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DIRITTO

DELL’
AMBIENTE
Lezione del 11-03-2022
Tra i primi articoli della Costituzione abbiamo art.9 che dice: La Repubblica Tutela L’Ambiente.
La Costituzione è al disopra della legge che servono che servono ad attuare la Costituzione.
Il nostro è un Ordinamento multilivello i cui soggetti sono lo Stato il quale è titolare di diritti, poteri,
obblighi, rapporti di credito e debito, ……..
I poteri in un Ordinamento sono 3: Giudiziario (lo esercita la Magistratura), Legislativo (lo esercitano i
Ministri con i Decreti Ministeriali, la Camera, i Decreti del Presidente della Repubblica, Decreto Legislativo,
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e le Leggi delle Regioni), e il Potere Esecutivo consiste nel
dare esecuzione alle leggi approvate dal Parlamento.
Il nostro sistema è un sistema Parlamentare, un Sistema Democratico a Democrazia Indiretta, perché il
popolo è titolare del potere ma lo esercita attraverso i suoi rappresentanti con le elezioni (a volte può essere
diretta attraverso i Referendum).
La Legge Regionale ha la stessa importanza della Legge Statale, infatti, secondo la Piramide delle Fonti
abbiamo:
- Al vertice abbiamo e sullo stesso livello Costituzione, Diritto Europeo e Diritto Internazionale
- Al secondo livello abbiamo le Fonti Primarie: le leggi dello Stato e sullo stesso livello le Leggi
Regionali (per sapere quando avere le leggi regionali o statali la Costituzione individua dei Criteri
per dipartire le leggi, tra cui le competenze), accanto alle Leggi abbiamo i Decreti Legislativi (Atti
aventi forza di Legge), i DPR, i Decreti Leggi (servono in situazioni di emergenza ed è di
competenza del Parlamento in quanto parte dal Governo e termina con il Parlamento)
Scendendo al terzo livello abbiamo le Fonti Secondarie: i Regolamenti che possono essere del Comune, della
Regione e del Ministero poi abbiamo il Decreto Ministeriale (DM, DPCM).
La Legge Regionale prevale sul DPCM sempre in base a dei criteri.
Le Fonti Secondarie devono essere abilitate sempre dalle Fonti Primarie attraverso almeno un Decreto Legge
che abiliti, il Sindaco, il Comune o i DPCM.
Nella Costituzione Stato e Repubblica non sono sinonimi.
Chi legifera in materia di Paesaggio?
Il Paesaggio spetta alle Regioni perché nella Legge 117 - 2° comma nell’elenco delle materie che spettano
allo Stato non è scritto il Paesaggio; quindi, secondo il 4° comma ciò che non si trova nell’elenco del 2°
comma spetta alle Regioni ma non è proprio così. Infatti, in Italia abbiamo il Codice del Paesaggio che è un
Decreto Legislativo n° 42 del 22/01/2004, una Fonte dello Stato quindi un Atto avente forza di Legge e si
chiama Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.
A questo punto si è andati dinanzi alla Corte costituzionale che ha usato il criterio che l’Ambiente non è solo
una Materia ma anche un Valore, ci possono essere materie che non sono materie perché parte di altre
materie. Il Paesaggio, quindi, può essere collegato ad una o più materie, tipo Ambiente, Turismo o
Urbanistica chiamato oggi Governo del Territorio e si trova nel 3°comma art.117.
Le materie che si trovano nel 3° comma si dice disciplina la podestà concorrente, dove la Regione legifera
ma secondo i principi dello Stato cioè linee guida uguali a tutte le Regioni; mentre nel 2° comma è lo Stato a
legiferare e nel 4° comma sono solo le Regioni a legiferare.
È stata avanzata un’altra tesi il Paesaggio può essere accostato ai Beni Culturali perché nell’art.117 comma 2
lettera S c’è scritto Tutela dell’Ambiente dell’Ecosistema e dei Beni Culturali; quindi, siccome i Beni
Culturali si trovano nel comma 2 sono legiferati dallo Stato lo stesso vale per il Paesaggio.
Con il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio il legislatore unisce i Beni Culturali al Paesaggio questo
perché dietro al Paesaggio c’è cultura, perché per Paesaggio è la storia delle interazioni tra uomo e natura il
cui risultato ha valore identitario quindi si guarda al Paesaggio con una concezione e valore culturale.
L’autorizzazione Paesaggistica a chi va chiesta? Alla sovraintendenza cioè allo Stato? Oppure alle Regioni o
Comuni?
Lezione del 18/03/2022
I Decreti leggi e i Decreti Legislativi sono disciplinati dalla Costituzione Art.76 e77 della Costituzione.
L’Atto finale viene adottato dal Governo e non dal Parlamento anche se in questa vicenda interviene anche il
Parlamento ma come e quando?
Si ricorre al Decreto Legislativo quando bisogna regolare in maniera organica e di aggiornare determinati
fattori tecnici e quindi complessi, nel quale si ritiene che il Governo abbia le competenze, come i Ministeri,
tutto questo previa Legge Delega del Parlamento (in poche parole l’iniziativa non può essere presa dal
Governo). Nella Legge Delega troviamo scritto l’oggetto (Parlamento da delega al Governo ad es.
Aggiornare, razionalizzare, ecc. la normativa su…), ma non basta solo l’oggetto la Costituzione dice che il
Parlamento dovrà determinare i principi ei criteri direttivi.
Il Decreto Legge viene adottato in casi straordinari, di necessità e urgenza (es. pandemia), entra
immediatamente in vigore, in pratica viene predisposto e immediatamente pubblicato. Si interviene con delle
norme le così dette Fonti Primarie. Il Parlamento ha un ruolo importante quello di confermare il Decreto
Legge con la Legge di Conversione del Decreto Legge, quindi ci deve essere sintonia tra Governo e
Parlamento con una solida maggioranza che sostiene il Governo. La Legge di Conversione del Decreto
Legga deve essere approvata dalle camere entro 60 gg dall’entrata in vigore del Decreto Legge e se non
viene convertito a causa della scadenza dei 60 gg o per mancanza della maggioranza il Decreto legge perde
di efficacia fin dall’inizio ma comunque in quei 60 gg ha prodotto degli effetti come regole, sovvenzioni e
fondi. In questi casi i fondi o le sovvenzioni di regola dovrebbero essere restituiti ma la Costituzione ha
previsto questa eventualità e ci dice che il Parlamento può approvare una Legge che fa salve le regole e i
fondi o le sovvenzioni attuate nei 60 gg.
Scendendo abbiamo le Fonti Secondarie sono possibili in quanto previsti dalla Costituzione o dalle Fonti
Primarie, per esempio il Regolamento Comunale. Nelle Fonti Secondarie troviamo Regolamento Regionale,
Regolamento Comunale, Regolamento Ministeriale, Decreti Ministeriale (Decreti approvati dal Ministro
come ad es. dal Ministro dell’Ambiente per la fissione di standard sui limiti di emissione atmosferica e in
acqua) e i DPCM i Decreti del Presidente del Consiglio.
Scendendo nello Specifico dell’Ambiente parliamo di Fonti di 1° Livello o Super Primarie, infatti, il diritto
ambientale nasce a livello Internazionale (che troviamo appunto nelle Fonti di 1° Livello) e dagli anni’80
anche come Diritto Ambientale Europeo.
La Costituzione Parla di Ambiente con gli Art.9 e 41 dove nel mese di febbraio del 2022 vi è stata una
riforma dove si introduce formalmente un riferimento all’Ambiente.
Fino all’anno scorso tranne che per l’art.117 nei primi articoli della Costituzione dove sono sanciti i principi
fondamentali e i diritti dei cittadini non si parlava di Ambiente.
Il Legislatore, allora, è intervenuto nell’art.9 (quindi nei principi fondamentali) e nell’art.41 (che parla di
iniziativa privata che oltre a dare benessere all’imprenditore lo da anche alla collettività) con l’inserimento
del limite all’iniziativa economica privata (oggi di parla di tutela dell’ambiente).
Pensiamo alla proprietà privata art. 42 la Costituzione riconosce la proprietà privata come oggetto di un
diritto cioè se ad esempio io ho un terreno lecitamente posso farne quello che voglio, ma la Costituzione
continua dicendo che la proprietà privata può essere limitata da una legge in nome di finalità sociali o di
pubblico interesse come i vincoli: vincolo paesaggistico, vincolo forestale, vincolo idrogeologico, vincolo
storico-artistico, vincolo ente-parco ecc. Anche se l’art. 42 non fa nessun riferimento all’Ambiente
trattandosi però di u articolo con finalità sociali e di pubblico interesse, i vincoli si giustificano e sono
conformi anche nell’art.42. L’art.9 e 41 fanno riferimento esplicito, mentre l’art. 42 può essere limitato per
interessi ambientali, tra i diritti poi abbiamo l’art.32 DIRITTO ALLA SALUTE DEI CITTADINI; infatti, lo
Stato deve garantire un sistema sanitario pubblico (Ospedali, Farmacie, esenzioni ecc.). L’art. 32 è stato
invocato per riconoscere copertura Costituzionale all’Ambiente. Quindi l’Ambiente ha Copertura
Costituzionale attraverso l’art. 9 perché parla di Paesaggio (la Repubblica Tutela il Paesaggio) e la Corte
Costituzionale ha detto che il Paesaggio è manifestazione dell’Ambiente visibile che ha un certo pregio e
attraverso l’art.32 (Diritto alla Salute dei Cittadini). Anche se non c’è riferimento all’Ambiente vi è stato uno
sforzo della Corte Costituzionale che ha detto che sulla salute dei cittadini incide anche l’Inquinamento
Ambientale, a questo si è arrivato attraverso lo studio delle cause che porta al diritto della Salute dei
Cittadini; questa è la connessione tra l’art.32 e l’Ambiente.
L’art.9 – art.32 sono articoli classici della costituzione che dimostrano la rilevanza della Costituzione che
cita l’ambiente.
L’art.117 è una norma della Costituzione che cita l’ambiente, l’articolo prosegue dicendo: con la podestà la
funzione legislativa spetta allo Stato e alle regioni ma quando allo Stato e quando alle Regioni?
C’è lo dicono i comma 2,3,4.
L’art.117 al comma 2 ci dice quali sono le materie che spettano in via esclusiva allo Stato: la Difesa dello
Stato, la Moneta, la Sicurezza Pubblica, la Cittadinanza, le Relazioni Internazionali, il Diritto Privato, il
Diritto Penale, la Giustizia, ecc. ma anche la Tutela dell’Ambiente, la Tutela dell’Ecosistema e dei Beni
Culturali.
L’art.117 è stato modificato con la Riforma Costituzionale del 2001.
L’art.117 comma 3 detto Podestà Concorrente, qui troviamo un elenco di materie che spetta alla podestà
concorrente cioè a stato e Regione, dove la Regione fa le leggi ma secondo i Principi Statali. In questo caso
abbiamo leggi che valorizzano l’Ambiente e i Beni Culturali.
Il 4° comma detto Podestà Residuale o Esclusiva Regionale, questo comma ci dice che tutte le materie non
elencate nel 2° e 3° comma spettano in via esclusiva alla Regione.
Quindi deduciamo che le leggi in materia Ambientale spettano allo Stato.
Le Regioni possono intervenire nell’ambito delle proprie competenze perché l’ambiente è anche un valore e
in quanto valore deve essere tutelato da tutti i soggetti Pubblici perché è un interesse trasversale c’è lo dice
chiaramente l’art.9 della Costituzione che incomincia con:” La Repubblica” che è l’insieme dei soggetti
pubblici ciascuno con le proprie competenze.
Le Regioni, secondo l’art.9 della Costituzione può intervenire a tutela dell’ambiente purché la norma che va
modificare la legge costituzionale sia migliorativa e quindi rafforzativa.
Le origini del Diritto Ambientale nascono a livello di Diritto Internazionale, quindi, è una questione
internazionale che ha inizio negli anni ’70.
Con il boom economico degli anni’60 abbiamo effetti sull’ambiente e lentamente viene portato all’attenzione
delle organizzazioni internazionali come l’ONU che procedono con la Dichiarazione di Stoccolma del 1972,
primo atto quello iniziale ufficiale del Diritto dell’Ambiente, detta Dichiarazione sull’Ambiente Umano,
dove, si mette in evidenza come l’uomo sia titolare di un diritto fondamentale alla tutela dell’ambiente che
gli consenta di vivere in un ambiente che gli fornisca dignità e benessere anche per le generazioni future.
Nella Dichiarazione di Stoccolma vi è un principio detto principio di Uguaglianza e Reciprocità dove la
tutela oltre che a essere di competenza degli Stati lottando in modo uguale sulla questione ambientale
devono comunicare, confrontarsi e cooperare tra loro.
Una tappa fondamentale si avrà 15 anni dopo con il Rapporto Brundtland dal nome del Primo Ministro
Norvegese.
Questo rapporto è importante perché per la prima volta si individua il paradigma che va seguito nell’azione
pubblica.
Il Rapporto Brundtland fa un passo in avanti rispetto alla Dichiarazione di Stoccolma dove ci dice che
l’Ambiente è oggetto di un diritto e di un dovere e che gli Stati devono intervenire da soli o in cooperazione,
ma come?
Il Rapporto Brundtland fa un passo in avanti introducendo la formula dello Sviluppo Sostenibile, che si pone
al centro tra 2 opzioni contrapposte, l’opzione per garantire la sopravvivenza del pianeta dove bisogna
fermarsi con lo sviluppo economico detta Opzione 0; l’altra opzione è quella dello Sviluppo economico da
proseguire secondo i classici canoni dell’economia, perché dietro allo sviluppo economico c’è anche il
benessere della collettività.
Lo Sviluppo Sostenibile lo troviamo per la prima volta con il Rapporto Brundtland nel 1987 in un atto
normativo, il quale dice che lo sviluppo è sostenibile quando è in grado di soddisfare i bisogni del presente
senza compromettere la capacità delle future generazioni di soddisfare i propri bisogni, quindi, abbiamo uno
sviluppo che non piò essere illimitato e che deve tenere conto delle generazioni future.
Nel 1992 abbiamo un’altra conferenza quella di Rio de Janeiro la cui discussione sarà su Ambiente e
Sviluppo dove viene ribadito che la questione Ambientale è globale ma mette in evidenza la componente
sociale della questione ambiente.
Il concetto di sostenibilità si declina in sostenibilità ambientale, sociale ed economica, la Dichiarazione di
Rio enuclea la componente sociale, la sostenibilità ambientale può essere affrontata solo se si affronta anche
la questione della distribuzione delle risorse tra le popolazioni del mondo e l’eliminazione della povertà è
requisito indispensabile per lo sviluppo sostenibile.
Preliminare alla questione ambientale vi è quello sociale, la Dichiarazione di Rio dice che tutti gli Stati
hanno responsabilità comune rispetto alla questione ambientali, ma differenziata chi inquina di più a
maggiore responsabilità e la sua azione dovrà essere maggiore.
La Dichiarazione di Rio è importante anche perché introduce dei Principi; prima gli atti internazionali erano
delle mere dichiarazioni ad effetti giuridici ma che richiedevano di essere tradotti, serviva allora un ulteriore
strumento che serviva a guidare gli Stati e le organizzazioni internazionali nelle iniziative a tutela
dell’ambiente, questo strumento è il principio.
Altra caratteristica del Diritto Ambientale è che si tratta di un diritto di Principi, principi che poi devono
essere tradotti, recepiti dalle leggi dalle norme specifiche ma allo stesso tempo danno delle linee di indirizzo
ben precise.
Per esempio nella dichiarazione di Rio si parla per la prima volta del Principio di Precauzione siamo nel
1992, Principio importantissimo che ci dice che il soggetto pubblico deve intervenire anche quando non
abbiamo la certezza scientifica del nesso tra un certo comportamento e un certo effetto, nel dubbio bisogna
sempre intervenire non si possono aspettare i tempi della scienza.
Diverso è il Principio di Prevenzione, il quale ci dice che non bisogna assumere una certa condotta perché ci
porta a delle conseguenze per questo motivo si vieta quel tipo di comportamento.
Nel 1997 abbiamo il Protocollo di Kyoto, sostituito poi dall’Accordo di Parigi nel 2015.
Il Protocollo di Kyoto fa Riferimento alla riduzione delle emissioni inquinanti correlata ai cambiamenti
climatici. Fino ad ora abbiamo avuto delle dichiarazioni fatte di principi, affermazioni e paradigma che poi
avranno bisogno del recepimento con atti internazionali o sei singoli Stati membri. Il problema e l’effettivo
valore giuridico, questo è il problema delle prime dichiarazioni, che se non vengono applicate non vi sono
conseguenze.
Quindi con il Protocollo di Kyoto è importante perché cambia qualcosa si comincia a pensare a Atti di
Diritto Ambientale Internazionale che producono direttamente degli effetti giuridici che prevedono degli
obblighi giuridici ben precisi e si pongono anche degli obbiettivi ben precisi quantificati nella riduzione delle
emissioni inquinanti.
Il Protocollo di Kyoto prevedeva la riduzione dei gas serra entro 5 anni, poi passato a 15 anni fino al 2012 e
poi prorogata fino al 2015 anno della sua decadenza con una riduzione del 5.2% dei gas inquinanti. Il 5.2%
non è altro che la media delle percentuali degli Stati aderenti; infatti, gli Stati aderenti non avevano tutti gli
stessi obbiettivi, gli Stati in via di sviluppo avevano una percentuale più alta come il Giappone che aveva il
6% come obbligo di riduzione. Al 2012 si è arrivati attraverso varie proroghe derivanti da varie conferenze
come quella di Copenaghen, Doa, ecc. fino ad arrivare ad accantonare il Protocollo di Kyoto, a favore di
un’altra conferenza ONU nel 2015 a Parigi, denominato appunto Accordo di Parigi (da notare che non vi ha
partecipato la Russia, Cina e India e gli USA non hanno firmato).
Nell’Accordo di Parigi abbiamo alcune disposizioni simboliche come il 22 Aprile giornata della Terra.
In questo Accordo si parla della necessita di ridurre la produzione di ossido di carbonio e di mantenere il
riscaldamento globale entro i 2°C, per poi arrivare nella seconda metà del XXI sec. A quantità di
inquinamento pari a 0. Gli Stati Membri oltre che alla sottoscrizione dell’Accordo poi ogni singolo Stato
attraverso il proprio legislatore deve ratificare le condizioni dell’Accordo di Parigi. A ratificare devono
essere almeno 55 Paesi che rappresentano il 55% delle emissioni mondiali, obbiettivo che è stato raggiunto
in meno di un anno.
L’Accordo di Parigi è ancora in vigore e si ispirano Atti più recenti di Diritto Internazionale ma anche di
Diritto Europeo, come l’Agenda dell’ONU approvata nel 2015che riformula il quadro delle 3 dimensioni
dello Sviluppo Sostenibile ma ancora in tempi più recenti nel 2019 l’Atto Europeo il Green Deal Europeo il
nuovo patto verde.
Entrambi i documenti partono dall’Accordo di Parigi dove il quadro di riferimento è globale, si parla di
povertà, degrado dell’ambiente, crisi sanitaria, emissioni, ecc., una serie di questioni che compongono i 17
obbiettivi o detti anche GOAL. Lo stesso fa il Green Deal Europeo.
LEZIONE DEL 25/03/2022

QUADRO LEGISLATIVO (TERMINI GENERALI); SISTEMA DELLE


REGOLE, DIRITTO DELL’AMBIENTE E QUALI SONO LE FONTI.
Il diritto dell’ambiente nasce a livello internazionale perché è un problema globale.
I principi da soli non bastano.
L’agenda 20.30 è un documento adottato dall’ONU nel 2015 ed entrata in vigore nel 2016,
sottoscritto dai 193 paesi dell’ONU, si tratta di un piano di lavoro e obbiettivi il cui limite temporale
è il 2030. Agenda fatta non solo di principi e dichiarazioni ma anche di 17 obbiettivi definiti GOAL
che riguardano lo sviluppo sostenibile.
La concezione di sviluppo sostenibile è più evoluta rispetto al passato perché comprende tre
dimensioni: ECOLOGICA, ECONOMICA e SOCIALE.
Partendo dalle precedenti Dichiarazioni e soprattutto da quella di RIO del’92 dove si mette in
evidenza sia la questione ambientale sia la questione sociale l’Agenda ONU recepisce queste
impostazioni e ritiene che lo sviluppo sostenibile abbraccia più sfide: povertà, cambiamenti
climatici, crisi sanitaria, degrado dell’ambiente; quindi abbiamo una Agenda che si divide in 17
obbiettivi e 169 sotto obbiettivi ben precisi incardinati intorno a 5 elementi fondamentali le 5
PPPPP in inglese People, Planet, Prosperity, Pace, Partnership; obbiettivi che hanno validità
globale.
Quali sono questi obbiettivi?
Sconfiggere la povertà e la fame, la salute, l’istruzione, la parità di genere, energia pulita, le
imprese, innovazione e infrastrutture, il lavoro e la crescita economica, la vita sulla terra, la pace, la
lotta contro il cambiamento climatico, ecc.; mentre i sotto obbiettivi sono per esempio: sconfiggere
la povertà entro il 2030, eliminare la povertà estrema cioè quelle persone che vivono con meno di
1.25 dollari al giorno, ridurre entro il 2030 la percentuale di persone che vivono in povertà ecc. ecc.
Un altro esempio di sotto obbiettivi che riguarda la vita sulla terra o salute e benessere sono: ridurre
il tasso di mortalità materna a meno di 70 per 100.000 nati vivi, entro il 2030 porre fine alla morte
di neonati o bambini al disotto di 5 anni, porre fine alle morti per AIDS, tubercolosi, malaria e altri
tipi di malattia; per quanto riguarda l’istruzione invece assicurarsi entro il2030che ragazzi e ragazze
completino almeno l’istruzione primaria ecc.; per quanto riguarda l’energia pulita , garantire che
entro il 2030 l’accesso universale ai servizi energetici a prezzi accessibili, aumentare il tasso di
efficienza energetica entro il 2030; un esempio sulle città è garantire un alloggio a tutti entro il
2030 o fornire a tutti mezzi di trasporto sicuri e sostenibili, fornire spazi verdi pubblici sicuri ed
accessibili, ridurre l’impatto ambientale della città aumentando la qualità dell’aria e della gestione
dei rifiuti.
In questa direzione si pone anche il Green Deal Europeo, approvato nel 2019.
Anche qui abbiamo obbiettivi ben precisi come ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55%
entro il 2030 e rendere l’Europa il primo continente a impatto 0 entro il 2050;
l’introduzione di tasse sul carbonio su i paesi che non effettuano una diminuzione dei gas a effetto
serra;
Abbiamo anche i target o linee di intervento: biodiversità, agricoltura, innovazione, economia
circolare, ristrutturazione edifici ad efficienza energetica (risparmio).
Il Green Deal Europeo si basa sulle fonti di finanziamento della Next Generation che è la stessa
macrofonte che finanzia i piani nazionali di resilenza.
L’Europa si propone di essere il primo continente ed arrivare ad impatto climatico 0 entro il 2050,
obbiettivo che non è stato codificato nell’accordo di Parigi (in quanto è un obbiettivo abbastanza
ambizioso).
Quando l’Unione Europea nasce, nel 1951 si chiamava CECA (Comitato Europeo per il Carbonio e
l’Acciaio) con l’obbiettivo del carbonio e quindi una condivisione politica sulla produzione di
carbonio, poi si è passata a CEE ed inizialmente erano 6 stati adesso siamo arrivati a 27.
Nel 1957 con il Trattato di Roma i 6 Stati danno vita alla CEE (Comunità Economica Europea) con
la finalità di creare un mercato unico per garantire benessere alla comunità, favorendo un mercato
unico con libertà di circolazione di merci, stabilimenti e lavoratori, con regole uguali.
Negli anni’70 si pone la questione ambientale, dove la CEE non ha i poteri per intervenire
direttamente.
Nel Trattato di Roma c’è una clausola sui poteri impliciti dove i Paesi facenti parte della CEE
possono intervenire anche quando il Trattato non riconosce la competenza, però per i poteri
impliciti può intervenire ogni qualvolta sia funzionale al raggiungimento degli scopi della Comunità
Europea.
La CEE interviene per armonizzare cioè per uniformare le regole in materia ambientale funzionali
allo sviluppo economico in modo da non falsare tra i Paesi membri le regole del mercato.
I primi interventi in materia Ambientale riguardano le emissioni dei veicoli a motori,
l’inquinamento acustico, lo smaltimento dei rifiuti, l’eliminazione degli oli usati, la VIA come
istituto generale introdotto per la prima volta nel 1985 valido per tutti gli Stati membri, per garantire
una parità di trattamento e regole uguali nel mercato.
Nonostante tutto abbiamo ancora una base debole in materia di ambiente.
Nel 1986 con l’ATTO UNICO EUROPEO qualcosa cambia la CEE diventa CE Comunità Europea
e riconosce anche competenze in ambito Ambientale.
Questo Atto è importante perché riconosce una base giuridica esplicita in materia ambientale e
anche perché per la prima volta sono sanciti i principi che dovranno informare la legislazione
successiva, principi di prevenzione, di chi inquina paga, di correzione dei danni alla fonte, principio
di integrazione.
L’ambiente entra tra le competenze della CE ma non tra i principi e le finalità dell’Organizzazione,
operazione che si avverrà con il Trattato di Maastricht nel 1992.
L’ambiente entra nell’articolo 2 del trattato che parla tra gli obbiettivi della CE anche della crescita
sostenibile non inflazionistica e che rispetti l’ambiente.
Con il Trattato di Maastricht la CE diventa UE Unione Europea Politica e Monetaria con la moneta
unica e l’ambiente è una delle finalità, il quadro si completa con il Principio di Precauzione.
*Principio di Prevenzione viene applicato all’istituto delle valutazioni di impatto ambientale (se un
opera è dannosa c’è lo dice la valutazione di impatto ambientale quando l’opera è in fase di
progettazione.
*Il Principio di Precauzione è uno sviluppo del principio di prevenzione perché mentre nel Principio
di Prevenzione la scienza ci dice che quel comportamento procura un danno all’ambiente e quindi
quel comportamento non deve essere eseguito, mentre nel Principio di Precauzione impone un
intervento pubblico anche quando non c’è una certezza scientifica. Il Principio di Precauzione lo
troviamo spesso applicabile vedi esempio della xilella.
Con il Trattato di Amsterdam 1997 in cui nell’art.2 viene introdotto il Principio dello Sviluppo
Sostenibile che riguarda sia lo sviluppo economico che la tutela dell’ambiente.
L’UNIONEEUROPEA procede oggi con una politica specifica di tutela dell’ambiente ma
interviene anche in materia di tutela ambientale in materia trasversale, questo perché l’UE si basa
anche sul principio di integrazione ambientale sancita nell’art.6 del trattato, questo vuol dire che
l’interesse ambientale deve essere tutelato non solo con politiche specifiche (direttive comunitarie,
leggi nazionali specifiche dell’ambiente) ma la tutela dell’ambiente deve essere integrata come
contenuto in tutte le altre politiche dell’UE.
2esempi:
la VAS (Valutazione Ambientale Strategica); che cos’è? E qual è la differenza con la via?
Entrambe sono valutazioni ambientali preventive su progetti scritti sulla carta, però mentre nella
VIA il progetto che deve essere sottoposto a valutazione ambientale preventiva riguarda una singola
opera pubblica o privata (es. TAV, TAP, apertura stabilimenti industriali ecc.) la VAS sottopone a
valutazione preventiva progetti, piani o programmi di più opere come ad es il piano urbanistico
comunale. La VAS si applica a piani non ambientali a tutti gli strumenti di pianificazione ad
eccezione di alcuni. Altri esempi sono gli appalti pubblici, le pubbliche amministrazioni, che sono i
principali committenti, ad esempio la costruzione di un edificio ministeriale e qui l’ambiente entra
in gioco quando si parla di efficienza energetica, dei materiali usati (carta riciclata, ecc.).
Gli appalti verdi sono un altro principio di integrazione ambientale.

DIRITTO NAZIONALE
Parliamo dell’art.117 della Costituzione comma2 lettera S, a livello nazionale imputa la tutela
dell’ambiente al legislatore Statale in via esclusiva.
L’ambiente non è solo una materia scritta nell’art.117 ma è anche un valore, perché la troviamo
scritta nei principi fondamentali. Oggi lo troviamo scrittonell’art.9ve chiunque lo deve perseguire,
ciascuno nelle proprie competenze e quindi anche le regioni.
Una eventuale deroga da parte della normativa Regionale nei confronti della normativa Statale è
giustificata solo se va a migliorare gli standard di tutela ambientale (in questo caso possiamo avere
un legame con il principio di integrazione).
Il punto di partenza è che la materia tutela dell’ambiente sia una materia statale e di fatti come detto
più volte fa riferimento al Testo Unico Codice dell’Ambiente decreto legislativo 152 del 2006. Un
testo più volte riformato attraverso decreti correttivi. Siamo passati nell’arco di 30 anni da uno
stato di anomia (cioè senza norme) a una situazione di ipertrofia normativa con tutti i problemi che
ne consegue cioè troppe norme non chiare e non coordinate e che richiedono uno sforzo di
integrazione e omogeneizzazione, che può essere risolto attraverso la codificazione e quindi averli
in un unico testo con l’obbiettivo di una stabilità dele regole.
Quando si parla di Decreto Legislativo lo ha adottato il governo dietro delega del Parlamento.
Il Decreto 152 del 2006 sarà figlio di una delega del Parlamento che fissa i criteri, ad esempio,
prima l’oggetto e poi i principi.
Quando fu approvato il Decreto 152 del 2006 mancavano alcune norme che furono introdotte
successivamente; infatti, a distanza di 2 anni abbiamo avuto il primo Decreto Correttivo e a distanza
di altri 2 anni il 2° Decreto Correttivo perché ci si è accorti che mancavano delle parti fondamentali:
la definizione dei principi, cioè quali sono? Cosa vogliono dire?
Oggi c’è l’abbiamo.
Il codice dell’ambiente si compone di 318 articoli e 45 allegati ed è ripartito in 6 allegati abbiamo:
1° parte: Disposizioni comuni, è la parte dei principi ed è importante perché sancisce i principi che
informano la Legislazione Nazionale e qui troviamo i principi di prevenzione, integrazione,
precauzione, chi inquina paga, correzione del danno alla fonte, sviluppo sostenibile e altri principi.
Quindi enunciazione dei principi fondamentali.
2° parte: Disciplina di alcuni Istituti detti orizzontali o trasversali, cioè Istituti Generali che valgono
quale che sia il settore ambientale: la VIA, la VAS e l’AIA.
Qui qualcuno lamenta delle lacune come l’esistenza di Istituti Generali che rimangono fuori dal
Testo Unico. Per esempio, abbiamo: l’informazione ambientale a favore dei cittadini che sono un
elemento importante, la coscienza e l’educazione ambientale.
Un altro Istituto Generale che rimane fuori dal Testo Unico sono le Associazioni Ambientaliste
anche se è una disciplina vecchia del 1986. Il tema dell’associazionismo ambientale cioè le
formazioni sociali dei cittadini che decidono di occuparsi di ambiente. Le Associazione
Ambientaliste sono una componente fondamentale dal punto di vista dei soggetti che si occupano di
ambiente.
Il profilo soggettivo viene trascurato dal Testo Unico Codice dell’Ambiente.
Anche la VINCA (Valutazione di Incidenza Ambientale) è fuori dal Testo Unico Ambientale è
fuori, forse perché trattandosi di un istituto che deriva dal diritto Europeo, perché questo tipo di
valutazione riguarda le arre naturali come le zone SIC o ZPS cioè arre protette ma non secondo
normative Nazionali ma Europee recepite poi dal legislatore Nazionale.
Un altro Istituto Generale fuori dal Testo Unico è l’AVA (Autorizzazione Unica Ambientale, anche
se nel 2006 non esisteva risponde ai principi del Codice. È una disciplina che si avvicina all’AIA,
ma ha una sua disciplina che resta fuori dal Testo Unico (diciamo che può essere anche giusto)
perché se l’obbiettivo è quello di mettere in un'unica normativa gli istituti ambientali, anche AVA
che ha la finalità di avere un’unica autorizzazione che va a sostituire una serie di atti autorizzativi
necessari ad intraprendere un’attività economica.
Il legislatore a cercato di uniformare le autorizzazioni senza ridurre i controlli ma unificarli per
semplificare l’attività economica.
Per queste lacune a distanza di più di 15 anni sono sempre più pressanti le richieste di un
aggiornamento se non di un nuovo Codice dell’Ambiente.

3° Parte: DIFESA DEL SUOLO E TUTELA DELLE ACQUE. Viene considerata sia la matrice
suolo che la matrice acqua, da intendere come tutela delle acque dall’inquinamento e acqua intesa
come risorsa idrica per usi umani e quindi gestione delle risorse idriche.
4° Parte: GESTIONE RIFIUTI E BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI
5° Parte: TUTELA DELL’ARIA. Inquinamento atmosferico dovuto alle emissioni in atmosfera.
6° Parte: RISARCIMENTO DEL DANO AMBIENTALE. Le regole per ottenere un risarcimento in
caso di accertato danno ambientale. Il danno Ambientale ha una componente economica ma gli
effetti sono di natura sanitaria, legate alla salute dei cittadini. Prima c’era una difficoltà di
applicabilità del danno Ambientale. Il Codice Civile oggi riconosce il danno ambientale e quindi di
poter accedere a un meccanismo risarcitorio e vengono individuate le regole per poterlo ottenere.
Restano fuori molti ambiti non solo di istituti specifici ma anche di settori come tutte le aree
protette, quindi non abbiamo una disciplina sulle aree protette; la disciplina sui parchi nazionali,
regionali o quello di diritto Europeo, la protezione della flora e della fauna anche al di fuori di
quella che viene protetta non c’è; non c sono alcune forme di inquinamento come quella
elettromagnetica, acustica; gli OGM non vi è nessun riferimento di strumenti incentrati sul
mercato, come ad esempio marchi e certificati ambientali.
Il Codice dell’Ambiente mantiene l’impostazione classica cioè quella di un testo fatto di norme
cogenti, norme vincolanti, norme da rispettare il cui schema è la formula COMMND AND
CONTROL, norme che si traducono in comandi positivi o negativi (ordini o divieti); obblighi di
autorizzazioni, controlli e sanzioni.
E pure esistono altri strumenti che possono creare un mix di strumenti. Obblighi, controlli e
sanzioni non bastano, ci vogliono norme non vincolanti ma che premiano o norme promozionali
come i Bonus ma anche i Marchi Ambientali (come il Marcio ISO 14000 o marchi Europei). Un
imprenditore usa il marchio se vi sono vantaggi, come evitare ulteriori controllivisto che gli ha già
avuti con il marchio.

PIANO AMMINISTRATICO – AMMINISTRAZIONI PREPOSTE ALLA TUTELA


DELL’AMBIENTE.
Partiamo dalla Costituzione.
Qual è l’assetto dei soggetti competenti in materia ambientale? e chi lo definisce? È il legislatore
che non fa solo le regole del funzionamento del settore ambientale ma anche a chi? Quindi ai
soggetti che rifacendosi alla Costituzione dà il criterio che troviamo nell’art.118.
Se l’articolo 117 è l’articolo della costituzione che definisce le regole per quanto riguarda
l’esercizio della funzione legislativa, cioè il potere di fare le leggi, Stato, Regioni; ma quando lo
Stato e quando le Regioni?
Invece l’art.118 riguarda la questione dei soggetti cioè quali soggetti esercitano la funzione
amministrativa, quindi quei soggetti che esercitano gli strumenti definiti dalla legge per la tutela
dell’ambiente.
La legge ci dice per esempio che la VIA è lo strumento che un certo progetto a certe dimensioni
deve essere sottoposto alla VIA, ma da chi viene effettuata? cioè chi rilascia le autorizzazioni?
Quindi il legislatore de ve individuare i soggetti competenti.
Anche in questo caso ci troviamo davanti a una situazione complessa.
La questione ambientale e gli strumenti ebbene che siano esercitati da enti più vicini al territorio o
meglio allontanarsi? Per esempio, l’autorizzazione paesaggistica o l’autorizzazione di impatto
ambientale e bene che siano garantiti dall’ente vicino al territorio o meglio allontanarsi?
Si fanno delle valutazioni come, per esempio, quelle vicino al territorio che conoscono le dinamiche
e le esigenze di quel territorio a livello sia morfologico che collettivo, oppure allontanarsi, perché
gli enti potrebbero essere condizionati da altri interessi, mentre essendo più lontani possono dare un
giudizio più distaccato.
Quindi non c’è una risposta univoca, ma vi è l’imputazione delle competenze tra i diversi soggetti
che si trovano lungo una scala che va da: Stato (con amministrazioni Statali nel nostro caso il
Ministero dell’Ambiente), Regioni (Uffici Regionali, Amministrazione Regionale), Provincia
(Amministrazione Provinciale), Comuni.
Per esempio, per una grossa azienda la VIA la fa lo Stato questo perché il legislatore Statale ha
ritenuto che Comune e Provincia non abbiano le competenze necessarie mentre le Regioni possono
fare la VIA solo per alcuni settori.
Le valutazioni ambientali non sono politiche ma solo tecniche.
Molte funzioni sono imputate allo Stato o alle Regioni non solo per l’imparzialità o neutralità ma
anche per una questione di competenze specialistiche.
L’art.118 della Costituzione inizia con un esordio particolare ovvero: le funzioni amministrative
spettano ai Comuni; quindi, e da qui che dobbiamo partire.
L’art.118 continua e dice che per garantire l’esercizio unitario delle funzioni sulla base dei principi
di Sussidiarietà, Differenziazione e Adeguatezza, le funzioni amministrative possono essere
attribuite alla Provincia, alla Regione e allo Stato in quest’ordine.
Questo articolo è importante perché ci da un ordine di imputazione non casuale.
o Il Principio di Sussidiarietà da priorità agli enti più vicini ai cittadini e cioè Comuni,
Provincia, Regione e Stato. Questo Principio però da solo non basta va ad incrociarsi con gli
altri 2;
o Principio di Differenziazione, è l’opposto dell’uniformità cioè riconoscere agli stessi enti le
stesse funzioni (cioè dal comune più piccolo o quello grande devono avere le stesse
funzioni) mentre con la differenziazione gli stessi enti non avranno le stesse funzioni
(Comuni con pochi abitanti è differente da un comune con molti più abitanti) questo perché
ci sono una serie di caratteristiche o criteri come l’economia, il paesaggio, lerisorse
finanziarie, strumentali ecc.
o Il Principio di Adeguatezza, cioè verificare se l’ente è adeguato a svolgere una determinata
funzione.
Quindi il legislatore parte dall’art.118 prima di imputare le funzioni.
L’ultimo comma dell’art.118 fa riferimento ai privati e ci dice che il legislatore deve promuovere
quei soggetti privati quando tali soggetti siano in grado di garantire attività di pubblico interesse
meglio dei soggetti pubblici,
Pubblico interesse = Amministrazione Pubblica

Privato (se migliore del Pubblico)


Questa equazione è vera ma non esclusiva.
Nell’ambiente abbiamo le associazioni ambientaliste esempio di privato, possiamo prendere per
esempio un Parco Comunale che viene dato in gestione ad una o più associazioni che garantiscono
la vita del parco.
L’art.118 si completa con il 4 comma la così detta Sussidiarietà Orizzontale che in materia
ambientale troverà un importante applicazione con riferimento alle Associazioni Ambientaliste.
RANSIZIONE ECOLOGICA

LEZIONE DEL 01/04/2022


Bisogna imputare le funzioni a un soggetto rispetto che ad un altro, ma la decisione e l’esito di un
procedimento Amministrativo nel quale possono partecipare diversi soggetti (esempio la TAP, dove
comune e cittadini hanno lasciato delle memorie) però solo durante il procedimento potevano
chiedere un dibattito, non dopo quando tutto e in corso d’opera.
Le grandi opere a livello Nazionale è lo Stato a prendere le decisioni.
Durante il procedimento bisogna farsi sentire attraverso i canali ordinari per cercare di influenzare
quanto più possibile la decisione finale da parte delle autorità competenti.
Il controllo a chi viene affidato?

ASSETTO DELLE COMPETENZE


Dal dato normativo possiamo ricavare una serie di funzioni.
i. LO STATO = MINISTERO DELL’AMBIENTE o adesso TRANSIZIONE ECOLOGICA.
_ Una competenza amministrativa dello STATO è la definizione degli standard ambientali, questa è
una funzione amministrativa e cioè i valori di emissione, i valori limite che devono essere rispettati
vengono fissati dallo Stato perché servono competenze scientifiche e perché sono valori che
valgono per tutto il territorio nazionale, ci sono delle esigenze di carattere unitario che giustificano
questa funzione dello Stato.
Anche se l’UE definisce degli standard, permette comunque agli Stati membri di poterli confermare
o modificare.
_ Un’altra competenza amministrativa dello Stato è quella di prendere decisioni sulle autorizzazioni
ambientali:
 Autorizzazioni allo scarico o smaltimento o gestione dei rifiuti nelle aree marine;
 Autorizzazioni alla realizzazione di elettrodotti con una potenza superiore 150 Kw;
 Valutazione impatto ambientale (la VIA) per opere di maggior impatto. Lo stesso dicasi per
l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) per le industrie di maggior impatto, questa
viene rilasciata dallo Stato sempre per il discorso delle competenze scientifiche e della
neutralità.
_ Un’altra funzione o competenza dello Stato riguarda l’istituzione dei Parchi Nazionali (istituzione
di aree protette nazionali) sempre per competenze e neutralità.
A causa dei vincoli che ci sono a livello paesaggistico e urbanistico se c’è da costruire bisogna
chiedere l’autorizzazione all’Ente Parco (ente amministrativo). L’Ente Parco è composto da un
Presidente nominato dallo Stato, poi abbiamo un comitato di gestione (manutenzione, nuove
attività, ecc.), un’assemblea dove vi partecipano lo Stato, la Regione e i comuni.
ii. LA REGIONE
Possiamo identificarla come l’Ente che chiarifica, che fa i piani ambientali.
La funzione principale della Regione in materia ambientale è quella di pianificare.
Abbiamo diversi piani: Piano Forestale, Piano delle Coste, Piano Paesaggistico, Piano dei Rifiuti, la
pianificazione è stata imputata dal legislatore statale quasi sempre a livello regionale.
 Piano di gestione dei rifiuti: la Regione dalla sua visuale (no provinciale e no comunale)
guarda quelle che sono le esigenze del territorio e si chiede in base alla produzione dei rifiuti
quanti e che tipo di impianti servono e quindi pianifica la gestione dei rifiuti, ma non la
localizza infatti la localizzazione spetta alla provincia.
 Piano Paesaggistico: i beni paesaggistici sono le grotte, le coste, le foreste, i boschi, ecc.;
come vengono tutelati? In generale con divieti e attività consentite affinché venga tutelato il
paesaggio, questo e quello che fa il piano paesaggistico.
Il vincolo è una funzione in mano solo allo Stato e alla Regione e non sono semplici, infatti,
bisogna ascoltare le diverse posizioni che possono essere comuni, popolazione ecc..
La Regione ha anche altre funzioni in materia ambientale come le autorizzazioni.
Per esempio: autorizzazione all’apertura dell’impianto di gestione smaltimento di rifiuti; oppure
 L’autorizzazione allo scarico in atmosfera;
 L’autorizzazione per l’apertura di impianti di energia da fonti rinnovabili come le pale
eoliche e i pannelli fotovoltaici;
 Approvazione dei profili di bonifica di siti contaminati;
 La VIA e l’AIA per determinate opere;
Alcune regioni hanno trasferito alcune autorizzazioni alla Provincia.
iii. PROVINCE
Nell’ottica ambientale il legislatore Statale ha imputato all’Ente Provinciale la funzione di controllo
dell’ambiente (non è l’unica ma è la principale).
In ogni provincia e stato istituito un corpo di polizia provinciale che effettua controlli sul territorio.
La Provincia ha la funzione della localizzazione delle aree destinate alla realizzazione degli
impianti dei rifiuti.
La provincia ha il compito di autorizzare gli scarichi non in pubblica fognatura (ma nel suolo).
Questo quadro si arricchisce per iniziativa della Regione trasferendo le autorizzazioni alla provincia
come l’AIA, autorizzazioni a scarico in atmosfera, piano gestione dei rifiuti.
La Regione Puglia con una apposita legge la n°17/2007 ha trasferito alle province le autorizzazioni
per le emissioni in atmosfera, le autorizzazioni per la realizzazione di impianti per la gestione dei
rifiuti. In materia di AIA non ha trasferito la funzione ma il procedimento o l’attività istruttoria.
L’autorizzazione per il rifacimento della fascia costiera.
Il legislatore ha cercato di unificare i comuni ma ci sono delle condizioni come il numero di abitanti
la distanza tra i comuni è la volontà dei comuni coinvolti.
Le province nascono come circoscrizioni dello Stato, mentre il Comune nasce come l’ente che
rappresenta i cittadini.
La Costituzione cita la Provincia come Enti autonomi che hanno lo stesso valore dello stesso Ente.
Prima a capo delle Province c’era il prefetto come rappresentante dello Stato poi con la legge n°142
del 1990 riforma Enti Locali si valorizzano le Province dotandoli di funzioni e di organi di governo
come il presidente della Provincia, la giunta, il consiglio, su modello dei Comuni che i cittadini
dovevano eleggere. Le Province hanno gli stessi valori dei Comuni cioè Enti Locali, infatti turismo,
uffici di collocamento o centri dell’impiego è spettato alle Province per almeno 2 decenni.
Per la necessità di tagliare le spese, lo Stato ha tolto le funzioni alla Provincia dando rilevanza come
a tanti altri Enti, senza avere la stessa importanza di altri Enti Costituzionali.
In attesa della Riforma Costituzionale per togliere la parola Provincia dalla Costituzione nel 2014 il
governo approva la legge Del Rio che rivede le funzioni provinciali come ad esempio turismo,
lavoro, attività culturali che non sono più funzioni provinciali.
Quindi quali sono le funzioni della Provincia in attesa della Riforma Costituzionale?
La legge Del Rio n°56 del 2014 ci dice che le Province si occupano di:
 pianificare i servizi di trasporto in ambito provinciale;
 autorizzazioni e controllo in materia di trasporto privato (es. noleggio);
 gestione delle strade provinciali e regolazione del traffico;
 gestione dell’edilizia scolastica soprattutto superiore;
 promozioni delle pari opportunità;
 assistenza tecnico-amministrativa agli Enti locali;
 pianificazione e coordinamento del territorio (piano urbanistico);
 Tutela e valorizzazione dell’ambiente solo per gli aspetti di competenza che il legislatore ha
già riconosciuto.
(quindi centri dell’impiego o del turismo ora sono dipendenti delle Regioni, oppure il personale è
stato ricollocato)
Dietro a questo ridimensionamento c’è il taglio delle risorse.
La legge Del Rio cambia anche le regole per la scelta degli organi politici, con una elezione
indiretta cioè un’elezione fatta dai Sindaci e Consiglieri Comunali.
Il legislatore ha voluto anticipare la Riforma Costituzionale, quindi ci troviamo con il referendum
che non ha raggiunto il quorum e così la Provincia è rimasta in Costituzione e la legge del Rio è
ancora valida.
Lezione del 08/04/2022
iv. I COMUNI
In materia ambientale hanno dei compiti Autorizzatori, per esempio:
 autorizzazione in pubblica fognatura;
 autorizzazione paesaggistica, anche se questa autorizzazione spetta in prima battuta alle
Regioni che a loro volta hanno delegato ai Comuni;
 autorizzazione sull’infrastrutture di comunicazione elettronica (i ripetitori telefonici);
 hanno anche funzione di controllo delle emissioni sonore (inquinamento acustico);
Ci sono anche 2 servizi fondamentali che spettano ai comuni: Servizio Idrico e il Servizio della
Gestione dei Rifiuti Urbani (raccolta, trasporto dei rifiuti).
Prima il Comune gestiva i rifiuti attraverso gli spazzini che erano dipendenti comunali, ora la
gestione avviene indirettamente cioè è stata esternalizzata a ditte specializzate attraverso un bando
pubblico.
Per garantire un servizio ottimale il legislatore Statale può intervenire; quindi, la titolarità rimane al
comune ma l’erogazione del servizio può avere una scala sovracomunale. Nascono così gli ATO
(Ambiti Territoriali Ottimali). L’idea è di condividere il servizio nei territori sovracomunali che
riguarda più Comuni. Questi ATO hanno al loro vertice un’autorità D’Ambito formato dai Sindaci
dei Comuni D’Ambito (interessati).
Qualche anno fa il legislatore si accorge che questa soluzione non è poi così efficace perché se vi è
una problematica con la ditta non interesserà un solo Comune ma più territori, un'altra problematica
e se i Sindaci dell’autorità D’Ambito non si mettono d’accordo. Allora il legislatore Statale nel
2011 rimette la decisione organizzativa alla Regione, e così è dal 2012 e gli ATO continuano a
vivere di proroga in proroga.
La Regione Puglia ha deciso che gli ATO devono essere uno per ogni Provincia.
Invece regioni come la Sicilia ha deciso che il servizio è dato dal singolo Comune, mentre il Veneto
ha istituito i Consigli di Bacino una convenzione tra Comuni non più di 2 o 3, cioè il un Comune
può decidere con quale Comune convenzionarsi.
Per quanto riguarda il Servizio Idrico il legislatore Statale con la stessa legge la n°14 del 2011 ha
rimesso alle Regioni la soluzione organizzativa di chi deve gestire l’erogazione dell’acqua e la
Regione Puglia a istituito l’ATO Puglia quindi l’Ambito sarà di livello regionale a cui corrisponderà
un'unica Autorità che è l’Autorità Idrica Pugliese (AIP)
[FINE COMPETENZE AMMINISTRATIVE IN MATERIA AMBIENTALE]

I SOGGETTI PRIVATI
Sono quei soggetti che possono essere coinvolti nell’esercizio e quindi ancora prima nella titolarità
della funzione amministrativa ci riferiamo al mondo delle Associazioni Ambientali.
Un settore che nasce come Privato (sempre con finalità lecite) a cui chi unque si può associare
liberamente senza dare conto al soggetto pubblico.
Queste Associazione possono essere ascoltati dai soggetti pubblici solo se questi lo vorranno ma
non possono andare dinanzi ad un giudice, perché vi si può andare dinanzi ad un giudice dolo per
interesse personale.
Ecco che si avverte l’esigenza di un coinvolgimento anche della sfera pubblica dell’Associazione
Ambientale visto che l’interesse Ambientale è un interesse pubblico.
Siccome le Associazioni Ambientaliste sono recenti si è posto il quesito se lasciarle nella sfera del
privato o potenziarle. Questa decisione viene presa dal legislatore e lo ha fatto con una legge la 349
del 1986 una legge istitutiva del Ministero dell’Ambiente, che ne riconosce poteri pubblici a certe
condizioni.
Lezione del 11/04/2022
LE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE
Le Associazioni Ambientaliste sono soggetti privati esponenziali di interesse ambientale un
interesse diffuso cioè un interesse personale ma di tutte le persone, in una dottrina si parla anche di
interesse ad “Espota” cioè senza testa cioè l’interesse ambientale è di tutti.
Sia la dottrina sia la giurisprudenza ha qualificato l’interesse ambientale come un interesse diffuso e
quindi indifferenziato (di tutti) ancora più esteso rispetto agli interessi collettivi che sono interessi
propri di una determinata collettività, pensiamo ai consumatori, ai lavoratori.
Anche per i lavoratori ci sono delle organizzazioni che rappresentano i loro interessi come il
Sindacato o per i consumatori abbiamo le Associazioni dei Consumatori, Associazioni simili a
quelle Ambientali con la differenza che i Sindacati e le Associazioni Consumatori rappresentano la
collettività mentre nel caso dell’Ambiente che è un interesse di tutti le Associazioni Ambientali
dovranno rappresentare un numero illimitato di soggetti. Interesse diffuso come interesse ancora più
ampio rispetto al collettivo.
Il problema però e che nel nostro Ordinamento la tutela degli interessi o dei ricchi è riconosciuta
dalla Costituzione con l’art.24 della Costituzione, riconoscendo la possibilità di andare davanti a un
giudice quando è negato o leso un diritto o interesse personale.
Il problema è che l’accesso alla giustizia presuppone che il soggetto che vuole andare dinanzi al
giudice lo deve fare in quanto titolare di un interesse personale e quindi soggettivo, differenziato
rispetto gli altri cittadini alla collettività.
Quindi per poter accedere alla giustizia ci deve essere un interesse soggettivo, differenziato,
personale. Ad esempio, se vi è un atto di espropriazione di un terreno per farci qualsiasi cosa, solo il
proprietario può andare dinanzi a un giudice, ma se voglio far valere l’interesse Ambientale perché
vi sono delle violazioni dal punto di vista Ambientale, non lo posso fare perché il mio non è un
interesse soggettivo e differenziato ma è un interesse collettivo indifferenziato; quindi, non posso
usufruire del giudice per la tutela Ambientale.
Quindi al Giustizia e per Giustizia intendiamo Giudici Penali, Ammnistrativi e Civili, sarà sempre
una Giustizia che ha come presupposto la titolarità di un diritto o interesse personale che nel nostro
ordinamento si chiama Diritto Soggettivo e Interesse Legittimo. Sono 2 categorie diverse inquanto
hanno una differenza, il Diritto Soggettivo va dinanzi al Giudice Civile mentre se viene leso un
Interesse Legittimo il Giudice competente è quello Amministrativo.
Il Giudice Civile risolve la questione tra privati, il Giudice Amministrativo si occupa delle cause tra
cittadino e amministrazione.
Quindi se è stato leso un Diritto Soggettivo si va dinanzi al Giudice Civile se è stato leso un
Interesse Legittimo si va dinanzi a un Giudice Amministrativo il così detto TAR (Tribunale
Amministrativo Regionale).
L’Interesse Ambientale non accede né al rango del Diritto Soggettivo né all’Interesse Legittimo
perché sono posizioni personali, soggettive.
Perché questa premessa? Perché quando la Carta Costituzionale ha riconosciuto il diritto
all’Ambiente si è posta la questione di chi può andare dal giudice per difendere il diritto alla tutela
dell’ambiente.
Il legislatore per risolvere il problema della Giustizia in materia di tutela ambientale si è reso conto
che ci sono delle organizzazioni che hanno come finalità la tutela dell’ambiente, queste
organizzazioni sono rappresentative della collettività perché le Associazioni Ambientaliste tutelano
non soltanto i soci sostenitori con incarichi, ma agisce a nome di tutti e quindi perché l’interesse
dell’ambiente e un interesse di tutti e quindi il legislatore a posto l’attenzione nei confronti della
Associazioni, siamo nei primi anni ’80.
C’è una norma della Costituzione l’art.18 che tra i diritti e le libertà riconosciute ai cittadini prevede
anche la libertà di associarsi (lecitamente). Le Associazioni svolgono attività sia al loro interno che
all’esterno come la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, comunque sia si tratta sempre di
attività di diritto privato. Il legislatore a pensato allora di attribuire alle Associazioni Ambientaliste
anche Poteri Pubblici (funzioni amministrative) in modo da poter andare dinanzi al Giudice.
Questa è la scommessa del legislatore con la legge 349 del 1986, una legge importante per diversi
motivi, innanzitutto è la legge che in Italia ha istituito il Ministero dell’Ambiente con un suo
Ministro, poi perché interviene anche sulle Associazioni Ambientali riconoscendone Poteri Pubblici
quindi funzioni Amministrative.
Affinché un’Associazione Ambientalista possa acquisire Poteri Pubblici e diventi titolare di
funzioni amministrative (possa svolgere un lavoro pubblico), la legge richiede una condizione: il
Riconoscimento Ministeriale.
Il Riconoscimento Ministeriale serve solo alle Associazioni per svolgere funzioni amministrative e
non per la loro nascita.
La nascita di un Associazione Ambientale è semplicissima più persone si riuniscono e si dotano di
regole, se vogliono avere maggiore sicurezza vanno dal notaio e stilano una scrittura sottoscritta
dalle parti.
La soluzione della legge 349 di aprire in favore delle Associazioni richiede al tempo stesso qualcosa
in cambio quella di effettuare da parte del Ministero un controllo sulla sussistenza di certi requisiti.
Infatti, per avere il Riconoscimento Ministeriale le Associazioni Ambientali devono presentare
un’apposita richiesta al Ministero e deve dimostrare determinate caratteristiche; di conseguenza il
Ministero dovrà accertare l’esistenza dei requisiti per poi adottare un decreto di riconoscimento e
quindi di iscrivere l’Associazione in un apposito elenco delle Associazioni Ambientali riconosciute
dal Ministero, un elenco pubblico che si trova nel sito del Ministro dell’Ambiente.
Questo meccanismo esiste anche in altri contesti dove sono presenti Associazioni come i Sindacati;
infatti, spesso nel settore pubblico non viene presa una decisione se prima non si passa dal
Sindacato. I Sindacati storicamente non sono riconosciuti dal Ministero e si sono sempre rifiutati,
questo perché i Sindacati il potere se lo sono conquistato sul campo e anche per questione di
principio e soprattutto per non essere controllati.
Questo non vale per le Associazioni Ambientali perché più deboli.
Il Riconoscimento Ministeriale si ottiene attraverso la dimostrazione di 5 requisiti:
1- Deve trattarsi di un Associazione diffusa a livello Nazionale o almeno in 5 Regioni;
2- La finalità Dell’Associazione che deve essere di natura Ambientale o a Tutela
dell’Ambiente dimostrato dallo Statuto dell’Associazione (atto fondamentale
dell’Associazione dove troviamo regole e finalità dell’Associazione).
3- Il carattere democratico dell’Ordinamento dell’Associazione; quindi, si deve trattare di un
Associazione al cui interno la vita si svolge secondo regole democratiche, cioè, in cui i soci
possono partecipare alle decisioni dell’Associazione direttamente con l’Assemblea dei soci
o indirettamente attraverso delega;
4- La continuità dell’azione: vuol dire che l’Associazione deve svolgere le sue funzioni in
maniera continua e non sporadica (1- 2 volte l’anno);
5- La rilevanza esterna delle attività dell’Associazione, cioè l’attività delle Associazioni deve
avvenire all’esterno con il coinvolgimento dei cittadini e non con riunioni tra soci;
Abbiamo 80 Associazioni Riconosciute ad esempio: LEGA AMBIENTE, WWF, FAIL, GREEN
PEACE, MARE VIVO, ITALIA NOSTRA, LAV, AMICI DELLA TERRA, RANGER DELLA
TERRA, CODACONS (la ritroviamo anche come Associazione Ambientale).
Quali sono i poteri riconosciuti dall’Ordinamento?
I poteri sono suddivisi in cinque tipi: Processuali, Procedimentali, Organizzativi, Amministrazione
Attiva, e Promozionale.
1° POTERE
Potere Processuale: è il potere per poter accedere alla giustizia, in virtù della legge 349 dell’86 le
Associazioni possono andare dinanzi ad un Giudice Penale, Civile e Amministrativo.
- Giudice Civile vuol dire proporre un’azione per il risarcimento del danno ambientale, il
Giudice riconosce il danno ambientale e poi ne quantifica il risarcimento.
- Giudice Penale: oggi abbiamo il reato di Inquinamento Ambientale che lo fa valere davanti
al Giudice Penale, questo vale anche per gli Enti Pubblici. Quindi le Associazioni hanno il
potere di denunciare il reato e non solo iniziare il precesso ma possono prendervi anche
parte con la vertenza che i Processi Penali possono iniziare anche per iniziativa del Giudice.
Una differenza importante tra il Processo Penale, Civile e Amministrativo perché
quest’ultimi sono Processi che iniziano solo su ricorso di parte e cioè per iniziativa di una
persona interessata, nel Penale il Giudice si chiama Pubblico Ministero può iniziare le
indagini dette Plenarie che poi porteranno eventualmente ad un Processo Penale-
- Processo Amministrativo: iniziano su ricorso delle Associazioni se si ritiene che vi sia un
Atto Amministrativo lesivo di qualsiasi genere come il rilascio di permessi di costruzione,
delibere per la costruzione di qualsiasi cosa come aeroporti, ponti, ecc.; questi possono
essere contestati dal soggetto interessato o Associazioni.
Quindi le Associazioni hanno il potere di impugnare provvedimenti Amministrativi ciò vuol
dire presentare ricorso al Giudice Amministrativo chiedendo di annullare il provvedimento
ritenendo quest’ultimo illegittimo.
Solo l’Associazione Ambientalista può impugnare un provvedimento per danno Ambientale.
Negli ultimi anni la Giurisprudenza sta applicando un riconoscimento Giudiziale e non
Ministeriale, da parte di qualche Giudice a quelle Associazioni che non sono riconosciute
dal Ministero e quindi il Giudice applica la legge n°349 dell’86 cioè il Giudice controlla la
presenza dei requisiti.
Come viene giustificata questa operazione di alcuni Giudici anche se la norma è chiara?
I Giudici ricorrono alla costituzione, che è al di sopra della norma 349 dell’86, ed
esattamente al principio della Costituzione sulla Sussidiarietà Orizzontale, il quale ci dice
che devono essere promosse gli esercizi privati nell’esercizio di attività di pubblico
interesse.

2° POTERE
Potere Procedimentale: qualsiasi decisione Amministrativa (autorizzazioni, permessi, ecc.) è l’esito
di un percorso, di un iter che prende il nome di Procedimento Amministrativo che ha le sue regole,
fissate dal legislatore.
C’è una regola importantissima che è la n° 241 del 1990 che disciplina i Procedimenti
Amministrativi.
Le Pubbliche Amministrazioni esercitano poteri per interesse pubblico, possono espropriare,
autorizzare e negare lavori, ecc..
Questo potere deve essere esercitato in modo corretto rispettando le garanzie che il legislatore
prevede e che partono dal Procedimento.
Tra i passaggi del Procedimento Amministrativo vi è la Partecipazione, quindi, vi è la possibilità
delle Associazioni Ambientaliste di partecipare al Procedimento Amministrativo vuol dire
esprimere la propria opinione presentando documenti scritti che diventa materiale istruttorio che
l’Amministrazione dovrà utilizzare al momento di decidere.
Il peso della partecipazione è che quel materiale prodotto in sede di partecipazione
dall’Associazione gli garantisce, nel caso in cui al momento della decisione l’Amministrazione non
tenga conto del documento, la motivazione di tale decisione.
Ogni Procedimento Amministrativo non si chiude subito ma ha un termine.
Al Procedimento può partecipare secondo la legge n°241 del’90 non solo i futuri destinatari del
provvedimento ma chiunque sia portatore di un interesse giuridico compresi gli interessi diffusi,
organizzati anche nella forma più elementare, tipo, comitato di quartiere tutte le Associazioni
Ambientaliste (riconosciute e non).
Ci possono essere dei Procedimenti Amministrativi del tutto eccezionale e particolari in cui la
partecipazione può assumere forme e soggetti diversi, questo avviene per i Piani come ad esempio
un Piano Ambientale o certe Valutazioni Ambientali come ad esempio la VIA che sono esito di un
procedimento Amministrativo che segue la regola della legge n° 241 del ’90, ma che prevede delle
regole particolari come la partecipazione popolare estesa a tutti i cittadini, si parla quindi di
Conferenza Pubblica o Audizione Pubblica o Inchiesta pubblica dove chiunque può esprimere la
propria opinione dall’altro lato abbiamo un rappresentante dell’Amministrazione che prende nota e
verbalizza.
3° POTERE
Potere Organizzativo: il potere di far parte di Organi dell’Amministrazione, infatti ogni
Amministrazione agisce attraverso Organi, cioè persone fisiche che fanno parte di
quell’Amministrazione, in quanto L’Amministrazione non essendo una persona fisica non ha potere
giuridico e quindi lo ha attraverso gli Organi.
Ci possono essere casi in cui le Associazioni Ambientaliste entrano a far parte degli Organi
dell’Amministrazione un esempio sono i Parchi Nazionali dove abbiamo l’Ente Parco al suo
interno.
Per quanto riguarda la composizione del Parco nazionale abbiamo organi rappresentativi delle
diverse Amministrazioni coinvolte, il presidente sarà nominato dal ministro dell’Ambiente (nomina
Statale), poi abbiamo il consiglio direttivo dell’Ente Parco che è l’organo che prende le decisioni
sulla gestione del parco.
Il Consiglio Direttivo a sua volta è composto da rappresentanti dello Stato, da rappresentanti della
Regione interessata, dai rappresentanti dei Comuni in cui è stato istituito il Parco ma anche dai
rappresentanti delle Associazioni Ambientaliste riconosciute.
Quindi le Associazione Ambientali sceglieranno i propri rappresentanti che entreranno a far parte di
un organo decisionale del Parco e pertanto le Associazioni private che entrano nel privato facendo
parte di organi Pubblici.
Un altro esempio di Organo Amministrativo in cui fanno parte le Associazioni Ambientali è
un’Associazione regionale per la tutela degli ulivi monumentali.
L Regione Puglia ha approvato una legge per la tutela e la valorizzazione degli ulivi monumentali,
questa legge h istituito all’interno della Regione Puglia una commissione tecnica che ha il compito
di censire gli ulivi monumentali in Puglia per poi essere approvato dalla Regione attraverso la
Giunta.
La Commissione Tecnica composta da dirigenti della Regione Puglia degli uffici interessati: ufficio
ambiente, ufficio del territorio, ufficio lavori pubblici ecc., ma anche rappresentanti del Ministero
sui Beni Culturali, il Corpo Forestale, le Università che invia i Professori, ci sono anche soggetti
privati tra cui i rappresentanti delle Associazioni Ambientali riconosciute, ancora una volta privati
che entrano a far parte di un Organo Pubblico.
4° POTERE
Amministrazione Attiva: si tratta di funzioni Amministrative che in toto vengono attribuiti ad un
Associazione Ambientale.
Secondo l’art.118 della Costituzione ultimo comma Principio di Sussidiarietà Orizzontale, che dice
per l’appunto che soggetti privati possono svolgere attività pubbliche con o sostituendo soggetti
pubblici nel momento in cui hanno più competenze del pubblico.
Si traduce in materia Ambientale con il riconoscimento di poteri di Azione Amministrativa cioè di
adozione di decisioni e esercizio di funzioni Amministrative o di servizio pubblico.
Per esempio, tornando ai Parchi in questo caso Regionali o di Aree Protette come le Aree Marine,
devono essere gestite da chi la istituite, ma la legge dice che la gestione può essere affidata a privati
come le Associazioni Ambientaliste riconosciute.
Un esempio sono le Cesine gestite cioè amministrate dal WWF.
Un’altra funzione riconosciuta a privati e quella della vigilanza e controllo ed è estesa anche alle
Associazioni Ambientali riconosciute. Possiamo fare riferimento alla Vigilanza Venatoria (la
caccia), la legge sulla caccia impone un calendario un periodo in cui la caccia può essere esercitata
e individua i casi di specie protetta e non cacciabili e individua i soggetti sottoposti a vigilanza
facendo non solo la denuncia alle forze di polizia ma può anche intervenire subito con verbali di
accertamento dell’infrazione oppure sequestrando il fucile, le munizioni e la selvaggina se ancora
viva.
Questi poteri sono chiamati Poteri di Polizia Giudiziaria che hanno gli Organi di Polizia
(carabinieri, guardie forestali, polizia ecc.) che fanno parte di Pubblica Amministrazione questi
sono soggetti pubblici, quindi, anche i membri dell’Associazione Ambientaliste che svolgono
questo ruolo di vigilanza diventano Pubblici Ufficiali e vengono anche riconosciuti anche come
Polizia Giudiziaria.
5° POTERE
Potere di Natura Promozionale: le Associazioni Ambientali riconosciute svolgono attività esterna
come informazione, formazione, educazione ambientale. Questo lo possono fare anche le
Associazioni Ambientali non riconosciute solo che la differenza è che le Associazioni riconosciute
ricevono contributi e finanziamenti per queste attività.
29/04/2022
STRUMENTI DI TUTELA DELL’AMBIENTE
Quali sono gli strumenti?
Partiamo da una premessa, di fronte all’economia l’ambiente viene inquadrata almeno inizialmente
come un fattore di produzione, in assenza di interesse pubblico l’imprenditore guarda all’Ambiente
come risorsa, come fattore di produzione, per esempio, matrice suolo o legname che ne deriva dalle
foreste, in assenza di norme ciò che è utile per l’operatore economico può essere utilizzato e
sfruttato. Quindi le risorse ambientali erano equiparate ai fattori di produzione e l’idea era che si
trattasse di una risorsa illimitata e quindi rinnovabile.
Secondo questa impostazione in assenza di norme, l’inquinamento provocato dall’imprenditore chi
lo sostiene?
Non essendoci norme non li sostiene l’imprenditore, ma sono scaricati sulla collettività e questo
costo si traduce in monetari e non come le morti, la perdita di biodiversità, malformazioni, ecc..
Questo è un caso di esternalità che può essere positiva o negativa, un esempio di esternalità positiva
è quando una condotta reca effetti positivi su soggetti diversi dall’autore come può essere il
giardino curato del vicino che crea effetti benefici anche non essendo il proprietario.
Viceversa, è la condotta negativa e cioè quando vi è una condotta negativa che crea effetti negati a
tutti i soggetti, un esempio è l’imprenditore che produce inquinamento.
Un’altra categoria che la scienza economica utilizza è quella dei beni culturali cioè inquadrare i
beni Ambientali come beni pubblici in senso economico e non giuridico.
I beni pubblici a differenza di quelli privati sono dei beni in cui il godimento da parte di un
individuo aggiuntivo non costa nulla in quanto non influisce sulla quantità consumabile degli altri
(ci sono dei beni che non possono essere lasciati al mercato e quindi ci vogliono delle regole).
Quali sono i beni causa del fallimento del mercato?
Sono i così detti beni pubblici le cui caratteristiche sono: godimento di questi beni da parte di altri
individui aggiuntivi a costo 0, un esempio può essere l’aria, un nuovo soggetto che nasce non
sottrae aria agli altri.
Nei beni pubblici non c’è la così detta rivalità per la fruizione dei beni.
I Beni Pubblici sono beni non privati, non esclusivi, questa è la seconda caratteristica di questi beni
inoltre è difficile de non impossibile escludere gli individui dalla fruizione di tali beni, un altro
esempio di bene pubblico è l’acqua.
I Beni Ambientali in quanto esternalità negativa, pensiamo all’inquinamento causato
dall’imprenditore i cui effetti vengono scaricati sulla collettività e in quanto beni pubblici bene che
non è rivale in esclusivo cioè beni che messi sul mercato non possono essere garantiti. La
regolazione serve proprio a garantire il bene pubblico a tutti.
Negli anni ’70 la scelta economica ha messo in evidenza come l’ambiente necessita di un intervento
pubblico, vuol dire norme, regole (quindi una regolazione).
La regolazione avviene attraverso degli approcci è il primo a cui ha pensato il legislatore è quello
che il mondo anglosassone definisce Comand & Control ed è quello maggioritario detto anche di
Regolazione Diretta. Al suo interno troviamo controlli, divieti, sanzioni e norme.
Questo approccio rende l’ambiente un bene pubblico una variabile giuridica, un vincolo normativo
per l’imprenditore; quindi, per l’imprenditore ci sono anche vincoli ambientali fatti di regole.
I costi Ambientali sono a carico dell’imprenditore a questo serve la regolazione, a internalizzare i
costi ambientali, un esempio può essere le emissioni in atmosfera, se l’imprenditore non rispetta i
limiti sarà lui a pagare il costo, ma questo non basta perché le aziende possono mettere in bilancio
le sanzioni ambientali e quindi continuare ad inquinare, quindi, non basta la sanzione
amministrativa pecuniaria ma anche quella penale come disastro ambientale o inquinamento
ambientale.
I vincoli sono norme che limitano l’esercizio del diritto di proprietà. Alcuni esempi sono: vincolo
idrogeologico, vincolo forestale, vincolo archeologico, vincolo storico-artistico, vincolo
paesaggistico, anche l’area protetta è un vincolo. Questi sono vincoli previsti da legge Statale (tutti i
vincoli sono Statali) e quando c’è vincolo c’è obbligo di autorizzazione cioè un permesso che mi
consenta di operare dove c’è il vincolo, se si fa un intervento diverso da quello per cui è stata
rilasciata l’autorizzazione si commette reato (quindi si incorre in una sanzione).
Quindi abbiamo vincolo-autorizzazione-standard.
Anche le emissioni sono uno strumento di regolazione come anche i piani e le pianificazioni, per
esempio il piano dei rifiuti competenza regionale la provincia localizza il luogo e l’autorizzazione
per l’apertura; il piano Urbanistico Comunale serve per il futuro del territorio Comunale e cioè la
suddivisione in zone A-B-C-D-E-F per ragioni di ordine, di gestione del territorio e per la
localizzazione degli impianti di pubblico interesse che verranno poi messe in tutte le zone in base
alle esigenze della collettività.
Abbiamo visto gli standard, i vincoli, i piani, le autorizzazioni, i controlli infine abbiamo le
sanzioni.
In base agli standard urbanistici introdotti nel 1968, il legislatore dice che nelle zone devono essere
garantiti una dotazione di beni, di servizi e di elementi che devono essere presenti in tutte le zone
anche se in quantità differenti, parliamo di parcheggi, verde pubblico, ecc. con determinate altezze,
distanze dagli immobili.
Il Piano Regolatore ha bisogno di 2 delibere, una di Adozione e una di Approvazione fatta da un
soggetto diverso da quello dell’Adozione e cioè la Regione.
Abbiamo visto l’approccio classico quello Comand & Control detto anche di Regolazione Diretta in
che cosa consiste e il primo approccio, istituito dallo Stato ed è ancora quello più usato.
Sempre la dottrina che all’inizio aveva giustificato l’interesse pubblico come necessità per la tutela
dell’ambiente, ha messo in evidenza come questo approccio se pur essenziale presenti dei limiti;
infatti, abbiamo detto che grazie a questo approccio i costi ambientali vengono internalizzati e che
l’imprenditore dovrà pagare se supera gli standard, questo porta a:
1. L’effetto dell’internalizzazione dei costi ambientali fa si che vengano scaricati sul prezzo
che i consumatori devono pagare per l’acquisto del bene, quindi, abbiamo un prezzo
maggiorato;
2. Un’altra osservazione da fare è la teoria della cattura del regolatore da parte del regolante,
le norme le fa il legislatore, quindi cosa potrebbe succedere? Che le imprese più avanzate
potrebbero spingere il legislatore a imporre norme particolarmente severe che tagliano tanti
concorrenti, quindi, verrebbe a mancare l’imparzialità e la neutralità del regolatore;
3. Osservazione, il tradizionale approccio regolativo porta a una asimmetria delle parti, vuol
dire che se l’imprenditore deve fermarsi a rispettare le norme, gli standard, i divieti non ha
alcun incentivo verso la ricerca, nuove soluzioni tecnologiche; Asimmetria vuol dire che la
ricerca e lo studio ricadono sul pubblico;
4. Un’ultima osservazione da fare su questo approccio è quello che parte della dottrina
definisce “l’imbroglio degli standard” in quanto lo standard non è altro che una razione di
inquinamento legittimo.
Si è aperta così una riflessione su nuovi approcci di regolazione per quanto riguarda la tutela
dell’ambiente, infatti, recentemente ci si è affacciati su una nuova linea di pensiero, che in parte è
stata recepita dal legislatore, un approccio basato su strumenti economici quindi non più una
Regolazione Diretta norme che si traducono in obblighi, divieti e sanzioni ma norme basate su
strumenti economici chiamata Regolazione Indiretta un sistema basato su incentivi e disincentivi.
Questo non è un approccio alternativo o sostitutivo ma si aggiunge a quello tradizionale.
Questo approccio guarda all’ambiente con occhio moderno, dove l’ambiente non è più solo un
limite ma può essere anche una risorsa, un fattore di sviluppo in termini di marketing.
La differenza tra l’Approccio Diretto e Indiretto e che il primo è un approccio cogente
(obbligatorio, vincolante) mentre il secondo approccio è volontario cioè è l’imprenditore a decidere
se aderire, un’altra differenza è il ruolo del soggetto pubblico dove nell’approccio tradizionale è il
regolatore che fa le regole e anche il controllore, mentre nel nuovo approccio è il promotore, colui
che incentiva e forse anche il soggetto che da il buon esempio, un soggetto pubblico che si certifica
dando il buon esempio al privato.
L’istituto che ha recepito questo approccio e quello relativo alle Certificazioni Ambientali e sono di
vario tipo, in Italia ne abbiamo 2 e sono: Fonte di Certificazione Europea EMAS e ECOLABEL,
recepita dall’Ordinamento Nazionale, gestite dal Ministero dell’Ambiente e il Marchio ISO 14000
di provenienza dal Diritto Internazionale da un Organizzazione Internazionale che in realtà è di
Diritto Privato con sede a Parigi.
Perché il sistema delle certificazioni dovrebbe essere favorito?
Perché l’impresa dovrebbe certificarsi?
L’idea è quella di catturare nuove fette di consumatori, quel consumatore attento nella scelta dei
prodotti che siano certificati a livello ambientale (sostanzialmente lo si fa per il mercato).
I consumatori però non sono molto attenti a questa certificazione in un momento di crisi, infatti, il
mercato lo fa il prezzo.
Dal punto di vista dell’Istituzione Pubblica favorire le certificazioni a favore della tutela
dell’ambiente, vuol dire sottrarre fondi ad altri settori, quindi, l’Organizzazione Politica prende
posizione scegliendo se dare incentivi o meno per la tutela dell’ambiente.
L’EMAS è un marchio che certifica l’intera impresa, mentre l’ECOLABEL certifica solo il
prodotto.
L’EMAS è nato a livello Europeo con un Regolamento del 1993 modificato più volte, la 1° volta
nel 2000 con il Regolamento EMAS 2 e poi nel 2009 con il Regolamento EMAS 3.
Per ottenere questa certificazione inizia un procedimento composto da 6 momenti o passaggi:
1°passaggio: l’azienda deve fare la così detta Analisi Ambientale Iniziale, un’analisi delle attività
del sito dal punto di vista Ambientale quali sono gli scarichi in acqua, le emissioni in atmosfera, la
produzione di rifiuti, il consumo di risorse naturali, guardando non solo agli aspetti ambientali
diretti ma anche a quelli indiretti e cioè le scelte che vengono prese con riferimento ad appaltatori,
fornitori, mense interne, trasporti ecc.;
2° passaggio: la messa a punto di un sistema di protezione Ambientale, che fotografa la politica
ambientale dell’impresa e si compone di un documento che si chiama Programma Ambientale dove
ci sono gli obbiettivi e un documento chiamato Manuale di Sistema di Gestione Ambientale (SGA)
dove sono indicate le procedure, le istruzioni, i programmi in essere per raggiungere quegli
obbiettivi, i comportamenti da tenere non solo del ciclo produttivo ma anche della vita interna
all’interno dell’azienda (come la mensa). Questo passaggio si chiude con un controllo interno
all’azienda da parte di un certificatore scelto dall’azienda che convaliderà o meno questo passaggio;
3° passaggio: Stesura di una Dichiarazione Ambientale, un documento di sintesi dei documenti
precedenti che viene pubblicizzato, diventando strumento di comunicazione e informazione
pubblica (questo passaggio non lo troviamo nell’ISO14000);
4° passaggio: la Dichiarazione Ambientale resa pubblica deve essere validata da un certificatore
esterno accreditato (secondo momento di controllo);
5° passaggio: ottenuta la convalida della Dichiarazione Ambientale tutta la documentazione passa
dinanzi alla commissione EMAS che è l’organo che certifica. Quindi il quinto passaggio è l’invio
della documentazione alla commissione EMAS presso il Ministero dell’Ambiente;
6° passaggio: è la registrazione al Ministero dell’Ambiente in caso di esito positivo. Sul sito del
Ministero dell’Ambiente troviamo l’elenco dei siti certificati EMAS.
Ai fini dell’accertamento positivo la commissione si avvale dell’istruttoria compiuta dall’ISPRA
cioè decide la commissione EMAS ma chiede all’ISPRA (che coordina l’Arpa) che a sua volta
chiederà all’Arpa della Regione in cui a sede l’azienda che si sta certificando un’istruttoria di
verificare sul campo se quanto dichiarato corrisponde. L’ISPRA darà solo un parere tecnico. Questa
verifica durerà 60 giorni.
06/05/2022
Gli incentivi sono di 4 tipi: Amministrativi, Economi-Finanziario, vantaggi nelle gare d’appalto,
supporto che un Ente Pubblico garantisce dal punto di vista tecnico-istruttorio e informativo
all’impresa; quindi, invece di mettere a disposizione la parte economica si mette a disposizione uno
sportello informativo con le proprie competenze.
- Incentivi Amministrativi: è il legislatore che prevede gli incentivi; quindi, il soggetto
pubblico come può essere il Comune, cambia le vesti e diventa Ente Incentivatore. Gli
incentivi amministrativi devono essere individuati da una legge Statale un esempio sono gli
incentivi dui rifiuti. I controlli sono a carico della Provincia con controlli periodici ma se
l’impresa e certificata EMAS o ISO 14000 può sostituire i controlli della Provincia con
un’autocertificazione attraverso un controllo interno. Un altro vantaggio per l’impresa che
opera con i rifiuti e che l’autorizzazione per esercitare l’attività di gestione e trattamento dei
rifiuti ha una durata di 5 anni rinnovabile, ma se l’impresa è certificata la durata è di 8 anni,
questo è un altro incentivo. Nel momento in cui si chiede il rinnovo dopo i 5 anni i controlli
che devono essere effettuati dalla provincia vengono sostituiti da un autocontrollo con
autocertificazione. Altri incentivi Amministrativi sono previsti a livello regionale come la
VIA, infatti, alcune regioni hanno deciso che se un’industria è certificata e vuole ingrandire
il proprio stabilimento e la legge impone la VIA, l’impresa certificata non ha bisogno della
VIA (Toscana, Lombardia, Piemonte, Emilia ecc.):
- Incentivi Economico-Finanziari: contributi che possono essere di vario tipo: a fondo
perduto, agevolazioni fiscali, condizioni favorevoli in caso di accensioni di mutui o polizze
assicurative. La scelta degli incentivi non spetta solo al soggetto pubblico ma anche all’Ente
Locale come il Comune (sono scelte Politiche). Il legislatore negli anni ’90 ha approvato
incentivi Economici-Finanziari;
- Incentivi che da vantaggi nelle gare d’appalto consiste nel dare preferenze a quelle imprese
che sono certificate, dando punteggi più alti oltre ai soliti criteri di valutazione quali costi,
materiali, condizione dei lavoratori ecc.. Un ulteriore ruolo che i soggetti pubblici possono
avere è quello dell’Ente Pubblico che dà il buon esempio che si certifica, operazione
possibile perché l’ultimo regolamento EMAS lo consente perché mentre la prima normativa
EMAS si riferiva alle imprese, oggi il regolamento attuale parla di organizzazione come
società, aziende, imprese, ma anche Autorità Pubbliche o Istituzioni. Questo ha portato
alcune pubbliche Amministrazioni a certificarsi, un esempio può essere il Comune che lo fa
per gli elettori per dare il buon esempio e sollecitare le imprese ma anche per usufruire di
incentivi su alcuni bandi aperti solo a Comuni certificati e per usufruire di punti
supplementari validi solo per gli Enti Pubblici Certificati.
Abbiamo in Italia tra i 1300-1500 Certificazioni e circa 200 sono Enti Pubblici la maggior parte
sono piccoli Comuni soprattutto nel nord Italia e alcune Province: Bergamo, Ferrara, Siena e
Viterbo. In Puglia abbiamo 2 Comuni San Pangrazio e Rocchetta San Antonio, ci sono anche scuole
e Parchi come il Parco del Gargano e la Riserva di Torre Guaceto.
13/05/2022
La VIA, la VAS, l’AIA sono valutazioni Ambientali che rispondono all’approccio classico di tipo
Comand & Control per cui prima di fare una certa attività scatta il controllo dell’Amministrazione,
un controllo che solo con esito positivo legittimerà l’esercizio di una certa attività pubblica o
privata.
Tra gli strumenti dell’Approccio Comand & Control abbiamo le Autorizzazioni.
Le valutazioni Ambientali VIA, VAS e AIA le possiamo ricondurre a uno schema Autorizzatorio
che implica un controllo Amministrativo.

VIA
Valutazione di Impatto Ambientale nasce su sollecitazione Europea (Diritto Europeo), in realtà
prima delle direttive Europea degli anni ’80 in alcuni ordinamenti veniva già praticata come negli
USA anni ’60, Francia anni ’70, mentre l’UE interverrà con una prima direttiva nel 1985, direttiva
che sarà recepita dallo Stato italiano con una legge del 1986 la n°349 che oltre a riconoscere le
Organizzazioni Ambientali riconosce anche la VIA. Da quel momento si sono succedute varie
direttive fino ad arrivare al dato normativo attuale, la VIA è disciplinata dal Testo Unico
dell’Ambiente decreto legislativo 152 del 2006.
All’inizio del Testo Unico Ambientale non disciplinava la VIA ed era una delle più gravi lacune,
poi con i decreti correttivi del 2010 questo istituto è parte integrante del Testo Unico dell’Ambiente.
Sappiamo che per Valutazione intendiamo un controllo dell’Amministrazione, invece cosa si
intende per Impatto e per Ambiente?
La prima direttiva del 1985 ha dovuto dare una definizione di Ambiente e di Impatto.
Per Impatto si intende o meglio si tratta di un’alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta o
indiretta, a breve o a lungo termine, temporanea o permanente, singola o collettiva, positiva o
negativa dell’Ambiente in conseguenza dell’attuazione sul territorio di un progetto d’opera. Questa
definizione nasce a livello Europeo e la troviamo nel Testo Unico dell’Ambiente. (un’alterazione
presa a 360°).
Mentre l’Ambiente viene inteso come sistema di relazione tra fattori antropici, naturalistici,
chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli. L’ambiente non è solo la
simmetria dei fattori ma anche la relazione che vi è tra loro.
Valutazione di Impatto Ambientale quindi vuol dire analisi, valutazione, controllo, giudizio della
possibile alterazione sull’ambiente in conseguenza dell’attuazione di un progetto d’opera (l’opera si
trova ancora nella fase progettuale, non esiste nella realtà ma solo come soggetto).
Questo istituto risponde ad un principio che è quello di Prevenzione Classico il Principio
Ambientale che nasce a livello Europeo e trova attuazione nella VIA.
È preferibile sempre prevenire le condotte che possono creare danni all’Ambiente, perché alcuni
possono essere permanenti.
La VIA consiste nella valutazione preventiva dell’impatto di un’opera che è ancora solo progettata
sull’ambiente.
C’è un altro principio funzionale alla VIA ed è il Principio di Semplificazione, perché la VIA può
avere un effetto sostitutivo di molti titoli che servono per realizzare una certa opera e quindi
consentire al soggetto che deve per forza effettuare la VIA di essere esonerato da titoli abilitativi, di
fatto le sostituisce. I titoli che possono essere sostituiti dalla VIA sono elencati nell’art.27 del Testo
Unico Ambientale e sono: l’AIA, l’autorizzazione del Paesaggio, Autorizzazione del Suolo,
Autorizzazione Culturale, Autorizzazione idrogeologica, Autorizzazione Antisismica,
Autorizzazione scarichi in mare.
I progetti che necessitano di VIA li troviamo negli allegati alla fine del Testo Unico Ambientale
nell’allegato 2 ci indica i progetti che necessitano di VIA Statale. Ma quando lo Stato e Quando la
Regione? C’è lo dice sempre il Testo Unico allegato 2 VIA STATALE, mentre nell’allegato 3
troviamo i progetti per il quale si richiede la VIA REGIONALE.
In base alla tipologia e alla dimensione dell’attività può andare allo Stato o alla Regione.
La VIA Statale obbligatoria serve per l’installazione di centrali termiche, raffinerie di petrolio
grezzo, Acciaierie, Oleodotti, Gasdotti, Autostrade, strade extraurbane a 4 o più corsie, interventi
sul mare come piattaforme per lo sfruttamento minerario, condotte sottomarine per il trasporto di
idrocarburi, terminali per il carico/scarico nave di idrocarburi e sostanze pericolose, parti
commerciali.
Nell’allegato 3 VIA REGIONALE abbiamo: gli impianti industriali destinati alla fabbricazione di
pasta per carta e cartoni, impiatti per la fabbricazione di esplosivi, fabbricazioni di prodotti
farmaceutici, porti turistici, impianti di allevamento di pollame e di suini con più di alcune migliaia
di bestiame.
Il legislatore ha previsto la verifica di assoggettabilità cioè dei casi in cui non c’è l’obbligo
automatico di VIA casi in cui bisogna vedere volta per volta se sono da assoggettare a VIA.
Anche per questi casi abbiamo un elenco che troviamo nell’allegato 2-bis per i casi d’opera da
sottoporre a assoggettabilità a VIA STATALE e allegato 4 per i casi da sottoporre a preventiva
verifica di assoggettabilità a VIA REGIONALE. Per esempio, nell’allegato 2-bis troviamo
acquedotti per una lunghezza superiore a 20 km, porti turistici quando lo specchio d’acqua è uguale
o inferiore a 10 ettari, oppure per le modifiche delle opere sottoposta a VIA deve essere sottoposta a
verifica di assoggettabilità statale.
Verifica di assoggettabilità vuol dire l’inizio di un vero e proprio procedimento amministrativo
della durata di 45 gg, dove il richiedente presenta il così detto Studio Preliminare Ambientale una
descrizione sulla modifica dell’opera già sottoposta a VIA e poi l’autorità competente deciderà se
sottoporla a VIA o meno.
Sono esclusi dalla VIA tutte quelle opere diverse da quelle presenti negli allegati 2, 2-bis, 3, e 4 ma
anche tutte quelle opere da realizzare in via di emergenza in caso di pericolo imminente o calamità
o in caso di esigenza di difesa nazionale.
Sul piano delle competenze in caso di VIA STATALE chi decide è il Ministero dell’Ambiente che
si avvale dell’appoggio di una commissione tecnica posta alle dipendenze del Ministro
dell’Ambiente, composta da 40 esperti con la funzione di are un parere tecnico. La Commissione
Tecnica può essere scelta dal Ministro oppure attraverso bando, di solito dura 4 anni con eventuale
proroga.
La VIA viene rilasciata con Decreto Ministeriale.
Il procedimento si compone di 3 fasi:
1. Fase: è quella dell’INIZIATIVA dove il proponente deve chiedere la VIA che se è Statale
presenterà, al Ministero dell’Ambiente in modo particolare alla Commissione VIA/VAS, gli
elaborati tecnici del progetto accompagnati dalla SIA Studio di Impatto Ambientale, ma
anche la sintesi non tecnica del progetto e dell’impatto sull’ambiente, questo perché sarà
oggetto di pubblicità e chiunque deve poterla leggere anche chi non ha le competenze.
La SIA è un documento tecnico che deve contenere, secondo il Testo Unico dell’Ambiente,
la descrizione del progetto con riferimento a caratteristiche, alla localizzazione, alle
dimensioni, dati necessari per individuare e valutare i principali impatti sull’ambiente e sul
patrimonio culturale, ma anche nello studio dell’impatto ambientale se ci sono impatti
negativi quali sono le misure compensative ma anche quali sono le misure di monitoraggio
che dovranno essere garantite una volta che l’opera sarà realizzata. Si darà notizia della
presentata domanda su mezzi di stampa, questi documenti presentati al Ministero
dell’Ambiente o alla Regione saranno pubblicamente consultabili sul sito istituzionale e sui
siti istituzionali degli Enti in cui si farà l’opera. Quindi vale il Principio di Informazione.
2. Fase: ISTRUTTORIA, nella fase istruttoria abbiamo la partecipazione chiunque sia
interessato può partecipare entro 60 gg dall’avviso pubblico, presentando memorie,
osservazioni e documenti che la commissione ha il dovere di leggere e prendere in
considerazione e nel provvedimento finale della VIA dovrà dar conto nella parte
motivazionale il perché, nella motivazione bisogna anche dar conto del significato dato al
materiale istruttorio, se non vi è questo passaggio la VIA è contestabile. In questo
Procedimento oltre alla parte scritta è possibile che si passi attraverso l’inchiesta pubblica
indetta dalla Commissione VIA/VAS. L’inchiesta pubblica è un momento di partecipazione
popolare (incontro Pubblico), la commissione si reca sul posto è ascolta la collettività che
partecipa a quel momento di incontro pubblico, nel quale chiunque può prendere la parola
ed esprimere oralmente la propria osservazione, ci sarà un verbalizzatore che verbalizzerà
quanto detto a voce questo verbale diventerà materiale istruttorio. L’inchiesta pubblica è
una facoltà non è un passaggio obbligato, ma può diventare un aggravio procedimentale,
perché se tutti partecipano e prendono parola questo diventa materiale istruttorio e la
Commissione dovrà considerarle tutte e prendere una posizione che dovrà scrivere nella
motivazione. L’inchiesta pubblica ha un rovescio della medaglia perché se da un lato vi è la
massima partecipazione pubblica dall’altro lato abbiamo un aggravio procedimentale. Negli
ultimi anni il legislatore è intervenuto per favorire il ricorso all’inchiesta pubblica che resta
una facoltà ma che oggi può essere richiesta non solo dalla Commissione VIA/VAS ma
anche dal Consiglio Regionale del territorio in cui si farà l’opera, ovvero ai Consigli
Comunali con almeno 50000 abitanti e da Associazioni Ambientaliste riconosciute con
almeno 50000 iscritti, la richiesta va fatta sempre alla Commissione VIA/VAS.
Nell’inchiesta pubblica oltre alla Commissione VIA/VAS che ascolta e alla collettività
partecipa anche il proponente che espone il progetto e all’esito dell’inchiesta pubblica può
avanzare controdeduzioni che diventeranno materiale istruttorio (per esempio se la
collettività dice che l’opera inquina lui potrà controbattere), inoltre il soggetto proponente
all’esito dell’inchiesta pubblica può fare controdeduzione, ribadendo la propria posizione
spiegandola ma potrebbe anche modificare il progetto o integrarlo per evitare di andare allo
scontro. La controdeduzione o le modifiche vano atte entro certi ermini.
3. Fase: LA DECISIONE la Commissione a tutto il materiale istruttorio a disposizione che
deriva non soltanto dalla partecipazione di soggetti ma anche dal proprio studio, quindi, si
fa un’idea, fa dei sopralluoghi e approfondirà tutte le competenze. L’arrivo alla decisione
deve essere preso entro 60 gg dalla fine dell’istruttoria prorogabile per altri 30 gg per opere
particolarmente complesse; quindi, arriviamo a 150 gg totali per il termine e sono 60 gg di
fase istruttoria + 60 gg per la decisione + eventuali 30 gg di proroga. Di solito i
procedimenti Amministrativi hanno un termine massimo di 90 gg tranne per alcune
eccezioni e la VIA è un’eccezione giustificata per la complessità del procedimento o per la
delicatezza degli interessi. Nella VIA quando c’è la risposta deve avere la forma del
Decreto Ministeriale. Se la decisione è negativa ci sarà tutta una motivazione, se invece è
positiva altre alla motivazione accanto all’assenso c’è un insieme di prescrizioni che il
proponente deve rispettare e che non sempre coincide con il suo studio, parliamo di
un’Autorizzazione Conformativa. La prescrizione riguarda soprattutto misure di
compensazione e riduzione dell’impatto Ambientale ma anche misure di monitoraggio. Se
la VIA è negativa l’opera non può essere realizzata, se eventualmente l’opera è in fase di
realizzazione scattano tutti i Poteri Amministrativi che vanno dalla diffida, se l’opera è
appena iniziata a sospensione dell’attività o anche rimozione se necessario nel caso in cui si
prosegue con l’attività.
Nel caso in cui venga realizzata l’opera e per sbaglio o per qualsiasi altro motivo non è stata
sottoposta a VIA l’opera è illegittima e quindi vanno applicate le Sanzioni Amministrative, ma è
possibile fare la VIA POSTUMA? La Giurisprudenza si divide, una parte dice di no perché la legge
è chiara, l’altra parte dice invece che se l’opera inizialmente fosse stata sottoposta a VIA con esito
positivo si sarebbe ammesso la VIA POSTUMA.
La VIA dura 5 anni, quindi, l’opera va realizzata entro quel lasso di tempo, scaduti i 5 anni se
l’opera non è terminata va richiesta un’altra VIA.
Oggi abbiamo progetti interessati dal Piano Nazionale di Ripresa di Resilenza (PNRR) (che ha una
scadenza con pena perdita dei finanziamenti) per i quali è necessaria e rimane l’obbligo di VIA e
per i quali il legislatore, con decreti recenti è intervenuto sulla tempistica per ottenere la VIA. Per
ridurre i tempi il legislatore è intervenuto con dei correttivi sul Procedimento e sull’Organizzazione,
per esempio è stata istituita un’apposita Commissione PNRR, istituita dal Ministero della
Transizione Ecologica, che si occupa della VIA/VAS dei progetti finanziati dal PNRR per non
sovraccaricare la Commissione VIA/VAS.
Dal punto di vista Procedimentale la riduzione della tempistica è dovuta per esempio alla riduzione
dei tempi con la Partecipazione che passa da 60 gg a 30 gg così come per la Decisione che da 60 gg
passa a 30 gg senza proroga.

VAS
Valutazione Ambientale Strategica è una prevenzione preventiva, segue e nasce sulla scia della
VIA, introdotta dall’Unione Europea con una direttiva del 2001.
Nasce perché c’è un’esigenza che la VIA non poteva soddisfare, e cioè la VIA interviene su progetti
d’opera con tutte le decisioni già prese e decide se l’opera si può fare o no, quindi, interviene a valle
della decisione.
La VAS invece, garantisce una valutazione ambientale a monte del processo decisionale, quando si
tratta di decidere innanzitutto quali opere servono a quel territorio, se opere private o infrastrutture
pubbliche, per esempio, meglio un aeroporto o potenziare la ferrovia,
La VAS interviene su piani e programmi quindi sugli strumenti di pianificazione e
programmazione, per questi motivi viene prima della VIA
La differenza tra VIA e VAS è che l’oggetto della VAS è un progetto di piano o di programma
mentre l’oggetto della VIA è il progetto d’opera ben preciso
Se la VAS decide che l’aeroporto non si può fare in quel territorio perché ha un impatto negativo, il
progetto non viene accantonato ma si cerca un'altra area.
La VAS oltre a rispondere al Principio di Prevenzione risponde anche al Principio di Integrazione
Ambientale perché la Valutazione Ambientale riguarderà altri settori come l’urbanistica, i lavori
pubblici, tutti gli altri settori dove vi è una pianificazione o una programmazione delle attività. Il
Principio di Integrazione Ambientale dice che l’Interesse Ambientale deve essere integrato anche in
politiche diverse da quelle Ambientali.
Quali sono i piani e i programmi da sottoporre a VAS?
La VAS è disciplinata dal Testo Unico Ambientale.
Anche qui abbiamo oggetti per la quale la VAS è obbligatoria, oggetti per la quale c’è una verifica
di previa assoggettabilità e poi oggetti in cui la VAS è esclusa.
 La VAS è obbligatoria per i piani e i programmi per la qualità dell’aria, settore agricolo,
settore forestale, pesca, settore energetico, settore industriale, trasporti, gestione dei rifiuti,
telecomunicazioni, settore turistico, pianificazioni territoriali e destinazione d’uso, acque.
La VAS può essere sia Statale che Regionale a secondo del tipo di piano. Siccome la Regione è un
Ente che pianifica sono soprattutto i piani Regionali ad essere sottoposti a VAS di tipo regionale
(uffici diversi da quelli che hanno elaborato il piano).
I piani Statali come può essere il Piano Energetico Statale vengono sottoposti a VAS da parte del
Ministero dell’Ambiente.
I piani Comunali che devono essere sottoposti a VAS sono tanti alcuni ambientali come il piano
dell’acqua, il piano di bacino, il piano forestale, ma altri non ambientali come il piano industriale, il
piano dei trasporti, i piani urbanistici e territoriali. Un classico esempio di piano da sottoporre a
VAS è il Piano Regolatore Generale, il Piano Urbanistico Comunale, la legge dice che questi piani
quando sono Comunali saranno sottoposti a VAS Regionale.
Quando un Comune decide di adottare un Piano Regolatore Generale (PRG), fatta la bozza di Piano
non può essere adottato dal Consiglio Comunale se prima non è sottoposta a VAS, se si sbaglia e
non si chiede la VAS o se la se chiede e l’esito è negativo, e viene approvato ugualmente quel PRG
è illegittimo. Una differenza tra VIA e VAS è che nella VAS i piani vengono adottati dalla Pubblica
Amministrazione e la conseguenza sarà la illegittimità del piano per violazione di legge che potrà
essere dichiarata da un Giudice, mentre nella VIA abbiamo progetti d’opera a spese di privati per
cui se l’opera viene realizzata bisognerà intervenire con i poteri ripristinatori e di diffida.
 Verifica di assoggettabilità a VAS: viene applicata nel caso riguardi l’uso di piccole aree a
livello locale come, per esempio, il piano di piccole aree di costa regionali o comunali. Il
Piano Regolatore Generale, il Piano di lottizzazione, il Piano Particolareggiato, il Piano
Attuativo, sono piani Attuativi del PRG che riguardano singole zone e sono a verifica di
assoggettabilità e quindi bisognerà valutare caso per caso. Anche in caso di modifiche di
Piani già sottoposti a VAS con esito positivo come può essere il PRG bisognerà valutare se
sottoporre a VAS o meno.
 La VAS è esclusa per piani approvati per scopi di Difesa Nazionale, Piani di una certa
urgenza e quelli di Protezione Civile e per la Tutela dell’Incolumità Pubblica.
Il procedimento segue l’iter che abbiamo visto per la VIA con qualche semplice differenza, tipo
il Rapporto Ambientale che nella VIA è lo Studio di Impatto Ambientale.
Anche qui abbiamo le 3 Fasi Iniziativa, Istruttoria e Decisione anche i termini sono identici 150
gg massimi ed è presente l’Inchiesta Pubblica.

L’AIA
Autorizzazione Integrata Ambientale, si tratta di una visione complessiva del fenomeno inquinante,
volta a considerare l’interconnessione delle diverse fonti di inquinamento in riferimento ad una
singola attività.
Un sistema basato su differenti autorizzazioni per ogni singola forma di inquinamento, oltre che ad
appesantire il procedimento, non potrebbe realizzare una funzione di prevenzione che avviene
grazie alla loro interazione e non in base alla loro somma.
D tale esigenza nasce la disciplina comunitaria sulla riduzione e prevenzione integrata
dell’inquinamento prevista dalla direttiva 96/61/CE (IPPC Integrated Pollution Prevetion and
Control) confluita poi nella direttiva 2008/1/CE e recentemente riscritta nella direttiva 2010//75/UE.
In attuazione di tale disciplina è stata introdotta nel nostro ordinamento l’Autorizzazione Integrata
Ambientale (AIA) dapprima con decreto legislativo n°372/1999 poi con d.lgs. n°59/2005. Con il
d.lgs. n°128/2010 l’AIA è stata inserita nel Codice dell’Ambiente e recentemente sono state
apportate diverse modifiche con il d.lgs. n°46/2014.
L’autorizzazione riguarda l’esercizio di un impianto, o di parte di esso e concentra in un unico
meccanismo di autorizzazioni la funzione preventiva alla fonte, tenendo conto del rapporto tra costi
e vantaggi delle possibili soluzioni. Mira infatti alla prevenzione e riduzione integrate di tutte le
forme di inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo salvo gli effetti previsti dalla disciplina dei
rischi di incidenti rilevanti e l’emissione di gas effetto serra), e sostituisce ad ogni effetto le
autorizzazioni riportate nell’elenco dell’allegato 9.
La definizione ampia di inquinamento data dalla norma ci dice che lo qualifica come introduzione
diretta o indiretta, a seguito di attività umane, di sostanze, vibrazioni, di calore o rumore nell’aria,
nell’acqua o nel suolo, che potrebbero nuocere alla salute umana e alla qualità dell’ambiente,
causare il deterioramento dei beni materiali, oppure danni a valori ricreativi dell’ambiente o ad altri
soui legittimi usi (art.5 d.lgs. n°152/2006).
L’ambito di applicazione dell’AIA è definito dall’allegato 8 del d.lgs. n° 152/2006 e comprende i
progetti relativi a stabilimenti addetti ad attività chimiche, energetiche, minerali, di gestione dei
rifiuti, di produzione e trasformazione dei metalli, e ad eventuali modifiche degli stessi.
Il carattere conformativo dell’autorizzazione si associa alla severità delle condizioni per il rilascio,
che comprendono: la rimozione dei fenomeni di inquinamento significativo, la riduzione
dell’impatto della produzione dei rifiuti (prevedendo forme di recupero e smaltimento con il minor
impatto ambientale possibile), l’utilizzo in modo efficiente dell’energia, la predisposizione di
misure di prevenzione e controllo che riguardano incendi, rischi di inquinamento alla chiusura
definitiva dell’impianto, inoltre la predisposizione di misure idonee a rendere pubbliche ed
accessibili le informazioni sull’impianto.
Alle prescrizioni previste a carico del gestore dell’impianto sono associati i poteri ispettivi e di
controllo dell’ISPRA e dell’ARPA, che possono sfociare in un effetto sanzionatorio. Sono previste
infatti, diverse conseguenze a seconda della gravità delle infrazioni: diffida, diffida con contestuale
sospensione delle attività autorizzata per un tempo determinato, revoca dell’autorizzazione, fino alla
chiusura dell’impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in
caso di reiterate violazioni che determinano situazione di pericolo e di danno per l’ambiente.
L’art.29 prevede anche una serie di sanzioni amministrative irrogabili in caso di mancata
ottemperanza agli obblighi di comunicazione.
Le valutazioni in ordine di sostenibilità ambientale degli effetti inquinanti degli impianti sottoposti
ad AIA, devono essere effettuati sulla base delle migliori tecniche disponibili BAT – Best Available
Tecniques. Su tale aspetto particolare attenzione è stata posta dalla nuova direttiva, tanto da indurre
il legislatore a prevedere all’art.29-bis, d.lgs. n°152/2006 una specifica disposizione che prevede
una connessione diretta con la BAT adottate a livello comunitario.
L’autorità competente è il Ministero dell’Ambiente per tutti gli impianti esistenti e nuovi, quindi di
competenza statale, ovvero tutti quegli impianti maggiormente inquinanti, individuati
nell’allegato12 come ad esempio raffinerie, acciaierie e centrali termiche. Per gli altri impianti la
competenza è dell’autorità indicata dalla Regione.
L’iter procedimentale, disciplinato dal Titolo 3-bis del d.lgs. n° 152/2006 è caratterizzato da forme
di pubblicità e partecipazione che ricalcano lo schema già visto con la VIA.
L’autorità competente comunica al gestore la data di avvio del procedimento entro 30 gg dal
ricevimento della domanda;
entro 15 gg dalla comunicazione il gestore provvede alla pubblicazione su un quotidiano di un
annuncio contenente l’indicazione della localizzazione dell’impianto e il nominativo del gestore, al
fine di consentire agli interessati di prendere visione di documenti e atti e di presentare entro 30 gg
osservazioni in forma scritta.
viene dunque convocata (obbligatoriamente) una conferenza di servizi a diversa composizione a
seconda che oggetto del procedimento sia un impianto di competenza statale o locale.
Essa conclude i suoi lavori entro 60 gg dalla scadenza del termine di presentazione delle
osservazioni da parte degli interessati.
L’istruttoria è svolta dalla Commissione Istruttoria per l’autorizzazione ambientale integrata
prevista dall’art.10, d.p.r. n° 90/2007.
L’autorizzazione è rilasciata entro 50 gg dalla presentazione della domanda, acquisite le
determinazioni delle amministrazioni interessate e considerate le osservazioni dei soggetti
interessati. In caso di inerzia dell’amministrazione competente sono previsti poteri sostitutivi in
capo all’organo politico.
Un tratto peculiare è l’indizione della conferenza di servizi a cui partecipano le amministrazioni
competenti in materia ambientale e nel caso di impianti di competenza statale, i Ministeri
dell’interno, della salute e delle attività produttive, che preclude al rilascio dell’autorizzazione.
L’AIA ha una durata di 10 anni, tuttavia l’art.29 prevede un periodo di rinnovo a 16 o 12 anni,
come premio agli impianti in possesso di certificazione ambientale.
E’ previsto inoltre la possibilità di un accordo tra stato, Regione, enti locali e i gestori, per
consentire in conformità agli interessi della collettività, armonizzazione tra lo sviluppo del sistema
produttivo nazionale, le politiche del territorio e le strategie aziendali, in tali casi il termine di 50 gg
è sostituito dal termine di 300 gg.
Le procedure di VIA e AIA possono dar luogo a sovrapposizioni e interferenze; pertanto, il
legislatore ha previsto forme di raccordo e soluzioni di semplificazione, VIA ed AIA confluiscono
nel provvedimento unico in materia ambientale adottato in sede di VIA Statale qualora il
proponente ne faccia richiesta. Nel caso in cui invece il proponente non ne faccia richiesta, la VIA
dovrà comunque essere integrata nella successiva AIA.
In sede di VIA e AIA regionale invece in ogni caso in cui vi sia l’assoggettabilità a VIA, l’AIA
confluirà sempre nel provvedimento autorizzatorio unico regionale che, è sostitutivo di tutte le
autorizzazioni, le intese, le concessioni, le licenze, i pareri, i nulla osta e gli assensi comunque
denominati in materia ambientale e di patrimonio culturale

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