Tutela dei diritti fondamentali, quello che lega tutte le prospettive di cui via via stiamo parlando, libera circolazione,
tutela die diritti fondamentali, materia internazionale privatistica, è la specifica connessione con la disciplina dei
rapporti famigliari e in particolare al fine di vedere come e quanto scelte compiute a livello sovranazionale in ambito
europeo o appunto internazionale in senso ampio possono andare influenzare più o meno i rapporti di famiglia a
livello interno, quindi la loro regolamentazione e applicazione pratica delle norme.
Quando si parla di tutela dei diritti fondamentali ci si approccia a una materia particolarmente vasta in crescita
perché le cose sono cambiate nel corso degli ultimi 70 anni, nel primo secondo dopo guerra la materia inerente alla
tutela dei diritti fondamentali era prettamente interna come oggi diciamo che il diritto di famiglia è appannaggio dei
legislatore nazionale, così in realtà questa nostra idea che ormai abbiamo assorbito di tutela dei diritti fondamentali
a livelle sovranazionali è qualcosa di relativamente recente che si affaccia con la seconda metà del 900. Dove
avremmo dovuto andare a rinvenire i cataloghi dei diritti subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale? in
realtà per ciascuno ordinamento nazionale all’interno della rispettiva costituzione. La nostra costituzione
repubblicana contiene al suo interno un catalogo di diritti la nostra è una costituzione lunga cioè che somma al suo
interno la parte relativa ai principi fondamentali dello stato. dei diritti che riteniamo inviolabili e la seconda parte
dedicata al funzionamento dello stato. Quindi questa era la sede in cui sono stati inseriti anche negli altri
ordinamenti i cataloghi die diritti ma sappiamo anche che c’è stato un processo sempre più rapido nel corso della
seconda metà del ventesimo secolo di codificazione dei diritti fondamentali a livello sovranazionale in termini
generici perché non stiamo parlando solo di ordinamento internazionale in senso ampio ma più recentemente si
parla anche di organizzazioni di stampo regionale come l’UE o anche a livello globale per esempio nell’ambito del
continente americano abbiamo una carta interamericana dei diritti fondamentali con una propria corte che
possiamo comprare a quella di Strasburgo. Quindi abbiamo questo fenomeno di catalogazione di diritti a livello
sovranazionale e segue molto da vicino la stesura delle costituzioni che vengono redatte dopo il secondo conflitto
mondale e questa classificazione è fondamentale perché l‘esperienza della guerra mondiale e dei regimi che
l’avevano immediatamente preceduta ci aveva mostrato quali potevano essere gli enormi limiti di diritti
fondamentali dell’individuo realizzata solo a livello nazionale. I limiti, nel momento in cui il governo interno si piega
verso forme autoritarie, dittatoriali, verso forme di repressione sistematica dei diritti fondamentali dell’individuo è
impossibile avere una tutela effettiva perché io nel momento in cui è lo stesso stato che proclama e protegge dei
diritti fondamentali io dovrei rivolgermi per la loro tutela quello stato che li sta sistematicamente violando e che ha
preso una direzione completamente diverse verso una deriva totalitaria. Quindi capiamo quanto è importante
individuare un sede sovraordinata rispetto agli stato ma che in prima battuta sia terza, esterna, imparziale rispetto
agli stati per la tutela dei diritti fondamentali, perché a questo punto io avrò una sede differente al fronte della quale
posso portare le mie istanze anche rivolte contro il mio stato e non sono più io contro lo stato italiano, che mi rivolgo
contro un giudice italiano che fa parte del sistema, ma sono invece io che convengo in giudizio con lo stato italiano di
fronte a una corte ad esempio esterna come può essere il caso di Strasburgo. Strasburgo è un caso molto particolare
perché poche codificazioni di diritti a livello sovranazionale hanno portato l’instaurazione di una corte deputata a
tutelare quei diritti e a dare un’applicazione alla carta, in casi come ad esempio la CEDU abbiamo sì un catalogo di
diritti, una precisa individuazione ma poi non abbiamo un giudici espressamente deputato a interpretare e applicare
quel catalogo di diritti quindi nel caso di Strasburgo fa cose in più, è per questo che la CEDU del 1950 è quella che la
corte di Strasburgo è chiamata ad applicare è così importante, è così stessa chiamata, ha un ruolo rilevante nella
tutela dei diritti umani perché in quel caso abbiamo una corte a cui rivolgersi non è solo un’affermazione di principio
dire che esiste il diritto al rispetto della vita privata famigliare art 8 CEDU ma è anche una tutela effettiva perché se
ritengo che sia stato lego un particolare mio diritto mi rivolgo alla corte di Strasburgo convenendo in giudizio lo stato
italiano. Allora sì che entro una accerta misura posso ottenere giustizia contro un ordinamento che non tutela più i
miei diritti fondamentali come dovrebbe.
finora ci siamo occupati di UE perché abbiamo parlato di un fenomeno tipico del diritto dell’UE quello di soggiorno e
libera circolazione che sono norme materiali del diritto dell’UE che non trovano un proprio corrispettivo nell’ambito
del diritto internazionale, nascono in funzione di tutela di interessi economici, di sviluppo di mercato e non abbiamo
analoghe previsione nel diritto internazionali che ci dicano un cittadino italiano può spostarsi in Marocco e in Egitto
di soggiornare solo tre mesi etc. in quel caso si ritorna alle previsioni dei singoli stato per quanto riguarda
emigrazione e passaggio delle frontiere.
Quando parliamo invece di diritti umani fondamentali il discorso se approcciato nella prospettiva della comunità
economica europea e poi unione europea è un po’ differente perché c’è una divergenza fondamentale da rilevare fin
da subito, mentre la materia della libera circolazione e soggiorno è già incluso nei trattati originali, è uno degli
obiettivi principali della comunità economica europea che si prefigge nel momento in cui viene creata non vi è
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traccia nei trattati originali di alcuna previsione relativa alla tutela dei dritti umani, perché se richiede che questo sia
un ambito che nulla a che fare con un fenomeno di integrazione europea, è un fenomeno di matrice economica
mercantilistica è la creazione di una organizzazione internazionale rivolta alla promozione delle economie nazionali
tramite la realizzazione di un mercato interno unico senza barriere e quindi per noi oggi è un discorso diverso, più
intuitivo ad arrivare a conclusioni differenti ma nella prospettiva dell’epoca si pensa che siano due materie distinte ,
cioè tutela die diritti fondamentali non ha nulla a che fare con sviluppo del mercato per cui non si inserisce alcuna
previsione di questo tipo all’interno della comunità economica europea.
Questo tipo di ragionamento relativamente diffuso è ben chiarito dalla corte di giustizia nell’ambito della sentenza
del 1959 Stork. Teniamo conto che siamo agli inizi del fenomeno dell’UE, la corte di giustizia interviene su un atto
della ceca, che non ci interessa quale in questo ambito, che è scaduta nel 2002 era una delle tre comunità originali, la
corte di giustizia è stata chiamata a intervenire sugli atti di tutte e tre le comunità, era comune e in questo caso
interviene sulla CECA ma non è interessante la contingenza ma il principio di diritto che impone in questa sede la
corte perché ci dice che nel momento in cui viene impugnato un atto dell’alta autorità della ceca, la CECA è in realtà
tenuta ad applicare solo il diritto della comunità mentre è incompetente ad applicare i singoli diritti nazionali, né con
segue che anche la censura relativa al fatto che l’alta autorità con la sua decisione avrebbe violato i principio
fondamentali della costituzione tedesca non può essere presa in considerazione dalla Corte. A noi può sembrare
molto strano questo tipo di ragionamento ma bisogna anche esaminare questa affermazione nel contesto storico di
riferimento. Si creano più comunità con la prospettiva di sviluppare l’economia degli stati che uscivano dal secondo
conflitto mondiale la CECA aveva un oggetto più ristretto che era appunto comunità del carbone e dell’acciaio per lo
sviluppo dell’industria siderurgica ma accade che la corte porta le estreme conseguenze a questo principio di
separazione. Cioè dato che l’alta autorità della ceca ha avuto un mandato molto specifico non rientra l’aspetto
relativo alla tutela dei diritti fondamentali, non è mio compito dire che quest’atto dell’alta autorità eventualmente
viola i principi fondamentali, diritti umani come codificato nell’ambito della costituzione tedesca, è chiaro che nel
trattato CECA non si fa menzione di questi diritti umani però per le costituzioni nazionali questi sono un elemento
fondamentale un parametro di legittimità degli atti, ci siamo rivolti alla corte costituzionale per veder sancita la
legittimità di una legge contrario rispetto un articolo della costituzione quindi incluso il diritto fondamentale.
Questo non è possibile per la corte di giustizia, arriva a dire che sarà anche vero è stato violato un diritto
fondamentale ma non sono io la sede dove questa doglianza deve essere presentata.
Chiaro è che questo tipo di imposizione era insostenibile da vari punti di vista cioè da un lato gli stati dovendo
garantire il rispetto delle proprie costituzioni non potevano tollerare un atteggiamento di questo tipo da parte della
corte di giustizia e dalla comunità europea perché in qualche modo si sarebbe legittimato una compromissione dei
diritti fondamentali riconosciuti ai cittadini dalle costituzioni. Il ragionamento della corte dice i diritti possono essere
violati io non me ne occupo ma chi lo può fare? nessuno perché è ben chiaro dai trattati fin da principio che le corti
nazionali non possono sindacare la legittimità degli atti delle comunità e quindi se non lo fanno le corti nazionali e
nemmeno le corti di giustizia per quanto riguarda la tutela di diritti fondamentali chiaramente si ha un corto circuito
cioè vi è un vuoto di tutela questo era un tipo di conclusione non accettabile e viene respinta con fermezza dalle
corti interne in particolare la corte costituzionale tedesca aveva sollevato la questione dell’ambito dei successivi anni
di dialogo tra corti interne e corte di giustizia un ruolo fondamentale sarà svolto anche dalla corte costituzionale
italiana e tedesca che affermano con forza la primazia della tutela dei diritti fondamentali che non può essere
sacrificata per la realizzazione degli obiettivi dei trattati delle comunità. Ma teniamo presente che già dal 1969 con la
sentenza Stauder della corte di giustizia, la corte torna sui propri passi e ci dice che essa stessa si attribuisce ruolo di
organo deputato a garantire osservanza dei diritti fondamentali della persona perché essi fanno parte dei principio
generali del diritto comunitario, l’anno successivo 1970 internazionale Handelsgesellschaft la corte dice che la tutela
dei diritti fondamentali costituisce parte integranti dei principi giuridici generali di cui la corte di giustizia garantisce
osservanza. La salvaguardia di questi diritti pur essendo informata alle tradizioni costituzionali comuni degli stati
membri va garantita entro l’ambito della struttura delle finalità della comunità ecco che si affaccia questo concetto,
nozione di tradizioni costituzionali comuni che ancora oggi ci portiamo dietro, questo è un po’ l’artificio ermeneutico
attraverso il quale la corte di giustizia giunge a sancire un proprio obbligo di tutela dei diritti fondamentali.
Richiamando a sé l’idea che i diritti umani siano principi generali comuni perché rinvenibili all’interno delle tradizioni
costituzionali di tutti gli stati membri. Il passaggio logico è, vero è che i diritti umani non vengono catalogati
all’interno dei trattati ma anche che vi sono tutta una serie di diritti fondamentali dell’individuo rinvenibili all’interno
di tutte le costituzioni degli stati che hanno fondato la comunità, le comunità.
Allora, se sono comuni diventano anche patrimonio comune dell’UE, un conto se noi avessimo delle previsione
normativo che differiscono nei vari ordinamenti come possono essere delle scelte relative al diritto di famiglia, un
conto è invece se io torvo delle previsioni che tutti gli stati hanno discrezionalmente abbracciato pensiamo al diritto
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di manifestare liberamente il proprio pensiero, il principio di uguaglianza, rispetto della dignità umana, questi si
trovano all’interno di tutte le costituzioni internazionali e allora divengono tradizione costituzionale comune e in
quanto principi generali entrano all’interno del diritto dell’UE. Quindi vediamo come la corte di giustizia
comprendendo che la reazione delle corti nazionali sarebbe stata molto dura in caso non avesse modificato la
propria giurisprudenza perché la corte tedesca ma anche quella italiana stavano già affermando l’idea che sarebbero
state disposte a colpire, tramite la dottrina dei controlimiti, l’adesione dello stato alle comunità pur di tutelare i
diritti fondamentali, la corte di giustizia trona indietro dicendo che ok non è un mio obiettivo la tutela dei diritti ma lo
diventa indirettamente nel momento in cui tutti gli stati che fanno parte nella comunità ritengono che questi siano
principi inviolabili e sono comunemente in tutti gli stati.
Più di recente si solleva un’altra problematica cioè, va bene le comunità sono chiamate a tutelare i diritti
fondamentali davanti a un’osservanza per cui ad esempio nel caso di un atto, di una istituzione che si ponga in
contrato con i diritti fondamentali derivati dalle costituzioni interne, la corte di giustizia può procedere
all’annullamento. Ma cosa facciamo nel caso in cui vi sia un contrasto tra tutela dei diritti fondamentali e
realizzazione del mercato interno, nel caso in cui la tutela die diritti fondamentali arriva a pregiudicare la
realizzazione del mercato, la libera circolazione dei fattori della circolazione, ci troviamo a un estremo, cioè
addirittura la tutela dei diritti fondamentali che arriva fino al punto da mettere in dubbio uno degli obbiettivi, il primo
degli obiettivi dei trattati istitutivi appunto di realizzare una prospettiva mercantilistica, mercato interno unico. C’è
un caso particolarmente esemplificativo ed è il caso Schmidberger del 12 giugno 2003, ci da l’idea di come possono
entrare in contrasto questi due obiettivi dell’azione dell’unione, si trattava di una manifestazione di un fondamentale
diritto di riunione e di sciopero da parte di alcuni lavoratori che operavano nell’ambito dell’alto trasporto su mezzi
pesanti, siamo sulla linea direttrice del Brennero quindi nodo autostradale fondamentali del trasporto delle merci tra
Europa mediterranea e Europa del nord, una delle artiere fondamentai che consente tutti i giorni la libera
circolazione delle merci tra Austria Germania Italia e altri paesi del nord. Si hanno una serie di manifestazione e di
malcontento nell’ambito degli autotrasportatori che hanno deciso di esercitare il proprio diritto di sciopero e
riunione tramite un blocco autostradale, i mezzi pesanti vengono posizionati sull’autostrada del Brennero e si blocca
la libera circolazione per un minimo tempo tra due paesi dell’UE. La questione viene portata di fronte la corte di
giustizia perché vi è chi lamenta il pregiudizio economico patito tramite questo atto che in realtà costituisce un
esercizio di diritti fondamentali degli individui, però un danno economico nella realizzazione degli obiettivi economici
del mercato, da un lato libera circolazione delle merci, dall’altro esercizio di diritti fondamentali, previsti dalle
costituzioni nazionali ma non dal diritto dell’UE. Cosa ci dice la corte di giustizia, cosa prevale? Anche a discapito
della realizzazione degli obiettivi del mercato la corte di giustizia dice occorre fare un bilanciamento, io non posso in
via di principio e con una affermazione valida per ogni caso a venire affermare che può essere data la prevalenza
all’uno o all’altro di questi principi, occorre verificare caso per caso se la garanzia del rispetto di uno di questi diritti o
principi può essere realizzata senza un pregiudizio eccessivo per l’altro, cioè sì che un diritto viene compresso e
limitato nel suo esercizio ma questa limitazione è funzionale alla tutela di un altro diritto che non potrebbe essere
realizzato, nel caso di specie la corte di giustizia fa salva questa manifestazione e questa espressione die diritti
fondamentali perché ci dice in questo caso si che c’è stato un pregiudizio nel marcato interno e per la libera
circolazione delle merci ma è stato temporaneo e funzionale alla tutela di un diritto fondamentale dei lavorato che
non sarebbe stato realizzabile in nessun altro modo. Quindi il principio di libera circolazione è stato compresso e
limitato, viceversa se avessimo voluto garantire una continua fruizione del principio di libera circolazione delle merci
non avremmo potuto farlo se non compromettendo il diritto di sciopero e manifestazione del proprio pensiero, in
questo caos c’è stato un pregiudizio minore per la libera circolazione delle merci rispetto a quello che sarebbe stato il
pregiudizio per il diritto di sciopero che si sarebbe realizzato nel momento in cui noi avessimo garantito una continua
circolazione delle merci perché questa seconda ipotesi l’altro diritto sarebbe stato completamente svuotato di
contenuto.
Quello che possiamo dedurre da questo orientamento della corte è che il principio è quello per cui occorre effettuare
una rigorosa valutazione caso per caso.
Con questa pronuncia arriviamo all’inizio degli anni 2000 e dal punto di vista della tutela dei diritti fondamentali
nell’ottica dell’UE negli stessi anni abbiamo un mutamento fondamentale i diritti fondamentali trovano il loro spazio
all’interno degli ordinamenti dell’unione nella carta di Nizza 2000, ma è vincolante nel 2000? No era stata
proclamata, le istituzioni dell’UE sentono l’esigenza di affermare che l’UE si riconosca all’interno di alcuni diritti
fondamentali che sono patrimonio comune degli stati membri e che vengono affermati anche nell’ambito
dell’unione quindi parlamento, consiglio e commissione solennemente proclamano questi diritti ma c’è un elemento
fondamentale da tenere in considerazione cioè nel 2000 l’UE non ha alcuna competenza per quanto riguarda la
tutela dei diritti fondamentali cioè il mandato conferito dagli stato all’unione è un mandato collegato alla
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realizzazione di obiettivi economici, più alcuni altri obbiettivi che nel frattempo vengono introdotti negli anni 90 a
partire da Maastricht che portano all’abbandono dell’aggettivo economico ma non ancora abbiamo la tutela dei
diritti fondamentali, quindi sì che le istituzioni possono proclamare solennemente questa carta, ma questa carta non
ha alcun valore giuridico vincolante nell’ambito dell’UE.
La carta di Nizza assume valore giuridico vincolante nel 2007 con Lisbona, diventa parte del diritto primario dell’UE, è
un momento storico nella vita dell’UE dello sviluppo del fenomeno dell’integrazione comunitaria perché già da
tempo si era tentato di giungere a questo punto, si era tentato anche una stesura del “trattato che adotta la
costituzione dell’Europa” la costituzione europea che aveva molto spaventato gli stati membri perché lo avevano
ritenuto un passaggio molto importante, alcuni stati erano convinti che l’UE avrebbe voluto svuotare di significato le
costituzioni nazionali e uno dei motivi era quello proprio per cui nella costituzione europea erano inclusi i diritti
fondamentali e quindi andavano ad assomigliare alle costituzioni interne, tanto che poi la costituzione europea
naufraga a seguito di referendum che negoziano la ratifica e si percorre un’altra strada e si arriva trattato di Lisbona,
che in modo un po’ indiretto persegue lo stesso risultato. Fa sì che il catalogo dei dritti non entri all’interno dei trattai
istitutivi TUE e TFUE la carta non all’interno dei trattai è al di fuori ma è richiamata da un articolo del trattato sull’UE
che ci dice la carta ha lo stesso valore dei tratti, sarebbe stata esattamente la stessa cosa inserire nel TUE un catalogo
di diritti in apertura ma per non andare a rischiare di urtare le sensibilità nazionali si è detto lasciamola fuori, in
modo tale che continui a rivestire questa veste di codificazione di diritti tout court, non mettiamola insieme invece in
un trattato che anche poi disciplina la struttura e funzionamento dell’organizzazione perché andrà ad assomigliare a
una costituzione interna.
Nell’UE di oggi, quella del post Lisbona noi abbiamo un catalogo di diritti che veniva chiamata all’epoca carta di Nizza
e poi carta dei diritti fondamentali dell’UE approvata a Nizza e poi adattata a Strasburgo nel 2007 che quindi
aggiunge in modo esplicito un livello di tutela dei diritti fondamentali nell’ambito dell’UE. Quindi abbiamo
codificazione di diritti fondamentali a livello internazionale la CEDU, la dichiarazione dei diritti fondamentali, diritti
del fanciullo etc. e poi abbiamo la carta a livello di unione europea e poi abbiamo il livello interno.
C’è una precisazione da fare per quanto riguarda l’ambito di applicazione della carta dei diritti fondamentali
dell’unione europea perché io posso in ogni caso invocare in sede giurisdizionale un articolo della carta dei diritti
fondamentali dell’unione europea nel momento in cui ritenga che quel preciso diritto sia stato invocato o ci sono dei
limiti? Se restiamo nell’ambito dei rapporti di famiglia, se io ritengo che il fatto che l’Italia non preveda il matrimonio
egualitario sia lesivo di un diritto contemplato nella carta dei diritti fondamentali dell’UE tipo il diritto al matrimonio
art 9, io posso lamentare questo contrasto di fronte a un giudice italiano?
Sì, ma c’è un limite è chiaro che a prima vista la soluzione debba essere questa, cioè al diritto primario dell’unione
europea si impone sugli ordinamenti nazionali, prevale su di essi è vincolante a partire dal trattato di Lisbona ok, io lo
posso invocare anche in sede interna. In realtà c’è un limite per quanto riguarda l’applicazione della carta, cioè nel
momento in cui si è stabilita l’entrata in vigore della carta e si è deciso di attribuirle lo stesso valore giuridico dei
trattati si è anche precisato che la carta dei diritti fondamentali non estende in alcun modo le competenze attribuite
all’UE. È una precisazione che ritorna tantissime volte nel diritto dell’unione europea perché proprio gli stati erano
decisissimi ad affermare questo principio, non avrebbero accettato alcun tipo di compromesso se non previa
formazione di questo tipo di principio. Art 51 la presente carta non estende l’ambito di applicazione del diritto
dell’unione al di là delle competenze dell’unione ne introduce competenze nuove o compiti nuovi dell’unione ne
modifica le competenze e i compiti definiti dai trattati.
Questa precisione vuol dire che la carta si applica entro i limiti dell’applicazione del diritto dell’UE, cioè diventa un
limite di applicazione del diritto dell’UE perché posso lamentare la violazione della carta da parte di qualsiasi atto
dell’UE, regolamento, decisione, direttiva certo perché la carta rappresenta un vincolo per l’attività normativa
dell’UE, ma la carta non estende i proprio effetti al di là degli ambiti di applicazione del diritto dell’UE e allora se io
per caso becco un settore in cui l’UE non interviene a livello interno come il diritto di famiglia, la carta non può
essere invocata, non arriva il diritto dell’UE ingerirsi nell’ambito di quel campo e quindi così come quel settore
normativo non è disciplinato dal diritto dell’UE, allo stesso modo essendo la carta parte del diritto dell’UE su quel
settore normativo non entra in gioco la carta perché funge da limite del diritto dell’unione ma non da limite del
diritto interno.
Prendiamo per esempio un ambito nel quale il diritto dell’UE non interviene il diritto dei consumatori, noi abbiamo
tutta una disciplina enorme in materia di diritti dei consumatori che è una materia che anche facente parte delle
legislazioni nazionali è di stampo europeo, proviene originariamente dell’UE cioè è la comunità economico europea
che a partire dagli anni 80 ha iniziato a dirci che i consumatori hanno tutta una serie di diritti che gli ordinamenti
interni devono recepire, quindi hanno iniziato a produrre delle direttive, entrato nell’ordinamento interno con
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provvedimenti normativi oggi noi abbiamo un codice del consumo, un decreto legislativo riguardante il codice di
consumo che però non è che ce lo siamo steso da soli è attuazione di direttive dell’UE.
È il diritto dell’UE che ci dice che nell’ambito di contratti con i consumatori contratti e negoziati al di fuori dei locali
commerciali il consumatore ha diritto di recesso entro determinati giorni, questo è un diritto sancito dall’unione
europea, una direttiva che noi poi abbiamo attuato.
Se per caso nell’ambito di relazioni di questo tipo io dovessi ritenere pregiudicato un mio diritto fondamentale
previsto dalla carta io potrei lamentare la violazione di questo diritto contenuto nella carta dei diritti fondamentali
anche di fronte a un giudice interno? A questo punto la carta va a riempire di contenuto per integrare una
prevalsone normativa del diritto dell’UE in materia di contratti con i consumatori ad esempio. Per esempio, vado al
tribunale di Genova e dico che è stato leso un mio diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti, come previsto dalla
carta dei diritti fondamentale dell’UE, perché io consumatore non ho avuto uno strumento per impugnare questo
determinato atto.
Diverso se io parlo di diritti di famiglia cioè matrimonio, requisiti soggettivi per contrarre matrimonio sarò
completamente al di fuori del diritto dell’UE, è la legge interna che mi dice che per contrarre matrimonio occorre la
diversità di sesso, allora posso io andare a lamentare una lesione di un mio diritto discendente dalla carta in un
contesto in cui la carta non si applica perché non si applica il diritto dell’unione europea? Non sto incidendo su una
disciplina di diritto europeo che può essere il diritto dei consumatori, io sto cercando di incidere su una disciplina
veramente interna, chiedendo però che venga considerato un limite alla discrezionalità del legislatore interno come
concluso all’interno della carta, cioè che la carta venga considerata un limite alla discrezionalità al legislatore interno,
questo non è possibile perché la carta si applica, si può evocare laddove io rilievo il diritto dell’unione.
Gli ordinamenti interni non sono parte di un unico ordinamento che è quello dell’unione europea ma è dualista la
visione, ci sono ordinamenti interni nazionali che sono sovranazionali e che hanno devoluto solo alcuni ambiti
derivati, hanno devoluto i propri poteri all’unione europea ma se sul diritto di famiglia non hanno devoluto potere
all’unione europea non può essa imporsi con la propria carta su quella materia.
Differenza con un altro catalogo di diritti, la carta la asceremo un po’ da parte perché intanto è molto recente cioè
solo dal 2009, quindi per controversie iniziate successivamente la corte la può usare come parametro, non solo, ci
sono questi limiti, la carta non può estendersi a qualunque settore ma solo dove il diritto dell’unione interviene, non
estende le competenze del diritto dell’unione ma rientra nel suo ambito di applicazione. Questi due limiti fanno sì
che la carta ci interessi fino a un certo punto perché si certo se un articolo relativo anche alle relazioni famigliari va a
incidere con un settore di intervento del diritto dell’UE, certo quello può essere un oggetto di studio, di intervento da
parte della corte di giustizia, pensiamo ai diritti dei lavoratori li sì che interviene il diritto dell’UE, particolare il caos
del lavoratore italiano che va a lavorare in Francia e allora se dovesse vedersi pregiudicate delle proprie pretese a
livello famigliare nell’ambito dell’adozione di permessi lavorativi allora si potrebbe essere un settore in cui i diritti
fondamentali sulla famiglia della carta io li posso invocare, però non rispetto alle scelte relative agli istituti proprio
del diritto di famiglia come può essere il matrimonio perché li siamo fuori.
Potevamo pensare che i diritti sulla famiglia nella carta potessero essere inutili perché al di fuori delle competenze
dell’unione però no, ha rilievo perché se io il diritto al rispetto della vita famigliare lo invoco in relazione a un
rapporto regolato da un diritto dell’UE allora lo posso fare. Non invoco quel diritto per dire voglio potermi sposare e
registrare il matrimonio in sede civile ma lo invoco per dire che in quanto partener voglio godere in un determinato
permesso in ambito lavorativo per motivi famigliari, questo lo posso fare perché connesso a una materia lavoristica
in cui l’UE interviene. Quindi non dobbiamo vedere in astratto il diritto, ma dove lo vado ad applicare non per
contrarre matrimonio ma si per avere un particolare trattamento in sede di lavoro.
Invece parliamo di un altro catalogo che è la CEDU 1950 quindi è molto risalente come catalogo di diritti e nel
momento della sua creazione era visto come un obiettivo quasi utopistico perché se vediamo il contesto storico
dobbiamo considerare che stati dell’Europa occidentale che ne venivano da un conflitto tremendo come quello della
seconda guerra mondiale durante il quale si erano fronteggiati l’un altro, non solo negli anni poco successivi
creeranno delle comunità come la CECA; CEE; EURATOM ma decidono anche di stendere un catalogo di diritti
fondamentali comuni, in cui tutti si riconoscono, diritti inviolabili dell’uomo proprio anche per evitare in qualche
modo che si potesse arrivare di nuovo a fenomeni come la guerra, quindi è incredibile che già dopo pochi anni
abbiamo già l’approvazione di una convenzione europea dei diritti dell’uomo CEDU.
La CEDU non ha nulla a che fare con l’UE, la CEDU è una convenzione internazionale, viene promossa e approvata in
seno ad una organizzazione internazionale il consiglio d’Europa, che viene creato con lo scopo di promuovere la
realizzazione di obiettivi di stampo sociale e la tutela di diritti fondamentali dell’individuo ed è un’organizzazione
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internazionale che conta 47 stati membri, tutti i paesi membri dell’unione europea fanno parte del consiglio
d’Europa ma ne fanno parte molti altri.
Il consiglio d’Europa come primo atto arriva l’approvazione della CEDU, rispetto alla quale dobbiamo ricordare due
elementi peculiari che la rendono importante per quanto riguarda la tutela dei diritti a pare il fatto che è un catalogo
molto risalente, quindi abbiamo 70 anni di applicazione della CEDU da consultare, rispetto la carte dei diritti
fondamentali, ma poi primo elemento la CEDU è una delle poche classificazione dei diritti che prevede una propria
tutela giurisdizionale. La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo non ha una propria corte che l’assiste e le
interpreta, così il patto dei diritti civili dell’ONU, abbiamo molte codificazione dei dritti a livello internazionale ma
sono delle enunciazioni di principio che poi non possono essere azionate, giustiziabili davanti a delle corti, la CEDU
proprio all’interno delle proprie norme prevede l’istituzione di una propria corte che è la corte di Strasburgo corte
europea dei diritti dell’uomo EDU (corte del consiglio d’Europa e la CEDU), diversa della corte di giustizia di
Lussemburgo che è dell’UE.
Quindi la CEDU molto efficace perché io posso lamentare la violazione di diritti fondamentali qui contenuti di fronte
a un giudice, terzo e imparziale contro a quel conviene in giudizio un singolo stato.
Quindi francesco pesce contro l’Italia di fronte alla corte di Strasburgo lamentando una violazione di diritti contenuti
nella CEDU.
La CEDU non ha diritti applicativi è un catalogo di diritti invocabile in qualsiasi tipo di contesto, non fa parte di un
ordinamento che ha dei propri diritti sanciti dal principio di attribuzione delle competenze come l’UE ma invece è
stata approvata in ambito di organizzazione che si occupa di tutela dei diritti fondamentali, quindi io posso in
qualunque contesto lamentare una violazione di un articolo della CEDU da parte di uno stato membro, tornando
all’esempio di primo io privato cittadino posso rivolgermi alla corte di Strasburgo lamentando il fatto che secondo
me la circostanza per cui il mio paese non ha previsto il matrimonio egualitario viola l’art 12 della CEDU.
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La CEDU e la carta sono entrambi cataloghi di diritti oramai fondamentali cui fare riferimento però bisogna chiarire
quali sono i rispettivi ambiti di applicazione, quali sono i rispettivi ordinamenti di provenienza, come devono essere
contestualizzati questi cataloghi di diritti all'interno dell'ordinamento sovranazionale.
La carta è il catalogo dei diritti proprio dell'unione europea, è vincolante solo a partire dalla fine del 2009 con
l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, invece la CEDU è il catalogo dei diritti proprio di un altro elemento
internazionale che è il Consiglio d'Europa.
La CEDU è stata approvata nel 1950 e riguarda una molteplicità di paesi coinvolti, non solo i paesi dell'unione
europea, ma tutti i paesi dell'unione europea che ancor prima che l'unione europea iniziasse col nuovo millennio ad
occuparsi di tutela di diritti fondamentali, già avevano autonomamente ratificato la CEDU al pari di qualunque altro
trattato internazionale.
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (acronimo CEDU) è un
testo di riferimento imprescindibile nell'ambito degli stati coinvolti per quanto riguarda la tutela dei diritti per una
serie di motivi, tra questi spicca primo fra tutti la presenza di una Corte chiamata ad interpretare ed applicare le
disposizioni della CEDU.
La CEDU è direttamente giustiziabile innanzi ad una Corte terza e imparziale rispetto agli stati coinvolti, corte che ha
il precipuo compito di interpretare e applicare la convenzione, quindi è una corte deputata solo ed esclusivamente
alla tutela dei diritti fondamentali così come sono codificati all'interno della CEDU.
Altro elemento fondamentale da ricordare è il fatto che l'accesso alla Corte di Strasburgo è garantito attraverso la
possibilità di introdurre ricorsi individuali. È un elemento imprescindibile da tener presente perché la tutela non
potrebbe essere effettiva se non garantendo ai singoli di poter individualmente promuovere ricorsi contro gli stati
che si ritengono responsabili di una lesione dei diritti fondamentali, quindi si dà ai singoli cittadini degli stati
partecipanti la possibilità di introdurre individualmente un ricorso di fronte ad una Corte internazionale. Questo non
è un qualcosa di banale e di scontato, cioè noi oggi guardiamo il tutto con gli occhi diversi di cittadini che fanno parte
di un ordinamento o come l’Italia che partecipa all'unione europea e nell’unione europea c'è la corte di giustizia che
è aperta a determinate istanze dei cittadini, ricorsi pregiudiziali ad esempio; ma nel diritto internazionale classico
l'individuo sostanzialmente non esiste, non è preso in considerazione, non può agire come singolo, le corti
internazionali sono corti a cui non possono gli individui proporre le proprie istanze, ma invece possono proporre gli
stati. Impensabile che un individuo proponga un ricorso innanzi alla corte internazionale di giustizia dell'Aja, rilievo
dell'individuo innanzi al diritto internazionale è un percorso molto lento che si sviluppa proprio nel corso del
ventesimo secolo su alcuni fronti particolari, uno è quello della tutela dei diritti fondamentali, l'altro ad esempio è
quello del diritto internazionale penale dove il ruolo dell'individuo inizia ad assumere rilievo in quanto autore di
determinati crimini particolarmente gravi e poi anche eventualmente come vittima.
Quindi non è così scontato che una Corte internazionale accolga ricorsi individuali e la Corte di Strasburgo lo fa, è un
po’ un unicum se noi trascuriamo per un attimo il discorso relativo all’unione europea, perché l'unione europea a sua
volta è una entità che non ha eguali a livello internazionale quindi è un fenomeno molto peculiare di questo ambito
regionale. La Corte di Strasburgo accoglie i ricorsi degli individui, poi il modello della Corte di Strasburgo viene in
parte replicato successivamente a livello di ulteriori realtà regionali, oggi ad esempio anche la Corte interamericana
dei diritti dell'uomo accoglie dei ricorsi dei singoli in modo simile a quello fa la Corte di Strasburgo, però all'epoca
risultava davvero una grandissima novità dar vita ad una Corte internazionale di fronte alla quale però i singoli
potessero proporre le propri istanze.
Ci sono dei precisi limiti, cioè non può chiunque ritenga leso un proprio diritto codificato nella CEDU adire
direttamente la Corte di Strasburgo nei confronti del proprio stato, ma invece si prevede che debbano essere
esaurite tutte le vie interne di ricorso, cioè prima si cerca tutela di fronte alle proprie giurisdizioni nazionali, se
avendo percorso tutti i gradi di giudizio messi a disposizione dall'ordinamento processuale comunque non si riesce
ad ottenere la tutela richiesta, allora ci si può rivolgere alla Corte.
La Corte ha poi un altro ruolo che si è rivelato fondamentale nel corso del tempo rispetto proprio alla interpretazione
della convenzione perché si è potuto rilevare come l'approccio della Corte di Strasburgo nell'interpretazione della
convenzione sia stato un approccio che potremmo definire evolutivo. La Corte adotta un'interpretazione evolutiva
della CEDU. Altro tema fondamentale perché pensiamo che questo catalogo dei diritti risale al 1950 e da allora è
rimasto invariato, è chiaro che dal 1950 ad oggi la società è molto cambiata ed è mutata la sensibilità sociale,
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culturale, è mutato il quadro giuridico in cui la convenzione si inserisce, allora si potrebbe pensare che questo
catalogo di diritti sia invecchiato con il passare del tempo, cioè che alcuni diritti messi per iscritto nel 1950 poi non
siano più adatti ad essere interpretati ed applicati nella realtà odierna, nel diritto di famiglia abbiamo nuove famiglie
costituite sulla base di unioni di fatto, unioni coniugali ma di tipo nuovo che prescindono dalla differenza di sesso,
surrogazione di maternità, varie ipotesi che nel 1950 non erano neppure ipotizzabili. Se noi però vediamo in che
modo la Corte di Strasburgo ha interpretato e applicato nel corso del tempo la convenzione non possiamo non
rilevare come sostanzialmente la Corte abbia adattato il testo della convenzione al mutare della realtà giuridica di
fatto cui la convenzione deve essere applicata, è possibile perché le norme della convenzione sono norme molto
vaghe, non sono particolarmente precise nel descrivere il contenuto di un determinato diritto fondamentale e
questa è stata la chiave del loro successo, questa scelta è stata in parte criticata alle origine ma oggi è guardata in
modo più o meno unanime come un elemento positivo della convenzione perché una formulazione ampia delle
norme ha permesso poi a volta a volta alla Corte di calare quelle norme in una realtà che andava modificandosi e
quindi in via interpretativa di modificare il contenuto prescrittivo della norma in base al modificarsi della realtà di
fatto in cui la convenzione era chiamata ad applicarsi.
Quando l'articolo 8 della convenzione parla di diritto al rispetto della vita familiare, cos’è vita familiare non ce lo dice
l'articolo 8 e se vado a vedere che cos’è vita familiare nel 1950 o che cosa è nel 2021, si tratta di due fenomeni molto
differenti, cioè il concetto di vita familiare del 2021 include tutta una serie di rapporti che mai e poi mai sarebbero
stati qualificati come rapporti di famiglia nel 1950. Oggi si sono poste numerose questioni di fronte alla Corte relative
a situazioni differenti che non erano state minimamente ipotizzate da chi ha redatto la convenzione a metà del
ventesimo secolo, ma che devono essere affrontate oggi anche alla luce delle norme della convenzione. La corte non
ha problemi a farlo, non ha neanche problemi a ritornare sui propri passi e lo ha fatto, cioè questa interpretazione
evolutiva si basa sul fotografare la realtà di fatto al momento in cui una determinata questione viene sollevata, sul
cosiddetto principio del consensus, cioè sul principio secondo cui nel momento in cui viene raggiunto un consenso
generalizzato tra gli stati partecipanti sul fatto che ad esempio un determinato rapporto rientra nella nozione di
famiglia, allora la Corte si adegua e lo include nel concetto di vita familiare indicato in termini generici dell'articolo 8
della convenzione.
La Corte costituzionale italiana invece nelle sue pronunce degli ultimi 10 anni relative ai rapporti di famiglia, cioè
quelle pronunce in cui è stato tirato in ballo l'articolo 29 della costituzione, ha adottato un approccio completamente
diverso, cioè ha detto che il concetto di famiglia sotteso all'articolo 29 della costituzione, deve essere interpretato e
riempito di contenuto sulla base di quella che era l'interpretazione originaria dei costituenti. Questo è evidente ad
esempio nella pronuncia in cui la Corte costituzionale ha affrontato il problema del matrimonio fra persone dello
stesso sesso, era stato chiesto ma tutto l'apparato codicistico di norme confligge con l'articolo 29 della costituzione
sub specie di eventuale incostituzionalità della proibizione del matrimonio ugualitario? La Corte costituzionale ha
detto no, non c’è un problema di contrasto con l'articolo 29 perché io l'articolo 29 lo devo continuare a interpretare
come lo avevano inteso nel 1947 i padri costituenti che stavano redigendo le norme della nostra carta costituzionale
e quindi è evidente che la Corte conclude dicendo che non è che questo tipo di rapporto di famiglia sia contrario alla
costituzione, ma non trova nella costituzione una specifica tutela sub specie di famiglia.
A parità di norme che evocano in modo vago il concetto di famiglia poi tutto sta nell'interpretazione che viene fornita
di queste norme, l'interpretazione evolutiva fa sì che non occorra alcuna modifica delle norme perché si modificano
automaticamente in via interpretativa. L'interpretazione che alcuni definiscono originalista come quella della Corte
costituzionale invece richiede volta a volta eventuali interventi per aggiornare le norme alla mutata realtà sociale.
Per quanto riguarda la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, più di recente è stato approvato un protocollo, il
protocollo 16, attraverso il quale si è istituito un nuovo strumento nella disponibilità in questo caso non degli
individui, ma nella disponibilità degli stati. Con il protocollo 16 si è data agli stati la possibilità di domandare dei
pareri alla Corte di Strasburgo, pareri non vincolanti, in modo analogo a quello che si può fare di fronte alla Corte di
giustizia dell'unione europea che ha un importante ruolo consultivo, redige pareri che sono non vincolanti ma
chiaramente dotati di una grande autorevolezza.
Si è introdotta la stessa possibilità anche nell'ambito dell'ordinamento CEDU ed è importante questo perché gli stati
tramite questo strumento possono agire in via preventiva, cioè anziché tramite le proprie condotte rischiare poi di
vedersi convenuti di fronte alla Corte di Strasburgo ed eventualmente condannati per violazione della CEDU,
chiedono in via preventiva un parere alla Corte in modo tale da sapere poi come agire, se il parere della Corte è
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favorevole sapranno di essere coperti nell'ambito della propria azione e di non poter poi essere convenuti e
condannati di fronte alla Corte.
Il protocollo numero 16 è entrato in vigore nel 2018 e ha già dato luogo alla richiesta di alcuni importanti pareri, uno
su tutti è quello introdotto dalla Francia proprio in tema di surrogazione di maternità e riconoscimento del vincolo di
filiazione a seguito di un evento di surrogazione condotto all'estero.
Qual è il ruolo della CEDU nell'ambito dell'ordinamento italiano? Se mi trovo di fronte al tribunale di Genova e
lamento il fatto che una determinata previsione normativa, una legge della Repubblica italiana, contrasti con la
CEDU, cosa deve fare il tribunale di Genova e cosa posso fare io? Cioè in caso di contrasto tra la CEDU e la normativa
interna qual è lo strumento da utilizzare? Io chiedo che vengano rispettati i miei diritti previsti dalla CEDU e il
tribunale di Genova se ritiene che la mia istanza debba essere accolta, applica la CEDU e non applica la legge
italiana? È possibile che il tribunale di Genova dica io non ho bisogno di rivolgermi alla corte costituzionale perché se
è chiaro che la normativa interna viola la CEDU allora io non la applico? Questo non è possibile, questo è quello che
si può fare ma solo ed esclusivamente con il diritto dell'unione europea, quindi con la carta eventualmente. Il diritto
dell’unione europea gode di primato, è un trattamento che riguarda solo il diritto dell'unione europea a cui siamo
giunti in via interpretativa dopo tutta una serie di pronunce e solo il diritto dell'unione europea gode di quella
particolare possibilità di portare alla immediata disapplicazione del diritto interno contrastante. Se io ho un
regolamento dell'unione europea che contrasta con una legge italiana di fronte al tribunale di Genova io invoco il
regolamento dell'unione europea e il tribunale di Genova non può e non deve fermarsi e non può fare un rinvio alla
Corte perché deve automaticamente disapplicare la legge italiana e applicare il diritto dell’UE, questo vale anche per
la carta. In ogni altro caso questo non è possibile perché il giudice interno è tenuto ad applicare la legge e nel caso in
cui ritenga che una determinata legge sia contrastante con la costituzione italiana non può non applicare la legge,
deve chiedere semmai alla Corte costituzionale di espungere dal nostro sistema quella previsione normativa, quindi
è la Corte costituzionale che in Italia opera un controllo accentrato di costituzionalità, quindi mi fermo io giudice di
Genova, chiedo alla Corte costituzionale di pronunciarsi su quella questione, se la Corte riterrà illegittima quella
previsione la cancellerà dall'ordinamento e io poi non la applicherò ma perché è stata cancellata dalla Corte, non
sono autorizzato a disapplicarla. Con la CEDU vale il discorso simile con una precisazione però, la CEDU non è la
nostra costituzione che nelle sue norme finali ci dice che la Corte costituzionale è competente a rilevare il contrasto
delle leggi e delle norme avente forza di legge, con la costituzione. Sembrerebbe non poter rilevare il contrasto di
una legge interna con un trattato internazionale come la CEDU, ma a partire dal 2007 con due importanti pronunce
che avevano chiamato le sentenze gemelle, la Corte costituzionale ci ha detto che le norme della CEDU, e secondo
molti anche le norme generali dei trattati a cui l'Italia ha aderito, hanno un rango sovraordinato rispetto alle leggi
nazionali grazie all'articolo 117 della costituzione.
L'articolo 117 della costituzione dopo la riforma del titolo quinto del 2001 ci dice che la potestà normativa a livello
nazionale viene esercitata nel rispetto dei limiti di cui all'ordinamento comunitario e all'ordinamento internazionale,
e allora tramite l'interpretazione del 117 si è detto che le norme della CEDU sono norme interposte tra la
costituzione e le leggi, sono sovraordinate rispetto alle leggi.
Tornando all'esempio della questione sollevata di fronte al tribunale di Genova io in caso cui ritenga che una norma
di legge interna sia contraria alla CEDU, io potrò chiedere che venga sollevata una questione di costituzionalità della
norma interna per contrasto con il 117 della costituzione, cioè devo ancorarmi ad un parametro costituzionale, cioè
la Corte costituzionale non è competente a valutare il contrasto tra CEDU e legge, ma tra legge e 117 si, allora dico
contrasta questa norma con il 117 della costituzione nella misura in cui il 117 richiama la CEDU e la pone al di sopra
della legge. È questo ciò che posso fare con la CEDU, ma in generale anche con norme contenute all'interno di
trattati tradizionali. Il principio della disapplicazione quindi delle immediata applicazione della norma sovranazionale
riguarda solo l'ordinamento dell’UE.
Ci sono anche casi in cui non si tratta di contrasto tra la CEDU e una norma di legge, ma potrebbe essere che quello
che io lamento da parte del mio stato sia un determinato trattamento processuale concreto che ho subito, insomma
di condotte differenti da norme di legge che quindi non possono dar luogo ad un controllo di costituzionalità, in
questi casi io ancora una volta esauriti i gradi interni di ricorso mi rivolgerò alla Corte di Strasburgo senza lamentare
una incostituzionalità di leggi interne ma semplicemente una condotta di fatto dello stato contraria ai miei diritti
fondamentali. Un caso che ci ha riguardato da vicino è stato il G8 di Genova, si sono lamentate condotte gravissime
da parte dello stato italiano e del suo apparato contrarie a principi fondamentali della CEDU come può essere divieto
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di trattamenti inumani degradanti e il divieto di tortura, l'articolo tre, ma non erano previsioni contenute all’interno
di norme di legge dello stato italiano, ma condotte degli organi dello stato quindi in quel caso non c'era da arrivare
ad una declaratoria di incostituzionalità.
L'unione europea si è dotata di una propria carta, se guardiamo più da vicino il contenuto della carta dei diritti
fondamentali dell'unione europea vedremo che essa è ricalcata sulle norme della CEDU, cambia la numerazione degli
articoli ma il contenuto è lo stesso. Nel momento in cui si sono compiute le scelte relative al contenuto da inserire
all'interno della carta dei diritti fondamentali dell'unione europea si è per gran parte mutuato il contenuto della
Convenzione europea del 1950 che aveva avuto ormai quasi sessant'anni di prassi interpretativa e applicativa, aveva
dato una buona prova di sé. C'era un altro vantaggio dal fatto di trasporre le norme della CEDU all'interno della
carta: il fatto di poter mutuare non solo le norme, ma anche tutti i sessant’anni di interpretazioni e applicazioni della
CEDU da parte della Corte di Strasburgo, ed è esattamente quello che ha fatto il diritto dell'unione europea.
Accanto alla carta dei diritti fondamentali dell'unione europea sono state approvate le cosiddette spiegazioni relative
alla carta, non sono un testo vincolante ma un ausilio per quanto riguarda l'interpretazione delle norme della carta.
Le istituzioni dell'unione europea che hanno proclamato la carta dei diritti fondamentali dell'UE hanno voluto
tramite le spiegazioni chiarire in modo molto preciso il contenuto delle norme e in alcuni casi qual era la loro
specifica intenzione con riguardo a determinati diritti proclamati.
All'interno di queste spiegazioni troviamo chiarito il fatto che nell'interpretare la carta, laddove le norme siano
equivalenti a quelle della convenzione EDU, si potrà anche prendere in considerazione la giurisprudenza della Corte
di Strasburgo relativa ai corrispondenti diritti all'interno della CEDU.
Quindi se io trovo affermato il diritto al rispetto della vita familiare nell'articolo 8 della CEDU e se poi lo ritrovo
nell'articolo 7 della carta, io partirò nell’interpretare l'articolo 7 della carta potendomi già richiamare a tutte le
pronunce della Corte di Strasburgo in cui è stato chiarito via via quel era l'interpretazione da offrire all'articolo 8
della CEDU. Quindi nel momento in cui la Ue ha copiato le norme della CEDU all'interno della carta ha anche detto io
interpreterò quelle norme così com'erano già state interpretate all'interno della CEDU, quindi si inserisce in corsa
all'interno di questo processo di interpretazione evolutiva.
Si è a posto un problema nel corso degli ultimi 20 anni relativo ai rapporti tra questi due strumenti, nel senso che
l'unione europea a partire dalla fine degli anni 90 ha iniziato a valutare la possibilità di entrare a far parte della CEDU,
cioè di ratificare la CEDU, che era stata ratificata singolarmente da tutti gli stati dell’UE, ma attenzione l’unione
europea no come organizzazione internazionale.
Negli anni 90 si vanta la possibilità che sia l'unione ad entrare nel suo complesso all'interno della CEDU e si chiede un
parere alla Corte di giustizia, cioè si dice l'unione può o non può ratificare la CEDU? La Corte di giustizia con un primo
parere dice no non può perché non ha ricevuto dagli stati membri la delega in materia di tutela di diritti
fondamentali, siamo nel periodo pre-Lisbona quindi vale il principio di parallelismo delle competenze del diritto
dell’UE, ciò su cui l’UE può agire sul fronte interno su quei temi può agire anche all’esterno nei rapporti
internazionali. Se l’UE non può approvare un regolamento, una direttiva, una decisione, non può adottare atti
vincolanti in materia di tutela di diritti fondamentali perché gli stati non gliel'hanno mai consentito, non può
ratificare un trattato sui diritti fondamentali, lo possono fare solo gli stati.
La situazione si evolve e arriviamo al 2009 con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, in questo momento diviene
chiaro che l'unione europea acquisisce competenza in materia di tutela dei diritti fondamentali perché la carta
diviene vincolante. Si riapre il discorso relativo all'adesione dell'unione europea alla CEDU, viene nel frattempo
modificata la CEDU stessa per consentire l'adesione perché originariamente non si riteneva dovesse essere aperta
alle organizzazioni internazionali e quindi nel suo testo nelle clausole finali affermava che la convenzione era aperta
alla firma degli stati e non delle organizzazioni. Con un protocollo viene modificato, viene consentito l'ingresso delle
organizzazioni, tutto è pronto perché l’unione europea possa aderire alla CEDU, si predispone una bozza di accordo
sull'adesione, viene sottoposto ad un nuovo parere della Corte di giustizia e la Corte di giustizia lo boccia
nuovamente per ragioni diverse, non è più vero che l’unione non può aderire perché non ha la competenza, ma
invece i problemi sorgono a livello di contenuto dell'accordo di adesione e in particolare spiccano alcune
considerazioni in particolare per quanto riguarda il possibile rapporto fra le due conti e le criticità che possono
insorgere da questo punto di vista.
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Le istituzioni dell'unione europea non si sono mai vincolate all'osservanza della CEDU, cioè in quanto UE, gli stati
membri sì quindi compresi tutti i loro organi, ma non l’Unione europea. Dal fatto che l’UE aderisca alla CEDU
deriverebbe un controllo terzo imparziale esterno sull'attività della stessa Unione europea.
Nel momento in cui i diritti fondamentali erano tutelati solo all'interno delle costituzioni nazionali erano sì affermati,
ma poi nel momento in cui avessi dovuto invocarne l'applicazione dovevo rivolgermi a corti che facevano parte
dell'apparato statale, non terze ed imparziali. Come posso in alcuni casi vedere completamente tutelati i miei diritti
da un giudice che sia terzo ed imparziale se ad esempio lamento la violazione di quei diritti da parte del potere
giudiziario? A chi mi rivolgo se non ho nessuno veramente esterno e terzo? Un discorso del genere lo possiamo fare
anche nell'unione europea, cioè sì che c'è la carta ma la carta di fronte a chi la invoco? Di fronte eventualmente alla
Corte di giustizia, ma la Corte di giustizia fa parte dell'unione europea e se io dovessi lamentare una violazione da
parte della Corte di giustizia? La lamento di fronte alla Corte di giustizia stessa? Cioè il ruolo della Corte di Strasburgo
è sempre un ruolo terzo perché quello è un ordinamento che si occupa solo di tutela dei diritti, non come l'unione
europea.
Quindi da questo punto di vista l'adesione dell'unione europea alla CEDU potrebbe condurre ad avere una
valutazione dello stesso operato dell’unione europea e dei suoi organi da parte di un giudice esterno, ma nel parere
della Corte di giustizia numero 2 del 2013, che in realtà è arrivato nel dicembre del 2014, la Corte boccia l'adesione e
lo fa perché ci sono dei profili critici cioè a quel punto ci sarebbero due corti che si porrebbero in concorrenza e
rispetto alle quali bisognerebbe regolare molto bene l'ordine di priorità e reciproci rapporti, cioè non si può dire che
una prevalga sull'altra, ma non si può neanche spogliare la Corte di giustizia della sua priorità dell'interpretare e
applicare il diritto dell’UE, quindi bisognerebbe semmai prevedere che si debba passare necessariamente prima dalla
Corte di giustizia e poi dalla Corte di Strasburgo. Comunque a seguito di questa battuta di arresto il processo di
adesione dell'unione europea alla CEDU si è bloccato. Si che l’UE deve andare verso l'adesione perché così c'è scritto
all'interno dell'articolo 6 del trattato sull’Unione europea, ma questa adesione per ora non si è realizzata e non è
ancora stato elaborato un nuovo accordo che sia stato considerato accettabile da parte della Corte di giustizia per
quanto riguarda la salvaguardia delle prerogative proprie del diritto dell’UE e della Corte, la Corte di giustizia come
giudice dell'unione.
L'articolo 6 prevede questa adesione su questo bisogna porre attenzione. Dopo l'entrata in vigore del trattato di
Lisbona, l'articolo 6 del trattato sull’Unione europea rappresenta oggi il nostro punto di riferimento in materia di
tutela dei diritti nell'ambito dell'ordinamento dell’UE, nel senso che individua in modo completo le fonti normative a
cui fare riferimento nell’UE per la tutela dei diritti.
Fa il punto della situazione e ci dice quando io parlo di tutela dei diritti fondamentali dell’UE a quali normative posso
fare riferimento? L'articolo 6 opera questa ricognizione.
In prima battuta abbiamo il richiamo della carta che finalmente è parte del diritto dell'unione europea vincolante, ma
non solo, è parte del diritto primario ed è equiparata ai trattati, quindi con quell'operazione ha cercato di non
turbare troppo gli animi a livello nazionale, all'interno degli stati membri si è posta la carta al di fuori dei trattati ma
si è data alla carta la stessa dignità dei trattati.
L'articolo 6 ci dice che l'unione riconosce (riconosce quindi significa che questi diritti sono già preesistenti) i diritti e le
libertà e i principi sanciti nella carta dei diritti fondamentali dell'unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12
dicembre 2007 a Strasburgo. Carta che ha lo stesso valore giuridico dei trattati quindi è come se l'articolo 6 operasse
un rinvio recettizio e inglobasse la carta all'interno dello stesso TUE.
Le disposizioni della carta non estendono in alcun modo le competenze dell'unione definite nei trattati, questa
precisazione ricorrente che ritroviamo nelle spiegazioni, nella carta, all'interno dello stesso articolo 6, cioè non
pensiamo che tramite la carta l'unione abbia esteso le proprie competenze, la carta opera laddove si applica il diritto
dell'unione.
I diritti, le libertà e i principi della carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo settimo
della carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa
riferimento della carta che indicano le fonti di tali disposizioni. C'è una parte della carta relativa alla propria
applicazione e interpretazione, ma ci sono anche delle spiegazioni esterne oltre che ulteriori che sono state
approvate assieme alla carta, non sono vincolanti ma si dice devono essere tenute in debito conto.
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Paragrafo 2: l'unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'unione definite nei trattati, quindi anche in questo
caso non si ha un'estensione implicita di competenze.
Il termine “aderisce” è quello che normalmente crea le maggiori incertezze ed equivoci cioè sembrerebbe questo
articolo 6 dire che l'unione ha aderito alla convenzione, in realtà così non è, cioè non si aderisce ad un trattato
internazionale dichiarando l'adesione all'interno di un provvedimento normativo interno, in questo caso l'unione, ma
si aderisce tramite un procedimento regolato dal diritto internazionale che passa attraverso la ratifica. Questo
paragrafo due non vuol dire che l'adesione sia realizzata, ma significa che l'unione quello che non poteva fare prima
ora lo può fare, l'unione può aderire alla convenzione e non solo è un obiettivo a cui deve tendere.
Terzo paragrafo: i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli stati membri, fanno parte del diritto
dell'unione in quanto principi generali.
Quando ancora l'unione non aveva competenza sulla tutela dei diritti fondamentali già si era detto da parte della
Corte di giustizia, l'unione riconosce e tutela i diritti fondamentali per come rinvenibili all’interno delle costituzioni
nazionali perché sono principi generali del diritto dell'unione in quanto principi comuni, cioè se il diritto di professare
liberamente il proprio credo lo trovo nella costituzione italiana, tedesca, spagnola… di tutte le carte costituzionali o
tradizioni costituzionali, questo viene acquisito anche al diritto dell’UE in veste di principio generale.
Questa norma oggi per come è formulata nella post Lisbona è stata ritenuta da alcuni un po' ridondante perché c'è
un sovraccarico nella tutela dei diritti, con questa urgenza di garantire la tutela dei diritti fondamentali in realtà si è
arrivato a riaffermare in varie volte lo stesso tipo di diritto, cioè la maggior parte dei diritti fondamentali li troviamo
nella carta, nella CEDU laddove sarà ratificata, ma attenzione perché la CEDU essendo ratificata da tutti gli stati fa
parte delle tradizioni comuni quindi rientra per il tramite delle tradizioni comuni, c'è anche lo stesso principio magari
all'interno delle costituzioni nazionali quindi principio comune.
È importante nell'ambito del paragrafo tre notare come la stessa CEDU in realtà venga considerata una parte delle
tradizioni costituzionali comuni e principio generale del diritto dell’UE proprio perché è stata ratificata da parte di
tutti gli stati. Non c'è dubbio che i diritti contenuti nella CEDU vincolino gli stati e l'unione.
La questione è che questi diritti, rispetto alle condotte dell'unione, non li posso azionare di fronte alla Corte di
Strasburgo, ma di fronte alla Corte di giustizia, perché l'unione non ha aderito alla CEDU.
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L'articolo sei del trattato sull’unione europea è quella norma espressamente dedicata alla tutela dei diritti
fondamentali che oltre a conferire lo stesso valore giuridico dei trattati alla carta nel 2009 quindi elevandola a ruolo
di diritto primario dell'unione europea, richiama anche ulteriori fonti di riferimento come le tradizioni costituzionali
comuni che sono diventate principi generali dell'ordinamento dell'unione europea e richiama anche la CEDU.
La CEDU vincola gli stati membri in quanto singoli perché tutti l'hanno ratificata, ma non vincola l’unione europea nel
suo complesso, più precisamente vincola l'unione europea nel senso che è un riferimento per l'azione dell'unione
europea nella misura in cui può essere considerata anch'essa parte dei principi generali dell'ordinamento dell’UE
perché tutti gli stati l’hanno ratificata e quindi così come i principi che noi rinveniamo in tutte le costituzioni sono
principi generali dell'ordinamento UE, anche la CEDU lo è, però non essendoci stata una ratifica diretta non si può
considerare l'unione europea parte contraente di questo trattato internazionale e quindi non si può convenire
l'unione europea o una sua istituzione, un suo organo, di fronte alla Corte di Strasburgo. Non è possibile oggi avere
un ricorso Francesco pesce contro unione europea o Francesco pesce contro commissione UE di fronte alla Corte di
Strasburgo, invece potrebbe esserci Francesco pesce contro Italia, tizio contro Francia.
Nell'ambito della riforma di Lisbona soprattutto si è dovuto prendere in considerazione una circostanza che è quella
relativa ad un possibile pregiudizio arrecato alla tutela dei diritti fondamentali, non tanto da parte di uno stato che è
terzo rispetto all'unione europea quindi uno stato candidato all'ingresso, ma invece uno stato che già fa parte
dell'unione, è ovvio che con il passare del tempo con l'allargarsi dell’unione europea a nuovi paesi è chiaro che in
questa circostanza diventa sempre più possibile. Effettivamente con il trattato di Lisbona si introduce una previsione
molto chiara, si va a ristrutturare una previsione che già esisteva, ma che si occupa di questa eventualità cioè cosa
accade, cosa possiamo fare, quali strumenti abbiamo nel momento in cui dovesse insorgere un pericolo di violazione
sistematica dei diritti fondamentali da parte di uno stato che è già parte contraente dei trattati, già stato membro
dell'unione europea, e cosa possiamo fare nel caso in cui addirittura si sia già verificata questa violazione. L’articolo 7
del TUE dice: “su proposta motivata di 1/3 degli Stati membri, del Parlamento europeo o della commissione
europea, il consiglio deliberando alla maggioranza dei 4/5 quindi dei suoi membri previa approvazione del
Parlamento europeo, può constatare che esiste un evidente rischio di violazione grave da parte di uno stato membro
dei valori di cui all'articolo due. Prima di procedere alle constatazioni il consiglio ascolta lo stato in questione e può
rivolgere delle raccomandazioni deliberando secondo la stessa procedura. Il consiglio verifica regolarmente se i
motivi che hanno condotto a tale constatazioni permangono validi.” È abbastanza chiara questa previsione nel
descrivere l'ambito di applicazione ossia il caso dell'evidente rischio di una violazione grave da parte di uno stato
membro dei valori dell'articolo due. L'articolo due del trattato sull’unione europea è quella norma di principio che
individua i valori su cui si fonda l'appartenenza all’unione, l'unione si fonda sui valori del rispetto della dignità
umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani compresi
i diritti delle persone appartenenti alle minoranze, questi valori sono comuni agli stati membri in una società
caratterizzata da pluralismo, non discriminazione, tolleranza, giustizia, solidarietà e parità tra donne e uomini.
Questo articolo è quello che viene richiamato nell'ambito della procedura di adesione all'unione europea, nel
momento in cui uno stato terzo si candida ad entrare a far parte dell'unione europea vengono in gioco dei requisiti:
un requisito di tipo geografico cioè l'appartenenza all'area geografica europea ma intesa in senso molto ampio;
requisiti di tipo politico, tra questi viene richiamato l'articolo due, questi diritti sono considerati fondanti la
partecipazione al fenomeno dell’integrazione europea e quindi su questo non si può soprassedere. Questo articolo
due tramite tutta una serie di riferimenti anche specifici però sostanzialmente poi va a prescrivere il rispetto dei
diritti umani e il fatto che lo stato candidato deve essere organizzato secondo i valori che noi riteniamo
assolutamente insopprimibili e su cui non si può prescindere.
Ci siamo riferiti dell'articolo due perché nell'ambito del 7 viene richiamato, cioè l'articolo due deve essere osservato
sia in sede di ingresso sia però per tutta la durata della permanenza dello stato all’interno della compagine
dell'unione europea; però l'articolo 7 paragrafo uno interviene in un momento molto particolare nel senso che si è
ritenuto opportuno dare all'unione europea uno strumento per intervenire non solo a seguito di una violazione
grave, ma già nel momento in cui vi è un evidente rischio di violazione grave. È chiaro che nel momento in cui tutta
una serie di rivolgimenti e di circostanze di fatto possono condurre in una direzione che può essere la direzione di
uno stato autoritario che sopprime determinate libertà e principi che noi riteniamo invece insopprimibili, l'unione
europea può già intervenire in anticipo, si vuole evitare di dover necessariamente azionare un rimedio ex post a
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posteriori, però la procedura è particolarmente aggravata. Vengono qualificati sia gli attori che possono azionare
questo tipo di procedura, sono le istituzioni principali dell'unione europea (Parlamento, commissione, consiglio), ma
anche 1/3 degli stati membri e poi viene anche qualificata la maggioranza particolarmente grave che viene richiesta,
maggioranza dei 4/5 dei componenti il consiglio e coinvolgimento del Parlamento che deve comunque approvare
questo tipo di iniziativa.
Per un evidente rischio di violazione grave devono esserci delle circostanze di fatto che in modo relativamente
univoco lasciano presumere che lo stato vada verso un percorso di questo tipo, quello che sempre si è evidenziato
con riferimento a questo articolo è che non può trattarsi di una violazione collegata ad una contingenza storica
limitata nel tempo, non può trattarsi di un evento sporadico occasionale, ossia ci sono stati dei momenti in cui
nell'ambito dei vari paesi dell'unione europea si sono messi in pericolo i diritti fondamentali richiamati dall'articolo
due, ci sono state anche delle violazioni dei diritti di cui all'articolo due, ma sono state delle circostanze molto
limitate nel tempo, cioè l'articolo sette può essere azionato e si riferisce ad una situazione in cui la delazione diventa
sistemica, chiamarla violazione grave vuol dire che deve essere un rivolgimento politico che dà luogo ad un regime
che viola sistematicamente determinati diritti. Alcuni esempi nel contesto del G8 che si è svolto nel 2001 a Genova ci
sono stati degli eventi che poi la stessa Corte europea dei diritti dell'uomo ha ricondotto ad una violazione di diritti
umani fondamentali, l'articolo tre della CEDU divieto di tortura e di trattamenti inumani degradanti, quindi acclarato
che in quel caso c'è stato all'interno di uno stato membro e da parte di esponenti di forze dell'ordine riconducibili
allo stato una violazione di diritti fondamentali, questo non è un episodio che potrebbe essere ricollocato all'interno
dell'articolo 7 del trattato dell'unione europea perché seppur grave è episodico e circoscritto a quell'evento, cioè non
stiamo parlando di uno stato che offre elementi per pensare che si vada verso un sistema sistematicamente
improntato all'utilizzo della forza bruta o della tortura da parte delle forze dell'ordine, quindi non che quell'episodio
non sia grave ma altri sono gli strumenti di tutela all'interno dello stato e al di fuori come un’azione di fronte alla
Corte europea dei diritti dell'uomo, ma non si può dire e pensare che quello sia un rischio di violazione grave da
parte di uno stato membro tale da avviare una procedura di questo tipo, perché per sua stessa natura è una
procedura con un certo iter e sostanzialmente porterebbe ad adottare dei provvedimenti in un momento storico
ormai molto lontano dal verificarsi degli eventi. Diverso è invece il caso di un paese che approvi ad esempio delle
riforme legislative capaci di sottoporre la magistratura al controllo politico, limitare la pluralità dei partiti e delle voci
ammesse all'interno del dibattito elettorale, assommare nell'ambito delle mani di un'unica persona un grande
numero di poteri riferibili al legislativo, esecutivo e giudiziario, cioè queste sono delle riforme strutturali che possono
quindi far sorgere il sospetto di una violazione grave di questi valori e che quindi possono condurre all’attivazione di
questa contromisura da parte dell'unione europea con la procedura particolarmente aggravata che riguarda
l'iniziativa qualificata, la maggioranza richiesta e poi l'Inter che prevede anche l'approvazione del Parlamento
europeo.
Qui si parla di una constatazione informale, siamo in una fase in cui la violazione ancora non c'è stata, siamo di
fronte al rischio, quindi si ritiene che la constatazione formale ufficiale da parte dell'unione quindi da parte di tutti gli
altri paesi partecipanti già possa essere un disincentivo rispetto a procedere su una determinata strada, dipende
anche quanto poi è grave il rivolgimento politico che ha luogo all’interno di un determinato paese. Si rispetta il
principio del contraddittorio, si ascolta lo stato in questione e ci possono essere delle raccomandazioni da parte del
consiglio che indica al paese la strada per evitare di incappare in queste violazioni.
Cosa accade se dovesse andare avanti questa situazione e verificarsi la violazione, oppure attenzione altra ipotesi la
violazione già si verifica senza avere il tempo di passare attraverso questa previa constatazione di cui al paragrafo
uno? Il consiglio europeo deliberando all'unanimità su proposta di 1/3 degli stati membri o della commissione e
previa approvazione del parlamento europeo, può constatare l'esistenza di una violazione grave e persistente da
parte di uno stato membro dei valori di cui all'articolo due, dopo aver invitato tale stato membro a presentare
osservazioni.
Consiglio Europeo: istituzione formata solo ed esclusivamente da capi di stato e di governo degli stati partecipanti
(più recente). Istituzione che si riunisce due volte a semestre e indica sole le grandi linee di sviluppo dell’Unione.
Consiglio Unione Europea (o consiglio) classica istituzione a cui è stato conferito nell’ambito dell’Unione europea il
potere legislativo. Formato da un rappresentante per stato membro a livello ministeriale.
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Consiglio d'Europa: organizzazione internazionale che nulla ha a che fare con l’unione europea. È stato creata prima
e si deve associare alla CEDU e alla corte di Strasburgo.
Coinvolgere il consiglio europeo vuol dire coinvolgere una istituzione che politicamente è la più importante, cioè
all'interno della quale siedono i rappresentanti di vertice di ciascuno stato membro, ci si rivolge al consiglio europeo
perché in questo caso si deve adottare una decisione particolarmente grave, con un peso politico particolarmente
elevato. Nel momento in cui si deve soltanto rilevare il rischio di una violazione con una constatazione che ha un
valore politico ma rimane comunque sul piano degli avvertimenti c’entra il consiglio, ma nel momento in cui invece si
deve constatare il fatto che una violazione c'è già stata e quindi mettere un paese membro nella situazione di quello
che viene accusato di violazione di diritti che noi riteniamo fondamentali per la partecipazione all’unione europea,
allora si coinvolge l’istituzione che politicamente ha il maggior peso cioè il consiglio europeo; deliberandolo
all’unanimità salvo il voto del paese la cui condotta viene presa in considerazione. Vi è una procedura aggravata
anche per quanto riguarda l'iniziativa e poi l'approvazione del parlamento europeo che deve esserci come
nell’ambito del paragrafo uno, e vi è rispetto del diritto al contraddittorio, quindi lo stato membro viene invitato a
presentare osservazioni rispetto alle censure che gli vengono mosse.
Se al paragrafo uno si rimane sul piano degli avvertimenti e non ci sono sanzioni chiaramente perché non c'è stata in
realtà la violazione, non si può sanzionare qualcosa che non è accaduto, cosa si può fare quando una violazione c'è
stata ed è una violazione grave e persistente? Qualora sia stata effettuata la constatazione del paragrafo due, “il
consiglio deliberando a maggioranza qualificata (torna in ballo il consiglio ma dopo che il consiglio europeo abbia
effettuato questa constatazione formale) può decidere di sospendere alcuni dei diritti derivanti allo stato membro in
questione dall'applicazione dei trattati, compresi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale stato membro
in seno al consiglio. Nell'agire in tal senso il consiglio tiene conto delle possibili conseguenze di una siffatta
sospensione sui diritti e sugli obblighi delle persone fisiche e giuridiche. Lo stato membro in questione continua in
ogni caso ad essere vincolato dagli obblighi che gli derivano dai trattati.”
Si può sospendere alcuni dei diritti derivanti dalla partecipazione all'unione europea compreso il diritto di voto ma
attenzione questo non vuol dire sospendere i doveri, cioè lo stato membro rimane sempre tenuto in quanto parte
dell'unione europea, a rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza all'unione. Quello che invece si può fare è
sterilizzare i diritti che può essere anche una questione economica, cioè il diritto di ottenere determinate
corresponsioni di denaro da parte dell'unione europea può essere sospeso, ma può essere addirittura come sanzione
più grave sospeso il diritto di voto. Non è prevista l'espulsione dall'unione europea, però nell'ambito di una
organizzazione internazionale sospendere il diritto di voto vuol dire trattarlo come se non fosse paese partecipante,
ma invece lasciarlo all'interno della compagine degli stati partecipanti perché continui ad essere vincolato dai doveri,
cioè non si dirà mai quel paese è sciolto dal rispetto dei doveri, no, quel paese continuerà ad essere vincolato e
quindi se non rispetterà determinati doveri sarà poi sanzionabile, si potrà attivare una procedura di infrazione, ma
contemporaneamente si andranno a bloccare i suoi diritti.
Questo calato nella realtà concreta dell’unione europea è un discorso molto delicato, un indizio di questa particolare
delicatezza lo troviamo all'interno dell'ultimo periodo del paragrafo tre dove si dice: “nell'agire in tal senso, il
consiglio tiene conto delle possibili conseguenze di una siffatta sospensione sui diritti e sugli obblighi delle persone
fisiche e giuridiche”, ossia una valutazione rispetto al portare avanti un'azione di questo tipo è una valutazione
politica, cioè a prescindere dalla constatazione della violazione grave e sistematica, però poi la decisione ad esempio
sul sospendere i diritti di un paese partecipante è una decisione che deve essere ponderata dal punto di vista politico
proprio come dice il paragrafo tre, considerando anche le conseguenze che possono derivarne.
Situazione attuale: la procedura di cui al paragrafo due non è mai stata attivata, ma invece la procedura di cui al
paragrafo uno sì, cioè si è andati cauti si è voluto iniziare dal constatare un eventuale rischio di una violazione grave
anche laddove questa violazione grave già sembrava essere stata realizzata. Questa procedura è stata avviata contro
la Polonia nel 2017 su istanza della commissione e poi contro l’Ungheria nel 2018 su istanza del Parlamento, però
entrambe le procedure non sono ancora arrivate neppure alla fase della constatazione e non tanto perché non ci
siano indizi chiari e univoci del fatto che alcune violazioni siano state anche probabilmente già perpetrate, ma perché
entra in gioco quel delicato discorso politico, stiamo parlando di paesi in cui si è andato diffondendo un forte
sentimento anti europeista. Più o meno va di pari passo la sospensione di determinati diritti che noi riteniamo
democratici con il sollevamento della popolazione o di parte rilevante della popolazione contro l’unione europea e la
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partecipazione all'unione europea. Nel momento in cui in un determinato paese partecipante all'unione europea già
è forte il sentimento anti europeista, un’unione europea che si scaglia contro quel paese con provvedimenti gravi o
con constatazioni formali che mettono un paese all'angolo, può avere come conseguenza il fatto di andare ancora a
rinfocolare questo sentimento e creare la definitiva frattura. Quindi è davvero delicatissima questa situazione cioè si
gioca sul terreno dei rapporti diplomatici per cui da un lato ci sono strumenti di pressione a latere perché quando
parliamo di unione europea parliamo soprattutto di temi economici quindi è su quel terreno che si può giocare
anche un certo tipo di pressione, però dall'altro lato dal punto di vista politico si ritiene che arrivare a conseguenze
così gravi come una constatazione formale da parte di tutti gli altri stati che vengono percepiti come coalizzati contro
un paese o due paesi, può forse portare a svantaggi maggiori rispetto ai vantaggi. Questo soprattutto dopo la Brexit
dopo che si è visto che l’uscita dall’UE è possibile, nel momento in cui è stato steso questo articolo si dice vabbè non
è possibile uscire dall'unione europea, nessuno l'ha mai fatto e non accadrà e quindi anche il paese che dovesse
vedersi condannato nell'ambito di questa procedura dovrà subirla, mentre invece oggi sappiamo che c'è anche una
exit strategy data dall'abbandono dell'unione europea e questi sono paesi in cui è forte il sentimento antieuropeista
oggi.
L'articolo 7 così come l’uscita dall'unione europea sono possibilità introdotte di recente nell'ambito dei trattati e
azionate nel corso degli ultimi anni.
Parlando di tutela dei diritti fondamentali dell'unione europea un breve cenno lo merita una agenzia dell'unione
europea, l'unione europea ha diverse agenzie che non sono istituzioni ma sono organi più ristretti con una missione
molto specifica e tra le varie agenzie dell'unione europea troviamo anche un'agenzia che si occupa di tutela dei diritti
fondamentali. Normalmente viene richiamata con l'acronimo FRA che sta per Fundamental Rights Agency, ma in
realtà si chiama agenzia dell'unione europea per i diritti fondamentali (European Union Agency for Fundamental
Rights). Questa agenzia è stata costituita nel 2007 e ha sede a Vienna, in realtà già preesisteva ma con un mandato
molto più ristretto, cioè fino al 2007 avevamo avuto un ente all'interno dell'unione europea che si chiamava
osservatorio e non agenzia, l'osservatorio per i fenomeni del razzismo e della xenofobia. Nel 2007 si decide di dare a
questo osservatorio un mandato più ampio e quindi diventa un'agenzia per i diritti fondamentali, ma quello che è
importante ricordare è che l'agenzia in realtà non ha poteri sanzionatori, non esercita alcun tipo di ruolo né
sanzionatorio né giurisdizionale, ma è semplicemente ancora oggi di fatto un osservatorio, cioè l'agenzia si occupa di
operare delle fotografie e rilevare la situazione relativa alla tutela dei diritti fondamentali nell'ambito degli stati
membri. Il suo principale compito è proprio quello di stilare delle relazioni relative alla tutela di diritti fondamentali
nell'ambito dei paesi partecipanti, a latere di questo compito di stilare relazioni poi l'agenzia ha degli altri mandati
come ad esempio sensibilizzare la popolazione dei paesi partecipanti sul tema della tutela dei diritti fondamentali e
sui propri diritti da questo punto di vista, però non ci si può rivolgere all'agenzia per la violazione di diritti
fondamentali, non può decidere alcunché da questo punto di vista, ma i suoi rapporti hanno un valore politicamente
significativo. Ci si richiama spesso alle relazioni provenienti dalla FRA, relazioni di questo tipo coinvolgono tutti i
paesi, l'Italia senz'altro perché attenzione non stiamo parlando solo di quelle violazioni gravi e persistenti aventi
carattere sistemico nell’ambito dell’articolo 7, qui stiamo parlando di diritti fondamentali in senso ampio, quindi il
nostro paese ha tutta una serie di osservazioni mosse dall'agenzia in tema di tutela dei diritti fondamentali; un tema
noto a tutti è quello del processo nell'ambito del nostro ordinamento, la CEDU prevede un diritto all'equo processo e
noi sappiamo che diritto all'equo processo implica anche dei tempi ragionevoli della giustizia, in Italia i tempi della
giustizia sono invece estesissimi, questa è stata ritenuta più di una volta una violazione dei diritti fondamentali delle
persone coinvolte che chiedono giustizia in sede giurisdizionale e quindi non manca mai un rilievo per quanto
riguarda l'Italia su questo tema, questo non vuol dire però che una violazione di questo tipo potrebbe portare
all'attivazione dell'articolo 7 qua non è qualificata come violazione grave dei valori di cui all'articolo due.
Rapporti familiari.
Nell'ambito dei cataloghi di diritti, tanto la CEDU quanto la carta, esistono delle norme espressamente dedicate alla
famiglia, ci sono principi molto ampi che possono essere presi in considerazione anche con riferimento alla famiglia,
ci sono norme ampie che poi possono essere calate nel contesto familiare ad esempio il divieto di discriminazione fra
uomo e donna, questo non è riferito alla famiglia perché lo possiamo applicare anche ad esempio nell'ambito di un
rapporto lavorativo, ma in determinate circostanze lo possiamo calare nell'ambito delle relazioni familiari, però
esistono almeno due norme che sono proprio dedicate ai rapporti familiari all’interno della CEDU perché
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storicamente è all'interno della CEDU che trovano la loro collocazione per la prima volta poi la carta non fa altro che
copiare il contenuto in parte adattandolo.
La prima previsione che ha una portata applicativa più ristretta, cioè si riferisce a circostanze più limitate, è quella
che rinveniamo all'interno dell'articolo 12 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Si tratta di una norma
rubricata “diritto al matrimonio”, è una norma sintetica, sembra apparentemente non dire quasi nulla, “a partire
dall'età minima per contrarre matrimonio, l'uomo e la donna hanno diritto di sposarsi e di fondare una famiglia
secondo le leggi nazionali che regolano l'esercizio di questo diritto”. Si dice poco, si rimanda largamente alle scelte
operate dai legislatori nazionali perché si dice sia che sono le leggi nazionali che regolano l’esercizio del diritto sia che
l'età minima non viene definita dalla CEDU, ma dovrà quindi essere chiarita a livello interno, quindi non deve stupirci
che l'articolo 12 per molti anni sia stata una norma mai richiamata di fronte alla Corte di Strasburgo perché col
nuovo millennio si sono affacciate sulla scena le cosiddette nuove realtà familiari e nessuno stato ha mai proibito il
diritto al matrimonio alle coppie formate da persone di sesso diverso, quindi non si poteva porre la situazione di uno
stato che proibiva il matrimonio. Dato che il matrimonio era previsto ovunque già nel 50 e dato che su tutto il resto si
richiamava la legge interna, l’articolo 12 è rimasto per molto tempo una norma priva di giurisprudenza applicativa da
parte della Corte.
Nell'ambito della carta, sebben con un'altra numerazione perché si tratta dell'articolo 9, abbiamo la stessa norma “il
diritto di sposarsi e di costituire una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”.
La differenza che salta all'occhio è che non c'è più uomo e donna, questa differenza ci dà l'idea di quello che è
accaduto con riguardo a molti articoli della CEDU del momento in cui sono stati trasposti nell'ambito della carta, cioè
è un ovvio che ormai erano passati 50 anni e quindi determinate espressioni e determinati riferimenti o erano
invecchiati oppure potevano sembrare ormai inopportuni ma non tanto perché la carta conferisca tout court il diritto
di sposarsi a tutti a prescindere dalle differenze di sesso, ma si è ritenuto già nel 2000 inopportuno fare riferimento
al sesso come dire può essere che un giorno questo articolo venga richiamato con riferimento a nuove tipologie di
unioni matrimoniali quindi del dubbio eliminiamolo.
L'articolo 12 fa riferimento a uomo e donna e questo può sembrare un vincolo, una limitazione nel senso che
potremmo dire allora l'articolo 12 non può essere riferito al matrimonio di tipo ugualitario, ma in realtà non è così, la
Corte EDU ha interpretato le norme della CEDU sempre in senso evolutivo prescindendo dalla formulazione letterale
delle stesse, da allora ha dovuto riempire di contenuto delle norme che erano così vaghe e non contenevano una
determinata precisazione, ma in qualche altro caso come questo laddove anche alcune precisazioni c'erano, perché
non può essere casuale questo riferimento all'uomo e alla donna, la Corte non ha ritenuto questa circostanza
insormontabile e quindi di recente ha affermato che l'articolo 12 può riferirsi anche al matrimonio egualitario.
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20/10
Art 12 della CEDU, la carta mutua i contenuti della CEDU e questo discorso vale anche per l’art. 12 sul diritto al
matrimonio con la precisazione relativo al tenore letterale delle due norme cioè nel 2000, nel momento in cui si è
stesa la carta di Nizza si è ritenuto inopportuno vincolare necessariamente l’applicazione del diritto al matrimonio
alla differenza di sesso fra le parti, invece si è ritenuta una scelta più cauta quella di eliminazione di riferimenti a
uomini e donne. Malgrado invece nella CEDU il riferimento uomini/donne permanga questo non ha impedito alla
corte europea dei diritti dell’uomo di condurre un’interpretazione evolutiva nel corso del tempo e di mutare il
proprio orientamento circa il contenuto dell’art 12 al mutare delle varie circostanze di fatto, della sensibilità sociale e
della situazione giuridica dei rapporti famigliari degli stati membri. Sicuramente l’art 12 come punto di partenza ha
una visione molto tradizionale del rapporto matrimoniale, sicuramente si inserisce nell’ambito di una famiglia
nucleare di tipo tradizionale formata da genitori sposati e alcuni figli ma è ovvio che nel corso del tempo sono stati
sottoposti alla corte EDU dei ricorsi volti a sottoporre a questione interpretativa la corte di Strasburgo cioè si è
chiesto se l’art 12 potesse essere interpretato in modo da estender il diritto a nuove realtà famigliari. Attenzione a
due concetti che sembrano sovrapponibili ma sono due concetti differenti, cioè da un alto concetto di diritto
discendente dall’art 12 dall’altro concetto di applicazione dell’art 12 a una determinata realtà famigliare. Si tratta di
profili distinti un conto è dire quali sono diritti che immediatamente discendo dall’art 12 a favore dei singoli, un
conto è dire a quali fenomeni l’art 12 può applicarsi e a quali no.
La questione che è stata sottoposta più volte alla corte con riferimento all’art 12 è quella riferita a matrimoni dello
stesso sesso è accaduto oramai più volte nel corso degli ultimi 20 anni che la corte sia stata chiamata a pronunciarsi
sulla possibilità di includere all’interno dell’art12 un vero e proprio diritto al matrimonio per le coppie formate da
persone di sesso uguale.
Da questo punto di vista si arriva a una pronuncia significativa del 2010 caso Schalk e Kopf contro Austria, segna una
inversione della giurisprudenza da parte della corte di Strasburgo, perché se appunto per molto tempo nel momento
in cui la questione è stata sollevata anche semplicemente in via indiretta la corte ha chiarito la riferibilità dell’art 12
alle esclusive formazioni coniugali formate da persone di sesso differente, nel 2010 la corte cambia la propria
opinione e lo non lo fa sulla base di una pura responsabilità o mero arbitrio ma in questo caso la corte esamina
nuovamente la realtà dei paesi membri e sulla base di quel principio del consensus rileva che alcuni paesi hanno
introdotto il matrimoni egualitario cioè hanno eliminato la differenza di sesso come requisito per potere accedere
all’istituto matrimoniale. Questo era un caso abbastanza semplice per quanto riguarda le circostanze di fatto, cioè
coppia formata da persone di stesso sesso che chiede di procedere alle pubblicazioni in Austria, lo fa veramente in
modo strumentale per poter poi avviare un ricorso cioè in Austria non era previsto il matrimonio egualitario,
nemmeno le unioni civili quindi lo fa per ottenere un diniego che poi viene impugnato. La questione arriva alla corte
europea dei diritti dell’uomo e di fronte alla quale la coppia lamenta differenti profili di violazione della CEDU ma a
noi ci interessa la violazione al diritto al matrimonio, diritto spettante secondo loro a tutti a prescindere dal sesso.
Sotto questo profilo la corte di Strasburgo svolge considerazioni sottili perché ci dice che vero è che l’art. 12
introduce un riferimento al sesso perché parla di uomini e donne ma la corte senza particolari problemi ricorda che il
proprio approccio alla convenzione e alla sua interpretazione è elastico ed evolutivo e che può prescindere dal
significato letterale dei termini nel momento in cui l’istituto a cui facciamo riferimento ha conosciuto nei paesi
membri una evoluzione significativa rispetto a quanto non fosse originariamente.
Quindi in questo caso la corte ci dice io cambio la mia opinione e ritengo che l’art12 che ho sempre detto che non si
applicasse se non nei matrimoni tradizionali, possa invece applicarsi ai matrimoni egualitari quindi interpreto in
modo elastico evolutivo questo concetto di uomini e donne dicendo questo non vuol dire per forza uomini con
donne ma può vuol dire uomini con uomini e donne con donne, questo termine uomini e donne è stato introdotto
semplicemente per indicare la generalità degli individui a cui l’art si può rivolgere. Ma l’aspetto su cui ci dobbiamo
concertare è che la corte non riconosce un diritto al matrimonio per le persone di sesso uguale cioè non arriva al
punto di dire che dall’art 12 deriva un diritto al matrimonio di tipo ugualitario e quindi azionabile nei confronti degli
stati non deriva un obbligo per gli stati di introdurre matrimonio egualitario, il discorso è differente, la corte dice nel
mio operare una ricognizione della realtà di fatto degli stati io verifico che alcuni stati hanno introdotto il matrimonio
egualitario ma non sono ancora numero sufficiente per dire che si ha un consensus generalizzato su questo fronte.
Quindi fermo restando che opererò in futuro ulteriori ricognizioni e nel momento in cui rileverò che c’è consensus
generalizzato su questo fronte allora considererò che dall’art 12 derivi un diritto al matrimonio per le persone dello
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stesso sesso e quindi noi sappiamo che questo vuol dire che eventualmente potrà essere condannato in futuro lo
stato che non avrà introdotto l’istituto se gli altri lo avranno fatto, la corte ci dice che ad oggi quello che posso dire al
2010 è che rispetto a quanto dicevo in precedenza l’art 12 può anche riferirsi al matrimonio egualitario ma rimesso
alla discrezionalità dei legislatori nazionali la scelta circa l’introduzione o meno del matrimonio egualitario.
Quindi quale tipo di tutela puoi derivare dall’art 12 in questo senso? Il discorso della corte sembra voler dire,
decidono gli stati ancora, non posso obbligare attraverso i parlamenti nazionali se vogliono o non vogliono aprire il
matrimonio e se lo fanno e solo se lo fanno allora io considero l’art 12 come riferibile anche al matrimonio tra
persone di sesso uguale in quel paese. Cioè la corte ci dice l’art 12 si riferisce al diritto di matrimonio, cos’è
matrimonio lo decide il singolo stato, se lo stato mantiene un matrimonio di tipo tradizionale allora quello è
matrimonio ma nei confronti dello stato che abbia deciso liberamente di introdurre il matrimonio egualitario allora
io considererò che l’art 12 si applichi. In termini concreti si possono derivare alcune conseguenze tipo che se uno
stato introduce il matrimonio egualitario ma poi discrimina in modo irragionevole circa i requisiti per accedere al
matrimonio tradizionale a quello egualitario, quindi i due istituti sono sì introdotti ma in modo irragionevolmente
distinti allora si potrebbe sì agire contro quel paese ai sensi dell’art 12 perché l’art 12 in quel caso coprirebbe anche il
matrimonio egualitario ma solo nei riguardi del paese che ha deciso di introdurlo, se uno stato non decide di
introdurlo rimane libero di farlo perché non c’è un consenso generalizzato tale per dire che oggi generalmente si
considera che il matrimonio copra tutte queste nuove forme a prescindere dal sesso delle parti.
Quindi l’Austria non ha violato l’art 12.
Su che fronte può essere rilevante la giurisprudenza della corte in relazione dell’art 12 cioè su quali profili ha operato
la corte ha operato delle condanne proprio in applicazione dell’art 12? In realtà non tanto con riferimento al caso di
coppie di stesso sesso che vogliono contrarre matrimonio ma ad oggi rispetto alla giurisprudenza già presa dalla
corte su quali fronti è stato significativo l’intervento dell’art 12? Su una situazione staticamente meno ricorrente ma
comunque di particolare rilievo nel diritto cioè la situazione dei soggetti transessuali su questo fronte la corte di
Strasburgo ha operato delle precisazioni molto significative con riguardo l’art 12 e ha condannato determinati stati in
applicazione dell’art 12.
Qual era il problema che si poteva porre con riguardo le persone transessuali? Cosa c’entra in diritto al matrimonio
con i soggetti che cambiano il proprio sesso? In realtà fino a pochi anni or sono all’interno della legislazione nazionale
di alcuni paesi appartenenti al consiglio d’Europa quindi vincolati dalla CEDU non era possibile annotare la rettifica
del sesso attribuito alla nascita all’interno dei registri di stato civile cioè un determinato soggetto poteva si avviare,
portare avanti le procedure mediche per ottenere la rettificazione del sesso ma poi questa circostanza non poteva
trovare accoglimento a livello di stato civile quindi voleva dire in sostanza che i documenti rimaneva quelli relativi al
sesso della nascita. In che modo questo a che fare con il diritto al matrimonio? In realtà si riverbera proprio sul
matrimonio perché nel momento in cui un Pese non ammette matrimonio tra persone di stesso sesso e non
ammette la modifica dei registri quel paese va a limitare il diritto al matrimonio di questi soggetti perché in molti casi
non sempre ma in molti a seguito della rettifica del sesso interviene poi il desiderio del soggetto di poter contrarre
matrimonio con una persona di sesso differente rispetto a quello acquisito, ma uguale al sesso della nascita.
Se lo stato non mi consente di rettificare i registri in stato civile e contemporaneamente non ammette il matrimonio
egualitario il soggetto che modifica il proprio sesso non potrà contrarre matrimonio con una persona a di sesso
differente rispetto a quello acquisito.
Questo è il motivo per cui è stata avviata ad esempio un’azione contro il regno unito anche se può sembrare strano
in quanto è un ordinamento che in materia di diritto di famiglia su alcuni fronti è stato sempre in avanguardia. Il
regno unito non consentiva di procedere la ratifica del sesso all’interno di registri di stato civile nel caso Christine
Goodwin contro il regno unito nel 2002 la questione portata all’attenzione della corte di Strasburgo proprio
nell’ottica dell’art12.
Questo cittadino del regno unito che cambia sesso e diventa donna da uomo che era, desidera poter iscrivere la
modifica nell’ambito del registro di stato civile per poi contrarre matrimonio con persone di sesso differente rispetto
a quello acquisito e dice dal fatto di non poter annotare questa modifica deriva una violazione del mio diritto al
matrimonio. Il regno unito si difende con una giustificazione grottesca, non è vero che questo soggetto non ha diritto
al matrimonio perché continua a mantenere il diritto di contrarre matrimonio con una persona di sesso opposto
rispetto a quello registrato alla nascita, in realtà il regno unito non aveva ancora introdotto matrimonio tra persone
di stesso sesso e per difendersi davanti alla corte sostanzialmente dice che in questo caso avrebbe ammesso un
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matrimonio tra persone di sesso uguale perché dire può contrarre matrimonio con una persona di sesso opposto
rispetto a quello derivante dai registri di stato civile per una persona che nel frattempo ha modificato il proprio sesso
vuol dire ammettere un matrimonio tra persone dello stesso sesso. Cosa che al ricorrente non interessava perché
voleva contrarre matrimonio con persona di sesso opposto rispetto a quello acquisito. La corte di Strasburgo
condanna il regno unito e pone da questo punto di vista un importante principio di diritto per cui appunto il diritto al
matrimonio include anche il diritto a vedere adottate le modifiche del proprio sesso ai fine del contrarre il
matrimonio e in questo caso lo stato non ha discrezionalità perché tutti i paesi hanno sempre ammesso il
matrimonio di sesso opposto. Quindi una volta che il soggetto modifica il proprio sesso chiede di poter contrarre un
matrimonio di tipo tradizionale e lo si deve ammettere e questo passa anche attraverso la modifica dei registri di
stato civile.
Da questo punto di vista il nostro paese non ha mai avuto problemi, non ci sono ricorsi contro l’Italia ma anzi fin dagli
anni 80 da quando è stato introdotto per la prima volta il procedimento formalizzato per la ratifica del sesso nel
nostro paese previo domanda al tribunale, c’è tutta una procedura aggravata ma dal momento in cui è stato
introdotto subito si è ammessa la modifica dei registri quindi per questo non abbiamo una pronuncia contro l’Italia
da esaminare e la corte costituzionale in una sentenza abbastanza recente del 2014 ha spiegato abbastanza bene
questa scelta dell’ordinamento italiano cioè attenzione non dobbiamo stupirci perché in fondo va nella direzione che
l’Italia ha sempre perseguito cioè quella di ribadire il carattere eterosessuale del matrimonio e lo si sancisce anche
ammettendo subito che una persona che ha modificato il proprio sesso possa contrarre matrimonio con una persona
di sesso opposto rispetto a quello acquisito.
La norma di più ampio respiro è l’art 8 della CEDU
Diritto al rispetto della vita privata e familiare.
1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria
corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia
prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale,
alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla
protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.
Primo paragrafo vediamo che all’interno di questa previsione in realtà ci sono due concetti distinti non dobbiamo far
l’errore di pensare che vita privata e famigliare per il fatto di trovarsi unite nella rubrica e anche nel testo della
norma siano una sorta di concetto unico espresso per il tramite di due termini. In realtà questo articolo 8 sta facendo
riferimento alla privacy, tutta la sfera enorme al diritto alla riservatezza e ad un altro concetto differente che è quello
su cui noi ci soffermiamo della riservatezza non ce ne occupiamo che è quello relativo alla vita famigliare quindi due
diritti uno dei quali riguarda il l’individuo in quanto tale non nell’ambito dei suoi rapporti con altri individui, cioè io
ho diritto alla riservatezza in quanto singolo a prescindere dai miei rapporti di natura famigliare e sociale invece
l’altro diritto riguarda le persone ma nella loro dimensione di rapporti con altri individui in particolare rapporti di
natura famigliare che come vediamo non vengono assolutamente definiti, cioè che cos’è vita famigliare? Beh
sicuramente deve essere un concetto che riguarda almeno due soggetti ma poi chi siano questi soggetti non è scritto
e quindi da lì deriva tutta una giurisprudenza che nel corso del tempo è andata a chiarire per cosa si intende per vita
famigliare e quali tipi di rapporti possono entrare all’interno di questo concetto.
Poi si parla di domicilio e di corrispondenza come emanazioni e applicazioni del diritto alla riservatezza.
Vediamo cosa ci dice l’art corrispondente all’interno della carta dei diritti fondamentali dell’unione europea.
Art 7 ogni persona ha il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare del proprio domicilio e delle proprie
comunicazioni. Anche qui la norma è mutuata ma se poi andiamo a vedere il tenore letterale notiamo delle
differenze significative. Innanzi tutto salta all’occhio la mancanza totale del secondo paragrafo ma non è un
problema alla luce di quello che abbiamo detto, il secondo paragrafo ci dice a quali condizioni può essere lecita
un’ingerenza nell’ambito di rispetto di questi diritti, vita privata e famigliare perché attenzione non siamo di fronte a
diritti assoluti, cioè questo è uno dei diritti fondamentali che si è fondamentale e considerato e umano ma non per
questo non può essere limitato e compresso solo lo può essere a determinate condizioni che però devono essere
rigorosamente rispettate invece sappiamo che nella convenzione europea dei diritti dell’uomo esistono anche diritti
fondamentali che non sono passibili di alcun tipo tipico di limitazione nemmeno minimo per esempio art 3 tortura,
non è che ci siano dei casi particolari in cui il divieto di tortura viene meno o può essere un po’ limitato in alcuni casi,
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questo è un articolo che non ammette alcun tipi di deroga diverso il caso dell’art 8 si è vero che è un diritto
fondamentale ma a determinate condizioni può essere limitato e l’art 8 nel paragrafo due ce lo spiega.
L’art 7 della carta non lo fa ma non è un problema perché nella misura in cui una norma della coarta dei diritti
fondamentali dell’UE riprendere una norma della CEDU si può interpretare alla luce della relativa giurisprudenza
quindi qui manca l’ulteriore specificazione ma non vi è una previsione di tipo differente semplicemente c’è una
lacuna sul punto e allora tutto quello che è stato detto sui legittimi limiti che possono essere elevati rispetto al diritto
della vita privata e famigliare nell’applicazione della CEDU può anche essere applicato all’art 7 della carta.
Ulteriore differenza si parla di comunicazioni nella carta e corrispondenza nella CEDU ma sono passati molto anni e
quella che era la corrispondenza del 1950 è diventata negli anni 2000 comunicazione in senso più ampio con varie
modalità.
Dall’art 8 della CEDU la corte europea ci ha chiarito che derivano per gli stati obblighi postivi e obblighi negativi.
Ossia prima di tutto il diritto al rispetto della vita privata e famigliare si ottiene esigendo che lo stato si astenga da
ingerenze nell’ambito della vita famigliare, questo è un obbligo negativo per lo stato cioè lo stato deve astenersi da
ingerirsi della vita famigliare degli individui salvo determinate eccezioni che sono riportate al paragrafo due. Ma
anche obblighi positivi cioè per far sì che un determinato soggetto possa fruire in modo completo e ampio del diritto
alla vita famigliare lo stato ha anche degli obblighi precipui di intervento, deve assolutamente intervenire tramite le
norme per far sì che il diritto al rispetto della vita famigliare possa essere realizzato completamente.
Obbligo negativo esempio, ricordiamo cosa è accaduto negli anni 80 in una pronuncia contro il regno unito perché è
un po’ diciamo l’antefatto di tutte quelle pronunce che oggi riguardano la situazione delle coppie formate da
persone dello stesso sesso, oggi se ne parla con riferimento al diritto del matrimonio e rispetto alla vita famigliare.
Esemplificativo di obbligo negativo caso Dudgeon contro regno unito 1981. Anche se a noi oggi può sempre
paradossale siamo in un periodo storico in cui non solo le coppie di stesso sesso non hanno istituti di diritto civili per
vedere riconosciuta e formalizzata la propria unione ma nel regno unito in particolare in Irlanda del nord esiste
ancora una legislazione penalistica repressiva che punisce le condotte relative a rapporti omosessuali anche
all’interno delle mura domestiche quindi le forze dell’ordine sono legittimate a fare irruzione all’interno di abitazioni
private qualora sospettino che si stia consumando rapporti di questo tipo, vediamo quanto siamo lontani dal mondo
di oggi.
Una coppia viene sorpresa nell’ambito di questi rapporti, arriva all’attenzione della corte di Strasburgo che in questo
caso non ha neanche bisogno di prendere in considerazione il concetto di vita famigliare che sarebbe stato spinoso
ell’81 perché on si sarebbe potuti arrivare a dire che un rapporto fra persone di sesso uguale fosse vita famigliare ma
si limita al concetto di vita privata dice, attenzione qua c’è una violazione enorme della vita privata dell’individuo,
quello che fa all’interno delle mura domestiche se non ci sono ragioni di pubblica sicurezza non può essere
considerato dallo stato come una condotta da sanzionare penalmente e che giustifichi la violazione di domicilio e
quindi regno unito viene condannato per la violazione della vita privata.
Questo è un chiaro obbligo negativo per lo stato. Da questo punto di vista il rispetto dell’art 8 si sarebbe realizzato
senza far molto, semplicemente evidenziando di ingerirsi nella vita degli individui.
Chiaro è che poi esiste un profilo più evoluto che è quello relativo agli obblighi postivi salvo restando che lo stato
deve attenersi da ingerenze indebite poi per realizzare completamente il diritto al rispetto della vita famigliare deve
altresì intervenire tramite condotte diverse condotte che possono passare attraverso la predisposizione di normative
ad hoc.
Allora rimaniamo sempre sullo stesso fronte del rapporto tra persone di sesso uguale che è quello che ha dato luogo
a una giurisprudenza più ampia negli ultimi decenni andiamo avanti rispetto a quello che era accaduto nel 1981
chiaramente poi viene eliminata questo tipo di normativa penalistica, negli anni 90 la corte di Strasburgo compie un
passo avanti nel definire il concetto di vita famigliare perché ne deriviamo ancora una volta da un articolo scritto nel
1950 per cui vita famigliare era quella vita che risultava fondata sul matrimonio e che coinvolgeva una famiglia in
senso ristretto ad esempio sicuramente la vita famigliare è quella relativa ai rapporti tra genitori e figli.
La realtà nell’ambito degli stati membri sociale e giuridica si modifica e la corte secondo quel principio del consensus
si adegua nel corso della seconda metà del 900 dice che la vita famigliare non è più solo quella fondata su esistenza
di rapporti di sangue perché gli stati hanno introdotto l’istituto dell’adozione per cui tramite l’intervento del diritto si
ricrea un rapporto famigliare analogo a quello biologico, la vita famigliare quella relativa a rapporti tra genitore e
figlio adottivo.
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Negli anni 90 un passo in avanti significativo è rappresentato dalla corte che ci dice che oramai deve essere
considerata vita famigliare quella relativa ai rapporti di stabile convivenza fra persone di sesso opposto una vita che
di fatto è analoga a quella matrimoniale ma non fondata sull’esistenza di un matrimonio inteso in senso tecnico.
Negli anni 2000 il discorso viene portato avanti ed esteso a tutte le convivenze stabili a prescindere dalla differenza
di sesso, quando questo accade? Proprio con la sentenza Schalk e Kopf contro Austria del 2010 perché i due signori
non avevano presentato ovviamente solo violazione dell’art 12 sarebbe stato rischioso lamentare solo quello in
realtà aveva lamentato anche una violazione dell’art 8 quindi se dal punto di vista dell’art 12 la corte archivia e ci
dice io faccio solo questo passo avanti rappresentato dal dire che sia lo stato a scegliere introdurre il matrimonio
egualitario allora io applico art 12 però l’Austria non lo ha scelto quindi un diritto al matrimonio non esiste. Il
discorso cambia dal punto di vista dell’art 8 si trattata di una coppia stabile formata da persone di stesso sesso che
vivevano assieme ormai da molti anni e che volevano vedere riconosciuta in sede civile la propria unione, nel
momento in cui lamentano una violazione dell’art 8 la prima cosa che la corte deve fare è dire se questa è vita
famigliare o no e ormai il passaggio è scontrato dopo che negli anni 90 si era riconosciuta la convivenza di due
persone di sesso diverso come vita famigliare chiaramente la corte dice sicuramente è vita famigliare anche la stabile
convivenza tra persone di sesso uguale. Se allora l’art 8 si applica cosa ne deriva in questo caso?
La corte dice le coppie formate da persone di sesso uguale hanno diritto ai sensi dell’art 8 e lo stato ha il dovere di
riconoscere in sede civile questi tipi di unione, non sto dicendo ha il dovere lo stato di introdurre il matrimonio,
riconoscere in sede civile è diverso cioè fornire un istituto di diritto civile di famiglia che in qualche modo intervenga
a regolare i reciproci rapporti tra le parti i loro diritti e doveri. In sostanza si tratta delle unioni civili o registrate, ma
nel caso particolare l’Austria non viene condannata per una ragione di fatto cioè nella tendenza del giudizio di fronte
la corte di Strasburgo l’Austria introduce le unione civili allora la corte non può che dire che di fatto questa tutela sia
realizzata cioè ora i due signori in Austria possono contrarre unione civile ì, non posso contrarre matrimonio ma
questo non è diritto, l’unione civili lo è, l’Austria l’ha introdotta e quindi la tutela è stata ottenuta.
Questa sentenza è importante sotto tutti questi profili ma molto anche per l’Italia, ci riguardava da vicino e tra l’altro
arriva nello stesso periodo a distanza di un mese della sentenza della corte costituzionale 238 del 2010 sulla
incostituzionalità del divieto di matrimonio di persone dello stesso sesso, quindi è un periodo in cui il discorso è
molto caldo all’interno del nostro paese. È importante perché mette nero su bianco il fatto che la situazione dello
stato italiano violava la CEDU , cioè il paese come l’italia dove non c’era matrimonio egualitario e nemmeno unioni
civili era chiaramente violazione dell’art 8 avremmo dovuto vederlo come monito perché era chiaro cosa sarebbe
accaduto, in realtà il nostro paese temporeggia per i soliti tempi parlamentari ma anche perché nel diritto di famiglia
è difficile introdurre riforme e si arriva alla sentenza di condanna neo 2015 con la sentenza Oliari contro Italia la
corte attesta e accerta la violazione dell’art 8 della CEDU da parte del nostro paese per il fatto di non aver mai
introdotto le unioni civili e non è un caso che nel 2016 c’è un’accelerazione che porta all’approvazione della legge
Cirinnà accade per varie ragioni ma anche perché sul nostro capo pendeva una condanna da parte della corte
europea dei diritti dell’uomo nel caso Oliari e altri contro Italia, la legge Cirinnà risolve il problema perché introduce
un istituto di unioni civili che è equiparabile a tutti gli effetti al matrimonio salvo per adozione piena che non è
ammessa. Ci sarebbe da interrogarsi se questo sarebbe un punto di approdo reale o già una soluzione vecchia nel
senso che altri paesi prima di noi avevano compiuto una scelta simile a quella che noi abbiamo fatto cioè quella dei
binari paralleli della legge Cirinnà coppie di sesso diverso hanno l’istituto del matrimonio ma non le unioni civili
perché la legge Cirinnà riguarda solo coppie di sesso uguale che hanno appunto le unioni civili ma non il matrimonio.
La Germania aveva fatto una scelta di questo tipo prima di noi e perché forse questo non è un approdo definitivo
perché il percorso è quello di andare verso due istituti che hanno nomi diversi con lo stesso contenuto e già noi
siamo più o meno a quel punto perché se noi guardiamo matrimonio e unione civile hanno lo stesso contenuto salvo
questa significativa differenza relativa al diritto all’adozione piena ma nel momento in cui dovesse essere sancito
dalla corte europea o dalla corte costituzionale che determinate situazioni anche le coppie unite civilmente devono
avere diritto di poter accedere all’adozione ecco che si andrebbe a realizzare una situazione nuovamente non
conforme hai principi fondamentali ai diritti umani, al principio di uguaglianza cioè un ordinamento si trova con due
istituti diversi che hanno lo stesso contenuto e quindi cosa vuol dire? Che si tratta di una discriminazione fondata
sull’orientamento sessuale, una violazione di un principio di uguaglianza, determinati soggetti possono accedere a un
istituto altri non possono accedere ma lo stato ha già deciso discrezionalmente di andare a entrambe le coppie gli
stessi tipi di diritti e di dovere perché si deve distinguere il nome iuris sulla base di una discriminazione, si potrebbe
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dire, potrebbe essere uno sviluppo futuro, potrebbe essere ulteriore sviluppo perché è già accaduto in Germania ma
non è stata condannata ma ha discrezionalmente ad un certo punto rilevato che non aveva senso mantenere due
istituti diversi e proprio dopo aver aperto sull’adozione ha eliminato le unioni civili e modificato il matrimonio nel
senso di non prescrivere più la differenza di sesso come un requisito di accesso.
Se noi guardiamo alle pronunce del nostro paese forse si può fare una scelta relativa ad alcune sentenze della corte
di Strasburgo significative perché riguardano situazioni molto delicate, circostanze specifiche del nostro paese che
magari non ricorrono all’interno di altri ordinamenti o questioni calde che sono ancora oggi dibattute e che sono
oggetto di discussione a livello parlamentare e sociale.
Una questione che è stata affrontata dalla corte di Strasburgo più volte che riguarda il nostro paese e che ci dà l’idea
dell’applicazione del paragrafo due dell’art 8, la questione relativa ai ricorsi presentati dai detenuti sottoposti a
regime detentivo di particolare severità art41 bis dell’ordinamento penitenziario.
Ci dà una buona idea dell’applicazione del secondo paragrafo perché appunto il diritto al rispetto della vita famigliare
può essere limitato e compresso anche in modo molto significativo ma ci devono essere interessi prevalenti che
impongano una soluzione di questo tipo.
Si parte con una affermazione negativa si vuole dare l’idea che è quella la regola del rispetto della vita privata e
famigliare poi ci sono determinate accezioni e come tali da interpretare restrittivamente, quindi non può esserci
ingerenza di una pubblica autorità nell’esercizio di tali diritti almeno che, primo requisito la previsione per legge.
Questo evita trattamenti discriminatori, diseguali deve esserci una prescrizione legislativa quindi la riserva di legge
viene posta già della CEDU, non solo la misura restrittiva deve essere una misura necessaria per tutelare un interesse
pubblico prevalente, quindi necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, benessere economico del
paese, difesa dell’ordine e prevenzione dei reati etc. nell’ambito di una società democratica.
Da questa precisazione la corte ha dedotto una serie di chiavi interpretative molto chiare cioè la limitazione deve
essere proporzionata perché si parla di necessità quindi deve essere una limitazioni relativa a quanto strettamente
necessario, proporzionata e necessaria le due cose vanno di pari passo e deve potersi individuare un interesse
pubblico prevalente, quindi si opera un bilanciamento tra gli interessi due singoli a vedere tutelata la propria vita
privata e famigliare nei rapporti con altri individui e l’interesse collettivo che in determinate circostanze può andare
in una direzione diversa e quindi legittimare la compressione.
I casi relativi al trattamento dei detenuti sottoposti al 41 bis del nostro paese sono casi che ci danno molto bene
l’idea di questo tipo di limitazione perché sono arrivate alla corte di Strasburgo numerosi ricorsi da parte anche di
boss mafiosi sottoposti a questo regime detentivo rigorosissimo introdotto nel nostro ordinamento negli anni 90 per
far fronte al problema della criminalità organizzata, regime detentivo che riguarda proprio soggetti responsabili non
di reati comuni ma di reati contro lo stato, di tipo terroristico, relativi alla criminalità organizzata.
Il problema lamentato, è ovvio che in queste circostanze lo stato limita in modo estremo il diritto al rispetto alla vita
famigliare dei detenuti pensiamo al fatto che il 41 bis prevede prima di tutto che il soggetto sia detenuto in un’area
geografia lontana dal proprio territori di origine, lo scopo è quello di recidere qualunque tipo di contatto fra
esponenti della criminalità organizzata e tutti gli altri appartenenti della stessa organizzazione e di impedire a
determinati soggetti di esercitare il loro ruolo direttivo.
Il 41 bis si era introdotto perché si era verificato che alcuni boss mafiosi continuavano a dirigere la propria
organizzazione mafiosa dal carcere per il tramite dei pizzini che venivano passati attraverso gli incontri con la
famiglia, bigliettini con cui si davano degli ordini che venivano passati ai famigliari e così portati al di fuori.
Nell’applicazione di questo regime quindi un condannato proveniente da per esempio Corleone vien spostato a
scontare la propria pena in un istituto di detenzione in alto Adige, già questo va a impattare sulla possibilità per lui di
mantenere rapporti con la propria famiglia, non solo anche nei limitatissimi casi in cui è possibile far visita ai
detenuti in questo regime comunque le visite sono riprese, controllate, limitate nel tempo questa è una forte
compressione del diritto della vita famigliare.
Quindi non c’è dubbio che l’italia abbia violato il diritto al rispetto della vita famigliare di questi soggetti, ma lo ha
fato legittimamente o no? Si tratta di un articolo dell’ordinamento penitenziario introdotto con legge, è una misura
necessaria? Questo è il punto in cui occorre interrogatesi, è necessaria per perseguire quegli obiettivi, in particolare
sicurezza nazionale. Ci sarebbero state alternative diverse che in modo meno lesivo per la vita famigliare di queste
persone consentissero di raggiungere lo stesso obiettivo?
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La corte di Strasburgo in modo pacifico e sempre allineato ha sempre detto che l’italia non ha violato l’art 8 della
CEDU e va ad ancorare questa conclusione alle peculiarità dell’ordinamento italiano. Cioè dice in un’altra circostanza
direi che è violazione ma in Italia le circostanze storiche di fatto e relative allo sviluppo della criminalità organizzata
hanno dimostrato che questo è l’unico modo per poter ottenere quell’obiettivo di tutela della sicurezza nazionale,
non ci sono alternative meno lesive ad oggi per il rispetto della vita famigliare e quindi pur attestando questa
limitazione del diritto ha sempre evitato di condannare l’italia ritenendo che dal punto di vista del paragrafo due le
misure possono essere salvate.
L’Art 8 è stato preso in considerazione negli anni più recenti all’interno di circostanza relative alle nuove formazioni
famigliari, non più di relazioni tra persone dello stesso sesso ma di rapporti fra genitori e figli, in particolare fenomeni
di surrogazione di maternità, anche su questo fronte la corte di Strasburgo ha avuto modo di pronunciarsi nel corso
degli ultimi anni con riguardo al nostro paese e non solo.
Proprio sul fronte di surrogazione di maternità la corte di Strasburgo ha emesso il primo parere nel 2019 su una
domanda formulata dalla Francia, il problema che doveva essere affrontato da questo punto di vista è che nel corso
degli ultimi 20 anni sempre più frequente è diventato il ricorso alle tecniche di surrogazione di maternità da parte di
soggetti di cittadini di stati membri della convenzione europea dei diritti dell’uomo, cioè soggetti che si recano
all’estero per ottonerete un rapporto di filiazione che nella maggior parte dei casi non riescono a ottenere e non
possono ottenere, ci sono casi di coppie di sesso differente a volte anche sposate e coppie invece persone di sesso
uguale che quindi non hanno alternativa.
Si trattata di recarsi nell’ambito di paesi extraeuropei ma non solo, e si commissiona in qualche modo una maternità
che poi si può realizzare con le tecniche più differenti.
La questione esaminata dalla corte anche su ricorsi provenienti dall’Italia perché si sono verificati casi di persone che
si recavano all’estero e poi facevano ritorno con un figlio che dai certificati di nascita risolutiva nato dalla coppia. Ora
chiaro è che ci possono essere molti casi di surrogazione di maternità che poi non vengono rilevate perché se non ci
sono indizi che portano l’ufficiale di stato civile a dover rigettare la trascrizione di un atto di nascita formato
all’estero questo registra l’atto di nascita non riporta la surrogazione e quindi la questione si chiude. Ma ci sono stati
casi in cui per varie ragioni è venuto fuori che il figlio non poteva essere figlio della copia, ci sono state
rappresentanze consolari che si sono attivate nel paese in cui è stata introdotta la maternità dicendo agli uffici di
stato civile italiani attenzione perché questo è un caso dubbio.
Famoso caso della coppia paradiso-campanelli, che ha dato luogo a una sentenza contro Italia del 2015, si tratta di
una coppia sposata di persone di sesso differente che non riusciva ad avere figli e dichiarata idonea all’adozione ma
poi i tempi vanno per le lunghe e questi soggetti non ottengono un minore in adorazione e decidono di recarsi
all’estero per dar luogo a surrogazione di maternità. Tornano in Italia con l’atto di nascita e richiedono la trascrizione,
essa viene bloccata perché si trattata di uno di quei casi in cui nascono sospetti, viene approfondito che si trattata di
surrogazione, tra l’altro, la coppia dice in un primo momento che si trattata di un figlio di cui il padre committente è
biologico, ma dagli esami di DNA si scopre che non è vero quindi non erano genitori biologicamente né la madre né il
padre. Questo elemento era importante perché il nostro paese riconosce sempre comunque il vinicolo biologico,
quindi se fosse venuto fuori che il gamete maschile era quello del padre committente il vincolo di filiazione nei
confronti del padre avrebbe comunque essere registrato non come figlio della coppia ma come figlio del padre.
Invece non è così il tribunale dei minorenni reagisce in modo molto radicale e toglie il foglio alla copia e ne dichiara
l’adottabilità, la coppia si rivolge alla corte di Strasburgo lamentando la violazione dell’art 8 sub specie di vita privata
e famigliare perché appunto si allega che lo stato sia andato a recidere un legame famigliare che nel mentre si era
già formato andando a ledere l’interesse del minore. Situazioni difficili da valutare perché come abbiamo detto altre
volte in tutte le situazioni in cui c’è un minore in gioco, la prima considerazione deve essere relativa al suo superiore
interesse, in questo caso ci sono molti dubbi che l’interesse del minore sia quello di essere tolto a questa coppia
perché una vita famigliare secondo la coppia si era già instaurata secondo un’altra tesi no perché era in tenera età e
era stato pochi mesi con la coppia però c’è da dire che nulla poteva far pensare che questi soggetti non fossero
idonei a svolgere al meglio il loro ruolo genitoriale, erano addirittura stati certificati come idonei all’adozione dallo
stesso stato italiano. Quindi nel 2015 con la prima sentenza condanna l’Italia per violazione di art 8 perché ritiene
che vi sia stata una violazione nel rispetto della vita privata e famigliare in particolare guardando l’interesse del
minore cioè l’interesse del minore in questo caso per la corte era quello di rimanere con la coppia. Chiaro è che si
può capire il perché di questa posizione ma è uno scenario difficile da gestire dal punto di vista del rispetto delle
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normative interne come legge sull’adozione cioè dire che questa coppia avrebbe potuto tenere il bambino voleva
dire soprassedere su tutta una serie di violazioni compiute da questi soggetti, cioè intanto era stata aggirata la legge
sull’adozione, l’italia offre uno strumento per ottenere la filiazione che è quello dell’adozione, non la surrogazione di
maternità ma poi felse dichiarazioni all’ufficiale di stato civili per quanto riguarda la paternità e maternità del
minore, tutta una serie di condotte contrarie ai principi dell’ordinamento che poi però sarebbero state sanate nel
caso in cui si fosse riconosciuto il diritto della coppia a mantenere il minore nell’ambito del proprio nucleo famigliare.
La corte ciò nonostante condanna l’italia, l’italia appella sentenza nel 2017 con una nuova pronuncia paradiso-
campanelli contro Italia nella grande camera della carta di Strasburgo che sarebbe l’organo di appello, la sentenza di
primo grado viene ribaltata, non senza incertezze, ma la corte torna sui propri passi e verifica quali conseguenze
pregiudizievoli sarebbero derivate dal ratificare questo tipo di condotta e far si che potesse comunque condurre agli
obiettivi che la coppia voleva conseguire, sarebbe stato dire ad altri coppie potete farlo.
La corte si è pronunciata su richiesta di parere nel 2019 proprio su questo tema da part della Francia perché sempre
a seguito di surrogazione di maternità si era avuto un dubbio nel momento in cui si era realizzata una surrogazione
da parte di una coppia committente in cui il proprio marito aveva donato il gamete e quindi risultava padre biologico
del minore, la coppia poi torna in Francia il minore viene registrato come figlio dell’uomo e non della madre e ci si
chiede al diritto dell’espatrio della vita privata e famigliare impone che si debba registrare anche la madre
committente pur non essendo la donatrice dell’ovocita come madre oppure no? La corte di Strasburgo ci dice che lo
stato non deve essere considerato obbligato a trascrivere questa filiazione come se fosse biologica ma deve offrire
strumento per instaurare legame di filiazione anche con la madre e questo può essere l’adozione se realizzata in
tempi rapidi, nell’interesse del minore.
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