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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA

Il Diritto dell’Unione Europea ha a che fare con il Parlamento. Il diritto dell’unione europea è molto complesso
e ha una varietà di fonti anch’esse poste in maniera gerarchica. L’equivalente della nostra Costituzione, quindi il
grado più alto della gerarchia, sono i trattati. Trattato è un termine tecnico del diritto internazionale, utilizzato
per appunto specificare che l’Unione europea non è come uno stato. Per l’Italia il trattato ha una dignità
costituzionale (art. 117 della Costituzione, il legislatore deve rispettare i vincoli dello stato ed europei). Sotto ai
trattati, sul piano della legislazione (vi sono due tipologie chiave di norme: i regolamenti e le direttive.
- Il regolamento non è come il nostro regolamento italiano, in quanto per noi il regolamento è secondario e
sta sotto la legge, mentre qui è una fonte primaria. Una delle ragioni per le quali hanno deciso di chiamarlo
regolamento e non legge è sempre per distinguere e specificare che l’Europa non è uno stato. Il
regolamento dunque è una fonte primaria che non disciplina semplicemente come funzionano le istituzioni
europee, ma dà dei diritti e delle tutele ai cittadini europei. Quest’ultima è una caratteristica del diritto
dell’UE: quella di rivolgersi direttamente agli individui, in quanto normalmente il diritto internazionale si
rivolge agli stati imponendo che questo garantiscano dei diritti. Il dritto dell’Unione europea dunque
riconosce gli individui direttamente come titolari di diritti, non impone allo stato tutelare dei diritti.

- La direttiva normalmente si rivolge agli stati, quindi impone agli stati di fare determinate cose, spesso in
maniera molto specifica. La direttiva ha però una caratteristica ulteriore: impone allo stato di introdurre
una certa disciplina, di prevedere un certo diritto ecc. dando allo stato delle specifiche e delle tempistiche.
Allo scadere del termine per adeguarvisi anche se lo stato non si è adeguato tale direttiva è direttamente
applicabile, come se fosse un regolamento. Col tempo è infatti successo che le direttive sono assomigliate
sempre di più ai regolamenti, perché le direttive potrebbero avere un contenuto molto vago (es. devi
garantire alle persone un diritto alla privacy) e in caso fossero così non vi sarebbe modo di tutelarsi, in
quanto è molto ampio come diritto.

esempio: gli stati hanno il dovere di introdurre delle normative legate alla privacy, ovvero che prevedono
che nessun dato deve essere mantenuto oltre quindici giorni dal provider; che a richiesta il provider deve
comunicare quali dati ha nostri, a richiesta deve eliminarli e che non può trasmetterli a terzi senza il nostro
consenso ecc. Se uno stato non traduce in norme interne tali indicazioni, quest’ultime sono abbastanza
specifiche da tutale immediatamente gli individui. Il punto fondamentale è che un po’ alla volta le direttive
si sono riempite di contenuti molto importanti e molto precisi. Sicuramente però quello più delineato e
specifico è il regolamento, tant’è che fino a qualche tempo fa la normativa sulla privacy dell’unione
europea era una direttiva, mentre da alcuni anni è diventato un regolamento (GDPR). Il passaggio da
direttiva a regolamento ha rinforzato la tutela della privacy, in quanto da quando entra in vigore il
regolamento esplica effetti e dà immediatamente dei diritti. Con la tutela del GDPR se i cittadini hanno
bisogno si rivolgono direttamente al giudice nazionale, non al giudice dall’Unione europea.
Quest’ultima è una caratteristica specifica del diritto dell’Unione europea: le normative dell’Unione
europea che danno dei diritti e delle tutele sono utilizzabili di fronte al giudice nazionale. Se abbiamo un
problema con dei servizi che non tutelano la nostra privacy non dobbiamo andare alla Corte europea, ma
nella nostra città. Il diritto nazionale è così compenetrato con il diritto dell’Unione europea che vi è un solo
giudice (caratteristica distintiva del diritto dell’unione europea).
Negli Stati Uniti vi sono due livelli chiave: la legislazione federale e la legislazione statale. Spesso la
legislazione statale è molto importante, ha il proprio diritto di famiglia, criminale, penale, commerciale e
privato.
se un termine decorre si applicano lo stesso le direttive dell’Unione europea?
Le direttive sono atti normativi nati per rivolgersi agli stati. Normalmente però obbligano gli stati ad
introdurre certe tutele per i cittadini. Nel campo del diritto internazionale se uno stato non vuole fare una
cosa è difficile fargliela fare, nonostante possano esserci sanzioni amministrative, sanzioni pecuniarie,
arbitraggi internazionali (in cui si decide se uno stato si è comportato correttamente in un determinato
caso);
Nel campo del diritto dell’Unione europea accade che se un paese non si adegua i suoi cittadini possono
ugualmente andare di fronte al loro giudice nazionale e chiedere la tutela riguardo quel determinato
diritto. È importante però che questo diritto sia specifico e non generico (es: diritto alla privacy), proprio
per questo motivo le direttive sono diventate sempre più specifiche, in maniera che, se anche uno stato
avesse deciso di non adeguarsi, i cittadini comunque avrebbero posseduto quel diritto. Si usa dunque la
direttiva anziché il regolamento in quanto la direttiva è più specifica e il regolamento molte volte ha un
impatto difficile sull’ordinamento. Pensando ad esempio ad un paese che non ha mai avuto dei registri
digitali, se una persona domanda le informazioni che hanno su di lei e queste sono solamente cartacee c’è
bisogno di tempo. Dunque, vi è bisogno di una decisione politica per introdurre delle strutture
amministrative che siano in grado di rispondere alle istanze di questo tipo dei cittadini. Invece con la
direttiva viene dato un obbiettivo da raggiungere (es: tutelare determinati diritti), viene data la libertà nello
scegliere come raggiungere tale obbiettivo, viene dato del tempo, a patto appunto che il preciso obbiettivo
che viene dato nella direttiva venga rispettato. In un certo senso la direttiva consente una varietà di
soluzioni perché è rivolta a raggiungere lo scopo, il quale però è molto preciso.

CORTE EUROPEA DIRITTI UOMO (CEDU)


È un ente molto diverso dalla corte di giustizia dell’Unione Europea. La convenzione su cui si basa la Corte
Europea dei diritti dell’uomo è un trattato internazionale tra 47 paesi, come detto in precedenza copre dalla
Gran Bretagna alla Russia alla Turchia. Esiste un elenco di diritti che vanno rispettati: si tratta di diritti
fondamentali che in buona parte assomigliano ai diritti della costituzione.

Come funziona un procedimento di fronte alla corte europea dei diritti dell’uomo? un individuo o un gruppo può
condurre un individuo di fronte alla CEDU, quindi agire nei confronti di uno stato di fronte alla corte europea
dei diritti dell’uomo, per la violazione di uno dei suoi diritti (libertà personale, di associazione religiosa, diritto di
avere un giusto processo etc.).

Lo stato viene giudicato dalla corte. Quando viene giudicato può essere ritenuto responsabile quindi
condannato per la violazione di un certo diritto. Attenzione può non essere legato a un abuso da parte dello
stato ma anche per una mancata protezione. Il convenuto è sempre lo stato.

Quando posso rivolgermi alla corte europea dei diritti dell’uomo? quando sono esauriti i rimedi interni quindi
quando ho terminato le forme di tutela che il mio stato mi garantiva. La Corte Europea dei diritti dell’uomo
interviene dopo perché si tende a disincentivare il ricorso a essa. La Corte Europea ha circa 90 mila ricorsi, il che
significa una quantità di anni prima di decidere enorme, di fatti si va alla corte solo se sono esauritigli gli altri
strumenti, quindi se lo stato non da nessuno strumento di tutela.

Dal punto di vista del diritto internazionale, cioè della convenzione europea dei diritti dell'uomo, lo stato ha
l'obbligo di rimuovere la ragione della violazione, cioè dovrebbe correggere ciò che ha scaturito la causa.
Noi Italiani siamo degli assidui frequentatori della Corte europea: l'esempio di ricorso più famoso in assoluto è
quello dei "crocefissi nelle aule scolastiche" (2011/2012). Altro esempio è quello dei posti nelle carceri: i
carcerati hanno meno spazio vitale di quanto gli spetterebbe legalmente

Quali sono le conseguenze?


a. Soldi da pagare nei confronti della vittima
b. Possono esserci anche altri casi, ad esempio, l'Italia è, nel caso delle carceri, stata invitata a costruire ed
aprire nuove carceri

Che cosa succederebbe nel caso l'Italia non aprisse nuove carceri? Ci sarebbero i presupposti per un'altra
violazione (= casi cloni) > ripetizione dello stesso caso. La sanzione sarebbe sui 10-15mila euro (meno di quanto
costerebbe costruire nuove carceri!).

Abbiamo dal punto di vista costituzionale l'obbligo di rispettare gli obblighi internazionali. Il legislatore ha
l'obbligo di rispettare quello che la Corte europea dei diritti dell'uomo afferma, questo però non significa che
qualunque giudice può disapplicare la legge perché la Corte europea dei diritti dell'uomo ha detto una certa
cosa. Quando la corte europea di giustizia dice una cosa, torna indietro la questione, e il giudice, che ha
sollevato la questione, può disapplicare la norma.

Se c'è una norma europea e una norma italiana… la norma europea prevale. Con la Corte europea dei diritti
dell'uomo questa cosa NON accade. Se è un regolamento, cioè se è una norma non legislativa, il legislatore
può disapplicarla... ma se è una legge NON può farlo, deve ricorrere alla Corte costituzionale.

Quando viene vinto un caso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo (che ha sede a Strasburgo), si può:
a. Ottenere un risarcimento monetario
b. Convincere politicamente lo Stato a cambiare le norme

Nel caso queste norme non siano leggi, sarà facile trovare un giudice ci dia ragione, se invece si tratta di leggi è
necessario andare di fronte alla Corte costituzionale.

Esempio: riguardo la sentenza sulle carceri, la Corte europea ha affermato che, dato che non siamo in grado di
mantenere le carceri in queste condizioni, avremmo potuto liberare i detenuti carcerati nei luoghi di
detenzione più affollati. Qual è il criterio di selezione?

c. La conseguenza è che nessuno si è preso la responsabilità di attuare quella sentenza, la quale non ha avuto
alcuna implicazione concreta, ma solo proposte di leggi.
Sospensione della CEDU
Esiste una clausola che consente agli stati di chiedere la sospensione dalla applicazione della convenzione dei
diritti dell’uomo
Esempio di applicazione: Francia, durante il problema del terrorismo di pochi anni fa > erano necessarie delle
misure di controllo ed intercettazione sulla massa (che avrebbero violato la convenzione).

Sospensione senza precedenti > quella derivata dalla pandemia di Coronavirus: una dozzina di paesi ha chiesto
la sospensione della convenzione alla Corte europea dei diritti dell'uomo per combatterla

Relazione con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo


La Corte europea dei diritti dell’uomo fa parte degli organi generati dalla Convenzione europea dei diritti
dell’uomo, quindi non fa parte dell’Unione europea. La Corte europea dei diritti dell’uomo nasce ugualmente
dopo la Seconda guerra mondiale. In particolare, all’epoca, erano stati i britannici a proporre l’ideazione di una
rete di tutela dei diritti dell’uomo ed è stata l’Europa occidentale, essendo più legata all’influenza statunitense
(a causa della NATO), a sviluppare queste idee. Negli anni ’50 nasce la Convenzione europea dei diritti
dell’uomo con una serie di organi, tra cui uno dei più importanti è la Corte europea dei diritti dell’uomo, la
quale ha acquistato sempre più importanza. Nel tempo c’è stata anche l’adesione alla Convenzione europea dei
diritti dell’uomo di molti paesi dell’Europa dell’est.
C’è sicuramente una relazione stretta tra l’Unione europea e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo: il
trattato che istituisce e regola il funzionamento dell’Unione europea aderisce alla Convenzione europea dei
diritti dell’uomo. Sono quindi due entità diverse dal punto di vista internazionale, ma l’Unione europea aderisce
alla Convenzione e, se un paese chiede di entrare nell’Unione europea, una delle tre condizioni è che aderisca
alla convenzione. Quindi non si può essere nell’UE se non si è anche parte della Convenzione.

Qualche anno fa è stato introdotto nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo il 16° protocollo aggiuntivo,
il quale è un trattato che si inserisce all’interno di un altro trattato. Si tratta di un testo che produce norme che
si aggiungono alla Convenzione. Questo protocollo consente, a certe condizioni, che un giudice nazionale si
rivolga alla Corte europea dei diritti dell’uomo per chiedere un’opinione (advisory opinioning), non l’emissione
di una vera e propria sentenza. Ciò equivale a chiedere: “Secondo te, questa è una violazione di quando
previsto dalla Convenzione?”. Questo strumento serve a facilitare la tutela dei diritti e a consentire al giudice
interno, se serve, di decidere tenendo conto dell’interpretazione della Convenzione data dalla Corte europea
dei diritti dell’uomo. Pertanto, invece di giudicare il caso senza sapere cosa ne pensa la Corte e scoprirlo dopo
diversi gradi di giudizio, il giudice può rivolgersi alla Corte subito per decidere il caso con la consapevolezza di
quello che la Corte pensa di quel caso. Questo protocollo non è però in vigore per l’Italia. Per altri paesi, i quali
hanno sottoscritto il protocollo e lo hanno ratificato, addirittura convertendolo in legge, è possibile che un
giudice ricorra alla Corte europea dei diritti dell’uomo anche se non sono finiti i rimedi interni, ma per noi
l’argomento è ancora in discussione in Parlamento. È infatti necessario che, una volta che il rappresentante
italiano ha siglato il protocollo, questo venga trasformato in legge. Ciò genererebbe problemi, poiché le due
corti non si parlano e non si riuscirebbe a stabilire facilmente quale decisione prevale in caso in caso di risposte
diverse dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia dell’UE. Tutte queste questioni non
sono state ancora risolte.
Differenze tra Corte europea dei diritti dell’uomo e Corte di giustizia dell’UE
Spesso nelle sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea, la quale si occupa di concorrenza, rapporti
economici e così via, vengono citate la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e le sentenze della Corte
europea dei diritti dell’uomo. Vi è quindi un dialogo tra le due corti, una di Lussemburgo (Corte di giustizia
dell’Unione europea) e l’altra di Strasburgo (Corte europea dei diritti dell’uomo). Le prospettive, però, sono
diverse dal punto di vista sia dei diritti sia delle implicazioni. Questo perché, dal punto di vista del nucleo dei
diritti, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo ha prevalentemente a che fare con diritti fondamentali
come libertà di manifestazione del pensiero, di riunione, di associazione e così via. Non è che l’Unione europea
si disinteressi di questi diritti.

L’UE negli ultimi anni ha potenziato la sua cultura dei diritti. Esiste quella che viene chiamata “Carta di Nizza”, la
quale è una lista dei diritti fondamentali ed assomiglia molto a quella della Convenzione europea dei diritti
dell’uomo, ma quello su cui opera prevalentemente l’Unione europea sono le dimensioni economiche. Spesso
un tema che potrebbe essere abbordato alla questione dei diritti di ciascuno, viene abbordato ai diritti
economici di ciascuno.

Emerge la differenza delle due prospettive:


d. una è la prospettiva della Corte europea dei diritti dell’uomo che si pone il problema della persona che ha
un certo diritto;
e. l’altra è la prospettiva della Corte di giustizia dell’UE, la cui domanda è: “la libertà dell’attività economica
riguarda anche la neutralità dello spazio e il fatto che esso debba essere privo di appartenenza religiosa?”.

Le sentenze della Corte di giustizia sono immediatamente eseguite dal giudice; mentre se vinci alla Corte
europea dei diritti dell’uomo poi devi andare dal tuo Stato a cambiare la policy. Se tu vinci alla Corte di giustizia
hai vinto a Padova, a Verona, a Salerno…, perché il giudice, a meno che non ci sia un conflitto costituzionale di
proporzioni enormi, anziché applicare la norma nazionale applicherà la norma dell’UE come interpretata dalla
Corte.
Noi europei siamo fortunati, perché la Corte di giustizia dell’Unione europea e le corti italiani emettono sempre
una sola opinione: anche se ci sono più giudici, la sentenza è una. Spesso è arida, non è divertente da leggere
ed è molto stringata, molto tecnica. Al contrario, nella cultura anglosassone, ciascun giudice emette la sua
sentenza e può decidere se aderire all’opinione di un altro collega oppure no.

Lunghezza sentenze
Troveremo quindi le sentenze delle corti europee continentali che sono meno piacevoli da leggere, ma molto
più brevi e senza una pluralità di ipotesi su quale sia l’opinione della corte. Invece, le sentenze britanniche sono
molto lunghe (possono avere anche 200 pagine). Sostanzialmente, l’idea di fondo è che, mentre le nostre
sentenze sono stringate e a volte dicono poco ma sono chiare, le sentenze dei paesi di impronta anglosassone
sono molto più lunghe e colorite, poiché ciascun giudice esprime la sua opinione in pieno, senza limitazioni da
parte degli altri. Sono due posizioni diverse e si gioca su entrambi i piani, perché spesso una questione che
giunge di fronte alla Corte di giustizia dell’UE, che è simile a una questione già discussa da una corte americana,
richiede alle parti e ai consulenti la lettura della relativa sentenza, al fine di conoscere gli argomenti che
potrebbero essere a favore o contro la propria tesi.
I POTERI DELLO STATO

L’idea di fondo è che esistono tre soggetti diversi che si occupano di funzioni diverse.
a. Legislativo: si occupa della produzione di testi normativi. Tradizionalmente, ci si aspetta che il
legislatore produca leggi generali e astratte. Generali significa che si applicano ad una massa indefinita
di persone e astratte significa che si applicano indefinitamente nel tempo. Questo ci tutela perché non
si sa se una legge colpisce me piuttosto che te o entrambi.
b. Esecutivo: tradizionalmente porta in esecuzione la volontà del legislatore tramite la Pubblica
Amministrazione. Uno stato che si occupa di tutelare la proprietà richiede dei giudici e che ci sia
qualcuno che metta in piedi il sistema giudiziario. Un paese che tutela i suoi interessi nei confronti degli
stati vicini ha bisogno di un esercito e di frontiere, chi recluta l’esercito, mette in piedi le frontiere e
assicura la pubblica sicurezza? La Pubblica Amministrazione. Aumentando i diritti sociali, aumentano gli
scopi dello Stato. Come abbiamo visto, lo stato sociale si occupa della capacità di ciascuno del godere
dei suoi diritti e richiede una Pubblica Amministrazione molto pervasiva. Le esigenze di rendere effettivi
i diritti delle persone hanno nel tempo portato un rovesciamento: una volta che in Costituzione c’è
scritto che tutti hanno il diritto di curarsi, il Governo ha l’obbligo di creare gli ospedali. Sarà quindi
necessario imporre una tassazione per avere le risorse per costruire gli ospedali. Su quali basi si
imporranno le imposte? Sulla base delle esigenze dei costi degli ospedali; ma chi sa quanto costano gli
ospedali? Il Governo che deve realizzarli, mediante il ministero competente. È pertanto il Governo che
dice al Parlamento di cosa c’è bisogno, non viceversa. Nonostante ci sia ancora questa logica
elementare per cui il potere legislativo compaia per primo, dal punto di vista del processo di
generazione delle norme è il contrario. È quasi sempre su istanza del Governo che il Parlamento si
attiva. Questo spiega come noi abbiamo ancora un Parlamento, che è l’unico organo elettivo (noi non
eleggiamo il Presidente della Repubblica ma eleggiamo il Parlamento), eppure quando parliamo di
elezione del Parlamento stiamo già parlando di quale Governo andrà a formarsi. Se quest’ultimo fosse
solo esecutivo avrebbe un ruolo secondario, ma invece il Governo che andrà a formarsi detterà
l’agenda al Parlamento.
c. Giudiziario: si occupa di garantire l’osservanza delle leggi nel caso concreto. Un esempio è la tutela del
diritto di proprietà (che sicuramente starete facendo in Fondamenti del diritto europeo fino alla nausea
perché è una delle basi del ragionamento giuridico): se affermo che ciascuno ha il diritto di proprietà, il
giudice tutela poi il diritto di proprietà del singolo. È qui che dal generale e astratto si passa al
particolare e concreto.

PARLAMENTO
Il potere legislativo sul piano statale è condiviso, tra il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati; c’è
stata una riforma costituzionale che consiste in un dimagrimento importante delle due Camere.
Caratteristiche
La caratteristica del nostro ordinamento è di avere un bicameralismo paritario perfetto, ovvero le due Camere
hanno le medesime competenze. Negli altri Paesi, dalla Francia al Regno unito, se c’è un conflitto tra le due
Camere si crea inizialmente un momento di composizione del conflitto, dopo di che una delle due Camere può
prevalere (quella che costituzionalmente può farlo). Da noi invece questo non è possibile, poiché ci deve essere
una perfetta concordanza; questo genera quello che viene chiamato navette, cioè il fenomeno per cui dopo
l’approvazione di un testo normativo, questo si sposta nell’altra Camera, viene lievemente modificato per poi
tornare alla prima, e la cosa può protrarsi all’infinito. Questa viene considerata una delle patologie del sistema
italiano, anche se è quello che si pensava essere la fisiologia del sistema. Di per sé la navetta non è così
frequente; il 78% dei testi legislativi viene approvato in un’unica lettura (momento in cui una Camera fa
l’analisi), e significa che un testo normativo è analizzato dal Senato o dalla Camera una volta e poi dall’altra
Camera una volta sola. Sono vere però due cose: in primo luogo proprio perché si prospetta la navette quando
si fa un testo legislativo, di fatto non ci si confronta solo con i membri di una Camera ma già anche quelli
dell’altra. Si fa un testo che si pensi possa passare indenne al controllo dell’altra, per cui se adesso sono 630 e
315 e io voglio far passare un testo, i miei interlocutori sono i 945, o meglio, la maggioranza di questi, poiché
ho bisogno appunto dell’accordo dell’altra Camera, per cui fin da quando la norma viene introdotta, viene
pensata con il riferimento che vedrà l’analisi di una seconda Camera.
L’altro aspetto molto importante, che rende difficile e laborioso il procedimento legislativo è il sistema degli
emendamenti, cioè la possibilità che ha ciascun parlamentare di presentare teoricamente un numero
imprecisato di emendamenti. In pratica ciascun parlamentare può proporre delle modifiche al testo legislativo.
Questo significa che la lista dei testi normativi da analizzare è potenzialmente infinita. Le proposte legislative
possono essere di origine popolare, ma sostanzialmente sono il Governo (che fa normalmente proposte
legislative) e i parlamentari. Quello che accade, in base ai regolamenti parlamentari, è che qualsiasi proposta di
legge viene assegnata ad una commissione. Il Parlamento normalmente lavora in commissioni divise in base
alle materie), in totale son 14 in ciascuna delle due Camere, hanno anche competenze diverse ma sono le
stesse, per cui c’è un numero ristretto di deputati o di Senatori che affrontano il tema di un nuovo testo
legislativo, per competenze. Spesso c’è bisogno del parere di un’altra commissione, per esempio un intervento
sulle attività produttive è un intervento economico, ma ha bisogno della comm. di bilancio, perché bisogna
capire se quest’ultima è d’accordo con l’intervento finanziario, dato che quello che preveda la prima sono le
spese. La commissione analizza non solo il testo legislativo ma anche tutti gli emendamenti. Questi possono
anche essere cassati, ovvero possono essere votati contro in comm., ma poi possono essere presentati in aula.
Il lavoro del Parlamento si compone di una prima fase, che è quella delle commissioni, ed una seconda, l’aula.
Dalla commissione esce un testo che è approvato dalla maggioranza di essa, ma poi il testo viene votato
dall’aula al completo.
Cosa può succedere dunque? Che qualunque parlamentare presenti una proposta, questa vada in
commissione, la commissione la espella, e quando arriva in aula il testo il parlamentare che vede che la sua
proposta di modifica è stata cassata la ripropone in aula. Quindi si ritorna sull’argomento. La fatica è di mettere
insieme gli emendamenti: ci sono quelli soppressivi, modificativi, aggiuntivi; ciò serve per valutare quali vadano
votati prima e quali dopo. C’è quindi una lista di priorità che viene seguita, per primi vanno votati quelli
soppressivi, ovvero quelli che dicono NO, poi si votano gli aggiuntivi. Infatti gli emendamenti non vengono letti
in toto ogni volta, ma vengono numerati (es. 4 punto 1, punto 2), e i parlamentari spesso perdono di vista di
cosa si sta parlando, per cui in commissione, ma soprattutto alla Camera o al Senato quando si è in aula,
quando il presidente della Camera da la lettura dell’emendamento che viene di volta in volta votato, c’è chi si è
studiato l’argomento, che dice ai parlamentari facendo segno con il pollice abbassato o i alto se votare a favore
o meno per un certo emendamento, perché la maggioranza non sa di cosa parla. Questo procedimento ha
avuto un peggioramento con l’avanzamento della tecnologia digitale, poiché i parlamentari fino all’ultimo
provano ad “infilare” emendamenti tramite Whatsapp. Molto spesso infatti non si vota il testo che si pensava
di star votando a causa di una modifica dell’ultimo secondo prima che venisse messo in votazione grazie agli
strumenti di ultima generazione. La navette quindi non è il peggior nemico del sistema parlamentare italiano, lo
è invece la quantità degli emendamenti.
Ciò nonostante, il Parlamento è centrale, e rimane tale, come nella stragrande maggioranza degli ordinamenti
contemporanei, il principio di legalità. Questo è un principio secondo il quale i poteri pubblici vengono
esercitati in base alla legge, cioè il potere pubblico richiede di essere legittimato dalla legge, ovvero
democraticamente. Nonostante tutte queste discrasie, queste anomalie, malfunzionamenti del sistema, la
centralità è comunque presente, perché è presente questa preoccupazione estrema per il principio
democratico della legalità.

Revisione costituzionale
Il Parlamento è centrale anche nel processo di revisione costituzionale. Noi siamo andati a votare un
referendum di approvazione di una riforma costituzionale, non l’abbiamo votata, semplicemente abbiamo
approvato quello che il Parlamento ha votato. Il Parlamento è al centro del processo di revisione costituzionale,
perché è richiesto che ciascuna Camera si esprima due volte su un’ipotesi di modifica della Costituzione, o
all’ingresso di una nuova legge costituzionale. Nella piramide delle fonti infatti stava sopra. Le leggi di revisioni
costituzionali richiedono due votazioni da entrambe le Camere a distanza non minore di 3 mesi l’una dall’altra,
e può essere chiesto da un numero di soggetti il referendum approvativo qualora la maggioranza non superi i
2/3 del Parlamento. Se questo si esprime a favore di una modifica costituzionale in seconda lettura con i 2/3
della maggioranza non si va al referendum, mancandone i requisiti, e perché ne deriva che la stragrande
maggioranza degli italiani vuole una cosa (o meglio, i loro rappresentanti). Ci sono per questo diverse norme
che noi non abbiamo visto perché il Parlamento era d’accordo, (es. il Parlamento è Stato d’accordo nel 2012
nell’inserire il pareggio di bilancio, che in Costituzione viene chiamato equilibrio di bilancio, per cui non si può
normalmente fare debito).
Cosa succede dopo che la commissione presenta il testo di legge in aula?
Semplicemente che l’aula lo vota; la commissione funziona normalmente, a parte alcuni casi eccezionali,
perché è in grado di screziare il dibattito e arrivare con un testo di legge. Dopo di che l’aula si esprime.
L’articolo 81: “Lo Stato assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio”, che può sembrare una
banalità, ma tradizionalmente quello che accadeva è che lo Stato quando aveva bisogno di soldi emetteva titoli
di Stato, titoli di debito, in modo da poterli raccogliere (è stato modificato nel pieno della crisi economica). Ciò
diventava sempre più difficile, poiché l’unione europea emetteva vincoli sempre più severi. Nel 2012 viene
quindi introdotta una modifica, che rendeva essenzialmente impossibile questo.
“Il ricorso all'indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa
autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi
eccezionali.” Questo significa che ci deve essere una maggioranza assoluta della Camera e del Senato che
votano a favore; basta che vi sia qualche defezione nella maggioranza (es. Covid, per cui mancano
parlamentari) per dover chiedere una mano alla minoranza, o che si trovino degli strumenti, come l’astensione,
dove quelli che mancano vengono calcolati a favore. Questa modifica non è mai passata per un referendum,
(ed è molto importante visto che rischiava di non passare l’aiuto durante la pandemia) perché si era raggiunta
la quota necessaria per la maggioranza. Anni prima era stata vietata la pena di morte, ANCHE in caso di guerra,
che prima invece era consentita, e anche quella volta si era emendata la Costituzione ed erano praticamente
tutti d’accordo, per cui non si è fatto luogo al referendum. In generale c’è una centralità del Parlamento, sia
nella produzione legislativa, sia per quanto riguarda la modifica della Costituzione. Questa centralità non ha a
che fare solo con gli altri poteri dello Stato, ha a che fare anche con noi, perché sostanzialmente nella
Costituzione italiana si può fare un ricorso molto limitato al referendum, che è il massimo dell’espressione
popolare. Nella Costituzione italiana infatti non c’è il referendum legislativo, non c’è uno strumento con il quale
il popolo italiano va al voto e decide di produrre una legge; quello che c’è è un referendum abrogativo, si può
per esempio demolire una cosa fatta in Parlamento, ma non c’è appunto possibilità di produrre una legge per il
popolo, se non tramite Parlamento. C’è il referendum approvativo della costituzione, per le leggi costituzionali,
ma si approva quello che il Parlamento decide; se questo non decide nulla, noi non facciamo nulla. La
Costituzione consente al popolo in certe condizioni di proporre una legge, ma non di farla. Il Parlamento inoltre
ha potere d’indagine, può istituire delle commissioni di inchiesta, che in genere non producono molto, ma è un
potere ereditato tradizionalmente dai secoli del parlamentarismo inglese.

Nomina P.d.R e giudici Corte costituzionale


Il Parlamento si esprime in modo importante eleggendo il Presidente della Repubblica e i 5 giudici della Corte
costituzionale, e vengono eletti in seduta comune; i candidati non devono per forza essere membri del
Parlamento, nel caso del Presidente c’è l’integrazione delle elezioni con alcuni rappresentanti delle regioni ma
sono pochi, per questo non incide sulla decisione. Per l’elezione dl Presidente della Repubblica e per la Corte
costituzionale c’è la preferenza per un accordo by parties, cioè la Costituzione prevede che le prime votazioni
per eleggere il Presidente e i membri della Corte debbano avvenire con una maggioranza qualificata, ovvero
più elevata la metà, poiché essendo un’istituzione di garanzia la cosa migliore è che quest’espressione non sia
espressione di un colore politico in particolare, ma di una convergenza tra le forze politiche. Per i giudici della
Corte c’è una specie di turnazione, cioè il Parlamento di volta in volta sceglie membri di filosofie giuridiche
diverse, o almeno tengono conto delle varie sensibilità.

Lobby
Ciascun parlamentare rappresenta l’azione, questo è quello che dice la Costituzione; quest’istanza di
rappresentanza generale, che abbiamo ereditato dalla cultura giuridica francese, in cui ciascuno rappresenta
tutti, e non solo negli interessi che lo hanno collocato lì (persone che lo hanno votato), ha creato una specie di
ostilità nei confronti di una parola che invece in altri Paesi ora è ben accetta, che è l’idea della LOBBY (non
indica in realtà altro che un atrio in cui si tengono le discussioni). Nel nostro Paese solo recentemente si è
creato sottotraccia un elenco di registro di associazioni che chiedono di parlare con i partiti politici, tanto è vero
che l’associazione va dal politico per parlare e a proporre un testo legislativo che quest’ultimo possa sostenere;
questa è un’impostazione. L’altra impostazione, tipicamente anglosassone, è quella che invece chiede che
queste cose avvengano alla luce del sole, cioè non pensa che il parlamentare sia staccato alla società civile e
non rappresenti degli interessi presenti nella società; chiede che venga ufficializzata questa interazione.
Ci sono quindi due estremi: da un lato una trasparenza nelle relazioni, e anche nella particolare connivenza tra
alcuni settori della società civile e della politica; e dall’altro lato un tentativo di separali. Ciascuna di queste
opzioni ha i suoi pro e i suoi contro, poiché da una parte si ufficializza una cosa che potrebbe essere ritenuta
deleteria per la democrazia, per la capacità di cogliere quello che è il bene comune; dall’altra parte, lasciando
fuori tutto quel sistema di regolazioni in realtà la si manda nel sommerso. Per cui mentre nei Paesi anglosassoni
è disdicevole che queste relazioni non vengano palesate, siccome c’è il sistema dei lobbisti, ciascun
parlamentare deve registrare chi incontra e tutti sanno tutto, e la vera cosa disdicevole è quando non viene
registrato questo fenomeno, perché alla fine è allora che vuol dire che qualcosa voleva essere tenuto nascosto;
viceversa nella mentalità italo-francese, e in parte tedesca, quel sistema non dovrebbe proprio esserci, e va
quindi tenuto un embargo nei confronti di questo fenomeno.
Composizione
Il sistema istituzionale ragiona in termini di partiti dei gruppi parlamentari. I partiti inizialmente nascono dai
gruppi parlamentari, cioè durante il periodo liberale (poco elettorato passivo) i gruppi si formavano in
parlamento, non si formavano dalla società. I partiti di massa sono l’esperienza dell'allargamento della
democrazia tramite il suffragio universale e dunque nasce la struttura del partito come struttura in grado di
captare e raccogliere il senso pieno di Repubblica esprimendolo poi tramite l’elezione parlamentare.
Se un gruppo di parlamentari è particolarmente ridotto, non raggiunge il numero minimo per formare un
gruppo parlamentare, entrano nel gruppo misto, che raccoglie innanzitutto gli eletti di partiti minori i quali non
riescono a dare vita a un gruppo parlamentari (10 è il numero minimo). Rientrano nel gruppo misto anche
coloro che non si riconoscono più nel partito (a meno che non si uniscano ad un altro partito) o vengano espulsi
(per esempio perché non collima la loro condotta con la filosofia del partito). L’esistenza dei gruppi
parlamentari è fondamentale perché nelle discussioni normalmente i gruppi parlamentari parlano uniti, viene
concesso al solo rappresentante di quel gruppo di parlare, in questo senso c’è un accordo tra partito politico e
gruppo parlamentare che è fondamentale per come funziona l’assetto istituzionale della nostra società.

Elezioni
Nella costituzione c’è una protezione dei partiti politici, i partiti sono fondamentali in costituzione, i partiti
concorrono alle elezioni politiche le quali si svolgono:
- base maggioritaria: il territorio viene suddiviso in circoscrizioni e in esse viene eletto un rappresentante, chi
prende più voti vince, se non mi aggrego perdo, le elezioni su base maggioritaria favoriscono le coalizioni
preelettorali
- base proporzionale: i seggi distribuiti per ciascuna circoscrizione sono più di uno, vengono eletti
proporzionalmente, i seggi vengono distribuiti sulla base dei risultati. Può esserci una soglia al di sotto della
quale non c’è l’assegnazione, questo promuove le coalizioni. Il sistema proporzionale ha anche un'altra
caratteristica, può essere con le preferenze o lista bloccata.
a. Con le preferenze significa che l’elettore non vota solo il partito politico ma anche i candidati che
preferisce
b. con la lista bloccata invece gli elettori non effettuano una scelta del candidato perché è stata già decisa
da chi ha fatto la lista (sono le prime due persone della lista con l’ordine i cui è stata compilata).

Art. 49 divieto di mandato imperativo:


Siccome ciascun parlamentare rappresenta l’intera nazione, non deve sottostare alla disciplina del partito. Il
vincolo di mandato non c’è né nei confronti del partito né nei confronti della popolazione (una volta che è
eletto non è giuridicamente tenuto a votare le posizioni che ha tenuto quando è stato eletto, non è tenuto nei
confronti dei parlamentari e degli elettori).
Significato di “democratico”
Accettare che la lotta politica venga svolta con gli strumenti della democrazia (=niente lotta armata) cioè,
accetto che vi sia una competizione politica, ma come partito politico devo fare in modo che qualunque azione
politica si svolga entro il perimetro democratico (se perdo le elezioni non ricorro alla violenza).
cosa vuol dire democratico per un partito politico? i partiti politici non devono essere strutturati
democraticamente, perché vorrebbe dire violare l’autonomia associativa di ciascuna formazione politica. Le
persone saranno libere di non votare un partito in cui non ci sono votazioni interne.
Questo però pone dei problemi dal punto di vista del funzionamento democratico del sistema politico italiano,
in questo contesto i partiti non hanno una struttura interna democratica e compilano le liste dei candidati
godendo del sistema delle liste bloccate. Gli elettori fanno delle scelte specifiche su chi vogliono che vada alle
elezioni, l’unica alternativa è quella di scegliere che partito votare. È la legge elettorale che decide come si vota;
quando si vota la lista bloccata non si può esprimere una preferenza.

La tecnologia in Parlamento
Visto la pandemia si era pensato di tenere le assemblee a distanza, la nostra alternativa fu quella di ridurre le
rappresentanze. (negli altri paesi si vota anche a distanza)
a. Se durante la pandemia scopriamo strumenti per le assemblee a distanza è molto probabile che questi
strumenti sopravvivranno alla pandemia, quindi si apre un mercato nuovo per gli strumenti utilizzabili per
realizzare assemblee a distanza.
b. Il punto fondamentale di prima è che gli emendamenti hanno un ruolo fondamentale nella vita politica
italiana. Un senatore si è presentato con 9 mln di emendamenti. Lo ha fatto tramite l’intelligenza artificiale,
non ha svelato però con quale software li ha fatti

Votazioni
Alcuni decenni fa c’era un problema legato al problema dei franchi tiratori (cecchini. Quindi poteva esserci una
componente della maggioranza, io non sapevo quale fosse, che votava contro il provvedimento o contro il
governo. Adesso la normalità con poche eccezioni è il voto palese. Quindi chi vota contro un provvedimento si
prende la responsabilità politica di avere votato contro. Se ad un certo punto il governo conte bis si presenta
ponendo la fiducia su un provvedimento e la fiducia viene meno perché in quel momento non viene votata
dalla maggioranza, si sa chi ha votato contro. Un tempo non lo si sapeva. 
Quindi è diventato più difficile che qualcuno voti contro un provvedimento che va contro la maggioranza,
perché dopo ci sono conseguenze politiche. Il voto segreto risalto molto indietro ed è l’equivalente del nostro
voto segreto alle urne, per non subire pressioni politiche. Questo è un elemento di forte instabilità quindi
questa concezione si è dissipata. Una delle ragioni fondamentali per cui il voto segreto è diventato l’eccezione è
per consolidare la maggioranza, rendere palese e responsabile chi decide di votare contro la propria
maggioranza. 

GOVERNO

Formazione
Il presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio e su proposta di questi nomina anche i
ministri. Il presidente della repubblica come ha un potere di garanzia, non esprime una maggioranza politica,
tant’è che il presidente della repubblica dura di più delle maggioranze politiche (7 anni)

Cosa succede dopo le elezioni?


Il presidente della Repubblica effettua quelle che si chiamano consultazioni, cioè delle lunghe consultazioni con
le varie forze politiche per individuare i punti di contatto. Su queste basi si individuava la persona in una bozza
di programma (incarico esplorativo, si accetta con riserva). In base alla maggioranza politica che si veniva a
formare in base al programma, si venivano a individuare anche i membri del governo.
Sulla base dell’elenco dei ministri e del programma, il presidente del consiglio nominato dal presidente della
repubblica si recava in parlamento chiedendo che venisse votata la fiducia. È richiesta la fiducia delle due
camere. Il che significa che basta perdere la fiducia di una delle due camere e il governo crolla. Questo deriva
dalla caratteristica del bicameralismo perfetto.

Composizione
- Presidente del consiglio dei ministri: non è quello che in altri paesi viene chiamato il primo ministro.
Normalmente i paesi che hanno un primo ministro, hanno solo lui come responsabile di fronte al
parlamento e lui nomina e revoca liberamente i ministri. Nel nostro campo, il presidente del consiglio
normalmente da costituzione funge da primus inter partes = cioè esprime l’indirizzo politico generale del
governo, ma il governo funziona collegialmente. Se si pensa al sistema delle fonti parlato in precedenza, ci
sono le leggi, gli atti aventi forza di legge e sotto i regolamenti. I regolamenti non sono regolamenti del
presidente del consiglio dei ministri, ma regolamenti del governo, che il governo licenzia collegialmente,
cioè il governo vota un regolamento, non lo decide il presidente del consiglio. Quindi il presidente del
consiglio dei ministri è una figura centrale perché esprime l’orientamento politico del governo, ed è
concretamente di fatto giuridicamente e politicamente, responsabile dell’operato del governo. Se il
presidente del consiglio si dimette anche per ragioni personali bisogna tornare a prendere la fiducia, non è
che improvvisamente non è cambiato l’orientamento politico allora il presidente del consiglio può essere
cambiato.
- Ministri: esprimono le varie partizioni della pubblica amministrazione statale e sono a capo dei ministeri. Il
ministero è l’apparato, il ministro è chi rappresenta e chi è responsabile quindi del ministero (dicastero).
Esistono anche quelli che sono chiamati ministri senza portafoglio, cioè che non esiste un vero apparato
amministrativo che fa loro capo, ma esprimono un profilo di interesse all’interno della attività del governo.
Es. il ministro della funzione pubblica non ha un ministero, non esiste il ministero della funzione pubblica.
Normalmente all’interno della presidenza del consiglio dei ministri c’è un’unità organizzativa che si occupa
di dare una struttura alla pubblica amministrazione, qualcuno quindi che si occupa di come regolamentare
le pubbliche amministrazioni in generale.
Es. ministro per integrazione, che si occupa di immigrazione e integrazione. Non esiste il ministero per
integrazione, non c’è una pubblica amministrazione che si occupa di immigrazione. Normalmente di
immigrazione si occupa il ministro dell’interno.
Al di sotto dei ministri normalmente ci sono i viceministri e i sottosegretari, quest’ultimo si occupa di
partizione del ministero. Queste figure sono continuamente modificate.

Rapporto di fiducia
Il rapporto di fiducia è tra le due Camere e il Governo, come può essere data può essere anche revocata con
una mozione di sfiducia nei confronti del governo. La mozione di sfiducia nei confronti del presidente del
consiglio del governo non ha mai funzionato. Quello che succede normalmente è che il presidente del consiglio
vede che non ha più la fiducia perché una parte della sua maggioranza non lo sostiene più, e va dal presidente
della repubblica a rassegnare le dimissioni. Questa è una crisi extraparlamentare.
Ci sono stati due casi interessanti a proposito:
1) Imboscata in uno dei governi Prodi. Il governo quando è interessa tanto ad una legge o un decreto-
legge pone la fiducia sul parlamento. Invece c’è stata un’imboscata perché qualcuno ha votato contro
ed è caduto uno dei governi Prodi. Non era una mozione di sfiducia, era una questione di fiducia su un
provvedimento.
2) C’è stato un conflitto durante il governo Dini. Un partito (all’epoca Pds) ha voluto sfiduciare il singolo
ministro, quindi non ha chiesto una sfiducia dell’esecutivo ma ha chiesto la sfiducia del ministro
ricorrendo alla Corte costituzionale. Quindi il parlamento ha spinto fuori dal governo un suo membro.

La normalità è che di fronte alla chiara caduta della maggioranza politica all’interno di uno dei due rami, il
presidente del consiglio rassegna le dimissioni, e quindi il presidente della repubblica inizia il giro con
consultazioni e così via.
Quando il governo o cade (cioè perde la fiducia) o è dimissionario (perché il presidente del consiglio si è
dimesso), si prevede che il consiglio dei ministri rimanga, finché non è sostituito dal successivo, questo per il
principio di continuità anche dell’azione amministrativa. Quindi non vengono prese decisioni politiche, non
vengono introdotte norme tramite regolamenti, ma siccome il ministro effettua una serie di atti attinenti alla
pubblica amministrazione, ad esempio bisogna convocare una serie di elezioni, bisogna iniziare la procedura
per la presentazione delle leggi, bisogna stabilire la data delle elezioni, come vengono fatte. Tutto ciò non si
sospende perché termina la vita del consiglio dei ministri, viene fatto comunque. E chi lo fa? Chi in quel
momento è incaricato dell’attività ministeriale. Questa è ordinaria amministrazione. Non rientra nell’ordinaria
amministrazione riordinare la sanità italiana, o prendere altre decisioni di impatto. Qualcuno deve farlo
altrimenti si sta fermi mesi, perché ci sono le elezioni, dopo le elezioni ci sono le consultazioni, e così via… ecco
perché c’è una continuità. Questa continuità non si estende alla straordinaria amministrazione che riguarda
l’indirizzo politico.

Cosa succede manca la fiducia tra il governo e il parlamento?


Il presidente della repubblica si pensa che deve ricercare l’esistenza di una maggioranza all’interno del
parlamento esistente.
Cade il governo, si va alle elezioni, siccome l’unico organo elettivo è il parlamento, se il parlamento esprime un
altro governo si può andare avanti, perché è il parlamento l’organo di riferimento. Per cui se in parlamento
emerge una maggioranza si procede con quella. Quindi il presidente della repubblica deve verificare che ci sia
una convergenza possibile per procedere alla formazione di un governo con una maggioranza.

Come lo fa il presidente della repubblica?


Con delle consultazioni come prima cosa, cioè sente i vari partiti. Una volta che li ha sentiti stabilisce che c’è
una possibilità più o meno concreta che si formi un governo. A quel punto incarica normalmente un presidente
del consiglio potenziale a stabilire qual è il perimetro a maggioranza e qual è il perimetro del programma (è
solo incaricato quindi non deve andare in parlamento a chiedere la fiducia), il quale normalmente accetta con
riserva, si prende il tempo che serve per stabilire se c’è un programma e una maggioranza. Torna dal
presidente della repubblica e dice “conto di avere la maggioranza”, a quel punto il presidente della repubblica
nomina il presidente del consiglio, il quale a quel punto deve recarsi in parlamento a chiedere la fiducia.

Quindi le fasi sono:


· Consultazioni del presidente della repubblica
· Incarico al presidente del consiglio, il quale accetta con riserva
· Consultazioni del presidente del consiglio interne alla potenziale maggioranza parlamentare (il governo
deve ottenere il voto della maggioranza dei membri di ciascuna delle due camere)
· Ritorno del presidente del consiglio incaricato dal presidente della repubblica a sciogliere la riserva
· Nomina del Presidente della Repubblica nei confronti del Presidente del Consiglio
· Finalmente si va in parlamento.

Poteri normativi
I regolamenti dell’esecutivo e gli atti aventi forza di legge (decreto-legge, decreti legislativi e regolamenti), sono
atti collegiali, cioè esprimono la collegiatività della volontà governativa. Esistono i regolamenti ministeriali (del
singolo ministero) e non sono atti aventi forza generale (non si applicano alla generalità dei cittadini ma al
singolo ministero), quindi rivolti agli uffici ministeriali. Es. il regolamento del ministero della salute non dice al
paziente cosa deve fare, sta dicendo agli organi del ministero della salute cosa fa, cioè si rivolge alla pubblica
amministrazione.
Per poteri normativi primari si intendono le fonti primarie e le fondi equiparate alla legge, ossia decreto-legge e
decreto legislativo; mentre per poteri normativi secondari si intendono regolamenti del governo e regolamenti
ministeriali.

Normalmente quello che è richiesto davvero da parte del Governo è una capacità di intervenire con urgenza
(dunque col decreto-legge) o un’organicità (dunque il decreto legislativo) oppure con una dovizia di particolari
rispetto ad una questione già regolata dalla legge in parte (dunque i regolamenti). Recentemente vi è stato una
torsione di questo fenomeno perché quando le Camere devono affrontare questioni spinose in breve tempo e
con effetto immediato (ad esempio con il Covid) il problema è molto reale.
Dicevo che una delle caratteristiche del Governo è la capacità di agire.
Solitamente si trovano meno di una ventina di persone (dodici ministeri e qualche viceministro) che votano su
una questione, la quale esprime la collegialità. In seguito, viene immediatamente prodotto il decreto-legge, il
quale viene pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ossia reso noto, e poi trasmesso al Parlamento per essere
convertito in legge entro sessanta giorni. Dal 2013 in poi succede che nemmeno all’interno del Governo si
riesce a mettersi d’accordo. Allora esce, non un decreto-legge, ma un comunicato che dice che è stato
approvato un decreto-legge che vieta qualcosa (ad esempio di uscire di casa dopo una determinata ora) salvo
intese e il decreto-legge non si trova. Tale decreto non si trova, perché non c’è e perché quel qualcosa (ad
esempio il coprifuoco) è l’unica cosa che il Governo è stato in grado di convenire. Il salvo intese, che di fatto è
l’eutanasia del diritto, è l’espressione del fatto che nemmeno all’interno del Governo ci si mette d’accordo
quindi esce un comunicato, che si spera abbia effetti immediati, ma non c’è la fonte del diritto e non esiste
ancora perché il Governo non si è accordato. Si sono messi d’accordo su una cosa specifica (es: coprifuoco), ma
vi sono tanti altri aspetti sono ancora da convenire e, dato che molte parti accettano di firmare il decreto-legge
solo se continente anche un determinato aspetto, ad esempio accettano la chiusura dei parrucchieri se
vengono pagati, vi è una discussione per cui nel frattempo i parrucchieri sono chiusi salvo intese. Per cui il
Parlamento è immobile in quanto aspetta il decreto-legge, il decreto-legge non arriva in quanto non esiste e
non esiste perché all’interno del Governo non si sono messi d’accordo.
Esempio: viene presentata al Parlamento una proposta di riforma del lavoro, nonostante non vi sia
accordo/convergenza all’interno del Governo e quindi non vi sia una vera proposta scritta. Questo è un altro
dato importante di trasformazione del ruolo esecutivo. Vi sono molti esempi di decreto-legge in cui la crisi è
evidente perché il decreto-legge dovrebbe entrare in vigore subito e non c’è il testo. Quando il Governo
presenta al Parlamento la proposta di introdurre una legge, quest’ultima non esplica effetti normativi ma è solo
una proposta chiamata “disegno di legge”. Anche il disegno di legge proposto dal Governo è collegiale e non è
una decisione presa unicamente dal Presidente del Consiglio. Infatti, anche se il Presidente del Consiglio
rappresenta il Governo ed è responsabile delle sue attività, se il Governo non è d’accordo lui non può
presentarla. Tutto questo non accade ultimamente con la situazione COVID, in quando vi è il DPCM, ossia
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Il DPCM non è né un decreto-legge, né un regolamento. Tale decreto è un atto del solo Presidente del Consiglio
dei Ministri che egli adotta autonomamente per promuovere un interesse predeciso, quindi è un atto esecutivo
che esegue la sua volontà. Ciò è possibile, in quanto, qualche tempo fa è uscita una legge di conversione del
decreto-legge (in quel caso il Governo ha fatto un decreto-legge e quel decreto-legge è stato convertito in legge
dal Parlamento) che dà al Presidente del Consiglio il potere di adottare gli atti necessari a tutelare la salute
pubblica (durante la pandemia ad esempio). Questo tipo di decreto è un atto che rientra nell’ambito delle
misure relative all’emergenza, ad esempio la corrente lotta alla pandemia, ed è inoltre limitato nel tempo. Lo
stato d’emergenza ha una durata che deve essere dichiarata in quanto, in quel periodo di tempo, il Presidente
del Consiglio è legittimato nell’introdurre un DCPM. In seguito al termine del periodo finestra il Presidente del
Consiglio non può emanare DCPM. Il vaglio parlamentare vi è, perché il Parlamento ha introdotto una norma
che legittima il Presidente del Consiglio a intervenire, ma al contempo gli da dei limiti tra cui ad esempio il fatto
che non può prolungare lo stato di emergenza. Questo è uno strumento molto flessibile, in quando non deve
nemmeno convocare il consiglio dei ministri, anche se può sentirli, anzi in più di un’occasione è previsto che
vengano sentiti; ma in ogni caso non si incorre nelle difficoltà che incontrano anche il decreto-legge che
vengono approvati salvo intese.

differenza tra poteri e fonti? La fonte è ciò che produce diritto, mentre il potere è la capacità di produrlo. Il
potere legislativo lo hanno il Parlamento e il Governo. Il Parlamento fa le leggi, mentre il governo emana i
decreti-legge e decreti legislativi. Il Parlamento ha il potere, ma non è una fonte. La fonte è la legge. I poteri
normativi del governo si concretizzano in ordine nelle fonti, nei regolamenti, nei decreti-legge e nei decreti
legislativi.

Market place of ideas


Un tempo c’era il contesto della pubblica piazza (agora) nella quale intervenivano i partiti che facevano comizi,
e la controparte remava contro. Come sono cambiate le cose?
Nel 1994 nasce il partito di forza Italia. La prima azione pubblica del partito è la discesa in campo, che consiste
in una videocassetta prodotta da Berlusconi nel suo studio nella quale egli espone la sua linea politica.
Berlusconi era un mago della presenza tramite delle televisioni che vivevano di sua pubblicità e conosceva le
tecniche di comunicazione. Poi si passa ad una seconda fase, che è quella della comunicazione politica. Mette
in campo l’expertise della prima fase.
Cosa succede quando passo a usare una registrazione che viene divulgata su tutti i canali e reti anche pubblici?
Evidentemente una persona di tale visibilità che propone una offerta politica nuova era normale che venisse
divulgata. 
Ma qual è la novità? Che caratteristiche ha questo? La scelta di Berlusconi di pubblicizzare forza Italia in questo
modo è stata una scelta legata agli strumenti a disposizione ed è stata ritenuta una scelta più efficace in quel
momento. 
Berlusconi è entrato nelle case di tutti gli italiani senza dover fare un comizio in diverse piazze e con un
monologo. Raggiunge un target di utenze elevato e lo raggiunge alle sue condizioni. Dallo sfondo, alla luce, la
durata, il linguaggio, tutto è pianificato. Scelgo io che immagine do di me e questa immagine è protetta dal
fatto che è un monologo. Non è solo un monologo, è un format. Voglio essere rassicurante, voglio provocarti,
intimorirti, voglio rivolgermi a gente di un’età piuttosto che di un’altra, quanto tempo penso che tu abbia. 
Si passa quindi da una fase dove c’è il dibattito, il mercato delle idee, a una fase nella quale il mercato lo
generate voi, andate voi a vedervi le varie comunicazioni politiche ma ciascuna di queste è un monologo.

La dimensione della relazione, comizio, dibattiti, litigi in tv tra forze politiche diverse è cambiata. 
Quello era il contesto in cui erano nati i partiti politici ed è nata la costituzione. Un contesto che noi non
vediamo più. Il mercato delle idee si è trasformato una prima volta quando la comunicazione politica è stata
guidata dai leader politici. 
Le reti pubbliche e private nel periodo preelettorale devono dare spazio a tutti i partiti in una certa porzione. Tu
se vuoi fare informazione politica in tv devi rispettare certe norme. Esiste una commissione di sorveglianza
della Rai che sorveglia che durante il dibattito preelettorale venga rispettato un certo livello di neutralità ed
equidistanza, per dare spazio a tutti. 
C’è anche un altro aspetto importante. Fino ad alcuni anni fa c’era non la lista bloccata, ma la preferenza. Cioè
l’elettore vota il partito ma con la possibilità di esprimere anche quali candidati preferirebbe fossero eletti.
Immaginate una campagna politica in questo modo: avrete moltissime persone che vogliono intervenire,
perché avere una visibilità significa avere potenzialmente più voti di preferenza. C’erano moltissime voci
perché c’erano moltissimi interessati ad essere votati, ad essere identificati. Ma cosa succede quando a questo
si sostituisce la lista bloccata? È sufficiente una persona per lista che sia in grado di trasmettere una
comunicazione efficace. 
Il passaggio dalla pluralità di voci non riguarda solo il contrasto tra forze politiche, ma anche l’interno delle
forze politiche; dove ci sono le preferenze, più forze politiche vogliono esprimere la propria opinione, ma più
persone dentro alle forze politiche vogliono esprimersi, cercano una visibilità. Dopo non è più necessario che ci
siano queste altre persone perché è difficile creare una strategia nella quale ci sono più voci: la strategia più
sicura è quella che si concentra su poche voci, che vuole quindi dare un’immagine, la quale richiede risorse,
tempo, expertise, denaro.

La struttura del partito, potenziata anche dal cambiamento della legge elettorale, cambia: non ci sono più voci,
ma una sola voce o pochissime voci di riferimento. Ci sono pochi punti di riferimento perché sono quelli più
controllabili (ovvero più gestibili strategicamente) e che quindi possono fare da punti di riferimento per l’intera
formazione.
Questa non è una situazione legata semplicemente al mondo dei media, piuttosto alla struttura partitica
profonda. In un certo senso, il capo politico è diventato un “front man”, l’uomo immagine; ed è così importante
che la vita di un partito politico passa in secondo piano (ci sono molti partiti politici che per moltissimo tempo
non hanno effettuato consultazioni interne). Cambiare la leadership ha un costo politico enorme, deve
ricostruire un’altra immagine. C’è un’identificazione estrema tra la persona e il partito politico, tant’è vero che
spesso il singolo partito politico è dentro al nome della persona. È così importante il leader, che non è neanche
necessario che sia un parlamentare; se si va indietro di alcuni anni, i leader dei maggiori partiti politici
guidavano sì la guida politica nazionale, ma non erano parlamentari.

Leader
Berlusconi, ad un certo punto, è uscito dal parlamento perché ha subito delle sanzioni penali ed è quindi
“decaduto”; Matteo Salvini non era parlamentare, ma euro-parlamentare; Matteo Renzi era sindaco di Firenze,
non era parlamentare, è diventato presidente del Consiglio prima di diventare parlamentare; la figura più in
vista del Movimento 5 Stelle era Beppe Grillo, un comico. Queste figure erano di riferimento perché erano
quelle tramite le quali si poteva conoscere qual era il contenuto del programma di un partito. Era giusto che
queste persone fossero quelle più seguite ed esposte dal punto di vista comunicativo e dell’informazione,
perché erano quelle che esprimevano l’orientamento di un partito. Ma si immagini a questo punto le
consultazioni politiche condotte dal presidente della repubblica per formare il governo con nessuno che fosse
in parlamento. Normalmente le consultazioni prevedono che ci sia il leader del partito, più il capo-gruppo del
partito in ciascuno dei due rami del parlamento (Camera e Senato), in genere due persone diverse. Ma che
succede quando i leader sono fuori dal parlamento? Esprimono non più un orientamento parlamentare, non
dicono cosa pensa il parlamento perché non ne fanno parte, dicono piuttosto ai parlamentari come votare.
È cambiata la dinamica politica ed improvvisamente il mercato della politica è diventato importantissimo per
chi si occupa di tecnologia e conosce le relazioni istituzionali. I social hanno rivoluzionato ancora di più la
diffusione della politica, oscurando parzialmente la televisione. Per cui ci son persone ormai famose come
l’addetto ai social di Giorgia meloni, è noto che Matteo Salvini possiede un software chiamato “la bestia” che
costa svariati milioni di euro il quale è utilizzato da un team di persone che capisce qual è il trend e qual è il
mood del trend, cioè il tema che tira e come bisognerebbe posizionarsi sul tema che tira

PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA (P.d.R)

Elezione
Il capo dello Stato rappresenta l’unità nazionale, è eletto dalle camere in seduta comune con alcuni
rappresentanti delle regioni. È eletto con i primi scrutini a maggioranza qualificata (speranza che il presidente
esprima una forma di coesione trasversale condivisa). Cifra della presidenza della repubblica: vuole essere
espressiva della stragrande maggioranza del parlamento e quindi della nazione. Viene eletto per 7 anni per
superare la durata dell’organo che lo elegge e quindi ridurre la sudditanza. Diventa libero dalle influenze del
parlamento.

Funzioni
Non esprime un orientamento politico, è sintesi degli orientamenti politici. Quando ci sono riunioni di capi di
stato, va il presidente del consiglio. Il presidente esprime una linea politica costituzionale: qual è l’impulso che
l’assetto costituzionale dà a un certo problema. Fa sì che ciascun potere venga esercitato in funzione e nel
rispetto della costituzione. Ha potere di veto. Può rifiutare la firma di un provvedimento proveniente dal
parlamento o dal governo. Può rifiutarsi di promulgare un atto avente forza di legge. Può ostacolare
l’espressione della volontà popolare. 

In nome di cosa può negare la promulgazione? In nome della Costituzione

Il caso più frequente di rifiuto di promulgazione? Mancanza di copertura finanziaria. In costituzione esiste una
provvisione per cui ogni legge che comporta una spesa deve indicare le risorse con cui intende farvi fronte. Il
Presidente della Repubblica giustifica il motivo per cui non promulga la legge. La presidenza della repubblica ha
un ufficio finanziario che fa i conti in proprio.

Promulgazione
Una Legge non viene ad esistenza se non è promulgata. Il presidente può decidere di non promulgare la legge.
La legge torna alle camere e se viene ri-approvata il presidente è obbligato a promulgare. Si teorizza che il
presidente possa rifiutarsi di promulgare anche in seconda battuta quando lede i principi fondamentali della
costituzione. Il P.d.R può impedire l’emanazione di un decreto-legge per mancanza di presupposti di
straordinaria necessità e urgenza. Se nel secondo passaggio rispetto al primo rifiuto, la legge è stata stravolta (è
“nuova”) il presidente può rifiutarsi. Secondo i giuristi “puri” anche se cambia una virgola il presidente della
repubblica può rifiutarsi di promulgare la legge. È difficile che presidente della repubblica emani il decreto-
legge e non promulghi la legge di conversione. 
Teoricamente può rifiutarsi di promulgare la legge finanziaria; la legge finanziaria è preceduta da una legge di
bilancio; la legge di bilancio a sua volta legittima la legge finanziaria. La legge finanziaria è un atto molto
negoziato rispetto al quale il Parlamento da un conto molto preciso su cosa si può permettere. Di fatto non
accade mai. Se fosse promulgata la legge finanziaria entro il 31 dicembre si entrerebbe nell’esercizio
provvisorio.

Il P.d.R è obbligato a promulgare la legge la seconda volta, anche se vengono apportate modifiche?
La costituzione non lo prevede, si può pensare che se le modifiche, siano state effettuate, ma non siano
sufficienti per il P.d.R, egli sia tenuto a promulgarle; se le modifiche sono tali da stravolgere la legge rispetto al
primo rifiuto, allora si può pensare che egli possa nuovamente esercitare il suo potere di ostacolare il
procedimento legislativo (se la legge è stata in parte modificata ma non in maniera soddisfacente per il
presidente, deve promulgarla lo stesso e deve adeguarsi alla volontà del parlamento; se invece è nuova può
riesercitarlo). In base ad un’altra lettura, quello che non è consentito al P.d.R è vietare la seconda volta la
promulgazione rispetto all’identico disegno di legge; se cambia anche minimamente la legge, allora il
presidente può di nuovo esercitare il suo veto. Quello che accade normalmente è che il parlamento prende
atto delle considerazioni del P.d.R e si adegua, è molto difficile che accada il contrario. Il P.d.R deve sempre
promulgare una legge, affinché essa entri in vigore.

Decreto-legge?
Il decreto-legge arriva una prima volta al P.d.R, il quale lo emana, poi il decreto-legge passa al parlamento, il
quale lo converte in legge e a quel punto la legge torna al P.d.R una seconda volta, quindi il decreto-legge può
essere potenzialmente visto in due vesti diverse, prima in decreto-legge e poi nella legge di conversione. È
difficile che il decreto-legge sia accettato e poi la legge no

Bilancio dello Stato?


Il bilancio dello stato è questione ministeriale, c’è un ministro dell’economia che se ne occupa, il quale verifica
e ne assicura la stabilità. Tuttavia, può accadere che per ragioni politiche un governo sottostimi l’importanza di
tenere in ordine il bilancio, per questo il P.d.R ha un suo ufficio specifico che si occupa di verificare la tenuta
finanziaria.

Potere esecutivo
L’importanza del P.d.R nella formazione del governo. Il P.d.R in base alla costituzione nomina il presidente del
consiglio dei ministri e su sua proposta i ministri, questa aleatorietà del testo costituzionale fa si che ci siano
vari modi di interpretare il proprio ruolo. Il P.d.R in base alle circostanze e allo scenario politico che ha di fronte
può prendere strade molto diverse, ad esempio:
- può forzare per la formazione di una certa coalizione
- può tentare di mediare tra le forze politiche
- può tenere un atteggiamento più attendista
- può incaricare qualcun altro nel verificare una maggioranza parlamentare che sostenga un governo
(all’interno della fase di formazione del governo il P.d.R ha un ruolo molto importante e molto delicato i cui
confini sono molto incerti e paradossalmente più forte è l’espressione popolare, più debole è il P.d.R).
Si parla del P.d.R come un notaio, cioè dare al P.d.R semplicemente la funzione di certificazione del processo
politico. Per un certo periodo è stato così, sia con il governo Prodi che con il governo Berlusconi: usciva la
maggioranza politica, piuttosto chiara, per cui, era evidente a tutti che chi si era candidato a guidare il governo,
dovesse essere nominato a capo della coalizione e quindi dovesse essere investito del compito di formare un
governo e andare in parlamento a cercar la fiducia.
Ci sono altre circostanze, invece, nelle quali la situazione è stata molto più magmatica, come alle ultime
elezioni: M5S va da solo, il PD va insieme a una coalizione, la Lega va insieme a una coalizione di centro-destra,
nessuno vince, iniziano le consultazioni, la Lega si stacca dalla coalizione di centro-destra e forma un governo
con il M5S. Questa fase è importante, una fase di scioglimento di alleanze, ebbene tutta questa fase mette
maggiormente in gioco il ruolo del P.d.R, perché può decidere se favorire o ostacolare, stimolare la formazione
di un governo, far capire che comunque non si va alle elezioni. Se invece il P.d.R fa capire che si deve tornare
alle elezioni, questo stimola le forze politiche a prendere un’altra soluzione.

Grazie e amnistia
Il P.d.R ha il potere di amnistia e grazia, cioè può far cessare le conseguenze di una sentenza penale di
condanna, può graziare, può liberare e far cessare gli effetti penali. In costituzione c’è scritto che il presidente
non è responsabile, questa è un’eredità del re, perché non è responsabile politicamente, questo ha fatto si che
venisse letto in maniera ambigua il potere di grazia; ogni atto del presidente deve essere controfirmato, ad
esempio la nomina del Presidente del Consiglio, il P.d.R nomina il Presidente del Consiglio e lui controfirma la
sua nomina (qualunque atto è controfirmato). In particolare, il potere di grazia è un potere che attinge alla
sfera giudiziaria, che riguarda le sentenze, ho il potere di mettere nel nulla le sentenze. Allora il ministro
competente a controfirmare quell’atto è il Ministro di grazia e giustizia. Si era aperto un dibatti su di chi fosse la
competenza del potere di grazia e si è stabilito che dovesse esserne competente il presidente.

Il P.d.R ha il compito di nominare 5 senatori a vita, sono 5 membri del senato che li nomina discrezionalmente,
si vuole nominare chi ha illustrato la patria per la propria attività, per varie ragioni (esempi: Gianni Agnelli,
Liliana Segre, Renzo Piano, Mario Monti, Rita Levi Montalcini).

Funzioni giudiziarie
- Nomina 5 giudici della corte costituzionale
- Presiede il Consiglio Superiore della Magistratura: Il CSM è definito come organo di autogoverno della
magistratura. La magistratura non è un organo gerarchico, non c’è un organo che decide chi prende quali
cause, chi giudica quali processi. Se ci fosse un organo che decide chi giudica quali processi ci sarebbe il
rischio di non avere una giustizia politica. Il CSM si occupa del buon andamento dell’amministrazione della
giustizia, ma non entra nelle cause, nei procedimenti. Il giudice non può essere rimosso da una causa se
non per una ragione oggettiva, nessuno può decidere per la questione che gli riguarda, non lo decide
neanche il CSM. Un giudice può essere rimosso per varie ragioni, può essere incompatibile (è imparentato,
ha un interesse specifico…), ma non può essere orientata la decisione della magistratura, in generale e in
riferimento ad un certo processo. L’assegnazione dei processi è fatta su base casuale, quando si deposita
un inizio a un procedimento di solito l’assegnazione è automatica.
- Il P.d.R è a capo del consiglio supremo di difesa.

Problema della riservatezza e trasparenza


Da alcuni anni a questa parte è emerso il tema della totale trasparenza nella vita politica. (Alcuni anni fa il
movimento cinque stelle ha lanciato una consuetudine di incontrare i leader dei vari partiti pubblicamente,
questo risponde all’esigenza della totale trasparenza e quindi di affidabilità dell’ambiente. Questo va a
braccetto con un altro aspetto della politica: in costituzione è previsto che non si possa intercettare chiamate
senza autorizzazione, cioè i parlamentari godono di una particolare discrezione anche nei confronti del potere
giudiziario.
Questo ha riguardato anni fa il P.d.R, rispetto il quale la costituzione non dice nulla, se si può mettere sotto
controllo o no il P.d.R; si sa solo in base alla costituzione che è responsabile di altro tradimento e di attentato
alla costituzione.

È stato sottoposto a procedimento penale il ministro e ex senatore Mancino, inoltre sotto intercettazione.
Aveva chiamato più volte il Quirinale chiedendo di parlare con il P.d.R. Dopo essere proceduto nei confronti di
Mancino il pubblico ministero ha proposto al giudice (fase preliminare, prima di iniziare il processo l’accusa
accoglie informazioni e poi si rivolge al giudice delle indagini preliminari e stabilisce se si va in giudizio o se non
ci sono gli elementi per continuare), l’accusa si estendeva anche su capi mafia e il pubblico ministero propone
la distruzione delle conversazioni tenute tra Giorgio Napolitano e l’ex senatore. Alcuni volevano ascoltare
quelle registrazioni perché si pensava esserci qualcosa di utile. Il P.d.R mette le mani avanti dicendo di non
essere intercettabile, quindi quelle informazioni vanno distrutte, non è necessario che qualcuno le ascolti
perché non dovrebbero esistere, hanno sbagliato ad intercettare. La questione è andata alla corte
costituzionale.
Si arriva ad una domanda: è meglio la trasparenza totale o discrezionalità? In entrambi i casi si rinuncia a
qualcosa, nel primo alla trasparenza e alla tutela i diritti della difesa, dall’altro chiunque potrebbe ascoltare per
esempio il P.d.R.
La corte si è espressa in favore del P.d.R dicendo che il silenzio costituzionale non significa che non è tutelato,
ma al contrario che non è mai intercettabile. Contemporaneamente però sto dicendo anche un’altra cosa,
avviene un problema tecnologico (l’intercettazione illegittima). Di solito nelle indagini accade vengono messi
sotto controllo alcune linee telefoniche e viene registrato, quindi il problema è distruggere queste.

Nel caso di intercettazione illecita del presidente della repubblica, questa intercettazione può essere utilizzata
nonostante sia illecita?
Si chiama “teoria del frutto proibito”, dato che l’hai colto lo usi anche se non potresti, l’altro aspetto ovvero,
dato che il P.d.R non è intercettabile, l’informazione contenuta nell’intercettazione non è utilizzabile, quel
materiale li non può essere portato in giudizio.

Altri casi
Ci sono stati dei casi che sono giunti alla CEDU, in cui c’è stato un rapimento con presunto omicidio, la persona
è stata indagata per altre ragioni che non riguardavano il rapimento, quando è stata arrestata, è stata torturata
e ha dichiarato dov’era il soggetto, in questa maniera il soggetto è stato liberato vivo, la persona è stata
indagata per rapimento, presunto omicidio e per altri reati. Sempre la persona ha sostenuto che essendo stata
torturata per ottenere informazioni sulla presenza del soggetto (per liberarmi dalla tortura di dico dov’è, se non
avesse detto dove si trovava, non l’avresti trovato e non potevi stabilire se l’avessi rapito). Allora io sono
responsabile di rapimento? Questo dipende dall’utilizzabilità della mia confessione (sotto minacce). Il fatto che
una persona era stata rapita, mi incrimina, ma allo stesso tempo non sono più sotto minaccia. Di solito viene
escluso di porre sotto minaccia qualcuno per ottenere informazioni…qui è sorto un conflitto tra gli ordinamenti,
qualcuno dice ma io ho ottenuto la prova tanto è che era il posto giusto, un altro invece, si ma quella
informazione l’hai ottenuta solo grazie alla minaccia, se non ci fosse stata la minaccia tu non avresti saputo
dov’era e quindi non avresti ami potuto sostenere che era un caso di rapimento.

Forte tensione fra due letture: sostanzialistica e formalista. Quest’ultima tutela altri diritti, quello di non essere
sottoposti a minaccia.

Content of court (Gran Bretagna): offesa della corte, non è un insulto, può farlo chiunque ma nella misura in cui
influenza un procedimento. Prima dell’inizio di un procedimento, i giurati vengono raccolti dal giudice e viene
detto loro, “potete guardare la tv ma non di questo, lo stesso con i giornali e anche con i social media perché
non dovete essere influenzati se non dagli elementi che vengono portati in giudizio secondo la modalità con la
quale vengono condotti. Se qualcuno dall’esterno prova ad influenzarvi questo è Content of court”. Questo è
un vero dilemma nell’età dei social media, è difficilissimo non essere in alcun social media per diversi mesi.
CORTE COSTITUZIONALE
Le udienze si svolgono in una sala da ballo. Un termine usato spesso come sinonimo è “Consulta”. Si chiama
così perché è a “Palazzo della consulta” che era una vecchia giurisdizione pontificia, il palazzo è sulla piazza del
Quirinale. Questa è una sala da ballo, che una volta entrata in vigore la Costituzione, dopo alcuni anni nel 1950
entra in funzione anche la Corte Costituzionale.

Composizione
- 15 giudici: 5 nominati dl Presidente della Repubblica, 5 dal Parlamento e 5 dalla magistratura. Tutti devono
essere giuristi, con provenienza da avvocatura, della magistratura o dall’accademia.
- Rimangono in carica 9 anni ed è la carica più lunga.
- Non sono rieleggibili.

Ruolo
Il ruolo della corte non è per nulla scontato perché pur essendo un giudice non appartiene all’ordine
giudiziario, è un potere a sé stante come il Presidente della Repubblica ed è trattata a parte anche nella
Costituzione.
Non è espressione di potere giudiziario, ma di garanzia. Infatti, può accadere che la Corte Costituzionale
giudichi l’attività della magistratura (immaginate la situazione in cui la corte costituzionale era stata investita in
un caso che riguardava il Presidente della Repubblica e la magistratura). La posizione particolare della Corte ne
garantisce la terzietà, in quanto separato sia dalla magistratura e sia dagli altri poteri. 

Funzioni principali
Decide la legittimità costituzionale delle leggi e degli altri atti aventi forza di legge, cioè può essere investita in
una questione se una legge, un decreto-legge o legislativo sia contrario alla Costituzione.
Il Presidente esprime una valutazione sulla contrarietà alla Costituzione di un atto, ma se il Parlamento rivota
l’atto deve promulgarlo, la Corte Costituzionale non ha questo limite e interviene dicendo se una legge è o non
è contraria alla Costituzione ed è la sua la parola definitiva.

L’esperienza della prima metà del 900’ è che la democrazia alcune volte cannibalizza sé stessa, cioè se è capace
di tutelare i diritti fondamentali per cui i cittadini non vorranno privarsene, la democrazia alcune volte si ritorce
contro sé stessa. Hitler è stato eletto democraticamente, Mussolini ha avuto un incarico da parte del Re e
avevano delle forze in parlamento inizialmente eletto normalmente. Allora nasce nella prima metà del 900 ma
si apre soprattutto nella seconda, l’idea che anche il legislatore democratico (fornito di una rappresentanza
democratica) si ritiene debba essere limitato, perché il legislatore anche se democraticamente eletto può
conculcare i miei diritti, soprattutto può mettere a repentaglio i diritti della minoranza, cioè può ignorare quello
che c’è scritto nella Costituzione. Ci può essere scritto che non esistono differenze di sesso, razza, genere ma
cosa succede se avviene una violazione di questi precetti e la maggioranza è d’accordo con tale violazione.
Chi mi tutela? Il presidente fino a un certo punto perché se camera e senato rivotano la stessa legge il
presidente è obbligato a promulgarla, quindi ho bisogno della Corte Costituzionale. Ho bisogno di un giudice
che giudichi se una legge è contraria alla Costituzione, e se la dichiara tale quella legge è come se non fosse mai
venuta ad esistenza, perde efficacia da quando è entrata in esistenza (“ex tunc” = dal momento in cui è entrata
in vigore; si contrappone a ex nunc= da ora in poi).

È una posizione molto importante quanto problematica, perché l’idea che sopra il legislatore ovvero sopra
l’organo che esprime la volontà popolare ci sia qualcuno che non risponde ai cittadini, perché un terzo dei
componenti è eletto dal Presidente della Repubblica e un terzo dalla magistratura che non hanno un accesso
popolare ma accedono tramite concorso.
Chi sono loro per giudicare quello che il Paramento può fare o no? Sono quelli che ci proteggono dalle derive
della democrazia. 

Situazione in altri paesi


Non tutti i paesi sono andati in questa direzione. Alcuni paesi non hanno quello che viene chiamato “controllo
di costituzionalità della legislazione” cioè alcuni paesi non permettono che venga posto sotto controllo il
legislatore, se il legislatore fa una cosa l’unico modo di disfarla è persuaderlo che ha sbagliato. La Gran
Bretagna non ha alcun organo giurisdizionale che possa dire: questa norma è contro la costituzione del Regno
Unito quindi io la annullo, non c’è. Perché il Parlamento è sovrano, esprime la volontà del popolo e sopra il
popolo non c’è niente. Nessuna cosa è sottoponibile al vaglio di un giudice se il Parlamento ha detto che va
bene. 

Altre funzioni
La corte non si attiva per questioni riguardanti solo la legislazione ma si attiva anche per quelli che vengono
chiamati “conflitti di attribuzione”, quando ci sia un conflitto riguardante la competenza del Parlamento o di un
altro potere dello stato, oppure nei rapporti tra le regioni.

Esempio:
In Costituzione c’è scritto che i parlamentari non sono responsabili delle opinioni espresse e dei voti dati
nell’esercizio delle loro funzioni, cioè i parlamentari non devono rispondere giuridicamente di fronte alle corti
di quello che dicono e come votano in Parlamento, perché è una tutela della libertà d’espressione del
parlamentare ed è una tutela più forte della nostra che possiamo essere chiamati per le cose che diciamo. È
capitato in più di un’occasione che un parlamentare abbia insultato qualcuno, il quale ha sporto un esposto
chiedendo che venga perseguito penalmente). A questo punto si attiva un giudice, per il quale normalmente il
parlamentare dice: “questo è espressione della mia particolare qualifica parlamentare” ottiene molto spesso un
voto della camera di appartenenza che afferma il fatto che effettivamente rientra nell’esercizio dell’attività
parlamentare, quindi questo parlamentare non è perseguibile per quello che ha detto. Normalmente i
magistrati che perseguono un parlamentare dicono che non rientra nelle funzioni di parlamentare questa
affermazione, quindi nasce la domanda se quell’affermazione sia coperta della speciale immunità di cui gode il
parlamentare, a decidere è La Corte Costituzionale. Non c’è una legge, è una espressione. 
Sgarbi diciamo che viene chiamato “Giurisprudenza Sgarbi” perché praticamente insultava spesso fuori dal
Parlamento, nelle trasmissioni televisive e lui cosa faceva? Prendeva le dichiarazioni e le depositava in
Parlamento, prendeva lo stesso discorso e lo portava in parlamento e allora la corte costituzionale diceva: “no
non centra”. Allora provò direttamente a leggere il discorso in parlamento ma non basta perché è emersa una
giurisprudenza che diceva che ci deve essere un nesso tra quello che dici e il tuo lavoro, non puoi andare in giro
tra le persone ad insultare dicendo poi “sono un parlamentare”.

Esempio:
L’altro esempio che vi dicevo qualche lezione fa riguarda la “sfiducia individuale”, il singolo ministro che viene
sfiduciato. Un gruppo di parlamentari presenta una mozione di sfiducia nei confronti del singolo ministro, il
quale ricorre alla Corte Costituzionale dicendo che non può essere sfiduciato perché possono sfiduciare solo
l’intero governo ma non lui. E la Corte in quel caso dice: “no, siccome i ministri hanno anche delle competenze
e una responsabilità politica specifica, oltre a quella derivante dal fatto che appartengono al governo, quindi è
sfiduciabile. Non dico io che deve essere sfiduciato, quella è una decisione politica, io corte dico che è
teoricamente sfiduciabile il singolo ministro”. Queste sono ipotesi nelle quali si può esprimere sulla singola
questione.
Ci sono stati altri parecchi casi sulle quali poi ci sono state delle sentenze, ma ci sono state delle sentenze alle
quali ci si riferisce per questo si dice che fanno giurisprudenza come quella di Sgarbi. 
Prima viene utilizzata da Pannella, fu il primo ad utilizzare dell’immunità parlamentare.

Come si attiva?
In vari modi, ne vediamo due in particolare:
- entro un termine limitato, il governo può impugnare una legge regionale con determinati limiti. Oppure può
esserci una legge regionale che impugna un’altra legge regionale appena entrata in vigore, in particolare entro
60 giorni dalla sua pubblicazione nella quale in questo arco di tempo può essere impugnata da Governo e
singole regioni (impugnare significa portare l’attenzione della Corte).
- un giudice può sollevare una questione di costituzionalità, cioè all’interno di un giudizio che riguarda una
certa norma, il giudice può chiedere alla Corte. Quindi se un giudice pensa che una certa legge sia
incostituzionale, sospende il giudizio e chiede alla Corte Costituzionale se è incostituzionale. Quest’ultima
risponderà e dopo la risposta riassumo il giudizio (lo continuo). Le singole parti non possono sollevare una
questione di incostituzionalità, possono convincere il giudice a sollevarla. Questo significa che ciascuno di voi
può convincere il giudice che una questione può essere incostituzionale.

Ricorda qualcosa questo procedimento? Quello della corte di giustizia esatto, se un giudice pensa che una
norma da applicare possa essere contraria al diritto europeo oppure non è sicuro che una norma sia
compatibile con il diritto europeo oppure è sono sicuro dell’interpretazione di una norma di diritto europeo,
sospende il giudizio e va alla corte di giustizia, aspetta che la corte di giustizia mi risponda e poi riprenderà il
procedimento. Ci hanno copiato loro in questo caso. Era un sistema poco noto prima della Seconda guerra
mondiale, poi è diventato molto diffuso. Questo sistema consente a voi di far valere che una legge è
incostituzionale al tribunale di Padova, di Rovigo, al tribunale di Salerno...

Novità
Qual è la vera novità della corte costituzionale? Che possono essere giudicati anche gli atti legislativi cioè le
leggi. Gli atti sub legislativi, quindi i regolamenti eccetera, possono essere dichiarati illegittimi anche dalle altre
corti, questo è un dato tradizionale, questo accade anche in Gran Bretagna: se un atto dell’esecutivo è
contrario ad una legge o alla costituzione, può essere o dichiarato illegittimo o disapplicato, in particolare nel
tribunale amministrativo regionale che entra in vigore in questa funzione, e il consiglio di Stato, ma quello che
era esente da censura era l’atto legislativo e lo è ancora nel nostro paese. Abbiamo la possibilità di censurare
una legge. Censurare vuol dire portare all’attenzione di qualcuno il fatto che una legge potrebbe essere
incostituzionale, in particolare portarla di fronte al giudice. Se sono in Gran Bretagna e ritengo che una legge
britannica sia contraria alla costituzione inglese devo dirlo al parlamento, qui da noi devo dirlo ad un giudice.
Chi si occupa della costituzionalità delle leggi non è un giudice qualsiasi, è un giudice particolare. Altri paesi, a
iniziare dalla corte suprema americana, hanno entrambe le funzioni cioè la corte suprema, che è l’equivalente
ricordate della nostra corte di cassazione, ha anche la funzione di controllare se le leggi sono incostituzionali.
Nel nostro caso no, c’è un solo organo che si può occupare della costituzionalità delle leggi ed è dedicato in
maniera preponderante a quello.

Questo che cosa significa? Da un lato per fortuna non è affidato alla corte di cassazione, sennò la corte di
cassazione ci farebbe diventare pazzi, per la quantità di sentenze. Per fortuna abbiamo staccato delle funzioni,
per cui su questa si esprime con una voce, con una opinione soltanto, sulla costituzionalità di una legge.

Conflitti Governo-regioni
L’altra cosa che vi faccio notare perché è diventata molto rilevante nel tempo: il governo e le regioni possono
impugnare le leggi, rispettivamente del parlamento o della regione, quindi il governo, non il parlamento, può
impugnare la legge regionale del veneto e il veneto può impugnare una legge statale. Questo ha dato vita a dei
conflitti costituzionali che mascherano conflitti politici: il più delle volte un governo di centrosinistra impugna
leggi di regioni del centrodestra e un governo di centrodestra impugna leggi di regioni del centrosinistra,
viceversa le regioni governate dal centrodestra impugnano le leggi statali prodotte dal centrosinistra con un
effetto però, in genere ci sono venti regioni e poi ciascuna provincia autonoma, c’è Trento e Bolzano che
possono impugnare una legge statale, qualcuno impugnerà una legge statale, ma se il parlamento è di un certo
colore e la regione è del medesimo colore il governo non impugnerà le leggi di quella regione, che significa che
paradossalmente ci sarà un governo che lascia fare al Lazio quello che non lascia fare all’Umbria, o che diventi
incostituzionale quello che fa l’Emilia Romagna e non quello che fa il Piemonte, faccio degli esempi a caso, e la
corte costituzionale non si può attivare da sola, non può dire “ah no, anche lui!” no, non può farlo, per cui
paradossalmente avete un giudizio di costituzionalità a volte a macchia di leopardo, con una corte che ha detto
si a uno e no all’altro.
Ultimo aspetto: il governo può impugnare le leggi regionali per qualunque ragione costituzionale, la regione
può impugnare una legge statale solo per questioni riguardanti le sue competenze cioè il governo può
impugnare una legge regionale per qualunque ragione costituzionale, la regione non può impugnare una legge
statale perché è contraria ad un valore costituzionale che non la riguarda, può solo impugnare una legge statale
se viola le competenze regionali.

Il giudice può sollevare una questione solo se dimostra che sono rispettate due condizioni:
- che la questione è rilevante, cioè io giudice posso sollevare una questione sulla quale devo decidere, non
posso dire “io mi sto occupando di un furto, sollevo una questione riguardante il rapimento” non c’entra
niente, è irrilevante
- non deve essere manifestamente infondata, cioè non può costruire un’ipotesi strampalata per portarla
all’attenzione della corte, in quel caso la corte dirà che non vuole considerare la questione.
Allora la domanda è: “Non ho capito il motivo in base al quale una legge può essere definita incostituzionale in
una regione e in un altra no”
Allora diciamo che due regioni fanno leggi praticamente uguali, ok? Il governo ha la discrezionalità di decidere
quale legge impugnare, può impugnare la legge di una regione e non quella dell’altra quindi anche se due leggi
hanno un contenuto praticamente medesimo possono un sopravvivere e l’altra doversene andare.
POTERE GIUDIZIARIO
Una delle caratteristiche della costituzione moderna è di distinguere il momento legislativo del momento
giudiziario, cioè, il momento della creazione delle norme, deve essere distinto dal momento applicativo della
norma, perché altrimenti il legislatore potrebbe fare di distinzioni, invece l’esistenza di un potere giudiziario
che agisce da terzo, è lo strumento che garantisce che la legislazione, vengano applicate in maniera uniforme.

Tipologie
a. giurisdizione penale, reati interessano la collettività intera
b. giurisdizione civile, regole controversie tra privati
c. giurisdizione amministrativa, rapporti tra il privato e la pubblica amministrazione

Gradi
- giurisdizione penale e civile: di primo grado (tribunale, corte d’assise), di secondo grado (corte d’appello,
corte d’assise d’appello)
- giurisdizione amministrativa: il tribunale amministrativo regionale di primo grado (TAR) e il consiglio di
stato di secondo grado
- ultimo grado di giudizio della Corte di Cassazione

CORTE DI CASSAZIONE
La corte di cassazione è l’ultimo grado di giudizio, dopo la cassazione non c’è più niente.
Non si concentra sui fatti, si ridiscute sull’applicazione del diritto e il corretto sviluppo del processo. Esempio: la
madre aveva ucciso il bambino, ma si torna su quale tipo di omicidio era, la corte di cassazione si concentra su
questo aspetto, cioè, guarda l’applicazione del diritto.
Non si va ai fatti di causa, ma si va a altri elementi che hanno avuto impatto sul giudizio.
Ci possono essere sentenze della corte di cassazione che dicono: il fatto non costituisce reato oppure il titolo
della responsabilità è diverso, o questo elemento di prova non è utilizzabile.
La corte di cassazione si esprime in merito all’ultimo giudizio.

Funzione nomofilattica
La cassazione ha anche un’altra funzione, si chiama funzione nomofilattica, cioè quella di assicurare l’unicità
dell’interpretazione del diritto; ci sono varie sentenze d’appello, ciascuna regione ha una sua corte d’appello,
come si fa ad assicurarsi che la corte d’appello di una certa zona giudichi conformemente quello che succede
nell’altra?
Ci sono delle circostanze in cui le corti decidono in maniera molto diversa, oppure interpretano in maniera
difforme una disposizione, è la corte di ultima istanza, quella che garantisce che l’interpretazione sia uniforme.
La Corte di Cassazione è quella che dice che una norma si interpreta in questa maniera, se tu non lo fai, la
questione arriverà a me, e immagina cosa dirò, quello che ho appena detto, cioè, che si interpreta in questa
maniera.
Quindi la funzione nomofilattica è una funzione molto importante.
PROBLEMI DELLA MAGISTRATURA

In Cassazione non si discute più come il diritto inquadra quel fenomeno giuridico. In questo senso non si tutela
più veramente l’interesse singolo. Quello che succede realmente è che viene verificata la compatibilità tra
quello che viene deciso sulla base della qualificazione giuridica.
La Corte di Cassazione è un organo giudiziario che prima di tendere al processo, tende all’unicità della
giurisdizione perché tutto è volto ad assicurare che i fenomeni sociali vengano inquadrati giuridicamente nella
stessa maniera. La preoccupazione non gira attorno al giudizio del singolo soggetto, ma al modo in cui viene
trattato il caso. All’epoca non era normale perché nei casi di dubbi interpretativi era noto rivolgersi
direttamente al parlamento. Questo proviene dalla cultura giacobina francese, la quale sosteneva che
bisognava chiedere al parlamento di chiarire cosa intendeva la legge. Pertanto, se non era chiaro come ad
esempio nel caso di omicidio se quest’ultimo era di primo o di secondo grado bisognava rivolgersi al
parlamento per avere la risposta definitiva.
Al giorno d’oggi emerge il problema di un numero troppo elevato di processi in corso per cui diventa difficile
smaltirli.
Negli ordinamenti di tipo anglosassone c’è un filtro molto forte degli appelli, nel senso che per ottenere un
appello bisogna convincere i giudici dando delle solide motivazioni altrimenti non si ottiene nulla.
Da noi come in altri paesi continentali l’appello viene concesso molto facilmente, quindi è possibile immaginare
come tutto ciò tuteli molto di più le persone perché ci sono due giudici che trattano il caso. Di conseguenza
però il secondo giudice come anche la seconda Corte sarebbero continuamente ingolfati e dedicherà così meno
tempo al caso.
Possibilità di appellare = possibilità di ottenere una seconda considerazione da parte di un giudice.
Avere due Corti allo stesso tempo può essere sicuramente un vantaggio, ma nella maggior parte dei casi esse
sono sempre occupate con conseguente attesa in alcuni casi anche anni. Gli anni sono una parte fondamentale
nella giustizia perché il soggetto interessato fino a che non esce il verdetto.

Essere sotto processo significa che tutto si ripercuote sulla vita relazionale di chi è imputato.
Nel caso dell’omicidio di Willy Monteiro i presunti assassini per il diritto sono ancora innocenti, ma dal punto di
vista sociale sono considerati i colpevoli. Questo perché secondo il diritto chiunque è innocente fino a che non
ha subito il processo con anche il verdetto finale.
Al momento essi hanno ricevuto solo una misura restrittiva o cautelare. Tecnicamente non avrebbero
limitazioni sul lavoro che potrebbero fare a meno che non si tratti da un ambiente pubblico in cui è necessario
che non ci siano procedimenti penali in corso o in passato, ma in generale è difficile che un’azienda qualsiasi
assuma una persona con una reputazione del genere perché sono questioni che dal punto di vista sociale
hanno un profondo impatto.
La scelta che è stata fatta negli altri ordinamenti è quella di creare un filtro con il rischio che ci sia solo un
giudice che risponde. Se si riesce a convincere il secondo giudice ad ascoltare egli sarà meno oberato, quindi
potrà dedicare più tempo e attenzione. In più c’è un altro aspetto che se un giudice viene a sapere che dopo di
lui ce ne sarà un altro è più facile che giudichi. Nel procedimento penale è più facile una condanna di primo
grado perché si sa che ci sarà un altro a riconsiderare il caso.
Il punto è che la lungaggine della giustizia ha a che fare con le esigenze stesse della giustizia.
Da un lato si vuole che il proprio giudizio sia razionale e non frettoloso. Ci sono stati dei tentativi di utilizzare
l’intelligenza artificiale anche se non andati a buon fine, con lo scopo di capire quali procedimenti possono
ottenere una mediazione.
Si può tentare di abbreviare il procedimento se c’è la disponibilità di trattare e venirsi incontro invece di
rimanere sempre sulla stessa pretesa.
Queste forme di mediazione sono molto incentivate, ma è stato tentato di creare un sistema digitale capace di
identificare quali tipi di cause sono più esauribili tramite mediazione.
Nel processo penale non si può mediare nell’azione penale. Ci sono però delle situazioni o procedimenti che
normalmente iniziano con una querela cioè solo se il danneggiato chiede che venga perseguita l’azione.

Esempio:
In caso di omicidio se un mio familiare viene ucciso e non si sporge denuncia il pubblico ministero si attiva
comunque.
In altri casi penali gli organi competenti si attivano solo su richiesta (querela) del danneggiato.
Un esempio è l’incidente automobilistico a causa del manto stradale si inizia una querela nei confronti dei
responsabili della manutenzione stradale e si presenta la richiesta di risarcimento del danno. Il pubblico
ministero inizia l’azione penale perché è stata richiesta, ma se si decide di versare dei soldi al danneggiato
quest’ultimo può ritirare la querela estinguendo così l’azione penale.
In questi frangenti si raggiunge una sorta di mediazione anche se su basi diverse perché non si media come nel
campo delle controversie civili (erogazione servizi difettosi)

Prescrizione
Esistono due tipi di prescrizione
in alcuni casi si può prescrivere un diritto il che significa che non è possibile esercitare il diritto dopo un certo
periodo di tempo, in particolare la prescrizione penale, cioè il decorso del tempo rende impossibile perseguire
alcuni reati. Tranne i reati gravi la maggior parte dei reati si prescrive; cioè che dopo un certo periodo che si
sono verificati i fatti il reato non può più essere perseguito per il fatto di mantenere una stabilità di rapporti
giuridici.
La Corte di Cassazione soffre degli stessi difetti del primo e secondo grado perché anch’essa è oberata dalle
cause.
La Cassazione lavora o a sezioni unite o a sezioni separate e ciascuna di esse emette ogni anno migliaia di
sentenze, ma uno degli effetti principali è generare grande incertezza perché le cause sono così frequenti e le
sezioni lavorano così tanto contemporaneamente che è impossibile che non si contraddicano tra di loro.
Pertanto, la funzione nomofilattica della Corte di cassazione viene messa in crisi da questa enorme quantità di
sentenze. La Corte di Cassazione in materia civile nel giro di sei anni si era contraddetta implicitamente più di
ottocento volte. La composizione di vertice della giurisdizione si era contraddetta così tante volte che si poteva
intuire facilmente l’incertezza che si era venuta a creare e in un certo senso quest’ultima non fa altro che
generare ulteriore incertezza.

Esempio
Teoricamente se si sapesse che la Corte di Cassazione si è già espressa sull’argomento non conviene perché si
perderebbe tempo e soldi, ma se la Corte stessa si contraddice in continuazione vale la pena tentare. Quindi
questo susseguirsi di incertezze di orientamento della Corte di Cassazione non solo non favorisce la funzione
nomofilattica, ma la impedisce perché si hanno continuamente richieste di parti che chiedono di rivedere dei
casi su cui la Corte si è già espressa.
Quella funzione di integrare coerenza dell’ordinamento viene messa in discussione (dato estremamente
sensibile) ed è anche un dato a cui la nostra cultura giuridica non è abituata (operare in base alle sentenze
come nei sistemi common law)
In questi casi i diritti sono consegnati da alcune sentenze delle corti risalenti ad alcune centinaia di anni fa.
Questo ha generato una cultura molto attenta a quella precedente e sia gli avvocati che i giudici fanno molta
attenzione ai precedenti. Addirittura, gli avvocati hanno l’obbligo di citare tutti i precedenti appartenenti ad un
caso precedente altrimenti si rischia di essere licenziati.

Negli ordinamenti europei per fortuna non esiste questa prescrizione se no gli avvocati avrebbero un lavoro
enorme a causa delle continue sentenze della Corte di Cassazione che si contraddicono con il rischio di non
aver dato al giudice tutte le sentenze pertinenti a quel caso.
Tutto questo genera un circolo vizioso perché non viene detto al giudice che c’è una sentenza ostile con il
rischio che non se ne accorga o se ne accorga più avanti perché non si ha un quadro completo delle sentenze.

Massimazione
Vista la quantità di sentenze che la Corte di Cassazione sforna il suo ruolo più importante è quello della
massimazione. Ciascuna sentenza viene massimizzata perché vengono utilizzate delle espressioni standard che
sono all’inizio di ogni sentenza, ma che sono soprattutto uno strumento con il quale si può cercare una
sentenza.
La massimazione è uno strumento fondamentale perché nessun essere umano è in grado di dire cosa dice la
Corte di Cassazione su qualsiasi argomento.
Questo accade perché ci sono troppe sentenze ed è impossibile leggerle tutte. Essa è una ricerca testuale che
cerca l’espressione e ciò porterebbe via tempo anche perché non è detto che i giudici usino la stessa
espressione ogni volta, ma delle perifrasi. Quindi la massimazione è importante perché è lo strumento con il
quale si da un’omogeneità alla banca dati delle sentenze, ciò non toglie che siano ancora troppe, ma almeno
c’è una lista da seguire.
Tutto ciò apre una serie di scenari alquanto importanti perché la massimazione è uno strumento potentissimo
con cui si può mettere in evidenza o nascondere una sentenza, infatti i magistrati che possono utilizzare questo
strumento in Corte di Cassazione sono i più potenti in assoluto.
In sintesi, la massimazione è lo strumento che in una stringa di frasi brevissime riassume il contenuto della
sentenza e della sua importanza, in pratica è formata da parole chiave.
Da questo si capisce che è uno degli strumenti di estrema importanza nel campo dello svolgimento corretto del
procedimento.
C’è sempre però il rischio che tutto ciò che diventa prevalente all’interno dell’interpretazione della Corte di
Cassazione sia ideologicamente orientato in qualunque direzione.
Il common law ha la caratteristica di essere più realista dal punto di vista della tutela giurisdizionale.
Le sentenze della Corte suprema del Regno Unito (l’equivalente della nostra Cassazione) sono circa un
centinaio l’anno, negli USA circa una sessantina, mentre in Italia quasi quarantamila.
La Corte suprema decide il caso da prendere in considerazione, ma quando lo decide ha meno pagine da
esaminare garantendo una tutela maggiore per l’imputato.
Sentenza Corte suprema canadese inizia con il nome delle parti, c’è una stringa di parole chiave, un riassunto e
infine cita i casi che la sentenza cita.
Si intende che quella norma è stata interpretata in quel modo e perciò non viene più applicata.
Nel caso delle Corti di common law la Corte fa tabula rasa degli equivoci, ma persino gli avvocati devono
richiedere o vogliono in particolare sapere se citare o no quel caso se no rischierebbero di andare incontro a
pesanti sanzioni ed è per questo che nel common law si presta molta attenzione alle sentenze e casi
precedenti.

Storia
C’è una Corte di Cassazione che deve garantire un’unità interpretativa ma poi di fatto cede. In alcuni paesi la
giurisdizione è stato il ramo principale lungo il quale si è costruito il costituzionalismo, cioè la cultura anglo-
americana ha visto la centralità del momento giurisdizionale.
Viceversa, nel vecchio continente il momento legislativo ha preso la sua centralità, e l’idea di avere la massima
tutela giurisdizionale anche nel momento legislativo è stata ritenuta una questione veramente importante, per
limitare l’accesso alla giustizia e poter tutelare i propri interessi, cosa che succede normalmente nel mondo
anglo-americano. L’idea che i giudici potessero tutelare i diritti, soprattutto nei confronti del potere esecutivo,
era un caposaldo tale per cui filtrare la mia possibilità di appellarmi era avvertito come un rischio per la libertà:
chi sono io per dirti che non devi avere una seconda possibilità di giocarti i tuoi interessi in giudizio (e anche
una terza). Questa logica non c’è nei paesi di common-law. Dare a tutti la possibilità di agire in giudizio il più
possibile era uno sintomo della democraticità e della natura repubblicana del paese.

IL RUOLO DEI MEDIA

Il ruolo dei media è un dato significativo. Aprendo il sito della corte costituzionale (cortecostituzionale.it), si
trova una sezione molto importante relativa ai social media con profilo Instagram, Facebook, Twitter e un
canale Youtube.
Fino a pochi anni fa la Corte, così come altri organi dello stato, non aveva un canale di comunicazione legata ai
media; lo ha fatto perché i media li ha subiti. La Corte come organo di garanzia subisce molto i tentativi di farsi
spingere da una parte politica piuttosto che da un’altra; essa ha dovuto subire a lungo quello che il palazzo
diceva: non parlava se non con sentenze. Finché non uscivano le sentenze con le modalità richieste nessuno
sapeva niente; quello che si riusciva a sapere erano delle voci che filtravano dal palazzo della consulta (palazzo
dove si trova corte costituzionale).
A differenza dei film americani, non c’è un giudice che torna in aula e dice come è andata, semplicemente viene
depositata la sentenza (può essere a distanza di settimane o mesi se è una sentenza complessa), perché prima i
giudici si riuniscono e votano, e successivamente esce un’opinione sola cioè esce il giudizio della corte
costituzionale. Fino al momento in cui la sentenza viene depositata nessuno la conosce, in seguito viene
pubblicata nella gazzetta ufficiale (= strumento necessario perché le norme vengano a esistenza, tutte le leggi e
gli atti aventi forza di legge vengono pubblicati qui, anche le sentenze).
Fino ad allora non si sa nulla. Da diversi anni la corte costituzionale ha provveduto a pubblicare le sentenze sul
proprio sito. In più di un’occasione, nel caso di sentenze molto delicate dal punto di vista politico, gli organi
dello stato e la corte costituzionale hanno subito i tentativi di compromettere la funzionalità dell’organo
comunicando prima che cosa si era deciso.
Per “sentenze delicate” si intendono sentenze che per esempio riguardano:
- se applicare una certa norma ad un parlamentare che di conseguenza può essere sottoposto a
procedimento penale
- l’applicazione del segreto di stato
- la costituzionalità di una legge elettorale
- l’intercettazione del presidente della repubblica

Tutte sentenze che hanno un tono importante; pensare ad una sentenza che un domani dovesse occuparsi
della legittimità dei limiti derivanti dalle norme contro la pandemia. Sono sentenze che hanno un lato politico,
diventano oggetto di discussione, per cui c’è l’interesse di saperle il prima possibile.
Di fronte a questo ci furono molti problemi: in primo luogo si viene a sapere una cosa che non è ancora stata
scritta, prima che l’organo voglia che si sappia. Inoltre, non è detto che sia vera.
Da alcuni anni a questa parte la corte costituzionale ha deciso di parlare con una sua voce, cioè uscire, al posto
che subire i media. Questa è una cosa che ci mostra sia l’inevitabilità dell’uso dei media, sia quanto possa
essere una tentazione quella di ricorrere al’uso dei media.

Inizialmente quello che succedeva dentro la corte costituzionale era questo: si teneva un’udienza, in cui le tutte
le parti esponevano una loro argomentazione sulla base di quanto avevano scritto (quando ci si rivolge alla
corte costituzionale si presenta un’istanza scritta e ci sono delle repliche scritte anche dalle altre parti).
Dopo l’udienza la Corte si raduna nella camera di consiglio da cui escono tutti, rimangono solo i giudici i quali
votano la decisione. Essi votano in base a come la decisione è stata presa, cioè “la norma è incostituzionale
perché” oppure “la norma non è incostituzionale perché”.
Dopodiché viene affidato il caso ad un giudice, che è normalmente il giudice che si è occupato di istruire la
causa, cioè che ha studiato la causa fino in fondo e che la ha presentata ai suoi colleghi.
Quando arriva una questione alla Corte Costituzionale, questa viene distribuita tra i vari giudici: ciascun giudice
studia un certo numero di casi, poi in una serie di fasi successive il giudice spiega anche agli altri giudici qual è
la questione (dato che ci sono 400-500 sentenze al’anno ed essendo solo 15 i giudici hanno un numero limitato
di sentenze da sapere dal’inizio alla fine).
Ciò che accade quando la Corte ha deciso che decisione prendere, cioè se la legge è incostituzionale oppure no
ad esempio, affiderà a chi ha preparato la causa (ovvero il giudice relatore) il compito di scrivere la sentenza,
che poi viene fatta propria da tutti i giudici.
In conseguenza al fatto che non esce subito la sentenza (ci mette mesi o settimane), normalmente accadeva
che uscivano delle bozze di sentenze; non c’è solo un giudice che lavora alla sentenza, egli ha almeno tre
persone che lavorano per lui, più una serie di revisori (persone che controllano le virgole, la punteggiatura, che
si capisca la sentenza, che non ci siano errori)

Immaginatevi la foto di una bozza. Ad un certo punto è uscita una foto sui social media: su WhatsApp è stata
inviata una foto di un'ordinanza mentre usciva dalla camera del consiglio, cioè mentre i giudici stavano
scrivendo una bozza… da quel momento in poi la Corte esce con un comunicato stampa, quindi appena finita la
decisione, appena chiusa la camera di consiglio, il presidente della corte costituzionale, che firma tutte le
sentenze, e il giudice relatore della sentenza, gettano una pagina che viene data subito in pasto alla stampa,
viene messa sul sito e poi distribuita sui social media.
Questo è un modo per passare da un soggetto passivo di comunicazione a un soggetto attivo di comunicazione
(decido io con cosa uscire, non esco con la sentenza ma esco con un comunicato, alcuni comunicati soffrono
del fatto di essere comunicati, nel senso che sono scritti subito e spesso presentano degli errori madornali...
una volta è uscita un’ordinanza scritta in velocità sulla corte suprema di Inghilterra che non esiste)
Questo è un esempio di come l’interazione con i social media e il ruolo informativo di questi ha cambiato
l’atteggiamento istituzionale; non vale solo per i politici (tweet di Renzi), ma anche per gli organi di garanzia che
normalmente non prendono posizione, o meglio la prendono nei confronti della costituzione e non di una parte
politica.
 
CHE TIPI DI SENTENZE EMETTE LA CORTE COSTITUZIONALE?
La corte normalmente può ritenere una questione infondata: se è così infondata o addirittura mancano degli
elementi essenziali per essere presentata alla corte, questa non emette una sentenza ma un’ordinanza. 
I modi con i quali si ricorre alla corte costituzionale sono:
- impugnando una legge (governo o regione)
- un giudice può sollevare una questione di incostituzionalità;

Quand’è che un giudice può sollevare questione di incostituzionalità?


Quando si trova di fronte un caso in cui deve applicare una norma e non sa se è compatibile con la
Costituzione, allora sospende il processo e si rivolge alla corte costituzionale dicendo “per me è un problema,
perché io devo applicare una norma e non so se è compatibile con la costituzione, quindi aspetto che tu mi dica
qual è la norma, e, se è compatibile o meno”
 
Caso particolare
Un giudice aveva sollevato una questione di incostituzionalità alla corte e nel frattempo aveva dato la sentenza,
cioè aveva chiuso il caso. Al che alla corte ci si è detti “questa questione è inammissibile, perché se il giudice è
arrivato alla sentenza non gli serve sapere questo da noi, non ha sospeso processo, è andato avanti con esso”,
la corte allora disse al giudice “io non posso affrontare l’argomento perché tu hai già deciso, cioè sapere se la
norma è costituzionale o no è irrilevante perché tu sei comunque arrivato ad una decisione.”
La corte in questi casi se ne esce con una formula che si chiama ordinanza, in cui non guarda neanche il
contenuto della questione, nota semplicemente che mancano i requisiti fondamentali, per cui dice “io non ti
ascolto, non entro nel merito di ciò che mi chiedi perché mancano le basi”.
 
Le sentenze invece affrontano il caso nel merito, possono trovare una questione infondata ma che non è
incostituzionale, quindi la legge continua ad applicarsi oppure possono dichiarare illegittima una disposizione,
dicendo effettivamente che è incostituzionale.
Alcune volte la dichiarazione di incostituzionalità elimina una disposizione (quella norma non ci può stare).
 
La sentenza viene ammessa sempre, la corte si esprime sempre attraverso ordinanza o sentenza. Nel caso di
una sentenza in cui viene dichiarata incostituzionale una norma, la situazione più semplice è quella nella quale
si dice che la norma non dovrebbe esistere. La norma è come se non fosse mai esistita. Da quando è entrata in
vigore quindi, gli effetti della sentenza retroagiscono.
Casi più difficili
Alcuni casi hanno riguardato i congedi parentali, la possibilità di avere un congedo, la possibilità di sottrarti alle
tue mansioni per prenderti cura di lui. Per un certo periodo queste norme tutelavano le madri: qualcuno ha
impugnato la norma dicendo che ci sono anche famiglie in cui potrebbe esserci la condizione per cui il padre
deve prendersi cura del figlio. È stata impugnata questa normativa dicendo che c’è una violazione
dell'uguaglianza tra l'uomo e la donna nell'ambito della cura parentale. Effettivamente c’è una disparità.

Dichiarare incostituzionale una norma perché viola il principio di uguaglianza che cosa significa? Che veniva
meno anche la protezione della donna, l’effetto della dichiarazione di incostituzionalità puro sarebbe stato che
neanche la madre sarebbe stata tutelata. Se la norma dice “la madre può prendersi il congedo quando nasce il
bambino, per pochi mesi” qualcuno agisce e dice “no anche i padri”. È vero, anche i padri dovrebbero essere
tutelati, il bambino dovrebbe avere tutela anche nel rapporto con suo papà, quindi la norma è incostituzionale.

Ma se la elimino che effetto ho? Che elimino anche la tutela della madre e non è quello lo scopo, lo scopo non è
privare ulteriormente la tutela del bambino.
La corte in questi casi effettua quella che viene chiamata sentenza additiva o sostituita cioè aggiunge una parte
della norma, o la sostituisce. Diventa quindi al plurale la frase, oppure posso sostituire la frase dicendo “i
genitori possono”.

Qual è l'effetto? L’effetto è congruente con lo scopo della norma, che è quello di tutelare il bimbo. Ma il
contenuto della misura della corte, della sentenza, non è più di distruggere una norma ma di modificarne il
contenuto, addirittura estendendo lo spazio.
C'è un limite in questo, nella capacità delle sentenze di estendere uno spazio di applicazione della legge, nel
campo del diritto penale.
Il principio costituzionale fondamentale del diritto penale è che non può, il diritto penale, essere espanso,
quindi ci si basa su una stretta applicazione della disposizione. Io non posso allargare le norme penali e
comprendere soggetti che non erano coinvolti, per cui normalmente nel campo del diritto penale, se una
norma effettua una discriminazione viene dichiarata incostituzionale, non può essere allargata.

Quando viene dichiarata incostituzionale una norma viene abrogata? No, l’abrogazione implicherebbe che la
norma non si applica più da adesso. Nel campo delle sentenze della Corte Costituzionale, a parte alcune
eccezioni che non vediamo, il principio fondamentale è che la norma non doveva esistere, quindi gli effetti delle
sentenze della corte costituzionale retroagiscono al momento in cui la norma è entrata in vigore, è come se
non fosse mai esistita, quindi si può dire che è stata annullata, eliminata.

Caso rilevante
Sentenza su una disposizione, su cui si è espressa la corte di Cassazione. La Cassazione ha la funzione
nomofilattica, cioè di garantire l'uniforme interpretazione della legge. Se su una norma o una disposizione, si è
espressa la Cassazione, quello si chiama diritto vivente, cioè è il modo con il quale normalmente viene intesa
quella disposizione.
L’atteggiamento della corte in questo caso è di non distinguere quello che c’è scritto da come viene
interpretato. La corte dirà piuttosto, “la norma interpretata in questa maniera è incostituzionale”. Quindi
invece di proporre una sua interpretazione dirà “questo modo di intendere la norma è incostituzionale”.

Accesso a internet

Una corte costituzionale si è occupata dell'accesso a internet, in particolare della disponibilità dei computer.
C’era un fondo statale che finanziava l’acquisto dei computer a favore dei cittadini. Lo stato fa una legge che di
per sé non va in svantaggio ai cittadini, produce dei fondi per pagare dei computer, interviene però la regione
dicendo “no questa competenza è mia perché riguarda il commercio e il commercio è mio”, succede la corte
costituzionale interviene e dice:
La corte ha qualificato Internet come strumento di diffusione culturale, per cui siccome in base al’articolo 9
della Costituzione la Repubblica promuove la cultura, allora anche lo Stato è titolato a promuovere la diffusione
della cultura, ad esempio tramite la messa a disposizione di risorse per l’acquisto di computer. La corte ha
detto fin qui che è uno strumento che favorisce la cultura.

Dal momento che la pubblica amministrazione usa come strumento di comunicazione con il cittadino sempre di
più il metodo digitale, quindi usa internet, non è più solo una questione di cultura, è il modo in cui viene
erogato il servizio. Non avere internet vuol dire non poter accedere al servizio, che è molto più grave. È
diventato così pervasivo l'utilizzo di internet, che adesso è il modo consueto, se non l'unico, con il quale noi ci
rapportiamo con la pubblica amministrazione.
Sicuramente è uno dei modi più convenienti, a parte quando il sistema va in crash, ma è uno dei modi con il
quale accade che ci rapportiamo alla pubblica amministrazione, allora non è più solo una questione di cultura,
può esserci questo lato ma questo lato non è più l'unico, perché nel frattempo il sistema dell’amministrazione
statale è profondamente mutato. Pensare all'accelerazione che ha avuto in questi mesi l'uso del digitale. La
pandemia ha potenziato lo strumento di internet, come un'interfaccia normale nel rapporto tra il singolo e la
pubblica amministrazione.
DINAMICA DEL PROCESSO

Quando una causa finisce alla Corte Costituzionale chi può intervenire? Possono costituirsi, ovvero prendere
parte del giudizio della corte costituzionale, le parti del processo da cui è scaturito il giudizio.

Esempio: il giudice sospende il giudizio e ricorre alla corte costituzionale, impugna una legge di fronte alla corte
costituzionale, chi può costituirsi? Normalmente le parti del processo iniziale; ma possono costituirsi altre parti:
chi difende la legittimità della norma quindi lo Stato tramite l’avvocatura dello Stato (un apparato d’avvocati
che difendono lo Stato). Se lo Stato impugna di fronte alla Corte Costituzionale una legge della regione Veneto,
la regione può mandare un suo avvocato a difendere la questione contro l’avvocatura dello Stato.
Possiamo immaginare che ci possono essere molti interessati e si parla di interesse qualificato in quanto
deve’essere un interesse particolare, in genere la Corte non ammette nessuno. Ecco perché molti si
costituiscono tentando di entrare nel processo iniziale per poi partecipare al procedimento a Roma.

La Corte Costituzionale può decidere di effettuare un’“istruttoria”:


Esempio: viene promosso l’uso della fibra che trasmette i dati, questo viene inserito in una legge che finanzia
l’uso di un certo tipo di materiale, però qualcuno sostiene che la fibra sia dannosa per la salute. A questo punto
la Corte potrebbe attuare una fase istruttoria nella quale verifica se c’è una sostanza effettivamente nociva.
Queste disposizioni relative alle istruttorie non sono mai state utilizzate, non c’è mai stato un esperto sentito,
quindi il giudizio della Corte Costituzionale è sempre stato molto astratto.

La cosa che è accaduta più spesso, e che accadrà sempre più spesso, è che i terzi (coloro che non sono parte del
processo iniziale) non vengono ammessi al processo.
Questa non è la verità di ciò che accade, perché non venire ammessi al processo significa non poter partecipare
alla dialettica ovvero non poter discutere delle cose, non poter sottoporre i propri argomenti; il giudice non è
tenuto ad ascoltare i miei argomenti, ma ci sono stati diversi casi, soprattutto in materia di dialettica.

Caso particolare
L’ultimo è stato il caso Cappato, un caso nel quale una persona è stata trasportata all'estero con il sostegno del
partito radicale. All’estero gli è stata somministrata una terapia con la quale ha concluso la sua vita. Il tema è
l'assistenza al suicidio, che nel codice penale italiano è vietato. La persona che aveva portato al’estero l’uomo è
sottoposta ad un procedimento penale; un giudice italiano solleva una questione di costituzionalità dicendo
“forse la norma che vieta l’assistenza al suicidio è incostituzionale, a quel punto le parti sono: la persona che ha
commesso il fatto, l’avvocato dello Stato che difende la legge, e solitamente nessun altro; per questo caso si
sono fiondati in mille, i movimenti a favore dell’eutanasia, quelli a favore della vita che hanno tentato di
costituirsi ma la Corte ha rifiutato.
La Corte rifiuta dopo che viene fatta un’istanza di svariate pagine, nelle quali le persone che vogliono
intervenire presentano le loro ragioni, quindi il movimento per la vita e il movimento a favore dell’eutanasia
possono presentare le loro motivazioni specificandone i contenuti. Il giorno dell’udienza vengono messi a
discutere gli avvocati di queste associazioni su un solo punto: “spiegami perché devo metterti in giudizio,
motivami perché devo ascoltarti” e lì decidono se queste associazioni possono presentare le loro
argomentazioni. Successivamente si esce da questa sala e dicono a queste associazioni se possono presentare
le loro argomentazioni o meno; se queste vengono rifiutate tornano a casa, se vengono accolte riprendono la
parola e discutono del merito.
Questa è un po’ una pantomima perché la Corte impiega qualche tempo a decidere se accettare o meno le
argomentazioni; non essendo queste parte del processo iniziale non può ammetterle, lo sanno benissimo.

Perché provano ad entrare nel processo? Perché hanno già ottenuto un risultato, quando hanno presentato
l'istanza hanno già scritto quello che a loro interessa, i documenti compilati contengono già le loro ragioni; loro
non sono abilitate a dirlo oralmente ma possono aver impiegato decine di pagine per scriverlo. Il risultato è che
nella sostanza sono entrati nel giudizio ma nella forma no. Ma se il loro obiettivo era quello di persuadere i
giudici quel tentativo lo hanno fatto.

Recenti modifiche
La prima donna Presidente della Corte è intervenuta modificando le norme di funzionamento della Corte:
- “... la Corte, ove ritenga necessario acquisire informazioni attinenti a specifiche discipline, dispone… che siano
ascoltati esperti di chiara fama in apposita adunanza in camera di consiglio alla quale possono assistere le parti
costituite. Con l’autorizzazione del Presidente, le parti possono formulare domande agli esperti”
Quindi viene promossa l’istruttoria, la possibilità di ascoltare queste proposte.

Esempio: Pensiamo nel’ambito del digitale, molto complesso.


- Amici Curiae (espressione medioevale), cioè “amici del giudizio”: “...Entro venti giorni dalla pubblicazione
dell’ordinanza di remissione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, le formazioni sociali senza scopo
di lucro e i soggetti istituzionali, portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di
costituzionalità, possono presentare alla Corte costituzionale un’opinione scritta”
(formazioni sociali portatori di interessi collettivi: movimento per la vita, movimento per l’eutanasia,
movimento per il digitale)
Essi possono presentare alla Corte un’opinione scritta:
- “L’opinione non può superare i 25.000 caratteri… ed è inviata per posta elettronica... Con decreto del
Presidente, sentito il giudice relatore, sono ammesse le opinioni che offrono elementi utili alla conoscenza e
alla valutazione del caso, anche in ragione della sua complessità...le formazioni sociali e i soggetti istituzionali le
cui opinioni sono state ammesse...non assumono qualità di parte nel giudizio costituzionale, non possono
ottenere copia degli atti e non partecipano al’udienza”
Qui la Corte sta dicendo “sono consapevole che ci sono degli aspetti che mi possono sfuggire”, una legislazione
può avere aspetti che le possono sfuggire quindi da un lato io posso chiamare degli aspetti e dal’altro dico alla
società civile “presentate le vostre idee, siate sintetici ma esponetevi”.
Questo ha degli aspetti positivi e negativi:

a. Aspetto positivo: si allarga il perimetro del giudizio, la Corte acquisisce potenzialmente molti più strumenti
per poter giudicare un caso e quando una legge viene considerata anticostituzionale gli interessi di
qualcuno vengono stravolti, magari non quelli di chi è del giudizio ma di qualcuno che non ha titolo di
parlare
b. Aspetto negativo: il rischio è che le Corti che ammettono gli “amici Curiae” sono inondate di opinioni, cioè
la Corte viene messa sotto pressione politica in questa maniera. Dai Partiti politici, alle associazioni
orientate culturalmente provano a spingere la Corte in un senso o nell’altro o che fanno capire qual è la
sensazione di una certa parte della società.

Queste norme sono appena entrate in vigore e non sono ancora mai state utilizzate tuttavia sono norme facili
da utilizzare, anche noi potremmo utilizzarle (tutte le formazioni senza scopo di lucro) possono presentare delle
questioni relativamente agli argomenti di cui sta parlando la Corte.
 
 
IL GIUSTO PROCESSO: UN PRECETTO COSTITUZIONALE

Le questioni che riguardano il processo sono molte.


Una delle basi del giusto processo, che è un concetto costituzionale sia della Costituzione Italiana sia della
Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo ed è diffuso anche globalmente, richiede che ciascuno goda nel caso
penale di una presunzione di innocenza, che il giudice sia terzo, indipendente da entrambe le parti, che la
sentenza sia motivata, che ci sia una base per quello che viene deciso; fino a che punto può penetrare il
digitale/ intelligenza artificiale?
Altro aspetto importante: come entra, se può entrare l'intelligenza artificiale nel giudizio?
 
- Quali sono i pro e i contro nel’essere giudicati da un computer?
Imparzialità totale
- Qual è il lato umano che sentiremmo mancare?
L’etica e il buon senso
- Quando un giudice considera il buon senso?
Giudice: empatia (l’empatia non è un elemento che rende imprevedibile e imparziale il giudizio?), opacità,
capacità di interpretare un testo.
Ci sono due linee di pensiero a confronto: la presenza o meno dei profili umani

La possibilità di sostituire il giudizio umano con uno automatizzato è una domanda non sul’intelligenza
artificiale ma sul giudice e su questo c’è qualcuno che sostiene che l’intelligenza artificiale si potrà utilizzare
quando imiterà il giudice, altri sostengono che l’intelligenza non debba imitare il giudice ma debba essere
meglio di questa’ultimo. Altri ancora ritengono che sia più ragionevole che si inizi ad usarla quando imita il
giudice, in quanto quando imiterà il giudice avrà passato l’esperimento dell’imitazione di Touring, non lo
distinguo più dal giudice quindi ho semplicemente più giudici utilizzando l’algoritmo.
Quello che sta emergendo al’interno del dibattito sul’intelligenza artificiale nel processo è il dibattito sulla
natura del processo non sul ruolo dell’intelligenza artificiale, quindi sui principi e le strutture che deve avere il
processo e questo è un dato importante ed ha a che fare sul modo di interpretare la giustizia e su questo ci
sono forti differenze da ordinamento ad ordinamento.
Puntualizziamo anche che mentre il diritto è su base nazionale la tecnologia è su base internazionale, quindi
quando usiamo un sistema importato dal’estero potrebbe avere dei principi che potrebbero non collidere.

Motivazione
1) serve a far capire perché si è giunti ad una certa decisione
2) consente l'appello. Una sentenza senza motivazione è una sentenza suicida

Spiegazione
- è giusto che io sappia che legge ha impugnato e di conseguenza la pena che mi viene corrisposta.
- c'è anche un'altra funzione che è quella più pubblica della sentenza e serve per regolarsi meglio

 
FASE ISTRUTTORIA

Nella fase istruttoria il giudice acquisisce le informazioni che servono a giudicare.


In una fase nella quale una persona è indagata, sottoposta a procedimento, per omicidio c’è una fase nella
quale si acquisiscono informazioni. Normalmente viene chiamata fase istruttoria quella che si sviluppa prima
del processo vero e proprio, cioè si acquisiscono informazioni prima di discutere con le parti.
È una fase nella quale chi entra nel campo delle indagini, acquisisce delle informazioni e, siccome è quello che
viene chiamato giudice per le indagini preliminari, decide se iniziare il giudizio o se non ci sono elementi.
Allora, già in questa fase si acquisiscono informazioni. Poi, quando si va al processo c’è una fase nella quale
vengano esposti i fatti e vengono discussi da ambo le parti.
Molto genericamente nel campo della Corte Costituzionale si chiamano "poteri istruttori" i poteri con i quali la
Corte acquisisce informazioni.

Il procedimento, che è già avviato, perché la Corte in ogni caso parte da un processo che finirà con una
sentenza o un'ordinanza. Ma in ambo i casi quello che succede è che la Corte ha bisogno di informazioni.
Ovviamente è diverso avere delle informazioni su quello che è successo una notte in cui una persona è stata
uccisa e informazioni relative ad una norma. Se una regione, la Regione Veneto impugna una norma dello Stato
in cosa si sostanziano i poteri

Poteri istruttori
Può consistere in una richiesta di maggiori informazioni. Alcune volte ci sono delle leggi finanziarie, spesso
vengono impugnate leggi finanziarie. Non necessariamente nell'area finanziaria che viene approvata a fine
anno o dallo Stato. Ma altre leggi che prevedono spese o raccolgono entrate. Allora, in questo caso, lo Stato
vuole impugnare una legge di una Regione perché ritiene che stia introducendo delle spese per le quali non ha
una copertura. La Regione sembra poter spendere più delle risorse che ha, quindi impugna la legge perché non
può spendere più di quello che ha. Questi fenomeni possono richiedere anche una fase istruttoria.
É strano, non è mai stato utilizzato
La Corte costituzionale non ha più un ufficio di bilancio, anche se ce l'aveva un tempo. Un ufficio che riuscisse a
valutare quanto costava una operazione.

Siccome i poteri istruttori non si usavano mai, cosa si faceva? Si telefonava alla Regione e si diceva "mandatemi
qualche documento secondo cui lo sostenete in questa posizione". E la stessa cosa si faceva con lo Stato. si può
immaginare che affidabilità possa avere una richiesta di informazioni a due parti di giudizio. Ovvio che mi darai i
dati che sostengono quello che hai già introdotto con una legge. Non ho elementi di giudizio autonomi. Questo
è un problema a cui si sta tentando di ovviare, perché nel campo digitale, se si impugna una misura perché si
ritiene che sia poco tutelata nei confronti della privacy o dannosa per la reputazione, e si chiama chi ha
prodotto iI software per sapere se è compatibile, probabilmente che è compatibile, evidentemente.
Questo è un problema che non è ancora stato risolto. Però, è una delle misure che si stanno prendendo per
ovviare al problema dell'autonomia del giudice, cioè della capacità del giudice di farsi una idea
autonomamente dalla rappresentazione delle parti.

GIUDICE ARTIFICIALE

Pro:
- non c'è corruzione (avrà le sue idee come quelle che ha un giudice)
- c'è un risparmio di tempo (il giudice artificiale decide più velocemente)
- c'è un risparmio di risorse
- i documenti cartacei diventano digitali
- meritocrazia
- il giudice artificiale giudica sempre allo stesso modo; è assolutamente prevedibile. Se ha una preferenza ce
l’ha sempre, però è prevedibile quello che fa perché non dimenticherà degli aspetti.

Studio statistico su "quali sono gli elementi che influenzano il giudizio":


- il giorno della settimana
- il compleanno (se il giudice ha il compleanno lo stesso giorno dell'imputato, l'imputato normalmente se la
cava meglio)
- il fatto che giudice e imputato abbiano lo stesso nome
- il fatto che giudice e imputato provengano dalla stessa zona

Contro:
- il giudice artificiale tende a replicare sé stesso e i suoi giudizi (proprio perché è prevedibile potrebbe anche
essere che non sia flessibile. Mentre un giudice umano in base al caso può interpretare la norma,
l'algoritmo non può farlo se non è già avvenuto in passato]
- non si corregge
- funziona male
- bias = pregiudizio
- una programmazione inadeguata /un vizio nella programmazione legata al programmatore;
- alcuni elementi che non sono facilmente interpretabili;
- informazioni che trova, questo è un dato legato al dataset, ovvero il tipo di informazioni con la quale
avviene il training. Può esserci un problema dell’algoritmo o un problema di come l'algoritmo ha subito il
suo training.

Per secoli si è immaginato che il giudice dovesse essere una macchina perché ha le caratteristiche che noi
attribuiamo a una macchina: non ha pregiudizi, non ha un giorno del compleanno, non dorme male la notte,
ricorda tutto, la sua empatia non esiste, ma quindi non si trasforma in una inclinazione a favore di una parte o
dell'altra del processo.
Ma tutto questo è diventato molto meno desiderabile perché stiamo capendo che ci sono degli aspetti
all'interno del processo che non hanno a che fare semplicemente con "garantire l'imparzialità e la neutralità",
hanno a che fare anche con il fatto di essere trattati degnamente, da persone. Dietro i limiti dell'ingresso del
giudizio nel processo non ci siano solo elementi tecnologi, cioè quello che adesso una macchina può fare, ma ci
sono anche degli altri elementi legati alla natura del processo.

L’uso della tecnologia nelle aule


Alcuni aspetti importanti
- bias
- l’uso della prova digitale.
- la giustizia predittiva, se è possibile sostituire il giudizio della persona con l’intelligenza artificiale.
- proprietà intellettuale

La reputazione dell’intelligenza artificiale, la difficoltà di un giudice di dire che questo è solo uno dei mezzi per
giudicare, è uno degli elementi che mi convincono, ma ne ho anche gli altri. Si occupa di valutare se è stato
commesso il fatto, le responsabilità, quindi se il soggetto viene condannato oppure no. Su quali basi? Sulle basi
anche dell’algoritmo, ma che attendibilità ha quest’ultimo?
Quanto è attendibile l’algoritmo, chi deve giudicare, come lo deve fare? Bisogna aggiungere oltre al giudice
anche la giuria; persone che di lavoro fanno tutt’altro, che non sono abituate al contesto del processo, che
quindi hanno meno strumenti per poter valutare ciascuno degli elementi che si sentono dire: questo algoritmo
ha una possibilità di errore di 1 su un milione, oppure l’algoritmo non ha mai sbagliato. Questi prodotti
tecnologici sono rivestiti di un’aura di veridicità che ha come destinatario finale non il giudice dato che è
abituato a trattare il tema usando l’algoritmo, ma sono rivolti ad un pubblico che è digiuno di questi aspetti.
Potete immaginare la capacità di fascinazione che può avere un’affermazione del tipo “uno su un milione” tra
l’altro spesso sono definizioni incontrastabili. Non si hanno le basi per poter contrastare queste definizioni.

L’intelligenza artificiale può essere nel processo o per il processo, cioè si può utilizzare l’AI all’interno del
procedimento giuridico, nelle varie fasi. Oppure si può utilizzare l’AI per affrontare un procedimento giudiziario.
Il fenomeno che si sta espandendo a macchia d’olio sia chiama:

Legal Analytics
è un fenomeno sviluppatosi negli ultimi anni in cui si usa l’intelligenza artificiale per analizzare come le corti e i
giudici si sono comportate.
Ci possono essere anche altri aspetti, analizzo gli argomenti che giudici hanno trovato persuasivi. Questo è
molto facile nelle sentenze di Common Law (paesi anglosassoni), e anche la CEDU dove è possibile scrivere
delle opinioni separate (ciascun giudice può scrivere la sua opinione).

Esempio: io so che tizio ha scritto x sentenze e se ci sono le condizioni provo a vedere quali sono le frasi e
argomenti che usa di più, quelli che ha trovato persuasivi. Questi sono strumenti che sono in funzione del
giudice, ma anche delle parti. Serve soprattutto alle parti per capire su cosa puntare.

In Francia è stato introdotto l’obbligo di massima conferenza, cioè di pubblicare tutte le sentenze sui siti e chi è
stato l’estensore della sentenza. L’anno dopo esce una legge penale che dice che è prevista una sanzione
penale per chi fa il legal analyst. Quindi prima l’hanno reso pubblico, e poi hanno detto “non usatelo per
predire il comportamento dei giudici”.
In America è un vero e proprio mercato che vale milioni di dollari mentre in Francia è vietato per tutelare quella
che è la generalità del giudice. Non c’è il giudice A o B, c’è il giudice che parla in nome della repubblica, e tutti I
tentativi per capire cosa lo persuade deturpano questa immagine.

Due opinioni diverse, da un lato massima trasparenza per capire quale procedura processuale usare, dall'altro
massima trasparenza ugualmente ma divieto di ragionare come se il giudice avesse delle inclinazioni personali.
Questo fenomeno sta avendo un’esplosione globale, come quello del Legal Analyst, e anzi, c’è una forte
promozione da parte delle corti e dall’ordine professionale degli avvocati a sviluppare dei software uniformi
che stimolino le parti e i giudici ad argomentare in una maniera digeribile per i software. Sostanzialmente gli
atti delle parti e del giudice dovrebbero conformarsi ad un modello dal punto di vista del contenuto e del
lessico, in modo che sia più facile per il giudice utilizzare l’intelligenza artificiale per analizzare gli argomenti. Se
le argomentazioni delle parti sono strutturate secondo una sequenza omogenea e un linguaggio omogeneo,
molte parti degli argomenti sviluppati possono essere sottoposti all’analisi di un software velocizzando il
procedimento.
Alcuni dicono che sia la morte del processo, altri che questo metodo sarà efficiente e che il processo sarà molto
più veloce. Questo anche per quanto riguarda l’organizzazione dell’attività legale.

Corte Ohio
Questa è una cosa che sta emergendo con una certa decisione in alcuni ambiti. Alcuni anni fa si discuteva come
interpretare un testo, che significato ha il testo? È il significato che hanno voluto dare i legislatori? c’è questa
enfasi mostruosa, soprattutto negli Stati Uniti per il vocabolario. Esiste perfino il Vocabulary Act, a meno che
non venga specificato diversamente da una legge il significato della parola, la parola significa quello che sta
indicato nel Vocabulary Act.
Uno studente con un background linguistico al college mette in dubbio queste soluzioni. Cominciò a leggere le
sentenze e il dibattito dottrinale su come doveva essere interpretata una parola e ha scritto un articolo
ritenendo tutte queste stupidaggini. Se si vuole capire cosa vuol dire una parola, non guardare il dizionario,
quest’ultimo fossilizza la parola, cristallizza il significato, ma non mi dice come è utilizzata la parola e in quale
contesto.

Fu introdotto il probus linguistics, composto da una varietà di strumenti software che analizzano perfino i legali,
il modo in cui una parola o un’espressione viene utilizzata. Questo per restituire al giudice e alle parti il
significato corrente di una parola.

Esempio
in uno degli stati americani una persona è stata incarcerata per un certo tempo, poi ha terminato il suo periodo
di detenzione ed è uscita. C’è una norma all’interno dell’ordinamento di quello stato che dice che se una
persona pregiudicata commette un reato legato alla droga mentre porta un’arma la condanna è aggravata di 5
anni. Questa persona aveva iniziato un’attività di spaccio di stupefacenti e nella sua auto è stata reperita una
pistola. La norma dice “5 years if you carry the gun”. Ma cosa vuol dire “to carry a gun”? Averla addosso, nelle
immediate vicinanze? Nel veicolo con il quale ci si sposta? Vari argomenti, una ricerca ha sostenuto che in
inglese “to carry a gun” significa “indossare”, quindi portarla addosso. Questo ha un impatto giuridico enorme,
5 anni in più o in meno a seconda del significato di una parola, quindi scoprire il vero significato di una parola
ha a che fare con la vita giuridica e può influenzare la sentenza finale di una persona. Il problema non è la
lingua (in questo caso inglese), ma la tradizione giuridica del paese.

A differenza del nostro, i paesi di lingua inglese non hanno la mentalità del codice, secondo la quale le norme
vanno viste come un tutto unitario, interpretate in maniera sintetica, viste dall’alto come sistema. Allora lo
sforzo interpretativo non è mai di capire che cosa vuol dire la parola dentro la singola legge, ma di capire come
sta quella legge all’interno del quadro complessivo, e se abbiamo il quadro complessivo coerente è molto più
facile capire il significato di quella parola perché sappiamo dove si inserisce quella norma. Negli stati di
tradizione anglofona questo normalmente non accade per cui il giudice ha il problema di ricostruire il bandolo
della matassa senza avere l’intero sistema a disposizione. Quindi il problema dell’interpretazione di una parola
o di un’espressione è molto più profondo perché ha meno l’ausilio di tutto il contesto normativo.

Anche da noi la mentalità del codice si sta perdendo complessivamente, ci sono legislazioni molto più puntuali
e frammentarie che ti lasciano molto di più con la domanda “che cosa vuol dire quella parola”.

Esempio
Poco tempo fa ci si prendeva in giro tra colleghi con “il candidato definisca la parola congiunti”, ricordando i
vecchi DPCM. Ma chi è il congiunto? Alla fine, hanno trovato una norma nella quale si definisce il congiunto ma
è chiaro che chi ha scritto il DPCM non aveva in mente quella determinata norma. Questo è un esempio di
come, nonostante noi siamo tendenzialmente molto più monitorati da parte della parola (quindi non le
moltiplica se non servono), stiamo andando incontro a quel fenomeno di disgregazione terminologica che
potrebbe portarci un giorno ad aver bisogno di atti come nei paesi anglofoni per capire che cosa significa una
determinata parola. Perché il legislatore l’ha scritta, non è chiaro quello che intendesse e siccome riguarda una
norma penale, che non deve essere chiara solo a chi l’ha fatta, ma deve essere prevedibile perché se ne
subiscono le conseguenze. Sicuramente ora c’è più mercato nel campo americano anche perché è un problema
che c’è da tempo ed è molto dibattuto. Ma è un problema che molto probabilmente arriverà anche da noi.

Articolo 22 GDPR
 “L'interessato ha il diritto di non essere sottoposto a una decisione (questa può essere giurisdizionale o
amministrativa ad esempio) basata unicamente sul trattamento automatizzato…che produca effetti giuridici…”
Siamo sottoposti ad un procedimento che finisce con una decisione, questo procedimento ha effetti giuridici su
di noi: trattamento automatizzato che produce effetti giuridici. Abbiamo il diritto di non essere sottoposti a
quel trattamento, a meno che questo trattamento non sia autorizzato dal diritto dell’Unione o da uno Stato
membro. In questo articolo c’è una sorta di diffidenza nei confronti del procedimento automatizzato, cioè il
procedimento automatizzato normalmente non si tiene se non c’è la tutela dell’interesse dei diritti dei cittadini.
La cultura europea esprime una forte diffidenza verso questo procedimento, il problema reale è legato a una
potenziale diffusione dell’automazione con effetti giuridici e per questo l’art 22 introduce delle severe tutele.
Se metti in piedi un sistema automatizzato devi tutelare dei diritti. Come dice il punto B, l’uso del metodo
automatizzato non è uso normale, è un’eccezione.

RAPPORTI TRA LE FONTI


I rapporti tra le fonti sono di tre tipi: gerarchici, cronologici e di competenza.
1. Gerarchici: se una fonte inferiore contraddice la fonte superiore, quella inferiore è illegittima, perché le
fonti inferiori devono sottostare a quanto prevedono quelle superiori, quindi se una legge è contraria alla
Costituzione, è illegittima; da quando è illegittimo? Da quando è venuto ad esistenza, da subito; La Corte
costituzionale può dichiarare illegittimi anni dopo, ma l’illegittimità decorre da quando è entrata in vigore,
si considera quindi che non abbia mai avuto effetti, questa è la regola generale.

2. Cronologici: il criterio cronologico si applica tra le fonti che sono sullo stesso piano gerarchico, la legge
successiva, incompatibile con la precedente, non dichiara la precedente illegittima, ma la abroga.
Sostanzialmente se entra in vigore la nuova norma, ci dice non dobbiamo più usare le mascherine
all’aperto, non rende illegittima la norma che adesso ci dice che dobbiamo usarla; l’effetto decorre
dall’entrata in vigore della nuova norma.

3. Competenza: il rapporto di competenza è il rapporto tra fonti che regolano ordinamenti diversi, infatti
esiste l’ordinamento statale ed gli ordinamenti regionali (regione ha la potestà legislativa, nelle materie di
sua competenza). Il rapporto di competenza è il rapporto orizzontale tra fonti che regolano ambiti diversi

Esempio: il commercio è una materia regionale (la legge statale non può abrogare la legge regionale del Veneto
sul commercio, perché non ne ha le competenze); gerarchicamente sono pari al bilancio, sono due leggi, ma
rientrano in due ordinamenti diversi, può accadere che una legge debordi dalla competenza, cioè che questa
regoli una materia che non dovrebbe regolare (qui non è violato il principio gerarchico, è violato il rapporto di
competenza, la Corte costituzionale dirà che è incostituzionale la legge regionale del Veneto, o quella dello
Stato, perché viola la competenza).

Esempio: quando c’è stata la pandemia, la prima ondata, le regioni si sono scapicollate a scrivere delle
ordinanze, che vietavano di uscire. Ad un certo punto l’ordinanza della regione Campania diceva: se tu arrivi da
un’altra regione, sei in obbligo a far la quarantena (la norma non diceva chi entra in Campania deve far la
quarantena, che è una norma di salute pubblica, la norma era costruita così: non puoi entrare, ma se entri
come sanzione devi far la quarantena). Questa norma era il perfetto esempio per lo studente di giurisprudenza,
perché era una norma non legislativa (è un’ordinanza regionale), ma soprattutto era una norma che prevedeva
la limitazione della libertà personale; La limitazione alla libertà personale è una norma evidentemente penale,
di cui non ha competenza la regione (solo lo Stato fa norme penali), allora che cosa ha fatto in quel caso la
regione? Ha introdotto una norma penale, violazione di competenze; non perché viola la gerarchia, ma perché
viola la competenza, poiché è fuori dalla sua.

Diritto consuetudinario
Il diritto consuetudinario, in base alla Costituzione, prevale sulle leggi ordinarie (esiste il diritto internazionale
consuetudinario; ambasciator non porta pena è il tipico esempio di consuetudine che tutela le relazioni
internazionali, non sottoponi a sanzioni l’ambasciatore di un Paese straniero perché ce l’hai con il paese).

DIRITTO INTERNAZIONALE
Le fonti di diritto internazionale (pattizio), cioè le fonti alle quali si aderisce. Al contrario alla norma
consuetudinaria non si aderisce perché si ritiene esistente; non c’è un atto di adesione a queste norme per il
semplice fatto di esistere. Se uno non la rispetta automaticamente viene espulso.
Le norme di diritto pattizio sono norme che nascono tra il consenso degli stati. Un trattato in cui l’Italia non ha
aderito non si applica nel nostro territorio.
Normalmente quando si aderisce ad un trattato internazionale c’è una legge di esecuzione interna. Il
presidente del Consiglio firma il trattato il quale viene in seguito con una legge. Quel trattato diventa poi parte
del nostro ordinamento e sovrasta le leggi.

Che cosa è il diritto consuetudinario?


Il diritto consuetudinario è il diritto nato dalla pratica. Ci sono vari requisiti tra cui: una pratica interrotta o una
pratica che rispetti quella determinata norma. Cioè non solo ci si comporta in un certo modo ma si pensa che
bisogna comportarsi in un determinato modo. Questo crea il diritto consuetudinario, ci sono dei diritti
consuetudinari nazionali, e consuetudini internazionali di cui molte si attengono alle relazioni diplomatiche (le
consuetudini cambiano).
Le consuetudini prevalgono sulle leggi ordinarie perché è dettato dalla Costituzione.
Il diritto internazionale riguarda tutta la produzione del diritto tra gli stati, comprende l’ONU, i trattati che
hanno istituito le Corti internazionali.

Ci sono due tipi di consuetudini: quelli che si trovano alla base della piramide (usi e costumi), e le consuetudini
che appartengono all’ordinamento internazionale e a queste segue l’ordinamento italiano.
1) Principi fondamentali della Costituzione
2) Principi fondamentali dell’ordinamento internazionale
3) Diritto costituzionale, diritto dell’Unione Europea, diritto internazionale
4) Leggi, decreti-legge, decreti legislativi, leggi regionali
5) Regolamenti
6) Norme corporative e usi

Il diritto dell’Unione Europea è accanto al diritto costituzionale perché le istituzioni dell’UE fanno diritto in
alternativa del Parlamento. In pratica abbiamo con la costituzione affidato il compito di produrre leggi.
Contemporaneamente abbiamo affidato ad un’organizzazione esterna all’ordinamento italiano la capacità di
produrre norme che si applicano direttamente a noi. Quindi accanto al Parlamento italiano e l’insieme di
istituzioni che producono le norme.

CASO “BUONA SCUOLA”


Il caso riguardo come si è comportata la pubblica amministrazione (rapporto tra intelligenza artificiale e
procedimento amministrativo). Qualche anno fa durante il governo Renzi, era stata introdotta l’ennesima
riforma della scuola (“buona scuola”) ed era stata introdotta anche una modalità di attribuzione alle cattedre. 
Il sistema che era stato messo in piedi adoperava un algoritmo per processare le richieste degli insegnanti
su base italiana. C’era un algoritmo che faceva matching tra il potenziale corpo docente e le richieste di
istituti scolastici. 
In questo matching si utilizzava un software, il quale doveva valutare una serie di elementi che erano: le
caratteristiche dell’istituto, le caratteristiche del docente, le esigenze dell’istituto e del docente, la distanza
tra il luogo di residenza e il luogo dell’istituto. 
Quello che è accaduto è che in certi casi il docente era mandato in luoghi veramente molto lontani (centinaia
di km) e in alcuni casi le persone a cui era chiesto di spostarsi avevano situazioni familiari particolari (bambini
piccoli, bambini con disabilità). 
Il problema dove stava? Stava nel fatto che l’algoritmo aveva effettuato un matching e quindi una parte
importante del procedimento amministrativo era un algoritmo, consisteva nella risposta all’algoritmo. 

Nasce un contenzioso. Inizialmente coloro che lamentano un fanno ricorso amministravo (non al giudice ma
chiedono al ministero della pubblica amministrazione di riconoscere il sistema e tra le informazioni che
richiedono devono riconoscere come l’algoritmo ha effettuato l’operazione).  Non c’era nessun ministero che si
era messo a fare il matching, ovviamente era solo acquisito il responso dell’algoritmo. 
Che cosa succede? Che il ministero come si può immaginare, risponde che l’algoritmo è protetto da proprietà
intellettuale.  I docenti non sono soddisfatti di questa risposta e si rivolgono ad un giudice.
Il giudice restituisce una riposta molto forte: la proprietà intellettuale non è un argomento che può ostacolare
il dovere di trasparenza della pubblica amministrazione. La pubblica amministrazione ha l’obbligo di essere
trasparente lo dice l’art. 97 della costituzione. 

Art. 97 Costituzione: la pubblica amministrazione deve avere un buon andamento, dev’essere imparziale e il
campo del buon andamento rientra in due criteri che sono l’efficacia e l’efficienza.

- Efficacia definita in termini giuridici come quel parametro che valuta la capacità di un comportamento per
raggiungere un obbiettivo. 
- Efficienza misura la capacità di raggiungere l’obbiettivo in considerazione delle risorse.

C’è anche il criterio della trasparenza, la pubblica amministrazione opera in un ambiente democratico in cui le
istituzioni rispondono ai cittadini.
Quindi un’amministrazione trasparente è un’amministrazione compatibile con un sistema democratico. C’è un
principio generale, allora il provvedimento oscuro è per definizione illegittimo perché non mi posso tutelare. 
Cosa rende trasparente un provvedimento?
Il diritto degli accessi agli atti è un diritto che consente di accedere alla modalità con la quale è stata presa
una decisione e se arriva il provvedimento voi potete chiedere di vedere gli atti che hanno condotto a quel
provvedimento. Il provvedimento deve avere una motivazione. 
Qualcuno che lamentava di essere stato penalizzato dalla dottrina di questo algoritmo ha presentato un’istanza
al ministero della scuola per conoscere come si è raggiunta quella decisione compreso il contenuto
dell’algoritmo. Il ministero comunica l’algoritmo ma non il suo contenuto.
Il contenuto va comunicato perché se non va comunicato alle parti le parti non possono argomentare
la loro difesa. Se non ho tutti gli strumenti per difendermi non posso tutelarmi. Ho bisogno per
tutelarmi di conoscere il contenuto dell’algoritmo, con tutto quello che ne consegue.
Il ministero della scuola che si sta difendendo dice: “io non posso comunicartelo senza violare il diritto di
proprietà intellettuale”. 
Il TAR dice che il software va comunicato, il diritto di proprietà intellettuale non prevale in questo caso
perché non prevale sulla tutela giurisdizionale. 
Questo è il contrario degli Stati Uniti. Negli USA la proprietà intellettuale ha la potenzialità di incidere sulla
tutela giurisdizionale perché a quella persona non è stato detto qual era il software. Nel nostro caso la tutela
giurisdizionale prevale sulla proprietà intellettuale. 

Chi ha diritto a conoscere il software?


Il tribunale afferma che può conoscere il software solo chi è parte del processo. Chi lamenta che il
provvedimento è iniziato ha diritto a conoscere il contenuto del software. Il TAR sta dicendo che sto
chiedendo di rendere trasparente il software a chi è parte processuale. Possono essere ovviamente imposte
delle limitazioni alle persone a cui viene comunicato il software, cioè ti comunico il software ma
contemporaneamente hai l’obbligo di non rivelarlo. 

INTEGRAZIONE IA E ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA


Il concetto di explainability evoca l'idea della spiegabilità, della capacità di spiegare. Ha dentro di sé buona
parte dei problemi che riguardano la capacità di integrare l’intelligenza artificiale all’interno dell’ambiante sia
amministrativo che giudiziario.
Una cosa che sia “explainable” è una cosa che si rende comprensibile, che spiega come mai un sistema
automatizzato abbia restituito un certo risultato. Questo ha a che fare da un lato con le capacità di software.
Quello che può essere explainable per l’algoritmo può non essere una spiegazione per il diritto, cioè può non
essere sufficiente per essere considerata come una spiegazione.
Questo è un problema importante, abbiamo visto i diversi aspetti: la trasparenza, il fatto che si possa prevedere
quello che fa la macchina in modo da adottare un comportamento conseguente alle implicazioni che ci si
attendono; la possibilità di contestare, portare in giudizio una questione contestando quello che un software ha
stabilito; possibilità di comprendere perché il software ha preso una determinata decisione.

Una vera domanda è cosa c’è dietro il software? capire quali sono le ragioni per cui io devo portare le
conseguenze di quanto deciso da un algoritmo. Il data set, com’è stato fatto, le caratteristiche di base.
Altri temi, chi commissiona l’algoritmo. Questo nel campo delle scelte di politica criminale; il tema della
letteratura scientifica, in quale senso è possibile basarsi in mancanza di una conoscenza specifica del contenuto
dell’algoritmo sulla letteratura sull’algoritmo stesso. Questo c’era nelle sentenze.

Cosa si intende per dataset? Il dataset è il set di informazioni che la macchina deve processare, c’è un primo
dataset cioè quello con cui la macchina viene preparata e poi ci sono serie di informazioni che vengono date
alla macchina e che si chiede che si processino.

Perché c’è la prevedibilità? Perché una delle caratteristiche dell’esperienza giuridica contemporanea è
consentire alle persone di adeguare il proprio comportamento in funzione delle conseguenze giuridiche che ci
si attente. Se voi sapete che vi attende una certa conseguenza, programmate il vostro comportamento in
accordo con questa conseguenza. Se una parte della decisione è demandata dall’algoritmo, in che senso questa
è prevedibile?
PRINCIPIO PERSONALISTA
Qual è il tessuto fondamentale della Costituzione italiana? L’Art. 2 della Costituzione, quando dice che la
Repubblica tutela la persona umana sia come singolo sia nelle relazioni sociali in cui si svolge la sua socialità, sta
dicendo una cosa che, normalmente, è indicata con il principio personalista. Esso è un principio che ha un
radicamento all’interno della teoria addirittura filosofica del personalismo dell’Ottocento, il quale era un punto
di congiunzione tra pensiero cattolico e pensiero socialista, in particolare francese, e che vede il singolo come
parte di una comunità.
Il tessuto di riferimento fondamentale all’interno del quale si ritrova la cultura costituzionale italiana: noi
abbiamo dei diritti che nessuno ci può togliere e siamo riconosciuti come membri di una comunità (abbiamo i
diritti in quanto siamo, contemporaneamente, membri di una comunità).
Il principio personalista ha un lato importante che è il dovere di solidarietà: la Costituzione dirà che esiste un
dovere di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 2
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali
ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica, sociale ".

Questa affermazione che richiede l’adempimento di doveri inderogabili di solidarietà, è la base di una serie di
obblighi come l’obbligo di leva, l’obbligo fiscale (dover concorrere alle spese pubbliche). In base alla
Costituzione italiana, non concorrete alle spese pubbliche in funzione dei servizi che ricevete, la giustificazione
del fatto che voi dovete pagare le imposte non è che ottenete dei servizi (polizia, giudici, ospedali). Il dovere di
solidarietà è un dovere costituzionale di prendersi cura degli altri. Perciò noi non paghiamo le imposte
semplicemente per ottenere una tutela dei nostri interessi, ma paghiamo le imposte perché anche gli altri
siano tutelati nell’ambito dei loro interessi. Qui si trova l’idea secondo cui la persona umana è in relazione
strutturale con gli altri, anche dal punto di vista giuridico. Non è un legame che il singolo decide di instaurare,
ma è riconosciuto dalla Costituzione.
Ci sono paesi come gli Stati Uniti che fino a tempi recenti non avevano ad esempio un servizio di sistema
sanitario universale, solo da qualche anno ce n’è una specie. L’idea fondamentale è che tu hai il diritto di curarti
della tua salute, ma non hai il dovere di curarti della salute degli altri, quindi non posso importi una tassazione
per sostenere la salute degli altri.
Da noi non sarebbe possibile perché l’interesse di curare la salute è un interesse collettivo: mi prendo cura
della salute degli altri ad esempio pagando le imposte.

Dentro il principio personalista c’è anche una dimensione importante di tutela dei diritti. Dall’articolo 13 in poi
ci sono una serie di diritti fondamentali che hanno due tipi di tutele, che si riscontrano praticamente in
qualunque diritto. Le limitazioni alla libertà richiedono che ci sia: una base legale e una base giurisdizionale.

Art.13
“La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione
personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità
giudiziaria.”
La libertà personale ha due garanzie base che trovate nella maggioranza delle libertà; sempre che ve ne siano,
in alcuni casi non ci sono neanche quelle limitazioni. Potete avere una limitazione della vostra libertà personale
solo se c’è stata una legge che lo ha previsto e una sentenza. In alcuni casi non è necessaria una sentenza, ma
comunque un provvedimento del giudice. Si dice principio di riserva di legge, cioè ci deve essere una riserva
legislativa e una riserva di giurisdizione (convalida del giudice). Il potere giudiziario è coinvolto.
Queste due riserve fondamentali sono due riserve importantissime: voi siete tutelati tramite la legge e tramite
la necessità che un giudice decida. C’è anche una terza tutela: la Costituzione. Se la legge è liberticida
interviene la Corte costituzionale in nome della Costituzione.
Ci sono altri principi che caratterizzano la Costituzione, alcuni sono espressi altri sono impliciti, ma sono tutti
ritenuti principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale. Essi non sono modificabili, neanche tramite un
emendamento costituzionale. Alcuni non li trovate nel testo, ma sono un elemento che è trasversalmente
presente all’interno del testo.

Il principio pluralista è il principio secondo il quale non è eliminabile il pluralismo delle istituzioni, ossia il fatto
che esistano più istituzioni, compresa la divisione dei poteri. Vi è un principio di pluralismo sociale per cui le
persone possono associarsi liberamente ai partiti politici e concorrere alla formazione della politica nazionale;
non si può imporre il partito unico. Inoltre, non si può vietare l’esistenza di più partiti politici, questo sarebbe
incostituzionale.

Il principio lavorista (Art. 1 della Costituzione) - “L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro”:
quest’espressione è stata negoziata tra le forze cattoliche e quelle socialcomuniste. I socialcomunisti
proponevano una repubblica di lavoratori che è un po’ l’orientamento delle repubbliche socialiste dell’est. La
repubblica fondata sul lavoro dice di un’idea di repubblica basata sul lavoro come strumento di promozione
della dignità di ciascuno. Il principio lavorista riconosce nel lavoro e nella capacità di lavorare un punto
fondamentale, non perché una persona semplicemente debba lavorare per guadagnarsi da vivere, ma anche
perché il lavoro è uno strumento di affermazione umana.

Il principio autonomista è un altro principio che riguarda l’esistenza delle autonomie locali e delle regioni, cioè
fa parte della Costituzione italiana il fatto che ci siano enti territoriali dotati di competenze proprie.
“Art 114: La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo
Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e
funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione. Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato
disciplina il suo ordinamento.”

Inizia dal basso, non dall’alto. Il principio autonomista è un principio che descrive da un lato l’esistenza di enti
territoriali con delle competenze, mentre dall’altro descrive la preferenza nella distribuzione delle funzioni del
livello di Governo più prossimo al cittadino: si chiama sussidiarietà. Il principio autonomista dice che esiste
una pluralità di enti pubblici territoriali. Esistono enti che non sono territoriali, per esempio l’INPS che è un
ente pubblico.
Gli enti pubblici territoriali sono quelli che hanno competenze che riguardano la nostra vita concreta e che
sono distribuite lungo tutto l’arco del territorio. La descrizione che fa la Costituzione non mette in primo piano
lo Stato, mette in primo piano il livello più prossimo a noi, il più piccolo.
principio di sussidiarietà: secondo il quale nel decidere qual è il tipo di ente che si occupa di un certo compito
si preferisce il livello più vicino al cittadino (comune). Nella misura in cui l’ente più vicino non è adeguato, si
sale.
Un altro lato del principio di sussidiarietà è il rapporto tra pubblico e privato. La costituzione obbliga a
riconoscere lo sforzo dei privati nell’erogare servizi di pubblico interesse. La Costituzione mette sullo stesso
piano tutte le istituzioni che eroghino servizi di interesse pubblico: un ospedale privato, non è inferiore ad un
ospedale pubblico. Questo è già un principio personalista, per cui la Costituzione non vede gli individui come
autocentrati (interessati al proprio interesse soltanto), ma vede gli individui come coinvolti come in una serie
di relazioni sociali all’interno delle quali si prendono cura degli altri.
Il principio di laicità

Art. 7
“Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono
regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento
di revisione costituzionale.”

Art.8
“Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla
cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento
giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative
rappresentanze.”

Art. 19
“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o
associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti
contrari al buon costume.”

Il principio di laicità non è in Costituzione, ossia la Costituzione non parla di laicità. C’è stato un lungo dibattito
interno all’assemblea costituente. Il principio di laicità era noto perché era di derivazione francese. I francesi
avevano introdotto la laicità in un momento in cui c’era una guerra acerrima tra lo Stato e la Chiesa e si era
tradotto in un atteggiamento anticlericale. La Costituzione afferma un altro principio: dice che lo Stato e la
Chiesa cattolica sono indipendenti e sovrani, ossia sono ciascuno su un piano diverso dall’altro. In
contrapposizione la laicità francese aveva un’idea di separatismo per cui la Chiesa e lo Stato non si toccavano
mai; mentre nel campo della Costituzione italiana si è deciso invece di riconoscere che la Chiesa e lo Stato sono
in relazione, ma questo tipo di relazione è di natura pattizia. Dunque, quando la Chiesa e lo stato entrano in
relazione, lo fanno sulla base di un accordo. Quando è stata scritta la Costituzione italiana erano in vigore i patti
lateranensi del 1929. Quei patti poi sono diventati qualcos’altro perché nel 1984 le relazioni sono molto
cambiati: si sono fatti dei nuovi accordi.

L’articolo 8 estende lo stesso principio alle altre confessioni religiose. Tutte le confessioni religiose sono
egualmente libere, non c’è una religione principale. Tant’ è che tra lo Stato e le altre confessioni religiose si
possono realizzare ugualmente dei patti. Il realismo vuole che s’incontrino, ma che le loro relazioni siano
stabilite su base pattizia. Questa posizione è su piano paritario perché non solo la Chiesa cattolica, ma anche
altre religioni, possono ottenere dei patti che regolano le loro condizioni. Attualmente ci sono 12 patti, ossia
dodici confessioni religiose hanno un accordo con lo stato. Il grande tema è che ci sono due confessioni
religiose molto importanti che non hanno un accordo con lo Stato: sono i testimoni di Geova e l’Islam.

Il principio di laicità ha anche un altro lato, l’Art. 19: la libertà religiosa è consentita a tutti, compresa anche
quella di non praticare (anche l’ateismo è protetto). Che rientrino o no all’interno degli accordi con lo Stato
qualunque opzione religiosa è tutelata. L’unico limite sono i riti legati al buon costume, non le dottrine,
soltanto i riti. Si può tranquillamente professare la poligamia; essa non è tutelata, ma dire che “secondo me
dovrebbe esserci la poligamia” non è vietato. I riti legati al buon costume sono divieti che riguardano condotte
vere e proprie, quindi non espressioni di idee, e si limitano a quelli che nel Codice Penale sono reati contro il
buoncostume; sostanzialmente contro la morale sessuale.

Perché non vi è l’intesa tra stato italiano e religione islamica?


La comunità islamica in realtà ha chiesto l’intesa con l’ordinamento da almeno vent’anni. I punti fondamentali
sono: da un lato una protratta forma di diffidenza nei confronti questa religione per ragioni ovvie insomma
(non ovvie della religione in sé, ma per gli eventi internazionali); poi un altro aspetto fondamentale è che,
quando si conclude un’intesa con una confessione religiosa, si chiede che la confessione religiosa sia
unitariamente presente (con la Chiesa cattolica c’è il Papa). Componenti dell’islam italiano non hanno
facilmente raggiunto un’intesa tra di loro. Di conseguenza molte associazioni islamiche hanno aperto dei tavoli
separati e lo stato tra le varie cose che ha detto ha affermato: “Prima vi dovete mettere insieme perché
altrimenti faccio un accordo con voi e chi lo dice che voi siete rappresentativi dei musulmani presenti in Italia?
Quindi i problemi politici, diffidenza e organizzazione

Art. 3
“Tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua,
di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la
libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Il principio di uguaglianza: cittadino/non cittadino/cittadino comunitario


Questo è un principio importante, è considerato essere dentro il principio personalista, ossia dentro il principio
personalista c’è anche il principio di uguaglianza di cui però tratta in particolare l’Art. 3. Tecnicamente riguarda
tutti i cittadini. È un problema che ha caratterizzato buona parte del dibattito in assemblea costituente. Il
nostro non era un paese di immigrazione, ma era un paese di emigrazione (fino agli anni 70); tant’è che in
Costituzione trovate la libertà di emigrare. Spesso in Costituzione si parlava di cittadini intendendo chiunque
fosse presente sul territorio nazionale, perché c’era una coincidenza dal punto di vista demografico e non
c’erano tendenzialmente stranieri. Questo naturalmente ha posto un problema successivo perché aumentando
il numero di stranieri residenti lecitamente in Italia e anche illecitamente, ci si è chiesto quali diritti essi
abbiano. Se si va a cercare nella Costituzione non si trova una coerenza. Si parla dei cittadini, ma non si parla in
alcun modo di quali diritti aspettino ai non-cittadini; con un’eccezione: tra gli articoli che riguardano i diritti
fondamentali, ci sono due articoli che non parlano dei cittadini.
Art.19
“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o
associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti
contrari al buon costume.”

Art. 21
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione.”

Nel tempo la Corte Costituzionale ha esteso quelli che trovate indicati come diritti fondamentali anche ai non
cittadini. Molti di questi diritti spettano anche ai non-cittadini illegalmente residenti. Se tu sei illegalmente
presente qui, non sei semplicemente schiavo delle circostanze o dell’arbitrio dei pubblici poteri, hai anche i tuoi
diritti fondamentali.
Oltre a questo, c’è anche un livello diverso. I cittadini italiani e i cittadini dell’Unione europea sono tutti
cittadini europei, ossia godono della cittadinanza dell’Unione europea, quindi godono dei diritti propri
dell’appartenenza all’ordinamento europeo. Sostanzialmente noi abbiamo diversi classi: abbiamo i cittadini, i
cittadini europei, extracomunitari e le persone illegalmente presenti nel territorio. Per tutte queste quattro
categorie ci sono dei diritti fondamentali, non ce n’è una che sia senza diritti.

Libertà di circolazione si attiene allo spazio Schengen: è un trattato internazionale che ha coinvolto molti (non
tutti) paesi dell'Unione europea e ha sostanzialmente abolito le frontiere interne. Per certe condizioni
eccezionali si può sospendere (pandemia).
Chi non è dentro lo spazio Schengen dell’Unione europea? La Gran Bretagna non era nello spazio Schengen, la
Romania non è ancora entrata. Svizzera e Islanda non fanno parte dell’Unione europea e con loro c'è un altro
accordo. La Croazia è entrata dentro lo spazio Schengen, i paesi balcanici e dell'est stanno entrando
progressivamente dentro lo spazio, potete immaginare le ragioni.
Quando cade la frontiera non è più possibile controllare alcun flusso. L’Unione europea quando accetta un
membro nello spazio Schengen chiede la capacità di controllare la frontiera esterna.

Il principio di uguaglianza ha un elenco di ragioni, un elenco di divieti per così dire, secondo cui non si può
discriminare su base di sesso, razza, religione, opinioni. Il principio di non discriminazione è un principio
fondamentale. Il principio di uguaglianza:

- formale, ossia ciascuno di noi possiede un’attuale posizione nei confronti della legge ed essa non può
riconoscerci dei diritti diversi; viceversa il principio consente, e alcune volte obbliga, a trattamenti diversi.
Dunque, mentre il principio di uguaglianza dice che nessuno può essere trattato diversamente a parità di
condizioni e che alcune condizioni non giustificano distinzioni, (quindi che io sia un uomo e un’altra persona
sia una donna non giustifica un trattamento diverso), viceversa ci possono essere delle condizioni
oggettivamente diverse che impongono un trattamento diverso. esempio: un trattamento pensionistico
che consente alla donna di andare in pensione prima, o che consente a certi lavori un pensionamento
anticipato perché sono usuranti, può provenire (non da una diversa considerazione) da una considerazione
del tipo di lavoro o della capacità fisica della persona. Ad esempio, consentire ad un minatore di andare in
pensione prima non è un beneficio, ma un riconoscimento della condizione alla quale lui si trova a lavorare.
Lo stesso può accadere e accade in diversi ordinamenti per quanto riguarda la condizione femminile: si
riconosce che alcuni lavori o tutti i lavori per la donna possano diventare più usuranti prima e quindi le si
consente di andare in pensione prima. Non deriva da una discriminazione, ma da un riconoscimento della
differenza.

- sostanziale: seconda parte art. 3 "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e
sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale del Paese."
Io posso riconoscere che per condizioni sociali, culturali, economiche o politiche alcune parti della società
hanno dei vincoli nel proprio compimento che altri non hanno, quindi ho bisogno di equilibrare l'equazione
sociale in qualche maniera, ossia ho bisogno di aiutare di più alcune frange della popolazione per
rimuovere quegli ostacoli al fine di consentire a loro di godere pienamente della partecipazione sociale. Ad
esempio, la tassazione è progressiva: l’Art. 53 della Costituzione dice che il sistema tributario è improntato
sul principio di progressività, ciò non significa solo che chi prende di più paga di più, ma significa che
l'aliquota è più alta, ossia siccome io prendo più di un altro la percentuale aumenta, l'aliquota aumenta con
il reddito. Ma perché qualcuno deve pagare più di qualcun altro? Perché c'è l’obbligo di solidarietà che mi
impone di aiutare la società a rimuovere dall'altro quegli ostacoli, quindi io pago di più in termini assoluti
ma anche in proporzione perché su di me che sono più ricco ricade l'obbligo di aiutare una persona o una
frangia della popolazione.
 
Flat tax
Si parla di flat tax come di un'aliquota unica che dovrebbe colpire tutti i redditi e non essere proporzionale. La
Costituzione dice che vi è il sistema tributario e non che ciascuna tassa deve essere progressiva: ci possono
essere altre tasse che rimangono progressive, quindi il contesto rimane complessivamente progressivo. Si
potrebbe fare anche questo ragionamento e dire: io punto all'equilibrio sociale, siccome ho moltissimi che
hanno un reddito alto, un'aliquota che si alza ed evadono le tasse, abbasso l'imposizione fiscale per incentivarli
a pagare e aiuto i redditi meno abbienti; quindi se io dimostro che la finalità è quella perché riesco a
perseguirla può anche sostenersi una flat tax.
 
Riassunto formale e sostanziale
Il principio di uguaglianza formale impone che tutte le persone siano trattate alla stessa maniera; questo
significa però che le persone oggettivamente in condizioni diverse devono essere trattate in condizioni diverse.
C'è una differenza reale che mi impone di tenere conto della diversità delle circostanze e, se non lo faccio, violo
il principio di uguaglianza formale.
Il principio di uguaglianza sostanziale è teso a riequilibrare posizioni di discriminazione sociale. Prevedere un
computer gratis solo per i meno abbienti non è una violazione del principio di uguaglianza, potreste dire che è
una violazione del principio di uguaglianza formale perché non è per tutti ma c’è il comma 2 che dice che c'è il
principio di uguaglianza sostanziale e quindi io devo aiutare le persone che non sarebbero in grado di comprarsi
un computer ad accedere ad internet. Rimuovere il loro ostacolo all'accesso è dare a loro qualcosa che non do
ad altri, ma è assolutamente giustificato.
 
Diritto all’accesso a internet
il diritto all'accesso a internet, soprattutto quando la pubblica amministrazione comincia a usarlo, rientra negli
articoli 2 e 3 perché sono strumenti/diventano strumenti di promozione dell'uguaglianza sociale. L'accesso a
internet è uno strumento per godere dei diritti della vita di relazione e, nella misura in cui la pubblica
amministrazione usa servizi tecnologici, dare alle persone che non dispongono delle risorse necessarie degli
strumenti per ottenere l'accesso incarna il principio di uguaglianza in senso sostanziale.
Tornando all'esempio del click Day, il fatto che non tutti abbiano una connessione o un’apparecchiatura
adeguata può portare a una violazione del principio di uguaglianza. Quello che abbiamo visto sul principio di
uguaglianza ci aiuta a capire un altro aspetto molto importante che riguarda i Bias (ad esempio il caso Loomis in
cui c'era un software che processava i casi pregressi per valutare la pericolosità di un individuo): se risulta che
un algoritmo inclina a favore di un gruppo etnico piuttosto che un altro, questa è una violazione del principio di
uguaglianza. Non posso fare un algoritmo che distingue sulla base di gruppi etnici o su come sono distribuiti dal
punto di vista geografico.

L'Art. 3 e vaglio di proporzionalità


non è stato utilizzato solo per il principio di uguaglianza, ma anche moltissimo per sviluppare la valutazione
della ragionevolezza/razionalità/coerenza. È stato utilizzato dalla giurisprudenza per fare tecniche di scrutinio
ovvero tecniche con le quali vengono valutati gli atti della pubblica amministrazione e gli atti del legislatore.
Voi potete ricorrere al giudice amministrativo dicendo che un certo atto amministrativo è irragionevole,
irrazionale, incoerente oppure se andate di fronte alla Corte Costituzionale che una legge è irrazionale,
irragionevole, incoerente. Questo perché in particolare un professore che è stato presidente della Corte
Costituzionale il cui nome è Livio Paladin (insegnava qui a Padova) ha sviluppato l'articolo 3 e il suo principio di
uguaglianza come una specie di passe-partout (non scrivetelo nel compito): è stato l'articolo a cui ha riferito la
possibilità della Corte Costituzionale o del giudice di valutare se una norma sia proporzionata, ragionevole e
razionale.
Mi appoggio a tale articolo perché la base teorica fondamentale è che se il principio di uguaglianza dice che a
situazioni uguali si risponde con discipline uguali e a situazioni diverse si risponde con discipline diverse, allora
una soluzione normativa irragionevole è una soluzione normativa contradditoria dunque è in violazione del
principio di uguaglianza. Dunque, diciamo che ha preso vita quello che è stato chiamato uno scrutinio, cioè
quando io chiamo in causa il principio di razionalità o ragionevolezza sto chiedendo alla corte di effettuare un
certo tipo di vaglio della norma: sto chiedendo alla corte o al giudice di guardare la norma sotto un certo profilo
che si chiama vaglio o scrutinio.
Per lungo tempo però non era chiaro cosa fosse questa razionalità, ragionevolezza e coerenza.

Esempio: in nuova Zelanda loro hanno fatto il lockdown totale perché hanno avuto 9 casi in tutta la nuova
Zelanda. Visto che sono un’isola e hanno praticamente solo voli con 2/3 destinazioni, loro dicono che i casi che
arrivano sono sempre esterni quindi si fa la quarantena, chi ha il Covid se lo cura e poi cominciamo a vivere.
Qualcuno potrebbe dire: ma è razionale questa cosa? Com’è che un giudice deve affrontare la ragionevolezza
della norma? Potete immaginare che un giudice che guardi questo problema possa fare la parte del legislatore,
cioè dire “il legislatore ha deciso così, però io preferirei fare così”, ma il giudica non è un legislatore, non ha
l'autorità politica per decidere che cosa è meglio per la comunità, il suo ruolo è quello di vagliare se le norme
sono legittime o no.
Con questa esigenza di creare un tipo di vaglio o scrutinio più rigoroso basato sull’art 3 della Costituzione si è
adottato in Italia, come altrove, il vaglio di proporzionalità il quale ha preso piede da qualche anno anche alla
Corte Costituzionale e che ha reso più coerente e più strutturata l'analisi di una norma. Lo scrutinio di
proporzionalità si basa su una serie di passaggi progressivi che una norma o una decisione amministrativa
deve superare per essere ritenuta legittima, viene chiamato infatti un test.
Quali sono le novità nella proporzionalità? Non esiste un vaglio di proporzionalità che sia sillogistico, è un vaglio
che tiene insieme più interessi, cioè si chiede se una certa soluzione sia la più adeguata date le circostanze.
“Date le circostanze questa soluzione è adeguata?” questa è la domanda e quello che emerge. Non è un
sillogismo, ma è un test che tiene insieme più elementi. Vi è sempre una pluralità di interessi coinvolta e questo
è importante perché consente ai giudici di valutare questioni molto complesse con una minore paura di
invadere lo spazio del legislatore; essendo un test rigoroso il giudice ha meno discrezionalità, ma
contemporaneamente siccome ha meno discrezionalità è più a suo agio nel valutare scelte politiche. Si dice
quindi che la proporzionalità favorisce la giustiziabilità, ossia favorisce la sottoposizione di questioni politiche al
vaglio del giudice.

Proporzionalità

La corte costituzionale ha sviluppato una interpretazione dell’articolo 3, diretto ad includere anche il principio
di ragionevolezza e di razionalità. Quindi com’è stato utilizzato il principio di uguaglianza? A tutte le situazioni
uguali si applica la stessa disciplina e a tutte le situazione diverse si applica la stessa disciplina, una norma
sciocca/irragionevole è stata ritenuta non rispettare il principio di uguaglianza per questa ragione. Perché
dentro l’idea di uguaglianza sembra ci sia un’idea di coerenza, non contraddizione, di ragionevolezza, che la
corte ha tirato fuori. potete chiedere al giudice di Rovigo di sospendere il processo e andare alla corte
costituzionale, perché una norma è irragionevole.

Esempio: una delle molte norme sulla pandemia, sono sospese tutte le attività lavorative, nessuno ha diritto di
mobilità per nessuna ragione, questa norma sarebbe ragionevole? No, perché se uno ad esempio deve andare
all’ospedale o a fare la spesa?

Con quale criterio e strumenti si può stabilire? Il problema è che la limitazione è irragionevole, non è che non si
può fare ma è irragionevole farlo. È sproporzionato.
Allora la corte ha sviluppato questo ulteriore criterio che si chiama razionalità, ragionevolezza,
proporzionalità, per valutare l’incostituzionalità di una norma, sulla base del suo contenuto. Valuto se il
contenuto della norma è razionale, ragionevole e coerente.

Esempio: ad un certo punto viene introdotta quella che viene chiamata la “Robin Hood tax” tassa che toglie ai
ricchi per dare ai poveri, succedeva che bisognava fare cassa, il governo ottiene un decreto-legge che poi viene
trasformato in legge, una tassa che aumenta l’accisa, cioè l’imposta sugli idrocarburi. L’imposta sui carburanti
viene aumentata con il divieto di traslare l’imposta. Questo perché, se io aumento l’imposta sui carburanti la
paga chi? Ogni volta che vado a fare benzina la pago io. Allora la norma dice “divieto di traslazione”, che vuole
dire che tu non puoi aumentare il prezzo alla pompa, non puoi traslare il costo dell’accisa sul consumatore che
compra la benzina. In questo modo colpisce solo chi veramente sta guadagnando.
La corte dopo un pò dichiara incostituzionale la norma. Una delle basi dell’incostituzionalità è: esattamente
come si fa a misurare se il prezzo non è stato traslato? Il prezzo del carburante fluttua continuamente, quindi
basta che un’azienda dica “no ma non ho aumentato l’accisa, ad un certo punto mi si è rotta la pompa, mi è
andato fuori uso il giacimento e quindi il prezzo per me costa di più”. Quindi non ho riversato sul prezzo alla
pompa l’aumento del tributo ma è aumentata la benzina per altre ragioni.
La corte dunque dice che il divieto di traslazione non funziona, si è creata un’imposta, una fattispecie si dice,
nella quale tu non puoi assicurare ciò che prometti, non puoi assicurare che è impossibile la traslazione.
Giusto? La corte dice che la norma è irragionevole e la dichiara così incostituzionale.
La corte costituzionale ha fatto parlare l’articolo 3 come se tutelasse anche la ragionevolezza, la razionalità e la
proporzionalità.

Per lungo tempo la corte costituzionale ha usato in maniera piuttosto intercambiabile le parole coerenza,
razionalità, ragionevolezza. Da alcuni anni la parola proporzionalità ha preso il sopravvento
La corte costituzionale è una delle tante ad usare un criterio di proporzionalità, si trova quasi in tutte le corti
del mondo, compresa corte di giustizia europea e CEDU. Ciascuna corte ha il suo articolo 3, ciascun
ordinamento radica il suo principio di proporzionalità.
Questo principio ha dato vita a un vero e proprio metodo di scrutinio (metodo rigoroso), per valutare la
legittimità di un precetto, di una legge o di un atto (anche il giudice amministrativo)
È un test logico con una serie di passaggi successivi rigorosi. È indispensabile perché è uno strumento con il
quale la corte riesce a fare valutazioni più vicine alla politica.
Immaginate che in costituzione sia molto più semplice dire che non si può torturare qualcuno, ma è giusto
chiedere alla gente di stare a casa dalle 22 di sera, o ai negozi di chiudere alle 18? è una domanda molto più
complessa che si avvicina di più ad una scelta politica. Chiedere al giudice di valutare se la decisione politica di
chiudere alle 18 sia legittima, è quindi una domanda molto più difficile per il giudice perché si avvicina di più
all’area della politica.
È un punto importante il quale fa si che il test debba essere logico e rigoso altrimenti i giudici si assumono delle
decisioni politiche. Il fatto che il test sia rigoroso è essenziale per mantenere il ragionamento del giudice
disciplinato, se no ciascuno va a preferenze (per me va bene alle 22, per me no invece)
C’è un aspetto di decisione politica e un aspetto di vaglio giudiziario. Vaglio giudiziario non è vaglio politico,
valuta quello che è legittimo, non quello che è opportuno (come quello politico). Però questi due vagli si
avvicinano.
Come fa un vaglio giudiziario a non diventare arbitrio? Deve essere rigoroso e disciplinato. Ecco che nasce il
principio di proporzionalità e il test di proporzionalità, che è uno strumento rigoroso, il quale ha anche un’altra
caratteristica: la proporzionalità consente di valutare una soluzione rispetto ad una pluralità di interessi in
gioco.
Se non ci fosse la pandemia, la norma che dice “dovete essere a casa alle 22”, che ci limita evidentemente la
libertà di circolare, non sarebbe possibile. Ma siccome c’è la pandemia c’è un tema di salute, allora si tratta di

bilanciare la libertà di circolazione con la salute. Magari questo bilanciamento deve tenere conto della
situazione della pandemia, non a caso abbiamo zone gialle, arancioni e rosse. Lo strumento della
proporzionalità non è uno strumento che valuta solo se siamo all’interno di una situazione ma valuta una serie
di condizioni, valuta una varietà di interessi, provando a bilanciarli (pandemia: sanità, società, economia,
istruzione)
Tipologie test
sono i più diffusi, in realtà ce ne sono molti:

1. tripartito ed è il più diffuso. Serve per valutare se una decisione/atto/legge è legittima o no. Se non si
passa il primo passaggio il test si arresta, è già dichiarata illegittima.
- una norma o un atto perseguono un fine legittimo? Es. Coprifuoco alle 22, persegue un atto legittimo? si,
perché la funzione è la tutela della salute.
- lo fa nel modo necessario? è l’opzione meno restrittiva per gli altri interessi? Ci sono soluzioni ugualmente
efficaci ma meno restrittive? Potenzialmente ce ne sono di meno impattanti ma ugualmente efficaci. Es:
limitare gli ingressi ai locali al posto di chiuderli.
- mettiamo che risulti proprio quello della chiusura alle 18 il più efficace, dunque il beneficio supera gli effetti
collaterali?

Naturalmente queste valutazioni sono estremamente difficili, e questo è un tipo di valutazione che i giudici
adottano spesso e vuole essere il più rigoroso possibile. Immaginate il giudice amministrativo si pone la
domanda “è legittimo tenere aperto o chiudere un bar alle 18?” oggettivamente ha delle difficoltà a
rispondere, non è facile, e questo è lo strumento più diffuso per cercare di rispondere a quella domanda.

2. Quadripartito è meno diffuso ma è più trasparente


- Si persegue realmente un fine legittimo?
- La norma è concretamente rivolta a quello scopo oppure no? Cioè concretamente persegue
quel’interesse che dice di perseguire oppure no? Esempio: norma che dice “i bar e negozi devono
chiudere alle 18” se questa norma non fa altro che concentrare la gente prima delle 18, potrebbe fallire
già qui perché non perseguirebbe lo scopo che dice di perseguire.
- È lo strumento meno invasivo per degli altri interessi coinvolti? Quanto?
- Supera il beneficio gli effetti collaterali?

Quello di proporzionalità è uno strumento molto potente che trovate continuamente all’interno della
giurisprudenza della corte europea, della corte di giustizia e della corte costituzionale e che è entrato a far
parte del modo normale di trattare l’avanzamento tecnologico. Cioè normalmente all’interno delle nuove
tecnologie, dell’utilizzo dei social media e dello sviluppo delle intelligenze artificiali, ci sia sempre una domanda
relativa alla proporzionalità

Un punto importante del test, se una disposizione non passa una parte di test non serve neanche passare alla
successiva, quella soluzione è illegale, illegittima e incostituzionale.

Privacy e caso Martinez


Avete letto l’articolo per oggi e avete visto che l’autority si occupa di aspetti dal punto di vista tecnologici che
sono importanti, quindi quello che faremo adesso e fare un esempio di come sul tema della privacy, e della
proporzionalità, e vedremo cosa fa il garante per la privacy.

C’è un caso però che è diventato molto famoso, un caso di riferimento importantissimo: Gonzales Martinez, è
un uomo che ad un certo punto, va su Google e digitando il suo nome scopre che una delle prime voci è una
cosa che gli è successa molto tempo prima. Compare un articolo di giornale che lo riguarda, in passato era stato
sottoposto ad un procedimento (bancarotta) e in base alla normativa spagnola, la vendita di beni che lo
riguardavano dovevano essere pubblicati sul giornale.
Egli lamenta che dopo questi tanti anni, il giornale, meglio, che Google abbia come prima voce questa, sia
diffamatorio per lui, cioè egli ritiene che sia una violazione della sua riservatezza. Alcune cose che avevano un
interesse tempo prima, cose che erano già state pubblicate, non siano più rilevanti dopo tanto tempo. Quindi
egli lamenta che questa informazione sia una macchia indelebile sulla sua persona.
Egli riteneva che non esistesse più un interesse da parte del pubblico a sapere quello, e quindi la questione
non dovesse essere più pubblicata (resa disponibile al grande pubblico)

Egli invocava quello che è stato chiamato il diritto all’oblio (right to be forgotten), che infatti trovate del GDPR.
Il Regolamento europeo interviene molti anni dopo, quindi in questo caso non è regolato da esso, è regolato
dalla normativa precedente che tutelava la riservatezza, ma questo caso è così favoloso che poi nel
Regolamento c’è proprio un articolo che parla del right to forgotten che discende da ciò che era successo con
Gonzales Martinez. Un caso che è stato deciso in base ad una disciplina precedente ma è così importate che
darà forma a questa disciplina, il GDPR ha cristallizzato quella decisione della corte di giustizia.
Gonzales Martinez, se la prende con Google, che tecnicamente e giuridicamente era Google Spain. Se la
dicendo: “tu non puoi pubblicare delle cose dopo se è trascorso un tempo così grande, perché violi la mia
riservatezza. Impedisci di rifarmi un’immagine, di rifarmi una vita”
Se la prende con Google perché decide cosa si può vedere e non il giornale. In effetti molti giornali rendono
disponibili dopo un certo tempo il loro database, lo mettono tutto online. Oggi si utilizza Google per cercare

Google Spain e Google Ink, ritengono che in virtù del principio di proporzionalità, qualsiasi domanda diretta
alla soppressione di informazioni debba essere indirizzata all’editor del sito web interessato. La prima difesa
che fa Google non è di dire “no io potevo pubblicarlo”, la prima difesa è riferita al giornale, “non ho mica
pubblicato io la notizia”. È il signor Gonzales Martinez che deve chiedere all’editore di rimuovere la notizia.
È giusto chiedere agli editori e alle biblioteche di rimuovere delle informazioni che ci riguardano? Seguendo il
vostro ragionamento, il problema non è Google, ma l’informazione: allora l’informazione va rimossa perché? È
forse un’informazione falsa? È una informazione vecchia. Andiamo in giro per le biblioteche che ritaglino dalla
pagina le informazioni? No.
Il punto è che l’informazione è vecchia: come si fa, cioè, cosa prevediamo che un’informazione non venga più
resa disponibile? Voi sareste contenti se rimuovessero le informazioni del passato? Sareste contenti,
attenzione, qui emerge un tema importante: ciascuno di noi sarebbe contento di poter rimuovere le
informazioni che lo riguardano di cui si vergogna. Avreste un’immagine non di voi stessi, ma di quello che
desiderate apparire no? Di come desiderate apparire. C’è un tema enorme no? Tutelare l’informazione,
sganciare l’informazione dall’esigenza personale di autorappresentazione. Non è che i giornali debbano poter
dire e tenere su internet solo quello che mi va bene.
Perché attenzione, potrebbe essere che un’altra notizia io voglio che rimanga, no? ho bisogno di un criterio
oggettivo che consenta di rendere accessibili alcune informazioni perché c’è un interesse, mentre altre
informazioni quando l’interesse è scaduto o addirittura possono pregiudicare la formazione di una personalità,
dovrebbero essere rimosse, o potrebbero essere rimosse.
Cos’è più pericoloso? Rimuovere qualcosa dal web o rimuovere qualcosa da un archivio?
Gli archivi sono online, ma non sono accessibili se non tramite intermediari che sono i motori di ricerca. Allora
io, comprendete che devo fare un’operazione
Cos’è pericoloso? Voi avete detto il web e allora io vi ho fatto una domanda un pò più specifica: da dov’è, cos’è
che è più pericoloso? Rimuovere le informazioni dal web o dall’origine? La domanda è più complicata.
Commento: perché dall’origine? Perché rimuovere l’origine significa rendere assolutamente inaccessibile
un’informazione. Se io rimuovo l’origine, poi il link non c’è più.
Diciamo che l’unico link è quello li, qual era il problema? Questo era un giornale spagnolo importante, quindi
per come è fatto forse l’algoritmo di Google, dato che non lo sa nessuno esattamente, perché sennò tutti si
industrierebbero per finire primi, era l’origine il problema.
Rimuovere l’informazione dall’origine non significa solo renderla inaccessibile, significa che quell’informazione
non esiste più come informazione.

I problemi sono parecchi: tutelare la personalità e riservatezza di qualcuno, tutelare un’informazione vera,
tutelare Google, tutelare il giornale. Ipotizziamo che ci diamo una scadenza temporale: dopo 15 anni
un’informazione è vecchia, siete tutti d’accordo?
Dipende dall’informazione, molte cose le vorremmo sapere. Questa domanda ha una moltissime variabili

Sentenza
Google è il colpevole qui. Google deve deindicizzare un’informazione: non totalmente, non deve rimuovere
l’informazione dal ranking, deve renderla meno accessibile. Non ti sto dicendo di lasciarla furori, ti sto
chiedendo di mandarla sotto. Per cui, la persona media si farà un’immagine ben prima di arrivare a quel
punto.

Articolo 17 GDPR
L’articolo dice che voi avete il diritto di ottenere la rimozione dei vostri dati, nella misura in cui questi dati non
sono più necessari per lo scopo per il quale sono stati raccolti e processati.
L’idea fondamentale è che Google deve immaginare un sistema che non rimuova le informazioni dai risultati,
ma che li rende meno accessibili. Anche in questo caso la valutazione si fa sulla base della proporzionalità.
È proporzionato pubblicare un’informazione? A quali condizioni si può pubblicare un’informazione?
La veridicità dell’informazione è difficile che lo verifichi un provider di servizi come Google, il dovere di
informazione veritiera cade su chi la pubblica, ma il dovere di non renderla eccessivamente accessibile, ricade
su chi la distribuisce.
Questo tema ha a che fare con la proporzionalità e dal punto di vista italiano ha a che vedere con i diritti
fondamentali (l’espressione della nostra personalità, art. 2, principio di uguaglianza, proporzionalità, dignità
della persona, art. 1 e 2 della costituzione)).

Proporzionalità: tarare l’accessibilità in base alla sua importanza nel tempo, ma intesa come importanza una
serie di informazioni, non il passare del tempo soltanto, ma anche il tipo di situazione nella quale viene calata
quella informazione.
Qualcuno di voi dice che dovrebbe esserci un controllo dell’attività pubblica. C’è il rischio del fenomeno
Barbra Streisand. Portare in giudizio Google solleverebbe un polverone.

Google non vi chiede il permesso prima di pubblicare il vostro nome in una ricerca. Cioè l’intervento della
pubblica autorità è successivo. Quello che ha chiesto Google, è di fare una valutazione che abbia in
considerazione tutti questi aspetti che abbiamo toccato in quanto tutti interessi, potete immaginare tramite lo
scrutinio di proporzionalità perché è disciplinato e vi lancia diversi interessi. Non si tratta di dire si è passato
poco o troppo tempo.
Nasce il tema di come automatizzare il sistema. Lo scrutinio di proporzionalità in un certo senso deve essere
automatizzato, deve essere fatto digerire ad un software. E ci hanno già provato → dopo la sentenza Google
ha dovuto rivedere l’algoritmo di ricerca ma non si sa se lo ha rifatto solo per l’Unione Europea, perché se si è
fuori l’UE non c’è questa richiesta.
Non si sa dire se Gonzàlez Consteja, cercato in India piuttosto che negli Stati Uniti o in Messico dia ancora ai
primi posti la condanna per bancarotta

Automatizzare la proporzionalità
Il tema di automatizzare la proporzionalità è il prodotto di un filosofo del diritto che si è chiesto se ciò fosse
possibile. Il tema di come trasformare lo scrutinio di proporzionalità in una formula ragionevolmente
processabile è un tema importantissimo.

Di per sé questa equazione non è così difficile, è un’equazione che misura/fa una proporzione dell’intensità
del sacrificio imposto a ciascun interesse. Qual è il sacrificio imposto a ciascun interesse coinvolto?
Ovviamente quello che ha il risultato inferiore prevale perché ha il sacrificio minore.

Ci sono due problemi:


in primo luogo, gli interessi cambiano, non sono sempre gli stessi. Potete immaginare che quando si è
candidato Donald Trump per le elezioni tutto della sua vita è diventato importante improvvisamente. Ma
pensate un membro della famiglia di Trump che non si vuole candidare, anche lui ha un diritto alla
riservatezza. Da un lato c’è un diritto alla riservatezza, dall’altro lato raccontare della famiglia di Trump
significa spiegare ancora una volta chi è Trump, la questione è sottile. Se prendete un qualsiasi comico
americano questo prende sempre in giro i figli di Trump perché fa parte dell’immagine ma i figli di Trump sono
esseri umani, alcuni di loro vorranno fare la politica e altri l’imprenditoria, sono degli esseri umani come
chiunque altro. Può il padre trascinare ciascuno di loro nello stesso grado di esposizione pubblica? A seconda
del contesto cambiano gli interessi in gioco e questo è difficile da mettere in un’equazione.

In secondo luogo, come misuriamo l’intensità? Ad un certo punto l’equazione richiede dei numeri. Per
misurare la proporzionalità si dovrebbe trovare un certo numero di sentenze che usano sempre le stesse
parole o le stesse espressioni e questo aiuterebbe ad attribuire un’intensità. Ma non sempre si riscontrano le
stesse parole e questo è un problema importante che interseca una varietà di interessi giuridicamente protetti
con l’uso della macchina, con un software e questo è un problema reale che non è ancora stato risolto, è stato
tentato di risolverlo ma nessuno può dire “siccome Google ha messo mano agli algoritmi è apposto” e questo
per due ragioni:

1. Non conosciamo l’algoritmo e Google non vuole che lo conosciamo

2. Qualunque Corte non si appoggia sull’algoritmo di Google, ciascuna corte fa la sua valutazione.

Quale sarebbe la cosa più sicura per Google? Dire alla Corte io uso questo test, questa equazione, ti va bene?
Si. Allora siamo a posto.
Ma non può farlo perché c’è la proprietà industriale e perché se tutti sapessero l’algoritmo di Google
ciascuno si creerebbe un’immagine secondo quello che desidera.
Potete immaginare l’impatto che questo ha sulla funzione dei motori di ricerca: se arrivano sanzioni di milioni
di euro ogni volta che c’è una violazione Google potrebbe diventare molto più prudente, potrebbe dire no io
non pubblico più notizie dopo 10/15/20 anni ma evidentemente perderebbe molto del significato, non
cercheremmo più su Google perché tante informazioni non ce le darebbe più anche se sono importanti.

Prendiamo l’equazione di prima: al posto di i, W, R bisogna mettere dei numeri. Questi numeri esprimono
quanto un interesse è perseguito e quanto un interesse è sacrificato.
Tutte queste domande devono avere una risposta che ad un certo punto deve trasformarsi in un dato
numerico= il dato numerico è il dato dell’intensità

Google non può adottare un algoritmo aperto/condividere il suo algoritmo perché potrebbero crearsi dei
problemi. Se io so che dopo un certo numero di anni piuttosto che se posta in una certa maniera, una certa
informazione non compare più, potrei scegliere di candidarmi dopo una certa data oppure potrei scegliere di
presentarmi con una certa immagine pubblica piuttosto che con un’altra perché immagino che l’algoritmo
collegherebbe più su o più giù alcune informazioni.
Cioè io potrei avere dei comportamenti funzionali a come funziona l’algoritmo. È una logica industriale legata
a come funziona Google.
Diversità di prospettive
Siamo partiti dal giudizio di proporzionalità in Costituzione e usato dalle Corti. Le corti usano la proporzionalità
per vagliare certe soluzioni.
È adeguata la scelta di farci mangiare solo seduti dopo le 15:00? Consumare nei locali solo da seduti? Una
corte può porsi la domanda se questa soluzione sia proporzionata perché limita la capienza nei locali quindi
può comportare un sacrificio economico. Questo vaglio non è solo giudiziario, è richiesto alle autorità
pubbliche, cioè un procedimento amministrativo deve concludersi con un provvedimento proporzionato
(scelta deve apparire proporzionata)

Perché è costretto a ragionare in questa maniera? Perché sarà un giudice che poi vaglia quello che ha fatto
l’amministrazione, e userò il vaglio di proporzionalità.
Nel caso che abbiamo visto non è solo la Pubblica Amministrazione che deve effettuare un vaglio di
proporzionalità ma è anche il privato (Google). Sono anche i privati che in questi frangenti devono utilizzare il
principio di proporzionalità, cioè devono tentare i trovare una soluzione proporzionata.
Ovviamente le prospettive sono diverse perché da un lato abbiamo la PA o il privato che valuta cos’è
proporzionato. Nel caso del vaglio giudiziario il giudice valuta se una soluzione è sproporzionata (controllo =
vaglio = giudizio sono sinonimi).
Un giudice può riscontrare che esistano più soluzioni sproporzionate e quindi che una norma, una disposizione
o una scelta non è illegittima.
La Pubblica Amministrazione invece ha bisogno di individuare una scelta, deve prendere un provvedimento, c’è
dunque una distinzione da fare.
Complessivamente però il fatto che un tribunale usi la proporzionalità impone a tutti coloro che sono coinvolti
di usarla perché poi ci sarà il controllo, il vaglio del tribunale.
Il vaglio di proporzionalità può riguardare provvedimenti e anche norme perché la Corte Costituzionale vaglia
anche le leggi.

La Corte Costituzionale si attiva solo su richiesta, non è che il controllo di proporzionalità attivi altri strumenti.
Quando una questione arriva alla Corte o da un giudice o perché il governo impugna una legge regionale, non
arriva solo la legge arriva anche quello che viene chiamato parametro, cioè chi impugna o chi solleva una
questione deve specificare che cosa ritiene che sia stato violato. Se impugno il decreto che dichiara la mia
regione una zona arancione non basta dire che secondo me è illegittimo ma devo dire che secondo me è
illegittimo per violazione di... e indico quali norme sono state violate. Di fronte alla Corte Costituzionale dirò
“questo provvedimento normativo è illegittimo per violazione ad esempio dell’articolo 3 della Costituzione
sotto il profilo della proporzionalità”, sto dicendo che per me una soluzione normativa è sproporzionata.
Questo accade presso tutti i giudici, il parametro va sempre invocato.

Garante privacy
Garante per la privacy è un’autorità/un ente indipendente, non appartiene né al potere giudiziario, né al potere
esecutivo, né al potere legislativo. I suoi membri sono nominati dal parlamento.
Questo è un fenomeno molto moderno che abbiamo in parte importato dai Paesi anglosassoni ma soprattutto
si è sviluppato nel nostro Paese a causa della partecipazione alle comunità europee. Si è ritenuto che fosse
necessario creare delle autorità indipendenti dal controllo politico e non immediatamente soggette alle
dinamiche parlamentari.
È un modo per separare alcuni settori delicati dalle fluttuazioni politiche e assicurare un controllo molto
accurato, quello di cui sono capaci i tecnici. Nel nostro caso avremo il garante per la protezione dei dati
personali, il quale esercita dei poteri che gli sono attribuiti dalla legislazione, c’è una legge istitutiva di questa
autorità, sono poteri vicini alla normazione di esecuzione, perché prendono singoli provvedimenti e para-
giurisdizionali. La legislazione italiana e quella europea convergono nel consentire al garante di emanare
documenti che hanno un valore generale, prendere provvedimenti e ricevere reclami).
Il primo interlocutore nei temi legati alla privacy è il garante.

Altre agenzie
Esistono moltissime agenzie, una delle nuove è l’agenzia contro la corruzione, una è la CONSOB, commissione
di sorveglianza sulla borsa, è un’autorità indipendente che si occupa dell’andamento borsistico.
Tra le autorità/garante/commissione ce ne sono 2 che sono molto coinvolte nello sviluppo di questioni relative
il rapporto tra diritto e tecnologia:

a. AGICOM (agenzia per le telecomunicazioni), presso la quale si sporgono reclami verso la telefonia.
b. ANTITRUST: agenzia che si occupa di concentrazioni industriali che hanno un potenziale inclinamento
monopolistico. Monitora la concorrenza economica e mira a disinnescare la formazione di monopoli.

Queste informazioni hanno un tasso tecnico elevato

esempio: c’è stato un caso di alcuni anni fa, in cui una norma che pareva essere assolutamente neutra; in
toscana avevano fatto delle norme in cui i nuovi centri commerciali e la grande distribuzione poteva nascere
solo se installava gli adeguati impianti di generazione di energia solare, il risultato era che nessuno riusciva più
ad aprire un punto vendita perché l’installazione di queste strutture aveva un costo tale sull’avviamento che
nessuno si metteva a farlo, di fatto consolidando la situazione monopolistica della COOP
È intervenuta l’antitrust, era difficile capire che una norma che tecnicamente tutela l’ambiente in realtà aveva
una funzione distorsiva della concorrenza. Per cui questi fenomeni anticoncorrenziali richiedono un tasso di
conoscenza molto elevato, questo vale sia per la privacy che per le telecomunicazioni.

Quest’anno è uscito un documento sui BIG DATA, guarda caso è un documento a tre firme antitrust, garante
privacy e AGICOM, perché riguarda la privacy, le telecomunicazioni, perché come raccogli i dati? Con i canali
delle telecomunicazioni. E l’antitrust perché questo tende a generare una concentrazione informativa senza
precedenti. I temi di cui stiamo parlando sono i temi sui quali sono le grandi forme di tutela.
Lettura Garante app Immuni
ART 9: è vietato trattare dati personali che rivelino l’origine razziale, dati biometrici o relativi alla salute delle
persone, è vietato, principio fondamentale.

Però questo non è vero che non si può fare perché, o l’interessato ha prestato il proprio consenso, ma non
basta, c’è il consenso ma non è questa la base, il trattamento è necessario per tutelare l’interesse vitale
dell’interessato.
O per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità. Quindi nel campo dell’interesse pubblico, settore
della sanità, non è indispensabile il consenso.

Salute per la costituzione


Articolo 32: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività,
e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La
legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana

non c’è solo un problema di privacy, l’applicazione di tracciamento nasce dall’esigenza di proseguire un
interesse costituzionale, è la tutela della salute.
Differenza di vocabolario: la repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo, e interesse
della collettività. Quindi la mia salute è un mio diritto e vostro interesse, voi avete l’interesse che io stia bene.

Torniamo al tema del solidarismo e del principio personalista dell’art. 2, che ciascuno di voi goda di buona
salute, fa parte di un mio interesse, costituzionalmente. Voi avete il diritto di curarvi, ma la società non ha il
diritto di imporvi di curarvi.
Un grosso dibattito che non si è mai veramente sopito perché non è neanche finito davanti alla Corte
costituzionale; è la questione dell’eutanasia o suicido assistito, nel senso che la lettura vuole che non sia
considerata cura l’idratazione e alimentazione, cioè avere un sondino che vi tiene in vita non è una cura,
tradizionalmente. Siccome non sono cure, non vi sono imposte, recentemente però ci sono stati degli sviluppi,
per cui il suicidio assistito è stato ammesso. È un tema sul quale ci sono state le pronunce più recenti, si è
ritenuto che una persona per la tutela della propria dignità, possa decidere di interrompere la propria vita.

Tema dei vaccini è politicamente molto caldo, dal punto di vista costituzionale imporre il vaccino è
problematico ma va bilanciato con un altro interesse che è il diritto alla scolarizzazione di persone che godono
di immunodeficienza, cioè i bambini che non possono vaccinarsi, andando a scuola rischiano la salute. Voi
potete immaginare che a scuola si presentino 3 ipotesi:
• chi si vaccina
• chi non si vaccina perché non vuole
• chi non si vaccina perché non può

Quello che si vaccina è protetto, ma crea anche quella che viene chiamata immunità di gregge cioè rende
improbabile che chi non è vaccinato si ammali, perché non trasmette il virus. Chi non può vaccinarsi, se il resto
della scuola non si vaccinasse dovrebbe rimanere a casa. Il tema è se si può imporre a quelli che possono
vaccinarsi di vaccinarsi, per creare l’immunità di gregge. Allora un tema che non è ancora stato affrontato dalla
Corte costituzionale è come bilanciare la tutela della salute di quelli che non possono vaccinarsi, che come
unica alternativa hanno lo stare a casa da scuola e la decisione di non vaccinarsi da parte di persone che
vogliono andare a scuola ma non vaccinarsi.

Lo Stato non può imporre di curarsi, deve aiutare nel cure però non può decidere. Nel campo del vaccino è
fuori discussione che nessuno può impormi di fare il vaccino. Però la domanda è se può essere subordinata la
mia iscrizione a scuola al fatto che io lo faccia.
Qui entrano in gioco non solo i miei diritti, ma anche il diritto alla salute degli altri (immunodepressi). Quando
arriverà il vaccino, quindi diminuirà il distanziamento sociale il fatto che le persone non vogliano vaccinarsi,
imporrà ad altre persone delle scelte difficili, come mantenere un distanziamento sociale. Chi non vuole
vaccinarsi ma può farlo impone agli altri di stare a casa.
Quindi il problema sarà di bilanciare la volontà di partecipare alle attività scolastiche sia di coloro che non
potranno vaccinarsi sia di coloro che non vogliono vaccinarsi. Su questo la situazione di chi non vuole vaccinarsi
è più debole dal punto di vista costituzionale.
Chi decide di non vaccinarsi, accetta il rischio. L’altra parte che non può farlo in realtà o è costretta ad accettare
il rischio, o deve stare a casa. Dal punto di vista della copertura costituzionale è in una posizione più debole chi
decide di non vaccinarsi e di andare a scuola.

È più difficile sostenere che le persone che non vogliono vaccinarsi dovrebbero stare a casa così che le persone
immunodepresse possano andare nei centri commerciali, questo è molto più difficile da sostenere
costituzionalmente. Perché se io non posso vaccinarmi e l’ambiente in cui devo entrare è un ambiente in cui
ho accesso ad un diritto fondamentale, la mia tutela è rinforzata, se invece non c’è un diritto fondamentale
implicato è diverso (centro commerciale).

Sulla questione del vaccino, sostanzialmente stiamo dicendo che il godimento di un diritto come quello
all’istruzione rispetto al quale si può trovare una situazione differente perché il gruppo non vaccinabile non ha
un’opzione, mentre il gruppo vaccinabile ma che decide di non vaccinarsi non ha un’opzione, dal punto di vista
costituzionale andrebbe preferito il gruppo non vaccinabile e quindi il tentativo di creare delle aree protette
per questo gruppo, eventualmente escludendo dagli istituti scolastici la parte che non intende vaccinarsi
potrebbe essere giustificata.

PRIVACY E DIGNITÁ
Quello che volevo mostrarvi è che tutti quei fattori che la garante privacy ha messo in fila, ricordate la base del
consenso, come vengono stockati i dati, che tipo di interloquibilità c’è, che tipo di informazioni vengono
utilizzate, quanto vengono trattenute e così via; tutti questi aspetti sono aspetti che rientrano nella legittimità
dell’app stessa. Le questioni che se pur interlocutoriamente ha affrontato il garante della privacy, sono
questioni che poi rifluiscono un eventuale giudizio sulla legittimità dell’app immuni.
Qualcuno potrebbe impugnare l’adozione dell’app immuni sostenendo che è eccessivamente intrusiva della
privacy, oppure che non è efficace quindi raccoglie immotivatamente dei dati.
Ci possono essere vari argomenti; che non persegue obbiettivamente l’obiettivo per il quale è stata concepita,
ci sono varie opzioni, se pensate allo schema della proporzionalità, posso chiedermi se effettivamente l’app
persegue la fine per la quale è stata creata, se lo fa nel modo necessario, se il beneficio ha degli effetti negativi
cioè se tutti questi aspetti sono aspetti di legittimità di qualunque scelta.
In questo caso il governo ha scelto di andare avanti con lo sviluppo dell’app Immuni. Quando si è rivolto al
garante per la privacy, il garante ha offerto una serie di elementi che dovrebbero rendere l’app legittima;
Come affronterà il giudice la domanda se l’app è legittima? Lo affronterà sulla base della proporzionalità. Gli
elementi che ha offerto il garante entrano nel campo della proporzionalità.

Esempio: un’app che non funziona, che per il tipo di dati che raccoglie, non restituisce informazioni, rischia di
essere illegittima, l’obiezione può essere che l’app sta raccogliendo dati senza poi erogare il servizio per cui è
nata; oppure, raccoglie troppi dati, raccoglie dati non necessari, o li trattiene per troppo tempo, ci possono
essere vari argomenti che possono essere utilizzate, in generale.
Il fatto che ci siano molti commenti negativi fa sorgere il dubbio che l’app sia inefficace e quindi illegittima. Il
giudice non va a vedere le recensioni, un conto è la pubblica amministrazione che decide di intervenire
autonomamente per migliorare il servizio, un altro è quando un privato solleva la questione di legittimità. Un
giudice verrà chiamato per decidere la legittimità dell’app.
Nel caso Google Spain la corte di giustizia ha chiesto a Google di fare una valutazione di proporzionalità. Se
Google fosse uno dei tanti motori di ricerca, probabilmente non si sarebbe esposta così la corte, il fatto che la
prima voce di Bing è Google, significa che quello è il portale che ti conduce a qualunque altro indirizzo.
Gli elementi sulla privacy possono influire nel giudizio della proporzionalità

Tema del vaccino


“il trattamento non è diretto solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi è assoggettato”, cioè
mira a preservare lo stato di salute degli altri, immunità di gregge. Se si prevede che esso non incide
negativamente sullo stato di salute di colui che è obbligato, in questi casi è possibile imporlo.
La corte sta dicendo che è possibile imporlo anche su chi non lo vuole, perché la Costituzione “la tutela della
salute è un diritto ed è nell’interesse della collettività”.
Un termine che è venuto fuori e lo ri-cito adesso, obiter dictum, è il caso di quando una cosa viene detta
incidentalmente. Le sentenze hanno un contenuto che riguarda specificamente quello per cui sono emesse e
poi hanno un ragionamento intorno.

La corte ha acconsentito all’obbligo del vaccino sui minori. Ci si potrebbe chiedere se vale anche per gli adulti.
Il caso di cui parlava la corte e non ha a che fare con il covid, è molto precedente, era il caso di diverse famiglie
che avevano chiesto di non vaccinare i loro figli, quando una norma lo imponeva. La risposta: lo stato può
legittimamente obbligare le famiglie a vaccinare i figli. I genitori possono essere estromessi se non tutelano la
salute del bambino.
Per quanto riguarda gli adulti la corte non ha ancora affrontato il tema, da quello che ha scritto sembra che si
potrebbe applicarlo
Se non mi faccio il vaccino contro l’influenza, vado incontro alle conseguenze dell’influenza, ma un
immunodepresso è particolarmente a rischio, ma l’obbligo scolastico esiste, non posso semplicemente evitare
di andare in un punto commerciale o un cinema o a scuola. Questa frase è uscita in quel contesto e bisognerà
vedere quando arriverà il vaccino se verrà inserita un obbligatorietà.
La Corte Costituzionale dovrebbe tenere in considerazione diversi aspetti ma in base alle sentenze precedenti
l’autodeterminazione individuale non supera l’interesse collettivo della salute.
Il caso della nuova socialità: posso imporre l’intera socialità di vaccinarsi affinché io possa fare qualunque cosa?
Il problema fino ad ora non si è posto, il problema si è posto diciamo per la popolazione studentesca oppure
per i quelli di età inferiore, per i quali si è imposto ai genitori di vaccinare.
Anche in questo caso la corte decide base alla ragionevolezza e alla base di proporzionalità. Farà una
valutazione di proporzionalità, perché nell’imporre a tutti la vaccinazione, limito l’autodeterminazione di
qualcuno che non vuole vaccinarsi.
Una parte di questa sentenza è un vero e proprio obiter, come diceva la professoressa, cioè, spiega ma non è
detto che sia applicabile, probabilmente, nel prossimo caso si valuterà sulla base della ragionevolezza della
proporzionalità.

Esercizio proporzionalità
l’obbligo di vaccinazione persegue fine legittimo? Sì, perché il limite è la decisione meno impattante sugli altri.
Il vaglio sarà più difficile, mentre è sicuro che una vaccinazione contro il coronavirus serve e deve essere
legittimo. Che l’obbligo sia lo strumento meno impattante è una domanda aperta, che verrà affrontata dalla
corte se dovesse porsi il problema. L’obbligo vaccinale di cui la corte si è occupata nel 2018, derivava dal fatto
che sia era ridotta la percentuale della popolazione che si vaccina; è entrato l’obbligo per garantire l’immunità
di gregge e per gli immunodepressi.

La privacy nella Costituzione


La costituzione, che è stata scritta nella seconda metà degli anni 40, non parla di privacy e non ne parla
nemmeno la Corte Costituzionale.
“Privacy” è un termine che ha una storia plurisecolare, lo importiamo dal mondo anglosassone ed ha, una sua
data d’inizio che è il 1890, adesso vuol dire tendenzialmente due cose diverse che stanno insieme, però per
decenni ha significato più una cosa o più l’altra, a seconda del contesto di riferimento.

Potremmo identificare il tema della privacy dividendone due aspetti:


 Da un lato c’è l’idea dello spazio separato da altre persone, voi avete la vostra privacy. Chiusi in camera
avete la vostra privacy, ha a che fare con le relazioni orizzontali (cioè fra le persone).
 L’altro profilo della privacy che è considerato nel rapporto verticale fra stato ed istituzioni pubbliche.
Questo ha a che fare sia con la discrezione (lo stato non può sapere quello che io faccio o che mi piace) ma
ha soprattutto un significato legato all’autodeterminazione individuale nei confronti dei pubblici poteri.

I social media ti spiino, ti profilino… può essere considerato problematico per la privacy in senso orizzontale,
invece, il fatto che l’amministrazione pubblica ti imponga il vaccino o che monitori i tuoi spostamenti con un
app può essere considerato problematico in senso verticale. Ci deve essere uno spazio della mia vita dove non
solo non entrano i paparazzi, ma non entrano neanche i pubblici poteri.
Pensate ad un tema tradizionalmente legato alla privacy, come quello dell’interruzione di gravidanza, tema
discutibilissimo e ancora discusso nei vari paesi, ma spesso si dice che l’interruzione di gravidanza è
l’espressione dell’autodeterminazione individuale della donna, non nei confronti dei terzi, ma, nei confronti
dello stato rispetto alle norme penali che un tempo la vietavano.
Di conseguenza, quando adesso parliamo di privacy, possiamo parlarne sia in un senso sia nell’altro, quando si
parla di protezione dei dati personali si parla un po’ di tutti e due gli aspetti, ma abbiamo chiaro
concettualmente che alla privacy si associa una distanza di sicurezza sia nei confronti degli altri sia nei confronti
del potere pubblico. Dall’art.13 in poi: libertà personale, di domicilio, di manifestazione del pensiero, di
associazione… questi sono aspetti rispetto ai quali noi decidiamo se associarci, se riunirci, decidiamo chi fare
entrare in casa nostra e fa parte della nostra sfera di autodeterminazione.
Questi due aspetti, nel modo di parlare collettivo, rientrano nella privacy.

Il termine privacy non c’era nella cultura europea, c’era un’altra espressione che non ha perso di valore e che
c’è ancora, ed è il valore della dignità. Questo valore lo troviamo in Europa, lo troviamo in particolare nella
costituzione italiana come un “valore sotteso alla stessa idea di persona”. Una persona come soggetto di diritti
e di relazioni. La dignità è un’idea antichissima che proviene dai romani e ha come significato un’idea di
reputazione, di rispetto, di riguardo (riconoscere ad una persona la dignità significa averne riguardo); poi ha
preso avvio, in particolare, dopo il secondo conflitto mondiale quando la Germania nella sua costituzione ha
messo al centro di essa l’idea di vita umana.
Il capostipite a livello europeo dell’uso diffuso dell’idea di dignità era la Francia che, soprattutto nell’800,
comincia a tutelare la dignità delle persone: impone in particolare che i privati non violino la dignità delle
persone.

un punto fondamentale è il 1890.


L’immagine di destra è l’incipit dell’Harvard Law Review (una delle riviste più prestigiose degli USA e del mondo
– le riviste negli stati uniti sono gestite dagli studenti, Harvard law review è gestita da studenti, Barack Obama
la dirigeva quando era studente di Harvard)
Nella seconda metà dell’800 esce su Harvard Law Review l’articolo “The right to privacy” dopo che uno dei due
autori di questo articolo vive un’esperienza personale stressante (i due autori dell’articolo sono Warren e
Brandeis) ciò che accade a Warren è che delle folle di paparazzi si assiepano, nelle siepi di casa sua, per
fotografare le feste la signora Warren dava ogni fine settimana, per cui finivano continuamente sui giornali (in
quel momento il grado di alfabetismo in America aumenta e quindi venivano stampati molti giornali). Warren
sostiene che questo sia assolutamente fuori luogo – fa delle affermazioni che sembrano scritte ieri: “non c’è
alcuna area della vita che ormai non sia sottoposta alla pubblica opinione grazie alla stampa…”.

Nel diritto anglosassone, fin dal medioevo, esiste “the right to trespass”, un diritto ed analogamente un divieto
che impedisce alle persone di valicare un’area di qualcun altro, questo è profondamente legato all’idea di
proprietà, l’idea che nel diritto inglese (da cui prende le mosse il diritto americano) è estremamente
importante.
C’è uno spazio che è contemporaneamente espressione di una proprietà e di discrezione.
The “right to trespass” è appunto un divieto antico, che poteva essere esercitato, ma potete immaginare che:
da un lato, con l’invenzione dell’obiettivo era più difficile tenere fuori i fotografi, in secondo luogo i rotocalchi
avevano delle tirature enormi poiché non c’era la TV e l’unico modo di sapere qualcosa era comprare un
giornale.
L’unica azione che si poteva esperire, dov’era possibile farlo, nei confronti di queste violazioni era un’azione di
risarcimento ma che era irrisoria rispetto a quanto guadagnavano i giornali. Ci si rende conto che lo strumento
fondamentale di tutela della proprietà non è replicabile per tutelare quella sfera di discrezione, di intimità e di
vita privata che si vuole proteggere.

Warren e Brandeis sostengono che dentro la costituzione americana (e dentro la stessa idea di tutela della
proprietà) ci debba essere un diritto alla privacy - che cos’è il diritto alla privacy? È il diritto ad essere lasciati
soli “right to be left alone”.
Da un lato dicono che c’è il problema di tutelare la privacy, dall’altro lato fanno il paragone con ciò che
succedeva in Francia (all’epoca gli americani studiavano il francese, era la lingua colta) poiché nella legislazione
francese c’erano diverse disposizioni che tutelavano nei confronti della stampa e di questi eccessi – in nome
della dignità; Warren e Brandeis diranno che gli americani non avranno la dignità ma avranno la privacy.

La tutela della dignità in Francia consentiva e creava una protezione anche penale, dove necessaria, nei
confronti delle situazioni nelle quali una persona veniva esposta a ridicolo e/o veniva compromessa nella sua
reputazioni - le immagini catturate senza consenso le immagini che volgarizzavano o che esponevano a ridicolo
una persona erano vietate e in alcuni casi erano punite penalmente.

Foto a sinistra
È la foto del cancelliere Bismarck, morto nel suo letto. Il grande cancelliere prussiano muore nel suo letto, la
famiglia gli mette una fascia intorno alla testa per evitare che si blocchi con la bocca aperta e poi sigilla la casa
per consentire all’imperatore di venire a visitare e portare omaggio alla salma una volta che l’avessero vestita
dignitosamente.
Durante la notte due reporter irrompono nella casa e scattano questa foto che fa migliaia di copie in Germania
e in tutta Europa.
Questa foto è del 1892/93, perché Bismarck muore dopo l’articolo “the right to privacy” ma questo era un
problema pervasivo, affrontato ovunque fosse arrivata questa tecnologia. Veniva affrontato con due parole e
chiavi di lettura diverse: il diritto ad essere lasciati soli e la tutela della persona e della sua dignità.

Si può già vedere la differenza: negli USA abbiamo il diritto ad essere lasciati soli, in Europa continentale
abbiamo il diritto di avere preservata la dignità sociale. Vengono valorizzati due aspetti, non sono
necessariamente in contrasto, ma un conto è tutelare l’area individuale in cui uno vuole essere lasciato solo, un
conto è tutelare l’immagine pubblica di qualcuno.
La cosa interessante che si trova sia nel campo della dignità tutelata in Europa e soprattutto nel campo della
privacy che Warren e Brandeis vogliono tutelare negli stati uniti è che questa tutela è nei confronti dei privati,
non si parla di limiti ai pubblici poteri.
L’idea della privacy di Warren e Brandeis rimane nei libri finché nella seconda metà del ‘900 non viene tirata
fuori dalla corte suprema americana – qui vedremo come la casualità produce un diritto.
Fino all’inizio della seconda metà del ‘900 molti stati degli stati uniti (la legislazione penale era statale e non
federale) avevano delle norme a tutela della famiglia e della moralità famigliare, alcune di queste vietavano
l’uso di contraccettivi di qualunque genere perché erano considerati degli strumenti contrari alla moralità e alla
prole della famiglia (anche alcune norme durante il fascismo). Nasce un’associazione per la promozione della
libertà sessuale e nasce una schermaglia tra i gruppi a favore della moralità tradizionale e i contrari. Ad un
certo punto con una scusa viene effettuata un’ispezione in una casa di una coppia sposata e vengono rinvenuti
dei preservativi, questo è sufficiente per iniziare un’azione legale nei confronti della famiglia poiché usava dei
contraccettivi; l’azione era duplice, avveniva sia nei confronti della famiglia sia di chi propagandava e incitava
all’uso dei contraccettivi (vietato sia l’uso che l’istigazione all’uso).
La corte suprema americana che dice quella legge è incostituzionale poiché viola la privacy – ritira fuori
l’articolo di Harvard e dice che in quella situazione c’era in gioco la privacy. La privacy della famiglia, non
individuale.
La prima costruzione giurisprudenziale è che la famiglia coniugata ha diritto ad una sfera di intimità, che
riguarda anche la vita sessuale, dentro la quale non possono entrare i pubblici poteri – è un diritto
costituzionale non nei confronti dei privati ma del potere pubblico.
Una volta entrato nel circuito della giurisprudenza costituzionale, il tema della privacy diventa onnipervasivo e
lo si trova ovunque:
- in una sentenza del 1970 in cui delle leggi che vietavano l’interruzione di gravidanza vengono dichiarate
incostituzionali perché la donna gode della privacy nel decidere se portare al termine una gravidanza (il
focus si sposta sull’individuo nei confronti dei pubblici poteri).
- un altro passo riguarda altri divieti che riguardavano le relazioni omosessuali (i rapporti omosessuali in
alcuni stati degli stati uniti erano vietati) interviene anche in questo campo dichiarando anche questa
legislazione incostituzionale poiché viola la privacy.
- Uno degli ultimi episodi importanti nel campo delle relazioni famigliari è stata la sentenza che ha stabilito
l’esistenza di un diritto costituzionale al matrimonio omosessuale (riconosciuto solo da alcuni stati)
La sentenza è stata nel dichiarare che le relazioni omosessuali hanno pari dignità rispetto a quelle etero
sessuale -anziché fare pegno sull’idea di privacy fa perno sull’idea francese ed europea di dignità.

Teoria costituzionale di Locke


Cedo una parte della mia sovranità e quella che rimane a me, i miei diritti costituzionali intoccabili, nei quali
rientra l’idea della privacy. Però non tutti hanno abbracciato immediatamente questa idea.
Il diritto di decidere con chi sposarsi per esempio può non essere identificato in questo senso. Se prendiamo
Obergefell vs Hodges, che è il nome della sentenza americana che ha riconosciuto il diritto al matrimonio
omosessuale, non usa la privacy proprio perché (non lo spiega ma è molto probabile sia così) quando si
riconosce il diritto al matrimonio non si riconosce il diritto ad avere un’intimità con qualcuno. È già stata
dichiarata incostituzionale la legge che vieta i rapporti omosessuali. Quello che fa la sentenza sui matrimoni
omosessuali è riconoscere la dignità pubblica di quelle relazioni. Non è detto che stia dentro il tema della
privacy, perché quando mi sposo non chiedo di fare quello che io voglio della mia vita privata, chiedo un
riconoscimento pubblico istituzionale e sociale della mia vita privata. Non è semplicemente inquadrabile con
l’idea della privacy originaria che è quella della sfera dell’intimità nella quale non entra nessuno. Quell’aspetto
tipico Lockiano per cui io cedo una parte dei miei diritti, ma non tutti, cedo ad alcune pretese in nome della
convivenza ma trattengo i miei diritti. In questo caso c’è di più perché c’è la richiesta di essere riconosciuto nei
miei legami da parte del pubblico. È ancora di più ed è per questo che probabilmente non hanno usato il tema
della privacy, hanno capito che non era più applicabile.
Gli USA più esplicitamente non riprendono il concetto di dignità in senso europeo, semplicemente dentro la
sentenza del 2015 c’è un’impostazione più vicina alla mentalità europea, anche con poco riferimento all’Italia.
Tenete presente che i concetti non sempre conducono alla stessa soluzione, ci sono paesi che hanno la dignità
in costituzione e hanno il matrimonio omosessuale e altri no.

Riassunto
Fino alla fine dell’800 la tutela della dignità era una tutela nei confronti degli altri ed era una tutela della mia
reputazione sociale, della mia immagine sociale, del rispetto che posso attendermi dalla società. Società intesa
come privati. Poi, nei decenni successivi soprattutto fino alla metà del ‘900, si sviluppa una cultura che finisce in
costituzione: costituzione italiana, tedesca, la prima costituzione a parlare di dignità è quella irlandese negli
anni Trenta, qui c’è stata una forte convergenza tra il pensiero socialista e il pensiero cattolico che hanno
sviluppato l’idea di dignità. Per cui verso la seconda metà dell’800 emerge l’idea di dignità come qualcosa che
va protetto nei confronti dei privati e nei confronti dei poteri pubblici. C’è una consapevolezza che la dignità
abbia uno stile binario: fare una cosa contro la dignità svilisce me, non solo la persona che subisce l’abuso.
Questo è un punto importante che farà capire come si sviluppa la privacy.
La prima volta che si parla di dignità modernamente è in una legislazione francese della prima metà dell’800 in
cui si chiariva la schiavitù. Prima viene vietato il traffico di schiavi e poi, verso la metà del secolo, in nome della
dignità viene vietata la schiavitù. La Gran Bretagna lo aveva già fatto in Inghilterra, mentre l’aveva consentita
nelle colonie, a inizio ‘700. C’è una sentenza che dice: “Non ci può essere schiavitù nel Regno di Inghilterra, ci
può essere in America”. Il primo contributo all’idea di dignità è proprio esattamente il trattamento degli
schiavi.

Se prendete il tema del diritto dell’Unione Europea troverete riferimenti innanzi tutto al tema della dignità
prima che della privacy. La cultura continentale europea, e anche sovranazionale che poi è confluita nel diritto
dell’Unione Europea, risente di quella cultura della dignità. Come sapete in base al diritto dell’Unione Europea
c’è l’obbligo di aprire i mercati. La libertà di stabilimento e la libertà di iniziativa economica è su base ormai
europea, un’attività che voi svolgete in un paese deve poter essere svolta in qualunque altro paese, a meno che
non ci siano ragioni particolari.

Esempio tipico: la liberalizzazione degli oppiacei nei Paesi Bassi. Nei Paesi assi è possibile acquistare sostanze
stupefacenti mentre in Belgio e Germania no. Questo ha richiesto una particolare conservazione di quel
mercato oltre che una tutela di quelle frontiere. La norma generale è che sei voi aprite un’attività qui potete
aprirla anche in un altro paese.

Caso Laser game


C’era una ditta britannica (Omega) che aveva attivato una serie di stabilimenti dove si giocava a laser game.
Questa azienda britannica stava pensando di aprire un luogo ludico a Bonn in Germania, che all’epoca era la
capitale della Germania occidentale. La municipalità di Bonn però lo vieta per ragioni di sicurezza e di ordine
pubblico. La ditta agisce contro il divieto lamentando della violazione della libertà di stabilimento. La normativa
sulla sicurezza inoltre risultava comunque rispettata, non venivano utilizzate armi vere. La cosa finisce di fronte
la corte di giustizia dell’Unione Europea. La Germania tira in ballo la tutela della dignità umana e sostiene che
l’ordinamento tedesco e l’ordinamento all’epoca comunitario, cioè dell’Unione Europea, tutelano la dignità
umana e che la Germania, per la sua comprensione della dignità umana ritiene disdicevole giocare ad
ammazzare la gente (Playing at killing). Potete immaginare il valore addizionale che aveva il fatto che tutto
fosse avvenuto in Germania. “Ci teniamo alla dignità, non vogliamo giocare alla vita delle persone, non
vogliamo alcuna ridicolizzazione della vita e dell’esistenza umana”, era qualcosa di significativo. La questione
arriva di fronte alla Corte di Giustizia Europea, la quale ha da un lato la libertà di stabilimento che è una libertà
fondamentale, dall’altro ha l’evocazione della dignità umana.

A favore di Omega: Non è vera guerra e in secondo luogo dovresti vietare anche tutti i film violenti e altro. Fa
più paura un gioco che le armi vere? È impressionante. Chi decide di giocare decide di sviluppare questa attività
coscientemente, quindi non è una vittima. Le persone sono consapevoli sia un gioco e non la realtà.
Contro Omega: Può portare all’istigazione. La Germania deve mantenere una certa immagine rispetto al suo
passato. Inoltre, certo ci sono i film e i fumetti in cui la gente si ammazza, ma qui la gente imbraccia un fucile.
C’è un coinvolgimento e partecipazione che è imparagonabile rispetto alla passività rispetto alle armi. Le armi
funzionano per difesa, non nascono per essere utilizzate male. Un gioco basato sull’uccisione e un gioco che
introdotta dall’azienda per fare lucro basato sull’uccisione, è ancora peggio. Tu metti in scena la morte
violenta, quindi lo celebri. Tutto ciò è vietato sia dal punto di vista ludico che politico
Risposta della Corte di Giustizia
ha dato ragione alla Germania: “non è incompatibile con la libertà di stabilimento argomentare sulla base della
dignità umana. È comprensibile una limitazione sulla base della dignità umana”. Il problema ulteriore che
aveva la Corte era che non poteva neanche dire che il gioco fosse contro la dignità umana. Sarebbe stato
come dire ai britannici che non hanno dignità, perché in Gran Bretagna era consentito. ma potete immaginare
che dietro l’idea di dignità umana ci sia un’idea universale che tutti hanno una dignità. In Gran Bretagna si può
fare e in Germania no? Che senso ha? Allora la Corte afferma che dentro la comunità europea c’è una pluralità
di comprensioni della dignità umana. Ciascuno riconosce che esiste, fin dove questo arriva c’è differenza da
ordinamento ad ordinamento. Dobbiamo accettare che alcuni ordinamenti la riconoscano anche in un aspetto
come un gioco mentre altri no. Per cui va riconosciuto il diritto della Germania a vietare ciò che lei ritiene una
lesione della dignità umana. Non sto dicendo che questa è la risposta giusta, ma è quella che ha dato la Corte
di Giustizia.

Da un lato il diritto dell’Unione Europea è sensibile al tema e riconosce una varietà di concezioni della vita
umana. Alcune molto lontane da noi, possiamo comprenderne le ragioni ma non condividere le soluzioni.
Ciascuno di noi potrebbe dire “capisco la Germania ma il divieto è sproporzionato”. Questo è il
riconoscimento del fatto che c’è una varietà di percezioni della dignità umana che però non sono
incomparabili, si capisce che c’entra, però si ritiene che sia eccessivo un suo coinvolgimento. Queste persone
esprimevano non solo un consenso ma anche un’iniziativa. Potete immaginare che alcune cose violino la nostra
vita perché ci sono imposte. Se qualcuno ci dicesse che cosa dobbiamo fare nella vita di lavoro, chi dobbiamo
sposare, con chi dobbiamo convivere, come dobbiamo convivere ci darebbe fastidio perché starebbe entrando
nella nostra vita privata e non starebbe rispettando la mia dignità di essere capace a prendere decisioni. Ma qui
siamo ad un passo addirittura ulteriore, la Corte riconosce che la dignità da un lato può vietare allo stato di
imporre certe cose ma può anche limitare l’individuo a fare certe cose. Non solo ho delle protezioni nei
confronti dei pubblici poteri, cioè lo stato non può impormi una certa cosa, ma ho anche alcuni divieti che
possono giungermi dalla dignità umana.

La dignità non è solo uno strumento che protegge me dagli altri o dai poteri pubblici, ma può essere uno
strumento che protegge me da me stesso. Non si possono ad esempio vendere organi, nemmeno i propri. Io
posso donare un organo ma non posso venderlo, nemmeno volontariamente e nella mia totale volontà di
decidere di venderlo. Alcune cose non posso farle, dipende da ordinamento a ordinamento ma c’è
profondamente innestata dentro l’idea della dignità umana, esiste una dimensione di indisponibilità.

Caso Megan
Sono famose delle sentenze francesi che vietavano di dare certi nomi ai figli, c’è un caso famoso di una
bambina, la volevano chiamare Megan e lo stato ha detto di no, perché la bambina faceva di cognome Renault
e l’idea di darle il nome di una macchina veniva ritenuto una vilificazione della dignità di quella bambina.

Dagli anni ‘90, soprattutto grazie alla mescolanza tra la cultura giuridica americana e europea, penetra l’idea
di privacy. Dentro all’idea di privacy c’era un’idea di sfera lasciata a me stesso. Questa idea penetra dentro
l’idea della dignità per cui la dignità umana diventa, nelle sentenze delle corti europee, sempre meno qualcosa
di intoccabile da chiunque, anche dal sul titolare, e diventa sempre più un’area di autodeterminazione. In
alcuni aspetti dignità, autodeterminazione e privacy diventano concetti intercambiabili.

Autodeterminazione
L’interruzione della gravidanza nasce negli Stati Uniti come diritto alla privacy, poi diventerà diritto di
autodeterminazione della donna.
Il tema dell’autodeterminazione della dignità è complesso per un’ambiente costituzionale che ha concepito la
dignità come intoccabile, cioè il fatto che io possa decidere se cessare la mia vita a certe condizioni, da alcuni è
sposato, da è avversato perché si dice “ma la dignità è intoccabile, non puoi decidere che la tua vita non è più
degna.” Dentro l’idea secondo cui a certe condizioni una persona può finire la sua vita, sta l’idea che certi modi
di vivere non sono degni, cioè che non tutti hanno la stessa dignità e questo costituzionalmente non è
ammissibile.
i dibattiti che vedete sono legati al fatto che dentro la dignità c’è moltissimo, perché uno può naturalmente
dire dall’altro lato “è contro la mia dignità che tu mi imponga di continuare a vivere se io non voglio più”. Sono
due letture diverse dello stesso concetto.

Il riconoscimento dei matrimoni, alcuni hanno parlato di autodeterminazione, altri hanno detto dignità. Nel
caso del matrimonio non c’è tanto in gioco il riconoscimento di una tutela della relazione, normalmente è
associato al riconoscimento pubblico, non solo alla tutela della relazione. Quando chiedo di sposarmi per gli
ordinamenti normalmente non chiedo di autodeterminarmi, chiedo che il mio legame con un’altra persona, sia
pubblicamente riconosciuto. È più difficile dire “è autodeterminazione”, quando dico alla società che devo
sposarmi non sono affari miei, sto dicendo alla società di riconoscere nella mia scelta.
Sono due idee diverse, non sono necessariamente in contrasto. Quindi c’è dentro l’idea di dignità non solo
l’autodeterminazione, ma c’è anche l’idea del bisogno di un riconoscimento.

La cultura anglosassone, in particolare americana, è invece diversa.


Privacy, autodeterminazione e dignità sono concetti legati e vengono utilizzati insieme, ma hanno degli atti
diversi cioè non è detto che vogliano dire sempre la stessa cosa.
La differenza si vede nei casi, ci sono culture che sono molto legate al tema della dignità che sono refrattarie a
riconoscere alcuni diritti e altre che sono legate alla cultura della privacy che sono invece più aperte a
riconoscere questi diritti. Il concetto di diritti indisponibili è il concetto di un diritto di cui non può disporre
nemmeno il soggetto. Alcune culture hanno una concezione di diritti indisponibili più ampia di altri, negli Stati
Uniti è vietato farsi schiavi ma alcune cose non sono indisponibili, un esempio è l’identità.
Nel nostro ordinamento un nome ve lo portate dietro, è consentito il cambiamento di nome solo nel caso di
cambiamento di sesso per allineare il genere con il nome. Questo perché il nome attiene all’identità ed è
indisponibile.
Questo significa che dentro l’idea di autodeterminazione c’è una sfera che cambia moltissimo da un ambiente
all’altro

Se il mio diritto è disponibile, se il mio spazio di indisponibilità è ridotto e quindi dispongo di più, posso cederlo
giusto? Quale l’unica condizione alla quale posso cederlo? Se la cosa è indisponibile non posso cederla, ma se io
posso decidere cosa farne e la cedo.

L’idea di consenso è pervasiva nella cultura americana, cedo qualunque cosa con il consenso. Apro un sito
americano, fuori dall’UE, e mi viene fuori “guarda che stai cedendo i tuoi dati”.
Il consenso consiste nel farti sapere che stai cedendo i tuoi dati. È un tema, quello dell’indisponibilità, che a
seconda della sua ampiezza da molto meno / più spazio al consenso, che se non posso disporla, nemmeno con
il mio consenso posso vederla.
Cosa succede quando uno muore? non sono completamente libero di decidere la mia successione, nel caso in
cui io abbia famiglia una parte di beni vanno a loro, e non posso decidere di togliere ai miei famigliari tutto
della mia successione. Anche qui c’è un aspetto di indisponibilità, non posso disporre totalmente delle mie
sostanze. Ci sono due idee diverse, potete considerare tutto questo come una limitazione della libertà o di una
protezione, persino da voi stessi.

Risposta a domanda chat: Se il caso Omega si fosse svolto qui sarei sceso in piazza, l’ho fatto. Se l’Italia avesse
sostenuto questo l’avremmo vinta, come l’ha vinta la Germania, e non l’avremmo vietata.

Articolo caso Clearview


Clearview: preleva miliardi di volti nel web nel social network. Ogni volta che vi fate una foto e la postate in un
social network siete potenzialmente catturabili da Clearview. Poi connota i dati, e se appaiano molti simili
individua le occorrenze. Veniva usata dalle agenzie governative, il caso è diventato molto importante per
questo. La logica di Clearview è “io raccolgo immagini che sono disponibili nel web, non vado dentro casa delle
persone”,

Se una persona esce da un ospedale e viene catturata dalla telecamera, abbiamo un database di immagini,
intelligente, che cerca delle corrispondenze, e abbiamo delle persone che si muovono e vengono catturate in
delle immagini. Perché è un problema? Non è il problema di come vengono raccolte le immagini ma di come
vengono utilizzate. Non c’è stato un consenso esplicito, ma loro dicono giustamente “eh ma sono online”.
Le persone non sanno come vengono utilizzate le immagini perché naturalmente non si conosce l’algoritmo.
Il software può avere un bias ma l’altro aspetto importante è quello che dice l’articolo, cioè che le immagini
delle persone che vengono utilizzate, sviluppando un sistema di sorveglianza in assenza di consenso.
La cosa interessante è che forse la mentalità europea direbbe che non puoi nemmeno processare tutte quelle
immagini, il problema non è se ti riconosco ma chi sei tu per raccogliere tutte quelle immagini e processarle? È
questo il più grosso problema. L’utilizzo di svariati dati per associare l’identità ad una persona è un trattamento
di dati. Rientra già nella tutela della privacy.

IA e privacy
l’impatto dell’intelligenza artificiale nel campo della computer vision sta diventando un problema reale perché
trattiamo l’idea che si possa sapere dove sei in qualunque momento, la Cina per esempio ha 400 milioni di
telecamere installate. Ma prima ancora di capire dove sei, il sistema fa un’immagine di te, raccoglie un
database su di te, acquisisce delle informazioni su di te e le mette insieme. La mentalità di fondo è che quello
che tu hai reso pubblico, mettendo la foto su Instagram, TikTok, Facebook o persino per strada, non puoi dire
che è privata per la privacy.
Ciò non toglie che l’ordinamento americano possa vietarlo, ma non è un diritto costituzionale. In Europa ha più
a che fare con la dignità della persona, essere continuamente controllati, anche solo tracciati (non nel senso
che ti identifico, ma che raccolgo un’immagine di te) è un tema. Ha a che fare con la posizione dei pubblici
poteri e poteri privati che sta mettendo insieme le nostre biografie, pensate che una cosa che diventa pubblica
poi fa parte della vostra biografia anche se volete cancellarla. Ci sono alcune sentenze che sono uscite finora
che riguardano proprio l’Artificial Face Recognition, e c’è moltissimo dibattito.

Un esempio, due giorni fa è stata licenziata da Google Timnit Gebru (donna etiope). Era una ricercatrice si
occupava di Artificial intelligence and Etics. Sosteneva che fosse necessario aumentare l’eguaglianza di genere e
di razza nella tecnologia e questo significava che le imprese dovessero assumere più persone provenienti dalle
minoranze. Ha scritto un paper su questo, tuttavia avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione a Google per
scriverne uno, e quindi è stata licenziata. È stata una delle prime a mostrare come gli algoritmi (compreso
alphabet, l’algoritmo di Google) fossero discriminatori, e quindi questo è un tema assolutamente attuale e ha a
che fare con la capacità della intelligenza artificiale di raccogliere informazioni.

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