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diritto internazionale privato e

pubblico
Diritto Internazionale
Università degli Studi di Genova
62 pag.

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Diritto internazionale
Diritto internazionale disciplina il diritto tra diversi stati-> presuppone più stati ed interpreta l’esigenza di
coordinazione. I destinatari sono dunque gli stati e gli altri soggetti di d internazionale.
Diritto internazionale privato e diritto internazionale pubblico
Presupposto comune a DIPu e DIP è l’esistenza di una pluralità di Stati. Tecnica comune è quella di coordinare il
diritto italiano con le fonti “esterne”- norme internazionali nel caso del DIPu, norme di diritto straniero nel caso del
DIP- preservando il loro carattere di “norme” (non rilevano dunque alla stregua di semplici “fatti”) e di diritto
“esterno” (il diritto internazionale e quello straniero – salvo pochissime eccezioni – non vengono “nazionalizzati”,
ossia trasformati in diritto italiano).

pubblico privato
È il diritto della comunità internazionale È il diritto applicato da giudice interno in una
controversia non nazionale
Disciplina le relazioni fra soggetti di dinternaz Determina l’ambito della giurisdizione italiana
È il livello in cui si forma il diritto internazionale È l’oggetto disciplinato dal diritto internazionale
diritto internazionale privato
primo problema: preliminarietà, rispetto a quello dei conflitti di leggi, del problema relativo all’accertamento della
competenza giurisdizionale però Su tutto questo incide il diritto dell’Unione europea: rivendicando la propria
autonomia rispetto al DIPu dettando norme di DIP.
Dip in senso “stretto”: solo le norme che pongono i criteri per l’individuazione del diritto applicabile”. Rientrano
nelle norme di DIP in senso “stretto” le norme di funzionamento e quelle di conflitto.
Esempio di norma di funzionamento: Art. 16 - Ordine pubblico
1. La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico.
2. In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la
medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.
Il dip in senso stretto contiene:

- norme che creano il collegamento minimo tra controversia e giudice italiano, in modo che questo possa
conoscerla e definirla. Riconduciamo le norme al diritto processuale civile int o norme di competenza diretta.
Al d proces intern riconduciamo anche l’efficacia delle sentenze e degli atti stranieri= in quali casi le sentenze
internazionali riproducono effetti anche nello stato interno.
- Norme che pongono criteri per l’individuazione del diritto applicabile: norme di dp in senso stretto= norme
di funzionamento.

 Art 13-19 per norme di funzionamento, artt 20-63 norme di conflitto in senso stretto

Fonti del dip: diritto italiano, internazionale, ce/ue


1- Diritto italiano
Legge n. 218/1995 recante Riforma del sistema italiano di DIP.
Art. 1 - Oggetto della legge: La presente legge determina l’ambito della giurisdizione italiana, pone i criteri per
l’individuazione del diritto applicabile e disciplina l’efficacia delle sentenze e degli atti stranieri.
Se il DIP in senso “stretto” è composto solo dalle norme che pongono i “criteri per l’individuazione del diritto
applicabile”, Rientrano nelle norme di DIP in senso “stretto” le norme di funzionamento e quelle di conflitto.
 Aspirazione di tale legge ad offrire una disciplina tendenzialmente esaustiva della materia, tuttavia
rilevano ancora oggi altre fonti di diritto italiano
Norma di conflitto: in una situazione di conflitto di dp, connotata da un indice di estraneità rispetto al d italiano
(residenza delle parti, cittadinanza…), il giudice è tenuto a ricorrere alle norme di dpint in senso stretto e quindi il
giudice deve attivare e rintracciare la norma di conflitto più appropriata e verificare quale sia l’ord giuridico più
adatto a disciplinare tale controversia che presenta un elemento di estraneità rispetto all’ord italiano= è una
fattispecie a implicazioni transnazionali. Le norme di conflitto si limitano ad indicare l’ordinamento dal quale trarre
la disciplina da applicare. Però Problema preliminare: bisogna ricorrere alle norme internazionali che delimitano
l’ambito della giurisdizione italiana, il giudice deve ricorrere al criterio di coordinamento = deve capire se il giudice
italiano può occuparsene. (es se il convenuto è domiciliato o residente in Italia, il giudice italiano può occuparsene).
Una volta accertato ciò, si pone il problema della legge applicabile (in tema di contratti spesso sono le parti a
scegliere la legge applicabile).

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Norme di conflitto: Norme che pongono i criteri per l’individuazione del diritto applicabile.
Esempio di norma di conflitto:
 Criterio di collegamento legato al luogo: art. 51 legge n. 218 Art. 51 - Possesso e diritti reali
1. Il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i
beni si trovano.
2. La stessa legge ne regola l'acquisto e la perdita, salvo che in materia successoria e nei casi in cui l'attribuzione di un
diritto reale dipenda da un rapporto di famiglia o da un contratto.
-> viene indicata la categoria generale= delimita una categoria, definita con una certa ampiezza, spesso volutamente
atetiche: uso di espressioni sufficientemente flessibili e ampie per potere essere utilizzate anche quando la
fattispecie concreta non risulta direttamente riconducibile ad un analogo istituto italiano. Il giudice deve applicare la
norma dell’ordinamento giuridico in cui l’immobile o mobile si trova.
(es. Incidente stradale in Francia: il proprietario della macchina danneggiata è francese, chi ha danneggiato è italiano
-> il collegamento si riferisce al luogo in cui si è realizzata la controversia.
L 218: Art. 62 (Responsabilità per fatto illecito) In vigore dal 1° settembre 1995
1. La responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l'evento. Tuttavia, il
danneggiato può chiedere l'applicazione della legge dello Stato in cui si è verificato il fatto che ha causato il danno.
2. Qualora il fatto illecito coinvolga soltanto cittadini di un medesimo Stato in esso residenti, si applica la legge di tale
Stato.
 In materia di diritto di famiglia. Un criterio di collegamento è la cittadinanza= soluzione della l 218. Nei paesi
di common law si adotta un criterio domiciliare.
L 218, art 33: Art. 33 (Filiazione) In vigore dal 7 febbraio 2014
1.Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se più favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno
dei genitori è cittadino, al momento della nascita.
(Infatti, c’è una logica di tutela vs il minore). Abbiamo sempre utilizzato il criterio della cittadinanza per poter tutelare
i nostri cittadini all’estero, emigrati. Ora essendo cambiata la nostra realtà, si adotta il criterio domiciliare.
2. La legge individuata ai sensi del comma 1 regola i presupposti e gli effetti dell'accertamento e della contestazione
dello stato di figlio; qualora la legge così individuata non permetta l'accertamento o la contestazione dello stato di
figlio si applica la legge italiana.
3. Lo stato di figlio, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non può essere contestato che alla
stregua di tale legge; se tale legge non consente la contestazione si applica la legge italiana.
4. Sono di applicazione necessaria le norme del diritto italiano che sanciscono l'unicità dello stato di figlio.

 Le norme di dip sono cieche, devono soltanto trovare una norma di collegamento? No, perché la
precisazione del comma 1 art 33, fa capire che talvolta si deve applicare una norma diversa in relazione a
una determinata fattispecie, affidando il giudice il compito di raffrontare le tutele per appoggiare quella
più garantista. Anche se apparentemente hanno una struttura che prescinde dalla struttura sostanziale,
col l’art 33 si è stabilito che va appurato l’interesse di garantire una tutela superiore del minore.
Centro di gravità: Quando un giudice può conoscere una certa controversia, il problema della legge applicabile
sussiste ancora; infatti, il giudice deve capire quale norma applicare, stabilendo in quale ordinamento risiede il
centro della controversia.
Obbligatorietà: Il dip non è facoltativo, una volta constatato il fattore di estraneità, il giudice deve applicarlo per
forza, altrimenti si tratta di violazione di legge.
L218 e Ue: La legge 218 ha subito erosioni significative da parte di regolamenti -> molti artt non possono trovare più
applicazione. Quando le istituzioni comunitarie esercitano le loro competenze non c’è necessità di abrogare le regole
di conflitto della l 218 -> i regolamenti UE trovano diretta applicazione, e la legge interna trova diretta
disapplicazione. Questo perché si tratta di settori di applicazione generale e costante
 serve una disciplina uniforme. Però noi studiamo nella l 218 le norme d funzionamento.
Perché?

La libera circolazione delle persone è uno dei capi saldi del diritto europeo, la logica che ha ispirato il fenomeno del
diritto comunitario è stato quello di garantire uno spazio in cui le persone potessero circolare liberamente. Le 4
libertà capitali, delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali, sono completate con la libertà delle decisioni -> si
permette la libera circolazione delle persone se si garantisce la circolazione delle decisioni tra gli stati membri.
Affinché questo risultato sia garantito bisogna anche intervenire sulle disposizioni che disciplinano la legge
applicabile. La libera circolazione deve garantire la fiducia nel diritto applicato -> servono norme uniformi!
 Diritto internazionale in continua evoluzione.

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Valvola di sicurezza e limiti: Quando una norma di collegamento richiama un ordinamento giuridico le cui norme
recano una soluzione che nelle sue applicazioni concrete è in contrasto con i principi fondanti, l’ordinamento italiano
si chiude, e viene meno il d internazionale perché rispetto all’apertura, prevale un’esigenza di garanzia del sistema.
Es. art 16 limite ordine pubblico.
Altre fonti di d italiano: La l 218 vuole raccogliere tutte le norme di conflitto e di funzionamento, doveva essere un
codice. In realtà troviamo norme in materia di giurisdizione e di conflitto, anche in altri strumenti normativi:
- Codice della navigazione: disposizioni preliminari= piccolo sistema di dip che reca norme di conflitto e di
giurisdizione. Già nel 42, e soprattutto oggi è caratterizzato in modo peculiare e poco compatibile con le
scelte di dip, trasfuse nella legge 218. C’è una scelta di fondo caratterizzante: assoluta preferenza per il
criterio della legge della nave= Se noi adottiamo un sistema di dip basato sulla legge della nave tutte le
controversie vanno risolte sulla nave -> sistema poco rispondente all’esigenza di affidabilità (problemi delle
bandiere di comodo= con il termine bandiera di comodo si indica l'insegna di una nazione che viene
issata da una nave di proprietà di cittadini o società di un'altra nazione)
Es. art. 5.1 cod. nav. (legge della bandiera in luogo dei criteri, di collegamento previsti dalla norma di conflitto
generale in materia di illecito).
Art. 5 - Legge regolatrice degli atti compiuti a bordo di navi e di aeromobili in navigazione:
Gli atti ed i fatti compiuti a bordo di una nave o di un aeromobile nel corso della navigazione in luogo o spazio
soggetto alla sovranità di uno Stato estero sono regolati dalla legge nazionale della nave o dell'aeromobile in tutti i
casi nei quali, secondo le disposizioni sull'applicazione delle leggi in generale, dovrebbe applicarsi la legge del luogo
dove l’atto è compiuto o il fatto è avvenuto
Nel 95 si è messa mano sulle leggi del cod della navigazione, e si sono verificate ampie erosioni.
Intervento ue: Il reg ue sostiene di disapplicare le norme del cod navigazione, per applicare le norme del reg ue
=Roma 1 e 2. Non c’è stata abrogazione esplicita, ma esigenza di garantire priorità di applicazione sulla disciplina
autonomamente adottata dal legislatore nazionale.

- Tema di adozione: La legge n. 184/1983 regola direttamente l’adozione internazionale di minori stranieri
con una combinazione di norme di DIP materiale e di applicazione necessaria

- Corpo estraneo alla legge 218: preleggi del codice civile.


Art 16 Questo esprime una logica molto diversa dalla l 218. Guarda sentenza
Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni
contenute in leggi speciali. Questa disposizione vale anche per le persone giuridiche straniere.
-> va letto tenendo conto di alcune disposizioni successive:
Art. 2 l. 40/1998 Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
1. Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali
della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di
diritto internazionale generalmente riconosciuti.
2. Lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al
cittadino italiano, salvo che le convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e la presente legge dispongano
altrimenti.
 Vado ad applicare il 16cc solo alle persone giuridiche straniere= società. Però l’UE non permette di limitare i diritti
di una società validamente costituita in un altro stato euro -> art 16 ha una totale dissonanza rispetto all’attuale
sistema di dip.

2- diritto internazionale:
- Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori: caso Eitan
Biran. Assegnando la competenza giurisdizionale ai giudici dove il minore risiedeva prima della
sottrazione = criterio di collegamento giurisdizionale. Il comportamento illecito non deve modificare
la regola originale.
- Convenzione di Vienna del 1980 sui contratti di compravendita internazionale di merci. Se la
compravendita ha elementi di estraneità.
- Convenzione dell’Aja del 1955 sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento
- Convenzione di New York del 1958 per il riconoscimento e l'esecuzione delle
sentenze arbitrali straniere
Come impattano sulle soluzioni delle fonti italiane? Coordinamento delle norme di DIP codificate da convenzioni
internazionali con quelle previste dal diritto italiano: art. 2 legge n. 218/95.
Art. 2 - Convenzioni internazionali

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1. Le disposizioni della presente legge non pregiudicano l'applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per
l'Italia.
2. Nell'interpretazione di tali convenzioni si terrà conto del loro carattere internazionale e dell'esigenza della loro
applicazione uniforme.
Se la conv int prescrive la applicazione senza che le parti vi si possano sottrarre-> il giud deve applicare la
soluzione internazionale. Oggi tale principio è rafforzato dal 117 della nostra cost= copertura cost ai trattati
Art. 117 Cost. 1. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione nonché
dai vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali
Disciplina successiva abroga la precedente, altrimenti criterio di specialità, se invece la 2 vieta la 1-> si sospende il
giudizio e si apre un giudizio incidentale per violazione del 117.
3- Diritto CE/UE:
una significativa parte del dip si desume da regolamenti ce/UE= reg che devono trovare applicazione immediata e
diretta nell’ordinamento interno, a preferenza di qualsiasi norma interna alternativa, che si ritrae. Il giudice fa
applicazione diretta del reg ue. Per permettere la libera circolazione delle persone, si deve garantire la libera
circolazione delle decisioni.
Sono state adottate convenzioni internazionali, poi si è verificato un fenomeno di comunitarizzazione: adottare
regolamenti, direttive e decisioni che a certe condizioni producono effetti immediati negli stati membri. Questa
decisione è stata privilegiata perché più rapida, non serve l’approvazione dei singoli stati che rallentavano la
procedura. La base giuridica delle istituzioni ue si rintraccia nell’art 81, e 67 del trattato sul funzionamento dell’UE:
Art. 67 TFUE
1. L'Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle
diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri.
(omissis)
L'Unione facilita l'accesso alla giustizia, in particolare attraverso il principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed
extragiudiziali in materia civile.
1. L'Unione sviluppa una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, fondata sul principio di riconoscimento
reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali. Tale cooperazione può includere l'adozione di misure intese a ravvicinare le disposizioni
legislative e regolamentari degli Stati membri.
2. Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano, in particolare
se necessario al buon funzionamento del mercato interno, misure volte a garantire:
a) il riconoscimento reciproco tra gli Stati membri delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali e la loro esecuzione;
b) la notificazione e la comunicazione transnazionali degli atti giudiziari ed extragiudiziali;
c) la compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di giurisdizione;
d) la cooperazione nell'assunzione dei mezzi di prova;
e) un accesso effettivo alla giustizia;
f) l'eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di
procedura civile applicabili negli Stati membri;
g) lo sviluppo di metodi alternativi per la risoluzione delle controversie;
h) un sostegno alla formazione dei magistrati e degli operatori giudiziari.
3. In deroga al paragrafo 2, le misure relative al diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali sono stabilite dal Consiglio, che delibera
secondo una procedura legislativa speciale. Il Consiglio delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo.
Il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che determina gli aspetti del diritto di famiglia aventi implicazioni
transnazionali e che potrebbero formare oggetto di atti adottati secondo la procedura legislativa ordinaria. Il Consiglio delibera all'unanimità
previa consultazione del parlamento europeo.

Strumenti normativi adottati: da convenzioni (disomogeneità in sede applicativa, possibili riserve, non automatica la
competenza della CG in sede interpretativa etc.) a regolamenti; inadatte le direttive (anche se vi sono “singole”
norme di conflitto in alcune direttive). La convenzione dell’80 è entrato in vigore nel 90-> è diventato il reg Roma 1. È
stato adottato un protocollo per interpretare la conv dell’80 -> le convenzioni erano troppo lente!
Procedura di adozione: procedura legislativa ordinaria (art. 81.2 TFUE), salvo in materia di diritto di famiglia:
unanimità
L’Unione ha competenza concorrente
o c’è spazio anche per la cooperazione rafforzata → art. 20 TUE
o qualsiasi Stato può esercitare l’opting out rispetto allo SLSG (Titolo V TFUE): v. Dichiarazione 26 al
Trattato di Lisbona. Geometria variabile!
Il settore occupato da un atto normativo UE non è più disponibile per gli stati interni; infatti, la competenza da
complementare passa tutta all’UE.
Finalità:
1. favorire l’uniformità delle decisioni

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2. ridurre il forum shopping= utilizzando norme che ammettono sempre l’esercizio della giurisdizione, non si
cercherebbe il collegamento; Invece, servono regole per canalizzare le controversie davanti al giudice più connesso e
vicino alla controversia
3. promuovere la prevedibilità e la certezza del diritto-> unificando le regole sui conflitti di legge
4. rendere pienamente operante il principio del mutuo riconoscimento
Coordinamento norme ue e interne: alla stregua degli artt. 11 e 117, primo comma Cost, e in ossequio ai principi
affermati dalla Corte costituzionale a partire dalla sentenza Granital (sent. n. 170 del 1984), quando si profila un
contrasto tra norme interne e disposizioni dell’Unione provviste di efficacia diretta, le norme interne risultano non
applicabili sulla base di una valutazione che spetta al giudice comune (e NON alla Corte cost.!) effettuare, salvo il
limite del rispetto dei principi fondamentali dell’assetto costituzionale dello Stato e la tutela dei diritti inalienabili
della persona (controlimiti). In tali circostanze, infatti, la norma interna «si ritrae e non è più operante» e viene
pertanto “disapplicata”.
Tecniche per individuare norma di conflitto
Le norme di conflitto sono strumentali, indirette formali, e quindi sono norme piuttosto indifferenti rispetto al
trattamento giuridico, riservato alla particolare fattispecie.se la fattispecie non è del tutto italiana, e il giudice italiano
può conoscerla, ci si rivolge ad una norma di conflitto: si troverà di fronte ad una categoria generale astratta e ad un
criterio di collegamento che va ad intercettare l’ordinamento più collegato alla fattispecie del caso.
(Roma I sui contratti, Roma II sui rapporti extracontrattuali)
1- cerco la norma astratta:
es Articolo 4.1 Reg. Roma II - Norma generale (illecito)
1. Salvo se diversamente previsto nel presente regolamento, la legge applicabile alle
obbligazioni extracontrattuali che derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il
danno si verifica, indipendentemente dal paese nel quale è avvenuto il fatto che ha dato
origine al danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si verificano le conseguenze
indirette di tale fatto.
2- Valuto l’ordinamento più collegato alla fattispecie by localizzazione da parte del giudice in virtù
del principio di prossimità
non m i è chiaro

es Art. 29 l. 218/95 - Rapporti personali tra coniugi


1. I rapporti personali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale comune.
2. I rapporti personali tra coniugi aventi diverse cittadinanze o più cittadinanze comuni sono regolati dalla legge dello
Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata.
Obiettivi delle norme di conflitto:

- armonia internazionale delle soluzioni: se io a livello delle norme di conflitto statali, scelgo bene,
taglio le gambe ai ricorrenti che vorrebbero radicare la causa in un ordinamento diverso per
applicare una legge più favorevole. Se tutti gli ordinamenti richiamano lo stesso centro di gravità
vanifico l’obiettivo di ricerca della legge più favorevole -> tutti i giudici applicano lo stesso diritto.
Forum shopping: piegare le regole di giurisdizione a finalità che non le sono proprie-> diritto
internazionale cerca di sconfiggere il forum shopping. Il contrasto è fortissimo se la regola è
internazionale o di diritto euro unitario: il giudice francese o olandese…devono applicare il
regolamento Roma I o II = unificazione del diritto. Se le istituzioni euro unitarie applicano un
regolamento, questo si deve applicare in tutti gli stati membri e i giudici statali devono disapplicare il
d interno per consentire al dUE di applicarsi nella misura che lo strumento euro unitario ritiene.
(incidente stradale, tutti i giudici usano art 4 del reg roma II).
- Prevedibilità del diritto applicabile: di fronte ad un illecito con implicazioni transnazionali il centro di
gravità, per gli incidenti stradali, è il luogo in cui si è verificato il danno -> per me è prevedibile
l’applicazione. considerando (6): Il corretto funzionamento del mercato interno esige che le regole di
conflitto di leggi in vigore negli Stati membri designino la medesima legge nazionale quale che sia il
paese del giudice adito (vs forum shopping), onde favorire la prevedibilità dell’esito delle controversie
giudiziarie (quinta libertà: libera circolazione delle decisioni), la certezza circa la legge applicabile e la
libera circolazione delle sentenze
- altri obiettivi rispecchiati da altre categorie, diverse da quella generale astratta.

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Metodi di coordinamento: Una norma di conflitto è giusta quando ha un collegamento con la fattispecie astratta.
Per l’individuazione del collegamento= capire dove risiede il centro di gravità della fattispecie, esistono diverse
tecniche.

 tecnica 1= localizzazione in via legislativa -> localizza in maniera astratta la norma di collegamento
Es: Art. 51 l. 218/95 - Possesso e diritti reali
1. Il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i
beni si trovano.
2. La stessa legge ne regola l'acquisto e la perdita, salvo che in materia successoria e nei casi in cui l'attribuzione di un
diritto reale dipenda da un rapporto di famiglia o da un contratto.
Es. Articolo 4.1 Reg. Roma II - Norma generale (illecito)
Salvo se diversamente previsto nel presente regolamento, la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali che
derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno si verifica, indipendentemente dal paese nel quale è
avvenuto il fatto che ha dato origine al danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si verificano le
conseguenze indirette di tale fatto.
Es. Art. 8.2 Reg. Roma I - Contratti individuali di lavoro
Nella misura in cui la legge applicabile al contratto individuale di lavoro non sia stata scelta dalle parti, il contratto è
disciplinato dalla legge del paese nel quale o, in mancanza, a partire dal quale il lavoratore, in esecuzione del
contratto, svolge abitualmente il suo lavoro. Il paese in cui il lavoro è abitualmente svolto non è ritenuto cambiato
quando il lavoratore svolge il suo lavoro in un altro paese in modo temporaneo.
 Tecnica 2: localizzazione del giudice in virtù del principio di prossimità-> cerco un ordinamento più
strettamente applicabile rispetto a quello identificabile con una regola che valga per tutta la categoria
astratta= valuto caso per caso.

Es: Articolo 4.3 Reg. Roma II - Norma generale (illecito)


Se dal complesso delle circostanze del caso risulta chiaramente che il fatto illecito presenta collegamenti
manifestamente più stretti con un paese diverso da quello di cui ai paragrafi 1 o 2, si applica la legge di quest’altro
paese. Un collegamento manifestamente più stretto con un altro paese potrebbe fondarsi segnatamente su una
relazione preesistente tra le parti, quale un contratto, che presenti uno stretto collegamento con il fatto illecito in
questione.
=c’è un ordinamento che intercetta maggiormente il centro del rapporto in deroga al par 1. (es soccorso a marittimo
imbarcato, situa di pericolo in mare aperto -> giudice decide di applicare la norma diversa da quella
dell’ordinamento in cui è nato il contratto di lavoro).

Es. Roma II): Art. 29 l. 218/95 - Rapporti personali tra coniugi


1. I rapporti personali tra coniugi sono regolati dalla legge nazionale comune.
2. I rapporti personali tra coniugi aventi diverse cittadinanze o più cittadinanze comuni sono regolati dalla legge
dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata.

Il giudice non ha una soluzione rigida, ma deve applicare un criterio di collegamento flessibile bilanciando vari
elementi. Viene meno il fine della prevedibilità, in favore di identificare un ordinamento con stretto legame effettivo
alla singola fattispecie in concreto. C’è però un obbligo di motivazione per il giudice!

Tecnica3: considerazioni materiali: le norme di conflitto si danno carico di realizzare degli obiettivi di carattere
sostanziale. (La corte cost ha stabilito che le norme non sono neutrali, ma anzi possono determinare discriminazioni.
L’art 18 preleggi del cc stabiliva che in mancanza di l nazionale, si doveva applicare la l nazionale del marito. Nell’87 si
dice che è norma strumentale indiretta, ma inerisce solo una parte convolta = discriminazione. -> la norma di
conflitto deve avere equidistanza rispetto ad entrambe le parti. L’art è stato riscritto nel 29 comma 2).
Es. Art. 33 c. 1 l. 218/95 - Filiazione
Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se più favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno
dei genitori è cittadino, al momento della nascita.
Tutela maggiore per il figlio. Il giudice deve comparare la tutela garantita da diversi ordinamenti, e applica
l’ordinamento più favorevole al figlio perché meritevole di più protezione.
le norme non sono più cieche di fronte ai soggetti
Es Art. 36 l. 218/95 - Rapporti tra genitori e figli
I rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la potestà dei genitori, sono regolati dalla legge
nazionale del figlio.

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La norma discrimina i genitori, che si trovano applicata una legge non loro, ma del figlio, soggetto tutelato
maggiormente. (discriminazione non irragionevole perché tra genitori e figli non c’è situazione di parità. Quella tra
marito e moglie era irragionevole).
Es. Art. 8.1 Reg. Roma I - Contratti individuali di lavoro
1. Un contratto individuale di lavoro è disciplinato dalla legge scelta dalle parti conformemente all’articolo 3.
Tuttavia, tale scelta non vale a privare il lavoratore della protezione assicuratagli dalle disposizioni alle quali non è
permesso derogare convenzionalmente in virtù della legge che, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabile a
norma dei paragrafi 2, 3 e 4 del presente articolo.
Infatti, c’è un Presupposto: considerando (11) al Reg. Roma I
La libertà delle parti di scegliere la legge applicabile dovrebbe costituire una delle pietre angolari del sistema delle
regole di conflitto di leggi in materia di obbligazioni contrattuali

(Nel trasporto marittimo tra Genova e Marsiglia, io posso contrattare con l’altra parte che la legge più vicina sia
quello inglese, perché più specializzato in diritto dei trasporti) = si demanda ai privati l’individuazione del centro di
gravità, caposaldo dei contratti. Es Amazon ha sede contrattuale in Lussemburgo. Comunque non viene tolta la tutela
del d italiano: deve essere un d che gli offre di più del diritto italiano. -> le tutele essenziali non possono venire
meno. Se si sceglie un d poco garantista, nel caso di controversia, c’è uno statuo del lavoratore basato sul d
dell’ordinamento scelto, ma arricchito dell’eventuale maggior tutela dello stato in cui esercita il soggetto. Il datore
di lavoro dovrebbe spostare la controversia giurisdizionale, far risolvere non al giudice. Ma il giudice del luogo in cui
lavoratore esercita ha competenza e deve garantire al lavoratore il nucleo minimo di garanzia essenziale del lavoro
subordinato.

Se c’è un soggetto preventivamente debole, es lavoratore, la scelta di libertà contrattuale individuale, non va a
privarlo del nucleo essenziale di garanzia. ->l’art 8 del reg ha come obiettivo: enucleare un numero minimo di norme
che non possono essere derogate attraverso l’applicazione di un d internazionale= protezione rafforzata.
Es. Art. 28 l. 218/95 - Forma del matrimonio
1. Il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla (1) legge del luogo di celebrazione o (2) dalla
legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o (3)dalla legge dello Stato di comune
residenza in tale momento.
Qui abbiamo 3 criteri di collegamento senza alcuna gerarchia-> è il giudice che è abilitato ad attivarne uno o l’altro in
ragione di un motivo sostanziale, non esplicitato, ma è quello di preservare la validità formale dell’atto. Non c’è
l’intento di proteggere un soggetto debole, ma bisogna garantire un obiettivo: preservare la validità dell’atto, che dal
nostro ordinamento è considerato un valore. (criterio di collegamento a cascata: soluzione 2 solo se non ricorre la
richiesta della soluzione 1(come per i contratti). La caratteristica di tutte le norme di conflitto di forma è quella di
elencare un numero consistente di criteri di collegamento che non sono geneticamente ordinati, ma alternativi, su
un piano di parità).

 Tecnica4: applicazione della lex fori, ossia del diritto in vigore nell’ordinamento del giudice adito -> ogni
sistema di d internazionale privato nazionale reca una clausola di salvaguardia rappresentato dal limite
dell’ordine pubblico in cui si privilegia la coerenza col sistema interno, ma è una soluzione estrema. È un
limite strutturale.
Es Art. 36 bis l. 218/95
Nonostante il richiamo ad altra legge, si applicano in ogni caso le norme del diritto italiano che:
a) attribuiscono ad entrambi i genitori la responsabilità genitoriale;
b) stabiliscono il dovere di entrambi i genitori di provvedere al mantenimento del figlio;
c) attribuiscono al giudice il potere di adottare provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità
genitoriale in presenza di condotte pregiudizievoli per il figlio
sono principi considerati capisaldi del d italiano. Ratio: sempre la maggiore tutela del minore.
Es. Art. 5 Conv. Aja 1996
1. Le autorità, sia giudiziarie che amministrative, dello Stato contraente di residenza abituale del minore sono
competenti ad adottare misure tendenti alla protezione della sua persona o dei suoi beni.
Es. Art. 38 l. 218/95 - Adozione
I presupposti, la costituzione e la revoca dell'adozione sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli
adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti, ovvero da
quello dello Stato nel quale la loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata, al momento dell'adozione.
Tuttavia si applica il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano l'adozione di un minore, idonea ad
attribuirgli lo stato di figlio.

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Collegamento a cascata. Anche qui finalità protettiva evidente.
Applicazione della lex fori come limite: art 17 l 218: Art. 17 (Norme di applicazione necessaria)
1. E' fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro
oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera.
neutralità delle norme di conflitto
secondo alcuni, le norme di conflitto, in quanto strumentali indirette, non sono idonee a realizzare discriminazioni
nei soggetti coinvolti. La prima sentenza che rompe con il dogma della neutralità è del 1987 a proposito di principi
costituzionali che senz’altro erano formulati in termini tali per cui all’interno della famiglia non ci potessero essere
discriminazioni tra coniugi.
Art 16 delle preleggi del cc: fa riferimento al criterio della reciprocità-> condiziona il godimento dei d civili alla
reciprocità: Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le
disposizioni contenute in leggi speciali.
Questa disposizione vale anche per le persone giuridiche straniere. Dissonante ormai con il nostro sistema. i diritti
fondamentali vanno garantiti a tutti, ormai anche il principio di reciprocità non è più ammissibile. Nel cc ci sono altre
disposizioni dal 17 al 31 che sono state abrogate con la l 218.
Art. 18 disp. prel. cod. civ. (abrogato dall'art. 73 della L. 31 maggio 1995, n. 218)
I rapporti personali tra coniugi di diversa cittadinanza sono regolati dall'ultima legge nazionale che sia stata loro
comune durante il matrimonio o, in mancanza di essa, dalla legge nazionale del marito al tempo della celebrazione
del matrimonio
Stesso principio ripetuto nel 19 e 20. Questa soluzione viene applicata fino all’87-> la corte cost supera questo
dogma della neutralità delle norme di conflitto. Nel momento in cui la norma di conflitto formula un criterio di
collegamento, deve farlo rispecchiando le soluzioni, i valori di fondo che sono propri del d materiale in quella
specifica materia. Qui rapporti di coniugi-> bisogna rispecchiare i valori di fondo che caratterizza il d materiale
italiano in materia di famiglia: se privilegia la l nazionale del marito non va bene! La prevalenza di una l nazionale di
uno rappresenta sempre una discriminazione. «Nella formulazione dei criteri per l'individuazione della norma
(interna o straniera) applicabile - formulazione che è l'oggetto suo proprio - la norma di collisione [ovvero di
conflitto], anche se prescinde dal modo in cui gli interessi tipici coinvolti nel rapporto sono concretamente regolati
dalla norma stessa, nondimeno può inspirarsi a princìpi (o valori) sottesi alla disciplina civilistica interna dell'istituto
ovvero ad altri princìpi (o valori). Orbene, in entrambi tali casi, la norma di collisione adotta una scelta di ordine
normativo, che non può non confrontarsi con le scelte di fondo a livello costituzionale rispetto alle quali assuma
rilievo il principio (o valore) cui essa si inspira» corte cost.
La cc si pronuncia sulla parziale illegittimità ma non indica il criterio da usare. Questo sarà normato solo nel 95 ->
riforma del dint p con la l 218. La sentenza è stata seguita da un’altra (477) in relazione ai rapporti dei genitori col
figlio. Nei rapporti ora si applica la l nazionale del figlio -> si discriminazione, ma ok perché tutela > per il figlio (vd
sopra).
 Le norme non sono neutre: possono creare discriminazioni e apertamente talvolta discriminano per
riservare maggiore tutela a determinati soggetti.

DIP e circolazione delle persone


Migrazioni: Salvaguardia del pluralismo culturale all’interno dello Stato di destinazione. Va bene che in Italia ci si
sposi con una l che prevede certi regimi fondati sul diritto straniero. Es. impiego di criterio di collegamento basato
sulla nazionalità. Ammettere che certi istituti fondamentali siano basati sull’ordinamento di destinazione di chi
emigra è un modo per favorire l’Integrazione degli individui/dei gruppi famigliari nello Stato di destinazione. Es.
impiego di criterio di collegamento basato sul domicilio effettivo. Se la l nazionale è comune il giud deve applicare il d
straniero. Se il collegamento con l’ord straniero non è univoco, allora si preferisce valorizzare il profilo
dell’integrazione. Questo equilibrio è stato raggiunto con la riforma. D int privato è rilevante nella Regolamentazione
dei flussi migratori (ricongiungimento famigliare e accertamento, in base al DIP, dello status di figlio, coniuge,
genitore): l nazionale della persona per determinare lo status di figlio, coniuge, genitore…presupposto per la
ricongiunzione famigliare.
continuità degli status personali in ambito UE:(vd differenza sentenza due papà) Il tema del rapporto tra DIP e
circolazione delle persone assume grande rilievo nei casi in cui si è chiamati a determinare la continuità degli status
personali. A tal proposito si legga un’emblematica sentenza della Corte di Cassazione del 2016 in materia di rapporti
di filiazione. In questa sentenza si cerca di capire se vada mantenuto lo status di figlio di un genitore B
legittimamente acquisito in Spagna a un bambino biologicamente figlio di un genitore A e geneticamente figlio di un
genitore B (NB genitore A e genitore B sono due donne unite civilmente che hanno avuto il figlio in questione
ricorrendo alla pratica della procreazione medicalmente assistita). La sentenza si interroga se si possa immaginare

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che un bambino sia figlio di un genitore in Spagna e non in Italia e se in un caso del genere abbia senso appellarsi al
limite dell’ordine pubblico che garantisce coerenza interna all’ordinamento.
La fattispecie: La Cassazione si è pronunciata sull’impugnazione al decreto con il quale la Corte d’Appello di Torino
aveva ordinato all’ufficiale di stato civile di Torino la trascrizione dell’atto di nascita di T., nato in Spagna, e figlio, in
base al proprio certificato di nascita, di due madri, coniugate tra loro in tale Paese: la madre “A”, cittadina spagnola,
che lo ha partorito, e la madre “B”, cittadina italiana, madre genetica. Premesso che T. è cittadino spagnolo perché
nato da una cittadina di quel Paese, il decreto impugnato ha ritenuto che egli fosse pure cittadino italiano, in quanto
figlio anche di una cittadina italiana in base ad un atto valido secondo il diritto spagnolo e, quindi, trascrivibile in
Italia. La Corte d’Appello di Torino ha ritenuto che il rapporto di filiazione tra la madre “B” e il minore, nonché
la cittadinanza di quest'ultimo, sono regolati dal diritto internazionale privato e, in particolare, dalla L. n. 218 del
1995, art. 33, che rimette ogni determinazione al riguardo alla legge nazionale del figlio; pertanto, essendo T. figlio
(anche) di una cittadina italiana (la madre “B”.), secondo il diritto spagnolo, egli è anche cittadino italiano, a norma
della L. 91/1992,Nuove norme sulla cittadinanza, e quindi l'atto di nascita è trascrivibile nei registri dello stato civile
italiano, restando precluso al giudice italiano di sovrapporre autonomi accertamenti sulla validità di un titolo formato
all'estero secondo la legge straniera.
I ricorrenti in Cassazione (il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Torino e il Ministero
dell'interno) imputavano alla Corte d’Appello di avere erroneamente escluso la contrarietà all’ordine pubblico di un
atto di nascita, quale quello di specie, attestante una doppia maternità.
La Cassazione, nel decidere sull’impugnativa, ha affermato che il giudice italiano, chiamato a valutare la compatibilità
con l’ordine pubblico dell’atto di stato civile straniero (nella specie, dell’atto di nascita) i cui effetti si chiede di
riconoscere in Italia deve verificare non già se l’atto straniero applichi una disciplina della materia conforme o
difforme rispetto a una o più norme interne (seppure imperative o inderogabili), ma se esso contrasti con le esigenze
di tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, desumibili dalla Carta costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, nonché dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti umani
e delle libertà fondamentali (CEDU). La ratio principale alla base del decreto impugnato sta, infatti, nella tutela del
superiore e preminente interesse del minore, che nella specie si sostanzia nel diritto a conservare lo status di figlio,
riconosciutogli da un atto validamente formato in un altro Paese dell’Unione Europea.
«Il diritto alla continuità di tale status è conseguenza diretta del favor filiationis, scolpito nella L. n. 218 del 1995, artt.
13, comma 3, e art. 33, commi 1 e 2, ed è implicitamente riconosciuto nell’art. 8, par. 1, della Convenzione di New
York [del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo] sul “diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi
compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari, così come riconosciute dalla legge, senza
ingerenze illegali”» (punto 8.2. in diritto).
Il mancato riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione, legalmente e pacificamente esistente in Spagna, tra T. e
uno dei genitori (la madre genetica, madre “B”), determinerebbe una incertezza giuridica, ovvero una situazione
giuridica claudicante, che influirebbe negativamente sulla definizione dell’identità personale del minore.
 Non si può ricorrere alla nozione di ordine pubblico per giustificare discriminazioni nei confronti dei
minori e, nella specie, del piccolo T., qualora fosse disconosciuto il suo legittimo status di figlio della
madre “B”, a causa nella scelta di coloro che lo hanno messo al mondo mediante una pratica di
procreazione assistita non consentita in Italia. La Cassazione ha pertanto rigettato il ricorso.
Nel caso di specie all’esercizio della libera circolazione si oppone un grande ostacolo, il rifiuto da parte dell’ufficiale di
stato di trascrivere la genitorialità di due madri per uno stesso figlio nei registri dello stato italiano. Il rifiuto
dell’ufficiale di stato giustificato dal fatto che nell’ordinamento italiano non è possibile per due madri avere la
genitorialità di uno stesso figlio, viene confermato dal Tribunale di Torino. La Corte d’Appello ribalta la decisione del
giudice di prima istanza sostenendo che l’atto di nascita legittimamente formato in un altro stato deve essere
trascritto nei registri italiani al fine di non violare il diritto del bambino a mantenere il suo status di figlio.
NB in precedenza si è affermato che la circolazione delle sentenze è automatica nell’UE. La situazione descritta da
questo caso è analoga a quella della circolazione delle sentenze. Limitando la libera circolazione del bambino a causa
di valori recessivi in vigore nel paese di destinazione, viene negata la mutua fiducia che intercorre tra i paesi UE. Il
caso della continuità degli status offre un quadro evoluto della situazione a livello UE, si è passati dalla conquista
della libera circolazione delle merci alla tutela dei diritti fondamentali in tutti i paesi membri. Nel caso in esame,
pertanto, si è vista la Corte di Cassazione operare consapevolmente secondo i principi di DIP e secondo il principio
del mutuo riconoscimento, oggi principio irrinunciabile nell’UE (mutual trust). Il DIP ci impone di rendere recessivi
certi valori in favore del mutual trust e del principio libera circolazione.
DIP e commercio internazionale
Contratti: Un altro settore sintomatico nell’ambito del DIP è quello dei contratti, la fonte normativa principale in
materia di contratti nel DIP è il Regolamento Roma I (è un regolamento entrato in vigore nel 2008, ma affonda le sue
radici nella Convenzione di Roma dell’80 che fu il primo esperimento di porre regole internazionali uniformi. La

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trasfusione da Convenzione a Regolamento ha introdotto alcune modifiche ma il testo è rimasto sostanzialmente lo
stesso. I primi progetti della Convenzione sono iniziati nel ’72, ed è stata ratificata una decina di anni dopo segno che
si trattava già all’ora di una questione complessa). Il Regolamento Roma I ribadisce una scelta di fondo della
Convezione dell’80 ossia il favore verso l’autonomia privata che in tema di contratti assume la sua espressione più
compiuta. Le regole comunitarie di DIP sono tutte estremamente favorevoli all’autonomia privata, anche in ambiti in
cui è guardata con sospetto (es. famiglia, obbligazioni extracontrattuali) e anche in tema processuale le deroghe alla
giurisdizione sono frequenti e favorevoli alla volontà delle parti.
L’autonomia della volontà delle parti si esprime nella libertà di scelta della legge applicabile (autonomia negoziale)
(vd contratto di lavoro subordinato). L’autonomia negoziale è diversa dall’autonomia privata prevista dal
DIP. L’autonomia della volontà nel DIP si qualifica come un prolungamento del principio di autonomia negoziale
proprio del diritto interno, è inoltre un corollario della libertà individuale. Per il DIP l’autonomia non risiede nel
trasfondere la propria volontà in una clausola, piuttosto nell’indicare l’ordinamento giuridico attraverso il quale si
desidera che la controversia o il rapporto siano regolati. Nel DIP si sceglie un ordinamento giuridico nel suo insieme
sottraendo il contratto o rapporto alla giurisdizione italiana. Si possono ovviamente concordare clausole in un
contrasto che rientra nelle fattispecie di DIP ma queste verranno poi vagliate alla luce dell’ordinamento giuridico
prescelto per dirimere eventuali controversie che sorgono sul contratto. La possibilità di collocare la valutazione di
un contratto in un ordinamento giuridico diverso è una pietra angolare del DIP (Regolamento Roma I in materia di
autonomia privata).
NB la scelta di un ordinamento che rientra nell’autonomia prevista dal DIP per le parti non deve essere formalmente
espressa, spesso può accadere che la citazione di alcune disposizioni di una legge straniera sia sufficiente a
giustificare la scelta di un ordinamento diverso dal proprio
La disciplina prevista dal Regolamento tende a operare un bilanciamento tra 2 valori:
 l’autonomia della volontà (sono gli “utenti” a scegliere il diritto più adatto),
 l’esigenza degli Stati/della UE di imporre il rispetto di norme imperative a garanzia di soluzioni
“giuste” e a tutela di interessi economici generali
Il Regolamento Roma I recepisce un’intensa esigenza degli ordinamenti di far valere certe proprie ragioni
pubblicistiche che possono operare a limitazione o esclusione dello spazio riservato all’autonomia delle parti (es. in
ambito di lavoro). In quest’ottica viene a rilievo il fatto che esistono degli ambiti nei quali non c’è spazio per la scelta
della legge applicabile, come nel caso delle norme ad applicazione necessaria, delle norme di funzionamento che
sanciscono il favore per l’applicazione della legge del foro, delle norme in tema di adozione speciale. L’esigenza degli
stati e dell’UE a imporre il rispetto di norme imperative è finalizzata alla protezione di interessi pubblicistici e si può
così riassumere:
 garanzia di uno standard minimo nazionale (art. 3.3 Reg. Roma I)
 previsione di norme ad applicazione necessaria (art. 9 Reg. Roma I)
 garanzia di uno standard minimo “comunitario” (art. 3.4 Reg. Roma I)
3 linee di tendenza del DIP in materia di contratti
 libertà di scelta più ampia possibile (il centro di gravità del contratto lo decidono le parti) salvo
presenza di una condizione di presuntiva debolezza, in condizione di parità le parti possono scegliere
autonomamente senza interferenze.
 diffidenza del DIP nei confronti della delocalizzazione della disciplina dei contratti. Si registra
un’ampia diffidenza per gli strumenti che consentono la delocalizzazione denazionalizzazione perché
spesso si tratta di strumenti di soft law. Il Regolamento Roma I e il nostro sistema richiedono che la
scelta della legge applicabile sia ridotta alla scelta di un ordinamento giuridico statale in vigore (si applica
tutto l’ordinamento scelto).
NB Gli effetti della denazionalizzazione si possono ottenere nei fatti scegliendo per esempio come diritto
da applicare il diritto inglese che soprattutto in materia di commercio e navigazione fa largo ricorso a usi
e consuetudini (soft law).
 attitudine a riconoscere condizioni di presuntiva debolezza e tutelarle (es. in ambito di autonomia
delle parti il DIP interviene a temperarla se una delle due si trova in una posizione di presuntiva
debolezza)
gli enti: Per gli enti che operano nella realtà del commercio internazionale si applica l’art. 25 della l. 218/1995. In
linea teorica il DIP in materia di società può operare tre scelte corrispondenti a tre diversi criteri di collegamento
basati su diverse logiche:
 criterio di collegamento dell’incorporazione: prevede che si applichi il diritto del luogo in cui si è
completato il processo di formazione della società/ente. Si tratta di un criterio formalista.
 criterio di collegamento del luogo in cui la società ha il suo oggetto principale. si tratta di un criterio
effettivo

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 criterio di collegamento del luogo in cui sorge l’amministrazione centrale della società (sede della
governance)
Questi elencati non sono criteri banali, spesso le società scelgono ad hoc dove collocare la sede della governance o
della produzione per godere dell’applicazione di leggi statali più favorevoli. L’ordinamento comunitario non
contrasta queste scelte delle società che possono anche indurre effetti positivi favorendo la concorrenza.
Rispetto a questi criteri il nostro ordinamento sceglie in primo luogo di essere formalista adottando il criterio
dell’incorporazione. Nella logica del diritto UE la scelta italiana è adeguata perché favorisce l’applicazione del
principio del mutuo riconoscimento. Tuttavia, l’art. 25 l. 218/1995 nella seconda parte è dissonnante con la logica fin
qui esposta. L’art. 25 l. 218 /1995 infatti nella sua seconda parte vuole che si applichi la legge italiana a quelle società
che hanno la sede della governance in Italia. Questa previsione normativa ha subito una profondissima erosione a
seguito di una lettura comunitariamente orientata della situazione. Se la società è costituita in uno stato UE non si
può ritenere di prescrivere l’applicazione della legge italiana per il fatto che questa operi principalmente in Italia,
perché sarebbe come contravvenire al principio della libera circolazione (libero trasferimento della sede primaria e
secondaria). Quello dell’art. 25 è un caso di frazionamento del diritto. Una delle sfide del DIP è la contaminazione del
diritto UE. L’art. 25 l. 218/1995 comma 1 è applicabile solo nella sua parte prima. Il diritto UE incide in tutti gli ambiti
e pone la libertà di circolazione nelle sue quattro declinazioni come criterio di bilanciamento degli altri principi (ciò
con una portata strutturale sull’intero sistema di diritto UE). A garanzia delle scelte nazionali in rapporto al diritto UE
interviene il principio del mutual trust.
Art. 25 l. 218/95 - Società ed altri enti
Le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo di natura associativa,
sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato perfezionato il procedimento di costituzione. Si
applica, tuttavia, la legge italiana se la sede dell'amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova
l'oggetto principale di tali enti.
Qualificazione
Le norme di conflitto trovano applicazione quando vi è un elemento di estraneità-> il giudice si chiede se può
pronunciarsi su di esso= posso conoscere tale controversia. Di fronte ad una situazione reale, il giudice verifica alla
stregua delle norme che definiscono l’ambito della giurisdizione italiana. Deve ricondurre il rapporto reale alle
norme di diritto interno. Qualificazione= coloritura giuridica che il giud deve accordare alla fattispecie per
comprendere se in quel settore vi siano dei titoli di competenza giurisdizionale. Il problema della qualificazione è uno
dei primi con cui il giudice si scontra. Il giudice adito deve valutare se ha le competenze necessarie per risolvere->
deve valutare quali siano i titoli necessari. Nel momento in cui devo accostarsi ad una situazione e deve offrire la sua
connotazione giuridica, si deve richiamare all’ordinamento giuridico cui appartiene-> riconduce la fattispecie alla
categoria generale astratta contemplata dalla norma di dint priv o dalla norma di conflitto, avendo in mente gli
istituti propri del d italiano con una certa ampiezza -> a volte l’istituto magari non ha equivalente nell’ordinamento
interno, si configura allora alla stregua di un ordinamento straniero (es cafala islamica, non ha corrispondente
italiano). Il giudice utilizza categorie proprie del d italiano per capire a quali rapporti si applichi una certa norma di
conflitto, che seleziona un certo titolo di giurisdizione, ma il d int privato in senso intermedio è aperto alla
valutazione di fattispecie transnazionali che non corrispondono sempre ad istituti interni -> analogia.
 La qualificazione tende a studiare la comprensività di una certa norma di conflitto
es.: rapporti personali tra i coniugi ex art. 29 l. 218: quali sono? Non sono quelli patrimoniali, per i quali rileva il
successivo art. 30; non attengono alla patologia di tali rapporti, affidata in passato all’art. 31 (in tema di separazione
e divorzio) ed oggi al Regolamento Roma III (Reg. 1259/2010, in vigore dal 21 giugno 2012, sulla legge applicabile al
divorzio e alla separazione personale) → insieme dei diritti e doveri che discendono dal vincolo matrimoniale:
obbligo di assistenza, coabitazione, fedeltà; obbligo di contribuzione ai bisogni della famiglia (c.d. regime
patrimoniale primario), da distinguersi dal regime patrimoniale secondario (che attiene al regime vero e proprio:
comunione/separazione ecc.), riconducibile invece all’art. 30, nonché dalle obbligazioni alimentari tra coniugi, per le
quali rilevano invece l’art. 45 l. 218, la convenzione dell’Aja del 1973 modif dal protocollo del 2007 e, soprattutto, il
reg. 4/2009.
Ragionamento del giudice:
- Connotare giuridicamente la situazione
- Accertare l’ambito delle norme da applicarsi
= Procedimento applicativo e interpretativo
Le norme di conflitto pur essendo strumentali, riflettono valutazioni di fondo, scelte di ordine normativo, che sono
proprie del d materiale in quel settore e in questa continuità tra d materiale e norme di settore, ci fa pensare che le
norme di dmateriale possano essere usate per risolvere il conflitto, come parametro. Le norme di conflitto non
devono essere ritagliate esclusivamente sul d italiano ut giudice possa applicarle in situazioni che d italiano non
conosce.

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Però ci sono varie fonti nel d internazionale da applicare seguendo la gerarchia. Nel momento in cui il giudice si
accosta ad una norma di conflitto di una conv internaz o di un reg, deve interpretare e quindi qualificare questa
norma un base all’ordinamento giuridico di competenza. Una lettura unilaterale operata con riferimento al d UE è
una lettura non corretta ma espone l’Italia a responsabilità -> non si possono nazionalizzare le norme di d ue.
Bisogna accordare le disposizioni, la portata egli effetti stabiliti dall’ordinamento di origine. L 218 art 2: non possiamo
applicare una norma di conflitto alla stregua del d italiano. Se ci accostiamo ad un istituto contemplato dal d ue,
dobbiamo accordare a la norma i conflitto una portata alla luce dell’ordinamento di competenza: ue. Il giudice con
rinvio pregiudiziale ( da giudice a giudice: g naz interroga la corte di giustizia sulla validità e interpretazione della
norma euro unitaria) sospende il giudizio e investe la corte di giustizia ut chiarisca il significato di una particolare
norma. La comunicazione ha un’intensità straordinaria, la procedura, ricalcata in buona parte sull’incidenza di
costituzionalità, è stata vittima del proprio successo perché sono stati così consistenti i casi in cui il giud naz investe
la corte, da richiedere alcuni accorgimenti: essere più rigorosi nel valutare la ricevibilità dei quesiti, perché la durata
media di una procedura si è portata sui due anni-> sospensione del giudizio interno abbastanza lunga. Quando la
questione riguarda la genitorialità e la responsabilità dei minori se si devono attendere due anni diventa
improponibile-> procedure di urgenza: il rinvio pregiudiziale solo a carico del giudice di ultima istanza.
Per procedere alla qualificazione serve una cooperazione estremamente rilevante: il giudice risolve positivamente o
negativamente il quesito sulla sua stessa capacità di conoscere della controversia. È un passaggio inevitabile e
complesso.
Questioni su cui si deve scontrare il giudice italiano:
- C’è un collegamento con l’ordinamento giuridico del foro, sufficiente perché il giudice possa sapere
della controversia -> qualificazione.
(art 3 e 37 l218: in materia di nullità e di annullamento del matrimonio, di separazione personale e di scioglimento
del matrimonio, la giurisdizione italiana sussiste, oltre che nei casi previsti dall'art. 3, anche quando uno dei coniugi è
cittadino italiano o il matrimonio e stato celebrato in Italia. Però-> art 37: Giurisdizione in materia di filiazione. 1. In
materia di filiazione e di rapporti personali fra genitori e figli la giurisdizione italiana sussiste, oltre che nei casi
previsti rispettivamente dagli articoli 3 e 9, anche quando uno dei genitori o il figlio è cittadino italiano o risiede in
Italia -> la qualificazione è già importante per la risoluzione della controversia).
 Preliminarietà della questione relativa alla giurisdizione
Il problema della qualificazione della norma di conflitto si pone una volta risolta, in senso affermativo la
questione relativa alla giurisdizione: relativa, cioè, alla verifica della sussistenza di un collegamento tra
controversia e giudice adito che giustifichi che sia proprio quel giudice a conoscere della controversia, pur in
presenza di una fattispecie a carattere internazionale (o transnazionale), che presenta cioè profili di
estraneità con l’ordinamento nel quale il giudice medesimo è inquadrato. Per operare tale verifica, occorre –
grosso modo – una qualificazione
Cerco la Norma di conflitto: norma con due elementi -> categoria e criterio di collegamento
1- una categoria (più o meno ampia) di fattispecie, considerate nella loro generalità ed astrattezza
e individuate mediante una formula giuridica
2- criterio di collegamento, cioè una circostanza, inerente a ciascuna categoria di fattispecie, che al
legislatore pare idonea a dimostrare, ad esprimere una connessione rilevante con l’ordinamento
giuridico di 1 dato Stato
- Interpretazione: desumiamo le regole nei principi generali. Una norma di funzionamento che
chiarisca questo aspetto non esiste. In conseguenza della diversa interpretazione (ovvero
qualificazione, per utilizzare il termine più appropriato impiegato nell’ambito del DIP) offerta, in
differenti ambiti statali, ad una norma di conflitto pure formulata in termini identici, viene meno
l’armonia internazionale delle soluzioni. Spiegazione con caso Bartolo.

Caso Bartolo: sentenza della corte d’appello di Algeri nel 1889. Si ragiona sulla qualificazione e sull’impatto che
qualificazione hanno rispetto all’armonia internazionale sulla soluzione (non ricorrere al forum shopping). Le
divergenze di qualificazione portano a disattendere l’armonia. Se la norma di conflitto è predisposta da un legislatore
nazionale, la norma di conflitto va applicata alla stregua dell’ordinamento nazionale che l’ha posta.

- Fattispecie: Cittadini maltesi, contraggono matrimonio a Malta. Si trasferiscono in Algeria e il Sig.


Bartholo acquista cittadinanza algerina Il Sig. Bartholo muore, disponendo di tutti i suoi beni in
favore di una persona diversa dalla moglie. La moglie richiede giudizialmente una quota dei beni del
marito

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- Sia nell’ordinamento di origine sia nel d algerino (modellato sul d francese), il d int privato in vigore è
totalmente convergente in merito alle scelte di d int privato: la successione è soggetta in entrambi
gli ordinamenti alla stregua di due diverse norme di conflitto coincidenti -> ultima legge nazionale
del de cuius. Per quanto riguarda i rapporti matrimoniali tra coniugi si fa riferimento all’ultima legge
comune nazionale -> legge maltese, perché la moglie non aveva cittadinanza algerina.
 Algerina per successione, maltese per rapporti matrimoniali.
- I giudici algerini accolgono la domanda della signora e le riconoscono una quota dei beni del defunto
qualificando la domanda come una richiesta che inerisce al rapporto patrimoniale tra i coniugi.
Utilizza la norma di conflitto algerino e sostiene che la domanda è riconducibile ad un istituto del d
algerino = la quarta del coniuge povero (le danno ragione e la sua quota).
- I giudici algerini qualificano la norma di conflitto alla stregua del d algerino e riconoscono l’istituto ->
attivano la norma di conflitto allas tregua del quale si applica il d materiale maltese (ultima legge
nazionale comune).
- La dottrina si interroga: se la signora si fosse rivolta ai giudici maltesi? Si sarebbe realizzato un forum
shopping-> i giudicic maltesi avrebbero qualificato la pretesa come una questione successoria, infatti
non c’è nel d maltese una riserva dei beni del coniuge ricco per quello meno abbiente -> pretesa
riconducibile ad un istituto successorio. Avrebbero usato un’altra norma di conflitto: tema di
successione applicando la legge del de cuius al momento del decesso. Avrebbero preso in
considerazione l’istanza della signora alla stregua del d algerino.
 Giudici algerini usando maltese, i giudici maltesi avrebbero applicato l algerina, però le norme di conflitto
coincidono: la qualificazione è un procedimento essenziale per evitare esiti paradossali.
Adottiamo allora nella misura più larga possibile norme di conflitto uniformi che prevedano anche una
interpretazione uniforme, per evitare la contraddizione che la riflessione sul caso bartholo illustra. Interpretazioni
previste in convenzioni o regolamenti.

Seconda qualificazione e art 15


Al giudice italiano è sottoposta una questione che riguarda il rapporto tra due coniugi olandesi con residenza
abituale in Italia, il giudice applica l’art. 29 l. 218/1995 che gli impone l’applicazione del diritto olandese per la
risoluzione della controversia. Il giudice affronta il diritto olandese sulla base della norma di funzionamento prevista
all’art. 15 l. 218/1995. Interpretando e applicando il diritto olandese ai sensi dell’art. 15 l. 218/1995 il giudice italiano
è chiamato a operare una seconda qualificazione? Si il giudice italiano è tenuto a riqualificare la fattispecie alla luce
del diritto olandese.
La seconda qualificazione esprime il rapporto di continuità tra DIP e DIPU: quando il giudice adito interpreta un
diritto straniero deve preservarne il carattere giuridico e accreditarne l’applicazione in modo coerente con l’intero
ordinamento giuridico straniero (logica di coerenza dell’approccio rispetto alle fonti esterne)
La qualificazione attiene alla determinazione della comprensiva portata della definizione della categoria generale e
astratta. La qualificazione pertanto attiene al primo elemento della norma di conflitto (categoria generale).
Relativamente al secondo elemento di una norma di conflitto, ossia il criterio di collegamento, la qualificazione
svolge un’opera interpretativa basandosi ove possibile sulle categorie del Codice civile italiano, ove non possibile,
sulle categorie del diritto straniero.
Es. per valutare la categoria della cittadinanza non posso utilizzare i parametri dati dall’ordinamento italiano, devo
assumere il punto di vista del diritto straniero.
Neanche il d straniero può essere nazionalizzato. Bisogna procedere ad una seconda qualificazione: devo capire che
d applicherebbe il giudice olandese. Può darsi che la controversia secondo il d olandese sia riconducibile ad un
illecito -> applico non solo d straniero ma anche specifiche norme olandesi se il giudice nazionale fosse stato adito.
Non seguo solo la prima qualificazione, ma procedo con una seconda individuando il d straniero da applicare. Il d
olandese non va condizionato dal d italiano. Il giudice deve valutare la fattispecie a cui ha dato una prima
qualificazione, si sposta ad una valutazione tutta fondata sul d straniero richiamato -> si comporta come un giudice
estero. Ci sono meccanismi di collegamento. Una volta che interpreto d esterno, devo preservarne il carattere
giuridico e accreditarne un’interpretazione coerente con l’ord che ha posto la norma esterna al d italiano, Sia esso d
straniero (norme di conflitto), d eu, d di un altro stato.
La qualificazione è un’operazione interpretativa che riguarda la determinazione della comprensività della definizione
della categoria generale astratta. Ma poi all’interno della norma di conflitto c’è anche il criterio di collegamento ->
norma da applicare effettivamente -> c’è un’operazione interpretativa anche per il criterio di collegamento. (criterio
di collegamento= cittadinanza devo capire il d che trova applicazione per risolvere la controversia). Per risolvere
posso usare lex causae: legge indicata dal criterio di collegamento.

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Es. Art 63: 1. Ai fini dell’applicazione del presente regolamento, una società o altra persona giuridica è domiciliata nel
luogo in cui si trova:
a) la sua sede statutaria;
b) la sua amministrazione centrale; oppure
c) il suo centro d’attività principale.
-> Ci sono criteri di collegamento alternativi.
Iura aliena novit cura
Il giudice adito in un caso di DIP che in base alle norme di conflitto deve applicare alla fattispecie un diritto straniero,
si deve procurare d’ufficio la conoscenza di tale diritto straniero, art. 14 l. 218/1995. Secondo questa impostazione
non è un onere delle parti procurare al giudice una documentazione adeguata alla conoscenza del diritto da
applicare nella loro controversia. Procurarsi d’ufficio la conoscenza del diritto straniero è uno degli elementi
essenziali della competenza del giudice, egli, di un certo diritto, è chiamato a ricostruire il percorso normativo e
giurisprudenziale più corretto per il fine di risolvere nel modo più adeguato possibile la controversia Il giudice nel
conoscere il diritto straniero deve tenere conto non solo del testo normativo ma anche di quei vincoli che hanno
valore persuasivo sul diritto stesso, per esempio deve tenere conto del vincolo alla giurisprudenza della Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo (NB accade soprattutto in materia penale).
La l. 218/1995 ponendo l’obbligo per il giudice di conoscere il diritto straniero si discosta dalla tradizione
normativa precedente ed europea in modo significativo. In particolare le Preleggi al Codice civile non recano alcuna
considerazione sulla conoscenza del diritto straniero e pure tacciono i Regolamenti UE (NB nei Regolamenti sono
previste norme di funzionamento, quindi ci sarebbe spazio per una disposizione come quella dell’art. 14 l.
218/1995). Nel quadro europeo, pertanto, si registra una lacuna normativa su questo tema, nel nostro ordinamento
pertanto è possibile dare applicazione all’art. 14 l. 218/1995 perché rappresenta un’integrazione al diritto UE che ne
rafforza l’efficacia. (NB non è dimenticanza dei Regolamenti, c’è stata grande opposizione nella fase di formulazione
degli stessi, soprattutto da parte del Regno Unito. Viene scelto pertanto di omettere la questione, ma si tratta di una
lacuna grossa, che determina una condizione di effettività del diritto)
Onere del giudice Art 14: L'accertamento della legge straniera è compiuto d'ufficio dal giudice. A tal fine questi può
avvalersi, oltre che degli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il
tramite del Ministero di grazia e giustizia; può altresì interpellare esperti o istituzioni specializzate.
Il giudice si procura d’ufficio le norme del d straniero-> non è onere a carico delle parti. La sua competenza
essenziale è ricostruire il percorso giuridico e giurisprudenziale necessario. vincolo alla giuri di Strasburgo: il giudice
nel confrontarsi con istituti del nostro ordinamento riceve indicazioni precise da valori giuridici esterni alla luce dei
quali deve orientare le sue decisioni. Valori non solo collegati alla legge, ma anche quelli esterni relativi
all’interpretazione.
Per applicare la norma di conflitto il giudice si scontra con tre problemi preliminari:
1- Accertamento dei presupposti fattuali dell’applicazione della norma di conflitto
Il giudice che si occupa del problema della sussistenza della sua competenza giurisdizionale incontra un primo
problema: ci si chiede se sono le parti a suggerire che la fattispecie non sia tutta italiana, o è se è competenza del
giudice che deve rilevare il profilo di internazionalità (elementi di fatto o di diritto). Il giudice valuta i dati forniti
nell’atto di citazione e deve attendere che siano le parti a definire gli elementi di internazionalità o li apprende da sé?
L’art 14 non considera questo momento, ma l’obbligo del giudice di recepire autonomamente il d straniero nel
momento in cui il centro di gravità risiede in un ordinamento straniero  Anche l’internazionalità della fattispecie va
valutata d’ufficio dal giudice? A garanzia dell’effettività del d nt privato e dell’art 14, il giudice nel momento in cui
l’elemento di internazionalità sia desumibile direttamente dagli atti in giudizio, deve valutare d’ufficio il carattere e
interrogarsi circa la sussistenza o meno della sua competenza. Se dovesse affidarsi alla allegazione delle parti, si
renderebbe facoltativo il ricorso al d int privato-> soluzione inaccettabile. Il nostro d int privato si fonda sull’obbligo
del giudice di ricorrere alle norme di conflitto se la fattispecie ha carattere transnazionale (nella logica pubblicistica,
la rinuncia a giudicare sembra un limite al potere pubblicistico= se le parti vogliono che la controversia sia giudicata
da un giudice italiano, va bene che sia così. Vorrebbe dire ammettere Titoli di giurisdizione che consentono ad un
giudice di conoscere una controversia anche se questa non è collegata all’ordinamento italiano). La sentenza resa in
applicazione del d italiano, quando si poteva applicare d straniero, può essere impugnata in secondo grado per
opposizione alla legge.

2- Applicazione ufficio delle norme di conflitto: se il giudice una volta rilevato l’elemento di
transnazionalità ha obbligo di applicare la norma di conflitto perché il giudice non è più in grado di
valutare il conflitto secondo le norme italiane. - dipende dal tipo di norma di funzionamento.
ci sono norme id applicazione necessaria. Assume rilievo la norma di funzionamento. Se il giudice si accorge che gli
aspetti della fattispecie sono riconducibili a norme italiane a contenuto imperativo che prescrivono sempre e

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comunque la loro applicazione sia in caso di fattispecie interna che internazionale -> art 17 norma di funzionamento
che prescrive al giudice di valutare la fattispecie sulla base del d materiale italiano
Art 17 Norme di applicazione necessaria.
1. È fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del loro
oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera
= limite preventivo al funzionamento del d privato int (limite dell’ordine pubblico è successivo).
3- Trattamento processuale del d straniero
Il giudice deve attuare tutti gli strumenti previsti dall’art 14 al fine di pervenire ad una conoscenza del d straniero
richiamato, idonea a consentirgli una definizione della controversia secondo quel d straniero. Nell’interpretare il d
straniero il giudice deve tener conto di tutte le possibili interpretazioni, deve comportarsi come se fosse giudice di
quello stesso ordinamento. Il 14 fornisce al giudice un elenco non esaustivo di strumenti di cui può avvalersi per
giungere ad un’adeguata conoscenza del d straniero da applicarsi. ci sono canali che prevedono convenzioni esterne
o altre fonti, oppure la partecipazione di un altro giudice o di un diplomatico.
14. 2. Qualora il giudice non riesca ad accertare la legge straniera indicata, neanche con l'aiuto delle parti, applica la
legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In
mancanza si applica la legge italiana.
-> non c’è onere di collaborazione per le parti. Il d straniero non è soggetto a regime probatorio che riguarda i fatti.
Ancora in decisioni della cassazione dei primi anni 90, si rintracciano sentenze in cui si è applicato d italiano perché le
parti non hanno invocato il d straniero.
C’è stata grande opposizione a trasporre in un regolamento una norma di funzionamento analoga all’art 14
(contrasto forte by GB). Le istituzioni comunitarie hanno mantenuto la lacuna per non ostacolare l’emanazione di
regolamenti. Dire che l’art 14 enuncia un principio di cui il giudice tiene conto anche quando applica norma di
conflitto dai regolamenti europei, è conforme al d euro unitario= possiamo integrare una disposizione UE? Materia di
competenza concorrente -> reg non disciplina -> uso disciplina italiana. art 14 rende più effettiva l’attuazione del reg
che spinge al coordinamento tra gli ordinamenti.
Strumenti per il giudice:
- Ctu consulenza tecnica d’ufficio: il giurista interpellato dovrebbe fornire un parere completo e pro
veritate.
- Altri criteri di collegamento alternativi motivando l’impossibilità di applicare ilprimo
- Extrema ratio lex fori: d italiano

Norme di funzionamento
art 13, l218: il d int pr si muove per accordare rilevanza, ai fini di disciplinare nel merito la fattispecie, ad un
ordinamento diverso dalla lex fori, questo è richiamato nella norma di conflitto dalla lex causae: ordinamento
ritenuto più adatto a disciplinare il rapporto che non è esclusivamente attinente all’ordinamento giuridico italiano.
Lex causae= ordinamento con cui il giud italiano si confronta, al fine di reperire al suo interno il d straniero per
risolvere la fattispecie. Nello schema classico del cc, e in quello previsto dai reg ue Roma 1,2,3 la lex causae era il
diritto materiale che il giudice italiano applica per definire nel merito la controversia. questa definizione non si piò
offrire se si tiene conto dell’art 13 della l 218 che a differenza dalla soluzione precedente accoglie il rinvio.
Art. 20 reg ue - Esclusione del rinvio
«Qualora il presente regolamento prescriva l’applicazione della legge di un paese, esso si
riferisce alle norme giuridiche in vigore in quel paese, ad esclusione delle norme di diritto
internazionale privato, salvo che il presente regolamento disponga altrimenti»
Uno degli obiettivi del d int pr è garantire la prevedibilità delle soluzioni, che viene garantita in modo > se richiamo
un ordinamento che trova applicazione. Se il legislatore italiano pensasse che nei rapporti tra coniugi l’ord più adatto
fosse quello della l naz comune, perché dovrebbe applicare un altro ordinamento straniero? Roma 1,2,3 lo
ribadiscono, ma così non fa la legge 218 (nei lavoratori preparatori la soluzione del rinvio è stata accolta solo
all’ultimo).

L’art 13 enuncia un principio generale: art. 13 - Rinvio


1. Quando negli articoli successivi è richiamata la legge straniera, si tiene conto del rinvio
operato dal diritto internazionale privato straniero (norme di conflitto) alla legge di un altro
Stato:
a) se il diritto di tale Stato accetta il rinvio; (oltreaccettato)
b) se si tratta di rinvio alla legge italiana. (indietro)
2. L'applicazione del comma 1 è tuttavia esclusa:

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a) nei casi in cui le disposizioni della presente legge rendono applicabile la legge
straniera sulla base della scelta effettuata in tal senso dalle parti interessate;
b) riguardo alle disposizioni concernenti la forma degli atti;
c) in relazione alle disposizioni del Capo XI del presente Titolo.
3. Nei casi di cui agli articoli 33, 34 e 35 si tiene conto del rinvio soltanto se esso conduce
all'applicazione di una legge che consente lo stabilimento della filiazione.
4. Quando la presente legge dichiara in ogni caso applicabile una convenzione internazionale
si segue sempre, in materia di rinvio, la soluzione adottata dalla convenzione.
 art 13 accetta rinvio olteaccettato e rinvio indietro, non validi per volontà delle parti contraria, non per
la forma degli atti, in realzione alle disposizioni del capo 11.
Soluzione più complessa: dare rilievo alla lex causae
Rinvio oltre accettato: Il rinvio ad altri ordinamenti potrebbe essere infinito, allora si dice che il rinvio vale solo se
tale ordinamento vuole essere applicato. Una volta colto il rinvio, e recepita la lex causae, va fatta una seconda
qualificazione= il giudice si deve mettere nei panni del giudice straniero. Infatti, potrei dover applicare una norma di
un settore non così strettamente collegato all’istituto della lex fori.
1- Trovo norma id confitto
2- Guardo criterio di collegamento
3- Cerco di capire se siamo in un caso previsto dall’art 13.

No rinvio in materia contr e e extracontr: I reg Roma 1 e2 (contr e extra contr) escludono il rinvio e questa soluzione
è condivisa dall’art 13 comma 2 lettera a nei contratti e obbligazione extracontrattuali prevale libertà delle parti.
Uno dei settori nei quali l’art 13 opera è quello dei rapporti di famiglia, ma roma3 che parla di divorzio lo esclude ->
incongruenza. Roma4 in tema di successioni accoglie per certi versi il rinvio.
Rinvio a un terzo ordinamento : una volta appurato il rinvio ad un secondo ordinamento, effettuo una seconda
qualificazione e valuto le norme di conflitto di questo.
Ci si chiede allora se effettivamente il rinvio valga solo per l’ordinamento nel suo complesso e quindi solo le norme
materiali, o se valga anche per le norme di conflitto. La questione può essere riassunta nel quesito seguente: il
richiamo disposto dalla norma di conflitto del foro (Stato A) ha riguardo (Soluzione 1) all’ordinamento straniero
(Stato B) nel suo complesso (incluse, dunque, alle norme di conflitto di tale Stato B), ovvero (Soluzione 2) soltanto
alle norme norme materiali dell’ordinamento richiamato (Stato B)?
Soluzione 1 (pur con molte eccezioni) è accolta dall’art. 13 l. 218/95  tt ordinamento straniero
Soluzione 2 è accolta (in termini coincidenti) dai Regg. Roma I, II e III → solo norme materiali
Il problema del rinvio, nell’accezione di cui all’art. 13 l. 218/95, si pone dunque quando la norma di conflitto del foro
e quella in vigore nell’ordinamento straniero richiamano 2 leggi diverse, il che si verifica in 2 principali ipotesi:
1- quando la norma di conflitto del foro (Stato A) e quella dell’ordinamento straniero richiamato (Stato B) non
coincidono, in quanto impiegano – in relazione ad analoghe categorie di fattispecie – criteri di collegamento
diversi; (es paese forte emigrazione si collega alla nazionalità, forte immigrazione deve usare criterio per
integrare)
2- quando – pur in presenza di norme di conflitto del foro (Stato A) e dell’ordinamento straniero richiamato
Stato B) sostanzialmente coincidenti – i giudici offrono una diversa “qualificazione” della fattispecie portata
alla loro rispettiva attenzione (vd caso Bartholo)
il legislatore della 218 dice: se penso che il centro di gravità sia la l nazionale comune dei coniugi applicherei la loro l
statle, se però la norma di ocnflitto del loro d, ritiene che l’ordinametno più adatto sia quello in cui le persone
vivono, perché devo imporre al giudice italiano di applicare il d dei coniugi, se questo non si vorrebbe applicare? =
guardo la legge straniera(lex causae) cosa fa (rinvio) e capisco che non applica la lex fori. Rinvio indietro ex art 13
comma 1 lettera b (cosa non fattibile secondo reg roma).
Applicando le norme di conflitto dell’ordinamento richiamato: Stato A richiama B che richiama C art 13 comma 1
lettera a: rinvio vale se il d dello stato rinviato accetta il rinvio-> la norma di conflitto dell’ordinamento richiamato
dalla norma italiana, richiama un terzo ordinamento. Tengo conto del richiamo che la norma d ocnflitto fa al terzo, a
condizione che il terzo voglia applicarsi: il giudice deve scontrarsi con la terza norma di conflitto -> anche terza
qualificazione. Se nel rinvio fatto da b a c, applico c se questo prevede l’applicazione del suo ordinamento per quella
fattisoecie= il giudice applica c se tale fattispecie è regolata dall’ordinamento c in questo ordinametno. Alla verifica
che un giudice della terzo ord applicherebbe la lex fori -> posso applicare il d materiale di c.
Se c invece applica ordinamento D, non siamo nell’ipotesi del rinvio ex art 13 -> cosa applico? No lex fori, ma d
materiale della lex causae: ord richiamato in prima battuta (soluzione dei reg roma).
Materie nelle quali opera art 13:
- capacità, diritti delle persone fisiche o giuridiche, diritti della personalità

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- rapporti di famiglia
- successioni/donazioni
- diritti reali
Rinvio condizionato: la norma di funzionamento trova un condizionamento in ragione delle considerazioni
materiali.si applica l’art 13 comma 1 in materia id filiazione solo se il richiamo di un ordinamento c non mette in
gioco lo stabilimento del rapporto di filiazione. Se ord c disconosce lo status di figlio della persona di cui si tratta, il
rinvio si blocca per ragioni materiali. -> dovrei applicare b se raggiunge l’obiettivo altrimenti lex fori
Caso Forgo: Cass. fr, S.U., 24 giugno 1878, ammette per la prima volta il rinvio, nella sua declinazione di “rinvio
indietro”=comma 1 lettera b.
1- Cittadino bavarese si trasferisce in giovane età in FR, senza acquisire mai in tale Stato il domicilio legale, e ivi
muore intestato, lasciando un cospicuo patrimonio mobiliare.
2- L’eredità viene reclamata da collaterali della madre (in base alla legge del domicilio legale, cioè la legge
bavarese, essi sarebbero ritenuti successibili) e dall’Amministrazione FR del demanio (la legge FR, poiché
Forgo era figlio naturale, non avrebbe riconosciuto il diritto successorio, in quanto i richiedenti erano
soltanto “collaterali” e dunque privi di vocazione successorale in base al diritto FR).
1° grado: norma di conflitto francese di DIP applicabile in caso di successione ab intestato di beni mobili= la legge
dell’ultimo domicilio del defunto: lex fori=viene applicato il diritto materiale FR (che esclude la
successione dei collaterali della madre del de cuius)-> collaterali della madre non hanno d a succedere
2° grado: si obietta che Forgo, in realtà, non ha mai avuto domicilio legale in FR, e viene così applicato il diritto
materiale bavarese (che ammette la successione dei ricorrenti)
3° grado: viene richiamato il diritto bavarese, in quanto legge del domicilio legale; ma c’è rinvio indietro, perché il
DIP bavarese sottoponeva la devoluzione successoria di beni mobili alla legge dell’ultimo domicilio di
fatto: si applica il dir materiale FR e i beni vengono così definitivamente acquisiti dall’Amministrazione
FR del demanio.
Critiche all’art 13: ha incidenza negativa sulla prevedibilità delle soluzioni. disattende le scelte di politica legislativa
trasfuse nellla norma di DIP, funziona soltanto se la norma di conflitto prevede criteri di collegamento rigidi; se
contempla criteri flessibili, il rinvio disattende la “giustizia nel caso concreto” che il principio di prossimità intende
perseguire → va preferita interpretazione restrittiva dell’art. 13!
Seconda norma di funzionamento Art 16: Ordine pubblico
Tema che è sempres tato presente, come salvaguardia della l del foro che si apre agli ordinamenti stanieri
e per questa ragione pone il giudice a confronto con un diirtto che eventualmente può portare a delle
conseguenze in contrastocon prinicpi fondametnali con quel nucleo di valori che sono a fondameto
dll’ordinamento giuridico del foro. Ogni sistema di d int privato conosce questo limite strutturalee
tradizioanle, sempre previsto per bilanciare questa apertura che gli ordinamenti statali operano verso lgi
stranieri. A priori il legislatore può definire i valori guridici con cui il giudice dovrà confrontarsi. Avviene
anche per le norme di conflitto previste nei regolamenti, che hanno operatività limitata alla aera
comunitaria: saranno i giudici ue che fanno applicazione dalle nore previste nei reg, le loro norme di
confltto ono idonnee a chiamarela l in vigore in qualsiasi ordinameto, anche di uno statot erzo.
Art 16: norma d ifunzionamento
1. La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico.
2. In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la
medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.
Norma coessenziale rispetto alle norem di apertura e ai valori stranieri. Non ci stupiamo che il 16 codifichi
un limite e neppure ci stupiamo che una norma nella sostanza corrispondente sia anche nei regolamenti:
Art. 21 Reg. Roma I - Ordine pubblico del foro: L’applicazione di una norma della legge di un paese designata dal
presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con
l’ordine pubblico del foro.

Art. 26 Reg. Roma II - Ordine pubblico del foro: L’applicazione di una norma della legge di un paese designata dal
presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con
l’ordine pubblico del foro.

Art. 12 Reg. Roma III - Ordine pubblico: L’applicazione di una norma della legge designata in virtù del presente
regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine
pubblico del foro.

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(Le norme di funzionamento 14 e 15 non avevano corrispondente nei regolamenti). L tema di ordine pubblico ha
formulazione nella sostanza decisamente convergente tra l 218 e regolamenti. La formulazione del 16 non ci
stupisce, anzi richiama l’art 14 comma2: se c’è problema applicativo della norma di conflitto-> si usano altri criteri di
collegamento, altrimenti l del foro. Più sintetica la formulazione dell’art nei regg: l’applicazione della l di un paese
può essere esclusa solo se tale risulta incompatibile con l’ordine pubblico del foro. C’è avverbio manifestamente, che
nell’art 16 non troviamo, ma possiamo ritenere come se vi fosse. Perché questo limite è eccezionale e la contrarietà
con l’ordine pubblico deve essere per forza manifesta, tale da far apparire insopportabile una soluzione -> implicito
nel 16.

o L’ordine pubblico è un limite all’applicazione della norma straniera individuata per mezzo delle norme di
conflitto posto a tutela della coerenza interna della lex fori, che sarebbe pregiudicata dall’applicazione da
parte del giudice di disposizioni, reperite nell’ordinamento richiamato dalla pertinente norma di conflitto,
contrastanti con i “principi etici, economici, politici e sociali che condizionano e caratterizzano l’ordinamento
giuridico italiano” sia in base ad una scelta autonoma dell’ordinamento italiano, ma anche perché hanno
arricchito i valori autonomamente posti, quelli desumibili dall’ord internazionale (cedu), dall’UE…questi
valori devono essere essenziali e strutturali, irrinunciabili.
(DIP come “salto nel vuoto” e ordine pubblico come “paracadute”, ossia come limite necessario e strutturale
di ogni sistema di DIP). Se io aprissi l’ord italiano a valori stranieri, solo se questi vi corrispondessero, non
tenderebbe alle finalità del d internazionale: applicare norme straniere perché più adatte rispetto al d
italiano (diversità come valore).
o L’ordine pubblico risponde dunque all’esigenza di garantire l’armonia interna dell’ordinamento del foro e, in
tale prospettiva, si contrappone all’obiettivo – proprio del DIP – di armonia internazionale delle soluzioni.
Limite che viene applicato quando il d internazionale andrebbe ad incidere con un principio essenziale che
connota il nostro ordinamento giuridico statale.
o L’ordine pubblico, tuttavia è un limite eccezionale: opera soltanto se l’applicazione della norma straniera
risulta manifestamente incompatibile con i principi fondanti l’ordinamento del foro. Una semplice difformità
degli effetti spiegati dalla norma straniera rispetto alle norme e principi fondanti l’ordinamento del foro non
legittima l’operatività del limite dell’ordine pubblico.
o L’ordine pubblico come limite al funzionamento delle norme di conflitto è qualificato come internazionale,
in quanto opera in relazione a fattispecie “internazionali”, ovvero a implicazioni transnazionali. l’ordine
pubblico interno, invece, ricomprende tutte le norme non derogabili dai privati. L’ordine pubblico in parola
ha dunque contenuto più ristretto rispetto all’ordine pubblico interno, che tipicamente NON interferisce
rispetto al funzionamento delle norme di conflitto. Il limite si presta altresì a essere qualificato come
internazionale perché i principi di cui si compone sono anche di origine internazionale, derivati dalla CEDU o
UE.
o L’ordine pubblico, inoltre, è un limite successivo, in quanto presuppone il normale funzionamento della
norma di conflitto, ossia interviene dopo che il giudice – operata la qualificazione e individuata la norma di
conflitto volta in volta pertinente – ha reperito la norma straniera, ne ha verificato la portata e accertato gli
effetti conseguenti alla sua applicazione nella fattispecie concreta e ha capito che è inaccettabile → l’ordine
pubblico è dunque altresì un limite concreto in riferimento al termine ‘effetti’.
o un limite negativo, perché si risolve nella disapplicazione (non applicazione) della norma straniera
individuata dalla norma di conflitto; il 16 ci dice cosa non possiamo fare, ma resta aperto il problema del d da
applicare che non ci viene suggerito dall’art 16.
o un limite relativo nel tempo e nello spazio. certi principi anche fondamentai, hanno subito nel tempo delle
modifiche -> es disciplina delle unioni civili ormai tutta nuova, quelli che erano limiti pubblici ormai non
possono più essere invocati perché la disciplina si è aggiornata.
Problemi:

1- Evizione parziale: si rifiuta tutto il diritto straniero perché una disposizione lede l’ordine pubblico o si può
disapplicare una singola norma? Il considerando 25 di Roma 3 sembra ammettere la possibilità di
evizione parziale: “Considerazioni di interesse pubblico dovrebbero dare alle autorità
giurisdizionali degli Stati membri la possibilità, in circostanze eccezionali, di
disapplicare una disposizione della legge straniera qualora in una data fattispecie
sia manifestamente contraria all’ordine pubblico del foro”.  Sistema on- off= o si o no -
> la giuri se è una norma di dettaglio non la applica e fa finta che non esista, se invece la disposizione è
piuttosto rilevante -> escludo tutto.

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2- È possibile la graduazione dell’ordine pubblico in funzione del livello, del grado per l’appunto, di
estraneità di una determinata fattispecie rispetto a lex fori (ordine pubblico attenuato)? La giuri in certi
casi ha detto che l’istituto così particolare ha attenuato il rigore dell’ord internazionale perché la
fattispecie è particolarmente estranea. Dottrina contraria: suggerisce ricorso parsimonioso al limite
dell’ordinamento pubblico. Teoria della graduazione si trova in giuri nella dottrina meno, più prudente e
critica. ad es. (i) per caratteristiche oggettive o soggettive della fattispecie (che la rendono
particolarmente “estranea” all’ordinamento italiano), o (ii) perché in Italia si tratta solo di far valere gli
effetti di un rapporto costituito all’estero ed eventualmente ivi svolgentesi.

3- È configurabile un ordine pubblico con funzione positiva: dice che d applicare (o si tratta invece di N di
applicazione necessaria ad applicazione successiva)? Es. art. 10 Reg. Roma III: - Applicazione della
legge del foro: Qualora la legge applicabile ai sensi dell’articolo 5 o dell’articolo 8 non preveda il
divorzio o non conceda a uno dei coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di
accesso al divorzio o alla separazione personale, si applica la legge del foro.

4- Va operato un controllo di conformità alla CEDU (e alla rilevante giurisprudenza della Corte EDU) della
norma straniera richiamata, per il tramite dell’ordine pubblico? Certamente sì. Un giudice non può dire
‘io non ho rispettato una sentenza della corte Strasburgo perché applicavo diritto straniero’. Occorre
ricordare che uno Stato è responsabile per ogni violazione della Convenzione, che derivi dalle leggi che
esso stesso ha adottato, sia da una norma straniera, applicata al suo interno a seguito di richiamo
internazionale privatistico.

5- La soluzione delineata dal secondo comma dell’art. 16 è trasponibile ai Regg. (le cui norme di
funzionamento espressamente non la prevedono)? In questo caso integreremmo.

Art 17: Norme di applicazione necessaria. Se ci richiamiamo al sistema delle preleggi non troviamo una norma di
funzionamento corrispondente all’attuale art 17 della 218. In passato era una certezza, comunque, che in certe
situazioni con certi requisiti, il giudice italiano dovesse applicare a preferenza deld d stranieri, la lex fori.
Art. 17 legge n. 218/95 - Norme di applicazione necessaria
1. È fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del
loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera. Lart
17:
- pone un limite codificato nel 95, quindi meno tradizionale.
- Ci sono norme imperative italiane che tutte le volte che la controversia viene devoluta al giud
italiano, questa va definita alla stregua delle norme italiane a prescindere dal fatto che non sia
totalmente italiana. Gli obiettivi perseguiti da queste norme sono così importanti, che l’ordinamento
del foro va a connotare queste come norme, comunque, con applicazione anche se la fattispecie ha
connotazione transnazionale. È un limite preventivo= Qui non si presuppone il funzionamento della
norma di conflitto perché il giudice per definire la controversa afa riferimento a certe norme
materiali della lex fori richiamate dall’art 17  non continua con tutti i procedimenti per
l’individuazione della norma di conflitto, ma riconduce la fattispecie all’applicazione delle norme
materiali italiane imperative.
- È un limite positivo: bisogna ricondurre la fattispecie all’interno del d italiano. La norma di conflitto
non devo attivare ma a condizione che la normativa che in Italia è definita necessaria, esaurisca tt i
profili della fattispecie controversa. È possibile che soltanto alcuni aspetti vadano risolti alla luce del
d italiano gli altri devono far riferimento ad un altro diritto
Compravendita nulla perché commercia armi, quando c’è il divieto da parte delle norme italiane ad
applicazione necessaria. È nulla la parte del contratto relativo ad un determinato bene: le armi, gli
altri beni non risentono degli effetti bisogna valutare la l applicabile. È uno spezzettamento della l
applicabile: parte di d italiano + d estero
- È un limite eccezionale: // ordine pubblico. Vi si ricorre con estremo rigore.
- Le norme di applicazione necessaria vanno applicate con interpretazione restrittiva, senza uso di
analogia

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Si porta il d italiano non più in una situazione di parità nei confronti del d straniero. Ritengo che applicare il d
straniero potrebbe disattendere gli obiettivi che le norme materiali italiane tendono a perseguire scelta radicale di
rinuncia al d int privato, rinuncia a coordinare l’ambito di applicazione del d italiano in armonia con d stranieri.

Es. Art. 32-ter legge n. 218/95 - Unione civile tra persone maggiorenni dello stesso sesso
La capacità e le altre condizioni per costituire unione civile sono regolate dalla legge nazionale di ciascuna parte al
momento della costituzione dell'unione civile. Se la legge applicabile non ammette l'unione civile tra persone
maggiorenni dello stesso sesso si applica la legge italiana. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 4, della legge
del 2016, n. 76, sono di applicazione necessaria.
 Non disciplina tutta la fattispecie, ma solo il lato delle cause impeditive per la costituzione di unione civile:

Legge n. 76/2016, recante Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze,
art. 1 c. 4:
Sono cause impeditive per la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso:
a) la sussistenza, per una delle parti, di un vincolo matrimoniale o di un'unione civile tra persone dello stesso sesso;
b) l'interdizione di una delle parti per infermità di mente; se l'istanza d'interdizione è soltanto promossa, il pubblico
ministero può chiedere che si sospenda la costituzione dell'unione civile; in tal caso il procedimento non può aver luogo
finché la sentenza che ha pronunziato sull'istanza non sia passata in giudicato;
c) la sussistenza tra le parti dei rapporti di cui all'articolo 87, primo comma, del Codice civile; non possono altresì contrarre
unione civile tra persone dello stesso sesso lo zio e il nipote e la zia e
la nipote; si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 87;
d) la condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito
civilmente con l'altra parte; se è stato disposto soltanto rinvio a giudizio ovvero sentenza di condanna di primo o secondo
grado ovvero una misura cautelare la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso è sospesa sino a
quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento.
 Il giudice deve applicare subito queste disposizioni. Poi aggiunge quelle straniere
È difficile che una norma si dichiari di per sé ad applicazione necessaria, è il giudice che con interpretazione deve capire
la forza delle norme materiali. I criteri fanno riferimento ad elementi non relativi solo al contenuto. In queste norme c’è
una clausola che espressamente o implicitamente prescrivano l’applicazione del d italiano quando la controversia è
portata di fronte ad un giudice italiano.
Art. 33 legge n. 218/95 – Filiazione
1. Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se più favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno
dei genitori è cittadino, al momento della nascita. (omissis)
Sono di applicazione necessaria le norme del diritto italiano che sanciscono l’unicità dello status di figlio.
Art. 38 legge 218/95 - Adozione
I presupposti, la costituzione e la revoca dell'adozione sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli
adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti, ovvero da
quello dello Stato nel quale la loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata, al momento dell'adozione.
Tuttavia, si applica il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano l’adozione di un minore, idonea ad
attribuirgli lo stato di figlio legittimo.
= Norma di conflitto a cascata.
Quando l’oggetto della domanda riguarda una adozione al fine di far acquisire uno status di figlio  si applica il d
italiano. È lo stesso tenore del d italiano a connotare come necessariamente applicabili certe disposizioni del d
materiale italiano rendendo eventuali e residuale il ricorso ad un d straniero.

Una logica analoga nell’art 46: Art. 46 legge n. 218/95 - Successione per causa di morte
Il soggetto della cui eredità si tratta può sottoporre, con dichiarazione espressa in forma testamentaria, l’intera
successione alla legge dello Stato in cui risiede. (omissis) Nell’ipotesi di successione di un cittadino italiano, la scelta
non pregiudica i diritti che la legge italiana attribuisce ai legittimari residenti in Italia al momento della morte
della persona della cui successione si tratta.
 Disposizioni che resistono all’autonomia del d int privato.

Succo di tt la lezione= Rintracciamo tra le norme di conflitto una serie di casi in cui si richiede l’applicazione necessaria del
d italiano. Ci sono casi in cui la definizione di norma ad applicazione necessaria è espressa:

Art. 28 D.l. n. 9/2020 - Rimborso titoli di viaggio e pacchetti turistici : Le disposizioni di cui al presente articolo costituiscono, ai
sensi dell'articolo 17 della legge del 31 maggio 1995, n. 218 e dell'articolo 9 del regolamento (CE) n. 593/2008 (roma1) del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, norme di applicazione necessaria.

Il riferimento alle norme ad applicazione necessaria si trova anche nei reg ue:

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Art. 9 Reg. Roma I - Norme di applicazione necessaria
1Le norme di applicazione necessaria sono disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la
salvaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica, al punto da esigerne
l’applicazione a tutte le situazioni che rientrino nel loro campo d’applicazione, qualunque sia la legge applicabile al
contratto secondo il presente regolamento.
2. Le disposizioni del presente regolamento non ostano all’applicazione delle norme di applicazione necessaria
della legge del foro.
3. Può essere data efficacia anche alle norme di applicazione necessaria del paese in cui gli obblighi derivanti dal
contratto devono essere o sono stati eseguiti (paese terzo), nella misura in cui tali norme di applicazione
necessaria rendono illecito l’adempimento del contratto. Per decidere se vada data efficacia a queste norme, si
deve tenere conto della loro natura e della loro finalità nonché delle conseguenze derivanti dal fatto che siano
applicate, o meno.
-> Viene meno art 3 roma1 sulle norme di conflitto per obbligazioni contrattuali.
Altri esempi:
 Legge 22 aprile 1941, n. 633. Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio
Art. 185 l. n. 633/1941
1. Questa legge si applica a tutte le opere di autori italiani, dovunque pubblicate per la prima volta (omissis).
2. Si applica egualmente alle opere di autori stranieri domiciliati in Italia, che siano state pubblicate per la prima volta
in Italia
 Norme di diritto pubblico dell’economia: Disciplina dei controlli dei cambi e delle divise, Disposizioni in
materia doganale e fiscale, Regolamentazioni relative ai controlli sanitari, Divieti di importazione o di
esportazione di beni particolari (opere d’arte, armamenti, prodotti ad alta tecnologia), Norme antitrust.
 Norme in tema di embargo per motivi di sicurezza.
 Norme di adattamento a convenzioni materiali di diritto uniforme (trasporto marittimo) a contenuto
inderogabile (per i privati e per gli stati) e cogente, elaborate per la disciplina di determinati contratti (es.,
contratto di trasporto marittimo di cose)  risolve a priori la legge applicabile.

Natura incerta dell’Art. 10 Reg. Roma III - Applicazione della legge del foro
Qualora la legge applicabile ai sensi dell’articolo 5 o dell’articolo 8 non preveda il divorzio o non conceda a uno dei
coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione
personale, si applica la legge del foro.
 ordine pubblico con connotazione positiva o noema ad applicazione necessaria in via successiva? Riconducibile in
modo pieno né ad uno né all’altro
Nan esterne: Rilevano anche le norme di applicazione necessaria di ordinamenti ulteriori rispetto alla lex fori: le NaN
della lex causae (legge straniera richiamata dalla norma di conflitto del foro); NaN di ordinamenti terzi (es.: art. 9.3
Reg. Roma I)

 dopo aver controllato se c’è nan della lex fori, valuto anche l’ordinamento terzo; infatti, bisogna sempre applicare
il d straniero come se si fosse giudici del paese terzo.

Ordine pubblico ex art 16 Nan ex art 17


tradizionale Più nuovo  ‘95
successivo preventivo
negativo positivo
(Concreto, eccezionale, internazionale, relativo)

Terza norma di funzionamento art 18


Art 18: Ordinamenti pluri legislativi. Ultime due norme di funzionamento della l 218: rinvio agli ordinamenti pluri
legislativi.
Nell’ord giuridico straniero convivono più livelli che sono costruiti su base territoriale o personale. Al proprio interno
lord giur straniero conosce articolazioni ulteriori su base personale in ragione dell’appartenenza ad un gruppo
distinto per nazionalità, per lingua, per religione, etnia. C’è un sottosistema con regole che si applicano solo in
relazione a sogg qualificati in relazione a questa appartenenza. Oppure l’articolazione interna presente nel sistema
giuridico straniero è su base territoriale  applicazione di sistemi normativi diversi in diversi ambiti territoriali
presenti nell’ord giur straniero. Es rinvio al d svizzero, americano dove vi è un’articolazione interna su base

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territoriale -> sono elaborati in questi ordinamenti delle norme straniere che disciplinano i conflitti interlocali.
L’impostazione classica è che il d int privato serva a coordinare l’operatività degli ordinamenti giuridici degli stati
intesi come soggetti di d internazionale. Abbiamo in realtà il riferimento allo stato nella sua complessità e le ulteriori
articolazioni interne sono affidate alle soluzioni che tale ord ha affinato per risolvere i conflitti interni.
Nell’impostazione classica il d internazionale privato, si occuperebbe solo di risolvere i conflitti tra ordinamenti
giuridici di stati sovrani, terminando così la propria funzione. La norma di conflitto si ferma richiamando
l’ordinamento giuridico straniero nel suo complesso, poi la soluzione del conflitto interlocale è tutta devoluta all’ord
giuridico straniero richiamato dalla norma di conflitto in vigore nell’ord giuridico richiamato. Questa soluzione è
conforme a quanto prescrive l’art 15 della l 218: il giudice italiano quando applica il d straniero dovrebbe operare
come fosse un giudice di quell’ordinamento straniero. Se così è la soluzione dei conflitti interlocali o interpersonali
non è prevista dal d italiano, ma rimessa totalmente all’ord straniero richiamato  il conflitto va risolto dal giud
italiano, ma alla stregua delle norme che presiedono tale conflitto elaborate all’interno dell’ord giur straniero
richiamato. Art 18 in armonia con il 15. Ratio: privilegiare il punto di vista e il d positivo dell’ordinamento giuridico
straniero chiamato.
Art. 18 legge n. 218/95 – Ordinamenti pluri legislativi
1. Se nell'ordinamento dello Stato richiamato dalle disposizioni della presente legge coesistono più sistemi normativi
a base territoriale o personale, la legge applicabile si determina secondo i criteri utilizzati da quell'ordinamento.
2. Se tali criteri non possono essere individuati, si applica il sistema normativo con il quale il caso di specie presenta il
collegamento più stretto.
→ il riferimento è all’ordinamento straniero nel suo complesso; la determinazione del sub-sistema legislativo
competente a regolare la fattispecie è rimessa alle sue regole interlocali o interpersonali.
Negli stessi termini, art. 15 Reg. Roma III per i soli conflitti interpersonali (v.)
Siamo nel quadro dell’art 14 che prescrive al giudice di conoscere autonomamente il d straniero richiamato, ma se
nonostante gli sforzi il giudice non perviene a ricostruire le norme sulla base delle quali l’ordinamento risolve i
conflitti  deve coordinare i sistemi operanti all’interno: il sistema normativo con cui il caso di specie presenta il
collegamento più stretto (// tecnica di localizzazione). Ma l’art 14 prescrive una soluzione intermedia e quindi sul
piano interpretativo si potrebbero prospettare due soluzioni: una al 18 comma 2 (norme straniere che risolvono i
conflitti interlocali e interpersonali), l’altra al 14 per cui se il giudice non riesce a conoscere il d straniero, si rivolge
alla seconda alternativa e come estrema ratio adotta la norma con criterio di collegamento più stretta alla
fattispecie-> una ha base testuale, l’altra deriva dal combinato disposto del 14 con 18. Seconda soluzione accolta dai
reg groma 1 e 2, soluzione che privilegia la prevedibilità del d applicabile. Tenendo presente che il problema è che
l’ordinamento richiamato sia pluri legislativo
 Soluzioni regolamenti: Il DIP comunitario di fronte al problema del riferimento a ordinamenti plurilegislativi fa
una scelta diversa da quella del nostro ordinamento volta a privilegiare la prevedibilità del diritto  esclude del
tutto il richiamo alle norme interlocali stabilendo che la norma di conflitto del foro perviene direttamente alla
determinazione della legge applicabile
Articolo 22 Reg. n. 593/2008 (Roma I) - Stati con più sistemi giuridici
1. Ove uno Stato si componga di più unità territoriali, ciascuna con una normativa propria in materia di
obbligazioni contrattuali, ogni unità territoriale è considerata come un paese ai fini della
determinazione della legge applicabile ai sensi del presente regolamento. (omissis)
Art. 25 Reg. n. 864/2007 (Regolamento Roma I) - Stati con più sistemi giuridici
Ove uno Stato si componga di più unità territoriali, ciascuna con una normativa propria in materia di obbligazioni
extracontrattuali, ogni unità territoriale è considerata come un paese ai fini della determinazione della legge applicabile ai sensi
del presente regolamento.
Uno Stato membro in cui differenti unità territoriali abbiano le proprie norme giuridiche in materia di obbligazioni
extracontrattuali non è tenuto ad applicare il presente regolamento ai conflitti di leggi che riguardano unicamente
tali unità territoriali.
La soluzione accolta in questi articoli dai Regolamenti Roma I e II è quella di considerare la volontà delle parti idonea
a individuare il subsistema normativo dell’ordimento straniero richiamato applicabile. Il subsistema scelto dalle parti
trova applicazione diretta in virtù della stessa scelta operata dalle parti. La soluzione espressa nei Regolamenti
esclude l’applicazione delle norme di conflitto interne agli ordinamenti plurilegislativi. La soluzione accolta dai
Regolamenti garantisce la prevedibilità del diritto applicabile. Modifica tuttavia il modo di essere di un ordinamento
giuridico complessivo (NB qui la scelta dei Regolamenti risulta coerente con la scelta di escludere il meccanismo di
rinvio).
 Visti due differenti approcci di fronte al problema della gestione degli ordinamenti plurilegislativi si può affermare
che non esiste una soluzione migliore in assoluto; tuttavia, le soluzioni che tengono a mente delle norme
sull’articolazione interna degli ordinamenti risultano più rispondenti a un’esigenza di buona applicazione delle
norme di conflitto.

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Reg Roma 1 parla sempre di legge del paese= quella del subsistema a base territoriale in vigore in quell’ord giuri
straniero. Localizzo la disciplina del rapporto direttamente nel subsistema e così garantisco prevedibilità del d
applicabile. Ove il venditore ha la sua residenza abituale. (sono coerente con la disciplina sul rinvio).
Criteri con specifica portata territoriale: art 4 roma 1
Legge applicabile in mancanza di scelta.
1. Nella misura in cui la legge che regola il contratto non sia stata scelta a norma dell'art. 3, il contratto è regolato
dalla legge del paese col quale presenta il collegamento più stretto. Tuttavia, qualora una parte del contratto sia
separabile dal resto e presenti un collegamento più stretto con un altro paese, a tale parte del contratto potrà
applicarsi, in via eccezionale, la legge di quest'altro paese.
2. Salvo quanto disposto dal paragrafo 5, si presume che il contratto presenti il collegamento più stretto col paese in
cui la parte che deve fornire la prestazione caratteristica ha, al momento della conclusione del contratto, la propria
residenza abituale o, se si tratta di una società, associazione o persona giuridica, la propria amministrazione centrale.
Tuttavia, se il contratto è concluso nell'esercizio dell'attività economica o professionale della suddetta parte, il paese
da considerare è quello dove è situata la sede principale di detta attività oppure, se a norma del contratto la
prestazione dev'essere fornita da una sede diversa dalla sede principale, quello dove è situata questa diversa sede.
3. Quando il contratto ha per oggetto il diritto reale su un bene immobile o il diritto di utilizzazione di un bene
immobile, si presume, in deroga al paragrafo 2, che il contratto presenti il collegamento più stretto con il paese in cui
l'immobile è situato.
4. La presunzione del paragrafo 2 non vale per il contratto di trasporto di merci. Si presume che questo contratto
presenti il collegamento più stretto col paese in cui il vettore ha la sua sede principale al momento della conclusione
del contratto, se il detto paese coincide con quello in cui si trova il luogo di carico o di scarico o la sede principale del
mittente. Ai fini dell'applicazione del presente paragrafo sono considerati come contratti di trasporto di merci i
contratti di noleggio a viaggio o altri contratti il cui oggetto essenziale sia il trasporto di merci.
5. È esclusa l'applicazione del paragrafo 2 quando la prestazione caratteristica non può essere determinata. Le
presunzioni dei paragrafi 2, 3 e 4 vengono meno quando dal complesso delle circostanze risulta che il contratto
presenta un collegamento più stretto con un altro paese.
 criteri di collegamento territoriale
Es Roma 3 art 14 e 15
Art. 15 Reg. 1259/2010 (Roma III) - Stati con due o più sistemi giuridici - conflitti interpersonali di leggi
In relazione ad uno Stato con due o più sistemi giuridici o complessi di norme applicabili a categorie diverse di
persone riguardanti materie disciplinate dal presente regolamento, ogni riferimento alla legge di tale Stato è inteso
come riferimento al sistema giuridico determinato dalle norme in vigore in tale Stato. In mancanza di tali norme, si
applica il sistema giuridico o il complesso di norme con cui il coniuge o i coniugi hanno il legame più stretto.
 Richiamo l’ord giuridico straniero nella sua interezza, in applicazione della logica che prescrive al giudice di
applicare il d come se fosse all’estero. In mancanza di tali norme, non ci sono o il giud non riesce a reperirle,
allora applica le norme dell’ord con il collegamento più stretto.
Art. 14 Reg. 1259/2010 (Roma III) - Stati con due o più sistemi giuridici - conflitti territoriali di leggi
Ove uno Stato si componga di più unità territoriali, ciascuna con il proprio sistema giuridico o complesso di norme
per materie disciplinate dal presente regolamento:
a) ogni riferimento alla legge di tale Stato è inteso, ai fini della determinazione della legge applicabile ai
sensi del presente regolamento, come riferimento alla legge in vigore nell’unità territoriale pertinente;
=subsistema normativo su base territoriale
b) ogni riferimento alla residenza abituale in quello Stato è inteso come riferimento alla residenza abituale
in un’unità territoriale; //Roma 1
c) ogni riferimento alla cittadinanza è inteso come riferimento all’appartenenza all’unità territoriale
designata dalla legge di detto Stato o, in mancanza di norme pertinenti, all’unità territoriale scelta dalle parti
o, in mancanza di scelta, all’unità territoriale con la quale il coniuge o i coniugi hanno il legame più stretto. =
criterio di collegamento a cascata. Il criterio della cittadinanza non è strettamente a base territoriale ma si
riferisce a indici che potrebbero essere affinati anche dalla l statale  situazione più complessa
forse le situazioni articolate per tener conto anche del tipo di articolazione interna, sono più corrispondenti
all’esigenza di buon’applicazione delle norme di conflitto. Roma 3 è successivo e articola le soluzioni a seconda che
sia conflitto interpersonale o interlocale.

Quarta norma di funzionamento: Art 19 della l 218


Art. 19 legge n. 218/95
1. Nei casi in cui le disposizioni della presente legge richiamano la legge nazionale di una persona, se questa è apolide
o rifugiata si applica la legge dello Stato del domicilio o, in mancanza, la legge dello Stato di residenza.

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2. Se la persona ha più cittadinanze, si applica la legge di quello tra gli Stati di appartenenza con il quale essa ha il
collegamento più stretto. Se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale

Soggetti con più cittadinanze, apolidi e rifugiati. Comma 2 criterio conforme alla logica del d internazionale privato.
Può non essere semplice per il giudice stabilire il collegamento più effettivo, però è un’indagine che il d int privato
affida in molte circostanze (es art 4 roma1). Problema: se è cittadinanza di una sola persona collegamento iù facile,
se s tratta di l nazionale comune die coniugi con più cittadinanze, più difficile. Ultima disposizione sbilanciata in
favore della lex fori, rompe la tendenziale parità tra lex fori e d straniero= principio che la giuri ha sempre enunciato
nell’ambito del sistema di d int privato, accolta anche quando operava il sistema delle preleggi n cui una disp del
genere non era codificata. Questo favore per la l italiana che prevale anche equando fosse meno effettiva, crea
problemi quando l’altra cittadinanza è quella di uno stato membro -> la corte di gius ravvisa ingiustificate limitazioni
alle libertà in ipotesi in cui tra più cittadinanze si accordava quella del foro. Una delle affermazioni più problematiche
è che lo stato membro non è legittimato a limitare gli effetti dell’attribuzione della cittadinanza di un altro stato
membro pretendendo un requisito ulteriore per l’affermazione di tale cittadinanza. Il comma 1 fa riferimento alle
ipotesi in cui il sogg non abbia cittadinanza di un paese sia rifugiato  considerare equivalente alla cittadinanza il
luogo in cui tale sogg ha domicilio o residenza. È un criterio fattuale oggettivo che la l affina in aderenza con le
convenzioni internazionali che stabiliscono che nel garantire uno status protettivo a tali sogg, il criterio di coll della
cittadinanza se non può funzionare, sia sostituito on un criterio fattuale sulla residenza o il domicilio. Abbiamo
aderenza del criterio sostitutivo con le conv di Ginevra e di new York.
Conoscenza, interpretazione e applicazione del d straniero  costituzionalità del d straniero richiamato ex art
15. Alla stregua dell’art 15 si applica il d straniero come se il giudice fosse appartenente a tale ord giur straniero
 eventuali norme di d pubblico straniero. Se io siedo all’estero applicherò anche le norme ad appl necessaria
dell’ord giuridico straniero per affinare istituti di d privato. In questa logica terrò conto delle caratteristiche
del’ord straniero che impongono di operare un controllo diffuso di cost. se è un ordinamento che consente al
giudice comune una disapplicazione di una norma leg per contrasto con principi cost, anche il giud italiano si
deve comportare di conseguenza  interpretazione fondata sui valori cost stranieri. Se invece c’è un controllo
accentrato, il giudice italiano non può promuoverlo, non ha la legittimazione  può promuovere una
interpretazione cost orientata, ma se ravviso conflitto devo fermarmi e non posso prevenire al reperimento del
d straniero da applicare alla fattispecie  applica se previsti gli altri criteri di collegamento, oppure applica d
italiano. Questo vale per un dubbio di costituzionalità che si ponga al giudice italiano con rif ai principi e valori
cost stranieri. È certo che il dubbio può riguardare la compatibilità con i principi italiani  art 16 ordine
pubblico, ma deve essere contrasto in concreto in relazione agli effetti che l’applicazione del d straniero
potrebbe causare.

Diritto internazionale privato


Parte generale
- Dip in senso stretto – dip in senso intermedio
- Fonti: d italiano, d internazionale, d ue
Norme di conflitto
- tecniche per individuare norme di conflitto
- obiettivi norme di conflitto
- metodi di coordinamento
- neutralità
dip e circolazione
- migrazione
- continuità status
dip e commercio
- contratti
- enti
qualificazione
- cos’è
- caso Bartholo e seconda qualificazione
- art 14
- 3 problemi per applicazione norme di conflitto
Norme di funzionamento

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- Art 13 rinvio
- Art 16 ordine pubblico
- Art 17 NaN
- Art 18 ordinamenti pluri legislativi
- Art 19 apolidi e rifugiati
- Interpretazione d straniero e controllo costituzionalità

Diritto pubblico
Introduzione: Come fonte primaria: diritto consuetudinario  d flessibile, che però fonda dei principi generali che
trovano specificazione all’interno della fonte secondaria dei trattati. Tra fonti consuetudinarie e fonti pattizie c’è
un rapporto di reciproca derogabilità-> norma di d generale può essere derogata da una norma pattizia, e una
norma consuetudinaria può venir meno per desuetudine (gli stati non la applicano costantemente nei loro
rapporti). Alcune norme di d generale sono ius cogens: categoria circoscritta di norme consuetudinarie che si
sottraggono al rapporto di reciproca derogabilità perché enucleano principi essenziali della comunità
internazionale, e per questo sono percepiti come irrinunciabili e immodificabili.  non possono essere derogati
da trattati o fonti pattizie. in realtà questa categoria è composta da norme consuetudinarie che vengono
ritenute come inderogabili  minore certezza rispetto ad un sistema che formalmente connota l’assoluta
inderogabilità. Conv di Vienna del 69 sul d dei trattati: art 53 tratta di norma ius cogens per capire cosa succede
se questa viene violata da un trattato. Definizione ius cogens: norma imperativa del d internaz generale, una
norma accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale nel suo insieme come norma alla quale non è
consentita deroga e che può essere modificata solo da successiva norma di d internazionale generale avente lo
stesso carattere.
L’espressione “diritto internazionale” viene utilizzato per la prima volta nel 1780 (J. Bentham). L’origine della
comunità internazionale si fa tradizionalmente risalire alla pace di Westfalia del 1648. È un ordinamento con
caratteristiche diverse da quello del d int privato. Quando la cronaca ci porta a interrogarci sull’effettività del d
internazionale siamo disarmati, certi eventi che pensavamo da considerare superati, si verificano ancora. Immagine
di un d internazionale che nel tempo si è evoluto, ma senza mai affermarsi rispetto a logiche e principi che lo hanno
caratterizzato nella sua fase nascente: quando la guerra è strumento per le relazioni internazionali, quando il
principio cardine è quello di effettività (hai un territorio e al suo interno eserciti potere di potestà sulla popolazione
presente -> sei uno stato e quindi puoi agire su un piano di parità con gli altri stati nel piano internazionale. Es
Afghanistan continuerà a far parte delle relazioni internazionali). L’UE, nelle sue relazioni reciproche ha evoluto il d
internazionale, ma è come se avesse agito per ere geologiche: i principi primordiali non si sono mai superati, ma ad
essi se ne sono aggiunti nuovi  c’è ancora consistenza di antico. Soprattutto nei momenti di crisi, certe logiche
iniziali ritornano in primo piano. I trattati caratterizzanti la fase iniziale sono ancora presenti. I fatti che si verificano
dimostrano che l’effettività è determinante per l’acquisizione della soggettività internazionale di uno stato.

le fasi evolutive del diritto internazionale e la loro "stratificazione "


3 fasi:
1- Diritto internazionale classico: dal 1648
Quando si forma la comunità internazionale nessuno Stato si dimostra abbastanza potente da stabilire principi
fondamentali che governassero le relazioni internazionali.
Il DI, nella sua fase iniziale, lascia agli Stati un’ampia sfera di libertà, proclama o presuppone la loro uguaglianza
giuridica e tende a legittimare giuridicamente le situazioni di fatto → spontaneamente e quasi inconsapevolmente si
affermano TRE postulati alla base della produzione giuridica: libertà, uguaglianza sovrana degli Stati, effettività
 libertà e uguaglianza sovrana implicano il principio di Non ingerenza negli affari interni o esterni di altri
Stati
assenza di organi centralizzati esplicanti le 3 funzioni giuridiche: produzione, accertamento, attuazione del diritto
→ nella comunità internazionale il potere è frammentato e disperso; nessuno Stato o gruppo di Stati è riuscito ad
esercitare un potere così diffuso e duraturo da imporre la sua volontà sull’intera comunità internazionale; le norme
di organizzazione si trovano ad uno stadio embrionale → spetta a ciascuno Stato attivarsi per creare e modificare le
norme; per risolvere le controversie e per imporre l’osservanza del diritto. D internazionale classico corrisponde con
la nascita del d internazionale. si affacciano nella realtà internazionale gli stati indipendenti sovrani. Si fa riferimento
alla data della pace di Vestfalia 1648 perché Prima avevamo gli interlocutori della chiesa e impero, da quel momento
in poi abbiamo gli stati moderni. Senza una pluralità di stati indipendenti non c’è d internazionale: disciplina le

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relazioni fra stati, soggetti che hanno soggettività piena di d internazionale, e quindi solo con un pluralismo nelle
concrete relazioni si può formare il d internazionale. Da questo punto fino alla seconda gm abbiamo il d
internazionale classico.
Principi essenziali 1: libertà, uguaglianza tra gli stati, effettività. Questi tre valori hanno carattere di valori ordinatori
delle relazioni tra i soggetti che sono gli stati, soggetti primari e necessari affinché ci sia una comunità internazionale.
Gli stati interagendo attuano le regole di d internazionale cui vengono ad assoggettarsi.
- Libertà: riguarda l’organizzazione interna degli stati. Uno stato non ha alcun potere di ingerirsi negli
affari interni di un altro stato = giurisdizione interna dello stato sovrano. Ciascun stato al suo interno
si organizza come vuole in relazione all’autorità di governo che meglio intende affermare e si ha
anche riguardo alle garanzie riconosciute agli stessi cittadini  nucleo di regole per stranieri. Infatti,
se lo stato tenesse determinati comportamenti verso cittadini stranieri, la violazione che si incarna
nella persona fisica dello straniero è una violazione delle prerogative sovrane dello stato cui i
cittadini stranieri appartengono. In casi limite lo stato straniero si teneva offeso per il trattamento
che un altro stato gli riservava. Altrimenti giurisdizione domestica  piena libertà dello stato di
gestire la struttura giuridica dei d riconosciuti ai cittadini. Anche sul piano della politica estera non vi
era ripudio della guerra, che seppur indicata come strumento estremo, era una delle modalità con
cui stringere rapporti internazionali. Si ragionava sulle regole da seguire in caso di guerra: es
dichiarazione, garanzia dei d minimi…invece che occuparsi del fatto che la guerra violi d
fondamentali, ci si occupava della sua etichetta.
- Uguaglianza sovrana degli stati: uguaglianza del tt formale. Attraverso i rapporti di forza e di potere
l’uguaglianza era facilmente compressa e forzata, rendendo uno stato libero e uguale ad un altro, in
realtà condizionato nel suo agire dalle pressioni economiche che un altro stato poteva operare nei
suoi confronti. Uguaglianza che non si preoccupa di difendere gli stati meno sviluppati, ma che pone
su un piano formale tutti i soggetti del d internazionale. Uguaglianza cieca di fronte alle
disuguaglianze di fatto. Quando uno stato esercita il proprio potere sovrano su un territorio e la sua
popolazione, e lo fa attraverso un ordinamento giuridico autonomo e indipendente, rispetto a quello
di un altro stato si parla di soggettività che lo pone su un piano di uguaglianza formale rispetto agli
altri stati sul piano internazionale. Il d internazionale deve definire ambiti di giurisdizione domestica,
esclusivi e porre regole internazionali che garantiscano la coesistenza degli stati. Si disciplina tt
quello che consente agli stati di convivere senza promuovere una cooperazione più profonda
(elemento che emerge con la seconda fase)
- Effettività: sentiamo ancora oggi la mancanza di un centro che una volta affermate certe regole,
abbia la forza di imporne l’osservanza. (Un organo deputato a questa funzione è il consiglio di
sicurezza (seconda fase) la carta delle nazioni unite permette anche l’uso della forza su piano
collettivo, noi identifichiamo come elemento qualificante della seconda parte il ripudio della forza
militare come strumento per le relazioni interstatali, ma in casi eccezionalissimi il consiglio di
sicurezza può legittimare il ricorso alla forza  prima realizzazione dell’esigenza che emergeva nella
prima fase= individuare un centro per l0esecuzione collettiva delle regole fondamentali affermate
nell’ambito delle relazioni tra stati).
 In questa prima fase abbiamo pochi principi generalissimi, affermati dal d internazionale federale, alcune
regole pattizie che intervengono solo tra gli stati che decidono di limitare ulteriormente la loro area di
libertà inizialmente riconosciutagli senza individuare un centro capace di realizzare l’attuazione del
diritto. In Questa prima fase gli stati hanno potere ampio, difficilmente incanalabile in schemi giuridici 
i rapporti di forza hanno lasciato l’impronta fondamentale delle relazioni internazionali. Il d
internazionale ha atteggiamento permissivo: quello che non è espressamente vietato è libero. La legge
del più forte è la regola. La prima e la seconda gm indicano che ci sono state situazioni tali da suggerire
agli stati di rinunciare a parte della loro sovranità, per dare vita ad organizzazioni internazionali con il
fine principale di promuovere pace e sicurezza internazionale (obiettivo oggi dell’ONU).

2- Diritto internazionale moderno o intermedio: dal 1945


Carta delle NU (1945) e Dichiarazione universale dei diritti umani (1948) [riaffermazione del principio tradizionale di
uguaglianza sovrana degli S. membri]. Carta delle nazioni unite e la dichiarazione dei d umani fondamentali
costituiscono un momento di svolta: inizia l’atteggiamento favorevole ad un d invasivo, che limita gli spazi di
giurisdizione permissiva, ma con l’obiettivo di evitare catastrofi segnate dalla prima e seconda gm. Il d internazionale
fa un salto di qualità: fondandosi sulla sovranità degli stati. Ma l’ONU si fonda su una diseguaglianza strutturale vs gli
stati: d di veto di alcuni membri del consiglio di sicurezza paralizza l’adozione di misure quando si creano certe
situazioni di emergenza. Questa diseguaglianza fotografa l’esito della Seconda guerra mondiale. Rispecchiare una

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situazione datata significa anche generare situazioni di stallo e di difficoltà di superamento quando determinate
iniziative nei confronti di alcuni stati presentino interferenze giustificate  d di veto. Non è ancora stato creato un
modello alternativo a quello configurato nel 45.
Principi essenziali 2: Ai vecchi tre si aggiungono nuovi principi: obbligo di risolvere le controversie in maniera pacifica
e divieto di minaccia e uso di forza. Art 2 carta nazioni unite, sono scolpiti nella pietra, essenziali. Due norme che
sono considerate da tt norme ius cogens si riconducono alla categoria qualificata norme consuetudinarie, a cui
allude il 53 della conv di Vienna. Due principi strutturali che la comunità internazionale ha fatto refluire nella
categoria ius cogens (assente nella prima fase).
(Come nasce lo ius cogens: è stato un tentativo degli stati di nuova formazione. inizia ad emergere negli anni 60 il
desiderio di blindare alcuni principi riconducendoli a una categoria senza innovare il profilo delle fonti, ma
assegnandogli valore diverso. Sono i paesi emergenti, trovando un d internazionale molto strutturato, che vogliono
portare un nuovo contributo: principi generali di ius cogens. Fine anni 60 si raggiunge lo scopo  la conv di Vienna
del 69 accoglie questa nuova classificazione).
Poi c’è nuovo principio: tutela dei d umani, che raggiunge enunciazione compiuta. La dichiarazione, dell’ass generale
delle nazioni unite, è una raccomandazione (fonte non vincolante). è comunque possibile che a partire da un atto
non vincolante, come per la dichiarazione dei d umani, si generi una prassi internazionale conforme alla
dichiarazione  si forma regola d d generale che via via considera vincolante ciò che in un primo momento non lo
era. Il d internaz generale è consuetudinario -> se da una dichiarazione di principi autorevole, ci comportiamo in
modo conforme ad essa gli conferiamo l’autorità delle fonti consuetudinarie vincolanti. (la cedu è già un testo che
nasce con caratteri vincolanti. È stata istituita anche la corte edu che con interpretazione garantisce effettività ed
evoluzione della convenzione). Poi di fatto quelli che vengono definiti come d universali, bisogna vedere se
concretamente sono garantiti. La dichiarazione quando viene proclamata rappresenta una svolta rilevante per la
comunità internazionale. Sono questi tre principi che penetrano all’interno delle relazioni internazionali,
aggiungendosi ai primi tre e delineano il d internazionale moderno.

Con scarto di pochi anni si arriva alla terza fase  suddivisione rudimentale

3- Diritto internazionale contemporaneo: dal 1970


Dichiarazione relativa ai principi di DI concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra gli Stati (1970).
riaffermazione del principio tradizionale di non ingerenza → principio tradizionale, con peculiare valenza
contemporanea. Confini attuali di questo principio tradizionale: è rafforzato dal divieto della minaccia e dell’uso della
forza, massima forma di ingerenza può risultare attenuato in ragione dello svilupparsi della cooperazione
internazionale; del principio di tutela dei diritti umani. attenzione alle nuove forme di ingerenza, ad esempio l’uso
della forza economica (il boicottaggio economico, la sospensione dell’assistenza economica)
Principi essenziali 3: dovere di cooperare, eguaglianza dei popoli e autodeterminazione
Caratteristiche dei principi del DI contemporaneo: Nel DI classico norme generali, ora principi  formulazione:
carattere vago, si prestano ad applicazioni contraddittorie. destinatari: non solo gli Stati, ma anche altri soggetti
internazionali (insorti, popoli rappresentati da MDL nazionali, OI, INDIVIDUO)
natura: hanno carattere cogente (jus cogens), sono principi accettati e riconosciuti dalla comunità internazionale
come parametri cui non è consentita alcuna deroga. i nuovi principi stabiliscono obblighi erga omnes: tutti i soggetti
della comunità internazionale possono esercitare i diritti e le pretese derivanti dai principi in questione; stabiliscono
obblighi e diritti solidali: autorizzano ogni soggetto internazionale a pretendere il rispetto dei principi da parte di ogni
altro e ciò anche se il presunto inadempimento non ha causato alcun danno al soggetto che avanza la pretesa.
 Nell’ordinamento internazionale convivono i 2 modelli: il diritto tradizionale e quello contemporaneo; il
nuovo modello non ha sostituito il vecchio, che riemerge nei momenti di crisi.
Il d internazionale contemporaneo inizia dal 70 anno in cui viene emanata una dichiarazione di principi =
raccomandazione non vincolante, si enuncia il principio sulle relazioni amichevoli tra gli stati per cui si sancisce il
dovere di cooperare. nella prima fase il d int si qualificava per garantire la coesistenza tra stati= minimo
indispensabile perché gli stati potessero sopravvivere. Ora si sancisce:
- obbligo di cooperazione e quindi questo obbligo ci fa pensare agli strumenti che tipicamente hanno
caratterizzato la fase contemporanea: obbligo di cooperazione diventa il principio fondamentale.
- una qualche soggettività dei popoli, prima i popoli non avevano una loro ingerenza nell’ambito della
soggettività internazionale, era elemento costitutivo della soggettività dello stato, ma poi non aveva
diritti. Nascono i popoli con il d all’autodeterminazione e si prevede che lo stato sovrano abbia una
certa responsabilità nei confronti dei propri cittadini. Il d internazionale si interroga delle tutele che
uno stata garantisca ai propri cittadini = responsability to protect.

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Il nostro d di autodeterminazione trova dei limiti quando si scontra con l’autorità degli altri stati. Il principio di
autodeterminazione nasce Nella prospettiva di garantire un popolo contro la dominazione straniera  pone fine alla
colonizzazione. Gli altri stati devono impegnarsi ad aiutare gli altri popoli sottoposti a dominazione straniera. Alcuni
movimenti indipendentisti rimangono però nelle questioni interne di uno stato  l’altro stato non può intervenire,
se ad agire con sovranità è un soggetto legittimato ad esercitare la potestà di governo. Casi in cui è stato dubbio se
alcuni comportamenti fossero da qualificare come autodeterminazione: es Crimea voto referendario in una
situazione non garante delle libertà.
 Difficoltà di bilanciamento.
Il principio della tutela dei d umani porta ad un accrescimento della responsability to protect  si può attivare
un’ingerenza umanitaria per proteggere i cittadini (poi di fatto possono nascere per tutele economiche o portare a
situazioni peggiori).
Quarta fase? Alcuni aspetti evolutivi in particolare nel settore del d internazionale dell’ambiente, in evoluzione
costante a fronte i un’emergenza indiscussa. Il p di uguaglianza sovrano è stato declinato in termini di
effettività. Prima uguaglianza formale, poi diseguaglianza strutturale, ora forma diseguaglianze compensative:
sei più responsabile anche in relazione all’uso fatto in passato e del tuo contributo all’inquinamento e
all’alterazione degli equilibri ambientali  devi aver responsabilità maggiore ora. Dichiarazione di rio del
92: In considerazione del differente contributo al degrado ambientale globale, gli Stati hanno responsabilità
comuni ma differenziate. I paesi sviluppati riconoscono la responsabilità che incombe loro nel perseguimento
internazionale dello sviluppo sostenibile date le pressioni che le loro società esercitano sull'ambiente globale e
le tecnologie e risorse finanziarie di cui dispongono

Prima fase Seconda fase Terza fase Quarta fase


1648- 1945 1945- 1970 1970- oggi Oggi?
Libertà, Divieto dell’uso della Dovere di
uguaglianza, forza, rispetto dei cooperazione,
effettività diritti umani autodeterminazione
dei popoli
Uguaglianza solo Disuguaglianza Disuguaglianza
formale strutturale compensativa
Pace di Westfalia Dichiarazione NU Dichiarazione Dichiarazione di Rio
relativa ai due
principi
Regola del più forte Tutela d umani Riconoscimento Maggiore colpa =
Nasce r2p autonomia popoli maggiore
Nuovi stati  nasce fine colonialismo responsabilità
ius cogens
Onu  nasce
consiglio di sicurezza

Caratteristiche e tendenze evolutive della comunità internazionale


Principi del d internazionale contemporaneo: questi principi sono stati completati rispetto alla prima fase, ma in
qualche caso si trovano in contrasto tra loro. Il nucleo dei principi tende a dilatarsi o restringersi a seconda del punto
di vista: maggiore attenzione affinché le ingerenze non siano realizzate (ingerenze economiche vietate) però a volte è
giusto se lo stato non protegge i cittadini. I destinatari non sono più solo gli stati, ma anche altri soggetti: popoli,
organizzazioni internazionali, individuo. L’individuo non ha mai avuto soggettività nl d internazionale, ora è
destinatario di diritti ma anche di obblighi internazionali. Nasce corte penale internazionale che giudica anche gli
individui. Se sono stati svolti crimini, i soggetti non possono più invocare la loro carica per sottrarsi alla
responsabilità, ne risponde in quanto individuo nei confronti della comunità internazionale che può agire nei suoi
confronti, metterlo sotto processo all’Aja e intervenire con una condanna. L’individuo diventa diretto interlocutore in
caso di compimento di reati gravissimi di tema internazionale. alcuni principi che si formano nell’ambito del d
internazionale hanno caratteristica di ius cogens: risoluzione pacifica, divieto di minaccia e uso forza. esistenza di
obblighi solidali: uno stato si assume responsabilità vs stato, ma anche nei confronti della comunità internazionale
nel suo insieme  si rompe la logica bilaterale che caratterizzava la resp degli stati. Il compimento di certi illeciti è
considerato come violazione di un interesse collettivo.
I soggetti del d internazionale

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I destinatari dei d e obblighi fondati sul d internazionale sono essenzialmente gli stati soprattutto nella prima fase (d
classico) che sono soggetti necessari  senza pluralità non c’è comunità. Il d intern generale si forma attraverso le
relazioni interstatali, c’è un momento di formazione delle norme e uno di attuazione che coincidono: mi conformo
ad un comportamento  attuo un fondamento oggettivo= un uso costante e diffuso nel tempo, comportamento cui
la maggior parte degli stati si attengono = si crea una fonte di d internaz generale. Coloro che sono i destinatari delle
norme internazionali sono anche i soggetti dai quali trae origine la norma internazionale, i sogg che contribuiscono
alla formazione e sono anche i destinatari. Logica piuttosto estranea agli ordinamenti statali interni. Spesso succede
che gli individui siano i destinatari materiali di una convenzione internazionale.
Es stati adottano conv internaz che disciplina un regime uniforme di responsabilità del vettore marittimo i
destinatari formali sono gli stati, ma è chiaro che il vettore marittimo può invocare le regole dell’Aja, se lo stato
italiano ha proceduto sul piano internaz alla ratifica. Essendo destinatario degli obblighi che lo stato ha assunto, la
società di trasporti può avvalersi del regime uniforme che gli stati hanno concordato a livello internazionale. il
destinatario ultimo può usufruire del trattato se il proprio stato ha assolto ai suoi obblighi, ha reso operativa la
disciplina a lvl nazionale. = logica dualistica tra d internaz e d naz. Individuo che è destinatario sostanziale della
disciplina non ne è in via formale, se lo stato italiano non recepisce la disciplina, neanche il destinatario ultimo può
fruirne. Gli stati hanno obbligo di attuar la disciplina in favore dei destinatari ultimi. Questa logica conosce delle
evoluzioni significative: emersione dell’individuo come realtà giuridica che acquisisce una qualche soggettività sul
piano internazionale. Es le imprese multinazionali sono attori del d internazionale e decentralizzano la logica rispetto
a quella enfatizzazione del ruolo degli stati, perché detengono potere economico significativo  esigenza recente di
parlare della loro responsabilità personale, esigenza di considerarli rilevanti nella realtà del d internazionale perché
sono in grado di alterare gli equilibri. Richiamo al principio dell’uguaglianza, che riguarda anche la funzione formativa
 il principio di uguaglianza diventa sempre meno effettivo dove ci siano interlocutori non istituzionalizzati che
raggiungono comunque peso decisivo nelle relazioni internazionali. C’è esigenza di una nuova fase costituente che
riguardi il d internazionale, esigenza di affermare l’uguaglianza come principio regolatore nei rapporti del d
internazionale. Sono soggetti del d internazionale coloro che sono titolari dei d e obblighi discendenti dal d
internazionale. Ricolleghiamo alla pace di Vestfalia l’inizio del d internazionale, E nella fase nascente, id fondazione
del d internazionale i soggetti sono essenzialmente gli stati= sogg che hanno soggettività piena, originaria: in armonia
e alla stregua del principio di effettività il fondarsi come soggetto interazionale statale non dipende da applicazione
di regola internazionale con requisiti di ammissione, ma dipende dall’affermazione sul piano fattuale di una potestà
di governo su un territorio e sula sua popolazione. Soggettività esterna intesa come autonomia dell’ordinamento
giuridico. È stato colui che con garanzie di effettività pone alla base della sua vita un ordinamento giuridico che non
dipenda da altro ordinamento giuridico esterno. Caratteristiche degli stati come soggetti:
- Necessari: no pluralità no comunità internazionale e no d internazionale
- Hanno soggettività piena
- Soggettività Originaria: non rintracciamo una regola di d internazionale in applicazione della quale la
soggettività si afferma. Ma accanto alla triade di popolo territorio governo=sovranità interna, c’è
l’interdipendenza della sovranità interna con quella esterna. L’ente che racchiude queste due è lo
stato e gode di soggettività piena nell’ambito del d internazionale.
Dal 900 in poi si affiancano ai soggetti tradizionali, altri soggetti di d internazionale la cui soggettività è meno piena:
onu, ue e altre organizzazioni. ue particolarmente evoluta= entità sovranazionale che resta internazionale e non è
evoluta nella realizzazione di una struttura federale. la corte cost tedesca parla della limitazione della sovranità
nazionale: legittima finché la comunità europea rispetta i d fondamentali, e osserva criteri di ripartizione delle
competenze rispettive tra stati membri e ue. Non deve esserci espansione delle competenze comunitarie rispetto a
quelle che gli stati gli hanno concesso. La carta ue dei d fondamentali contiene tt le avvertenze per non ampliare le
competenze definite dai trattati principio di attribuzione come principio cardine.
Organizzazioni internazionali: Le organizzazioni internazionali a certe condizioni hanno soggettività internazionale,
meno piena rispetto agli stati, è soggettività derivata = conferita con i trattati. quando la giuri tedesca parla degli
istati, signori dei trattati istituitivi, tende a riallacciare il collegamento tra ue e trattati che hanno configurato le
cessioni di sovranità, ma anche i limiti di questa cessione  tendenza a ribadire la configurazione di una organizz
internazionale alla stregua di sogg di d interazionale che è fornito di una soggettività che conferisce alla comunità
una soggettività limitata. Limitata come? Dai trattati. Soggettività limitata ai poteri assegnati alle istituzioni, che
vanno letti in maniera teleologica: interpretazione guidata a definire i limiti della soggettività derivata. A certe
condizioni ci sono soggettività temporanee: movimenti di liberazione nazionale, insorti… l’emersione di d in loro
favore è relativamente recente, nasce circa nella terza fase. Ad oggi però il d internazionale ha raggiuto esiti
soddisfacenti in merito al d di un popolo ad esercitare autodeterminazione in presenza di potenza straniera che
delimiti la soggettività ma che quando all’interno di uno stato sovrano il principio venga invocato per contrapporsi ad
un altro stato ci sono regole che consentono di supportare le fasi indipendentistiche di una realtà territoriale rispetto

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al potere centrale di uno stato sovrano. Regole che vanno a declassificare l’istanza interna come materia
internazionale, si garantisce l’autonomia territoriale per l’integrità dei singoli stati. Al momento ok
autodeterminazione ma ci sono regole che attengono alla dominazione straniera su una popolazione presente in uno
stato.
Gli stati sono componenti ineliminabili per la comunità internazionale. Es se l’ONU diventasse uno stato con
distribuzione federale, non ci sarebbe più una comunità internazionale. Gli stati sono componenti necessari e
ineliminabili dotati di un ordinamento originario che non deve essere condizionato nel suo porsi su obblighi
internazionali. (stati che si formano dopo dissoluzione della Iugoslavia, alla dichiarazione di indipendenza del
Kossovo l’istituzione di questa entità dipendeva dalla determinazione di un’area fatta dall’ONU. Ordinamento non
originario ma derivato d auna serie di obblighi internazionali). Gli stati nascono e si affermano nei fatti -> principio di
effettività. Si autolegittimano e nascono a prescindere da atti giuridici. Il d internaz non crea stati ma si limita a
prendere atto della loro esistenza.
Requisiti per la soggettività degli stati:
 Sovranità esterna» (indipendenza giuridica): esclusi anche i c.d. ‘‘governi-fantoccio’’.
 sovranità interna» (triade governo-popolo-territorio): capacità di esercitare effettivamente un potere di governo su un
popolo stanziato su un determinato territorio.
 Altri potenziali requisiti: rispetto dei diritti dell’uomo e del principio di autodeterminazione. Es Quando parliamo
dell’Afghanistan e i recenti eventi che hanno portato al rifondarsi di questo stato su basi che non sono rispettose dei d
umani e del principio di autodeterminazione -> possiamo escludere che sia soggetto di d internazionale? I requisiti del
rispetto d umani e p di autodeterminazione consentono alla comunità di dire che l’Afghanistan non sia ora uno stato
sovrano? La realtà giuridica contemporanea è ancora caratterizzata da un principio di effettività e rilevanza dei principi a
livello diverso: alcuni stati potranno non riconoscere il potere di governo in afgh, ma riguarderà l’intento o meno del
particolare stato a instaurare relazioni diplomatiche con l’afg ma non avrà incidenza sulla soggetto internazionale del
pase se si conferma la sussistenza dei req di sovranità int e est
Il riconoscimento di uno Stato ha valenza meramente dichiarativa, non costitutiva (ma politicamente molto importante). Se la
soggettività internaz di uno stato dipendesse da un riconoscimento, un requisito sarebbe costituito da un accordo con cui uno o
più stati riconoscono la sogg di un altro, ma la sogg degli stati è originaria  come si può proporre questo inquadramento
dicendo che una soggettività internazionale possa essere acquisita con un accordo?
Autodeterminazione dei popoli: esterna e interna. Il d internazionale si qualifica per riconoscere in capo al popolo un d alla
autodet esterna mentre fa venir meno il supporto ai popoli quando agiscono in esercizio della autodet interna.
Altri soggetti =La soggettività di altri soggetti, non stati è sempre minore. Le organizzazioni internazionali hanno soggettività
derivata: bisogna verificare il trattato istitutivo (accordo, statuto…). La conv di Vienna dice che i termini accordo, protocollo,
statuto…non hanno rilievo per la portata formativa della fonte: deve essere pattizia, nella disponibilità degli stati o delle organizz
internazionali. La conv di Vienna si occupa solo degli accordi tra gli stati, negli latri casi c’è una diversa convenzione che ricalca
quella di Vienna del 69. Non tutte le organizzazioni intergovernative hanno soggettività internazionale perché bisogna andare a
vedere nel suo trattato istitutivo e verificare alcuni requisiti: ue ha soggetto internazionale e i possibili indizi per confermare la
sua autonomia come sogg di d internazionale sono la presenza di istituzioni con organi che operano in posizione di indipendenza
rispetto agli stati, deliberazioni a maggioranza di queste istituzioni ( minoranza è comunque obbligata), c’è un’istituzione che
attesta la responsabilità degli stati= corte di giustizia, circostanza per cui viene legittimata la stipulazione die trattati internaz che
vincolano unione e stati e talvolta pone divieto agli stati di stipulare trattati in cui si è estesa la competenza dell’ue nell’ambito
delle competenze concorrenti.
 Bisogna valutare gli statuti delle organizzazioni per capire se ci sono requisiti di autonomia e quindi poter parlare di
soggettività internazionale.
- Sovrano militare ordine di malta: Ordine cattolico cavalleresco («Sovrano militare ordine ospedaliero
di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta»). Finalità di assistenza sanitaria/ospedaliera,
personalità giuridica internazionale ‘‘limitata’’ in relazione alle sue funzioni. Fondato nel 1113,
inizialmente controllò alcuni territori in Terrasanta, poi Rodi, poi Malta. Da allora è privo di un
proprio territorio. Tuttavia, sedi extraterritoriali (sede principale: Palazzo Magistrale, Roma; un’altra
sede: Forte di Sant’Angelo, Malta) e relazioni diplomatiche con vari Paesi; un proprio corpo militare
con compiti sanitari, ausiliario all’Esercito italiano.
- Un movimento insurrezionale può avere esito duplice:
1- ha successo e la dichiarazione garantisce agli insorti i d e si instaura come nuovo governo legittimo sul
territorio  la temporanea soggettività inziale diventa piena,
2- non ha successo e allora la parziale soggettività viene meno e i sogg che hanno partecipato vengono
giudicati sulla base del d interno.
Ut un movimento insurrezionale ottenga connotati tali da diventare di rilevanza internazionale è
necessario che il movimento abbia per un periodo d tempo un controllo effettivo sul territorio e compia le
proprie attività sotto un comando responsabile. Limitata responsabilità se ci sono i requisiti: controllo del
territorio, non gruppi convergenti per una manifestazione, deve essere ricostruibile un comando
responsabile che organizzi e diriga operazioni. Allora diventa qualcosa che ha una rilevanza anche sul piano
internazionale determinando applicazione delle norme di d internazionale umanitario anche se qui non ci
sono due stati belligeranti. I movimenti di liberazione nazionale invece sono gli insorti che connotano le
proprie istanze indipendentistiche che li portano ad agire contro il governo legittimo, in ragione di
autodeterminazione e quindi in questo caso si valuta la qualità degli obiettivi che gli insorti fanno valere ut

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la comunità internazionale agisca con tutela perché in ragione del principio di autodeterminazione 
status di insorto qualificato. Sono visti con favore dalla comunità che deve prestar il proprio supporto.
- Gruppi terroristici: dal punto di vista occidentale non si considerano insorti. L’azione è proprio improntata ad
una sistematica violazione dei d umani. Le forme di reazione hanno portato gli occidentali a pensare che la fase
si fosse conclusa con una progressiva reazione contro l’insediamento territoriale dello stato islamico, oggi si
riapre un ricorso storico: nuovo tentativo di ripresa del controllo territoriale da parte dello stato islamico. 
difficoltà per l’ordinamento internazionale. Di fronte ai talebani si è instaurata autorità di governo con
indipendenza giuridica dall’ord interno: c’è controllo territoriale. Nei confronti dello stato islamico c’è controllo
del territorio, ma l’organizzazione con autorità di governo nei termini in cui ora vediamo l’ Afghanistan non si è
mai completamente radicata.
Gli individui: Secondo l’impostazione tradizionale (incontestata fino alla prima metà del ‘900), il D.I. non riconosce alcuna
personalità giuridica agli individui  eventuali norme internazionali concernenti gli individui possono applicarsi solo per il
‘‘tramite’’ degli Stati. una eccezione: le norme contro la pirateria  la Pirateria ha portato all’emersione di una disciplina di d
internazionale da applicare direttamente sugli individui.
Dal Secondo Dopoguerra, questa impostazione non è più così assoluta. Vari autori ritengono che all’individuo possa oggi
riconoscersi una limitata personalità giuridica internazionale: Responsabilità penale personale direttamente prevista e azionabile
dal diritto internazionale, per i crimini internazionali: tribunali penali internazionali. Crimini internazionali= genocidio, crimini
contro l’umanità, crimini di guerra, crimine di aggressione. Nella storia: processi di Norimberga e di Tokyo, Tribunale
internazionale per l’ex Jugoslavia, ecc.
 Nel di contemporaneo anche gli individui hanno una certa soggettività internazionale.
Il d pattizio deroga alle norme consuetudinarie che vedono come destinatari del dipu solo gli stati. Le regole contro la pirateria
avevano invece applicazione contro gli individui stessi. Gli individui in generale nel sistema classico sono considerati oggetto,
destinatari ultimi. I veri soggetti delle regole però sarebbero gli stati .
Istituzione tribunale penale internazionale: Con il processo di Norimberga, spartiacque con la visione tradizionale, abbiamo
l’istituzione di un tribunale militare internazionale dove secondo molti commentatori si è messa in atto una giustizia dei vincitori.
Nel corso della Seconda guerra mondiale anche taluni comportamenti riconducibili alle potenze alleate che avevano contrastato
il nazismo, erano crimini internazionali. Ma ciò che viene portato all’attenzione della comunità internazionale è un processo
instaurato allo scopo di giudicare il comportamento tenuto dagli esponenti di punta dell’esercito tedesco nel corso della 2 gm.
Viene istituito nel 1945 dopo riflessioni contrastanti: chi pensava fosse più opportuno chiudere la vicenda senza ritornare,
attraverso uno strumento giuridico, a quegli eventi così estremi e dolorosi, prevale l’idea invece di analizzare, ponendo
determinate garanzie, ciò che è avvenuto perché non deve più accadere  si può classificare come una giustizia dei vincitori, ma
gli anticorpi che in quell’occasione sono stati attivati hanno dato avvio a una nuova era per il d internazionale. Sono stati
identificati 3 crimini per cui il tribunale di Norimberga ha ampliato la sua giurisdizione: di guerra, contro la pace, contro
l’unanimità. Per i primi due avevamo regole di d internazionale già consolidate (es convenzioni di Ginevra), la vera discussione si
concentra sui crimini contro l’unanimità che costituiscono una categoria nuova di crimini internazionali e vede riconoscimento in
questa sede in armonia con l’insegnamento di lauterpach professore di Cambridge che partecipa a questa fase del d
internazionale.
- Lauterpach sostiene che i comportamenti tenuti dovessero essere presi inconsiderazione ogni volta che non si
trattasse di semplici omicidi, ma uccisione di individui che avviene nel quadro di un piano sistematico. C’è un
piano sistematico, che qualifica il comportamento illecito tenuto dai nazisti. La prospettazione che è stata
accolta di l. si contrapponeva a quella di un altro giurista, lemkin.
- Lemkin riteneva molto più idonea per accordare rilevanza penale ai comportamenti tenuti dagli ufficiali del
secondo reich, la nozione di crimine di genocidio: intento di uccidere molte persone per sterminare il gruppo
cui appartengono. Certamente ciò appariva una definizione ritagliata sui comportamenti della 2 gm, viene però
presentata al limite di dimostrare processualmente lo specifico intento tenuto dagli imputati.
Se di per sè la fattispecie penale sembrava più rispondente ai fatti, la visione di lauterpach rendeva possibile comprendervi reati
nuovi, ma senza la dimostrazione dell’intenzione di sterminare un gruppo, che avrebbe reso più difficile la prova di questo
crimine. Si dà l’avvio alla giurisdizione penale internazionale. Di cui cogliamo il frutto più maturo con l’istituzione della corte
penale internazionale, nel 98, preceduta dai tribunali ad hoc, che avevano giurisdizione in relazione a specifici fatti. la corte però
viene istituita non per singoli fatti, le viene assegnata una giurisdizione estesa a tutti gli illeciti che rientrano nell’ambito di
applicazione Dello statuto corte permanente all’Aja.
International criminal court: entra in vigore nel 2002. Ci sono convenzioni di d uniforme che entrano in vigore quando
raggiungono n minimo di ratifiche, specificato nel trattato, Qui quando 6o stati hanno ratificato: per l’entrata in vigore Dello
statuto della corte penale internaz sono stati richiesti 60 strumenti di ratifica. più incisiva è la limitazione di sovranità e lo spazio
di libertà di cui gli stati godono, più gli stati le accettano nella misura in cui più stati la hanno già accettata. Sono stati richiesti 60
strumenti di ratifica, dal 98 lo statuto ha preso vigore nel 2002  ratifiche veloci. Usa non hanno ratificato e quindi nemmeno la
Cina, la Russia…queste smagliature rispetto all’ambito di operatività della corte sono significative. Corte come emanazione del
tribunale di Norimberga nella forma più piena, non è temporanea ma permanente e ha giurisdizione ovunque a condizione che
si tratti di uno stato che abbia contratto la convenzione. È tribunale permanente che esercita l’azione sulle persone, nell’ambito
di crimini più gravi rispetto a quelli che competono alla giurisdizione nazionale. Art 5 statuto: Crimini di genocidio, contro
l’unanimità, crimini di guerra, crimini di aggressione tipico crimine contro la pace. Art 2 della carta dell’Onu: divieto al ricorso alla
minaccia e all’uso della forza nelle relazioni internazionali. Le persone possono essere soggette alla giurisdizione di una corte
penale internazionale che le giudica in quanto persone. Per crimini contro l’unanimità c’è una definizione, aggiornamento della

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categoria propugnata dall’art 7. lo statuto vede declinazioni anche più recenti: tortura, stupro, prostituzione forzata…
svolgimento della categoria iniziale riempiendola di contenuti anche più contemporanei. Definizione della giurisdizione: resp
penale individuale confermata come tale anche quando la persona che venga chiamata dinanzi alla corte rivestisse una qualifica
ufficiale, anche in ambito, che prima dello statuto, era coperto dalle immunità. Lo stato reagisce contro un organo che agisce
nell’esercizio delle proprie funzioni, che tipicamente sarebbe stato esente da responsabilità personale. In presenza di certi
comportamenti riconducibili ai crimini internazionali, non si può invocare l’immunità statale, il fatto che la persona fisica abbia
perpetrato comportamenti riconducibili a quella categoria fa sì che risponda personalmente e non possa invocare la immunità
dicendo di agire come organo di uno stato e fa emergere la sua resp penale ex Art 27. Art 27 importantissimo ma problema di
effettività-> la prassi istituzionale ha dato prova della difficoltà. 11 agosto 2021 posizione di Al bashir. Per 12 anni mandato di
cattura, ma lo stato africano si opponeva ad applicare il 27. 11 agosto 2021 il Consiglio dei ministri ha consegnato le persone
ricercate
 Dubbi sull’effettività del d internazionale
Corte europea dei d umani: La Cedu, convenzione di Roma ha un approccio opposto abbiam una sede per implementare la
tutela dei d individuali del soggetto coinvolto anche processualmente attraverso una convenzione che ha delineato catalogo dei
d, aggiornato con successivi protocolli, e ha istituito la corte di Strasburgo: strumento efficace per arricchire il catalogo originale.
16 protocolli, il sedicesimo non in vigore per Italia. Non è un catalogo vecchio, man mano gli articoli sono stati adottati per
riconoscere nuovi es art 8.Art 1 obbligo di rispettare i d dell’uomo. Art 6 giusto processo che ha avuto influenza per la
trasfusione nella nostra cost. Es protocollo addizionale rispetto dei propri beni  usato per d dell’ambiente.
corte di Strasburgo:
- È un tribunale internazionale permanente,
- È l’unico organo giurisdizionale del consiglio d’Europa.
- Numero giudici= n stati membri al consiglio d’Europa.
- Ha Competenze affidate alle singole camera e la grande camera ha le controversie più difficili.
- ambito della giurisdizione: competenza generale su tt le questioni concernenti applicazione e interpretazione
cedu e protocolli.
- Possibilità di uno stato di ricorrere alla corte, mail ricorso più vicino alla nostra sensibilità è il ricorso
individuale.
- Apertura estrema al gratuito patrocinio.
Il singolo può presentare una lettera. Oggi c’è un po’ più di formalismo ma quando la questione si ritiene ricevibile dal
segretariato del consiglio d’Europa, si dice ‘scegli il migliore avvocato che trovi, e scegli un avvocato che tu sappia indipendente
capace di tutelare i tuoi diritti, lo paghiamo noi’. Difficoltà per cittadino di paese terzo, senza competenze  può comunque
iniziare una causa. Unico requisito: deve esserci interesse ad agire: fisicamente nel territorio italiano con lesione di un suo d. poi
si deve controllare se ha esaurito i gradi interni  prima tutela ai giudici nazionali, corte edu è soluzione estrema. Ma talvolta si
parla di 15 anni  corte di Strasburgo in presenza di una durata eccessiva in Italia ha, per un certo periodo, non applicato il 35
sul previo esaurimento dei ricorsi interni, dicendo che prima della l pinto, in Italia non ci fossero rimedi adeguati per rendere una
durata ragionevole. venne eliso il presupposto invitando i cittadini a rivolgersi direttamente. È stato uno Strumento decisivo per
spingere il nostro ordinamento all’adozione di riforme.
Protocollo 15 entrato in vigore nell’agosto 2021: i d enucleati nella conv trovano enunciazione in una previsione della cedu, gli
art. Margine di apprezzamento: il paragrafo 2 degli articoli, declina il margine di apprezzamento: si prevede di imporre
limitazioni al d enunciato dal primo comma per sicurezza nazionale, difesa dell’ordine, prevenzione dei reati…margine di
apprezzamento non in determinati articoli, dove c’è divieto assoluto es art 3 divieto di tortura, ma indica un termine per
presentare ricorso alla corte. Protocollo 11 h consentito l’accesso diretto, prima c’era commissione filtro.
P 16 in vigore dal 18 ma noi non lo abbiamo ratificato. Procedura analoga al rinvio pregiudiziale: giudice a quo di stato membro e
corte di giustizia. Qui è un rinvio alla corte di Strasburgo che rende un parere non vincolante sull’interpretazione e applicazione
della convenzione (corte ue è vincolante).
Art 46 cedu sentenze devono essere applicate obbligatoriamente

Il diritto int.le generale e le sue fonti


Fonti:
 D internazionale generale= d primario (non si allude a rilievo gerarchico) = d consuetudinario consuetudini
e principi generali di d. è un d che si forma nel momento in cui si instaurano relazioni tra soggetti primari.
Sono regole a vocazione universale, sono vincolanti per tt i sogg di d internazionale. Questa generalità deve
essere unanimità o basta la maggior parte degli stati per assegnare ad una consuetudine la percezione di
obbligatorietà? Sono a portata generale, sono norme non scritte, anche se il momento di avvio di una cons
internaz può rintracciarsi un atto scritto (come la dichiarazione delle nazioni unite), da lì si deve creare tutta
la prassi. Convenzione di codificazione della cons internaz= conv di Vienna sul diritto dei trattati conv il cui
obiettivo primario è quello di trasporre in forma scritta la consuetudine internazionale per dare più certezza,
per rendere più facile la rilevazione delle regole percepite come regole generali all’interno dell’ordinamento
internazionale. Verso la fine degli anni 60 viene propugnata e recepita la categoria delle norme di ius cogens
 non si fonda una fonte diversa da quelle tradizionali, ma sono norme consuetudinarie aventi portata
cogente, e quindi non derogabili da altre norme consuetudinarie prive di questa forza cogente.

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 D internazionale pattizio, particolare: si allude alla caratteristica che li differenzia dal d generale. Nessuno
può essere vincolato alle disposizioni di queste norme se lo stato non vi abbia aderito. Seve la ratifica: atto
del potere esecutivo per manifestare l’adesione. Vincola solo gli stati che manifestano la adesione. Hanno
portata inter partes. sono norme scritte, incontri di volontà tra stati trasposti in forma scritta.
 Fonti di terzo grado, previste da accordi. Es direttive, regolamenti  fonti derivate dal tfue. Un reg, una
direttiva o una decisione trovano legittimazione nel trattato, quindi una causa di invalidità è quella di non
essere conforme alla disposizione del trattato che la disciplina. Tra il trattato, fonte di secondo grado, e la
fonte prevista da accordi c’è un rapporto gerarchico. Anche onu emette dichiarazioni previste da accordi. Ci
sono anche gli atti vincolanti delle organizzazioni intergovernative che vengono anche definite fonti previste
da accordi e indicate come fonti di terzo grado. Sono norme né generali perché vincolano solo alcuni soggetti
e neanche pattizie perché non sono poste da nessun accordo internazionale. Sicuramente tra le fonti di
secondo grado, come il trattato sul funzionamento dell’unione europea, e di terzo grado, ossia gli atti
governativi, c’è una posizione di vincolo e la prima è anche un parametro di legittimità. Accanto a reciproca
derogabilità tra fonti di primo e secondo grado (salvo ius cogens) abbiamo una fonte di terzo grado che trova
il suo parametro di legittimità nel trattato che le prevede.
 Tra d internazionale pattizio e fonti di terzo grado si realizza un rapporto gerarchico.
Schema dualistico: connota i rapporti tra d italiano e d internazionale= gli ordinamenti sono separati e distinti e
quindi una fonte che trae origine dall’ordinamento internaz, una cons internaz, produce effetti nell’ordinamento
giuridico italiano solo dopo che c’è stata specifica apertura dell’ord italiano. L’apertura del d italiano rispetto allert
consuetudini internazionali è disposta dall’art 10 della nostra cost: disposizione che afferma la conformità alle norme
internazionali. Per i trattati ci sono specifiche procedure per realizzare la trasposizione del trattato internazionale in
norme suscettibili di trovare applicazione nel nostro ordinamento (rispetto all’ordinamento euro unitario, adottiamo
approccio monistico  efficacia diretta, i regolamenti sono direttamente applicati negli stati membri ex art 11:
cessione di sovranità e 117 cost. la corte cost però ha sempre adottato atteggiamento di cautela e propone quindi
logica dualistica anche per i rapporti con ue. Non è necessario un recepimento per i reg ue, ma servono delle
tecniche di adeguamento).
La Corte internazionale di giustizia, organo delle nazioni unite all’Aja, ha dato indicazioni sulle fonti del d
internazionale. Art 38 statuto cig:
1- Consuetudini internazionali
2- Convenzioni internazionali
3- Principi generali di d
4- Decisioni giudiziarie e dottrina come mezzi sussidiari per la determinazione delle norme
giuridiche

1- Consuetudini internazionali: prove di una pratica generale accettata come diritto. Formate da due elementi
costitutivi:
- Elemento oggettivo -> Uso o diuturnitas, uso consolidato nel tempo, diffuso che caratterizza il
comportamento degli stati.
- Elemento soggettivo opinio iuris et necessitate, convinzione dei soggetti di d internazionale che la
condotta sia obbligatoria. L’obiettivo primario non è realizzare una prassi importante, ma perseguire
determinati obiettivi propri degli stati. Gli stati inizialmente tengono questo comportamento senza
che esso sia vincolante, una volta tenuto da n stati e quindi comportamento diviene diffuso si
consolida nel tempo, l’iniziale obiettivo di soddisfare delle proprie ragioni, muta e diventa in
sostanza la cognizione che quel comportamento sia giuridicamente obbligatorio.
La prassi da sola però non genera norme consuetudinarie. Gli stati sono molto attenti a precisare che il
comportamento ha valenza solo per determinato caso e non ha valenza obbligatoria. A volte tendono a giustificare
sulla base di ragioni contingenti che ormai hanno valenza obbligatoria= iper-attenzione degli stati a non legittimare
con la loro condotta la formazione di regole consuetudinarie.
 I due elementi devono sempre ricorrere congiuntamente per rilevare l’avvenuta formazione di una
regola di d internazionale generale.
‘approvazione’ di una consuetudine: Ci sono delle consuetudini che hanno richiesto un tempo estremamente
consistente, altre hanno visto il consolidamento in tempi più ridotti. Più è diffusa un cons più si accorcia il tempo per
la sua consolidazione. Nelle materie nuove il fattor tempo tende a sfumare e a diventare meno rilevante.
Esigenza o meno di universalità di consenso di tutti gli stati della comunità internazionale. Nella fase nascente il
consenso era più accentuato. Gli stati inizialmente non erano molti, erano omogenei e la logica consensualistica
sembrava adeguata per descrivere il momento formativo della consuetudine. La realtà della comunità internazionale
si è frammentata, sia come numero degli stati, sia in ragione di accorpamenti tra essi, sulla base di determinate

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caratteristiche (paesi in via di sviluppo, paesi più industrializzati, paesi più ricchi, paesi del sud…) e quindi un principio
consensualistico puro impedirebbe di formare una consuetudine: immaginare che ci sia una prassi tra tt questi stati
così diversi, ma accorpati per affinità rende non più convincente parlare in termini di unanimità. Gli stati di nuova
formazione privilegiano la fonte pattizia, fonte più democratica. Si sono affacciati alla comunità quando molte regole
già erano affermate e vi devono aderire anche se non hanno partecipato alla loro formazione. Si genera quindi un
fenomeno di estraneità rispetto ad alcuni equilibri. I paesi di nuova formazione, in particolare successivi alla
decolonizzazione, preferiscono lo strumento del trattato perché condensa regole più certe, è una formazione cui lo
stato partecipa ed è realizzato con un processo più democratico garantendo anche maggior certezza dei contenuti.
C’è una reazione alla consuetudine e si è generata una preferenza per lo strumento pattizio. A lvl numerico, i trattati
sono infiniti, le consuetudini sono un n consistente di regole e principi ma non infiniti, perché enucleano i principi di
base. Viene in considerazione l’affievolirsi del principio consensualistico  nasce la dottrina dell’obiettore
persistente= stato che si sia opposto in modo chiaro alla formazione di una certa cons già quando sono stati posti in
essere i primi comportamenti da cui ha preso avvio la formazione della cons. questo comportamento è stato tenuto
come comportamento contrario alla formazione di una cons, ci si chiede allora se il soggetto, stato autore di questo
rifiuto sistematico possa sottrarsi alla sua applicazione o meno. Se ammettiamo regola strettamente consensualistica
diamo rilevanza alla sua negazione. Se lo stato riesce a convincere altri stati, allora può minare l’esistenza della cons,
ma se il dissenso è solo suo, il rilievo oggettivo della cons porta a concludere che quello stato, anche se opposto alla
formazione, non condividendola, dovrà comunque osservarla.
 Il dissenso di un n minoritario di stati non è tale da minare la formazione della cons
Dato che gli stati si aggregano secondo affinità, il dissenso deve riguardare stati appartenenti a diversi gruppi (dal
punto di vista economico, sociale…). Un gruppo omogeneo che si oppone ad una determinata consuetudine, es stati
che accettano legittima difesa preventiva (usa), non viene preso in considerazione  continua ad esistere la
consuetudine per il divieto dell’uso della forza ex art 2 carta ONU. Uno stato comunque autorevole, che aveva subito
attacco terroristico, ha dovuto articolare una difesa che non portasse a scardinare i principi di fondo della comunità
internazionale (dottrina Bush, autorevole ma non accettata da altri stati).
Le norme consuetudinarie possono venire meno per desuetudine. Rilevazione della consuetudine internazionale: c’è
organo, giudice internazionale  cig. La cig va a ricostruire la portata delle regole di base della comunità
internazionale, rilevando la prassi nei vari ordinamenti statali.

2- Convenzioni di codificazione: Molti settori del d internazionale generale sono stati interessati da processi di
codificazione. Se l’obiettivo dichiarato di una convenzione di codificazione è trasporre in forma scritta il dint
generale, questo obiettivo non è mai l’unico che gli stati perseguono, perché oltre alle norme che
effettivamente gli stati rilevano come già vincolanti sul piano delle norme internazionali, c’è anche sempre
l’intento di promuovere lo sviluppo progressivo degli stati internazionali. Gli stati che procedono alla
codificazione sono consapevoli che certe prassi non hanno completato il procedimento di formazione a
diventare norme pattizie, ma vengono inserite comunque da cui deve prendere avvio una nuova regola di d
internazionale. Per alcune norme trasfuse non saremmo tentati di guardare la tavola di ratifica: es art 31
conv d Vienna è certamente parte del d internazionale= regola generale di interpretazione. Determinate
procedure invece per nullità, modifica dei trattati non sono certamente parte del d internazionale, sono solo
regole stabilite dagli stati disciplina pattizia.
 In alcuni casi bisogna verificare se le disposizioni non hanno solo rilievo sul piano pattizio perché gli stati
volevano solo sviluppare il d internaz su un tema nuovo.
Le convenzioni di codificazione allora presentano Disposizioni di due tipi:
1- Pattizie: già nel momento in cui vengono formulate son in vigore come regole consuetudinarie  valenza
erga omnes e portata generale. Sono solo rese più visibili da una formalizzazione scritta = valenza
dichiarativa
2- norme che ancora non corrispondono al d int generale ma inserite perché gli stati vogliono dare avvio alla
formazione delle norme generali.
 Queste sono le più facili da riscontrare
Se ne può rintracciare però una terza categoria : la norma generale non si è ancora consolidata anche se c‘è un inizio
della prassi che converge verso una regola ancora in formazione. Nel momento in cui gli stati, raccolti nell’ambito
della commissione ONU di d internazionale, realizzano quel momento finale del consolidamento della regola di d
internazionale generale danno vita all’ultimo tassello necessario per la formazione. La previsione nella convenzione è
l’ultimo atto necessario per raggiungere i requisiti base della formazione di una regola di d internazionale generale.
Nel Preambolo di una convenzione di codificazione, l’aspetto della formazione progressiva è esplicitato come
obiettivo che gli stati intendono raggiungere. Si legge ‘convinti che codificazione e sviluppo progressivo dei trattati

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siano funzionali al mantenimento della pace e sicurezza degli stati nazionali’. Due obiettivi  formalizzare gli atti già
esistenti e promuovere nuova disciplina intorno cui c’è consenso da parte degli stati.
Esempio di convenzione di codificazione  Dichiarazioni dell’assemblea generale delle nazioni unite: valore di
semplici raccomandazioni. Le convenzioni di codificazione Rappresentano il momento culminante per l’affermazione
di una regola oppure contengono auspici, previsioni che gli stati si risolvono a formulare proprio perché consapevoli
che non si tratti di uno strumento vincolante. Ciò che gli altri stati auspicano è che da quella dichiarazione si formi
consenso generalizzato e diffuso da far emergere elementi costitutivi per far nascere regola a contenuto obbligatorio
e a valenza generale.
 Fenomeno recente è quello di trasporre in fonti scritte il d internazionale generale, che è fonte non
scritta. Si usano le convenzioni di codificazione e le dichiarazioni dell’ass generale.
d consuetudinario vs d pattizio: Il d internazionale generale presenta degli svantaggi, sottolineati dagli stati di nuova
formazione: un d non scritto è flessibile, sono principi generalissimi che portano anche a problemi interpretativi. Gli
stati di nuova formazione preferiscono i trattati anche se questi portino a adottare regole vincolanti raggiungendo il
minimo comune oggetto di consenso: es se i trattati hanno vocazione quanto più possibile ampia, si tende a
trasfondere nel testo del trattato, per raccogliere più adesione, il minimo contenuto  il procedimento di
formazione è più democratico e l’accertamento è più semplice perché scritto, ma tende ad enucleare regole minime,
quanto più condivise, che può portare ad un rallentamento del d internazionale. La posizione degli usa, (ora rifiuto
della multilateralità) è sempre stata quella di partecipare moltissimo ai tavoli internazionali per l’adozione di trattati,
senza poi stipularli. Partecipano perché vogliono che le regole abbiano certo contenuto, ma poi non li ratificano.
Diritto pattizio: I trattati sì sono forma democratica, e richiedono un minor lasso di tempo per entrare in vigore, ma
valgono solo inter-partes. Il d int generale non ha perso la sua importanza nei principi basici, Con riferimento ai
settori economici emergenti (spazi marini), il dint generale ha enucleato al suo interno norme di ius cogens: con lo
sforzo degli stati ha enucleato norme consuetudinarie che si sottraggono alla reciproca derogabilità tipica dei
rapporti di d consuetudinario pattizio.
Dal 55 non è stato possibile attraverso la commissione di diritto internazionale arrivare ad un progetto vincolante in
ambito di responsabilità degli stati. Se non avessimo regole consuetudinarie in questa materia ci sarebbe una lacuna
enorme.
consuetudini trattati
😊 Non scritto flessibile È scritto accertamento più semplice
Democratico, richiede minor tempo per
la formazione
☹ Principi generalissimi  problemi Rallenta la formazione di diritto
interpretativi internazionale perché si consolida un
contenuto minimo  non si raggiunge
accordo= lacuna
ha valenza solo inter partes

3- I principi generali di d: di d internazionale o degli ordinamenti statali. Es pacta sunt servanda: gli accordi
devono essere osservati. Alla base della valenza dei trattati c’è una regola consuetudinaria; quindi, il d
pattizio trae fondamento in una consuetudine internazionale: principio di carattere formale enunciato da un
principio storico.
Il principio generale di diritto alla base dell’ordinamento internazionale è di carattere formale ed è pacta sunt
servanda e sta alla base della vincolatività della giurisdizione. Ci sono poi anche Principi di carattere materiale:
eguaglianza sovrana degli stati, autodeterminazione dei popoli (elemento caratterizzante della terza fase), non
ingerenza negli affari interni, ma responsability to protect (violazioni sistematiche dei d dei cittadini giustificano
ingerenza), obbligo di soluzione pacifica…art 2 carta nazioni unite: principi di ius cogens (definiti al 53 cv), obbligo di
cooperazione (terza fase)
Altre fonti:
atti vincolanti adottati da org internazionali, fonti di terzo grado che si pongono in posizione gerarchica con 1 e 2.
Soft law internazionale: non è vincolante quindi non rientra nelle fonti di d internazionale. Si indicano con fonte
doverose ma non in senso giuridico. Es risoluzione della assemblea Generale nu prima che i principi diventino regole
di d internazionale generale.

Il diritto dei trattati


Trattati: Il d pattizio trae disciplina dalla convenzione di Vienna che risponde al d consuetudinario. Le disp trasfuse
nella conv corrispondono al d internazionale generale. L’espressione «diritto internazionale pattizio» (o

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«particolare», o «secondario») si riferisce agli accordi internazionali tra soggetti di diritto internazionale (Stati, ma
non solo: anche O.I.G.). stabilisce che la disciplina della convenzione è destinata ad applicarsi agli accordi scritti
stipulati tra stati  è una delimitazione, la conv di Vienna si apre con un preambolo: la conv precisa di esser in
buona parte codificatrice del d consuetudinario, e per altra parte si pone nella situazione di sviluppare il d
internazionale. L’art 2 offre delle norme definitorie e precisa tramite queste la portata dei termini che la convenzione
impiega, permette di applicare interpretazione autonoma internazionalistica dei termini. Qui la conv precisa che ai
fini dell’applicazione della stessa conv, per trattato si intende un accordo internazionale, scritto, tra due o più stati. Si
ripudia ogni forma di formalismo  il tipo di etichetta utilizzata non incide sulla portata formale dello strumento,
basta che sia formazione di volontà tra stati inquanto sogg di d internaz, che sia stata trasposta in forma scritta. Con
un «accordo internazionale», due o più soggetti internazionali si assumono obblighi giuridici reciproci, per perseguire
finalità comuni e organizzare forme di cooperazione. Fondamento dell’obbligatorietà dei trattati
• Principio di diritto internazionale consuetudinario «pacta sunt servanda»: obbligo di rispettare gli accordi
internazionali (altrimenti, responsabilità internazionale): art. 26 CV1969. La base giuridica si rintraccia in un
principio consuetudinario. Il trattato disciplina i rapporti tra stati che vi abbiano aderito; quindi, c’è un
momento di manifestazione della volontà di vincolarsi ad un trattato, se lo stato si sottrae si instaura un nuovo
rapporto= responsabilità. Un rapporto nuovo tra stato che si assume abbia violato il trattato e altro stato che
intende far valere l’avvenuta violazione di un obbligo internazionale.
• Comunque, rapporto di reciproca derogabilità tra diritto internazionale generale (consuetudinario) e diritto
internazionale pattizio.
Effetti dei trattati: Gli accordi internazionali hanno effetti inter partes (solo tra le parti che li stipulano). Gli accordi
non spiegano effetti vs terzi né discendono obblighi a carico di terzi o vantaggi.
In passato si è discusso sulla possibilità di trattati (multilaterali, coinvolgenti molti Stati) con effetti erga omnes, ma
immaginare un trattato con consenso così ampio da avere efficacia generale porta ad assimilarlo ad una
consuetudine. Ci possono essere disposizioni di un trattato che puntualmente riformulano in forma scritta regole di d
generale, ma caso per caso in relazione a una specifica situazione, (valore ‘‘legislativo’’ o ‘‘quasi legislativo’’: c.d.
‘‘law-making treaties’’), ipotesi peraltro esplorata in via solo teorica. In passato ci sono stati alcuni trattati con effetti
generali, poiché istitutivi di regimi internazionali o status internazionalmente riconosciuti (es.: Atto finale del
Congresso di Vienna del 1815, che stabiliva la neutralità della Svizzera e la libertà di navigazione sui corsi d’acqua
internazionali).
Convenzione di Vienna: Elaborata dalla Commissione di diritto internazionale e poi approvata dall’A.G. dell’ONU,
adottata nel 1969 e in vigore dal 1980 (oggi, più di 100 Stati parte). La rispettano perché convenzione o la
rispetterebbero comunque in quanto consuetudine? È il risultato della prassi che si forma tra stati contraenti e non,
oppure tra stati contraenti tra loro. la prassi non permette di distinguere il titolo per cui si rispetta una prassi.
È il testo normativo di riferimento (ma non l’unico) in materia di trattati internazionali. Gli accordi tra stati e società
multinazionali non sono trattati, neppure accordi ex Roma 1 perche presuppongono assoggettamento del contratto
al d privato È possibile che un accordo tra stato e impresa sia soggetto a Roma 1 ma deve essere accordo in cui lo
stato agisce iure privatorum: come fosse un privato, non nell’esercizio delle proprie prerogative pubblicistiche. Ma
sono accordi di d privato. Poi ci sono trattati internazionali quando sono entrambi stati soggetti alla conv di Vienna.
Un’ulteriore categoria è quella dei contratti tra stato e impresa straniera  si applica il d internazionale, e non
privato.
La convenzione di Vienna è un Tipico esempio di atto di ‘‘codificazione’’ che in realtà non si limita a codificare.
Alcune norme codificano norme consuetudinarie preesistenti. Altre norme non erano già presenti nel diritto
internazionale consuetudinario e quindi vengono poste per promuovere uno sviluppo del diritto internazionale in
una certa direzione: sono norme c.d. ‘‘di sviluppo progressivo’’: finché non divengono norme consuetudinarie, sono
solo norme pattizie, quindi, valgono solo per gli Stati parte della Convenzione.

 Si applica solo ad accordi internazionali con i seguenti requisiti:


- stipulati tra Stati oppure istitutivi di organizzazioni internazionali,
- stipulati per iscritto (un trattato può essere costituito anche da un verbale di riunioni o da un
comunicato congiunto, anche se la forma scritta è la più frequente),
- disciplinati dal diritto internazionale (certi accordi tra Stati – ad es. accordi per creare imprese
internazionali costituite secondo un diritto nazionale, o atti di c.d. soft law – sono spesso regolati da
norme interne).
N.B.: accordi tra Stati e società straniere non sono trattati, ma «contratti internazionali», come tali non disciplinati di
per sé dal diritto internazionale (es.: accordo tra Iran e Anglo-Iranian Oil Company per lo sfruttamento delle risorse
petrolifere). una clausola tipica = stand still: lo stato si impegna a non modificare il proprio d interno nei settori
interessati dall’accordo Un progressivo accordo non avrebbe effetto sull’accordo già stipulato. Oppure clausola
calvo: si sottopone alla giurisdizione dei tribunali indicati nell’accordo stipulato. Di solito gli accordi tra stati e società

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straniere sono accordi con clausole tipiche per garanzia alla impresa multinazionale perché lo stato potrebbe
modificare il proprio ordinamento a proprio vantaggio in sfavore della multinazionale. Di solito sono accordi redatti
individuando eventuale sede giurisdizionale. Sono accordi autosufficienti con clausole tipiche, ma non contratti
internazionali!
Rappresentanza degli stati: Fase che trova disciplina nella conv di Vienna. Soggetti coinvolti: I rappresentanti degli
Stati che manifestano la volontà del proprio stato a vincolarsi ad un determinato trattato. Vengono disposte nei loro
confronti e predisposte delle dichiarazioni che descrivono i poteri assegnati a quel rappresentante in sede di
contrattazione sul piano internazionale del trattato. partecipano alla procedura di formazione/conclusione di un
trattato e devono avere il potere di compiere, a nome del proprio Stato, i relativi atti (altrimenti gli atti non avranno
effetto, se non vengono confermati ex post dallo Stato in questione). Normalmente, Stati rappresentati dai c.d.
«plenipotenziari»: il documento che ne indica i poteri è chiamato «pieni poteri». Art 7 conv di Vienna definisce il
documento e l’ambito del mandato.

Sono esentati dalla presentazione dei «pieni poteri» perché hanno pieni poteri impliciti, i Capi di Stato, Capi di
Governo, Ministri degli Esteri, capi di missione diplomatica (solo per negoziazione e adozione del testo),
rappresentanti accreditati presso una conferenza o OIGovernativa (solo per negoziazione e adozione del testo).
Procedura di formazione:
- Negoziato: gli stati si incontrano e procedono alla ricerca del minimo comune denominatore,
l’obiettivo tendenziale. Attraverso un processo democratico si tende a trasporre nel trattato il
comune sentire degli stati in un determinato settore
- Adozione del testo (art. 9 CV1969): deve esserci sufficiente consensus regola generale= unanimità
(aspetto democratico dei trattati) o 2/3 votanti quando l’adozione avvenga in seguito di una
conferenza internazionale.
- «Autenticazione» del testo (tutti i testi autenticati fanno fede allo stesso modo):  il testo è
autentico e definitivo: art. 10 CV1969. Si possono redigere più testi che hanno il medesimo valore.
(vd impatto sull’interpretazione  disallineamenti di significato e allora si muove dal presupposto di
medesimo valore per cui anche l’interpretazione che deve valere è quella che tenuto conto delle
soluzioni diverse, meglio concilia le diverse formulazioni). Es statuto della corte penale internaz
redatto in molte lingue, infatti redatto ni ambito delle riunioni delle nazioni unite. Modalità stabilite
dall’accordo stesso. Se l’accordo non stabilisce nulla: firma ad referendum o parafatura. Firma ad
referendum= firma apposta dal rappresentante di uno Stato, in attesa del conferimento del
potere a concludere il trattato. parafatura= sottoscrizione di un documento mediante paraffo, sigla
apposta dai negoziatori al testo di un accordo ancora in fase di discussione, su cui esiste già una base
di consenso fra le parti.
- Firma definitiva  negli accordi in forma semplificata vale come manifestazione del consenso dello
Stato a essere vincolato dall’accordo: art. 12 CV1969. Oltre alla firma si richiede anche Ratifica, o
accettazione, o approvazione, o nel caso di Stati che si vincolano ad accordi già esistenti adesione
negli accordi in forma solenne, manifestazione del consenso dello Stato ad obbligarsi al rispetto
dell’accordo: art. 14 CV1969
- Scambio o deposito dello strumento di ratifica: art. 16 CV1969. Il trattato precisa tipicamente cosa
sia necessario fare al riguardo. Es nello statuto corte penale internaz. Ci sono norme finali che
trattano definiscono il deposito
- Entrata in vigore (modalità e tempi stabiliti dal trattato). Non significa che quel trattato entri in
vigore automaticamente sul piano interno negli ordinamenti. Nel nostro ordinamento vige una logica

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dualista e pertanto il vigore sul piano internazionale non significa produzione di effetti a livello
nazionale. Se Italia ratifica trattato internaz, questo entra in vigore sul pian internaz, ma l’Italia non
ha predisposto strumenti e atti a seguito dei quali il trattato entra in vigore anche sul piano interno.
L’ord italiano allora resta indifferente al trattato sul piano nazionale. Gli altri stati potranno invocare
responsabilità dell’Italia a seguito della in applicazione del trattato dopo la sua entrata in vigore. 
c’è distinzione tra entrata in vigore piano interno ed esterno.

Adozione del Firma Scambio o Entrata


negoziato autenticazione
testo definitiva deposito in vigore

Ricerca dell’oggetto unanimità o 2/3 modalità stabilite dall’accordo non basta per accordi solenni stabilisce il trattato l statale

L’Italia faceva parte dei 60 stati che servivano pe l’entrata in vigore del trattato costituente la corte penale
internazionale. Nel 2002 il trattato è entrato in vigore nel piano internazionale. Per gli stati ulteriori rispetto al
numero iniziale corrispondente al numero minimo di ratifiche, si vedrà un’operatività internazionale del trattato
successiva al 2002, l’operatività non retroagisce per il nucleo iniziale di stati. Se aderisco nel 2010 il vigore internaz
per me stato che ho aderito nel 10, è spostato al determinato giorno dopo n giorni dalla ratifica. = frazionamento
dell’entrata in vigore  In caso di controversia internazionale, il giudice deve valutare se lo stato, al momento dei
fatti, era già vincolato. I due livelli di vigore vanno sempre distinti. Gli altri stati parti contraenti non danno rilevanza
al fatto che non siano state adottate internamente le procedure per l’effettiva applicazione. è eccezionale la
rilevanza di vicende interne dal punto di vista degli obblighi internazionali. La conv di Vienna enuncia principio
chiaro: art 27 diritto interno e rispetto dei trattati. le vicende del d interno non giustificano condotta che viola il
trattato in nome della logica dualistica.
Esempio di Adattamento: Statuto CPI – 3 fasi
Prima fase: Legge 232/1999. Ratifica ed esecuzione dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale, con atto finale ed allegati,
adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma il 17 luglio 1998. Delega al Governo per l'attuazione dello statuto medesimo
(non può essere ratifica, ma ordine di esecuzione alla ratifica).
Art. 1: autorizzazione alla ratifica
Art. 2: ordine di esecuzione (procedimento speciale di adattamento, o mediante rinvio)
Art. 3, comma 1: norma materiale di adattamento (procedimento ordinario), comma 2: delega al Governo
Art. 4: norma strumentale sull’entrata in vigore della legge (e non dello Statuto)
Allegati: Il testo in lingua inglese è uno dei testi autentici; altri testi ugualmente autentici quelli arabo, cinese, francese, russo e spagnolo (art.
128 Statuto)
Seconda fase: Senza un numero consistente di norme materiali di adattamento, integrative della disciplina dello statuto, questo non sarebbe
direttamente applicabile nell’ordinamento interno emanazione Legge 20 dicembre 2012, n. 237 per norme materiali interne
Occasio legis: guerra civile in Libia, timore di fuga in Italia di responsabili di gravi crimini internazionali
È un Adattamento in via ordinaria differito nel tempo =13 anni dopo l’ordine di esecuzione.
Art. 1: clausola di salvaguardia (controlimiti)
13 anni dopo si arriva a disciplinare il carattere materiale: Norme per l'adeguamento alle disposizioni dello statuto istitutivo della Corte penale
internazionale.
Terza fase: Legge 110/2017. Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano nel Codice penale. Adattamento silenzioso: esigenza
di integrazione, ma non emerge come motivo principale, che è quello di rendere ord interno coerente con la decisione della corte penale
internazionale. L’adeguamento non era stato sufficiente.
Manifestazione del consenso: Ogni Stato determina liberamente quali sono i propri organi con il potere di
manifestare il consenso dello Stato ad obbligarsi al rispetto di un trattato internazionale (di solito, norme in
Costituzione; negli Stati democratici, controllo del Legislativo sull’Esecutivo). Nel nostro ordinamento Art 80 cost:
Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o
prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni
di leggi
Accordi «in forma solenne»  ratifica del Presidente della Repubblica. In particolare, gli Accordi di cui all’art. 80
Cost.  quando un accordo ricade in una di queste categorie, la ratifica da parte del presidente della rep, deve
essere preceduta da un momento politico = «legge di autorizzazione alla ratifica» (formalmente distinta dall’«ordine
di esecuzione»), non suscettibile di referendum abrogativo. la prassi del nostro ord è quella di racchiudere in un unico
strumento normativo, tipicamente l’ordinanza, che rappresenta la l di autorizzazione alla ratifica autorizzata dal
presidente della rep, e Questa legge racchiude un art in cui si dice ‘piena ed intera esecuzione sia data in Italia al
trattato’: Questo ordine di esecuzione è il momento di attuazione (cui facciamo riferimento in relazione al sistema
dualistico). Con questo articolo si rimuove l’ostacolo, ut il trattato produca effetti anche nel nostro ord giuridico.
Quindi la l incorpora ordine di esecuzione e autorizzazione richiesta dall’art 80. Immaginiamo un accordo
internazionale di importanza che riguardi settore che non è mai stata disciplinata nell’ordinamento interno 
abbastanza improbabile.

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Accordi «in forma semplificata»  riguardano ambiti non riconducibili alle 5 categorie dell’80. C’è una possibilità che
siano direttamente firmati, e la firma è di per sé capace di sottoporre Italia ad esecuzione, riguarda accordi a
carattere tecnico, esecutivo e per questa ragione si sottraggono alla disciplina solenne prevista dall’80. Salvo i trattati
di cui all’art. 80 Cost., nessun limite alla possibilità di concludere trattati «in forma semplificata». Tuttavia, teoria di un
divieto costituzionale implicito di concludere trattati segreti (che però sembra in qualche modo scontrarsi con l’art.
39, c. 1, l. 124/2007).
Ex art 117 anche Regioni e province autonome hanno competenza Art. 117 comma 9, Cost: «Nelle materie di sua
competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati
da leggi dello Stato».
«Intese con enti territoriali interni ad altro Stato»: regione con ente territoriale all’interno di un altro
-
stato. Non devono determinare vincoli o oneri finanziari per lo stato. C’è obbligo di comunicazione
prima della firma comunicazione alla Presidenza del Consiglio e al Ministero degli Esteri (che
possono fare osservazioni entro 30 giorni).
- «Accordi con Stati»: solo accordi di natura tecnico-amministrativa, accordi di natura programmatica
per lo sviluppo economico, sociale e culturale, accordi esecutivi di accordi internazionali in vigore (la
regione si preoccupa dell’esecuzione).
Art 117 comma 1: La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali
 Rispetto degli obblighi internazionali e degli «indirizzi di politica estera italiana»
Ma In caso di inadempimento: responsabilità dello Stato (non della Regione!) in quanto si esclude la soggettività
internazionale delle regioni. Il fatto che possano stipulare accordi internazionali non fa sorgere in capo alle regioni
una oggettività giuridica di d internazionale.
Stati contraenti vs stati parte: Disposizione definita nell’art 2 convenzione di Vienna.
• Stati «contraenti»: tutti gli Stati che hanno firmato un trattato (ma non è detto che esso sia entrato in vigore nei
loro confronti: ad es., per gli accordi «in forma solenne», ciò non accade in mancanza di ratifica).
• Stati «parte»: tutti gli Stati nei cui confronti il trattato è entrato in vigore.
Uno stato vincolato ad un trattato è stato parte.
Violazione norme interne: Principio fondamentale: art. 27 CV:

afferma che lo stato non può richiamarsi a proprie disposizioni interne per giustificare la mancata osservanza di un
trattato. Art 46 prevede un’eccezione= violazione manifesta: Art. 46 Disposizioni di diritto interno concernenti la competenza a
concludere trattati 1. Il fatto che il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato sia stato espresso violando una disposizione del suo
diritto interno concernente la competenza a concludere trattati, non può essere invocato da tale Stato per infirmare il proprio consenso, a meno
che tale violazione non sia stata manifesta e non concerna una norma di importanza fondamentale del proprio diritto interno. 2. Una
violazione è manifesta quando essa appaia obiettivamente evidente ad ogni Stato che si comporti, in materia, in base alla normale prassi ed in
buona fede.
Per i trattati delle 5 categorie dell’80, una valida manifestazione della volontà a vincolarsi deve essere preceduta da
un momento autorizzativo. Allora se un trattato che rientra nelle 5 categorie, viene stipulato in forma semplificata
dall’esecutivo, omettendo il passaggio parlamentare si creano:
1- CONSEGUENZE NELL’ORDINAMENTO INTERNAZIONALE: ex art. 46 CV, lo Stato può invocare tale violazione
come vizio del consenso ma solo se essa è manifesta (cioè evidente per gli altri Stati che agiscano secondo la
prassi abituale e in buona fede) e relativa ad una norma interna di importanza fondamentale.
Come soluzione l’esecutivo può chiedere un controllo ex post. Non soluzione conforme al nostro ordinamento. Ma il
parlamento non sarebbe più libero di pronunciarsi nel pineo della propria valutazione politica sulla opportunità o
meno di stipulare il trattato. Quindi questa soluzione ha doppio dubbio di legittimità cost.
2- CONSEGUENZE NELL’ORDINAMENTO ITALIANO:
Il problema si pone soprattutto quando si conclude «in forma semplificata» un trattato per il quale l’art. 80 Cost.
sembrerebbe richiedere una legge di autorizzazione alla ratifica. Prassi non univoca:
- In alcuni casi il Governo si è rivolto al Parlamento successivamente, ottenendo l’autorizzazione.
- In altri casi il Governo non ha mai chiesto l’autorizzazione parlamentare, ma ciononostante gli
accordi sono stati applicati e non è mai stata posta sul piano internazionale una questione di validità
(alcuni hanno sostenuto che essi esulavano dall’art. 80 Cost. costituendo accordi
‘‘tecnici’’ ,‘‘dipendenti’’ da precedenti trattati più generali). La dottrina dice che si è formata
consuetudine costituzionale vs art 80. (es accordi in materia id immigrazione, sottoforma di
memorandum per evitare passaggio parlamentare, questi accordi di riammissione nel paese di

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origine degli stranieri, sono stati stipulati in forma semplificata in violazione dell’80. Dire che questa
prassi è accettata perché si è formata una consuetudine cost è pericoloso).
Se chiamiamo un accordo memorandum, non vuol dire che se nella sostanza è un trattato, non ricada nell’esame
costituzionale. Se la materia è tale da giustificare legge di autorizzazione di ratifica on importa come viene definito,
ma è un accordo internazionale e richiede autorizzazione solenne, formale espressa dal parlamento. Se l’esecutivo
adotta soluzioni diverse, viola la cost.
Interpretazione dei trattati: Art 31 regola generale: approccio oggettivistico simile al nostro per la l.
1. «Un trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai termini […]
nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo».
2. Ai fini interpretativi il trattato comprende il testo, il preambolo, gli allegati, ogni accordo in rapporto col
trattato e concluso tra tutte le parti in occasione della conclusione del trattato.
3. Si terrà conto anche «di ogni accordo ulteriore intervenuto fra le parti in materia di interpretazione del
trattato» (lett. a), «di qualsiasi prassi successivamente seguita nell’applicazione del trattato attraverso la quale
si sia formato un accordo delle parti in materia di interpretazione del medesimo» (lett. b) e di «qualsiasi regola
pertinente di diritto internazionale applicabile nei rapporti fra le parti» (lett. c). se una certa prassi concorde
porta a concludere che ci sia stata desuetudine e che quindi una disp va considerata abrogata  la prassi ha
specifica rilevanza. Prassi non unilaterale, ma diffusa da cui emerga il concorde consolidato orientamento degli
stati in merito alla portata del trattato. Art 2 l 218 dice di enfatizzare il contesto di un accordo, quindi, c’è la
possibilità di far interagire con le disp del trattato tutte le disp internazionali n cui si colloca quella fonte.
4. «Un termine verrà inteso in un senso particolare se […] tale era l’intenzione delle parti». Significato autonomo
dato dalle norme definitorie contenute nel trattato. (stessa logica nel due)
Si parte da interpretazione letterale ancorata alle parole usate, ma l’interpretazione oggettivistica, testuale viene arricchita
dall’esigenza di tenere conto dell’oggetto e dello scopo del trattato. Si connota anche attraverso un ‘attenzione agli obiettivi che
gli stati intendevano perseguire e quindi interpretazione teleologica. Anche in due si sceglie tra due significati, quello che meglio
raggiunge il fine perseguito da due. Art 31 regola primaria in tema di interpretazione. Non ci stupisce che i lavoratori preparatori
siano mezzi secondari.
Mezzi complementari: Si fa ricorso ad essi per «confermare il senso che risulta dall’applicazione dell’art. 31» e/o quando
applicando l’art. 31 il senso della norma rimane «ambiguo o oscuro» o appare «manifestamente assurdo o irragionevole».
La norma menziona esplicitamente due strumenti: i «lavori preparatori» (es.: resoconti scritti dei negoziati) e le «circostanze
nelle quali il trattato è stato concluso».
La norma non prende posizione sull’opponibilità dei lavori preparatori agli altri Stati parte del trattato. Una risalente
giurisprudenza lo aveva escluso. «La soluzione dipenderà […] dal caso concreto e dall’accessibilità dei lavori preparatori» per lo
Stato in questione. Altri mezzi complementari di interpretazione possono essere la prassi successiva unilaterale o alcuni principi
interpretativi generali (in particolare, l’analogia).
Trattati in più lingue art 33: Per un trattato possono esistere versioni in più lingue: Le traduzioni non «autenticate»
non hanno valore ufficiale (non fanno fede) Se il testo è «autenticato» in più lingue, ciascuna versione ha valore
ufficiale e fa fede allo stesso modo. Se testi del trattato in lingue diverse, tutti autenticati, dicono cose diverse, ciò
può portare anche a conseguenze molto gravi, Che fare in questi casi?  art. 33, par. 4, CV: rifarsi alle indicazioni degli artt.
31 e 32 e, se esse non consentono di eliminare la differenza di significato, adottare l’interpretazione «che, tenuto conto
dell’oggetto e dello scopo del trattato, permette di meglio conciliare i testi in questione».
La traduzione ufficiale non ha forza giuridica di un testo autentico.
Interpretazione Trattati oig: Qui risulta prevalente l’aspetto teleologico: scelgo interpretazione in relazione ai fini
perseguiti dall’organizzazione internazionale. In molti casi si utilizza la «teoria dei poteri impliciti»: se il trattato
attribuiva all’O.I.G. il perseguimento di un certo compito, si deve ritenere che implicitamente le abbia riconosciuto
anche il necessario potere. Problematicità in ambito due. Le istituzioni di una organizzazione internazionale godono
dei poteri affidatele dal trattato istitutivo e anche i poteri per realizzare i fini propri dell’organizzazione stessa. È
un’interpretazione evolutiva: amplio i poteri dell’organo in funzione dei fini. Questo principio tipicamente usato, per
interpretare i trattati internaz trova limiti nel due: gli stati e in particolare cost tedesca, sottolineando di essere i
signori dei trattati si arrestano di fronte a questo principio. C’è un principio di trasferimento di sovranità e
competenze alle istituzioni UE che non si presta ad essere esteso attraverso una interpretazione evolutiva del
trattato, ciò minerebbe ambiti ancora riservati agli stati che questi rivendicano. Il principio di attribuzione delle
competenze frena il principio dei poteri impliciti, perché l’attribuzione di competenze in ambito ue deve essere
formalizzata. Questa teoria è stata impiegata: Nell’ambito della CECA, poi nella CEE, poi nella UE, dalla Corte di
giustizia, per affermare la competenza a concludere accordi internazionali. in ambito ONU, dalla C.I.G. Nell’ambito
dell’OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio)
Riserve: La conv di Vienna nella disposizione sulle riserve ha un campo centrale della propria operatività. Si confronta con una
realtà qualificante del d’internazionale moderno: trattati multilaterali aperti, che hanno come obiettivi raccogliere il n di ratifiche
quanto più possibile ampio e consistente. Allora si prende atto che taluni stati potrebbero essere d’accordo con il 95 % delle
clausole ma non condividerne una. Allora si ammette che rispetto all’integralità del trattato, si debba privilegiare una soluzione
per cui uno stato condividente la massima misura delle disposizioni, ma in dissenso con alcune possa con una propria
dichiarazione unilaterale sottrarsi a una o più disposizioni del trattato, o chiarire che si riterrà vincolato a quella disposizione solo
se intesa in un certo significato escludendone altri pur sempre ammessi dal tenore letterale. La disposizione deve presentare la

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caratteristica di poter essere sottoposta a riserva. Nel silenzio del trattato la conv afferma che si possano apporre riserve nel
silenzio del trattato sono ammesse tt quelle compatibili con l’oggetto e lo scopo del trattato. Potrà sorgere un contrasto tra stati,
infatti definire e oggetto e scopo può avere diverse soluzioni interpretative. Procedimento previsto allora in conv di vienna, con
disciplina che oggi non pare conforme al d internazionale generale.
Riserva: dichiarazione unilaterale fatta da uno Stato al momento della firma o deposito della ratifica di un accordo int.le, con cui
tale Stato afferma di escludere o modificare l’effetto giuridico di alcune disposizioni dell’accordo stesso nell’applicazione da parte
sua e nei suoi confronti  Possibile solo nei trattati multilaterali.
Artt. 19-23 CV1969 (da molte ritenute norme di «sviluppo progressivo»): riprendono in gran parte il parere della CIG del 1951
sulle riserve alla Convenzione contro il genocidio  disciplina «imprecisa e lacunosa» (la CDI ha ripreso i lavori sul tema dal
1994, producendo 16 rapporti e un progetto di linee-guida) Secondo la CV1969 (art. 19) una riserva ad un trattato (multilaterale)
è ammissibile se:
- il trattato non la vieta,
- è esplicitamente autorizzata nel trattato
- è stata accettata dalle altre parti (è accettazione anche l’assenza di obiezioni entro 12 mesi),
- è compatibile col suo oggetto e scopo,
le riserve possono essere di due tipi
- riserva che esclude la vincolatività e operatività di una clausola del trattato
- riserva interpretativa: accetto che una clausola possa avere più interpretazioni ma accerto che un certo
significato possa vincolarmi solo in determinata accezione= modulazione della interpretazione. (diversa è
dichiarazione interpretativa= stato indica un significato che va desunto da una disposizione, la dichiarazione
interpretativa è meno incisiva. Se c’è un divieto d i porre riserva su det disposizione, gli stati spesso inseriscono
dichiarazione interpretativa).
È normale che altri stati, di fronte alla mia dichiarazione unilaterale, rispondano di considerarla incompatibile con lo scopo e
l’oggetto del trattato La conv di Vienna disciplina procedimento per cercare di comporre questa divergenza di opinioni tra
stati. Il punto nodale è quello per cui lo stato che si oppone ad una riserva, può non escludere che il trattato entri comunque in
vigore nei rapporti tra stato medesimo che si oppone alla riserva e stato che la ha apposta (a patto che non si sia già fatto valere
l’incompatibilità con l’oggetto e lo scopo). Allora quella disp non trova applicazione nei rapporti reciproci. Lo stato che pone la
riserva è parte contraente del trattato con gli stati che non si oppongono alla riserva. Lo stato che eventualmente si oppone
resta, comunque, parte contraente dell’intero trattato nei confronti di tt gli altri stati, che non abbiano posto riserva.
 Logica di preservare il multilateralismo, se ci sono disallineamenti, per quanto possibile si formulano regole
funzionali per mantenere in vigore il trattato.

Eccezione: regole proprie Per i trattati sulla tutela dei diritti umani, perché considerati di valore prioritario. da più parti si è
sostenuta l’inapplicabilità delle norme della Conv. di Vienna sulle riserve, sostenendo che per questi trattati non sono ammesse
riserve (così ad es. nel 1994 il Comitato sui diritti civili e politici, in relazione al Patto internazionale sui diritti civili e politici del
1966). Intangibilità delle disposizioni normative trasposte nel trattato.
Cause di invalidità: In generale
• Rendono il trattato nullo ex tunc.
• La CV1969 reca una disciplina esclusiva delle cause di invalidità; alcune norme sono ‘‘codificatrici’’,
altre di sviluppo progressivo
• Travolgono il trattato nel suo complesso salva diversa pattuizione. rendono nulle solo le clausole
interessate, se: esse sono separabili dal resto e non hanno costituito una base essenziale per il
consenso degli altri Stati contraenti, e non appaia ingiusto continuare ad applicare il trattato senza
tali clausole, e purché la causa non dipenda da «violenza» o da contrasto con lo ius cogens.
• Atti compiuti in applicazione di un trattato nullo: ogni parte può chiedere di ristabilire lo status quo
ante, ma gli atti (se compiuti in buona fede) non sono illeciti.
Nel d internazionale la clausola di buona fede ha incidenza superiore rispetto al nostro d interno. Anche nelle carte
delle nu gli accordi vanno eseguiti in buona fede. Art 2 principi fondamentali.
Le clausole di invalidità dei trattati retroagiscano al momento in cui si è verificata la causa che rende nullo il trattato= nullità ex
tunc. A garanzia della stabilità dei trattati, le cause di invalidità trovano nella disciplina della conv di vienna una
regolamentazione in via esclusiva. Ciò significa che per preservare la vigenza dei trattati nono possono introdursi nuove cause,
rispetto a quelle proposte dalla conv di vienna.
Cause di invalidità:
- Vizi del consenso: Errore relativo ad un fatto/situazione che lo Stato riteneva esistente e che è stato
essenziale per il suo consenso (purché lo Stato stesso non abbia contribuito all’errore, o avrebbe
potuto evitarlo, o avrebbe dovuto rendersene conto); raro nella prassi, di solito riguarda la
predisposizione di cartine geografiche.
- Dolo: raro, tanto che la Convenzione non lo ha definito lasciandone la definizione alla prassi.
- Corruzione di un rappresentante di uno Stato (non vi rientrano cortesie o favori minori).
- Violenza (Tuttavia, i trattati di pace sono validi, anche se spesso firmati sotto un’evidente pressione
militare): Violenza contro un rappresentante di uno Stato; rara o Violenza contro uno Stato:
invalidità affermatasi solo dopo la II Guerra mondiale. In alcuni casi possono esservi entrambi i tipi

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di violenze ad es., il trattato del marzo 1939 tra Germania e Cecoslovacchia per la creazione di un
protettorato tedesco in Boemia e Moravia: al presidente cecoslovacco venne messa a forza la penna
in mano, con la minaccia di bombardare Praga se non avesse firmato.
- Altre cause
Art. 47 CV1969: Violazione, da parte del rappresentante di uno Stato, dei limiti ai suoi poteri (ipotizzabile solo per
accordi «in forma semplificata»): opponibili agli altri Stati solo se i limiti ai poteri del plenipotenziario gli erano stati
notificati prima.
Principio generale: Art. 27 CV1969: gli Stati, salvo art. 46 CV1969, non possono invocare disposizioni di diritto
interno per giustificare la mancata esecuzione di un trattato internazionale.
 Disposizione giustificata anche dal principio ordinatore del sistema dualista
Art. 46 CV1969: ammette che una violazione di una norma interna sulla competenza a stipulare, possa essere fatta
valere sul piano internazionale, per sottrarsi all’attuazione di un trattato, quando si tratta:
- Violazione di una norma essenziale (norma cost)
- Violazione manifesta= quando le altre parti del trattato, in buona fede facendo riferimento ai
rapporti che tipicamente intercorrono, avrebbero potuto rilevarla. Es presidente della rep ratifica un
trattato, un altro stato non potrebbe sapere che non c’è stato il passaggio parlamentare. quindi le
violazioni devono essere evidenti. Es non si è accertato il riconoscimento dei pieni poteri in capo al
soggetto rappresentante. Presumere che il sogg con i pieni poteri per stipulare trattati secondari,
abbia il potere di stipulare trattato quadro, potrebbe essere rilevabile dalle altre parti, con una
verifica dei suoi pieni poteri.

Contrasto con norme di ius cogens (norma percepita come tale dalla comunità internazionale e quindi non derogabile
da altra norma internazionale che non sia dello stesso livello) Art. 53 CV1969 (c’è anche analoga disposizione per la
sopravvenienza di una contrarietà a norma ius cogens) = è una causa radicale di nullità che travolge l’intero trattato
senza ammettere nullità parziale.
Cause di Estinzione e sospensione
• Operano ex nunc, in un momento successivo all’entrata in vigore del trattato e consistono in
situazioni che impediscono – temporaneamente o definitivamente – al trattato (fino a quel momento
valido) di continuare a produrre i suoi effetti.
• Non vi è esclusività della disciplina della CV 1969. Possiamo trasfondere nel trattato, una serie di
cause che percepiamo come cause di circostanze, di elementi che a giudizio degli stati firmatari,
devono operare alla stregua delle cause di estinzione e sospensione.
• Uno Stato non può farle valere se ha esplicitamente accettato di mantenere in vigore il trattato o dal
suo comportamento si desume un’acquiescenza alla continuazione dell’applicazione del trattato.
«Denuncia» e «recesso»: (lo Stato vuole mettere fine agli effetti del trattato nei suoi confronti; si usa il termine
«recesso» per le O.I.G.). il trattato deve prevedere la possibilità di denuncia o recesso:
• Se il trattato prevede una procedura ad hoc  si segue quella.
• Se il trattato non prevede una procedura ad hoc  possibile solo col
consenso di tutte le parti
Se il trattato li vieta o non dice nulla al riguardo  non ammessi (salvo risulti che le parti intendevano ammetterli o la
loro possibilità si deduca dalla natura del trattato). Eccezione: Impossibili per il Patto sui diritti civili e politici del 1966.
Alternativa al recesso: Estinzione per stipulazione da parte di tutti gli Stati contraenti di un nuovo trattato con lo
stesso oggetto, incompatibile col precedente (Art. 59 CV1969). Volontà implicita di estinguere il trattato precedente.
Estinzione o sospensione come conseguenza di una violazione da parte di uno o più Stati partecipanti:
Principio consuetudinario «inademplenti non est adimplendum»: la violazione di una norma di un trattato legittima
gli altri contraenti a porre termine al trattato o a sospendere i loro adempimenti verso lo Stato inadempiente.
Tuttavia, divergenze sul fatto se occorrano condizioni particolari per far valere tale principio: secondo l’art. 60 Conv.
Vienna del 1969 solo per violazioni di norme importanti (invece violazioni minori generano solo responsabilità
internazionale e legittimano misure di «ritorsione» degli altri). Nella logica di reciprocità, bilateralità non ci deve
stupire questa clausola generale, nel d internazionale se uno stato si limita nella sovranità e assume obblighi by
trattati, e una altro stato viola i d che spettano agli altri stati, allora il primo n è più tenuto a rispettare i d di
controparte // l del taglione. Per l’art. 60.5 Conv. Vienna, questa regola non si applica ai trattati sui diritti umani e
soprattutto ai divieti di rappresaglie contro le persone protette da essi (es.: Convenzioni di Ginevra del 1949,
convenzioni contro il genocidio o sui rifugiati).

e stinzione o sospensione per «impossibilità sopravvenuta» - definitiva o temporanea – di eseguire il trattato (es.: il
trattato riguarda un’isola che si è inabissata), salvo che essa derivi dalla violazione di un obbligo internazionale da
parte dello Stato che la invoca.

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• Estinzione per «mutamento fondamentale delle circostanze» che erano state essenziali per il
consenso al trattato, salvo che esso derivi dalla violazione di un obbligo internazionale da parte dello
Stato che lo invoca.
Ad es La guerra sospende i trattati tra le parti, è incerto se alla fine della guerra essi devono ritenersi estinti (era più
certo in passato).
• Estinzione per sopravvenienza di una nuova norma di ius cogens in contrasto con il trattato.
Procedure di impugnazione: per far valere cause di validità, estinzione o sospensione. Una procedura complessa
fissata dalla CV 1969 (artt. 65-67): Secondo la CIG, sono norme di ‘‘codificazione’’, Secondo la CGUE, non sono
norme di ‘‘codificazione’’: La parte che intende far valere l’invalidità o estinzione o sospensione, deve notificarlo per
iscritto alle altre parti, dopodichè Se dopo almeno 3 mesi nessuna obiezione  può farla valere. Se obiezioni  le
parti devono cercare una soluzione ex art. 33 Carta ONU o con gli altri strumenti applicabili nelle relazioni reciproche.
Se in un anno non viene raggiunta una soluzione:
 Se l’invalidità o estinzione deriva dal contrasto con lo ius cogens  disputa sottoponibile alla CIG con ricorso
unilaterale, o ad arbitrato con accordo di tutte le parti.
 Negli altri casi  procedura di conciliazione obbligatoria attivata su domanda del Segretario Generale
dell’ONU, che porta ad un rapporto non vincolante.
Successione degli stati nei trattati: Riguardo gli effetti della successione tra Stati sui trattati, Convenzione di Vienna
del 1978 (in vigore dal 1996), ma ratificata da pochi Stati (non dall’Italia), non pienamente in linea col diritto
consuetudinario.
Di solito questi problemi sono risolti con accordi ad hoc, tanto che alcuni ritengono non possa addirittura parlarsi di
norme generali in materia.
• Regola della tabula rasa: lo Stato successore non è vincolato dagli accordi stipulati dallo Stato ‘‘precedente’’,
salvo che non dichiari di volerli mantenere in vigore (la Conv. di Vienna del 1978 prevede questa regola solo
per gli Stati di «nuova indipendenza», mentre per gli altri prevede una continuità: ma quest’ultima regola
sembra di ‘‘sviluppo progressivo’’).
• Regola della mobilità delle frontiere dei trattati, per i casi di secessione o annessione: se un trattato vincola
lo Stato X e lo Stato X annette lo Stato Y, tale trattato si applicherà in tutto il nuovo territorio dello Stato X
(che ha ‘spostato’ i suoi confini).
Eccezioni ai due suddetti principi:
• Trattati c.d. localizzabili cioè connessi con un certo territorio, continuano a vincolare lo Stato che
succede nella sovranità su quel territorio (salvo i casi di trattati di natura prevalentemente politica o
sulla concessione di basi militari). Si sottrae alla regola generale della tabula rasa. es Uso di un fiume
che si estende in due stati.
• Eccezione in via di formazione: trattati sul rispetto dei diritti umani. I trattati sui d umani in vigore su
un territorio rimangono in vigore anche se muta il potere id governo che esercita controllo su quei
territori per annessione o altre vicende. (se ne richiede il rispetto anche allo Stato ‘‘successore’’: v.
ad es. la prassi del Comitato dei diritti dell’uomo dell’ONU).

L'adattamento del diritto interno al diritto int.le


Dibattito tra monisti e dualisti. monismo si deve a kelsen, dualismo a Triepel.
CONCEZIONE MONISTA: essi formano un sistema normativo unitario, con esclusione di ogni reciproca indipendenza;
due varianti:
 Variante internazionalistica (H. Kelsen e Scuola di Vienna)  sottolinea primato del diritto internazionale sul
diritto nazionale in una logica in cui naz e internaz sono riconducibili ad un sistema normativo unitario.
 Variante statalistamuove dalle stesse premesse moniste ma sottolinea il primato del diritto nazionale sul
diritto internazionale (visto come un ordinamento ‘‘delegato’’ dall’ordinamento statale).
 Varianti diverse, che però riportano d naz e internaz ad un sistema unitario
CONCEZIONE DUALISTA o PLURALISTA (inizialmente elaborata da H. Triepel): noi lo esaminiamo in relazione ai
rapporti tra d italiano e d internazionale. Individua ordinamenti separati e distinti garantiti da reciproca indipendenza,
sono ordinamenti originari, autonomi e mantengono la separazione anche quando sussistono tecniche e modalità di
coordinamento della loro applicazione, particolarmente inclusive. La declinazione della concezione dualista in
pluralista tiene conto della pluralità di stati, reciprocamente indipendenti. Si enfatizza il fatto che i destinatari del d
internazionale sono gli stati, le oi, in ipotesi limitate gli individui a titolo di eccezione e in contesti specifici. Ci sono
tanti ordinamenti, quanti sono gli stati sovrani. essi costituiscono due ordinamenti distinti, entrambi originari e
autonomi, che hanno destinatari diversi:
• Diritto internazionale  soggetti internazionali (Stati, O.I., ecc.).
• Diritto interno  persone fisiche e giuridiche all’interno degli Stati.
 La dottrina riflette sull’inadeguatezza di questi schemi, non sono mai appaganti fino in fondo, si creano
sempre degli ibridi.

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La giurisprudenza italiana, in linea con la giurisprudenza internazionale, aderisce alla concezione dualista.
Nell’ottica dualista, principio della ‘‘indifferenza’’ del diritto interno rispetto al diritto internazionale che non è stato
oggetto di adattamento: le norme internazionali non sono di per sé applicabili nell’ordinamento interno (quindi ai
singoli), ma, per ‘‘assumere efficacia’’ in esso, devono essere ‘‘recepite’’ tramite norme interne
Inserimento nella gerarchia delle fonti: separazione ed esigenza di garantire rilevanza e operatività sul piano delle
norme internazionali alle norme interne di adattamento. «diverse tecniche impiegate nell’ordinamento italiano allo
scopo di garantire l’operatività, in tal ambito, di norme ‘‘esterne’’ di derivazione internazionale». Per comprendere
quale collocazione assumano le fonti dell’ord internaz nell’ordinamento naz, vale a dire il livello in cui le norme
internaz spiegano i loro effetti, si doveva avere riguardo alla norma interna di adattamento. Es Con riferimento ad un
certo trattato, fonte secondaria, la norma interna di adattamento è incorporata in una l ordinaria; quindi, in armonia
con questa regola sul ramo gerarchico si diceva che tendenzialmente il trattato immesso nell’ord giuridico italiano con
l ordinaria acquisisse nel quadro delle fonti del d interno rango di l ordinaria.
 Secondo un consolidato principio giurisprudenziale di carattere generale, è lo stesso rango gerarchico
dell’atto normativo interno usato per ‘‘immettere’’ la normativa internazionale nell’ordinamento interno
Questa regola dimostra inadeguatezza nell’ambito dell’ue. Per compensare l’inadeguatezza ci si è riferiti all’art 11 e
all’art 117 (da 2001)  copertura costituzionale, per dare più incisività ai trattati.
Prima norma di adattamento Articolo 10, comma 1, Cost. (c.d. ‘‘trasformatore permanente’’): apertura sistematica
all’ordinamento internazionale.
«L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute»
Registra un’apertura del nostro ordinamento alle norme consuetudinarie una volta che queste abbiano acquisito efficacia
giuridica. All’art 10 troviamo una tecnica di rinvio con atto di adattamento che non recepisce all’interno dell’ordinamento
italiano le norme cons, ma prescrive al giudice di accertare la portata, e successivamente svolgere:
• Adattamento permanente del diritto italiano al diritto internazionale generale.
• Rinvio mobile o formale, generale, non temporaneo. Non recepisce in maniera definitiva il d cons ma rimuove l’ostacolo
all’operatività della fonte internaz che resta esterna.
• Le norme internazionali consuetudinarie sono ‘‘immesse’’ nell’ordinamento italiano con rango costituzionale. Va
considerata anche l’evoluzione della norma consuetudinaria.
Rinvio permanente, ma non automatico: Nel 2014 è intervenuta una sentenza corte cost dove il meccanismo dell’art 10 è stato
rivisto. Soprattutto si è escluso che accanto all’aggettivo permanente, si possa aggiungere l’aggettivo automatico. Nel 2014
l’occasione è stata quella di pronunciarsi su questione cost, inerente alle norme di adattamento per la consuetudine internaz
sulle immunità degli stati dalla giurisdizione. Il giudice a quo dubitava della coerenza col nostro sistema cost delle norme in tema
di immunità degli stati, che per il tramite dell’art 10 primo comma, erano destinate a penetrare nel nostro ordinamento. Il
giudice a quo si chiedeva se in presenza di crimini intenraz, condotte imputabili ad uno stato che fossero classificabili alla stregua
di crimini internaz Non si dovesse ritenere che la regola di d internaz generale, manteneva ferma l’immunità statale della
giurisdizione e cioè ribadiva l’esenzione degli stati dalla giurisdizione esercitata dia giudici in un altro paese. Questa esenzione si
doveva mantenere ferma anche se all’origine di una istanza da parte di un privato ci fosse stato un comportamento dello stato
classificabile alla stregua di crimine internaz. Inizia a diffondersi la giuri italiana, contagia la Grecia, sembrava avviarsi una prassi
tendente a fornire giustificazione sull’insussistenza dell’elemento oggettivo della consuetudine. Allora si investe la corte
internazionale di giustizia. Nel 2012 la cig formula una chiara posizione al riguardo, dicendo che il comportamento tenuto
dall’esercito tedesco in 2gm dovesse considerarsi crimine internazionale, ma malgrado la qualificazione, e il consenso di tutti gli
stati, ciò non di meno si dovesse garantire alla Germania l’esenzione dalla giurisdizione dei giudici da parte di stati esteri. In
particolare, dai giudici italiani, che avevano affermato la loro posizione. Cig nel 2012 in modo autorevole rileva che d
internazionale non é evoluto nel senso di prevedere una eccezione alla regola Générale dell’immunità degli stati dalla
giurisdizione in presenza di atti iure imperii. Il giudice italiano si chiede se una regola generale di questo contenuto possa entrare
nel nostro ordinamento tramite art 10 cost. se l’adattamento fosse oltre automatico, questa regola entrerebbe, e solo poi, ex
post si valuterebbe la contrarietà o meno a principi fond. Ma nel 2014 la soluzione della corte cost, molto discussa, è quella per
cui il trasformatore permanente, cioè il meccanismo che traduce in disposizioni fornite di rilevanza interna tutte le regole cons
dell’ord internaz, non sia automatico, perché si ferma in presenza di regole consuetudinarie in contrasto con valori super
costituzionali, valori fondanti, strutturali irrinunciabili dell’ordinamento italiano  il trasformatore permanente si blocca. Cessa
l’attività costante di adattamento. Si è affermato che la norma cons rilevata nel 2012 dalla corte ig che conferma l’immunità
degli stati pur in presenza di atti iure imperii, non entra nel nostro ordinamento per il tramite dell’art 10. L’accento monistico del
meccanismo ex art 10 viene rifiutato. Si è allora dichiarata anche l’incostituzionalità della l per cui gli orientamenti della corte di
giust internaz, quindi anche del 2012, deve spigare direttamente i suoi effetti. Via pericolosa, se tuti gli stai potessero rimanere
vincolati alla corte ma scegliere di non attenersi ad una sua decisione succederebbe un disastro. La corte cost italiana poteva
scegliere un’altra via (es obbligo di risarcimento nei confronti del singolo privato).Non abbiamo contestato la portata della
regola internazionale, la corte ha solo precluso l’accesso della regola nel nostro ordinamento  ha sottolineato il sistema
dualista.
 Si è allora tornati a riflettere sulla portata dell’art 10:
 Impossibilità di ritenere tale adattamento fondato sull’art. 10 e quindi ‘‘automatico’’.
• Occorrono apposite norme interne di adattamento
• Per i trattati internazionali menzionati dall’art. 80 Cost., occorre anche una previa legge di autorizzazione alla ratifica.

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 Il principio pacta sunt servanda, entrando nel nostro ordinamento by art 10, finirebbe per prescrivere i
trattati. La prassi costante è quella di limitare il 10 primo comma all’oggetto che esplicita= norme cons, e
di rivedere atti di adattamento ad hoc in riferimento ai trattati.
Serve allora una norma di adattamento, lo schema tipico è di realizzare un rinvio: by l si formula ordine di esecuzione. Rinvio
non generale, ma specifico al singolo trattato volta volta oggetto di esecuzione. La prassi costante è dunque quella di richiedere
adattamento ad hoc per un singolo trattato, tipicamente incluso in una l che formula l’ordine di esecuzione e rimuove l’ostacolo
previsto dall’art 80 a norma del quale tt gli accordi, le conv e i trattati riconducibili alle 5 categorie, richiedono per la ratifica un
previo passaggio parlamentare.
Rimangono due atti distinti: Distinzione tra «autorizzazione alla ratifica» e «ordine di esecuzione» (anche se spesso contenuti
nella stessa legge).

• Procedimento c.d. ordinario (meno frequente): riproduzione delle norme internazionali in norme interne di contenuto
tendenzialmente identico (‘‘nazionalizzazione’’ delle norme internazionali). È un atto normativo interno modellato
nei suoi contenuti sulla disciplina prevista nel trattato internaz ma che dal punto di vista formale non si
distingue da altre fonti interne se non per l’occasione che ha giustificato l’adozione =attuazione di un trattato.
viene a sganciare il trattato dalle vicende che lo riguardano. Rendo cristallizzato il trattato. È una via non
consigliata per questo effetto di cristallizzazione perché i trattati sono invece qualcosa di vivo e che si
modifica nel corso del tempo.
• Procedimento c.d. speciale (più frequente): adozione di un atto normativo interno, ordine di esecuzione che
opera un rinvio (mobile o formale, già per art 10, però qui è rinvio sempre speciale) alle norme dell’accordo
internazionale. Si può poi avere traduzione, ulteriore e diversa dal trattato in versione autentica. Il trattato
oggetto di ordine di esecuzione può spiegare gli effetti solo se accompagnato da disposizioni materiali
italiane che completano il trattato dove esso non sia del tutto applicativo.

 di frequente il trattato prevede congiuntamente entrambe le tecniche: formula l’ordine di esecuzione


(via speciale) che spiega i suoi effetti con riferimento alle norme del trattato autosufficienti (self
excuting), per quelle che sono prive di autosufficienza si richiede una integrazione del trattato
formulando disposizioni interne (norme materiali) in presenza delle quali le norme divengono
effettivamente applicabili= norme interne che integrano e disciplinano il procedimento (via ordinaria).
(Se prevedo che un certo trattato predisponga dei sistemi di garanzia vs vittime, ma poi non adotto tutta la disciplina
interna, allora la disciplina non è del tutto auto applicativa, e non ho adempiuto agli obblighi che mi fanno carico). Il
diritto internazionale pone a carico degli stati degli obblighi di risultato e non di mezzi. Il d internazionale si
disinteressa dei mezzi che lo stato usa. lo stato può esporsi a resp internazionale. Il semplice rinvio può essere
inadeguato come anche il procedimento di adattamento. Il nostro elemento di riferimento è il risultato. Nessuna
preferenza del d internazionale circa le modalità, ma il rispetto di questo vincolo (vd obbligo di risultato).
Es procedimento ordinario: norma di adattamento per sentenza giurisprudenza.
legge 5/2013 Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali
degli Stati e dei loro beni, fatta a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento all'ordinamento
interno. fino al 2014 il nostro ordinamento aderiva totalmente ai provvedimenti della corte. Poi ribaltamento con
sentenza 348/2014 in cui si abroga l’art 3 di questa legge : Esecuzione delle sentenze della Corte internazionale di giustizia 1. Ai fini
di cui all'articolo 94, paragrafo 1, dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945 e reso esecutivo dalla legge 17
agosto 1957, n. 848, quando la Corte internazionale di giustizia, con sentenza che ha definito un procedimento di cui è stato parte lo Stato
italiano, ha escluso l'assoggettamento di specifiche condotte di altro Stato alla giurisdizione civile, il giudice davanti al quale pende controversia
relativa alle stesse condotte rileva, d'ufficio e anche quando ha già emesso sentenza non definitiva passata in giudicato che ha riconosciuto la
sussistenza della giurisdizione, il difetto di giurisdizione in qualunque stato e grado del processo. 2. Le sentenze passate in giudicato in contrasto
con la sentenza della Corte internazionale di giustizia di cui al comma 1, anche se successivamente emessa, possono essere impugnate per
revocazione, oltre che nei casi previsti dall'articolo 395 del codice di procedura civile, anche per difetto di giurisdizione civile e in tale caso non si
applica l'articolo 396 del citato codice di procedura civile.
Fonti di terzo grado: fonti diverse da quelle di d derivato. atti vincolanti adottati da O.I. sulla base dei propri trattati
istitutivi ad es., decisioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. La tecnica tipica è quella di formulare una norma interna
di adattamento, un atto ordinario di riformulazione del contenuto della risoluzione. Prassi quasi unanime 
adattamento mediante procedimento ‘‘ordinario’’. tipicamente si può ragionare in termini di efficacia come quella delle l
ordinarie. Usata l ordinaria per carta delle nu, o trattati istitutivi ue. Parte della dottrina critica la suddetta prassi e sostiene che
sia sufficiente l’ordine di esecuzione del trattato istitutivo dell’O.I. (che rende ‘‘operative’’ anche le norme che impongono agli
Stati di rispettare le fonti ‘‘di terzo grado’’ adottate dall’organizzazione). Nei casi di trattati menzionati dall’art. 80 Cost. 
normalmente si tratta della stessa legge contenente l’«autorizzazione alla ratifica» (che però resta un atto distinto dall’«ordine di
esecuzione») Negli altri casi  «la scelta dello strumento interno dipende dal livello al quale, se necessarie, vanno apportate le
modifiche all’ordinamento interno»: potrà trattarsi
- di una legge costituzionale (raro: si segnala la legge cost. n. 1/1967, che modificò l’ambito di applicazione degli
artt. 10 c. 4 e 26 c. 2 Cost., in attuazione della Convenzione contro il genocidio del 1948 2),

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- di una legge ordinaria
- o anche di un D.P.R. …
primato ue: Il rapporto tra diritto interno e diritto dell’Ue segue regole particolari e diverse, improntate all’esigenza di
garantire il «primato» del diritto dell’UE sui diritti interni degli Stati membri  approccio più «monistico». In origine
la Corte costituzionale italiana non accettava il principio del «primato» e adottava anche qui il classico approccio
«dualista»: norme comunitarie con lo stesso rango (primario) delle leggi ordinarie di esecuzione dei Trattati. Poi
accettò in linea di massima il «primato» del diritto comunitario, ma affermando che, in caso di contrasto tra norma
interna e norma comunitaria, occorreva sollevare q.l.c., e non semplicemente disapplicare la norma interna. Infine,
accettò la regola per cui, in caso di contrasto tra una norma interna e una norma comunitaria con effetto diretto, si
deve direttamente disapplicare la norma interna, senza sollevare q.l.c. (Granital). Ma tuttora la Corte cost. mantiene
la teoria dei ‘‘controlimiti’’ (norme UE non possono violare «principi supremi» della Costituzione). L’ordine di
esecuzione dei Trattati è idoneo a garantire anche l’«adattamento» delle fonti di diritto derivato dell’UE (previste nei
Trattati), perciò:
- Se la norma UE è direttamente applicabile (es.: norma di un regolamento)  si applica direttamente
nell’ordinamento interno senza bisogno di nessun atto di ‘‘recezione’’.
- Se la norma UE non è direttamente applicabile (es.: norma di una direttiva)  obbligo di ‘‘recepirla’’
la l. 234/2012 prevede due strumenti, adottati ogni anno: «legge europea» e «legge di delegazione
europea» (prima, prevedevano la «legge comunitaria») .

In caso di contrasto tra una norma UE e una norma interna:


- Se la norma UE ha effetti diretti  il giudice comune disapplica la norma interna (senza sollevare
q.l.c. in via incidentale); tuttavia, è possibile un giudizio di costituzionalità in via principale per
contrasto con l’art. 117 c. 1 Cost.
- Se la norma UE non ha effetti diretti  non vi è la disapplicazione, ma il giudice solleva questione di
legittimità costituzionale per contrasto con l’art. 117 c. 1 Cost.
Per garantire piena operatività a queste norme internazionali si deve necessariamente ‘‘integrarle’’ con norme
materiali interne ad hoc; non basta rinviare alle norme del trattato, perché queste non sono ‘‘autosufficienti’’ =non
sono complete; quindi, di per sé non sono direttamente applicabili. Qui l’ordine di esecuzione, in assenza delle
suddette norme materiali, attua (solo) un «principio di adattamento»: le norme internazionali avranno una funzione
simile a «norme di principio o di organizzazione», comunque con un’importante funzione «orientativa
dell’interpretazione del diritto esistente».
Competenza regioni e province autonome:
autonome: Art. 117, comma 5, Cost. (post l 3/2001) : «Le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli
accordi internazionali nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità
di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza».
si ricordi che Regioni (e Province autonome) non hanno soggettività internazionale e quindi nel momento in cui si
ipotizzi una violazione in sede attuativa del trattato, viene impugnata la responsabilità dello stato e non dell’organo
subastatale. Inoltre A livello decentrato si possono attuare accordi, oggetto di previa ratifica da parte dello stato
italiano. Art. 6, c. 1, legge 131/2003:
131/2003 «Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie
di loro competenza legislativa, provvedono direttamente all’attuazione e all’esecuzione degli accordi
internazionali ratificati, dandone preventiva comunicazione al Ministero degli affari esteri ed alla
Presidenza del Consiglio, i quali, nei successivi trenta giorni, possono formulare criteri e osservazioni.
[…]».  Si riferisce anche a trattati non ancora eseguiti, ma solo ratificati? L’orientamento prevalente lo
nega. Però L’uso del termine «ratificati» esclude la possibilità di attuare accordi stipulati «in forma
semplificata» (ciò è «forse non del tutto conforme» all’art. 117 c. 5 Cost.).
riparto competenze stato regioni: In materie di competenza esclusiva regionale  solo Regioni.
In materie di competenza concorrente  la «legge di delegazione europea» fissa, ogni anno, i principi generali.
L’individuazione delle direttive UE riservate all’attuazione regionale è effettuata della Conferenza Stato-Regioni.
«La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».  117 Non è una norma di adattamento ‘‘automatico’’ dei
trattati. Tuttavia, portata innovativa: il legislatore ha:
- un obbligo negativo di non legiferare in contrasto con gli obblighi internazionali
- un obbligo positivo di dare attuazione agli obblighi internazionali e rimuovere tutti gli ostacoli ad una
compiuta esecuzione dei trattati.
La disposizione si riferisce a tutti i trattati in vigore per l’Italia, o solo ai trattati che hanno avuto attuazione nell’ordinamento
interno («pacta recepta»)? Preferibile la seconda tesi, infatti l’art. 80 Cost. dice che una modifica legislativa può venire solo per
un trattato la cui ratifica sia stata autorizzata dal Parlamento: a fortiori, sembra ragionevole che tale trattato debba essere stato
eseguito/attuato.

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Violazione trattati = Violazione Art 117: diversamente dal 10 il 117 non è norma di adattamento. Il 117 prescrive osservanza dei
trattati e dunque classifica, codifica, la violazione di una fonte esterna alla stregua di una violazione di una disposizione della
nostra cost, in quanto i trattati devono essere osservati secondo quanto il nostro legislatore ha sostenuto nel 117.nel momento
in cui il legislatore ordinario abbia adottato disciplina in contrasto con il trattato, ha posto in essere violazione con art 117. nel
giudizio di cost che il giudice italiano è tenuto ad instaurare, il trattato opera alla stregua di norma interposta= norma di cui la
cost prescrive l’osservanza. L’art 117 prescrive l’osservanza dei trattati internaz, se una norma interna si pone in contrasto con
trattato internazionale. la soluzione maestra è quella di provocare incidente di cost, nell’ambito del quale il giudice cost varerà la
conformità della norma interna con il trattato internaz di cui l’art 117 prescrive l’osservanza.
 Art 117 non è norma di adattamento automatico, ma offre copertura cost all’osservanza dei trattati. Osservanza
prescritta in capo al legislatore, nazionale e regionale.
Le norme dei trattati sono interposte e in particolare l’orientamento che si è andato delineando dalla nostra corte cost ha
riguardato inizialmente le norme previste nella cedu così come interpretate dalla corte di Strasburgo. Questo utilizzo della cedu
alla stregua di parametro interposto ha ricevuto nel 2007, un inquadramento particolarmente importante e sostanzialmente si è
detto che in quell’occasione con un iter di valutazione che non è stato più disatteso dalla corte cost. ha delineato tre passaggi (vd
sotto).
Sindacato di costituzionalità: Le consuetudini internazionali recepite per il tramite dell’art. 10, c. 1, Cost. hanno rango
costituzionale: tuttavia, la Corte costituzionale si riserva di valutarne la compatibilità con i principi «qualificanti e
irrinunciabili dell’assetto costituzionale dello Stato». Nel caso si ipotizzi l’illegittimità costituzionale delle norme di un
trattato, viene sottoposto al vaglio della Corte costituzionale la legge che formula l’ordine di esecuzione del trattato
medesimo.
1- Prima fase: verificare se è possibile risolvere il contrasto con un’interpretazione «internazionalmente
orientata» (ciò spetta innanzitutto al giudice comune, ma il giudice delle leggi verifica se ciò sia
davvero impossibile).
2- Seconda fase (se la prima ha avuto esito negativo): verificare se il trattato è conforme a Costituzione (ad es.,
sarebbe incostituzionale in caso di trattato rientrante sotto l’art. 80 Cost. ma ratificato senza previa
autorizzazione parlamentare). Ci si chiede che tipo di conformità si debba accertare. La corte cost deve
verificare conformità del trattato con tt le disposizioni della cost. se la corte cost giunge alla conclusione che
il trattato sia conforme alla cost tutta, e quindi può operare come norma interposta si apre la terza fase.
3- Terza fase (se la seconda ha avuto esito positivo): verifica della compatibilità tra la norma interna e la norma
del trattato (norma di cui l’art. 117 c. 1 Cost. prescrive l’applicazione e in questo senso «interposta»). Si
certifica quale disp interna va dichiarata non conforme a cost in particolare alle norme interposte del 117.
Rango costituzionale: Le norme internazionali consuetudinarie sono ‘‘immesse’’ automaticamente nell’ordinamento
interno dall’art. 10 c. 1 Cost. (norma costituzionale), dunque assumono rango costituzionale.
Perciò, se una norma interna contrasta con una norma internazionale consuetudinaria  incostituzionalità della
norma interna per contrasto con l’art. 10 c. 1 Cost. (salvo che la consuetudine internazionale in questione contrasti
con «principi supremi» della Costituzione: in questo caso non potrà essere ‘‘immessa’’ nell’ordinamento).
Obbligo di risultato: Le norme internazionali pongono allo Stato un obbligo di risultato, cioè l’obbligo di garantire
effettivamente (non solo formalmente) il pieno rispetto degli obblighi da esse sanciti.
Perciò, sorge responsabilità internazionale dello Stato se lo Stato non adegua il suo diritto interno alla norma
internazionale, ma anche se lo Stato pur avendo formalmente provveduto all’«adattamento» consente/tollera
violazioni significative e sistematiche della norma internazionale, ad es. con una prassi giurisprudenziale interna in
contrasto con quella degli altri Stati contraenti (es.: la CIG – Germania c. Italia, 2012 – ha condannato l’orientamento
giurisprudenziale italiano che negava alla Germania l’immunità dalla giurisdizione civile per i crimini internazionali
commessi nella II Guerra mondiale: vedi lezioni successive).
Interpretazione e applicazione conforme: Gli Stati devono interpretare le norme internazionali in base ai criteri
propri del loro ordinamento di origine=l’ordinamento internazionale, al fine di garantirne un’interpretazione ed
applicazione uniformi. Ad esempio, un’interpretazione strettamente letterale mal si attaglia alle convenzioni
internazionali. Il d dei trattati non vai mai nazionalizzato, ma interpretato con i canoni propri dell’interpretazione
internazionale. A riguardo, si vedano gli artt. 31-33 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969, che
codificano norme internazionali consuetudinarie.
Obbligo di controllo cost: L’incidente di costituzionalità va seguito solo quando sul piano interpretativo non sia
possibile coordinare l’operatività di una conv internaz rispetto al d interno. Se in un certo settore c’è conv internaz
che disciplina trasporto di merci, si applica a trasporto marittimo quando si oggettivamente internazionale (Genova
Marsiglia). Una disciplina nazionale diversa da quella convenzionale necessariamente deve essere sottoposta a
giudizio di legittimità cost? se la conv reca una disciplina speciale, l’ambito di operatività è diverso da quello proprio
della disciplina di d interno in quanto si rivolge a determinati tipi di trasporto e pertanto queste due discipline
coesistono nell’ord internaz perché destinate a trovare applicazione in fattispecie diverse.

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 Quando il d internazionale è previsto da convenzione di d uniforme, non ha la pretesa di espropriare il
legislatore naz della sua competenza. Ci sono casi che esorbitano dall’ambito dell’applicazione uniforme.
Non è problema di incompatibilità tra le due fonti, ma problema di coordinamento che presuppone la
coesistenza delle due fonti.  occorre accordare priorità applicativa alla conv interna, conservando al d
interno una applicazione residuale per e ipotesi in cui il d internaz non trovi applicazione.
Caso diverso per la cedu: non ha applicazione speciale. Prescrive rispetto dei d e valori con caratteristica di
pervasività nei confronti di tt le fattispecie. se lo standard minimo non viene rispettato dal d interno, questo è
incompatibile con la cedu.
Bisogna chiedersi se la normativa italiana può restare in vigore in maniera residuale. Se il contrasto è formale in
termini di assoluta incompatibilità il giudice deve sospendere il giudizio e promuovere incidente di costituzionalità
bisogna rimuovere la norma italiana.

Regole di immunità
Le regole di immunità non sono ius cogens, infatti, il trattato sulla costituzione della corte internazionale penale
deroga alla regola di immunità personale(consuetudine) all’art 27. Non siamo ancora riusciti a far venire meno
l’immunità statale, questa persiste, solo la responsabilità penale personale viene invocata comunque (es esercito-
immunità stato, soggetto- immunità funzionale).
Tutela della sovranità: Secondo il diritto internazionale generale, ogni Stato ha una sovranità esclusiva sul proprio
territorio (responsability to protect) e la propria popolazione; quindi, si afferma anche il correlativo principio di non
ingerenza negli affari interni ed esterni di un altro Stato (principi del D.I. classico). Nel contesto odierno, l’esclusività
della sovranità statale può risultare attenuata in ragione dello svilupparsi del dovere di cooperazione internazionale e
del principio di tutela dei diritti umani La Violazione della sovranità di un altro stato può accadere se attività compiute
da uno stato, sono idonee a recare un concreto pregiudizio alla possibilità» dell’altro Stato di attuare il proprio
ordinamento in una specifica situazione garantendone i valori essenziali.
Ad es.: Applicazione da parte di uno Stato di proprie norme a condotte tenute sul territorio di un altro Stato,
applicazione fondata sulla nazionalità del soggetto, che porti ad imporre comportamenti che violano l’ordinamento e
gli interessi essenziali dell’altro Stato. /Sindacato, da parte di uno Stato, del contenuto di atti pubblici (atti iure
imperii) emanati da un altro Stato (ad es. sottoponendo a giudizio lo Stato che ne è stato l’autore).
Nozione generale di immunità: situazione giuridica soggettiva privilegiata riconosciuta a determinati soggetti in
considerazione del loro ruolo e funzione. Prevista sia dal diritto internazionale sia dai diritti interni (es.: immunità del
Presidente della Repubblica per gli atti compiuti nell’esercizio delle funzioni, eccetto che per alto tradimento e
attentato alla Costituzione).
In diritto internazionale, l’immunità stabilita con consuetudine, costituisce una deroga all’esclusività della sovranità
degli Stati sul proprio territorio, giustificata dall’esigenza di garantire la sovrana eguaglianza degli Stati e il
mantenimento di relazioni diplomatiche tra gli Stati (ciò richiede che ai diplomatici siano concesse determinati
immunità).
Deroghe: Gli accordi internazionali possono derogare alle norme consuetudinarie sull’immunità, in virtù del rapporto
di reciproca derogabilità tra diritto internazionale consuetudinario e pattizio. L’immunità non si fonda su una regola
di ius cogens: derogabilità  Esempi di fonti che derogano: Convenzione contro il genocidio (1948) o Convenzione
contro la tortura (1984).
esercizio extraterritoriale di giurisdizione: quando uno Stato applica proprie norme a soggetti o a situazioni
localizzati al di fuori del suo territorio (es.: art. 7 c.p., «reati commessi all’estero»). Ciò non è vietato salvo quando vi è
una disciplina internazionalmente uniforme sull’esercizio della giurisdizione (ma normative del genere esistono solo
da tempi relativamente recenti e solo in ambiti integrati, quali la UE)
La rinuncia dello stato: In una specifica controversia, uno Stato può rinunciare ad invocare l’immunità. Organo che
non ha agito nell’esercizio delle proprie funzioni  lo stato può rinunciare all’immunità e sottoporre il soggetto a
giudizio (Anche quando l’immunità riguarda una persona fisica, essa tutela in definitiva un interesse dello Stato,
perciò solo lo Stato può rinunciare all’immunità). L’immunità impedisce di portare in giudizio uno Stato o un suo
individuo-organo; perciò, comporta un sacrificio del «diritto individuale di azione» (diritto del singolo ad agire in
giudizio per la tutela dei propri diritti). In epoca risalente, totale sacrificio del diritto di azione.
Deroghe e limiti all’immunità: In epoca più recente, teoria della «soddisfazione per equivalenti» (è necessario un
bilanciamento): non si può sacrificare del tutto il diritto di azione: di fronte ad un crimine internaz non è più possibile
limitare il singolo alla tutela giurisdizionale. la teoria della «soddisfazione per equivalenti» = in ossequio alla regola
generale di immunità, la soluzione da adottare dovrebbe essere che il giudice affermi carenza di giurisdizione, ma la
persona giuridica che ha agito e che si vede negare l’esercizio della giurisdizione, deve avere la possibilità di rivolgersi
ai giudici del paese estero che intendeva convenire. Il giudice deve esser imparziale, indipendente, che possa
giudicare. Allora in questo caso non si può dire che non ci sia diritto alla difesa.
Tale teoria è stata adottata dalla giurisprudenza italiana; dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (in relazione
all’art. 6 CEDU) in linea generale, eccetto però che nel caso Madri di Srebenica. Si registra comunque anche qualche
decisione giudiziaria che non ha accolto tale teoria, facendo prevalere totalmente l’immunità sul diritto di azione.

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Caso madri Srebenica: La strage di Srebrenica è stato il genocidio di oltre 8.000 musulmani bosniaci, per la
maggioranza ragazzi e uomini, avvenuto nel luglio 1995 nella città di Srebrenica e nei suoi dintorni, durante la guerra
in Bosnia ed Erzegovina. La strage fu perpetrata da unità dell'Esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed
Erzegovina guidate dal generale Mladić, con l'appoggio del gruppo paramilitare degli "Scorpioni” in una zona che si
trovava sotto la tutela di un contingente olandese della Forza di protezione delle Nazioni Unite (UNPROFOR).
Il Tribunale internazionale per la ex-Jugoslavia respinse la richiesta di indennizzo a favore dei sopravvissuti a
Srebrenica. Il Tribunale stabilì infatti che lo Stato serbo non poteva essere ritenuto direttamente responsabile per
genocidio e complicità per i fatti accaduti nella guerra civile in Bosnia-Erzegovina dal 1992 al 1995. La Corte
internazionale di giustizia ha stabilito, nel 2007, nel processo intentato dalla Bosnia ed Erzegovina contro la Serbia e
Montenegro, che pur costituendo la strage di Srebrenica un “genocidio”– non era stato tuttavia provato in capo alle
autorità jugoslave lo specifico intento che caratterizza tale crimine internazionale.
(vd teoria di lauterpach  difficoltà di provare il genocidio, qui c’è la conferma)
Ci si rifà allora alla responsabilità personale  Condanna del generale mladic
Il “Meccanismo residuale per i Tribunali Penali Internazionali” (IRMCT), presieduto dalla giudice Prisca Matimba
Nyambe, ha confermato la condanna all’ergastolo per il generale serbo Ratko Mladic, settantanovenne, responsabile
di genocidio e crimini contro l’umanità per la strage di Srebenica. Si tratta dell’esito del giudizio di appello alla
sentenza emessa dal Tribunale per la ex Jugoslavia, che, istituito nel 1995, ha cessato le sue attività nel 2017 dopo 83
condanne e 19 assoluzioni.
Nella sentenza di primo grado del 22 novembre 2017, il Tribunale, dopo aver ascoltato oltre 500 testimoni ed
esaminato oltre 10mila elementi di prova, condannò Mladic all’ergastolo per il contributo e la partecipazione a 4
Joint Criminal Enterprises volte alla persecuzione, sterminio, omicidio, deportazione, trasferimento forzato e
inumano di popolazioni, attacco alla popolazione civile e presa in ostaggio di personale Onu. Tra i fatti più
drammatici il processo accertò le gravi responsabilità sul massacro di Srebrenica, qualificato come genocidio. Su 11
capi d’accusa, Mladic fu assolto per una delle due accuse di genocidio riferita al complesso delle azioni criminali
avvenute in Bosnia fra il 1991 e il 1995. La sentenza d’appello dell’8 giugno ha confermato in via definitiva la
condanna all’ergastolo per tutti gli 11 capi d’accusa che riguardano il genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di
guerra, sia per fatti specifici quali l’assedio di Sarajevo e il genocidio di Srebrenica, sia per le finalità generali delle
attività criminali e l’uso sistematico del genocidio. Sono stati esclusi solo alcuni fatti ritenuti episodici, anche se
particolarmente violenti compiuti nelle prime fasi del conflitto.
Mladic è detenuto nel penitenziario di Scheveningen, alle porte dell'Aja, dal suo arresto nel maggio 2011 nel nord
della Serbia, dopo una latitanza durata 16 anni
Tipologie di immunità
• Immunità STATALE: si riferisce agli Stati in quanto tali (comprensivi di tutte le loro articolazioni interne), in
relazione agli atti compiuti nell’esercizio di una potestà pubblicistica e ai beni destinati a tale esercizio.
Riferimento corte 2012 e corte cost 2014. Questa regola conosce un’eccezione quando all’origine del
comportamento ci sia un crimine internazionale= consolidamento in Italia, ma non regola accertata dalla
corte internazionale.
• Immunità FUNZIONALE (rationE materiae): si riferisce a tutti gli individui-organi dello Stato, in relazione agli
atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni. Regola pattizia trasfusa nello statuto della corte penale
internazionale, che pur in presenza della qualifica di organo del soggetto agente, pur in presenza di verifica
della circostanza dell’esercizio delle sue funzioni, laddove sia compiuto crimine all’art 5 statuto, non si
esclude la resp penale personale.
• Immunità PERSONALE (RATIONE PERSONAE): si riferisce solo ad alcuni individui-organi dello Stato
(diplomatici, Capi di Stato, Capi di Governo, Ministri degli Esteri), in relazione agli atti compiuti al di fuori
delle loro funzioni. Agente diplomatico stipula contratto di locazione a Roma, opera immunità personale al di
fuori delle proprie funzioni?
Se i giudici ritengono che un cosiddetto ‘‘Stato’’ non abbia in realtà soggettività internazionale, non riconoscono
l’immunità (es.: nel 2004 negata dalla Cassazione al premier del Montenegro, perché all’epoca la personalità
giuridica internazionale del Montenegro era ritenuta incerta).
Immunità in senso stretto. Riferita agli Stati in sé stessi per gli atti compiuti nell’esercizio della loro potestà d’imperio.
I due principali atti di ‘‘codificazione’’ in materia sono:
• Convenzione di Basilea sull’immunità degli Stati del 1972, elaborata in seno al Consiglio d’Europa 
ratificata solo da alcuni Stati europei (e in vigore per essi), non ratificata dall’Italia.
• Convenzione ONU di New York sull’immunità degli Stati e dei loro beni del 2004 (adottata dall’A.G. dell’ONU
con la ris. A/59/3 del 2/12/2004)  ratificata dall’Italia, ma non ancora internazionalmente in vigore.
Adottata in Italia con l5/2013: art 1 autorizzazione all’adesione, art 2 ordine di esecuzione, art3 esecuzione

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Immunità come regola generale art. 5, più elenco di casi in cui non può essere invocata = atti non immuni: art. 10
ss. ma questi casi ‘‘particolari’’ sono così numerosi da far dubitare che l’immunità costituisca ancora, davvero, un
principio «generale».
È immunità:
- illimitata sotto il profilo soggettivo;
- limitata sotto il profilo oggettivo (immunità ristretta perché riguarda gli atti iure imperii) non copre le
attività iure privatorum svolte dallo stato;
- illimitata sotto il profilo temporale.
L’immunità degli stati è quindi immunità ristretta. Fino alla fine dell’‘800 c’era la teoria dell’immunità assoluta: gli
Stati non possono mai essere convenuti in giudizio dinanzi a giudici di altri Stati. A fine ‘800, a partire dalla
giurisprudenza italiana e belga, inizia ad affermarsi la teoria dell’immunità ristretta: immunità statale solo per gli atti
compiuti iure imperii, non per gli atti compiuti iure privatorum. Oggi il diritto internazionale consuetudinario prevede
solo l’immunità ristretta. alcuni Paesi – v. Cina e Russia – sostengono ancora l’«immunità assoluta», ma essa ormai
contrasta con il diritto internazionale consuetudinario.
La distinzione tra atti iure imperii e atti iure privatorum non è sempre facile  es.: i provvedimenti con i quali
l’Argentina ristrutturò il proprio debito pubblico sono iure imperii o iure privatorum?
• Cassazione italiana: atti iure imperii (invece, l’iniziale collocazione dei titoli sul
mercato è atto iure privatorum).
• Bundesgerichtshof tedesco: atti iure imperii.
• Giudici statunitensi: atti iure privatorum.
 Per evitare simili dubbi, alcuni Paesi di common law hanno approvato norme interne che elencano gli atti
iure privatorum per i quali non vale l’immunità = metodo della lista:
UK  State Immunity Act del 1978. USA  FSIA del 1976. Qui, immunità negata anche per Stati ‘‘sponsor’’ del
terrorismo (così, dal 2012, anche in Canada).
Eccezione all’immunità ristretta: Secondo gran parte delle corti supreme nazionali e la CIG possibilità ammessa, ma
non Secondo la giurisprudenza italiana.
CONTRAPPOSIZIONE GIUDICI ITALIANI / C.I.G. dal 2004:
• Cass. S.U., sentenza Ferrini (2004) e successive  possibile condannare la Germania per crimini di
guerra durante la II G.M.
• CIG, Germania c. Italia 2012 non possibile (la decisione vincola l’Italia a conformarvisi).
• Corte Cost. 238/2014  ribadisce l’eccezione, in base ai principi supremi degli artt. 2 e 24 Cost. =
l’art. 10 Cost. non può recepire la norma interna sull’immunità nella misura in cui essa copre crimini
internazionali; di conseguenza le norme di esecuzione della Carta ONU, nella misura in cui obbligano
a conformarsi ad una sent. della CIG che afferma l’immunità statale anche per crimini internazionale,
sono incostituzionali.
• La giurisprudenza di Cassazione si mantiene su questa linea
Stronzata della paola: Si sarebbe potuti arrivare ad una soluzione diversa, meno drastica? Si poteva prevedere che lo
stato italiano rispondesse nei confronti dei cittadini, senza comprimere il loro d di azione, con la possibilità di rivalersi
sulla Germania, senza comunque invocare la responsabilità statale. Anche perché di solito gli stati non hanno
problemi a risarcire i danni, ma assolutamente non vogliono assumersi la propria responsabilità.
I rapporti di lavoro subordinato: (vd ordinanza cass 2020). Art 5 convenzione di New York enuncia regola generale
delle immunità. Art. 5 Immunità degli Stati Uno Stato beneficia, per se stesso e per i suoi beni, dell’immunità
giurisdizionale davanti ai tribunali di un altro Stato, fatte salve le disposizioni della presente Convenzione.
Viene formulato subito dopo elenco di atti non immuni e tra questi in particolare i rapporti di lavoro subordinato con
uno stato estero. La norma che assume rilevanza è art 11: 1. Sempre che gli Stati interessati non convengano
diversamente, uno Stato non può invocare l’immunità giurisdizionale davanti a un tribunale di un altro Stato,
competente in materia, in un procedimento concernente un contratto di lavoro tra lo Stato e una persona fisica per
un lavoro eseguito o da eseguirsi, interamente o in parte, sul territorio dell’altro Stato. 2. Il paragrafo 1 non si applica
se: a) l’impiegato è stato assunto per adempiere funzioni particolari nell’esercizio del potere pubblico; b) l’impiegato
è: i) un agente diplomatico ai sensi della Convenzione di Vienna del 18 aprile 1961 sulle relazioni diplomatiche; ii) un
funzionario consolare ai sensi della Convenzione di Vienna del 24 aprile 1963 sulle relazioni consolari; iii) un membro
del personale diplomatico di una missione permanente presso un’organizzazione internazionale, o di una missione
speciale, oppure è assunto per rappresentare uno Stato in occasione di una conferenza internazionale; o iv) una
persona diversa che beneficia dell’immunità diplomatica; c) l’azione ha per oggetto l’assunzione, la proroga del
rapporto di lavoro o il reinserimento di un candidato; d) l’azione ha per oggetto il licenziamento o la risoluzione del
contratto di un impiegato e se, secondo il parere del capo dello Stato, del capo del governo o del ministro degli affari
esteri dello Stato datore di lavoro, tale azione rischia di interferire con gli interessi dello Stato in materia di sicurezza;
e) l’impiegato è cittadino dello Stato datore di lavoro nel momento in cui l’azione è avviata, sempre che non abbia la
residenza permanente nello Stato del foro; o f) l’impiegato e lo Stato datore di lavoro hanno convenuto diversamente
per scritto, fatte salve considerazioni d’ordine pubblico che conferiscono ai tribunali dello Stato del foro la
giurisdizione esclusiva in ragione dell’oggetto dell’azione

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L’eccezione più tipica è quella in cui si evoca un’eccezione all’esercizio della giurisdizione da parte dei giudici del
luogo, in riferimento alle specifiche funzioni esercitate dal lavoratore. Materia complessa perché anche alcune
tipologie di lavoro poco connesse con finalità pubblicistica, potrebbero esser usate come copertura=
C’è il rischio che il tipo di lavoro svolto venga quasi sempre ricondotto, in un modo o nell’altro, ad una funzione
pubblicistica e che quindi, in una controversia di lavoro, lo Stato-datore di lavoro sia coperto dall’immunità. Per
questo settore, si è proposto di usare non il criterio degli atti iure imperii o iure privatorum, ma i criteri del luogo di
svolgimento del rapporto di lavoro e della cittadinanza del lavoratore. Oggi nel bilanciamento tra tutela dei lavoratori
e immunità statale si assegna un peso crescente ai diritti fondamentali. Un altro elemento che viene in
considerazione è l’oggetto della richiesta formulata dal lavoratore. Se il lavoratore chiede la reintegrazione nel posto
di lavoro il giudice afferma la propria incompetenza a pronunciarsi, se le richieste hanno natura essenzialmente di
contenuto patrimoniale, allora i giudici ammettono la propria giurisdizione.
Cassazione italiana: no immunità solo se il lavoratore è cittadino italiano, lavora in Italia e svolge prestazioni manuali
e meramente accessorie delle attività di tipo pubblicistico; e comunque il giudice non può ordinare la riassunzione in
servizio. (convenzione Bruxelles 1bis richiama la situazione da proteggere per il lavoratore in riferimento alla
giurisdizione: le disp della presente conv possono essere derogate solo con clausola posteriore al sorgere della
controversia che consenta al solo lavoratore di adire un’autorità giurisdizionale diversa da quella indicata nella
presente sezione. Ma vale solo per stati membri ue, non stati terzi).
Giurisdizione cautelare ed esecutiva: Giurisdizione esecutiva: si immagina di avere un titolo esecutivo da far valere
vs stato estero. Bisogna capire se giudice di un altro paese abbia giurisdizione per disporre di beni dello stato estero.
Non è immunità assoluta, ma ristretta. L’esclusione della giurisdizione cautelare esecutiva riguarda solo i beni
funzionalizzati a finalità pubblicistiche. Essa è autonoma dall’immunità dalla giurisdizione di cognizione: difatti, la
rinuncia all’immunità dalla giurisdizione di cognizione, non implica automaticamente la rinuncia all’immunità dalla
giurisdizione esecutiva (occorre un altro, distinto atto). Versione ristretta dell’immunità dalla giurisdizione esecutiva:
dunque, no immunità per beni non destinati all’esercizio di funzioni pubbliche. (Ma oggi, per stabilire se somme su
c.c. di missioni diplomatiche sono destinate all’esercizio di funzioni pubbliche, ci si deve basare sulle dichiarazioni
della stessa missione diplomatica estera: art. 19-bis, l. 162/2014).
Immunità funzionale: Riferita a tutti gli individui-organo dello Stato, per gli atti compiuti nell’esercizio delle loro
funzioni pubbliche di un incarico ufficiale. Bisogna capire quale sia la regola di d internazionale dalla quale muove
questa disciplina: diverse soluzioni, la più convincente fonda l’immunità funzionale sulla stessa regola cons a partire
dalla quale nasce l’immunità statale= principio di non ingerenza, ambito di potestà pubblicistica rispetto cui non si
sopporta ingerenza da parte di un altro stato. Se ho svolto attività nelle mie funzioni, il mio comportamento impegna
la resp dello stato di cui sono organo, se cesso la mia funzione ufficiale, non posso essere assoggettato alla
giurisdizione penale né il risarcimento va richiesto allo stato anche una volta cessato il mio mandato. // immunità
stati, È immunità: illimitata sotto il profilo soggettivotutti gli individui-organo; limitata sotto il profilo
oggettivocopre solo atti compiuti nell’esercizio delle funzioni; illimitata sotto il profilo temporale. Se andiamo a
vedere come la prassi interpreta ‘l’esercizio delle proprie funzioni’, c’è un’interpretazione molto ampia. Infatti, ci sono
Due possibili concezioni di «atto compiuto nell’esercizio di funzioni pubbliche»:
• Accezione ‘‘restrittiva’’: solo atti realizzati mediante mezzi pubblici e compiuti per finalità
pubblicistiche. es uso esercito per difendere confini. Uso esercito per liberarmi degli oppositori
politici  non rientra nell’immunità, se intesa in senso stretto, ma rientra in senso ampio.
• Accezione più ampia: atti compiuti per finalità pubblicistiche, atti compiuti per altre finalità ma con
strumenti pubblicistici a disposizione della persona in ragione della sua qualifica, atti compiuti in
«eccesso di potere» o non rispettando strettamente gli ordini (ma riportabili – anche solo
formalmente – alle mansioni assegnate).
L’accezione restrittiva è più evoluta, ma viene adottata quella più ampia. Dimostrazione nelle decisioni della Camera
dei Lord britannica sul caso Pinochet: Augusto Pinochet Ugarte (dittatore argentino dal 1973 al 1990) si trovava nel
Regno Unito per motivi di salute. La Spagna ne chiese l’estradizione, in relazione alla tortura – durante il suo regime –
di cittadini spagnoli. Si trattava di capire se Pinochet fosse ‘‘coperto’’ dall’immunità funzionale. La Camera dei Lord
abbracciò l’accezione più ampia di immunità funzionale. Ciononostante, nella decisione finale si negò l’immunità
funzionale a Pinochet, anche alla luce dell’eccezione all’immunità prevista, per i casi di tortura, dalla Convenzione
contro la tortura del 1984 (ratificata da Regno Unito, Spagna e Cile). In virtù del vigore convenzionale in sostanza è
stato possibile affermare la responsabilità teorica di Pinochet, solo teorica infatti non fu comunque estradato, per via
delle sue condizioni di salute. Tornato in Cile, non fu mai condannato, e morì nel 2006.
In giurisprudenza e dottrina ci sono opinioni diverse sul fondamento dell’immunità funzionale:
Principio del rispetto dell’organizzazione interna degli Stati esteri o Divieto di intromissione nella vita costituzionale di
ordinamenti stranieri (solo lo Stato può giudicare i propri agenti).
La Cass. italiana, nel caso dell’uccisione del funzionario del SISMI Nicola Calipari da parte di un soldato statunitense in
Iraq (Mario Lozano) nel 2005 (un incidente, secondo gli Usa), rilevò l’immunità funzionale del soldato Lozano e
ritenne l’immunità funzionale ‘‘corollario’’ dell’immunità degli Stati.
Limiti: l’immunità non è sancita da regole di ius cogens, quindi è derogabile con accordi internazionali. Esempi:
• Convenzione contro il genocidio (1948), art. 4.

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• Convenzione contro la tortura (1984).
• Statuto della Corte Penale Internazionale (art. 27 viene meno immunità per crimini internazionali):
tuttavia, prassi incerta:
L’ordine di arresto della CPI contro il Presidente del Sudan Omar Al-Bashir non è stato eseguito dagli Stati parte:
l’Unione Africana si è opposta ad applicare l’art. 27 ad uno Stato non parte come il Sudan. Peraltro, nel 2016 il
giudice sudafricano ha affermato che la mancata cattura di Al-Bashir da parte del Sudafrica ha violato le norme
sudafricane di esecuzione dello Statuto di Roma.  Sempre problema di effettività del diritto internazionale.
Illeciti: Le soluzioni variano da Stato a Stato, perciò non sembra possibile individuare una consuetudine
internazionale che affermi l’immunità funzionale in questi casi (mancanza di diuturnitas e di opinio iuris).
Per i militari  di solito solo restrizioni provvisorie della libertà personale, e loro liberazione quando si arriva ad una
soluzione politica. Se lo Stato si assume espressamente la responsabilità della missione  di solito, ‘‘assorbimento’’
della responsabilità individuale nella responsabilità dello Stato, la persona fisica non viene condannata; talvolta è
stata condannata anche la persona fisica (es.: corti neozelandesi verso gli agenti segreti francesi che affondarono la
Rainbow Warrior). Se lo Stato non si assume la responsabilità  spesso giudici hanno condannato l’agente.
Crimini internazionali: Si è ormai formata una consuetudine internazionale che prevede un’eccezione all’immunità
funzionale nel caso di crimina iuris gentium (genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra)? Opinioni non
unanimi: Secondo larga parte della dottrina e Cassazione italiana (dalla sent. Ferrini)  sì (l’immunità qui
contrasterebbe con la norma di ius cogens che tutela i diritti fondamentali; ‘‘giurisdizione universale’’ per crimini
internazionali). Secondo la CIG  no (ciò non sembra potersi dedurre dalle giurisprudenze nazionali né dagli statuti
dei tribunali penali internazionali).
stato di fronte ad un soggetto con immunità funzionale: L’unica cosa che lo Stato può fare è intimare al soggetto in
questione tipicamente un diplomatico, di lasciare il proprio territorio, dichiarandolo «persona non grata» (ad
esempio, ciò a volte viene fatto per allontanare spie con l’immunità diplomatica, o per mandare un ‘‘segnale’’ politico
all’altro Stato). Dopo essere stato dichiarato «persona non grata», di solito il soggetto viene richiamato in patria. Se
ciò non avviene, lo Stato ospitante potrebbe rifiutarsi di riconoscerlo come agente diplomatico, e quindi perseguirlo.
(caso del diplomatico a Teiran, no resp Iran per attacco degli studenti, ma per omissione di sicurezza nei locali Iran
dice che il locale era pieno di spie, e veniva tradita la funzione diplomatica. Si trattava di attività di spionaggio vietata
dalla cig. L’Iran avrebbe dovuto chiedere il ritiro dei diplomatici o intimare di lasciare il territorio iraniano, infatti, è
questa è la tecnica formulata dal d internazionale).
Immunità personale È immunità: limitata sotto il profilo soggettivosolo per agenti diplomatici; Capi di Stato; Capi
di Governo; Ministri degli esteri; limitata sotto il profilo oggettivo; limitata sotto il profilo temporale. Se vieni
dichiarato persona non grata e poi resti sul territorio dello stato straniero da cui dovresti allontanarti per intimazione,
viene meno l’immunità personale che tipicamente ti tutela in aggiunta alla immunità funzionale (che invece rimane).
Carenza di giurisdizione finché ricopro le mie qualifiche, ma poi la domanda di risarcimento po' essere proposta una
volta che la mia carica è cessata.  È Assoluta rispetto alla giurisdizione penale (secondo la CIG, anche in caso di
crimini internazionali). Relativa rispetto alla giurisdizione civile. Ex art 31 conv di Vienna del 61, non vale per:
- Azioni reali relative ad immobili siti nello Stato del foro.
- Controversie relative ad una successione in cui il soggetto è erede, legatario, amministratore o
esecutore testamentario.
- Controversie relative ad attività professionali o commerciali esercitate al di fuori delle funzioni
ufficiali.
- Domande riconvenzionali nell’ambito di azioni promosse dal soggetto.
Inviolabilità personale, domiciliare, fiscale
INVIOLABILITÀ «PERSONALE»: Capi di Stato e di Governo, diplomatici, consoli, per questi ultimi non se vi è un «reato
grave» e una decisione dell’autorità giudiziaria. no misure di limitazione della libertà personale e lo Stato ospitante ha
uno speciale obbligo di protezione verso di essi
INVIOLABILITÀ «DOMICILIARE» solo per diplomatici e consoli: i locali dell’ambasciata e del consolato e le abitazioni
private sono inviolabili (le autorità non possono entrarvi, salvo consenso dell’interessato). lo Stato ospitante ha
l’obbligo di proteggere tali luoghi
INVIOLABILITÀ «FISCALE» solo per diplomatici e consoli: solo imposte personali dirette (anche se nella prassi si sono
avuti casi di estensione alle imposte indirette).
Immunità soggetti diversi dagli stati: Si ritiene che i soggetti di diritto internazionale diversi dagli Stati possano
godere di immunità, anche se non del tutto identiche a quelle degli Stati ma normalmente limitate a quanto
necessario allo svolgimento delle loro funzioni istituzionali. La giurisprudenza italiana ha sempre riconosciuto tali
immunità quanto meno a Santa Sede, S.M.O.M. e organizzazioni internazionali.

Illecito e responsabilità
Difficoltà a trovare consenso: Progetto di artt sulla resp degli stati elaborata nella commissione di collaborazione tra
stati: lavori iniziati nel 95, ultimo progetto 2001. C’è stata molta difficoltà ad elaborare un testo idoneo. Disciplina

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delle ipotesi in cui la resp dello stato proviene da compimento di un illecito. Si ipotizza resp di uno stato in quanto si
assume la violazione di una norma internazionale che ponga a carico dello stato un obbligo omissivo o commissivo.
Le situazioni rispondono a diversi requisiti enucleati nel progetto:
- atto che in concreto viola un obbligo sancito da norma internazionale sia consuetudinaria che
pattizia in vigore per il soggetto internazionale nel momento in cui l’atto viene compiuto. = state
responsability.
- Accanto a questa c’è l’international liability: resp a carico di uno stato indipendentemente al
compimento di un illecito ma che produce danni  obbligo di riparare al danno. È come se si
ponesse a carico di uno stato una resp oggettiva e in sostanza nel momento in cui si verifica un
danno si pone a suo carico un obbligo riparatorio, previsto entro un tetto massimo: una resp di tipo
oggettivo ma limitata nell’ammontare perché prescinde da qualsiasi illecito ma fa ricadere solo le
conseguenze pregiudizievoli di un’attività lecita sul soggetto che ha svolto tale attività.
Il modello tipico rimane la state responsability, disciplinato dal progetto di artt del 2001.
Responsabilità da illecito: Conseguenza giuridica nascente nell’ordinamento internazionale dalla commissione, da
parte di un soggetto di diritto internazionale, di un illecito internazionale. Più precisamente è la relazione giuridica
che si crea tra lo Stato responsabile=quello che compie un illecito internazionale, e lo Stato leso (gli Stati lesi possono
anche essere più di uno, o addirittura l’intera Comunità internazionale). Essa implica una serie di obblighi dello Stato
responsabile nei confronti dello Stato violato:
- cessazione del comportamento illecito
- riparazione per quanto possibile integrale
- se è stato violato lo ius cogens altre conseguenze aggiuntive
possono essere responsabili Solo i soggetti di diritto internazionale, e cioè: in primis, gli Stati ma anche le
organizzazioni internazionali e gli altri soggetti di diritto internazionale. NON è configurabile per i privati, cioè per gli
individui. per gli individui oggi è configurabile una responsabilità penale internazionale, che però è cosa diversa dalla
responsabilità internazionale.
Disciplina normativa: le Norme primarie: definiscono il contenuto di un obbligo internazionale. Alcune includono il
concetto di danno e di colpa. (lo stato è responsabile quando si determinano dei danni all’ambiente  non ci si
limita a sancire l’obbligo, ma si fa riferimento per riconoscere la resp, anche la circostanza che determina
effettivamente dei danni). non potremmo dire a priori se il danno è elemento della resp internazionale, bisogna
valutare caso per caso guardando la formulazione della norma primaria violata. Primaria perché all’origine della
responsabilità dello stato. Se una norma di condotta prescrive un certo comportamento indipendentemente dalle
conseguenze effettivamente causate abbiamo resp dello stato anche a prescindere dalle conseguenze lamentate da
un altro stato, al contrario se è già la norma a dimostrare le modalità per definire la responsabilità (es lo stato è
responsabile se non ha posto tutte le tutele che le conoscenze e gli strumenti gli consentono  non è resp assoluta
ma va dimostrato). Le Norme secondarie: delineano le condizioni affinché un soggetto sia considerato responsabile.
Sono le norme che rintracciamo nel progetto di artt sulla resp internazionale degli stati.si guarda se ci sono cause di
giustificazione. Si individuano le eccezioni e articolazioni della resp internazionale. Sono tutte racchiuse nel progetto
che però fatica a consolidarsi in un o strumento normativo a portata obbligatoria. Nell’enunciare gli elementi
costitutivi le norme secondarie individuano la violazione di un obbligo internazionale in norma primaria e la
riferibilità allo stato del comportamento tenuto dal soggetto agente (el oggettivo + el soggettivo). Le desumiamo
attraverso il progetto di artt sulla responsabilità degli stati predisposto dalla commissione di d internazionale.
Fonti: non abbiamo una fonte pattizia a carattere generale ma diverse convenzioni. Diritto internazionale
consuetudinario (generale): qui si trova l’unica disciplina generale della materia.
Abbiamo però Atti di ‘‘codificazione’’ del diritto internazionale consuetudinario:
- Progetto di articoli sulla responsabilità internazionale degli Stati del 2001. Parte I approvata in prima
lettura nel 1980, Parti II e III approvate in prima lettura nel 1996, testo approvato in seconda lettura
nel 2001: testo normativo di riferimento (anche se non adottato con un atto formale). Lo stadio è
ancora immaturo perché la trasfusione in un testo definitivo non c’è ancora stato, ma comunque
autorevole strumento.
- Progetto di articoli sulla responsabilità internazionale delle O.I. del 2011 in larga parte
corrispondente al Progetto del 2001.
Nel Diritto internazionale pattizio non c’è nessuna regolamentazione in via generale. Tuttavia, c’è la possibilità di
regimi speciali di responsabilità internazionale (definiti anche sottosistemi o sistemi self-contained).
Con i regimi speciali si possono prevedere obblighi diversi da quelli previsti dal diritto internazionale generale,
ovvero, in caso di loro violazione, conseguenze diverse da quelle di cui al diritto internazionale generale, ciò in quanto
diritto int. generale e diritto int. pattizio sono reciprocamente derogabili, col solo limite dello ius cogens.
La CIG ha fatto un indiretto riferimento all’esistenza di un regime autonomo in materia di diritti umani, allorché questi
sono protetti da convenzioni internazionali.
elementi costitutivi di un illecito: Affinché si abbia un illecito internazionale occorrono, ex art. 2 Progetto:
- Elemento oggettivo: una condotta che viola un obbligo sancito da una norma internazionale (norma
primaria), vincolante per lo Stato in questione, nel momento in cui esso ha tenuto la condotta.

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È impossibile una responsabilità internazionale retroattiva. Invece, l’estinzione della norma violata, dopo che l’illecito
è stato compiuto, non fa venir meno la responsabilità internazionale.
- Elemento soggettivo: imputabilità della condotta ad uno Stato oppure a un altro soggetto
internazionale.
REGOLA GENERALE: impegna la responsabilità dello stato il comportamento tenuto dai suoi organi  art 4
La condotta deve essere stata tenuta da individui che in quel momento erano formalmente inquadrabili come, e
agivano a titolo di organi dello Stato. Per definire organo ci si rifà al d interno organo= chi secondo le disposizioni di
d interno è qualificato come tale. Ci si riferisce ad atti di qualunque organo dello Stato in senso lato (anche decisioni
di giudici; anche atti di enti territoriali). Ci si riferisce anche ad atti compiuti da individui-organi dello Stato in
violazione del diritto interno o oltrepassando i limiti dei loro poteri. l’attribuibilità allo Stato di una certa condotta è
fondata sul diritto internazionale; per determinare quali persone siano organi di un certo Stato rileva invece il diritto
interno (art. 4 Progetto). Cosa succede se la persona fisica è legata da rapport organico con lo stato ma ha agito al di
fuori delle istruzioni fornite  eccesso di potere? La regola codificata dall’art 7 è una regola per cui tendenzialmente
pur trattandosi di eccesso di potere, si impegna la responsabilità dello stato, altrimenti sarebbe facile per uno stato
disconoscere a posteriori la qualifica di organo ad un soggetto. Esempio: stragi di civili compiute in Italia dalle SS
durante la guerra di Liberazione (1943-1945): Le SS erano parte delle forze armate della Germania, Stavano
indubbiamente agendo in qualità di militari del III Reich.
CASI DI ATTI NON COMPIUTI DA ORGANI DELLO STATO MA CIO’ NONOSTANTE ATTRIBUIBILI ALLO STATO
Fattispecie divenuta rilevante in riferimento al caso degli stati che aiutano il terrorismo, è vero che non ci sia rapporto
organico, non ci sono istruzioni ma come indicato nella risoluzione adottata dopo l’11 settembre 2001, coloro i quali
portano la responsabilità di aiutare o sostenere i promotori degli attacchi ne dovranno rendere conto. Enti autorizzati
dal diritto interno ad esercitare elementi del potere di governo (c.d. enti ‘‘parastatali’’).
Enti privati (o privatizzati) che hanno poteri di regolamentazione.
Esempio: compagnie aeree con poteri di disciplina/controllo del fenomeno dell’immigrazione o in materia doganale.
Soggetti formalmente estranei all’organizzazione statale ma di fatto sotto la totale dipendenza dello Stato (quindi
inquadrabili de facto nell’organizzazione dello Stato): essi agiscono quali «meri strumenti privi di qualsiasi autonomia
Soggetti estranei (sia de iure che de facto) all’organizzazione statale, ma che hanno agito su istruzioni o sotto la
direzione/controllo dello Stato. secondo il Tribunale per la ex Jugoslavia (1999) è sufficiente un controllo generale, ma
secondo la CIG occorre un controllo effettivo sulla specifica condotta in questione.
Gli «organi di fatto» dello Stato pur senza un’investitura valida, esercitano de facto una funzione dello Stato, quando
le autorità statali mancano o sono impossibilitate ad operare. Ad esempio per Calamità naturale: le autorità non ci
sono più o non riescono ad operare. Nei giorni immediatamente successivi alla Liberazione, i ‘‘prefetti partigiani’’.
Condotte compiute da un movimento insurrezionale: possono essere attribuite allo Stato solo se e quando il
movimento assume il potere.
Condotte di privati approvate o fatte proprie ex post dallo Stato. Esempio tipico è quello della c.d. crisi degli ostaggi
tra Stati Uniti e Iran (1979-1981), su cui si è pronunciata la CIG nel 1980, caso SU c. Iran:
• 4/11/1979: l’ambasciata USA di Teheran viene assalita e occupata da ‘‘studenti
islamici’’, personale preso in ostaggio  condotta non attribuibile allo Stato
iraniano.
• Nei giorni successivi, il regime iraniano approva e sostiene la presa degli ostaggi  la
condotta diviene attribuibile allo Stato iraniano.
Al di fuori dei casi particolari fin qui descritti, una condotta tenuta da un soggetto privato non pò essere attribuita allo
Stato e quindi non può generarne una responsabilità internazionale.
internazionale Il progetto di articoli fa riferimento a casi di
ratifica posteriori, funzionari di fatto, al di fuori non identifica resp statale per comportamenti tenuti da individui
privati. Es un’attività di produzione farmaceutica è al confine con la Francia e si propaga una nube tossica, lo stato
italiano non è responsabile per l’inquinamento atmosferico causato dalla casa farmaceutica. Potrebbe essere
opposto allo stato italiano un comportamento omissivo: attività rischiosa e lo stato italiano non ha prestato i controlli
adeguati = lo Stato può avere solo una responsabilità internazionale per non aver adottato le misure necessarie per
prevenire o punire atti compiuti dai privati, ma si tratta di una responsabilità per omissione, non commissiva. Se
nessun rilievo in merito ad eventuale negligenza del controllo può essere opposta allo stato italiano, la responsabilità
ricade solo sulla società.
LA COMPLICITA’ DI UNO STATO IN ILLECITI COMMESSI DA UN ALTRO
Si verifica quando uno Stato aiuta/assiste un altro Stato nella commissione, da parte di quest’ultimo, di un illecito
internazionale. In questo caso, responsabilità internazionale anche dello Stato “complice” se esso è consapevole delle
circostanze dell’atto illecito, e l’atto sarebbe illecito anche se fosse compiuto direttamente dallo Stato complice. 
Responsabilità dello Stato a disposizione del quale è messo l’organo (e non dello Stato cui l’organo formalmente
appartiene), eccetto quando l’organo agisce senza il consenso dello Stato a disposizione del quale è messo o su
istruzioni del proprio Stato (es.: caso dell’affondamento del battello albanese Katër i Radës, speronato dalla corvetta
italiana Sibilla il 28/03/1997 nel Canale d’Otranto [81 vittime]: secondo la Corte EDU attribuibile solo all’Italia, anche
se il pattugliamento avveniva in base ad un accordo Italia-Albania).
LA RESPONSABILITA’ INTERNAZIONALE DI UNO STATO CHE COSTRINGE UN ALTRO A COMMETTERE UN ILLECITO
Responsabilità dello Stato che obbliga l’altro tramite coercizione a commettere l’atto, se agisce con la consapevolezza
delle circostanze dell’atto e se l’atto, qualora non vi fosse stata coercizione, sarebbe stato un illecito per l’altro Stato.

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Non vi è responsabilità dello Stato coartato: Occorre riferirsi alla condotta tenuta in concreto dallo Stato. Come per
violazione del trattato  Irrilevanza del diritto interno ai fini della qualificazione di un atto come illecito
internazionale: un atto può essere un illecito internazionale anche se in base al diritto interno dello Stato agente era
lecito (o addirittura lo Stato era obbligato a compierlo): art. 3 Progetto. Anche se per il d interno il fatto è lecito, ciò
non rileva e non giustifica l’illecito sul piano internazionale principio giustificato dal dualismo. Non rileva il fatto
che l’obbligo internazionale violato sia sancito in una norma consuetudinaria o pattizia, né che esso sia più o meno
importante (ciò potrà però influire sulle conseguenze dell’illecito)  impossibilità di distinguere in categorie, gli
illeciti internazionali sulla base della ‘rilevanza’ dell’obbligo violato.
Classificazione:
Illecito istantaneo: commesso con un atto che non si estende nel tempo ma si consuma in un preciso istante.
Illecito di durata: commesso con una condotta che si estende per un certo arco di tempo, per cui la violazione dura
per tutto questo periodo di tempo.
Colpa e dolo non sono elementi costitutivi: in alcuni casi la norma stessa offre la possibilità di considerarli o meno,
negli altri casi il Progetto del 2001 non menziona la colpa tra gli elementi costitutivi dell’illecito e la prassi non è
univoca; tuttavia, in dottrina si è affermato che essa può avere un certo rilievo per l’insorgere della responsabilità e il
suo contenuto. Se la norma violata rileva al proprio interno il profilo della colpa, allora per quell’illecito la colpa
rileva. Se la norma sul imita a prescrivere che un certo comportamento non possa essere tenuto allora è sufficiente la
generazione del rischio di aver violato la norma per far sorgere responsabilità senza che rilevino le conseguenze
lesive verificatesi o che queste rilevino solo per quantificare il risarcimento dovuto.
è necessario un danno ad un altro soggetto? inteso come danno giuridico esso è sempre per definizione, presente.
inteso come danno materiale o morale, non sembra necessario per rilevare un illecito salvo quando la
specifica norma lo esige, ma la sua presenza o assenza, e la sua entità, possono rilevare per il contenuto della
responsabilità.
Esclusione della responsabilità: Si tratta di circostanze particolari ed eccezionali che, quando sussistono, escludono
l’illiceità di atti che normalmente costituirebbero illeciti internazionali e, dunque, escludono la responsabilità
internazionale dello Stato. Tuttavia, non escludono la responsabilità se la violazione riguarda una norma di ius cogens
(es: un genocidio non può essere commesso nemmeno a titolo di contromisura per un genocidio di un altro Stato);
non fanno venire meno l’obbligo internazionale in sé stesso che continua a sussistere e a vincolare gli Stati; non
escludono automaticamente un obbligo di reintegrazione patrimoniale per il danno causato.
Cause di giustificazione:
1- consenso dello stato leso: consenso effettivo da parte dello stato. requisiti DEL CONSENSO:
• precedente al fatto (se successivo, non è una ‘‘esimente’’, ma solo una rinuncia dello Stato leso al
diritto ad una «riparazione»)
• reale (non meramente presunto)
• dato da un ente con un effettivo potere di governo
• non controllato de facto dallo Stato autore del fatto
• liberamente prestato (non coartato o viziato in altro modo)
• relativo ad ogni aspetto della condotta (altrimenti, gli aspetti non coperti saranno illeciti)
la REVOCA DEL CONSENSO non richiede particolari formalità.
ESEMPIO: nel 1977, con il consenso dello Stato somalo, il GSG-9 (reparto speciale della polizia tedesca) intervenne
nell’aeroporto di Mogadiscio, liberando i passeggeri di un volo Lufthansa dirottato da terroristi comunisti tedeschi
della RAF

2- Legittima difesa: art 21 progetto e art 51 della carta nu, specificata da art 2 carta nu
Condotta di uno Stato volta ad evitare il compimento di un illecito nei propri confronti o che tale illecito sia portato
ad ulteriori conseguenze. Tipicamente si traduce nell’uso della forza armata in reazione ad un attacco armato.
Necessario rispetto di alcuni requisiti: necessità, proporzionalità, immediatezza, temporaneità della risposta armata
infatti appena il Consiglio di Sicurezza dell’ONU interviene, occorre conformarsi alle sue decisioni.
Esempio: lo Stato X attacca lo Stato Y, oltrepassando il confine con le sue forze armate ed avanzando nel suo
territorio; lo Stato Y reagisce attaccando le forze dello Stato X per costringerle a ritirarsi.
3- Forza maggiore: Uno Stato commette un atto in conseguenza di una situazione al di fuori del suo controllo
imprevedibile, e da esso non causata che gli ha reso materialmente impossibile (e non solo più oneroso)
agire diversamente (dunque, assenza di ogni elemento intenzionale). Tale circostanza non opera nei casi in
cui lo Stato si era assunto l’obbligo di impedire la situazione in questione, o se ne era assunto il rischio.
Esempio tipico: un pilota militare dello Stato X perde il controllo dell’aereo a causa di un’avaria e, non
riuscendo a controllarlo, entra nello spazio aereo dello Stato Y .
4- Stato di necessità: Atto compiuto intenzionalmente (a differenza che per la «forza maggiore»), poiché,
rispetto ad un grave ed imminente (non meramente possibile) pericolo (pericolo non determinato dallo Stato
agente), era l’unico modo e non semplicemente il modo meno oneroso (vs stato di necessità), per
salvaguardare un interesse essenziale dello Stato, interesse oggettivamente (e non solo dal punto di vista
soggettivo dello Stato agente) più rilevante degli interessi di un altro Stato o dell’intera Comunità
internazionale lesi dall’atto compiuto. Comunque, uno specifico obbligo internazionale può escludere
l’invocabilità dello stato di necessità. Esempio: nel 1967 la petroliera liberiana Torrey Canyon si arenò in alto

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mare al largo del Regno Unito. Non essendo possibile un recupero rapido della nave (a causa del mare
agitato), per evitare ulteriori danni all’ambiente marino e alle coste britanniche e francesi, la Gran Bretagna
decise di bombardare la nave, in modo da incendiarne il petrolio, e invocò lo stato di necessità. Nessuno degli
Stati coinvolti sollevò obiezioni.
- Estremo pericolo: Atto compiuto intenzionalmente (a differenza che per la «forza maggiore») da una
persona (agente per conto dello Stato), poiché in una situazione di estremo pericolo non creato dallo
stesso Stato agente esso era l’unico modo ragionevolmente praticabile di salvare la propria vita o le
vite di altre persone affidate alla sua cura. Ma l’esimente è esclusa se la condotta tenuta è probabile
fonte di un pericolo comparabile o più grande. DIFFERENZA CON LO STATO DI NECESSITÀ: qui non si
vuole tutelare un interesse essenziale dello Stato, ma salvare la vita propria o di altri.
contromisure: troviamo una iniziale disciplina tra le cause di giustificazione. È una regola che consente il compimento
di un illecito come contromisura rispetto all’illecito di un altro stato. ex art 22 progetto. La disciplina più dettagliata la
troviamo negli articoli successivi: 49 e ss. La rappresaglia non può mai implicare il ricorso all’uso della forza armata.
Condotta in astratto illecita, che diviene lecita se
• diretta esclusivamente contro uno Stato che ha violato un obbligo internazionale nei confronti dello
Stato agente,
• mirante alla cessazione dell’illecito e alla reintegrazione dell’ordine giuridico violato,
• proporzionale all’illecito subito,
• non consistente in uso della forza armata o comunque in violazione dello ius cogens,
• non diretta contro personale diplomatico o consolare,
• non vietata nell’ambito dell’OI cui gli Stati coinvolti appartengono,
• prima lo Stato deve aver chiesto una riparazione, dando la disponibilità ad un negoziato, e aver reso
noto che altrimenti avrebbe adottato contromisure. Ex Art 2 par 3 carta nu
Deve cessare nel momento in cui l’altro Stato pone fine all’illecito, consentendo il ripristino delle normali relazioni
internazionali.
Conseguenze: La responsabilità internazionale implica obblighi solo verso altri Stati o altri soggetti internazionali, e
non verso individui (al di là degli attuali dibattiti sulla graduale affermazione di una limitata personalità giuridica
internazionale degli individui). Rottura della logica dualistica: Se uno stato viola una norma di ius cogens, è
responsabile nei confronti di tutta la comunità internazionale.se lo stato viene riconosciuto autore di un illecito
internazionale tipicamente le conseguenze sono la cessazione dell’illecito e la riparazione del danno, che deve essere
integrale. L’obbligo sussiste a prescindere da una richiesta dello Stato leso e a prescindere da una sentenza della CIG.
ma, se la violazione è stata accertata anche da essa, l’obbligo degli Stati parti di controversie dinanzi alla CIG di
rispettare le sue decisioni è un’ulteriore e distinta fonte dell’obbligo di cessare la condotta illecita, ma solo se la
regola violata è ancora in vigore. Ad esso si aggiunge l’obbligo di offrire assicurazioni e garanzie di non ripetizione
dell’illecito, ma solo se le circostanze lo richiedono (altrimenti, si presume la buona fede dello Stato trasgressore).
Obbligo di riparazione: tre metodi
1- Se possibile, restituzione in forma specifica (in natura), cioè ristabilimento dello status quo ante.
Ad es., nel caso Germania c. Italia del 2012, le decisioni (anche giudiziarie) e le misure italiane in contrasto con
l’obbligo ritenuto violato dovevano cessare di produrre effetto (non importa se divenute definitive).
2- Altrimenti, riparazione «per equivalente», e cioè: pagamento di una somma corrispondente al valore stimato
della «restituzione in forma specifica», e se le perdite non sono già totalmente coperte dalla somma suddetta
risarcimento del danno sia materiale sia morale, sia «danno emergente» sia «lucro cessante», eventualmente
comprensivo degli interessi; tuttavia, no risarcimenti con scopo ‘‘punitivo’’ in caso di danno morale,
risarcimento determinato in base a «considerazioni equitative».
3- Quando le altre modalità non sono idonee a rimediare all’illecito, soddisfazione: riconoscimento o della
violazione; rincrescimento; scuse formali. Tuttavia, la soddisfazione non può essere umiliante per lo Stato che
la offre. Ad es., nel caso della Rainbow Warrior, nave di Greenpeace affondata dai servizi francesi nel porto di
Auckland nel 1985, la Francia fu tenuta alla dichiarazione solenne di aver violato obblighi internazionali e a
versare 2 milioni $ in un fondo per promuovere relazioni più strette tra cittadini francesi e neozelandesi.
Ma se c’è violazione ius cogens, due conseguenze:
 Conseguenze aggiuntive se Violazione seria= sistematica o di rilevante importanza. Precisazione al
capitolo terzo.
• Obbligo di tutti gli Stati di cooperare per porre fine (usando mezzi legittimi) alla violazione.
• Divieto per tutti gli Stati di riconoscere come legittima la situazione creatasi in conseguenza della
violazione e di favorire il suo mantenimento.
Esempio: parere della CIG secondo cui il muro costruito da Israele al confine con i Territori palestinesi occupati viola il
diritto internazionale (2004)

legittimazione ad invocare

s
e l’obbligo era dovuto verso uno Stato  Stato leso per logica bilaterale.

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Se l’obbligo era dovuto verso un gruppo di Stati  ciascun Stato del gruppo, purché la violazione lo danneggi in
modo rilevante, o sia tale da modificare radicalmente la posizione di tutti gli altri Stati del gruppo in relazione
all’adempimento dell’obbligo (es: trattati sul controllo degli armamenti: l’adempimento di ognuno è condizionato a
quello di tutti gli altri). Se si tratta di un obbligo erga omnes verso tutta la Comunità internazionale  tutti gli Stati
non solo lo Stato leso (es.: divieto della tortura).
L’effettiva ‘‘attivazione’’ del meccanismo della responsabilità internazionale presuppone un’effettiva ‘‘reazione’’ dello
Stato legittimato, che deve consistere in atti in qualche misura formali (una semplice protesta non appare sufficiente).
Il diritto ad invocare la responsabilità internazionale viene meno se lo Stato legittimato vi rinuncia o presta
acquiescenza al venir meno della pretesa (ma si consideri che non c’è un limite di tempo per esercitare il diritto a far
valere la responsabilità).
Non c’è legittimazione ad agire per gli individui  Non invocabilità, da parte di privati, della responsabilità
internazionale salvo i casi in cui gruppi di Stati, con trattati, non abbiano previsto una simile possibilità: esempio
tipico è la possibilità dei privati di far ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo [c.d. Corte di Strasburgo],
istituita dalla CEDU, atto del Consiglio d’Europa. L’azione che affonda la disciplina nel d consuetudinario trova
regolazione all’art 42.
Il fatto che il singolo abbia potere di impugnare conferma la limitata soggettività degli individui.
responsabilità delle o
i: progetto di articoli sulla responsabilità internazionale delle organizzazioni internazionali
(approvato in seconda lettura dalla CDI il 03/06/2011): in larga parte corrispondente per struttura e contenuto al
Progetto del 2001 fatte salve certe peculiarità delle O.I.
responsabilità senza illecito:
da tempo si dibatte sull’esistenza o meno di una responsabilità internazionale per
attività internazionalmente lecite, ma tuttavia suscettibili di arrecare un danno (economico) ad un altro soggetto.
Esempi: attività molto pericolose (es.: lancio di oggetti spaziali) o inquinanti (es.: centrali nucleari, industria chimica).
Nel diritto internazionale consuetudinario ci sono seri e fondati dubbi, una tale responsabilità pare da escludere
(piuttosto, si potrebbe ripensare la liceità di certe attività degli Stati).
Nel diritto internazionale pattizio, è possibile prevederla con accordi appositi (esempio: Convenzione di Londra-
Mosca-Washington del 1972 sui danni causati da oggetti spaziali).

Uso della forza


Formalizzazione essenziale nella carta delle NU. Si usa il termine d internazionale dei conflitti armati= ius in bello,
trova applicazione durante i conflitti armati. Diritto internazionale umanitario invece fa riferimento alle disposizioni
che se intese in senso stretto, fanno riferimento alle 4 convenzioni di Ginevra, La disciplina che trova applicazione con
il riferimento al popolo che agisce attraverso moti insurrezionali.
Classificazione delle missioni militari: spesso usata in sede ONU: il permesso ad adottare queste azioni deve essere
dato esplicitamente dal consiglio di sicurezza, non è desumibile (gli stati hanno tentato la via della autorizzazione
implicita).
Peace-keeping = mantenere e consolidare la pace. I presupposti sono:
• consenso delle parti e quindi non sono operazioni coercitive in senso proprio
• non deve esserci ostilità in corso
• uso della forza solo per legittima difesa
 non vs divieto uso forza. I militanti dell’ONU usano armi solo per difesa individuale.
Le azioni di peace keeping sono chiamate anche Misure “[Capitolo] VI e ½”: stanno tra le tecniche di risoluzione delle
controversie e le misure implicanti il ricorso alla forza.
Peace-building =supporto alla ‘‘ricostruzione’’. Non creano problemi con il divieto, perché c’è un contingente onu che
favorisce la ricostruzione, favorisce lo svolgersi di libere elezioni.
Peace-enforcement= ristabilire la pace sono le operazioni più problematiche. I problemi etici con la costituzione si
pongono in maggiore evidenza. Questa è l’ipotesi in cui dopo l’esaurimento di tecniche non implicanti uso forza, si
passa a una misura che anche se relativa a soccorso umanitario, implica l’uso della forza e presuppone un’ostilità in
corso. I presupposti sono:
• non c’è consenso delle parti operazioni coercitive
• ostilità in corso
• uso della forza
• Tuttavia, non perfetta coincidenza con il concetto classico di guerra.
Controversia internazionale= Un disaccordo su questioni di fatto o di diritto, o un conflitto di interessi o di punti di
vista giuridici esistente tra due soggetti.
«Se il diritto internazionale, in un certo senso, è il punto di evanescenza del diritto, il diritto dei conflitti armati è, in
maniera ancora più evidente, il punto di evanescenza del diritto internazionale» Sir Hersch Lauterpacht, 1952
Infatti, Problema di effettività: C’è un elemento di maggiore difficoltà per gli ordinamenti internazionali di portare ad
esecuzione le decisioni se non c’è collaborazione da parte degli stati. A differenza che all’interno degli Stati, nella
Comunità internazionale non vi è un soggetto gerarchicamente sovraordinato agli altri, e capace di imporre

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autonomamente anche in modo coercitivo il rispetto delle norme e delle sue decisioni.  Struttura ‘‘paritaria’’ della
Comunità internazionale: ogni Stato superiorem non recognoscens.
L’ONU è un’O.I., e non può usare la forza se non per il tramite degli Stati. Dal caso italiano sulla sentenza 2012 si
capisce il problema della mancanza di un organo che controlli e garantisca un’esecuzione omogenea.
Principi cardine
• Obbligo di risoluzione pacifica delle controversie internazionali (art. 2, par. 3, Carta ONU: I Membri
devono risolvere le loro controversie internazionali con mezzi pacifici, in maniera che la pace e la
sicurezza internazionale, e la giustizia, non siano messe in pericolo
• Divieto tendenzialmente assoluto di uso della forza nelle relazioni internazionali
• Art. 33, par. 1: «Le parti di una controversia, la cui continuazione sia suscettibile di mettere in pericolo il
mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, devono, anzitutto, perseguirne una soluzione
mediante negoziati, inchiesta, mediazione, conciliazione, arbitrato, regolamento giudiziale, ricorso ad
organizzazioni od accordi regionali, od altri mezzi pacifici di loro scelta».
• Art 94 Ciascuno deve conformarsi all’esecuzione delle sentenze della cig. Se uno stato non si conforma,
l’altro stato può ricorrere al consiglio di sicurezza. Funzioni della CIG: Funzione giurisdizionale con
applicazione del diritto internazionale: sentenze vincolanti. Funzione consultiva con pareri non vincolanti
su questioni giuridiche.
Il capitolo 6 della carta tratta delle risoluzioni pacifiche.
Evoluzione storica: Fino al XIX secolo, totale libertà degli Stati di ricorrere alla forza: la guerra è la continuazione della
politica con altri mezzi (Von Clausewitz). Primi embrionali tentativi di limitazione del ricorso alla forza (1899-1914):
Convenzione dell’Aja (1899), Sezione della Convenzione dell’Aja del 1907, ‘‘Trattati Bryan’’ tra Stati Uniti e altri Stati,
1913-1914. Limitazioni molto parziali, nessun meccanismo per assicurare il rispetto degli impegni. Nel 1919 nasce la
società delle nazioni. Seconda guerra mondiale e avvento dell’atomica: guerra come minaccia alla sopravvivenza
stessa dell’umanità, esigenza di un nuovo ordine internazionale che bandisse la guerra 1945 Nascita
dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Fine primario dell’ONU: mantenere la pace e la sicurezza internazionale.
Svolta storica: art 2 par 4 carta nu: divieto più ampio che in passato e meccanismi in grado di assicurarne il rispetto
meglio che in precedenza anche se in modo non del tutto efficace. Dichiarazione sulle relazioni amichevoli tra gli
Stati: obbligo di risoluzione pacifica delle controversie, non ingerenza negli affari interni degli Stati, diritto
all’autodeterminazione. Definizione di «aggressione»: Aggressione «diretta», come ad es.: invasione;
bombardamento; blocco dei porti o delle coste e Aggressione «indiretta», come ad es.: invio di bande di mercenari o
forze irregolari, messa a disposizione del territorio per attacchi contro il territorio altrui. La nozione di aggressione è
quella a cui si fa riferimento nell’eccezione dell’intervento armato autorizzato dal consiglio.
L’uso della forza è vietato ogni uso della forza, diretta e indiretta, ma non altri tipi di coercizione.
La minaccia di uso della forza vietata consiste nell’esplicito annuncio dell’impiego della forza delle armi al verificarsi o
al non verificarsi di un certo accadimento ovvero ad una certa data (annuncio che può anche ricavarsi da
«comportamenti concludenti»). Non comprende:
- il semplice rafforzamento del proprio potenziale bellico (lecito se non vietato da trattati ad hoc)
- l’esercizio di un diritto
- la disponibilità ad un uso della forza conforme alla Carta ONU.
Oggi il divieto dell’uso della forza ha valenza generale  considerato norma ius cogens.
Eccezioni:
• La legittima difesa (o autotutela) ex art 2 par 4
• Gli interventi militari autorizzati dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU ex art 2 par 4
• Gli interventi con il consenso dello Stato territoriale interessato
Dibattiti sull’esistenza di altre eccezioni non sancite esplicitamente:
1- la questione dell’intervento umanitario e la dottrina della responsabilità di proteggere (R2P):
Intervento umanitario: azione a tutela dei d umani, che non passa sotto l’egida delle nu, perché non
autorizzato dal consiglio di sicurezza. Alcuni stati agiscono comunque.
2- collusione con i/assistenza ai terroristi
 Questo dibattito non è arrivato a conclusioni definitive. (es primavera araba). Non c’è una regola di d
internazionale consolidata che ci permetta di considerare legittimi tali comportamenti. La prassi ha
dedotto queste possibili eccezioni da una disposizione del cap 7 della carta onu, tramite l’art 39,
ponendolo alla base di situazioni che si tenta di ricondurre alla legittima difesa. L’art 51 presuppone la
aggressione, art 39 fa riferimento a misure implicanti l’uso della forza che il consiglio può avviare anche
quando determinate situazioni si pongano come minaccia o violazione della pace.
Legittima difesa: disciplinata sia nel diritto internazionale consuetudinario art 21 del progetto, sia nella Carta ONU
(art. 51), che la considera un diritto naturale nel caso in cui abbia luogo un attacco armato contro uno Stato 
«Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso
che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non
abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri
nell’esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di
Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di

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Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire
la pace e la sicurezza internazionale».
Requisiti: DEVE AVER AVUTO LUOGO UN ATTACCO ARMATO, cioè un uso della forza con un certo grado di intensità:
ma cosa si intende? Sicuramente si intendono i casi di aggressione elencati dall’art. 3 della ris. 3314/1974 dell’AG
sulla definizione di aggressione. Sicuramente non si intende la semplice assistenza a ribelli, senza un controllo su di
essi tale da farli assimilare a truppe dello Stato agente. In caso di attacco terroristico, si può parlare di «attacco
armato» riconducibile allo Stato che ospita/protegge/coopera con i terroristi? Vari Stati (in primis gli USA)
rispondono di sì invocando la ‘‘unwilling or unable doctrine’’, ma al riguardo non può considerarsi consolidata una
regola di diritto internazionale generale. Dottrina e prassi non sono unanimi: Ad es., dopo gli attacchi terroristici
dell’11/09/2001 di portata enorme, la ris. 1368 del 12/09 ha riconosciuto il diritto di legittima difesa a fronte di
attacchi terroristici, definiti una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale, ma non ha qualificato gli attacchi
dell’11/09 come attacco armato quindi per interpretazione letterale del 51, la legittima difesa non poteva esserci.
Requisiti necessari:
NECESSITÀ non va intesa in senso troppo formalistico o strettamente fenomenologico
PROPORZIONALITÀ mirata solo a far cessare l’attacco; non va intesa in senso troppo stringente. Esempi:
Dopo che una loro nave da guerra era stata danneggiata (ma senza morti) da una mina iraniana in acque
internazionali, gli USA distrussero le piattaforme petrolifere iraniane di Salman e Nasr (18/04/1988)  secondo la
CIG, reazione sproporzionata. Uso di armi nucleari  secondo la CIG, lecito, ma solo in «una circostanza estrema di
legittima difesa» in cui è in gioco la stessa «sopravvivenza» dello Stato
IMMEDIATEZZA reazione nell’immediatezza dell’attacco; da valutare con una certa elasticità. Esempio: nella I Guerra
del Golfo, l’Iraq invase il Kuwait nell’agosto 1990, la coalizione internazionale intervenne solo il 16/01/1991, tuttavia
quell arco di tempo era stato necessario per tentare una soluzione pacifica e per ottenere un’autorizzazione da parte
del CdS, permaneva l’occupazione del territorio  requisito rispettato.
L’autotutela dura solo FINTANTOCHÉ IL CdS NON ABBIA PRESO LE MISURE NECESSARIE, perché a questo punto
occorre conformarsi alle sue decisioni: tuttavia, se si tratta di misure non implicanti l’uso della forza (ex art. 41 Carta
ONU) e si rivelano inidonee a porre fine all’aggressione, si può persistere nella reazione difensiva.
Legittima difesa preventiva: in generale no. «Pre-emptive self-defense» (v. ‘‘dottrina Bush’’): verso una minaccia
probabile/possibile, ma non imminente  nettamente rifiutata. Iraq aveva bomba atomica, quindi minaccia
probabile  ha d usa ad attaccare? No. Però «Anticipatory self-defense»: rispetto ad un attacco sicuro e imminente
 questione più controversa (in particolare: nel caso di attacchi nucleari imminenti?!?).
Misure adottabili: Ai sensi del Cap. VII Carta ONU, il Consiglio di Sicurezza può adottare: Misure non implicanti l’uso
della forza (art. 41). ad es. interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie,
marittime, aeree, ecc., rottura delle relazioni diplomatiche. Se le misure ex art. 41 sono inadeguate o si sono
dimostrate inadeguate, misure implicanti l’uso della forza (art. 42).
Interventi armati con consenso: Anche se non affermato esplicitamente dalla Carta ONU, il diritto internazionale
consente interventi armati compiuti con il consenso dello Stato nel cui territorio essi si svolgono. Il consenso:
• non consente la violazione dello ius cogens
• deve essere genuino (non coartato)
• deve venire da un governo con un reale potere (es.: condanne internazionali per l’intervento sovietico in
Afghanistan nel 1979-1989 e per l’intervento statunitense a Panama nel 1990).
Intervento per salvare la vita, o comunque diritti fondamentali, di propri cittadini, senza il consenso dello Stato
territoriale interessato. Prima della Carta ONU era ammesso invece Oggi ci sono dibattiti sulla sua ammissibilità:
Frequente nella prassi anche dopo il 1945. Vari autori lo ammettono, alcuni lo ricomprendono nella legittima difesa,
ma sembra preferibile considerarlo come un’autonoma esimente. Comunque, Deve rispettare un criterio di
proporzionalità.
Teoria a favore  Intervento umanitario: Frequente incapacità del Consiglio di Sicurezza di fronteggiare
efficacemente crisi internazionali, a causa del diritto di veto dei membri permanenti. Crescente sensibilità verso la
tutela dei diritti umani. Esiste una norma internazionale che consenta interventi non autorizzati dal Consiglio di
Sicurezza mirati a impedire o far cessare gravi e massicce violazioni dei diritti umani? Forse bisognerebbe cambiare la
struttura del consiglio di stato e togliere la possibilità di veto che blocca la decisione di tutti gli altri stati. Conflitto tra
il divieto di uso della forza e la tutela della sovranità degli Stati (da un lato) e la crescente attenzione del diritto
internazionale alla tutela dei diritti umani (dall’altro lato).
Teoria appoggiata dalla dottrina della «responsabilità di proteggere»: (Versione ‘‘strong’’- Versione ‘‘soft’’ non
prescinde dall’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza: accettata in sede ONU)
Oggi l’orientamento prevalente di Stati e studiosi sembra negare la liceità degli «interventi umanitari», ma il tema
resta dibattuto e aperto ad evoluzioni. E quindi Intervenire o no? Un dilemma morale. Le istanze pacifiste. Il ‘‘costo’’
del non intervento: genocidio di Ruanda, genocidio di Srebrenica.
Interventi giustificati: interventi in Somalia, operazione in Iraq Provide comfort, interventi ex Jugoslavia
art 11 cost e peace keeping: L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come
mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle

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limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e
favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Il ripudio della guerra: Un principio forte e netto, anche terminologicamente. Risposta al bisogno di pace dopo la
Seconda guerra mondiale, percepito anche a livello internazionale (progetti di integrazione europea, ONU), pur
nell’ambito dell’inizio della Guerra Fredda. La Costituzione esprime un ideale pacifista. Tuttavia, il divieto di fare la
guerra non è assoluto: è Vietata solo la guerra di aggressione= come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli
e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. È Consentita la guerra per legittima difesa. Sono
Consentite le operazioni autorizzate dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
 Compatibilità tra la partecipazione ad operazioni autorizzate dal Consiglio di Sicurezza e l’art. 11: gli
interventi autorizzati dall’ONU mirano a mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale (non
rispondono ad una logica di aggressione)
 Compatibilità tra la partecipazione dell’Italia alla NATO e l’art. 11: NATO come alleanza difensiva
 A maggior ragione, compatibilità tra l’art. 11 e le missioni di peace-keeping.
Esempio di operazioni di peace-enforcement con la partecipazione italiana: Operazione Desert Storm (prima guerra
del Golfo, 1991), con forza navale e aerei. In tale occasione, un Tornado italiano abbattuto dall’Iraq: i piloti, Bellini e
Cocciolone, catturati, torturati e liberati dopo la fine del conflitto.

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Diritto internazionale pubblico
le fasi evolutive del diritto internazionale e la loro "stratificazione "
- introduzione,
- tre fasi
Caratteristiche e tendenze evolutive della comunità internazionale
- Principi d int contemporaneo,
- soggetti, organizzazioni internazionali,
- requisiti soggettività,
- altri soggetti,
- individui
- icc,
- corte edu
Il diritto int.le generale e le sue fonti
- Fonti,
- dualismo,
- consuetudini,
- approvazione consuetudini,
- obiettore persistente,
- convenzioni,
- pro e contro consuetudini,
- principi generali,
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Il diritto dei trattati
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- effetti,
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- rappresentanti,
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L'adattamento del diritto interno al diritto int.le
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Regole di immunità
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- Tipologie di immunità
- Immunità in senso stretto

Illecito e responsabilità
Uso forza

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