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Lezione 3

Ripresa lezione precedente


Come si risolve l’antinomia tra fonti dell’UE direttamente applicabili e diritto interno. La
prevalenza delle fonti di diritto ue è relativa alle fonti dell’ue direttamente applicabili
(quindi regolamenti e direttive self executing), per le altre fonti che non sono direttamente
applicabili serve la mediazione del legislatore neazionale, quindi il rapporto tra fonte
dell’Ue e fonte interna non si pone, perché la norma ue entra nell’ordinamento italiano
attraverso una fonte nazionale, la quale può essere sindacato dinanzi alla Corte
costituzionale e a qualunque corte interna.
Il problema dell’antinomia si pone sono per le fonti ue direttamente applicabili che una
volta approvate dagli organi dell’ue entrano direttamente negli ordinamenti nazionali. Ciò
può dunque causare un’antinomia/ un contrasto.
Sappiamo che il diritto dell’Ue prevale sul diritto interno, il problema è capire come si fa a
garantire questa prevalenza.
L’eventuale antinomia va risolta direttamente dal giudice comune, il quale si trova ad
applicare una norma di diritto europeo, deve farla prevalere rispetto al diritto nazionale.
Quindi, nel momento in cui risolve la questione pendente dinanzi a se, applica il diritto
dell’UE e non applica il diritto nazionale in contrasto con il diritto dell’ue.
“Non applica” significa che il diritto nazionale non viene utilizzato per risolvere la questione
pendente dinanzi a quel giudice. Ma la norma di diritto interno non viene abrogata, ma
semplicemente quella fonte interna non viene applicata in quello specifico caso in
discussione davanti a quel giudice. Per cui quella fonte rimane valida in quell’ordinamento
e potenzialmente in grado di continuare a produrre i suoi effetti.
Ciò vuol dire che nell’ordinamento nazionale continua a rimanere valida una disposizione
nazionale in contrasto con l’UE. In secondo luogo, questa disposizione nazionale
potenzialmente è in grado di produrre i suoi effetti in un contesto diverso da quello del
giudice che non l’ha applicata. Inoltre c’è anche la possibilità che rimanendo valida
nell’ordinamento, laddove dovesse essere abrogata la norma europea che contrasta, la
norma nazionale rimasta nell’ordinamento riespanda la sua efficacia. (sono tutti problemi)
Questo per comprendere come questo meccanismo di risoluzione delle antinomie tra
diritto interno e diritto dell’ue è la ragione per cui si prevedono dei meccanismi periodici di
adeguamento dell’ordinamento nazionale alla normativa comunitaria, svolgono una
ricognizione del diritto nazionale in contrasto con quello dell’Unione europea e prevedono
la sua abrogazione. Quindi la legge europea e la legge di delegazione europea che vengono
approvate tutti gli anni dal Parlamento italiano servono a fare una ricognizione del diritto
nazionale in contrasto con quello dell’Unione europea e abrogare tutte le norme interne
che siano in contrasto. In questo modo c’è una risoluzione delle antinomie che deriva
dall’intervento del legislatore abrogativo delle norme nazionali in contrasto con il diritto
dell’UE.
Questo perché la risoluzione delle antinomie passa per il giudice comune che non può
abrogare le norme ne può dichiararle nulle con efficacia erga omnes, può solo non
applicarle al caso concreto. Ovviamente nel caso dei controlimiti (principi sovrano
dell’ordinamento e diritti fondamentali) il diritto dell’Ue non può prevalere sul diritto
interno.
Tutto ciò si ricollega allo sviluppo dell’UE, perché le comunità europee nascono avendo
come fondamento il mercato e la concorrenza e non i diritti come gli Stati sociali del
secondo dopo guerra, dopo di che si approva la Carta di Nizza (carta dei diritti) e con il
Trattato di Lisbona quel documento contenente i diritti tutelati dall’UE assume il valore dei
Trattati, quindi un diritto che entra negli ordinamenti nazionali.
L’ampliamento delle competenze dell’Unione Europea e l’ampliamento d’interesse verso i
diritti delle persone da parte dell’UE, ha comportato un cambiamento di atteggiamento
della Corte Cost.
La modalità di risoluzione delle antinomie evidenzi subito come in questo sistema di
rapporto tra le fonti interne e sovranazionali, la Corte Cost è esclusa, fa tutto il giudice
comune e se questo ha un dubbio su come interpretare e applicare il diritto si rivolge alla
Corte di Giustizia, la quale ha anche la funzione d’interprete. Quindi la Corte Cost assume
un ruolo marginale, un po’ come il rapporto tra CEDU e diritto interno.
Sappiamo che in un giudizio vi sono delle questioni pregiudiziali, cioè delle questioni che
vanno risolte prima di entrare nel merito del giudizio. Sono questione pregiudiziali anche
l’eventuale dubbio di legittimità costituzionale e anche l’eventuale dubbio sull’applicazione
del diritto dell’Ue. Quando ci sono più questioni pregiudiziali nello stesso giudizio, l’ordine
in base al quale vanno decise, secondo la Corte Cost, spetta ai giudici, cioè è una questione
che va rimessa ai giudici. È il giudice che decide. Ma questa libera organizzazione del
giudice trova un limite nella presenza contestuale della pregiudiziale comunitaria e della
pregiudiziale costituzionale (c.d. doppia pregiudizialità), cioè è possibile che il giudice abbia
un dubbio sia in relazione all’applicazione del diritto dell’ue, sia un dubbio di
costituzionalità. In questo caso, la Corte Cost ha sempre specificato che il giudice non fosse
libero di scegliere, ma doveva risolvere prima la questione pregiudiziale comunitaria e
dopo se sussisteva ancora il dubbio di legittimità costituzionale, risolvere anche la
questione di costituzionalità.
Questa è la giurisprudenza della Corte fino al 2017 perché poi ci fu un rafforzamento
dell’Unione europea sul versante dei diritti, c’è una Carta dei diritti che ormai ha l’efficacia
dei Trattati e il problema diventa più delicato perché se si risolve l’antinomia tra diritto
dell’Unione relativo ad una libertà, ad un diritto delle persone e il diritto interno, con il
classico meccanismo, cioè la non applicazione, la questione viene risolta solo con
riferimento al caso concreto, ma potenzialmente rimane nell’ordinamento una
disposizione nazionale limitativa di un diritto previsto dalla Carta di Nizza, che incide sui
diritti delle persone.
Alla la Corte Cost dalla sen 269/20127 ha parzialmente modificato la sua giurisprudenza,
dicendo che quando si ha un caso di doppia pregiudizialità, ma la questione riguardi un
diritto nella Carta di Nizza (carta dei diritti inviolabili dell’UE) o un diritto costituzionale, il
giudice comune può per risolvere l’antinomia, (la corte non dice deve) rivolgersi prima alla
Corte Cost.
Dice questo la Corte perché in questo modo può pronunciarsi prima della Corte di
Giustizia, ma eventualmente con una pronuncia di accoglimento, ha effetti diversi dalla
non applicazione da parte del giudice comune, perché la pronuncia di accoglimento non ha
semplicemente un effetto non applicativo, ma rende nulla la disposizione dichiarata
incostituzionale e quella sentenza ha efficacia erga omnes, quindi non solo per il caso
concreto, ma per tutti.
In questo modo la Corte Cost può risolvere un’antinomia rispetto al diritto dell’Unione, su
un tema che riguarda i diritti delle persone con efficacia nei confronti di tutti e dunque
garantendo quel diritto e quei diritti per tutti i cittadini o per meglio per tutti coloro che
sono soggetti all’ordinamento italiano.
FINE PARTE INTRODUTTIVA
Per considerare i diritti fondamentali bisogna partire necessariamente da una disposizione
della cost:
L’ART 2:
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri
inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Dalla lettura di questa disposizione ci sono degli elementi da evidenziare:


a. Si parla di “Repubblica” e non di “Stato”: Repubblica significa Stato, le Regioni, i
Comuni, quindi Repubblica non è solo lo Stato e intesa complessivamente si
occupa sia dei diritti che dei doveri
b. “Riconosce” è il riferimento a qualcosa che esiste già e non a qualcosa che viene
creato dalla Cost
c. “i diritti inviolabili”: si utilizza il termine “inviolabile”, non costituzionale, non
umano
d. “dell’uomo” e non dei cittadini, l’utilizzo del termine uomo invece che persona è
significativo
e. “come singolo e nelle formazioni sociali” : il riferimento è sia al diritto della
persona sia all’elemento della socialità, i diritti possono essere sia quelli che
riguardano la persona da sola, ma possono essere anche quei diritti che si
esplicano solo in un rapporto di relazione con gli altri
f. “doveri inderogabili” da sottolineare è la loro connessione nello stesso articolo
con i diritti inviolabili. Questa previsione nella stessa disposizione da subito l’idea
di come i diritti non possano essere concretizzati se in un contesto sociale, in una
collettività non si faccia attenzione anche all’adempimento dei doveri di
solidarietà inderogabili.
È una disposizione complessa, ma anche innovativa visto che sicuramente una disposizione
del genere era assente nello Statuto Albertino, ma anche nelle costituzioni sociali del
dopoguerra questa disposizione manifesta una originalità perché una disposizione simile
all’art 2 nelle altre disposizioni non c’è.
Nel dibattito in Assemblea costituente, parte de contenuto di questa disposizione, si
pensava di inserirlo nell’art 1 Cost.
Provando a leggere in maniera analitica disposizione, essa esprime 3 principi:
1. Principio personalista
2. Principio pluralista o del pluralismo sociale
3. Principio di solidarietà
PRINCIPIO PERSONALISTA
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo. Questa previsione indica
la tensione della Costituzione verso la persona, la finalizzazione della Cost verso la persona,
verso i diritti della persona, la finalizzazione dei diritti verso la persona. Quindi i diritti non
intesi di per se, come qualcosa di astratto, ma i diritti legati alla tutela della persona
umana, alla sua valorizzazione, alla sua piena realizzazione.
Questa finalizzazione verso la persona, quindi mettere al centro la persona umana, segna il
fondamento stesso dei diritti inviolabili come li definisce l’art 2. Questi diritti sono
riconosciuti dalla persona al fine di garantire la piena realizzazione della persona umana.
Uno degli aspetti interessanti è che l’art 2 utilizza il termine “riconosce” il che da il senso di
qualcosa che esiste al di la e prima della Cost stessa. Qualcosa che la Cost non ha creato,
qualcosa che esisteva già e che la Cost ha “ri”conosciuto. Dunque diritti che non sono
inventanti dalla Cost, ma sono connaturati alla persona umana.
Quindi l’art 2 esprime la finalizzazione della Cost verso la persona, finalizza i diritti alla
persona, dunque sono i diritti connaturati alla persona, sono quei diritti che una persona
ha prima e al di la della Cost, il c.d. diritto naturale è una delle letture. Una disposizione
come questa solleva dubbi e dispute in dottrina, c’è chi dice che questa disposizione con il
termine “riconosce” e con la finalizzazione verso il principio personalista punti in qualche
modo a dare una copertura costituzionale al giusnaturalismo e quindi alla formalizzazione
normativa di diritti che esistono già perché connaturati alla persona umana.
Il problema di questa lettura è individuare la fonte di questi diritti, perché se essi sono già
connaturati all’essere umano, la cost si limita a riconoscerli, quindi esisterebbero anche
senza la Cost. In sostanza non esiste una risposta alla domanda quale sia la fonte di questi
diritti, però è possibile una lettura del genere che, inevitabilmente, pone dei problemi
perché non si saprebbe quale sia il fondamento di questi diritti perché verrebbero prima, al
di la e indipendentemente dalla Cost.
La Cost è un complesso coordinato di norme, il che significa che toccare una sola
disposizione della Cost, può avere delle ricadute anche sugli altri articoli della Cost, sulle
altre disposizioni.
Per quanto riguarda l’art 2, esso si lega in particolar modo sia con l’art 1 che con l’art 3
della Cost.
Art 1 Cost: L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità
appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Si collega all’art 1 Cost per il collegato esistente tra Costituzione dei diritti e Costituzione
dei poteri. La tutela dei diritti è strettamente legata al modo in cui i poteri dello Stato
vengono esercitati, cioè i diritti vengono tutelati laddove ci sia un sistema democratico, se
non ci fosse un sistema democratico vengono tutelati quei diritti e nella misura in cui sono
utili al mantenimento di un certo tipo di poteri. Quindi il primo elemento di connessione
tra 1 e art 2 è “l’Italia è una Repubblica democratica”.
L’art 1 dice anche che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei
limiti della Cost.
(collegamento con i doveri inderogabili di cui all’art 2)
La sovranità appartiene al popolo, ma non può fare tutto, perché ha anche dei doveri, dei
doveri reciproci (doveri di solidarietà)
L’art 2 si collega anche all’art 3, il quale tutela il principio di eguaglianza nella sua duplice
accezione (forma e sostanziale) e il superamento delle disuguaglianza è ovviamente legato
all’art 2 ed è inscindibile rispetto ad esso. È impossibile pensare alla concretizzazione dei
diritti inviolabili se non si parte dall’esigenza di garantire l’eguaglianza e d’impedire o di
reagire o di contrastare le disuguaglianze, altrimenti verrebbero tutelati i diritti soltanto di
alcune persone, mentre le persone più fragili non verrebbero tutelate.
La lettura combinata di questi 3 articoli e il collegato dell’art 2 con il principio di
eguaglianza, non avalli la lettura dei diritti di cui all’art 2 come diritti “naturali” dell’uomo,
ma comunque conferma che si tratta di diritti che sono legati alla persona e che non
possono non essere garantiti e tutelati.
L’art 2 parla di “diritti inviolabili”
In Assemblea Costituente vi erano altre proposte, si pensava ad utilizzare il termine diritti
“essenziali” o “inalienabili della persona” o “diritti fondamentali” o “diritti sacri”
Si scelse inviolabili perché probabilmente si viene influenzati dalla Cost di Weimar del 1919
che insieme alla Cost spagnola del 1921 rappresentano 2 costituzioni moderne dell’epoca,
due Cost sociali.
La Cost di Weimar faceva riferimento ai diritti inviolabili dell’uomo, ciò ha indotto il
costituente ad utilizzare questo termine.
Il problema è capire cosa significhi “inviolabili”
Inviolabile significa che non possono essere i diritti modificati? In realtà si parlerebbe allora
di immodificabilità. L’esperienza repubblicana in realtà ha anche mostrato delle modifiche
agli art della Cost, da ultimo l’art 9. Se volessimo parlare di immodificabilità, c’è qui
un’influenza tedesca che intendono come immodificabile il nucleo essenziale del diritto,
quindi il diritto non nella sua formulazione costituzionale, ma il nucleo essenziale della
tutela dei diritti.
Ciò significa che le disposizioni che prevedono i diritti inviolabili possono essere modificate
con il procedimento di revisione costituzionale purchè quella revisione non comprometta/
incida il nucleo essenziale del diritto.
Però il concetto “nucleo essenziale” è un concetto indefinito, ma anche rischioso perché
c’è la possibilità d’intervenire con il procedimento di revisione costituzionale sugli articoli
che tutelano i diritti, purchè non tocchino il nucleo essenziale, ma non si sa con precisione
quale sia il nucleo essenziale, quindi c’è il rischio che la revisione costituzionale vada oltre.
Parlando di controlimiti, cioè i principi supremi dell’ordinamento e i diritti fondamentali
della persona, non possono essere toccati. Ciò significa che la Corte cost, in un
ordinamento come il nostro basato su una cost rigida, può controllare che pur rispettando
il procedimento di cui all’art 138 cost, la revisione non vada ad incidere sui principi supremi
dell’ordinamento e i diritti fondamentali della persona. Questo significa che è possibile
intervenire con la revisione costituzionale anche sulle disposizioni costituzionali che
prevedono e tutelano i diritti, ma la Corte Cost può sempre controllare l’ampiezza/la
profondità di questa revisione costituzionale e accertarsi che non vengano attaccati
principi supremi e diritti fondamentali, quindi che non venga intaccato il nucleo duro dei
diritti della persona.
Oltre l’inviolabilità, c’è un altro elemento che complica il quadro. L’inviolabilità
relativamente ai singoli diritti non lo si trova in tutte le disposizioni costituzionali. In realtà,
formalmente sono definiti espressamente come inviolabili, i diritti previsti dagli art 13-14-
15-24 Cost, quindi :
 la libertà personale
 la libertà di domicilio
 la libertà di comunicazione/libertà e segretezza della corrispondenza
 il diritto di difesa
In queste disposizioni espressamente si trova la qualificazione d’inviolabile. Per tutte le
altre disposizioni dottrina e giurisprudenza estendono il carattere d’inviolabile o comunque
a gran parte dei diritti contenuti in Cost. In realtà, dovrebbero considerarsi inviolabili tutti
quei diritti che in qualche modo sono connaturati allo Stato democratico sociale e di diritto
(art 1 democratico, art 2 sociale, art 3 di diritto) e tutti quei diritti che sono riconducibili a
questa tipologia di Stato e che servono a garantire la concretizzazione di quella tipologia di
Stato dovrebbero essere considerati inviolabili.
Nella Cost vengono elencati una serie di diritti, solo alcuni dei quali vengono riconosciuti
come inviolabili, quindi ci si è chiesto se i diritti solo esclusivamente quelli elencati in Cost o
ci sono anche altri. Questa domanda incide sul modo in cui s’interpreta l’art 2 della Cost,
cioè se lo si interpreta come norma a fattispecie aperta o norma a fattispecie chiusa.
Se l’art 2 dovesse essere inteso come norma a fattispecie chiusa i diritti costituzionalmente
tutelati sono solo quelli previsti in Cost. Questa è sicuramente una possibile lettura che
però pone dei dubbi sull’utilità stessa dell’art 2, cioè quest’articolo ha soltanto una portata
riassuntiva dei diritti elencati in Cost. Quindi la lettura dell’art 2 come norma a fattispecie
chiusa ha un senso ma rischia di portare ad una lettura svalutativa dell’art 2.
Altra parte della dottrina interpreta l’art 2 come norma a fattispecie aperta, cioè che
attraverso l’art 2 sia possibile una lettura estensiva dei diritti costituzionalmente tutelati,
cioè non solo i diritti espressamente tutelati in Cost, ma anche quei diritti che emergono
nella società in virtù dell’evoluzione dei costumi e che quindi avrebbero una copertura
costituzionale grazie all’art 2, letto come norma a fattispecie aperta.
Quindi se leggessimo l’art 2 come norme a fattispecie chiusa, esso viene inteso come un
art riassuntivo di ciò spiega la cost, mentre se lo leggessimo come norma a fattispecie
aperta, l’art 2 diventa lo strumento per ampliare la tutela dei diritti costituzionali, oltre
quello che è scritto in Cost.
Il problema della lettura dell’art 2 come norma a fattispecie aperta non è priva di
controindicazioni perché innanzitutto è controverso riconoscere un diritto che non è
espressamente previsto in Cost. es. l’eutanasia non è un diritto previsto in Cost, come ad
es l’identità di genere.
Ma c’è un altro problema: i diritti espressamente elencati in Cost hanno un riconoscimento
e una tutela costituzionale, tutela che prevede espressamente anche i limiti a quel diritto
costituzionalmente legittimi. Es. la libertà personale art 13, disciplina anche le condizioni
con cui può essere limitata la libertà personale.
Offrire un riconoscimento e una tutela di rango costituzionale attraverso l’art 2 a diritti che
non sono elencati in Costituzione, significa riconoscere un diritto ma non sapere quali siano
i limiti a quel diritto perché non sono scritti in Cost, quindi vanno ricostruiti anche i limiti,
ma ciò sarebbe complesso da svolgere come operazione, anche da un punto di vista
politico, sarebbe molto più semplice riconoscere un diritto, quindi ampliare la tutela, più
difficile è introdurre un limite a quel diritto.
Riconoscere un diritto che in Cost non c’è comporta anche il rischio di avere un diritto
senza limiti, mentre i diritti espressamente riconosciuti in cost hanno anche dei limiti.
Altro elemento critico della lettura a fattispecie aperta si ravvisa nel fatto che la
Costituzione non è un insieme disgiunto, distinto di norme giuridiche, ma le norme sono
connesse. Infatti, quando i costituenti hanno scritto la Cost e hanno formalizzato il
riconoscimento di alcuni diritti, lo hanno fatto bilanciando i diversi diritti che andavano a
riconoscere, trovando un equilibrio tra la tutela del diritto e la compressione di un altro e
viceversa, quindi se si riconoscesse un diritto non espressamente previsto in cost, si
rischierebbe di rompere quell’equilibro previsto in Cost. Quindi quando si riconosce un
diritto si deve fare attenzione a trovare quell’equilibrio nella tutela di quel diritto che non
incida eccessivamente e non comprima troppo gli altri diritti già previsti in cost.
Un altro elemento critico della lettura a fattispecie aperta riguarda il modo in cui i diritti
non espressamente previsti in Cost vengono riconosciuti. Solitamente queste diritti
vengono riconosciuti per via giudiziaria, caso per caso, sentenza per sentenza. Ciò favorisce
l’attivismo giudiziario (il quale non è un fattore positivo), comporta un riconoscimento
episodico dei diritti e non normativo e rischia anche di rendere ancora più evidenti le
criticità suddette, cioè quando un giudice riconosce un diritto, difficilmente riesce ad
inserirlo coerentemente nelle previsioni costituzionali trovando un bilanciamento tra diritti
diversi, lo fa caso per caso anche in riferimento alla richiesta del caso specifico che è
chiamato a risolvere. Si avrebbero meno problemi se i nuovi diritti fossero riconosciuti con
una revisione costituzionale che prevede espressamente un certo diritto e prova ad
inserirlo coerentemente all’interno della Cost o quantomeno con Legge, provando a
bilanciare il riconoscimento del nuovo diritto con gli altri diritti già contemplati dalla Cost.
Es. unioni civili, aborto
Si tratta di due tesi (quella della fattispecie aperta e quella della fattispecie chiusa) che
hanno entrambe aspetti negativi e aspetti positivi. Si è provato ad individuare una via
intermedia tra le due tesi, ed è quella elaborato da Franco Modugno, che guarda all’art 2
comunque come disposizione costituzionale capace di garantire la tutela anche di altri
diritti oltre a quelli previsti espressamente in Cost, (quindi orientato verso la tesi a
fattispecie aperta), ma legando questo riconoscimento alla concretizzazione dei diritti
connessi al principio personalistico , cioè quei diritti che possono valorizzare, completare la
persona umana e il suo sviluppo. Allora, leggere l’art 2 guardando all’art 3 ma soprattutto
all’art 13 (libertà personale), dal quale sono emersi altri diritti come il diritto al nome,
tutelato nel nostro ordinamento, non è in costituzione, ma una lettura combinata dell’art 2
con l’art 13 consentono il riconoscimento di questo diritto.
Quindi secondo la tesi di Modugno l’art 2 andrebbe letto come norma che consente di
estendere i diritti purchè però si tratti di diritti collegati allo sviluppo della persona umana
quindi i diritti collegati al principio personalista ( 1 dei 3 principi che emergono dall’art 2)
I TITOLARI DEI DIRITTI INVIOLABILI
A chi spetta la titolarità di questi diritti?
Se dall’art 2 deriva il principio personalista, il titolare dei diritti inviolabili dovrebbe essere
la persona umana, quindi tutte le persone dovrebbero essere titolari dei diritti inviolabili,
però non è esattamente così perché alcune differenze tra le persone e dunque
relativamente alla titolarità dei diritti esistono.
Una differenza è sicuramente l’età, in base all’età può cambiare la capacità giuridica, la
capacità d’agire, cambia lo status della persona, cioè quel complesso di diritti e doveri del
soggetto, dunque l’età è uno di quegli elementi che potrebbe produrre una
differenziazione nella titolarità dei diritti.
Altra questione è quando inizia la vita, cioè si discute sul fatto se il concepito sia persona,
cioè se sia titolare di diritti. I problemi sono almeno 2 : la titolarità del diritto di diverse
categorie di persone, ma sulla titolarità incide anche l’evoluzione sociale, culturale e
scientifica, nessuno in passato, ad es. 200 anni fa si poneva i problemi del diritto
dell’embrione, oggi sappiamo come si crea un embrione, come si conserva, come
s’impianta. Ci si deve interrogare, porre il dubbio relativamente al suo status e dunque
eventualmente a seconda di come lo leggiamo, alla sua possibile titolarità di alcuni diritti.
Es. l’eutanasia, la persona al termine della sua vita è piena titolare dei suoi diritti ?
Si parla anche del c.d. uomo in situazione, contestualizzato, che può essere portatore di
handicap, oppure ad es il detenuto che ha uno status peculiare che però lo rende titolari di
diritti e responsabile di doveri.
Oggi si parla anche dei diritti del consumatore, individuato come un soggetto diverso dalla
persona in se e dunque titolare di diritti diversi, peculiari della sua situazione.
Tutto questo se guardiamo alla persona, al singolo da solo in situazione, poi ci sono anche
le formazioni sociali, intese come soggetti collettivi, a loro volta possono essere titolari di
diritti come formazione sociale e non come singolo. Si dovrebbero escludere le formazioni
sociali pubbliche (es. i Comuni) che di per se non dovrebbero essere soggetti titolari di
diritti.
La titolarità del diritto dipende dalle previsioni costituzionali, perché il punto di partenza è
stato alla luce del principio costituzionalista, i diritti spettano alla persona, ma la Cost fa
anche delle distinzioni. Cioè la Cost può dire i cittadini hanno un determinato diritto, quindi
il riferimento non è alla persona, ma solo a quelle persone che hanno lo status civitatis,
che è un complesso di diritti e di doveri diverso dallo status di chi non ha la cittadinanza.
Nella Cost si trova il riferimento ai cittadini, ad es. art 3 “tutti i cittadini hanno pari dignità
sociali e sono eguali davanti alla legge”
Da questo assunto, potremmo dire che il principio di eguaglianza vale solo per i cittadini?
Cioè si potrebbe discriminare un soggetto per la sua lingua?
Questo per dire che ci sono determinate disposizioni costituzionali che fanno riferimento
solo ai cittadini, ad es 48 “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno
raggiunto la maggiore età”. Ma in alcuni casi la lettura combinata delle disposizioni
costituzionali porta a superare il dato testuale della Cost, nel caso dell’art 3, se lo
leggessimo in combinato disposto con l’art 2 (principio personalista, l’uomo) e l’art 1
(repubblica democratica), capiremmo che l’eguaglianza non può e non deve essere
riservata solo ai cittadini, ma il principio di eguaglianza e soprattutto divieti di
discriminazione riguardano tutti, riguardano l’uomo.
Quindi c’è un dato testuale che in certi casi è valido, c’è un dato di lettura sistematica della
Cost, in uno stato democratico che tutela i diritti dell’uomo, a tutti deve poter essere
garantito il principio di eguaglianza, nessuno può essere discriminato.
Il terzo elemento è l’evoluzione sociale e giuridica, ad es. l’art 48 (il diritto al voto) che è
riservato ai cittadini, ma nel percorso di trasformazione delle comunità europee in Unione
Europea è stata anche riconosciuta la cittadinanza europea, cioè i cittadini degli Stati
membri sono anche cittadini dell’UE, questo ha comportato anche un’estensione del diritto
di voto anche a chi non è cittadino italiano, ma è cittadino dell’UE. Ovviamente è
un’estensione limitata perché non possono votare per il Parlamento italiano, anche il
diritto elettorale passivo è limitato, non possono candidarsi come sindaco, mentre invece
possono candidarsi come Consiglieri comunali.
Anche questa lettura evolutiva è quindi limitata perché “tutti i cittadini” di cui all’art 48
viene inteso come tutti i cittadini italiani , ma alla luce del processo d’integrazione europeo
viene inteso anche come cittadini dell’UE. Quindi continua a contenere una
differenziazione rispetto ai cittadini extracomunitari e agli apolidi, i quali non hanno nessun
diritto di voto.
Un quarto elemento che va tenuto in considerazione rispetto al dato formale è l’art 17
(diritto di riunione) “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi”. Fa
riferimento ancora ai cittadini, quindi se c’è ad es. una riunione di lavoratori stranieri che
manifestano per la tutela dei propri diritti, non hanno il diritto di riunirsi? Ovviamente no
Così come l’art 18 che dice “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente”
Questa è la tutela costituzionale di quei diritti che però non vieta a chi non è cittadino, di
esercitare quel diritto, che non ha per loro una tutela costituzionale, ma non è vietato. Il
fatto che la Cost possa garantire un diritto solo ai cittadini, non implica necessariamente
implica che chi cittadino non è, non possa comunque esercitare quel diritto, anche se non
può godere della tutela costituzionale.
Quindi rispetto ai diversi status, legati alla cittadinanza, bisogna fare attenzione, perché c’è
un dato formale che spesso la Cost indica (tutti, chiunque, i cittadini), ma quel dato formale
può essere superato o in via interpretativa con un’estensione, o per l’evoluzione giuridica
con un’estensione o riconosce la tutela costituzionale ad una categoria, ma non impedisce
l’esercizio di quel diritto a chi cittadino non è anche se non ha garanzia costituzionale.
Dall’art 2 oltre che il principio personalista, si ricava anche il principio del pluralismo sociale
o principio pluralista. Questo principio ha come scopo quello di promuovere il pluralismo
sociale, cioè quello strumento volto a garantire la tutela dei diritti della persona. Quindi
l’idea potrebbe essere garantire e tutelare quelle formazioni sociali che favoriscono lo
sviluppo della persona e favoriscono la tutela dei diritti della persona. Su quali possano
essere questi diritti una risposta certa non c’è. Ci si dovrebbe chiedere se quelle formazioni
sociali si formano per volontà dei singoli, ad es. la famiglia, il carcere però sono formazioni
sociali nelle quali non si sceglie di esserci, anzi il carcere è una formazione sociale che si
crea anche contro la volontà dei membri. Anche in questo contesto vanno tutelati i diritti,
si è di fronte a soggetti che per la condizione in cui si trovano sono particolarmente fragili,
quindi bisognerebbe tutelare quei diritti che residuano al detenuto, questo per evitare
l’annullamento della persona. In questa formazione non c’è la volontarietà, però è una
formazione in cui vanno tutelati i diritti.
Quindi va considerato il dato fattuale e non solo il dato della volontarietà, cioè la scelta di
far parte di una certa formazione sociale, perché alcune appunto nascono contro la
volontarietà dei propri componenti (carcere)
Allora una domanda fondamentale è perché si tuteli il pluralismo sociale, Rescigno diceva
che il pluralismo sociale serve ad evitare il deserto della solitudine, cioè l’uomo isolato dal
resto della società, della collettività, della comunità in cui vive. Il deserto della solitudine
potrebbe ricordare garantire le relazioni sociali della persona però in realtà la citazione è
più ampia, perché Rescigno dice evitare il deserto della solitudine e il timore di fronte allo
stato, quindi il tema del pluralismo è forse tutelare il singolo di fronte al potere dello Stato,
perché da solo, isolatamente è il soggetto debole del rapporto con lo Stato e ciò ci fa
ricordare da quale esperienza nasce la Cost, cioè il Fascismo che per prima cosa azzerò le
formazioni sociali se non quelle fasciste, che non servivano a tutelare il singolo dallo Stato,
ma ad incorporarlo, a dissolverlo nello Stato fascista.
Quindi il singolo nelle diverse formazioni sociali, di diversa ispirazione, di diverso
orientamento, servono a rendere il singolo più forte nei confronti del potere e della forza
dello Stato.
Quindi il pluralismo serve a contrastare le derive plebiscitarie e dunque serve a rafforzare
la democrazia. L’idea è quella di evitare che la volontà generale/la sovranità si formi come
la somma di tante volontà individuali. Questo tema è estremamente attuale perché si
riconnette alla democrazia digitale
La democrazia è il confronto tra opinioni diverse che non può essere fatto solo in
Parlamento, ma va fatto innanzitutto nelle formazioni sociali, cioè i partiti, i sindacati, le
scuole, le università, le parrocchie. Dal confronto e dai confronti nasce la decisione. In
questo modo essa è frutto di una mediazione (in fondo la Cost nasce dal compromesso),
altrimenti la decisione è soltanto la somma tra tante volontà individuali, autonome,
separate, distinte di cui si fa somma e si calcola semplicemente se c’è una volontà in più
rispetto alla somma delle altre volontà.
Allora il pluralismo sociale serve a rafforzare la democrazia, a garantire il confronto
attraverso le formazioni sociali e questo significa anche che il principio del pluralismo deve
comportare la tutela del pluralismo stesso anche nelle formazioni sociali, perché solo nelle
formazioni sociali se c’è pluralismo, ci può essere il confronto, la mediazione e poi la
decisione e attraverso le diverse formazioni sociali si può giungere alla volontà generale
intesa come mediazione tra istanze diverse.
Quindi il pluralismo sociale è connesso alla democrazia (art 1-2), democrazia che va
tutelata tra le formazioni sociali e nelle formazioni sociali.

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