regionali latinoamericane
Casi e materiali
a cura di
Michele Carducci e Pablo Riberi
a cura di
Michele Carducci e Pablo Riberi
ISBN/EAN 978-88-348-7958-0
pag.
Avvertenza 4
MICHELE CARDUCCI
La tridimensionalità delle integrazioni regionali tra America latina ed Europa. Casi e
problemi 5
MICHELE CARDUCCI
Schemi riassuntivi di comparazione tra Europa e America latina 59
1. Antecedentes 64
2. La Corte Centroamericana de Justicia 66
3. Naturaleza 69
3.a. Tribunal internacional regional 71
3.b. Tribunal comunitario o de la integración 71
3.c. Tribunal arbitral 72
3.d. Tribunal administrativo interior 72
3.e. Tribunal interno y Tribunal constitucional centroamericano 72
4. Su competencia 75
5. Conclusiones 75
1. El caso 79
2. Procesos de integración y relaciones interordinamentales tridimensionales 81
3. La debilidad del proceso de integración y la crisis jurídica en el caso de las papeleras 81
4. Alternativas 85
5. Conclusiones 87
Indice 1
pag.
JUAN M. MOCOROA
Justicia transicional, amnistía y Corte Interamericana de Derechos Humanos:
el caso “Gelman” y algunas inquietudes 88
1. Presentación y propósito 88
2. Justicia transicional: algunos (importantes) problemas 89
3. Las amnistías en la jurisprudencia de la Corte Interamericana de Derechos Humanos 90
4. El caso “Gelman vs. Uruguay” 91
4.1. Los hechos del caso 91
4.2. La resolución de la Corte IDH 92
5. Algunas objeciones a los argumentos de la Corte IDH 93
5.1. Democracia 93
5.2. Las amnistías y el rol del Derecho Penal 96
6. Presentación de una estrategia diferenciada y la justificación de los tribunales internacionales 99
7. Coda 102
VINCENZO LORUBBIO
La produzione/imposizione di un “linguaggio regionale comune” da parte della Corte
Interamericana dei Diritti Umani 103
1. Premessa 103
2. Il caso interamericano “Gelman vs. Uruguay” in confronto con la giurisprudenza della Corte di
Giustizia dell’Unione europea 104
3. La conformazione come obbligo interno allo Stato 105
4. La conformazione come garanzia di permanenza delle condizioni di tutela dei diritti e di rimo-
zione degli ostacoli 106
5. La conformazione come concorso congiunto di tutta l’organizzazione interna di uno Stato 106
6. Il diritto all’“ultima parola” sul rispetto di tali obblighi 107
7. Il perseguimento congiunto alla migliore protezione dei diritti 107
8. Spunti della giurisprudenza nazionale: dalla semplice “guida” alla “insostituibile” conformazione 108
1. Introducción 109
2. Marco teórico y metodológico 112
2.a. La teoría de los formantes legales 112
2.b. El enfoque figuracional de Norbert Elias 114
3. Las sentencias de la Sala de lo Constitucional 115
3.a. Contenido de las Sentencias 116
4. Los formantes de las decisiones de la Sala 117
4.a. El formante doctrinal 117
4.b. El formante jurisprudencial 118
4.c. El formante normativo 119
5. Análisis crítico de las sentencias 120
6. El debate sobre la interpretación de la Constitución Salvadoreña y la aplicación del Estatuto de la
Corte Centroamericana de Justicia 126
7. El lenguaje en el debate público 127
8. Reflexiones finales 129
9. Conclusiones: el conocimiento como producto del proceso civilizatorio 130
Indice 2
pag.
VALERIO DE OLIVEIRA MAZZUOLI
Teoria geral do controle de convencionalidade no direito brasileiro 133
1. Introdução 133
2. O controle de convencionalidade brasileiro e a teoria da dupla compatibilidade vertical material 133
3. O respeito à Constituição e o consequente controle de constitucionalidade 143
3.1. A obediência aos direitos expressos na Constituição 144
3.2. A obediência aos direitos implícitos na Constituição 145
4. O respeito aos tratados internacionais e os controles de convencionalidade (difuso e concetrado)
e de supralegalidade das normas infraconstitucionais 149
4.1. Os direitos previstos nos tratados de direitos humanos 153
4.2. Os direitos previstos nos tratados comuns 158
5. Conclusão 160
Indice 3
Avvertenza
Michele Carducci
Pablo Riberi
AVVERTENZA 4
MICHELE CARDUCCI
1
M. Pedrazza Gorlero (a cura di), Corti costituzionali e Corti europee dopo il Trattato di Lisbona, Napoli,
Esi, 2010.
2
È quanto si è verificato in Africa, con l’interessantissima vicenda dell’Unione africana, dove, per elimina-
re i casi di conflitto o competizione tra giudici e giudicati sovranazionali, si è proceduto alla fusione in un’unica
Corte (la African Court of Justice and Human Rights) delle due Corti originariamente esistenti nello stesso ambi-
to regionale: la Corte sui diritti umani e dei popoli e la Corte di giustizia dell’Unione africana. Si vedano sul te-
ma i contributi in P. Pennetta (a cura di), L’evoluzione dei sistemi giurisdizionali regionali ed influenze comuni-
tarie. Atti Seminario Salerno 1-2 ottobre 2009, Bari, Cacucci, 2010. Si v. anche R. Cadin, “We have an African
Dream”: sviluppi istituzionali e giurisprudenziali del sistema africano di protezione dei diritti umani e dei popo-
li, in www.federalismi.it, Focus Human Rights, 3, 2013, nonché L. Cappuccio, A. Lollini, P. Tanzarella (a cura
di), Le Corti regionali tra Stati e diritti. I sistemi di protezione dei diritti fondamentali europeo, americano e
africano a confronto, Napoli, Editoriale Scientifica, 2012.
3
È il fenomeno della coesistenza, nel medesimo spazio di efficacia, di dinamiche di internazionalizzazione,
regionalizzazione sovranazionale e specificazione contenutistica delle tutele dei diritti umani: si vedano T. Buer-
genthal, The Proliferation of International Courts and Tribunals. Is it Good or Bad?, in Leiden J. Int.’l L., 2001,
267 ss., M. Koskenniemi, L. Pani, Fragmentation of International Law? Postmodern Anxieties, in Leiden J. Int.’l
L., 15, 2002, 553 ss., e A. Pisanò, I diritti umani come fenomeno cosmopolita. Internazionalizzazione, regiona-
lizzazione, specificazione, Milano, Giuffrè, 2011.
4
Sul fenomeno, con riguardo al contesto europeo, si v. L.R. Helfer, Redesigning the European Court of
Human Rights: Embeddedness as a Deep Structural Principle of the European Rights Regime, in Eur. J. Int.’l L.,
2008, 135. Ma la sua dinamica investe, come si vedrà nel testo, proprio le integrazioni latinoamericane, con il
cosiddetto “controllo di convenzionalità”. Una comparazione tridimensionale fra contesto europeo e contesto la-
tinoamericano, con particolare attenzione alla identificazione dei “luoghi” della certezza del diritto costituziona-
le, è stata effettuata in Italia da M.P. Larné, La protezione dei diritti umani: disposizioni costituzionali, Trattati
internazionali e giudizi di costituzionalità. Una prospettiva comparata fra ordinamenti europei e latinoamerica-
ni, Livorno, Media Print, 2010.
MICHELE CARDUCCI 6
2. L’Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo
e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell’Unione definite
nei Trattati.
3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei di-
ritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni
agli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.
Per l’America latina, si potrebbe tentare l’invocazione dell’art. 28 della Convenzione ame-
ricana di tutela dei diritti umani del 1969 (o “Pacto de San José de Costa Rica”, d’ora in poi
CADH), contenente la cosiddetta “cláusula federativa”. In particolare, così recita l’art. 28 n. 3:
“Quando due o più Stati parte si accordano e si integrano reciprocamente in una fede-
razione o altro tipo di associazione, dovranno fare in modo che l’accordo comunitario corri-
spondente contenga le disposizioni necessarie affinché si rendano effettive, nel nuovo Stato
così organizzato, le norme della presente Convenzione”.
Qualsiasi processo integrativo/federativo latinoamericano potrebbe essere equiparato a un
“nuovo Stato” 5 e, in ragione di questo, vedersi vincolato, come patto comunitario sovranazio-
nale, alla CADH: e questo non in virtù di specifiche previsioni dei Trattati integrativi, ma
piuttosto per effetto “transitivo” degli Stati, sottoscrittori della Convenzione, e delle loro Co-
stituzioni, contenenti clausole “aperte” verso la CADH 6. L’esito, di riflesso, sarebbe quello di
disegnare una sorta di triangolo con al vertice appunto la CADH.
Si vedrà più oltre come questa ipotesi non superi la prova della prassi e delle interpretazioni.
Sin da subito, però, va chiarito che non è la triangolazione verticalizzante il disegno trac-
ciato dall’art. 6 TUE. La lettura dei suoi tre commi qualifica in modo “circolare” la conforma-
zione tridimensionale dell’integrazione regionale, spiegando che:
a) la tridimensionalità si realizza solo nell’ambito di tutela dei diritti fondamentali;
b) opera nell’intreccio normativo e interpretativo fra ordinamenti statali, presidiati dalle
loro Costituzioni per il tema della tutela di quei diritti, Convenzioni regionali sui diritti umani
(per l’Europa, la Convenzione europea per la salvaguarda dei diritti dell’uomo e delle libertà
fondamentali del 1950, d’ora in poi CEDU), cui quegli Stati aderiscono, ordinamenti sovrana-
zionali creati da Trattati di integrazione regionale (per l’Europa, l’Unione europea, d’ora in
poi UE) 7, cui sempre quegli stessi Stati partecipano per finalità che finiscono comunque col
coinvolgere diritti (come dimostra proprio la cinquantennale esperienza europea) 8;
5
Non sembri una forzatura il nesso richiamato, quanto meno perché in America latina teorizzazioni ed
esperienze di integrazione/federazione conoscono percorsi originali, non del tutto riconducibili alle classificazio-
ni del costituzionalismo euro-nordamericano. Cfr. in merito, C.J. Bruzón Viltres, Confederación de Estados e
intergacion regional en América latina, 2009, in http://www.eumed.net/libros-gratis/2009c/573/index.htm, e
l’Anuario de la Integracion Regional de América latina y el Gran Caribe, scaricabile dal sito www.cries.org.
6
Tra l’altro, è interessante constatare che, nella Resolución de la Corte Interamericana de Derechos Humanos
del 30 marzo 2006, “Medidas Provisionales Caso de las Penitenciarías de Mendoza”, si è dichiarato che l’assenza
di dialogo tra strutture federative di un Stato non deve costituire ostacolo agli adempimenti previsti dalla CADH,
come già affermato anche in “Garrido y Baigorria vs. Argentina” (Sent. 27 agosto 1998, Serie C, n. 39, par. 46).
Tale giurisprudenza, tuttavia, è riferita sempre e comunque agli Stati, dotati di personalità giuridica internazionale e
formalmente aderenti alla CADH; nulla dice sul fronte del rapporto giuridico tra CADH e integrazioni regionali so-
vrastatali in quanto tali né su quale fondamento giuridico, sovranazionale o internazionale, consenta di predicare la
sottomissione dell’organizzazione regionale alla Convenzione, nonostante il silenzio dei Trattati istitutivi.
7
Come scrive J.H.H. Weiler, Diritti umani, costituzionalismo ed integrazione: iconografia e feticismo, in
Quad. Cost., 2002, 536 ss., sulla Cedu: non una forma di organizzazione dei poteri né di fonti, ma un sistema di
tutela da e per gli Stati, al contrario della UE, che invece identifica una vera e propria “forma di governo”.
8
Pertanto, la tridimensionalità, descrivendo un fenomeno specificamente circoscritto alla tutela dei diritti
fondamentali, non coincide con la pura e semplice “triade” dei rapporti tra diritto statale, diritto comunitario e
diritto internazionale pubblico, sui cui invece insiste, in America latina, l’ipotesi interpretativa di E. Biacchi
Gomes, Manual de Direito da Integração Regional, Curitiba, Juruá, 2010, 180.
9
Così il Preambolo della “Carta di Nizza”.
10
Infatti, la giurisprudenza della Corte Cedu, originariamente finalizzata alla soluzione di specifiche con-
troversie relative a casi concreti, si è caratterizzata nel tempo per una evoluzione improntata alla valorizzazione
di una funzione paracostituzionale di tutela dell’interesse generale al rispetto del diritto oggettivo, fornendo indi-
cazioni allo Stato responsabile sui rimedi da adottare per rimuovere il contrasto con la Convenzione e con le sue
interpretazioni giurisprudenziali. Così già la Sent. Corte Cedu 18 gennaio 1978, “Irlanda vs. Regno Unito”, ric.
5310/1971.
11
Va infatti osservato che diritto costituzionale “generale” (come diritto promanato da tutti gli organi di un en-
te e dunque identificato nel sistema delle fonti) e diritto costituzionale “comune” (come diritto spiccatamente giuri-
sprudenziale e dunque interpretativo) sono formule figurative europee, che non insorgono come sinonimi nel costi-
tuzionalismo novecentesco. La prima sostanzialmente appartiene alla stagione del cosiddetto “diritto politico”,
mentre la seconda emerge dal quadro dell’avvento, soprattutto nella seconda metà del Novecento, del cosiddetto
“diritto culturale”‘, consolidatosi a seguito del passaggio dallo Stato di diritto allo Stato costituzionale, conseguen-
temente alla creazione dei sistemi di controllo di costituzionalità delle leggi. L’ideatore della formula “diritto costi-
tuzionale generale” è stato Boris Mirkine-Guetzévitch (Les nouvelles tendances du droit constitutionnel, Paris,
Giard, 1931). Per la formula del “diritto costituzionale comune”, bisogna pensare almeno a Peter Häberle (per il
quale sinteticamente si rinvia a G. Luther, La scienza häberliana delle Costituzioni, in P. Comanducci, R. Guastini
(a cura di), Analisi e diritto 2001, Torino, Giappichelli, 2002, 105 ss., per tutti i necessari dettagli). Invece, per una
rappresentazione chiara ed efficace della contrapposizione tra “diritto politico” e “diritto culturale”, si v. A. Pizzo-
russo, Fonti “politiche” e fonti “culturali” del diritto, in Studi on. Enrico Tullio Liebman, I, Milano, Giuffrè, 1979,
327 ss. Infine, sulla declinazione “culturale”, oltre ovviamente allo stesso P. Häberle, si deve tenere in considera-
zione anche Paul Kahn, Lo studio culturale del diritto (1999), trad. it., Reggio Emilia, Diabasis, 2008. La distinzio-
ne tra le due prospettive di diritto costituzionale riflette, in larga misura, la divergenza che, nella letteratura angloa-
mericana, si riscontra fra costituzionalismo “giuridico” (ossia fondato sull’argomentazione dei giudici) e costituzio-
nalismo “politico” e “Popular” (fondato sulle decisioni della rappresentanza politica). Si vedano, per l’Italia, M.
Goldoni, Il ritorno del costituzionalismo alla politica: il «Political» e il «Popular» Constitutionalism, in Quad.
Cost., 4, 2010, 733 ss., e, per l’America latina, P. Riberi, Derecho y política: tinta y sangre, in R. Gargarella
(coord.), La Constitución en 2020, Buenos Aires, Siglo XXI, 2011, 240 ss., ed ivi bibliografia.
12
Cfr. C. Pinelli, Le tradizioni costituzionali comuni ai popoli europei fra apprendimenti e virtù trasforma-
tive, in Giornale storia cost., 9, 2005, 11 ss. Per una efficace sintesi delle elaborazioni giurisprudenziali sulle
MICHELE CARDUCCI 8
g) infine, in combinato con l’art. 4.2 TUE, essa rispetta anche le identità nazionali degli
Stati.
Quindi, lì dove il tema della tutela dei diritti fondamentali si intreccia con un processo di
integrazione regionale al cui interno opera anche una Convenzione regionale di tutela dei di-
ritti umani, in un dialogo fra Corti sovranazionali e nella considerazione dell’esperienza costi-
tuzionale degli Stati partecipanti al processo integrativo, lì sarà predicabile la tridimensionali-
tà delle integrazioni regionali nei suoi “elementi determinanti”, cioè nelle caratteristiche irri-
nunciabili per la sussistenza del fenomeno stesso 13.
È per questa ragione che, sempre in Europa, si sta sviluppando una metodologia di com-
parazione costituzionale non più semplicemente “inter-statale” (ossia di “Diritto costituziona-
le comparato”) o “inter-regionale” (come avviene per gli studi di “Diritto comunitario com-
parato” presenti tanto in Europa 14 come in America latina) 15, ma anche e soprattutto “inter-
europea” 16 (ovvero di “Diritto europeo comparato” tra UE-Stati-CEDU) 17: una comparazio-
ne anch’essa tridimensionale 18.
Invece, lì dove non tutti e sei gli “elementi determinanti” indicati risultano corrispondenti
a quelli evolutisi in Europa, lì potranno presentarsi connessioni tridimensionali 19, ma sarà
di), Codice dell’integrazione latino-americana. Il SELA: Sistema economico latino-americano, Salerno, Elea
Press, 1992; gli innumerevoli di Massimo Panebianco, tra cui I modelli di integrazione in America Latina:
l’ALADI ed il SELA, in Dir. Comunit. Scambi Internaz., 1982, 642 ss., Introduzione al diritto comunitario com-
parato (diritto internazionale e diritto dell’integrazione nell’Europa comunitaria e in America latina), Salerno,
Edisud, 1985, L’integrazione europea e latino-americana fra internazionalismo e costituzionalismo, in Dir. So-
cietà, 1979, 5 ss., L’internazionalismo bolivariano e l’integrazione degli Stati in America Latina, in Riv. Studi
Pol. Internaz., 1983, 397 ss.; I. Recavarren (a cura di), América Latina hoy: derecho y economía (Collana Istitu-
to di Studi Latino-Americani dell’Università Bocconi, 2), Milano, Egea, 1995, 183 ss.
20
Sui problemi della comparazione dei fenomeni sovranazionali come metodo, rispetto alle acquisizioni
dogmatiche del diritto internazionale e del diritto costituzionale, cfr. Ph.F. De Lombaerde, L. Sönderbaum, L.
van Langenhove, F. Baert, The Problem of Comparison in Comparative Regionalism, in 9 Jean Monnet/Robert
Schuman Paper Series, 7, Coral Gables (FL), Univ. of Miami, 2009; come nucleo logico e concettuale cfr. inve-
ce B.N. Mamlyuk, U. Mattei, Comparative International Law, in 36 Brook. J. Int.’l L., 2, 2011, 385 ss.; e come
utilizzabilità dello strumentario del costituzionalismo statale, A. von Bogdandy, El constitucionalismo en el de-
recho internacional, in www.juridicas.unam.mx, 2007.
21
SICA sta per Sistema di Integrazione del Centro America. Si v. il sito www.sicanet.org.sv.
22
CARICOM sta per Comunità del Caribe. Si v. il sito www.caricom.org.
23
CAN sta per Comunità Andina. Si v. il sito www.comunidadandina.org.
24
MERCOSUR sta per Mercato Comune del Cono Sud. Si v. il sito www.mercosur.org.uy. Sui processi la-
tinoamericani di integrazione, si v. CESPI (a cura di), I processi di integrazione in America latina, Roma, Osser-
vatorio di politica internazionale del Parlamento italiano, 2010.
25
Come invece, a volte, si propone: cfr. A. Di Stasi, Il diritto all’equo processo nella CEDU e nella Con-
venzione americana sui diritti umani: analogie, dissonanze e profili di convergenza giurisprudenziale, Torino,
Giappichelli, 2012.
26
Si pensi ai seguenti studi: L. Finn (ed.), Comparative Regional Integration: Theoretical Perspectives, in
The International Political Economy for New Regionalism Series, Furnham, Ashgate, 2009; A. Malamud, Latin
American Regionalism and EU Studies, in 32 J. European Integr., 6, 2010, 637 ss. e con G.L. Gardini, Has Re-
gionalism Peaked? The Latin American Quagmire and Its Lessons, in 47 International Spectator, 1, 2012, 116
ss.; la sintesi bibliografica di C. Lenza, Analisi delle esperienze di cooperazione ed integrazione regionale in
America latina, La Paz, Utl, 2009.
27
In tal senso, si rinvia a M. Carducci, O Direito Comparado das Integrações Regionais no Contexto Eu-
roamericano, in R.F. Bacellar Filho, D. Wunder Hachem (coords.), Direito Público no Mercosul: Intervenção
estatal, direitos fundamentais e sustentabilidade (Anais do VI Congresso da Associação de Direito Público do
Mercosul. Homenagem ao Professor Jorge Luis Salomoni), Belo Horizonte, Editora Forum, 2013, 109 ss. Il pro-
blema, quindi, è diverso da quello della “giustiziabilità” a livello nazionale degli atti delle organizzazioni inter-
nazionali, su cui si v. il classico lavoro di A. Reinisch, International Organizations before National Courts,
Cambridge, Cambridge Univ. Press, 2000.
MICHELE CARDUCCI 10
Ma che cosa deve studiare il “Diritto costituzionale comparato delle integrazioni regionali”?
La risposta a questa domanda non è del tutto identica fra Europa e America latina 28. Nel
subcontinente prevale l’espressione “diritto costituzionale transnazionale”, con cui si enfatiz-
za soprattutto il ruolo giurisprudenziale di tutela dei diritti fondamentali a livello sovranazio-
nale 29. Da tale angolo di visuale, l’“elemento determinante” di comparazione sarebbe offerto
dalla traslazione di competenze giurisprudenziali di interpretazione dei diritti, funzionale alla
conversione degli ordinamenti giuridici integrati in un sistema “foráneo” di interpretazioni
prevalenti sul sistema delle fonti interno agli Stati. Tale prospettiva, quindi, escluderebbe dal
proprio campo il diritto costituzionale “generale” degli Stati e delle altre organizzazioni so-
vranazionali: escluderebbe, in altri termini, intrecci non esclusivamente giurisprudenziali e in-
terpretativi 30. Non a caso, essa risulta non applicabile ai processi latinoamericani privi di di-
mensione giurisdizionale, come l’UNASUR o l’ALBA 31.
In Europa, invece, per rispondere a questa domanda, non si può non partire dall’art. 6
TUE. Anche secondo questo articolo, effettivamente l’oggetto di studio del “Diritto costitu-
zionale comparato delle integrazioni regionali” sembra investire esclusivamente la “materia”
dei diritti fondamentali. Però questa “materia” è coinvolta su quattro dimensioni: quella te-
stuale (per l’Europa: Costituzioni, TUE, CEDU); quella interpretativa delle Corti sovranazio-
nali e nazionali (come si desume dalla “Carta di Nizza” richiamata dall’art. 6 TUE); quella
delle “tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri”; quella delle competenze della UE e
del suo sistema di fonti. Quindi: fonti, interpretazioni, identità. L’oggetto, in altri termini, non
solo appartiene ai quattro livelli, ma soprattutto presenta contenuti normativi ricavabili non
unilateralmente, ma da tutte e quattro le dimensioni dell’integrazione regionale. Il che com-
porta sì una trasfigurazione del criterio gerarchico 32, a vantaggio di una comunicazione circo-
lare sui contenuti dei rapporti interordinamentali 33, senza però esaurirsi in una armonizzazio-
ne interpretativa dei soli contenuti 34. L’oggetto detiene pur sempre una componente formale e
strutturale propria, dettata, per l’Europa, dal TUE come fonte stessa che legittima e limita la
tridimensionalità.
Ecco perché è necessario parlare di un “Diritto costituzionale comparato delle integrazio-
ni”: non un solo “Diritto costituzionale”, con le sue regole, le sue fonti, le sue interpretazioni,
28
Tra i primi a cogliere la tridimensionalità come fenomeno delle integrazioni anche latinoamericane, A.A.
Cançado Trindade, Os experimentos de integração e cooperação na América Latina e o sistema interamericano,
in M. Panebianco (a cura di), Europa comunitaria e America latina, cit., 49 ss.
29
Cfr. L. Mezzetti, C. Pizzolo (a cura di), Diritto costituzionale transnazionale, Bologna, Filodiritto, 2013,
per un interessante confronto tra i due contesti, e M. Neves, Transconstitucionalismo con especial referencia a
la experiencia latinoamericana, in A. Von Bogdandy, E. Ferrer Mac-Gregor, M.M. Antoniazzi (Coords.), La
justicia constitucional y su internacionalización. ¿Hacia un ius constitucionale commune en América latina?, T.
I, México DF, UNAM, 2010, 264 ss.
30
Cfr. AA.VV., Los derechos sociales en serio: hacia un dialogo entre derechos y políticas públicas,
Bogotá, ed. Antropos, 2007.
31
È importante ricordare che le matrici delle idee di integrazione in America latina sono molto diverse da
quelle europee, traendo linfa da teorie universaliste e non stataliste del diritto e da visioni unitarie delle identità
ordinamentali: si v. in merito, specificamente, M. Panebianco, Ius gentium e diritto internazionale in Europa e
America Latina, in XIV Congreso Latinoamericano de derecho romano, Buenos Aires (15, 16 y 17 de septiem-
bre de 2004). Si cfr. anche la rivista Geopolitica, 4, 2012, intitolato America Latina: tentativi di unità.
32
Su tale fenomeno, si v. ora D. Messineo, La garanzia del “contenuto essenziale” dei diritti fondamentali,
Torino, Giappichelli, 2012, 38 ss.
33
A. Lazari, La nueva gramática del constitucionalismo judicial europeo, in Rev. Der. Com. Eur., 33, 2009,
501 ss.
34
Su questa complessità, richiamava l’attenzione già A.P. Sereni, Funzione e metodo del diritto comparato,
in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ., 1960, 156 ss.
35
Sul nesso euristico ed epistemologico tra comparazione e “nucleo logico”, si v. A. Marradi, Natura, for-
me e scopi della comparazione, in D. Fisichella (a cura di), Metodo scientifico e ricerca politica, Roma, Nic,
1985, 293 ss.
36
Si veda in sintesi P. Logroscino, Diritto costituzionale comune, in L. Pegoraro (dir.), Glossario di Diritto
pubblico comparato, Roma, Carocci, 2009, 93. Il riferimento “classico” è al pensiero di Peter Häberle, Derecho
constitucional común europeo, in Rev. Estudios Políticos, 79, 1993, 13 ss. Ma si consideri già F. Cocozza, Dirit-
to comune delle libertà in Europa: profili costituzionali della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Torino,
Giappichelli, 1994.
37
Si v. le proposte di E. Castorina: Diritto costituzionale comune e diritto costituzionale europeo: il pro-
blema dell’identità dell’Unione, in Id. (a cura di), Profili attuali e prospettive di Diritto costituzionale europeo,
Torino, Giappichelli, 2007, 26 ss., e Notazioni sul diritto costituzionale europeo come “nuova disciplina”, in
Scritti on. Franco Modugno, I, Napoli, Editoriale Scientifica, 2011, 667 ss.
38
Oltre al già cit. C. Pinelli, Le tradizioni, si v. L. Cozzolino, Le tradizioni costituzionali comuni nella giu-
risprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, in http://archivio.rivistaaic.it/materiali/convegni, e
A. Ianniello Saliceti, Il significato delle tradizioni costituzionali comuni nell’Unione europea, in G. Rolla (a cura
di), Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, Milano, Giuffrè,
2010, 136 ss. È bene ricordare, tra l’altro, che la formula “tradizioni costituzionali comuni”, di origine giurispru-
denziale transitata nei Trattati europei, non è sinonimo di “tradizioni giuridiche europee” nel significato di matri-
ce comune di sistemi e famiglie giuridiche. Su questo secondo tema, assai complesso per l’Europa, si v. B. An-
dò, Sulla tradizione giuridica europea, fra molteplicità e unitarietà, in B. Andò, F. Vecchio (a cura di), Costitu-
zione, globalizzazione e tradizione giuridica europea, Padova, Cedam, 2012, 125 ss.
MICHELE CARDUCCI 12
Si è parlato in proposito di una vera e propria “Forma di Stato dell’Unione europea” 39,
dove l’omogeneità dei rapporti tra autorità e libertà opera sul piano orizzontale sovranazionale
fra UE e CEDU (art. 6.1 e 2 TUE) e sul piano verticale verso gli Stati, nella doppia referenza
alle comuni “tradizioni costituzionali” (art. 6.3 TUE) e al rispetto delle singole “identità costi-
tuzionali” 40 (art. 4.2 TUE), in una dinamica che vede protagonisti attivi i giudici delle diverse
dimensioni coinvolte 41, ma non solo questi 42.
In America latina, questo ricco lessico euristico è quasi sconosciuto. Alcuni approcci si
limitano a descrivere i diversi “modelli”, senza analizzarne le diverse meccaniche rispetto ap-
punto alla tutela dei diritti fondamentali, assumendo come paradigmi di comprensione ora la
UE 43 ora addirittura il GATT 44. Altri, invece, richiamano origini differenti, al confine tra au-
toctone visioni regionalistiche – integrazionistiche ed esperimenti di “federalismo comunita-
rio” 45. Forme di tridimensionalità vengono ipotizzate, assumendo come punto di riferimento
39
È l’importante tesi di F. Palermo, La forma di Stato dell’Unione europea. Per una teoria costituzionale
dell’integrazione sovranazionale, Padova, Cedam, 2005.
40
Del resto, tale doppia referenza giustifica le innumerevoli definizioni “costituzionali” che si sono tentate
della originalità del diritto europeo: diritto costituzionale trans-nazionale (E. Stein, Lawyers, Judges, and the
Making of a Transnational Constitution, in Am. J. Int.’l. L. 1981, 1 ss.); diritto europeo inter-costituzionale (A.
Ruggeri, Sovranità dello Stato e sovranità sovranazionale, attraverso i diritti umani, e prospettive di un diritto
europeo “inter-costituzionale”, in Dir. Pubbl. Comp. Eur., 2001, 544 ss.); spazio costituzionale europeo comune
(P. Häberle, Gemeineuropäisches Verfassungsrecht, in Eur. Grundrechte Zeit., 1991, 261 ss.), ecc.
41
T. Giovanetti, L’Europa dei giudici, la funzione giurisdizionale nell’integrazione comunitaria, Giappi-
chelli, Torino, 2009.
42
Dato che, come si richiamerà nel testo, il meccanismo non opererebbe con efficacia, se non sussistessero
condizioni “strutturali” di intreccio ordinamentale, a partire dal rinvio pregiudiziale per arrivare alla primauté.
Sulla rilevanza di questa dimensione, da non sottovalutare quando si parla di “costituzionalità” della dimensione
sovranazionale europea, si v. molto incisivamente A. Cantaro, F. Losurdo, L’integrazione europea dopo il Trat-
tato di Lisbona, in Dal Trattato costituzionale al Trattato di Lisbona. Nuovi Studi sulla Costituzione europea,
Quaderni della Rass. Dir. Pubbl. Eur., n. 5, Napoli, Esi, 2009, 58 ss.
43
La UE, per quello che N. MacCormick definisce “Suitas”, ossia come “paradigmaticità” dell’esperi-
mento: cfr. N. MacCormick, La sovranità in discussione. Diritto, Stato e nazione nel “Commonwealth” europeo
(1999), trad. it., Bologna, il Mulino, 2003, 195 ss.
44
Il GATT, per essere stato lo strumento di condizionamento sovranazionale trasversale a tutto il subconti-
nente americano: E. Biacchi Gomes, Manual, cit., 63-64.
45
Su questi temi, la letteratura è enorme. Per una sintesi delle matrici culturali e socio-antropologiche di
queste tendenze interpretative, si rinvia a D. Ribeiro, Las Américas y la civilización: proceso de formación y
causas del desarrollo desigual de los pueblos americános, México, Editorial Extemporáneos, 1977, e ai saggi di
L. Obregón Tarazona, Between Civilization and Barbarism: Creole Interventions in International Law, in 27
Third World Quarterly, 5, 2006, 815 ss., Completing Civilization: Creole Consciousness and International Law
in Nineteenth Century Latin America, in A. Orford (ed.), International Law and its Others, Cambridge, Cam-
bridge Univ. Press, 2006, e Construyendo la región americana: Andrés Bello y el derecho internacional, in B.
González, S. e J. Poblete (eds.), Andrés Bello y los estudios latinoamericanos, Serie Criticas, Pittsburgh,
Universidad de Pittsburgh, Instituto Internacional de Literatura Iberoamericana, 2009. La linea attuale di
riflessione costituzionalistica può essere tracciata a partire dai seguenti studi: A.R. Brewer Carias, Los problemas
constitucionales de la integración económica latinoamericana, Caracas, Banco Central de Venezuela, 1968;
E.C. Schaposnik, Estrategias para la Integración Latinoamericana, Bogotá, Universidad Central, 1991; R.
Schembri Carrasquilla, El Neofederalismo Comunitario, in El federalismo en Colombia, Bogotá, Universidad
Externado de Colombia, 1993, 249 ss.; L.H. Carvajal, Integración, pragmatismo y utopía en América Latina,
Bogotá, Universidad Externado de Colombia, Universidad de los Andes, Tercer Mundo Editores, 1993; O.
Arizmendi Posada, Las tres propuestas integracionistas de Bolívar y otros temas bolivarianos, Bogotá,
Publicaciones Univ., 1996; G. Betancur Mejía, La Comunidad Latinoamericana de Naciones, Medellín,
Ediciones Fundación Universitaria CEIPA, 1996; C.F. Molina Del Pozo (comp.), Integración Eurolati-
noamericana, Buenos Aires, Ediciones Ciudad Argentina, 1996. La presenza delle questioni identitarie regionali
e di integrazione emerge anche dalle finalità di alcune specifiche istituzioni sovranazionali, come l’ALADI e il
Parlamento latino. Si v. i siti: www.aladi.org; www.parlatino.org; www.pla.net.py. Sulla rilevanza delle concettua-
lizzazioni latinoamericane ai fini della comparazione, si rinvia a M. Carducci, Le integrazioni latinoamericane nei
“flussi giuridici” fra “prototesto” europeo e “metatesti” locali, in Dir. Pubbl. Comp. Eur., I, 2013, 262 ss.
46
È questa le tesi recentemente proposta da E. Biacchi Gomes, Controle de convencionalidade nos proces-
sos de integração. Democracia e Mercosul (a construção de uma tese), in Rev. A & C de Der. Adm. & Const.,
52, 2013, 231 ss. Va tuttavia osservato che il MERCOSUL è privo di una vera e propria autorità giurisdizionale
regionale sui diritti: solo nel 2009 è stato istituito l’Instituto de Políticas Públicas em Direitos Humanos
(IPPDH), ma in quanto organo “ausiliario” per il coordinamento tecnico scientifico delle politiche regionali sui
diritti umani.
47
Cfr. M. Carducci, L. Castillo Amaya, Comparative Regionalism and Constitutional Imitations in the In-
tegration Process of Central America, in 1 Eunomia, 2, 2012, 7 ss., e L.P. Castillo Amaya, La Identidad Consti-
tucional de Centroamérica. Un estudio del fenómeno de imitación constitucional en las integraciones
regionales, Tesis de Doctorado, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” (Italia), 2013.
48
J.L. Caballero Ochoa, El derecho internacional en la integración constitucional. Elementos para una
hermenéutica de los derechos fundamentales, in Rev. Iberoamericana Der. Procesal Const., 26, 2006, 79 ss. In
Italia, il tema della integrazione attraverso la sola tutela giudiziale dei diritti è ricostruito da L. Azzena, L’inte-
grazione attraverso i diritti, Torino, Giappichelli, 1998.
49
Sulle matrici storiche e semantiche dell’Amparo, mi permetto di rinviare a M. Carducci, L’Amparo mes-
sicano come crittotipo “spinoziano”, in R. Orrú, F. Bonini, A. Ciammariconi (a cura di), La giustizia costituzio-
nale in prospettiva storica: matrici, esperienze e modelli, Napoli, Esi, 2012, 287 ss.
50
C. Ayala Corao, Del amparo nacional al amparo interamericano como institutos para le protección de
los derechos humanos, Caracas-San José, IIDH-EJV, 1998. Ma sulla polisemia della formula “Derecho procesal
constitucional” nel contesto latinoamericano delle integrazioni sovranazionali, si v. le interessanti proposte di
E.A. Velandia Canosa, Teoria constitucional del proceso. Derecho procesal constitucional, Bogotá, Ed.
Doctrina y Ley, 2009, nonché, insieme a D.J. Beltrán Grande, La justicia transnacional y su modelo
transnacional, in E.A. Velandia Canosa (dir.), Derecho procesal constitucional, Tomo III, vol. I, Bogotá, VC
Editores, 2012, 103 ss.
51
Profilo non altrettanto pacifico per il contesto europeo: cfr. B. Randazzo, Il ricorso alla Corte europea
dei diritti dell’uomo come ricorso diretto, in R. Tarchi (a cura di), Patrimonio costituzionale europeo e tutela dei
diritti fondamentali. Il ricorso diretto di costituzionalità, Torino, Giappichelli, 2012, 297 ss. Sul “formalismo”
MICHELE CARDUCCI 14
Ovviamente le ragioni a base di questa diversa prospettiva risiedono nella “diversità” del-
la tridimensionalità delle integrazioni regionali latinoamericane (come si verificherà più ol-
tre). Sin d’ora, tuttavia, è importante constatare che l’euristica del “Diritto processuale costi-
tuzionale sovranazionale” e dell’“Amparo interamericano” presenta, in confronto con quella
europea, tre particolarità:
a) prescinde dall’analisi delle condizioni di omogeneità che, sia sul piano orizzontale so-
vranazionale che su quello verticale verso gli Stati, istituzionalizzano gli “elementi determi-
nanti” della struttura tridimensionale di una integrazione regionale e conformano il “Diritto
costituzionale comune” e il “Diritto costituzionale sovranazionale” di quella integrazione 52;
b) enfatizza il ruolo del ricorrente all’Amparo come soggetto sostitutivo della qualifica-
zione delle relazioni interordinamentali, come se la struttura formale di queste ultime, pur
sempre voluta dagli Stati, fosse irrilevante per la conoscenza e comprensione del fenomeno 53;
c) si concentra sul contenuto normativo dei diritti fondamentali nella sola prospettiva del
rapporto tra Stati e organo giurisdizionale convenzionale americano, la Corte interamericana
dei diritti umani (d’ora in poi CIDH), come se i vari Trattati di integrazione regionale del sub-
continente fossero ontologicamente e logicamente estranei al problema 54.
dell’assimilazione del ricorso CEDU all’Amparo, si v. D. Szymczak, La Convention européenne des droits de
l’homme et le juge constitutionnel national, Bruxelles, Bruylant, 2006, 648 ss.
52
Su questi presupposti di omogeneità, si v. A. Cardone, La tutela multilivello dei diritti fondamentali, Mi-
lano, Giuffrè, 2012.
53
Ma sulla complessità di inquadramento dell’individuo come soggetto di diritto internazionale, si v. F.
Mastromartino, La soggettività degli individui nel diritto internazionale, in Dir. & Quest. Pubbl., 10, 2010, 415
ss. Invece, per avere un’idea della complessità della prospettiva del ricorrente nell’Europa della tutela “multili-
vello” dei diritti fondamentali, dove la tutela dei diritti è processualmente complicata dai meccanismi della pre-
giudizialità europea e del giudizio incidentale di legittimità costituzionale, si considerino i casi davanti alla Corte
di giustizia UE Ruiz Zambrano (8 marzo 2011, in Causa C-34/09) e Melloni (26 febbraio 2012, in Causa C-
399/11): sul caso Melloni, cfr. M. Iacometti, Il caso Melloni e l’interpretazione dell’art. 53 della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea tra Corte di giustizia e Tribunale costituzionale spagnolo, in Osservatorio
AIC, ottobre 2013, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.
54
Questa attenzione esclusiva è comprovata dal dibattito latinoamericano sulla esistenza di una unica “lega-
lità interamericana”, garantita dalla Corte interamericana come “quarta istanza” dei rimedi giurisdizionali di
ciascuno Stato aderente: cfr. M.C. Londoño Lázaro, El principio de legalidad y el control de convencionalidad
de las leyes: confluencias y perspectivas en el pensamiento de la Corte Interamericana de Derechos Humanos,
in Bol. Mex. Der. Comp., 128, 2010, 761 ss., e J.E. Herrera Pérez, Control judicial internacional de DDHH
sobre la actividad jurisdiccional interna de los Estados: ¿un cuarta instancia?, in Horizontes contemporáneos
del Derecho procesal constitucional. Liber amicorum Néstor Pedro Sagüés, Tomo I, Lima, Adrus, 2011, 765 ss.
55
Come vorrebbero alcune teorie “culturali” della comparazione euroamericana: B. Galindo, Teoría inter-
cultural da Constituição, Porto Alegre, Livraria do Advogado, 2006.
56
Come finisce col prediligere il “Diritto costituzionale transnazionale”. Si v. N.L. Xavier Baez, R. Luiz
Nery da Silva, G. Smorto (a cura di), Le sfide dei diritti umani fondamentali nell’America latina ed in Europa,
Roma, Aracne, 2013. Ma si cfr. le puntuali distinzioni di C. Pizzolo, Derecho e integración regional, Buenos
Aires, Editora Ediar, 2010.
57
In tal senso, A. Ruggeri, L’“intensità” del vincolo espresso dai precedenti giurisprudenziali, con specifi-
co riguardo al piano dei rapporti tra CEDU e diritto interno e in vista dell’affermazione della Costituzione co-
me “sistema”, in Scritti on. Giuseppe de Vergottini (in stampa).
58
Cfr. T. Groppi, Le citazioni reciproche tra la Corte europea e la Corte interamericana dei diritti dell’uo-
mo: dall’influenza al dialogo?, in www.federalismi.it, 19, 2013.
59
Cfr. J. García Roca, El margen de apreciación nacional en la interpretación del Convenio Europeo de
Derechos Humanos: soberanía e integración”, Madrid, Thomson Reuters-Civitas, Madrid, 2010, e M. Núñez
Poblete, Sobre la doctrina del margen de apreciación nacional. La experiencia latinoamericana confrontada y
el thelos constitucional de una técnica de adjudicación del derecho internacional de los derechos humanos, in
P.A. Alvarado Acosta, Manuel Núñez Poblete, El Margen de apreciación en el sistema Interamericano de
Derechos Humanos. Proyecciones regionales y nacionales, México DF, UNAM, 2012, 32 ss.
60
Sulla centralità del tema della “esclusività” degli ordinamenti giuridici, si v. A. Schillaci, Diritti fonda-
mentali e parametro di giudizio. Per una storia concettuale delle relazioni tra ordinamenti, Napoli, Jovene,
MICHELE CARDUCCI 16
va” verso gli Stati, magari anche con forti interferenze, ma all’interno comunque di un quadro
sostanzialmente dualistico (Stati vs. CEDU o CADH).
Al contrario, gli ordinamenti regionali di integrazione sovranazionale non nascono e non
si atteggiano affatto come “residuali”: essi rompono l’esclusività degli Stati, risultando a ten-
denza inesorabilmente “sostitutiva” e dunque “monistica” 61. A differenziarli saranno sia la
morfologia dei Trattati istitutivi sia le fonti di legittimazione della “rottura” dell’esclusività,
prevalendo ora quelle statali (come succede in America latina, dove sono comunque le clauso-
le costituzionali di “apertura” ad abilitare l’ingresso normativo sovranazionale) ora proprio
quelle sovranazionali regionali (come si verifica in Europa sin dalla giurisprudenza dalla pri-
mauté fino all’intreccio dell’art. 6 TUE).
Nel solco di questa ineludibile divaricazione fra sovranazionalità convenzionale “com-
pensativa” e sovranazionalità regionale “sostitutiva” 62, si possono riscontrare ulteriori ele-
menti di differenziazione, nella comparazione fra le due esperienze.
a) In Europa, la tridimensionalità fra Stati, convenzionalità CEDU e sovranazionalità UE
è l’effetto di esplicite opzioni normative contenute nei Trattati UE e di irreversibili arresti giu-
risprudenziali della Corte di giustizia UE. Al contrario, in America latina, è dalle Costituzioni
degli Stati, con le loro “clausole di apertura”, che si attiva la dinamica interordinamentale tri-
dimensionale 63, con la sola eccezione (come si vedrà in seguito) delle integrazioni del Centro
America, frutto di originali vicende storiche plurisecolari, che hanno lasciato traccia tanto nel
SICA quanto nella CARICOM 64. Per riflesso, sussiste una diversa collocazione della fonte
che orienta l’integrazione omogenea sui diritti 65 e abilita il policentrismo giudiziale (conven-
zionale “compensativo” e regionale “sostitutivo”) a loro tutela 66.
b) La tridimensionalità europea è “nominativa”, nel senso di identificare nominalmente le
fonti legali da coinvolgere e le modalità generali con cui costruirla. Basta leggere gli artt. 6 e
4.2 TUE, dove si parla innanzitutto di CEDU, “Carta di Nizza”, “tradizioni costituzionali co-
muni”, ma anche di “identità nazionali” degli Stati: una tecnica normativa inaugurata dal
Trattato di Maastricht del 1992 67 e ulteriormente affinata con il “Preambolo” della “Carta di
2012. Il principio della “esclusività”, tuttavia, è un apparato concettuale della dogmatica giuspubblicistica euro-
pea, incentrata sulla necessità logica dell’ordinamento giuridico come Stato. Tale combinazione non è del tutto
scontata nel subcontinente americano, anche in ragione delle risalenti influenze della seconda Scolastica spagno-
la. Invece, per un tentativo di comparazione euroamericana sul tema della “residualità”, si v. M.G. Monroy Ca-
bra, El Derecho Internacional como fuente del Derecho Constitucional, in 1 ACDI, Bogotá, 1, 2008, 107 ss.
61
In tale prospettiva, come si osserva in Germania, non è possibile sovrapporre, all’interno degli Stati, le
prospettive di Europafreundlichkeit con quelle di Völkerrechtsfreundlichkeit, in particolare in ragione
dell’affermarsi non più di un Richterrecht, quanto di un vero e proprio Jurisdiktionsstaat: cfr. E.-W. Böckenför-
de, Gesetz und gesetzgebende Gewalt, Berlin, Duncker & Humblot, 19812, 402.
62
L’ipotesi di osservazione dei processi transnazionali e di integrazione sovranazionale secondo la differen-
ziazione tra dinamiche “compensative” e “sostitutive”, si deve a v. A. Peters, Compensatory Constitutionalism:
The Function and Potential of Fundamental International Norms and Structures, in 19 Leiden J. Int.’l L., 2006,
579 ss. Ma v. già P. Sands, Treaty, Custom and the Cross-fertilization of International Law, in 1 Yale Hum.
Rights & Develop. L. J., 1998, 85 ss.
63
Su tale differenza, F. Piovesan, Direitos Humanos e o Direito Constitucional Internacional, São Paulo,
Saraiva, 1997.
64
Cfr. i contributi in tema in P. Pennetta (a cura di), L’evoluzione dei sistemi giurisdizionali regionali, cit.
65
Sulla rilevanza della individuazione della “fonte” della omogeneità nei processi di integrazione, si v. F.
Palermo, La forma di Stato dell’Unione europea, cit., specialmente 132 ss.
66
Sulla rilevanza della fonte di attivazione del policentrismo giudiziale, si v. M.D. Poli, Bundesverfas-
sungsgericht e Landesverfassungsgerichte: un modello “policentrico” di giustizia costituzionale, Milano, Giuf-
frè, 2012, Capitolo I.
67
Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 (versione consoldidata), art. 6: “1.
L’Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,
e dello Stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri. 2. L’Unione rispetta i diritti fondamentali
quali garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri,
in quanto principi generali del diritto comunitario ... 3. L’Unione rispetta l’identità nazionale dei suoi Stati
membri. 4. L’Unione si dota dei mezzi necessari per conseguire i suoi obiettivi e per portare a compimento le
sue politiche”.
68
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, del 9 dicembre 2000, Preambolo: “… La presente
Carta riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti della Comunità e dell’Unione e del principio di sus-
sidiarietà, i diritti derivanti in particolare dalle tradizioni costituzionali e degli obblighi internazionali comuni
agli Stati membri, dal Trattato dell’Unione europea e dai Trattati comunitari, dalla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalle Carte sociali adottate dalla Comunità e dal
Consiglio d’Europa, nonché i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità
europee e da quella della Corte europea dei diritti dell’uomo”. Sulla complessa portata di queste previsioni, si v.
ora G. de Búrca, After the EU Charter of Fundamental Rights: The Court of Justice as a Human Rights Adjudi-
cator?, in 20 Maastricht J. Eur. Comp. L., 2, 2013.
69
Il Protocollo è stato ratificato nel 1993 da Costa Rica, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panamá, El Sal-
vador e, nel 2000, dal Belize.
70
Un “generalismo” spiegato come congenita esigenza di auto-integrazione dei paesi latinoamericani: cfr.
M.P. Larné, La protezione dei diritti umani, cit., 430 ss.
71
Al massimo, si tratterà di “cessioni” interpretative, se si accede al citato approccio latinoamericano del
“derecho constitucional transnacional”.
MICHELE CARDUCCI 18
Analogamente la Costituzione della Colombia, del 1991, contiene un articolo, il 227, se-
condo il quale “Lo Stato promuoverà l’integrazione economica, sociale e politica con le altre
nazioni e specialmente con i paesi dell’America latina e del Caribe, per mezzo di Trattati
che, in condizioni di reciprocità, equità e uguaglianza, creino organismi sovranazionali, an-
che al fine di promuovere una Comunità latinoamericana delle nazioni”; anche perché, oltre
al Preambolo, un principio fondamentale di quella Costituzione risiede proprio nell’impegno
ad orientare la politica estera “verso l’integrazione latinoamericana e del Caribe” (art. 9).
La Costituzione della Nazione Argentina, dopo la riforma costituzionale del 1994, ha
modificato l’art. 75 con il n. 24: “(Spetta al Congresso): Approvare Trattati di integrazione
che attribuiscano competenze e giurisdizione a organizzazioni sovrastatali in condizioni di
reciprocità ed eguaglianza, e che rispettino l’ordine democratico e i diritti umani. Le norme
conseguentemente adottate acquistano una gerarchia superiore alle leggi ...”; mentre già
nell’art. 31 stabilisce che “la presente Costituzione, le leggi della Nazione … e i Trattati con
le potenze straniere costituiscono la legge suprema della Nazione”, e all’art. 43, nell’ammet-
tere l’azione di tutela diretta dei diritti, fa riferimento anche a quelli “riconosciuti … da un
trattato”, con l’aggiunta, anch’essa figlia della riforma del 1994, dell’art. 74 n. 22, per cui
“la Dichiarazione Americana dei Diritti e dei Doveri dell’Uomo, la Dichiarazione Universa-
le dei Diritti Umani, la Convenzione Americana sui Diritti Umani, …, nelle condizioni di vi-
genza, hanno dignità costituzionale, non derogano alcun articolo della prima parte della
presente Costituzione e sono da considerarsi complementari dei diritti e delle garanzie dalla
stessa Costituzione riconosciuti”.
Come accennato, le eccezioni costituzionali al “generalismo” sono offerte sia dalle Costi-
tuzioni che dai Trattati degli Stati del Centro America, proprio per la singolare esperienza di
“Diritto costituzionale centroamericano” vissuta in quell’area 72.
La Costituzione di El Salvador del 1983, all’art. 89, è strutturata in tre commi: “El Sal-
vador sostiene e promuove l’’integrazione fra i popoli, economica, sociale e culturale con le
Repubbliche americane e soprattutto con quelle dell’istmo centroamericano. L’integrazione
può effettuarsi mediante Trattati o Convenzioni con le Repubbliche interessate, i quali po-
tranno prevedere la creazione di organi o istituzioni con attribuzioni sovranazionali.
Inoltre, favorisce la ricostituzione totale o parziale della Repubblica del Centro America
in forma unitaria, federale o confederale, con piena garanzia del rispetto dei principi demo-
cratici e repubblicani e dei diritti individuali e sociali dei suoi abitanti.
Il progetto e i principi fondamentali dell’Unione devono essere sottoposti a consulta po-
polare”.
La Costituzione del Guatemala, come riformata nel 1993, contiene gli articoli 149, 150 e
151, che rispettivamente prevedono: “Il Guatemala disciplina le sue relazioni con altri Stati
in conformità ai principi, regole e pratiche internazionali con il proposito di contribuire al
mantenimento della pace e della libertà, al rispetto e difesa dei diritti umani, al rafforzamen-
to dei processi democratici e delle istituzioni internazionali che garantiscono il reciproco ed
equo beneficio fra gli Stati”; “Il Guatemala come parte della comunità centroamericana,
mantiene e stringe rapporti di cooperazione e solidarietà con gli altri Stati che hanno costi-
tuito la Federazione di Controamerica; deve adottare le misure adeguate per rendere effetti-
va, in forma parziale o totale, l’Unione politica o economica del Centro America. Le autorità
competenti sono obbligate a rafforzare l’integrazione economica centroamericana sulla base
dell’equità”; “Lo Stato mantiene relazioni di amicizia, solidarietà e cooperazione con quagli
Stati, il cui sviluppo economico, sociale e culturale sia analogo a quello del Guatemala, al
fine di trovare soluzioni appropriate ai loro problemi comuni e di formulare congiuntamente
politiche tendenti al progresso delle rispettive nazioni”.
72
Sulle Costituzioni centroamericane cfr. E. Rozo Acuña, Il costituzionalismo del Messico e dell’America
centrale. Evoluzione politico-costituzionale e carte costituzionali, Torino, Giappichelli, 2008, 132 ss.
MICHELE CARDUCCI 20
mità alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e ai Trattati o Accordi internazionali
nelle stesse materie, ratificati dalla Spagna”, orienta in modo inequivoco la funzione “com-
pensativa” del diritto convenzionale dei diritti umani 73.
Non lo stesso può dirsi per l’Italia, dove è stata la giurisprudenza della Corte costituziona-
le a “impostare” la lettura dei riferimenti testuali della Costituzione. Infatti, l’art. 10.1 Cost.
italana sancisce che “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto in-
ternazionale generalmente riconosciute”, mentre l’art. 117.1 Cost., a seguito della riforma co-
stituzionale del 2001, ha puntualizzato che “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e
dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali”. Quindi, non esiste nella Costituzione italiana un
espresso riferimento ai Trattati in “materia” di diritti fondamentali. Nel contempo, si puntua-
lizza la distinzione strutturale tra “vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario” e “obbli-
ghi internazionali”, così abilitando a livello costituzionale una differenziata dinamica dello
Stato all’interno della tridimensionalità della sua integrazione con UE e CEDU. Pertanto,
l’assenza di riferimento specifico alla “materia” dei diritti previsti a livello internazionale è
stata colta dalla giurisprudenza costituzionale per utilizzare una “seconda porta di ingresso” al
loro richiamo, attraverso l’art. 2 Cost. che, così operando, li “costituzionalizzerebbe”. La dif-
ferenziazione di cui all’art. 117.1 Cost., invece, è servita, sempre per la Corte costituzionale
italiana, per puntualizzare la non sovrapposizione tra regime giuridico delle norme della UE,
direttamente applicabili grazie alla prima parte dell’art. 117.1 Cost. e alla “cessione di sovra-
nità” legittimata dall’art. 11 Cost., e disposizioni della CEDU, frutto di “obblighi internazio-
nali”, ma non di “cessioni di sovranità” 74.
Tuttavia, ancora una volta lo si ribadisce, è l’art. 6 TUE a dissipare ogni dubbio, verso
tutti gli Stati coinvolti dalla UE e dalla CEDU; e non solo sulla tridimensionalità, ma soprat-
tutto sulla differenziazione tra sovranazionalità “compensativa” (CEDU) e quella (della UE)
“sostitutiva” (dato che la CEDU è inserita come “parte del diritto dell’Unione”) 75.
Inoltre, tale articolo (come si puntualizzerà a breve) mantiene in piedi la più profonda del-
le differenziazioni tra le due sponde dell’Atlantico: la teleologia dei Trattati di sovranazionali-
tà “sostitutiva”, con riguardo alla meccanismo (obbligatorio e vincolante in Europa) della
pregiudizialità e quindi al ruolo preminente del giudice sovranazionale rispetto agli Stati
membri.
Il fenomeno tridimensionale è dunque molto complesso, a cavallo tra dinamica delle fonti
(“formante” dominante nel diritto costituzionale “generale” della sovranazionalità “sostituti-
73
Il riconoscimento “compensativo” è evidenziato da due elementi normativi della disposizione spagnola: il
richiamo ai diritti fondamentali comunque riconosciuti dalla Costituzione (non altri …); l’abilitazione alla “in-
terpretazione conforme a” Trattati o Accordi in materia.
74
Cfr, analiticamente E. Lamarque, Le relazioni tra gli ordinamenti nazionale, sovranazionale e interna-
zionale nella tutela dei diritti, relazione al Seminatio Italo-Hispano-Brasileño, Barcelona, 17-18 ottobre 2013,
11 ss. del paper.
75
Tra l’altro, l’articolo contempla, com’è noto, la prospettiva della UE stessa di aderire direttamente al si-
stema convenzionale della Cedu. Su questo tema, si v. L. De Micco, Adesione dell’Unione europea alla Conven-
zione europea sui diritti dell’uomo: attesa di un finale, in Rivista AIC, 3, 2012, in www.associazionedeico
stituzionalisti.it.
76
Si v. molto chiaramente A. Predieri, Il diritto europeo come formante di coesione e come strumento di in-
tegrazione, in Dir. Un. Eur., 1996, 40 ss.
77
L’inquadramento del fenomeno tridimensionale fra teoria delle fonti e teoria dell’interpretazione è stato
ampiamente discusso e costantemente aggiornato da Antonio Ruggeri, in innumerevoli scritti, puntualmente rac-
colti ogni anno nei suoi “Itinerari” di una ricerca sul sistema delle fonti, Torino, Giappichelli (giunti al XVI
vol., 2013). Per un riscontro di sintesi, si può v. A. Ruggeri, Corti costituzionali e Corti europee: il modello, le
esperienze, le prospettive, in http://www.europeanrights.eu/public/commenti/Ruggeri.pdf.
78
G. Martinico, L’integrazione silente. La funzione interpretativa della corte di giustizia e il diritto costitu-
zionale europeo, Napoli, Jovene, 2009.
79
Sul tema delle “gerarchie intrecciate” come chiave di lettura dei rapporti interordinamentali, si v. in generale
M. Neves, Transconstitucionalismo, São Paulo, Martins Fontes, 2009, 235-238, il quale collega la tesi letteraria di
D.R. Hofstadter delle “Tangled Hierarchies” alle ipotesi interpretative del diritto europeo come “multilevel constitu-
tionalism”, elaborate da I. Pernice. Ma è interessante osservare che, nel dibattito italiano, si richiamano altre metafore
simili per spiegare il fenomeno, come quella della “teoria del caos” e della “entropia”, da parte soprattutto di R. Bin,
Gli effetti del diritto dell’Unione nell’ordinamento italiano e il principio di entropia, in Scritti on. Franco Modugno, I,
Napoli, Jovene, 2011, 372-373, o della “contaminazione” (C. Aquino, La contaminazione costituzionale dell’Unione
Europea. Aspettative e ostacoli verso la meta, Roma, Aracne, 2009); mentre nella letteratura internazionale si parla di
“Costituzionalismo IKEA” (G. Frankenberg, Autorität und Integration, Frankfurt, Suhrkamp, 2003), “Meta-
Constitutionalism” (N. Walker, The Idea of Constitutional Pluralism, in Modern L. Rev., 2002, 354 ss.), “Cross-
Constitucionalismo” (AA.VV., Revista Brasileira de Estudos Constitucionais, 2010).
80
Si v. in tal senso l’attuale art. 6, n. 3, TUE, dove i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU “fanno parte
dell’Unione in quanto principi generali”. Ma si veda anche l’art. 52 della “Carta di Nizza”, lì dove si chiarisce che: “2.
I diritti riconosciuti dalla presente Carta che trovano fondamento nei Trattati comunitari o nel Trattato dell’Unione
europea si esercitano alle condizioni e nei limiti definiti dai Trattati stessi. 3. Laddove la presente Carta contenga
diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta Convenzione.
La presente disposizione non osta al diritto dell’Unione di concedere una protezione più estesa”.
81
Sottolinea questo profilo L. Cozzolino, op. loc. cit.
MICHELE CARDUCCI 22
stesso modo, il “margine di apprezzamento”, voluto dalla Corte CEDU, appare sicuramente
mirato a considerare elementi “endogeni” a ciascun singolo Stato specificamente coinvolto
nel giudizio sovranazionale 82. Inoltre, la circostanza che questo “circuito” venga fatto proprio
dal TUE (non da una o alcune Costituzioni o dalla CEDU), consente di garantirne l’atti-
vazione in modo uniforme all’interno di tutti gli Stati della UE. In altre parole, anche i diritti
fondamentali dovranno essere concretizzati e applicati, nei modi “intrecciati” dell’art. 6 TUE,
dentro tutta la UE e dunque dentro gli Stati 83.
Nel contesto latinoamericano, non si assiste allo stesso fenomeno.
In primo luogo, non esiste convergenza o univocità di diritti regionali sovranazionali di
integrazione fra gli Stati (conseguenza, questa, anche delle logiche Pick and Choose di cui si
parlerà più avanti), per cui risulta impraticabile l’uniformità di concretizzazione dei diritti in
nome di un determinato processo regionale di integrazione.
In secondo luogo, su questa sponda dell’Atlantico si assiste piuttosto alla “verticalizzazione”
delle gerarchie coinvolte nonché al riconoscimento di una determinata “esclusività” (quella della
CADH), con riguardo ad una determinata “materia”: quella dei diritti fondamentali. Per tale “ma-
teria”, infatti, opera (come si vedrà più oltre) quel meccanismo che risiede nel “controllo di con-
venzionalità” imposto dalla CIDH a tutte le autorità, giurisdizionali e non, degli Stati.
Con simili premesse, la distinzione tra “endogeno” ed “esogeno” tende a sfumare, anche a
causa delle “clausole di apertura” delle Costituzioni degli Stati e della predominanza della
prospettiva interpretativa e processuale (“culturale”) della CIDH rispetto a quella ordinamen-
tale (“generale”) delle diverse fonti degli Stati e delle altre integrazioni regionali 84.
Diverse sono le cause a base di questo scenario.
La maggioranza dei paesi latinoamericani segue il sistema della recezione automatica
della CADH, incorporandola come “norma interna di fonte internazionale”, attraverso ap-
punto la proprie “clausole di apertura” ai Trattati sui diritti umani 85: lo stesso trattamento
non viene riservato alle integrazioni regionali e al loro sistema di fonti. In questo modo, il
sistema convenzionale è declinato come “interno”, legittimando così gli effetti sostanziali
delle interpretazioni della CIDH sulle fonti esclusivamente interne 86. Questa “norma in-
82
Anche se il ricorso al “margine di apprezzamento” ha risposto ad esigenze e argomenti diversi nella giuri-
sprudenza CEDU: ora giustificandosi per l’assenza di “concezioni uniformi” o di un “terreno comune” di con-
fronto fra gli Stati; ora fondandosi sulla presenza, all’interno dello Stato coinvolto, di una “maggioranza politica
e ideologica” che racchiude e interpreta l’identità costituzionale di un paese o le sue “tradizioni nazionali”; ora
riferendosi alla riscontrabile “razionalità” delle scelte legislative nazionali.
83
Il che, in Europa, pone comunque problemi di “impatto” sui singoli sistemi nazionali di controllo di legitti-
mità, giacché potrebbe favorire l’applicazione diretta della “Carta di Nizza” in quanto comunque diritto della UE,
portando così alla disapplicazione della legge interna senza passare dall’annullamento da parte della Corte costitu-
zionale. Su questo problema si v. in Italia G. Bronzini, Il plusvalore giuridico della Carta di Nizza, in R. Crosio, R.
Foglia (a cura di), Il diritto europeo nel dialogo delle Corti, Milano, Giuffrè, 2013, 153 ss., e T. Guarnier, I giudici
italiani e l’applicazione diretta della Carta di Nizza dopo il Trattato di Lisbona, in L. Cappuccio, E. Lamarque (a
cura di), Dove va il sistema italiano accentrato di controllo di costituzionalità?, Napoli, Editoriali Scientifica, 2013,
149 ss. Per un riferimento alla Germania, si v. M. Pacini, Lussemburgo e Karlsruhe a duello sull’applicabilità della
Carta UE, in Osservatorio AIC, settembre 2013, in www.associazionedeicostituzionalisti.it. Cfr. ora L. Trucco,
Carta dei diritti fondamentali e costituzionalizzazione dell’Unione Europea, Torino, Giappichelli, 2013.
84
Prospettiva che invece, in Italia, è salvaguardata dall’art. 117.1. Cost.
85
H. Fix-Zamudio, Protección jurídico constitucional de los derechos humanos de fuente internacional en
los ordenamientos de Latinoamerica, in J. Pérez Royo, J. Martínez Urías, M. Carrasco Durán (coords.), Derecho
constitucional para el Siglo XXI. Acta del VIII Congreso Iberoamericano de Derehco Constitucional, Tomo I,
Pamplona, Thomson Aranzadi, 2006, 1727 ss.
86
E. Jiménez de Aréchaga, La Convención Americana de los Derechos Humanos como derecho interno, in
Boletín da Sociedade Brasileira de Direito Internacional, 69-72, 1987-89, 35 ss.
87
A. Brewer Carías, La aplicación de los tratados internacionales sobre derechos humanos en el orden
interno. Estudio de Derecho constitucional comparado latinoamericano, in Rev. Iberoamericana Der. Pocesal
Const., 26, 2006, 29 ss.
88
Art. 68: “Gli Stati aderenti alla Convenzione si impegnano ad attuare le decisioni della Corte in qualsia-
si caso in cui siano parte”.
89
Così E. Ferrer Mac-Gregor, La Corte Interamericana de Derechos Humanos como intérprete constitucio-
nal (dimensión transnacional del Derecho procesal constitucional), in D. Valadés, R. Gutiérrez Rivas (coords.),
Memoria del IV Congreso Nacional de Derecho constitucional, Tomo III, México DF, IIJ-UNAM, 2001, 209 ss.
90
Anche se, con il Protocollo 14 alla Cedu, è stata introdotta la procedura di adozione della cosiddetta “sen-
tenza pilota” (disciplinata nel dettaglio dall’art. 61 del Regolamento della Corte, in vigore dal 1° aprile 2011),
che sta producendo una significativa trasformazione del meccanismo di tutela europea in termini di “sindacato
oggettivo” sugli ordinamenti nazionali: si veda in prospettiva generale e aggiornata, B. Randazzo, Giustizia co-
stituzionale sovranazionale. La Corte europea dei diritti dell’uomo, Milano, Giuffrè, 2012, 126 ss., nonché A.
Cerri, Corso di giustizia costituzionale plurale, Milano, Giuffrè, 2012. Per una sua prima applicazione come “pa-
rametro” da parte della Corte costituzionale italiana, si v. la Sent. n. 210/2013
91
Per esempio, in Germania si è chiarito che la Costituzione deve essere interpretata evitando conflitti con
la CEDU, ma questo non abilita alcuna “rottura” costituzionale. Cfr. L. Violini, L’indipendenza del giudice e il
rispetto del diritto internazionale secondo una recente decisione del BVerfG: bilanciamento o prevalenza dei
principi costituzionali nazionali?, in Dir. Pubbl. Comp. Eur., 2005, 1014 ss.
92
Cfr. A.C. Wolkmer, M. Petters Melo (orgs.), Constitucionalismo Latino-Americano. Tendências
Contemporâneas, Curitiba, Juruá, 2013, e A. Medici, La Constitución horizontal. Teoría constitucional y giro
decolonial, San Luis Potosí, Fac. Derecho Univ. Aut. San Luis Potosí-Centro Est Jurídicos y Soc. Mispat,. 2012.
MICHELE CARDUCCI 24
Si pensi, per tutti, alla Costituzione dell’Ecuador del 2008, dove la formula “strumenti inter-
nazionali”, piuttosto che “obblighi” o semplicemente “Trattati”, appare addirittura esplicita e
inequivocabile. I “Principi di applicazione dei diritti” degli articoli 10 e 11 della Cost. Ecua-
dor definiscono in modo dettagliato il meccanismo: l’art. 10 stabilisce che le persone, le co-
munità, i popoli, le nazionalità e le collettività sono titolari e godono dei diritti garantiti dalla
Costituzione e dagli “strumenti internazionali”; mentre l’art. 11, al terzo comma, specifica
che i diritti e le garanzie della Costituzione e degli strumenti internazionali sui diritti umani
saranno applicati “in maniera diretta e immediata”, al quinto comma aggiunge che, in materia
di diritti e garanzie costituzionali, si applicheranno le norme o l’interpretazione che favorisca
maggiormente la loro vigenza effettiva, e infine, al settimo comma, si costituzionalizza la
“clausola di non esclusione”, in base alla quale gli strumenti internazionali di tutela dei diritti
non potranno comunque escludere altri diritti umani tutelati in Costituzione. Tutte queste di-
sposizioni fanno intendere che l’intreccio delle antinomie si declina sempre all’interno della
“materia costituzionale” dei diritti fondamentali, indipendentemente dalla sussistenza o meno
di processi di integrazione regionale. Di “integrazione latinoamericana” si parla separatamen-
te e differentemente, nel Capitolo Terzo del Titolo VIII della Costituzione Ecuador: l’art. 423
descrive modalità e finalità dei processi integrativi latinoamericani, esplicitando obiettivi e
strategie, tradotte però in termini di coordinamento di politiche pubbliche, armonizzazione di
legislazioni, creazione di una cittadinanza latinoamericana, consolidamento di organizzazioni
regionali, e facendo pur sempre salva la “prevalenza” verticistica a favore dei diritti umani. Di
conseguenza, l’“ordine gerarchico di applicazione delle norme”, come recita l’art. 425, ri-
chiama Costituzione, Trattati e Convenzioni internazionali, in quanto coinvolgenti la “mate-
ria” dei diritti, nei cui confronti, la “verticalizzazione” è nuovamente ribadita, dall’art. 426,
come direttamente praticabile anche in presenza di lacune o di omissioni legislative dello Sta-
to, indipendentemente dalla dinamica dei processi di integrazione regionale.
Quindi, ancora una volta, si evidenzia il carattere differenziale tra il panorama latinoame-
ricano e quello europeo. La tridimensionalità latinoamericana definisce gli effetti sul piano in-
terno agli Stati, rispetto alle singole Costituzioni degli Stati e al ruolo dei giudici nazionali. La
tridimensionalità europea coinvolge invece il piano sovranazionale e internazionale, oltre a
quello statale. In merito, la “Carta di Nizza”, con l’art. 53, ha formalizzato chiaramente questo
specifico nesso:
“Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata come limitativa o
lesiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di
applicazione, dal diritto dell’Unione, dal diritto internazionale, dalle Convenzioni interna-
zionali delle quali l’Unione, la Comunità o tutti gli Stati membri sono parti contraenti, in
particolare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e le libertà fon-
damentali, e dalle Costituzioni degli Stati membri”.
Ma esso risulta ora rafforzato dalla possibilità, abilitata dall’art. 47 TUE, che la UE, in
quanto dotata di personalità giuridica, possa essere parte contraente diretta di convenzioni inter-
nazionali incidenti sulle “gerarchie intrecciate”, compresa la stessa CEDU. Inoltre, la tridimen-
sionalità europea coinvolge prioritariamente i giudici sovranazionali, sia la Corte di giustizia
della UE (la Corte di Lussemburgo), sia la Corte della CEDU (la Corte di Strasburgo).
Tuttavia, il coinvolgimento dei due giudici non è paritario: e questo non per volontà delle
Costituzioni nazionali, come sarebbe se ci si imbattesse in disposizioni simili agli artt. 425 e
426 della Costituzione dell’Ecuador, ma per determinazione di uno dei due attori, la Corte di
Lussemburgo. Lo si può cogliere dalle osservazioni formulate dall’Avvocato Generale Poia-
Per un quadro d’insieme del costituzionalismo latinoamericano attuale, si v. la ricognizione di E. Rozo Acuña, Il
costituzionalismo in vigore nei paesi dell’America latina, Torino, Giappichelli, 2012.
93
Sent. 3 settembre 2008, in Causa C-402/05.
94
Sulla problematicità di questi temi in Europa, si v. O. Pollicino, Allargamento dell’Europa, cit., 2 e Cap. IV.
95
In tal senso, specificamente si v. E.A. Velandia Canosa, D.J. Beltrán Grande, La justicia constitucional y
su modelo transnacional, in E.A. Velandia Canosa (dir.), Derecho procesal constitucional, Tomo III, vol. I., cit.,
104 ss.
96
Quanto meno per i paesi che formalizzano o riconoscono questo “blocco di costituzionalità”: Argentina,
Bolivia, Cile, Colombia, Costa Rica, Ecuador, México, Perú, Paraguay, Repubblica Dominicana, Venezuela.
Una menzione particolare merita il Costa Rica, per la sua pionieristica elaborazione giurisprudenziale del-
l’argomento, con le decisioni 1147/1990, 3435/1992, 2313/1995 del suo giudice costituzionale.
MICHELE CARDUCCI 26
f) la CADH integra il “blocco di costituzionalità”, perché di “materia” dei diritti parla
esplicitamente il Preambolo della CADH;
g) di conseguenza, la funzione del suo giudice, la CIDH, non può che essere di justicia
constitucional, compensativa, integrativa e orientativa, attraverso la sua interpretazione, di
quella parte del “blocco” costituita appunto dalla Convenzione interamericana sui diritti uma-
ni all’interno di ciascuno Stato;
h) con l’accesso alla CIDH come ultima istanza dopo aver esaurito i rimedi giurisdizionali
interno allo Stato, si realizza di fatto un “Amparo interamericano”, finalizzato alla verifica di
quel “blocco di costituzionalità” nella sua interezza interna ed esterna;
i) il “blocco di costituzionalità”, pertanto, diventa inevitabilmente “transnazionale”, costi-
tutivo di una “comunità regionale di principi” 97;
h) il contrasto con il “blocco di costituzionalità transnazionale” non produce quindi anti-
nomie reali.
Ecco perché, nel contesto latinoamericano, il “controllo di convenzionalità” finisce col
diventare parte del controllo stesso di “costituzionalità”, integrandolo o addirittura sostituen-
dosi ad esso, nel momento in cui fornisce interpretazioni sui diritti umani, non conseguite al
solo livello della costituzionalità interna allo Stato.
E come il controllo di costituzionalità può essere “diffuso”, altrettanto può predicarsi per
quello di “convenzionalità” 98, senza le differenziazioni sperimentate invece in Europa e, in
particolare, in Italia 99. Inoltre, come il controllo di costituzionalità realizza uno strumento di
“politica costituzionale” di verifica di conformità dell’azione dei poteri verso il “blocco di co-
stituzionalità”, così il “controllo di convenzionalità” può promuovere “politica costituziona-
le”, sindacando (come si constaterà nei casi citati più oltre) non solo interpretazioni e applica-
zioni giudiziali, ma persino scelte legislative o amministrative, pretendendo che gli effetti del-
le proprie sentenze vincolino tanto come “cosa giudicata” (inter partes), quanto come “cosa
interpretata” (erga omnes) interna agli Stati aderenti alla CIDH e dunque al “blocco di costi-
tuzionalità transnazionale”.
Tuttavia, questo discorso vale in base alla CIDH, non in forza delle integrazioni regionali
ordinamentali alle quali comunque gli Stati latinoamericani partecipano. La puntualizzazione
non è da poco e le conseguenze che essa produce possono rivelarsi molto rilevanti 100.
Che cosa succede se altri organi sovranazionali si occupano comunque della “materia” dei
diritti fondamentali? Integrano, essi, il “blocco di costituzionalità transnazionale” in virtù del
vincolo pattizio dei Trattati che li prevedono e ai quali aderisce lo Stato latinoamericano? E se
invece sono in contrasto con il “blocco” integrato dalla CIDH? La risposta a queste domande
è ricavabile su tutti e due i fronti.
Da un lato, come affermato in dottrina 101, la “materia” dei diritti fondamentali come
“blocco di costituzionalità transnazionale” può legittimare la prevalenza gerarchica assoluta e
la diretta applicabilità di decisioni internazionali anche di natura non giudiziale, purché rien-
97
Così F. Bosch, La autoridad interpretativa de la Corte Interamericana: en transinción hacia una
comunidad regional de principios, in R. Gargarella (coord.), La Constitución en 2020, cit., 356 ss.
98
Cfr. E. Ferrer Mac-Gregor (coord.), El control difuso de convencionalidad, Santiago de Querétaro,
Fundap, 2012.
99
E. Lamarque, op. cit.
100
Si veda, in tale prospettiva, l’iniziativa di costituzione della Cumbre Judicial Iberoamericana (htttp://
www.cumbrejudicial.org), la quale, tra le prime iniziative, risalenti già al 2001, ha promosso un dichiarazione di
intenti comune su Poder judicial y Tribunales supranacionales.
101
P. Gutiérrez Colantuono, La Administración Pública, juridicidad y derechos humanos, Buenos Aires,
Abeledo Perrot, 2009.
102
Tale approccio è seguito con riguardo alle “raccomandazioni” della Commissione interamericana dei di-
ritti umani: cfr. E. Mac-Gregor, F. Silva García, El control de convencionalidad de la jurisprudencia constitu-
cional, in Parlamento y Constitución, 2010, 54 e nota 26.
103
Cfr. H. Faúndez Ledesma, Administración de justicia y derecho internacional de los derechos humanos,
Caracas, Publicidad Gráfica León, 1992, 20, il quale giustifica l’assunto proprio sulla base dell’argomento che il
diritto dei diritti umani ha come obiettivo quello di limitare i poteri statali di qualsiasi natura, in nome della loro
tutela in qualsiasi forma accertata.
104
La tesi della “fonte di produzione” è richiamata da Néstor P. Sagües, El valor de los pronunciamentos de
la Comisión Interamericana de Derechos Humanos, in Jurisprudencia Argentina, 16033, supplemento del 16
aprile 1997, e da O.A. Gozaíni, Los efectos de las sentencias de la Corte Interamericana de Derechos Humanos
en el derecho interno, in Liber Amicorum Héctor Fix-Zamudio, Tomo II, San José Costa Rica, Secretaría CIDH
1998, 828 ss. Di O.A. Gozaíni si v. anche El proceso transnacional, Buenos Aires, Ediar, 1992.
105
In tal senso, si veda A. Serbin, L. Martínez, H. Ramanzini Júnior (coords.), El regionalismo “post-
liberal” en América Latina y el Gran Caribe: nuevos actores, nuevos temas, nuevos desafíos, in Anuario
Iberoam. de la Integración Regional de América Latina y el Gran Caribe, 2012.
106
In Venezuela, sin dal 2001, la “Sala Plena” (comprensiva quindi della “Sala Constitucional”) del Tribu-
nale Supremo di Giustizia, nell’Acuerdo del 25 luglio 2001, aveva specificato che “le decisioni di questo Tribu-
nale Supremo, nelle sue differenti Salas, non possono essere sottomesse a revisione di qualsiasi istanza interna-
zionale, costituendo esercizio pieno della sovranità …”, mentre, nel settembre 2011, un comunicato ufficiale del-
la Contraloría General de la República rigetta esplicitamente le sentenze della Corte interamericana, per “con-
trarietà ai diritti umani del popolo venezuelano”.
107
Si veda il sito http://www.unasursg.org/.
108
Cfr. E. Narvaja de Arnoux et al., UNASUR y sus discursos, Buenos Aires, Biblos, 2012.
109
Cfr. G. Sanchini, Sguardo a Sud Ovest. Il Sudamerica dell’Unasur tra integrazione e prospettive geopo-
litiche, Reggio Emilia, Aliberti editore, 2010.
110
M. Goldoni, Constitutional Pluralism and the Question of the European Common Good, in 18 Eur. L.J.,
3, 385 ss.
MICHELE CARDUCCI 28
come “parte dell’Unione in quanto principi generali” e non modifica le competenze di
quest’ultima. In Europa, sulla “materia” dei diritti, si realizza un “intreccio” di parametri di
riferimento e di gerarchie, senza “blocchi” precostituiti 111.
In America latina, è l’inverso. Deve prevalere la CADH sulle altre integrazioni regionali,
in quanto parte del “blocco di costituzionalità transnazionale” abilitato dagli Stati aderenti.
La “materia” dei diritti fondamentali verticalizza il parametro dentro gli Stati e fra gli Stati.
In Europa, la “compatibilità” tra Stati, UE e CEDU, nella “materia” dei diritti fondamen-
tali, si esprime come “prossimità sufficiente” tra contenuto di regole e principi di ordinamenti
diversi 112.
In America latina, la “materia” necessariamente indirizza ad un’unica soluzione unitaria
di “blocco di costituzionalità transnazionale” fra Stati e CADH 113.
Come accennato, questo “monopolio” da parte della CIDH sembra suffragato anche dalle
previsioni costituzionali dei singoli paesi aderenti, se si considerano le Costituzioni di Argen-
tina (art. 31 e 75 n. 22), Bolivia (artt. 13 e 410), Brasile (art. 5 paragrafi 1-3), Colombia (artt.
93 e 94), Ecuador (artt. 84, 417, 424), Paraguay (artt. 137 e 142), Perú (IV disp. transitorie e
finali), Venezuela (artt. 23 e 31).
Tuttavia, è anche vero che la legittimazione interna al “monopolio” della CADH/CIDH è
stato interpretato diversamente dai giudici costituzionali che a quelle disposizioni si sono ri-
chiamati. Il Tribunale costituzionale colombiano, nella sentenza C-355/2006 114, legge la Co-
stituzione “alla luce” dei Trattati internazionali sui diritti umani, e, nella sentenza C-
200/2002 115, accetta la “natura vincolante” della giurisprudenza della CIDH rispetto a tutti i
giudici domestici nazionali. La Corte Suprema di Giustizia della Nazione argentina (CSJ) par-
te dall’assunzione della giurisprudenza interamericana come “guida” delle interpretazioni na-
zionali (caso “Giroldi Horacio David y otros vs. Argentina”) 116, per arrivare anche a censura-
re una sentenza del giudice di merito non conforme alla giurisprudenza della CIDH (caso
“Bulacio vs. Argentina”) 117. Il Supremo Tribunal Federale del Brasile (STF) interpreta speci-
fiche disposizioni della Costituzione federale “alla luce” della giurisprudenza della CIDH 118.
Non sembra pacifico, pertanto, se il “monopolio” della CIDH interagisca con i sistemi
statali in termini meramente persuasivi (come tertium comparationis di ispirazione interpreta-
111
Per un quadro d’insieme del ruolo dei giudici nazionali rispetto alla CEDU, cfr. R. Conti, La Convenzio-
ne europea dei diritti dell’uomo. Il ruolo del giudice, Roma, Aracne, 2011.
112
Inducendo a quella logica di “approssimazione”, definitiva “flou” da M. Delmas-Marty, Les forces ima-
ginantes du droit. Le relatif et l’universel, Paris, Seuil, 2004.
113
Sulla idea che questo confine oscilli tra previsioni “esplicite” e “implicite” delle Costituzioni latinoame-
ricane, si v. J. Tupayachi Sotomayor, La interpretación constitucional en el reconocimiento de nuevos derechos
fundamentales, in E.A. Velandia Canosa (dir.), Derecho procesal constitucional, Tomo III, vol. II, cit., 77 ss.
114
Sent. 10 maggio 2006, Causa C-355.
115
Sent. 19 marzo 2002, Causa C-200.
116
Sent. 7 aprile 1995.
117
Sent. 18 settembre 2003, Serie C, n. 100.
118
Cfr. STF RE 466.343, Rel. Min. Cezar Peluso, Pleno DJe 04.06.2009. In merito, i commenti di A.
Maués, La relaciones entre los órdenes nacional, supranacional e internacional en la tutela de los derechos,
relazione al Seminatio Italo-Hispano-Brasileño, Barcelona, 17-18 ottobre 2013, 5 ss. del paper.
119
E. Malarino, Acerca de la pretendida obligatoriedad de la jurisprudencia de los órganos intera-
mericanos de protección de Derechos Humanos para los Tribunales Nacionales, in K. Ambos, E. Malarino, G.
Elsner (a cura di), Sistema Interamericano de Protección de los Derechos Humanos y Derecho Penal
Internacional, Tomo II, Göttingen, Konrad Adenauer Stiftung, 2011, 427-428.
120
Così il Tribunale costituzionale peruviano nella Sent. 19 giugno 2009 2007, 00007-2007-PI/TC.
121
Ma sulla complessità della tesi dello Stato come “organo” del diritto internazionale, non può non ricor-
darsi la nota tesi di Leo Gross, States as Organ of International Law and the Problem of Autointerpretation, in
Id., Essays on International Law and Organization, I, Ardsley-on-Hudson (NY), Transnational Publisher, 1984,
382 ss.
122
Sent. 25 novembre 2003, Serie C, n. 101. In tale opinione, il Giudice definisce il “controllo di conven-
zionalità” come riflesso di una “responsabilità globale” dello Stato di fronte alla Convenzione, che non può di-
pendere dalle suddivisioni interne dei poteri dello Stato e non può impedire l’effettivo esercizio della giurisdi-
zione della Corte interamericana.
123
Sent. 26 settembre 2006, Serie C, n. 154.
124
Sent. 24 novembre 2006, Serie C, n. 158.
MICHELE CARDUCCI 30
tà; rilevabilità ex officio, ossia prescindendo dal petitum e dal versus dell’azione promossa dal
ricorrente, del conflitto tra interpretazioni della CIDH e diritto interno.
Ecco dunque che la CIDH assume il “controllo di convenzionalità” come sovranazionalità
“sostitutiva” del diritto interno, nei cui confronti vale l’“effetto utile” delle decisioni giuri-
sprudenziali sovranazionali e il “primato” del diritto internazionale dei diritti umani della re-
gione, come interpretato dalla Corte interamericana 125. Quello che in Europa è “effetto utile”
e “primauté” di un sistema sovranazionale ordinamentale strutturato su fonti “sostitutive” del
diritto interno, come chiarito dalla Corte di Giustizia UE nei famosi casi “Costa” 126 e “Sim-
menthal” 127, in America latina varrebbe per i soli diritti umani e per la loro interpretazione
secondo la CIDH, nonostante l’assenza di un sistema di strutture e fonti sovranazionali “sosti-
tutive” di quelle interne agli Stati.
Il giudice domestico nazionale dovrà comunque procedere ex officio a verificare la “con-
formità tra norme nazionali e Convenzione interamericana”; e la primauté del diritto conven-
zionale interpretato dalla CIDH, dovrà prevalere sul diritto interno come su qualsiasi altro di-
ritto sovranazionale 128. Di conseguenza, l’“effetto utile” interamericano non si tradurrà sem-
plicemente nella “disapplicazione” giudiziale sul caso concreto, ma sarà destinato a sortire ef-
fetti “di sistema” e definitivi erga omnes, sostanzialmente equiparabili all’abrogazione/an-
nullamento di una disposizione nazionale dichiarata incostituzionale 129.
Non a caso, in “Cabrera Garcia y Montiel Flores vs. México”, del 26 novembre 2010, la
CIDH puntualizza, nel “considerando 225”, che “tutti gli organi dello Stato e non solo i giu-
dici” sono tenuti alla rilevazione del controllo di convenzionalità, per poi arrivare a pretende-
re, nel controverso caso “Gelman vs. Uruguay” del 2011 (di cui si parlerà a breve), che lo
stesso legislatore si impegni ad effettuare il “controllo di convenzionalità”, nella modalità del-
la verifica prognostica che le proprie scelte discrezionali non contrastino con il diritto conven-
zionale interpretato dalla CIDH 130.
125
Nel citato caso “Aguardo Alfaro”, si parla testualmente di “effetto utile della Convenzione” che “non può
essere menomato o annullato dall’applicazione di leggi contrarie alle sue disposizioni, al suo oggetto e ai suoi
fini”, per cui il potere giudiziale deve esercitare non solo un “controllo di costituzionalità, ma anche ‘di conven-
zionalità’ ex officio tra le norme interne e la Convenzione”.
126
Caso “Costa vs. Enel”, Sent. 15 luglio 1964, in Causa 6/64: “A differenza dei comuni Trattati
internazionali, il Trattato CEE ha istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato nell’ordinamento
giuridico degli Stati membri all’atto dell’entratta in vigore del Trattato e che i giudici sono tenuti ad osservare”.
127
Caso “Amm. Finanze vs. Simmenthal Spa”, Sent. 9 marzo 1978, in Causa 106/77: “L’applicabilità diretta
del diritto comunitario significa che le sue norme devono esplicare pienamente i loro effetti, in maniera uniforme in
tutti gli Stati membri, a partire dalla loro entrata in vigore e per tutta la durata della loro validità. In forza del
principio della preminenza del diritto comunitario, le disposizioni del Trattato e gli atti delle istituzioni, qualora
siano direttamente applicabili, hanno l’effetto, nei loro rapporti con il diritto interno degli Stati membri, non solo
di rendere ipso jure inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione contrastante
della legislazione nazionale preesistente, ma anche...di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi
nazionali, nella misura in cui questi fossero incompatibili con norme comunitarie ... Il giudice nazionale, incaricato
di applicare, nell’ambito della propria competenza, le disposizioni di diritto comunitario, ha l’obbligo di garantire
la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione
contrastante della legislazione nazionale, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa
o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale”.
128
Come si è chiarito nel citato caso “Almonacid Arellano y otros vs. Chile ”. In merito, si v. H. Nogueira
Alcalá, Los desafíos de la sentencia de la Corte Interamericana en el caso Almonacid Arellano, in 12 Ius et
Praxis, 2, 2006, 297 ss.
129
Così si esprime esplicitamente la nota 103 del “considerando” 44 del caso “Barrios Altos vs. Perù”, del
3 settembre 2001.
130
Per una ripercorrenza attenta del contenuto e delle modalità del “controllo di convenzionalità”, si v. E.
Rey Cantor, Control de convencionalidad de las leyes y derechos humanos, México, Porrúa, 2008, e ora i due
libri di M. Carbonell, Teorías de los derechos humanos y del control de convencionalidad, México, 2013, e
Introducción general al control de convencionalidad, México DF, Porrúa, 2013.
131
Arrivando così al “cotrollo diffuso” di convenzionalità: cfr. E. Ferrer Mac-Gregor, Reflexiones sobre el
control difuso de convencionalidad. A la luz del caso Cabrera García y Montiel Flores vs. México, in Bol. Mex.
Der. Comp., 131, 2011, 917 ss., e R. Gil Rendón, El control difuso de convencionalidad: obligación de todos los
jueces y magistrados latinoamericanos, in E.A. Velandia Canosa (dir.), Derecho procesal constitucional, Tomo
III, vol. III, cit., 179 ss.
132
Sul “principio di equivalenza” come precondizione della “preferenza” nella “interpretazione conforme”,
si v. C. Pinelli, Interpretazione conforme (rispettivamente a Costituzione e al diritto comunitario) e principio di
equivalenza, in Giur. Cost., 2008, 1368 ss.
133
Sul canone della “interpretazione conforme a” come “metacriterio”, si v. G. Laneve, L’interpretazione
conforme a Costituzione: problemi e prospettive di un sistema diffuso di applicazione costituzionale all’interno
di un sindacato (che resta) accentrato, in B. Caravita di Toritto (a cura di), La giustizia costituzionale in tra-
sformazione: la Corte costituzionale tra giudice dei diritti e giudice dei conflitti, Napoli, Jovene, 2012, 3 ss.
134
Diversamente, ancora una volta, da quanto si verifica in Europa: cfr. A. Ruggeri, Interpretazione con-
forme e tutela dei diritti fondamentali, tra internazionalizzazione (ed “europeizzazione”) della Costituzione e
costituzionalizzazione del diritto internazionale e del diritto comunitario, ora in Id., “Itinerari”, vol. XIV, 2011,
cit., 291 ss.
135
Nonostante dal 2006, su iniziativa di UNAM-IIDH-Konrad Adenauer Stiftung, sia promossa la rassegna
semestrale dal rassicurante titolo Dialogo Jurisprudencial. Derecho internacional de los derechos humanos,
Tribunales internacionales, Corte Interamericana de Derechos Humanos.
136
J. Ovalle Favela, La influencia de la jurisprudencia de la Corte interamericana de derechos humanos en
el derecho interno de los Estados latinoamericanos, in Bol. Mex. Der. Comp., 134, 2012, 595 ss.
137
Cfr. in merito le chiavi di lettura proposte in C.R. Fernández Liesa (dir.), Tribunales internacionales y
espacio iberoamericano, Madrid, Civitas-Thomson Reuters, 2009.
MICHELE CARDUCCI 32
ne interamericano dei diritti umani attraverso l’interpretazione delle disposizioni contenute
negli strumenti internazionali che gli Stati hanno adottato. … La vera trascendenza dei pro-
nunciamenti della Corte si radica nell’influenza che essi esercitano nell’orientamento delle
decisioni interne, legislative, giudiziali o amministrative … La recezione interna costituisce
la novità più rilevante dell’attuale cammino …”.
“Armonizzazione”, “influenza”, “recezione”: sono i vocaboli di un diritto sovranazionale
“sostitutivo”.
Ma è possibile mantenere questo meccanismo, senza un dispositivo costituzionale di ces-
sione della sovranità? Ora che la dottrina giurisprudenziale del “controllo di convenzionalità”
è diventata così incisiva e invadente, si comincia a discutere di questo interrogativo, in qual-
che modo rimasto nell’ombra, nella misura in cui le sovranazionalità ordinamentali di inte-
grazione regionale dell’America latina non avevano mai dato prova di minacciare pervicace-
mente le competenze domestiche degli Stati.
In fin dei conti, l’ordito argomentativo della obbligatorietà del “controllo di convenziona-
lità” tradisce una mera tautologia: la giurisprudenza della CIDH è vincolante perché lo dichia-
ra la stessa CIDH. Questo paradosso dell’autoreferenza ha segnato anche la giurisprudenza
della Corte di Giustizia della UE, con riferimento ai “principi generali del diritto europeo” 138.
Ma si è trattato di un’autoreferenza apparente, nella misura in cui il protagonismo della Corte
UE si è fondato su un meccanismo formale, inesistente (come si constaterà) nel contesto lati-
noamericano: la “pregiudizialità sovranazionale” obbligatoria e vincolante. Inoltre, questo
protagonismo si è da subito misurato con le puntualizzazioni della giurisprudenza delle Corti
costituzionali nazionali, aprendo così le porte alla pratica della Cross Fertilization.
Non sono certo queste le premesse dell’autoreferenza interamericana 139. La CIDH si pro-
clama “ultima interprete” del sistema convenzionale interamericano, in quanto le sue senten-
ze, in base all’art. 67 CADH, sono definitive e non riformabili. Ma avere l’“ultima parola” in
materia di interpretazione della Convenzione non è affatto sinonimo di obbligatorietà della
sua giurisprudenza: serve a “chiudere il caso”, non a produrre una fonte erga omnes. Non a
caso le citate sentenze della Corte UE “Costa” e “Simmenthal” escludono questo argomento:
“ultima parola” e “Kompetenz-Kompetenz” restano profili differenti.
È questo il “tallone d’Achille”, come efficacemente stigmatizzato 140, della dottrina del
“controllo di convenzionalità”: un paradosso che, in nome dei diritti umani e dell’“Amparo
interamericano”, pretende di imporsi a tutti gli Stati e tra i cittadini degli Stati, privilegian-
do la posizione e gli interessi processuali del ricorrente, senza alcun contraddittorio e senza
alcun “debido proceso” con gli altri soggetti, cittadini e Stati, costretti a “subire” la pretesa
forza normativa della “cosa interpretata” di quel giudizio; un paradosso che ambisce alla
sovranazionalità “sostitutiva”, senza confrontarsi con le altre dinamiche di integrazione so-
vranazionale 141; un paradosso scongiurabile solo ripristinando il dialogo – e non la dettatu-
138
Si v. J. Neuenschwander Magalhaes, O uso criativo dos paradoxos do direito. A aplicação dos
princípios gerais do direito pela Corte de Justiça Europeia, in AA.VV., Paradoxos da auto-observação,
Curitiba, Juruá, 1997, 245 ss.
139
Non a caso, E. Jinesta Lobo, Control de convenzionalidad ejercido por los Tribunales y Salas
constituconales, in E.A. Velandia Canosa, Derecho procesal constitucional, Tomo III, vol. III, 218 ss., auspica
l’introduzione di una “questione pregiudiziale di convenzionalità” per i giudici costituzionali nazionali, allo sco-
po di consacrare anche formalmente il “primato” strutturale del diritto convenzionale interamericano.
140
Néstor P. Sagües, Dificultades operativas del control de convencionalidad en el sistema interamericano,
en La Ley, 2010, 117 ss.
141
E. Biacchi Gomes, Blocos económicos. Solução de controvérsias, Curitiba, Juruá, 2010, osserva come le
attività interpretative dei giudici sovranazionali “regionali” siano meno incidenti della “cosa interpretata” della
CIDH.
Rispetto a questo quadro, sempre l’America latina offre, come si è accennato, un’ulteriore
esperienza singolare e diversa: il processo plurisecolare, perché risalente almeno al 1822 143,
di integrazione costituzionale, e non solo regionale, del Centro America 144; una “transizione”
verso l’unità centroamericana mai raggiunta ma sempre perseguita.
La rilevanza di questa originale e complessa esperienza fu colta con grande intelligenza
da un comparatista attento come Adolfo Posada 145 e ripresa da Ricardo Gallardo 146, sin dalla
prima metà del secolo scorso. In che cosa consiste questa originalità? In due fattori:
– nella precoce legittimazione, a livello sia costituzionale che sovranazionale, di quello
che appunto oggi chiameremmo “Embeddedness”, in ragione della esistenza di un “giudice
sovranazionale” in grado di produrre “intrusione” all’interno agli Stati anche a livello costitu-
zionale, senza alcuna eccezione e non solo sul fronte dei diritti, bensì anche prioritariamente
su quello dei poteri;
– nella valorizzazione della “identità costituzionale” come fattore di integrazione (si po-
trebbe sintetizzare: no “uniti dalla o nella diversità”, bensì “uniti nella e dalla identità”) 147.
Infatti, le caratteristiche del costituzionalismo integrazionista centroamericano possono
essere così schematizzate:
a) precoce istituzione di una Corte sovranazionale di tutela dell’unità della regione;
b) valorizzazione delle identità costituzionali comuni come elemento di unità;
c) garanzia di quelle identità in caso di conflitti costituzionali interni o esterni agli Stati
aderenti.
La formalizzazione di questa triade risale al cosiddetto “sistema Washington” del 20 di-
cembre 1907, ossia all’accordo che fissò, tra gli organi permanenti e fondamentali della
“Oficina Internacional Centroamericana”, la Corte de Justicia Centroamericana (nota anche
come “Corte de Cartago”, dal nome della città costaricense dove avrebbe avuto sede). Defini-
ta nel 1917, dalla World Peace Foundation di Boston, il “più sorprendente organo giurisdi-
zionale del mondo”, essa era effettivamente investita di competenze “costituzionali” sovrana-
zionali: organo esterno che avrebbe giudicato fatti interni in base alle Costituzioni nazionali e
su questioni non riferite solo a diritti delle persone. Infatti, la Convenzione per lo stabilimento
142
Néstor P. Sagües, Obligaciones internacionales y control de convencionalidad, en Estudios Constitu-
cionales, 1, 2010, 117 ss.
143
J.G. Trababino, Documentos de la Unión Centroamericana, Ciudad de Guatemala, Secretaria General de
la Organización de Estados Centroamericanos, 1956.
144
Sulla specificità dell’esperienza centroamericana, si v. J. Delgado Rojas, La especificidad de la inte-
gración centroamericana y su aporte al pensamiento integracionista latinoamericano, in Rev. Aportes para la
integración latinoamericana, 2009, 31 ss. in www.iil.org.ar.
145
A. Posada, Instituciones políticas de los pueblos hispano-americános, Madrid, Reus, 1900.
146
R. Gallardo, Las Constituciones de la Republica Federal de Centro-América, Madrid, Istituto de
estudios politicos, 1958.
147
Il profilo è assai importante in un contesto, come quello latinoamericano, dove il tema delle “identità”
nazionali e istituzionali non ha mai conosciuto pacifici e condivisi riconoscimenti. Cfr., per tutti, O. Ianni, Il la-
birinto latino-americano (1993), trad. it., Padova, Cedam, 2000.
MICHELE CARDUCCI 34
e il funzionamento della Corte, adottata il 25 maggio del 1908, riconoscendo alla Corte di
rappresentare la “coscienza nazionale del Centro America”, stabiliva all’art. 1:
“le Alte Parti Contraenti … si impegnano a sottomettere tutte le controversie o questioni
… di qualsiasi natura”.
Di conseguenza, secondo l’art. 2, la Corte avrebbe conosciuto e deciso con effetti obbli-
gatori interni a ciascuno Stato:
“di ricorsi dei singoli di un paese centroamericano contro atti di altri Governi, in viola-
zione dei Trattati e delle Convenzioni” ma anche “del proprio Governo … una volta esauriti
i rimedi interni … per violazione o denegata giustizia”,
nonché, come recitava esplicitamente l’articolo “anexo”:
“dei conflitti che potrebbero insorgere tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziale, e
quando di fatto non si dà esecuzione alle decisioni giudiziali o alle risoluzioni del Congresso
nazionale del paese”.
Con quelle disposizioni si è attivato un meccanismo, ripreso e confermato ora dall’attuale
Corte Centroamericana de Justicia (CCJ), che ha sede a Managua. In base agli articoli 13 e
35 del Protocollo di Tegucigalpa e dell’art. 3 dello Statuto della CCJ, si è difatti creata una
giurisdizione “superiore” ed “esclusiva” a livello sovranazionale anche in materia costituzio-
nale di conflitti tra organi interni ai singoli Stati: l’art. 22, prima parte inc. f) dello Statuto del-
la Corte stabilisce:
“La competenza (della Corte) sarà: […] f) di conoscere e risolvere su ricorso
dell’interessato, i conflitti che potranno sorgere tra poteri o organi fondamentali degli Stato
e quando di fatto non si rispettano le decisioni giudiziali” 148.
Con questo panorama così singolare, la domanda inevitabile è la seguente: come incidono
queste competenze sul diritto convenzionale della CADH? 149 Vale per il Centro America la
“verticalità” del sistema convenzionale e del “controllo di convenzionalità”, riscontrata negli
altri contesti del subcontinente? La CCJ sembra rispondere escludendo, almeno in via preven-
tiva e astratta, qualsiasi interconnessione tra competenza e giurisprudenza regionale centroa-
mericana e decisioni della CIDH, così aprendo ad una ipotesi di dualità di Kompetenz-
Kompetenz. Infatti, i dati di questa dualità sarebbero formali e risiederebbero nello Statuto
della CCJ e nella sua accettazione da parte degli Stati che vi hanno aderito 150.
– Secondo l’art. 25, la CCJ si “autolimiterebbe” nella “materia” dei diritti umani, renden-
do così “esclusiva” la competenza della CIDH. Per tale ragione, tra l’altro, la CCJ ha sotto-
scritto un’apposita intesa con la CIDH, il 4 ottobre 2007. Del resto, già nel caso “Duarte
Moncada” 151, la CCJ aveva dichiarato la propria “incompetenza” in “materia” di diritti fon-
damentali, senza escludere di conoscere eventuali violazioni di diritti da parte degli organi del
SICA 152.
– In base all’art. 23, inoltre, è affidata alla CCJ la competenza “consultiva” verso gli Stati
sulla interpretazione di “qualsiasi accordo internazionale”. Tale previsione potrebbe astratta-
mente consentire di promuovere un “confronto comparativo multilivello” con la CADH, fon-
148
J.A. Giammattei Avilés, La Corte Centroamericana de Justicia como Tribunal constitucional de la
Comunidad Centroamericana, in Anuario de Derecho constitucional latinoamericano, 2003, 507 ss.
149
A. Gómez Vides, Aportes significativos de la Corte Centroamericana de Justicia al derecho interna-
cional y al derecho comunitario, Managua, Ccj, 2013.
150
Infatti, lo Statuto della CCJ è comunque un accordo internazionale al quale non tutti gli Stati sottoscritto-
ri del SICA hanno aderito: in particolare, non vi partecipa il Costa Rica, pioniere nell’accettazione del “controllo
di convenzionalità”.
151
Sent. 13 gennaio 1995.
152
Caso “Viguer Rodrgio”, Sent. 24 ottobre 2000.
153
S. Maldonado Jordison, The Central American Court of Justice. Yesterday, Today and Tomorrow?, in
Connecticut J. Int.’l L., 2009, 183 ss.
154
Pubblicato in Tegucigalpa, dalla Tipografia Nacional, nel 1897.
MICHELE CARDUCCI 36
re interpretato nella considerazione retrospettiva delle precedenti esperienze integrative, che
dovrà tener conto della “reciproca convenienza” e che addirittura la stessa Unione potrà co-
munque sopravvivere anche nel caso di fuoriuscita degli Stati contraenti, purché “concorra
più di uno Stato alla sua formazione”, salvo che la dissociazione degli altri non comprometta
l’efficacia degli impegni internazionali assunti dall’Unione 155.
Il grande comparatista Adolfo Posada focalizzò con immediatezza la particolarità di que-
sti esperimenti centroamericani 156. Soprattutto egli fu il primo a sottolineare che la caratteriz-
zazione asimmetrica di tale integrazione, oggi appunto qualificabile secondo la logica Pick
and Choose, trovava fondamento non solo nei contenuti stessi dei Trattati istitutivi 157, come
dimostrano i citati articoli del Trattato del 1897, ma addirittura in esplicite disposizioni costi-
tuzionali dei singoli Stati integrati, espressive non tanto di vincoli “comunitari”, cui orientare
il sistema delle fonti e della organizzazione statale, ma paradossalmente della consapevolezza
opposta di ammettere la disaggregazione reciproca. Così, l’art. 151 della Costituzione di El
Salvador qualifica lo Stato “parte disgregada” della República de Centro-América. Analoga-
mente, l’art. 1 della Costituzione del Nicaragua parla di “sección disgregada”, mentre quella
del Guatemala, nell’art. 2, si limita ad auspicare il favore per la “nacionalidad” centroameri-
cana, e solo il testo dell’Honduras, nel suo primo articolo, dichiara il dovere e la urgente ne-
cessità di riaggregare le “secciones” anche a costo di riformare o addirittura abrogare la pro-
pria Costituzione 158.
Nel secondo Novecento, con la istituzione della ODECA nel 1951, si riaprono i tentativi
di riorganizzazione internazionale interstatale centroamericana. La ODECA è istituita dai cin-
que Stati dell’area, con la “Carta de San Salvador” del 14 ottobre 1951. Essa nasce con il
compito di promuovere la cooperazione e l’integrazione interstatale. Ed in effetti, con
l’entrata in vigore dell’Accordo di Managua del 13 dicembre 1960, si dà vita al Mercado co-
mún centroamericano (MCCA), operante però come semplice unione doganale tra Stati.
È solo a partire dal Protocollo di Tegucigalpa alla Carta dell’ODECA, concluso il 13 di-
cembre 1991 dai cinque Stati centroamericani e da Panama, che si procede alla istituzione del
SICA, entrato in funzione il 1° febbraio 1993. Nel 2000 ad esso ha aderito il Belize, mentre la
Repubblica Dominicana vi si è associata come osservatore dal 2003.
Non è dunque comprensibile quali siano le condizioni identitarie di partecipazione a que-
sti nuovi processi centroamericani di integrazione 159. Fino al Trattato del 1897, i tentativi
sembravano presupporre una identità geografica e costituzionale, chiarificata dall’apparte-
nenza alla “coscienza nazionale del Centro America”. Oggi, i fenomeni di organizzazione re-
gionale dell’America centrale hanno coinvolto anche paesi come Panama, indipendente dalla
Colombia nel 1903, o il Belize, indipendente dal Regno Unito solo dal 1981, già membro di
un’altra organizzazione di integrazione regionale come la CARICOM, nonché infine la Re-
pubblica Dominicana, che geograficamente e storicamente non ha vissuto le precedenti espe-
rienze di “diritto costituzionale centroamericano” 160.
155
Una logica quindi ben diversa dal disegno impresso nella Costituzione della Repubblica Confederale del
Centro-America, del 23 novembre 1824, il cui art. 10 stabiliva invece che “Ciascuno degli Stati che la compon-
gono è libero e indipendente nel suo governo e nella sua amministrazione interna; e ad esso spetta tutto il potere
che dalla Costituzione non viene conferito alle autorità federali”.
156
A. Posada, op. cit., 138 ss.
157
Diacronicamente scandagliati da Posada, da pag. 128 e seg.
158
A. Posada, op. cit., 120-122.
159
Sulla complessità di questo problema, si v. L.P. Castillo Amaya, M. Carducci, op. cit.
160
A. Maldonado Aguirre, El Acta fundacional de la Nacion Centroamericana, in Anuario de Derecho
Constitucional Latinoamericano, 2009, 723 ss. in www.juridicas.unam.mx.
161
Dopo il colpo di Stato del giugno del 2009, che ha rovesciato il presidente Zelaya, i paesi del SICA ave-
vano escluso l’Honduras da questo organismo regionale.
162
Sala Constitucional de Costa Rica, Sentencia. 1079-92.
MICHELE CARDUCCI 38
6. Dov’è il Judicial Branch nelle integrazioni tridimensionali?
163
Secondo la nota ipotesi interpretativa formulata da Mauro Cappelletti e D. Golay, Judicial Branch in the
Federal and Transnational Union, in M. Cappelletti, M. Seccombe, J.H.H. Weiler (eds.), Integration Trough
Law, Berlin-New York, De Gruyter, vol. I, 1986, 327 ss.
164
Sulla rilevanza di questa considerazione, si v. opportunamente A. Ruggeri, La Consulta rimette abilmen-
te a punto la strategia dei suoi rapporti con la Corte EDU e, indossando la maschera della consonanza, cela il
volto di un sostanziale, perdurante dissenso nei riguardi della giurisprudenza convenzionale (“a prima lettura”
di Corte cost. n. 264 del 2012), in Id., “Itinerari”, vol. XVI, cit., 539 ss.
165
Per esempio, la Corte cost. italiana, nelle Sentenze n. 236/2011 e 230/2012, ha adottato una sorta di
“margine di apprezzamento inverso” nei confronti della CEDU, nel senso di ammettere sì l’adeguamento alla
giurisprudenza della Corte CEDU, ma “tenendo conto” delle peculiarità dell’ordinamento giuridico in cui la
norma convenzionale è destinata a inserirsi come vero e proprio “margine di apprezzamento e adeguamento”
interno. Cfr. R. Dickmann, Corte costituzionale e controlimiti al diritto internazionale. Ancora sulle relazioni
tra ordinamento costituzionale e CEDU, in www.federalismi.it, Focus Human Rights, 3, 2013.
166
In Italia, si v. le Sentenze nn. 317/2009 e 264/2012.
167
Cfr. F. Vecchio, Primato del diritto europeo e controlimiti come tecniche di relazione tra gli ordinamen-
ti, in 16 Mediterranean J. Hum. Rights, 2012, 317 ss.
168
Sulla problematicità del canone della “interpretazione conforme a”, cfr. F. Mannella, Giudici comuni e
applicazione della Costituzione, Napoli, Editoriale Scientifica, 2011.
169
A. Celotto, G. Pistorio, Interpretazioni comunitariamente e convenzionalmente conformi, in Giur. It.,
2010, 1980 ss.
170
Cfr. V. Piccone, L’interpretazione conforme nell’ordinamento integrato, in R. Crosio, R. Foglia (a cura
di), Il diritto europeo nel dialogo tra le Corti, cit., 284 ss.
171
G. Pistorio, Interpretazione e giudici. Il caso dell’interpretazione conforme al diritto dell’Unione euro-
pea, Napoli, Editoriale Scientifica, 2012.
172
Come si è verificato con il caso “Gelman”, che si analizzerà più avanti.
173
Per una sintesi, si veda A. Ruggeri, Sovranità dello Stato e sovranità sovranazionale, attraverso i diritti
umani e le prospettive di un diritto europeo “intercostituzionale”, in Dir. Pubbl. Comp. Eur., II, 2002, 544 ss.
174
G. Martinico, Complexity and Cultural Sources of Law in the EU Context: from the Multilevel Constitu-
tionalism to the Constitutional Synallagma, in www.germanlawjournal.com, 2007.
MICHELE CARDUCCI 40
“[La Corte di Giustizia] assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’appli-
cazione dei Trattati” 175;
per rivendicare il suo ruolo, come nel citato caso “Kadi”, anche al cospetto dell’intreccio
gerarchico fra diritto UE e altri Trattati internazionali, esigendo la garanzia dei diritti come
condizione per l’applicazione del diritto internazionale all’interno dei confini dell’Unione eu-
ropea e dunque degli Stati, le cui Costituzioni difendono quei diritti. Essa ha così specificato:
“gli obblighi imposti da un accordo internazionale non possono avere l’effetto di com-
promettere i principi costituzionali dei Trattati comunitari, tra i quali figura il principio se-
condo cui tutti gli atti delle istituzioni europee devono rispettare i diritti fondamentali”.
Nel contempo, però, dopo il Trattato di Lisbona, con il citato art. 4 TUE, diventa pieno il
riconoscimento del rispetto del “monopolio statale” delle identità nazionali costituzionali co-
me limite al diritto europeo 176.
Non a caso, la sentenza del 30 giugno 2009 del Bundesverfassungsgericht, nel giudicare
la costituzionalità della legge di ratifica del Trattato di Lisbona 177, equipara il rispetto della
identità costituzionale alla “clausola di eternità” dell’art. 79, paragrafo 3, del Grundgesetz
(“Non è ammissibile una revisione di questa Legge Fondamentale che tocchi l’articolazione
dello Stato federale in Länder, il principio della partecipazione dei Länder alla legislazione o
i principi sanciti dagli artt. 1 e 20”): spetta allora al giudice costituzionale nazionale la verifi-
ca di tale “rispetto” da parte degli atti delle istituzioni della Unione europea, in combinato con
il principio di attribuzione, in quanto principio generale del diritto europeo (ex artt. 5.1. e 5.2
TUE: “1. La delimitazione delle competenze dell’Unione si fonda sul principio di attribuzione
… 2. In virtù del principio di attribuzione, l’Unione agisce esclusivamente nei limiti delle
competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei Trattati per realizzare gli obiettivi da
questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione dai Trattati appartiene agli
Stati membri”), e gli artt. 6.3 e 4.2 TUE.
Parallelamente, poi, la Corte di giustizia sempre più spesso invoca principi fondamentali
desumibili dalle Costituzioni nazionali, per giudicare la validità degli atti europei. Così, per
esempio, nel caso “Omega” 178, il principio della dignità della persona, riconosciuto dalla Co-
stituzione tedesca, viene considerato prevalente rispetto al principio comunitario della libera
circolazione delle merci, bilanciando precedenti orientamenti giurisprudenziali della stessa
Corte di giustizia, dove ad essere disapplicata, come nel famoso caso “Kreil” 179, è stata addi-
rittura una disposizione costituzionale.
In questo quadro, e a chiusura della tridimensionalità, le previsioni di tutela della CEDU
assumono solo una funzione “equivalente” e “concorrente”, ma non prevalente di fronte al di-
ritto sovranazionale della UE: confermano il quadro, ma non lo derogano né lo sostituiscono.
175
Sulla rilevanza di questo profilo nella dinamica storica della Comunità europea-UE, si v. F. Palermo, La
forma di Stato dell’Unione europea, cit., 86 ss.
176
Si è parlato in proposito di “primato invertito” e di “controlimiti europeizzati”: cfr. A. Celotto, La pri-
mauté nel Trattato di Lisbona, in Dal Trattato costituzionale al Trattato di Lisbona, cit., 371 ss., e B. Guastafer-
ro, Il rispetto delle identità nazionali nel Trattato di Lisbona: tra riserva di competenze e “controlimiti europeiz-
zati”, in Quad. Cost., 2012, 154 ss.
177
BVerfG, 2 BvE 2/08.
178
Sent. 14 ottobre 2004, in Causa C-36/02.
179
Caso “Tanja Kreil vs. Repubblica Federale di Germania”, Sent. 11 gennaio 2000, in Causa C-285/98:
“La parità di trattamento tra gli uomini e le donne, di cui alla direttiva CEE 76/207, osta all’applicazione del
diritto nazionale tedesco, anche se di espressione costituzionale con il perentorio divieto dell’art. 12-a GG che
esclude tutte le donne dagli incarichi comportanti l’uso di armi, sicché la disposizione costituzionale nazionale
risulta incompatibile con il principio comunitario”.
180
In Causa 260/1989.
181
Sent. 30 giugno 2005, Ricorso 45036/98.
182
Sent. 20 gennaio 2009, III, Ricorso 13645/05.
183
Corte Costituzionale italiana, Ordinanza n. 536/1995.
MICHELE CARDUCCI 42
sia pure in settori limitati, ai loro poteri sovrani ed al quale sono soggetti non solo gli Stati
membri, ma pure i loro cittadini. Il diritto comunitario, indipendentemente dalle norme ema-
nate dagli Stati membri, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce
loro dei diritti soggettivi ...” 184.
Un anno dopo, abbandonato ogni riferimento al diritto internazionale, la Corte di giustizia
inequivocabilmente già parla di “ordinamento giuridico a sé stante integrato nell’ordina-
mento giuridico degli Stati membri”, per cui i giudici nazionali sono tenuti ad osservarlo 185. E
l’idea di “integrazione”, formalmente presente solo nel primo Trattato europeo, quello di Pa-
rigi del 1951 di istituzione della Comunità economica del Carbone e dell’Acciaio (CECA) 186,
viene estesa anche ai “diritti fondamentali quali risultano dalle tradizioni comuni degli Stati
membri” 187, anticipando così quanto verrà poi formalizzato solo con il Trattato di Maastricht
del 1992. Anche perché
“... La tutela dei diritti fondamentali costituisce parte integrante dei principi giuridici
generali di cui la Corte di Giustizia garantisce l’osservanza. La salvaguardia di questi diritti,
pur essendo informata alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, va garantita
entro l’ambito della struttura e delle finalità della Comunità” 188.
Nel caso “Les Verts”, si arriva addirittura ad affermare che la Comunità europea identifica
“una comunità di diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte né le sue istituzioni
sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla carta costituzionale di base co-
stituita dal Trattato” 189,
per cui solo alla Corte di Lussemburgo spetta
“ogni possibile giudizio in tema di delimitazione delle sfere di competenza fra comunità
e Stati” 190,
così legittimando non solo la primauté del diritto europeo su quello nazionale, ma anche la
“pre-emption”, ossia la preclusione di qualsiasi intervento statale in aree su cui la Comuni-
tà/Unione abbia esercitato la sua competenza 191.
La primauté, tuttavia, non coincide con il giudizio di validità costituzionale interna agli
Stati, nel senso che non può sostituirsi ad esso. Pertanto, la validità comunitaria permane di-
stinta, anche se intrecciata, da quella statale. Ecco perché
“... Qualsiasi regolamento posto in vigore conformemente al Trattato, deve presumersi
valido finché il giudice competente non ne abbia dichiarato l’invalidità; questa presunzione è
basata...sull’art. 177 (del Trattato), il quale attribuisce alla stessa Corte la competenza a
pronunciarsi in ultima istanza sulla validità dei regolamenti ...” 192.
Di conseguenza, un’eventuale antinomia tra fonte europea e fonti interne si presenta solo
ed esclusivamente come “reale”, perché esterna all’ordinamento nazionale e risolvibile fuori
184
Caso “Van Gend en Loos vs. Amm.ne Olandese delle imposte”: Sent. 5 febbraio 1963, in Causa 26/62.
185
Cfr. il cit. caso “Costa vs. Enel”.
186
Si tratta dell’art. 92.
187
Caso “Stauder”, Sent. 12 dicembre 1969, in Causa C-29/69.
188
Caso “Int. Handelsgesellschaft vs. Einführ ecc.”: Sent. 17 dicembre 1970, in Causa C-11/70.
189
Sent. 23 aprile 1986, in Causa C-294/83.
190
Caso “Fotofrost-Haptzollamt Lübeck-Ost”, Sent. 22 ottobre 1987, in Causa C-314/85, giacché non spetta
ai giudici nazionali ritenere invalida una disposizione comunitaria.
191
Caso “Commissione vs. Regno Unito”, Sent. 5 maggio 1991, in Causa C-804/90.
192
Caso “Granaria vs. Hoodfproduktschaft ecc...”, Sent. 13 febbraio 1979, in Causa C-101/78.
193
Caso “Faccini Dori vs. Recreb Srl ”, Sent. 14 luglio 1994, in Causa C-91/92.
194
Caso “Commissione vs. Italia”, Sent. 8 luglio 1987, in Causa C-262/85.
195
Caso “F.lli Costanzo vs. Italia”, Sent. 22 Giugno 1989, in Causa C-103/88.
196
Caso “Commissione vs. Grecia”, Sent. 10 Febbraio 1991, in Causa C-306/89.
197
Caso “Francovich vs. Rep. Italiana”, Sent. 19 novembre 1991, in Causa C-69/90.
MICHELE CARDUCCI 44
ti sugli atti comunitari da applicare 198. La Corte costituzionale italiana l’ha così di seguito ar-
gomentato nella storica Sentenza “Granital”:
“... Quando vi sia irriducibile incompatibilità fra la norma interna e quella comunitaria,
è quest’ultima, in ogni caso, a prevalere … Le norme comunitarie, in forza dell’art. 11 Cost.,
vengono a ricevere diretta applicazione nel territorio italiano, ma rimangono estranee al si-
stema delle fonti interne: e se così è, esse non possono, a rigor di logica, essere valutate se-
condo gli schemi predisposti per la soluzione dei conflitti tra le norme del nostro ordinamen-
to ... In ogni caso, il fenomeno in parola va distinto dall’abrogazione o da alcun altro effetto
estintivo o derogatorio, che investe le norme all’interno dello stesso ordinamento statuale ...
Diversamente accadrebbe, se l’ordinamento della Comunità e quello dello Stato – ed i rispet-
tivi processi di produzione normativa – fossero composti ad unità. Ad avviso della Corte, tut-
tavia, essi, per quanto coordinati, sono distinti e reciprocamente autonomi ... Fuori dell’am-
bito materiale e dei limiti temporali, in cui vige la disciplina comunitaria così configurata, la
regola nazionale serba intatto il proprio valore e spiega la sua efficacia...” 199.
Nei riguardi del diritto della CEDU, invece, non si pongono gli stessi problemi, non es-
sendo, quello convenzionale, in diritto sovranazionale di fonti “sostitutive” ma solo di “inter-
pretazioni” che “influiscono” sul diritto interno. Ecco allora che la Corte costituzionale italia-
na, come ha fatto con l’Ord. n. 150/2012, può anche assumere l’Overruling della Corte CEDU
come ius superveniens, di cui il giudice comune, nel sollevare questioni di legittimità costitu-
zionale, deve tener conto 200, ma non altera il sistema delle “precedenze” nella scelta dei pa-
rametri alla stregua dei quali il giudice costituzionale decide 201.
Del resto, sempre la Corte costituzionale italiana, in una pronuncia più recente 202, di fron-
te alla discussione se inglobare nel concetto di «legalità» in “materia” di diritti fondamentali
non solo il diritto di produzione legislativa, ma anche quello di derivazione giurisprudenziale,
ha ribadito che il “vero diritto” non può che essere rappresentato da quello legislativo e non
da quello giurisprudenziale, con ridimensionamento di qualsiasi preminenza della matrice so-
vranazionale convenzionale.
Pertanto, se davvero dev’essere ricercato un Judicial Branch delle integrazioni, nel conte-
sto europeo, esso sembra avere una sorta di composizione una e trina: tra giudici in dialogo
per la costruzione di un unico discorso di tutele dei diritti fondamentali. Un fenomeno in
qualche modo inedito, felicemente definito di Verfassungsgerichtsverbund 203 e probabilmente
198
Per una rassegna, si v. P. Mengozzi, Corte di giustizia, giudici nazionali e tutela dei principi fondamen-
tali degli Stati membri, in Dir. Un. Eur., 2012, 561 ss.
199
Sent. Corte Cost. italiana, 8 giugno 1984, n. 170.
200
Cfr. I. Pellizzone, Sentenza della Corte europea sopravvenuta e giudizio di legittimità costituzionale:
perché la restituzione degli atti non convince. Considerazioni a margine dell’Ord. n. 150 del 2012 della Corte
costituzionale, in Rivista AIC, 3, 2012, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.
201
Cfr. però criticamente A. Ruggeri, La Corte costituzionale, i parametri «consequenziari» e la tecnica
dell’assorbimento dei vizi rovesciata (a margine di Corte cost., n. 150 del 2012 e dell’anomala restituzione degli
atti da essa operata con riguardo alle questioni di costituzionalità relative alla legge sulla procreazione medi-
calmente assistita), in www.giurcost.it.
202
Sent. 12 ottobre 2012 n. 230, su cui cfr. A. Ruggeri, Penelope alla Consulta: tesse e sfila la tela dei suoi
rapporti con la Corte EDU, con significativi richiami ai tratti identificativi della struttura dell’ordine interno e
distintivi rispetto alla struttura dell’ordine convenzionale (“a prima lettura” di Corte cost. n. 230 del 2012), in
Id., “Itinerari”, vol. XVI, cit., 460.
203
A. Voβkuhle, Multilevel Cooperation of the European Constitutional Courts: der Europäische Verfas-
sungsgerichtsverbund, in 6 Eur. Const. L. R., 2, 2010, 175 ss. Per un esplicito richiamo alle tesi di questo autore
come chiave di lettura di qualsiasi “dialogo” tra Corti, si v. R. Caponi, Dialogo tra Corti: alcune ragioni di un
successo, in Barsotti, V. Varano (a cura di), Il nuovo ruolo delle Corti supreme nell’ordine politico e istituziona-
le, Napoli, Esi, 2012, 121 ss.
Grazie a questo intreccio “dialogante”, nessun giudice interferisce sulle decisioni e valu-
tazioni dei fatti di causa delle autorità giurisdizionali degli altri livelli coinvolte.
È interessante constatare che tale divieto risulti codificato proprio a livello di sovranazio-
nalità “sostitutiva”. L’art. 267 TFUE stabilisce che la Corte di giustizia “non può risolvere
controversie” che rientrino nella competenza dei giudizi nazionali e “deve astenersi” da qual-
siasi valutazione dei fatti della causa 205.
Lo stesso non può dirsi per il contesto latinoamericano.
Il diritto convenzionale CADH, innestandosi nel “blocco di costituzionalità transnaziona-
le” interno agli Stati, non può non interferire nelle controversie interne, persino se di natura
non giurisdizionale 206, in nome, come si è visto, del “controllo di convenzionalità”. Diventa,
come è stato scritto, una sorta di strumento di “politica costituzionale” sui diritti e la demo-
crazia nel subcontinente 207.
Nell’America centrale, poi, l’intromissione è addirittura prevista. La Corte CARICOM
giudica “sulla base” delle Costituzioni nazionali 208. La CCJ SICA (in base all’art. 22 lett. f
del suo Statuto) è una specie di Corte costituzionale di appello in tema di conflitti tra poteri
costituzionali interni agli Stati o di incumplimiento di sentenze nazionali, da risolvere secondo
il diritto pubblico nazionale (anche se la Corte Suprema del Costa Rica ha dichiarato tale pre-
visione contraria alla sua Costituzione).
Dunque, mentre l’art. 267 TFUE proibisce l’interferenza, in questi casi le disposizioni
l’ammettono: ma ammettere una facoltà significa poi interpretarne l’utilizzo; e basta che non
ci si trovi sulla interpretazione di quell’utilizzo, perché il conflitto interordinamentale assuma
contorni costituzionali irrisolvibili.
È successo proprio in America centrale, dove più radicata, come si è detto, è la memoria
di un “diritto costituzionale centroamericano”.
Nell’estate del 2012, Sala Constitucional del Salvador e CCJ del SICA non si ritrovano
più intorno al tema dell’“ultima parola” e del “monopolio”. Due Sentenze nn. 19 e 23 del 5
giugno 2012 della Sala de lo Constitucional de la Corte Suprema de Justicia, del San Salva-
dor, dichiarano la incostituzionalità della elezione di alcuni giudici della Corte Suprema da
parte dell’Assemblea legislativa dello Stato, sulla base di un richiamo generale ai principi co-
stituzionali di democrazia. A queste decisioni ha fatto seguito l’Expediente n. 9 del 20 giugno
2012 della CCJ, che sospende gli effetti di tali dichiarazioni di incostituzionalità, in quanto la
CCJ interviene nell’esercizio della sua giurisdizione esclusiva sui conflitti costituzionali tra
204
Così dispone questo allegato: “La Conferenza ricorda che, per giurisprudenza costante della Corte di
giustizia dell’Unione europea, i Trattati e il diritto adottato dall’Unione prevalgono sul diritto degli Stati mem-
bri alle condizioni stabilite dalla summenzionata giurisprudenza”.
205
Così la Corte UE già nella Sent. 15 novembre 1979, caso “Denkavit”, Causa C-36/1979.
206
M. Rodrigues Bertoldi, K. Batista Sposato, O direito internacional dos direitos humanos: espaço
transnacional para reinvindicação de injustiças?, in 12 Rev. Direitos Fundamentais & Democracia, 12, 2012, 75 ss.
207
Si tratta della suggestiva, ma non chiara, tesi di E.A. Velandia Canosa, nei citati studi: Teoria constitu-
cional del proceso. Derecho procesal constitucional, nonché, insieme a D.J. Beltrán Grande, La justicia
transnacional y su modelo transnacional, cit.
208
Cfr. caso “Pratt and Morgan”, 2 novembre 1993 con riguardo all’art. 17 Cost. Giamaica.
MICHELE CARDUCCI 46
poteri degli Stati aderenti al SICA, secondo quanto disposto dai Trattati cui lo stesso San Sal-
vador aderisce. Il principale fondamento dell’intervento intromissivo della CCJ è dato
dall’art. 35 del Protocollo di Tegucigalpa:
“Questo Protocollo e i suoi strumenti complementari e derivati prevarranno su qualsiasi
Convenzione, Accordo o Protocollo sottoscritto tra gli Stati membri, oppure bilateralmente o
multilateralmente sulle materie riguardanti la integrazione centroamericana. … Qualsiasi
controversia sull’applicazione o interpretazione delle disposizioni contenute nel presente
Protocollo o negli ulteriori strumenti … dovrà essere sottomessa alla Corte Centroamerica-
na de Justicia”.
Ma il conflitto è sollevato assumendo come parametro di riferimento per la sua soluzione
tanto la normativa del diritto comunitario del Centroamerica, in particolare il Protocollo di
Tegucigalpa e il Trattato quadro sulla sicurezza democratica in Centroamerica, quanto le “di-
sposiciones constitucionales” del Salvador. Nonostante questa decisione “sovranazionale”, la
Sala de lo Constitucional procede alla dichiarazione di Inaplicación della decisione della
CCJ, ritenendo di aver titolo a intervenire allo scopo di
“delimitare funzioni e competenze della giurisdizione costituzionale in uno Stato di dirit-
to; … rappresentare i profili costituzionali che sono alla base dell’attuazione delle sentenza
della Sala de lo Constitucional in quanto Corte costituzionale nazionale; … fare riferimento
ai conflitti tra organi, in una prospettiva processuale e dal punto di vista del controllo giuri-
dico di costituzionalità delle leggi, aspetti argomentativi tutti che si rapportano al riparto di
competenze ammesso dall’art. 89 della Costituzione nazionale in un processo di integrazio-
ne; e, alla fine, … perseguire la costituzionalità dell’attuazione della CCJ, allo scopo di veri-
ficare se trova riscontro nel quadro delle competenze del diritto della integrazione abilitato
da detta disposizione costituzionale”.
La Corte Centroamericana interviene rivendicando il proprio “monopolio” costituzionale
sui conflitti costituzionali tra poteri dello Stato, alla luce della specifica struttura del processo
di integrazione regionale centroamericano, fondato, come si è detto, sulla risalente competen-
za “costituzionale” del giudice sovranazionale; e, a tale scopo, interpreta da sé la Costituzione
salvadoregna. La Sala de lo Constitucional, dal canto suo, nega l’effetto utile della decisione
giudiziale sovranazionale, in nome di una propria interpretazione delle disposizioni pattizie a
fondamento di quel processo di integrazione.
La conseguenza è la persistenza di una situazione di stallo costituzionale, alimentata, tra
l’altro, da evocazioni di principi costituzionali di cui ogni singola parte contendente si ritiene
depositaria dell’“ultima parola” 209.
Qui viene meno qualsiasi “ultima fortezza” a presidio del rispetto dei ruoli tra giudici, po-
teri statali e organismi sovranazionali, trasformando un conflitto interorganico in un conflitto
interpretativo sui Trattati di integrazione regionale 210. Il conflitto nazionale tra poteri nasce da
fattori endogeni (l’interpretazione della Costituzione salvadoregna), ma viene come “sovrana-
zionalizzato” per poi essere nuovamente “nazionalizzato” in sede di controllo di legittimità
costituzionale, a differenza di quello che avviene in Europea dove si verifica semmai il con-
trario, ossia il conflitto tra poteri nasce da fattori esogeni (sovranazionali), ma rimane tutto in-
terno ai rimedi giurisdizionali e costituzionali dello Stato 211.
209
Si v. in questo libro il saggio di L.P. Castillo Amaya.
210
Sui rischi della sovrapposizione semantica tra conflitti costituzionali e conflitti interpretativi, si v. R.
Bin, L’ultima fortezza. Teoria della Costituzione e conflitti di attribuzione, Milano, Giuffrè, 1996, 79 ss.
211
Si v., con riferimento alla Germania, M. Bonini, Il BVergG, giudice costituzionale o «signore dei Tratta-
ti»?, in Rivista AIC, 4, 2012, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.
Ma quali sono gli “effetti di sistema” della tridimensionalità? In altre parole, quali altera-
zioni di valore sulle strutture degli Stati produce questo processo? Incide, esso, sulla dinamica
interna della democrazia? Interferisce sulla rigidità costituzionale nella misura in cui, am-
pliando lo spettro dei diritti fondamentali, modifica limiti o possibilità di revisione costituzio-
nale e allarga l’area della discrezionalità giudiziale nella costruzione del linguaggio costitu-
zionale 212? Qual è il Judicial Branch che risolve eventuali conflitti interpretativi e decisionali
su questi interrogativi 213?
Anche da questo angolo di analisi, emergono distinzioni tra Europa e America latina.
Certamente la Corte CEDU non sembra assumere le vesti del titolare dell’“ultima parola”
sui conflitti di “sistema” 214. Nella sua giurisprudenza, come si è verificato nel caso “Zielinski,
Pradal, Gonzalez et autres vs. France” 215, si può arrivare a considerare una legge, non censu-
rata per incostituzionalità dal Conseil Constitutionnel, contraria alla CEDU. Ma non si entra
nel merito delle discussioni domestiche sulle scelte costituzionali perseguite.
La CIDH invece lo ha fatto, e su due fronti:
– arrivando a richiedere esplicitamente modifiche non solo di natura legislativa, ma persi-
no di carattere costituzionale, come nei casi “Castillo Petruzzi vs. Perú” 216 e soprattutto in
“L’ultima tentazione di Cristo-Olmedo-Bustos vs. Chile” 217;
– sindacando non solo il contenuto delle Costituzioni nazionali, ma anche la giurispru-
denza costituzionale degli Stati con riguardo alla sua conformità alla giurisprudenza conven-
zionale sovranazionale e al controllo di convenzionalità, come nel caso “Castañeda Gutman
vs. Estados Unidos Mexicanos” 218.
Si è trattato di un “cammino convenzionale” (per emulare la formula del “cammino comu-
nitario” delle Corti europee rispetto alla CE/UE), che ha visto la CIDH trasformarsi da “giudice
212
Sulla rilevanza di questo interrogativo nella prospettiva analitica del linguaggio costituzionale e nel suo
utilizzo giurisprudenziale, si v. l’efficace sintesi di P. Chiassoni, Positivismo giuridico. Una investigazione ana-
litica, Modena, Mucchi, 2013, spec. 58 ss.
213
Sulla rilevanza di questi interrogativi nella prospettiva del transcostituzionalismo, si v. P. de Vega Gar-
cía, Giuspositivismo e positivismo giurisprudenziale, trad. it., Lecce-Cavallino, Pensa, 2005, e M. Kumm, Costi-
tuzionalismo democratico e diritto internazionale: termini del rapporto, in Ars Interpretandi, XIII, 2008, 101 ss.
214
In merito, si può richiamare la ricostruzione di F. Sudre, Droit européen et international des droits de
l’homme, Paris, PUF, 20099, sul ruolo della Cedu all’interno dei paesi aderenti e al suo rapporto con la rigidità
costituzionale dei singoli ordinamenti.
215
1999-VII 28.10.99.
216
Sent. 30 maggio 1999, Serie C, n. 52
217
Sent. 5 febbraio 2005, Serie C, n. 73. A. Gomez-Robledo, Caso “La última tentación de Cristo”
(Olmedo Bustos y Otros) vs. Chile. Sentencia del 5 de frebrero de 2001, in Cuestiones Constitucionales, 25,
2011, 333 ss.
218
Excepciones preliminares, Fondo, Reparaciones y Costas, 6 agosto 2008: cfr. J.U. Carmona Tinoco, El
caso Jorge Castañeda Gutman vs. Estados Unidos Mexicanos ante la Corte Interamericana de Derechos
Humanos, in Anuario Mex. Der. Int., IX, 2009, 775 ss.
MICHELE CARDUCCI 48
del diritto costituzionale” dei rapporti sovranazionali in “giudice costituzionale” vero e proprio.
Lo si poteva constatare sin dalle “opinioni consultive” della CIDH degli anni ottanta, in
merito al concetto di “legge”, di cui parla la Convenzione, non come semplice atto formale
emesso dal potere legislativo nei modi stabiliti dalle Costituzioni nazionali, bensì come voca-
bolo di senso storico e logico di limitazione del potere di fronte ai diritti 219: tutto è sindacabile
da parte della CIDH in quanto tutto rappresenta un “potere” che può nuocere ai diritti. Ecco
allora che, se nel caso “Boycé y otros vs. Barbados” 220 si affermava la necessità del “controllo
di convenzionalità” anche delle disposizioni costituzionali interne del paese membro (nel caso
di specie della Costituzione delle Barbados), lasciando però alla giurisdizione interna (nel ca-
so di specie, la Corte de Justicia del Caribe) il compito di accertare “logicità” e “coerenza”
delle disposizioni costituzionali rispetto ai contenuti della CADH, nel caso “Castañeda Gut-
man vs. Estados Unidos Mexicanos” si arriva al controllo della giurisprudenza costituzionale
domestica di uno Stato senza passare da alcun filtro di pregiudizialità: come se la CIDH fosse
di fatto il tribunale costituzionale sovranazionale della regione; il Judical Branch del sistema,
cui spetta non la ricerca di una “standard comune” tra gli Stati membri (come avviene per le
“tradizioni costituzionali comuni” all’interno della UE), ma la fissazione unilaterale dello
“standard essenziale” per agire in conformità con la CADH e la sua giurisprudenza 221.
Non sbaglia allora chi osserva che non tanto di un “cammino” si sia trattato, quanto di una
“metamorfosi” delle sentenze della CIDH 222, in funzione della edificazione di un “monologo”
interamericano.
In questo “monologo”, la CIDH arriva addirittura a fissare veri e propri “Political Crite-
ria” sugli assetti procedimentali delle democrazie degli Stati.
È successo nel caso “Gelman vs. Uruguay” 223. Ecco che cosa si legge:
“Il fatto che la Ley de Caducidad sia stata approvata in un regime democratico e persi-
no ratificata e confermata dai cittadini in due occasioni non le conferisce, di per sé sola, le-
gittimità di fronte al Diritto internazionale” 224,
giacché
“La legittimazione democratica di determinati fatti o atti in una società è comunque li-
mitata dalle norme e dalle obbligazioni internazionali di protezione dei diritti umani, ricono-
sciute in Trattati come la [CADH], di modo che l’esistenza di un vero e proprio regime de-
mocratico è determinato dalle sue caratteristiche tanto formali quanto sostanziali, sicché,
soprattutto o in caso di gravi violazioni delle norme di Diritto internazionale dei diritti, la
protezione dei diritti umani costituisce un limite infrangibile rispetto a qualsiasi regola di
maggioranza, vale a dire, dall’essere “suscettibile di essere deciso” da maggioranze demo-
cratiche, nelle quali anche deve prevalere un “controllo di convenzionalità” […], che costi-
tuisce funzione e ruolo di qualsiasi autorità pubblica e non solo del potere giudiziale” 225.
219
Opinioni consultive OC-5/1985 e OC-6/1986.
220
20 settembre 2007, Serie C, 169.
221
Sulla plausibilità o meno di questa prospettiva in Europa, con riguardo alla Cedu e alla eventualità di un
conflitto tra interpretazioni conformi a Costituzione e quelle conformi alla giurisprudenza sovranazionale, si v.
B. Randazzo, Giustizia costituzionale sovranazionale, cit., 227.
222
J.E. Herrera Perez, Control judicial internacional de DDHH sobre la actividad jurisdiccional interna de
los Estados. ¿Una cuarta Instancia?, in Horizontes contemporáneos del Derecho procesal constitucional. Liber
amicorum Néstor Pedro Sagüés, Tomo II, cit., 773.
223
Sent. 24 febbraio 2011, Serie C, n. 221.
224
“Gelman vs. Uruguay”, par. 238.
225
“Gelman vs. Uruguay”, par. 239.
226
L.R. Helfer, A.-M. Slaughter, Toward a Theory of Effective Supranational Adjudication, in Yale L. J.,
1997, 273 ss.
227
Ma i medesimi profili sono stati richiamati dalla dottrina: cfr. D.E. Ochs Olazábal, El fallo de la Corte
Interamericana de Derechos Humanos Gelman con Uruguay, in IV La Ley Uruguay, 7, 2011, M. Blengio Val-
dés, Corte Interamericana de Derechos Humanos. Caso Gelman vs. Uruguay, in Rev. Der. Público F.C.U. Mon-
tevideo, 39, 2011.
228
N. Kirsch, The Open Architecture of European Human Rights Law, in Modern L. Rev., 2008, 183 ss.
229
Come l’armamentario argomentativo del “margine di apprezzamento” della Corte CEDU, nonostante le
ambiguità di questo approccio e i suoi “lati oscuri”, dove talvolta sembrano prevalere, in capo alla Corte di Stra-
sburgo, atteggiamenti di opportunismo politico piuttosto che di riconoscimento argomentato di specificità costi-
tuzionali statali. Su questi problemi, si vedano: T.A. O’Donnel, The Margin of Appreciation Doctrine: Standards
in the Jurisprudence of the European Court of Human Rights, in 4 Human Rights Quart., 4, 1981, 478 ss.; S.
Greer, The Interpretation of the European Convention on Human Rights: Universal Principle or Margin of Ap-
preciation?, in 3 UCL Human Rights Rev., 2010, 1 ss.; M.R. Hutschinson, The Margin of Appreciation Doctrine
in the European Court of Human Rights, in 48 Int.’l Comp. L. Quart., 1999, 643 ss.; M. Delmas-Marty, M.L.
Izorche, Marge nationale d’appréciation et internationalisation du droit. Réflexions sur la validité formelle d’un
droit commun pluraliste, in RIDC, 4, 2000, 766 ss.; G. Letsas, Two Concepts of the Margin of Appreciation, in
26 Oxford J. Legal St., 4, 2006, 711 ss.; J. Gerards, Pluralism, Deference and the Margin of Appreciation Doc-
trine, in Eur. L. J., 2011, 113 ss.
230
E su questo problema, si veda il saggio di Mazzuoli in questo libro, dedicato al tema del “bilanciamento”
brasiliano tra “controllo di convenzionalità” ex CADH e controllo di costituzionalità, da un lato, e adeguamento ad
altri vincoli internazionali pattizi incidenti su “materie costituzionali” e dunque sul controllo di costituzionalità me-
desimo. Sulla particolare impostazione di Mazzuoli, si v. C.G. Teixeira, O controle da convencionalidade das leis
pelo poder judiciário, in 1 RIDB, 2, 2012, 1127 ss. Sul rapporto tra “controllo di convenzionalità” e altri vincoli in-
ternazionali, si v. pure Néstor P. Sagües, Obligaciones internacionales y control de convencionalidad, cit.
MICHELE CARDUCCI 50
sovranazionalità come disponibilità soggettiva dell’“Amparo interamericano”, non si può ne-
gare a qualsiasi singolo cittadino la possibilità di rivendicare, come petitum sovranazionale,
modifiche normative anche di carattere costituzionale, filtrando la proceduralità democratica
attraverso il semplice contenzioso giurisdizionale.
Questo “costituzionalismo solitario”, molto prossimo alle visioni del neo-costituziona-
lismo 231, vede nel giudice, soprattutto se “sovranazionale”, il motore di accelerazione della
diffusione del diritto alla democrazia.
Nell’ambito della tridimensionalità europea, la problematica della legittimazione demo-
cratica delle scelte di ciascun livello coinvolto non costituisce affatto oggetto di contesa né
tantomeno di rivendicazioni di “primati” o “monopoli”.
Non lo fanno le Corti costituzionali nazionali, come dimostra la sentenza tedesca sul Trat-
tato di Maastricht, dove si dichiara:
“È inammissibile la contestazione del ricorrente che i suoi diritti fondamentali sarebbe-
ro lesi perché non più garantiti dagli organi tedeschi come diritti fondamentali europei …
L’apertura verso l’integrazione europea…ha come conseguenza che violazioni di importanti
diritti fondamentali potrebbero derivare anche da organi europei e, corrispondentemente,
una tutela dei diritti fondamentali deve essere garantita per l’intero ambito della loro appli-
cazione …
Il Tribunale costituzionale tedesco esercita la sua giurisdizione sulla applicabilità, in
Germania, del diritto comunitario derivato in un ‘rapporto di cooperazione’ con la Corte di
Giustizia Europea, all’interno del quale la Corte di Giustizia garantisce la tutela dei diritti
fondamentali in ogni singolo caso per l’intero territorio della Comunità europea, sicché il
Tribunale costituzionale tedesco si può limitare ad una garanzia generale degli standards ir-
rinunciabili di difesa dei diritti fondamentali in Germania…” 232.
Né lo consentono i Trattati.
Il Trattato di Amsterdam fissa i nuovi “standard costituzionali comuni” dell’Europa come
“Political Criteria” dell’integrazione:
art. 2 “L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della
democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i
diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri
in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dal-
la giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra uomini e donne”.
art. 49 “Ogni Stato europeo che rispetti i valori di cui all’articolo 2 e si impegni a pro-
muoverli può domandare di diventare membro dell’Unione. Il Parlamento europeo e i par-
lamenti nazionali sono informati di tale domanda. Lo Stato richiedente trasmette la sua do-
manda al Consiglio, che si pronuncia all’unanimità, previa consultazione della Commissione
231
Si tratta, in altri termini, delle linee emergenti dal dibattito tra “neocostituzionalismo” (articolatamente dif-
fuso in America latina: cfr. M. Petters Melo, Neocostituzonalismo e “Nuevo Constitucionalismo” in America lati-
na, in Dir. Pubbl. Comp. Eur., II, 2012, 342 ss.) e costituzionalismo “politico” o “Political”/“Popular” Constitu-
tionalism (anch’esso presente non solo nel contesto euro-nordamericano, ma in quello latinoamericano). Per il con-
testo euro-nordamericano sul tema del costituzionalismo “politico”, i riferimenti obbligati partono dal lavoro di J.
Griffith, The Political Constitution, in Modern L. Rev., 1979, 1 ss., per poi approdare nelle teorie inglesi del “Politi-
cal Constitutionalism” (in sintesi: R. Bellamy, Political Constitutionalism, Cambridge, Cambridge Univ. Press,
2007) e in quelle statunitensi del “Popular Constitutionalism”, per la verità, queste ultime, meno attente al fenome-
no della normatività sovranazionale (specialmente con L. Kramer, The People Themselves. Popular Constitutional-
ism and Judicial Review, Oxford, Oxford Univ. Press, 2004) e trovare traccia anche nel dibattito sulla sovrana-
zionalità europea (con E. Stein, Lawyers, Judges and the Making of a Transnational Constitution, in 75 Am. J.
Comp. L., 1981, 1 ss. Per l’America latina, si v. P. Riberi, Derecho y política: tinta y sangre, cit.
232
Sent. del 12 ottobre 1993, BVerfGE., 89, 115.
233
Cfr. S. Ninatti, Giudicare la democrazia? Processo politico e ideale democratico nella giurisprudenza
della Corte di giustizia europea, Milano, Giuffrè, 2004.
234
Cfr. M. Starita, Democrazia deliberativa e Convenzione europea dei diritti umani, in Dir. Umani e Dir.
Int., 2, 2010, 275 ss.
MICHELE CARDUCCI 52
solo le Costituzioni di Argentina (art. 75 n. 24) e Paraguay (artt. 103, 143, 145) accettano
esplicitamente l’ingresso dello Stato nelle integrazioni sovranazionali e specificamene nel
MERCOSUR.
Come questo “ingresso” si realizzi non è disciplinato in modo chiaro da nessuna fonte,
salvo alcuni tentativi di dottrina e giurisprudenza di rintracciarlo altrove. Infatti, una originale
dottrina ritiene di dover chiamare in causa direttamente la CADH, specificamente nell’art. 24
(uguaglianza davanti alla legge) e nel citato 28.3 (la ricordata “cláusula federativa”), per af-
fermare la necessità “convenzionale” dell’adeguamento del diritto regionale MERCOSUR al-
la CADH e, di conseguenza, la primauté del primo sugli Stati inadempienti, con la conse-
guenza che la “pregiudizialità” diventerebbe di fatto necessaria, e dunque obbligatoria e vin-
colante, nella prospettiva dell’armonizzazione interna e regionale degli ordinamenti giuridici
integrati 235. Nel contempo, sul fronte giurisprudenziale, una recente presa di posizione del
Tribunal Permanente de Revisión del MERCOSUR (TPR), in merito alla decisione della so-
spensione del Paraguay dal MERCOSUR e all’ingresso del Venezuela 236, ha indotto a riven-
dicare la competenza “preventiva” del TPR e la sua “prevalenza” su qualsiasi autorità nazio-
nale 237.
In Europa, al contrario, sia i Trattati 238 che la giurisprudenza 239 mettono in chiaro tre ca-
ratteristiche su questo come:
a) il giudice nazionale è obbligato ad applicare nei propri casi il diritto comunita-
rio/europeo;
b) la Corte di giustizia UE è l’unica ad assicurare l’interpretazione uniforme europea del
diritto comunitario;
c) il giudice nazionale di ultime istanza, in persistenza di dubbi interpretativi o di validità
del diritto comunitario, deve rivolgersi alla Corte di giustizia UE.
In America latina, invece, la pregiudizialità sovranazionale, quando accennata o praticata,
si presenta in tre versioni:
a) di contenuto “consultivo”, come avviene nel MERCOSUR per via degli artt. 1 e 2 del
Regolamento del Protocolo de Olivos, giudicati dallo stesso TPR “non conformi” ai Trattati
MERCOSUR 240 e persino causa di “danno istituzionale” alla integrazione stessa 241;
235
È stata questa la tesi di Jorge Luis Salomoni, Procedimiento administrativo y Mercosur. Una aproxi-
mación a los principios emergentes de los distintos ordenamientos aplicables, in Actualidad en el Derecho
Público, vol. 8, Buenos Aires, Ad-Hoc, 1998, 95 ss.
236
Si tratta del Laudo 1/2012.
237
Cfr. anche M. Di Filippo (a cura di), Organizzazioni regionali, modello sovranazionale e metodo inter-
governativo: i casi dell’Unione europea e del Mercosur, Torino, Giappichelli, 2012.
238
Art. 267 TFUE: “La Corte di giustizia dell’Unione europea è competente a pronunciarsi, in via pregiu-
diziale: a) sull’interpretazione dei Trattati; b) sulla validità e l’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzio-
ni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione.
Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno degli Stati mem-
bri, tale organo giurisdizionale può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su
questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione.
Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale
nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo
giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte. Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pen-
dente davanti a un organo giurisdizionale nazionale e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte
statuisce il più rapidamente possibile”.
239
A partire dal caso “Fotofrost-Haptzollamt Lübeck-Ost”, Sent. 22 ottobre 1987, in Causa C-314/85
240
Laudo 1/2007, paragrafi B3-B4.
241
Ma si tratta pur sempre di una“opinión consultiva”: cfr. C. Tuosto, L’evoluzione del sistema di risoluzio-
ne delle controversie del Mercosur e “influenze” comunitarie, in P. Pennetta (a cura di), L’evoluzione dei sistemi
giurisdizionali, cit., 51 ss.
242
Lo si desume da: art. 22 lett. k) Statuto della CCJ del SICA; art. 211 del Trattato CARICOM e artt. XII e
XIV dell’Accordo istitutivo della Corte della CARICOM; art. 33.2 del Protocollo del TJ-CA, anche se il Tribu-
nal de Justicia della CAN, nella Causa 106/2009, ha argomentato la responsabilità “per omissione dello Stato” in
caso di mancato rispetto delle decisioni adottate in via pregiudiziale, assumendo come fondamento della decisio-
ne l’art.. 36 del Protocollo di Cochabamba che impone ai giudici di adattarsi alle disposizioni degli atti sovrana-
zionali.
243
Sentenza 5 marzo 1998.
244
Caso “Seda Kücükdeveci vs. Swedex GmbH & Co. KG”, in Causa C-555/07.
MICHELE CARDUCCI 54
plicazione delle norme di diritto interno in conflitto con la CEDU, la Corte di giustizia UE ha
stabilito, nel caso “Kamberaj” 245, che,
“quando la questione è qualificabile come di ‘diritto dell’Unione’, il giudice comune na-
zionale non ha l’obbligo di disapplicare la norma interna … nell’ipotesi di conflitto tra i di-
ritti garantiti da tale Convenzione [la CEDU] e una norma di diritto nazionale. Ed invero
l’art. 6 del Trattato non disciplina il rapporto tra diritto dell’Unione ed ordinamenti interni,
pur rendendo i diritti della Cedu principi generali del diritto dell’Unione, né stabilisce il ri-
lievo che la giurisprudenza di Strasburgo ha negli ordinamenti interni”.
E questo perché, anche in presenza di congiunte violazioni di norme della UE e della
CEDU, la integrazione regionale della UE opera su tutti i fronti per la costruzione di un ordi-
namento sovranazionale di competenze, riconducibili anche alla “materia” dei diritti fonda-
mentali 246.
Questo ovviamente rende estremamente articolate e potenzialmente complesse le capacità
integrative del rinvio pregiudiziale 247, come dimostra anche un recente caso italiano del Con-
siglio di Stato che ricorre al rinvio pregiudiziale per chiedere una sorta di “interpretazione au-
tentica” degli effetti interni della decisione pregiudiziale stessa 248.
Ma in tutti i modi, l’unità di integrazione identifica il fine principale delle azioni sovrana-
zionali da realizzare, anche attraverso il conseguimento di certi obiettivi predeterminati da
parte dei singoli Stati, con propri strumenti interni.
In tal modo, la supremazia funzionale della integrazione europea opera sulle differenze
per produrre sostituzioni e garantire finalità comuni. Le tecniche europee di concretizzazione
di tutto questo sono in definitiva tre:
a) della “riduzione”;
b) della “neutralizzazione”;
c) della “condivisione”.
Il meccanismo della supremazia/primauté del diritto europeo su quello nazionale ha per-
messo e permette tuttora di “ridurre” differenze, in primo luogo sul piano normativo perché si
eliminano “antinomie reali”. Si tratta del più antico dei meccanismi.
Ma accanto ad esso, la CE/UE ha sperimentato altri percorsi, come per esempio il cosid-
detto “giudizio di equivalenza tra ordinamenti statuali”, finalizzato alla “neutralizzazione”
delle differenze. A uno Stato membro è proibito di ostacolare la circolazione di beni e servizi,
allorquando interessi e tutele di quello Stato conoscano metodi e tecniche sostanzialmente
245
Sentenza 24 aprile 2012, caso “Servet Kamberaj vs. Istituto per l’Edilizia Sociale della Provincia auto-
noma di Bolzano”, in Causa C-571/10. Sulla complessità di questa vicenda, si v. A. Ruggeri, La Corte di giusti-
zia marca la distanza tra il diritto dell’Unione e la CEDU e offre un puntello alla giurisprudenza costituzionale
in tema di (non) applicazione diretta della Convenzione (a margine di Corte giust., Grande Sez., 24 aprile
2012), in Id., “Itinerari”, vol. XVI, cit., 284 ss., e A.E. Basilico, Disapplicazione di leggi interne contrastanti
con la CEDU? Il punto di vista della Corte di giustizia, in Rivista AIC, 3, 2012, in www.associazione
deicostituzionalisti.it.
246
Sul problema, ancora A. Ruggeri, Il rinvio pregiudiziale alla Corte dell’Unione: risorsa o problema?
(nota minima su una questione controversa), in Dir. Un. Eur., 1, 2012, 95 ss.
247
Nella letteratura in lingua italiana, cfr. S. Foà, Giustizia amministrativa e pregiudizialità costituzionale,
comunitaria e internazionale. I confini dell’interpretazione conforme, Napoli, Jovene, 2011, R. Ciccone, Il rin-
vio pregiudiziale e le basi del sistema giuridico comunitario, Napoli, Editoriale Scientifica, 2011, A. D’Ales-
sandro, Il procedimento pregiudiziale interpretativo dinanzi alla Corte di giustizia. Oggetto ed efficacia della
pronunzia, Torino, Giappichelli, 2012.
248
Ci si riferisce a Cons. Stato 5 marzo 2012 n. 4584, su cui si v. A. Ruggeri, Il Consiglio di Stato e il “me-
tarinvio” pregiudiziale (a margine di Cons. St. n. 4584 del 2012), in Id., “Itinerari”, vol. XVI, cit., 138 ss.
8. Conclusioni
Il confronto fra le due realtà tridimensionali lascia dunque aperto il problema se si possa
parlare, per entrambi i contesti interordinamentali, di insorgenza di uno ius commune attraver-
so le interrelazioni dinamiche dei diversi livelli di tutela da parte dei giudici, all’interno di cir-
cuiti di legittimazione condivisa. Nella stessa Europa multilevel, si discute della necessità o
meno di non affidare alla sola creazione giurisprudenziale il diritto dell’integrazione tridimen-
sionale.
Alcuni formulano l’invito a “rifuggire … i rischi di un costituzionalismo irenico che si
limiti a celebrare i trionfi dei diritti fondamentali grazie … alle giurisdizioni” e alla comuni-
cazione degli argomenti giudiziali all’interno di una specie di “supermercato dei diritti” 251.
249
Cfr. A. Plaia (a cura di), La competizione tra ordinamenti giuridici, Milano, Giuffrè, 2007.
250
Art. 3 B: “La Comunità agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le
sono assegnati dal presente Trattato. Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza, la Comunità inter-
viene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista
non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o
degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario. L’azione della Comunità non
va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente Trattato”.
251
In Italia, è la tesi di Massimo Luciani, di cui si v.: Costituzionalismo irenico e costituzionalismo polemi-
MICHELE CARDUCCI 56
Altri sostengono l’idea che ormai la sovranità appartenga ai valori nella loro oggettività
argomentativa e discorsiva, svincolati dall’imperium dei luoghi, delle autorità e della gerar-
chia degli atti: la circolazione dei valori di per sé neutralizzerebbe i conflitti tra sistemi e in-
centiverebbe l’armonia tra gli ordinamenti 252.
Altri ancora sottolineano l’importanza sistemica dei conflitti interordinamentali (ossia i
conflitti fra il primato del diritto europeo, di integrazione e/o convenzionale, e la supremazia
delle Costituzioni nazionali), in funzione dello sviluppo dei principi di un diritto costituziona-
le “transnazionale” 253 o “cosmopolitico” 254.
La concorrenza interpretativa diventerebbe insomma il motore virtuoso delle “gerarchie
intrecciate” dei vari ordinamenti coinvolti dal processo integrativo sovranazionale, contri-
buendo a delineare, quanto meno in via tendenziale, le risposte condivise sull’“ultima parola”
intorno ai diritti e al “monopolio” delle Costituzioni.
È verosimile che queste letture conoscano possibili riscontri reali. È pur vero, però, che si
tratta – per tutte – di teorie riferite all’Europa, dunque da testare empiricamente altrove, prima
di proclamarne la “universalità” 255.
Fuori dell’Europa, le perplessità sulle visioni “ireniche” della convivenza tridimensionale
permangono, sia perché le riscontrate asimmetrie non solidificano la struttura giuridica della
tridimensionalità stessa 256, sia perché è difficile pensare che una “diplomazia costituzionale”
affidata ai giudici 257 possa fare a meno di una “diplomazia cittadina” 258 capace di “Embed-
dedness” in realtà dove l’esclusione sociale è radicata e diffusa.
L’“oscillazione” tra “sistema integrato delle fonti” e “sistema integrato delle interpreta-
zioni”, ormai congenita all’Europa 259, non è così pacifica in America latina. L’asse su cui
poggiano i due piatti di questa “oscillazione” risiede ovviamente negli Stati. Ma, nel subcon-
co, in Giur. Cost., 2006, 1652 ss., ma anche Costituzione, integrazione europea, globalizzazione, in Quest.
Giust., 6, 2008, 65 ss., e L’antisovrano e la crisi delle Costituzioni, in AA.VV., Scritti in onore di Giuseppe
Guarino, II, Padova 1998, 731 ss., spec. 780.
252
In Italia, è la tesi di Gaetano Silvestri, di cui si v.: La parabola della sovranità. Ascesa, declino e trasfi-
gurazione di un concetto, in Riv. Dir. Cost., 1996; Lo Stato senza principe. La sovranità dei valori nelle demo-
crazie pluraliste, Torino, Giappichelli, 2005, 69 ss.; Verso uno ius commune europeo dei diritti fondamentali, in
Quad. Cost., 2006, 7 ss.
253
In Italia, è la tesi di Giuseppe Martinico: Lo spirito polemico del diritto europeo. Studio sulle ambizioni
costituzionali dell’Unione, Roma, Aracne, 2011, e il già cit. L’integrazione silente. La funzione interpretativa
della Corte di giustizia e il diritto costituzionale europeo.
254
Q. Camerlengo, Contributo ad una teoria del diritto costituzionale cosmopolitico, Milano, Giuffrè,
2007.
255
Si v. il recente saggio di D. Kapiszewski, M.M. Taylor, Compliance: Conceptualizing, Measuring, and
Explaining Adherence to Judicial Rulings, in 38 L. & Social Inquiry, 4, 2013, 803 ss., sulle possibilità di rileva-
zione della effettività del rapporto costruttivo tra interventi giudiziari e politica.
256
Si pensi alle importanti comparazioni di A. Malamud, a partire dal cit. Latin American Regionalism and
EU Studies.
257
Per utilizzare la formula di Michael J. Glennon, Constitutional Diplomacy, Princeton, Princeton Univ.
Press, 1991.
258
Su tale ipotesi, cfr. A. Serbin (comp.), Entre la confrontación y el diálogo. Integración regional y diplo-
macia ciudadana, Buenos Aires, Siglo XXI, 2003. Tra l’altro, accanto alla “diplomazia cittadina”, esiste anche
una “diplomazia accademica” attenta ai temi della integrazione e che fa sentire la sua voce su limiti e possibilità
del diritto costituzionale transnazionale, come dimostrano le iniziative degli “Encuentros de las Asociaciones de
Derecho constitucional de América del Sur”.
259
L’idea di una “oscillazione” tra un “polo d’ispirazione formale-astratta” e un “polo assiologico-
sostanziale” è di A. Ruggeri, recentemente ripresa in Sistema integrato di fonti e sistema integrato di interpreta-
zioni, nella prospettiva di un’Europa unita, in “Itinerari”, vol. XIV, cit., 207 ss.
260
In tal senso, M. Neves, A concepção do Estado de direito e sua vigência prática na América do Sul, com
especial referência à força normativa de um direito supranacional, in 2 Rev. Bras. Est. Const., 8, 2008.
MICHELE CARDUCCI 58
MICHELE CARDUCCI
Alla luce del quadro comparativo emerso, è possibile sintetizzare e schematizzare le dif-
ferenze tra Europa e America latina, con riguardo alla tridimensionalità delle integrazioni
regionali.
Per l’Europa, i fondamenti della dinamica risiedono negli artt. 4.2 e 6 TUE e nella stes-
sa “Carta di Nizza”, all’art. 53, in qualche modo ispiratrice del Verfassungsgerichtsver-
bund europeo e della Cross Fertilization tra interpretazioni statali, convenzionali sulla
CEDU e di integrazione dell’Unione. La tridimensionalità, pertanto, si presenta “dialogan-
te” e “cooperante” e, per questo, può essere raffigurata come un insieme di tre cerchi ina-
nellati tra i due livelli orizzontali (UE e CEDU) e il livello verticale verso gli Stati, con la
preminenza del cerchio della UE, perché gli altri due sono comunque direzionati (quello
statale) o condizionati (quello CEDU) dal meccanismo (obbligatorio e vincolante) della
pregiudizialità comunitaria. Nel contempo, il cerchio della CEDU incide sulla sfera delle
Costituzioni degli Stati.
Viceversa, la riscontrata “verticalità” latinoamericana può essere raffigurata con un trian-
golo, con al vertice la CADH e le interpretazioni della CIDH, sulla base sia del “blocco di co-
stituzionalità transnazionale” previsto dagli Stati sia, secondo alcuni, degli artt. 24, 28.3, 67 e
68 della CADH. L’impressione, pertanto, è quella di una tridimensionalità “monopolizzata”
dalla CIDH, con il suo “controllo di convenzionalità” non cooperante con le altre sfere ordi-
namentali, ma cionondimeno molto più incisivo delle integrazioni regionali, per l’assenza,
all’interno di queste ultime, di un efficace meccanismo di pregiudizialità. Una qualche forma
di cooperazione orizzontale si riscontra solo tra CCJ e CIDH, grazie alle previsioni degli artt.
3, 23 e 25 dello Statuto della CCJ.
COSTITUZIONI CEDU
NAZIONALI
CADH e CIDH
MICHELE CARDUCCI 60
UNIONE EUROPEA: ARTT. 4.2 E 6 TUE CON ART. 53 CARTA DI NIZZA
(VERFASSUNGSGERICHTSVERBUND)
CORTE UE
Si Judicial Dialogue:
criterio di equivalenza
CORTE CEDU
Si Embeddedness, ma:
“margine di apprezza-
mento”
“Controlimiti”
Si Embeddedness: pregiudi-
zialità con Primauté; effetto
utile; Pre-emption
CORTI COSTITUZIONALI
“Sentenze
pilota”
GIUDICI DI INTEGRAZIONE
CIDH No Judicial Dialogue REGIONALE (CAN; MERCOSUR;
CARICOM)
Si Embeddedness: No Embeddedness:
“controllo di convenzionalità” pregiudizialità
non vincolante
“Controlimiti”?
MICHELE CARDUCCI 62
CENTRO AMERICA: ARTT. 3, 23 E 25 STATUTO CCJ CON ART. 28.3 CADH E CON
COSTITUZIONI DEGLI STATI (“COSCIENZA CENTROAMERICANA”)
Judicial Dialogue su
CIDH DH? CCJ
Si Embeddedness: “controllo
di convenzionalità” Si Embeddedness: controllo sui conflitti
costituzionali, ma “Pick and Choose
System”
CORTI COSTITUZIONALI
No Embeddedness:
pregiudizialità non
vincolante
1. Antecedentes
1
R. Chamorro Mora, La Corte de Justicia de la Comunidad Centroamericana, Managua, Artes Gráficas
Imprimatur, 2000.
2
Artículo 15 de la Carta de San Salvador del 12 de diciembre de 1962.
3
Belice depositó su instrumento de ratificación el 27 de noviembre del 2000.
3. Naturaleza
4
Para Costa Rica entró en vigencia el día 26 de junio de 1995, para Panamá el 26 de marzo de1996 y para
Belice el 8 de diciembre del año 2000.
5
Resolución del 11 de abril de 1997.
6
Sentencia del 13 de marzo del 2002.
7
Sentencia del 5 de agosto de 1997.
8
Resolución del 12 de noviembre del 2002.
9
Resolución del 13 de marzo del 2002
Establece el artículo 22 literal ch) del Convenio de Estatuto: “Conocer y fallar, si así lo
decide, como árbitro de los asuntos en que las partes la hubieren solicitado como tribunal
competente. También podrá decidir, conocer y resolver un litigio ex aequo et bono, si los in-
teresados lo convienen” 10.
10
El 27 de febrero del 2002 se suscribió en la República de Nicaragua la “enmienda al Protocolo de Tegu-
cigalpa a la Carta de la Organización de Estados Centroamericanos (ODECA)”, por medio de la cual se modificó
el Artículo 35 del Protocolo de Tegucigalpa,en el cual se suprime la competencia arbitral de La Corte para la so-
lución de diferencias surgidas “de las relaciones comerciales interregionales” las que serán sometidas al nuevo
“mecanismo” que establezca el Consejo de Ministros de Integración Económica, en el que se incluye el arbitraje.
De acuerdo a información de la Secretaría General del Sistema de la Integración Centroamericana, dicha en-
mienda entró en vigencia a partir del 18 de enero del año 2003.
11
A. León Gómez, La Corte de Managua. Defensa de su Constitucionalidad, Managua, 1ª Edición, Edito-
rial Somarriba, 1997.
12
World Peace Foundation, Pamphlet Series, VII, Boston, 1917, 29.
13
Artículos 12 y 35 del Protocolo de Tegucigalpa a la Carta de la Organización de Estados Centroamerica-
nos, y 3 del Convenio de Estatuto de la Corte Centroamericana.
14
Es decir que determina su competencia en cada caso concreto, interpretando los tratados o convenios per-
tinentes al asunto.
15
Artículos 30 del Convenio de Estatuto de la Corte Centroamericana de Justicia y 4 de la Ordenanza de
Procedimientos de la Corte Centroamericana de Justicia.
16
Es de tener en cuenta que los Magistrados en su actuación jurisdiccional no tienen en consideración niel
origen de sus nombramientos ni sus respectivas nacionalidades.
17
Resuelven los asuntos que conocen con imparcialidad, basándose en hechos en consonancia con el dere-
cho, sin influencias de nadie, sin presiones, sin intromisiones de ningún sector ni por ningún motivo.
18
Artículos 6, 10, 12, 13, 14 y 15 del Convenio de Estatuto de la Corte Centroamericana de Justicia.
19
Como controversias entre sus Estados Miembros; entre los Poderes internos de sus Estados Miembros;
entre particulares y algunos de los Poderes internos de sus Miembros; entre un particular y algún órgano u orga-
nismo del sistema; entre sus organismos o entre un órgano y algún organismo del mismo.
20
Los Estados Miembros comprendieron que si no era “sacrificada” parcialmente, en aras del bien común,
el concepto clásico de soberanía personalista, estática y recelosa del poder estatal, no se llegaría a integrar la re-
gión en una Centroamérica unidad.
21
La “Corte de Cartago” hizo que Centroamérica se distinguiera por integrar el primer tribunal internacio-
nal permanente y obligatorio del mundo, en donde los particulares fueron considerados, por primera vez como
sujetos activos procesales frente a los Estados.
22
Según doctrina de la Corte Centroamericana de Justicia en resolución del 24 de octubre del 2000 en el ca-
so de José Viguer Rodrigo, estó debe entenderse cuando la violación a los Derechos Fundamentales sea por parte
de algún Estado Miembro, sujetos a la competencia de la Corte Interamericana de Derechos Humanos, mas no
así cuando la violación proceda de Órganos, Organismos o Instituciones del Sistema de la Integración Centroa-
mericana SICA, porque éstos no están sometidos a la competencia de la Corte Interamericana de Derechos Hu-
manos. En este último caso sí podría ser del conocimiento de la Corte Centroamericana de Justicia de acuerdo a
los objetivos, propósitos y principios (artículo 3 letra a): “El Sistema de la Integración Centroamericana tiene
por objetivo fundamental la realización de la integración de Centroamérica, para constituirla como Región de
Paz, Libertad, Democracia y Desarrollo. En ese sentido, se reafirman los siguientes propósitos: – a) Consolidar
la democracia y fortalecer sus Instituciones sobre la base de la existencia de Gobiernos electos por sufragio
universal, libre y secreto, y del irrestricto respeto a los Derechos Humanos”; 4 letra a): Artículo 4. “Para la rea-
lización de los propósitos citados, el Sistema de la Integración Centroamericana y sus Miembros procederán de
acuerdo a los principios fundamentales siguientes: a) La tutela, respeto y promoción de los Derechos Humanos
constituyen la base fundamental del Sistema de la Integración Centroamericana”; 9: “Los Órganos e Institucio-
nes del Sistema de la Integración Centroamericana, deberán guiarse por los propósitos y principios de este Pro-
tocolo e inspirarse en ellos tanto en sus decisiones, estudios y análisis como en la preparación de todas sus reu-
niones”; y 10: “Los Órganos e Instituciones del Sistema de la Integración Centroamericana deberán contribuir
a la efectiva observancia y ejecución de los propósitos y principios de este Protocolo. Esta obligación es impe-
rativa y primaria en sus ordenamientos complementarios o derivados, en los cuales deberán garantizar siempre
la publicidad de sus resoluciones y el procedimiento abierto al acceso de las personas según la naturaleza de
cada Órgano o Institución y de los asuntos a tratar” (tomado del Protocolo de Tegucigalpa, en el que se funda-
menta el proceso de integración de Centroamérica).
23
Exposición de Motivos del Convenio de Estatuto, Segundo Acápite, párrafo tercero.
5. Conclusiones
24
Artículo 9, Protocolo de Tegucigalpa.
25
El total de casos al mes de mayo del 2003 son 61: 41 contenciosos y 20 consultas. Dentro de las consultas
algunas han incluido hasta 14 puntos a evacuar.
26
V. J.A. Giammattei Avilés, Conciencia Centroamericana, Managua, Editorial Somarriba, 1996, y
Conciencia Centroamericana II, Managua, Talleres Gráficos de Universidad Centroamericana, 2000.
27
M. Castro Ramírez, Cinco años en la Corte Centroamericana de Justicia, San José, Costa Rica, Imprenta
Lehman, 1918.
1. El caso
He contado con la colaboración y aportes de Josefina Ferreyra, estudiante de derecho de la Universi-
dad Nacional de Córdoba, ayudante alumno del Profesor Pablo Riberi en la cátedra A de Derecho Constitu-
cional en la Facultad de Derecho y Ciencias Sociales de la Universidad Nacional de Córdoba (Argentina).
1
Artículo 1º Estatuto del Río Uruguay: “Las partes acuerdan el presente estatuto, en cumplimiento de lo
dispuesto en el art. 7º del Tratado de Límites en el Río Uruguay de 7 de abril de 1961, con el fin de establecer
los mecanismos comunes necesarios para el óptimo y racional aprovechamiento del Río Uruguay, y en estricta
observancia de los derechos y obligaciones emergentes de los tratados y demás compromisos internacionales
vigentes para cualquiera de las partes”.
2
Por comisión se entiende la Comisión Administradora del Río Uruguay (CARU) según lo prescripto por el
art. 2 inc. e del Estatuto del Río Uruguay. Esta comisión es creada por el Estatuto y su naturaleza jurídica y com-
petencias están determinadas en los arts. 49 a 57 del mencionado marco legal.
3
Este grupo estaba conformado por expertos medioambientales y representantes diplomáticos de Argentina
y Uruguay.
4
Nuevo Digital, Capital español: el conflicto Uruguay-Argentina por la instalación de las papeleras pone
en jaque el sueño de un bloque izquierdista latinoamericano (18 enero 2006) en http://www.nuevo
digital.com/2006/01/18/conflicto-uruguay-argentina-por-instalac, acceso 10 de diciembre 2012.
5
Infobae, La Argentina tiene listo el texto contra las papeleras (10 mayo 2005) en http://www.info
bae.com/notas/nota.php?Idx=209573&idxSeccion=0, acceso 10 de diciembre 2012.
6
ENCE vende finalmente su proyecto en el año dos mil nueve.
7
Las demandas que se presentaron son: a) “Basigaluz Sáez, Laura Ema c/ Provincia de Entre Ríos s/ acción
de amparo” del 09/04/2008 (la actora incoa una acción de amparo por violación al derecho de libre circulación.
La CSJN rechaza in límine la presentación por su generalización e imprecisión), b)”Iannuzzi, Mario c/ Provincia
de Entre Ríos y otro (Estado Nacional) s/ medida cautelar autónoma” del 21/10/2008 (se solicitaba que la presi-
dente y el gobernador de Entre Ríos dispusieran el desbloqueo de la ruta 136 y el libre tránsito del puente inter-
nacional Gral. San Martín. La CSJN decidió desestimar in límine la petición por no existir causa, ya que al tra-
tarse de una medida autosatisfactiva, no existía controversia, es decir, derecho debatido entre partes adversas); y
c) “Busti, Jorge Pedro y otros s/ denuncia art. 55 ley 24051, en grado de tentativa”, del 21/02/2006 (la denuncia
es presentada el día 19/01/2005 ante el Juzgado Federal de Concepción de Uruguay, donde el juez declina su
competencia a favor de la originaria de la CSJN, ya que una provincia era parte y porque podía llegar a haber
afectación de las relaciones con potencias extranjeras. La CSJN indica la devolución de la causa al Juzgado Fe-
deral, y nuevamente evita la resolución sobre el fondo de la cuestión).
Michele Carducci plantea que en los procesos de integración supranacionales existen re-
laciones interordinamentales tridimensionales, que en el caso de América Latina pueden iden-
tificarse de la siguiente manera:
1. La dimensión de la integración, por ejemplo, Mercosur, Sistema de Integración Cen-
troamericano (SICA) y Comunidad Andina;
2. La dimensión de la internacionalización de los derechos humanos o sistema de DDHH
(caso de la Corte Interamericana de DDHH);
3. Los derechos fundamentales reconocidos por cada constitución nacional 8.
El mismo autor explica que “la integración latinoamericana es formalmente y estructu-
ralmente diversa de la de Europa y que esa diversidad produce una dinámica interordina-
mental inexistente en Europa” 9, y esto es evidente en el caso de las papeleras ya que se puede
observar una mayor complejidad que desembocaría en cuatro dimensiones a saber:
– dimensión de la integración: demanda de Uruguay contra Argentina en el sistema de so-
lución de controversias del MERCOSUR;
– sistema de DDHH-Corte Interamericana: denuncia Argentina ante la Comisión Intera-
mericana de Derechos Humanos;
– dimensión de los derechos fundamentales reconocidos por cada constitución nacional:
la CSJN rechazó entender en la cuestión dando fundamentos formales, en los tres casos que
llegaron a esta instancia;
– y la cuarta dimensión que se observa en el caso es la de la Corte Internacional de Justicia: a
la que recurrió Argentina en virtud de lo estatuido por el art. 60 del Estatuto del Río Uruguay 10.
8
Michele Carducci, Procesos de integración supranacionales y relaciones interordinamentales tridimen-
sionales en Europa y Latinoamérica (Curso Intensivo Interuniversitario Argentino-Italiano, Córdoba, UCC, oc-
tubre de 2012).
9
Michele Carducci, Il diritto comparato delle integrazioni regionali nel contesto euroamericano, en Anais
de la V Jornada de la Asociación de Derecho Público del Mercosur, Belo Horizonte, 2012.
10
Veáse: Zlata Drnas de Clément, La crisis jurídica generada por las pasteras uruguayas, en 3 Revista Le-
xis Nexis, 2007 en http://www.google.com.ar/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=2&sqi=2&ved=
0CDgQFjAB&url=http%3A%2F%2Fwww.acaderc.org.ar%2Fdoctrina%2Farticulos%2Fartcrisisjuridicaorgan
izadaporpasteras%2Fat_download%2Ffile&ei=DBvGUI7OIIbe8ATVs4HIDw&usg=AFQjCNHhm4TpERAVw
Ut8t-XRdHNr7uSnZg&sig2=epWRHqoHqOvhmCcB6rZzOw.
11
Zlata Drnas de Clément explica que “se ha producido una crisis jurídica ya que a pesar de que a la fecha
varios tribunales del ámbito nacional, regional e internacional han tenido oportunidad de pronunciarse, el con-
flicto no ha alcanzado a dibujar un perfil claro, menos aún, ha encontrado canalización hacia una solución de-
finitiva” (Zlata Drnas de Clément, La crisis jurídica generada por las pasteras uruguayas, cit.).
12
“Esos tribunales consideraron multiplicidad de cuestiones. Así, i.a. se ocuparon de contaminación, daños
transfronterizos, violación de tratados internacionales, violación de normas consuetudinarias y principios gene-
rales del derecho, impedimento a la libre circulación, violación de derechos humanos, violación de derechos de
soberanía, etc.” (Zlata Drnas de Clément, La crisis jurídica generada por las pasteras uruguayas, cit.)
13
Michele Carducci, Il diritto comparato, cit.
14
Art. 75 inc. 24 de la Constitución de la República Argentina: “Corresponde al Congreso: 24. Aprobar
tratados de integración que deleguen competencias y jurisdicción a organizaciones supraestatales en condicio-
nes de reciprocidad e igualdad, y que respeten el orden democrático y los derechos humanos. Las normas dicta-
das en su consecuencia tienen jerarquía superior a las leyes …”.
15
Art. 145 de la Constitución de la República de Paraguay: “La República del Paraguay, en condiciones de
igualdad con otros Estados, admite un orden jurídico supranacional que garantice la vigencia de los derechos
humanos, de la paz, de la justicia, de la cooperación y del desarrollo, en lo político, económico, social y cultu-
ral. Dichas decisiones sólo podrán adoptarse por mayoría absoluta de cada Cámara del Congreso”.
16
Art. 4 Constitución de la República Federativa de Brasil: “A República Federativa do Brasil rege-se nas
suas relações internacionais pelos seguintes princípios: I– independência nacional; II– prevalencia dos direitos
humanos; III– autodeterminação dos povos; IV– não-intervenção; V– igualdade entre os Estados; V– defesa da
paz; VII– solução pacífica dos conflitos; VIII repúdio ao terrorismo e ao racismo; IX– cooperação entre os po-
vos para o progresso da humanidade; X– concessão de asilo político. Parágrafo único: A República Federativa
do Brasil buscará a integração econômica, política, social e cultural dos povos da América Latina, visando à
formação de uma comunidade latino-americana de nações”.
17
Art. 6 Constitución de la República Oriental del Uruguay: “En los tratados internacionales que celebre la
República propondrá la cláusula de que todas las diferencias que surjan entre las partes contratantes, serán de-
cididas por el arbitraje u otros medios pacíficos. La República procurará la integración social y económica de
los Estados Latinoamericanos, especialmente en lo que se refiere a la defensa común de sus productos y mate-
rias primas. Asimismo, propenderá a la efectiva complementación de sus servicios públicos”.
18
Antonio Martínez Puñal, Sistema institucional del Mercosur: de la intergubernamentalidad hacia la su-
pranacionalidad, Santiago de Compostela,Tórculo Ediciones, 2005.
19
Daniel Sabsay, Integración y supranacionalidad sin considerar los desarrollos europeos recientes, bases
constitucionales y límites. La experiencia del Mercosur, en Simposio Process of European and Global
Constiutionalization, Berlín, mayo de 1999.
20
Art. 1 Protocolo de Olivos: “Las controversias que surjan entre los Estados Partes sobre la interpretación,
aplicación o incumplimiento del Tratado de Asunción, del Protocolo de Ouro Preto, de los protocolos y acuerdos
celebrados en el marco del Tratado de Asunción, de las Decisiones del Consejo del Mercado Común, de las
Resoluciones del Grupo Mercado Común y de las Directivas de la Comisión de Comercio del Mercosur, serán
sometidas a los procedimientos establecidos en el presente Protocolo. 2. Las controversias comprendidas en el ámbito
de aplicación del presente Protocolo que puedan también ser sometidas al sistema de solución de controversias de la
Organización Mundial del Comercio o de otros esquemas preferenciales de comercio de que sean parte
individualmente los Estados Partes del Mercosur, podrán someterse a uno u otro foro a elección de la parte
demandante. Sin perjuicio de ello, las partes en la controversia podrán, de común acuerdo, convenir el foro …”.
21
Mariana Vázquez, Sobre la dimensión parlamentaria de los procesos de integración regional. El Mercosur y
la Unión Europea en perspectiva comparada a la luz de los desafíos del Área de Libre Comercio de las Améri-
cas, en Revista de Ciencia Política, 5/6, 2002, 147.
22
María Victoria Álvarez, El Parlamento del Mercosur: ¿hacia un proceso de integración más democráti-
co?’, Temas y debates, 2008, 49.
23
Se pueden mencionar tres técnicas de integración: reducción (reduce las diferencias en el nivel normativo,
y elimina las antinomias reales), neutralización (implica la neutralización del derecho local, de manera que por
ejemplo si existe un problema de libre circulación como el del caso en análisis, el país que debe decidir aplica la
ley del país de origen por equivalencia) y coordinación (se refiere a la coordinación de funciones entre los
Estados y la Unión Europea, que se lleva a cabo a través de agencias administrativas que reemplazan al Estado)
[Michele Carducci, Procesos de integración supranacionales y relaciones interordinamentales tridimensionales
en Europa y Latinoamérica, cit.].
24
Es dable recordar que las opiniones consultivas que puede emitir el Tribunal Permanente de Revisión del
Mercosur no tienen carácter vinculante ni obligatorio.
25
En el Mercosur las decisiones se toman por consenso y con la presencia de todos los Estados partes.
26
Jorgelina Sannazzaro, Controversia científico-públicos, El caso del conflicto por las papeleras entre Ar-
gentina y Uruguay y la participación ciudadana, en 17 Revista CTS, 2001, 6, 213.
27
Uruguay solicita al Tribunal Arbitral Ad Hoc del Mercosur que decida sobre la omisión del Estado Argenti-
no en adoptar medidas para prevenir y/o hacer cesar los impedimentos a la libre circulación derivados de los cortes,
en territorio argentino de vías de acceso a los puentes internacionales Gral. San Martín y Gral. Artigas, en violación
del Tratado de Asunción, del Protocolo de Montevideo sobre comercio de servicios, de normas de la Organización
Mundial del Comercio, de tratados internacionales sobre derechos humanos y normas del derecho interno argenti-
no. Por su parte, Argentina denuncia a Uruguay ante la CIJ por el incumplimiento de las siguientes obligaciones: a)
obligación de comunicar cualquier acción a realizarse sobre el río Uruguay (arts. 7 a 12 del Estatuto del Río Uru-
guay); y b) incumplimiento de los arts. 36 y 41 de preservación y cuidado del medio ambiente. Uruguay solicita al
Tribunal Arbitral Ad Hoc que decida sobre la omisión del Estado Argentino en adoptar medidas para prevenir y/o
hacer cesar los impedimentos a la libre circulación derivados de los cortes, en territorio argentino de vías de acceso
a los puentes internacionales Gral. San Martín y Gral. Artigas, en violación del Tratado de Asunción, del Protocolo
de Montevideo sobre comercio de servicios, de normas de la Organización Mundial del Comercio, de tratados
internacionales sobre derechos humanos y normas del derecho interno argentino (Tribunal Arbitral Ad Hoc del
Mercosur, 06/09/2006 República Oriental del Uruguay c/ República Argentina, en http://www.tprmercosur. org/es/
docum/laudos/Laudo_arb_omision_estado_arg.pdf, acceso 11 de diciembre 2012).
28
Tribunal Arbitral Ad Hoc del Mercosur, 06/09/2006, cit.
29
La debida diligencia en el derecho internacional es entendida como la obligación de los Estados de vigilar
y adoptar previsiones referidas a los bienes y personas bajo su jurisdicción con el propósito de asegurarse de que
en, condiciones normales, no causen un perjuicio a otros estados.
4. Alternativas
El caso de las papeleras alerta sobre los cimientos mismos del Mercosur, y permite anali-
zar dos interrogantes trascendentales:
¿La crisis jurídica que generó el caso de las papeleras tiene su solución en medios jurídi-
cos o en medios políticos?
¿Una corte del Mercosur podría haber evitado esta crisis jurídica?
Sin lugar a dudas, la ausencia de una base común en la integración unido a las marcadas
asimetrías constitucionales, las falencias del marco jurídico de la integración (evidenciado en
su carácter no vinculante, en la ausencia de reglas de la mayoría para la toma de decisiones,
etc.), la omisión del criterio de subsidiariedad, y el grave déficit democrático, ponen de mani-
fiesto que la solución de este caso se encuentra en los medios políticos o mejor dicho en la vo-
luntad política de los Estados partes, y en la democratización del proceso de integración, con
verdadera participación ciudadana y con un adecuado accountability social.
30
Al analizar el argumento que la política de tolerancia de los cortes de ruta del gobierno argentino está basada en
la existencia de derechos humanos –especialmente los de expresión y reunión, amparados por la Constitución Argenti-
na y diversos tratados internacionales– el Tribunal consideró que tales derechos “no son absolutos y que su ejercicio es
susceptible de limitaciones en cuanto afectare los derechos subjetivos de los demás, pues el mismo no puede exceder
el margen de lo razonable, destruyendo o alterando el derecho de otros integrantes de la sociedad”.
31
Corte Internacional de Justicia, 20/04/2010, Case Concerning Pulp Mills on the River Uruguay
(Argentina v. Uruguay), en www.icj-cij.org/docket/files/135/15877.pdf, acceso 11 de diciembre 2012
32
Antonio Martínez Puñal, Sistema institucional del Mercosur: de la intergubernamentalidad hacia la su-
pranacionalidad, cit.
33
Antonio Martínez Puñal, Sistema institucional del Mercosur: de la intergubernamentalidad hacia la su-
pranacionalidad, cit.
34
Rodolfo Geneyro, El parlamento ante la vulnerabilidad, en Gerardo Caetano y Rubén Perina (eds.), La
encrucijada política del Mercosur. Parlamentos y nueva institucionalidad, Motevideo, Claeh-UPD OEA, 2003.
35
Rodolfo Geneyro, El parlamento ante la vulnerabilidad, cit.
36
Rodolfo Geneyro, El parlamento ante la vulnerabilidad, cit.
5. Conclusiones
37
Rodolfo Geneyro, El parlamento ante la vulnerabilidad, cit.
1. Presentación y propósito
La Convención Americana de Derechos Humanos 1 intenta ser una lingua franca respecto
a cómo concebir los derechos más básicos de los individuos. En algún sentido, se trata de un
core compartido sobre cómo las relaciones entre el Estado y los individuos; y de cómo ese
vínculo es mediatizado por una noción robusta de derechos. Aquel instrumento, además, di-
spone una institución específica destinada a interpretarlo, aplicarlo y custodiarlo: la Corte In-
teramericana de Derechos Humanos 2.
Debido, quizás, a una comprensión expansiva e “invasiva” de la CADH, las materias so-
bre las que se expidió este Tribunal son bien trascendentes e importantes. En particular, me
interesa analizar aquí un aspecto de esto: el tratamiento efectuado a las medidas de justicia
transicional. En especial, sobre la validez de las disposiciones de amnistía dispuestas por
regímenes democráticos de la región, luego de las dictaduras que azotaron al continente en la
década de los años setenta y principios de los ochenta. En este ámbito, su jurisprudencia es
objeto, básicamente, de dos objeciones diferentes.
Por un lado, se le reprocha una concepción panpunitivista. Se entiende que sus decisiones
son representativas de una ideología que no se conjuga adecuadamente con una concepción
limitada y restringida del Derecho Penal. Se critica, por tanto, la adjudicación de un supuesto
“derecho al castigo” en cabeza de las víctimas; inferido de la llamada “tutela judicial efecti-
va” 3. Esto iría contra de arraigadas concepciones liberales e ilustradas, en tanto no avizora
1
En adelante “CADH”.
2
En adelante “Corte IDH”.
3
Por todos, véase D.R. Pastor (dir.), N. Guzmán (coord.), El sistema penal en las sentencias recientes de
los órganos interamericanos de protección de los derechos humanos, Buenos Aires, Editorial Ad Hoc, 2009.
JUAN M. MOCOROA 88
ninguna solución no punitiva. Por otro, se le achaca cierta “prepotencia” internacional. En
este trabajo, me interesa específicamente una variante de este argumento. En puridad, se trata
de objeciones clásicas en el ámbito de la teoría del Derecho Internacional. Estas discusiones
ponen de resalto que elementos y personas foráneas, no deben ser quienes decidan cómo lle-
var las cuentas en el interior de los Estados Nacionales. Esto es, una interrogación sobre la au-
toridad y legitimidad de estos tribunales internacionales para la resolución de problemas que
se conciben como principalmente internos. No es un punto centrado exclusivamente en una
especie de chauvinismo. Por el contrario, una variante de esta objeción pone atención en ar-
gumentos democráticos que cuestionan que la última palabra en temas de justicia transicional
sea depositada en tribunales internacionales.
Puestas así las cosas, mi argumentación será como sigue. Primero, haré un repaso concep-
tual sobre la “justicia transicional”. También resaltaré ciertos problemas que debe afrontar un
régimen naciente. Luego, emplearé un caso resuelto por la Corte IDH que servirá para cue-
stionar cómo piensa su rol y cuán consistente es el argumento de la “prepotencia” en su va-
riante democrática. A partir de esto, haré algunas observaciones críticas a los argumentos em-
pleados por el Tribunal; señalaré sus deficiencias y llamaré la atención sobre un modo alterna-
tivo de pensar las circunstancias de justicia transicional. Mi objetivo, al menos, sería postular
que estas cuestiones han ser evaluadas en el seno de la comunidad política fracturada por he-
chos atroces. De esto, también, debería surgir que no es en el seno de tribunales internaciones
en que debieran dirimirse estas cuestiones; por razones democráticas y contextuales.
4
Véase, J. Elster, Rendición de cuentas. La justicia transicional en perspectiva histórica, Ezequiel
Zaidenberwerg (trad.), Buenos Aires, Katz, 2006.
5
Conf. M. Capella i Roig, Represión política y derecho internacional: perspectiva comparada (1936–
2006), en M. Capella i Roig, D. Ginard, Represión política, justicia y reparación, Palma de Mallorca, Ediciones
Documenta Balear, 2009, 163.
La Corte IDH, en los últimos años, analizó de modo particularizado algunas instituciones
de la justicia transicional. En particular, enfrentó un conjunto de normas que, velada o direc-
tamente, tenían una clara finalidad: dispensar el castigo a los responsables de hechos califica-
bles, en principio, como “delitos de lesa humanidad”. Se trata de casos en los que se expidió,
a la luz de la CADH, sobre el status normativo de disposiciones normativas que establecían
amnistías más o menos amplias. Me refiero a las decisiones recogidas en “Barrios Altos” 6,
“La Cantuta” 7, “Almonacid Arellano” 8, “Gomez Lund” 9 y, finalmente, “Gelman” 10.
Estas decisiones impusieron un conjunto de prohibiciones y obligaciones. En particular,
que no es facultativa la persecución de las graves y masivas violaciones a los derechos huma-
nos. De modo tal, toda medida, aun cuando ella sea democrática, cuyos efectos sean el otor-
gamiento de un respuesta no punitiva a estos hechos se encontraría prohibida. La única re-
spuesta admitida por la CADH sería, entonces, la pena. En efecto, afirmó la Corte IDH que
“[…] son inadmisibles las disposiciones de amnistía, las disposiciones de prescripción y el
establecimiento de excluyentes de responsabilidad que pretendan impedir la investigación y
sanción de los responsables de las violaciones graves de los derechos humanos tales como la
tortura, las ejecuciones sumarias, extralegales o arbitrarias y las desapariciones forzadas,
todas ellas prohibidas por contravenir derechos inderogables reconocidos por el Derecho In-
ternacional de los Derechos Humanos” 11.
Al menos dos consecuencias normativas se siguen de esto. Por un lado, los Estados tienen
6
Corte IDH Caso “Barrios Altos vs. Perú”, Sentencia de 14/03/2001. Serie C n. 75.
7
Corte IDH Caso “La Cantuta vs. Perú”, Sentencia de 29/11/2006. Serie C, n. 162.
8
Corte IDH Caso “Almonacid Arellano y otros vs. Chile”, Sentencia del 26/09/ 2006. Serie C n. 154.
9
Corte IDH Caso “Gomes Lund y Otros (Guerrilha do Araguaia) vs. Brasil”. Sentencia de 24/11/2010. Se-
rie C n. 219. Véase, J.S. Elias, Justicia transicional y justicia internacional (a propósito del caso `Gomes
Lund´), en Revista de Derecho Comparado, n. 19, Santa Fe, Rubinzal-Culzoni, 2011.
10
Corte IDH Caso “Gelman vs. Uruguay”. Sentencia del 24/02/2011. Serie C n. 221.
11
Corte IDH, Caso “Barrios Altos vs. Perú”, Serie C n. 75, parr. 41.
JUAN M. MOCOROA 90
prohibido recurrir a ciertas medidas – las amnistías, en particular – que “impid[an] la investi-
gación y sanción de los responsables”. Por otro, dichos estados están obligados a recurrir al
derecho penal en casos de “violaciones masivas de derechos humanos”. Esto implica relegar
cualquier consideración que determine una respuesta comunitaria no punitiva a esos hechos.
Ha identificado una obligación convencional de investigar y sancionar a quienes han cometi-
do “violaciones graves de los derechos humanos”; y, a su vez, una prohibición absoluta de
amnistiar o indultar a los autores de esos hechos.
Como es obvio, estas consideraciones son problemáticas. En primer lugar, es difícil iden-
tificar – sino imposible – una norma expresa en la CADH que disponga esa regla. Luego, y en
todo caso, es cuestionable la autoridad y legitimidad de la Corte IDH para su adjudicación.
Más aún cuando, lo infiere de un supuesto derecho de las victimas al castigo. Los interrogan-
tes, por tanto, pueden multiplicarse: ¿Están jurídicamente justificadas las decisiones aludidas?
Por otra parte, ¿No existe resquicio para una decisión democrática? ¿Es correcto que una co-
munidad política no pueda decidir sobre estos? ¿Es deseable que esta decisión sea resuelta por
no miembros de esa comunidad?
Las respuestas a estas preguntas dependen de cuál sea la posición correcta respecto a
diversos problemas teóricos – conceptuales y normativos – tanto en el ámbito moral como en
el propiamente jurídico, que ellas presuponen. Por ejemplo, ¿con qué alcances debe definirse
el concepto de “víctima”? ¿Sólo debe considerarse al particular ofendido por la acción? ¿Es
posible considerar ofendida a la comunidad política toda? Esta cuestión se vincula de un mo-
do estrecho con la posibilidad de ejercer el perdón. Y, por ende, la validez de un curso de ac-
ción adoptado por una comunidad tendiente a, considerados otros valores, dispensar de casti-
go a los responsables por esos hechos.
Ahora, aún supuesto que estos hechos fueran perdonables, los problemas no se aquietan.
Debe determinarse quién tendría capacidad para concederlo. Pues este último término es relati-
vo a un determinado ofendido. Su núcleo conceptual radica en la disposición a no castigar, pu-
diéndolo hacer. De esta manera, si el ofendido es la comunidad internacional solo a ella le cor-
responde disponer el no castigo. Se trata de determinar si es posible perdonar aquellos hechos
que, por sus características atroces, rompen nuestros esquemas conceptuales de índole moral. Y
si esto debe ser definido por no miembros de la especifica comunidad lesionada. Asimismo, si
esto debe ser efectuado más allá de las condiciones de posibilidad de una comunidad.
De un modo dramático estas cuestiones se presentan en el caso “Gelman vs. Uruguay”.
En el próximo apartado, describo someramente sus propiedades fácticas y los argumentos re-
levantes usados por la Corte IDH; para, luego, analizarlos críticamente.
Los hechos del caso “Gelman”, lamentablemente, no se caracterizan por su naturaleza ex-
cepcional. Son una muestra clara de un proceder contrario al respeto mínimo a la dignidad
personal que, durante la década del setenta, fue moneda corriente. En aquellos años, existieron
señores de la vida y la libertad de los individuos. Las particularidades de este caso, no
obstante, son las siguientes.
María Claudia García Iruretagoyena Casinelli y su esposo, Marcelo Ariel Gelman Schu-
baroff, fueron privados ilegalmente de su libertad por comandos militares uruguayos y argen-
tinos el 24 de agosto de 1976 en Buenos Aires. Eran los comienzos, y un acto paradigmático,
de la llamada “Operación Cóndor”. En ella, las dictaduras sudamericanas acordaron dar tra-
La Corte IDH, ordenó la reanudación de la investigación y juicio penal por las violaciones
ocurridas. Con un claro objetivo: el Estado debe realizar eficazmente la investigación de los he-
chos con respecto a la familia Gelman, esclarecerlos, determinar las responsabilidades penales y
administrativas y aplicar las sanciones que la ley prevea. Impuso, también, la obligación de con-
tinuar y acelerar la búsqueda y localización de María Claudia García Iruretagoyena, o de sus re-
stos mortales y, en su caso entregarlos a sus familiares. Además de otras medidas de reparación.
12
En particular, el caso “Barrios Altos” ya citado.
13
Conf. S.A. Rey, Derechos humanos, soberanía estatal y legitimidad democrática de los tribunales
internacionales. ¿Tres conceptos incompatibles?, en Revista de Derechos Humanos, 1, 2012, 74-75.
14
Rey da cuenta de algunos hechos que no figuran en el relato efectuado por la Corte IDH. Según refiere,
Gelman logró la reapertura de la investigación, pero el Ministerio Público entendió que el caso estaba compren-
dido por la Ley de Caducidad. Finalmente, en 2008 se reabrió la causa aunque no tuvo avances significativos; ni
se acusó a alguien ni se sancionó ni se logró determinar el paradero de María Claudia García. Conf. S.A. Rey,
op. cit., 75.
JUAN M. MOCOROA 92
Del mismo modo, declaró la inconvencionalidad de la Ley de Caducidad 15. En tanto im-
pedía la investigación y sanción de graves violaciones a los derechos humanos. Por ello, or-
deno que se garantizara que ella no represente más un obstáculo para la investigación y de-
terminación de las responsabilidades penales correspondientes.
5.1. Democracia
15
Desde el caso “Almonacid Arellano”, desarrolló una jurisprudencia que ordena un “control de convencio-
nalidad ex officio”. Asimismo Corte IDH, “Caso Cabrera García y Montiel Flores vs. México”, Sentencia del
26/11/2010, Serie C n. 220, párr. 225.
16
Corte IDH Caso “Gelman vs. Uruguay” (Fondo y Reparaciones). Sentencia de 24 de febrero de 2011. Se-
rie C n. 221, parr. 238.
17
Aquí valen objeciones contramayoritarias. Vid. J.A. Elias, op. cit., 170/171.
18
Como dice Bayón, el principio de la mayoría se fundamenta en “la idea de que la participación de todos
y en pie de igualdad en la toma de decisiones públicas esta revestida de una especial calidad moral, al margen
del tipo de resultados a los que conduzca”: conf. J.C. Bayon, Democracia y derechos: problemas de
fundamentación del constitucionalismo, 439.
19
Conf. R. Dworkin, La lectura moral y la premisa mayoritarista, en H.H. Koh y R. Slyle (Comps.),
Democracia Deliberativa y Derechos Humanos, Barcelona, Gedisa, 2004.
20
Corte IDH Caso “Gelman vs. Uruguay” (Fondo y Reparaciones). Sentencia de 24 de febrero de 2011. Se-
rie C n. 221, parr. 239.
21
Conf. R. Gargarella, Sin lugar para la soberanía popular. Democracia, derechos y castigo en el caso
Gelman, in Mimeo, 2012, 9.
22
Conf. L. Ferrajoli, Derechos Fundamentales, en Derechos y garantías. La ley del más débil, Perfecto An-
drés Ibáñez y Andrea Greppi (trads.), Madrid, Trotta, 2004, 53.
23
Conf. L. Ferrajoli, op. cit., 51.
24
Me refiero a J.L. Marti Marmol, El fundamentalismo de Luigi Ferrajoli: un análisis crítico de su teoría
de los derechos fundamentales, en M. Carbonell, P. Salazar, Garantismo. Estudios sobre el pensamiento de Lui-
gi Ferrajoli, Madrid, Trotta-Instituto de Investigaciones Jurídicas, UNAM, 2005.
JUAN M. MOCOROA 94
rajoli no puede salir airosa de estas objeciones, tampoco podrá hacerlo la propia concepción
de la Corte IDH. De ahí el interés en recurrir a ella.
Advierte Martí que, en la obra de Ferrajoli, los derechos fundamentales son un límite in-
terno a la existencia del procedimiento democrático; por eso serían una condición necesaria,
aunque no suficiente, del procedimiento democrático. Ahora bien, esta posición – y, por ende,
la de la Corte IDH – tiende, más que a limitar, a la opresión de la democracia 25. Tres motivos
identifica como generador de estos indeseables efectos: 1. El problema de la paradoja de pre-
condiciones de la democracia; 2. El problema del precompromiso irreversible; y, 3. El pro-
blema de la indeterminación de los derechos fundamentales y el control de constitucionalidad
de las leyes 26.
En referencia a lo primero, si los derechos imponen limitaciones al procedimiento demo-
crático la entidad de estos límites depende de cómo se conciban estos derechos y, en especial,
cuáles sean ellos. Puede ser el caso que los derechos que se consideran limitaciones sean
aquellos que es fácil identificar como “derechos procedimentales”, entonces, los límites serán
internos al procedimiento democrático. Ahora bien, si son independientes de ese procedimien-
to se tratarían de un límite externo. Por último, si estamos en presencia de ambos clases de de-
rechos, el procedimiento, como es obvio, tendrá límites internos o externos, según el tipo de
derechos de que se trate 27. Admitido que sea que ciertos temas deben estar al margen de las
decisiones políticas, y que esto se realiza en pos de la protección de ciertos derechos, deviene
necesario determinar por qué es que tienen ese carácter. Convincentemente, Martí identifica
dos estrategias 28. 1. Las “precondiciones de la democracia” (la garantía de determinados de-
rechos es conceptualmente necesaria para que exista, o para otorgar valor, al propio procedi-
miento democrático); y, 2. La “justicia sustantiva” (según la cual se protegen ciertos valores
sustantivos porque toda decisión democrática que los vulnere es claramente injusta). Con re-
specto a la primera, es posible que estemos en presencia ante la llamada “paradoja de las pre-
condiciones de la democracia” 29. Esta se puede entender del siguiente modo: el ideal demo-
crático tiene un conjunto de precondiciones sin las cuales el propio procedimiento o no existe
o carece de valor alguno. Sin la protección de estos derechos, carece de sentido decir que
estamos en presencia de una democracia constitucional. Ahora bien, depende de cuán extensi-
vas sean consideradas esas condiciones para no caer en un regreso al infinito y en las garras
de la paradoja. Pues, si estos derechos deben protegerse, garantizarse y aplicarse y si ellos im-
plican o incluyen desde la más básica libertad de expresión, por ejemplo, hasta los conflicti-
vos derechos sociales, puede ser el caso que ya no queda nada que deba ser decidido por el
procedimiento democrático. La estrategia sustantiva, tampoco carece de objeciones. Según
esta, los derechos se consagran en tanto exigencias de una concepción de justicia. Esto es, son
ideales de cómo debemos concebir la justicia para que las instituciones estén moralmente
justificadas; lo que determina la necesidad de consagrar un conjunto de derechos como indi-
sponibles y más allá de las decisiones mayoritarias. Sin embargo, aquí también existen pro-
blemas. Estos surgen por el “hecho del desacuerdo” 30; algo que la Corte IDH menosprecia de
modo absoluto. Esto es: ¿Cuáles derechos merecen dicha calificación? ¿Cuál es la concepción
25
Conf. J.L. Marti Marmol, op. cit., 382.
26
En lo que aquí interesa, debiéramos hablar de “control de convencionalidad”.
27
Conf. J.L. Marti Mamol, op. cit., 382.
28
Conf. J.L. Marti Marmol, op. cit., 386.
29
El autor que, quizás, más claramente enfatizó este aspecto fue Carlos Nino. Conf. C.S. Nino, La
constitución de la democracia deliberativa, Roberto P. Saba (trad.), Barcelona, Gedisa, 1997, 193.
30
Conf. J. Walrdon, Derecho y desacuerdos. Gargarella puso de manifiesto este punto con respecto a la in-
terpretación de la Corte IDH. Conf. R. Gargarella, op. cit.
Con respecto al concepto de “leyes de amnistía”, la Corte IDH postula que son las que
“… impiden la investigación y sanción de los responsables de las violaciones graves de los
derechos humanos y, consecuentemente, el acceso de las víctimas y sus familiares a la verdad
de lo ocurrido y a las reparaciones correspondientes, obstaculizando así el pleno, oportuno y
efectivo imperio de la justicia en los casos pertinentes, además, seriamente el estado de
derecho, motivos por los que se ha declarado que, a la luz del Derecho Internacional, ellas
carecen de efectos jurídicos” 34. Parecería ser que esta definición es teleológica. Esto es, el
concepto esta dado por su finalidad: “imped[ir] la investigación y sanción de los
responsables”. Y, por esto, “carecen de efectos para jurídicos”.
Ahora bien, una regla determinada en estos términos tiene obvios problemas. Uno de los
avances más promisorios en teoría del derecho para la compresión de la estructura de las de
31
Conf. J.L. Marti Marmol. op. cit., 387.
32
Resalta este déficit R. Gargarella, op. cit.
33
Insisten sobre esta distinción R. Gargarella, op. cit. y L. Filippini, op. cit.
34
Corte IDH Caso “Gelman vs. Uruguay”. Sentencia del 24/02/2011. Serie C n. 221, parr. 226.
JUAN M. MOCOROA 96
reglas que implican generalizaciones, es la propuesta de Frederick Schauer. Este autor sostie-
ne que, por lo general, el predicado fáctico de una regla es una generalización probabilística
respecto de alguna justificación. Analizar las reglas en el tándem generalización probabilísti-
ca/justificación subyacente hace patente situaciones recalcitrantes que emergen fácilmente.
Este es un defecto congénito a un determinado modo de concebir el derecho. Si, y solo si,
empleamos reglas destinadas a calificar deónticamente las conductas y, además, esas normas
deben ser aplicadas (o seguidas) según las razones que las fundamentan el problema es obvio.
Dos cuestiones, por lo común, hacen aparición: los fenómenos llamados “infrainclusión” y
“sobreinclusión”; casos en los que la generalización del predicado fáctico es sobre o infrain-
cluyente respecto de la justificación de la regla. En otros términos, supuestos que están inclui-
dos (o excluidos) de la aplicación de la regla y que, según su fundamento, debieran ser ex-
cluidos (sobreinclusión) o incluidos (infrainclusión) 35. Un ejemplo, que es de manual en
teoría del derecho, servirá para aclarar esta cuestión. En algunos restaurantes existe una regla
como la siguiente: “Está prohibido entrar con animales”. Si analizamos su propiedad fáctica
vinculada a su justificación surgirán los casos de infra y sobreinclusión. Si convenimos que
aquella es salvaguardar la tranquilidad de los comensales, existirán casos que debieron ser
previstos por la regla aunque de hecho no hayan sido previstos; y casos que no debieron serlo
y que, sin embargo, quedan incluidos en ella. Por ejemplo, un lazarillo bien educado no
debería estar incluido – aunque de hecho lo está – y, por tanto, a su respecto la norma es
sobreincluyente. Por el contrario, un niño de unos pocos años de edad que no esta tan bien
educado debió haber sido incluido.
Con una definición laxa de amnistía quedarán incluidos casos que, por las razones que
justifican el establecimiento de la regla, no deberían ser incluidos. O, al menos, en una posible
interpretación de cual puede ser la razón de su establecimiento. Una justificación plausible
debería encontrarse, si se aceptan las objeciones que se hicieron antes, en el escaso compro-
miso democrático de una legislación de amnistía. De tal modo, podríamos considerar, como
creo, que esa regla estaría destinada a cuestionar todas las amnistías arrancadas a gobiernos
democráticamente elegidos y débiles institucionalmente; normas que no podrían superar un
test de democraticidad. Como es lógico, si esta fuera la justificación, muchas normas de este
tipo deberían ser declaradas contrarias a la CADH 36. Sin embargo, algunas deberían soportar
su convencionalidad. En tanto son respetuosas de la justificaron subyacente de la norma tal y
como fue delineada. Esto, creo, es lo que ocurre en el caso “Gelman”. Las diversas y sosteni-
das decisiones democráticas del pueblo uruguayo determinan que debería ser aceptada y que,
en verdad, ella superaría ese test 37. Del mismo modo, por ejemplo, existen normas que, en ri-
gor, no se dirigen a impedir la sanción pero que la laxitud de una regla así determinada, in-
cluye. El más obvio, es el caso del instituto de la prescripción. Si esto se empleara como ob-
jeción, la contrarreplica pondría en evidencia que, por lo general, las “graves violaciones de
derechos humanos” constituyen casos de “delitos de lesa humanidad”. Y que, por lo tanto,
son imprescriptibles. Sin embargo, debe notarse, de la propia jurisprudencia de la Corte IDH
puede colegirse que este concepto no es subsumible de un modo tajante en la noción de deli-
35
Conf. F. Schauer, Las reglas en juego, Jorge Rodriguez y Claudina Oronesu (trad.), Madrid, Marcial
Pons, 2004, 90-91.
36
Por ejemplo, estaría absolutamente justificada la resolución en el caso “Barrios Altos”. Pues, en rigor, en
ese caso se trataba de una verdadera “autoamnistía” y, también, lo estaría una posible declaración de
inconvencionalidad del Decreto Ley dictado en Argentina al que me refiero en la nota 8.
37
Los casos de infrainclusión con la regla delineada por la Corte IDH es más bien una pesquisa de interés
puramente teórico. No es posible, o al menos a mi no se me representa, qué normas no quedarían incluidas y que,
por el contrario, deberían ser parte de la exclusión dispuesta por la CADH en su visión.
38
La Argentina fue condenada en dos oportunidades por decisiones de la Corte IDH que son una
consecuencia de la laxitud a la que me refiero. Véase, “Bulacio vs. Argentina”. Sentencia del 18/09/2003. Serie
C No. 100 y “Bueno Alves vs. Argentina”. Sentencia de 11/05/2007, Serie C n. 164.
39
La compresión de la Corte IDH, no es solitaria. Como sugiere Fletcher: “[L]a tendencia de Occidente
[es] suponer que la respuesta adecuada a la criminalidad sostenida por el Estado es la persecución y el castigo
criminal de los transgresores. [La] fe en la persecución penal es cada vez más intensa”. Conf. G. Fletcher, Pro-
logo, en J. Malamud Goti, Terror y justicia en la Argentina, Buenos Aires, Ediciones de La Flor, 2000, 9.
40
Conf. R. Gargarella, op. cit., 11.
JUAN M. MOCOROA 98
Premisa 1: Toda legislación que dispense, por cualquier razón que fuere, de castigo a los
perpetradores de graves violaciones masivas a los derechos humanos, está prohibida por la
CADH.
Premisa 2: Las amnistías dispensan castigo porque impiden “el acceso de las victimas y
sus familiares a la verdad de lo ocurrido y a las reparaciones correspondientes”.
Conclusión: Las amnistías están prohibidas por la CADH.
Pero aquí hay una premisa implícita. Hay un argumento que sostiene toda la fuerza per-
suasiva de la construcción jurisprudencial de la Corte IDH y que, pese a ello, no fue suficien-
temente justificada. Esta premisa, podría sostenerse, es algo como lo que sigue:
Premisa 1´: Si, y solo si, un Estado recurre al reproche de los responsables de violaciones
masivas por medio del Derecho Penal, las víctimas y sus familiares acceden a la verdad de lo
ocurrido y a las reparaciones correspondientes.
Ahora bien, esto es cuestionable. Y ya dije algo sobre por qué es así. Existen, repito, ex-
periencias comparadas en las que no se ha recurrido al derecho penal en estos casos. Y, sin
embargo, no por ello dieron la espalda al pasado e impidieron el acceso a la verdad por parte
de las víctimas. Mi intuición es que a esta conclusión se puede arribar por dos vías. Puede so-
stenerse que la práctica latinoamericana en si misma demuestra que esto no es correcto. Por
ejemplo, Roberto Gargarella piensa que un problema concreto de la Corte IDH es que no pre-
sta atención a la experiencia vivida por los países de la región. Para él esta postura contradice
que “[l]atinoamérica tiene una larga historia de amnistías y perdón. Y esa historia se tornó
especialmente densa y poblada en las últimas décadas” 41. No me parece un argumento pode-
roso. En todo caso, cuando auscultamos una práctica, por más extendida y desarrollada que se
encuentre, su justificación no puede surgir de su propia existencia. De lo contrario, el argu-
mento es circular; y lo es, de un modo palmario. En virtud de ello, es menester buscar razones
externas a ella que, en última instancia, brinden razones morales para determinar que ella go-
za de legitimidad. En otros términos, a partir del hecho – constatable – de que una práctica
está arraigada no podemos concluir por ello su justificación.
Creo que, no obstante, existe una posibilidad distinta e independiente de justificar algunas
– no todas – de estas experiencias. Esta forma de verlas, debería asentarse sobre consideracio-
nes contextuales. En el próximo apartado me ocupo de esta variante.
En términos generales, no creo que pueda darse una respuesta general al problema que
subyace al caso “Gelman”. Esto es, elegir entre alternativas que parecen disyuntivas: perdón
vs. castigo; olvido vs. memoria. En todo caso, deben recordarse los crímenes cometidos por
un régimen autocrático. Porque fracturan la autopercepción política de la comunidad, elimina
la individualidad y dignidad de las victimas y, en fin, corroe las posibilidades de estableci-
miento de una comunidad basada en el respeto de los derechos individuales. El olvido, en
cualquiera de sus formas, revictimiza a las victimas, hace que su dolor parezca no ser conside-
rado y, en definitiva, parecería que su sufrimiento fue merecido. Por eso, el respeto por la
“memoria colectiva” debe ser una virtud cívica.
Ahora bien, destacaría la oportunidad en la que, por lo general, una comunidad debe to-
mar esta decisión. Se trata de verdaderos “momentos fundacionales”. Circunstancias políticas
41
Conf. R. Gargarella, op, cit.
42
Creo que esto es una consecuencia de aceptar que “… la complejidad y la gran variedad de los procesos
transicionales habidos, en curso o aun pendientes no han permitido hasta ahora establecer un modelo único y
perfecto de justicia transicional”. Conf. M. Capella i Roig, op. cit., 164.
43
C. Santiago Nino, Juicio al mal absoluto, cit.
44
Conf. M. Capella i Roig, op. cit., 164.
45
Conf. J. Malamud Goti, Los dilemas morales de juzgar a Pinochet en España, cit., 39.
De lo dicho hasta aquí, deberían quedar en claro algunas cuestiones. La Corte IDH se
equivoca al no asumir, al momento de analizar los diversos tipos de respuestas dadas por par-
ticulares comunidades políticas, el modo en que ha operado la transición hacia la democracia.
Y este déficit es palmario porque no tiene en cuenta la situación contextual sufrida por las
democracias nacientes del continente. Como se ha dicho, en América Latina la pregunta
común era: “¿cómo afrontar el pasado en unas democracias débiles, en la mayoría de los ca-
sos operando con la oposición o la vigilancia de las fuerzas armadas, con un poder judicial
desmantelado o con poca autonomía y con otros puntos prioritarios en la agenda políti-
ca?” 46. Sin embargo, cuando analiza la Corte IDH nada de esto parecería ser cierto. Asimi-
smo, menosprecia decisiones colectivas conscientes en las que se ha efectuado un adecuado
balance de las consideraciones retrospectivas y prospectivas que estaban comprometidas en
estos asuntos. Al menos para mí esto es lo que ocurrió en el caso de Uruguay. Y, con esto,
también da por tierra el ejercicio comunitario y democrático en la forma en que deben enfren-
tarse los crímenes del pasado por los gobiernos nacientes.
Finalizo este texto como lo inicio; recuerdo, por eso, las palabras que le sirven de pórtico.
Para construir el futuro, debe elaborarse el pasado. El desafío que Bernard Henry Levy nos
convida a efectuar, me parece, es la construcción colectiva de una memoria, también, colecti-
va. Esto es, aquellos hechos que jalonan un pasado común, que lo marcan y que, por qué no,
lo agrietan, no deben quedar impávidos ante el paso de los años. En todo caso, una comunidad
política debe colectivamente reparar y resguardar esa memoria.
La Corte IDH tiene conciencia de esto. No obstante, yerra en el medio empleado. Impone
una obligación a los estados que, en ciertas circunstancias, no están en condiciones de cum-
plir. Y no es deseable que, todas las cosas consideradas, intenten llevar a cabo. O, al menos,
las razones que debiera desarrollar para fundar una respuesta diferente, en la que la vía del re-
proche penal a aquellos hechos se presente como necesaria y obligatoria, no deben ser las que
ha brindado. Se entienden, comparten y comprenden los temores del Tribunal. Es necesario
dejar bien en claro, por si aun no lo ha sido, que estos hechos no pueden ser aceptados; que se
merecen el mayor reproche concebible. Ahora, también, debería quedar en claro que no siem-
pre será un medio eficaz el derecho penal y, en particular, que no siempre la autoridad para la
evaluación de las decisiones adoptadas comunitariamente será un tribunal internacional. En
todos los casos, deberíamos exigir que democrática, política y colectivamente se efectúen re-
flexivos juicios que involucren el balance de razones retrospectivas y prospectivas al que me
he referido. Quizás, la Corte IDH podría arrogarse el papel de escudriñar la existencia, verda-
deramente, de esas. Aunque justificar esto sería motivo de otro trabajo.
46
M. Capella i Roig, Represión política y derecho internacional: perspectiva comparada (1936-2006), cit., 178.
La produzione/imposizione di un “linguaggio
regionale comune” da parte della Corte
Interamericana dei Diritti Umani
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Il caso interamericano “Gelman vs. Uruguay” in confronto con la giurispru-
denza della Corte di Giustizia dell’Unione europea. – 3. La conformazione come obbligo interno allo
Stato. – 4. La conformazione come garanzia di permanenza delle condizioni di tutela dei diritti e di ri-
mozione degli ostacoli. – 5. La conformazione come concorso congiunto di tutta l’organizzazione in-
terna di uno Stato. – 6. Il diritto all’“ultima parola” sul rispetto di tali obblighi. – 7. Il perseguimento
congiunto della migliore protezione dei diritti. – 8. Spunti della giurisprudenza nazionale: dalla sem-
plice “guida” alla “insostituibile” conformazione.
1. Premessa
La Corte interamericana dei diritti dell’uomo è ormai fautrice di una giurisprudenza so-
vranazionale, produttiva di un “linguaggio comune” dei diritti (esplicitamente si v. da ultimo
il caso “Atala Riffo y niñas vs. Chile” del 24 febbraio 2012) da diffondere, per mezzo della
propria giurisprudenza, in tutti i paesi latinoamericani aderenti alla Convenzione.
Tale produzione, tuttavia, non deriva da un processo ermeneutico di sintesi delle caratteri-
stiche costituzionali dei singoli Stati membri. Sembra, invece, rappresentare l’effetto di una
preoccupazione autoreferenziale, motivata da una necessità e da una preoccupazione:
– la necessità di restringere la discrezionalità dei poteri nazionali, indipendentemente dai
parametri costituzionali di legittimazione del loro operato, in quanto parzialmente privi di una
“tradizione” di tutela effettiva dei diritti e di pratica democratica;
– la preoccupazione di “frammentare” il panorama regionale latinoamericano di prassi co-
stituzionali di concretizzazione dei diritti.
Si spiegano in quest’ottica quelle decisioni che “abrogano leggi” (in quanto anche la semplice
“promulgazione di una legge contraria agli obblighi assunti da uno Stato parte costituisce di per
sé violazione della Convenzione”, per cui “la sentenza che dichiara questa violazione, pronuncia-
ta in relazione alla legge messa in discussione, determina effetti generali”: casi “Barrios Altos vs.
Perù”, del 3 settembre 2001, par. 18, e “La Cantuta vs. Perù”, del 29 novembre 2006, par. 188), e
invitano persino a “riforme costituzionali, come nel famoso caso “L’ultima tentazione di Cristo”
(“L’ultima tentazione di Cristo-Omleto-Bustos vs. Cile”, del 5 febbraio 2005).
Pertanto, da tale angolo di visuale, l’approccio della Corte interamericana non solo appare
diverso da quello della Corte europea dei diritti dell’uomo, notoriamente sorretto dal paradigma
del “margine di apprezzamento” 1 riferito alle specificità costituzionali dei singoli Stati 2 (anche
1
Per un quadro aggiornato sul tema, si v. i contributi in L. Mezzetti, A. Morrone (a cura di), Lo strumento
costituzionale dell’ordine pubblico europeo, Torino, Giappichelli, 2011.
2
Talvolta la Corte interamericana utilizza la formula del “margen de prudencia”, che tuttavia assume rile-
vanza esclusivamente unilaterale, nel senso di rappresentare l’effetto di un Self Restraint del giudice sovranazio-
nale e non invece il risultato di una considerazione delle specificità costituzionali dell’ordinamento statale cui ci
si riferisce.
3
A. Ianniello Saliceti, Il significato delle tradizioni costituzionali comuni nell’Unione europea, in G. Rolla
(a cura di), Il sistema europeo di protezione dei diritti fondamentali e i rapporti tra le giurisdizioni, Milano,
Giuffrè, 2010, 136 ss., e anche O. Pollicino, Allargamento dell’Europa a Est e rapporto tra Corti costituzionali e
Corti europee. Verso una teoria generale dell’impatto interordinamentale del diritto sovranazionale?, Milano,
Giuffrè, 2010, 464 ss.
4
Ma ponendo anche problemi di raccordo proprio con norme internazionali pattizie poste a tutela dei diritti
dell’uomo: cfr. A. Bianchi, L’immunité des Etats et les violations graves des droits de l’homme: la fonction de
l’interprète dans la détermination du droit international, in Revue générale de droit int. public, 2004, 63 ss.
5
Si v. in merito, E. Ferrer Mac-Gregor, F. Silva García, El control de convencionalidad de la Jurispruden-
cia constitucional, in Parlamento y Constitución, 2010, 45 ss.
L’art. 1 della Convenzione Americana obbliga gli Stati parte non solo a rispettare i diritti
e le libertà riconosciute nella Convenzione, ma anche a garantire il libero e pieno esercizio a
tutti gli individui soggetti alla propria giurisdizione, la qual cosa amplia il dovere iniziale di
non adottare condotte che limitino la necessaria adozione di misure di contenuto positivo.
“Garantire implica l’obbligo per lo Stato di adottare tutti i mezzi necessari per rimuovere gli
6
Al pari di quello che è il “patrimonio costituzionale comune europeo”, frutto del dialogo reciproco tra Sta-
ti e istituzioni comunitarie europee (cfr. A. Pizzorusso, Il patrimonio costituzionale europeo, Bologna, il Mulino,
2002).
Nel caso “Velasquez Rodriguez vs. Honduras” del 29 luglio 1988, la CIDH si spinge fino
ad affermare che allo Stato “è richiesto il disegno e l’esecuzione di una condotta governativa
permanente che assicuri l’esistenza, nei fatti, di una efficace garanzia del libero e pieno eser-
cizio dei diritti umani” (par. 167). Il dovere di adottare i mezzi necessari è una diretta conse-
guenza del dovere di garantire il libero e pieno esercizio dei diritti, i quali indubbiamente non
sono condizionati, ai fini della loro esigibilità, all’esistenza di norme interne che rendano pos-
sibile il loro godimento. Nel caso in cui questi mezzi non fossero adottati, non solo si incorre-
rebbe nella violazione del dovere di garanzia previsto dall’art.1 della Convenzione, ma anche
dello specifico obbligo previsto dall’art. 2. Si tratta insomma di un “obbligo addizionale” di-
retto a rendere ancor più categorico e certo il rispetto dei diritti e delle libertà che la Conven-
zione riconosce. Per questo l’obbligo che deriva dall’art. 2 completa, ma in nessun modo so-
stituisce o supplisce all’obbligo generale e non condizionato che risulta dall’art.1. (CIDH,
OC-7/86,29/08/1986, opinion separada del giudice Gros Espiell, par. 6.).
La rimozione degli ostacoli attraverso azioni positive in tutte le istituzioni statali, le mo-
dalità dei processi decisionali amministrativi, le attività giudiziali e tutti gli aspetti inerenti al-
le pratiche governative dovrebbero mirare a compiere questo mandato, ossia il rispetto dei di-
ritti umani. (Corte IDH, “Caballero Delgado y Santana vs. Colombia”, 8/12/1995, voto disi-
dente del giudice Cançado Trindade, par. 3).
Il principale requisito imposto allo Stato per mantenersi dentro i confini degli artt. 1.1 e 2
della Convenzione interamericana consiste nel fatto che i mezzi interni per assicurare il godi-
mento dei diritti siano effettivi e questo è possibile solamente con l’azione congiunta di tutte le
In ogni caso, l’“ultima parola” in merito alla compatibilità o meno con la Convenzione
interamericana di atti, pratiche amministrative, leggi nazionali, disposizioni costituzionali, de-
cisioni di tribunali nazionali dello Stato imputato, spetta esclusivamente alla Corte interameri-
cana (Corte IDH, “Las Palmeras vs. Colombia”, del 6 dicembre 2001, par. 33).
Del resto, la Corte interamericana ha esplicitato, nella Sentenza “Hilaire vs. Trindad y
Tobago” del 1° settembre 2001, che l’osservanza delle disposizioni della Convenzione non
può essere in alcun modo sottoposta alla discrezionalità dello Stato interno, dal momento che
una tale situazione determinerebbe una intollerabile “frammentazione” dell’ordine giuridico
regionale di protezione dei diritti umani e renderebbe illusorio l’oggetto e il fine della Con-
venzione.
Pertanto, anche “quando la supposta violazione di un diritto umano o di una libertà fon-
damentale non proviene dall’azione di un organo riconducibile al Potere esecutivo di uno
Stato ma da azioni o omissioni di un altro potere dello Stato, che ugualmente mettono in gio-
co la sua responsabilità internazionale, l’unica forma di riparazione possibile è l’emanazione
di una nuova sentenza da parte dell’organo giudiziale competente o l’emanazione di una
nuova legge da parte del Potere legislativo” (Corte IDH, OC-15/97, Informes de la Comision
Interamericana de Derechos Humanos, del 14 novembre 1997, voto disidente del giudice Pa-
checo Gomez).
Ecco allora che, “in conformità con l’art. 29 b) della Convenzione, se una legge dello Sta-
to parte o di un altro trattato internazionale del quale sia parte detto Stato, accorda una
maggiore protezione o regola con maggior ampiezza il godimento e l’esercizio di determinati
diritti o libertà, dovrà essere applicata la norma più favorevole alla tutela dei diritti
dell’uomo”. (Corte IDH, “Ricardo Canese vs. Paraguay”, del 31 agosto 2004, par. 180).
Infatti, l’art 29 della Convenzione interamericana opera come “clausola di chiusura” per
SUMARIO: 1. Introducción. – 2. Marco teórico y metodológico. – 2.a. La teoría de los formantes legales. – 2.b.
El enfoque figuracional de Norbert Elias. – 3. Las sentencias de la Sala de lo Constitucional. – 3.a. Conteni-
do de las Sentencias. – 4. Los formantes de las decisiones de la Sala. – 4.a. El formante doctrinal. – 4.b. El
formante jurisprudencial. – 4.c. El formante normativo. – 5. Análisis crítico de las sentencias. – 6. El debate
sobre la interpretación de la Constitución Salvadoreña y la aplicación del Estatuto de la Corte Centroameri-
cana de Justicia. – 7. El lenguaje en el debate público. – 8. Reflexiones finales. – 9. Conclusiones: el cono-
cimiento como producto del proceso civilizatorio.
1. Introducción
1
Sentencia CSJ de las 15:00 horas 5/06/2012 (Inc.19-2012), y Sentencia CSJ de las 15:00 horas 5/06/2012
(Inc-23-2012), declarando inconstitucionales las elecciones de Magistrados de la referida Cortes. Estimamos que
la segunda de las sentencias sustancialmente se basa en un argumento similar a primera por lo que nos
referiremos para efectos del presente trabajo al criterio jurisprudencial sentado por la Sala en ambas y no a las
sentencias individualmente.
2
Sentencia CSJ de las 15:30 horas 25/06/2012 relacionada con el Proceso de Inconstitucionalidad Inc. 19-
2012; y Sentencia CSJ de las 15:40 horas del 25/06/2012 relacionada con el proceso de Inconstitucionalidad Inc.
23-2012, ambas declarando la Inaplicabilidad de la Medida Cautelar emitida por la CCJ.
3
Sentencia CCJ de las 18:20 horas 21/06/2012 Exp. No. 9-20-06-2012.
4
Sentencia CCJ de las 12:40 horas 15/08/2012 Exp. 9-20-06-2012, cuyo texto puede ser descargado del
sitio Web de la CCJ: http://portal.ccj.org.ni/Ccj2/LinkClick.aspx?fileticket=C%2BEbYiyCJmo%3D&tabid=61.
5
Incluso una prestigiosa institución de educación superior emitió un comunicado donde expresa su opinión
la cual sigue la línea de construcción del debate público no académico: http://www.uca.edu.sv/noticias/
nota.php?texto=586566258.
6
La Fundación para la Aplicación del Derecho (FESPAD), organismo salvadoreño no-gubernamental, ha
publicado una opinión, la cual aun cuando pretende ser un texto más serio, mantiene una calidad científica
mínima, pues cuenta con tan sólo una cita a pie de página para referirse a un concepto doctrinario y ningún otra
referencia a estudios o casos ya tratados por la doctrina constitucional aplicables a los varias incongruencias
encontradas en las sentencias de la Sala de lo Constitucional en cuestión. El documento puede encontrarse en:
http://www.fespad.org.sv/documentos/actualidad-resoluciones-csj.pdf.
7
El profesor argentino Roberto Gargarella ha ya comentado sobre este tipo de situaciones en cuanto a los
trasplantes jurídicos en la cultura jurídica latinoamericana: “El mal caso o caso de la manipulación viene junto
con otros casos, como los de abuso de autoridad o citas ad hominem que revelan, otra vez, actitudes abusivas
del poder por parte de las autoridades jurídicas locales. Aquí, las teorías importadas son utilizadas no para
desarrollar o expandir una discusión en curso, sino para poner fin a ella. El expositor de la misma aprovecha
entonces su conocimiento (normalmente muy parcial) de la teoría del caso, para abusar de su (parcializado)
saber y acallar así a sus ocasionales opositores, o simplemente imponer su supuesta autoridad intelectual sobre
ellos ... casos como los malos casos son bastante habituales en Latinoamérica, y ello nos daría razón para
mantener muy en alto la guardia crítica”. Ver: http://seminariogargarella.blogspot.it/2009/12/sobre-la-teoria-
impura-de-dlm.html.
8
Ver R. Gargarella, La Justicia frente al gobierno. Sobre el carácter contramayoritario del poder judicial,
Barcelona, Ariel, 2003, yInjertos y rechazos: Radicalismo político y transplantes constitucionales en América,
en R. Gargarella (coord), Teoría y Crítica del Derecho Constitucional, Buenos Aires, Abeledo Perrot, Tomo I,
2008.
9
El profesor colombiano López Medina ha estudiado los modos en que se produce, recepta, circula o
cambia la teoría jurídica en Latinoamérica y ha advertido sobre el riesgo de emplear teorías jurídicas
norteamericanas y europeas sin considerar el contexto en el cual nacieron y su función dentro de esas culturas
jurídicas. D.E. López Medina, Teoría impura del Derecho, Bogotá, Legis, 2004.
10
Ver: F. Palermo, La forma di Stato dell’Unione europea. Per una teoria costituzionale dell’integrazione
sovranazionale, Padova, Cedam, 2005.
11
Ver: R. Sacco, Legal Formants: A Dynamic Approach to Comparative Law (Installment I) y (Installment
II of II), en 39 American Journal of Comparative Law, nn. 1 y 2, 1991, 1-34 y 343-401.
12
Ver: R. Sacco, Crittotipo, en Digesto delle Discipline Privatistiche, Torino, Utet, 1993, 723; y en en
Digesto, cuarta edición, Torino, Utet, 1989, 39-40.
13
R. Sacco, Mute Law, en 43 American Journal of Comparative Law, n. 3, 1995, 455-467. El Autor indica
que: “Incluso los sistemas jurídicos que poseen tanto los legisladores y profesionales del derecho contener
algunos elementos residuales de las etapas más primitivas. Por supuesto, estos elementos pueden subsistir como
aberraciones o simplemente encontrarse fuera del orden jurídico (como las venganzas ritualistas de Cerdeña o
Sicilia, típicas de las sociedades con poderes distribuidos, y que quedan fuera de los límites de la ley en Italia).
Sin embargo, pueden ser incorporados en la estructura oficial del sistema” (la traducción es nuestra).
Como hemos mencionado con anterioridad, nuestro examen se enfocará en dos sentencias
que a nuestro criterio reflejan el criterio jurisprudencial de la Sala de lo Constitucional con
suficiente extensión y que establecen el inicio del debate jurídico-constitucional objeto de
nuestro estudio:
a) Las sentencias de inconstitucionalidad 16 de los Decretos Legislativos de nombramiento
de Magistrados y suplentes de la Corte Suprema de Justicia 17, en la cual la Sala de lo
14
Para un análisis detallado sobre la obra seminal de Elías y de sus conceptos básicos ver: R. Montensino,
G. Martínez, Los usos sociológicos de Norbert Elias, in 19 Estudios Sociológicos, 19, n. 57, 2001, 823-842, El
Colegio De México: http://www.jstor.org/stable/40420691.
15
L.-J. Constantinesco, Il metodo comparativo (1972), trad. it., Torino, Giappichelli, 2000, 160 ss.
16
Nos referimos a las sentencias de las quince horas del cinco de junio de dos mil doce (Inc.19-2012) y de
las quince horas con cuarenta minutos del día cinco de junio de dos mil doce (Inc-23-2012).
17
Las sentencias Inc.19-2012 y Inc. 23-2012 contienen consideraciones sustancialmente similares por lo
que se analizan en cuanto al criterio jurisprudencial que en se construye en la primera y que reproduce en la
segunda, aunque cada una tiene por objeto el examen de Decretos distintos así: La primera declara
inconstitucionales, de un modo general y obligatorio, los Decretos Legislativos del año 2012 por medio de los
cuales la legislatura 2009-2012 eligió por segunda ocasión a Magistrados propietarios y suplentes de la Corte
Suprema de Justicia; y la segunda declara inconstitucional el Decreto Legislativo n. 1041, de 30-IV-2006,
publicado en el Diario Oficial n. 82, tomo 371, de 5-V-2006, por medio del cual la legislatura 2003-2006 eligió
por segunda ocasión a Magistrados propietarios y suplentes de la Corte Suprema de Justicia.
1)
Las resoluciones de la Sala de lo Constitucional, resuelven tres demandas de inconstitu-
cionalidad presentadas por varios ciudadanos: una referida a la elección realizada en 2006
(proceso 23-2012), otra referida a la elección de 2009 (proceso 32-2012) y una sobre la elec-
ción de 2012 (19-2012). Las demandas de las elecciones del 2006 y 2012 centran su argumen-
to de inconstitucionalidad en que consideran que el hecho que una misma legislatura haya
participado en dos procesos de elección viola el denominado “principio de legitimación
popular indirecta” de la elección de los Magistrados de la CSJ, considerado previsto en el art.
186 inc. 2° de la Constitución salvadoreña. La demanda contra las elecciones del 2009 centró
sus motivos en que la Asamblea Legislativa no verificó, mediante la documentación perti-
nente, la concurrencia de los requisitos relativos a la “moralidad y competencia notorias”, con
lo cual violo el art. 176 de la Constitución salvadoreña.
Nos interesa resaltar que la Sala de lo Constitucional mediante sus sentencias crea “la
regla derivada del art. 186 18, inc. 2º., en relación con los arts. 83 y 85 de la Constitución,
consistente en que una misma legislatura no puede elegir en más de una ocasión una tercera
parte de la CSJ”.
Y establece además que dicha violación tuvo como efectos:
– Impedir a la siguiente legislatura ejercer sus competencias relacionadas con la elec-
ción de Magistrados de la CSJ, con la consiguiente renovación de las más relevantes cor-
rientes del pensamiento jurídico, exigida por el art. 186 inc. 3º Const. nacional; y
– No permitir a la legislatura siguiente, verificar que en los candidatos concurrieran los
requisitos de moralidad y competencia notorias exigidos por el art. 176 Const. nacional, para
su nombramiento.
Y por tanto, procede a ordenar a la legislatura instituida al momento de la decisión, la
anulación de los nombramientos y que proceda ésta a realizar un nuevo procedimiento de
selección y nombramiento de Magistrados, aunque permite a los Magistrados elegidos para el
período 2006-2015 continuar fungiendo en tanto los nuevos no sean nombrados.
Además, establece que su fallo no afectará en modo alguno los actos jurisdiccionales, nor-
mativos y administrativos, emitidos por tales Magistrados, durante el período en que desem-
18
El artículo 186 de la Constitución salvadoreña dice literalmente: “Los Magistrados de la Corte Suprema
de Justicia serán elegidos por la Asamblea Legislativa para un periodo de nueve años, podrán ser reelegidos y
se renovarán por terceras partes cada tres años. Podrán ser destituuidos por la Asamblea Legisaltiva por
causas específicas, previamente establecidas por la ley. Tanto para la elección como para le destitución deberá
tomarse con el voto favorable de por lo menos los dos tercios de los diputados electos”.
De acuerdo a la Teoría de los Formantes Legales el examen de estos dos criterios juri-
sprudenciales tendrá por finalidad verificar cómo interactúan los formantes (normativo,
jurisprudencial y doctrinario) así como los “criptotipos”, en la formación del acto jurídico de
decisión de Sala de lo Constitucional la Corte Suprema de Justicia salvadoreña, dinámica que
se refleja y cristaliza en las sentencias antes mencionadas. La mayor o menor preponderancia
que cualquiera de estos formantes legales, criptotipos o incluso figuraciones, nos indicará cual
es el “elemento determinante” del sistema, y que le impregna su característica jurídica propia.
19
También llamados magistrados en razón de su alta posición dentro del sistema judicial p.ej. juez
Probablemente sea éste el único formante al cual se hace referencia en la sentencia, pero
incluso al construir la decisión, la Sala no procede de manera directa a aplicar una norma con-
stitucional existente en el texto de la Constitución salvadoreña y que reglara la situación bajo
controversia, sino que procede a construir una regla “a partir” de una conjunción de prin-
cipios y normas mediante un proceso aparente de interpretación y argumentación jurídica. De-
cimos aparente, porque siendo que tanto la interpretación como la argumentación jurídica, se
basan en métodos dotados de reglas y procedimientos definidos (aunque no exentas de cierta
flexibilidad en la construcción de la decisión, en tanto que afronta siempre un caso concreto
con especificidades irreducibles).
La Sala hace un análisis falso sobre la invasión de una legislatura sobre la competencia de
otra para elegir magistrados, como si se tratase de dos entes diferentes, como si las conforma-
ciones políticas al interno de la Asamblea crearan entes distintos.
21
Ver: S. Shuman, Justification of Judicial Decisions, en 59 California Law Review, 1971, 715 ss.
22
Ver: M. Cavino (a cura di), Esperienze di diritto vivente. La giurisprudenza negli ordinamenti di diritto
legislativo, Milano, Giuffrè, 2009.
Fundamentalmente esta cuestión constitucional puede ser reconducida a los grandes pro-
blemas doctrinales sobre los cuales se debate en casi todas las tradiciones jurídicas occidentales:
1. Los límites de la función jurisdiccional en la revisión constitucional de los actos del le-
gislativo.
2. La última palabra del Órgano jurisdiccional de más alta jerarquía en la interpretación
de la Constitución.
3. Las mutaciones de las normas orgánicas constitucionales por vía de control abstracto
de constitucionalidad con ausencia total de violaciones a derechos fundamentales subjetivos.
4. La fuerza normativa de los principios políticos constitucionales y del desarrollo de re-
glas derivadas por vía interpretativa en sede judicial.
Reconocer que estos temas están fuertemente estudiados y que continúan a ser fuente de
debate científico-jurídico constitucional (e incluso dentro de las Ciencias Políticas) significa
reconocer la pluralidad de posiciones respecto a ellos, y cuanta dificultad existe en encontrar
una solución satisfactoria a todos los agentes jurídicos, políticos y sociales. Ignorarlos por
otro lado, es una actitud de arrogancia y de poca honestidad profesional, que naturalmente
fomentan la duda y la desconfianza en las motivaciones de los jueces.
A continuación procedemos a explicar cómo algunos de estos debates se proyectan en las
decisiones de la Sala y cómo ésta, al prescindir de los formantes jurídicos que podrían haber
iluminado sus argumentaciones, procede discrecionalmente a crear normas y concepciones ju-
rídicas que producen confusión y ambigüedad.
23
J. Kloppenberg, Deliberative Democracy and Judicial Supremacy: A Review of Robert A. Burt,The Con-
stitution in Conflict and Cass R. Sunstein, The Partial Constitution, en 13 Law and History Review, 2, 1995,
393-411.
24
Ver: R. Burt, Constitution in Conflict, Cambridge, The Belknap Press of Harvard Univ. Press. I992, 46,
25
Ver: M. Tushnet, Weak Courts, Strong Rights: Judicial Review and Social Welfare Rights in Comparative
Constitutional Law, Princeton NJ, Princeton, 2007.
26
H. Palacios Mejia, El control constitucional en el trópico, en Precedente, 2006, 3-19, in
http://hdl.handle.net/10906/413.
27
H. Palacios Mejía, El control constitucional en el trópico, cit.
28
A.R. Brewer-Carías, La Ilegítima Mutación de la Constitución por el Juez Constitucional yla Demolición
del Estado se Derecho en Venezuela, en Revista de Derecho Político, 75-76, 2009, 291-325.
29
S. Sánchez González, Reforma, Mutación y ... Quiebra Constitucionales, en Teoría y Realidad Consti-
tucional, 19, 2007, 295-310.
30
Entendidas las mutaciones como los cambios implícitos o no formales a la Constitución por medio de los
cuales las disposiciones constitucionales se adaptan a la realidad, sin sufrir alteración alguna en su texto pero sí
en su contenido o comprensión: ver. M. Carducci (a cura di), I mutamenti costizionali informali come oggetto di
comparazione, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, IV, 2009, 1643 ss.
31
Georg Jellinek, Verfassungsänderungund Verfassungswandlung, O. Häring, Berlín, 1906 (Reforma y
mutación de la Constitución, Madrid, Cepc, 1991), y Pedro de Vega García, La reforma constitucional y la
problemática del poder constituyente, Madrid, Editorial Tecnos, 1991.
32
M. Carducci, Il lessico comparato della “frode” alla Costituzione, in Diritto Pubblico Comparato ed Eu-
ropeo, IV, 2007, 1237 ss.
33
P. De Vega, La reforma constitucional, cit., 162.
34
Ver: M. Calamo Specchia (a cura di), Le Corti costituzionali. Composizione, indipendenza, legittimazio-
ne, Torino, Giappichelli, 2011.
Es importante dejar claro que el debate público objeto de nuestro estudio versa sobre dos
objetos estrictamente jurídicos: 1) la interpretación y la aplicación de la Constitución salva-
doreña; y 2) la aplicación del Estatuto de la Corte Centroamericana de Justicia. El primero es
objeto de una rama del derecho que se dedica a su especial estudio: El Derecho Constitu-
cional, y el segundo es objeto de otra rama del derecho dedicada igualmente a su estudio espe-
cífico: el Derecho de la Integración Centroamericana 35. Este último sin embargo, se encuentra
íntimamente relacionado con el Derecho interno de los Estados Miembros de la Comunidad
en cuanto a su aplicación, por lo que es al mismo tiempo también objeto del Derecho Consti-
tucional.
Es claro que en el proceso de interpretación y aplicación de toda norma jurídica, sea de
derecho constitucional o de derecho comunitario centroamericano, puede producirse un desa-
cuerdo entre los distintos actores jurídicos. Este desacuerdo en cuanto al sentido de una norma
es una consecuencia normal y esperable, en tanto que el Derecho se auxilia de las palabras
para concretarse en la realidad y estas palabras tendrán un significado cuyo alcance y límites
deben ser acordados por una comunidad de intérpretes de las cuales la comunidad científica
ejerce un papel especial.
Los debates sobre la interpretación de la constitución, conciernen a todos aquellos que
“vivimos la constitución” en palabras del profesor alemán de Derecho Constitucional, Peter
Häberle, quien en sus propuestas sobre la “sociedad abierta de los intérpretes constituciona-
les” 36 considera que, siendo la constitución una construcción cultural e histórica que cristaliza
las normas consensuadas que regirán a toda una comunidad, todos sus miembros están le-
gitimados a interpretarla y por tanto a colaborar a la mejor aplicación de sus preceptos y logro
de sus objetivos.
Sin embargo, para que el debate sobre asuntos jurídico-constitucionales (de consecuente
alcance político) sea verdaderamente serio y contribuya efectivamente a la construcción de las
bases una sociedad democrática y pacífica, el mismo debe estar basado en conocimientos
jurídico-constitucionales sólidos avalados por estudios igualmente serios, es decir que los
participantes en el debate, sean académicos, juristas especializados, representantes políticos, o
la sociedad civil en general, deben tener a su disposición un cúmulo considerable de fuentes
de conocimiento sobre el objeto de la controversia, los cuales deben servir para justificar las
posturas y los argumentos que se expongan. Así, las decisiones judiciales deben basarse en la
deliberación, no sólo política, sino también académica, para crear decisiones legítimas,
fuertemente fundamentadas.
Así, el desacuerdo en lugar de ser elemento “negativo” que incentiva el conflicto y la
confrontación debe ser manejado a un nivel de debate, dentro del cual se exponen las dife-
rentes propuestas permitiendo la fundamentación y la profundización en los elementos en
conflicto con el fin de entablar un acuerdo mediante la deliberación. La propuesta que mejor
este fundamentada debería ser en principio la estimada como la “mejor”. Esta calidad sin
embargo no deriva de que la misma resuelva definitivamente la cuestión o presente una única
35
El cual puede ser definido como “las normas que determinan la organización, las competencias y
funcionamiento de la Comunidad de estados centroamericanos, y que han creadas por un ordenamiento jurídico
autónomo, independiente del derecho interno de los Estados Miembros de la Comunidad y del Derecho
Internacional”. Ver C.E. SalazarGrande, E. Ulate Chacón, Manual de Derecho Comunitario Centroamericano, ,
San Salvador, ed. Orbi Iure2009, 199.
36
Métodos y principios de la interpretación constitucional: un Catálogo de Problemas, en http://www.ugr.es
/~redce/REDCE13/articulos/Haeberle.htm.
Debido al uso muchas veces de lenguaje técnico jurídico que hacen referencia a catego-
rías y principios político-constitucionales, pareciera que se discute sobre las posturas o inter-
pretaciones constitucionales posibles sobre las cuales podría o deberían resolverse las contro-
versias en cuestión, sin embargo, los argumentos lejos de ser el fruto de estudios serios vali-
dados por una comunidad académica consolidada o por referencias a jurisprudencia de casos
similares u otra fuente de conocimiento jurídico sobre los temas, no son más que simples opi-
niones personales (expresiones de una amplia gama de intereses, creencias y hasta de deseos)
sin ningún valor para el debate democrático serio.
Esta contraposición de opiniones evidencia características que nos permite calificarla de
poco científica, antagónica e intrínsecamente violenta. Ella refleja una particular forma de
cultura jurídica basada en la prevalencia de la opinión por medio de la fuerza (aunque ésta
esté reconocida y legitimada constitucionalmente), dentro de cuya lógica el órgano dotado de
poder por el ordenamiento jurídico lo ejercita sin consideración de las consecuencias que su
actuación tendrá sobre la cultura institucional del país.
Incluso más allá de la ausencia de elementos de peso científico que permitan legitimar las
decisiones, todos los intervinientes en el desacuerdo interpretativo relacionado con el nombra-
miento de los magistrados de la Corte Suprema, en lugar de proceder a debatir (o no debatir
37
Ver: R. Bin, L’“ultima fortezza”. Teoria della Costituzione e conflitti di attribuzione, Milano, Giuffrè,
1996; P. Veronesi, I poteri davanti alla Corte. “Cattivo uso” del potere e sindacato costituzionale, Milano,
Giuffrè, 1999, y M. Perini, Il seguito e l’efficacia delle decisioni costituzionali nei conflitti tra poteri dello Stato,
Milano, Giuffrè, 2003.
8. Reflexiones finales
¿Es posible declarar la inconstitucionalidad de un acto sobre la idea de una regla que no
existía al momento de realizarse el acto?
El órgano legislativo no podía conocer esta norma creada por vía interpretativa, pues ha
sido creada hasta este momento. No hay evidencia de que el principio y la regla derivada
fueran previsibles, pues ni siquiera la misma Sala pudo encontrar antecedentes en su jurispru-
dencia, ni en la jurisprudencia extranjera, ni en el derecho comparado. ¿Cómo podía entonces
el órgano legislativo haber podido cumplir con la constitución sino era del conocimiento
previo de que la misma estaba regulando sus atribuciones por vía indirecta de un principio de
contenido no precisado?
Por otro lado, el contenido dado al referido principio, es un contenido que responde a la
idea que los jueces personalmente tienen del significado de democracia representativa. Y con
esta nueva norma constitucional procede a restringir las atribuciones del órgano legislativo y a
invalidar las actuaciones que (sin vicios en su procedimiento) realizó el órgano legislativo en
dos ocasiones por haber sido tomadas sin consideración de este principio.
La Sala de la Corte Suprema Salvadoreña prescinde como hemos ya verificado, de cual-
quier fuente metodológica, como las utilizadas por Cortes de fuerte legitimidad institucional,
y procede a dar su opinión sobre lo que cree debería ser la manera como el sistema de gobier-
no salvadoreño debe funcionar creando en consecuencia una norma constitucional donde ella
considera existía una laguna del constituyente, cuya voluntad asegura conocer. Sin embargo,
su decisión, al carecer de ninguno de los métodos aceptados por la ciencia de la interpretación
originaria como la seguida por los jueces estadunidenses carece de previsibilidad y legitimidad.
El primer fallo implica una abierta e injustificada aceptación de una lectura contradictoria
de la idea de democracia inscrita en la Constitución, que además omite la obvia posibilidad de
optar por otras igualmente posibles, incluso hasta más justificadas y constitucionalmente
menos irritantes. Desconoce visiones más robustas de la democracia, que toman a la crítica
política y a la participación ciudadana como elementos constitutivos de la misma, como es el
caso de la democracia deliberativa.
Usando el argumento de la violación de un principio deducido de la interpretación de la
voluntad del constituyente y que según la Sala debe regir la manera en la que el Legislativo
puede ejercer su competencia o atribución de elegir jueces y magistrados, para el caso el
ejercicio de su atribución no queda al arbitrio del órgano legislativo, sino que está plenamente
determinado y limitado por inferencia de este principio.
Pero ¿es posible que en un determinado sistema jurídico, el elemento determinante que
influye sobre la creación del acto jurídico no sea ninguno de los formantes jurídicos
analizados ni siquiera una práctica o un criptotipo?
¿Ante qué clase de acto jurídico y por consiguiente ante qué tipo de sistema jurídico nos
encontramos si existe la posibilidad de que una decisión judicial de una Corte Suprema pueda
prescindir de utilizar la norma escrita (en la Constitución o en las leyes) o de la jurisprudencia
precedente sobre casos similares de la Corte misma o de la extranjera, o de la doctrina
esclarecedora nacional o extranjera que aporta los elementos teóricos para la creación de deci-
siones mejor argumentadas?
¿Cuáles son entonces los elementos que ejercen una influencia determinante en el sistema
jurídico salvadoreño sino es ninguno de sus elementos integrantes esenciales, ni el reflejo de
una praxis consolidada que coadyuva a informar a dichos elementos?
¿Se trata tal vez de elementos no jurídicos externos al sistema, que influencian a los agen-
tes jurídicos encargados de interpretar y aplicar el derecho al punto de hacer desplazar el cará-
cter jurídico del sistema?
Si esto fuera así, ¿ qué clase de influencias son estas? ¿Cuáles son sus orígenes y cuáles
objetivos persiguen?
La manera en que las decisiones de la Sala de lo Constitucional han sido construidas, es
decir el método, o la ausencia de éste, utilizado por los jueces, nos ofrece la respuesta y nos
indicará sobre las posibles influencias no jurídicas ejercidas sobre éstas.
Lo cual nos lleva a hacernos una pregunta más: ¿Puede considerarse válidamente como
un acto “jurídico”, aquel que prescinda de los formantes jurídicos o legales y que para su for-
mación utilice elementos ajenos al derecho?
Y una vez nacido a la vida jurídica, ¿puede este acto ser legitimado en cuanto a su
construcción por el sistema jurídico, o más bien es legitimado solo formalmente por la acep-
38
J. Aguiló Regla, Independencia e imparcialidad de los jueces y argumentación jurídica, en Isonomía, 6,
1997, 71-83.
39
N. Elias, El proceso de la Civilización, México DF, Fce, 1979.
40
N.Elias, ¿Cómo pueden las utopías científicas y literarias influir sobre el futuro? en V. Weiler (comp.),
Figuraciones en proceso, Santafé de Bogotá, Utópica Ediciones, 1998, 15-44.
1. Introdução
É bem sabido que a EC 45/2004, que acrescentou o § 3.º ao art. 5.º da CF/1988, trouxe a
possibilidade dos tratados internacionais de direitos humanos serem aprovados com um quo-
1
A primeira obra publicada no Brasil especificamente sobre o tema è de nossa lavra: Mazzuoli, Valerio de
Oliveira, O controle jurisdicional da convencionalidade das leis, 2a ed. rev., atual. e ampl. São Paulo: RT, 2011
(Coleção “Direito e Ciências Afins”, vol. 4) [a 1ª edição desta obra è de 2009, baseada no Cap. II, Seção II, da
nossa Tese de Doutorado da UFRGS, defendida em 4/nov./2008; para a leitura completa da Tese, v. Mazzuoli,
Valerio de Oliveira, Tratados internacionais de direitos humanos e direito interno, São Paulo: Saraiva, 2010].
2
Para um estudo aprofundado do significado do art. 5.º, § 3.º, da CF/1988, Mazzuoli, Valerio de Oliveira, O novo
§ 3.º do art. 5.º da Constituição e sua eficácia. RF 378/89-109, ano 101. Rio de Janeiro: Forense, mar.-abr. 2005.
3
Sobre essa distinção entre tratados materialmente constitucionais e material e formalmente constitucionais, bem
como para o seu melhor entendimento, veja-se o nosso estudo citado na nota anterior. Sobre o conceito materialmente
aberto de direitos fundamentais no direito constitucional positivo brasileiro, v. Sarlet, Ingo Wolfgang, A eficácia dos
direitos fundamentais, 6a ed. rev. atual. e ampl. Porto Alegre: Livraria do Advogado, 2006, 92-164.
4
Cf. Mendes, Gilmar Ferreira. Jurisdição constitucional: o controle abstrato de normas no Brasil e na
Alemanha, 5 a ed. São Paulo: Saraiva, 2005, 239.
5
V. a comprovação dessa assertiva em Mazzuoli, Valerio de Oliveira, Curso de direito internacional públi-
co, 6 a ed. rev., atual. e ampl. São Paulo: Ed. RT, 2012, 267-268; 384-385; e, especialmente, 386-391.
6
Para uma análise do art. 98 do CTN à luz da supremacia do direito internacional, v. Mazzuoli, Valerio de
Oliveira, Curso de direito internacional público, cit., 399-408.
7
È evidente que se poderia pensar (e tal raciocínio não estaria equivocado) que qualquer controle a envol-
ver a compatibilização de uma norma doméstica com um tratado internacional (qualquer que seja este, de direi-
tos humanos, ou não) seria um controle de convencionalidade. Tal è mesmo verdade, não havendo qualquer
problema neste raciocínio; toda convenção internacional (utilizando-se a nomenclatura “convenção” apenas
genericamente, podendo ser um “tratado”, “acordo”, etc.) è paradigma do controle de convencionalidade lato
sensu. Apenas preferimos nominar de controle de convencionalidade o exercido exclusivamente em relação aos
tratados de direitos humanos (que, no Brasil, podem ter status ou “equivalência” de emenda constitucional), ten-
do em vista que à luz da jurisprudência das cortes internacionais não se utiliza esta expressão quando se trata de
compatibilizar as obrigações do Estado relativamente aos tratados comuns. Outro motivo pelo qual preferimos
reservar a expressão “controle de convencionalidade” para a compatibilização das normas internas com os trata-
dos (apenas) de direitos humanos è o de não perder de vista que esses tratados igualam-se em hierarquia às nor-
mas constitucionais (daí a proximidade do neologismo “convencionalidade” com “constitucionalidade”); nesse
sentido, a expressão “controle de convencionalidade” andaria lado a lado à expressão “controle de constituciona-
lidade”. Assim, pareceu-nos melhor diferenciar a nomenclatura do controle que tem como paradigma os tratados
comuns (“controle de supralegalidade”) daquela relativa aos tratados de direitos humanos (“controle de conven-
cionalidade”). Mas, repita-se, não è tecnicamente incorreto nominar de “controle de convencionalidade” a com-
patibilização vertical das normas internas com quaisquer tratados internacionais (de direitos humanos, ou não)
ratificados pelo governo e em vigor no Estado.
8
Cf., em paralelo, Bobbio, Norberto, O positivismo jurídico: lições de filosofia do direito, Trad. Márcio Pu-
gliesi; Edson Bini; Carlos E. Rodrigues. São Paulo: Ícone, 1995, 137-138.
9
V. o trecho ao qual aludimos: “Então, e só então, o dever-ser, como dever-ser ‘objetivo’, è uma ‘norma
válida’ (‘vigente’), vinculando os destinatários. è sempre este o caso quando ao ato de vontade, cujo sentido sub-
jetivo è um dever-ser, è emprestado esse sentido objetivo por uma norma, quando uma norma, que por isso vale
como norma ‘superior’, atribui a alguém competência (ou poder) para esse ato”. E mais à frente, leciona: “Se,
como acima propusemos, empregarmos a palavra ‘dever-ser’ num sentido que abranja todas estas significações,
podemos exprimir a vigência (validade) de uma norma dizendo que certa coisa deve ou não deve ser, deve ou
não ser feita” (grifos nossos) (Kelsen, Hans. Teoria pura do direito, 7a ed. Trad. João Baptista Machado. São
Paulo: Martins Fontes, 2006, 11).
10
Cf. Ferrajoli, Luigi, Derechos y garantías: la ley del más débil, Trad. Perfecto Andrés Ibáñez e Andrea
Greppi. Madrid: Trotta, 1999, 20; Gomes, Luiz Flávio, Estado constitucional de direito e a nova pirâmide
jurídica, São Paulo: Premier Máxima, 2008, 75; e Gomes, Luiz Flávio e Vigo, Rodolfo Luis, Do Estado de
direito constitucional e transnacional: riscos e precauções (navegando pelas ondas evolutivas do Estado, do
direito e da justiça), São Paulo: Premier Máxima, 2008, 19.
11
Cf. Ferrajoli, Luigi, op. cit., 20-22. A dificuldade de precisão desses conceitos já foi objeto dos comentá-
rios de Kelsen, nestes termos: “A determinação correta desta relação è um dos problemas mais importantes e ao
mesmo tempo mais difíceis de uma teoria jurídica positivista. è apenas um caso especial da relação entre o de-
ver-ser da norma jurídica e o ser da realidade natural. Com efeito, também o ato com o qual è posta uma norma
jurídica positiva è – tal como a eficácia da norma jurídica – um fato da ordem do ser. Uma teoria jurídica positi-
vista è posta perante a tarefa de encontrar entre os dois extremos, ambos insustentáveis, o meio-termo correto”.
(op. cit., 235).
12
Ferrajoli, Luigi, op. cit., 20.
13
Idem, 20-21.
14
Idem, 21.
15
Idem, 21-22.
16
Perceba-se o conceito de vigência do ordenamento jurídico formulado por Alf Ross: “O ponto de que par-
timos è a hipótese de que um sistema de normas será vigente se for capaz de servir como um esquema interpreta-
tivo de um conjunto correspondente de ações sociais, de tal maneira que se torne possível para nós compreender
esse conjunto de ações como um todo coerente de significado e motivação e, dentro de certos limites, predizê-
las. Esta capacidade do sistema se baseia no fato das normas serem efetivamente acatadas porque são sentidas
como socialmente obrigatórias. (…) Conclui-se disso que os fenômenos jurídicos que constituem a contrapartida
das normas têm que ser as decisões dos tribunais. è aqui que temos que procurar a efetividade que constitui a
vigência do direito”. Perceba-se que, em tal conceito, se está a vincular a vigência da norma à sua capacidade de
ser socialmente obrigatória, no que se poderia dizer ter Alf Ross estabelecido um conceito de vigência social do
ordenamento jurídico. E assim conclui Ross: “Em conformidade com isso, um ordenamento jurídico nacional,
considerado como um sistema vigente de normas, pode ser definido como o conjunto de normas que efetivamen-
te operam na mente do juiz, porque ele as sente como socialmente obrigatórias e por isso as acata”. V. Ross, Alf,
Direito e justiça, Trad. Edson Bini. Bauru: Edipro, 2000, 59.
17
Para nós, existência (formal) e vigência têm o mesmo significado. Cf., nesse exato sentido, Ferrajoli, Lui-
gi, op. cit., 21.
18
Para um panorama das discussões quanto ao início de vigência da lei, v. Telles Júnior, Goffredo, Ini-
ciação na ciência do direito, São Paulo: Saraiva, 2001, 193-197.
19
A esse respeito, assim (e corretamente) leciona Artur Cortez Bonifácio: “Válida è a norma de lei ordinária
cuja produção e conteúdo material se conforma à Constituição [e, para nós, também aos tratados em vigor no
país], à legitimidade conferida pelos princípios constitucionais [e internacionais] político ou ético-filosóficos.
Afora isso, a norma terá uma validade eminentemente formal, de relação de pertinência com o sistema jurídico.
Vigente è a norma que existe [perceba-se a equiparação entre vigência e existência, como querendo significar a
mesma coisa, concepção com a qual também concordamos], em função da qual se pode exigir algum compor-
tamento: è a norma promulgada e ainda não derrogada, respeitadas questões como a vacatio legis. è de se
perceber que toda norma vigente, assim tratada, tem validade formal; a sua validade material repousará no
quantum de legitimidade que venha a expressar” (O direito constitucional internacional e a proteção dos
direitos fundamentais, São Paulo: Método, 2008, 121).
20
Perceba-se que o próprio Kelsen aceita esta assertiva, quando leciona: “Com a palavra ‘vigência’ desi-
gnamos a existência específica de uma norma. Quando descrevemos o sentido ou o significado de um ato
normativo dizemos que, com o ato em questão, uma qualquer conduta humana è preceituada, ordenada, prescrita,
exigida, proibida; ou então consentida, permitida ou facultada” (op. cit., 11).
21
Em caso de veto do Presidente, pode o Congresso derrubá-lo em sessão conjunta e por maioria absoluta
de votos (art. 66, § 4.º, da CF/1988), devendo ser novamente enviado ao Presidente da República, agora para
promulgação (art. 66, § 5.º, da CF/1988). Se a lei não for promulgada dentro de 48 horas pelo Presidente da Re-
pública, nos casos dos §§ 3.º e 5.º, o Presidente do Senado a promulgará, e, se este não o fizer em igual prazo,
caberá ao Vice-Presidente do Senado fazê-lo (art. 66, § 7.º, da CF/1988). Após a promulgação, a lei è publicada,
devendo entrar em vigência a partir desse momento, se assim dispuser expressamente. Se não o fizer e não hou-
ver período de vacatio legis, entrará vigor em 45 dias (art. 1.º da LIDB).
22
Cf. Telles Júnior, Goffredo, op. cit., 193.
23
Schnaid, David, Filosofia do direito e interpretação, 2a ed. rev. e atual. São Paulo: Ed. RT, 2004, 62-63.
O mesmo autor, páginas à frente, conclui: “A eficácia de uma norma está na sua obrigatoriedade, tanto para os
sujeitos passivos como para os órgãos estatais, que devem aplicá-la efetivamente” (Idem, 93).
24
Nesse sentido, v. a posição coincidente de Kelsen, Hans, op. cit., 12, nestes termos: “Um tribunal que
aplica uma lei num caso concreto imediatamente após a sua promulgação – portanto, antes que tenha podido
tornar-se eficaz – aplica uma norma jurídica válida [para nós, uma norma vigente, que poderá não ser válida, a
depender da conformidade com o texto constitucional e com os tratados internacionais (de direitos humanos ou
comuns) em vigor no país]. Porém, uma norma jurídica deixará de ser considerada válida quando permanece du-
radouramente ineficaz”. Depois, contudo, Kelsen afirma: “A eficácia é, nesta medida, condição da vigência, vi-
sto ao estabelecimento de uma norma se ter de seguir a sua eficácia para que ela não perca a sua vigência”. Per-
ceba-se, nesta parte final, a confusão kelseniana mais uma vez estampada. Trataremos de esclarecer as diferenças
atuais entre vigência, validade e eficácia logo mais à frente.
25
Cf. Kelsen, Hans, op. cit., 9.
26
Gomes, Luiz Flávio, Estado constitucional de direito e a nova pirâmide jurídica, cit., 75.
27
Cf. Diniz, Maria Helena, Lei de introdução ao Código Civil brasileiro interpretada, 13a ed. rev. e atual.
São Paulo: Saraiva, 2007, 51.
28
Daí a afirmação de Miguel Reale, de que quando se declara “que uma norma jurídica tem eficácia, esta só
è jurídica na medida em que pressupõe a validez [ou validade] da norma que a insere no mundo jurídico, por não
estar em contradição com outras normas do sistema, sob pena de tornar-se inconsistente” (Fontes e modelos do
direito: para um novo paradigma hermenêutico. São Paulo: Saraiva, 1994, 4). Em outro momento, contudo,
Reale coloca a expressão vigência entre parênteses depois de falar em validade, no seguinte trecho: “A exigência
trina de validade (vigência) de eficácia (efetividade) e de fundamento (motivação axiológica) milita em favor da
compreensão da vida jurídica em termos de modelos jurídicos, desde a instauração da fonte normativa até a sua
aplicação, passando pelo momento de interpretação, pois o ato hermenêutico è o laço de comunicação ou de
mediação entre validade e eficácia” (Idem, 33).
29
Cf., por tudo, Ferrajoli, Luigi, op. cit., 20-22. V., também, Gomes, Luiz Flávio e García-Pablos de Moli-
na, Antonio, Direito penal: parte geral, São Paulo: Ed. RT, 2007. vol. 2, para quem: “A lei ordinária incompa-
tível com o tratado não possui validade”.
30
Goffredo Telles Júnior elenca duas condições de validade das leis: (a) o seu correto domínio; e (b) a
sua correta elaboração. Quanto à primeira “condição de validade, assinale-se que o domínio das leis com-
preende seu domínio geográfico e seu domínio de competência”, e quanto “à segunda condição de validade,
cumpre observar que, da correta elaboração das leis, depende, não só a validade delas, mas, também, funda-
mentalmente, a própria qualidade de lei, alcançada pela norma jurídica. De fato, não è lei a norma jurídica
que não tenha sido elaborada em conformidade com o processo instituído para a produção delas” (grifos do
original) (op. cit., 162).
31
Idêntica lição è encontrada em Diniz, Maria Helena, op. cit., 51-52. Neste caso, a autora nomina a vigên-
cia de vigência em sentido estrito, para diferenciar da vigência em sentido amplo, que (segundo ela) se confunde
com a validade formal. Em outra passagem, a mesma autora diz que mesmo a vigência em sentido estrito pode se
confundir com a validade formal, à exceção do caso da vacatio legis do art. 1.º da LIDB, onde embora válida, “a
norma não vigorará durante aqueles quarenta e cinco dias, só entrando em vigor posteriormente” (Idem, 52).
32
V. Ferraz Jr., Tercio Sampaio, Introdução ao estudo do direito: técnica, decisão, dominação, 4a ed. rev. e
ampl, São Paulo: Atlas, 2003, 198.
33
V. Ferrajoli, Luigi, op. cit., 20-22.
34
Leia-se, a propósito, Luiz Flávio Gomes, para quem: “(…) nem toda lei vigente è válida” (Estado consti-
tucional de direito e a nova pirâmide jurídica, cit., 75).
35
Assim também, Ross, Alf, op. cit., 128, nestes termos: “Geralmente admite-se como ponto pacífico que
uma lei que foi devidamente sancionada e promulgada é, por si mesma, direito vigente, isto é, independentemen-
te de sua ulterior aplicação nos tribunais” (grifo nosso).
36
V. Kelsen, Hans, op. cit., 218, para quem: “Esta norma [a Constituição], pressuposta como norma
fundamental, fornece não só o fundamento de validade como o conteúdo de validade das normas dela deduzidas
através de uma operação lógica”.
37
Cf. Schnaid, David, op. cit., 123.
38
Reale, Miguel, op. cit., 13.
39
Idem, ibidem.
40
Kelsen, Hans, op. cit., 367-368.
41
Gomes, Luiz Flávio, Estado constitucional de direito e a nova pirâmide jurídica, cit., 27.
42
Idem, ibidem.
43
Idem, 76-77. Ainda segundo Luiz Flávio Gomes, deve-se admitir, contudo, uma hipótese excepcional,
que ocorre quando a lei è declarada inconstitucional em seu aspecto formal. Neste caso, diz ele, “não há como
negar que essa declaração de inconstitucionalidade afeta (desde logo) o plano da validade da norma, mas, além
disso, também o da vigência. Uma lei que não tenha seguido o procedimento legislativo correto, após a decla-
ração da sua inconstitucionalidade formal (embora publicada no Diário Oficial), deixa de possuir vigência. Se è
certo que a declaração de inconstitucionalidade material não toca nesse aspecto formal (vigência), não se pode
dizer a mesma coisa em relação à inconstitucionalidade formal” (Idem, 77).
44
O julgamento do RE 466.343/SP (rel. Min. Cezar Peluso) foi encerrado na sessão plenária de 03.12.2008,
data em que se considera extinto no Brasil o instituto da prisão civil por dívida de depositário infiel. Frise-se que
a tese da impossibilidade de prisão civil por dívida por infidelidade depositária, com fulcro nos tratados interna-
cionais de direitos humanos, foi pioneiramente defendida por Mazzuoli, Valerio de Oliveira. Prisão civil por
dívida e o Pacto de San José da Costa Rica: especial enfoque para os contratos de alienação fiduciária em ga-
rantia. Rio de Janeiro: Forense, 2002, especialmente 109-181. Antes da publicação deste livro citado o que exi-
stiam eram apenas pequenos trabalhos (artigos, comentários etc.) sem muita amplitude.
45
V., o voto-vista do Min. Gilmar Mendes do STF, RE 466.343-1/SP, j. 03.12.2008, rel. Min. Cezar Peluso, 21.
46
V., por tudo, Mazzuoli, Valerio de Oliveira, Curso de direito internacional público, cit., 852-863.
47
Cf. Vignali, Heber Arbuet e Arrighi, Jean Michel, Os vínculos entre o direito internacional público e os
sistemas internos, in Revista de informação legislativa, 115, ano 29, Brasília: Senado Federal, jul.-set. 1992, 420.
48
V., por tudo, Bank, Roland, Tratados internacionales de derechos humanos bajo el ordenamiento jurídico
alemán, in Anuario de derecho constitucional latinoamericano. 10 año, t. II, Montevidéo: Konrad-Adenauer-
Stiftung, 2004, 721-734. Sobre o tema, v. ainda gros Espiell, Hector, La Convention américaine et la Convention
européenne des droit de l’homme: analyse comparative, in Recueil des Cours, vol. 218 (1989-VI), 167-412; e
Facchin, Roberto, L’interpretazione giudiziaria della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Padova: Ce-
dam, 1990. Para um estudo do papel da União Europeia em matéria de direitos humanos, v. Rideau, Joel, Le rôle
de l’Union européenne en matière de protection des droits de l’homme, in Recueil des Cours, vol. 265 (1997), 9-
480.
49
Cf. Gomes, Luiz Flávio. Estado constitucional de direito e a nova pirâmide jurídica, cit., 34. Este autor,
contudo, não obstante aceitar o status constitucional dos tratados de direitos humanos (cf. idem, 32), ainda
entende que a discussão sobre o status hierárquico dos tratados internacionais comuns “è uma questão aberta”,
uma vez tratar-se “de uma zona do Direito (ainda) indefinida” (idem, 36). Este mesmo criminalista cita um caso
da Suprema Corte Mexicana, no qual se reconheceu o status supralegal dos tratados relativos à matéria tributária
(os quais, pelo art. 98 do CTN, no Brasil, já têm esse mesmo nível, por expressa disposição legal). Eis trecho da
explicação do caso (por Priscyla Costa, Consultor Jurídico 15.02.2007) citado por Luiz Flávio Gomes:
“Tratados internacionais são mais importantes no México de que as leis federais. O entendimento è da Suprema
Corte de Justiça do país, que acolheu o pedido de 14 empresas que se recusavam a pagar taxas fixadas por legi-
slações nacionais. (...) As empresas alegaram que com base em algumas dessas leis federais è que se cobram os
direitos alfandegários, contrários ao que determina o Tratado de Livre Comércio da América do Norte, o Nafta,
segundo a sigla em inglês. O entendimento da Suprema Corte, por seis votos a cinco, foi de que as normas inter-
nacionais só estão abaixo da Constituição. O Min. Salvador Aguirre afirmou que no mundo globalizado atual há
‘mais proximidade’ das normas e que devido a isso a colaboração e a solidariedade internacionais são cada vez
mais necessárias para permitir a convivência, ‘em particular o tráfico mercantil’” (Idem, ibidem).
50
Segundo Luiz Flávio Gomes: “Uma vez declarada inválida uma lei (no sistema concentrado), já não pode
ser aplicada (perde sua eficácia prática). A lei declarada inválida, neste caso, continua vigente (formalmente), até
que o Senado a retire do ordenamento jurídico (art. 52, X, da CF/1988), mas não tem nenhuma validade (já não
pode ter nenhuma aplicação concreta, ou seja, cessou sua eficácia). (…) No plano sociológico, uma lei vigente e
válida pode não ter eficácia quando não tem incidência prática. Quando, entretanto, a lei vigente è declarada in-
válida pelo STF, naturalmente perde sua eficácia (jurídica e prática), isto é, não pode mais ser aplicada. Sua
vigência, entretanto, perdura, até que o Senado Federal elimine tal norma do ordenamento jurídico (a única ex-
ceção reside na declaração de inconstitucionalidade formal, posto que, nesse caso, è a própria vigência da lei que
è afetada). (…) A partir dessa declaração em ação concentrada, ou quando o tema è discutido em tese pelo Pleno,
de eficácia prática (da lei) já não se pode falar. Ela continua vigente no plano formal, mas substancialmente per-
deu sua validade (e, na prática, cessou sua eficácia). O efeito erga omnes da decisão definitiva do STF è indi-
scutível em relação ao controle concentrado. (…) Para que não paire dúvida, logo após a declaração de invalida-
de de uma lei (pelo Pleno), deveria o STF: (a) comunicar o Senado (para o efeito do art. 52, X [no caso apenas
da decisão ter sido em sede de controle difuso]) e, sempre que possível, (b) emitir uma súmula vinculante (recor-
de-se que a súmula vinculante exige quorum qualificado de 2/3 dos Ministros do STF)” (Estado constitucional
de direito e a nova pirâmide jurídica, cit., 85-86).
51
V., nesse sentido, o HC 88.420/SP do STF, rel. Min. Ricardo Lewandowski; e, ainda, o HC 90.172/SP do
STF, rel. Min. Gilmar Mendes, onde fica expresso o novo entendimento da Suprema Corte que agora atribui aos
tratados de direitos humanos (e somente a estes, por enquanto) o status de supralegalidade dentro do ordenamen-
to jurídico brasileiro.
52
Assim dispõe a referida norma: “Art. 103. Podem propor a ação direta de inconstitucionalidade e a ação
declaratória de constitucionalidade: I – o Presidente da República; II – a Mesa do Senado Federal; III – a Mesa
da Câmara dos Deputados; IV – a Mesa de Assembleia Legislativa ou da Câmara Legislativa do Distrito Federal;
V – o Governador de Estado ou do Distrito Federal; VI – o Procurador-Geral da República; VII – o Conselho
Federal da Ordem dos Advogados do Brasil; VIII – partido político com representação no Congresso Nacional;
IX – confederação sindical ou entidade de classe de âmbito nacional”.
Existe dispositivo na Constituição de 1988 que demonstra claramente existir três vertentes
dos direitos e garantias fundamentais na ordem jurídica brasileira. Trata-se do art. 5.º, § 2.º, da
CF/1988, segundo o qual “os direitos e garantias expressos nesta Constituição [1.ª vertente]
não excluem outros decorrentes do regime e dos princípios por ela adotados [2.ª vertente], ou
dos tratados internacionais em que a República Federativa do Brasil seja parte [3.ª vertente]”.
Assim, desmembrando este dispositivo, o que dele se extrai è que, além dos direitos expressos
na Constituição (primeira vertente), existem também os direitos nela implícitos (segunda ver-
tente), que decorrem do regime (primeira subdivisão da segunda vertente) e dos princípios
(segunda subdivisão da segunda vertente) por ela adotados, e os direitos provenientes de tra-
tados (terceira vertente), que não estão nem expressa nem implicitamente previstos na Consti-
tuição, mas provém ou podem vir a provir dos instrumentos internacionais de proteção dos di-
reitos humanos ratificados pelo Brasil 54.
A primeira das três vertentes dos direitos e garantias fundamentais diz respeito àqueles di-
reitos expressos na Constituição. Efetivamente, são tais direitos os primeiros que devem ser
respeitados pela produção normativa doméstica, até mesmo pelo princípio segundo o qual as
leis devem respeito à sua criadora, que è a Constituição.
Os direitos e garantias constitucionais fazem parte do núcleo intangível da Constituição,
protegidos pelas cláusulas pétreas do art. 60, § 4.º, IV, da CF/1988, segundo o qual “[n]ão
será objeto de deliberação a proposta de emenda tendente a abolir: (...) os direitos e garantias
individuais”. Perceba-se a referência aos “direitos e garantias individuais” pelo dispositivo ci-
tado, o que deixa entrever, a priori, que a respectiva cláusula não alcança os demais direitos
fundamentais não-individuais (v.g., os sociais, os econômicos e os culturais) e todos os outros
de cunho coletivo. Contudo, a dúvida plantada pelo texto constitucional de 1988, sobre a in-
clusão de outros direitos ao rol das chamadas cláusulas pétreas, não obteve o necessário
53
Gomes, Luiz Flávio, Estado constitucional de direito e a nova pirâmide jurídica, cit., 65.
54
Sobre essas três vertentes dos direitos e garantias fundamentais no direito brasileiro, v. Mazzuoli, Valerio
de Oliveira, Curso de direito internacional público, cit., 838-840.
Nos termos do citado art. 5.º, § 2.º, segunda parte, os direitos implícitos são aqueles que
provêm ou podem vir a provir “do regime e dos princípios por ela [Constituição] adotados”.
Trata-se – segundo os autores constitucionalistas – de direitos de difícil caracterização a
priori 59.
55
V., por tudo, Sarlet, Ingo Wolfgang, A eficácia dos direitos fundamentais, cit., 422-428.
56
Sobre o tema, v. Kelsen, Hans, op. cit., 300-306. Na doutrina brasileira, v. especialmente Mendes, Gilmar
Ferreira. Jurisdição constitucional …, cit., 64-94 e146-250, respectivamente; e Barroso, Luís Roberto, O contro-
le de constitucionalidade no direito brasileiro, 2a ed. rev. e atual, São Paulo: Saraiva, 2007, 333. Para um estudo
clássico do controle jurisdicional de constitucionalidade no Brasil, v. ainda Bittencourt, Carlos Alberto Lúcio, O
controle jurisdicional da constitucionalidade das leis, 2a ed. Rio de Janeiro: Forense, 1968, 164.
57
Cf. Gomes, Luiz Flávio, Estado constitucional de direito e a nova pirâmide jurídica, cit., 77.
58
Não è outra a lição de Luiz Flávio Gomes, nestes termos: “(...) toda norma, que tem como fonte um texto
legal, conta com seu ‘programa abstrato de aplicação’. Mas isso não se confunde com o seu programa concreto
de incidência. Quando uma lei è julgada inconstitucional (totalmente inconstitucional) seu ‘programa normativo’
desaparece, ou seja, passa a não contar com nenhuma incidência concreta. O § 1.º do art. 1.º [sic] da Lei
8.072/1990 proibia a progressão de regime nos crimes hediondos. Esse era o programa abstrato da norma. De-
pois de declarada pelo STF a invalidade (inconstitucionalidade) do dispositivo legal citado (HC 82.959), nenhu-
ma incidência prática (eficácia) podia ter tal norma (mesmo antes da Lei 11.464/2007)” (Idem, 77).
59
V. Ferreira Filho, Manoel Gonçalves, Direitos humanos fundamentais, São Paulo: Saraiva, 1995, 88; e
Silva, José Afonso da, Curso de direito constitucional positivo. 26a ed. rev. e atual, São Paulo: Malheiros, 2006,
194.
60
Cf. Diniz, Maria Helena, Conflito de normas. 6a ed. atual. de acordo com o novo Código Civil (Lei
10.406/2002), São Paulo: Saraiva, 2005, 58-59. Sobre os princípios gerais de direito, assim leciona Diniz: “Os
princípios gerais de direito são normas de valor genérico que orientam a aplicação jurídica, por isso se impõem
com validez normativa onde houver inconsistência de normas. Esses princípios gerais de direito têm natureza
múltipla, pois são: a) decorrentes das normas do ordenamento jurídico, ou seja, da análise dos subsistemas nor-
mativos. Princípios e normas não funcionam separadamente, ambos têm caráter prescritivo. Atuam os princípios,
diante das normas como fundamento de atuação do sistema normativo e como fundamento criteriológico, isto é,
como limite da atividade jurisdicional; b) derivados das ideias políticas, sociais e jurídicas vigentes, ou melhor,
devem corresponder aos subconjuntos axiológico e fático que compõem o sistema jurídico, constituindo um pon-
to de união entre consenso social, valores predominantes, aspirações de uma sociedade com o sistema jurídico,
apresentando uma certa conexão com a ideologia imperante que condiciona até sua dogmática: daí serem prin-
cípios informadores; de maneira que a supracitada relação entre norma e princípio è lógico-valorativa. Apóiam-
se estas valorações em critérios de valor objetivo; e c) reconhecidos pelas nações civilizadas [sobre esse conceito
de nações civilizadas e as críticas que lhe faz a doutrina contemporânea, v. Mazzuoli, Valerio de Oliveira. Curso
de direito internacional público, cit., 131-132] se tiverem substractum comum a todos os povos ou a alguns de-
les em dadas épocas históricas, não como pretendem os jusnaturalistas, que neles vislumbram princípios jurídi-
cos de validade absolutamente geral” (Idem, 59).
61
Para um panorama geral dos valores e princípios constitucionais fundamentais da Constituição brasileira,
v. Bonifácio, Artur Cortez, op. cit., 131-180. Merece destaque, contudo, a seguinte passagem: “Os princípios
passaram, com efeito, ao grau de norma constitucional, modelando e conduzindo a interpretação e aplicação das
demais normas e atos normativos, conferindo a fundamentação material imprescindível à ordem jurídica. De sua
força normativa decorre o seu caráter diretivo e a eficácia derrogatória e invalidatória das demais normas para
além de sua função informadora. O conjunto desses predicados confere aos princípios um caráter de fonte das
fontes do direito, disposições normativas que qualificam o sistema, dando-lhe especial feição. Se a Constituição
è o fundamento superior da unidade de um sistema jurídico, e a observância dos seus valores e princípios são os
fatores possibilitadores do equilíbrio constitucional, infere-se por transitividade que os princípios são fatores de-
cisivos à manutenção do sistema de direito. O direito não é, pois, um conjunto de regras tomadas aleatoriamente:
estas têm uma conexão de sentidos, uma lógica, uma coerência e uma adequação de valores e princípios que o
alimentam, e lhe dão a sua dinamicidade e consistência, fazendo-o subsistir. Quando existe um hiato entre esses
fatores, è possível a implantação de uma nova estrutura política no Estado, refratária dos valores e princípios dis-
sociados da compreensão do tecido social. Os princípios, dessa forma, são disposições nas quais se radicam a
origem dos enunciados normativos; são pontos de partida para a assimilação do sistema jurídico e seus desígnios
de justiça. Ostentam um maior grau de indeterminação, abstração e um baixo grau de concretização, apresentan-
do-se como standards, padrões de observância obrigatória no sistema de direito” (Idem, 133-134).
62
Cf. Lopes, José Reinaldo de Lima, Da efetividade dos direitos econômicos, culturais e sociais, in Direitos
humanos: visões contemporâneas, São Paulo: Associação juízes para a democracia, 2001, 92.
63
Cf. HENDERSON, Humberto, Los tratados internacionales de derechos humanos en el orden interno: la
importancia del principio pro homine, in Revista IIDH 39/92-96, San José: IIDH, 2004.
64
Garcia, Maria, Limites da ciência: a dignidade da pessoa humana, a ética da responsabilidade, São
Paulo: Ed. RT, 2004, 211. Aceito o conceito exposto, diz Artur Cortez Bonifácio, “importa reforçar um conteúdo
ético que è anterior e inerente ao ser humano, e que faz da dignidade da pessoa humana um supravalor, um
predicado da personalidade, ao lado de um componente normativo, jurídico-constitucional e de direito interna-
cional público, a reclamar a sua concretização internamente e no espaço público internacional” (op. cit., 174).
65
Cf. González Perez, Jesus, La dignidad de la persona, Madrid: Civitas, 1986, 200-203.
66
Como anota Artur Cortez Bonifácio, o princípio da dignidade da pessoa humana “é um dos princípios de
maior grau de indeterminação e também uma das fontes mais recorridas da Constituição, especialmente por:
justificar as ações do Estado Democrático de Direito em favor dos direitos fundamentais, consolidando um
encadeamento lógico-jurídico de um modelo de democracia voltada para a justiça social; conferir um sentido
unitário à Constituição; ou realizar uma ponderação de valores tendo em conta as normas e valores
constitucionais” (op. cit., 174-175).
67
Bonifácio, Artur Cortez, op. cit., 175. Ainda segundo Bonifácio: “Mais do que isso, a dignidade da pessoa
humana è o valor que conduz ao caráter universal dos direitos fundamentais, o elo e o sentido de toda uma con-
strução dogmática histórica que vem ganhando força e efetividade nos processos de afirmação do constituciona-
lismo e do direito internacional público recente” (Idem, ibidem).
68
Häberle, Peter, La garantía del contenido esencial de los derechos fundamentales, Trad. Joaquín Brage
Camazano, Madrid: Dykinson, 2003, 9-10.
69
Bidart Campos, German J., Tratado elemental de derecho constitucional argentino (El derecho
internacional de los derechos humanos y la reforma constitucional de 1994). Buenos Aires, Ediar, 1995, t. III, 277.
70
Como leciona Artur Cortez Bonifácio, o art. 4.º da CF/1988 “pontua um elo entre o direito constitucional
internacional e o direito internacional e deve ser interpretado sob a ótica consensual que aproxima os sistemas,
mas devemos admitir uma leve prevalência em favor do direito internacional público”, posto que nele temos “a
declaração de vários princípios de direito internacional geral, verdadeiras normas de jus cogens, tais como o
princípio da independência nacional, a prevalência dos direitos humanos, a autodeterminação dos povos, a não-
intervenção, a igualdade entre os Estados, a defesa da paz, a solução pacífica dos conflitos, o repúdio ao
terrorismo, a concessão de asilo político e a integração” e, assim sendo, todos eles compõem “um conjunto
normativo e axiológico que o Constituinte brasileiro tratou de assegurar, diante da fragilidade das instituições
democráticas do Estado brasileiro recém-saído do arbítrio” (op. cit., 201). Daí se entender, junto a Otto Bachof,
que um Estado até poderá desrespeitar tais princípios, ou mesmo fazer passar também por “direito” as
prescrições e os atos estaduais que os desrespeitem, podendo impor a observância destes pela força, porém “um
tal direito aparente nunca terá o suporte do consenso da maioria dos seus cidadãos e não pode, por conseguinte,
reivindicar a obrigatoriedade que o legitimaria” (Normas constitucionais inconstitucionais?, Trad. José Manuel
M. Cardoso da Costa, Coimbra: Almedina, 1994, 2).
Como já se falou anteriormente, não basta que a norma de direito doméstico seja compa-
tível apenas com a Constituição Federal, devendo também estar apta para integrar a ordem ju-
rídica internacional sem violação de qualquer dos seus preceitos. A contrario sensu, não basta
a norma infraconstitucional ser compatível com a Constituição e incompatível com um tratado
ratificado pelo Brasil (seja de direitos humanos, que tem a mesma hierarquia do texto consti-
tucional, seja um tratado comum, cujo status è de norma supralegal), pois, nesse caso, operar-
se-á de imediato a terminação da validade da norma (que, no entanto, continuará vigente, por
não ter sido expressamente revogada por outro diploma congênere de direito interno).
A compatibilidade do direito doméstico com os tratados internacionais de direitos huma-
nos em vigor no país faz-se por meio do controle de convencionalidade, que è complementar
e coadjuvante do conhecido controle de constitucionalidade 71. A expressão “controle de con-
vencionalidade” ainda è pouco conhecida no Brasil, não tendo havido quem, antes de nós, te-
nha estudado sistemáticamente o tema 72. O controle de convencionalidade tem por finalidade
compatibilizar verticalmente as normas domésticas (as espécies de leis, lato sensu, vigentes
no país) com os tratados internacionais de direitos humanos ratificados pelo Estado e em vi-
gor no território nacional.
Nesse sentido, entende-se que o controle de convencionalidade deve ser exercido pelos
órgãos da justiça nacional relativamente aos tratados aos quais o país se encontra vinculado.
Trata-se de adaptar ou conformar os atos ou leis internas aos compromissos internacionais
assumidos pelo Estado, que criam para este deveres no plano internacional com reflexos
práticos no plano do seu direito interno 73. Doravante, não somente os tribunais internos de-
vem realizar o controle de convencionalidade (para além do clássico controle de constitucio-
nalidade), mas também os tribunais internacionais (ou supranacionais) 74 criados por con-
71
Para um paralelo entre os controles de convencionalidade e de constitucionalidade na França, v. Silva
Irarrazaval, Luis Alejandro, El control de constitucionalidad de los actos administrativos en Francia y el control
indirecto de constitucionalidad de la ley: la teoría de la ley pantalla, in Ius et Praxis, vol. 12, n. 2, 2006, 201-219.
72
V. Mazzuoli, Valerio de Oliveira. Tratados internacionais de direitos humanos e direito interno, cit., 178-226.
73
V., assim, a lição de Alcalá, Humberto Nogueira, Reforma constitucional de 2005 y control de constitu-
cionalidad de tratados internacionales, in Estudios constitucionales, n. 1, año 5, Universidad de Talda, 2007, 87:
“Los órganos que ejercen jurisdicción constitucional e interpretan el texto constitucional, Tribunal Constitu-
cional, Corte Suprema de Justicia y Cortes de Apelaciones, deben realizar sus mejores esfuerzos en armonizar el
derecho interno con el derecho internacional de los derechos humanos. Asimismo, ellos tienen el deber de
aplicar preferentemente el derecho internacional sobre las normas de derecho interno, ello exige desarrollar un
control de convencionalidad sobre los preceptos legales y administrativos en los casos respectivos, como ya lo ha
sostenido la Corte Interamericana de Derechos Humanos en el caso Almonacid”.
74
Para um estudo do papel dos três mais importantes tribunais internacionais existentes (Corte Internacional
de Justiça, Corte Interamericana de Direitos Humanos e Corte Europeia de Direitos Humanos), no que tange aos
direitos humanos, v. respectivamente, Goy, Raymond, La cour internationale de justice et les droits de l’homme,
Bruxelles: Bruylant, 2002; Tigroudja, Hélène, La cour interaméricaine des droits de l’homme: analyse de la
jurisprudence consultative et contentieuse, Bruxelles: Bruylant, 2003; Mazzuoli, Valerio de Oliveira,
Comentários à Convenção Americana sobre Direitos Humanos – Pacto de San José da Costa Rica (com Luiz
Flávio Gomes), São Paulo: Ed. RT, 2008, 239-296; e Marguenaud, Jean-Pierre, La cour européenne des droits
de l’homme. 3a ed. Paris: Dalloz, 2005.
75
Sobre o tema da responsabilidade internacional dos Estados por violação dos direitos humanos, v. Ramos,
André de Carvalho, Responsabilidade internacional por violação de direitos humanos: seus elementos, a
reparação devida e sanções possíveis, Rio de Janeiro: Renovar, 2004, 439.
76
Cf. CIDH, Caso dos trabalhadores demitidos do Congresso vs. Peru, de 24.11.2006, voto apartado do
Juiz Sergio García Ramírez, parágrafos 1-13.
77
A esse respeito, assim se expressou o Juiz Sergio García Ramírez, no seu voto citado: “Si existe esa
conexión clara y rotunda – o al menos suficiente, inteligible, que no naufrague en la duda o la diversidad de
interpretaciones –, y en tal virtud los instrumentos internacionales son inmediatamente aplicables en el ámbito
interno, los tribunales nacionales pueden y deben llevar a cabo su propio ‘control de convencionalidad’. Así lo
han hecho diversos órganos de la justicia interna, despejando el horizonte que se hallaba ensombrecido,
inaugurando una nueva etapa de mejor protección de los seres humanos y acreditando la idea – que he reiterado
– de que la gran batalla por los derechos humanos se ganará en el ámbito interno, del que es coadyuvante o
complemento, pero no sustituto, el internacional” (CIDH, Caso dos trabalhadores demitidos do Congresso vs.
Peru, de 24.11.2006, voto apartado do Juiz Sergio García Ramírez, parágrafo 11).
78
V. Jayme, Erik, Identité culturelle et intégration: le droit international privé postmoderne, in Recueil des
Cours, vol. 251, 1995, 259.
79
Cf. Mendes, Gilmar Ferreira. Jurisdição constitucional …, cit., 239.
80
Nesse sentido, v. Ramos, André de Carvalho, Responsabilidade internacional do Estado por violação de
direitos humanos, in Revista CEJ 29/56. Brasília, abr.-jun. 2005, 56. A utilização da expressão controle de con-
vencionalidade por este autor è baseada pura e simplesmente na adoção que faz do termo a Corte Interamericana
de Direitos Humanos.
81
Cf. Ramos, André de Carvalho, Responsabilidade internacional por violação de direitos humanos: seus
elementos, a reparação devida e sanções possíveis, cit., 169-170.
82
V. Ramos, André de Carvalho, Tratados internacionais: novos espaços de atuação do Ministério Público,
in Boletim científico – Escola Superior do Ministério Público da União, n. 7, ano 2, Brasília, abr.-jun. 2003, 86-
88. Nesse exato sentido, v. Cantor, Ernesto Rey, Controles de convencionalidad de las leyes, in Mac-Gregor,
Eduardo Ferrer e Lello de Larrea, Arturo Zaldívar (coords.), La ciencia del derecho procesal constitucional:
estudios en homenaje a Héctor Fix-Zamudio en sus cincuenta años como investigador del derecho, México:
Instituto de Investigaciones Jurídicas de la Unam/Marcial Pons, 2008, 225-262. V. também, CIDH, Caso dos
trabalhadores demitidos do Congresso vs. Peru, voto fundamentado do juiz Sergio García Ramírez, de
24.11.2006, parágrafo 5, nestes termos: “De manera semejante a la descrita en el párrafo anterior, existe un
‘control de convencionalidad’depositado en tribunales internacionales – o supranacionales –, creados por
convenciones de aquella naturaleza, que encomienda a tales órganos de la nueva justicia regional de los derechos
humanos interpretar y aplicar los tratados de esta materia y pronunciarse sobre hechos supuestamente violatorios
de las obligaciones estipuladas en esos convenios, que generan responsabilidad internacional para el Estado que
ratificó la convención o adhirió a ella”.
83
O emprego pioneiro dessas expressões, no sentido veiculado no texto, ocorreu originalmente em nossa
Tese de Doutorado em Direito Internacional da UFRGS. Para o texto original, v. Mazzuoli, Valerio de Oliveira,
Tratados internacionais de direitos humanos e direito interno, cit., 178-226. Posteriormente, desenvolvemos a
mesma ideia (e utilizamos a mesma terminologia) em um texto menor, publicado em veículo de maior acesso
público. V. Mazzuoli, Valerio de Oliveira, O controle de convencionalidade das leis, in Revista Jurídica
Consulex. 290, ano 8. São Paulo, fev. 2009, 42-43. A ideia foi também incorporada em nossos Comentários à
Convenção Americana sobre Direitos Humanos, cit., 17-18. O certo è que, antes dessas publicações, nenhum au-
tor brasileiro (e, de nosso conhecimento, tampouco um autor estrangeiro) havia feito menção aos controles difuso
e concentrado de convencionalidade, bem assim ao que chamamos de controle de supralegalidade, no que tange à
mecânica de incorporação interna dos tratados; também não havia nada na doutrina brasileira que teorizasse sobre
o modelo nacional de controle jurisdicional da convencionalidade das leis.
84
V. Síntese do Relatório Anual da Corte Interamericana de Direitos Humanos referente ao Exercício de
2006 (Washington, D.C., 29 de março de 2007), reproduzido no documento da Assembleia-Geral da OEA
(AG/doc.4761/07) de 2 de junho de 2007 (Observações e Recomendações dos Estados Membros sobre o Relató-
rio Anual da Corte Interamericana de Direitos Humanos), 12, nestes termos: “No que diz respeito a deveres ju-
diciais e meios de proteção, cabe mencionar: impugnabilidade dos efeitos da interpretação ou aplicação de uma
norma; ‘controle de convencionalidade’ por parte dos tribunais internos; leis que excluem o processo penal de
crimes de lesa-humanidade” [grifo nosso]. V. ainda, nesse exato sentido, CIDH, Caso Cabrera García e Montiel
Flores Vs. México, Exceção Preliminar, Mérito, Reparações e Custas, sentença de 26 de novembro de 2010, Sé-
rie C, n. 220, parágrafos 225-233.
Como se disse, deve haver dupla compatibilidade vertical material para que a produção do
direito doméstico seja vigente e válida dentro da ordem jurídica brasileira. A primeira compati-
bilidade vertical se desdobra em duas: a da Constituição e a dos tratados de direitos humanos
ratificados pelo Brasil. A compatibilidade com a Constituição (com seus direitos expressos e
implícitos) já estudamos. Resta agora verificar a compatibilidade das leis com os tratados de di-
reitos humanos em vigor no país. Esta segunda parte da primeira compatibilidade vertical mate-
rial diz respeito somente aos tratados de direitos humanos, sem a qual nenhuma lei na pós-
modernidade sobrevive. Versaremos, aqui, a compatibilidade que têm de ter as leis relativamen-
te aos direitos expressos nos tratados de direitos humanos ratificados pelo Brasil.
São de fácil visualização os direitos expressos nos tratados dos quais a República Federa-
tiva do Brasil è parte. Todos se encontram publicados no Dário Oficial da União desde sua
promulgação pelo Presidente da República, após ratificados e após terem sido seus instrumen-
tos respectivos depositados no Secretariado das Nações Unidas ONU 85.
A falta de compatibilização do direito infraconstitucional com os direitos previstos nos
tratados de que o Brasil è parte invalida a produção normativa doméstica, fazendo-a cessar de
operar no mundo jurídico. Frise-se que tais normas domésticas infraconstitucionais, que não
passaram incólumes à segunda etapa da primeira compatibilização vertical material, deixam
de ser válidas no plano jurídico, mas ainda continuam vigentes nesse mesmo plano, uma vez
que sobreviveram ao primeiro momento da primeira compatibilidade vertical material (a
compatibilidade com a Constituição). Por isso, a partir de agora, dever-se-á ter em conta que
nem toda lei vigente è uma lei válida 86, e o juiz estará obrigado a deixar de aplicar a lei in-
válida (contrária a um direito previsto em tratado de direitos humanos em vigor no país), não
obstante ainda vigente (porque de acordo com a Constituição).
Esse exercício que o juiz doravante deverá fazer na aplicação (ou inaplicação) de uma lei in-
fraconstitucional deverá basear-se no diálogo das fontes já estudado, uma vez que para se chegar
à justiça da decisão deverá o magistrado compreender a lógica (logos) da dupla (dia) compatibili-
dade vertical material, a fim de dar ao caso concreto a melhor solução. Esta tese foi aceita pelo
Min. Celso de Mello em antológico voto (HC 87.585-8/TO) lido no plenário do STF dia
03.12.2008, no qual reconheceu o valor constitucional dos tratados de direitos humanos na ordem
jurídica brasileira, independentemente da aprovação legislativa qualificada (pelo § 3.º do art. 5.º
da CF/1988). Ficou ali assentado, pelo Min. Celso de Mello, que as fontes internas e internacio-
nais devem “dialogar” entre si a fim de resolver a questão antinômica entre o tratado e a lei inter-
na brasileira. Nas suas palavras: “Posta a questão nesses termos, a controvérsia jurídica remeter-
se-á ao exame do conflito entre as fontes internas e internacionais (ou, mais adequadamente, ao
diálogo entre essas mesmas fontes), de modo a se permitir que, tratando-se de convenções inter-
nacionais de direitos humanos, estas guardem primazia hierárquica em face da legislação comum
do Estado brasileiro, sempre que se registre situação de antinomia entre o direito interno nacional
e as cláusulas decorrentes de referidos tratados internacionais” (grifo nosso) 87.
O que se nota com clareza meridiana no voto do ilustre Ministro è que o seu novo enten-
85
V. o art. 102 da Carta das Nações Unidas.
86
Cf. Ferrajoli, Luigi, op. cit., 20-22.
87
V. STF, HC 87.585-8/TO, voto-vista do Min. Celso de Mello, de 3.12.2008, 19.
88
Carnelutti, Francesco, Teoria geral do direito, Trad. de A. Rodrigues Queiró e Artur Anselmo de Castro.
Rio de Janeiro: Âmbito Cultural, 2006, 188.
89
V., por tudo, Silva, José Afonso da, Comentário contextual à Constituição, 2a ed. São Paulo: Malheiros, 2006,
179. Cf. repetição da mesma lição em Silva, José Afonso da. Curso de direito constitucional positivo, cit., 183.
90
Silva, José Afonso da, Comentário contextual à Constituição, cit., 179; e idem, Curso de direito
constitucional positivo, cit., 183.
91
V. as críticas de Bonifácio, Artur Cortez, op. cit., 211-214, a esse pensamento de José Afonso da Silva,
mas com fundamentos diferentes dos nossos.
92
V. explicação detalhada em Mazzuoli, Valerio de Oliveira, Curso de direito internacional público, cit.,
835-866. V. ainda, idem, O novo § 3.º do art. 5.º da CF/1988 e sua eficácia, cit., 89-109.
93
Cf. Barroso, Luís Roberto, Constituição e tratados internacionais: alguns aspectos da relação entre
direito internacional e direito interno, in Menezes Direito, Carlos Alberto; Cançado Trindade, Antonio Augusto
e Pereira, Antonio Celso Alves, Novas perspectivas do direito internacional contemporâneo: estudos em
homenagem ao Professor Celso D. de Albuquerque Mello, Rio de Janeiro: Renovar, 2008, 207.
94
V., nesse exato sentido, Mendes, Gilmar Ferreira. Jurisdição constitucional …, cit., 239, que diz:
“Independentemente de qualquer outra discussão sobre o tema, afigura-se inequívoco que o Tratado de Direitos
Humanos que vier a ser submetido a esse procedimento especial de aprovação [nos termos do § 3.º do art. 5.º da
CF/1988] configurará, para todos os efeitos, parâmetro de controle das normas infraconstitucionais” .
95
Silva, José Afonso da, Comentário contextual à Constituição, cit., 179; e Idem, Curso de direito constitu-
cional positivo, cit., 183.
96
A expressão è de nossa autoria. Sobre tais “cláusulas de diálogo”, v. Mazzuoli, Valerio de Oliveira,
Tratados internacionais de direitos humanos e direito interno, cit., 116-128.
97
Para a nossa concepção de dialógica jurídica, em oposição à conhecida dialética jurídica, v. Mazzuoli,
Valerio de Oliveira, Tratados internacionais de direitos humanos e direito interno, cit., 130-132.
98
Jayme, Erik, op. cit., 259.
Para que a produção do direito doméstico crie norma jurídica hábil a valer no plano do direito
interno, será necessária, para além da primeira compatibilização vertical material – (a) da Consti-
tuição e (b) dos tratados de direitos humanos dos quais o Brasil è parte –, uma segunda conformi-
dade vertical, dessa vez da norma infraconstitucional com os tratados internacionais comuns em
vigor no país. Esta segunda conformidade das leis com os tratados comuns deve existir pelo fato
de estarem tais instrumentos internacionais alçados ao nível supralegal no direito brasileiro 100.
Norma supralegal è aquela que está acima das leis e abaixo da Constituição. Trata-se, justamente,
da posição em que se encontram tais instrumentos (comuns) no nosso direito interno.
A compatibilização das normas infraconstitucionais com os tratados internacionais co-
muns faz-se por meio do chamado controle de supralegalidade. Não se trata de controle de
convencionalidade pelo fato de se reservar esta última expressão à compatibilidade vertical
que devem ter as normas infraconstitucionais com aos tratados de direitos humanos, que têm
índole e nível constitucionais. Também não se trata de controle de legalidade, pelo fato de
não estar em jogo a compatibilidade de norma infralegal com uma lei ordinária (v.g., a com-
patibilidade de um decreto com uma lei). No caso dos tratados internacionais comuns, estes
estão abaixo da Constituição, mas acima das leis internas. Assim, eles passam a servir de pa-
radigma de supralegalidade das normas domésticas, as quais também serão inválidas se vio-
larem suas disposições.
99
Weis, Carlos, Direitos humanos contemporaneous, São Paulo: Malheiros, 1999, 34.
100
Para detalhes, v. Mazzuoli, Valerio de Oliveira, Curso de direito internacional público, cit., 386-391.
101
V., por tudo, Pereira, André Gonçalves e Quadros, Fausto de, Manual de direito internacional público. 3.
ed. rev., e aum. (reimpressão), Coimbra: Almedina, 2001, 121-123.
102
Para uma análise detalhada deste dispositivo, no que tange à questão das isenções de tributos estaduais e
municipais pela via dos tratados, v. Mazzuoli, Valerio de Oliveira, Curso de direito internacional público, cit.,
405-408. Cf., ainda, Mazzuoli, Valerio de Oliveira, Eficácia e aplicabilidade dos tratados em matéria tributária
no direito brasileiro, in RF 390/583-590, ano 103, Rio de Janeiro: mar.-abr. 2007.
5. Conclusão
O que se pode concluir, ao fim e ao cabo desta exposição teórica, è que o direito brasileiro
está integrado com um novo tipo de controle das normas infraconstitucionais, que è o controle
de convencionalidade das leis, tema que antes da EC 45/2004 era totalmente desconhecido
entre nós.
Pode-se também concluir que, doravante, a produção normativa doméstica conta com um
duplo limite vertical material: (a) a Constituição e os tratados de direitos humanos (1.º limite)
e (b) os tratados internacionais comuns (2.º limite) em vigor no país. No caso do primeiro li-
103
Cf. Jayme, Erik, op. cit., 259.
104
Muitos autores que versaram a teoria geral do direito não cuidaram desse problema quando do estudo da
hierarquia das fontes jurídicas. Assim, com nenhuma palavra sequer a esse respeito, Carnelutti, Francesco, op.
cit., 162-167.
105
Cf. Pereira, André Gonçalves e Quadros, Fausto de, op. cit., 123.
106
Não cabe aqui um estudo deste dispositivo. Para tal, v. Mazzuoli, Valerio de Oliveira, Direito dos
tratados, São Paulo: Ed. RT, 2011, 190-197.
107
Cf. Pereira, André Gonçalves e Quadros, Fausto de, op. cit., 120.
108
Sobre tais temperamentos, já escrevemos em outra obra: “(…) salvo a hipótese de violação formal mani-
festa de norma interna (constitucional) de fundamental importância para concluir tratados, uma parte não poderá
jamais invocar disposições (materiais) do seu Direito interno (quaisquer delas, inclusive as da Constituição) co-
mo justificativa para descumprir o acordo internacional (art. 27). (…) A Constituição brasileira de 1988 aceita
esta construção, ainda que por fundamentos diferentes, no que tange ao Direito Internacional convencional rela-
tivo a direitos humanos (art. 5.º, §§ 2.º e 3.º). Quanto aos demais tratados, pensamos que eles cedem perante a
Constituição, por força do preceito constitucional que sujeita os tratados à fiscalização de constitucionalidade
(art. 102, III, b). Somente na falta desse comando constitucional è que a norma pacta sunt servanda, bem como o
art. 27 da Convenção de Viena, imporiam a prevalência de todos os tratados internacionais sobre a nossa Consti-
tuição. Pelo fato de a Constituição brasileira consagrar a declaração de inconstitucionalidade de tratados, e dado
que não há no nosso texto constitucional menção expressa sobre o grau hierárquico a ser atribuído aos tratados
internacionais comuns, parece não restar outra saída senão atribuir valor infraconstitucional a tais tratados, ainda
que supralegal” (Mazzuoli, Valerio de Oliveira, Direito dos tratados, cit., 192-195).
SOMMARIO: 1. Le antinomie tra norme italiane e CEDU, rispetto ai vincoli UE. – 2. La CEDU non è un
ordinamento giuridico comparabile con la Unione europea. – 3. Alcune massime della Corte costitu-
zionale. – 3.a. Sulla collocazione della CEDU nell’ordinamento costituzionale italiano. Corte cost. ita-
liana Sent. n. 348/2007. – 3.b. Sulla esclusione dell’applicabilità diretta della CEDU da parte dei giu-
dici nazionali comuni. Corte cost. italiana Sent. n. 349/2007. – 3.c. Sul rapporto tra giudici nazionali,
Costituzione italiana e Convenzione europea sui diritti dell’uomo dopo il Trattato europeo di Lisbona.
Corte cost. italiana Sent. n. 113/2011. – 3.d. Sul rapporto tra principi fondamentali della Costituzione
italiana, obblighi internazionali, diritti fondamentali dell’Unione europea e discrezionalità del legisla-
tore. Corte cost. italiana Sent. n. 138/2010. – 3.e. Sul ruolo del giudice comune nazionale di fronte alla
violazione della CEDU. Corte cost. italiana Sent. n. 93/2010. – 3.f. Sui livelli di tutela dei diritti fon-
damentali tra Costituzione nazionale e CEDU. Corte cost. italiana Sent. n. 317/2009.
L’adattamento del diritto italiano alla CEDU si è realizzato con legge ordinaria, la n. 848
del 1955, come avvenuto anche per i Trattati istitutivi delle Comunità Europee e dell’Unione
europea.
Con riferimento alla CEDU, la Corte Costituzionale ha percorso un doppio itinerario1. Da
un lato, ha inquadrato la Convenzione come semplice legge ordinaria, subordinata alla legge
(Sentenza n. 188/1990) anche se resistente alle successive disposizioni legislative e quindi non
abrogabile (Sentenza n. 10/1993); dall’altro, ha osservato, con la Sentenza n. 388/1999, che il
contenuto della CEDU spesso coincide con disposizioni costituzionali oppure le integra, offren-
do così una più ampia tutela dei diritti fondamentali riconosciuti in Costituzione soprattutto at-
traverso la clausola dell’art. 2 (sulla tutela dei diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che
nelle formazioni sociali), sicché l’interpretazione delle leggi italiane deve essere orientata al ri-
spetto dei diritti sanciti dalla CEDU (sulla collocazione delle norme della CEDU allo stesso li-
vello della legge ordinaria di autorizzazione alla ratifica della Convenzione, v. le Sentenze nn.
1/1961, 98/1965, 7 e 120/1967, 123/1970, 315/1990, 505/1995, 310/1996, 288/1997, 399/1998,
342, 388/1999, 376/2000, 445/2002, 29/2003, 154 e 231/2004, 299/2005; ordinanza n. 305/
2001. Sulla qualificazione delle medesime norme come “fonti riconducibili a una competenza
atipica”, v. la Sentenza n. 10/1993).
Pertanto, nel corso del tempo, la Corte costituzionale ha valorizzato sempre di più la CE-
DU rispetto a qualsiasi altro documento internazionale sui diritti umani, arrivando a richiama-
re, quanto meno a partire dal 2004, non solo il testo della Convenzione, ma anche la sua inter-
pretazione per opera della Corte di Strasburgo (Sentenze nn. 154/2004, 299/2005, 61/2006).
1
Per un riferimento esaustivo al tema in questa sede sintetizzato, si rinvia all’importante lavoro di B. Ran-
dazzo, Giustizia costituzionale sovranazionale. La Corte europea dei diritti dell’uomo, Milano, Giuffrè, 2012.
2
Ma cfr. O. Pollicino, Allargamento dell’Europa a Est e rapporto tra Corti costituzionali e Corti europee.
Verso una teoria generale dell’impatto interordinamentale del diritto sovranazionale?, Milano, Giuffrè, 2010,
334 ss., e A. Gardino Carli, Stati e Corte europea di Strasburgo nel sistema di protezione dei diritti dell’uomo.
Principi processuali, Milano, Giuffrè, 2006.
La giurisprudenza della Corte costituzionale italiana nella struttura tridimensionale europea 163
In questo modo, la Corte responsabilizza i giudici, ma non affida esclusivamente a loro la
possibilità di “disapplicare” il diritto interno ritenuto in contrasto con la CEDU e le sue inter-
pretazioni giurisprudenziali3.
L’idea della CEDU come “norma interposta” tra Costituzione e leggi ordinarie consente
dunque di assumere la CEDU come parametro “differenziato” rispetto alla legge ordinaria ma
comunque non equiparabile alla Costituzione (sulla integrazione da parte delle norme della
CEDU, quali “norme interposte”, dell’art. 117, primo comma, Cost., nella parte in cui impone la
conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli “obblighi internazionali”, v.
le Sentenze n. 1/2011; n. 196, n. 187 e n. 138/2010; n. 317 e n. 311/2009; n. 39/2008; n. 348 e
349/2007. Per la perdurante validità di tale ricostruzione anche dopo l’entrata in vigore del Trat-
tato di Lisbona del 13 dicembre 2007, v. la Sentenza n. 80/2011).
Inoltre, la Corte ha altresì ribadito che il confronto con la CEDU non può legittimare una
interferenza con la discrezionalità del legislatore interno, quando questa opera comunque
nell’alveo della Costituzione (Sent. n. 138/2010). Tant’è che, nelle Sentenze nn. 236/2011,
303/2011, 15/2012, 230/2012, si riconosce che la stessa Corte costituzionale possa avvalersi
di una valutazione interna della giurisprudenza di Strasburgo, come vero e proprio “margine
di apprezzamento e di adeguamento” che consideri le specificità dell’ordinamento italiano e
che consenta, pur nel rispetto “sostanziale” della giurisprudenza CEDU, un suo “riadattamen-
to” per la migliore integrazione delle tutela dei diritti.
Infatti, nella Sent. n. 264/2012, la Corte costituzionale chiaramente precisa che la CEDU “nel
momento in cui va a integrare il comma 1 dell’art. 117 Cost., come norma interposta, diviene
oggetto di bilanciamento, secondo le ordinarie operazioni cui questa Corte è chiamata in tutti i
suoi giudizi di sua competenza”; operazioni finalizzate “non già all’affermazione della primazia
dell’ordinamento nazionale, ma alla integrazione delle tutele”. Di conseguenza, come si legge
nelle Sentenze nn. 170/2013 e 202/2013, il ruolo della Corte in queste operazioni di “bilancia-
mento” e “integrazione” delle tutele nazionali e sovranazionali dei diritti è “infungibile”.
Il nesso, poi, tra art.117.1 e 2 Cost. ha consentito alla Corte, nella recente Sent. n. 7/2013,
di assumere come parametro di legittimità anche altri strumenti internazionali di tutela dei di-
ritti umani (nel caso di specie: la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo del 1989 e la
Convenzione europea sui diritti del fanciullo del 1996).
L’ipotesi italiana sembra ora ulteriormente rafforzata da due dati giurisprudenziali molto
recenti:
a) l’Ordinanza della Corte costituzionale n. 150/2012, dove una sentenza della Corte CE-
DU, sopravvenuta rispetto ad una questione di legittimità costituzionale già sollevata dal giudi-
ce ordinario secondo lo schema delle “Sentenze gemelle”, è considerata dal Corte costituzionale
addirittura alla stregua dello jus supervneniens, imponendo così la restituzione degli atti al giu-
dice a quo per la “reinterpretazione” della vicenda alla luce dell’ “overruling” CEDU;
b) la Sentenza della Corte di Giustizia nel caso “Kamberaj” (Sent. 24 aprile 2012, in Cau-
sa C-571/10), in cui si legge, quasi come obiter dictum, che “il Trattato dell’Unione europea
non impone al giudice della controversia, in caso di conflitto tra una norma nazionale e la
CEDU, di applicare direttamente le disposizioni di quest’ultima, disapplicando la prima”.
Pertanto, si dovrebbe concludere che la prospettiva italiana appare ammissibile anche alla luce
del nuovo art. 6 TUE e non solo dell’art. 117 comma 1 della Cost. italiana.
3
Cfr. D. Tega, I diritti in crisi. Tra Corti nazionali e Corte europea di Strasburgo, Milano, Giuffrè, 2012.
Premesso che l’art. 117, comma 1, Cost., il quale, nel testo introdotto dalla legge costitu-
zionale 18 ottobre 2001, n. 3, condiziona l’esercizio della potestà legislativa dello Stato e del-
le Regioni al rispetto degli obblighi internazionali, può ritenersi operativo solo se vengono de-
terminati gli “obblighi internazionali” che vincolano la potestà legislativa dello Stato e delle
Regioni, che assumono quindi la funzione di fonte interposta, in quanto di grado intermedio
tra la Costituzione, cui sono subordinati, e la legge ordinaria, e premesso altresì che, per quan-
to riguarda la CEDU, questa presenta, rispetto agli altri trattati internazionali, la caratteristica
La giurisprudenza della Corte costituzionale italiana nella struttura tridimensionale europea 165
peculiare di aver previsto la competenza di un organo giurisdizionale, la Corte europea per i
diritti dell’uomo, cui è affidata la funzione di interpretare le norme della Convenzione stessa,
deve ritenersi che tra gli obblighi internazionali assunti dall’Italia con la sottoscrizione e la ra-
tifica della CEDU vi sia quello di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato,
nel significato attribuito dalla Corte specificamente istituita per dare ad esse interpretazione
ed applicazione; il che, peraltro, non comporta che le norme della CEDU, quali interpretate
dalla Corte di Strasburgo, siano immuni dal controllo di legittimità costituzionale della Corte
costituzionale, perché, trattandosi di norme che integrano il parametro costituzionale, ma ri-
mangono pur sempre ad un livello sub-costituzionale, è necessario che esse siano conformi a
Costituzione, e il relativo controllo deve sempre ispirarsi al ragionevole bilanciamento tra il
vincolo derivante dagli obblighi internazionali, quale imposto dall’art. 117, comma 1, Cost., e
la tutela degli interessi costituzionalmente protetti contenuta in altri articoli della Costituzio-
ne, estendendosi quindi ad ogni profilo di contrasto tra le “norme interposte” e quelle costitu-
zionali, con la conseguenza che la completa operatività delle norme interposte deve superare
il vaglio della loro compatibilità con l’ordinamento costituzionale italiano.
3.b. Sulla esclusione dell’applicabilità diretta della CEDU da parte dei giudici na-
zionali comuni. Corte cost. italiana Sent. n. 349/2007
L’applicabilità delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uo-
mo e delle libertà fondamentali (CEDU) nell’ordinamento interno non può trovare fondamen-
to neanche in via indiretta nell’art. 11 Cost., per effetto della qualificazione, da parte della
Corte di giustizia della Comunità europea, dei diritti fondamentali oggetto di disposizioni del-
la CEDU come princìpi generali del diritto comunitario, e ciò in quanto: a) il Consiglio d’Eu-
ropa, cui afferiscono il sistema di tutela dei diritti dell’uomo disciplinato dalla CEDU e l’atti-
vità interpretativa di quest’ultima da parte della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, è
una realtà giuridica, funzionale e istituzionale, distinta dalla Comunità europea creata con i
Trattati di Roma del 1957 e dall’Unione europea oggetto del Trattato di Maastricht del 1992;
b) se è vero che i diritti fondamentali fanno parte integrante dei princìpi generali del diritto
comunitario di cui il giudice comunitario assicura il rispetto, ispirandosi alle tradizioni costi-
tuzionali comuni degli Stati membri ed in particolare alla Convenzione di Roma, tuttavia tali
princìpi rilevano esclusivamente rispetto a fattispecie alle quali tale diritto sia applicabile; c) il
rapporto tra la CEDU e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri è un rapporto variamente
ma saldamente disciplinato da ciascun ordinamento nazionale. Né la eventuale incompatibilità
della norma interna con la norma della CEDU può trovare rimedio nella semplice non appli-
cazione da parte del giudice comune, in quanto, allo stato, nessun elemento relativo alla strut-
tura e agli obiettivi della CEDU ovvero ai caratteri di determinate norme consente di ritenere
che la posizione giuridica dei singoli possa esserne direttamente e immediatamente tributaria,
indipendentemente dal diaframma normativo dei rispettivi Stati di appartenenza, fino al punto
da consentire al giudice la non applicazione della norma interna confliggente, dovendosi anzi
rilevare che le stesse sentenze della Corte di Strasburgo, anche quando è il singolo ad attivare
il controllo giurisdizionale nei confronti del proprio Stato di appartenenza, si rivolgono allo
Stato membro legislatore e da questo pretendono un determinato comportamento (Sent. n.
393/2006).
Le norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) – nel significato loro
attribuito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, specificamente istituita per dare a esse in-
terpretazione e applicazione (art. 32, paragrafo 1, della Convenzione) – integrano, quali
«norme interposte», il parametro costituzionale espresso dall’art. 117, comma 1, Cost., nella
parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli «ob-
blighi internazionali». Pertanto, ove si profili un eventuale contrasto fra una norma interna e
una norma della CEDU, il giudice comune deve verificare anzitutto la praticabilità di una in-
terpretazione della prima in senso conforme alla Convenzione, avvalendosi di ogni strumento
ermeneutico a sua disposizione; e, ove tale verifica dia esito negativo – non potendo a ciò ri-
mediare tramite la semplice non applicazione della norma interna contrastante – egli deve de-
nunciare la rilevata incompatibilità, proponendo questione di legittimità costituzionale in rife-
rimento all’indicato parametro. A sua volta, la Corte costituzionale, investita dello scrutinio,
pur non potendo sindacare l’interpretazione della CEDU data dalla Corte europea, resta legit-
timata a verificare se la norma della Convenzione – la quale si colloca pur sempre a un livello
sub-costituzionale – si ponga eventualmente in conflitto con altre norme della Costituzione:
ipotesi nella quale dovrà essere esclusa la idoneità della norma convenzionale a integrare il
parametro considerato.
3.d. Sul rapporto tra principi fondamentali della Costituzione italiana, obblighi
internazionali, diritti fondamentali dell’Unione europea e discrezionalità del
legislatore. Corte cost. italiana Sent. n. 138/2010
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 93, 96, 98, 107, 108,
143, 143-bis e 156-bis cod. civ., impugnati, in relazione agli artt. 2 e 117, comma 1, Cost.,
nella parte in cui non consentono che le persone di orientamento omosessuale possano con-
trarre matrimonio con persone dello stesso sesso. I rimettenti hanno, infatti, richiesto una pro-
nunzia additiva non costituzionalmente obbligata, poiché l’art. 2 Cost. non impone di perveni-
re ad una declaratoria d’illegittimità della normativa censurata, estendendo alle unioni omo-
sessuali la disciplina del matrimonio civile per colmare il vuoto conseguente al fatto che il le-
gislatore non si è posto il problema del matrimonio omosessuale. Sebbene nella nozione di
formazione sociale di cui al menzionato parametro sia da annoverare anche l’unione omoses-
suale, spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme
di garanzia e di riconoscimento per le unioni omosessuali, restando riservata alla Corte, attra-
verso il controllo di ragionevolezza, la possibilità d’intervenire a tutela di specifiche situazio-
ni, per le quali può riscontrarsi la necessità di un trattamento omogeneo tra la condizione della
coppia coniugata e quella della coppia omosessuale. Quanto alla dedotta violazione dell’art.
117, comma 1, Cost., vengono in rilievo, quali norme interposte, per il principio di specialità,
gli artt. 12 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e 9 della Carta dei diritti fonda-
mentali dell’Unione Europea, i quali non impongono la piena equiparazione delle unioni
omosessuali e delle unioni matrimoniali tra uomo e donna, poiché il rinvio alle leggi nazionali
conferma che la materia è affidata alla discrezionalità del Parlamento.
La giurisprudenza della Corte costituzionale italiana nella struttura tridimensionale europea 167
3.e. Sul ruolo del giudice comune nazionale di fronte alla violazione della CEDU.
Corte cost. italiana Sent. n. 93/2010
Le norme della CEDU – nel significato loro attribuito dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo, specificamente istituita per dare ad esse interpretazione ed applicazione – integrano,
quali norme interposte, il parametro costituzionale espresso dall’art. 117, comma 1, Cost., nella
parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi
internazionali. Pertanto, ove si profili un eventuale contrasto tra una norma interna e una norma
della CEDU, il giudice nazionale comune deve preventivamente verificare la praticabilità di
un’interpretazione della prima conforme alla norma convenzionale, ricorrendo a tutti i normali
strumenti di ermeneutica giuridica, e, qualora tale soluzione risulti impercorribile, non potendo
comunque disapplicare la norma interna contrastante, deve denunciare la rilevata incompatibilità
proponendo questione di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 117, comma 1, Cost. In
sede di scrutinio, poiché le norme della CEDU si collocano ad un livello sub-costituzionale, la
Corte costituzionale, pur non potendo sindacare l’interpretazione della CEDU data dalla Corte di
Strasburgo, resta legittimata a verificare se una norma convenzionale si ponga eventualmente in
conflitto con altre norme della Costituzione, nel qual caso, peraltro eccezionale, dovrà essere
esclusa l’idoneità della stessa norma convenzionale a integrare il citato parametro.
3.f. Sui livelli di tutela dei diritti fondamentali tra Costituzione nazionale e CE-
DU. Corte cost. italiana Sent. n. 317/2009
Con riferimento ad un diritto fondamentale garantito anche dalla Convenzione europea per i
diritti dell’uomo, il rispetto degli obblighi internazionali non può mai essere causa di una dimi-
nuzione di tutela rispetto a quelle già predisposte dall’ordinamento interno, ma può e deve, vi-
ceversa, costituire strumento efficace di ampliamento della tutela stessa. In particolare, la Corte
non può ammettere che una tutela superiore, che sia possibile introdurre per il tramite dell’art.
117, primo comma, Cost., rimanga sottratta ai titolari di un diritto fondamentale. L’obiettivo di
massima espansione delle garanzie deve essere conseguito attraverso lo sviluppo delle potenzia-
lità insite nelle norme costituzionali che tutelano i medesimi diritti protetti a livello convenzio-
nale e nel necessario bilanciamento con altri diritti fondamentali costituzionalmente garantiti,
suscettibili di essere incisi dall’espansione di una singola tutela. La protezione dei diritti fonda-
mentali deve, dunque, essere sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed
in potenziale conflitto tra loro, e la realizzazione di un equilibrato sistema di tutela è demandata,
per gli ambiti di rispettiva competenza, al legislatore, al giudice comune e al giudice delle leggi.
Il risultato complessivo dell’integrazione delle garanzie dell’ordinamento deve essere di segno
positivo, nel senso che dall’incidenza della singola norma CEDU sulla legislazione italiana deve
derivare un plus di tutela per tutto il sistema dei diritti fondamentali. Resta fermo che la Corte
costituzionale non può sostituire la propria interpretazione di una disposizione della CEDU a
quella della Corte di Strasburgo, con ciò uscendo dai confini delle proprie competenze, in viola-
zione di un preciso impegno assunto dallo Stato italiano con la sottoscrizione e la ratifica, senza
l’apposizione di riserve, della Convenzione, ma può valutare come ed in qual misura il prodotto
dell’interpretazione della Corte europea si inserisca nell’ordinamento costituzionale italiano. La
norma CEDU, nel momento in cui va ad integrare il comma 1 dell’art. 117 Cost., da questo ri-
pete il suo rango nel sistema delle fonti, con tutto ciò che segue in termini di interpretazione e
bilanciamento, che sono le ordinarie operazioni compiute dalla Corte in tutti i giudizi di sua
competenza.
Bruno Anna Silvia – Assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato nell’Università del
Salento, Italia e abilitata nazionale a professore associato di Diritto coparato
Castillo Amaya Lidia Patricia – Dottore di ricerca in Diritto pubblico nell’Università degli
Studi di Bari – Italia, e Ricercatrice nella Universidad Francisco Gavidia di San Salvador
– El Salvador
Giammattei Avilés Jorge Antonio – Professore a contratto della Scuola Superiore Sant´Anna
per gli Studi Universitari di Pisa – Italia, e “Académico correspondiente de la Academia
Nacional de Derecho y Ciencias Sociales” di Córdoba – Argentina