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ARGOMENTI : [capp.

1-38, 51-55, 81]

1. L’ordinamento giuridico
2. Il diritto privato e le sue fonti
3. L’ef cacia temporale delle leggi
4. L’applicazione e l’interpretazione della legge
5. I con itti di leggi nello spazio
6. Le situazioni giuridiche soggettive
7. Il soggetto del rapporto giuridico
8. L’oggetto del rapporto giuridico
9. Il fatto, l’atto e il negozio giuridico
10. L’in uenza del tempo sulle vicende giuridiche
11. La tutela giurisdizionale dei diritti
12. La prova dei fatti giuridici
13. I diritti reali in generale e la proprietà
14. Diritti reale di godimento
15. La comunione e il condominio
16. Il possesso
17. I diritti di credito : rapporto obbligatorio
18. Elementi del rapporto obbligatorio
19. Modi cazione dei soggetti del rapporto obbligatorio
20. Estinzione dell’obbligazione
21. Inadempimento e mora
22. La responsabilità patrimoniale del debitore
23. le cause legittime di prelazione
24. I mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale
25. Il contratto
26. Le trattative e la conclusione del contratto
27. I vizi della volontà
28. La forma del contratto
29. La rappresentanza
30. Il contratto patrimoniale e i vincoli a contrattare
31. L’oggetto del contratto
32. La causa del contratto
33. L’interpretazione del contratto
34. Gli effetti del contratto
35. Gli elementi accidentali del contratto
36. La mancanza di volontà e la simulazione
37. Invalidità e inef cacia del contratto
38. La rescissione e la risoluzione del contratto

51. Le promesse unilaterali


52. La cambiale
53. Gli assegni
54. Obbligazioni nascenti dalla legge
55. La responsabilità extracontrattuale

81. La trascrizione

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1. L’ORDINAMENTO GIURIDICO

Quando si parla di diritto è possibile dare due accezioni :


• diritto soggettivo = situazione giuridica di vantaggio in cui un soggetto si trova tutelata dal diritto
• diritto oggettivo = inteso come complesso di norme, di regole predeterminate che servono a risolvere i
conflitti tra gli uomini e volte a regolare la vita sociale. Questo complesso di regole, che prendono il nome
di norme giuridiche [di diverso tipo e rango (quelle più elevato della costituzione)], vengono interpretate e
applicate nell’ottica di un sistema completo e coerente, formando nel loro complesso il ordinamento
giuridico (= insieme coerente e completo delle norme che regolano lo svolgimento della vita di un
determinato stato), di cui l’istituto giuridico (insieme di norme che regolano una stessa materia della vita
sociale (della proprietà, del contratto) è un sottoinsieme.
Il concetto di diritto, intenso come sistema di regole che lo stato adotta, non si identifica però con la giustizia
intesa invece come sistema di valori morali, soggettivamente e individualmente, concepiti come criteri che
dovrebbero guidare la soluzione di conflitti. Esistono infatti diversi ordinamenti oltre a quello giuridico che
sia compongono di norme di altro tipo, quale ad esempio l’ordinamento religioso. Questi altri complessi
normativi possono coincidere o non coincidere con le norme del diritto:
- nel primo caso si pensi all’uccidere e a rubare sia considerato un reato per il diritto, un male per le regole
della morale e un peccato per la religione
- nel secondo caso si pensi al matrimonio che per la religione è indissolubile ma per l’ordinamento giuridico
è possibile sciogliere un matrimonio => sottolineando la possibilità di esistenza di un contrasto tra le
norme dell’ordinamento giuridico e le norme di altri ordinamenti, questo perché sono sitemi di regole
diverse.

Quindi una norma viene considerata una norma giuridica quando si verificano le seguenti caratteri:
• pre-requisito : la regola del diritto deve essere posta da un autorità a cui i consociati riconoscono il diritto
di porre la regole. Tali autorità sono:
• autorità statale => con organi dello stato apparato che esercitano potere legislativo (parlamento e in via
eccezionale il governo)
• autorità sovrastatali => come l’Unione Europea
• autorità intra statuali => come gli enti locali, regionali che possono adottare delle leggi regionali, delle
discipline e/o dei regolamenti regionali, provinciali.
• sono norme prescrittive: non descrivono situazioni, non hanno una natura assertiva ma impongono certi
comportamenti ed hanno una natura prescrittiva. Dunque si struttura come un periodo ipotetico poiché si
compone della previsione di un accadimento futuro ed eventuale e dell’affermazione di una conseguenza
giuridica che deriva dal concreto verificarsi dell’evento prefigurato, per cui sottolinea come in presenza di
un certo presupposti bisogni comportarsi in un dato modo. Anche quando si è davanti a delle definizioni,
come nel caso dell’art 1321 dove è presente la definizione di contratto, questa ha una una portata
prescrittiva perché è una definizione che presuppone che tutte le norme sul contratto si applichino solo in
presenza delle circostanze scritte
• sono norme coercitive: questo perché se non vengono adempiute scattano delle sezioni che sono reazioni
dell’ordinamento contro la violazione della norma giuridica, qualsiasi essa sia. Si tratta di sanzioni di tipo:
- riparatorio (quando possibile): la violazione della norma che mi impone di eseguire la prestazione fa
scattare sanzioni riparatorie. Si pensi alla norma della responsabilità civile articolo 2043 del codice
civile, se si vanno a ledere delle situazioni giuridicamente tutelate di un altro soggetto scatta
l’obbligo di risarcire il danno
- afflittivo (si pensi alle norme penali), quando non è possibile riparare alla violazione, scattano
punizioni afflittive con l’obbiettivo di punire
• sono norme generali (non individuali): la norma per definizione non disciplina un singolo caso, non si
rivolge a soggetti determinati ma alla generalità dei soggetti o a categorie di soggetti

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• sono norme astratte (non concrete): non mirano a regolare un singolo caso concreto ma mirano a
disciplinare tutti i possibili casi simili che si possono verificarsi in futuro
Questo per esigenza di certezza, prevedibilità e uniformità dell’applicazione del diritto.

Non tutti gli ordinamenti funzionano così: infatti se in Italia, dove vige un sistema di Civil Low, le regole che
pone una sentenza non sono norme come fonti del diritto ma sono regole del caso concreto, individuali; nel
mondo anglosassone, nel Common Low dove vige il principio dello Stare Decisis, il giudice nel momento in
cui risolve una controversia pronunciando una sentenza, non regola solo quel caso specifico ma detta la
regola da seguire anche per tutti i casi simili in futuro e tutti i successivi giudici che dovranno giudicare casi
simili dovranno attenersi a quella sentenza, seguendo la regola del precedente vincolante.

Struttura della norma giuridica :


- descrive una fattispecie (immagine del fatto) = è la descrizione di un fatto definito in base ad alcuni
elementi che lo caratterizzano, in modo tale che in quella descrizione possano rispecchiarsi una
moltitudine di eventi storici diversi, che presentino tutte quelle caratteristiche.
La fattispecie puo essere:
• astratta = fatto descritto che deve verificarsi affinché si produca una data conseguenza giuridica
• concreta = fatto realmente verificatosi
- dato un certo presupposto fattuale la norma prevede poi l’adozione di un dato comportamento,
determinando così l’effetto giuridico che è la conseguenza che la legge ricollega al verificarsi della
fattispecie.

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2. IL DIRITTO PRIVATO E LE SUE FONTI

Per fonti delle norme giuridiche si intendono gli atti e i fatti che in un dato ordinamento giuridico sono
idonei a produrre diritto. Le fonti possono essere:
• di produzione = insieme di atti o fatti che determinano il nascere della norma giuridica (sono quelli
dall’articolo 70 e seguenti della Costituzione in cui si disciplina il modo di fare la legge)
• di cognizione del diritto = documenti, testi attraverso i quali si ricavano le norme (ad es. il Codice Civile
come insieme di regole è una fonte di cognizione)
• art. 1 delle Preleggi (disposizioni che si trovano come premessa al codice civile) => disposizione sulla
legge in generale che fungono da premessa, in cui vengono indicate le fonti del diritto: le leggi, i
regolamenti, le norme corporative e gli usi (norma del 1942). Quest’ultima non è però più attuale
infatti vede la presenza delle norme corporative abrogate nel 46.
Dopo il 48 il sistema delle fonti è composto da:
1. al vertice: Costituzione e leggi Costituzionali (testo fondamentale che detta anche i principi
fondamentali del nostro ordinamento giuridico)
Si tratta di una costituzione rigida, per essere modificata necessita infatti di una procedura
apposita, e questo è possibile solo tramite l’applicazione delle “leggi di revisione
costituzionale” (art. 138 della costituzione) che prevedono due successive deliberazioni con
distanza temporale e maggioranza assoluta, impegnativa da ottenere (≠ dallo statuto
Albertino).
Inoltre le fonti di rango inferiore non possono mai andare contro la Costituzione (qualora
accadesse questa deve essere dichiarata dalla Corte Costituzionale come “incostituzionale” e
dal giorno successivo la norma viene eliminata dall’ordinamento giuridico)
2. Le fonti di provenienza europea => l’art 11 della Costituzione prevede che l’Italia accetti le
limitazioni di sovranità derivanti dall’aderire ad organizzazioni sovra-nazionali e come
conseguenza si è accettato di sottoporsi alle normative nascenti dall’Unione Europea,
normative che però non possono andare contro i nostri principi della Costituzione che sono
sovraordinati anche alle norme provenienti dall’UE, ma rispetto alle leggi dello stato si ritiene
che le norme del diritto EU prevalgano sulle leggi del diritto interno, questo disciplinato
dall’art 117 della Costituzione. Tipologia :
• regolamenti : hanno una portata di norme generali e astratte già nell’ordinamento italiano,
sotto la costituzione e sopra la legge ordinarie, quindi hanno un immediata efficacia nel
diritto interno degli stati membri, perché il regolamento europeo detta una disciplina già
specifica (materia di successioni, regolamento sul contratto), dettano norme in settori del
diritto privato immediatamente efficaci per tutti stati membri dell’UE
• le direttive : non disciplinano una materia ma dettano regole, delle discipline di massima,
che dovranno essere seguite dagli stati, impongono agli stati di adottare delle leggi statali
interne che si adeguino alla direttiva europea (come direttiva del 93 di tutela dei
consumatori). Se lo stato non risponde adottando leggi interne scattano delle sanzioni
dell’UE: per evitare questo in Italia dal 2012 è stata introdotta una legge comunitaria che
prevede che ogni 6 mesi il parlamento deleghi al governo di emanare un decreto legislativo
che dia soluzione in un unico decreto a tutte le direttive dell’UE. Quindi tutte le direttive
dettano regole allo stato ad esclusione delle “self executing” che sono già sufficientemente
dettagliate e precise e quindi già applicabili dal giudice senza bisogno dell’intervento di una
legge statale interna che dia esecuzione ad una direttiva.
3. Leggi
- Leggi statali :
• quella deliberata dal Parlamento e pubblicata in gazzetta ufficiale
• governo può intervenire con due procedimenti normativi: con i decreti legge (in casi di
necessità e urgenza ma entro 60 giorni deve essere convertito in legge se no perde di

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efficacia) e con i decreti legislativi (quando il parlamento con una legge delega il governo a
disciplinare una determinata materia e a questo risponde il governo con un decreto
legislativo entro i limiti della delega che gli è stata conferita)
- Leggi regionali : provvedimenti normativi adottati dalle autorità intra-statuali ovvero le
regioni. Un tempo tale legge era subordinata a quelle statali, quindi bisognava parlare di
sottoposizione gerarchica perché normalmente la legge statale dettava la displica fondamentale
e alle regioni era lasciato il computo di dettare solo una displica di dettaglio. Dal 2001 non è
più cosi (riforma del titolo quinto della Cost) e venne ridefinita la competenza tra legge statale
e regionale => per cui ora non sono più in un rapporto gerarchico ma in un rapporto di
competenza per materie. In particolare c’è :
• in una serie di materie c’è una competenza esclusiva dello stato e le regioni non possono
intervenire
• materia a concorrente che possono essere regolate tanto dallo stato tanto dalla regione, per cui
riprende vigore il principio gerarchico: stato detta disciplina di massima e la regione si limita a
displicare i dettagli
• per tutte le altre materie : competenza esclusiva delle regioni
4. Regolamenti : (come decreti ministeriali, i regolamenti delle autorità indipendenti) sono
sottordinati alla costituzione e alle leggi e dettano discipline specifiche di dettaglio, di settore.
5. Usi : previsti nell’art 8 delle preleggi, sono l’unica fonte del diritto non scritta in un testo
normativo ma sono frutto di comportamenti ripetuti nel tempo, si tratta di una pratica costante ed
uniforme che dà vita ad una regola reputata vincolante (es. obbligo del segreto bancario che
vincolerebbe la banca verso il cliente). Per fare un uso servono due elementi:
(I) la ripetizione di un certo comportamento protratta nel tempo (pracsis),
(II) opinio iuris ac necessitatis: ovvero chi si adegua all’uso lo fa nella convinzione che
questo sia vincolante.
Quando far riferimento agli usi:
- nelle materie già disciplinate da leggi o regolamenti per attuare gli usi occorre un espresso
richiamo, si parla in questi casi di “usi secundum legem”
- nel caso in cui invece gli usi disciplinino materie non regolate dalla legge si parla di “usi
praeter legem” (difficilmente perché se c’è una lacuna si va a vedere se c’è qualche norma
applicabile per analogia, quando non accade uso ha un suo spazio)
- non sono invece mai possibili “usi contra legem”.
Gli usi possono essere:
- normativi, intesi come fonte del diritto
(es. art 1374 che riguarda l’integrazione del contratto: se manca una parte di disciplina da
parte del contratto e non ci sono norme di legge simili che possono regolare, si ricorre agli
usi normativi)
- contrattuali, negoziali = prassi comuni nel mondo degli affari senza portata vincolante, ed è ciò
che normalmente si fa in dati affari; sono pratiche contrattuali
(es. art. 1368:“Le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica generalmente
nel luogo in cui il contratto è stato concluso”).

Cos’è il diritto privato


Diverse furono le tesi proposte per distinguere il diritto privato (disciplina rapporti tra privati) da quello
pubblico:
1) distinzione data dai soggetti alle quali le norme sono indirizzate => per cui il diritto privato disciplina i
rapporti tra privati, e il diritto pubblico disciplina i rapporti in cui sono coinvolti lo stato, gli enti
pubblici. Distinzione poi superata perché tutti gli istituiti del diritto privato (contratto, obbligazione) non
riguardano solo i privati

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2) distinzione basata sugli interessi che le norme vogliono soddisfare => per cui il diritto privato tutela gli
interessi dei privati cittadini mentre il diritto pubblico persegue un interesse generale di tutti i consociati.
Distinzione poi superata perché l’ente pubblico anche per soddisfare interesse pubblico ha a sua
disposizione sia gli strumenti del diritto privato che quelli del diritto pubblico
3) distinzione attuale prevede che:
• Diritto privato => regola gli istituiti o le categorie che valgono per tutti i tipi di soggetti privati o
pubblici che siano, senza una distinzione di tipo soggettivo, su un piano di perfetta parità, persegue
infatti i principi di parità ed autonomia
• Diritto pubblico => si ha solo quando la norma intende regolare o esclusivamente l’attività dello stato
o degli enti pubblici o rapporti in cui intervengono lo Stato e il privato cittadino ma caratterizzati da
una disparità, in cui lo Stato interviene nei confronti del privato in una condizione di sovranità,
autorità, infatti persegue i principi di disparità, soggezione e vincolo del pubblico interesse

Rami del diritto privato:


• Civile : più generale
• Commerciale : occupa dell’attività di impresa
• Lavoro : si occupa dei contratti di lavoro
• Industriale : si occupa della privacy, diritti di autore, brevetti, …
Rami dritto pubblico :
• Costituzionale
• Processuale
• Amministrativo
• Tributario
• Penale

Il codice
Il codice è un testo normativo che raccoglie l’intera disciplina di un certo settore, con i caratteri di organicità,
sistematicità, universalità ed uguaglianza. Nel 5-600 nascono i primi stati nazionali, nel medioevo c’erano
più ordinamenti giuridici e più autorità e poteri che ponevano norme (poteri universali: chiesa e impero;
poteri territoriali; poteri corporativi), man mano che si sono cominciati formare gli stati questi hanno poi
cominciato ad avocare ad un’unica autorità statuale i poteri di porre le regole per tutto lo stato, cosa che si è
poi espressa nei codici che sono andati a soppiantare i particolarismi che c’erano prima. Il primo codice che
venne fatto: codice civile dei francesi, detto anche Codice Napoleone, emanato nel 1804 e che ebbe poi
molto successo tanto che, se pur con numerosi adattamenti, è tuttora vigente in Francia.
In Italia invece dopo l’unificazione venne emanato il codice civile (= l’insieme delle regole codificate in un
corpus organico che regola le materie proprie del diritto privato) del 1865, ispirato al codice francese,
insieme ad un separato codice ci commercio che venne poi sostituito nel 1882 da un nuovo codice di
commercio. Già a partire dal 1938 vennero poi emanati singoli libri di un nuovo codice civile, promulgato
poi nel 1942 e venire organizzato in 6 libri: (1) dedicato alle persone e alle capacità delle persone, (2)
dedicato alle successioni mortis causa, (3) dedicato alla proprietà e ai diritti reali (da res, ovvero sulle cose),
(4) dedicato all’obbligazione, ai rapporti debito-credito, (5) dedicato al lavoro, (6) dedicato a serie di norme
di vario genere ed è intitolato Alla tutela dei diritti. Tale codice realizzò la fusione tra i due precedenti codici:
- codice civile del 1865
- codice di commercio che disciplinava l’impresa e il lavoro dell’impresa
per cui alcune cose prima previste solo dal codice di commercio oggi sono inserite nel codice civile attuale
(come ad esempio il principio che qualsiasi credito pecuniario porta con sé l’obbligo di pagare gli interessi,
prima era solo nelle obbligazioni commerciali oggi invece è generalizzato). Nel dopoguerra furono poi
numerose le leggi che vennero emanate ed è quindi bene tenere conto, a fianco del codice civile, anche della
legislazione speciale. è bene sottolineare come il codice, adottato tramite una legge di stato, si ponga

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immediatamente sotto la Costituzione nella gerarchia delle fonti e per essere modificato sono necessarie
delle leggi ordinarie successive.
Questo processo che si è affermato nell’800 è stato affiancato da un processo, altrettanto importante, che è
l’affermarsi dello stato di diritto: principio per cui lo stato stesso è assoggettato al diritto, e sono cominciate
a nascere le prime Costituzioni.

Le regole del diritto privato


Nel diritto privato si parla a livello di classificazione delle regole :
1. regole derogabili dai privati/cittadini =
• dispositive => ammettono un patto contrario ovvero una deroga fattizzia, quando il codice detta una
disciplina ma prevede “salvo patto contrario”
(es art. 1282 “I crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto,
salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente” quindi se presto una somma bisognerà
restituirla con interessi, salvo che la legge o il titolo (contratto) stabiliscano diversamente),
• suppletive => la disciplina entra in gioco solo quando i privati hanno lasciato una lacuna in una
materia
(es art. 1182 che riguarda il luogo in cui vanno adempiute le prestazioni: “Se il luogo nel quale la
prestazione deve essere eseguita non è determinato dalla convenzione o dagli usi e non può
desumersi dalla natura della prestazione o da altre circostanze, si osservano le norme che
seguono”)
2. regole inderogabili o norme imperative non ammettono deroga fattizzia, e sono importanti perché la
violazione da parte di un patto rende il contratto illecito (nullo)
(es art. 1815 comma 2: “Se sono convenuti interessi usurari la clausola è nulla e non sono dovuti
interessi” salvo patto contrario vanno pagati interessi sul mutuo, ma si prevede nel comma 2 che c’è
un tasso soglia che se viene superato gli interessi sono considerati usurari e il contratto diventa nullo)

Equità del giudice : non è fonte del diritto nel nostro ordinamento, non deriva dall’applicazione di norme
generali o astratte ma è la giustizia del caso concreto, l’idea che il giudice si fa del modo migliore di
risolvere la controversia specifica in base alla sua sensibilità.
L’equità non entra in gioco sempre perché il nostro sistema si basa su norme scritte, ma solo quando:
- viene richiamata da una norma di legge
- in alcuni casi specifici, quando sono le parti a volerla applicare (es. art 1226 risarcimento dei danni da
inadempimento: “Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice
con valutazione equitativa”), (nell’art. 114 del codice di procedura civile => davanti al giudice di pace le
parti possono voler decidere di sistemare la controversia secondo l’equità).

3. L’EFFICACIA TEMPORALE DELLE LEGGI

Entrata in vigore e abrogazione


Le norme entrano in vigore: oltre all’approvazione da parte della due Camere, è necessaria
a) la promulgazione della legge da parte del Presidente della Repubblica
b) la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della repubblica
c) Il decorso di un periodo di tempo, detto vacatio legis (di 15 giorni), che va dalla pubblicazione
all’entrata in vigore della legge, salvo che la legge stessa stabilisca un termine diverso
Una volta entrata in vigore la legge si reputa conosciuta e diventa obbligatoria per tutti, la corte
costituzionale ha tuttavia stabilito che l’ignoranza della legge è scusabile quando l’errore di un soggetto sia
stato inevitabile.
La norma resta in vigore fino a quando non viene abrogata, abrogazione possibile solo tramite una
disposizione nuova di pari valore gerarchico, tramite une legge posteriore. Forme di abrogazione :
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• abrogazione espressa si ha la legge posteriore dichiara espressamente abrogata una norma precedente
• abrogazione tacita (come afferma l’art 15 delle preleggi) : si ha quando in assenza di una dichiarazione
esplicita , le leggi posteriori:
• risultano incompatibili con quelle precedenti
• introducono una nuova regolamentazione dell’intera materia, dettando una disciplina più generale
rispetto alla norma antecedente ed incompatibile con la precedente
• referendum abrogativo, previsto dal art 75 della costituzione, attuabile quando ne fanno richiesta almeno
500mila elettori o 5 consigli regionali
• Deroga, si ha quando la norma posteriore pone, ma solo per specifici casi, una disciplina diversa da quella
prevista dalla norma precedente che continua però a essere applicabile a tutti gli altri casi
• Illegittimità costituzionale di una legge => ne fa cessare l’esistenza , che però a differenza dell’abrogazione
che ha effetto solo per l’avvenire (infatti la legge banche abrogata può essere ancora applicabile ai fatti
verificatisi quando era in vigore), la dichiarazione di incostituzionalità di una legge fa come se questa non
fosse mai esistita
In uno stesso livello di gerarchia delle fonti : prevale legge successiva ; invece tra regole di livello diverso
vige un criterio gerarchico perché la regola di rango inferiore non può mai andare ad incidere
sull’abrogazione di una norma di rango superiore.

4. L’APPLICAZIONE E L’INTERPRETAZIONE DELLE NORME DI LEGGE

L’interpretazione della legge è l’attività finalizzata ad individuare il significato delle disposizioni


legislative.
Soggetti che forniscono un interpretazione:
• la prima interpretazione è l’interpretazione giudiziale viene fatta dai giudici, ovvero organo adibito a
risolvere le controversie tra i consociati, quando si trovano ad applicare delle leggi e si trovano ad
analizzare la fattispecie concreta
• studiosi del diritto che forniscono delle loro interpretazioni di studiosi, si tratta di un “interpretazione
dottrinale” (della dottrina giuridica)
• legislatore, di fronte a testi legislativi confusi può intervenire il legislatore che da l’interpretazione
autentica con una norma successiva con un’efficacia retroattiva

Criteri di interpretazione: per ricavare dal testo della norma il suo significato bisogna rifarsi a dei criteri
regolati dal legislatore all’articolo 12 delle preleggi:
(1) Criterio testuale = «Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto
palese dal significato proprio delle parole» => criterio letterale delle parole
(2) quando la prima non basta, interviene il criterio di interpretazione logico-sistematico : interpretazione
che va data tenendo conto dell’intenzione del legislatore (ovvero della funzione, della ratio e dello scopo
che si voleva realizzare con la norma)
è bene sottolineare come l’ordinamento giuridico sia di fatto complesso ma non completo per cui non tutte le
situazioni dell’esperienza umana sono disciplinare da norme giuridiche, in particolare modo quando una
norma non è disciplinata e si crea una lacuna => è necessaria un’interpretazione analogica :
• Analogia legis: «se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle
disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe».
• Quando non ci sono norme che regolano materie simili o analoghe => interviene altra forma => Analogia
iuris: «se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico
dello Stato» che si ricavano dal complesso delle fonti

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5. I CONFLITTI DI LEGGI NELLO SPAZIO

Il diritto internazionale privato


In ciascun Paese, vengono elaborate norme di diritto internazionale privato: il diritto internazionale privato è
l’insieme delle norme di diritto interno che il giudice italiano deve applicare - nel caso in cui si debba
decidere una controversia relativa ad una fattispecie che presenti elementi di estraneità rispetto al nostro
ordinamento giuridico - per individuare la legge regolatrice della fattispecie, ossia l’ordinamento giuridico in
base al quale dev’essere decisa la controversia.
a) sebbene venga tradizionalmente denominato così, non è in realtà un diritto internazionale: tale è il c.d.
diritto internazionale pubblico, ossia il diritto che ha fonte in accordi tra soggetti internazionali, ma non il
diritto internazionale privato, che è invece il diritto interno, ciascun ordinamento stabilendo il proprio;
b) non abbraccia solo norme relative a rapporti di diritto privato, ma comprende pure altri tipi di rapporti
soprattutto quelli di tipo processuale;
c) è costituito non da norme materiali, ossia che disciplinano esse stesse la sostanza di taluni
rapporti, bensì da regole strumentali, che si limitano cioè ad individuare a quale ordinamento debba farsi
capo, per giungere poi, applicando l’ordinamento così individuato, a stabilire come quel rapporto vada
disciplinato.

Qualificazione del rapporto e momenti di collegamento


Per stabilire quale sia l’ordinamento da applicare occorre in primo luogo procedere alla qualificazione del
rapporto in questione, evidenziandone la natura (rapporto coniugale, di successione, di obbligazione
contrattuale o extracontrattuale, etc).
Fatto ciò, occorre che la norma di diritto internazionale privato precisi un elemento del rapporto per elevarlo
a momento di collegamento, ossia al momento decisivo per l’individuazione dell’ordinamento competente a
regolare il rapporto in oggetto.

I vari momenti di collegamento


a) Per quanto riguarda la capacità giuridica delle persone fisiche (art.20) si applica la legge
nazionale della persona. Se questa ha più cittadinanze si applica la legge di quello tra gli Stati di
appartenenza con il quale essa ha il collegamento più stretto. Se tra le cittadinanze vi è quella
italiana, questa prevale (art. 19, comma 2).
b) La capacità d’agire delle persone fisiche è pure regolata dalla loro legge nazionale (art. 23,
comma 1).
c) Gli enti, le società, le associazioni e le fondazioni sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui
territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione (art. 25, comma 1).
Tuttavia si applica la legge italiana se la sede dell’amministrazione è situata in Italia, ovvero se in
Italia si trova l’oggetto principale di tali enti.
d) Per quanto riguarda il matrimonio si distingue tra:
• la capacità matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio, sono regolata dalla
legge nazionale di ciascun nubendo al momento del matrimonio (art.27);
• per la forma del matrimoni vale la legge del luogo di celebrazione, ma può applicarsi pure la
legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o la legge dello
Stato di comune residenza in quel momento (art.28);
• per i rapporti personali tra coniugi si applica la legge nazionale se hanno uguale cittadinanza
o, se hanno diversa cittadinanza, la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale è
localizzata (art.29);
• i rapporti patrimoniali tra coniugi vanno regolati dalla legge applicabile ai rapporti personali
a meno che i coniugi abbiano convenuto per iscritto l’applicabilità della legge dello Stato di
cui almeno uno di essi è cittadino o nel quale almeno uno di essi risiede (art.30, comma 1);
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e) Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita. Il
riconoscimento di un figlio naturale è regolato dalla legge nazionale del figlio al momento della
nascita o dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo
avviene (art.33, comma 1)
f) L’adozione è regolata dal diritto nazionale dell’adottato o degli adottanti se comune o, in
mancanza, del diritto dello stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti al momento
dell’adozione (art.38, comma 1);
g) La successione mortis causa è regolata dalla legge nazionale del soggetto della cui eredità si tratta
al momento della morte (art.46, comma 1);
h) Per i beni immobili (diritti reali e possesso) si applica la lex rei sitae (art.54, comma 1), per i beni
immateriali la legge dello Stato di utilizzazione (art.54);
i) Le obbligazioni contrattuali sono regolate dalla legge dello Stato con il quale il contratto presenta
il collegamento più stretto (art.57 rinvia alla alla Convenzione di Roma sulla legge applicabile
alle convenzioni contrattuali del 1980, che fonda un diritto internazionale privato uniforme, si
tratta di un regolamento di applicazione universale);
l) Le obbligazioni non contrattuali sono regolate con riferimento al Regolamento 864/2007/CE -
Roma II - si tratta anche in questo caso di un regolamento di applicazione universale.

Il rinvio ad altra legge. Il limite dell’ordine pubblico


L’eventuale rinvio operato dal nostro diritto internazionale privato ad un ordinamento straniero pone
problemi delicati.
Nell’ipotesi in cui quell’ordinamento a sua volta, nella stessa situazione rinvii ad un altro ordinamento, l’art.
13, comma 1, della L. n. 218 stabilisce che “si tiene conto del rinvio operato dal diritto internazionale privato
straniero alla legge di un altro Stato:
a) se il diritto di tale Stato accetta il rinvio;
b) se si tratta di rinvio alla legge italiana.
Il rinvio alle norme di un altro ordinamento, quale fonte regolatrice di un rapporto sottoposto ad un giudice
italiano, pone l’ulteriore e delicato problema della compatibilità con i principi fondamentali del nostro
ordinamento.
L’art. 16 comma 1, della citata L. n. 218 ribadisce che la legge straniera non può essere applicata se i suoi
effetti sono contrari all’ordine pubblico, il 2 comma aggiunge che - nel caso operi il ricordato limite della
contrarietà all’ordine pubblico - si deve tentare ugualmente di applicare la legge richiamata “mediante altri
criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa”. Solo ove manchi tale
possibilità si applica la legge italiana.

La conoscenza della legge straniera


In passato la giurisprudenza tendeva a ritenere che fosse onere della parte, che pretendeva di far valere un
qualche diritto fondato su norme di un ordinamento straniero richiamato, provare al giudice l’esistenza delle
norme invocate a proprio favore.
La nuova disciplina (art.14) stabilisce invece che spetta al giudice accertare il contenuto della legge straniera
applicabile, anche interpellando il Ministero della Giustizia o istituzioni specializzate ed eventualmente con
la collaborazione delle parti.
Nel caso in cui non risulti possibile in alcun modo, il giudice deciderà in base alla legge italiana.

La condizione dello straniero


Tra gli stranieri occorre distinguere i c.d. cittadini comunitari dai c.d. extracomunitari. Per i primi si applica
l’art.17 del Trattato Istitutivo della CE, cosi come modificato dal Titolo II del Trattato di Maastricht, che ha
introdotto la “cittadinanza dell’Unione”, che costituisce un complemento della cittadinanza nazionale,
attribuita a chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro.

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Ai cittadini comunitari non solo va riconosciuto pieno diritto di circolazione e soggiorno negli stati membri,
ed il godimento degli stessi diritti civili attribuiti al cittadino nazionale, ma spettano perfino alcuni limitati
diritti politici, quali il voto delle elezioni comunali.
Per gli extracomunitari è applicabile sia il diritto d’asilo, sia l’inammissibilità della estradizione per reati
politici.
Inoltre allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti
fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno. Pure all’extracomunitario
“regolarmente soggiornante” è assicurato il godimento dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino
italiano, a meno che le convenzioni internazionali in vigore per Italia dispongano diversamente.
La regola della condizione di reciprocità, ossia la concessione di un diritto allo straniero a condizione che
nella medesima fattispecie ad un italiano, nel paese di cui quello straniero è cittadino, quel diritto sarebbe
parimenti riconosciuto, malgrado sia superata, è però sopravvissuta, anche se ridotta ad un ambito di
applicazione residuale.
A tutti i lavoratori stranieri, infine, è garantita parità di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai
lavoratori italiani.

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6. IL RAPPORTO GIURIDICO
LE SITUAZIONI GIURIDICHE SOGGETTIVE

Il rapporto giuridico è la relazione tra due soggetti regolata dall’ordinamento giuridico. Infatti il diritto
privato ha come obbiettivo risolvere controversie tra i consociati, stabilire di volta in volta una gerarchia tra
interessi confliggenti, stabilita da una determinata norma giuridica. In particolare modo deve stabilire:
I. qual’è l’interesse che deve prevalere nel contrasto e riconoscere al portatore di questo interesse
(chiamato: soggetto attivo) una situazione giuridica di vantaggio, attribuendogli un potere, ovvero un
diritto soggettivo
II. qual’è l’interesse soccombente a fronte dell’interesse che prevale e verso cui si pone una situazione
giuridica di svantaggio, ovvero di dovere riconosciuta a qualcun altro (al soggetto passivo = è colui a
carico del quale sussiste un dovere) che vive una situazione

(I) SITUAZIONI GIURIDICHE DI VANTAGGIO TUTELATE DALL’ORDINAMENTO


[A] Il diritto soggettivo (situazione giuridica attiva) => è il potere conferito da una norma ad un
soggetto, di soddisfare un proprio interesse e si traduce in un potere di agire (es. art. 832 Contenuto del diritto "Il
proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi
stabiliti dall'ordinamento giuridico” norma che identifica il contenuto di un diritto) o di pretendere che un altro agisca (il
legislatore definisce i diritti all’inverso definendo il dovere, viene descritta la situazione passiva a fronte della quale c’è un diritto)
per il soddisfacimento di un proprio interesse individuale ed è protetto dall’ordinamento giuridico.

Si distingue in :
1. Diritto assoluti = garantiscono al titolare un potere che egli può far valere verso tutti i consociati (ha
il carattere dell’assolutezza), sono quindi diritti opponibili erga omnes, per cui a fronte del mio
diritto tutti hanno un dovere di astenersi dal ledere tale mio diritto, questo comporta, come
conseguenza giuridico-processuale, che contro chiunque venga a ledere si ha un azione in giudizio
per tutelarlo. Il titolare del diritto può soddisfare il suo interesse direttamente, senza bisogno della
cooperazione altrui (ha il carattere dell’immediatezza) e su tutti gli altri consociati grava un dovere
di non interferenza (ovvero di un dovere negativo e generale).
• Ramo patrimoniale (economicamente valutabile) => Diritti reali
= sulle res (sulle cose), di cui il principale è il diritto di proprietà => si attribuisco al titolare una
signoria su un bene e a fronte di tale diritto non c’è un obbligo specifico di soggetto determinato
ma c’è un generale dovere di astensione che grava su tutti i consociati.
• Ramo non patrimoniale (non suscettibili di valutazione economica) => Diritti della
personalità
= come il diritto alla vita, integrità fisica, alla salute, al nome, alla privacy; a fronte dei quali c’è
il dovere generale di astenersi a non ledere a quel diritto che grava su tutti i consociai

2. Diritto relativo = garantiscono al titolare un potere che egli può far valere solo nei confronti di una
o più persone determinate verso cui posso agire in giudizio per pretendere qualcosa (per cui il
soddisfacimento dell’interesse postila la collaborazione attiva di altri). Danno una pretesa nei
confronti di uno o più soggetti individuati, quindi a fronte del diritto c’è una situazione di svantaggio
che grava su particolari soggetti su cui si ha una pretesa.
• Ramo patrimoniale => diritti di credito
= il credito è la pretesa all’esecuzione ad una determinata esecuzione, che deve essere
economicamente valutabile, che il creditore ha nei confronti di uno o più soggetti passivi
(debitore/i). Il rapporto tra creditore e debitore prende il nome di obbligazione.
• Ramo non patrimoniale => diritti che nascono da rapporti di tipo familiare/personale
= come il diritto all’abitazione, alla fedeltà del coniuge, diritto del figlio all’educazione; ed
hanno la pretesa nei confronti di specifici soggetti ma non hanno un contenuto particolare ma
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attengono al soddisfacimento di bisogni della specifica persona, si parla quindi di obbligo (di
fedeltà, di educazione, …) perché non sono vere obbligazioni.

• Diritto potestativo => consistono nel potere di operare il mutamento della situazione giuridica
di un altro soggetto, si ha quando un soggetto ha il diritto di andare ad incidere nella sfera
giuridico-patrimoniale di un altro soggetto che non può fare nulla per impedirlo e si torva in una
situazione di soggezione, diritto che non da una pretesa ad una prestazione ma da il diritto di
interferire nella sfera giuridica di un altro soggetto che non può fare nulla per impedirlo (es.
diritto di recesso dal contratto: sciogliersi unilateralmente dal contratto).

Diritti assoluti patrimoniali (diritti reali) + diritti relativi patrimoniali (diritti di credito) = patrimonio
del soggetto => complesso dei diritti patrimoniali che il soggetto ha (lordo se si considerano i debiti,
netto se si eliminano i debiti), non si prendono in considerazione i diritti non patrimoniali dei diritti
assoluti e relativi.

Altre situazioni giuridiche di vantaggio tutelate dall’ordinamento =>


[B] Interesse legittimo : potere del singolo di sollecitare un controllo giudiziario in ordine al comportamento
tenuto dalla pubblica amministrazione e si basa sull’interesse che i cittadini hanno a che la pubblica
amministrazione si comporti in modo corretto, legale e trasparente. Tale interesse soddisfa quindi sia:
- interesse personale del portatore dell’interesse legittimo
- interesse più generale dell’ordinamento a che la pubblica amministrazione agisca in modo corretto.
Il tipico strumento di tutela dell’interesse legittimo è l’impugnazione dell’atto amministrativo illegittimo al
fine di ottenere l’annullamento, cosa possibile da parte del cittadino rivolgendosi agli organi giudiziari
competenti. Per decenni si discusse poi della sussistenza o meno di un diritto del privato di ottenere il
risarcimento del danno subito per effetto di un atto amministrativo illegittimo, fino ad arrivare alla decisione
della Corte di Cassazione (sentenza del 1999) la quale ha affermato che anche la lesione di un interesse
individuale può costituire fonte di danno risarcibile. Da questo momento inoltre, se prima l’interesse
legittimo si atteneva maggiormente al diritto amministrativo, pubblico; è diventato importante studiare tale
situazione anche nel diritto privato.

[C] Interessi diffusi (come ad esempio gli interessi alla salubrità dell’ambiente) : esigenze della collettività
che vengono tutelate da leggi speciali che danno il diritto di agire al ministero dell’ambiente, alle
associazioni, … a tutela dell’interesse della comunità

[D] L’aspettativa (come ad esempio l’aspettativa di acquisto) : diritti in via di formazione non ancora
acquisiti, interesse individuale tutelato in via provvisoria e strumentale

L’esercizio del diritto soggettivo


Una norma che vale per tutti i diritti è che chiunque sia titolare di un diritto e chiunque abbia una situazione
soggettiva di vantaggio non può abusare di tale suo diritto, non può esercitarlo in modo del tutto
discrezionale ma deve sempre rimanere entro i limiti della buona fede in senso oggettivo, della lealtà e della
correttezza. Quindi: in tutti i casi in cui il codice tutela un diritto, il titolare non può esercitarlo eccedendo il
limite della buona fede e della correttezza. Qualora dovesse eccedere commetterebbe un abuso del diritto, poi
sanzionato dall’ordinamento.
(es. il diritto di proprietà, art. 832 : “Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno
ed esclusivo” ma nell’art. 833 vengono definiti gli atti emulativi “Il proprietario non può fare atti i quali non
abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri”).

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(II) SITUAZIONI GIURIDICHE DI SVANTAGGIO
Posizioni soggettive passive: dovere di fare/non fare qualcosa per il soddisfacimento di un interesse
altrui
Ogni volta che c’è situazione attiva di vantaggio c’è anche una situazione di svantaggio che grava su
qualcuno, in particolare :
1. se si ha un diritto assoluto la situazione simmetrica è il generale dovere negativo e generale di
astensione, di non ledere e di non interferenza che grava su tutti i cittadini
2. se si ha un diritto relativo
• patrimoniale => si ha la situazione passiva del debitore che ha un obbligazione
• non patrimoniale => si parla di obbligo di tenere un cerco comportamento positivo e specifico (di
mantenimento, di fedeltà, …).
3. nel caso del diritto potestativo la situazione passiva è la soggezione all’iniziativa altrui

Posizione giuridiche intermedie :


• Potestà => potere di fare qualcosa per soddisfare l’interesse altrui. Si ha quindi quando il diritto attribuisce
ad un soggetto una situazione di vantaggio che però non serve a soddisfare un interesse proprio ma
l’interesse di qualcun altro
(es. potestà genitoriale: si tratta di una situazione di vantaggio riconosciuta dal diritto ma non per
soddisfare un interesse proprio del portatore della situazione di vantaggio ma per soddisfare l’interesse
dei figli, oggi si parla non di potestà dei genitori ma di responsabilità dei genitori, terminologia che pone
l’accetto sul fatto che l’oggetto della tutela è un altro soggetto)
• Onere => dovere di fare qualcosa per soddisfare un interesse proprio. Situazione giuridica di svantaggio
posta nell’interesse stesso del soggetto obbligato per ottenere un certo risultato
(es.1 => il compratore che intende valersi della garanzia per i vizi della cosa venduta ha l’onere di
denunciare il vizio entro 8 giorni)
(es. 2=> Il caso più evidente di onere è l’onere della prova (art 2697 si parla delle prove): “Chi vuol far
valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento” è una situazione di
doverosità che ordinamento depone se si vuole perseguire un vantaggio)

VICENDE DEL DIRITTO SOGGETTIVO


come si acquistano o come si estinguono
(fenomeni in virtù dei quali un soggetto acquista, vede modificarsi, oppure perde i propri diritti soggettivi)
- Acquisto => indica il fenomeno del collegarsi di un diritto con una persona che ne diventa il titolare. Può
essere di due specie:
- A titolo originario: (più sicuro) quando si acquista il diritto in base a particolari presupposti previsti
dalla legge indipendentemente dal fatto che ci sia un precedente titolare che glielo trasmetta
(esempio: il pescatore che fa propri i pesci caduti nella rete)
- A titolo derivativo: (più frequenti ma meno sicuro perché dipende sempre dal diritto che prima di me
aveva il dante causa*) quando si deriva il diritto da un precedente titolare del diritto (dante causa)
che lo trasferisce al nuovo proprietario (avente causa). Questo possibile tramite due modi:
• Contratti ad effetti reali => in grado di trasferire i diritti (permuta, vendita, donazione …)
• Successioni mortis causa => quando un soggetto muore perde la capacità giuridica, quindi tutti i
beni, diritti e rapporti giuridici passano ai suoi successori (eredità)
*Esistono due regole per l’acquisto a titolo derivativo:
• nessuno può trasferire più diritti di quelli che lui ha (“nemo plus iuris transferre potest quam
ipse habet”)
• se cade il diritto del dante causa viene meno anche diritto dell’avente causa (“resoluto iure dantis
resolvitur et ius accipientis”)
- Estinzione => vicenda finale del rapporto e si ha quando il titolare perde il diritto senza che questo sia
trasmesso ad altri. L’estinzione può avvenire in diversi modi:
14
• Rinuncia da parte del titolare => questo per i diritti disponibili (sono per lo più i diritti
patrimoniali, siano essi reali o di credito).
N.B. non tutti i diritti sono rinunciabili: infatti i diritti della personalità sono indisponibili e
irrinunciabili.
• Estinzione fisiologica del diritto allorché viene soddisfatto l’interesse del portatore del diritto (ad
esempio il debito che viene pagato al creditore e si estingue)
• Decorso del tempo
- Prescrizione : si ha quando il titolare di un diritto resta inerte, non lo esercita per un certo
periodo di tempo voluto dalla legge (che vuole che chi ha un diritto lo eserciti), a questo ne
consegue una sanzione prevedendo l’estinzione del diritto per prescrizione (termine
ordinario di prescrizione è di 10 anni, salvo i casi in cui la legge preveda una cosa diversa),
sono per lo più i diritti patrimoniali.
• termine del decorso della prescrizione => nel momento in cui si esercita il diritto o quando
un soggetto contro il quale si può esercitare il diritto lo riconosce il diritto e ricomincia a
ricorrere dall’inizio gli anni di prescrizione.
• sospensione => si ha quando il termine nel suo decorso viene sospeso e poi ricomincia a
decorrere quando viene meno la causa di sospensione dal momento in cui era
N.B. (•) non tutti i diritti sono prescrittibili (come quello della proprietà, unico diritto
patrimoniale non prescrittibile) (••) i termini di prescrizione sono inderogabili dai privati,
perché c’è sotto un interesse della legge, dell’ordinamento.
Le prescrizioni possono essere presuntive : prescrizioni brevi (credito dell’albergatore
quando si alloggia), quindi il legislatore decorso un periodo breve (tra i 6 mesi e 1 anno)
prevede si verifichi una prescrizione presuntiva, ovvero si presume che ci sia stata
l’estinzione del diritto. È però solo una presunzione, si parte da un fatto noto per dedurre un
fatto ignoto, è uno strumento probatorio, quindi nel caso di un credito (esempio
dell’albergatore) il creditore dimostra che il credito non è mai stato pagato avrà il diritto di
esigerlo perché di fatto non essendo stata una prescrizione quel diritto non si è estinto.
La presunzione può essere:
• assoluta (quando non è ammessa la prova contraria)
• relativa (iuris tantum) per cui la legge presume qualcosa ma ma chi ha interesse può
dimostrare il contrario (es. caso dell’albergatore, decorsi 6 mesi dal momento in cui il
soggetto ha alloggiato nell’albergo si presume che l’albergatore non abbia più quel
credito)
- Decadenza : sono termini entro cui il soggetto ha l’onere di esercitare il diritto se lo vuole
maniere => l’esigenza non è quella che il diritto venga esercitato ma che il diritto venga
esercitato in tempi rapidi, perché si vuole che certi diritti vengano esercitati in tempi brevi,
per un’esigenza di certezza e di rapidità nel risolvere le controversie che induce il legislatore
ad imporre dei termini di decadenza. Quando la decadenza si ha quando si decade, dopo il
decorso di certo tempo, dal poter esercitare un diritto.
(Es. 1495 vizi del contratto di compravendita: “Il compratore decade dal diritto alla
garanzia, se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, salvo il diverso
termine stabilito dalle parti o dalla legge”.
Anche i privati possono pattuire termini di decadenza (≠ dall’appannaggio esclusivo delle
prescrizioni del legislatore), come ad esempio nel contratto (possibilità di recedere ma solo
entro un breve periodo di tempo).
Unico limite posto : art. 2965 “È nullo il patto con cui si stabiliscono termini di decadenza
che rendono eccessivamente difficile a una delle parti l'esercizio del diritto” => per cui
vengono esclusi i termini di decadenza eccessivi.
- Modifica

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7. IL SOGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO

Le situazioni giuridiche soggettive fanno capo ai soggetti, ovvero a coloro che sono titolari dei diritti e dei
doveri che pongono in essere contratti e fatti umani.
C’è una partizione tra:
- persone fisiche = soggetti comunemente intesi, fisicamente individuati (disciplinati da artt. 1-10 c.c.)
- persone giuridiche = soggetti di diritto creati dal diritto (disciplinati da artt. 11-42 c.c.)
enti
LE PERSONE FISICHE
Capacità giuridica del soggetto regolato all’art. 1 del c.c. => “La capacità giuridica si acquista dal
momento della nascita. I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all'evento
della nascita”
= è l’idoneità ad essere titolari attivi o passivi di rapporti giuridici, quindi delle situazioni giuridiche. Tale
capacità è propria di tutti i soggetti, in applicazione degli articoli 3 e 22 della costituzione => applicazione
del principio di uguaglianza; cosa che però non fu sempre cosi, infatti nell’antichità gli schiavi, le donne non
avevano capacità giuridica, erano delle res (ovvero delle cose), fino all’800 il codice penale prevedeva la
morte civile (perdita della capacità giuridica).
Tale capacità si acquista con la nascita (che è condizione necessaria e sufficiente poiché non è necessaria la
vitalità, perché se il neonato è morto subito dopo la nascita ha comunque acquisito la capacità giuridica) e
viene persa al momento della morte accertata (= interruzione delle funzioni cardio circolatorie, morte
cerebrale => definizione che si trova nelle leggi sui trapianti), quindi i rapporti giuridici che prima facevano
capo a lui non hanno più un titolare per cui i rapporti di natura patrimoniale passeranno con acquisto a titolo
derivativo (successioni mortis causa).
Capacità giuridica pre natale => comma 2 della legge => per cui se per acquistare i diritti serve la nascita, il
codice in alcuni casi, in via eccezionale, riconosce alcuni diritti già al concepito. Casi:
- capacità di succedere mortis causa => sono capaci di succedere anche i concepiti al momento dell’apertura
della successione sia per legge che per testamento, viene già considerato tra gli eredi (art. 462: “ Sono
capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell'apertura della successione. (…)
Possono inoltre ricevere per testamento i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte
del testatore, benché non ancora concepiti.” )
- capacità di ricevere per donazione (per cui ad esempio un nonno può fare una donazione al nipote non
ancora nato), anche se in alcuni casi previsti è prevista la risarcibilità
Inoltre tale capacità di succedere per testamento o di ricevere per donazione è riconosciuta anche a chi non
sia stato ancora neppure concepito.

Alla nascita viene dato un nome => diritto al nome regolato da art. 6 "Ogni persona ha diritto al nome che
le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome e il cognome.”
Composto dal prenome e dal cognome (che nel nostro ordinamento: se nasce in costanza di matrimonio è
quello del padre, se invece nasce fuori dal matrimonio, pur avendo gli stessi diritti di chi nasce all’intento del
matrimonio, in quanto figli naturali che nel momento in cui vengono riconosciuti acquistano diritti e doveri,
se lo riconoscono entrambi prende il cognome del padre se no solo del genitore che lo ha riconosciuto).
Due forme di parentela :
• in linea retta = tra soggetti che discendono l’uno dall’altro (genitori-figli) e il grado si determina
dall’intervallo tra un parente e l’altro
• in linea collaterale = tra soggetti che discendono da uno stipite comune (fratelli, cugini) e il grado si
determina dall’intervallo tra i soggetti stessi
[!] Per il diritto si rilevano solo le parentele fino al sesto grado.
I luoghi della persona => lo disciplinano art. 43 e seguenti del c.c. => Domicilio e residenza: “Il domicilio
di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. La residenza
è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. appunti
16
Differenze => dimora (dove non c’è abitualità) ≠ residenza (dimora abituale) ≠ soggiorno ≠ domicilio ≠ sede.
Se un soggetto ha nello stesso luogo residenza e domicilio e sposta la residenza (comunicandolo al comune
della nuova residenza) il codice presume si sia cambiato anche il domicilio e viceversa (secondo comma art.
45 “Quando una persona ha nel medesimo luogo il domicilio e la residenza e trasferisce questa altrove, di
fronte ai terzi di buona fede si considera trasferito pure il domicilio, se non si è fatta una diversa
dichiarazione nell'atto in cui è stato denunciato il trasferimento della residenza”.).
Il minore => il domicilio coincide con la residenza famigliare, con il luogo di residenza comune se due
genitori convivono, se invece sono separati sarà quello del genitore con cui il minore convive.

Il codice prevede accadimenti che possono avvenire nella vita della persona e che portano alla presunta
perdita della capacità giuridica del soggetto:
- scomparsa => si presume che il soggetto sia ancora in vita ma nasce la necessità di provvedere alla
gestione del patrimonio per cui viene nominato un curatore dello scomparso per provvedere a tale gestione
- assenza => art. 49: “Trascorsi due anni dal giorno a cui risale l'ultima notizia,
i presunti successori legittimi e chiunque ragionevolmente creda di avere sui beni dello scomparso diritti
dipendenti dalla morte di lui possono domandare al tribunale competente, secondo l'articolo precedente,
che ne sia dichiarata l’assenza." => la capacità giuridica rimane perché si presume sia ancora in vita e il
codice detta disciplina ad art. 50 e seguenti => si cominciano ad anticipare gli effetti di una probabile
successione ma se durante il possesso temporaneo il soggetto torna cessano gli effetti del possesso
temporaneo stesso, per cui i beni devono essere restituiti tranne una parte delle rendite
- morte presunta => (incide sulla capacità giuridica del soggetto) si ha quando l’assenza perdura nel tempo
(10 anni => i 10 anni non sono necessari quando la scomparsa avvenuta per incidenti, azioni belliche), gli
stessi soggetti possono chiedere al tribunale la dichiarazione di morte presunta: determina come effetto
l’apertura della successione al soggetto, le conseguenze sono le stesse della morte accertata.
Se il morto presunto dovesse tornare => art. 66 : “La persona di cui è stata dichiarata la morte presunta,
se ritorna o ne è provata l'esistenza, ricupera i beni nello stato in cui si trovano e ha diritto di conseguire
il prezzo di quelli alienati, quando esso sia tuttora dovuto, o i beni nei quali sia stato investito.” => ha il
diritto a recuperare i beni nella misura in cui si trovano ancora nel suo patrimonio (se venduti subentra nel
credito al prezzo). In un eventuale matrimonio se il coniuge ritorna il matrimonio successivo viene
annullato.
Legale
≠ dalla capacità giuridica è la capacità di agire = compiere validamente atti giuridici (ovvero negozi
giuridici), il legislatore fissa un momento a partire dal quale il soggetto si ritiene che in via presuntiva abbia
la capacità per compiere atti: al compimento della maggiore età (art. 2 del codice: “La maggiore età è fissata
al compimento del diciottesimo anno. Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli atti
per i quali non sia stabilita una età diversa”), salvo le leggi speciali che prevedono un età inferiore (16 anni)
per: stipulare contratti di lavoro subordinato, per sposarsi, per riconoscere un figlio naturale. Fino al
momento del conferimento della capacità di agire il soggetto rimane un incapace legale di agire, e La
gestione del patrimonio dell’incapace è affidata ad una persona, a lui vicina, capace di agire (es. genitori,
tutore, ecc.), che può compiere atti giuridici in suo nome e per suo conto. Questo implica che se prima del
compimento dei 18anni il soggetto compie un negozio giuridico => questo può essere annullato a sua
richiesta o a richiesta di chi ne fa le veci.
Questo vale per i negozi giuridici ma per gli atti giuridici in senso stretto non serve la capacità legale di agire
ma basta la naturale capacità di intendere e volere.
Casi di incapacità previsti dal codice :
coloro che hanno un incapacità legale assoluta => e che necessitano di un rappresentante (genitore o tutore)
- Minori di età
- Interdetti giudiziali o legali
coloro che hanno un incapacità legale parziale => e che nel esistano di un assistente (curatore)
- Inabilitati

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- Minori emancipati

Minori di età
per art 2 “La maggiore età è fissata al compimento del diciottesimo anno di età” con delle eccezioni. La
minore età è regolata da art. 320 del codice civile : prima del compimento della maggiore età il soggetto
viene ritenuto legalmente incapace e non può stipulare direttamente gli atti negoziali destinati a incidere sulla
propria sfera giuridica, per cui la gestione del patrimonio del minore e la sua rappresentanza competono ai
genitori (fenomeno per cui un soggetto, ovvero il rappresentate, compie attività giuridica in nome/
nell’interesse di qualcun altro). La rappresentanza può essere:
• volontaria = nasce da volontà del soggetto di farsi sostituire (lo stesso soggetto conferisce a qualcun altro il
potere di rappresentarlo)
• legale = (soggetti che per legge hanno potere di compiere attività giudica per conto dei qualcun altro) e gli
effetti che questa produce si traducono nella sfera del rappresentato => i genitori sono legali rappresentanti
del minore (= possono amministrare i beni del minore e li rappresentano in tutta l’attività negoziale).
Di regola i genitori compiono:
- disgiuntamente, gli atti di ordinaria amministrazione *
- congiuntamente, gli atti di straordinaria amministrazione => serve il consenso di entrambi i genitori e
occorre che l’atto sia effettivamente utile e necessario per il minore e questo viene valutato dal giudice che
deve fornire un autorizzazione
Se l’atto giuridico compiuto dal genitore non rispetta tali condizioni è annullabile => il minore stesso
raggiunta la maggiore età o i genitori possono richiedere al giudice l’annullamento.
Per gli atti strettamente personali (“atti personalissimi”) che non ammettono una rappresentanza
(matrimonio, testamento, iscrizione a due partito politico) => i genitori non possono prendere tali decisioni,
quindi tali atti non può compierli.

* Il codice distingue tra:


> atti di ordinaria amministrazione = atti di disposizione del reddito e di conservazione del
patrimonio che non comportano un elevato rischio economico: es. riscossione del canone
dell’appartamento di cui l’incapace è proprietario.
> atti di amministrazione straordinaria = atti di disposizione del capitale che incidono
significativamente sulla consistenza del patrimonio (es. alienazione di beni di proprietà
dell’incapace, costituzione di ipoteca sui medesimi…)

Inoltre per il minore non è possibile iniziare un’impresa commerciale perché questa potrebbe mettere a
rischio il patrimonio del minore stesso, ma è per lui possibile solo continuare un’attività di impresa già
iniziata (in caso ad esempio di eredità) ma questo solo sotto autorizzazione speciale del tribunale (= organo
giudicante collegiale).
Di fatto poi il minore stipula contratti nella quotidianità di minuta e ordinaria amministrazione => contratto
concluso al ristorante, al supermercato => questo avviene perché: 3 tesi
1) il minore ha capacità di agire in relazione agli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita
quotidiana
2) si tratta di atti annullabili di cui però nella prassi non viene mai chiesto l’annullamento
3) se si vuole compiere atto di amministrazione straordinario ed è impossibilitato può nominare un
rappresentante anche se non ha la capacità di agire ma solo la capacità giuridica (per cui si dice che il
minore compie tali contratti rappresentando i genitori => tacitamente i genitori gli danno il potere di
agire in loro rappresentanza)

Minore sotto tutela => se mancano entrambi i genitori, viene nominato un tutore (parente ove possibile), e
questi compie ogni atto giuridico previa autorizzazione giudiziale, si parla di “minore sotto tutela”. In
particolare modo si chiede al giudice tutelare che venga nominato un tutore, per cui il soggetto rimane

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totalmente incapace ma la disciplina cambia leggermente. Offrendo il tutore minori garanzie, rispetto ai
genitori, in ordine all’esclusivo perseguimento degli interessi del minore il tutore può compiere: (art. 374-5):
- atti di amministrazione ordinaria => senza autorizzazione di nessuno
- atti di amministrazione straordinaria => divisi in due gruppi:
- meno rischiosi per il minore : di acquisto di beni (eccetto quelli della vita del quotidiano), di
riscossione di capitali, … => in questo caso bisogna chiedere l’autorizzazione al giudice tutelare
- più rischiosi : alienazione di beni, costruire pegno o ipoteche, fare compromessi => occorre
autorizzazione del tribunale

Minore emancipato => come visto anche il 16enne eccezionalmente può essere autorizzato a sposarsi : il
tribunale su istanza dell’interessato, accertata la sua maturità psico-fisica, può con un decreto, ammettere per
gravi motivi al matrimonio chi abbia compiuto i 16 anni. Nel momento in cui si sposa diventa un “minore
emancipato”, la cui situazione cambia perché si parla di una incapacità legale di agire solo parziale : da
incapace assoluto assume una situazione di relativa capacità di agire. La disciplina ad art. 390 e seguenti “Il
minore è di diritto emancipato col matrimonio”. In particolare modo :
- gli viene nominato un curatore (≠ dal tutore che è un legale rappresentante, invece il curatore è un
assistente) => se il coniuge è maggiorenne viene nominato lui, se invece sono entrambi minori il curatore
viene scelto preferibilmente tra i genitori dell’uno e dell’altro
- per gli atti => disciplinato da art. 394:
• per gli atti di amministrazione ordinaria il minore emancipato è perfettamente capace, non ha bisogno di
alcuna assistenza o autorizzazione del giudice (“L’emancipazione conferisce al minore la capacità di
compiere gli atti che non eccedono l’ordinaria amministrazione”)
- invece per riscuotere il capitale ha bisogno dell’assistenza del curatore (“Il minore emancipato
può con l’assistenza del curatore riscuotere i capitali sotto la condizione di un idoneo impiego e
può stare in giudizio sia come attore sia come convenuto”)
• per atti di amministrazione straordinaria potrà compierli assistito dal curatore (necessaria una doppia
firma) e servirà l’autorizzazione del giudice che a seconda dei casi sarà giudice tutelare o il tribunale
(“Per gli altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, oltre il consenso del curatore (395), è
necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare. Per gli atti indicati nell’Articolo 375 I’autorizzazione,
se curatore non è il genitore, deve essere data dal tribunale su parere del giudice tutelare.”)
Inoltre secondo art. 397 => il minore emancipato può esercitare impresa commerciale (quindi non solo
continuarla) senza assistenza del curatore se autorizzato dal tribunale, questo perché il minore emancipato è
un soggetto tendenzialmente maturo. Inoltre colui che è autorizzato all’esercizio dell’impresa commerciale
può anche compiere da solo e senza necessità di alcuna autorizzazione anche tutti gli atti di amministrazione
straordinaria estranei all’impresa, ma l’autorizzazione può essere revocata dal tribunale (quindi la situazione
non è esattamente come un maggiorenne).

Ci sono casi in cui anche un maggiorenne non è capace => quando l’infermità o menomazione fisica o
psichica, anche solo temporanea, che rende il soggetto incapace di provvedere ai propri interessi =>
• interdizione giudiziale (art. 414 “Il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni
di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti
quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione”)
= soggetto maggiorenne che è infermo di mente e a causa di tale malattia non è in grado di agire nel suo
interesse, in tal caso viene richiesto un esame dell’interdicendo da parte del giudice, sotto richiesta dello
stesso soggetto o, più di frequente, del pubblico ministero, del coniuge/convivente o degli affini entro il
secondo grado, che per tutelare il soggetto debole. Quest’ultimi possono quindi richiedere in tribunale, al
giudice, una sentenza di interdizione (previsto da art. 417 “L’interdizione o l’inabilitazione possono essere
promosse dal coniuge, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o
curatore ovvero dal pubblico ministero"), la sentenza di interdizione viene poi annotata a margine dell’atto
di nascita e inoltre viene inserito in un registro delle tutele in tribunale. Dal momento in cui viene

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pubblicata tale sentenza il soggetto viene totalmente nominato incapace di agire e gli viene nominato un
tutore provvisorio e la situazione è uguale a quella del minore sotto tutela:
- interdetto non può compiere personalmente: atti di ordinaria e straordinaria amministrazione e atti
personali come testamento, antimonio e donazione (l’atto giuridico compiuto dall’interdetto è
annullabile)
Tale situazione può però essere non definitiva, perché gli stessi soggetti che hanno proposto la sentenza di
interdizione, possono richiederne la revoca (ad esempio se il soggetto guarisce) e il soggetto riacquista la
capacità legale di agire.
• interdizione legale = prevista dal codice penale (art. 32) e si prevede che quando un soggetto si macchia di
reati particolarmente gravi puniti con la pena dell’ergastolo o non minore ai 5 anni => oltre alla sanzione
penale subisce una sanzione accessoria : perde la capacità legale di agire e non può compiere alcun atto
patrimoniale. La situazione sarà uguale nei fatti a quella dell’interdizione giudiziale ma cambia la finalità
perché è una misura punitiva e non di tutela dell’incapace. Ci sono però delle differenze rispetto
all’incapace legale perché:
- l’interdetto legale conserva però la capacità di compiere in prima persona gli atti di natura personale
(come matrimonio o testamento)
- gli atti compiuti dall’interdetto legale sono annullabili a richiesta di chiunque vi abbia interesse (≠
dall’incapace legale dove l’annullabilità può essere richiesta solo dal minore o dai rappresentanti),
questo perché è una misura posta per punirlo nell’interesse più generale dell’ordinamento.
• inabilitazione = prevista del codice all’art 415 e seguenti: “Il maggiore di età infermo di mente, lo stato
del quale non è talmente grave da far luogo all'interdizione, può essere inabilitato”.
I presupposti : infermità mentale non così grave da farlo interdire (non lo rende del tutto inidoneo), per
abuso di sostanze stupefacenti o alcoliche, perché sordo e cieco dalla nascita o dalla prima infanzia se non
hanno ricevuto educazione sufficiente. Sono gli stessi soggetti che possono richiedere una sentenza di
interdizione, possono chiedere una sentenza di inabilitazione (viene richiesta e annotata ugualmente a
quella di interdizione).
Gli effetti : parziale incapacità con effetti uguali a quelli dell’emancipazione del minore per cui l’inabilitato
può compiere personalmente solo atti di ordinaria amministrazione, può compiere atti personali (come
matrimonio e testamento), per quelli di straordinaria amministrazione avrà invece bisogno di un tutore e
dell’autorizzazione dello stesso.
Queste misure fino al 2004 erano le uniche misure di tutela => venne poi introdotta una tutela più ritagliata
sulle esigenze => legge n. 6 del 2004 introducendo un nuovo istituto “Amministrazione di Sostegno”
(regolata nel codice ad art. 404 e seguenti: “La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una
menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai
propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del
luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio”).
La nomina di un amministratore di sostegno viene richiesta dalla persona che è in una situazione di malattia
o di debolezza (come ad es. persona anziana) fisica o psichica che si torva nell’impossibilità anche parziale o
temporanea di provvedere ai propri interessi (magari non del tutto inidonea) può essere assistita da
amministratore di sostegno nominato da giudice tutelare in tempi molto rapidi (entro 60 giorni) del luogo in
cui questa ha residenza (la richiesta può fare dai soggetti più vicini). Gli atti che il soggetto può compiere o
non può compiere non sono predeterminati una volta per tutte dalla legge, ma vengono decisi dal giudice
caso per caso, infatti tale provvedimento ha la particolarità di non essere una misura sempre uguale a se
stessa (per art. 409: “Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la
rappresentanza esclusiva o l'assistenza necessaria dell'amministratore di sostegno”). Oggi forma principale
di tutela.

Incapacità naturale
Il soggetto è per il diritto perfettamente capace ma naturalisticamente dal punto di vista fattuale è incapace di
intendere e di volere. Le cause :

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(i) permanente (si pensi, ad es., al soggetto che, pur essendo affetto dalla sindrome di Down ovvero da una
grave forma di demenza senile, non sia assoggettato ad alcuna misura di protezione);
(ii) transitoria (si pensi, ad es., al soggetto che abbia ecceduto nell’uso dell’alcool o sia sotto shock perché
coinvolto in un pauroso incidente stradale)
Ne consegue quindi che il soggetto, legalmente capace di compiere un determinato atto, è comunque
ammesso a chiederne l’annullamento, se prova che, nel momento in cui l’ha compiuto, era in uno stato di
incapacità di intendere e/o di volere. Inoltre è bene sottolineare che, a differenza delle situazione prima
analizzate di incapacità dove il provvedimento veniva sempre annotato a fianco dell’atto di nascita e su
registri appositi conservati nei tribunali, l’incapacità naturale non risulta espressa in alcun atto ufficiale, per
cui l’altro contraente potrebbe non rendersene conto e non sapere di tale situazione, nasce quindi la necessità
di bilanciare il soggetto debole e bisogna prendere in considerazione l’interesse dei terzi che potrebbero non
sapere dell’incapacità. Il codice detta per questi motivo una disciplina intermedia all’art. 428 del c.c.:
• per i negozi giuridici unilaterali => primo comma => “Gli atti compiuti da persona che, sebbene non
interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al
momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati” quindi i negozi giuridici unilaterali
compiuti dall’incapace di intendere e volere possono essere annullabili su istanza sua se dimostra il proprio
stato di incapacità e che da tali atti è derivato un grave pregiudizio (non occorre la prova della mala fede
dell’altro soggetto). Eccezioni: per il matrimonio, la donazione e il testamento basta provare l’incapacità
naturale per il loro annullamento, senza bisogno di nessun pre giudizio
• per i contratti => secondo comma => “L'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non
quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di volere
o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente” per cui per poter
annullare un contratto stipulato dall’incapace naturale, questo, oltre dare la prova, deve provare la
malafede* dell’altro contraente (ovvero sapeva dello stato di incapacità e se n’è approfittato).
Non è richiesto che il contratto rechi pregiudizio all’incapace: l’eventuale squilibrio delle prestazioni
contrattuali in danno dell’incapace può solo costituire un elemento da cui desumere la malafede della
controparte.
Per lunghi anni tale comma è stato interpretato come se richiedesse due situazioni: pregiudizio e
malafede (concedevano annullamento di contratti sulla basa della prova non solo dell’incapacità ma
anche della malafede e del grave pregiudizio subito dal contratto) ==> interpretazione poi superata
basandosi sulla lettera della norma => pregiudizio è solo un indizio per presumere la malafede ma
non è richiesto come presupposto
N.B. La controparte non è invece legittimata a proporre domanda di annullamento dell’atto stipulato
dall’incapace naturale.

L’annullamento degli atti unilaterali e dei contratti posti in essere dall’incapace naturale può essere richiesto
da quest’ultimo, una volta riacquistata la capacità naturale, entro cinque anni dal loro compimento.
Nell’art 1425 => “Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrarre. È
parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall'articolo 428, il contratto stipulato da
persona incapace di intendere o di volere.”

*Due significati di buonafede:


1) buonafede oggettiva = come sinonimo di lealtà, correttezza => come regola di condotta (quando si ha un
diritto bisogna esercitarlo con buonafede)
2) buonafede soggettiva = quando un soggetto è uno stato di buonafede da punto di vista soggettivo ovvero
ignora di ledere un diritto altrui, se invece non lo ignora è un soggetto in malafede

PERSONE GIURIDICHE : GLI ENTI


Le persone fisiche non sono unici soggetti che operano nel mondo del diritto, ma esistono anche gli enti,
soggetti di diritto diversi dalle persone fisicamente individuate.

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Questi sono regolati nel libro I dagli articoli da 11 a seguenti => questi sono dunque dotati di soggettività
giuridica ed hanno quindi capacità giuridica, potendo così essere titolare di situazioni giuridiche soggettive
attive o passive di contenuto sostanzialmente analogo rispetto a quello delle situazioni giuridiche accessibili
alla persona fisica.
Gli enti hanno inoltre la capacità legale di agire: questo attraverso le persone fisiche che fanno parte della
loro struttura organizzativa e che costituiscono quindi gli organi dell’associazione (organo = persona fisica
che compie la normale attività per conto dell’ente), che sono quindi dei legali rappresentanti. Gli organi
dell’ente si distinguono in esterni ed interni, a seconda che abbiano o meno il potere di rappresentanza*
dell’ente (=assumere impegni con terzi in nome e per conto dell’ente stesso).

* occorre aver ben chiara la distinzione tra:


• poteri di gestione (interna) : è il potere di decidere una determinata operazione (ad es., se acquistare o meno un
macchinario)
• poteri di rappresentanza (esterna) è il potere di porre in essere, in nome e per conto dell’ente, l’operazione
decisa
Non sempre tali poteri sono attribuiti al medesimo organo.

Enti possono essere :


• « enti pubblici » => rientrano non solo lo Stato e gli altri enti territoriali (regioni, città metropolitane,
province e comuni), ma anche tutta una serie di altri enti con finalità varie e strutture differenti (ad es.,
Comunità montane, aziende sanitarie locali (ASL), Banca d’Italia, INPS, INAIL, ACI, ISTAT, CONI,
Camere di commercio, industria, agri- coltura ed artigianato (C.C.I.A.A.), Agenzia delle Entrate, Agenzia
del demanio, Ordini e Collegi professionali, Università statali, ecc.)
• « enti privati » => associazioni, fondazioni, comitati e società (quest’ultime hanno come scopo: l’esercizio
di una attività economica per dividerne gli utili => uniche profit che hanno come scopo procurare un utile)
E:
• profit = enti con scopo di lucro, lo scopo è l’esercizio di una attività economica per dividerne gli utili
come ad esempio le società del libro V del cc
• non profit = associazioni, fondazioni, comitati vengono anche chiamati enti non profit che non
perseguono attività lucrativa, con finalità di tipo altruistico non lucrativo-egoistiche. lo scopo politico,
religioso, culturale ,sportivo, di volontariato, ecc. esclude la distribuzione di utili ai partecipanti

In particolar modo dopo un lungo periodo in cui si è assistito alla moltiplicazione degli enti pubblici, a
partire dagli anni ’90 del secolo scorso la tendenza si è invertita: fenomeno delle « privatizzazioni » e molti
enti pubblici sono stati trasformati in società per azioni

Cambiamento della normativa => DPR del 2000 :


inizialmente per poter essere considerato un ente registrato : era previsto un penetrante esame nella struttura
interna dell’ente, un pesante controllo pubblico da parte dell’autorità governativa (valutava le sue intenzioni,
scopo, se fosse più o meno utile a livello sociale, a sindacare le linee d’azione programmate) che se veniva
valutato idoneo veniva riconosciuto come persona giuridica, cosa che implicava che molti non venivano
riconosciuti perché non volevano tale pesante controllo pubblico ===> poi la situazione è cambiata nel 2000
quando un regolamento ha cambiato il regime del riconoscimento della persona giuridica, e si è passati da un
criterio concessorio a criterio normativo: viene fatta domanda alla prefettura che si limita a guardare se lo
scopo è lecito, se c’è patrimonio adeguato a perseguire lo scopo e se i documenti presentati sono
formalmente regolari e se così è si ha riconoscimento.
Il DPR del 2000 => ha inoltre cambiato tale situazione che ha eliminato ogni distinzione di capacità tra enti
riconosciuti e non riconosciuti => cambiate anche le conseguenze => prima del 2000 chi non veniva
riconosciuto aveva una limitazione nella sua capacità d’agire e giuridica: non potevano accettare donazioni,
ricevere attribuzioni per attentamente e acquistare a titolo gratuito (si voleva evitare che enti accumulassero

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grandi ricchezze che poi non venissero utilizzate => pericolo figlio dell’800 per paura della mano morta
ecclesiastica).

Associazioni e comitati
(non vale per le fondazioni perché essendo un unico soggetto che destina alcuni suoi beni ad un nuovo
soggetto necessitano obbligatoriamente di essere riconosciuti)

La differenza tra ente riconosciuto ed ente non riconosciuto


segnata all’art 38 del c.c. : “Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l'associazione
i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche
personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.”
C’è una differenza di autonomia patrimoniale =>
- se l’associazione chiede riconoscimento e lo ottiene gode del beneficio dell’autonomia patrimoniale
perfetta quindi per i debiti dell’ente risponde solo l’associazione con il suo patrimonio (assoluta
separazione e reciproca indifferenza del patrimonio dell’ente e di quelli dei singoli partecipanti rispetto
alle vicende che possono colpirli)
È propria: associazioni riconosciute, fondazioni, dei comitati riconosciuti + le società di capitali (S.P.A.;
S.R.L.; S.A.P.A.)
- se le associazioni non sono riconosciute, nonostante i minori vincoli, i minori costi ma hanno una
situazione di autonomia patrimoniale imperfetta, ossia pur sussistendo una distinzione tra patrimonio
dell’ente e quello dei componenti non si manifesta mai nell’assoluta separazione e indifferenza dei
patrimoni, quindi per i debiti dell’ente risponderà l’ente con il suo patrimonio ma saranno anche
responsabili i suoi amministratori
È propria: associazioni non riconosciute e dei comitati non riconosciuti + società di persone (società in
nome collettivo, società in accomandita semplice, società semplice)

Associazione riconosciuta
Associazione nasce da un contratto tra più soggetti che decidono di associarsi per perseguire insieme uno
scopo comune, si chiamano contratti plurilaterali con comunione di scopo, quindi chi partecipa non vuole
ottenere in cambio qualcosa ma si vuole raggiungere uno scopo comune. Tale contratto da vita ad un
soggetto di diritto nuovo, quindi si parla di atto costitutivo.
Le associazioni sono enti a struttura aperta, ovvero aperti ad adesioni successive, quindi è possibile che chi
condivide lo scopo dell’associazione chieda di diventare associato: in particolare modo viene fatta domanda
di entrare all’organo amministrativo che se accetta l’adesione porta l’associazione ad ampliarsi. Non c’è mai
un diritto di entrare perché si tratta di un contratto che nasce dall’incontro libero delle volontà di due o più
soggetti, quindi a seguito della proposta contrattuale di adesione l’associazione decide in totale libertà, infatti
anche se nello statuto sono richieste delle condizioni di ammissione, pur avendole tutte non si ha il diritto di
entrare.

Costituzione : (per art. 14 “Le associazioni e le fondazioni devono essere costituite con atto
pubblico.La fondazione può essere disposta anche con testamento”).
Prende da un atto di autonomia tra i fondatori (= atto costitutivo), che deve rivestire la forma dell’atto
pubblico, normalmente notarile, deve infatti essere redatto dal pubblico ufficiale perché non basta una
semplice scrittura privata (documento scritto e sottoscritto dai contraenti). Se però il riconoscimento non è di
interesse dell’associazione (no autonomia patrimoniale perfetta) è possibile stipularlo oralmente con un
accordo tacito o con una scrittura privata.
In particolare questo oltre alla manifestazione della volontà dei fondatori di dar vita all’associazione, deve
contenere le seguenti indicazioni previste nell’art 16: “L’atto costitutivo e lo statuto devono contenere la
denominazione dell’ente, l’indicazione dello scopo, del patrimonio e della sede (omologo della residenza
delle persone fisiche), nonché le norme sull’ordinamento e sulla amministrazione. Devono anche

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determinare, quando trattasi di associazioni, i diritti e gli obblighi degli associati e le condizioni della loro
ammissione; e, quando trattasi di fondazioni, i criteri e le modalità di erogazione delle rendite.”. Queste
possono anche essere contenute in un documento separato, rispetto all’atto costitutivo, detto « statuto ». Atto
costitutivo e statuto devono essere presentati alla prefettura nella cui provincia è stabilita la sede dell’ente,
insieme alla richiesta di riconoscimento dell’associazione come persona giuridica.
Atto costitutivo e statuto devono essere presentati alla prefettura nella cui provincia è stabilita la sede
dell’ente, unitamente alla richiesta di riconoscimento dell’associazione come persona giuridica. Al fine del
riconoscimento, la prefettura deve verificare:
a) che siano state soddisfatte le condizioni previste da norme di legge o di regolamento per la costituzione
dell’ente
b) che lo scopo sia possibile e lecito
c) che il patrimonio risulti adeguato alla realizzazione dello scopo
In ipotesi di esito positivo di tale controllo, il prefetto provvede all’iscrizione dell’associazione nel registro
delle persone giuridiche tenuto presso la stessa prefettura: con l’iscrizione, l’associazione acquista la
personalità giuridica.

Gli organi dell’associazione riconosciuta: l’ordinamento interno dell’associazione riconosciuta deve


prevedere almeno due organi:
• l’assemblea degli associati = organo deliberativo che raccoglie in collegio tutte le persone che ne fanno
parte. Il quorum deliberativo (percentuale da raggiungere perché la deliberazione venga approvata): a
maggioranza di voti e con la presenza di almeno della metà degli associati, in seconda convocazione il
quorum si abbassa (quando nella prima non si raggiunge al quorum stabilito): qualunque sia il numero
degli intervenuti a maggioranza dei presenti. Questo vale per le deliberazioni usuali, esistono poi
deliberazioni con quorum più elevati come per modificare l’atto costitutivo e lo statuto: occorre la presenza
di almeno 3/4 degli associati e la maggioranza. Organo a cui devono rendere conto anche gli associati,
perché organo è espressione dell’assemblea.
L’assemblea ha competenza per le modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto, per l’approvazione del
bilancio, per l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, per l’esclusione
dell’associato per gravi motivi, per lo scioglimento dell’associazione e la devoluzione del patrimonio,
nonché per tutte le materie che siano alla stessa demandate dallo statuto.
• Organo esecutivo = composto dagli amministratori = gruppo di soggetti nominati dall’assemblea che in
concreto devono compiere le attività giuridiche e materiali per perseguire lo scopo dell’associazione
L’associazione ha poi un proprio patrimonio, sul quale pero gli associati non hanno alcun diritto, che è
distinto dal loro patrimonio personale, infatti se l’associato dovesse smettere di far parte dell’associazione,
non può pretendere che gli venga attribuita una quota-parte del patrimonio associativo => questo perché:
- per le obbligazioni del singolo associato, non risponde l’associazione con il suo patrimonio
- per le obbligazioni dell’associazione, non risponde l’associato con il suo patrimonio

Recesso dell’associato
Ognuno è libero di recedere (diritto di recesso) => in qualsiasi momento per sua volontà, sia pure con effetto
allo scadere dell’anno in corso purché esercitato almeno tre mesi prima (quindi c’è un tempo determinato).
Nell’ipotesi in cui avesse assunto l’obbligo di far parte dell’associazione per un tempo determinato,
l’associato potrà recedere anticipatamente solo per una giusta causa.
Esclusione
Si ha quando l’associato si rende inadempiente e l’assemblea decide di escluderlo con carattere
sanzionatorio. Se l’associato dovesse ritenere che la delibera vada contro la legge, l’atto costitutivo o lo
statuto può impugnare la delibera e presentarla al giudice => può ricorrere all’autorità giudiziaria entro sei
mesi dal giorno in cui la stessa gli è stata notificata e l’autorità giudiziaria dovrà procedere all’annullamento
del provvedimento impugnato qualora non fossero state rispettate le regole procedurali per la sua adozione.

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Estinzione : art. 27 cc: “Oltre che per le cause previste nell'atto costitutivo e nello statuto,
la persona giuridica si estingue quando lo scopo è stato raggiunto o è divenuto impossibile.
Le associazioni si estinguono inoltre quando tutti gli associati sono venuti a mancare.”
Quindi si estingue per:
- raggiungimento dello scopo
appunti
- per impossibilità della realizzazione dello scopo stesso
- venir meno di tutti gli associati
- delibera di scioglimento dell’assemblea
Il verificarsi di una delle cause di estinzione dell’associazione viene accertato dal prefetto, su istanza di
qualunque interessato o anche d’ufficio. Non c’è però un interruzione immediata, infatti, una volta dichiarata
l’estinzione dell’associazione, si procede:
1) alla liquidazione dell’ente che cambia lo scopo e da associativo diventa quello di liquidare i creditori,
con il pagamento dei debiti dell’associazione stessa.
2) Una volta tacitate le passività se dovesse rimanere il residuato (che non può essere distribuito tra gli
associati) => fase di devoluzione dei beni residui (art. 31 cc): che sono devoluti in conformità con quanto
previsto nell’atto costitutivo o nello statuto; quando però questi non dispongono si guarda nella delibera
si è previsto dagli associati come impiegare i beni residui, in mancanza, sarà l’autorità governativa
(prefettura) che ha concesso il riconoscimento a decidere come impiegarli.
3) Chiusa la procedura di liquidazione e dopo l’eventuale devoluzione di beni residui, si procede alla
cancellazione dell’ente dal registro delle persone giuridiche.

Quando è possibile che un associazione eserciti attività d’impresa :


• o in via secondaria
• o quando la stessa attività cultura, altruistica svolta dall’associazione consista nell’esercitare attività
d’impresa (come associazione teatrale) => attività d’impresa modo con cui l’associazione persegue il suo
socio altruistico

Associazioni non riconosciute


(regolate anch’esse all’art 14 e ss del cc)
Questa prende vita, non diversamente da quanto accade per l’associazione riconosciuta, in forza di un atto di
autonomia (un vero e proprio contratto, secondo l’orientamento prevalente) tra i fondatori. L’ordinamento
interno e l’amministrazione delle associazioni sono regolati dagli accordi degli associati. L’associazione non
riconosciuta non acquista, quindi, personalità giuridica, seppure goda di una sua soggettività.

Fondazioni
La fondazione è un’organizzazione stabile che si avvale di un patrimonio per il perseguimento di uno scopo
non economico.
Costituzione:
Nasce da un atto di autonomia, che però, a differenza di quel che accade per l’associazione, non è un
contratto, bensì un atto unilaterale: atto di fondazione. Nasce quindi dalla volontà di un unico soggetto, il
fondatore, (negozio unilaterale) che decide di impiegare alcune sue risorse patrimoniali (negozio di
dotazione) per perseguire un fine di pubblica utilità (non egoistiche) e crea per questo, di sua iniziativa, con
un atto costitutivo un nuovo soggetto di diritto a cui attribuisce tutte le risorse patrimoniali che serviranno
per operare. Questo possibile con:
a) un atto « inter vivos », nel qual caso deve rivestire la forma dell’atto pubblico
b) contenuto in un testamento, nel qual caso l’atto di fondazione diverrà efficace solo al momento
dell’apertura della successione e fino a quel momento potrà essere revocato dal testatore
L’atto di fondazione deve contenere: denominazione dell’ente; scopo, patrimonio e sede; norme
sull’ordinamento e sull’amministrazione; criteri e modalità di erogazione delle rendite. Analogamente a

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quanto accade per le associazioni, tali previsioni possono essere contenute in un documento separato rispetto
all’atto di fondazione: lo statuto.
Per il riconoscimento e l’acquisto della personalità giuridica, valgono le medesime regole che abbiamo visto
con riferimento alle associazioni riconosciute:
a) presentazione di atto di fondazione, statuto ed atto di dotazione alla prefettura nella cui provincia
è stabilita la sede della fondazione, accompagnata dalla relativa domanda di riconoscimento;
b) controllo, da parte della prefettura, del rispetto delle condizioni previste per la costituzione
dell’ente, della possibilità e liceità dello scopo, dell’adeguatezza del patrimonio alla sua
realizzazione;
c) iscrizione nel registro delle persone giuridiche, che determina l’acquisizione della personalità
giuridica
In mancanza di riconoscimento, a differenza delle associazioni, che possono operare come associazioni non
riconosciute, le fondazioni, secondo l’opinione tradizionale, non possono operare come fondazioni non
riconosciute.
Le caratteristiche generali:
• non c’è un assemblea degli associati quindi si hanno una serie di risorse patrimoniali che dovranno essere
gestite in totale autonomia dall’organo amministrativo (= collegio di persone che devono amministrare le
risorse patrimoniali per raggiungere lo scopo fissato dal fondatore)
• gli amministratori sono un organo dominante e non servente (come invece nell’associazione) ma non
possono fare come vogliono perché sono assoggettati ai vincoli previsti nell’atto di costituzione, bisogna
quindi utilizzare le risorse secondo le volontà del fondatore => per garantire che questo accada il codice
prevede un penetrante controllo giuridico sull’operato degli amministratori: l’operazione della fondazione
consente al soggetto di prendere alcune sue risorse e di toglierle al suo patrimonio per affidarle ad un altro
soggetto ovvero all’associazione => quindi volendo evitare l’utilizzo fraudolento della fondazione =>
necessario richiedere in prefettura un controllo pubblicistico => se questo non avviene per art. 25 l’autorità
può intervenire e sciogliere l’organo amministrativo e sostituirlo. I controlli pesanti sugli amministrativi
dell’autorità pubblica si costatano anche in altre fasi della vita della fondazione :
• autorità può annullare le delibere contrarie all’atto di fondazione o alla legge
• il controllo emerge nella fase finale della vita della fondazione => per l’estinzione: cause previste ad
art. 27 (stesse dell’associazione): previste dallo statuto, raggiungimento dello scopo, impossibilità di
perseguire lo scopo
=> si tratta quindi una struttura dove prevale l’elemento patrimoniale
Attività
Per il raggiungimento dello scopo, la fondazione svolge un’attività, oggi è pacificamente ammesso che la
fondazione possa svolgere anche un’attività di impresa, organizzata per la produzione e lo scambio di beni o
servizi, per:
(i) o per ricavarne utili da destinare allo scopo non lucrativo proprio della fondazione
(ii) per realizzare immediatamente il proprio scopo istituzionale

Quando si verifica una causa di scioglimento (esaurimento, impossibilità o scarsa utilità dello scopo;
insufficienza del patrimonio; ecc.), la fondazione, anziché estinguersi, può modificare il suo scopo, attraverso
un provvedimento dell’autorità governativa, che individua le nuove finalità dell’ente, « allontanandosi il
meno possibile dalla volontà del fondatore » (art. 28, comma 1, c.c.). Si tratta di una possibilità in più che
non c’era nelle associazioni ma che viene qui prevista per il penetrante controllo che l’ordinamento esercita
in questo tipo di istituti per fare in modo che il patrimonio venga effettivamente gestito per le finalità di
pubblica utilità che aveva in mente il fondatore.
Art. 28 => trasformazione delle fondazioni : “Quando lo scopo è esaurito o divenuto impossibile o di scarsa utilità, o il
patrimonio è divenuto insufficiente, l'autorità governativa, anziché dichiarare estinta la fondazione, può provvedere alla
sua trasformazione, allontanandosi il meno possibile dalla volontà del fondatore. La trasformazione non è ammessa
quando i fatti che vi darebbero luogo sono considerati nell'atto di fondazione come causa di estinzione della persona
giuridica e di devoluzione dei beni a terze persone”

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Lo scioglimento non è immediato:
- inizia la fase della liquidazione della fondazione : amministratori non devono più usare il patrimonio per
perseguire lo scopo ma per liquidare le pretese dei vari creditori, se avanzano dei beni => devoluzione dei
beni residui (art. 31), non essendoci l’assemblea se la devoluzione non è regolamentata nell’atto di
costituzione, interviene l’autorità governativa (normalmente destinati ad enti, fondazioni che perseguono
più o meno lo stesso scopo).
- Terminata la devoluzione ci sarà la cancellazione della fondazione dal registro delle persone giuridiche.

Quando si è provveduto alle privatizzazioni a partire degli anni 90 diversi enti pubblici sono stati trasformati
in soggetti di diritto privato, e in quella fase di passaggio, il legislatore, siccome c’era la necessità di
trasformarla in S.P.A. e poi trasferire nel mercato le quote delle stesse, sono state create le fondazioni
bancarie che sono particolari fondazioni create per legge (fondatore è lo stato che con una legge c’era la
fondazione) e che avevano l’incarico di rilevare i pacchetti azionari della banca e mano mano distribuirle nel
pubblico nel mentre dovevano incamerare gli utili di queste azioni e usarli per scopi di pubbliche utilità.

Comitati
(regolati agli art. 39 a 42)
Il comitato è un’organizzazione di più persone che costituisce un patrimonio con il quale realizzare finalità di
natura altruistica.

Costituzione
Nasce da un accordo di tipo associativo, in forza del quale più soggetti (i promotori) si vincolano
all’esercizio in comune di un’attività di raccolta, tra il pubblico, dei mezzi con cui successivamente
realizzare il programma enunciato ai fini della sollecitazione delle oblazioni.
Il promotore è quindi colui che ha l’idea e sottopone il programma al pubblico e invita chi vuole a
sottoscrivere il programma versando dei soldi (oblazioni). Due fasi :
a) i promotori annunciano al pubblico, mediante l’elaborazione di un « programma », la volontà di
perseguire un determinato scopo (ad es., soccorrere i terremotati; organizzare la festa patronale;
dar vita ad una mostra; ecc.), invitando gli interessati (sottoscrittori) ad effettuare offerte in
danaro o in altri beni (ad es., coperte o medicinali per i terremotati) (oblazioni);
b) gli stessi promotori, ovvero altri soggetti (c.d. organizzatori) che possono essere stessi promotori
o altri, normalmente indicati nel programma, gestiscono i fondi raccolti, per raggiungere le
finalità del comitato
Si tratti quindi di un ente ibrido : nella prima fase (a) prevale l’idea di più persone che vogliono contribuire
con il loro denaro, ed è quindi simile all’associazione (prevale l’elemento personalistico del contribuire);
invece nella seconda fase (b) si ha la gestione del patrimonio per perseguire le finalità, in maniera analoga
alla fondazione (prevale l’elemento patrimoniale)

Gli organizzatori devono usare le risorse esclusivamente per gli scopi (altruistici e di pubblico interesse)
indicati: per cui su questi fondi grava un vincolo di destinazione allo scopo programmato, solo l’autorità
governativa è legittimata, come accade nelle fondazioni, qualora i fondi raccolti fossero insufficienti allo
scopo, o questo non fosse più attuabile, o fosse raggiunto, a dare loro una diversa destinazione, sempre che
non sia diversamente stabilito nel programma presentato ai sottoscrittori per sollecitarne le oblazioni.

Il comitato può essere :


• riconosciuto => per i debiti del comitato risponderà solo il comitato con il suo patrimonio (quindi:
autonomia patrimoniale perfetta)
• non riconosciuto => ai sensi dell’art. 41 “Qualora il comitato non abbia ottenuto la personalità giuridica, i
suoi componenti rispondono personalmente e solidalmente delle obbligazioni assunte. I sottoscrittori sono
tenuti soltanto a effettuare le oblazioni promesse” se non chiede il riconoscimento per i debiti risponde sia
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il comitato con il suo patrimonio ma anche tutti i suoi componenti (promotori e organizzatori; non ai
sottoscrittori che hanno fatto l’oblazione).

Il terzo settore
Nel 2017 si è arrivati ad un decreto legislativo (D.lgs. 3 luglio 2017, n. 117: c.d. « codice del terzo settore »)
=> testo unico degli enti del terzo settore ed è stata data una disciplina degli enti del terzo settore (= enti non
profit che perseguono finalità di interesse sociale) => questa disciplina speciale : devono prevedere nell’atto
costitutivo dei requisiti precisi (come il fatto che non distribuiranno mai utili / non possono svolgere attività
d’impresa) se perseguono queste finalità reputate meritevoli dallo stato godono di incentivi fiscali, con
obiettivo di incentivare i privati a creare enti che operino in settori di pubblica utilità attraverso la leva
fiscale. E stato creato un registro telematico apposito per questi enti RUNTS , che sostituisce il registro delle
persone giuridiche conservato in prefettura.
Agli ETS è, di regola, consentito svolgere attività d’impresa:
a) sia in via esclusiva o principale => attraverso l’esercizio dell’attività d’impresa che l’ente
realizzerà i propri fini istituzionali
b) sia in via secondaria e strumentale rispetto a quella di interesse generale, esercitata in via
principale => esercizio dell’attività d’impresa sarà invece finalizzato a supportare l’attività di
interesse generale dall’ente svolta in via principale

DIRITTI DELLA PERSONALITÀ


Sono diritti che tutelano interessi dell’uomo, profili della persona umana e non componenti del suo
patrimonio. È il ramo non patrimoniale dei diritti assoluti => quindi danno una pretesa erga omnes, per cui a
fronte del diritto c’è un generico dovere di astensione.
Regolati:
• da pochi articoli => art. 5 e seguenti [diritto al nome: artt. 6-9 c.c. (azioni di reclamo ed usurpazione)]
• molti tutelati a livello costituzionale (art. 2 Cost. proclama solennemente che «la Repubblica riconosce e
garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali»)
• riconosciuti in carte internazionali :
a) la « Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo », approvata con risoluzione dell’Assemblea
generale delle Nazioni Unite nel 1948;
b) la « Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali »
del 1950
c) il « Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali culturali » ed il « Patto
internazionale relativo ai diritti civili e politici », adottati a New York nel 1966
d) la « Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea »

Caratteristiche:
• Assoluti => comportano il dovere di tutti i consociati di astenersi dal ledere gli interessi presidiati da tali
diritti e possono esser fatti valere nei riguardi di chiunque violi tale dovere
• Non patrimoniali => tutelano valori non suscettibili di valutazione economica
• Necessari => tutti i soggetti li hanno necessariamente, si acquistano automaticamente e immediatamente
con la nascita
• Indisponibili e irrinunciabili=> il titolare non può disporne a favore di altri, il titolare può rinunciarvi o
trasmetterli ad altri; può solo consentire ad altri di usarli temporaneamente: es. il diritto all’immagine del
calciatore famoso può essere esercitato per un periodo dalla squadra (possibile solo cederli facendosi
pagare per un periodo ad es. quando si cede l’immagine a fine pubblicitario)
• Imprescrittibili => il titolare del diritto non lo perde se non lo usa per un periodo di tempo prolungato

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Diritto alla vita
(art. 2 Carta dei diritti fondamentali dell’UE e art. 32 Cost.)
Tale diritto impone a tutti i consociati l’obbligo di astenersi dall’attentare alla vita altrui: obbligo presidiato
anche da sanzioni penali.

Problema =>
1) stabilire il momento in cui si acquista il diritto alla vita => il diritto a nascere trova tutela piena ed
immediata nei confronti dei soggetti diversi dalla madre: è infatti penalmente sanzionata la condotta di
chiunque provochi l’interruzione della gravidanza, senza il consenso della donna manifestato secondo le
modalità previste dalla legge. Nei confronti della madre occorre invece distinguere:
a) l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giorni dal concepimento che è
sostanzialmente rimessa alla sua libera determinazione
b) l’interruzione volontaria della gravidanza dopo i primi 90 giorni può invece essere praticata
unicamente quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della
donna
2) del fine vita:
Puniti:
• ordinamento penalistico punisce l’omicidio del consenziente (eutanasia attiva): con ordinanza in data 16
novembre 2018, la Corte costituzionale ha rinviato all’udienza del 24 settembre 2019 l’esame della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p., sollevata nell’ambito del procedimento penale
aperto nei confronti del sig. Marco Cappato per l’ausilio da quest’ultimo prestato al suicidio assistito,
presso una clinica svizzera, del sig. Fabiano Antoniani, più noto come Dj Fabo: e ciò, al fine di
« consentire al Parlamento ogni opportuna riflessione e iniziativa ». La Corte costituzionale ha infatti
evidenziato come l’indiscriminata incriminazione dell’aiuto al suicidio ponga problemi di compatibilità
con interessi costituzionalmente protetti, specie con riferimento all’ipotesi « in cui il soggetto agevolato si
identifichi in una persona affetta da una patologia irreversibile e fonte di sofferenze fisiche o psicologiche,
che trova assolutamente intollerabili, la quale sia tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale,
ma resti capace di prendere decisioni libere e consapevoli » in ordine ad interventi, che lo stesso non è
però in grado di porre in essere autonomamente, atti a determinarne la morte.
=> Quindi è intervenuta la corte costituzionale che diceva che l’art. 580 non può essere annullato, poiché
serve a punire e dissuadere condotte riprovevoli; occorre però sottrarre dalla sanzione penale chi aiuti a
morire persone che, affette da patologie irreversibili e fonte di sofferenze intollerabili, non siano però in
grado di compiere autonomamente atti idonei a porre fine alla propria esistenza. Condizioni e modi devono
essere individuati dal legislatore: rinvio.
• cooperazione al suicidio => eutanasia passiva : diretto intervento acceleratore volto ad anticipare il decesso
del paziente sì da evitargli le sofferenze del processo patologico terminale: contrasto con l’art. 580 c.p. che
punisce l’aiuto al suicidio.

N.B.
• Nell’ordinamento non vi è alcuna norma che punisca il suicidio e il tentato suicidio
• possibilità di rifiutare la cura con il consenso del paziente stesso => questo per il prevalere
nell’ordinamento del principio di autodeterminazione => a cui si collega quindi il diritto di non curarsi e il
diritto di lasciarsi morire. Di fronte al rifiuto del trattamento medico consapevolmente espresso
dall’assistito, così come di fronte alla sua richiesta di interruzione del trattamento già in atto, il dovere del
medico di curarlo, proprio perché fondato sul consenso del malato, viene meno; anzi, egli è obbligato a
rispettare la volontà dell’assistito contraria alle cure. Quando pero il soggetto non sia in grado, a causa
dello stato di incapacità in cui vive, di manifestare il proprio consenso/dissenso al riguardo, il medico,
nelle situazioni di emergenza o di urgenza, deve praticare le cure necessarie. Superata l’urgenza, la
decisione in ordine al consenso/rifiuto di un determinato trattamento terapeutico da praticare all’incapace
spetta al suo rappresentante legale e nel caso in cui il rappresentante rifiuti le cure proposte che il medico

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ritenga invece appropriate e necessarie, la decisione è demandata al giudice tutelare.
Al fine di evitare la rimessione al rappresentante legale (ed eventualmente al giudice tutelare) di scelte così
delicate e drammatiche come quelle di fine vita, la recente L. 22 dicembre 2017, consente al maggiorenne
capace di intendere e di volere di redigere, nella forma dell’atto pubblico, della scrittura privata autenticata
o della scrittura privata consegnata personalmente presso l’ufficio dello stato civile del comune di
residenza ovvero presso le strutture sanitarie abilitate, le proprie « disposizioni anticipate di trattamento »
(« DAT »), attraverso cui manifestare ora per allora le proprie volontà in tema di accertamenti diagnostici,
scelte terapeutiche e/o trattamenti sanitari, per il caso in cui, in futuro, dovesse venirsi a trovare in uno
stato di incapacità di esprimere il proprio consapevole consenso/rifiuto al riguardo. Il disponente può
inoltre indicare il nominativo di persona di propria fiducia, detto il « fiduciario », che, sempre nell’ipotesi
in cui lo stesso disponente dovesse venirsi a trovare in uno stato di incapacità di esprimere la propria
volontà in tema di trattamenti sanitari, lo rappresenti nelle relazioni con il medico e le strutture sanitarie.
Le direttive espresse nelle DAT sono vincolanti per il medico, che può disattenderle, in tutto o in parte,
solo, in accordo con il fiduciario, qualora le stesse dovessero apparire palesemente incongrue o non
corrispondenti alla condizione clinica attuale del paziente.
Diversa modalità di manifestazione anticipata del volere del paziente per l’ipotesi in cui lo stesso dovesse,
in futuro, venirsi a trovare in una situazione di impossibilità di manifestare le proprie volontà in tema di
trattamenti sanitari è quella della c.d. « pianificazione condivisa delle cure »: in presenza di una patologia
cronica e invalidante, il paziente può concordare, per iscritto, con il medico una pianificazione delle cure,
alla quale il medico stesso e la sua équipe saranno, un domani, tenuti ad attenersi, anche quando l’assistito
dovesse venirsi a trovare in una condizione di incapacità. La pianificazione condivisa delle cure può, in
ogni momento, essere aggiornata, su richiesta del paziente o su suggerimento del medico, al progressivo
evolversi della malattia.

Dritto alla salute


Tutelato:
- dall’art. 32 della cost.: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e
interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un
determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”
Tale diritto implica, per tutti i consociati, l’obbligo di astensione da condotte che possano cagionare ad altri
malattie, infermità o menomazioni: obbligo presidiato, oltre che da sanzioni penali, anche sul piano
risarcitorio.
È bene sottolineare come non esista il diritto di nasce se non sano, ma il diritto alla salute e dall’integrità
psico-fisica se trova tutela nei confronti dei terzi, è invece rimesso, in linea di principio,
all’autodeterminazione del suo titolare, infatti come dice il comma 1 dell’art 32: «Nessuno può essere
obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». Il principio di
autodeterminazione prevede quindi che i trattamenti sanitari abbiano il consenso dell’avente diritto, che, se
in stato di capacità legale e naturale di agire, potrebbe legittimamente rifiutare le cure. In tal senso è
necessario che l’assistito venga prima correttamente, chiaramente ed esaustivamente informato:
- alle proprie condizioni di salute
- alle relative diagnosi e prognosi
- alle diverse alternative diagnostiche e terapeutiche disponibili,
- esiti possibili, benefici e rischi di ciascuna,
è necessario sia quindi sottoscritto un consenso informato in forma scritta o attraverso videoregistrazioni.
Tale consenso può poi essere in qualsiasi momento revocato dal soggetto avente diritto
La legge può prevedere l’obbligo di un determinato accertamento o trattamento sanitario solo quando ciò sia
giustificato non tanto dal vantaggio che potrà derivarne per il soggetto cui esso è imposto, quanto dalla
necessità di tutelare l’interesse superiore alla protezione della sanità pubblica. Coerentemente, il legislatore
ha previsto un « indennizzo » da parte dello Stato a favore di « chiunque abbia riportato, a causa di

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vaccinazioni obbligatorie (...), lesioni o infermità dalle quali sia derivata una menomazione permanente
della integrità psico-fisica ».
Nell’ipotesi in cui il paziente:
• legalmente capace si trovi in stato di incoscienza e ricorra un caso di urgenza, il medico deve comunque
assicurargli le cure necessarie
• incapace legale, il consenso deve, di regola, essere espresso dal suo rappresentante legale:
• in caso di minore età, dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore;
• in caso di interdizione, dal tutore;
• in caso di amministrazione di sostegno, dall’amministratore la cui nomina ne preveda la
« rappresentanza esclusiva » in ambito sanitario.
In ogni caso, l’incapace legale deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute, in modo
consono alle sue capacità, per essere messo in condizione di esprimere il proprio volere al riguardo e
nell’ipotesi in cui il rappresentante legale dell’incapace rifiuti le cure proposte ed il medico ritenga invece
che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare
Il diritto alla salute ed all’integrità psico-fisica non è, tuttavia, integralmente rimesso all’autodeterminazione
del suo titolare, in particolare modo gli atti dispositivi del proprio corpo sono, di regola, consentiti a due
condizioni: [art 5 cc : “Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una
diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge,
all'ordine pubblico o al buon costume”]
a) che non siano contrari alla legge, all’ordine pubblico ed al buon costume
b) che non cagionino una diminuzione permanente dell’integrità fisica del soggetto
Leggi speciali derogano all’art. 5 c.c., consentendo la donazione di organi (solidarietà), interventi di
modificazione dei caratteri sessuali (libera esplicazione della personalità) etc. Deve trattarsi di atti a titolo
gratuito.

Diritto alla dignità e integrità morale


Sfera dell’onore e della reputazione, specie lesi da condotte integranti i reati di ingiuria e diffamazione.
Tutelata da :
• L’art. 1 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea enuncia il principio secondo cui «la dignità
umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata»
Illegittima risulta qualsiasi espressione di mancato rispetto dell’integrità morale della persona, manifestata
(anche implicitamente: ad es., con allusioni) direttamente all’interessato od anche solo a terzi. Ed essendo un
diritto alla personalità quindi da chiunque venga leso si ha una tutela in giudizio. La tutela è sia:
- penale => si pensi ai reati di ingiuria o diffamazione
- civile => si pensi ai danni ingiusti arrecati a diritto della personalità => tutela che prevede un ordine di
cessazione/risarcimento del danno
Il problema si ha con il conflitto di interessi: infatti in una società dell’informazione, il diritto all’onore, al
decoro ed alla reputazione è inevitabilmente destinato a venire sempre più spesso in conflitto con i diritti,
costituzionalmente garantiti (dall’art. 21 Cost.), di cronaca e critica giornalistica. L’art 21 prevede infatti la
libera manifestazione del pensiero e tutela il diritto di cronaca giornalistica e critica. Diventa quindi
fondamentale bilanciare, sono per questo state elaborate dalla Cassazione delle cause scriminanti, di
giustificazione, in presenza delle quali si sta esercitando un proprio diritto quindi il danno causato all’onore e
alla reputazione non è un danno ingiusto.
- veridicità della notizia riportata
- ci deve essere interesse pubblico a conoscere quella notizia
- continenza espositiva, esposta in modo sobrio, oggettivo
Ovviamente, notizie lesive dell’altrui integrità morale possono essere pubblicate anche in assenza dei
presupposti appena indicati, se vi è l’assenso dell’avente diritto.

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Diritto all’identità personale
Diritto alla corretta rappresentazione di se stessi presso i consociati, il diritto, cioè, di ciascuno a vedersi
rappresentato con i propri reali caratteri, senza travisamenti della propria storia, delle proprie idee, della
propria condotta, del proprio stile di vita, del proprio patrimonio intellettuale, ideologico, etico,
professionale, ecc.
Questo si distingue:
a) dal diritto alla riservatezza: quest’ultimo è il diritto a non vedere rappresentati all’esterno profili
della propria personalità e della propria vita privata; quello all’identità personale è il diritto a che i
profili della propria personalità e della propria vita lo siano nel rispetto del principio della verità,
evitando false prospettazioni
b) dal diritto all’integrità morale: quest’ultimo è il diritto a non vedersi attribuiti fatti ed a non
essere oggetto di valutazioni suscettibili di creare attorno alla persona un giudizio di disvalore;
quello all’identità personale è il diritto a che i profili della propria personalità vengano divulgati
solo nel rispetto del principio di verità

Diritto al nome
Il « nome », costituito da prenome (cioè, dal nome di battesimo) e cognome, svolge funzione di
identificazione sociale della persona e viene ricondotto all’insieme dei valori fondamentali della persona, in
particolare, nella prospettiva della protezione della sua identità, intesa anche come proiezione della sua
personalità.
Per il cognome = se:
• figlio nato nel matrimonio assume il cognome del padre ed il prenome attribuitogli all’atto della
dichiarazione di nascita all’ufficiale di stato civile, se il dichiarante non dà un prenome al bambino, vi
supplisce l’ufficiale di stato civile.
• figlio nato fuori del matrimonio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il
riconoscimento è effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, assume il cognome del padre,
sempre che i genitori, di comune accordo, non richiedano di trasmettere al figlio anche il cognome
materno. Se il riconoscimento del padre avviene successivamente a quello della madre, il figlio può
assumere il cognome del padre, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre
• I bambini non riconosciuti da alcuno dei genitori assumono il cognome ed il prenome loro imposto
dall’ufficiale di stato civile
• figlio adottivo assume il cognome degli adottanti

Il nome viene tutelato contro:


a) la contestazione = quando viene contestato il diritto al nome si può andare dal giudice con azione di
reclamo e pretendere che venga accertato che quello sia il proprio nome
b) l’usurpazione = quando un terzo utilizza il nome altrui per identificare la propria persona => perché è
possibile usare il proprio nome in via esclusiva
c) l’utilizzazione abusiva = quando un terzo utilizza il nome altrui per identificare un personaggio di
fantasia o un prodotto commerciale
Per cui ai sensi dell’art. 7 => la vittima di contestazione, usurpazione o d’utilizzo abusivo del proprio nome,
così come chiunque, pur non portando il nome contestato o indebitamente usato, abbia alla tutela del nome
un interesse fondato su ragioni familiari degne di essere protette, può chiedere la cessazione del fatto lesivo
ed il risarcimento del danno, oltre che la pubblicazione su uno o più giornali della sentenza che accerta
l’illecito. Quando viene contestata la possibilità di usare il nome o quando c’è azione di usurpazione del
nome si chiede :
- inibitoria condanna giudiziale ad interrompere la lesione del diritto affinché cessi l’uso al nome
- risarcimento del danno per i danni subiti (patrimoniali e/o non patrimoniali)
- l’autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza venga pubblicata in 1 o più giornali, perché i danni
arrecati sono presso un gruppo ampio di soggetti può essere utile per reintegrare l soggetto eh la sentenza

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di condanna venga pubblicata sui giornali perché tutti sappiano che c’è stata indebita usurpazione del
diritto al nome

Art 9 => tutela dello pseudonimo: tutela analoga a quella prevista per il nome assiste lo pseudonimo: ovvero
il nome, diverso da quello attribuitogli per legge, con cui il soggetto è conosciuto in determinati ambienti

Diritto all’immagine
Regolato all’art 10 del cc e art. 46 e 47 della legge speciale sul diritto d’autore
Il diritto all’immagine accorda al titolare la facoltà di impedire che altri espongano, pubblichino, mettano in
commercio sue foto, ritratti, e qualsiasi altra riproduzione delle sue sembianze fisiche, a meno che egli non
presti il suo consenso.
Quando si presta il consenso non si sta rinunciando di tale diritto, ma si acconsente che qualcun per certo
periodo di tempo lo utilizzi ma tale consenso è revocabile. È, in ogni caso, consentita la diffusione dell’altrui
immagine, anche senza il consenso dell’interessato, quando la stessa è giustificata: (previste da art. 97 sul
diritto di autore)
a) dalla notorietà o dall’ufficio pubblico ricoperto dalla persona ritratta (si pensi, ad es., alla
diffusione dell’immagine del Presidente della Repubblica mentre riceve un capo di Stato
straniero)
b) da necessità di giustizia o di polizia (si pensi, ad es., alla diffusione dell’immagine della persona
scomparsa o ricercata)
c) da scopi scientifici, didattici o culturali
d) dal collegamento a fatti, avvenimenti o cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico
È inoltre ammesso che il titolare possa consentire a terzi l’uso della propria immagine non solo a titolo
gratuito, ma anche a titolo oneroso
In ogni caso la pubblicazione dell’immagine non deve ledere la dignità e reputazione della persona.
Si può chiedere a tutela:
- cessazione del fatto lesivo
- risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale

Diritto di riservatezza
Tradizionalmente ci sono due modi diversi di intenderlo:
- come diritto a non subire interferenze nella propria sfera personale
- con la diffusione di internet, degli strumenti telematici è facile vengano divulgate notizie e dati personali
senza il consenso dell’interessato quindi c’è una seconda accezione: diritto a controllare i dati che ci
riguardano => inserito a partire dal 96 con legge sul trattamento dai dati personali, poi soppiantato dal
codice della privacy ancora oggi in parte in vigore perché poi intervento un regolamento europeo
2016/679 entrato in vigore in Italia nel 2018.
Ogni qualvolta si comunica o un terzo utilizza dati personali che ci riguardano occorre il consenso scritto e
solo per finalità specifiche. C’è sempre il diritto di rettificare i dati e revocare il consenso dei dati.

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8. L’OGGETTO DEL RAPPORTO GIURIDICO

Bene (nel libro terzo , art 810) = “Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”. Non sono beni:
a) le cose dalle quali non si è in grado, allo stato, di trarre vantaggio alcuno
b) le c.d. res communes omnium, ossia le cose di cui tutti possono fruire che sono presenti in natura in
quantità illimitata
Invece per essere beni giuridicamente rilevanti devono essere beni suscettibili di valutazione economica (art.
814: “Si considerano beni mobili le energie naturali che hanno valore economico”). Ci sono invece beni
disponibili in qualità limitata per cui l’ordinamento deve intervenire e stabilire chi ha diritto di usarli e chi
no.
In senso giuridico bene è non tanto la res come tale, quanto il diritto sulla res, perché è questo che ha un
valore in funzione della sua negoziabilità, tanto è vero che sulla medesima res possono concorrere più diritti
(es. nuda proprietà, usufrutto, locazione, ipoteca).

Ci sono diverse categorie dei beni


Beni materiali e immateriali
(i) beni materiali (o corporali) = caratterizzati da corporeità e dalla loro idoneità ad essere percepite con i
sensi o con strumenti materiali, Il legislatore comprende tra i beni materiali anche le energie naturali (es.
l’energia elettrica) purché anch’esse abbiano valore economico (art.814 c.c.)
(ii) beni immateriali

Beni immobili e mobili


art. 812: “Sono beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d'acqua, gli alberi, gli edifici e le altre
costruzioni, anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò
che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo. Sono reputati immobili i mulini, i bagni e gli
altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all'alveo o
sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione”
(i) beni immobili => che sono il suolo e tutto ciò che naturalmente o artificialmente è incorporato al suolo
stesso. Si tratta di beni di maggior valore quindi la circolazione è assoggettata a regole più stringenti, si
prevede infatti che i contratti oggetto di trasferimento della proprietà sugli immobili debbano essere
redatti per iscritto, è richiesto un maggiore formalismo. Tali beni sono inoltre assoggettai a regime
pubblicitario, quindi tutti gli atti e i contratti che riguardano la circolazione dei beni immobili devono
essere trascritti nei pubblici registri immobiliari (tramite l’atto del notaio) conservati presso l’agenzia del
territorio dove vengono annotate su base personale tutte le vicende circolatorie dei beni questo per
esigenze di sicurezza
(ii) beni mobili => per tali intendendosi tutti gli altri beni comprese le energie, destinati a circolare in modo
più rapido e semplice e per incentivare la circolazione della ricchezza immobile non sono assoggettati a
nessuna forma di pubblicità in pubblici registri
tranne in un caso: beni mobili registrati => in via eccezionale assoggettata a regime pubblicitario perché
sono sì beni mobili ma di grande valore, assoggettati a particolari norme che impongono una pubblicità
Tra questi sono da comprendere i frutti dei beni (art. 820-821):
- Frutti naturali => prodotti direttamente da altri beni (es. prodotti agricoli, legna, prodotti di miniere,
ecc.), ed hanno carattere periodico, non incidono sulla sostanza o sulla destinazione economica della
cosa amore e divengono di proprietà del proprietario della cosa-madre, al momento della separazione
- Frutti civili => corrispettivo che si ricava dal godimento che si lascia agli altri dei propri beni, si
ritraggono quindi dalla cosa come corrispettivo del godimento che altri ne abbia (es. canone di
locazione, interessi di capitali, dividendi azionari, ecc.), ed hanno carattere periodico e sono
acquistati dal titolare della cosa madre, giorno per giorno, in ragione della durata del diritto

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Beni fungibili e infungibili
(i) beni fungibili o di genere = beni non individuati nella loro precisa identità ma per l’apparenza ad un
genere, tanto che i contratti che li riguardano hanno ad oggetto un quantitativo, perché nell’ambito del
genere possono essere sostituiti con altri beni
(ii) beni infungibili o di specie = beni specificamente individuati (es. un’opera d’arte), tali sono di regola i
beni immobili
Cambia la disciplina giuridica =>
- regime delle obbligazioni che hanno ad oggetto la consegna dei beni
- momento del trasferimento della proprietà (art. 1376)

Beni consumabili e non consumabili


(i) beni consumabili = cessano di esistere con un singolo atto di utilizzo (alimenti, carburanti)
(ii) beni non consumabili = bene suscettibile di una utilizzazione ripetuta, potrà deteriorarsi nel tempo
Cambia la disciplina =>
- quando un soggetto costituisce in usufrutto un suo bene, l’usufruttuario deve servirsene e poi al termine è
obbligato a restituire un bene all’usufruttuario, questo non possibile se il bene è consumabile (si parla
quindi di quasi usufruttò) e la disciplina cambia: art. 995 cose consumabili: “Se l'usufrutto comprende
cose consumabili, l'usufruttuario ha diritto di servirsene e ha l'obbligo di pagarne il valore
al termine dell'usufrutto secondo la stima convenuta.Mancando la stima, è in facoltà dell'usufruttuario di
pagare le cose secondo il valore che hanno al tempo in cui finisce l'usufrutto o di restituirne altre in
eguale qualità e quantità.”.

Beni divisibili e indivisibili


(i) divisibili = quelli suscettibili di essere ridotti in parti omogenee senza che se ne alteri la destinazione
economica (es. un appezzamento di terreno);
(ii)indivisibili = quelli che non rispondono a tale caratteristica di divisibilità (es. un animale vivo). La
nozione di bene divisibile assume rilievo in caso di contitolarità di diritti sul bene.

Beni presenti e beni futuri


(i) beni presenti = quelli già esistenti in natura (solo questi possono formare oggetto di proprietà o di diritti
reali);
(ii) beni futuri = quelli non ancora presenti in natura (es: i frutti che verranno prodotti da un albero),
possono formare oggetto solo di rapporti obbligatori (art. 1348 cod. civ.).

Combinazione dei beni


I beni possono essere impiegati o separatamente o insieme o collegati ad altri per accrescerne l’utilità. Da qui
una serie di distinzioni.
a) bene semplice → quello i cui elementi sono talmente compenetranti tra di loro che non possono
staccarsi senza distruggere o alterare la fisionomia del tutto (es. un animale)
b) bene composto → quello risultante dalla connessione, materiale o fisica, di più cose, ciascuna
delle quali potrebbe essere staccata dal tutto ed avere autonoma rilevanza giuridica (es.
autovettura) per cui se vendo un bene composto (ad es., un’automobile), la vendita abbraccia tutti
gli elementi
• Pertinenze (art 817) = rapporto tra una cosa principale e cosa accessoria posta a servizio od ornamento
della prima; possibile esistenza separata, per cui un bene viene asservito, è pertinenza di un altro bene (es.
beni mobili che sono pertinenza di altre beni mobili come le scialuppe di salvataggio che sono pertinenza
della nave). A stabilire il vincolo pertinenziale è il proprietario della cosa principale e tale vincolo deve
essere durevole.
Cambia il regime giuridico (art. 818) per cui: se non si dice espressamente quando sia stipula contratto che

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ha per oggetto la cosa principale questo ha come effetto la presa in considerazione anche della cosa
asservita
• Universalità di mobili = pluralità di beni mobili appartenenti ad una medesima persona (hanno un unico
proprietario), aventi destinazione unitaria
azienda è un universalità => perché è l’insieme dei beni che vengono utilizzati dall’imprenditore per
svolgere l’attività.
La dottrina distingue poi tra:
- universalità di fatto, costituita da più beni mobili unitariamente considerati (es. biblioteca)
- universalità di diritto, costituita da più beni in cui la riduzione ad unità è operata dalla legge, che almeno
sotto taluni profili considera e regola unitariamente l’insieme di detti beni e rapporti (es. l’eredità, il fondo
patrimoniale, etc).

Beni pubblici e beni privati


Distinzione presente nella Costituzione, art 42 “La proprietà è pubblica o privata. I beni economici
appartengono allo Stato, ad enti o a privati.”
(i) beni pubblici = beni che sono di proprietà dello stato e degli enti pubblici
(ii) beni privati = beni che sono in titolarità di soggetti privati
Cambia il regime giuridico =>
- disciplina dei beni pubblici (regolata ad art. 822 e ss) => sono di tre tipologie:
Beni del demanio
- Beni del demanio naturale (art. 822) “Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio
pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque
definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale”
- Beni del demanio artificiale “Fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono
allo Stato, le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi [28, 692 c.nav.]; gli
acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle
leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche, degli archivi, delle biblioteche; e
infine gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico”
I beni del demanio => regime giuridico art. 823: sono inalienabili e non possono formare oggetto a
diritti a dovere di terzi, quindi non possono essere sottratti alla loro funzione pubblica, vengono per
questo dette res extra commercium, quindi il privato non può nemmeno usucapire questi beni (il
possesso dei beni non fa acquistare la proprietà) come dice l’art. 1145 “Il possesso delle cose di cui
non si può acquistare la proprietà è senza effetto.” Questo tranne quando l’ente pubblico attiva una
procedura per far uscire dal demanio il bene stesso per cui diventa un bene che occasionalmente si
torva in proprietà dell’ente pubblico e quindi può essere venduto.
Beni del patrimonio indisponibile dello stato o degli enti pubblici (art. 826) “Fanno parte
del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il
demanio forestale dello Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne è sottratta al
proprietario del fondo, le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e
artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione
della Corona, le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra. Fanno parte
del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle provincie e dei comuni, secondo la
loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri
beni destinati a un pubblico servizio.”
Assoggettati a regime molto vincolato (art. 828): non possono essere sottratti alla loro destinazione se non
nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano (sono quindi incommerciabili, inalienabili)
≠ beni del demanio = utilizzati da tutti i cittadini, sono beni dei quali tutti devono riuscire a fruire quindi lo stato
deve regolamentarne l’utilizzo tossiche tutti possano trarne diretta utilità)
beni del patrimonio indisponibile = sono al servizio dello stato stesso che poi rivolge a tutti i vantaggi provenienti
da questi beni

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Beni del patrimonio disponibile = beni di proprietà dello stato o dell’ente pubblico ma che possono
essere alienati e venduti. Sono beni che potrebbero appartenere a chiunque e in quel preciso
momento si trovano sotto la proprietà dello stato/ente pubblico [quindi non hanno un regime
vincolato]
Problema beni pubblici => non vengono sfruttati per le loro potenzialità produttive, per questo si è cercato di
avviare anche con delle leggi delle procedure per valorizzare gli immobili pubblici (anni 2009/2011 => idea
del federalismo demaniale: si previde per legge che alcuni beni del demanio statale fossero trasferiti al
patrimonio dei singoli enti locali cosi che poi potessero essere venduti).

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9. IL FATTO, L’ATTO ED IL NEGOZIO GIURIDICO

FATTI GIURIDICI
Queste situazioni giuridiche di diritto e di dovere vendono sempre costituite, modificate o estinte da degli
accadimenti = fatti giuridici = accadimenti umani o naturali ai quali l’ordinamento collega come effetto la
produzione di effetti giuridici (costituzione, modificazione o estinzione dei diritti e doveri).
(Es. nella definizione di contratto si trova ben espresso questo concetto).
Esempi di fatti giuridici:
- art. 456 => “con la morte di un soggetto e l’accettazione dell’eredità (accadimento) => i beni del defunto
diventano di proprietà dei suoi successori (effetti giuridici)”
- Art. 1495 => “se non denuncia i vizi entro otto giorni dalla scoperta (accadimento) => il compratore
perde la garanzia (effetto)”
- Art 923 => “il soggetto che occupa (cioè prende possesso) di cose che non appartengono a nessuno
(accadimento) => ne acquista la proprietà (effetto)”
- Art. 1470 => “con la stipulazione di un contratto di vendita (accadimento) => l’acquirente acquista la
proprietà del bene venduto; e il venditore acquista il diritto (di credito) al pagamento del prezzo (effetto)”

I fatti giuridici si distinguono in diverse categorie :


- fatto naturale => quando si verifica un mutamento della situazione preesistente in rerum natura, nel
mondo fisico, quando avvengono accadimenti naturali a cui viene ricollegato un effetto giuridico
Esempi:
- la morte del soggetto;
- es. art. 941 che prevede l’alluvione che è uno dei modi di acquisto della proprietà “Le unioni di terra
e gli incrementi, che si formano successivamente e impercettibilmente nei fondi posti lungo le rive
dei fiumi o torrenti, appartengono al proprietario del fondo, salvo quanto è disposto dalle leggi
speciali.”;
- Art. 821 => “I frutti naturali appartengono al proprietario della cosa che li produce, salvo che la
loro proprietà sia attribuita ad altri” molti beni sono fruttiferi (beni che producono frutti) che
appartengono al proprietario della cosa che li produce => quindi in virtù di un evento naturale,
ovvero la fruttificazione, allora si produce un effetto giuridico, perché il proprietario acquista anche
al proprietà dei frutti) (≠ frutti civili : quello che si ricava dal godimento che viene lasciato ad altri
dai miei beni personali)
- fatto umano => comportamento umano di cui sia rilevante la volontarietà, si distinguono:
Atto giudico in senso stretto : comportamenti umani commessi in modo cosciente e volontario che
producono un effetto giuridico, anche se quell’effetto non è voluto => basta infatti la capacità
naturale di intendere e di volere, non serve la capacità legale di agire, ovvero la maggiore età.
Esempi:
- Art. 923, l’occupazione: “Le cose mobili che non sono proprietà di alcuno si acquistano con
l’occupazione”)
- Art. 2043: Risarcimento per fatto illecito: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad
altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”
Negozio giuridico : fatto umano che produce effetti giuridici ma si tratta di una dichiarazione di
volontà (non basta la coscienza e volontarietà) che proviene da un soggetto legalmente capace per il
diritto (secondo art. 2 : al compimento del 18esimo anno di età) e deve essere una volontà libera e
spontanea, non deve essere una volontà viziata (infatti se è frutto di una violenza, di un dolo o di un
errore ; in questi casi il negozio giuridico non produrrà i suoi effetti giuridici). Questo può essere:
• negozio giuridico uni laterale, come ad esempio le promesse unilaterali, o il testamento
• 2/più soggetti (plurilaterale o bilaterale)
Il negozio giuridico principale è il contratto che nasce da una dichiarazione di volontà di due o più
soggetti.
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Dalla distinzione => la disciplina cambia
Dichiarazioni di scienza (non di volontà): atti con cui un soggetto dichiara di essere a conoscenza di
un determinato fatto. Tali dichiarazioni hanno un’efficacia solamente probatoria (processuale), quindi
in caso di azione in giudizio tramite quel documento si da la prova.
Es. la confessione 2730 ss: “La confessione è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti
ad essa sfavorevoli e favorevoli all'altra parte”colui a favore del quale viene rilasciata ha uno
strumento processuale.
=> Non sono negozi giuridici ma probabilmente degli atti giuridici in senso stretto, anche se per la
confessione è necessaria la capacità legale di agire tipica del negozio giuridico.

N.B. Si tratta di una classificazione dottrinale (fandentistica) => classificazione che non si trova nel codice
civile (non si parla di negozio giuridico), ma il codice civile adotta una terminologia differente:
- quando si parla di atti giuridici in senso stretto => il codice civile parla di “fatto” (es. art. 2043 si parla di
fatto illecito)
- quando si parla di negozio giuridico => il codice civile parla di “atto” (es. art. 1173)

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11. LA TUTELA GIURISDIZIONALE DEI DIRITTI

Azione
Se il diritto soggettivo non viene spontaneamente rispettato dai consociati, solo in casi eccezionali
l’ordinamento ammette che il suo titolare possa provvedere direttamente alla sua tutela (c.d. autotutela). Di
regola il soggetto, che vuole fare valere un proprio diritto da altri contestatogli, deve rivolgersi al giudice
(art. 2907 cc).
Al cittadino è infatti riconosciuto il diritto di ottenere la giustizia che non può assicurarsi da sé: questo diritto
si chiama azione. Chi esercita l’azione proponendo la domanda giudiziale si chiama attore, colui contro il
quale l’azione si propone convenuto. Il diritto di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti (art. 24 Cost.)
non può essere limitato nei confronti di nessuno e per nessuna ragione, e del pari costituisce diritto
inviolabile del cittadino la possibilità di difendersi in giudizio (art. 24, comma 2, Cost.).
Se tra me e un’altra persona sorge controversia circa la sussistenza di un diritto soggettivo a mio favore,
s’instaura un processo di cognizione, che può tendere a:
a) all’accertamento dell’esistenza/inesistenza di un rapporto giuridico controverso; b) all’emanazione di un
comando, che il giudice rivolge alla parte soccombente; c) alla costituzione, modificazione o estinzione di
rapporti giuridici.
Se io ho ottenuto la sentenza con cui Tizio viene condannato a pagarmi i danni e, ciò nonostante, egli non
ottempera a quest’obbligo, io posso instaurare contro di lui un processo di esecuzione, la cui finalità consiste
nel realizzare il comando contenuto nella sentenza. Per impedire che, nel corso del processo di cognizione,
Tizio si spogli dei suoi beni, io posso avvalermi del processo cautelare (per es. posso chiedere ed ottenere il
sequestro conservativo di quei beni), infatti, la finalità di tale processo è quella di conservare lo stato di fatto
esistente per rendere possibile l’esecuzione della sentenza.

La cosa giudicata
Per meglio assicurare la conformità della sentenza a giustizia, è concesso alle parti di promuovere il riesame
della lite, impugnando la decisione. Questo riesame però non può andare all'infinito, verificatesi infatti certe
condizioni, il comando contenuto nella sentenza non può essere più modificato da alcun altro giudice,
costituendo “res iudicata”. Ad eventuali ulteriori tentativi di una delle parti di proseguire il dibattito si può
porre la cosa giudicata o il passaggio in giudicato della sentenza. L’art 324 cpc sostiene che per cosa
giudicata formale si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta ai mezzi di
impugnazione. La cosa giudicata ha però anche un valore sostanziale, perché se in essa è stato riconosciuto il
mio diritto di proprietà o di credito, non può più formare oggetto di discussione o di riesame tra me e l'altra
parte (art 2909 cc), neppure in futuri processi. La cosa giudicata è quindi la definitività dell'accertamento
contenuto nella sentenza, anche al di fuori del processo nel quale è stata pronunciata.

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12. LA PROVA DEI FATTI GIURIDICI

I mezzi di prova
Tutte le volte che le parti forniscono ricostruzioni diverse, il giudice è tenuto a scegliere tra le contrapposte
versioni. Nel giudizio civile, sono le parti che devono preoccuparsi di indicare quali siano i mezzi di prova,
che indicano qualsiasi elemento idoneo a influenzare la scelta del giudice, che devono essere:
- ammissibili, cioè conformi alla legge;
- rilevabili, cioè abbiano ad oggetto fatti che possano influenzare la decisione della lite.
Il principio fondamentale è quello della loro libera valutazione da parte del giudice (art. 116 cpc). Ci sono
però alcune prove, dette prove legali, la cui rilevanza è già predeterminata dalla legge, cosicché il giudice
non ha alcuna discrezionalità nel valutarle. I mezzi di prova si distinguono in due specie:
- prova precostituita o documentale (atto pubblico, scrittura privata), detta precostituita perché esiste già
prima del giudizio;
- prova costituenda (prova testimoniale, confessioni, presunzioni, giuramenti), detta costituenda perché
deve formarsi nel corso del giudizio.

La prova documentale
Per “documento” s’intende ogni cosa idonea a rappresentare un fatto, in modo da consentirne la presa di
conoscenza a distanza di tempo. Di particolare importanza sono:
- L’atto pubblico: è il documento redatto da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuire
all’atto quella particolare fiducia nella sua veridicità che si chiama “pubblica fede” (art. 2699 cc). Se una
parte intende contrastarlo, deve fare necessariamente ricorso ad un particolare procedimento che si avvia
mediante una querela di falso
- Scrittura privata: è qualsiasi documento che risulti sottoscritto da un privato, che non ha quindi la stessa
efficacia probatoria dell’atto pubblico. Se, invece, la sottoscrizione è autenticata o è riconosciuta, da un
notaio o da un altro pubblico ufficiale essa, come l’atto pubblico fa piena prova legale fino a querela di
falso, ma della sola provenienza delle dichiarazioni di chi ha sottoscritto.
Efficacia probatoria è riconosciuta anche al telegramma, alle carte, i registri domestici, ai libri e le scritture
contabili dell’impresa, mentre il fax solo se colui contro il quale è prodotto non lo contesta. Quanto ai
documenti informatici occorre distinguere tra quelli con firma elettronica che sono liberamente valutabili in
giudizio e quelli sottoscritti con firma digitale che costituiscono piena prova.

La prova testimoniale
La testimonianza è la narrazione fatta al giudice da una persona estranea alla causa in relazione a fatti
controversi di cui il teste abbia conoscenza. Di regola, il testimone è chiamato a rendere la propria
deposizione oralmente davanti al giudice, ma può anche essere assunta fuori udienza, mediante dichiarazione
scritta. La testimonianza incontra, per certe ipotesi, limiti legali di ammissibilità:
a) la prova testimoniale non è ammissibile quando sia invocata per provare il perfezionamento o il
contenuto di un contratto avente un valore superiore a 2,58Euro (art. 2721 cc). Non si tratta però
di un divieto rigido.
b) la prova testimoniale non è ammissibile se tende a dimostrare che anteriormente o
contemporaneamente alla stipulazione di un accordo scritto siano stati stipulati altri patti, non
risultanti però dal documento (art. 2722 cc).
c) la prova testimoniale non è ammissibile se tende a provare un contratto che deve essere stipulato
(forma scritta ad substantiam) o anche solo provato (forma scritta ad probationem tantum) per
iscritto (art. 2725 cc). Quando la forma è Ad sustantiam costituisce un elemento essenziale del
negozio, così che quando il requisito formale non è osservato l'atto è nullo. Diversa è la situazione
di una forma stabilita ad probationem, in cui l'atto compiuto senza osservanza della forma

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stabilita dalla legge non è nullo. la conseguenza dell'inosservanza e il divieto della forma
testimoniale e di quella presuntiva.

La presunzione
Per presunzione (o prova indiretta) si intende ogni argomento, illazione, attraverso cui, essendo già provata
una determinata circostanza, si giunge a considerare provata un'altra circostanza, sfornita di prova diretta. Le
presunzioni si dicono legali quando è la stessa legge che attribuisce ad un fatto valore di prova in ordine ad
un altro fatto, che quindi viene presunto. A loro volta, possono essere:
- assolute se non ammettono prova contraria;
- relative se ammettono prova contraria.
Le presunzioni si dicono invece semplici quando non sono prestabilite dalla legge, ma sono lasciate al
prudente apprezzamento del giudice, il quale non deve ritenere provato un fatto, di cui manchino prove
dirette, se non quando ricorrano indizi gravi, precisi e concordanti (art.2729 c.c.).

La confessione
La confessione è la dichiarazione che la parte fa della verità di fatti a sè sfavorevoli e favorevoli all’altra
parte. E’ una dichiarazione di scienza, che può essere:
- giudiziale → se resa in giudizio e, in questo caso, fa piena prova (art. 2730 cc)
- stragiudiziale →, se resa fuori dal giudizio. Se è fatta alla parte o al suo rappresentante, ha lo stesso valore
di quella giudiziale; se è fatta ad un terzo, può essere apprezzata liberamente dal giudice. A differenza
della giudiziale, deve essere dimostrata.
La confessione può essere revocata solo se si dimostri che essa è stata determinata da errore di fatto o da
violenza (art. 2732 cc) La confessione si dice qualificata quando la parte riconosce la verità dei fatti a sé
sfavorevoli, ma vi aggiunge altri fatti o circostanze tendenti a modificarne o ad estinguerne gli effetti.
Diversa dalla dichiarazione confessoria è la dichiarazione ricognitiva: essa ha ad oggetto l’asseverazione di
diritti o rapporti giuridici.

Il giuramento
Il giuramento è un mezzo di prova di cui le parti possono chiedere l’acquisizione nel corso di un giudizio
civile. Vi sono due tipi di giuramento:
a) Il giuramento decisorio si chiama così perché deve riguardare circostanze che abbiano valore
decisorio in ordine ad una quaestio facti su cui il giudice è chiamato a pronunciarsi. Se la parte si
rifiuta di giurare o non si presenta, senza giustificato motivo, all’udienza fissata, la sua versione
del fatto non può più essere considerata vera dal giudice. Se invece presta il giuramento, il
giudice deve definitivamente considerare vera la sua affermazione. Non si possono fornire prove
contrarie, si può denunciare penalmente chi attesti il falso chiedendo risarcimento dei danni se sia
intervenuta condanna penale, ma non la revocazione della sentenza civile. Il giuramento non è
ammissibile quando si tratti: di diritti indisponibili (es. questioni di stato); di fatto illecito
(qualunque fatto doloso o colposo che cagioni ad altri un danno ingiusto); di atto per cui sia
richiesta la forma scritta ad substantiam.
b) Il giuramento suppletorio può essere deferito in base ad un potere discrezionale dello stesso
giudice, quando questo si trova di fronte ad un fatto rimasto incerto, ma per il quale la parte che
aveva l’onere di provarlo abbia fornito elementi abbastanza rilevanti, sebbene non
definitivamente persuasivi. Una particolare specie di giuramento suppletorio è il giuramento
estimatorio, che può essere deferito per stabilire il valore di una cosa quando non sia possibile
accertarlo diversamente.

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13. I DIRITTI REALI E LA PROPRIETÀ (ovvero sulle res, sulle cose)

Sempre nell’ambito dei diritti assoluti ma economicamente valutabili.


L’ordinamento distingue due grandi categorie di diritti reali:
• di godimento = attribuiscono al titolare del diritto delle facoltà di godimento di un bene (il più ampio: la
proprietà, unito ai diritti reali minori come: diritto di superficie, equiteuisi, usufrutto, uso, abitazione,
servitù, …)
• di garanzia = l’ipoteca e il pegno , ma non si ha il diritto di godimento sul bene ma si ha un creditore a cui
favore viene concessa una garanzia ; serve quindi a fornire un modo di soddisfacimento succedaneo nel
caso in cui si fosse inadempienti

Caratteristiche dei diritti reali:


1. assoluti = che non danno una pretesa nei confronti di uno specifico individuo ma che si possono far
valere erga omnes
2. sono il ramo patrimoniale dei diritti assoluti, quindi economicamente valutabili (≠ diritti della
personalità), perché i beni che possono essere oggetto dei diritti reali sono beni suscettibili di valutazione
economica
3. immediati = quindi il titolare per trarre utilità dal diritto non necessita della mediazione di altri soggetti
(≠ dal diritto di credito: debitore esegue una prestazione a vantaggio del creditore, quindi per ricavare
utilità si ha bisogno che il debitore adempi) qui c’è una relazione diretta tra il titolare e la cosa, per cui il
titolare trae immediatamente utilità dalla cosa senza bisogno della cooperazione dell’altro soggetto =>
caratteristica non comune a tutti i diritti reali (come diritti di garanzia dove non c’è immediatezza)
4. diritto di seguito o di sequela = conseguenza (corollario) dell’assolutezza, perché i diritti reali vengono
incorporati nella cosa e la seguono in tutte le sue vicende circolatorie, per cui se si è proprietari di un
appartamento e o lo si da in usufrutto (si resta proprietario ma alcune facoltà di godimento del bene le ha
il titolare del diritto di usufrutto) tale diritto di usufrutto è della cosa e circola insieme ad essa, quindi se
viene venduta la cosa chi l’acquista deve rispettare il diritto di usufrutto.
Esempio: se si è proprietari di una struttura alberghiera e vicino c’è un terreno con un parco che
appartiene ad un’altra persona, se si vuole fare in modo che i clienti del mio albergo possano godere del
parco, si va dal proprietario del parco e si stipula un contratto => due modi:
- contratto ad effetti obbligatori = stipulo contratto che fa nascere solo obbligazioni (rapporti di
debito credito) => si vanno a creare dei diritti relativi non assoluti, quindi se ad un certo punto il
proprietario del parco lo vende, il proprietario dell’albergo non può pretendere nulla dal nuovo
proprietario del parco perché ciò che si aveva era un credito solo esclusivamente nei confronti
della persona
- contratto ad effetti reali = stipulo contratto che costituisce diritti reali => si paga al vicino una
somma di denaro e in cambio lui vende una servitù di godimento sul suo conto, quindi il suo
fondo viene asservito gravato da un diritto reale sulla cosa e i clienti del mio albergo potranno
godere del parco del vicino (non si ha più un credito ma un diritto reale sulla cosa che è un diritto
assoluto quindi si può far valere contro chiunque, anche i successivi proprietari del terreno),
quando il proprietario del parco vende lo stesso lo vende gravato da un diritto.
5. sono un numero chiuso (principio di tipicità) = quindi i privati non possono crearne di nuovi, sono solo
quelli previsti nel codice, questo perché sono qualcosa visto con sfavore dal legislatore perché
diminuiscono:
- il valore d’uso del bene (va ad incidere sulla proprietà)
- il valore di scambio perché il diritto reale circolando con il bene diminuisce il suo valore di scambio
perché chi acquista un bene gravato da un diritto reale sa che dovrà rispettarlo e quindi sarà disposto
a pagarlo meno

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LA PROPRIETÀ

Piu importante dei diritti reali di godimento, definizione ad art 832 del cc :
- “Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo”
= prima parte sembra assicurare al proprietario il più alto
- “entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico.”
= dopo segue un bilanciamento che prevede dei limiti (cose che non può fare) e degli obblighi derivanti
dagli interessi pubblici o privati
La seconda parte, siccome è espressione di un ideologia liberale, non c’era nel 1864 l’esigenza di
contrapporre ai poteri e alla facoltà dei limiti e degli obblighi, nel 1942 iniziano a cambiare le cose e
venne introdotta la presenza di limiti e obblighi, cosa ancora più confermata dalla costituzione che ha un
impianto più solidaristico di stato sociale.
Si tratta di un bilanciamento che il codice civile fa e che viene ripreso nella Costituzione all’art 42 e ss :
- “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge…”
= proprietà quasi diritto che pre esiste dalla legge
- “…che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione
sociale e di renderla accessibile a tutti.”
= fa riferimento alla limitazione fissata dalla legge e dall’orpimento per contemperare l’interesse del
singolo con interesse più generale …

“Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo entro i limiti e con
l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico.”
Diritto di godere = Potere di utilizzare la cosa e di trarre dalla stessa le utilità che può dare, realizzando il
“valore d’uso” della cosa, senza che sia intaccato in alcun modo il contenuto del diritto => può utilizzarlo
come meglio crede, può decidere di non usarlo (infatti non è prescrittibile per il non uso) o addirittura
distruggerlo perché ha il più ampio diritto reale.
Diritto di disporre = Potere di cedere agli altri, in tutto o in parte, diritti reali sulla cosa, realizzando il “valore
di scambio” della cosa, magari monetizzandone il valore => inteso come atti di disposizione giuridica con,
ad esempio, la possibilità di trasferire la proprietà di un bene su qualcun altro e costituire sul bene diritti reali
minore a favore di terzi soggetti o diritti di garanzia.
In modo pieno = il diritto del proprietario è illimitato, non è compresso e non torva dei limiti nel diritto di
qualcun altro (la pienezza si ha quando c’è la piena proprietà del bene), quando il potere sulla cosa non è più
pieno ma coesiste con il diritto reale minore attribuito a un terzo (e prende il nome di nuda proprietà) e
tornerà ad essere pieno quando viene meno il diritto reale minore, inoltre il diritto non è più pieno quando
sullo stesso bene si trova a coesistere un diritto di proprietà di qualcun altro, perché il diritto di ciascuno deve
essere limitato e bilanciato
Esclusivo = il proprietario ha sempre elio diritto di escludere dal godimento del suo bene gli altri (quindi ad
es. se si è proprietario di un terreno può chiudere con un muro il proprio fondo)

Limiti =
• per l’interesse pubblico più generale:
(1) L’art. 42, comma 3, Cost. dispone che « la proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge, e
salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale ».
=> il bene privato può essere espropriato per finalità di pubblica utilità, se consentito dalla legge e se al
privato viene corrisposta una giusta indennità ; affiancato alla possibilità di requisire il bene del privato
(temporanea)
(2) la Costituzione all’art. 9, comma 2 enuncia il principio secondo cui la Repubblica «tutela (...) il
patrimonio storico e artistico della Nazione».
Il il D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 ha dettato un testo unico per regolamentare beni mobili e immobili di
interesse storico, artistico => impone al privato una serie di vincoli :
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(i) Sul potere di godimento = prevedendo che i beni culturali non possano essere distrutti,
deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico,
oppure tali da arrecare pregiudizio alla loro conservazione
(ii) Sul potere di disposizione
È altresì previsto che i beni culturali possano essere espropriati per causa di pubblica utilità, quando
l’espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorarne le condizioni di tutela ai fini della
fruizione pubblica
(3) limiti nel diritto di costruire => prevede che quando un soggetto è proprietario di un terreno non può
costruire ciò che vuole perché il suo interesse deve contemperarsi con l’interesse più generale pubblico
(standard urbanistici fissati dall’ente pubblico nell’interesse generale). Infatti l’attività di trasformazione
urbanistica o edilizia del territorio può essere svolta solo nel rispetto delle previsioni degli « strumenti
urbanistici », dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente. Per gli interventi di
maggior impatto è necessario il previo rilascio, da parte dell’Autorità comunale, del c.d. « permesso di
costruire », che comporta la corresponsione di un contributo.
Al fine di evitare l’abusivismo edilizio, la legge fa ricorso, accanto a quelli amministrativi e penali,
anche a strumenti di tipo privatistico.
• per l’interesse privato:
Disciplina dei rapporti di vicinato =>
(1) diritto degli atti emulativi
art. 833 “Il proprietario non può fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o
recare molestia ad altri.” Non è possibile fare un atto di godimento del bene che ha come unico scopo
recare molestie agli altri privati (limite posto a tutela di altri privati a loro volta titolari di diritti).
I requisiti:
(1) oggettivo => l’atto non comporta alcuna utilità per il proprietario
(2) l’atto arreca un danno al vicino
(3) soggettivo => atto è posto in essere sl solo scopo di nuocere al vicino (requisito soggettivo) =>
tale requisito viene presunto, quindi la giurisprudenza non richiedono una prova oggettiva di
questa intenzione di nuocere
A fronte di questo c’è al tutela inibitoria: chiedere cessi l’attività emulativa e se sono stati subiti dei
danni si ha il diritto ad essere risarciti
Es. Sopra-elevazione di un muro di cinta al solo scopo di impedire la vista al vicino.
(2) distanze nelle costruzioni (disciplina all’art. 882)
bisogna rispettare una distanza minima di 3 metri dalla costruzione del vicino, infatti:
• chi costruisce per primo può costruire dove vuole,
• chi per secondo deve costruire:
• lasciando una distanza di 3 metri o
• in aderenza o
• in appoggio
Questo slavo diversi regolamenti comunali che prevedono distanze maggiori.
Nel sistema delineato dal codice, il confinante che costruisce per primo finisce con il condizionare le
scelte del vicino che successiva- mente voglia, a sua volta, costruire: c.d. « principio di prevenzione »,
infatti:
- se si costruisce rispettando la distanza legale, il vicino può arrivare a costruire fino al confine, se
invece si costruisce sul confine il vicino può costruire o in aderenza o rispettando al distanza di 3
metri.
- quando il soggetto costruisce ad una distanza inferiore alla metà della distanza legale (< di un metro
e mezzo) si consente a chi costruisce per secondo o di costruire a distanza legale o in appoggio o
aderenza occupando il terreno del vicino e dovrà pagare un indennizzo pari al valore dell’area che è
andato ad occupare.

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Art. 872 “1. Le conseguenze di carattere amministrativo della violazione delle norme indicate
dall'articolo precedente sono stabilite da leggi speciali. 2. Colui che per effetto della violazione ha
subito danno deve esserne risarcito, salva la facoltà di chiedere la riduzione in pristino quando si
tratta della violazione delle norme contenute nella sezione seguente o da questa richiamate.”
Quindi se vengono violate le norme sulle distanze legali il vicino pregiudicato (colui che aveva costruito
per primo) avrà diritto:
- al risarcimento dei danni se c’è il dolo o la colpa
- di chiedere al giudice la demolizione, ovvero il ripristino dello stato dei luoghi a quello
precedente al momento in cui si sono violate le distanze (chiamata: riduzione in pristino).
In considerazione del carattere potenzialmente dannoso che assumono rispetto ai fondi vicini, il codice
prevede altresì distanze minime dal confine per pozzi, cisterne, fosse e tubi (di acqua, gas e simili),
nonché per fabbriche e depositi pericolosi o nocivi. Cosi come per fossi, canali e piantagioni.
(3) luci e vedute
disciplina delle finestre che giuridicamente prendono il nome di luci o vedute => ad art. 900: “Le finestre
o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie: luci, quando danno passaggio alla luce e
all'aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino; vedute o prospetti, quando permettono
di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente.”
Le luci = aperture che, pur consentendo il passaggio di aria e luce, non permettono tuttavia la vista e non
consentono di affacciarsi
Le vedute = consentono di affacciarsi
=> cambia la disciplina:
- Per le luci => ci deve essere una minima altezza
- Per le vedute => siccome si può ledere la privacy del vicino serve una distanza minima di 1metro e
mezzo dal confine
Inoltre:
- se un soggetto ha già delle luci il vicino che costruisce dopo può costruire in aderenza o appoggio e
può andare quindi a chiudere le luci
- se invece ci sono delle vedute chi costruisce per secondo deve valersi della distanza legale perché la
finestra non può essere chiusa
(4) divieti di immissioni
Nella sezione della proprietà fondiaria (ha ad oggetto un appezzamento di terreno):
=> “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i
rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale
tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. Nell’applicare questa norma l’autorità
giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener
conto della priorità di un determinato uso.”
Il diritto di godere del bene « in modo esclusivo », riconosciuto al proprietario dall’art. 832 c.c., importa
che lo stesso è legittimato ad opporsi a qualsiasi attività materiale di terzi che abbia a svolgersi sul suo
fondo (ad es., scarico di rifiuti, smaltimento di liquami, ecc.): c.d. « immissioni materiali ». A queste si
aggiungono le immissioni immateriali (= la produzione e propagazione di fumi, calore, esalazioni,
rumori, scuotimenti e simili). In questo caso, occorre distinguere:
• se le immissioni rimangono al di sotto della soglia della « normale tollerabilità » rientrano nel
normale esercizio del diritto di proprietà e quindi chi le subisce deve sopportarle e non potrà agire
in giudizio perché l’eventuale danno che ha subito deriva da esercizio legittimo di un diritto e in
questo caso il diritto del proprietario a non subire immissioni non viene tutelato
• se le immissioni superano la soglia della « normale tollerabilità » in questo caso il proprietario del
fondo vicino avrà un azione in giudizio per tutelare la soglia, e chiederà:
- di condannare l’autore delle immissioni a cessare le stesse

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- se ha subito dei danni dovute alle immissioni stesse (ad es. vibrazioni che hanno fatto crepe nelle
fondamenta dell’edificio) avrà ordinaria azione di risarcimento
La soglia (secondo comma) => il codice precisa che bisogna avere riguardo nell’applicare la norma
“Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con
le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso”.
È il giudice a valutare caso per caso la tollerabilità: secondo diversi criteri:
• quando le immissioni sono giustificate da esigenze della produzione si può chiedere al limite di
adottare delle limitazioni ma non si può ordinare la cessazione. Se invece non c’è giustificazione
dell’esigenza della produzione il cittadino può chiedere cessazione e risarcimento di eventuali danni.
• «Condizione dei luoghi»: in relazione alla zona in cui è collocato il fondo che subisce le immissioni.
Sono irrilevanti le condizioni soggettive del proprietario.
• priorità di un determinato uso

Esempi di obblighi
[] Art. 843 = Accesso ad un fondo: “Il proprietario deve permettere l’accesso e il passaggio nel suo
fondo, sempre che venga riconosciuta la necessità, al fine di costruire o riparare un muro o altra opera
propria del vicino oppure comune. Se l’accesso cagiona danno, è dovuta una adeguata indennità.”
[] permesso di costruzione : colui che richiede deve pagare degli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria, questo perché il comune poi deve portare alla casa una serie di servizi che sono spese, per cui
questi costi servono a consentire al comune di provvedere all’urbanizzazione primaria e secondaria

Disciplina della proprietà terriera (fondiaria) => con proprietà del suolo si estende su un territorio fino al
confine del terreno, normalmente si fa riferimento alle mappe catastali, l’estensione in alto e in basso : tutti
strati atmosfera sopra la proprietà e tutta la parte sotto nel sottosuolo
=> art. 840 definisce l’estensione della proprietà fonderia verso il basso verso l’alto “La proprietà del suolo
si estende al sottosuolo, con tutto ciò che vi si contiene, e il proprietario può fare qualsiasi escavazione od
opera che non rechi danno al vicino. Questa disposizione non si applica a quanto forma oggetto delle leggi
sulle miniere, cave e torbiere. Sono del pari salve le limitazioni derivanti dalle leggi sulle antichità e belle
arti, sulle acque, sulle opere idrauliche e da altre leggi speciali. Il proprietario del suolo non può opporsi ad
attività di terzi che si svolgano a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante, che
egli non abbia interesse ad escluderle.”.

Caratteri della proprietà


a) elasticità
b) imprescrittibilità
c) perpetuità

Tutela in giudizio del proprietario


Proprietà = diritto assoluto, opponibile erga omnes :
La tutela avviene attraverso delle azioni in giudizio specifiche, azioni petitorie. In particolare modo chi
agisce in giudizio è l’attore, chi viene citato in giudizio si chiama il convenuto.
Azioni petitorie: (da art. 948 a art. 951) [ a cui sia aggiunge il risarcimento del danno ]
• azione di rivendicazione
art. 948: “Il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene e può proseguire
l'esercizio dell'azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato, per fatto proprio, di possedere
o detenere la cosa. In tal caso il convenuto è obbligato a ricuperarla per l'attore a proprie spese, o, in
mancanza, a corrispondergliene il valore, oltre a risarcirgli il danno.”
Serve al proprietario per recuperare il bene quando c’è un soggetto che possiede o detiene (= stati di fatto
di materiale disponibilità del bene non accompagnati dal diritto del bene) il bene senza averne diritto.
In questo caso il proprietario (che è il legittimato attivo = proprietario che non ha la materiale disponibilità
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della cosa) conviene in giudizio questo soggetto (legittimato passivo = chi ha la disponibilità della cosa
senza esserne proprietario) e chiede al giudice :
• che nella sentenza il giudice accerti che lui ha il diritto di proprietà del bene, per questo non basta il
contratto di acquisto ma serve la prova di un modo d’acquisto a titolo originario (si acquista la
proprietà in base a dei presupposti di legge e non perché la si deriva da un precedente titolare)
• condanna alla restituzione della cosa => come conseguenza dell’accertamento si chiede di condannare
a restituirlo colui che possiede il mio bene senza ragione
• [+] in caso di danni arrecati => richiesta di risarcimento perché si è stati lesi nel proprio diritto di
proprietà
Se durante il processo il convenuto cede il bene a qualcun altro => il proprietario può rivendicare la cosa
dal nuovo possessore o chiedere al vecchio possessore di recuperare la cosa a spese sue o, in mancanza, a
corrisponderne nel valore (oltre a risarcire il danno per aver perso quel bene).
Caratteristiche:
- imprescrittibile (questo perché il diritto di proprietà è l’unico tra i diritti reali che non si prescrive) =>
questo viene meno solo in due casi:
- quando lo si abbandona consapevolmente (per i beni mobili)
- quando non lo si usa e nel frattempo c’è un altro soggetto che lo possiede per un tempo
utile per usucapirlo (lo acquisterà a titolo originario)
Azione di accertamento della proprietà => quando il bene lo ha lui ma c’è qualcuno che contesta il suo
diritto, è possibile andare dal giudice con un azione di accertamento della proprietà che consiste solo nel
primo segmento della rivendica.
• azione negatoria
art. 949: “Il proprietario può agire per far dichiarare l'inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa,
quando ha motivo di temerne pregiudizio. Se sussistono anche turbative o molestie, il proprietario
può chiedere che se ne ordini la cessazione, oltre la condanna al risarcimento del danno.”
Quando c’è un soggetto (legittimo passivo = chi vanti o eserciti diritti reali minori sulla cosa) che pretende
di avere dei diritti reali minori sul bene (= altri diritti reali che attribuiscono al titolare delle facoltà di
godimento minore (ad es. servitù di passaggio) rispetto alla proprietà).
Il proprietario (legittimo attivo) può andare dal giudice e fare un azione negatoria, chiedendo:
• accertamento negativo dell’inesistenza dei diritti reali minori che il legittimo passivo pretende di avere,
per cui sarà quest’ultimo che deve provare in giudizio eventualmente il possesso del diritto reale
minore
• condanna alla cessazione delle molestie e delle turbative
• [+] risarcimento dei danni cagionati
Caratteristiche:
- imprescrittibile
- regime probatorio più favorevole rispetto all’azione di rivendicazione.
• azione di regolamento dei confini
art. 950: “Quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia
stabilito giudizialmente. Ogni mezzo di prova è ammesso. In mancanza di altri elementi, il giudice si
attiene al confine delineato dalle mappe catastali”
quando non è certo dove cadano i confini tra due proprietà, quindi il proprietario di un fondo può chiedere:
• una sentenza di accertamento al giudice per superare lo stato di incertezza
• ed eventualmente, se il vicino occupava illecitamente una striscia di terreno non sua, si può chiedere
una condanna alla restituzione
Caratteristiche:
- imprescrittibile
• azione di apposizione dei termini
Art. 951: “Se i termini tra fondi contigui mancano o sono diventati irriconoscibili, ciascuno dei proprietari
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ha diritto di chiedere che essi siano apposti o ristabiliti a spese comuni”
Quando si sa dove cade il confine ma i segni che indicavano il confine sono venuti meno (come ad
esempio il muro è crollato), in questo caso il codice prevede che entrambi i proprietari dei fondi
contribuiscano a sostenere alle spese di ricostruzione del segno, se uno dei due si rifiuta l’altro agisce
contro di lui con la legge di apposizione dei tempi, si tratta quindi di un azione di condanna non di
accertamento.
Caratteristiche:
- imprescrittibile

Modi di acquisto della proprietà


Art. 922 “La proprietà si acquista per occupazione, per invenzione, per accessione, per specificazione,
per unione o commistione, per usucapione, per effetto di contratti, per successione a causa di morte e
negli altri modi stabiliti dalla legge.”
I diritti si acquistano o a titolo derivativo o a titolo originario:
• titolo derivativo: da un precedente titolare che trasferisce la proprietà che lui aveva prima, il dante causa
trasferisce il diritto all’avente causa (modi tendenzialmente insicuri). L’acquirente acquista il diritto nella
misura in cui lo aveva il precedente titolare che è il dante causa, per cui gli eventuali vizi che inficiavano il
titolo del precedente proprietario si riverberano anche sul successore.
Questo modo di acquisto può avvenire o:
(i) Successione a causa di morte => tutti i rapporti giuridici e le situazioni giuridiche che facevano
capo a lui passano ai successori
(ii) Contratto => negozio giuridico che trasferisce la proprietà (es. contratto di compra vendita che
trasferisce la proprietà). Non tutti i contratti riescono a trasferire i diritti, quelli a effetti
obbligatori fanno sorgere obbligazioni (es. contratto di lavoro subordinato, contratto di
locazione).
Art. 1376 contratti con effetti reali “Nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della
proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un diritto reale ovvero il
trasferimento di un altro diritto, la proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto
del consenso delle parti legittimamente manifestato.” Non si limita a far nascere obbligazioni ma
riesce a trasferire la proprietà, altri diritti, diritti reali diversi
(iii) Espropriazione per pubblica utilità
(iv) Vendita forzata dei beni del debitore
• titolo originario: si costituisce un diritto nuovo, del tutto indipendente rispetto a quello prima
eventualmente spettante sullo stesso bene ad altro precedente proprietario, in capo a una persona senza che
vi sia una trasmissione da parte del precedente titolare
(i) Occupazione
Art. 923 “Le cose mobili che non sono proprietà di alcuno si acquistano con l'occupazione. Tali
sono le cose abbandonate e gli animali che formano oggetto di caccia o di pesca.”
= consiste nella presa di possesso, con l’intenzione di acquisirle in via permanente e definitiva,
di cose mobili che non sono in proprietà di alcuno (res nullius) o abbandonate. Questo è quindi
possibile solo se:
- il bene è mobile => vale solo per le cose mobili, infatti i beni immobili che non hanno un
proprietario per legge appartengono allo Stato
- non appartiene a nessuno
chiunque con l’occupazione ne diventa proprietario, con un semplice atto di apprensione del
bene che deve essere cosciente e volontario ne acquista la proprietà.
(ii) Invenzione
art. 927 “Chi trova una cosa mobile deve restituirla al proprietario, e, se non lo conosce, deve
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consegnarla senza ritardo al podestà del luogo in cui l'ha trovata, indicando le circostanze del
ritrovamento.”
deriva dal latino invenire = trovare => è il ritrovamento di una cosa mobile smarrita (non
abbandonata).
Per cui :
- obbligo di restituzione al proprietario
- se il proprietario è sconosciuto, obbligo di consegna senza ritardo al Comune del luogo in
cui è stata trovata, che dà pubblicità del ritrovamento, e se:
- se entro un anno non si presenta il proprietario, la proprietà della cosa è acquistata
dal ritrovatore per invenzione
- se il proprietario si presenta, questi deve al ritrovatore un premio proporzionale al
valore della cosa smarrita e se la cosa non ha un valore commerciale, un premio
nella misura fissata dal giudice
Un caso specifico di invenzione : ritrovamento del tesoro (= una cosa mobile di pregio, nascosta
o sotterrata, di cui nessuno può provare di essere proprietario), questo diventa immediatamente
di proprietà del titolare del fondo in cui si trova; ma, se è trovato, per solo effetto del caso, nel
fondo altrui, spetta per metà al proprietario del fondo e per metà al ritrovatore
=> art. 932 “Tesoro è qualunque cosa mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno
può provare d'essere proprietario. Il tesoro appartiene al proprietario del fondo in cui si trova.
Se il tesoro è trovato nel fondo altrui, perché sia stato scoperto per solo effetto del caso, spetta
per metà al proprietario del fondo e per metà al ritrovatore. La stessa disposizione si applica
se il tesoro è scoperto in una cosa mobile altrui. Per il ritrovamento degli oggetti d'interesse
storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico si osservano le disposizioni
delle leggi speciali.”
≠ per i beni culturali, che da chiunque e in qualunque modo ritrovati nel sottosuolo o sui fondali
marini, appartengono allo Stato
(iii) Accessione
Art. 934 e ss
accessione deriva da accedere = si ha quando si hanno due beni, uno qualificabile come cosa
principale e l’altro come accessorio che vengono materialmente incorporati, se questo accade il
proprietario della cosa principale acquista anche la proprietà dell’accessorio. Al riguardo,
occorre distinguere fra:
a) accessione di mobile ad immobile (artt. 934 ss. c.c.);
b) accessione di immobile ad immobile (artt. 941 ss. c.c.);
c) accessione di mobile a mobile (artt. 939 e s. c.c.).
‣ accessioni di bene mobile a immobile
“Qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene
al proprietario di questo, salvo quanto è disposto dagli articoli 935, 936, 937 e 938 e
salvo che risulti diversamente dal titolo o dalla legge.”
= Il proprietario del suolo, senza necessità di una sua dichiarazione di volontà, e senza
neppure bisogno che egli lo sappia, acquista ex lege la proprietà di quanto nello stesso
suolo venga da chiunque incorporato. (Come se ad esempio viene fatta una costruzione sul
terreno di un altro, quindi c’è accessione di beni mobili che sono materiali edili che
vengono incorporati ad un immobile, ovvero il terreno)
C’è però la necessità di contemperare i contrapposti interessi del proprietario del suolo
(che, per l’operare del principio dell’accessione, acquista la proprietà dei materiali
impiegati sul suo fondo) con quelli del proprietario di questi ultimi, se diverso, per cui:
Art 936 => quando soggetto costruisce con materiali propri e forza propria su
terreno altrui => proprietario del terreno acquista anche la costruzione ma => può:
- obbligare alla rimozione e avrà diritto ad essere risarcito dei danni subiti
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- preferire di tenere la costruzione effettuata da un terzo, in questo ultimo caso dovrà
però versare un indennizzo al costruttore (secondo comma : “Se il proprietario
preferisce di ritenerle, deve pagare a sua scelta il valore dei materiali e il prezzo
della mano d'opera oppure l'aumento di valore recato al fondo.”). Inoltre la
rimozione non è sempre consentita come quando: (1) costruzione è avvenuta in
buona fede (2) quando sono state fatte con la conoscenza del proprietario e senza
che abbia fatto opposizione (che in caso va fatta entro 6 mesi).
Art 938 accessione invertita => il proprietario della costruzione acquista la proprietà
del suolo che è andato ad occupare : “Se nella costruzione di un edificio si occupa
in buona fede una porzione del fondo attiguo, e il proprietario di questo non
fa opposizione entro tre mesi dal giorno in cui ebbe inizio la costruzione,
l'autorità giudiziaria, tenuto conto delle circostanze, può attribuire al costruttore la
proprietà dell'edificio e del suolo occupato. Il costruttore è tenuto a pagare al
proprietario del suolo il doppio del valore della superficie occupata, oltre il
risarcimento dei danni.” Si ha quando il soggetto costruisce nel suo terreno ma:
- in buona fede sconfina nel fondo del vicino,
- il vicino non fa opposizione entro 3 mesi,
- c’è una sentenza del giudice (quindi non è automatica ma occorre pronuncia del
giudice che verifichi)
=> interviene sentenza del giudice costitutiva che attribuisce al costruttore anche la
proprietà del suolo eh ha occupato, obbligandolo pero a pagare al proprietario il
doppio del valore del terreno ed eventuali danni.
‣ accessione di bene immobile a immobile
Caso dell’alluvione (= consiste nell’accrescimento dei fondi rivieraschi di fiumi e torrenti
per l’azione naturale dell’acqua corrente) e dell’avulsione (= consiste nell’unione al fondo
rivierasco di porzioni di terreno, staccatesi da altro fondo per forza istantanea dell’acqua
corrente) => regolati
ad art. 941 “Le unioni di terra e gli incrementi, che si formano successivamente e
impercettibilmente nei fondi posti lungo le rive dei fiumi o torrenti, appartengono al
proprietario del fondo, salvo quanto è disposto dalle leggi speciali.”
=> si acquista anche la proprietà degli incrementi
e 944 “Se un fiume o torrente stacca per forza istantanea una parte considerevole e
riconoscibile di un fondo contiguo al suo corso e la trasporta verso un fondo inferiore
o verso l'opposta riva, il proprietario del fondo al quale si è unita la parte staccata
ne acquista la proprietà. Deve pero' pagare all'altro proprietario un'indennità nei
limiti del maggior valore recato al fondo dall’avulsione.”
‣ accessione di bene mobile a mobile
due casi: Unione e specificazione
“Unione e commistione” disciplina all’Art. 939; si ha quando:
- più cose appartenenti a diversi proprietari sono state unite in “guisa da formare un
sol tutto”
- se non sono separabili senza notevole deterioramento
- se una delle cose può essere considerata principale o è di molto superiore per valore
allora il proprietario della cosa principale acquista la proprietà del tutto ed ha l’obbligo di
pagare all’altro il valore della cosa che vi è unita o mescolata.
(ad es. macchina che viene riverniciata con vernice di un terzo soggetto)
Specificazione => consiste nella creazione di una cosa del tutto nuova con beni mobili
appartenenti ad altri (ad es., produco sapone con materie prime altrui). Il codice ha dato
conseguente- mente importanza all’elemento « lavoro »: infatti, se è superiore il valore

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della mano d’opera, la proprietà spetta allo specificatore, altrimenti prevale il diritto del
proprietario della materia.

l’acquisto della proprietà a titolo originario in forza di possesso :


(iv) Usucapione
≠ dal possesso vale titolo:
(i) si acquista la proprietà non immediatamente ma ci deve essere un possesso continuo,
ininterrotto (interruzione che può essere materiale o giuridica) e prolungato nel tempo
(ii) non deve essere acquistato in modo violento o clandestino => ma se la violenza o la
clandestinità cessano da quel momento decorre il termine per usucapire, perché il
proprietario si può rendere conto che c’è un soggetto che sta agendo da proprietario del
suo bene, questo perché si va a sanzionare l’inerzia del proprietario
(iii) non rileva la buona o mala fede, quindi anche il possessore di malafede in alcuni casi
può usucapire
Il possesso prolungato di un bene altrui può provocare, alla fine del periodo deciso dalla legge,
l’acquisto della proprietà = si parla quindi di prescrizione acquisitiva (≠ da prescrizione estintiva
chi non esercita il proprio diritto dopo un tempo stabilito si estingue). Questo avviene per
premiare chi utilizza le cose piuttosto che chi rimane inerte nell’esercizio del diritto.
La regola non vale solo per la proprietà ma per tutti i diritti reali.

Se il proprietario aveva costruito dei diritti reali, non si ha una regola di ciò che, chi usucapisce,
deve fare. In tal senso bisogna distinguere :
- se i diritti sono stati costituiti prima del periodo di inizio dell’usucapione => allora questi si
prescrivono per non uso ventennale, quindi i diritti non andranno più rispettati perché si sono
estinti per loro stessa natura per prescrizione estintiva
- se i diritti sono stati costituiti dal proprietario mentre l’usucapente sta usucapendo il bene =>
bisogna guardare al possesso, ovvero se il terzo possiede il bene come libero o se invece lo
possiede ma non in modo libero => acquista quindi il diritto in modo conforme a come lo ha
usucapito
Termini per possedere:
- Immobili e universalità di mobili (per entrambi non vale possesso vale titolo) =>
usucapione ordinaria : il diritto si acquista decorsi 20 anni
=> stabilito da art. 1158 “La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento
sui beni medesimi si acquistano in virtù del possesso continuato per venti anni”
- usucapione abbreviata : si passa dai 20 a 10 anni quando uno dei beni immobili o
l’universalità di mobili viene venduto da uno che si spaccia per proprietario senza
esserlo e si è in buona fede => si verificano le circostanze che porta o al possesso vale
titolo ma essendo immobili non ci può essere proprietà immediata
=> stabilito da art. 1159 “Colui che acquista in buona fede da chi non è proprietario un
immobile, in forza di un titolo che sia idoneo a trasferire la proprietà e che sia
stato debitamente trascritto, ne compie l'usucapione in suo favore col decorso di dieci
anni dalla data della trascrizione.La stessa disposizione si applica nel caso
di acquisto degli altri diritti reali di godimento sopra un immobile."
- Beni mobili registrati => usucapione ordinaria: si compie in 10 anni
- usucapione abbreviata : 3 anni , nel caso di buonafede
stabilità da art. 1162
- Beni mobili non registrati => normalmente acquistabile attraverso possesso vale titolo in
presenza delle condizioni che lo permettono, ma si possono usucapire in 10 anni in caso
manchi uno dei presupposti del possesso vale titolo, in caso di malafede invece è possibile
usucapirlo dopo 20 anni

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(v) Possesso vale titolo
regolato all’art 1153 “Colui al quale sono alienati beni mobili da parte di chi non ne è
proprietario, ne acquista la proprietà mediante il possesso, purché sia in buona fede al momento
della consegna e sussista un titolo idoneo al trasferimento della proprietà. La proprietà
si acquista libera da diritti altrui sulla cosa, se questi non risultano dal titolo e vi è la buona
fede dell’acquirente. Nello stesso modo si acquistano i diritti di usufrutto, di uso e di pegno.”
=> ipotesi di acquisto:
- di un bene mobile
- a titolo idoneo (ovvero con un contratto valido)
- da un non proprietario che lo vende (normalmente non è possibile acquistarla a titolo
derivativo), e c’è già stata la consegna del bene (acquista il possesso fisico (traditio))
- l’acquirente è in buonafede
=> l’acquirente acquista la proprietà del bene a titolo originario
Modo di acquisto che non vale solo per la proprietà ma anche per diritti reali minori => comma
3: “Nello stesso modo si acquistano i diritti di usufrutto, di uso e di pegno.”

Corollario => conflitto tra più acquirenti di beni mobili


Art. 1155 “Se taluno con successivi contratti aliena a più persone un bene mobile, quella tra
esse che ne ha acquistato in buona fede il possesso è preferita alle altre, anche se il suo titolo è
di data posteriore.” => la norma regola il caso in cui uno stesso soggetto venda con più contratti
uno stesso oggetto a più persone => acquista la proprietà colui che per primo viene immesso nel
possesso in una condizione di buona fede (però N.B. se la buona fede è derivata da colpa grave
allora questa viene equiparata alla malafede) (per i beni mobili) ≠ beni immobili dove criterio è
quella della trascrizione dell’acquisto nei pubblici registri.

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14. ALTRI DIRITTI REALI (diritti reali di godimento)

Di godimento : assicurano una facoltà di godimento sulla cosa ma minore rispetto alla proprietà. Infatti i
« diritti reali su cosa altrui » non costituiscono una parte del diritto di proprietà, ma una limitazione del
diritto medesimo che si comprime per fare spazio a quei diritti (ad esempio usufruttuario che è proprietario di
un diritto reale minore), quando poi si estinguerà tornerà ad espandersi (ad esempio quando usufrutto cessa
di esistere) => c.d. elasticità del diritto di proprietà.
Questo fenomeno per cui all’estinzione il proprietario torna ad essere l’intero proprietario = prende il nome
di consolidazione. Quest’ultima si differenzia dall’estinzione per confusione => quando in uno stesso
soggetto si cumulano le qualifiche di proprietario del bene e il diritto reale minore, quest’ultimo
automaticamente si estingue per confusione.
I diritti reali su cosa altrui si distinguono in « diritti reali di godimento » e « diritti reali di garanzia », i primi
sono:
a) la superficie
b) l’enfiteusi
c) l’usufrutto
d) l’uso e l’abitazione
e) la servitù prediale.
E l’oggetto degli stessi => i diritti di superficie, enfiteusi, abitazione e servitù possono avere ad oggetto solo
beni immobili; i diritti di usufrutto e di uso possono avere ad oggetto anche beni mobili.

Caratteristiche generali dei diritti reali minori :


a) assoluti
b) opponibili erga omnes, quindi a fronte del diritto c’è un diritto generale di astensione a ledere al diritto,
di conseguenza si possono far valere in giudizio contro chiunque (azione confessoria regolata ad art.
1079)
c) circolano insieme alla cosa, hanno il diritto di seguito
d) sono numero chiuso, i privati non possono crearne di nuovi
questo perché i diritti reali su cose altrui vengono visti con sfavore dal legislatore perché vanno a
comprimere il diritto di proprietà, diminuiscono il valore di scambio della cosa e minano la certezza
nella circolazione dei beni
e) prescrittibili (≠ della proprietà che è un diritto che non si prescrive, così come i diritti della personalità)
non nel termine ordinario di prescrizione di 10 anni, ma in un termine più lungo di 20 anni; quindi se il
titolare non li esercita li perde

≠ diritti di credito invece danno solo certezza nei confronti del creditore, sono diritti relativi

Eccezione : quando si da in allocazione un appartamento, l’inquilino ha solo un credito nei confronti


del proprietario ma non ha un diritto reale quindi se l’appartamento viene venduto al nuovo
proprietario non è possibile chiedere nulla. Per i contratti di allocazione c’è poi una norma apposita
che riconosce all’inquilino un diritto personale relativo ma dotato di assolutezza per cui può far
valere il contratto di allocazione anche contro i successivi proprietari dell’appartamento. Quindi
applicando le regole generali, l’inquilino ha solo il diritto personale di godimento non reale ma di
fatto c’è una norma apposita che da vita ad un eccezione.

1) Diritto di superficie

Diritto di costruire e mantenere sul terreno altrui un edificio proprio, viene quindi derogato il naturale
esercizio di accessione (l’accessione = tutto ciò che è stabilmente incorporato sopra o sotto il suolo
appartiene al proprietario del suolo medesimo).

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Due modi in cui si costruisce il diritto come previsto dall’art 952 : “Il proprietario può costituire il diritto di
fare e mantenere al disopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà. Le
disposizioni precedenti si applicano anche nel caso in cui è concesso il diritto di fare
e mantenere costruzioni al disotto del suolo altrui.”
a) primo comma: “Il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al disopra del suolo una
costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà.”
Quindi il costruttore prima ha solo il diritto di costruire sul terreno altrui un edificio proprio, una volta
costruito il superficiario acquisterà anche la proprietà superficiaria, proprietà però separata da quella del
terreno.
N.B. l’art. 955 estende la definizione anche al caso di costruzioni al di sotto del suolo : “Le
disposizioni precedenti si applicano anche nel caso in cui è concesso il diritto di fare
e mantenere costruzioni al disotto del suolo altrui.” (ma non per le piantagioni => art. 956)
b) secondo comma: “Del pari può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla
proprietà del suolo.”
già il proprietario ha sul terreno un edificio e si trasferisce la proprietà dell’edificio al superficiario

Cambia la disciplina => per cui:


Di norma il diritto si prescrive in 20 anni, come dice art. 954 al quarto comma : “Il diritto di fare la
costruzione sul suolo altrui si estingue per prescrizione per effetto del non uso protratto per venti anni” cosa
che vale per il diritto di fare, costruire (caso punto a)
a) la costruzione ancora non esiste quindi non si ha che un diritto reale su cosa altrui; con la
conseguenza che la concessione ad aedificandum si estingue se il titolare non costruisce per
vent’anni
Ma se: al costruzione già esiste si ha una proprietà superficiaria separata da quella del suolo, quindi essendo
vero il diritto di proprietà sull’edificio allora quello non si prescriverà, non è concepibile l’estinzione per non
uso (caso b). Quindi ad esempio se si costruisce e crolla l’edificio e per 20 anni non si ricostruisce, allora si
perde per prescrizione anche la possibilità di ricostruito.
Modi di acquisto della superficie: contratto, testamento e usucapione. Posto che il diritto di superficie ha
necessariamente ad oggetto beni immobili, il relativo contratto costitutivo (così come quello che lo modifica
o lo trasferisce) richiede la forma scritta ad substantiam ed è soggetto a trascrizione.
Estinzione: si verifica per:
- scadenza del termine (se a tempo determinato),
infatti => è possibile costituire il diritto a tempo determinato o indeterminato, nel secondo caso nel
momento in cui scade: Art. 954 => il diritto di superficie si estingue e quindi tornerà ad operare la regola
della accessione e l’edificio costruito passerà in proprietà al proprietario del suolo
- confusione (cioè, riunione di superficie e nuda proprietà in capo ad un medesimo soggetto)
- rinunzia
- prescrizione ventennale (se trattasi di concessione ad aedificandum
Con l’estinzione della superficie, il diritto del proprietario (nudo) si estende alla costruzione eseguita dal
superficiario.
N.B. : salvo patto contrario => se l’edificio crolla il titolare del diritto di superficie ha il diritto di ricostruirlo,
quindi il perimento non determina la cessione del diritto.

N.B. il diritto di superficie si può avere solo per edifici, non per alberi o per piantagioni (un tempo c’era
questo diritto, poi abrogato nel codice del 42)

b) Diritto dell’enfiteusi

Regolata ad art. 957 e seguenti

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L’enfiteusi attribuisce al soggetto a cui favore è costituita (c.d. enfiteuta) lo stesso potere di godimento che,
su un bene immobile, spetta al proprietario, cosa che garantisce all’enfiteuta stesso la possibilità di godere
del bene in modo molto vasto, in modo simile a quello del proprietario, quindi ad esempio l’enfiteuta si
appropria dei frutti, ha stessi diritti sul proprietario sull’eventuale tesoro scoperto. Mio viene però legato a
due obblighi:
- di migliorare il fondo
- si pagare al proprietario stesso (c.d. nudo proprietario) un canone periodico, o in somma di denaro o in
qualità fissa dei prodotti

Questo diritto, legato ad un economia prevalentemente agraria, consentiva ai proprietari, fin dall’antico
regime, di mantenere la proprietà dei terreni che venivano concessi in enfiteusi.
Oggi questo è quasi inutilizzato perché si preferisce ricorrere all’affitto (allocazione applicata a beni
produttivi) di fondi rustici. Questo per diversi motivi:
- il diritto di enfiteusi può essere a tempo determinato o indeterminato MA non può mai essere costituito per
durata inferiore ai 20 anni => quindi si tratta di tempi molto lunghi (se si consentisse un termine più breve,
nessuno sarebbe invogliato ad assumere l’obbligo del miglioramento)
- l’enfiteuta ha il diritto di affrancazione = diritto potestativo previsto all’art. 971 e nelle leggi speciali :
l’enfiteuta unilateralmente, pagando una somma di denaro al proprietario (pari a 15 annualità del canone)
ha il diritto di affrancazione, per cui lo stesso acquista la piena proprietà del fondo e il proprietario non
può fare nulla per impedirlo ma si torva in uno stato di soggezione

Modi di acquisto:
- per affrancazione (sopra descritta)
- per il potere di devoluzione => per effetto del quale lo stesso, in caso di inadempimento, da parte
dell’enfiteuta, all’obbligo di non deteriorare il fondo od a quello di migliorarlo, ovvero all’obbligo di
pagare il canone, libera il fondo dal diritto enfiteutico. Per cui il concedente può chiedere al giudice una
sentenza costituiva e chiedere la devoluzione ovvero l’estinzione del diritto e quindi la riespansione del
suo diritto di proprietà, questo quando l’enfiteuta è inadempiente ai suoi obblighi (ad esempio quando non
paga il canone per due anni)
Caratteristiche:
• È possibile alienare il diritto nei limiti del termine del diritto stesso
• Si prescrive per non uno ventennale

c) Usufrutto

L’usufrutto consiste nel diritto di godere della cosa altrui con l’obbligo, però, di rispettarne la destinazione
economica: ius utendi fruendi salva rerum substantia.
In tal senso l’usufruttuario ha:
- diritto: di utilizzare il bene, di goderne come fosse un proprietario => per cui si appropria dei frutti
naturali o civili (come il canone) prodotti dal bene.
Art. 984: “I frutti naturali e i frutti civili spettano all'usufruttuario per la durata del suo diritto.”
- ha il possesso della cosa (art. 1002) e deve perciò fare l’inventario dei beni che riceve in usufrutto, li
gestisce personalmente
Facoltà di godimento materiali uguali a quelle del proprietario, ma con delle limitazioni:
- diritto limitato nel tempo (ha durata temporanea): viene fissata una durata massima al termine della quale
bisogna restituire la cosa => usufrutto è infatti: o a termine o comunque non può eccedere la vita
dell’usufruttuario indipendentemente dalla durata pattuita
‣ nel caso di persone giuridiche, ovvero di un ente non personificato (ad es., un’associazione non
riconosciuta), la durata massima è fissata dalla legge in 30 anni
Art 979 : “La durata dell'usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario. L'usufrutto costituito a
favore di una persona giuridica non può durare più di trent’anni."
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- non è possibile mutare la destinazione economica della cosa, perché alla fine bisogna restituirlo al
legittimo proprietario
Art. 981: “L'usufruttuario ha diritto di godere della cosa, ma deve rispettarne la destinazione economica.
Egli può trarre dalla cosa ogni utilità che questa può dare, fermi i limiti stabiliti in questo capo.”

Il nudo proprietario :
- condizione di ridotta possibilità di godere del bene
- il nuovo proprietario dovrà rispettare l’usufruttuario
- se le riparazioni ordinarie sono a carico dell’usufruttuario, invece il nudo proprietario ha l’obbligo di far
fronte alle riparazioni straordinaria; ugualmente si ripartiscono anche i carichi fiscali con rinvio alle leggi
fiscali speciali

È possibile avere:
• Usufrutto congiunto => quando l’usufrutto viene attribuito a più soggetti, anche con diritto di
accrescimento a favore del più longevo dei contitolari, con conseguente non consolidazione dell’usufrutto
con la nuda proprietà fino a quando rimane in vita l’ultimo dei contitolari originari
• Usufrutto successivo => quello attribuito a più soggetti in via successiva alla morte dell’usufruttuario
precedente (si pensi, ad es., all’usufrutto costituito a favore di Tizio, con la previsione che, alla sua morte,
l’usufrutto spetterà a Caio)
• Usufrutto successivo improprio => quello in cui l’alienante a titolo oneroso di un bene se ne riserva
l’usufrutto, con la previsione che, alla sua morte, lo stesso competerà ad un terzo (o a più terzi
congiuntamente, ma non successivamente)

Usufrutto può essere ceduto nei limiti del diritto di usufrutto => art. 980 : “L'usufruttuario può cedere il
proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo.”
La durata dell’usufrutto nel caso di cessione : anche se ceduto la vita che rileva è quella del primo
usufruttuario. Quindi in questo caso se il nuovo usufruttuario muore ma il primo è ancora in vita allora
l’usufrutto non si estingue e eccezionalmente cadrà in successione, perché questo verrà meno solo alla morte
del primo usufruttuario.

Ha per oggetto qualsiasi tipologia di bene (mobile o immobile) ad escussione dei beni consumabili*.
* Se il godimento di beni consumabili viene attribuito a soggetto diverso dal proprietario, si avrà una
situazione che non coincide con quella dell’usufrutto; ma che si definisce quasi usufrutto.
Nel caso di cose deteriorabili e consumabili :

• se le cose sono deteriorabili (suscettibili di utilizzazione ripetuta anche se nel tempo con l’uso si
deteriorano) = si ha il diritto di servirsene con obbligo di restituzione nello stato in cui si torva dopo l’uso
(perché il deterioramento è insito nell’utilizzo)
Art. 996 “Se l'usufrutto comprende cose che, senza consumarsi in un tratto, si deteriorano a poco a poco,
l'usufruttuario ha diritto di servirsene secondo l'uso al quale sono destinate, e alla fine dell'usufrutto è
soltanto tenuto a restituirle nello stato in cui si trovano”
• se le cose sono consumabili (nel momento in cui vengono usati scompaiono) = si ha un quasi usufrutto
=> l’usufruttuario è come se acquistasse la proprietà piena del bene perché non potrà più restituire il bene
stesso => quindi c’è l’obbligo non di restituzione della cosa ma del valore della cosa consumata, c’è quindi
un successivo versamento di corrispettivo
Art. 995 “Se l'usufrutto comprende cose consumabili, l'usufruttuario ha diritto di servirsene e ha l'obbligo
di pagarne il valore al termine dell'usufrutto secondo la stima convenuta. Mancando la stima, è in facoltà
dell'usufruttuario di pagare le cose secondo il valore che hanno al tempo in cui finisce l'usufrutto o di
restituirne altre in eguale qualità e quantità.”

Modi di acquisto: attraverso


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• atto negoziale, ovvero dichiarazione di volontà (contratto o testamento)
• acquisto per usucapione, anche usufrutto può essere acquistato a titolo originario (ad es. se posseggo
immobile che ho in usufrutto per più di 20 anni posso usucapire l’usufrutto), in caso di beni mobili è
possibile anche acquisto vale titolo
• costituito per legge = prende il nome di usufrutto legale, nasce per legge solo per il fatto di essere genitori
di figli minori
Art 324 : “I genitori esercenti la responsabilità genitoriale hanno in comune l'usufrutto dei beni del figlio ,
fino alla maggiore età o all’emancipazione. I frutti percepiti sono destinati al mantenimento della famiglia
e all'istruzione ed educazione dei figli. Non sono soggetti ad usufrutto legale: 1) i beni acquistati dal figlio
con i proventi del proprio lavoro; 2) i beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera,
un'arte o una professione; 3) i beni lasciati o donati con la condizione che i genitori esercenti la
responsabilità genitoriale o uno di essi non ne abbiano l'usufrutto: la condizione però non ha effetto per i
beni spettanti al figlio a titolo di legittima.”
L’usufrutto legale è inalienabile (≠ da quello che è possibile) questo perché è parte integrante della
responsabilità genitoriale e quindi non può essere ceduto a terzi
Art 326 “L'usufrutto legale non può essere oggetto di alienazione, di pegno o di ipoteca nè di esecuzione
da parte dei creditori”
=> Fino a tempi relativamente recenti, il modo d’acquisto dell’usufrutto più diffuso è stato l’attribuzione di
tale diritto al coniuge superstite in sede di successione mortis causa al coniuge defunto: c.d. « usufrutto
uxorio ». La riforma del diritto di famiglia del 1975 ha, peraltro, eliminato siffatto istituto, contemplando, a
favore del coniuge superstite, non più il diritto di usufrutto su una quota dei beni relitti, bensì la proprietà
piena su una quota degli stessi .
Estinzione per: art. 1014 e seguenti
- prescrizione (20 anni)
- consolidazione, ovvero la riunione dell’usufrutto e proprietà nella stessa persona (c.d. confusione)
- il totale perimento della cosa su cui è costituito
- scadenza del termine o morte dell’usufruttuario
- abuso che l’usufruttuario faccia del suo diritto, alienando i beni o deteriorandoli o lasciandoli perire per
mancanza di ordinarie riparazioni
- rinunzia, che, se l’usufrutto ha ad oggetto beni immobili, deve essere fatta per iscritto ed essere trascritta
nei pubblici registri immobiliari
Art 1015 : se l’usufruttuario viola i suoi doveri (muta destinazione economica, lo deteriora, …) allora il nudo
proprietario può richiedere al giudice sentenza costitutiva che estingue l’usufrutto (come accadeva per la
devoluzione del fondo enfiteutico) : “L'usufrutto può anche cessare per l'abuso che faccia l'usufruttuario del
suo diritto alienando i beni o deteriorandoli o lasciandoli andare in perimento per mancanza di ordinarie
riparazioni”

d) Uso e abitazione

Sottospecie di usufrutto e ad esso in quanto compatibile si applica tutta la disciplina dell’usufrutto, come dice
art. 1026: “Le disposizioni relative all'usufrutto si applicano, in quanto compatibili, all'uso e all’abitazione.”

Differenze dall’usufrutto:
• Uso: diritto di usare un bene ma con un preciso limite quantitativo, nei limiti dei bisogni del titolare e della
sua famiglia => quindi se il bene produce più frutti, l’eccesso spetterà al nudo proprietario
=> differisce dall’usufrutto solo per quanto riguarda la misura, dal punto di vista quantitativo
• Abitazione: mantiene il limite quantitativo al quale si aggiunge limite qualitativo al tipo di godimento che
si può fare del bene, quindi possono essere oggetto di abitazione immobili che possono essere abitati
=> il diritto previsto è solo uno, ovvero quello di abitarlo, e questo nei limiti dei bisogni propri e della
famiglia

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I diritti d’uso e di abitazione possono sorgere anche ex lege: l’art. 540, comma 2, c.c. prevede infatti che, in
caso di morte del coniuge convivente, all’altro siano riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a
residenza familiare e di uso sui mobili che la arredano, se di proprietà del defunto o comuni.

Differenza di disciplina: non sono alienabili, ovvero cedibili a terzi, perché essendo parametrici ai bisogni
della famiglia e del titolare sono personali.
Art 1024 “I diritti di uso e di abitazione non si possono cedere o dare in locazione.”
Se questa è la regola generale, la giurisprudenza pone però l’attenzione sul fatto che con il consenso del nudo
proprietario sia possibile cederlo.

e) Servitù prediali

Sono il lato atipico dei diritti reali, perché il contenuto degli altri diritti è stabilito dal legislatore in modo
preciso, invece per la servitù il legislatore detta disciplina generale
Definite l’art 1027: “La servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l'utilità di un altro
fondo appartenente a diverso proprietario”.
Disciplina che non specifica il contenuto che è invece determinato o dalla legge o, più spesso, dal contratto
con cui si costituisce la servitù. Si tratta quindi di un diritto reale dal contenuto variabile che viene definito
da un peso imposto sopra un fondo (fondo servente) per l’utilità di un altro fondo (fondo dominante)
appartenente a diverso proprietario.

Quindi le caratteristiche :
- ci sia un rapporto tra fondi, un fondo diventa servente e viene sottoposto al peso e il vantaggio che ne
deriva va a vantaggio non di una persona ma di un altro fondo
- i due fondi devono appartenere a diversi proprietari
=> quindi se il proprietario del fondo dominante acquista anche la proprietà del fondo servente si estingue
la servitù
- i due fondi devono essere a distanza tale da consentire ad un fondo di trarre utilità dall’altro fondo, non
devono essere necessariamente vicini.
Ad esempio spesso un fondo (servente) viene attraversato dalla linea elettrica, il fondo dominante sarà
quello dove si ha la centrale elettrica (che può essere anche a chilometri di distanza).
L’utilità può essere anche quella di aumentarne la comodità o l’amenità del fondo dominante, e può
anche essere inerente all’utilizzazione industriale (es. la cava estrattiva che ottiene la servitù di poter
scaricare le acque reflue sul fondo del vicino, è possibile costruire una servitù per cui il fondo del
vicino viene asservito e il fondo dominante è quello dove si torva la cava => utilità attiene
all’utilizzo economico-industriale del fondo)

- La servitù non segue solo il fondo servente, per cui anche il nuovo proprietario sarà chiamato a
tollerare, ma riguarda anche il fondo dominante => diritto di sequela

=> Quindi ogni volta che si ha un vantaggio che non è per un fondo ma per una persona o quando il
proprietario dei due fondi è lo stesso, non si ha una servitù.
N.B. Le servitù aziendali non sono vere servitù, così come le servitù personali

Classificazione delle servitù:


Servitù positive e servitù negative
i) servitù positive (affermative): in cui il titolare del fondo dominante ha delle facoltà di godimento sul
fondo servente che devono essere tollerate dal proprietario del fondo dominante
(servitù di passaggio, di attingere acqua, di raccogliere legna dal bosco, …)

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ii) servitù negative si traduce in obblighi di non fare, il proprietario del fondo dominante non fa atti positivi
sul fondo servente
(servitù di non costruire, di non sopraelevare)
Quindi => il titolare del fondo servente non può mai essere tenuto ad una prestazione positiva: la
servitù non può consistere in un fare imposto al proprietario del fondo servente, il fondo servente
deve:
- limitarsi a tollerare che il proprietario del fondo dominante faccia qualcosa (ad un pati =
sopportare)
- oppure obbligo a non fare qualcosa (come ad es. la servitù di non costruire) e prendono il nome
di servitù negative
Secondo l’art 1030: “Il proprietario del fondo servente non è tenuto a compiere alcun atto
per rendere possibile l'esercizio della servitù da parte del titolare, salvo che la legge o il
titolo disponga altrimenti.”. Quindi se normalmente il proprietario del fondo servente deve solo o
tollerare o è obbligato a non fare, è però possibile che gli vengano imposte delle prestazioni
accessorie, ovvero che rendono più comodo e facile l’esercizio della servitù.

Servitù continue e servitù discontinue


i) servitù continue : non richiedono separati atti di esercizio del diritto
(es. tutte le servitù negative)
ii) servitù discontinue : si traducono in singoli separati atti di esercizio della servitù
(es. servitù di passaggio)

Servitù apparenti e non apparenti


i) apparenti : esistono sul fondo servente opere visibili e apparenti che denotano l’esistenza della servitù,
come ad es. la presenza di una servitù di passaggio con una strada evidente
ii) non apparente : non ci sono opere visibili e apparenti
es. tutte le servitù negative

Come si costituiscono: attraverso


- Servitù volontarie nascono => negozi giuridici: contratto o testamento ad effetti reali
- Servitù coattive nascono => coattivamente: il codice prevede delle servitù coattive => non sono costituite
per legge, ma si ha quando la legge in particolari circostanze, attribuisce il diritto di vedere costituita la
servitù. Ci sono infatti casi specifici tipici in cui proprietario del fondo ha il diritto di vedere costruire a
favore del proprio fondo la servitù nei confronti di un altro fondo.
Se il proprietario del fondo che si vuole servire si rifiuta di costituirla, si può andare dal giudice il quale
con una sentenza costitutiva obbliga coattivamente a sopportare la servitù sul fondo servente.
Art 1032 “Quando, in forza di legge, il proprietario di un fondo ha diritto di ottenere da parte
del proprietario di un altro fondo la costituzione di una servitù, questa, in mancanza di contratto,
è costituita con sentenza. Può anche essere costituita con atto dell'autorità amministrativa nei
casi specialmente determinati dalla legge. La sentenza stabilisce le modalità della servitù e determina
l’indennità dovuta. Prima del pagamento dell'indennità il proprietario del fondo servente può
opporsi all'esercizio della servitù.”
=> Es. l’acquedotto coattivo: bisogno di portare l’acqua al fondo per esigenze della vita o per utilizzo
agricolo del fondo; come previsto da art. 1033 : “Il proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi
alle acque di ogni specie che si vogliono condurre da parte di chi ha, anche solo temporaneamente, il
diritto di utilizzarle per i bisogni della vita o per usi agrari o industriali. Sono esenti da questa servitù le
case, i cortili, i giardini e le aie ad esse attinenti.”
=> Es. servitù di scarico coattivo
=> Es. servitù di passaggio coattiva, quando si ha un fondo che non ha un accesso diretto alla via
pubblica, o con grosse difficoltà ; come dice art. 1051
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- acquisto della servitù a titolo originario, regolate ad art. 1061-1062
- usucapione: con l’esercizio di fatto di potere sulla cosa, se il possesso viene prolungato nel tempo
(20 anni in quanto si tratta di immobili, salvo casi di usucapione abbreviata), al termine del periodo
si acquista il diritto di servitù. Questo però solo se le servitù sono apparenti, ci sono segni che
dimostrano al presenza della servitù
Ad esempio se si continua ad attingere acqua al fondo del vicino che non dice nulla per 20 anni
allora al termine degli anni si acquisisce la servitù
- destinazione del padre di famiglia:
Quando ci sono due fondi che appartengono ad uno stesso proprietario e uno viene asservito all’altro
con opere visibili e permanenti (requisito che sia una servitù apparente), in questo caso si è asservito
ma siccome il proprietario è unico non c’è nessuna servitù; ma se i due fondi cessano di appartenere
allo stesso proprietario (uno viene venduto, o il proprietario muore e gli eredi li dividono) in quel
momento si costituisce la servitù. Questo se non c’è disposizione diversa del proprietario.

Estinzione
- nel caso in cui venga meno il bene ad oggetto
- scadenza del termine
- prescrizione : se titolare della servitù non esercita il suo diritto per 20 anni questo si estingue per
prescrizione estintiva.
Gli anni cominciano a decorrere, secondo art. 1073:
- dal giorno in cui si è cessato di esercitare la servitù
- se si tratta di servitù negativa o di servitù per il cui esercizio non è necessario il fatto dell'uomo,
il termine decorre dal giorno in cui si è verificato un fatto che ne ha impedito l’esercizio
- nel caso di servitù che si esercitano a intervalli, il termine decorre dal giorno in cui la servitù
si sarebbe potuta esercitare e non ne fu ripreso l’esercizio

A cavallo tra i diritti di debito-credito (obbligazioni) e i diritti reali:


oneri reali (obbligazioni propter rem)

Impone a chi si trova ad essere proprietario di un bene o di un diritto reale di compiere certe prestazioni.
Il debitore è il soggetto che si trova ad essere proprietario di un diritto reale sul bene e in quanto tale è tenuto
a delle obbligazioni. Quindi se ad un certo punto si trasferisce il diritto reale anche il nuovo titolare sarà
obbligato alle stese prestazioni.
Sono quindi come delle obbligazioni che gravano e vincolano una persona, ma quella prestazione la si può
chiedere a chiunque si troverà anche in seguito ad essere proprietario del bene gravato da quel diritto reale.
Hanno quindi il diritto di seguito proprio dei diritti reali, si parla di obbligazioni ambulatorie.
Sono solo quelli previsti nel codice, i privati non possono quindi crearne di nuovi.
Queste si hanno ad esempio quando: se c’è muro comune entrambi i proprietari del fondo devono contribuire
alle spese di manutenzione del muro, se si vende la propria proprietà il nuovo proprietario sarà obbligato a
continuare a contribuire alla manutenzione.

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15. LA COMUNIONE E IL CONDOMINIO

LA COMUNIONE
È possibile che il diritto del proprietario venga limitato non da un diritto reale minore ma da un omologo
diritto di proprietà riconosciuto a qualcun altro. In questo caso non si ha più la pienezza del diritto di
proprietà o del diritto reale, questo perché ci sono più soggetti che hanno lo stesso diritto reale sullo stesso
bene, ne consegue che il diritto di ciascuno sarà ridotto di una quota aritmetica (= è la misura della
partecipazione alla comunione e le diverse quote si presumono uguali, se non previsto diversamente) per
consentire a tutti di trarre utilità dal proprio diritto = comunione. Il concorso dei partecipanti con vantaggi e
pesi nella comunione è in proporzione delle rispettive quote, e se uno dei proprietari rinuncia poi alla
proprietà, la quota degli altri si ristende.
Art 1100 “Quando la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone, se il titolo o la legge
non dispone diversamente, si applicano le norme seguenti.”

Situazione di comproprietà
Come si crea:
- comunione volontaria : nasce dalla volontà dei privati : più soggetti acquistano in comune un bene o
mettono in comune beni che prima erano di proprietà esclusiva => nasce da un negozio giuridico
Tale comunione può poi sempre essere sciolta
- comunione incidentale : nasce senza volontà, ma si ha sempre il diritto di chiedere la divisione (o con
contratto di divisione in cui si formano lotti divisionali ognuno dato a proprietà esclusiva ad ogni erede;
oppure si va dal giudice proponendo una divisione giudiziale).
Caso: comunione ereditaria, gli eredi si trovano ad essere comproprietari dei beni che si trovano nell’asse
ereditario
- comunione forzosa : non c’è quindi una volontà ma viene imposta dalla legge, scaturisce dall’esercizio di
un diritto potestativo da parte di uno dei futuri contitolari per cui non è possibile chiedere la divisione
es. 1 c’è un muro e quando si costruisce in appoggio il muro diventa comune e non è possibile chiedere la
divisione; es. 2 nel condominio dove ogni condomino ha una proprietà esclusiva sull’appartamento ma
simultaneamente è comproprietario delle parti comuni dell’edificio e non è possibile chiedere una
divisione (=> unico caso consentito dalla legge è il riscaldamento condominiale, è possibile chiedere di
staccarsi dal riscaldamento condominiale e dotarsi di un riscaldamento autonomo, ma comunque bisogna
continuare a contribuire alle spese della caldaia condominiale)
- comunione legale tra coniugi : quando due soggetti si sposano, questi sono per legge in comunione legale
e se non vogliono che questo si verifichi contestualmente all’atto di matrimonio si sottoscrive convenzione
di separazione dei beni

Godimento e la disposizione del bene comune


Il diritto di ogni comproprietario viene compresso dal fatto che sullo stesso bene ci sono altri che hanno un
analogo diritto di proprietà, in tal senso il codice interviene a disciplinare come deve avvenire il godimento e
la disposizione del bene comune.
Godimento => art. 1102 “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri
la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal
fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.
Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non
compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.”
Ciascuno:
A) può usare il bene comune, MA :
(i) non può impedire che gli altri lo utilizzino allo stesso modo; quando non è possibile bisogna
trovare il modo per far si che tutti i comproprietari traggano utilità dal bene comune (ad esempio

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ne usufruisce solo uno che paga un canone agli altri, oppure si decide di darlo in godimento a
qualcun altro e pois i ripartiscono il canone di allocazione)
(ii) non ne deve alterare la destinazione
Rispettati detti limiti, l’utilizzo che il singolo fa della cosa comune non deve essere necessariamente
proporzionato alla quota a ciascuno spettante: se gli altri contitolari non lo utilizzano, anche chi possiede
una quota minima può fruire del bene in tutta la sua estensione.
B) può fare suoi i frutti che dovranno essere ripartiti in ragione della quota
C) deve poi contribuire nelle spese necessarie in proporzione alla sua quota (questo considerato un caso di
obbligazione propter rem).
Disposizione => art. 1103 “Ciascun partecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri
il godimento della cosa nei limiti della sua quota.”
Per cui ciascun comproprietario può disporre della propria quota, ad es. alienandola, costituendola in
usufrutto, ipotecandola.
È possibile vendere il diritto sull’intero nei limiti della propria quota, quindi ciascuno nei limiti della propria
quota può disporre del bene come desidera. Se invece si vuole disporre dell’intero bisogna avere il consenso
di tutti i partecipanti, secondo il principio dell’unanimità, quindi in questo caso cambia il diritto di disporre.

Amministrazione e gestione del bene comune


Regolato agli art. 1105 e ss: “Tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell'amministrazione della cosa
comune. Per gli atti di ordinaria amministrazione le deliberazioni della maggioranza dei partecipanti,
calcolata secondo il valore delle loro quote, sono obbligatorie per la minoranza dissenziente. Per la validità
delle deliberazioni della maggioranza si richiede che tutti i partecipanti siano
stati preventivamente informati dell'oggetto della deliberazione. Se non si prendono i provvedimenti
necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se
la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria.
Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.”

=> se quindi tutti hanno il diritto di concorrere all’amministrazione della cosa comune, non è però richiesto,
per l’adozione delle relative deliberazioni, il consenso di tutti: infatti assai spesso, specie quando la
comunione è fra molte persone, queste non riuscirebbero a mettersi d’accordo, con pregiudizio per la
conservazione della cosa. Perciò il codice prevede che le deliberazioni relative all’amministrazione del bene
comune vengano adottate in base al c.d. principio di maggioranza, che si calcola non già in relazione al
numero dei partecipanti, bensì con riferimento al valore delle rispettive quote.

In particolare modo:
• la gestione ordinaria del bene : deve essere deliberata dalla maggioranza dei partecipanti tenendo conto del
valore delle quote di ciascuno
• la gestione straordinaria e per le innovazioni (art. 1108): serve la maggioranza qualificata, ovvero dei
partecipanti che rappresenti almeno i 2/3

È possibile imputare davanti all’autorità giudiziaria le decisioni prese dalla maggioranza qualora lo ritenesse
necessario => Art 1109 : “Ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente può impugnare davanti
all’autorità giudiziaria le deliberazioni della maggioranza:
1) nel caso previsto dal secondo comma dell'articolo 1105, se la deliberazione è gravemente
pregiudizievole alla cosa comune;
2) se non è stata osservata la disposizione del terzo comma dell'art. 1105;
3) se la deliberazione relativa a innovazioni o ad altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione è in
contrasto con le norme del primo e del secondo comma dell'art. 1108.”

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Il legislatore vede questo stato con un certo sfavore perché la comunione:
- va a comprimere le utilità che il proprietario trae
- va a gravare l’immobile che sarà meno commerciabile
Quindi favorisce la divisione dei beni altrui => Art. 1111, per cui ognuno:
- ha sempre il diritto di chiedere la divisione e di avere, se pur di una proporzione, la proprietà esclusiva
(con contratto se c’è il consenso di tutti (contratto di divisione) o andando dal giudice arrivando ad una
divisione giudiziale)
- vieta che le parti possano convenzionalmente vincolarsi a rimanere in comunione per un tempo superiore
ai dieci anni (c.d. patto di indivisione) e l’eventuale indivisibilità non preclude lo scioglimento della
comunione: il bene, in- fatti, può essere alienato a terzi, ovvero assegnato ad uno dei contitolari

Applicazioni della comunione:


CONDOMINIO
Art. 1117 e seguenti : si ha quando in un medesimo edificio coesistono più unità immobiliari di proprietà
esclusiva di singoli condomini e parti comuni strutturalmente e funzionalmente connesse al complesso delle
prime.
Per il fatto stesso di avere la piena proprietà dell’appartamento il proprietario si trova in una situazione di
comproprietà delle parti comuni, quindi coniuga la proprietà esclusiva delle singole proprietà immobiliari
insieme alla comproprietà delle parti comuni a tutti e che servono tutte le unità immobiliari. Le parti comuni:
- tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune
- le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune (ad es. la portineria)
- le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune (ad es. gli ascensori)
La comproprietà è una comunione forzosa a cui il singolo non può sottrarsi e che quindi non può essere
sciolta (art. 1118: diritti dei partecipanti sulle parti comuni).
Per questo il condomino:
- non può sottrarsi al contributo delle spese per la conservazione delle parti comuni
Le spese condominiali vengono ripartite: art. 1123 “Le spese necessarie per la
conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per
la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla
maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della
proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione”
=> quindi si contribuisce alle spese in ragione della quota calcolata in millesimi
Ma nel comma 2 “Se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le
spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne. Qualora
un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una
parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del
gruppo di condomini che ne trae utilità.”
=> se ci sono impianti o servizi comuni che soddisfano i condomini in misura diversa, allora
la spesa sarà proporzionata all’uso che ciascuno ne fa
- può rinunciare all'utilizzo dell'impianto centralizzato di riscaldamento o di condizionamento (se dal suo
distacco derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini, resta
tenuto a concorrere al pagamento delle sole spese per la manutenzione straordinaria, ovvero per le
spese fisse)
- può, sempre nei limiti appena indicati, apportare alle parti comuni modificazioni funzionali ad un
miglior godimento della propria unità immobiliare
- non può disporre (ad es. alienandole) delle parti comuni nella loro totalità
- non può, nell’unità immobiliare di proprietà esclusiva, eseguire opere che rechino danno alle parti
comuni, ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico
dell’edificio

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Organi del condominio sono:
- l’assemblea (obbligatoria quando i condomini sono >8) = organo collegiale di cui fanno parte tutti i
condomini, che nomina o revoca l’amministratore, approva i bilanci proposti dall’amministratore, delibera
tutti gli atti di amministrazione ordinaria e straordinaria delle parti comuni. Le deliberazioni assembleari
sono assunte, in prima convocazione, con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli
intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio; in seconda convocazione, con un numero di voti
che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno un terzo del valore dell’edificio. Delle
deliberazioni assembleari si deve redigere un verbale, da trascriversi nel relativo registro tenuto
dall’amministratore e le deliberazioni assunte dall’assemblea sono vincolanti per tutti i partecipanti al
condominio. Peraltro i condomini assenti all’assemblea ovvero dissenzienti od astenuti rispetto ad una
determinata deliberazione possono impugnarla davanti all’autorità giudiziaria, se contraria alla legge o al
regolamento condominiale: c.d. « deliberazione annullabile ».
- l’amministratore di condominio = nominato dall’assemblea e la cui carica dura 1 anno ma che può essere
revocato in ogni tempo dall’assemblea stessa, è rappresentante di tutti i condomini, soggetto che da
esecuzione alle delibere dell’assemblea, redige il bilancio delle spese e rappresenta il condominio
all’estero sia nell’attività negoziale sia nei processi proposti e promossi dal condominio o contro lo stesso.

Regolamento condominiale
art 1138 “Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un
regolamento, il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo
i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e
quelle relative all’amministrazione”
= insieme delle norme circa l’uso delle cose comuni, la ripartizione delle spese, la tutela del decoro
dell’edificio, l’amministrazione del condominio, che i condomini devono rispettare (quando i condomini
sono più di 10). Al regolamento deve poi essere allegata una tabella millesimale che indica, espresso in
frazione millesimale, il rapporto proporzionale fra il valore della singola unità immobiliare di proprietà
esclusiva e quello dell’intero edificio.
Per le infrazioni al regolamento può essere dal medesimo pre- visto, a titolo di sanzione, il pagamento di una
somma fino ad € 200,00 e, in caso di recidiva, fino ad € 800,00: somme destinate alle spese ordinarie di
gestione condominiale

≠ regolamento contrattuale che va anche ad incidere sulle prerogative proprietarie sul singolo
appartamento, creando dei vincoli reali sull’appartamento della proprietà esclusiva (se sono obblighi di non
fare, allora saranno delle servitù; se sono invece attività positive richieste al proprietario si parla di oneri
reali). Questo regolamento, in quanto incide sulla proprietà del singolo, deve essere approvato da tutti e deve
essere trascritto nei pubblici registi e sarà costitutivo o di servitù o di oneri reali.

Il supercondominio
Nell’ipotesi in cui una pluralità di edifici, costituiti in distinti condomini, siano legati tra loro dall’esistenza
di alcune cose e/o impianti e/o servizi comuni in rapporto di accessorietà rispetto a ciascuno dei condomini
stessi, si ha quello che viene comunemente denominato «supercondominio». Secondo la giurisprudenza al
supercondominio sono applicabili:
a) le norme dal codice dettate in tema di condominio, per quanto riguarda le parti ed i servizi
necessari ovvero oggettivamente e stabilmente destinati all’uso ed al godimento di tutti gli edifici,
costituiti in altrettanti condomìni
b) le norme dal codice dettate in tema di comunione, per quanto riguarda altre eventuali strutture che
siano invece dotate di una propria autonoma utilità

La multiproprietà
particolare forma di comproprietà in cui si prevede la proprietà ma solo per un determinato e normalmente
invariabile periodo di ogni anno, per cui si ha la possibilità di godere del bene per una dato tempo specifico.
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Nel regolamento della comunione si prevede un godimento turnario del bene, vincoli che sono opponibili ai
terzi (quindi se l’appartamento viene venduto anche chi acquista è tenuto a rispettare medesimi vincoli di
godimento).
Unico provvedimento normativo risale agli anni 70, confluito poi nel codice del consumo (decreto del 2005,
oggi nel codice del consumo negli articoli tra 69 e 80) che comprende una serie di previsioni principalmente
volte, da un lato, a garantire che chi effettua un acquisto in multiproprietà sia pienamente consapevole e a
conoscenza dei termini dell’operazione che va a stipulare e, conseguentemente, presti un consenso
consapevole ed informato e, da altro lato, a tutelare il consumatore contro il rischio di possibili scorrettezze
del professionista nell’esecuzione del contratto (=> mira a tutelare il consumatore, senza definire però la
multiproprietà)

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16. IL POSSESSO

Non è un diritto ma una situazione di fatto, art. 1140: “Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in
un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente
o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa.”
È bene fare una distinzione tra « ius possessionis » e « ius possidendi »:
a) il primo designa l’insieme dei vantaggi che il possesso, di per sé, genera a favore del possessore
(commoda possessionis);
b) il secondo designa la situazione di chi ha effettivamente diritto a possedere il bene: diritto che
implica il potere di rivendicare il bene stesso presso chiunque lo possieda
Il legislatore non attribuisce identica rilevanza a tutte le situazioni di fatto che comportano l’esercizio di un
potere su di un bene, per cui occorre distinguere fra:
- possesso pieno = si ha la disponibilità materiale della cosa e la volontà di comportarsi, con riferimento al
bene, come proprietario, ad esclusione di qualsiasi altro
- detenzione = si ha la disponibilità materiale della cosa e la volontà del soggetto di godere e disporre del
bene, ma nel rispetto dei diritti che, sul medesimo bene, riconosce spettare ad altri.
In tal senso si può detenere nel proprio interesse (tenere la cosa con l’idea di servirsene, come l’inquilino
di una casa in affitto) oppure nell’interesse altrui per ragioni di servizio o in modo occasionale (meccanico
che tiene la macchina per ripararla)
- possesso mediato = quando la disponibilità materiale del bene compete al detentore
Il possesso si distingue poi in:
a) possesso legittimo, che si ha quando il potere di godere e disporre del bene è esercitato
dall’effettivo titolare del diritto di proprietà
b) possesso illegittimo, che si ha quando il potere di godere e disporre del bene è esercitato, di fatto,
da una persona diversa dall’effettivo titolare del diritto di proprietà. In questo caso ci può essere:
[Distinzione tra buona e mala fede art. 1147: “è possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l'altrui
diritto. La buona fede non giova se l'ignoranza dipende da colpa grave. La buona fede è presunta e basta che vi
sia stata al tempo dell’acquisto.”]

(i) possesso (illegittimo) di buona fede => il possessore ha acquisito la materiale disponibilità
del bene, ignorando di ledere l’altrui diritto, sempreché detta ignoranza non dipenda da sua
colpa grave. Si tratta quindi di un soggetto che non ha il diritto ma è convinto di essere il
vero proprietario (ad es. colui che ha comperato un bene non sapendo che il contratto ha un
vizio di validità)
(ii) possesso (illegittimo) di mala fede => che si ha quando il possessore ha acquisito la
materiale disponibilità del bene, conoscendo il difetto del proprio titolo d’acquisto
Due sono i requisiti perché si abbia possesso vero e proprio:
• situazione di fatto di detenzione di una cosa a seguito di apprensione => disponibilità materiale sul bene,
quindi presenza di un effettiva disponibilità materiale della cosa
• volontà e convinzione di essere i veri proprietari del bene (c.d. animus possidendi)
Questi due elementi distinguono il possesso dalla semplice detenzione => il detentore è un soggetto che
dispone materialmente della cosa ma non ha l’animus possidendi, ovvero riconosce che il bene appartiene a
qualcun altro.

Passaggio da semplice detentore a possessore


Se un soggetto si trova in una relazione fattuale con la cosa il codice presume che lui sia un possessore non
solo un detentore. Posto che si è invece in un caso effettivo di detenzione perché il soggetto riconosce che la
proprietà è di qualcun altro, può diventare possessore => si parla di interversione del possesso (quando il
detentore acquista il possesso), questo in due casi : secondo comma 1141 “Se alcuno ha cominciato ad avere
la detenzione, non può acquistare il possesso finchè il titolo non venga a essere mutato per

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causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore. Ciò vale anche per
i successori a titolo universale.”
• quando un terzo soggetto dall’esterno cambia il titolo/contratto in base al quale si sta disponendo
materialmente di quel bene
• viene fatto atto di opposizione dove manifesto che non si ha più l’intenzione di riconoscere che il bene è di
qualcun altro

Acquistare il possesso
Può avvenire:
• in modo originario => con l’apprensione della cosa contro o senza la volontà di un eventuale precedente
possessore
- passando da detentori a possessori
- quando si prende un bene che non è nel possesso di nessuno
• in modo derivativo => con la consegna (c.d. traditio), materiale o simbolica (ad es., consegna di un
apparta- mento mediante consegna delle chiavi), del bene da parte del precedente al nuovo possessore
Quando i beni non si muovono: si ha =>
• traditio brevi manu => non c’è un vero passaggio di mano del bene (si è dato in locazione l’appartamento
all’inquilino e poi in un secondo momento glielo si vende) = si acquista il possesso senza un vero
passaggio del bene che era già nelle mani di colui che detiene il bene stesso, acquista il possesso dal
proprietario possessore e il detentore diventa il nuovo proprietario
• costituto possessorio => il soggetto che prima era possessore, perde il possesso, ma diventa detentore (ad
es. il soggetto vende l’appartamento ad un altro il quale contestualmente glielo da in detenzione)

La differenza tra successione e accessione nel possesso :


Art. 1146 dice che il possesso, alla morte del possessore, continua in capo al suo successore a titolo
universale, per cui i successori sono coloro che a titolo universale intervengono o nell’intero patrimonio o in
una quota dello stesso. Si può pero avere anche una successione a titolo particolare => quando i legatari (non
eredi) succedono solo in specifici diritti (non in tutto il patrimonio), in questi casi si parla di accessione del
possesso.
=> l’erede quando accetta l’eredità continua il possesso del defunto, quando si subentra nel diritto
l’acquirente inizia un possesso nuovo, se però è utile unire al proprio il possesso del precedente titolare
questo è possibile. Se infatti il possesso del precedente titolare era di malafede conviene considerare il
proprio possesso come ex novo, se invece può essere utile è possibile unirlo. Si tratta di una scelta
discrezionale.

Effetti giuridici
Il possesso produce degli effetti giuridici (art. 1148 e ss), chi si trova nella relazione materiale con il bene si
torva in una situazione di fatto ma che produce anche effetti giuridici. Tali effetti:
- diritto ai frutti nel momento in cui restituisca la cosa al proprietario => poniamo che ci sia un possessore
che detiene il bene mentre la proprietà spetta a qualcun altro
art. 1148 “Il possessore di buona fede fa suoi i frutti naturali separati fino al giorno
della domanda giudiziale e i frutti civili maturati fino allo stesso giorno. Egli, fino alla restituzione della
cosa, risponde verso il rivendicante dei frutti percepiti dopo la domanda giudiziale e di quelli che avrebbe
potuto percepire dopo tale data, usando la diligenza di un buon padre di famiglia.”
La disciplina dei frutti cambia in base a che i frutti siano di buona o mala fede:
- Se il possessore è di buonafede, finché non viene chiesta in giudizio la restituzione del bene i frutti
spettano al possessore, nel momento in cui viene fatta una domanda giudiziale di restituzione non si
può dire di essere in buonafede, si diventa di malafede e quindi, se i frutti acquisiti fino a quel
momento rimangono a lui, quelli da quel punto vanno al possessore

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- al contrario nel caso del possessore di malafede che sa di utilizzare un bene che è di proprietà di
qualcun altro (ladro), se il bene produce frutti, i frutti spettano al proprietario e quindi dovrà
restituirli tutti.
Se però sono state sostenute delle spese il proprietario le deve restituire, perché altrimenti si arricchirebbe.
Se il possessore ha fatto delle riparazioni straordinarie del bene, il codice dice che il possessore, anche se
di malafede, ha il diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie.
La disciplina cambia in base a che sia in buona o mala fede:
- se si è migliorato il fondo in buona fede si ha diritto ad un indennizzo pari all’aumento di valore
- se invece il possessore è di malafede ha il diritto alla minor somma tra l’importo della somma e
l’aumento del valore.
- diritto di ritenzione per il possessore di buona fede se il proprietario rivendicante non paga le indennità per
riparazioni, miglioramenti ed addizioni => al possessore purché sia in buona fede, e solo int uesto caso, è
riconosciuto il diritto di ritenzione se il proprietario rivendicante non paga le indennità per riparazioni,
miglioramenti e addizioni.
Art. 1152 : “Il possessore di buona fede può ritenere la cosa finchè non gli siano corrisposte le indennità
dovute, purché queste siano state domandate nel corso del giudizio di rivendicazione e sia stata fornita
una prova generica della sussistenza delle riparazioni e dei miglioramenti.” Può rifiutarsi di restituirla al
proprietario finche non gli vengano rimborsati i costi che ha sostenuto, si tratta di una forma di garanzia in
modo tale da rendere il possessore di buona fede più sicuro.

Le azioni in giudizio a tutela del possesso


Sono due e prendono il nome di azioni possessorie e tutelano il semplice stato di fatto del possesso, lo status
di possessore indipendentemente dal diritto sottostante, perché il legislatore vuole tutelare chi ha una
relazione di fatto con il bene (art. 1168 e 1170).
1. azione di reintegrazione
risponde all’esigenza di garantire a chi possiede un bene una sollecita tutela giudiziaria,
indipendentemente dalla prova che sullo stesso gli spetti un diritto; ed è volta a reintegrare nel possesso
del bene chi sia rimasto vittima di uno spoglio violento o clandestino.
“Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può, entro l'anno dal sofferto spoglio,
chiedere contro l'autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo. L'azione è concessa altresì a
chi ha la detenzione della cosa, tranne il caso che l'abbia per ragioni di servizio o di ospitalità. Se
lo spoglio è clandestino, il termine per chiedere la reintegrazione decorre dal giorno della scoperta dello
spoglio. La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice notorietà del fatto, senza dilazione.”
Az. di reintegrazione nel caso di spoglio violento o clandestino, che si prescrive in tempo rapido (1 anno)
(se spoglio clandestino da un anno dalla scoperta) e si ha diritto ad andare dal giudice e chiedere la
condanna dello spogliante a restituire il bene, con anche eventualmente il risarcimento dei danni.
L’azione di reintegrazione è esperibile solo quando lo spoglio risulti accompagnato dall’animus
spoliandi, cioè dalla coscienza e volontà del suo autore di compiere l’atto nella consapevolezza di ledere,
con ciò, la posizione del possessore.
2. azione di manutenzione
Disciplina art. 1170
si può proporre quando non si viene spogliati del bene ma si subiscono molestie o turbative, quindi il
bene si continua a possedere ma qualcun altro continua a possederne in modo libero perché pretende
anche lui di utilizzare quel bene, oppure quando c’è uno spoglio non violento ne clandestino. Si può
quindi chiedere la restituzione utilizzando l’azione di manutenzione:
• reintegrare nel possesso del bene chi sia stato vittima di uno spoglio non violento né clandestino
• far cessare le « molestie » o le « turbative » di cui sia stato vittima il possessore
salvo risarcimento danni.
Quest’azione ha un ambito di applicazione soggettivo e oggettivo più ristretto dell’azione di spoglio, infatti
non spetta a qualsiasi possessore: si può proporre tale azione solo per i beni immobili e per le universalità
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immobili, non può inoltre essere proposta da qualsiasi possessore ma solo da colui che ha avuto un
possesso consolidato (se subisce delle molestie o spoglio non violento deve aspettare un anno, quando il
possesso si consolida nelle mani del ladro per un anno ed è continuo, non violento o clandestino).
Il possesso dei beni pubblici, del demanio o del patrimonio indisponibile, perché art. 1145 :
“Il possesso delle cose di cui non si può acquistare la proprietà è senza effetto. Tuttavia
nei rapporti tra privati è concessa l'azione di spoglio rispetto ai beni appartenenti al pubblico demanio e
ai beni delle provincie e dei comuni soggetti al regime proprio del demanio pubblico. Se trattasi di
esercizio di facoltà, le quali possono formare oggetto di concessione da parte
della pubblica amministrazione, è data altresì l'azione di manutenzione.”

Per il detentore, soggetto che non ha animus possidendi:


1. l’azione di spoglio è concessa anche a chi detiene nel proprio interesse “L'azione è concessa altresì a chi
ha la detenzione della cosa, tranne il caso che l'abbia per ragioni di servizio o di ospitalità.” : detentore
che detengono per ragioni di servizio o di ospitalità (ovvero occasionale), in quel caso al detentore non
spetta l’azione di spoglio ma solo se la detenzione è nel proprio interesse. Infatti se il detentore detiene
nel proprio interesse per godere lui del bene, se viene spogliato dal bene, può citare in giudizio lo
spogliante con l’azione di spoglio, se invece detiene nell’interesse altrui in quel caso deve rivolgersi al
possessore, non può citare in prima persona ma deve rivolgersi al proprietario possessore e sarà lui ad
agire contro il terzo.
2. l’azione di manutenzione non spetta mai al semplice detentore che non può in prima persona reagire ma
deve sempre dirlo al proprietario possessore che sarà lui ad agire con l’azione di manutenzione
Eccezione : Art. 1585 “Il locatore è tenuto a garantire il conduttore dalle molestie che diminuiscono l'uso o
il godimento della cosa, arrecate da terzi che pretendono di avere diritti sulla cosa medesima. Non è tenuto a
garantirlo dalle molestie di terzi che non pretendono di avere diritti, salva al conduttore la facoltà di agire
contro di essi in nome proprio.” => nelle locazioni c’è una norma che deroga le regole generali dette,
eccezionalmente nella disciplina delle locazioni l’inquilino, che è un detentore, può in prima persona reagire
a molestie o turbative di fatto arrecate da terzi.

Azioni di nunciazione => azioni previste dal codice a tutela sia del proprietario che del possessore
indifferentemente , queste hanno finalità tipicamente cautelare, in quanto mirano a prevenire un danno o un
pregiudizio che può derivare da una nuova opera o dalla cosa altrui, in attesa che successivamente si accerti
il diritto alla proibizione

1. denunzia di nuova opera art. 1171 “Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il
possessore, il quale ha ragione di temere che da una nuova opera, da altri intrapresa sul proprio come
sull'altrui fondo, sia per derivare danno alla cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso,
può denunziare all'autorità giudiziaria la nuova opera, purché questa non sia terminata e non
sia trascorso un anno dal suo inizio.” (Es. il vicino inizia delle opere sul suo fondo e il vicino teme che
da qual lavoro possano derivare dei danni)
danno temuto => il proprietario o il possessore può andare dal giudice con la denuncia di nuova opera ad
eccezione che questa non sia terminata e non sia trascorso 1 anno dal suo inizio. Il giudice:
- valuta la questione in modo sommario ed emette un provvedimento di urgenza cautelare, con cui o
consente la prosecuzione dei lavori ma obbliga il costruttore a versare una somma di denaro per
risarcire i danni eventualmente subiti se questi si verificano; oppure blocca i lavori e chiede una
cauzione a chi ha fatto al denuncia per, in caso, risarcire chi aveva iniziato i lavori
- fase di merito : nominati consulenti, perizie, ognuno introduce le prove a suo carico e a suo
vantaggio
Arrivando ad una sentenza con la quale, in modo definitivo, o si accerta la prosecuzione oppure se ritiene
che i pericoli ci siano, condanna a cessare l’opera, oltre che a risarcire gli eventuali danni subiti dal
denunciante

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2. denunzia di danno temuto art. 1172 => si teme di ricevere danno di una cosa che già c’è nella proprietà
del vicino, per cui il giudice dispone i provvedimenti necessari per ovviare il pericolo e, se del caso,
impone un’idonea garanzia per gli eventuali danni
“Il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, il quale ha ragione di
temere che da qualsiasi edificio, albero o altra cosa sovrasti pericolo di un danno grave e prossimo alla
cosa che forma l'oggetto del suo diritto o del suo possesso, può denunziare il fatto
all'autorità giudiziaria e ottenere, secondo le circostanze, che si provveda per ovviare al pericolo.
L'autorità giudiziaria, qualora ne sia il caso, dispone idonea garanzia per i danni eventuali.”

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I DIRITTI DI CREDITO
17. IL RAPPORTO OBBLIGATORIO (OBBLIGAZIONI)

= è un rapporto giuridico tra due soggetti, tale per cui un soggetto (debitore) è tenuto ad una
determinata prestazione patrimoniale per soddisfare l’interesse di un altro soggetto (creditore) il quale
ha il diritto di pretendere quel comportamento anche in via coattiva (tale pretesa prende il nome di
diritto di credito).
Infatti se al debitore fa capo una determinata obbligazione, al creditore fa capo il correlativo diritto di
credito. Quest’ultimo è :
- personale = ovvero diritto nei confronti di una persona (≠ dal diritto sulla cosa), affinché questa esegua
una data prestazione:
> prestazione di dare
> prestazione di fare
> prestazione di non fare
> prestazione di contrattare
- relativo = non assoluto, perché la pretesa di credito si ha solo nei confronti di 1/+ soggetti determinati
(creditore)
Eccezione : diritto di credito che nasce da un contratto di locazione => che attribuisce un diritto
personale di godimento e c’è una norma speciale che afferma che se l’appartamento viene venduto,
anche il nuovo proprietario deve rispettare il contratto di allocazione (l’eccezione sta nel fatto che
essendo un diritto relativo non dovrebbe avere il diritto di seguito come i diritti assoluti, ma tale
diritto di credito lo ha)

Quindi il diritto di credito si differenzia dal diritto reale


=> mentre il diritto reale è un diritto sulla cosa, caratterizzato dai connotati dell’« immediatezza » e
dell’« assolutezza » , il diritto di credito è invece un diritto nei confronti di un singolo soggetto
obbligato ad una determinata prestazione

A differenza dei diritti reali, i diritti di credito non sono suscettibili di possesso e quindi non possono
nemmeno essere acquistati a titolo originario. Questi infatti nascono da altre fonti: (Art. 1173)
• contratto => dal punto di vista degli effetti che producono, si distinguono in:
- contratto ad effetti reali: ha come effetto la nascita di obbligazioni e il trasferimento della proprietà di
un bene tra soggetti, la costituzione o il trasferimento di diritti reali minori o di altri diritti
- contratti ad effetti obbligatori: ha come unico effetto la nascita di obbligazioni
• fatto illecito => obbligazione di risarcire il danno
• ogni altro atto o fatto idoneo a produrle secondo la legge
- atto = ogni negozio giuridico diverso dal contratto (ad es. testamento)
- fatto = tutti gli altri atti giuridici in senso stretto (comportamenti umani, non dichiarazioni di volontà
negoziali, che se compiuti in modo cosciente e volontario producono effetti giuridici
automaticamente, per volontà della legge)
sono quelli regolati agli art. 2033 e ss: gestione di affari altrui, il pagamento dell’indebito

18. GLI ELEMENTI DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO

Struttura => elementi costitutivi:


- soggetti : debitore (lato passivo), creditore (lato attivo) => che devono essere necessariamente determinati
con precisione
- oggetto : prestazione dovuta che deve avere determinate caratteristiche regolate all’art 1174
“La prestazione che forma oggetto dell'obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e

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deve corrispondere a un interesse, anche non patrimoniale, del creditore.”
Due requisiti : la prestazione
1. deve essere sempre una prestazione economicamente valutabile (patrimoniale)
=> questo la distingue dagli obblighi che invece vengono previsti nell’ambito del diritto di
famiglia e che sono doveri giuridici che non hanno contenuto patrimoniale (come ad es.
l’obbligo di coabitazione, di fedeltà tra i coniugi)
2. deve soddisfare un interesse anche non patrimoniale del creditore
> interesse patrimoniale: come ad es. la prestazione del dipendente nei confronti del datore di
lavoro
> interesse non patrimoniale: come ad es. la prestazione a cui si obbliga il gestore di un teatro o
di un cinema nei confronti dello spettatore-creditore , prestazione a cui si obbliga l’insegnante
nei confronti dell’allievo-creditore , prestazione a cui si obbliga il medico nei confronti del
paziente
La prestazione può essere:
- di dare = si dividono in 2 sottocategorie a seconda che il bene da consegnare sia di specie o di genere e
cambia la disciplina :
- obbligazione di dare di specie = ha ad oggetto un bene determinato
art. 1177 “L'obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla
consegna”
- obbligazione generica = ha ad oggetto un determinato quantitativo del bene
art. 1178 “Quando l'obbligazione ha per oggetto la prestazione di cose determinate soltanto nel
genere, il debitore deve prestare cose di qualità non inferiore alla media.”
- di fare = hanno ad oggetto un attività alla quale si obbliga il debitore, si distinguono in 2 sottocategorie
(che non danno luogo a discipline differenti, differenza che invece c’era in passato) :
- le obbligazioni di mezzi = si obbliga ad eseguire una certa attività in modo diligente, senza garantire
che il creditore consegua il risultato sperato
- le obbligazioni di risultato = il debitore è tenuto a realizzare un determinato risultato quale esito della
propria attività (come ad es. il contratto di trasporto di persone/cose; il contratto di appalto)
- di non fare = prestazioni negative, basta il semplice compimento dell’attività che ci si era impegnati a non
fare che si viene considerati inadempienti (come ad es. l’obbligazione di esclusiva che grava sulla gente
nel contratto di agenzia)
- contrattare = hanno ad oggetto un facere giuridico
normalmente vengono eseguite insieme più prestazioni, raramente il debitore deve eseguire una soltanto
delle prestazioni ma viene spesso obbligato a eseguire diverse obbligazioni

Art. 1175 “Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza” => prende il
nome di buonafede oggettiva, come sinonimo di lealtà, correttezza (è qui un canone della condotta quindi
diversa dalla buonafede soggettiva). Quindi nell’obbligazione, al di la della prestazione dovuta, entrambi i
soggetti devono comportarsi secondo buonafede. Si tratta di una prestazione in più che va ad integrare il
contenuto del rapporto obbligatorio. Quindi :
- il debitore => deve adempiere con media diligenza
- il creditore => ha il dovere di collaborazione nell’adempimento (obblighi di avviso, collaborazione e deve
imporre di non esigere la prestazione quando questa non si svolgerebbe in buonafede)

Le obbligazioni speciali
Obbligazione naturale
= Adempimento di doveri imposti dalla morale o dal costume sociale che non sono vere obbligazioni ma se il
debitore (colui che è gravato dal dovere) spontaneamente le esegue non può più averle indietro (soluti
retentio).

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Art. 2034 : “Non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri
morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace. I doveri indicati dal comma
precedente, e ogni altro per cui la legge non accorda azione ma esclude la ripetizione di ciò che è stato
spontaneamente pagato, non producono altri effetti.”
Quindi :
1) prestazione effettuata in adempimento di un dovere morale o sociale (es. regali tra conviventi more
uxorio; pagamento di un debito prescritto, pagamento del debito di gioco, ecc.)
2) eseguita spontaneamente (senza violenza o minaccia)
3) da una persona capace legalmente e naturalmente
Questa si differenzia dall’obbligazione civile perché non ha il tratto della coercibilità, tratto invece
caratterizzante di quella civile.

Obbligazioni plurisoggettive
(Per le prestazioni che sono divisibili) All’intento di un medesimo rapporto obbligatorio è possibile trovare
più soggetti sul lato passivo o più soggetti sul lato attivo o più soggetti su entrambi i lati (ultima ipotesi non
disciplinata).
Queste si dividono in due grandi categorie e che sono oggetto di una disciplina specifica agli art 1292 e ss:
- Solidali = nozione di solidarietà all’art. 1292 : “L'obbligazione è in solido quando più debitori sono
obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto
all'adempimento per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri (solidarietà passiva);
oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l'adempimento dell'intera obbligazione e
l'adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori (solidarietà attiva).”
- Passive : quando ci sono più soggetti (debitori) tenuti ad eseguire una prestazione nei confronti di
una stesso creditore
=> Il creditore può scegliere liberamente il soggetto debitore a cui chiedere la prestazione e chiedere
lui tutta la prestazione e l’esecuzione di questa, fatta da uno qualsiasi di essi, ha effetto liberatorio a
favore di tutti gli altri.
Per evitare poi che gli altri debitori si arricchiscano ai danni dell’unico che ha fatto la prestazione,
bisogna ripartire il peso economico del debito tra tutti e, se non è previsto diversamente, le quote di
condebito di ciascuno si presumono uguali; quindi chi paga l’intero ha poi il dritto di regresso verso
gli altri che serve a riparificare le sfere patrimoniali di tutti
(art 1298: “Nei rapporti interni l'obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra
i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell'interesse esclusivo di alcuno di essi. Le parti
di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente.”
e art 1299 “Il debitore in solido che ha pagato l'intero debito può ripetere dai condebitori soltanto la
parte di ciascuno di essi. Se uno di questi è insolvente, la perdita si ripartisce per contributo tra gli
altri condebitori, compreso quello che ha fatto il pagamento. La stessa norma si applica qualora
sia insolvente il condebitore nel cui esclusivo interesse l'obbligazione era stata assunta.” => azione
di regresso)
Eccezione : obbligazioni plurisoggettive non paritarie, non ad interesse comune => nascono da
contratti diversi, c’è un soggetto obbligato e l’altro soggetto obbligato in solido tramite un contratto
diverso. In questo caso non opera la regola di regresso, quindi se ad adempiere è il debitore nel cui
interesse l’altro si è obbligato garantendo, l’obbligazione si estingue e quindi il garante è liberato,
perché il peso economico della prestazione deve gravare solo sul vero debitore. Se invece a pagare è
il garante, questo avrà il diritto di regresso dell’intera somma.
Ad esempio: la fideiussione: forma di garanzia dove c’è un soggetto obbligato (debitore) che chiede,
ad esempio, un mutuo e la banca pretende che il genitore stipuli con il creditore un contratto per
garantire che la prestazione verrà adempiuta, obbligando lui in solido alla restituzione del

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finanziamento, cosi da garantire il creditore che ha 2 persone a cui poter chiedere la prestazione e
l’adempimento di uno libera tutti.
- Attive : quando si hanno più creditori che hanno il diritto di pretendere la prestazione da un unico
debitore
=> Il debitore può scegliere liberamente il soggetto creditore e ciascuno dei più creditori ha diritto,
nei confronti dell’unico debitore, all’intera prestazione e l’esecuzione fatta a favore di uno dei
creditori estingue l’obbligazione.
Ua volta ricevuto l’adempimento, l’obbligazione si divide tra i più creditori per evitare che lui si
arricchisca ai danni degli altri, corrispondendo a ciascuno al sua parte di concredito.
Art 1300 e seguenti : disciplinare, nel caso di obbligazioni con più soggetti, come si prorogano tra i diversi
creditori o debitori alcune vicende che possono coinvolgere l’obbligazione, nei casi di:
• Remissione
• Compensazione
• Confusione
• Transazione
Principio generale => gli effetti favorevoli si trasmettono gli altri condebitori o concreditori (come nel
caso della remissione, art. 1301), quelli sfavorevoli restano in capo all’unico soggetto coinvolto nella
vicenda
Eccezione: Art. 1310 : “Gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno
dei debitori in solido, oppure uno dei creditori in solido interrompe la prescrizione contro il comune
debitore, hanno effetto riguardo agli altri debitori o agli altri creditori.”
il credito si prescrive quindi il creditore per evitare la prescrizione del diritto lo esercita andando a
chiedere la prestazione => se si compie un atto interruttivo della prescrizione solo nei confronti di uno dei
debitori, siccome l’atto interruttivo ha effetto negativo sul debitore, il pagamento dovrebbe gravare solo
per la persona coinvolta ; in questo particolare ipotesi viene dettata però una regola specifica per cui gli
atti interruttori della prescrizione si trasmettono sempre a tutti i debitori e creditori (per i creditori è
conforme alla regola generale perché è una cosa favorevole, ma per i debitori sarebbe una situazione
sfavorevole)

- Parziarie = Art. 1314 “Se più sono i debitori o i creditori di una prestazione divisibile e
l'obbligazione non è solidale, ciascuno dei creditori non
può domandare il soddisfacimento del credito che per la sua parte, e ciascuno dei debitori non è tenuto a
pagare il debito che per la sua parte.”
- Passive : quando ci sono più soggetti tenuti ad eseguire una prestazione nei confronti di una stesso
debitore
=> quando si hanno più debitori a ciascuno può essere chiesta solo la sua parte, non è possibile
chiedere l’intera prestazione. Ciascuno dei più debitori è tenuto quindi ad eseguire una parte soltanto
dell’unitaria prestazione, mentre la restante parte della medesima prestazione deve essere eseguita,
da ciascuno per la sua parte, dagli altri condebitori
- Attive : quando si hanno più creditori che hanno il diritto di pretendere la prestazione da un unico
debitore
=> quando si hanno più creditori, ciascuno di questi può chiedere solo la sua parte di concredito.
Ciascuno dei più creditori ha quindi diritto ad una parte soltanto dell’unitaria prestazione, mentre la
restante parte della medesima prestazione deve essere eseguita a favore singolarmente degli altri
creditori, per la quota di rispettiva spettanza

Per capire se un obbligazione è solidale o parziale =>


1. si guarda quanto previsto dal contratto
2. quando però il contratto non dice nulla per capire: art. 1294 “I condebitori sono tenuti in solido, se dalla
legge o dal titolo non risulta diversamente.”
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- quando si hanno più debitori la regola è quella della solidarietà a meno che per legge o per contratto
sia prevista quella parziaria, vige quindi un principio di solidarietà => questo per il favor creditoris,
ovvero cercare di favorire e tutelare maggiormente il creditore, consentendogli di non dover chiedere
la parte a ciascuno ma può chiedere ad uno l’intera prestazione
- quando più sono i creditori vige la regola opposta e si presume invece la parziarietà, per cui ognuno
può pretendere solo il pagamento della sua parte => questo sempre per tutelare i creditori

Obbligazioni con ad oggetto una prestazione indivisibile


Definizione, Art. 1316: “L'obbligazione è indivisibile, quando la prestazione ha per oggetto una cosa o un
fatto che non è suscettibile di divisione per sua natura o per il modo in cui è stato considerato dalle parti
contraenti.”
Si applicano, in quanto compatibili, le regole della solidarietà, come dice l’art. 1317 :
“Le obbligazioni indivisibili sono regolate dalle norme relative alle obbligazioni solidali, in quanto
applicabili, salvo quanto è disposto dagli articoli seguenti.”
Adattamenti al caso concreto delle regole generali sulla solidarietà per prestazioni indivisibili:
- All’art 1320 nel caso di remissione : “Se uno dei creditori ha fatto remissione del debito o ha consentito
a ricevere un'altra prestazione in luogo di quella dovuta, il debitore non è liberato verso gli altri creditori.
Questi tuttavia non possono domandare la prestazione indivisibile se
non addebitandosi ovvero rimborsando il valore della parte di colui che ha fatto la remissione o che
ha ricevuto la prestazione diversa. La medesima disposizione si applica in caso di transazione, novazione,
compensazione e confusione.”
=> si prevede che il debitore dovrà eseguire a favore degli altri la prestazione unica e avrà poi il diritto ad
essere rimborsato in denaro del valore della parte di colui che ha fatto la remissione o ha ricevuto la
prestazione.

Obbligazioni alternative
Complesse dal punto di vista oggettivo, si hanno più prestazioni che costituiscono l’oggetto del rapporto
obbligatorio, si parla quindi di obbligazioni oggettivamente complesse. Quando le obbligazioni sono
numerose si possono avere due fenomeni:
- Obbligazioni alternative => (art 1285 e ss) quando si hanno più prestazioni e il debitore si libera
eseguendo solo una di esse, bisogna quindi scegliere quale eseguire e con la scelta l’obbligazione da
alternativa diventa semplice concentrandosi sull’unica obbligazione. La scelta spetta al debitore, se non
è stata attribuita dal contratto al creditore o ad un terzo. Se colui che deve scegliere non effettua la
scelta impedendo l’estinzione del rapporto debitorio, regolato all’art 1287 “Quando il debitore,
condannato alternativamente a due prestazioni, non ne esegue alcuna nel termine assegnatogli dal
giudice, la scelta spetta al creditore. Se la facoltà di scelta spetta al creditore e questi non l'esercita
nel termine stabilito o in quello fissatogli dal debitore, la scelta passa a quest’ultimo. Se la scelta
è rimessa a un terzo e questi non la fa nel termine assegnatogli, essa è fatta dal giudice.”
- Se la scelta non viene esercitata dal debitore : l’altra parte può chiedere al giudice di fissare un
termine, se anche entro il termine fissato non viene esercitata, allora la scelta passa al creditore.
- Se invece il contratto prevede che la scelta sia del creditore che però non sceglie, allora il debitore
può chiedere al giudice di fissare un termine e se il creditore non sceglie entro il termine, la scelta
passa al debitore.
- Se la scelta è rimessa ad un terzo e questo non sceglie, allora la scelta viene fatta direttamente dal
giudice.
Se una delle prestazioni diventa impossibile per cause non imputabili al debitore prima che venga
effettuata la scelta, l’obbligazione si concentra su quella non diventata impossibile. Se invece la scelta è
già stata effettuata, l’obbligazione è quindi diventata semplice, per cui in caso di impossibilità
l’obbligazione si estingue.

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- Obbligazioni cumulative => se non è previsto diversamente tutte le prestazioni devono essere eseguite
per ottenere la liberazione

Obbligazioni facoltative (o con facoltà alternativa)


Oggetto del rapporto obbligatorio è un’unica prestazione (non sono prestazioni oggettivamente complesse),
tuttavia si prevede che il debitore abbia la facoltà di liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella
dovuta.
La distinzione fra obbligazione alternativa e obbligazione facoltativa assume decisiva importanza pratica in
caso di impossibilità sopravvenuta di una delle prestazioni. Se diventa infatti impossibile, per una causa non
imputabile al debitore, l’unica prestazione dovuta, il debitore è liberato e non deve eseguire l’altra, perché
l’altra non era una prestazione alternativa ma solo una facoltà concessa. Se invece diventa impossibile, per
causa non imputabile al debitore, la prestazione facoltativa, resta ancora dovuta la prestazione principale.

Obbligazione pecuniaria
Obbligazione di dare che ha ad oggetto una somma determinata di denaro.
Il denaro non è un bene di consumo o un bene diretto: non è in grado di soddisfare un particolare bisogno
delle persone in modo diretto e senza alcuna trasformazione. Ma non è neanche un bene produttivo, ossia un
bene utilizzato per la produzione di altri beni. È infatti un mezzo generale di acquisto dei beni (pagamento
che ha potere liberatorio) ed è una misura generale delle entità patrimoniali, quando richiesto per la loro
valutazione.
Tale obbligazione è disciplinata agli art 1277 e seguenti :
> Comma 1: “I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo
del pagamento e per il suo valore nominale.” => quindi i debiti pecuniari vanno estinti mediante moneta
avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento, nel nostro paese l’€.
> Comma 2: “Se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più corso legale al tempo del
pagamento, questo deve farsi in moneta legale ragguagliata per valore alla prima.” => disciplina il caso in
cui la moneta prevista nel contratto da cui è sorta un obbligazione è una moneta che non ha più corso legale.
È possibile che la moneta sia estera e quindi non ha corso legale nello Stato, quindi l’art. 1278 prevede che ci
sia sempre la possibilità di liberarsi pagando in moneta in corso legale nello Stato, eguagliato nel cambio:
“Se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà
di pagare in moneta legale, al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il
pagamento.”.
Eccezione : art 1279 : “La disposizione dell'articolo precedente non si applica, se la moneta non
avente corso legale nello Stato è indicata con la clausola effettivo o altra equivalente, salvo che
alla scadenza dell'obbligazione non sia possibile procurarsi tale moneta.”.
=> qualora sia stato chiarito che il pagamento va fatto proprio nella moneta pattuita, il debitore è
tenuto ad adempiere con la valuta straniera
La più recente giurisprudenza ritiene che le obbligazioni pecuniarie possano essere dal debitore estinte, oltre
che attraverso la dazione di pezzi monetari, mediante qualsiasi altro mezzo di pagamento (ad es., assegno
circolare, assegno bancario, ecc.) che garantisca al creditore il medesimo effetto del pagamento in contanti.
Da ciò consegue che:
a) se il debitore paga in moneta avente corso legale, il creditore non può rifiutare il pagamento se di
importo inferiore ad € 3.000, e l’effetto liberatorio si verifica al momento della consegna della
somma di danaro;
b) se il debitore paga mediante assegno circolare o assegno bancario, ovvero mediante altro mezzo
di pagamento che assicuri ugualmente la disponibilità della somma dovuta, il creditore può
rifiutare il pagamento solo per giustificato motivo e l’effetto liberatorio si verifica quando il
creditore acqui- sta la concreta disponibilità della somma

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Valore => poiché il valore reale della moneta varia nel tempo si pone il problema se, nelle obbligazioni
pecuniarie in cui la prestazione deve essere eseguita dopo un certo intervallo di tempo rispetto al momento in
cui l’obbligazione stessa è sorta, il debitore, alla scadenza, debba prestare tanti pezzi monetari quanti erano
originariamente previsti, questo per il principio nominalistico: il principio secondo cui il debitore si libera
pagando, alla scadenza, la medesima quantità di pezzi monetari inizialmente fissata, nonostante il tempo
passato dalla costituzione del debito ed indipendentemente dal fatto che, nel frattempo, il potere d’acquisto
del denaro abbia subito più o meno accentuate alterazioni.
Infatti il valore della moneta può essere: reale (potere d’acquisto) o nominale (quantità di moneta in termini
numerici), il codice ha scelto di impostare il pagamento per il valore nominale.
Per correggere le distorsioni del principio nominalistico, ovvero per far fronte agli effetti delle oscillazioni
della moneta, è possibile inserire nel contratto clausole di indicizzazione che rivalutano il valore, per cui si va
ad ancorare l’importo pecuniario dovuto a parametri. Tali clausole possono essere predisposte dalle parti (i
contratti nel loro privato) o previste dalle legge.
Questo vale per le obbligazioni di valuta (hanno ad oggetto una somma di denaro determinata nel suo preciso
ammontare), che si differenziano però dalle obbligazioni di valore (= obbligazioni che hanno
originariamente ad oggetto una prestazione diversa dalla dazione di una somma di denaro: la moneta
rappresenta un bene sostitutivo, una traduzione monetaria del valore del bene originario). A quest’ultime non
si applica il principio nominalistico e la liquidazione dell’obbligazione di valore va effettuata secondo 3
operazioni:
1) Aestimatio: quantificazione del valore in termini monetari del valore della prestazione originaria
2) Taxatio: rivalutazione dell’importo, dall’epoca in cui è sorta l’obbligazione al momento della
liquidazione, tenendo conto del valore economico reale del bene originario
3) Interessi compensativi: per risarcire il danno da ritardo => da calcolare sulla somma via via rivalutata,
dal sorgere dell’obbligazione e sino al pagamento per compensare il ritardo nel pagamento
Non operando quindi, su queste obbligazioni, il principio nominale, le obbligazioni quindi si ribaltano fino al
momento in cui vengono liquidate, momento in cui i debiti di valore diventano debiti di valuta.
Es. risarcimento del danno: incidente stradale => l’obbligo di risarcire il danno nasce subito, al
momento dell’incidente si è obbligati a conferire una sfera di denaro che riporti la sfera patrimoniale
del danneggiato al momento precedente all’incidente.

Accanto alla somma dovuta, il debitore è tenuto ad esibire una prestazione di denaro accessoria: prestazione
degli interessi.
Gli interessi sono di vario tipo, per quanto riguarda la loro fonte, 2 tipologie :
1) Legale = se dovuti per legge, per cui in via automatica cominciano a decorrere dal momento in cui scade
un obbligazione di denaro
Art. 1282 : “I crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro producono interessi di pieno diritto, salvo
che la legge o il titolo stabiliscano diversamente.” Regola della naturale fruttificazione del denaro,
quando c’è un credito pecuniario giunto a scadenza, da quel momento, oltre alla somma dovuta, vi è
anche un interesse da pagare per ogni giorno di ritardo.
Art. 1284 : misura che viene modificata di anno in anno a dicembre, in ragione dell’inflazione => viene
stabilito un saggio dell’interesse legale : “Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al
5 per cento in ragione d'anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell'anno precedente a quello cui il saggio si
riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli
di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell'anno.
Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per
l'anno successivo”
2) Convenzionale = se dovuti in forza di un accordo fra debitore e creditore, non importa se contestuale o
successivo al sorgere del credito. Le parti possono liberamente quantificare gli interessi, ma ci sono una
serie di vincoli:

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- vincolo formale => Art. 1284 terzo comma: “Gli interessi superiori alla misura legale devono essere
determinati per iscritto; altrimenti sono dovuti nella misura legale.” => il relativo patto riguardo
all’ammontare degli interessi richiede la forma scritta ad substaniam, qualora determini il tasso di
interesse in misura superiore a quello legale
- dettato dal tema in usura: è intervenuta una legge 108 del 96 (L. 108/96) che ha previsto un limite
tassativo: un tasso soglia, questo importante nei contratti di mutuo. Per cui le parti non possono
fissare un tasso d’interesse superiore al tasso soglia, a pena di nullità della clausola che contiene gli
interessi.
Il tasso soglia si determina calcolando il TEGM (tasso effettivo globale medio) e lo si aumenta del
25% , a quella somma si aggiungono altri 4 punti percentuali. Comunque, il tasso non può essere
superiore a otto punti percentuali rispetto al tasso medio così rilevato, altrimenti viene considerato un
interesse usurario.

Dal punto di vista della funzione, 3 categorie :


1) Corrispettivi : rappresentano un compenso dovuto in cambio della disponibilità che il debitore ha di
una somma di denaro del creditore (è il principio della naturale fecondità/fruttificaizone del denaro),
che sono quelli dovuti al creditore:
=> lasciati nella disponibilità di terzi
=> quelli dovuti sui crediti liquidi ed esigibili di somme di danaro => Art. 1282 : “I crediti liquidi
ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo
stabiliscano diversamente”
=> quello tipico del mutuo => Art. 1815 : “Salvo diversa volontà delle parti, il mutuatario deve
corrispondere gli interessi al mutante”
2) Moratori : rappresentano una forma di risarcimento del danno da ritardo e decorrono dalla messa in
mora ex art. 1224 c.c. : “Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danaro, sono
dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e
anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano
dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa
misura. Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento.
Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori.”
È quello dovuto quando il debitore è in mora (quando gli è richiesto il pagamento), ovvero quando è
in ritardo nell’adempiere (non è quindi il debitore che lascia consapevolmente in mano a terzi) ma
qui il debitore è in ritardo e per questo deve risarcire il danno che subisce il creditore.
Inoltre se il creditore dimostra di aver subito un danno maggiore di quello pagato attraverso la
percezione degli interessi moratori, spetta lui anche il risarcimento di tale maggior danno.
3) Compensativi : non previsti, ma richiamati solo da un articolo => dovuti al creditore di obbligazioni
«di valore», e perciò illiquide sino alla liquidazione, per compensarlo del danno sofferto per non
aver ottenuto immediatamente la prestazione dovutagli.

Problema dell’anatocismo : interesse sugli interessi, calcolo interessi compositi => previsione per cui,
decorso un certo tempo, il debito di interesse che devi si capitalizza e a sua volta produce altri interessi.
L’ordinamento all’art. 1283 prevede il divieto dell’anatocismo : “In mancanza di usi contrari,
gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o
per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per
sei mesi.”. Unico caso in cui consentito: per 6 mesi non si pagano gli interessi, chiedendoli in giudizio è
possibile anche chiedere gli interessi sugli interessi; oppure si fa una convenzione posteriore ai 6 mesi non
pagati di interessi, ci si mette d’accordo e si decide che il creditore aspetterà ancora a patto che vengano
pagati degli interessi sugli interessi stessi. Quindi questi sono possibili solo se c’è:
- domanda giudiziale; o
- convenzione posteriore

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Problema : per lunghi anni le banche nei loro usi bancari era previsto l’anatocismo, e si diceva che ciò era
consentito per la prima frase dell’articolo (“in mancanza di usi contrari”), questo andò avanti per diversi
decenni fino ad una sentenza della cassazione del 99, dove si specificò la norma e disse che con “usi
contrari” si intendono gli “usi normativi”. Oggi si prevede che le banche possano chiedere interesse
anaticistici se a loro volta li consentono al cliente nei loro rapporti passivi, quindi se c’è una simmetria.

19. MODIFICAZIONI SOGGETTIVE DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO

Modificazioni sul lato attivo


Come può cambiare il creditore pur rimanendo in piedi il rapporto obbligatorio, questo possibile in due
casi:
- cessione del credito = il vecchio creditore cede la sua ragione di credito verso il debitore ceduto ad un
altro soggetto. Dal momento della cessione il debitore ceduto non deve più adempiere alla prestazione nei
confronti del cedente ma nei confronti del cessionario (colui he acquista il debito). Il contratto di cessione
vede coinvolte due persone: cedente e cessionario, il debitore resta sullo sfondo e prende nome di debitore
ceduto. La regole generale: per definizione la persona del creditore può cambiare anche senza consenso
del debitore, ma risente solo degli effetti del trasferimento (prima obbligato verso cedente ora verso
cessionario). (≠ per cambiare il debitore sempre necessario consenso del creditore)
Regolata ad art. 1260: “Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza
il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o
il trasferimento non sia vietato dalla legge. Le parti possono escludere la cedibilità del credito; ma il
patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione.”
Motivo di cessione: il credito si cede per far circolare ricchezza futura (che ancora non c’è).
Non si possono cedere:
- Crediti strettamente personali (come ad es. credito agli alimenti, o nei crediti dove c’è un interesse
del debitore ad eseguire una prestazione nei confronti di quello specifico creditore)
- Quando c’è un divieto di legge (a favore nei crediti litigiosi in favore di chi è coinvolto nella lite, ad
es. di magistrati, avvocati e notai)
- Quando c’è un patto espresso tra le parti che obbliga il creditore a non cedere quel creditore, ma
questo solo se si da la prova che il terzo era a conoscenza del patto
“Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito” => il creditore può trasferire a titolo
oneroso o gratuito: quindi la cessione del credito non è un contratto tipico, ma è un effetto che può
derivare dai più vari contratti.
Come è regolata l’efficacia della cessione: tutti i contratti che prevedono il trasferimento della proprietà, la
costituzione o trasferimento di un diritto reale di godimento o il trasferimento di un altro diritto, realizzano
il l’effetto traslativo o costitutivo per effetto del consenso legittimamente manifestato. Questo vale per tutti
i trasferimenti di diritti, quindi anche per la cessione del credito che realizza il trasferimento nel momento
in cui cedente e cessionario si mettono d’accordo e firmano il negozio di cessione.
Il problema che si pone nel caso di cessione del credito: è coinvolto il debitore ceduto che potrebbe non
sapere che il credito è stato ceduto (in buonafede)
=> per regolare ciò: codice detta la disciplina agli art. 1264 e 1265 : “La cessione ha effetto nei confronti
del debitore ceduto quando questi l'ha accettata o quando gli è stata notificata. Tuttavia, anche prima
della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che
il debitore medesimo era a conoscenza dell'avvenuta cessione.” Se il debitore in buonafede paga al
cedente si è comunque liberati; la cessione diventa invece efficace anche per il debitore ceduto quando la
cessione viene notificata (tramite una qualsiasi comunicazione) o quando c’è un accettazione (ovvero un
atto di presa d’atto del debitore ceduto che dichiara di sapere che il debito è nei confronti del cessionario).
Il secondo comma unisce una terza ipotesi: cessionario da la prova che debitore ceduto sapeva che era

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stata effettua la cessione (prova della conoscenza) => dimostrando che il debitore era in malafede ed ha
pagato al creditore non legittimato.
All’articolo successivo si risolve il problema: se uno stesso credito viene alienato a soggetti diversi : “Se il
medesimo credito ha formato oggetto di più cessioni a persone diverse, prevale la cessione notificata per
prima al debitore, o quella che è stata prima accettata dal debitore con atto di data certa, ancorché essa
sia di data posteriore. La stessa norma si osserva quando il credito ha formato oggetto di costituzione
di usufrutto o di pegno.” => si fa riferimento alla notifica e all’accettazione, bisogna vedere qual’è la
cessione che è stata per prima notificata dal debitore o da lui accertata con atto di data certa.
Il credito viene venduto con tutti gli accessori e garanzie e con tutte le sue eccezioni opponibili => art.
1263 : “Per effetto della cessione, il credito è trasferito al cessionario con i privilegi, con le
garanzie personali e reali e con gli altri accessori.” => quindi il debitore puoi eccepire al creditore tutte le
medesime eccezioni che poteva eccepire al vecchio creditore.
Eccezione : in materia di compensazione: il debito equo evitare di pagare in caso di controcredito => la
compensazione si può eccepire anche al nuovo creditore => ma eccezione: se il debito e può eccepire
anche a nuovo creditore la compensazione che poteva sollevare come eccezione al vecchio, ma se lui ha
accettato la cessione questo non è più possibile.
Tipo di garanzie che il cedente deve dare al cessionario:
- Cessio pro soluto => il cedente, salvo patto contrario, garantisce al cessionario l’esistenza del credito
(veritas nomini) al momento della cessione ma non garantisce, invece, la solvenza del debitore: cioè,
la realizzabilità del credito, infatti chi cede un credito non deve garantire che il debitore pagherà,
quindi tale garanzia non è dovuta, per cui il nuovo creditore cessionario si assume quindi il rischio
del mancato pagamento. Si può però pattuirla mediante clausola nel contratto di cessione, quindi se il
debitore non paga, il creditore cedente deve provvedere lui stesso.
Regolati ad art. 1267: “Il cedente non risponde della solvenza del debitore, salvo che ne
abbia assunto la garanzia. In questo caso egli risponde nei limiti di quanto ha ricevuto;
deve inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che
il cessionario abbia sopportate per escutere il debitore, e risarcire il danno. (…) Quando
il cedente ha garantito la solvenza del debitore, la garanzia cessa, se
la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dipesa
da negligenza del cessionario nell'iniziare o nel proseguire le istanze contro
il debitore stesso.” )
Eccezione: Caso diverso è il datio in solutum del credito: art. 1198 : “Quando in luogo
dell'adempimento è ceduto un credito, l'obbligazione si estingue con la riscossione del
credito, se non risulta una diversa volontà delle parti. è salvo quanto è disposto dal secondo
comma dell'art. 1267.” che prevede la cessione di un credito in luogo di adempimento. In
quel caso il soggetto si libera solo quando il nuovo creditore avrà incassato, non basta la sola
cessione.
- Cessio pro solvendo => la liberazione del cedente si verifica solo quando il cessionario abbia
ottenuto il pagamento dal debitore ceduto => quando il debitore cede al creditore un credito che si ha
verso un terzo soggetto, non ci si libera subito dall’obbligazione ma solo quando il creditore riuscirà
ad incassarlo => regola della solvenza
Quindi :
=> chi cede un credito se la cessione è a titolo oneroso deve garantire l’esistenza del credito e che questo
esista nel suo patrimonio (art. 1266 : “Quando la cessione è a titolo oneroso, il cedente è tenuto
a garantire l'esistenza del credito al tempo della cessione. La garanzia può essere esclusa per patto, ma
il cedente resta sempre obbligato per il fatto proprio.”) questo non vale per le cessioni a titolo gratuito
(art. 1266 secondo comma : “Se la cessione è a titolo gratuito, la garanzia è dovuta solo nei casi e nei
limiti in cui la legge pone a carico del donante la garanzia per l’evizione.”)

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* factoring = è una figura contrattuale, in forza della quale un imprenditore specializzato (c.d. factor),
a fronte del pagamento di una commissione variabile a seconda dell’entità degli obblighi assunti, si
impegna a fornire all’impresa cliente una vasta gamma di servizi (ad es., la contabilizzazione,
l’amministrazione, il sollecito, l’incasso, il recupero, ecc.) relativi alla gestione dei crediti da tale
ultima impresa vantati nei confronti della propria clientela e derivanti dalla sua attività
imprenditoriale. Per realizzare questa operazione, la prassi contrattuale fa, di regola, perno
sull’istituto della cessione del credito.
* Cartolarizzazione dei crediti = operazione finalizzata allo smobilizzo di un bene e alla creazione di
un nuovo bene, prevede l’esistenza di un soggetto (c.d. originator), nella pratica, sovente una banca
o un intermediario finanziario, cede, a titolo oneroso, uno o più crediti pecuniari, sia esistenti sia
futuri, ad una società di capitali (società veicolo) avente ad oggetto esclusivo la realizzazione di una
o più operazioni di cartolarizzazione. Tale società, per procurarsi la provvista necessaria all’acquisto
dei crediti, emette « titoli » destinati ad essere collocati presso investi- tori, professionali e non; la
società provvede inoltre alla riscossione dei crediti ceduti ed alle attività ad essa finalizzate.
=> quindi si tratta di una cessione a titolo oneroso di crediti da parte di un'impresa (originator) ad un
soggetto (società veicolo) li trasforma in titoli (asset-backed securities) e li colloca sul mercato
finanziario.

- surrogazione per pagamento = quando un soggetto estraneo al rapporto obbligatorio interviene a pagare
un debito altrui, in alcuni casi previsti dalla legge, può surrogarsi nei diritti del creditore ed ha un diritto di
rivalsa nei confronti del debitore originario. Quindi non si va ad estinguere l’obbligazione tramite
esecuzione dell’adempimento e il debitore resta obbligato, ma non verso il creditore originario, ma nei
confronti del soggetto che ha pagato il debito. Questo avviene in casi specifici previsti dalla legge :
• Surrogazione per volontà del creditore = si ha quando il creditore, ricevendo il pagamento da parte
del terzo, dichiara di surrogarlo nei propri diritti
=> art. 1201 : “Il creditore, ricevendo il pagamento da un terzo, può surrogarlo nei propri diritti.
La surrogazione deve essere fatta in modo espresso e contemporaneamente al pagamento.”
Quando il creditore riceve l’adempimento da parte di un altro soggetto, se contestualmente e in
modo espresso, dichiara che intende surrogare nei suoi diritti il terzo che ha pagato, in via
eccezionale il rapporto resta in piedi. Questo può accadere per diversi interessi e ragioni e colui
che paga il debito non ha interesse solo ad estinguere l’obbligazione ma vuole un diritto di rivalsa
nei confronti del debitore, per cui il creditore dichiara di voler surrogare nei propri diritti il terzo
adempiente.
• Surrogazione per volontà del debitore = si ha quando il debitore, per estinguere un suo debito,
prende a mutuo una somma di denaro da un terzo soggetto, in questo caso, se vuole, per sua
volontà, dal momento in cui prende a mutuo la somma (mutuo = contratto con cui un mutuante
concede una somma di denaro al mutuatario il quale ne acquista la proprietà, ma ad una certa
scadenza è tenuto a restituire l’equivalente con degli interessi corrispettivi) ed estingue
l’obbligazione, può dichiarare di voler surrogare nei diritti del creditore il soggetto che gli ha
prestato il denaro.
=> art. 1202 : “Il debitore, che prende a mutuo una somma di danaro o altra cosa fungibile al fine
di pagare il debito, può surrogare il mutuante nei diritti del creditore, anche senza il consenso di
questo.”
Perché ciò accada devono sussistere alcune condizioni (indicati al comma 2 dell’art. 1202)
• deve esserci dichiarazione scritta e con data certa sia del contatto di mutuo sia della
quietanza (dichiarazione con cui il creditore dichiara di essere stato tacitato nelle sue pretese)
• nell’atto di mutuo deve essere indicata specificatamente la destinazione (scopo)
• il creditore nella quietanza deve menzionare la provenienza della somma di denaro pagata
per agevolare i clienti => a partire dagli anni 2010 si è introdotta la portabilità del mutuo, siccome
i mutui erano diventati molto costosi, il legislatore ha introdotto la possibilità, senza costi per
l’utente, di portare il suo mutuo nella mani di un istituto di credito che gli offre condizioni
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migliori. Questo avviene tramite la norma 1202: per cui il soggetto può stipulare con la nuova
banca un contratto di finanziamento grazie al quale estingue il proprio debito nei confronti della
vecchia banca surrogando la nuova nel precedente rapporto.
• Surrogazione legale = avviene in base a specifiche disposizioni di legge
Casi : indicati all’art. 1203 : “La surrogazione ha luogo di diritto nei seguenti casi:
1) a vantaggio di chi, essendo creditore, ancorché chirografario, paga un
altro creditore che ha diritto di essergli preferito in ragione dei suoi privilegi, del
suo pegno o delle sue ipoteche;
(se c’è credito ipotecario che ha diritto di essere preferito al proprio, si può andare a
pagare il creditore surrogandosi nel suo diritto di ipoteca)
2) a vantaggio dell'acquirente di un immobile che, fino alla concorrenza del prezzo di
acquisto, paga uno o più creditori a favore dei quali l'immobile è ipotecato;
3) a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del
debito, aveva interesse di soddisfarlo;
(se il fideiussore che è un garante paga il debito, il peso economico del debito deve
comunque gravare sull’obbligato, quindi il fideiussore si surroga nei diritti verso il
debitore garantito)
4) a vantaggio dell'erede con beneficio d'inventario, che paga con danaro proprio i
debiti ereditari;
5) negli altri casi stabiliti dalla legge.

- [+] delegazione attiva = accordo trilateriale: soggetto si trova ad essere debitore (A) nei confronti di un
creditore (C), nello stesso tempo il primo è anche creditore nei confronti di un altro soggetto (B)

=> per estinguere le due obbligazioni in teoria occorrerebbero due adempimenti da B ad A e da A a C . Per
evitare una duplicazione di adempimenti, il debitore originario A delega il suo debitore B (delegato) ad
obbligarsi lui stesso e pagare nelle mani di un creditore originario (delegatario), cosi con un unico
pagamento dal delegato al delegatario si estinguono entrambi i rapporti: rapporto di proposta e rapporto di
valuto. Si va quindi a creare un rapporto nuovo che prima non c’era che va ad estinguere i due rapporti
precedenti.
Ci sono due tipi di delegazione :
• di debito (promittenti) = si incarica il delegato non solo di andare a pagare ma di assumersi il
debito verso C, quindi si crea un obbligazione nuova tra il delegato e il delegatario => tramite vari
passaggi :
- occorre l’incarico delegatorio (il vecchio debitore A da l’incarico al suo debitore B in base
al rapporto di provvista di andare ad obbligarsi verso il suo creditore),
- atto di assunzione dell’obbligo (in un secondo momento B va dal creditore e su incarico di
A da a C la somma)
- occorre che A autorizzi il creditore C ad imputare quanto riceverà da B a scontarlo dal
debito che si aveva nei suoi confronti
Di fronte ad un delegato che si presenta, il creditore delegatorio può:
- se il creditore non esprime nessun consenso (delegazione cumulativa), senza il suo consenso non può
cambiare la persona del debitore e quindi B si aggiunge come obbliato in solido ad A, quindi C
acquista un credito nuovo nei confronti del delegato => ne consegue che: il fatto che il delegato si
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assuma l’obbligo di effettuare la prestazione del delegante non libera quest’ultimo dal debito
originario; il delegante resta infatti solidalmente obbligato insieme al delegato
- se accetta il delegato come nuovo debitore principale e dichiara di accettare l’obbligazione
delegatoria, la delegazione resta cumulativa ma si crea un beneficium ordinis quindi bisogna prima
chiedere l’adempimento al delegato e, solo se questo non paga, può tornare a chiedere l’obbligazione
al delegante
- non si limita ad accettare l’obbligazione delegatoria ma dichiara espressamente di liberare il vecchio
debitore (delegazione liberatoria o primitiva) => quindi potrà chiedere la prestazione solo al delegato
perché il delegante viene liberato
Inoltre è bene distinguere una delegazione attiva da una titolata : l’obbligazione del delegato è
diversamente regolata a seconda che, l'accordo di delegazione, venga o meno fatto riferimento ad uno o
a entrambi i rapporti intercorrenti fra le parti: in caso affermativo si parla di delegazione titolata, in caso
negativo di delegazione pura => cambia la disciplina: se si richiamano i rapporti sottostanti
(delegazione titolata) è possibile sollevare al credito tutte le eccezioni del rapporto ; invece se si fa una
delegazione pura o astratta (non si richiamano i rapporti sottostanti) non è possibile sollevare alcuna
eccezione.
Distinzione tra delegazione passiva e attiva: la prima può far cambiare il debitore, la seconda fa
cambiare il creditore => stesso fenomeno visto da due punti di vista diversi
Distinzione tra delegazione promittendi e di pagamento (delegatio solvendi) : la seconda vede il
debitore che rimane uno (A) che sulla base di un rapporto di provvista con B incarica un altro soggetto,
non di obbligarsi verso C, ma di andare a pagare, quindi C non acquista una ragione di credito verso B.
Consiste quindi in un accordo fra il debitore e un terzo, in forza del quale il debitore delega il terzo ad
effettuare il pagamento a favore del creditore, ma non nasce mai un rapporto nuovo obbligatorio tra B e
C. (come ad esempio nel caso dell’assegno)
=> regolata art. 1269: “Se il debitore per eseguire il pagamento ha delegate un terzo, questi
può obbligarsi verso il creditore, salvo che il debitore l'abbia vietato. Il terzo delegato
per eseguire il pagamento non è tenuto ad accettare l'incarico, ancorché sia debitore del
delegante. Sono salvi gli usi diversi.”

Modificazioni sul lato passivo

- Espromissione (art. 1272: “Il terzo che, senza delegazione del debitore, ne assume verso il creditore il
debito, è obbligato in solido col debitore originario, se il creditore non dichiara espressamente di liberare
quest’ultimo. Se non si è convenuto diversamente, il terzo non
può opporre al creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti col debitore originario. Può opporgli invece
le eccezioni che al creditore avrebbe potuto opporre il debitore originario, se non sono personali a
quest'ultimo e non derivano da fatti successivi all'espromissione. Non può opporgli la compensazione
che avrebbe potuto opporre il debitore originario, quantunque si sia verificata prima dell'espromissione.”)
= contratto fra il creditore e un terzo, in forza del quale quest'ultimo (espromittente) si impegna, nei
confronti del primo (espromissario) a pagare un preesistente debito dell’obbligato originario (espromesso).
Se il creditore accetta ciò dovrà chiedere la prestazione prima al terzo espromittente e, solo se non paga,
potrà chiedere la prestazione al debitore espromesso.

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La differenza con la delegazione è la spontaneità dell'iniziativa del terzo, cioè nell'assenza di delega da
parte del debitore originario. Quel che conta è che il debitore non prende in alcun modo parte
all'operazione negoziale.
Come la delegazione, anche l'espromissione è, di regola, cumulativa: quindi il terzo è obbligato in
solido con il debitore originario. Ma anche qui il creditore potrebbe dichiarare espressamente di liberare
il debitore originario, c.d. espromissione liberatoria o privativa.
Il terzo espromittente subentra nella stessa posizione del debitore originario: perciò non può porre al
creditore le eccezioni relative ai suoi rapporti con il debitore originario; ma, a differenza della delega,
può porre al creditore le eccezioni che a quest'ultimo avrebbe potuto opporre il debitore originario.
Da non confondere con l'ipotesi in cui il terzo non si limiti a promettere al creditore il pagamento, ma
addirittura provveda senz'altro al pagamento del debito, pur non essendovi obbligato, c.d. adempimento
del terzo.
≠ nella delegazione dove l’iniziativa di tutto parte dal delegante, quei invece c’è un terzo che arriva
dall’esterno e che sceglie per sua iniziativa di andare dal creditore dichiarando di assumersi il debito
altrui
=> quindi l’espromissione sta all’adempimento del terzo come la delegazione di debito sta alla
delegazione di pagamento

- Accollo = consiste in un accordo bilaterale tra il debitore ed un terzo, in forza del quale quest'ultimo
(accollante) assume a proprio carico l'onere di procurare al creditore (accollatario) il pagamento di un
debito del primo (accollato).

Il terzo per le ragioni più svariate, va dal debitore e si accorda per assumere il suo debitore verso il
creditore, quindi è un contratto che assume un effetto favorevole per il creditore senza che lui partecipi al
contratto stesso. Se il creditore al quale viene comunicato l’accollo accetta e dichiara espressamente di
liberare il primo si avrà un accollo liberatorio.
La differenza è che fondamentale è il rapporto di prevista, rapporto contrattuale che lega accollante e
accollato.
La figura dell’accollo si distingue in « accollo interno » ed « accollo esterno »; nel primo: si ha quando le
parti non intendono attribuire alcun diritto al creditore (accollatario) verso l’accollante: quest’ultimo si
impegna soltanto nei confronti del debitore accollato, il secondo invece si ha quando l’accordo tra
accollante ed accollato si presenta come un contratto a favore del terzo:quando, cioè, terzo accollante e
debitore accollato hanno inteso conferire al creditore accollatario il diritto di pretendere direttamente
dall’accollante stesso l’adempimento del proprio credito, ed il nuovo debitore risponde dell’adempimento
non solo di fronte all’accollato, ma anche di fronte all’accollatario

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20. ESTINZIONE DELL’OBBLIGAZIONE

L’obbligazione è un rapporto tendenzialmente temporaneo, destinato ad estinguersi, questo possibile in


diversi modi.
Il tipico fatto estintivo del rapporto obbligatorio è l’ADEMPIMENTO, ossia l’effettuazione della
prestazione dovuta, che consente al creditore di ottenere il risultato utile perseguito. Il legislatore, tuttavia, ha
disciplinato alcune ipotesi nelle quali, anche se l’obbligazione non viene adempiuta, il rapporto obbligatorio
egualmente si estingue:
• morte del debitore => quando si tratta di prestazioni infungibili: ovvero di prestazioni per il cui
adempimento sono essenziali le qualità personali dell’obbligato
• compensazione (artt. 1241-1252 c.c.);
• confusione (artt. 1253-1255 c.c.);
• novazione (artt. 1230-1235 c.c.);
• remissione (artt. 1236-1240 c.c.);
• impossibilità sopravvenuta

ADEMPIMENTO
Regolato agli art. 1176 e seguenti
= esatta esecuzione della prestazione dovuta da parte del debitore. Ha come effetto di estinguere
l’obbligazione e di liberare il debitore

Requisiti oggettivi
- Diligenza
- Adempimento periziale
- Identità della prestazione
Modalità in cui si adempie:
- Luogo
- Tempo

La diligenza è il primo parametro: determina se il debitore è adempiente o meno, è la cosi detta


responsabilità contrattuale. Nell’adempiere l’obbligazione, il debitore deve usare la diligenza del «buon
padre di famiglia» deve, cioè, curare con attenzione, prudenza e perizia sia i preparativi dell’adempimento
sia la conformità della prestazione apprestata rispetto al contenuto dell’obbligo assunto. Ovviamente, il grado
di diligenza esigibile nell’adempimento della prestazione varia a seconda del tipo di attività dovuta, del tipo
di competenza propria del debitore, del tipo di rapporto obbligatorio, ecc.. Bisogna quindi parametrare la
diligenza dovuta, al tipo di attività esercitata, al settore professionale e al contratto specifico.

Esattezza quantitativa della prestazione (adempimento parziale) => il debitore deve eseguire l’intera
prestazione per liberarsi.
Art. 1181 “Il creditore può rifiutare un adempimento parziale anche se la prestazione è divisibile, salvo che
la legge o gli usi dispongano diversamente.” Di fronte ad un adempimento non totale, quindi, il creditore è
libero di non accettare la prestazione e di considerare il debitore inadempiente. Come però dice l’art. 1258 il
creditore non può rifiutare l’adempimento parziale nel caso in cui la parte residua della prestazione sia
divenuta impossibile per causa non imputabile al debitore.

Esattezza qualitativa (identità della prestazione) => la prestazione deve essere quella dovuta
Art. 1197 “Il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, anche se di
valore uguale o maggiore, salvo che il creditore vi consenta” => prestazione in luogo dell’adempimento.
Se però c’è il consenso del creditore, al debitore è consentito di liberarsi eseguendo anche una prestazione
diversa, in tal caso la norma prosegue “l’obbligazione si estingue quando la diversa prestazione è eseguita”,
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questo perché con l’accordo con il creditore ciò che era una obbligazione semplice diventa facoltativa.
Questo non basta però ad estinguerla, poi la diversa obbligazione deve essere eseguita. Se il debitore non
esegue neppure la diversa prestazione, il creditore può esigere la prestazione originaria.

Luogo => la prestazione deve essere eseguita nel luogo stabilito dalle parti, esso è, di regola, indicato nel
titolo costitutivo del rapporto (contratto, testamento, cambiale, ecc.)
Quando però non è stato stabilito il luogo, dalle parti nel contratto, che ha determinato il sorgere
dell’obbligazione => prevista una disciplina derogabile suppletiva all’art. 1182 :
- (comma 2): “L'obbligazione di consegnare una cosa certa e determinata deve essere adempiuta nel
luogo in cui si trovava la cosa quando l'obbligazione è sorta.”
- (comma 3): "L'obbligazione avente per oggetto una somma di danaro deve
essere adempiuta al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza. Se tale domicilio è diverso
da quello che il creditore aveva quando è sorta l'obbligazione e ciò rende più gravoso
l'adempimento, il debitore, previa dichiarazione al creditore, ha diritto di eseguire il pagamento
al proprio domicilio.”
- (comma 4) : obbligazione di dare cose generiche diverse dal denaro, le obbligazioni di fare, di non
fare e via dicendo => “Negli altri casi l'obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che
il debitore ha al tempo della scadenza.”

Tempo => la prestazione deve essere eseguita dal debitore nei tempi stabiliti (altrimenti non è eseguita
correttamente)
Se non è determinato il termine:
Art. 1183 “Se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla
immediatamente. Qualora tuttavia, in virtù degli usi o per la natura della prestazione ovvero per il modo o il
luogo dell'esecuzione, sia necessario un termine, questo, in mancanza di accordo delle parti, è stabilito dal
giudice. Se il termine per l'adempimento è rimesso alla volontà del debitore,
spetta ugualmente al giudice di stabilirlo secondo le circostanze; se è rimesso alla volontà del creditore,
il termine può essere fissato su istanza del debitore che intende liberarsi.”
Quindi:
- se non è previsto un termine => prestazione esigibile immediatamente
- quando per la natura della prestazione o per il tipo di contratto non è conforme ad un adempimento
immediato (ad es. nel contratto preliminare) => allora se non è stato previsto un termine è compito
del giudice fissarlo
Se è determinato il termine:
Art. 1184 : “Se per l'adempimento è fissato un termine, questo si presume a favore del debitore, qualora
non risulti stabilito a favore del creditore o di entrambi.” => l’adempimento non può essere richiesto prima
di quel termine. Eccezione: art. 1185 “Il creditore non può esigere la prestazione prima della scadenza,
salvo che il termine sia stabilito esclusivamente a suo favore.”

Requisiti soggettivi
- Identità del soggetto che adempie
- Incapacità del debitore
- Incapacità del creditore
- Identità del soggetto che riceve

Identità del soggetto che adempie => chi è legittimato ad adempiere:


• debitore = colui che deve eseguire la prestazione
• adempimento del terzo = terzo soggetto può recarsi dal creditore e pagare lui il debito del debitore vero, in
tale senso è una sua scelta quindi si ritiene si tratti di un negozio giuridico. Questo avviene per ragioni:
morali (ad esempio modo per realizzare una donazione indiretta: padre che paga il debito del figlio in
difficoltà), di cortesia (ad es. tizio invita un amico a Milano e vuole pagargli l’albergo), economiche (ad es.
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il socio di un S.P.A. paga il debito della società per evitarne il fallimento).
Il creditore non può rifiutare l’adempimento proveniente da un terzo. Tranne in due ipotesi:
- quando ha un interesse personale a che il debitore esegua lui una prestazione
=> nelle prestazioni a carattere personale
- quando c’è un opposizione del debitore che vuole adempiere di persona e non vuole che sia fatto da
un terzo, il debitore lo comunica al creditore e il creditore può (non è obbligato a farlo, per il
principio di favor creditoris) rifiutare il pagamento del terzo
=> questo può avvenire per svariate ragioni: morali, economiche
Surrogazione per pagamento:
quando riceve l’adempimento del terzo, se vuole, il creditore può decidere, dichiarandolo contestualmente
al pagamento, di surrogare nel suo ruolo di creditore il terzo che ha pagato
=> art. 1201 “Il creditore, ricevendo il pagamento da un terzo, può surrogarlo nei propri diritti.
La surrogazione deve essere fatta in modo espresso e contemporaneamente al pagamento.”
Da quel momento l’obbligazione non si estingue ma la prestazione può essere chiesta al vero
debitore non più dal creditore originario ma dal terzo che ha pagato.

Incapacità del debitore


Art. 1191 “Il debitore che ha eseguito al prestazione dovuta non può impugnare il pagamento a causa della
propria incapacità”
- se un soggetto incapace di agire stipula un contratto e si obbliga a pagare un prezzo => il soggetto può
chiedere l’annullamento del contratto e la restituzione del prezzo pagato
- se un soggetto capace di agire stipula un contratto e si obbliga a pagare un prezzo, ma, al momento del
pagamento si trova in stato di incapacità => il soggetto non può chiedere la restituzione del pagamento
fatto in stato di incapacità. È un atto dovuto
Chi adempie basta la semplice capacità naturale di intendere e volere.

Incapacità del creditore


Art. 1190 “Il pagamento fatto al creditore incapace di riceverlo non libera il debitore, se questi non prova
che ciò che fu pagato è stato rivolato a vantaggio dell’incapace”
Per ricevere la prestazione occorre essere legalmente capaci o utilizzare le regole sull’incapacità legale.

Identità del creditore => destinatario del prestazione


Art. 1188 “Il pagamento deve essere fatto al creditore o al suo rappresentante*, ovvero
alla persona indicata* dal creditore o autorizzata dalla legge o dal giudice a riceverlo. Il pagamento fatto a
chi non era legittimato a riceverlo libera il debitore, se il creditore lo ratifica o se ne ha approfittato.”
* rappresentante = la persona che per legge ha il potere di agire in nome o per conto di qualcun altro
* indicatori di pagamento = non ha i poteri esattivi del creditore ma è autorizzato a ricevere il
pagamento
Il pagamento effettuato a chi non è legittimato a riceverlo non libera il debitore: il debitore può essere
costretto a pagare una seconda volta, slavo che:
a) il creditore abbia approvato successivamente il pagamento o ne abbia approfittato
b) il debitore abbia pagato in buona fede ad una d’editore apparente, ossia ad un soggetto che in base
a circostanze esteriori univoche appariva come il creditore e quindi legittimato a riceverlo
Art. 1189: “Il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base
a circostanze univoche, è liberato se prova di essere stato in buona fede. Chi ha ricevuto il pagamento è
tenuto alla restituzione verso il vero creditore, secondo le regole stabilite per la ripetizione dell’indebito.”

Quietanza
Quando il debitore paga si ha la conclusione fisiologica del rapporto obbligatorio, l’obbligazione si estingue
e il debitore è liberato.

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Art. 1199 : “Il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del
debitore, rilasciare quietanza e farne annotazione sul titolo, se questo non è restituito al debitore.
Il rilascio di una quietanza per il capitale fa presumere il pagamento degli interessi.”

è = dichiarazione di scienza di tipo confessorio con cui il creditore dichiara di aver ricevuto ciò che gli spessa
e rilascia il documento che serve al debitore per avere in mano la prova che ha pagato. Se il documento
originario non viene restituito al debitore ma rimane in mano ad creditore, deve anche annotare sul titolo che
è stata effettua la liberazione.
> Secondo comma “Il rilascio di una quietanza per il capitale fa presumere il pagamento degli interessi.”:
quando si estingue un obbligazione pecuniaria, se si da una somma che non estingue per intero la somma,
questa va ad estinguere subito gli interessi e per il resto andrà ad erodere il capitale, e la somma residua
mancante riguarderà il capitale.

Imputazione di pagamento
Quando un soggetto ha più debiti di diverso ammontare nei confronti di uno stesso creditore e trasmette una
somma che non riesce a coprire l’intero ammontare dei debiti. Per capire quale die diversi debiti si è estinto,
a quale va imputata la somma trasmessa:
1) il debitore stesso nel momento in cui da la somma dichiara quale debito sta restituendo
=> art. 1193 : “Chi ha più debiti della medesima specie verso la stessa persona può dichiarare,
quando paga, quale debito intende soddisfare.”
2) Se il debitore non lo fa : provvede il creditore della pietanza
=> art. 1195 : “Chi, avendo più debiti, accetta una quietanza nella quale
il creditore ha dichiarato di imputare il pagamento a uno di essi, non
può pretendere un'imputazione diversa, se non vi è stato dolo o sorpresa da parte del
creditore.”
3) Se ne il debitore ne il creditore lo fanno => intervengono norme suppletive
=> secondo comma art. 1193 : “In mancanza di tale dichiarazione, il pagamento deve essere
imputato al debito scaduto; tra più debiti scaduti, a quello meno garantito; tra più
debiti ugualmente garantiti, al più oneroso per il debitore; tra più debiti ugualmente onerosi,
al più antico. Se tali criteri non soccorrono, l'imputazione è fatta proporzionalmente ai vari
debiti.”
1) Si estinguono prima quelli scaduti
2) Se tutti sono scaduti: si estingue prima quello meno garantito
3) Se tutti scaduti e tutti ugualmente garantiti : si estingue prima il debito più
oneroso per il debitore , eccezionalmente è una norma a favore del debitore
(tipicamente il debito più oneroso è quello che produce più interesse)
4) Se tutti ugualmente scaduti, garantiti, onerosi : si estingue prima il debito che
è sorto prima
5) Se no: tutti si riducono in proporzione alla somma data

Art. 1194 : “Il debitore non può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli interessi e alle spese,
senza il consenso del creditore. Il pagamento fatto in conto di capitale e d'interessi deve
essere imputato prima agli interessi.”

ALTRI MODI DI ESTINZIONE DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO


Se l’adempimento è modo di estinzione fisiologico, ne esistono di altri: regolati all’art. 1230 e seguenti.
Si distinguono in 2 categorie a seconda che:
- satisfattori = comportano una soddisfazione dell’interesse creditorio
- compensazione
- confusione

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- non satisfattori = non comportano una soddisfazione dell’interesse creditorio
- remissione
- impossibilità sopravvenuta
- novazione

Impossibilità sopravvenuta :
Art. 1256 : “L'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore,
la prestazione diventa impossibile.”
= la prestazione diventa impossibile => l’impossibilità:
- deve essere sia oggettiva che soggettiva, non basta quindi la semplice impossibilità di adempiere per le
condizioni personali dell’individuo),
- ma non deve essere per forza assoluta ma basta che sia relativa (= ragionando sul singolo rapporto
contrattuale, si considera impossibile se va oltre la diligenza che è possibile chiedere al debitore => quindi
una prestazione che dal punto vista astratto è possibile magari in base al contratto non è possibile
richiederla).
Non ci deve essere inoltre una colpa del debitore,
=> se si verifica tutto ciò: l’obbligazione si estingue.
Es. : Alfa si obbliga a cedere a Beta il brevetto su un farmaco antitumorale. L’autorità amministrativa
annulla il brevetto per consentire il massimo sviluppo del farmaco; l’obbligazione non sorge.
N.B.
=> Art. 1256 comma 2: “Se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non
è responsabile del ritardo nell’adempimento. Tuttavia l'obbligazione si estingue se
l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto,
il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più
interesse a conseguirla.”
Impossibilità temporanea esonera dal danno da ritardo. Se però l’impossibilità perdura fino a quando viene
meno l’interesse del creditore, in questo caso l’obbligazione si estingue
=> Art. 1258, quando la prestazione diventa impossibile solo in parte : “Se la prestazione è divenuta
impossibile solo in parte, il debitore si libera dall'obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che
è rimasta possibile. La stessa disposizione si applica quando, essendo dovuta una cosa determinata, questa
ha subito un deterioramento, o quando residua alcunché dal perimento totale della cosa.”

Novazione
Regolata art. 1230 e seguenti: “L'obbligazione si estingue quando le
parti sostituiscono all'obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo diverso. La
volontà di estinguere l'obbligazione precedente deve risultare in modo non equivoco.”
= accordo tra debitore e creditore con cui i due estinguono la vecchia obbligazione costituendone una nuova
che va a sostituire la precedente => si parla di novazione oggettiva; si produce quindi un effetto estintivo-
costitutivo.
L’obbligazione viene estinta ma c’è ancora un debito da estinguere, quindi non procura immediatamente un
soddisfacimento del creditore.
Occorrono due elementi:
- elemento oggettivo : si modifica l’oggetto o il titolo obbligazione
=> se non viene cambiato l’oggetto ma viene cambiato il titolo : si cambia il contratto fonte
dell’obbligazione
- elemento soggettivo : la volontà di estinguere deve risultare in modo non equivoco, questo perchè nei
contratti se non è chiara la volontà di estinguere la vecchia obbligazione il contratto produce il sorgere di
una nuova obbligazione che si aggiunge alla precedente, quindi occorre che la volontà di estinzione risulti
in maniera chiara

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N.B.
Art. 1231: “Il rilascio di un documento o la sua rinnovazione, l'apposizione o l'eliminazione di un termine e
ogni altra modificazione accessoria dell'obbligazione non producono novazione.”
le semplici modificazioni accessorie (come ad esempio una dilazione del termine di pagamento) non
rientrano nella novazione, quindi rimane l’obbligazione originaria.
Art. 1234 : “La novazione è senza effetto, se non esisteva l'obbligazione originaria.”
la funzione della novazione è quella di sostituire la vecchia obbligazione con la nuova, se quindi non sussiste
l’obbligazione originaria allora non è possibile la novazione. Si dice che la novazione non ha più una causa.

≠ dalla: datio in solutum (quando il creditore accetta che il debitore si liberi eseguendo una prestazione
diversa da quella dovuta)
Nella novazione, già immediatamente nel contratto dell’accordo si sostituisce la vecchia obbligazione
sostituendolo, invece nella datio in solutum non ci si libera in virtù dell’accordo ma quando si esegue la
nuova prestazione.

Remissione
Il creditore dichiara al debitore di estinguere il proprio credito.
L’estinzione si produce immediatamente, ma se il debitore si oppone l’estinzione si ha per non avvenuta
(impossibilità di influire sulla sfera giuridica altrui senza il consenso dell’interessato).
Regolata all’art 1236 : “La dichiarazione del creditore di rimettere il debito estingue l'obbligazione quando
è comunicata al debitore, salvo che questi dichiari in un congruo termine di non volerne profittare.”
L’estinzione dell’obbligazione avviene subito nel momento in cui il creditore lo comunica al debitore, salvo
che il debitore in un congruo termine comunichi al creditore che non vuole valersi della remissione ma vuole
rimanere obbligato, in questo caso l’obbligazione resta in vita (può avvenire per motivi morali, per ragioni
fiscali,…).
Questa è possibile o con una dichiarazione espressa o in modo tacito, presunto, restituendo al creditore la
copia originale del contratto da cui deriva la sua obbligazione.
Per quanto riguarda le garanzie: se si rinuncia al debito, anche le garanzie che lo assistono si estinguono; se
rimette il debito al fideiussore resta in vita l’obbligazione originaria perché non si è estinto il debito
originale.

≠ dal: pactum de non petendo


Con il pactum de non petendo il creditore non perde definitivamente il suo diritto, ma il potere di esercitarlo
per un dato periodo di tempo.
Es. conto corrente (contratto col quale le parti, avendo plurimi rapporti da cui derivano crediti
pecuniari reciproci, si accordano per considerare inesigibili, temporaneamente, le rispettive ragioni
di credito, inserendole in un apposito conto unitario, ed accettandone la compensazione fino a
concorrenza, cosicché alle scadenze pattuite, tutte le partite risultino sistemate con il solo pagamento
del saldo)

Confusione
Riunione nello stesso soggetto delle qualità di debitore e creditore, per cui l’obbligazione si estingue per
confusione. Naturalmente, l’estinzione del rapporto per confusione determina anche la liberazione degli
eventuali terzi che abbiano prestato garanzia per il debitore.
Art. 1253: “Quando le qualità di creditore e di debitore si riuniscono nella stessa persona, l'obbligazione si
estingue, e i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore sono liberati.”
Eccezione: quando il titolo viene incorporato in un documento (titoli di credito) : se il titolo circolante torna
al soggetto che lo ha emesso, colui al quale torna è libero di rigirarla ancora, perché ormai il diritto essendo
incorporato vive di vita sua, quindi il debito non si estingue per confusione ma prevale il principio di
letterarietà del titolo.

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Compensazione
Regolata art. 1241 e seguenti : “Quando due persone sono obbligate l'una verso l'altra, i due debiti
si estinguono per le quantità corrispondenti, secondo le norme degli articoli che seguono.”
Quando tra due soggetti vi sono controdebiti reciproci che non nascono da uno stesso contratto, questi si
possono estinguere per le quantità corrispondenti e sarà dovuta soltanto l’eventuale differenza (saldo).
Ci sono tre possibili forme:
- legale
devono esserci dei controcrediti reciproci che devono avere ad oggetto denaro o beni fungibili dello stesso
genere (devono essere beni omogenei), inoltre devono essere ugualmente liquidi (via determinati nel loro
preciso ammontare) ed esigibili (o non sottoposti a termine o se il termine è previsto l’obbligazione deve
essere giunta a scadenza)
Perché la compensazione legale operi, è necessario che la parte la faccia valere in giudizio, il giudice non
può rilevarla d’ufficio (Art. 1242 “La compensazione estingue i due debiti dal giorno della loro
coesistenza. Il giudice non può rilevarla d’ufficio.”).
Il giudice inoltre si limita ad accettare che ci sia stata compensazione legale. Quest’ultima è la ragione per
cui l’estinzione non si ha nel momento della sentenza ma opera retroattivamente, dal momento
dell’esistenza dei debiti (ex tunc)
- giudiziale
art. 1243 comma 2 “Se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e pronta
liquidazione, il giudice può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e
può anche sospendere la condanna per il credito liquido fino all'accertamento del credito opposto in
compensazione.”
uno dei due debiti non è determinato di un ammontare preciso, ma è di facile e pronta liquidazione per cui
il giudice, sulla base degli atti di causa raccolti, può arrivare a determinarlo. Il giudice quindi fa una
sentenza costitutiva che estingue l’obbligazione, che non avverrà retroattivamente ma dalla data della
sentenza
- volontaria
quando mancano i presupposti sia per quella legale e giudiziale, le parti sono libere di stipulare un
contratto con il quale determinano la compensazione (ci deve sempre essere il requisito della reciprocità)
art. 1252 : “Per volontà delle parti può aver luogo compensazione anche se
non ricorrono le condizioni previste dagli articoli precedenti. Le parti possono
anche stabilire preventivamente le condizioni di tale compensazione.”

Art. 1246 casi in cui compensazione non può verificarsi :


“La compensazione si verifica qualunque sia il titolo dell'uno o dell'altro debito, eccettuati i casi:
1) di credito per la restituzione di cose di cui il proprietario sia stato ingiustamente spogliato;
2) di credito per la restituzione di cose depositate o date in comodato;
3) di credito dichiarato impignorabile;
4) di rinunzia alla compensazione fatta preventivamente dal debitore;
5) di divieto stabilito dalla legge.”

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21. L’INADEMPIMENTO E LA MORA
22. LA RESPONSABILITÀ PATRIMONIALE DEL DEBITORE

= la non esecuzione della prestazione dovuta (i. totale) o l’esecuzione inesatta (quantitativamente e/o
qualitativamente) della prestazione dovuta (i. parziale) o il ritardo nell’esecuzione.
L’inadempimento può essere:
a) totale, quando la prestazione è mancata interamente (ad es., il debitore, che doveva consegnarmi del
carburante, non si è presentato); o
b) parziale, quando la prestazione è stata sì effettuata, ma non correttamente (c.d. adempimento inesatto)
L’inadempimento può, ancora, distinguersi in:
a) assoluto (o definitivo), quando è escluso che possa essere effettuato in futuro
b) relativo, se la prestazione non è stata eseguita in termini, ma potrebbe esserlo in futuro

Le conseguenze dell’inadempimento sono, nell’ordine :


- Responsabilità da inadempimento:
ogni volta che un obbligazione non è adempiuta in modo esatto nasce la responsabilità da inadempimento,
ovvero il debitore è obbligato a risarcire al creditore il danno procurato a causa del suo inadempimento.
Art. 1218 : “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del
danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilita' della
prestazione derivante da causa a lui non imputabile”
Viene disciplinata qualsiasi obbligazione, qualunque ne sia la fonte (obbligazioni di genere, di fare, di
risultato, MA nelle prestazioni di non fare [in quest’ultima ipotesi non è ammessa nessuna prova
contraria]…).
Il debitore per non essere considerato responsabile deve fornire una duplice prova :
• dimostrare che l’inadempimento è stato dovuto da un impossibilità della prestazione (impossibilità
che deve essere oggettiva e relativa (non assoluta))
• bisogna provare qual’è la causa specifica che ha determinato l’impossibilità e questa non deve
essere a lui imputabile e/o da lui prevedibile, se la causa è innata il debitore non si libera
dall’obbligo di risarcire il danno
Se ci si avvale di ausiliari => se il debitore nell’adempiere si avvale dell’ausilio di terzi soggetti, lui
risponde anche del fatto doloso e colposo di questi
=> disciplina favor creditoris, tutto l’onere probatorio grava infatti sul debitore
La prestazione economica => Art. 1223 “Il risarcimento del danno per l'inadempimento o per
il ritardo deve comprendere cosi' la perdita subita dal creditore come il mancato guadagno, in quanto ne
siano conseguenza immediata e diretta.” Diversi danni:
- danno emergente = vanno risarcite tutte le perdite patrimoniali causate con l’inadempimento
- lucro cessante = quando vengono perse occasioni di guadagno a causa dell’inadempimento
Ma non qualunque perdita o mancato guadagno sono dovute all’inadempimento, per cui il codice da dei
criteri per quantificare il risarcimento del danno:
• Nell’art. 1223 si dice che il danno deve essere conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento
=> il legislatore non accoglie un criterio di causalità naturalistica (fattuale) che porterebbe a risarcire
numerosi danni, ma si usa il criterio della causalità adeguata = si addossano le conseguenze dannose al
debitore inadempiente, solo quelle che normalmente scaturiscono da quel tipo di inadempimento.
Quindi sono risarcibili solo i danni che in base alla comune esperienza (o alle leggi scientifiche) sono
una conseguenza normale del fatto che costituisce inadempimento
• Prevedibilità del danno : art. 1225 “Se l'inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore,
il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione.”
=> il debitore deve risarcire solo i danni che poteva prevedere nel momento in cui l’obbligazione è
sorta, questo vale però solo per l’inadempimento dovuto a colpa; se invece il suo inadempimento

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dipende da dolo (volontariamente non si adempie) allora il debitore deve risarcire anche i danni
imprevedibili
Esempio: Il trasportatore che si era impegnato a trasportare un certo quadro, che durante il trasporto va
perduto per un incidente, deve risarcire solo il danno corrispondente al valore che era attribuibile al
quadro al momento in cui il contratto di trasporto era stato concluso, anche se, successivamente, tale
valore era aumentato perché il quadro era risultato opera di un pittore più importante. Se però il
trasportatore si appropria del quadro, dovrà risarcire il valore del quadro quale risulta al momento della
sentenza di condanna.
• Art. 1227 “Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno,
il risarcimento è diminuito secondo la gravitò della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono
derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando
l'ordinaria diligenza.”
=> il danno non è causalmente riconducibile all’inadempimento del debitore ma anche al
comportamento del creditore stesso => la prestazione non è eseguita esattamente sia per colpa del
debitore che per colpa del creditore, e quindi il danno in parte dipende anche dal comportamento del
creditore
• Art. 1226 : “Se il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare,
è liquidato dal giudice con valutazione equitativa.”
=> quando il creditore non può provare il danno nel suo preciso ammontare, il danno può essere
valutato dal giudice equitativamente. Il creditore non ha a disposizione strumenti per arrivare ad una
prova del danno subito, allora il giudice fa una valutazione equitativa. Occorre però provare, anche
presuntivamente, che un danno si sia effettivamente verificato.
Le parti nella loro contrattazione possono escludere la responsabilità, prevedendo nel contratto delle
clausole di esonero o limitazione della responsabilità. A tali clausole vengono però applicati alcuni limiti
=> Art. 1229: “è nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità
del debitore per dolo o per colpa grave. è nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o
di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi
ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico.”
Quindi le clausole non possono coprire:
- inadempimenti dolosi o gravemente colposi
- inadempimenti che comportano danno all’integrità fisica o morale della persona perché andrebbe
contro l’ordine pubblico
N.B. ≠ clausola di manleva: che prevede il trasferimento ad altri della responsabilità, non ci si esonera
dalla responsabilità ma un terzo ci rende indenne dal pagamento perché adempirà lui al risarcimento

L’art. 1219 disciplina una peculiare forma di ritardo => la mora del debitore, qualificata dalla presenza
di alcuni presupposti.
Momento in cui il debitore viene messo in mora : con richiesta scritta di pagamento (la costituzione in
mora costituisce un atto interruttivo della prescrizione). Il ritardo è già un inadempimento, quando
interviene la messa in mora c’è una sorta di inadempimento qualificato e scattano degli effetti
pregiudizievoli superiori. I presupposti della mora:
- prestazione sia divenuta esigibile (ovvero sia giunta a scadenza)
- imputabilità del ritardo al debitore
- occorre formale richiesta scritta di adempimento che è l’atto di messa in mora => da quel momento il
debitore è in mora e scattano conseguenze particolari
La costituzione in mora: consiste in una intimazione o richiesta fatta per iscritto dal creditore al debitore di
adempimento, in caso contrario si presume che il ritardo sia tollerato dal creditore. Ma ci sono dei casi
previsti nel comma 2 dell’art. 1219 dove per mettere in mora il debitore non serve la prova scritta, ma la
mora è automatica, questo avviene quando:
- si tratta di obbligazione risarcitoria per fatto illecito
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- il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere adempiere alla scadenza
- si tratta di un’obbligazione da adempiere al domicilio del creditore (obbligazioni pecuniarie)
Effetti della mora del debitore:
- nasce la responsabilità di risarcimento per il danno da ritardo => ma esiste una duplice visione a
riguardo: secondo alcuni il danno da ritardo è risarcibile subito quindi non serve la messa in mora per
poter chiedere il risarcimento dal danno da ritardo, secondo altri invece si ritiene che solo dal giorno
della messa in mora sia dovuto il risarcimento
- nel caso di obbligazioni di somme di denaro, l’art. 1224 dice che il danno da ritardo viene liquidato
sotto forma di interessi (interessi moratori) e il danno è dovuto dal giorno della messa in mora,
interessi che servono per risarcire il creditore dal danno da ritardo
- Art. 1221 passaggio del rischio : “Il debitore che è in mora non è liberato per
la sopravvenuta impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, se non
prova che l'oggetto della prestazione sarebbe ugualmente perito presso il creditore. In qualunque
modo sia perita o smarrita una cosa illecitamente sottratta, la perdita di essa non libera chi
l'ha sottratta dall'obbligo di restituirne il valore.”
Se la prestazione diventa impossibile per causa non imputabile al debitore, normalmente il debitore è
liberato, se però il debitore è in ritardo nel pagamento ed è stato messo in mora, l’eventuale
impossibilità sopravvenuta non imputabile non lo libera, quindi sarà comunque tenuto a risarcire il
danno, questo perché se avesse adempiuto nei termini la prestazione sarebbe stata possibile.
Eccezione : nell’ipotesi (rara) in cui il debitore dimostra che l’oggetto della prestazione sarebbe
ugualmente perito nelle mani del creditore.
N.B. Le norme sulla mora non operano per le obbligazioni negative perché in quel caso immediatamente
nel momento in cui si compie l’attività vietata si viene considerati inadempienti (art. 1222)
Mora del creditore: il creditore non ha un obbligo di esigere la prestazione, ma può accadere che in
alcuni casi il creditore rifiuti ingiustificatamente di ricevere l’inadempimento causando un danno al
debitore. In questo caso il debitore lo può mettere in mora.
Art. 1206 : “Il creditore è in mora quando, senza motivo legittimo, non riceve il pagamento offertogli nei
modi indicati dagli articoli seguenti o non compie quanto è necessario affinché
il debitore possa adempiere l’obbligazione.”
Quindi i presupposti:
- rifiuto ingiustificato di ricevere
- offerta informale (nei modi previsti all’art 1208) , l’offerta deve essere esatta e può essere fatta in due
modi diversi:
(1) reale => art. 1209 “Se l'obbligazione ha per oggetto danaro, titoli di credito, ovvero cose mobili
da consegnare al domicilio del creditore, l'offerta deve essere reale.”
(2) per intimazione => quando ha ad oggetto o prestazioni da eseguire al domicilio del creditore o la
consegna di immobili => viene inviato un avviso al creditore con l’invito a presentarsi in una certa
data e in un certo luogo per ricevere la prestazione
Effetti della mora del creditore: art. 1207 comma 3: “Gli effetti della mora si verificano dal giorno
dell'offerta, se questa è successivamente dichiarata valida con sentenza passata in giudicato o se
è accettata dal creditore.” Dal momento dell’offerta se il creditore accetta viene considerato in mora nel
periodo che intercorre dall’offerta a quando accetta la prestazione, se invece non accetta si apre una fase
giudiziaria e il giudice dovrà accertare se il rifiuto sia giustificato o meno, se è giustificato il debitore
viene costituito in mora retroattivamente (dal momento in cui la prestazione è stata offerta).
Art. 1207 : “Quando il creditore è in mora, è a suo carico l’impossibilità
della prestazione sopravvenuta per causa non imputabile al debitore. Non sono più dovuti gli interessi nè i
frutti della cosa che non siano stati percepiti dal debitore. Il creditore è pure tenuto a risarcire i danni
derivati dalla sua mora e a sostenere le spese per la custodia e la conservazione della cosa dovuta.”
Quindi gli effetti:
- risarcimento danni e rimborso spese
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- rischio impossibilità sopravvenuta => se il creditore voleva eseguire la prestazione ma il creditore,
senza ragione, ha rifiutato di ricevere la prestazione stessa e dopo la messa in mora la prestazione
diventa impossibile => il debitore è liberato, ma siccome il creditore era stato messo in mora, il
rischio è a carico del creditore che deve comunque eseguire la controprestazione
- non più dovuti interessi o frutti
Il debitore può liberarsi dall’obbligazione contro la volontà del creditore procedendo al deposito
liberatorio: di fronte ad un creditore che si rifiuta di ricevere la prestazione, l’art. 1210 prevede : “Se
il creditore rifiuta di accettare l'offerta reale o non si presenta per ricevere le cose offertegli mediante
intimazione, il debitore può eseguire il deposito. Eseguito il deposito, quando questo
è accettato dal creditore o è dichiarato valido con sentenza passata in giudicato, il debitore non può più
ritirarlo ed è liberato dalla sua obbligazione.”

- Responsabilità patrimoniale:
il creditore ha la garanzia che se il debitore non paga alla scadenza può andare ad aggredire il patrimonio
del debitore (esecuzione forzata) per il soddisfacimento in via coattiva del diritto del creditore.
Art. 2740 : “Il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.
Le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi stabiliti dalla legge.”
I suoi beni fungono da garanzia per il creditore, assicurato un modo alternativo di soddisfacimento in caso
in cui il debitore sia inadempiente. Strumento ulteriore di tutela = possibilità di fare valere le sue ragioni
sul patrimonio del debitore ottenendo soddisfazione pur senza l’adempimento spontaneo => si parla di
esecuzione forzata, di cui ci sono 2 forme diverse :
- esecuzione forzata per espropriazione = andando dal giudice il debitore ottime che vengano
sottoposti a pignoramento i beni del debitore (beni che vengono sottratti alla sua disponibilità,
vengono destinati al soddisfacimento del creditore, i beni vengono infatti venduti all’asta o assegnati
direttamente al creditore, e sul ricavato dell’asta il creditore si soddisfa)
=> la disciplina nel dettaglio si ha nel codice di procedura civile, nel codice civile regolata da art.
2910 a 2929
- esecuzione forzata in forma specifica (permettono di ottenere esattamente ciò che spetta) = si ha
quando rimangono inadempiute obbligazioni diverse di quelle pecuniarie (ma obbligazioni di dare,
fare, non fare e contrattare).
=> disciplina nel dettaglio si ha nel codice di procedura civile, nel codice civile regolata ad art. 2930
e seguenti
Patrimonio assoggettabile ad esecuzione: tutti i beni del debitore, di cui lo stesso risulti titolare al
momento dell’inizio dell’esecuzione, anche se acquistati successivamente al sorgere dell’obbligazione,
possono essere espropriati dal creditore. Il principio dettato dall’art. 2740, comma 1, c.c. trova inoltre
eccezione — in considerazione della loro natura o funzione — con riferimento ad alcuni beni (si pensi, ad
es., all’anello nuziale, ai vestiti, alla biancheria, al letto, al tavolo per la consumazione dei pasti, ecc.), che
sono sottratti all’espropriazione: c.d. beni impignorabili.
Principi della responsabilità patrimoniale :
• principio dell’universalità => art. 2740, perché viene coinvolto l’intero patrimonio del debitore
(eccetto i
casi previsti dalla legge, come nel caso di patrimonio separato)
• principio della par condicio creditori => art. 2741 = tutti i creditori hanno pari diritto di essere
soddisfatti sul patrimonio del creditore, slave le cause legittime di prelazione (ovvero salvo che il
creditore abbia un diritto particolare che gli da il diritto di soddisfarsi sui beni del debitori con
preferenza rispetto agli altri), tali cause legittime di prelazione sono: pegno, ipoteca, privilegio => tale
diritto ha un significato importante nel caso di insufficienza del patrimonio del debitore a soddisfare
tutti i creditori.

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23. LE CAUSE LEGITTIME DI PRELAZIONE

La garanzia patrimoniale viene fatta valere quando scade l’obbligazione e non si paga, si tratta quindi di una
garanzia incerta perché il patrimonio può variare => quindi il codice prevede delle garanzie specifiche: i
diritti reali di garanzia, ovvero il pegno e l’ipoteca, che vengono costituiti su beni specifici del debitore che
da in garanzia una suo determinato bene al creditore. In quanto diritti reali, questi presenta in diritto di
sequela, ovvero: il potere di esercitare la garanzia, espropriando detti beni per soddisfarsi sul relativo
ricavato, anche se la loro proprietà è passata ad altri. In particolare modo la costituzione di un diritto reale di
garanzia su uno dei beni da parte del debitore, non si consente il godimento di un proprio bene, proprio
perché si tratta di un diritto non di godimento ma di garanzia, quindi, se non si adempie, il creditore ha il
diritto di andare a fare esecuzione forzata sul bene e di soddisfarsi sul ricavato con preferenza rispetto agli
altri creditori, quindi derogando alla par condicio creditorum.
• Pegno (art. 2784: “Il pegno è costituito a garanzia dell'obbligazione dal debitore o da un terzo per il
debitore. Possono essere dati in pegno i beni mobili, le universalità di mobili, i crediti e
altri diritti aventi per oggetto beni mobili.”) si applica ai beni mobili, ai crediti e alle universalità di
mobili
Per costituirlo occorre un contratto o un accordo, non basta il semplice consenso, infatti il contratto si
perfeziona solo con la consegna della cosa dal debitore al creditore, deve perciò essere un contratto
reale (art. 2786 “Il pegno si costituisce con la consegna al creditore della cosa o
del documento che conferisce l'esclusiva disponibilità della cosa. La cosa o il documento possono
essere anche consegnati a un terzo designato dalle parti o possono essere posti in custodia di
entrambe, in modo che il costituente sia nell'impossibilita' di disporne senza la cooperazione del
creditore.”).
Inoltre il pegno può avere ad oggetto anche un credito che il debitore ha nei confronti di un terzo: in tal
caso il creditore pignoratizio può riscuotere il credito oggetto del pegno alla scadenza e può trattenere
il denaro riscosso fino all’ammontare del suo credito, restituendo l’eccedenza al debitore.
Per effetto del pegno:
• il creditore ha il diritto di possedere e trattenere la cosa mobile ricevuta fino alla scadenza del
debito;
• se il debitore non adempie spontaneamente alla scadenza, il creditore ha il diritto di far vendere il
bene oggetto del pegno all’asta pubblica per soddisfarsi sul ricavato fino all’ammontare del suo
credito;
• il creditore pignoratizio ha diritto di soddisfarsi sul ricavato della vendita con preferenza
(prelazione) rispetto agli altri creditori.
• Ipoteca => art. 2810: “L'ipoteca attribuisce al creditore il diritto di espropriare, anche in confronto
del terzo acquirente, i beni vincolati a garanzia del suo credito e di
essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione. L'ipoteca può avere
per oggetto beni del debitore o di un terzo e si costituisce mediante iscrizione nei registri immobiliari.
L'ipoteca è legale, giudiziale o volontaria.” => si applica agli immobili o ai mobili registrati
= si costruisce mediante l’iscrizione nei pubblici registri e si parla di pubblicità costitutiva e occorre la
forma scritta a pena di nullità
Si costituisce in modo diverso in base alle tre forme di ipoteca :
• volontaria => viene costituita con un contratto o con un negozio giuridico unilaterale, non è
possibile costituire ipoteche per testamento (secondo comma art. 1821), il contratto è però solo il
titolo dell’ipoteca, questa, come visto, si costituisce poi solo con l’iscrizione
• giudiziale => quando c’è una sentenza che condanna a pagare, art. 2818: “Ogni sentenza che
porta condanna al pagamento di una somma o all'adempimento di altra obbligazione ovvero
al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente è titolo per iscrivere ipoteca sui beni del
debitore. Lo stesso ha luogo per gli altri provvedimenti giudiziali ai quali la legge attribuisce tale

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effetto.”
=> se si ha una sentenza con cui si è stati condannati a pagare una somma di denaro, con quella
sentenza è possibile far iscrivere l’ipoteca sui beni a garanzia del pagamento di quella somma di
denaro
• legale => art. 2817 : “Hanno ipoteca legale: 1) l'alienante sopra gli immobili alienati per
lo adempimento degli obblighi che derivano dall'atto di alienazione; 2) i coeredi, i soci e
altri condividenti per il pagamento dei conguagli sopra gli immobili assegnati ai condividenti ai
quali incombe tale obbligo.” => in questo caso non si chiede l’iscrizione dell’ipoteca, ma il
conservatore dei registri immobiliari deve iscrivere automaticamente e per legge l’ipoteca legale a
garanzia del pagamento del prezzo, è possibile però per le parti dispensare il conservatore.
Se il debitore non paga alla scadenza il suo debito, il creditore ha il diritto di far espropriare il bene
oggetto dell’ipoteca per soddisfarsi sul prezzo ricavato fino all’ammontare del suo credito. Inoltre il
creditore ha diritto di soddisfarsi sul prezzo ricavato dalla espropriazione con prelazione, ossia con
preferenza rispetto ad altri eventuali creditori del debitore.
L’ipoteca sorge al momento dell’iscrizione nei pubblici registri (pubblicità costitutiva) => ma può
accadere che su uno stesso bene possano essere iscritte più ipoteche a favore di creditori diversi, in tal
caso, ciò che conta è la data dell’iscrizione, quindi l’iscrizione prende grado dal momento in cui è stata
iscritta. Se il bene ipotecato viene sottoposto ad esecuzione forzata, sul ricavato della vendita si
soddisfa innanzitutto il creditore con ipoteca di primo grado, se c’è residuo, quello di secondo grado e
così via. Ciò viene regolato agli art. 2852 e seguenti : “L'ipoteca prende grado dal momento della sua
iscrizione, anche se è iscritta per un credito condizionale. La stessa norma si applica per
i crediti che possano eventualmente nascere in dipendenza di un rapporto già esistente.”. Si ricordi che
non è vietato lo scambio del grado tra creditori ipotecari, purché esso non leda i creditori aventi gradi
successivi.
L’iscrizione ipotecaria dura 20 anni, art. 2847: “L'iscrizione conserva il suo effetto per venti anni dalla
sua data. L'effetto cessa se l'iscrizione non è rinnovata prima che scada detto termine.”
=> questo perché se si rinnova dopo la scadenza è come se ci fosse una nuova iscrizione e quindi se un
altro nel frattempo ha iscritto l’ipoteca diventa lui di 1 grado. Quindi se il creditore vuole mantenere il
diritto di ipoteca, prima della scadenza del 20ennio, deve rinnovare l’iscrizione e in tal modo la sua
ipoteca continua a prevalere su quelle di grado successivo. Questo implica anche che in caso di vendita
del bene, l’ipoteca rimane quella originaria. Se invece si lascia decorrere il termine, se si iscrive o si va
per rinnovare dopo che l’iscrizione è giunta a scadenza, quella viene considerata come nuova
iscrizione ipotecaria quindi assume un grado inferiore rispetto a quelle sorte precedentemente e se
qualcun altro nel frattempo ha acquistato il bene lo ha acquistato non gravato da ipoteca ma libero.
Questo regolato all’art. 2848: “Nonostante il decorso del termine indicato dall'articolo precedente, il
creditore può procedere a nuova iscrizione; in tal caso l'ipoteca prende grado dalla data della nuova
iscrizione.La nuova iscrizione non può essere presa contro i
terzi acquirenti dell'immobile ipotecato che hanno trascritto il loro titolo.”
Cosa accade se un terzo acquista un bene gravato da ipoteca => il terzo corre il rischio di subire un
espropriazione forzata del bene se debitore originario non paga (perché il diritto di garanzia è un diritto
reale e circola con il bene): regolato agli art. 2858 e seguenti: “Il terzo acquirente dei beni ipotecati,
che ha trascritto il suo titolo di acquisto e non è personalmente obbligato, se non preferisce pagare i
creditori iscritti, può rilasciare i beni stessi ovvero liberarli dalle ipoteche, osservando le norme
contenute nella sezione XII di questo capo. In mancanza, l'espropriazione segue contro di lui secondo
le forme prescritte dal codice di procedura civile.”
Esistono però dei modi per evitare l’espropriazione, questo possibile:
• pagando lui stesso al creditore ipotecario, estinguendo lui il debito ottenendo così la proprietà del
bene (normalmente questo accade quando viene dato in garanzia un bene che vale di più del
credito che garantisce, quindi a chi ha acquistato il bene conviene che vada a pagare lui stesso il
creditori)
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• rilasciando i beni stessi ai creditori => il rilascio lo si fa ai sensi dell’art. 2851 con cancellazione
fatta dal tribunale dove si dichiara di abbandonare il bene gravato da ipoteca, accelerando in tal
modo i tempi ed evitando la procedura di espropriazione, tacitando così il creditore precedente
(questo accade tipicamente quando il bene vale meno del credito garantito quindi costa meno
abbandonare il bene piuttosto che pagare il debitore)
• tramite una procedura complicata regolata agli art. 2889 e seguenti sul modo di liberare i beni
dalle ipoteche: bisogna attivare una procedura di purgazione del bene dall’ipoteca => possibile
fare un’offerta ai creditori di una somma di denaro pari al prezzo pagato per acquisire il bene, si
apre poi un’asta giudiziaria e pagando ai creditori quel prezzo si libera il bene dall’ipoteca
In tutti questi casi avrà un diritto di regresso (rivalsa) contro colui che ha venduto il bene => previsto
da art. 2866 “Il terzo che ha pagato i creditori iscritti ovvero ha rilasciato l'immobile o sofferto
l'espropriazione ha ragione d'indennità verso il suo autore, anche se si tratta di acquisto a titolo
gratuito.” Al terzo acquirente che abbia pagato il creditore ipotecario è altresì riconosciuto il diritto di
surrogazione nelle ipoteche eventualmente iscritte, a favore del creditore soddisfatto a garanzia del
credito estinto, su altri beni del debitore (surrogazione legale)
Riduzione dell’ipoteca : quando il debitore ha già estinto una parte del debito o c’è un incremento del
valore del bene dato in ipoteca => il debitore può chiedere la riduzione dell’ipoteca ma per ridurla
occorre o consenso del creditore o una sentenza del giudice che accerti che una parte del debito sia
stata pagata oc he il valore del bene dato in ipoteca è aumentato => con la sentenza si va dal
conservatore e si fa ridurre l’ipoteca che va a gravare solo una parte del bene originario oppure la
riduzione stabilisce che sia poi possibile ricavare del bene una somma minore rispetto a quella
precedentemente stabilita: art. 2872 e seguenti : “La riduzione delle ipoteche si opera riducendo la
somma per la quale è stata presa l'iscrizione o restringendo l'iscrizione a una parte soltanto dei beni.
Questa restrizione può aver luogo anche se l'ipoteca ha per oggetto un solo bene, qualora questo
abbia parti distinte o tali che si possano comodamente distinguere.”
Cause di estinzioni : art. 2878 “L'ipoteca si estingue:
1) con la cancellazione dell’iscrizione;
2) con la mancata rinnovazione dell'iscrizione entro il termine indicato dall'art. 2847;
(20 anni)
3) con l'estinguersi dell’obbligazione;
4) col perimento del bene ipotecato, salvo quanto è stabilito dall'art. 2742;
5) con la rinunzia del creditore;
6) con lo spirare del termine a cui l'ipoteca è stata limitata o col verificarsi della condizione
risolutiva;
7) con la pronunzia del provvedimento che trasferisce all'acquirente il diritto espropriato e
ordina la cancellazione delle ipoteche.”
Una volta verificata la causa d’estinzione bisogna andare dal conservatore ad ottenere la cancellazione
a cui bisogna portare: o una dichiarazione in cui il creditore acconsente alla cancellazione (perché
avvenuto il pagamento) o la sentenza del giudice che accerti che si sia verificata una delle cause di
estinzione sopra descritte (se il creditore non dovesse essere d’accordo).

Nei rapporti tra privati e istituti di credito => questa procedura ha un inconveniente: per cancellare
l’ipoteca si ha bisogno o di un documento del creditore o di una sentenza, e questo per il debitore era
spesso una spesa. Il consenso infatti deve essere fatto per atto pubblico o per scrittura privata
autenticata e quindi è un costo => quindi la difficoltà della normativa è che il creditore per non trovarsi
ancora l’immobile gravato dall’ipoteca doveva attivarsi per: o procurarsi atto notarile (costi) oppure
andare dal giudice e ottenere una sentenza (lunga), cosa quindi lunga e dispendiosa
=> intervenuta una norma di legge alla fine degli anni 2000 per agevolare il privato che abbia preso a
mutuo una somma di denaro dalla banca dando in garanzia ipotecaria un suo bene immobile => in
questo caso la norma prevede una procedura semplificata di cancellazione: quando si restituisce
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l’ultima rata di mutuo alla banca, è la banca stessa che si attiva comunicando al conservatore dei
registri immobiliari di essere stato tacitata nelle sue pretese e se nessuno si oppone nei 30 giorni
successivi, viene cancellata l’ipoteca senza nessuna spesa da parte del debitore, non è quindi il debitore
che deve attivarsi ma si prevede tale forma agevolata di cancellazione (è la banca che comunica).

Terza causa di prelazione : privilegio


Art. 2741 : “I creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le
cause legittime di prelazione. Sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno e le ipoteche.”
Il privilegio è una causa di preferenza nella possibilità di andare ad aggredire con l’esecuzione forzata i beni
del debitore, che deriva dalla natura stessa del suo credito. Si ha quando la legge prevede particolari tipi di
credito che per natura godono di una tutela privilegiata (ad esempio il credito agli alimenti, crediti di lavoro,
ovvero crediti volti a soddisfare i bisogni primari).
Ci sono due forme di privilegio => art. 2746 “Il privilegio è generale o speciale. Il primo si esercita su tutti i
beni mobili del debitore, il secondo su determinati beni mobili o immobili.”
- privilegio generale = privilegio su tutti i beni mobili del debitore (come ad esempio i crediti alle imposte
dello stato o crediti agli alimenti) => costituisce un modo di essere del credito e non attribuisce il «diritto
di sequela» , con la conseguenza che può essere esercitato, di regola, solo fin tanto che i beni mobili fanno
parte del patrimonio del debitore
- privilegio speciale = privilegio solo su certi beni (mobili e immobili) , ad esempio su cose trasportare per i
crediti del vettore, su un determinato bene immobile per il credito d’imposta relativo al medesimo. Tale
privilegio costituisce un diritto reale di garanzia, perciò, di regola, tale privilegio è opponibile ai terzi che
abbiano acquistato il bene dal debitore proprietario (come pegno ed ipoteca) => ha diritto di sequela,
propria dei diritti reali di garanzia => secondo art. 2747, secondo comma “Se la legge non dispone
diversamente, il privilegio speciale sui mobili, sempre che sussista la particolare situazione alla quale è
subordinato, può esercitarsi in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi posteriormente al sorgere di
esso.”
Se su uno stesso bene coesistono privilegio e un diritto reale di garanzia (pegno o ipoteca):
• per il pegno => normalmente prevale sui privilegi (sui beni mobili)
• per l’ipoteca => viene sempre dopo i privilegi che riguardano beni immobili specifici (perché normalmente
è privilegio statale per il pagamento di imposte)

Quelle viste fin ora sono garanzie reali, perché costituite da beni che possono essere aggrediti in via
esecutiva dal debitore. Diverse da queste sono le garanzie personali: la fideiussione = soggetti terzi che si
obbligano ad eseguire la prestazione per garantire in solido coobbligazione principale. Quindi la garanzia
non consiste in alcuni beni specifici che vengono dati in garanzia, ma dal fatto che un terzo si porpore come
garante, per cui si avranno due debitori obbligati in solido e il creditore potrà richiedere la prestazione
ugualmente* da uno o dall’altro.
* eccezione: se nel contratto di fideiussione si preveda delle clausole:
* il beneficio della preventiva richiesta (beneficium ordinis) = per cui si stabilisce un ordine con cui
bisogna richiedere la prestazione
* oppure beneficio della preventiva escursione = bisogna prima chiedere la prestazione al debitore
originario e solo in caso al garante, ma bisogna anche fare esecuzione forzata sul suo antimonio e
solo se anche dopo questa non si è riusciti del tutto a soddisfare le proprie ragioni, solo per ciò che
manca è possibile andare dal fideiussore.
Si tratta quindi di un contratto con cui un terzo garantisce al creditore l’adempimento della prestazione.
Questo avviene con le regole della solidarietà. Chi assume su di se la medesima obbligazione che aveva su di
se il debitore garantito = prende il nome di fideiussore.
La fideiussione regolata ad art. 1936 e seguenti : “è fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso
il creditore, garantisce l'adempimento di un'obbligazione altrui. La fideiussione è efficace anche se
il debitore non ne ha conoscenza.” => si tratta di un obbligazione solidale che nasce da due contratti distinti:

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quindi si tratta di due obbligazioni con ad oggetto una stessa obbligazione ma che nascono da contratti
diversi, quindi se quando la solidarietà nasce da un unico contratto gli obbligati in solido sono obbligati
paritari (peso economico deve poi riparti tra tutti), nel caso della solidarietà disuguale invece il vero
obbligato è uno, l’altro è solo un garante ma se lui paga può pretendere dall’obbligato principale la
restituzione di tutto quello che ha pagato perché il peso economico della prestazione deve gravare solo sul
debitore garantito. È quindi un obbligazione accessoria, se il debito da garantire viene meno viene meno
anche il debito del fideiussore, non l’inverso perché il fideiussore può richiedere il rimborso al debitore
principale.
Eccezione : tale accessorietà viene spezzata dal contratto autonomo di garanzia : un terzo soggetto si obbliga
ad eseguire la prestazione in solido con il vecchio debitore ma si spezza il nesso di accessorietà, quindi la
garanzia viene costituita a prima richiesta e senza possibilità di opporre eccezioni (il creditore può andare dal
garante e pretendere l’adempimento anche se il debito garantito non esiste o è stato già estinto o c’è qualche
vizio).
Problema posto nella prassi : garantire con una fideiussione tutti i debiti possibili che si avranno anche in
futuro => fideiussione omnibus : per tempo si è detto che un contratto di tale tipo sarebbe nullo per
indeterminatezza dell’oggetto; è poi intervento un legislatore che ha introdotto la norma dell’art. 1938 :
“La fideiussione può essere prestata anche per un'obbligazione condizionale o futura con la previsione, in
questo ultimo caso, dell'importo massimo garantito” (introdotta nei primi anni 90) dove si dice che è
possibile tale fideiussione se si pone un tetto, ovvero una somma di denaro massima che si è tenuti in quanto
fideiussori a garantire.

Mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale = la responsabilità patrimoniale del creditore rileva
quando:
• l’obbligazione arriva a scadenza e il debitore non paga,
• nella fase in cui obbligazione nasce (chi diventa creditore valuta se il debitore ha un patrimonio su cui
potersi soddisfare in caso di inadempimento);
• ma anche durante al vita del rapporto obbligatorio: ovvero quando l’obbligazione è sorta ma non è giunta a
scadenza. Ogni volta in cui la garanzia patrimoniale è a rischio il creditore che non puoi ancora pretendere
la prestazione (non è arrivato ancora momento della scadenza) ha a disposizione dei mezzi di
conservazione della garanzia patrimoniale. Quindi la garanzia costituita dall’intero patrimonio del debitore,
anche prima che l’obbligazione giunge a scadenza deve essere mantenuta. Gli strumenti giuridici per
tutelarsi contro atti del debitore che vanno a minacciare la sicurezza della sua garanzia:
- azione revocatoria = creditore vede che il debitore inizia a disporre di beni (compie vendite,
donazioni, …) rischiando di diminuire la sua garanzia patrimoniale => in questo caso il creditore può
reagire citando in giudizio il debitore con l’azione revocatoria per far revocare quell’atto dispositivo
(farlo dichiarare inefficace nei suoi confronti). Se riesce a vincere la causa e ottiene dal giudice una
sentenza che revoca l’atto dispositivo, quell’atto viene dichiarato inefficace nei suoi confronti (come
sei bene non fosse mai uscito dal patrimonio del suo debitore e quindi potrà poi farlo pignorare e fare
esecuzione forzata su di esso se il debitore non dovesse poi pagare). In questo modo si è tutelata la
sua garanzia patrimoniale generica.
Occorrono però alcuni presupposti regolati all’art. 2901 e seguenti “Il creditore, anche se
il credito è soggetto a condizione o a termine, può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi
confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue
ragioni, quando concorrono le seguenti condizioni:
1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava
alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse
dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;
2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel
caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione.”
Quindi necessario che:
- eventus damni = l’atto deve essere pregiudizievole per il creditore
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- scentia fraudis = momento in cui si compie l’atto sapendo di ledere l’interesse creditorio
- consilium fraudi = compiuto l’atto prima del sorgere del credito ma si ha già una dolosa
preordinazione (intenzione fraudolenta)
• nel caso di atti a titolo oneroso => anche il terzo contraente deve essere partecipe della
scentia fraudis o del consilium fraudis
Quest’azione deve essere proposta entro un termine preciso: azione si prescrive in 5 anni dalla data
dell’atto.
- azione surrogatoria = il creditore si sostituisce al proprio debitore nell’esercitare suoi diritti
(patrimoniali). Questa viene proposta dal creditore quando il suo debitore rimane inerte nell’esercitare dei
diritti o delle azioni che gli spettano, e così facendo lede il suo patrimonio danneggiando la garanzia del
suo creditore. Può citarlo in giudizio per surrogarsi, ovvero per esercitare quei diritti al suo posto;
tutelando cosi il patrimonio del suo debitore.
- sequestro conservativo : per impedire alienazione del bene
Differenze:
- nella revocatoria se si fa revocare l’atto dispositivo lo si fa dichiarare inefficace solo verso di me, quindi
relativa (a vantaggio solo di chi agisce)
- se si esercita un azione surrogatoria in questo caso quei beni/cespiti patrimoniali rientrano a pieno titolo
nel patrimonio del debitore, quindi anche gli altri creditori potranno soddisfarsi su quei beni (a vantaggio
di tutti i creditori)

Il patto commissorio:
Limite: fissato dall’art 2744 che introduce il divieto del patto commissorio “è nullo il patto col quale
si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della
cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto è nullo anche
se posteriore alla costituzione dell'ipoteca o del pegno.” => si vieta di pattuire che in caso di inadempimento
il bene costituito in garanzia passi automaticamente in proprietà del creditore. Questo per evitare
approfittamenti del creditore e per la par condicio creditorum.
In contrapposizione alla nullità del patto commissorio, l’opinione tradizionale afferma invece la validità del
c.d. « patto marciano », in forza del quale, in ipotesi di inadempimento dell’obbligazione garantita, il bene
viene sì trasferito in proprietà del creditore insoddisfatto, ma ad un valore stimato da un terzo al momento di
detto trasferimento; con la conseguenza che il creditore è tenuto a versare al debitore l’eventuale differenza
tra il valore del bene trasferito e l’ammontare del credito rimasto inadempiuto.

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25. CONTRATTO

Nozione: in termini giuridici il contratto è uno strumento per realizzare determinati interessi delle parti
attraverso la produzione di appositi effetti giuridici, ossia, come recita la norma che definisce l’istituto,
costituendo, regolando o estinguendo un rapporto giuridico patrimoniale.
Si distinguono in :
• Contratti che trasferiscono la proprietà o altri diritti => contratti ad effetti reali (l’effetto reale è definito
all’art. 1376)
• Contratti come fonti di obbligazioni => contratti ad effetti obbligatori

Disciplina nel libro IV del codice. Ogni contratto è assoggettato alla propria disciplina specifica e poi ad una
disciplina generale (nel titolo II: contratti in generale)

Il contratto, come visto:


- è un negozio giuridico, nasce dalla dichiarazione di volontà di 2 o più soggetti che si accordano per
produrre effetti giuridici e lo fanno nella misura della loro volontà libera e consapevole.
Permette:
- la costituzione degli enti del libro primo: l’associazione, il comitato nascono da un contratto
- l’acquisto della proprietà a titolo derivativo
- di creare o trasferire obbligazioni

Definizione nell’art. 1321 cc :


“Il contratto è l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro
un rapporto giuridico patrimoniale.”

Il contratto nasce dell’accordo di due o più parti (≠ da negozio giuridico unilaterale: dichiarazione di
volontà che viene da un solo soggetto) => le parti di un contratto non sono il numero di persone che
partecipano al contratto ma specifica il numero di parti che vedono il contratto stesso come centro comune di
imputazione di interessi (ad es. parte venditrice e parte compratrice). Essendo frutto di un accordo che
costituisce un negozio giuridico, il contratto è il regno dell’autonomia contrattuale perché le parti si
assoggettano volontariamente ai vincoli del contratto, cosi da disciplinare i propri rapporti giuridicamente.
Tale autonomia si può declinare in più sensi:
- Libertà di concludere il contratto = ogni soggetto è libero di decidere se firmare o no il contratto >
principio di relatività del contratto che vincola solo le parti contraenti, cosa che oggi vale sopratutto per le
conseguenze patrimoniali negative, ad eccezione dei contratti a favore di terzo che possono produrre per
terzi dei valori favorevoli
=> art. 1372 cc : “Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per
mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge. Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei
casi previsti dalla legge.”
[!] Eccezione alla libertà di autonomia: casi del codice in cui la libertà non è prevista ma un soggetto è
obbligato per legge a stipulare un certo tipo di contratto : questo avviene ad esempio nell’art. 2597 che
dice che quando c’è una situazione di esercizio di un impresa in monopolio legale, questi sono obbligati a
fornire il servizio, hanno l’obbligo legale di contrarre con chiunque richieda le prestazione che formano
oggetto dell’impresa
- Libertà di scegliere il tipo di contratto che soddisfa maggiormente le proprie esigenze
- Libertà di determinare il contenuto
=> art. 1322 cc, comma 1 : “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei
limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative.” (con norme corporative si faceva riferimento
all’ordinamento corporativo fascista, oggi è una parte tacitamente abrogata)
Si tratta di tutte le clausole contrattuali, è infatti possibile avere contratti dal contenuto molto semplice

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(contratti di compravendita che hanno ad oggetto bene mobile, ad esempio quando si va al bar a prendere
un caffè) o complessi (ad esempio quando si va in banca o quando si stipula un contratto con la società
assicurativa) proprio perché l’autonomia consente alle parti di riempire il contratto di contenuto come
meglio credono
[!] Eccezione: non sempre è liberamente determinato il contenuto dai contraenti: come nel caso dei
contratti standard. Ci sono infatti imprese che forniscono beni e servizi su larga scala, che predispongono
contratti standard con clausole già predisposte => si hanno quindi condizioni generali di contratti (clausole
che non valgono per un solo contratto ma per tutti quelli di quel tipo che l’impresa stipola) e l’altro
contraente deve solo firmare per assoggettarsi alla disciplina. Ciò vale per tutte le clausole, ad esclusione
delle clausole vessatorie (elencate nel secondo comma dell’art. 1341) che invece devono essere approvate
per iscritto (tutela formale che ha suscitato diverse critiche: nel codice del consumo nell’art. 33 dove è
previsto un elenco di clausole che si presumono vessatorie per cui, a seguito della normativa europea, si
prevede che le clausole vessatorie non entrino nel contenuto del contratto a meno che si dia la prova che
sono state oggetto di una trattativa personale o che si limitano a riprodurre delle disposizioni normative di
legge; fuori da queste due ipotesi quelle clausole sono nulle).
Altre eccezioni: (1) quando prezzi o tariffe vengono fissati dallo Stato: quindi il contenuto del contratto
viene fissato dall’esterno da autorità e quando questo accade le parti non possono derogare il prezzo e
quindi quel contenuto del contratto entra anche se non c’è un accordo su quello e in sostituzione di
eventuali clausole difformi. (2) durata dei contratti di locazione: se le parti stipulano un contratto che
supera il limite di tempo, la norma iterativa di legge entra nel contenuto del contratto e sostituisce la
clausola difforme. Inoltre se la clausola travolta dalla nullità era essenziale nel contratto stesso, allora
anche quest’ultimo è interamente colpito dalla nullità.
- Libertà di scelta del contraente = si ha libertà di scegliere con chi andare a contrattare
[!] Eccezioni di legge: quando si ha un bene di interesse storico-artistico-culturale (ad esempio una villa
storica che si vuole vendere) bisogna osservare la prelazione dello stato, bisogna cioè prima chiedere se
c’è un interesse pubblico ad acquistare quel bene
- Libertà di concludere contratti atipici =
=> art. 1322 al secondo comma: “Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai
tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela
secondo l'ordinamento giuridico.”
Le parti possono creare anche dei tipi di contratti diversi (atipici) da quelli previsti dal codice o dalla
legge, spesso sono contratti nati dal mondo economico degli affari (come ad es. contratti di leasing,
contratti di franchising), oppure formati e inventati dalla fusione di tipi contrattuali già previsti nel codice
(ad es. contratto di portierato : il portiere si impegna a svolgere la sua attività di portiere per il condominio
e in cambio ha la possibilità di godere di un alloggio => fusione di contratto di lavoro subordinato e
contratto di locazione)
Limite: “purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.” ,
con interesse meritevole si faceva riferimento al fatto che, al tempo dell’ideologia fascista, lo stato
concedesse autonomia privata ai cittadini purché i contratti stipulati andassero a soddisfare l’utilità sociale
fascista; oggi si intende invece che i privati hanno la possibilità di fare ciò che vogliono basta che questo
non sia illecito, ovvero che non vada contro l’ordinamento.
≠ per i negozi unilaterali per molti decenni si ritenne che questi dovessero essere solo quelli previsti
nel codice (solo quelli tipici), come ad esempio per le promesse unilaterali sono ammesse solo se
rientrano nei tipi di promesse unilaterali previste dal codice. Quest’idea fu poi superata dalla
dottrina, per art. 1324 : “Salvo diverse disposizioni di legge, le norme che regolano i contratti si
osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale.”,
questo implica quindi che si applica ai negozi unilaterali anche la norma del 1322
=> quindi anche nei negozi unilaterali vige o stesso principio di autonomia.

Per costituire, regolare, estinguere => effetto del contratto

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- Costruire = contratto può creare obbligazioni
- Regolare = ovvero modificare un precedente contratto
- Estinguere = con il contratto è possibile sciogliere un precedente contratto => questo può avvenire per
mutuo consenso, ovvero tramite un successivo contratto

Rapporto giuridico = rapporti tra soggetti portatori delle condizioni giuridiche soggettive, gli impegni
assunti sono giuridicamente tutelabili tramite gli strumenti offerti dall’ordinamento giuridico

patrimoniali = i rapporti giuridici devono essere suscettibili di una valutazione economica (infatti si pensi
che il contratto può costruire obbligazioni, e le obbligazioni sono sempre suscettibili di valutazione
economica)
=> il matrimonio non è quindi un contratto, perché ha sì degli effetti economici ma ha sopratutto degli effetti
non patrimoniali

Quindi la nozione distingue il contratto dai:


- Negozi unilaterali
- Rapporti di cortesia (perché non c’è vincolatività giuridica)
- Rapporti di natura non patrimoniale

Elementi essenziali del contratto


L’art. 1325 c.c. descrive gli elementi essenziali del contratto:
1) l’accordo delle parti;
2) la causa;
3) l’oggetto;
4) la forma, quando è richiesta ad substantiam actus, e cioè per la validità del contratto (v. § 286).

1) accordo

=> è indispensabile si perfezioni l’accordo contrattuale, ovvero ci sia un effettiva volontà tra le parti.
L’accordo contrattuale, che è il momento in cui si conclude il contratto (≠ dalle fasi precedenti che prendono
il nome di trattative), prevede un incontro tra le dichiarazioni di volontà provenienti da due o più soggetti.
Tali dichiarazioni possono essere espresse (a voce o per iscritto o a gesti), oppure possono esserci dei
comportamenti concludenti (da cui si evince implicitamente la volontà di concludere il contratto).
Il codice è legato ad uno schema generale, un modo di conclusione dell’accordo molto dialogato (ormai
praticamente superato): che prevede: la proposta, che è la dichiarazione di volontà del soggetto che prende
iniziativa, e l’accettazione della controparte.
Esistono poi degli schemi particolari di accordo:
- Contratti reali (classificazione in base al momento perfezionativo del contratto: se
basta l’accordo ovvero l’incontro dei consensi si parla di contratto consensuale, ma
se serve anche la consegna materiale del bene si parla di contratto reale) (≠ da effetti
reali che trattano quelli che sono gli effetti che si generano e che si distinguono dagli
effetti obbligatori)
Esempio: mutuo
- Contratto con obbligazioni del solo proponente
- ….

Accordo è l’incontro di due dichiarazioni di volontà dei contraenti: tramite due atti unilaterali pre contrattuali
recettizi e revocabili, perché non sono ancora il negozio giuridico completo, che si avrà solo alla fine con il
perfezionamento del contratto. Questi due sono:

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- proposta completa (requisito della completezza : deve contenere tutti gli elementi essenziali dell’atto che
si vuole concludere)
- accettazione conforme (requisito della conformità : deve essere conforme alla proposta; se non lo è
l’ultimo comma art. 1326 dice che : “Un'accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova
proposta.”, funge quindi da controproposta e si concluderà il contratto quando l’originario proponente
accetterà la controproposta), inoltre questa deve arrivare nel termine previsto dal proponente, se
l’accettazione invece è tardiva il proponente può ritenere efficace l’accettazione non tempestiva purché lo
renda immediatamente noto all’altra parte.
ed hanno in comune due caratteristiche, essi sono:
• recettizi = art. 1334 : “Gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza
della persona alla quale sono destinati.”
Sono destinati ad un soggetto determinato, quindi producono l’effetto nel momento in cui giungono a
conoscenza del soggetto.
Infatti l’art. 1326 dice che : “Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha
conoscenza dell'accettazione dell'altra parte.”
N.B. ciò che serve per la loro efficacia non è la conoscenza effettiva ma c’è una presunzione di conoscenza
che è introdotta dall’art. 1335: “La proposta, l'accettazione, la loro revoca e ogni altra dichiarazione
diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all'indirizzo del
destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilita' di averne notizia.”
• revocabili = art. 1328: “La proposta può essere revocata finchè il contratto non sia concluso. Tuttavia, se
l'accettante ne ha intrapreso in buona fede l'esecuzione prima di avere notizia della revoca, il proponente è
tenuto a indennizzarlo delle spese e delle perdite subite per l'iniziata esecuzione del contratto.
L'accettazione può essere revocata, purché la revoca giunga a conoscenza del proponente prima
dell’accettazione.”
Siccome si è in una fase che precede la stipulazione del contratto, fin tanto che il contratto non è concluso i
due atti sono ancora revocabili.
In particolare modo:
• l’accettazione può essere revocata solo se la dichiarazione di revoca arriva al proponente prima
dell’accettazione (perché se l’accettazione ormai è giunta, il contratto è concluso, e quindi non è
possibile revocarla), quindi la revoca dell’accettazione è a sua volta un atto recettizio perché produce i
suoi effetti quando viene comunicata all’originario proponente
• la proposta può essere revocata finché il contratto non è concluso, ovvero finché non è arrivata
l’accettazione. Ma ci sono dei dubbi riguardo al fatto che la proposta sia o meno un atto recettizio,
dubbi che sorgono dal fatto che non è specificato nel codice: una parte della giurisprudenza ritiene che
basti dichiarare di revocare, questo perché la norma dice che se si è revocata la proposta e nel
frattempo si è iniziato ad eseguire il contratto in buonafede allora bisogna indennizzarlo, allora si
ritiene che non sia un atto recettizio. Altri ritengono invece sia un atto recettizio per cui è necessaria la
comunicazione prima che arrivi l’accettazione, cosa che si ricava dall’art. 1335.

Schemi particolari di conclusione del contratto


- contratti plurilaterali (come nei contratti associativi, infatti le associazioni sono aperte a nuovi associati) :
in tal caso per perfezionare il contratto l’art. 1332 dice: “Se ad un contratto possono aderire altre parti e
non sono determinate le modalità dell'adesione, questa deve essere diretta all'organo che sia
stato costituito per l'attuazione del contratto o, in mancanza di esso, a tutti i contraenti originari.”
Solitamente il modo è determinato dallo statuto, se ciò non è avvenuto bisogna destinare la proposta a chi
è già associato, se invece l’iniziativa è dell’associazione l’accettazione deve essere rivolta a tutti gli
associati.
- offerta al pubblico : non c’è una proposta di conclusione del contratto ad un soggetto determinato ma
viene resa pubblica e chiunque può accettare (come ad esempio, esponendo la merce in vetrina con il
prezzo). Questa si differenzia dalla promessa al pubblico che è invece un negozio unilaterale già perfetto
con cui unilateralmente ci si obbliga a pagare una certa somma di denaro in date condizioni stabilite.
106
- contratti reali : a differenza di quelli consensuali, sono quelli che per concludersi richiedono non solo
l’accordo, ma anche la consegna del bene (la datio), solo in quel momento il contratto è concluso.
Come nel caso del mutuo che si conclude con la consegna del denaro, oppure nel caso del deposito che si
perfeziona con la datio.
Casi in cui il contratto si perfeziona anche senza un accordo:
- Art. 1327 : prevede l’esecuzione prima della risposta dell’accettante : “Qualora,
su richiesta del proponente o per la natura dell'affare o secondo gli usi, la prestazione debba eseguirsi
senza una preventiva risposta, il contratto è concluso nel tempo e nel luogo in cui ha avuto inizio
l’esecuzione. L'accettante deve dare prontamente avviso all'altra parte dell'iniziata esecuzione e, in
mancanza, è tenuto al risarcimento del danno.”
Dopo la proposta contrattuale se si inizia subito ad eseguire la prestazione allora, in quello stesso
momento, il contratto si dice concluso. Un comportamento di esecuzione della prestazione contrattuale
stabilisce la conclusione del contatto. Successivamente il proponente deve essere informato che si è
concluso il contratto: quindi si prevede che chi ha iniziato l’esecuzione deve poi darne avviso alla
controparte e se non lo fa è tenuto al risarcimento del danno.
- Art. 1333 : disciplina la conclusione di un contratto con obbligazioni del solo proponente :
“La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per
il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata. Il destinatario
può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi. In mancanza di
tale rifiuto il contratto è concluso.”
Viene fatta la proposta di contratto in cui solo colui che fa la proposta si obbliga e l’altra parte avrà solo
vantaggi e benefici. Si tratta quindi di un contratto che comporta sacrifici patrimoniali solo al proponente.
Come ad esempio nella fideiussione.
Normalmente se viene fatta una proposta fino che non c’è l’accettazione è possibile la revoca, qui invece
se la proposta vincola solo il proponente, nel momento in cui lo stesso la comunica, non può più essere
revocata. Inoltre non serve che il destinatario accetti perché il contratto si veda concluso, il destinatario
può rifiutare la proposta ma lo deve comunicare espressamente. Basta quindi un semplice comportamento
di inerzia del destinatario per la conclusione del contratto.

Dal momento della conclusione si avrà il contratto con i suoi effetti di legge, la parte prima è quella delle
trattative dove le parti non sono ancora vincolate dal contratto.
Nonostante ciò, nella fase delle trattative, il codice detta una regola particolare tramite due nome:
- Art. 1337 : norma generale : le parti devono comportarsi secondo buona fede oggettiva : “Le parti,
nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona
fede.”
• Art. 1338 : c’è un dovere di informazione reciproca (applicazione del dovere di buona fede): “La parte
che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa d'invalidità del contratto, non ne ha
dato notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza
sua colpa, nella validità del contratto.” Se durante le trattative si viene a sapere che il contratto presenta
dei vizi, la buonafede vuole che si informi l’altra parte, in caso contrario bisognerà risarcire per i danni
causati.
=> Se si viola il dovere di buonafede scatta obbligo di risarcire il danno : culpa in contrahendo
• (responsabilità pre contrattuale) => ritenuta oggi una responsabilità da inadempimento di un
obbligazione che nasce dalla legge (dall’articolo 1337) e quindi si applicherà la disciplina sulle
obbligazioni sulla responsabilità da inadempimento (disciplina favorevole) del 1218 e seguenti.
La quantificazione del risarcimento :
- se a causa dell’inadempimento non si è concluso il contratto o si è concluso un contratto
invalido (affetto da un vizio) => bisogna risarcire dell’interesse negativo (spese (danno
emergente) e le occasioni esterne perse (lucro cessante)) e quindi del danno da
contrattazione infruttuosa, non viene risarcito invece l’interesse positivo (risarcimento

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dell’interesse positivo: delle utilità che sarebbero dovute arrivare ma che non sono
arrivate perché non si è adempiuto)
- se e a causa del comportamento scorretto si è arrivati ad un contratto valido ma a
condizioni diverse rispetto a quelle al quale sarebbe stato stipulato se non ci fosse stata
scorrettezza => risarcimento dovuto sarà quello della differenza di condizioni contrattuali,
commisurato quindi della diversità di condizioni

Nella fase che precede la conclusione del contratto è frequente vengano stipulati dei negozi giuridici
preparatori, strumentari, rispetto alla conclusione del contratto finale, agevolano il passaggio della trattativa
alla stipulazione del contratto vera e propria. Questi sono:

1. proposta irrevocabile (negozio unilaterale)= art. 1329 : “Se il proponente si è


obbligato a mantenere ferma la proposta per un certo tempo, la revoca è senza effetto.
Nell'ipotesi prevista dal comma precedente, la morte o la sopravvenuta incapacità del proponente non
toglie efficacia alla proposta, salvo che la natura dell'affare o altre circostanze escludano tale efficacia.”
= viene fatta una proposta contrattuale nella quale viene precisato di impegnarsi a tenere ferma la
proposta per una dato periodo di tempo, quindi l’altra parte ha una maggiore certezza e ha un diritto
potestativo alla conclusione del contratto (chi fa la proposta invece rimane in uno stato di soggezione).
Normalmente inoltre, se la morte o l’incapacità comportano la venuta meno della proposta e
l’interruzione della formazione del contratto, nel caso si sia fatta una proposta irrevocabile il contratto è
concludibile dagli eredi o dal tutore/amministratore di sostegno. Questo non avviene solo nel caso di
proposta irrevocabile, ma anche quando a fare la proposta è un imprenditore non piccolo, questo perché
si suppone abbia introno a sé una struttura imprenditoriale che riesca a far fronte alla contrattazione

2. patto di opzione = non è un negozio unilaterale come la proposta irrevocabile, ma è un contratto


preparatorio rispetto ad un ulteriore contratto. Contratto con cui le parti convengono che una di essere
rimanga vincolata alla propria dichiarazione e l’altra abbia la facoltà di accettarla o meno, entro un
precisino periodo di tempo. I soggetti sono:
- concedente = soggetto passivo = non può più interferire nella conclusione del contratto
- opzionario = soggetto attivo = diritto di perfezionare il contratto con una semplice
dichiarazione di accettazione
Gli effetti sono uguali a quelli della proposta irrevocabile, ciò che cambia:
• struttura bilaterale
• previsione di un corrispettivo : una parte paga all'altro contraente una somma di denaro
(corrispettivo per avere un lasso di tempo in cui decidere se concludere o meno il contratto) e
l’altro si impegna a tenere ferma la proposta contrattuale per un dato periodo di tempo
• in mancanza di un termine per l’accettazione è possibile farlo fissare dal giudice
• le posizioni contrattuali possono essere cedute: il contratto può essere oggetto di atti traslativi con
il consenso dell’altra parte contrattuale

3. contratto preliminare = tre norme che lo disciplinano: 2932, 1351, 2645bis


= contratto con cui le parti [due soggetti (= preliminare bilaterale) o uno (= preliminare unilaterale)] si
obbligano a stipulare un successivo contratto, detto definitivo. Si tratta di un diritto di credito che le parti
si riconoscono alla stipulazione del contratto finale. Se ciò non avviene si è violata un obbligazione e:
- si è tenuti a risarcire il danno per la responsabilità contrattuale da inadempimento
- esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto => art. 2932 : “Se colui che è obbligato
a concludere un contratto non adempie l'obbligazione, l'altra parte, qualora sia possibile e non sia
escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.”
La controparte può chiedere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, ovvero di
pronunciare una sentenza costitutiva che produrrà esattamente gli stessi effetti del contratto che non

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si è voluto concludere (solo se ciò non è escluso nel contratto preliminare e se è materialmente
possibile produrre gli effetti del contratto che non si è voluto concludere)
Caratteristiche:
> funzione = ritardare stipulazione del contratto bloccando però l’affare
> prestazione dovuta = non è obbligazione di dare, fare, non fare ma è un facere giuridico, ovvero un
obbligo di compiere un’attività giudiziale
> contenuto = il preliminare deve già contenere tutti gli elementi essenziali del contratto definitivo, deve
perciò essere completo
> forma = stessa forma prevista per il contratto definitivo => art. 1351 “Il contratto preliminare è nullo,
se non è fatto nella stessa forma che la legge prescrive per il contratto definitivo.”
Inoltre venne poi introdotta una terza norma 2645 bis: norma che consente di trascrivere nei pubblici
registri il preliminare => la trascrizione ha un efficacia prerogativa, quindi quando verrà poi trascritto il
contratto definitivo o l’eventuale sentenza, quella trascrizione retroagirà alla data della trascrizione del
preliminare e quindi prevale su tutte le possibili trascrizioni successive, permettendo cosi a chi si è
impegnato e ha maturato un credito alla stipulazione del definitivo di prevalere su tutti i successivi.
Il preliminare può poi anche essere complesso: quando anticipa già alcuni degli effetti del contratto
finale.

4. patto di prelazione = il concedente (soggetto passivo) attribuisce al prelazionario (soggetto attivo) il


diritto di essere preferito ad ogni altro soggetto, a parità di condizioni, nel caso in cui il concedente
dovesse decidere di stipulare un determinato contratto. Se non adempie all’obbligazione di preferire, sarà
ritenuto a risarcire il danno.
In primo luogo bisogna fare, entro un certo termine, la denuntiatio: informare il prelazionario della
proposta fatta dal terzo e se il prelazionario accetta allora stipulerà il contratto con lui, se invece rifiuta il
concedente sarà libero di stipulare il contratto con il terzo che ha fatto al proposta.
Tale patto di prelazione può essere un contratto a sé stante di prelazione, ma più spesso lo si trova come
clausola di contratti può completi.
Il diritto di prelazione può quindi nascere:
- da un patto => prelazione convenzionale (sopra descritta)
- dalla legge => prelazione legale = come ad esempio nel caso dell’art. 3 della legge 431/98 => diritto
di prelazione a favore del conduttore di immobili urbani (alla scadenza del primo contratto di
locazione), se il proprietario vuole venderlo e l’appartamento è dato in affitto, l’inquilino ha per
legge un diritto di prelazione, solo se l’inquilino rifiuta quelle condizioni si è liberi di venderlo ad un
terzo soggetto.
Nella prelazione legale inoltre, oltre ad un efficacia obbligatoria interpartes (fa nascere un obbligo di
preferire tra le parti), il prelazionario riceve anche una tutela reale, opponibile a terzi soggetti (ad
esempio il diritto di riscattare il bene contro i terzi soggetti tramite un atto unilaterale di riscatto
subentrando a lui pagandogli il corrispettivo).

2) causa

= è la funzione socio-eocnomica del contratto, è la ragione giustificativa della complessiva operazione


contrattuale. Si intende l’assetto di interessi che i contraenti vogliono realizzare stipulando quel contratto.
Le nozioni di causa sono cambiate nel corso degli anni, un tempo si intendeva la funzione del contratto che
si ricava dalla sintesi dei suoi effetti. Il problema di questa nozione è che non faceva alto che descrivere ogni
tipo di contratto con i suoi effetti, nella realtà però non sempre un contratto anche tipico ha una causa. Si è
quindi iniziato a parlare della causa come della funzione economico individuale del contratto, per cui per
ogni contratto si deve valutare in concreto se c’è una causa, ovvero una funzione, e se questa è conforme
all’ordinamento giuridico (ovvero è lecita). Si ragiona quindi sulla funzione del singolo contratto. La causa è

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quindi un limite che l’ordinamento pone al potere di stipulare contratti da parte di ciascun individuo, non
basta quindi il “nudo consenso”, infatti solo i contratti che perseguono una funzione economica sono tutelati
e riconosciuti dall’ordinamento.
[≠] Diversi dalla causa e normalmente irrilevanti per il diritto sono i motivi che sono il movente psicologico
che spinge a contrarre.
La causa deve:
• Esistere
Nell’ordinamento tutti i negozi giuridici devono avere una causa, in caso contrario sono nulli per
mancanza di causa => come ad esempio nel caso di mutuo di scopo, per cui «la destinazione delle
somme mutuate entra nella struttura del negozio connotandone il profilo causale, sicché la nullità di un
tale contratto per mancanza di causa sussiste se quella destinazione non sia rispettata» (Cass.
15929/2018); oppure come ad esempio nel caso del contratto mago-cliente : «è da considerarsi nullo
per mancanza di causa il contratto in forza del quale un mago o chiromante, a fronte di un esborso di
denaro, si impegna verso l’altra parte contraente a riavvicinare ad essa il proprio marito e a porre la
figlia sotto protezione astrale, in quanto soggetta a imprecisati pericoli» (App. Genova 19/1/1996).
• Essere lecita
per art. 1343 : “La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al
buon costume.”
illecita della causa si ha quando essa è contraria a: norme imperative, buon costume, ordine pubblico

3) l’oggetto
= un tempo si intendeva la cosa materiale (bene materiale specifico) su cui il contratto riverbera i suoi effetti,
questo risaliva ad una ricostruzione fatta dalla dottrina francese del 700 per cui l’oggetto del contratto è
l’obbligazione, oggetto dell’obbligazione è la prestazione dovuta e oggetto della prestazione è la cosa. In
realtà non è propriamente così perché spesso si fa riferimento all’oggetto del contratto non tanto come cosa
specifica (come nel contratto che ha ad oggetto cose future) ma la dottrina intende piuttosto l’insieme delle
attribuzioni patrimoniali che scaturiscono dal contratto (che possono essere crediti, quindi rapporti
obbligatori, ma anche trasferimenti di diritti), ovvero qualunque incremento del patrimonio di un soggetto e
impoverimento dell’altro che stipulano il contratto.
Caratteristiche dell’oggetto:
per art. 1346 deve essere: “L'oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o
determinabile.”
- Possibile = deve essere:
• materialmente possibile realizzare quella attribuzione patrimoniale (come per la vendita di un bene che
non esiste => la vendita di un bene che non esiste non prevede l’inesistenza di un oggetto che invece è
rappresentato nel contratto ma un impossibilità dell’oggetto)
> N.B. posso fare oggetto del contratto anche un bene che ancora non esiste e che in astratto sarebbe
oggetto impossibile ma che verrà ad esistenza nel futuro => art. 1348 “La prestazione di cose future può
essere dedotta in contratto, salvi i particolari divieti della legge.” e l’effetto reale del contratto si
verificherà solo quando il bene verrà ad esistenza. Questo salvo alcuni divieti di legge: la donazione
(per evitare eccessive prodigalità), eredità futura (non è possibile fare patti successori ovvero vendere
l’eredità futura)
• giuridicamente possibile = casi in cui c’è possibilità materiale ma non giuridica , come nei casi previsti
dalla legge, come ad esempio i beni del demanio, del patrimonio indisponibile (di proprietà pubblica)
- Lecito = la nozione non viene dettata in vai generale ma viene dettata dall’art. 1393 in materia di causa =>
sarà illecito quando l’oggetto va contro :
• a norme imperative di legge
• all’ordine pubblico (insieme dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico)
• al buon costume
- Determinato o determinabile = deve essere specificato o:

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• devono essere indicati i criteri di tipo fattuale o documentale attraverso cui arrivare ad una sicura
determinazione dell’oggetto (come ad esempio con il rinvio ad altri documenti o con norme integratrici)
• con arbitraggio (≠ dall'arbitrato che serve per risolvere controversie tra privati) all’art. 1349 => modo
per determinare l’oggetto del contratto, quando le parti prevedono che la loro volontà debba essere
integrata dalla volontà di un terzo soggetto (c.d. terzo arbitratore) che viene incaricato di determinare
l’oggetto del contratto. A differenza dei casi precedenti, l’oggetto è determinato, non in base a criteri
fattuali od oggettivi, ma da una volontà di un soggetto esterno ai contraenti, lasciando così una
maggiore discrezionalità nella determinazione.
All’articolo si prevedono due forme di arbitraggio :
a. per equo apprezzamento => quando le parti prevedono che l’oggetto sarà determinato da un
terzo ma fissano già dei criteri che dovrà seguire nella determinazione, non gode quindi di
una discrezionalità assoluta ma dovrà seguire le linee direttive indicate dai contraenti
b. secondo mero arbitrio => quando il terzo soggetto ha piena discrezionalità (fondato su una
fiducia assoluta nel terzo soggetto) nello stabilire l’oggetto del contratto, ma questo va
espressamente specificato, in caso contrario si procederà per equo apprezzamento (art. 1349:
“Se la determinazione della prestazione dedotta in contratto è deferita a un terzo e
non risulta che le parti vollero rimettersi al suo mero arbitrio, il terzo deve procedere con
equo apprezzamento.”)
Cambia la disciplina (art. 1349):
a. nell’arbitraggio con equo apprezzamento = se il terzo non osserva o osserva in maniera
erronea i criteri specificati, allora è possibile impugnare la determinazione e la
determinazione verrà poi fatta dal giudice che dovrà anche lui osservare le stesse linee guida
specificate
b. nell’arbitraggio secondo mero arbitrio = non è impugnabile la determinazione se non
provando la malafede del terzo soggetto. Se inoltre il terzo non determina l’oggetto o se la
determinazione viene fatta in malafede e quindi viene impugnata, e le parti non si accordano
per sostituirlo, il contratto sarà nullo per indeterminatezza dell’oggetto.

4) forma
Art. 1325 “…la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena nullità”
[non sempre è requisito essenziale*]
Solitamente vige un principio di libertà delle forme contrattuali e la forma può essere:
- tacita = la volontà si evince da un comportamento concludente ma non viene dichiarata espressamente
- espressa = la volontà viene dichiara
- per iscritto => con un atto pubblico o con una scrittura privata (forma più rigorosa)
=> differenza disciplinata nell’ultimo libro del codice art. 2699 e 2702
- Atto pubblico : art. 2699: “L’atto pubblico è il documento redatto, con le richieste formalità, da
un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo dove
l'atto è formato.”
= atto formato dal notaio o da un pubblico ufficiale autorizzato (forma scritta più rigorosa),
=> ha un forte valore probatorio perché come dice art. 2700 : “L'atto pubblico fa piena prova,
fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha
formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che
il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.”
- Scrittura privata : art. 2702 e ha un efficacia probatoria inferiore : “La scrittura privata fa piena
prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l'ha sottoscritta, se
colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa
è legalmente considerata come riconosciuta.”
= documento scritto e sottoscritto dai privati
=> l’unica efficacia probatoria di una scrittura privata è che fa prova, anche in giudizio, che

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proviene dalle persone che l’hanno sottoscritta (e neanche sempre, solo se viene riconosciuta
dai soggetti)
- [+] Scrittura privata autenticata (terza forma documentale a metà strada)
= documento redatto e sottoscritto dai privati i quali sottoscrivono il documento in presenza di
un pubblico ufficiale che autentica la sottoscrizione (quindi nessuno può disconoscere la
sottoscrizione)
- oralmente => accordo verbale
- con qualsiasi altro segno (come ad esempio l’alzare la mano ad un asta giudiziaria)

* La forma diventa requisito essenziale quando c’è una forma specifica prevista dalla legge e quindi la
mancanza della stessa determina la nullità (= forma ab substantiam)
Come ad esempio :
• Art. 1350 : “devono farsi per atto pubblico o per scrittura privata, sotto pena di nullità: 1) i contratti che
trasferiscono la proprietà di beni immobili” per il trasferimento di diritti reali i contratti devono essere,
pena di nullità, per iscritto (prevista la necessità di una scrittura privata, ma le vicende circolatorie
devono essere trascritte nei pubblici registri immobiliari e per la trascrizione il codice richiede l’atto
pubblico o la scrittura privata autentica, quindi non basta la semplice scrittura privata)
• Art. 782 : “La donazione essere fatta per atto pubblico sotto pena di nullità” le donazioni sono un
contratto rischioso perché un soggetto si spoglia di beni senza ricevere nulla in cambio, quindi le stesse
devono farsi per atto pubblico a pena di nullità e si richiede inoltre la presenza di testimoni

! Ricorda che : il contratto preliminare ha una norma specifica => stessa forma del contratto deve essere
specificata anche nel preliminare (art. 1351)

La forma ad substantiam ≠ dalla forma ad probationem : ci sono dei casi nel codice in cui si richiede la forma
non per la validità del contratto ma per la prova del contratto
• Art. 1888 : “Il contratto di assicurazione deve essere provato per iscritto.” La forma non è requisito
essenziale ma è molto difficile fornirne la prova in giudizio se non si osserva la forma richiesta, ovvero
se non si ha un testo documentale non si può darne la prova per testimoni, quindi c’è una maggiore
difficoltà probatoria se non nel caso di perdita del documento (art. 2725 : “Quando, secondo la legge o la
volontà delle parti, un contratto deve essere provato per iscritto, la prova
per testimoni è ammessa soltanto nel caso indicato dal n. 3 dell'articolo precedente.”). In questo caso si
dovrà utilizzare la prova per confessione o giuramento, molto difficili da ottenere.

Art. 1352: forme convenzionali (o patto sulla forma), le parti possono pattuire che nello stipulare una certo
contratto sono obbligate ad osservare una certa forma, si tratta quindi di un contratto con il quale si
impegnano ad osservare una determinata forma in un futuro contratto: “Se le parti
hanno convenuto per iscritto di adottare una determinata forma per la futura conclusione di un contratto,
si presume che la forma sia stata voluta per la validità di questo.”. Tale patto deve essere redatto per iscritto,
perché se questo fosse orale non si saprebbe mai se il successivo contratto, dove non si è rispettata la forma,
sia un contratto che viola il patto fatto precedentemente o se sia un accordo per superare il precedente patto
sulla forma.

La mancanza di uno di questi requisiti produce la forma più grave del contratto : nullità

Integrazione del contratto


sia il contenuto che gli effetti del contratto, non sono solo il frutto dell’accordo ma anche il frutto
dell’integrazione. Questo regolato all’art. 1374 : “Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel
medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge, o, in mancanza,
secondo gli usi e l’equità.”

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L’integrazione specifica che il contenuto e gli effetti del contratto possono anche esser integrati da norme di
legge, da usi e da integrità del giudice.

35. GLI ELEMENTI ACCIDENTALI DEL CONTRATTO

Gli elementi accidentali


Una tradizionale impostazione nell’analisi del contratto, distingue tra elementi essenziali (la cui nozione è
già stata data) ed elementi accidentali (non indispensabili ai fini della validità del negozio giuridico).
All'interno di un contratto possono essere previsti degli elementi non essenziali, ma che hanno comunque la
funzione di rispondere a specifiche esigenze della vita di scambio, i più diffusi sono disciplinati dagli artt.
633 ss. e 1353 ss. del Codice Civile e sono:
a) la condizione, che può essere definita come un avvenimento futuro e incerto dal quale dipende il
prodursi degli effetti del contratto o di un suo singolo patto, ovvero l'eliminazione degli effetti già
prodotti;
b) il termine, che può essere definito come l'evento futuro e certo dal quale si producono gli effetti
del contratto;
c) il modo o onere, che e' una clausola accessoria che si appone solo agli atti di liberalità (istituzione
di erede, legato, donazione) allo scopo di limitarne gli effetti.

Rientrano inoltre fra gli elementi accidentali del contratto tutte quelle clausole che le parti decidono di
apporvi allo scopo di precisarne o modificarne il contenuto. Oltre a quelle già citate il Codice Civile
disciplina la clausola penale (artt. 1382-1384) e la caparra (artt. 1385 e 1386).

LA CONDIZIONE
Definizione, illiceità e impossibilità della condizione, pendenza della condizione, avveramento della
condizione.
La locuzione condizione viene utilizzata per indicare tanto la clausola apposta all'atto sottoposto a
condizione, quanto l'evento futuro ed incerto previsto nella clausola condizionale stessa.
In quest'ultima accezione, la condizione viene appunto definita come la previsione espressa nell'atto di un
avvenimento futuro ed incerto dal quale dipende la produzione degli effetti (nell'ipotesi in cui essa sia
sospensiva dell'efficacia), ovvero l'eliminazione dell'efficacia dell'atto o di una singola clausola del
medesimo (quando risulta esser risolutiva degli effetti).
L'art. 1353 cod. civ. prevede, a questo proposito, che "le parti possono subordinare l'efficacia o la risoluzione
del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto".
Essenziale rispetto alla nozione di condizione è pertanto la considerazione dell'incertezza dell'evento
previsto, considerata congiuntamente alla futurità del medesimo.
Vi sono infatti eventi futuri ma non incerti, ovvero eventi futuri la cui portata può risultare sconosciuta solo
dalle parti (qualificabili pertanto come incerti soltanto soggettivamente) ed anche eventi non futuri (perché
attuali o addirittura già trascorsi) la cui portata non è conosciuta dalle parti, le quali siano dunque incerte al
riguardo solo dal punto di vista soggettivo.
Il dato fondamentale ai fini della comprensione della nozione di condizione è invece l' incertezza oggettiva.
Quando questa faccia difetto non si può parlare di condizione, bensì di presupposto.
La dottrina parla di pre supposti legali o volontari di efficacia per designare gli elementi sopra descritti che
non possiedono tale caratteristica .
Si distingue inoltre dalla condicio facti la condicio juris, termine che suole essere contrapposto al primo in
relazione al fatto di essere posta da una norma giuridica e non dalla volontà delle parti.
La definizione sopra enunciata di condizione rende evidente che essa può essere di due specie: sospensiva, se

113
da essa dipende l'efficacia, risolutiva, se da essa dipende l'eliminazione degli effetti del negozio o di una
singola clausola.
Esempio della prima (condizione sospensiva): mi impegno, a comprare il fondo Tuscolano al prezzo pattuito
se il Comune rilascerà la concessione ad aedificandum che è stata richiesta.
Se invece compro il fondo subito, ma sotto la condizione che, ove entro un anno non venga rilasciata la
concessione ad edificare, il contratto cesserà di avere i suoi effetti, la condizione è risolutiva.
Dipende dall'interpretazione della volontà delle parti stabilire se nel caso concreto si tratta di condizione
sospensiva o risolutiva.
La condizione può anche essere pattuita nell'interesse esclusivo di uno dei contraenti: si parla in questo senso
di condizione unilaterale (Cass. Civ., 3185/91 ).

IL TERMINE
Natura ed effetti del termine
Il termine consiste in un avvenimento futuro e certo, dal quale (termine iniziale) o fino al quale (termine
finale) debbono prodursi gli effetti del negozio.
Il termine differisce dalla condizione per il carattere di certezza del verificarsi dell’avvenimento: questo è
anch’esso futuro (es. morte di una persona) ma non v’è dubbio circa il suo avverarsi.
Il termine di efficacia (da non confondere, come si dirà con il termine di adempimento), non dispone invece
di una disciplina articolata e specifica come nel caso della condizione.
Ad esso si riferiscono norme particolari (art. 637 cod. civ. per le disposizioni testamentarie, artt. 2557 e 2596
cod. civ. per il patto di non concorrenza, art. 108 cod. civ. per il matrimonio, art. 475 cod. civ. per
l'accettazione d'eredità, art. 520 cod. civ. per la rinunzia all'eredità, art. 637 cod. civ. per l'istituzione d'erede).
Occorre occuparsi specificamente della distinzione tra termine di efficacia, elemento accidentale che segna il
tempo della produzione o della eliminazione degli effetti del negozio, dal termine di adempimento o di
scadenza, che riguarda il momento in cui l'obbligazione deve essere eseguita.
Se ti concedo in locazione un appartamento dal giorno l° gennaio 1996 (termine iniziale), il termine delimita
il periodo a far tempo dal quale il rapporto deve produrre i suoi effetti (termine iniziale di efficacia).
Se invece pattuisco che una certa obbligazione di consegnare una cosa determinata deve essere adempiuta il
giorno 31 dicembre 2001, si ha un'ipotesi di termine di adempimento (o di scadenza).
Il termine di efficacia è un elemento accidentale, cioè può esserci e non esserci, può essere o no determinato.
Il termine di adempimento è invece essenziale rispetto ad un'obbligazione: può essere o meno determinato,
ma intrinsecamente esiste sempre. Possiamo forse immaginare una prestazione che non debba mai essere
portata ad esecuzione? La pattuizione che la recasse sarebbe inutile e priva di causa.

IL MODO
Natura, modo impossibile o illecito, adempimento del modo.
Il modo, o onere modale, consiste in una clausola diretta a restringere o limitare il contenuto di
un'attribuzione effettuata a titolo gratuito, imponendo a colui che ne sia gravato una condotta consistente in
un dare, in un fare o in un non fare a favore del disponente, di terzi o dello stesso beneficiato.
Esso costituisce, per il beneficiario dell'attribuzione gratuita, talvolta una limitazione al potere di
disposizione attinente a quanto oggetto della liberalità, altre volte un autonomo obbligo, che si traduce
comunque in una riduzione del contenuto economico dell'attribuzione patrimoniale (che può giungere fino
all'esaurimento della portata positiva di essa).
E' per tale motivo che il modo viene anche appellato onere, cioè peso, facendo attenzione a non fare
confusione con l'onere inteso come posizione giuridica soggettiva passiva (significativo della condotta cui
occorre conformarsi al fine di potersi giovare di una situazione favorevole).
Fin dai tempi del diritto romano, il modus costituiva uno strumento idoneo a consentire al disponente il
perseguimento di finalità altrimenti non raggiungibili: si pensi all'onere imposto all'erede di corrispondere

114
somme per uno scopo determinato. Questo permetteva di ottenere un risultato analogo alla istituzione di una
fondazione, in difetto di previsione di un atto idoneo a costituirla nella riferita circostanza.
Mentre il previgente codice civile non conteneva un'apposita disciplina del modo, venutosi a confondere
spesso con la condizione, nel codice civile del 1942 sono state dettate norme che riguardano il modo sia in
tema di disposizioni testamentarie (artt. 647 e 648 cod.civ.), sia in relazione alla donazione (artt. 793 e 794
cod.civ.).
Le espressioni che vengono a configurare in concreto l'onere possono essere varie (es.: ti dono mille, "però",
"purché", "con l'onere di"... ecc. Numerosi sono gli esempi in materia testamentaria: nomino legatario A,
assegnandogli 100 milioni, imponendogli contestualmente l'onere di curare la costruzione di una cappella
votiva oppure di partecipare all'edificazione di un asilo): talvolta si pone il problema, di natura interpretativa,
di distinguere se il disponente abbia voluto esprimere un modo, una condizione, ovvero un legato.
S'è detto, a proposito della definizione di modo, che esso limita una attribuzione effettuata a titolo gratuito.
L'opinione espressa un tempo dagli interpreti, secondo la quale l'onere riguarderebbe i soli atti di liberalitá,
deve essere sottoposta a critica. Anche negozi che non cagionano in senso tecnico un depauperamento del
disponente, quali il mandato gratuito, il deposito gratuito, il comodato, tollerano l'apposizione dell'onere.
Occorre a questo punto interrogarsi circa la portata della limitazione dell'attribuzione patrimoniale insita nel
modo.Si è infatti osservato da un lato che l'onere non costituisce un corrispettivo di essa, dall'altro che il
modo non va neppure messo sullo stesso piano di una semplice raccomandazione o espressione di un
desiderio del disponente.
Sotto il primo profilo, il modo non entra nel congegno causale dell'atto al quale è apposto. Questa asserzione
sembra banale a proposito del testamento e della donazione: sarebbe fuori luogo ipotizzare una qualsiasi
corrispettività sia di disposizioni di ultima volontà, sia di un atto di liberalità inter vivos. Meno scontata è
questa conclusione per gli ulteriori atti a titolo gratuito, ai quali il modo risulta apponibile.
Si pensi al comodato: è ancora qualificabile come comodato l'accordo tra due parti in forza del quale una si
obblighi a pagare tutte le imposte connesse al bene, in pessime condizioni di uso, nonché tutte le spese di
manutenzione ordinaria e straordinaria, essendo concesso dall'altra parte l'utilizzo gratuito del bene? Si
rifletta sul fatto che, in buona sostanza, gli esborsi necessari per porre il bene in condizioni di ordinario
utilizzo potrebbero di gran lunga superare l'ipotetica misura dei canoni di una normale locazione.Diverrebbe
a questo punto logico far ricorso ad un criterio di riferimento ancorato ad un equilibrio di carattere
economico tra le parti, ciò che tuttavia è del tutto esorbitante rispetto allo schema meramente restitutorio del
comodato, schema che non contempla una corrispettività di prestazioni. D'altro lato, all'inverso, la semplice
raccomandazione non può che costituire un dovere di natura morale, non generando, nell'ipotesi di
inadempimento, alcuna conseguenza giuridicamente sfavorevole nei confronti dell'inadempiente.
L'inadempimento del modo può invece condurre, come si verificherà, addirittura alla risoluzione della
disposizione.

37. INVALIDITÀ E INEFFICACIA DEL CONTRATTO

= casi in cui il contatto non è conforme a ciò che l’ordinamento richiede ed è quindi invalido.
Si riferisce ad un vizio genetico del contratto, quindi nel momento in cui il contratto viene stipulato questo
non è conforme all’ordinamento, difetto che dipende dalla sua formazione: vizio di contenuto del
regolamento/circostanze anomale al momento della stipula, tali da viziare l’accordo.
Le due forme di invalidità:
a) nullità (sia invalido che inefficace)
b) annullabilità (invalido ma efficace)

• [+] rescindibilità = riguarda vizi presenti nel momento in cui il contratto nasce (vizi genetici) ma non è una
forma di invalidità vera e propria

115
N.B. invalidità ≠ inefficacia, il contratto inefficace è un contratto non in grado di produrre i suoi effetti. Ma
una contratto può essere invalido ma efficace (come nel caso dell’annullabilità), oppure un contratto valido
ma inefficace quando, ad esempio, si prevede che gli effetti del contratto si produrranno al verificarsi di un
evento futuro e incerto, quindi fino al verificarsi di quell’evento il contratto è inefficace perché non produce
il suo effetto (cd. condizione sospensiva, ≠ condizione risolutiva che si ha quando un contratto produce gli
effetti fino al momento del verificarsi di un evento che fa cessare gli effetti stessi del contratto).

a) Nullità
Cause dei nullità: art. 1418 : “Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge
disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'art.
1325, l'illiceità della causa, l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'art. 1345 e
la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'art. 1346. Il contratto è altresì nullo negli altri
casi stabiliti dalla legge.”
Si ha quando :
1) Viola una norma imperativa
=> nullità virtuale (in astratto, quando c’è un contrasto con una norma imperativa di legge il contratto
sarà nullo) ≠ da testuale* (come nel caso dell’annullabilità che è solo testuale)
2) Manca un elemento essenziale (accordo, causa, oggetto, forma (dove prevista)) o ci sono dei vizi di uno
degli elementi essenziali (come ad es. si ha un oggetto privo dei requisiti o, ad es., nel caso di una causa
illecita)
=> nullità strutturale o politica
3) Nei casi espressamente previsti dalla legge
=> *nullità testuale
4) [+]
=> nullità di protezione : si tratta di nullità a vantaggio di una delle parti contraenti (la parte debole) e
sono previste da delle norme speciali, per cui solo la parte debole potrà agire in giudizio
Il caso più importante di contratto nullo è quello dell’illiceità => caso di maggiore contrasto che il contratto
ha nei confronti dell’ordinamento e che viene sanzionato con maggiore forza.
L’illiceità (art. 1343: “La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al
buon costume”) si ha quando in uno dei suoi elementi va contro :
- norme imperative => contratto illecito per contrarietà a norme imperative
- ordine pubblico => contratto va contro i valori fondamentali dell’ordinamento giuridico che li si ricava dal
complesso delle fonti e, sopratutto, dalla Costituzione (come ad es. quando va contro la libertà di
concorrenza di mercato, contro l’uguaglianza)
- buon costume => regole della morale e del pudore (come ad es. contratto della prostituta o contratti con
cui si realizzano atti di corruzione di pubblici ufficiali)

Elementi che in concreto possono essere illeciti : oggetto, causa, motivi, accordo
• oggetto = le prestazioni (o l’attribuzione patrimoniale) che scaturiscono dal contratto sono contrarie a
nome imperative, ordine pubblico, buon costume
=> ad es. si paga qualcuno per uccidere
• causa = quando la funzione, assetto di interessi che si vogliono realizzare, va contro a norme imperative,
ordine pubblico, buon costume
=> ad es. ci si fa pagare da un soggetto e il pagamento garantisce che non si verrà uccisi
• motivi = moventi psicologi per cui si arriva a stipulare il contratto e di cui il diritto se ne disinteressa, ma
ci sono delle eccezioni come nel caso del motivo illecito => art. 1345 “Il contratto è illecito quando le
parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe.”,
per cui il motivo illecito deve essere esclusivo e deve essere comune ad entrambi i contraenti (non basta
che l’altra parte sia a conoscenza del motivo illecito, ma il motivo è comune quando anche l’altra parte

116
trae vantaggio da quello stesso motivo illecito) e solo esclusivamente in queste ipotesi il motivo illecito
porterà come conseguenza alla nullità del contratto
• accordo = manca la volontà di concludere il contratto
questo può avvenire ad esempio nei casi di contratti stipulati per gioco, per scherzo, per finzione scenica
> vengono assimilati a questi casi i casi di violenza fisica: quando il soggetto viene costretto dall’esterno
a dichiarare una volontà contrattuale che lui non ha intenzione di compiere
Eccezione : errore ostativo (art. 1433) => ovvero quando si sbaglia a dichiarare la volontà o nel
trasmetterla ; il codice detta una disciplina particolare dicendo che il contratto è solo annullabile solo se
la controparte aveva modo di riconoscere l’errore.

b) Annullabilità
Cause di annullabilità :
=> Art. 1425 : “Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrattare.
è parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall'art. 428,
il contratto stipulato da persona incapace d'intendere o di volere.”

1) Incapacità del contraente = a fronte di ciò vengono fissati dei precisi modi per permettere la
stipulazione del contratto, ma se questi modi non vengono rispettati il contratto sarà annullabile
- Legale (o di agire)
Eccezione: art. 1426 : “Il contratto non è annullabile, se il minore ha con raggiri occultato la
sua minore età; ma la semplice dichiarazione da lui fatta di essere maggiorenne non è
di ostacolo all'impugnazione del contratto.”
Il contratto è annullabile dallo stesso incapace una volta ripresa la capacità o da chi tutela i suoi
interessi
- Naturale (o di intendere e volere)
secondo comma del 1425 si dice che : “è parimenti annullabile, quando ricorrono le
condizioni stabilite dall'art. 428, il contratto stipulato da persona incapace d'intendere o di
volere.”
> art. 428 : “L'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il
pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di volere o per
la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente.”
=> l’incapacità naturale non risulta dai pubblici registri e quindi il soggetto potrebbe ignorare
tale condizione, per cui il contratto è annullabile solo se si è in presenza della malafede dell’altro
contraente.
Eccezioni : quando l’incapacità naturale è causata dall’altro contraente (ad es. l’altro contraente
droga il soggetto che va quindi ad esprimere una volontà frutto di una violenza fisica per cui il
contratto sarà nullo)

2) Vizi del consenso art. 1427 e seguenti : “Il contraente, il cui consenso fu dato per errore, estorto
con violenza o carpito con dolo, può chiedere l'annullamento del contratto secondo le disposizioni
seguenti.”
- Errore
= falsa conoscenza o ignoranza di un dato relativo al contratto. L’annullamento è richiedibile
dalla vittima dell’errore.
L’errore è causa dell’annullamento del contratto quando è riconoscibile dall’altro contraente
(perché occorre tutelare la buonafede della controparte) ed è essenziale (ovvero quando cade
sugli elementi indicati all’art. 1429 : “L'errore è essenziale:
1) quando cade sulla natura o sull'oggetto del contratto;
2) quando cade sull'identità dell'oggetto della prestazione ovvero sopra una qualità dello stesso
che, secondo il comune apprezzamento o in relazione alle circostanze,
deve ritenersi determinante del consenso;
117
3) quando cade sull'identità o sulle qualità della persona dell'altro contraente, sempre che
l'una o le altre siano state determinanti del consenso;
4) quando, trattandosi di errore di diritto, è stato la ragione unica o principale del contratto.”)
=> Dunque l’errore è essenziale quando cade:
1) sulla natura del negozio (error in negotio): credo di dare una cosa in locazione, mentre il
contratto è di enfiteusi; credo di stipulare un contratto di compravendita a rate, mentre si tratta
di un contratto di leasing;
2) sull’oggetto del negozio (error in corpore): credo che siano viti gli oggetti che voglio
comprare ed invece sono chiodi. Con riferimento a quest’ipotesi si dice anche che per effetto di
quest’errore si verifica lo scambio di una cosa per un’altra
3) su una qualità della cosa che costituisce oggetto del negozio (error in substantia) purché in
questo caso la qualità debba ritenersi determinante del consenso
4) sulla persona (error in persona) e, cioè, sull’identità o sulle qualità dell’altro contraente.
Anche qui si richiede uno specifico requisito: deve trattarsi di negozio nel quale l’identità o le
qualità della persona abbiano rilevanza tale da risultare « determinanti il consenso »
5) può, infine, assumere rilevanza anche l’error in quantitate, ossia sulla quantità della
prestazione, sempre che essa sia determinante del consenso e non si riduca ad un errore di
calcolo, il quale non dà luogo ad annullabilità ma a semplice rettifica del negozio
≠ errore ostantivo : si ha quando la volontà si forma in modo libero e spontaneo ma poi viene
dichiarata o trasmessa in modo erroneo. Quando cioè la dichiarazione, correttamente espressa
dalla parte interessata, è stata inesattamente trasmessa dalla persona o dall’ufficio che ne era
stato incaricato. L’errore ostativo dunque presuppone che la volontà del dichiarante si sia
correttamente formata, attraverso un processo decisionale non viziato, e sia stata poi espressa o
trasmessa con un contenuto che non rispecchia l’effettiva volontà della parte; strutturalmente
diverso è l’errore-vizio della volontà, che si verifica quando il soggetto ha malamente accertato
e valutato le circostanze e i presupposti di fatto del negozio, cosicché la volontà espressa nella
dichiarazione negoziale risulta viziata dall’errore in cui è caduto il dichiarante.
=> nonostante le differenze sull’errore ostantivo si applica in via eccezionale la disciplina
dell’errore-vizio.

- Violenza
= violenza morale o minaccia che va a viziare la volontà contrattuale.
Deve consistere in una minaccia seria, di un male ingiusto (lesivo di situazioni giuridiche
tutelate dal diritto) e notevole (fare impressione su una persona di normale indigenza)
(riguardante la persona o il patrimonio dell’altro contraente, o del suo coniuge, ascendente o
discendente); può provenire anche da un terzo. Infatti a differenza del dolo che, come abbiamo
visto, è rilevante solo se proveniente dall’altro contraente o, quanto meno, gli è noto, la
violenza produce l’annullabilità del negozio anche se esercitata da un terzo. Si giustifica questa
differenza tra dolo e violenza del terzo con la considerazione della maggiore antigiuridicità
della violenza rispetto al dolo.
Art. 1435: “La violenza deve essere di tal natura da fare impressione sopra
una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male ingiusto e notevole.
Si ha riguardo, in questa materia, all'età, al sesso e alla condizione delle persone”
Art. 1436: “La violenza è causa di annullamento del contratto anche quando il
male minacciato riguarda la persona o i beni del coniuge del contraente o di un discendente o
ascendente di lui. Se il male minacciato riguarda altre persone,
l'annullamento del contratto è rimesso alla prudente valutazione delle circostanze da parte del
giudice.”
≠ la violenza si distingue dal timore riverenziale che consiste nell’intenso rispetto che si nutre

118
verso persone autorevoli, i genitori ecc. Se la dichiarazione è emessa per non riuscire sgraditi
verso la persona autorevole o per non ricevere da essa rimproveri, il negozio non è annullabile.

- Dolo
= artificio o raggiro determinante del consenso.
Deve essere determinante (se incidente da solo il diritto al risarcimento) e provenire dall’altro
contraente (o da un terzo purché la controparte ne abbia tratto vantaggio)
Il dolo può provenire anche da un terzo : che interviene per un suo interesse personale ad
incentivare la stipulazione del contratto, e il raggiro del terzo è causa di annullamento quando è
conosciuto dal contraente che non informa l’altro.
Regolato ad art. 1439 e 1440:
- Dolo determinante = se il raggiro è stato determinate del consenso (senza il raggiro non si
sarebbe concluso il contratto)
=> art. 1439 : “Il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da
uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l'altra parte
non avrebbe contrattato.Quando i raggiri sono stati usati da un terzo,
il contratto è annullabile se essi erano noti al contraente che ne ha tratto vantaggio.”
- Dolo incidente = quando il dolo non ha determinato a stipulare il contratto ma ha
modificato le condizioni contrattuali, quindi si avrà diritto ad essere risarciti della
differenza
=> art. 1440 : “Se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è
valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma
il contraente in mala fede risponde dei danni.”

Differenza di disciplina tra nullità e annullabilità


- legittimazione (chi può agire per far annullare il contratto)
- Nullità art. 1421 (legittimazione assoluta) => la nullità può essere fatta valere da
chiunque ne abbia interesse e può anche rilevarla d’ufficio il giudice
- Annullabilità art. 1441 (legittimazione relativa) => si prevede la tutela dell’interesse di una
parte, quindi sarà solo quella parte a cui vantaggio è prevista la causa di
annullamento che potrà chiedere al giudice l’annullamento
- prescrizione
- Nullità art. 1422 => azione imprescrittibile, quindi è possibile richiedere la nullità
sempre, salvi gli effetti dell’usucapione e della prescrizione delle azioni di
ripetizione
- Annullabilità art. 1442 => prescrizione di 5 anni l’azione. Da quando i termini iniziano a
decorrere:
“Quando l'annullabilità dipende da vizio del consenso o da incapacità legale,
il termine decorre dal giorno in cui e' cessata la violenza, e' stato scoperto
l'errore o il dolo, e' cessato lo stato d'interdizione o d'inabilitazione, ovvero il
minore ha raggiunto la maggiore eta’. Negli altri casi il termine decorre dal
giorno della conclusione del contratto.”
Non si prescrive però l’eccezione, quindi dopo il termine di prescrizione in
sede di eccezione si può far valere l’annullabilità del contratto (quando si
risponde alle pretese dell’altro che ha citato in giudizio)
- convalida

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- Nullità Non è convalidabile (non è sanabile), tutelando interessi più generali il
contratto non è sanabile tranne nei casi previsti della legge: donazione
- Annullabilità Convalida = con un suo negozio unilaterale può dichiarare di trasformare il
contratto in un contratto valido. Tutela l’interesse di una delle parti del
contratto, soggetto che oltre a poter scegliere se agire o no per l’annullamento
del contratto (entro 5 anni), può anche convalidare o in modo espresso con
negozio giuridico unilaterale che rende valido il contratto, o in modo tacito
dando esecuzione al contratto sapendo della casa di annullamento.

- sentenza
- Nullità Sentenza dichiarativa = si chiede di accertare al giudice che fin dall’origine il
contratto era nullo e quindi gli effetti del contratto vengono eliminati
retroattivamente. Il contatto nullo viene travolto in tutti gli effetti che ha
prodotto. Tra le parti è come se il contratto non fosse mai stato realizzato,
l’unico limite è quello dia acquisiti a titolo originario.
- Annullabilità Sentenza costitutiva = in origine è efficace e produce i suoi effetti, per cui
agendo per farlo annullare si chiede una sentenza costitutiva che quindi porta
allo scioglimento del contratto a partire dal momento della sentenza stessa. Il
contratto viene quindi travolto ta le parti retroattivamente (per loro il contratto
è come se non fosse mai stato concluso) ma rispetto ai terzi soggetti c’è una
differenza con la nullità : vengono fatti salvi all’annullamento i diritti dei terzi
in buonafede a titolo oneroso (art. 1445 dice che i terzi che abbiano acquistato
i diritti in buona fede a titolo oneroso dall’acquirente in base al contratto
annullabile, fanno salvo il loro acquisto), a questo si esclude il caso
dell’annullamento per incapacità e salvi gli effetti della trascrizione (se il terzo
dopo aver acquistato il bene lo trascrive dopo che era già stata trascritta
l’azione di annullamento, quindi consultando i registri avrebbe potuto vedere
l’annullamento)

- conversione
- Nullità Siccome c’è un principio di conservazione del contratto => principio che
giustifica che si preveda la conversione dl negozio nullo, perché se il contratto
è invalido ma ha tutti i principi di validità di un contratto diverso che le parti
avrebbero scelto se avessero saputo della nullità, allora si ha la conversione in
questo diverso contratto.

29. LA RAPPRESENTANZA

Disciplinata ad art. 1387 e seguenti.


Il contratto è di frequente stipulato da un soggetto (rappresentante) che agisce in nome e per conto della
parte (rappresentato) => gli effetti che il contratto produce ricadranno nella sfera giuridico patrimoniale del
rappresentato.
Questo potere di rappresentare un altro soggetto :
• rappresentanza legale => quando a stabilirlo è la legge (genitori per un minore, tutore per l’interdetto)
• rappresentanza organica => in relazione all’agire negoziale degli enti

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• rappresentanza volontaria => un soggetto conferisce ad un altro il potere di rappresentarlo ed ha come base
la procura: atto unilaterale che il dominus indirizza al procurator
I problemi della rappresentanza:
• falsus procurator = soggetto si finge rappresentante senza avere i poteri di rappresentanza
=> il contratto stipulato è inefficace (non invalido), salva ratifica successiva, e il terzo che contrae ha
diritto al risarcimento del danno
• conflitto di interessi o contratto con se stesso = il rappresentante ha la procura (potere di rappresentare
l’altro soggetto), ma la esercita in modo da far prevalere un interesse proprio su quello del dominus; per
cui il rappresentato può agire in giudizio l’annullamento del contratto se il conflitto era riconosciuto o
riconoscibile all’altro contraente (se invece il terzo contraente ignora il conflitto di interessi il contratto non
sarà annullabile)
• conflitto di interessi diretto (contratto con se stesso) = in questo caso è annullabile il contratto a meno
che sussistano due circostanze:
1. rappresentato l’abbia autorizzato espressamente
2. il contenuto del contratto sia determinato in modo da escludere la possibilità di conflitto di
interessi

33. L’INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO

Le regole legislative di ermeneutica


L’interpretazione del negozio giuridico tende a determinare il significato giuridicamente rilevante da
riconoscere ad una dichiarazione negoziale. E’ volto quindi a determinare quali effetti il negozio sia idoneo a
produrre, valutando alla stregua dei criteri legali dettati dal legislatore in tema di interpretazione. Le regole
dell’interpretazione si distinguono in due gruppi:
a) regole di interpretazione soggettiva, che sono dirette a ricercare il punto di vista dei soggetti del
negozio (artt. 1362 e 1365 cod. civ.);
b) regole di interpretazione oggettiva, che intervengono quando non riesca possibile, attribuire un
senso al negozio, nonostante il ricorso alle norme di interpretazione soggettiva (artt. 1367 e 1371
cod. civ.).
L’ art. 1366 c.c. dispone che: il contratto deve essere interpretato secondo buona fede (criterio
dell'affidamento), applicabile solo ai negozi inter vivos; bisogna tener conto, non soltanto del significato che
alle parole usate, dà chi ha fatto la dichiarazione, ma anche di quello che può ragionevolmente dare ad esse,
chi la riceve.
Il punto di riferimento dell'attività dell'interprete dev'essere, naturalmente, il testo della dichiarazione
negoziale: ma non ci si deve limitare "al senso letterale delle parole", occorre invece di cercare "la comune
intenzione delle parti", il semplificato che entrambe attribuivano l'accordo. In materia di contratti e di atti
unilaterali inter vivos aventi contenuto patrimoniale ha rilievo il principio dell’affidamento, perciò il
contratto deve essere interpretato secondo buona fede; bisogna quindi tener conto anche del significato che
può agevolmente dare ad esse chi la riceve. Se ancora il senso non risulti chiaro, si applica il principio della
conservazione del negozio (art 1367 c.c.): nel dubbio il negozio deve interpretarsi nel senso in cui esso
possa avere qualche effetto anziché in quello secondo cui non ne avrebbe alcuno.

Valgono ancora poi come sussidiari i seguenti principi:


- gli usi interpretativi, ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui il contratto è stato concluso.
- la regola secondo cui le espressioni che possono avere più sensi devono essere intese in quello più
conveniente alla natura e all’oggetto del contratto.
- la clausola predisposta da una delle parti nelle condizioni generali di contratto, nel dubbio si interpreta
contro chi ha predisposto la clausola.

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Vi è anche un’ultima regola finale che si applica quando tutte le altre vi siano dimostrate inefficienti:
l’art 1371 c.c stabilisce che il negozio deve essere inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato, se a titolo
gratuito; e nel senso che esso realizzi l’equo con temperamento degli interessi delle parti, se a titolo oneroso.

34. EFFETTI CONTRATTUALI

Fase del rapporto contrattuale in cui vengono eseguite le prestazioni dovute in base al contratto.
Quando il contratto viene concluso inizia a produrre gli effetti
=> fase funzionale del contratto. Gli effetti distinguono i contratti ad esecuzione:
- istantanea = producono immediatamente gli effetti contestualmente al momento in cui vengono stipulati
- differita = l’effetto si produce in un solo momento ma non immediatamente al momento della conclusione
del contratto ma in un momento successivo (contratto di compravendita che prevede la consegna dopo 1
mese) e spesso la prestazione, che rimane unitaria, può essere frazionata in più rate
- continuativa o periodica = contratti di durata che fanno nascere un rapporto contrattuale destinato a durare
nel tempo e che si traduce in una serie di prestazioni che devono essere eseguite continuamente o
periodicamente (ad intervalli regolari) (come ad esempio il contratto di locazione o di lavoro subordinato)

Art. 1377: “Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per
cause ammesse dalla legge. Il contratto non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla
legge.” Si ha quindi:
• un vincolo contrattuale
• una relatività degli effetti (vero per gli effetti negativi, per quelli positivi è possibile ricevere dei vantaggi
anche se non si partecipa al contratto stesso). Per tale principio quindi, di regola, gli effetti giuridici
programmati dal contratto non toccano la posizione di soggetti, cd. terzi, che non hanno partecipato alla
sua formazione. Questo anche nel caso di:
- promessa del fatto del terzo : dove però in virtù dell’atto dove si promette il fatto di qualcun altro,
l’altro non partecipando al negozio non subisce nessun obbligo.
=> art. 1381 : “Colui che ha promesso l'obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto
a indennizzare l'altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso.”
- vendita di cose altrui : è possibile vendere un bene dichiarando che non è di propria proprietà ma in
questo si obbliga solo se stessi ad acquistare il bene e farlo avere, ma il proprietario del bene stesso
non è obbligato
=> art. 1478 : “Se al momento del contratto la cosa venduta non era di proprietà del venditore,
questi è obbligato a procurarne l'acquisto al compratore.
Il compratore diventa proprietario nel momento in cui il venditore acquista la proprietà
dal titolare di essa.”
È possibile che degli effetti si producano sui terzi in virtù della stipulazione di un contratto:
• Effetti di mero fatto = il contratto può pregiudicare o soddisfare interessi facenti capo a terzi, ma
giuridicamente irrilevanti
• Effetti riflessi = come nel caso del possesso vale titolo => il contratto può essere presupposto di
posizioni giuridiche riguardanti i terzi, oppure può impedire l’acquisto di situazioni giuridiche da parte
di terzi
• Attribuzione di diritti soggettivi = può produrre effetti per terzi che nascono dal contratto quando
questi sono effetti favorevoli (quindi si attribuisce un credito o si trasferisce un diritto)
=> art. 1411 e ss.: “è valida la stipulazione a favore di un terzo, qualora lo stipulante vi abbia interesse
[…] I terzo acquista il diritto contro i promittente per effetto della stipulazione. Questa però può
essere revocata o modificata, finché il terzo non abbia dichiarato di volerne profittare”
Questo è possibile se lo stipulante e il promittente si accordano che la prestazione vada a favore di un
terzo che non deve accettare espressamente, ma il diritto viene acquistato per effetto della stipulazione.

122
Però finché il terzo non dichiara espressamente di voler accettare le parti possono decidere di
modificare o di revocare l’attribuzione fatta al terzo. Inoltre il terzo ha il potere di rifiutare e se ciò
avviene, la prestazione andrà a vantaggio dello stipulante e rimarrà confinata tra le parti contraenti.

Effetti del contratto:


• Reali (come ad esempio contratto di compravendita) e che prevedono
• Trasmissione della proprietà sulla cosa determinata
• Trasmissione o costituzione di un diritto reale minore
• Trasmissione di altri diritti
=> art. 1376 : “La proprietà o il diritto si trasmettono e si acquistano per effetto del consenso delle parti
legittimamente manifestato” questo per il principio consensualistico che prevede il trasferimento immediato
del diritto dell’accorso. Solo nel caso di cose di genere il trasferimento richiede l’individuazione della cosa
(identificazione + non sostituibilità)
• Obbligatori = fanno solo nasce un obbligazione (come ad es. contratto di locazione, di lavoro subordinato)

I contratti si possono quindi classificare in base:


- agli effetti prodotti
- alle modalità di conclusione
• consensuali
• reali = necessitano la consegna del bene
Quest’ultimi possono a loro volta avere effetti reali o obbligatori :
=> contratto reale ad effetti reali (mutuo)
=> contratto reale ad effetti obbligatori (deposito)
=> contratto consensuale ad effetti reali (compravendita)
=> contratto consensuale ad effetti obbligatori (locazione)

38. SCIOGLIMENTO DEL CONTRATTO

Il contratto produce i suoi effetti fino a quando il contratto viene sciolto : (art. 1372)
- Per mutuo consenso = le parti di comune accordo decidono di sciogliere il contratto retroattivamente
- Annullamento del contratto = è un vizio già presente nel contratto dalla sua nascita ma, derivando da
una sentenza costitutiva, funge da causa di scioglimento del contratto che però deriva, come visto,
dall’invalidità originaria del contratto stesso
- Recesso unilaterale = quando viene riconosciuto dal contratto stesso o dalla legge, ad uno o a tutti i
contraenti, il diritto potestativo di recedere, ovvero di sciogliersi unilateralmente. È possibile recedere
avvisando l’altra parte ed è necessario un preavviso.
> non è sempre ammesso ma deve essere consentito, in due casi:
- Recesso convenzionale = quando previsto dal contratto stesso
Art. 1373 : “Se a una delle parti e' attribuita la facoltà di recedere dal contratto, tale facoltà può
essere esercitata finche' il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione.
Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, tale facoltà può essere esercitata anche
successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione.
Qualora sia stata stipulata la prestazione di un corrispettivo per il recesso, questo ha effetto quando
la prestazione e' eseguita. E' salvo in ogni caso il patto contrario.”
Primo comma : per i contratti ad esecuzione istantanea o differita => il contratto viene eliminato fin
dall’origine e il recesso può avere luogo solo prima che il contratto abbia prodotto qualsiasi effetto
(elimina retroattivamente il contratto) => per questo alcuni parlano di revoca
Secondo comma : per i contratti di durata => recesso può intervenire anche dopo ma non ha effetto
retroattivo
123
Terzo comma : per recedere può non bastare la comunicazione del recesso ma bisogna versare un
corrispettivo per il recesso, corrispettivo che prende il nome di multa penitenziale. Talvolta si può
prevedere una caparra penitenziale con la previsione che se il soggetto recede ed aveva versato la
caparra perde la stessa.
Quarto comma : le parti nel loro contratto possono disciplinare il recesso anche in modo diverso,
prevedendo ad esempio che il recesso, in un contratto a esecuzione istantanea o differita, sia possibile
anche dopo.
- Recesso legale = quando è la legge a prevedere tale diritto
• recesso di pentimento = ad esempio la legge speciale prevede che quando un consumatore
stipula un contratto fuori dai locali commerciali (su internet, in seguito a televendite) gli si
da per legge il diritto di recesso nei 14 giorni successivi
• nei contratti a tempo indeterminato => si ricordi che il vincolo contrattuale perpetuo è visto
con sfavore dal legislatore, per cui il codice in alcuni casi fissa delle durate massime dei
contratti (come ad es. le locazioni non possono durare più di 30 anni) o impone alle parti di
fissarlo, in altre ipotesi il codice consente di stipulare contratti a tempo indeterminato ma per
bilanciare questa cose concede ad uno o ad entrambi i contraenti il diritto di recesso
discrezionale, prende il nome di recesso determinativo.
=> Art. 1569 : “Se la durata della somministrazione non e' stabilita, ciascuna delle parti
può recedere dal contratto, dando preavviso nel termine pattuito o in quello stabilito dagli
usi o, in mancanza, in un termine congruo avuto riguardo alla natura della
somministrazione.”
Ad esempio nel contratto di somministrazione (contratto si obbliga a fornire periodicamente
beni ad un altro soggetto dietro il corrispettivo di un prezzo)
• per giusta causa = di fronte ad atti di inadempimento, gravi scorrettezze della controparte
(come ad esempio nei contratti di lavoro subordinato, dove il datore di lavoro non può
licenziare quando vuole ma ha solo il diritto di recesso per giusta causa)
- Risoluzione (disciplinata ad art. 1453 e seguenti) = causa di scioglimento del contratto che è un rimedio a
dei vizi, difetti del contratto. Si applica solo ai contratti a prestazioni corrispettive, dove si hanno due
prestazioni legate da un nesso di interdipendenza funzionale. Reagisce, come detto, a dei difetti nello
scambio che non sono però genetici ma che intervengono nella fase del rapporto contrattuale (quando
contratto viene eseguito), prendono quindi il nome di difetti funzionali. Questi possono essere:
• inadempimento : vale solo per i contratti sinallagmatici (a prestazioni corrispettive)
=> deve essere un inadempimento grave (di non scarsa importanza) ed imputabile ad uno dei due
contraenti (a titolo di colpa)
• sopravvenuta impossibilità di una delle due prestazioni per una causa non imputabile a chi è
tenuto ad eseguirla
• eccessiva onerosità sopravvenuta.
Di fronte a questi il codice prevede come rimedio la risoluzione del contratto ovvero la possibilità di
scioglimento del contratto andando dal giudice chiedendo una sentenza costitutiva di scioglimento.
Effetti della risoluzione: norma del 1458:
“La risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo tra le parti, salvo il caso
di contratti ad esecuzione continuata o periodica, riguardo ai quali l'effetto della risoluzione non si
estende alle prestazioni già eseguite. La risoluzione, anche se e' stata espressamente pattuita,
non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di
risoluzione.”
Primo comma: tra le parti è come se il contratto risolto non fosse mai stato concluso (vengono travolte
retroattivamente tutte le prestazioni), salvo il caso in cui i contratti siano ad esecuzione periodica o
continuativa
Secondo comma: quando il contratto viene risolto il terzo che eventualmente ha acquistato i diritti
dall’acquirente fa sempre salvo il suo acquisto, quindi la risoluzione non pregiudica mai terzi soggetti
(salvi gli effetti della trascrizione, perché se l’azione di risoluzione ha ad oggetto contratti di beni mobili o
124
immobili registrati e se un terzo ha trascritto l’acquisto dopo che era stata trascritta l’azione di risoluzione,
non merita più tutela perché avrebbe potuto informarsi consultando i registri)
Effetto: si ha lo scioglimento del rapporto contrattuale, con l’estinzione delle obbligazioni, cancellazione
egli effetti reali ed eventuali restituzioni.
Rimedi : in caso di
1. inadempimento =>
Rimedio giudiziale : art. 1453: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti
non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del
contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.
La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio e' stato promosso per ottenere
l'adempimento; ma non può più chiedersi l'adempimento quando e' stata domandata la risoluzione.
Dalla data della domanda di risoluzione l'inadempiente non può
più adempiere la propria obbligazione.”
Due possibilità:
• Manutenzione del contratto => si tiene in vita il contratto e si agisce in giudizio per tutelarsi con i
rimedi propri della tutela del credito e agisce per l’adempimento della risoluzione e per
risarcimento del danno totale (tramite sentenza di condanna)
• Si può chiedere al giudice la risoluzione del contratto oltre al risarcimento del danno totale (tramite
sentenza costitutiva)
È possibile (secondo comma) passare da un azione di esatto adempimento a quella di risoluzione del
contratto, non è pero consentito il contrario; inoltre (terzo comma) dopo la domanda di risoluzione,
non si può più adempiere.
Rimedio stragiudiziale: altri modi di risoluzione del contratto anche senza la sentenza del giudice, casi
di risoluzione automatica o di diritto del contratto, e sono:
- diffida ad adempiere (art. 1454) = intimazione scritta ad adempiere entro un termine congruo,
con l’avvertimento che il contratto potrebbe sciogliersi. Decorso il termine il contratto sarà
risoluto di diritto, senza quindi intervento del giudice.
- clausola risolutiva espressa (art. 1456) = clausola secondo cui l’inadempimento di una certa
obbligazione determinerà lo scioglimento del contratto di diritto. Occorre sia indicata con
precisione nel contratto la prestazione che se inadempiuta porta allo scioglimento del contratto,
inoltre non basta che ci sia l’inadempimento ma la parte interessata deve dichiarare alla
controparte di avvalersi della clausola e, nel momento in cui arriva a destinazione la
dichiarazione, il contratto di risolve.
- termine essenziale (art. 1457) = prestazione che deve essere seguita entro un certo termine
essenziale, se ciò non avviene la prestazione si dirà risoluta. Dopo che è scaduto il termine
essenziale il contraente fedele ha 3 giorni per chiedere l’inadempimento, in mancanza della
richiesta il contratto si vede risolto per diritto.
2. impossibilità sopravvenuta =>
l’impossibilità sopravvenuta della prestazione, com’è noto, estingue l’obbligazione: essa, perciò,
libera la parte che vi era tenuta. Quest’impossibilità scioglie il contratto di diritto e anche la
controparte non sarà tenuta ad eseguire la sua prestazione e se l’ha eseguita avrà diritto di averla
indietro. Quando l’impossibilità è parziale la controparte ha la scelta se ridurre la prestazione o se
risolvere del tutto il contratto.
3. risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta =>
si applica ai contratti di durata o a esecuzione differita. Se nel lasso di tempo tra la conclusione del
contratto e l’esecuzione si verificano eventi tali da modificare l’originaria valutazione dell’una o
dell’altra parte circa la convenienza economica dell’operazione programmata e che rendono la
prestazione di una delle parti eccessivamente onerosa, il contratto è scioglibile. Questa risoluzione
non opera per contratti aleatori dove è implicita nella stessa causa del contratto l’incertezza di una
delle due prestazioni. Si ha diritto alla risoluzione del contratto per eccessiva onerosità quando
concorrono le seguenti condizioni (art. 1467 c.c.):
125
a) che si tratti di contratti per i quali è previsto il decorso di un intervallo di tempo tra la stipulazione
dell’accordo e la sua esecuzione
b) che si verifichi una situazione di eccessiva onerosità della prestazione di una delle parti
c) che l’eccessiva onerosità dipenda da avvenimenti straordinari e imprevedibili
Inoltre: è possibile che esistano:
- Caparra confirmatoria (≠ dalla capra penitenziale) = serve a preparare una forma di
risarcimento del danno ma sopratutto a rinforzare il vincolo contrattuale. Se il contratto non
viene adempiuto dalla parte che ha dato la caparra, l’altra parte può recedere dal contratto (per
giusta causa) trattenendo la caparra stessa; se invece inadempiente è la parte che ha ricevuto la
caparra l’altra può recedere dal contratto e richiedere il doppio della caparra che aveva dato. Se
però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l'esecuzione o la risoluzione del
contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali.
- Clausola penale = le parti possono prevedere che in caso di inadempimento una debba versare
all’altra una somma di denaro (art. 1382 e seguenti). La penale è dovuta indipendentemente
dalla prova del danno. Inoltre il creditore non può domandare insieme la prestazione principale
e la penale, se questa non è stata stipulata per il semplice ritardo (si tratta quindi di due
soluzioni alternative).
Riduzione della penale: la penale può essere diminuita equamente dal giudice, se l'obbligazione
principale è stata eseguita in parte ovvero se l'ammontare della penale è manifestamente
eccessivo, avuto sempre riguardo all'interesse che il creditore aveva all'adempimento.

- Rescissione = la rescissione del contratto può chiedersi in due ipotesi: a) perché è stato concluso in uno
stato di pericolo; b) per lesione. Per poter sperimentare l’azione di rescissione di un contratto stipulato in
condizioni di pericolo occorrono i seguenti presupposti:
• deve trattarsi di una situazione di pericolo attuale di un danno grave alla persona
• lo stato di pericolo deve essere noto alla controparte
• iniquità delle condizioni
Nella seconda ipotesi di lesione: si richiedono due elementi:
• la lesione = consiste in una sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell’altra. La lesione
deve essere ultra dimidium, ossia il valore della prestazione eseguita o promessa dalla parte
danneggiata, valutata con riferimento al tempo della conclusione del contratto, deve risultare superiore
al doppio del valore della controprestazione
• lo stato di bisogno della parte danneggiata
• un elemento soggettivo: occorre che la parte avvantaggiata abbia approfittato dello stato di bisogno in
cui versava l’altra parte
Il contraente contro cui è proposta l’azione di rescissione può evitarla eliminando lo squilibrio che ne
costituisce il fondamento, cioè offrendo un aumento della sua prestazione o, comunque, una modificazione
del contratto sufficiente per ricondurlo ad equità. Inoltre la rescissione non ha efficacia retroattiva: perciò
non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salva l’applicazione dei princìpi sulla trascrizione della
domanda.

126
51. LE PROMESSE UNILATERALI

Tipicità delle promesse unilaterali


La promessa unilaterale, rivolta da un soggetto ad un altro per assicurare a quest’ultimo un certo
comportamento futuro del promittente, è sufficiente per far sorgere un vincolo giuridico a carico del
promittente, se la promessa è inserita in un contratto, a condizione che questo abbia una valida causa. Infatti,
il nostro ordinamento esclude, in linea di principio, che una promessa unilaterale produca effetti obbligatori,
salvo che nei casi ammessi dalla legge. Le promesse unilaterali vincolanti sono tipiche, in quanto, ove
rientrino nei casi ammessi dalla legge, potranno al massimo far sorgere una obbligazione naturale.

Promessa di pagamento e ricognizione di debito


Al riconoscimento di debito l’art.1988 c.c. equipara una promessa di pagamento in quanto è implicito, nel
concetto di pagamento, l’esistenza di un debito da assolvere. Naturalmente, ove il presunto debitore intenda
contestare il riconoscimento o la promessa di pagamento invocati contro di lui in giudizio dal creditore, la
situazione sarà più agevole se il riconoscimento o la promessa sono titolati, ossia menzionano la causa o il
titolo del debito. La situazione del supposto debitore, viceversa, sarà più difficile ove il riconoscimento o la
promessa siano astratti, ossia non menzionino la causa o fonte del debito riconosciuto.

La promessa al pubblico
Per promessa al pubblico s’intende la promessa di una prestazione fatta a favore di chi si trovi in una
determinata situazione o compiuto una determinata azione. La promessa, appunto perché è un contratto
unilaterale, acquista efficacia vincolante non appena è resa pubblica ed è revocabile solo per giusta causa. La
revoca non ha effetto se la situazione prevista nella promessa si è già verificata o se l’azione è già stata
compiuta. Se alla promessa non è stato apposto un termine, il vincolo di questa cessa qualora entro l’anno
dalla promessa non gli sia stato comunicato l’avveramento della situazione o il compimento dell’azione
prevista nella promessa (art.1989 cc.).

I titoli di credito
I titoli di credito sono caratterizzati dal rilievo attribuito ad un documento contenente una promessa
unilaterale di pagamento o un ordine di pagamento di una somma di danaro. Nei titoli di credito il
documento non costituisce soltanto una prova del rapporto, in quanto esso è addirittura necessario per poter
far valere il diritto documentato dal titolo: il debitore o emittente non può pagare validamente a chi non gli
esibisca il documento; e per converso il portatore del titolo, purché sia legittimato nelle forme prescritte dalla
legge, ha diritto alla prestazione in esso indicata. Conseguentemente può essere legittimato a pretendere la
prestazione anche chi non sia titolare del diritto: difatti il debitore, che senza dolo o colpa grave adempia la
prestazione nei confronti del possessore, è liberato anche se questi non è titolare del diritto.

Dai titoli di credito vanno distinti i documenti di legittimazione e i titoli impropri. I primi servono alla
identificazione dei soggetti aventi diritto alla prestazione. I secondi consentono il trasferimento del diritto
senza l’osservanza delle forme proprie della cessione. Ma per entrambe queste figure non può parlarsi di
titoli di credito perché non si verifica il fenomeno della incorporazione del diritto nel documento.

Titoli al portatore, all’ordine e nominativi


Il requisito del possesso è indispensabile per l’esercizio del diritto in esso contenuto; in relazione ad alcuni
titoli di credito è richiesto un ulteriore elemento. Sotto questo aspetto, i titoli di credito si suddistinguono in
tre categorie:

a) titoli al portatore: è sufficiente ad attribuire il diritto alla prestazione la consegna del titolo;
b) titoli all’ordine: che si trasferiscono mediante la consegna del titolo e la girata;

127
c) titoli nominativi: il titolo è intestato a favore di una determinata persona; inoltre questa
intestazione è contenuta al tempo stesso nel registro dell'emittente, ossia del debitore che ha
emesso il titolo.

La “dematerializzazione” dei titoli di credito


Per titoli di massa (emessi, cioè, in serie e non per operazioni individuali), la crescente rapidità della
circolazione mobiliare crea problemi per la necessità di un continuo maneggio di documenti di rilevante
valore, soggetti a rischi di furti, smarrimenti e distruzioni. Da ciò l’esigenza di sostituire ai normali
meccanismi di trasferimento cartolare, semplici operazioni di trasferimenti scritturali. Il conseguimento di
tale risultato è legato a due presupposti: la fungibilità dei titoli, che rende irrilevante la consegna materiale
del documento essendo sufficiente la registrazione contabile del trasferimento; e l’accertamento della
gestione nelle mani di un soggetto affidabile, che si incarica di operare tutte le registrazioni di cui sia fatta
legittima richiesta. Il processo di dematerializzazione può svolgersi a due livelli. Il primo, di mero
accertamento dei titoli coinvolti, comporta la conservazione del documento, che viene però custodito presso
un gestore senza più circolare fisicamente. Nel secondo, invece, si realizza una dematerializzazione integrale,
cosicchè viene eliminato qualsiasi certificato, sostituito per intero da una intestazione solo contabile da parte
del gestore, che poi provvede alla registrazione di ogni trasferimento sempre e soltanto in via scritturale. La
dematerializzazione integrale è stata resa obbligatoria per tutti i titoli negoziati o destinati alla negoziazione
su mercati regolamentati. Può poi attuarsi anche in via facoltativa.

Titoli rappresentativi, titoli di partecipazione


I titoli rappresentativi sono documenti che incorporano il diritto alla consegna delle merci in esso
specificate. Questi titoli attribuiscono al possessore non solo il diritto ad ottenere la consegna delle merci
dall’emittente, ma pure il potere di disporne mediante trasferimento del titolo. I titoli di partecipazione,
invece, attribuiscono al possessore, oltre al diritto di disposizione sul titolo stesso, anche i c.d. diritti
corporativi o associativi, vale a dire il diritto di riscuotere i dividendi, di prendere parte alle assemblee
sociali.

Caratteristiche dei titoli di credito


Caratteristiche dei titoli di credito sono:
a) la letteralità: è ciò che in esso è scritto, che determina la quantità, la qualità, le modalità del diritto
attribuito al possessore legittimo del documento. La letteralità serve a proteggere il terzo di buona
fede che ha fatto affidamento sul tenore del documento;
b) l’autonomia: serve anch’essa a tutelare l’affidamento del terzo a cui il diritto venga trasferito.
Titoli astratti sono, invece, quelli nei quali il rapporto fondamentale non è enunciato nel titolo ed
è irrilevante nei confronti del terzo possessore in buona fede, il quale ha diritto alla prestazione
anche se il rapporto fondamentale non sussista.

Eccezioni opponibili dal debitore


Le eccezioni opponibili dal debitore si distinguono in eccezioni reali (o assolute) che si possono opporre a
qualunque possessore e eccezioni personali (o relative) che si possono opporre soltanto ad un possessore
determinato. Eccezioni reali sono:
a) le eccezioni di forma: la legge esige anche requisiti di forma perché il documento possa
considerarsi titolo di credito;
b) le eccezioni fondate sul contesto del titolo (letteralità);
c) le eccezioni di falsità della firma, di difetto di capacità o di rappresentanza: la falsità della firma
esclude che colui che appare come debitore abbia sottoscritto il documento; il difetto di capacità
rende invalida l’obbligazione dell’incapace;
d) la mancanza delle condizioni necessarie per l’esercizio dell’azione.

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Eccezioni personali sono quelle che derivano da rapporti che non risultano dal titolo. Esse sono opponibili
solo a colui con il quale il rapporto si è svolto. Questa eccezioni personali si comunicano, ossia possono
essere opposte anche ad un possessore successivo in un’ipotesi particolare: quando il possessore medesimo
abbia agito intenzionalmente a danno del debitore.
Con il procedimento di ammortamento si mira a distruggere l’efficacia del titolo smarrito o sottratto o
distrutto ed a procurare a chi ha perduto il possesso del titolo un documento che di questo faccia le veci (c.d.
ricostituzione della legittimazione). A tal fine non basta la semplice denuncia, fatta dal possessore del titolo
al debitore, dell’avvenuto smarrimento o sottrazione, ma occorre presentare un ricorso al presidente del
tribunale del luogo in cui il titolo dovrebbe essere pagato, indicando nel ricorso i requisiti essenziali del titolo
e i fatti che ne hanno provocato lo smarrimento, la distruzione o la sottrazione. Il presidente del tribunale,
premessi gli opportuni accertamenti sulla verità dei fatti esposti dal ricorrente, pronunzia con decreto
l’ammortamento e autorizza il pagamento del titolo alla scadenza o, ove si tratti di titolo già scaduto, dopo 30
gg. dalla data di pubblicazione del decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. La procedura di
ammortamento non è ammessa per i titoli al portatore: denunciando all’emittente lo smarrimento o la
sottrazione e fornendone la prova, che lo ha smarrito può ottenere la prestazione soltanto se nessuno si
presenta a chiedere il pagamento entro il termine stabilito dalla legge per la prescrizione.

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52. LA CAMBIALE

Definizione
La cambiale è un titolo di credito all’ordine. Si distinguono due figure di cambiali: la tratta e il vaglia
cambiario (o pagherò cambiario). La prima contiene l’ordine che una persona (traente) dà ad un’altra
(trattario) di pagare ad un terzo (prenditore) una somma di danaro. Il vaglia cambiario contiene la promessa
fatta da una persona (emittente) di pagare una somma di danaro direttamente nelle mani del prenditore.
Entrambi sono negozi giuridici unilaterali. Figure particolari di cambiali sono:

a) la cambiale ipotecaria, il cui pagamento è garantito da ipoteca che si trasferisce con la girata del
titolo di credito;
b) la cambiale agraria, che garantisce i prestiti agrari di esercizio o di miglioramento di un fondo.

Caratteristiche del rapporto cambiario


La cambiale presenta anzitutto caratteristiche comuni con gli altri titoli di credito: letteralità e autonomia. Per
il principio di autonomia, la cambiale può essere trasferita mediante girata. Perciò può avvenire che sullo
stesso documento cambiario siano contenute più firme di soggetti diversi. L’autonomia caratterizza i singoli
rapporti cambiari: ciascuna delle obbligazioni cartolari è indipendente dall’altra, è valida anche se l’altra è
invalida. Accanto a questi caratteri comuni agli altri titoli di credito la cambiale presenta anche le seguenti
caratteristiche:

a) astrattezza: Il rapporto che dà luogo all’emissione della cambiale può essere di varia natura e può
perfino mancare: ciò non ha importanza; una volta che ho sottoscritto una cambiale, io non posso
eccepire la mancanza di causa, o riferirmi a vizi per sottrarmi all’obbligo di pagare la cambiale, se
il pagamento mi viene chiesto dal terzo giratario. Si deve ricordare che l’astrattezza di un negozio
non esclude l’azione di ripetizione, quando sia dimostrata la mancanza di causa. Chi risulta
debitore in base a un negozio astratto deve adempiere l’obbligazione nei confronti del terzo
acquirente del titolo. Se poi il pagamento mi viene chiesto dalla controparte , allora io posso
opporre le eccezioni nascenti dal rapporto. L’astrattezza, quindi, funziona solo nei confronti dei
terzi.

b) efficacia esecutiva del titolo cambiario: vuol dire che non c’è bisogno di una sentenza di
condanna del debitore per iniziare l’esecuzione, basta all’uopo la cambiale.

Requisiti del negozio cambiario


I requisiti essenziali, in mancanza dei quali il documento non vale come cambiale sono:
1) la denominazione di cambiale: “per questa mia cambiale pagherò o pagherete”;
2) se è una tratta, l’ordine, se è un pagherò, la promessa di pagare una somma determinata, senza alcuna
condizione.
3) il nome del trattario, se trattasi di cambiale tratta;
4) il nome del primo prenditore;
5) l’indicazione della data di emissione

La scadenza della cambiale può essere a giorno fisso; a certo tempo data (ad un anno dalla data di
emissione); a vista (in questo caso la cambiale è pagabile al momento della presentazione). Se non vi è
indicazione di scadenza, la cambiale si considera pagabile a vista.

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Capacità e rappresentanza nel negozio cambiario
In ordine alla capacità a porre in essere i negozi cambiari, possono sottoscrivere validamente cambiali, il
minore emancipato autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale ed il genitore o il tutore o
l’inabilitato autorizzati alla continuazione dell’esercizio di un’impresa commerciale per conto del minore o
dell’interdetto. Una deroga alle norme comuni è stabilita nel caso di negozio cambiario concluso da chi
assume di essere dotato del potere di rappresentare altra persona, mentre né è sprovvisto. In questo caso il
negozio non produce effetti né per il rappresentante né per il rappresentato ed è soltanto sancita
eventualmente la responsabilità del rappresentante sprovvisto di procura.

La cambiale in bianco
La cambiale incompleta quando fu emessa (detta cambiale in bianco), può essere completata in conformità
degli accordi intercorsi tra i soggetti del negozio cambiario (c.d. negozio di riempimento). Se tali accordi non
vengono osservati, l’eccezione di abusivo riempimento non può essere opposta al terzo portatore, salvo che
questi abbia acquistato la cambiale in mala fede ovvero abbia commesso colpa grave acquistandola. La
facoltà di riempimento è sottoposta ad un termine di decadenza di 3 anni dall’emissione del titolo; la
decadenza non è però opponibile al portatore di buona fede al quale il titolo sia pervenuto già completo.

L’accettazione della tratta


Con la cambiale tratta una persona (traente) rivolge ad un’altra (trattario) l’ordine di pagare ad una terza
persona (beneficiario o prenditore) la somma indicata nella cambiale stessa. Il rapporto che giustifica
l’ordine impartito dal traente al trattario si chiama rapporto di provvista. Quale che sia il rapporto di
provvista tra traente e trattario questi, anche se si sia obbligato verso il traente ad aderire all’ordine contenuto
nella cambiale, non assume alcun obbligo cambiario se non quando provveda ad apporre una dichiarazione
scritta sulla cambiale di adesione all’ordine impartitogli dal traente: l’accettazione. L’accettazione è espressa
con la parola “accettato”, “visto” o con altre equivalenti. Non è ammessa l’apposizione di condizioni; è
valida peraltro l’accettazione limitata ad una parte soltanto della somma. Se l’accettazione è rifiutata, il
portatore della cambiale può rivolgersi contro il traente e i giranti (azione di regresso). L’accettazione può
essere fatta anche da persona diversa dal trattario (accettazione per intervento). Questa persona può anche
essere indicata all’uopo sulla cambiale (al bisogno) dal trattario o dal traente (indicato al bisogno).

La girata
La cambiale può essere trasferita mediante girata. Ossia mediante l’ordine, scritto direttamente sul retro del
documento, con cui il prenditore del titolo, o un successivo giratario, ingiunge al debitore di pagare l’importo
dovuto al beneficiario dell’ordine, detto giratario. Il trasferimento mediante girata costituisce la circolazione
normale, regolare del titolo, ma non è vietato che la cambiale si trasferisca in base alle regole della cessione.
La girata deve essere scritta sulla cambiale e può essere piena o in bianco: quest’ultima non contiene
l’indicazione del giratario ed è costituita dalla sola firma del girante. Figure particolari di girata sono:
- la girata per incasso o per procura (il giratario non può girare il titolo se non per procura e a lui possono
essere opposte le eccezioni opponibili al girante)
- la girata a titolo di pegno (attribuisce al giratario un diritto di pegno sulla cambiale).

L’avallo
Un’obbligazione cambiaria può essere garantita anche con un’ulteriore obbligazione cambiaria. Questa
obbligazione cambiaria si chiama avallo. La persona che garantisce si chiama avallante; la persona a cui
favore la garanzia è prestata, avallato. L’obbligazione di avallare la cambiale deve essere scritta sulla
cambiale.

Il pagamento

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Le persone obbligate al pagamento della cambiale si distinguono in due categorie: obbligati principali
(emittente del pagherò; accettante della tratta) ed obbligati in via di regresso (giranti del vaglia, traente e
giranti nella tratta). Solo il pagamento compiuto dall’obbligato principale estingue la cambiale, non quello
degli obbligati di regresso, in quanto costoro, se pagano la cambiale, vengono surrogati nei diritti del
portatore e possono, a loro volta, agire contro gli obbligati principali. Tutti gli obbligati cambiari sono tenuti
in solido. Il pagamento della cambiale deve essere effettuato nel luogo e nell’indirizzo indicato nel titolo, che
è, di solito, la residenza dell’accettante o dell’emittente, ma può avvenire al domicilio di un terzo (cambiale
domiciliata).In deroga ai principi generali, il portatore non può rifiutare un pagamento parziale perché questo
libera, sia pure parzialmente, gli obbligati in via di regresso.

L’azione cambiaria
Il portatore di una cambiale può servirsi di essa come titolo esecutivo ed iniziare senz’altro l’esecuzione, o
promuovere un ordinario giudizio di cognizione od ottenere decreto ingiuntivo. L’azione cambiaria è di due
specie: diretta (contro gli obblighi principali), di regresso (contro gli obbligati di regresso). Quest’ultima può
essere esercitata dopo la scadenza, per mancato pagamento; prima della scadenza, per rifiuto
dell’accettazione. L’azione principale è soggetta a prescrizione triennale, l’azione di regresso a prescrizioni
più brevi. Il protesto è un atto pubblico con il quale si accerta il rifiuto di accettazione o il rifiuto di
pagamento nel termine fissato dalla legge. Il protesto, in entrambi i casi, non è necessario quando vi sia la
clausola “senza spese” “senza pretesto” e può essere sostituito da una dichiarazione di rifiuto
dell’accettazione o del pagamento, scritta e datata sulla cambiale e firmata dal trattario. Indipendentemente
dal protesto, il portatore ha l’obbligo di avvisare il proprio girante e gli eventuali avvallanti della mancata
accettazione o del mancato pagamento ed ogni girante deve informare il precedente. Gli avvisi servono solo
ad informare gli obbligati in via di regresso che la cambiale non è stata pagata e che quindi provvedano al
pagamento.

Eccezioni cambiarie
Se le eccezioni cambiarie opponibili dal convenuto richiedono una lunga indagine, il giudice, su istanza del
creditore, può, intanto emettere sentenza provvisoria di condanna con riserva di esame delle eccezioni
(condanna con riserva). Pur concedendo questa particolare tutela al creditore cambiario, la legge offre un
rimedio che consente di tener conto della situazione del debitore. Infatti, quando concorrono gravi ragioni, il
giudice può anche sospendere l’esecuzione iniziata dal creditore in base alla cambiale.

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53. GLI ASSEGNI

L’assegno è uno strumento di pagamento e mira a procurare al portatore l’immediata disponibilità di una
somma di danaro. Gli assegni sono pagabili a vista e non se ne può quindi dilazionare l’adempimento; essi
prevedono l’intervento di una banca. Le due più importanti figure di assegno sono l’assegno bancario e
l’assegno circolare.

L’assegno bancario
L’assegno bancario ha la stessa struttura della cambiale tratta: vale a dire che consiste in un documento sul
quale unilateralmente l’emittente (o traente) sottoscrive un ordine incondizionato rivolto alla banca di pagare
una somma di danaro determinata a favore del beneficiario indicato sul titolo. L’emissione di assegni bancari
deve essere autorizzata dalla banca, la quale, quando stipula con un cliente una c.d. convenzione di assegni,
gli consegna un libretto con i moduli prestampati. Se invece un assegno viene emesso senza l’autorizzazione
della banca trattaria, il traente commette un reato. L’emissione dell’assegno presuppone l’esistenza, presso la
banca, di una adeguata provvista, cioè di fondi disponibili, attingendo ai quali la banca potrà provvedere a
pagare al beneficiario l’importo indicato. Chiunque emetta un assegno che non venga pagato per mancanza
di sufficiente provvista commette un reato ed è inoltre tenuto a pagare al portatore del titolo che agisca
contro di lui, oltre all’importo del titolo, un ulteriore 10% a titolo di penale. A sua volta la banca trattaria,
qualora per l’assegno non pagato sia stato elevato il protesto, deve revocare al traente l’autorizzazione ad
emettere assegni, invitandolo a restituire tutti i moduli di assegni che abbia ancora in suo possesso. Se la
banca non adempie a ciò, diventa responsabile, nella misura di 10 mila euro per assegno, degli eventuali
assegni che il protestato dovesse continuare ad emettere senza provvista. L’assegno può essere emesso con la
specifica indicazione del nome del beneficiario, ovvero a favore del portatore, e cioè di chi lo presenterà
all’incasso. Un assegno può anche essere emesso anche a favore dello stesso traente. L’assegno è un titolo
all’ordine e si trasferisce quindi per mezzo della girata, ma se è emesso al portatore può essere trasferito
anche mediante semplice consegna.

L’assegno circolare
L’assegno circolare non può essere emesso se non da una banca, solo se essa ha ottenuto specifica
autorizzazione dalla Banca d’Italia. Naturalmente gli assegni circolari sono emessi dalle banche in quanto un
cliente ne faccia richiesta e versi il relativo importo, ovvero previo addebito a suo carico dell’importo per il
quale il titolo è emesso. L’emissione non può essere fatta al portatore, ma necessariamente all’ordine di uno
specifico nominativo: o quello di un terzo, al quale il cliente, dopo averlo ritirato dalla banca si ripromette di
riconsegnare l'assegno, o dello stesso cliente, il quale si ripromette di incassarlo altrove o di girarlo a favore
di terzi. La struttura dell’assegno circolare è quella del pagherò: la banca si impegna incondizionatamente a
pagare a vista l’importo per cui il titolo è emesso, o all’intestatario dell’assegno o ad un giratario. Per la
circolazione e il pagamento dell’assegno circolare valgono gli stessi principi del pagherò.

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54. OBBLIGAZIONI NASCENTI DALLA LEGGE

La gestione di affari
Figure di obbligazioni nascenti dalla legge sono la gestione di affari; la ripetizione d’indebito;
l’arricchimento senza causa. Si ha gestione di affari altrui nell’ipotesi in cui taluno, senza esservi obbligato,
si intromette negli affari di un altro, che non sia in grado di provvedervi. La legge ne fa derivare un obbligo a
carico del gestore di continuare la gestione intrapresa fino a quando il dominus non possa intervenire
direttamente (art.2028 c.c.). A sua volta il dominus è tenuto ad adempiere le obbligazioni che il gestore ha
assunto in nome di lui e deve tenere indenne il gestore per quelle che questi abbia assunto in nome proprio,
rimborsandogli altresì tutte le spese necessarie od utili effettuate nell’interesse del dominus (art.2031 c.c.).

La ripetizione di indebito
Se si è fatto un pagamento senza che preesista un debito, chi l’ha fatto ha diritto alla restituzione di ciò che
ha pagato, mentre non era dovuto. Distinguiamo due diverse figure d’indebito:
a) si ha l’indebito oggettivo quando viene effettuato un pagamento benchè non esista alcun debito;
b) si ha indebito soggettivo quando chi non è debitore, credendosi erroneamente tale, paga al
creditore quanto è, in realtà, dovuto a quest’ultimo da un terzo.
Si ha indebito, in tal caso, soltanto se colui che paga il debito altrui è in errore: altrimenti deve ritenersi che
abbia inteso eseguire il pagamento in sostituzione del debitore. non dà luogo a ripetizione d’indebito,
l’adempimento di un’obbligazione naturale. Parimenti non ha diritto di pretendere la restituzione chi abbia
eseguito una prestazione che costituisca offesa al buon costume anche da parte sua. La ripetizione comprende
non solo ciò che si è pagato, ma anche i frutti e gli interessi. L’azione di ripetizione dell’indebito è un’azione
personale: se chi ha ricevuto indebitamente una cosa determinata l’ha successivamente alienata, chi ha
pagato non può pretendere la restituzione dal terzo acquirente, ma soltanto chiedergli il corrispettivo qualora
sia ancora dovuto (art.2038 c.c.).

L’ingiustificato arricchimento
L’ordinamento giuridico non può consentire che una persona riceva un vantaggio dal danno arrecato ad altri,
senza che vi sia una causa che giustifichi lo spostamento patrimoniale da un soggetto ad un altro. Così la
legge ha stabilito, come rimedio generale, l’azione d’ingiustificato arricchimento. Essa ha carattere
sussidiario: è proponibile quando il danneggiato non può esperire altra azione per rimuovere il pregiudizio
(art.2042 c.c.). Elementi dell’azione sono:
1) l’arricchimento di una persona;
2) la diminuzione patrimoniale di un’altra;
3) il nesso causale tra la diminuzione patrimoniale e l’arricchimento;
4) la mancanza di causa giustificativa dell’arricchimento dell’uno e della perdita dell’altro.

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81. LA TRASCRIZIONE

La funzione della trascrizione


La trascrizione ha funzione di pubblicità dichiarativa: il contratto o l’atto soggetto a trascrizione è quindi
valido ed efficace tra le parti, mentre questa assolve la funzione di risolvere il conflitto tra più soggetti
acquirenti di diritti reali su determinati beni. Ci sono quindi due criteri di soluzione dei conflitti:
* per i beni mobili non registrati il conflitto tra più acquirenti dello stesso diritto dal medesimo titolare, è
risolto in base al principio del possesso vale titolo.
* per i diritti personali di godimento, relativi ad immobili o/a beni mobili, viene risolto in base alla
trascrizione: chi per primo ha fatto trascrivere in pubblici registri il trasferimento è preferito.
Ovviamente però il contribuente che ha acquistato e si vede sacrificato a vantaggio di un'altra persona il suo
diritto, può rivolgersi contro il venditore che, avendo alienato per due volte lo stesso bene, può essere
condannato al risarcimento dei danni. La giurisprudenza inoltre ammette che il primo acquirente che ha
trascritto per primo può agire con un'azione di risarcimento del danno anche nei confronti di chi ha
acquistato successivamente, però solo se si dimostra che il secondo acquirente era in malafede. Questo però
non fa venire meno l'efficacia giuridica e la prevalenza del suo acquisto, in quanto anteriormente trascritto.
NB Non va confusa con la trascrizione la figura dell’annotazione, che invece postula l'attuazione della
formalità principale e quindi ha la funzione di accrescere la conoscibilità dell'atto annotato.

La natura dichiarativa della trascrizione


La trascrizione non ha nessuna efficacia nel rimuovere eventuali vizi da cui il negozio giuridico trascritto
fosse affetto: se la vendita è infatti nulla non basterà la trascrizione a rendere valido il negozio. Ci sono però
delle eccezioni, si parla infatti di pubblicità sanante: la trascrizione di per sé non ha efficacia sanante,
perché i vizi del negozio a monte non verranno con essa rimossi o sanati. Tuttavia, questo atto ha l'effetto di
salvaguardare i diritti di chi acquista da chi non aveva diritto di vendere: la sentenza che accerterà la nullità
della vendita non sarà opponibile a chi, acquirente in buona fede, avrà proceduto trascrizione.
In alcuni casi, la trascrizione ha un effetto costitutivo del diritto, fra il più importanti riconosciamo
l'usucapione abbreviata. In altri casi, infine, la trascrizione ha la funzione di mera pubblicità notizia. Inoltre,
la trascrizione rappresenta semplicemente un onere per le parti, perché non si è obbligati a trascrivere,
concetto non valido per i pubblici ufficiali, in particolare i notai. Quando si parla dell'efficacia della
trascrizione come strumento di pubblicità bisogna distinguere:
• efficacia negativa, gli atti non trascritti si presumono ignoti a terzi e quindi l'atto non trascritto non spiega
la sua efficacia verso i terzi.
• efficacia positiva gli atti trascritti si presumono conosciuti e quindi l'atto trascritto è efficace contro
qualunque terzo.

Il principio della continuità delle trascrizioni


Il sistema della trascrizione immobiliare è basato sul principio della continuità delle trascrizioni: ad ogni
trascrizione contro una persona, deve corrispondere una trascrizione a favore della stessa persona. Un
immobile si può acquistare in tutta sicurezza quindi solo se dai registri immobiliari risulta, partendo dal dante
causa e andando a ritroso, una serie continua di trascrizioni. L’art 2650 cc, sostiene inoltre che le successive
trascrizioni a carico dell'acquirente non producono effetti se non è stato trascritto l’atto anteriore di acquisto,
ciò vale anche in caso di acquisto mortis causa.

Atti soggetti a trascrizione


Gli atti soggetti a trascrizione sono indicati all’art 2643 cc e sono:
- contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili o trasferiscono, modificano o estinguono diritti
reali minori; nonché le locazioni ultranovennali e i contratti di società o associazione con i quali si
conferisce il godimento di immobili per oltre nove anni o a tempo indeterminato.
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- gli atti unilaterali
- le sentenze che operano la costituzione il trasferimento o la modificazione di uno dei diritti dei punti
precedenti.
- le domande giudiziali, riguardanti atti soggetti a trascrizione. Se la domanda sarà accolta, la sentenza di
accoglimento potrà essere opposta ai terzi dalla data di trascrizione della domanda giudiziale.
- le divisioni che hanno per oggetto beni immobili. A questa devono partecipare non solo tutti i contitolari,
ma possono intervenire anche i creditori e gli aventi causa di questi. La legge ammette poi che un
soggetto, con un atto pubblico, possa destinare beni immobili o mobili registrati alla realizzazione di
interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità o ad altri enti o persone fisiche (art 1322
cc). Questi beni e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione,
vincolo che si impone anche a qualsiasi eventuale successivo titolare del bene. Inoltre, i beni destinati non
possono essere sottoposti ad esecuzione, se non per debiti contratti in funzione della realizzazione dello
scopo di destinazione.

La trascrizione del contratto preliminare


La trascrizione è inammissibile per il contratto preliminare. E’ ammissibile solo se questi preliminari
risultano da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata accertata giudizialmente. In
ogni caso, il preliminare trascritto non produce il trasferimento del diritto reale, che si verifica solo in forza
del contratto definitivo, ma anticipa l'opponibilità ai terzi degli effetti del definitivo. Anche il contratto di
concessione in godimento di un immobile (rent to buy), in funzione di una futura alienazione, è suscettibile
di trascrizione con i medesimi effetti.

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