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L’AMMINISTRAZIONE EUROPEA E LE SUE REGOLE

1. LE COMPETENZE DELL’AMMINISTRAZIONE EUROPEA


L'UE è parte di un ordinamento multilivello complesso, per cui ci si pone il problema delle
competenze in quanto gli Stati membri continuano a conservare importanti sfere di poteri. Si tratta di
definire chi (tra l'UE e gli Stati membri) sia competente a fare cosa, sia per le competenze legislative
che per quelle amministrative. Nella concezione originaria le istituzioni europee raramente
amministravano. Ciò avveniva in pochi settori di cd amministrazione diretta (es. concorrenza).
Normalmente le istituzioni europee normavano (e normano) ad un livello che nel sistema dei Trattati
era detto "secondario" ma che oggettivamente può essere sia "legislativo" che “sublegislativo”, come
chiarito dal Trattato di Lisbona. Dal punto di vista del diritto interno, tutte le norme europee hanno
un valore primario. Muovendo dal concetto di amministrazione dello spazio comune europeo che
coinvolge le istituzioni europee e statali, a noi interessano le competenze che danno alle Istituzioni
UE il potere di normare l’attività amministrativa, essendo di rilievo secondario che le stesse istituzioni
pongano poi anche in essere o meno l'attività amministrativa generale o puntuale (nel secondo caso
siamo nella cd amministrazione indiretta). L'alternativa amministrazione diretta-indiretta non
esaurisce le forme possibili dell'amministrazione dello spazio comune europeo. Il termine
competenza è ambiguo, potendosi riferire sia all'area di azione (materia di ambiente) sia ai poteri
attribuiti (competenza legislativa), sia ad una combinazione di questi (competenza legislativa in
materia di ambiente).
1.1 La regola aurea: il principio di attribuzione e i suoi temperamenti
La regola fondamentale circa la distribuzione delle competenze fra UE e Stati membri è dettata
dall'art. 5 TUE par. 1 secondo cui la delimitazione delle competenze dell'unione si fonda sul principio
di attribuzione e dal par. 2 che afferma che l’UE agisce esclusivamente nei limiti delle competenze
che le sono attribuite dagli Stati membri nei Trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti e
qualsiasi competenza non attribuita all’UE nei Trattati appartiene agli Stati membri. L'art. 4 TUE
individua positivamente alcune competenze non attribuite all’UE, la quale rispetta le funzioni
essenziali dello Stato, specie le funzioni di salvaguardia dell'integrità territoriale, di mantenimento
dell'ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta
di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro. Questo accanimento normativo esprime le ansie
degli Stati che concludono i Trattati europei. Proprio i Trattati in passato ampliarono
significativamente i compiti affidati all'istituzioni europee.
La questione delle competenze si risolve in questione di interpretazione delle norme attributive delle
competenze stesse, se non addirittura dei principi generali del diritto dell'UE (quali desumibili se non
espressi dai Trattati). Nell'interpretare le clausole attributive di competenza, tuttavia, la Corte di
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Giustizia non sembra tener conto del principio di sussidiarietà. La sentenza nei casi riuniti di Brasserie
du pêcheur e Factortame ne costituisce un esempio: la questione riguardava la responsabilità degli
Stati Membri per violazione del diritto comunitario. Il Governo tedesco aveva sostenuto che un diritto
generale al risarcimento per i singoli avrebbe potuto essere sancito sono in via legislativa e che il
riconoscimento di siffatto diritto sarebbe stato incompatibile con la ripartizione delle competenze tra
le Istituzioni CE e gli Stati membri. La Corte respinse l'argomento osservando che la questione
dell'esistenza e della portata della responsabilità di uno Stato per danni derivanti dalla violazione di
obblighi a lui incombenti in forza del diritto comunitario attiene all'interpretazione del Trattato, e
come tale rientra nella competenza della Corte. Poiché nel trattato mancano disposizioni che
disciplinino in modo diretto e puntuale e le conseguenze delle violazioni del diritto CE da parte degli
Stati membri, spetta alla Corte, statuire su tale questione avvalendosi dei canoni interpretativi
generalmente accolti.
La Corte ha inoltre fatto riferimento alla teoria dei poteri impliciti. I pochi casi in cui questi sono stati
invocati riguardano fattispecie analoghe a quella al centro della sent. ERTA, che costituisce il leading
case in materia, nella quale si è stabilito che anche in difetto di esplicita attribuzione nei Trattati, le
Istituzioni UE hanno il potere di stipulare accordi internazionali nelle materie che trattati attribuiscono
all’UE. L’art. 352 TFUE prevede un’importante clausola per l'attribuzione di competenze: se
un’azione dell'UE appare necessaria, nel quadro delle politiche definite dai Trattati, per realizzare
uno degli obiettivi di cui ai Trattati senza che questi ultimi abbiano previsto i poteri di azione richiesti
a tal fine, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa
approvazione del Parlamento Europeo, adotta le disposizioni appropriate. Le misure fondate su tale
disposizione non possono comportare un'armonizzazione delle disposizioni legislative e
regolamentari degli Stati membri nei casi in cui Trattati la escludono e la stessa non può servire di
base per il conseguimento di obiettivi riguardanti la PESC. La disposizione ha giocato un ruolo
importante nel diritto amministrativo europeo: è stata impiegata come base giuridica per l'istituzione
di talune agenzie europee (es. l'Agenzia sul Marchio Comunitario e l'Agenzia dell'UE per i Diritti
Fondamentali). La motivazione del regolamento che istituisce l'Agenzia UE per i diritti fondamentali,
partendo dalla premessa secondo la quale l'UE si fonda "sui principi di libertà, democrazia, rispetto
dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto, principi che sono comuni agli
Stati Membri", conclude che “in quanto contribuirà al pieno rispetto dei diritti fondamentali
nell'ambito del diritto CE, l'Agenzia potrà aiutare la Comunità conseguire i suoi obiettivi”,
constatando che “i soli poteri d'azione previsti dal Trattato ai fini dell'adozione del presente
regolamento sono quelli di cui all’art. 352 TFUE”. L'art. 352 TFUE è la sola base giuridica per il
regolamento relativo alla pubblicazione elettronica della Gazzetta Ufficiale UE.

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1.2 La classificazione delle competenze
Le competenze dell’Unione possono essere classificate secondo diversi criteri, ad esempio quelle di
normazione e quelle di applicazione della norma nel caso concreto Gli atti normativi possono a loro
volta essere classificati in diverso modo, sono esclusivi o concorrente, ma anche complementari
(quando le istituzioni europee hanno delle competenze tese a sostenere, coordinare o completare
l'azione degli Stati). Le competenze dell'UE sono definite in prima battuta negli artt. 1-6 TFUE. Altre
disposizioni attributive di competenza si trovano sparse nei Trattati. Art. 2 TFUE prevede che la
portata e le modalità di esercizio delle competenze dell’UE sono determinate dalle disposizioni dei
Trattati relative a ciascun settore.
1.2.1. Competenze per normare l'attività amministrativa
La competenza normativa delle istituzioni europee può essere esclusiva, concorrente o
complementare. Le diverse tipologie di competenze sono definite dall'art. 2 TFUE: quando i Trattati
attribuiscono all'UE una competenza esclusiva in un determinato settore, solo le Istituzioni dell'UE
possono legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti (non solo normativi). Gli Stati membri
possono farlo autonomamente solo se previamente autorizzati oppure, nel caso delle direttive, per
dare attuazione agli atti adottati dalle Istituzioni UE. Un elenco di materie di competenza esclusiva è
contenuto nell'art.3 TFUE, che comprende: a) unione doganale; b) definizione delle regole di
concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno; c) politica monetaria per gli Stati
membri la cui moneta è l’euro; d) conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della
politica comune della pesca; e) politica commerciale comune. L'elenco, anche al di là della previsione
ulteriore in tema di accordi internazionali tocca materie anche molto rilevanti per il diritto
amministrativo, ma non è completo. Lascia fuori, ad esempio, le competenze relative
all'organizzazione e al funzionamento delle Istituzioni europee. Competenze esclusive sono
necessariamente quelle previste dall'art. 322 TFUE per l'adozione di regolamenti con procedura
legislativa ordinaria e previa consultazione della Corte dei Conti per definire: a) le regole finanziarie
che stabiliscono le modalità relative alla formazione all'esecuzione del bilancio, rendiconto, e alla
verifica dei conti, b) le regole che organizzano il controllo sulla responsabilità degli agenti finanziari,
in particolare degli ordinatori dei contabili. Analogo discorso vale per l'art. 336 TFUE in relazione
alla disciplina con regolamenti adottata secondo la procedura legislativa ordinaria e previa
consultazione delle altre istituzioni interessate dallo statuto dei funzionari dell'UE. Nelle materie di
competenza concorrente sia l'UE che gli Stati possono legiferare e adottare atti giuridicamente
vincolanti (non solo normativi) in tali settori. Vale la dottrina della preemption: gli Stati membri
possono legiferare nella misura in cui l'UE non abbia esercitato o abbia cessato di esercitare la propria
competenza. In base all'art. 4 TFUE la competenza è concorrente per default, in quanto né esclusiva

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né di mero coordinamento. In tal senso l’art. 4 esplicitamente indica che l'elencazione che contiene
riguarda semplicemente le principali ipotesi di competenza concorrente, tra cui a) mercato interno, b)
politica sociale, c) coesione economica d) agricoltura e pesca. Le competenze complementari o di
coordinamento, in cui l’Unione deve svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare
l’azione degli Stati membri senza sostituirsi alla loro competenza in tali settori sono elencate nell’art.
6 TFUE: a) tutela e miglioramento della salute umana, b) industria, c) cultura, d) turismo ecc.
Infine, in base all'art. 20, Solo nelle materie di competenza non esclusiva dell'UE, gli Stati membri
possono decidere di instaurare tra loro una cooperazione rafforzata, che può ben riguardare aspetti di
attività amministrativa. Es. decisione EURATOM che istituisce un meccanismo comunitario inteso
ad agevolare una cooperazione rafforzata negli interventi di soccorso della Protezione civile.
1.2.2. Competenze per amministrare
A differenza della Costituzione italiana, i Trattati non contengono disposizioni specifiche sulle
competenze per amministrare. L'art.2 TFUE definisce le competenze esclusive e concorrenti con
riferimento al potere di adottare atti legislativi e vincolanti. Tale ultima espressione in linea di
principio include il potere di adottare atti puntuali e quindi propriamente amministrativi, quali le
decisioni, o più genericamente il potere di porre in essere attività oggettivamente amministrative. Più
raramente si può invece configurare l'adozione di decisioni in relazione alle competenze di sostegno,
coordinamento o completamento dell'azione degli Stati: in tali aree saranno approvati piani e
programmi, formulate raccomandazioni. Il TFUE contiene tuttavia due disposizioni sull'adozione di
atti generali delegati e sull'esecuzione da parte degli Stati membri. L'art. 290 TFUE prevede che un
atto legislativo possa delegare alla Commissione il potere di adottare atti non legislativi di portata
generale che integrano o modificano determinati elementi non essenziali dell'atto legislativo;
quest’ultimo delimita esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di
potere e l'aggettivo "delegato" è inserito nel titolo degli atti delegati. L’art. 291 TFUE detta una regola
generale di competenza circa la più generica competenza di esecuzione: gli Stati membri adottano
tutte le misure di diritto interno necessarie per l’attuazione degli atti giuridicamente, vincolanti
dell'UE. Stabilito il principio "della devoluzione dell'esecuzione" l'art. dispone che, allorché siano
necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell'UE, questi
conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione (o in casi specifici al Consiglio).
Sostanzialmente codificando la cd comitologia, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando
mediante regolamenti, stabiliscono preventivamente le regole e i principi generali relativi alle
modalità di controllo da parte degli Stati membri dell'esercizio delle competenze di esecuzione
attribuite alla Commissione. Quest'ultima precisazione lascia comprendere che l'esecuzione di cui
all'art. 291 è ancora di tipo normativo o quantomeno generale.

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È più agevole riscontrare un potere delle istituzioni europee (in primis ma non solo, della
Commissione e delle Agenzie) nelle materie di competenza esclusiva. Ciò vale innanzitutto in quelle
materie attinenti all'organizzazione e funzionamento delle Istituzioni europee: es. Statuto dei
funzionari e regime applicabile agli altri agenti dell'UE, congedi e sanzioni, ecc. Tra le competenze
esclusive dell’UE, la Commissione ha un ruolo di esecuzione centrale in materia di concorrenza.
Anche in tale materia, la tradizionale impostazione in termini di amministrazione diretta è scolorata
per i limiti del carico di lavoro che si può attribuire ai servizi della Commissione, in forme di riparto
di competenze tra i terminali europei e nazionali dell'amministrazione dello spazio comune europeo
se non proprio di amministrazione congiunta. In altre materie appartenenti alla competenza esclusiva
dell'UE invece, il ruolo delle amministrazioni nazionali rimane preponderante, come ad esempio per
l'unione doganale. Le autorità doganali sono innanzitutto autorità nazionali ad essere chiamate a
tutelare gli interessi finanziari dell'UE e dei suoi Stati membri. Sono autorità doganali le
amministrazioni doganali degli Stati membri competenti ad applicare la normativa doganale e
qualsiasi altra autorità che ai sensi del diritto nazionale dispone del potere di applicare alcune norme
doganali. I provvedimenti presi dalle autorità doganali degli Stati membri in base alla normativa
doganale hanno tutte di efficacia sull'intero territorio doganale dell'UE. Quindi non esiste una
correlazione tra competenze esclusive dell'UE ed esecuzione diretta. Il diritto UE può conservare agli
Stati membri importanti competenze nel dare attuazione gli atti adottati dalle istituzioni dell'UE.
Il ruolo dell'amministrazioni degli Stati è senz'altro normalmente prevalente nelle materie di
competenza concorrente, ma non è necessariamente presente. È normalmente prevalente perché l’UE
esercita le proprie competenze in questi settori soprattutto con la legislazione, e in particolare con le
norme di armonizzazione. Molto spesso l'art. 114 TFUE (norme di armonizzazione) costituisce la
base giuridica per l'adozione di direttive, che richiedono un'azione normativa prima ancora che
amministrativa a livello nazionale. Spesso nelle materie di competenza concorrente sottoposte
normativa di armonizzazione, l'UE non ha competenza e neppure potrebbe ambire ad amministrare.
Piuttosto, con la legislazione, l’UE conforma l'attività amministrativa delle autorità degli Stati
membri. L'influenza delle regole di diritto UE si estende oltre i casi di amministrazione indiretta per
interessare sia procedimenti nazionali comunque orientati in funzione comunitaria che procedimenti
nazionali diversamente condizionati da normativa comunitaria. Ad esempio, la direttiva relativa ai
servizi nel mercato interno è stata adottata sulla base di disposizioni riguardanti il mercato interno
(che comporta uno spazio senza frontiere interne nel quale assicurata la libera circolazione dei
servizi). In particolare, regola l'attività delle autorità nazionali chiamate dal diritto) a gestire un
regime di autorizzazione, che in molti Stati membri riguardano attività come quella di conduzione di
taxi o vendite a suo suolo pubblico (mercati). Il diritto europeo non contiene una disciplina

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amministrativa di simili attività. Il potere degli Stati membri di decidere se sottoporre le attività stessa
regime amministrativo, (es. prevedendo un regime di autorizzazione) è però inquadrato dal diritto
europeo, il quale detta le condizioni che legittimano tale scelta. Se un dato servizio risponde a tali
condizioni, la sua disciplina deve rispettare taluni requisiti elencati dalla direttiva stessa affinché il
potere di amministrazione non sia utilizzato in modo arbitrario.
Considerazioni analoghe valgono nel caso della disciplina europea dei contratti pubblici. Si tratta
anche in questo caso di direttive adottate sulla base di disposizioni relative al mercato interno. I
contratti qui disciplinati sono quelli aggiudicati da o per conto di autorità degli Stati membri. A tal
proposito, le direttive in questione si preoccupano di definire nei dettagli le autorità stesse con
l'impiego di categorie quale quella di amministrazione aggiudicatrice, organismo di diritto pubblico
e enti aggiudicatori. D'altra parte, i contratti in questione soddisfano i bisogni di lavori, beni e servizi
delle autorità degli Stati membri, non certo delle Istituzioni europee. Una situazione parzialmente
diversa riguarda la disciplina ambientale. L'ambiente è una materia di competenza concorrente. In
particolare, la disciplina della materia viene generalmente adottata secondo la procedura legislativa
ordinaria: fatte salve talune misure adottate dall'UE, gli Stati membri provvedono al finanziamento e
all'esecuzione della politica in materia ambientale. In altri termini, in materia ambientale la
competenza concorrente è precisata da una riserva di amministrazione a favore degli Stati membri.
Tuttavia, in base all'art. 11 TFUE, le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere
integrate nella definizione nell'attuazione delle politiche e azioni dell'UE, in particolare nella
prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile. Infine, in base alla norma fondamentale
sull'armonizzazione, l'art. 114 TFUE, la Commissione, nelle sue proposte normative, si basa su un
livello di protezione elevato dell'ambiente. Dunque, non c’è esclusività del ruolo degli Stati membri
nelle materie di competenza concorrente, il che conduce la constatazione secondo la quale il ruolo
delle amministrazioni degli Stati membri non è necessariamente esclusivo nelle materie di
competenza concorrente. Tale ruolo non è neppure sempre presente. La questione è illustrata da una
sentenza della Corte sulla controversa questione dei poteri riconosciuti alle Istituzioni europee per
combattere la crisi finanziaria, in particolare i poteri attribuiti all'Autorità europea degli strumenti
finanziari e dei mercati, istituita col regolamento che istituisce l'Autorità europea di vigilanza. L’UK
aveva chiesto l'annullamento di una disposizione del regolamento 236/2012 relativo alle vendite allo
scoperto nella misura in cui lo stesso fosse da interpretarsi nel senso di conferire all'Autorità europea
degli strumenti finanziari e dei mercati il potere di adottare misure individuali nei confronti di persone
fisiche o giuridiche. Riguardo alla portata dell'art. 114, la Corte ricorda che un atto legislativo adottato
su tale base giuridica deve da un lato prevedere misure relative al ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri e, dall'altro avere ad oggetto

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l'instaurazione e il funzionamento del mercato interno. Secondo la Corte, con l’espressione "misure
relative al ravvicinamento", gli estensori del TFUE hanno voluto attribuire al legislatore dell'UE in
funzione del contesto generale e delle circostanze specifiche della materia da armonizzare, un
margine di discrezionalità in merito la tecnica di ravvicinamento più appropriata per ottenere risultato
auspicato, in particolari settori caratterizzati da particolarità tecniche complesse. Tale margine di
discrezionalità può essere utilizzato per stabilire la tecnica di armonizzazione più appropriata quanto
il riavvicinamento necessiti di analisi altamente tecniche specializzate, nonché della presa in
considerazione di sviluppi relativi ad un particolare settore E può anche darsi la necessità di prevedere
l'Istituzione di un organismo dell'UE incaricato di contribuire all'attuazione di un processo di
armonizzazione. Ma non solo in base all'art. 114 si possono istituire autorità o agenzie. È anche
possibile che in taluni settori il ravvicinamento delle sole norme generali non sia sufficiente a
garantire l'unità del mercato. Di conseguenza la nozione di "misure relative al ravvicinamento" deve
essere interpretata nel senso di comprendere il potere del legislatore UE di prescrivere i
provvedimenti relativi ad un prodotto ad una categoria di prodotti determinati e se del caso,
provvedimenti individuali riguardanti questi prodotti, compresi quelli rilevanti nel caso di specie,
relativi al controllo, in casi determinati, "di alcune operazioni commerciali aventi ad oggetto tali
titoli". In altri termini, pur in materie di competenza concorrente, possono aversi casi nei quali
terminali europei dello spazio amministrativo comune adottano provvedimenti puntuali.
Anche in taluni degli ambiti interessati da interventi legislativi fondati non su una delle ordinarie
clausole attributive della competenza all'UE, ma sull'art. 352 TFUE si riscontrano esempi di
esecuzione diretta. Es. l'Ufficio di Armonizzazione istituito dal regolamento sul marchio comunitario.
1.3 Regole sull'esercizio delle competenze dell'amministrazione europea
L’esercizio delle competenze anche amministrative è sottoposto ad una serie di vincoli. I principi di
sussidiarietà e proporzionalità sono richiamati nelle disposizioni del TUE che definiscono le
competenze delle istituzioni europee, e introducono altresì ulteriori garanzie per gli Stati membri.
Sono inoltre importanti i principi generali che la Corte di Giustizia ha desunto dai Trattati e le regole
contenute nella Carta dei Diritti Fondamentali dell'UE, derivate talvolta da tali principi. La CEDU
inoltre gioca un ruolo importante nel vincolare l'azione dei terminali europei e nazionali
nell'amministrazione dello spazio comune europeo.
1.3.1 I vincoli che accompagnano l'attribuzione di competenze
L'art. 4 TUE par. 2 introduce un vincolo generale all'azione dell'UE, prescrivendo che la stessa rispetta
non solo l'uguaglianza degli Stati membri davanti Trattati ma anche l’identità nazionale insita nella
loro struttura fondamentale, politica costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e
regionali. Questo paragrafo è stato invocato nel caso Torresi, dove due italiani laureati in

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giurisprudenza avevano evitato di sostenere l'esame di stato da avvocato laureandosi una seconda
volta in Spagna, e ottenendo (senza necessità di superare alcun esame come previsto dalla legislazione
spagnola) l'iscrizione all'albo di Tenerife. Prontamente avevano chiesto di beneficiare della libertà di
circolazione della direttiva, presentando domanda per l'iscrizione all'albo speciale dell'ordine di
Macerata. A fronte del silenzio di questo, avevano adito il Consiglio Nazionale Forense, il quale
aveva investito la Corte di Giustizia di due questioni: a) far qualificare come abusiva e non protetta
dal diritto europeo la strada seguita da Torresi; b) far ritenere la direttiva in contrasto con la struttura
fondamentale, politica costituzionale dell'Italia, posto che l'art. 33 Cost. richiede il superamento di un
esame di Stato per l'accesso alla professione di avvocato. Sul merito, come osservato dall'avvocato
generale, non c'è abuso di diritto perché la direttiva mira proprio a facilitare la circolazione. Sulla scia
delle conclusioni, la Corte rileva che la direttiva non incide sul requisito dell'esame di Stato,
prevedendo un'iscrizione alternativa in albo speciale di soggetti che mantengono il titolo originario
di abgado. In ogni caso, la norma europea non è comunque tale da incidere sulle strutture
fondamentali, politiche, costituzionali né sulle funzioni essenziali dello Stato membro di origine ai
sensi dell'art. 4 del TUE.
I principi introdotti dall'articolo 5 TUE sono di tradizione più consolidata. Dopo aver sancito il
principio di attribuzione, l’art. 5 TFUE prevede che l'esercizio delle competenze dell'UE si fonda su
principi di sussidiarietà e proporzionalità. La disposizione sancisce che in virtù del principio di
sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva, l’UE interviene soltanto se e in
quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati
membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o
degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione. In virtù del
principio di proporzionalità invece, il contenuto e la forma dell'azione dell'Unione si limitano a quanto
necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati. L'importanza dei principi di sussidiarietà
e proporzionalità è evidenziata dal fatto che come allegato ai Trattati è inserito un Protocollo
sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, motivato dal desiderio degli Stati
membri di garantire che le decisioni siano prese il più possibile vicino ai cittadini dell'Unione.
In base all’art. 2 del Protocollo, prima di proporre un atto legislativo, la Commissione effettua ampie
consultazioni che devono (se del caso) tener conto della dimensione regionale locale delle azioni
previste. Sulla scia dell’art.12 TUE, secondo il quale i Parlamenti nazionali vigilano sul rispetto del
principio di sussidiarietà, il Protocollo prevede che i progetti di atti legislativi siano notificati ai
Parlamenti nazionali, richiamando la loro attenzione sul fatto che tali progetti abbiano o meno l'art.
352 TFUE come base giuridica. Inoltre, in base al Protocollo, i progetti di atti legislativi sono motivati
con riguardo ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità; ogni atto inoltre dovrebbe essere

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accompagnato da una valutazione del rispetto dei due principi. Infine, in base al protocollo, la Corte
è competente a pronunciarsi sui ricorsi per violazione, mediante un atto legislativo, del principio di
sussidiarietà. La Corte non sembra effettuare un controllo molto approfondito del rispetto del
principio, spesso addossando allo Stato membro ricorrente per l'annullamento di un atto adottato dalle
Istituzioni l’onere di dimostrare la non necessarietà dell'intervento dell'UE. I casi in materia sono
molto rari. Concludendo sul principio di sussidiarietà, dato il suo elevato grado di indeterminatezza,
le garanzie di procedimento finiscono per rivestire un ruolo fondamentale. Si è anche sostenuto che
la mera previsione del principio di sussidiarietà induca cautela nelle istituzioni europee (in primis
della Commissione) facendone quasi un principio autoapplicativo.
1.3.2 I principi generali
I principi di sussidiarietà e proporzionalità non sono gli unici chiamati a disciplinare l'attività anche
amministrativa delle Istituzioni europee e dei terminali nazionali dell'amministrazione europea. I
Trattati dettano alcuni principi generali aventi una simile vocazione, sebbene non enunciati in uno
con l'attribuzione di competenze. Il principio di non discriminazione, che emerge dagli artt. 8 (in
senso positivo di azioni mirate ad eliminare disuguaglianze) e 10 TFUE, secondo il quale ultimo nella
definizione nell'attuazione delle sue politiche azioni, l'unione mira combattere le discriminazioni
fondate sul sesso, la razza e l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, detta
orientamento sessuale. Alla luce dei testi che hanno preceduto gli artt. 8 e 10, sono stati adottati vari
atti di diritto secondario rilevanti per i termini nazionali dell'amministrazione europea, come ad
esempio la direttiva del 43/2000 che attua il principio della parità di trattamento fra le persone
indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, che si applica a tutte le persone sia del settore
pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico. Un altro principio è quello
di trasparenza, in particolare nella sua manifestazione del diritto di accesso ai documenti e in quella
della partecipazione, svolge un ruolo importante nel diritto amministrativo. Ma l’attuazione del diritto
incontra serie resistenze. Anche la partecipazione assume un suo rilievo. Per quanto riguarda la
partecipazione come esercizio di cittadinanza, l'art. 11 TUE prevede che le istituzioni mantengano un
dialogo aperto, trasparente regolare con le associazioni rappresentative e la società civile. La
partecipazione ai provvedimenti amministrativi è invece disciplinata dalla Carta dei diritti
fondamentali. È dubbio se sia riconosciuto un principio di autonomia procedurale degli Stati membri
nell'esecuzione delle disposizioni di diritto UE. Sicuramente, lo stato attuale dell'evoluzione
dell'integrazione europea rende problematica una codificazione esaustiva dell'immensa materia
amministrativa (codificazione che anche negli ordinamenti interni è spesso solo settoriale). D'altra
parte, questo non esclude che il diritto europeo possa codificare questo o quel procedimento, o fasi di
esso, o dettare (come infatti detta) dei principi generali. In ogni caso, anche ammessa l'esistenza di

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una regola residuale di autonomia procedurale, le disposizioni nazionali dovranno comunque
rispettare i principi di non discriminazione ed efficacia. Altri principi hanno origine pretoria da
ricercarsi nella giurisprudenza della Corte chiamata a sindacare la legittimità degli atti adottati dalle
istituzioni. La disposizione fa riferimento a clausole molto generiche, come la violazione dei trattati
o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, e la giurisprudenza si è occupata di
individuare parametri di sindacato, spesso tratti da principi generali già riconosciuti nei paesi membri,
quali quelli riferiti alla legalità, alla certezza del diritto, alla non retroattività, alla tutela
dell'affidamento e alla proporzionalità. Notevole importanza assumono infine alcuni principi
settoriali, ad esempio, per quanto riguarda il mercato interno, tassello fondamentale dell'acquis
communautaire è il principio del mutuo riconoscimento. Nel caso Cassis de Dijon la Corte enuncia il
principio secondo il quale beni prodotti conformemente alle disposizioni vigenti nello Stato di
produzione possono circolare liberamente nel mercato interno ed essere commercializzati negli altri
Stati membri. Il principio di precauzione ha oggi acquisito un fondamento nei Trattati, insieme ad
altri principi. L'art. 191 TFUE prevede che la politica dell'UE in materia ambientale sia fondata sui
principi della precauzione, dell'azione preventiva, sul principio della correzione in via prioritaria alla
fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga".
1.3.4 Le carte dei diritti
Le Carte dei diritti giocano un ruolo importante nel conformare l'esercizio delle competenze. In
primis, la Carta dei Diritti fondamentali che con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha assunto
lo stesso status dei trattati. A norma dell'art.6 del TUE, l'Unione riconosce diritti, le libertà e i principi
sanciti nella carta dei diritti fondamentali. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo
le competenze dell'Unione quali definite nei trattati. La stessa disposizione precisa che i diritti, le
libertà e i principi della Carta sono interpretate in conformità delle disposizioni generali del titolo 7°
della carta. In particolare, in base all’art. 51 le disposizioni della carta si applicano alle istituzioni,
organi e organismi dell'UE, mentre valgono per gli Stati membri "esclusivamente nell’attuazione del
diritto dell'Unione. In caso di diritti corrispondenti a quelli della CEDU, l’art. 52 prevede che laddove
la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il loro significato e la loro
portata sono uguali a quelli conferiti dalla CEDU. Laddove la Carta riconosca i diritti fondamentali
quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, tali diritti sono interpretati in
armonia con dette tradizioni. Tra i diritti garantiti dalla Carta, particolare rilievo assumono alcuni tra
quelli disciplinati nel titolo V dedicato alla cittadinanza come ad esempio il diritto ad una buona
amministrazione: ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo
imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole dall'istituzioni, organi organismi dell’UE. Tale
diritto comprende il diritto al contraddittorio e all'accesso al fascicolo (partecipazione e accesso

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difensivi), l'obbligo di motivazione, il diritto al risarcimento del danno, e quello all'uso di una delle
lingue dei trattati. La CEDU invece aveva assunto rilievo quale parametro di legittimità dell'azione
amministrativa già prima dell'adozione della Carta. La giurisprudenza della CDG ha tradizionalmente
riconosciuto alla CEDU la natura di espressione dei valori costituzionali comuni agli Stati membri.
Come tale la CEDU ha goduto in passato un certo grado di vincolatività, anche per l'azione delle
istituzioni europee. Oggi l’art.6 prevede che i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU e risultanti
dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri fanno parte del diritto dell'UE in quanto
principi generali. Il Trattato di Lisbona, con l’art.6 TUE, ha aperto la strada alla ratifica della CEDU
da parte dell'UE. L'art.6 testimonia il timore degli Stati membri di fronte alla prospettiva di ulteriori
ampliamenti delle competenze dell'UE. Per questo chiarisce che la futura adesione non modificherà
le competenze dell’UE definite dai Trattati.
1.4 Competenze e coordinamento tra livelli
L’individuazione di specifiche competenze dei vari livelli dell'amministrazione dello spazio comune
europeo non esclude, e anzi rende necessaria l'individuazione di strumenti di coordinamento. Una
clausola fondamentale era già presente nell'originario trattato CEE e richiamava gli Stati alla leale
cooperazione con le Istituzioni europee. La giurisprudenza aveva poi precisato che analogo dovere
incombeva sulle istituzioni. Oggi il principio di leale cooperazione è ripreso dall'art.4 TUE secondo
cui l'UE e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell'adempimento dei compiti
derivanti dai trattati. Inoltre, gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare
atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi discendenti dal diritto dell'Unione e facilitano
quest'ultima nell'adempimento dei propri compiti, astenendosi da qualsiasi misura che rischi di
mettere in pericolo la realizzazione dei suoi obiettivi. Il principio è poi ripreso in altre disposizioni
dei Trattati, come ad esempio il TUE in tema di leale cooperazione tra le istituzioni europee o nel
TFUE in tema di cooperazione doganale. Novità importante è la cooperazione amministrativa, già
ricordata tra le materie di competenza di coordinamento e di sostegno ex art.6 TFUE. Alla
cooperazione amministrativa è dedicato l'art. 197 TFUE. La disposizione precisa che l’attuazione
effettiva del diritto UE da parte degli Stati membri, essenziale per il buon funzionamento dell'Unione,
è una questione di interesse comune. Conseguentemente, l'UE può sostenere gli sforzi degli Stati
membri volti a migliorare la loro capacità amministrativa di attuazione del diritto dell'unione, in
particolare facilitando "lo scambio di informazioni di funzionari pubblici e nel sostenere i programmi
di formazione". Si tratta di misure particolarmente importanti e innovative, ma molto dipenderà dai
fondi allocati a tal fine. Vi sono peraltro tutta una serie di cautele: nessuno Stato membro è obbligato
ad avvalersi di tale sostegno; le misure necessarie non posso implicare armonizzazione delle
disposizioni legislative regolamentari degli Stati membri.

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CAPITOLO 2. L'ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA DELL'UE
Introduzione
Secondo l'opinione prevalente l'attuazione del diritto dell'UE si fonda sul modello
dell'amministrazione indiretta o del cd federalismo di esecuzione. Il potere di esecuzione non è
centralizzato (come nell'ordinamento USA nel quale il governo federale è titolare del potere di
eseguire le leggi federali), bensì decentrato (come nell'ordinamento tedesco, nel quale all'attuazione
del diritto federale provvedono gli Stati federati). Analogamente, all'UE spetterebbero compiti
essenzialmente legislativi, mentre l'attuazione del diritto europeo competerebbe in via esclusiva agli
Stati membri.
Se però per "esecuzione" si intende l'insieme degli atti normativi, oltre che amministrativi, preordinati
a garantire l'effettività del diritto UE, occorre correggere l’opinione tradizionale.
È vero che nell'ordinamento europeo, il modello di base è l'esecuzione indiretta, rimessa all'autonomia
degli Stati. Ma ciò vale in particolar modo per l'esecuzione in via amministrativa. La funzione di
esecuzione normativa è invece attratta livello europeo: l'UE esercita ampiamente la competenza
esecutiva generale di cui è titolare, sia pure in via sussidiaria, nelle materie in cui legifera.

L'assetto del potere esecutivo dell'UE è perciò più complesso e articolato di quanto emerge dalla
formula del federalismo di esecuzione. Il principio ispiratore non è la separazione dei poteri, ma
l'equilibrio istituzionale definito nei Trattati: un equilibrio complesso che deve tener conto sia della
dialettica orizzontale tra le istituzioni europee (Consiglio, Commissione e Parlamento) sia del
rapporto verticale tra UE e Stati membri. L'esecuzione delle norme europee non è affidata soltanto le
amministrazioni nazionali, ma anche la Commissione europea e a un'ampia gamma di organismi
amministrativi (comitati, agenzie eccetera) che operano come figure di composizione, cioè come
elementi di collegamento tra l'UE e Stati. L'esercizio centralizzato dell'esecuzione normativa è stato
decisivo per la risoluzione dei problemi di effettività del diritto sovranazionale che derivano dalla
tendenziale separazione tra legislazione europea e attuazione nazionale.

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