttive assegnano agli Stati destinatari un lasso di tempo per raggiungere lo scopo in esse
indicato, comportando delle responsabilità nel caso di uno Stato inadempiente.
Questo potrà essere citati innanzi alla Corte di Giustizia e potrà infliggere pesanti sanzioni
pecuniarie.
Il mancato recepimento delle direttive può andare anche a scapito dei cittadini dello Stato membro
inadempiente, in numerose sentenze la Corte di Giustizia si è appellata alla teoria dell’estoppel ove
lo Stato inadempiente risulta impedito dall’applicare la propria normativa non conferme alle
direttive disattese.
La stessa Corte ha riconosciuto in alcuni casi la possibilità di ricavare dalla stessa fonte UE degli
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
effetti diretti, permettendo cioè di applicare direttamente il precetto in essa contenuto anche in
assenza di un atto normativo nazionale di recepimento.
- Le decisioni sono atti normativi obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili. Pur
avvicinandosi per caratteristiche ai regolamenti, si distinguono da questi poiché le decisioni non
hanno portata generale ma sono indirizzate a destinatari determinati (Stati, persone fisiche, persone
giuridiche). Viene utilizzata per applicare a dei casi concreti le disposizioni generali e astratte
contenute nei Trattati o in altre fonti europee. Vengono spesso accomunati ai nostri provvedimenti
amministrativi.
- Le decisioni senza destinatari (recentemente aggiunti dal Trattato di Lisbona) sono quei
provvedimenti spesso utilizzati nel campo della politica estera e di sicurezza comune. È funzionale
ad introdurre delle disposizioni interne all’Ue relative al funzionamento delle istituzioni europee,
ovvero a dettare disposizioni di portata generale i cui effetti non ricadono direttamente sugli Stati.
Le decisioni senza destinatari vengono pubblicate nella Gazzetta ufficiale, a differenza delle altre
che vengono notificate ai destinatari e producono effetto in seguito a tale notificazione.
Gli atti normativi dell’UE spesso non si soffermano nel porre una normativa particolarmente
dettagliata, limitandosi a regolamentare gli elementi essenziali di una determinata disciplina.
In questi casi, è prevista la possibilità che tali atti legislativi possano delegare alla Commissione il
potere di emanare provvedimenti che integrino determinati elementi non essenziali dell’atto
legislativo.
Sebbene si tratta formalmente di ‘atti non legislativi’ è da rilevare come di fatto tali provvedimenti
assumano carattere normativo.
Gli atti normativi delegati, emanati dalla Commissione, sono da considerare subordinati rispetto
agli atti legislativi. Gli elementi essenziali sono riservati all’atto legislativo e non possono essere
oggetto di delega. Inoltre, bisogna precisare che gli stessi atti legislativi hanno il compito di porre i
“limiti” e le “condizioni” al rispetto delle quali è subordinata l’attività normativa della
Commissione.
La stessa disposizione attribuisce agli atti legislativi il compito di fissare le condizioni cui è
soggetta la delega.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
A partire dalla stipula dei primi Trattati europei, negli anni, ’50, sino alle più recenti revisioni degli
stessi, l’ordinamento comunitario ha fortemente inciso sugli ordinamenti giuridici dei singoli Stati
membri.
Il potere della Comunità europea, prima, e dell’UE, oggi, di adottare atti normativi propri, con
efficacia vincolante e in grado di prevalere sulle leggi interne dei Paesi aderenti, ha comportato un
forte e crescente ridimensionamento della sovranità nazionale di tali Stati. In ragione di ciò, si è
posto il problema di individuare uno specifico fondamento costituzionale idoneo a giustificare le
limitazioni di sovranità conseguenti all’adesione alle organizzazioni europee. Il percorso dei vari
Stati non è stato tuttavia univoco.
In Italia, l’unico riferimento normativo relativo all’adesione alla Comunità europea è stato
rappresentato dalla legge di ratifica del Trattato di Roma. La natura di tale fonte, in particolare, è
subito apparsa inappropriata ad offrire un adeguata copertura al ridimensionamento dei poteri
sovrani dello Stato italiano.
La Corte costituzionale ha ritenuto di poter giustificare la partecipazione del nostro Paese
all’ordinamento comunitario sulla base dell’art 11 Cost che prevede che l’Italia consente in
condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento
che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni. La disposizione non presenta degli espliciti
richiami testuali ad organizzazioni europee (ancora inesistenti), motivo per cui, per lungo tempo, si
era ritenuto che tale previsione fosse stata pensata unicamente per giustificare l’adesione italiana
alla Società delle Nazioni.
Le originarie organizzazioni europee, istituite dagli anni 50, hanno poi avuto una lenta ma continua
evoluzione.
La stipula di nuovi trattati ha portato ad una crescente estensione delle competenze comunitarie, di
conseguenza, la copertura costituzionale offerta dall’art 11 Cost è sembrata sempre più inadeguata a
regolare l’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea.
Il legislatore di revisione, quindi, ha introdotto un’apposita previsione nell’art 117 comma 1 Cost,
che dice: ‘la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto (..) dei vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario’.
Essa rende finalmente esplicito come il potere sovrano di fare leggi debba essere subordinato al
rispetto dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Tali vincoli, adesso, al pare della Costituzione, si pongono come limite espresso alle leggi interne
(statali o regionali). La prevalenza delle fonti europee su quelle nazionali, quindi, riceve un
inquadramento costituzionale idoneo a chiarire l’effettiva incidenza dell’ordinamento eurounitario
sul nostro sistema giuridico.
5.2.2 L’evoluzione del rapporto tra fonti eurounitarie e norme nazionali nel dibattito
giurisprudenziale tra Corte costituzionale e Corte di Giustizia
Nell’evoluzione del sistema giuridico comunitario un contributo determinante è stato offerto dagli
interventi giurisprudenziali della Corte di Giustizia e delle Corti Costituzionali degli Stati membri.
In particolare, tra il nostro organo di giustizia costituzionale e la Corte europea negli anni si è
istaurato una sorta di ‘dialogo indiretto’ che ha permesso di definire meglio i termini
dell’integrazione tra ordinamento eurounitario e quello italiano, delineando il rapporto che
intercorre tra le fonti dell’UE e gli atti legislativi nazionali.
1) Con la sent. n 14/1964, la Corte costituzionale manifestò di aderire alla teoria dualistica basata
sul riconoscimento di due ordinamenti distinti e separati, nei quali le norme dell’uno non possono
produrre effetti all’interno dell’altro se non in virtù di uno specifico atto di recepimento.
La Corte stabilì che tali atti normativi avrebbero assunto nel sistema giuridico interno un’efficacia
parificabile a quella della norma che ne permetteva l’ingresso, e cioè della legge ordinaria di ratifica
del Trattato. Con la conseguenza che, richiamando i normali criteri ordinari delle fonti, gli eventuali
contrasti tra fonti interne e quelle comunitarie si sarebbero dovuti risolvere applicando il criterio
cronologico.
2) L’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale diede luogo alla ferma obiezione della Corte
di Giustizia. Con la sentenza Costa/Enel del 1964, sottolineò come con l’entrata a vigore dei
Trattati istitutivi era stato istituito un ordinamento di nuovo genere, cui atti normativi prevalgono
sulle fonti interne dei Paesi aderenti. La Corte di Giustizia manifestò la sua adesione alla teoria
monista, basata sul riconoscimento di un unico ordinamento giuridico sopranazionale caratterizzato
dalla prevalenza gerarchica delle fonti comunitarie su quelle interne.
3) Al fine di avvicinarsi alle posizioni espresse dalla Corte di Giustizia, la Corte Costituzionale
avvertì la necessità di identificare una specifica copertura costituzionale in grado di legittimare
l’adesione del nostro Paese alle Comunità europee, e di conseguenza, garantire la prevalenza del
diritto comunitario su quello interno. La Consulta identificò nell’art 11 Cost la previsione
costituzionale preordinata dagli stessi Costituenti. Quindi, la Corte Costituzionale modificò il suo
precedente orientamento e riconobbe la prevalenza della normativa comunitaria su quella interna
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
contrastante facendo ricorso al criterio gerarchico. Per arrivare a questa soluzione, venne
identificato come mezzo idoneo a garantire l’applicazione e la prevalenza della fonte comunitaria il
rinvio della questione alla Corte Costituzionale.
4) Anche questa seconda posizione, sollevò alcune perplessità da parte della Corte di Giustizia circa
la mancata immediatezza e uniformità dell’applicazione dello stesso diritto comunitario. La Corte di
Giustizia con la sentenza Simmenthal del 1978 rivendicò, oltre alla prevalenza, anche la necessità di
una diretta ed immediata applicabilità delle fonti comunitarie.
5) I timori divennero fondanti durante gli anni’70, a causa dei vari intasamenti che portarono al
ritardo di 10 anni sul ricorso sulla presunta incostituzionalità per una violazione indiretta dell’art 11
Cost.
6) La stessa Corte mediante la sentenza Granital, precisò che la legge di esecuzione del Trattato ha
trasferito alla Comunità europea le competenze normative in determinate materie.
In tali settori, quindi, la Comunità può emanare norme giuridiche che si impongono direttamente
nell’ordinamento nazionale. Eventuali conflitti, vanno risolti dal giudice italiano utilizzando il
criterio della competenza. La norma interna verrà disapplicata solamente nello specifico caso
sottoposto al giudice.
5.2.3 I ‘modi’ della prevalenza delle fonti dell’UE sulla legislatura nazionale
Le fonti UE non direttamente applicabili (direttive) differentemente dalle prime, non sono in grado
di prelevare direttamente ed immediatamente sulla legislazione nazionale.
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
La Corte si è riservata il potere di intervenire nel caso in cui la normativa dell’UE entri in contrasto
con i principi fondamentali o i diritti inviolabili costituzionalmente tutelati.
In questo modo, è stata applicata la teoria dei controlimiti consistente in una verifica di
costituzionalità relativa alla compatibilità della normativa eurounitaria con la parte intangibile del
nostro ordinamento costituzionale.
Il giudizio di costituzionalità dovrebbe incentrarsi sull’ordine di esecuzione dei Trattati istitutivi
che, essendo adottato con legge ordinaria, rientra nell’ambito di attribuzione della stessa Corte.
Diversamente, utilizzando lo strumento delle sentenze di accoglimento parziale, la Corte dovrebbe
limitarsi a dichiararne la incostituzionalità “nella parte in cui..” permette l’ingresso nel nostro
ordinamento di quella singola disposizione UE contrastante con i principi fondamentali o i diritti
inviolabili della nostra Costituzione.
Il Trattato di Lisbona ha introdotto significative novità in argomento. Infatti, viene adesso attribuito
valore giuridicamente vincolante alla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, ha inoltre aperto la
strada all’adesione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali. I due documenti in questione, senza dubbio alcuno, offrono una tutela ampia e
articolata dei diritti dell’individuo. A volte addirittura superiore a quella riconosciuta dalle singole
Costituzioni nazionali.
Cosicché, se oggi, il giudice di uni Stato membro dovesse verificare una ipotesi del genere, la
questione relativa alla normativa europea in contrasto con i diritti individuali dovrebbe essere
rinviata alla Corte di Giustizia che, accertata la situazione, sarebbe chiamata a sanzionare il diritto
eurounitario per violazione dell’art 6 TUE.
Ciò nonostante, la Corte costituzionale italiana ha comunque ribadito, in più occasioni, il proprio
potere di verificare se la normativa europea, nell’interpretazione della Corte di Giustizia, non si
ponga in conflitto con altre norme della Costituzione.
La diretta applicabilità non è una caratteristica di tutte le fonti UE. Il nostro ordinamento si è dotato
di appositi strumenti normativi funzionali al costante e periodico recepimento delle normative
eurounitarie.
Questo sono:
- la legge di delegazione europea, su iniziativa del Governo deve essere presentata al Parlamento
entro il 28 febbraio. Contiene deleghe legislative ed autorizzazioni regolamentari finalizzate a
conferire all’Esecutivo gli strumenti necessari per il recepimento delle normative UE.
- la legge europea, non prevede un termine di scadenza per la sua presentazione, è un
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LE FONTI DEL DIRITTO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
provvedimento che modifica e/o abroga precedenti leggi nazionali in contrasto con obblighi
dell’UE.
La riforma del Titolo V della Costituzione ha attribuito alle Regioni un ruolo specifico nell’ambito
dell’attuazione del diritto eurounitario che interviene in materie di competenza regionale.
Molte regioni italiane hanno provveduto alla creazione di una legge europea regionale che,
similmente a quanto avviene a livello statale, viene approvata ogni anno per garantire il
recepimento e l’attuazione delle normative eurounitarie che ricadono nei settori di competenza
regionale.
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RIASSUNTO COSTITUZIONE ITALIANA: PRINCIPI, DIRITTI, LIBERTA’ E DOVERE (QUINTA EDIZIONE LIBRO)|
ALEXIA ROSELLI
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RIASSUNTO COSTITUZIONE ITALIANA: PRINCIPI, DIRITTI, LIBERTA’ E DOVERE (QUINTA EDIZIONE LIBRO)|
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2. ART. 2 COST.: “diritti inviolabili” e “doveri inderogabili” della persona umana fra
pluralismo e solidarismo;
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili
di solidarietà politica, economica e sociale”.
Nel disporre che la Repubblica “riconosce e garantisce” i diritti inviolabili dell’uomo, sia nella
dimensione individuale che sociale, qualifica come determinante il primato della persona umana.
L’insieme dei diritti di libertà sono qualificati come “inviolabili”, e questa inviolabilità assume due
caratteri:
o Intangibilità in senso negativo: lo stato ha l’obbligo di astenersi da ingerenze o compressioni
arbitrarie su di essi;
o Intangibilità in senso positivo: sostanzia nel dovere dello stato di garantire ad essi ogni tutela,
protezione e promozione.
Il carattere dei diritti della persona umana risiede nell’impossibilità di sottoporre tali diritti a
procedimento di revisione ex art. 138, in senso restrittivo o peggiorativo. Si pongono veri e propri
limiti impliciti alla stessa modifica costituzionale. Perché ne vorrebbe inficiato il carattere
democratico della forma repubblicana.
Altre conseguenze dell’inviolabilità dei diritti sono la loro onnicomprensività e la loro pre-statualità.
La garanzia dei diritti non è assicurata solo ai cittadini, ma a tutela di tutti coloro si trovino sul terreno
della Repubblica. La circostanza che li “riconosca”, implica una concezione di tipo innatistico: i
diritti inviolabili sono connaturati alla persona umana, e preesistono allo stato stesso.
L’art. 2 assicura tutela alla dimensione sociale della persona, garantendo i diritti inviolabili del
singolo e delle formazioni sociali. Si tratta di contesi aggregativi che scaturiscono dall’interazione fra
i più soggetti e perseguono le proprie finalità esistenziali e realizzano la propria personalità.
L’articolo non limita la propria garanzia alle formazioni sociali tipiche, ma le estende a tutti gli altri
corpi intermedi che concorrano comunque alla realizzazione della personalità dei singoli che vi diano
luogo (convivenze di fatto).
La seconda parte precisa che la Repubblica “richiede l’adempimento degli inderogabili doveri di
solidarietà politica, economica e sociale”: la persona non può limitarsi a pretendere dallo Stato
illimitati spazi di libertà personale, ma è chiamata alla mutua assistenza e alla collaborazione.
Il carattere inderogabile dei doveri di solidarietà: se i singoli non ottemperassero ai doveri, ne
risulterebbe compromesso il patto sociale, tali doveri sono espressamente specificati dalla stessa Carta
(es. nell’ambito della “solidarietà politica” vi è il diritto-dovere civico di voto).
3. ART. 3 COST.: il principio d’eguaglianza davanti alla legge e il superamento delle
disuguaglianze di fatto;
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso,
di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito
della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico, che, limitano di fatto la libertà e
l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’affettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
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RIASSUNTO COSTITUZIONE ITALIANA: PRINCIPI, DIRITTI, LIBERTA’ E DOVERE (QUINTA EDIZIONE LIBRO)|
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Nel comma 1 è racchiusa l’affermazione dell’eguaglianza in senso formale, tutti i cittadini sono
eguali davanti alla legge e non possono essere riconosciuti privilegi o emanate leggi che creino
discriminazioni. L’eguaglianza è stata estesa a tutte le persone, cittadini, apolidi e stranieri.
L’espressione “pari dignità sociale” significa che ogni persona deve essere tratta e riconosciuta in
quanto tale. La costituzione impone a tutti i consociati l’eguaglianza davanti alla legge, e nessuno
può porsi al di sopra di quest’ultima.
Al principio di eguaglianza formale, si accompagna quello di eguaglianza sostanziale: giustifica
quelle leggi che “apparentemente discriminatrici nei confronti di categorie o gruppi di cittadini, nella
sostanza ristabiliscono l’eguaglianza delle condizioni di queste categorie e gruppi”. Cioè sono azioni
positive che il legislatore compie per promuovere situazioni di pari opportunità fra uomini e donne.
L’eguaglianza sostanziale tende ad assottigliare la rigidità dell’eguaglianza formale, evita che le
azioni positive possano tramutarsi in forme di sperequazione ingiustificata. Da tutto questo
discende il CANONE DI RAGIONEVOLEZZA: la legge deve prevedere trattamenti normativi
uguali per fattispecie simili e trattamenti differenti per situazioni oggettivamente diverse. Si
configura un limite generale alla discrezionalità del legislatore.
4. ART. 4 COST.: il principio lavorista;
“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuovere le condizioni che rendano
effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la
propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della
società”.
Questo articolo ribadisce il valore fondamentale del lavoro, che costituisce un diritto fondamentale,
riconosciuto e promosso della Repubblica in favore di tutti i cittadini. Non può essere interpretato
come pretesa giuridica assoluta del cittadino ad ottenere un’occupazione, né come dovere dello
Stato ad assicurarla, né come diritto incondizionato del singolo alla conservazione della propria
occupazione.
L’art. 4 deve intendersi come riconoscimento della generale possibilità da parte del singolo di ottenere
un’occupazione conforme alle proprie capacità ed attitudini e come mandato di realizzare un
ordinamento che la possa rendere effettiva. Ciò attraverso l’adozione di concrete e idonee misure
volte ad assicurare la creazione di posti di lavoro.
5. ART. 5 COST.: principio unitario e principio autonomista;
“La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che
dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della
sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”.
Stabilisce che la Repubblica italiana è chiara nel porre il principio unitario come garanzia di
inviolabilità dell’integrità territoriale e politica della Nazione.
Il carattere di unità della Repubblica va inteso come preservazione dell’indirizzo politico generale
del Paese, e come primato dell’interesse nazionale della Repubblica sui particolarismi locali e su ogni
disuguaglianza territoriale nella tutela dei diritti fondamentali. Deve considerarsi come un limite di
tipo elastico all’autonomia legislativa delle Regioni e a quella amministrativa degli Enti locali, tenuti
ad esercitarle in un rapporto di leale collaborazione con lo Stato.
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RIASSUNTO COSTITUZIONE ITALIANA: PRINCIPI, DIRITTI, LIBERTA’ E DOVERE (QUINTA EDIZIONE LIBRO)|
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L’art. 8 co. 1 regola la norma costituzionale che connota la laicità dello stato, infatti il costituente ha
inteso di sancire la dignità e la rilevanza del fattore religioso nello spazio pubblico, all’insegna dei
principi di libertà e di riconoscimento di diritti inviolabili delle confessioni religiose (formazioni
sociali). Emerge l’idea di una laicità di tipo “inclusiva”, basata sulla reciproca indipendenza e
collaborazione (nell’interesse della persona umana) fra stato e confessioni.
L’art. 8 co. 2 e 3, detta le disposizioni relative ai rapporti tra lo stato e le altre confessioni acattoliche,
a cui è data la facoltà di stipulare, con lo stato, organiche intese che disciplinano i rapporti bilaterali
nelle materie d’interesse comune nel modello dei Patti Lateranensi. Lo stato provvede ad introdurle
nel sistema giuridico nazionale con una legge di “approvazione” (fonti rafforzate non modificabili,
da adattarsi ai principi supremi dell’ordinamento).
Le altre religioni che non hanno interesse a stipulare intese con lo stato restano soggette al diritto
comune (legge dei culti ammessi).
La laicità del nostro ordinamento si pone come un “metodo” di realizzazione di un pluralismo
cooperativo e personalista, all’insegna del dialogo e della condivisione.
9. ART. 9 COST.: la Repubblica italiana come “stato di cultura” e “stato dell’ambiente”;
“La repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il
paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.
Nell’ordinamento italiano la cultura viene intesa come “bene giuridico materiale”. La ratio
ispiratrice dell’art. 9 è da ricercarsi nel paesaggio del “patrimonio storico e artistico della Nazione”,
attraverso una concezione personalista, dove la cultura è connessa alla “realizzazione della
personalità umana”.
Esso conferisce alla promozione culturale la dignità di dovere costituzionale, imposto allo Stato,
alla Repubblica e a tutti gli enti locali.
Nell’art. 9 vi è un cenno alla “questione ambientale”, infatti la corte ha riconosciuto l’ambiente
come meritevole di apprezzamento e alla preservazione delle condizioni necessarie alla sua
sopravvivenza. E vi è una necessità di offrire protezione alle prossime generazioni, attraverso la tutela
ambientale (principio culturalista e ambietalista)
10. ART. 10 COST.: la condizione giuridica del “non cittadino”;
“L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente
riconosciute. La condizione giuridica di straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e
dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle
libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della
Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. Non è ammessa l’estradizione dello straniero
per reati politici”.
L’art. 10 parla della condizione giuridica dello straniero, con l’introduzione della cittadinanza
europea è stato diversificato lo status giuridico dei cittadini euro unitari, rispetto a quello dei cittadini
extracomunitari o apolidi.
Il comma 2 introduce una riserva di legge da considerare di tipo assoluto, il legislatore è libero di
accordare allo straniero condizioni di maggior favore rispetto ai parametri normativi internazionali.
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RIASSUNTO COSTITUZIONE ITALIANA: PRINCIPI, DIRITTI, LIBERTA’ E DOVERE (QUINTA EDIZIONE LIBRO)|
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Si riconosce allo straniero una condizione di eguaglianza tendenziale rispetto al cittadino italiano
per il godimento dei diritti fondamentali.
Il comma 3 è stato dedicato al diritto d’asilo, esso implica un diritto di accentramento e di
comparazione fra lo standard di libertà democratiche garantite al cittadino italiano e quello offerto
allo straniero nel proprio paese d’origine. Perciò anche laddove l’ordinamento di origine preveda il
riconoscimento dei diritti fondamentali (in modo formale, ma non pratico) lo straniero (anche gli
apolidi) potrà ottenere l’asilo politico in Italia.
Una particolare disciplina normativa regola lo status di rifugiato politico, che a differenza dell’asilo
politico è subordinato alla dimostrazione di essere vittima di una specifica e personale persecuzione
per motivi di razza, religione e altro.
Il comma 4 si riferisce all’estradizione, cioè quel procedimento amministrativo e giurisdizionale, al
quale è possibile disporre la consegna di colui che si trovi nel nostro paese, per sottoporlo ad un
procedimento penale in corso a suo carico in altro stato. La costituzione sancisce il divieto in due
casi: reato politico o dove vi sia ragione che l’imputato sia perseguibile per motivi di razza, sesso o
lingua.
11. ART. 11 COST.: i rapporti internazionali;
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle
limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le
Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
La prima questione che affronta è la guerra, intesa come ricorso alla forza armata nelle controversie
internazionali:
o Risulta assoluto ed incondizionato il ripudio alla guerra offensiva, volta alla sopraffazione
della libertà di altri Stati e popoli;
o Il divieto di quelle azioni che tendono a favorire e agevolare logisticamente uno stato
promotore;
o Risulta censurabile un permesso di utilizzare basi ed istallazioni militari presenti nel nostro
territorio a favore di uno stato promotore di aggressione armata;
o Non sarebbe giustificabile una fornitura d’armi a un paese impegnato in una guerra
d’aggressione.
Si ritiene lecita la guerra di tipo difensivo, per la salvaguardia della collettività e del territorio da
qualunque aggressione esterna. L’autodifesa costituisce un diritto fondamentale ed irrinunciabile di
ogni ordinamento, a patto che non si trasformi in una guerra offensiva.
È lecita l’autodifesa collettiva, cioè interventi militari in ambito internazionale, in difesa di un paese
alleato vittima di aggressione.
L’art. 11 giustifica la partecipazione italiana alle organizzazioni internazionali, come l’ONU, cioè
associazioni di Stati a fini di cooperazione politica. Tale disposizione rappresenta il fondamento
costituzionale che ha permesso al nostro paese di partecipare alla fondazione dell’UE, che ha
progressivamente dato vita a un ordinamento giuridico, col potere di emanare norme vincolanti per
gli stati e i loro cittadini.
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12. ART. 12 COST.: “La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e
rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni”.
Tale disposizione è di particolare importanza, poiché il tricolore è espressione primaria dell’unità e
identità della Repubblica e segno distintivo della personalità dello Stato, anche sul piano
internazionale.
Ciò giustifica il reato di vilipendio alla bandiera (art. 292 c.p.) che stabilisce: chiunque vilipende la
bandiera nazionale o altro emblema dello stato è punito con la reclusione da uno a tre anni, con
sanzioni e inasprimento di pena se l’autore sia un appartenente alle Forze Armate della Repubblica.
La bandiera è stata per molto tempo l’unico simbolo della Repubblica meritevole di espressa
menzione costituzionale, dopo è stata indicata anche la città di Roma (art. 114)
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Inoltre, prevede l’istituto della riserva di giurisdizione, sicché la limitazione deve essere disposta
dal giudice con atto motivato. In tal modo si mira ad assicurare una ampia garanzia alla libertà in
parola rispetto a quella riservata alla libertà personale e di domicilio.
Il diritto tutelato dall’art. 15 può subire restrizioni soltanto nel caso in cui le stesse risultino
necessarie alle esigenze di indagine volte alla repressione dei reati. Le restrizioni che può subire la
libertà in esame consistono nel sequestro della corrispondenza spedita dall’imputato o a lui diretta e
nelle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni telefoniche, telematiche ed informatiche.
Il diritto alla riservatezza o alla privacy è fondamento costituzionale nella disposizione contenuta
nell’art. 15, la tutela di siffatto diritto è costituito dalla sfera di intimità della persona, che dev’essere
protetta da intrusioni altrui che raccolgono aspetti della vita privata.
Il diritto alla riservatezza è individuabile, grazie all’evoluzione giurisprudenziale, in diversi precetti
costituzionali. A livello sovranazionale viene riconosciuta dall’art. 8 della Convenzione europea.
Il legislatore nazionale ha adempiuto agli obblighi comunitari attraverso il codice della privacy. Si
pone l’obiettivo di tutelare i dati personali ed in particolare la raccolta e il trattamento degli stessi. Il
codice ha previsto una disciplina restrittiva per i “dati sensibili”, ossia dati personali idonei a rivelare
l’origine razziale ed etnica, le opinioni politiche.
Per utilizzazione di questo tipo di dati è necessario sia il consenso dell’interessato, sia l’autorizzazione
preventiva del Garante per la protezione dei dati personali.
16. ART. 16 COST.: la libertà di circolazione e soggiorno;
L’art. 16 prevede la libertà di “ogni cittadino” di circolare e soggiornare nel territorio dello Stato,
salvo limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e sicurezza.
La libertà di circolazione va intesa come libertà “spaziale e residenziale” del cittadino.
Sotto il profilo della soggettività, la previsione costituzionale riserva la libertà di circolazione e
soggiorno ai soli cittadini. Stranieri e apolidi non potrebbero invocare le garanzie, ma la libertà di
circolazione è un diritto universale (esigenza dei cittadini), e in quanto tale deve trovare tutela da
parte degli ordinamenti.
L’art. 16 prescrive una riserva di legge rinforzata, infatti le restrizioni della libertà di circolazione e
soggiorno, possono essere disposte sono in “in via generale e per motivi di sanità e sicurezza”.
I motivi di sanità o sicurezza possono nascere da situazioni generali o particolari, e può esserci la
necessità di vietare l’accesso e località infette o pericolanti, di ordine di sgombero e sa esigenze che
si riferiscono a casi individuali.
Per sicurezza si intende l’attività di prevenzione dei reati anche se attribuito il significato di
incolumità pubblica, e altre volte è stata interpretata in senso ampio, sino ad includervi anche
“l’ordinato vivere civile”, ovvero “l’ordine pubblico”.
Se da un lato la sicurezza rappresenta un limite alla libertà di circolazione e soggiorno e non si può
prescindere dal riconoscimento di un “diritto di sicurezza”.
L’art. 16 sancisce accanto alla libertà di circolazione anche la libertà di soggiorno. I padri costituenti
vollero garantire il diritto di tutti i cittadini di determinare il domicilio o la residenza in qualunque
parte del territorio nazionale al fine di potervi svolgere qualsiasi attività o funzione.
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Con il termine “soggiorno” si può intendere ogni tipo di sosta in un determinato luogo senza che tale
concetto si sovrapponga con la libertà di domicilio.
L’art. 16 co. 2 garantisce ad ogni cittadino la libertà di espatrio, libertà di uscire dal territorio della
Repubblica e di rientrarvi senza alcuna limitazione specifica, salvo “gli obblighi di legge”.
Nel nostro ordinamento la libertà di espatriare costituisce un diritto soggettivo e il rilascio del
passaporto è garantito da una legge che riduce al minimo il potere valutativo dell’autorità
amministrativa che deve rilasciarlo senz’altro.
17. ART. 17 COST.: la libertà di riunione;
La libertà di riunione e di associazione sindacale o politica costituisce il sistema delle garanzie
predisposte a tutela delle libertà collettive. Libertà il cui esercizio presuppone il concorso di una
pluralità di soggetti, accomunati da un unico fine.
L’art. 17 co.1 garantisce a tutti i cittadini “il diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi”.
Del concetto di riunione la disposizione non fornisce alcuna definizione, tuttavia qualunque
raggruppamento di una pluralità di persone.
Con la formula “stesso luogo” deve intendersi come prossimità che deve sussistere tra le persone che
vogliono riunirsi. Anche il corteo, definito “riunione in movimento” va fatto rientrare nella libertà in
esame.
L’art. 17 co. 1 individua due limitazioni rafforzative, che devono svolgersi pacificamente e senz’armi,
e per le riunioni in pubblico vi è bisogno di un preavviso.
I primi due limiti costituiscono le condizioni di legittimità delle riunioni per garantire “ordine legale
su cui poggia la convivenza sociale”, cioè l’ordine pubblico che si manifesta con lo svolgimento
regolare e pacifico delle attività nella comunità statale.
La violazione di uno dei due limiti comporta lo scioglimento della riunione in luogo pubblico o
aperto al pubblico. Dobbiamo ulteriormente distinguere le armi in:
➢ Proprie: arma la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona;
➢ Improprie: strumenti atti ad offendere, il cui uso è vietato in maniera assoluta (mazze ferrate).
Le riunioni possono svolgersi in luogo privato e si intendono quegli incontri che si svolgono in ruoli
destinati all’accesso solo con il consenso del soggetto che ha la disponibilità giuridica del luogo.
Le riunioni in luogo aperto al pubblico sono quelle in cui l’ammissione è consentita a determinate
condizioni.
Le riunioni in luogo pubblico sono quelle che si svolgono in luoghi a cui tutti possono liberamente
accedere. Ma in queste riunioni è necessario dare un preavviso.
Nelle riunioni in luogo privato o aperto al pubblico, lo scioglimento può avvenire solo in casi di
commissione di reato (arresto o fermo).
Il preavviso consiste nella mera comunicazione in forma scritta con cui si notifica al questore data,
luogo, ora, oggetto della riunione e coloro che prenderanno parola. Esso si configura anche come:
o Obbligo: così facendo gli organizzatori collaborano con l’autorità di pubblica sicurezza;
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o Onere: per promotori, poiché essi potranno beneficiare i componenti della riunione di
adeguata protezione da parte dell’autorità di pubblica sicurezza (che può disporre il divieto
“preventivo” della riunione, anche in presenza del preavviso, solo qualora vi siano
“comprovati motivi di sicurezza e incolumità pubblica”)
l’assenza di fattori che possano incidere negativamente sulla salute psico-fisica del minore e del suo
sviluppo. È obbligo dei genitori educare il minore tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione
naturale e delle aspirazioni dei figli.
Un aspetto della libertà di religione consente di esercitare il culto in privato o in pubblico, purché
esso non si manifesti attraverso riti contrari al buon costume (morale o pudore sessuale).
L’art. 19 racchiude diversi aspetti della libertà di religione: i singoli hanno anche il diritto di non
essere costretti a professare o esercitare il culto, in quanto la libertà non deve essere interpretata
soltanto come libertà di professione religiosa di culto, ma deve essere intesa come “libertà da ogni
coercizione che imponga il compimento di atti di culto propri di questa o quella confessione da
persone che non siano della confessione alla quale l’atto di culto appartiene”.
Il testo garantisce la libertà di coscienza, ossia di credere o di non credere in un’entità trascendente:
“la tutela della libertà di coscienza dei non credenti rientra nella più ampia libertà in materia
religiosa”. Questa libertà riceve tutela dalle norme che garantiscono la obbiezione di coscienza:
diritto della persona a comportarsi in modo coerente e conforme alle proprie convinzioni.
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• Impliciti o logici: derivano dalla necessità di tutelare altre libertà costituzionalmente garantite
(es. il diritto di cronaca dovrà essere bilanciato con i diritti della personalità/ segreto militare).
In ambito nazionale, la giurisprudenza costituzionale ha ricompreso nell’alveo dell’art. 21 la libertà
di cronaca e la libertà di informare.
Con riferimento alla libertà di manifestazione del pensiero, bisogna sottolineare il profilo:
➢ Attivo: fa riferimento alla libertà di informare, ossia comunicare e divulgare notizie, fatti,
opinioni e idee;
➢ Passivo: tutela la libertà di essere informato e la libertà di accedere alle informazioni.
Il giudice costituzionale chiarisce che il diritto all’informazione deve esser qualificato e
caratterizzato da:
a) Pluralismo delle fonti, in modo tale che il cittadino possa dar vita ad una propria opinione
attraverso punti di vista differenti;
b) Dall’obiettività e dall’imparzialità dei dati forniti;
c) Dalla completezza, correttezza e continuità dell’attività di informazione erogata;
d) Dal rispetto della dignità umana, dall’ordine pubblico, dal buon costume e dal libero sviluppo
psichico e morale dei minori.
La costituzione dedica i co. 2, 3, e 4 alla libertà di stampa, come mezzo di comunicazione di massa
più diffuso: “non può essere soggetta ad autorizzazioni e censure”.
È esclusa qualsiasi forma di intervento preventivo alla pubblicazione degli stampati. La corte ha
chiarito il significato del provvedimento di autorizzazione disponendo il divieto di quei
“provvedimenti preventivi che potrebbero impedire la pubblicazione degli scritti destinati al
pubblico”.
È vietata la censura, ma la Costituzione al fine di prevenire e reprimere gli abusi, consente di
procedere al sequestro preventivo degli stampati, imponendone la diffusione qualora ricorra la
fattispecie di delitto prevista dalla legge sulla stampa, o nell’ipotesi di violazione delle norme
sull’indicazione dei responsabili e solo sulla base di un atto motivato dall’autorità giudiziaria.
Il sequestro può essere adottato anche nel caso in cui sia violato l’obbligo di indicazione dei
responsabili. I lettori devono essere messi nelle condizioni di poter risalire all’autore responsabile
qualora dovessero subire un danno.
La legge stabilisce che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica, poiché
consente di risalire al nome dei proprietari e dei finanziatori e ai loro orientamenti.
Vi è anche prevista l’istituzione di un registro nazionale della stampa, la pubblicità dei bilanci delle
imprese editoriali e una migliore trasparenza della pubblicità su giornali e periodici.
Il sistema radiotelevisivo italiano non trova una esplicita mozione nella Costituzione, poiché
inizialmente evitava situazioni di monopolio o oligopolio che avrebbero potuto mettere in pericolo la
libertà di manifestazione del pensiero.
Nel corso degli anni, si è assistito a una parziale evoluzione e i giudici hanno ribadito che la legittimità
del monopolio statale è per le trasmissioni su scala nazionale, dando così impulso al fenomeno della
liberalizzazione delle emittenti private e locali.
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22. ART. 22 COST.: il diritto alla capacità giuridica, alla cittadinanza e al nome;
La costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili della persona, ma si preoccupa anche di
tutelare alcuni aspetti dello status del cittadino.
Essa sembra voler scongiurare il verificarsi di quanto accaduto nei sistemi totalitari, che limitavano
la capacità giuridica dei cittadini.
Anche il diritto al nome è stato ridimensionato durante il regime previgente, infatti veniva imposta
l’italianizzazione dei cognomi di cittadini appartenenti alle minoranze linguistiche (Russovich –
Russo).
Un’eccezione alla disposizione costituzionale era rappresentata dal XIII disposizione transitoria e
finale della Costituzione, secondo cui: “i membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e
non possono ricoprire uffici pubblici e cariche elettive, ed è vietato il loro ingresso nel territorio
nazionale”, abrogata con la legge n. 1/2002.
• Imposte indirette: incidono sulla ricchezza del contribuente nel momento in cui essa
viene spesa.
➢ Tassa: è il corrispettivo di denaro dovuto all’ente pubblico per uno specifico servizio richiesto
dal privato e di cui lo stesso usufruisce. Essa è indipendente dal principio della capacità
contributiva (es. tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche);
➢ Contributo: è l’entità tributaria percepita dall’ente impositore e a carico di determinati
soggetti che ricevono vantaggi direttamente da determinati servizi pubblici.
L’art. 23 consacra il principio di legalità tributaria, tradotto dallo Statuto Albertino: “nessun tributo
può essere imposto o riscosso, se non è stato consentito dalle Camere e sezionato dal Re”.
Prevede una riserva relativa di legge, e la dottrina e la giurisprudenza costituzionale e amministrativa
concordano nel qualificare soltanto “relativa” la natura di tale riserva. Il legislatore è chiamato a
disciplinare gli aspetti essenziali delle prestazioni, ossia gli elementi che identificano e caratterizzano
il tributo.
▪ Il principio della capacità contributiva ed il criterio della progressività:
Un limite alle prestazioni patrimoniali è rappresentato dall’art. 53: l’onore fiscale è suddiviso fra tutti
i soggetti che producono un reddito nel territorio italiano, in base alla propria capacità contributiva.
La capacità contributiva è l’attitudine economica del singolo soggetto a concorrere le spese pubbliche,
ossia le spese sostenute dalla collettività, al fine di contribuire all’organizzazione di servizi destinati
a tutti i consociati indistintamente.
Il contribuente deve essere titolare di una fonte di reddito e la prestazione imposta non dovrà essere
mai tale da colpire il “minimo” di risorse necessarie ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa.
Il principio della progressività dell’imposta richiamato dal co. 2 e prevede un sistema tributario in cui
il carico fiscale cresce all’aumentare del reddito in maniera non proporzionale bensì progressiva.
L’aliquota dell’imposta aumenta in misura più che proporzionale rispetto all’incremento della base
imponibile.
È compito della repubblica garantire l’equità sociale, rimuovendo gli ostacoli di natura economica e
sociale, che limitano l’uguaglianza e la libertà dei cittadini, nonché il pieno sviluppo della persona
umana. Il principio in questione costituisce un valido strumento di perequazione del reddito tra le
diverse fasce sociali.
I diritti del contribuente sono disciplinati dallo Statuto del contribuente. Tale provvedimento
disciplina i rapporti tra contribuente e Amministrazione Finanziaria, regolamenta la produzione della
legislazione fiscale, elenca i diritti e doveri del contribuente nei confronti dell’amministrazione
pubblica. Lo statuto introduce i principi di garanzia, trasparenza ed imparzialità.
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La scelta operata dal legislatore è stata quella di contemplare due modelli differenti:
▪ Unione civile, cioè “specifica formazione sociale ai sensi degli art. 2 e 3 Cost.”, riservato alle
coppie formate da persone maggiorenni dello stesso sesso;
▪ Convivenza di fatto, aperto indistintamente a tutte le coppie (omosessuali e eterosessuali).
L’unione civile è l’unione di due persone maggiorenni dello stesso sesso costituita mediante
dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni.
A fronte della disciplina normativa di recente introduzione, la legge cirinnà aveva avuto modo di
riconoscere il rilievo delle unioni omosessuali, ma la Corta ha riconosciuto che l’unione omosessuale
rappresenta una formazione sociale non idonea a costituire una famiglia fondata sul matrimonio stante
l’imprescindibile “finalità procreativa”. Il nostro sistema costituzionale delinea un modello di
relazioni familiari incentrato sulla eterosessualità delle figure genitoriali.
La corte ha ribadito la legittimità di quelle normative che precludono alle coppie omosessuali
l’accesso alle tecniche di procreazione mediante assistita.
La convivenza di fatto è definita dalla legge come quella formazione sociale che riguarda “due
persone maggiorenni unite da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”,
la stabile convivenza potrà essere dimostrata sulla base della certificazione anagrafica rilasciata dal
comune di residenza. I conviventi possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita
comune e gli sono riconosciuti dei diritti.
2. ART. 32 COST.: il diritto alla salute;
Il diritto alla salute è protetto in via primaria ed assoluta, ed è un diritto “fondamentale”.
Il valore del diritto alla salute come “interesse della collettività” non sminuisce affatto il significato
di diritto individuale “fondamentale”, ma ne esalta la sua dimensione di “principio supremo
dell’ordinamento”.
Il collegamento dell’art. 31 all’art. 2 attribuisce al diritto alla salute un contenuto di socialità e
sicurezza. La tutela della salute pubblica e della vita altrui implica anche il dovere di non ledere e
mettere a rischio la salute di altri soggetti.
La Corte costituzionale, sulla base di quanto afferma l’art. 32 ha riconosciuto quale diritto
fondamentale della persona, il diritto di vivere in un ambiente salubre come presupposto necessario
per assicurare la salute psicofisica dei singoli.
I principi dell’art. 32 in materia di libertà di cura e di osservanza “dei limiti imposti dal rispetto della
persona umana” sono rilevanti ai fini della tutela costituzionale del diritto alla vita, nella sua fase
iniziale e terminale.
La pretesa di cui all’art. 32 si estrinseca nel diritto di ogni persona alla prevenzione, cura e
riabilitazione da qualunque genere di patologia che ne possa mettere in pericolo o compromettere la
vita o l’integrità psicofisica, mediante trattamenti erogati dallo stato nelle apposite strutture sanitarie.
È obbligo della repubblica provvedere all’erogazione di cure gratuite agli “indigenti” che non
possono affrontare le spese sanitarie.
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Il comma 2 consacra il principio della “libertà di cura”, e in base ad esso vi è la condizione che un
trattamento sanitario sia libero, spontaneo e consapevole al paziente, poiché esso non può essere
obbligato a sottoporsi a cure di qualsiasi tipo se le ritenga lesive, rischiose o inutili alla propria salute.
Ne discende il diritto del paziente al consenso informato e cioè alla completa, dettagliata ed esaustiva
informazione sul trattamento sanitario proposto, sui suoi effetti e sulle possibili conseguenze.
Il principio della libertà di cura ed il correlativo divieto di trattamenti sanitari obbligatori possono
trovare un limite laddove lo richiedono straordinarie esigenze di tutela dell’incolumità e della salute
pubblica.
Vi è la possibilità di istituire per legge trattamenti sanitari obbligatori, anche se vi è la clausola
limitativa sulla salvaguardia della dignità umana da qualsiasi rischio di degrado e di sofferenza tali
da umiliare la personalità stessa del paziente, costituisce l’invalicabile confine della possibilità del
legislatore di imporre come obbligatorio un trattamento sanitario.
La nostra costituzione non fa esplicitamente menzione del diritto alla conservazione della propria
vita, e appare innegabile che la tutela della vita sia da reputarsi come presupposto necessario all’intera
trama dei diritti inviolabili della persona umana.
La relazione fra vita e diritto alla salute era emersa nella giurisprudenza della Consulta con
riferimento alla fase inziale della vita: materia di interruzione volontaria di gravidanza. La corte
ha evidenziato come la necessaria tutela della salute e dell’integrità psicofisica della madre sia l’unico
limite alla tutela del nascituro quale “persona da diventare”.
Ma è la “fine vita” che ha creato un conflitto con altri valori costituzionali. Nel comma due si
vorrebbe garantire in maniera netta il diritto dell’ammalato di rifiutare i trattamenti sanitari che
aumenterebbero il degrado della sua dignità personale. Ma appare incerto se sia ammissibile estendere
il diritto di rifiutare le cure fino a una “legittima pretesa a lasciarsi morire” o “all’eutanasia”.
In casi del genere ci si interroga su quale rilevanza giuridica attribuire alle eventuali dichiarazioni di
rifiuto ed intervento medito dettate da questi soggetti quando erano in condizione di coscienza:
testamento biologico. L’interruzione dei trattamenti sanitari potrebbe ledere il principio di
precauzione, che imporrebbe di mantenere il soggetto in vita.
La corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p nella parte in cui non esclude
punibilità a chi “agevola l’esecuzione del proposito di suicidio autonomamente”. Si apre la strada alla
necessità di riconoscere rilievo alla volontà coscientemente formulata da quei soggetti che non
intendono avvalersi di strumenti di sostegno esterno per essere mantenuti in vita, e la consulta ha
riconosciuto che il divieto indiscriminato di aiuto al suicidio “finisce per limitare la libertà di
autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, anche quelle che possono liberarlo dalla
sofferenza”.
3. ARTT. 33 E 34 COST.: il diritto all’istruzione, scuole e università;
L’art. 33 co. 1 stabilisce la garanzia della libertà dell’arte e della scienza e del loro insegnamento
quale premessa e linea guida. Assicura agli enti e privati il diritto di “istituire scuole e istituti di
educazione senza oneri per lo Stato”, in tal modo pur imponendo allo stato di finanziare direttamente
gli istituti scolastici eretti dal privato sociale, la norma permette la possibilità di un sostegno indiretto
alla scuola non statale mediante interventi a favore degli studenti e delle loro famiglie.
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Il comma 4 contempla la possibilità che gli istituti non statali possano richiedere ed ottenere la parità
con la scuola statale, secondo modalità la cui disciplina è riservata alla legge. Può essere ottenuta nel
rispetto di due condizioni: la garanzia della piena libertà degli istituti non statali nello sviluppo del
loro indirizzo educativo e l’assicurazione che sia riservato agli alunni un trattamento equipollente a
quello degli studenti della scuola statale.
Il comma 5 tutela il criterio meritocratico e come pendant alla garanzia della “scuola aperta a tutti”,
impone la prescrizione dell’esame di Stato “per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per
la conclusione di essi”, oltre che “per l’abilitazione dell’esercizio professionale”.
Il comma 6 suggella il diritto delle Istituzioni di Alta cultura, università e delle accademie alla
propria autonomia statutaria e organizzativa, nei limiti della legge dello stato.
Il dettato costituzionale sull’istruzione è completato dall’art. 34 della Carta, tale disposizione
riconosce a ciascuno un diritto effettivo all’accesso all’istruzione, vuole assicurare a tutte le persone
la possibilità di accedere ad un percorso di crescita umana e culturale, finalizzato alla piena
promozione della personalità di ogni individuo.
Riconosce un vero e proprio diritto soggettivo azionabile nei confronti delle istituzioni pubbliche,
motivo per cui il diritto all’istruzione può essere configurato come un diritto di prestazione in
funzione del quale non è sufficiente il suo riconoscimento.
L’istruzione viene identificata come diritto e obbligo, poiché rappresenta la premessa indispensabile
per concorrere in chiave solidaristica al progresso morale e materiale della collettività, essa viene
garantita ai “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi”. Il raggiungimento dei gradi più elevati
degli stuti non può essere pregiudicato per ragioni personali, sociali o economiche.
Viene identificata la scuola dell’obbligo quale base per la concretizzazione del diritto all’istruzione,
la costituzione attribuisce alla repubblica il compito di “rendere effettivo” questo diritto con “borse
di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze”.
L’art. 34 co. 1 assicura a tutti l’accesso alla scuola, con l’obiettivo di porre le basi per una società
inclusiva, fondata sul rispetto dell’altro e la valorizzazione delle differenze, che consenta ad ogni
individuo di ricevere un’educazione adeguata alle proprie possibilità di sviluppo.
4. ARTT. 35-47.: la costituzione economica e del lavoro;
Gli articoli dal 35 al 47 delineano la Costituzione economica e del lavoro. È possibile cogliere lo
sforzo compiuto per giungere ad una sintesi fra i differenti orientamenti ideologici e culturali.
L’art. 35 assegna alla Repubblica quello della tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni,
da realizzarsi mediante “la cura della formazione e dell’evoluzione professionale dei lavoratori”,
promuovendo “gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti
del lavoro”, attraverso il più ampio riconoscimento alla “libertà di emigrazione” nei limiti degli
“obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale”.
La norma contenuta nell’art. 36 individua i fondamentali diritti del lavoratore, quali: retribuzione,
durata massima della giornata lavorativa, il riposo settimanale e il periodo di ferie retribuite. È
utilizzato dai giudici come parametro per estendere l’efficacia dei contratti collettivi di lavoro,
stipulati delle maggiori confederazioni sindacali e anche ai lavoratori non iscritti ad esse.
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L’art. 37 sancisce il principio della parità lavorativa fra uomo e donna, riconoscendo alla lavoratrice
la salvaguardia del suo ruolo nella famiglia, da garantire in accordo con le esigenze lavorative.
Dispone che “la legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoratore salariato”, precisando che
“la repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi il diritto alla parità
di retribuzione” a salvaguardia dei minori dal rischio di sfruttamento nel loro impiego lavorativo.
L’art. 38 riveste rilevanza nel sistema costituzionale di garanzia del lavoro, con l’introduzione del
diritto alla assistenza e previdenza sociale, cui corrisponde l’inderogabile dovere dello Stato ad
assicurare il sostentamento a tutti gli inabili al lavoro per qualsiasi causa che non possiedano i
necessari mezzi di sussistenza. Prevede l’intervento dello stato di fronte di situazioni di disabilità è
da intendersi come un diritto incomprimibile del cittadino.
Il doveroso intervento dello stato si realizza attraverso due forme di garanzia:
• Assistenza sociale: riservata a tutti i cittadini non in grado di svolgere un’attività lavorativa e
privi dei mezzi minimi di sopravvivenza;
• Previdenza sociale: destinata ai lavoratori temporaneamente inabili all’attività o costretti alle
definitiva cassazione del rapporto di lavoro per invalidità o vecchiaia.
Gli art. 39-40 disciplinano le due forme di autotutela dei diritti dei lavoratori: il diritto d’associazione
sindacale e il diritto di sciopero.
Il sindacato è un’associazione di lavoratori finalizzata alla difesa dei diritti ed alla salvaguardia degli
interessi di una determinata categoria.
L’art. 39 co. 1 stabilisce che “l’organizzazione sindacale è libera”, garantendo il diritto di ogni
lavoratore di associarsi a fini di autotutela. Tale norma assicura il diritto del singolo lavoratore ad
associarsi o meno, e offre garanzie ai sindacati in quanto formazioni sociali.
L’art. 40 si occupa dell’altro fondamentale strumento di autotutela dei lavoratori, stabilendo che “il
diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”, consacra così l’astensione della
prestazione da parte del lavoratore ai fini di difesa dei propri interessi quale vero e proprio diritto.
Si limita a rimettere al legislatore il compito di disciplinare la concreta attuazione del diritto di
sciopero, sotto il profilo delle finalità e delle modalità d’esercizio e dei limiti cui esso deve sottostare.
Nell’assenza di un organico intervento legislativo in materia, è stata la corte ad esercitare una sorta
di supplenza normative con diverse pronunce, che hanno individuato i limiti intrinseci (attinenti alle
modalità di esercizio) e i limiti estrinseci (incidenza di tale diritto su altre pretese garantite sulla carta)
allo svolgimento dello sciopero.
Diverse sono le forme di sciopero che la corte ha legittimato:
• Sciopero puro: astensione vera e propria del lavoro;
• Sciopero bianco: attuato mediante la rallentata e meticolosa applicazione in dettaglio delle
procedure lavorative previste;
• Sciopero contrattuale: al sostegno di rivendicazioni di tipo economico, assistenziale o
organizzativo;
• Sciopero di solidarietà: a sostegno di categorie lavorative diverse da quelle scioperanti;
• Sciopero politico: iniziative di governo e della sua maggioranza parlamentare.
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Vi è la legge che disciplina l’attuazione dello sciopero nei servizi pubblici essenziali: impone
l’osservanza dei precisi oneri, preavvisi e turnazioni che scongiurino l’interruzione o l’intollerabile
affievolimento dei servizi. È prevista l’istituzione di un’apposita commissione di garanzia per
l’attuazione delle disposizioni normative in materia (composta da nove membri nominati dai
presidenti delle camere).
Vige il divieto di sciopero per talune categorie di pubblici dipendenti in ragione della delicatezza
delle funzioni da esse svolte, e giova sottolineare come il legislatore abbia provveduto all’attuazione
dello Statuto dei lavoratori: delinea una disciplina dei principali diritti legati all’occupazione, in
ambito disciplinare, sindacale e di garanzia della persona nell’esercizio delle prestazioni sul luogo di
lavoro. La corte ha evidenziato elementi di incostituzionalità, rilevando l’illegittimità delle previsioni
in materia di licenziamento senza giusta causa e conseguente indennità da corrispondere in favore del
lavoratore.
▪ L’artt. 41-47 individuano i principali fondamenti in materia economica.
L’art. 41 stabilisce che “l’iniziativa economica privata è libera” ma che, in ogni caso “non può
svolgersi in contrasto con l’utilità sociale, recando danno alla sicurezza, libertà e dignità umana”:
compromesso di valori realizzato in materia economica. Il comma 3 individua nel metodo della
programmazione il principale strumento per una armonizzazione economica del paese.
L’art. 42 stabilisce che la “proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge” e affida alla legge
il fondamentale scopo di “assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti” mediante
specifiche disposizioni riguardanti “modi d’acquisto” e “godimento”. La prospettiva del costituente
è di netta rottura rispetto alla concezione della proprietà privata dettata dallo Statuto albertino in
termini di diritto di tipo assoluto e inviolabile.
L’art. 42, co. 3 detta i principi della espropriazione (provvedimento amministrativo mediante il quale
lo stato può acquisire da privati la proprietà di beni per destinarli a finalità di interesse pubblico).
Stabilisce che “la proprietà privata può essere espropriata per motivi di interesse generale” e ha
precisato che l’indennizzo dovuto al proprietario in caso di espropriazione “deve rappresentare un
ristoro in modo serio, congruo e adeguato”. Ad analoghi fini si ispirano:
o Art. 44: razionale sfruttamento del suolo agricolo;
o Art. 45: relativo alla valorizzazione della cooperazione economica mutualistica;
o Art. 46: sul diritto dei lavoratori alla collaborazione nella gestione delle aziende, nei modi e
limiti stabiliti dalla legge in armonia con le esigenze della produzione;
o Art. 47: posto a garanzia della tutela del risparmio in tutte le sue forme.
5. I diritti politici;
I diritti politici sono quelle situazioni giuridiche soggettive riconosciute ai cittadini per consentire
loro di partecipare alla vita politica.
Rappresentano le differenti modalità attraverso cui è possibile esercitare direttamente e indirettamente
la sovranità e si caratterizzano per la loro incidenza sul funzionamento dello Stato e
dell’organizzazione amministrativa.
Circa la loro natura giuridica, si contrappongono due diversi orientamenti, frutto di concezioni
ideologiche del rapporto tra comunità statale e singoli.
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RIASSUNTO COSTITUZIONE ITALIANA: PRINCIPI, DIRITTI, LIBERTA’ E DOVERE (QUINTA EDIZIONE LIBRO)|
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residenti all’estero hanno la possibilità di esprimere la loro preferenza nella Circoscrizione Estera per
eleggere 6 senatori e 12 deputati.
Con riferimento all’età utile per acquisire l’elettorato attivo, l’art. 48 stabilisce che “sono elettori
tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età” (25 anni per il senato). Per
quanto riguarda l’elettorato passivo, ossia l’idoneità ad essere destinatari del voto degli elettori
dispone che “sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto
i venticinque anni d’età” (eletti senatori a 40 anni).
Un’ulteriore declinazione della categoria dei diritti politici è costituita dal diritto all’accesso agli
uffici pubblici e alle cariche elettive. L’art. 51 prevede il diritto di presentare la propria candidatura
nelle diverse competizioni elettorali e di partecipazione ai pubblici concorsi.
Al riguardo, la legge n. 1/2003 ha introdotto il principio delle pari opportunità tra uomini e donne
nell’accesso ai pubblici incarichi.
DIRITTO DI ASSOCIARSI AI PARTITI POLITICI: L’art. 49 stabilisce che “tutti i cittadini
hanno diritto di associarsi liberamente in partiti politici”. La XII disposizione transitoria e finale
afferma che “è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”.
I partiti politici svolgono un ruolo fondamentale negli ordinamenti democratici, ponendosi come
raccordo permanente fra corpo elettorale e istituzioni. Essi si pongono come i detentori e i monopolisti
della rappresentanza politica: il moderno stato democrazia pluralista sia stato definito come un vero
e proprio “Parteienstaat” (stato dei partiti) in cui non vi è autentica democrazia senza la presenza e
l’azione dei partiti politici.
A partire dalla riforma elettorale del 1993 i partiti si sono presentati dinanzi al corpo elettorale in
coalizioni alternative, contenendosi il diritto di assumere la guida del paese. Tale evoluzione ha
favorito la semplificazione del quadro politico e l’affermazione della regola dell’alternanza di
governo tra due grandi coalizioni di partiti.
Con riferimento al metodo democratico, quale condizione posta ai partiti nella loro azione politica si
è posto l’interrogativo se esso si riferisca alle sole modalità dell’attività del partito, al programma,
ideologia e all’organizzazione interna.
La XII disposizione transitoria della carta pone una netta preclusione alla ricostruzione di partiti a
matrice dichiaratamente fascista. Nei confronti di tali partiti si è posta una convetio ed excludendum:
una convenzione costituzionale basata sul tacito accordo tra i partiti volto ad escludere le formazioni
ritenute “antisistema” dalla maggioranza di governo.
Il “metodo democratico” va inteso come esigenza che i partiti politici si adeguino alla democrazia
procedurale, cioè al rispetto delle regole di partecipazione democratica, senza alcune implicazione
per la loro ideologia o per lo loro struttura interna.
L’esigenza di una maggiore democraticità interna ai partiti politici che assicuri un coinvolgimento
dei cittadini e dei militanti nella formazione delle loro decisioni, con riguardo alla partecipazione
popolare nella scelta dei componenti delle liste elettorali e dei leaders dei partiti.
Fra i diritti di partecipazione politica una posizione di sicuro rilievo riveste il referendum
abrogativo, volto a privare di efficacia un atto di normazione primaria. Risponde all’esigenza di
garantire una partecipazione diretta dal popolo alle decisioni collettive. Il suo ricorso è tanto più
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RIASSUNTO COSTITUZIONE ITALIANA: PRINCIPI, DIRITTI, LIBERTA’ E DOVERE (QUINTA EDIZIONE LIBRO)|
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frequente quanto maggiore è la crisi della rappresentanza politica e la disaffezione dei cittadini alla
vita politica di un paese.
Diversa natura ha il referendum costituzionale, concepito dal costituente quale fase eventuale del
complesso procedimento delle leggi di revisione costituzionale. L’orientamento per lungo tempo
prevale circa la funzione di tale istituto ha teso a sottolineare la natura oppositiva di tale referendum
rispetto alle scelte della maggioranza parlamentare: identificandolo quale strumento di garanzia delle
minoranze.
Fra gli istituti legislativi di democrazia diretta la costituzione contempla l’iniziativa legislativa
popolare che consiste nel potere conferito ad una frazione del corpo elettorale di dare avvio al
procedimento di formazione della legge ordinaria ed a quello di revisione costituzionale.
Non vi sono limiti all’iniziativa legislativa popolare, salve le materie riservate all’iniziativa
governativa.
Si tratta di un istituto di partecipazione di limitata portata, in quanto non è previsto alcun obbligo alle
camere di pronunciarsi sul progetto di legge di iniziativa popolare.
PETIZIONE: ha un importanza assai ridotta. Sebbene il diritto di petizione sia ritenuto un istituto di
partecipazione istituzionale, si è da sempre assistito ad una sostanziale disinteresse per la perizione
che, sono state discusse nel merito degli organi legislativi.
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RIASSUNTO COSTITUZIONE ITALIANA: PRINCIPI, DIRITTI, LIBERTA’ E DOVERE (QUINTA EDIZIONE LIBRO)|
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Il comma 2 della medesima disposizione traduce tale dovere nell’obbligo di prestare il servizio
militare “nei limiti e modi stabiliti dalla legge”.
La legge ha riconosciuto il diritto alla obiezione di coscienza introducendo il servizio civile
sostitutivo o alternativo. La Corte costituzionale ha esplicitamente riconosciuto pari dignità tra leva
militare e servizio civile quali strumenti utili a difendere la patria, valorizzando adeguati strumenti di
impegno sociale non armato. Successivamente, venne sospeso il servizio obbligatorio di leva e
introducendo il servizio militare professionale.
4. La partecipazione alle spese dello Stato;
L’art. 53 stabilisce “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva”; specificando di seguito che “il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.
La parola “tutti” fa riferimento a coloro i quali che hanno interessi economici in Italia.
La “capacità contributiva” va intesa quale basilare parametro democratico che richiede sacrifici
economici più significanti a chi ha un reddito più elevato. La previsione costituzionale individua i
tributi quale strumento avente funzione redistributive.
5. La fedeltà alla repubblica;
L’art. 54 sancisce il dovere di fedeltà alla Repubblica, stabilendo “Tutti i cittadini hanno il dovere
di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la costituzione e le leggi”. Il dovere di fedeltà tracciato
dal testo non implica una incondizionata obbedienza consentendo di discostarsi dal volere dei
governanti allorché si traduca in atti contrari ai principi e ai valori consacrati nella carta costituzionale.
La dottrina ha riconosciuto il diritto di resistenza, quale posizioni giuridica in forza della quale i
cittadini devono potersi attivare in difesa delle istituzioni ove la legge si discosti da specifici e
inviolabili precetti costituzionali.
Il dovere di fedeltà si rivolge ai valori fondati l’ordinamento repubblicano così come consacrati nella
costituzione italiana. Particolare declinazione è quella contemplata nell’art. 54 che si riferisce al
dovere di fedeltà dei cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche: “hanno il dovere di adempiere
con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.
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ESTRAPOLATO E SISTEMATO DAI RIASS. DI ALESSANDRA LEONARDI I ALEXIA ROSELLI
Parte terza,
La giustizia Costituzionale
Nel sistema giuridico italiano la Corte Costituzionale è il maggiore organo di garanzia della
Costituzione repubblicana e la sua esistenza è intimamente connessa alla rigidità della nostra
Costituzione. Circa la composizione della Corte costituzionale bisogna fare riferimento all’Art. 135
Cost. il quale stabilisce che la Corte è formata da 15 giudici dei quali 1/3 nominati dal Presidente
della Repubblica, 1/3 nominati dal Parlamento in seduta comune ed 1/3 dalle supreme
magistrature ordinaria ed amministrative: 3 dalla Corte di cassazione, 1 dal Consiglio di Stato e
1 dalla Corte dei conti.
Precedente della corte costituzionale italiana è stata L’Alta Corte della Regione Siciliana,
successivamente soppressa. All’indomani del referendum istituzionale del 2 giugno 1946, le forze
politiche non erano concordi in merito ai caratteri dell’organo di garanzia del futuro ordine
costituzionale. Solo nel 1955 il Parlamento trovò l’accordo per l’elezione dei giudici di propria
spettanza, il 23 gennaio 1956 la Corte s’insediò.
Per GIUSTIZIA COSTITUZIONALE, s’intende un sistema di controllo giurisdizionale del
rispetto della Costituzione, nonché principale garanzia della rigidità della Costituzione. In Italia è
organizzata su un giudizio successivo, ovvero che investe leggi già in vigore, accentrato in quanto è
l’unico organo a svolgere tale ruolo, indiretto poiché non sono i singoli cittadini ma soltanto i
Giudici a poterla investire.
La Corte, in virtù della potestà di autoregolamentazione, con l’Art. 14 della legge n. 87/1953, si è
data norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale e per quelli d’accusa, un
regolamento generale ed altri regolamenti concernenti uffici e personale.
L’Art. 135 della Cost. ci illustra la COMPOSIZIONE della Corte:
Il numero dei giudici è pari a 15, nominati per 1/3 dal Presidente della Repubblica, per 1/3 dal
Parlamento in seduta comune con scrutinio segreto a maggioranza dei 2/3 dei componenti, ed infine
1/3 eletto dalle supreme magistrature ordinarie ed amministrative.
I giudici sono scelti tra i magistrati, anche a riposo, delle giurisdizioni superiori ordinarie ed
amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno 20
anni di esercizio. Tale composizione della Corte viene definita “ORDINARIA”.
Ma possiamo avere anche la c.d. “composizione integrata” ovvero quando viene integrata per i
giudizi d’accusa nei confronti del P.d.R. da 16 giudici popolari scelti a sorte dalle liste compilate
dal Parlamento.
Una volta nominati i giudici della Corte giureranno nelle mani del Capo dello Stato ed inizierà a
decorrere il loro mandato novennale. Nel caso in cui il giudice volontariamente e
ingiustificatamente, si assentasse per 6 mesi dall’esercizio delle sue funzioni, è prevista la misura
della DECADENZA. Inoltre, vige l’incompatibilità sia con le cariche politiche elettive che con le
professioni o con attività inerenti ad una associazione o partito politico.
ESTRAPOLATO E SISTEMATO DAI RIASS. DI ALESSANDRA LEONARDI I ALEXIA ROSELLI
come il Comitato promotore di un referendum abrogativo, anche se limitatamente per ciò che
attiene allo svolgimento del procedimento referendario.
• Per ORGANO-POTERE s’intende un organo facente parte di un sistema organizzativo
complesso, che con le proprie determinazioni può impegnare in via definitiva il potere
costituzionale cui appartiene (es. potere giurisdizionale diffuso).
• Per POTERE-ORGANO si intende, invece, un unico organo che non rientra nella tradizionale
tripartizione dei poteri, ma che svolge un’attribuzione costituzionalmente garantita (es. il Capo
dello Stato).
È stata negata, invece, la legittimazione ai partiti politici. Per quanto riguarda gli atti, è stata
esclusa, in linea di massima, la possibilità di sollevare un conflitto di attribuzione nei confronti di
un atto legislativo, con qualche parziale e recente ripensamento da parte dello stesso giudice
costituzionale.
Il conflitto, oltre alle ipotesi-limite di VINDICATIO POTESTATIS, può più frequentemente
assumere le forme di conflitto da menomazione (un potere invade l'ambito di un altro) o da
interferenza (due poteri reclamano la stessa competenza).
Rimane infine da sottolineare come la pronuncia della Corte costituzionale riguardi sia l'atto
impugnato sia, per il tramite di esso, la competenza e l'attribuzione.
I CONFLITTI INTERSOGGETTIVI – (legge n. 87/1953), soggetti legittimati sono lo Stato (nella
persona del Presidente del Consiglio dei ministri o di un Ministro da lui delegato, previa
deliberazione del Consiglio dei ministri), la Regione (nella persona del Presidente della giunta
regionale, previa deliberazione della Giunta regionale), e le Province autonome di Trento e
Bolzano (l. n. 87/1953 e art. 98, co. 2, dello Statuto del Trentino-Alto Adige). Essi insorgono
quando un ente ritiene che l’altro abbia invaso con un suo atto la sfera di competenza assegnatagli
dalla Costituzione. A differenza dei conflitti interorganici, non è ipotizzabile un conflitto
intersoggettivo che abbia ad oggetto un’omissione, benché parte della dottrina sia di diverso avviso:
l’omissione, infatti, può essere valutata solo a condizione di considerarla «atto negativo». Anche in
questo caso, il conflitto deve essere reale e non ipotetico.
È invece escluso che possa essere oggetto di un conflitto intersoggettivo un atto legislativo. Nei
conflitti intersoggettivi, a differenza di quelli interorganici, il ricorso è soggetto al termine
perentorio di sessanta giorni, che decorre dalla notificazione o dalla pubblicazione dell’atto, ovvero
dalla sua avvenuta conoscenza.
Anche nel giudizio che risolve un conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni, così come quello tra
poteri dello Stato, oggetto del giudizio, per il tramite dell'atto, è la competenza, sia in astratto sia in
concreto. Particolare rilevanza presenta, nel giudizio di cui si sta trattando, il problema del
contraddittorio. Soprattutto dopo la riforma del titolo V della Costituzione, infatti, si è riconosciuta
una sfera di competenze anche agli enti locali subregionali, i quali rimangono privi di strumenti di
tutela attivabili presso la Corte costituzionale.
Il parlamento in seduta comune è un collegio imperfetto, poiché non è legittimato a discutere prima
di decidere. È ammissibile che l’organo sia chiamato a discutere su questioni di carattere preliminare
o pregiudiziale. Per quanto riguarda le questioni elettorali, si rischierebbe di delegittimare i soggetti
chiamati a ricoprire ruoli istituzionali.
Le camere possono anche “in seduta comune, deliberare di adunarsi in seduta segreta” ovviamente
se prima di deliberare, si sia discusso in merito alla seduta segreta.
3. I procedimenti elettorali;
I sistemi elettorali sono meccanismi giudici che servono a trasformare i voti in seggi, ed è anche il
sistema attraverso il quale i cittadini con il voto, scelgono i loro rappresentati negli enti locali, regioni,
Parlamento europeo e nel Parlamento italiano. Essi si distinguono in:
➢ Sistema elettorale proporzionale: garantisce a tutti i partiti politici un numero di seggi
proporzionale ai voti ottenuti. Infatti, viene rispecchiata la volontà del corpo elettorale, ma i
partiti vengono eccessivamente frammentati e vi è una grave instabilità degli esecutivi;
➢ Sistema elettorale maggioritario: il seggio viene attribuito al candidato che abbia ottenuto
la maggioranza dei voti, incentivando la stabilità politica.
In principio vi era la legge elettorale “porcellum”, che venne dichiarata incostituzionale dalla Corte
e sostituita dalla legge “Italicum” che si basava su un sistema proporzionale, con un premio di
maggioranza da attribuire alla lista che avesse raggiunto almeno il 40% dei voti validi. Se nessuna
lista l’avesse raggiunto, si sarebbe proceduto ad un ballottaggio tra le due liste di maggioranza (vincita
di 340 seggi). La legge prevedeva che i capilista e il voto di preferenza fossero bloccati. La Corte
intervenne, dichiarando:
➢ Il sistema di ballottaggio incostituzionale, poiché lesivo del principio di rappresentatività e di
eguaglianza del voto;
➢ Ragionevole il premio di maggioranza, infatti punta a bilanciare il principio costituzionale
della necessaria rappresentatività con gli obiettivi della stabilità del governo e della rapidità
del processo decisionale;
➢ Compatibile la scelta dei capolista bloccati, cosicché l’elettore possa esprimere due
preferenze;
➢ Incostituzionale il sistema che consentiva al candidato, nel caso di multi candidature, di
scegliere in quale collegio essere eletto. Tale sistema viola il principio di uguaglianza e
personalità del voto.
➢ Invita il legislatore a sostituire il criterio del sorteggio con una regola adeguata e rispettosa
della volontà degli elettori;
L’Italicum è quindi una legge proporzionale, a turno unico, con premio di maggioranza e sistema
misto (capilista bloccati e preferenze). Esso è valido solo per le elezioni della Camera dei deputati,
infatti il Parlamento ha approvato una nuova legge elettorale “Rosellatum” (sia per Camera e sia per
Senato) con un sistema misto di attribuzione dei seggi.
La Rosellatum ha un sistema maggioritario-uninominale e proporzionale: i collegi plurinominali sono
piccoli e assegnano un minimo di due seggi a un massimo di otto, ed ogni partito prende un numero
di seggi in proporzione ai voti ottenuti. Per accedere alla ripartizione dei seggi proporzionali ogni
lista dovrà ottenere il 3% dei voti a livello nazionale, ma solo per il Senato sono ammesse le liste che
hanno raggiunto il 20% dei voti in una Regione.
Riassunti Parlamento (Quinta edizione) | ALEXIA ROSELLI
Per favorire l’equilibrio di genere, la legge è in linea con l’art. 51 Cost, e prevede che: “nessuno dei
due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60%”.
Il 4 marzo 2018 le elezioni per il rinnovo delle camere, vennero eseguite con la legge elettorale
Rosellatum.
4. La composizione e la durata in carica del Parlamento;
La Camera dei deputati ed il Senato della repubblica durano in carica cinque anni, inizialmente i
deputati erano 630 (12 eletti nella circoscrizione estera) e i senatori erano 315 (di cui 6 nella
circoscrizione estera).
Ma l’8 ottobre del 2019 venne approvata in via definitiva la legge che prevede la riduzione del
numero dei parlamentari: 400 deputati e 200 senatori. Il Parlamento ha approvato la legge del 27
maggio 2019 n. 51 per assicurare l’applicabilità delle leggi elettorali indipendentemente dal numero
dei parlamentari, e per rendere neutra la normativa elettorale per le camere.
Come stabilisce l’art. 138 Cost. la legge può essere sottoposta a referendum popolare, solo se entro
tre mesi dalla sua pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o
cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali.
Un quinto dei senatori ha richiesto di sottoporre la riforma al vaglio popolare, ma in relazione
all’emergenza Coronavirus è stato considerato opportuno un differimento all’autunno 2020 del
referendum (inizialmente previsto per marzo). Il referendum si è svolto il 20 e 21 settembre 2020, e
gli elettori si sono pronunciati in maggioranza per il SÌ, portando la riduzione del numero dei
parlamentari in vigore nella prossima legislatura.
La costituzione prevede un numero ristretto di Senatori a vita nominati dal capo dello Stato, ed ai
sensi dell’art. 59 Cost. possono essere nominati senatori a vita “cinque cittadini che hanno illustrato
la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. Chi è stato PR è
senatore di diritto e a vita, salvo rinuncia.
Il numero complessivo dei senatori a vita non può essere maggiore di cinque, e una recente modifica
consente ai senatori a vita e di diritto a vita di non entrare a far parte di alcun gruppo, risolvendo il
nodo interpretativo dei cinque senatori di nomina presidenziale come “numero chiuso”.
L’elettorato passivo spetta a tutti i cittadini che abbiano compito nel giorno delle elezioni i 25 anni di
età per la Camera e i 40 per il Senato. Vi sono state delle proposte di leggi costituzionali che vogliono
abbassare il limite di età (18/25), riuscendo a realizzare l’uniformità dei requisiti di elettorato attivo
e passivo per il Senato della Repubblica con quelli già previsti per la Camera.
Secondo l’art. 6, co. 2 Cost. “finché non si riuniscano le nuove camere sono prorogati i poteri delle
precedenti”: le camere scadute sono chiamate a svolgere le loro funzioni in regime di proroga. Esse
sono tenute a compiere atti indifferibili ed urgenti, quali: approvazione della legge di bilancio,
deliberazione dello stato di guerra e il riesame delle leggi rinviate.
La costituzione prevede un obbligo per le Camere, che nel caso di presentazione di decreti-legge per
la loro conversione, sono “appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni”, anche se
sciolte. Fa espresso divieto alle camere scadute o che sono alla fine del mandato di procedere
all’elezione del nuovo PR, affidando così al nuovo parlamento il compito di eleggerlo.
Riassunti Parlamento (Quinta edizione) | ALEXIA ROSELLI
La costituzione esclude la proroga della durata in carica delle Camere, salvo sia disposta per legge
e in caso di guerra. L’art. 60, co. 1 Cost stabilisce che la “Camera e il Senato sono eletti per cinque
anni”.
Il potere di convocare per la prima volta le camere spetta al PR in una data fissata nel decreto, che
deve avvenire “non oltre il ventitreesimo giorno dalle elezioni”. Le camere si riuniscono di diritto il
primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre, di fatto se una camera si riunisce in via
straordinaria (su iniziativa del suo Presidente, del PR o di un terzo dei componenti) è convocata di
diritto anche l’altra: per consentire il contemporaneo svolgimento dei lavori.
5. I principi che regolano il funzionamento delle Camere;
L’art. 64, co. 2 Cost ammette che “ciascuna delle due camere e il parlamento in seduta comune
possono deliberare di adunarsi in seduta segreta”. La pubblicità dei lavori è garantita con la
pubblicazione degli atti parlamentari: il principio di pubblicità di estende ai lavori delle
Commissioni e nei casi di sedute in sede deliberante e redigente, il Presidente del Senato può disporre
che la stampa o il pubblico siano ammessi a seguire le sedute (in un’altra sede tramite impianti
audiovisivi).
Ai principi di pubblicità e trasparenza si informa l’attività di rappresentanza di interessi svolta verso
i membri della camera, a tal fine è istituito presso l’Ufficio di presidenza un registro di soggetti che
svolgono l’attività di rappresentanza di interessi nei confronti dei deputati (registro delle lobby).
Per quanto riguarda la validità delle deliberazioni prese dalle Camere, la costituzione stabilisce che
“esse non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti e se non sono adottate
a maggioranza dei presenti”: il numero legale per la validità delle sedute è fissato nella metà più uno
degli appartenenti all’organo.
Secondo i regolamenti camerali, il numero legale è sempre presunto ma se si tratta di una votazione
palese, venti deputati e dodici senatori possono chiedere la verificazione del numero legale. Al
quorum della maggioranza, le due camere adottano lo stesso criterio non considerando gli astenuti
come votanti.
La nuova disciplina prevede, per le modalità di voto, la regola del voto palese. Il voto segreto è
un’eccezione concessa solo per:
• Le votazioni concernenti le persone;
• Su richiesta di una minoranza parlamentare per i principi di libertà, famiglia e persona umana;
• Sulle modifiche del regolamento;
• Istituzione di commissioni parlamentari d’inchiesta;
• Leggi ordinarie relative agli organi costituzionali dello Stato;
• Organi delle Regioni;
• Leggi elettorali.
Lo scrutinio palese è obbligatorio per le votazioni alle leggi di bilancio, le leggi connesse ad essa e
le deliberazioni con conseguenze finanziarie. Il voto palese assicura la trasparenza nei rapporti tra
eletti e corpo elettorale: finché i parlamentari si assumano la propria responsabilità pubblicamente.
Questo tipo di voto viene fatto attraverso un dispositivo elettronico, ad esso può essere fatto ricorso
ogni volta sia richiesta la controprova per alzata di mano. La votazione con appello (dispositivo
elettronico) ha luogo nelle votazioni sulla fiducia e sulla sfiducia al governo.
Riassunti Parlamento (Quinta edizione) | ALEXIA ROSELLI
Le camere devono rispettare il metodo della programmazione: il programma dei lavori viene
deliberato dalla Conferenza dei presidenti di gruppo per un periodo di almeno due mesi. Il presidente
di uno dei due rami, prima di convocare la conferenza, contatta il presidente dell’altra camera ed il
governo, che comunica le proprie indicazioni in ordine di priorità con almeno due giorni d’anticipo
rispetto al giorno della riunione. Il programma contiene l’elenco degli argomenti che la camera
intende esaminare, con l’indicazione del periodo nel quale se ne prevede l’iscrizione all’ordine del
giorno.
È stata introdotta la regola della maggioranza qualificata: alla camera “il programma è approvato
con il consenso dei presidenti dei gruppi la cui consistenza numerica sia pari almeno ai tre quarti
dei componenti della Camera”. Il senato adotta la regola dell’unanimità e se non viene raggiunta il
presidente predispone uno schema da sottoporre all’Assemblea che può votare sulle singole proposte
di modifica.
Il calendario specifica: programma, data/ora delle sedute e gli argomenti da trattare (non si possono
discutere argomenti non inseriti nell’ordine del giorno).
evitare che i presidenti siano espressione della sola maggioranza di governo, e quindi vengano scelti
anche dall’opposizione.
I gruppi parlamentari sono organi necessari delle Camere, essi trovano menzione nella costituzione
che stabilisce che: le commissioni competenti devono essere composte in modo tale da rispecchiare
la proporzione dei gruppi parlamentari e che ciascuna camera può disporre inchieste di pubblico
interesse.
Essi costituiscono la proiezione dei partiti politici all’interno delle camere, i regolamenti
parlamentari richiedono una soglia minima per dare vita ad un gruppo, per evitare una eccessiva
frammentazione organizzativa e un dispendio inutile di risorse: 20 deputati e 10 senatori.
I gruppi parlamentari hanno natura giuridica di associazioni necessarie di diritto pubblico, che li
distingue dai partiti politici. Al loro interno si decide la linea politica comune da tenere nei dibattiti e
si procede alle designazione dei rappresentanti nelle commissioni.
I presidenti dei gruppi definiscono il calendario dei lavori delle camere, vengono ascoltati dal capo
dello stato per le consultazioni presidenziali funzionali, alla formazione del nuovo governo.
Il rapporto tra singolo parlamentare e gruppo è importante perché nel caso di inosservanza alla
disciplina del gruppo, il parlamentare resta libero di aderire a un altro gruppo, continuando a svolgere
il suo mandato (art. 67).
Il singolo parlamentare è obbligato ad aderire a un gruppo, chi invece non vuole esprimersi viene
inserito in un gruppo misto. Con lo scopo di razionalizzare il passaggio dei parlamentari, vi è stata
una modifica della camera dove il presidente può autorizzare all’interno del gruppo misto la
formazione di componenti politiche a condizione che ciascuna consista di almeno dieci deputati.
L’assenza di vincolo di mandato ha reso possibile il verificarsi di transfughismo parlamentare,
ossia il cambiamento di partito o di coalizione, che è percepito dal corpo elettorale come un
tradimento della volontà popolare espressa attraverso il voto.
Per arginare questo fenomeno, il Senato ha approvato una modifica in cui si afferma il principio di
corrispondenza tra le liste sottoposte al vaglio elettorale e i gruppi parlamentari che possono essere
costituiti (escludendo la nascita di nuovi gruppi).
Il 20 dicembre 2017 il Senato ha approvato il testo di “riforma organica di regolamento” (proposto
dalla medesima giunta). L’aspetto interessante della riforma è costituito dai requisiti richiesti per la
formazione di gruppi parlamentari:
➢ Deve rappresentare un partito o movimento politico;
➢ Deve presentare alle elezioni del Senato propri candidati con lo stesso contrassegno,
conseguendo l’elezione dei senatori;
➢ Il cambio di gruppo comporta la decadenza delle cariche di presidenza e membri di ufficio di
presidenza delle commissioni permanenti e da quelle di vicepresidente o segretario di
assemblea.
Le commissioni permanenti sono organi necessari, che svolgono funzioni legislative. Esse devono
essere composte in modo da assicurare, tra maggioranza ed opposizione, lo stesso rapporto numerico
all’interno dell’assemblea, in omaggio al principio di sovranità popolare. Le commissioni sono 14
(alla camera e al senato) e si distinguono per ambiti di competenza (es. Giustizia, Affari esteri,
Difesa etc.…).
Riassunti Parlamento (Quinta edizione) | ALEXIA ROSELLI
Esse si riuniscono in sede referente per l’esame delle questioni sulle quali devono riferire
all’assemblea; in sede consultiva per esprimere pareri; in sede legislativa per l’esame e approvazione
dei progetti di legge; in sede redigente per la formulazione degli articoli di un progetto di legge; per
ascoltare e discutere comunicazioni del governo e per esercitare funzioni di indirizzo, controllo e
informazione.
Hanno una composizione monocamerale, ma esistono al loro interno anche organi bicamerali
formati da un numero uguale di deputati e senatori.
La Costituzione italiana istituisce la sola Commissione delle questioni regionali: viene consultato in
relazione al decreto motivato dal Presidente della Repubblica, che ci si pone per lo scioglimento di
un consiglio regionale o la rimozione del presidente di una giunta regionale.
Il comitato parlamentare per i procedimenti di accusa ha compito di costituire il procedimento
di messa in stato di accusa per alto tradimento e attentato alla Costituzione nei confronti del
Presidente della Repubblica.
Nel tempo sono state istituite per legge ulteriori diverse commissioni bicamerali che hanno la
funzione: vigilanza o indirizzo, vigilanza o controllo, ovvero consultive. Tali commissioni hanno
per carattere permanente, ad esempio, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.
Hanno ‘carattere temporaneo’ le commissioni bicamerali chiamate a dare pareri sui decreti
legislativi predisposti dal Governo.
La Commissione parlamentare antimafia è una commissione bicamerale d'inchiesta, composta
dallo stesso numero di deputati e senatori. Sebbene si tratti formalmente di una commissione
temporanea, ormai ha sostanzialmente assunto le vesti di un organo permanente poiché la sua
istituzione viene rinnovata alla via di ogni legislatura.
Le Giunte sono organi delle Camere. Esse sono composti in proposizione alla consistenza dei
diversi gruppi parlamenta ed hanno compiti assai rilevanti concernenti l'attività dell'organo
parlamentare.
Abbiamo ad esempio: la Giunta delle elezioni e dell’immunità parlamentari o la Giunta per il
regolamento delle Camere.
L’art. 68 Cost regola il principio della insindacabilità peri voti dati e per le opinioni espresse dal
parlamentare nell’esercizio delle loro funzioni. Riconosce, il principio di manifestazione di pensiero
in misura rinforzata: i parlamentari godono di una libertà di espressione ampia, cosicché possano
valutare e decidere senza subire condizionamenti. Essi sono esenti da responsabilità civile, penale
ed amministrativa per le opinioni espresse e per i voti dati.
Il regime di irresponsabilità per le opinioni espresse fuori dalle camere, viene invocato quando
sussista un nesso funzionale. La prerogativa riguarda l’occasione in cui le opinioni sono manifestate
in ambito parlamentare e il loro contenuto storico, nel caso di riproduzione all’esterno di quella sede
è necessario che sussista l’insindacabilità, a condizione si riscontri l’identità sostanziale di
contenuto fra l’opinione espressa prima nelle aule, e poi al di fuori di esse.
La corte ha esercitato un controllo interno e sostanziale degli atti di Camera e Senato, giungendo ad
annullare delibere di insindacabilità. Il giudice delle leggi ha stabilito che l’attività svolta in seno agli
organi parlamentari ha l’identica natura di quella svolta nelle altre articolazioni in cui i parlamentari
sono chiamati a svolgere attribuzioni.
La legge ha previsto anche la pregiudiziale parlamentare, e viene affidata alla camera la decisione
per affermare la sussistenza dei presupposti dell’irresponsabilità dei propri componenti in relazione
alle opinioni espresse lesive di diritti altrui.
L’autorità giudiziaria può impugnare la deliberazione camerale, chiedendone l’annullamento alla
Corte costituzionale, qualora ritenga inesistenti i presupposti per dichiarare la prerogativa prevista al
co. 1 dell’art. 68.
La divulgazione di idee prive del requisito della sostanziale corrispondenza può inquadrarsi nella
normale attività di critica politica del parlamento.
L’art. 122, co. 4 prevede l’estensione della prerogativa dell’insindacabilità anche ai consiglieri
regionali che non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati
nell’esercizio della loro funzioni.
L’art. 68, co. 2 e 3 nessun membro del parlamento non può essere:
➢ Sottoposto a perquisizione personale o domiciliare;
➢ Arrestato o privato della libertà personale, salvo che in esecuzione di una sentenza
irrevocabile di condanna (colto in flagranza);
➢ Sottoposto a intercettazioni di comunicazioni, conversazioni e sequestro di corrispondenza.
Nel 1993 è stato abolito l’istituto dell’autorizzazione a procedere, esso subordinava l’avvio del
processo penale a carico del parlamentare alla deliberazione favorevole della camera di appartenenza.
È stata mantenuta l’autorizzazione per limitare la libertà personale e sottoporre a perquisizione il
domicilio del parlamentare.
Nella nuova formulazione dell’art. 68 non è più richiesta l’autorizzazione quando debba darsi
esecuzione ad una sentenza irrevocabile di condanna nei confronti di un parlamentare. La competenza
a decidere sulla richiesta di autorizzazione è attribuita a:
➢ Giunta: svolge funzioni istruttorie, invita il parlamentare a fornire chiarimenti e formula la
proposta di concessione o di diniego dell’autorizzazione;
➢ Assemblea: ad essa spetta la decisione finale, e gode di un margine di discrezionalità e può
disattendere le conclusioni della Giunta.
Riassunti Parlamento (Quinta edizione) | ALEXIA ROSELLI
Le camere verificano se vi sono intenti persecutori o l’uso distorto della magistratura, che possa
intralciare il normale compimento dell’attività del parlamentare.
L’autorizzazione per sottoporre i parlamentari a intercettazioni, crea delle perplessità, poiché tali atti
sono utilizzati per la ricerca di materiale probatorio e quindi se il parlamentare fosse a conoscenza di
eventuali intercettazioni, egli starebbe attento a ciò che dice/fa. Le intercettazioni possono essere:
• Dirette: disposte su utenza intestata al parlamentare o sulla sua disponibilità;
• Indirette: comunicazioni o conversazioni in cui il parlamentare viene intercettato di
“riflesso”, poiché viene controllato un soggetto diverso che possa “avere informazioni”.
L’art. 69 riconosce ai parlamentari delle “indennità”, dove si mira a superare la concezione elitaria
della partecipazione alla vita politica: in un regime democratico, il legislatore ha l’obbligo deve
consentire anche ai non abbienti l’accesso alle cariche pubbliche e l’esercizio delle funzioni connesse.
La legge n° 1261 ha previsto una indennità di quote mensili (vitalizi) per sterilizzare gli impedimenti
economici all’accesso alla carica di rappresentanza democratica. A luglio del 2018 l’ufficio di
presidenza deliberò il ricalcolo dei vitalizi, percepiti sulla base del sistema contributivo degli ex
parlamentari.
10. I regolamenti parlamentari;
La funzione svolta dei regolamenti evidenzia l’aspetto garantistico del regolare ed imparziale
svolgimento delle attribuzioni delle camere.
L’art. 64, co. 1 dice appunto che ciascuna camera adotta il proprio regolamento a maggioranza
assoluta dei suoi componenti. Si tratta di una riserva di regolamento, espressione dell’autonomia di
cui gode ciascuna assemblea legislativa nei confronti dell’altra e dell’autonomia dell’organo
parlamentare nei confronti degli altri poteri dello stato. Per tale riserva, la legge non può intervenire
a disciplinare l’organizzazione interna e lo svolgimento delle funzioni camerali.
I regolamenti parlamentari sono fonti del diritto che sfuggono ad una collocazione nel sistema
gerarchico delle stesse: la disciplina riservata ai regolamenti parlamentari appare attuativa di
previsioni costituzionali.
Le camere hanno approvato per la prima volta i loro regolamenti nel 1971, e contengono:
• Nella parte prima, norme relative ad organizzazione e funzionamento;
• Nella parte seconda, norme riguardanti il procedimento legislativo e nella parte terza le
disposizioni concernenti le procedure di indirizzo, controllo e di informazione, mozioni,
risoluzioni, interrogazioni, interpellanze;
• In uno specifico capo vengono delineate le procedure di collegamento con l’attività di
organismi comunitari ed internazionali.
Nel 2012 furono approvate modifiche ai rispettivi regolamenti allo scopo di garantire trasparenza e
correttezza nella gestione contabile e finanziaria, disposto che ciascun gruppo approva il rendiconto
annuale e si avvale di una società di revisione legale che verifica che la contabilità sia regolare.
L’erogazione delle risorse finanziarie a carico del bilancio della camera è subordinata all’esito
positivo del controllo delle conformità del rendiconto.
La riforma del regolamento del senato il 20 dicembre 2017, ha modificato 66 articoli su 167, con:
l’introduzione di requisiti stringenti per la costituzione di nuovi gruppi parlamentari; previsione di
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sedute d’aula uniche con la riserva di due settimane al mese dedicate ai lavori di commissione;
previsione di un codice di condotta dei senatori; la regola secondo cui il voto di astensione viene
computato ai soli fini del numero legale e non potrà più essere considerato equivalente al voto
contrario.
I regolamenti parlamentari sono sottoposti al giudizio di legittimità costituzionale, con orientamento
nella direzione di massima salvaguardia delle prerogative dell’organo parlamentare.
Ciascuna camera approva anche regolamenti minori per la disciplina di un settore della sua
organizzazione interna: ad esempio il regolamento interno della giunta delle elezioni alla camera e al
senato il regolamento per la verifica dei poteri.
11. Le commissioni d’inchiesta;
L’art. 82, co. 1 prevede il potere di entrambe le camere di disporre inchieste su materie di pubblico
interesse.
Si tratta dell’unico caso in cui la Costituzione assegna una competenza ad una commissione, l’art. 82
conferisce specifici ad un articolazione interna della camera, allo scopo di assegnare direttamente alla
commissione compiti di natura ispettiva.
Le commissioni possono essere monocamerali o bicamerali, quest’ultime vengono istituite con
legge, in quanto ciò esclude che la decisione di una sola camera ne comporti una revoca. L’istituzione
mediante legge consente di porre a carico dello stato le spese per il suo funzionamento e di prolungare
la durata della commissione anche oltre quella della legislatura.
Per istituire una commissione d’inchiesta è necessaria una determinazione della maggioranza
politica. L’inchiesta costituisce uno “strumento di maggioranza” anche nel caso in cui venga riservato
ad un esponente dell’opposizione il ruolo di presidente. Le finalità dell’inchiesta possono essere:
➢ Legislative: finalizzate all’esame di una materia sulla quale il Parlamento deve intervenire
con legge, assumendo valore conoscitivo;
➢ Politiche: strumentali alla verifica di certi accadimenti anche allo scopo di individuare
responsabilità di soggetti pubblici e privati, eventuali provvedimenti sanzionatori restano
riservati alla autorità giudiziaria.
I poteri delle Commissioni d’inchiesta sono i medesimi di quelli attribuiti all’autorità giudiziaria
(sentire i testimoni etc…). Essa riscontra limiti che derivano dal diritto di alcuni soggetti di astenersi
dal testimoniare o di opporre il segreto per circostanze conosciute per ragioni d’ufficio.
Nel corso del XVIII legislatura sono state istituite: la commissione sul femminicidio, quella sulla
violenza di genere, condizioni di lavoro e sfruttamento e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il ruolo delle opposizioni parlamentari comincia a manifestarsi a partire dalla riforma che ha
introdotto il sistema maggioritario: quest’ultimo ha posto il problema delle garanzie da riconoscere
alla coalizione sconfitta dalle elezioni. Infatti, numerose sono state le leggi tendenti a
istituzionalizzare la posizione e le funzioni dell’opposizione.
L’opposizione trova radici nel sistema britannico, ma laddove la bipolarizzazione non è radicata le
dinamiche politiche non riescono a svilupparsi nell’ottica della rotazione tra maggioranza e
opposizione. In questo caso l’opposizione risulta costituita da un insieme eterogeneo di forze politiche
minoritarie: si parla di opposizioni, alle quali è attribuito il compito di moderare e criticare l’indirizzo
governativo per migliorare le decisioni della maggioranza.
13. La funzione legislativa;
L’art. 70 dice che “la funzione legislativa è esercita collettivamente dalle due camere”: il progetto
o il disegno di legge diviene legge dopo l’approvazione di un identico testo da parte di entrambi i
rami del parlamento.
Se il testo subirà delle modifiche nella seconda camera, dovrà essere nuovamente trasmesso alla
camera di partenza (navetta): trasmissione del testo da una camera all’altra, finché il progetto venga
approvato.
Spetta poi al PR promulgare la legge entro un mese dall’approvazione, la legge verrà pubblicata ed
entrerà in vigore dopo quindici giorni (tranne che la legge richieda un termine diverso).
Il procedimento di formazione della legge prende avvio con l’iniziativa legislativa, l’art. 71 dispone
che essa appartiene al governo, ai membri delle camere, agli organi, enti, popolo, Consiglio Nazionale
e Consiglio regionale. L’iniziativa legislativa del governo gode di maggior rilievo, poiché:
➢ Il governo ha il sostegno della maggioranza parlamentare;
➢ Ha una iniziativa legislativa strumentale all’attuazione dell’indirizzo politico, di cui
l’Esecutivo è responsabile dinanzi alle camere;
➢ La costituzione prevede casi in cui l’esercizio dell’iniziativa legislativa è riservato alla
esclusiva competenza del governo.
L’iniziativa spetta a ciascun parlamentare che può esercitarla individualmente, attraverso una
proposta di legge sottoscritta da più soggetti.
Il corpo elettorale esercita l’iniziativa attraverso una proposta sottoscritta da cinquantamila elettori,
che deve essere presentata a uno dei presidenti delle camere. I regolamenti delle camere, prevedono
che i progetti di legge di iniziativa popolare presentati nella precedente legislatura devono essere
assegnati alla commissione competente, senza ripresentarli.
I consigli regionali esercitano l’iniziativa mediante la deliberazione della proposta del consiglio
regionale e la presentazione alle camere da parte del Presidente della Giunta regionale. Il regolamento
del senato stabilisce che le commissioni competenti debbano iniziare l’esame dei disegni di legge non
oltre un mese dalla trasmissione.
Al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro la Costituzione attribuisce il diritto di iniziativa
legislativa ed il compito di contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale
secondo i principi ed entro i limiti di legge.
Un diritto di iniziativa particolare è tratteggiato dalla disposizione contenuta nell’art. 113: “il
mutamento delle circoscrizioni provinciali e l’istituzione di nuove province sono stabiliti su iniziativa
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dei comuni, sentita la Regione”. Tale iniziativa è indispensabile per procedere con legge ordinaria
al mutamento delle circoscrizioni provinciali o alla istituzione di nuove province, integrerebbe una
nuova forma di iniziativa legislativa, anche se non in senso tecnico.
L’art. 72 prevede tre (+ uno) diversi procedimenti di formazione della legge:
Procedura ordinaria: è disciplinata dal co. 1, precisa che ogni disegno di legge è esaminato da una
commissione competente per materia e conclude con l’approvazione di un testo accompagnato da una
o più relazioni (operare in sede referente). La relazione è unica se i componenti convengono sul
medesimo testo e viceversa.
La seconda fase si svolge dinanzi l’assemblea, che comprende:
➢ Discussione del testo: interventi dei relatori per la maggioranza, per la minoranza, il Governo
e un deputato per gruppo;
➢ Discussione degli articoli: esame di ciascun articolo nel complesso degli emendamenti ed
articoli aggiuntivi ad esso proposti;
➢ Votazione sui singoli articoli;
➢ Votazione finale sull’intero testo di legge;
Procedura d’urgenza: La disposizione costituzionale contenuta nell’art. 72, co. 2 rinvia alla fonte
regolamentare per ciò che concerne l’eventualità di adottare procedimenti abbreviati per i disegni di
legge urgenti. È una variante della procedura normale, infatti è abbreviata nel termine dell’esame in
commissione: per la proposta di legge il termine è dimezzato, mentre per i disegni di legge di
conversione dei decreti-legge è ridotto a quindici giorni.
Procedura legislativa di commissione: l’art. 72, co. 3 assegna alle commissioni competenti l’esame
e l’approvazione definitiva dei progetti di legge. Si parla di commissioni che agiscono in sede
deliberante, che si può adottare quando un disegno di legge tratta questioni che non hanno rilevanza
di ordine generale.
Procedura redigente o mista: è prevista dalle fonti normative delle camere. Alla commissione
competente viene affidato il compito di redigere i singoli articoli che compongono il testo di legge
(sede redigente) e:
➢ Alla Camera il plenum dell’assemblea è chiamato per l’approvazione con il voto diretto finale
sul progetto di legge con dichiarazione di voto;
➢ Al Senato il voto dei singoli articoli spetta alla commissione, mentre al plenum è riservato il
voto finale.
Per questa procedura valgono i limiti previsti per la sede deliberante: il limite procedurale, che
attribuisce al Governo e alle minoranze il potere di rimessione del disegno di legge alla camera, fino
al momento della sua approvazione definitiva, al fine di procedere l’approvazione con procedura
ordinaria.
Per particolari leggi viene imposta la procedura ordinaria (materia costituzionale, elettorale,
delegazione legislativa, autorizzazione a ratificare trattati internazionali, approvazione di bilancio e
consuntivi). I disegni di legge di conversione dei decreti-legge e le leggi rinviate con messaggio dal
parlamento, devono essere approvati con procedura ordinaria.
La parte finale dell’approvazione della legge: le leggi approvate vengono mandate dall’ultima camera
al governo, che le trasmetterà al PR che dovrà promulgarle.
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Il capo dello stato può rinviare le leggi (insieme a un messaggio dove ne esplicherà i motivi) qualora
riscontri nella legge vizi di legittimità o vizi di merito, questo accade di rado o nei casi di mancato
rispetto dell’art. 81, co. 4.
Se le camere approvano nuovamente il progetto di legge il PR è tenuto a promulgarla, ma se il testo
presentasse aspetti di violazione il PR potrebbe rifiutare la promulgazione sulla base di ipotesi di alto
tradimento o attentato alla costituzione.
La legge subito dopo la promulgazione, munita del sigillo del ministro di giustizia, viene pubblicata
nella Gazzetta ufficiale ed entra in vigore dopo 15 giorni, salvo vi sia stabilito un termine diverso.
14. La funzione di controllo. Le procedure di indirizzo. Le procedure di informazione;
Il nostro ordinamento ha previsto una serie di istituti che consentono alle Camere di esercitare
funzioni di indirizzo e di controllo nei confronti del potere esecutivo.
L’art. 94 esplica che il governo, entro dieci giorni dalla sua formazione deve presentarsi alle camere
per ottenere la fiducia del Parlamento, ciascuna camera accorda la fiducia con mozione motivata e
votata per appello nominale.
La fiducia viene conferita sulla base del programma che il Presidente dei ministri espone in
Parlamento, e definisce le linee di indirizzo politico dell’Esecutivo. L’approvazione della mozione di
fiducia serve ad impegnare la maggioranza parlamentare a collaborare per compiere il programma e
richiamare il governo all’osservanza degli impegni assunti al momento in cui si ottiene la fiducia.
I regolamenti parlamentari disciplinano una serie di strumenti utili alle camere per verificare la
rispondenza dell’atteggiamento del Governo rispetto agli indirizzi espressi nel programma all’inizio
del mandato. L’interrogazione e l’interpellanza sono espressione della funzione di controllo
sull’Esecutivo.
L’interrogazione consiste nella domanda rivolta per iscritto se un fatto sia vero su una informazione
giunta al governo, e se è esatta se il governo intenda comunicare alla camera notizie se abbia preso
provvedimenti o meno.
Le interrogazioni sono poste al primo punto all’ordine del giorno dalla prima seduta nella quale sia
previsto lo svolgimento delle stesse, esse possono essere:
➢ Risposta immediata: hanno luogo una volta a settimana (mercoledì) e vi è una domanda
chiara e concisa su un argomento di rilevanza generale, urgente o di attualità politica. Il
rappresentante del governo deve rispondere entro pochi minuti, e l’interrogante può
dichiararsi soddisfatto o meno della risposta ottenuta. Il governo può anche valersi della
facoltà di non rispondere alla interrogazione;
➢ L’interpellanza: è una domanda per iscritto, e ha una maggiore caratterizzazione politico-
istituzionale, poiché il governo è chiamato a spiegare i suoi comportamenti all’indirizzo
politico perseguito. Se l’interpellante è insoddisfatto può fare una mozione dove si arriverà a
una discussione sulle spiegazioni del governo ed il voto dell’assemblea.
Le mozioni e le risoluzioni sono strumenti con cui le camere svolgono una funzione di indirizzo nei
confronti del governo: mediante la presentazione della mozione è possibile promuovere una
deliberazione dell’assemblea su un determinato argomento. Quando viene approvata, essa vincola il
governo ad operare in modo conforme alla stessa.
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La risoluzione presenta analogie con la mozione, ma è diversa perché può essere presentata dal
singolo parlamentare sia in assemblea che in commissione (ultimo caso: dove il governo può chiedere
la rimessione della risoluzione al Plenum).
I regolamenti camerali prevedono strumenti conoscitivi di cui le camere possono usufruire per
disporre indagini dirette ad acquisire informazioni o documenti per l’espletamento delle loro funzioni:
attività alla conoscenza di dati per la quale le commissioni non godono di potere coercitivo nei
confronti ai soggetti terzi che possono decidere di offri la loro collaborazione. L’assemblea e le
commissioni possono anche chiedere ad organi ausiliari di fornire chiarimenti o documenti, di
esprimere pareri nelle materie di loro competenza e ad enti specializzati di compiere rivelazioni,
elaborazioni, studi statistici.
Il governo non è un organo a termine, perché le camere possono porre fine al suo mandato con una
mozione di sfiducia (sanzione nei confronti del governo): la mozione deve essere firmata da un
decimo dei componenti della camera e non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla
presentazione. Ciò obbliga il governo alle dimissioni, insieme al voto contrario di una o entrambe le
camere.
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
II.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Ai sensi dell’art 87, il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità
nazionale.
Ad esso è riconosciuto un ruolo di garanzia, moderazione e di stimolo nei confronti degli altri
poteri, nonché raccordo fra gli altri organi ed enti dello Stato.
Il Presidente della Repubblica è collocato dalla Costituzione Italiana “al di fuori dei tradizionali
poteri dello Stato e naturalmente al di sopra di tutte le parte politiche”.
La Costituzione stabilisce in merito ai requisiti per l’elezione che ogni cittadino che abbia
compiuto 50 anni di età e goda dei diritti civili e politici possa essere eletto. La carica di Presidente
della Repubblica risulta incompatibile con qualsiasi altra funzione.
Il collegio elettorale del Capo dello Stato è rappresentato dal Parlamento in seduta comune che
viene integrato di tre delegati per ogni Regione (1 per la Valle D’Aosta) che hanno lo scopo di
rafforzare la figura del Presidente della Repubblica quale rappresentante dell’Unità Nazionale.
Tuttavia, la loro presenza non appare in grado di alterare la natura istituzionale del collegio
chiamato ad eleggere il Capo dello Stato.
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PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Per l’adempimento delle sue funzioni, al Presidente è prevista una dotazione finanziaria
determinata per legge.
Inoltre, si è provveduto a definire l’insieme degli Uffici di alta amministrazione di ausilio alla
Presidenza della Repubblica. La struttura amministrativa prevede al suo vertice il Segretario
Generale della Presidenza della Repubblica.
Gli atti attinenti di questo organismo rientrano nell’amministrazione domestica e sono adottati dal
Presidente della Repubblica senza alcun bisogno di controfirma ministeriale.
L’art 85 fissa la durata del mandato presidenziale in sette anni. Resta salva la possibilità di una
rielezione, che si è verificata solo una volta con l’eccezione costituita dall’ex presidente Giorgio
Napolitano (2013).
Oltre alla naturale scadenza del mandato, ulteriori cause di cessazione del mandato presidenziale
sono: la morte del titolare, le dimissioni volontarie, la decadenza (quando cadono i termini
eleggibilità), la destituzione (sanzione accessoria dovuta ad alto tradimento) e l’impedimento
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PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
permanente.
L’impedimento del Capo dello Stato può essere causa di cessazione del mandato presidenziale.
Può essere:
- PERMANENTE: quando ragionevolmente se ne possa dedurre l’irreversibilità (malattia grave ed
invalidante). Il verificarsi di impedimenti permanenti dà luogo alle nuove elezioni indette dal
Presidente della Camera dei deputati.
Circa l’accertamento dell’impedimento e della sua natura occorre rifarsi all’esperienza maturata
nel tempo che vede:
- nei casi di impedimento temporaneo: lo stesso Presidente attiva la ‘supplenza’ tramite una vera e
propria delega.
- nei casi di impedimento permanente: la ‘supplenza’ mediante un apposito decreto-legge firmato
dal Presidente della Repubblica e controfirmato dal Presidente del Consiglio. Qual ora il Presidente
per ovvi motivi non possa firmare nulla, si ritiene maggiormente aderente alla Costituzione che
l’intesa fra Presidente del Consiglio e Presidenti delle Camere avvenga dopo un dibattito
parlamentare.
Per quanto riguarda, l’ampiezza e l’entità dei poteri esercitabili dal Presidente del Senato
durante la supplenza, vi sono dottrine differenti cha danno interpretazioni più restrittive da un lato
e articolate dall’altra parte.
Il Presidente della Repubblica (fuori dei casi di destituzione o decadenza) diviene senatore di
diritto e a vita. (può anche rinunciare alla carica in questione).
Nella sua duplice qualità di ‘Capo dello Stato’ e di ‘rappresentante dell’unità nazionale’, la
Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica l’esercizio di diverse funzioni di garanzia,
controllo, di impulso e di raccordo istituzionale fra tutti i poteri dello Stato.
Per classificare e analizzare la natura dei poteri presidenziali è necessario soffermarsi sulla
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PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
‘titolarità sostanziale’ degli atti formalmente adottati dal Presidente della Repubblica.
Seppur emanati sotto forma di atti presidenziali, i loro contenuti non sempre sono rimessi al Capo
dello Stato.
Possiamo distinguere:
- Atti formalmente e sostanzialmente presidenziali (frutto della volontà del Capo dello Stato)
- Atti solo formalmente presidenziali (che pur emanati dal Presidente della Repubblica sono
imputati ad altri organi costituzionali)
Infine, tra i provvedimenti emanati dal Capo dello Stato, possono evidenziarsi gli atti duumvirali
(o complessi), il cui contenuto è determinato dall’incontro fra la volontà del Presidente e quella di
un altro organo costituzionale.
*Ad ogni modo, tutti gli atti del Presidente della Repubblica sono soggetti per la loro validità, alla
controfirma ministeriale.
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PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
nuova deliberazione in materia. Il rinvio può essere applicato solo una volta ed il Capo dello Stato è
legittimato al rinvio della legge alle Camere solo qual ora il testo presenti delle palesi illegittimità
costituzionali o per mancanza di copertura finanziaria. La dottrina prevede che il Capo dello Stato si
possa rifiutare di procedere alla promulgazione di una legge rinviata già la prima volta, qual ora
questa si mostri in netto contrasto con la Costituzione, rendendo la promulgazione da parte del Capo
dello Stato come che esso compie di ‘alto tradimento o attentato alla Costituzione’.
Una sorta di ‘promulgazione condizionata’ a successive modifiche è stata adottata dal Presidente
della Repubblica Napolitano nel 2009 per la legge di conversione ‘decreto-legge sicurezza’
Analogo potere di controllo e di rinvio può essere esercitato in sede di emanazione dei decreti
legislativi. La legge stabilisce che il testo del decreto del Consiglio dei ministri debba essere
trasmesso al Presidente della Repubblica ai fini della sua emanazione almeno ’20 giorni prima della
scadenza’ del termine indicato nella legge-delega.
Prevista, anche in questo caso, il riesame del provvedimento normativo.
Più limitato, sembra essere il controllo presidenziale sui decreti-legge essendo deliberati dal
Governo.
Ai sensi dell’art 87, il Presidente della Repubblica può inviare messaggi alle Camere
escludendo la presenza fisica del Presidente della Repubblica dinanzi alle Assemblee per la lettura
del messaggio. Le Camere possono formulare risposte scritte al messaggio presidenziale oppure
prenderne semplicemente atto.
Il messaggio si può considerare un atto formalmente e sostanzialmente presidenziale ed è oggetto di
controfirma presidenziale.
L’art 87 affida al Capo dello Stato il potere di indire referendum con proprio decreto, in seguito
alla deliberazione del Consiglio dei ministri. Successivamente, se il referendum ha un esito positivo
tramite decreto presidenziale dovrà essere proclamata l’avvenuta abrogatio legis e non potrà
posticipare l’esito abrogativo per non più di 60 giorni.
L’art 88 assegna al Capo dello Stato il potere di scioglimento delle Camere. È impossibile
procedere allo scioglimento delle Camere negli ultimi sei mesi del mandato presidenziale tranne che
quest’ultimo periodo coincida al termine naturale della legislatura.
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PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Al di fuori, della naturale decadenza si può dare luogo allo scioglimento anticipato delle Camere,
tuttavia l’art 88 non dice nulla dei motivi per il quale procedere allo scioglimento. La dottrina e la
prassi costituzione ha individuato:
- scioglimento funzionale: dato da insanabili contrasti fra le due Camere o dalla rappresentanza
parlamentare e il corpo elettorale.
- scioglimento tecnico: ipotizzabile laddove vi è un radicale mutamento della legge elettorale e dei
criteri che suggeriscono l’opportunità di tornare alle urne al fine della creazione di nuove
Assemblee realmente rappresentative del corpo elettorale.
- scioglimento sanzionale: nel caso in cui le Camere tentasse la sovversione per ‘vie legali’
dell’ordinamento costituzionale e dei suoi principi fondamentali.
- auto-scioglimento: laddove il Presidente della Repubblica prenda atto della volontà delle forze
parlamentari di maggioranza di sottoporsi al giudizio elettorale nella speranza di uscirne più
rafforzarti.
Lo scioglimento anticipato solitamente nella pratica viene disposto come extrema ratio
permettendo di configurare il decreto presidenziale di scioglimento come un atto sostanzialmente
complesso.
Il potere di sciogliere le Camere, inoltre, è condizionato nel suo concreto dalla formula elettorale
prescelta.
2.2 Il potere presidenziale di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri
Il ruolo del Capo dello Stato si dirama anche nelle molteplici attribuzioni che si riflettono nel
potere esecutivo.
L’art 92 stabilisce che il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei
ministri e su proposta di questo, i Ministri, raccogliendo il giuramento di fedeltà alla Repubblica,
alla Costituzione e alle leggi.
A causa della stringata formulazione, il potere di nomina dei componenti del Governo è stato
fortemente condizionato dalla prassi e dall’evoluzione politica della forma di governo del nostro
Paese.
- Il primo quarantennio è stato caratterizzato da un parlamentarismo di tipo proporzionalistico,
fondato sull’assoluta libertà dei partiti presenti in Parlamento di creare, dissolvere e modificare le
maggioranze di governo post-elettorale.
In tale contesto, il potere presidenziale di nomina del Presidente del Consiglio e dei Ministri aveva
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PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
ampio margine di intervento nonché una maggiore mediazione fra le forze parlamentari.
- L’evoluzione di una forma di governo in senso maggioritario ha sensibilmente ridotto tale
ruolo di mediazione politica del Presidente della Repubblica che non può che limitarsi a recepire
l’orientamento popolare, nominando Presidente del Consiglio, il leader della coalizione che ha vinto
le elezioni. (consultazioni presidenziali)
Il 2013 ha rappresentato un nuovo equilibrio politico-parlamentare, dovuto alla presenza non più di
due coalizioni ma bensì di tre principali formazioni politiche. Inoltre, vi sono delle nuove riforme
in materia di legge elettorale che in questo caso seguono una linea prevalentemente proporzionale.
Il ruolo delle ‘consultazioni presidenziali’ risulta nuovamente rilevante per consentire la
costituzione di nuove compagini governative e di una maggioranza parlamentare a suo sostegno.
Esempio: Conte I (sostenuto dal Movimento 5 stelle e la Lega).
In ordine al decreto con il quale il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio
sono necessarie alcune ulteriori precisazioni.
Il provvedimento in questione è un atto che viene controfirmato dallo stesso Presidente del
Consiglio appena nominato per due motivazioni in particolare:
La nomina dei Ministri spetta al Capo dello Stato su proposta del Presidente del Consiglio.
Al riguardo, per lungo tempo si era tenuto che tale provvedimento fosse fa considerarsi un atto
formalmente presidenziale ma sostanzialmente governativo ma la prassi ha più volte dimostrato la
natura duumvirale di tale nomina.
A seguito della nomina, come previsto dall’art 93 della Costituzione, il Presidente del Consiglio e i
Ministri prestano giuramento di fedeltà alla Repubblica innanzi al Capo dello Stato.
2.3 Le attribuzioni del Presidente della Repubblica rispetto alla Pubblica amministrazione
Sempre in relazione alla funzione esecutiva ma in rifermento alla polita estera dello Stato, il
Presidente della Repubblica risulta essere titolare di numerose attribuzioni meramente formali e
rappresentative essendo la politica estera assegnata all’indirizzo politico del Governo responsabile
di fronte alle Camere.
Il Capo dello Stato gode:
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PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
- potere di difesa e del comando delle Forze Armate che non ha valore né operativo né
sostanziale ma sta a indicare la preminenza del Capo dello Stato sull’apparato militare che è
vincolato dall’articolo 53 della Costituzione in merito allo spirito democratico della Repubblica.
- la presidenza del Consiglio Supremo Di Difesa permette al Capo dello Stato di avere una
costante e dettagliata informazione sulle questioni attinenti alla difesa nazionale.
Sul piano del rapporto con la Pubblica Amministrazione, l’art 87 comma 7 attribuisce al Capo
dello Stato, nei casi indicati dalla legge, la nomina dei funzionari dello Stato cui conferire i più alti
incarichi di responsabilità.
È da considerare un atto sostanzialmente governativo, al Presidente della Repubblica è riservato
soltanto un controllo relativo alla mera regolarità formale del procedimento di nomina.
Ugualmente da intendersi è il potere di conferire le onorificenze della Repubblica (art.87).
Relativa alla funzione amministrativa esercitate dal Governo, il Presidente della Repubblica gode
del:
- potere di emanare con proprio decreto tutti gli atti amministrativi deliberati dal Consiglio
dei ministri.
- In materia di contenzioso amministrativo, può ricorrere all’emanazione dei decreti che decidono
i ‘ricorsi straordinari’ a lui indirizzati, previa conforme deliberazione del Consiglio di Stato.
- previo parere della Commissione bicamerale per le questioni regionali può emanare lo
scioglimento dei Consigli regionali o rimozione del Presidente delle Giunte regionali.
- scioglimento e rimozione degli organi di vertice degli Enti locali.
Il Capo dello Stato in materia giurisdizionale preside il Consiglio Superiore della Magistratura
che è un organo di rilevanza costituzionale, preposto all’autogoverno dell’ordine giudiziario.
Gli atti posti in questo caso non sono soggetti a controfirma (molto importante!!).
In qualità del presidente del CSM, il Capo dello Stato è solito conferire un’ampia delega di funzioni
al vicepresidente dello stesso organo (eletto dal collegio fra i componenti laici, ossia tra quelli scelti
dal Parlamento).
Il Presidente della Repubblica emana con proprio decreto ‘atti di nomina e conferimento di
incarichi direttivi a magistrati ordinari, amministrativi e militari’.
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PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Fra gli atti di competenza esclusiva del Capo dello Stato rientra la nomina dei senatori a vita e dei
giudici costituzionali.
Infine, gode del potere di nominare un terzo di 15 giudici della Corte costituzionale.
A salvaguardia della più ampia autonomia del Capo dello Stato nell’esercizio delle sue funzione, il
Costituente ha inteso disegnare un sistema di irresponsabilità giuridica e politica che trova il suo
fulcro nell’artt 89 e 90 Cost.
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PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Gli atti che sfuggono all’obbligo della controfirma ministeriale sono pochi.
Tra questi: le dimissioni del Presidente della Repubblica, il conferimento dell’incarico a formare un
nuovo Governo ed infine gli atti posti in essere dal Capo dello Stato nella veste di Presidente del
CSM o del Consiglio supremo della difesa.
Le Camere avevano approvato la legge ‘Lodo Alfano’ che prevede la sospensione dei processi
penali per le quattro più alte cariche dello Stato, pur con talune garanzie a tutela del diritto di difesa
art. 24 Cost e della ragionevole durata del processo art. 111 Cost.
Tale legge, criticata in dottrina è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale
motivando la propria decisione rilevando, in primo luogo, la violazione dell’art 3 Cost e il mancato
rispetto dell’art 138 Cost.
Ove si possano configurare tali reati, a norma dell’art 90 Cost, soltanto il Parlamento in seduta
comune, con una votazione a maggioranza assoluta dei suoi membri, potrà deliberare la messa in
stato d’accusa del Presidente della Repubblica, cui seguirà un giudizio penale affidato alla
cognizione della Corte costituzionale. In tale giudizio, la composizione della Corte sarà integrata da
16 giudici popolari estratti a sorte da un elenco predisposto dal Parlamento in seduta comune e
composto di cittadini che posseggono i requisiti per l’elezione al Senato.
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RIASSUNTO “IL GOVERNO” (QUINTA EDIZIONE) l ROSELLI ALEXIA
Storia: La lacunosità sarebbe addebitabile al “complesso del tiranno”, che fece timore alle forze
politiche del tempo che vollero evitare l’eccessiva concentrazione dei poteri che aveva sentito
l’avvento del regime fascista. Escogitarono la disciplina che permetteva che “in nessun caso la vittoria
di un partito avrebbe determinato l’esclusione delle altre formazioni politiche”.
L’attuale forma di governo parlamentare si caratterizza per il ruolo svolto dai partiti e dal sistema
in esso operante. La costituzione delinea la cornice entro cui i partiti sono chiamati ad operare,
lasciando norme convenzionali a regolamentare le dinamiche di relazione e funzionamento.
3. La formazione del governo;
L’art. 92, co. 2 stabilisce che il PR nomina il PC e i suoi ministri, l’attività precedente alla nomina
costituisce un procedimento: insieme di atti coordinati e tesi alla realizzazione di siffatto obiettivo.
Le attività attraverso cui si perviene alla formazione dell’Esecutivo sono prassi consolidate che
possono essere considerate fonti di fatto: convenzioni o consuetudini costituzionali. Il procedimento
di formazione dell’Esecutivo si può suddividere in quattro fasi:
1) Fase preparatoria: consultazioni presidenziali;
2) Fase costitutiva: conferimento dell’incarico;
3) Fase perfettiva: prevede i decreti di nomina;
4) Fase integrativa dell’efficacia del procedimento: giuramento del PC e dei ministri nelle mani
del PR.
Il procedimento di formazione del governo prende avvio a seguito delle elezioni o dopo una crisi di
governo. In entrambi casi il PC in carica deve recarsi dal Capo dello stato presentandogli le sue
dimissioni, che verranno accettate con riserva e con l’invito rivolto al dimissionario di continuare ad
occuparsi degli affari correnti e dell’ordinaria amministrazione.
A seguito il PR inizia le consultazioni, con ciò prende avvio la formazione del nuovo esecutivo. Le
consultazioni non sono esplicate in costituzioni, ma si ritengono delle consuetudini costituzionali.
Storia: Fino al 1994 le consultazioni costituivano un momento essenziale, dove il PR aveva modo
di rendersi conto delle concrete possibilità che è una maggioranza si potesse creare, e del soggetto al
quale conferire l'incarico. Le indicazioni e suggerimenti ottenuti durante gli incontri lo aiutavano
all'individuazione della personalità politica che avrebbe potuto coagulare attorno a sé un ampio
consenso. L'esecutivo sostenuto da una compagine partitica prendeva il nome di Governo di
coalizione. Il conferimento dell'incarico era vincolato dal raggiungimento di un obiettivo: costituire
un governo che avrebbe potuto ottenere la fiducia delle camere.
In passato, alcuni Esecutivi sono stati definiti i Governi del Presidente, per indicare la maggiore
responsabilità che assumevano nei confronti del capo dello Stato.
A partire dalla XII legislatura, con il nuovo sistema elettorale di stampo maggioritario si
ridimensionò il margine di scelta del PR, il quale non ha potuto fare altro che prendere atto della
volontà espressa dal corpo elettorale.
Dopo le elezioni del 2013 e dell'avvio della XVII legislatura, il sostanziale bipolarismo è stato
superato dalla presenza di tre principali formazioni politiche che si sono contese le preferenze del
corpo elettorale.
Il quadro istituzionale si evolve con la legge Rosellatum, nelle elezioni del 4 marzo 2018 nessuno
schieramento politico ottenuto la maggioranza sufficiente per formare un governo, infatti le
consultazioni acquisirono un ruolo di assoluta centralità.
Le consultazioni hanno un peso politico maggiore quando si apre una crisi di governo, e al PR spetta
il compito di tentare la ricostituzione della maggioranza intorno una nuova personalità politica
(personalità esponente della coalizione uscita vincitrice dalle ultime elezioni). Le personalità che
vengono consultate sono i presidenti delle due camere, i presidenti dei gruppi parlamentari, segreti
ali dei partiti politici e gli ex presidenti della Repubblica. Il coinvolgimento di ciascuna categoria
nella fase preparatoria di costituzione del governo assume un significato diverso:
➢ I Presidenti vengono ascoltati poiché sono a conoscenza degli umori delle camere e la loro
posizione di garanzia li rende idonei ad effettuare valutazioni di ampio respiro;
➢ L’incontro con i capigruppo parlamentari tendono a saggiare le capacità e le volontà di
collaborazione delle forze politiche per addivenire ad una soluzione positiva alla crisi;
➢ La consultazione degli ex capi dello Stato è un gesto di galatea istituzionale, ed offre un punto
di vista qualificato derivante dall' esperienza maturata nello svolgimento del loro precedente
mandato;
Le consultazioni si concludono con il conferimento dell'incarico, ma se lo scenario politico
funzionale alla formazione non risulti chiaro il PR può decidere di assegnare degli strumenti
attraverso i quali egli ottiene informazioni necessarie ai fini della formazione della compagine
ministeriale:
RIASSUNTO “IL GOVERNO” (QUINTA EDIZIONE) l ROSELLI ALEXIA
➢ Mandato esplorativo: attribuito ad uno dei presidenti delle camere e svolge indagini
aggiuntive e articolate;
➢ Preincarico: viene accordato al premier in pectore, affinché tale soggetto possa verificare in
prima persona la disponibilità delle forze politiche a sostenere un'eventuale esecutivo da lui
guidato.
L’incarico viene conferito oralmente e comunicato alla stampa dal Segretario della presidenza della
repubblica.
La fase dell’incarico è indispensabile, poiché depone una prassi consolidata ed i tre fondamentali
principi costituzionali relativi al governo:
➢ Il governo è un organo complesso e non può aversi un premier già nominato e privo di
ministri;
➢ È un organo continuo e non possono aversi interruzione fra il precedente governo e quello
nuovo;
➢ Deve ottenere la fiducia da parte delle camere in un'unica circostanza, cosa che non saprebbe
quella del presidente venisse nominato prima degli altri componenti.
L'incarico viene accettato con riserva e dopo iniziano le piccole consultazioni, che permettono
all'incaricato di predisporre il programma di governo e di formare la lista dei ministri. Il PR non gode
di un vero e proprio spazio nelle decisioni dell'incaricato, ma costituisce una sorta di proposta quasi
vincolante solo quando i soggetti indicati fossero inadeguati a ricoprire l'incarico.
Il PR potrebbe suggerire una scelta differente avendosi di poteri informali, e in queste occasioni i
partiti della coalizione e il presidente incaricato seguono il suggerimento presidenziale, selezionando
una personalità diversa. Il PR non può revocare l'incarico, se non in casi eccezionali:
➢ Trattative prolungate;
➢ Le forze politiche interne alla maggioranza si dissociano dalle scelte dell’incaricato.
Nel caso in cui la prima fase si concluda positivamente, l’incaricato può costruire una Esecutivo: si
reca al Quirinale per sciogliere positivamente la riserva o rinunciare all' incarico (in quest’ultimo
caso il procedimento riprende dall'inizio).
3. 2) la nomina e il giuramento dei componenti del governo;
I decreti di nomina del PC e i ministri integrano la terza fase. In tale momento viene emanato il
decreto di accettazione delle dimissioni del precedente governo.
Viene destituito l’esecutivo precedente, le cui dimissioni erano state accettate con riserva dato che
l’avvicendamento fra la vecchia e la nuova compagine governativa deve avvenire senza soluzione di
continuità.
Ai sensi dell'art. 93 il PC ed i suoi ministri presentano giuramento nelle mani del PR. Il nuovo
governo assume così le sue funzioni ed entro dieci giorni deve presentarsi alle camere per chiederne
la fiducia.
4. Il rapporto di fiducia con il Parlamento;
Il rapporto di fiducia che unisce il governo alle camere costituisce l'ossatura della nostra forma di
governo parlamentare.
RIASSUNTO “IL GOVERNO” (QUINTA EDIZIONE) l ROSELLI ALEXIA
L'art. 94 co. 1 dice che il governo deve godere della fiducia da parte di entrambe le camere, ma se il
legame fiduciario dovesse venir meno il governo si troverebbe privo del sostegno politico, e dopo le
dimissioni il PR si troverebbe davanti due alternative:
➢ Se vi sono ancora i margini per la formazione di un nuovo governo, conferirà l'incarico a un
soggetto che potrebbe ottenere la fiducia;
➢ In caso contrario, egli procederà con lo scioglimento delle camere.
➢ Crisi parlamentari: sono riconducibili all' approvazione di una mozione di sfiducia da parte
delle camere, ed il governo è costretto a rassegnare le dimissioni nelle mani del PR;
➢ Crisi extraparlamentari: si aprono a seguito di una crisi politica interna alla maggioranza,
dove l'esecutivo si dimette volontariamente senza un passaggio parlamentare.
La costituzione prevede che la mozione di sfiducia sia firmata da almeno 1/10 dei componenti e
venga messa in discussione non prima dei tre giorni dalla sua presentazione.
Il tempo tra la presentazione della mozione e la votazione, permette una riflessione da parte dei
parlamentari: finalizzata a impedire gli assalti alla diligenza (colpi di mano da parte
dell'opposizione), che potrebbe sfruttare l'assenza di numerosi esponenti e ottenere la
defenestrazione del governo.
La votazione per appello nominale impedisce che i parlamentari sfruttano il paravento del voto
segreto e possano minare l'esecutivo senza assunzione di responsabilità nei confronti dell'elettorato
(si devono rendere note le ragioni per le quali si intende sfiduciare il governo).
L’art. 94 co. 4 prevede che il voto contrario di una di entrambe le camere non comporti l'obbligo di
dimissioni. Si è voluta correlare la sfiducia alla mozione approvata, così che un incidente di percorso
non determini una crisi.
Se le camere rifiutano le proposte del governo o vengano rigettati disegni di legge, l'esecutivo
dovrebbe prendere coscienza della rottura del legame fiduciario e comportarsi di conseguenza.
Le ipotesi di crisi extraparlamentari non possono considerarsi incostituzionali, poiché si sono
verificate nel corso degli anni, le cause sono ricondotte: all' interruzione degli equilibri politici, al
ritiro dell'appoggio di un partito che fa parte della compagine, l'insuccesso della maggioranza che può
indurre il governo a riflettere sull'effettivo sostegno da parte del core pettorale.
I ripetuti dissensi su molteplici disegni di legge potrebbe rappresentare una manifestazione di non
gradimento, oppure è possibile che il governo non ottenga la fiducia iniziale ed è tenuto a rassegnare
le dimissioni.
Diverse sono le dimissioni che il governo presenta al momento dell'avvio di una nuova legislatura: se
viene confermata la stessa maggioranza si tratta di un mero dovere di correttezza costituzionale,
mentre se i rapporti di forza all'interno del Parlamento dovessero registrare cambiamenti si configura
un vero e proprio obbligo giuridico.
Rispondono a un canone di galateo costituzionale le dimissioni che il governo presenta al neo eletto
PR, volendo rappresentare il PR nella pienezza dei suoi poteri, dove egli è tenuto a respingere dato
che non vi è stata interruzione del legame fiduciario.
La minaccia delle dimissioni è sempre stata utilizzata come un'arma da parte del Premier per indurre
il governo ad assecondare la sua linea politica, questo deve fungere da extrema ratio. La morte o
l'impedimento permanente è una causa automatica di crisi di governo dato l'insostituibile ruolo del
premier.
In tutti gli anni i PR hanno teso a parlamentarizzare la crisi, cioè hanno invitato i governi
dimissionari a presentarsi dinanzi alle camere per spiegare i motivi della rottura e sollecitare un
confronto, per rendere note, anche alle collettività, le ragioni che hanno determinato il contrasto tra
Parlamento e governo.
4.4) Il rimpasto, la sfiducia individuale e la revoca;
RIASSUNTO “IL GOVERNO” (QUINTA EDIZIONE) l ROSELLI ALEXIA
Il rimpasto avviene quando uno o più ministri vengono sostituiti, mantenendo inalterata la struttura
complessiva essenza aprire una crisi di governo.
Il rimpasto ministeriale scaturisce da una verifica di maggioranza promossa dal PC, invece sul piano
politico può nascondere una debolezza del governo che si manifesta se si ripetono più volte nell'arco
di uno stesso mandato.
L’art. 5 della legge n. 400/1988 obbliga il premier a comunicare alle camere ogni mutamento
intervenuto nella composizione di governo, ed è opportuno far seguire tale avviso da un voto di
fiducia.
La linea di demarcazione tra rimpasto e crisi di governo è assai labile, infatti vi possono essere
differenti situazioni:
➢ Quando più ministri decidono di rassegnare le dimissioni contemporaneamente, se la
relazione di fiducia sia integra ci si troverebbe dinanzi a un mero rimpasto o altrimenti ad una
crisi di governo;
➢ Se un componente dell'esecutivo rassegna il mandato per ragioni personali, il rimpasto
costituisce un rimedio ottimale per evitare la crisi;
➢ Se invece uno più ministri si dimettono per ragioni politiche la crisi è inevitabile;
➢ Se invece i dimissionari fossero così tante da modificare l'equilibrio politico del governo
l'apertura della crisi della crisi risulterebbe quasi obbligata.
La sfiducia individuale è quel passaggio parlamentare che colpisce il singolo componente
dell'esecutivo, costringendolo a lasciare l'incarico. La presentazione e l'approvazione della mozione
da parte delle camere avviene con le stesse modalità previste per la “sfiducia collettiva”. Appare,
però, difficile tracciare una netta linea di demarcazione: il biasimo nei confronti di un componente
dell'esecutivo potrebbe trasformarsi facilmente nella critica verso l'intero governo.
(unico caso di sfiducia individuale verso un ministro risale al 1995- Filippo Mancuso messo in cattiva
luce dalle indagini mafiose e di Mani Pulite e fu accusato di avere un atteggiamento persecutorio
verso la Magistratura)
La sfiducia individuale potrebbe poi essere considerata un rimedio alla mancata previsione di un
esplicito potere di revoca da esercitarsi nei confronti del ministro dissenziente. Il potere di revoca
sarebbe implicito nel “potere di nomina”, mentre per altri non potrebbe essere desunto dal testo. Ma
comunque molteplici sono le carte costituzionali che hanno previsto siffatto istituto: l'Italia lo aveva
prima nello Statuto Albertino e poi nella legge fascista.
4.5) La questione di fiducia;
In alcuni casi è il governo a suscitare un voto che lo costringerebbe alle dimissioni: cioè la questione
di fiducia, disciplinata dai regolamenti camerali.
Il governo assume l'iniziativa e dichiara che farà dipendere la propria permanenza in carica
dall'approvazione di un atto all'esame del Parlamento, la questione può essere posta su
provvedimenti di diversa nature, come: un articolo o un disegno di legge, una mozione o risoluzione
(non può esserci una proposta di inchiesta parlamentare).
L'oggetto della fiducia costituisce un momento essenziale per il per la realizzazione del programma
di governo. Questa è stata utilizzata dagli esecutivi per restare in carica, poiché il governo rivendica
la propria responsabilità nell'attuazione dell'indirizzo politico e impone una verifica alla propria
maggioranza in Parlamento, inducendola mostrarsi compatta e coesa attorno a delle scelte concordate.
RIASSUNTO “IL GOVERNO” (QUINTA EDIZIONE) l ROSELLI ALEXIA
La fiducia comporta alcuni vantaggi: la votazione per appello nominale, viene bloccata alla votazione
degli emendamenti e viene utilizzata come tecnica anti ostruzionistica.
• Decisioni politiche: delibera sulle dichiarazioni relative all' indirizzo politico, impegni
programmatici e alle questioni su cui il governo chiede la fiducia al Parlamento;
• Attività normativa: nel libere disegni di legge e le proposte di ritiro del disegno di legge già
presentati, adotta i decreti legislativi ed i decreti-legge;
• Politica internazionale ed euro unitaria: il consiglio determina le linee di indirizzo e
delibera i progetti dei trattati e degli accordi internazionali di natura politica o militare;
• Rapporti con le Regioni: individua le direttive da impartire tramite il commissario del
governo per l'esercizio delle funzioni amministrative delegate alle regioni;
• Rapporti con le confessioni religiose: decide gli atti concernenti i rapporti tra lo stato e la
chiesa cattolica;
• Pubblica amministrazione: conferisce le nomine alla presidenza di enti, istituzioni e aziende
di carattere nazionale; delibera sulle determinazioni concernenti l'annullamento straordinario
degli atti amministrativi illegittimi, previo parere del Consiglio di Stato e anche della
commissione parlamentare per le questioni regionali.
L’organo collegiale delibera la nomina di un o più vice presidenti del consiglio e dei Commissari
straordinari del governo, esso deve anche essere sentito per la delega di funzioni ai ministri senza
portafoglio, per la nomina dei sottosegretari e per l'attribuzione di incarichi speciali a uno o più
ministri.
Il consiglio è dotato di un regolamento interno che fissa le modalità di inserimento dei
provvedimenti e delle questioni che i ministri intendono proporre all'ordine del giorno, esso descrive
il contenuto dei processi verbali e contiene la disciplina del seguito delle iniziative del Consiglio dei
ministri.
È lo stesso regolamento a sancire l'obbligatorietà della partecipazione dei ministri alle riunioni
del consiglio, salva vi sia un impedimento motivato e in casi di non partecipazione.
Le riunioni sono presiedute dal premier, dal vicepresidente, dai presidenti delle Regioni a statuto
speciale e dalle due province autonome: prendono parte alle sedute con voto consultivo, qualora
venissero trattate materie di loro interesse.
Nessun sottosegretario di Stato ha titolo per partecipare alle sedute, tranne il Sottosegretario alla
presidenza del consiglio che esercita le funzioni di segretario del collegio.
5.3) I ministri;
I ministri sono posti al vertice dei ministeri, ossia degli apparati in cui è suddivisa la pubblica
amministrazione. Per essere nominati bisogna essere un cittadino che goda dei diritti politici (nel
nostro paese frequentemente viene nominato ministro un soggetto che già membro del Parlamento).
In momenti di crisi in Italia vengono costituiti dei governi tecnici composti da ministri competenti
nei settori loro assegnati.
Vi sono anche i ministri senza portafoglio che esercitano funzioni loro delegate dal PC, possono
rivestire incarichi di rilevanza e si avvalgono delle strutture amministrative della presidenza del
consiglio e degli uffici di diretta collaborazione. Si possono individuare due categorie di ministri
senza portafoglio:
• Incarico di stampo politico: ad esempio il Ministro per i rapporti con il Parlamento che
provvede agli adempimenti riguardanti assegnazione la presentazione alle camere dei disegni
di legge ed assicura l'espressione unitaria della posizione di governo;
RIASSUNTO “IL GOVERNO” (QUINTA EDIZIONE) l ROSELLI ALEXIA
• Funzioni complesse: che gli sono stati conferiti dal premier, come per esempio il Ministro
della funzione pubblica, i quali gestiscono settori di particolare rilievo.
Il PR, su proposta del PC, conferisce al premier stesso o ad un ministro l'incarico di reggere ad
interim un dicastero, per diminuirne l'utilizzo a casi di reale e provvisione necessità, e per evitare la
concentrazione di poteri nelle mani di un solo soggetto.
5.4) Gli organi costituzionalmente non necessari;
a) vicepresidenti del Consiglio dei ministri;
Il CDM può nominare uno o più vicepresidenti su proposta del PC, essi servono a supplire il premier
quando è assente o in impedimento temporaneo. Non vi è alcuna ipotesi di sostituzione in caso di
morte, impedimento o dimissioni.
La carica è nata per garantire rilievo al secondo partito della coalizione, ma nel caso in cui il governo
dovesse essere guidato da un'esponente di partito minoritario, essa permetterebbe la maggioranza di
vigilare sull'operato del premier.
b) Sottosegretari;
I sottosegretari di Stato sono i più stretti collaboratori dei ministri o del premier, e coadiuvano il
ministro ed esercitano i compiti ad essi delegati con decreto ministeriale pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale.
Essi possono intervenire ai lavori parlamentari, ossia sedute delle camere delle commissioni
parlamentari, purché sostengano la discussione in conformità alle direttive del ministro. Essi possono
rispondere ad interrogazioni e interpellanze.
Fra i sottosegretari distingue il Sottosegretario di Stato della presidenza del consiglio, ottiene
l'incarico previo assenso del Consiglio dei ministri, le funzioni che svolge sono di: segretario del
Consiglio dei ministri, cura la verbalizzazione e la conservazione del registro delle deliberazioni e
dirigere l'ufficio di segreteria del Consiglio dei ministri, insieme a dipartimenti uffici.
c) Viceministri;
Invece i ministri hanno questo titolo solo nel caso in cui siano state loro conferite deleghe ampie,
relative all'intera area di competenza di una o più strutture di direzioni generali di un ministero. Essi
possono essere invitati dal PC a partecipare alle sedute del consiglio per riferire su argomenti e
questioni attinenti alla materia loro delegata.
d) Alti commissari e commissari;
Gli alti commissari sono figure che appartengono di più al passato ed erano attribuite loro
considerevoli responsabilità in ambito amministrativo, venivano chiamati allo svolgimento di
specifici compiti di natura contingente.
Essi potevano considerarsi organi governativi e il loro ruolo compare oggi nei Commissari
straordinari del governo, che vengono nominati al fine di realizzare obiettivi determinati in relazione
a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal consiglio o per particolari e temporanei
esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali.
Il procedimento di nomina della natura di organi straordinari e temporanei, cioè non assumono
responsabilità di tipo governativo. L’incarico viene conferito per un tempo determinato ed è
RIASSUNTO “IL GOVERNO” (QUINTA EDIZIONE) l ROSELLI ALEXIA
c) Il Consiglio supremo di difesa esamina le questioni generali relative alla difesa nazionale in
materia di politica militare. Esso è composto dal PC e dai ministri;
d) In materia di sicurezza pubblica e politica informativa, il PC è posto a capo dei servizi
segreti;
e) La politica di bilancio e finanziaria, dove il governo è tenuto ad elaborare le leggi che
delineano il quadro finanziario dello Stato: documento di economia e finanza, disegno di legge
di bilancio pluriennale. Il Ministero dell’economia e Finanza si occupa dell’analisi dei
problemi economici, monetari e finanziari interni ed internazionali, vigilanza sui mercati
finanziari e sistema creditizio.
f) Le relazioni con le confessione religiose sono disciplinate dall’art. 8 Cost.
sono funzionari onorari dello Stato e tenuti a rendere conto dei danni cagionati nell'esercizio
delle loro funzioni;
• La responsabilità amministrativa: i ministri sono chiamati dinanzi alla Corte dei conti per i
danni erariali arrecati alla pubblica amministrazione anche in forma diretta;
• La responsabilità penale ricorre nei casi in cui vengono commessi dei reati ministeriali.
Dal 1937 il PC ed i ministri sono sottoposti alla giurisdizione ordinaria: i reati del premier e dei
ministri integrano fattispecie criminose comuni e devono essere commesse nell'esercizio delle
funzioni ministeriali.
Qualora il ministro dovesse violare la legge penale nell'ambito delle sue funzioni verrebbe sottoposto
alla giurisdizione ordinaria e ai pari di ogni altro cittadino, anzi la legge sancisce che la pena possa
essere aumentata fino a 1/3 in presenza di circostanze che rivelino la eccezionale gravità del reato.
Le camere possono negare questo provvedimento a maggioranza assoluta dei componenti, qualora
ritengano che l'acquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato e per il perseguimento di
un preminente interesse pubblico.
L’insindacabilità di tale provvedimento sembra sconfinare nell’arbitrio e rischia di introdurre una
“ragione di Stato” o una “ragion di partito” qualora le camere dovessero abusarne.
I. Premessa
FORMA DI STATO: diverse modalità attraverso cui si possono strutturare i rapporti tra gli organi
dotati di podestà di imperio, la società civile e i fini generali che lo Stato intende raggiungere.
Le forme di governo attraverso cui è possibile organizzare lo stato liberale democratico sono:
- La monarchia costituzionale
- La forma di governo parlamentare (nelle sue diverse varianti)
- La forma di governo presidenziale (Stati Uniti)
- La forma di governo semi presidenziale (Francia)
- La forma di direttoriale (Svizzera)
- La forma neoparlamentare (Israele)
La forma di governo Parlamentare (tipica in Italia) si caratterizza per la necessità del rapporto di
fiducia tra Parlamento e Governo.
La necessità della relazione fiduciaria obbliga l’Esecutivo a presentarsi immediatamente dinanzi
alle Assemblee parlamentari per ottenere consenso sul programma che intendono realizzare.
L’esistenza della relazione fiduciaria incide, sul principio di separazione dei poterei che nella forma
parlamentare si presenta temperato poiché Parlamento e Governo sono in stretto collegamento tra
loro.
La responsabilità politica segna l’intera vita del Governo che per rimanere in carica deve
conservare integra la fiducia delle Camere.
Il capo di Stato assume in questo contesto un ruolo di garanzia costituzionale. (In Italia=ruolo a
fisarmonica).
Oltre al Capo dello Stato, esistono altri meccanismi volti ad assicurare il corretto svolgimento della
relazione fiduciaria tra maggioranza parlamentare e Governo. In particolare, in Europa continentale
si è proceduto con l’introduzione di clausole di razionalizzazione della forma di governo
parlamentare ossia alla traduzione in norme delle regole che presiedono i rapporti tra Governo e
Parlamento.
Cancellierato per sottolineare la figura principale del Cancelliere (Merkel oggi) che viene eletto
dalla Camera bassa in maggioranza assoluta e su proposta del Presidente federale.
Altro istituto che caratterizza la forma parlamentare tedesca quale fortemente razionalizzato è la
“sfiducia costruttiva”: ossia la Camera bassa può esprimere sfiducia al cancelliere ma eleggendo a
maggioranza un successore e chiedendo al Presidente federale la revoca di quello in carica. Il
Presidente a sua volta deve aderire alla richiesta di nominare l’eletto. Il tutto ha come scopo quello
di evitare la “crisi al buio” (vuoti di potere).
- Modello multipartitico: sono presenti più partiti spesso differenti per ideologie che rendono
difficile la formazione di coalizioni omogenee.
- Assetto multipartitico bipolare: un quadro di partiti assai complesso ma le stesse forze politiche
tendono ad allearsi in maniera stabile tra loro.
La forma di governo presidenziale è adottata negli Stati Uniti d’America e si caratterizza per
un’applicazione rigida della separazione dei poteri.
Il Legislatore e l’Esecutivo non sono legati tra loro da un rapporto fiduciario.
- Il Presidente ha la sicurezza della fine del suo mandato e nel caso di impeachment (tradimento,
corruzione o altri gravi reati) non si dà luogo a nuove elezioni ma viene sostituito dal suo Vice.
L’unico evento in cui Legislativo ed Esecutivo si incontrano ufficialmente avviene alla fine del
mese di gennaio di ogni anno quando il Presidente va dinanzi al Congresso e pronuncia il discorso
sullo stato dell’Unione.
Il sistema si regge su un insieme di meccanismi che vogliono evitare che il potere si concentri in
mano ad un solo organo (Checks e Balances).
Inoltre, la forma statunitense presenta alcuni importanti meccanismi di raccordo: è possibile che il
Congresso esprima una maggioranza diversa rispetto a quella del Presidente (governo diviso).
Tra gli strumenti di controllo, si segnala anzitutto il potere di impeachment nelle mani del
Congresso che può rimuovere Presidente e Vicepresidente per “corruzione, tradimento ed altri reati
gravi”.
Il senato approva le nomine presidenziali di alcune alte cariche (ad esempio, Segretari di
partito) e può convocare i funzionari dell’amministrazione per esercitare un controllo sulla
politica del Presidente.
Il Capo dello Stato ha potere di voto sospensivo delle leggi che può essere superabile dal
Congresso con un’ulteriore approvazione del testo a maggioranza dei 2/3.
La forma presidenziale si regge dunque su un dualismo paritario tra Capo dello Stato e
Congresso
La forma di governo semipresidenziale (tipica della Francia) è stata ideato con lo scopo di
razionalizzare i meccanismi tipici del governo parlamentare.
RIASSUNTO FORME DI GOVERNO DAL LIBRO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
Il potere esecutivo spetta sia al Governo che al Capo dello Stato, secondo una struttura di tipo
dualistico.
Inoltre:
- Struttura diarchica o bicefala: il potere esecutivo è diviso tra Presidente e Governo.
- Un sistema ove il Presidente e il Parlamento sono espressioni di due diversi schieramenti
politici.
- I procedimenti elettorali del passato hanno reso possibile la coabitazione. Questa è stata ridotta
sensibilmente dopo la Riforma del sistema elettorale del 2000.
RIASSUNTO FORME DI GOVERNO DAL LIBRO (QUINTA EDIZIONE) | CARMEN PENNISI
*Nel luglio 2008 la Costituzione Francese è stata sottoposta ad un’ampia revisione con lo scopo di
modernizzare e razionalizzare le istituzioni repubblicane.
Il buon funzionamento della forma di governo direttoriale dipende dalla spiccata omogeneità
politico-sociale che caratterizza la Svizzera.
Di questa forma di governo, non è stato possibile verificare il l’effettivo funzionamento perché stata
adottata per pochissimo tempo in Israele.
L’ART. TERRITORIALE DELLA REP. (QUINTA ED.) I ROSELLI ALEXIA
La presenza di una seconda camera è un tratto Comune di tutte le esperienze federali, le loro
composizioni e attribuzioni sono diversificate. In alcuni casi gli enti territoriali sono rappresentati in
maniera paritaria (es. Senato degli Stati Uniti), o in altri il numero dei parlamentari varia sulla
base della popolazione dell'entità sub statale di provenienza (es. Bundesrat tedesco).
La presenza di una “camera delle autonomie” risulta funzionale alla creazione di sedi dove possono
emergere le istanze dei territori. Perciò la camera rappresentativa dei territori costituisce la
massima espressione del principio di leale collaborazione fra centro e periferia, poiché è preordinata
allo scopo di agevolare il dialogo fra livelli territoriali in cui si articola la comunità politicamente
organizzata.
La maggioranza delle costituzioni degli stati composti è caratterizza dal riparto delle competenze
legislative sulla base del principio di residualità, da tale principio discende la giustiziabilità delle
competenze: ossia la potestà riconosciuta agli enti territoriali che compongono la Federazione o lo
Stato regionale di ricorrere contro le violazioni dei loro ambiti di competenza innanzi ad un organo
giurisdizionale (es. Corte costituzionale italiana).
1. 1) Unità e autonomia nell’art. 5 Cost;
La Repubblica italiana va collocata all’interno dei tipi di Stato “composti” e in quelli “regionali”.
L’art. 5 Cost dispone che “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie
locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo;
adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del
decentramento”.
Unità e indivisibilità, autonomia e decentramento costituiscono i cardini intorno a cui ruota
l’articolazione territoriale dei poteri nell’ordinamento italiano.
In Assemblea costituente venne riconosciuta alle Regioni a statuto ordinario la potestà legislativa
concorrente e la potestà regolamentare e statuaria, come strumenti di razionalizzazione delle
competenze pubbliche e dimensione del principio di separazione dei poteri. Mentre nelle Regioni a
statuto speciale venne riconosciuta una potestà legislativa piena.
Uno dei caratteri distintivi degli ordinamenti a struttura complessa è il bicameralismo differenziato,
ma in Italia venne scelto un bicameralismo paritario: il Senato fu concepito come una camera di
“raffreddamento” che vale a imporre “doppie e più meditate decisioni”.
2. L’attuazione dell’ordinamento regionale;
L’originaria stesura della costituzione comprendeva un’organizzazione territoriale di tipo
complesso. Le disposizioni contenute all'interno del Titolo V hanno subito rilevanti modifiche a
seguito della revisione operata con la legge Cost. n. 3/2001.
L'art. 114 (originariamente) leggeva che “la Repubblica si riparte Regioni, Province e Comuni”:
Province e Comuni costituivo un’eredità dell'età repubblicana, ma le Regioni erano una novità poiché
la costituzione gli riconosceva un ruolo istituzionale insieme delle competenze rilevanti di
autonomia legislativa, finanziaria e amministrativa.
Ai sensi dell'art. 83 co. 2 ogni consiglio regionale integra il Parlamento in seduta comune per
l'elezione del presidente della Repubblica inviando tre delegati.
L’ART. TERRITORIALE DELLA REP. (QUINTA ED.) I ROSELLI ALEXIA
Il 20 maggio del 1970 fu approvata la legge n. 281 che recava le norme per l'attuazione delle regioni
a statuto ordinario, mentre la legge del 17 febbraio 1968 n. 108 aveva introdotto la disciplina delle
elezioni dei consigli regionali.
3. Evoluzione Dell'organizzazione territoriale della Repubblica a costituzione invariata: le leggi
Bassanini;
L'articolazione territoriale della Repubblica ha subito importanti mutamenti, a seguito della revisione
del Titolo V della II parte, che hanno ridisegnato il sistema dei rapporti tra Comuni, Province, Regioni
e Stato, recependo alcuni principi anticipati con legislazione ordinaria.
La prima importante evoluzione fu promossa con le leggi Bassanini (legge n. 59/1997) che
introdussero i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, che nel 2001 si aggiunsero al
rango dei principi costituzionali.
La prima legge ha introdotto una nuova modalità di allocazione delle competenze, attribuendo alle
Regioni agli Enti locali l'esercizio delle funzioni residue secondo criteri ispirati ai principi indicati
all'art. 4, co. 3 della legge stessa. Ha poi invertito il rapporto tra lo Stato, le Regioni e gli Enti locali
nella distribuzione delle funzioni amministrative e ha delineato un sistema che individua nelle regioni
e nelle autonomie locali i destinatari della maggior parte delle competenze.
La seconda legge Bassanini ha portato contributi al funzionamento degli enti locali per adeguare la
loro struttura alle successive competenze.
Poco prima della revisione del Titolo V è stato adottato il Testo unico delle leggi sull'ordinamento
degli enti locali, che tiene conto degli interventi normativi hai delle stanze di derivazione
giurisprudenziale.
4. La revisione del Titolo V;
Il nuovo testo dell’art. 114, dispone che: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province,
dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane
e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla
Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo
ordinamento.”
Si vince che lo stato assume la nuova connotazione nell'ambito dell'organizzazione territoriale della
Repubblica, infatti lo stato compare accanto agli altri enti territoriali nell’elencazione, che vada a
livello di governo più vicino al cittadino (Comune) a quello più lontano (Stato). Viene attribuita a
tutti gli enti territoriali, comuni, province, città metropolitane, regioni pari dignità istituzionale,
annoverandoli fra gli elementi costitutivi della Repubblica (insieme allo stato).
La legge Delrio hai introdotto una nuova disciplina della provincia come ente di “secondo grado”, in
cui gli organi sono scelti dagli organi dei comuni che li compongono, istituendo le Città metropolitane
nei più grandi capoluoghi italiani (Catania, Palermo, Milano ecc).
➢ A seguito di alcuni ricorsi, la Corte ha ritenuto non fondata la questione di legittimità
costituzionale relativa al meccanismo di elezione di secondo grado degli organi politici degli
enti di area vasta. il sistema elettorale di secondo grado è stato considerato espressione di un
principio di grande riforma economico sociale e vincolante per le regioni a statuto speciale.
➢ la Corte ha affermato che le disposizioni costituzionale garanzia degli enti locali si intendono
estese anche quelli delle regioni a statuto speciale, in ragione “dell’identità di interesse che
L’ART. TERRITORIALE DELLA REP. (QUINTA ED.) I ROSELLI ALEXIA
comuni e province rappresentano riguardo alle rispettive comunità locali, quale che sia la
regione di competenza”.
La riforma del 2001 ha riconosciuto importanti competenze normative alle regioni e attribuito
l'esercizio delle funzioni amministrative ai comuni, sulla base del principio di sussidiarietà e di
differenziazione e adeguatezza (art. 118, co. 1). L'art. 120 prevede che l'esercizio dei poteri sostitutivi
da parte del governo sia assistito da norme procedurali che garantiscano il rispetto dei principi di
sussidiarietà e adeguatezza.
Il principio di sussidiarietà, in senso verticale, comporta l’attribuzione della generalità dei compiti
e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle città metropolitane, secondo le
rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni
incompatibili con le dimensioni medesime.
In senso orizzontale, si prevede che gli enti territoriali debbano favorire l'assolvimento di compiti di
rilevanza sociale da parte dei cittadini, singoli o associati.
La revisione costituzionale del 2021 ha inciso in ordine alle competenze legislative, regolamentari e
amministrative, attribuendo rilievo senza precedenti a regioni ed enti locali.
Il potere sostitutivo (riconosciuto a regioni, città metropolitane, provincia e comuni) può essere
esercitato nel caso di mancato rispetto di trattati o norme internazionali europee: quando lo richiedono
l'unità giuridica ed economica dell'ordinamento.
Si tratta di presupposti che si riannodano ad eventi patologici in grado di lambire le ragioni
fondamentali della convivenza politicamente organizzata. L’art. 120 co. 2 configura uno strumento
straordinario, posto a tutelare le esigenze unitarie dell'ordinamento, ricollegabili agli interessi propri
dell'intera comunità: quindi il potere va esercitato nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di leale
collaborazione.
Il principio di leale collaborazione nasce dall'esigenza di conciliare istanze in cui si incrociano
molteplici interessi pubblici, e riveste un ruolo fondamentale in tutti gli ordinamenti composti. Si
tratta di un canone organizzatorio che si diffonde nell'intero ordinamento costituzionale e ispira la
totalità dei rapporti fra enti territoriali, nell'ambito di un sistema in cui tutti sono tenuti a collaborare
per il soddisfacimento dei pubblici interessi. Questo principio va declinato su due piani:
o Attività: ogni situazione si confronta con altri portatori di interessi pubblici concorrenti per
addivenire a soluzioni, secondo le procedure proprie di un assetto istituzionale pluralista.
o Organizzazione: comporta la necessità di sedi operative dove la leale collaborazione possa
trovare traduzione in atti giuridici espressivi della collaborazione tra i diversi livelli di
governo.
➢ Regioni a statuto speciale: il loro ambito di autonomia è il frutto di accordi fra lo Stato e
talune comunità regionali, recepiti con leggi costituzionali.
Gli statuti ordinari sono una fonte “rinforzata”, che ai sensi dell’art. 123 è “approvata e modificata
dal Consiglio regionale, con due deliberazioni votate con intervallo non minore di due mesi”.
Il co. 3 prevede la possibilità che lo statuto venga sottoposto a referendum confermativo, si tratta
di un passaggio previsto entro tre medi dalla pubblicazione della delibera statutaria (su richiesta di un
cinquantesimo degli elettori della regione o di un quinto dei componenti del Consiglio reg.).
Il co. 2 prevede che il Governo della Rep. può promuovere la questione di legittimità costituzionale
sugli statuti entro 30gg dalla loro pubblicazione.
Alle Regioni ordinarie l’autonomia è riconosciuta nei termini del “regionalismo differenziato” ,
quindi alle regioni che lo richiedono potranno essere riconosciute particolari condizioni di autonomia
nelle materie di potestà legislativa concorrente e in alcune materie di potestà statale.
Nel contenuto degli statuti si distinguono il:
➢ Contenuto necessario: s'intende quanto la costituzione imponga che gli statuti contengano la
disciplina della forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione funzione, le
modalità di esercizio del diritto di iniziativa e del referendum sul leggi e provvedimenti
amministrativi della regione, la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali e la
disciplina del consiglio delle autonomie locali;
➢ Contenuto non necessario: allude al fatto che gli statuti non devono limitarsi a tale contenuto,
poiché possono includere in armonia con la costituzione anche altri istituti e principi.
Gli statuti degli enti locali si limitano a dettare norme fondamentali di organizzazione e
funzionamento di minori enti territoriali, e vi hanno particolare rilievo i regolamenti dei minori enti
territoriali: fonti di rango gerarchicamente inferiore agli statuti e rappresentano la tipica fonte
normativa con cui gli enti territoriali minori sorgono la potestà amministrativa loro conferita
dall'art.118.
6. La forma di governo regionale;
A livello regionale si parla di “forma di governo” per designare le distribuzioni dei poteri fra i vari
organi e i rapporti intercorrenti fra questi.
Gli organi della Regione, elencati dall’art. 121, sono:
➢ Il Consiglio regionale: esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e può fare
proposte di legge alle camere;
➢ La Giunta regionale: è l'organo esecutivo delle regioni;
➢ Il Presidente della Giunta: dirige la politica della giunta e ne è responsabile, promulga le
leggi ed emana i regolamenti regionali, dirige le funzioni amministrative delegate dallo stato
alla regione conformandosi alle istruzioni del governo della Repubblica.
Le disposizioni costituzionali relative alla forma di governo regionale sono state sottoposte a
revisione con la legge cost. n. 1/1999, che ha introdotto l’elezione diretta del Presidente della Giunta
regionale, mutando la forma di governo da parlamentarismo a “neoparlamentare”.
L’ART. TERRITORIALE DELLA REP. (QUINTA ED.) I ROSELLI ALEXIA
Il presidente della Regione nomina la sua giunta e in vista della clausola simul stabunt, simul cadent,
l'art. 126 dispone che “la mozione di sfiducia nei confronti del presidente dell'aggiunta o la rimozione,
l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie comportano le dimissioni della giunta
e lo scioglimento del consiglio”. Tale conseguenza costituisce un'efficace contrappeso in favore
dell'esecutivo che scoraggia l'utilizzo della sfiducia.
L’ultimo co. dell'art. 122 dispone che il presidente della giunta regionale eletto a suffragio
universale e diretto, ma: ove lo statuto preveda l'elezione diretta, la forma di governo dovrà essere
quella di scritta in costituzione. In alternativa, ciascuna regione potrà scegliere con apposita legge di
revisione statutaria il ritorno alla originaria forma di governo parlamentare.
L'art. 126 prevede inoltre che il PR possa disporre “lo scioglimento del consiglio regionale e la
rimozione del presidente della giunta che abbiano compiuto atti contrari alla costituzione o gravi
violazioni di legge e che lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di
sicurezza nazionale”.
7. Il riparto della potestà legislativa tra stato e regioni;
Nella costituzione italiana alcune materie sono attribuite alla competenza legislativa esclusiva dello
stato, altre assegnate alla competenza concorrente dello Stato e delle regioni e altre ancora vi opera
la potestà legislativa generale e residuale delle regioni.
Storia: nella costituzione del 1948 la fonte del diritto a competenza generale era la legge statale.
Alle regioni a statuto ordinario era riconosciuta una potestà concorrente, esercitando anche una
potestà legislativa attuativa. Mentre quelle a statuto speciale godevano di un potestà legislativa
esclusiva o piena.
A seguito della novella del 2001 il riparto di competenze legislative tra lo Stato e le regioni è stato
modificato.
L’art. 117 co. 1 è dedicato ai limiti alla potestà legislativa, infatti stabilisce che “la potestà
legislativa è esercitata dallo stato e dalle regioni nel rispetto della costituzione, nonché dei vincoli
derivanti dall' ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”, determinando una
tendenziale pianificazione tra le leggi statali e quelle regionali.
Con riferimento alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la previsione attribuisce al legislatore
statale la competenza sulle materie enumerate nell'art. 117 co. due.
Viene mantenuta la potestà legislativa corrente nell'art. 117 co. 3. In tali ambiti allo stato è affidato
il compito di fissare i principi fondamentali della materia con le leggi cornice, mentre le regioni
potranno dettare disposizioni di dettaglio.
In caso di mancata approvazione delle leggi cornice, le regioni possono intervenire ricavando i
principi della materia, in via interpretativa, dalla legislazione vigente. Ma in caso di inerzia
regionale, lo stato potrà adottare una normativa cedevole, che si applicherà provvisoriamente in tutto
il territorio nazionale sino a quando le regioni non approveranno le normative di loro competenza.
Una novità è la potestà legislativa residuale delle regioni (art. 117 co. 4), dove le regioni vengono
individuate come enti con competenza legislativa generale in tutti quei settori non assegnati alla
potestà esclusiva statale (quella concorrente).
Le regioni a statuto speciale invece continuano a rinvenire la disciplina della propria competenza
normativa nei rispettivi statuti che avevano attribuito una potestà legislativa esclusiva. L'unica novità
L’ART. TERRITORIALE DELLA REP. (QUINTA ED.) I ROSELLI ALEXIA
è rappresentata dalla clausola di maggior favore (art. 10 legge cost. 3/2001), le regioni a statuto
speciale potranno estendere la propria potestà legislativa piena in tutti quei settori che l'art. 117 co. 4
affida alla legislazione esclusiva delle regioni a statuto ordinario.
Con riferimento alla potestà regolamentare, il co. 6 dell'art. 117 dispone e che questa potestà spetta
allo stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle regioni e che, in ogni altra materia,
la stessa aspetti alle regioni.
7.1) La giurisprudenza della Corte cost. sul riparto di competenze;
La formulazione dell’art. 117 è stata “rivista” dalla Corte, che ha elaborato criteri utili all'
individuazione del soggetto istituzionale competente ad adottare una determinata disciplina
legislativa, qualora questa si rivolga più materia. È stato applicato il criterio della prevalenza laddove:
➢ Prevalenza materiale: una certa disciplina legislativa atteneva in modo prevalente ad una
materia. Questo criterio si applica appaia evidente, all'interno dell'intreccio delle materie, un
nocciolo duro che appartenga ad una di esse;
➢ Prevalenza teologica: oppure quando in assenza di materia prevalente era possibile rinvenire
una finalità prevalente. Questo è utilizzato dalla Corte con riferimento alla radio della
disposizione (finalità che intende perseguire).
In presenza di discipline riconducibili a più ambiti il principio di leale collaborazione sottolinea la
necessità di attivare procedure di raccordo e coinvolgimento tra lo stato alle regioni, per adottare la
normativa condivisa concordata tra tali soggetti. Per la concreta forma di raccordo e per garantire
rispetto di tale principio sono stati indicati differenti strumenti da attivare: scambio di informazioni,
accordo formale tra stato e regioni e l'acquisizione del solo parere regionale.
Il principio di leale collaborazione è stato uno dei parametri più utilizzati dal giudice delle leggi, la
Corte gli riconosce un ruolo residuale nei giudizi per la violazione del riparto di competenze
legislative; vi fa ricorso solo avere non sia possibile utilizzare quello di prevalenza.
La giurisprudenza costituzionale successiva ha segnato il tramonto del principio di leale
collaborazione, ritenuto non invocabile poiché requisito di legittimità costituzionale, e quindi non è
possibile individuare un fondamento costituzionale del l'obbligo di adottare procedure collaborative
idonee a condizionarla.
7.2) Strumenti di flessibilità del riparto di competenze;
La geometria costituzionale degli elenchi di materie e la delimitazione degli ambiti delle connesse
competenze hanno dato luogo ad un notevole contenzioso dinanzi alla Corte. Le Regioni hanno
lamentato l'invasione della propria sfera di competenza e lo Stato ha rivendicato la necessità di
un'unica disciplina normativa a salvaguardia delle esigenze unitarie dell'ordinamento.
In queste occasioni la porte elabora criteri e strumenti di flessibilità, utile a consentire la concreta
applicazione dell'art.117.
La formale suddivisione delle competenze per campi materiali non può essere letta in modo
successivamente rigido. Infatti, la Corte ha parlato di “materie non materie”, ossia un insieme di
compiti e funzioni o di differenti livelli di interesse.
Sono state individuate anche le materie trasversali per indicare i casi in cui le funzioni legislative
statali possiedono la forza di penetrare anche in settori astrattamente assegnati alla competenza
regionale.
L’ART. TERRITORIALE DELLA REP. (QUINTA ED.) I ROSELLI ALEXIA
L’art. 117 co. 2 rimette allo stato la “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”: la determinazione
dei livelli si configura come “una competenza del legislatore stradale idonea ad investire tutte le
materie”.
Un altro strumento per rendere flessibile il riparto delle competenze è stato ricavato dalla Consulta,
mutuando il principio di sussidiarietà espresso dall' art. 118 co. uno.
Quando anche una materia è astrattamente assegnata alla potestà concorrente sulla base della
sussidiarietà legislativa, non si configura alcuna lesione della potestà legislativa regionale nel caso
in cui lo stato regoli per intero con proprie leggi l'esercizio di determinate funzioni amministrative.
Onde evitare che con tale deroga si possa costituire una sorta di esproprio in danno delle regioni, è
stata individuata la necessità di un preventivo confronto fra lo Stato e gli Enti regionali nel segno
delle leale collaborazione tra i differenti livelli di governo.
8. I raccordi tra livelli territoriali di governo;
Negli ordinamenti composti il principio di sussidiarietà implica un assetto flessibile delle
competenze, con lo scopo di ricercare il livello più adeguato alla cura di determinati interessi e per
l'esercizio delle relative funzioni.
Se i rapporto fra i livelli di governo è ispirato ad una collaborazione leale, si dovrebbe conseguire
un esercizio ottimale del potere, dove si rende necessaria la previsione di sedi istituzionali in cui la
cooperazione possa trovare svolgimento, come: sistema delle conferenze e i consigli delle autonomie
locali.
Per sistema delle conferenze si intende l'insieme di quelle sedi concertative di cui fanno parte la
conferenza permanente per i rapporti tra lo stato, le regioni e le province autonome e la Conferenza
Stato città e autonomie locali, che danno vita alla conferenza unificata.
8.1) La conferenza Stato-Regioni;
La conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e provincie autonome di Trento e Bolzano,
è la più antica dove si confrontano le posizioni del governo e dei rappresentanti delle regioni, al fine
di mediare le istanze dei due maggiori livelli territoriali di governo.
La conferenza Stato-Regioni è stata definita una “sede privilegiata del confronto della negoziazione
politica tra lo Stato e le Regioni”.
L’art. 12 della disposizione, attribuisce alla Conferenza taluni compiti: informazione, consultazione
e raccordo in relazione agli indirizzi di politica generale suscettibili di incidere nelle materie di
competenza regionale, esclusi indirizzi relativi alla politica estera, difesa, sicurezza nazionale e
giustizia.
Esso è composto dai presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, ed è
convocata e presieduta dal PC. È sentita obbligatoriamente su tutti gli schemi di disegni di legge,
decreto legislativo o di regolamento del governo nelle materie che risultino di interesse delle regioni
e province autonome, su ogni altro oggetto di interesse regionale che il PC ritenga opportuno
sottoporre al suo esame.
Le funzioni della conferenza sono state riordinate, ampliate ed estese ai pareri su tutte le questioni
attinenti al coordinamento intersettoriale delle attività di programmazione in rendere apporto tra lo
stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti infra regionali.
L’ART. TERRITORIALE DELLA REP. (QUINTA ED.) I ROSELLI ALEXIA
Già prima della revisione, le regioni avevano istituito organi di raccordo con gli enti locali, tra loro:
➢ Conferenza: il suo modello è proprio dei raccordi con le Giunte regionali. Esse sono
caratterizzate dalla compresenza dei rappresentanti degli esecutivi degli enti locali e dei
rappresentanti dell’esecutivo regionale;
➢ Consiglio: il suo modello indica organi che intrattengono relazioni con i consigli regionali.
Essi riuniscono i rappresentanti degli enti locali.
I nuovi statuti prevedono la strutturazione del CAL presso il consiglio regionale, affiancando un altro
organo di cooperazione con l’esecutivo regionale (conferenza).
L’art. 9, co. 2 (legge n. 131/2003) riconosce ai CAL il potere di proporre alle regioni di avviare il
giudizio in via principale dinanzi alla Corte, per tutelare le attribuzioni degli enti locali, che, com’è
noto, non hanno il potere di accedere direttamente al giudice delle leggi.
9. Il federalismo fiscale;
Gli ordinamenti connotati da uno spiccato policentrismo istituzionale sono caratterizzati dal principio
dell’autonomia finanziaria dei vari livelli di governo. Si parla di “finanze separate”, quando lo Stato
centrale e gli enti periferici si procurino i mezzi necessari per far fronte alle attività loro attribuite
grazie al riconoscimento a ciascuna entità di autonomo potere impositivo.
Un margine di autonomia fiscale appare necessaria anche in ordine a quel principio di accountability,
che evoca la possibilità da parte dei cittadini di controllare l’operato degli amministratori e di fare
valere la responsabilità politica di questi in sede di rinnovo degli organi elettivi.
L’autonomia fiscale e finanziaria non può essere spinta oltre un certo limiti, poiché il soggetto passivo
dell’imposizione è unico, e la circostanza che la forma di stato sociale importa la garanzia di standard
di prestazioni per la cui erogazione potrebbe essere necessario un intervento del più alto livello di
governo (potestà di coordinamento della finanza pubblica che spetta agli stati centrali).
Per quanto dispone l’art. 119, il testo cost. novellato sottopone l’autonomia fiscale degli enti
territoriali al rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci e riconosce una responsabilità degli stessi in
relazione agli obblighi posti in sede europea.
Queste norme sono legale alla nuova disposizione dell’art. 81 e riconoscono una responsabilità diretta
dei singoli enti in relazione al patto di stabilità e crescita, che lega gli stati membri al rispetto di
parametri di bilancio stabiliti in funzione degli obiettivi dell'unione.
Per quanto riguarda il principio perequativo fa riferimento a meccanismi che rispondono all’esigenza
di garantire livelli essenziali di qualità della vita per i propri cittadini senza differenziazioni
territoriali.
La nuova formulazione dell’art. 119 sancisce il principio di autonomia finanziaria delle regioni,
prevedendo tre distinte forme di finanziamento regionale.
La perequazione finanziaria: riservata alla potestà esclusiva dello stato, che tramite un congegno
redistributivo di ricchezza, è chiamato ad assolvere al prioritario obiettivo di determinare i livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali;
La perequazione mista: è intermedia tra quella verticale e orizzontale, ed è disciplinata nel co. 2 e 3,
dove si prevede che le regioni e gli altri territoriali minori “dispongono di comparte citazione al
gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio” e che lo stato “istituisce un fondo di
perequazione, senza vincoli di destinazione per i territori con minore capacità fiscale per abitante”.
L’ART. TERRITORIALE DELLA REP. (QUINTA ED.) I ROSELLI ALEXIA
Nel co. 5 si prevede l'erogazione da parte dello Stato di risorse finalizzate a gengive, la realizzazione
di interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni, per
promuovere “lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri
economici e sociali”.
Nel co. 6 si dispone che gli enti territoriali possano ricorrere all' indebitamento solo per finanziare
spese di investimento. Mentre la legge n. 1/2012 aggiunto che il ricorso all' indebitamento richiede
“la contestuale definizione di piani di ammortamento” e impone “che per il complesso degli enti di
ciascuna regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio”.
RIASSUNTO PRIME 3 SEZIONI (QUINTA EDIZIONE) + FORME DI STATO I ROSELLI ALEXIA
Parte prima
Capitolo primo, sezione 1
Il diritto pubblico, una realtà in continuo divenire
1. Diritto, società e ordinamento giuridico;
Il termine diritto ha molteplici significati legati alle regole di comportamento che disciplinano i
rapporti tra i componenti di una comunità.
Il gruppo sociale è retto da un insieme di regole ed i principi che disciplinano le relazioni tra i soggetti
che lo compongono. Ogni raggruppamento umano che si forma in vista del perseguimento di
obiettivi comuni possiede un proprio ordinamento giuridico.
Per ordinamento giuridico si intende quel complesso di istituzioni, e di regole di condotta che
impongono comportamenti consociati per assicurare la pacifica convivenza di una determinata
comunità.
Il vocabolo società indica un insieme di soggetti cui rapporti sono stabiliti da norme, garantiti da
istituzioni comuni e da sanzioni che tendono a rendere possibile una tranquilla coesistenza.
Il concetto di diritto è strettamente collegato a quello di società.
2. La pluralità degli ordinamenti giuridici;
L'etimologia della parola ordinamento descrive l'insieme delle norme che regolano la vita di una
comunità. Il diritto elemento costitutivo di ogni corpo sociale e la sua funzione primaria è quella di
disciplinare la convivenza e le relazioni sociali.
Secondo la teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici, il numero di ordinamenti che possono
qualificarsi come giuridici è illimitato. La natura dei fini perseguiti vale a distinguere gli ordinamenti
giuridici particolari da quelli generali.
Sono enti a fini generali le comunità internazionale, l'unione europea e gli enti territoriali: mirano al
soddisfacimento di interessi generali, potenzialmente propri, indistintamente, di tutti i consociati.
Gli ordinamenti particolari si caratterizzano per la circostanza che si propongono di realizzare fini
specifici di varia natura: economica, culturale ec…
Di fronte alla pluralità degli ordinamenti giuridici efficaci si pone l'esigenza di assicurarne la
coesistenza risolvendo eventuali antinomie. Il principio di non contraddizione è garantito da talune
“norme di riconoscimento”: poste dall' ordinamento giuridico sovrano che regolano le condizioni e
limiti di efficacia delle norme di altri ordinamenti del medesimo ambito territoriale.
Ad esempio, l’art 18 Cost precisa che “i cittadini sono liberi di associarsi per fini che non siano
vietati ai singoli dalla legge penale”.
3. Diritto costituzionale;
Con l'adozione dello statuto albertino l'insegnamento di diritto costituzionale fu attivato in modo
stabile in alcuni atenei italiani e conquistò autonomia, rispetto alle altre discipline del diritto.
Si deve a Vittorio Emanuele Orlando il merito di aver delineato il metodo già conferito specificità
alla scienza di diritto costituzionale. Dopo di lui Santi Romano quando parla di diritto costituzionale
dice che “s'intende accennare ad una parte del diritto dello Stato e precisarne a quella parte che ne
rappresenta il fondamento, e per così dire, i muri maestri e la prima armatura”: il diritto
costituzionale è l'ordinamento supremo dello Stato.
RIASSUNTO PRIME 3 SEZIONI (QUINTA EDIZIONE) + FORME DI STATO I ROSELLI ALEXIA
Gli Stati contemporanei seguono due criteri fondamentali per l'attribuzione della cittadinanza al
momento della nascita, la legge n. 91 del 1992 e prevede alcuni criteri di attribuzione della
cittadinanza:
1. IUS SANGUINIS: criterio tradizionale, ed in base ad esso diventa cittadino il figlio di uno o
di entrambi gli individui che sono cittadini italiani (il cittadino può acquisire anche due
cittadinanze in alcuni paesi, altri invece vietano questa cosa).
RIASSUNTO PRIME 3 SEZIONI (QUINTA EDIZIONE) + FORME DI STATO I ROSELLI ALEXIA
2. IUS SOLI: nei paesi del nuovo mondo (Sud America, Nuova Zelanda ecc) viene data
prevalenza rispetto allo Ius sanguinis (che è prevalente nei paesi Europei). Lo Ius Soli nel
nostro paese opera nei casi in cui non può operare lo ius sanguinis, ad es. se un bambino di
stranieri (cittadini di paesi dove non vige lo ius sanguinis) nasce nel nostro territorio e acquista
la cittadinanza italiana / es. un individuo (con genitori stranieri) nato in Italia, può decidere
(al compiere del diciottesimo anno di età) se mantenere la cittadinanza straniera o prendere
quella italiana.
3. IURIS COMMUNICATIO: si ha nei casi in cui si verifica una comunicazione giuridica
(matrimonio, adozione e casi analoghi).
4. CONCESSIONE AMMINISTRATIVA: possiamo dire che in alcuni casi la cittadinanza può
essere concessa quando il cittadino straniero ha servito il nostro paese (forze armate italiane,
ambasciate all’estero), si vuole quindi premiare lo straniero che ha dimostrato lealtà al nostro
paese. ES. Madre Teresa di Calcutta aveva la concessione del passaporto italiano.
Rari i casi in cui è possibile che un soggetto si trovi ad avere più di una cittadinanza: nel caso il
figlio di cittadini appartenenti ad uno stato in cui vige la regola dello ius sanguinis, nasca nel territorio
di un altro paese in cui vale il principio dello ius soli.
L’art. 22 dice che: “Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della
cittadinanza e del nome” (la cittadinanza, la capacità giuridica e il carattere identificativo sono
elementi fondamentali rilevanti dell’identità personale di ognuno di noi). E.S morte civile, una
sanzione che risparmiava la vita fisica del cittadino deviante, ma veniva privato di diritti (zombie per
l’ordinamento, privato della propria identità).
La cittadinanza perduta può essere riacquistata allorché l’interessato decida di interrompere il
rapporto di dipendenza da uno stato estero e risieda dal almeno due anni nel territorio della repubblica;
prestando servizio militare o accettando un impiego alle dipendenze dello Stato italiano; nel caso in
cui dichiari di volerla riacquistare e stabilisca la propria residenza in Italia entro un anno dalla
dichiarazione, o ho ritenuto da oltre un anno nel territorio della Repubblica.
Il trattato di Maastricht del 1992 ha introdotto l'istituto della cittadinanza europea, art. 20 TFUE
“è cittadino dell'unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. la cittadinanza
dell'unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce”. tra le previsioni ha
riconosciuto a tutti i cittadini degli Stati membri dell'unione europea una serie di diritti di doveri:
A. Il diritto alla libera circolazione e il diritto di soggiorno sul territorio degli stati membri;
B. Il diritto di voto attivo e passivo alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali
nello stato membro di residenza con le stesse condizioni previste per i cittadini di questo stato;
C. Il diritto di beneficiare sul territorio di uno stato terzo (non appartenente quindi all’UE) della
protezione diplomatica o consolare di uno qualsiasi dei 27 stati membri nel caso in cui lo stato
di origine non sia rappresentato nel paese;
D. Il diritto di petizione al Parlamento europeo e il diritto di rivolgersi al Mediatore europeo
(difensore civico UE).
Infine, il concetto di popolo non deve essere confuso con i concetti di:
• Nazione: insieme di individui che condividono la stessa cultura, lingua o identità (caratteri
che identificano la nazione italiana). Ma ci possono essere soggetti che hanno in pieno
un’identità italiana (nazione) ma che non sono cittadini,
E.S gli italiani che si trovano nei territori persi alla fine della Seconda guerra mondiale (Istria,
Fiume, Dalmazia).
• Corpo elettorale: insieme di cittadini che hanno il diritto di voto.
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SOVRANITA’: è oggetto fondamentale del diritto pubblico e si intende il supremo potere di governo
attribuito a quell’organo o istituzione, che ha il monopolio dell’uso della forza legittima. Ed assume
rilievo da un punto di vista interno ed esterno.
Nella prospettiva interna, la sovranità consiste nel supremo potere di governo, che, in un
determinato territorio, non riconosce alcuna supererà autorità. Pur potendo esistere molteplici centri
di potere nell'ambito dell'ordinamento giuridico statale, a nessuno di questi può essere attribuito
rilievo pari o superiore a quello dello Stato sovrano.
Nella dimensione esterna, la sovranità si identifica con i caratteri dell'originalità e dell’indipendenza
dell’ordinamento nei confronti degli altri stati. L'ordinamento statale non discende da altri
ordinamenti, ne è soggetto ad essi, in quanto si auto legittima e trova in sé stesso la giustificazione
giuridica della propria esistenza del proprio dovere. Il carattere originario consente di distinguerlo da
quei sistemi giuridici che possono considerarsi derivati.
Il carattere cruciale della sovranità nella configurazione dello Stato spiega la ragione per cui la
dottrina giuspubblicistica e politologica si siano impegnate per i costituirne origine e consistenza sin
dalla nascita dello Stato moderno. Sono emerse varie teorie:
TEORIA TEOCRATICA: la sovranità è suprema potestà di governo discendente dal diritto divino.
In questo senso si riteneva che il monarca fosse l'incarnazione della sovranità e che esercitasse relativi
poteri per “grazia di Dio”. “Omnis potestas a Deo” (ogni potere deriva da Dio) infatti il potere politico era
legittimato dalla base della legge divina.
Questa teoria vigeva nel Sacro Romano Impero, che era una Respubblica Christaiana, dove vi
erano le due teste dell’Imperatore e del Romano Pontefice. Quest’autorità politica bicefala si
contendeva il primato tra Guelfi (pontefice) e Ghibellini (imperatore), e nessuno metteva in
discussione che la sovranità spettasse sia al papa che all’imperatore, infatti il simbolo del Sacro
Romano Impero è un’aquila a due teste che rappresenta il potere temporale e il potere spirituale.
Questa costruzione politica imperiale venne messa in discussione quando Lutero avviò la riforma
protestante e quando iniziarono le guerre di religione.
In quel momento si ruppe l’unità religiosa dell’Europa, e il venir meno della figura del Papa comportò
il venir meno la fonte di legittimazione spirituale del potere politico.
I sovrani non si sentono sottoposti all’Imperatore al Papa, e pretendono di esercitare sul proprio
territorio la sovranità assoluta e scoppiano le guerre di religione, molto sanguinose (Strage degli
Ugonotti in Francia).
Il Trattato di Westfalia del 1648 portò la fine delle guerre di religione, stabilendo il principio “Rex
in regno suo est Imperator” (Il Re nel suo regno è imperatore) affermando la sovranità assoluta del
Re che non dipendeva più dall’Imperatore e dal papa.
In questa fase la sovranità assume i suoi contorni di assolutezza e indivisibilità.
Viene elaborato il concetto di sovranità, poiché senza questa autorità assoluta che potesse coordinare
la comunità, si poteva ricadere nel flagello della guerra.
TEORIE DELLA SOVRANITA’ di Bodin, Locke e Rousseau: il potere assoluto del monarca è
giustificato in quanto ritenuto l'unico strumento per garantire la vita e la libertà dei suoi sudditi di
fronte al rischio dell’anarchia e del bellum omnium contra omnes. Infatti, sarebbero stati gli stessi
uomini a decidere di uscire dallo stato di natura e di sottomettersi volontariamente, attraverso
l'immaginaria sottoscrizione di un contr volontà o consapevolezza di assegnare al monarca in via esclusiva
il monopolio legittimo della forza, per far cessare la violenza.
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Il primo autore da ricordare che ha ben presente questa prospettiva (poiché subì le tragedie delle
guerre religiose) era Juan Bodin (1529-1596), insieme a Thomas Hobbs (1588-1679) autore del libro
“Leviathan” in cui compare un mostro che emerge dalle acque, composto da tanti piccoli uomini che
amministra la giustizia con un potere assoluto ed indivisibile, e lo fa dal presupposto che ciascun
uomo sia spinto da due istinti: appagamento del desiderio (uomo egoista, individualista, disposto a
tutto) e la paura (di soccombere a causa della violenza) e allora questi due istinti determinano la
volontà degli uomini di mettersi insieme e sottoscrivere un contratto sociale, per rinunciare all’uso
della forza comune, mettendola a disposizione di un solo soggetto (sovrano, monarca).
Il sovrano secondo Bodin doveva esercitare i suoi potere in conformità alla legge divina e ha un
parametro di valutazione che consente di stabilire il suo comportamento (sovrano o tiranno). Per
Hobbes dal momento in cui si riconosce al sovrano l’uso della forza, ciò che egli stabilisce è legittimo.
Questa differenza vi è perché Hobbes riteneva che se si fosse precostituito un parametro di
valutazione del modo in cui il sovrano esercitasse i suoi poteri, si sarebbe aperto il cancello verso la
rivolta.
Oltre questi autori, bisogna ricordare anche la teoria di John Locke (1632-1704) riteneva che per
garantire la pace sociale si dovesse concludere un contratto attribuendo un potere esclusivo per l’uso
della forza legittima al Re, individuando in maniera precisa gli scopi per cui il re riceveva questa
podestà: il re doveva tutelare attraverso questi poteri la vita, la libertà e la proprietà dei suoi sudditi.
La differenza del suo pensiero sta che nel caso in cui il monarca avesse fatto cattivo uso del suo potere
esclusivo, e che non avesse tutelato i sudditi, potesse essere contestato per arrivare allo scioglimento
del contratto sociale (risolubile).
Nello stato moderno la sovranità non è monopolio del Re, poiché per evitare che questo potere sarebbe
stato vittima di abuso a seconda del sovrano, si pensò di frammentarlo in più poteri.
TEORIA GIUSNATURALISTICA: è formulata nella filosofia politica di Grozio ed i Kant, si fonda
sul presupposto secondo cui la sovranità dello Stato è necessaria per la garanzia dei diritti inviolabili
dell'individuo: espressione del diritto naturale.
TEORIA DELLA SOVRANITA’ DELLA NAZIONE: attribuisce la titolarità del potere sovrano alla
nazione, entità metafisica che evoca una comunità di valori, tradizioni, lingua, razza e religione di cui
lo stato è incarnazione giuridica ipostatizzata. Gli interessi della nazione devono essere individuati
e perseguiti da organi rappresentativi, eletti con suffragio ristretto per censo o per cultura. Tale
impostazione è valsa a giustificare nello stato liberale ottocentesco la limitazione del suffragio.
L’accennato dibattito dottrinario sulla sovranità, si innesta nello scenario creato dalle tre grandi
Rivoluzioni (la Gloriosa rivoluzione inglese 1688; Rivoluzione americana 1773; Rivoluzione francese
1789) a partire dalle quali prende avvio la costruzione del moderno stato democratico di diritto e le
teorie del costituzionalismo, rivolte alla garanzia dei diritti e della libertà dinanzi al rischio di abusi
da parte del potere statale.
Il problema della titolarità formale degli atti di sovranità viene risolto dagli ordinamenti democratici
attraverso l'attribuzione della stessa al popolo, variamente organizzato nelle differenti forme di
governo, ma, sempre riconosciuto titolare del potere di assumere le decisioni fondamentali della
comunità politicamente organizzata.
La disposizione contenuta nell’art. 1, co. 2 Cost. italiana, afferma che “la sovranità appartiene al
popolo” vero titolare della potestà Suprema, che l'esercito secondo due modelli:
o Democrazia rappresentativa: il corpo elettorale sceglie attraverso il voto i propri
rappresentanti negli organi pubblici elettivi, i quali esercitano le funzioni connesse alla
determinazione dell'indirizzo politico;
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o Democrazia diretta: comporta la partecipazione in prima persona dei cittadini alle scelte
politiche del paese, con strumenti che valgono ad integrare o correggere gli indirizzi degli
organi rappresentativi: petizioni, iniziativa legislativa popolare e referendum.
Il co. 2 dell’art. 1 afferma che “il popolo può esercitare la propria sovranità nelle forme e nei limiti
della costituzione”, cioè il carattere limitato costituite della sovranità popolare: essa trova la sua fonte
di legittimazione la sua disciplina nella costituzione e non al di fuori di essa, infatti continua dicendo
che “fuori dalla costituzione del diritto non c'è sovranità”.
La sovranità si manifesta come indipendenza dello Stato rispetto a qualsiasi altro soggetto o persona
giuridica. Con questo concetto è stato mitigato nella nostra carta costituzionale, e infatti l'art. 11 dice
che: “L'Italia consente, alle limitazioni di sovranità necessarie di un orientamento che assicuri la
pace o la giustizia fra le nazioni”.
Tale formulazione ha permesso l'adesione del nostro paese all'organizzazione delle Nazioni unite
(ONU). tali limitazioni alla sovranità nazionale hanno assunto maggiore rilievo in seguito
all'istituzione di organizzazioni sovranazionali: la comunità europea del carbone dell'acciaio, la
comunità europea per l'energia atomica e la comunità economica europea.
Nell'art. 1 della carta del 1948 vi è il principio che qualsiasi decisione riguardante la Repubblica
spetta al popolo, che titolare della sovranità nelle “forme e nei limiti della costituzione”.
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La coalizione vuole aumentare il numero dei membri non permanenti, istituendo otto o dieci seggi di
durata biennale, sui quali ruoterebbe in maniera più frequente un gruppo di paesi scelti garantendo
l'equa distribuzione geografica e tenendo conto del contributo fornito alle attività dell’organizzazione.
Tali paesi potrebbero assumere maggiori responsabilità nel finanziamento dell'Onu e delle operazioni
di peacekeeping. L'Italia promuove la creazione di una nuova categoria di seggi non permanenti di
durata superiore.
IL SEGRETARIO GENERALE: è nominato nell'assemblea generale su indicazione del consiglio di
sicurezza e incarna l'organo esecutivo, vertice dell’apparato amministrativo che conta circa 40.000
dipendenti. Esso porta all'attenzione del consiglio di sicurezza qualsiasi questione che sia tale da
minacciare il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
L’Onu ha registrato evidenti insuccessi che hanno alimentato perplessità nei confronti di una struttura
farraginosa e poco incisiva nella risoluzione dei conflitti, poiché priva di un esercito che i paesi
avrebbero dovuto contribuire a costituire.
3. Dalla Comunità Economica Europea all’Unione europea;
E fenomeno dell'integrazione europea appare diverso da quello che ha interessato tutte le altre
esperienze internazionali. l'unione europea è nata grazie a trattati stipulati da sei stati fondatori. Il
trattato di Parigi del 18 aprile del 1951 ai trattati di Roma del 25 marzo 1957, diedero rispettivamente
vita alla CECA e alla CEE.
I trattati di Roma sono stati sottoposti a numerose modifiche ed integrazioni, fino al tentativo di
approvare una costituzione europea. Ciò ha determinato un allargamento del numero delle
competenze rimesse alla comunità europea e una limitazione della sovranità dei singoli stati. Adesso
sono stati trasferiti importanti poteri, sia sotto il profilo dell’azione di norme giuridiche vincolanti,
sia sotto il profilo politico, per cui l’Unione europea decide in settori che prima erano riservati agli
stati.
L’art. 3 del TUE spiega che la Comunità ha il compito di promuovere “lo sviluppo sostenibile
dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrante e sulla stabilità dei prezzi, su
un’economia sociale di mercato competitiva, mira alla piena occupazione e al progresso sociale…”.
Si fa riferimento alla parità tra uomo e donna, alla solidarietà intergenerazionale e tra stati membri,
alla tutela dei minori.
Dal 1957, il numero dei paesi è aumentato: oggi l’Europa si compone di 27 stati. Le tappe
fondamentali che hanno segnato la trasformazione della Comunità economica europea in Unione
europea sono:
- Trattato di Bruxelles (1965): sulla fusione degli esecutivi prevedeva l’istituzione di un
consiglio unico e di una commissione unica per le tre comunità europee;
- Atto relativo all’elezione dei membri del Parlamento europeo: emanato dal consiglio nel
1976, rese i parlamentari elegibili a suffragio universale diretto (prima lo erano dai singoli
parlamenti nazionali);
- Atto unico europeo (1986): fu la prima modifica del Trattato istitutivo e con esso si assiste a
una espansione delle competenze, e la comunità viene dotata di procedure decisionali agili.
Per realizzare il mercato unico, ossia uno spazio senza frontiere nel quale fosse assicurata la
libera circolazione delle merci, persone, servizi e capitali. Nel suo preambolo viene espressa
la volontà degli statu membri di trasformare l’insieme delle loro relazioni promuovendo
aspetti economici e politici;
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- Carta di Nizza (2000): costituisce la sintesi dei valori condivisi dagli Stati membri dell'unione
europea. la sua finalità è enunciata nel preambolo: “è necessario rafforzare la tutela dei diritti
fondamentali alla luce dell’evoluzione della società, del progresso sociale degli sviluppi
scientifici e tecnologici”. Si trovano riuniti in un unico documento tutti i diritti e essa
contribuisce a sviluppare il concetto di cittadinanza dell'unione a creare uno spazio di
libertà, sicurezza e giustizia.
- Trattato di Nizza (2001): risolve le questioni lasciate aperte dal trattato di Amsterdam del
1997, ossia i problemi istituzionali legati al l'ampliamento dell'unione. Mutano alcuni
importanti aspetti relativi alla forma di governo comunitaria, in vista dell'allargamento da 15
a 25 stati.
In una dichiarazione sull’avvenire dell'unione, si auspicava l'avvio di un dibattito più ampio
più approfondita sul futuro dell'unione europea. Venne istituita una convenzione di
rappresentanti dei governi e dei parlamenti nazionali rappresenta dire al Parlamento europeo
e dalla commissione. La convenzione ha elaborato un progetto di trattato con il compito di
istituire una costituzione per l'Europa.
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- Il Consiglio europeo venne istituito dal summit di Parigi del 1974 ed era nato come organo
informale di cooperazione politica. Oggi comprende il suo presidente e il presidente della
commissione, mentre il ministro degli esteri dell’Unione partecipa ai lavori.
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Esso dà all’unione l’impulso al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti politici generali;
contribuisce ad affrontare le grandi questioni politiche relative al livello politico più elevato
nelle situazioni di crisi e propone soluzioni in caso di disaccordo tra gli stati membri.
Il consiglio europeo viene reso molto affine al Consiglio (modalità di funzionamento e
procedure decisionali).
- Il Consiglio è l’organo decisionale della comunità. Fanno parte i ministri dei singoli governi
nazionali che cambiano a seconda dell'ordine del giorno e delle materie trattate.
La costruzione comunitaria contempla due strutture diverse sotto il profilo degli interessi
tutelati: mentre la commissione, rappresenta il momento di sintesi e di difesa di quelli
comunitari, il consiglio è organizzato in modo tale che venga data voce agli interessi delle
singole realtà nazionali.
È presieduto a turno, per sei mesi, da ciascuno dei paesi membri della comunità, seguendo
l'ordine stabilito del consiglio stesso.
Coordina le politiche economiche generali degli Stati membri e definisce e implementa la
politica essere di sicurezza comunale della UE.
Conclude accordi internazionali tra l'unione europea e uno o più stati ovvero organizzazioni
internazionali e insieme al Parlamento approva il bilancio della comunità.
Nello svolgimento delle sue funzioni, è coadiuvato dal comitato dei rappresentanti
permanenti, che è responsabile della preparazione del lavoro del consiglio e dall’esecuzione
dei compiti che esso gli assegna.
- La Corte dei conti europea è composta da ventisette membri, nominati per sei anni dal
consiglio, esercita il controllo sulla gestione finanziaria della comunità, attraverso gli audit,
con i quali monitora la discussione l'utilizzo dei fondi dell'unione europea.
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- Il Presidente del Consiglio europeo è eletto dal consiglio europeo a maggioranza qualificata
per un mandato di due anni e mezzo. Egli ha il compito di garantire la preparazione la
continuità dei lavori del consiglio europeo è detenuto ad attivarsi per facilitare la coesione il
consenso in seno al consiglio europeo.
- L’Alto rappresentante dell'unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza è nominato
dal consiglio europeo e delibera a maggioranza qualificata con l'accordo del presidente della
commissione. Il ministro degli Esteri dell'unione assume una doppia veste: e responsabile del
consiglio per la politica estera e di sicurezza comune, nonché ai vicepresidente della
commissione, incaricato delle relazioni esterne.
- Il Garante europeo della protezione dei dati personali, e istituito dalla autorità di controllo
indipendente, preposto la protezione dei dati personali e della privacy alla promozione di
prassi corrette nelle istituzioni e negli organismi.
- La Banca centrale europea e istituita il 1° giugno del 1998 e la banca centrale dei 19 Stati
membri dell'unione europea che hanno aderito all'euro. Ha l’obiettivo di mantenere la stabilità
dei prezzi nell’area euro e preservare il potere di acquisto della moneta unica. La banca è
preposta alla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi insediati nell'area euro e contribuisce
alla sicurezza alla solidità del sistema bancario, nonché alla stabilità del sistema finanziario
dell'unione e in ogni Stato membro.
- Il Meccanismo europeo di stabilità, detto anche fondo salva stati, fu istituito nel 2012 e ha
l'obiettivo di dare sostegno finanziario agli Stati membri dell'unione in caso di crisi
economiche o rischio di default. Si tratta di un meccanismo volto mantenere la stabilità
finanziaria della zona euro, emettendo prestiti sulla base di rigide condizioni. Le modalità di
azione sono individuate nell’art. 3 del suo trattato istitutivo: lo stato in difficoltà avanza al
presidente del Consiglio dei governatori del fondo salva stati, una richiesta di assistenza. La
commissione chiamata dal MES, a valutare lo stato di salute del paese e di definire il suo
bisogno finanziario. Dopo tale valutazione l'organo plenario del MES decide di agire e aiutare
attraverso prestiti lo stato in difficoltà.
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Capitolo secondo
Le forme di Stato
1. Le forme di Stato: classificazione e profili evolutivi;
Con l'espressione “forma di Stato” s'intende: “il rapporto tra chi detiene il potere e coloro che ne
rimangono assoggettati, e quindi il vario modo di realizzarsi della correlazione fra autorità e
libertà”.
Attraverso tale espressione si descrive la sfera di rapporti intercorrenti tra governanti e governati e
l'orizzonte di valori e l'assetto fondamentale delle relazioni politiche, sociali ed economiche che lo
stato si propone di affermare.
È possibile ricostruire caratteri attuali dello Stato nella ricognizione delle diverse realizzazioni che si
sono affermate nei secoli. Secondo una dinamica che, prendendo le mosse delle prime monarchie
feudali, ha visto l’affermazione dello Stato assoluto. Dal crollo di quest’ultimo, determinato dalle
grandi rivoluzioni, prese avvio l’esperienza dello Stato liberale classico. Tale forma di stato è stata
l’embrione da cui è sorta la forma di stato democratico-pluralista.
Occorre mettere in evidenza come esista un ulteriore classificazione delle forme di Stato, dettata dall'
evoluzione storica dall’articolazione territoriale dell’ordinamento stesso. È possibile distinguere le
forme di Stato accentrate da quelle decentrate; queste ultime articolate secondo un assetto
territoriale che spazia dal tipo federale alla forma regionale.
2. La genesi e l'affermazione dello Stato moderno: dalle monarchie feudali allo stato assoluto;
La dottrina individua nel XV secolo l'avvio del processo di nascita dello Stato moderno, con la fine
della Respubblica Christiana e delle monarchie feudali.
In queste ultime si riscontrava l'inesistenza di una chiara distinzione fra diritto pubblico e diritto
privato, il territorio si atteggiava patrimonio privato del sovrano e dei feudatari e il diritto si limitava
all' insieme dei rapporti di vassallaggio. Le norme erano prevalentemente di tipo consuetudinario e
frammentate con il variare dei feudi e della condizione personale dei destinatari. Si fondavano su
rapporto di fedeltà (patto di soggezione) e protezione fra il Sovrano, il Vassallo e il suddito.
Diversi fattori favorirono la decadenza al superamento del modello medievale: la Guerra dei
trent’anni ridimensionarono il potere imperiale, mentre la riforma protestante (1517) spezzò l'unità
spirituale tra stato e chiesa.
A partire dalla Pace di Westfalia (1648) gli Stati nazionali infransero gli equilibri feudali, attraverso
un processo di autoaffermazione dei sovrani rispetto alle stanze universalistiche temporali e
spirituali.
È questo il periodo di affermazione della prima forma di stato in senso moderno, cioè lo stato
monarchico, che si fondò sull’accentramento di tutti i poteri pubblici nelle mani della Corona, intesa
come organo di vertice dell’organizzazione politica, per investitura divina.
Nel corso dell’evoluzione l’assolutismo conobbe diverse caratterizzazioni:
o Stato di Polizia (o dispotismo illuminato): lo stato assoluto conserva una connotazione rigida,
dove il sovrano ha il compito di garantire la felicità e il benessere dei sudditi, secondo un
modello in cui la individuazione degli interessi del gruppo sociale procede dall’alto;
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o Mercantilismo: presupponeva una ingerenza burocratica dello stato nella sfera economica, in
virtù della concezione secondo cui la prospettiva finanziaria e dei commerci, doveva essere
considerata il principale segno di grandezza della nazione e della corona.
La Rivoluzione francese, si assiste a uno stravolgimento dei presupposti teorici dello stato assoluto
e Ancien Regime. Con la Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo e del cittadino, furono
recepite le rivendicazioni dei pensieri di Montesquieu e Rousseau in un testo politico-normativo di
rilevanza costituzionale. Nel nuovo assetto politico-istituzionale fu garantito il principio di
rappresentanza dei cittadini politicamente attivi e il primato della legge generale e astratta. Nel corso
del XIX si affermò lo stato liberale di tipo classico.
Possiamo delineare i caratteri fondamentali della forma di Stato liberale ottocentesca:
o La concezione dello Stato quale garante delle libertà civili e politiche e dei diritti
economici dei cittadini;
o Il principio dello stato minimo: la sua funzione deve mirare alla tutela dei diritti individuali e
ad assicurare i presupposti essenziali della convivenza. Lo stato doveva astenersi da ogni
ingerenza sulle dinamiche sociali ed economiche;
o La concezione “formale”, “negativa” e “individualistica” delle libertà fondamentali, i diritti
devono essere considerati come libertà dello stato. Ciò comportava l’astensione da qualsiasi
intervento statale volto alla garanzia sostanziale dell’effettività e della fruizione dei diritti da
parte di tutti i cittadini in un’ottica di giustizia sociale. Vi era spazio per una concezione
formale dell’eguaglianza (parità dinanzi alla legge), ma subordinata alla disponibilità
economica dei singoli;
o Il principio di “separazione dei poteri” e l’attribuzione degli stessi organi diversi come
antidoto ai rischi di tirannide derivanti dall’accentramento di funzioni della corona;
o Il “principio di legalità” postula il primato della legge come strumento di garanzia dei diritti
e dell'ordine sociale. Riconnette il principio dello Stato di diritto: tutti i cittadini sono
vincolati al rispetto della legge e nessuno ne può essere dispensato.
o Il “principio rappresentativo di tipo limitato” in conseguenza dell'affermazione di una
sovranità non già popolare, ma della nazione. Nella forma di Stato liberale si affianca
all'esecutivo e al Parlamento, titolare del potere legislativo e del potere di accordare a revocare
la fiducia. Si individua il fondamento della sovranità statale nella nazione: comunità
contraddistinta da una medesima identità storica, etnica, culturale, religiosa e linguistica.
L'interprete dell'interesse della nazione era solo quella parte politicamente attiva, quindi
ristretta e monoclasse.
In questo periodo vi fu l'apertura a limitati processi di inclusione dei ceti popolari, venne introdotto
il suffragio universale maschile e il varo di legislazioni sociali a tutela del lavoro. Si assiste alla
crescente trasformazione della vecchia esperienza liberale, in una nuova forma di Stato di tipo
democratico pluralista (lo stato non può più coincidere con un ordinamento basato sulla
rappresentanza ristretta, ma sulla sovranità della nazione e deve trovare sviluppo in un organizzazione
del potere pubblico aperto alla partecipazione di tutti i cittadini è fondata sulla sovranità popolare).
L'evoluzione in senso democratico pluralistico dello Stato liberale fu interrotta dalla grande
depressione economica del 1929, che condusse all' affermarsi molti paesi europei di regimi di
stampo autoritario o totalitario (fascismo in Italia, nazismo in Germania ecc…). Si trattava di regimi
basati sulla centralità del potere carismatico di un capo, che fondeva le istanze politiche sociali in un
trascendente stato totale.
Al totalitarismo fascista o nazionalsocialista si contrappone quello comunista, dove lo stato viene
interpretato come uno strumento transitorio in vista dell'annullamento delle disuguaglianze e del
realizzazione della dittatura del proletariato. Lo stato socialista risulta centralizzato sotto l'assoluto
monopolio dei mezzi di produzione, sulla pianificazione economica ed i poteri pubblici nelle mani
del partito.
5. Lo stato di democrazia pluralista ed i suoi caratteri fondamentali;
Quando fine della Seconda guerra mondiale si consolidò: l'espansione del socialismo reale (URSS)
e l'evoluzione dello Stato di diritto liberale, cioè il cosiddetto stato sociale, democratico e
pluralista. Questa forma di stato garantisce diritti sociali e l'eguaglianza sostanziale, con l'obiettivo
di assicurare una redistribuzione della ricchezza, taluni livelli essenziali di diritti e di libertà.
La fisionomia di tutte le forme di Stato sociale è caratterizzata da alcuni tratti tipici della tradizione
liberale: separazione dei poteri, proclamazione della libertà, principe di legalità e riserva di legge
come garanzia dei diritti, il carattere rappresentativo degli organi a cui e demandata la determinazione
dell'indirizzo politico. A questa base liberale le costituzioni degli stati sociali aggiungono:
- La rigidità costituzionale, con la previsione di procedimenti aggravati per la revisione della
costituzione, ma anche di strumenti di controllo delle conformità delle leggi alla carta
fondamentale, assegnati della Corte costituzionale e in modo diffuso a tutti gli organi
giurisdizionali;
- La consacrazione del principio della sovranità popolare, con l'adozione del suffragio
universale volto a garantire un’ampia rappresentazione istituzionale di tutti gli ordinamenti,
gli interessi presenti nella società e una compiuta legittimazione popolare del potere statale;
- Il riconoscimento del principio personalista e del principio pluralista, le costituzioni degli
stati di democrazia pluralista pongono al centro della tutela costituzionale l'inviolabilità della
persona e della sua dignità, nella dimensione individuale e nelle formazioni sociali che
garantiscono la piena e solidale partecipazione del singolo alla vita della comunità;
- La previsione costituzionale a un vero e proprio obbligo a carico dello Stato, di un suo
intervento a tutela dei diritti sociali. Lo stato offre risposte pubbliche a quelle istanze che
devono essere rese accessibili a tutti, con lo scopo di raggiungere una piena eguaglianza
sostanziale garantendo a tutti i consociati pari opportunità di realizzazione personale (welfare
state).
RIASSUNTO PRIME 3 SEZIONI (QUINTA EDIZIONE) + FORME DI STATO I ROSELLI ALEXIA
Gli Stati federali si pongono come risultato di processi costituzionali di tipo aggregativo o
devolutivo. Nel primo caso gli Stati si sono fusi in una Federazione, attribuendo adesso a
quote rilevanti di sovranità per far fronte ad esigenze e interessi comuni (Svizzera, Germania
e Stati Uniti).
Nel secondo caso la dissoluzione di stati originariamente unitari e la realizzazione di nuove
forme federali, con attribuzione agli Stati membri di funzioni sovrane (Canada e Belgio).
La connotazione di uno stato federale può essere di tipo duale o competitivo, oppure
cooperativo o solidale.
➢ Principio di irretroattività della legge incriminatrice: nessuno può essere giudicato per un
reato che al momento della sua commissione non fosse già previsto come tale dalla legge;
➢ Principio di tassatività: la quale deve descrivere col massimo della precisione e chiarezza le
condotte ed i comportamenti criminosi.
PRINCIPIO DELLA RESPONSABILITA’ PENALE PERSONALE art. 27, co. 1: “la
responsabilità penale è personale” – si riferisce al profilo dell’individualità ed esclude la
responsabilità oggettiva per fatto altrui, prevista in altre materie. Richiama la necessaria
consapevolezza delle condotte, delle quali può rispondere soltanto un soggetto ritenuto capace di
intendere e di volere.
PRINCIPIO ALLA PRESUNZIONE DI NON COLPEVOLEZZA art. 27, co. 2: “l’imputato non è
considerato colpevole sino alla condanna definitiva” - introdotta a favore della persona sottoposta a
giudizio penale, al fine di garantire al meglio la possibilità di difesa e la tutela della propria
reputazione e riservatezza per tutta la durata del procedimento.
PRINCIPIO DELLA FINALITA’ RIEDUCATIVA DELLA PENA art. 27, co. 3: “le pene non
possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del
condannato” – la pena assume una connotazione di “recupero sociale”, finalizzata al reinserimento
nella società del condannato. Per il tentativo di scongiurare la possibilità che lo stesso possa tornare
a delinquere si cerca di inserire il reo in una dimensione lavorativa e di evoluzione culturale.
➢ Divieto di trattamenti punitivi contrari alla dignità umana: rafforza la tutela accordata al
valore della persona di cui vanno tutelati i diritti inviolabili anche nella particolare condizione
carceraria. In Italia la “Pena di morte” è stata abolita con la legge n. 1/2007.
per motivi di legittimità, quando nel procedimento di prima istanza si sia incorsi in una
violazione delle norme processuali.
CORTE D’ASSISE, giudice solo penale di primo grado a partecipazione popolare, composto da 8
giudici, di cui 2 togati e 6 popolari, estratti periodicamente dalle liste di cittadini aventi certi requisiti
d'istruzione e moralità. La Corte d’Assise giudica sui reati di sangue e sui reati contro la sicurezza
dello Stato (terrorismo, eversione) che possono essere puniti con le pene più gravi (ergastolo o
reclusione superiore a 24 anni).
Le sentenze della Corte d’Assise sono appellabili davanti alla Corte d’Assise d’Appello.
CORTE D’APPELLO, giudice di appello delle sentenze del Tribunale, in materia civile e penale. La
sua circoscrizione è distrettuale e di solito coincide col territorio di una Regione.
In ambito penale, la magistrature inquirente si articola in procure della repubblica presso il
Tribunale, ed in procure generali presso la Corte d’Appello, oltre alla Procura generale presso la
Suprema Corte di Cassazione.
CORTE DI CASSAZIONE, è unica e ha sede a Roma. È l’organo che sta al vertice del sistema
giudiziario in quanto giudica sull’impugnativa delle decisioni emanate dai vari organi d’appello.
Svolge due funzioni: dirime i conflitti di giurisdizione ed in ultima istanza risolve le questioni
d’interpretazione di leggi attinenti al procedimento che le vengono poste in ricordo. La Corte di
Cassazione è suddivisa in diverse sezioni, civili e penali composte ciascuna da 5 magistrati. Nelle
cause di maggior importanza e quando si tratta di dirimere e risolvere contrasti tra le singole sezioni
RIASSUNTO “MAGISTRATURA” (QUINTA EDIZIONE) I ROSELLI ALEXIA
che la compongono, la Corte di Cassazione giudica a sezioni riunite o unite. Tutte le sentenze sono
impugnabili di fronte ad essa, quando la parte sostenga che vi è stata violazione della legge.
La magistratura costituisce un organo autonomo e indipendente da ogni altro potere. Le garanzie
di autonomia e indipendenza (riconosciute dalla costituzione) sono molteplici:
o Autogoverno: l’autonoma gestione di tutti gli aspetti inerenti allo status di magistrato da parte
dello stesso ordine giudiziario mediante l’istituzione del CSM. L’art. 108, co. 1 stabilisce che
“le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge” –
riserva al legislatore la disciplina generale della struttura e delle attribuzioni relative alla
funzione giurisdizionale nel suo complesso;
o L’accesso in magistratura per pubblico concorso: l’art. 106 stabilisce che “le nomine dei
magistrati hanno luogo per concorso”, infatti la magistratura rispetta il principio delle pari
opportunità di accesso di tutti i cittadini ai pubblici incarichi - la selezione impedisce che altri
poteri dello Stato, enti o istituzioni possano inserire nell’ordine giudiziario soggetti che
possano inquinarne l’autonomia e l’indipendenza - un assunzione per concorso assicura
l’immissione nell’ordine giudiziario di soggetti che siano muniti di un’ampia preparazione
giuridica;
o L’inamovibilità dei magistrati: l’art. 107, co.1 stabilisce che “i Magistrati sono inamovibili.
Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni, se
non in seguito a decisione del CSM” – la norma evita il condizionamento esercitabile sul
magistrato mediante minaccia di trasferimento o del mutamento del suo incarico;
o Distinzione dei magistrati per diversità di funzioni svolte: l’art. 107, co. 3 opera una
distinzione tra magistratura giudicante e inquirente, dettando specifiche disposizioni tanto per
i Giudici, quanto per i Pubblici Ministeri.
Con riferimento alla magistratura giudicante, l’art. 101, co. 2 stabilisce che “i giudici sono soggetti
soltanto alla legge”, cioè condizione essenziale nel garantire la sua terzietà ed imparzialità.
Tali requisiti sono destinati solo ai giudici, infatti il Pubblico Ministero (P.M) fa parte del
procedimento e non potrebbe essere terzo rispetto ad esso. Il P.M è sottoposto alla direzione ed al
coordinamento del Procuratore capo della Repubblica o i Procuratori generali, nei confronti del quale
il singolo P.M è in una condizione di soggezione funzionale. Ai sensi dell’art. 112 spetta al P.M la
titolarità e l’obbligatorio esercizio dell’azione penale.
4. Il CSM;
Il CSM è l’organo di rilevanza costituzionale (non è titolare di un potere dello stato) al quale in base
all’art. 105 “spettano le assunzioni, assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni ed i provvedimenti
disciplinari nei riguardi dei magistrati”: ha, quindi, la funzione di gestire tutti gli aspetti attinenti allo
status giuridico dei magistrati.
Secondo quanto stabilito dall’art. 104 il CSM ha una “composizione mista” (formato per 2/3 da
magistrati eletti dai propri colleghi e per il restante 1/3 da componenti eletti dalle camere in seduta
comune), con maggioranza qualificata, tra professori ordinari di diritto, avvocati con almeno 15
anni di esercizio della professione e magistrati, anche a risposo (personalità altamente qualificate a
livello giuridico).
Inoltre, l’Art. 104 prevede che siano membri di diritto del CSM:
RIASSUNTO “MAGISTRATURA” (QUINTA EDIZIONE) I ROSELLI ALEXIA
L’art. 102, co. 2 prevede l’istituzione di sanzioni specializzata dei Tribunali, delle Corti d’Appello e
della Corte di Cassazione. Sono altresì previste sezioni specializzate del Tribunale e della Corte
d’appello per i minorenni, composte con la partecipazione di psicologi, assistenti sociali ed esperti
nell’ambito della tutela del minore.
L’Art. 103 prevede invece che la Giustizia Amministrativa sia affidata “al Consiglio di Stato e gli
altri organi di giustizia amministrativa” per “la tutela nei confronti della pubblica
amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche
dei diritti soggettivi”.
La giurisdizione amministrativa è esercitata, in primo grado, dal TAR (Tribunale Amministrativo
Regionale Art. 125) e in secondo grado al Consiglio di Stato. Infine, la Corte dei
conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge
RIASSUNTO P.A ESTRAPOLATO E SISTEMATO DAI RIASSUNTI DI ALESSANDRA LEONARDI I ALEXIA ROSELLI
L’organizzazione della P.A. è fondata sulla ripartizione del potere tra i vari enti pubblici che, per
poter raggiungere il fine di pubblico interesse, si avvalgono di diversi organi (persona fisica) che
costituiscono gli ENTI PUBBLICI: strutture dotate di capacità giuridica e capaci di esercitare
poteri amministrativi (chiamati per questo centri di potere). Accanto allo Stato (ente pubblico
maggiore per ampiezza e competenze), vi sono le amministrazioni regionali o comunque i c.d. enti
locali e territoriali (Comune, Regione, Città Metropolitane), dotati di capacità organizzativa propria
e distinta dalla centrale.
Il rapporto di immedesimazione organica, tra persona fisica e la pubblica amministrazione, nasce dal
fatto che le azioni derivanti dall’esercizio della loro funzione sono immediatamente riferibili
all’organo e, conseguentemente, all’ente. Nel caso in cui si tratti di condotte riferibili ad una
fattispecie di reato, la persona fisica ne risponderà personalmente, secondo l’Art. 27 Cost: “La
responsabilità penale è personale”.
3. Le posizioni soggettive ed il procedimento amministrativo;
La funzione propria della P.A. si esplica tramite la c.d. attività provvedimentale, attraverso cui può
adottare provvedimenti amministrativi capaci di incidere sulle posizioni giuridiche degli amministrati
al fine di crearle, modificarle o estinguerle.
RIASSUNTO P.A ESTRAPOLATO E SISTEMATO DAI RIASSUNTI DI ALESSANDRA LEONARDI I ALEXIA ROSELLI
Le posizioni giuridiche soggettive costituiscono il complesso dei diritti e degli interessi di cui un
soggetto può essere titolare. Le principali posizioni sono rappresentate dal Diritto soggettivo e
dall’interesse legittimo:
Diritto soggettivo → Riconosce determinate utilità in ordine ad un bene, nonché la tutela dello stesso
in modo pieno ed immediato (es. la proprietà);
Interesse legittimo → Posizione riconosciuta dall’ordinamento in ordine ad un bene oggetto di potere
amministrativo e consistente nell’attribuzione al medesimo di poteri atti ad influire sul corretto
esercizio dell’azione amministrativa, in modo da rendere possibile la realizzazione dell’interesse al
bene.
Tale condizione ha richiesta l’introduzione di un regolamento del procedimento amministrativo
→ Legge n°241/90: Normativa Generale Sul Procedimento Amministrativo, offre le coordinate
necessarie per la garanzia dei termini e dei modi col quale deve svolgersi l’azione della Pubblica
Amministrazione.
4. La PA nella Costituzione;
La Costituzione offre particolare attenzione all’Amministrazione Pubblica, nonostante contenga solo
due articoli (97-98), il testo costituente presenta moltissimi riferimenti.
Ad esempio, vi è una specifica riserva di legge al fine di garantire i cittadini da atti della P.A. capaci
di incidere sulla libertà personale o sul patrimonio (Artt. 16, 17, 23, 41, 42 Cost.).
Inoltre, con l’Art. 97, si pone una riserva di legge con la quale si attribuisce al legislatore il compito
di disciplinare l’organizzazione della P.A. al fine di garantirne l’imparzialità e l’efficienza. Con la
Riforma del Titolo V del 2001, ha acquisito particolare risalto il modello espresso dall’Art. 5 (e
sviluppato dal titolo V), basato sul disegno del decentramento amministrativo e della promozione
delle autonomie locali.
5. I principi costituzionali sulla PA;
In linea generale, fungono da comune denominatore una serie di principi che stanno alla base della
Pubblica Amministrazione, rintracciabili negli Artt. 97 e 98 della Costituzione,
DEMOCRATICITÀ, SOLIDARIETÀ, AUTONOMIA, DECENTRAMENTO e
SUSSIDARIETÀ, e che rappresentano l’idea di una pubblica amministrazione intesa come
“servizio” ai cittadini:
PRINCIPIO DI LEGALITÀ → Indica la necessità che l’attività dei pubblici poteri trovi il proprio
fondamento nella legge. Secondo questo principio, non ci può essere apparato amministrativo, né
attribuzione di poteri se non in base alla legge. Abbiamo tre concezioni del principio di legalità:
a) NON CONTRADDITTORIETA’, nel senso che i regolamenti amministrativi non
possono contenere norme contrarie alle disposizioni di legge;
b) IN SENSO FORMALE, per cui la PA ha solo poteri conferiti dalla legge;
c) IN SENSO SOSTANZIALE, per cui la PA deve esercitare i suoi poteri in conformità a
ciò che la legge prescrive.
La prima riserva di legge è sancita all’art. 97 che afferma: “i pubblici uffici sono
organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e
l’imparzialità dell’amministrazione”. Tale riserva di legge è generalmente riconosciuta come
“relativa”, nel senso che lascia spazio alle fonti secondarie. Le Sent. C. Cost., n. 307/2003 e
RIASSUNTO P.A ESTRAPOLATO E SISTEMATO DAI RIASSUNTI DI ALESSANDRA LEONARDI I ALEXIA ROSELLI
32/2009 hanno affermato che l’assoluta indeterminatezza del potere demandato ad una PA senza
indicazione di alcun criterio da parte della legge, viola il principio di legalità sostanziale
desumibile dall’Art. 97 Cost.
La seconda riserva di legge è sancita all’art. 95, c.3, che afferma: “la legge provvede
all’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri e determina il numero, le
attribuzioni e l’organizzazione dei ministeri.”
• Nel 1° comma dell’Art. 97 viene stabilito che i pubblici uffici sono organizzati, secondo le
disposizioni di legge, in modo tale da assicurare l’imparzialità ed il buon andamento della
Pubblica Amministrazione, in questo senso quindi la riserva di legge introduce il principio
dell’imparzialità secondo cui la funzione amministrativa deve essere svolta dai singoli dipendenti
nell’interesse pubblico. L'imparzialità deve essere intesa sia come divieto di qualsiasi forma di
favoritismo nei confronti di alcuni soggetti, sia come ugual diritto di tutti i cittadini ad accedere
ai servizi erogati dalla Pubblica Amministrazione;
• Il PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ dell’attività amministrativa attraverso il quale i
diritti e le libertà dei cittadini possono essere limitati solamente quando risulta indispensabile al
fine di proteggere gli interessi pubblici, in altre parole, la proporzionalità assicura l’equo
rapporto tra mezzo da utilizzare e fine da perseguire. Può anche essere visto come corollario
del Principio di Legalità finalizzato ad introdurre un limite sostanziale all’attività amministrativa;
• PRINCIPIO DI IMPARZIALITÀ: non vi è dubbio che sia il valore fondante della pubblica
amministrazione, lo stabilisce esplicitamente l’Art. 97, co.1. Per quanto concerne la pubblica
amministrazione l’obbligo di non discriminazione implica l’imparzialità dell’azione pubblica.
Non solo ma, dato che alla P.A. è affidata una buona parte della realizzazione dei diritti
individuali (diritto all’istruzione etc.), imparzialità significa tutela dei diritti e delle libertà
fondamentali. Sul piano organizzativo, nell’Art. 98 viene inoltre stabilito che, gli impiegati dei
pubblici uffici sono al servizio della Nazione e devono agire esclusivamente in nome
dell’interesse pubblico. Nell’Art. 51, sempre in relazione all’imparzialità, viene stabilito che tutti
i cittadini, dell’uno e dell’altro sesso, possono accedere agli uffici della Pubblica
Amministrazione e alle cariche elettive, in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti
dalla legge → La Repubblica promuove le pari opportunità;
o Il PRINCIPIO DI TRASPARENZA (introduce il Freedom of information act) fa
riferimento ad una forma di accesso generalizzato agli atti detenuti dalle P.A. che non
sono stati resi pubblici per il rispetto dei limiti relativi alla tutela degli interessi pubblici
e privati particolarmente meritevoli di tutela.
• Il PRINCIPIO DEL BUON ANDAMENTO emerge dal primo comma dell’Art. 97, il quale è
strettamente legato al principio di imparzialità e si sostanzia nell’obbligo che i funzionari delle
pubbliche amministrazioni svolgano le proprie funzioni secondo le modalità più idonee a
garantire l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa e tutto questo al
fine di ottenere il miglior risultato possibile con il minor sacrificio degli interessi della
collettività.
o Strettamente legato al principio del Buon Andamento, è il PRINCIPIO DI
ECONOMICITÀ dell’agire, il quale impone alla P.A. di perseguire i suoi fini col
minor dispendio di risorse economiche ed umane. Uguale attenzione dev’essere data
alle tempistiche dell’azione amministrativa;
RIASSUNTO P.A ESTRAPOLATO E SISTEMATO DAI RIASSUNTI DI ALESSANDRA LEONARDI I ALEXIA ROSELLI
• ACCESSO per CONCORSO PUBBLICO: l’Art. 97, co.4, stabilisce che, in riferimento
all’imparzialità della Pubblica Amministrazione sul piano organizzativo, la selezione dei
componenti dei pubblici uffici deve avvenire attraverso un concorso pubblico. Questo perché si
vuole garantire che i pubblici impiegati siano selezionati, non sulla base d’appartenenza politica,
bensì per capacità. È previsto che la selezione debba avvenire nel rispetto di alcune coordinate
(pubblicità della selezione, economicità e celerità nello svolgimento, rispetto delle pari
opportunità). Sono previste delle deroghe:
o Nel caso dei lavoratori precari, assunti a tempo determinato e successivamente immessi
a tempo indeterminato – senza concorso;
o Nel caso dei Concorsi Interni, volti allo sviluppo professionale;
o Nei casi di nomine inerenti l’alta burocrazia, su base discrezionale;
o Per l’inserimento e l’integrazione delle c.d. categorie protette.
Possiamo distinguere:
TUTELA GIURISDIZIONALE CONTRO GLI ATTI DELLA P.A. → In stretto rapporto con il
principio di legalità, l’Art. 24 della Cost. enuncia il principio generale di azionabilità dei diritti
soggettivi e degli interessi legittimi, a tutela e garanzia del diritto di difesa – collegato al combinato
disposto degli Artt. 111 e 113 Cost. manifesta la volontà di escludere qualsiasi privilegio della P.A.
nel momento in cui venga chiamata in giudizio. L’Art. 111 in particolare, sottolinea l’importanza del
c.d. GIUSTO PROCESSO nella funzione giurisdizionale, ovvero la presenza di alcuni caratteri
strutturali del processo: contraddittorio tra le parti, condizioni di parità, imparzialità del giudice e
ragionevole durata → BILANCIAMENTO CIRCOLARE PROCESSUALE.
• L’Art. 24: si premura di garantire che tutti possano accedere ai mezzi per agire e difendersi
davanti ogni giurisdizione (c.d. Effettività della Tutela);
• L’Art. 113: sancisce c.d. Integrità della Tutela, in quanto stabilisce che contro gli atti della
P.A. è sempre ammessa la tutela giurisdizionale e viene fatto divieto di escludere o limitare
la stessa tramite particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
Garantendo pari dignità tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa, la Cost. offre
piena garanzia di tutela contro “tutti” gli atti della P.A.
Il fenomeno di tali autorità è comparso anche in Italia, negli ultimi anni, malgrado il forte ritardo
rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea.
Non sono politicamente responsabili degli atti che pongono in essere, legittimati sulla base della
competenza tecnica → I singoli membri sono nominati dal Governo, dal Presidente della Repubblica
e dal Parlamento, e svolgono delle funzioni miste che si intrecciano con i tre poteri tipici dello Stato:
normativo, esecutivo e giurisdizionale. In base a quanto detto quindi la competenza tecnica e la
garanzia d’indipendenza rappresentano le tipiche caratteristiche di chi è chiamato ad esercitare i
poteri pubblici, senza una legittimazione democratica popolare.
Su alcuni punti, parte della dottrina è intervenuta esprimendo gravi dubbi di incostituzionalità: in
primo luogo, la compatibilità di tali autorità rispetto al principio di separazione dei poteri.
Le Autorità indipendenti di collocherebbero al di fuori di questa separazione, poiché autonome al
Governo e pertanto, non soggette all’art. 95 Cost. che per l’appunto prevede la responsabilità politica
dei Ministri per l’attività dei propri ministeri.
Ulteriore questione riguarda il sistema delle fonti amministrative, se sia in grado di accogliere gli
atti normativi adottati da soggetti che non sono muniti di legittimazione democratica e
rappresentativa.
La dottrina è arrivata ad un giudizio di ammissibilità di tale figura istituzionale: queste
AUTHORITIES svolgono attività di controllo, regolazione e sanzione, ma non dispongono di un
potere discrezionale, bensì esclusivamente tecnico senza alcuna comparazione degli interessi in
gioco. Inoltre, i loro poteri vengono ricondotti a quelle esigenze di controllo presenti nell’Art. 97, in
merito al buon andamento della P.A.
Tra le diverse autorità amministrative indipendenti presenti in Italia di particolare rilievo, troviamo
l’ANAC, ossia l’Autorità Nazionale Anticorruzione istituita con il decreto 90/2014:
è sostanzialmente un organo collegiale, formato dal presidente e da 4 consiglieri, scelti con
deliberazione da parte del Consiglio dei Ministri, previo parere favorevole delle commissioni
parlamentari competenti, espresso a maggioranza dei 2/3 dei componenti.
In linea generale, l’ANAC possiede funzioni in materia di trasparenza amministrativa e di
prevenzione della corruzione. Il nuovo codice degli appalti pubblici ha conferito a tale organo la
vigilanza, il controllo sui contratti pubblici e l’attività di regolazione degli stessi.
L’ANTITRUST (l’Autorità garante della concorrenza del mercato) si occupa di vigilare contro gli
abusi di posizione dominante. La CONSOB si occupa della vigilanza sui prodotti finanziari.