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Diritto Internazionale
Università degli Studi di Genova
62 pag.
pubblico privato
È il diritto della comunità internazionale È il diritto applicato da giudice interno in una
controversia non nazionale
Disciplina le relazioni fra soggetti di dinternaz Determina l’ambito della giurisdizione italiana
È il livello in cui si forma il diritto internazionale È l’oggetto disciplinato dal diritto internazionale
diritto internazionale privato
primo problema: preliminarietà, rispetto a quello dei conflitti di leggi, del problema relativo all’accertamento della
competenza giurisdizionale però Su tutto questo incide il diritto dell’Unione europea: rivendicando la propria
autonomia rispetto al DIPu dettando norme di DIP.
Dip in senso “stretto”: solo le norme che pongono i criteri per l’individuazione del diritto applicabile”. Rientrano
nelle norme di DIP in senso “stretto” le norme di funzionamento e quelle di conflitto.
Esempio di norma di funzionamento: Art. 16 - Ordine pubblico
1. La legge straniera non è applicata se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico.
2. In tal caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento eventualmente previsti per la
medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la legge italiana.
Il dip in senso stretto contiene:
- norme che creano il collegamento minimo tra controversia e giudice italiano, in modo che questo possa
conoscerla e definirla. Riconduciamo le norme al diritto processuale civile int o norme di competenza diretta.
Al d proces intern riconduciamo anche l’efficacia delle sentenze e degli atti stranieri= in quali casi le sentenze
internazionali riproducono effetti anche nello stato interno.
- Norme che pongono criteri per l’individuazione del diritto applicabile: norme di dp in senso stretto= norme
di funzionamento.
Art 13-19 per norme di funzionamento, artt 20-63 norme di conflitto in senso stretto
Le norme di dip sono cieche, devono soltanto trovare una norma di collegamento? No, perché la
precisazione del comma 1 art 33, fa capire che talvolta si deve applicare una norma diversa in relazione a
una determinata fattispecie, affidando il giudice il compito di raffrontare le tutele per appoggiare quella
più garantista. Anche se apparentemente hanno una struttura che prescinde dalla struttura sostanziale,
col l’art 33 si è stabilito che va appurato l’interesse di garantire una tutela superiore del minore.
Centro di gravità: Quando un giudice può conoscere una certa controversia, il problema della legge applicabile
sussiste ancora; infatti, il giudice deve capire quale norma applicare, stabilendo in quale ordinamento risiede il
centro della controversia.
Obbligatorietà: Il dip non è facoltativo, una volta constatato il fattore di estraneità, il giudice deve applicarlo per
forza, altrimenti si tratta di violazione di legge.
L218 e Ue: La legge 218 ha subito erosioni significative da parte di regolamenti -> molti artt non possono trovare più
applicazione. Quando le istituzioni comunitarie esercitano le loro competenze non c’è necessità di abrogare le regole
di conflitto della l 218 -> i regolamenti UE trovano diretta applicazione, e la legge interna trova diretta
disapplicazione. Questo perché si tratta di settori di applicazione generale e costante
serve una disciplina uniforme. Però noi studiamo nella l 218 le norme d funzionamento.
Perché?
La libera circolazione delle persone è uno dei capi saldi del diritto europeo, la logica che ha ispirato il fenomeno del
diritto comunitario è stato quello di garantire uno spazio in cui le persone potessero circolare liberamente. Le 4
libertà capitali, delle persone, dei servizi, delle merci e dei capitali, sono completate con la libertà delle decisioni -> si
permette la libera circolazione delle persone se si garantisce la circolazione delle decisioni tra gli stati membri.
Affinché questo risultato sia garantito bisogna anche intervenire sulle disposizioni che disciplinano la legge
applicabile. La libera circolazione deve garantire la fiducia nel diritto applicato -> servono norme uniformi!
Diritto internazionale in continua evoluzione.
- Tema di adozione: La legge n. 184/1983 regola direttamente l’adozione internazionale di minori stranieri
con una combinazione di norme di DIP materiale e di applicazione necessaria
2- diritto internazionale:
- Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori: caso Eitan
Biran. Assegnando la competenza giurisdizionale ai giudici dove il minore risiedeva prima della
sottrazione = criterio di collegamento giurisdizionale. Il comportamento illecito non deve modificare
la regola originale.
- Convenzione di Vienna del 1980 sui contratti di compravendita internazionale di merci. Se la
compravendita ha elementi di estraneità.
- Convenzione dell’Aja del 1955 sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento
- Convenzione di New York del 1958 per il riconoscimento e l'esecuzione delle
sentenze arbitrali straniere
Come impattano sulle soluzioni delle fonti italiane? Coordinamento delle norme di DIP codificate da convenzioni
internazionali con quelle previste dal diritto italiano: art. 2 legge n. 218/95.
Art. 2 - Convenzioni internazionali
Strumenti normativi adottati: da convenzioni (disomogeneità in sede applicativa, possibili riserve, non automatica la
competenza della CG in sede interpretativa etc.) a regolamenti; inadatte le direttive (anche se vi sono “singole”
norme di conflitto in alcune direttive). La convenzione dell’80 è entrato in vigore nel 90-> è diventato il reg Roma 1. È
stato adottato un protocollo per interpretare la conv dell’80 -> le convenzioni erano troppo lente!
Procedura di adozione: procedura legislativa ordinaria (art. 81.2 TFUE), salvo in materia di diritto di famiglia:
unanimità
L’Unione ha competenza concorrente
o c’è spazio anche per la cooperazione rafforzata → art. 20 TUE
o qualsiasi Stato può esercitare l’opting out rispetto allo SLSG (Titolo V TFUE): v. Dichiarazione 26 al
Trattato di Lisbona. Geometria variabile!
Il settore occupato da un atto normativo UE non è più disponibile per gli stati interni; infatti, la competenza da
complementare passa tutta all’UE.
Finalità:
1. favorire l’uniformità delle decisioni
- armonia internazionale delle soluzioni: se io a livello delle norme di conflitto statali, scelgo bene,
taglio le gambe ai ricorrenti che vorrebbero radicare la causa in un ordinamento diverso per
applicare una legge più favorevole. Se tutti gli ordinamenti richiamano lo stesso centro di gravità
vanifico l’obiettivo di ricerca della legge più favorevole -> tutti i giudici applicano lo stesso diritto.
Forum shopping: piegare le regole di giurisdizione a finalità che non le sono proprie-> diritto
internazionale cerca di sconfiggere il forum shopping. Il contrasto è fortissimo se la regola è
internazionale o di diritto euro unitario: il giudice francese o olandese…devono applicare il
regolamento Roma I o II = unificazione del diritto. Se le istituzioni euro unitarie applicano un
regolamento, questo si deve applicare in tutti gli stati membri e i giudici statali devono disapplicare il
d interno per consentire al dUE di applicarsi nella misura che lo strumento euro unitario ritiene.
(incidente stradale, tutti i giudici usano art 4 del reg roma II).
- Prevedibilità del diritto applicabile: di fronte ad un illecito con implicazioni transnazionali il centro di
gravità, per gli incidenti stradali, è il luogo in cui si è verificato il danno -> per me è prevedibile
l’applicazione. considerando (6): Il corretto funzionamento del mercato interno esige che le regole di
conflitto di leggi in vigore negli Stati membri designino la medesima legge nazionale quale che sia il
paese del giudice adito (vs forum shopping), onde favorire la prevedibilità dell’esito delle controversie
giudiziarie (quinta libertà: libera circolazione delle decisioni), la certezza circa la legge applicabile e la
libera circolazione delle sentenze
- altri obiettivi rispecchiati da altre categorie, diverse da quella generale astratta.
tecnica 1= localizzazione in via legislativa -> localizza in maniera astratta la norma di collegamento
Es: Art. 51 l. 218/95 - Possesso e diritti reali
1. Il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili ed immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i
beni si trovano.
2. La stessa legge ne regola l'acquisto e la perdita, salvo che in materia successoria e nei casi in cui l'attribuzione di un
diritto reale dipenda da un rapporto di famiglia o da un contratto.
Es. Articolo 4.1 Reg. Roma II - Norma generale (illecito)
Salvo se diversamente previsto nel presente regolamento, la legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali che
derivano da un fatto illecito è quella del paese in cui il danno si verifica, indipendentemente dal paese nel quale è
avvenuto il fatto che ha dato origine al danno e a prescindere dal paese o dai paesi in cui si verificano le
conseguenze indirette di tale fatto.
Es. Art. 8.2 Reg. Roma I - Contratti individuali di lavoro
Nella misura in cui la legge applicabile al contratto individuale di lavoro non sia stata scelta dalle parti, il contratto è
disciplinato dalla legge del paese nel quale o, in mancanza, a partire dal quale il lavoratore, in esecuzione del
contratto, svolge abitualmente il suo lavoro. Il paese in cui il lavoro è abitualmente svolto non è ritenuto cambiato
quando il lavoratore svolge il suo lavoro in un altro paese in modo temporaneo.
Tecnica 2: localizzazione del giudice in virtù del principio di prossimità-> cerco un ordinamento più
strettamente applicabile rispetto a quello identificabile con una regola che valga per tutta la categoria
astratta= valuto caso per caso.
Il giudice non ha una soluzione rigida, ma deve applicare un criterio di collegamento flessibile bilanciando vari
elementi. Viene meno il fine della prevedibilità, in favore di identificare un ordinamento con stretto legame effettivo
alla singola fattispecie in concreto. C’è però un obbligo di motivazione per il giudice!
Tecnica3: considerazioni materiali: le norme di conflitto si danno carico di realizzare degli obiettivi di carattere
sostanziale. (La corte cost ha stabilito che le norme non sono neutrali, ma anzi possono determinare discriminazioni.
L’art 18 preleggi del cc stabiliva che in mancanza di l nazionale, si doveva applicare la l nazionale del marito. Nell’87 si
dice che è norma strumentale indiretta, ma inerisce solo una parte convolta = discriminazione. -> la norma di
conflitto deve avere equidistanza rispetto ad entrambe le parti. L’art è stato riscritto nel 29 comma 2).
Es. Art. 33 c. 1 l. 218/95 - Filiazione
Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se più favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno
dei genitori è cittadino, al momento della nascita.
Tutela maggiore per il figlio. Il giudice deve comparare la tutela garantita da diversi ordinamenti, e applica
l’ordinamento più favorevole al figlio perché meritevole di più protezione.
le norme non sono più cieche di fronte ai soggetti
Es Art. 36 l. 218/95 - Rapporti tra genitori e figli
I rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la potestà dei genitori, sono regolati dalla legge
nazionale del figlio.
(Nel trasporto marittimo tra Genova e Marsiglia, io posso contrattare con l’altra parte che la legge più vicina sia
quello inglese, perché più specializzato in diritto dei trasporti) = si demanda ai privati l’individuazione del centro di
gravità, caposaldo dei contratti. Es Amazon ha sede contrattuale in Lussemburgo. Comunque non viene tolta la tutela
del d italiano: deve essere un d che gli offre di più del diritto italiano. -> le tutele essenziali non possono venire
meno. Se si sceglie un d poco garantista, nel caso di controversia, c’è uno statuo del lavoratore basato sul d
dell’ordinamento scelto, ma arricchito dell’eventuale maggior tutela dello stato in cui esercita il soggetto. Il datore
di lavoro dovrebbe spostare la controversia giurisdizionale, far risolvere non al giudice. Ma il giudice del luogo in cui
lavoratore esercita ha competenza e deve garantire al lavoratore il nucleo minimo di garanzia essenziale del lavoro
subordinato.
Se c’è un soggetto preventivamente debole, es lavoratore, la scelta di libertà contrattuale individuale, non va a
privarlo del nucleo essenziale di garanzia. ->l’art 8 del reg ha come obiettivo: enucleare un numero minimo di norme
che non possono essere derogate attraverso l’applicazione di un d internazionale= protezione rafforzata.
Es. Art. 28 l. 218/95 - Forma del matrimonio
1. Il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale dalla (1) legge del luogo di celebrazione o (2) dalla
legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione o (3)dalla legge dello Stato di comune
residenza in tale momento.
Qui abbiamo 3 criteri di collegamento senza alcuna gerarchia-> è il giudice che è abilitato ad attivarne uno o l’altro in
ragione di un motivo sostanziale, non esplicitato, ma è quello di preservare la validità formale dell’atto. Non c’è
l’intento di proteggere un soggetto debole, ma bisogna garantire un obiettivo: preservare la validità dell’atto, che dal
nostro ordinamento è considerato un valore. (criterio di collegamento a cascata: soluzione 2 solo se non ricorre la
richiesta della soluzione 1(come per i contratti). La caratteristica di tutte le norme di conflitto di forma è quella di
elencare un numero consistente di criteri di collegamento che non sono geneticamente ordinati, ma alternativi, su
un piano di parità).
Tecnica4: applicazione della lex fori, ossia del diritto in vigore nell’ordinamento del giudice adito -> ogni
sistema di d internazionale privato nazionale reca una clausola di salvaguardia rappresentato dal limite
dell’ordine pubblico in cui si privilegia la coerenza col sistema interno, ma è una soluzione estrema. È un
limite strutturale.
Es Art. 36 bis l. 218/95
Nonostante il richiamo ad altra legge, si applicano in ogni caso le norme del diritto italiano che:
a) attribuiscono ad entrambi i genitori la responsabilità genitoriale;
b) stabiliscono il dovere di entrambi i genitori di provvedere al mantenimento del figlio;
c) attribuiscono al giudice il potere di adottare provvedimenti limitativi o ablativi della responsabilità
genitoriale in presenza di condotte pregiudizievoli per il figlio
sono principi considerati capisaldi del d italiano. Ratio: sempre la maggiore tutela del minore.
Es. Art. 5 Conv. Aja 1996
1. Le autorità, sia giudiziarie che amministrative, dello Stato contraente di residenza abituale del minore sono
competenti ad adottare misure tendenti alla protezione della sua persona o dei suoi beni.
Es. Art. 38 l. 218/95 - Adozione
I presupposti, la costituzione e la revoca dell'adozione sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli
adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti, ovvero da
quello dello Stato nel quale la loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata, al momento dell'adozione.
Tuttavia si applica il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano l'adozione di un minore, idonea ad
attribuirgli lo stato di figlio.
Caso Bartolo: sentenza della corte d’appello di Algeri nel 1889. Si ragiona sulla qualificazione e sull’impatto che
qualificazione hanno rispetto all’armonia internazionale sulla soluzione (non ricorrere al forum shopping). Le
divergenze di qualificazione portano a disattendere l’armonia. Se la norma di conflitto è predisposta da un legislatore
nazionale, la norma di conflitto va applicata alla stregua dell’ordinamento nazionale che l’ha posta.
2- Applicazione ufficio delle norme di conflitto: se il giudice una volta rilevato l’elemento di
transnazionalità ha obbligo di applicare la norma di conflitto perché il giudice non è più in grado di
valutare il conflitto secondo le norme italiane. - dipende dal tipo di norma di funzionamento.
ci sono norme id applicazione necessaria. Assume rilievo la norma di funzionamento. Se il giudice si accorge che gli
aspetti della fattispecie sono riconducibili a norme italiane a contenuto imperativo che prescrivono sempre e
Norme di funzionamento
art 13, l218: il d int pr si muove per accordare rilevanza, ai fini di disciplinare nel merito la fattispecie, ad un
ordinamento diverso dalla lex fori, questo è richiamato nella norma di conflitto dalla lex causae: ordinamento
ritenuto più adatto a disciplinare il rapporto che non è esclusivamente attinente all’ordinamento giuridico italiano.
Lex causae= ordinamento con cui il giud italiano si confronta, al fine di reperire al suo interno il d straniero per
risolvere la fattispecie. Nello schema classico del cc, e in quello previsto dai reg ue Roma 1,2,3 la lex causae era il
diritto materiale che il giudice italiano applica per definire nel merito la controversia. questa definizione non si piò
offrire se si tiene conto dell’art 13 della l 218 che a differenza dalla soluzione precedente accoglie il rinvio.
Art. 20 reg ue - Esclusione del rinvio
«Qualora il presente regolamento prescriva l’applicazione della legge di un paese, esso si
riferisce alle norme giuridiche in vigore in quel paese, ad esclusione delle norme di diritto
internazionale privato, salvo che il presente regolamento disponga altrimenti»
Uno degli obiettivi del d int pr è garantire la prevedibilità delle soluzioni, che viene garantita in modo > se richiamo
un ordinamento che trova applicazione. Se il legislatore italiano pensasse che nei rapporti tra coniugi l’ord più adatto
fosse quello della l naz comune, perché dovrebbe applicare un altro ordinamento straniero? Roma 1,2,3 lo
ribadiscono, ma così non fa la legge 218 (nei lavoratori preparatori la soluzione del rinvio è stata accolta solo
all’ultimo).
No rinvio in materia contr e e extracontr: I reg Roma 1 e2 (contr e extra contr) escludono il rinvio e questa soluzione
è condivisa dall’art 13 comma 2 lettera a nei contratti e obbligazione extracontrattuali prevale libertà delle parti.
Uno dei settori nei quali l’art 13 opera è quello dei rapporti di famiglia, ma roma3 che parla di divorzio lo esclude ->
incongruenza. Roma4 in tema di successioni accoglie per certi versi il rinvio.
Rinvio a un terzo ordinamento : una volta appurato il rinvio ad un secondo ordinamento, effettuo una seconda
qualificazione e valuto le norme di conflitto di questo.
Ci si chiede allora se effettivamente il rinvio valga solo per l’ordinamento nel suo complesso e quindi solo le norme
materiali, o se valga anche per le norme di conflitto. La questione può essere riassunta nel quesito seguente: il
richiamo disposto dalla norma di conflitto del foro (Stato A) ha riguardo (Soluzione 1) all’ordinamento straniero
(Stato B) nel suo complesso (incluse, dunque, alle norme di conflitto di tale Stato B), ovvero (Soluzione 2) soltanto
alle norme norme materiali dell’ordinamento richiamato (Stato B)?
Soluzione 1 (pur con molte eccezioni) è accolta dall’art. 13 l. 218/95 tt ordinamento straniero
Soluzione 2 è accolta (in termini coincidenti) dai Regg. Roma I, II e III → solo norme materiali
Il problema del rinvio, nell’accezione di cui all’art. 13 l. 218/95, si pone dunque quando la norma di conflitto del foro
e quella in vigore nell’ordinamento straniero richiamano 2 leggi diverse, il che si verifica in 2 principali ipotesi:
1- quando la norma di conflitto del foro (Stato A) e quella dell’ordinamento straniero richiamato (Stato B) non
coincidono, in quanto impiegano – in relazione ad analoghe categorie di fattispecie – criteri di collegamento
diversi; (es paese forte emigrazione si collega alla nazionalità, forte immigrazione deve usare criterio per
integrare)
2- quando – pur in presenza di norme di conflitto del foro (Stato A) e dell’ordinamento straniero richiamato
Stato B) sostanzialmente coincidenti – i giudici offrono una diversa “qualificazione” della fattispecie portata
alla loro rispettiva attenzione (vd caso Bartholo)
il legislatore della 218 dice: se penso che il centro di gravità sia la l nazionale comune dei coniugi applicherei la loro l
statle, se però la norma di ocnflitto del loro d, ritiene che l’ordinametno più adatto sia quello in cui le persone
vivono, perché devo imporre al giudice italiano di applicare il d dei coniugi, se questo non si vorrebbe applicare? =
guardo la legge straniera(lex causae) cosa fa (rinvio) e capisco che non applica la lex fori. Rinvio indietro ex art 13
comma 1 lettera b (cosa non fattibile secondo reg roma).
Applicando le norme di conflitto dell’ordinamento richiamato: Stato A richiama B che richiama C art 13 comma 1
lettera a: rinvio vale se il d dello stato rinviato accetta il rinvio-> la norma di conflitto dell’ordinamento richiamato
dalla norma italiana, richiama un terzo ordinamento. Tengo conto del richiamo che la norma d ocnflitto fa al terzo, a
condizione che il terzo voglia applicarsi: il giudice deve scontrarsi con la terza norma di conflitto -> anche terza
qualificazione. Se nel rinvio fatto da b a c, applico c se questo prevede l’applicazione del suo ordinamento per quella
fattisoecie= il giudice applica c se tale fattispecie è regolata dall’ordinamento c in questo ordinametno. Alla verifica
che un giudice della terzo ord applicherebbe la lex fori -> posso applicare il d materiale di c.
Se c invece applica ordinamento D, non siamo nell’ipotesi del rinvio ex art 13 -> cosa applico? No lex fori, ma d
materiale della lex causae: ord richiamato in prima battuta (soluzione dei reg roma).
Materie nelle quali opera art 13:
- capacità, diritti delle persone fisiche o giuridiche, diritti della personalità
Art. 26 Reg. Roma II - Ordine pubblico del foro: L’applicazione di una norma della legge di un paese designata dal
presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con
l’ordine pubblico del foro.
Art. 12 Reg. Roma III - Ordine pubblico: L’applicazione di una norma della legge designata in virtù del presente
regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine
pubblico del foro.
o L’ordine pubblico è un limite all’applicazione della norma straniera individuata per mezzo delle norme di
conflitto posto a tutela della coerenza interna della lex fori, che sarebbe pregiudicata dall’applicazione da
parte del giudice di disposizioni, reperite nell’ordinamento richiamato dalla pertinente norma di conflitto,
contrastanti con i “principi etici, economici, politici e sociali che condizionano e caratterizzano l’ordinamento
giuridico italiano” sia in base ad una scelta autonoma dell’ordinamento italiano, ma anche perché hanno
arricchito i valori autonomamente posti, quelli desumibili dall’ord internazionale (cedu), dall’UE…questi
valori devono essere essenziali e strutturali, irrinunciabili.
(DIP come “salto nel vuoto” e ordine pubblico come “paracadute”, ossia come limite necessario e strutturale
di ogni sistema di DIP). Se io aprissi l’ord italiano a valori stranieri, solo se questi vi corrispondessero, non
tenderebbe alle finalità del d internazionale: applicare norme straniere perché più adatte rispetto al d
italiano (diversità come valore).
o L’ordine pubblico risponde dunque all’esigenza di garantire l’armonia interna dell’ordinamento del foro e, in
tale prospettiva, si contrappone all’obiettivo – proprio del DIP – di armonia internazionale delle soluzioni.
Limite che viene applicato quando il d internazionale andrebbe ad incidere con un principio essenziale che
connota il nostro ordinamento giuridico statale.
o L’ordine pubblico, tuttavia è un limite eccezionale: opera soltanto se l’applicazione della norma straniera
risulta manifestamente incompatibile con i principi fondanti l’ordinamento del foro. Una semplice difformità
degli effetti spiegati dalla norma straniera rispetto alle norme e principi fondanti l’ordinamento del foro non
legittima l’operatività del limite dell’ordine pubblico.
o L’ordine pubblico come limite al funzionamento delle norme di conflitto è qualificato come internazionale,
in quanto opera in relazione a fattispecie “internazionali”, ovvero a implicazioni transnazionali. l’ordine
pubblico interno, invece, ricomprende tutte le norme non derogabili dai privati. L’ordine pubblico in parola
ha dunque contenuto più ristretto rispetto all’ordine pubblico interno, che tipicamente NON interferisce
rispetto al funzionamento delle norme di conflitto. Il limite si presta altresì a essere qualificato come
internazionale perché i principi di cui si compone sono anche di origine internazionale, derivati dalla CEDU o
UE.
o L’ordine pubblico, inoltre, è un limite successivo, in quanto presuppone il normale funzionamento della
norma di conflitto, ossia interviene dopo che il giudice – operata la qualificazione e individuata la norma di
conflitto volta in volta pertinente – ha reperito la norma straniera, ne ha verificato la portata e accertato gli
effetti conseguenti alla sua applicazione nella fattispecie concreta e ha capito che è inaccettabile → l’ordine
pubblico è dunque altresì un limite concreto in riferimento al termine ‘effetti’.
o un limite negativo, perché si risolve nella disapplicazione (non applicazione) della norma straniera
individuata dalla norma di conflitto; il 16 ci dice cosa non possiamo fare, ma resta aperto il problema del d da
applicare che non ci viene suggerito dall’art 16.
o un limite relativo nel tempo e nello spazio. certi principi anche fondamentai, hanno subito nel tempo delle
modifiche -> es disciplina delle unioni civili ormai tutta nuova, quelli che erano limiti pubblici ormai non
possono più essere invocati perché la disciplina si è aggiornata.
Problemi:
1- Evizione parziale: si rifiuta tutto il diritto straniero perché una disposizione lede l’ordine pubblico o si può
disapplicare una singola norma? Il considerando 25 di Roma 3 sembra ammettere la possibilità di
evizione parziale: “Considerazioni di interesse pubblico dovrebbero dare alle autorità
giurisdizionali degli Stati membri la possibilità, in circostanze eccezionali, di
disapplicare una disposizione della legge straniera qualora in una data fattispecie
sia manifestamente contraria all’ordine pubblico del foro”. Sistema on- off= o si o no -
> la giuri se è una norma di dettaglio non la applica e fa finta che non esista, se invece la disposizione è
piuttosto rilevante -> escludo tutto.
3- È configurabile un ordine pubblico con funzione positiva: dice che d applicare (o si tratta invece di N di
applicazione necessaria ad applicazione successiva)? Es. art. 10 Reg. Roma III: - Applicazione della
legge del foro: Qualora la legge applicabile ai sensi dell’articolo 5 o dell’articolo 8 non preveda il
divorzio o non conceda a uno dei coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di
accesso al divorzio o alla separazione personale, si applica la legge del foro.
4- Va operato un controllo di conformità alla CEDU (e alla rilevante giurisprudenza della Corte EDU) della
norma straniera richiamata, per il tramite dell’ordine pubblico? Certamente sì. Un giudice non può dire
‘io non ho rispettato una sentenza della corte Strasburgo perché applicavo diritto straniero’. Occorre
ricordare che uno Stato è responsabile per ogni violazione della Convenzione, che derivi dalle leggi che
esso stesso ha adottato, sia da una norma straniera, applicata al suo interno a seguito di richiamo
internazionale privatistico.
5- La soluzione delineata dal secondo comma dell’art. 16 è trasponibile ai Regg. (le cui norme di
funzionamento espressamente non la prevedono)? In questo caso integreremmo.
Art 17: Norme di applicazione necessaria. Se ci richiamiamo al sistema delle preleggi non troviamo una norma di
funzionamento corrispondente all’attuale art 17 della 218. In passato era una certezza, comunque, che in certe
situazioni con certi requisiti, il giudice italiano dovesse applicare a preferenza deld d stranieri, la lex fori.
Art. 17 legge n. 218/95 - Norme di applicazione necessaria
1. È fatta salva la prevalenza sulle disposizioni che seguono delle norme italiane che, in considerazione del
loro oggetto e del loro scopo, debbono essere applicate nonostante il richiamo alla legge straniera. Lart
17:
- pone un limite codificato nel 95, quindi meno tradizionale.
- Ci sono norme imperative italiane che tutte le volte che la controversia viene devoluta al giud
italiano, questa va definita alla stregua delle norme italiane a prescindere dal fatto che non sia
totalmente italiana. Gli obiettivi perseguiti da queste norme sono così importanti, che l’ordinamento
del foro va a connotare queste come norme, comunque, con applicazione anche se la fattispecie ha
connotazione transnazionale. È un limite preventivo= Qui non si presuppone il funzionamento della
norma di conflitto perché il giudice per definire la controversa afa riferimento a certe norme
materiali della lex fori richiamate dall’art 17 non continua con tutti i procedimenti per
l’individuazione della norma di conflitto, ma riconduce la fattispecie all’applicazione delle norme
materiali italiane imperative.
- È un limite positivo: bisogna ricondurre la fattispecie all’interno del d italiano. La norma di conflitto
non devo attivare ma a condizione che la normativa che in Italia è definita necessaria, esaurisca tt i
profili della fattispecie controversa. È possibile che soltanto alcuni aspetti vadano risolti alla luce del
d italiano gli altri devono far riferimento ad un altro diritto
Compravendita nulla perché commercia armi, quando c’è il divieto da parte delle norme italiane ad
applicazione necessaria. È nulla la parte del contratto relativo ad un determinato bene: le armi, gli
altri beni non risentono degli effetti bisogna valutare la l applicabile. È uno spezzettamento della l
applicabile: parte di d italiano + d estero
- È un limite eccezionale: // ordine pubblico. Vi si ricorre con estremo rigore.
- Le norme di applicazione necessaria vanno applicate con interpretazione restrittiva, senza uso di
analogia
Es. Art. 32-ter legge n. 218/95 - Unione civile tra persone maggiorenni dello stesso sesso
La capacità e le altre condizioni per costituire unione civile sono regolate dalla legge nazionale di ciascuna parte al
momento della costituzione dell'unione civile. Se la legge applicabile non ammette l'unione civile tra persone
maggiorenni dello stesso sesso si applica la legge italiana. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 4, della legge
del 2016, n. 76, sono di applicazione necessaria.
Non disciplina tutta la fattispecie, ma solo il lato delle cause impeditive per la costituzione di unione civile:
Legge n. 76/2016, recante Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze,
art. 1 c. 4:
Sono cause impeditive per la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso:
a) la sussistenza, per una delle parti, di un vincolo matrimoniale o di un'unione civile tra persone dello stesso sesso;
b) l'interdizione di una delle parti per infermità di mente; se l'istanza d'interdizione è soltanto promossa, il pubblico
ministero può chiedere che si sospenda la costituzione dell'unione civile; in tal caso il procedimento non può aver luogo
finché la sentenza che ha pronunziato sull'istanza non sia passata in giudicato;
c) la sussistenza tra le parti dei rapporti di cui all'articolo 87, primo comma, del Codice civile; non possono altresì contrarre
unione civile tra persone dello stesso sesso lo zio e il nipote e la zia e
la nipote; si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 87;
d) la condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito
civilmente con l'altra parte; se è stato disposto soltanto rinvio a giudizio ovvero sentenza di condanna di primo o secondo
grado ovvero una misura cautelare la costituzione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso è sospesa sino a
quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento.
Il giudice deve applicare subito queste disposizioni. Poi aggiunge quelle straniere
È difficile che una norma si dichiari di per sé ad applicazione necessaria, è il giudice che con interpretazione deve capire
la forza delle norme materiali. I criteri fanno riferimento ad elementi non relativi solo al contenuto. In queste norme c’è
una clausola che espressamente o implicitamente prescrivano l’applicazione del d italiano quando la controversia è
portata di fronte ad un giudice italiano.
Art. 33 legge n. 218/95 – Filiazione
1. Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se più favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno
dei genitori è cittadino, al momento della nascita. (omissis)
Sono di applicazione necessaria le norme del diritto italiano che sanciscono l’unicità dello status di figlio.
Art. 38 legge 218/95 - Adozione
I presupposti, la costituzione e la revoca dell'adozione sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli
adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti, ovvero da
quello dello Stato nel quale la loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata, al momento dell'adozione.
Tuttavia, si applica il diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano l’adozione di un minore, idonea ad
attribuirgli lo stato di figlio legittimo.
= Norma di conflitto a cascata.
Quando l’oggetto della domanda riguarda una adozione al fine di far acquisire uno status di figlio si applica il d
italiano. È lo stesso tenore del d italiano a connotare come necessariamente applicabili certe disposizioni del d
materiale italiano rendendo eventuali e residuale il ricorso ad un d straniero.
Una logica analoga nell’art 46: Art. 46 legge n. 218/95 - Successione per causa di morte
Il soggetto della cui eredità si tratta può sottoporre, con dichiarazione espressa in forma testamentaria, l’intera
successione alla legge dello Stato in cui risiede. (omissis) Nell’ipotesi di successione di un cittadino italiano, la scelta
non pregiudica i diritti che la legge italiana attribuisce ai legittimari residenti in Italia al momento della morte
della persona della cui successione si tratta.
Disposizioni che resistono all’autonomia del d int privato.
Succo di tt la lezione= Rintracciamo tra le norme di conflitto una serie di casi in cui si richiede l’applicazione necessaria del
d italiano. Ci sono casi in cui la definizione di norma ad applicazione necessaria è espressa:
Art. 28 D.l. n. 9/2020 - Rimborso titoli di viaggio e pacchetti turistici : Le disposizioni di cui al presente articolo costituiscono, ai
sensi dell'articolo 17 della legge del 31 maggio 1995, n. 218 e dell'articolo 9 del regolamento (CE) n. 593/2008 (roma1) del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, norme di applicazione necessaria.
Il riferimento alle norme ad applicazione necessaria si trova anche nei reg ue:
Natura incerta dell’Art. 10 Reg. Roma III - Applicazione della legge del foro
Qualora la legge applicabile ai sensi dell’articolo 5 o dell’articolo 8 non preveda il divorzio o non conceda a uno dei
coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione
personale, si applica la legge del foro.
ordine pubblico con connotazione positiva o noema ad applicazione necessaria in via successiva? Riconducibile in
modo pieno né ad uno né all’altro
Nan esterne: Rilevano anche le norme di applicazione necessaria di ordinamenti ulteriori rispetto alla lex fori: le NaN
della lex causae (legge straniera richiamata dalla norma di conflitto del foro); NaN di ordinamenti terzi (es.: art. 9.3
Reg. Roma I)
dopo aver controllato se c’è nan della lex fori, valuto anche l’ordinamento terzo; infatti, bisogna sempre applicare
il d straniero come se si fosse giudici del paese terzo.
Soggetti con più cittadinanze, apolidi e rifugiati. Comma 2 criterio conforme alla logica del d internazionale privato.
Può non essere semplice per il giudice stabilire il collegamento più effettivo, però è un’indagine che il d int privato
affida in molte circostanze (es art 4 roma1). Problema: se è cittadinanza di una sola persona collegamento iù facile,
se s tratta di l nazionale comune die coniugi con più cittadinanze, più difficile. Ultima disposizione sbilanciata in
favore della lex fori, rompe la tendenziale parità tra lex fori e d straniero= principio che la giuri ha sempre enunciato
nell’ambito del sistema di d int privato, accolta anche quando operava il sistema delle preleggi n cui una disp del
genere non era codificata. Questo favore per la l italiana che prevale anche equando fosse meno effettiva, crea
problemi quando l’altra cittadinanza è quella di uno stato membro -> la corte di gius ravvisa ingiustificate limitazioni
alle libertà in ipotesi in cui tra più cittadinanze si accordava quella del foro. Una delle affermazioni più problematiche
è che lo stato membro non è legittimato a limitare gli effetti dell’attribuzione della cittadinanza di un altro stato
membro pretendendo un requisito ulteriore per l’affermazione di tale cittadinanza. Il comma 1 fa riferimento alle
ipotesi in cui il sogg non abbia cittadinanza di un paese sia rifugiato considerare equivalente alla cittadinanza il
luogo in cui tale sogg ha domicilio o residenza. È un criterio fattuale oggettivo che la l affina in aderenza con le
convenzioni internazionali che stabiliscono che nel garantire uno status protettivo a tali sogg, il criterio di coll della
cittadinanza se non può funzionare, sia sostituito on un criterio fattuale sulla residenza o il domicilio. Abbiamo
aderenza del criterio sostitutivo con le conv di Ginevra e di new York.
Conoscenza, interpretazione e applicazione del d straniero costituzionalità del d straniero richiamato ex art
15. Alla stregua dell’art 15 si applica il d straniero come se il giudice fosse appartenente a tale ord giur straniero
eventuali norme di d pubblico straniero. Se io siedo all’estero applicherò anche le norme ad appl necessaria
dell’ord giuridico straniero per affinare istituti di d privato. In questa logica terrò conto delle caratteristiche
del’ord straniero che impongono di operare un controllo diffuso di cost. se è un ordinamento che consente al
giudice comune una disapplicazione di una norma leg per contrasto con principi cost, anche il giud italiano si
deve comportare di conseguenza interpretazione fondata sui valori cost stranieri. Se invece c’è un controllo
accentrato, il giudice italiano non può promuoverlo, non ha la legittimazione può promuovere una
interpretazione cost orientata, ma se ravviso conflitto devo fermarmi e non posso prevenire al reperimento del
d straniero da applicare alla fattispecie applica se previsti gli altri criteri di collegamento, oppure applica d
italiano. Questo vale per un dubbio di costituzionalità che si ponga al giudice italiano con rif ai principi e valori
cost stranieri. È certo che il dubbio può riguardare la compatibilità con i principi italiani art 16 ordine
pubblico, ma deve essere contrasto in concreto in relazione agli effetti che l’applicazione del d straniero
potrebbe causare.
Diritto pubblico
Introduzione: Come fonte primaria: diritto consuetudinario d flessibile, che però fonda dei principi generali che
trovano specificazione all’interno della fonte secondaria dei trattati. Tra fonti consuetudinarie e fonti pattizie c’è
un rapporto di reciproca derogabilità-> norma di d generale può essere derogata da una norma pattizia, e una
norma consuetudinaria può venir meno per desuetudine (gli stati non la applicano costantemente nei loro
rapporti). Alcune norme di d generale sono ius cogens: categoria circoscritta di norme consuetudinarie che si
sottraggono al rapporto di reciproca derogabilità perché enucleano principi essenziali della comunità
internazionale, e per questo sono percepiti come irrinunciabili e immodificabili. non possono essere derogati
da trattati o fonti pattizie. in realtà questa categoria è composta da norme consuetudinarie che vengono
ritenute come inderogabili minore certezza rispetto ad un sistema che formalmente connota l’assoluta
inderogabilità. Conv di Vienna del 69 sul d dei trattati: art 53 tratta di norma ius cogens per capire cosa succede
se questa viene violata da un trattato. Definizione ius cogens: norma imperativa del d internaz generale, una
norma accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale nel suo insieme come norma alla quale non è
consentita deroga e che può essere modificata solo da successiva norma di d internazionale generale avente lo
stesso carattere.
L’espressione “diritto internazionale” viene utilizzato per la prima volta nel 1780 (J. Bentham). L’origine della
comunità internazionale si fa tradizionalmente risalire alla pace di Westfalia del 1648. È un ordinamento con
caratteristiche diverse da quello del d int privato. Quando la cronaca ci porta a interrogarci sull’effettività del d
internazionale siamo disarmati, certi eventi che pensavamo da considerare superati, si verificano ancora. Immagine
di un d internazionale che nel tempo si è evoluto, ma senza mai affermarsi rispetto a logiche e principi che lo hanno
caratterizzato nella sua fase nascente: quando la guerra è strumento per le relazioni internazionali, quando il
principio cardine è quello di effettività (hai un territorio e al suo interno eserciti potere di potestà sulla popolazione
presente -> sei uno stato e quindi puoi agire su un piano di parità con gli altri stati nel piano internazionale. Es
Afghanistan continuerà a far parte delle relazioni internazionali). L’UE, nelle sue relazioni reciproche ha evoluto il d
internazionale, ma è come se avesse agito per ere geologiche: i principi primordiali non si sono mai superati, ma ad
essi se ne sono aggiunti nuovi c’è ancora consistenza di antico. Soprattutto nei momenti di crisi, certe logiche
iniziali ritornano in primo piano. I trattati caratterizzanti la fase iniziale sono ancora presenti. I fatti che si verificano
dimostrano che l’effettività è determinante per l’acquisizione della soggettività internazionale di uno stato.
Con scarto di pochi anni si arriva alla terza fase suddivisione rudimentale
1- Consuetudini internazionali: prove di una pratica generale accettata come diritto. Formate da due elementi
costitutivi:
- Elemento oggettivo -> Uso o diuturnitas, uso consolidato nel tempo, diffuso che caratterizza il
comportamento degli stati.
- Elemento soggettivo opinio iuris et necessitate, convinzione dei soggetti di d internazionale che la
condotta sia obbligatoria. L’obiettivo primario non è realizzare una prassi importante, ma perseguire
determinati obiettivi propri degli stati. Gli stati inizialmente tengono questo comportamento senza
che esso sia vincolante, una volta tenuto da n stati e quindi comportamento diviene diffuso si
consolida nel tempo, l’iniziale obiettivo di soddisfare delle proprie ragioni, muta e diventa in
sostanza la cognizione che quel comportamento sia giuridicamente obbligatorio.
La prassi da sola però non genera norme consuetudinarie. Gli stati sono molto attenti a precisare che il
comportamento ha valenza solo per determinato caso e non ha valenza obbligatoria. A volte tendono a giustificare
sulla base di ragioni contingenti che ormai hanno valenza obbligatoria= iper-attenzione degli stati a non legittimare
con la loro condotta la formazione di regole consuetudinarie.
I due elementi devono sempre ricorrere congiuntamente per rilevare l’avvenuta formazione di una
regola di d internazionale generale.
‘approvazione’ di una consuetudine: Ci sono delle consuetudini che hanno richiesto un tempo estremamente
consistente, altre hanno visto il consolidamento in tempi più ridotti. Più è diffusa un cons più si accorcia il tempo per
la sua consolidazione. Nelle materie nuove il fattor tempo tende a sfumare e a diventare meno rilevante.
Esigenza o meno di universalità di consenso di tutti gli stati della comunità internazionale. Nella fase nascente il
consenso era più accentuato. Gli stati inizialmente non erano molti, erano omogenei e la logica consensualistica
sembrava adeguata per descrivere il momento formativo della consuetudine. La realtà della comunità internazionale
si è frammentata, sia come numero degli stati, sia in ragione di accorpamenti tra essi, sulla base di determinate
2- Convenzioni di codificazione: Molti settori del d internazionale generale sono stati interessati da processi di
codificazione. Se l’obiettivo dichiarato di una convenzione di codificazione è trasporre in forma scritta il dint
generale, questo obiettivo non è mai l’unico che gli stati perseguono, perché oltre alle norme che
effettivamente gli stati rilevano come già vincolanti sul piano delle norme internazionali, c’è anche sempre
l’intento di promuovere lo sviluppo progressivo degli stati internazionali. Gli stati che procedono alla
codificazione sono consapevoli che certe prassi non hanno completato il procedimento di formazione a
diventare norme pattizie, ma vengono inserite comunque da cui deve prendere avvio una nuova regola di d
internazionale. Per alcune norme trasfuse non saremmo tentati di guardare la tavola di ratifica: es art 31
conv d Vienna è certamente parte del d internazionale= regola generale di interpretazione. Determinate
procedure invece per nullità, modifica dei trattati non sono certamente parte del d internazionale, sono solo
regole stabilite dagli stati disciplina pattizia.
In alcuni casi bisogna verificare se le disposizioni non hanno solo rilievo sul piano pattizio perché gli stati
volevano solo sviluppare il d internaz su un tema nuovo.
Le convenzioni di codificazione allora presentano Disposizioni di due tipi:
1- Pattizie: già nel momento in cui vengono formulate son in vigore come regole consuetudinarie valenza
erga omnes e portata generale. Sono solo rese più visibili da una formalizzazione scritta = valenza
dichiarativa
2- norme che ancora non corrispondono al d int generale ma inserite perché gli stati vogliono dare avvio alla
formazione delle norme generali.
Queste sono le più facili da riscontrare
Se ne può rintracciare però una terza categoria : la norma generale non si è ancora consolidata anche se c‘è un inizio
della prassi che converge verso una regola ancora in formazione. Nel momento in cui gli stati, raccolti nell’ambito
della commissione ONU di d internazionale, realizzano quel momento finale del consolidamento della regola di d
internazionale generale danno vita all’ultimo tassello necessario per la formazione. La previsione nella convenzione è
l’ultimo atto necessario per raggiungere i requisiti base della formazione di una regola di d internazionale generale.
Nel Preambolo di una convenzione di codificazione, l’aspetto della formazione progressiva è esplicitato come
obiettivo che gli stati intendono raggiungere. Si legge ‘convinti che codificazione e sviluppo progressivo dei trattati
3- I principi generali di d: di d internazionale o degli ordinamenti statali. Es pacta sunt servanda: gli accordi
devono essere osservati. Alla base della valenza dei trattati c’è una regola consuetudinaria; quindi, il d
pattizio trae fondamento in una consuetudine internazionale: principio di carattere formale enunciato da un
principio storico.
Il principio generale di diritto alla base dell’ordinamento internazionale è di carattere formale ed è pacta sunt
servanda e sta alla base della vincolatività della giurisdizione. Ci sono poi anche Principi di carattere materiale:
eguaglianza sovrana degli stati, autodeterminazione dei popoli (elemento caratterizzante della terza fase), non
ingerenza negli affari interni, ma responsability to protect (violazioni sistematiche dei d dei cittadini giustificano
ingerenza), obbligo di soluzione pacifica…art 2 carta nazioni unite: principi di ius cogens (definiti al 53 cv), obbligo di
cooperazione (terza fase)
Altre fonti:
atti vincolanti adottati da org internazionali, fonti di terzo grado che si pongono in posizione gerarchica con 1 e 2.
Soft law internazionale: non è vincolante quindi non rientra nelle fonti di d internazionale. Si indicano con fonte
doverose ma non in senso giuridico. Es risoluzione della assemblea Generale nu prima che i principi diventino regole
di d internazionale generale.
Sono esentati dalla presentazione dei «pieni poteri» perché hanno pieni poteri impliciti, i Capi di Stato, Capi di
Governo, Ministri degli Esteri, capi di missione diplomatica (solo per negoziazione e adozione del testo),
rappresentanti accreditati presso una conferenza o OIGovernativa (solo per negoziazione e adozione del testo).
Procedura di formazione:
- Negoziato: gli stati si incontrano e procedono alla ricerca del minimo comune denominatore,
l’obiettivo tendenziale. Attraverso un processo democratico si tende a trasporre nel trattato il
comune sentire degli stati in un determinato settore
- Adozione del testo (art. 9 CV1969): deve esserci sufficiente consensus regola generale= unanimità
(aspetto democratico dei trattati) o 2/3 votanti quando l’adozione avvenga in seguito di una
conferenza internazionale.
- «Autenticazione» del testo (tutti i testi autenticati fanno fede allo stesso modo): il testo è
autentico e definitivo: art. 10 CV1969. Si possono redigere più testi che hanno il medesimo valore.
(vd impatto sull’interpretazione disallineamenti di significato e allora si muove dal presupposto di
medesimo valore per cui anche l’interpretazione che deve valere è quella che tenuto conto delle
soluzioni diverse, meglio concilia le diverse formulazioni). Es statuto della corte penale internaz
redatto in molte lingue, infatti redatto ni ambito delle riunioni delle nazioni unite. Modalità stabilite
dall’accordo stesso. Se l’accordo non stabilisce nulla: firma ad referendum o parafatura. Firma ad
referendum= firma apposta dal rappresentante di uno Stato, in attesa del conferimento del
potere a concludere il trattato. parafatura= sottoscrizione di un documento mediante paraffo, sigla
apposta dai negoziatori al testo di un accordo ancora in fase di discussione, su cui esiste già una base
di consenso fra le parti.
- Firma definitiva negli accordi in forma semplificata vale come manifestazione del consenso dello
Stato a essere vincolato dall’accordo: art. 12 CV1969. Oltre alla firma si richiede anche Ratifica, o
accettazione, o approvazione, o nel caso di Stati che si vincolano ad accordi già esistenti adesione
negli accordi in forma solenne, manifestazione del consenso dello Stato ad obbligarsi al rispetto
dell’accordo: art. 14 CV1969
- Scambio o deposito dello strumento di ratifica: art. 16 CV1969. Il trattato precisa tipicamente cosa
sia necessario fare al riguardo. Es nello statuto corte penale internaz. Ci sono norme finali che
trattano definiscono il deposito
- Entrata in vigore (modalità e tempi stabiliti dal trattato). Non significa che quel trattato entri in
vigore automaticamente sul piano interno negli ordinamenti. Nel nostro ordinamento vige una logica
Ricerca dell’oggetto unanimità o 2/3 modalità stabilite dall’accordo non basta per accordi solenni stabilisce il trattato l statale
L’Italia faceva parte dei 60 stati che servivano pe l’entrata in vigore del trattato costituente la corte penale
internazionale. Nel 2002 il trattato è entrato in vigore nel piano internazionale. Per gli stati ulteriori rispetto al
numero iniziale corrispondente al numero minimo di ratifiche, si vedrà un’operatività internazionale del trattato
successiva al 2002, l’operatività non retroagisce per il nucleo iniziale di stati. Se aderisco nel 2010 il vigore internaz
per me stato che ho aderito nel 10, è spostato al determinato giorno dopo n giorni dalla ratifica. = frazionamento
dell’entrata in vigore In caso di controversia internazionale, il giudice deve valutare se lo stato, al momento dei
fatti, era già vincolato. I due livelli di vigore vanno sempre distinti. Gli altri stati parti contraenti non danno rilevanza
al fatto che non siano state adottate internamente le procedure per l’effettiva applicazione. è eccezionale la
rilevanza di vicende interne dal punto di vista degli obblighi internazionali. La conv di Vienna enuncia principio
chiaro: art 27 diritto interno e rispetto dei trattati. le vicende del d interno non giustificano condotta che viola il
trattato in nome della logica dualistica.
Esempio di Adattamento: Statuto CPI – 3 fasi
Prima fase: Legge 232/1999. Ratifica ed esecuzione dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale, con atto finale ed allegati,
adottato dalla Conferenza diplomatica delle Nazioni Unite a Roma il 17 luglio 1998. Delega al Governo per l'attuazione dello statuto medesimo
(non può essere ratifica, ma ordine di esecuzione alla ratifica).
Art. 1: autorizzazione alla ratifica
Art. 2: ordine di esecuzione (procedimento speciale di adattamento, o mediante rinvio)
Art. 3, comma 1: norma materiale di adattamento (procedimento ordinario), comma 2: delega al Governo
Art. 4: norma strumentale sull’entrata in vigore della legge (e non dello Statuto)
Allegati: Il testo in lingua inglese è uno dei testi autentici; altri testi ugualmente autentici quelli arabo, cinese, francese, russo e spagnolo (art.
128 Statuto)
Seconda fase: Senza un numero consistente di norme materiali di adattamento, integrative della disciplina dello statuto, questo non sarebbe
direttamente applicabile nell’ordinamento interno emanazione Legge 20 dicembre 2012, n. 237 per norme materiali interne
Occasio legis: guerra civile in Libia, timore di fuga in Italia di responsabili di gravi crimini internazionali
È un Adattamento in via ordinaria differito nel tempo =13 anni dopo l’ordine di esecuzione.
Art. 1: clausola di salvaguardia (controlimiti)
13 anni dopo si arriva a disciplinare il carattere materiale: Norme per l'adeguamento alle disposizioni dello statuto istitutivo della Corte penale
internazionale.
Terza fase: Legge 110/2017. Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano nel Codice penale. Adattamento silenzioso: esigenza
di integrazione, ma non emerge come motivo principale, che è quello di rendere ord interno coerente con la decisione della corte penale
internazionale. L’adeguamento non era stato sufficiente.
Manifestazione del consenso: Ogni Stato determina liberamente quali sono i propri organi con il potere di
manifestare il consenso dello Stato ad obbligarsi al rispetto di un trattato internazionale (di solito, norme in
Costituzione; negli Stati democratici, controllo del Legislativo sull’Esecutivo). Nel nostro ordinamento Art 80 cost:
Le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o
prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni
di leggi
Accordi «in forma solenne» ratifica del Presidente della Repubblica. In particolare, gli Accordi di cui all’art. 80
Cost. quando un accordo ricade in una di queste categorie, la ratifica da parte del presidente della rep, deve
essere preceduta da un momento politico = «legge di autorizzazione alla ratifica» (formalmente distinta dall’«ordine
di esecuzione»), non suscettibile di referendum abrogativo. la prassi del nostro ord è quella di racchiudere in un unico
strumento normativo, tipicamente l’ordinanza, che rappresenta la l di autorizzazione alla ratifica autorizzata dal
presidente della rep, e Questa legge racchiude un art in cui si dice ‘piena ed intera esecuzione sia data in Italia al
trattato’: Questo ordine di esecuzione è il momento di attuazione (cui facciamo riferimento in relazione al sistema
dualistico). Con questo articolo si rimuove l’ostacolo, ut il trattato produca effetti anche nel nostro ord giuridico.
Quindi la l incorpora ordine di esecuzione e autorizzazione richiesta dall’art 80. Immaginiamo un accordo
internazionale di importanza che riguardi settore che non è mai stata disciplinata nell’ordinamento interno
abbastanza improbabile.
afferma che lo stato non può richiamarsi a proprie disposizioni interne per giustificare la mancata osservanza di un
trattato. Art 46 prevede un’eccezione= violazione manifesta: Art. 46 Disposizioni di diritto interno concernenti la competenza a
concludere trattati 1. Il fatto che il consenso di uno Stato ad essere vincolato da un trattato sia stato espresso violando una disposizione del suo
diritto interno concernente la competenza a concludere trattati, non può essere invocato da tale Stato per infirmare il proprio consenso, a meno
che tale violazione non sia stata manifesta e non concerna una norma di importanza fondamentale del proprio diritto interno. 2. Una
violazione è manifesta quando essa appaia obiettivamente evidente ad ogni Stato che si comporti, in materia, in base alla normale prassi ed in
buona fede.
Per i trattati delle 5 categorie dell’80, una valida manifestazione della volontà a vincolarsi deve essere preceduta da
un momento autorizzativo. Allora se un trattato che rientra nelle 5 categorie, viene stipulato in forma semplificata
dall’esecutivo, omettendo il passaggio parlamentare si creano:
1- CONSEGUENZE NELL’ORDINAMENTO INTERNAZIONALE: ex art. 46 CV, lo Stato può invocare tale violazione
come vizio del consenso ma solo se essa è manifesta (cioè evidente per gli altri Stati che agiscano secondo la
prassi abituale e in buona fede) e relativa ad una norma interna di importanza fondamentale.
Come soluzione l’esecutivo può chiedere un controllo ex post. Non soluzione conforme al nostro ordinamento. Ma il
parlamento non sarebbe più libero di pronunciarsi nel pineo della propria valutazione politica sulla opportunità o
meno di stipulare il trattato. Quindi questa soluzione ha doppio dubbio di legittimità cost.
2- CONSEGUENZE NELL’ORDINAMENTO ITALIANO:
Il problema si pone soprattutto quando si conclude «in forma semplificata» un trattato per il quale l’art. 80 Cost.
sembrerebbe richiedere una legge di autorizzazione alla ratifica. Prassi non univoca:
- In alcuni casi il Governo si è rivolto al Parlamento successivamente, ottenendo l’autorizzazione.
- In altri casi il Governo non ha mai chiesto l’autorizzazione parlamentare, ma ciononostante gli
accordi sono stati applicati e non è mai stata posta sul piano internazionale una questione di validità
(alcuni hanno sostenuto che essi esulavano dall’art. 80 Cost. costituendo accordi
‘‘tecnici’’ ,‘‘dipendenti’’ da precedenti trattati più generali). La dottrina dice che si è formata
consuetudine costituzionale vs art 80. (es accordi in materia id immigrazione, sottoforma di
memorandum per evitare passaggio parlamentare, questi accordi di riammissione nel paese di
Eccezione: regole proprie Per i trattati sulla tutela dei diritti umani, perché considerati di valore prioritario. da più parti si è
sostenuta l’inapplicabilità delle norme della Conv. di Vienna sulle riserve, sostenendo che per questi trattati non sono ammesse
riserve (così ad es. nel 1994 il Comitato sui diritti civili e politici, in relazione al Patto internazionale sui diritti civili e politici del
1966). Intangibilità delle disposizioni normative trasposte nel trattato.
Cause di invalidità: In generale
• Rendono il trattato nullo ex tunc.
• La CV1969 reca una disciplina esclusiva delle cause di invalidità; alcune norme sono ‘‘codificatrici’’,
altre di sviluppo progressivo
• Travolgono il trattato nel suo complesso salva diversa pattuizione. rendono nulle solo le clausole
interessate, se: esse sono separabili dal resto e non hanno costituito una base essenziale per il
consenso degli altri Stati contraenti, e non appaia ingiusto continuare ad applicare il trattato senza
tali clausole, e purché la causa non dipenda da «violenza» o da contrasto con lo ius cogens.
• Atti compiuti in applicazione di un trattato nullo: ogni parte può chiedere di ristabilire lo status quo
ante, ma gli atti (se compiuti in buona fede) non sono illeciti.
Nel d internazionale la clausola di buona fede ha incidenza superiore rispetto al nostro d interno. Anche nelle carte
delle nu gli accordi vanno eseguiti in buona fede. Art 2 principi fondamentali.
Le clausole di invalidità dei trattati retroagiscano al momento in cui si è verificata la causa che rende nullo il trattato= nullità ex
tunc. A garanzia della stabilità dei trattati, le cause di invalidità trovano nella disciplina della conv di vienna una
regolamentazione in via esclusiva. Ciò significa che per preservare la vigenza dei trattati nono possono introdursi nuove cause,
rispetto a quelle proposte dalla conv di vienna.
Cause di invalidità:
- Vizi del consenso: Errore relativo ad un fatto/situazione che lo Stato riteneva esistente e che è stato
essenziale per il suo consenso (purché lo Stato stesso non abbia contribuito all’errore, o avrebbe
potuto evitarlo, o avrebbe dovuto rendersene conto); raro nella prassi, di solito riguarda la
predisposizione di cartine geografiche.
- Dolo: raro, tanto che la Convenzione non lo ha definito lasciandone la definizione alla prassi.
- Corruzione di un rappresentante di uno Stato (non vi rientrano cortesie o favori minori).
- Violenza (Tuttavia, i trattati di pace sono validi, anche se spesso firmati sotto un’evidente pressione
militare): Violenza contro un rappresentante di uno Stato; rara o Violenza contro uno Stato:
invalidità affermatasi solo dopo la II Guerra mondiale. In alcuni casi possono esservi entrambi i tipi
Contrasto con norme di ius cogens (norma percepita come tale dalla comunità internazionale e quindi non derogabile
da altra norma internazionale che non sia dello stesso livello) Art. 53 CV1969 (c’è anche analoga disposizione per la
sopravvenienza di una contrarietà a norma ius cogens) = è una causa radicale di nullità che travolge l’intero trattato
senza ammettere nullità parziale.
Cause di Estinzione e sospensione
• Operano ex nunc, in un momento successivo all’entrata in vigore del trattato e consistono in
situazioni che impediscono – temporaneamente o definitivamente – al trattato (fino a quel momento
valido) di continuare a produrre i suoi effetti.
• Non vi è esclusività della disciplina della CV 1969. Possiamo trasfondere nel trattato, una serie di
cause che percepiamo come cause di circostanze, di elementi che a giudizio degli stati firmatari,
devono operare alla stregua delle cause di estinzione e sospensione.
• Uno Stato non può farle valere se ha esplicitamente accettato di mantenere in vigore il trattato o dal
suo comportamento si desume un’acquiescenza alla continuazione dell’applicazione del trattato.
«Denuncia» e «recesso»: (lo Stato vuole mettere fine agli effetti del trattato nei suoi confronti; si usa il termine
«recesso» per le O.I.G.). il trattato deve prevedere la possibilità di denuncia o recesso:
• Se il trattato prevede una procedura ad hoc si segue quella.
• Se il trattato non prevede una procedura ad hoc possibile solo col
consenso di tutte le parti
Se il trattato li vieta o non dice nulla al riguardo non ammessi (salvo risulti che le parti intendevano ammetterli o la
loro possibilità si deduca dalla natura del trattato). Eccezione: Impossibili per il Patto sui diritti civili e politici del 1966.
Alternativa al recesso: Estinzione per stipulazione da parte di tutti gli Stati contraenti di un nuovo trattato con lo
stesso oggetto, incompatibile col precedente (Art. 59 CV1969). Volontà implicita di estinguere il trattato precedente.
Estinzione o sospensione come conseguenza di una violazione da parte di uno o più Stati partecipanti:
Principio consuetudinario «inademplenti non est adimplendum»: la violazione di una norma di un trattato legittima
gli altri contraenti a porre termine al trattato o a sospendere i loro adempimenti verso lo Stato inadempiente.
Tuttavia, divergenze sul fatto se occorrano condizioni particolari per far valere tale principio: secondo l’art. 60 Conv.
Vienna del 1969 solo per violazioni di norme importanti (invece violazioni minori generano solo responsabilità
internazionale e legittimano misure di «ritorsione» degli altri). Nella logica di reciprocità, bilateralità non ci deve
stupire questa clausola generale, nel d internazionale se uno stato si limita nella sovranità e assume obblighi by
trattati, e una altro stato viola i d che spettano agli altri stati, allora il primo n è più tenuto a rispettare i d di
controparte // l del taglione. Per l’art. 60.5 Conv. Vienna, questa regola non si applica ai trattati sui diritti umani e
soprattutto ai divieti di rappresaglie contro le persone protette da essi (es.: Convenzioni di Ginevra del 1949,
convenzioni contro il genocidio o sui rifugiati).
e stinzione o sospensione per «impossibilità sopravvenuta» - definitiva o temporanea – di eseguire il trattato (es.: il
trattato riguarda un’isola che si è inabissata), salvo che essa derivi dalla violazione di un obbligo internazionale da
parte dello Stato che la invoca.
• Procedimento c.d. ordinario (meno frequente): riproduzione delle norme internazionali in norme interne di contenuto
tendenzialmente identico (‘‘nazionalizzazione’’ delle norme internazionali). È un atto normativo interno modellato
nei suoi contenuti sulla disciplina prevista nel trattato internaz ma che dal punto di vista formale non si
distingue da altre fonti interne se non per l’occasione che ha giustificato l’adozione =attuazione di un trattato.
viene a sganciare il trattato dalle vicende che lo riguardano. Rendo cristallizzato il trattato. È una via non
consigliata per questo effetto di cristallizzazione perché i trattati sono invece qualcosa di vivo e che si
modifica nel corso del tempo.
• Procedimento c.d. speciale (più frequente): adozione di un atto normativo interno, ordine di esecuzione che
opera un rinvio (mobile o formale, già per art 10, però qui è rinvio sempre speciale) alle norme dell’accordo
internazionale. Si può poi avere traduzione, ulteriore e diversa dal trattato in versione autentica. Il trattato
oggetto di ordine di esecuzione può spiegare gli effetti solo se accompagnato da disposizioni materiali
italiane che completano il trattato dove esso non sia del tutto applicativo.
Regole di immunità
Le regole di immunità non sono ius cogens, infatti, il trattato sulla costituzione della corte internazionale penale
deroga alla regola di immunità personale(consuetudine) all’art 27. Non siamo ancora riusciti a far venire meno
l’immunità statale, questa persiste, solo la responsabilità penale personale viene invocata comunque (es esercito-
immunità stato, soggetto- immunità funzionale).
Tutela della sovranità: Secondo il diritto internazionale generale, ogni Stato ha una sovranità esclusiva sul proprio
territorio (responsability to protect) e la propria popolazione; quindi, si afferma anche il correlativo principio di non
ingerenza negli affari interni ed esterni di un altro Stato (principi del D.I. classico). Nel contesto odierno, l’esclusività
della sovranità statale può risultare attenuata in ragione dello svilupparsi del dovere di cooperazione internazionale e
del principio di tutela dei diritti umani La Violazione della sovranità di un altro stato può accadere se attività compiute
da uno stato, sono idonee a recare un concreto pregiudizio alla possibilità» dell’altro Stato di attuare il proprio
ordinamento in una specifica situazione garantendone i valori essenziali.
Ad es.: Applicazione da parte di uno Stato di proprie norme a condotte tenute sul territorio di un altro Stato,
applicazione fondata sulla nazionalità del soggetto, che porti ad imporre comportamenti che violano l’ordinamento e
gli interessi essenziali dell’altro Stato. /Sindacato, da parte di uno Stato, del contenuto di atti pubblici (atti iure
imperii) emanati da un altro Stato (ad es. sottoponendo a giudizio lo Stato che ne è stato l’autore).
Nozione generale di immunità: situazione giuridica soggettiva privilegiata riconosciuta a determinati soggetti in
considerazione del loro ruolo e funzione. Prevista sia dal diritto internazionale sia dai diritti interni (es.: immunità del
Presidente della Repubblica per gli atti compiuti nell’esercizio delle funzioni, eccetto che per alto tradimento e
attentato alla Costituzione).
In diritto internazionale, l’immunità stabilita con consuetudine, costituisce una deroga all’esclusività della sovranità
degli Stati sul proprio territorio, giustificata dall’esigenza di garantire la sovrana eguaglianza degli Stati e il
mantenimento di relazioni diplomatiche tra gli Stati (ciò richiede che ai diplomatici siano concesse determinati
immunità).
Deroghe: Gli accordi internazionali possono derogare alle norme consuetudinarie sull’immunità, in virtù del rapporto
di reciproca derogabilità tra diritto internazionale consuetudinario e pattizio. L’immunità non si fonda su una regola
di ius cogens: derogabilità Esempi di fonti che derogano: Convenzione contro il genocidio (1948) o Convenzione
contro la tortura (1984).
esercizio extraterritoriale di giurisdizione: quando uno Stato applica proprie norme a soggetti o a situazioni
localizzati al di fuori del suo territorio (es.: art. 7 c.p., «reati commessi all’estero»). Ciò non è vietato salvo quando vi è
una disciplina internazionalmente uniforme sull’esercizio della giurisdizione (ma normative del genere esistono solo
da tempi relativamente recenti e solo in ambiti integrati, quali la UE)
La rinuncia dello stato: In una specifica controversia, uno Stato può rinunciare ad invocare l’immunità. Organo che
non ha agito nell’esercizio delle proprie funzioni lo stato può rinunciare all’immunità e sottoporre il soggetto a
giudizio (Anche quando l’immunità riguarda una persona fisica, essa tutela in definitiva un interesse dello Stato,
perciò solo lo Stato può rinunciare all’immunità). L’immunità impedisce di portare in giudizio uno Stato o un suo
individuo-organo; perciò, comporta un sacrificio del «diritto individuale di azione» (diritto del singolo ad agire in
giudizio per la tutela dei propri diritti). In epoca risalente, totale sacrificio del diritto di azione.
Deroghe e limiti all’immunità: In epoca più recente, teoria della «soddisfazione per equivalenti» (è necessario un
bilanciamento): non si può sacrificare del tutto il diritto di azione: di fronte ad un crimine internaz non è più possibile
limitare il singolo alla tutela giurisdizionale. la teoria della «soddisfazione per equivalenti» = in ossequio alla regola
generale di immunità, la soluzione da adottare dovrebbe essere che il giudice affermi carenza di giurisdizione, ma la
persona giuridica che ha agito e che si vede negare l’esercizio della giurisdizione, deve avere la possibilità di rivolgersi
ai giudici del paese estero che intendeva convenire. Il giudice deve esser imparziale, indipendente, che possa
giudicare. Allora in questo caso non si può dire che non ci sia diritto alla difesa.
Tale teoria è stata adottata dalla giurisprudenza italiana; dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (in relazione
all’art. 6 CEDU) in linea generale, eccetto però che nel caso Madri di Srebenica. Si registra comunque anche qualche
decisione giudiziaria che non ha accolto tale teoria, facendo prevalere totalmente l’immunità sul diritto di azione.
Illecito e responsabilità
Difficoltà a trovare consenso: Progetto di artt sulla resp degli stati elaborata nella commissione di collaborazione tra
stati: lavori iniziati nel 95, ultimo progetto 2001. C’è stata molta difficoltà ad elaborare un testo idoneo. Disciplina
2- Legittima difesa: art 21 progetto e art 51 della carta nu, specificata da art 2 carta nu
Condotta di uno Stato volta ad evitare il compimento di un illecito nei propri confronti o che tale illecito sia portato
ad ulteriori conseguenze. Tipicamente si traduce nell’uso della forza armata in reazione ad un attacco armato.
Necessario rispetto di alcuni requisiti: necessità, proporzionalità, immediatezza, temporaneità della risposta armata
infatti appena il Consiglio di Sicurezza dell’ONU interviene, occorre conformarsi alle sue decisioni.
Esempio: lo Stato X attacca lo Stato Y, oltrepassando il confine con le sue forze armate ed avanzando nel suo
territorio; lo Stato Y reagisce attaccando le forze dello Stato X per costringerle a ritirarsi.
3- Forza maggiore: Uno Stato commette un atto in conseguenza di una situazione al di fuori del suo controllo
imprevedibile, e da esso non causata che gli ha reso materialmente impossibile (e non solo più oneroso)
agire diversamente (dunque, assenza di ogni elemento intenzionale). Tale circostanza non opera nei casi in
cui lo Stato si era assunto l’obbligo di impedire la situazione in questione, o se ne era assunto il rischio.
Esempio tipico: un pilota militare dello Stato X perde il controllo dell’aereo a causa di un’avaria e, non
riuscendo a controllarlo, entra nello spazio aereo dello Stato Y .
4- Stato di necessità: Atto compiuto intenzionalmente (a differenza che per la «forza maggiore»), poiché,
rispetto ad un grave ed imminente (non meramente possibile) pericolo (pericolo non determinato dallo Stato
agente), era l’unico modo e non semplicemente il modo meno oneroso (vs stato di necessità), per
salvaguardare un interesse essenziale dello Stato, interesse oggettivamente (e non solo dal punto di vista
soggettivo dello Stato agente) più rilevante degli interessi di un altro Stato o dell’intera Comunità
internazionale lesi dall’atto compiuto. Comunque, uno specifico obbligo internazionale può escludere
l’invocabilità dello stato di necessità. Esempio: nel 1967 la petroliera liberiana Torrey Canyon si arenò in alto
legittimazione ad invocare
s
e l’obbligo era dovuto verso uno Stato Stato leso per logica bilaterale.
Illecito e responsabilità
Uso forza