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Domus Gladiatori
Crollata
http://www.guidepompei.it/escursioni/pompei/
Pompei
Appuntamento con la guida all’ ingresso della zona archeologica per ripercorrere le
strade dell’antica cittadina…
Ingresso Scavi Pompei : € 11,00 (intero);€ 5,50 (ridotto 18-25 anni); Gratuito meno 18 e
oltre 65 anni
Dal 1° novembre al 31 marzo: tutti i giorni dalle 8.30 alle 17.00 (ultimo ingresso: ore 15.30).
Dal 1° aprile al 31 ottobre: tutti i giorni dalle 8.30 alle 19.30 (ultimo ingresso: ore 18.00)
Pompei Antica città ai piedi del Vesuvio assai fiorente nel periodo romano.
La sua distruzione avvenne nel 79 d.C. in seguito alla famosa eruzione del vulcano che la
ricoprì di lapilli e ceneri. Le prime esplorazioni archeologiche ebbero luogo verso la metà
del ‘700.
Il Foro, vasta piazza rettangolare, rappresentava il fulcro della vita politica religiosa ed
economica cittadina, vi sorgevano i principali edifici pubblici. Sono presenti due teatri: il
Teatro Piccolo, una costruzione dell’80-75 a.C. che era destinata alle audizioni musicali e
a rappresentazioni di mimi; il Teatro Grande, capace di 5.000 spettatori, che risale all’età
ellenistica (200-150 a.C.).
Tra le numerose abitazioni di notevole bellezza, la Casa dei Vettii è uno dei più
interessanti esempi di casa di ricchi mercanti,
mentre la Villa dei Misteri è forse la più
importante costruzione di Pompei. Motivo
principale del suo interesse è il ciclo di pitture
del I secolo a.C. che decora la Sala del Grande
dipinto. Numerosi altri edifici meritano una
particolare attenzione. Tra questi si ricordano: la
Casa del Menandro, la Casa di Loreius
Tiburtinus, la Casa degli Amorini dorati, la Casa
del Fauno, la Villa di Diomede, l’Anfiteatro.
Pompei: Architetto Irlando,
Nessun Allarmismo.
Lungi dal voler addebitare responsabilità e colpe specifiche, Irlando spiega che, allo stato
attuale, ''sono a rischio intere 'insulae' (un gruppo di case delimitato da quattro strade
viene definito con il termine latino 'insula', attuale 'isolato', ndr). La pioggia di questi
giorni ha solo amplificato anni di politica di conservazione inesistente che hanno
riguardato sia la gestione ordinaria della Soprintendenza sia quella commissariale''.
Basterebbe di volta in volta utilizzarne altra e rimettere a posto la singola pietra caduta.
Ma se si lascia cadere una pietra oggi, un'altra domani.... inevitabile che si arrivi ai crolli''.
La questione, insomma, riguarda la manutenzione ordinaria di un sito vecchio di 2000
anni e si concentra in particolare nelle aree chiuse al pubblico. ''Uno dei muri crollati
questa mattina, quello del 'piccolo lupanare' - sottolinea Irlando - si trova all'interno della
nona Regio, una zona completamente abbandonata dal terremoto del 1980, chiusa al
pubblico tranne che per l'area delle terme centrali''.
Se si calcola che gli Scavi di Pompei si estendono su un'area di 65 ettari e sono suddivisi
in Nove Regioni, ciascuna composta in media da una quindicina di 'insulae', si capisce che
il problema va davvero risolto curando una pietra dopo l'altra.
Pane e fichi
La Pompei biologica conservata al fresco
Nella città vesuviana è stata allestita una camera
climatizzata per custodire e studiare i reperti
organici e vegetali, come semi, frutti e pane,
sopravvissuti all’eruzione del 79 d.C.
«Questi fragili reperti, una volta riportati alla luce – spiega Anna Maria Ciarallo, direttrice
del Laboratorio – corrono il rischio di scomparire, dopo essersi conservati sotto le ceneri
e i fanghi vulcanici per quasi due millenni. Attraverso il Laboratorio di ricerche applicate
si è provveduto a perseguire il modo di conservazione più consono a garantirne la durata
nel tempo, all’interno di una strategia di attività, di opere, di interventi che, in
quest’ultimo quindicennio, ha privilegiato la conservazione all’ampliamento degli scavi».
Il Laboratorio, inaugurato nel 1994, è una delle strutture d’avanguardia della
Soprintendenza. Istituito con fondi del Consiglio Nazionale delle Ricerche per studiare gli
ambienti naturali del 79 d. C. e tutti i reperti ritrovati sui luoghi dell’eruzione, il
laboratorio ha intrapreso collaborazioni con numerose università italiane e straniere.
Nella camera climatizzata sono custoditi i reperti venuti alla luce a partire dal 1950 e
conservati finora nei depositi di Pompei, Oplontis,oltre ad alcuni campioni provenienti da
Ercolano. Da oggi tutti i reperti vengono raccolti insieme in un catalogo unico delle
specie vegetali, in cui convergono tutti i ritrovamenti dagli scavi passati e da quelli più
recenti.
Tutte le attività a cui il Laboratorio si è dedicato in questi anni sono di tipo conservativo,
concentrate principalmente sulla protezione e il restauro dei reperti, soprattutto per la
ricostruzione degli ambienti naturali dell’area vesuviana prima dell'eruzione del 79 d.C. Il
laboratorio ha condotto anche lavori di recupero degli orti, degli aromi e delle spezie
utilizzate a Pompei nel I secolo d.C. A fine maggio è stata inaugurata una mostra
documentaria dal titolo “Condimenta et medicamenta: dalla farmacia di casa alla
tavola”.
La collezione degli affreschi da Pompei, staccati dal sito dalla metà del XVIII fino a tutto
il XIX secolo ed, in casi eccezionali, anche nel corso del Novecento, è stata sottoposta a
restauri. Viene presentata oggi nella mostra “Pittura pompeiana” dal 29 aprile al Museo
Archeologico Nazionale di Napoli, in un allestimento nuovo cronologico e tematico, che
contestualizza inoltre alcuni affreschi come quello della Casa di Meleagro e della Casa
dei Dioscuri.
La collezione delle pitture del Museo costituisce un eccezionale documento della pittura di
età romana, nella sua evoluzione e varietà, a partire dal II stile, poiché le pitture di I stile,
non essendo figurate, non vennero mai staccate per le raccolte museali.
Nella galleria del post, alcune pitture appartengono al IV stile, quello caratterizzato dal
gusto per le architetture scenografiche, prive però della profondità illusionistica del II
stile. Vengono ripetuti i quadri mitologici come quelli di Perseo ed Andromeda. Tra i
temi preferiti anche gli amori di Marte e Venere, conosciuti in oltre trenta copie, o le
imprese di Ercole, o ancora la storia di Didone abbandonata, che ricorre in cinque
quadri pompeiani ispirati ad uno dei più noti soggetti iconografici desunti dal mito
delle origini di Roma celebrato nell’Eneide. Il tema figurativo del IV stile non si
esaurisce però solo nella rappresentazione mitologica. Sono stati ripresi soggetti
diversi, tra questi anche i bambini. Tema a parte quello del paesaggio, con scene
idilliache di mitologia o di animali.
Ci sono poi pitture degli altri stili, alcuni ritratti dipinti e le nature morte. La mostra
termina il 31 dicembre 2010
Marte e Venere (dettaglio) - Pompei, Casa di Marte e Venere/Casa delle Nozze di Ercole
Teseo liberatore –
Sacrificio di Ifigenia –
45/79 d.C
Casa di Marco Lucrezio Frontone – Wikimedia
Exedra
Casa di Marco Lucrezio Frontone – Wikimedia
Tablinium
Casa di Marco Lucrezio Frontone – Wikimedia
Tablinium 2
Casa di Marco Lucrezio Frontone
Triclinium
I GRAFFITI
http://catalepton.altervista.org/tag/pompei/
Vanitas pompeiana
Un mosaico tira l’altro. Accogliamo dunque anche questa celebre allegoria in Secondo
stile (opus vermiculatum, 47×41 cm, dal triclinio della bottega 5,2 della I Regio, ora al
Museo Archeologico Nazionale di Napoli, inv. 109982).
Su una ruota a sei raggi è posata una farfalla; corona l’insieme un teschio umano (forse
modellato sul teschio di una scimmia), a sua volta sovrastato da un archipendolo
(libella) che regge a sinistra una porpora con scettro, a destra una veste lacera con
bastone e bisaccia.
Credidi me felem vidisse
Dunque i Romani non tenevano gatti in casa? Bettini permettendo, le cose sembrano un
po’ diverse, almeno a giudicare da questo mosaico pompeiano (dalla Casa del Fauno,
ora al Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Da Pompei proviene anche un altro
mosaico gattesco (forse: potrebbe anche trattarsi di una lince).
Per inciso, questa “Natura morta con gatto” sembra anticipare il sottogenere di cui ho
già riportato esempi sei-settecenteschi. Poligenesi: gli scavi di Pompei, si sa, iniziarono
nel 1748.
Mi piacerebbe scoprire le fonti dei vari siti felinofili (che non cito: ci pensano loro a
copincollarsi a vicenda). A sentir loro, pare che “l’imperatore Ottaviano Augusto scrisse
per la sua gatta”:
Non sono le Res gestae Divi Augusti, non è Svetonio. Chissà da dove salta fuori questa
citazione.
Cave canem
“Ceterum ego dum omnia stupeo, paene resupinatus crura mea fregi. Ad sinistram enim
intrantibus non longe ab ostiarii cella canis ingens, catena vinctus, in pariete erat pictus
superque quadrata littera scriptum “CAVE CANEM”.
Mosaici di questo tipo sono relativamente frequenti a Pompei, con o senza l’iscrizione; è
vero che Petronio descrive un affresco, ma il confronto è fin troppo ovvio.
La Domus dei Gladiatori crollata
Il crollo della Domus dei Gladiatori a Pompei ha gettato nello sconforto molti italiani.
Sembra quasi il simbolo di un paese non soltanto senza possibilità di andare avanti,
ma anche incapace di preservarsi. Come era prevedibile, nei giorni successivi al
crollo, nel mondo della politica si fa a gara a scaricare sugli altri le responsabilità
dell’accaduto.
Il Pd con Di Pietro sta preparando una mozione di sfiducia nei confronti del Ministro
Bondi, il quale, difeso dalla Gelmini e da Sgarbi, dice che la responsabilità è della
Sovrintendenza (peraltro nominata da lui ed oggi commissariata). La stessa Ministra
dell’Istruzione ha dichiarato che sarebbe servita una gestione manageriale, ma
dall’estero i giornalisti di The Guardian avvertono: “Per favore, non privatizzate
Pompei!”. Nel frattempo, lo scrittore napoletano Erri De Luca, propone a mo’ di
provocazione di ricoprire nuovamente l’intera area di cenere, perché “non ce la
meritiamo […] e in questo modo almeno potremo trasmetterla ai posteri”.
Un fatto è certo, la casa di Pompei, una volta di proprietà del gladiatore Marco
Lucrezio Frontone, le cui vittorie e i cui amori erano rappresentati nei graffiti della
facciata, non tornerà mai più come prima. Intanto in questi giorni molti altri
monumenti del Belpaese sono stati inseriti nell’elenco delle opere a rischio
instabilità dalla onlus Italia Nostra. Tra questi le 2 Torri a Bologna, la Cupola del
Brunelleschi a Firenze e la Domus Aurea a Roma, che, come ricorderete, aveva
subito il crollo di alcune gallerie secondarie lo scorso marzo e tornerà visitabile
soltanto tra due anni
www.pompeisepolta.com : IL CONTENUTO DEL SITO
La Storia
degli Scavi
All’eruzione del 79 d.C., che seppellì interamente la città, circa altre settanta ne
sono seguite, fino a quella recente del 1944. La configurazione della montagna,
durante la grande eruzione, si modificò; dal monte Somma, spaccandosi, nacque il
monte Vesuvio che, con le successive eruzioni, vide triplicarsi la grandezza del
cratere. Per secoli di Pompei non si seppe più nulla, se ne era persa persino
l’ubicazione. I primi indizi dei futuri ritrovamenti si ebbero nel 1628: durante alcuni
lavori condotti nella valle del Sarno, emersero dei ruderi che incuriosirono gli
scienziati dell’epoca. Ma fu oltre un secolo dopo che iniziarono ad Ercolano, e circa
dieci anni più tardi a Pompei, gli scavi regolari voluti da Carlo III di Borbone, re delle
Due Sicilie.
La ricerca era mirata solo al reperimento di materiale per i musei o per decorare i
palazzi reali, mentre gli edifici scavati, una volta spogliati delle opere d’arte,
venivano lasciati senza alcuna cura alle intemperie.
Con lo scoppio della rivoluzione in Francia iniziarono anche a Napoli i primi moti
rivoluzionari e l’attività degli scavi diminuì sensibilmente e solo con Giuseppe
Bonaparte prima e Gioacchino Murat dopo, ripresero con maggiore ampiezza e con
maggiore impiego di manodopera.
Anche il sistema di portare via tutti gli oggetti dall’area di scavo venne abbandonato:
le pitture e i mosaici furono in maggioranza lasciati sul
posto; le case scavate vennero ricoperte con tetti che
riproducevano la disposizione antica e costituivano un
riparo contro il degrado.
Gli anni che seguirono furono i migliori: si allargano le ricerche verso est e verso la
Porta di Nola, vengono riportate alla luce numerose case, di cui si consolidano le
strutture e si restaurano le pitture sul luogo. Dal 1924 al 1961 la direzione delle
ricerche è affidata a Amedeo Maiuri alla cui figura è legato l’approfondimento storico
della città; egli, per primo, vuole conoscere le fasi precedenti della città,
approfondendo l’esplorazione agli strati più antichi nelle zone più vitali, quali il Foro,
i templi, le mura.
Il nome può derivare dall’osco pompe (cinque), quasi ad indicare una riunione di
cinque villaggi, oppure dal greco pempo che significa “spedire”, a sottolineare il fatto
che era un importante porto commerciale in grado di rifornire soprattutto di prodotti
agricoli (olio e vino) diversi scali del Mediterraneo.
Nel IV sec. a.C. le popolazioni sannitiche che vivevano sui monti dell’Appennino
effettuarono nuove invasioni a discapito degli stessi Sanniti, ormai
totalmente urbanizzati, della pianura e della costa. Questi per
l’occasione (intorno al 300) furono costretti a ristrutturare le mura
urbane in calcare del Sarno. Anche Roma, chiamata in aiuto dai
Sanniti di Capua, prese parte a questi avvenimenti (guerre sannitiche:
343 – 290 a.C.), uscendone vittoriosa e divenendo così padrona
assoluta di tutto il territorio campano. Pompei ricavò da questa
situazione una notevole spinta positiva nel commercio e nell’arte.
Risale infatti a questo periodo l’impiego massiccio del tufo di Nocera, soprattutto per
gli edifici pubblici che furono in parte ristrutturati, in parte costruiti ex – novo.
La Colonia
Nell’80 a.C. Silla inviò a Pompei suo nipote per trasformare il Municipio in Colonia,
attribuendole il nome di COLONIA CORNELIA VENERIA POMPEIANORUM e
ascrivendola alla tribù Menenia. Con l’avvento di Augusto, nel 27 a.C., ebbe inizio
per Pompei un periodo di progressiva romanizzazione; arrivarono infatti nuove
gentes filoaugustee che si fecero promotrici del culto di Roma.
L’atrio dell’antica casa italica, tutta chiusa all’intorno da alte mura come una
fortezza, era il centro d’irradiazione della vita domestica, il luogo dove il pater
familias consumava i pasti seduto intorno alla mensa con la famiglia e gli schiavi e
dove la domina sedeva a filare con le ancelle e provvedeva ai lavori del focolare.
Nell’atrio, infatti, aveva posto la cucina ovvero il focolare, per cui si suppone che dal
fumo che anneriva le pareti di questo ambiente si chiamò atrium (da ater, nero).
La porta d’ingresso (ianua) era di legno a due o più battenti (fores o valvæ) ruotanti
su cardini disposti sulla soglia e sull’architrave. Ai lati della fauce e dell’atrio si
aprivano piccoli ambienti adibiti a camere da letto (cubicula) e due spazi aperti
(alæ); diametralmente opposto all’ingresso si scorgeva il tablino (tablinum),
fiancheggiato da uno stretto corridoio (andron) che portava all’hortus e ad uno o due
spazi laterali, con funzione di stanza di soggiorno, di dispensa o di cucina.
Il triclinio (triclinium) compare nella casa italica insieme al costume greco di desinare
sdraiati, collocandosi solitamente in una delle stanze laterali del tablino. La mensa
tricliniare (cartibulum) era posta al centro di tre letti (medius, summus, imus lectus)
per consentire ai convitati sdraiati su di essi di deporvi le stoviglie e prendere i cibi. Il
peristilio (peristylium) è l’elemento di importazione principale della nuova moda
architettonica greco – ellenistica; attorno ad esso si sviluppano ambienti di
soggiorno o di ricevimento: l’exedra e gli oeci.
Gli interni della casa pompeiana erano arredati con pochi mobili; oltre a vari tipi di
sedie e sgabelli troviamo molti letti con funzioni diverse: una specie di sofà su cui ci
si sdraiava per studiare (lectus lucubratorius), il letto per i convitti (lectus tricliniaris),
quello per dormire (lectus cubicularis).
Gli armadi pesanti (armaria) erano poggiati a terra, avevano la forma dei nostri ed
erano provvisti di chiavi e serrature. Per nessun oggetto però, Pompei offre un
campionario così cospicuo e vario come per i mezzi di riscaldamento e di
illuminazione: bracieri, lucerne ad olio, lucernieri, candelabri, lavorati il più delle volte
con notevole estro artistico in cui si tradisce un deciso acceso gusto alessandrino.
Il giorno era diviso in dodici ore diurne (hora prima, secunda, tertia, ecc.) e dodici
notturne, divise, queste ultime, in quattro periodi detti vigiliæ di tre ore ciascuno,
corrispondenti ai turni di guardia delle sentinelle. Le tre date principali erano: le
calende (il primo giorno del mese), le none (il 5 del mese) e le idi (il 15 del mese). Il
raggruppamento dei giorni in settimane cominciò a diffondersi durante l’età
imperiale: i giorni presero il nome dagli astri.
Il Municipio
L’Italia unificata era poggiata su due categorie di città: i Municipi e le Colonie. Il
Municipio era una città una volta libera, poi vinta da Roma, alla quale era lasciata
una modesta autonomia interna e i cui abitanti erano equiparati in tutto o in parte ai
romani. La Colonia era una diretta filiazione di Roma, governata da cittadini di
Roma. Colonie e Municipi si vennero sempre più unificando eccetto sul piano
giuridico ed avevano ordinamenti interni e vita municipale non dissimili.
La sede ufficiale del Consiglio era la Curia, ubicata nel Foro, ma le sedute si
potevano svolgere anche in altri luoghi, convocate dai magistrati supremi che la
presiedevano. Per la loro validità dovevano essere presenti i due terzi dei membri
aventi diritto al voto; quest’ultimo poteva essere palese o, raramente, segreto.
Il Vesuvio
Il Vesuvio è uno dei più famosi vulcani della Terra e con la sua forma caratteristica
(è un monte gemino o bicipite) conferisce al paesaggio del golfo partenopeo un
aspetto inconfondibile. Il Vesuvio è formato da un cono tronco, il Monte Somma
(1132 m la Punta del Nasone) e da un cono più piccolo, il cono Vesuviano (o
Vesuvio propriamente detto), che sorge dal fondo del cratere del Somma e
raggiunge l’altezza di 1281 m.. Tra il cono vesuviano e il Somma si apre una valle,
la Valle del Gigante, che a nord ha il nome di Atrio del Cavallo e ad est di Valle
dell’Inferno.
Della violenta eruzione del 79 d.C. che seppellì le città di Ercolano, Pompei e
Stabia, abbiamo solo testimonianze poetiche, ma nessuna di cultori di scienze
naturali. Due soli uomini, Seneca e Plinio il Vecchio, avrebbero potuto fornire esatte
e competenti informazioni, ma Seneca era morto nel 65 (ma ha lasciato notizie
precise del terremoto del 5 febbraio del 62) e Plinio fu una delle vittime della
catastrofe. Da allora si sono susseguite diverse eruzioni più o meno intense, fino
alla più recente del 1944.
La donna si sposava molto giovane e con un uomo scelto, il più delle volte, dai
genitori, rinunciando alla religione del proprio focolare per quella del focolare del
marito; i diritti che il padre aveva su di lei si trasferivano al cittadino che la prendeva
in moglie. L’uso prevedeva un fidanzamento, durante il quale i futuri coniugi si
scambiavano promessa di matrimonio a cui faceva seguito il dono dell’anello da
parte dello sposo alla sposa.
Un neonato entrava a far parte della famiglia solo dopo la cerimonia di purificazione
(dies lustricus) che liberava il bambino dalle impurità del parto;
contemporaneamente il pater gli imponeva il prænomen. In questa occasione
speciale, equivalente alla moderna cerimonia del battesimo, il piccolo riceveva da
genitori e parenti, piccoli doni (crepundia) che gli venivano messi con una catenella
intorno al collo. Non rara era l’usanza di non riconoscere i figli, soprattutto se questi
erano deformi o femmine.
I pompeiani amavano la buona cucina: era uso mangiare tre volte al giorno.
Con l’evolversi dei tempi, sin dalla fine della Repubblica, la maggior parte dei
pompeiani affidava il figlio ad un maestro, di solito greco, o lo mandava a scuola
(ludus litterarius).
La Scuola
L’istruzione era considerata un fatto privato, quindi chi la desiderava doveva
provvedervi a suo completo carico. Spesso il maestro non disponeva di aule, allora
al mattino, raccolti gli allievi, li conduceva in un luogo pubblico aperto quale il Foro o
il Campus e sotto gli ampi porticati di tali edifici teneva la propria lezione. La
didattica era quella di far esercitare la memoria, imporre cioè l’apprendimento
mnemonico del maggior numero possibile di cose; il maestro era solito far ricorso
alla frusta (vapula).
Le famiglie molto ricche potevano invece permettersi un pedagogus che di solito era
uno schiavo greco che doveva badare all’istruzione del ragazzo dai sei, sette anni
fino ai sedici; inoltre doveva assisterlo in tutte le cose alle quali non potevano
attendere i genitori.
Chi voleva proseguire gli studi oltre le scuole di retorica, per lo studio delle scienze o
della filosofia doveva recarsi nei grossi centri di Atene, Alessandria, Rodi, Efeso,
Pergamo, Apollonia, Napoli e Marsiglia.
Era diffuso anche l’uso del papiro, ricavato dal midollo del papirus (pianta acquatica
della Valle del Nilo). L’inchiostro (ottenuto con fuliggine, resina, pece, feccia di vino,
nero di seppia, con aggiunta di sostanze gommose) era di durata indefinita; ce lo
hanno dimostrato i papiri ercolanensi, che rimasti sepolti sotto uno strato di cenere
durante l’eruzione del 79 d.C., sono tornati alla luce (in età borbonica) privi di
consistenza e quasi carbonizzati, ma ancora recanti chiari i segni della scrittura su
essi tracciata.
L’indagine archeologica oggi non è in grado di affermare se
Pompei fosse un centro della cultura nel senso vitale e
propulsivo della parola. La scoperta delle tavole cerate di Cecilio
Giocondo del 1875 è rimasto un fatto eccezionale, prescindendo
dalla cosiddetta Villa dei Papiri della vicina Ercolano. Non è stata
trovata in Pompei una biblioteca pubblica: vi erano invece,
alcune raccolte di libri appartenenti a privati. Le iscrizioni pompeiane diventano
allora, la fonte precipua di informazione sulla cultura in questa città: in particolare, le
iscrizioni graffite costituiscono un orientamento preciso per l’individuazione del gusto
letterario e del tipo di educazione scolastica che veniva impartita.
Le Elezioni
Il momento più importante per la vita pubblica era quello delle elezioni,
caratterizzato dalla partecipazione qualificata ed attiva dei cittadini, anche di coloro
che non avevano diritto al voto. Per aprire la campagna elettorale bisognava
attendere che i candidati avessero manifestato la loro volontà di concorrere per
quelle cariche al magistrato incaricato di presiedere lo scrutinio, e che i nomi fossero
pubblicati.
Per quanto riguarda le votazioni, avevano diritto al voto tutti i cittadini liberi e di
sesso maschile senza distinzione di censo e di ceto sociale. La città era divisa in
circoscrizioni elettorali, che non erano altro che i quartieri; il cittadino,
il giorno stabilito per le votazioni, si recava nel Foro dove c’era un
edificio, il Comitium, già suddiviso in settori, e ordinatamente votava
nella sezione a cui apparteneva. Il voto veniva espresso per iscritto
su una tavoletta cerata; ultimate le votazioni si procedeva allo spoglio
e i risultati venivano resi noti, sezione per sezione, al presidente
dell’assemblea elettorale che provvedeva a riunirli e a proclamare gli
eletti per ciascuna delle cariche. Vinceva chi fosse stato designato nel maggior
numero di sezioni, quindi non bastava avere il maggior numero di voti in assoluto,
per essere eletti, ma bisognava piuttosto assicurarsi il successo in più sezioni.
Il Commercio
La vita commerciale a Pompei era molto attiva: lo testimonia la presenza di
numerose botteghe, taverne, officine ed osterie, che fanno supporre una
produzione, oltre che sufficiente al fabbisogno della città, destinata anche
all’esportazione.
Anche le anfore con il Vesuvinum, il vino prodotto con le uve locali, erano
esportate in Spagna, in Gallia e in Britannia.
Importante nella città era anche l’industria della lana, fornita dalle pecore dei monti
Lattari, che veniva venduta in un apposito mercato all’aperto.
Oltre i primi culti osco – sannitici e italici, i pompeiani amavano Ercole che
ritenevano fondatore e protettore della propria città e al quale fin
dal VI sec. a.C. avevano dedicato il Tempio Dorico del Foro
Triangolare. Ad Ercole, come nume tutelare della città e protettore
delle vigne dell’agro vesuviano, i pompeiani avevano associato
Bacco; il suo culto era molto vivo nelle città ma soprattutto nelle
campagne, dove veniva invocato per la prosperità dei vitigni,
fonte prima di guadagno e di ricchezza per l’economia
pompeiana.
A Dioniso (nome greco del dio del vino) erano dedicati i giardini, dove la sua
presenza veniva vissuta quotidianamente attraverso i simboli del suo culto
(ghirlande di edera, uva, maschere satiriche) e le immagini delle divinità boschive
del suo corteggio (Satiri, Sileni, Fauni, Ninfe).
L’adesione alla sovranità di Roma si esprimeva invece attraverso il culto della triade
capitolina: Giove, Minerva e Giunone. Giove, col nome di Jupiter Optimus Maximus
era riverito nel monumentale Tempio di Giove Capitolino installato nel Foro. Anche
Giunone era venerata nel Capitolium, ma le tracce del suo culto non sono altrettanto
evidenti.
Non minore era l’attaccamento dei pompeiani per Minerva, che era stata consacrata
quale protettrice della corporazione dei fulloni e fin dall’età sannitica era ritenuta
patrona delle porte della città. Era venerata nel Capitolium, ma anche alcune pitture
testimoniano la devozione per questa dea. Vivo era anche il culto di Apollo, che fu
diffuso in Campania, in Etruria e a Roma dai greci di Cuma.
Un posto importante nel cuore del pompeiano occupava il culto dei lari, ossia la
religione che egli viveva quotidianamente nel rispetto degli antenati e delle divinità
che sentiva più vicine alla sua sensibilità, venerate con piccole offerte davanti al
larario e nel sacrario della sua casa. I lari sono antiche divinità latine che, secondo
una teoria, prima custodi del podere, sarebbero più tardi diventati protettori dello
stato e quindi della casa.
Ci si serviva per giocare di due tipi di dadi: i tali, di forma oblunga e con solo quattro
facce numerate e i tesseræ, comuni dadi a sei facce. I dadi venivano lanciati da un
recipiente (fritillus) e lo scopo era di ottenere il punteggio più alto (venus). Si giocava
anche a navia aut capita (testa o croce), par impar (pari e dispari), micatio (l’attuale
gioco della morra).
Un gioco molto tollerato era il tric – trac: si giocava su di una tavola su cui erano
segnate dodici linee intersecantesi tra di loro e occorrevano pedine ognuna delle
quali aveva da una parte motivi mitologici assieme ad un numero. Le pedine
(calculi) dovevano muoversi sulle linee secondo il punteggio ottenuto gettando i dadi
e gli ossicini.
I giovani e gli atleti si esercitavano alla lotta, al pugilato, alla corsa, al salto, al
pancrazio nella Palestra Sannitica e nella Palestra Grande. Il vincitore di queste
competizioni era festeggiato e riceveva vari premi: palme, corone, vasi, bacilli di
bronzo.
Il Tempo Libero
Oltre che alle terme, a Pompei ci si poteva divertire a teatro. Gli spettacoli dovevano
essere molteplici, sia per il fatto che sono state rinvenute numerose pitture che
ornavano le pareti e che rappresentavano spettacoli teatrali, sia per il fatto che
Pompei aveva due teatri: quello Piccolo, destinato ad
audizioni musicali e poetiche in genere, e quello Grande,
per la rappresentazione di tragedie, commedie e satire. Il
titolo e l’autore delle commedie, oltre ad essere
propagandati dagli araldi e da avvisi pubblicitari, erano
anche annunciati prima dello spettacolo dal prolugus, che dava un breve sommario
della produzione.
Ma lo spettacolo che più appassionava i pompeiani era quello delle lotte gladiatorie
che si svolgevano nell’Anfiteatro, le quali ebbero origine in Campania. I gladiatori,
reclutati da impresari tra schiavi e criminali, venivano allenati in scuole o ludi e
mandati nell’arena con la promessa, in caso di vittoria, della libertà. Il combattimento
tra gladiatori non era l’unico spettacolo che si svolgeva nell’arena, vi erano anche
quelli degli uomini contro le belve o di animali domestici contro bestie feroci.
Il calendario dei giochi era molto vasto e il maggior numero di spettacoli si aveva nel
periodo che va da febbraio a luglio. Vi erano festività
stabilite come quelle celebrate in onore di Apollo (Ludi
Apollinares), o festività per avvenimenti straordinari come
l’inaugurazione di statue che richiedevano la preparazione di giochi e combattimenti
finanziati da duoviri o da ædiles.
Tuttavia, la festa più importante al tempo dei romani, e dunque dei pompeiani, era
quella dei Saturnali (corrispondente al nostro carnevale), in onore del Dio Saturno,
una delle più antiche divinità agricole dell’Italia centrale, il cui nome pare derivi dal
latino Sator (seminatore), che venne poi fuso col greco Crono.
Il terzo giorno dei Saturnali si teneva un sacrificio davanti al Tempio di Saturno, con
un banchetto al quale partecipavano solo schiavi, che in quel giorno godevano di
piena libertà; essi vestivano gli abiti del padrone ed erano serviti a tavola dai padroni
stessi e mangiavano e bevevano quanto piaceva a loro. Usanza per via della quale,
almeno un giorno all’anno, quella tanto maltrattata classe di uomini aveva modo di
dimenticare la propria miseria.
Durante i Saturnali ci si vestiva in modo speciale, con un elegante vestitino leggero
tutto ricamato (syntesis), si chiudevano le scuole e i tribunali, si
sospendeva ogni dibattito ed ogni esecuzione contro i colpevoli;
nelle case si procedeva al sacrificio di una porchetta lattante, si
accendevano candele per simboleggiare il sole che riappare dopo
l’inverno perché dopo i Saturnali le giornate tornano ad allungarsi.
Recenti studi hanno dimostrato come la prostituzione fosse uno dei settori su cui si
basava l'economia pompeiana. Infatti, oltre che nei luoghi a ciò deputati, la
prostituzione si esercitava anche nelle terme, nei teatri ed in molte case private,
dove le famiglie facevano esercitare le proprie schiave (o schiavi, visto che la
prostituzione era anche maschile).
Affreschi del Lupanare
Affreschi del Lupanare
Regio I
La decorazione mostra uno zoccolo a meandro ed una parete a grandi lastre rosse
(ortostati) inquadrate da erme; nella parte alta sono dipinte scene della
guerra di Troia, dalla Peste nel campo acheo fino ai Giochi funebri in
onore di Patroclo. Al centro della parete di fondo si trovava la
raffigurazione della fuga di Enea da Troia con il padre Anchise ed il
figlioletto Iulo. Tale scena costituiva l’anello di congiunzione fra il mito
greco e la storia di Roma; fu infatti a seguito della caduta di Troia e
della fuga di Enea verso le coste del Lazio che il figlio Iulo fondò Alba
Longa, dalla quale sarebbe sorta Roma. La stessa storia costituisce il tema
principale dell’Eneide di Virgilio.
Il sacello domestico contiene un larario in muratura sul quale sono posti i calchi dei
ritratti in legno degli antenati (imagines maiorum). Sul lato orientale del giardino vi
sono le sale di ricevimento. Al centro si apre un immenso salone (oecus triclinare).
La casa è dotata di un piccolo quartiere termale. Nella stalla (equile) è esposta la
ricostruzione di un carro agricolo (originali solo le parti in ferro e
in bronzo). Una cassa con 118 pezzi di argenteria per un peso di
24 chili, venne nascosta nei sotterranei della casa. Gli argenti
sono esposti nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Casa dell’Efebo
E’ la tipica dimora del ceto medio mercantile, arricchito dai traffici commerciali.
Panificio di Sotericus
Il panificio (pistrinum) di Sotericus, su Via dell’Abbondanza, è uno dei più grandi di
Pompei. Il nome del proprietario appare sulle iscrizioni
riportate sulle anfore. Oltre alle macine, azionate da muli, si
conservano il forno e l’impastatrice.
Nel 1961 furono trovati le tracce di alcune vittime dell’eruzione, circa tredici persone
che si erano rifugiate nel vestibolo mentre piovevano lapilli e cenere; lì morirono
soffocati uno dopo l’altro. Dagli spazi lasciati vuoti dai corpi sotto
lo strato di cenere furono ricavati dei calchi, secondo il metodo
del Fiorelli, che rappresentano uno dei più drammatici esempi
della morte di Pompei e del suo popolo.
Via Stabiana
Lungo questa via troviamo le Terme Stabiane, il più antico e
completo impianto termale di Pompei, con annessa una palestra,
che occupavano l’area di un’intera insula, insieme ad una serie di
botteghe. Di fronte alle terme si trova il Pistrinum di Modesto, nel
quale sono state rinvenute le macine in pietra lavica. Più avanti si
affaccia il Tempio di Giove Melichio, il più piccolo della città, nel
quale sono state rinvenute due grandi statue di Giove e Giunone e un busto di
Minerva. La Via Stabiana termina alla Porta di Stabia, una delle più antiche di
Pompei.
Porta Stabia
Fiancheggiata da mura in opera quadrata di pietra calcarea, è
considerata una delle più antiche della città. Nell’androne c’è
un’iscrizione viaria in lingua osca; all’esterno, una lapide romana
ricorda il lavoro di pavimentazione stradale fatto dai duoviri L.
Avianius e Q. Spedius.
Regio II
Un elegante ambiente sul giardino è decorato con fregi che illustrano le spedizioni
contro Troia: nel fregio più grande è raffigurata la spedizione
mitica di Eracle contro Laomedonte; nel fregio piccolo quella
storica dei Greci contro Priamo. Il proprietario si fece ritrarre
su di una parete della casa come un sacerdote di Iside ovvero
calvo e con una lunga tunica di lino (linigerus calvus). Inoltre
fece costruire nel giardino una lunga piscina (50 m.) a forma di fiume (eurípus),
decorandola con statue egizie (ibis, bes, sfinge, leoni). Si è supposto che gli iniziati
ai misteri isiaci si riunissero per assistere ad inondazioni artificiali del giardino che
simulavano quelle sacre e fertili del Nilo.
Casa di
Venere in Conchiglia
La casa si sviluppa essenzialmente intorno al giardino. Sulla parete di fondo è
dipinta la nascita di Venere da una conchiglia in compagnia di amorini.
Le grandi scale all’esterno servivano di accesso alla cavea con i sedili per gli
spettatori. Poteva accogliere fino a 20.000 spettatori. Si conserva ancora gran parte
della gradinata e della galleria superiore, riservata alle donne. Il livello dell’arena è
inferiore a quello dell’area esterna, segno che, come il Colosseo, l’edificio fu in parte
edificato in alzato e in parte incassato nel terreno.
Nell’arena si svolgevano le lotte dei gladiatori. Una solenne sfilata apriva i giochi; i
lottatori indossavano pesanti armature da parata decorate, con
elmi, daghe, scudi e gambali. Nel 59 d.C. il tifo degli spettatori
sfociò in una sanguinosa rissa fra Pompeiani e Nucerini e
l’avvenimento fu riportato in un famoso dipinto pompeiano. A
seguito dei disordini il Senato di Roma decretò la chiusura
dell’arena di Pompei per dieci anni, ma il provvedimento venne
ritirato nel 62 d.C., a seguito del terremoto che colpì la città. La
maggioranza delle armi gladiatorie, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli,
fu rinvenuta invece nel foyer dei teatri, adibito negli ultimi anni di vita della città a
Caserma dei Gladiatori.
Palestra Grande
E’ detta Palestra Grande per distinguerla da quella Sannitica. E’ costituita da un
piazzale quadrato scoperto, di circa m.140 x 140, circondato da portici. Qui erano
piantati dei filari di platani dei quali restano i calchi.
Quella di Porta Nocera, che si sviluppa lungo la strada che corre parallelamente
alle mura, è stata portata alla luce per circa m. 250. A cento passi dalla
porta è infisso il cippo di Suedio Clemente, prefetto imperiale, che dopo il
terremoto espropriò ai privati le costruzioni abusive edificate sui suoli
demaniali. Le tombe mostrano varietà di tipi: a basamento con sovrastante
altare, a camera sepolcrale con nicchie, a mausoleo con uno o più ordini, a
edicole su podio ed infine a sedile semicircolare (schola). Il rito funerario
era quello della incinerazione.
Regio III
Schola Armaturarum
L’edificio, sorto negli ultimi anni di vita della città, fungeva da
associazione militare e deposito di armature. L’ampia sala era chiusa con
un cancello di legno. Su una delle pareti appaiono gli incassi che
contenevano delle scaffalature con le armature. La decorazione dipinta
richiama al carattere militare dell’edificio: trofei di armi, foglie di palma,
vittorie alate, candelabri con aquila e globi.
Casa di Pinarius Cerialis
Questa casa è nota per il ritrovamento di 114 gemme, cammei e
pastiglie vitree. Il proprietario era, quasi sicuramente, un’artista
gemmarius, un intagliatore di pietre e gemme come quelle trovate
nella sua casa, in parte lavorate e in parte grezze. Notevole un
cubicolo del pianterreno che dà sul portico del giardino, con una bella pittura ispirata
ai prospetti della scena di un teatro (scænarum frontes) con Ifigenia in Táuride.
Porta Sarno
Via di Nola
Su questa strada si trovano la Casa di Marco Lucrezio Frontone,
un’elegante dimora della prima età imperiale, la grandiosa Casa del
Centenario, così chiamata perché dissepolta nel 18° centenario
dell’eruzione, la Casa dei Gladiatori, allora destinata ad ospitare le
familiæ dei gladiatori durante gli spettacoli nell’Anfiteatro. In fondo
alla via si leva la Porta di Nola, a un unico fornice, di epoca sannitica, adorna di una
testa di Minerva.
Porta Nola
Costruita in epoca sannitica, in tufo del Sarno, è di forma molto
semplice: l’androne termina con due bastioni che si collegano con la
cinta muraria che corre intorno alla città. Sul lato che dà verso la città
è adorna di una Testa di Minerva.
Regio V
Casa di
Lucio Cecilio Giocondo
Casa di
Marco Lucrezio Frontone
Castellum aquæ
Il Castellum aquæ era un grosso serbatoio d’acqua posto sul punto più alto della
città, nei pressi di Porta Vesuvio. Era collegato all’acquedotto del Serino.
Vicolo delle
Nozze d'Argento
In fondo a questo vicolo si trova la Casa delle Nozze d'Argento,
cosiddetta perché scavata in occasione delle nozze d’argento dei
reali d’Italia, una delle abitazioni private più nobili della città.
Porta Vesuvio
Era una delle principali porte della città, già danneggiata dal
terremoto del 62 d.C. ed ancora in fase di ricostruzione al momento
dell’eruzione del 79 che seppellì Pompei. Lungo il lato orientale si
osserva un tratto di muro della fortificazione pre-sannitica della città,
del quale si sono trovate tracce anche a Porta Ercolano. Accanto
alla porta, un edificio era destinato a dividere e indirizzare le acque
che affluivano da una diramazione dell’acquedotto augusteo del
Serino.
Necropoli di Porta
Vesuvio
Alla madre del giovane edíle Caio Vestorio Prisco, morto all’età di 22
anni nel 75 d.C., la municipalità offrì il suolo per edificare la tomba ed
una somma di duemila sesterzi per i funerali. Le decorazioni dipinte
all’interno del recinto mostrano il giovane funzionario seduto
sul suggestum nell’atto di emanare le leggi, la porta degli Inferi, i giochi
gladiatori svoltisi in occasione dei suoi funerali ed uno stupendo servizio
d’argento, segno della ricchezza della sua famiglia.
Regio VI
Casa di Sallustio
La decorazione della casa comprendeva dipinti e mosaici famosi, quasi tutti oggi nel
Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Nell’atrio erano dipinti quadri con scene
dell’Iliade, quali Achille e Briseide e Zeus ed Era. Nel tablino erano posti il mosaico
con Attori teatrali (che ha dato il nome alla casa) e un dipinto con Admeto ed Alcesti.
Nel peristilio si rinvenne il famoso Sacrificio di Ifigenia; una sala triclinare che si
apriva sul portico era decorata con soggetti mitologici: Venere con il nido di
Amorini, Arianna abbandonata e Diana.
Casa della
Fontana Grande
e della Fontana Piccola
Casa di Meleagro
Presenta un grandioso peristilio, con un’ampia vasca di giardino.
Su di un lato si apre una vasta sala con colonnato interno di tipo
ellenistico del cosiddetto oecus corinthius. In un’altra grande sala
ci sono resti di una fastosa decorazione.
Casa di Apollo
Ha la facciata ancora di aspetto italico, ma internamente è
decorata secondo il gusto e la moda dell’ultimo periodo
pompeiano. Alle spalle del tablino c’è una fontana con alle
spalle un cubicolo, sulla cui parete esterna un mosaico
rappresenta Achille e Sciro, mentre all’interno un altro
rappresenta scene figurate della Gara musicale fra Apollo e Marsia.
Torre di Mercurio
La Torre di Mercurio (o Torre XI) si erge in fondo alla Via di
Mercurio, laddove prima della Guerra Sociale si apriva una porta.
La costruzione mostra ancora i colpi inferti dalle catapulte di Silla
durante l’assedio dell’89 a.C. La torre è a due piani ed è munita
all’interno di una scala. Da essa si accedeva in basso ad una
postierla ed in alto ad un cammino di ronda merlato che correva
sopra le mura
Vicolo Mercurio
Vi si trova l’ingresso della Casa del Labirinto, di epoca sannitica, che
prende il nome da un quadro inserito nel pavimento di una stanza,
che rappresenta il mito del Minotauro nel Labirinto.
Via Consolare
Lungo questa via troviamo la Casa di Sallustio, la Casa del
Chirurgo, così chiamata per il ritrovamento di vari strumenti
chirurgici, un pistrinum e un edificio che fungeva da sede per la
corporazione degli operai addetti alle saline. La via termina alla Porta Ercolano, la
più importante di Pompei.
Vicolo Vettii
Vi si affaccia la Casa dei Vettii, una delle più lussuose di Pompei, che
apparteneva a ricchi mercanti. E’ adorna di bellissimi affreschi, tutti
posteriori al terremoto del 62, che rappresentano uno degli esempi
meglio conservati di pitture dell’antichità giunti fino ai nostri giorni. Il
vicolo termina a Porta Vesuvio.
Porta Ercolano
Forse questa è la parte più interessante delle fortificazioni di Pompei. La porta deve
il suo nome al fatto che è rivolta verso la città di Ercolano. Era
dotata di tre fornici, uno maggiore per i carri e due minori per i
pedoni. La tecnica di costruzione è stata definita mista, in
quanto furono usate rocce e tufo per la sua edificazione.
Nell’ultima fase non aveva funzioni difensive.
Necropoli di Porta
Ercolano
Terme Suburbane
Le Terme Suburbane furono costruite alla fine del I secolo a.C. a ridosso della cinta
muraria a nord di Porta Marina.
Forum Olitorium
Il portico con otto pilastri in facciata sul lato occidentale del
Foro è comunemente noto come i Granai. Si trattava in
realtà di un Forum Olitorium, ovvero di un mercato per i
cereali ed i legumi.
L’edificio presenta nella facciata otto aperture. I muri interni non hanno traccia di
decorazione, segno che non era stato ancora completato nel 79 d.C
Macellum
Il Macellum era il grande mercato alimentare. Fu costruito agli inizi
del I secolo d.C.. La denominazione deriva dalla parola semitica
makello, che significa “macellare la carne”. L’edificio era
preceduto da un sontuoso portico, adorno di statue. Il grande
cortile all’interno era scoperto e tutto intorno vi si allineavano le
botteghe; al centro si ergeva un edificio circolare (thólos). Sul muro
di fondo del piazzale erano esposte, in un’edicola, la statua dell’imperatore e quelle
di personaggi della famiglia imperiale, oggi tutte al Museo Archeologico Nazionale di
Napoli.
Sacello Larum
Pubblicorum
Il Sacello Larum pubblicorum serviva al culto delle divinità tutelari della città. Lo
spazioso edificio, oggi completamente spoglio, doveva essere completamente
rivestito di marmi e adorno di statue. La vicinanza al Tempio
di Vespasiano consentiva, durante le festività, di celebrare
contemporaneamente sia gli dei protettori sia l’imperatore
come benefattori della città.
Tempio di Vespasiano
L’edificio fu costruito dopo il terremoto del 62 d.C. ed era destinato al culto
imperiale.
Le pareti del piano inferiore sono ornate da una alcuni affreschi, raffiguranti diverse
posizioni erotiche (le diverse “prestazioni” che si potevano
chiedere, ognuna col suo prezzo), e da una serie di graffiti: tra
questi ultimi, circa duecento, sono stati identificati ottanta nomi di
prostitute e di clienti. Le camere del piano superiore non
presentano né affreschi erotici né graffiti; forse la destinazione
d’uso era differente.
Si tratta dell’unico Lupanare di Pompei, sebbene occorre tenere presente che sono
stati finora recuperati soltanto due terzi dell’antica città. Questo non vuol dire che
fosse l’unico luogo in cui si esercitava il commercio sessuale. Era però l’unico luogo
in cui si praticava la prostituzione come viene definita dal diritto romano: in maniera
“notoria e indiscriminata”, cioè senza possibilità di scegliersi i clienti. Nella stessa
Pompei erano infatti in uso altre forme di quella che oggi viene definita prostituzione,
ma che secondo il diritto romano non lo era: per il personale, maschile e femminile,
delle terme e delle osterie era pratica comune avere commercio sessuale con i
clienti. Ma per la legge questa non era prostituzione, in quanto non era, insieme,
“notoria e indiscriminata”.
Pistrinum di Modesto
I mulini sono composti da due macine di pietra vulcanica e una base di roccia per
sostenerle. La pietra in basso (meta) è conica, mentre quella superiore (catillus) è
vuota e di forma biconica.
Porta Marina
Antiquarium
Ricostruito e riordinato nel 1948, sulle rovine del vecchio museo distrutto dai
bombardamenti del 1943, presenta il quadro dello sviluppo storico di Pompei.
C’è una sezione dedicata alla città pre-sannitica, che raccoglie il materiale più antico
della civiltà osco – campana della Valle del Sarno. Altre
sezioni sono dedicate all’iconografia pompeiana e alla
Pompei romana, con reperti che illustrano la vita economica
e mercantile della città, strumenti di lavoro, materiale di officine e strumenti
chirurgici.
Tempio di Venere
Pompeiana
Venere era la divinità protettrice di Pompei e il suo santuario, dal quale si
godeva il panorama del Golfo di Napoli, dominava la pianura sottostante. Il
terremoto del 62 d.C. abbatté l'edificio, la cui ricostruzione non era stata
ancora ultimata nel 79 d.C.. L’area era circondata da portici. Resta nel
mezzo il podio del tempio (m. 29,15 x 15,5).
Basilica
La Basilica è un gigantesco edificio a tre navate (m. 55 x 24) con ingresso
monumentale sul Foro. Quella di Pompei, che risale al II secolo a.C., costituisce
l’esempio più antico di questo tipo architettonico, molto diffuso nel mondo romano.
Sul lato meridionale del Foro si aprono gli edifici municipali. La funzione dei singoli
ambienti resta incerta. Si suppone che al centro vi fosse la
Curia, il luogo di riunione dei decurioni, che componevano il
Senato. Ai lati della Curia erano poste la sede dei duumviri,
ovvero i due sindaci che detenevano il potere giurisdizionale,
e la sede degli ædili, ovvero gli assessori addetti al
funzionamento della città.
Comitium
Il Comitium, ovvero il seggio elettorale è stato identificato con l’edificio posto sul lato
meridionale del Foro, ad angolo con la Via dell’Abbondanza. L’edificio era chiuso
con una cancellata fissata alle colonne poste sul lato della piazza.
Il cortile centrale era scoperto. Gli elettori entravano dal lato del Foro e procedevano
verso il podio, a destra dopo l’ingresso; qui sedevano i magistrati che presiedevano
il seggio e verificavano se i votanti avessero o meno il
diritto di voto. Espletati gli accertamenti, gli elettori
uscivano su Via dell’Abbondanza, dove deponevano
nell’urna elettorale la tavoletta cerata sulla quale avevano inciso la loro preferenza.
Si votava per gli assessori (ædiles) e per i sindaci (duóviri iúre dicundo); questi
ultimi, a loro volta, avrebbero scelto i membri dell’assemblea comunale
(decuriónes).
Tempio Dorico
Fu costruito nel VI sec. a.C., quando Pompei, pur non essendo città di fondazione
greca, era indubbiamente sottoposta all’egemonia marittima e all’influenza di Cumæ
e Neápolis.
Per sostenere il tetto, che era a quattro spioventi, l’edificio era a pianta semicircolare
iscritta in un quadrato. La cávea era divisa in due ordini di posti, separati da una
spalliera. I primi cinque gradini della scalinata sono più
larghi ed erano riservati ai sedili (bisellia) dei personaggi di
riguardo. I parapetti delle gradinate sono caratterizzati alle
estremità da due giganti inginocchiati in tufo grigio (Telamoni) che reggono le
mensole, una soluzione estetica che si ritrova nelle Terme del Foro. L’orchestra è
pavimentata in marmo.
Teatro Grande
Il Teatro Grande (o Scoperto) poteva accogliere circa 5.000 spettatori. Costruito già
in età sannitica, nel II secolo a.C., subì numerosi rifacimenti.
Lo sfondo della scena era costituito da una facciata architettonica con tre porte, ad
imitazione di un palazzo.
Tempio di Iside
Il Tempio di Iside è costituito da una cella posta su di un alto podio con una
scalinata sul fronte. Davanti si erge l’altare per i sacrifici. A lato dell’altare si apre
l’ingresso di una cisterna, a forma di tempietto, dove si custodiva l’acqua sacra del
Nilo.
Un grande ambiente dietro il tempio serviva da sala di riunione per gli iniziati.
Danneggiato dal terremoto del 62 d.C., il santuario fu fatto
restaurare da Popidio Celsino Ampliato che ne ottenne in cambio
il titolo di decurione per il figlio Numerio che allora aveva solo
sei anni. Il Tempio di Iside fu uno dei primi edifici di Pompei ad
essere portato alla luce nel XVIII secolo. Fu così visitato anche
da Mozart, che allora aveva solo 14 anni, e ne poté prendere
ispirazione per il “Flauto Magico”.
Tempio di Giove Melichio
L’identificazione tradizionale si deve ad una iscrizione in osco posta presso la Porta
di Stabia, dove viene citato il santuario di Giove Melichio, “dolce come il miele”
ovvero “benevolo”. Il culto, di tipo greco e attestato in Sicilia, risale all’epoca in cui
Pompei faceva parte culturalmente della Magna Grecia.
Il piccolo santuario è costituito da un portico sul cui fondo è posta una cella su di un
podio, di tipo italico, con una scalinata. Dinanzi è posto un grande altare di tufo. La
cella presenta quattro colonne corinzie sul fronte. Vi si rinvennero
tre statue in terracotta ed un busto nelle quali si riconoscono
Giove, Giunone e Minerva. Si suppose pertanto che vi fosse stato
trasferito anche il culto della Triade Capitolina, in attesa della fine
dei restauri del Tempio di Giove sul Foro, danneggiato dal
terremoto del 62 d.C.. Recentemente vi si è riconosciuto un Tempio di Asclepio ed
Igea. In tal caso l’iscrizione osca farebbe riferimento ad un santuario di Giove
Melichio posto oltre la Porta di Stabia, alla periferia della città.
Tempio di Mefite
Un tempio dedicato ad una divinità femminile, del III secolo a.C., è venuto alla luce
durante gli ultimi scavi del fronte sud occidentale di Pompei.
Via dell'Abbondanza
La Via dell’Abbondanza è il Decumano Inferiore di Pompei. Il
nome deriva da un bassorilievo che orna una fontana posta nel
tratto iniziale, in prossimità del Foro.
Portata alla luce agli inizi di questo secolo è ancora ricca delle sue decorazioni,
motivo per cui costituisce il percorso più vivace nella visita agli scavi.
Lungo di essa si dispongono molte fra le case più belle, alcune a due
piani; si tratta di dimore della ricca borghesia pompeiana, quali la
Casa del Criptoportico, la Casa di Paquio Proculo, la Casa dei Casti
Amanti, la Casa di Giulio Polibio, la Casa di Loreius Tiburtinus, la
Casa della Venere in Conchiglia e la Villa di Giulia Felice.
Via Marina
Inizia a Porta Marina e presenta subito il Tempio di Venere Pompeiana, la
dea protettrice della città, seguito dal Tempio di Apollo, con un portico di
48 colonne e le copie delle statue in bronzo di Apollo e Diana (gli originali
sono conservati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli). Di fronte al
Tempio di Apollo si trova la Basilica, luogo destinato all’amministrazione
della giustizia e alla trattazione degli affari. La via si conclude nel Foro.
Terme Centrali
Le Terme Centrali, poste sull’intero isolato (insula) all’incrocio tra
la Via di Nola e la Via di Stabia, furono edificate nell’ambito del
risanamento della città a seguito del terremoto del 62 d.C.
Sull’insegna della bottega, sono illustrate le attività della fabbrica, come la tessitura
e bollitura delle stoffe eseguite da lanaioli e feltrai (coactiliarii) e la
vendita al banco. Sull’architrave di uno degli ingressi sono dipinti i busti
di Apollo, Giove, Mercurio e Diana; ai lati, Venere con amorini ed una
processione popolare con una divinità su portantina (ferculum). Alcune
raffigurazioni sono state imbrattate nell’antichità con propagande
elettorali. Presso uno degli ingressi è posto un calderone di bronzo con
fallo alato in un tempietto.
Thermopolium delle
Aselline
E’ la locanda (thermopolium) più completa scoperta a Pompei.
Vi si è rinvenuta tutta la suppellettile, in parte di terracotta e in
parte di bronzo. Il bollitoio di bronzo nel bancone era, al
momento dello scavo, ancora ermeticamente chiuso e
probabilmente conteneva dell’acqua. Si notano tre banchi di vendita e un larario in
stucco nel quale sono dipinti Mercurio, dio del commercio, e Bacco, dio del vino. Gli
orci murati nel bancone servivano a tenere in caldo bevande e cibarie. In uno di
essi si rinvenne la cassa della giornata: 683 sesterzi, poco più del prezzo di un mulo
che costava 520 sesterzi.
Una scala interna conduceva al piano superiore. L’insegna dipinta all’esterno mostra
tre brocche e un imbuto. Al disopra, un’iscrizione elettorale a
lettere rosse dice che le “aselline” Maria (ebrea), Egle (greca) e
Smiryna (asiatica) caldeggiano l’elezione di Lollio Fusco.
Probabilmente Asellina era il nome della proprietaria della locanda.
Casa di Caio Giulio Polibio
La Casa di Caio Giulio Polibio è dotata di due atri, uno interamente coperto, l’altro
con compluvio e privo di colonne (tuscanico).
Galleria immagini
Via dell'Abbondanza
L'Anfiteatro
La moglie di Paquio
Un elmo da gladiatore
Proculo
Un graffito erotico nel
Il Themopolium delle Aselline
Lupanare
La statua della Casa del Fauno Un calco ricavato nello strato di cenere
Il colonnato della Palestra Grande
Il calidarium delle
Uno scorcio di Via Consolare
Terme Stabiane
L'ima cavea del Teatro Grande
L' emozione mariana. Viaggio nella Basilica di Pompei. Ediz. Multilingue. CD-ROM
Pontificio Santuario Pompei
€ 12,91
Napoli e Pompei
Touring
€ 6,20
Plinio il Vecchio. Il mistero dello scheletro scoperto sulla marina di Pompei antica
Avvisati Carlo; Marius Editore
€ 12,00
Pompei
La Rocca Eugenio; De Vos Arnold; De Vos Mariette; Mondadori
€ 23,76
Pompei, i misteri di una città sepolta. Storia e segreti di un luogo in cui la vita si è
fermata duemila anni fa
Varone Antonio; Newton & Compton
€ 12,86
La pittura di Pompei
Jaca Book
€ 144,61
Pompei
Rice Melanie; Rice Chris; Fabbri
€ 11,36
Pompei
Mondadori
€ 5,11
Ritorno a Pompei
Nothomb Amélie; Voland
€ 9,30
Le figlie del S. Rosario di Pompei. Storia della congregazione dalle origini ai giorni
nostri
Avellino Mario R.; Pontificio Santuario Pompei
€ 20,66
Un giorno a Pompei
Cantarella Eva; Jacobelli Luciana; Electa
€ 15,49
Pompei
Berengo Gardin Gianni; Pappalardo Umberto; Motta Federico
€ 46,48
Pompei
Conner Johnston Darcie; Hobby & Work Italiana
€ 18,08
Il quaderno di Pompei
Putini Elisabetta; L'Erma di Bretschneider
€ 7,75
Le case e i monumenti di Pompei nell'opera di Fausto e Felice Niccolini
De Agostini
€ 98,13
Pompei. Guida pratica e completa per la visita della città. Ediz. Russa
Bonechi
€ 4,13
Pompei. Guida pratica e completa per la visita della città. Ediz. Polacca
Bonechi
€ 4,13
Pompei e Ercolano
Editalia
€ 1.652
Pompei. Vecchi scavi sconosciuti. La villa rinvenuta dal marchese Giovanni Imperiali
in località Civita (1907-1908)
Stefani Grete; L'Erma di Bretschneider
€ 77,47
Il santuario di Pompei
Cicalese Aniello; Pontificio Santuario Pompei
€ 5,16
Pompei, Ercolano
Giuntoli Stefano; Bonechi
€ 6,20
Pompei, Ercolano. Ediz. Francese
Giuntoli Stefano; Bonechi
€ 6,20
Pompei, Ercolano come erano e come sono. Con ricostruzioni dei monumenti
antichi
De Franciscis Alfonso; Vision
€ 9,30
Pompei, Ercolano. Ediz. Tedesca
Giuntoli Stefano; Bonechi
€ 6,20
Campi Flegrei
- Museo Archeologico dei Campi Flegrei nel Castello di Baia
- Zona Archeologica di Baia
- Scavi Archeologici di Cuma
- Anfiteatro Flavio e Serapeo di Pozzuoli
- Rione Terra
Pompei ed Ercolano
- Scavi di Pompei
- Scavi di Ercolano
- Oplontis
- Boscoreale
- Stabia
Paestum e Velia
- Scavi di Paestum
- Museo Archeologico di Paestum
- Museo Narrante di Paestum
- Scavi di Velia
Padula
- Certosa di Padula
- Grotte dell’Angelo (Pertosa)
Dove si acquista
All’aeroporto di Napoli Capodichino, nelle stazioni ferroviarie di Napoli Centrale,
Napoli Mergellina, Salerno e Pozzuoli, nei porti di Napoli (Molo Beverello) e Salerno
(piazza della Concordia), nei principali alberghi cittadini, nei parcheggi ANM di via
Brin e Colli Aminei (Napoli), nelle agenzie di viaggi, nelle principali edicole, nei
musei e siti archeologici del circuito, a Sorrento, a Ravello e d’estate nei principali
luoghi balneari campani.
Info
www.campaniartecard.it
Numero verde 800 600601
Da cellulare 06 39967650
Virtual Pompei
3Dimensional Pompei Archeopark
Orario di apertura
Da novembre a febbraio – dalle 11.30 alle 17.00
Da marzo ad ottobre – dalle 10.30 alle 18.00
Prezzo
€ 6,00 a persona
Virtual Pompei
3Dimensional Pompei Archeopark
Via Plinio, 105 (a 100 metri dall’ingresso agli scavi)
Pompei
Tel. 081 861 0500 (dalle 11.00 alle 17.00)
www.virtualpompei.it
Link utili
Aeroporto di Capodichino
Autostrade
Circumvesuviana
CSTP
Osservatorio Vesuviano
SITA
Trenitalia
Poggiomarino
il porto di Pompei
Una straordinaria scoperta, un insediamento risalente al II millennio a.C., è venuto
alla luce in località Longola di Poggiomarino, a pochi chilometri a nord-est di
Pompei: un arcipelago formato da isolotti e canali artificiali che farebbe pensare
all’esistenza di un porto fluviale sul Sarno di significativa rilevanza.
Lo scavo, effettuato dalla Soprintendenza Archeologica di Pompei per lo studio del
territorio in relazione alla costruzione del depuratore del fiume Sarno, sta
progressivamente mettendo in luce una serie di abitati, sovrapposti l'uno all'altro,
databili dal II millennio a.C. fino a tutto il VII secolo a.C..
I ritrovamenti, tra cui sono ben visibili i tre livelli di pavimentazione degli edifici
portati alla luce, costituiscono un quadro inedito della città, nel periodo compreso tra
le guerre sannitiche e le guerre puniche: una fase storica importantissima, finora
assai poco documentata.
La distruzione dovuta all’eruzione del Vesuvio, nel 79 d.C., impedì che a tale
struttura si apportassero le trasformazioni che subirono le altre città dell’Italia antica,
come la stessa Roma.
Suggestioni al Foro
Una visita multimediale negli scavi di Pompei con immagini, suoni, luci, racconti e le
musiche firmate da Ennio Morricone per far rivivere ai visitatori le atmosfere di 2000
anni fa.
Il percorso “Suggestioni al Foro”, con testi recitati in italiano (su richiesta in inglese e
in giapponese) della durata di circa un’ora, condurrà gruppi di 80 visitatori dalle
Terme Suburbane al Foro.
Una passeggiata notturna che si addentra tra le domus, i templi, i giardini svelando
particolari ed esaltando i monumenti del sito archeologico, grazie ad una voce
narrante e alle luci ad effetto che si accendono progressivamente; infine, nella
Basilica, su un grande schermo di 24 metri per 6, circondati dal suono in surround,
gli spettatori assisteranno ai momenti drammatici dell'eruzione in un collage di
immagini.
I percorsi si svolgeranno il mercoledì, giovedì, venerdì e
sabato da Porta Marina, in due turni di visita nei seguenti
orari: 21.30 e 22.20 (il mercoledì alle 21.30 anche in
inglese).
Il costo del biglietto è di 24,00 Euro a persona (21,00 Euro per i possessori di
Campania ArteCard).
Per i minori di 18 anni, facenti parte di uno stesso nucleo familiare, l'ingresso è
gratuito.
Per informazioni: 081 861 6405 - 347 346 0346 (da martedì a sabato dalle 10.00
alle 14.00)
Prenotazioni su www.arethusa.net
Questa soluzione potrebbe avere anche una ricaduta in termini economici: infatti,
visitare i due siti turistici (Pompei e Boscoreale) in un solo giorno sarebbe poco
esauriente, per cui i visitatori potrebbero essere invogliati a pernottare a Pompei (ci
sono decine di alberghi), cosa che solitamente non avviene, in quanto Pompei viene
considerato come località di passaggio (per la visita agli scavi), facendo base per il
soggiorno a Sorrento oppure a Napoli.
Inoltre, da diversi anni, è stato chiuso l’Hotel Rosario, gestito dal clero, proprio a
fianco della Basilica di Pompei; si potrebbe destinare e riadattare questa imponente
struttura (chiusa e sbarrata da travi di legno) a museo in grado di ospitare tutti questi
reperti che giacciono abbandonati e accatastati in anonime celle.
La nostra è una proposta seria ed onesta, che facciamo in tutta sincerità e nella
quale crediamo: potrebbe servire a creare nuovi posti di lavoro (considerando la
situazione critica, da questo punto di vista, della Campania) e nel frattempo offrire
queste meraviglie alle migliaia di visitatori che ogni giorno affollano gli scavi,
rilanciando (sempre che ce ne fosse bisogno) l’offerta turistica di Pompei.
Il vino, infatti, aveva un ruolo importante nella vita delle popolazioni vesuviane. Le
indagini archeologiche, gli studi botanici e il rilevamento dei calchi delle radici delle
viti e dei relativi paletti di sostegno (che la grande eruzione del 79 d.C. ha
“immortalato” per sempre) hanno confermato tale coltura anche all’interno della
cinta muraria della città, nei giardini e negli orti che ornavano le case, ma soprattutto
in quei quartieri periferici nei pressi dell’Anfiteatro.
Dentro al vigneto del Foro Boario, il più grande, davanti alle rovine
dell’Anfiteatro e vicino alla Palestra Grande, si trova l’antica cella vinaria:
piccolo edificio con 10 doli interrati, grandi contenitori in terracotta dove
avveniva il processo della vinificazione.
Il 29 aprile 2003 è stata organizzata all’Hotel Cavalieri Hilton di Roma una serata di
presentazione del progetto e di degustazione del vino, condotta dall’Associazione
Italiana Sommelier (Ais).In quell’occasione è stata bandita un’asta condotta da un
esperto battitore di Finarte-Semenzato i cui proventi saranno reinvestiti per il
restauro dell’antica cella vinaria nel vigneto del Foro Boario.
La rusticità, lo stato grezzo delle pareti, il pavimento di terra battuta non devono
stupire. Anche nelle case più eleganti gli ambienti di servizio erano privi di ogni
comfort: infatti, essi erano frequentati dagli schiavi e vi si svolgeva un lavoro duro
che nessuno si curava di alleviare.
E’ noto che i Romani, così bravi nel risolvere questioni tecniche quando si trattava di
costruire opere di grande impegno, non cercarono mai di risolvere le piccole
difficoltà domestiche. Era la conseguenza del lavoro schiavistico, non pagato e
quindi senza un valore economico in sé.
L’anfora del Garum
I risultati delle opere di scavo ampliano la conoscenza di una serie di fatti quotidiani
e ci restituiscono la vita di Pompei come nessuna opera d’arte e nessun testo antico
possono fare.
Questa salsa veniva preparata facendo macerare, al sole, interiora e filetti di pesci
crudi, messi a strati in un recipiente, con sale e erbe aromatiche, ed eliminando in
parte il liquido prodotto da quella elaborazione. Nonostante
l’odore e l’aspetto repellente del composto, il garum veniva usato
in quasi tutte le vivande.
Del resto ogni pianta aveva il proprio significato allegorico e in base a questo veniva
utilizzata nelle cerimonie religiose: l’alloro era sinonimo di sapienza e virtù eroica;
l’oleandro, simbolo di morte; il corbezzolo, rappresentava l’eternità; il viburno, la
pianta dei trionfi; la rosa già allora simboleggiava l’amore; il platano, che non a caso
a Pompei ornava la Palestra Grande, era metafora della robustezza e della
resistenza alle traversie della vita; la viola era il fiore nuziale per eccellenza; le cisti
bianche a cinque petali, simbolo della caducità umana.
Tutte queste specie, e molte altre ancora come il giglio, il garofano, i fiori d’arancio,
la pervinca, la palma da dattero, l’edera, sono accuratamente riprodotte nelle pitture
di giardino, i cui vividi colori ricoprivano le stanze interne delle case, dilatando gli
spazi chiusi e ricreando, così, l’amenità degli spazi aperti.
Lo studio condotto sulle specie vegetali ha permesso di riconoscere ogni pianta,
ogni arbusto, ogni fiore. Questo ha dato luogo ad una vera e propria rinascita dei
giardini come parte essenziale del restauro delle case,
rispettando il più possibile le antiche coltivazioni. Ciò è
stato reso attuabile dal fatto che il terreno di Pompei non
ha subito sostanziali rivolgimenti dall’epoca dell’eruzione;
inoltre, le moderne tecnologie di recupero dei pollini dal
terreno, attraverso i quali si è risaliti alle piante,
consentono non solo di conoscere la vegetazione antica ma anche di recuperare la
disposizione stessa delle piante ornamentali all’interno dei singoli giardini.
Il progetto ha interessato sia la struttura esterna che quella interna con i vari
affreschi e, ovviamente, non ha modificato l’aspetto complessivo dell’edificio, ma ha
solo posto riparo alle offese del tempo. Le parti degradate sono state sostituite
utilizzando di volta in volta i materiali già in opera e impiegando tecniche artigianali
del tutto simili a quelle dell’epoca romana.
Tale era la bellezza e la quiete di questi luoghi che Tacito e Svetonio affermano che
l’imperatore Augusto morì proprio in una di queste magnifiche ville presso Nola
(“apud Nolæ”), dove c’erano molti possedimenti terrieri di nobili e influenti
personaggi del mondo senatorio romano.
Nel 1932 Matteo Della Corte, allora ispettore della Soprintendenza di Napoli,
quando ancora non esisteva la Soprintendenza di Pompei e Ercolano, attuò uno
scavo nell’area di Somma Vesuviana, in seguito alle sollecitazioni di un contadino
che aveva notato qualcosa di strano già nel 1929. Il ritrovamento, seppure piccolo e
parziale (un’area di 5 x 5 m), fece intuire che si trattava di un qualcosa di molto
importante.
Gli scavi, situati nella località di Starza della Regina, nel comune di Somma
Vesuviana, sono ripresi nel 2001, grazie all’iniziativa dell’Università di Tokyo, in
partenariato con l’Università Federico II e l’Istituto Universitario Suor Orsola
Benincasa, e sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologica di Napoli.
Oggi il progetto, che dovrebbe ricoprire un arco di lavoro di sette anni, si trova al suo
quarto anno e i risultati stanno superando le aspettative visto che sono venuti alla
luce resti architettonici che hanno tutti i caratteri dell’eccezionalità.
Dopo il primo anno dedicato esclusivamente ad una ricognizione e a prove
geotecniche sul territorio, senza nessuna indagine di tipo invasivo per circoscrivere
e delimitare l’area di partenza, dal 2002 si è proceduto allo scavo vero e proprio che
ha riportato, in un’area di dieci metri per dieci, la buca scavata dal Della Corte.
Nel 2004, quindi, è stata riportata alla luce un’opera quadrata con i pilastri che
sostengono gli archi, realizzati non con mattoni e malta, ma con grandi blocchi di
pietra grigia vesuviana, profilati con cornici di calcare bianco. Una struttura che
risale, nel suo impianto originario, al periodo tardo
repubblicano e che deve essere vissuta fino al V-VI secolo,
seppellita da un’eruzione.
Ed è un ampio e suggestivo
spaccato della quotidianità di
Pompei 2000 anni fa, fissata
come da una macchina
fotografica, che ci mostra con
cruda realtà la tragedia che nel 79
d.C. colpì Pompei seppellendola
sotto una pioggia di lapilli
incandescenti e nubi ardenti e
tossiche.
La Maledizione di Pompei
pochi progetti, soldi restituiti
POMPEI, 7
novembre 2010 –
Crolla Pompei, e il
Paese si accorge che
il proprio patrimonio
archeologico è al
collasso. Due fattori
appaiono più di altri il
segno del dramma
che si vive ai piedi del
Vesuvio: da un lato 90 milioni di euro non spesi dalla Soprintendenza di Pompei e
restituiti all’erario (la denuncia fu di Marcello Fiori il 6 ottobre scorso alla conferenza
stampa presso la sede del MiBAC a Roma), dall’altro una sfilza di studiosi di
primissimo piano che va in pensione (Guzzo, Proietti, De Caro, solo per citare i più
vicini all’archeologia vesuviana) senza che il ministero da anni investa sui giovani
archeologi e sui restauratori. Ecco, se il MiBAC invecchia, i soldi non si spendono, i
giovani non arrivano, siamo di fronte a una fase storica che forse si è chiusa. Il
problema è sapere se davvero il ministro Bondi si è reso conto di quanto stia
accadendo al Collegio romano. E allora, forse, più che di qualche manager per la
valorizzazione, servirebbe semplicemente mettere in campo un grande progetto
internazionale per fare manutenzione ordinaria a Pompei e chiamare anche la
comunità locale ad assumersi le proprie responsabilità. Lo stesso sindaco di Pompei
farebbe bene, oltre che a denunciare, a dire come pensa di salvare Pompei, magari
iniziando a destinare ogni anno una somma del bilancio comunale per restaurare
Pompei, magari rinunciando a qualche evento effimero. Ma quello che serve
davvero è una capacità di fare progetti e realizzare lavori di restauro e di
manutenzione. Il resto, davvero, potrebbero essere solo chiacchiere al vento. (afe)
Calco in gesso realizzato su uno scheletro di cane durante lo scavo della domus di Vesonius
Primus a Pompei nell’Ottocento. Il cane conserva il collare con il quale era legato ad una catena,
che gli impedì la fuga durante l’eruzione del 79 d.C.
http://www.difossombrone.it/storiaeorigine/main03cane_pompei.htm
FENOMENI PRECURSORI
Dopo secoli di completo riposo, durante i quali le pendici del vulcano si erano
ricoperte di fitta vegetazione, il risveglio del Vesuvio è annunciato da un terremoto
avvenuto nel 62 o nel 63 d.C. che colse lo stesso imperatore Nerone mentre era
impegnato a cantare in un teatro di Napoli.
Secondo Seneca, le scosse si ripeterono per diversi giorni, fino a che si fecero
meno intense, ma ancora in grado di causare danni. Le città maggiormente
danneggiate furono Pompei e Ercolano e, in misura minore, Napoli e Nocera.
Dall'estensione dell'area in cui le scosse hanno provocato danni, limitata alle
vicinanze del vulcano, si ritiene che i terremoti non fossero molto profondi.
La terra deve essersi mossa di frequente anche nei 17 anni successivi, se Plinio il
Giovane riferisce che immediatamente prima dell'eruzione del 79
per molti giorni si erano succeduti terremoti, ma non temevamo perché essi sono
comuni in Campania.
Anche Dione Cassio (150-235 d.C.) riferisce che prima dell'eruzione vi erano stati
terremoti e brontolii sotterranei e che i giganti erano stati visti vagare nella zona. Fin
dalle mitologie più antiche, la visione dei giganti viene spesso associata agli eventi
catastrofici della natura. In molte case distrutte dall'eruzione e riportate alla luce
dagli scavi archeologici sono state trovate tracce di lavori di riparazione provvisori,
segno evidente di danni subiti in periodi di poco precedenti l'eruzione.
I terremoti sono i precursori più comuni che segnalano il risveglio imminente di un
vulcano quiescente. Al Vesuvio, la stessa cosa si è verificata prima dell'eruzione del
1631, anche questa avvenuta dopo un lungo periodo di inattività. Nel descrivere
l'eruzione del 1631, l'abate Braccini (1632) dice che la zona intorno al vulcano:
"tremava quasi nel continuo".
I terremoti che precedono l'eruzione del 1631 sono avvertiti fino a Napoli solo la
notte prima dell'eruzione: "Terremoti particolarmente forti avvennero in quella notte
(...) con tanta forza che ritenemmo che la stessa città fosse divelta dalle
fondamenta". Recupito (1632).
In alcune eruzioni recenti avvenute su vulcani quiescenti da tempo, come il St.
Helens negli Stati Uniti nel 1980 e il Pinatubo nelle Filippine nel 1991, si sono
registrati terremoti limitati all'area del vulcano e con profondità non superiori a
qualche chilometro, a partire da due mesi prima dell'eruzione.
PRIMA FASE ERUTTIVA: colonna pliniana
L'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. inizia con la formazione di un'alta colonna di gas,
cenere e lapilli, così descritta da Plinio:
La nube (...) a forma di pino, si sollevava alta nel cielo e si dilatava come emettendo
rami
Plinio, da Miseno (21 km dal vulcano), può osservare la colonna eruttiva in tutto il
suo sviluppo. La sua descrizione è tanto efficace che il termine pliniano viene
utilizzato nella vulcanologia moderna per indicare una fase eruttiva durante la quale
si forma una colonna sostenuta, formata da una miscela di cenere, pomici e gas.
Una fase pliniana è descritta anche nell'eruzione del 1631. La colonna deve essere
tanto simile a quella del 79 che l'abate Braccini sente il bisogno di cercare le lettere
di Plinio per confrontare quello che vedeva direttamente con quanto era stato
descritto tanto tempo prima.
Analogamente, durante un'altra eruzione del Vesuvio, nel 1906, l'americano Frank
Perret osserva che "i getti di fuoco si elevavano sempre di più".
Le pomici ricadute dalla colonna eruttiva pliniana dell'eruzione del 79 d.C. si vedono
a Pompei, dove formano un deposito con spessore di circa 4 metri.
Dalla stima del volume totale delle pomici e dei valori di flusso tipici di fasi eruttive
pliniane di eruzioni recenti, la colonna dovrebbe essere rimasta alta nel cielo fra le 2
e le 20 ore (Sigurdsson et al., 1985).
Le dimensioni medie delle pomici aumentano verso l'alto del deposito e questo
indica che, al procedere dell'eruzione, l'energia andava crescendo e che la colonna
veniva spinta ad altezze sempre maggiori.
Le pomici della fase pliniana presentano, approssimativamente a metà altezza, una
brusca variazione di colore, da bianco a grigio. Questo cambiamento corrisponde a
una differente composizione chimica: le pomici bianche contengono più silice di
quelle grige.
Questo permette di ipotizzare che il magma eruttato fosse come suddiviso in due
strati, di cui quello più siliceo e più leggero era migrato verso il tetto della camera
magmatica ed era stato eruttato per primo.
La porzione di magma da cui derivano le pomici grige è stato espulso in seguito, in
quanto ha una composizione chimica che comprende minerali più pesanti e,
pertanto, doveva trovarsi sotto quello siliceo. Tra le pomici grige si trovano numerosi
frammenti litici.
Secondo Sigurdsson et al. (1985), durante la fase delle pomici bianche la colonna
raggiunse un'altezza di circa 26 Km e venne emesso un volume di magma di circa 1
Km3.
Successivamente, la colonna si innalzò fino a circa 32 Km, provocando una più
ampia dispersione delle pomici grige. La stima del volume di magma emesso in
questa fase è di circa 2,6 Km3.
L'incremento di energia nel corso della fase pliniana può essere la conseguenza di
processi che fanno crescere la pressione all'interno della camera magmatica.
Una volta iniziata l'eruzione, il rapido svuotamento di parte del serbatoio di magma
favorisce il processo di essoluzione, cioè la liberazione delle fasi gassose contenute
nel magma.
Il gas esce dal condotto vulcanico trascinando i brandelli di magma e formando la
colonna eruttiva che si alza sopra il vulcano. Se cresce la quantità di gas essolto,
cresce la pressione all'interno della camera magmatica e insieme la spinta del
magma verso l'esterno.
A questo incremento di pressione corrisponde la maggiore altezza raggiunta dalla
colonna nella fase delle pomici grige. In uno stesso punto ricadono al suolo pomici
più grandi e l'allargamento del condotto per erosione provoca l'abbondanza di litici
che si trovano insieme alle pomici.
La forte pressione all'interno della camera magmatica preme sulle rocce circostanti
e le frattura, dando luogo al tremore che accompagna la fase pliniana. Queste
scosse hanno un'origine abbastanza profonda, in quanto sono avvertite non solo
sulle pendici del vulcano ma fino a notevole distanza, come testimonia Plinio da
Miseno:
I carri (..) sebbene fossero in terreno piano, si muovevano di qui e di là e non
potevano essere fermati nemmeno se puntellati con pietre.
La stessa evoluzione è testimoniata nel corso dell'eruzione del 1631: "Cominciò
anco in Napoli a sentirsi con li continui tremori per li quali crollavano talmente le
case e ballavano i tetti". (Braccini) E ancora nel 1631: "Erasi (...) cominciato a
sentire in Napoli un picciolo, benché continuo, tremar delle case. Crebbe in maniera
e l'uno, e l'altro, che a tutti parve dover quivi in quel punto infallibilmente morire".
(Giuliani)
ITINERARI
ITINERARIO 1 – Durata circa 2 ore –
L' arte a Pompei è un aspetto importante della città sepolta. Le case pompeiane
infatti sono caratterizzate da meravigliosi dipinti sulle pareti, che denotano una
varietà di stili dipinti a carattere figurativo di Pompei sono quasi sempre copie di
capolavori celebri dell'arte greca. che purtroppo sono andati perduti.
Nel tempo si è parlato di quattro stili diversi, definiti "primo, secondo, terzo e quarto
stile pompeiano", anche se oggi si pensa che tale suddivisione sia ampiamente
inadeguata.
Tra i maggiori esempi dell' arte pompeiano sono da annoverare gli affreschi della
Casa dei Vettii, tra cui spiccano gli Amorini che documentano le varie attività
artigianali; dalla splendida Venere in conchiglia della Casa di Venere o dal
misterioso ciclo di affreschi della Villa dei Misteri, dedicato al culto di Dionisio, di 3 m
. x 17, che costituisce una delle più grandiose raffigurazioni pittoriche dell'antichità.
E poi che dire dell'arte della scultura in bronzo che ha un suo celebre esempio nel
Fauno danzante dell'omonima Casa, dell'amore per il vasellame e dell'argenteria
confermata dal ritrovamento di ben 115 pezzi d'argento nella Casa di Menandro
Pompei - La Storia
La Storia di Pompei ha inizio intorno all'VIII secolo a.C. quando fu fondata dagli Osci
che si insediarono in questo territorio che si presentava come un luogo ideale per
l'insediamento sia perché era facilmente difendibile sia perché era molto fertile.
Nel VI secolo a. C., fu costruito un muro di fortificazione ed i templi più antichi della
città: il tempio di Apollo e il tempio dorico.Pompei, in quell'epoca, era un florido
centro commerciale ed entrò nelle mire espansionistiche dei Greci e degli Etruschi
prima, dei Sanniti poi. Sotto il domino dei Sanniti la città di Pompei conobbe un forte
spinta urbanistica.Un fortissimo sviluppò ci fu quando Roma consolidò il suo potere
sulle città campane. Pompei si abbellì con edifici, sia pubblici sia privati, simili a
quelli che si trovavano nelle città latine e a Roma stessa.Nell' 80 a . C. il dittatore
romano Silla conquistò militarmente Pompei dopo un lungo assedio e vi fondò una
colonia.Nel 62 d. C. un disastroso terremoto si abbatté sulle città del Golfo di Napoli
danneggiando gravemente anche Pompei. Nerone, allora imperatore, si impegnò
personalmente nella ricostruzione delle città colpite dal sisma. Tuttavia a causa
della tremenda eruzione del 79.d.c Pompei fu sepolta da un manto lavico spesso
fino a tre metri che cementificò gli abitanti e distrusse ogni sorta di vita.
L'eruzione del 79 d.C. è ricordata anche come eruzione pliniana perché il naturalista
Plinio il Vecchio fu la più illustre vittima dell'eruzione.
Pompei - Gli Scavi
Gli scavi di Pompei offrono ai turisti di immergersi totalmente in una civiltà scomparsa, quella
romana, i rivivere ed ammirare le grandezze delle ricche ville patrizie, ma anche di camminare tra
antiche botteghe e le case popolari della gente comune.
Tutti i turisti che visitano gli scavi di Pompei restano sicuramente impressionati dai calchi in gesso,
che mostrano il dolore e la sofferenza a cui furono sottoposti i pompeiani al momento dell'
eruzione del Vesuvio.
L' ingresso principale degli Scavi di Pompei è da Porta Marina,prima di iniziare il viaggio
consigliamo ai turisti di fermarsi a sorseggiare la famosa limonata dello Chalet Portamarina. All'
interno degli Scavi di Pompei da non perdere è la zona del Foro che rappresenta il punto ideale di
partenza per una visita della città, in cui si accede da Porta Marina, e si sviluppa attorno alla
gloriosa Piazza del Foro , un tempo cuore pulsante della vita di Pompei. Nelle vicinanze si trovano
il Tempio di Apollo , il Tempio di Giove , l' Edificio di Eumachia e le Terme del Foro . Oltre a questi
luoghi sono da ammirare anche le Terme Stabiane , che durante il periodo d'oro di Pompei erano
uno dei luoghi più "in" della città, le numerose case private, come la casa del Fauno , la casa degli
Amorini e la casa del Centenario , e il maestoso Anfiteatro .
Ricette Antiche
Una delizia per il palato dei pompeiani era una salsa di pesce molto concentrata e
dal sapore aspro. Si preparava con le interiora delle sardine, che venivano
mescolare con pezzi di pesce sminuzzati, uova di pesce e uova di gallina. Il
miscuglio, pestato e mescolato a lungo, veniva lasciato al sole o in un locale
riscaldato e poi nuovamente pestato per trasformarlo in una poltiglia omogenea.
Dopo sei settimane di fermentazione, il prodotto ottenuto, detto liquamen, veniva
posato in un cesto dal fondo bucato. Così, mentre un residuo, considerato
commestibile e noto col nome di hallec o faex, colava dal cesto, vi rimaneva il
prodotto finito detto garum dal nome greco gáron, specie di pesce usato dagli
orientali per questa salsa. Esisteva comunque un gran numero di salse di pesce
diverse. Le migliori erano il garum excellens e il gari flos flos, estratte dalla
ventresca del tonno, dallo sgombro e dalla murena (flos murae). L’hallec, ritenuta la
salsa dei poveri, si preparava anche con le acciughe. Il garum veniva a volte
allungato con acqua o aromatizzato con erbe, forse a motivo del suo cattivo odore.
La salsa era anche un ingrediente importante nella preparazione delle polpette
pompeiane a base di carne di maiale e pan bagnato nel vino cotto misto a garum.
Le polpette si cuocevano infine in vino cotto insieme a foglie d’alloro.
Recenti studi, hanno dimostrato che gli antichi abitanti di Pompei solevano fare uso
di erbe e spezie per la conservazione del cibo. Altri metodi di conservazione
venivano utilizzati per conservare frutti di vario tipo, immergendoli nel miele che
aveva un’azione isolante e protettiva per ciliege, fichi e uva. Per gli alimenti salati,
quali formaggi e carni il metodo di conservazione risultava molto più difficile. Spesso
venivano usati grassi animali per proteggere alcuni tipi di formaggio di capra.
RINGRAZIAMENTI
Il sito ufficiale
http://www.scavidipompei.it/
Portale di Pompei
http://www.pompei.it/
Informazioni turistiche
Soprintendenza
archeologica di Pompei
http://www.pompeiisites.org/
Pompei Viva
http://www.pompeiviva.it/pv/it/pompei.htm
Collezione di Foto
http://www.archart.it/archart/italia/campania/Pompei/index.html
Ottimo sito, ben costruito e ricco di informazioni: peccato che la pubblicità lo renda
lentissimo da navigare! Ecco perché ho scelto di scaricare i contenuti e renderli
facilmente e agevolmente fruibili!
NAVI DI POMPEI
http://www.romaeterna.org/galleria/esternec.html
In particolare: http://marine.antique.free.fr/navitgr01.php
Chissà se in Italia riavremo un Ministro a capo dei “Beni culturali” che sappia anche
che cosa è la cultura….
14 dicembre 2010