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DIRITTO PENITENZIARIO

LEZIONE 17/03/2020

Il diritto penitenziario è la materia più significativa, più qualificante del diritto penale perché è quella parte
del diritto penale che riguarda la pena e tutte le forme di esecuzione della pena.
Questo periodo per noi (quello del Covid-19) cade in maniera proficua perché in questo modo riusciamo a
capire sulla nostra pelle che cosa voglia dire la limitazione della libertà personale. Noi in questo momento
siamo reclusi ,seppure l’etichetta è diversa perché siamo stati invitati a rimanere nelle nostre case
un’unicamente perché vi è un’emergenza di tipo sanitario. Di diverso, rispetto ad una pena normale, vi è
1) la ragione del perché noi siamo in casa. Questo per noi potrebbe essere una forma di carcere perché ,in
realtà, è una forma di carcerazione ,di detenzione, dove per detenzione si intente “limitazione della libertà
personale” (ART 13 COST.) .
2)L’altra differenza è che c’è una parte di detenuti in carcere, perché hanno commesso reato, mentre noi
siamo detenuti pur non avendo commesso nulla. Da questo nasce la consapevolezza per loro di poter uscire
soltanto quando sconteranno la pena, e da parte nostra la consapevolezza di rimanere in casa e di uscire
soltanto quando non ci sarà più l’emergenza sanitaria. C’è però qualcosa in comune che lega noi e loro: la
consapevolezza delle ragioni per cui ci troviamo in queste condizioni. La nostra è una volontaria
permanenza in casa, ma vi sono ordinanze e decreti emanati da parte dello Stato, e sono provvedimenti che
sospendono le nostre liberà costituzionali. Ciò che conta per noi è capire quale grado di consapevolezza
può raggiungere una persona per fuoriuscire da una situazione di limitazione della libertà. Quando
pensiamo al diritto penale ,penitenziario , noi pensiamo al carcere. Per noi ,la nostra concezione attuale
della pena è quella che coincide con il carcere, dove il carcere vuol dire mortificazione della persona,
limitazione della libertà personale ecc per un tempo che si sa qual è ,perché la durata della pena è una
durata certa perché deriva dal titolo esecutivo, cioè la sentenza che stabilisce la condanna e il periodo di
reclusione in carcere. Questa concezione appartiene al passato perchè noi ora stiamo tentando con
difficoltà e provvedimenti di legge non sempre molto coerenti di far filtrare un’idea diversa di pena che non
è soltanto quella che coincide con il carcere, ma un’idea di pena che vede la persona limitata nella sua
libertà, espiare la sua pena in una forma diversa da quella carceraria. Questo nasce da due esigenze
fondamentali: 1) il carcere non ha più posti sufficienti a contenere tutti i condannati, perché in queste
strutture non ci sono solo i soggetti condannati sottoposti ad un’esecuzione della pena ,ma ci sono anche
coloro che hanno subito un provvedimento cautelare cioè che si trovano in carcere perché è stato avviato
un procedimento penale a loro carico e sono state trovate prove per cui è necessario che la persona non
possa più ripetere ciò che ha fatto e quindi scatta la cosiddetta misura cautelare personale, cioè arresti
domiciliari o in carcere.
Perché si sta pensando di passare da un’idea di pura afflizione della pena carceraria ad una pena
completamente diversa? Non solo per un problema di contenimento della struttura, ma perché dobbiamo
immaginare un pena che sia moderna, che abbia le stesse caratteristiche di quella tradizionale, per
istaurare un regime normativo e limitazione della libertà che coincida con le stesse finalità di carattere
rieducativo che noi vogliamo dare alla pena, orientandola però a quella che è un orientamento che ci ha
dato la Cost. Repubblicana del 1948.
Un’altra importante caratteristica che ha il diritto penitenziario è quella che soprattutto una materia
legislativa, quindi non c’è un giudice che stabilisce che una persona deve andare in carcere, ma c’è un
tessuto legislativo che emerge la necessità che questa persona venga sottoposta a sanzione per aver
commesso un atto illecito. La peculiarità è che la pena deriva da un fatto commesso, che sia però previsto
espressamente dalla legge. Da questo punto di vista ci troviamo difronte alle caratteristiche che sono
proprie dell’ordinamento giuridico italiano. Cosa è un’ord. Giur. Italiano? E’ una matta eterogenea di
componenti. E’ formato da vari settori dell’ordinamento, settori legislativi che corrispondono a fattori
normativi; questi settori dell’ord.giur dettano per ciascun settore le norme di orientamento di carattere
generale e di dettaglio dove la norma che gerarchicamente è superiore viene a regolamentare nel dettaglio
quelli che sono i comportamenti che un soggetto dovrà tenere.
Questa presenta di più sott ordinamenti che vivono all’interno di un orientamento generale fa in modo che
tra i vari settori vi siamo delle irrinunciabili relazioni, collegamenti. Ad esempio le fonti che influenzano il
diritto penitenziario sono diritto processuale, diritto processuale-penale, diritto penale sostanziale ma
anche fonti di carattere amministrativo. L’ord giuridico è la ragione fondamentale per cui lo stato esiste,
Uno stato senza ordinamento non avrebbe senso. Bisogna fare un passo avanti che riguarda anche
l’evoluzione dell’ordinamento nella storia: nel corso della storia nasce la suddivisione dei poteri di
Montesquieu (legislativo al parlamento, esecutivo del governo). L’ord giuridico ,secondo la suddivisione dei
poteri, ha anche un potere giudiziario . Il giudice è chiamato a fare applicare le leggi, nel senso che la
violazione della legge viene censurata da questo potere. Il giudice ha l’onere di applicare le leggi e
intervenire qualora vi ci sia la violazione. Bisogna però dire che il potere giudiziario è importante anche per
un’altra ragione, una ragione che risale ai principi che regolano un ordinamento come il nostro
costituzionale di tipo repubblicano e di stampo democratico, la funzione è quella di dare attuazione ai
diritti.
LE FONTI: nel nostro ordinamento giuridico le fonti rappresentano quei provvedimenti, ma soprattutto
quelle occasioni che l’ordinamento giuridico italiano ha individuato per il riconoscimento dei diritti. Le fonti
devono essere necessariamente organizzate secondo un criterio di carattere gerarchico perché soltanto la
gerarchia tra e fonti, quella più semplice, evita di creare disordine. La norma di grado inferiore ,quindi, deve
necessariamente osservare la norma di grado inferiore. Il tema delle fonti è il tema della certezza del diritto
di un ordinamento giuridico ,tema della legalità di un ord.giur. ed è il tema della democrazia di un ord giur
perché nel nostro assetto la fonte che regola tutte le altre fonti è la Costituzione italiana del 1948.
La caratteristica di una legislazione, che sia generale o di settore, caratterizza anche il tipo di potere che uno
stato gestisce in un certo momento. In uno stato che non è democratico, la leva più importante del potere
è proprio il diritto penale. Nel nostro ord.giur il diritto penale rappresenta la materia che da più allarme,
suscita più allarme, è la materia della violenza perché il diritto penale è violenza, una violenza che un ord
giur moderno di tipo costituzionale cerca di contenere ,ma quando non c’è questa capacità di contenere la
violenza del diritto penale siamo nell’ordine di un sistema che vede il sovrano padrone delle vite di ciascuno
e dove non c’è l’organizzazione sovrana ciascuno fa quello che vuole, è una sorta di far-west.
Quando non c’è un ord giuridico orientato secondo delle fonti, vi è confusione. Questo confusione vi è
soprattutto quando il potere centrale è un potere che utilizza il diritto penale semplicemente per la
conservazione degli assetti del proprio potere. Nel corso del tempo della storia italiana , dal 1860/61,
abbiamo avuto diversi sistemi costituzionali vigenti che regolavano l’ord giur in maniera diversa .
Nel 1848 nacque lo Statuto Albertino, che è la prima costituzione che poi sarà la cost. dell’italia unita,
emanato da Carlo Alberto. Lo statuto albertino sarà vigente fino all’entrata in vigore della costituzione
italiana. Quando pensiamo all’ordinamento delle leggi dobbiamo sempre immaginare che sia figlio di un
determinato assetto. Sono contesti storici diversi che ci consegnano provvedimenti legislativi fondamentali
che sono tra loro diversi, dove alcune volte (come è accaduto in Italia) si è dovuto implementare il sistema
della legislazione inferiore a quella costituzionale. Tutte le leggi, nascono sotto lo statuto albertino. Accade
che nel 1948 viene a mutare l’assetto di potere ,la Cost quindi non può essere più quella di un regime
politico completamente diverso , quindi l’italia repubblicana elabora una costituzione che è quella attuale
,che è radicalmente diversa da quella precedente . Accade però che il codice del 1930 continua ad essere
vigente. L’assetto di potere ,quindi il fatto che ci sia un’autorità centrale che controlla il diritto penale, ci fa
capire in quale stato noi viviamo. Già il passaggio dallo statuto albertino alla costituzione repubblicana ci fa
capire che si passa da un assetto di stato liberale ad un assetto di stato democratico ,costituzionale. C’è un
dato importantissimo, ovvero che tal volta i provvedimenti legislativi di rango inferiore (es. quelli del codice
penale) possono essere in qualche misura riadattati sempre che vi sia questa capacità ,da parte dello stato
centrale, di riadattare i vecchi provvedimenti legislativi secondo dei meccanismi che il nuovo ordinamento
mette in campo.
[La corte costituzionale: noi attraverso le sentenze della corte costituzionale ,riconosciamo nella corte una
fonte indispensabile dei diritto penitenziario.]
Noi attraverso le leggi penali riusciamo ad individuare addirittura in quale periodo viviamo ,che cosa
bisogna evitare per non commettere gli errori del passato e soprattutto evitare che il diritto penale
divenga ,più che uno strumento di tutela, invece uno strumento essenzialmente sanzionatori che serva
soltanto al potere per rimanere nel suo assetto. Molto spesso ,quindi, attraverso le leggi penali riusciamo a
capire in quale assetto ci troviamo. ES: se guardiamo il codice penale, che è un codice del 1930, che nasce
in un ord giuridico di carattere autoritario , quindi durante il periodo del fascismo (190/21). Bisogna
sdoganare questo codice dai pregiudizi di quel periodo e dobbiamo dire che questo codice è un’evoluzione
più coerente dei codici liberali preunitari ,ma soprattutto è l’evoluzione più coerente del primo codice
penale italiano che è il codice Zanardelli del 1989. Il codice Zanardelli viene varato per l’Italia unita,si
scoprirà che è un adattamento del codice del 1959 che è il codice dello stato piemontese, e tuttavia questo
codice del 1930 ,conserva una linea di tendenza del codice precedente, però detta anche delle importanti
novità e apre scenari su una modernità che oggi noi consideriamo tale ma che sicuramente per i tempi era
assolutamente inattesa . La attuale vigenza del codice del 1930 ci dice che quel codice non è soltanto
marchiato a fuoco da un punto di vista politico ma è in realtà un provvedimento di carattere tecnico
estremamente sofisticato che sfida i tempi, sfida le diverse norme di principio sovraordinato, continua ad
essere conservato ma oggi va riletto in una chiave completamente diversa.
Come individuiamo in questo codice penale il tratto di tipo autoritario? Lo individuiamo semplicemente per
una ragione, perché se andiamo a guardare la parte sia generale ma soprattutto speciale di tale codice
(parte che riguarda l’indicazione, la previsione delle singole figure di reato, i precetti con le pene
specifiche ) noi vediamo che questo codice è organizzato secondo una logica particolare. Il fatto di vedere i
reati a partire dall’art 314, deve farci riflettere che il legislatore del 1930 guardava come primo presidio di
tutela lo stato, la pubblica amministrazione, le istituzioni . Le norme che sono poste alla tutela della
persona, soprattutto della vita (es. omicidio) previste a partire dall’art.314 , ci fanno vedere come
all’interno del codice penale vi sia una progressione discendente perché si parte dalla tutela dello stato e si
finisce alla tutela della persona. Questa progressione discendente evidenzia che per il legislatore del 1930
era molto più importante lo stato che la persona (ad esempio i reati di falso vengono prima della tutela
della persona ). Non è più possibile tutelare questa gerarchia perché deve esserci innanzitutto la vita, quindi
più che una progressione discendente dovremmo immaginare una progressione ascendente ,cioè
capovolgere (prima la vita e poi il resto). Lo stato non può più essere al centro del sistema ,ma ci deve
essere la persona e allora ne deriva che l’assetto di potere, è un assetto che deve in maniera indispensabile
guardare ad un nucleo di valori che è profondamente mutato da quello che esisteva quando fu varato
,introdotto il codice del ’30.
In tutto questo in diritto penitenziario c’entra ed ha una larghissima parte. Il tema del diritto penitenziario
è il tema della sanzione, i suoi effetti, in che modo viene vissuto l’effetto, in che modo viene applicata, in
che modo viene sofferta la sanzione. Se il diritto penale è il contenimento della violenza, il diritto
penitenziario vuole esprimere il contenimento di una violenza attuata perché a differenza della teoria del
diritto penale dove la sanzione è teorica, nel diritto penitenziario non ci troviamo difronte ad una sanzione
su cui bisogna ragionare ,ma ci troviamo difronte a un prodotto già finito, difronte a questa sanzione come
le leggi si propongono.
Il diritto penale è una violenza controllata dal contenimento che si attua con il codice penale (si può essere
puniti solo per quei reati che sono tassativamente previsti dalla legge)
Secondo il nostro sistema attuale democratico, la sanzione deve derivare da una violazione del precetto ma
vi deve essere un controllo di carattere parlamentare che originariamente stabilisce quale sia il precetto
,quale sia la sanzione ed entrambi devono essere funzionali ,devono rispondere alle direttive delle norme
costituzionali.

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