Sei sulla pagina 1di 4

FONTI

Con il Trattato di Lisbona si è avuto:


-l’estinzione della Comunità europea come entità giuridica e la totale riconduzione del processo d’integrazione
(compresa l’Euratom) all’Unione, che ha le stesse funzioni ed istituzioni della Comunità;
-la presenza di fonti primarie dell’ordinamento giuridico dell’Unione, tramite la revisione di trattati esistenti ossia le basi
costituzionali dell’ordinamento giuridico dell’Unione che sono:
-il Trattato sull’Unione Europea, il TUE, entrata in vigore nel 1993, che mantiene il suo nome e in cui sono stati aggiunti
principi e regole generali di funzionamento dell’Unione (assume così la funzione di testo base)
-il Trattato istitutivo della Comunità Europea che con il Trattato di Lisbona è stato denominato Trattato sul
Funzionamento dell’Unione Europea e che assume la funzione di trattato servente poiché contiene la disciplina specifica
dei settori in cui l’UE ha competenze e gli strumenti e le modalità con cui tali competenze sono esercitate;
-il trattato dell’EURATOM che è stato assorbito all’interno nel Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea;
In sintesi vi sono due Trattati, il TUE e il TFUE che:
-congiuntamente regolano un’unica entità che è l’Unione Europea e che assume la personalità giuridica della CEE e le
succede nei rapporti preesistenti;
-hanno lo stesso valore giuridico ai sensi dell’art. 1 sia del TUE che del TFUE, ossia sono fonti dello stesso grado ma sul
piano sostanziale divergono dal momento che il TUE riguarda gli aspetti principali e generali dell’Unione mentre il TFUE
presenta una regolamentazione di dettaglio, per cui l’operatività di uno dipende fortemente dall’altro. Essendo sullo
stesso piano non ci devono essere contrasti qualora vi siano dei contrasti sarà poi compito della Corte di Giustizia
risolverli dichiarando che il TUE è il principio (art. 3 obiettivi; art. 2 valori comuni, art. 4-5 competenze tra Unione e Stati,
art. 6 rispetto della carta dei diritti fondamentali, art 9-12 principio di democrazia, art. 13-19 quadro istituzionaleart.20
cooperazioni rafforzate ecc.), mentre il secondo è una chiarificazione che si deve adeguare al TUE (altri, invece predilige
il principio "lex specialis derogat generali"). Inoltre, il TUE enumera i valori comuni agli Stati membri su cui si fonda
l’Unione, afferma il principio di democrazia e il principio del rispetto dei diritti fondamentali della persona umana quali
sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali che ai sensi dell’art.6 TUE ha lo stesso valore giuridico di questo e del TFUE. In
più sono presenti nel TUE anche articoli relativi alla modifica dei trattati (art. 48), allo status di membro, la sua
acquisizione e la sua perdita. Un numero limitato di articoli è anche dedicato alla PESC (politica estera e sicurezza
comune) in linea generale, ossia obiettivi e responsabilità del Consiglio Europeo, lasciando la norma di dettaglio al TFUE.

Sistema dell’Unione parte 1


Fino al Trattato di Lisbona il sistema alla base dell’integrazione europea era articolato su più enti giuridici separati (le
comunità e l’unione), tre pilastri (comunitario, la PESC e la cooperazione giudiziaria penale e di polizia).
L’azione dell’UE inoltre era regolata secondo due metodi, a seconda del settore di intervento. Il metodo
intergovernativo in cui hanno un ruolo fondamentale i singoli stati membri, perché basato sul potere decisionale del
Consiglio da esercitare all’unanimità e con efficacia diretta sui governi nazionali. E poi il metodo comunitario in cui nel
processo decisionale giocano un ruolo anche interessi differenti rispetto a quelli dei singoli stati, e dal quale sorgono
norme sottoposte al controllo e interpretazione della corte. Nonostante l’apparente complessità dovuta alla
stratificazione di trattati, in realtà il sistema aveva una sua unitarietà sostanziale anche prima del Trattato di Lisbona, poi
esplicitatasi in un un’unità del quadro giuridico di riferimento anche formale nell’Unione Europea. Tale cambiamento, se
ha portato ad una generalizzazione del metodo comunitario, non ha comunque significato la scomparsa del metodo
intergovernativo, che risulta comunque significativo, in particolare per quei leader che sostengono la l’importanza dei
governi nazionali nella governance europea, e per quelle materie di confine, ancora non competenza dell’Unione, che
però risultano fondamentali per l’evoluzione del processo di integrazione (es. Fiscal Compact). Molto spesso l’utilizzo
del metodo intergovernativo in questi ambiti, prepara una successiva comunitarizzazione.

La scala gerarchica delle fonti:


•fonti primarie costituite da:
-i Trattati TUE e TFUE e tutti i Trattati delle allora Comunità europee, ancora vigenti come il Trattato sull’EURATOM;
-protocolli vengono introdotti dal Trattato di Roma e sono degli allegati ai Trattati attraverso la presenza di un articolo
del Trattato stesso. I protocolli hanno lo stesso valore giuridico dei trattati dal momento che l’art. 51 TUE stabilisce che
essi sono parti integranti dei Trattati e in caso di antinomie, queste vengono risolte sulla base della specificità. I
protocolli regolano degli aspetti del Funzionamento dell’UE e inoltre la Corte ha affermato che i Protocolli hanno
un’efficacia imperativa uguale a quella dei Trattati. Avendo lo stesso valore giuridico dei Trattati possono essere
modificati attraverso le procedure stabilite dall’art. 48 TUE.;
-atti di adesione attraverso i quali si acquista lo Status di membro. Questi hanno lo stesso valore dei Trattati perché
l’atto di adesione sono accordi internazionali tra gli Stati membri e gli Stati aderenti, ex art. 49 TUE. Avendo lo stesso
valore giuridico dei Trattati possono essere modificati attraverso le procedure stabilite dall’art. 48 TUE.;
-modifiche o integrazioni ai Trattati;
-dichiarazioni che accompagnano i Trattati, gli atti di adesione hanno valore di fonte primario anche se sono prive di
valore giuridico obbligatorio e non esiste un articolo di un trattato che li prevede e li disciplini, nei Trattati c’è solo scritto
il fatto che uno Stato aderente accetta le Dichiarazioni che svolgono un ruolo fondamentale in sede di interpretazione.
Le D;
-la Carta dei diritti fondamentali che è rimasta esterna dei Trattati ed è una dichiarazione interistituzionale. Prima di
Lisbona era una Dichiarazione dei diritti fondamentali, il cui rispetto era garantito dall’art. 6 pre-Lisbona. Ora è
considerata alla stregua di un Protocollo e quindi ha valore formale di diritto primario, l’art.6 TUE dispone che la Carta
abbia lo stesso valore giuridico dei Trattati.
Le norme del diritto primario esplicano i loro effetti:
-prima di tutto sugli Stati membri, i quali sono obbligati, attraverso i propri giudici nazionali a disapplicare le norme
nazionali contrastanti a norme dell’Unione, così da avere, in tutto il territorio dell’Unione, una normativa uniforme
garantendo così il principio di diretta applicabilità delle norme dell’Unione (sentenza Simmenthal);
-i cittadini. A tal proposito, la Corte ha affermato ciò, già, nella sentenza Van Gend & Loos del 1963. Ai cittadini non
vengono riconosciuti solo dei diritti soggettivi prodotti dalle norme dei Trattati (non tutte le norme, ciò dipende dalla
chiarezza, precisione, competenza e il carattere incondizionato della norma invocata), ma anche degli obblighi come il
rispetto del principio della parità di retribuzione fra uomo e donna per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, il
divieto di discriminazione per motivi di nazionalità in materia di lavoro subordinato e di prestazione di servizi.
-Principi generali di diritto: l’Unione li riconosce come diritti fondamentali del suo ordinamento e attribuisce loro lo
stesso valore giuridico dei Trattati, ai sensi dell’art. 6 TUE. E ai sensi dell’art. 340 TFUE, i principi generali di diritto sono
considerati come principi generali e comuni ai diritti degli Stati membri. La presenza di questi principi generali di diritto
fondamentali dell’UE, è stata un’elaborazione giurisprudenziale: la Corte, in alcuni casi li ha ripresi da altri sistemi
giuridici e in alti li ha ricavati dai Trattati stessi. In modo particolare la Corte ha fatto ricorso a questi principi per
consentire completare un dettato normativo, per rafforzare una certa interpretazione, per costruire altri parametri di
legittimità del comportamento delle istituzioni o degli Stati, in modo particolare per quanto riguarda i diritti
fondamentali della persona umana, ex art. 6 TUE i diritti fondamentali dell’uomo sono principi generali. Prima di Lisbona
i Trattati nulla dicevano a tal proposito, ma è stato grazie alla Corte che li ha ribaditi più volte. A tal proposito è
importante la sentenza Hauer del 1979, nella quale la Corte afferma che i diritti fondamentali costituiscono parte
integrante dei principi generali del diritto, di cui la Corte garantisce l’osservanza. Il loro rispetto si identifica con la
legittimità, dal momento che rappresentano un criterio al quale le istituzioni, nell’adottare un atto, devono conformarsi.
Allo stesso modo, anche gli Stati membri devono rispettarli nel momento in cui applicano gli atti dell’Unione e gli stessi
giudici nazionali nell’interpretare le norme del diritto dell’Unione.
→La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’adesione alla CEDU

Sistema dell’Unione parte 2


Prima del Trattato era in dubbio l’unitarietà del sistema giuridico dell’Unione e questo soprattutto dopo il Trattato di
Maastricht che prevedeva un’architettura del sistema basata su tre Trattati: la CE, l’EURATOM e l’UE. In realtà l’Unione
non si era semplicemente aggiunta alle Comunità ma piuttosto era da considerare come un’entità che li racchiudesse al
suo interno insieme alle nuove forme di cooperazione la PESC e il GAI. Ad aggravare questa visione separatista era la
presenza di due metodi diversi, il metodo intergovernativo applicato al PESC e al GAI, e il metodo comunitario che
prevede il potere di iniziativa legislativa quasi esclusivamente alla Commissione europea, come espressione
dell’interesse generale, l’approvazione in regime di codecisione tra Parlamento e Consiglio dell’Unione con voto a
maggioranza qualificata, il controllo di legittimità degli atti svolto dalla Corte di Giustizia, il controllo del rispetto degli atti
da parte della Commissione nei confronti degli Stati membri.
In realtà questa separatezza era infondata, dal momento che lo stesso Trattato istitutivo l’Unione Europea affermava
che l’Unione “era fondata sulle Comunità europee, integrate dalle politiche e forme di cooperazione instaurate”. La
stessa Corte di Giustizia aveva ulteriormente rafforzato l’idea di una unitarietà sostanziale del sistema affermando che
esiste un filo conduttore di una “coerenza sistematica dei Trattati”.
Di conseguenza, già prima del Trattato di Lisbona esisteva una unitarietà sostanziale del sistema, unitarietà che dal 2009
diventa anche formale. Anche se la PESC è ancora “soggetta a norme e procedure specifiche”, queste norme e
procedure, tuttavia, sono state inserite all’interno di un sistema giuridico unico fondato sul TUE e sulla TFUE.
Questa riunificazione del sistema si è realizzata attraverso la generalizzazione del metodo comunitario come metodo di
funzionamento dell’Unione nel suo complesso. Tuttavia, il metodo intergovernativo non è venuto meno, è solo latente
ma riemerge periodicamente. Inoltre, non va dimenticato il ruolo della cooperazione intergovernativa realizzata in
materie c.d. di confine, es Fiscal Compact o il meccanismo europeo di stabilizzazione che sono forme di cooperazione
esterne ai Trattati ma funzionali per uno sviluppo del processo d’integrazione europea dal momento che preparano il
terreno alla successiva “comunitarizzazione” delle materie che ne sono oggetto.
Peculiarità dell’ordinamento giuridico dell’Unione europea
Nonostante l’Unione Europea sia nata attraverso un Trattato istitutivo non può essere assimilata ad un’organizzazione
internazionale, dal momento che presenta delle peculiarità che la rendono diversa dalle altre organizzazioni:
-va al di là di un accordo che si limita a creare obblighi reciproci tra contraenti
-gli Stati membri hanno ceduto all’Unione una parte della loro sovranità (anche se in limitati settori), e di solito gli Stati
non cedono la loro sovranità ma la loro libertà;
-l’ordinamento riconosce come soggetti non solo gli stati membri ma anche i loro cittadini;
-la presenza di istituzioni investite di poteri sovrani da esercitarsi non solo nei confronti degli Stati membri ma anche dei
loro cittadini che partecipano alla formazione delle norme dell’Unione attraverso il Parlamento. Le norme dell’Unione
raggiungono o sono suscettibili di raggiungere i soggetti interni agli Stati senza bisogno di o indipendentemente
dall’intermediazione del diritto nazionale;
-la presenza di una Corte di Giustizia che assicura l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione, giudica il
comportamento non solo degli Stati membri ma anche quello delle Istituzioni, garantisce l’uniformità
dell’interpretazione del diritto europeo;
-inoltre le istanze giudiziarie sono accessibili sia agli stati che agli individui, giudicano il comportamento di stati ed
istituzioni e non si limitano a constatare l’illegittimità di eventuali atti delle istituzioni, bensì ne dichiarano anche la
nullità;
-il riconoscimento della supremazia del diritto dell’Unione rispetto al diritto nazionale, per cui la disapplicazione
immediata di una norma nazionale contrastante ad una norma dell’Unione. La diretta applicabilità e la supremazia del
diritto dell’Unione sono l’una collegata all’altra, la stessa Corte di Giustizia nella sentenza Costa c. Enel sottolinea come
la diretta applicabilità “sarebbe priva di significato se uno Stato potesse unilateralmente annullare gli effetti di un
provvedimento legislativo”;
-il privato non è semplicemente il destinatario materiale delle norme dell’Unione ma è soggetto a pieno titolo
dell’ordinamento dell’Unione. Oltre a partecipare alla formazione delle norme dell’Unione tramite la sua
rappresentanza nel Parlamento Europeo, il cittadino può far valere dinanzi ai giudici nazionali norme del diritto europeo;
-l’accentramento in capo alle istituzioni dell’Unione della reazione alle violazioni del diritto, per cui non vale il principio
per cui allo stato inadempiente non è dovuto l'adempimento da parte di altri stati, in generale vige un “divieto per gli
Stati membri di farsi giustizia da sé” anche in caso di inerzia delle Istituzioni.
Nonostante ciò, non si deve credere che gli Stati non svolgano un ruolo centrale all’interno del sistema giuridico
dell’Unione. Anzi, molti processi ruotano effettivamente intorno ad essi.
In più l’Unione non ha strumenti per correggere le possibili antinomie con gli ordinamenti interni, può sanzionare, ma
non annullare la norma nazionale. Deve inoltre servirsi dell’ordinamento interno per esercitare la funzione coercitiva e
di applicazione del diritto.
Procedimento di adesione:
Il procedimento di adesione è considerato diritto primario perché è capace di modificare, incidere sui trattati.
Il procedimento di adesione è completamente disciplinato dall’art.49 TUE. Tale articolo stabilisce dei requisiti per poter
domandare di diventare membro dell'Unione:
1) essere uno Stato nel senso del diritto internazionale →la presenza dei 3 elementi materiali: territorio sul quale è
stanziato un popolo rispetto al quale un’entità esercita un potere d’imperio.
2) presupposto geografico accompagnato da fattori storico-culturali che rafforzano la natura europea dello Stato
→essere uno Stato Europeo (Turchia-concesso lo status di candidato e Marocco-non concesso, chiedeva adesione per
Ceuta e Melilla, spagnole in territorio marocchino);
3)Stato che rispetti e porti avanti i valori dell’Unione contenuti nell’art.2 TUE → si possono sintetizzare sotto la dicitura
requisiti politici: lo Stato aspirante deve rispettare i criteri di democrazia e di rispetto dei diritti fondamentali della
persona umana. Secondo il Consiglio europeo questi requisiti possono essere soddisfatti attraverso il raggiungimento di
una stabilità istituzionale che garantisca la democrazia, il principio di legalità, i diritti umani, il rispetto e la protezione
delle minoranze (condizione politica). A tal proposito il Consiglio europeo ha previsto altri requisiti, i cosiddetti criteri di
Copenaghen che prevedono condizioni di natura giuridica, ossia la capacità di assumere e far fronte al complesso degli
obblighi connessi all’appartenenza all’Unione, quindi all’accettazione dell’acquis comunitario; e di natura economica, le
istituzioni coinvolte al processo di adesione cercano di far entrare Stati che non abbiano una situazione economica
troppo diversa dalla situazione economica degli Stati membri (economia di mercato funzionante e principi di libera
concorrenza);
4) il processo di adesione si avvia con la presentazione della candidatura, deve essere presentata al Consiglio che deve
chiedere un previo parere alla Commissione e una previa approvazione del Parlamento e successivamente decidere
sull’ammissibilità o meno della domanda. In caso di risposta positiva, la fase istituzionale si chiude e si apre la fase del
negoziato di adesione che si svolge tra gli Stati membri e il paese candidato. A volte la fase di negoziato è preceduta da
una fase di preparazione di candidatura che prevede la stipulazione di accordi bilaterali di stabilizzazione e associazione
tra Stati membri e Stato terzo in caso in cui quest’ultimo non possegga ancora i requisiti previsti, per aiutarlo a
raggiungere tali standard (frequente per i paesi balcanici occidentali indipendenti dall’ex-Jugoslavia). Di solito questa
fase continua anche dopo l’avvio della fase intergovernativa di negoziato, perché dopo l’accordo di adesione tutti gli
obblighi derivanti dall’acquis comunitario saranno in capo al nuovo stato membro. Il processo di adesione e di negoziato
ha dunque una durata variabile a seconda della capacità di adeguarsi agli standard dello stato candidato.
Il negoziato tra gli Stati membri e Stato candidato è diretto alla conclusione di un accordo internazionale: il Trattato di
adesione che è sottoposto alla firma di tutti gli Stati membri ed entra in vigore solo con la ratifica di tutti gli Stati
membri. In un accordo allegato al Trattato di adesione (l’atto di adesione) sono definite le condizioni per l’ammissione
e gli adattamenti dei Trattati su cui è fondata l’Unione.
5)Con l’adesione lo Stato viene integrato nel sistema istituzionale e giuridico dell’Unione e si impegna a rispettare acquis
della stessa nel suo complesso, salvo alcune eccezioni che sono previste dal Trattato di Maastricht e di conseguenza
l’applicazione immediata ed integrale delle disposizioni del diritto dell’Unione su tutto il territorio dello Stato (o anche al
di fuori del territorio quando ci siano relazioni abbastanza strette con lo stato stesso, es. rapporti di lavoro all’estero per
conto di un’impresa dello stato membro). Inoltre, l’adesione conferisce lo Status di membro e con esso lo Stato diventa
beneficiario di diritti che gli altri Stati o le stesse Istituzioni non possono limitare salvo il caso previsto dall’art.7 TUE,
ossia quando lo Stato membro ponga in essere una violazione grave e persistente dei valori previsti dall’art.2 TUE.
L’art. 7 TUE dà la possibilità di sospensione di alcuni diritti per tali violazioni gravi e persistenti, e prevede un
procedimento molto gravoso (leggi libro pag.45) e per questo motivo le Istituzioni coinvolte hanno introdotto
informalmente dei meccanismi di dialogo con gli Stati laddove si profilino situazioni di minaccia sistematica allo Stato di
diritto, ad esempio il parere sullo Stato di diritto della Commissione (leggi libro pag.46 per i dettagli).

Il recesso
Il recesso prima di Lisbona, o per meglio dire prima della mancata Costituzione Europea, non era stato previsto da
nessun Trattato proprio per simboleggiare la coesione della Comunità. Nonostante ciò, il recesso prima del 2009 non era
inammissibile dal momento che la Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969 prevedeva che in caso di
assenza di una clausola in materia di recesso, quest’ultimo era ammissibile quando si ha un cambiamento radicale delle
circostanze le quali sono state fondamentali per la conclusione del Trattato, ex art.69 CVDT (es. Groenlandia è uscita per
autonomia dalla Danimarca), ovvero quando vi è un consenso di tutte le parti, ex art. 54 CVDT.
Dopo Lisbona si è introdotta nel TUE una clausola di recesso disciplinato dall’art.50 del TUE che configura una forma di
recesso unilaterale, ossia senza il consenso degli altri Stati. La procedura stabilita dall’art.50 TUE è una procedura
complessa che prevede la notifica da parta dello Stato membro nei confronti del Consiglio europeo della sua volontà di
lasciare l’Unione e successivamente l’inizio della fase di negoziato tra lo Stato e l’Unione per la conclusione di un
accordo che definisce le modalità di recesso (par.2). Qualora la fase di negoziato sia un successo, il recesso diventa
effettivo al momento dell’entrata in vigore dell’accordo (par.3). Qualora, invece, il negoziato non abbia un esito positivo,
lo Stato comunque perde lo Status di membro e i Trattati cessano di essere applicati allo Stato recedente dopo 2 anni
dalla notifica (o allo scadere di un termine deciso all’unanimità dal Consiglio). La fase di negoziato prende il via dopo
l’adozione da parte del Consiglio Europeo degli orientamenti su cui dovrà essere impostata la posizione dell’Unione, tale
fase deve inoltre essere svolta secondo quanto stabilito dall’art.218 del TFUE per gli accordi internazionali dell’Unione
con i paesi terzi. L’accordo poi sarà concluso dal Consiglio dell’Unione con una maggioranza qualificata rafforzata, ossia il
72% dei membri che rappresentino il 65% della popolazione dell’Unione (senza contare lo stato recedente), previa
approvazione del Parlamento. L’accordo di recesso è un accordo internazionale dell’Unione dal momento che si applica
di fatto ad uno Stato terzo e in quanto tale non può modificare né derogare le norme dei Trattati, ovvero non è diritto
primario. L’accordo di recesso inoltre serve solamente ad “accompagnare” con norme transitorie il passaggio al futuro
rapporto tra l’Unione e quello che sarà ormai uno stato terzo, rapporto regolato da nuovi accordi futuri tra i due.
L’art.50 TUE stabilisce, inoltre, che in caso di richiesta di adesione da parte di uno Stato che ha receduto dall’Unione,
tale richiesta dovrà seguire il procedimento stabilito dall’art. 49 TUE. I Trattati invece non prevedono nulla, in caso di
revoca della notifica di recesso da parte dello stato membro.

Potrebbero piacerti anche