È vero che la componente intergovernativa è molto forte, è vero che ci sono regole che possono bloccare il
funzionamento dell’istituzione e abbiamo visto che in tempi della pandemia che senza la votazione unanime non
riuscivamo a muovere la situazione, che poi si è smossa ma comunque è vero che questo requisito dell’unanimità piò
bloccare il funzionamento di una istituzione ormai così ampia come questo.
Commento del ruolo dei parlamenti europeo e abbiamo visto come una modifica nell’asseto istituzionale,
ovviamente importante perché si tratta di un forte coinvolgimento die parlamenti nazionali nel procedimento
legislativo atto anche a controllarlo e anche a bloccarlo, vediamo come questa introduzione di poteri che è stata
progressiva e che il trattato di Lisbona ha semplicemente codificato cioè messo in norma nell’art 12 e nel protocollo
sull’applicazione del principio di sussidiarietà ha un pochino alterato gli equilibri perché da un lato in positivo ha
aumentato la dialettica politica perché ha inserito la componente parlamentare nazionale che può anche esprimere
una posizione non coerente con la componente governativa che siede nel consiglio dell’Ue quindi l’incremento della
dialettica è un fattore positivo magari può appesantire il procedimento ma è positivo, per contro un aspetto negativo
è che adesso la popolazione trovi un’espressione sì a livello nazionale ma un po’ depotenzia la rappresentatività del
parlamento europeo e questa evoluzione è un bel esempio per capire come nel momento in cui alteriamo l’assetto
istituzionale ovviamente bisogna rivedere tutti gli equilibri e rapporti tra istituzioni e oggi vedremo come il consiglio
europeo da non istituzione vertice tra gli stati prassi di comportamento tra gli stati membri è diventata un
istituzione che è protagonista delle più importanti decisioni della vita di questo organo di organizzazione
internazionale.
Uno degli esempi di intervento dei parlamenti nazionali è la possibilità di bloccare decisioni che possono essere
assunte dalle istituzioni europee per esempio in una situazione in cui si deroga la procedura legislativa ordinaria, si
deroga all’equilibrio istituzionale quindi è un buon esempio da ricordare si tratta delle relazioni transfrontaliere del
diritto di famiglia, è strettamente legato ai diritti fondamentali quindi alla persona, in questa materia ritorna il
requisito dell’unanimità, l’unione può adottare atti normativi se ottiene l’unanimità al consiglio. Quindi una materia
che riguarda la cooperazione giudiziaria civile cioè il diritto internazionale privato, una materia che dal 97 con il
trattato di Amsterdam è stata comunitarizzata cioè è stata portata nel primo pilastro attribuendo così all’unione una
competenza diretta in questa materia quindi un passo avanti verso la comunitarizzazione ma per la materia delicata
del diritto di famiglia si inserisce il requisito dell’unanimità quindi una materia che è nel primo pilastro ma soggetta al
requisito all’unanimità. Nell’art 81 del TFUE che le misure relative al diritto di famiglia che avranno applicazioni
transnazionali sono stabilite dal consiglio che delibera secondo una procedura legislativa speciale, che prevede
l’unanimità con previa consultazione del parlamento europeo.
Quindi materia operazione giudiziaria civile che il trattato di Amsterdam sposta dal terzo pilastro al primo diventa
comunitarizzata il trattato di Amsterdam entra in vigore nel 99, a partire dal 2000 una serie di regolamenti molto
dettagliati sui profili della giurisdizione della legge applicabile del riconoscimento delle sentenze, uno di questi
riguarda il diritto di famiglia e la materia di diritto di famiglia deve essere soggetta alla regola di unanimità.
Possiamo capire il perché, ci sono stati all’interno dell’UE che considerano famiglia quella tradizionale soggetta al
vincolo di matrimonio che si compone con un uomo e una donna e ci sono stati che invece consentono famiglie che
prevedono nel loro ordinamento istituti più moderni come matrimonio di persone dello stesso sesso, in modo più
snello, per esempio la surrogazione di maternità in alcuni stati è lecita in itali è un reato.
Il consiglio su proposta della commissione può anche decidere di passare a una procedura più snella, di adottare una
decisione che può portare a una procedura più snella e questa decisone, questa proposta viene inviata ai parlamenti
nazionali che possono comunicare la loro opposizione e se c’è la decisione non viene adottata. Una norma molto
specifica, di dettaglio che va a disciplinare una materia molto specifica che però prevede un ruolo importante dei
parlamenti europei, un parlamento europeo può bloccare la decisione con la quale il consiglio può decidere di
passare dalla regola dell’unanimità a una procedura più semplificata.
Le agenzie sono molto grandi e hanno anche loro delle competenze specializzate, per esempio nel settore dei
trasporti ci sarà un’agenzia per ogni modalità di trasporto, l’agenzia per la sicurezza del cibo, sulla tutela die diritti
umani.
1. Parlamento europeo - Voce del popolo David Sassoli, Presidente del Parlamento europeo.
2. Consiglio europeo e Consiglio dell’Ue - Voci degli Stati membri Charles Michel, Presidente del Consiglio
europeo.
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3. La Commissione europea - Promuove l’interesse comune Ursula von Der Leyen, Presidente della
Commissione europea.
Ci fermiamo sulle istituzioni perché è bene capire come si svolge poi il procediamo per l’adozione degli atti normativi.
L’unione europea prevede il coinvolgimento della società civile fin dall’inizio. Normalmente tende ad adottare uno
strumento che è operativo per la commissione non una vera e propria fonte di diritto che il libro verde che è una
sorta di strumento con il quale avvia una investigazione su un determinato argomento e avvia proprio una vera e
propria consultazione degli stakeholders ma anche della cittadinanza attiva quindi di tutti coloro che vogliono
partecipare anche di esperti a volte siamo chiamati a dar un parere su una iniziativa legislativa e l’UE quando avvia il
procedimento dice sempre le opzioni sono tre, mantenere lo status quo, adottare un atto di softlaw quindi non
vincolante oppure un atto vincolante. Se poi si procede nella soluzione di atto vincolante si apre anche la scelta tra gli
atti vincolanti possibilmente applicabili che sono la direttiva, il regolamento e la decisione. Tutto parte dal basso, dai
cittadini, dai gruppi di interesse, posto che era accanto alla commissione può essere stimolata dalla altre istituzioni a
fare queste proposte normative ma può verificarsi anche l’iniziativa legislativa popolare che è un’ulteriore strumento
per avviare un procedimento normativo.
Gli aspetti tecnici, l’elaborazione completa della proposta normativa avviene in seno alla commissione, è la
commissione che dispone di tecnici che si occupano della stesura dell’atto normativo, materialmente vinee fatto
nella commissione europea, che poi passa verso il parlamento e il consiglio, normalmente con la procedura di
codecisine che è la procedura normalmente utilizzata all’interno dei trattati ma parlamento e consiglio hanno la
possibilità di fare due letture per uno del progetto normativo e di apportare emendamenti. L’obiettivo di questa
procedura di doppia lettura è che sia arrivi a un accordo tra queste due istituzioni che sono rappresentative del
parlamento e della popolazione e consiglio dei governi.
Una volta che l’atto normativo viene adottato deve entrare negli ordinamenti nazionali alcune volte
automaticamente come nel caso del regolamento altre volte invece richiede un’implementazione quindi un atto
normativo interno e qui ogni stato ha una sua disciplina di come viene deve essere implementato l’atto, quale ruolo
possono avere per esempio l’autorità regionali locali, se deve invece svolgere l’attuazione lo stato con l’autorità
centralizzata etc.
Una volta che l’atto è in vigore subentra il guardiano dei tratti la commissione che deve verificare che l’atto sia
rispettato dagli stati membri, spesso gli stati tardano nell’attuazione della direttiva europea e per esempio la
commissione sollecita l’attuazione o verifica che sia data attuazione eventualmente all’atto normativo. il controllo di
fase applicativa del diritto dell’UE è della corte di giustizia che è l’unico interprete autentico del diritto dell’UE.
Le istituzioni.
Si deve fare subito una distinzione tra le istituzioni politiche cioè quelle che sono attivamente importanti nella vita
politica dell’unione europea (consiglio europeo e consiglio dell’unione europea, parlamento e commissione.
Poi ci sono le istituzioni con funzioni di controllo (la corte di giustizia e la Corte dei conti) anche se la commissione
controlla e vigila sempre sull’applicazione del diritto dell’unione europea. Politiche di controllo e poi ce ne sono
alcune fortemente specializzate che sono quelle che sono state istituite con la politica economica.
Organi consultivi che sono il comitato economico sociale e il comitato delle regioni, il primo è rappresentativo della
società degli stakeholders dei gruppi d’interesse, il secondo un comitato consultivo che appartiene alle sfere
territoriali interne degli stati, regioni e autorità locali.
Si individuano da poco dopo il trattato di Lisbona degli organi monocratici per evidenziare il fatto che ci sono tre
figure che spiccano nel panorama delle istituzioni europee che sono il presidente del consiglio europeo, presidente
della commissione e alto rappresentate per la politica estera e la sicurezza comune queste tre figure a livello di
poteri ora hanno poteri più significativi il trattato di Lisbona ne ha valorizzato il ruolo, vedremo ad esempio il
presidente del consiglio europeo, quindi dell’organo che deve decidere nella maggior parte dei casi all’unanimità ha
tra le varie funzioni di organizzazione dei meeting del consiglio europeo anche quella di cercare di far trovare
l’accordo tra i membri.
E soprattutto presidente della commissione e alto rappresentante per la politica estera hanno certe volte funzioni
sovrapponibili e quindi è difficile capire certe volte di capire di chi sia la competenza ad agire.
Il consiglio europeo.
Le sue funzioni.
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Funzioni di indirizzo norma art 15 del TUE.
1. Il Consiglio europeo dà all'Unione gli impulsi necessari al suo sviluppo e ne definisce gli orientamenti e le priorità
politiche generali. Non esercita funzioni legislative.
2. Il Consiglio europeo è composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri, dal suo presidente e dal
presidente della Commissione. L'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza
partecipa ai lavori (non è un componente, non è un membro di questo organo partecipa solo ai lavori).
3. Il Consiglio europeo si riunisce due volte a semestre su convocazione del presidente (è lui che decide quando
convocare e si riunisce di regola 4 volte all’anno). Se l'ordine del giorno lo richiede, i membri del Consiglio europeo
possono decidere di farsi assistere ciascuno da un ministro e, per quanto riguarda il presidente della Commissione,
da un membro della Commissione. Se la situazione lo richiede, il presidente convoca una riunione straordinaria del
Consiglio europeo. (per esempio, l’anno scorso durante la pandemia ce ne sono state molte)
I capi di stato, di governo sono coloro che partecipano, i membri di questo organo, possono semmai farsi assistere,
non sostituire, da un ministro e il presidente della commissione da un commissario europeo.
4.Il Consiglio europeo si pronuncia per consenso, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente.
Qui si parla della procedura decisionale, per consenso e consensus è proprio una procedura decisionale a livello di
diritto internazionale, la regola del consensus è che se nessuno si oppone la decisione è assunta. Il limite della
procedura del consenso e che per il fatto di avere il consenso di tutti ossia la mancata opposizione qualche volta
bisognerà votare delle soluzioni un po’ compromissorie.
5. Il Consiglio europeo elegge il presidente a maggioranza qualificata per un mandato di due anni e mezzo,
rinnovabile una volta (quindi il presidente può stare in carica al massimo 5 anni ed è eletto). In caso di impedimento
o colpa grave, il Consiglio europeo può porre fine al mandato secondo la medesima procedura.
6. Il presidente del Consiglio europeo:
a) presiede e anima i lavori del Consiglio europeo;
b) assicura la preparazione e la continuità dei lavori del Consiglio europeo, in cooperazione con il presidente della
Commissione e in base ai lavori del Consiglio "Affari generali";
c) si adopera per facilitare la coesione e il consenso in seno al Consiglio europeo (importante funzione diplomatica)
d) presenta al Parlamento europeo una relazione dopo ciascuna delle riunioni del Consiglio europeo. (esempio di
controlli incrociati tra le istituzioni).
Il presidente del Consiglio europeo assicura, al suo livello e in tale veste, la rappresentanza esterna dell'Unione per le
materie relative alla politica estera e di sicurezza comune, fatte salve le attribuzioni dell'alto rappresentante
dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Molto difficile lui rappresenta l'unione all'esterno ma è l'alto rappresentante che si occupa della politica estera di
sicurezza comune, ne ricordiamo ancora una volta che la PESC fa sempre eccezione, è una materia delicatissima
vediamo com'è difficile studiare una soluzione che vada bene per tutti, non si lascia la rappresentanza dell'unione
europea nella materia della politica estera all'alto rappresentante, la si conferisce il presidente del consiglio europeo
che è eletto da tutti i capi di Stato e di governo dell'unione europea c'è un sistema sofisticato di controllo.
Il presidente del Consiglio europeo non può esercitare un mandato nazionale.
Quindi dall’art 15 noi ricaviamo almeno tre funzioni di questo organo e istituzione.
Prima di tutto le funzioni di indirizzo dalle conclusioni degli incontri 4 volte l’anno del consiglio dell’unione europea
noi sappiamo qual è la direzione dell’azione dell’UE. Importante il fatto che la norma precisa che non esercita
funzioni legislative questo organo, non può adottare atti normativi del diritto dell’UE, non significa che le decisioni
del consiglio europeo apprende, non possono avere effetti giuridici, significa solo che non partecipai alla funzione
legislativa infatti la seconda funzione ha delle funzioni decisionali importanti partecipa a delle decisioni più
improntanti della vita di questo ordinamento ma sono atti non legislativi, atti che vengono adottati senza che venga
seguita una procedura legislativa ma ad hoc, possono produrre qualche effetto e allora sono per questa ragione
impugnabili davanti alla corte di giustizia europea ad esempio tra le varie competenze che il consiglio europeo ha vi è
quella di stabilire la composizione del parlamento europeo, compito importante perché significa attribuire i seggi in
proporzione alla popolazione, di rivederlo nel caso uno stato entro o esce. Decisione che non è un atto normativo
perché preso dal consiglio ma produce degli effetti giuridici innegabili, la distribuzione dei seggi.
Una funzione molto importante accanto a queste due è quella del freno di emergenza, può accadere che uno stato
venga messo in minoranza nella procedura normativa di codecisione, a maggioranza quindi la procedura legislativa
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ordinaria e si preoccupi per questa sua posizione e quindi che si preoccupi del fatto che potrebbe subire una
decisone non presa con la sua volontà, può rivolgersi in questo caso lo stato non contento al consiglio europeo
ottenendo che la situazione venga momentaneamente fermata e che si vada nuovamente a discutere in parlamento.
Questo vale non per tutte le materie avviene in quelle più delicate come per la cooperazione giudiziaria penale.
L’introduzione di questo organo è una novità perché fa si che adesso vi siano due organi a componente prettamente
intergovernativa e ci sia un po’ uno sbilanciamento verso questa componente intergovernativa e senz’altro siamo di
fronte a una situazione tra le istituzioni politiche quella più politica in assoluto.
Le decisioni importanti sono: La composizione del parlamento la decide lui, ma il consiglio europeo propone e
nomina anche le cariche più rilevanti es presidente della commissione, così come l’alto rappresentante affari esteri e
politica di sicurezza.
Ha anche potere nella materia di revisione dei trattati il consiglio europeo è l’organo che da impulso al procedimento
di revisione dei trattati previsto dall’art 48.
Ha anche ruolo importante sulla membership nel recesso del regno unito l’interruttore era il consiglio europeo.
Una delle funzioni più importanti è la contestazione ex art sette del TUE relativa alla violazione grave e persistente
dei valori Ue, che può portare alla limitazione di diritti di membership di uno stato, abbiamo fatti l’esempio della
polonia e dell’Ungheria rispetto ai quali il procedimento dell’art 7 è in corso quindi stiamo ancora verificando quale
sarà l’esito e c’era anche l’esempio del primo caso dell’Austria nel 2000 procedura che poi formalmente non è
partita. Quindi ha un ruolo proprio importante negli aspetti di vita dell’organizzazione.
La decisone per consensus è la regola quindi vuol dire assenza di obiezioni salvo che i trattai non prevedano
diversamente ci sono alcune ipotesi nelle quali sono previste le maggioranze quindi la decisione viene presa a
maggioranza. Quando si prevedono queste modalità di votazione che sono pochi i casi chi vota sono soltanto i capi di
stato e del governo, il presidente dell’organo e presente della commissione non votano. Quindi la votazione è a 27.
Ci sono due settori in cui il consiglio europeo ha un ruolo importante. Uno è la PESC, fa eccezione è una competenza
strettamente intergovernativa e difficile da comunitarizzare ed è evidente che l’organo più politico e
intergovernativo di tutti svolga un ruolo primario.
“Art. 22 TUE - 1. Il Consiglio europeo individua gli interessi e obiettivi strategici dell'Unione sulla base dei principi e
degli obiettivi enunciati all’art. 21.
Le decisioni del Consiglio europeo sugli interessi e gli obiettivi strategici dell'Unione riguardano la politica estera e di
sicurezza comune e altri settori dell'azione esterna dell'Unione. Possono riferirsi alle relazioni dell'Unione con un
paese o una regione o essere improntate ad un approccio tematico. Esse fissano la rispettiva durata e i mezzi che
l'Unione e gli Stati membri devono mettere a disposizione.”
Un altro settore in cui il consiglio europeo definisce gli orientamenti, le line guida è quello dello spazio di libertà
sicurezza e giustizia, queste tre parole hanno ognuna un significato e ci riconducono a una competenza: libertà è
riferito alla libertà di circolazione delle persone quindi ci riferiamo soprattutto alla materia dell’immigrazione, dei
visiti, dell’asilo. Sicurezza si attiene alla cooperazione giudiziaria soprattutto in materia penale. Giustizia alla
cooperazione giudiziaria civile.
Anche in questa materia il consiglio europeo svolge un ruolo importante.
Art. 68 TFUE - Il Consiglio europeo definisce gli orientamenti strategici della programmazione legislativa e operativa
nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
Uno di settori nel quale l’unione ha particolarmente concentrato la propria attività nell’ultimo decennio.
È un ruolo intergovernativo come il consiglio ma è diverso perché ha composizione più ampia che non è limitata alla
componente intergovernativa statale, comprende anche due organi monocratici cioè il suo predicente e presidente
della commissione, oltre al fatto che non è un membro ma partecipa ai lavori anche l’alto rappresentante della
politica estera. La partecipazione è proprio della persona del capo di stato o di governo, quindi non mi interessa la
competenza specifica ma interessa che chi siede a quel tavolo è il capo di governo o stato di uno degli stati membri,
e non può essere sostituito può al più essere affiancato da un ministro ma non sostituito.
La presidenza è importante perché prima andava di pari passo con quella del consiglio dell’UE invece ora il
presidente del consiglio viene eletto, in ragione delle funzioni la persona che svolge che sono funzioni molto delicate
una è quella di cercare di mediare tra le posizioni dei capi di stato, proprio per questa ragione si è stabilito di
eleggere questa persona e non soltanto nominarla in coerenza con quella del consiglio dell’unione europea.
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Il consiglio europeo si conferma l’istituzione nuova intergovernativa ma anche una istituzione che ha saputo
occuparsi di tematiche sul momento, nel momento in cui il problema sorgeva e lo fa sempre attraverso questa
discussione di singoli dossier che vengono appunto presentati. È accaduto la prima volta quando è stato adottato un
regolamento in materia di cooperazione rafforzata in materia di brevetti si trattativa di decidere come potesse
essere formulato questo testo e il consiglio europeo ha inciso, ha inciso anche sulla crisi migratoria quando si è
trattato di decidere se era corretto ripartire i migranti che arrivavano sulle coste italiane e greche tra gli altri stati
membri e il consiglio europeo ha saputo rispondere alla questione emergenziale che si è creata con il covid
avvocandosi anche di poteri importanti come la valutazione dei piani nazionali, che non solo valutati solo dalla
commissione ma il consiglio europeo ha preteso di essere un organo che valuta la conformità al next generation UE
dei piani nazionali.
Non è solo un controllo ulteriori ma ci può essere anche la richiesta di controllo di uno degli stati membri sul piano
nazionale di un altro stato membro.
L’Alto rappresentante è un membro del Consiglio europeo? No.
Quando non si decide per consensus, esiste qualche membro del Consiglio europeo che non vota? Si.
Può un capo di Stato o di governo farsi sostituire? No.
Può un capo di Stato o di governo farsi assistere? si.
Esiste il rischio di sovrapposizione tra le funzioni del Presidente del Consiglio europeo e l’attività di qualche organo
«monocratico»? si.
Il consiglio dell’unione europea
Centro di gravità dell’UE, per il consiglio dell’unione europeo passano tutte le decisioni compreso quelle relative alla
politica estera di sicurezza comune. Come il consiglio europeo e insieme a lui è un organo di indirizzo, è il principale
organo legislativo che svolge questa funzione insieme al parlamento, coordina le politiche economiche e si relazione
anche verso l’esterno con la conclusione di trattati internazionali e nella gestione della politica estera.
L’attività è a 360° perché svolge una funzione di indirizzo politico importante quindi dove l’unione va lo decide anche
il consiglio dell’UE insieme al consiglio europeo, è il protagonista insieme al parlamento della funzione legislativa
quindi il procedimento legislativo non si verifica se non c’è il consiglio dell’UE, insieme perché la regola è la
procedura di codecisione per cui parlamento e consiglio sono sullo stesso piano e se uno dice di no a un atto
normativo, quell’atto non viene adottato ma ci sono anche casi che è il consiglio che continua a farla da padrone e
non è mai il contrario, quindi il vero protagonista della funzione legislativa resta il consiglio dell’UE che nella maggior
parte dei casi condivide questo potere con il parlamento europeo e in altri casi lo detiene ancora in maniera quasi
esclusiva e il parlamento ha un ruolo subalterno. Il consiglio dell’unione europea non si mette materialmente a
elaborare la proposta normativa che spetta alla commissione questo lavoro più tecnico.
Si parla anche di economia, qui c’è proprio il coordinamento delle politiche economiche degli stati membri e il
consiglio si occupa anche dell’azione dell’UE con il resto del mondo. Quindi l’organo intergovernativo che ha l’azione
più completa e conclude accordi internazionali e gestisci la politica estera.
Composizione
È un organo che cambia composizione non è statico, cambia composizione in funzione della materia di cui si discute,
se discuto di infrastrutture non andrà il ministro dell’istruzione ma quello dei trasporti. Quindi è uno organo che si
riunisce in diverse configurazioni, la composizione è variabile. Questo per quanto riguarda l’apice poi c’è tutto un
apparato di supporto del consiglio dell’UE, che altrimenti sarebbe di nuovo solo composto da 27 persone che
cambiano di volta in volta ma sarebbe sempre 27 e sono chiamati a occuparsi di una mole di lavoro enorme perché
abbiamo visto che le funzioni sono molte quelle del consiglio dell’UE come fanno queste 27 persone di occuparsi di
questa mole di lavoro? Hanno gruppi di lavoro permanenti, non cambiano che si riuniscono nel COREPER il comitato
dei rappresentanti permanenti. loro esaminano il dossier li portano al consiglio che può decider di andare avanti con
quei dossier ma può anche bloccare l’analisi e allora sono costretti a rivedere i dossier, la decisione sta al vertice ma
gli altri rappresentanti fanno il loro lavoro.
Ci sono dieci configurazioni senza che sia tra di essi stabilita alcuna gerarchia di configurazione, in realtà il trattato
non prevede tutte e dieci le configurazioni ma il trattato nell’art 16 comma 6 TUE
“Il Consiglio si riunisce in varie formazioni, il cui elenco è adottato conformemente all'arti[1]colo 236 del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea.
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Il Consiglio "Affari generali" assicura la coerenza dei lavori delle varie formazioni del Consiglio. Esso
prepara le riunioni del Consiglio europeo e ne assicura il seguito in collegamento con il presidente
del Consiglio europeo e la Commissione.
Il Consiglio "Affari esteri" elabora l'azione esterna dell'Unione secondo le linee strategiche definite dal
Consiglio europeo e assicura la coerenza dell'azione dell'Unione.”
Ma non ci sono altre formazioni definite exleget dal trattato, le formazioni si formano, sono state formate in ragione
delle necessità e a oggi contano dieci formazioni. E il fatto che ci siano queste due formazioni che sono previste
dall’art 16 affari generali ed esteri non instaura alcuna gerarchia tra di essi.
Invece il COREPER è l’organo permanente quello che fa il lavoro quotidiano di analisi della disciplina, di analisi delle
problematiche e le sottopone ai diversi ministri. Il COREPER si distingue tra una composizione prettamente
governativa quindi ci sono i rappresentanti diplomatici degli stati e poi i rappresentanti vengono a seconda della
materia a più tipi di lavoro.
Si parla di clessidra perché il COREPER di suo prende il materiale per i ministri, i ministri non possono affrontare la
mole di problemi che il consiglio dell’UE deve affrontare quindi le competenze sono vastissime, quindi ecco perché
serve tutto questo lavoro di preparazione e a clessidra perché già al suo interno prende una decisione che poi viene
sottoposta al consiglio dell’UE che può andare avanti o fermarsi e in questo caso la decisione del COREPER viene
smentita perché si ritorna sui banchi di lavoro. Può accadere che un progetto legislativo venga discusso a livello di
COREPER e la discussione a livello di questo organo aiuta anche la conoscenza delle posizioni dei diversi stati quindi
per esempio si può sapere a quel livello che per esempio che l’Italia è contraria alla creazione di una infrastruttura
specifica e quindi si opporrà alla decisone in consiglio e magari la maggioranza non si ottiene, è tutto un discorso di
lavoro diplomatico ma anche molto tecnico perché è lì che vengono elaborati gli emendamenti alle proposte
normative che arrivano dalla commissione.
Questo lavoro rispecchia gli interessi degli stati, nel parlamento non funziona così, chi siede in parlamento sposa
un’idea politica non l’idea del proprio stato, li perché condivide con altre persone non necessariamente della stessa
nazionalità alcune posizioni politiche invece il consiglio lavora per l’interesse dello stato.
Diversamente da tutte le altre formazioni quando si siede in consiglio nella formazione affari esteri, l’alto
rappresentante viene a presiedere la riunione per tutte le altre riunioni c’è la presidenza del consiglio, che ha proprio
una funzione importante ed è anche difficile stabilire la presidenza del consiglio perché ovviamente essendo un
organo che prende decisioni così importanti la presidenza decide l’ordine del giorno e quindi decide la priorità delle
decisioni da affrontare. Chi fa la scaletta sugli argomenti chiaramente incide sulla vita di una organizzazione. Quindi
la figura del presidente è molto importante e si è cercato di dare la presidenza di questo importante organo
intergovernativo in modo equo a tutti gli stati, allora è stato previsto un meccanismo di rotazione ogni sei mesi e
stabilisce questa rotazione il consiglio europeo.
Ma in realtà non è mai solo uno stato che si occupa della presidenza ma in realtà viene individuato questo trio di
stati, sono tre stati che collaborano, uno che presiede e poi gli altri due si avvicendano alla presidenza.
Stiamo parlando di un organo intergovernativo, rappresentiamo gli interessi degli stati quindi per esempio se ci fosse
la presidenza italiana, l’Italia metterebbe come prioritari alcuni temi che magari gli altri stati non metterebbero,
quindi è chiaro che è una funzione molto importante. Non è definita come monocratica proprio per questa vicenda
del trio, di collaborazione tra stati che ci sottolinea ancora come è difficile trovare un equilibrio, solo 6 mesi di
presidenza ma in questi 6 mesi il consiglio lavora moltissimo a diversi livelli ecco perché è così importante la sua
figura.
Procedura decisionale.
È un organo molto importante, prende delle decisioni fondamentali per il funzionamento di questo ordinamento
decide a maggioranza qualificata che si compone di due elementi, c’è un quorum numerico minimo, cioè devono
votare a favore di una determinata proposta almeno il 55% dei membri del consiglio ora sono 15 stati membri ci
devono essere almeno 15 stati membri a favore di una decisione. Ma proprio per far sì che anche la componete
demografica sia rappresenta, il numero delle persone che questi stati rappresentano anche questo numero di 15
stati membri del 55% deve rappresentare al contempo il 65% della popolazione, di persone che risiedono in un
determinato stato membro.
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Il quorum demografico in realtà non è così vincolante perché può accedere che non venga raggiunto questo 65%
perché ci possono essere alcuni stati che votano contro e magri sono stati più grandi allora è chiaro che se
consideriamo il 65% in modo molto rigido allora per ottenerlo basterà che alcuni stati grandi votino contro, per
bloccare la procedura decisionale.
Stiamo parlando dell’organo intergovernativo quindi il voto è degli stati, di quanti stati votano una proposta, una
novità che negli anni si è verificata e che fa parte del metodo comunitario è che se in passato occorreva il consenso
di tutto, oggi non è così, può succede che tra i 27 stati membri ce ne sia una parte che siano contrari ma la proposta
passa lo stesso, la vita dell’unione europea va avanti lo stesso anche se loro non sono d’accordo. Il numero minimo
per far sì che una proposta passi è del 55% che su 27 fa 15 quindi oggi dalla regola di unanimità che era stata prevista
dai primi trattati oggi siamo arrivati a dire che basta che 15 stati membri dicano di sia a una proposta che questa
proposta passa. Se veramente fosse così non è detto che siano questi 15 stati che rappresentino la popolazione
europea, quindi, magari può essere che con questi 15 stati la maggior parte della popolazione riceve un atto
normativo che non volevano, allora bisogna cercare di combinare stati e la loro rappresentatività effettiva sul
territorio. Allora si è unito al requisito di 55% degli stati che equivalgono a 15 anche un requisito demografico, questi
15 stati che votano a favore devono rappresentare almeno un po’ di più della metà della popolazione il 65%.
Ma questo secondo elemento non è così fondamentale perché può anche accadere che non venga raggiunto e la
decisone venga comunque assunta e questo stato stabilito perché ci sono stati che hanno poca popolazione e allora
basta che alcuni stati si mettano d’accordo e dicono aspetta Malta e Cipro vogliono una certa legislazione, ci
mettiamo d’accordo noi tre Italia, Germania e Francia e quell’atto non verrà mai adottato perché rappresentano più
del 65% della popolazione. Allora alla regola del combinato dei due requisiti numero di stati e popolazione è stata
unita una terza regola quella per cui la minoranza che piò impedire l’adozione di un atto deve almeno interessare 4
stati, 4 stati densamente popolati possono bloccare un atto normativo, ma se questi stati sono meno di 4 non può
succedere.
Quindi a livello di stati ci vogliono 15 consensi perché una proposta venga adottata ma la proposta può essere
bloccata da alcuni stati che rappresentano la popolazione il 65% il secondo requisito, perché questo requisito venga
integrato occorrono almeno 4 stati, quindi se almeno 4 stati rappresentativi del 65% della popolazione dicono di no,
non importa che ci siano 15 stati a favore, ma se sono meno di 4 la proposta va avanti. La minoranza di blocco
rilevante deve essere di almeno 4 stati, allora in quel caso il requisito demografico è vincolante altrimenti si può
anche superare.
Il progresso che si è raggiunto è che si decide a maggioranza, invece all’inizio della cooperazione si decideva
all’unanimità ma è stato difficile che si trovasse una formula sulla maggioranza che tenesse conto del fatto che ci
sono stati di diverse dimensioni, con popolazione più o meno grandi, a volte il divario è significativo ma il voto è lo
stesso. Allora per bilanciare questi due aspetti si è detto una decisone passa con la maggioranza di stati, ossia con un
numero di stati che rappresenti almeno il 55% cioè 15 stati su 27 ma questi 15 stati devono anche rappresentare
almeno il 65% della popolazione. Questo secondo requisito normalmente si applica, ma questo secondo requisito
potrebbe venire meno quando alcuni stati densamente popolati decidessero di opporsi solo per il gusto di bloccare
una proposta e allora questo sistema di opposizione funziona solo se sono almeno 4 gli stati e allora in quel caso la
proposta viene bloccata, perché 4 stati che rappresentano il 65% della popolazione bloccano la posta ma se sono
solo 3 per rappresentando il 65% della popolazione la proposta passa lo stesso. Questo per far sì che il consiglio non
si blocchi se non a proposte che effettivamente non accontentano tutti.
In realtà l’ipotesi di blocco del procedimento decisionale non è limitata al quorum ma ci sono anche il freno di
emergenza e anche la possibilità di uno stato di far valere un forte pregiudizio ai suoi interessi rispetto a una
decisione che viene assunta in consiglio, meccanismo definito compromesso di Lussemburgo che però non si usa più
datato agli anni 80.
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12/10
Ci sono tre principi che ispirano il quadro istituzionale: il principio di equilibrio istituzionale, il principio di
attribuzione delle competenze alle istituzioni e il principio di leale collaborazione.
Qualunque problema sorga tra le istituzioni, che può sorgere perché il quadro istituzionale è in continua evoluzione,
dovrà essere risolto sulla base del trattato e sulla base di questi tre principi.
Permane la tensione che caratterizza un po’ tutto l'ordinamento europeo tra metodo intergovernativo e metodo
sovranazionale. Le istituzioni espressione del metodo intergovernativo sono il consiglio europeo in primis, ha come
regola decisionale il consensus che è il tipico modo di decidere che si ha nelle conferenze internazionali per
l'adozione dei trattati, cioè l'atto viene adottato se nessuno si oppone e si raggiunge una soluzione compromissoria,
infatti il consiglio europeo deve dare l'indirizzo all'azione dell'unione europea, si pronuncia su questioni molto
generali della vita dell'organizzazione internazionale. Chi invece va più nel dettaglio è il consiglio dell'unione
europea, è il day to day work quello che fa il consiglio dell'unione europea ed è per questo che non può essere
limitata l'attività alla sua composizione pur molto diciamo peculiare, perché la caratteristica della composizione del
consiglio dell'unione europea è che non è mai la stessa, sono almeno 10 le formazioni allo stato attuale del consiglio
dell'unione europea, in realtà il trattato ne individua soltanto due: la formazione del Consiglio Affari generali e la
formazione del Consiglio Affari esteri, quest'ultima presieduta non dal presidente del consiglio dell'unione europea
ma dall'alto rappresentante che fa un po’ capolino in tutte e due le organizzazioni intergovernative sia nel consiglio
dell'unione europea sia nel consiglio europeo dove partecipa ai lavori anche se non è un membro, quindi non
partecipa poi al momento decisionale; qui invece coordina, presiede i lavori della formazione del consiglio in politica
estera e di sicurezza comune.
Ci sono i delegati permanenti che siedono in modo permanente a Bruxelles e che lavorano sui dossier di cui si occupa
il consiglio e questi delegati permanenti formano il COREPER, organismo che ha una funzione molto importante
perché mastica già un po’ la decisione per il consiglio dell'unione europea che poi decide.
Gli step sono tre: il primo è quello dei gruppi di lavoro dove si elaborano i fascicoli, poi c'è il COREPER dove ci sono i
rappresentanti permanenti degli Stati membri che perseguono ciascuno il proprio interesse, non è un organo
orizzontale il consiglio dell'unione europea, è un organo verticale, ciascuno Stato difende i propri interessi già nella
dialettica che si ha a livello di gruppi di lavoro e poi a livello di delegati permanenti in seno al Coreper. Poi si
raggiunge un risultato che viene presentato al consiglio che può poi anche a seconda del movimento politico, perché
stiamo parlando di un organo intergovernativo possono impattare sulla decisione del consiglio dell'unione europea
numerosissimi fattori non solo tecnici, quindi non è escluso che si instaurino delle maggioranze che non sono solo
dettate dalla materia tecnica, è vero che il consiglio per come lavora e per come è strutturato nelle diverse
formazioni dovrebbe superare la questione politica, ma una tale posizione può avere un impatto anche quando si
vada a discutere di altri argomenti.
Quando si convoca il consiglio trasporti, ad esempio informazione, trasporti, telecomunicazioni, energia che è una
delle 10 formazioni del consiglio dell'unione europea, non è detto che non sia indispensabile in quella sede trattare
anche una questione che non attenga strettamente a questi tre temi, magari si raggiunge l’accordo su una questione
già dibattuta in altre formazioni del consiglio e viene portata al consiglio dell'unione europea di quella data in cui si
discute di trasporti. Il consiglio decide anche su quella, quindi è un sistema che non deve essere rigidamente
interpretato, può accadere che nelle formazioni non proprie venga discussa una questione, questo conferma ancora
che c'è anche un aspetto politico nella decisione del consiglio dell'unione europea, così come quando si discute al
consiglio europeo, sono gli organi intergovernativi per eccellenza quindi non possiamo prescindere dalla dimensione
politica. Quindi dobbiamo ricordare senz'altro la dimensione politica e poi il fatto che a buon diritto chi siede in
questi due organi difende la posizione dello Stato di provenienza, fa sì che in un quadro normativo lo strumento che
viene discusso si plasmi quanto più possibile in conformità con gli interessi del suo stato, se poi ci riesce magari
voterà a favore, se non riesce a ottenere un risultato congruo anche attraverso il lavoro diplomatico del Coreper
vorrà dire che voterà contro e magari sarà la minoranza che dovrà subire l'applicazione di un determinato atto di
diritto dell'unione europea.
Quindi ci sono tre livelli: gruppi di lavoro che si smazzano il lavoro più grosso, poi ci sono i delegati permanenti degli
Stati dove la posizione è diplomatica e poi c'è il livello ministri, quindi è uno staff molto ampio quello del consiglio
dell'unione europea, è molto ampio quello che siede in maniera permanente a Bruxelles.
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Il consiglio è il centro di gravità perché forse più di tutte le istituzioni svolge un po’ tutte le funzioni principali: è il
leader dell'azione legislativa; prima dell'atto unico, poi del trattato di Maastricht e poi sempre avanti con Amsterdam
Nizza e Lisbona, il ruolo del Parlamento europeo è cresciuto quindi condivide questo potere col Parlamento europeo,
prima era il leader assoluto aveva il monopolio dell'azione legislativa e il Parlamento a volte veniva consultato.
C'erano diverse modalità con cui poteva consultare il Parlamento: a volte la semplice consultazione, sento cosa mi
dici ma poi vado per la mia strada; a volte invece c'era l'obbligo di ottenere il parere conforme e allora è un vincolo
un po’ più forte. Oggi la maggior parte delle competenze che l'unione europea ha, grazie ai trattati istitutivi, devono
essere esercitate attraverso la procedura legislativa di codecisione che sta per decisione del consiglio insieme al
Parlamento, entrambi hanno diritto di veto sostanzialmente, se non approvano una proposta la proposta non passa,
quindi fondamentale è la funzione legislativa.
È importante anche la funzione esecutiva, il dare esecuzione agli atti dell'unione e si occupa anche della politica
estera e di sicurezza comune, nella formazione affari esteri, ancorché presieduto dall'alto rappresentante, si
discutono questioni di politica estera. Poi è vero che in quella sede le decisioni devono essere prese all'unanimità,
però lavora anche sulla politica estera che è un po’ sempre l'eccezione alla regola, sappiamo che anche il consiglio
europeo ha competenza in materia però non gli altri organi.
È un organo anch'esso di indirizzo perché con il consiglio europeo determina un po’ la missione, gli indirizzi
dell'unione europea, con il Parlamento esercita la funzione legislativa e poi lavora anche verso l'esterno, quindi un
organo importantissimo.
Come altri organi e in particolare il Parlamento europeo, soffre un po’ di una schizofrenia rispetto alle sedi, ha una
sede che è a Bruxelles dove c'è il segretariato, dove siedono anche i comitati, poi però per trattato per regole interne
di equilibrio tra istituzioni, fa delle riunioni a Lussemburgo in alcuni mesi dell'anno. La stessa schizofrenia è anche
quella del Parlamento europeo che in alcuni casi si riunisce a Strasburgo, quindi da Bruxelles tutti e 705 i
parlamentari si spostano a Strasburgo.
La rotazione della Presidenza del consiglio ha delle regole molto precise e quindi ci fa capire che è un momento
molto importante, perché è la Presidenza del consiglio che sostanzialmente decide l'ordine del giorno, quindi
significa dar priorità ad alcune questioni rispetto ad altre. Ecco perché la triade perché comporta che bisogna che
questi tre stati devono concertare l'ordine del giorno e quindi concertare l'ordine delle priorità. Garantire per sei
mesi il potere di decidere l'ordine del giorno ad uno stato significa poter orientare in una maniera unilaterale l'azione
del consiglio dell'unione europea che è il principale organo dell'unione europea, questa dialettica con gli altri due
stati e questa rotazione semestrale consente più flessibilità e il recupero delle questioni importanti che
eventualmente uno stato decida di lasciare indietro.
Se per ipotesi la presidenza spettasse a Stati come attualmente l’Ungheria o la Polonia che stanno subendo dei
procedimenti ex articolo 7 per presunta violazione dei valori alla base dell'unione europea dell'articolo due, se
avessero la Presidenza ci potrebbero essere delle ripercussioni? Sì, siamo nel discorso politico, è chiaro che qui
queste cose rilevano, dove uno stato può agire agisce e se è in consiglio europeo sarà in consiglio europeo dove
magari è richiesta l’unanimità quindi è un potere di azione che hanno, però nella procedura legislativa, grazie al fatto
che il potere legislativo non è esclusivo del consiglio, in realtà per quanto nello stabilire l'ordine del giorno alcuni
stati possano decidere in che direzione va l'azione dell'unione europea, c'è anche da dire che nel consiglio europeo
quattro volte l'anno danno l'indirizzo e l'indirizzo è scelto d'accordo quindi da lì non ci si può discostare, c'è anche da
dire che la commissione europea è quella che lavora sull'iniziativa legislativa e molti dicono addirittura che l'organo
più powerful sia proprio la commissione, perché se la commissione fa una proposta normativa il consiglio e il
Parlamento si deve pronunciare, quindi tutto parte da lei, non è che un organo può condizionare troppo, però sì nei
limiti delle loro facoltà gli stati fanno quello che è del loro interesse e non c'è nulla di male a riguardo, nei limiti dei
principi di buona convivenza e soprattutto nei limiti del principio di solidarietà che ispira l'ordinamento dell'unione
europea.
La procedura decisionale si caratterizza per due elementi che devono ricorrere cioè la maggioranza degli Stati e la
maggioranza della popolazione. Maggioranza degli Stati al 55% equivalente a 15 stati su 27, e popolazione al 65%.
Questo requisito può anche essere interpretato in modo più flessibile perché può accadere che pur raggiungendo il
65% ci può essere una opposizione, una maggioranza di blocco, ci possono essere quattro stati dell'unione europea
che pur raggiunta la maggioranza si oppongono e allora in quel caso l'azione non passa perché l'unione europea non
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vuole che ci sia una opposizione tale da investire un numero di stati con una popolazione tale da non rispecchiare
una effettiva maggiorana, quindi c'è anche questo ulteriore limite all'azione del consiglio, che è sì un organo
intergovernativo per il quale potrebbe anche bastare il solo elemento dei 15 stati, invece no calcoliamo anche
l'elemento della rappresentatività, elemento che poi valutiamo non tanto tenendo conto della cittadinanza, ma della
residenza quindi delle persone che risiedono in un determinato stato membro. È chiaro che ci sono stati che
attraggono più di altri, ci sono stati più appetibili di altri dal punto di vista delle opportunità, quindi questo 65% io lo
calcolo in relazione alla popolazione residente in uno stato.
Se vengono raggiunte queste maggioranze in teoria il consiglio decide e l'azione è presa, ma non è proprio così, ci
sono tre situazioni, una è la minoranza di blocco e altre due situazioni che comportano un blocco nella decisione del
consiglio. Blocco che può anche essere solo momentaneo ma che stoppa l'azione del consiglio anche quando ci sia
solo uno stato che è in qualche modo pregiudicato dall'azione del consiglio.
La prima ipotesi è in realtà poco usata che è quella del cosiddetto compromesso di Lussemburgo che è stato
utilizzato pochissimo all'inizio della cooperazione europea, quando però il consiglio dell'unione europea decideva
nella maggior parte dei casi all'unanimità, allora si era previsto che uno stato che vedesse significativamente
pregiudicati i propri interessi potesse imporsi e opporsi all'adozione della decisione del consiglio e la questione
venisse rimessa in discussione; è un istituto che è stato creato all'inizio della storia di integrazione europea quando
ancora nel consiglio nella maggior parte dei casi dominava la regola dell'unanimità e quindi aveva senso lasciare
un'arma di riserva a uno stato che magari da una decisione vedesse fortemente pregiudicati i suoi interessi.
Più utilizzato è il cosiddetto freno di emergenza, non significa che l'azione del consiglio venga bloccata ma significa
che subentra l'azione del consiglio europeo che agisce in via diplomatica per verificare se passando dal livello
ministeriale a quello dei capi di Stato e di governo si riesce a trovare una soluzione che metta d'accordo tutti. Il freno
d'emergenza non è previsto su tutte le materie perché altrimenti l'azione del consiglio si bloccherebbe, è previsto in
materia di politica estera e di sicurezza comune e in materia di sicurezza sociale.
Quando parliamo della materia economica finanziaria entriamo in un settore molto delicato perché è un buon
esempio di cooperazione differenziata, non stiamo parlando di tutta l’unione europea, ma stiamo parlando di organi
che a seconda dell’argomento possono riguardare gli stati euro o tutti gli stati.
Riguardano tutti gli stati: il vertice euro e il consiglio economico e finanziario (Ecofin), l'eurogruppo invece riguarda
soltanto gli stati la cui moneta è l'euro.
L'eurogruppo lo possiamo definire come una riunione informale dei ministri la cui moneta è l'euro, quindi assomiglia
a quello che era il consiglio europeo prima di diventare istituzione, è una riunione informale, l'auspicio è che poi tutti
gli stati membri dell'unione adottino l'euro e questa diventi un'istituzione permanente come è stato per il consiglio
europeo.
L’Ecofin è un nome specifico per una delle formazioni del consiglio dell'unione.
Il vertice è semplicemente una riunione assimilabile di nuovo al consiglio europeo che non ha valore di istituzione,
però quando si parla di politica economica finanziaria vengono sovente in gioco questi tre attori di cui soltanto uno,
cioè l’Ecofin, è un'istituzione, è il consiglio dell'unione europea nella formazione dei ministri dell'economia.
I vertici sono le riunione informali dei capi di stato delle 8 potenze (G8), quindi in genere sono una prassi che poi se si
consolida può trasformarsi magari in una organizzazione vera e propria. Nel caso dell'unione europea e nel caso del
vertice euro abbiamo invece una prassi specifica che ha come tematica proprio l’Unione economica e monetaria, il
patto di stabilità, tutte le questioni finanziarie, che viene invocato senza particolari regole, è una prassi, che poi
questa prassi un domani si trasformi è possibile.
L’Ecofin è l'unica istituzione vivente perché è una delle formazioni del consiglio dell'unione europea e poi abbiamo
l'eurogruppo che è una sorta di vertice ma più ristretto perché sono solo gli stati che hanno l'euro a riunirsi, ma
anche questo assomiglia un po’ a quello che era il consiglio europeo prima di Lisbona.
Quante sono le formazioni del consiglio dell'unione europea? Dieci.
Esistono formazioni più importanti di altre? No, ci sono formazioni previste dal trattato che sono quella affari
generali e affari esteri, ma non più importanti.
Gli incontri del consiglio dell'unione europea avvengono a porte chiuse? No, sono pubbliche.
Quale delle due istituzioni tra consiglio europeo e consiglio dell'unione europea esercita attività legislativa? Il
consiglio dell'unione europea, perché il consiglio europeo invece ha l’attività di indirizzo oltre poi a partecipare alle
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principali decisioni che riguardano la vita dell'organizzazione, come ad esempio l'acquisizione della membership da
parte di un nuovo stato entrante, la revisione dei trattati, l'uscita dai trattati il recesso ai sensi dell'articolo 50.
Chiaramente il consiglio dell'unione europea e il consiglio europeo nulla hanno a che vedere col Consiglio d'Europa
che non c'entra niente, il Consiglio d'Europa è un'organizzazione internazionale che si occupa di tutela dei diritti
fondamentali, pace tra le nazioni europee e dell’Europa geografica; consiglio dell'unione europea e consiglio
europeo sono due istituzioni europee.
Il Parlamento europeo.
È l'organo che è più cambiato negli anni nel senso che è diventato sempre più potente e che ora soffre anche del
ruolo importante che viene fornito ai parlamenti nazionali perché alla fine condivide con loro la rappresentatività
della popolazione.
È l'organo che esprime il principio democratico, è espressione della popolazione e lo vediamo da due norme:
l'articolo 10 del trattato dell'unione europea che dice i cittadini sono direttamente rappresentati a livello di unione
nel Parlamento europeo; e poi lo dice l'articolo 14 che è una norma del trattato dell'unione europea, tra quelle
norme iniziali che definiscono l'apparato istituzionale, che descrive l'azione del Parlamento europeo e dice: il
Parlamento esercita congiuntamente al consiglio la funzione legislativa e la funzione di bilancio, quindi tra le
principali funzioni di questo organismo intravediamo, oltre quella legislativa, quella di bilancio.
Svolge anche funzione di controllo, ma attenzione di controllo politico, nonché consultive. Ed elegge il presidente
della commissione.
Quindi con il consiglio esercita la funzione legislativa perché la maggior parte delle procedure decisionali nel trattato
sul funzionamento dell'unione europea sono procedure di codecisione in cui hanno pari dignità consiglio dell'unione
europea e Parlamento.
Esercita la funzione di bilancio che è fondamentale perché è come viene distribuito il bilancio dell'unione.
Esercita funzione di controllo politico, ad esempio già soltanto la nomina della commissione è un'azione di controllo
politico, la commissione ha una procedura di nomina molto particolare perché il Parlamento elegge il presidente
della commissione che quando viene eletto come prima azione fa un discorso programmatico, è un discorso che
sembra molto dialettico in realtà indicata già quali sono le priorità dell'azione della commissione e il Parlamento che
è un organo orizzontale che rispecchia i gruppi politici, decide se quel presidente va bene o no. Una volta selezionato
il presidente, è il presidente che si fa la sua squadra e sceglie gli altri commissari, è vero che ogni commissario arriva
da uno stato membro quindi è vero che la proposta poi è degli stati che indicano chi vorrebbero che fosse
commissario nella commissione, il presidente sceglie se queste persone vanno bene e poi propone la sua squadra al
Parlamento europeo che deve approvare, quindi doppio check perché è un organo importantissimo.
Il Parlamento sceglie tra i candidati il presidente della commissione, il fatto che la nomina spetti ad un organo
diverso che è il consiglio europeo, è un'ulteriore controllo che il consiglio europeo fa; deve andar bene anche al
consiglio europeo con la nomina perché il presidente della commissione è un membro del consiglio europeo,
partecipa poi all'attività del consiglio europeo e quindi poi siederà con loro, con i capi di Stato e di governo, a
decidere dell'indirizzo dell'unione europea, quindi la nomina ufficiale avviene in seno al consiglio europeo, ma
l'elezione intesa come selezione e poi elezione del presidente della commissione che quindi inizia a individuare la sua
squadra di governo, la fa il Parlamento, ed è infatti in Parlamento che in prima battuta il candidato alla presidenza
della commissione va.
Caso di un politico italiano in cui il Parlamento ha espresso un certo malcontento, il caso riguardava Buttiglione,
un'importante uomo politico italiano, e a un certo punto era stato proposto dal governo italiano in una direzione
generale delicatissima che era quella giustizia affari interni. Buttiglione si trattava della Commissione Barroso, il
Parlamento europeo in quel periodo si era occupato molto del diritto delle coppie omosessuali, il Parlamento non ha
potere normativo autonomo, adotta delle raccomandazioni, le raccomandazioni sono atti di soft low, però aveva
adottato una risoluzione di soft low chiedendo un pari diritto per le coppie omosessuali. Buttiglione che era invece di
estrazione cattolica aveva espresso posizioni chiaramente contrarie all'equiparazione, si è creato subito un incidente
diplomatico, quindi Barroso ha sostituito in corsa il candidato che l’Italia aveva proposto con un altro candidato
italiano, Frattini, messo al posto di Buttiglione perché si sapeva già che quella compagine della commissione non
sarebbe stata approvata in toto perché un commissario non aveva posizioni coerenti con la maggior parte del
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Parlamento europeo all'epoca, questo per dare il senso di come deve esserci un'approvazione allargata dell'organo
della commissione.
Il Parlamento è composto dai rappresentanti dei cittadini dell'unione e l'articolo 14 parla di 750+1 perché ancora non
tiene conto della Brexit, quindi tutti i seggi che erano stati attribuiti al Regno unito sono stati in parte ridistribuiti e in
parte invece lasciati liberi per un possibile nuovo ingresso di nuovi stati. Quindi ora il numero è 705 non 751.
Resta il numero minimo e il numero massimo di seggi, numero minimo sono sei e il massimo è 96.
Non c'è una regola proporzionale secca, nel senso tot abitanti tot seggi, non è così proprio perché ci sono grandi
divergenze nella popolazione, si tende a garantire quelli che ne hanno molto pochi di abitanti e quindi a tenere conto
dell'insieme degli stati, dell'insieme della popolazione e del numero di seggi, sono tre valutazioni che vengono fatte
con un calcolo che poi produce un risultato. L'Italia prima erano 73, ora sono 76 sono, alcuni Stati sono rimasti
invariati, per alcuni si è cresciuti di qualche unità, ovviamente sono rimasti dei seggi liberi per eventuali nuovi stati
entranti, ci sono alcuni stati che hanno un numero minimo di seggi Malta, Lussemburgo e Cipro che non hanno
popolazione identica, neanche estensione geografica identica, ma gli viene garantito un numero minimo identico,
solo uno stato ha il numero massimo che è la Germania.
Le funzioni principali: da un lato su il potere decisionale, il fatto di partecipare all'attività legislativa con il consiglio, in
quella che è la procedura ordinaria con la stessa dignità, cioè con lo stesso potere di veto, in altri casi può anche solo
essere consultato ma comunque ha una partecipazione alle decisioni; un controllo politico che si esprime nella
nomina della commissione, nel controllo che ha sulla commissione, ma anche sul fatto che può fare delle inchieste,
delle interrogazioni, ha proprio un potere di controllo politico importante.
Nell'alveo del Parlamento europeo è stato costituito il pediatore europeo che si occupa dei problemi che ciascun
cittadino può avere con le istituzioni dell'unione europea, è una sorta di ombudsman dell'unione europea.
Terza funzione partecipa al procedimento di formazione del bilancio, aspetto cruciale dell'attività dell'unione
europea.
Chi fa parte di questa grande istituzione, come si organizza questa istituzione: ci sono in prima battuta i parlamentari
europei eletti direttamente da noi, attenzione non si fonda sulla nazionalità la rappresentatività, potremmo noi in
Italia eleggere tranquillamente come nostro rappresentante un soggetto che ha cittadinanza francese.
Ci si può porre la questione se possano essere ammessi cittadini di stati terzi, questo dipende dalla legislazione dei
singoli stati, lo ha stabilito la Corte di giustizia, questo dipende anche un po’ dall'apertura dei singoli stati, ad
esempio nella costituzione italiana spesso le cariche più importanti sono riservate ai cittadini italiani, però ad
esempio nel Regno unito il sindaco di Londra era un cittadino non britannico, quindi non è escluso che uno stato
autonomamente decida di eliminare la riserva di nazionalità per le cariche più importanti, se così lo stato decide
quindi apre la possibilità di eleggere un parlamentare alla carica di parlamentare italiano o alla carica di
parlamentare europeo a prescindere dalla sua nazionalità, questo si riflette anche sulla legislazione europea.
Nel Parlamento europeo ci sono i gruppi politici, come a livello nazionale, un gruppo politico deve avere almeno 23
componenti che provengano da almeno un quarto degli stati membri altrimenti non ha dignità di rappresentare un
particolare orientamento politico.
Così come a livello nazionale il Parlamento lavora anche per commissioni parlamentari in ragione dell'attività che
svolgono.
Il potere legislativo però viene esercitato dalla sessione plenaria del Parlamento, le commissioni sono un po’ un filtro
per i lavori, così come accade a livello interno, la commissione poi propone il disegno di legge alla discussione della
plenaria in Parlamento.
Poi c’è il presidente e l'ufficio di presidenza che adesso è presieduto da un italiano David Sassoli.
Ci sono anche gli intergruppi, una nuova formazione che è stata costituita da parlamentari che lavorano su
determinate tematiche, ad esempio c'è un intergruppo che si occupa soltanto dei diritti dei minori, quindi ci sono
tematiche che il Parlamento ritiene di dover studiare apposta e allora organizza questi intergruppi.
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La sede ufficiale del Parlamento, dove vengono le sedute plenarie che è a Strasburgo, mentre il lavoro delle
commissioni quando i deputati siedono nelle diverse commissioni avviene a Bruxelles, mentre Sassoli sta a
Lussemburgo.
La commissione europea
È un'istituzione politica, ma anche altamente tecnica. È il motore, il cuore pulsante dell'unione, è lì che vengono
considerate le soluzioni più innovative, si guarda agli strumenti che si possono adottare a livello di Unione europea.
Un commissario per ogni stato membro, stanno in carica 5 anni e partecipano a titolo personale, sono indicati dagli
stati ma sono liberi. Gli stati devono indicarli perché ritengono siano persone indipendenti e competenti, ma loro
non rappresentano gli stati. Se si ritiene che un commissario non sia adeguato per il ruolo viene in genere sostituito
prima di essere nominato.
Il presidente della commissione viene proposto dal consiglio europeo al Parlamento, ma è il Parlamento che lo
elegge e poi il consiglio europeo che lo nomina. Il consiglio in accordo con il presidente della commissione forma la
squadra ma è la commissione che la propone. La commissione poi viene nuovamente approvata dal Parlamento
europeo e nominata dal consiglio.
I commissari hanno questa prassi che ormai è invalsa così come il presidente della commissione, che fanno queste
audizioni pubbliche in Parlamento che sono il manifesto dei commissari, è anche poi l'elemento dal quale si può
capire se i commissari sono in linea con la posizione del Parlamento.
È il cuore pulsante delle istituzione perché svolge la funzione normativa che è cruciale, l'impulso all'azione normativa
è prerogativa esclusiva della commissione europea, ma la commissione europea svolge anche molto da vicino il
potere esecutivo, vigila che non ci siano violazioni del diritto dell'unione europea.
La commissione rappresenta l'unione verso l'esterno.
Qualche volta si pone il problema di quanto ampia possa essere la sua rappresentanza, che condivide talora anche
con l'alto rappresentante per la politica estera, però all’interno svolge l'azione normativa e di controllo e rappresenta
l'istituzione verso l'esterno quindi la commissione è un po’ ovunque.
Ha la titolarità del potere di iniziativa quindi può condizionare il procedimento normativo, ma non soltanto l'avvio
ma anche il suo svolgimento perché il consiglio che pure è sovrano dell'esercizio della funzione legislativa, non si può
discostare dalla posizione della commissione se non votando unanimità, quindi la linea la traccia la commissione e il
consiglio per potersi distanziare dalla linea deve votare all'unanimità.
La commissione invece può modificare la sua proposta, questo potere è un potere di mera iniziativa perché
normalmente la proposta della commissione poi passa a consiglio e Parlamento e viene adottata o no. La
commissione però è talmente potente che ha anche poteri normativi autonomi che detiene da sola, quindi può da
sola adottare degli atti della commissione.
Ad esempio l’articolo 45 è uno dei pochi casi in cui la commissione adotta un atto indipendentemente dal consiglio e
dal Parlamento; lo fa anche nella materia della concorrenza l'articolo 106 del trattato che riguarda i cosiddetti servizi
di interesse economico generale (SIEG), un esempio di un servizio di interesse economico generale è il servizio
postale, servizio di natura economica ma che è di interesse generale. Uno stato per garantire un servizio essenziale
come può essere il servizio postale talora lo affida in esclusiva a un erogatore di servizi. La commissione ha il potere
di disciplinare questa materia.
La commissione esercita un potere normativo anche su delega di consiglio e Parlamento, su delega o anche per dare
proprio materiale esecuzione a un atto di consiglio e Parlamento, quindi un potere di iniziativa che detiene
pressoché in esclusiva, in alcuni casi un potere autonomo che esercita senza coordinarsi con nessuna istituzione, in
altri casi un potere delegato o di esecuzione rispetto al quale deve coordinarsi con consiglio e Parlamento, però
un'attività dal punto di vista di tecnica normativa molto ampia.
Non esercita la sola funzione normativa, anche quella esecutiva, si occupa proprio di applicare il diritto dell'Unione
Europea e svolge un’azione di vigilanza attraverso una procedura molto dettagliata, cioè la commissione per prima
cosa contesta allo stato la violazione del diritto dell'unione europea e instaura un dialogo con lo stato dicendo io qua
vedo che tu non stai adempiendo agli obblighi che ti derivano dal diritto dell'unione europea, quindi si avvia una
dialettica, lo stato risponde cercando di esercitare una difesa ed eventualmente anche cercando di raggiungere un
accordo con la commissione che magari consente l'attuazione della direttiva in termini più dilatati, ma se non si
riesce a trovare una quadra alla situazione la commissione avvia un procedimento di infrazione davanti alla Corte di
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giustizia, quindi ci sarà una controversia commissione contro stato x per la violazione da parte dello stato x del diritto
dell'unione europea, poi sarà la Corte di giustizia a decidere ed eventualmente anche a comminare delle sanzioni.
Nella materia della concorrenza la commissione è attivissima, la concorrenza è cruciale nel diritto dell'unione
europea perché l'ordinamento europeo nasce con l'obiettivo soprattutto economico di realizzare un mercato libero
aperto alla concorrenza quindi la concorrenza è una competenza fortissima in cui la commissione è leader.
La commissione può agire direttamente, comminare sanzioni direttamente a stati, imprese che violino la
concorrenza perché la concorrenza può essere violata da comportamenti degli stati stessi, ad esempio gli aiuti di
stato, se io stato italiano avvantaggio una compagnia di stato come la ex Alitalia, quella compagnia di Stato avrà
vantaggi concorrenziali rispetto ad altre compagnie non statali e questo è una violazione della concorrenza, tutti gli
operatori dovrebbero operare alle stesse condizioni, se c'è un vantaggio competitivo c'è una violazione della
concorrenza.
La commissione rappresenta l'unione in settori diversi dalla PESC, perché per la PESC c'è l'alto rappresentante.
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Il Parlamento europeo è l’organo che rappresenta il popolo, ora ha questo problema di dialettica coi parlamenti
nazionali, ha tre funzioni chiave: il potere decisionale che è sempre cresciuto, con l'eccezione sempre molto rilevante
della materia della PESC che è un settore strettamente intergovernativo quindi il Parlamento non ha nulla da dire;
potere di controllo critico nei confronti della commissione; ha strumenti che può valere nei confronti di tutte le
istituzioni che sono le inchieste e le interrogazioni. Anche il mediatore europeo che è l'organo al quale ci siamo rivolti
tutte le volte che le istituzioni europee non rispondano alle nostre esigenze comunque è stato creato nell’ambito del
Parlamento; e poi partecipa alla formazione del bilancio che è un momento importante.
La commissione è l'organo che non ha nulla a che vedere con gli ordinamenti nazionali, non abbiamo un organo
paragonabile alla commissione europea all'interno dell'ordinamento nazionale, che è appunto una peculiarità
dell'ordinamento dell’UE. È un'istituzione senz'altro politica, ma è anche un organo tecnico perché la commissione
lavora molto sui dossier sia in fase di proposizione sia poi in fase di adeguamento di questi dossier agli emendamenti
proposti.
È composta da un commissario per stato membro e questo significa che ciascun stato membro propone un
commissario che però poi entra nel gioco delle nomine e deve essere comunque accettato anche dai governi, oltre
che approvato dal Parlamento.
Caso dell'eventuale sostituzione, è accaduto che non tutti i commissari fossero perfettamente in linea con le
aspettative degli organi che devono rispettivamente approvare e poi nominare (Parlamento e Consiglio europeo) e
quindi sono previamente stati sostituiti in modo da non creare un'impasse.
La funzione della commissione molto importante è quella normativa perché la commissione non solo è l'organo che
fa partire tutta la macchina legislativa, che lavora al testo, e lo fa veramente dal basso perché inizia spesso con delle
consultazioni, la consultazione degli stakeholders e la società civile è un tratto caratteristico della legislazione
dell'unione europea.
Libri bianchi e libri verdi sono degli atti non vincolanti, degli atti di soft law, che la commissione europea ha da
sempre adottato, non erano neanche previsti dai trattati, questo per dare il senso anche di come l'ordinamento
evolve anche con una prassi che poi magari viene codificata, qui non abbiamo neanche la codificazione però la
commissione continua ad emetterli. Sono strumenti importantissimi, con i libri verdi si individuano normalmente i
temi della consultazione pubblica che precede ogni iniziativa legislativa della commissione. La consultazione pubblica
in genere pone tre domande: manteniamo lo status quo? Adottiamo uno strumento a basso impatto normativo
come può essere la direttiva che lascia spazio agli stati? Oppure ci muoviamo su un regolamento?
Il libro verde anticipa la consultazione nel senso che individua quali sono i punti di discussione. Poi il procedimento
normativo va avanti e la commissione un po’ sulla base delle informazioni raccolte prepara una proposta di atto
normativo. La proposta di atto normativo in genere è un documento che si chiama “com” (per commissione), si
compone di una relazione esplicativa quindi una relazione che indica perché si è arrivati a quella proposta normativa
che è molto importante perché la commissione non può decidere da sola dove andare a legiferare, certo che detiene
questo potere in via pressoché esclusiva, ma non può decidere da sola dove andare a parare, deve giustificare la sua
azione e sulla base degli esiti della consultazione pubblica, ma anche sulla base delle indicazioni che le altre
istituzioni offrono; quando diciamo che il consiglio europeo è un organo di l'indirizzo dell’azione europea, è chiaro
che l’azione della commissione non può che rimanere nell'ambito di quell'indirizzo.
Giustifica la sua scelta di agire in quel settore, ma poi spiega anche perché propone un determinato atto normativo,
le soluzioni che ha scelto e spesso questa proposta normativa fa riferimento a un documento che viene invece
indicato con un acronimo che rinvia a un documento di tipo tecnico invece, e talora deve accompagnare la proposta.
La proposta poi va normalmente ai codecisori della procedura legislativa ordinaria che sono Parlamento e consiglio.
Non si possono discostare molto da questa proposta, quindi è un documento che senz'altro ha un'importanza
fondamentale, deve giustificarsi, però dà uno specifico indirizzo all'azione. L’atto che viene adottato poi non è l’atto
della commissione, ma è una direttiva o un regolamento di consiglio e Parlamento, qualche volta anche solo di
consiglio su consultazione del Parlamento quindi l’atto diviene poi proprietà di altri.
Però in qualche caso previsto dai trattati la commissione ha un potere diretto di adottare un atto che risulta atto
della commissione e abbiamo due esempi: articolo 45 e articolo 106.
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Infine come potere normativa abbiamo anche la possibilità di esercitare un potere normativo delegato, se lo
chiedono consiglio o Parlamento, o di esecuzione rispetto ad un atto normativo di consiglio e Parlamento adottato in
precedenza.
Esercita anche una non affatto secondaria funzione esecutiva, la commissione è il guardiano dei trattati e controlla
che il diritto dell’UE venga rispettato ed eseguito conformemente alle aspettative.
Lo strumento che più utilizza per l'attività nell’ambito della funzione di esecuzione e di controllo è il ricorso per
infrazione che è uno di quei diversi ricorsi giurisdizionali che si possono presentare e dei quali la Corte di giustizia si
occupa, un ricorso per infrazione nei confronti dello Stato che presuppone in realtà una fase dialettica con lo stato,
non è che lo stato viene immediatamente portato davanti al giudice europeo, c’è un dialogo al quale può seguire
anche un accordo con il quale lo stato si impegna a mettersi in regola rispetto al diritto dell’UE entro un certo
periodo, o se non si raggiunge l'accordo può scattare la procedura di infrazione davanti alla corte con anche come
esito una sanzione in capo allo stato.
Può soltanto nel settore della concorrenza esserci una procedura sanzionatoria diretta della commissione, questo
perché la concorrenza è un punto chiave dell'azione dell'unione europea, perché senza regole di concorrenza non
abbiamo un mercato aperto, quindi è fondamentale che non ci sia un'ingerenza eccessiva degli stati, accordi tra
imprese, che possano passare la concorrenza. Laddove sussistano la commissione detiene in questa materia un
potere sanzionatorio diretto.
Addirittura per confermare l’importanza di questa azione è previsto un meccanismo di delazione, che viene
premiato, se un’impresa denuncia di essere parte di un accordo sulla concorrenza che viola le norme dei trattati,
ecco che questa impresa non viene sanzionata e tutte le altre sì. Tra l’altro le norme sulla concorrenza del diritto
dell'unione europea sono state copiate e incollate nelle legislazioni nazionali. Quindi abbiamo un quadro normativo
uniforme che quindi consente alla commissione di darvi applicazione diretta senza dover passare da altre autorità.
La commissione poi esercita una funzione di rappresentanza, la Von Der Leyen si rapporta verso l'esterno, è lei che
va a negoziare in via diplomatica rapporti con stati terzi. Tutto ovviamente al di fuori fuori della PESC che è sempre
l’eccezione alla regola.
L'alto rappresentante per la sicurezza e gli affari esteri è attualmente Joseph Borell.
È nominato dal consiglio europeo perché è l’organo intergovernativo per eccellenza, ma deve essere d'accordo con
la presidente della commissione.
Svolge la funzione di responsabile della PESC, così come della politica di difesa anche se è un po' il tallone d’Achille
dell'unione europea, non è ancora riuscita ad avere una vera e propria politica di difesa uniforme, ma questo è la
naturale conseguenza del fatto che anche sulla politica estera abbiamo un'azione intergovernativa.
È il vicepresidente della commissione quindi assiste la Von Der Leyen nell'azione esterna.
Presiede la formazione del consiglio in affari esteri, quando si tratta degli affari esteri il presidente non è il presidente
del consiglio di turno, ma è l’alto rappresentante.
Corte di giustizia.
Siamo un po’ al di fuori del sistema interno, del sistema nazionale, perché non abbiamo un'eguale a livello nazionale.
La corte di giustizia svolge veramente un'azione importante nel rapporto trilaterale stato-istituzioni-cittadini, ma
soprattutto è stata insieme alla commissione cruciale nel processo di integrazione europea.
Le pronunce della Corte di giustizia hanno fatto miracoli, hanno smosso l'azione degli stati più a volte di alcuni
trattati di modifica, anzi spesso i trattati di modifica si trovano a recepire l'esito di una giurisprudenza della corte di
giustizia.
L'analisi della giurisprudenza della Corte di giustizia è interessante perché sono questioni che riguardano la vita di
tutti i giorni e questo fa sì anche che la Corte di giustizia tiri giù a terra il diritto dell'unione europea, lo renda
concreto, dia un po' all’ordinamento europeo quella caratteristica del pragmatismo che dà l'idea di essere qualcosa
di molto vivo, di molto vicino a noi.
La corte è composta da un giudice per ogni stato membro, i giudici sono lì perché sono esperti di diritto.
I giudici sono assistiti dagli avvocati generali. L'avvocato generale oggi nelle cause più complesse (prima sempre
invece oggi dopo Lisbona soltanto nelle cause complesse), redige le proprie conclusioni e le conclusioni per studiare
un caso sono uno strumento utile perché danno un quadro del contesto.
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Alla fine l'avvocato generale propone anche una possibile soluzione della controversia che non è affatto vincolante
per la Corte giustizia, anzi spesso la corte si discosta da queste conclusioni e spesso lo precisa anche nella sentenza.
Ha due funzioni principali: decide sulle azioni proposte uno stato membro, da un'istituzione o da una persona fisica e
giuridica, quindi una funzione giurisdizionale propria; e ha una funzione invece più costruttiva che si esplica in due
direzioni, una è quella di fornire pareri, per esempio l'articolo 218 del trattato sul funzionamento dell'unione
europea prevede che ogni volta che l'unione vada a concludere un trattato internazionale si chiede alla Corte di
giustizia cosa ne pensa; la funzione costruttiva la esercita anche attraverso l'altro strumento che è il rinvio
pregiudiziale su interpretazione e validità degli atti, ossia quel meccanismo di cooperazione tra giudici nazionali e
giudice europeo attraverso il quale il giudice nazionale ogni volta che si trova a dover definire una controversia che
comporta l'applicazione del diritto dell'unione europea e trovi davanti una questione di interpretazione non avendo
chiaro come il diritto dell'unione europea deve essere interpretato, ha l'obbligo di interrompere la causa e di porre
una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia che così fornirà l'interpretazione autentica del diritto dell’UE con
riferimento a quella specifica situazione. Sarà poi compito alla fine del giudice nazionale una volta avuta questa
indicazione, risolvere il caso concretamente alla luce dell'interpretazione fornita dalla corte, una funzione proprio
consultiva analoga a quella del parere.
Il trattato prevede anche organi consultivi, i più famosi sono quelli previsti dal trattato, ma ci sono molti altri organi
consultivi che in singole materie vengono costituiti ad esempio nei trasporti. Quelli che nella procedura decisionale
vengono previsti sono: uno è il comitato economico e sociale e l'altro è il comitato delle regioni.
Il comitato delle regioni rappresenta città, regioni, enti locali dei diversi stati membri, venendo meno uno stato
membro abbiamo meno rappresentanti; non muta invece il comitato economico sociale nella composizione perché
parliamo di organizzazioni di lavoratori, organizzazioni dei datori di lavoro, componenti della società civile, in tutte le
aree economica, civica, professionale, culturale quindi un organo che dovrebbe rappresentare un po' la popolazione
sia nella sua dimensione economica che nella dimensione sociale e culturale, anche se per quanto riguarda il welfare
e la cultura le competenze dell'unione sono puramente di sostegno.
Guardando l'iter normativo di una proposta si vede: la proposta della commissione, la consultazione magari dei suoi
organi che possono dire sì o no rispetto ad un’azione, la lettura in Parlamento, la lettura in consiglio, un'eventuale
seconda lettura in Parlamento, una eventuale seconda in consiglio, e poi l'adozione dell'atto normativo.
Queste posizioni del comitato delle regioni e/o del comitato economico sociale possono incidere, ma non è detto,
nella procedimento.
Rispetto all'intervento del consiglio dell'Unione Europea e del Parlamento questi comitati aggiungono un quid pluris
rispetto al singolo atto considerato, perché è vero che il Parlamento rappresenta i cittadini però è vero che lavora
con commissioni tecniche che hanno poi delle competenze sugli specifici argomenti, però non riesce a
ricomprendere tutte le componenti che possono essere interessate da un determinato atto, e quindi il fatto che
possano partecipare organizzazioni di lavoratori che hanno un orientamento molto specifico, arricchisce il dibattito.
La loro funzione è consultiva.
Poi c'è la grandissima famiglia delle agenzie europee che sono una diramazione dell'apparato dell’organizzazione
internazionale. Attualmente sono circa 40, ad esempio l’EMA è un'agenzia europea che si occupa di salute, nel
settore dei trasporti sono almeno 4, una per le diverse modalità di trasporto.
La caratteristica di queste agenzie è che aiutano le istituzioni non soltanto nel momento decisionale, lavorando
anch’esse sulle soluzioni tecniche, ma soprattutto nel momento dell’attuazione, perché se per esempio c'è l'agenzia
ferroviaria europea che si occupa di monitorare gli incidenti ferroviari, è chiaro che l'agenzia è l'organo che meglio
può dare senso di come il diritto dell'unione europea viene applicato in relazione al trasporto ferroviario perché lo
vede applicarsi tutti i giorni, e così vale per tutte le agenzie. Non sono altro che un necessario completamento
dell’apparato amministrativo dovuto anche alla grande estensione delle competenze dell'unione europea.
Le fonti.
Il quadro istituzionale è complesso, lo stesso è il quadro normativo, la complessità rispecchia un po’ sempre il
carattere sui generis di questa organizzazione.
L'altra caratteristica è che c'è questo graduale arricchimento, tanto dei quadri istituzionali tanto nel quadro
normativo che è in continua evoluzione, diventa sempre più sofisticato e si adatta sempre più ai bisogni
dell'organizzazione.
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Il quadro normativo è una delle caratteristiche specifiche dell'Unione Europea e lo abbiamo già visto nel Parere 1/17
che riguardava l’accordo Canada – Ue su questioni commerciali. È interessante vedere come si dice che il diritto
dell’Ue si caratterizza per la circostanza di essere il prodotto di una fonte autonoma, costituita dai Trattati, per il suo
primato sui diritti degli SM nonché per l’efficacia diretta di tutta una serie di disposizioni applicabili ai loro cittadini e
agli stessi SM.
La peculiarità del quadro istituzionale (triangolo UE in alto e in basso stati membri e individui) si riflette anche a
livello di fonti perché nel rapporto tra diritto dell’UE e stati membri vale il principio del primato; e nel rapporto tra
UE e individui vale il principio dell’effetto diretto.
Questa autonomia, originalità dell’ordinamento europeo è proprio data dal fatto che l'unione si è dotata di quello
che il parere definisce un quadro costituzionale che le è proprio, include da un lato i valori fondatori dell'unione
europea (articolo due) e a questi valori si uniscono i principi generali di diritto dell'unione europea, sono quei principi
che necessariamente negli ordinamenti di dimensione internazionale servono perché non sono ordinamenti
completi che quindi si autosostengono, ma hanno bisogno viste le inevitabili lacune di principi integrativi, in questo
caso abbiamo principi generali dell'unione europea. Hanno qui anche una valenza ulteriore che è quella di
promuovere determinati obiettivi, non solo di colmare le lacune. Poi ci sono le disposizioni della carta dei diritti
fondamentali dell'unione europea e l'ultimo elemento di questo quadro costituzionale sono i trattati sull’UE e sul
funzionamento, che dice la Corte contengono norme su attribuzione e ripartizione delle competenze, sul
funzionamento delle istituzioni e del sistema giurisdizionale, norme fondamentali dei settori specifici strutturati in
modo da consentire la realizzazione dell'integrazione che è un obiettivo dell’unione. Quindi la Corte si è spinta in
questo parere a parlare di quadro costituzionale quasi a dire che ci sono delle fonti, i valori, i principi generali, la
carta e i trattati che occupano una posizione speciale paragonabile a quella che negli organi nazionali occupa la
costituzione. Laddove non si riesca a recuperare a livello normativo qualche volta è la corte che ci dice questi sono
particolarmente importanti hanno un valore costituzionale.
Parere del 91 sempre che la Corte rendeva in relazione ad un accordo internazionale che veniva rinegoziato, era
l’EFTA (European Free Trade Association, con Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera) che è un accordo che
replica pur con delle significative differenze, le norme sul mercato interno anche rispetto a questi stati ulteriori che
risentono un po’ dell'impatto dell’esistenza di un mercato interno ed hanno interesse ad adottare norme non del
tutto identiche ma quantomeno finalizzate a garantire la circolazione. La differenza lo dice la corte lo Spazio
Economico Europeo deve essere realizzato sulla base di un trattato internazionale che crea solo diritti ed obblighi fra
le parti contraenti e che non prevede alcun trasferimento di poteri sovrani in favore degli organi intergovernativi da
esso istituiti.
Il trattato CEE, fonte di diritto primario, una delle fonti che fa parte del quadro costituzionale, costituisce la carta
costituzionale di una comunità di diritto, un salto da un mero accordo tra stati a una carta che la Corte definisce
costituzionale perché questi trattati installano un ordinamento giuridico di nuovo genere a favore del quale gli Stati
hanno rinunziato, in settori sempre più ampi, ai loro poteri sovrani e che riconosce come soggetti non solo gli stati
ma anche i loro cittadini.
Le caratteristiche fondamentali dell'ordinamento giuridico comunitario così istituito sono, in particolare, la sua
preminenza sugli stati e l'efficacia diretta sui cittadini.
Quindi abbiamo capito che c’è un quadro costituzionale formato da valori, principi generali, carta e trattati,
sappiamo che il trattato CEE, ma lo stesso discorso lo possiamo oggi trasferire al trattato UE e sul funzionamento, è
un trattato un po’ diverso dai trattati internazionali che siamo abituati a vedere perché crea una comunità di nuovo
genere del quale non sono protagonisti sono gli stati ma anche gli individui, e nel quale il diritto che viene creato da
questa comunità di nuovo genere prevale sul diritto interno e può avere efficacia diretta sui cittadini.
Il quadro delle fonti lo approcciamo in questo modo, sapendo che ci sono delle fonti particolarmente importanti,
ossia il diritto primario ossia i trattati istitutivi (ma non solo); poi c'è invece tutto un apparato normativo che ha
contenuto gli atti previsti dai trattati, quindi le cosiddette fonti di terzo grado che includono le direttive, i
regolamenti, le decisioni, ma anche fonti non vincolanti come le raccomandazioni.
Partiamo quindi dai trattati TUE e TFUE e da questo loro asserito carattere costituzionale dalla Corte di giustizia. Il
rilievo che questi trattati hanno lo dichiarano gli stessi trattati, l'articolo uno sul TUE dice con il presente trattato, le
Alte Parti Contraenti (stati membri) istituiscono tra loro un’Ue alla quale gli SM attribuiscono competenze per
conseguire i loro obiettivi comuni, questo trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un'unione
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sempre più stretta tra i popoli dell’Europa (integrazione), in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente
possibile e vicino ai cittadini. L'unione si fonda su questo trattato e sul TFUE, i due trattati hanno lo stesso valore.
Lo stesso dice il trattato sul funzionamento dell'unione europea: il presente trattato (a differenza dell’altro) organizza
il funzionamento e determina i settori, la delimitazione e le modalità d’esercizio delle sue competenze. Insieme al
TUE costituiscono i pilastri su cui è fondata l’Unione. I due trattati, che hanno lo stesso valore giuridico, sono
denominati «i trattati».
I trattati sono una costituzione? La risposta in realtà è no, perché i trattati non hanno una struttura costituzionale,
per contro hanno una struttura molto dettagliata che contiene moltissime norme di dettaglio e di funzionamento
dell'organizzazione internazionale. Non sono neanche del tutto assimilabili l’uno all'altro perché si può vedere nel
trattato sul funzionamento una funzione servente rispetto al trattato sull’UE, e per altro per le modifiche di questi
trattati ci sono due procedure diverse.
Quello che però è vero è che questi due trattati sono oggi diritto dell'unione europea primario ed è vero anche che
non parliamo di trattati nel senso del diritto internazionale, ma parliamo di trattati come un quid pluris che è dato
da: il metodo di interpretazione, i trattati devono essere interpretati secondo quello che prevede la convenzione di
Vienna del diritto dei trattati del 69 che dagli articoli 31 a 34 indica delle regole di interpretazione che si basano sul
metodo oggettivo di interpretazione, ossia il metodo che guarda al testo del trattato letterale e al contesto di
riferimento a tutti gli atti che possono aiutare l’interpretazione di quel trattato. Quando invece andiamo a
interpretare i trattati istitutivi UE e FUE, quando la Corte lo fa (l'unica deputata a farlo) non utilizza un metodo
oggettivo, utilizza un metodo invece sistematico e teleologico. Sistematico vuol dire che guarda al complesso delle
fonti di diritto primario, quindi ai due trattati insieme, e teleologico quindi rispetto alla finalità che è quella che
diceva l'articolo uno del TUE, creare un'unione sempre più stretta tra i popoli con un metodo che si avvicini sempre
di più ai cittadini. La corte va ben oltre il dato letterale in quelle decisioni che si caratterizzano per un certo
pragmatismo, la Corte di giustizia va oltre il dato letterale si rifà agli obiettivi che questa organizzazione si pone che
sono obiettivi molto alti e li persegue, tant'è vero che è proprio la giurisprudenza della Corte di giustizia che qualche
volta spinge l’azione dell'Unione Europea oltre e fa avanzare il diritto dell'unione europea.
Mentre i trattati internazionali “normali” quando devono essere emendati, revisionati basta che ci sia l'accordo di
quelli che l'hanno ratificato e possono modificarlo a loro piacimento, così non è per i trattati UE e FUE con i quali
bisogna invece attivare una vera e propria procedura non banale, si attua una conferenza che dà luogo a un comitato
di lavoro e si va avanti, fino ad arrivare ai trattati di revisione l'ultimo di quali il trattato di Lisbona che modificano il
quadro normativo.
Siamo di fronte a fonti che definiamo di diritto primario e la Corte di giustizia ha definito costituzionali forse anche
per far risaltare queste specificità del metodo interpretativo e del metodo di revisione.
La procedura di revisione è molto articolata coinvolge le istituzioni largamente, può essere anche stimolata non solo
dalle istituzioni ma anche dagli stati membri e le modalità sono: la convocazione di una convenzione dove operano i
rappresentanti degli stati o una vera e propria conferenza intergovernativa tipica dei trattati internazionali con uno
specifico mandato. Non avviene secondo la regola tipicamente intergovernativa che invece regola la verifica dei
trattati internazionali.
Una precisazione che forse è solo più un valore politico che giuridico, nell'articolo 48 si precisa che la revisione può
portare così come ad un aumento delle competenze dell'unione anche a una riduzione, cioè si potrebbe anche
tornare un po' indietro.
Quando parliamo di diritto primario parliamo del diritto dell’unione europea, del TUE e del TFUE, ma costituiscono
diritto primario anche i trattato di modifica e importantissimo i protocolli allegati ai trattati istitutivi.
Questi protocolli in realtà hanno spesso un rilievo fondamentale, ad esempio il protocollo che prevedeva una
applicazione differenziata della carta dei diritti fondamentali a Regno Unito e Polonia; il protocollo numero 2 regola
l'applicazione del principio di sussidiarietà e il controllo che i parlamenti nazionali possono avere sul principio di
sussidiarietà, altro argomento molto importante che fa meglio capire il potere dei parlamenti nazionali così come
definiti da una norma del trattato (l'articolo 12). Nei protocolli spesso troviamo anche gli statuti di alcune istituzioni.
Si attuano queste importanti scelte normative a livello di protocollo per non appesantire troppo il quadro normativo;
la seconda ragione è che qualche volta la disciplina ha meramente carattere transitorio e allora non ha senso
prevederla nel trattato dove disturberebbe poi lo scadere del termine, la metto nel protocollo quando poi decade il
termine la norma non si applicherà più.
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In altri casi ad esempio quello del protocollo sulla carta per Polonia e Regno unito, è anche uno strumento di
applicazione differenziata.
Questi protocolli in realtà sono, quando si tratta di strumenti di applicazione differenziata, veramente il
compromesso che è stato raggiunto pur di non arretrare rispetto al quadro normativo principale.
I protocolli sono parte integrante dei trattati quindi hanno lo stesso valore giuridico dei trattati e sono fonti di rango
primario, non è così per le dichiarazioni.
Sono fonti di diritto primario anche i trattati di adesione di ingresso così come quelli di recesso.
Il trade union che tiene insieme tutte queste fonti è la volontà degli stati.
Le dichiarazioni invece sono sempre allegate ai trattati istitutivi ma non hanno valore normativo, sono piuttosto
strumenti interpretativi. Qui si che vale il discorso della convenzione di Vienna che si riferisce al contesto, agli
strumenti che possono aiutare l’interpretazione, le dichiarazioni sono troppi strumenti che possono aiutare
l'interpretazione delle norme contenute nei trattati.
Quella che veniva chiamata carta di Nizza era un atto di soft law non vincolante che era stata proclamata dalle
istituzioni con un accordo segreto che nessuno la citasse soprattutto i giudici nelle loro sentenze, poi diventa la carta
europea dei diritti dell'uomo con il trattato di Lisbona e viene inclusa nel diritto dell'unione europea primario in una
versione emendata che non è più quella del 2000 ma è del 2006, oggi ha lo stesso valore giuridico dei trattati con
tutte quelle incongruenze che abbiamo per il fatto che abbiamo un catalogo vincolante ma la competenza in materia
di diritti umani resta in capo agli stati.
Quindi se la carta equivale ai trattati anche per eventuali modifiche della carta dovremmo andare attraverso la
procedura di revisione speciale che caratterizza il diritto primario dell'unione europea.
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Una distinzione si può fare tra fonti di diritto primario e secondario, fonti internazionali di secondo livello che sono i
trattati che trovano la loro ragion essere nella consuetudine pacta sum servanda e poi le fonti di terzo livello che
sono le fonti previste dai trattati. Questa distinzione ritorna nel del diritto dell’UE dove abbiamo le fonti pattizie nei
trattati istitutivi che possono essere a loro riconosciuto un valore, un’efficacia particolarmente rilevante
nell’ordinamento dell’UE perché vanno a disciplinare i principi fondamentali dell’ordinamento europeo e perché
sono fonti che danno luogo a un fenomeno giuridico particolare che esplica un effetto particolare non solo nei
confronti degli stati membri con la regola del primato ma anche nei confronti di cittadini con il principio dell’effetto
diretto. Quindi questo è il carattere peculiare di queste fonti che restano pur sempre dei trattati internazionali ma
che nell’ordinamento dell’unione europea acquisiscono un ruolo molto particolare. Nelle lezioni precedenti abbiamo
preso parerei nei quali si conferma come il quadro normativo con il quadro istituzionale caratterizzino in senso di
specialità l’ordinamento europeo rispetto agli altri soggetti di diritto internazionale.
I trattati sono una costituzione o no? No, non abbiamo uno strumento che ha questa struttura costituzionale e il
tentativo di realizzarlo nel 2004 è di fatto fallito, noi qua abbiamo dei trattati molto diversi tra loro il TUE contenente
norme di principio, i primi sistemi embrionali al sistema delle competenze e alle istituzioni e poi abbiamo tutte le
norme di dettaglio, di funzionamento delle politiche europee contenute nel TFUE che ha questa funzione servente
rispetto al TUE anche se hanno lo stesso rango all’interno della gerarchia delle fonti e come proprio essi stessi dicono
integrano un complesso normativo unico, fanno parte di un quadro normativo unico. Vero è che la specialità di
questo quadro normativo si evidenzia soprattutto in relazione all’interpretazione di questo quadro e qui la corte di
giustizia lo ha sottolineato questa specialità fin dall’inizio con la sentenza Van Gend en Loos per prima ci fanno capire
come sia stata importante la spinta che la giurisprudenza della corte di giustizia dell’unione europea ha dato al diritto
dell’UE, spinta unidirezionale verso la crescita e l’integrazione di questo sistema mai un ritorno indietro.
Quindi esempi di giurisprudenza van Gend en Loos e la sentenza Whitman nel senso di riconoscere non solo la
specialità dell’ordinamento dell’unione europea ma anche questa interpretazione teleologica cioè verso il telos,
l’obiettivo dell’integrazione che non risponde alle tradizionali tecniche di interpretazione che noi siamo abituati a
conoscere nel settore dei trattati internazionali perché non vi è dubbio che la convenzione di Vienna del69 sul diritto
dei trattati agli articoli 31 e seguenti imponga una interpretazione di tipo oggettivo che sia basata su un dato
letterale e sul contesto di riferimento. Qui andiamo oltre il dato letterale ma verso l’obiettivo dell’integrazione,
questo è il quid pluris che ci fa capire che non siamo di fronte a meri trattati ma trattati con caratteristiche speciali.
Seconda caratteristica è la procedura di revisione, i trattati si possono revisionare, emendare con l’accordo degli stati
membri qui non basta, qui bisogna convocare una conferenza vengono ovviamente fortemente coinvolte le
istituzioni dell’unione europea e poi una volta ottenuto l’emendamento, il nuovo trattato, il trattato modificativo dei
trattati esistenti si passa alla procedura di firma e ratifica che deve coinvolgere tutti gli stati membri, basta che uno
stato non ratifichi e l’emendamento non viene approvato.
Non sono solo i trattati istitutivi a formare il diritto primario dell’UE ma anche tutti i trattati di modifica, i protocolli
che sono molto importanti perché aiutano a non appesantire il quadro normativo di riferimento, a dare un quadro
intertemporale di adeguamento per quando ce ne sia bisogno e strumento di applicazione differenziata. I protocolli
sono come mini trattati internazionali e quindi come loro costituiscono parte integrante del diritto dell’UE primario.
Trattati di accesso e recesso.
Il carattere che accumuna tutte queste fonti trattati di modifica, protocolli, trattati di ingresso e uscita è che sono
trattati che esprimono la volontà di tutti gli stati membri. La distinzione di questi trattati e quelli istituti TUE e TFUE è
che questi insieme alla carta costituiscono il quadro normativo primario di rifermento soggetto a quelle
interpretazioni particolari, procedure di emendamento che abbiamo visto.
Diverso è il valore delle dichiarazioni anch’esse legate alla carta, queste sono prive di valore normativo non sono
quindi fonti di diritto primario ma sono strumenti interpretativi perché consentono di meglio apprezzare il contesto
nel quale un trattato internazionale è stato formulato. Le dichiarazioni vengono apposte in sede di modifica dei
trattati internazionali per meglio precisare la posizione di uno stato membro ma non hanno un valore vincolante.
La carta dei diritti fondamentali, ha sempre avuto una vita incerta, è stata proclamata come catalogo di diritti
comune a tutti gli stati dell’UE nel 2000 a Nizza dalle istituzioni con l’accordo però di non richiamarla troppo perché
era incerto il valore. Si è tentato di concluderla nel trattato che adotta una costituzione per l’Europa e quindi di
attribuirgli carattere vincolante nel 2004 ma il procedimento è fallito anche proprio per il carattere vincolante
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riconosciuto in quel trattato alla carta e quindi dal 2004 fino al trattato di Lisbona del 2009 si è trattato di un atto di
soft law che ha iniziato ad avere un suo valore perché qualche rifermento nella giurisprudenza della corte di giustizia
in realtà vi è stato all’indomani della dichiarazione di questa carta sempre però il richiamo alla carta veniva sempre
dopo al richiamo della CEDU si chiamava una norma nella giurisprudenza della corte della CEDU e la corrispondente
norma della carta quasi a dire la CEDU è chiaramente vincolante per tutti gli stati membri dell’unione perché tutti gli
stati l’hanno ratificata, invece la carta conferma ma non ha questo valore giuridico così importante.
Posto Lisbona art sei TUE chiarisce che ha lo stesso valore giuridico dei trattati quindi parliamo di un atto del diritto
dell’UE primario che ricondivide con il TUE e TFUE quelle caratteristiche speciali che fanno dell’ordinamento europeo
un ordinamento sui generis quindi anche la carta è soggetta alla procedura formale di revisione e anche lei diventa
uno degli elementi che vengono utilizzati nella prassi nell’attività di tutti i giorni nelle istituzioni, quindi quando si
adotta un atto normativo si deve fare i conti con i diritti della carta questo segna un passo importante in quella che
era una comunità esclusivamente economica che con il trattato Maastricht si adatta all’obiettivo di diventare invece
un’unione sempre più vicina ai cittadini e con il definitivo riconoscimento del carattere vincolante della carta impone
a qualunque attività dell’UE di rispettare quel catalogo di diritti fondamentali, il tutto senza che l’UE acquisisca delle
specifiche competenze in materia di diritti umani, in realtà non è necessario che l’unione eserciti delle competenze in
materie di diritti umani perché quella competenza resta agli stati membri nel rispetto della carta, nel rispetto di
questi diritti fondamentali che accomunano tutti gli stati dell’unione europea.
Quali sono gli effetti delle norme del diritto primario.
Nei confronti degli stati membri l’effetto è forte perché il diritto dell’UE ha il primato sul diritto interno e quindi il
primato impone che ogni volta che vi sia una norma interna che contrasti con il diritto dell’UE sorga un obbligo di
disapplicazione del diritto interno e di applicazione del diritto dell’UE. Questo obbligo non è facile da rispettare
perché si pongo questioni interpretative delicate e spesso sorge l’esigenza di chiedere aiuto alla corte di giustizia
dell’unione europea, unico interprete autentico del diritto dell’UE, nel senso che si utilizza quella procedura di rinvio
pregiudiziale che fa sì che il giudice nazionale trovandosi di fronte a una questione di incompatibilità fra diritto
interno e diritto dell’UE si ferma, sospende il giudizio rinvia attraverso un’ordinanza contente le questioni da
sottoporre alla corte di giustizia e essa risponde a quelle questioni di interpretazioni, dando al giudice nazionale la
linea interpretativa che deve seguire ma lasciando al giudica nazionale che è meglio posizionato per farlo il compito
di decidere nel caso di specie, quindi la corte di giustizia non dice chi ha torto o chi ha ragione rispetto a una
controversia, la corte di giustizia dice che una determinata norma del diritto dell’UE deve essere interpretata in quel
determinato o che una norma di diritto interno per come configurata e proposta all’attenzione della corte può essere
in contrasto con una norma di diritto dell’UE e quindi deve essere disapplicata, da questa interpretazione la corte di
giustizia lasciando poi al giudice nazionale il compito di risolvere la questione sulla base dell’indicazione. Queste
questioni si pongono tanto a livello di diritto primario di trattati quanto a livello di applicazione di diritto dell’UE
derivato quindi direttive e regolamenti. Con riferimento agli stati membri le norme del trattato creano
immediatamente degli obblighi come tutti i trattati internazionali, il quid pluris degli obblighi che comportano
addirittura la disapplicazione delle norme interne.
Quindi il fatto che le norme pattizie creano degli obblighi in capo agli stati non è nuovo il quid pluris è che questi
trattati sono talmente importanti, godono di una forza speciale nel nostro ordinamento che determinano l’obbligo di
disapplicazione.
Nei confronti dei cittadini che fanno parte dell’ordinamento europeo a pari delle istituzioni e degli stati, non tutte le
norme dei trattati hanno effetto diretto, determinano in capo ai singoli situazioni giuridiche suscettibili di essere
invocate davanti al giudice nazionale. L’effetto diretto che è veramente uno dei principi più importanti e originali del
sistema europeo è quell’effetto che viene riconosciuto a norme tanto di diritto di diritto dell’UE primario dei trattati
quanto di diritto dell’UE secondario ogni volta che si è davanti a norme chiare, precise, complete e incondizionate
che possono essere direttamente invocate dai cittadini senza intermediazione degli stati allora se un cittadino è di
fronte a una norma di questo tipo può chiederne applicazione diretta, può far valere l’effetto diritto di questa norma
invocandolo contro uno stato, un altro privato perché è proprio la peculiarità dei trattati europei quella di esplicare
un ulteriore effetto non solo l’obbligo di disapplicazione nei confronti degli stati ma anche la possibilità per i singoli in
determinate circostanze di far valere direttamente le norme del trattato, di poterle invocar in giudizio, di poterle
considerare norme dirette a loro stesse e quindi direttamente applicabili.
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Questo concetto non stupisce molto perché proprio il caso van Gend en Loos uno dei più risalente stato il caso nel
quale è stato riconosciuto un effetto diretto all’allora art 12 che prevedeva l’abolizione dei dazi doganali alle
frontiere che Van Gend en Loos ha invocato direttamente difronte all’amministrazione statale, ha detto c’è una
norma chiara, precisa che mi dice che dovete abolire tutti i dazi alle frontiere, io trovo un dazio che mi fa salire il
prezzo del prodotto che voglio importare la norma effetto diretto chiedo alla Corte l'interpretazione corretta, posso
farla valere in giudizio? La Corte ha detto senz'altro è una norma che produce un effetto diretto e quindi il singolo la
puoi invocare.
Lo stesso principio è stato affermato nel caso Simmenthal, la carne, che riguarda appunto l’importazione di carne e
ai così detti diritti di visita sanitaria cioè pagamento di importi dovuti all’ispezioni sanitarie che venivano svolte sulla
carne importata.
Ha oggetto questa disciplina e la sua legittimità, compatibilità con il diritto dell’UE.
Caso Simmenthal 106/77.
Riportiamo questa sentenza che è poi stata decisa nell’anno successivo il 78 ma era già stato posto all’attenzione
della corte questo caso sempre sulla questione che riguardava un caso italiano, nasceva tutto da un pretore, il quale
si era posto il problema, si era chiesta la condanna dell’amministrazione finanziaria delle finanze dello stato italiana
alla restituzione dell’importo che l’importatore di Simmenthal aveva dovuto pagare per queste ispezioni. Tutto ciò
che riguardava la circolazione delle merci soprattutto degli alimenti è una materia che tipicamente il diritto
dell’unione europea ha affrontato e infatti c’era già un bel regolamento del 68 che disciplinava proprio la materia
dell’organizzazione del mercato bovino e prevedeva una serie di norme in cui regolava anche il costo delle visite
sanitarie per l’ispezione sulle carni bovine.
Il caso originariamente era stato posto in ragione del fatto che erano stati riscossi questi diritti di ispezione sanitaria
che appunto il produttore riteneva ingiusti perché non espressamente previsti da questo regolamento europeo e nel
primo caso Simmenthal era stato dato ragione alla Simmenthal e quindi era stata condannata l’amministrazione alla
restituzione degli importi. L’amministrazione non procede alla restituzione degli importi e quindi si deve fare un’altra
azione per ottenere questi importi allora si va di nuovo davanti al giudice, sempre il solito pretore e la questione si
ripone perché nel frattempo c’è stato un adeguamento delle tabelle con la legge italiana del 70 e si pone di nuovo la
questione se anche una disciplina successiva al regolamento europeo possa essere oggetto di valutazione circa la
compatibilità con il diritto dell’UE quindi c’è un regolamento sanitario, sono stati riscossi degli importi che questo
regolamento sanitario non prevedeva entro il 68 e la Simmenthal dice che sono indebiti e il giudice dà ragione poi
una legge successiva italiana continua a disciplinare questo argomento e la Simmenthal dice di nuovo non va bene è
incompatibile con il diritto dell'unione europea anche se ha una disciplina successiva e il pretore di Susa dice mi
sembra anche a me così chiediamo alla Corte di giustizia dell'unione europea e la Corte di giustizia dell'unione
europea ha l'occasione per chiarire una volta per tutte cosa significa preminenza primato del diritto dell'unione
europea sul diritto interno e non solo riesce anche a precisare che cosa significa effetto diretto quindi qual è l'effetto
che queste norme possono avere sui singoli. La corte nell'interpretazione sembra dare ragione alla Simmenthal ossia
che non è possibile prevedere norme interne in contrasto col diritto dell'unione europea anche successive
all'adozione di un regolamento europeo e quindi poi lascerà al pretore di Susa l'eventuale condanna ulteriore
dell'amministrazione statale ma qui dice “dire che le norme di diritto dell'unione europea sono direttamente
applicabili vuol dire che queste norme deve esplicare pienamente i loro effetti in maniera uniforme in tutti gli Stati a
partire dall'entrata in vigore per la durata della loro validità. Le disposizioni direttamente applicabili sono fonte
immediata di diritti e obblighi per tutti colori che se riguardano siano questi Stati membri o singoli”, quindi a
prescindere dal fatto che si tratti di Stati o di singoli.
Questo effetto riguarda anche i giudici che nell'ambito della loro competenza sono organi dello Stato e quindi
devono nell’esercizio delle loro funzioni di tutela riconoscere questa preminenza del diritto dell'unione europea
questo effetto diretto.
Poi si parla della preminenza del diritto dell'unione europea e si dice che “in forza di questo principio le norme del
trattato e gli atti di diritto dell'unione europea derivati hanno l'effetto non solo di rendere inapplicabile qualsiasi
disposizione interna preesistente, ma anche di impedire che gli Stati legiferino contro il diritto dell’UE in modo
incompatibile con il diritto dell’UE” quindi a prescindere dal fatto che la disciplina esistesse prima del regolamento
del 68 o sia stata adottata anche con nuove tabelle successivamente al regolamento del 68, che disciplinava appunto
le modalità di circolazione della carne bovina, non importa, comunque sia una norma interna in contrasto con il
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diritto dell’UE non va ben e il giudice in quanto parte, funzionario dello Stato deve rispettare l'effetto diretto e
primato e quindi deve disapplicare questa disciplina.
Il giudice nazionale, infatti, dice “incaricato di applicare disposizioni del diritto dell’UE ha l'obbligo di garantire la
piena efficacia di tali norme disapplicando all'occorrenza qualsiasi disposizione contrastante della legislazione
interna anche posteriore. Senza dover chiedere o attendere la prima rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi
altro procedimento costituzionale”. Prima che entrassimo a far parte del diritto dell’UE qualunque questione
attinente alla illegittimità di una norma interna doveva necessariamente passare per il vaglio della Corte
costituzionale e accade ancora oggi per tutto ciò che non è diritto dell’UE e solo il diritto dell’UE che ha questa
particolare valenza tale per cui determina l'immediata disapplicazione del diritto interno contrastante con il diritto
dell’UE anche se posteriore alla norma di diritto dell’UE qui considerate. Questa è la specialità che queste norme di
diritto dell’UE siano esse primarie caso van Gend en Loos siano secondarie caso Simmenthal producono
nell'ordinamento, non occorre attendere la pronuncia della Corte costituzionale che esponga dall'ordinamento
interno la norma contrastante con il diritto dell’UE. È un passaggio un principio che è stato espresso nella causa
iscritta a ruolo nel 77 decisa l'anno successivo. il numero della causa della causa è 106 il numero successivo è la
l'anno, non l'anno nel quale la causa è stata decisa ma nel quale la causa è stata presentata al giudice europeo.
Anche nell'unione europea esiste questa particolare categoria di principi generali che hanno una specifica funzione
cioè quella di dare pienezza all'ordinamento dell'unione europea che gli ordinamenti nazionali di per sé hanno e gli
ordinamenti come quello dell’UE che sono ordinamenti rispetto ai quali gli Stati cedono porzioni di sovranità,
attribuiscono poteri chiaramente non possono avere perché è una crescita di poteri progressiva e che viene
realizzata ma mai la pienezza di poteri perché appunto poi esistono gli Stati.
Questi principi generali di diritto prima del trattato di Lisbona avevamo un'idea molto vaga anche se la Corte di
giustizia (un altro caso in cui anticipa quello che poi i trattati di modifica dicono) aveva chiarito che ci sono un
substrato di principi che accomunano tutti gli Stati dell’UE che sono principi che derivano dalle loro costituzioni, che
derivano dal fatto che gli Stati membri sono tutti parte della CEDU, quindi una serie di principi che sono un
patrimonio comune e che ci possono aiutare a rendere più completo l'ordinamento dell'unione europea.
Questa giurisprudenza che la Corte di giustizia ha portato avanti negli anni per dare proprio dignità all’ordinamento
dell’UE è stata recepita nel trattato di Lisbona sempre nell'articolo sei che diventa un articolo molto pesante e fa
proprio riferimento ai principi generali di diritto dell’UE richiamando i diritti fondamentali garantiti dalla CEDU le
tradizioni costituzionali come parametri di questi principi.
Quindi abbiamo una serie di valori, principi, diritti che sono considerati comuni ma con magari diversi livelli di tutela
però comuni e quindi idonei a costituire questo questa specifica fonte di diritto dell’UE che sono i principi generali. I
principi generali sono nominati spesso dalla giurisprudenza della Corte di giustizia per risolvere questioni dubbie
sempre nell'ottica di una più forte integrazione e sono anche richiamati nel quadro della responsabilità
extracontrattuale dell’unione, cioè quando l'unione determini con i suoi comportamenti dei danni al di fuori di
rapporti contrattuali quindi ogni che determini un illecito e a questo segua un danno, i principi comuni generali
acquisiscono anche il ruolo non solo di integrare di dare pienezza ordinamento ma anche di risolvere eventuali
questioni pratiche come il risarcimento dei danni da responsabilità extracontrattuale.
Dovessimo indicare questi principi generali ci troveremmo nella stessa identica posizione di difficoltà che troviamo
quando dobbiamo dare un inquadramento dei principi generali di diritto internazionale che sono da un lato i principi
generali dell'ordinamento internazionale dall'altro i principi generali delle azioni civili. Principi generali di diritto
internazionale sono proprio i principi che ispirano i rapporti tra Stati e quindi ad esempio il principio di non
ingerenza, di rispetto della sovranità degli Stati, di autodeterminazione dei popoli e poi ci sono invece quelli delle
Nazioni civili che riguardano ciascun ordinamento statale che qualche volta vengono utilizzati a livello internazionale
per risolvere questioni. Questo sul fronte del diritto internazionale ma comunque abbiamo sempre un po’ una
difficoltà definitoria per questi principi generali perché non c'è una lista ufficiale condivisa a livello degli Stati della
comunità internazionale allo stesso modo non c'è una lista a livello di Stati europei di quelli che sono i principi
generali del diritto dell'unione europea, senza dubbio il principio di leale collaborazione tra istituzioni e con gli Stati
membri ed espressamente codificato a livello di trattati.
Le finalità a cui questi principi rispondono sono dare pienezza all'ordinamento europeo, rafforzare la
l'interpretazione del diritto dell’UE che deve essere interpretato sempre nell'ottica della maggiore integrazione ma
anche costituire un parametro di legittimità dei comportamenti delle istituzioni o degli Stati membri, nel caso di
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rispetto dei diritti fondamentali, nel caso Omega i principi generali sono stati richiamati come appunto elemento da
bilanciare rispetto alla libertà di circolazione delle merci dei servizi. Ci sono casi in cui per esempio un caso che è
commissione contro Grecia, nella quale la Grecia è stata accusata di aver violato il principio di leale collaborazione
semplicemente per il fatto che si era interfacciata da sola con un'organizzazione internazionale senza coordinarsi
sulla sull'argomento specifico della discussione con l’UE quando quella competenza era già stata esercitata livello
europeo grazie del principio di leale collaborazione.
Carta dei diritti fondamentali dell'unione contenuto.
La carta dei diritti fondamentali ha il pregio di essere uno dei più moderni cataloghi di tutela dei diritti fondamentali,
non sono uno strumento nuovo, ci sono strumenti di diritto di tutelare i diritti fondamentali molto specializzati, la
convenzione di New York sul diritto dei fanciulli ci sono strumenti molto focalizzati. Mentre la carta dei diritti
fondamentali dell’UE appartiene a quel novero di fonti che indicano i diritti fondamentali dell'individuo a prescindere
dalla sua età dal sesso, dalla religione.
Per capire anche un po’ come cambia rispetto, per esempio, alla CEDU convenzione adottata nel 1950 mettiamo a
confronto due norme. L'articolo 8 della CEDU ad esempio dice che “a parte a partire dall'età minima per contrarre
matrimonio l'uomo e la donna hanno il diritto di sposarsi di fondare una famiglia secondo le leggi nazionali che
regolano esercizio di tale diritto”, l'articolo 9 della carta non dice cose molto diverse però dice che “il diritto
risposarsi una famiglia sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano esercizio” significa che a sposarsi
non devono essere necessariamente un uomo e una donna può accadere che ci siano leggi nazionali che prevedono
anche il matrimonio tra persone dello stesso sesso e anche il diritto di costituire una famiglia magari può non essere
un diritto che appartiene necessariamente alla coppia uomo donna ma può anche essere un diritto che appartiene
anche a un singolo per esempio una madre che voglia ricorrere da sola alla fecondazione assistita o ancora
all'adozione dei single quindi la formulazione della carta è necessariamente più moderna tiene conto degli sviluppi
che nella società si sono verificati dal 50 ad oggi. Si vede anche ad esempio nell'attenzione che viene posta
all'individuo in tutte le fasi della vita la carta europea dei diritti fondamentali, per esempio, ha una norma ad hoc
l'articolo 24 sui diritti dei minori, quindi, è una norma specifica che riconosce il minore come soggetto autonomo di
diritto e non più come membro della famiglia e ne riconosce la tutela particolare così come la riconosce agli anziani.
Quindi una prospettiva più moderna che tiene conto delle evoluzioni della società ma anche una prospettiva più
individualistica che tiene conto delle diverse situazioni in cui individuo venga a trovarsi.
La carta non è lunghissima sono 54 articoli ci sono norme sulla dignità, ci sono le norme classiche sulla libertà di
associazione e di espressione del pensiero che troviamo anche nelle nostre costituzioni e diritti di uguaglianza
sostanziale previsti, principi di solidarietà e una serie di diritti dei cittadini tra i quali rientrano quelli appunto a
formare una famiglia, diritti di voto una serie di diritti che riguardano proprio i cittadini dell’EU e poi ci sono una serie
di norme invece che riguardano proprio il diritto all'accesso alla giustizia, la possibilità che questi diritti così come
previsti dalla carta siano tutelati davanti ai giudici degli Stati membri. Da uno strumento meramente interpretativo è
diventato catalogo di diritti particolarmente moderno attento alla dimensione individuo che è stato comparato ai
trattati istitutivi e quindi diventa parte del diritto primario dell’UE.
Gli attori che devono rispettarla, le istituzioni in primis, tutti gli organi dell'unione nel rispetto dei principi di
sussidiarietà e gli Stati membri nell'attuazione del diritto dell’UE, però la carta è rilevante nell'attuazione del diritto
dell’UE, il diritto dell’UE viene in rilievo quando c’è una questione sovranazionale che non esaurisca i suoi effetti
all'interno di un ordinamento altrimenti è una competenza dello Stato.
Il diritto dell'unione europea disciplina fattispecie che abbiano una dimensione non meramente interna, per
questioni cross border, transnazionali che abbiano un rilievo sovranazionale ed è solo rispetto a quelle norme che la
carta rileva. Laddove invece si abbia a che vedere con una questione puramente interna che non implichi
l'applicazione del diritto dell’UE allora non sarà la carta il catalogo dei diritti fondamentali di riferimento bensì in tutti
i paesi dell’UE la CEDU sarà quello lo strumento col quale valuteremo anche la legittimità di una disciplina interna.
il diritto dell'unione europea non può riguardare questioni meramente interne ad uno stato, il limite che il diritto
dell’UE incontra, disciplina tutto ciò che ha una dimensione sovranazionale che riguarda ovviamente lo spazio
europeo quindi il diritto dell'unione europea si occupa della libera circolazione dei lavoratori, ma non si occupa della
disciplina del lavoratore all'interno dello Stato italiano, il diritto dell'unione europea si occupa della circolazione dei
della carne in scatola ma non della produzione della carne in scatola in Italia. Quindi tutto ciò che ha una dimensione
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puramente interna non fa scattare l'applicazione del diritto dell'unione europea, al contrario il diritto dell'unione
Europe scatta ogni volta che ci sia una controversia sovranazionale.
Devono rispettare la carta sempre le istituzioni europee che già lavorano sul diritto dell’UE lavorano sulle questioni
cross border quindi è ovvio che loro la devono sempre rispettare la carta.
Per far capire come il caso omega sia molto chiaro rispetto a questo tema l'articolo 53 della carta, siamo nelle
disposizioni finali della carta prevede una clausola di salvaguardia, la carta prevede un livello specifico di tutela
prevederà tutela del diritto della libertà di espressione, del diritto a sposarsi facendo riferimento al diritto nazionale
quindi una serie di tutele previste dalla carta esistono ma non è escluso che norme diverse dalla carta prevedano
uno standard di tutela più elevato, cioè si può dire che la carta costituisce un livello di tutela deminimis che non
impedisce agli Stati attraverso la stipulazione di altri trattati internazionali, attraverso della loro costituzione interne
di tutelare gli stessi diritti in maniera più potente. La carta tutela la dignità umana e fa riferimento alla tutela
garantita dalle leggi nazionali non è escluso che la percezione di dignità umana vari da Stato a stato e che ci siano ad
esempio costituzioni di stati che danno una tutela maggiore alla dignità umana di quanto invece lo facciano altri
ordinamenti.
Quindi la carta dei diritti fondamentali queste due enormi 51 e 53 ne chiariscono abbastanza su ambito applicativo,
innanzi tutto l'applicazione della carta scatta ogni volta che scatti l'applicazione del diritto dell’UE e il presupposto
perché scatti e che si tratti di una situazione cross border che riguarda non un solo stato dell’UE e il secondo
elemento è che la carta costituisce una tutela deminimis che può essere tranquillamente superata dai singoli Stati
membri attraverso la stipulazione di trattati internazionali ovvero attraverso le loro costituzioni nazionali perché
l'unione non ha competenza in materia di diritti umani condividiamo un catalogo e quindi un livello deminimis.
L'unione europea non ha competenza in materia di rapporti familiari per quanto riguarda il diritto sostanziale cioè
non può dire che cos'è matrimonio, lo dicono gli Stati non può dire se è ammessa o no la surrogazione di maternità,
non può stabilire se l'ex coniuge ha diritto al mantenimento o no perché questo lo stabiliscono di stati però
progressivamente l'unione europea ha un po’ rosicchiato le competenze degli Stati sulla materia di diritto di famiglia,
lo ha fatto innanzitutto con la carta nel senso stabilendo un diritto al matrimonio, ma lasciando agli Stati la
competenza di dire che cos'è un matrimonio, condividiamo la tutela dell'istituto del matrimonio ma ciascuno
stabilisce che cos'è matrimonio. Attraverso la carta ha fatto una ricognizione di tutti i diritti che gli Stati condividono
ma non ha detto nella sostanza cosa questi diritti siano quella resta una competenza dello Stato.
Però è vero senz'altro che attraverso l'esercizio di diverse competenze non dedicate al tema del diritto di famiglia
l'unione europea finisca per condizionare un po’ di stati anche rispetto al diritto sostanziale e gli esempi che posso
fare sono la libera circolazione delle persone e il cosiddetto diritto al ricongiungimento familiare di un cittadino
dell'unione europea con ad esempio un suo familiare che arriva da uno stato terzo, nel prevedere questo diritto al
ricongiungimento io inizio a tenere conto un pochettino della questione che cos'è famiglia, chi si può ricongiungere
con un cittadino europeo, si è posto ad esempio il problema dei matrimoni poligamici, si è posto il problema del
diritto sostanziale della sua compatibilità con il diritto dell’UE ad esempio rispetto a questo problema la Corte di
giustizia ha fornito alcune chiarificazioni che alla fine condizionano un po’ il diritto sostanziale degli Stati ma non è
un'aggressione diretta è un aggiramento del problema che però ha produce degli effetti. Forse settore dove l’Europa
è stata più incisiva in questo questa sua attività è il settore della cooperazione giudiziaria civile è una di quelle
materie si ricorda che con il trattato di Amsterdam è stata comunitarizzata cioè è stata portata dal terzo pilastro al
primo, dove quindi le istituzioni possono adottare atti vincolanti nei confronti degli Stati e dove effettivamente a
partire dal 2000 l'unione ha iniziato a legiferare parecchio, la locuzione operazione giudiziaria civile sostanzialmente
coincide con la locuzione diritto internazionale privato processuale perché la materia della cooperazione giudiziaria
civile risolve i problemi relativi al giudice competente legge applicabile e circolazione dei provvedimenti
giurisdizionali, in questa materia proprio in questa materia l'unione europea ha legiferato parecchio anche con
soluzioni innovative, la cooperazione giudiziaria in materia civile e relativa ai rapporti familiari ecco la materia che
abbiamo visto l'articolo 81 comma tre inseriva tra le materie dove è necessaria l'unanimità di consensi degli Stati per
adottare un atto di diritto dell'unione europea derivato e non solo è una di quelle materie dove il consiglio può
proporre il passaggio dall'unanimità a una maggioranza quindi cambiare procedura nel senso più favorevole
all'adozione di atti, dove parlamenti nazionali possono opporsi fermare questa modifica. La materia del diritto di
famiglia è competenza degli Stati però attraverso l'esercizio in relazione materia di cooperazione giudiziaria civile
l'unione ha finito anche un po’ per incidere sul diritto sostanziale.
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Questa tutela che abbiamo definito un po’ de minimis è una tutela che peraltro deve fare i conti con altre norme di
diritto dell’UE e quindi deve essere spesso bilanciata con questi e questo bilanciamento è implicito nel senso che la
carta è sì un diritto dell’UE primario ma fa i conti con le altre norme di diritto dell’UE primario e lo abbiamo visto
chiaramente nel caso omega perché è indispensabile mettere le libertà fondamentali anche a raffronto con i diritti
fondamentali ma non è detto che i diritti fondamentali prevalgono necessariamente sono norme che sono sullo
stesso ramo quindi la libertà di circolazione delle merci dovrà fare i conti con la tutela dei diritti fondamentali ma una
tutela che deve essere proporzionata all'obiettivo che si vuole raggiungere è vero che ci sono diritti che non possono
essere compressi in alcun modo come il diritto alla vita o il divieto di tortura ma è vero anche che altri diritti possono
trovare un contemperamento con le altre norme di diritti fondamentale.
Quindi la carta deve essere applicata sempre dalle istituzioni e dagli Stati membri quando ricorrano questioni di
rilievo europeo è una tutela de minimis che non esclude una tutela superiore, attraverso atti diritto interno o atti di
diritto internazionale è una tutela che deve essere riconosciuta ma bilanciata anche con altri valori previsti dalle altre
norme di diritto dell’UE primario.
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Quando si era pensato alla revisione dopo il trattato di Nizza che si voleva introdurre con il trattato per una
costituzione per l’Europa li si era fatto un ragionamento abbastanza approfondito anche sul sistema delle fonti di
diritto derivato e si era pensato di distinguere tra una normativa più di principio quindi una normativa quadro e una
normativa avente carattere atto delegato o atto di esecuzione. Quindi lì nel trattato si era introdotta questa
distinzione tra leggi quadro e leggi delegazione o esecuzione poi il trattato non ha avuto seguito ma è rimasta l’idea
di affidare alle tradizionali fonti previste dall’art 288 anche degli strumenti che non hanno natura legislativa ma
strumenti con i quali si può dare attuazione alla disciplina più generica contenuta negli atti legislativi.
Quindi tra gli atti tipici oggi distinguiamo ancora tra atti che hanno natura legislativa e atti che non hanno natura
legislativa. Quelli dell’art 288 sono definiti atti di natura legislativa però ci sono atti che hanno lo stesso nominativo
regolamento-direttiva che vengono adottati su basi normative diverse art. 290-291 che riprendono quell’originaria
distinzione che quel trattato sulla costituzione Europa voleva introdurre, non significa che sono atti meno importanti,
che non hanno carattere vincolante ma significa che sono atti che hanno natura diversa, cioè non seguono la
procedura legislativa sia essa quella ordinaria o speciali, questo vuol dire atto non avente natura legislativa, non
segue la procedura legislativa ordinaria quindi vengono adottati con modalità semplificate proprio perché
contengono norme delegate o di esecuzione.
Non si esauriscono in quelle due norme 290 atti legislativi delegati o 291 atti legislativi di esecuzione ma ci sono
anche norme del trattato che prevedono il potere di adottare atti privi di natura legislativa ad esempio l’art 103 in
materia di concorrenza la commissione può adottare atti senza seguire la procedura legislativa, lo stesso può farlo
nella materia di cooperazione giudiziaria con riferimento alla cooperazione amministrativa, sono due esempi del
TFUE che indicano delle fonti che seguono una procedura molto semplificata, e la commissione le adotta, sono atti di
natura non legislativa.
La differenza non è nella forma, possono anche avere il nome di regolamento o direttiva ma sta nella procedura
attraverso la quale sono adottati che è molto semplificata perché si trattata di norme di esecuzione o delegata.
Esiste una gerarchia tra atti aventi natura legislativa e atti senza carattere legislativo?
Di principio di no, ma è vero che ci sono delle differenze nella procedura, non solo nel fatto della procedura
legislativa ma anche a latere della procedura legislativa ad esempio l’atto avente procedura legislativa lo trasmette ai
parlamenti nazionali e possono dire qualcosa sull’atto che segue la procedura, non è lo stesso per gli altri non aventi
natura legislativa. Possono essere impugnati dai parlamenti nazionali davanti alla corta, gli atti aventi natura
legislativa sono discussi in sessioni aperte al pubblico, i documenti sono sempre accessibili e gli stati che non
adempiano agli obblighi ascesi da un atto di natura legislativa possono vedersi arrivare delle sanzioni. Quindi sono
atti un po’ più forti che producono più effetti, ci sono più controlli su questi atti perché seguono una procedura
legislativa ma poiché la l’attività normativa dell’UE si è nel tempo molto amplificata, si è resa necessaria la previsione
anche di queste diverse fonti.
Nel quadro istituzionale tra le novità degli ultimi anni c’è senz’altro un ruolo importante conferito ai parlamenti
nazionali, nel senso che ciascun parlamento è coinvolto nel procedimento legislativo perché ciascun parlamento è
informato di una procedura legislativa in corso, della proposta normativa e ha anche il potere di bloccare un atto
normativo attraverso lo strumento del principio di sussidiarietà, laddove un atto normativo sia esorbitante vada a
incedere troppo sulle competenze dello stato, lo stato che ritiene violato il principio di sussidiarietà può bloccare
l’atto normativo. Quindi è un controllo dei parlamenti nazionali che ovviamente esiste per gli atti che seguono la
procedura legislativa quindi per tutti gli atti che hanno carattere legislativo, tutti quelli che non seguono questa
procedura non vengono sottoposti al controllo dei parlamenti nazionali.
Esempio. Direttiva avente natura legislativa (prevede un obiettivo da raggiungere entro una determinata scadenza),
lo stato non rispetta la scadenza ed è inadempiente rispetto all’attuazione della direttiva ecco che c’è un
procedimento di infrazione e possono essere date delle sanzioni.
Lo strumento di delegazione, regolamento o direttiva che sia non avente natura legislativa non produce questo
effetto, ma non lascia spazi di azione allo stato, ha una disciplinano molto più tecnica quella contenuta negli atti non
legislativi e anche più di dettaglio, quindi, margini di discrezionalità ridotti, ecco perché non si producono delle
sanzioni.
Quindi prima distinzioni tipici/atipici e seconda aventi natura legislativa/non aventi natura legislativa.
Ora fonti di diritto derivato aventi natura legislativa previsti dall’art.288 TFUE.
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Per esercitare le competenze dell’Ue, le istituzioni adottano regolamenti, direttive, decisioni, raccomandazioni e
pareri.
Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno
degli Stati membri.
La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la
competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi.
La decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi. Se designa i destinatari è obbligatoria soltanto nei confronti di
questi.
Le raccomandazioni e i pareri non sono vincolanti.
Norma NON nuova questa, è sempre esistito questo articolo nei trattati la novità grossa di Lisbona è che ha esteso
queste fonti a tutte le materie coperte dalla competenza dell’unione europea inclusa la cooperazione giudiziaria
penale che era ancora quel settore insieme alla PESC che erano i pilastri intergovernativi e lì c’erano delle fonti
speciali, strumenti diversi che il diritto dell’UE prevedeva per i due pilastri intergovernativi, questi non ci sono più
quindi tutte le competenze dell’unione vengono esercitate con questi strumenti dell’art 288, inclusa la cooperazione
giudiziaria penale, settore che resta escluso è la PESC. Nella PESC l’art 24 dice proprio non si possono adottare atti
legislativi, si adottano atti all’unanimità e che hanno altra natura, in genere di indirizzo.
I rapporti tra queste tre fonti regolamento, direttiva e decisioni.
Non esiste una forma di gerarchia tra i tre, sono molto diversi cioè rispondono a esigenze e finalità diverse anche la
scelta dello strumento con cui l’unione agisce è importante, impattano diversamente sugli ordinamenti nazionali e
quindi anche la scelta dello strumento è oggetto di dibattito e discussione nell’abito della procedura legislativa. Vero
è che può accadere che sia regolamenti, direttive e decisioni abbiamo una speciale valenza ma non è data dalla loro
gerarchia, perché sono tutti fonti di diritto dell’UE secondario, è data talora dalla funzione che essi esercitano, ci
sono atti normativi che trattato una determinata materia, ad esempio, possibilità di cambiare procedura decisionale
e allora sebbene siano atti di diritto dell’UE derivato vanno a incidere sull’applicazione di norme di diritto dell’UE
primario e allora sono gerarchicamente sovraordinato rispetto a quelle della loro famiglia, ma è la materia, la loro
funzione che svolgono che è importante.
Esempio che viene portato è il regolamento comitologia documento che disciplina come la commissione esercita
queste competenze di esecuzione, stabilisce proprio delle regole, comitati all’interno dei quali vengono formulate
queste norme, un regolamento procedurale. È vero che questo regolamento è una fonte di diritto dell’UE derivato
ma rispetto ad altre fonti assimilabili a questo regolamento ha una valenza superiore perché incide sull’applicazione
dei trattati. È vero che anche gli atti delegati di esecuzione sono sempre regolamenti e direttiva, quindi non c’è una
formale gerarchia ma l’atto delegato deve rispettare l’atto delegante, che l’atto di esecuzione è uno strumento
dell’atto che esegue quindi sono più che altro relazioni funzionali che si instaurano tra queste fonti che però
rimangono sullo stesso livello e anche quando non ci sia una relazione formale l’unione europea spesso, se non c’è la
dicitura atto delegato o delegante, l’UE ravvisa la sussistenza di una relazione logica strumentale tra due atti quando
vi sia un atto di carattere generale e un atto di carattere particolare.
Art 25 sul TFUE esempio della prima tipologia di atti che in ragione della funzione possono essere considerati un po’
più prevalenti rispetto agli altri.
Questo articolo elenca i diritti che ogni cittadino dell’UE ha, diritto di voto dei parlamentari europei, diritto di esse
eletti, di circolare liberalmente. L’articolo 25.2 dice che “il Consiglio, deliberando all'unanimità secondo una
procedura legislativa speciale e previa approvazione del PE, può adottare disposizioni intese a completare i diritti
elencati all’art. 20.2 TUE. Tali disposizioni entrano in vigore previa approvazione degli SM, conformemente alle
rispettive norme costituzionali.”
C’è una norma del TFUE che lascia aperta la possibilità di adozione atti da parte del consiglio quindi atti di diritto
dell’UE derivato che potrà essere un regolamento, direttiva e decisione ma che andando a toccare diritti dei cittadini
europei in una materia così importante chiaramente prevarrà in ragione della funzione che svolge rispetto ad altri
atti dello stesso rango, prevarrà secondo la funzione che esercita non perché gerarchicamente superiore.
Tutti gli atti di diritto dell’UE derivati tipici, quindi quelli dettati dall’art 288, si caratterizzano per un obbligo di
motivazione e un regime di pubblicità. La motivazione è molto importante perché nella motivazione le istituzioni
devono dare conto della base normativa in virtù della quale è stato adottato quell’atto e delle ragioni che giustificano
l’adozione di quell’atto. Questi due elementi base normativa e ragioni possono essere sottoposto al sindacato della
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corte. Le procedure decisionali possono variare a seconda della competenza che viene esercitata, è vera che c’è una
procedura legislativa ordinaria però ad esempio qualche volta possono essere richieste delle consultazioni, ad
esempio, del comitato economico sociale, del comitato delle regioni, in altre procedure no quindi la base normativa
di riferimento può condizionare la procedura decisionale e quindi la scelta della base normativa è rilevante. In ogni
atto di diritto dell’UE le istituzioni devono giustificare questa scelta, dar conto di questa scelta e anche dar conto
delle ragioni per cui legiferano in quella materia, tutte le volte ad esempio che la materia riguardi una competenza
concorrente deve esserci una specifica giustificazione in punto rispetto al principio di sussidiarietà. Tutte le volte che
venga scelto un atto al posto di un altro si da ragione di questa scelta rispetto all’applicazione del principio di
proporzionalità, ci deve essere una motivazione. L’attività normativa dell’UE non può spuntare a caso ci deve essere
una motivazione anche in base al quadro normativo di riferimento.
L’indicazione della base normativa è la più importante in ragione della procedura che ne consegue è capitato più
volte che le istituzioni scegliessero una base normativa che poi veniva contestata, magari da quei stati che,
soprattutto ante Lisbona, scegliendo una base normativa piuttosto che un’altra era necessario il consenso di tutti gli
stati o solo la maggioranza allora qualche volta le commissioni si dirigevano verso la base normativa che prevedeva
la semplice maggioranza per portare avanti il procedimento legislativo, ma magari poi lo stato contrario impugnava
l’atto dicendo no, la base normativa corretta sarebbe stata quella che prevedeva la procedura all’unanimità. Quindi
la scelta della base normativa può condizionare un procedimento.
Allora l’UE deve scegliere tra due competenze, pensiamo a una iniziativa che è volta a limitare il traffico stradale dei
camion, la base normativa qual è? Il trasporto o la tutela dell’ambiente? Ci possono essere materie che si collocano
nella zona grigia e allora la base normativa può essere contestata. La giurisprudenza della corte che è più volte è
stata chiamata a rifiutare la legittimità della scelta della base normativa è in genere che quando ci sono appunto più
basi normative che possono venire in gioco, le istituzioni devono scegliere la base normativa con la procedura
legislativa più complicata, quella che prevede requisiti più stringenti in modo che siano più garantiti gli stati. questa
era la teoria della corte di giustizia ma chiaramente le istituzioni cercano spesso di aggirare il problema attraverso
invece una procedura più semplificata.
La base normativa è sempre più difficile da individuare perché da un lato le competenze dell’unione tendono ad
ampliarsi dall’altro troviamo un’azione che sia solo sui trasporti che non impatti sull’ambiente che non impatti sui
consumatori del servizio dei trasporti, animali, è difficile ormai trovare un’azione monotematica.
Questo dispositivo è anche un importante strumento interpretativo. Spesso la corte decide le controversie
guardando anche a questa parte dell’atto normativo non soltanto agli articoli della direttiva o del regolamento
spesso questa motivazione è anche molto dettagliata e deve essere sempre contenuta nell’atto, poi l’atto viene
firmato consiglio e parlamento e vien pubblicato sulla gazzetta ufficiale.
Quindi quando poi dobbiamo analizzare le fonti di diritto derivato quello che dobbiamo analizzare è:
1. se si trattata di un Atto tipico o atipico
2. se è un atto con Carattere vincolante o non vincolante
3. se è sufficientemente rispettato il rapporto tra potere normativo Ue e Potere normativo SM.
4. Portata generale o particolare (limitata da alcuni stati) o indefinita.
Il regolamento europeo.
Dice l’art 288 che il regolamento ha portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente
applicabile in ciascuno degli stati membri. Ha portata generale vuol dire che si applica in tutta l’unione, non ha dei
destinatari particolari, sono tutti gli stati membri, non è selettivo o particolare ha carattere generale, si applica a tutti
gli SM. È obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile, quando il regolamento entra in vigore,
diventa legge di ciascuno stato dell’unione europea, diventa parte dell’ordinamento nazionale prende il posto delle
norme nazionali.
È lo strumento che meglio ci fa comprendere come il diritto dell’UE impatta su quello interno, come si è realizzato un
proprio e vero trasferimento di competenze tra stati a unione. Perché l’UE elabora un atto normativo con regole che
si applicano a tutti gli stati nella stessa misura, allo stesso modo. Il regolamento risponde all’obiettivo
dell’uniformazione della disciplina, hanno tutti le stesse regole.
Gli atti che noi stiamo guardando hanno tutti effetti diversi, ora guardiamo i regolamenti che prendono il posto delle
norme interne, nel senso che assumano il rango delle norme interne ed essendo diritto dell’UE per quanto riguarda
l’ordinamento italiano beneficia del primato del diritto dell’UE e comporta che tutte le norme che contrastano con
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l’ordinamento europeo siano esse precedenti o posteriori al regolamento devono essere disapplicate, quindi
automaticamente diventano inefficaci, non producono più effetti. Nel momento in cui viene adottato un
regolamento è quella la legge che viene applicata su quell’argomento in tutti gli stati membri allo stesso modo.
Chiaro che se l’unione fosse in grado di agire solo attraverso regolamenti tutti avremo le stesse leggi avremmo un
grande apparato normativo identico. In realtà i regolamenti disciplinano piccole parte e solo i rapporti che hanno
una dimensione transfrontaliera, il diritto dell’UE disciplina tutto ciò che ha carattere crossborder si disinteressa di
tutto quello che è chiaramente nazionale. Quindi è chiaro che ciascuno stato avrà una disciplina per i rapporti di
carattere sovranazionali e una disciplina per i rapporti puramente interni. Che poi questa disciplina a volte venga
influenzata quest’ultima e mutui le soluzioni adottate a livello di unione europea è una scelta degli stati. Esempio,
qualche anno fa adottato regolamento sui diritti dei passeggeri dei trasporti ferroviari ci dice che se cancellano il
treno devono dare il rimborso e anche se arriva in ritardo di un tot di minuti, lo dice un regolamento che vale per
tutti i trasporti transfrontalieri. Quindi Milano-Parigi e c’è molto ritardo puoi avere un rimborso o risarcimento.
Questo regolamento però diceva queste norme non si applicano nei trasporti interni salvo che gli stati non lo
desiderino. È chiaro che è più comodo avere delle norme che valgono per il trasporto Genova-Roma e per il
trasporto Genova-Parigi identiche che due diversi regimi di risarcimento quindi alla fine abbiamo le stesse modalità
di risarcimento anche per i trasporti nazionali ma il regolamento, di suo, disciplina il trasporto crossborder.
Quindi l’obiettivo a cui risponde il regolamento è uniformazione, regole uguali per tutti.
Ha portata generale. Qualche regolamento può avere delle limitazioni applicative, facciamo sempre l’esempio del
trasporto ferroviario, che si applica dove ci sono le ferrovie a Malta, per esempio, non ci sono ferrovie quindi non si
applica, ma ci sono dei regolamenti che si applicano a determinati spazi territoriali proprio per loro stessa natura per
esempio i regolamenti che si applicano alle isole.
Non lascia margine di discrezionalità agli stati non è che gli stati possono dire dovevo risarcire 180, risarcisco 160, no
la cifra è una, quella e si risarcisce quello.
È direttamente applicabile in ciascuno stato membro, quindi non ci sono misure di attuazione, gli stati non posso
intervenire e se derivano dei diritti in capo ai singoli come il diritto al risarcimento questi possiamo esercitarli contro
Trenitalia, lo stato a seconda del responsabile, molto importante è il fatto che è direttamente applicabile cioè
diventa legge nel momento in cui viene adottato, legge del nostro ordinamento, parte del nostro ordinamento si
sostituisce alle norme interne.
Gli stati non intervengono in alcun modo quando c’è un regolamento europeo? Si, ma solo per renderlo più efficace,
per rendere l’applicazione più efficace. Per esempio magari espungendo dall’ordinamento le norme che si trovino
con esso in contrasto, è un intervento normativo ma non di attuazione del regolamento che ne esemplifica semmai
l’applicazione oppure qualche volta magari il regolamento prevede che venga istituita a livello nazionale un’autorità
a tutela dei consumatori per esempio nei trasporti e allora prevede che ci sia un’azione da parte degli stati, la
nomina del responsabile a tutelare i consumatori del settore trasporti chiaramente è una scelta che farà
l’ordinamento nazionale.
A parte questi piccoli interventi che servono a far funzionare meglio le norme dell’UE quando un regolamento entra
in vigore lo stato sta fermo, non adotta nulla. Quindi deve fare tutto quello che è necessario per garantire il
funzionamento dello strumento, in ossequio al principio di leale collaborazione che è uno dei principi generali di
diritto che ci aiutano a integrare l’ordinamento ma oltre quella leale collaborazione non deve andare. Negli anni 70
l’ordinamento italiano si era attestato su una prassi originale, cioè tutte le volte che entrava in vigore un
ordinamento faceva copia in colla del regolamento in una legge italiana, fino a che la commissione ha chiamato in
causa l’Italia e ha detto cosa fai, il regolamento è direttamente applicabile perché lo rendi legge italiana, è
direttamente applicabile, prende il posto delle norme interne coì facendo crei dei problemi perché intano lo
cristallizzi, quando magari io lo modifico.
Scombini i cardini del diritto dell’UE quindi supera questa prassi.
Quindi servono norme di attuazione per il regolamento? Di regola no, ma si possono adottare norme che rendono
più agevole il funzionamento della disciplina nei limiti del principio di leale collaborazione, ma nessuna norma di
attuazione perché il regolamento è direttamente applicabile in tutti i suoi elementi.
È ammesso un intervento normativo da parte degli SM? In generale no; salvo che sia necessario per dare attuazione
al regolamento e comunque senza che le misure adottate a livello nazionale possano sostituirsi alle norme Ue.
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È possibile una mera riproduzione del regolamento in una legge interna? No, nasconderebbe natura «europea»
dell’atto ostacolando possibile ricorso a meccanismi giurisdizionali Ue.
Se io come faceva l’Italia negli anni 70 prendo un regolamento e lo copio e incollo in una legge intera diventa legge
interna, occulto il carattere europeo quindi come faccio a chiedere aiuto alla corte di giustizia se ho un atto
meramente interno? Quindi può anche dettare pregiudizio questa nazionalizzazione del diritto dell’UE che l’Italia
faceva.
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Distinzioni tra atti di delega e atti di esecuzione, è una distinzione che è stata introdotta solo con il trattato di
Lisbona, prima tutto rientrava senza particolare chiarimento in un potere esecutivo della commissione dell’unione
europea che eseguiva a volte l’ordine esplicito a volte invece soltanto nell'attività che rientrava nei suoi poteri da
parte delle istituzioni, quindi a volte alla commissione, consiglio e parlamento delegavano in un atto normativo il
potere di adottare qualche disciplina di esecuzione (atto di delega di poteri esecutivi), altre volte la commissione
stessa eseguiva degli atti di sua sponte, quindi la definizione delega ed esecuzione deriva dal potere esecutivo della
commissione che ha (atti di esecuzione) e la delega invece avviene su delega delle altre istituzioni, ma quello che poi
la commissione materialmente fa cambia poco, è solo il nome di riferimento se è un'attività espressamente richiesta
alla commissione dalle altre istituzioni si tratta di delega altrimenti è un'attuazione che la commissione esercita
nell'ambito delle sue funzioni. La distinzione è prodotta da Lisbona perché prima la commissione faceva gli stessi atti
in attuazione del suo potere generico di esecuzione, ora siamo andati più nel dettaglio perché l'attività normativa
delle altre istituzioni (parlamento e consiglio) spesso è così aumentata nel tempo che spesso la disciplina di dettaglio
dei regolamenti o delle direttive viene delegata alla commissione, ad esempio si adotta una direttiva dei prodotti
della plastica poi non si sta a fare un evento specifico dei prodotti della plastica perché ruberebbe tempo anche al
procedimento normativo ufficiale, allora si delega alla commissione l'attuazione di questo elenco. Altre volte un atto
non prevede nulla per la commissione, ma la commissione comunque ha dei compiti esecutivi e adotta degli
strumenti che implementano un atto europeo e si chiamano atti di esecuzione. Questi sono atti tipici non legislativi,
quindi può trattarsi di una direttiva un regolamento solo adottati fuori dalla procedura normativa classica.
Il regolamento prende il posto del diritto nazionale, questo “prendere il posto” è un po’ la sua caratteristica
peculiare, entra immediatamente in vigore prende il posto del diritto nazionale, quindi se c'era un vuoto normativo
ormai è colmato dalla disciplina dell'unione europea, se il vuoto normativo non c'era il diritto dell’unione europea
s'impone e il diritto interno deve essere disapplicato anche se venga adottato successivamente al regolamento, il
regolamento prevarrà. L'aspetto molto importante è quale sia il margine di azione degli stati, del legislatore
nazionale rispetto a un regolamento, il margine di azione c'è perché qualche volta il regolamento stesso chiede agli
stati di far qualcosa ad esempio di costituire un'autorità che sia competente a trattare i reclami e se le autorità non
esiste o esiste ma non è ha la specifica competenza sarà un atto normativo interno a dover fornire quella specifica
competenza. Il limite è un po' il principio di leale collaborazione, gli stati di regola non devono dare attuazione ai
regolamenti perché sono immediatamente applicati, tuttavia se il regolamento stesso richiede un qualche
adeguamento dell'ordinamento interno in ossequio al principio di leale collaborazione gli stati qualche misura
dovranno necessariamente adottarla, nei limiti del principio di leale collaborazione. La regola è che non si dà
attuazione e poi ovviamente qualche norma integrativa o attuativa che il regolamento richieda, gli stati
necessariamente per far funzionare bene il diritto dell'unione europea la dovranno adottare.
I principi quindi sono leale collaborazione e il principio dell'effetto utile del diritto dell'unione europea. Per garantire
l'effetto utile del diritto dell'unione europea una qualche attività si richiede e allora lo stato deve rispondere, ma è
assolutamente contraria alla natura del regolamento quella prassi che anche l’ordinamento italiano in origine aveva
seguito di dare attuazione con uno strumento interno a una fonte di diritto dell'unione europea quale il
regolamento, perché il regolamento già di per sé entra a far parte dell’ordinamento nazionale, non ha bisogno di atti
di trasposizione.
Il procedimento normativo vede alcune istituzioni protagoniste e altre no, quindi noi sappiamo che una direttiva sarà
senz'altro votata dal consiglio e dal parlamento, qualche volta anche solo dal consiglio con la consultazione del
parlamento e sarà quell’organo a firmare l'atto, mentre non abbiamo una direttiva della sola commissione in
generale, qualche volta la commissione agisce normalmente con regolamenti ma potrebbe anche adottare una
direttiva.
Il parere può essere destinatario l'organo che lo richieda, la raccomandazione può essere anche una
raccomandazione che si fanno tra istituzioni, quindi non si precisa la natura di questi due strumenti non vincolanti,
ma in linea di principio tutte le istituzioni possono adottarli, poi nel trattato, in particolare nel trattato sul
funzionamento, talora si ritrovano gli argomenti ad esempio che il comitato economico sociale può fornire un
parere, oppure il consiglio decide su raccomandazione del parlamento, è il trattato a dire quali strumenti si possono
adottare, però il trattato nella maggior parte dei casi dice parlamento e consiglio o comitato economico e sociale
possono adottare tutte le misure necessarie, quindi lasciano il ventaglio dell'articolo 288 aperto. Questo ventaglio è
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in linea di principio effettivamente libero poi però in concreto la strada che si percorre è sempre vincolata perché ci
sono una serie di competenze che sono concorrenti tra stato e istituzioni e unione e sono la grande maggioranza di
casi e in quelle materie c'è proprio un’attenzione particolare alla delimitazione delle reciproche sfere di competenza
che avviene attraverso il famoso principio di sussidiarietà.
Il parere indicato nell’articolo 288 è di base una fonte di diritto dell'unione europea derivato, che quindi non può
contrastare col diritto primario, ma che non ha un valore vincolante.
La regola è che non dovrebbero intervenire gli stati perché non dovrebbe nemmeno esserci necessità però non tutti
gli ordinamenti sono uguali, magari qualche ordinamento ha la necessità di creare la struttura di riferimento e quindi
nei limiti del principio di leale collaborazione è giusto farlo e nei limiti per garantire l'effetto utile del diritto
dell'unione europea, altrimenti non è richiesto alcun intervento normativo.
Dove è richiesto di regola l’intervento normativo è quando siamo di fronte a una direttiva europea. La direttiva tra
tutti gli strumenti è quello più affascinante, svolge una funzione di armonizzazione. Armonizzare vuol dire avvicinare
le legislazioni, rendere quanto più possibile simili (non identiche) partendo dall'idea che il contesto normativo di
riferimento statale sia diverso cerchiamo di avvicinare il quadro normativo. Funzione ben diversa da quella svolta dal
regolamento che invece impone una disciplina uguale per tutti. Come fa la direttiva ad armonizzare il quadro
normativo nazionale? Lo fa attraverso l'individuazione di quello che è l'obiettivo che vuole realizzare, individua il
risultato a cui vuole arrivare, ma non indica il metodo e gli strumenti con i quali lo stato deve raggiungere
quell'obiettivo. Quindi io indico un risultato e gli stati decidono come raggiungere quel risultato, e indico anche la
deadline, il termine di scadenza. Quindi i due vincoli che pongo allo stato sono risultato e scadenza, sarà poi lo stato
a decidere come ottenere quel risultato, anche anticipatamente rispetto al termine, dopo quella data io devo avere
all'interno dello spazio europeo ottenuto da parte di tutti il risultato, chiaramente avrò discipline divergenti, ogni
stato avrà scelto strumenti diversi per raggiungere lo stesso obiettivo perché ciascuno stato ha un suo ordinamento
e sceglierà la soluzione a sé più confacente, nel rispetto dei principi generali di diritto dell'unione europea che sono
fonti di diritto primario, la direttiva è un atto di diritto derivato quindi necessariamente deve rispettarli, non si
raggiunge il risultato illegalmente, si raggiunge il risultato nel rispetto dei principi generali di diritto e nel rispetto dei
trattati. La direttiva evidentemente non forza lo stato ad una soluzione, lascia lo stato libero di individuare la
soluzione migliore, compatibile con il suo sistema normativo, con le sue risorse, rispetta la diversità che esiste tra gli
stati. È per questo motivo che si dice che la direttiva è lo strumento più rispettoso del principio di sussidiarietà,
quello che meglio rispetta la sovranità degli stati, il lato negativo è chiaramente quello per cui non avremo una
disciplina uniforme, non avremo le stesse regole ovunque.
Un esempio per capire il pro e il contro della direttiva è quello della liberalizzazione del trasporto ferroviario, il
trasporto ferroviario e un settore tipicamente nazionale, è il servizio di trasporto pubblico per eccellenza che bisogna
garantire, gli stati hanno sempre organizzato questo servizio tendenzialmente in regime di monopolio con
un'impresa che gestiva infrastrutture e servizi. Anni fa c'erano solo le Ferrovie dello Stato e il discorso finiva lì, poi nel
91 è stata adottata una direttiva che ha detto per la prima volta bisogna aprire il mercato del trasporto ferroviario
alla concorrenza, non possiamo avere dei mercati così chiusi, non è compatibile coi principi dell'unione europea, ma
è un settore molto difficile da aprire alla concorrenza e allora lo strumento che potremmo usare è senz'altro la
direttiva con la quale affermiamo un principio che è il principio che ispira tutto il procedimento di liberalizzazione dei
servizi nell'unione europea, cioè il principio che dice bisogna separare tra gestione dell'infrastruttura ed erogazione
dei servizi. Vale per tutti i servizi di trasporto perché se il gestore di una infrastruttura eroga anche il servizio è in una
posizione di forza competitiva e nessun altro potrà accedere alla infrastruttura, invece la direttiva mirava ad aprire il
mercato quindi se uno si occupa delle infrastrutture dovrà cedere le tratte a chi chiede queste tratte in regime di
concorrenza, ma la direttiva ha detto soltanto di aprire il mercato alla concorrenza e di separare tra gestione
dell'infrastruttura ed erogazione del servizio ferroviario, non ha detto come e a che livello questa separazione
doveva arrivare. Ci sono stati degli stati membri come Il Regno Unito che hanno liberalizzato al massimo addirittura
hanno privatizzato, hanno lasciato che un privato gestisse l’infrastruttura, a metà fine degli anni 90 il sistema dei
treni inglesi seppure come servizi ferroviari era un sistema super competitivo, ne ha risentito tantissimo.
Altra ipotesi italiana, avevamo ferrovie dello stato e l’abbiamo tenuta, una società pubblica all'interno della quale
sono state create altre due società pubbliche RFI gestore dell'infrastruttura ferroviaria e Trenitalia erogatore del
servizio. Abbiamo rispettato il principio di separazione? Si, due soggetti diversi svolgevano due attività diverse, tutto
è rimasto pubblico appartenente a un soggetto perfettamente conforme alla direttiva, quindi il valore aggiunto della
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direttiva è che ha iniziato ad aprire il mercato alla concorrenza, ma lo ha fatto con soluzioni che sono rimaste molto
diverse dalle altre, l'unione europea ha ritenuto che quello fosse comunque un passo avanti e ha adottato questa
direttiva. Se andiamo a vedere gli strumenti che danno attuazione a questa direttiva vedremo che c'è una lista di atti
normativi nei vari stati membri, ciascuno adotta una soluzione diversa rispetto a questo fenomeno della separazione
perfettamente compatibile con la direttiva perché chiede un risultato anche minimo con la possibilità per gli stati di
farlo anche più avanzato. La logica della direttiva è essere compatibile con i sistemi nazionali, lasciare agli stati la
scelta della miglior soluzione per il loro sistema. Quindi la direttiva è lo strumento che più protegge le competenze
dello stato, che armonizza ma non è uniforma.
Proprio per sfruttare questa caratteristica positiva che la direttiva ha agli occhi degli stati, il rispetto delle loro
competenze, l'unione europea spesso è arrivata a adottare le direttive dettagliate.
La direttiva dettagliata è un po’ un ossimoro perché noi se abbiamo esigenza di una disciplina dettagliata che si
applichi allo stesso modo a tutti gli stati andremmo ad utilizzare il regolamento e non la direttiva perché la direttiva
mi deve indicare due elementi base, risultato e termine entro il quale devo realizzarlo. È vero però che proprio per il
gioco del procedimento normativo spesso non si riusciva a adottare strumenti diversi dalle direttive in determinate
materie e quindi si è sviluppata la prassi delle direttive dettagliate che poco margine di discrezionalità lasciavano agli
stati, non nessuno come il regolamento, ma un margine molto piccolo.
La prassi delle direttive dettagliate in realtà è stata impugnata qualche volta davanti la Corte di giustizia, ma ha detto
che non è del tutto sbagliato adottare delle direttive dettagliate perché può anche darsi il caso che non si tratti di
discipline molto divergenti, ma può anche capitare che ci siano settori di disciplina più convergenti, più vicini tra gli
stati e allora se adotto una direttiva dettagliata lascio comunque un po' di margine di discrezionalità, ma vado verso
un'armonizzazione più spinta, sfrutto al massimo lo strumento della direttiva.
In alcuni casi non troveremo direttive con pochi articoli nei quali si indicano gli elementi che abbiamo detto, ma
troveremo alcune direttive invece molto dettagliate e allora quella sarà una spia del fatto che nella materia
considerata c'è una sostanziale armonia già di partenza tra gli stati membri che la direttiva non fa altro che
accrescere.
Un settore tipico dello strumento della direttiva anche abbastanza dettagliata è quello della tutela dei consumatori,
un settore in cui ormai c'è molta armonia tra gli stati, una materia in cui adesso abbiamo una normativa con direttive
molto dettagliate e addirittura l’ultimo provvedimento in materia è stato un regolamento perché si è talmente
ravvicinata la disciplina che poi è stato possibile adottare un regolamento.
Se devo agire in un settore in cui armonia zero come quello ferroviario va bene anche una direttiva che dà un
obiettivo entro un determinato termine; la direttiva un poco dettagliata classica in un settore già armonizzato non
serve a nulla, quindi ecco perché è nata questa prassi delle direttive dettagliate è evidente che dal punto di vista
dell'unione europea lo strumento migliore è il regolamento, la disciplina è uguale per tutti, ma proprio perché è
un'organizzazione con competenze attribuite ci sarà un gap anche se io ho adotto una disciplina su un aspetto
specifico della tutela dei consumatori, poi i consumatori hanno mille problemi e quindi dovrò comunque integrare
con norme interne che si applicano. La disciplina uniforme aiuta ma tanto non potrà mai essere del tutto compiuta e
le direttive sono state lo strumento essenziale soprattutto in quei settori difficili dove l’intervento normativo era già
di per sé abbastanza complicato, quindi la direttiva ha aiutato molto.
Incide molto anche la tradizione giuridica che in alcuni stati è molto simile, ci sono stati che sono andati avanti
insieme su alcuni argomenti e stati invece che hanno una filosofia opposta e quindi è difficile trovare un punto di
incontro a volte delle discipline, un esempio di un settore non del tutto toccato dal diritto dell'unione europea salvo
che ci siano controversie sull'argomento, ma nella materia delle successioni, ci sono stati come lo stato italiano che
ritiene che l'istituto della successione serva per tutelare i rapporti familiari e quindi in automatico devolvere il
patrimonio dello scomparso ai familiari, salvo che colui che fa il testamento non decida di diseredare i suoi familiari,
ma comunque una parte del suo patrimonio va alla famiglia. Nel Regno Unito e in Irlanda il patrimonio costituisce
quello che una persona si è creata nella sua vita e quindi può disporre come meglio crede, non ha nessun vincolo nei
confronti dei familiari. Come potremmo mai trovare dei punti d'incontro se abbiamo questo filosofie completamente
diverse? Eppure punti di incontro nella vita quotidiana ci sono, perché ci sono persone del Regno unito che vengono
a vivere in Italia, ci sono italiani che vanno a vivere nel Regno unito, uno si vuole portare il regime a cui abituato nello
stato di provenienza e allora bisogna coordinarsi, ecco perché nasce l'esigenza di trovare degli strumenti che salvino
la zona grigia, quella che tutti e due gli stati nella loro disciplina tutelano e allora in alcuni casi questa tutela è più
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estesa e c'è più armonia, in altri casi è più ridotta e la zona grigia di incontro è più ristretta; il diritto dell’UE deve
occuparsi di tante materie anche quelle dove la zona grigia è veramente sottile e la direttiva per questo è lo
strumento ideale. Quando invece ci siano una buona armonizzazione, la commissione che è l’organo che fa
l'interesse dell'unione europea, l'unione europea prova sempre la soluzione più avanzata cioè quella del
regolamento, ma deve fare i conti anche con la realtà dei fatti e quindi ecco perché fa queste indagini, fa la
consultazione pubblica per fare venire a galla i problemi e capire qual è lo strumento che meglio si agisce al caso
concreto.
Nell'interesse dell'unione tra adottare una direttiva e un regolamento preferirebbe il regolamento perché si adotta
una disciplina uniforme, ma non sempre è possibile perché ci sono troppe divergenze e addirittura sistemi normativi
opposti, la direttiva normalmente era lo strumento che dava flessibilità al sistema, però è vero che in qualche
situazione è stato usato impropriamente, cioè sotto le mentite spoglie di uno strumento flessibile che lascia
discrezionalità agli stati veniva invece adottato uno strumento molto dettagliato dove il margine di discrezionalità
era molto ridotto e quindi spesso queste direttive sono state incriminate davanti alla Corte di giustizia perché
risultava una violazione di legge della definizione stessa di direttiva, la corte ha detto ma effettivamente questa
direttiva assomiglia più a un regolamento che a una direttiva ma l'avete chiamata direttiva per farla accettare di più,
e ha detto ma la prassi delle direttive dettagliate di per sé non è in contrasto col diritto dell'unione europea purché
avvenga in un settore in cui c'è già una discreta armonizzazione. Quindi la Corte non ha detto le direttive dettagliate
tout court sono contrarie al diritto dell'unione europea, non sono contrarie se agiscono in un settore in cui gli stati
abbiano già una discreta armonia.
Il regolamento è uniforme, la direttiva lascia spazio di manovra, la direttiva dettagliata riduce lo spazio di manovra,
poi ci sono ancora casi in cui una disciplina che lascia troppo margine di discrezionalità agli stati non è efficace, e
l’esempio è ancora una volta quello del diritto internazionale privato, se io lascio delle scelte nel diritto
internazionale privato non aiuto, perché quel diritto mi deve dire qual è il giudice competente, qual è la legge
applicabile e come circolano le sentenze, se io dico ma si può fare A e B e anche C non aggiungo valore al quadro
normativo di riferimento. Allora ci sono settori nei quali lo strumento migliore anche in assenza di armonia è
comunque il regolamento e viene adottato attraverso la cooperazione rafforzata, ancora una forma diversa, si cerca
di individuare lo strumento migliore per la situazione.
Ci sono settori nei quali la disciplina uniforme è l'unica soluzione altrimenti diventa una disciplina inutile, la proposta
di regolamento magari non passa perché gli stati non sono d'accordo, non si raggiungono le maggioranze necessarie,
allora il gruppo di stati che se la sente di avere una disciplina uniforme su una determinata materia, propone la
cooperazione rafforzata e ad essi si applica. Questo perché magari a volte c'è bisogno di una disciplina uniforme che
non tutti sono ancora pronti a adottare, lasciando aperta la possibilità eventualmente di aderire, quindi la
specializzazione delle fonti è crescente.
Se è una direttiva dettagliata può diventare regolamento? No, una direttiva è una direttiva, ma nelle clausole finali
tutti gli atti dell'unione europea recano una clausola che parla della revisione dello strumento, cioè ogni tot si valuta
se lo strumento è stato efficace o no.
La discrezionalità degli Stati attiene tanto allo strumento con il quale attuazione alla direttiva posto che la differenza
più grossa che vediamo subito tra regolamento e direttiva, è che per il regolamento non serve attività normativa da
parte dello stato, per la direttiva sì, è il requisito principale, la direttiva impone allo stato di attivarsi e di adottare una
disciplina di attuazione. Però può farlo utilizzando la sua discrezionalità con lo strumento che predilige purché si
tratti però di un atto vincolante che l'ordinamento avrebbe individuato come migliore per realizzare l'obiettivo che la
direttiva pone, ma atto vincolante. Se l'obiettivo è eliminare tutti i prodotti della plastica entro il 2025 lo stato non
potrà votare una circolare amministrativa dove si dice per favore eliminate i prodotti entro il 2025 perché non sarà
efficacie, dovrà individuare l’atto interno vincolante che riesca a raggiungere il risultato, Il compito è dello stato ma
stato inteso nel senso più lato possibile perché gli stati possono avere competenze anche a livello regionale o locale,
cedere competenze a livello regionale o locale, lo stato sarà sempre responsabile dell'attuazione della direttiva ma
può anche accadere che la direttiva venga attuata nell'ordinamento con leggi regionali, quello attiene alla scelta
dell'ordinamento, alla discrezionalità dell’ordinamento di riferimento. Poi si guarderà al risultato, in materia di
smaltimento rifiuti c’è stato un caso in cui una regione italiana non è riuscita a rispettare le quantità di smaltimento
di rifiuti, non è stata ritenuta responsabile la regione che non aveva ottenuto il risultato, ma lo stato italiano perché è
lo stato italiano che deve raggiungere il risultato in una certa data.
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La direttiva è diretta allo stato, lo stato sceglie lo strumento e consente anche che venga attuata a livello regionale o
locale ma il responsabile è lo stato.
È la commissione che sta bene attenta a vedere che tutti gli stati diano attuazione alle direttive nel termine previsto,
attenzione può anche accadere che ci sia uno stato che in una determinata materia abbia una disciplina molto
avanzata e che il risultato l'abbia già ottenuto, è successo anche all'ordinamento italiano qualche volta, quindi può
anche succedere che non sia necessaria un’attività di produzione normativa specifica per quella direttiva, resta fermo
comunque l'obbligo per lo stato in questione di comunicare alla commissione quali sono le norme che consentono il
fatto di avere già raggiunto quel risultato. Questo se da un lato esime lo stato in questione a adottare nuove norme
quindi ad avviare la produzione normativa, cosa che normalmente si deve fare in presenza di una direttiva, per altro
verso non lo esime dal dire alla commissione dove si trova questa normativa e quindi dal comunicare quali sono le
fonti rilevanti a livello di ordinamento interno.
Le direttive sono rivolte agli stati, non agli individui, perché per l'attuazione di una direttiva è indispensabile
l'intermediazione dello stato che deve adottare qualche atto.
Cosa succede se lo stato omette di adottare l'atto che deve adottare entro il termine previsto? Sul tema dell’effetto
delle direttive troviamo ancora una volta la conferma di quanto l'ordinamento dell'unione europea sia particolare
perché può accadere che una direttiva non venga attuata. Lo stato X che ha bucato la scadenza della direttiva e non
ha adottato nessuna norma, la corte di giustizia ha detto ma perché se io ho una norma chiara, precisa e
incondizionata e la data di scadenza della direttiva è decorsa e lo stato è stato inattivo, perché io non riconosco
effetto diretto a quella norma? Perché non riconosco all’individuo dello stato X il diritto di avvalersi delle norme della
direttiva senza l'intermediazione dello stato che si è reso inadempiente? Lo ha fatto, cioè ha riconosciuto effetto
diretto ad alcune norme contenute in direttive non attuate nei termini, posto che quelle norme fossero chiare
precise e incondizionate. Ha fatto in modo che alcune norme, ma solo quelle norme che presentavano queste
caratteristiche, norme che non richiedevano l'intervento normativo dello stato, quindi se la norma è chiara precisa e
incondizionata e il termine per l'attuazione della direttiva è scaduto e lo stato non ha fatto quel che doveva, il singolo
può valere direttamente quella norma nei confronti dello stato perché è lo stato che è colpevole. Effetto diretto
verticale delle norme delle direttive europee. Quindi una volta che è scaduto il termine la direttiva ha una sorta di
stesso valore del regolamento. L’effetto diretto posso farlo valere soltanto nei confronti dello stato perché è lo stato
che si è reso inadempiente, mentre una norma di un regolamento che ha immediatamente effetto diretto la posso
far valere nei confronti dello stato e di un altro privato.
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I singoli possono fare qualcosa in queste direttive? L’effetto delle direttive è prevalentemente nei confronti degli
stati, le direttive sono strumenti indirizzati agli stati che devono fare qualcosa devono attivarsi per ottenere un
risultato della direttiva. I cittadini in questo rapporto unione europea e stati non c’entrano perché è lo stato che deve
attuare la direttiva, i cittadini possono venire coinvolti quando uno stato tardi nell’attuazione di una direttiva, risulti
inadempiente rispetto all’obbligo di dare attuazione a una direttiva nel determinato termine individuato non rispetti
la deadline. Allora in quel caso noi cittadini possiamo subire un pregiudizio, non necessario ma può accedere perché
mancherà nel quadro normativo nazionale un pezzo di legislazione che dia attuazione alla direttiva, possono
mancare alcuni diritti e prerogative che la direttiva prevede. Non è che tutte le direttive attribuiscono diritti ai
cittadini alcune sono solo molto tecniche ma ce ne sono alcune che prevedono specifici diritti in capo agli individui
che se lo stato omette di attuare ovviamente noi cittadini non ne possiamo usufruire.
Per esempio, nella direttiva 2016/800 della volta scorsa è abbastanza significativa, la direttiva prevede un elenco di
diritti in capo ai minori nei procedimenti penali, se la direttiva non viene attivata quei diritti non si innescano.
È qui che entra un particolare rapporto che non è altra espressione di quello che abbiamo detto fin ora, di quelle
caratteristiche sui generis dell’ordinamento dell’UE che coinvolge i cittadini, che tiene conto che i cittadini sono
protagonisti al pari degli stati e delle istituzioni perché si riconosce l’effetto diretto verticale a quelle norme previste
nelle direttive non attuate nel termine purché abbiamo determinate caratteristiche ossia chiare precise e
incondizionate.
Quindi due sono le condizioni, la prima il termine di attuazione della direttiva deve essere scaduto e la seconda che
all’interno di questa direttiva non attuata vi siano norme che prevedono in capo ai singoli diritti attraverso norme
chiare, precise e incondizionate. Il diritto del minore ad avere un avvocato è una norma chiara precisa e non ha
particolari condizioni, se ci fosse invece il diritto di un individuo a fare appello a una determinata autorità è chiaro
che lo stato dovrà costituire quella autorità per consentire che una persona si rivolga a essa allora quella non sarà
una norma chiara, precisa e incondizionata e che sia suscettibile di effetto diretto.
L’effetto però si produce in senso solo verticale perché è chiaro che l’effetto si può produrre questo per la particolare
valenza delle norme della direttiva non attuata si possono produrre in senso verticale ossia nei confronti dello stato
perché è lo stato che è inadempiente, è solo nel rapporto cittadino/stato che io potrò far valere i diritti della direttiva
non attuata. Al contrario lo stato non potrà pretendere da me il rispetto delle norme della direttiva non attuata,
perché è sua l’adempienza del fatto di non averla attuata e non potrò far valere l’effetto diretto delle direttive in
senso orizzontale cioè nei confronti di altri soggetti privati perché anche loro non possono fare nulla rispetto
all’attuazione della direttiva, l’unico responsabile resta lo stato. Però pensiamo all’ipotesi puramente teorica di una
direttiva che introduca diritti alle donne lavoratrici incinte, per la maternità, per i professori universitari e il periodo
in cui può stare a casa è di tre mesi a 8 e dice che questo diritto deve essere attuato entro il 2025. Arriva il 2025 e lo
stato italiano non ha attuato la direttiva. Sono un docente universitaria, nasce il bambino e voglio rimanere a casa
quei otto mesi che la direttiva mi consentirebbe di rimanere ma la direttiva non è stata attuata e quindi io non ho
una norma nell’ordinamento che posso far valere nei confronti del mio datore di lavoro chiedendo di stare a casa un
tot di mesi ma io so che la direttiva me lo consentirebbe ma lo stato non l’ha attuata. Fortunatamente io sono un
universitario che dipende dalla struttura pubblica, quindi il mio datore di lavoro è l’università di Genova il ministero
dell’università è lo stato quindi io potrò far valere il mio diritto nei confronti del mio datore di lavoro pubblico perché
fa parte dell’apparato stato non adempiente rispetto all’attuazione della direttiva. Ma cosa succede se io dipendo da
università privata, sono sempre docente universitario, ho sempre il diritto di stare a casa otto mesi, ma il datore di
lavoro non è lo stato, ma l’università privata, resta il fatto che io comunque potrei usufruirne se lo stato italiano
avesse attutato la direttiva.
Allora laddove mettiamo in gioco principi come quello di non discriminazione e sollevati dal diritto dell’EU in questa
ipotesi la corte di giustizia con la sua giurisprudenza è riuscita a garantire la tutela anche a questa situazione, non
riconoscendo l’effetto diretto orizzontale ma applicando il principio di non discriminazione.
A queste direttive, a strumenti che siano attuazione di principi generali protetti dall’ordinamento dell’unione
europea, a queste direttive allora si riconosce entro questi limiti effetti orizzontale, ma non è la regola perché
contraddice al meccanismo che è stato inadempiente non attua la direttiva nel termine previsto, la direttiva prevede
norme chiare precise e incondizionate, io le faccio valere nei confronti dello stato apparato, dove ci siano direttive
che prevedono riconoscimento di diritti in applicazione di principi generali tutelati dal diritto dell’unione europea
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come principio di non discriminazione, in alcuni casi la corte di giustizia ha riconosciuto l’effetto diretto orizzontale
ma sono casi eccezionali, di solito è un rapporto unione-stato-cittadino.
Se c’è un effetto diretto orizzontale ha tutte le stesse caratteristiche della teoria dell’effetto diretto verticale, teoria
che è stata elaborata dalla corte di giustizia perché non esisteva prima, è avvenuta su una richiesta che è partita da
una sentenza, è una creazione giurisprudenziale che si è spinta al punto di riconoscere l’effetto diretto anche
orizzontale in alcune ipotesi quando si parla proprio di principi cardine del sistema dell’unione europea però quando
si arriva all’effetto diretto orizzontale devo prende gli stessi elementi che applico per l’effetto diretto verticale quindi
scadenza del termine e norme chiare precise e incondizionate.
Ci sono due casi che hanno cambiato un po’ la storia del diritto dell’unione europea. Sono rinvii pregiudiziali di
interpretazione che arrivano d controversie portate da dai giudici italiani.
Primo caso faccini dori C-91/92
Il fatto questa signore faccini dori che abitava in toscana prende il treno, va a Milano e scende e la ferma un signore
che la convince ad acquistare un corso di inglese per corrispondenza si trattata di una vendita di un prodotto fuori
dai locali commerciali. L’unione europea aveva adottato una direttiva che tutelava i consumatori nel caso di vendita
al di fuori locali commerciali. C’è una direttiva così specifica perché quando un consumatore si trova fuori dai locali
commerciali, si trovi in un ambiente diverso da quello nel quale normalmente sarebbe propenso ad acquistare il
prodotto e quindi ha bisogno di particolari tutele, tra queste la direttiva prevede un diritto di recesso di contratto nei
sette giorni successivi, perché uno può sentirsi un po’ pressato, prevedeva quindi una serie di diritti per rimettere
alla pari il venditore e il consumatore nella trattativa e tra questi vi era il diritto di recesso nei sette giorni successivi.
Cosa succede, l’Italia ha omesso di dare attuazione a queta direttiva nel termine previsto, quindi è scaduta e
pongono quindi due questioni.
La prima è se il diritto di recesso come formulato nella direttiva ha quei caratteri che possono garantire effetto
diretto, cioè una norma chiara precisa e incondizionata.
Secondo problema è se in caso di risposta positiva al primo si possa far valere il diritto di recesso nei confronti del
venditore che è un privato non stato.
La corte di giustizia analizza il diritto di recesso, queste disposizioni hanno una precisione sufficiente per individuare i
soggetti sul cui grado di applicazione e beneficiari della dell’adempimento di questi, nessun provvedimento specifico
di attuazione è necessario a riguardo, il giudice nazionale può limitarsi ad accertarsi che il contratto sia stato
stipulato e che sia stato concluso tra un commerciante e il consumatore.
Quindi è facile secondo quello che prevede la direttiva individuare chi è il commerciante e il consumatore e applicare
la direttiva stessa. Quindi il primo problema è risolto la disciplina è chiara precisa e incondizionata.
Andiamo invece sul tema dell’effetto diretto orizzontale, qui più problematica perché abbiamo sì un diritto chiaro e
individuabile in capo al consumatore ma il consumatore lo deve far valere nei confronti di un altro soggetto privato
che è il commerciante che ha venduto il contratto e per questa giurisprudenza la corte non ha visto nessun tipo
particolare discriminazione dei principi del diritto dell’unione europea e quindi ha ribadito la teoria dell’effetto diritto
verticale, sarà una norma precisa chiara e incondizionata ma non possiamo riconoscere effetti diretti orizzontali e
quindi dice in assenza di provvedimenti di attuazione di questa direttiva i consumatori non possono fondare sulla
direttiva stessa il diritto di recesso nei confronti dei commercianti con i quali hanno stipulato il contratto, ne possono
far valere tale diritto davanti al giudice nazionale, tuttavia il giudice nazionali quando applica disposizioni di diritto
nazionale precedenti o successivi alla direttiva ha l’obbligo di interpretarle quanto più possibile alla luce della lettera
dello scopo della direttiva.
Cosa si potrà fare in un caso come questo, il giudice nazionale che mi ha chiesto come interpretare il diritto interno
non potrà applicare direttamente quella norma ma potrà prendere il suo quadro normativo ancora non cambiato dal
diritto dell’unione europea e cercare quanto più possibile di interpretarlo nel l’ottica della direttiva quindi lascia
aperto lo spiraglio della tutela del diritto nazionale, interpretato alla luce del diritto dell’unione europea, ma esclude
l’effetto diretto orizzontale.
Sentenza Francovich c-6 e 9/90
Questioni efficacia diretta e la responsabilità dello stato.
Si trattava sempre di una direttiva non attuata che disciplinava la tutela di lavoratori in caso di insolvenza del datore
di lavoro. Francovich e un'altra persona, di cui le entrambe imprese dove lavoravano erano fallite, si erano rivolte a
due pretori diversi per chiedere di essere immessi nel passivo fallimentare, nella lista dei creditore dell’impresa
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fallita perché non avevano ancora ricevuto il pagamento dello stipendio e davanti a questi giudici hanno chiesto
pagamento delle mensilità e hanno indicato l’applicazione di questa direttiva che appunto cercava di proteggere i
lavoratori in particolare nel caso di imprese fallite e prevedeva dei privilegi di questi lavoratori rispetto agli altri
creditori. La direttiva però in Italia non era stata attuata e si pione sempre il problema degli effetti diretti.
Al punto 12 dice che l’esame degli effetti diretti deve riguardare tra aspetti la determinazione della garanzia, il
contenuto della garanzia e qual è il soggetto tenuto a pagare questa garanzia ai lavoratori e la corte dice la disciplina
è precisa, conclude dicendo che si deve risolvere la prima parte della questione dichiarando che le disposizioni di
questa direttiva che definiscono i lavoratori devono essere interpretati nel senso che non possono far valere
direttamente tali diritti nei confronti dello Stato e dei giudici nazionali in mancanza di attuazione, perché la norma è
precisa ma lascia margini di discrezionalità circa le modalità e il quantum da pagare ai lavoratori, quindi esclude che
ci sia l’effetto diretto.
Siamo già a due ipotesi in cui in entrambi i casi davanti a due giudici italiani viene escluso l’effetto diretto della
direttiva però anche se, qui il destinatario principale sarebbe stato lo stato perché è poi lo stato che rispondeva ai
danni quindi ci sarebbe stato anche eventualmente l’effetto verticale, ma quel è l’effetto di questa direttiva? Dice gli
effetti diretti non possono essere invocati ma queste persone sono comunque pregiudicate dall’assenza della
direttiva, può tale circostanza di per sé far sorgere una responsabilità in capo allo stato? Cioè lo stato che anche se
non ha dato attuazione a questa direttiva e che di fatto limita i diritti dei signori può in qualche modo essere
considerato responsabile?
La corte dice sostanzialmente di sì cioè indica ai giudici nazionali come lo stato italiano può essere considerato
responsabile. Di fatto lo stato ha determinato la violazione del diritto comunitario perché non ha dato attuazione alla
direttiva, la direttiva attributiva diritti ai singoli come un contenuto di tale diritti che comunque potevano essere
individuati se il danno esiste ed è imputabile allo stato ecco che allora può sorgere una responsabilità in capo allo
stato, che è una soluzione diversa, la soluzione ideale che avevano chiesto i signori era quella di invocare effetto
diretto della direttiva, questo non avviene e la corte di giustizia dice voi comunque avete diritto a un risarcimento
perché lo stato non ha attuato una direttiva e quindi in questa sentenza La Corte afferma il principio della
responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli a seguito di una mancata attuazione di una direttiva.
Quindi alla fine di queste sentenze vediamo che quando una direttiva non viene attua e continente norme chiare
precise e incondizionate i singoli possono far valere l’effetto diretto della direttiva in senso verticale e non facilmente
in senso orizzontale salvo che avvenga nell'ottica dei principi fondamentali di diritto dell'unione europea. Quando
purtroppo l’effetto diretto non possa esser fatto valere come nel caso Francovich resta fermo che lo stato ha violato
il diritto dell’unione europea perché non ha attuato la direttiva allora se da questa violazione deriva il danno ai
singoli e il nesso di causalità sia evidente allora i sonagli poteranno con l’altra azione chiedere i danni allo stato.
Questo principio della responsabilità dello stato per i danni causati dalla violazione del diritto dell'unione europea si
è espanso al punto che in sentenze più recenti è stata riconosciuta anche la responsabilità dello Stato nell'attività di
giudici per esempio quando i giudici non applicano correttamente il diritto dell'unione europea.
Quindi vediamo come in ogni modo La Corte giustizia cerca di garantire tutela a fronte di una non corretta attuazione
del diritto dell'unione europea da parti degli stati.
Tutte queste questioni ovviamente non sorgono nel momento in cui si tratti di regolamento dell'unione europea in
quanto il regolamento dell'unione europea questi problemi non li pone perché ciascuno di noi potrà invocare
direttamente le norme del regolamento.
La responsabilità verso lo stato vale solo quando il pregiudizio lo fa l'ente statale.
In pratica la Corte cosa ha fatto? La Corte è partita dal presupposto che ciascun individuo fa parte del sistema
dell'unione europea e se lo stato non fa quello che deve fare anche i cittadini possono essere pregiudicati perché
stiamo tutti e tre nello stesso sistema normativo stato istituzioni e cittadini. ci sono alcune fonti che producono
effetti diretti nei nostri confronti, ad esempio, i regolamenti o anche alcune norme dei trattati che sono formulati in
modo tale per cui si può riconoscere effetto diretto ma le norme dei trattati non richiedono necessariamente
l'attuazione da parte dello Stato, quindi sono norme che entrano con forza di diritto primario nel nostro
ordinamento quindi per queste non si pongono problemi. il problema si pone soltanto con quelle fonti che chiedono
un'attività di produzione normativa statale cioè le direttive. quando quindi lo stato manchi e ometta di fare il suo
dovere all'interno del diritto noi cittadini inevitabilmente riceviamo il pregiudizio, la domanda è possiamo reagire
questo pregiudizio? secondo la Corte di giustizia sì perché tutte le volte che una direttiva dell'unione europea
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contenga norme chiare precise e incondizionate e lo stato non vi abbia dato attuazione è possibile grazie alla
giurisprudenza Corte, che noi cittadini utilizziamo direttamente quelle norme in giudizio nei confronti dello Stato,
effetto diretto verticale.
in alcuni casi quando vengono in gioco principi fondamentali dell'ordinamento dell'unione europea come il principio
di non discriminazione è stato anche riconosciuto l'effetto diretto orizzontale, ma sono rari casi perché la regola è
l'effetto diretto verticale. quando però com'è il caso Francovich le norme della direttiva si si individuano soggetti
principali ma lasciano lo spazio da determinare profili importanti come quando e le tempistiche allora in quel caso gli
effetti diretti non si potevano produrre sia per la mancata chiarezza delle norme sia per il fatto che le avremmo
dovute invocare nei confronti dell’impresa insolvente che un soggetto privato, allora la Corte di giustizia dice
attenzione la strada delle fate diretto non potete percorrerla per motivi che abbiamo detto le norme non sono chiare
e comunque i soggetti di destinazione non sarebbero lo stato, ma c'è un'altra strada che potete invocare la
responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell'unione europea. responsabilità che implica che il signor
Francovich dovrai iniziare un'altra azione giudiziaria con un titolo diverso non sarà più recupero delle somme nei
confronti delle imprese ma sarà un'azione nei confronti dello Stato italiano per mancata attuazione del diritto
dell'unione europea circostanze che ha causato loro un danno cioè l'impossibilità di recuperare il loro stipendi.
Le soluzioni sono effetto diretto in verticale, responsabilità dello Stato e poi nel caso faccini dori dove di nuovo
l’effetto diretto non lo potevo invocare, la corte di giustizia ha anche avuto l’ardine di affermare attenzione io non lo
posso invocatore l'effetto diretto di questa norma sul recesso dei contratti commerciali ma tu giudice italiano cerca
di interpretare il quadro normativo che hai le norme di cui disponi in modo da garantire tutela, in modo conforme al
diritto dell’UE. questo ci conferma come sia forte l'attenzione della Corte per la tutela dei singoli come protagonisti
del diritto dell'unione europea.
Anche di questa circostanza poi il legislatore europeo ha preso atto negli anni e infatti adatto spesso termini più
lunghi e c'è un’attivita anche della commissione che è il guardiano dei trattati che controlla l'attuazione delle
direttive e qualche volta anche con gli Stati arriva a negoziare delle soluzioni diverse Se gli Stati non riescono a
attuare le direttive. anche questo argomento entra nel gioco della procedura legislativa perché a volte gli Stati sono
refrattari all'attuazione di una direttiva perché impone loro dei grossi cambiamenti e sforzi.
L'effetto diretto guarda sempre il rapporto tra cittadino e i diritti contenuti in una direttiva che per definizione non
dovrebbe neanche riguardarlo perché la direttiva ha effetti diretti solo nei confronti dello Stato, subentrano questi
effetti diretti anche nei confronti dei cittadini quando lo stato metta di fare il suo dovere, allora quel rapporto non
funziona e nell'ordinamento europeo ad alcuni stati la direttiva viene attuata e ad altri no e non va bene perché poi
lo verranno a sapere. Ma l'effetto diretto orizzontale è l'eccezione all'eccezione, perché l'effetto diretto è in verticale
e proprio nei casi di palese ingiustizia in cui la direttiva stessa non voleva compiere una tale ingiustizia perché voleva
produrre una disciplina di ampia attuazione che non prevedesse destinazioni e allora in casi remoti La Corte di
giustizia riuscita a riconoscere l'effetto di retta orizzontale cioè i rapporti tra privati, anche se la direttiva è un atto
indirizzato allo stato.
Quindi punti che abbiamo inquadrato sono tre, l'effetto diretto delle direttive verticale solo in alcuni casi anche
orizzontale, laddove sia possibile ottenere l'effetto diretto ci sono due soluzioni, una andare per la responsabilità
dello Stato quindi chiedere allo stato i danni per la violazione per la mancata adozione della direttiva l'altro che può
essere anche messo in parallelo è quell'indicazione che nel caso faccini dori la corta dato di interpretare il quadro
normativo interno quanto più possibile alla luce del diritto dell'unione europea.
Quando parliamo di Stato nell'effetto diretto nei confronti Dello Stato, si intende stato il senso molto ampio in senso
di apparato, quindi può anche accadere che io riesca a far valere l'effetto diretto verticale nei confronti di una
società, per esempio la società autostrade che è una concessionaria selezionata dallo stato per la gestione delle
autostrade quindi hai una società possiamo dire controllata dallo stato e quindi sotto la responsabilità dello Stato.
Quindi non si tratta di effetto diretto orizzontale in casi come questo facciamo ancora valere l'effetto verticale.
La decisione
Ultimo degli atti vincolanti previsti dall’art 288 è obbligatoria nei suoi elementi può avere applicazione particolare ho
generale, può essere una decisione indirizzata a determinati soggetti e allora avrà effetti soltanto nei confronti di essi
o a carattere generale. Inizialmente non era un caso molto applicato, ora ha una invocazione non più solo
amministrativa di attuazione del diritto dell'unione europea ma anche normativa il consiglio europeo utilizzo
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moltissimo allo strumento delle decisioni accanto, ad esempio, alle conclusioni e nell'ambito della politica estera di
sicurezza comune dove non è possibile adottare atti legislativi sono ammessi invece le decisioni.
Le decisioni possono avere come destinatari stati membri come, ad esempio, le decisioni che la commissione adotta
ma possono anche avere come destinatari soggetti privati, la materia di concorrenza competenza della commissione
è un esempio dell'applicazione dello strumento della decisione. quando ad esempio la commissione veda l'esistenza
di un accordo che viola la concorrenza tra imprese potrà adottare la decisione contro quelle determinate imprese.
quando la commissione ravvisa da parte dello Stato una violazione di quella norma che dice allo stato di non
intervenire troppo in economia la vantaggio delle imprese sennò questo completamento altera la concorrenza e
quindi prevede il divieto diritti di Stato, se lo stato questo divieto non lo rispetta sarà la commissione a sanzionare lo
stato. quindi la portata è individuale ma anche generale o indefinita.
Ci sono delle decisioni degli Stati Che magari identificano una disciplina contenete in un regolamento o in una
direttiva ci sono anche decisioni che sono rivolte a Stati membri istituzioni dell'unione europea. la decisione ha preso
campo grazie all'attività del consiglio europeo.
l'elenco degli atti tipici si conclude con le raccomandazioni e pareri.
le raccomandazioni sono atti con valore di strumento persuasivo o di stimolo sono atti che dal punto di vista giuridico
producono effetti di soft law quindi non vincolanti non sottovalutiamo gli atti di soft law, Perché questi atti vengono
anche a formare il ragionamento giuridico con il quale il giudice risolve un caso, non è vincolante ma aiuto un giudice
a capire meglio l'applicazione di una norma.
I pareri sono strumenti con i quali le istituzioni tutte le istituzioni possono far conoscere la loro posizione su
determinata questione specifica noi abbiamo visto quelli della Corte di giustizia previsto dal trattato ma non escludo
che renda un parere un comitato delle ragioni la commissione Parlamento etc.
il parere di per sé è un atto di soft law ma diventa un adempimento vincolante se lo richiede la Corte di giustizia, se
ne ha richiesto dal trattato in capo alla Corte di giustizia però è il trattato che eventualmente può dare valore diverso
al parere di base resta un atto di soft law.
Atti atipici
Libri bianchi, verdi e orientamenti Della commissione che sono un atto ancora di cui ancora si deve capire la natura, e
di soft law ma produce molti effetti.
Accordi inter-istituzionali ex art 295 TFUE
Crescono perché Vale il principio dell'equilibrio istituzionale e anche perché crescono le istituzioni e c'è quel
fenomeno di sovrapposizione delle competenze quindi questi accordi riescono a ad aiutare il funzionamento
dell'apparato istituzionale. trovano la loro base nel principio di leale collaborazione che vale tra Stati membri e
Unione ma anche all'interno delle istituzioni.
Il processo decisionale.
Sappiamo già che quando parliamo di processo decisionale parliamo del processo che determina la gestione degli
atti normativi dell'unione europea e sappiamo che chi lavora tantissimo in questa materia e il consiglio dell'unione
europea, dal consiglio passano tutte le decisioni il consiglio europeo dall’indirizzo ma il consiglio dell'unione europea
è quello che cambia formazione a seconda Dell'argomento, è lui che decide la maggior parte delle questioni.
tuttora resta al centro di gravità nel corso di questi 70 anni di cooperazione europea la cosa che è cambiata di più e
che al consiglio si è mano a mano attaccato sempre io il Parlamento europeo chi è il codecisore.
prima era chiamata procedura di codecisione ma oggi dopo il trattato di Lisbona viene chiamata procedura ordinaria
a conferma del fatto che si voglia dare un certo peso a entrambe le istruzioni, se questa è la procedura ordinaria e
quindi a regola vediamo che il trattato prevede diverse eccezioni male prevede il trattato che consistono poi nel
coinvolgimento delle istituzioni dell'unione europea anche di organi ausiliari.
Le procedure legislative vanno verso una maggiore democratizzazione e quindi con un crescente ruolo del
Parlamento europeo, quindi grazie alle modifiche che sono state introdotte con il tratto di Lisbona oggi possiamo
senz'altro dire che qualunque atto adottato a livello dell'unione europea gli specchia la volontà della maggior parte
della popolazione. lo possiamo dire perché da un lato c'è il coinvolgimento del Parlamento europeo come co
decisore, dall'altro perché quando il consiglio dell'unione europea decide lo fa a maggioranza dei suoi membri che
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rappresentano il 55% degli Stati e questa maggioranza degli Stati membri deve anche rappresentare il 65% della
popolazione quindi o per via del Parlamento ho per via del consiglio la popolazione è giustamente rappresentata. in
più anche i parlamenti nazionali sono molto coinvolti all'inizio quando la p procedura legislativa viene avviata e
anche ex post perché controllano il rispetto del principio di sussidiarietà.
la procedura ordinaria è quella che vede Parlamento e consiglio come co decisori.
Speciale: partecipazione di Consiglio e di Parlamento al di fuori della procedura ordinaria, nei casi previsti dai Trattati
Eccezione art. 352 TFUE «clausola di flessibilità» (azione per realizzare obiettivi dei trattati) che lascia la scelta alle
istituzioni stesse. Questa clausola di flessibilità è una norma molto importante perché ci dice, l'articolo 352 consente
alle istituzioni dell'unione europea di adottare azioni che siano necessarie per realizzare gli obiettivi dell'unione
europea. chi è una norma che vuole un po’ trovare una soluzione perché se io devo realizzare degli obiettivi ma non
ho gli strumenti per realizzarli perché il trattato non me li consente ricorro alla clausola di flessibilità che tappa un
po’ i buchi tappa l'assenza di procedure.
Questa clausola di flessibilità è entrata in tutte le organizzazioni internazionali proprio per far fronte alla mancanza Di
poteri espliciti ed ecco perché viene detta anche clausola poteri espliciti, perché consente all'unione europea di
esercitare quei poteri che però che sono però impliciti degli obiettivi che l'unione europea si pone.
Il potere esclusivo di iniziativa e della commissione è da lì che nasce tutto, ci sono altri soggetti che hanno i poteri di
iniziativa ma nella maggior parte dei casi è la commissione e fa partire tutto. può accadere che anche il Parlamento
europeo o un gruppo di stati facciano partire il procedimento legislativo, la BCE, La Corte di giustizia e la banca
europea degli investimenti.
È possibile che ci siano organi che chiedano alla commissione di intervenire quindi stimolino l'azione della
commissione sono il Parlamento europeo e il consiglio e anche gli Stati membri ma la commissione resta sovrana
nella scelta di proseguire o no l'attività normativa ovviamente se non la segue dovrà motivare perché non ha seguito
questa indicazione del Parlamento del consiglio o degli Stati membri. non è previsto nei trattati che questa richiesta
la possa fare il consiglio europeo ma si dà per scontato, cioè che il consiglio europeo l'organo dove risiedono i capi di
Stato e di governo possa stimolare l'azione della commissione europea non ci stupisce perché il consiglio europeo è
l'organo di indirizzo. nella prassi la commissione è molto brava perché tutte le volte che gli viene chiesto di fare
qualcosa lo fa quindi avvia procedimento normativo.
La grande novità del trattato di Lisbona e che i cittadini possono avere iniziativa legislativa quindi iniziativa popolare.
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27/10
Iniziativa dei cittadini.
Novità introdotta dal trattato di Lisbona la norma di riferimento è nel TUE tra le norme di principio, come a dire che è
un aspetto molto importante questo rientra tra i principi che regolano le altre istituzioni.
Importante perché un numero significativo di cittadini che abitino in un numero significativo di SM dice la norma
possono proporre l’iniziativa normativa e non è una cosa da poco perché abbiamo visto che il procedimento
normativo è abbastanza contingentato cioè il leader del procedimento, colei che decide di avviare l’iniziativa
legislativa è la commissione europea può essere sollecitata, è vero che ci sono possono essere iniziative da parte di
un gruppo di stati ma chi fa tutto alla fine è la commissione.
Quindi di fatto che ci sia questa importante alternativa è molto rilevante e dimostra sempre quella volontà che fa da
fil rouge a tutte le modifiche introdotte con i vari trattati di emendamento dell’unione europea ossia quella volontà
di colmare il divario democratico per il quale l’unione è da sempre stata criticata quindi almeno un’unione di cittadini
che abitino in un numero significativo di SM possono prendere l’iniziativa.
La formula è vaga perché noi non sappiamo quanti stati l’unione avrà fra dieci anni magari 35 magari 10 quindi la
formula è rimasta volutamente vaga.
Possono prendere iniziativa e invitare la commissione a presentare una proposta appropriata in merito a materie
rispetto alle quali si ritiene di agire. Quindi anche il popolo può dare il via al procedimento normativo. Resta
ovviamente uno spazio discrezionale della commissione ma non così ampio in realtà.
Esiste un sito dedicato a questa iniziativa ed è interessante perché ci dice le iniziative in corso e possiamo avviare
anche il nostro progetto.
È stato adottato solo nel 2019 in realtà presentato subito dopo Lisbona e poi emendato un regolamento e dove è
descritta la procedura nel dettaglio.
Ossia iniziativa è valida se firmata da un milione di cittadini appartenenti almeno a 1/4 degli SM (7) in almeno un
quarto degli SM il numero dei firmatari deve arrivare a un minimo di cui allegato 1 quindi ci sono un tot di criteri da
rispettare e se sono stati calcolati in base alla popolazione in proporzione.
Quindi una volta che questo requisito è soddisfatto anche se abbiamo visto che per partire il requisito è molto più
basso entro anno vanno raggiunti questi numeri e l’iniziativa può essere presentata.
È molto semplice avviarla, non è semplice arrivare a un milione di firme ma ci sono stati casi in cui alcuni iniziative
hanno avuto successo viene poi presentata non direttamente a consiglio e parlamento ma alla commissione,
dibattuta in parlamento e poi sarà la commissione che deciderà cosa fare questa iniziativa che può anche essere un
individuare il tipo di atto da proporre, vero è che l’iniziativa diversamente da altre iniziative che arrivino da
istituzione europee passa anche a essere dibattuta davanti al PE che non è un passaggio da poco.
I cittadini devono essere residenti però il numero di membri al quale si fa riferimento è un numero minimo che è
contenuto nell’allegato di questo regolamento che corrisponde al numero dei membri del parlamento eletti in
ciascun stato membro per il numero complessivo dei parlamentari europei noi sappiamo che i nostri parlamentari
circa 76 dopo il regno unito, si farà 76x705 quello è il numero che in quello stato deve essere raccolto di firme per
poi il raggiunto quel milione di firme.
Rimane il requisito dei cittadini dell’Unione europeo possono essere cittadini di altri stati ma comunque europei non
di stati terzi.
Potere di ritrito della proposta della commissione.
Esiste anche la possibilità per la commissione che ha questo grosso potere a quasi esclusivo di gestione te la fase
iniziale della procedura legislativa, anche la possibilità di modificare quello che lei ha descritto quindi modificare la
proposta dice l’art 293 del TUE in ogni fase delle procedure che portano all'adozione di un atto, quindi la
commissione ha un ampio potere anche nell'iter successivo non soltanto della fase iniziale.
Svolge questo potere in modo politico, anche con la possibilità di minacciare il ritiro della proposta quando vede che
non si arrivi a un accordo e questo è possibile può accadere che consiglio a Parlamento appartino tali emendamenti
che non convincano l'uno o l'altro nelle varie letture che vengono previste allora la commissione può anche
minacciare il ritiro della proposta anche solo con il fine di spingere a un possibile accordo Sull'atto normativo. Il
carattere politico della procedura, quindi, resta e la commissione ha un ruolo molto importante. ruolo che la Corte di
giustizia ha riconosciuto essere del tutto legittimo non va contro principio di equilibrio istituzionale che regola i
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rapporti tra istituzioni purché la commissione faccia l’interesse dell’Unione, ma ha proprio questa funzione di fare
l'interesse dell'unione di essere un organo con forte componente politica ma anche tecnica, quindi ha anche questo
potere di ritiro della proposta.
La procedura di consultazione.
Resta in molti casi di ricorrere a una procedura diversa da quella ordinaria di cui abbiamo parlato, ossia la procedura
di consultazione del Parlamento europeo, ci sono molti ambiti nei quali il parlamento viene soltanto consultato. La
ratio della consultazione è che anche il PE partecipi al procedimento legislativo ma il limite è che il PE viene solo
consultato e non deve rendere necessariamente un parere positivo. Quindi quando si tratta di mera consultazione è
un adempimento formale quello che avviene.
È accaduto che il PE senza una giustificazione non si pronunciasse, non la mettesse all'ordine del giorno, i casi erano
casi di mala organizzazione nel senso che non era stata messa all'ordine del giorno e nell'ultima seduta utile del
Parlamento nel mese di dicembre e quindi non c'era proprio modo di consultare il Parlamento nei termini necessari
previsto dai trattati. in questi casi però il consiglio può comunque adottare l'atto perché è stato un’efficienza del
parlamento. Se il Parlamento invece non viene consultato tout court cioè si omette la consultazione allora l’atto
risulta invalido perché c'è proprio la violazione della procedura del trattato.
Se poi nel corso del procedimento la consultazione del parlamento è avvenuta su un determinato testo dell’atto che
viene significatamene modificato allora è necessario una nuova consultazione del Parlamento.
Questi sono esempi di applicazione del principio di leale collaborazione che caratterizza il rapporto tra istituzioni.
L’ordine del giorno del PE è molto importante perché può accadere che non ci sia il tempo di dibattere, parte in cui
c’è la seduta plenaria e poi delle sottocommissioni dove non tutti devono partecipare ma solo le commissioni
esperte.
Se il Parlamento viene consultato vuol dire che c'è proprio l'adempimento del consiglio che chiede la consultazione
Parlamento ci sono tutti i casi in cui il Parlamento consultato non ha messo la questione all'ordine del giorno ed è
rimasto inerte. La responsabilità del Parlamento e quindi l'atto viene comunque adottato.
Se la norma del trattato non richiede una mera consultazione ma il parere favorevole del Parlamento, allora in quel
caso l'inerzia non consentirebbe al consiglio di muoversi oltre perché avrebbe l'obbligo di ottenere un parere
favorevole del Parlamento e mancanza di quello si deve fermare.
Quando ci troviamo di fronte a un caso in cui il Parlamento viene consultato e un Retaggio perché il parlamento non
è da sempre codecisore, ma nella maggior parte dei casi (70 basi politiche) la procedura è ordinaria e si condivide il
potere decisionale.
Mentre altra ipotesi è il consiglio a decidere consultando il parlamento e talora chiedendo il parere favorevole ma
questa l’eccezione, la regola è la procedura ordinaria con pari poteri decisionali.
Colei che avvia la fase della proposta resta la commissione che può essere invitata a presentare la domanda da
banca europea per gli investimenti, banca centrale europea, parlamento europeo, parlamento europeo con iniziativa
dei cittadini e ¼ degli stati membri. Questi sono gli attori da ricordare che possono stimolare la commissione oltre
alla commissione da sola e nella maggior parte dei casi è lei da sola che da avvio al procedimento normativo. Decide
anche il tipo di atto da proporre, proposta di direttiva, regolamento quindi la commissione ha già esercitato un certo
potere discrezionale.
Una volta che nella procedura ordinaria la proposta è pronta, passa al PE in prima lettura, analizza la proposta della
commissione e può dire ok va bene così oppure introdurre emendamenti, una volta emendata o approvata, la
prostata dal PE passa al consiglio sempre in prima lettura nella composizione competente, la migliore delle ipotesi è
che il consiglio e PE siano d’accordo e quell’atto sarebbe adottato.
Spesso modifica l’approvazione del PE e allora se introduce delle modifiche la proposta torna al PE perché non è la
stessa proposta di prima, vi è una seconda lettura del PE che potrebbe essere favorevole e allora l’atto viene
adottato. In PE potrebbe anche dire non se ne fa nulla, le proposte che tu introduci non vanno bene non si fa nulla
oppure emenda nuovamente e riapre il dialogo con il consiglio quindi seconda lettura del PE e del consiglio. Di nuovo
potremmo arrivare al momento che il consiglio è d’accordo con questi emendamenti e allora la proposta è adottata.
Ma dopo due letture potremmo non avere ancora il consenso delle due istituzioni e qui c’è una fase di conciliazione
perché a un certo punto il palleggio tra le istituzioni va interrotto.
73
Allora viene convocato comitato di conciliazione, che vede protagonisti tutti i membri del consiglio nella
composizione competente quindi 27, con altrettanti membri 27 del PE, 27 consiglio e 27 PE e cercano di raggiungere
un accordo democrazia pura.
Se si raggiunge accordo atto viene adottato altrimenti non entra in vigore e la procedura legislativa si interrompe.
Se però la procedura va avanti avviene una terza lettura cioè accade che questo progetto comune che il comitato di
conciliano ha predisposto con solo 27 parlamentari viene proposto a tutti i 705 parlamentari che votano senza
modificarlo o si accetta o la procedura si ferma, lo stesso anche il consiglio, non può modificarlo, può accettarlo
oppure rinunciare. Quindi dopo la conciliazione ciascuno dei due può ancora trattare il procedimento.
27 parlamentari con che criterio su 705? Viene data una rappresentanza proporzionale ai partiti, che non sono i
partiti degli stati ma europei.
La componente parlamentare è sempre più politica di quella del consiglio.
Quando la commissione prepara la proposta normativa da comunicazione ai parlamenti nazionali, che hanno il
potere di bloccare. Può farlo anche ex post alla fine di tutto questo dire attenzione questo procedimento, non è
molto chiaro non rispetta il principio di sussidiarietà.
Ma comunque anche i parlamenti europei fanno parte dei partiti politici italiani quindi anche loro lo sanno e
dovrebbero sapere cosa accade.
La procedura dura in media due anni procedura che potrebbe essere anche più lunga, il procedimento legislativo in
Italia è più lungo.
È stato adottato un accordo Inter istituzionale, sono l’ultima delle fonti, proprio nella quale si sono calendarizzati
degli incontri tra istituzioni protagoniste del procedimento normativo, commissione consiglio e PE. Il lavoro è
abbastanza successful, circa 80% delle procedure si chiude positivamente è solo il 2% arriva al comitato di
conciliazione.
Quindi procedura originaria, la procedura di consultazione del PE e procedura di approvazione del PE quando si
richiede il parere positivo del parlamento.
Delega di compresenza normativa attuale art. 290 TFUE
Quando abbiamo parlato degli atti abbiamo individuato degli atti che non hanno carattere legislativo che sono gli atti
derivati e di esecuzione. Sono atti che può adottare la commissione, non c’è un rapporto gerarchico ma funzionale, la
commissione non allontanarsi molto da quello che l’atto di delega indica.
Il legislatore indica elementi essenziali, la commissione integra ma la commissione ha anche la possibilità di
aggiungere nuovi elementi che non siano essenziali. La commedio resta l’organo che si occupa della redazione degli
atti, quindi può aggiungere anche nella legislazione delegata.
Art 291 quello relativo agli atti di esecuzione ha una caratteristica diversa, indica nel modo più possibile uniforme
come devono essere eseguiti materialmente atti giuridicamente legislativi quindi atti legislativi dell’Unione e anche
qui la commissione può fare di sua sponte o può essere l’atto di esecuzione richiamate negli atti di base.
In genere si lavora per comitati.
Sapere che la commissione esercita questa funzione importante propositiva, accompagna tutto il procedimento
normativo perché quando si dice che il PE apporta delle modifiche è poi la commissione che recepisce queste
modifiche e anche una volta che l’atto normativo è adottato la commissione può avere ancora funzione, ad esempio,
adottando gli atti esecutivi oppure se l’atto normativo principale contiene una delega può ancora vere questa
competenza. Sono atti non di natura legislativa ma sono atti, comunque, che richiedono competenze specifiche ecco
perché questo compito viene dato alla commissione.
Rimedi/tutela giurisdizionale.
È importante la tutela dei diritti perché altrimenti il sistema non è efficiente, il sistema funziona se ha uno strumento
che conferisce efficacia al sistema, noi abbiamo un diritto molto originale, che ha delle caratteristiche molto originali,
ha un apparato istituzionale molto origine che cerca di recuperare molto la componente democratica quindi che sia
molto rappresentativo della popolazione e dobbiamo avere uno strumento che consenta da un lato di garantire
l’effettività del diritto dell’unione europea e dall’altro di anche opporsi ai mal funzionamenti dell’apparato
costituzionale altrimenti il sistema non funziona.
Quindi come ogni sistema normativo che si rispetti la presenza di un organo internazionale è molto importante.
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Nell’unione europea ancora più importante perché oltre ad avere protagonisti stati e istituzioni come accade anche
in altre organizzazioni anche se in maniera meno intenso qui anche l’individuo può avere una sua parte per la tutela
dei diritti. Se dicessimo che è perfettamente equiparata alle altre istituzioni non sarebbe vero perché è un sistema
che tiene conto della componente individuale ma hanno qualche limite in più rispetto alle istituzioni o agli stati.
Però il sistema serve per questo l’apparato giurisdizionale serve proprio per questo, per dare efficacia al sistema
normativa e per correggere i malfunzionamenti dell’apparato istituzionale.
Del resto, l’unione si definisce come un’unione di diritto, il diritto è una componente evidentemente molto
importante e quindi occorre un controllo giurisdizionale.
I primi strumenti che vengono sono gli strumenti non giurisdizionali perché non bisogna necessariamente andare
davanti un giudice per ottenere tutela, il buon funzionamento del sistema ci sono anche dei metodi alternativi a
quelli giurisdizionali.
Tutela dei diritti.
Tutto questo non ha senso se non c’è anche un apparato giurisdizionale che rende il sistema effettivo.
La tutela avviene senz’altro attraverso il controllo giurisdizionale ma anche attraverso un sistema di controllo non
giurisdizionale.
Il sistema di controllo giurisdizionale non è solo a livello europeo, presuppone l’esistenza di un sistema di tutela
giurisdizionale a livello nazionale, quindi, c’è un rapporto di complementarietà con la tutela che i singoli possono
ottenere a livello nazionale e quella a livello europeo. Il diritto alla tutela giurisdizionale è un diritto fondamentale
addirittura codificato nella carta dei diritti fondamentali dell’unione europea all’art 47.
Vediamo quando ci sono le tutele non giurisdizionale, cioè quando la situazione non è così grave da andare davanti
alla corte di giustizia.
È possibile per ciascuno di noi (imprese e persone giuridiche) avviare una commissione temporanea di inchiesta, è
possibile rivolgersi al mediatore europeo in caso di mal funzionamento delle istituzioni europee, è possibile rivolgere
una petizione al PE o un reclamo alla commissione.
Abbiamo una serie di strumenti con i quali possiamo farci avanti nel sistema istituzionale europeo, sono strumenti
importanti non particolarmente incisivi ma ci permettono di farci sentire rispetto a determinate dinamiche.
La commissione temporanea d’inchiesta è disciplinata dall’Art 266 TFUE viene costituita se lo richiedono un quarto
dei membri del PE, perché i cittadini lo chiedono ai membri del PE fanno una petizione e per questioni molto gravi
viene creata la commissione temporanea d’inchiesta, gravi ma sempre legate al malfunzionamento del sistema
istituzionale e il malfunzionamento del diritto può essere indicato ai parlamentari europei che creano questa
commissione d’inchiesta. Il limite è che se io mi rivolgo al PE per una commissione d’inchiesta non posso nello stesso
momento coinvolgere strumenti giurisdizionali, devo scegliere tra rimedi giurisdizionale e non.
La commissione temporanea d’inchiesta non fa molte cosa ma analizza il problema e scrive una relazione che può far
scattare l’azione delle istituzioni europee, quindi il soddisfacimento è che possiamo avere una reazione da parte
delle istituzioni europee se vedono che il problema sussiste ma se non siamo appagati da quello che è emerso dalla
relazione della commissione d’inchiesta ovviamente resta aperta la strada giurisdizionale, le due insieme non
possono essere perseguite.
Mediatore europeo, art 228 TFUE
Si può rivolgersi al mediatore europeo quando gli organi dell’unione non funzionano, denunciate alla commissione,
non vi risponde, vi rivolgete a lui. Voi fate una petizione al PE, non vi risponde nessuno andare dal mediatore
europeo.
Il mediatore europeo può sbloccare la situazione, può appagare l’inerzia dell’istituzione che non ha soddisfatto la
nostra richiesta. In alcuni casi anche il mediatore europeo redige la relazione, le relazioni servono per il giudizio per
andare direttamente davanti agli organi giurisdizionali.
La petizione
Ciascuno di noi purché risieda in uno stato membro ha la possibilità di presentare individualmente una petizione,
una materia che rientra nel campo dell’attività dell’unione ma deve riguardare direttamente la società o la persona
che vuole presentare questa petizione, ci deve essere un interesse diretto.
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Il PE può anche dire che non è una petizione meritevole, respingere la richiesta e il provvedimento con cui respinge
la nostra richiesta, perché la considera non meritevole di considerazione, può essere impugnato.
Se invece il PE dice è meritevole, prendo io alcuni provvedimenti e si attiva in modo diverso, la scelta di azione che il
parlamento può intraprendere noi non la possiamo più contestare, quindi solo se respinge la nostra petizione allora
noi possiamo ancore fare un’azione se il PE da seguito alla nostra petizione con mezzi che non ci piacciono,
dobbiamo adeguarci. Sono strumenti che non danno molta soddisfazione però nella pratica il PE è molto attento alle
petizioni che vengono fatte e danno sempre seguito alle petizioni.
La commissione.
Ultimo strumento non giurisdizionale è la commissione che è il guardiano dei tratti è che quindi vigila sul
comportamento degli stati che rispettano il diritto dell’unione europea. Alla commissione andrò quando nel mio
stato o nello stato nel quale mi trovo le autorità nazionali abbiano violato il diritto dell’Ue, io dico attenzione al mio
stato (le autorità pubbliche rientrano nello stato).
La commissione può avviare procedura di infrazione.
Si può denunciare che lo stato non sta adempiendo al diritto dell’Unione europea anche se non ci tocca, questo per
la particolare relazione che lega gli individui al parlamento europeo e per la particolare funzione della commissione
che vigila che gli stati rispettano il diritto dell’unione, se non lo fanno ciascuno di noi così come altri stati possono
presentare una denuncia alla commissione.
Quando questi strumenti che pure se esistono ma magari non hanno molta potenza, perché lo stato poi alla fine se
non viene sanzionato, lo stato reagisce a sanzioni che sono sanzioni economiche perché non posso sanzionare lo
stato in tanti altri modi con queste o con la procedura dell’art 7 per alcuni diritti, non ho tanti strumenti, la difficoltà
del diritto internazionale è questa.
Tutela giurisdizionale
Se questi strumenti non funzionano andiamo davanti all’apparato giurisdizionale che è unitario anche se è composto
da diversi attori, con poteri che può esercitare verso tutti i protagonisti dell’azione europea stati membri, istituzioni e
cittadini.
Qui andiamo a toccare materie molto delicate, a toccare rapporti istituzionali e abbiamo un organo giurisdizionale
che può colpire sia gli Stati che le istituzioni se le cose non funzionano.
L’anello debole di questo rapporto che sembrerebbe quasi speculare, è quello con i cittadini perché per quanto noi
cittadini abbiamo spazio è meno di quello nel rapporto tra stato e istituzioni ma non perché c’è meno tutela dei
diritti dei cittadini ma perché il sistema è complementare. Quindi abbiamo la tutela nazionale e a questa tutela
sovrappongo una tutela a livello europeo per il buon funzionamento del sistema europeo e che quindi colpisce
prevalentemente stati e istituzioni ma può essere adita questa tutela anche dai cittadini.
Quindi immaginiamo due mattoni quello della tutela nazionale e la sovrastruttura, quello della tutela europea, la
complementarietà si evince da questa norma dall’art 274 TFUE che dice “la competenza dei giudici nazionali nelle
materie concernenti l’Ue sussiste solo nei casi nei quali non sia prevista la giurisdizione della Corte” ci dice che la
competenza dei giudici nazionali si individua per esclusione nel diritto dell’UE perché la principale è quella della corte
e poi quella dei giudici interni.
Corte e contributo al processo di integrazione.
Quando parliamo di tutela giurisdizionale non pensiamo però solo al sistema sanzionatorio, al sistema di controllo,
pensiamo anche che attraverso questo sistema il diritto dell’UE è evoluto molto, il contributo che ha dato la corte al
sistema europeo è enorme, ha tappato i buchi dove non c’erano strumenti ha interpretato le norme sempre in
un’ottica di integrazione Europa.
Ha cercato di creare un sistema normativo completato anche se completo non è per definizione, quindi ha cercato
veramente di dare competenza al sistema.
Di perseguire gli obbiettivi del mercato.
Di stabilire dei principi, che a volte non sono nemmeno scritti nei trattati ma lei li afferma, come il principio del
primato del diritto dell’UE, come il principio dell’effetto diretto anche nei casi delle direttive non era scritto da
nessuna parte lo ha detto la corte.
Ha dato una lettura soprattutto attraverso il ricorso pregiudiziale del diritto interno degli stati sempre in un’ottica
europeo.
76
Un organo cruciale per lo sviluppo dell’Unione europea.
In realtà è stata creata nel 1958 come organo molto piccolo composto da 7 giudici e 2 avvocati generali e lavorava su
tutte e tre le comunità di allora.
Poi il lavoro cresceva nell’89 è stato istituito il tribunale di primo grado, da quel momento in poi vediamo la
distinzione ci sono cause con la C e cause con la T.
Dal trattato di Nizza si è detto forse è anche necessario creare competenza su materie specifiche e qui è stato creato
il tribunale per la funzione pubblica che poi è stato soppresso.
Quello che accade oggi è che quando parliamo di corte di giustizia dell’Unione Europa noi intendiamo la corte, il
tribunale e alcuni giudici specializzati, questo pacchetto contribuisce a creare l’organo giurisdizionale dell’unione
europea.
Infatti, art 19 Tue dice “la corte di giustizia dell’unione europea comprende corte di giustizia, il tribunale e i tribunali
specializzati”
“3. La CG si pronuncia conformemente ai trattati: a) sui ricorsi presentati da uno SM, da un'istituzione o da una
persona fisica o giuridica;
b) in via pregiudiziale, su richiesta delle giurisdizioni nazionali, sull'interpretazione del diritto dell’Ue o sulla validità
degli atti adottati dalle istituzioni;
c) negli altri casi previsti dai trattati”
Oggi i giudici sono ventisette, uno per ogni stato membro, sono giuristi molto bravi, indipendenti anche se nominati
uno per ogni stato membro, ma quando vengono indicati c’è un comitato interno creato con Lisbona che li controlla,
viene consultato perché questa nomina è importante. Anche a livello nazionale ci siamo ammodernati, legge del
2014 nella quale si indicano i criteri con i quali lo stato italiano selezione le diverse personalità che propone, come
candidati delle cariche europee, in passato era molto oscuro, non si sapeva come mai erano giudici, ora ci sono
criteri.
All’interno della corte c’è un presidente che ridistribuisce le carte e la corte lavora per sezioni, c’è la grande sezione
per le cause più difficili e problematiche però poi ci sono sezioni composte da tre a cinque giudici numeri sempre
dispari perché si vota a maggioranza. Si usano tutte le lingue ufficiali e la sede è a Lussemburgo.
Tribunale.
Il tribunale che compone la corte di giustizia in realtà è concepito come un organo di primo grado, si va dal tribunale
e poi dalla corte in teoria avremo una competenza ampia che ancora del tutto di fatto non esercita e poi qui abbiamo
almeno un giudice per stato membro ma sono di più.
Come avviene il pregiudizio davanti alla corte?
I fatti sono rappresentati da dei legali, vengono stabiliti dei termini per la modifica degli atti e dei termini anche delle
scansioni processuali. C’è una fase scritta in cui si de posano soltanto gli atti scritti ma poi c’è anche una parte
dibattimentale anche la giurisprudenza organizza sempre la lista alla corte ed è un aspetto molto interessante.
C’è la possibilità di avvalersi di una procedura pregiudiziali di emergenza PPU prevista per casi soprattutto per la
materia della cooperazione giudiziaria civile per famiglia quando sono coinvolti minori e nell’ambito della procedura
penale.
A seguito del procedimento davanti al giudice di primo grado viene emessa una sentenza che si può impugnare in
secondo grado. La corte (tribunali, corte e sezioni specializzate) hanno competenze estese, cioè si può andare
davanti all’organo pregiudiziale per tutte le materie di competenza dell’unione con l’unico limite della PESC.
Quando pensiamo a strumenti giurisdizionale dobbiamo pensare in termini di distinzioni tra strumenti giurisdizionali
che riguardano i comportamenti degli stati, i comportamenti delle istituzioni e il rinvio pregiudiziale questi sono i tre
grossi temi.
I giudizi sui comportamenti degli stati membri.
Gli Stati devono rispettare il diritto dell’Unione e se non lo rispettando ci deve essere un meccanismo per sanzionarli.
È molto importate avere una serie di rimedi per contrastare le violazioni del diritto dell’unione europea perché
altrimenti si possono creare dei problemi anche nei rapporti tra stati, esiste un apparato a cui rivolgersi, non ci si fa
giustizia da sé in modo magari attraverso ripicche diplomatiche, no c’è uno strumento giurisdizionale al quale
ricorrere che è esclusivo, non ce ne sono altri, bisogna rivolgersi alla corte.
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Bisogna rivolgersi alla corte ma siccome il guardiano dei trattati è la commissione sarà la commissione partecipe di
questo procedimento cioè uno degli attori sarà la commissione.
Quindi quando uno stato non rispetta gli obblighi derivanti dal diritto dall’Unione europea e quindi realizzi un
inadempimento molto verosimilmente verrà chiamato dalla commissione, ma è altresì previsto anche se meno
utilizzato il ricorso da parte di uno stato, ci si potrà fare guerra tra stati. ma nella maggior parte dei casi è la
commissione a reagire.
Esistono altri strumenti come l’art 7 TUE.
Ricorso per inadempimento promosso da commissione. art258-260 TFUE.
Cioè un ricorso più utilizzato in assoluto. Non ci stupisce perché la commissione è il guardiamo dei tratti e questo
ricorso lo possiamo stimolare anche noi, persone fisiche, possiamo fare un reclamo alla commissione quando
un’autorità pubblica non si comporta come dovrebbe nell’attuazione del diritto dell’unione.
I ricorsi per inadempimento sono in via di riduzioni, perché ci sono più che altro ricorsi che riguardano
principalmente il fatto che non viene trasposta una direttiva all’interno, non viene fatti correttamente, oppure che
non si rispettino le sanzioni, oppure che vengono violate le competenze esclusive dell’unione. Gli elementi per poter
attivare questo rimedio. Innanzi tutto, ci deve essere un inadempimento, cioè sto violando il diritto dell’UE,
l’approccio è sempre sostanziale non formale se il mio comportamento è palesemente contrario agli obiettivi
dell’unione, non consente il funzionamento delle istituzioni anche se non trovo la norma che sta violando ma il
comportamento è in contrasto con l’unione questo è già suscettibile di ricorso. Quindi l’inadempimento non
comporta la violazione di una specifica norma. Magari io attuato la direttiva, ma la attuo male anche questo è un
inadempimento.
Quindi inadempimento degli obblighi derivanti dal diritto dell’UE, deve essere uno stato membro ad averlo posto in
essere e sappiamo che per SM intendiamo tutte le diramazioni dello stato, si tratta di una responsabilità assoluta e
oggettiva cioè lo stato può essere mosso anche delle migliori intenzioni, non occorre la colpa dello stato se ha violato
il diritto dell’UE inconsapevolmente è comunque responsabile lo stato e può anche essere una responsabilità
parziale, non necessariamente una violazione totale.
Commissione contro Svezia c-246/07
Si parla di una negoziazione di una convenzione internazionale che entra anche tra le competenze dell’unione che
per altro è parte di questa convenzione sugli inquinanti organici persistenti. In questa sede si dovevano vendere la
lista di queste sostanze inquinanti, la Svezia che pure parte dell’unione europea e sa che l’UE è come gli stati, al pari
degli stati parte di questo sistema della convenzione, cioè nonostante la Svezia comunica una unilaterale richiesta di
una riduzione di una sostanza inquinante quindi come dire si pongono delle applicazioni internazionali su una
materia nella quale l’unione ha competenza come se non facesse parte dell’unione ovviamente la commissione non
è contenta di questo comportamento perché spiega alla Svezia che non è così che ci si comporta ma ci si coordina
con gli altri stati piuttosto che mandare una richiesta unilaterale e sottolineiamo che stiamo compromettendo l’unità
raggiunta non va bene, la commissione va davanti alla corte di giustizia nel caso commissione nel piano dei trattati
contro Svezia stato inadempiente, la corte di giustizia dice non c’è una norma che mi dice non devi presentare una
richiesta specifica di una introduzione di una sostanza inquinante, non c’è nessuna norma del diritto dell’UE che lo
dice però c’è un principio secondo il quale dobbiamo collaborale in modo leale e tu non hai collaborato in modo
leale, non ti sei coordinato con gli altri stati e quindi hai violato il diritto dell’unione europea.
Quindi inadempimento molto sostanziale nei confronti dello stato ma anche di una sua unità si tratta di una
responsabilità assoluta e oggettiva quindi non può uno stato dire scusate non volevo non ho colpa ho fatto tutto
quello che potevo, no perché comunque è una responsabilità oggettiva e sorge anche se non c’è stato un danno
sorge a prescindere dal danno. Uno stato può essere esente solo se invoca cause di forza maggiore.
E sussiste questa anche se non si trattata di un inadempimento totale quindi facevamo l’esempio della direttiva,
attuo ma solo parzialmente la direttiva è comunque un inadempimento. E il procedimento va avanti anche se magari
poi lo stato si raddrizza durante il procedimento meglio che si raddrizzi ma ormai l’inadempimento c’è stato in tutti i
suoi effetti.
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Procedura di infrazione avvio.
Vedremo che la procedura in realtà è molto tutelante degli stati perché la commissione non è che prende e va
davanti la corte di giustizia ma c’è una fase precontenziosa e una fase contenziosa.
La commissione agisce d’ufficio. Ma può anche agire su reclamo di individui e ha anche la discrezionalità di andare
avanti o meno, cioè noi possiamo anche indicare alla commissione l’esistenza di un inadempimento ma la
commissione può non ritenerlo tale quindi ha molta discrezionalità nell’applicazione e nella valutazione di che cosa
fare, può valutare l’atteggiamento dello stato quindi l’eventuale comportamento di recupero dello stato dovere
rispetto all’inadempimento perché può scegliere come condurre la procedura.
La Commissione, a seguito di un reclamo per inadempimento, è obbligata a procedere? No, la commissione può
ritenere che non sia inadempimento o che l’inadempimento abbia qualche giustificazione.
Anche sui tempi come muoversi è totalmente sovrana, è il guardiano dei trattati deciderà la commissione se andare
avanti o no.
Quello che fa sempre è dare informazioni allo stato e chiedere spiegazioni. Quindi quando vediamo nei giornali
questo comportamento rischia di provocare una procedura di infrazioni nei confronti dello stato, la prima cosa che si
fa e andiamo davanti alla corte ma parliamone. Io sottolineo che qui non hai rispettato il diritto dell’UE, tu mi fornisci
le spiegazioni.
La commissione manda una lettera di diffida allo stato e lo stato dice le sue spiegazioni. Le lettere di diffida a volte
vengono anche pubblicate, che hanno l’indicazione della violazione contestata, gli elementi necessari per la difesa e
il termine entro il quale rispondere.
Questo procedimento è un procedimento che ha degli elementi negoziali, la commissione è un guardiano dei trattati
ma non è un guardiano cattivo, cioè se si può trovare un accordo per un trattato si torva, c’è un dialogo e spesso si
trova.
Se però non si trova, o se viene stabilita una possibilità di piani di attuazione che poi non viene rispettato allora
ovviamente si va avanti. Lo stato può rispondere, può rispondere con argomenti non convincenti, non rispettare un
termine a quel punto la commissione emette questo parere motivato dove dice qui c’è un addebito, qui lo stato ha
violato il diritto dell’Unione Europa, da un termine per correttive all’inadempimento in genere di 2 mesi, quindi dà
allo stato il tempo di mettersi in uno stato di adempimento, se ciò non accade la commissione discrezionalmente
ancora anche in questo momento può esercitare la sua discrezionalità può avviare il procedimento giurisdizionale.
Quindi c’è molto spazio di azione degli stati anche in questa fase, però gli individui non hanno spazio, magari tutto
parte da un reclamo di un individuo ma non importa, il procedimento giurisdizionale è un precidendo che avviene tra
stato e commissione.
Può anche accadere che sia necessario da parte della corte assumere provvedimenti urgenti, ma se non lo fa, lo stato
continua a essere inadempiente in alcuni casi quell’inadempimento è talmente importante, rilevante che la corte
può dire allo stato di sospendere il comportamento, valutiamo poi se si tratta o no di un inadempimento, perché
accade anche che la commissione avvii il procedimento e che poi la corte dice questo secondo me non è
inadempimento, non è che la commissione ha sempre ragione, ecco perché il solo fatto di andare davanti alla corte
non sospende, non implica la sospensione del comportamento dello stato ì, c’è il beneficio del dubbio, lo stato può
invece essere completamente in buona fede e dà attuazione correttamente al diritto dell’UE e c’è una non corretta
interpretazione da parte della commissione, è possibile sono di pari forza gli stati e la commissione nei procedimenti
di infrazione, lo dimostra il fatto che il procedimento non sospende l’attività salvo se la corte non lo ritenga
necessario.
Cosa accade, la corte accerta la violazione, l’illecito, l’inadempimento quindi la sentenza con la quale la corte si
pronuncerà sarà una sentenza che dice violazione sì o violazione no. La corte non può dire lo stato elimini la
normativa adottata oppure attui ancora delle norme perché è stato inadempiente e non ha attuato correttamente
una direttiva, no la corte non arriva a tanto perché lo stato rispetto al suo ordinamento è sovrano la corte però può
dire se è inadempiente. Ma implicitamente cosa dice la corte, adempi, quindi rimettiti in careggiata, rispetta il dirotto
dell’Unione europea con gli strumenti che tu ritieni discrezionalmente valiti stato membro, ma capita ancora che gli
stati spesso non si adeguino alla pronuncia con la quale la corte ha evidenziato l’inadempimento e allora c’è una
ultima fase.
A quel punto lo stato non ha risposto alle sollecitazioni della commissione, non ha risposto alle sollecitazioni della
corte allora viene sanzionato, la commozione porta lo stato di nuovo davanti alla corte questa volta per l’osservanza
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della sentenza che ha visto accertare un inadempimento e lo condanna al pagamento a seconda di quanto grave sia
il suo comportamento.
Quindi diciamo prima proprio che lo stato risponda tirando fuori i soldi per la violazione compiuta ha molte
possibilità di redenzione e di dialogo.
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