Come si risolve l’antinomia tra fonti dell’UE direttamente applicabili e diritto interno. La prevalenza delle fonti di diritto ue è relativa alle fonti dell’ue direttamente applicabili (quindi regolamenti e direttive self executing), per le altre fonti che non sono direttamente applicabili serve la mediazione del legislatore neazionale, quindi il rapporto tra fonte dell’Ue e fonte interna non si pone, perché la norma ue entra nell’ordinamento italiano attraverso una fonte nazionale, la quale può essere sindacato dinanzi alla Corte costituzionale e a qualunque corte interna. Il problema dell’antinomia si pone sono per le fonti ue direttamente applicabili che una volta approvate dagli organi dell’ue entrano direttamente negli ordinamenti nazionali. Ciò può dunque causare un’antinomia/ un contrasto. Sappiamo che il diritto dell’Ue prevale sul diritto interno, il problema è capire come si fa a garantire questa prevalenza. L’eventuale antinomia va risolta direttamente dal giudice comune, il quale si trova ad applicare una norma di diritto europeo, deve farla prevalere rispetto al diritto nazionale. Quindi, nel momento in cui risolve la questione pendente dinanzi a se, applica il diritto dell’UE e non applica il diritto nazionale in contrasto con il diritto dell’ue. “Non applica” significa che il diritto nazionale non viene utilizzato per risolvere la questione pendente dinanzi a quel giudice. Ma la norma di diritto interno non viene abrogata, ma semplicemente quella fonte interna non viene applicata in quello specifico caso in discussione davanti a quel giudice. Per cui quella fonte rimane valida in quell’ordinamento e potenzialmente in grado di continuare a produrre i suoi effetti. Ciò vuol dire che nell’ordinamento nazionale continua a rimanere valida una disposizione nazionale in contrasto con l’UE. In secondo luogo, questa disposizione nazionale potenzialmente è in grado di produrre i suoi effetti in un contesto diverso da quello del giudice che non l’ha applicata. Inoltre c’è anche la possibilità che rimanendo valida nell’ordinamento, laddove dovesse essere abrogata la norma europea che contrasta, la norma nazionale rimasta nell’ordinamento riespanda la sua efficacia. (sono tutti problemi) Questo per comprendere come questo meccanismo di risoluzione delle antinomie tra diritto interno e diritto dell’ue è la ragione per cui si prevedono dei meccanismi periodici di adeguamento dell’ordinamento nazionale alla normativa comunitaria, svolgono una ricognizione del diritto nazionale in contrasto con quello dell’Unione europea e prevedono la sua abrogazione. Quindi la legge europea e la legge di delegazione europea che vengono approvate tutti gli anni dal Parlamento italiano servono a fare una ricognizione del diritto nazionale in contrasto con quello dell’Unione europea e abrogare tutte le norme interne che siano in contrasto. In questo modo c’è una risoluzione delle antinomie che deriva dall’intervento del legislatore abrogativo delle norme nazionali in contrasto con il diritto dell’UE. Questo perché la risoluzione delle antinomie passa per il giudice comune che non può abrogare le norme ne può dichiararle nulle con efficacia erga omnes, può solo non applicarle al caso concreto. Ovviamente nel caso dei controlimiti (principi sovrano dell’ordinamento e diritti fondamentali) il diritto dell’Ue non può prevalere sul diritto interno. Tutto ciò si ricollega allo sviluppo dell’UE, perché le comunità europee nascono avendo come fondamento il mercato e la concorrenza e non i diritti come gli Stati sociali del secondo dopo guerra, dopo di che si approva la Carta di Nizza (carta dei diritti) e con il Trattato di Lisbona quel documento contenente i diritti tutelati dall’UE assume il valore dei Trattati, quindi un diritto che entra negli ordinamenti nazionali. L’ampliamento delle competenze dell’Unione Europea e l’ampliamento d’interesse verso i diritti delle persone da parte dell’UE, ha comportato un cambiamento di atteggiamento della Corte Cost. La modalità di risoluzione delle antinomie evidenzi subito come in questo sistema di rapporto tra le fonti interne e sovranazionali, la Corte Cost è esclusa, fa tutto il giudice comune e se questo ha un dubbio su come interpretare e applicare il diritto si rivolge alla Corte di Giustizia, la quale ha anche la funzione d’interprete. Quindi la Corte Cost assume un ruolo marginale, un po’ come il rapporto tra CEDU e diritto interno. Sappiamo che in un giudizio vi sono delle questioni pregiudiziali, cioè delle questioni che vanno risolte prima di entrare nel merito del giudizio. Sono questione pregiudiziali anche l’eventuale dubbio di legittimità costituzionale e anche l’eventuale dubbio sull’applicazione del diritto dell’Ue. Quando ci sono più questioni pregiudiziali nello stesso giudizio, l’ordine in base al quale vanno decise, secondo la Corte Cost, spetta ai giudici, cioè è una questione che va rimessa ai giudici. È il giudice che decide. Ma questa libera organizzazione del giudice trova un limite nella presenza contestuale della pregiudiziale comunitaria e della pregiudiziale costituzionale (c.d. doppia pregiudizialità), cioè è possibile che il giudice abbia un dubbio sia in relazione all’applicazione del diritto dell’ue, sia un dubbio di costituzionalità. In questo caso, la Corte Cost ha sempre specificato che il giudice non fosse libero di scegliere, ma doveva risolvere prima la questione pregiudiziale comunitaria e dopo se sussisteva ancora il dubbio di legittimità costituzionale, risolvere anche la questione di costituzionalità. Questa è la giurisprudenza della Corte fino al 2017 perché poi ci fu un rafforzamento dell’Unione europea sul versante dei diritti, c’è una Carta dei diritti che ormai ha l’efficacia dei Trattati e il problema diventa più delicato perché se si risolve l’antinomia tra diritto dell’Unione relativo ad una libertà, ad un diritto delle persone e il diritto interno, con il classico meccanismo, cioè la non applicazione, la questione viene risolta solo con riferimento al caso concreto, ma potenzialmente rimane nell’ordinamento una disposizione nazionale limitativa di un diritto previsto dalla Carta di Nizza, che incide sui diritti delle persone. Alla la Corte Cost dalla sen 269/20127 ha parzialmente modificato la sua giurisprudenza, dicendo che quando si ha un caso di doppia pregiudizialità, ma la questione riguardi un diritto nella Carta di Nizza (carta dei diritti inviolabili dell’UE) o un diritto costituzionale, il giudice comune può per risolvere l’antinomia, (la corte non dice deve) rivolgersi prima alla Corte Cost. Dice questo la Corte perché in questo modo può pronunciarsi prima della Corte di Giustizia, ma eventualmente con una pronuncia di accoglimento, ha effetti diversi dalla non applicazione da parte del giudice comune, perché la pronuncia di accoglimento non ha semplicemente un effetto non applicativo, ma rende nulla la disposizione dichiarata incostituzionale e quella sentenza ha efficacia erga omnes, quindi non solo per il caso concreto, ma per tutti. In questo modo la Corte Cost può risolvere un’antinomia rispetto al diritto dell’Unione, su un tema che riguarda i diritti delle persone con efficacia nei confronti di tutti e dunque garantendo quel diritto e quei diritti per tutti i cittadini o per meglio per tutti coloro che sono soggetti all’ordinamento italiano. FINE PARTE INTRODUTTIVA Per considerare i diritti fondamentali bisogna partire necessariamente da una disposizione della cost: L’ART 2: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Dalla lettura di questa disposizione ci sono degli elementi da evidenziare:
a. Si parla di “Repubblica” e non di “Stato”: Repubblica significa Stato, le Regioni, i Comuni, quindi Repubblica non è solo lo Stato e intesa complessivamente si occupa sia dei diritti che dei doveri b. “Riconosce” è il riferimento a qualcosa che esiste già e non a qualcosa che viene creato dalla Cost c. “i diritti inviolabili”: si utilizza il termine “inviolabile”, non costituzionale, non umano d. “dell’uomo” e non dei cittadini, l’utilizzo del termine uomo invece che persona è significativo e. “come singolo e nelle formazioni sociali” : il riferimento è sia al diritto della persona sia all’elemento della socialità, i diritti possono essere sia quelli che riguardano la persona da sola, ma possono essere anche quei diritti che si esplicano solo in un rapporto di relazione con gli altri f. “doveri inderogabili” da sottolineare è la loro connessione nello stesso articolo con i diritti inviolabili. Questa previsione nella stessa disposizione da subito l’idea di come i diritti non possano essere concretizzati se in un contesto sociale, in una collettività non si faccia attenzione anche all’adempimento dei doveri di solidarietà inderogabili. È una disposizione complessa, ma anche innovativa visto che sicuramente una disposizione del genere era assente nello Statuto Albertino, ma anche nelle costituzioni sociali del dopoguerra questa disposizione manifesta una originalità perché una disposizione simile all’art 2 nelle altre disposizioni non c’è. Nel dibattito in Assemblea costituente, parte de contenuto di questa disposizione, si pensava di inserirlo nell’art 1 Cost. Provando a leggere in maniera analitica disposizione, essa esprime 3 principi: 1. Principio personalista 2. Principio pluralista o del pluralismo sociale 3. Principio di solidarietà PRINCIPIO PERSONALISTA La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo. Questa previsione indica la tensione della Costituzione verso la persona, la finalizzazione della Cost verso la persona, verso i diritti della persona, la finalizzazione dei diritti verso la persona. Quindi i diritti non intesi di per se, come qualcosa di astratto, ma i diritti legati alla tutela della persona umana, alla sua valorizzazione, alla sua piena realizzazione. Questa finalizzazione verso la persona, quindi mettere al centro la persona umana, segna il fondamento stesso dei diritti inviolabili come li definisce l’art 2. Questi diritti sono riconosciuti dalla persona al fine di garantire la piena realizzazione della persona umana. Uno degli aspetti interessanti è che l’art 2 utilizza il termine “riconosce” il che da il senso di qualcosa che esiste al di la e prima della Cost stessa. Qualcosa che la Cost non ha creato, qualcosa che esisteva già e che la Cost ha “ri”conosciuto. Dunque diritti che non sono inventanti dalla Cost, ma sono connaturati alla persona umana. Quindi l’art 2 esprime la finalizzazione della Cost verso la persona, finalizza i diritti alla persona, dunque sono i diritti connaturati alla persona, sono quei diritti che una persona ha prima e al di la della Cost, il c.d. diritto naturale è una delle letture. Una disposizione come questa solleva dubbi e dispute in dottrina, c’è chi dice che questa disposizione con il termine “riconosce” e con la finalizzazione verso il principio personalista punti in qualche modo a dare una copertura costituzionale al giusnaturalismo e quindi alla formalizzazione normativa di diritti che esistono già perché connaturati alla persona umana. Il problema di questa lettura è individuare la fonte di questi diritti, perché se essi sono già connaturati all’essere umano, la cost si limita a riconoscerli, quindi esisterebbero anche senza la Cost. In sostanza non esiste una risposta alla domanda quale sia la fonte di questi diritti, però è possibile una lettura del genere che, inevitabilmente, pone dei problemi perché non si saprebbe quale sia il fondamento di questi diritti perché verrebbero prima, al di la e indipendentemente dalla Cost. La Cost è un complesso coordinato di norme, il che significa che toccare una sola disposizione della Cost, può avere delle ricadute anche sugli altri articoli della Cost, sulle altre disposizioni. Per quanto riguarda l’art 2, esso si lega in particolar modo sia con l’art 1 che con l’art 3 della Cost. Art 1 Cost: L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Si collega all’art 1 Cost per il collegato esistente tra Costituzione dei diritti e Costituzione dei poteri. La tutela dei diritti è strettamente legata al modo in cui i poteri dello Stato vengono esercitati, cioè i diritti vengono tutelati laddove ci sia un sistema democratico, se non ci fosse un sistema democratico vengono tutelati quei diritti e nella misura in cui sono utili al mantenimento di un certo tipo di poteri. Quindi il primo elemento di connessione tra 1 e art 2 è “l’Italia è una Repubblica democratica”. L’art 1 dice anche che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Cost. (collegamento con i doveri inderogabili di cui all’art 2) La sovranità appartiene al popolo, ma non può fare tutto, perché ha anche dei doveri, dei doveri reciproci (doveri di solidarietà) L’art 2 si collega anche all’art 3, il quale tutela il principio di eguaglianza nella sua duplice accezione (forma e sostanziale) e il superamento delle disuguaglianza è ovviamente legato all’art 2 ed è inscindibile rispetto ad esso. È impossibile pensare alla concretizzazione dei diritti inviolabili se non si parte dall’esigenza di garantire l’eguaglianza e d’impedire o di reagire o di contrastare le disuguaglianze, altrimenti verrebbero tutelati i diritti soltanto di alcune persone, mentre le persone più fragili non verrebbero tutelate. La lettura combinata di questi 3 articoli e il collegato dell’art 2 con il principio di eguaglianza, non avalli la lettura dei diritti di cui all’art 2 come diritti “naturali” dell’uomo, ma comunque conferma che si tratta di diritti che sono legati alla persona e che non possono non essere garantiti e tutelati. L’art 2 parla di “diritti inviolabili” In Assemblea Costituente vi erano altre proposte, si pensava ad utilizzare il termine diritti “essenziali” o “inalienabili della persona” o “diritti fondamentali” o “diritti sacri” Si scelse inviolabili perché probabilmente si viene influenzati dalla Cost di Weimar del 1919 che insieme alla Cost spagnola del 1921 rappresentano 2 costituzioni moderne dell’epoca, due Cost sociali. La Cost di Weimar faceva riferimento ai diritti inviolabili dell’uomo, ciò ha indotto il costituente ad utilizzare questo termine. Il problema è capire cosa significhi “inviolabili” Inviolabile significa che non possono essere i diritti modificati? In realtà si parlerebbe allora di immodificabilità. L’esperienza repubblicana in realtà ha anche mostrato delle modifiche agli art della Cost, da ultimo l’art 9. Se volessimo parlare di immodificabilità, c’è qui un’influenza tedesca che intendono come immodificabile il nucleo essenziale del diritto, quindi il diritto non nella sua formulazione costituzionale, ma il nucleo essenziale della tutela dei diritti. Ciò significa che le disposizioni che prevedono i diritti inviolabili possono essere modificate con il procedimento di revisione costituzionale purchè quella revisione non comprometta/ incida il nucleo essenziale del diritto. Però il concetto “nucleo essenziale” è un concetto indefinito, ma anche rischioso perché c’è la possibilità d’intervenire con il procedimento di revisione costituzionale sugli articoli che tutelano i diritti, purchè non tocchino il nucleo essenziale, ma non si sa con precisione quale sia il nucleo essenziale, quindi c’è il rischio che la revisione costituzionale vada oltre. Parlando di controlimiti, cioè i principi supremi dell’ordinamento e i diritti fondamentali della persona, non possono essere toccati. Ciò significa che la Corte cost, in un ordinamento come il nostro basato su una cost rigida, può controllare che pur rispettando il procedimento di cui all’art 138 cost, la revisione non vada ad incidere sui principi supremi dell’ordinamento e i diritti fondamentali della persona. Questo significa che è possibile intervenire con la revisione costituzionale anche sulle disposizioni costituzionali che prevedono e tutelano i diritti, ma la Corte Cost può sempre controllare l’ampiezza/la profondità di questa revisione costituzionale e accertarsi che non vengano attaccati principi supremi e diritti fondamentali, quindi che non venga intaccato il nucleo duro dei diritti della persona. Oltre l’inviolabilità, c’è un altro elemento che complica il quadro. L’inviolabilità relativamente ai singoli diritti non lo si trova in tutte le disposizioni costituzionali. In realtà, formalmente sono definiti espressamente come inviolabili, i diritti previsti dagli art 13-14- 15-24 Cost, quindi : la libertà personale la libertà di domicilio la libertà di comunicazione/libertà e segretezza della corrispondenza il diritto di difesa In queste disposizioni espressamente si trova la qualificazione d’inviolabile. Per tutte le altre disposizioni dottrina e giurisprudenza estendono il carattere d’inviolabile o comunque a gran parte dei diritti contenuti in Cost. In realtà, dovrebbero considerarsi inviolabili tutti quei diritti che in qualche modo sono connaturati allo Stato democratico sociale e di diritto (art 1 democratico, art 2 sociale, art 3 di diritto) e tutti quei diritti che sono riconducibili a questa tipologia di Stato e che servono a garantire la concretizzazione di quella tipologia di Stato dovrebbero essere considerati inviolabili. Nella Cost vengono elencati una serie di diritti, solo alcuni dei quali vengono riconosciuti come inviolabili, quindi ci si è chiesto se i diritti solo esclusivamente quelli elencati in Cost o ci sono anche altri. Questa domanda incide sul modo in cui s’interpreta l’art 2 della Cost, cioè se lo si interpreta come norma a fattispecie aperta o norma a fattispecie chiusa. Se l’art 2 dovesse essere inteso come norma a fattispecie chiusa i diritti costituzionalmente tutelati sono solo quelli previsti in Cost. Questa è sicuramente una possibile lettura che però pone dei dubbi sull’utilità stessa dell’art 2, cioè quest’articolo ha soltanto una portata riassuntiva dei diritti elencati in Cost. Quindi la lettura dell’art 2 come norma a fattispecie chiusa ha un senso ma rischia di portare ad una lettura svalutativa dell’art 2. Altra parte della dottrina interpreta l’art 2 come norma a fattispecie aperta, cioè che attraverso l’art 2 sia possibile una lettura estensiva dei diritti costituzionalmente tutelati, cioè non solo i diritti espressamente tutelati in Cost, ma anche quei diritti che emergono nella società in virtù dell’evoluzione dei costumi e che quindi avrebbero una copertura costituzionale grazie all’art 2, letto come norma a fattispecie aperta. Quindi se leggessimo l’art 2 come norme a fattispecie chiusa, esso viene inteso come un art riassuntivo di ciò spiega la cost, mentre se lo leggessimo come norma a fattispecie aperta, l’art 2 diventa lo strumento per ampliare la tutela dei diritti costituzionali, oltre quello che è scritto in Cost. Il problema della lettura dell’art 2 come norma a fattispecie aperta non è priva di controindicazioni perché innanzitutto è controverso riconoscere un diritto che non è espressamente previsto in Cost. es. l’eutanasia non è un diritto previsto in Cost, come ad es l’identità di genere. Ma c’è un altro problema: i diritti espressamente elencati in Cost hanno un riconoscimento e una tutela costituzionale, tutela che prevede espressamente anche i limiti a quel diritto costituzionalmente legittimi. Es. la libertà personale art 13, disciplina anche le condizioni con cui può essere limitata la libertà personale. Offrire un riconoscimento e una tutela di rango costituzionale attraverso l’art 2 a diritti che non sono elencati in Costituzione, significa riconoscere un diritto ma non sapere quali siano i limiti a quel diritto perché non sono scritti in Cost, quindi vanno ricostruiti anche i limiti, ma ciò sarebbe complesso da svolgere come operazione, anche da un punto di vista politico, sarebbe molto più semplice riconoscere un diritto, quindi ampliare la tutela, più difficile è introdurre un limite a quel diritto. Riconoscere un diritto che in Cost non c’è comporta anche il rischio di avere un diritto senza limiti, mentre i diritti espressamente riconosciuti in cost hanno anche dei limiti. Altro elemento critico della lettura a fattispecie aperta si ravvisa nel fatto che la Costituzione non è un insieme disgiunto, distinto di norme giuridiche, ma le norme sono connesse. Infatti, quando i costituenti hanno scritto la Cost e hanno formalizzato il riconoscimento di alcuni diritti, lo hanno fatto bilanciando i diversi diritti che andavano a riconoscere, trovando un equilibrio tra la tutela del diritto e la compressione di un altro e viceversa, quindi se si riconoscesse un diritto non espressamente previsto in cost, si rischierebbe di rompere quell’equilibro previsto in Cost. Quindi quando si riconosce un diritto si deve fare attenzione a trovare quell’equilibrio nella tutela di quel diritto che non incida eccessivamente e non comprima troppo gli altri diritti già previsti in cost. Un altro elemento critico della lettura a fattispecie aperta riguarda il modo in cui i diritti non espressamente previsti in Cost vengono riconosciuti. Solitamente queste diritti vengono riconosciuti per via giudiziaria, caso per caso, sentenza per sentenza. Ciò favorisce l’attivismo giudiziario (il quale non è un fattore positivo), comporta un riconoscimento episodico dei diritti e non normativo e rischia anche di rendere ancora più evidenti le criticità suddette, cioè quando un giudice riconosce un diritto, difficilmente riesce ad inserirlo coerentemente nelle previsioni costituzionali trovando un bilanciamento tra diritti diversi, lo fa caso per caso anche in riferimento alla richiesta del caso specifico che è chiamato a risolvere. Si avrebbero meno problemi se i nuovi diritti fossero riconosciuti con una revisione costituzionale che prevede espressamente un certo diritto e prova ad inserirlo coerentemente all’interno della Cost o quantomeno con Legge, provando a bilanciare il riconoscimento del nuovo diritto con gli altri diritti già contemplati dalla Cost. Es. unioni civili, aborto Si tratta di due tesi (quella della fattispecie aperta e quella della fattispecie chiusa) che hanno entrambe aspetti negativi e aspetti positivi. Si è provato ad individuare una via intermedia tra le due tesi, ed è quella elaborato da Franco Modugno, che guarda all’art 2 comunque come disposizione costituzionale capace di garantire la tutela anche di altri diritti oltre a quelli previsti espressamente in Cost, (quindi orientato verso la tesi a fattispecie aperta), ma legando questo riconoscimento alla concretizzazione dei diritti connessi al principio personalistico , cioè quei diritti che possono valorizzare, completare la persona umana e il suo sviluppo. Allora, leggere l’art 2 guardando all’art 3 ma soprattutto all’art 13 (libertà personale), dal quale sono emersi altri diritti come il diritto al nome, tutelato nel nostro ordinamento, non è in costituzione, ma una lettura combinata dell’art 2 con l’art 13 consentono il riconoscimento di questo diritto. Quindi secondo la tesi di Modugno l’art 2 andrebbe letto come norma che consente di estendere i diritti purchè però si tratti di diritti collegati allo sviluppo della persona umana quindi i diritti collegati al principio personalista ( 1 dei 3 principi che emergono dall’art 2) I TITOLARI DEI DIRITTI INVIOLABILI A chi spetta la titolarità di questi diritti? Se dall’art 2 deriva il principio personalista, il titolare dei diritti inviolabili dovrebbe essere la persona umana, quindi tutte le persone dovrebbero essere titolari dei diritti inviolabili, però non è esattamente così perché alcune differenze tra le persone e dunque relativamente alla titolarità dei diritti esistono. Una differenza è sicuramente l’età, in base all’età può cambiare la capacità giuridica, la capacità d’agire, cambia lo status della persona, cioè quel complesso di diritti e doveri del soggetto, dunque l’età è uno di quegli elementi che potrebbe produrre una differenziazione nella titolarità dei diritti. Altra questione è quando inizia la vita, cioè si discute sul fatto se il concepito sia persona, cioè se sia titolare di diritti. I problemi sono almeno 2 : la titolarità del diritto di diverse categorie di persone, ma sulla titolarità incide anche l’evoluzione sociale, culturale e scientifica, nessuno in passato, ad es. 200 anni fa si poneva i problemi del diritto dell’embrione, oggi sappiamo come si crea un embrione, come si conserva, come s’impianta. Ci si deve interrogare, porre il dubbio relativamente al suo status e dunque eventualmente a seconda di come lo leggiamo, alla sua possibile titolarità di alcuni diritti. Es. l’eutanasia, la persona al termine della sua vita è piena titolare dei suoi diritti ? Si parla anche del c.d. uomo in situazione, contestualizzato, che può essere portatore di handicap, oppure ad es il detenuto che ha uno status peculiare che però lo rende titolari di diritti e responsabile di doveri. Oggi si parla anche dei diritti del consumatore, individuato come un soggetto diverso dalla persona in se e dunque titolare di diritti diversi, peculiari della sua situazione. Tutto questo se guardiamo alla persona, al singolo da solo in situazione, poi ci sono anche le formazioni sociali, intese come soggetti collettivi, a loro volta possono essere titolari di diritti come formazione sociale e non come singolo. Si dovrebbero escludere le formazioni sociali pubbliche (es. i Comuni) che di per se non dovrebbero essere soggetti titolari di diritti. La titolarità del diritto dipende dalle previsioni costituzionali, perché il punto di partenza è stato alla luce del principio costituzionalista, i diritti spettano alla persona, ma la Cost fa anche delle distinzioni. Cioè la Cost può dire i cittadini hanno un determinato diritto, quindi il riferimento non è alla persona, ma solo a quelle persone che hanno lo status civitatis, che è un complesso di diritti e di doveri diverso dallo status di chi non ha la cittadinanza. Nella Cost si trova il riferimento ai cittadini, ad es. art 3 “tutti i cittadini hanno pari dignità sociali e sono eguali davanti alla legge” Da questo assunto, potremmo dire che il principio di eguaglianza vale solo per i cittadini? Cioè si potrebbe discriminare un soggetto per la sua lingua? Questo per dire che ci sono determinate disposizioni costituzionali che fanno riferimento solo ai cittadini, ad es 48 “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età”. Ma in alcuni casi la lettura combinata delle disposizioni costituzionali porta a superare il dato testuale della Cost, nel caso dell’art 3, se lo leggessimo in combinato disposto con l’art 2 (principio personalista, l’uomo) e l’art 1 (repubblica democratica), capiremmo che l’eguaglianza non può e non deve essere riservata solo ai cittadini, ma il principio di eguaglianza e soprattutto divieti di discriminazione riguardano tutti, riguardano l’uomo. Quindi c’è un dato testuale che in certi casi è valido, c’è un dato di lettura sistematica della Cost, in uno stato democratico che tutela i diritti dell’uomo, a tutti deve poter essere garantito il principio di eguaglianza, nessuno può essere discriminato. Il terzo elemento è l’evoluzione sociale e giuridica, ad es. l’art 48 (il diritto al voto) che è riservato ai cittadini, ma nel percorso di trasformazione delle comunità europee in Unione Europea è stata anche riconosciuta la cittadinanza europea, cioè i cittadini degli Stati membri sono anche cittadini dell’UE, questo ha comportato anche un’estensione del diritto di voto anche a chi non è cittadino italiano, ma è cittadino dell’UE. Ovviamente è un’estensione limitata perché non possono votare per il Parlamento italiano, anche il diritto elettorale passivo è limitato, non possono candidarsi come sindaco, mentre invece possono candidarsi come Consiglieri comunali. Anche questa lettura evolutiva è quindi limitata perché “tutti i cittadini” di cui all’art 48 viene inteso come tutti i cittadini italiani , ma alla luce del processo d’integrazione europeo viene inteso anche come cittadini dell’UE. Quindi continua a contenere una differenziazione rispetto ai cittadini extracomunitari e agli apolidi, i quali non hanno nessun diritto di voto. Un quarto elemento che va tenuto in considerazione rispetto al dato formale è l’art 17 (diritto di riunione) “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi”. Fa riferimento ancora ai cittadini, quindi se c’è ad es. una riunione di lavoratori stranieri che manifestano per la tutela dei propri diritti, non hanno il diritto di riunirsi? Ovviamente no Così come l’art 18 che dice “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente” Questa è la tutela costituzionale di quei diritti che però non vieta a chi non è cittadino, di esercitare quel diritto, che non ha per loro una tutela costituzionale, ma non è vietato. Il fatto che la Cost possa garantire un diritto solo ai cittadini, non implica necessariamente implica che chi cittadino non è, non possa comunque esercitare quel diritto, anche se non può godere della tutela costituzionale. Quindi rispetto ai diversi status, legati alla cittadinanza, bisogna fare attenzione, perché c’è un dato formale che spesso la Cost indica (tutti, chiunque, i cittadini), ma quel dato formale può essere superato o in via interpretativa con un’estensione, o per l’evoluzione giuridica con un’estensione o riconosce la tutela costituzionale ad una categoria, ma non impedisce l’esercizio di quel diritto a chi cittadino non è anche se non ha garanzia costituzionale. Dall’art 2 oltre che il principio personalista, si ricava anche il principio del pluralismo sociale o principio pluralista. Questo principio ha come scopo quello di promuovere il pluralismo sociale, cioè quello strumento volto a garantire la tutela dei diritti della persona. Quindi l’idea potrebbe essere garantire e tutelare quelle formazioni sociali che favoriscono lo sviluppo della persona e favoriscono la tutela dei diritti della persona. Su quali possano essere questi diritti una risposta certa non c’è. Ci si dovrebbe chiedere se quelle formazioni sociali si formano per volontà dei singoli, ad es. la famiglia, il carcere però sono formazioni sociali nelle quali non si sceglie di esserci, anzi il carcere è una formazione sociale che si crea anche contro la volontà dei membri. Anche in questo contesto vanno tutelati i diritti, si è di fronte a soggetti che per la condizione in cui si trovano sono particolarmente fragili, quindi bisognerebbe tutelare quei diritti che residuano al detenuto, questo per evitare l’annullamento della persona. In questa formazione non c’è la volontarietà, però è una formazione in cui vanno tutelati i diritti. Quindi va considerato il dato fattuale e non solo il dato della volontarietà, cioè la scelta di far parte di una certa formazione sociale, perché alcune appunto nascono contro la volontarietà dei propri componenti (carcere) Allora una domanda fondamentale è perché si tuteli il pluralismo sociale, Rescigno diceva che il pluralismo sociale serve ad evitare il deserto della solitudine, cioè l’uomo isolato dal resto della società, della collettività, della comunità in cui vive. Il deserto della solitudine potrebbe ricordare garantire le relazioni sociali della persona però in realtà la citazione è più ampia, perché Rescigno dice evitare il deserto della solitudine e il timore di fronte allo stato, quindi il tema del pluralismo è forse tutelare il singolo di fronte al potere dello Stato, perché da solo, isolatamente è il soggetto debole del rapporto con lo Stato e ciò ci fa ricordare da quale esperienza nasce la Cost, cioè il Fascismo che per prima cosa azzerò le formazioni sociali se non quelle fasciste, che non servivano a tutelare il singolo dallo Stato, ma ad incorporarlo, a dissolverlo nello Stato fascista. Quindi il singolo nelle diverse formazioni sociali, di diversa ispirazione, di diverso orientamento, servono a rendere il singolo più forte nei confronti del potere e della forza dello Stato. Quindi il pluralismo serve a contrastare le derive plebiscitarie e dunque serve a rafforzare la democrazia. L’idea è quella di evitare che la volontà generale/la sovranità si formi come la somma di tante volontà individuali. Questo tema è estremamente attuale perché si riconnette alla democrazia digitale La democrazia è il confronto tra opinioni diverse che non può essere fatto solo in Parlamento, ma va fatto innanzitutto nelle formazioni sociali, cioè i partiti, i sindacati, le scuole, le università, le parrocchie. Dal confronto e dai confronti nasce la decisione. In questo modo essa è frutto di una mediazione (in fondo la Cost nasce dal compromesso), altrimenti la decisione è soltanto la somma tra tante volontà individuali, autonome, separate, distinte di cui si fa somma e si calcola semplicemente se c’è una volontà in più rispetto alla somma delle altre volontà. Allora il pluralismo sociale serve a rafforzare la democrazia, a garantire il confronto attraverso le formazioni sociali e questo significa anche che il principio del pluralismo deve comportare la tutela del pluralismo stesso anche nelle formazioni sociali, perché solo nelle formazioni sociali se c’è pluralismo, ci può essere il confronto, la mediazione e poi la decisione e attraverso le diverse formazioni sociali si può giungere alla volontà generale intesa come mediazione tra istanze diverse. Quindi il pluralismo sociale è connesso alla democrazia (art 1-2), democrazia che va tutelata tra le formazioni sociali e nelle formazioni sociali.