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Conetti tonolo vismara manuale di diritto internazionale


privato
Economia del lavoro (Università degli Studi di Trieste)

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PARTE GENERALE
Capitolo I: nozione e fonti
1 FONDAMENTO DELLA MATERIA

Diritto internazionale privato = norme poste negli ordinamenti statali ma che trovano
motivazione nella circostanza della loro non esclusività.

Ogni ordinamento statale ha un suo complesso di norme, per provvedere a determinare l’ambito
di esercizio della propria giurisdizione civile, la rilevanza da attribuire all’esercizio di giurisdizione
all’estero con la conseguente eventuale efficacia delle decisioni giudiziarie da questa provenienti,
la applicabilità della legge materiale propria o di altri ordinamenti ai rapporti sottoposti alla
giurisdizione dei propri giudici. Così ogni ordinamento si autolimita. La portata concreta
dell’autolimitazione è i risultato di un autonomo esercizio del potere normativo e giurisdizionale
degli stati.

2 SVILUPPO STORICO E ORIGINI DEL SISTEMA ITALIANO DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

Il diritto internazionale privato, sorto dall’assunto della separazione tra competenza del giudice,
regolamento del processo e diritto applicabile (risalente ad Accursio) è rimasto per molto tempo
oggetto di elaborazione dottrinale. La distinzione operava tra statuti reali ad applicazione
territoriale (concernenti condizione di beni immobili) e personali (domicilio delle persone), ad
applicazione extraterritoriale, per la condizione delle persone e dei beni mobili.

Il codice francese del 1804 e quello austriaco del 1811 individuavano l’ambito di applicazione
delle proprie regole. Per esempio quello francese assumeva l’applicazione della legge locale agli
immobili situati in francia e la legge della nazionalità francese alle questioni di stato e capacità
dei cittadini ovunque residenti.

Un completo rinnovamento di prospettiva e metodo si attua nella materia con l’opera del savigny
: si postula l’esigenza di regole comuni di diritto internazionale privato da accogliere in ogni
ordinamento secondo un modello di generale validità incentrato sull’accertamento in ciascuna
fattispecie, di un suo elemento costitutivo e significativo, al fine di darne connessione con un
ordinamento dato, che risulterà quindi uniformemente applicabile alla fattispecie. Pertanto ogni
giudice in qualsiasi stato, chiamato a valutare un’analoga fattispecie, sarebbe giunto alla
medesima conclusione in quanto al diritto applicabile.

Questa diversa tecnica sarà quindi accolta sostanzialmente nella redazione delle successive
legislazioni nella materia, a cominciare da quella dello stato italiano, nelle preleggi al codice
civile del 1865, dove figure generali di fattispecie, astrattamente considerate, vengono riportate
alla applicazione di un determinato ordinamento, in forza del neutrale funzionamento di un
collegamento significativo tuttavia la prospettiva di savigny fu illusoria.

3 LA LEGGE ITALIANA DI RIFORMA DEL 95

Il sistema manciniano, con la preponderanza in esso accolta del criterio della cittadinanza, si
mantiene sostanzialmente inalterato, anche nelle preleggi al cc 1941, sino alla riforma generale
della materi con la legge del 95. Anche la nuova legge resta però fedele ai vecchi assunti

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manciniani in materia di scelta della legge applicabile ed anzi ne restaura l’apertura


internazionalistica specie quanto all’efficacia dei giudicati stranieri. Nel suo insieme corrisponde
a un’esigenza di adeguamento a principi e valori derivanti dalla costituzione, dalla legislazione ad
essa conforme, in particolare in materia di diritto di famiglia e di maggior considerazione verso
l’esercizio della giurisdizione il diritto di altri stati. Ma la stringatezza e insufficienza della
formulazione delle preleggi, che, in violazione dei principi di uguaglianza, privilegiavano la legge
del marito o del padre in rapporti tra parti di diversa cittadinanza, imponevano da tempo una
innovazione ne è derivato un testo unitario comprensivo delle materie processuali sull’esercizio
della giurisdizione nazionale, sulla rilevanza da riconoscere all’esercizio della giurisdizione estera
e sull’applicazione della legge straniera, sostituendo ed abrogando, con un'unica disciplina, le
pertinenti norme anteriormente contenute nelle disposizioni preliminari al cc e nel cpc. Queste
ultime rimanevano transitoriamente applicabili ai procedimenti avviati innanzi alla riforma, ma le
nuove norme in materia di giurisdizione avrebbero potuto fondarla anche sanandone il difetto
derivante da quelle vigenti all’atto dell’avvio del processo. In ogni caso restavano salvi effetti e
situazioni definitivamente prodottisi in applicazione delle norme previgenti. La nuova disciplina
si configura come più articolata precisa e analitica e privilegia la costituzione della filiazione e i
diritti dei figli. C’è apertura verso l’estero.

4 FONTI CONVENZIONALI

L’adeguamento del nostro diritto internazionale privato e processuale civile internazionale alle
fonti convenzionali internazionali è espressamente considerato dalla lgge di riforma che prevede
l’applicazione di queste senza che vengano pregiudicate dalle norme nazionali e la loro
interpretazione da farsi autonomamente. Ciò in ragione del principio di specialità largamente
accolto in dottrina a fondamento della prevalenza e della autonomia della norma di origine
internazionale, senza ricorrere a criteri di gerarchia delle fonti, quali interverranno a seguito
della legge costituzionale 3/2001, con l’introduzione al nuovo comma 1 art 117 cost del vincolo
per il legislatore del rispetto degli obblighi internazionali e comunitari. Tale vincolo non altera il
carattere di specialità della fonte esterna ma lo consolida. Il ricorso al giudizio di costituzionalità
è necessario solo quando il contrasto tra norma nazionale e norma convenzionale non sia
risolvibile dal giudice in via interpretativa. La garanzia così offerta alle fonti convenzionali non
risolve i problemi derivanti dal concorrere di più di esse. L’intervento nella materia del diritto
internazionale civile della competenza normativa diretta dell’unione comporta un’ulteriore
necessità di coordinamento con le fonti convenzionali della normativa uniforme comunitaria, da
risolversi ad opera dello stesso legislatore europeo. In ragione di ciò l’unione ha aderito e
partecipa, in luogo degli stati membri, alla conferenza di diritto internazionale privato dell’Aja;
ove non si abbia una partecipazione diretta dell’unione alle convenzioni, la conclusione di queste
da parte degli stati deve sottostare ad una procedura uniforme di autorizzazione comunitaria.

Sul funzionamento del sistema di diritto internazionale privato può inoltre interferire la
posizione convenzionale di diritto uniforme materiale che dovrebbe risolvere i conflitti di leggi
con l’introduzione di identiche regole.

L’apertura internazionalistica che contraddistingue la riforma ha indotto, oltre che a privilegiare


la fonte convenzionale, a eliminare in certe materie la dicotomia tra questa e la disciplina
nazionale, rendendo la prima di applicazione generale. L’applicazione in ogni caso della disciplina
convenzioale è disposta in più luoghi dalla legge di riforma: per la protezione dei minori,
cambiale, vaglia, assegno. Inoltre due estensioni all’applicazione generale si operano per alcune

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parti della convenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale e l’esecuzione
delle decisioni in materia civile e commerciale, e all’art 57 della convenzione di Roma del 1980
sulle obbligazioni contrattuali. Si trattava di convenzioni comunitarie, concluse all’epoca tra gli
stati membri della CE per l’uniformazione delle loro normative al fine di agevolare il processo di
integrazione e quindi sostituite quando la CE ha assunto competenza normativa propria. Il
problema, trascurato dal legislatore della riforma al momento di disporre il rinvio in ogni caso a
discipline convenzionali, della loro applicazione nel momento in cui vengano sostituite da altre
successive, in tutto o in parte diverse, appare consistente nel caso del richiamo alle due
convenzioni comunitarie, espressamente abrogate. Il riferimento per l’estensione del rinvio
anche alle successive modificazioni apportate alla convenzione, consente un’applicazione
sistematica, per cui il rinvio andrebbe fatto all’ordinamento comunitario e alla sua evoluzione.

5 FONTI DELL’UNIONE EUROPEA

L’intervento di discipline comunitarie poste con regolamenti a applicazione diretta nelle materie
del dpci è presentemente amplissimo. Esso si svolge nel quadro della cooperazione giudiziaria in
materia civile che ricomprende misure oltre a conseguire il riconoscimento e l’esecuzione delle
decisioni giudiziarie e per assicurare la compatibilità delle regole applicabili negli stati membri ai
conflitti di leggi e giurisdizioni. L’assunzione di detta competenza normativa diretta , giustificata
con l’esigenza di realizzazione graduale di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia risale al
trattato di amsterdam del 97 e si sostituisce allo strumento tradizionale del ricorso a convenzioni
internazionali tra gli stati membri. La conclusione di siffatte convenzioni dette comunitarie, per
la loro destinazione strumentale ad agevolare la integrazione tra gli ordinamenti degli stati
membri ed il funzionamento del mercato comune e il loro assoggettamento alla competenza
interpretativa pregiudiziale della corte di giustizia era andata oltre la previsione iniziale, per
coprire, con la convenzione di bruxelles, sia la giurisdizione che i riconoscimento e l’esecuzione
delle decisioni anche il campo della legge applicabile alle obbligazioni contrattuali.

Le due citate convenzioni sono quindi state sostituite da due regolamenti, cui si sono aggiunti nel
tempo numerosi altri interventi normativi. L’efficacia sostitutiva dei regolamenti comunitari è
tuttavia diversa: mentre le regole sulla ripartizione della competenza e l’efficacia dei giudicati
operano esclusivamente tra giurisdizioni degli stati membri ma lasciano residualmente
applicabile le norme nazionali quando si tratta di definire la giurisdizione al di fuori della sfera
comunitaria e di considerare l’efficacia di giudicati provenienti da paesi terzi, le norme uniformi
poste dai regolamenti quanto alla scelta della legge applicabile hanno efficacia generale, anche
quando il collegamento prescelto porti a richiamare il diritto di uno stato terzo, e pertanto in
tutto si sostituiscono alle norme di conflitto nazionali per le fattispecie corrispondenti.

Il nuovo diritto internazionale privato comunitario si discosta largamente dalle scelte compiute
dal legislatore nazionale, ancora influenzato dalla tradizione manciniana, riducendo il ricorso al
criterio della cittadinanza, cui è spesso dato solo un ruolo secondario e ampliando la facoltà di
scelta della legge applicabile ad opera della parte o delle parti. Anche aldilà delle discipline
direttamente poste nella materia, il diritto comunitario può influenzare significativamente il
funzionamento dei sistemi nazionali di diritto internazionale privato. In specie il generale divieto
di discriminare su base nazionale influisce sul criterio di collegamento della cittadinanza, ancora
ampiamente accolto in molti sistemi nazionali, per impedire che, in ipotesi di doppia cittadinanza
di stati membri a capo di una o più parti, prevalga necessariamente quella del foro o che si
subordini l’efficacia di una cittadinanza comunitaria alla sua effettività.

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Capitolo II: la giurisdizione


1 DIRITTO PROCESSUALE CIVILE INTERNAZIONALE

La disciplina del processo civile, anche con riferimento alla delimitazione dell’ambito per il suo
esercizio e alla rilevanza del processo civile estero è contenuta nella legge 218/1995, che vi
provvede senza che per questa materia si dia richiamo al diritto processuale straniero. Tuttavia
queste possono rilevare quando istituiscono la giurisdizione del giudice straniero. Il legislatore
nazionale esercita una larga discrezionalità valutando l’interesse pubblico e sociale per
determinare l’ambito della giurisdizione dei giudici. Non sussiste un limite o obbligo
internazionale che imponga un esercizio ragionevole della giurisdizione solo in presenza di
connessioni significative col caso da regolare. Trova invece fondamento nelle norme
consuetudinarie e convenzionali l’esenzione dalla giurisdizione civile degli agenti diplomatici
accreditati nello stato secondo la disciplina della convenzione di Vienna. A seguito dell’adesione
italiana alla convenzione di New York, il regime di questa, fondato sul principio generale
dell’immunità statale con esclusione della stessa per materie specificamente elencate e
circoscritte ove non si concreti l’esercizio di funzioni pubbliche troverà applicazione.

Non costituisce un limite all’esercizio della giurisdizione la condizione di reciprocità, che


escluderebbe l’esercizio del diritto d’azione per lo straniero cittadino di uno stato ove l’analogo
diritto non venisse riconosciuto al cittadino italiano, ma tale limite non incide sulla giurisdizione
e certamente non opera in presenza della norma di cui all’art 24 cost che garantisce a tutti,
persone fisiche o giuridiche, l’accesso alla giustizia. L’esercizio della giurisdizione italiana e la
rilevanza dell’esercizio di quella estera possono invece essere oggetto di coordinamento tra due
o più stati su base convenzionale.

2. I CRITERI DI GIURISDIZIONE

Il sistema italiano ha sempre dato autonoma disciplina alla questione della giurisdizione,
preliminare a quella della competenza interna, regolandola con norme distinte.

3. LA GIURISDIZIONE IN MATERIA CONTENZIOSA

Al di fuori dell’ambito di applicazione dei regolamenti comunitari, la giurisdizione è determinata


dalle leggi nazionali, in quanto ammesse dagli stessi regolamenti a operare residualmente. La
legge italiana di riforma del 95 provvede a determinare l’ambito della giurisdizione, quando non
ceda alla disciplina comunitaria o a quella convenzionale. Con i nuovi criteri generali da essa
accolti, la riforma ha inteso dar rilievo a una connessione ritenuta più concreta e significativa tra
l’interesse dello stato a esercitare la giurisdizione e le situazioni a essa sottoposte.

4. LA GIURISDIZIONE VOLONTARIA

La riforma colma una lacuna della previgente disciplina ponendo un’apposita norma generale
per l’attribuzione ai giudici italiani della giurisdizione ai fini di adottare provvedimenti di
volontaria giurisdizione. La considerazione dello stresso collegamento tra poteri del giudice e
provvedimento richiesto, nonché l’intento di sottoporre la condizione dei cittadini alla
competenza dei giudici italiani è alla base del ribaltamento operato dall’art 9, ove, tra l’altro, si
assume la giurisdizione italiana per l’adozione di provvedimenti di volontaria giurisdizione a
riguardo di status, situazioni o rapporti cui sia applicabile la legge italiana, dando luogo, a un

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esercizio provvisorio di giurisdizione ai fini di questo accertamento che, se positivo, condurrà a


radicare la giurisdizione stessa nel caso.

I numerosi altri criteri di giurisdizione previsti dalla norma danno luogo a una sua vasta
estensione: rileva la cittadinanza italiana del destinatario del provvedimento, quindi si utilizza
anche la residenza in Italia dei non cittadini. Con il criterio generale concorrono poi criteri
speciali che la legge prevede per determinate materie.

5. LA NORMATIVA DELL’UNIONE EUROPEA: GIURISDIZIONE IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE.

La ripartizione della giurisdizione tra i giudici degli stati membri si effettua in applicazione dei
regolamenti comunitari (regolamento disposto nel 2001 e modificato con un altro che entrerà in
vigore nel 2015). Accanto alla disciplina generale, la ripartizione si dispone per materie
particolari: sulle procedure di insolvenza, in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale,
successione… la determinazione dei rispettivi ambiti di applicazione e delle nozioni giuridiche
per ciò impiegate è disposta dagli stessi regolamenti.

Il domicilio del convenuto determina l’ambito di applicazione della disciplina regolamentare; è


lasciata alle norme nazionali la determinazione delle rispettive giurisdizioni quando tale
situazione manchi, salva la previsione di competenze esclusive, che prescindono dal domicilio. Il
domicilio del convenuto è accolto come criterio generale per l’individuazione del giudice
competente tra le giurisdizioni degli stati membri.

Le norme che hanno integrato il regolamento del 2001 porteranno a criteri speciali di
giurisdizione utilizzabili dal giudice italiano anche quando il convenuto non sia domiciliato in uno
stato comunitario, ma l’effetto della loro applicazione in tali circostanze sarà diverso non
portando più queste alla individuazione del giudice competente tra quelli degli stati membri.

6 CRITERI SPECIALI

Il regolamento offre all’attore la facoltà di valersi di criteri speciali alternativi al domicilio del
convenuto. La previsione di questi criteri è data per consentire una più significativa connessione
con un foro reputato meglio competente per prossimità al caso. Vengono in considerazione la
materia contrattuale, dove il criterio è offerto dal luogo ove l’obbligazione dedotta in giudizio è
stata o deve essere eseguita; la responsabilità per illeciti: ove la localizzazione del danno appaia
difficoltosa (diffamazione via internet) la corte ha dato rilevanza al centro di interessi del
danneggiato per un’azione diretta al risarcimento complessivo. Quando il titolo al risarcimento o
alla restituzione derivi da reato la competenza civile può essere attratta in quella del giudice
pensale se la legge del foro lo consente.

I fori privilegiati per la parte debole sono riservati all’attore, contraente, assicurato o
beneficiario, nel domicilio dell’assicuratore se situato in un paese membro o dell’attore, se in un
paese membro diverso da quello dell’assicuratore.

Correzioni ai criteri di giurisdizione possono darsi in presenza di pluralità di convenuti, riunendo


le azioni dinanzi al foro del domicilio di uno tra essi.

La violazione delle regole sulla giurisdizione costituisce impedimento per il riconoscimento della
decisione che eventualmente ne risulti.

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Per i diritti reali su beni immobili è competente il giudice del loro luogo.

Speciali per la materia, restano i criteri di giurisdizione per procedimenti concorsuali fondati
sull’insolvenza del debitore che ne comportano lo spossessamento parziale o totale nei beni è
competente il giudice del luogo del centro principale dei suoi interessi. L’attribuzione di
competenza è universale = la procedura di insolvenza ha efficacia in tutti gli stati membri ma non
necessariamente è esclusiva, essendo consentite procedure negli stati membri ove il debitore
possiede una dipendenza, i cui effetti restano limitati ai beni che vi si trovino. Se successive alla
procedura principale queste si configurano come secondarie e hanno per oggetto la liquidazione.

7 PROROGA DEROGA E ACCETTAZIONE (vedi diritto processuale civile)

8 LITISPENDENZA E CONNESSIONE

Ove si tratti di litispendenza con un paese terzo, la sospensione del processo italiano e,
eventualmente, poi, la sua non riassunzione disposte dal giudice nazionale avvengono in
considerazione della circostanza che dal giudizio straniero, innanzi avviato, possa derivare una
decisione suscettibile di ottenere riconoscimento ed efficacia in Italia secondo le nostre norme
per ciò disposte, cioè a seguito di un esame delle caratteristiche che a tal fine il processo estero e
poi la relativa decisione devono possedere. Su istanza di parte il processo nazionale sospeso può
essere riassunto ove il giudice straniero abbia declinato la giurisdizione o si deve ritenere, per
qualsiasi altra causa che abbia comportato l’estinzione del processo estero innanzi l conclusione
o, a decisione estera assunta, se questa non ottiene riconoscimento in italia.

Un’ipotesi di sospensione facoltativa e discrezionale è prevista quando il giudice italiano reputi


opportuno attendere l’esito di un processo estero e la successiva efficacia della decisione che ne
deriva quando questa appaia pregiudiziale rispetto al giudizio che gli viene chiesto di formulare.

Diversamente opera la litispendenza entro il sistema comunitario, ove scopo dell’istituto è


l’individuazione del giudice competente tra quelli degli stati membri. Il giudice comunitario, di
fronte a cui venga sollevata la situazione di litispendenza dinanzi a giudice di altro stato membro,
dovrà sospendere d’ufficio il procedimento fintanto che il secondo non abbia accertato la propria
competenza e, ove quest’ultimo così abbia concluso, dovrà sempre d’ufficio dichiarare la propria
incompetenza.

La connessione tra cause per estendere in base ad essa la giurisdizione italiana può operare
residualmente e limitatamente in forza dell’ultimo comma art 3 legge 218/1995 che, ove non
siano applicabili i criteri generale e speciali innanzi considerati, consente di fondare la
giurisdizione sulla base della competenza per territorio; altrimenti la legge italiana considera
espressamente la sola figura della pregiudizialità fra questioni litigiose. Nella disciplina
comunitaria generale si considerano situazioni di connessione tra cause già tutte pendenti
davanti a giudici di stati membri diversi, dando rilevanza alla connessione ove tra le cause
sussista un legame così stretto da rendere opportune una loro trattazione e decisione uniche. In
tali ipotesi al giudice successivamente adito è data facoltà di sospendere il processo.

9. PROVVEDIMENTI PROVVISORI E CAUTELARI.

Sono da qualificarsi secondo la nozione ampia, in ragione della loro destinazione a conservare le
situazioni per preservare diritti su cui un giudice sarà chiamato a esprimersi, ma, per la loro

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assunzione, la norma comunitaria rinvia alla legge dello stato membro; la competenza che in tal
modo spetti al giudice dello stato membro sarà sufficiente all’adozione del provvedimento
richiesto. Ove la competenza nel merito di un giudice comunitario vi sia, nella stessa rientra
anche l’adozione di tali provvedimenti. C’è giurisdizione del giudice nazionale se lo stesso ne
risulta investito per il merito, ovviamente, a seconda delle materie, in base ai regolamenti
comunitari o alla legge nazionale, o se il provvedimento richiesto deve essere eseguito in italia, il
luogo dell’esecuzione dovendo essere identificato in base alla legge italiana. Il provvedimento
può essere chiesto e concesso anche se il procedimento nel merito non è ancora iniziato,
quando appaia certa al giudice la localizzazione nel territorio dello stato della sua esecuzione.
Tale valutazione appare tuttavia prognostica. Nel caso in cui il processo nel merito si svolga
all’estero, la sorte finale del provvedimento sarà naturalmente disposta a seguito dell’esito del
processo estero la sentenza straniera non ancora definitiva e riconosciuta può valere ai fini della
richiesta del provvedimento. Poiché per la concessione del provvedimento è richiesta al giudice
una valutazione del fondamento della domanda su un apparente titolo e la considerazione del
possibile pericolo di compromettere il diritto fato valere, ciò sarà più agevole quando il merito
della controversia gli sia sottoposto, ma più arduo ove la controversia penda davanti a un giudice
straniero. L’esecuzione forzata delle decisioni si dispone a opera del giudice dello stato ove deve
effettuarsi, che ne ha competenza esclusiva.

Capitolo III : Il diritto applicabile


1 LE NORMEDI DIRTTO INTERNAZIONALE PRIVATO

Il sistema del diritto internazionale privato è dato dalle norme concernenti la determinazione del
diritto applicabile a diverse situazioni o fattispecie civilistiche, da queste stesse norme
sinteticamente individuate e distinte, e dalle regole relative all’applicazione e interpretazione
delle prime. Sia il sistema italiano sia quello di fonte comunitaria e internazionale si avvalgono
per lo più di norme a struttura bilaterale le quali, descritta in termini generali ed astratti una
fattispecie, individuano, per essa, uno o più elementi significativi, detti criteri di collegamento,
atti a portare alla individuazione del diritto materiale, egualmente bene se quello del foro, cioè
del giudice che sulla fattispecie esercita la propria giurisdizione, che di un diverso stato: entrambi
sono paritariamente considerati adeguati a dare la disciplina sulla sola base del collegamento
ritenuto più significativo dalla norma.

Si constatano molte differenze tra i vari sistemi positivi; in ragione della pluralità degli
ordinamenti giuridici, la qualificazione e la interpretazione tecnico-giuridica di nozioni e termini
si compiono secondo le categorie proprie dell’ordinamento di appartenenza delle norme intese
alla individuazione della legge applicabile (lex fori) e non di quest’ultima (lex causae), entro la
quale tuttavia la fattispecie ad essa sottoposta rientrerà nella classificazione propria di tale legge.

Ancora maggiori sono le difformità di sistemi che se ne discostino radicalmente, partendo da


assunti diversi quanto alla struttura e alla funzione della norma di diritto internazionale privato.
Anzi che bilaterale la norma può essere costruita come unilaterale, restando applicabile il diritto
del foro per propria vigenza come legge generale e valendo il diritto straniero richiamato come
legge speciale per quei casi che l’ordinamento ritenga opportunamente distinguibili in ragione di
una loro rilevante estraneità.

In una costruzione ancora più difforme, si rinunzierebbe alla certezza e alla prevedibilità di criteri

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prestabiliti dalle norme per affidare al giudice la ricerca del collegamento più significativo
(sistemi di common law). Una larga preferenza può essere accordata alla lex fori in ragione di un
interesse statale a giudicare nella materia, che porterà alla coincidenza tra giurisdizione e diritto
applicabile.

La flessibilità e discrezionalità di tali metodi consente un maggior realismo nei casi concreti ma
tuttavia sono fortemente condizionabili e influenzabili da bilanciamenti di interessi, più
opportunamente affidabili al legislatore.

2 IL CRITERIO DI COLLEGAMENTO

Il criterio di collegamento, giuridico o di fatto, scelto dalla norma di dip per ricondurre la
fattispecie da questa stessa norma descritta all’applicabilità di un dato ordinamento, può non
essere univoco nel suo funzionamento o non essere unico nella scelta operata dalla norma. Sia
alcuni criteri giuridici, come la cittadinanza, sono suscettibili di variare nel tempo, dando luogo a
collegamenti diversi. In linea generale varrà la situazione presente all’atto della posizione della
questione. Il criterio che sia per sua natura variabile nel tempo può anche essere reso
permanente dalla norma, fissandolo a un momento determinato. Un criterio unico può dar
luogo a richiami concorrenti e cumulativi, ad esempio quando si concreti in situazioni diverse, il
che tipicamente avviene in caso di nubendi di diversa cittadinanza. Può frequentemente essere
la stessa norma a considerare una pluralità di criteri, con la previsione di un criterio principale e
uno o più criteri secondari successivi o in concorso alternativo. Esempio della prima ipotesi: caso
della cittadinanza, che ove non posseduta (apolidia) viene sostituita dal domicilio. Nei rapporti tra
cittadinanze comunitarie la preferenza per la cittadinanza italiana non potrà essere automatica, per il principio di
uguaglianza, e potranno valere considerazioni legate alle circostanze della situazione e dell’atteggiamento delle parti
interessate.Oltre che inesistente, il criterio principale potrebbe essere inefficace e dar luogo al
ricorso a quello successivo eventualmente previsto quando il funzionamento del primo porti ad
effetti materiali inaccettabili per il foro (ordine pubblico). Può tuttavia essere considerato
inefficace anche per ragioni a esso intrinseche quando sia privo di effettività: caso della
cittadinanza eventualmente pur ancora posseduta dal rifugiato che abbia ottenuto asilo in altro
stato e che non potrebbe essere più utilizzata nei suoi confronti. L’ineffetività della circostanza in
cui si concreta il criterio di collegamento può indurre a contestarne o escluderne l’efficacia.
Inoltre il giudice può disapplicare un collegamento che sia stato ad arte e fittiziamente creato
nella fattispecie dal comportamento delle parti, a prescindere dall’intenzionalità, se la
circostanza rilevante possiede significatività, non vi è ragione di escluderne la considerazione,
che potrà invece mancare per una che sia evidentemente fittizia, quale la assunzione,
meramente formale, di una cittadinanza di stato non comunitario priva di effettività a fronte di
una cittadinanza di stato membro. L’assenza di significatività del collegamento può autorizzare il
giudice alla ricerca del criterio più adatto al caso. Questa libertà non c’è nei sistemi composti da
norme rigide contenenti criteri predeterminati , ma in essi può essere concessa com rimedio
generale al loro funzionamento o, piuttosto, a riguardo di certe materie e criteri per esse
disposti, da apposita norma, che consente al giudice di derogare al criterio prefissato e
costruirne altro, già considerato in alternativa o anche non previsto nel sistema.

La previsione di più criteri concorrenti in alternativa apre, per i singoli interessati e per il giudice,
la possibilità di una scelta che potrà essere guidata da una valutazione del proprio interesse ad
opera di una parte o da una valutazione di opportunità da parte del giudice. Spetterà quindi al
giudice, piuttosto che alle parti, di effettuare il vaglio dei risultati ottenibili con l’impiego dei

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criteri che la norma a funzionamento condizionato gli offre per conseguire il risultato ritenuto
preferibile, quale la validità formale di un atto o la costituzione della filiazione. Una maggior
pienezza della scelta è offerta tradizionalmente alle parti in materia contrattuale. detta libertà
trova correzione al suo pieno esplicarsi nella esigenza di tutelare il contraente ritenuto debole a
fronte della scelta sostanzialmente imposta dalla parte in posizione economica di vantaggio.
Possono intervenire inoltre considerazioni su interessi pubblici o generali da salvaguardare anche
rispetto la libertà di disposizione delle parti. La riconosciuta autonomia della parti opera quale
criterio di collegamento con il richiamo di questa, in tutto o in parte a seconda delle indicazioni
tra esse concordate, e non si identifica con l’autonomia negoziale che opera invece con riguardo
alle norme dispositive di quest’ultima.

Sebbene in materia di scelta della legge regolatrice del contratto la volontà funga da criterio di
collegamento, la qualificazione e valida esistenza di questa possono essere attribuite alla lex
causae, regolatrice del contrato oggetto della scelta della legge applicabile, poiché in questa
situazione è la stessa norma di diritto internazionale privato che, prevedendo l’autonomia come
criterio, ne lascia anche la qualificazione e validità all’ordinamento indicato dalle parti.

5. IL RICHIAMO DEL DIRITTO STRANIERO

Il diritto straniero richiamato dalla norma di diritto internazionale è dato esclusivamente da un


ordinamento giuridico statale positivo e vigente, preso in considerazione nel suo complesso e
non nelle sue singole norme, che risulteranno determinabili in riferimento alla fattispecie da
regolare ricorrendo alla sistematica, ai criteri interpretativi e alle qualificazioni proprie di quello
stesso ordinamento. C’è l’esigenza di apprezzare la normativa straniera come diritto vivente in
corrispondnza alla u attuale portata quale risulterà anche dalla prevalente giurisprudenza in esso
formatasi. Il controllo di costituzionalità della norma straniera entro l’ordinamento di
appartenenza non sarebbe invece consentito al giudice del foro a meno che, secondo l’assunto
che questo dovrebbe giudicare come se si trovasse nella condizione del giudice straniero, non
possa essere svolto da quest’ultimo per essere disposto, nel suo ordinamento, un controllo
diffuso di costituzionalità delle leggi. Il riferimento al sistema delle fonti dell’ordinamento
richiamato potrà anche portare a dare rilevanza a normative di origine non statale, a
fondamento religioso o derivanti dalle pratiche del commercio internazionale (lex mercatoria)
ma solo in quanto le prime siano recepite nell’ordinamento statale, come norme positive o
principi generali. L’applicazione del diritto richiamato si configura quindi come atto dovuto in
attuazione della norma di diritto internazionale privato, che interviene come norma non
materiale ma strumentale, e dispone gli ambiti dell’ordinamento di appartenenza e degli altri
ordinamento giuridici, concorrenti tutti, in condizione di parità, a dare la disciplina dei rapporti
interindividuali. Di conseguenza la determinazione del diritto applicabile è questione giuridica,
suscettibile a questo titolo, di ricorso in cassazione; l’accertamento è da farsi ad opera del giudice
che provvederà d’ufficio, valendosi della sua conoscenza tecnico-giuridica. La non raggiungibilità
della conoscenza del diritto straniero non esclude il funzionamento del sistema di diritto
internazionale privato, che potrà continuare ad applicarsi ricorrendo a un criterio di
collegamento successivo, se previsto. Solo mancando anche tale possibilità il diritto materiale del
foro potrà applicarsi, non tanto a titolo di legge generale, quando, per evitare la denegazione di
giustizia, sussistendo la giurisdizione e la competenza del giudice e avendosi di conseguenza un
interesse pubblico a giudicare.

Queste chiare indicazioni trovano qualche imperfetta applicazione giurisprudenziale, che

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attribuiva natura di fatto all’applicazione della legge straniera, stando alla parte o alle parti
interessate di far valere la norma che ne avrebbe consentito il richiamo ove ne venga richiesta la
applicazione. Detto indirizzo ha pure talora condizionato le modalità del richiamo
dell’ordinamento straniero. Il richiamo del diritto straniero non è sottoposto a condizione di
reciprocità, cioè all’applicabilità dello stesso criterio nella stessa situazione entro l’ordinamento
straniero richiamato, a meno che una norma espressamente lo richieda. Diversamente, la
reciprocità in parte può rilevare non per la azionabilità del diritto in giustizia, ma per far valere e
rendere efficace il diritto rivendicato quando lo stesso, attribuito in base alla legge italiana allo
straniero, non sia concesso come tale. Tale condizione non è più richiesta con riguardo al
godimento e all’esercizio dei diritti civili dello straniero regolarmente residente in italia, inoltre si
attribuiscono i diritti fondamentali della persona a ogni straniero comunque presente alla
frontiera o nel territorio dello stato. In ogni caso è esclusa la rilevanza della reciprocità quando si
tratti di diritti fondamentali e inviolabili.

L’unità di disciplina del rapporto può risultare compromessa dal suo scomporsi in una questione
principale e una preliminare, la cui soluzione appare necessariamente propedeutica, quali le
questioni di possesso di status personali o familiari cui si colleghi l’attribuzione di determinati
diritti. Uno soluzione, detta congiunta, è proposta per l’estensione della giurisdizione, esistente
sulla questione principale alle questioni preliminari. Secondo questa impostazione la legge
applicabile alla questione principale estende la sua disciplina alle questioni preliminari,
ottenendo coerenza di disciplina e correttezza di soluzione nel contesto dell’ordinamento
principalmente competente. Una diversa impostazione, detta disgiunta, che sembra preferita in
giurisprudenza, esclude l’estensione della legge competente per la questione principale a quelle
preliminari, lasciandone la soluzione alle leggi che sarebbero loro applicabili ove venissero
autonomamente considerate.

4 IL RINVIO

Lo spirito di apertura internazionalistica che informa la riforma del 95 ha indotto il legislatore a


innovare radicalmente, accogliendo il richiamo dell’ordinamento straniero comprensivo delle sue
stesse norme di diritto internazionale privato. Questo indirizzo può venire escluso quando si
reputi che la scelta normativa effettuata in un sistema di diritto internazionale privato, in base
alle considerazioni di valore o di interesse in esso accolte, a favore di un dato collegamento, non
abbia ragione di essere pretermessa per dare invece rilievo a un diverso criterio oggetto di una
difforme scelta compiuta. Tale posizione negativa deriva anche dalla costruzione della funzione
del diritto internazionale privato come diretta a giungere al diritto materiale di più opportuna
applicazione. Inoltre la limitazione del richiamo al solo diritto materiale attribuisce certezza e
unicità di riferimento. La diversa soluzione, favorevole al richiamo complessivo dell’ordinamento
designato comprensivo delle sue proprie norme di diritto internazionale privato per dar luogo
alla applicazione di queste ultime, trova giustificazione nell’assunto che la funzione di
ripartizione e coordinamento tra gli ordinamenti consentirebbe di giungere all’unico
ordinamento che si considera competente in base alle sue proprie norme. Perché ciò possa
avvenire occorre che vi sia coincidenza tra il criterio dell’ordinamento rinviante e quello
dell’ordinamento verso cui si effettua il rinvio. Ove poi il rinvio sia reciproco tra due ordinamenti
esteri, ciascuno dei quali non accetti la competenza attribuitagli dall’altro, sarà sempre
necessario privilegiare un ordinamento in quanto sia il primo richiamato. Poiché presupposto
dell’accoglimento del rinvio è la considerazione dell’ordinamento straniero nella sua complessità,

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le norme di diritto internazionale privato di questo cui si attribuisce rilevanza vanno interpretate
e applicate secondo le qualificazioni che gli sono proprie, per cui il rinvio potrà avvenire non solo
sulla base della difformità dei criteri di collegamento impiegati ma egualmente su quella del
diverso significato che assumono i criteri o sulla diversa natura giuridica e portata contenutistica
delle fattispecie considerate.

La norma italiana accoglie il rinvio quando questo, operando all’indietro, porti all’applicazione
della legge materiale del foro, il che si considera con favore; l’accoglimento del rinvio indietro è
stato infatti storicamente all’origine dell’apprezzamento delle norme di diritto internazionale
privato dell’ordinamento richiamato. Il rinvio oltre o avanti è invece espressamente subordinato
dalla nostra norma alla accettazione di competenza che si abbia da parte dell’ordinamento
richiamato.

I limiti disposti dalla nostra norma al funzionamento del rinvio derivano da considerazioni
relative alla natura del criterio di collegamento o del risultato materiale cui il rinvio può portare.
Sotto il primo profilo, quando il collegamento è dato dalla volontà delle parti, questa non
potrebbe essere sostituita da collegamento diverso considerato dalla legge così designata.
Inoltre se il criterio è di natura localizzante, cioè inteso a dare rilevanza a un luogo per
l’individuazione dell’ordinamento competente, tale circostanza non potrebbe essere mutata
dall’intervento del rinvio. Perciò ne sono esclusi i criteri previsti in materia di obbligazioni non
contrattuali in quanto tutti consistenti nel riferimento al luogo di compimento dell’atto o del
verificarsi del fatto rilevante.

Sotto il profilo della rilevanza attribuita al risultato conseguibile con il funzionamento del rinvio,
questo è escluso in materia di legge regolatrice della forma degli atti, per la quale le norme
pertinenti privilegiano quella che, in alternativa, meglio consegua la validità formale dell’atto, ed
è condizionato al raggiungimento della legge più favorevole allo stabilimento della filiazione con
riguardo ai criteri di collegamento che saranno soggetti al rinvio solo quando non giungano essi
stessi al richiesto risultato positivo con le norme materiali dell’ordinamento da loro richiamato,
ma questo sia invece ottenibile a seguito dell’impiego dei criteri di collegamento previsti da
questo.

5. L’ORDINAMENTO PLURILEGISLATIVO

Plurilegislativo è l’ordinamento statale che, per quanto concerne il funzionamento delle norme
di diritto internazionale privato, pone il problema della sua composizione non unitaria in materia
civilistica, scomponendosi in più sottoinsiemi contenenti discipline diverse e conseguentemente,
della individuazione tra queste e quella applicabile. Accanto alla pluralità di ordinamenti
particolari applicabili in aree territoriali diverse, si dà la situazione di convivenza di ordinamenti
applicabili su base di caratteristiche di appartenenza delle persone interessate, specie quando si
tratti di norme a fondamento religioso. Anche nell’ipotesi che e norme di fonte religiosa siano
ricomprese entro un ordinamento statale, quando la loro osservanza sia ivi disposta in maniera
obbligatoria, e non su base volontaria, in ragione di una presunzione generale di appartenenza
alla comunità religiosa, la loro concreta applicazione, a seguito del richiamo del diritto straniero
che le contiene può porre un problema di ordina pubblico, in violazione del principio della libertà
di appartenenza religiosa. La soluzione al problema può essere agevole nel caso di sistemi

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particolari a base territoriale, quando il criterio di collegamento sia di natura localizzante.

6 LIMITI ALL’APPLICAZIONE DELLE NORME DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO

Considerazioni di giustizia di diritto materiale possono intervenire, oltre che per guidare la
preferibilità del richiamo di un dato ordinamento, anche per limitare o escludere del tutto il
richiamo del diritto straniero, in via generale designato dalla norma di diritto internazionale
privato, per dare applicazione al diritto del foro o a un ordinamento straniero diverso. La
rilevanza di esigenze positive di giustizia materiale può operare sia in via preventiva, escludendo
ogni richiamo ad altro ordinamento, sia in via successiva all’accertamnto dei contenuti del diritto
straniero applicabile e delle conseguenze della sua applicazione, in quanto non compatibili con
principi e valori non derogabili del foro.

La presenza di norme denominate di applicazione necessaria poiché prevalgono nonostante il


richiamo del diritto straniero, è considerata dall’art 17 legge 218/1995, ove se ne indica la
riconoscibilità in ragione del loro oggetto e del loro scopo, lasciandone quindi la concreta
evidenziazione ed applicazione ad una operazione interpretativa. Al di fuori di indicazioni
esplicite, dovranno valere criteri di tipo contenutistico e teleologico che prendano in
considerazione l’intensità valutativa della disciplina. La norma italiana considera soltanto la
possibile rilevanza di norme di applicazione necessaria, contenute nell’ordinamento del foro e
non di un terzo ordinamento che, pur non applicabile in forza del richiamo di un diritto straniero,
appaia connesso alla materia. Questa possibilità è tuttavia considerata limitatamente alla
circostanza che norme di applicazione necessaria del paese ne rendano illecito l’adempimento.
Anche in questo caso , per l’individuazione delle norme rilevanti, si richiede ne vengano prese in
considerazione la natura e la finalità. Secondo un indirizzo interpretativo sono assimilate alle
norme di applicazione necessaria anche quante, proprie dell’ordinamento del foro, vengono
applicate in luogo di esso, in quanto preferibili per il miglior conseguimento di un risultato di
diritto materiale o di un fine legislativo; è il caso della applicabilità del diritto italiano in materia
di scioglimento del matrimonio quando l’ordinamento richiamato non conosca questi istituti. Tali
situazioni potrebbero tuttavia essere avvicinate anche al funzionamento dell’ordine pubblico,
configurandone un’applicazione cd positiva, che non si limita all’esclusione negativa del diritto
straniero incompatibile.

Il limite detto di ordine pubblico internazionale, poiché concernente i rapporti tra ordinamenti,
opera successivamente al richiamo dell’ordinamento competente, a seguito dell’applicazione
della norma di diritto internazionale privato, e alla considerazione del suo contenuto, non nella
sua astratta disciplina ma con riferimento agli effetti della sua applicazione nel caso concreto.
L’accertamento della inammissibilità del risultato rispetto ai parametri valutativi in cui si
identifica l’ordine pubblico, comporta l’abbandono del richiamo ad esso per sostituirvi altro
ordinamento straniero, connesso alla fattispecie da regolare o, in ultima istanza, la legge
materiale del foro. A seguito dell’ammissione del rinvio, se il problema di incompatibilità si pone
a riguardo degli effetti derivabili dall’applicazione dell’ultimo ordinamento richiamato, si farà
ricorso al primo ordinamento indicato dalla nostra norma; ugualmente quando ad essere
incompatibile con l’ordine pubblico sia la stessa norma di diritto internazionale privato
dell’ordinamento primo richiamato, non si darà corso al rinvio così disposto ma si applicherà il
primo ordinamento richiamato.

La portata materiale dell’ordine pubblico va riferita non tanto al contenuto di singole norme

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quanto a principi giuridici, di particolare rilevanza etica e sociale. La sua ricostruzione è quindi
frutto di una operazione interpretativa. Da qui la natura evolutiva e storica della sua portata,
largamente dipendente dal modificarsi nel tempo di norme e valori che le ispirano. La riserva del
limite del rispetto dell’ordine pubblico del foro è comunemente presente nelle fonti
internazionali e comunitarie seppure con la specificazione che debba trattarsi di un contrasto
manifesto, al fine di non pregiudicare l’applicazione delle normi uniformi di diritto internazionale
privato. Poiché la rilevanza al limite va riferita al prodursi di effetti determinati nell’ordinamento
del foro, esso funziona in maniera più attenuata quando non si tratti di costituirvi i di produrvi
situazioni ed effetti giuridici.

Capitolo IV: Efficacia di sentenze e atti stranieri


1 IL RICONOSCIMENTO DELLE SENTENZE STRANIERE: NOZIONI GENERALI

L’apertura dello stato verso valori giuridici stranieri si manifesta, oltre che mediante
l’applicazione del diritto straniero nonché declinando la competenza del giudice nazionale
rispetto a fattispecie che non presentino contatti ritenuti dallo stato stesso rilevanti a fondarla,
anche attraverso il riconoscimento di efficacia a pronunce rese da autorità straniere. La disciplina
relativa al riconoscimento delle pronunce rese, in sede giurisdizionale, da autorità estere,
riguarda innanzitutto , la determinazione delle condizioni in presenza delle quali il
riconoscimento è ammesso. Tale disciplina, previa individuazione delle materie cui devono
riferirsi le decisioni rese all’estero e della tipologia degli atti emanati all’estero procede a
delineare i requisiti che tali pronunce devono possedere nonché le cause ostative al loro
riconoscimento. Le relative previsioni rispecchiano il maggiore o minore grado di apertura
dell’ordinamento rispetto ai valori stranieri. Nella disciplina del riconoscimento rientrano le
previsioni procedurali o processuali, relative alla sequenza di atti che necessita attivare portare a
compimento al fine di conseguire gli effetti propri del riconoscimento, il che implica
l’identificazione dei soggetti legittimati, l’individuazione del giudice competente, la sequenza
degli atti e le relative forme di tutela. La disciplina i completa attraverso la determinazione degli
effetti che il riconoscimento produce, sul piano soggettivo e oggettivo.

Distinzione tra :

• Riconoscimento delle decisioni: implica l’attribuzione alla decisione straniera degli effetti
propri dell’atto giurisdizionale, ma non attribuisce necessariamente il diritto di procedere
anche all’esecuzione; può operare in via automatica, cioè conseguire ex lege dal fatto he
l’atto straniero assuma i requisiti prescritti dalla legge del luogo in cui il riconoscimento è
invocato.

• Esecuzione: va oltre il riconoscimento e consiste nel portare ad attuazione in via coattiva


il comando in essa contenuto, con l’ausilio delle regole procedurali previste dalla legge
dello stato in cui si procede.

Sul piano delle fonti normative rilevano prima di tutte le norme di fonte sovranazionale,
contenute nei regolamenti dell’unione europea, in secondo luogo le convenzioni internazionali in
vigore in italia e infine le norme di fonte interna.

2. IL RICONOSCIMENTO DELLE SENTENZE STRANIERE NEL DIRITTO DELL’UNIONE

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Nell’ambito del diritto dell’unione il riconoscimento è legato all’obiettivo di realizzare per i


cittadini uno spazio di libertà e sicurezza e giustizia senza frontiere interne in cui sia assicurata la
libera circolazione.

Originariamente il trattato istitutivo della CEE prevedeva che gli stati membri avviassero tra loro
negoziati intesi a garantire la semplificazione delle formalità cui sono sottoposti il reciproco
riconoscimento e esecuzione delle decisioni giudiziarie e delle sentenze arbitrali. Sulla base di
questa previsione la convenzione di bruxelles del 68 ha previsto l’automatico reciproco
riconoscimento delle decisioni rese in materia civile e commerciale da un organo giurisdizionale
di uno stato membro, siano esse sentenze ordinanze o decreti. Con il trattato di amsterdam 97 la
cooperazione giudiziaria in materia civile viene inclusa nelle competenze della CE. Dal 2009, a
seguite del trattato di lisbona, la disciplina rilevante è contenuta nel TFUE, secondo cui l’unione
sviluppa una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, fondata
sul principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali, ed
attribuendosi al parlamento europeo, se necessario, l’adozione di misure volte a garantire il
riconoscimento reciproco tra gli stati membri delle decisioni giudiziali ed extra e la loro
esecuzione. Il programma di stoccolma prevede un processo di abolizione di tutte le procedure
intermedie (exequatur) per l’attuazione in via esecutiva delle decisioni in materia civile.

3. IL RICONOSCIMENTO DELLE DECISIONI IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE: REG. 44/2001

Il reg. 44/2001 concerne la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle


decisioni in materia civile e commerciale; sarà sostituito dal regolamento 1215/2012 nel 2015.

Questo regolamento trova applicazione alle decisioni rese in un altro stato membro, agli atti
pubblici formati ed aventi efficacia esecutiva in altro stato membro nonché alle transazioni
concluse davanti al giudice di uno stato membro ed ivi aventi efficacia esecutiva. Ne sono esclusi
la materia fiscale, doganale e amministrativa. Sotto il profilo temporale le sue disposizioni si
applicano alle azioni proposte ed agli atti pubblici formati posteriormente alla sua entrata in
vigore. Al momento della sua entrata in vigore non trovava applicazione in danimarca.

Il regolamento ribadisce il principio del recepimento automatico della decisione straniera. Non è
infatti necessario alcun procedimento per veder riconosciuta una decisione in uno stato
dell’unione europea. L’esecutività presuppone invece che intervenga, su istanza di parte, una
decisione della competente autorità dello stato in cui si vuole procedere. Tale decisione viene
resa inaudita altera parte e contro di essa è ammesso ricorso.

4 I MOTIVI OSTATIVI AL RICONOSCIMENTO DELLE DECISIONI IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE

Il riconoscimento automatico non esclude che possano sorgere contestazioni. I motivi ostativi a
riguardo sono:

• contrarietà manifesta all’ordine pubblico della decisione: rileva nella misura in cui essa
risulti manifesta ovvero immediatamente evidente casi eccezionali

• contrarietà a principi fondamentali dell’ordinamento dello stato membro richiesto

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• violazione del principio del giusto processo (ipotesi eccezionali)

• domanda giudiziale non sia stata notificata al convenuto contumace in tempo utile da
consentirgli di presentare le proprie difese

• quando la decisione resa all’estero sia in contrasto con una decisione emessa tra le
stesse parti nello stato membro richiesto o con una decisione emessa precedentemente
in un altro stato membro in una controversia avente medesimo oggetto e titolo e che
presenti le caratteristiche per essere riconosciuta nello stato membro richiesto.

• Quando la decisione sia stata presa in violazione delle previsioni del regolamento sulla
competenza in materia di assicurazioni, contratti conclusi dai consumatori e competenze
esclusive.

5 ESECUZIONE DELLE DECISIONI IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE

Regolamento 44/2001: occorre un intervento del giudice che dichiari l’esecutività della decisione
resa all’estero. La parte interessata deve presentare un’istanza al giudice competente dello stato
membro: si tratta del giudice del luogo in cui è domiciliata la parte nei confronti della quale si
vuole procedere oppure del luogo dell’esecuzione. Il giudice adito provvede inaudita altera
parte. Il provvedimento viene notificato alla controparte, essa potrà ricorrere contro tale
provvedimento entro un mese dalla notificazione o entro due se è domiciliato in uno stato
membro diverso. Il procedimento che si instaura a seguito dell’opposizione è a critica vincolata: il
ricorrente potrà far valere solo la sussistenza di cause ostative al riconoscimento della decisione.

Regolamento 1215/2012: non è più richiesto un intervento, in quanto la decisione emessa in uno
stato membro, esecutiva in tale stato, sarà esecutiva anche negli altri senza una dichiarazione di
esecutività. Opera quindi un automatico riconoscimento di esecutività. La parte interessata deve
fornire all’autorità incaricata dell’esecuzione una copia autentica della decisione ed un attestato
rilasciato dall’autorità dello stato membro in cui è pronunciata la decisione che certifichi
l’esecutività di questa. Tale attestato è notificato alla controparte, che può presentare
opposizione volta a fare accettare la sussistenza dei motivi ostativi al riconoscimento. Non è
necessaria la dichiarazione di esecutività per ottenere nello stato richiesto eventuali
provvedimenti provvisori o cautelari qualora la decisione debba essere riconosciuta sulla base di
quanto previsto dal regolamento.

6. IL RICONOSCIMENTO E L’ESECUZIONE DELLE DECISIONI IN ALTRI REGOLAMENTI DELL’UNIONE


EUROPEA IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE

Nell’ambito dell’esercizio della sua competenza in tema di cooperazione giudiziaria in materia


civile le istituzioni dell’unione europea hanno emanato ulteriori regolamenti che prevedono
forme di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni.

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Reg. 805/2004: istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati; individua delle
norme minime per consentire che le decisioni giudiziarie relative a tali crediti possano circolare
liberamente, con abolizione della dichiarazione di esecutività. Sulla base di esso la decisione o
transazione o atto pubblico aventi ad oggetto tali crediti non hanno necessità di exequatur e, se
dotati di specifici requisiti formali nel paese di origine, valgono come titolo esecutivo europeo: il
relativo controllo non è più affidato al giudice ad quem ma è attribuito al giudice ed organo a
quo del paese d’origine. Il credito si considera non contestato quando c’è stato espresso
riconoscimento da parte del debitore, o mancata contestazione o ammissione tacita. Il
regolamento si limita a rendere possibile la circolazione delle decisioni nazionali relative a crediti
non contestati. Requisiti per la certificazione della decisione come titolo esecutivo europeo:

• Il fatto che la decisione sia esecutiva nello stato membro d’origine

• Che non sia stata resa in contrasto con le previsioni del regolamento in tema di
competenza

• Che il procedimento giudiziario svoltosi nello stato d’origine sia conferme alle norme
minime previste dal regolamento.

Reg. 1896/2006: istituisce un procedimento europeo di ingiunzione di pagamento per le


controversie transfrontaliere (almeno una delle parti ha il domicilio o la residenza abituale in
uno stato membro diverso da quello del giudice adito). Definisce le norme minime per garantire
all’interno degli stati membri la libera circolazione delle ingiunzioni di pagamento relative a
crediti pecuniari non contestati. Sono esclusi i crediti diversi da quelli aventi ad oggetto il
pagamento di una somma di denaro, come quelle aventi ad oggetto prestazioni di fare. Nel caso
di emissione di un’ingiunzione di pagamento europea il giudice dello stato membro d’origine ne
dichiara l’esecutività qualora non sia stata presentata opposizione. L’ingiunzione di pagamento
divenuta esecutiva nello stato d’origine è riconosciuta ed eseguita negli altri stati mmbri senza he
sia necessaria una dichiarazione di esecutività.

Reg. 861/2007: relativo al procedimento europeo per le controversie di modesta entità (il cui
valore non superi 2000 euro); la sentenza emessa nel quadro del procedimento europeo così
istituito e riconosciuta negli altri stati membri senza exequatur e senza che sia possibile opporsi
al suo riconoscimento. L’esecuzione è disciplinata dalle norme in vigore nello stato in cui si
procede; è rifiutata dall’organo giurisdizionale competente dello stato di esecuzione nel caso in
cui la sentenza emessa nell’ambito del procedimento europeo per le controversie di modesta
entità si incompatibile con una sentenza anteriore pronunciata in uno stato membro o in un
paese terzo. Occorre che la sentenza anteriore riguardi una causa avente lo stesso oggetto e le
stesse parti.

Reg. 1346/2000: Trova applicazione in relazione alle procedure che siano fondate sull’insolvenza
del debitore e che comportino lo spossessamento parziale o totale del debitore stesso. Il
regolamento prevede una forma di riconoscimento automatico delle decisioni che opera ad un
duplice livello. In primo luogo la decisione di apertura della procedura di insolvenza emessa dal
competente giudice di uno stato membro è riconosciuta in tutti gli stati membri non appena
produce effetto nello stato d’origine. In secondo luogo le decisioni relative allo svolgimento e alla
chiusura di una procedura di insolvenza pronunciate da un giudice la cui decisione di apertura è
riconosciuta sono pure riconosciute senza altre formalità.

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7 IL RICONOSCIMENTO DELLE DECISIONI IN MATERIA CIVILE E COMMERCIALE: LE CONVENZIONI


INTERNAZIONALI

Diverse convenzioni internazionali relative al riconoscimento delle sentenze in materia civile e


commerciale sono attualmente in vigore per l’italia. Esse stabiliscono i requisiti per il
riconoscimento e le regole relative all’attribuzione di forza esecutiva nello stato richiesto.
Ricordiamo la convenzione di bruxxelles, sostituita dal regolamento 44/2001. La convenzione di
lugano del 2007, che disciplina il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni utilizzando regole
analoghe a quelle previste dal reg 44/2001.

8. IL RICONOSCIMENTO DELLE SENTENZE STRANIERE NELLA LEGGE 218/1995

Nel caso in cui non trovi applicazione la normativa europea o quella contenuta in accordi
internazionali in materia di riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in ambito civile e
commerciale, opera la disciplina interna, contenuta negli artt 64 ss della legge 218, che si fonda
sul principio del riconoscimento automatico delle pronunce rese all’estero in presenza di
determinati requisiti. Trova così compiuta realizzazione il duplice rilevante obiettivo
dell’uniformità delle soluzioni e della collaborazione internazionale attraverso la coerenza dei
singoli ordinamenti. Oggetti di riconoscimento sono le pronunce straniere che rilevano come atti
giurisdizionali nell’ordinamento di provenienza e che aldilà del nomen juris siano qualificabili
come sentenze nel nostro ordinamento e incidono su situazioni giuridiche contrapposte di diritto
soggettivo, con una statuizione idonea ad acquistare autorità di giudicato. È da escludere che il
riconoscimento si estenda alle pronunce di rito, di delibazione e alle sentenze non definitive.

9. I REQUISITI PER IL RICONOSCIMENTO DELE SENTENZE STRANIERE

Art 64:

• Subordina il riconoscimento della sentenza straniera al fatto che essa presenti un


collegamento con l’ordinamento di provenienza che risulti conforme ai principi sulla
competenza giurisdizionale (o internazionale) propri dell’ordinamento italiano, ovvero
quei principi base ai quali, in casi corrispondenti il giudice italiano esercita la sua
giurisdizione nei confronti dello straniero. La nozione di ordine pubblico processuale,
intesa come insieme di valori essenziali dell’ordinamento, consente la difesa contro le
violazioni palesi del principio del contraddittorio, del diritto di difesa e in generale
dell’equo processo. Possono considerarsi violati i diritti della difesa quando la legge
processuale straniera non si ispiri ai nostri principi processuali fondamentali.

• Il riconoscimento è subordinato al fatto che l’atto introduttivo del giudizio sia portato a
conoscenza del convenuto, in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si
è svolto il processo, e non siano stati violati i diritti essenziali della difesa. la verifica è
diversa e ulteriore rispetto alla verifica che nell’ambito del processo avanti al giudice
straniero non siano stati violati diritti essenziali di difesa: nel primo caso si tratta di
controllo di legittimità, nel secondo di regolarità dell’intero processo.

• Prescrive quale ulteriore requisito che le parti devono essersi costituite in giudizio
secondo la legge del luogo dove si è accolto il processo o la contumacia deve essere
stata dichiarata in conformità a tale legge. Si tratta di un’ulteriore applicazione del
principio di parità processuale delle parti.

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• La pronuncia straniera deve essere passata in giudicato nell’ordinamento di


appartenenza. Tale previsione accoglie un criterio più restrittivo rispetto a quello già
utilizzato dalla convenzione di bruxelles; né la convenzione né il regolamento
contemplano il previo passaggio in giudicato della pronuncia come condizione per il
riconoscimento. Nel caso di accoglimento della domanda di impugnazione straordinaria
proposta all’estero va ritenuta l’automaticità della caducazione della sentenza.

• Il riconoscimento è subordinato al fatto che la sentenza straniera non sia contraria ad


altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato.

• La sentenza è riconosciuta se non pende un processo davanti a un giudice italiano per il


medesimo oggetto e fra le stesse parti.

• Il riconoscimento della sentenza è subordinato al fatto che le sue disposizioni non


producono effetti contrari all’ordine pubblico. Tale previsione focalizza l’attenzione sugli
effetti che la pronuncia straniera è destinata a produrre nel nostro ordinamento. Il limite
dell’ordine pubblico viene quindi ad operare in termini restrittivi, ovvero non tanto con
riferimento alle disposizioni applicate dal giudice straniero ai fini della soluzione della
controversia ma con riguardo alle conseguenze che la pronuncia straniera è in grado di
produrre nel nostro ordinamento. Questo criterio amplia la discrezionalità del giudice.
L’ordine pubblico non è quello interno ma quello internazionale, costituito dai principi
fondamentali e caratterizzanti l’atteggiamento etico dell’ordinamento in un determinato
periodo storico.

10. IL RICONOSCIMENTO DI PROVVEDIMENTI STRANIERI

L’art 65 della l 218 prevede che abbiano effetto in italia i provvedimenti stranieri relativi alla
capacità delle persone nonché all’esistenza di rapporti di famiglia o di diritti della personalità
quando essi siano stati pronunciati dalle autorità dello stato la cui legge è richiamata dalle
norme di conflitto contemplate dalla stessa legge 218 o producano effetti nell’ordinamento di
quello stato, anche se pronunciati da autorità di altro stato purchè non siano contrari all’ordine
pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa. In relazione a tale previsione il
richiamo delle sentenze straniere nell’ordinamento del foro attraverso l’operare delle regole di
diritto internazionale privato già noto . assumendo che il richiamo prodotto dalle norme di
conflitto coinvolgesse non solo la legge straniera ma anche il relativo ordinamento
complessivamente considerato, la dottrina e la giurisprudenza avevano rilevato come l’atto
giurisdizionale, in quanto norma concreta, dovesse anch’esso ritenersi interessato da tale
richiamo.

L’art 65 della legge non si limita a confermare il suddetto orientamento ma ad esso aggiunge
quanto vi è di proprio nel regime del riconoscimento automatico dell’atto giurisdizionale
straniero, ovvero l’attribuzione, nell’ordinamento del foro, del medesimo valore che l’atto
assume nell’ordinamento d’origine, ivi incluso l’effetto di giudicato. La nozione di provvedimento
straniero va delineata alla luce dell’ordinamento del foro: dovrà trattarsi di atti, aventi natura
amministrativa o giurisdizionale, che autoritativamente incidono sulle situazioni giuridiche
soggettive indicate dall’art 65.

Sul piano interpretativo si sono prospettati problemi relativi al coordinamento tra art 64 e 65: i

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due meccanismi, in relazione a fattispecie che ricadono sotto il campo di applicazione di


entrambi, possono operare in via concorrente o si escludono? I due orientamenti sono opposti,
ma sembra preferibile il primo: non sono reciprocamente alternativi ma complementari, perché
se fossero alternativi sarebbe precluso il riconoscimento delle sentenze straniere all’interno delle
categorie considerate dal 65, relative a rapporti sottoposti in italia alla competenza della legge
italiana.

11. IL RICONOSCIMENTO DI PROVVEDIMENTI STRANIERI DI GIURISDIZIONE VOLONTARIA

L’art 66 della legge 218 prevede che i provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione siano
riconosciuti senza che sia necessario il ricorso ad alcun provvedimento, sempre che siano
rispettate le condizioni di cui all’art 65, in quanto applicabili. Tale riconoscimento è subordinato
al fatto che detti provvedimenti siano pronunciati dalle autorità dello stato la cui legge è
richiamata dalle disposizioni della legge o producano effetti nell’ordinamento di quello stato o
siano pronunciati da un’autorità che sia competente in basi a criteri corrispondenti a quelli
propri dell’ordinamento italiano. Dovranno ascriversi all’ambito di applicazione dell’art 66 i
provvedimenti stranieri volti a realizzare, senza gli effetti propri del giudicato, un’attività di
amministrazione pubblica del diritto privato, consistente nell’integrazione o realizzazione di
fattispecie costitutive di stati o rapporti giuridici. Tali provvedimenti assumono così,
automaticamente, rilevanza nell’ordinamento interno, in quanto atti giurisdizionali, venendo a
determinare, in tale veste, la costituzione modificazione o estinzione di stati o rapporti di
carattere privatistico. Criteri ulteriori rispetto a quelli indicati dall’art 65: riconoscimento previso
non solo nel caso in cui il provvedimento sia pronunciato dall’autorità dello stato, ma anche
quando esso sia pronunciato da un’autorità che risulta competente in base a criteri
corrispondenti a quelli propri dell’ordinamento italiano.

12. ATTUAZIONE DI SENTENZE E PROVVEDIMENTI STRANIERI

L’automaticità del riconoscimento esclude l’intervento del giudice nazionale. Tuttavia l’idoneità
della sentenza o provvedimento può essere contestata ovvero può essere di fatto contrastata
mediante la mancata ottemperanza al precetto ivi contenuto. A tal fine l’art 67 prevede che, in
caso di mancata ottemperanza o di contestazione del riconoscimento della sentenza straniera o
del provvedimento o quando sia necessario provvedere all’esecuzione forzata, chiunque vi abbia
interesse può chiedere alla corte d’appello del luogo di attuazione l’accertamento dei requisiti
del riconoscimento. Questo risulta così fondarsi su una presunzione di conformità del
provvedimento ai requisiti di cui a tali articoli, che viene meno qualora sorga o possa sorgere un
contrasto circa la loro sussistenza. Se la mancata ottemperanza si risolve nell’omessa esecuzione
di obblighi che derivano dalla pronuncia straniera, la contestazione si realizza ogni volta che sia
posta in discussione la sussistenza della pretesa giuridica che trova la propria fonte nel giudicato
straniero. Quanto invece all’attuazione in via coattiva dei contenuti della sentenza, si rende
necessaria l’attivazione di un processo di esecuzione forzata a carico della parte obbligata. In tali
ipotesi l’art 67 richiede l’intervento del giudice nazionale ai fini dell’accertamento dei relativi
requisiti. Deve ritenersi che la pronuncia assuma natura diversa rispetto alla delibazione: mentre
questa si configurava come sentenza di accertamento costitutivo, il provvedimento che accoglie
la domanda di riconoscimento ex 67 viene a costituire una pronuncia di mero accertamento,
avente ad oggetto l’esistenza dei requisiti previsti dagli art 64, 65,66.

Quanto alla determinazione della competenza territoriale, l’art 67 provvede secondo un criterio

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strumentale, con la conseguenza del possibile concorso di più fori competenti. Né assume
rilevanza l’attuale presenza in italia di beni da sottoporre ad esecuzione. Nessun riferimento è
contenuto nell’art 67 circa lo svolgimento del procedimento di accertamento dei requisiti di
riconoscimento. La prassi è orientata secondo la proposta con citazione, tendendo a seguire il
giudizio di riconoscimento di sentenza o provvedimento estero lo schema ordinario, ovvero
mediante attivazione del processo con vocatio in ius e relativo svolgimento del contraddittorio.

In senso conforme agli obiettivi della riforma si colloca anche l’eliminazione dell0istituto del
riesame del merito, venendo così meno la possibilità che l’oggetto del giudizio estero venga
riproposto alla giurisdizione nazionale. Il riconoscimento può avvenire anche in via incidentale.

13. ATTUAZIONE ED ESECUZIONE DI ATTI PUBBLICI RICEVUTI ALL’ESTERO

Art 68 legge 218: le norme di cui all’art 67 si applicano anche rispetto all’attuazione e
all’esecuzione forzata in italia di atti pubblici ricevuti in uno stato estero e ivi muniti di forza
esecutiva. In sintonia col previgente art 804 cpc, secondo cui l’efficacia esecutiva nella repubblica
degli atti contrattuali ricevuti da pubblico ufficiale in paese estero è dichiarata con sentenza della
corte d’appello, l’art 68 estende il regime d’attuazione di sentenze e provvedimenti stranieri
all’attuazione ed esecuzione nello stato di atti pubblici ricevuti all’estero. Il procedimento di cui
all’art 67 deve quindi operare tal quale per l’attuazione di atti pubblici. È quindi necessaria
l’attivazione di un giudizio ordinario, mediante vocatio in ius davanti alla corte d’appello
competente sulla base del criterio del luogo di attuazione dell’atto stesso; l’atto pubblico ricevuto
all’estero costituisce titolo per l’attuazione e l’esecuzione forzata. Trattasi peraltro di
procedimento che presenta analogie con quello già disciplinato nella convenzione di bruxelles,
concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle sentenze in materia civile e
commerciale. L’atto di cui si domanda l’attuazione deve essere qualificabile come atto pubblico
ricevuto in uno stato. Alla legge straniera dovrà farsi riferimento per valutare la qualità di
pubblico ufficiale del soggetto che ha ricevuto l’atto all’estero, la competenza dello stesso e la
regolarità delle forme impiegate. Nel silenzio della norma deve ritenersi comunque operante il
limite dell’ordine pubblico.

14. IL RICONOSCIMENTO E L’ESECUZIONE DELLE SENTENZE ARBITRALI STRANIERE

Non rientrando nell’ambito della normativa europea il riconoscimento e l’esecuzione delle


sentenze arbitrale straniere sono disciplinati dalla convenzione di new york del 1958. In forza di
questa ciascuno stato contraente si impegna a riconoscere l’autorità di una sentenza arbitrale
straniera e ad accordarne l’esecuzione conformemente alle proprie norme di procedura. Il
soggetto che intende far valere in italia un lodo straniero deve proporre ricorso al presidente
della corte d’appello nella cui circoscrizione risiede l’altra parte, producendo il lodo in originale o
in copia conforme. Il presidente della corte dichiara con decreto l’efficacia del lodo previo
accertamento della sua regolarità sul piano formale. Il riconoscimento viene rifiutato se la
controversia non poteva formare oggetto di compromesso secondo la legge italiana. Condizioni
ostative al riconoscimento:

• Il fatto che la convenzione sia invalida o le parti fossero affette da incapacità;

• Il fatto che la parte contro cui il lodo è invocato non sia stata debitamente informata o
non sia stato in grado di far valere le sue difese

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• Il fatto che il lodo arbitrale riguardi una controversia non contemplata nel compromesso;

• Il fatto che la costituzione del tribunale arbitrale e lo svolgimento della procedura non
siano stati conformi a quanto previsto dall’accordo fra le parti

• Il fatto che il lodo non sia ancora divenuto vincolante tra le parti

L’opposizione si propone mediante citazione davanti alla corte d’appello.

Capitolo V: Cooperazione giudiziaria in materia civile: assunzione di mezzi di


prova e notificazioni
1 COOPERAZIONE GIUDIZIARIA PER L’ASSUNZIONE DI MEZZI DI PROVA

L’assunzione di mezzi di prova disposti da giudici stranieri in materia civile rientra nell’ambito
della cooperazione giudiziaria prevista dall’art 81 TFUE; in forza di questo il parlamento e il
consiglio europeo, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano, se
necessario al buon funzionamento del mercato interno, misure volte a garantire la cooperazione
nell’assunzione dei mezzi di prova. Nell’esercitare la competenza così stabilita la CE ha emanato il
regolamento 1206/2001, che trova applicazione sia nel caso in cui l’autorità giudiziaria di uno
stato membro richieda all’autorità giudiziaria di altro stato membro di assumere prove, sia nel
caso in cui la prima ritenga di procedere direttamente nell’altro stato membro. Nel primo caso
l’autorità dello stato richiesto procede in applicazione della legge locale, e se del caso, secondo le
modalità indicate dall’autorità del richiedente, a condizione che ciò non incappi in cause ostative.
Nella seconda ipotesi l’assunzione diretta ha luogo se può procedersi su base volontaria, senza
che siano necessarie misure coercitive.

Le richieste di assunzione dei mezzi di prova devono provenire dall’autorità giudiziaria presso la
quale il procedimento è pendente. L’assunzione dei mezzi segue le regole in vigore nello stato
richiesto. Tuttavia l’autorità giudiziaria richiedente può chiedere di procedere con una procedura
particolare. Le parti hanno la facoltà di assistere all’assunzione delle prove a condizione che ciò
sia previsto dalla legge dello stato richiesto.

Nel caso di richiesta di audizione la persona in questione può rifiutarsi di deporre qualora ciò sia
previsto dalla legge dello stato richiesto o richiedente.

Per la materia rientrante nel suo ambito di applicazione il regolamento prevale sulle disposizioni
contenute nelle convenzioni internazionali e in particolare:

• Nella convenzione dell’aia del 1954: prevede che l’autorità giudiziaria di uno stato
contraente possa richiedere all’autorità competente in altro stato contraente di eseguire,
nella propria giurisdizione, un atto di istruzione. L’autorità giudiziaria a cui p diretta la
richiesta è tenuta ad eseguirla servendosi degli stessi mezzi coercitivi utilizzabili per
l’esecuzione di una richiesta delle autorità dello stato cui appartiene. Tale richiesta può
essere rifiutata se la sua esecuzione non rientra nelle attribuzioni del potere giudiziario
dello stato richiesto, oppure se è tale da portare pregiudizio alla sovranità o alla
sicurezza dello stesso stato.

• Convenzione dell’aia del 1970; prevede che l’autorità giudiziaria di uno stato contraente

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possa chiedere all’autorità competente di un altro stato contraente di compiere ogni atto
di istruttoria nonché ogni altro atto giudiziario. Sul piano procedurale, si ribadisce il
principio secondo cui l’autorità giudiziaria che procede all’esecuzione di una rogatoria
applica le leggi del proprio paese, essendo tuttavia ammesso che conformemente a
quanto domandato dall’autorità richiedente, si possa seguire un metodo particolare di
procedura. In ogni caso la richiesta può essere rifiutata nel caso in cui la relativa
esecuzione non rientri nelle attribuzioni del potere giudiziario dello stato richiesto.

Qualora né le previsioni contenute nel regolamento né le previsioni contenute nelle convenzioni


internazionali trovino applicazione, l’assunzione delle prove disposte da giudici stranieri è
regolata dall’art 69 legge 218. Le sentenze e i provvedimenti di giudici stranieri riguardanti esami
di testimoni, accertamenti tecnici, giuramenti, interrogatori o altre prove da assumersi nella
repubblica sono resi esecutivi con decreto della corte di appello del luogo in cui si deve
procedere a tali atti. Sul piano procedurale, se l’assunzione dei mezzi di prova è chiesta dalla
parte interessata, l’istanza è proposta mediante ricorso, al quale deve essere unita copia
autentica della sentenza o del provvedimento che ha ordinato gli atti chiesti. Se invece
l’assunzione è domandata dal giudice straniero la richiesta deve essere trasmessa in via
diplomatica. In relazione all’istanza presentata la corte si pronuncia in camera di consiglio,
mediante decreto motivato. Nel valutare l’accoglibilità della richiesta il criterio di riferimento può
individuarsi nel concetto di compatibilità dell’esecuzione con i principi dell’ordinamento italiano.

L’assunzione in italia di mezzi di prova disposti da giudici stranieri può essere effettuata anche in
via diplomatica, in tal caso, se la richiesta per l’assunzione di mezzi di prova è fatta in via
diplomatica e la parte interessata non ha costituito un procuratore che promuova l’assunzione, i
provvedimenti necessari sono pronunciati d’ufficio dal giudice procedente e le notificazioni a
cura del cancelliere.

2 COOPERAZIONE IN MATERIA DI NOTIFICAZIONI

Anche la notificazione di atti viene disciplinata dell’ambito della cooperazione giudiziaria in


materia civile. Nel TFUE il parlamento e il consiglio, deliberando secondo la procedura ordinaria,
adottano, se necessario, misure volte a garantire la notificazione e la comunicazione
transnazionale di atti giudiziari ed extra regolamento del 200 sostituito da uno del 2007:
ciascuno stato membro designa i pubblici ufficiali, le autorità o i soggetti competenti per
trasmettere gli atti giudiziari che devono essere comunicati o notificati in altro stato membro.
L’atto da trasmettere viene corredato da apposita domanda, redatta secondo le previsioni del
regolamento. Alla sua ricezione, l’organo ricevente provvede a darne conferma all’organo
mittente e procede o fa procedere alla notificazione secondo la propria legge nazionale. La data
della notificazione viene considerata quella in cui l’atto è stato notificato secondo la legge dello
stato richiesto. Va ricordato che ci sono anche altri regolamenti.

Per la materia rientrante nel suo ambito di applicazione la disciplina contenuta nei regolamenti
prevale sulle disposizioni delle convenzioni, in particolare su quella dell’aia che stabilisce che le
notificazioni di atti destinati a persone che si trovano all’estero si facciano a domanda del
console dello stato richiedente.

In mancanza di regolamenti e disposizioni dei trattati valgono le norme della legge 218: la
notificazione di citazioni a comparire davanti ad autorità straniere o altri provvedimenti da uno

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stato estero è autorizzata dal pm presso il tribunale nella cui giurisdizione la notificazione si deve
eseguire. Qualora invece la notificazione sia richiesta in via diplomatica, essa è eseguita a cura
del pm, da un ufficiale giudiziario da lui richiesto.

PARTE SPECIALE
Capitolo VI: Capacità e diritti delle persone fisiche
Disposizioni del Capo II titolo III- Capacità e diritti delle persone fisiche.

Art. 20 Capacità giuridica delle persone fisiche 1. La capacità giuridica delle persone fisiche è
regolata dalla loro legge nazionale. Le condizioni speciali di capacità, prescritte dalla legge
regolatrice di un rapporto, sono disciplinate dalla stessa legge.

• Capacità giuridica: idoneità ad essere titolare di diritti e di obblighi;

• Capacità di agire:idoneità ad esercitare direttamente quei diritti.

Ci sono diritti che si acquisiscono con la nascita ma che non si possono esercitare subito; ci sono
invece altri diritti che non si acquisiscono già alla nascita, ma solo con la maggiore età: diritto a
contrarre matrimonio, e questo diritto il minorenne non puo esercitarlo neanche mediante un
rappresentante.

Legge applicabile alla capacità giuridica: criterio di collegamento utilizzato è quello della
cittadinanza. Quindi la legge applicabile alla capacità giuridica è la legge individuata sulla base
del criterio della cittadinanza. Allora dobbiamo esaminare le regole generali in relazione alla
cittadinanza. Art. 19:

Pluralità di cittadinanze II comma> il giudice deve ricorrere al criterio del collegamento piu
stretto, ma nel caso in cui una delle cittadinanze sia quella italiana, questa cittadinanza italiana
prevale in assoluto, incondizionatamente. Ma questa previsione è in contrasto con il diritto
dell'UE, in base al principio di non discriminazione, che impone di non discriminare sulla base
della cittadinanza. Il giudice in questo caso dovrà utilizzare il criterio precedente, che è un
criterio asettico, che consente al giudice di valutare quale tra le cittadinanze deve prevalere, sulla
base del criterio del collegamento piu stretto (connessione).

Dobbiamo distinguere tra capacità generale e capacità speciale.

• Capacità giuridica generale: è quella che riguarda ogni diritto e obbligo e si acquisisce
con la nascita;

• Capacità giuridica speciale: è quella che riguarda specifiche fattispecie (capacità a


contrarre matrimonio – si acquista con la maggiore età). È regolata dalla legge che
disciplina i rapporti familiari.

Quindi i casi di capacità giuridica speciale, vengono sottratti alla regola della cittadinanza, e
vengono invece assorbite nelle discipline di conflitto speciali per quella fattispecie. La regola del
criterio di collegamento della cittadinanza vale solo per la capacità giuridica generale.

Art. 21 COMMORIENZA. Quando occorre stabilire la sopravvivenza di una persona ad un'altra e


non consta quale di esse sia morta prima, il momento della morte si accerta in base alla legge

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regolatrice del rapporto rispetto al quale l'accertamento rileva.

Commorienza = due persone legate da vincolo di parentela, o anche non legate da vincoli di
parentela, ma da vincoli giuridici di altro tipo (rapporti contrattuali), muoiono in circostanze per
cui non è dato stabilire quale sia morto per primo e quale per secondo. Assume rilevanza in
funzione del rapporto rispetto al quale la commorienza va regolata. La soluzione adottata dal
legislatore è quella di porre una regola diversa rispetto a quella generale prevista per la capacità
giuridica generale. La legge applicabile alla commorienza è quella individuata come applicabile
sulla base delle regole di conflitto, relative al rapporto giuridico per cui il problema della
commorienza si pone.È una norma che rinvia alle norme di conflitto previste dalla legge, che
riguardano fattispecie diverse. Quindi se la commorienza rileva a fini successori, il problema della
conmorienza dovrà essere risolto sulla base della legge individuata come applicabile dalla norma
di conflitto in materia di successione. Cio per rendere funzionale la determinazione della legge
applicabile alla fattispecie.

Art. 22 Scomparsa, assenza e morte presunta 1. I presupposti e gli effetti della scomparsa,
dell'assenza e della morte presunta di una persona sono regolati dalla sua ultima legge
nazionale.

2. Sussiste la giurisdizione italiana per le materie di cui al comma 1:

a) se l'ultima legge nazionale della persona era quella italiana;

b) se l'ultima residenza della persona era in Italia;

c) se l'accertamento della scomparsa, dell'assenza o della morte presunta può produrre effetti
giuridici nell'ordinamento italiano.

Terza previsione attiene alla scomparsa, assenza e morte presunta.

• Scomparsa: un soggetto non è piu presente presso il domicilio e la residenza, e non se ne


ha piu notizia.

• Assenza: la scomparsa è prolungata per almeno due anni e si chiede alla volontà della
giurisdizione di provvedere, con un provvedimento che accertata la scomparsa
prolungata per almeno due anni, dichiara l'assenza del soggetto, consentendo agli eredi
(non di succedere) di immettersi nel possesso dei beni dell'assente. Ma non è una
successione.

Sei poi l'assente o il scomparso si fa vivo, viene reintegrato nel possesso dei suoi beni, che
devono essere restituiti.

• Morte presunta: prolungatasi l'assenza per almeno 10 anni, il tribunale dichiara la morte
presunta, che comporta l'apertura della successione. Se il presunto morto dovesse
ritornare, è chiaro che i beni ancora nel possesso degli eredi devono essere restituiti. Ma
sino a quando non si verifica questa eventualità, gli eredi subentrano nelle situazioni
attive e passive del presunto morto. Successione a titolo universale quindi.

Queste tre fattispecie sono vicende che incidono sulla capacità giuridica, lo scomparso è colui
che oggettivamente, perchè non è piu presente presso il domicilio e presso la dimora, e non se
ne ha piu notizie, non puo piu occuparsi dei suoi affari, non puo piu esercitare i suoi diritti,
occorre chequalcun altro si occupi dei suoi beni e per questo viene nominato un curatore. È una
situazione di fatto, che viene poi definita con un provvedimento del tribunale. Quindi è affine a
una situazione di incapacità. Il criterio di collegamento è quello della cittadinanza per tutte e tre
le fattispecie. La legge nazionale regola i requisiti per la dichiarazione dello stato di assenza,
scomparsa e morte presunta. Sul piano processuale è l'art. 12 che stabilisce qual'è la procedura

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da seguire: ricorso al tribunale in volontaria giurisdizione. Il problema dell'assenza, scomparsa e


morte presunta, pone anche un problema di stretto legame tra le condizioni sostanziali perchè si
delini una situazione di scomparsa senza morte presunta, e la dichiarazione del tribunale. Perchè
senza la dichiarazione del tribunale, quesze condizioni rimangono solo una circostanza di fatto
che non giustifica l'impossessamento da parte degli eredi dei beni del presunto scomparso, se
questo non è stato dichiarato tale dal tribunale.

II comma Art. 22: individua dei criteri di giurisdizione. Questi criteri sono ulteriori ai criteri di
giurisdizione posti dalla legge del 95 n 218. art. 9 che introduce una previsione generale in
materia di volontaria giurisdizione (si riferisce alla cittadinanza e residenza in Italia). Nonostante
questa previsione, l'art. 22 introduce una previsione speciale, che opera in aggiunta ai criteri
speciali posti dall'art. 9 in materia di volontaria giurisdizione, per quanto riguarda l'assenza,
scomparsa o morte presunta. Percio potremmo definire questa previsione specialissima, anche
se non è molto corretto.

Il legislatore l'ha fatto per assicurare che per fattispecie che presentino un collegamento con il
nostro ordinamento, diverso dalla cittadinanza attuale o dalla residenza attuale, di una persona
che non c'è piu fisicamente, ha cessato di avere un legame stabile con il luogo di domicilio o di
residenza, quindi assicurare che quando vi sia un collegamento con il nostro ordinamento, sia il
giudice italiano a dichiarare la scomparsa, assenza, morte presunta.

Comma II dell'art. 22 pone Tre ulteriori criteri di collegamento: l'intento è di coprire ogni
possibile

fattispecie, e sono:

-La legge dell'ultima cittadinanza della persona: quindi la giurisdizione italiana sussiste in materia

di assenza, scomparsa o morte presunta, se l'ultima legge nazionale della persona era quella
italiana;

-Ultima residenza in Italia: quindi se la persona ha avuto piu residenze, l'ultima residenza era in

italia, quella residenza consente di affermare la giurisdizione del giudice italiano.

Se facciamo un confronto con l'art. 9 (fa riferimento alla persona residente in Italia) si riferisce
alla

situazione attuale. Invece qui si fa riferimento ad un criterio di collegamento per una persona
che è

assente, scomparsa o morta, e quindi non ha piu residenza, percio la norma per dare chiarezza,
fa

riferimento all'ultima residenza che aveva prima che venisse meno il soggetto;

-Lettera c comma II> Criterio di collegamento esorbitante, cioè un criterio che non esprime una

connessione, in deroga a quanto avviene normalmente, cioè si pone in contrasto con la logica
stessa

del criterio di collegamento. Qui c'è una esorbitanza che pero non sconfina in una illegittimità

costituzionale.

E dice: si applica la legge italiana, per assenza, scomparsa o morte presunta, quando senza la

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scomparsa o la morte presunta puo produrre effetti giuridici nell'ordinamento italiano.

Non c'è nessun contatto sostanziale.

Esempio: Cittadino straniero residente all'estero, ma che ha dei beni in Italia, scompare, è
assente. I suoi beni in Italia saranno amministrati, dopo la dichiarazione di scomparsa, da chi
viene indicato dal giudice italiano, con la dichiarazione di scomparsa. Anche se il soggetto non ha
nessun collegamento con il nostro ordinamento. È un criterio di giurisdizione esorbitante, nel
senso che collega la norma senza che a questo collegamento fatto dalla norma corrisponda un
collegamento nella realtà, quindi effettivo tra il soggetto scomparso e la giurisdizione del giudice
italiano.

Esempio: Cittadino statunitense ha beni in Italia e scompare. In Italia ci sono soggetti interessati
ad ottenere la dichiarazione di assenza scomparsa o morte presunta. Si rivolgono al giudice
italiano. Legge applicabile è quella americana, in base al criterio dell'ultima legge nazionale,
dell'ultima residenza del soggetto. Il giudice italiano allora non applicherà la legge italiana, ma
quella americana, per dichiarare la scomparsa.

Il soggetto non è mai stato cittadino italiano. Il giudice italiano applicherà l'ultima legge
nazionale per effettuare la dichiarazione di scomparsa, assenza, morte presunta.

Art. 23 Capacità di agire delle persone fisiche 1. La capacità di agire delle persone fisiche è
regolata dalla loro legge nazionale. Tuttavia, quando la legge regolatrice di un atto prescrive
condizioni speciali di capacità di agire, queste sono regolate dalla stessa legge.

2. In relazione a contratti tra persone che si trovano nello stesso Stato, la persona considerata
capace dalla legge dello Stato in cui il contratto è concluso può invocare l'incapacità derivante
dalla propria legge nazionale solo se l'altra parte contraente, al momento della conclusione del
contratto, era a conoscenza di tale incapacità o l'ha ignorata per sua colpa.

3. In relazione agli atti unilaterali, la persona considerata capace dalla legge dello Stato in cui
l'atto è compiuto può invocare l'incapacità derivante dalla propria legge nazionale soltanto se ciò
non rechi pregiudizio a soggetti che senza loro colpa hanno fatto affidamento sulla capacità
dell'autore dell'atto.

4. Le limitazioni di cui ai commi 2 e 3 non si applicano agli atti relativi a rapporti di famiglia e di
successione per causa di morte, ne agli atti relativi a diritti reali su immobili situati in uno Stato
diverso da quello in cui l'atto è compiuto.

Capacità di agire: capacità di esercitare diritti e obblighi. Il minore ha la sua capacità di agire
fortemente limitata, esempio non puo comprare un immobile, sarà il curatore nominato dal
tribunale di volontaria giurisdizione, o chi esercita la patria potestà, perchè il minore ha capacità
giuridica ma non di agire.

Legge applicabile alla capacità di agire: legge nazionale. Si distingue anche questa in>

-Generale: è regolata dalla legge nazionale.

-Speciale: capacità di acquistare immobili per es. Per esercitare questo suo diritto ha bisogno
dell'intervento di un altro soggetto. Questa è regolata dalla legge che disciplina la fattispecie
rispetto alla quale la capacità di agire si pone. Es: sudamericano di 19 anni viene in Italia e vuole
comprare un immobile, per questo firma una promessa di acquisto per un certo prezzo. Nel suo
paese la maggiore età si consegue a 20 anni. Tornato in sudamerica ci ripensa, perchè secondo la
sua legge non ha ancora la maggiore età e il contratto sarebbe inefficace. Il venditore allora trova
la cosa sostanzialmente iniqua, perchè aveva firmato l'impegno a non vendere ad altri
l'immobile. Per lui il soggetto poteva acquistare avendo 18 anni. Lo pseudo acquirente puo

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sottrarsi all'impegno legittimamente, solo se lo pseudo venditore era a conoscenza di questo suo
difetto di capacità di agire. Oppure quando questo lo ha ignorato per colpa e poteva venirne a
conoscenza facilmente.

Questa previsione non contiene una norma di conflitto, ma limita gli effetti della norma di
conflitto a tutela della buona fede. Non puoi usare una norma di conflitto, per ottenere un
risultato che sarebbe iniquo, perchè quel risultato va a violare il rispetto della buona fede. Quindi
tutela la certezza dei traffici commerciali, la certezza del diritto. Dice che nel caso in cui il
contratto sia concluso nello stesso Stato, non puo essere invocata l'incapacità prevista dalla sua
legge nazionale, se questa incapacità non era nota all'altro contraente o se avrebbe dovuta
conoscerla utilizzando la normale diligenza.

Questo principio vale anche in caso di atto unilaterale: anche qui puo sorgere la necessità di
tutelare la buona fede. Il principio è sempre uguale ex III comma della norma>3. In relazione agli
atti unilaterali, la persona considerata capace dalla legge dello Stato in cui l'atto è compiuto può
invocare l'incapacità derivante dalla propria legge nazionale soltanto se ciò non rechi pregiudizio
a soggetti che senza loro colpa hanno fatto affidamento sulla capacità dell'autore dell'atto.

La norma di conflitto dice che si applica alla capacità di agire la legge nazionale, ma questa non si
puo invocare se facendolo si va a pregiudicare la buona fede del contraente, che ha presunto che
in base alla tua legge nazionale tu fossi capace e invece non lo sei.

Art. 24 Diritti della personalità 1. L'esistenza ed il contenuto dei diritti della personalità sono
regolati dalla legge nazionale del soggetto; tuttavia i diritti che derivano da un rapporto di
famiglia sono regolati dalla legge applicabile a tale rapporto.

2. Le conseguenze della violazione dei diritti di cui al comma 1 sono regolate dalla legge
applicabile alla responsabilità per fatti illeciti.

Legge applicabile ai diritti della personalità: è la legge nazionale del soggetto, con delle eccezioni.

Cosa intendiamo per diritti della personalità: per determinare la portata di questi diritti facciamo
riferimento alla legge italiana: diritti che ineriscono al soggetto, es. diritto al nome, all'onore, alla
riservatezza. Diritto personali assoluti e strettamente legati al soggetto.

La scelta del legislatore è quella di fare una distinzione:

-Diritti della personalità in sè: regolati dalla legge nazionale dal soggetto.

-Diritti della personalità in alcune fattispecie particolari: in particolare diritti che derivano da

rapporti di famiglia: è la legge applicabile alla fattispecie (Rapporti di famiglia) che stabilisce
quale

sia la legge applicabile. Diritto della moglie all'utilizzo del cognome del marito è un diritto
regolato dalla legge applicabile ai rapporti di famiglia.

In caso di violazione dei diritti alla personalità: vi è un illecito (quando c'è una condotta
antigiuridica, un pregiudizio e un nesso causale tra condotta e pregiudizio). Le conseguenze di
quell'illecito sono regolate, in relazione a una fattispecie con elementi di estraneità. Se
dovessimo applicare la regola generale>

Esempio: attore americano che ha acquistato villa in Italia, il cui onore viene pregiudicato dalla
pubblicazione di articoli che mettono in discussione il suo onore. Nel caso in cui la violazione di
un diritto alla personalità comporti un illecito, la legge applicabile all'illecito è la legge che
comunemente si applica agli illeciti: È la Legge del luogo in cui si è verificato l'evento illecito.

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Quindi nel nostro esempio, il giudice italiano avente giurisdizione, va ad applicare non la legge
statunitense ma la legge italiana (luogo dell'evento). Questa seconda legge è pensata dal
legislatore come la legge che meglio possa regolare l'illecito.

N.B: vi sono Convenzioni Internazionali (Convenzione di Monaco del 1980 – diritto al nome) in
materia. Sono la Seconda fonte rilevante che trova applicazione. La convenzione di monaco, in
particolare, opta per il criterio della cittadinanza.

Persone giuridiche
1. Le società, le associazioni, le fondazioni ed ogni altro ente, pubblico o privato, anche se privo
di natura associativa, sono disciplinati dalla legge dello Stato nel cui territorio è stato
perfezionato il procedimento di costituzione. Si applica, tuttavia, la legge italiana se la sede
dell'amministrazione è situata in Italia, ovvero se in Italia si trova l'oggetto principale di tali enti.

2. In particolare sono disciplinati dalla legge regolatrice dell'ente:

a) la natura giuridica;

b) la denominazione o ragione sociale;

c) la costituzione, la trasformazione e l'estinzione;

d) la capacità;

e) la formazione, i poteri e le modalità di funzionamento degli organi;

f) la rappresentanza dell'ente;

g) le modalità di acquisto e di perdita della qualità di associato o socio nonché i diritti e gli
obblighi inerenti a tale qualità;

h) la responsabilità per le obbligazioni dell'ente;

i) le conseguenze delle violazioni della legge o dell'atto costitutivo.

3. I trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi
hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati. La
legge applicabile a società ed altri enti, è quella del luogo in cui si è perfezionato il procedimento
di costituzione. Prima bisogna individuare la fattispecie (società ed altri enti,associazioni,
fondazioni, anche pubblici e anche privi di natura associativa) e poi il criterio di collegamento.

L'espressione utilizzata dal legislatore, è cosi ampia, da comprendere qualunque ente diverso
dalle persone fisiche, comprende enti regolati da leggi piu diverse. La fattispecie regolata
riguarda qualunque ente diverso dalla persona fisica, che sia o meno dotato di personalità.

La personalità è caratteristica degli enti che hanno autonomia patrimoniale rispetto ai soci (es.
società di capitali, i soci non rispondono per le obbligazioni della società); la società di persone
non ha invece personalità (non ha autonomia patrimoniale)ma una soggettività, ma queste
distinzioni non rilevano, la norma comprende ogni ente aldilà della natura dell'attività svolta,
aldilà del fatto che abbia carattere associativo o meno, aldilà del fatto che abbia personalità o
soggettività, l'ente puo anche essere di natura pubblica (nella misura in cui è soggetto a norme di
diritto privato ovviamente). Pone una fattispecie piu ampia possibile: quello che conta è che
l'ente è diverso dalla persona fisica. Criterio di collegamento: è il luogo in cui si è perfezionato il
procedimento di costituzione. Questo è un tipo di criterio di collegamento oggettivo, di diritto,
fisso. È triplice: uno generale e poi altri due che funzionano in via unilaterale. Questi ultimi due

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criteri prevalgono sul primo. Il luogo si determina in base al tipo di ente. Società di capitali il
luogo di perfezionamento è il luogo in cui si è iscritta la società nel registro delle imprese.

Bisognerà verificare in concreto dove si è perfezionato, concluso, il procedimento di costituzione.


Ci sono pero rispetto a questa regola delle eccezioni: art. 25 dice dopo aver enunciato la regola
appena detta, che in ogni caso si applica la legge italiana se in Italia è situata la sede
dell'amministrazione o in Italia si trova l'oggetto principare di tali enti.

È una previsione che rende applicabile comunque la legge italiana, integra la previsione
precedente dicendo i casi in cui si applica comunque la legge italiana.

Implicazioni di questa previsione: esempio>noi decidiamo di acquistare degli immobili in Italia


per gestirli. Per questo costituiamo una società in Lussemburgo, perchè la cessione di quote
secondo il diritto lussemburghese, comporta una tassazione meno onerosa. Quella società ha
come oggetto la gestione e l'acquisto di immobili in Italia. La società viene iscritta nel registro
delle imprese in Lussemburgo. Quindi se sorge una controversia la legge applicabile è quella
lussemburghese. Ma se viene gestita dall'Italia o l'oggetto principale dell'ente è localizzato in
Italia, si applica la legge italiana. Quindi ha implicazioni molto importanti: si applicherà la legge
italiana.

Si discute della legittimità di questa previsione, nella misura in cui va a inficiare la libertà del
soggetto di decidere dove localizzare la società, e decidere percio la legge applicabile in relazione
a quella società, in base al criterio di collegamento generale.

Quindi la norma di conflitto prevede in via generale come criterio di collegamento il luogo in cui
si è perfezionata la costituzione dell'ente (criterio bilaterale), Ma si completa con due ulteriori
criteri di collegamento che hanno funzione unilaterale>ha una sola soluzione: attraggono la
fattispecie rendendo applicabile la legge italiana. È un criterio unilaterale, perchè vale solo nella
misura in cui comporta l'applicazione della legge italiana. Quindi questi due criteri di
collegamento devono essere ben analizzati.

• Sede dell'amministrazione: oggettivo, variabile nel tempo, misto. La sede


dell'amministrazione si determina, individuando il luogo dove si prendono le decisioni
gestionali di rilievo, e non sempre coincide con la sede legale della società.

• Oggetto principale (non esclusivo) localizzato in Italia: 90% di immobili in cui investe si
trovano in Italia, e solo il restante 10% in Spagna.

Questi due criteri prevalgono sul primo, che è quello generale. Funzionano solo da un punto di
vista unilaterale: se la società si è costituita in Italia, ma l'oggetto principale e la sede
amministrativa sono localzzati all'estero, questo non ha nessuna rilevanza, perchè non
attribuisce comunque l'applicazione della legge lussemburghese anche se la sede
dell'amministrazione è in Lussemburgo, perchè ha portata appunto unilaterale, funzionano solo
in favore dell'applicazione della legge italiana.

Ambito di applicazione della legge cosi individuata come applicabile.

Esempio: si applica la legge italiana. Società costituita in Italia, le cui quote sono detenute da
soggetti residenti all'estero. Quindi si costituisce davanti a un notaio italiano, una S.r.l. con due
soci : uno francese e uno lussemburghese. La legge applicabile alla società è quella italiana in
base al primo criterio generale, il secondo e il terzo non sono presi in considerazione perchè il
risultato che si ottiene con il primo criterio è quello voluto dal legislatore.

Distinzione tra profili contrattuali e profili societari: Il socio francese cede le sue quote al socio
lussemburghese, cosi cambia un socio, il contratto di cessione di quote, anche se ha impatto

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sulla vita societaria, è comunque una fattispecie che ha solo natura contrattuale, percio questo
contratto è soggetto alla legge che si applica al contratto. Quindi la legge applicabile è quella
lussemburghese perchè il contratto è stato firmato li.

II comma: legge applicabile è quella applicabile alla società.

Elenco esemplificativo di fattispecie di diritto societario puro> la natura giuridica (società capitali,
di persone ecc..); denominazione sociale; costituzione; trasformazione; estinzione; capacità (puo
comprare immobili, effettuare donazioni); rappresentanza dell'ente; posizione del socio (diritti,
obblighi, come si diventa socio); organizzazione, conseguenze per la violazione della legge o
dell'atto costitutivo; responsabilità degli amministratori.

Capitolo VIII: Matrimonio e divorzio


MATRIMONIO E ISTITUTI AFFINI. LE FONTI DELLA DISCIPLINA

La disciplina di diritto internazionale privato e processuale civile internazionale del matrimonio


deriva dal concorrere e intersecarsi della normativa nazionale con quella comunitaria, e con
qualche residuale rilevanza di convenzioni internazionali. È oggetto della disciplina comunitaria
di applicazione universale, cioè con norme uniformi dirette a richiamare indifferentemente ogni
ordinamento di paese membro o terzo, la determinazione della legge applicabile alla
separazione e al divorzio, ma non all’annullamento. Il regolamento 1259/2012 che sostituisce
l’art 31 della legge 218 nella stessa materia, pur se è stato adottato nell’esercizio della
cooperazione rafforzata da un gruppo ristretto di stati membri (Italia, Belgio Bulgaria Francia
spagna..) per i restanti continuando a valere le rispettive norme nazionali. La giurisdizione e il
riconoscimento delle decisioni in materia di annullamento, separazione e divorzio risultano
coordinati tra tutti gli stati membri, eccetto la Danimarca.

La nozione di matrimonio cui si riferiscono le norme è lasciata alla qualificazione del foro
l’esistenza e la validità di un matrimonio costituiscono questioni preliminari da apprezzarsi, con
considerazione disgiunta secondo la legge per ciò competente, determinata dai singoli giudici
comunitari in base alle qualificazioni e alle corrispondenti norme di diritto internazionale privato
proprie dei rispettivi ordinamenti. Allo stato attuale dell’ordinamento italiano, le norme nazionali
o comunitarie processuali o sulla legge applicabile riferite all’istituto matrimoniale si
applicheranno esclusivamente ai rapporti costituenti matrimonio secondo i principi del foro,
escludendo i vincoli tra persone dello stesso sesso. È tuttavia ammissibile che determinati effetti
del vincolo matrimoniale omossessuale costituito all’estero potranno trovare applicazione in
italia sotto diversi profili, al punto da raggiungere di fatto una omogeneità di trattamento nella
vita familiare tra matrimonio eterosessuale e omossessuale:

• Il matrimonio omossessuale costituito all’estero potrà valere per il soggiorno del coniuge
cittadino comunitario;

• Non è considerato libero di contrarre un nuovo matrimonio lo straniero che risulti


vincolato da un matrimonio omosessuale all’estero.

Per quanto riguarda i vincoli derivanti da patti di convivenza o unioni civili registrate non sono
assimilate al matrimonio in italia. Tali accordi costituiti all’estero potranno far valere i propri
effetti anche in italia, il vincolo derivante da tali rapporti non comporta tuttavia una limitazione
della capacità matrimoniale.

2 LA FORMAZIONE DEL MATRIMONIO

La legge italiana di diritto internazionale privato prende in considerazione anche dei


comportamenti prodromici alla conclusione di un matrimonio, dando rilevanza alla promessa e

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alla rottura della stessa scelta opinabile poiché la sua unica consistenza è intesa al risarcimento
delle speso sostenute in vista dell’evento che non si verifica più, escluso qualsiasi risarcimento
morale.

Nei confronti del cittadino che contrae matrimonio all’estero e dello straniero che lo fa in italia gli
artt 116 e 115 cc richiedono la soddisfazione di una serie di condizioni previste come di
applicazione necessaria dalla legge italiana, escludendo quelle straniere corrispondenti ma
consentendo ad altre non contrastanti di aggiungersi. L’intervento dell’ordina pubblico e il favor
per la libertà matrimoniale escludono la presa in considerazione di limitazioni alla stessa
disposte da leggi straniere in base a differenze di razza o religione, o a vincoli derivanti da voti o
condizione ecclesiastica. Qualora tale situazione si dia e ad esempio impedisca nell’ordinamento
di appartenenza alla donna islamica di sposarsi in italia con un non musulmano e non le
consenta di ottenere la certificazione di capacità matrimoniale, questa può essere superata con
la richiesta all’autorità giudiziaria di autorizzare comunque le pubblicazioni.

Il requisito dello stato libero resta pur esso sottoposto alla legge nazionale del nubendo,
comprensiva degli effetti che in essa si siano prodotti a seguito di decisioni o atti che abbiano
portato al suo riacquisto. Lo stato libero potrà anche derivare dalla non applicazione della legge
nazionale del soggetto, ma da una decisione giudiziaria, italiana o straniera, che abbia ricevuto
riconoscimento in italia. Tuttavia, se può ammettersi la prevalenza nel nostro ordinamento di
situazioni di stato libero prodotte dal giudice italiano in base alla legge da questi considerata
competente o da quella del foro, più opinabile appare il consentire il prodursi di situazioni di
matrimoni claudicanti quando siano in gioco ordinamenti diversi, ad esempio dando
riconoscimento a decisione sullo stato libero di un giudice di pace diverso da quello di
cittadinanza per il quale il matrimonio continuerebbe a valere.

Agli stranieri sono aperte in italia le forme del matrimonio civile e, ove ne ricorrano i
presupposti, del matrimonio concordatario. La assurda limitazione che richiedeva allo straniero,
per l’ammissione al matrimonio in italia, la regolarità del soggiorno nello stato, ha trovato
sanzione di incostituzionalità. Si ammette in giurisprudenza che l’italiano all’estero possa
contrarre matrimonio esclusivamente in forma canonica cattolica conseguendo in italia gli effetti
del matrimonio concordatario, qualora vengano posti in essere gli adempimenti a ciò richiesti dal
nostro ordinamento.

3 RAPPORTI TRA CONIUGI

La legge regolatrice dei rapporti tra coniugi è ancora determinata dalle norme italiane, che
distinguono al riguardo tra rapporti personali o patrimoniali (per questi ultimi è in corso di
elaborazione un regolamento comunitario). La distinzione va compiuta in base alle qualificazioni
del foro, perciò rientrano tra i rapporti personali anche quanti, pur con contenuti patrimoniali,
ne costituiscono un aspetto, quali l’obbligo di assistenza reciproca e di contribuzione alle spese
familiari. La distinzione appare tuttavia di scarsa significatività pratica, stante che le due norme
utilizzano i medesimi criteri, asciando alle parti per i rapporti patrimoniali una limitata scelta
della legge applicabile. Vale innanzi tutto la cittadinanza comune dei coniugi,, che, se straniera,
prevale sull’eventuale possesso della cittadinanza italiana di uno tra essi; sempre in deroga ai
criteri della generale prevalenza della cittadinanza italiana, in ipotesi di doppia cittadinanza in
capo a entrambi i coniugi, si ricorre al criterio successivo previsto per le ipotesi di difformità o
pluralità di cittadinanza. Questo è dato dalla legge dello stato ove la vita matrimoniale risulti
prevalentemente localizzata, il che consente al giudice di svolgere un indagine fattuale cui
concorre una pluralità di circostanze: va dunque ricostruito lo sviluppo complessivo della vicenda
familiare. Il criterio sembra sfuggire al funzionamento del rinvio.

Per i rapporti patrimoniali è data ai coniugi la facoltà di determinare, in luogo della legge
applicabile ai rapporti personali, altra legge dello stato di cui almeno uno di essi sia cittadino o di
cui sia residente, mediante convezione da concludersi in forma scritta. La convenzione può

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intervenire in qualunque momento anche anteriore alla celebrazione del matrimonio, ed essere
successivamente modificata o revocata per far risorgere la regola generale. In ogni caso
l’applicabilità di una legge straniera ai rapporti patrimoniali fra coniugi è opponibile ai terzi solo
se questi ne hanno avuto conoscenza o la hanno ignorata per propria colpa. Entrambe queste
condizioni appaiono difficilmente accertabili quando la legge applicabile sia quella, incerta, della
prevalente localizzazione della vita matrimoniale, o derivi da convenzione.

Per la opponibilità degli effetti della disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi sui diritti reali
su immobili si chiede invece sempre il rispetto delle forme di pubblicità previste dalla legge del
luogo di situazione.

4. LA GIURISDIZIONE IN MATERIA DI ANNULLAMENTO, SEPARAZIONE PERSONALE E DIVORZIO

La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, qualora non siano previsti dalla
legge straniera applicabile, sono regolati dalla legge italiana. Il regolamento applicabile è il
2201/2003. L’ambito di applicazione è dato dalla cittadinanza o dalla residenza attuale in un
paese membro del convenuto, anche se cittadino di uno stato terzo. Al di fuori dei casi per i quali
la ripartizione di competenza tra giudici comunitarie deriva dagli artt 3-6, residualmente la loro
competenza resterà determinata dalle rispettive regole nazionali. Si specifica poi che il cittadino
di uno stato membro residente nel territorio di altro stato membro potrà valersi delle norme
nazionali di quest’ultimo, oltre che di quello della propria cittadinanza.

I criteri di giurisdizione previsti dagli artt 3-6 sono tutti equivalenti e alternativi, non lasciandosi
spazio per la proroga di giurisdizione o la scelta del giudice competente ad opera delle parti.
L’alternatività dei criteri offre all’attore, quando concorrano in più di uno, il vantaggio di radicare
l’azione in uno stato membro valendosi di uno dei criteri utilizzabili. I criteri sono :

• Residenza abituale comune o cittadinanza di entrambe le parti o anche

• residenza non più comune, se ancora mantenuta da uno dei due;

• Posizione del solo convenuto (residenza abituale o cittadinanza) in caso di domanda


congiunta.

La determinazione della residenza abituale è oggetto di valutazione del giudice adito, mentre per
la cittadinanza valgono le rispettive norme nazionali dello stato di attribuzione. In caso di
possesso di più cittadinanza non potrà darsi prevalenza di una tra esse in base alle norme del
foro ma varrà il principio di non discriminazione e la conseguente loro equivalenza,
consentendosi alle parti di far valere quella che preferiscono. Se il convenuto risulta residente in
un paese diverso e non compare, il giudice deve accertare la possibilità effettiva di ricevimento
della domanda; la litispendenza davanti ad altro giudice comunitario di una domanda tra le
stesse parti, pur se anche con diversità di oggetto ma riferita allo stesso rapporto matrimoniale,
comporta la sospensione del procedimento fino a che non sia accertata la competenza del primo
giudice.

Potrà considerarsi la residenza o domicilio in italia dell’attore ove il convenuto risieda all’estero o
sia irreperibile. La cittadinanza italiana dell’attore sarà comunque sufficiente per consentirgli di
valersi nel confronti del coniuge straniero all’estero, del rimedio offerto dall’art 3 per ottenere il
divorzio.

Oltre ai criteri ex art 3: Art. 32 Giurisdizione in materia di nullità, annullamento, separazione


personale e scioglimento del matrimonio In materia di nullità e di annullamento del matrimonio,
di separazione personale e di scioglimento del matrimonio, la giurisdizione italiana sussiste, oltre
che nei casi previsti dall'art. 3, anche

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• quando uno dei coniugi è cittadino italiano (anche se entrambi risiedono all’estero) o

• il matrimonio e stato celebrato in Italia (connessione debole).

Non vale più la riserva a favore dei giudici ecclesiastici in materia di annullamento di matrimoni
celebrati nella forma concordataria. La giurisdizione ecclesiastica potrà quindi svolgersi e portare
eventualmente a una decisione riconoscibile, in forza del regime concordatario, ancora a seguito
di un giudizio di delibazione, soltanto in base al consenso delle parti interessate a valersi di essa.

Separazione personale: determina un affievolimento degli obblighi che nascono dal matrimonio.
es. Viene meno l'obbligo di Coabitazione, ma obbligo di fedeltà solamente si affievolisce.

Criterio di collegamento: legge applicabile è quella nazionale comune dei coniugi al momento in
cui si presenta la domanda di separazione. Quindi le condizioni della separazione, gli effetti della
separazione sul piano sostanziale, sono soggetti alla legge nazionale comune. Se la cittadinanza
comune viene meno successivamente alla presentazione del ricorso per separazione personale,
questo non rileva, per evitare la ineffettività successiva del criterio. Se non c'è una cittadinanza
comune, o vi sono piu cittadinanze comuni ? Il criterio è quello della prevalente localizzazione
della vita matrimoniale individuata al momento della presentazione della domanda.

II comma art. 31>La separazione personale o lo scioglimento del matrimonio, qualora non siano
previsti dalla legge straniera applicabile, sono regolati dalla legge italiana. Questa previsione
viene definita di ordine pubblico positivo, cioè l'ordine pubblico interviene non con l'intenzione
di escludere qualcosa che viene dall'esterno, ma per recepirlo. La legge straniera individuata
come applicabile in base ai due criteri visti sopra (cittadinanza comune o prevalente
localizzazione della vita matrimoniale), potrebbe non ammettere ne la separazione ne il divorzio,
oppure non ammette la separazione personale. In questo caso legge applicabile è quella italiana,
l'applicazione della legge straniera che non lo consente viene esclusa. La legge applicabile Non
consente una certa tutela, e il principio dell'ordine pubblico intervenendo consente comunque di
garantire questa tutela: chiedere il divorzio. Il vuoto di tutela che si creerebbe sarebbe contrario
all'ordine pubblico. Quindi qui l'ordine pubblico aggiunge e non esclude. La legge italiana
interviene e disciplina separazione e divorzio. Interviene per consentire la separazione o il
divorzio, e integrare le previsioni della legge straniera che non ci sono. Ha una funzione
integrativa e li si ferma.Per esempio: Se la legge straniera prevede di divorzio, ma ammette solo
quattro ipotesi in cui si puochiedere il divorzio; allora il giudice italiano applicherà la legge
italiana per consentire il divorzio inun caso in cui non è consentito dalla legge straniera, ma poi
per regolare gli effetti e le conseguenzedel divorzio tornerà ad applicare la legge straniera
individuata come applicabile.

5. L’EFFICACIA DELLE DECISIONI IN MATERIA DI ANNULLAMENTO, SEPARAZIONE PERSONALE E


DIVORZIO

Il reg 2201/2003 attribuisce efficacia diretta alle decisioni provenienti da giudici o autorità
competenti degli stati membri in materia di annullamento, separazione e divorzio senza che si
richieda il ricorso ad alcun procedimento. Tale efficacia comporta anche, per le decisioni
definitive e non più impugnabili nello stato di adozione, l’aggiornamento dovuto delle iscrizioni
di stato civile nell’altro stato membro in cui siano state effettuate.

Ogni parte interessata può agire in italia dinanzi alla corte d’appello competente per territorio,
per far dichiarare il riconoscimento o il non riconoscimento della decisione straniera; la
controparte può presentare opposizione avviando un giudizio in contraddittorio. In via
incidentale, quando la questione dell’efficacia di questa si ponga nel corso di un processo, potrà
pronunciarsi al riguardo il giudice investito della questione principale. I requisiti per il
riconoscimento sono:

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• non contrarietà manifesta della decisione con l’ordine pubblico dello stato dove sia
richiesto

• incompatibilità con sentenza emessa tra le stesse parti nello stato richiesto o in uno
stato terzo. Tale incompatibilità deve attenere agli effetti delle decisioni considerate.
Tuttavia il rigetto di un’istanza rivolta a ottenere annullamento, separazione o divorzio in
un paese membro non ne preclude la riproposizione in un altro paese, qualora sussista
la competenza dei suoi giudici.

Per le decisioni provenienti da giudici di stati non membri ue c’è l’automatica efficacia della
decisione straniera nella presunzione del soddisfacimento dei requisiti richiesti.

L’azione per l’accertamento dei requisiti di efficacia è proponibile da chiunque vi abbia interesse
presso la corte d’appello competente per territorio.

6: LA LEGGE APPLICABILE A SEPARAZIONE E DIVORZIO

L’applicazione in italia del regolamento 1259/2010 sostituisce interamente la disciplina della


legge 218, stante che i criteri previsti dal regolamento hanno efficacia universale, valendo a
richiamare qualunque legge sia di stato membro che di stato terzo. Il regolamento presuppone
tuttavia, per la sua applicazione, la qualificazione di matrimonio sulla base della legge del foro,
non essendo quindi utilizzabile per modificare o sciogliere rapporti che non siano considerati tali
da questa ed escludendo quindi matrimoni omosessuali. Il regolamento esclude il
funzionamento del rinvio.

Alle parti è data ampia possibilità di scelta, sempre effettuabile e modificabile in qualsiasi
momento , ma è richiesta la forma scritta e la sottoscrizione.

Il favor divortii è accolto nel regolamento come già nella legge 218, consentendo l’applicazione
della legge del foro che contempla l’istituto.

COSE IN PIU’ DAGLI APPUNTI

Art. 27 Condizioni per contrarre matrimonio La capacità matrimoniale e le altre condizioni per
contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di ciascun nubendo al momento del
matrimonio. Resta salvo lo stato libero che uno dei nubendi abbia acquistato per effetto di un
giudicato italiano o riconosciuto in Italia. Distingue la posizione di ciascun nubendo: La capacità
matrimoniale e le condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale di
ciascun nubendo al momento del matrimonio.

Capacità matrimoniale è una capacità speciale: capacità giuridica del soggetto a contrarre
matrimonio (18 anni, e chi ha già compiuto 16 anni a certe condizioni);

Altre condizioni: elementi la cui presenza o assenza non consente di contrarre matrimonio. Es:
esistenza di un legame parentale, oppure incapacità di contrarre matrimonio per omicidio
consumato o tentato sul coniuge dell'altra, ancora la libertà di stato: se non si ha questa non si
puo contrarre matrimonio.

Per contrarre matrimonio occorre che la legge applicabile ad entrambi i nubendi preveda che vi
sono le condizioni per contrarre matrimonio.

Tutto questo pero apre la strada ad un ulteriore profilo: eventuale acquisizione dello stato libero
aseguito di una pronuncia giudiziale. Es. annullamento del matrimonio perchè la celebrazione
erainficiata da alcuni vizi. Sentenza che ha determinato lo scioglimento del vincolo

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matrimoniale.La norma dice che: Resta salvo lo stato libero che uno dei nubendi abbia
acquistato per effetto d una sentenza> solo di un giudicato italiano (sentenza di annullamento di
matrimonio civile definitivamente resa da un giudice italiano), o di una sentenza resa all'estero e
riconosciuta in Italia, quindi per effetto di una sentenza estera che abbia efficacia in Italia. Questa
previsione puo creare una situazione di squilibrio, claudicante: perchè potrebbe essere che la
sentenza di annullamento del matrimonio, non possa essere riconosciuta in Italia, e quindi quella
situazione non viene considerata come legittimante il matrimonio dal punto di vista
dell'ordinamento italiano. Non viene riconosciuto dall'ordinamento italiano lo stato libero.

Art. 28 Forma del matrimonio Il matrimonio è valido, quanto alla forma, se è considerato tale
dalla legge del luogo di celebrazione o dalla legge nazionale di almeno uno dei coniugi al
momento della celebrazione o dalla legge dello Stato di comune residenza in tale momento. Per
forma del matrimonio, intendiamo tutti gli aspetti relativi alla celebrazione del matrimonio, sia le
formalità preliminari (pubblicazioni ecc..), sia la forma della celebrazione.

Capitolo IX: Filiazione e adozione


1 OSSERVAZIONI GENERALI

Tra gli aspetti più innovativi del sistema italiano di diritto internazionale privato vi è senza dubbio
la disciplina analitica dei rapporti di filiazione e adozione. Tutti gli articoli concernenti il rapporto
di filiazione sono fortemente innovativi rispetto alla disciplina abrogata, nella quale il criterio di
collegamento di riferimento si individuava nella cittadinanza del padre.

La legge nazionale del figlio viene ora chiamata a regolare:

• lo status di figlio, con riferimento a quello esistente al momento della nascita (art 33)

• la legittimazione (art 34) definita relativamente a tale momento.

• Il riconoscimento del figlio naturale, con riguardo al momento della nascita (art 35)

• Rapporti patrimoniali e personali tra genitori e figli, compresa la potestà genitoriale (art
36)

2. GIURISDIZIONE IN MATERIA DI FILIAZIONE

Il regolamento 2201/2003 disciplina in modo uniforme la materia della responsabilità


genitoriale, più ampiamente intesa a ricomprendere i rapporti di filiazione.

Art. 37 Giurisdizione in materia di filiazione

In materia di filiazione e di rapporti personali fra genitori e figli la giurisdizione italiana sussiste,
oltre che nei casi previsti rispettivamente da gli artt. 3 e 9, anche quando uno dei genitori o il
figlio è cittadino italiano o risiede in Italia.

A quale giudice ci si rivolge per le questioni riguardanti la filiazione??

Scopo della norma è quello di aumentare i casi di giurisdizione del giudice italiano, anche nei casi
in cui non vi sia un collegamento effettivo tra legge italiana e fattispecie in esame. Oltre ai casi
posti dall'art. 3 e dall'art. 9 (volontaria giurisdizione), l'art. 37 introduce altri due criteri di
collegamento:

• Cittadinanza del figlio o uno dei genitori è quella italiana;

• Residenza del figlio o uno dei genitori è in Italia;

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Il suo ambito di applicazione è limitato perchè il Regolamento 2201 del 2003 (entrato in vigore
nel 2005) riguarda anche la responsabilità genitoriale: ex art. 2 n.7 del Regolamento, per
responsabilità genitoriale, si intendono i diritti e i doveri di cui è investita una persona, in virtu di
una decisione giudiziaria, o di una legge, o di un accordo nei confronti di un minore.

Questa previsione sulla responsabilità genitoriale, rientra nella fattispecie dell'art. 37. Percio in
questo caso si applica il Regolamento che prevale sulla norma interna.

Si applicheranno i criteri di giurisdizione previsti dall'art. 3 del Regolamento. Il Regolamento


individua un criterio di competenza di carattere generale: in materia di responsabilità genitoriale
è competente il giudice del luogo in cui ha la residenza abituale il minore nel momento in cui la
domanda viene proposta; non piu dei genitori. Gli altri criteri speciali non ci interessano.

3. GIURISDIZIONE IN MATERIA DI ADOZIONE

Art. 40 Giurisdizione in materia di adozione

I giudici italiani hanno giurisdizione in materia di adozione allorché:

a) gli adottanti o uno di essi o l'adottando sono cittadini italiani ovvero stranieri residenti in
Italia;

b) l'adottando è un minore in stato di abbandono in Italia.

In materia di rapporti personali o patrimoniali fra l'adottato e l'adottante o gli adottanti ed i


parenti di questi i giudici italiani hanno giurisdizione, oltre che nelle ipotesi previste dall'art. 3,
ogni qualvolta l'adozione si è costituita in base al diritto italiano.

Il legislatore nazionale, introduce dei criteri speciali di giurisdizione, oltre a quelli speciali e
generali previsti dagli artt. 3 / 9, perchè vuole ampliare quanto è piu possibile la giurisdizione del
giudice italiano, rispetto alla fattispecie che presenta un collegamento ritenuto rilevante con il
nostro ordinamento. Fino ad attrarre ingiusitificatamente o senza una connessione reale che
giustifichi l'attribuzione della giurisdizione al giudice italiano. I criterio di giurisdizione speciale è
quello della cittadinanza: gli adottanti o uno di essi, o l'adottato sono cittadini italiani; questo
non funziona per individuare la legge applicabile, ma funziona per individuare la competenza
giurisdizionale del giudice italiano.

Questo criterio di giurisdizione deve sussistere al momento della presentazione della domanda.
Se dopo la presentazione della domanda questi soggetti perdono la cittadinanza italiana e
acquistano la cittadinanza straniera, non modificano la giurisdizione. La giurisdizione si
determina secondo la situazione di fatto e la legge vigente al momento della presentazione della
domanda.

Altra possibilità: residenza in Italia la giurisdizione del giudice italiano sussiste nel caso in cui

gli adottanti o l'adottante, oppure l'adottato, abbiano la residenza in Italia e cittadinanza


straniera. Qui il criterio di giurisdizione è la residenza intesa come dimora abituale. II criterio di
giurisdizione: trova applicazione solo in caso di adozione del minore, è quello relativo al fatto che
il minore si trovi in stato di abbandono in Italia. Se il minore si trova in stato di abbandono in
Italia, sussiste la giurisdizione del giudice italiano in materia di adozione. Rispetto a questi due
criteri alternativi: cittadinanza o residenza, e presenza del minore in Italia in stato di abbandono,
noi ravvisiamo un criterio di giurisdizione privo di un reale collegamento tra fattispecie e
giurisdizione. Infatti se successivamente alla presentazione della domanda, gli adottanti perdono
la cittadinanza italiana, o la residenza in Italia, in questo caso comunque sussiste la giurisdizione
del giudice italiano, e cio pare come un criterio di collegamento eccessivo.

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4. LEGGE APPLICABILE IN MATERIA DI FILIAZIONE

Rapporti tra genitori e figli: qual'è la legge applicabile? La legge nazionale del figlio!

Art. 33 Filiazione

Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita .

E' legittimo il figlio considerato tale dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori e cittadino al
momento della nascita del figlio.

La legge nazionale del figlio al momento della nascita regola i presupposti e gli effetti
dell'accertamento e della contestazione dello stato di figlio. Lo stato di figlio legittimo, acquisito
in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non può essere contestato che alla stregua di tale
legge.

Filiazione: attribuzione dello stato di figlio. Il rapporto di filiazione È soggetto alla legge nazionale
del figlio al momento della nascita. Per stabilire se sussite il rapporto di filiazione, si fa
riferimento alla legge nazionale del figlio al momento della sua nascita. Lo scopo della norma è
quella di tutelare la posizione del figlio. Questa è la previsione generale, Ma non basta perchè
occorre tutelare lo stabilimento della filiazione.

Art. 13: in materia di rinvio c'era una previsione che si riferiva proprio all'art. 33> art. 13 al III
comma dice che si tiene conto del rinvio soltanto se esso conduce all'applicazione di una legge
che sulla base di un diverso criterio di collegamento, consente comunque lo stabilimento del
rapporto di filiazione.

Nei casi di cui agli artt. 33, 34 e 35 si tiene conto del rinvio soltanto se esso conduce
all'applicazione di una legge che consente lo stabilimento della filiazione.

Quindi il rinvio ad una legge straniera che richiama un diverso criterio di collegamento è
ammesso ma solo se consente lo stabilimento del rapporto di filiazione: restizione al
funzionamento del rinvio, che funziona per ragioni di giustizia materiale>va a considerare il
risultato del funzionamento del criterio, le sue conseguenze, sulla base di determinati principi
che vanno tutelati.

Art. 33 II comma tutela lo status di figlio legittimo: 2. E' legittimo il figlio considerato tale dalla
legge dello Stato di cui uno dei genitori e cittadino al momento della nascita del figlio. Questa
previsione aggiunge criteri ulteriori: nel caso in cui la legge applicabile individuata secondo il
criterio generale (legge nazionale del figlio al momento della nascita), non prevede lo status di
figlio legittimo, quello status per la legge italiana va riconosciuto se è riconosciuto dalla legge
nazionale di almeno uno dei genitori, al momento della nascita del figlio. Cio per fare in modo
che dal punto di vista del diritto italiano lo status di figlio legittimo sia pienamente riconosciuto,
dando appunto tutte le opzioni perchè lo stato di figlio legittimo venga riconosciuto.

Ma cosa regola la legge nazionale del figlio al momento della nascita? Quali aspetti della
filiazione?

Art. 33 III comma: regola i presupposti e le condizioni che devono essere presenti ai fini
dell'accertamento dello status di figlio legittimo, e ovviamente anche i presupposti necessari per
la contestazione dello status di figlio legittimo.

Cosa succede se la contestazione dello stato di figlio legittimo, venga formulata, e lo status di
figlio legittimo sia stato acquisito, in base alla legge nazionale di uno dei genitori? Questa

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contestazione potrà avvenire solo sulla base della legge che gli ha attribuito lo status di figlio
legittimo.

Art. 34 Legittimazione

La legittimazione per susseguente matrimonio è regolata dalla legge nazionale del figlio nel
momento in cui essa avviene o dalla legge nazionale di uno dei genitori nel medesimo momento.

Negli altri casi, la legittimazione è regolata dalla legge dello Stato di cui e cittadino, al momento
della domanda, il genitore nei cui confronti il figlio viene legittimato. Per la legittimazione
destinata ad avere effetto dopo la morte del genitore legittimante, si tiene conto della sua
cittadinanza al momento della morte.

Legittimazione: istituto in base al quale viene attribuito al figlio naturale lo status di figlio
legittimo.

La legittimazione avviene nel nostro ordinamento, attraverso un provvedimento dell'autorità


giudiziaria, oppure attraverso il susseguente matrimonio.

• Legittimazione per susseguente matrimonio>Criterio di collegamento: legge nazionale


del figlio al momento in cui avviene il susseguente matrimonio.

Altro criterio di collegamento alternativo, nel caso in cui il criterio appena enunciato non
prevede la legittimazione, per salvare una situazione che potrebbe essere inficiata da una norma
materiale sfavorevole: o dalla legge nazionale di uno dei genitori nel medesimo momento
(susseguente matrimonio).

• Se la legittimazione si ha con un provvedimento dell'autorità giudiziaria, il criterio di


collegamento è diverso: occorre fare riferimento alla legge del luogo in cui la domanda
di legittimazione viene presentata, e quindi alla legge del luogo in cui il genitore ha
cittadinanza al momento della presentazione della domanda. Oppure se la domanda di
legittimazione subentra dopo la morte del genitore, il criterio di collegamento è l'ultima
cittadinanza del genitore prima della morte. Cittadinanza del genitore quindi: perchè
solo quella è la espressione di un collegamento reale tra cio che si domanda (nei
confronti di quel genitore venga accettata la legittimazione del figlio), e legge di quel
genitore al momento della domanda.

La legittimazione si domanda nei confronti di un genitore.

Art. 35 Riconoscimento di figlio naturale

Le condizioni per il riconoscimento del figlio naturale sono regolate dalla legge nazionale del
figlio al momento della nascita o, se più favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il
riconoscimento, nel momento in cui questo avviene.

La capacità del genitore di fare il riconoscimento è regolata dalla sua legge nazionale.

La forma del riconoscimento è regolata dalla legge dello Stato in cui esso e fatto o da quella che
ne disciplina la sostanza.

• Legge applicabile alla filiazione naturale del figlio, è quella della cittadinanza del figlio al
momento

della nascita.

Se il figlio che deve essere riconosciuto figlio naturale, è cittadino inglese, dove il criterio di

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collegamento è quello del domicilio, e il minore è domiciliato in uno Stato diverso da quello dove
ha cittadinanza, si ha un ipotesi di rinvio. Il Genitore residente in Italia, figlio è cittadino inglese
ed è domiciliato in uno Stato terzo. La domanda viene presentata davanti al giudice italiano; si ha
potenzialmente quindi in questo caso un rinvio: la legge inglese è quella richiamata dal criterio di
collegamento; ma questa a sua volta pone il criterio del domicilio: Stato terzo! Il rinvio sarà
limitato in considerazione degli effetti che si avrebbero con l'applicazione del rinvio.

Appunto se quella legge a cui si fa rinvio non consente il riconoscimento del figlio naturale,
abbiamo un criterio di collegamento alternativo: legge nazionale del soggetto che fa il
riconoscimento nel momento in cui questo avviene.

Questi due criteri di collegamento non sono solo alternativi ma condizionati dal favor per il
riconoscimento dello status di figlio naturale. la scelta deve avvenire in considerazione di scelte
di giustizia materiale, in base alle conseguenze che questi producono. Si deve applicare quella
che in base ai due criteri si presenta piu favorevole per il figlio: Sara piu favorevole quella legge
che attribuisce al figlio naturale un insieme di diritti che lo portano ad essere piu vicino alla
situazione che si avrebbe se egli fosse figlio legittimo. Bisogna fare un confronto tra le due leggi.
Bisogna applicare la piu favorevole delle due ai fini del riconoscimento del figlio naturale.

Capacità di fare il riconoscimento è una capacità speciale. II comma: la capacità del genitore di
fare il riconoscimento è regolata dalla sua legge nazionale.

Si parla di capacità giuridica innanzi tutto: puo effettuare il riconoscimento del figlio naturale un
MaGgiorenne ecc...

Forma del riconoscimento: per favorire la validità dell'atto prevede dei criteri alternativi,
puramente alternativi. Si vuole evitare che il riconoscimento possa essere inficiato dalla
violazione di norme che disciplinano aspetti formali.

Legge applicabile alla forma del riconoscimento è: (scritto, atto pubblico, scrittura privata ecc..)

• Legge del luogo in cui il riconoscimento è fatto;

• -La legge che regola la sostanza, il merito: se la capacità del genitore di


effettuare il riconoscimento è regolata dalla legge nazionale del genitore, quindi
si fa riferimento a questa legge che regola la sostanza del rapporto.

Se uno dei due negasse la validità formale si applicherebbe l'altro criterio.

Non si applica il rinvio! Non per le motivazioni di cui all'art. 13 III comma; ma in base al II comma
dell'art. 13: non si applica qualora si tratti di legge applicabile agli atti.

Art. 36 Rapporti tra genitori e figli .

I rapporti personali e patrimoniali tra genitori e figli, compresa la potestà dei genitori, sono
regolati dalla legge nazionale del figlio.

Non fa distinzione tra rapporti personali e patrimoniali.

Rapporti personali: obbligo di istruire ed educare la prole; rientra anche la potestà dei genitori.

Rapporti patrimoniali: obbligo di mantenimento.

Entrambi sono regolati dalla legge nazionale del figlio, senza nessuna cristallizzazione temporale,
la legge nazionale del figlio puo cambiare e conseguentemente cambierà la legge
applicabile(vedi art.

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19).

5. ASPETTI PROBLEMATICI

La centralità della posizione del figlio all’interno delle relazioni familiari ha indubbiamente
ispirato la nuova disciplina in materia, ma il riferimento alla cittadinanza di un solo soggetto della
relazione familiare può determinare anche alcuni problemi, soprattutto ex art 36:

• nel caso in cui in uno stesso nucleo familiare vi siano due fratelli cittadini di due stati
diversi, la norma richiama necessariamente due leggi diverse che potrebbero dar luogo a
trattamenti discriminatori.

• Problema della variabilità della cittadinanza nel tempo

• Soggetti con più cittadinanze tra cui una italiana: la prevalenza della cittadinanza italiana
potrebbe portare a una discriminazione fra il coniuge italiano e quello straniero.

6. LEGGE APPLICABILE IN MATERIA DI ADOZIONE

Adozione Art. 38 legge di riforma.

Art. 38 Adozione 1. I presupposti, la costituzione e la revoca dell'adozione sono regolati dal


diritto nazionale dell'adottante o degli adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato
nel quale gli adottanti sono entrambi residenti, ovvero da quello dello Stato nel quale la loro vita
matrimoniale è prevalentemente localizzata, al momento dell'adozione. Tuttavia si applica il
diritto italiano quando è richiesta al giudice italiano l'adozione di un minore, idonea ad
attribuirgli lo stato di figlio legittimo.

E' in ogni caso salva l'applicazione della legge nazionale dell'adottando maggiorenne per la
disciplina dei consensi che essa eventualmente richieda.

L'individuazione della legge applicabile all'adozione, deve essere fatta non solo sulla base dei
criteri di collegamento ex art. 38, ma in alcune situazioni, anche sulla base di norme interne di
necessaria di applicazione: Legge 1983 n 184 in tema di adozione e filiazione, modificata da
ultimo nel 2007.

Adozione di minori: disciplina contenuta nella legge dell'83 n.184; nell' art. 38 legge di riforma;

Adozione di soggetti maggiori di età: c.c., quindi quest'ultimo ha rilevanza residuale. Qui è
necessario il consenso dell'adottante e dell'adottato.

L'art. 38 fa riferimento ai presupposti dell'adozione, alla costituzione, e alla revoca dell'adozione.

Criterio di collegamento: cittadinanza dell'adottante.

La legge nazionale dell'adottante si applicherà per regolare:

• Requisiti oggettivi per l'adozione:stato di abbandono del minore ai fini della


adottabilità.

• Requisiti soggettivi per l'adozione: differenza di età.

• Adozione fatta da due soggetti che non hanno cittadinanza comune: criterio di
collegamento è quello del luogo di residenza comune. Anche questa pero potrebbe
non esserci: si dovrà individuare come applicabile la legge del luogo in cui la vita
matrimoniale è prevalentemente localizzata. Non coincide necessariamente con la
residenza comune. Per individuarla gli elementi presi inconsiderazione saranno:

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localizzazione degli interessi prevalenti della vita familiare, dove si trovano i figli
ecc..ecc..

ADOZIONE LEGITTIMANTE DEL MINORE: I comma art. 38 II parte Tuttavia si applica il diritto
italiano quando è richiesta al giudice italiano l'adozione di un minore, idonea ad attribuirgli lo
stato di figlio legittimo. L'ambito di applicazione di norme interne, di necessaria di applicazione,
viene esteso in caso di adozione legittimante prevista dall' art. 27 legge 184 dell'83: per effetto
dell'adozione, l'adottato acquistato lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dai quali assume e
trasmette il cognome. Per questo particolare tipo di adozione, con cui l'adottato acquista lo
status di figlio legittimo degli adottanti, si applica il diritto italiano, la disciplina interna diventa
necessariamente applicata.

Il rinvio non è nè escluso nè limitato in materia di adozione, quindi può operare, ovviamente
sempre in relazione alla sostanza(presupposti, costituzione e revoca), e mai alla forma. Ma anche
se la lettera della norma ci dice che è sempre ammesso, in realtà bisogna sempre tenere
presente che è opportuno mantenere un collegamento tra fattispecie e legge del luogo in cui vi è
la prevalente localizzazione della vita matrimoniale, soprattutto in caso di adozione del minore
legittimante.

ADOZIONE DEL MAGGIORENNE: è in via generale soggetta alla legge individuata come
applicabile dai criteri a cascata che abbiamo visto ex art. 38. questa legge individuata come
applicabile, disciplina; presupposti, costituzione e revoca dell'adozione.

Gli altri aspetti che questa legge non regola, e sono disciplinati dagli artt. 296 e ss. del c.c.

Condizione per l'adozione: consenso sia dell'adottante che dell'adottato.Per il consenso


dell'adottando si fa riferimento alla legge nazionale dell'adottando maggiorenne, in relazione:
agli effetti,alla forma, ai limiti ecc.. Quindi la validità, contenuti, limiti, effetti, forma, del
consenso dell'adottando dipende dalla legge nazionale dello stesso.

RAPPORTI PERSONALI E PATRIMONIALI TRA ADOTTATO E FAMIGLIA ADOTTIVA

Art. 39 Rapporti fra adottato e famiglia adottiva 1.

I rapporti personali e patrimoniali fra l'adottato e l'adottante o gli adottanti ed i parenti di questi
sono regolati dal diritto nazionale dell'adottante o degli adottanti se comune o, in mancanza, dal
diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti ovvero da quello dello Stato nel
quale la loro vita matrimoniale è prevalentemente localizzata.

Rapporti personali: comportano obblighi e diritti di natura non patrimoniale nome, obbligo
istruzione ecc.;

Rapporti patrimoniali: obbligo mantenimento, rappresentanza legale, potere di amministrare i


beni dell'adottato...

Entrambi sono disciplinati dalla legge nazionale dell'adottante. Ma l'art. 38 ci dice al I comma II
parte che nel caso dell'adozione legittimante del minore, si applica la legge italiana (se viene
richiesta al giudice italiano): Si ritiene che questo valga anche per l'art. 39. infatti l'art. 38 rende
necessariamente applicabile la legge italiana in caso di adozione legittimante: coincidenza tra
forum e ius. Quindi aldila di questa eccezione, la legge applicabile viene individuata in base al
criterio della cittadinanza; in mancanza in base ai criteri di collegamento a cascata ex art. 38.

Legge individuata come applicabile, sulla base di questo articolo 39, disciplina non solo i rapporti
tra addottante e adottato, ma anche i rapporti tra adottante e parenti dell'adottato. L'art. 39 in
pratica disciplina le conseguenze, patrimoniali e personali, del vincolo adottivo, e i criteri che si
utilizzano sono gli stessi di quelli previsti dall'art. 38.

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Art. 24 sui diritti alla personalità: sono regolati dalla legge nazionale del soggetto a cui si
riferiscono (diritto al nome, onore, reputazione). E i diritti che derivano da un rapporto di
famiglia sono regolati dalla legge applicabile a tale rapporto. Quindi se questi diritti della
personalità, afferiscono a un rapporto di famiglia, vengono assorbiti dalla legge applicabile al
rapporto di famiglia.

N.B: sono salve le disposizioni delle convenzioni internazionali. (art. 42 convenzione


internazionale e protezione dei minori; e art.45 legge di riforma sulle obbligazioni alimentari).

7. RICONOSCIMENTO DEI PROVVEDIMENTI STRANIERI IN MATERIA DI FILIAZIONE

Il riconoscimento delle decisioni in materia di rapporti di filiazione trova la propria disciplina nel
più ampio ambito del riconoscimento delle decisioni relative alla responsabilità genitoriale (artt
21 ss del reg 2201/2003) per quanti riguarda le decisioni rese in uno stato membro dell’unione
europea, e negli artt 64 ss della legge 218/1995 per le decisioni rese negli stati terzi.

Le decisioni in materia di responsabilità genitoriale sono tuttavia soggette a procedure di


riconoscimento diverse a seconda dell’oggetto. I provvedimenti sul diritto di visita e quelli che
prescrivono il ritorno del minore sono riconoscibili senza la necessità di ricorrere all’istanza per
la dichiarazione di esecutività. Gli altri provvedimenti sono riconoscibili nell’ordinamento italiano
mediante il cd riconoscimento agevolato: se non vi sono contestazioni circa la sussistenza dei
requisiti per il riconoscimento, il provvedimento straniero produrrà i suoi effetti
automaticamente; se sorgono contestazioni tanto la parte che ha interesse al riconoscimento
quanto quella che ha l’interesse opposto possono depositare apposita istanza.

L’automaticità del riconoscimento si fonda sul principio della reciproca fiducia tra gli ordinamenti
giudiziari degli stati membri. Il riconoscimento automatico opera in presenza di due condizioni:

• che la decisione soddisfi i requisiti per il riconoscimento previsti dagli art 22 (materia
matrimoniale) e 23 (materia di responsabilità)

• che non vi sia contestazione

in mancanza il riconoscimento non è automatico ma agevolato.

8. DIRITTO DI VISITA E IL RITORNO DEL MINORE

Non sono soggette alla procedura di exequatur le decisioni sul diritto di visita e sul ritorno del
minore (art 21 regolamento) e le decisioni in materia matrimoniale. Tuttavia quando una
decisione in materia matrimoniale statuisca anche sull’esercizio della responsabilità genitoriale,
attribuendo ad esempio il diritto di affidamento ad un genitore, occorre depositare l’istanza per
la dichiarazione di esecuzione limitatamente al provvedimento sulla responsabilità genitoriale,
mentre la parte relativa alla materia matrimoniale, se soggetta ad iscrizione o trascrizione sullo
stato civile, è riconoscibile automaticamente.

Il procedimento si svolge in due fasi:

• la parte che ha interesse a fare accertare la sussistenza o la carenza dei requisiti propone
istanza alla corte d’appello nella cui circoscrizione ha residenza abituale il soggetto nei
cui confronti il provvedimento deve essere fatto valere. La corte accerta tramite
istruttoria sommaria. La verifica documentale del giudice non può riguardare né la
competenza giurisdizionale né comportare una revisione del merito, poiché tali
accertamenti violerebbero il principio di reciproca fiducia fra gli ordinamenti. Tale fase si
conclude con un provvedimento di rigetto o accoglimento dell’istanza di exequatur

• la seconda fase è eventuale e si apre con l’opposizione proposta dalla parte

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soccombente nella prima fase. A completamento della procedura la decisione resa


sull’opposizione è suscettibile di impugnazione, secondo le procedure che ciascuno stato
membro ha comunicato alla commissione.

Il regolamento 2201/2003 dispone l’abolizione dell’exequatur per due categorie di decisioni


afferenti alla materia della responsabilità genitoriale: il diritto di visita ed il ritorno del minore
esigenza di celerità del procedimento per tutelare il benessere del minore (dandogli la possibilità
di mantenere relazioni personali e contatti diretti regolari con entrambi i genitori e di non essere
allontanato forzatamente dal luogo in cui ha stabilito il centro dei suoi legami affettivi e
parentali. Il diritto di visita: diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza
abituale per un periodo limitato di tempo. Titolari del diritto di visita sono chiunque sia titolare
della responsabilità genitoriale in base alla legge applicabile ( non solo i genitori).

Per quanto riguarda la procedura di riconoscimento ed esecuzione di tali decisioni rilevano gli
artt 40 ss regolamento 2201/2003. Il riconoscimento delle decisioni avviene secondo il regime
agevolato. Allo scopo di rendere ancora più semplice e immediata l’esecuzione delle decisioni
che prescrivono il ritorno del minore o che regolano il diritto di visita, si elimina il procedimento
di exequatur. Le decisioni, se esecutive nello stato di origine e certificate secondo quanto
prevede l’art 41, sono riconosciute ed eseguibili in un altro stato membro senza che sia possibile
opporsi al loro riconoscimento, a meno che il titolare della responsabilità genitoriale non chieda
il riconoscimento secondo il procedimento ordinario. Le decisioni certificate sono quindi
equiparate ai provvedimenti pronunciati nello stato di esecuzione.

Il mancato rilascio del certificato non pregiudica la possibilità di ottenere l’esecuzione della
decisione. Tuttavia se il mancato rilascio è dovuto a irregolarità procedurali il riconoscimento è
ostacolato. Affinchè il giudice possa certificare la propria decisione in materia di diritto di visita,
consentendo l’esecuzione agevolata della stessa, devono sussistere le seguenti condizioni:

• nel caso di procedimento contumaciale la domanda deve essere stata notificata o


comunicata al convenuto in tempo utile

• tutte le parti interessate, minore compreso, devono aver avuto la possibilità di essere
ascoltate, a meno che l’audizione del minore non venga ritenuta inopportuna in ragione
della sua età o maturità. Il giudice che ha emesso un provvedimento di ritorn del minore
rilascia il certificao solo se:

- il minore ha avuto la possibilità di essere ascoltato

- le parti hanno avuto la possibilità di essere ascoltate

- l’autorità giurisdizionale ha tenuto conto, nel rendere la decisione, dei motivi e degli
elementi di prova alla base del provvedimento.

Il certificato quindi attesta la sussistenza delle predette condizioni, la cui mancanza potrebbe
costituire motivo di diniego del riconoscimento stesso. Una volta rilasciato non può essere
revocato. Esso però segue le vicnde della decisione e della sua esecutività: la sospensione di
esecutività della decisione nello stato d’origine giustifica anche la sospensione dell’esecuzione
nello stato richiesto e se la decisione viene annullata o riformata nell’ordinamento di origine il
certificato perde parimenti effetto. Il provvedimento con cui il certificato viene rilasciato non può
essere impugnato neppure nello stato di origine ma è soggeto a mera rettifica degli errori
materiali secondo il diritto interno.

9. RICONOSCIMENTO DEI PROVVEDIMENTI STRANIERI IN MATERIA DI ADOZIONE

Art. 41 Riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di adozione

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I provvedimenti stranieri in materia di adozione sono riconoscibili in Italia ai sensi degli artt. 64,
65 e 66.

Restano ferme le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione dei minori.

Non contiene direttamente le regole che stabiliscono come ottenere il riconoscimento dei
provvedimenti stranieri, ma contiene due rinvii:

• Al I comma rinvia alla stessa legge 218, rinviando alla disciplina generale in materia di
riconoscimento dei provvedimenti stranieri. Artt. 64, 65 e 66 della legge 218. Questi
disciplinano rispettivamente il riconoscimento delle sentenze straniere; il riconoscimento
dei provvedimenti stranieri in ambiti particolari (stato, capacità delle persone, diritti
della personalità ecc..), e riconoscimento dei provvedimenti stranieri in materia di
volontaria giurisdizione. Questi tre articoli prevedono un riconoscimento automatico:
percio ci dice che i provvedimenti stranieri in materia di adozione, vengono riconosciuti
automaticamente, alle condizioni diverse previste dagli artt. 64, 65 e 66.

• Al II comma richiama le leggi speciali in materia di adozione, cioè richiama la legge 184
dell'83: gli artt. 35 e 36 della legge 184 dell'83, stabiliscono la procedura per il
riconoscimento in un ipotesi specifica: che è l'adozione dei minori stranieri. In relazione
quindi al riconoscimento in Italia dei provvedimenti resi da un'autorità straniera, di
adozione di minori stranieri, è quello previsto dagli artt. 35 e 36 della legge 184 dell'83.

Riconoscimento dell'EFFICACIA del provvedimento di adozione di minori stranieri reso all'estero,


in Italia, sulla base della legge 184 (artt. 35, 36): il minore acquista lo status di figlio legittimo ex
legge italiana, determina un'adozione legittimante, e questo provvedimento estero è
riconosciuto in Italia previo accertamento da parte del tribunale italiano, che deve verificare una
serie di requisiti.

Non confondiamo questa ipotesi con quanto detto rispetto all'art. 38 I comma II parte: si applica
il diritto italiano quando è richiesta la adozione legittimante al giudice italiano (tribunale dei
minorenni). Sono due diverse ipotesi.

Gli artt. 35 e 36 della legge 184 ci dicono:

L'adozione del minore straniero, pronunciata all'estero, produce effetti legittimanti in Italia (gli
effetti previsti dall'art.27). Quindi se è ammesso il riconoscimento, esso presuppone che avvenga
la legittimazione del figlio. La legge 184 richiama la Convenzione dell'Aja del 1993 in materia di
adozione internazionale. In particolare Il tribunale dei minori italiano deve verificare la
sussistenza di determinate condizioni, tra cui:

• Deve essere intervenuto l'accertamento della condizione di abbandono del


minore straniero, o il consenso dei genitori naturali;

• Gli adottanti all'estero devono aver ricevuto un provvedimento di idoneità (ex


art. 30>sussistenza dei requisiti per adottare).

Quindi Se si tratta di un'adozione pronunciata da uno Stato non aderente alla Convenzione il
Tribunale dei minorenni interviene per dichiarare l'efficacia del provvedimento in Italia,
attraverso la verifica di una serie di condizioni. Se l'ha emanato uno Stato aderente alla
Convenzione dell'Aja del 1993, invece il provvedimento è riconosciuto salvo la non contrarietà ai
principi fondamentali che regolano il diritto dei minori, vi è un controllo limitato da parte del
tribunale dei minorenni.

Relativamente al procedimento per riconoscere i provvedimenti di adozione viene in rilievo l’art


66, che consente il riconoscimento dei provvedimenti di adozione se l’autorità straniera è

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competente secondo i principi sulla competenza giurisdizionale corrispondenti a quelli vigenti in


italia o se la decisione è stata presa o riconosciuta nello stato la cui legge è applicabile secondo le
norme italiane di conflitto, ovvero nello stato di cui gli adottanti hanno la cittadinanza o ove
risiedono o hanno la residenza abituale.

Capitolo X: Tutela degli incapaci


1 LA TUTELA DI MINORI E INCAPACI NELLE FONTI INTERNAZIONALI

C’è stata una rilevante evoluzione delle fonti convenzionali nell’ambito delle quali la posizione
del soggetto vulnerabile rilevava dapprima solo in quanto funzionale ad una più ampia
affermazione di alcuni diritti. Le norme generalmente poste a garanzia dei diritti fondamentali
degli individui sono state attuate dalla corte di strasburgo con riguardo alla tutela degli incapaci
come titolari di diritti fondamentali.

La convenzione delle nazioni unite del 2006 rappresenta il più organico sistema di norme e di
garanzie poste a tutela dei soggetti vulnerabili e generalmente riconducibili anche ad altre
disposizioni, come ad esempio quelle della carta di nizza. Nella stessa convenzione, per la prima
volta, l’individuo diversamente abile è considerato come soggetto individualmente e socialmente
debole, destinatario di garanzie particolari, e non più quale soggetto di diritti garantiti per altre
categorie di soggetti. Rileva inoltre l’aspetto procedurale della convenzione. Anche in altre
convenzioni internazionali è prevista la tutela di soggetti portatori di handicap ma solo in
maniera complementare rispetta all’affermazione del diritto specificamente considerato nella
convenzione di new york si afferma invece la centralità del soggetto diversamente abile come
titolare di diritti fondamentali. La mancata ratifica della convenzione di new york da parte di
molti paesi rende difficile l’accettazione di una definizione uniforme di incapace entro i diversi
sistemi giuridici, nonché l’operatività dei diritti dalla stessa previsti a tutela del soggetto
incapace. Le previsioni differenti dei singoli ordinamenti pongono poi i presupposti per ulteriori
conflitti destinati ad emergere ove non vi sia una soluzione uniforme, quale ad esempio quella
posta dalla convenzione dell’Aja del 2000; questa è in vigore solo per pochi stati (non l’italia) non
idonea ad essere accolta come soluzione generale.

2. GIURISDIZIONE IN MATERIA DI PROTEZIONE DEI MINORI. COORDINAMENTO DELLE FONTI.

Art. 42 Giurisdizione e legge applicabile in materia di protezione dei minori

La protezione dei minori è in ogni caso regolata dalla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961,
sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori, resa
esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n. 742.

Le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle persone considerate minori soltanto
dalla loro legge nazionale, nonché alle persone la cui residenza abituale non si trova in uno degli
Stati contraenti.

Per incapaci si intendono i minori di età: incapaci ex lege; Ma in alcuni casi incapaci sono anche i
maggiori di età: pur avendo la capacità giuridica e la capacità di agire, non ce l'hanno perchè si
trovano in una situazione di incapacità.

PROTEZIONE DEI MINORI

Legge applicabile viene individuata mediante un rinvio in ogni caso alla Convenzione dell'Aja del
1961.

Rinvio in ogni caso: la norma interna per determinare quali sono le regole che stabiliscono la
legge applicabile, richiama le regole di conflitto contenute in un atto esterno (Convenzione
internazionale recepita dall'Italia solo nel 1980). Il rinvio in ogni caso ad una convenzione

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internazionale, serve per recepire una normativa esterna ritenuta idonea a regolare la
fattispecie, ed ampliare la portata originaria della Convenzione: renderla applicabile oltre quelli
che sono i limiti della Convenzione.

Nel 1996 è stata adottata una nuova Convenzione dell'Aja sulla protezione dei minori, destinata
a sostituire integralmente la Convenzione del '61. Ma questa Convenzione del '96 ad oggi non è
stata recepita dall'Italia, non è ancora in vigore per l'Italia. Al momento in cui la legge 218 del
'95, è entrata in vigore, era prossima all'adozione la nuova Convenzione dell'Aja ('96), che
sostituiva la precedente del '61. Ma questa Convenzione ad oggi non è stata recepita dall'Italia. È
quindi ipotizzabile che l’art 42 della legge 218 dovrà essere sottoposto a modifica legislativa
quando la nuova convenzione sarà resa esecutiva in italia.

I limiti soggettivi dell’ambito della convenzione vengono superati dalla norma secondo cui le
disposizioni della convenzione si applicano anche alle persone considerate minori solo dalla loro
legge nazionale, nonché alle persone la cui residenza abituale non si trova in uno degli stati
contraenti. L’ampliamento dell’ambito di applicazione oggettivo discende invece dal richiamo in
ogni caso della convenzione del 61; dato che l’estensione ratione personae è già consentita, non
si vedrebbe quale significato attribuire all’espressione “in ogni caso” se non la possibilità di
regolare, tramite essa, le fattispecie materiali che di per sé sarebero escluse dalla convenzione.
Appare tuttavia opportuno sottolineare che l’estensione non consente di ricomprendere anche i
presupposti della protezione dei minori. Rientrano invece nell’ambito di applicazione dell’art 1
della convenzione, le misure tendenti alla protezione della persona del minore e i suoi beni

• Fattispecie: misure (condizioni ed effetti, cessazione delle misure, modifica delle


misure) a protezione della persona del minore, e dei beni del minore.

• Criterio di collegamento: soggettivo, che ha come riferimento il soggetto che


viene protetto, il minore legge del luogo di residenza abituale del minore, vale
anche per individuare l'autorità giurisdizionale competente: coincidenza tra
forum e ius giudice competente e legge applicabile.

• Misure: amministrazione dei beni del minore; autorizzazione a disporre dei beni;
es. rimozione del genitore o di chi esercita potestà sul minore, del potere di
amministrare i beni del minore, nomina di un curatore; autorizzazione del
giudice per la vendita di beni facenti parte del patrimonio del minore; ecc...

L’ampliamento dell’ambito oggettivo della convenzione dell’Aa va definito nei limiti


dell’applicabilità del regolamento di bruxelles II bis, con riguardo agli istituti riconducibili alla
responsabilità genitoriale. Tali provvedimenti rientrano nell’ambito di applicazione del
regolamento anche se pronunciati nei casi di sottrazione internazionale dei minori e di ritorno
degli stessi. Il regolamento comprende inoltre nella qualificazione di responsabilità genitoriale
sia il diritto di affidamento sia il diritto di visita. Anche relativamente a provvedimenti
concernenti i beni del minore, è necessario operare il coordinamento tra le fonti. Tali
provvedimenti ricadono nel campo del regolamento solo se le relative misure da adottare sono
strumentali alla protezione del minore (es: nomina di una persona per assistere il minore);
quando invece non riguardano la sua protezione si può applicare il reg 44/2001. L’ampiezza della
nozione di responsabilità genitoriale contenuta nel regolamento limita notevolmente
l’applicabilità della convenzione dell’aJa.

I CRITERI PREVISTI DAL REGOLAMENTO DI BRUXELLES II BIS

Nella misura in cui le misure di protezione dei minori residenti nei territori degli stati membri
dell’unione rientrino nell’ambito della nozione di responsabilità genitoriale accolta dal reg
2201/2003 la giurisdizione è individuata in base ai criteri posti da tale atto.

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Per i minori residenti in paesi terzi la giurisdizione viene individuata in base alle norme della
legge 218.

Il criterio principalmente individuato dall’art 8 del regolamento è la residenza abituale del


minore; pertanto la giurisdizione italiana sussiste quando il minore risiede in italia. Tale criterio
viene definito dal superiore interesse del minore. Limiti al criterio generale:

• Art 9: ultrattività della competenza delle autorità della precedente residenza


abituale del minore, in caso di trasferimento lecito dello stesso

• Art 10: competenza nei casi di sottrazione dei minori

• Art 12 proroga di competenza

• Caso in cui sia impossibili localizzare la residenza rileva la volontà delle parti (in
mancanza si determina la giurisdizione dello stato membro in cui il minore vive
ex art 13).

Ove non si individui la competenza di alcun giudice ai sensi di questi articoli è previsto che
ciascuno stato membro possa affermare o declinare la propria giurisdizione alla luce del proprio
diritto nazionale (competenza residua). I criteri esaminati possono essere superati, in via
eccezionale, dal giudice competente, che ritenga più adatto un differente foro. Perché ciò sia
possibile il minore deve avere un legame particolare con lo stato in cui si trasferisce il caso (es:
stato corrispondente alla residenza abituale successivamente all’istaurazione del giudizio che lo
riguarda; o di residenza abituale di uno dei genitori). In presenza di tali condizioni il giudice
interrompe l’esame del caso fissando alle parti un termine per proporre domanda al giudice ad
quem. Le autorità adite hanno 6 settimane per accettare la competenza, in caso contrario
rimangono competenti le autorità precedentemente adite.

Si delinea così un sistema di criteri di giurisdizione che consente di definire in maniera univoca la
competenza del giudice italiano per tutte le controversie che riguardano i minori residenti
nell’unione. Rimangono alcuni problemi, per esempio caso in cui il minore è residente in uno
stato terzo: il procedimento può instaurarsi davanti a un giudice europeo solo in base all’accordo
dei genitori. Poi c’è il problema dell’assenza di coordinamento con la disciplina concernente la
legge applicabile che si definisce ancora in base alle norme della convenzione dell’aja del 1961.
Un miglioramento si avrà con l’esecutività della convenzione dell’aia del 1996.

4. I CRITERI DI GIURISDIZIONE PREVISTI DALLA CONVENZIONE DELL’AJA DEL 1961

Il richiamo alla convenzione dell’aia del 61 ad opera dell’art 42 della legge 218, si rivolge a
individuare in maniera uniforme giurisdizione e legge applicabile in materia. Tuttavia, poiché a
seguito dell’entrata in vigore del regolamento bruxelles II bis tale fonte risultava avere
applicazione residuale, l’obiettivo di unificare forum e ius può dirsi attualmente realizzato solo
con riguardo alle questioni collegate agli stati non membri dell’unione europea. La competenza
giurisdizionale in materia di tutela dei minori, nelle controversie riguardanti gli stati terzi, è
determinata in base all’art 42, che richiama in ogni caso la convenzione dell’aia.

L’art 1 della convenzione dispone la competenza delle autorità giurisdizionali dello stato di
residenza abituale del minore. L’art 2 stabilisce che le autorità competenti ai sensi dell’art 1
adottano le misure previste dalla loro legislazione interna. In maniera analoga dispongono gli art
4 e 5 che individuano come criterio di giurisdizione e di collegamento la cittadinanza. In tale
ambito si realizza la piena coincidenza tra forum e ius. Per quando concerne il nostro
ordinamento la giurisdizione italiana sussiste se il minore ha la residenza in italia,
indipendentemente dalla sua nazionalità, anche in ordine alle misure assunte in caso di minaccia
alla persona del minore o ai beni dello stesso oppure se il minore ha la cittadinanza italiana.

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Occorre inoltre ricordare la presenza, nell’ambito della convenzione del 61, di norme ispirate da
criteri di collegamento diverso. L’art 3 prevede che i rapporti di autorità costituiti di pieno diritto
siano regolati dalla legge nazionale del minore. Si tratta di una vera e propria norma di conflitto,
in base alla quale i rapporti di autorità ex lege sono regolati dalla legge nazionale del minore,
anche qualora non sussista la necessità i adottare misure protettive dative.

L’art 4 stabilisce che lo stato nazionale del minore adotti misure concernenti il minore, se il solo
interesse di quest’ultimo lo richieda, dopo aver informato le autorità dello stato di residenza
abituale, allo scopo di evitare conflitti positivi di competenza e di garantire l’efficacia delle misure
adottate dallo stato nazionale. Tali provvedimenti prevalgono su quelli disposti precedentemente
nello stato di residenza del minore in caso di serio pericolo per la persona o i suoi beni.
Relativamente alle misure protettive adottate nello stato di residenza del minore, è opportuno
notare che le autorità degli altri stati contraenti non sono tenute a riconoscere tali misure; l’art 9
assicura un minimo di coordinamento per quanto concerne l misure d’urgenza, prevedendo che
le autorità di ogni stato contraente prenderanno le misure di protezione necessarie e che tali
misure cesseranno non appena le autorità nazionali o quelle della residenza abituale avranno
adottato le misure richieste dalla situazione. Bisogna distinguere le misure ex art 8 (protettive
non urgenti) da quelle ex art 9 (provvedimenti d’urgenza). Alcuni problemi sorgono per i soggetti
titolari di più cittadinanze. L’operatività della cittadinanza italiana potrebbe condurre
all’applicazione del nostro ordinamento anche in assenza di un legame effettivo con esso. Si
rischierebbe di considerare il collegamento con lo stato nazionale come un limite all’intervento
dello stato di residenza, sembra pertanto opportuno seguire una diversa soluzione, privilegiando
l’operatività della cittadinanza effettiva del minore, dedotta sulla base di indizi concreti, quale ad
esempio la coincidenza di cittadinanza e residenza, oppure il legame con il genitore che esercita
la patria potestà, nel momento in cui il problema si pone.

5. GIURISDIZIONE IN MATERIA DI PROTEZIONE DEGLI ADULTI INCAPACI

PROTEZIONE INCAPACI MAGGIORI DI Età

Art. 43 Protezione dei maggiori d'età I presupposti e gli effetti delle misure di protezione degli
incapaci maggiori di età, nonché i rapporti fra l'incapace e chi ne ha la cura, sono regolati dalla
legge nazionale dell'incapace. Tuttavia, per proteggere in via provvisoria e urgente la persona o i
beni dell'incapace, il giudice italiano può adottare le misure previste dalla legge italiana.

FATTISPECIE: protezione dei soggetti maggiori d'età, (provvedimenti assunti a protezione di


questi soggetti);

CRITERIO DI COLLEGAMENTO: legge nazionale del soggetto incapace> cittadinanza.

Delimitazione dell'ambito di applicazione di questa previsione:

• Per la capacità e incapacità si applica la legge nazionale;

• Art. 43 per le misure a protezione dell'incapace maggiore d'età (presupposti,


costituzione delle misure, effetti, condizioni per essere curatore dell'incapace maggiore
d'età).

Il maggiore d'età non cittadino italiano, che sia ritenuto incapace sulla base della sua legge
applicabile, e che debba essere soggetto a misure di protezione rispetto a beni che si trovano in
Italia, il giudice italiano per le misure urgenti, ha competenza ad adottare misure previste dalla
legge italiana. E inoltre la norma ci dice che legge applicabile sarà la legge italiana: se il soggetto
incapace si trova in Italia, o se i suoi beni si trovano in Italia> coincidenza tra forum e ius. Cio per
favorire la rapidità dell'intervento del giudice.

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Giurisdizione relativa alla protezione dei maggiori di età.

Art. 44 Giurisdizione in materia di protezione dei maggiori d'età

La giurisdizione italiana in materia di misure di protezione degli incapaci maggiori di età sussiste,
oltre che nei casi previsti dagli artt. 3 e 9, anche quando esse si rendono necessarie per
proteggere, in via provvisoria e urgente, la persona o i beni dell'incapace che si trovino in Italia.

Quando in base all'art. 66 nell'ordinamento italiano si producono gli effetti di un provvedimento


straniero in materia di capacità di uno straniero, la giurisdizione italiana sussiste per pronunciare
i provvedimenti modificativi o integrativi eventualmente necessari.

Art. 44 I comma fa riferimento agli artt. 3 e 9 della legge di riforma. Criterio di giurisdizione
aggiuntivo introdotto dall'art. 44 quando bisogna adottare un provvedimento provvisorio e
urgente in relazione ad un incapace: Vi è una coincidenza con l'art. 43> luogo in cui il
provvedimento, a tutela della persona o dei suoi beni, viene assunto. Anche nel caso in cui la
legge applicabile al merito, alla sostanza della tutela (incapacità, consenguenze, presupposti ed
effetti) sia una legge diversa (cioè legge nazionale dell'incapace maggiore d'età).

Se l'incapace si trova in Italia, possono essere assunte in Italia le misure a tutela della sua
persona o dei suoi beni, anche se non essendo cittadino italiano ai presupposti e agli effetti delle
misure si applica la legge straniera. Il giudice italiano deciderà applicando la legge straniera, nel
caso in cui l'incapace non abbia cittadinanza italiana. Questa previsione è stata posta per
proteggere la persona e i beni dell'incapace. Per quanto riguarda invece le misure provvisorie
d'urgenza> presupposti ed effetti e il contenuto delle misure da adottare: legge applicabile è
quella italiana se la persona incapace maggiore d'età sia in Italia; oppure vi siano in Italia i suoi
beni.

GIURISDIZIONE: Sul piano della tutela d'urgenza il giudice italiano ha anche il potere-dovere di
pronunciare misure provvisorie urgenti, quando l'incapace si trova in Italia, o i suoi beni. E potrà
farlo applicando la legge italiana. Quindi non si fa riferimento a cittadinanza o residenza ma solo
alla localizzazione del soggetto o dei suoi beni.

Art. 44 II comma: richiama art. 66>riguarda i provvedimenti in materia di volontaria giurisdizione


che vengono automaticamente riconosciuti in presenza di determinati requisiti. Il problema è di
raccordare l'applicazione di provvedimenti stranieri di volontaria giurisdizione, che producono
effetti automaticamente in Italia, sussistendo determinate condizioni; e la modifica del
provvedimento reso all'estero, oppure la modifica dei requisiti sulla base del quale il
provvedimento è stato reso, e quindi sia necessario modificare lo stesso.

L'art. 44 prevede che Il giudice italiano ha giurisdizione nel pronunciare le modificazioni o le


integrazioni di questi provvedimenti resi all'estero di volontaria giurisdizione, che vengono
automaticamente riconosciuti in Italia. La prospettiva del legislatore è quella di estendere il piu
possibile la tutela dell'incapace, ma anche di coloro che vengono a contatto con questo, e di quei
soggetti che possano essere pregiudicati perché l'incapace non è in grado di disporre dei suoi
beni in maniera adeguata.

Capitolo XI: Obblighi alimentari


1 OSSERVAZIONI GENERALI

2. GIURISDIZIONE IN MATERIA DI OBBLIGHI ALIMENTARI

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Giurisdizione: nuovi criteri dettati dal Regolamento n. 4 del 2009

• Residenza abituale del convenuto: il soggetto nei confronti del quale viene fatta valere la
pretesa;

• Luogo in cui il creditore risiede abitualmente: per tutelare il soggetto che necessita degli
alimenti;

Il soggetto interessato, il creditore degli alimenti, puo legittimamente scegliere a chi rivolgersi in
base a questi due criteri; la scelta puo essere modellata su ragioni di convenienza sotto il profilo
della tutela a lui garantita dai diversi ordinamenti richiamati dai due criteri.

Le parti possono scegliere il foro? Si possono farlo in base al Regolamento, ma ci sono dei limiti
in funzione della protezione del creditore di alimenti. Stabilisce che le parti possono scegliere un
foro competente, e questa scelta puo essere opposta a terzi, e invocata dinanzi al giudice adito
diverso da quello indicato dalla scelta (dovrà declinare la propria giurisdizione), a condizione che
la scelta porti ad uno dei risultati alternativamente previsti dal Regolamento. Quindi possono
scegliere la legge applicabile tra:

• Legge dello Stato in cui vi è la Residenza abituale di una delle parti (al momento della
proposizione della domanda);

• Cittadinanza di una delle parti (al momento della proposizione della domanda);

Una scelta diversa non è valida secondo il Regolamento. Sul piano formale: la scelta deve
consistere in un atto avente la forma scritta, pena l'invalidità dell'accordo. Non prevede altri
requisiti particolari, ma anzi affievolisce il requisito della forma scritta, dicendo che la forma
scritta puo essere realizzata in qualunque modo (scambio proposta accettazione via mail per es.).

Tutela del creditore di alimenti anche sotto il profilo della giurisdizione: i criteri di giurisdizione
sono quelli della residenza abituale, e cittadinanza. Assumiamo che il giudice adito non possa
decidere sulla domanda di alimenti, per ragioni inerenti alla normativa di quella giurisdizione:
dovrebbe privare il creditore di alimenti di ogni tutela. Ma il Regolamento ammette un foro di
necessità: viene posto allo scopo di evitare che il soggetto che ha titolo per rivolgersi ad
un'autorità giudiziaria, rimanga senza tutela, quindi che ci sia un vuoto giurisdizionale. Per es. Il
convenuto non ha una residenza abituale; e neanche il creditore, e inoltre non c'è una scelta
delle parti: cosa succede se nessun giudice puo essere individuato come competente?

Art. 7: forum necessitatis: opera solo in casi eccezionali, come quella sopra oggetto di esempio.
Attribuisce in via eccezionale la giurisdizione, al giudice di uno Stato membro, nel caso in cui non
possa determinarsi una giurisdizione con i criteri posti dal Regolamento; per consentire al
creditore di alimenti di poter trovare la necessaria tutela. Questa lacuna sarebbe intollerabile e
perciò attribuisce al giudice di uno Stato membro una giurisdizione, che non avrebbe:
l'attribuzione della giurisdizione è negativa non c'è collegamento con altre giurisdizioni.

3. LEGGE APPLICABILE ALLE OBBLIGAZIONI ALIMENTARI

Art. 45 Obbligazioni alimentari nella famiglia Le obbligazioni alimentari nella famiglia sono in
ogni caso regolate dalla Convenzione dell'Aja del 2 ottobre 1973 sulla legge applicabile alle
obbligazioni alimentari, resa esecutiva con la L. 24 ottobre 1980, n. 745.

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L'art. 45 utilizza il metodo del rinvio in ogni caso alla Convenzione dell'Aja del 1973, recepita
dall'Italia nel 1981, per estendere l'ambito di applicazione di una Convenzione internazionale
oltre i limiti relativi.

Fattispecie: Obbligazioni alimentari: ma non tutte, solo quelle che derivano da vincoli di
parentela, di affinità e di matrimonio.

Criterio di collegamento: dimora abituale del creditore dell'obbligazione alimentare. Perchè è lui
il soggetto da tutelare. Dimora: luogo in cui si trova abitualmente, quindi criterio fattuale
rinforzato(margine temporale sufficientemente rilevante). Queste obbligazioni alimentari sono
regolate dalla legge individuata in base alla dimora abituale del creditore degli alimenti. Questo
criterio della dimora abituale è influenzato dal criterio della reciprocità? impone che il creditore
di alimenti, puo far valere il suo diritto solo se la legge dell'altro, Stato consente a parità di
condizioni un credito analogo. No non si puo invocare la reciprocità secondo la Convenzione
dellAja del 1973.

Il criterio della dimora abituale, si applica indipendentemente da qualunque reciprocità; e anche


ove si tratti di un richiamo alla legge di uno Stato non contraente. Cosa non difficile perchè gli
Stati contraenti sono attualmente circa una ventina.

Questa disciplina vuole proteggere il creditore di alimenti. Ma se la legge individuata come


applicabile, non disciplina il diritto di credito alimentare in quel caso specifico (es. data la
lontananza del rapporto parentale o di affinità)? Il creditore di alimenti non potrebbe ottenere gli
alimenti. La Convenzione dell'Aja dice, prevedendo un criterio ulteriore molto interessante, che:
in questo caso legge applicabile è la legge nazionale comune. Questa previsione dice se il
creditore non possa ottenere gli alimenti, allora si applica un altro criterio di collegamento: la
legge nazionale comune. Per esempio perchè quella legge di dimora abituale prevede un
termine di prescrizione piu breve (e quindi il diritto sussistente si è estinto) rispetto a quello
previsto dalla legge nazionale comune. Considerazione di giustizia materiale, basata sul risultato
che si vuole ottenere: concessione alimenti. Se la legge di dimora abituale non prevede il diritto
agli alimenti; la legge nazionale comune è quella di uno Stato terzo, e anche questa legge non
prevede l'obbligazione alimentare; viene investito della questione il giudice italiano perchè il
debitore è domiciliato in Italia> la Convenzione pone un terzo e ulteriore criterio: legge
applicabile è quella italiana, coincidenza tra forum e ius. Questo criterio opera in via subordinata,
ed è stato posto per ragioni di giustizia materiale.

Considerazioni sul criterio di collegamento della dimora abituale: (soggettivo, variabile) Se


muta il luogo di dimora abituale? Nel caso in cui la dimora abituale del creditore di alimenti
cambi, Quando si applica la nuova legge? Si deve passare da una situazione di dimora abituale
vecchia a una situazione di dimora abituale nuova. Quando la nuova dimora è diventata abituale
per poter applicare questo criterio? La Convenzione interviene e dice che quando vi è un
cambiamento di dimora si applica il cambiamento della legge applicabile, Previsione quanto mai
opportuna. Ambito di applicazione delle legge individuata cosi come applicabile: la Convenzione
dell'Aja non si applica alle obbligazioni alimentari che derivano dal divorzio, dalla nullità o
annullamento del matrimonio.

Riserva: l'Italia ha formulato al momento in cui ha prestato il proprio consenso (1982) a


vincolarsi ala Convenzione dell'Aja, una riserva di prevista all'art. 15: limita l'applicazione della

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legge straniera e impone l'applicazione esclusiva della legge del foro, a certe condizioni l'autorità
giurisdizionale applica il proprio diritto nazionale> vi deve essere coincidenza tra forum e ius.
Questo avviene quando vi è un collegamento rilevante, espresso dalla cittadinanza comune>
quindi se questa è italiana, e il debitore ha la residenza abituale nello Stato che ha formulato la
riserva (Italia). La legge italiana in questo caso diventa tutta di necessaria applicazione.

Operatività dell'ordine pubblico: art. 45 recepisce Convenzione Aja del '73.

Se si rende applicabile, in base ai criteri di collegamento dalla Convenzione previsti, la legge


straniera, il ricorso all'ordine pubblico viene affievolito: perchè la disapplicazione degli effetti
della legge straniera, per contrarietà all'ordine pubblico, è possibile solo se vi è un contrasto
evidente, manifesto. Dice la Convenzione: l'ordine pubblico vale solo se vi è una manifesta
incompatibilità. La clausola generale dell'ordine pubblico (art. 16) nel caso specifico della legge
applicabile alle obbligazioni alimentari della famiglia, viene affievolita, perchè la contrarietà
all'ordine pubblico assume rilevanza soltanto se è una contrarietà manifesta. Diritto UE in
materia di obbligazioni alimentari: Regolamento n. 4 del 2009 che riguarda le obbligazioni
alimentari, sia sotto il profilo della competenza giurisdizionale, sia sotto il profilo del
riconoscimento dei provvedimenti stranieri, sia sotto il profilo della la legge applicabile. Dove il
Regolamento trova applicazione prevale sulla Convenzione dell'Aja, e sulla Legge di riforma, non
si applicano le altre previsioni. Il Regolamento non vale per la Danimarca, perchè non ha aderito
alla cooperazione giudiziaria in materia civile, per effetto di un apposito Protocollo.

Legge applicabile sulla base del Regolamento: viene determinata a sua volta con un rinvio, il
Regolamento stesso non disciplina direttamente la determinazione della legge applicabile, ma
rinvia al Protocollo dell'Aja del 23 Novembre 2007>utilizza appunto il Criterio della residenza
abituale: i giudici degli Stati membri a cui si applica il Regolamento n.4 del 2009, utilizzano
questo criterio di collegamento.

4 RICONOSCIMENTO ED ESECUZIONE DELLE DECISIONI STRANIERE

L’uniforme disciplina di conflitto delle obbligazioni alimentari è completata dal sistema agevolato
di circolazione delle decisioni adottate in materia. Il regolamento 4/2009 distingue tra le
decisioni rese in stati membri in base alle norme del protocollo e quelle pronunciate in stati
membri secondo le norme di conflitto diverse:

Prima categoria: gode della forza esecutiva europea, nel senso che le decisioni provenienti dai
giudici di stati vincolati dal protocollo, circolano entro il territorio dell’unione senza che sia
necessario il ricorso ad alcuna procedura particolare, senza che sia possibile opporsi al
riconoscimento e senza che sia necessaria una dichiarazione che attesti l’esecutività. L’art 21
della legge 4/2009 individua le circostanze in presenza elle quali l’esecuzione può essere negata
o sospesa:

• La prescrizione del diritto di ottenere l’esecuzione secondo il termine più lungo


tra quello dello stato di provenienza e quello dello stato di esecuzione;

• Contrasto con una decisione emessa in altro stato membro o terzo che soddisfi i
requisiti necessari al suo riconoscimento nello stato membro di esecuzione.

Significativa è l’assenza di rilevanza della clausola di ordine pubblico si possono agevolare la

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circolazione di decisioni concernenti rapporti familiari diversi da quelli regolati entro


l’ordinamento del foro, quali ad esempio matrimoni omosessuali e unioni civili, dato che in ogni
caso la disciplina regolamento 4 in tema di esecuzione non implica il riconoscimento del
rapporto di famiglia / parentela/ matrimonio alla base dell’obbligazione alimentare.

La seconda categoria è sottoposta alle regole relative al riconoscimento e all’esecuzione del reg
44/2001. L’entrata in vigore del regolamento Bruxelles II bis, modificando la disciplina
dell’exequatur del regolamento Bruxelles I, ridurrà la distinzione delle due categorie di decisioni
appena esaminata, avvicinando la disciplina generale relativa alla circolazione delle decisioni in
materia civile e commerciale a quella prevista in materia di alimenti.

• Si delinea una disciplina tesa ad agevolare in ogni caso la circolazione delle decisioni in
materia di controversie concernenti le obbligazioni alimentari, indipendentemente dal
contenuto di esse.

5. LA RESIDUALE APPLICABILITA’ DELLA DISCIPLINA DI FONTE NAZIONALE

Accanto alla residuale applicabilità delle regole giurisdizionali di cui al reg 44/2001, in ordine alle
controversie instaurate prima del 18 giugno 2011, si può ricordare la residuale applicabilità della
disciplina di fonte nazionale.

L’art 45 legge 218 richiama la convenzione dell’aia del 73, per regolare in ogni caso le
obbligazioni alimentari nella famiglia. La convenzione in esame è in vigore per l’italia dal 1982,
con efficacia erga omnes. Per quanto concerne gli effetti dell’espressione in ogni caso, essa non
determina l’estensione dell’ambito di applicazione soggettivo della convenzione, ma è destinata
ad incidere sull’ambito di applicazione materiale, genericamente definito con riguardo alle
obbligazioni alimentari derivanti da qualsiasi genere di legame familiare. Manca tuttavia,
all’interno della convenzione, una definizione della nozione di obbligazioni alimentari, in quanto
l’operatività della disciplina convenzionale viene delimitata in maniera indiretta. La natura dei
rapporti in questione è irrilevante; potrà trattarsi di parentela legittima, illegittima, naturale o
adottiva. La convenzione non opera alcuna distinzione tra parentela in linea retta e in linea
collaterale. Per quanto concerne i rapporti di matrimonio si fa riferimento sia alle relazioni tra
coniugi sia a quelle tra ex coniugi, sia a quelle tra soggetti conviventi, in considerazione
dell’attenzione che le convivenze more uxorio ricevono da parte degli ordinamenti nazionali,
qualora risultino caratterizzate da una certa stabilità. È invece incerta l’applicabilità della
disciplina convenzionale relativamente alle obbligazioni che hanno la loro origine in un fatto
diverso dalle relazioni di famiglia, come ad esempio quelle che si fondano su di un rapporto
successorio, quelle derivanti da atto illecito o quelle del donatario nei confronti del donante. Non
è chiaro inoltre se la convenzione si applichi alle obbligazioni alimentari derivanti da contratto. Il
richiamo in ogni caso della convenzione consente tuttavia di estendere l’ambito di applicazione
di questa al punto da ricomprendere anche tali fattispecie controverse.

Diversamente, per e obbligazioni alimentari derivanti da illecito, la specialità dell’art 62 della


legge 218 imporrà l’applicazione di tale norma rispetto all’estensione ratione materiae della
convenzione dell’aia del 1973. Questa individua la legge applicabile alle obbligazioni alimentari
tra parenti in linea retta e tra coniugi non legalmente separati nell’ordinamento dello stato di
residenza abituale del creditore di alimenti. Il riferimento alla legge interna dello stato di
residenza abituale determina l’esclusione del rinvio. In caso di mutamento di residenza prevede

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l’applicabilità della legge della nuova residenza purchè essa sia abituale e a partire dal momento
in cui il cambiamento è avvenuto. La nuova disciplina sarà competente sia per quanto riguarda
l’an sia per il quantum. Qualora il mutamento di residenza avvenga nel corso di un giudizio si
dovrà presumere che sia la lex fori a determinare il successivo comportamento del giudice.
Criteri di collegamento sussidiari sono previsti per l’ipotesi in cui il creditore di alimenti non
possa ottenere il soddisfacimento della propria pretesa in virtù della legge del luogo di residenza.
Appare evidente che i criteri in esame non sono alternativi tra loro ma successivi in funzione del
risultato: il collegamento successivo viene richiamato quando il precedente non è stato in grado
di assicurare il risultato materiale perseguito dal legislatore.

Relativamente alle obbligazioni alimentari tra coniugi divorziati, la convenzione del 73 prevede
che “ nonostante le disposizioni degli articoli 4-6 la legge applicata al divorzio regola, nello stato
contraente nel quale il divorzio p concesso o riconosciuto, le obbligazioni alimentari tra coniugi
divorziati e la revisione delle decisioni relative a queste obbligazioni”. Tale disciplina vale anche
per le obbligazioni nei casi di separazione, annullamento e nullità del vincolo. Vale
esclusivamente nei rapporti tra ex coniugi. Essa non riguarda pertanto l’insieme delle
obbligazioni alimentari dovute a scioglimento del matrimonio, con la conseguenza che aspetti
della medesima vicenda possono essere regolati da ordinamenti diversi; restano ad es
sottoposte alla disciplina generale le obbligazioni alimentari nei confronti dei figli. Un limite di
carattere generale all’operatività della disciplina convenzionale è previsto dalla norma secondo
cui l’applicazione della legge indicata dalla presente convenzione può essere negata solo se
manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico. La disposizione in esame viene poi
completata dalla regola materiale, secondo cui anche se la legge applicabile prevede altrimenti,
si deve tenere conto dei bisogni del creditore e dei beni del debitore nella determinazione
dell’ammontare della prestazione alimentare. Si tratta di una norma attuativa del principio
secondo cui gli alimenti sono sempre dovuti in proporzione delle necessità di chi li riceve e delle
risorse di chi li fornisce.

Capitolo XII: Successioni e donazioni


OSSERVAZIONI GENERALI

La disciplina di conflitto delle successioni è stata recentemente oggetto di una ampia riforma, a
seguito dell’adozione del reg 650/2012. Tutti gli aspetti di diritto civile concernenti le successioni
a ausa di morte, definite in maniera ampia dall’art 3, come comprendenti qualsiasi modalità di
trasferimento di beni diritti e obbligazioni a causa di morte, che si tratti di un atto volontario o di
successione legittima, saranno quindi oggetto di una disciplina unitaria prevalente rispetto alla
fonte nazionale, la cui applicazione ha sinora evidenziato delle difformità. Il regolamento
prevarrà inoltre sugli accordi internazionali, restando salvi quelli conclusi tra paesi ue e paesi
terzi. Si sottraggono all’applicazione del regolamento gli aspetti connessi alla materia fiscale e
alla materia amministrativa di diritto pubblico, rimettendo così alla legislazione nazionale ad
esempio la determinazione della tassa di successione. Non sono inoltre sottoposte al
regolamento in esame le questioni inerenti ai regimi patrimoniali tra coniugi o convenzioni
patrimoniali relative a rapporti che si ritiene abbiano effetti comparabili con il matrimonio, i
diritti di proprietà, gli interessi e i beni creati o traferiti con strumenti diversi dalla successione. Si
mira a realizzare un’uniforme regolamentazione per l’intero ambito delle successioni
transfrontaliere, con norme concernenti la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento e
l’esecuzione delle decisioni.

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L’uniformità tuttavia viene perseguita con strumenti parzialmente differenti da quelli accolti negli
altri atti dell’unione europea concernenti il diritto internazionale privato: in particolare l’art 34
regola il procedimento del rinvio nei casi in cui la legge richiamata a regolare la successione, che,
ove individuata entro uno stato terzo, rinvii all’ordinamento di uno stato membro o a quello di
uno stato terzo che accetta il rinvio possibilità che tramite questo procedimento vengano in
rilievo ordinamenti che prevedono il sistema della scissione della disciplina successoria,
compromette l’uniformità perseguita.

2 GIURISDIZIONE IN MATERIA SUCCESSORIA

Criterio unico per determinare la competenza giurisdizionale e la legge applicabile in materia: la


residenza abituale del defunto al momento del decesso. Così ci si inserisce nella tendenza degli
atti dell’unione che utilizzano la residenza abituale di un soggetto come connessione
significativa. Questo criterio corrisponde anche a ragioni di praticità, in quanto spesso
coincidente con il luogo in cui si trova la maggior parte dei beni del defunto. Grazie ad esso si
superano le incertezze interpretative determinate dalla varietà dei criteri di cui all’art 50 della
legge 218: domicilio o residenza; accettazione della giurisdizione da parte dell’italia; cittadinanza
italiana del de cuius; apertura della successione in italia; localizzazione in italia dei beni di
maggior consistenza economica. È tuttavia possibile la scelta del foro, nei limiti in cui vi sia stata
una corrispondente electio iuris esercitata nell’ambito dell’ordinamento di cittadinanza del de
cuius, nel caso coincidente con quello di uno stato membro. L’accordo relativo alla scelta del foro
è concluso per iscritto, datato e firmato dalle parti interessate.

L’applicazione del regolamento 650/2012 restringerà fortemente l’estensione che si era venuta
quindi ad affermare in ordine alla giurisdizione italiana, negandola ad esempio nelle ipotesi di
controversia concernente i cittadini italiani non residenti in italia. Non rileva più la cittadinanza
italiana del de cuius come autonomo criterio di giurisdizione. I criteri dell’apertura della
successione in italia e quello della localizzazione in Italia dei beni di maggiore consistenza
economica possono invece dirsi presuntivamente assorbiti dal criterio regolamentare della
residenza.

3 LEGGE APPLICABILE ALLE SUCCESSIONI TRANSNAZIONALI

Si delinea così un regime di successioni transnazionali ove si superano i problemi derivanti dai
diversi regimi vigenti negli ordinamenti degli stati membri. Relativamente alle successioni per le
quali sia richiamata la legge di uno stato terzo, tale unitarietà è al contempo compromessa anche
entro il regolamento, dalla possibile operatività del procedimento del rinvio, generalmente
ammesso sia alla legge di uno stato membro sia a quella di uno stato terzo che accetti il rinvio.

Nelle vicende successorie ci sono due fasi:

• La prima: fase di acquisto del titolo ereditario, individuazione degli eredi e dei legatari,
determinazione dei beni e dei diritti esercitabili su di essi, conseguenze dell’acquisto dei
titoli successori;

• Seconda: fase in cui concretamente si acquistano i beni formanti la massa ereditaria.

Entrambe sono sottoposte alla legge successoria; inoltre ad essa si riconduce la disciplina di
alcuni istituti previsti in altri sistemi giuridici (ad esempio la sostituzione fede-commissoria; il

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testamento reciproco). Quanto ai patti successori, sottoposti alla legge che sarebbe stata
applicabile alla successione dell’autore se fosse deceduto il giorno della conclusione del patto,
mette conto rilevare che il divieto di cui al nostro codice civile ha recentemente subito
un’attenuazione per effetto dell’entrata in vigore di una legge del 2006, che ha introdotto
nell’ordinamento italiano l’istituto del patto di famiglia: strumento giuridico che consente
all’imprenditore di trasferire in tutto o in parte la propria attività aziendale a un suo discendente.

La divisione ereditaria è regolata in linea generale dalla lex successionis. Il regolamento incide
tuttavia profondamente sulla disciplina di tale fattispecie. Con la disciplina del regolamento la
volontà degli aventi causa non ha autonomia rispetto alla precedente scelta del defunto. La legge
regolatrice della successione incontra tuttavia i limiti derivanti dalla disciplina di istituti connessi
alla successione e sottoposti ad altre leggi (statuto successorio, trust). Altri limiti si evidenziano
in relazione alla determinazione dei successibili, per la necessità di risolvere le questioni
preliminari, quanto all’accertamento di uno status familiare in rapporto con il defunto, che
essendo espressamente escluse dall’operatività del regolamento dovranno essere risolte
previamente e autonomamente in base all’ordinamento richiamato.

4 ASPETTI CONCERNENTI LA VALIDITA’ FORMALE E SOSTANZIALE DELLE DISPOSIZIONI


TESTAMENTARIE

La disciplina specificamente analitica del regolamento incide anche sulle questioni relative alla
validità formale e sostanziale delle disposizioni testamentarie.

Quanto alla legge applicabile alla validità formale delle disposizioni a causa di morte, il principio
del favor testamenti ha ispirato la previsione, in maniera alternativa, di otto leggi applicabili,
sulla scorta delle soluzioni della convenzione dell’aia del 61. Nel sistema italiano di diritto
internazionale privato ciò significa che alla disciplina prevista dall’art 48 della legge 218, che già
richiama sette leggi regolatrici della forma testamentaria(1: legge dello stato in cui il testatore ha
disposto; 2: legge nazionale del testatore al momento della morte; 3 legge del luogo di residenza
del testatore al momento della redazione del testamento; 4 legge del luogo di residenza del
testatore al momento della morte; 5 del domicilio al momento della redazione del testamento; 6
del domicilio al momento della morte; 7 legge nazionale al momento della redazione del
testamento) si aggiuge la lex rei sitae per quanto riguarda i beni immobili.

C’è il problema di delimitare con esattezza le questioni che rientrano nella categoria della forma,
degli aspetti sostanziali del testamento, con le inevitabili difficoltà di qualificazione.

Per quanto riguarda poi il coordinamento tra criteri di collegamento opera il principio del favor
validitatis nell’interpretazione della norma in esame. È da notare poi la puntualizzazione
temporale di nazionalità, domicilio e residenza. Tali collegamenti assumono rilevanza sia in
relazione al momento della confezione del testamento sia al momento della morte. Un
testamento valido al tempo in cui è stato posto in essere non potrà quindi diventare
successivamente nullo in seguito ad un cambiamento di nazionalità, residenza o domicilio in
forza del principio del favor testamenti.

Nella determinazione della disciplina della forma del testamento viene poi in rilievo la
convenzione di washington del 73, avente ad oggetto una nuova forma di testamento, che si
aggiunge, senza sostituirle, alle diverse forme previste nei singoli stati che aderiscono alla

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convenzione. Tale istituto può infatti ancora dirsi operante. La convenzione di w. Prevede norme
di applicazione necessaria, che vanno attuate a prescindere dalla ricerca della legge applicabile.
Seguendo tale ultima interpretazione delle norme convenzionali, si eviteranno le difficoltà
connesse alla determinazione della legge applicabile. Le regole previste dalla legge uniforme si
applicano infatti non solo nelle fattispecie che presentano elementi di estraneità, ma anche in
ordine alle situazioni meramente interne. Pertanto l’aggettivo internazionale è da riferirsi
esclusivamente all’origine dell’istituto. Anche un cittadino italiano può quindi avvalersi delle
forme previste dalla convenzione per regolare la propria successione, e cioè: redazione per
iscritto di un testamento; consegna al notaio di quel documento, con contestuale dichiarazione
che si tratta del proprio testamento; sottoscrizione del testamento, dei testimoni e del notaio
che apporrà inoltre sul testamento la data, redigerà l’atto di ricevimento e provvederà poi alla
conservazione del testamento.

La capacità di disporre per testamento andrà invece rimessa alla valutazione delle norme
nazionali di diritto internazionale privato. Nel sistema italiano di diritto internazionale privato,
l’art 47 della legge 218 stabilisce, in linea generale, l’applicabilità della legge nazionale del
disponente al momento della redazione del testamento, della modifica o della revoca per
regolare la capacità di compiere tali atti conferma il netto parallelismo tra capacità giuridica e di
agire sia per quanto attiene alla disciplina generale, sia relativamente alle capacità speciali.
Attualmente il testamento validamente disposto ai sensi dell’art 47 resterà tale, anche se la
capacità del disponente è venuta meno, magari in seguito a mutamento di cittadinanza. La
giustificazione di tale deroga va ricercata nella circostanza che la capacità di testare non
costituisce parte integrante della configurazione che gli istituti successori assumono nei singoli
ordinamenti, rappresentando piuttosto una delle espressione della capacità giuridica.

Gli aspetti più problematici della disciplina fissata dall’art 47 riguardano l’ambito di applicazione
della stessa. Non appare chiaro se la disposizione in esame operi anche in relazione ai vizi della
volontà, che inficiano la validità del testamento. Parte della dottrina si è espressa a favore della
soluzione negativa, altri invece ritengono che debba applicarsi l’art 47, in considerazione del
nesso stringente fra i vizi della volontà e l’atto che viene posto in essere, e della conseguente
necessità che la disciplina dei medesimi venga individuata con riferimento al momento della
testamenti factio.

5 EREDITA’ VACANTE

Il regolamento 650 prevede, all’art 33, il caso di eredità vacante, stabilendo che, nella misura in
cui, secondo la legge applicabile alla successione ai sensi del presente regolamento, non vi siano
disposizioni a causa di morte che istituiscano eredi o legatari, né persone fisiche che abbiano
diritto di succedere per legge , l’applicazione della legge così determinata non osta al diritto di
uno stato membro o i un’istituzione designata dalla legge di quello stato di acquisire a norma
della propria legge i beni ereditari situati sul suo territorio, a condizione che i creditori possano
chiedere di soddisfare i propri crediti con tutti i beni caduti in successione. Si evita dunque di
distinguere tra i sistemi giuridici in cui tale acquisto si basa sul riconoscimento della qualità di
erede allo stato, e quelli in cui sono considerazioni di carattere pubblicistico a consentire
l’acquisto dei bona vacantia.

6 RICONOSCIMENTO ED ESECUZIONE DELLE DECISIONI IN MATERIA SUCCESSORIA

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Le decisioni in materia successoria provenienti dagli stati membri dell’unione sono riconoscibili
senza la necessità di ricorrere ad alcun procedimento particolare. In caso di contestazione l’art
39 delo stesso prevede che ogni parte interessata, chiedendo il riconoscimento in via principale
di una decisione, può far accertare, secondo il procedimento di cui agli art da 45 a 58, che la
decisione sia riconosciuta. Si tratta dunque di una procedura rivota a facilitare la circolazione
delle decisioni in materia successoria, nel cui contesto si innesta anche un nuovo istituto previsto
dal regolamento: il certificato successorio europeo. Tale istituto si definisce nell’ambito
probatorio al fine di dimostrare gli elementi accertati in forza della legge applicabile a elementi
specifici, come la validità sostanziale delle disposizioni a causa di morte. Tramite esso, l’erede o
legatario possono dimostrare la propria qualità e i propri diritti e poteri in un altro stato
membro. Si tratta infatti di un documento in cui si indicano tutti i dati necessari che ha valore di
prova legale e viene rilasciato dall’organo giurisdizionale o da altra autorità competente in base
alla legge nazionale in materia di successione.

7 DISCIPLINA DI CONFLITTO DELLE DONAZIONI. COORDINAMENTO DELLE FONTI RILEVANTI

La disciplina di conflitto delle donazioni è contenuta nel capo IX della legge 218, che prevede una
sola disposizione in tema, in cui si prevede innanzitutto il criterio di collegamento della
nazionalità introducendo la possibilità di scelta di legge del donante. La regolamentazione in
esame è poi completata dalla disposizione dell’art 56 comma 3, rivolto a regolare la validità
formale della donazione, tramite il richiamo alternativo di due leggi competenti: la legge del
luogo dell’atto e la legge nazionale o di residenza, se il donante ha scelto di sottoporre a questa
disciplina la sostanza della donazione.

Il rinvio da un ordinamento all’altro, regolato generalmente nel sistema italiano dall’art 13 si


determina in questo caso non tanto a causa della difformità tra i criteri di collegamento della lex
fori quanto in seguito al conflitto di sistemi, generato dalle diverse interpretazioni rese in ordine
a fattispecie apparentemente identiche nell’ordinamento del foro e nel sistema giuridico
straniero. Per risolvere il problema potrà venire in rilievo il metodo diretto ad interpretare le
fattispecie controverse e anche la donazione in base alla qualificazione funzionale.

Il regolamento di Roma regola tutte le ipotesi in cui le donazioni non derivano da atti unilaterali
ma da una manifestazione bilaterale di volontà (donazioni indirette). Alcune incertezze
riguardano la definizione delle donazioni sottratte all’operatività di tale regolamento.

Nella qualificazione delle donazioni sottratte all’operatività del regolamento roma vengono
innanzitutto in rilievo le donazioni compiute in ambito familiare. Tuttavia non tutte queste
rientrano nelle materie escluse dal regolamento Roma.

8. CRITERI DI COLLEGAMENTO

La disciplina delle donazioni può quindi variare all’esito del procedimento di qualificazione della
fattispecie da regolare. Per le donazioni rientranti nella categoria contrattuale e dunque nel
regolamento Roma , il primo criterio da questo individuato è l’electio iuris; tuttavia la facoltà di
scelta stabilità dal regolamento, come già dalla convenzione di roma, è più ampia di quella
contenuta nell’art 56 e limitata quanto alla legge dello stato di residenza del donante. Differenze
ancor più evidenti riguardano poi il collegamento oggettivo, prescelto dalle norme di confronto.
Infatti il regolamento Roma I richiama la legge del paese nel quale la parte che deve effettuare la

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prestazione caratteristica ha la residenza abituale. L’art 56 fa invece riferimento al criticato


collegamento della nazionalità del donante, precisando che quest’ultima deve essere
temporalmente definita con riguardo al momento in cui si perfeziona l’atto di donazione.

Alla disciplina delle donazioni si riconducono gli elementi costitutivi della donazione, e le
conseguenze ad essa ricollegabili: l’individuazione dei beni che ne possono costituire l’oggetto, le
condizioni apponibili… relativamente all’individuazione dei beni idonei potranno porre problemi
di coordinamento con la legge regolatrice dei diritti reali.

La disciplina delle donazioni si articola poi in alcune norme speciali che riguardano alcuni aspetti
delle stesso (per esempio x la forma delle donazioni; la capacità di porre in essere la donazione,
che è disciplinata dalla legge 218)

Capitolo XIV: Obbligazioni


LE COSE E I DIRITTI SULLE COSE (DIRITTI REALI IN QUANTO ATTENGONO ALLE RES)

Con diritto reale noi ci riferiamo a dei diritti che hanno come tipica caratteristica quella di essere
opponibili erga omnes: possiamo farli valere nei confronti di tutti. Nella nostra materia c'è
sempre un problema di qualificazione: definire le fattispecie indicate dalle norme di diritto
internazionale. Infatti possiamo trovarci di fronte a qualcosa che non è noto nel nostro
ordinamento, o non ha lo stesso nome: e quindi dovremmo prima chiederci se il diritto in
questione è un diritto reale>È un diritto reale se ha questa importante caratteristica della
opponibilità erga omnes , quale che ne sia il nome in iuris . Proprio per questa loro caratteristica,
nei vari ordinamenti, i diritti reali sono tipici, costituiscono un elenco esaustivo non aumentabile
per analogia. Quindi ci occupiamo dei diritti reali sulle cose con carattere di assolutezza.

Triplice ripartizione dei diritti reali:

• su immobili;

• su mobili;

• sui beni immateriali(proprietà industriale, proprietà letteraria: diritto su marchi; brevetti,


e opere letterarie o artistiche ecc..). Per questi beni è difficile utilizzare il criterio della
localizzazione della res (lex rei site), che è la regola base.

È ritenuta invece applicabile sia sui beni immobili, che sui beni mobili. Il nostro sistema (non ci
sono regole comunitarie in materia) per i diritti reali su beni mobili e immobili, utilizza la legge
del luogo di situazione. In questa materia puo operare il rinvio, è quindi ammesso. Quindi per
ipotesi se la legge rei site utilizza un altro criterio, questo criterio vale.

Capo VIII della nostra legge si struttura in ben cinque norme diverse: dall'art. 51 all'art. 55. è una
disciplina molto analitica.

Art. 51 Possesso e diritti reali 1. Il possesso, la proprietà e gli altri diritti reali sui beni mobili ed
immobili sono regolati dalla legge dello Stato in cui i beni si trovano. 2. La stessa legge ne regola
l'acquisto e la perdita, salvo che in materia successoria e nei casi in cui l'attribuzione di un diritto
reale dipenda da un rapporto di famiglia o da un contratto .

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Norma generale, pone al I comma la lex rei site sia per gli immobili che per i beni mobili.
Possesso: è prevalentemente una circostanza di fatto, ma deve essere qualificata per essere
distinta da altre situazioni (es. Detenzione). I requisiti del possesso, e cio che lo differenzia da
altre situazioni di fatto, devono essere apprezzati con la legge del luogo di localizzazione dei
beni.

Il possesso è regolato sia nei suoi aspetti materiali, che negli aspetti psicologici dalla legge del
luogo in cui si trova il bene. Il diritto reale è un diritto assoluto, ma non sempre ha gli stessi
contenuti e gli stessi limiti. I diritti che concorrono a formare la proprietà possono cambiare,
soprattutto nei limiti e nelle condizioni di esercizio.

Quindi dobbiamo stare attenti quanto alla distinzione tra titolo e diritto.

-Titolo: è cio in base al quale il diritto reale viene costituito (contratto, successione, rapporto di
famiglia). Questo resta regolato dalla legge in base al quale si è costituito.

Es. vendita: puo avere un effetto reale o un effetto obbligatorio. È un contratto, quindi costituisce
il titolo, e resta regolato dalla legge che regola il contratto di vendita. Ma questo contratto ha
effetto reale o no? Basta il contratto per trasmettere il diritto, oppure occore la materiale
consegna della cosa? Questo puo cambiare! E la risposta ce la da la legge del luogo di
localizzazione della cosa. Questa distinzione è interessante anche per i diritti reali di garanzia.

Diritto reale di garanzia: segue il bene, onera il bene anche se passa da una titolarità ad
un'altra.

I diritti di garanzia possono essere diversi da ordinamento a ordinamento (noi abbiamo il pegno
e l'ipoteca). Quale che sia il nome iuris noi ci riferiamo ai diritti che hanno questa caratteristica.
Uno puo iscrivere una garanzia su un bene mobile, e poi questo viene spostato in un altro Paese.
La garanzia resta, ma il suo contenuto cambierà perchè è cambiata la legge applicabile. Per le
Navi, aeromobili ecc..vale la legge dello Stato di registrazione, cioè dello Stato in cui sono stati
registrati. Se si iscrive un diritto di garanzia su uno di questi beni: l'ipoteca è scritta, ma il suo
contenuto garantistico cambia in ragione del cambiamento della legge applicabile. Non il titolo,
ma cambia il contenuto.

-Diritto: contenuto del diritto che ho acquisito.

Questo è specificato dal II comma dell'art. 51: la stessa legge regola l'acquisto e la perdita del
diritto, salvo il caso in cui il diritto è stato acquistato per successione, e nei casi in cui
l'attribuzione di un diritto reale dipenda da un rapporto di famiglia o da un contratto .

Si verifica così una scissione tra:

– la legge regolatrice del titolo;

– la legge regolatrice del diritto reale.

Art. 52 Diritti reali su beni in transito 1. I diritti reali su beni in transito sono regolati dalla legge
del luogo di destinazione.

Beni in transito: non quelli che lo sono per loro destinazione economica, ma quelli in corso di

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spedizione. Qui la lex rei sitae serve poco, infatti non si sa dove un bene si trova in quel
momento, e comunque poco dopo potrebbe trovarsi in un altro luogo.

Legge del luogo di destinazione :è certo anche questo, ma non sempre, perchè ci sono dei
contratti che non prevedono in partenza la destinazione (es. Consentono al titolare delle merci di
disporne in corso di viaggio dove la loro commercializzazione sia piu favorevole). Vale questa
legge, cosi si vuole. I beni viaggianti non hanno una localizzazione spaziale precisa e quindi il
luogo di destinazione è un criterio di collegamento che assicura maggior prevedibilità e vicinanza
della fattispecie a quell'ordinamento. Attenzione: ci sono dei beni che sono sì di transito, ma non
rienentrano nella disciplina di questo articolo, esempi:

– navi e aeri (per i quali vale la legge della bandiera)

– oggetti lanciati nello spazio e vagoni ferroviari (per i quali valgono le convenzioni
internazionali).

Norme di applicazione necessaria o di diritto pubblico: potrebbero intervenire per togliere


questo criterio. Es. Per l'esportazione di oggetti che fanno parte del patrimonio artistico dello
Stato, vale la legge dello Stato da cui verrebbero indebitamente esportati. Qui la legge del luogo
di destinazione proprio non centra niente, ma si prende in considerazione la legge del luogo di
partenza che ne vieta appunto il trasporto.

Art. 53 Usucapione di beni mobili 1. L'usucapione di beni mobili e regolata dalla legge dello
Stato in cui il bene si trova al compimento del termine prescritto.

USUCAPIONE DI BENI MOBILI: quando si perfeziona il processo acquisitivo della proprietà,


dell'usufrutto ecc...?

Soluzione: in base alla legge dello Stato in cui il bene si trova al compimento del termine
prescritto.

Ma l'usucapione non si fa solo in base al tempo, ma anche in base al possesso in buona fede e
altri requisiti...questi non sono aspetti temporali, ma altri requisiti anche psicologici.

Il legislatore avrebbe dovuto riferirsi anche a questi altri requisiti.

Comunque si guarda sempre alla legge dello Stato in cui il bene si trova, solo che trattandosi di
beni mobili, e quindi beni che per loro natura sono facilmente trasferibili da uno Stato all'altro,
l'usucapione si considera avverata nel momento e nel luogo in cui il bene si trova al momento del
compimento del termine.

Ratio: facilitare l'acquisto del bene attraverso il trasferimento perché molto spesso si può
prevedere una scelta di passaggio del bene da uno Stato che ha un termine più lungo, ad uno
Stato che ha un termine più breve. Conseguenza dell'art. 53: si deve tener conto del possesso
esercitato anteriormente al trasferimento del bene.

Esempio:

– nello stato A: termine per usucapire un determinato bene é di 10 anni;

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– nello stato B: termine per usucapire quello stesso bene é di 5 anni.

Se nello stato A sono decorsi almeno 5 anni, l'usucapione si considera avverata al momento del
trasferimento del bene nello stato B.

N.B: se l'usucapione si é compiuta nello Stato in cui il bene si trova (es: nello stato B) non rileva
che il bene si sposti in uno Stato in cui il termine é più lungo (es: stato A). Limiti: il limite alla
disciplina dell'art. 53 é dato dalle norme di applicazione necessaria (norme a tutela di beni storici
e artistici).

Art. 54 Diritti su beni immateriali 1. I diritti su beni immateriali sono regolati dalla legge dello
Stato di utilizzazione.

Regola generale ex art. 54 è che i diritti sui beni immateriali sono regolati dalla legge dello Stato
di utilizzazione. Dello Stato dove il diritto è esercitato, cioè sfruttato economicamente.

Questa scelta della legge dello stato di utilizzazione é stata criticata dalla dottrina italiana perché:

– come si fa a dire che, se i diritti su beni immateriali sono utilizzati in Francia devono essere
regolati dalla legge francese? Sarebbe stato meglio che il legislatore avesse detto che sono
sottoposti alla legge italiana se sono utilizzati in Italia, cioé se l'avesse formulata in maniera
unilaterale;

– é inoltre criticata perché spesso sui diritti su beni immateriali ci sono norme di applicazione
necessaria in vigore nei vari ordinamenti.

Esistono Convenzioni Internazionali in questa materia, che prevalgono sulla norma interna.
Convenzione di Monaco del '73, che istituisce l'Ufficio Europeo dei Brevetti: la persona registra il
brevetto presso l'ufficio, e questo è tutelato in tutti i Paesi contraenti, la registrazione consente il
riconoscimento della tutela del diritto. L'art. 54 é destinato ad avere un'applicazione residuale, la
legge del luogo di utilizzazione, vale solo in assenza di norme internazionali o del diritto dell'UE.

Art. 55 Pubblicità degli atti relativi ai diritti reali

La pubblicità degli atti di costituzione, trasferimento ed estinzione dei diritti reali è regolata dalla
legge dello Stato in cui il bene si trova al momento dell'atto.

Regolata dal diritto dello Stato in cui si trova il bene al momento in cui si compie l'atto. La
vendita avviene in Australia, ma se l' immobile si trova in Italia, la pubblicità è regolata dalla
legge italiana(Stato in cui il bene si trova).

Lex rei site stabilisce:

• Regole della pubblicità

• Conseguenze del difetto di pubblicità.

Per i beni iscritti sui pubblici registri questa regola non vale (autoveicoli, navi, aeromobili, treni
ecc.).

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Capitolo XIV: Obbligazioni


OSSERVAZIONI INTRODUTTIVE

L’ambito delle obbligazioni è stato oggetto di profonde riforme, nel quadro del processo di
comunitarizzazione del diritto internazionale privato inevitabile riduzione del rilievo delle norme
di fonte nazionale, come già evidenziato con riguardo all’ambito processuale.

DISCIPLINA DELLE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI. COORDINAMENTO DELLE FONTI

Il regolamento 593/2008 dispone espressamente la sostituzione della convenzione negli stati


membri nella norma in cui precisa “ nella misura in cui il presente regolamento sostituisce le
disposizioni della convenzione di roma, ogni riferimento a tale convenzione si intende fatto al
presente regolamento”. Il regolamento ha un ambito di applicazione più ampio, e una disciplina
diversa da quella della convenzione, e nel disporre la successione, il regolamento stabilisce un
criterio temporale secondo il quale non si modifica la legge regolatrice dei contratti stipulati
prima del 17 dicembre 2009 diverse categorie di atti:

• Contratti che rientrano nell’ambito di applicazione di entrambi : la sostituzione


della convenzione ad opera del regolamento avviene solo per i contratti conclusi
dopo il dicembre 2009

• Contratti conclusi anteriormente: si applica la convenzione

• Contratti che non erano sottoposti alla convenzione ma rientrano nell’ambito del
regolamento : si applica questo

• Contratti esclusi dal raggio di azione di entrambi non è chiaro se siano


ricompresi nel “ in ogni caso” della convenzione.

La normativa nazionale può contribuire a realizzare i presupposti per l’attuazione del diritto
comunitario. Pare possibile concludere che il richiamo alla convenzione di roma (art 57) si
riferisca al regolamento Roma I. le estensioni derivanti da tale articolo riguardano solo l’ambito
materiale della disciplina e sono limitate, in quanto subordinate all’inesistenza di norme speciali
di diritto internazionale privato nella legge 218, nelle convenzioni internazionali e negli atti
comunitari. La prima condizione per la realizzazione di tale estensione ratione materiae è la
qualificazione contrattuale delle obbligazioni relativamente alle quali occorre individuare la legge
applicabile. L’operatività del richiamo estensivo dell’art 57 è tuttavia subordinata anche al
coordinamento con le altre disposizioni della legge 218: per esempio per il contratto di
costituzione di società, il carattere di specialità conduce all’applicazione della lex societatis.

3 COORDINAMENTO CON LE CONVENZIONI INTERNAZIONALI

L’applicazione ai contratti della convenzione di roma del 1980 è disposta senza pregiudizio delle
altre convenzioni internazionali in quanto applicabili carattere cedevole della disciplina
contenuta nella convenzione.

Rilevano a delimitare l’estensione ratione materiae del regolamento roma I sia le convenzioni
contenenti norme uniformi di conflitto sia le convenzioni di diritto materiale uniforme, in un
quadro complesso in cui l’interazione tra regimi diversi può incrinare la certezza e la prevedibilità

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della disciplina.

4 CRITERI DI COLLEGAMENTO

I criteri di collegamento, generalmente disposti dal regolamento roma, sono simili ma non
corrispondenti a quelli previsti dalla convenzione di roma: scelta delle parti e in assenza, legge
del paese di residenza abituale del debitore della prestazione caratteristica. Quanto alla scelta
della legge essa è prevista secondo modalità applicative analoghe a quelle disposte dalla
convenzione. La scelta può riguardare l’ordinamento di un paese, individuato
indipendentemente dai legami dello stesso contratto. C’è possibilità di scelta parziale; rimane il
limite delle disposizioni imperative esistenti nell’ordinamento con il quale il contratto è
esclusivamente collegato. Si delinea inoltre il limite secondo il quale la scelta di legge non può
derogare alle disposizioni di diritto comunitario alle quali non è permesso derogare
convenzionalmente.

Quanto alle modalità di scelta: può essere l’oggetto di una espressa pattuizione delle parti o può
desumersi da accordo tacito.

Relativamente al criterio di collegamento sussidiario, applicabile in mancanza di una valida


scelta, ai sensi dell’art 3, la modifica dello stesso appare significativa, se si considera il ruolo
centrale della residenza del debitore della prestazione caratteristica.

Al di là della lacuna nella definizione di residenza abituale, si tratta di vedere se tale


qualificazione autonoma non presenterà difficoltà applicative nelle controversie in cui verrà a
rilevare la localizzazione della residenza abituale del debitore della prestazione caratteristica,
nell’ambito di una valutazione più ampia, che tuttavia non può prescindere dalle indicazioni
dell’art 4 par 1 del regolamento in esame per singoli contratti: legge dello stato di residenza
abituale del prestatore di servizi per il contratto di prestazione di servizi, lex rei sitae per il
contratto avente per oggetto un diritto reale immobiliare. Alla rigidità di tali previsioni è tuttavia
possibile derogare tramite l’operatività della clausola di eccezione, secondo cui, quando dal
complesso delle circostanze contrattuali risultino collegamente manifestamente più stretti con
uno stato diverso da quello individuabile secondo l’art 4 occorre applicare la legge così
individuata secondo una valutazione discrezionale.

Infine, qualora non sia possibile individuare la legge applicabile, occorre far riferimento alla legge
dello stato con cui il contratto presenta il collegamento più stretto. Il regolamento di roma I
contiene poi norme rivolte a regolare i contratti speciali ad esso sottoposti, e ispirate da
particolari finalità, come, nello specifico, la tutela della parte debole.

L’ambito della legge individuata dal regolamento roma, per disciplinare le obbligazioni
contrattuali nelle situazioni che implicano un conflitto di leggi, è definito dall’art 12 tramite
un’elencazione non tassativa di questioni soggette alla stessa legge regolatrice del rapporto da
cui derivano le obbligazioni:

• Interpretazione del contratto

• Esecuzione delle obbligazioni che discendono dal contratto

• Conseguenze dell’inadempimento

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• Diversi modi di estinzione delle obbligazioni

• Conseguenze dell’invalidità del contratto

La capacità dei contraenti non è invece disciplinata dal regolamento, fatta salva una norma a
tutela dei contraenti in buona fede.

QUESTIONI GENERALI

Quanto alle questioni generali che l’interprete si trova ad affrontare nella disciplina delle
fattispecie cui il regolamento Roma I si applica, è sicura l’operatività delle disposizioni generali
del regolamento per la valenza normativa dello stesso. Le norme generali del sistema italiano di
diritto internazionale privato potranno comunque integrare la disciplina del regolamento, nelle
ipotesi in cui quest’ultimo non contenga disposizioni apposite. La prevalenza delle norme del
regolamento nella soluzione delle questioni generali dovrà infine orientare anche l’applicazione
eventuale delle pertinenti norme della legge 218.

6 OBBLIGAZIONI NON CONTRATTUALI

Le obbligazioni non contrattuali sono regolate da alcune disposizioni della legge 218, tre delle
quali riguardano i negozi unilaterali, due le obbligazioni da fatto illecito e una le obbligazioni
legali. La disciplina viene poi completata dall’esclusione del rinvio. A tale ultima previsione si
sottrae però la materia dei titoli di credito, dal momento che le convenzioni in tema prevedono il
funzionamento del rinvio, anche se soltanto per la disciplina della capacità della persona. La
portata di tali norme è stata tuttavia fortemente ridotta dall’adozione del reg 864/2007 che ha
introdotto una disciplina di conflitto di fonte comunitaria in materia di obbligazioni
extracontrattuali, nonché dal regolamento Roma I, secondo l’interpretazione che ritiene
applicabile lo stesso alla promessa unilaterale, in quanto fonte di obbligazioni contrattuali.

Il nuovo regolamento 864, detto Roma II, pare destinato a completare, da un lato le disposizioni
del reg 44/2001, e dall’altro a coordinarsi con le norme del regolamento Roma I. in prospettiva si
realizza in tal modo un sistema di individuazione della legge applicabile a obbligazioni
contrattuali e non contrattuali fondato su discipline comunitarie di applicazione diretta
complementari e, suscettibili di essere coordinate in base al principio di specialità. Il
regolamento roma II incide relativamente ad alcune obbligazioni contrattuali e non contrattuali
fondato su discipline comunitarie di applicazione diretta complentari e suscettibili di essere
coordinate in base al principio di specialità.

Il regolamento Roma II incide relativamente ad alcune obbligazioni non contrattuali non


derivanti da illecito, nonché in materia di responsabilità da illecito e da danno da prodotto,
sostituendo l’art 63 della legge 218 e riducendo l’operatività del 62.

7 LA DISCIPLINA DELLA PROMESSA UNILATERALE

Tale disciplina si applica alla promessa unilaterale come fonte autonoma di obbligazioni. Si
sottraggono alla norma dell’art 58 le promesse inquadrate in un diverso ambito, quali ad
esempio la promessa di matrimonio. Relativamente alla sottoposizione della promessa al
pubblico, ovvero della promessa rivolta indistintamente a una generalità di destinatari; pare
opportuno evidenziare la necessità di distinguere tale fattispecie dall’offerta al pubblico,

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riconducibile alla lex contractus. Ciò con particolare riguardo alle ipotesi di promesse al pubblico
complesse, in cui l’offerta del promittente non si limita ad avere ad oggetto una somma di
denaro come compenso per l’azione richiesta, ma prevede una prestazione, quale può essere ad
esempio la promessa d’appalto.

Sempre in relazione alla promessa al pubblico, si segnala la possibilità che si presentino alcune
difficoltà interpretative all’atto dell’applicazione del collegamento del luogo di manifestazione.
L’attuazione della legge dello stato in cui la prima pubblicità è stata effettuata salvaguarderebbe
l’unità di disciplina della fattispecie in esame, ma non pare suscettibile di essere accolta come
soluzione generale, perché inadatta a regolare le ipotesi in cui la pubblicità avvenga
contemporaneamente in paesi diversi. Pare quindi preferibile la soluzione consistente
nell’applicare simultaneamente ai diversi aspetti delle obbligazioni le differenti discipline in
conflitto, realizzando il depecage dell’obbligazione.

8 I TITOLI DI CREDITO

La legge italiana di diritto internazionale privato disciplina la cambiale, il vaglia cambiario e


l’assegno tramite il rinvio in ogni caso alle norme contenute della convenzione di Ginevra del
1930 ( cambiali e vaglia) e alle disposizioni della convenzione di Ginevra del 1931 (sui conflitti di
legge in materia di assegni bancari.

Tali convenzioni si applicavano nell’ordinamento italiano anche anteriormente alla riforma del
dip, ma coesistevano con la disciplina del diritto comune. Attualmente l’applicabilità è erga
omnes di tali convenzioni (art 59). La configurazione del richiamo contenuto nell’art 59 come
rinvio mobile non produce tuttavia conseguenze di particolare rilievo relativamente
all’estensione dell’ambito di applicazione materiale di tali convenzioni.

Si è poi posto in dottrina il problema di vedere se, per effetto dell’art 59 sia consentito escludere
l’applicabilità delle norme che introducono alcune deroghe alla disciplina convenzionale in tema
di capacità e di forma. La risposta dovrebbe essere negativa.

Si sottrae poi all’applicabilità della disciplina prevista dalle convenzioni richiamate dall’art 59,
l’idoneità dei titoli di credito a costituire anche quando emessi all’estero, titolo esecutivo in
italia. Tale aspetto rientra infatti nella materia processuale competente la legge italiana.

Infine la disciplina prevista dalle convenzioni di ginevra diretta a regolare alcuni conflitti di legge
non si applica alla regolarità fiscale di cambiale e assegno. La legge regolatrice di ogni
obbligazione cartolare è determinata autonomamente e può dunque essere distinta da quella
che disciplina le altre obbligazioni risultanti dallo stesso titolo. Le convenzioni ora in esame si
applicano però soltanto in relazione ad alcuni conflitti di leggi in materia di cambiale e assegni. Vi
si sottraggono varie questioni, quali la circolazione non all’ordine del titolo. Per tali aspetti
occorrerà fare riferimento alle norme di diritto internazionale privato della lex fori.

I titoli di credito, differenti da quelli sino ad ora esaminati, sono disciplinati dalla disposizione,
secondo cui essi sono regolati dalla legge dello stato in cui il titolo è stato emesso. Qualche
problema applicativo potrà verificarsi alla luce dell’interpretazione dell’ambigua espressione
“stato in cui il titolo è stato emesso” rifermento alla legge del luogo di creazione del titolo.

All’esito del procedimento di qualificazione sarà dunque possibile affermare che l’ambito di

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applicazione dell’art 59 è costituito in generale dai titoli rappresentativi di merci, ovvero dai titoli
di credito causali che conferiscono al legittimato i diritti relativi alle merci in essi descritte, quali
ad esempio il diritto alla riconsegna e il potere di disporre delle merci mediante il trasferimento
del titolo. È opportuno sottrarre all’incerta disciplina di cui all’art 59, alcuni titoli rappresentativi
che presentano una stretta connessione con fattispecie specificamente regolate e dunque vanno
ad esse assimilate. Così accade per le azioni societarie.

9 LA RAPPRESENTANZA VOLONTARIA

L’art 60 prevede una disciplina autonoma per l’atto attributivo della rappresentanza, e quindi per
il collegamento dell’atto rappresentativo alla sfera giuridica del rappresentato: sede d’affari del
rappresentante, in presenza di determinate condizioni, e in assenza di queste, luogo in cui il
rappresentante esercita in via principale i suoi poteri.

La regolamentazione della materia in esame è poi completata da altre disposizioni del sistema
italiano di diritto internazionale privato. Il rapporto tra rappresentante e rappresentato è
regolato dalla legge regolatrice delle obbligazioni contrattuali o dalla legge regolatrice della
società, in caso di rappresentanza organica, oppure dalla legge regolatrice del rapporto cui
inerisce nelle ipotesi di rappresentanza legale o necessaria. Nell’ambito di applicazione di queste
leggi rientrano la formazione e validità del rapporto sottostante, le obbligazione del mandante e
del mandatario, l’estinzione di tali obbligazioni.

La procura invece è soggetta all’art 60; l’ordinamento italiano ha infatti preferito sottrarre tale
fattispecie alla legge regolatrice della relazione contrattuale che la istituisce e sottoporla ad un
collegamento autonomo. La soluzione prescelta dall’art 60, consistente nell’individuazione di
una disciplina della rappresentanza non più condizionata alla regolamentazione dell’atto
rappresentativo, appare ispirata dall’obiettivo di attuare diversi principi fondamentali:
raggiungere un elevato grado di certezza del diritto applicabile, conciliare equamente gli interessi
del rappresentato e dei terzi all’applicazione di una legge prevedibile e conoscibile, definire una
disciplina il più possibile omogenea in tutta la materia. Il concreto funzionamento dei criteri
previsti dall’art 60 non consente tuttavia di realizzare sempre tali obiettivi.

È significativa al riguardo l’analisi del collegamento della sede d’affari del rappresentante. Il
collegamento della sede d’affari può presentare l’inconveniente di determinare l’applicazione di
un diritto con cui la fattispecie è debolmente connessa. Problemi particolari potranno poi
verificarsi all’atto di applicazione del collegamento in esame nelle ipotesi in cui il rappresentante
trasferisca la propria sede d’affari da uno stato all’altro o sia titolare di più sedi. Qualora la sede
non sia conoscibile dal terzo si applicherà il collegamento sussidiario, ovvero il luogo in cui il
rappresentante esercita in via principale i suoi poteri nel caso concreto.

Occorre però rilevare che la regolamentazione della rappresentanza risulterà effettiva solo
all’esito dell’indagine che l’interprete condurrà relativamente all’attività complessiva del
rappresentante. Il luogo in cui l’attività rappresentativa è posta in essere in via principale, oltre a
non garantire la prevedibilità della legge applicabile, può presentare legami poco significativi con
la fattispecie, che ben si presterebbe ad essere regolata, secondo l’esempio della convenzione
dell’aia 78, dalla legge del luogo in cui si trova lo stabilimento professionale del rappresentato,
oppure dalla legge scelta dalle parti, ma non in seguito a un’electio iuris unilaterale del dominus,
bensì in base ad un accordo stabilito dalle parti coinvolte nel rapporto.

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Ambito di applicazione dell’art 60: solo la rappresentanza volontaria; esclusi: i rapporti tra
rappresentante e rappresentato; questione dell’ammissibilità della rappresentanza; capacità di
istituirla; forma necessaria per la validità (regolata da legge 218). Tramite la norma dell’art 60 la
regolamentazione della procura viene quindi adeguata alla disciplina generale della forma dei
contratti. È positiva inoltre l’applicazione del principio locus regit actum nella norma in esame. In
questo modo si concede infatti ai soggetti implicati nella rappresentanza di svolgere la propria
attività nel rispetto delle formalità prescritte dalla legge del paese in cui si trovano, presupposto
essenziale della certezza delle relazioni giuridiche internazionali. Infine si ricorda che nella
definizione della disciplina internazional-privatistica della forma della procura non possono
assumere rilievo norme quali ad esempio l’art 1392 secondo il quale si richiede per l’atto il
conferimento della rappresentanza la stessa forma prescritta per il negozio rappresentativo.

10 OBBLIGAZIONI NASCENTI DALLA LEGGE

Le obbligazioni nascenti dalla legge vengono disciplinate da:

• Legge 218

• Regolamento Roma II

L’art 61 della 218 richiama, per le fattispecie da esso previste e per le altre obbligazioni legali,
non diversamente regolate dalla legge 218, la legge dello stato in cui si è verificato il fatto da cui
deriva l’obbligazione. Tale norma unifica pertanto la disciplina di due categorie differenti di
obbligazioni: da un lato quelle derivanti dai quasi contratti e dall’altro le obbligazioni legali in
senso stretto, che si configurano come conseguenza necessarie di una relazione giuridica
principale.

L’ambito di applicazione dell’art 61, relativamente alle obbligazioni legali in senso stretto, ha
dunque portata limitata, e potrà riguardare fattispecie peculiari, quali ad esempio le obbligazioni
di salvataggio compiute in spazi marini sottoposti a sovranità statale, del momento che la norma
che richiama in queste ipotesi la legge nazionale della nave riguarda soltanto le obbligazioni
inerenti a fattispecie localizzate in alto mare. La disciplina generalmente applicabile alle
obbligazioni nascenti dalla legge viene definita dall’art 61 tramite il criterio del luogo in cui si è
verificato il fatto da cui deriva l’obbligazione. Alcune incertezze potrebbero derivare invece
dall’esclusone del rinvio. Tale esclusione, generalmente giustificata in base al criterio di
localizzazione territoriale utilizzato in materia, non è tuttavia priva di conseguenze
problematiche, con particolare riferimento alla materia dei cd quasi contratti.

Anche quanto all’ambito d’applicazione dell’art 61 della legge 218 occorre rilevare che, con
riferimento alle fattispecie espressamente previste dal regolamento Roma II, la disciplina di fonte
nazionale viene sostituita da quella di fonte comunitaria con significative differenze. Il
regolamento Roma II dispone i criteri per individuare la legge applicabile a tre fattispecie:

• Arricchimento senza causa: legge regolatrice della relazione che presenti uno
stretto collegamento con la fattispecie; in via sussidiaria vengono in rilievo la lex
domicilii communis, la legge del luogo in cui l’arricchimento si è prodotto e il
collegamento più stretto. Tale disciplina può in ogni caso essere derogata per
effetto della legge scelta dalle parti interessate.

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• Negotium gestium: operatività della legge che disciplina la relazione esistente


tra le parti che presenti uno stretto collegamento con la gestione d’affari altrui.
In via sussidiaria sono richiamati la lex domicilii communis, a meno che non vi sia
una diversa electio iuris.

• Obbligazioni extracontrattuali derivanti dalle trattative precontrattuali,


applicabilità della legge che si applicherebbe al contratto, indipendentemente
dal fatto che esso venga concluso. Nel caso in cui non si riesca ad individuare la
disciplina si richiama, alternativamente, il locus damni, la residenza comune
delle parti, il collegamento più stretto.

Si tratta di una disciplina diversa da quella posta dalla legge 218. Per i quasi contratti si
distinguono:

• Quelli che prevedono la negotiorum gestio, l’azione generale di arricchimento e il


pagamento dell’indebito;

• Quelli che ad un unitaria azione di arricchimento contrappongono solo la nogotiorum


gestio

• Quelli che ignorano anche la negotiorum e contemplano solo l’istituto generale della
restituzione.

La scelta di prevedere per le fattispecie dei quasi contratti l’operatività della lex causae, ovvero la
legge regolatrice della relazione cui si ricollega l’obbligazione non contrattuale da fatto lecito,
seppure con le differenze determinate dalle peculiarità dei singoli istituti di cui agli artt 10-12 del
regolamento Roma II, ha il pregio di agevolare la soluzione dei conflitti di qualificazione che tali
istituti determinano.

11 RESPONSABILITA’ DA ILLECITO

Art. 62 Responsabilità per fatto illecito. La responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge
dello Stato in cui si è verificato l'evento. Tuttavia il danneggiato può chiedere l'applicazione della
legge dello Stato in cui si è verificato il fatto che ha causato il danno. 2. Qualora il fatto illecito
coinvolga soltanto cittadini di un medesimo Stato in esso residenti, si applica la legge di tale
Stato. Il danneggiato puo scegliere la legge applicabile all'illecito, ma è una scelta limitata quanto
al contenuto, in quanto il legislatore ammette, la scelta ma la circoscrive al luogo in cui si è
verificato il fatto che ha causato il danno. Come la scelta deve essere fatta? In relazione al
giudizio in cui il giudice è chiamato a decidere sul fatto illecito. L'interessato puo effettuare la
scelta anche prima dell'instaurazione di un giudizio, quindi in via stragiudiziale (con una diffida
ad adempiere per es.); oppure puo optare per questa scelta effettuandola nel corso del giudizio,
in questo caso si ritiene prevalentemente che la scelta puo essere manifestata nei limiti in cui,
nel giudizio, si possono allegare fatti nuovi e formulare eccezioni non rilevabili d'ufficio. Quindi
nel rito ordinario il termine ultimo per la scelta è la prima memoria successiva alla prima
udienza.

Il giudice italiano senza una scelta applicherebbe la legge del luogo in cui il danno si è prodotto.
Ma il danneggiato puo optare per la legge in cui la condotta si è prodotta. Scelta che ovviamente
farà sulla base di criteri di convenienza. Se la fattispecie (fatto illecito) è prevalentemente

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connessa (in base ai criteri di cittadinanza e residenza) con uno Stato, ex II comma art. 62, si
applica la legge di quello Stato, indipendentemente dalle indicazioni precedenti.

Due cittadini italiani, residenti in Italia, che si trovano all'estero e si tamponano: si applicherà la
legge italiana, se la causa viene fatta valere in Italia: coincide la cittadinanza e la residenza. Vi è la
necessaria applicazione di questa legge, quindi non varrà ne la regola generale, e neanche la
scelta effettuata dal danneggiato. (Ricordiamoci che il Regolamento n.864 del 2007 prevale
sull'art. 62).

Art. 63 Responsabilità extracontrattuale per danno da prodotto . La responsabilità per danno da


prodotto è regolata, a scelta del danneggiato, dalla legge dello Stato in cui si trova il domicilio o
l'amministrazione del produttore, oppure da quella dello Stato in cui il prodotto è stato
acquistato, a meno che il produttore provi che il prodotto vi è stato immesso in commercio senza
il suo consenso. Si utilizzano dei criteri volti a favorire la protezione del danneggiato. Precisiamo
che disciplina le ipotesi di responsabilità extracontrattuale.

Il legislatore pone un criterio di collegamento alternativo, dove l'alternativa dipende dalla scelta
del soggetto danneggiato:

La scelta puo avvenire anche tacitamente quando il danneggiato cita il venditore davanti a un
determinato giudice.

Ma il danneggiato potrebbe agire anche in via stragiudiziale, e in questo caso se non c'è una
scelta?

Si applicherà la regola generale ex art. 62> se il danneggiato ritiene di non avvalersi della
possibilità di scelta, si applicherà la regola generale.

Comunque la norma pone due criteri alternativi delimitando la possibilità di scelta del
danneggiato:

A)Stato in cui si trova (domicilio o amministrazione) il produttore;

B)Stato in cui il prodotto è stato acquistato.

Il produttore non puo opporsi a questa scelta a meno che non dimostra che il bene è stato
venduto senza il suo consenso.

ESCLUSIONE GENERALE DEL RINVIO - La disciplina contenuta negli artt, che vanno dal 58

fino al 63, (tutto il Capo XI) è sottratta al funzionamento del rinvio, perchè le obbligazioni non
contrattuali sono piu complicate, in quanto i legislatori nazionali prevedono regole di conflitto
molto diverse, e quindi utilizzare il rinvio espone la determinazione della legge applicabile al
rischio di un moltiplicarsi di rinvii, creando incertezza nella determinazione della legge
applicabile. Regolamento n.864 del 2007, detto anche Roma II: in materia di legge applicabile
alle obbligazioni extracontrattuali.

Art. 3: esso ha portata universale> si applica anche quando determina come legge applicabile la
legge di uno Stato non membro. Si applica a tutti gli Stati membri tranne la Danimarca in virtu
del Protocollo n. 23 al Trattato Istitutivo dell'UE.

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Art. 4, I comma> Critierio di collegamento generale: Luogo in cui si è prodotto il danno diretto:
cioè l'immediata conseguenza della condotta antigiuridica. La legge applicabile in materia di
illeciti, è la legge del luogo del danno, indipendentemente dal luogo in cui, il fatto generatore è
stato posto in essere. Quindi non rileva il luogo in cui si è verificata la condotta. Clausola di
prevalenza: in presenza di determinati requisiti, prevale il criterio soggettivo della

Residenza abituale comune dei soggetti coinvolti: e cioè se sono residenti nello stesso Stato nel
momento in cui si verifica l'evento, si applica la legge del luogo di comune residenza abituale.

Clausola d'eccezione: in via eccezionale queste due regole sopra descritte, possono essere
disapplicate e il giudice puo determinare come applicabile una legge diversa, qualora sia
collegata con l'evento in modo piu rilevante: criterio di collegamento piu stretto. Quindi
dobbiamo immaginare che rispetto a un illecito ci siano dei collegamenti piu forti rispetto a
quello della residenza abituale, e dell luogo in cui si è realizzato il danno; collegamenti piu forti
potrebbero essere: il luogo dell'azione, la cittadinanza dei soggetti coinvolti, il luogo in cui si
manifestano i danni indiretti che in alcuni casi possono essere anche piu gravi rispetto al danno
diretto.

Responsabilità extracontrattuale per danno da prodotto.

Criteri di collegamento posti per tutelare il soggetto danneggiato:

1)luogo in cui è abitualmente residente il danneggiato;

2)luogo di acquisto del prodotto.

• Clausola d'eccezione: il giudice puo disapplicare questi criteri qualora trovi una
manifesta connessione, piu rilevante con un altro ordinamento.

FATTISPECIE PARTICOLARI

Concorrenza sleale: condotta antigiuridica, che determina un danno come conseguenza. È un


illecito extracontrattuale. Ma è difficile la determinazione del luogo dell'evento, cioè del luogo in
cui il danno si è verificato. Percio il legislatore comunitario pone come criterio di collegamento il
luogo del pregiudizio attuale o potenziale, pregiudizio che investe i rapporti con gli altri
concorrenti (pregiudizio nel rapporto di concorrenza); o gli interessi collettivi dei consumatori,
quindi puo aver determinato uno svilimento dell'immagine dell'operatore nei confronti dei
consumatori. Danno ambientale: danno all'ambiente e danno arrecato a persone o cose in
conseguenza del danno ambientale. La legge applicabile viene individuata in base al criterio
generale posto dall'art. 4 I comma: luogo in cui si è verificato il danno diretto; e prevede anche
una facoltà di scelta in capo al danneggiato per il luogo in cui si è verificato il fatto antigiuridico. Il
Regolamento è utile perchè i criteri di collegamento li stabiliti, dovranno essere presi in
considerazione allo stesso modo da tutti i giudici degli Stati membri.

Art. 10 I comma: Arricchimento senza causa - criterio di collegamento vicino alla sostanza> se
l'obbligazione extracontrattuale, derivante da un'arricchimento senza causa, o da ripetizione
dell'indebito, e questo arricchimento senza causa si ricollega ad una relazione già esistente tra le
parti, la legge applicabile all'arricchimento senza causa, o alla ripetizione dell'indebito, è quella
che regola la relazione sottostante. Se questo criterio non si puo utilizzare, si utilizza il criterio

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della residenza abituale. Questo perchè il legislatore comunitario, ha dovuto utilizzare delle
nozioni che si adattino alle diverse modalità con cui i legislatori nazionali disciplinano le
obbligazioni non contrattuali. Responsabilità pre-contrattuale: per es. Responsabilità in relazione
alle obbligazioni che sorgono per violazione di regole di correttezza nel corso delle trattative.
Questa responsabilità è regolata dalla legge che si applica al contratto se questo è stato
concluso; o dalla legge che sarebbe stata applicabile al contratto se il contratto fosse stato
concluso. Il legislatore comuniario rimanda alla legge applicabile al contratto.

Le parti possono scegliere la legge applicabile in tutti questi ambiti analizzati: libertà di scelta che
vale per tutte le ipotesi che ci siamo detti. Possono farlo con un accordo, ma soltanto qualora
l'accordo sia successivo al verificarsi del fatto illecito (per evitare facili abusi). Nel caso in cui tutte
e due le parti siano operatori professionali (operatori commerciali che si presuppongono
avveduti), e in questo caso la scelta puo essere espressa o tacita, e puo anche essere preventiva
rispetto al verificarsi del fatto illecito. La legge applicabile secondo i criteri che abbiamo
individuato, va a regolare gli elementi costitutivi delle fattispecie esaminate, l'estinzione delle
obbligazioni, la prescrizione, la trasferibilità del diritto, ma soprattutto le presunzioni legali e
l'onere della prova (regolati dalla stessa legge che disciplina la sostanza del rapporto).

È escluso il rinvio espressamente, in materia di obbligazioni ex lege. Se il giudice italiano deve


decidere una questione in materia di illecito, e la fattispecie rientra nella disciplina del
Regolamento, dimentica la legge italiana e applica il Regolamento. Anche il Regolamento ritiene
che in questa materia l'applicazione del rinvio, potrebbe condurre a risultati inacettabili, per cui
espressamente esclude il rinvio. Quindi se in base ai criteri di collegamento previsti dal
Regolamento si invidua come applicabile una certa legge, quella dovrà applicarsi, e non potrà
considerarsi nessun rinvio ad altra legge.

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