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Diritto Tributario Amatucci

Diritto tributario (Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli)

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CAPITOLO I – LE FONTI E L’EFFICACIA DELLE NORME TRIBUTARIE


PREMESSA : RIPARTIZIONE E UNICITÀ DELLE FONTI DI DIRITTO TRIBUTARIO E NORME
COSTITUZIONALI
La materia tributaria è caratterizzata da norme che possono essere di diverso genere: impositrici,
agevolative, procedimentali, processuali, sanzionatorie;
Alla base del sistema delle fonti del diritto tributario vi è l’art. 23 Cost. secondo cui <<nessuna
prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge>>. L’art. 23
contiene una riserva (relativa e non assoluta) di legge, che corrisponde ad un principio classico
delle democrazie liberali (no taxation without representation), in base al quale ogni intervento
pubblico sulla proprietà e sulla libertà dei cittadini può avvenire solo per legge.
I principi fondamentali in materia tributaria sono previsti prevalentemente da norme costituzionali,
che insieme alle norme comunitarie del Trattato UE, limitano l’attività del legislatore nazionale
ponendo una serie di divieti in sede di regolamentazione dei tributi; le norme costituzionali (che
det i principi fond in materia trib) operanti in materia tributaria sono riconducibili ai principi
fondamentali sanciti negli artt. 3 – 23 – 53 -75 – 81 – 117 - 119 Cost. . Sulla base di alcune di tali
norme è stato emanato in forma di legge ordinaria lo Statuto dei diritti del contribuente : legge
n.212/2000 (che all'ART 1 si autoqualifica cm legge di attuazione di precetti cost)
Attualmente l’assetto delle fonti di diritto tributario è caratterizzato da un ampliamento della
potestà normativa in materia tributaria, che non è più appannaggio esclusivo del legislatore
nazionale, ma è condivisa a livello locale (ex 117 riforma titola V) con le Regioni, ed in misura più
ridotta con i Comuni e le Province dotati di sola potestà regolamentare.

LE NORME DEL TRATTATO UE IN MATERIA FISCALE: LE DIRETTIVE, LE DECISIONI ED I


REGOLAMENTI COMUNITARI
L’applicazione di norme comunitarie come quelle del Trattato UE, come quelle del Trattato di
Lisbona (entrato in vigore nel 2009) che ha istituito il TFUE concernono la disciplina e lo sviluppo
coerente ed equilibrato delle attività economiche nel territorio europeo. I rapporti tra ordinamento
comunitario e quello nazionale sono stati oggetto di esame da parte della nostra giurisprudenza
costituzionale fino al raggiungimento della tesi del primato della norma UE rispetto a quella
nazionale ed anche quelle costituzionali (facendo salvi principi inderogabili della Costituzione). I
principi dei trattati UE apportano implicazioni per quanto riguarda la concorrenza e il libero
mercato, tali principi attraverso gli artt. 10, 11 e 117 Cost. vincolano il legislatore nazionale, il
giudice e l’A.F. allo stesso modo delle norme costituzionali. Le norme emesse dagli organi
comunitari sono regolamenti, direttive e decisioni :

●I regolamenti : hanno portata generale, sono integralmente obbligatori ed direttamente


applicabili in tutti il loro elementi in ciascuno degli Stati membri (atti self executing). Tuttavia,
non essendo interamente trasferita la competenza in materia fiscale alla UE, il regolamento in
materia tributaria limita eccessivamente la sovranità fiscale nazionale e pertanto, viene utilizzato
in casi particolari come quelle di repressione di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali in materia
d’IVA

●Le direttive : non hanno portata generale ma vincolano gli Stati membri per quanto riguarda il
risultato da raggiungere, mentre è rimessa alla discrezionalità dei singoli Stati l’adozione degli
strumenti e i mezzi per raggiungerlo. Le direttive si collocano tra le fonti primarie di diritto

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tributario e sono lo strumento maggiormente idoneo per raggiungere gli obbiettivi di


armonizzazione o integrazione fiscale, il loro effetto è diretto e quando contengono disposizioni
precise e incondizionate la cui applicazione non richiede norme ulteriori, consentono di ovviare
alle negligenze degli Stati membri.

●Le decisioni : sono atti comunitari che riguardano casi specifici come gli aiuti di Stato, la recente
giurisprudenza (Cassazione) ha riconosciuto la portata vincolante di questi atti. Tali atti
comunitari se definitivi, incondizionati chiari e precisi, sono idonei a sopprimere o modificare la
norma interna che prevede l’aiuto e, anche con specifico riferimento agli aiuti di Stato, a vincolare
il giudice nazionale.

LE LEGGI ORDINARIE, LE LEGGI REGIONALI E GLI ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE: DECRETI LEGGE E
DECRETI LEGISLATIVI
LEGGI ORDINARIE : fonti del diritto tributario sono, principalmente, le leggi e gli altri atti aventi
valore di legge. L’art. 23 Cost. prevede la nascita dell’obbligazione tributaria attraverso lo strumento
della legge, il principio di riserva di legge contenuto nell’art. 23 Cost. è una garanzia per i
contribuenti. Le ragioni che giustificano il ricorso alla legge per l’individuazione e l’istituzione dei
tributi sono molteplici: innanzitutto la preminenza di tale fonte rispetto alle altre e la sua
subordinazione alle sole norme costituzionali evita la soccombenza in caso di contrasto con altre
fonti inferiori. Di peculiare vi è che le leggi tributarie :
a) non possono essere abrogate con referendum popolare (art. 75 2° comma Cost.)
b) non possono essere approvate con la legge di bilancio (art. 81 Cost.), perché il costituente ha
inteso conservare la distinzione tra leggi sostanziali (che disciplinano i tributi e le spese) e legge
formale di mera approvazione del bilancio (predisposto dal Governo).
La funzione legislativa spetta al Parlamento; il Governo, però, può emanare decreti con forza di
legge, ossia decreti legge e decreti legislativi.

DECRETI LEGGE : i decreti legge sono <<provvedimenti provvisori con forza di legge>> che
possono essere adottati dal Governo <<in casi straordinari di necessità ed urgenza>> e debbono
essere convertiti in legge entro 60 gg. altrimenti decadono ex tunc;

DECRETI LEGISLATIVI : l’art. 77 Cost. consente al Parlamento di delegare al Governo l’esercizio


della funzione legislativa <<con determinazione dei principi e criteri direttivi e soltanto per un
tempo limitato e per oggetti definiti>>; pertanto possono istituire tributi, nonché modificare o
abrogare altre norme di legge.

Vi è un uso abnorme di questi atti aventi forza di legge : il ricorso frequente in materia tributaria al
meccanismo della delega trova la sua ragione nella circostanza che le norme tributarie, per la
celerità dei loro interventi (per far fronte ad urgenti esigenze finanziarie dello Stato) o per il loro
tecnicismo mal si presentano per essere discusse in parlamento. Queste tipologie di fonte giuridica
conducono inevitabilmente ad un fenomeno di iperlegificazione e degenerazione della produzione
legislativa, determinando una situazione di profonda incertezza nei confronti del contribuente. Per
tale motivo ha assunto particolare importanza l’art.4 dello Statuto del contribuente con il quale si è
sancita l’inutilizzabilità del decreto legge per l’istituzione di nuovi tributi.

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TESTI UNICI : il testo unico è una fonte caratterizzata da un particolare contenuto, ossia la
riunificazione in un unico testo, di norme contenute in leggi diverse (leggi, decreti legge,decreti
legislativi e regolamenti).

LO STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE


La legge n.212 del 2000, lo Statuto dei diritti dei contribuenti, ha introdotto una serie di principi
che sono espressione delle norme costituzionali. Le norme dello Statuto riguardano i rapporti tra
l’Amministrazione Finanziaria e contribuenti, disciplinano i procedimenti tributari e prevedono
nuovi e specifici obblighi per il legislatore e l’A.F. che contribuiscono ad una maggiore civiltà
giuridica nel nostro sistema fiscale oltre che nel rapporto fisco-contribuente.
Le norme contenute nella legge 212/200, in quanto leggi ordinarie, restano derogabili solo
espressamente da norme di pari rango, anche se la clausola di auto-rafforzamento prevista nello
SDC (art.1) sancisce la deroga espressa delle norme dello Statuto e l’impossibilità di derogarle
attraverso norme speciali.

Mentre la Corte Costituzionale ha escluso il rango costituzionale di tali norme, la Suprema Corte di
Cassazione ha considerato tali norme aventi portata vincolante per l’interprete come <<utile
parametro di riferimento ai fini interpretativi>> e riconoscendo una <<superiorità dei principi
espressi dallo Statuto>>.

I REGOLAMENTI GOVERNATIVI, I REGOLAMENTI MINISTERIALI

I regolamenti statali sono atti non aventi forza di legge e rappresentano fonti secondarie in
quanto si collocano immediatamente al di sotto della legge ordinaria, regionale e degli atti aventi
forza di legge. Questi atti assumono particolare rilevanza in materia tributaria in quanto vi è spesso
l’esigenza, a fini integrativi, di demandare l’attività di regolamentazione procedurale o l’attuazione
sul piano tecnico della disciplina legislativa ad atti amministrativi emanati dal Ministero
dell’Economia e delle finanze. I regolamenti si distinguono in governativi e ministeriali:
· Regolamenti governativi : sono emanati dal Presidente della Repubblica previa deliberazione del
Consiglio dei Ministri
· Regolamenti ministeriali : sono adottati nelle materie di competenza di un singolo ministro, con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

I REGOLAMENTI E GLI STATUTI DEGLI ENTI LOCALI


L’autonomia normativa tributaria degli enti locali si basa su norme che rappresentano fonti
secondarie: Comuni e Province hanno un potere regolamentare tributario, nel rispetto degli artt.
23 e 119 Cost. , che non consiste nell’imporre e disciplinare autonomamente il tributo, ma nello
stabilirne ed individuarne gli aspetti procedimentali (accertamento e riscossione) ed un potere
agevolativo nell’ambito di quanto previsto dalla legge: quindi l’autonomia normativa tributaria
degli Enti locali si pone su di un piano diverso rispetto a quello delle Regioni in quanto essa si basa
su norme (regolamenti e statuti) che non possono rientrare nella sfera dell’art. 23 Cost. Il d.lgs.
446 del 1997 (art.52) e la legge 42 del 2009 (art.12) definiscono i limiti dell’autonomia tributaria o
meglio impositiva degli enti locali e della potestà regolamentare.

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Tuttavia sul regime delle esenzioni e delle agevolazioni e su altri aspetti dell’individuazione della
natura tributaria gli artt. 23 e 119 Cost. attribuiscono un grado di autonomia impositiva più ampio
agli enti locali rispetto al mero potere amministrativo di accertare e riscuotere i tributi propri.

LE CIRCOLARI MINISTERIALI E LE RISOLUZIONI


---Le circolari sono atti amministrativi di indirizzo con i quali vengono impartiti
dall’Amministrazione centrale istruzioni sul piano interpretativo agli uffici periferici allo scopo di
uniformare il comportamento di quest’ultimi e di orientare l’attività dei privati. Sia la portata
meramente interna, sia la mancanza di un vincolo legislativo di tali atti tende ad escludere la loro
efficacia giuridica, e quindi non sono vincolanti né per il giudice e né per i contribuenti. Tuttavia è
difficile non annoverare le circolari tra le fonti di diritto tributario in quanto consentono all’A.F. di
attuare precetti contenuti nelle norme giuridiche fornendo quindi un utilissimo supporto.
L’Amministrazione può modificare l’interpretazione di una disposizione di legge ma il revirement
interpretativo non può essere retroattivo, in quanto violerebbe la tutela all’affidamento.

---Le risoluzioni invece, a differenza delle circolari, hanno diretta efficacia nei riguardi dell’Ufficio
al quale sono dirette e possono essere risposte a quesiti posti da privati;
Le leggi e i decreti legislativi dopo l’approvazione parlamentare e dopo la promulgazione da parte
del Presidente della Repubblica, sono pubblicate nella Gazzetta ufficiale ed entrano in vigore a
partire dal 15° giorno successivo alla pubblicazione; i decreti legge, di solito, hanno efficacia dal
giorno della loro pubblicazione (salvo che non sia stata stabilita una data diversa) e perdono
efficacia ex tunc se non sono convertiti in legge entro 60 gg. . Di norma le leggi e i regolamenti
entrano in vigore (e sono efficaci) dopo un certo lasso di tempo, vacatio legis, dopo la loro
pubblicazione.
CESSAZIONE DELLE NORME TRIBUTARIE: ABROGAZIONE, DICHIARAZIONE DI
INCOSTITUZIONALITÀ, DECLARATORIA DI INCOMPATIBILITÀ COMUNITARIA
² ABROGAZIONE : uno dei casi di cessazione della legge più frequenti è quello
dell’abrogazione, regolata dall’art.15 delle disposizioni preliminari del c.c., il quale prevede che
essa può avvenire per :
a) per dichiarazione espressa del legislatore ,
b) per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le vecchie,
c) perché la nuova legge regola l’intera materia già disciplinata dalla legge anteriore.
Il legislatore generalmente si serve della deroga (espressa o implicita) quando vuole introdurre
un’eccezione alla disciplina dettata da una certa disposizione nel corpo della stessa legge, al fine
di garantire una maggiore certezza del diritto, avvolte in materia tributaria, viene posto un divieto
di deroga e di modifica se non in forma espressa. Con l’abrogazione, l’efficacia di una legge
abrogata cessa ex nunc: essa continua però a regolare i fatti avvenuti nell’arco temporale che va
dalla sua entrata in vigore fino alla data della sua abrogazione. È vietata in diritto tributario
l'abrogazione tramite referendum ex 75 cost.

² DICHIARAZIONE DI INCOSTITUZIONALITÀ : la dichiarazione di incostituzionalità di una legge


tributaria fa cessare l’efficacia ex tunc; perciò, dopo la pronuncia della Corte costituzionale, la
legge giudicata illegittima è da considerare come mai esistita.

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² DECLARATORIA DI INCOMPATIBILITÀ COMUNITARIA : anche la declaratoria di


incompatibilità comunitaria, sancita dalla Corte di giustizia, fa cessare l’efficacia di una legge ex
tunc.
La perdita di efficacia ex tunc, in seguito alle sentenze della Corte costituzionale e delle sentenze di
incompatibilità comunitaria, consente ai contribuenti di esercitare il diritto al rimborso, con
esclusione dei casi in cui i rapporti si sono esauriti (come il passaggio in giudicato di una sentenza,
oppure come la prescrizione, oppure come la decadenza).

L’EFFICACIA TEMPORALE DELLA NORMA TRIBUTARIA E LA RETROATTIVITÀ


Nel nostro ordinamento non esistono norme costituzionali che sanciscono un divieto della
retroattività in materia tributaria, ma disposizioni di rango inferiore come l’art. 11 delle Preleggi
sancisce che: <<la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo>> e l’art.3
della legge 212/2000 <<salvo quanto previsto dall’art.1, 2°(NORME DI INTERPR AUTENTICA), le
leggi tributarie non hanno effetto retroattivo>>, quest’ultima norma afferma (al 1°comma) che
per quanto riguarda i tributi periodici, le modifiche introdotte in materia tributaria si applicano al
periodo d’imposta successivo a quello di entrata in vigore.
Quindi è particolarmente complesso il problema dell’identificazione del concetto di retroattività
tributaria nel nostro ordinamento in quanto fenomeno patologico in grado di porsi in contrasto con
una serie di principi generali e norme dettagliate.
Per graduare gli effetti della retroattività si sono operate alcune distinzioni come: la retroattività
propria (che sarebbe in grado di modificare fattispecie giuridiche già disciplinate da precedenti
leggi tributarie) e retroattività impropria (che si collega alla nascita di una nuova obbligazione
tributaria a fatti verificatisi all’emanazione della legge stessa); oppure la distinzione tra norma
retroattiva sostanziale attinente alla fattispecie e agli effetti, e norma di applicazione immediata
che è di tipo procedimentale e coinvolge un’attività amministrativa in corso di svolgimento al
momento dell’entrata in vigore della nuova legge.
Per limitare il fenomeno della retroattività, si è fatto inizialmente ricorso all’attualità della capacità
contributiva espressa dall’art.53 Cost. o permanenza dell’idoneità alla contribuzione del
presupposto al momento dell’entrata in vigore della nuova legge e della prevedibilità. Più
recentemente per limitare la retroattività tributaria si è fatto ricorso al principio della tutela del
legittimo affidamento, consentendo al contribuente di operare sulla base di una situazione
giuridica precedente all’innovazione normativa senza subire il pregiudizio di successive modifiche
sfavorevoli.
PRINCIPIO IRRETROATTIVITA è quindi disciplinato anche da L212, che in qnt legge ordinaria è
passibile di DEROGA da fonte legale di pari rango, qst caratteristica è stata sottolineata da GIURISP
che ha evidenziato cm tale principio nn cost PRINCIPIO IMMANENTE MA valido criterio
interpretativo, inquadrando la stessa nl + generale principio di correttezza e buona fede. Pertanto il
legisl può emanare norme cn efficacia retroattiva, che sn ql INTERPRETAZIONE AUTENTICA (che
hanno la funz d precisare il significato di 1 prec disp legislativa, attribuendole il significato
concepito originariamente dal legislatore (la dott ha evidenziato però cm tali leggi siano sogg a
DISTORSIONI da parte dl legisl che potrebbe estendere portata norma, introducendo
surrettizziamente nuovi tributi) e LEGGI INNOVATIVE (in virtu d specifica regolazione dl legislatore).
Un limite invalicabile della norma retroattiva resta quello delle situazioni consolidate come il
giudicato (sentenze passate in giudicato), la prescrizione e la decadenza.

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La norma trib è da considerarsi veramente retroattiva qualora risulti essere innovativa,


ingiustificata, irragionevole e in grado di incidere sfavorevolmente e di sconvolgere o alterare
situazioni consolidate o garantite, compromettendo la sicurezza giuridica o certezza del diritto.
EFFICACIA DELLA NORMA TRIBUTARIA NELLO SPAZIO

La maggior parte dei paesi UE e gli USA adottano il principio della tassazione del reddito mondiale
(worldwide taxtion) attraverso il quale si considera quale criterio impositivo il collegamento
soggettivo: la residenza fiscale (sn considerati residenti fiscali coloro che nl magg parte dl periodo
d'imposta sn iscritti nl anagrafe dl pop residente o hanno nl territorio dl stato
residenza/domicilio) assoggetta il reddito dei propri residenti prodotto ovunque nel mondo al fine
di recuperare gettito derivante da attività economiche finanziarie svolte parzialmente in altro
Paese.
Altro criterio è quello della fonte (source taxation) e si riferisce al territorio, quindi l’imposizione
fiscale può essere effettuata esclusivamente nel territorio di un Stato, a prescindere dalla
provenienza di colui che la produce.
Il binomio personalità (residenza) e territorialità (fonte) si è espresso ai fini dell’eliminazione della
doppia imposizione internazionale.
Ne deriva 1 sist combinato che fonda l'imposizione:
 Dei SOGG RESIDENTI sl PRINCIPIO DL UTILE MONDIALE, con cons imposizione dei redditi da
costoro prodotti ovunque nl mondo.
 Dei SOGG NN RESIDENTI sl PRINCIPIO TERRITORIALITA cn cons di assoggettamento a
imposizione dei soli redditi prodotti in italia, indip dalla provenienza di colui che li produce.
PER DOPPIA IMPOSIZIONE INTERNAZ si fa rif alla nascita in capo allo stex sogg di 2 obbigazioni trib,
in relaz a stessa imposizione prevista dalla legisl di 2 diversi paesi, si verifica qnd:
-Una stessa situaz è assunta a presupposto di 1 det tributo in 1 paese in base ad 1 criterio OGG
(imposta si applica a tt i redditi prodotti nl territorio di 1 stato) e in 1 altro in base a 1 criterio SOGG
(l'imposta si applica a tt i redditi dei res ovunque prodotti) /// - o quando 1 situaz è assunta a
presupposto di 1 stex tributo in 2 diversi stati che adottano stesso criterio di collegamento, per es
qnd adottano criterio sogg, e entrambi ritengono il sogg residente nl proprio territorio.
Per porvi rimedio sn adottate sia MISURE INTERNE quali deroghe al sist dl worldwide taxation, e
MISURE BILATERALI quali conv bilaterali contro doppia imposizione.

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CAPITOLO II – I PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO TRIBUTARIO


LA CAPACITÀ CONTRIBUTIVA
Uno dei più importanti limiti sostanziali al potere impositivo è rappresentato dalla capacità
contributiva, che è l'espressione economica del principio di uguaglianza sostanziale ex 3 COST
(uguaglianza verticale)
L’art. 53 Cost. stabilisce che <<tutti sono tenuti a contribuire alle spese pubbliche in ragione della
propria capacità contributiva>>, il principio del concorso alle spese pubbliche in ragione della
propria capacità contributiva è collegato ad altri precetti costituzionali quali il principio di
solidarietà sancito nell’art.2 Cost. dove è richiesto <<l’adempimento dei doveri inderogabili di
solidarietà politica, economica e sociale>> e il principio di uguaglianza sancito nell’art.3 Cost., e
trova limite negli artt. 41 e 42 Cost (cioè il dovere di contribuizione alle spese pubbliche nn va
configurato cm limite di altre situaz cost garantite quali liberta di iniziativa eco). ; giustificando in tal
modo il sacrificio del singolo all’attività impositiva attraverso il fine solidaristico, economico e
sociale.
La nozione di capacità contributiva è sempre stata oggetto di dibattiti dottrinali e giurisprudenziali.
Alla luce dell’interpretazione della Corte costituzionale, l’art. 53 risponde all’esigenza di garantire
che ogni prelievo si basi su presupposti che siano concreti indici rilevatori di ricchezza dai quali sia
deducibile l’idoneità soggettiva all’obbligazione imposta.
Successivamente la Corte ha mutato orientamento riguardo l’idoneità soggettiva, anche grazie
all’introduzione di alcune norme comunitarie sulla concorrenza, passando da una concezione in
senso soggettivo ad una concezione oggettiva e non personalistica della capacità contributiva
ritenendo che qualunque fatto che esprime potenzialità o forza economica nella sua oggettività
può essere considerato presupposto d’imposta. La giurisprudenza costituzionale ha evidenziato
che il presupposto, espressione di potenzialità economica e a cui deve collegarsi la partecipazione
alle spese pubbliche, deve possedere i requisiti dell’effettività e dell’attualità:

² Effettività : la capacità contributiva deve essere innanzitutto effettiva nel senso di certa e
non meramente fittizia; ciò pone un limite all’attività del legislatore nell’identificazione del
presupposto e della base imponibile, dovendosi evitare il ricorso a mezzi o criteri di
determinazione miranti a colpire entità non esistenti in concreto in quanto elaborati in termini
astratti e forfettari che siano penalizzanti per i contribuenti come le presunzioni assolute senza
possibilita di prova contraria (mentre sono ammesse quelle semplici se razionalmente giustificate
e basate sulla comune esperienza).

² Attualità : strettamente connesso al requisito dell’effettività è quello dell’attualità di


imposizione fiscale che consente di limitare la retroattività della norma tributaria; deve escludersi
che la norma tributaria possa legittimamente assoggettare ad imposta situazioni che, sebbene
economicamente valutabili, non sono più attuali in quanto verificatesi in epoca remota rispetto al
momento genetico dell’obbligazione tributaria; tuttavia il criterio dell’attualità in funzione
antiretroattiva insieme a quello della prevedibilità sono tuttavia estremamente flessibili in quanto
soggetti ad interpretazione e a valutazioni inevitabilmente soggettive.
² Progressività : intimamente connesso al principio di capacità contributiva ed a quello di
eguaglianza è il criterio di progressività al 2° comma dell’art 53 Cost. << Il sistema tributario è
informato a criteri di progressività >> che determina un aumento del carico tributario al crescere
della ricchezza prodotta in maniera proporzionale ed al quale si informa il nostro sistema
tributario.

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L’UGUAGLIANZA : l’art.3 Cost. sancisce il principio dell’eguaglianza che si collega a quello della
capacità contributiva. Il principio di eguaglianza ha portata generale e postula lo stesso
trattamento giuridico sia impositivo che agevolativo di situazioni uguali o comparabili
(eguaglianza statica) e un trattamento diverso in situazioni diverse (eguaglianza dinamica). L’art.3
nel 2° comma prevede l’obbligo di rimozione degli ostacoli di ordine sociale ed economico che
limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini (eguaglianza sostanziale). L’eguaglianza tra tutti i
contribuenti, strettamente connessa all’art.53 Cost., viene comunemente intesa come eguaglianza
verticale che verte sulla base economica e eguaglianza orizzontale che verte sulla territorialità o
provenienza dei soggetti (residenza).
LA RISERVA DI LEGGE – IL RIPARTO DELLA COMPETENZA LEGISLATIVA IN MATERIA TRIBUTARIA
TRA STATO – REGIONI – ENTI LOCALI
L’art.23 Cost. sancisce che <<nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta
se non in base alla legge>>, quindi pone una garanzia dell’intervento pubblico sulla proprietà e
sulla libertà dei cittadini che può avvenire solo per legge.
La norma costituzionale richiede che la prestazione patrimoniale sia imposta in base alla legge e
non esclusivamente ad opera della legge; da ciò si desume la possibilità di determinare con legge
gli elementi essenziali, i criteri generali e direttivi del tributo (base legislativa) e quindi di
demandare a fonti diverse e subordinate la regolamentazione degli elementi non essenziali e
secondari come quelli procedimentali(accertamento e riscossione dei trib): quindi l’art.23 quindi
consente l’esercizio della potestà tributaria anche da parte di enti diversi dallo Stato (ad es. enti
locali), derivandone una più o meno ampia autonomia che essi possono esercitare nelle aree non
riservate alla legge.
Il legislatore deve comunque predeterminare i criteri base e le linee generali di disciplina della
discrezionalità amministrativa, cioè la base legislativa nei suoi elementi essenziali, vale a dire :
presupposto, soggetto passivo, base imponibile ed aliquota entro limiti prestabiliti. C’è da
considerare che sia la base imponibile che l’aliquota sono criteri di determinazione quantitativa
delle prestazioni, ma mentre la prima richiede un’attività complessa ed è quindi riservata
esclusivamente alla legge, l’aliquota può essere demandata a fonti diverse per motivi di esigenza
tecnica e specifica o per esigenze di amministrazioni locali.

L’art. 117 Cost. stabilisce al 1° comma che : << La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e
dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario e dagli obblighi internazionali>>, quindi tenendo anche conto degli artt. 23 e 119
Cost. la competenza tributaria è così ripartita :
² Allo Stato : è attribuita in via esclusiva la potestà di disciplinare il sistema tributario dello
Stato e di stabilire i principi fondamentali del sistema tributario complessivo.

² Alle Regioni : è attribuita potestà legislativa ma concorrente : l’art.117 Cost. al 4° comma


recita <<spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non
espressamente riservata alla legislazione dello Stato >>. Anche perché l’art.23 Cost. stabilisce
una riserva di legge relativa, ed inoltre come stabilito nell’art.119 Cost. 2°comma <<stabiliscono e
applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario>>, ciò significa che le regioni
possono istituire e stabilire tributi propri regionali determinando gli elementi fondamentali nel
rispetto del principio di coordinamento.

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² Agli Enti Locali Comuni-Province- Città metropolitane: l’art.119 Cost. 1° comma, a seguito
della riforma del Titolo V, stabilisce che << I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le
Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa>>; quindi apparentemente, limitando
la lettura al 1° comma dell’art.119 Cost. si potrebbe ritenere che sia stato rimosso il limite
all’autonomia finanziaria costituito dal rinvio alla legge nazionale, ma al 2° comma lo stesso
art.119 Cost. stabilisce che <<I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno
risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la
Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro
territorio>>, quindi risulta chiaro che il potere di stabilire ed applicare tributi ed entrate può
attuarsi solo attraverso rispetto dei principi di coordinamento, e quindi può essere garantito
solo dalla legge nazionale, e dalle Regioni in ragione dell’art. 117 4° comma Cost.
La legge delega 42/2009 rappresenta la norma attuativa delle disposizioni contenute nell’art.119
Cost. , che fissa i principi e le linee direttive in base alle quali sono stati e dovranno essere
emanati i decreti legislativi. Le interpretazioni della Corte costituzionale sull’art.119 Cost. ha
portato a considerare per lungo tempo l’attribuzione del potere di stabilire ed applicare tributi
locali in base al tipo di norma (legge dello Stato) con la quale sono stati istituiti, in quest’ultimi
anni, senza alcuna possibilità di intervento da parte dell’ente territoriale. Ma la legge delega
42/2009 in attuazione dell’art.119 da una parte ha riconosciuto alle Regioni la possibilità di
istituire tributi con propria legge, nel rispetto del limite della doppia imposizione, e di incidere su
quelli propri istituiti dalla legge statale; dall’altra, tuttavia, ha previsto il doppio vincolo nazionale
e comunitario che consentirebbe di superare l’orientamento della Corte costituzionale (a ciò
vanno aggiunti gli obblighi derivanti dal patto di stabilità che non consentono a nessun livello di
governo di mantenere un disavanzo ed un debito elevati e che incombono anche sugli Enti locali
e sulla loro autonomia finanziaria). Inoltre l’art.119 Cost. ai commi 2° e 3° prevede che lo Stato
dovrebbe assicurare agli Enti territoriali insieme ai tributi ed entrate propri, alla
compartecipazione relativa al gettito dei tributi collegati al territorio, e al fondo perequativo, la
sufficienza di risorse rispetto ai loro fabbisogni finanziari.
L’autonomia di entrata e di spesa “prevista” sul finanziamento degli Enti istituzionali si basa :
° su tributi ed entrate proprie
° su compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile a loro territorio (le
compartecipazioni sono una quota di un tributo statale che viene devoluto agli enti territoriali,
riducendosi la parte che viene incassata dallo Stato).
° su un fondo perequativo, che senza vincoli di destinazione e sulla base di criteri diversi
rispetto al passato, sia volto a riequilibrare le finanze delle Regioni e degli enti locali (il fondo
perequativo è uno strumento che dovrebbe compensare eventuali squilibri fra le entrate
tributarie delle Regioni e consentire a tali enti di erogare i servizi di loro competenza a livelli
uniformi su tutto il territorio nazionale; lo scopo è quello di garantire che in tutte le Regioni, a
prescindere quindi dalla capacità di ricavare risorse fiscali dal loro territorio, siano rispettati gli
stessi standard nella prestazione di determinati servizi).

LA TUTELA DELL’AFFIDAMENTO, LA BUONA FEDE E L’IMPARZIALITÀ DELLA P.A. (chiarezza,


conoscenza ed informazione del contribuente)
La tutela della buona fede e del legittimo affidamento trova il suo riferimento nell’art.97 Cost. ed
è disciplinato dall’art.10 della legge 212 del 2000 (con riguardo all’operato dell’A.F.) e rappresenta

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uno dei principi fondamentali di diritto tributario in quanto è volto a garantire la coerenza e la
certezza del diritto in un sistema complesso come quello fiscale.
Gli artt. 5-6-7 dello Statuto del contribuente, nel prevedere chiarezza, conoscenza e informazione
del contribuente, rappresentano l’espressione del principio costituzionale di buona fede e
del buon andamento dell’attività svolta dall’AF, ispirato ad un livello di civiltà giuridica basato sulla
riduzione della conflittualità, sulla trasparenza, sull’economicità dell’azione amministrativa e sulla
partecipazione del contribuente.
Il principio dell’affidamento, nel suo naturale svolgimento, quindi non riguarda soltanto l’attività
discrezionale dell’amministrazione finanziaria, ma anche l’attività vincolante del legislatore in
quanto un comportamento scorretto può ipotizzarsi anche nelle attività di quest’ultimo. Quindi la
tutela dell’affidamento in materia tributaria svolge un’importante funzione limitativa ai tentativi di
arbitrarietà da parte dell’A.F. e del legislatore, infatti riguardo a :
² Portata retroattiva della legge : facendo riferimento agli interventi interpretativi su norme
oscure o confuse il divieto di retroattività della legge tributaria deve basarsi sulla tutela
dell’affidamento quale logico completamento del principio dell’attualità della capacità
contributiva coerentemente con il principio di certezza del diritto, della libertà di iniziativa
economica e della pianificazione fiscale. Tuttavia la portata non assoluta della tutela
all’affidamento determina alcune situazioni di sostanziale deroga in cui, in presenza di una valida
ragione, non si determina la violazione di tale principio; inoltre va considerato il caso relativo alla
mancata operatività del principio del perseguimento di preminenti interessi pubblici ed alla
prevedibilità dell’intervento in termini di “effetto annuncio” (l’effetto annuncio è determinato
dalla pubblicazione del disegno di legge o da qualsiasi situazione di fatto o di diritto finalizzata
alla diffusione della conoscenza da parte del contribuente della futura modifica normativa). La
violazione dell’affidamento è consentita solo nel caso in cui l’irretroattività e le esigenze di
certezza del diritto siano in contrasto con altri interessi costituzionalmente protetti.
Anche in ambito comunitario il principio dell’affidamento subisce una ponderazione (legitmate
expectation), ed in particolare nella giurisprudenza della Corte di giustizia e della Corte europea dei
diritti dell’uomo.
 Attività ermeneutica ministeriale : la tutela dell’affidamento svolge una funzione nei
confronti dell’A.F. e degli altri soggetti attivi dell’obbligazione tributaria con riguardo alla loro
attività discrezionale in una logica di imparzialità, in particolare si fa riferimento all’ nel caso
di diverse interpretazioni o mutamenti di interpretazioni precedenti (revirement), anche
riguardo agli aspetti procedurali, che possono determinare tassazione di un presupposto
anche su notevoli distanze temporali con pregiudizi sia riguardo alla certezza giuridica sia
all’attività economica.

² Rapporti tra A.F. e contribuenti : in ordine alle modifiche interpretative dell’A.F. il 1°comma
dell’art 10, legge n 212/2000 stabilisce che i rapporti fra amministrazione e contribuente sono
improntati al principio della collaborazione e della buona fede, mentre al 2°comma si prevede
che non sono irrogate sanzioni, né richiesti interessi moratori al contribuente qualora
quest’ultimo si sia attenuto alle indicazioni contenute in atti dell’A.F. ancorché successivamente
modificati dall’amministrazione stessa; seguendo quest’ordine di idee una interpretazione dei
due commi dell’art.10 porta a non escludere una responsabilità dell’amministrazione in ogni caso
di revirement ministeriale in peius di una sua precedente interpretazione. Al riguardo la Suprema
Corte ha ritenuto l’art.10 come norma immediatamente precettiva dotata di capacità espansiva
nel senso che l’A.F. non può venire contra factum proprium emanando un atto impositivo in
contrasto con proprie precedenti indicazioni sulle quali abbia fatto legittimo affidamento il

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contribuente. Di recente è stato evidenziato che il rapporto di buona fede determina nell’A.F. il
dovere di assumere nei confronti del contribuente una condotta collaborativa ai fini della corretta
identificazione degli uffici competenti o del mutamento della ripartizione di competenze
territoriali degli uffici.

PARTE II – I PRINCIPI COMUNITARI

L’ARMONIZZAZIONE E IL COORDINAMENTO DEI SISTEMI FISCALI - INTEGRAZIONE POSITIVA


(ARMONIZZAZIONE) E INTEGRAZIONE NEGATIVA
Il ravvicinamento delle legislazioni nazionali è sancito dall’art. 114 TFUE (ex art.94 TUE) e riguarda
le norme che incidono direttamente sull’instaurazione e il funzionamento del mercato comune. Il
ravvicinamento non presuppone l’unicità di mezzi e può realizzarsi anche in materia fiscale ove la
competenza non è trasferita agli organi istituzionali UE qualora la norma tributaria rappresenti un
ostacolo al mercato e si concretizza attraverso le direttive (strumento principale x rendere affini
alcune disp fiscali nazionali)
In tale contesto l’armonizzazione legislativa è considerata come una procedura attraverso la quale
è possibile rendere affini le discipline normative e le disposizioni regolamentari nazionali per la
realizzazione di un fine comune in ambito comunitario. Cio presuppone sistemi fiscali compatibili e
interventi aventi la medesima finalita d eliminare diversita o asimmetrie dl normative tributarie,
restringendo inevitabilmente la sovranita fiscali degli stati membri.
Tale processo di armonizzazione sec 2 correnti:
° armonizzazione coattiva : i sostenitori di questa corrente sostengono che i vari Paesi di
comune accordo attraverso l’Autorità sovranazionale prevedono la modifica di una determinata
norma tributaria o l’adeguamento di essa in conformità del modello unico
° armonizzazione spontanea o di coordinamento : i sostenitori di questa corrente ritengono
invece che le imposte dirette determinano effetti distorsivi marginali in quanto le forze libere del
mercato portano necessariamente ed automaticamente ad un equilibrio senza un intervento
comunitario vincolante (tale proc si realizza attraverso rispetto di divieti generali posti dal TUE,
cm ql di restrizione e attraverso atti di SOFT LAW dl commissioni cm raccomandazioni).
Quindi :
° (Armonizzazione) In materia di imposte dirette : dagli anni 60 al 1990 furono compiuti studi
e formulate proposte di armonizzazione delle imposte dirette, che portarono a pochi risultati
concreti, un tentativo di sblocco si è avuto con le direttive del 1990 (434-435-436) che istituivano
regole fiscali comuni per consentire alle imprese di adeguarsi all’esigenze del mercato comune,
riguardanti il trattamento tributario neutrale delle plusvalenze risultanti da fusioni, scissioni e
conferimenti, la direttiva madre/figlia per le società collocate in stati diversi e la procedura
arbitrale in materia di doppia imposizione. Questo periodo di stallo si è concluso nel 2003 con le
direttive sulla tassazione dei redditi da risparmio (dir. 2003/48 e 2003/49); attraverso tali
interventi è stato previsto un regime comune di tassazione del risparmio in ambito UE.
° In materia di imposte indirette : diversa è la situazione per quanto riguarda
l’armonizzazione delle imposte dirette ed in particolare dell’IVA; tale procedimento, avviato con
l’emanazione della sesta direttiva del 1977 e poi seguito ultimamente con la direttiva 2006/212,
quest’ultima ha predisposto un testo unico delle norme sul sistema comune dell’IVA,
rielaborando, razionalizzando e coordinando le numerose modifiche intervenute consentendo un
sufficiente livello di armonizzazione dell’IVA in ambito comunitario.

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Mentre l’armonizzazione o integrazione positiva (art.114 TFUE ex art.94TUE) rispetta


parzialmente la sovranità degli Stati membri, intervenendo attraverso direttive e lasciando ai
legislatori degli Stati membri la scelta del metodo di attuazione; l’armonizzazione o il
ravvicinamento delle normative tributarie degli Stati membri per il corretto funzionamento del
mercato interno è iniziato attraverso l’applicazione di norme antirestrittive, mediante un
procedimento di integrazione di tipo negativo basato non su direttive, ma sull’interpretazione e
l’applicazione (da parte della Corte di giustizia) di norme primarie del Trattato sulle libertà
fondamentali; al riguardo la giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di imposte dirette
ha dato un contributo significativo.
PRINCIPI E DIVIETI COMUNITARI – IL PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE FISCALE – I DIVIETI
DELLA CORTE DI GIUSTIZIA
Il fenomeno dl discriminazione fiscale si det nei casi in cui il diverso tratt d situazioni identiche o
l'eguale disciplina di situaz diverse sia IRRAGIONEVOLE, ARBITRARIO E IRRILEVANTE E NN
GIUSTIFICATO da differenze sostanziali ed obiettive (rule of reason). Il principio di nn discr in
materia trib è regolato prevalentemente da norme di dir internaz ed in particolare da ql di tipo
convenzionale attraverso le quali gli stati membri rinunciano parz all'esercizio propria sovranita
fiscale.

Le norme del Trattato che hanno contenuto o rilevanza tributaria mirano ad assicurare che il
mercato comune abbia le caratteristiche di un mercato interno e che si svolga in un regime di
libera concorrenza. Tale modello di mercato si esprime attraverso i principi: della libera
circolazione dei lavoratori, della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali.

Il principio di non discriminazione fiscale, in particolare, rappresenta il principio di eguaglianza in


ambito comunitario: <<Nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni
particolari dagli stessi previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla
nazionalità>>(art.18 TFUE ex art.12 TUE); il divieto proibisce espressamente trattamenti
discriminatori basati sulla nazionalità ed è stato il punto di partenza per l’elaborazione di regole
fondamentali del commercio e dell’economia internazionale, che condizionano e vincolano gli
ordinamenti tributaria nazionali : come quello della clausola della nazione più favorita, di
restrizione fiscale alle libertà fondamentali, del libero accesso al mercato.
Tuttavia esistono una serie di deroghe o giustificazioni (rules of reasons) al divieto di
discriminazione sancite dallo stesso Trattato, esaminate dalla Corte di giustizia e fatte valere dagli
Stati membri; le motivazioni di queste deroghe rispondono a finalità di tipo economico (politica
economica e finanziaria, coerenza ed integrità del sistema fiscale) e di tipo economico-giuridico
come la prevenzione di comportamenti di elusione fiscale o dell’abuso di diritto sul trasferimento
di ricchezze in altri Paesi per beneficiare di vantaggi fiscali indebiti.
Il Trattato UE contiene una serie di disposizioni che proibiscono trattamenti discriminatori quali:
· Il divieto di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità dei lavoratori degli Stati
membri (art.45 TFUE) : la Corte di giustizia ha affermato che quando un lavoratore produce la
maggior parte del suo reddito in uno Stato in cui non è residente, gli devono essere accordate le
stesse attenuazioni del carico fiscale che sono connesse ai residenti, quindi ha considerato come
criterio effettivo di collegamento della persona fisica al territorio, ai fini del riconoscimento delle
agevolazioni fiscali, il luogo dove è localizzata la fonte principale del reddito (si può ricordare a
proposito la sent SHUMAKER ove la corte di giustizia europea ha previsto lo stesso tratt fiscale dl
lavoratore residente con ql nn residente).

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· Il divieto di discriminazione fiscale al fine di garantire la libera circolazione delle merci (art.110
TFUE), tale norma rientra tra le poche disposizioni fiscali e garantisce l’eliminazione di ogni
imposizione indiretta su prodotti degli altri Stati membri che sia superiore rispetto a quella che
colpisce i prodotti nazionali e che comprometta il commercio intracomunitario. (c.cost si è
pronunciata a favore efficacia diretta ART 110 TFUE).

Notevole poi è stato l’apporto della giurisprudenza della Corte di giustizia, la cui attività si è tradotta
nell’accertamento di specifiche situazioni di incompatibilità di norme fiscali nazionali con i
principi comunitari:
· Con riferimento al divieto di restrizioni alla libertà di stabilimento (49 TFUE) : la Corte ha
fissato un principio generale sancendo che se una società o un ente non residenti come la stabile
organizzazione versano nelle stesse condizioni fiscali (intese cm stessa imposizione fiscale), essi
non potranno essere discriminati con riguardo al riconoscimento di agevolazioni e benefici
tributari. Il divieto di diverso trattamento fiscale tra soggetti che operano nei Paesi membri UE
non riguarda soltanto i non residenti, ma può coinvolgere anche il diverso trattamento fiscale tra
gli stessi enti o società residenti in uno stesso Stato.

· Con riferimento del divieto di restrizione alla libera circolazione dei capitali (63 TFUE) : la
Corte, per la verifica dei requisiti del divieto di discriminazione, ha adottato una comparazione
basata sulle finalità delle norme attinenti alle diverse fattispecie (interna e comunitaria) e sulle
giustificazioni economiche dei diversi trattamenti fiscali addotte dai Paesi membri. Le norme
comunitarie antirestrittive in tema di libertà di circolazione dei capitali possono contemplare
situazioni di diritto interno di uno Stato membro rivolgendosi ai propri residenti che svolgono
attività finanziarie in un altro Stato membro (mediante ad es partecipazioni azionarie in soc nn
res in ambito UE), evitando fenomeni di distorsione della circolazione di capitali oppure di doppia
imposizione; infatti secondo la Corte (ex 56) è vietata qualsiasi misura che complica o rende
meno attraente o meno conveniente il trasferimento transfrontaliero di capitali scoraggiando
l’investitore.

LIBERA CONCORRENZA E IL DIVIETO DI AIUTI DI STATO.


Una dl principali esigenze dl legislatore naz in fase d attuaz dl scelte di politica fiscale in ambito
comunitario è rappr dall'individuazione e dal rispetto dei criteri di compatibilita dl misure
agevolative a vantaggio dl imprese cn la normativa sugli AIUTI DI STATO (107 – 108 TFUE), la
difficolta magg per l'intereprete dl misura fiscale favorevole è rappr dalla mancanza di 1 precisa
nozione di aiuto di stato nl diritto comunitario, in assenza si è elaborata una noz ampia
comprendente ogni possibile vantaggio, economicamente apprezzabile attribuito ad 1 impresa
attraverso 1 intervento pubblico che ha l'effetto di ridurre , mediante risorse statali gli oneri di
qualsiasi genere gravanti sl bilancio di qst ultima cn effetti distorsivi sulla concorrenza.
Gli aiuti x risultare incompatibili cn diritto comunitario, devono essere concessi dagli stati o dagli
enti territoriali mediante risorse statali, che favorendo alcune imprese FALSINO O MINACCINO DI
FALSARE LA CONCORRENZA (l'incomp degli aiuti di stato cn il mercato comune deriva quindi da loro
incidenza su risorse naz, effetto distorsivo concorrenza, condizionamento attivita commerciali tra
gli stati membri e dal rivolgersi selettivamente ad alcune imprese dirett o indirett.(criterio
selettivita)).

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Nei casi giurisprudenziali BACHMANN e BANCO EXTERIOR DE ESPANA la corte giustizia ha ritenuto,
x 1°volta che alcune agevolazioni fiscali rientrassero nl regime degli aiuti di stato nn compatibili cn
il diritto comunitario.
La corte di gius ha succ precisato che le agevolazioni rientrano tra gli aiuti in qnt costituiscono dl
mancate entrate cm cons di tratt tributari di favore, tali interventi selettivi riducendo i costi dl
impresa pox incidere su scambi provocando distorsioni d concorrenza.
Le agevolazioni e incentivi fiscali nn sempre rientrano nl sfera dl divieto previsto ex 107 ma è nec
compiere un ATTENTA VALUTAZIONE dl stesse, seguendo le indicazioni fornite dalla corte di gius e
dalla comm UE. È prevista infatti 1 procedura ex 108 in base alla quale devono essere comunicati
da parte degli stati membri alla comm i progetti diretti a istituire o modificare aiuti e lo stato nn
potra dare esecuzione alle misure agevolative progettate prima di 1 decisione finale dl comm UE.
L’aiuto fiscale per essere tale deve rappresentare una deroga ai principi del sistema di uno Stato
membro nel senso di un’eccezione ingiustificata all’applicazione dei principi basilari del sistema
tributario. Agendo in tale ottica si può evitare che il divieto comunitario possa affievolire i vincoli
costituzionali e condizionare eccessivamente le discipline giuridiche.

L’EFFETTIVITÀ E L’EQUIVALENZA : i diritti del contribuente sono tutelati da norme e principi di


diritto comunitario; da qui la necessità di una tutela piena ed effettiva e la loro corrispondenza
rispetto a quelli previsti dall’ordinamento tributario nazionale:
° Il principio dell’effettività : garantisce che le norme interne (processuali o procedimentali)
non rendano impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti riconosciuti
dall’ordinamento giuridico comunitario e trova il suo fondamento nell’art.10 del Trattato UE che
impone leale collaborazione tra comunita e stati membri.

° Il principio di equivalenza : strettamente correlato all’effettività, impone invece l’utilizzo di


procedimenti nazionali e di condizioni a tutela dei diritti previsti a livello comunitario equivalenti
a quelli analoghi utilizzati nello Stato membro per la tutela di una posizione giuridica dello stesso
tipo, ma fondata sul diritto interno.
Il mancato rispetto dei principi dell’effettività e dell’equivalenza, può rendere in alcuni casi,
eccessivamente difficoltoso o impossibile l’esercizio dei diritti dei contribuenti in materia di
rimborso di imposta; sulla base di tali principi è inviolabile la garanzia del contribuente
corrispondente al divieto rivolto al legislatore nazionale di adottare una disposizione procedurale
nazionale che riduca lo spazio di recuperabilità dei tributi (ad es. termine di decadenza)
indebitamente percepiti secondo quanto stabilito da norme comunitarie.

CAPITOLO III – IL TRIBUTO E LE PRESTAZIONI PATRIMONIALI IMPOSTE

LE PRESTAZIONI PATRIMONIALI
L’art.23 Cost. indica che l’imposizione di una prestazione personale o patrimoniale può sussistere
solo in corrispondenza della legge, e solo in questo caso siamo in corrispondenza di legalità
tributaria; osservando che:
² Nel caso di prestazioni personali : si considerano come attività attinenti all’esplicazione di
energie fisiche, con conseguente limitazione per il privato di destinare liberamente le energie
medesime
² Nel caso di prestazioni patrimoniali : si considerano le prestazioni che decurtano il
patrimonio del privato, tali prestazioni possono riguardare anche oggetti diversi dal denaro

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La prestazione imposta: si caratterizza per essere imposta COATTIVAMENTE con un atto


dell’AUTORITA senza che vi concorra la volontà dell’obbligato; la prestazione imposta di natura
patrimoniale presenta caratteri di coattività più ampi in quanto conosce due tipi di imposizione:
formale e sostanziale
°le prestazioni imposte in senso formale, vale a dire con atto autoritativo, esplicano effetti (i
tributi) che sono indipendenti dalla volontà del soggetto passivo
°le prestazioni imposte in senso sostanziale, invece, pur avendo natura contrattuale,
costituiscono il corrispettivo di un servizio pubblico che soddisfa un bisogno essenziale, e sia
reso in regime di monopolio
La Corte costituzionale, considerando l’art.23 Cost., ha proceduto alla definizione delle prestazioni
patrimoniali imposte intese quali prestazioni dedotte in rapporti obbligatori alla cui costituzione
non concorre la volontà dell’obbligato e quindi non negoziali, non contrattuali ma istituite con atti
autoritativi.
Il concetto di prestazioni patrimoniali imposte, in definitiva, va ricondotto alla categoria più ampia
delle entrate dello Stato e degli Enti locali; risultano invece estranee ai principi di legalità, di
capacità contributiva e di progressività le entrate di diritto privato dello Stato, che provengono
dall’amministrazione del patrimonio o dalla stipulazione di negozi di diritto privato o dalla gestione
di imprese pubbliche o dal compimento di atti e fatti di rilievo privatistico.
Quindi tra i due regimi classici, diritto pubblico e diritto privato, può individuarsi una sottocategoria
del secondo definibile di diritto speciale nella quale sono compresi rapporti nascenti direttamente
dalla legge o dal contratto, le cui norme pur essendo privatistiche sono sensibilmente modificate
da norme di diritto pubblico.
LA NOZIONE DI TRIBUTO E I SUOI ELEMENTI FONDAMENTALI
Tutte le entrate pubbliche imposte coattivamente nei confronti del soggetto passivo rientrano nella
categoria giuridica della prestazioni imposte. L’elemento caratteristico del tributo è la coattività,
essendo il tributo un’entrata “coattiva” o “autoritativa”, la cui obbligatorietà è imposta con un atto
dell’autorità, senza che vi ricorra la volontà dell’obbligato.
Nel nostro ordinamento non esistono definizioni legislative del tributo e nemmeno per le sue
varie sottospecie (imposta, tassa etc.); anche in ambito comunitario manca un concetto univoco di
tributo: axes, charges, customs, rates, sono solo alcuni dei termini con cui in lingua inglese si cerca
di tradurre la varietà di specie tributarie e di prestazioni tributarie nazionali.
Nelle Costituzioni moderne il tributo assolve una funzione non solo fiscale ma anche una funzione
sociale volta a tutelare i diritti fondamentali dell’uomo. L’identificazione di una data prestazione
patrimoniale assume un’estrema rilevanza sia in rapporto al contenuto degli artt. 81 e 119 Cost.
che ai fini giurisdizionali (art.2 d.lgs. 546/1992). Tutte le entrate pubbliche che si fondano, nei
confronti del soggetto passivo, sull’elemento della coattività rientrano nella categoria giuridica
delle prestazioni patrimoniali imposte.
Uno degli elementi rilevanti ai fini dell’identificazione del tributo è il collegamento di una
prestazione patrimoniale ad un fatto indice di capacità contributiva in attuazione del concorso di
tutti al finanziamento della spesa pubblica. Nella dottrina si è più volte affermato che il tributo
deve possedere il requisito della capacità contributiva “per essere costituzionale”, non per essere
tributo.
La Suprema Corte ai fini della qualificazione o meno di un tributo conferisce particolare rilievo alla
qualificazione formale da parte del legislatore; quindi una tassa sarebbe tale innanzitutto ove
questa qualificazione fosse espressamente assegnata dal legislatore ad un’entrata pubblica.

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La Corte Costituzionale argomenta in modo più convincente, ai fini dell’individuazione della natura
tributaria di una data prestazione, devono necessariamente sussistere alcuni criteri, che,
indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina tali entrate, consistono
nella doverosità della prestazione e nel collegamento di questa alla pubblica spesa con riferimento
ad un presupposto economicamente rilevante; tali criteri si diversificano su tre tipizzati profili :
² un profilo strutturale : strutturalmente il tributo è la fonte legale che comporta il sorgere
dell’obbligazione
² un profilo funzionale (visto alla luce dell’art.53 Cost.) inteso come prelievo avente il la funzione
di realizzare il <<concorso alla spesa pubblica>>
² un profilo del regime giuridico della fattispecie, quindi del fatto (di regola un fatto economico)
generatore del tributo che lo distingue da altre fattispecie che generano altre obbligazioni come
ad es. le sanzioni pecuniarie che derivano da illeciti; quest’ultimo criterio assume rilievo solo in
caso di inadeguatezza del dato strutturale e di quello funzionale , nn essendo di x se decisivo.
L’IDENTIFICAZIONE DEI TRIBUTI : 1-IMPOSTE 2-TASSE 3-IMPOSTE SOSTITUTIVE 4-CONTRIBUTI
5-TARIFFE 6-CANONI 7-
TRIBUTI DI SCOPO 8-MONOPOLI DI STATO 9-DAZI DOGANALI E TASSE DI EFFETTO EQUIVALENTE
Ai fini dell’esatta riconduzione al genere e alla specie di imposte o tasse o delle eterogenee
denominazioni delle varie entrate locali e statali, bisogna schematizzare
1- IMPOSTE : l’imposta è un tributo essenzialmente contributivo che si fonda su un
presupposto (es. tipico il possesso di un reddito) posto in essere dal soggetto passivo, senza
alcuna relazione specifica con una determinata attività dell’ente pubblico; quindi è un
presupposto del tutto indipendente dall’attività dell’ente che ne è il soggetto attivo-creditore.
Lo scopo delle imposte è, essenzialmente, quello di suddividere tra i contribuenti il carico
finanziario delle attività pubbliche, per questo le imposte sono comunemente considerate
entrate destinate a finanziare le spese indivisibili.
2- TASSE : la tassa è un tributo il cui presupposto è collegato direttamente
all’erogazione/fruizione di determinate attività pubbliche o servizi resi dall’ente impositore alla
collettività (TARI- tassa smaltimento dei rifiuti); pertanto la tassa si distingue da un semplice
corrispettivo (prezzo pubblico) in quanto si tratta di un tributo e quindi di una prestazione
patrimoniale imposta per lo scambio di un servizio coattivamente imposto dalla legge. Secondo
un autorevole ricostruzione la tassa, a differenza dell’imposta, troverebbe la sua giustificazione,
non tanto nel profilo solidaristico della capacità contributiva, quanto nell’esigenza di far fronte ad
una spesa pubblica riferibile ad un determinato soggetto che l’ha causata o che ne ha tratto
vantaggio, evitando di far gravare i corrispondenti oneri sull’intera collettività.
Le tasse sono destinate a finanziare le spese pubbliche divisibili. La tassa è stata a ragione
considerata un “concetto mediano” incerto e disputato, che ha indotto il legislatore ad avvalersi
di strumenti di prelievo “apparentemente meno problematici”cm le imposte; in quest’ottica di
considerazioni si è assistito al fenomeno della mutazione in base al quale le entrate
originariamente concepite come tasse vengono gradualmente trasformate in imposte (imposta di
registro, imposta ipotecaria e catastale etc.), oppure a livello locale, vengono, insieme alle
imposte, defiscalizzate, cioè trasformate in canoni, tariffe e prezzi pubblici. Una tassa è tale
quando questa qualificazione sia espressamente assegnata dal legislatore ad un’entrata pubblica;
dove non risulti questa qualificazione si deve ritenere che il legislatore abbia optato per un
diverso modulo di copertura finanziaria dei costi del servizio pubblico (entrate extrafiscali).

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3- IMPOSTE SOSTITUTIVE : con norma derogatoria il legislatore fiscale può stabilire che
talune categorie di fatti siano sottratti dall’applicazione dell’imposta e siano assoggettate ad
altro regime speciale: si determina così una fattispecie sostitutiva o regime fiscale sostitutivo;
l’imposta sostitutiva quindi adotta una nuova imposizione rispetto al normale regime fiscale che
può essere qualificata “eccezionale” o “speciale”. Le motivazioni di tale scelta risiedono
nell’esigenza della semplificazione del meccanismo impositivo: infatti l’imposta sostitutiva da un
lato unifica fattispecie separatamente imponibili facendole confluire nel presupposto di
un’unica specifica imposta, dall’altro eleva a fattispecie imponibile fatti che confluirebbero nel
presupposto di una diversa imposta periodica.
L’imposta sostitutiva è riferita a determinati soggetti ovvero a determinati settori di attività
considerati oggettivamente; talvolta ci si riferisce all’imposta sostitutiva anche considerando le
ritenute alla fonte a titolo definitivo o d’imposta. Tuttavia ogni ipotesi di regime fiscale sostitutivo
comporta apparentemente una deviazione rispetto ai principi costituzionali: uguaglianza,
progressività e capacità contributiva, ma non è così : l’imposta sostitutiva non è una disciplina che
contrasta con i principi costituzionali, infatti può integrare una modalità che consente di stabilire
o ristabilire l’eguaglianza o la capacità contributiva in relazione a situazioni particolari. Pertanto
in considerazione di interessi o valori posti dalle disposizioni costituzionali l’imposta sostitutiva
deve essere dotata di ragionevolezza.

4- CONTRIBUTI : il contributo è un tributo che ha come presupposto il beneficio che perviene


al contribuente non come singolo ma come membro di una collettività qualificata nei cui
confronti l’ente pubblico svolge la propria attività o in favore della quale pone in esecuzione un
opera pubblica. Ciò distingue il contributo dalla tassa, la quale risulta collegata ad una
prestazione divisa e individuata, invece il contributo è imposto a seguito di un’attività
amministrativa indivisa in assenza di singole prestazione. (va rilevato che nel nuovo TU è stato
soppresso il rinvio alla giurisdizione esclusiva dl GA per la determinazione e riscossione dl
contributo di costruzione. la natura tributaria dl contributo, le puntualizzazioni dl c.cost sl giurisd
esclusiva dl GA, e gli interventi legislativi volti a estendere progressivamente la giurisd trib alle
controversie sui prelievi coattivi cmq denominati, ne det l'attrazione nl giurisd generale dl giudic
trib). Tra le principali tipologie di contributi:
· Il contributo di miglioria : secondo il quale i proprietari di terreni che avrebbero beneficiato
degli incrementi di valore dovuto alla realizzazione dell’opera dovevano sostenere il costo della
stessa.
· Il contributo di costruzione : assimilava il contributo di costruzione ad una contribuzione
imposta per le opere di trasformazione del territorio. Secondo altre tesi il contributo presentava
il carattere di tassa occasionata dal rilascio della concessione edilizia, per la prestazione di
servizi al costruttore da parte della collettività. Con l’introduzione del nuovo Testo Unico, la
situazione di incertezza non è mutata, è stata evidenziata la natura mista del contributo, in virtù
della possibilità riconosciuta al titolare del permesso di costruire di realizzare in proprio le
opere di urbanizzazione a scomputo dei relativi oneri e del potere-dovere a carico dei Comuni e
delle Regioni di aggiornare periodicamente gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e il
costo di costruzione per i nuovi edifici.
· Il contributo di bonifica : si tratta dell’obbligo di contribuire alle opere di bonifica e
risanamento eseguite da un consorzio di bonifica per i proprietari di immobili inclusi nel
perimetro consortile, con il conseguente potere di imposizione da parte del consorzio,
quantificato tenenedo conto dl specifica utilita conseguita dal singolo consorziato per effetto dl
opere realizzate nl comprensorio. Al riguardo la Suprema Corte ha affermato che si è in

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presenza di un esborso di natura pubblicistica (tributaria), non costituendo, in senso tecnico, il


corrispettivo di una prestazione liberalmente richiesta (come la fornitura di acqua),
rappresentando così una forma di finanziamento di un servizio pubblico attraverso il
trasferimento dei relativi costi su di un area dove i relativi individui, in linea di massima,
dovrebbero conseguire un beneficio (quindi non vi è un esatta corrispondenza tra costi e
benefici sul piano individuale).
· Il contributo previdenziale : tale contributo andrebbe classificato nell’ambito dei tributi o
meglio delle imposte: trattasi di una prestazione patrimoniale obbligatoria ex lege imposta agli
individui in considerazione di finalità di interesse generale non inquadrabile in uno schema
sinallagmatico privatistico.

5- TARIFFE : la tariffa ha un duplice senso: quello di indicare il criterio di quantificazione di


una prestazione sia tributaria che corrispettiva,. È importante osservare che in presenza del
godimento di un bene pubblico o della fruizione di un pubblico servizio il discrimine tra
contributi e tributi (tasse) è molto sottile, quindi dipende dal legislatore, sulla base di valutazioni
squisitamente politiche, la scelta del regime giuridico da applicare.
Riguardo questo tema, particolare è la vicenda della ricostruzione della natura giuridica della TIA
(tariffa igiene ambientale), largamente dibattuta, e sulla quale è intervenuta la Cassazione (nel
2009), la quale analizzando la disciplina della TIA, ha notato molte analogie con le prestazioni
giudicate non tributarie dalla Corte Costituzionale: il riferimento va alla copertura integrale dei
costi di investimento e di esercizio che si ritrova sia nella disciplina della tariffa del servizio idrico
integrato sia nella TIA, in particolare l’assenza di norme riguardanti l’accertamento, le sanzioni, il
contenzioso e l’assoggettamento all’IVA della TIA; tutti elementi che porterebbero ad escludere la
natura tributaria della tariffa.
I giudici di legittimità hanno evidenziato che il legislatore ha scelto per la privatizzazione dei
servizi,connessa a 1 processo di detributarizzazione, in riferimento alla finanza locale, in una
prospettiva federalista nl quale si esalta il principio dl beneficio che giustifica il passaggio dalla
tassa alla tariffa.
Invece la Corte Costituzionale ha affermato le caratteristiche strutturali e funzionali della TIA,
indica che tale prelievo presenta tt le caratteristiche dl tributo e che dunque costituisce una mera
variante della Tarsu, conservando la qualifica di tributo propria di quest’ultima; ma
quest’interpretazione della Corte Costituzionale non convince del tutto: nella TIA possono essere
individuate due diverse prestazioni patrimoniali scorporabili e collegate alle quote (fissa e
variabile), di cui solo la prima obbligatoria ed avente la natura tributaria, preferendo quindi 1
qualificazione mista dl TIA.
Successivamente è intervenuta di nuovo la Cassazione a Sezioni Unite (nel 2010) confermando la
natura tributaria della TIA e stabilendo alcuni principi importanti in materia, come :
l’intrasferibilità del potere di deliberare le tariffe TIA, anche in casi in cui vi sia emergenza, e in
particolare si è affermato, in tale sentenza, che le controversie in materia di TIA spettano alle
Commissioni tributarie, avendo rilevato che l'errata qualificazione dl TIA cm corrispettivo anziche
cm tributo è alla base dl assoggettamento dl prelievo stesso ad IVA.

6- CANONI : il termine canone richiama un antico e controverso istituto, quello del canone
demaniale, ritornato di attualità con riferimento all’occupazione degli spazi e delle aree
pubbliche e sull’installazione dei mezzi pubblicitari. La conclusione a cui è pervenuta la cass a SU,
sulla natura di tali canoni, è che si tratti di un corrispettivo dovuto a fronte del mero godimento
di un bene, da ricomprendere tra le prestazioni patrimoniali non tributarie.

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La concessione dl bene pubblico è descritta cm fattispecie complessa , in cui al provv


concessoriosi collega un vero e proprio rap contrattuale al quale si applica il normale regime dei
contratti (salvo eccez). La concessione-contratto è, dunque, la fonte delle obbligazioni
corrispettive e non il presupposto per l’applicazione del prelievo.
Un passo in avanti per la definizione di canone è stato compiuto con due sentenze della Corte
costituzionale in materia di Cosap e Cimp. Per quanto riguarda il Cosap (canone per l’occupazione
di spazi ed aree pubblici), in base alla sentenza della Corte costituzionale, non ha natura
tributaria con la conseguenza che è illegittima l’attribuzione della competenza alle commissioni
tributarie; non altrettanto è stato per il Cimp (canone per l’istallazione dei mezzi pubblicitari) le
cui controversie rientrano nella giurisdizione delle commissioni tributarie, avendo tale canone
natura trib;
Infine, la Corte Costituzionale si è pronunciata anche in riguardo al canone per lo scarico e la
depurazione delle acque, ribadendo la natura non tributaria del canone, discendendone
l’incostituzionalità, nella parte in cui si attribuiscono le cognizioni sulle controversie relative a
prestazioni patrimoniali di natura non tributaria alle commissioni tributarie.
In definitiva il canone può presentare o meno natura tributaria e, per individuare la natura
tributaria, bisognerebbe riferirsi alla doverosità della prestazione, alla mancanza di un rapporto
sinallagmatico, al collegamento della prestazione alla pubblica spesa in relazione ad un
presupposto economicamente rilevante.

7- TRIBUTI DI SCOPO : con l’imposta di scopo, istituita dalla legge n.296/2006 (finanziaria
2007), i Comuni possono, con apposito regolamento, all’interno del quale viene indicata l’opera
da realizzare, l’ammontare della spesa, le aliquote e modalità di versamento, istituire un’imposta
di scopo destinata alla parziale copertura delle spese per la realizzazione di opere pubbliche
(opere per il trasporto pubblico, opere di arredo urbano, opere di restauro, opere relative a spazi
per attività culturali). L’imposta di scopo è dovuta per un periodo massimo di 10 anni, è
determinata applicando alla base imponibile dell’IMU un aliquota massima dello 0,5 per mille;
nel caso in cui, entro 2 anni dalla data prevista del progetto esecutivo, l’opera non è stata
realizzata, i contribuenti possono chiedere il rimborso dei versamenti effettuato.
La qualificazione di imposta di scopo, sollevando molte perplessità, non dovrebbe esistere in
quanto l’imposta per definizione dovrebbe avere i caratteri di generalità e indeterminatezza in
modo da far affluire entrate indistinte e indivisibili all’ente impositore; più correttamente avrebbe
dovuto assumere la denominazione di un contributo: il richiamo va al contributo di miglioria
previsto dal vecchio testo unico della finanza locale, infatti il contributo di miglioria non poteva
identificarsi, né con una tassa (in qnt nn era corrisposto per la prestaz di 1 servizio pubblico), né
con un imposta (in qnt esso presupponeva un vantaggio partciolare diretto o indiretto alla
proprieta privata dall'esecuzione d 1 opera pubblica). In definitiva presentava i caratteri di un
contributo speciale diretto a colpire parzialmente le spese di pubblica utilità a favore di
determinati proprietari di immobili.
EX ART 1. 149 ,l’istituzione dell’imposta può avere luogo per:
• opere il trasporto pubblico
• opere varie con l’esclusione della manutenzione straordinaria e ordinaria delle opere
esistenti
• opere di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi
• opere di risistemazione di aree dedicate a parchi e giardini
• opere di realizzazione di parcheggi pubblici

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• opere di restauro
• allestimenti museali e biblioteche
La tipizzazione porterebbe a ritenere illegittime quelle imposizioni volte a finanziare opere diverse
da quelle indicate, tuttavia la legge sul federalismo fiscale n.42/2009 riguardo ai Comuni estende la
facoltà di applicare il tributo di scopo anche al finanziamento degli oneri derivanti da eventi
particolari quali flussi turistici e mobilità urbana: tra queste anche l’imposta di soggiorno (per i
Comuni) può essere considerata come tributo di scopo, trattandosi di una imposta che può essere
istituita con legge dello Stato o con legge regionale disciplinata nei particolari dai singoli Comuni
osservando i limiti racchiusi nella legge delega, evitando così ogni vincolo di doppia imposizione sul
medesimo presupposto, salvo addizionali previste dalla legge statale,
particolare è il riferimento all’imposta di soggiorno istituita dalla finanziaria regionale 2007 della
Sardegna (il prelievo veniva applicato ai non residenti in vacanza in strutture ricettive, comprese le
case private, nelle misure di 1 o 2 euro al giorno; erano esenti tutti i residenti, i minorenni, chi
effettuava periodi di studio o seguiva corsi di formazione professionale, i lavoratori dipendenti e
autonomi in servizio documentabile; per le case private erano esentati: il proprietario, il coniuge, i
parenti o affini fino al 3° grado, gli ospiti che soggiornano insieme ad un componente della famiglia
del proprietario. L’introito complessivo, più le sanzioni comminate, restava per metà al Comune,
che doveva utilizzare i soldi entro due anni, l’altro 50% spettava alla Regione), la Corte
Costituzionale ha ritenuto legittima l’imposta di soggiorno di soggetti non residenti, poiché
fruiscono sia di servizi pubblici locali e regionali, sia del patrimonio culturale e ambientale. Anche
riguardo alle Province, costituisce novità di rilievo la stessa possibilità dell’istituzione del tributo e
di applicarlo in riferimento a particolari a particolari scopi istituzionali.

8- MONOPOLI DI STATO : i monopoli determinano un’entrata pubblica in quanto per


disposizione di legge la commercializzazione di un determinato bene è riservata allo Stato in
modo che esso possa trarne una fonte di finanziamento; in definitiva il monopolio
rappresenterebbe una particolare forma di imposizione sui consumi, coattiva, e dunque
assoggettata ai principi di riserva di legge e capacità contributiva.
L’art.31 del Trattato dell’Unione europea prevede che gli Stati membri procedono ad un
progressivo riordinamento dei monopoli nazionali che presentino carattere commerciale, in
modo che venga esclusa alla fine del periodo transitorio qualsiasi discriminazione fra i cittadini
degli Stati membri per quanto riguarda gli approvvigionamenti e gli sbocchi, in altre parole lo
sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della
Comunità. Soltanto con le prime liberalizzazioni degli anni 80, ad opera della Commissione
europea, si è assistito ad un progressivo abbattimento dei principali monopoli nazionali dei grandi
servizi pubblici (telecomunicazioni, servizi postali, trasporti, gas, energia elettrica), allo stato
attuale permangono soltanto il monopolio dei tabacchi lavorati e delle sigarette, pur con svariati
profili di liberalizzazione, ed il monopolio fiscale del settore dei giochi e delle scommesse.

---PREZZO PUBBLICO NN NEL LIBRO- PUOI SALTARLO


9- I PREZZI PUBBLICI : si può definire prezzo pubblico quel prelievo il cui ammontare è
determinato con regole pubblicistiche tendente a coprire il costo del servizio o del bene ricevuto
dall’Ente Pubblico. I prezzi pubblici condividono da un lato con i tributi l’autoritatività del
prelievo, dall’altro sono connotati da piena corrispettività che genera un rapporto con il servizio
ricevuto. I prezzi pubblici hanno natura contrattuale, costituendo un’autentica controprestazione
per un’attività resa dall’amministrazione, quindi sono prestazioni patrimoniali di carattere
pubblico e non tributario che generalmente trovano fondamento in un contratto di diritto

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pubblico fra l’Ente che presta il servizio ed il cittadino, questo contratto potrà anche presentare la
forma del contratto per adesione. I prezzi pubblici sono quantificati in base al principio della
sufficienza, quindi devono essere determinati ad un livello che come minimo copra i costi
derivanti dalla prestazioni di servizi o in misura equilibrata all’utilità del privato; i prezzi pubblici
possono essere distinti in 4 categorie:
●Prezzi quasi privati relativi ai beni che possono essere venduti a prezzo di mercato
●Prezzi pubblici di monopolio relativi ad entrate monopolistiche, beni la cui diffusione è
pericolosa
●Prezzi pubblici economici che imitano il prezzo di mercato
●Prezzi pubblici politici quando i prezzi praticati da una società che svolge servizi di pubblica
utilità sono tali che i ricavi sono sistematicamente inferiori al costo variabile.

10- DAZI DOGANALI E TASSE DI EFFETTO EQUIVALENTE: l’art. 28 TFUE (ex art.23 TUE) (esige che
sia garantita in generale la libera circolaz dl merci nn solo nl ambito dl commercio tra gli stati ma
+ ampiamente su tt il territorio dl unione doganale) vieta l’istituzione di dazi doganali e di
qualsiasi altro tributo che abbia gli stessi effetti tra i Paesi dell’Unione; la ratio sta nella prassi,
diffusa tra gli Stati membri, di eludere la norma con l’istituzione di forme di prelievo interne
occulte che abbiamo comunque la stessa funzione.
La giustificazione del divieto di dazi doganali e di tasse di effetto equivalente va ricercata
nell’ostacolo che oneri pecuniari, imposti a causa del passaggi di una frontiera, costituiscono per
la circolazione delle merci.
Il Trattato non definisce la nozione di “tassa ad effetto equivalente ad un dazio”, per questo
motivo è stata la giurisprudenza a delinearla; infatti la Corte di Giustizia ha più volte affermato
che un onere pecuniario, anche se minimo, gravante sulle merci nazionali ed estere imposto
unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione o dalla sua struttura, per il fatto che
varchino una frontiera, se non è un dazio doganale vero e proprio, costituisce una tassa di
effetto equivalente. Non è decisivo che l’onere venga preteso all’attraversamento della frontiera
piuttosto che in un momento successivo, sempre che l’aumento del costo del bene,
conseguentemente all’imposizione dell’onere, sia ugualmente riconducibile all’operazione di
importazione o esportazione, ed è anche irrilevante che il beneficiario del gettito sia lo Stato o
un’autorità locale. Tuttavia l’art.29 TFUE (ex art.28 TCE) consente agli Stati membri di adottare
misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative quando esse siano giustificate da un
interesse generale e non economico: essendo questa deroga un’eccezione ad un principio,
richiede una rigida applicazione. La corte gius ha ric nl SENT CASSIS DE DIJON che al di la dei casi
previsti ex 29 gli stati potevano derogare al divieto d misure d effetto equivalente sl base d
esigenze imperative attienenti all'efficacia dei controlli fiscali, alla lealta dl transazioni
commerciali e alla difesa dei consumatori.
Con riguardo ai tributi ambientali, un’ipotesi tipica del divieto di tassa di effetto equivalente
riguarda le imposizioni tributarie sulle merci che hanno un impatto ambientale al momento o per
il fatto di transitare i confini nazionali: si consideri il trasporto di rifiuti, i quali non hanno valore
economico e per questo non sarebbero da considerare merci in stricto sensu; tuttavia la Corte, ha
attribuito a tali prodotti la qualifica di merce (a prescindere dalla possibilità di riciclaggio)
rendendoli così soggetti al divieto.
È opportuno fare rif alla sent corte giust che ha definitivamente ric l ' incompat cn il diritto
comunitario dl cd TASSA SUL TUBO. La legge regionale poneva tale trib a carico dei proprietari dei
gasdotti ricadenti nl territorio regionale ed esercenti attivita di trasporto, distribuzione, vendita o

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acquisto dl gas metano, proponendosi cosi di ridurre il potenziale danno ambientale derivante
dalle condotte, tant'è che il relativo gettito era destinato al finanziamento di investimenti diretti
alla salvaguardia e tutela dl qualita dl ambiente. In definitiva tale trib produceva effetto
equivalente a ql di 1 dazio doganale dal momento che finiva per colpire 1 merce solo in ragione
dl suo passaggio su 1 det territorio, cn cons violaz dl principio generale di liberta di transito dl
merci nl area comunitaria e pertanto la corte di gius ne ha dich l'illegittimita.

CAPITOLO IV – LA NORMA TRIBUTARIA


PARTE I – LA STRUTTURA DELLA NORMA TRIBUTARIA

L’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA
La funzione della norma tributaria è principalmente quella di procurare il finanziamento delle
spese pubbliche. L’obbligazione tributaria corrisponde alla specificazione, in capo al contribuente,
attraverso il verificarsi del presupposto, del dovere di contribuzione ex art.53 Cost., correlato al
potere di imposizione. La norma tributaria utilizza uno schema di carattere obbligatorio modellato
su quello dell’obbligazione di diritto civile; a differenza di quest’ultima, quella tributaria è di fonte
legale, non presentando, di regola, rilevanza la volontà dei soggetti coinvolti in detto schema
obbligatorio.
L’obbligazione tributaria s’inserisce in un sistema di amministrazione che presenta aspetti
procedimentali altamente derogatori rispetto alla disciplina civilistica del rapporto obbligatorio.
L’A.F., tuttavia, può esprimere il potere amministrativo a mezzo di uno strumento consensuale
(l’accordo è infatti uno strumento giuridico duttile ed efficiente) che le permette di realizzare
l’interesse pubblico nel modo più efficiente, coinvolgendo il privato, sia salvaguardando l’interesse
di questi, sia rimanendo ancorati al principio di legalità di azione.
Strutturalmente l’obbligazione tributaria è composta da : presupposto; soggetto passivo (di cui
parleremo più avanti); base imponibile; aliquota
IL PRESUPPOSTO O FATTISPECIE
Il presupposto o fattispecie d’imposta consiste in quei atti fatti eventi o situazioni, previsti dalla
legge, che rappresentano indici di capacità contributiva;(va distinto dall'ogg che è costituito dalla
ricchezza o cap eco che 1 det trib vuole colpire, x es l'ogg dl IRPEF è il reddito personale , il
presupposto è il possesso dl reddito da parte dl pers fisica), quindi il presupposto è quell’evento (o
fatto economico) che determina, direttamente o indirettamente il sorgere dell’obbligazione
tributaria.
Il presupposto o fattispecie tributaria è diversamente connotato dal legislatore sotto vari profili,
quindi comprende una diversificata e variegata gamma di situazioni o fatti. La fattispecie si
distingue in 1- oggettiva; 2-soggettiva; 3-statica; 4-dinamica :
1- oggettiva : riguarda le operazioni, atti o fatti (fattispecie oggettive)
2- soggettiva : riguarda i soggetti nel loro status e nella loro qualifica (fatt sogg)
3- statica : cioè la disciplina in termini generali ed astratti che comprende: la descrizione del
fatto espressione di capacità contributiva, la fissazione dei criteri di stima di detto fatto,
l’individuazione del soggetto passivo, la determinazione della misura del tributo
4- dinamica : riguarda le procedure idonee che assicurano la corretta e concreta attuazione
della norma tributaria (cioè dell’ente impositore e i suoi poteri di indagine, di accertamento, di
riscossione, sanzionatorio etc.)
Mentre il diritto comune procede alla preventiva individuazione dei soggetti e poi all’imputazione
ad essi di fattispecie oggettive, nel diritto tributario si procede prima alla fissazione delle fattispecie

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oggettive e poi successivamente a quelle soggettive; inoltre in ambito privatistico il contenuto e la


misura della fattispecie dovuta vengono generalmente determinate tra debitore e creditore,
tramite un accordo bilaterale di volontà, invece, nel rapporto obbligatorio d’imposta il contenuto e
la misura della prestazione sono previsti dalla legge.
In dottrina si opera una classificazione fra: 1- fattispecie sostitutive, 2- fattispecie equiparate e 3-
fattispecie supplementari
1- fattispecie sostitutiva : si ha fattispecie sostitutiva nel momento in cui il legislatore stabilisce
che alcune categorie di fatti siano sottratte al regime impositivo ordinario ad esse astrattamente
applicabile e siano sottoposte ad altro speciale regime
2- fattispecie equiparata : si parla di fattispecie equiparate in quei casi in cui il legislatore
prevede che siano sottoposti ad imposizione anche casi diversi dal presupposto tipico di un certo
tributo ciò affinché determinati fatti economici non sfuggano a tassazione
3- fattispecie supplementare o surrogatoria : sono quelle fattispecie imponibili che il
legislatore aggiunge a quelle tipiche al fine di evitare che il contribuente possa far uso dello
strumento racchiuso nella fattispecie supplementare a fini elusivi
LA DETERMINAZIONE DEL PRESUPPOSTO : l’art.53 Cost. non contiene un elenco degli indici di
capacità contributiva ma richiede soltanto l’esistenza di un effettivo collegamento del
presupposto d’imposta con fatti e situazioni di potenzialità economica. Il presupposto (fatto o
evento espressione di capacità contributiva) può variamente atteggiarsi e dalla sua qualificazione
dipende la classificazione delle imposte. Quindi
Il presupposto può essere espressione di una manifestazione diretta o indiretta della capacità
contributiva abbiamo la distinzione tra 1imposte dirette e 2- imposte indirette :
1- Imposte dirette : sono dirette le imposte che colpiscono direttamente il reddito o il patrimonio;
quindi il presupposto risulta espressione di una manifestazione diretta di capacità contributiva,
rientrano in questa categoria : IRPEF imposta sul reddito delle persone fisiche, IRES imposta sul
reddito delle società, IRAP imposta regionale sulle attività produttive, ICI imposta comunale
sugli immobili
2- Imposte indirette : sono tutte le altre, quindi quelle che colpiscono manifestazioni indirette di
ricchezza ovvero indirettamente il patrimonio (imposte sui consumi, sui trasferimenti e sugli
affari), rientrano in questa categoria (tanto per fare un esempio) : l’imposta di registro, l’imposta
sul valore aggiunto (IVA), l’imposta di bollo, l’imposta ipotecaria, l’imposta sulle pubblicità, le
accise l’imposta sulla fabbricazione e sul consumo
il presupposto può essere un fatto istantaneo o un fatto continuativo, e quindi considerato in base
alla sua manifestazione temporale le imposte possono distinguersi in : 1- imposte periodiche e 2-
istantanee, anche se questa distinzione ha rilievo essenzialmente descrittivo, tuttavia, assume
particolare utilità ed importanza riguardo all’efficacia del giudicato in ordine ai rapporti controversi
concernenti lo stesso tributo periodico dovuto per un altro periodo d’imposta :
1- Imposte periodiche : sono quelle che hanno come presupposto una
fattispecie che si prolunga nel tempo, per cui assume rilievo giuridico un insieme di
fatti che si collocano in un dato arco temporale o periodo d’imposta
(corrispondente generalmente all’anno solare oppure alla durata dell’esercizio
sociale per le società ad es. come le imposte sui redditi)
2- Imposte istantanee : hanno per presupposto fatti istantanei (ad es. imposta
di registro) La legge d’imposta deve, infine, sempre collegare il presupposto al
territorio di uno Stato.
DELIMITAZIONE DEL PRESUPPOSTO: AGEVOLAZIONI, ESENZIONI ED ESCLUSIONI:

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Nella disciplina di un tributo, vi sono, o possono esservi enunciati legislativi che ampliano o
restringono l’area di applicazione di una determinata fattispecie imponibile. Pertanto :
1- Agevolazioni : la categoria generale dell’agevolazione si riferisce a forme di attenuazione della
tassazione (minor carico fiscale) o a semplificazioni formali. Quindi può essere definita
agevolazione ogni previsione che, in deroga a quanto previsto in via ordinaria, riduce il peso
dell’imposta,.
Mentre le species dl esenzione e esclusione risultano caratterizzate dalla nn tassaz e pertanto
dall'insussitenza dl an debeatur:
2- Esenzioni : si determina una esenzione fiscale allorquando una norma di natura speciale
sottrae (relativamente a un determinato tributo o categoria reddituale) all’imposizione situazioni
e soggetti che, altrimenti, ricadrebbero nell’ambito della previsione della norma impositiva. In
pratica ad una norma impositiva generale si contrappone una norma particolare, la quale esclude,
in considerazione di una valutazione di opportunità riconducibile a motivi socio-politici.
L’esenzione, in quanto può escludere l’an del debito, va tenuta distinta dalle detrazioni, le quali
consentono di sottrarre oneri al contribuente e quindi si riflettono sul quantum. Inoltre l’esenzione
va distinta dallo sgravio d’imposta il quale si differenzia dalle altre agevolazioni in quanto non
discende direttamente dalla legge, ma da provvedimenti emessi dall’Amministrazione nell’esercizio
di un potere conferito giuridicamente che incide sugli atti impositivi in ss a sent o annullamento di
1 atto impositivo.
3- Esclusioni : le mere esclusioni d’imposta si riferiscono a situazioni sostanzialmente estranee
alla norma impositiva o per l’assenza di elementi fondamentali, o perché esso è già colpito da
altro tributo, avente funzioni sostitutive di quello dal quale è concessa l’esenzione.

Le fattispecie agevolative, anche se considerano fatti o atti che costituiscono minore idoneità
contributiva riferibili a soggetti o a categorie di soggetti, attuano con le altre norme impositive il
concorso alla spesa pubblica, quindi concorrono insieme ad altre norme ad individuare la disciplina
impositiva di una data norma tributaria nel rispetto del principio di capacità contributiva
combinato con quello di eguaglianza e dl divieto comunitario degli aiuti di Stato. Nell’ambito di
queste previsioni possiamo operare ulteriori distinzioni come: le agevolazioni per concessioni, di
cui è possibile godere solo tramite apposito provvedimento amministrativo esonerativo;
agevolazioni ex lege che operano automaticamente per il solo verificarsi della situazione agevolata;
oppure ci sono agevolazioni istantanee ed agevolazioni pluriennali che esplicano efficacia in più
periodi d’imposta.
I valori sottesi alle norme agevolative, però, comportano tendenzialmente, da un lato l’apertura
verso il potenziamento del valore promozionale o extrafiscale con conseguente estensione della
portata della norma agevolativa, dall’altro comportano il rischio di un indebito utilizzo delle stesse
da parte di chi non possiede i requisiti normativamente previsti, con la conseguenza di possibili
elusioni o evasioni di imposta. Pertanto la Corte Costituzionale ha contrastato la potenzialità
espansiva delle fattispecie agevolative, procedendo ad una estrema valorizzazione dei canoni della
ragionevolezza e della proporzionalità ed ha evidenziato che il carattere straordinario della
congiuntura economica e finanziaria può consentire l’adozione di disposizioni volte a sopprimere
norme di agevolazione fiscale preesistenti.
Per quanto riguarda la problematica dell’interpretazioni di tali norme, la giurisprudenza della
Suprema Corte spesso non ha ritenuto ammissibile l’interpretazione analogica ma quella estensiva,
sottolineando, recentemente un orientamento piu restrittivo sec cui le norme agevolative,
rappresentando una deroga rispetto al principio generale, non consentono il ricorso al criterio
ermeneutico estensivo o analogico. Qst ultimo orientamento ha trovato conferma nl sent cass

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2009 in materia di beneficio dl aliquota ridotta dl imposta d registro previsto per l'acquisto dl prima
casa, in cui la giurisp ha sottolineato che trattandosi di norma ecc è da ritenere di stretta
interpretazione.
LA BASE IMPONIBILE
La base imponibile è l’elemento o grandezza economica, normalmente espresso in denaro, a cui si
applica l’aliquota per determinare l’ammontare del tributo. La base imponibile deve essere
necessariamente coerente con il presupposto di cui è misura, pena l’illegittimità costituzionale
della norma. È la legge ad indicare di regola quali sono gli elementi che compongono la base
imponibile; ed è sempre la legge a qualificare gli elementi attivi e passivi ed i rispettivi criteri di
tassabilità e deducibilità. La legge fa salva la non imponibilità del minimo vitale (ossia lo stretto
necessario per la mera sopravvivenza), da ciò discende l’illegittimità di esenzioni puramente
simboliche che determinino di fatto la tassazioni di situazioni personali non superiori al minimo
imponibile (la base imponibile è un concetto che si può sovrapporre o identificare con il
presupposto).
L’ALIQUOTA : l’aliquota è la percentuale che si applica sulla base imponibile della determinazione
dell’importo o l’ammontare dell’imposta. Più in particolare :
² L’imposta è proporzionale : quando la sua aliquota è costante, cioè qnd aliquota non muta con
il variare della base imponibile
² L’imposta è progressiva : quando l’aliquota aumenta con l’aumentare della base imponibile;
l’imposta progressiva colpisce maggiormente i redditi più elevati, tendendo ad attenuare le
concentrazioni di ricchezza ed il divario tra redditi maggiori e minori:
· nel sistema della progressione per scaglioni (il metodo più usato ad es IRPEF), la base
imponibile viene suddivisa in tanti scaglioni a ognuno dei quali corrisponde una diversa aliquota
· nel sistema della progressione per classi l’aliquota varia a scatti, nel passaggio da una classe
all’altra, mentre rimane costante per tutto il reddito di una medesima classe (questo tipo di
progressione penalizza i redditi che superano di poco il limite della classe inferiore)
 L’imposta è regressiva : se l’aliquota diminuisce con l’aumentare della base imponibile
L’art.53 Cost. impiega una formula generica per l’aliquota che non si riferisce ad aliquote
progressive bensì a criteri di progressività, infatti recita <<il nostro sistema tributario è informato a
criteri di progressività>> (quindi è legittimo che anche le Regioni, nell’esercizio del loro autonomo
potere di imposizione, improntino il prelievo al criterio della progressività).

PARTE II – INTERPRETAZIONE ED ELUSIONE DELLA NORMA TRIBUTARIA


L’INTERPRETAZIONE LETTERALE, ESTENSIVA, RESTRITTIVA, ANALOGICA E AUTENTICA DELLA
NORMA TRIBUTARIA

L’interpretazione consiste in una attività conoscitiva che, muovendo dall’analisi del testo letterale
giunge alla determinazione della norma giuridica in esso oggettivata; l’art. 12 delle preleggi c.c.
sancisce che : <<nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto
palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del
legislatore>>. Tuttavia il linguaggio tributario è intriso di tecnicismi: vi sono comprese produzioni
normative non coordinate e spesso inquadrate in istituti giuridici di altri settori che rendono
difficile l’individuazione dei principi generali, poi c’è da considerare l’iperlegificazione tributaria che
deriva sia dalla necessità di adeguare la legislazione alle nuove realtà economiche, sia per far

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fronte a situazioni di emergenza. L’interpretazione e la stessa conoscenza delle leggi tributarie


presentano problemi e difficoltà particolari, quindi :
² Il dato letterale : il primo elemento su cui si basa l’operazione interpretativa è il dato
letterale; quindi nell’interpretazione della legge il significato tecnico prevale su quello corrente;
si ritiene che, nei collegamenti con altri istituti giuridici la norma tributaria non ridefinisce le
nozioni vigenti di altri settori giuridici.
² Interpretazione estensiva : con l’interpretazione estensiva si estende la portata della norma
fino al più ampio significato con essa compatibile, sempre avendo come punto di riferimento la
ratio della norma stessa.
² Interpretazione restrittiva : è il procedimento inverso a quello estensivo, dal significato più
ampio fino a quello particolare della norma.
² Interpretazione analogica : problemi di integrazione possono sorgere nel caso in cui la legge
non fornisce all’interprete la disciplina del caso e quindi si ha una lacuna; in questa situazione si
ricorre al procedimento analogico volto appunto a colmare le lacune legislative. Questo
procedimento presenta affinità con l’interpretazione estensiva, l’interpretazione analogica si
applica nel caso in cui una situazione di fatto non espressamente prevista dalla legge manifesti
elementi non comuni che siano irrilevanti nei confronti della ratio. È vietata l’applicazione
analogica di alcune leggi tributarie, tale divieto combacia con il divieto di analogia delle
corrispondenti norme sanzionatorie penali e di esenzione che deroga alla ratio della legge
istitutiva del tributo; il motivo risiede nell’intento di evitare l’estensione di un efficacia che
andrebbe a minare l’unità del sistema basato sul fondamento costituzionale dell’art.23 Cost.,
quindi il divieto di analogia è riferito alle norme che indicano soggetti o oggetti colpiti
dall’obbligazione tributaria (i soggetti o oggetti non indicati espressamente dalla legge non
possono essere colpiti da tassazione come da art.23 Cost.).
² L’interpretazione autentica (le leggi di interpretazione) : le leggi di interpretazione
autentica si caratterizzano per la loro funzione di provvedere a fissare come vincolante uno dei
molteplici significati già attribuiti alla medesima allo scopo di ristabilire la certezza del diritto.
Quindi lo scopo di tali leggi è quello di eliminare incertezze e contraddizioni relative alla legge
interpretata. Tuttavia l’interpretazione autentica può assumere connotati di particolare
complessità in materia tributaria, infatti il legislatore, attribuendo un significato innovativo ad
una legge tributaria precedente, può incidere retroattivamente sui rapporti giuridici in corso,
consentendo di attrarre o di recuperare a tassazione situazioni poste in essere; si delinea così il
problema della tutela dei diritti fondamentali e del legittimo affidamento del contribuente.
Una legge è effettivamente interpretativa quando illumina il significato della precedente, senza
intaccare o integrare i contenuti che sono la sua essenza originaria.
Un eccessivo ricorso a questa tecnica legislativa può senza dubbio produrre effetti lesivi nei
riguardi delle garanzie poste a favore dei contribuenti; proprio in questo contesto si inserisce
l’art.1 dello Statuto dei contribuenti, secondo il quale le norme interpretative in materia
tributaria possono essere adottate solo in casi eccezionali, qualificando quindi le stesse come
eccezionali.
ELUSIONE FISCALE E ABUSO DEL DIRITTO
L’elusione fiscale consiste in un comportamento che mira ad ottenere un vantaggio o un minor
carico fiscale, evitando il verificarsi del presupposto previsto dal legislatore cui la legge ricollega
la nascita dell’obbligazione tributaria, oppure ponendo in essere un presupposto diverso,
attraverso l’abuso delle forme (uso improprio) delle forme giuridiche e operazioni non conformi
alla ratio delle norme tributarie. L’elusione è un concetto differente dall’evasione, quest’ultima

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appartiene all’area dell’illecito (amministrativo o penale) occultando il presupposto dell’imposta;


infatti l’elusione non si verifica attraverso una violazione diretta di una norma tributaria, ma
attraverso l’organizzazione di fattispecie (equivalenti) lecite che prevedono un trattamento fiscale
più favorevole che vanificano l’imposizione effettiva dell’ipotesi prevista, profittando dl distorsioni
o incoerenze della legislaz trib. La norma tributaria viene così elusa mediante un abuso dei diversi
regimi giuridici previsti per una stessa operazione per ottenere un vantaggio indebito.
Per poter individuare l’elusione fiscale e distinguerla dal lecito risparmio di imposta bisogna
distinguere i vantaggi fiscali indebiti da quelli conformi alla logica ed alla ratio della norma
tributaria superando il dato letterale, più precisamente bisogna distinguere un risparmio d’imposta
patologico, e quindi elusivo, da un risparmio d’imposta fisiologico che non ha necessità di essere
giustificato con vere e presunte “valide ragioni”.
La recente giurisprudenza della Corte di giustizia e della Corte di Cassazione si è basata sul principio
generale dell’abuso di diritto di matrice comunitaria; questa nozione usata in ambito comunitario
in materia di IVA, si configura in presenza di operazioni volte al perseguimento del vantaggio
fiscale, la cui concessione appare contraria alla ratio della direttiva IVA e della disposizione
nazionale che la traspone ad uno o più obiettivi della stessa. L’abuso del diritto comunitario è stato
considerato un principio giurisprudenziale, applicabile d’ufficio in ogni stato e grado a prescindere
da specifiche deduzioni o istanze; tale formulazione è stata considerata riconducibile nel nostro
ordinamento ad un principio generale applicabile anche nel settore delle imposte dirette.
Per poter comprendere la portata di tali interventi giurisprudenziali sul nostro sistema fiscale, è
necessario precisare che una funzione fondamentale del diritto tributario è rappresentata dalla
prevenzione dei comportamenti elusivi determinati da alcune leggi tributarie di per sé suscettibili
di aggiramento. Per ovviare questi problemi (approfittare dl incoerenze normative e di eludere le
norme trib ) si potrebbe procedere ad effettuare dei miglioramenti e correzioni legislative che
eliminano le distorsioni, ed in secondo luogo dotare di una maggiore discrezionalità l’A.F. e la
giurisprudenza al fine di scorgere i vantaggi fiscali attraverso comportamenti elusivi: ma in merito
alla maggiore discrezionalità (dell’A.F. e della giurisprudenza) verrebbe sacrificato il garantismo
connesso al rispetto delle norme; su questo punto la dottrina italiana (cm ql spagnola e belga) ha
sempre ritenuto che a discrezionalità dell’A.F. contrasta con la certezza del diritto.

In una attenta analisi la nozione di abuso di diritto, elaborata in diritto comunitario, anche se
consente di superare il principio di tassatività delle fattispecie elusive, non appare molto diversa da
quelle di elusione fiscale (sec parte dott si tratta di concetti sovrapponibili); la Corte di giustizia si è
dimostrata, infatti, rigorosa nello stabilire che cosa debba essere considerato abuso in materia
tributaria ed in quali settori del diritto tributario può ritenersi operante tale principio in presenza
di costruzioni meramente artificiose e nel rispetto della proporzionalità e della necessarietà;
pertanto non devono ritenersi compatibili con il dispositivo comunitario le norme interne che
impongano misure maggiormente restrittive di quelle ragionevolmente idonee a garantire l’attività
di controllo dell’A.F.
La nostra giurisprudenza ha individuato un limite fondamentale per l’applicazione delle regole anti-
abuso per quanto riguarda la libera iniziativa economica, in tal contesto è stato riconosciuto che
appare necessaria una gran cautela da parte dell’A.F. nella verifica dell’esistenza di una pratica
abusiva; tali considerazioni devono essere necessariamente rapportate ai contenuti dl recente
DLGS 128/15 in base al quale il legislatore ha tentato di unificare l'abuso dl diritto e l'elusione
fiscale in 1 unico concetto (racchiuso nl 10 bis L212/00) che ha valenza generale cn riguardo a tt i
tributi. I presupp x esistenza abuso alla luce nuova regolamentazione (volta a evitare che il
disconoscimento dei vantaggi tributari venga a collegarsi ad 1 giudizio d valore dl A.F sprovvisto di

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copertura legislativa, cn cons lesione dl affidamento dl contr) sono : assenza d sostanza eco dl
operazioni effettuate / realizzazione di 1 vantaggio fiscale indebito / cirocstanza che il vantaggio
costituisca l'effetto essenziale dl operaz. Nn si considerano invece abusive le operaz giustificate da
valide ragioni extrafiscali nn marginali (che cost quindi esimente- le valide ragioni intendo) che
rispondono a finalita d miglioramento strutturale e funzionale dl impresa o dl attivita prof dl contr.
In riferimento all’onere della prova, è a carico dell’amministrazione l’onere di dimostrare il disegno
abusivo e le modalità di manipolazione e di alterazione funzionale degli strumenti giuridici
utilizzati, nonché una loro non conformità ad una logica di mercato; grava sul contribuente, invece,
l’onere di allegare l’esistenza di valide ragioni extrafiscali che sn alla base dl operazioni effettuate.
Dal disposto richiamato dl art 10 bis si evince che qnd l'agenzia dl entrate accerta la condotta
abusiva , le operaz elusive effettuate diventano inefficaci ai fini trib e quindi nn sn ottenibili i relativi
vantaggi fiscali, da nn confondere pero cn la nullita dl contratto essendone l'effetto limitato solo ai
profili fiscali.

L’IDENTIFICAZIONE DEGLI INTERPELLI


L’interpello consente al contribuente di azionare un procedimento per ottenere il parere
interpretativo dell’A.F. sull’applicabilità di alcune norme tributarie a specifiche operazioni data la
potenziale portata elusiva di alcune fattispecie. Esistono nel nostro ordinamento diverse forme di
interpello, dove oltre a quello ordinario, la dottrina più attenta ha operato una diversa suddivisione
delle istanze di interpello in considerazione delle finalità e degli effetti sulle istanze stesse; quindi:
² Interpello ordinario : previsto dallo Statuto del contribuente (art 11) ha portata generale ed
efficacia più marcata rispetto ad altre forme di interpello, oltre a rappresentare una forma di
prevenzione del contenzioso, svolge l’importante funzione di determinare orientamenti
uniformi volti ad evitare ingiustificate disparità di trattamento tra i contribuenti
² Interpello consultivo : ossia l’interpello ordinario in cui l’amministrazione fornisce un parere in
ordine all’interpretazione di una determinata norma di legge
² Interpello probatorio : caratterizzato per il fatto che il parere dell’Agenzia incide sulla
distribuzione dell’onere probatorio fra le parti
² Interpello disapplicativo : è una forma di interpello che autorizza l’accesso ad un regime
diverso da quello ordinario
Le recenti indicazioni di prassi tendono a valorizzare la sostanziale unitarietà del’interpello in
termini di atto che, pur in considerazione dei diversi profili funzionali, resta pur sempre un mero
atto di indirizzo ed orientamento del comportamento dei destinatari.
-Procedimento : l’istanza di interpello è presentata alla A.F., in merito a una disposizione la cui
interpretazione si presenti obiettivamente incerta; l’Amministrazione la quale dovrà rispondere
entro 120 gg. (x quello ordinario entro 90 GG) con un parere motivato. Il parere reso dall’Agenzia
vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza d’interpello; qualora la risposta
non pervenga al contribuente entro il termine di 120 gg. si ha tacito assenso (SILENZIO-ASSENSO).
Il parere dell’Agenzia vincola gli uffici dell’A.F. i quali non possono emettere atti impositivi o
sanzionatori in difformità rispetto al contenuto della risposta del quesito oggetto di interpello.

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CAPITOLO V – I SOGGETTI DELL’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA E LA SOLIDARIETÀ

PARTE I – I SOGGETTI DELL’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA E IL CONCETTO DI SOGGETTIVITÀ


LA SOGGETTIVITÀ TRIBUTARIA
La nozione di soggettività tributaria fa riferimento ai soggetti coinvolti nel rapporto giuridico
d’imposta titolari di singole situazioni giuridiche collettive. Nel rapporto giuridico d’imposta
occorre distinguere due soggetti :
● i soggetti passivi (debitori) che sono tenuti, al verificarsi del presupposto previsto dalla legge,
all’adempimento degli obblighi formali e al pagamento delle imposte secondo il concorso alle
spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva
● i soggetti attivi (creditori) dell’obbligazione tributaria che hanno il potere impositivo
I SOGGETTI PASSIVI : LA SOGGETTIVITÀ DEGLI ENTI SENZA PERSONALITÀ GIURIDICA
L’obbligazione tributaria sorge in capo a tutti i soggetti che pongono in essere il presupposto
previsto dalla norma. Tuttavia non è sufficiente considerare il versamento del tributo ai fini di
attribuire soggettività tributaria e ritenere che quel soggetto centro autonomo di imputazione di
indici rilevanti ai fini fiscali. Nn sempre vi è infatti coincidenza tra colui che versa l'imposta e colui
che ha posto in essere il presupposto e cio si verifica in particolare nel imposizione indiretta ( nl
IVA, imposta sl valore aggiunto distinguiamo il contr di fatto da ql di diritto, il 1°è colui che sopporta
l onere trib, il 2°è colui che dovra corrispondere giuridicamente il tributo 3 e che sara tenuto
all'adempimento d tt gli obblighi formali) Sono soggetti passivi d’imposta :
1-Persone fisiche : il soggetto passivo, persona fisica, è il contribuente per eccellenza, ovvero colui
che è tenuto all’adempimento dell’obbligazione tributaria e quindi a contribuire, ai sensi dell’art. 53
Cost., alle spese pubbliche.
2-Enti collettivi dotati di personalità giuridica : le società di capitali (società per azioni e in
accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le società di
mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato) fondazioni e associazioni riconosciute.
Sono persone giuridiche e possono assumere tutte le posizioni giuridiche connesse ai loro interessi.
3-Società di persone, associazioni non riconosciute, altre organizzazioni nn appartenenti ad altri
soggetti passivi : <<nei cui confronti delle quali il presupposto si verifica in modo unitario ed
autonomo>> (art.73 TUIR), ai sensi dell’art.73 TUIR sono soggetti passivi ai fini IRES.
Partendo dalla definizione dell’art.73 TUIR è possibile individuare alcuni elementi fondamentali ai
fini dell’identificazione della soggettività tributaria come attitudine alla titolarità di situazioni
giuridiche soggettive; tali elementi, quindi, consentono di superare la teoria formalistica in base
alla quale la soggettività e di conseguenza la capacità giuridica spetterebbero esclusivamente alle
persone fisiche e giuridiche, in effetti gli enti non personificati (senza personalità giuridica) non
godrebbero di una propria capacità, ma semplicemente di una autonomia patrimoniale, (in tal
modo i titolari di diritti e obblighi risulterebbero nn l'ente ma le persone fisiche che ne fanno parte)
quindi una capacità giuridica ridotta, la quale non impegna tutte le posizioni giuridiche connesse ai
loro possibili interessi.

Occorre puntualizzare che la capacità giuridica, intesa come attitudine a diventare titolare di
posizioni giuridiche, assume una diversa rilevanza nel diritto tributario, cioè un ambito di
applicazione che non coincide con quello del diritto comune, pertanto sono compresi anche enti
senza rilevanza soggettiva in diritto civile ( soggetti non personificati ad es. Società di persone,
associazioni non riconosciute, comitati, consorzi).

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ALCUNE FATTISPECIE PECULIARI : 1- LE SOCIETÀ CONTROLLATE ED I GRUPPI DI SOCIETÀ 2- LE


STABILI ORGANIZZAZIONI 3- IL FALLITO 4- IL TRUST
1- Le società controllate ed i gruppi di società: la legge n.80 del 2003 ha introdotto in materia
di imposte dirette, la tassazione consolidata di gruppo prevedendo un’unica dich dei redditi
(presentata dalla soc controllante) fondata su un’unica base imponibile compensando i risultati
positivi e negativi dl singole societa componenti.
La disciplina del consolidato nazionale è stata inserita nel TUIR (artt. 117-129) e prevede la
determinazione in capo alla controllante, su opzione facoltativa dei singoli soggetti di un’unica base
imponibile relativa alle società che aderiscono alla tassazione di gruppo. La norma non prevede
una specifica soggettivazione passiva del gruppo, ma una specifica ed autonoma soggettività
passiva della controllante; in particolare, le società controllate hanno il dovere di collaborare con la
società controllante per l’adempimento degli obblighi tributari. Se ne deduce che per effetto
dell’opzione per la tassazione consolidata del gruppo, si è attribuito alla controllante il diritto di far
confluire in un unico rapporto dichiarativo, i redditi e le perdite di ciascuna controllata che
altrimenti, in difetto di opzione, sarebbero state costrette a dichiarare autonomamente: in
definitiva le società controllate non perdono la propria soggettività tributaria, nonostante venga
prevista l’elezione di domicilio da parte di ciascuna società controllata presso la controllante,
rimangono pur sempre autonomamente assoggettabili ad attività di accertamento, quindi ciascuno
dei soggetti rientranti nel gruppo mantiene la propria autonomia sul piano giuridico e delle
responsabilità patrimoniali.
Anche se, in virtù, della separazione e dell’autonomia dei procedimenti di accertamento nei
confronti di consolidate e consolidante, si aveva come conseguenza l’emissione di distinti atti
impositivi, un recente intervento legislativo (art.35 del d.l. 78 del 2010) che ha provveduto ad
integrare il d.p.r. 600 del 1973 inserendo l’art.40-bis avente ad oggetto la rettifica delle
dichiarazioni dei soggetti aderenti al consolidato nazionale, prevede la partecipazione
contemporanea sia della consolidante che della consolidata al procedimento di accertamento, al
fine di produrre effetti positivi in termini di efficienza e tempestività della Pubblica
Amministrazione e di adeguata tutela dl contr.

2- Le stabili organizzazioni : la stabile organizzazione assume rilievo, nel diritto tributario


internazionale sia ai fini della distribuzione del potere impositivo tra Stati nelle convenzioni
bilaterali (art.7 Modello di convenzione contro le doppie imposizioni OCSE) sia ai fini delle modalità
di tassazione delle società non residenti. L’art.162 TUIR fornisce una definizione specifica di stabile
organizzazione, che sostanzialmente coincide con quella prevista in sede OCSE, qualificandola
come <<una sede fissa d’affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in
parte la sua attività sul territorio dello Stato>>.
La Corte di Cassazione ha precisato, inoltre, che deve trattarsi di un’organizzazione stabile, tale da
poter essere utilizzata in maniera durevole e non meramente occasionale, ed inoltre
l’organizzazione deve essere strumentale ad un’attività che l’ente straniero svolge abitualmente in
Italia. Per sede (installazione) fissa si fa riferimento a :
a) una sede di direzione
b) una succursale
c) un ufficio
d) una officina

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e) un laboratorio
f) una miniera, pozzo di petrolio o gas, una cava o altro luogo di estrazione e sfruttamento di risorse
naturali
g) un cantiere di costruzione, montaggio o installazione la cui durata oltrepassa i 3 mesi.
Nelle imposte dirette la giurisprudenza comunitaria ha sancito la consacrazione di alcune stabili
organizzazioni quali centri di imputazione soggettiva della tassazione societaria in ambito UE; le
stabili organizzazioni, potendo talvolta assumere autonomia tale da essere soggette alla stessa
imposizione a livello mondiale delle società residenti, manifestano al stessa potenzialità economica
delle società che si trovano nello Stato della fonte e per tale ragione dvono ottenere gli stessi
vantaggi fiscali concessi a qst ultime.

3- Il fallito : il riconoscimento della soggettività tributaria autonoma del fallimento o del fallito
è stato oggetto di un ampio dibattito. Una imputazione soggettiva al fallimento è stata
definitivamente esclusa (art.183 TUIR) prevedendo la soggettività tributaria dell’imprenditore
fallito o dei soci coinvolti nel fallimento a quali rimangono gli obblighi formali tributari che non
sono esclusi dalla legge o espressamente attribuiti al curatore. Secondo la legge fallimentare si
opera una dissociazione tra proprietà e potere di amministrazione giuridica e materiale del
patrimonio, perdendo il fallito sia la disponibilità che il possesso del suo patrimonio, tuttavia il
fallito non perde la titolarità dei rapporti giuridici patrimoniali e neanche la soggettività d’imposta,
il soggetto d’imposta sarà sempre il fallito e non la curatela fallimentare; infatti è stata chiarita
definitivamente la posizione del curatore fallimentare (tramite l’art.37 del d.l. n.223 del 2006) al
quale è stata attribuita la qualifica di sostituto d’imposta. Inoltre l’avviso di accertamento emesso
dall’A.F. avente ad oggetto crediti i cui presupposti si sono verificati in periodi antecedenti alla
dichiarazione di fallimento, deve essere notificato, a pena di nullità, sia al curatore che al fallito.
Quindi un soggetto passivo d’imposta anche se dichiarato fallito resta esposto alle conseguenze
patrimoniali e sanzionatorie scaturenti dalla definitività della pretesa tributaria; inoltre, anche se la
legittimazione passiva agli effetti d’imposta resta in capo al fallito, in tema di riscossione sarà il
liquidatore ad essere chiamato agli adempimenti in luogo dell’imprenditore.

4- Il trust : il trust è una figura giuridica di origine anglosassone, è l’accordo (di durata limitata
nel tempo) con il quale uno o più soggetti (settlors) trasferiscono (con atto tra vivi o mortis causa)
la proprietà di beni mobili o immobili ad un altro soggetto (trustee) con l’obbligo a carico di
quest’ultimo di amministrarli e, allo scadere dell’accordo o a scadenze periodiche, di trasferire a
terzi (beneficiaries) i redditi derivanti dalla gestione del trust nonché il patrimonio originariamente
trasferito. Con il trust si verifica la perdita da parte del settlor del diritto di proprietà sui beni
trasferiti al trustee; il settlor, tuttavia può riservarsi delle preferenze in merito alla gestione dei beni
mediante le c.d. lettere di desideri (letters of wishes), tuttavia tali istruzioni non sono vincolanti per
il trustee i quale le può disattendere qualora ritenga che un interesse degno di tutela vi si opponga.
Dal suo canto il trustee può sia amministrare che disporre dei beni che gli sono stati trasferiti, ma
non disperderli né tantomeno distrarli dalle finalità per le quali gli sono stati trasferiti.
Il trust, sulla base delle finalità da perseguire, si può distinguere in trust con beneficiario (qnd i beni
in trust vengono gestiti nl interesse d 1 det beneficiario) e trust di scopo (qnd nn ci sn beneficiari e
il trust è strumentale al perseguimento di 1 det fine).
Il trust è regolato dalla Convenzione dell’Aja del 1985 ed è stata recepita nel nostro ordinamento
(con legge n.364/1989); la Finanziaria del 2007 ha introdotto per la prima volta nell’ordinamento
tributario nazionale disposizioni in materia di trust, attribuendo ai trust autonoma soggettività

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tributaria li ha inclusi tra i soggetti passivi dell’IRES. Il trust, in quanto soggetto passivo, sarà tenuto
a presentare le dichiarazioni dei redditi nei modi e nei tempi previsti per i soggetti IRES.
Ai fini dl tassazione sl fronte dl imposte dirette , l'ART 73 individua 2 principali tipologie di trust, i
trust cn beneficiari d reddito, i cui redditi vengono imputati per trasparenza ai beneficiari (trust
trasparenti) // e trust senza beneficiari d reddito individuati, i cui redditi vengono dirett. Attribuiti
al trust medesimo (trust opachi) , pox verificarsi casi in cui il trust sia sia opaco che trasparente allo
stesso tempo.
SOGGETTI ATTIVI E LE LORO COMPETENZE - IL POTERE IMPOSITIVO E LA DISCREZIONALITÀ DEI
SOGGETTI ATTIVI
Si definiscono soggetti attivi del rapporto tributario coloro che, in virtù della legge, hanno il potere
di applicare e pretendere la riscossione del tributo, diventando in tal modo creditori
dell’obbligazione; tale potere/dovere deve essere esercitato nel rispetto della legge. I soggetti attivi
dell’attività finanziaria prendono il nome di enti impositori e sono titolari di poteri attuativi
connessi alla concreta determinazione della fattispecie. Tali poteri sono i poteri di accertamento,
controllo e riscossione delle imposte, inoltre a tali attività si aggiunge anche quella sanzionatoria
che consiste nella possibilità degli uffici tributari di irrogare sanzioni di carattere non penale.
I soggetti attivi a cui spetta il potere impositivo sono: lo Stato/amministrazione che opera
attraverso uffici centrali e periferici, e gli enti territoriali minori (regioni, province e comuni). Non
sempre il soggetto attivo che applica il tributo coincide con quello che lo accerta e riscuote.
Talvolta l'ente impositore affida a terzi le operazioni riguardanti la risc dei trib e l'esecuzione
forzata sui beni dl deb in caso di inadempienze, tale sogg terzo cd esattiore o concessionario ha
piena autonomia e legittimazione proc che nn comporta in capo a qst ultimo la titolarita dl diritto
di credito e del potere impositivo, attualmente tale funzione è svolta dall'agente di riscossione in
ciascun ambito geografico.

 Potere impositivo e discrezionalità : l’A.F. è investita ex lege della funzione di imposizione dei
tributi che consiste nel potere di provvedere alla determinazione del tributo dovuto dal contr. La
funzione impositiva è un’attività amministrativa volta a soddisfare lo scopo del prelevamento
tributario secondo i criteri fissati dalla legge: infatti la funzione di imposizione-ripartizione
tributaria deve essere vincolata e non discrezionale. L’obbligazione tributaria, in quanto ex lege,
sorge appena si verifica il presupposto al quale la norma la ricollega, per cui è solo la legge
tributaria a poter disporre in modo diverso: la discrezionalità amministrativa dell’A.F. non svolge
alcuna valutazione che prescinda da quanto previsto normativamente né in ordine all’an né in
ordine al quantum dell’imposta dovuta. Tuttavia il potere di imposizione va anche esercitato
nell’ambito di specifiche norme, oltre che nel rispetto dei principi costituzionali e fondamentali
quali quello della capacità contributiva, stabilendo espressamente delle esenzioni totali e parziali a
favore che si trovano in determinate condizioni; quindi la discrezionalità dell’A.F. si estrinseca
attraverso la concessione della sospensione di un atto impositivo, la rateizzazione o
l’individuazione delle categorie di soggetti sottoposti a controllo. L'esercizio di poteri eccedenti i
limiti imposti dalla norma può implicare resp amm in capo al funzionario se ne sussistono i
presupposti.
L’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA : IL MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE E L’AGENZIA
DELLE ENTRATE
L’amministrazione finanziaria si divide tra uffici centrali ed uffici periferici, ed è stata
completamente riformata dalla leggi n.59 del 1997 e dalla legge n.300 del 1999 (riforma del

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Governo) e dei 2 d.m dl 2000 e dl 2001. La riforma ha portato alla creazione del Ministero
dell’Economia e delle Finanze che ha accorpato e sostituito i dicasteri dell’Economia e delle
Finanze, del Tesoro, del Bilancio e Programmazione Economica. Pertanto distinguendo le varie
competenze :
1-Il Ministero dell'economia e delle finanze : ha competenze in materia di politica economica,
politica finanziaria e fisco, e di indirizzo politico e di controllo, mentre i poteri operativi sn attribuiti
alle agenzie fiscali (dl entrate, dl dogane, dl territorio, dl demanio) e agli enti cn pers giuridica di
diritto pubblico.

2-L'Agenzia delle entrate : è competente in materia di imposte dirette, imposta sul valore
aggiunto e di tutti gli altri tributi gestiti e di competenza del dipartimento dell’Entrate del
Ministero. Il rapporto tra l’Agenzia delle Entrate con il Ministero dell’Economia e delle Finanze è
regolato con una convenzione triennale, con la quale vengono stabiliti gli obiettivi, le modalità di
verifica di gestione, le risorse finanziarie ed i risultati che l’Agenzia deve conseguire. Le funzioni
dell’Agenzia sono : garantire l’adempimento degli obblighi tributari, semplificare i rapporti con i
contribuenti, offrire assistenza ed informazione ai contribuenti, accertamento, amministrazione e
riscossione dei tributi, contrasto all’evasione fiscale, interpretazione delle norme attraverso
l’emissione di circolari, gestione del contenzioso tributario.
L’org dell’Agenzia si esplica sia a livello centrale sia a livello regionale sia a livello periferico :

- A livello centrale :ci sono 7 Direzioni (accertamento, affari legali, normativa, servizi ai
contribuenti, personale, amministrazione pianificazione e controllo, audit e sicurezza) e 3 Uffici di
staff (Ufficio del direttore, Ufficio studi, Settore comunicazione). I compiti delle strutture centrali
sono di programmazione, indirizzo e coordinamento alle due strutture decentralizzate: Direzioni
Regionali ed Uffici periferici.
- A livello regionale : ci sono 21 Direzioni che hanno sede in 19 capoluoghi di regione (ad
eccezione del Trentino Alto Adige e delle province autonome di Trento e Bolzano). Esse svolgono
attività di programmazione, indirizzo, coordinamento e controllo nei confronti degli Uffici
periferici; inoltre svolgono attività di particolare rilievo in materia di riscossione dei tributi e in
materia di contenzioso soprattutto nei confronti dei cd. “grandi contribuenti” (ovvero i contr di
grandi dimensioni ad es. società).
- A livello periferico :gli Uffici periferici sono quelli che svolgono di fatto le funzioni operative
e sono strutturati in: 111 Direzioni provinciali, 7 Centri di assistenza multicanale, 2 Centri
operativi, Centri satelliti. In particolare le Direzioni provinciali sono articolate in Ufficio controlli
(suddiviso in 1 area di accertamento e in 1 area legale) e in uno o più Uffici Territoriali. Gli Uffici
Territoriali si occupano di quelle tipologie di controllo a maggior diffusione sul territorio
(comunicazioni di irregolarità, controllo formale delle dichiarazioni dei redditi, accertamento in
materia di imposte di registro, imposta successione, imposta donazione, riscontro della veridicità
dei dati rilevanti ai fini legali ai fini degli studi di settore); inoltre con riguardo all’erogazione dei
servizi ai contribuenti svolgono le tradizionali attività di front office attraverso sportelli decentrati
(registrazione di atti pubblici e privati, tutoraggio assistenza alla compilazione e trasmissione
delle dichiarazioni fiscali, rilascio di codice fiscale e di partita IVA).

3-L'Agenzia delle dogane : è divisa in compartimenti doganali, ha competenza per quanto riguarda
l’amministrazione, la riscossione ed il contenzioso tributario dei tributi doganali, delle accise sulla
produzione e sui consumi e della fiscalità connessa agli scambi internazionali.

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4-L'Agenzia del Territorio : esercita compiti relativi ai servizi catastali e alle Conservatorie dei
registri immobiliari; svolge, inoltre, compiti di determinazione estimativa di beni immobili e tali
risultati possono essere utilizzati dall’Agenzia delle Entrate per modificare il valore di alcuni
tributi.

5-L'Agenzia del Demanio : è l’unica a non avere funzioni di natura tributaria, si occupa
dell’amministrazione e della manutenzione degli immobili di proprietà dello Stato.

LE REGIONI E GLI ENTI LOCALI


Un primo riconoscimento dell’autonomia tributaria degli enti locali e della loro soggettività
tributaria si è avuto con la legge 142/1990 (ordinamento delle autonomie locali) che ha
riconosciuto maggiori poteri agli Enti locali in materia di risorse proprie e di quelle trasferite ed una
potestà impositiva ai Comuni e Province;
In seguito il d.lgs. 446/1997 ha determinato una modifica della fiscalità locale, attuando un
decentramento del prelievo dallo Stato alle Regioni e agli Enti Locali che ribadiva la facoltà, per i
comuni e le province di disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie
(istituzione dell’ Irap, revisione degli scaglioni, delle aliquote e detrazioni Irpef, istituzione
dell’addizionale regionale Irpef, riordino della disciplina dei tributi locali), tuttavia non erano stati
precisati confini entro cui la potestà generale poteva essere esercitata, aggiungendo
immediatamente dopo il limite rappresentato dalla individuazione e definizione delle fattispecie
imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, che dovranno avvenire
per legge dello Stato.
La riforma più significativa in materia di finanza locale è avvenuta ad opera della legge Cost. n.3 del
2001 che ha modificato l’intero Titolo V dall’art. 114 al 132. Il novellato art.114 Cost., sotto
l’aspetto del riparto delle competenze legislative, riconosce ad enti territoriali molto diversi tra loro
(regioni, province, comuni, città metropolitane e Stato) una autonomia esercitabile in base alle
proprie norme, poteri e funzioni.
-L’art.117 Cost. riconosce la potestà legislativa allo Stato ed alle Regioni una potestà legislativa
residuale in tutte le materie <<non espressamente riservate alla legislazione statale>> (4° comma),
mentre i Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare << in ordine
alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite>>.
-L’art.119 ribadisce le basi dell’autonomia finanziaria fra Regioni, Province, Comuni, basato sui
principi di solidarietà redistributiva <<in armonia con la Costituzione e secondo i principi di
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario>> disponendo sia la
compartecipazione (comma 2 art.119) ai tributi erariali riferibili al territorio, sia mediante
l’istituzione di un fondo perequativo (comma 3 art. 119) per territori con minore capacità fiscale.
Se da un lato non è possibile riconoscere competenza esclusiva alle regioni in materia tributaria
attraverso la residualità prevista dall'articolo 117 4° comma, a causa dell'articolo 23 che pone una
riserva di legge statale, dall'altro l'utilizzo della legge regionale in alcuni ambiti, la nuova
formulazione dell'articolo 119 e la competenza ripartita tra Stato e regioni in materia di
coordinamento del sistema tributario, rendono più elastica tale riserva, ampliando la potestà
impositiva e agevolativa in materia fiscale. Ciò in quanto esistono delle esigenze imprescindibili di
unitarietà, di equilibrio e di coerenza del sistema riconosciute dallo stesso legislatore delegato, il
cui rispetto deve essere garantito tramite i principi generali fissati dalle leggi dello Stato. Tuttavia i

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limiti della potestà regionale tributaria restato non ancora ben definiti, infatti la materia verrà
disciplinata in sede di attuazione della legge delega n.42 del 2009 emanazione di decreti legislativi.
Secondo l'articolo 119, le regioni e gli enti locali possono stabilire da applicare tributi propri però la
finanza regionale non può comprendere tributi propri che abbiano gli stessi presupposti dei tributi
già istituiti dallo Stato, e che si risolvano in un duplicato, per struttura e disciplina, di quelli erariali
già esistenti.
Ancor di più risultano ridotte le competenze dei Comuni: il limite dell’autonomia tributaria degli
enti locali è comunque ben individuato nel d.lgs. 446 del 1997 e dalla legge delega 42 del 2009 che
escludono potere di creare e istituire tributi. Il ruolo dei Comuni quali soggetti attivi del rapporto
tributario e la potestà regolamentare li rendono sicuramente diversi rispetto alle Regioni.
In ordine al servizio di accertamento e riscossione, quindi il Comune potrà affidare, mediante
apposita convenzione, l’accertamento e la riscossione delle imposte locali a soggetti terzi, ma il
potere di accertamento spetta al soggetto concessionario e non al Comune; l’attribuzione di tali
poteri determinano non solo la legittimazione sostanziale ma anche una legittimazione processuale
per eventuali controversie, senza che si verifichi una ipotesi di litisconsorzio necessario tra ente
concessionario e Comune.

PARTE II – LA NOZIONE DI SOLIDARIETÀ TRIBUTARIA E DI SOSTITUZIONE D’IMPOSTA


PREMESSA : LA SOLIDARIETÀ E LA SOSTITUZIONE
Gli istituti della solidarietà e della sostituzione connessi a quelli della soggettività, hanno come
scopo primario quello di rafforzare il credito del fisco, garantendo in tal modo la riscossione sicura
del tributo.
LA SOLIDARIETÀ: 1-LA SOLIDARIETÀ PARITETICA E LA TEORIA DELLA SUPERSOLIDARIETÀ 2- LA
SOLIDARIETÀ DIPENDENTE
Si parla di solidarietà laddove, oltre al debitore dell’imposta, la norma individua un altro soggetto,
obbligandolo solidalmente col primo o con tutti, a specifici adempimenti e in particolare al
versamento del tributo. L’istituto della solidarietà trova al sua origine nel diritto civile nell’art. 1292
c.c. secondo cui <<l’obbligazione è in solido quando uno o più debitori sono obbligati tutti per la
medesima prestazione in modo che ciascuno può essere costretto all’adempimento per la totalità e
l’adempimento da parte di uno libera gli altri>>, cio accade anche in rif all'obbl tributaria. Con la
solidarietà tributaria, quindi, più soggetti passivi sono tenuti all’adempimento dell’obbligazione
tributaria. Nella coobbligazione il creditore può chiedere a ciascun condebitore, senza intentare
cause a quanti sono i suoi debitori, l’adempimento dell’intera prestazione oggetto
dell’obbligazione: la conseguenza dell’adempimento di un coobbligato è la liberazione degli altri
condebitori dal rapporto con il creditore; il debitore avrà poi diritto di regresso dell’adempimento
nei confronti degli altri coobbligati. La solidarietà si distingue in : 1- paritetica e 2dipendente

1- SOLIDARIETÀ PARITETICA (O PARITARIA) E LA TEORIA DELLA SUPERSOLIDARIETÀ : si realizza


nelle situazioni di condebito, cioè di con titolarità di una posizione debitoria tra più soggetti, in
altre parole si ha solidarietà paritetica quando si fa riferimento a tutte quelle situazioni in cui il
presupposto d’imposta si realizza nei confronti di tutti i coobbligati verso l’Erario, per la
medesima prestazione, salvo diverso carico d’imposta. In pratica qualora tutti i soggetti hanno
concorso alla realizzazione del medesimo presupposto dell’imposta, si stabilisce un vincolo di
solidarietà tra essi nell’adempimento dell’obbligazione tributaria. Ciò vuol dire che il presupposto
è unitario e plurisoggettivo, pertanto ogni condebitore solidale è obbligato in via principale,
ovvero in maniera autonoma e indipendente da tutti gli altri coobbligati; quindi l’amministrazione

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finanziaria potrà rivolgersi indifferentemente a uno o a qualsiasi condebitori solidali.


L’adempimento di uno libera gli altri condebitori, ma il condebitore che adempie per intero, vanta
nei confronti degli altri obbligati (non escussi) un diritto di regresso di quanto pagato (ad es. vi è
solidarietà paritetica tra i coobbligati in materia di imposta di registro, oppure tra gli eredi
all’apertura della successione, sono tenuti solidalmente al pagamento per intero dell’imposta di
successione).
--> Supersolidarietà : fino al 1968 era consolidata la teoria della supersolidarietà, secondo la
quale ogni atto impositivo posto in essere nei confronti di uno solo dei coobbligati solidali
vincolasse tutti gli altri condebitori: in pratica non esistevano tante obbligazioni ma un’unica
obbligazione con più titolari e ciò avvantaggiava l’amministrazione finanziaria che vedeva
accentuate le sue garanzie patrimoniali, ma penalizzava i condebitori a cui non era stato
notificato alcun atto, in tal modo veniva violato il loro diritto alla difesa. Alla luce di tutto ciò, nel
1968 è intervenuta la Corte Costituzionale, che per violazione degli artt. 3 e 24 Cost., ha ritenuto
illegittima la supersolidarietà.
--Efficacia soggettiva del giudicato : può accadere che un avviso di accertamento non venga
impugnato da un condebitore solidale paritetico e che l’atto sia divenuto definitivo nei suoi
confronti. Secondo l’art. 1306 c.c. <<la sentenza pronunciata tra il creditore ed uno dei debitori in
solido non ha effetto contro gli altri debitori>>, ma la giurisprudenza al fine di delimitare
l’ambito di applicazione dell’art.1306 c.c. ha ritenuto che il condebitore ha possibilità di
opporre all’A.F., nella successiva fase di impugnazione degli atti di liquidazione o di riscossione, la
sentenza favorevole ottenuta da un altro coobbligato in solido, quindi la sentenza può valere
ultra partes purché non si sia in presenza di due preclusioni alternative:
° il condebitore solidale dell’imposta non può invocare il giudicato favorevole per la
ripetizione di quanto già pagato per l’imposta liquidata d’Ufficio
° il condebitore, nei cui confronti si sia direttamente formato un giudicato di segno opposto,
non può invocare la sentenza pronunciata nei confronti di altro coobbligato
° il condebitore che ha adempiuto all’obbligazione tributaria, nei rapporti interni con gli altri
condebitori, potrà avvalersi su di essi pro quota

2- SOLIDARIETÀ DIPENDENTE : la solidarietà dipendente si verifica nel caso in cui, sebbene il


presupposto del tributo sia stato posto in essere da uno o più soggetti, venga obbligato dalla
legge un altro soggetto, estraneo al presupposto cui non è riferibile la capacità contributiva, ma
che ha realizzato una ulteriore e diversa fattispecie, quindi una fattispecie collaterale per
l’adempimento dell’obbligazione tributaria (principale). Lo scopo della solidarietà dipendente è
quello di garantire l’adempimento della cd. obbligazione principale posta in essere da uno o più
soggetti, mediante una fattispecie secondaria (o collaterale) posta in essere da un altro soggetto
che assume per legge la veste di obbligato dipendente. Si viene a creare così un rapporto di
pregiudizialità/dipendenza, tra le due fattispecie: quella dell’obbligato principale, che ha fatto
sorgere il debito d’imposta, e quella dell’obbligato dipendente; in virtù di questo rapporto
l’obbligazione secondaria segue le vicende sostanziali della principale, che se viene meno
comporta l'inesistenza dl pretesa anche in capo al coobligato solidale dipendente. Per quanto
concerne, invece nei rapporti tra amministrazione e coobbligati :
° Rapporti con l’amministrazione: i due soggetti coobbligati (principale e dipendente) NON
sono posti sullo stesso piano nei rapporti con l’amministrazione, la quale potrà rivolgersi
indifferentemente sia all’uno che all’altro

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° Rapporti interni tra coobbligati : il coobbligato dipendente che ha adempiuto


all’obbligazione potrà avvalersi per intero, e non pro quota (come avviene nell’obbligazione
paritetica)
° Sul piano processuale : la dottrina ritiene che l’obbligato dipendente non è vincolato
dall’imposizione definitiva del coobbligato principale, ma potrà contestare i presupposti con
autonomo giudizio (così come accade per l’obbligato paritetico)
LA SOSTITUZIONE : IL SOSTITUTO ED IL RESPONSABILE D’IMPOSTA
Si verifica la sostituzione quando la legge, sebbene individui il soggetto, cui si riferisce la ricchezza
imponibile, trasferisca ad altri ogni dovere ed ogni facoltà relativi ad una specifica imposizione
fiscale; in pratica attraverso l’istituto della sostituzione, si realizza il principio di attribuzione ad un
soggetto dell’onere di versare le imposte al posto di altri o insieme. Nella sostituzione troviamo le
figure del sostituto e del sostituito:
² il sostituto d’imposta : <<è colui che in forza di disposizioni di legge è obbligato al
pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili, anche a titolo di
acconto>> (art.64 d.p.r. n.600 del 1973); quindi è colui (il sostituto) che a seguito della
deviazione del’imputazione del carico tributario diviene, per esigenza di efficienza del prelievo,
soggetto passivo d’imposta in luogo o assieme al sostituito
² il sostituito : il titolare della ricchezza (fattispecie) imponibile
Il sostituto d’imposta si identifica con il soggetto erogatore di un reddito obbligato, per legge, a
realizzare il prelievo tributario attraverso il meccanismo della ritenuta alla fonte, trattenendo una
percentuale al momento della corresponsione e, versando la somma così trattenuta all’Erario. Il
sostituto poi ha una serie di obblighi : l’obbligo di rivalsa nei confronti del sostituito (il datore di
lavoro che avrà versato l’imposta in sostituzione del dipendente, si rivarrà sullo stesso mediante la
ritenuta); l’obbligo di effettuare il versamento allo Stato delle somme ritenute; l’obbligo di
presentare la dichiarazione (dovrà indicare, in relazione ai pagamenti effettuati nell’anno solare
precedente, la generalità dei percipienti sostituiti, l’ammontare delle somme loro corrisposte al
lordo e al netto della ritenuta, e l’importo della ritenuta). Eventuali omissioni (di presentazione
della dichiarazione, di versamento, di ritenuta) saranno addebitabili solo ed esclusivamente al
sostituto, essendo questi l’unico debitore: la sostituzione garantisce all’Erario un’anticipazione del
prelievo tributario. La sost trib opera esclusivamente nl campo dl imposte dirette ed in particolare
dl imposte sui redditi.
Per quanto riguarda le ipotesi di inadempienza del sostituto:
° il sostituto che non ha effettuato la ritenuta ma ha versato l’importo allo Stato: il sostituito
non avrà alcuna conseguenza essendo stato versato l’importo; al sostituto saranno applicate le
sanzioni previste per omesso obbligo di operare la ritenuta, ma potrà comunque esercitare il
diritto di rivalsa, limitatamente all'imposta versata e negli ordinari termini di prescrizione.
° il sostituto non ha effettuato la ritenuta e non ha versato l’importo allo Stato:
l’accertamento per omessa dichiarazione, omesso versamento ed omessa ritenuta riguarderà
esclusivamente il sostituto essendo qsti obblighi solo a suo carico.
° il sostituto ha effettuato la ritenuta ma non ha versato l’importo allo Stato: in questo caso
anche il sostituito deve ritenersi fin dall’origine obbligato solidale al pagamento dell’imposta;
deriva da ciò che anche il sostituito d’imposta sarà soggetto al potere di accertamento con i
relativi oneri, fermo restando il diritto di regresso verso il sostituito (quindi il lavoratore, nel caso
di mancato versamento della ritenuta d’acconto da parte del datore di lavoro, sarà obbligato con
quest’ultimo al pagamento del tributo, laddove pretenda il rimborso dell’indebito tributario

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dovrà rivolgere domanda sia nei confronti del sostituto sia nei confronti dell’amministrazione
finanziaria).
Il responsabile d’imposta : è colui che, in forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di
imposte insieme ad altri per fatti o situazioni esclusivamente riferibili a questi. Diversamente dal
sostituto, il responsabile ha il diritto ma non l’obbligo di rivalsa, nonché il responsabile deve
adempiere all’obbligazione tributaria, ma non è tenuto ad alcun obbligo di carattere formale (la
figura tipica di responsabile d’imposta è quella del notaio, estraneo al rapporto tributario, ma
obbligato al pagamento del tributo di registro insieme ad altri per fatti riferibili a questi e verso i
quali vanta diritto di rivalsa).
Dal punto di vista processuale le controversie nascenti dal rapporto di sostituzione tributaria
hanno dato origine ad un importante contenzioso tributario che ha avuto come principale obiettivo
quello di individuare il giudice presso il quale incardinare le liti, quindi per:
 Liti da rimborso: avendo come controparte la l’amministrazione finanziaria (possono essere
instaurate sia dal sostituto che dal sostituito) e sorgendo a seguito di una richiesta che può
portare ad un diniego espresso o tacito, la competenza è affidata alle Commissioni
tributarie, anche perché si è in presenza di un atto impugnabile.
 Liti da rivalsa : concernenti il rapporto tra sostituto e sostituito sono state oggetto, e lo sono
ancora, di contrasti dottrinali e giurisprudenziali, riguardando una lite sorta tra due soggetti
privati senza che vi sia un atto impugnabile innanzi al giudice tributario. Anche
l’orientamento della Suprema Corte è stato fortemente criticato dalla dottrina,
orientamento della Cassazione che in primis si era orientato vero la competenza delle
commissioni tributarie ed in ultimo (sent. 2010) si espressa in favore della competenza del
giudice ordinario.

LA SOSTITUZIONE SOGGETTIVA A TITOLO D’IMPOSTA E A TITOLO D’ACCONTO


La sostituzione d’imposta (soggettiva) si realizza in due forme: a titolo d’imposta (denominata
anche “sostituzione propria” o a titolo definitivo) e a titolo d’acconto (denominata anche
“sostituzione impropria”):
² Sostituzione a titolo d’imposta (sostituzione propria o a titolo definitivo): la ritenuta
effettuata dal sostituto estingue l’obbligazione, sia per il sostituto che per il sostituito. Il sostituito
non è obbligato a presentare la dichiarazione in relazione a quanto percepito e quindi non è
obbligato a effettuare il versamento del tributo per quanto percepito e gli obblighi ricadono
esclusivamente sul sostituto. Pertanto, nella sostituzione a titolo definitivo o propria il sostituto
subentra totalmente nella posizione del sostituito diventando l’unico debitore verso il Fisco
dell’imposta dovuta; il suo adempimento estingue l’intera obbligazione, quindi il contribuente
sostituito, non sarà tenuto ad alcun obbligo di collaborazione attiva nl attuazione dl prelievo,
poiché la ritenuta effettuata dal sostituto costituisce adempimento integrale del tributo dovuto
sulla specifica manifestazione di capacità contributiva. La sostituzione a titolo d’imposta si
verifica solo in capo alle società o enti dotati di una certa organizzazione che corrispondono ai
soci redditi di capitale.
² Sostituzione a titolo d’acconto (sostituzione impropria): si concretizza nell’obbligo, a carico
del sostituto, di operare una ritenuta e di versarne l’importo all’Erario quale anticipazione
provvisoria dell’imposta che, poi, sarà eventualmente dovuta dal sostituito sul totale dei redditi
da questi percepiti nell’anno di riferimento. Nella sostituzione impropria si instaura, quindi, un
rapporto tra l’Erario ed il sostituito, che è obbligato a presentare la dichiarazione; mentre il
sostituto non è soggetto passivo del’imposta (come invece avviene nella sostituzione a titolo
d’imposta), bensì soggetto passivo di un obbligo di versamento: il soggetto passivo dell’imposta

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è il sostituito, in quanto l’obbligazione fiscale fa capo unicamente a chi realizza il presupposto


impositivo. particolarmente gravi sono le cons ai fini sanzionatori dl mancato versamento dl
ritenute (solo per le ritenute rilevanti cioè superiori a 50.000 euro), l'omesso versamento dl
ritenute è punito penalmente.
LA TRASLAZIONE E L’ACCOLLO
La traslazione è un contratto o una pattuizione accessoria con la quale si prevede che il tributo sia
a carico di un soggetto diverso da quello previsto dalle norme tributarie. I privati sono liberi di
stipulare patti di traslazione di imposta e lo strumento utilizzato per realizzare tale scopo è
usualmente l’accollo del debito d’imposta. Tale istituto è stato disciplinato dallo Statuto dei diritti
del contribuente il quale (art.8 2°comma) prevede che è ammesso l’accollo del debito d’imposta
altrui senza liberazione del contribuente originario (accollo cn rilievo esterno). Quindi viene
attribuito al creditore (accollatario) il diritto di agire verso il contribuente accollante. Diverso è,
invece, l’accollo interno tra contribuente accollato e contribuente accollante che non produce
effetti per il creditore, in questo caso il Fisco creditore non vanta alcun diritto verso l’accollante
(potendo quindi i privati stabilire che l'accollo abbia solo effetto tra di loro senza attribuire alcun
diritto al fisco o prevedere che abbia efficacia anche a favore dl fisco).

CAPITOLO VI – GLI OBBLIGHI STRUMENTALI DEL CONTRIBUENTE

NATURA E FUNZIONE DELLA CONTABILITÀ NEL SISTEMA GIURIDICO


Le scritture contabili costituiscono un sistema di rivelazione di accadimenti, dell’attività
imprenditoriale o professionale, ridotti in unità di misura quale il denaro e devono essere
obbligatoriamente tenute da una serie di soggetti elencati nel d.p.r. 600 del 1973 (art.13):
((Soggetti passivi IRES: società di capitali, enti commerciali residenti, trust
● Imprenditori individuali, società di persone
● Enti non commerciali compresi i trust con attività commerciale accessoria ed Onlus
● Lavoratori autonomi, associazioni professionali e società tra professionisti
● Soggetti residenti all’estero con stabile organizzazione in Italia))

Le risultanze delle scritture contabili, al termine di ogni esercizio, vengono opportunamente


riclassificate e confluite nella formazione del rendiconto di esercizio che rappresentano per le
imprese minori ed i professionisti il risultato economico (utile o perdita) conseguito, mentre per le
imprese maggiori il bilancio di esercizio.
Le scritture contabili devono essere tenute ai sensi dell’art.2919 c.c. come previsto dal d.p.r. 600
1973 (art.22): esse vanno trascritte su degli appositi registri (o libri) contabili rispettando una serie
di formalità estrinseche ed intrinseche: le formalità estrinseche prevedono che i libri contabili
vanno numerati progressivamente pagina per pagina prima di essere utilizzati; le formalità
intrinseche si sostanziano nell’obbligo di una contabilità tenuta in modo chiaro ed ordinato, inoltre
è previsto che tutti i documenti contabili siano conservati per almeno 10 anni anche attraverso
supporti informatici.
LE SCRITTURE CONTABILI OBBLIGATORIE
I libri contabili obbligatori secondo quanto stabilito nel d.p.r. 600 del 1973 sono quelli previsti dal
codice civile, e quindi : il libro giornale (giorno x giorno vengono registrate le operazioni effettuate
dal contr entro il termine di 60 gg dall'effettuazione dl stesse) // il libro degli inventari (contiene
elenco e valutazione dl attivita e passivita dl impresa) // i libri sociali obbligatori per le società di
capitali // le scritture ausiliarie; inoltre devono essere tenute le scritture contabili previste

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esclusivamente dalle leggi fiscali quali i registri IVA, le scritture ausiliarie di magazzino e il registro
dei beni ammortizzabili.
L’impianto appena descritto viene denominato di “contabilità ordinaria” e rappresenta il regime
contabile obbligatorio per le persone giuridiche e per quelle imprese che superano un
determinato volume di affari e che pertanto non possono essere qualificate come imprese minori.
Le cd. “imprese minori” (individuate nel d.p.r. 600 del 1973) non essendo tenute alla tenuta della
contabilità ordinaria hanno come regime naturale il regime di “contabilità semplificata”: la
contabilità semplificata rileva i flussi reddituali ma non la situazione patrimoniale.
Oltre ai regimi contabili innanzi descritti, il legislatore, per i soggetti esercenti attività
imprenditoriale in forma individuale e per i lavoratori autonomi, ha previsto un ulteriore regime
fiscale particolarmente semplificato: il cd. “regime fiscale di vantaggio”.
Il d.l. 98 del 2011 convertito con modificazioni dalla legge n.111 del 2011 al fine di agevolare la
costituzione di nuove imprese da parte dei giovani e di coloro che hanno perso il lavoro o di coloro
che svolgevano attività svolte in forma occasionale o precaria, ha introdotto un regime contabile e
fiscale particolarmente privilegiato: il regime fiscale di vantaggio per le persone fisiche residenti
nel territorio dello Stato esercenti attività imprenditoriali o arti o professioni i cui ricavi nell’anno
precedente non risultino essere superiori ad € 30.000 e non abbiano acquistato beni strumentali
per un importo superiore ad € 15.000. Per tali soggetti gli adempimenti contabili sono ridotti solo
all’obbligo di numerazione e conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali ed
emissione delle fatture e scontrini privi di IVA; è opportuno precisare che tale regime fiscale di
vantaggio ha una applicazione temporale limitata (a differenza del precedente regime dei minimi,
modificato d 111/11).
I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI TRA NORMATIVA FISCALE E CODICE CIVILE
Al termine di ogni esercizio le risultanze contabili opportunamente riclassificate confluiscono nel
rendiconto di esercizio o, per le società di capitali, formano il bilancio di esercizio.
Il bilancio di esercizio è un documento di sintesi attraverso il quale viene evidenziato lo stato
economico-finanziario dell’impresa; le risultanze del bilancio a seconda dei criteri di valutazione
adottati possono assumere dei valori molto diversi. Il codice civile si preoccupa di dettare dei criteri
di valutazione volti alla tutela dell’integrità del capitale sociale, o meglio del patrimonio sociale: i
criteri di valutazione dettati dal codice civile sono improntati prevalentemente al criterio della
veridicità e della prudenza.
Gli stessi accadimenti aziendali assumono rilevanza anche sotto l’aspetto tributario laddove la base
imponibile delle imposte dirette discende dalle stesse risultanze contabili che formano il bilancio di
esercizio. Qui si evidenzia il diverso obiettivo del legislatore fiscale: questi detta dei criteri di
valutazione con finalità diverse da quelle del codice civile. La norma civilistica detta norme
finalizzate a che il management dell’azienda non tenda a rappresentare una situazione economico/
patrimoniale superiore a quella reale. La norma fiscale, viceversa, nei limiti costituzionali del giusto
imponibile, detta dei criteri di valutazione e di imputazione delle componenti reddituali che
pongono delle limitazioni affinché non venga rappresentata una realtà economico/patrimoniale
inferiore a quella reale. Pertanto nl redazione dl bilancio si pone il probl d quali criteri di
valutazione occorre osservare data l'obbligatorieta d entrambe le norme, fiscale e civile.
Il regolamento CE n.1606 del 2002 ha disposto l’applicazione obbligatoria dei principi contabili
internazionali per la redazione del bilancio consolidato di tutte le società con azioni quotate in uno
dei mercati regolamentati di uno Stato UE; tale regolamentazione ha lasciato gli Stati membri liberi
di decidere se imporre o consentire l’applicazione degli Ias/Ifrs anche per la redazione dei bilanci di
esercizio e anche alle società con azioni non quotate in mercati regolamentati. Il legislatore italiano

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ha quindi provveduto a dare attuazione al citato regolamento prevedendo una serie di obblighi in
materia di distribuzione di utili e riserve e più di recente una disciplina (art.83 TUIR) per la
determinazione del reddito d’impresa ai fini IRES delle società di capitali che redigono il bilancio.
LA RELAZIONE TRA RISULTATO D’ESERCIZIO E REDDITO D’IMPRESA
La presenza nel nostro ordinamento di due gruppi di norme, di diritto tributario e di diritto
commerciale, disciplinanti la medesima materia (conto economico e stato patrimoniale) ha reso
necessario l’intervento del legislatore volto ad eliminare i cd. fenomeni di inquinamento fiscale del
bilancio, perché valutazioni del bilancio, fatte su una base normativa meramente fiscale, non
consentirebbero una rappresentazione veritiera e corretta imposta dal codice civile.
I sistemi adottati per disinquinare il bilancio sono stati principalmente quelli del doppio binario e
del principio di derivazione :
² Doppio binario : con il principio del doppio binario si consente all’operatore di apportare
extracontabilmente le rettifiche fiscali ad integrazione del risultato di esercizio, giungendo alla
determinazione del reddito fiscale. Tale principio è stato recepito nel nostro ordinamento nel
2004 con la cd. riforma Tremonti, sostanziandosi attraverso l’introduzione, da una parte, del
divieto di inquinare il bilancio attraverso valutazioni di natura esclusivamente fiscale e, dall’altra,
dando la possibilità al contribuente di poter procedere extracontabilmente a deduzioni aventi la
loro origine esclusivamente da norme natura fiscale attraverso la previsione di un apposito
quadro da compilare in sede di dichiarazione dei redditi. Il sistema del doppio binario pur avendo
il pregio di conservare anche nel nuovo sistema le stesse opportunità fiscali precedentemente
utilizzabili, non rappresentava un meccanismo facilmente gestibile, sia per le complessità di
memorizzare le differenze fiscali in sede di dichiarazione dei redditi e in sede contabile, sia
perché civilisticamente occorreva comunque tener conto della gestione delle imposte differite e
di quelle anticipate.
² Principio di derivazione : mediante il principio di derivazione non viene più ammessa la
possibilità di operare rettifiche extracontabili in applicazione di norme fiscali aventi natura
sovvenzionale; nella determinazione del reddito fiscale, il redattore dovrà considerare
direttamente il risultato di esercizio facendo salve contabilmente le disposizioni previste dalla
normativa fiscale.
L’abbandono del principio del doppio binario a favore di quello di derivazione (avutosi con la legge
finanziaria del 2008) ha come conseguenza che il limite di deducibilità (di svalutazione dei crediti,
ammortamenti, accantonamenti etc.) applicabile è quello più restrittivo tra quello risultante
dall’applicazione della normativa fiscale e quella civilistica.

LA DICHIARAZIONE DEI REDDITI


Con la nascita del cd. “Fisco di massa” si è introdotto l’obbligo della presentazione della
dichiarazione dei redditi da parte di tutti i contribuenti. Attraverso la dichiarazione il contribuente,
mediante la compilazione di modelli ministeriali approvati per ciascun periodo di imposta, attua
una forma di auto accertamento dei redditi recepiti nell’anno d’imposta di riferimento ed alla
conseguente autoliquidazione delle imposte da versare. La dichiarazione, essendo assoggettata a
controllo, assume rilevanza procedimentale e riveste un rilevante ruolo probatorio. Se essa risulta
fedele non si svolgeranno ulteriori fasi di controllo, viceversa qualora emerga l’infedeltà o
l’inesattezza di dati dichiarati, si procederà all’accertamento del maggior reddito ed all’irrogazione
di sanzioni.
In linea generale sono obbligati alla presentazione della dichiarazione dei redditi tutti coloro che
nel periodo d’imposta di riferimento abbiano conseguito dei redditi, indipendentemente se dalla

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conseguente liquidazione dovessero emergere delle imposte da versare; sono comunque tenuti
alla presentazione della dichiarazione quei soggetti i cui redditi sono determinati sulla base delle
scritture contabili pur in assenza di un reddito imponibile e anche in presenza di una perdita di
esercizio. La normativa prevede dei casi di esonero dall’obbligo della dichiarazione a favore dei
contribuenti persone fisiche che non siano imprenditori o lavoratori autonomi che abbiano
prodotto unicamente redditi esenti o redditi da lavoro dipendente e reddito derivante
dall’abitazione principale.
--> Dichiarazione unica : i soggetti passivi di IVA e IRAP devono presentare una dichiarazione
unificata presentata su un modello comprendente la dichiarazione sulle imposte sui redditi, quella
IVA e IRAP; anche i sostituti d’imposta possono presentare la propria dichiarazione usufruendo del
modello unificato. Con la dichiarazione unificata si è in presenza di una pluralità di dichiarazioni
autonome con la differenza che vengono presentate contemporaneamente entro il termine di
presentazione della dichiarazione dei redditi.
Iter del calcolo dell’imposta dovuta : alla fase di auto accertamento della base imponibile ne
consegue quella della liquidazione che si concretizza nella determinazione dell’imposta da versare:
applicando alla base imponibile l’aliquota (o le aliquote in caso d’imposta progressiva) si quantifica
l’imposta lorda di competenza; da tale imposta vengono operate le detrazioni per oneri (se
spettanti) pervenendo all’imposta netta dalla quale, sottraendo le eventuali ritenute subite e gli
acconti versati, si determina l’imposta da versare oppure il credito maturato.
Per quanto concerne i termini e le modalità per la presentazione la dichiarazione dei redditi va
presentata:
· se in forma cartacea entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento
· se in forma telematica entro il 30 settembre (se si è soggetto IRES con esercizio non coincidente
con l’anno solare, entro il 9° mese dalla fine del periodo d’imposta). La dich va sottoscritta dal
contr, o dal suo legale rappresentante o dal pres dl collegio sindacale in caso d presenza dl
stesso.
LA RETRATTABILITÀ E L’EMENDABILITÀ DELLE DICHIARAZIONI
Nella seconda metà degli anni 90 la Suprema Corte ammetteva le rettificabilità della dichiarazione
in diminuzione in riferimento alla sola natura materiale dell’errore determinatosi nella redazione
dell’atto;
in sostanza la Corte di Cassazione rilevava cha la dichiarazione non deve essere valutata alla luce di
categorie privatistiche ma pubblicistiche, che la dichiarazione stessa è soggetta ad una disciplina
pubblicistica caratterizzata da vincoli formali e temporali volti a garantire la stabilità delle
situazioni, e detti vincoli non possono essere posti nel nulla dalla determinazione di un regime di
emendabilità della dichiarazione erronea che non sia ancorato al carattere materiale ed alla
testuale riconoscibilità dell’errore, sottolineando che dalla natura nn neg e dunque di scienza dl
dich nn deriva cn certezza l'emendabilita dl stessa.
In quest’ottica il principio di immodificabilità della dichiarazione annuale dei redditi, al di là delle
scadenze stabilite per la presentazione di essa, impediva al contribuente di porre a fondamento
dell’istanza di rimborso fatti in essa originariamente non esposti con la conseguenza che detti fatti
potevano essere dedotti nel giudizio di impugnazione dell’eventuale accertamento in rettifica. La
dichiarazione in quanto momento di un procedimento di diritto pubblico, ancorché da presentarsi
entro termini di decadenza, non può cristallizzare per sempre fatti ed effetti giuridici contrastanti
con quelli dovuti per legge. Con sentenza nel 2002 (SS.UU. n.15063 del 2002) la Cassazione ha
risolto la problematica dell’emendabilità della dichiarazione tributaria viziata da errore a danno del
contribuente: la possibilità di rettificare la dichiarazione richiama la natura di atto non negoziale e

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non dispositivo recante una mera esternazione di scienza e giudizio, quindi movendo da analoghe
considerazioni la ritrattabilità della dichiarazione integra un momento dell’iter procedimentale
inteso all’accertamento di tale obbligazione ed al soddisfacimento delle ragioni erariali che ne sono
oggetto.
In sostanza, dal carattere pubblicistico della denuncia non deriva il principio dell’immodificabilità
della stessa. Il legislatore (legge 212 del 200) ha svincolato la rettificabilità della dichiarazione dalle
tradizionali concezioni sulla natura della stessa ed ha risolto il problema correttamente muovendo
dalla funzione della dichiarazione nel procedimento di attuazione della norma tributaria: quella di
essere al tempo stesso atto di accertamento e fattispecie per la riscossione. La dichiarazione
tributaria è una dichiarazione pro veritate avente la funzione di portare a conoscenza della Finanza
la concreta capacità contributiva alla cui esatta individuazione è indirizzata l’attività di
accertamento.
DICHIARAZIONE INTEGRATIVA
Appurata la sost emendabilita dl dich dei redditi è nec introdurre qualche chiarimento, innanzitt è
emendabile se presentata nei termini. La dich validamente pres può essere corretta presentandone
1 altra in sostituzione senza dover sopportare alcuna cons sanzionatoria, qst 2° dich si definisce
CORRETTIVA.
Scaduto il termine per la pres dl dich si parla invece di DICH INTEGRATIVA che va redatta utilizzando
il medesimo modello dl dich originaria, sn normate 3 tipologie di dich integrative diverse x ambito,
termini e procedure:
1. La prime fattispecie è d carattere generale prevista da ART 2 DPR 322/98 e va pres negli
stessi termini stabiliti per l'acc dl imposte sui redditi.
2. La 2°fattispecie prevista dallo stesso articolo (al comma 8 bis)è stata introdotta per
correggere errori o omissioni che abbiano det l'indicazione d 1 magg reddito o cmq d 1
magg debito d'imposta o d 1 minor credito, nn oltre il termine prescritto per la pres dl dich
relativa al periodo d'imposta successivo.
3. La 3° (comma 8 ter) è stata aggiunta per modificare l'originaria richiesta di rimborso dl
eccedenza d'imposta esclusivamente per la scelta dl compensazione, a cond che il rimborso
stesso nn sia stato gia erogato anche in parte mediante dich da pres entro 120 gg dalla
scadenza dl termine ordinario di presentazione.

CAPITOLO VII – PRINCIPI E NOZIONI IN FASE ISTRUTTORIA E DI ACCERTAMENTO

PARTE I – I PRINCIPI

L’INDISPONIBILITÀ DELL’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA E IL PRINCIPIO DI COLLABORAZIONE E


BUONA FEDE
L’obbligazione tributaria non differisce, nei suoi aspetti ontologici, dalle obbligazioni tipiche del
diritto civile; l’amministrazione finanziaria, pur dotata di poteri autoritativi, dispone di una
discrezionalità vincolata; quindi non può disporre di una serie di facoltà: quali quella della
rinuncia, del rifiuto, della rimessione, della compromissione, della transazione etc. perché verrebbe
alterato ogni criterio di riparto e di prelievo così come legislativamente determinato: il potere
impositivo è vincolato e deve essere esercitato secondo i criteri fissati dalla legge in modo tale
che l’imposta sia paritariamente ed imparzialmente ripartita a carico di ciascun contribuente. I
principi di indisponibilità dell’obbligazione tributaria e dei vincoli dell’azione amministrativa
trovano il loro fondamento nella Costituzione (artt. 2, 3, 53 e 97); l’A.F. è volta a garantire il rispetto

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dell’efficienza e dell’imparzialità da parte degli uffici periferici nell’esercizio dei propri poteri
discrezionali, tale attività si esercita attraverso l’emanazione di atti regolamentari ed interpretativi
aventi diversa efficacia, con tali atti si concorre a determinare il sistema delle fonti di diritto
tributario vincolato dall’art.23 Cost. (come nel caso del redditometro, degli studi di settore e dei
criteri selettivi per indicare i contribuenti da sottoporre a verifica).
Il diritto tributario è caratterizzato anche da istituti quali il condono, l’accertamento con adesione,
conciliazione giudiziale, e la cd. adesione ai processi verbali di costatazione, mediazione
obbligatoria per le liti cn valore pari o inferiore a 20.000, tali istituti non sono delle eccezioni alle
regole ora esaminate, ma sono istituti che permettono definizioni concordate ed anticipate in un
momento in cui l’obbligazione tributaria non è certa nell’an e nel quantum.
Per quanto concerne l’attività conoscitiva dell’A.F. deve essere espletata nel rispetto di alcune
regole fondamentali riconosciute dallo Statuto dei diritti del contribuente: ad es. il principio di
affidamento o di buona fede, della conoscenza e chiarezza degli atti, dell’obbligo di motivazione e
del contradditorio tra le parti; tali principi di matrice privatistica devono essere letti in armonia con
l’art. 97 Cost., con l’ovvia conseguenza che la P.A. deve perseguire l’interesse pubblico generale
contemperando, nella maniera più equa, corretta ed imparziale possibile gli interessi pubblici con
quelli privati, al fine di raggiungere il fondamentale obiettivo di prelievo fiscale basato
sull’effettività della capacità contributiva.
L’INTERESSE FISCALE
L’interesse fiscale è quel valore immanente destinato ad assicurare il regolare svolgimento della
vita finanziaria dello Stato e di conseguenza l’esistenza della comunità: in sostanza la percezione
dei tributi permette il perseguimento di quelle finalità pubbliche che si concretizzano nel
raggiungimento di adeguati livelli di libertà, uguaglianza, sviluppo e sicurezza riconosciuti e
garantiti dalla stessa Carta Costituzionale; d’altro canto al cittadino, in forza dell’art.2 Cost., sono
riconosciuti diritti inviolabili, sia come singolo, sia come membro della comunità. Accanto a tali
diritti si profilano due interessi: da un lato l’interesse o inclinazione egoistica del contribuente,
considerato nella sua individualità, ad attenuare il prelievo tributario cui è sottoposto se non
addirittura a sottrarsi al pagamento delle imposte; dall’altro vi è l’interesse del cittadino, quale
membro della collettività, che tende allo sviluppo ed alla tutela della propria stessa esistenza
sociale, dove la pretesa tributaria diviene un elemento necessario ed imprescindibile. Proprio in
quest’ottica il legislatore costituzionale individua un punto di equilibrio della capacità
contributiva, dove l’interesse fiscale e le garanzie del singolo contribuente si intersecano e si
limitano a vicenda, raggiungendo l’obiettivo comune che è quello del corretto funzionamento del
sistema tributario.
IL CONTRADDITTORIO E LA COOPERAZIONE CON L’A.F.
Il procedimento tributario è pacificamente considerato species del più ampio genus rappresentato
dal procedimento amministrativo; tuttavia a differenza di quest’ultimo, non è previsto un diritto
di partecipazione all’agere dell’A.F (L241/90 in applicaz dl principio dl giusto proc sancisce in via
generale il diritto degli interessati a partecipare al proc amm) da parte del cittadino: manca un
principio generale di contraddittorio nell’ordinamento tributario anche se questo risulta ricavabile
da norme costituzionali come gli artt. 3 e 97. Nonostante ciò già prima della riforma degli anni 70
cominciavano a delinearsi forma di partecipazione del privato, anche se rigorosamente previste
dalla legge e tutte finalizzate all’attuazione dell’interesse della P.A. al giusto prelievo erariale;
In seguito negli anni 70 con l’avvento della cd. “fiscalità di massa” è cominciato a mutare nel
panorama sociale e giuridico il ruolo del contribuente, infatti si era resa necessaria una nuova
forma di partecipazione del privato per la “richiesta di chiarimenti” prevista dalla legge 17/1985 a

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pena di nullità per la validità dell’accertamento basato sui coefficienti, parametri e criteri statistico-
matematici (si è in pres dl primo esempio di partecipaz dl cittadino al proc trib nn in funz
collaborativa ma in funz d contradd cioè a tutela dl propria posiz giuridica ossia dei propri diritti e
interessi).
Nel decennio successivo è continuato il processo riformatore della disciplina tributaria, che sempre
più è andato alleggerendo gli obblighi di dichiarazione elevando i limiti per l’esonero, eliminando
quasi completamente gli allegati alle dichiarazioni dei redditi o IVA. La partecipazione del
contribuente in una funzione di cooperazione attiva rispetto all’attuazione del tributo, ma anche di
tutela delle proprie posizioni giuridiche e patrimoniali (contraddittorio) andava attenuando la
rigidità che connotava i vecchi sistemi accertativi.
Quindi il contribuente ha una forma di partecipazione all’attività dell’A.F., nonostante manchi una
norma generale idonea a sancirla in via astratta, tramite la previsione di norme specifiche relative
a singoli istituti, nello specifico :
² tutte le volte che dai controlli automatici o dal controllo formale della dichiarazione emerge
un dato diverso da quello dichiarato, l’A.F. deve comunicare al contribuente l’esito del
controllo e garantirgli la possibilità di fornire i chiarimenti opportuni (artt. 36bis, 36-ter d.p.r.
600/1973 e art. 6 legge 212/2000)

² qualora l’A.F. ritenga di dover applicare la normativa antielusiva deve richiedere, a pena di
nullità, chiarimenti al contribuente(art. 37-bis d.p.r. 600/1973)

² prima di emettere un avviso di accertamento sintetico, l’A.F. deve invitare il contribuente a


comparire per dargli la possibilità di dimostrare che il maggior reddito determinato
sinteticamente non è tassabile o è già stato tassato (art. 38 d.p.r. 600/1973)

² quando si recuperano a tassazioni costi derivanti da operazioni intrattenute con imprese


estere partecipate, aventi sede nei cd. paradisi fiscali, l’A.F. deve invitare il contribuente a
fornire la prova dell’effettività dell’attività economica svolta nel Paese in cui hanno sede (art.
110, 11° comma TUIR)

² terminate le verifiche fiscali, devono essere dati al contribuente 60 gg. di tempo per
effettuare le proprie osservazioni e richieste all’ufficio (art. 12, 7°comma legge 212/200) che
fino al decorso dl suddetto termine nn può emanare avviso di acc salvo casi di particolare e
motivata urgenza.

² il cd. concordato, azionabile sia dal contribuente che d’ufficio nelle ipotesi di contraddittorio
tra ufficio e contribuente che terminano con l’accertamento con adesione

Ma ci sono anche ipotesi in cui il legislatore ha dato all’A.F. una mera facoltà, quindi non un
obbligo, di contraddire con il contribuente, come ad es. nel caso di emissione di un avviso di
accertamento fondato su presunzioni ricavate dai conti correnti bancari, l’A.F. può interpellare il
contribuente al fine di fornire la prova contraria; altra ipotesi è invece quando sia il contribuente a
decidere di interloquire con l’A.F. azionando il proprio diritto di interpello.
Con riferimento agli atti notificati a decorrere al 1 Aprile 2012 è stato disposto che per le
controversie di valore non superiore a € 20.000, relative agli atti emessi dall’Agenzia delle entrate,
chi intende proporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo, escludendo la
conciliazione giudiziale, la presentazione del reclamo è condizione di inammissibilità del ricorso,

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rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio; tale istituto, tuttavia presenta profili critici,
poiché non prevedendo obbligatoriamente il contraddittorio tra le parti, sancisce la trasformazione
del reclamo in ricorso nel caso in cui non si pervenga ad un accordo.
Chiarito che nn esiste a livello normativo una generale previsione che imp0onga il colloquio
preventivo all'emissione dl atto impositivo, va registrata generale tendenza dl giurisp naz, che sl
onda d ql comunitaria sta proponendo a + riprese il tema dl contraddittorio, nl attesa d assetti
definitivi il DLGS 23/2014 ha affidato al legislatore delegato il compito di rafforzare il contradd nl
fase d indagine e di subordinare i succ atti d acc e liquidazione all'esaurimento dl contradd
procedimentale. Sl base dl DLGS 128/2015 attuativo dl 23/14 la disciplina dl adempimento
collaborativo recepisce nl ord ita la cooperazione rafforzata tra fisco e contr che determina
l'assunzione di particolari oneri da parte dl A.F. cm l'obbligo x l'agenzia dl entrate di pubblicare
periodicamente sl proprio sito le operazioni d pianificazione fiscale ritenute aggressive.
IL DIRITTO DI ACCESSO AGLI ATTI
L’accesso ai documenti amministrativi rappresenta un’applicazione del principio di trasparenza
dell’agere amministrativo (legge n.241 del 1990). Contestualmente al riconoscimento del diritto di
accesso, quale diritto fondamentale dell’azione amministrativa, il legislatore ha previsto delle
ipotesi di esclusione; in particolare le limitazioni imposte a tutela di segreto e riservatezza, come il
diritto di accesso agli atti tributari.
Il quadro normativo attuale è tale per cui non è riconosciuto al cittadino un diritto di accesso agli
atti che lo riguardino, benché inerenti ad un procedimento tributario instaurato nei propri
confronti. Tuttavia è possibile ritenere che il diritto di accesso sia parzialmente riconosciuto
attraverso l’obbligo di conoscenza degli atti dell’A.F. (art.6 legge 212/2000), prevedendo che
l’Amministrazione deve assicurare al contribuente la conoscenza degli atti a lui destinati attraverso
comunicazioni ed è altresì disciplinato l’obbligo d’informazione di ogni fatto o circostanza a
conoscenza della stessa A.F. dai quali possa derivare per il contribuente il mancato riconoscimento
di un credito o l’irrogazione di una sanzione.

IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA
Nato nl ord tedesco in virtu dl cd spill over effect ha iniziato ad operare anche negli ord nazionali
trovando poi pieno ric nl giurisp dl corte di giustizia che dagli anni 70 lo ha elevato a rango di
principio generale dl ord europeo. In base a tale principio gli interventi dl legislatore e le azioni dl
PA anche in materia trib, devono essere idonei e adeguati al raggiungimento dl obiettivo
perseguito, arrecando il minor pregiudizio e sacrificio possibile all'individuo. La categoria dl
proporzione si sostanzia nl PONDERAZIONE degli interessi contrapposti fisco-contr.
Il principio in ogg è immanente al nostro sist cost venendo a qualificarsi cm principio pienamente
normativo a ss dl sua previsione all'interno 241/90 ai sensi dl quale "l'attivita amm persegue i fini
determinati dalla legge ed è retta da criteri d economicita, efficienza, pubblicita e trasparenza sec
le modalita previste dalla presente legge e dalle disp che disciplinano i singoli proc nonche dall'ord
comunitario", imponendo alla PA l'utilizzo di strumenti che in consideraz dl caso concreto ogg di
valutazione siano nn solo strett necessari ma anche IDONEI E ADEGUATI a conseguire l'interesse
pubblico. Tale principio regola dunque la discrezionalita amministrativa e si pone quale canone
essenziale dl interpretazione dl disp normative.

LA RISERVATEZZA E LA PRIVACY : nell’esercizio della propria azione l’A.F. può venire a conoscenza
di dati, notizie ed informazioni relative ai singoli contribuenti; tali possibilità di venire in contatto
con aspetti e notizie propri del singolo cittadino confligge con il diritto riconosciuto a quest’ultimo

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di veder non violata la propria riservatezza. Per far fronte a tale esigenza il legislatore ha dettato
una serie di norme, lo Statuto dei diritti del contribuente e il d.lgs. 196 del 2003 il c.d. Codice della
privacy (dove il legislatore ha codificato in un unico testo tutte le norme, anche regolamentari e
deontologiche, che hanno avuto negli anni la funzione di regolare la materia della riservatezza)
tese a disciplinare lo svolgimento delle ispezioni in maniera da preservare, per quanto possibile, il
diritto alla riservatezza spettante al singolo. Proprio per la presenza di un interesse pubblico, il
diritto alla privacy trova contemperamento più rilevante rispetto ad altri settori in cui pure enti
istituzionali si trovano ad agire e conoscere dati, notizie ed informazioni sui cittadini. Ed infatti l’A.F.
è legittimata, durante l’effettuazione di verifiche ed ispezioni fiscali, ad accedere a qualunque dato
personale senza nessuna necessità di ottenere il parere favorevole dell’interessato, tantomeno è
tenuta ad effettuare lacuna notifica al Garante della privacy. L’unico limite del trattamento di tali
dati è quello di non impiegarli per fini diversi di quelli di natura fiscale.
CHIAREZZA E TRASPARENZA DEGLI ATTI DELL’A.F. : nell’ambito della realizzazione degli obiettivi di
efficacia, efficienza ed economicità della P.A. la chiara motivazione degli atti acquista un ruolo
fondamentale al fine di dare al cittadino garanzia sull’agere amministrativo, permettendo all'utente
d conoscere e capire i criteri in applicazione dl potere amm, garantendo al contempo un adeguato
diritto di difesa.
L’emanazione della legge 241/1990 (norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto
di accesso ai documenti amministrativi) ha riformato in senso garantista il rapporto cittadino/Fisco,
successivamente l’introduzione dello Statuto dei diritti del contribuente (legge 212/2000) ha
espressamente previsto che gli atti dell’A.F. e dei concessionari della riscossione devono
tassativamente indicare:
a) l’ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all’atto
notificato o comunicato e il responsabile del procedimento
b) l’organo o l’autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame, o
anche nel merito, dell’atto in sede di autotutela
c)le modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile
ricorrere in caso di atti impugnabili La norma citata ha portato al riconoscimento a favore del
contribuente di un diritto all’informazione ed alla chiarezza.
La norma citata si pone cm riconoscimento a favore dl contr, di 1 generale diritto all'informaz e alla
chiarezza e alla conoscenza degli atti.

L’AUTOTUTELA : l’autotutela è espressione di un potere riconosciuto alla P.A. di rimuovere essa


stessa gli ostacoli che si frappongono fra il provvedimento ed il risultato cui la stessa P.A. mira, cioè
la realizzazione dell’interesse pubblico per la tutela del quale il provvedimento è stato emanato.
Tale principio va raccordato con quello di legalità e buona fede cui deve attenersi la P.A. nel proprio
agere; ne deriva che se l’atto tributario emesso risulta viziato in quanto posto in essere in
violazione di norme di legge ovvero in modo da non garantire un corretto prelievo fiscale, l’A.F. ha
il dovere di provvedere utilizzando l’istituto dell’autotutela; in particolare il provvedimento
emesso potrà essere annullato o revocato, più precisamente si avrà l’annullamento a fronte di atti
che abbiano vizi di legittimità e la revoca di atti infondati, ossia viziati nel merito. I provvedimenti
che possono essere suscettibili di autotutela sono gli atti impositivi e tutti gli atti della riscossione,
ivi compresi lo sgravio e la sospensione della stessa.
L’autotutela, inoltre, può essere richiesta direttamente dal contribuente o può essere azionata
d’ufficio è ciò prima che l’atto sia stato impugnato in sede giudiziale, sia in pendenza di giudizio e
sia dopo che l’atto stesso sia divenuto definitivo; in realtà neppure il formarsi del giudicato

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impedisce in via assoluta il potere di autotutela dell’A.F. : essa sarà sempre possibile a patto che la
caducazione dell’atto sia stata effettuata per ragioni che non vadano a contraddire le motivazioni
della sentenza passata in giudicato. Quindi, considerando che gli atti emessi dall’A.F. sono sempre
vincolanti e mai discrezionali, se ne deduce che l’Ufficio deve procedere alla correzione mediante
annullamento di un atto viziato o al suo riesame; inoltre, in caso di mancata autotutela, il cittadino
sarebbe titolare di un interesse legittimo o di un diritto soggettivo con conseguente possibilità di
risarcimento.
Problematica complessa è ql dl impugnabilita dl diniego di autotutela , la quale pur nn essendo
normativamente prevista nn essendo il diniego contemplato tra gli atti impugnabili è stata in alcuni
casi ric dalla cass.

PARTE II – LA FASE ISTRUTTORIA

I POTERI ISTRUTTORI
L’attività istruttoria dell’A.F. ha carattere conoscitivo ed è potenzialmente in grado di intaccare
diritti e libertà costituzionalmente riconosciuti; i poteri istruttori si concretizzano sostanzialmente
in una attività di controllo della corretta determinazione dell’imposta e del rispetto dei connessi
obblighi formali da parte del contribuente; l'attivita istruttoria è inderogabilmente sogg al principio
di riserva d legge ex 23 cost , quindi tipizzati dal legislatore; a fronte dell’esercizio di tali poteri, la
posizione del contribuente può consistere in un facere (x es invito a comaprire), in un dare (es
invito a esibire doc) o in un pati (come l'accesso): in tale contesto assumono primaria importanza
gli accessi, le ispezioni e le verifiche e pertanto l’A.F. può:
1- procedere all’esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche
2- invitare i contribuenti a comparire per fornire dati notizie ovvero per esibire o trasmettere
atti e documenti
3- inviare questionari per l’acquisizione di dati e notizie
4- richiedere a soggetti terzi, anche dell’Amministrazione dello Stato, che effettuano riscossioni
e pagamenti, dati e notizie per singoli soggetti o per categoria
5- avviare, previa autorizzazione, indagini finanziarie nei confronti di soggetti preventivamente
individuati, attraverso specifiche richieste da inoltrare agli intermediari finanziari

Da ciò si deduce che le modalità di controllo a disposizione dell’A.F. possono distinguersi in tre
tipologie:
a) poteri istruttori esterni che si concretizzano in un intervento presso il luogo
in cui si svolge l’attività del contribuente
b) poteri istruttori operati per iscritto “a distanza” nei confronti del soggetto
controllato
c) poteri istruttori nei confronti dei terzi

Tra le varie ipotesi tipizzate dal legislatore, la scelta dell’A.F. di esercitare uno o più poteri deve
tener conto da un lato del rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, dall’altro del
diverso grado di ingerenza nella sfera giuridica del contribuente. Una certa discrezionalità
nell’individuazione degli strumenti utilizzabili da parte dell’A.F. non può essere né assoluta e né
arbitraria, incontrando il limite delle garanzie poste dalla Costituzione a tutela della persona e del
domicilio; dei principi di imparzialità e buon andamento della P.A. e della capacità contributiva. La
scelta dei soggetti destinatari dei poteri ispettivi dell’A.F. deve attenersi a dei criteri selettivi stabiliti
nei decreti di programma emanati annualmente.

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I controlli sono : 1- liquidazione e 2- controllo formale della dichiarazione, 3- controllo


sostanziale (con accessi, ispezioni e verifiche) e 4- verifiche bancarie
1- LIQUIDAZIONE : disciplinato dal d.p.r. n 600 del 1973, è un controllo automatico della
dichiarazione in via informatica che è volto, non alla rettifica del reddito, ma a correggere errori
risultanti dal contenuto dl dich stessa e degli elementi in possesso dl anagrafe tributaria ; consiste
infatti nella verifica dell’esattezza dei dati numerici indicato e nella rettifica di tali dati. La
comunicazione della liquidazione è effettuata attraverso un atto impositivo da notificare entro il
periodo di presentazione della dichiarazione per l’anno successivo, preceduto da avviso bonario
che consente al contribuente di evitare iscrizione a ruolo adempiendo o fornendo entro 30 gg.
chiarimenti o elementi necessari.

2- CONTROLLO FORMALE DELLA DICHIARAZIONE : attraverso tale strumento l’A.F. procede ad


una valutazione formale delle dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti e dai sostituti
d’imposta, soffermandosi in particolare su alcuni elementi della dichiarazione, quali deduzioni,
detrazioni, crediti d’imposta ed etc., meritevoli di essere giustificate documentalmente dal
soggetto passivo d’imposta. (Non tutte le dichiarazioni presentate sono sottoposte al controllo
suddetto, ma solo quelle individuate sulla base di criteri selettivi fissati dal Ministero delle finanze
e comunque entro il 31 Dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione delle
stesse.)
Il controllo formale non riguarda irregolarità formali, ma violazioni sostanziali della normativa
tributaria con immediato recupero delle maggiori imposte. L’esito di tale procedura dipende
fortemente da quanto e come il contribuente sia riuscito a giustificare rispetto ai dati formalmente
dichiarati, laddove manchi adeguata motivazione; l’esito di tale controllo può variare tra una serie
di ipotesi:
² possono essere escluse le ritenute scomputate in sede di dichiarazione
² possono essere escluse le deduzioni del reddito
² possono essere escluse le detrazioni d’imposta
² possono essere riquantificati i crediti d’imposta spettanti
² possono essere corretti gli errori materiali e di calcolo
² può essere liquidata la maggiore imposta sul reddito delle persone fisiche o i maggiori
contributi dovuti, risultanti da dichiarazioni o certificati del sostituto d’imposta
L’esito del controllo formale deve essere comunicato al contribuente con atto motivato che indichi
le ragioni che hanno dato luogo alla rettifica degli imponibili, delle imposte, delle ritenute alla
fonte, dei contributi e dei premi dichiarati. Laddove, all’esito del controllo, il contribuente dovesse
risultare debitore di un maggior carico tributario, lo stesso riceverà la suddetta comunicazione e
potrà versare la somma dovuta in sede di autoliquidazione, evitando così l’iscrizione a ruolo con
conseguente riduzione della sanzione ad un terzo.

3- CONTROLLO SOSTANZIALE: ACCESSI, ISPEZIONI, VERIFICHE : il controllo sostanziale delle


posizioni fiscali dei contribuenti viene affidato dagli organi preposti (A.F., Guardia di finanza,
Agenzia delle entrate) attraverso specifici poteri d’indagine: accessi, ispezioni e verifiche. Tali
poteri investigativi non sono generalizzati ma specifici e sono esercitabili solo a fronte del
verificarsi di presupposti legislativamente previsti e nel rispetto delle libertà fondamentali del
contribuente costituzionalmente tutelate; quindi sono poteri esercitabili in un opera di
bilanciamento di interessi contrapposti e cioè in un quadro dove si ammetta la limitazione di libertà

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fondamentali e garanzie personali solo se ricorrano precise e ben individuate finalità di carattere
erariale finalizzate all’interesse pubblico.
In tal proposito lo Statuto dei diritti del contribuente riconosce una serie di diritti e garanzie al
contribuente come l’obbligo di informare quest’ultimo dell’inizio della verifica o dello svolgimento
delle verifiche fiscali arrecando la minor turbativa alle attività del contribuente. La verifica fiscale è
1 fattsispecie a formaz progressiva che in qnt consta di 1 serie di operaz, che iniziano cn l'accesso e
si snodano attraverso ispezioni, verificazioni e si concludono cn la predisposizione di 1 processo
verabale di constatazione. Quindi per quanto riguarda gli :

ACCESSI : l’accesso (ingresso e permanenza degli impiegati dl A.F. e dl Guardia di finanza in 1 det
luogo anche contro la volonta dl avente diritto) incide sul diritto alla libertà individuale,al
domicilio e più in generale alla riservatezza ed è circondato da particolari cautele (l’art.14 Cost.
infatti proclama che il domicilio è inviolabile, ed ammette, ispezioni, perquisizioni e sequestri solo
nei casi e nei modi stabiliti dalla legge) e pertanto l’accesso deve essere autorizzato e tale
autorizzazione deve indicare i motivi dell’accesso; la disciplina varia se sono locali destinati
all’esercizio di attività commerciali; locali destinati all’esercizio di arti o professioni; locali aventi
altra destinazione (abitazioni):
² accesso nei locali adibiti ad attività commerciali o professionali : per l’accesso a questi locali
è sufficiente l’autorizzazione del capo dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate; se poi questi locali
sono adibiti anche ad abitazione si richiede anche l’autorizzazione del Procuratore della
Repubblica, l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica è un atto amministrativo
discrezionale, deve essere motivato e può essere sindacato dal giudice tributario.
² accesso in locali adibiti all’esercizio di arti o professioni : è richiesta la presenza del titolare
dello studio (o di un suo delegato); se sono studi professionali per l’esame dei documenti e
notizie per cui vige il segreto professionale, è necessaria l’autorizzazione del
Procuratore della Repubblica
² accesso in locali destinati esclusivamente ad abitazione : oltre all’autorizzazione del capo
dell’ufficio si richiede anche l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, che può essere
concessa solo in presenza di gravi indizi di violazione delle norme fiscali e allo scopo di reperire
prove delle violazioni
Con il Decreto Sviluppo (d.l. 70 del 2011) del 2011 è stato introdotto l’obbligo di coordinamento
preventivo dell’attività di verifica in forma di accesso tra le Agenzie fiscali, Guardia di Finanza ed
enti previdenziali e del lavoro, infatti tali amministrazioni hanno l’onere di scambiarsi
preventivamente i dati inerenti l’attività di verifica da intraprendere e di comunicarne i dati tra le
stesse amministrazioni; inoltre sempre con il Decreto Sviluppo è stato disposto che il periodo di
permanenza presso la sede del lavoratore autonomo o dell’impresa con contabilità semplificata
non può essere superiore ai 15 gg. lavorativi contenuti nell’arco di un trimestre.

ISPEZIONI :una volta effettuato l'accesso da parte dei verificatori si può compiere 1 ulteriore serie
di atti finalizzati all'acc dl carico tributario, quali l’ispezione che si concretizza in un esame della
documentazione contabile del soggetto sottoposto a verifica. La presa visione dei documenti non
è vincolata ad un obbligo di conservazione degli stessi, per cui l’A.F. può ispezionare tutti i libri, i
registri, documenti e scritture che si trovano nei locali, indipendentemente dalla loro
obbligatorietà; i documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere usati
successivamente dal contribuente come mezzo di prova a sua difesa, in sede amministrativa o
contenziosa.

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VERIFICAZIONI : consistono in un controllo effettuato dagli organi ispettivi nei confronti del
personale, degli impianti e delle merci con l’obiettivo di compiere un riscontro sulla correttezza
della contabilità.
-Verbali : tutte le attività compiute durante l’accesso devono essere descritte cronologicamente ed
analiticamente, la descrizione dettagliata delle operazioni compiute viene operata in una atto
denominato “processo verbale di verifica”, che deve essere sottoscritto dal contribuente che ne ha
diritto a una copia; inoltre, al termine di tutte le operazioni, viene redatto un “ processo verbale di
constatazione” nel quale vengono sintetizzati i dati rilevati durante l’accesso.

4- VERIFICHE BANCARIE : gli accertamenti bancari costituiscono uno dei mezzi istruttori più efficaci
utilizzati dall’A.F. ai fini dell’accertamento dei redditi del contribuente. Tale potere di indagine
incontrava un limite invalicabile nel segreto bancario, infatti, in Italia, fino al 1971 si riteneva che il
segreto bancario non potesse subire deroghe neppure ai fini fiscali quando, seppur timidamente, si
è incominciato dare deroghe al segreto bancario; nel 1982 il legislatore (d.p.r. 463/1982) ha fatto
un passo in avanti nell’abbattimento di tale ostacolo; ma è stato nel 1991 (legge 413/1991) che il
legislatore è intervenuto a ridimensionare notevolmente la rilevanza del segreto bancario in
ambito tributario, sost abbattendolo. Attualmente l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza
possono svolgere indagini bancarie senza il limite posto dal segreto bancario. La stessa Corte
Costituzionale ha chiarito che il dovere di riservatezza non può essere tutelato al punto di
ostacolare la necessaria attività di accertamento degli illeciti tributari. Per svolgere le indagini
bancarie, gli Uffici dell’Agenzia e la Guardia di finanza devono essere autorizzati rispettivamente,
dalla Direzione regionale dell’Agenzia e dal Comandante regionale; l’azienda di credito deve dare
immediatamente notizia al contribuente delle richieste ricevute.
Quindi l’A.F. può richiedere alle banche e/o all’amministrazione postale copia dei conti trattenuti
con il contribuente indagato, con una specificazione di tutti i rapporti connessi o inerenti a tali
conti; nel caso in cui le banche o l’amministrazione postale non trasmettano tempestivamente i
dati richiesti ovvero vi sia il fondato sospetto che le notizie trasmesse siano inesatte o incomplete,
l’A.F. può disporre l’accesso dei propri funzionari presso le banche o l’amministrazione postale ai
fini di rilevare direttamente i dati richiesti o controllare l’esattezza o la completezza di quelli
ricevuti; le banche devono, inoltre, comunicare all’anagrafe tributaria il nome dei loro clienti e la
natura dei rapporti intrattenuti. Una volta acquisiti i dati bancari, se questi non trovano riscontro
nella contabilità, operano delle presunzioni legali relative all’evasione: se vi sono incassi non
registrati ad essi quindi corrispondono ricavi non registrati; se si riscontrano prelevamenti non
registrati, ai quali il contribuente non sa dare spiegazione, tali prelevamenti legittimano il Fisco ad
accertare dei ricavi. In particolare la presunzione fondata sui prelevamenti, va precisato che trattasi
di una doppia presunzione: vi è quella per cui il prelevamenti si ritiene utilizzato per remunerare un
acquisto inerente la produzione del reddito e quella per cui al costo non contabilizzato si ritiene
corrispondere un ricavo altrettanto non contabilizzato. Ai fini IVA, la constatazione, quando non si
trova riscontro nella contabilità di : assegni emessi fanno presumere che siano state pagate
forniture acquistate senza fattura; mentre assegni incassati fanno presumere vendite non
fatturate.
Un ulteriore potenziamento delle indagini finanziarie si è avuto con il d.l. n.138 del 2011 che
prevede che gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare periodicamente all’Anagrafe
tributaria le movimentazioni relative ai rapporti finanziari ed ogni altra informazione relativa ai
predetti rapporti necessaria ai fini dei controlli fiscali, nonché l’importo delle operazioni finanziarie
stesse. Quindi gli operatori finanziari dovranno collaborare per consentire l’elaborazione di “liste
selettive meramente ricognitive” di contribuenti dalle quali poter attingere per scegliere i soggetti

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da sottoporre a accertamento fiscale; al riguardo si è chiarito che nessun ufficio dell’Agenzia delle
Entrate potrà avere un accesso automatico alle informazioni medesime, solo nel caso sia attivato
un controllo l’ufficio potrà ottenere informazioni di dettaglio mediante specifica richiesta agli
intermediari finanziari.
IL PROCESSO VERBALE DI CONSTATAZIONE E L’ADESIONE
Al termine delle operazioni di accesso, ispezione e verifica l’A.F. o la Polizia tributaria redigono un
documento che sintetizza l’esito delle operazioni di controllo effettuate, tale documento prende il
nome di processo verbale di constatazione. Tale atto è meramente istruttorio in quanto la sua
funzione è unicamente quella di portare a conoscenza agli uffici finanziari le violazioni normative
compiute dal contribuente ed accertate a seguito dell’esercizio dei poteri di indagine.
I verbalizzanti rivestono la qualifica di pubblici ufficiali e, dunque, il processo verbale di
costatazione da loro redatto assume la valenza di atto pubblico. Il processo verbale di
constatazione deve essere sottoscritto dal contribuente, tale sottoscrizione è espressione della
collaborazione dello stesso alla redazione del processo verbale, ponendosi cioè come
dimostrazione certa della presa di visione dell’atto da parte del destinatario delle operazioni di
verifica fiscale in esso descritte (ma nn ha efficacia confermativa dei rilievi in esso riportati). Le
dichiarazioni rese dal contribuente nella fase dell’acceso e riportate nel processo verbale di
constatazione assumono il rilievo di ammissione e non di confessione; in ogni caso le eventuali
dichiarazioni rese dal contribuente possono attenere esclusivamente alle operazioni meramente
materiali svolte dai verificatori, ma non anche alle deduzioni e presunzioni che gli stessi abbiano
ritenuto di trarre in base alle deduzioni logiche.
Una delle forme di tutela del contribuente nella fase di verifica fiscale, in applicazione del principio
di collaborazione tra Fisco e contribuente, consiste nella possibilità offerta a quest’ultimo di
comunicare, entro 60 gg. dal rilascio della copia del processo verbale di constatazione, osservazioni
e richieste che devono essere esaminate dagli uffici impositori; pertanto l’avviso di accertamento
non può essere emesso prima della scadenza di tale termine, pena la sua illegittimità (salvo che
non sia giustificato da particolari motivazioni di comprovata urgenza).
--> Adesione : l’istituto dell’adesione ai verbali di constatazione (d.lgs. 218/1997 art. 5bis) prevede
la possibilità per il contribuente di prestare la propria adesione al contenuto dei processi verbali di
constatazione redatti dagli organi ispettivi al termine di operazioni di verifica fiscale; in particolare
con l’adesione ai verbali il contribuente può confidare nell’emissione di un avviso di accertamento
parziale sostanzialmente basato sui rilievi indicati nel medesimo verbale e nella riduzione delle
sanzioni ad 1/8 del minimo edittale.

PARTE III – I SINGOLI ATTI IMPOSITIVI

L’AVVISO DI ACCERTAMENTO E I SUOI REQUISITI


L’avviso di accertamento è l’atto mediante il quale l’A.F. manifesta la pretesa impositiva nei
confronti del contribuente nell’ambito di un rapporto di obbligazione tributaria; esso è
conseguenza diretta di un complesso ed articolato procedimento amministrativo espressione di
una funzione vincolata, non discrezionale dell’Amministrazione.
Per quanto riguarda la natura e la funzione dell’avviso di accertamento trattasi di un atto di
imposizione, imposto unilateralmente, esecutivo e autoritativo non più ufficioso (a seguito delle
modifiche derivanti dalla legge n.122 del 2010), infatti dal 1 Luglio del 2011 il nuovo atto di
accertamento è un unico atto che racchiude in sé sia la fase della riscossione che
dell’accertamento, per accorciare i tempi tra l’accertato e la riscossione. L’avviso di accertamento è

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in grado di incidere sulla situazione giuridica soggettiva del contribuente e suscettibile di divenire
definitivo se non opportunamente impugnato. Con l’atto di accertamento si determina l’entità
qualitativa e quantitativa del presupposto del tributo e quindi l’imponibile in rettifica della
dichiarazione o in sostituzione di essa.
Intorno alla natura di tale atto impositivo sono sorte questioni che concernono gli effetti e la
posizione soggettiva del singolo, in merito a tali dibattiti sono state enunciate due teorie : la teoria
dichiarativa e la teoria costitutiva :
 Teoria dichiarativa : in cui il contribuente sarebbe titolare di una situazione soggettiva
qualificata come diritto soggettivo, in quanto gli effetti dell’obbligazione tributaria
sarebbero già sorti ex ante, conferendo all’avviso di accertamento valore dichiarativo e
non costitutivo di un fatto espressione di una manifestazione autoritativa
dell’Amministrazione.
 Teoria costitutiva : secondo tale teoria la situazione soggettiva del contribuente sarebbe di
interesse legittimo e quindi non di diritto soggettivo, conferendo all’accertamento tributario
una chiara efficacia costitutiva dei rapporti d’imposta, siccome gli atti emanati dall’A.F.
avrebbero l’attitudine a creare, costituendo ex novo, un rapporto obbligatorio non
preesistente all’emanazione dell’atto. CONTENUTO (dispositivo) : il contenuto dell’avviso di
accertamento, in quanto atto legittimante la riscossione di una quota di imposta dovuta a
titolo provvisorio, è subordinato ad una pluralità di norme sulle quali si fonda la legittimità
dell’azione amministrativa; tali disposizioni (il dispositivo da Tes.) non attengono solo al
contenuto ma anche ai requisiti ed alla competenza dell’ufficio impositore, quindi ai sensi
del d.p.r. 600 del 1973 (art.42) l’avviso di accertamento deve indicare << dell’imponibile o
degli imponibili accertati, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, al lordo e al
netto delle detrazioni, delle ritenute di acconto e dei crediti d’imposta

MOTIVAZIONE : oltre ai vincoli posti dalla legge, l’avviso di accertamento deve rispondere, tra
l’altro, a quelli posti dallo Statuto dei diritti del contribuente (art.7), infatti l’atto accertamento
deve essere motivato (presupposti di fatto e ragioni giuridiche che hanno det la decisione dl'amm)
ed inoltre deve contenere : l’indicazione dell’ufficio presso il quale è possibile ottenere
informazioni, l’indicazione del responsabile del procedimento, l’organo o l’autorità amministrativa
presso i quali è possibile promuovere un riesame anche nel merito in sede di autotutela, le
modalità, il termine, l’organo giurisdizionale o l’autorità amministrativa cui è possibile ricorrere in
caso di atti impugnabili.
In particolare l’obbligo della motivazione ha il fine di mettere in condizione il contribuente di
conoscere le ragioni della pretesa tributaria e di sviluppare le proprie deduzioni difensive, ai fini di
un’efficace contestazione sia dell’an che del quantum debeatur; la motivazione dell’accertamento
tributario, richiesta a pena di nullità dell’atto impositivo, assolve ad una funzione di garanzia nei
confronti del destinatario dell’atto.
-Prova e motivazione per relationem : è importante distinguere la motivazione che è la ragione
della pretesa tributaria, dalla prova che è la dimostrazione della fondatezza della pretesa
impositiva (solitamente avviene in sede contenziosa), la prova pertanto non è un elemento
dell’avviso d acc.
Altra precisazione attiene alla legittimità della motivazione per relationem, ovvero alla legittimità
delle ragioni giuridiche dell’atto impositivo mediante rinvio ad altri atti come il processo verbale di
constatazione: è stato chiarito in giurisprudenza che la motivazione per relationem mediante il
rinvio ad un altro atto (che pero deve essere conosciuto dal contr, notificato o allegato all'atto
impositivo) non è illegittima per mancanza di un autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli

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elementi acquisiti(significando semplicemente che l'ufficio tesso condividendone le conclusioni


intende realizzare 1 economia di scrittura) non arrecando, quindi, alcun pregiudizio al corretto
svolgimento del contraddittorio ed al diritto alla difesa; di recente anche la Cassazione si è espressa
per l’assoluta validità della motivazione per relationem valevole fino a prova contraria se l'atto
richiamato è gia conosciuto, ricadendo sul contr l'onere di fornire prova contraria x superare
l'avviso d acc motivato per relationem.
Oltretutto è importante precisare che l’A.F. non può modificare o integrare la motivazione dell’atto
impositivo una volta che lo stesso sia stato notificato al contribuente in ragione del c.d. divieto di
motivazione successiva nel corso del processo, in quanto gli elementi non risultanti nel
provvedimento impugnato non sarebbero idonei ad integrare la motivazione.
Un atto che viola l'obbligo d motivaz nl forme e nei modi indicati sarebbe invalido, o annullabile
dal giudice trib in sede contenziosa.

L’AVVISO DI LIQUIDAZIONE
L’avviso di liquidazione è un provvedimento di imposizione che l’ente impositore emette a seguito
di una serie di operazioni volte al controllo ed alla verifica dei versamenti eseguiti dal
contribuente, dalle quali può risultare un pagamento dell’imposta o parziale oppure uguale
oppure maggiore a ql dovuta. Quindi è un atto con il quale l’ufficio determina imposte dovute in
riferimento alle denunce presentate dal contribuente.
Quindi l’avviso di liquidazione:
--> ha natura di atto impositivo autoritativo, in quanto in caso di mancata impugnazione nei termini
di legge da parte del contribuente, diventa definitivo
--> costituisce un presupposto valido per la riscossione coattiva al pari dell’avviso di accertamento
--> che la sua natura provvedimentale farebbe ritenere fondata l’estensione dell’obbligo di
motivazione anche in relazione ai fatti giuridici che l’hanno determinato
LA PATOLOGIA DEGLI ATTI IMPOSITIVI: ANNULLABILITÀ E NULLITÀ
Nel merito della patologia degli atti tributari va precisato che intercorre una differenza con la
patologia degli atti di diritto comune: infatti secondo le norme del codice civile per ciò che riguarda
la nullità e l’annullabilità degli atti:
-nullità : quando un contratto è nullo è inefficace e non produce effetti
-annullabilità : quando un contratto è annullabile è pienamente efficace fino a quando colui che
abbia interesse non promuova la relativa azione di annullamento
Queste disposizioni di diritto comune non trovano alcuna conferma nel diritto amministrativo o
tributario, laddove :
1- un provvedimento nullo sarebbe altresì efficace e produttivo di effetti, ma suscettibile solo di
annullamento, giacché la nullità dell’atto coincide con la sua annullabilità e
2- il provvedimento amministrativo viziato risulterebbe affetto da illegittimità e quindi illegittimo,
in altre parole in diritto tributario esistono solo atti annullabili e atti illegittimi:
1- Nullità = annullabilità : nel diritto tributario la nullità dell’atto impositivo equivale
all’annullabilità di tale contratto, in genere l’inosservanza delle disposizioni stabilite a pena di
nullità non genera provvedimenti nulli, ma annullabili; ciò significa che per ottenere
l’annullamento dell’atto è necessario far ricorso al giudice tributario o presentare istanza di
autotutela (annullamento in seguito a sentenza del giudice o in sede di autotutela).
2- Atto illegittimo = atto viziato : è evidente che un atto impositivo viziato, sebbene illegittimo,
può essere pur sempre efficace ed esistente; diversamente in altre ipotesi l’atto viziato risulta
essere giuridicamente inesistente ovvero privo di vita ab initio; tale ultima patologia si presenta

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in tutte quelle ipotesi in cui non sussistono gli elementi minimi essenziali dell’atto, ovvero : a)
quando l’atto è privo di notifica, b) quando l’atto è privo di sottoscrizione, c) quando è inesistente
il destinatario, d) quando è indeterminato o manca il dispositivo, e) quando è emesso in assenza
di potere cioè in assenza assoluta di attribuzione di competenza; e anche nelle ipotesi quando f)
sia stato adottato in violazione o elusione del giudicato, g) in altri casi espressamente previsti
dalla legge.
Nonostante ciò, il contribuente, per vedersi tutelata la sua posizione giuridica soggettiva di fronte
ad un atto inesistente, dovrà pur sempre impugnare l’atto notificato, onde evitare che lo stesso
diventi definitivo.
LA NOTIFICAZIONE
L’atto di accertamento è un atto recettizio esso esiste e produce effetti in quanto è portato a
conoscenza effettiva e non presunta del destinatario: l’atto esiste ed esplica i suoi effetti, in
quanto esso sia perfettamente notificato al contribuente. Anche per gli atti tributari vige parz la
medesima disciplina per gli atti di diritto comune, attraverso l’applicazione sistematica delle norme
di procedura civile in quanto applicabili, quindi la notificazione degli atti di accertamento tributario
può avvenire :
-mediante i messi comunali ovvero da messi autorizzati dall’ufficio impositore, in questo caso
l’addetto alla notificazione dell’atto impositivo deve far sottoscrivere l’atto al destinatario
-è ammessa la notifica a mezzo servizio postale, in tal caso vale la data di spedizione, ma i termini
processuali e procedimentali decorrono dalla data in l’atto è ricevuto

Domicilio fiscale : la notifica deve avvenire presso il domicilio fiscale del contribuente, fatta salva la
consegna a mani proprie. Il domicilio fiscale assurge a requisito indispensabile, ed è dato dalla
residenza anagrafica per le persone fisiche residenti, dal Comune in cui si è prodotto il reddito, o in
cui si è prodotto il reddito più elevato per le persone fisiche non residenti, mentre per i soggetti
diversi dalle persone fisiche occorre aver riguardo alla sede legale, in mancanza, alla sede
amministrativa ed in mancanza anche di questa nel Comune ove è stabilita una sede secondaria o
una stabile organizzazione, o nel Comune dove è esercitata in prevalenza l’attività.

Vizi di notifica : sulla questione dei vizi della notifica va chiarito che la giurisprudenza di legittimità
è tutt’altro che pacifica nel ritenere applicabili agli atti tributari il principio codicistico del
raggiungimento dello scopo, operante per la notifica degli atti di diritto civile: secondo un primo
orientamento l’atto sarebbe sanato qualora il destinatario abbia ricevuto conoscenza dell’atto nei
termini previsti dalla legge, o in qnt l abbia impugnato, l’impugnazione dell’atto e la costituzione in
giudizio del contribuente sarebbero sufficienti a sanare il vizio di notificazione dell’atto.
In altre circostanze l’atto è da ritenersi totalmente inesistente, qualora, sia privo dei requisiti
essenziali per la sua qualificazione giuridica (come la mancanza di sottoscrizione così in Cass.)
rende del tutto insuscettibile di sanatoria in applicazione del principio del raggiungimento dello
scopo, rendendo l’atto privo di vita ab initio.

Decadenza : la legge impone che la notifica di un atto tributario debba avvenire entro un termine
previsto a pena di decadenza con conseguente illegittimità dell’atto emesso dopo tale termine; la
decadenza opera anche nei confronti del contribuente che intende impugnare tale atto con la
conseguenza che decorsi i termini il ricorso è inammissibile e l’atto diventa definitivo con
conseguente inopponibilità ed esaurimento del potere di impugnazione.

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PARTE IV – LE DIVERSE TIPOLOGIE DI ACCERTAMENTO


PREMESSA I DIVERSI METODI DI ACCERTAMENTO
La diversità dei contribuenti fiscalmente accertabili ha indotto il legislatore, coerentemente con
dottrina e giurisprudenza, all’elaborazione dei diversi metodi di accertamento contraddistinti da
specifici presupposti normativamente previsti. Le diverse tipologie di accertamento, funzionali
all’emissione dell’avviso di accertamento sono : l’accertamento analitico, l’accertamento analitico
induttivo, l’accertamento induttivo extracontabile, gli studi di settore, l’accertamento sintetico,
l’accertamento parziale, l’accertamento integrativo, l’accertamento con adesione, l’accertamento
catastale, disciplinati nel d.p.r. 600/1973 (artt. 38, 39).
L’ACCERTAMENTO ANALITICO E ANALITICO CONTABILE (IMPRESE) : l’accertamento analitico
(art.38 del d.p.r. 600/1973 rubricato rettifica dl dich delle persone fisiche) è quello che ricostruisce
la base imponibile del reddito, partendo da un’analisi delle singole componenti reddituali; sul
punto si distingue a seconda che si tratti di un accertamento a persone fisiche, oppure se si tratti di
un accertamento avente ad oggetto redditi d’impresa:
● Persone fisiche : la norma contenuta nell’art.38 introduce la possibilità di rettifica in via
analitica della dichiarazione qualora il reddito dichiarato sia inferiore a quanto risulti in via
effettiva, e laddove al contribuente non spettino in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le
detrazioni d’imposta indicate nella dichiarazione; è possibile rilevare anomalie e inesattezze dalla
dichiarazione e ricorrere a presunzioni semplici.
● Redditi d’impresa : l’accertamento analitico contabile per i redditi d’impresa è eseguita
mediante la determinazione, ovvero la rettifica, delle singole componenti positive e negative del
reddito; ciò presupponendo l’attendibilità delle scritture contabili sulla cui base operare le singole
variazioni reddituali. Tale accertamento può scaturire sia dal confronto tra dichiarazioni, bilancio
e scritture contabili; sia dalla documentazione contabile; o ancora su circostanze estranee alla
contabilità; per questo motivo è stato correttamente precisato che tale accertamento si definisce
analitico contabile.
Cm è stato rilevato in dott il metodo l'acc analitico costituisce la regola ord a cui l'A.F dv attenersi
nl esercizio dei suoi poteri, costituendo le ulteriori tipologie d acc deroghe esperibili solo qnd
sussistono i pres tipicamente e normativamente previsti dalla legge .
L’ACCERTAMENTO ANALITICO INDUTTIVO - LE PRESUNZIONI (art 39): per la tassazione dei redditi
d’impresa e dei lavoratori autonomi si ricorre all’accertamento analitico induttivo, laddove la base
imponibile, anch’essa fondata sulla contabilità, si avvale di una ricostruzione induttiva del reddito,
tale accertamento si fonda anche sulle cd. Presunzioni (a diff d ql analiticontabile che si fonda
sulla contabilita). Le presunzioni sono quelle conseguenze logiche che la legge o il giudice trae da
un fatto noto per risalire ad un fatto ignoto; le presunzioni possono essere legali e semplici :
● presunzioni legali : sono conseguenze che la legge trae da un fatto noto per risalire ad un
fatto ignoto, contenute di solito, nella legge e possono a loro volta suddividersi in : presunzioni
assolute che non ammettono prova contraria e presunzioni relative che ammettono prova
contraria
● presunzioni semplici : sono lasciate alla prudenza del giudice e dall'A.F e nn dalla legge e il
fatto sul quale si fondano deve essere provato in giudizio, mentre il relativo onere grava su colui
che intende trarne vantaggio
L’accertamento analitico induttivo si avvale di circostanze contrastanti, anche presuntive, che
emergono sia dalla contabilità che da elementi esterni ad essa: in linea di massima trova

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applicazione sugli elementi indicati nella dichiarazione che non corrispondono a quelli indicati nel
bilancio, se l’incompletezza, la falsità e l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei
relativi allegati risultano tali quando emergono da verbali, questionari, ispezioni delle scritture
contabili ed altre verifiche. Ai fini della legittimità dell’azione accertatrice rileva il fatto che tali
circostanze debbono necessariamente essere delle presunzioni gravi, precise e concordanti.
L’ACCERTAMENTO INDUTTIVO EXTRACONTABILE : nell’ambito dell’accertamento basato su
presunzioni assume ruolo di primo piano la specificità dell’accertamento induttivo extracontabile,
tale specificità è comprovata dal fatto che tale accertamento rappresenta una espressa deroga
alle modalità accertative previste (art. 39 comma 1);
difatti l’accertamento induttivo extracontabile è esperibile in quattro circostanze espressamente
tipizzate dalla legge:
1- quando il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione
2- qualora dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque
sottratto all’ispezione una o più scritture contabili prescritte, quando le scritture medesime non
sono disponibili per causa di forza maggiore
3- quando le omissioni e le false o inesatte dichiarazioni ovvero le irregolarità formali delle
scritture contabili risultanti dal verbale si ispezione sono gravi, numerose e ripetute da rendere
inattendibili le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità
sistematica
4- quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici
Quindi sussistendo anche una sola di queste circostanze l’A.F. può: determinare il reddito d’impresa
sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza (valutando la contabilita
dl contr inattendibile).
Soltanto all’esito di tali circostanze, l’Amministrazione potrà avvalersi di presunzioni supersemplici
cioè prive di requisiti di gravità, precisione e concordanza, basandosi su dati e notizie comunque
raccolti per fondare l’attività accertativa. Tuttavia l’ufficio dovrà comunque ricostruire il
presupposto con diligenza ed esattezza, proprio perché non può basare la sua attività su elementi
privi di ragionevolezza e fondamento che comprovino l infondatezza dell’accertamento.
GLI STUDI DI SETTORE : gli studi di settore, finalizzati all’accertamento di un maggior reddito per
esercenti attività d’impresa, arti e professioni, sono strumenti diretti alla determinazione
presuntiva dei ricavi che si basano su di una ricostruzione statistica dei ricavi e compensi delle
imprese e professionisti elaborata sulla base del settore di appartenenza, sebbene variabile in
base a parametri qualitativi e quantitativi, relativi alle attività espletate indicate nei questionari
inviati a contribuenti o da circostanze rilevabili in dichiarazione.
Come stabilito dalla Corte di Cassazione, ed anche dagli ultimi orientamenti giurisprudenziali gli
studi di settore costituiscono pur sempre delle elaborazioni statistiche che, per quanto possono
avere un buon grado di approssimazione, sono frutto di una mera ipotesi probabilistica e, quindi,
possono essere agli occhi del Fisco solo una presunzione semplice, ammissibile di prova contraria,
quindi tali parametri devono essere necessariamente personalizzati nell’ambito del contraddittorio,
la sussistenza del contraddittorio deve essere parte integrante della motivazione dell’atto di
accertamento.
Con l’obiettivo di assumere informazioni, l’A.F. ha predisposto appositi questionari che ha inviato ai
contribuenti nel corso degli anni; a tal fine : le imprese sono state divise in gruppi omogenei ovvero
i cluster, in base ad una molteplicità di fattori (modelli organizzativi, tipo di clientela, area di
mercato, tipo di prodotto etc.); quindi per ciascun cluster, vengono calcolati presuntivamente i
ricavi e l’attitudine a realizzare i compensi. L’A.F. ricorre a tale accertamento non solo per i

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contribuenti in regime di contabilità semplificata qualora non vi sia corrispondenza tra i ricavi
dichiarati e i ricavi indicati negli studi di settore, ma anche per altri soggetti, esercenti arti o
professioni in regime di contabilità ordinaria, non solo quando la contabilità risulti inattendibile, ma
anche nel caso che l’ammontare dei ricavi determinati dagli studi di settore è superiore
all’ammontare dei ricavi dichiarati in due periodi d’imposta su un totale di tre periodi interrotti.
Imprese e professionisti possono farsi rilasciare dai CAF (centri di assistenza fiscale) e dai soggetti
professionali abilitati uno speciale visto detto “visto pesante”; tale visto assevera che gli elementi
comunicati all’Amministrazione finanziaria nella dichiarazione dei redditi corrispondono alla
contabilità e alla documentazione dell’impresa. Cn specifico rif agli studi d settore il professionista
o il resp dl CAF certificano che gli elementi contabili ed extracontabili comunicati all'A.F e rilevanti
ai fini degli studi di settore corrispondono a ql risultanti dalle scritture contabili e da altra doc
idonea.
L’ACCERTAMENTO SINTETICO : il reddito delle persone fisiche può essere accertato, altresì,
mediante l’accertamento sintetico; tale accertamento basa le sue valutazioni sulla cd. capacità di
spesa, cioè valutando circostanze e fatti economicamente valutabili come ad esempio gli
investimenti ovvero spese e consumi, pertanto viene anche definito “accertamento basato sulla
spesa”. I presupposti per l’accertamento sintetico risultano due: il primo che il reddito netto
accertabile si deve discostare per almeno un quinto da quello dichiarato; il secondo e che tale
conseguenza si manifesti per almeno un annualità d’imposta.
Essendo l’accertamento sintetico basato sulla capacità di spesa del contribuente, risulta di primaria
importanza individuare i fatti indice di spesa mediante i quali l’Ufficio giunge alla qualificazione ed
alla quantificazione dell’imposta, a tal fine l’A.F. si avvale, tra gli strumenti normativamente previsti,
del redditometro che è uno strumento di accertamento sintetico che consente di ricostruire i
redditi del contribuente partendo dalle spese sostenute, guardando non tanto come viene
prodotta la ricchezza, ma come essa viene usata per mantenere un certo tenore di vita, più
precisamente il redditometro consente di risalire al reddito mediante un’analisi delle
manifestazioni di capacità contributiva; tale strumento considera come indici di maggior reddito, la
disponibilità, da parte di contribuenti, di particolari beni di lusso indicatori di una elevata capacità
contributiva, quali : aerei, imbarcazioni, autoveicoli, beni immobili e così via;
IL redditometro comporta la cd. inversione dell’onere della prova, infatti è stato osservato (in
dottrina) che il redditometro avrebbe una efficacia vincolante per l’Amministrazione accertatrice;
viceversa, non risulterebbe vincolante per i contribuenti, i quali avranno l’onere di dimostrare
all’Amministrazione l’infondatezza di quanto affermato su basi presuntive. D’altro canto nemmeno
per i giudici tributari le basi presuntive del redditometro possono risultare vincolanti, poiché,
come è noto, anche i regolamenti aventi ad oggetto fatti indice possono essere disapplicati
dall’Autorità giudiziaria tributaria, qualora ne sussistano i presupposti.
È opportuno distinguere tra il redditometro che potrà essere utilizzato dall’Amministrazione
finanziaria per i redditi conseguiti fino al 2008 dal nuovo redditometro che potrà essere utilizzato
dall’Agenzia delle Entrate per controllare tutte le dichiarazioni dei redditi presentate dall’anno 2009
in poi. Il legislatore ha previsto un obbligo di preventivo contraddittorio tra fisco e contribuente, il
quale sarà invitato a comparire e a fornire prova contraria anche in sede di contraddittorio, prime
dell’emissione dell’avviso di accertamento, è apposito decreto a stabilire i nuovi indicatori di spesa
d qualsiasi genere.
Collegato al redditometro è il cd. spesometro, introdotto con il d.l. 78 del 2010 che riguarda
l’obbligo della comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini IVA, di importo non
inferiore ad € 25.000, invece se si riferisce a operaz relative al 2011 di importo nn inferiore a 3000

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al netto d'IVA per i soggetti passivi IVA ; mentre le operazione comprensive di IVA non inferiori a €
3.600 per gli altri sogg. I dati acquisiti saranno raccolti in un’apposita banca dati e, tramite gli
incroci con le altre informazioni contenute nell’Anagrafe tributaria, consentiranno un’analisi del
rischio finalizzata alla selezione dei soggetti da sottoporre a controllo che potrà incidere in misura
più che efficace sul contrasto all’evasione.
L’ACCERTAMENTO INTEGRATIVO : l’accertamento integrativo può essere integrato o modificato
mediante l’emissione di nuovi avvisi, in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi,
indicando, a pena di nullità del medesimo avviso, tali nuovi elementi e gli atti o fatti venuti a
conoscenza dell’ufficio; pertanto l’accertamento integrativo è valido solo se sorgono nuovi
elementi successivi all’emissione del primo avviso di accertamento.
L’integrazione del secondo accertamento, che può vertere sia sulla variazione in aumento
dell’imponibile, che su di una diversa qualificazione del reddito accertato, non preclude all’ufficio
l’esercizio del potere, in sede di autotutela, di ridurre o annullare il precedente accertamento
precedentemente notificato, sempreché tale istituto non rappresenti un escamotage volto a
correggere i vizi causati da carenze organizzative e strutturali dell’ufficio. Ciò presuppone che la
potestas integrandi dell’Amministrazione non travalichi i limiti dell’attività integrativa, tali da
modificare o correggere eventuali errori di sostanza sussistenti nel precedente atto di
accertamento: infatti in ossequio ad un principio garantista al contribuente, è necessario che l’atto
integrativo sia fondato su prove non soltanto irrilevanti ma anche che non rientravano, al momento
dell’emissione dell’atto pregresso, nella sfera di conoscenza o conoscibilità dell’Amministrazione.
L’ACCERTAMENTO CON ADESIONE : al fine di limitare il contenzioso tributario, il legislatore ha
introdotto un istituto finalizzato ad una semplificazione dei rapporti tra A.F. e contribuente. A tale
esigenza risponde l’istituto dell’accertamento con adesione o concordato, il quale costituisce una
forma di accertamento definitivo e vincolante per l’A.F.; tale procedimento si fonda su un accordo
tra le parti che può avvenire:
● Su invito dell’A.F. : in questo caso l’ufficio può invitare il contribuente a comparire,
indicando i periodi di imposta interessati all’adesione, nonché le modalità del contraddittorio
● Su istanza del contribuente : in tal caso, il contribuente può inoltrare all’ufficio competente
un’istanza di adesione in carta semplice allorquando sono stati eseguiti accessi, ispezioni,
verifiche, prima che gli venga notificato un avviso di accertamento; ovvero nel caso in cui sia già
stato notificato un avviso di accertamento o di rettifica non preceduto dall’invito a comparire
Una volta avviata la procedura di adesione entro 60 gg. dalla notifica dell’atto di accertamento, la
legge prevede una sospensione di 90 gg. sia per il termine di pagamento, sia per l’impugnazione
dell’atto notificato; quindi inoltrata l’istanza (che sia da parte del contribuente o da parte
dell’ufficio), ed una volta raggiunto l’accordo tra le parti, l’accertamento con adesione viene redatto
con atto scritto in duplice esemplare, sottoscritto sia dal contribuente che dal capo dell’ufficio (o da
un delegato di questi), indicante elementi e motivazione di ciascun tributo, la liquidazione delle
maggiori imposte, delle sanzioni e di altre eventuali somme; il versamento deve essere eseguito
entro 20 gg. dalla redazione dell’atto. Va altresì precisato che la definizione con adesione non
esclude l’esercizio dell’ulteriore azione accertatrice ed integratrice da parte dell’ufficio, in
particolare l’accertamento con adesione può essere integrato soltanto:
-se sopravviene la conoscenza di nuovi elementi, in base ai quali possibile accertare un
maggior reddito
-se la definizione riguarda accertamenti parziali

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-se la definizione riguarda redditi derivanti da società o enti per i quali vale il principio di
trasparenza
A seguito della definizione, le sanzioni amministrative per le violazioni concernenti i tributi oggetto
dell’adesione commesse nel periodo d’imposta, vengono ridotte ad un quarto del minimo; mentre
per le sanzioni penali, queste sono diminuite fino alla metà in materia di imposte sui reddito e IVA.
Per qnt riguarda discussa natura giu dl concordato, nonostante in dott vi era stata difformita d
pensiero sembra oggi prevalere l'opinione che ritiene tale istituto quale atto unilaterale di acc
esternato in 1 atto documentale, cui si affianca in subordine l'adesione dl contr. Quindi avrebbe la
sostanza di 1 normale acc contraddistinto dal fatto che il contr presta la sua adesione.
L’ACCCERTAMENTO PARZIALE (ammesso in qnt nn comporta pregiudizio alla successiva attivita
accertatrice): con l’accertamento parziale, introdotto in deroga al principio generale dell’unicità e
globalità dell’atto di accertamento, l’A.F. può emettere atti di accertamento fondati su circostanze
ed elementi non definitivi oppure su notizie frammentarie ed incomplete, provenienti dai sistemi
informativi dell’Anagrafe tributaria o della Guardia di Finanza o dalle pubbliche amministrazioni ed
enti pubblici. Tale accertamento è ammesso nelle ipotesi in cui l’Ufficio impositore giunge a
conoscenza di circostanze reddituali e fattuali, presumibilmente certe, seppur parziali, derivanti da
elementi in precedenza già acquisiti; con l’accertamento parziale l’Ufficio può modificare in modo
unilaterale la sfera giuridica del contribuente attraverso la notifica di ulteriori atti, ed inoltre può
anche revisionare l’atto parziale notificato qualora ne sussistano i presupposti. Va precisato che i
limiti dell’ulteriore accertamento sono da individuarsi nei termini per l’accertamento (art.43 d.p.r.
600/1973) e nel giudicato della sentenza sull’accertamento parziale.
L’ACCERTAMENTO CATASTALE : l’accertamento catastale è un accertamento funzionale alla
tassazione dei redditi fondiari, ovvero dei terreni e dei fabbricati. Trattasi di una consultazione
degli archivi del Catasto mediante l’individuazione di taluni parametri di ricerca finalizzata
all’acquisizione di informazioni, in ordine alle proprietà possedute da un contribuente. Il Catasto è
stato definito come un sistema dei redditi ravvisabili dai cespiti immobiliari; esso non è altro che un
inventario finalizzato alla descrizione della proprietà terriera, suddivisa in particelle, recante
l’indicazione dell’appartenenza del cespite, della qualificazione, classificazione e l’indicazione del
reddito medio ordinario e quindi delle c.d. rendite catastali. La relativa suddivisione in catasto dei
terreni e catasto dei fabbricati, assolve ad una sia ad una funzione descrittiva della qualificazione
e delle titolarità degli immobili, sia ad una funzione indicativa della redditività degli immobili.
L’adeguamento delle rendite catastali viene eseguito mediante taluni strumenti, cioè mediante :
-i coefficienti di aggiornamento: per contravvenire alla svalutazione monetaria
-e domande di voltura catastale e denunzie di variazione di classamento : per far fronte alle
modificazioni giuridiche ed economico produttive dei beni
-le revisioni di tariffe d’estimo : per adeguare il valore dei beni alle variazioni generali del mercato.
Pertanto l'acc catastale ha l'attitudine alla determinazione d 1 reddito imponibile che sia vincolante
per l'A.F e per il contr. Nl espletamento dei poteri d acc dl A.F imp è la cd TARIFFA D'ESTIMO che è
1 atto determinativo dl rendita catastale, ma ciò nn esclude la poss di ottenere la disapplicazione
da parte dl giud trib sussistendone i pres di illegittimita. Tra i poteri accertativi figur inoltre il
CLASSAMENTO degli immobil che ha ad ogg la quantificaz e qualificaz dei singoli beni nl categorie
dl tariffe d'estimo (l'atto d classamento è 1 atto che necessita d motivazione , impugnabile
dinnanzi al giud trib). Infine l'ulteriore potere dl amm è l'ISCRIZIONE CATASTALE che è elemento
finalizzato all'identificaz ogg e sogg dl prestazioni tributarie. Pertanto attraverso l'utilizzo
sistematico d tali poteri il catasto ha l'attitudine strumentale a fornire il valore dl reddito fondiario
imponibile.

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CAPITOLO VIII – LE SANZIONI AMMINISTRATIVE TRIBUTARIE


PARTE I – NOZIONI E PRINCIPI
In attuazione ART 8 DLGS 23/14 è stato approvato il dlgs 158/15 vlt a riformare l'impianto
sanzionatorio tributario, le sanz amm e penali tributarie in 1 visione unitaria. In tale visione ART 8
ha dettato imp LINEE GUIDA finalizzate all'individuaz dei confini tra fattispeciue di ELUSIONE e
EVASIONE fiscale e dl relative cons sanzionatorie, all'efficacia attenuante o esimente dl adesione
alle forme di comunicazione e d cooperaz rafforzata. Nl contempo è stata espressa la volonta d
ridurre l'area d intervento dl sanz penale ai soli casi caratterizzati da un particolare disvalore
giuridico.

L’ILLECITO AMMINISTRATIVO TRIBUTARIO


La violazione degli obblighi imposti dalle norme tributarie dà luogo all’irrogazione di sanzioni
prevalentemente di natura amministrativa, salva la previsione di fattispecie a rilevanza penale
(nel caso i cui la medesima violazione sia punita sia con sanzione amministrativa e sia con sanzione
penale, per evitare il cumulo delle sanzioni, si applica la disposizione speciale rispetto a quella
generale). Originariamente alla sanzione amministrativa trib veniva riconosciuto sia il carattere
afflittivo tipico della pena pecuniaria sia quello risarcitorio della sopratassa; solo negli anni 90 si è
maturata la convinzione di addivenire ad una radicale riforma del sistema sanzionatorio tributario
amministrativo (legge delega 662 del 1996) che, abbandonando il carattere risarcitorio, ha
privilegiato la natura afflittiva delle sanzioni amministrative, assoggettata ai principi di legalità,
imputabilità e colpevolezza, e riferibile alla persona fisica autrice della violazione.

La sanzione unica amministrativa e le sanzioni accessorie : il d.lgs. 472/1997, stante il


superamento del modello risarcitorio, elimina ogni riferimento alla sopratassa, introducendo
quale unica sanzione amministrativa la sanzione pecuniaria; accanto alla sanzione pecuniaria il
decreto legislativo contiene la previsione di sanzioni accessorie che possono essere irrogate nei soli
casi previsti e che consistono nell’interdizione nella carica amministratore, sindaco o revisore di
società di capitali, nell’interdizione dalla partecipazione a gare pubbliche, nell’interdizione nel
conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni, nella sospensione, per un massimo di sei
mesi, dall’esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa.
Gli illeciti assoggettabili a sanzioni amministrative sono divisibili in tre gruppi :
-illeciti concernenti le violazioni di obblighi meramente formali
-illeciti relativi alla dichiarazione tributaria
-illeciti concernenti l’omesso o ritardato versamento dell’imposta
IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ ED I SUOI COROLLARI : la disciplina generale delle sanzioni
amministrative tributarie è contenuta nel d.lgs. n.472 del 1997 (Disposizioni generali in materia di
sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie), ed il principio di legalità contenuto
nell’art. 3 stabilisce al:
1 comma : <<nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata
in vigore prima della commissione della violazione ed esclusivamente nei casi considerati dalla
legge>> si ispira chiaramente al principio penalistico nulla poena sine lege e prevede che solo la
legge possa introdurre sanzioni, sancendo, inoltre, la irretroattività della norma tributaria
sanzionatoria in forza di una regola che si distingue da quella prevista dall’art.3 della legge 212 del
2000. Diversamente dalle norme sanzionatorie e da quelle sostanziali, la giurisprudenza e la prassi

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amministrativa non riconoscono il limite della irretroattività alle norme di carattere


procedimentale, anche se riferite a modalità di accertamento.
2 comma : <<salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzione
per un fatto che, secondo la legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è
stata già irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa
ripetizione di quanto già pagato>> sovverte il principio tempus regit actum vale a dire della non
ultrattività della norma tributaria sanzionatoria, quindi è previsto che non si possa essere
assoggettati a sanzioni per un fatto che, secondo la legge successiva non costituisce violazione
punibile
3 comma : << se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi
posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il
provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo>>, sempre in ossequio al principio del favor
rei quindi è prevista l’applicazione della sanzione più favorevole al reo, nel caso in cui la legge
vigente al momento della violazione e leggi posteriori stabiliscano sanzioni diverse.
Diversa dalla cd. abolitio criminis è l’abolizione di un tributo (ILOR, ICIAP etc.) che non incidendo
specificatamente sulla fattispecie sanzionatoria non estingue l’illecito.
IL PRINCIPIO DELLA PERSONALITÀ : il modello introdotto nel 1997 è di tipo personalistico (o
penalistico): i caratteri dell’illecito amministrativo sono molto più prossimi agli illeciti penali (che
trova fondamento nell’art. 27 Cost. <<la responsabilità penale è personale>>); l’illecito non è
riferibile al contribuente (soggetto passivo della pretesa tributaria), ma alla persona fisica che
materialmente ha commesso la violazione: il contribuente continua a rispondere del tributo, il
trasgressore, invece, della sanzione: i due soggetti possono coincidere ma non necessariamente
coincidono. La trasposizione del modello personalistico nel sistema sanzionatorio tributario ha
comportato:
-innanzitutto ha definitivamente sancito la intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi: la morte del
trasgressore comporta l’estinzione dell’obbligazione derivante dall’irrogazione della sanzione
-per società e/o enti con personalità giuridica, il principio personalistico ha subito un evidente
ridimensionamento, infatti è stato specificatamente previsto (però nel 2003 d.l. 269) che le
sanzioni relative a rapporti tributari di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente
a carico di queste ultime, abrogando tacitamente le norme del d.lgs. n.472 del 1997 che
disponevano o presupponevano l’irrogazione della sanzione alle persone fisiche che avevano agito
per le persone giuridiche.
L’ELEMENTO SOGGETTIVO E LA COLPEVOLEZZA : nel modello sanzionatorio personalistico assume
rilievo il cd. elemento soggettivo, è del tutto pacifico che l’applicazione della sanzione non può
aver luogo se l’azione o l’omissione non sia stata posta in essere da un soggetto imputabile e non
sia qualificata almeno come colposa o dolosa.
Si ha colpa (art.43 c.p.) quando l’evento non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza,
imprudenza o imperizia, ovvero in inosservanza di legge, regolamenti, ordini e discipline. Risulta
complicato, soprattutto in considerazione dei poteri e delle metodologie di accertamento
dell’amministrazione finanziaria, l’indagine sulla colpa grave e sul dolo dei quali il legislatore ha
provato a dare definizione: <<quando l’imperizia e la negligenza del comportamento sono
indiscutibili e non è possibile dubitare ragionevolmente della portata della norma violata e di
conseguenza risulta evidente la macroscopica inosservanza di elementari obblighi tributari>>; la
stessa A.F. confortata dalla migliore dottrina, ha ritenuto più semplice privilegiare la contestazione
della colpa, che si presume in caso di violazione di legge e regolamenti, piuttosto che la colpa grave
o il dolo che necessiterebbero di una specifica motivazione.

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Recidiva : degna di nota, inoltre, è la previsione della recidiva, intesa come aumento della sanzione
nei confronti dei soggetti che nei tre anni precedenti abbiano commesso violazioni della stessa
indole non definite né come ravvedimento, né in via breve o con adesione.
IL CONCORSO DI PERSONE : <<quando più persone concorrono in una violazione ciascuna di esse
soggiace alla sanzione per questa disposta>> il concorso presuppone la partecipazione di più
soggetti alla realizzazione della violazione, con un contributo causale al verificarsi del fatto e con la
volontà di cooperare o commettere l’illecito. Il concorso può essere sia materiale oppure di natura
meramente psicologica quando il soggetto concorrente crea o rafforza il proposito di altri alla
commissione dell’illecito. Il concorso è escluso nei casi in cui la violazione consista nell’omissione di
un comportamento cui sono obbligati in solido più soggetti perché in tal caso la sanzione irrogata è
unica e il pagamento eseguito da uno dei responsabili libera tutti gli altri, salvo il diritto di regresso.
L’AUTORE MEDIATO : autore mediato è colui che, con violenza (fisica o morale), o minaccia o
induce altri in errore colpevole, oppure si avvale di persone incapaci di intendere o volere,
determinando la commissione di una violazione; in tal caso l’autore mediato risponde della
violazione in luogo dell’autore materiale. Si è osservato che la norma fungerebbe da valvola di
sfogo al criterio di imputazione della violazione all’autore materiale; nel caso in cui l’autore
materiale sia stato indotto in errore colpevole non si applica la disposizione sull’autore mediato e si
rientra nella previsione del concorso di persone con evidente responsabilità sia dell’autore che
dell’istigatore (autore mediato).
RESPONSABILITÀ PER LE SANZIONI AMMINISTRATIVE : in tema di responsabilità amministrativa,
quando l’illecito è ascrivibile ad una persona che ha operato in qualità di dipendente o
rappresentante legale di società, associazione o ente oppure dipendente, rappresentante o
amministratore di enti o società con e senza personalità giuridica, l’associazione o ente
nell’interesse nel quale ha agito l’autore della violazione è obbligata solidalmente al pagamento di
una somma pari alla sanzione irrogata salvo il diritto di regresso.
-Nel caso di cessione di azienda :è prevista la solidarietà del cessionario per il pagamento delle
imposte e delle sanzioni riferibili a violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e
nei due precedenti, nonché di quelle irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite
a violazioni commesse in epoca anteriore, in questo caso, a tutela del cessionario, è previsto che la
sua obbligazione è limitata al debito risultante alla data di trasferimento, dagli atti dl A.F. che è
tenuta a rilasciare un certificato attestante l'esistenza dl contestazioni in corso per le quali sussiste
la corresponsabilita dl cessionario ; le limitazioni alla richiamata corresponsabilità solidale non
operano nel caso in cui la cessione sia stata effettuata con frode.
Nei casi di trasformazione, fusione e scissione societaria : la società o ente risultante
dall’operazione straordinaria subentra negli obblighi delle società trasformate o fuse relative al
pagamento dei tributi. Nl ipotesi di scissione anche parziale di societa o enti ciascun sogg è
obbligato in solido al pagamento dl somme dovute x violaz commesse anteriormente alla data dalla
quale la scissione produce effetti.
Anche su tale versante si registra 1 imp novita ex ART 6 DLGS 158/15 che va a modificare l'art 14 dl
testo sl sanz amm inerenti la resp da cessione d'azienda, in particolare da 1 lato si restringe
l'ambito applicativo dl norma prevedendo 1 causa di disapplicazione qnd la cessione avvenga
all'interno di 1 procedura concorsuale, d 1 accordo di ristrutturazione dei debiti, di 1 piano
attestato o d 1 proc d composizione dl crisi da sovraindebitamento, dall'altro in 1 logica estensiva si

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prevede l'applicazione dl disciplina dettata dalla norma per qnt compatibile anche cn rif a
fattispecie d conferimento d'azienda.
LE CAUSE DI NON PUNIBILITÀ : la mancanza di colpevolezza trova sostanza nella previsione
normativa di alcune cause di non punibilità tassativamente disciplinate dalla legge e di diretta
derivazione delle esimenti tipiche del diritto penale, non sempre rinvenibili nel procedimento
tributario, quindi :
1) L’errore incolpevole che si verifica quando l’agente crede di realizzare un fatto diverso da quello
vietato dalla norma ovvero esclude l’esistenza di elementi costitutivi del reato
2) Non danno luogo a violazioni punibili le rilevazioni eseguite nel rispetto della continuità dei
valori di bilancio; è inoltre esclusa la colpa quando le valutazioni estimative si discostano da
quelle accertate in una misura inferiore al 5%
3) Riguardo l’incerta portata di norme tributarie e al loro ambito di applicazione, c’è un esimente
che consente di escludere la colpevolezza quando la violazione sia imputabile a difficoltà
interpretative oggettive o da incertezza delle istruzioni dei modelli di dichiarazione o
contraddittorietà nelle informazioni dell’A.F.
4) L’errore di diritto derivante dall’ignoranza inevitabile della legge tributaria (espressa previsione
normativa)
5) La forza maggiore (espressa previsione normativa) normalmente riferibile ad accadimenti
estranei alla volontà dell’agente (fenomeni naturali ad es. terremoti, alluvioni); al riguardo non è
condivisibile l’orientamento che ha ritenuto di estendere tale ambito di applicazione anche per
motivi di crisi economica e finanziaria indipendenti dalla volontà del contribuente
6) Non è punibile il soggetto che dimostri l’imputabilità ad un terzo del mancato pagamento del
tributo (ad es. rapporti contribuente, sostituto o responsabile)
7) È esclusa la punibilità delle violazioni formali che non incidono sul debito d’imposta e che non
arrecano pregiudizio all’attività di controllo dell’A.F.
IL RAVVEDIMENTO : in base a quanto previsto dalla disciplina vigente, il contribuente può sanare la
violazione commessa pagando una sanzione ridotta contestualmente al tributo o alla differenza da
versare, se dovuti, e agli interessi moratori, purché la violazione non sia già stata constatata e
comunque non sia stata iniziata alcuna attività di accertamento della quale l’autore abbia formale
conoscenza. In tal caso si parla di ravvedimento, che può essere perfezionato entro 30 gg. con un
pagamento della sanzione a un decimo del minimo.
Il ravvedimento è ammesso, inoltre, per qualsiasi errore od omissione, anche se incidenti sul
pagamento o determinazione del tributo e viene perfezionato cn il pagamento dl sanzione ridotta
ad 1 ottavo dl minimo entro il termine per la presentazione dl dich relativa all'anno nl corso dl
quale è stata commessa la violazione; infine è sanabile anche l’omessa presentazione della
dichiarazione entro 90 gg. dalla scadenza con il pagamento di una sanzione d 1 decimo dl minimo
d ql prevista per l'omissione dl dich.
CONCORSO DI ILLECITO E CONTINUAZIONE : per ovviare alle gravose conseguenze derivanti
dall’applicazione del cumulo materiale (irrogazione di tante sanzioni per quanto sono le violazioni)
il legislatore ha introdotto, come in diritto penale, il cd. cumulo giuridico che consiste
nell’applicazione di una sola sanzione maggiorata secondo le previsioni del d.lgs. 472/1997. La
norma giuridica in questione disciplina tre ipotesi diverse di cumulo giuridico :
1- Concorso formale : si parla di concorso formale quando un soggetto viola più norme anche
in relazione a tributi diversi con una sola azione; viene definito omogeneo quando con una sola
azione o omissione si commettono diverse violazioni della medesima disposizione, si definisce

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eterogeneo quando con una sola azione o omissione anche relative a tributi diversi vengono
violate disposizioni diverse. È prevista l’applicazione della sanzione più grave aumentata di un
quarto.
2- Concorso materiale : il concorso materiale si realizza quando la medesima disposizione è
violata più volte; per avere rilevanza e consentire il cumulo giuridico esso deve riferirsi solo a
violazioni formali restando escluse quelle sostanziali.
3- Illecito continuato : presuppone la commissione di una molteplicità di violazioni, anche in
tempi diversi, che nella loro progressione, conducano all’alterazione della determinazione
dell’imponibile ovvero al liquidazione periodica del tributo; il cumulo giuridico si applica, inoltre,
anche nel caso in cui le violazioni della stessa indole vengano commesse in periodi d’imposta
diversi. Nel caso in cui l’Ufficio non contesti tutte le violazioni contemporaneamente, al momento
della contestazione dell’ultima violazione, deve rideterminare la sanzione complessiva; anche il
giudice, in sede processuale, deve provvedere alla rideterminazione complessiva tenendo conto
delle sentenze precedenti.
LE DIVERSE FORME DI CONTESTAZIONE DELLA VIOLAZIONE: 1 LA CONTESTAZIONE CON ATTO
SEPARATO 2- LA
CONTESTAZIONE CON ATTO CONTESTUALE ALL’AVVISO DI ACCERTAMENTO 3- LA CONTESTAZIONE
CON ATTO CONTESTUALE MEDIANTE ISCRIZIONE A RUOLO
Il sistema sanzionatorio ha introdotto (d.lgs. 472/1997) una codificazione dei procedimenti di
irrogazione comuni a tutte le violazioni e tributi.
Il legislatore delegato ha previsto tre forme procedimentali destinate ad operare :
1- PRIMA FORMA PROCEDURALE – CONTESTAZIONE CON ATTO SEPRATO : opera come metodo
generale, quindi come procedimento ordinario, per la sola irrogazione delle sanzioni; tale
procedura è l’unica per l’irrogazione di sanzioni afferenti violazioni non collegate
all’accertamento d 1 trib.
Il procedimento inizia con la notificazione di un atto denominato “atto di contestazione”, e deve
indicare a pena di nullità, i fatti attribuiti al trasgressore, le prove, le norme sanzionatorie, ed i
criteri seguiti nel determinare la sanzione. Una volta ricevuto l’atto di contestazione il
trasgressore (o presunto tale) dispone di tre facoltà che consistono :
-nella definizione agevolata delle sanzioni con il pagamento di un terzo della sanzione irrogata,
tale definizione impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie
-nella presentazione di deduzioni difensive in sede amministrativa
-nella proposizione immediata di ricorso, presso i competenti organi della giurisdizione tributaria
entro 60 gg. dalla notifica

2- SECONDA FORMA PROCEDURALE – CONTESTAZIONE CON ATTO CONTESTUALE ALL’AVVISO DI


ACCERTAMENTO DEL TRIBUTO : con tale procedura, in deroga rispetto al procedimento
ordinario, le sanzioni collegate al tributo possono essere irrogate senza previa contestazione, con
atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica motivato a pena di nullità. Nella prassi
tale meccanismo procedimentale di irrogazione delle sanzioni ha finito per rivelarsi addirittura
prevalente, laddove applicabile, essendo più conveniente sotto il profilo della snellezza
burocratica.
Anche per qst modello procedimentale è ammessa la definizione agevolata dl sole sanzioni cn il
pagamento nl misura ridotta di 1 terzo dl sanzioni irrogate.

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3- TERZA FORMA PROCEDURALE – CONTESTAZIONE CON ATTO CONTESTUALE MEDIANTE


ISCRIZIONE A RUOLO : riguarda l’irrogazione delle sanzioni mediante diretta iscrizione a ruolo,
senza previa contestazione, si può ricorrere a tale procedimento per le sanzioni per omesso o
ritardato pagamento dei tributi. Anche tale procedimento di irrogazione delle sanzioni risponde a
criteri di velocizzazione delle procedure.
L’ESECUZIONE E LA RISCOSSIONE DELLE SANZIONI E LORO ESTINZIONE
Il d.lgs. 472/1997 ha previsto la riscossione parziale della sanzione pecuniaria sulla base della
decisione di primo grado, disponendo l’applicazione delle norme regolanti la riscossione in
pendenza di contenzioso, anche nei casi in cui non opera la riscossione frazionata del tributo.
Peculiare nel procedimento cautelare di sospensione delle sanzioni la previsione della misura
cautelare che stabilisce che <<deve essere concessa se viene prestata idonea garanzia>> (che
sembra nn richiedere ql valutazione sommaria dl danno grave e irreparabile e dl fumus boni iuris),
che ha anche alimentato il dibattito sulla possibilità di sospendere anche gli effetti dell’atto
impugnato, generalmente negata da giurisprudenza e dottrina.
DECADENZA E PRESCRIZIONE : circa i termini di decadenza per l’esercizio del potere sanzionatorio
e di prescrizione per la riscossione dl credito:
Decadenza : l’atto di decadenza deve essere notificato a pena di decadenza antro il 31 Dicembre
del quinto anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione o nel diverso termine previsto
per l’accertamento dei singoli tributi.
Prescrizione : il diritto alla riscossione si prescrive nel termine di 5 anni che decorrono però da
quando l’Ufficio ha il potere di attivarsi per l’esecuzione e cioè da quando il provvedimento
irrogativo delle sanzioni è divenuto definitivo. Da osservare che la giurisprudenza di legittimità ha
ritenuto che tale termine prescrizionale di 5 anni è applicabile solo in caso di atto definitivo per
mancata impugnazione; mentre nel caso di definitività derivante da giudicato (a seguito di un
processo) sia quello più lungo di anni 10.
IPOTECA E SEQUESTRO CONSERVATIVO : la tutela cautelare al credito sanzionatorio si esplica
attraverso gli istituti dell’ipoteca e del sequestro conservativo, finalizzati a conservare l’integrità
patrimoniale del trasgressore nelle more del processo giurisdizionale.
Ipoteca: l’iscrizione ad ipoteca ha il fine di costituire una prelazione attribuendo
all’amministrazione creditrice il diritto di espropriare i beni vincolati a garanzia del suo credito e di
essere soddisfatta con preferenza sul prezzo ricavato dall’espropriazione.
Sequestro conservativo: ha come finalità quella di evitare che i beni del trasgressore vengano
dispersi facendo venir meno la garanzia che gli stessi costituiscono per il creditore, essendo
improduttive di effetti le alienazioni e gli altri atti che hanno per oggetto il bene posto sotto
sequestro.
Per avviare la procedura cautelare è necessario che sia stato notificato al trasgressore un processo
verbale di contestazione o un avviso di irrogazione della sanzione e che, l’Ufficio impositore abbia
un fondato timore che il debitore possa sottrarre i suoi beni e così diminuire le garanzie che
l’amministrazione vanta sul patrimonio dello stesso debitore.
La misura caut di cui discutiamo viene rich cn istanza dl pres dl commissione trib provinciale , poi
not alla controparte che ha il termine di 20 gg x depositare memorie e doc difensivi. La trattaz dl
istanza viene fissata per la prima camera di consiglio utile disponendo che ne sia data comunicaz
alle parti almeno 10 gg prima. Il collegio decide cn sent. La peculiarita è che il giudice sembra
tenuto solo ad 1 valutaz sl periculum in mora e nn a ql dl fumus boni iuris che sembra sussistere

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per la sola presenza d 1 proc verbale d constatazione o altro atto di contestaz o acc, prescindendo
dalla fondatezza dl stesso.

SOSPENSIONE DEI RIMBORSI E COMPENSAZIONE : la sospensione dei rimborsi ha una chiara


natura cautelare che si sostanzia nella possibilità per l’amministrazione finanziaria di sospendere
l’erogazione di rimborsi laddove il creditore risulti destinatario di un atto di contestazione o di un
provvedimento di irrogazione di sanzione. La sospensione opera nei limiti della somma risultante
dall’atto o dalla sentenza o dalla decisione dl comm trib; una volta che il provvedimento
sanzionatorio diventa definitivo, l’Ufficio competente per il rimborso può pronunciare la
compensazione del proprio debito con il credito derivante dalle sanzioni. In entrambi i casi sono
atti che devono essere notificati al trasgressore e sono impugnabili innanzi agli organi della
giurisdizione tributaria.
Per qnt riguarda le sanzioni trib la novella introdotta dal dlgs 158/15 introduce ulteriori ipotesi di
sospensione dl pagamento, quali la consegna dl processo verbale di constatazione o il provv cn il
quale vengono accertati i tributi ancorche nn definitivi.

PARTE II – LE SANZIONI PENALI TRIBUTARIE


LA RIFORMA DELLE SANZIONI PENALI
Il sistema penale tributario è stato oggetto di una radicale riforma effettua con il d.lgs. n.74 del
2000; lo spirito della legge delega è stato quello di colpire con la sanzione penale solo le
fattispecie più gravi di violazioni tributarie e non più le violazioni formali e/o prodromiche
all’evasione. L’intento del legislatore di circoscrivere la previsione di fattispecie penali ai casi di
violazioni più gravi, ha portato a caratterizzare il reato penale tributario per la presenza
dell’elemento soggettivo del dolo specifico e per la frequente previsione di soglie di punibilità al di
sotto delle quali non scatta la violazione penale, ma si rimane nell’ambito dell’illecito
amministrativo.
La legge n.205 del 1999 ha avuto il merito di abolire il principio dell’ultrattività delle norme penali
tributarie che consentiva, al pari delle norme sostanziali, la sopravvivenza dei reati anche dopo la
loro abrogazione.
Il rapporto tra illecito penale e illecito amministrativo è stato disciplinato sul presupposto
dell’unicità della sanzione, sl consideraz che 1 medesima violaz nn può essere colpita cn il cumulo
di 2 sanzioni(ql amm e ql penale) ma applicando la disp che si considera speciale (principio
specialita) in base a tali principi, ad un illecito sanzionato sia penalmente che amministrativamente
viene applicata la disposizione speciale; la norma penale tributaria è considerata speciale rispetto
a quella amministrativa, di conseguenza allo stesso illecito punito sia sul piano amministrativo che
penale viene irrogata la sanzione penale (ad es. l’omessa dichiarazione dei redditi costituisce
violazione punibile sia con sanzioni amministrative che con sanzioni penali).
Il rapporto tra il procedimento penale e quello tributario erano strettamente connessi in virtù della
pregiudiziale tributaria, ossia la regola secondo la quale l’esercizio dell’azione penale veniva
subordinato alla definitività dell’accertamento dell’imposta, la pregiudiziale tributaria è stata
abolita nel 1982, ed il principio ancor oggi vigente è rappresentato dal doppio binario ossia
l’indipendenza dei due procedimenti e processi: tributario e penale, che possono svolgersi
simultaneamente e secondo le diverse regole del processo tributario e del codice di procedura
penale.

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Tuttavia per consentire la corretta applicazione del principio di specialità l’esecuzione della
sanzione amministrativa irrogata viene sospesa quando pende un processo penale; se questo si
conclude con una condanna verrà applicata la norma speciale penale e la sanzione amministrativa
diventa ineseguibile, se al contrario il processo penale si dovesse concludere con l’archiviazione o
con sentenza di assoluzione o proscioglimento, permarrebbero i presupposti per l’applicazione
della sanzione amministrativa.
LE DIVERSE TIPOLOGIE DI REATI TRIBUTARI
Il DLGS 74/2000 suddivide le ipotesi di reato in 2 :
A) I delitti in materia di dichiarazione
B) I delitti in materia di documenti fiscali e pagamenti d’imposta
A) REATI IN MATERIA DI DICHIARAZIONE DEI REDDITI i delitti in materia di dichiarazione sono
caratterizzati dalla necessaria sussistenza del dolo specifico e dalla previsione di soglie di punibilità
riferite all’imposta evasa, al superamento delle quali si perfeziona il reato. Rientrano in questa
categoria:
1- Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o di altri documenti inesistenti (art.2
d.lgs. 74 del 200): si verifica nell’ipotesi in cui, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore
aggiunto, vengono indicati nelle dichiarazioni, elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture o altri
documenti per operazioni inesistenti mediante la registrazione nelle scritture contabili
obbligatorie, o siano detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria e che
tali false risultanze siano incluse nl dich dei redditi o nl dich IVA. Tale reato è punito con la
reclusione da 18 mesi a 6 anni, la norma non prevede soglie di punibilità.

2- Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (art.3 d.lgs. 74 del 200): il delitto in
questione ricorre quando, in sede di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, le indicazioni
mendaci di elementi attivi inferiori a quelli reali e/o di elementi passivi superiori a quelli effettivi
siano suffragate da documentazione contabile tesa a fuorviare ed intralciare la successiva attività
di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria; a differenza del precedente reato che si
riferisce esclusivamente ai costi fittizi, nel reato in questione, le indicazioni riguardano tanto gli
elementi passivi sia gli elementi attivi . Il reato è punito con la reclusione da 18 mesi a 6 anni ma
solo quando ricorra il superamento delle soglie di punibilità è cioè quando congiuntamente:
a) l’imposta evasa è superiore ad € 30.000 e
b)quando l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti ad imposizione anche mediante
l’indicazione di elementi passivi fittizi è superiore al 5% all’ammontare degli elementi attivi o
comunque è superiore ad € 1 milione.
La disciplina in esame è stata modificata da decreto 158/15 sec cui l'articolata condotta dl reato
in esame si sviluppa attualmente in 3 momenti: il 1° è la falsa rappresentazione nl scritture
contabili obbligatorie, il 2° è l'utilizzo d mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l'acc dl falsita e
infine il 3° è l'indicaz , nl dich dei redditi o ai fini IVA, d elementi attivi inferiori a ql effettivi o
elementi passivi fittizi. In seguito alla riforma ART 3 DLGS 74 viene eliminata la prima fase, nn
essendo richiesta la falsa rappr nl scritture contabili obbl, ampliando cosi i potenziali autori dl
reato ricomprendendovi anche i contr nn obbligati alla tenuta dl scritture contabili obbligatorie.
La condotta tipica consiste nl compimento di operaz simulate oggettivamente o soggettivamente
o avvalersi d doc falsi o altri mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l'acc e a indurre in errore l'A.F,
viene poi elevata da 1 milione a 1 milione e 500 mila la soglia relativa all'ammontare complessivo
degli elementi attivi sottratti all'imposizione e viene introdotta 1 soglia alternativa rapportata
all'ammontare complessivo dei crediti e dl ritenute fittizie; viene inoltre introdotto comma sec cui

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nn cost mezzi fraudolenti la mera violaz d obblighi di fatturaz e d annotaz degli elementi attivi nl
scritture contabili o la sola indicaz nl fatture e nl annotaz d elementi inferiori a ql reali.

3- Dichiarazione infedele (art.4 d.lgs. 74 del 200): il reato di dichiarazione infedele ha carattere
residuale rispetto alle dichiarazioni fraudolente e si realizza allorquando si indichino, sia nella
dichiarazione dei redditi che in quella IVA, elementi attivi per un ammontare inferiore a quello
effettivo o elementi passivi fittizi, nn essendo rich l'inserimento in contabilita dei doc fittizi il reato
in questione può essere commesso anche da contr nn tenuti agli obblighi di contabilita. Tale
reato è punito con la reclusione da uno a tre anni quando congiuntamente :
a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte,ad € 150.000,
b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante
l’indicazione di elementi passivi fittizi, è superiore al 10% dell’ammontare degli elementi attivi
indicati in dichiarazione o cmq superiore a 3 milioni.

4- Dichiarazione omessa (art.5 d.lgs. 74 del 200): tale reato riguarda chiunque, al fine di
evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto non presenta, essendovi obbligato, una delle
dichiarazioni annuali relative dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore ad € 30.000. Tale
reato è punito con la reclusione da uno a tre anni. Non si considera omessa la dichiarazione
presentata entro 90 gg. dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno
stampato conforme al modello prescritto.
La norma subisce modifica da 158/15 che eleva da 30.000 a 50.000 la soglia di punibilita e
inasprice il carico sanzionatorio elevandolo a 4 anni.
B) DELITTI IN MATERIA DI DOCUMENTI E PAGAMENTO DI IMPOSTE : come scritto nel Capo II del
d.lgs. 74/2000 sono illeciti relativi agli obblighi strumentali non direttamente connessi alla
dichiarazione, che riguardano il momento della riscossione dei tributi; quali :
1. Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art.8 d.lgs. 74 del 200):
l’emissione di fatture false è un delitto punibile con la reclusione da 18 mesi a 6 anni, e si realizza
quando, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto , un
soggetto emetta o rilasci fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. Trattasi di un reato
istantaneo che si consuma al momento dell’emissione della fattura falsa, non essendo necessario
che lo scopo perseguito sia effettivamente conseguito; i reati di chi emette fatture false e di chi
utilizza fatture false per una dichiarazione fraudolenta sono puniti autonomamente non quindi
come a titolo di concorso (si pensi alle cd. cartiere, società create allo scopo di vendere fatture false
agli imprenditori).
2. Occultamento o distruzione di documenti contabili (art.10 d.lgs. 74 del 200):
è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni <<chiunque, al fine di evadere le imposte sui
redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o
in parte le scritture contabili o i documenti di cui e' obbligatoria la conservazione, in modo da non
consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari>>; il dato caratterizzante della
disposizione in esame è rappresentato dall’impossibilità di ricostruire il volume di affari o la
situazione reddituale a causa della distruzione o occultamento di scritture o altri documenti
contabili obbligatori, pertanto tale reato non si realizza se l’A.F. riesce a ricostruire in altro modo il
reddito o il volume di affari.

3. Omesso versamento di ritenute certificate (art.10-bis d.lgs. 74 del 200) :

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il sostituto d’imposta che non versi entro il termine per la presentazione della relativa
dichiarazione annuale ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un
ammontare superiore a € 150.000 per ciascun periodo d’imposta è punito con la reclusione da 6
mesi a 2 anni.

4. Omesso versamento IVA (art.10-ter d.lgs. 74 del 200):


chi non versa l’importo sul valore aggiunto, per un ammontare superiore a € 50.000 dovuta in base
alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo
d’imposta successivo è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni. La riforma 2015 ha previsto
l'innalzamento dl soglia di punibilita a 250.000.

5. Indebita compensazione (art.10-quarter d.lgs. 74 del 200):


chiunque non versa le imposte dovute per un importo superiore ad € 50.000, utilizzando in
compensazione crediti non spettanti o inesistenti è punito con la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 2
anni.

6. Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art.11 d.lgs. 74 del 200):


la figura di reato riguarda di chi si sottrae al pagamento delle imposte, compiendo atti fraudolenti
che potrebbero rendere inefficacie la procedura coattiva in questo caso però commette reato chi
simula l’alienazione o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in
tutto o in parte inefficacie la riscossione coattiva per un importo superiore ad € 50.000; la pena
prevista per questo delitto è la reclusione da 6 mesi a 4 anni, aumentata da 1 anno a 6 anni qnd il
debito d'imposta è superiore a 200.000 euro. Alla stessa pena soggiace chi indica nl
documentazione presentata ai fini dl procedura d transazione fiscale elementi attivi x 1 ammontare
inferiore a ql effettivo o elementi passivi fittizi x 1 ammontare complessivo superiore a 50.000.

LE ALTRE NOVITA INTRODOTTE DALLA RIFORMA --> Cn la riforma si introduce innanzitt 1 nuovo art
12 bis nl corpo dl dlgs 74 cn cui si attribuisce 1 + coerente collocazione normativa alla disp relativa
alla confisca, che prevede (1°comma) che nl caso d condanna o di applicaz dl pena su rich dl parti
ex 444 cpp per 1 dei delitti previsti dal presente decreto è sempre ordinata la CONFISCA dei beni
che ne cost il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato o qnd essa nn
è possibile (tale parte nn risulta particolarmente innovativa, lo è invece il 2 comma dl 12 bis sec cui
la confisca nn opera per la parte che può essere restituita all'erario.

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CAPITOLO X - LA RISCOSSIONE (D.P.R. 602 1973)

EVOLUZIONE LEGISLATIVA DELLA DISCIPLINA DELLA RISCOSSIONE DEI TRIBUTI


La riscossione rappresenta la fase finale del procedimento impositivo finalizzata alla concreta
acquisizione di risorse finanziarie per lo Stato e per gli enti pubblici, pertanto la riscossione
garantisce all’ente impositore di acquisire le somme allo stesso spettanti a titolo di tributo. Gli atti
autoritativi della riscossione hanno l’idoneità ad essere eseguiti coattivamente a mezzo di
esecuzione forzata, al pari degli atti esecutivi di diritto privato, però, a differenza di questi ultimi,
sono formati e posti in essere da procedure amministrative particolari e non giurisdizionali.
Il sistema della riscossione dei tributi può essere distinto in due parti: una prima parte che
concerne la disciplina delle modalità ed i termini di attuazione della riscossione dei tributi ed una
seconda parte che regola le modalità di gestione del servizio di riscossione; la disciplina delle due
parti ha subito nel tempo moltissime riforme tutte finalizzate alla semplificazione delle modalità di
esazione dei tributi ed all’efficienza del servizio di riscossione.
Per quanto riguarda le modalità di riscossione (prima parte) delle imposte dirette il primo decisivo
cambiamento, distingueva tre modalità di riscossione: la ritenuta diretta, il versamento diretto e
l’iscrizione a ruolo. Invece il servizio di riscossione (seconda parte) avveniva mediante il sistema
privatizzato con l’affidamento del servizio a soggetti professionali, impegnati nel settore del credito
e delle attività finanziarie: gli esattori erano nominati a seguito di asta pubblica con incarico di
durata decennale, tale incarico avveniva attraverso l’istituto del “riscosso per non riscosso” che
comportava l’obbligo per il gestore del servizio di versare ratealmente all’ente creditore le somme
da esso iscritte nei ruoli, a prescindere dall’effettiva riscossione delle stesse.
Le riforme più significative si ebbero negli anni 70 con l’avvento del cd. “fisco di massa” avendo il
d.p.r. 600 del 1973 posto il principio dell’obbligo della dichiarazione tributaria per tutti i soggetti
passivi dei nuovi tributi segnando in tal modo il passaggio dalla riscossione a mezzo ruoli alla
modalità di riscossione in autoliquidazione mediante l’adempimento spontaneo del contribuente.
Tali innovazioni resero necessaria l’attuazione della legge delega del 1971 mediante il d.p.r. n. 602
del 1973, tutt’ora in vigore, nel quale furono dettati principi generali in materia di riscossione, i
passaggi principali furono :
-l’estensione del metodo di riscossione mediante ritenuta diretta ai redditi di lavoro autonomo, ai
contributi corrisposti da enti pubblici; e fu operata la distinzione tra le ritenute dirette a titolo di
acconto e a titolo definitivo
-fu ampliato il procedimento di riscossione con versamenti diretti con il quale dovevano essere
versati i tributi in autoliquidazione
-fu prevista l’anticipazione del pagamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e sul
reddito delle persone giuridiche in data anteriore alla presentazione della dichiarazione.
Nell’anno 1988 fu operata un’altra riforma mediante il d.p.r. n.43 del 1988, incentrata
principalmente sul versante dell’organizzazione e gestione del servizio di riscossione, infatti la
gestione della riscossione veniva affidata al Servizio Centrale della riscossione secondo le direttive
dell’A.F. ed alle dirette dipendenze del Ministero delle Finanze; in secondo luogo furono soppresse
la modalità di riscossione mediante ingiunzione fiscale, affidando al concessionario la riscossione
coattiva mediante ruolo della quasi totalità dei tributi indiretti.
Nel 1997, con altri interventi legislativi, si soppressero i servizi autonomi di cassa presso gli uffici
IVA e gli uffici del Registro, e fu previsto il versamento diretto tramite istituti di credito e l’Ente
Poste italiane (d.lgs. 237/1997); inoltre fu disciplinato il versamento unitario dei contributi dovuti
all’INPS e agli altri enti previdenziali, delle altre somme dovute a Stato e Regioni, prevedendo la

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possibilità di compensare debiti e crediti afferenti anche a tributi diversi e prelievi non
tributari(d.lgs. 241/1997).
Nel 1998 la legge delega n. 337 pose le basi per il riordino del servizio di riscossione e il
concessionario della riscossione, prevedendo l’affidamento, mediante procedure ad evidenza
pubblica, ai concessionari della riscossione di tutte le entrate (tributarie e non) dello Stato, degli
enti territoriali, degli enti pubblici anche previdenziali; la delega inoltre prevedeva l’eliminazione
del “riscosso per il non riscosso” gravante sui concessionari, a favore di un sistema di compensi
collegate alle somme iscritte a ruolo, alla tempestività della riscossione e ai costi della riscossione.
La riscossione a mezzo ruolo, affidata al concessionario, fu estesa a tutte le entrate dello Stato e
degli enti pubblici anche previdenziali, possibilità estesa anche per regioni, province e comuni,
disponendo l’obbligatorietà dell’utilizzo del ruolo per la riscossione coattiva (d.lgs. n. 46 del
1999).
Ma nonostante ciò, nel quinquennio successivo (2000-2004), la percentuale delle somme
coattivamente riscosse rispetto a quelle iscritte nei ruoli risultava sempre scarsissima consentendo
una grossa evasione; per tali ragioni nel 2005 fu adottata la scelta rivoluzionaria di abbandonare il
sistema di riscossione appaltata (agli esattori)o delegata (ai concessionari) a favore di un sistema
gestito direttamente dalla P.A., con la legge n.248 del 2005 infatti si sopprime il sist d affidamento
in concessione e il sistema della riscossione fu affidato all’Agenzia delle Entrate che lo esercita
tramite un soggetto costituito con capitale pubblico: la Riscossione S.p.A. rinominato
successivamente Equitalia S.p.A. . A completamento della riforma, il legislatore con la legge n.122
del 2010 ha fuso la fase di riscossione con quella di accertamento, rendendo già titoli esecutivi gli
atti di accertamento, in modo che il ruolo e la cartella di pagamento non sono più necessari, e si
passa direttamente alle azioni esecutive che, comunque, a pena di decadenza devono iniziare nel
biennio successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo.
La riforma cost 1 passo rilevante nl lotta all'evasione fiscale in qnt attribuisce all'agenzia dl entrate
1 posiz d centralita anche nl attivita d riscossione coattiva e garantisce cosi il governo unitario dl
azione di acc e d ql d riscossione. L'attuale sist d riscossione dei trib si presenta dunque distinto in 2
parti : la 1° concernente modalita e termini d riscossione prevalentemente regolata dal dpr 602/73
cm novellato dal dlgs 46/99 / e la 2° riguardante le modalita d gestione dl servizio di riscossione
che trova disciplina nl dlgs 112/99 dedicato all'affidamento e all'estinzione dl rap concessorio in
qnt l'abbandono dl sist d riscossione delegata rende inoperanti le norme regolatrici dl affidamento
dl servizio. La prima parte può essere a sua volta a sec dl modalita d riscossione distinta in 3 specie:
RISCOSSIONE SPONTANEA o IN AUTOLIQUIDAZIONE (qnd l'obbligo d pagamento dl trib è
adempiuto da parte dl contr in modo spontaneo , corretto e tempestivo) / RISCOSSIONE COATTIVA
(qnd il versamento dl trib nn adempiuto spontaneamente dal contr viene realizzato in modo
coercitivo ed anche mediante procedure espropriative) / RISC SPONTANEA O NN COATTIVA (qnd
l'iscr a ruolo nn è derivata da inadempimento dl contr ed è prevista dalla legge o qnd l'ente
creditore ritiene per sua scelta piu opportuno utilizzare il ruolo x riscuotere le proprie entrate).
Da ultimo è stato emanato il dlgs 159/15 che ha ad ogg "misure per la semplificazione e
razionalizzazione dl norme in materia di riscossione", l'obbiettivo è ql d creare 1 sist d risc che
favorisca la COMPLIANCE attraverso norme che inducano il contr ad adempiere spontaneamente ai
versamenti dl imposte, anche attraverso forme piu ampie di rateizzazione. Viene introdotto il
princpio dl LIEVE INADEMPIMENTO sec cui nn è prevista la decadenzaq dalla rateizzazione nl caso
di ritardo dl versamento.

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LA FUNZIONE E LE COMPETENZE DI EQUITALIA S.P.A.


Il sistema di riscossione è affidato all’Agenzia delle entrate, che lo esercita tramite un soggetto di
emanazione pubblica : Equitalia S.p.A.; le competenze affidate ex lege ad Equitalia S.p.A. sono
tre :
² competenza esclusiva di riscossione mediante ruolo
² attività di riscossione di entrate tributarie o patrimoniali di enti pubblici anche locali e
territoriali (riscossione spontanea, accertamento e liquidazione) tale competenza non è
esclusiva ma eventuale : al fine della costituzione del rapporto tra Comuni, Province ed
Equitalia S.p.A. occorre che l’affidamento avvenga tramite gara ad evidenza pubblica, mentre
per il rapporto con le Regioni è sufficiente la semplice richiesta di quest’ultime

² competenza (non esclusiva) in attività strumentali a quelle svolte dall’Agenzia delle entrate
Per lo svolgimento delle proprie attività Equitalia S.p.A. oltre ai poteri espropriativi, cautelari e
conservativi, quale agente della riscossione ha l’accesso a tutte le banche dati dell’amministrazione
e la possibilità di acquisire dati finanziari del contribuente; è prevista, inoltre la collaborazione alle
attività di Equitalia S.p.A. della Guardia di Finanza, che potrà avvalersi dei medesimi poteri e
facoltà, già di propria competenza, in materia di accertamento, imposte dirette ed IVA.
Equitalia S.p.A. è un ente di diretta emanazione dello Stato, operante nel settore fiscale, che nei
limiti della legge, è dotato di autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale,
organizzativa, contabile e finanziaria; l’intero capitale costitutivo di Equitalia è di fonte pubblica
sottoscritto esclusivamente da due soggetti : Agenzia delle Entrate e INPS (51% Agenzia delle
Entrate e 49% INPS), il ché comporta l’assoggettamento del controllo della Corte dei conti.
Socio maggioritario di Equitalia è quindi l’Agenzia delle Entrate; a quest’ultima appartiene
l’esercizio dell’amministrazione e la gestione delle entrate pubbliche erariali, mentre al Ministro
delle finanze compete il relativo potere di indirizzo e di controllo. Anche se sussiste un necessario
collegamento tra i due soggetti (Agenzia- Ministero delle finanze) l’Agenzia delle Entrate si
configura come un ente pubblico, dotato di un’autonomia statuaria consona alla natura tecnica
delle proprie funzioni, tale autonomia non colloca l’Agenzia delle entrate in una posizione di
terzietà rispetto all’organo di vertice dell’amministrazione finanziaria, proprio perché l’Agenzia
svolge funzioni proprie dello Stato. Pertanto Equitalia S.p.A. è in un rapporto di strumentalità con
l’Agenzia e da questa in prevalenza partecipata, e che trattasi di strumentalità pubblicistica, ed il
suo oggetto sociale non sottende ad una causa tipica lucrativa bensì ad un interesse connesso ad
una pubblica funzione, quindi Equitalia agisce in veste di organo indiretto dell’A.F. : se ne deduce
che la natura di Equitalia è quella di un ente pubblico di tipo strumentale che svolge una
pubblica funzione cioè quella della riscossione dei tributi, organizzato su di un modello codicistico
societario al solo fine di una gestione più agile ed efficace nel procedimento riscossivo dei tributi e
delle entrate dello Stato e degli enti pubblici territoriali e locali.

PARTE I - LE MODALITÀ DI RISCOSSIONE


Per quanto riguarda le modalità ed i termini di riscossione regolate dal d.p.r. 602 del 1973 (prima
parte), queste possono essere distinte in tre specie :
1- Riscossione spontanea o in autoliquidazione
2- Riscossione coattiva a mezzo ruolo : quando il tributo viene riscosso in modo coercitivo
anche tramite procedure espropriative, qualora il contribuente non vi abbia provveduto
spontaneamente

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3- Riscossione spontanea o non coattiva a mezzo ruolo : quando l’iscrizione non deriva da un
inadempimento del contribuente, ma da una previsione legislativa o da una scelta del’ente
creditore
1- RISCOSSIONE SPONTANEA O IN AUTOLIQUIDAZIONE : L’ADEMPIMENTO SPONTANEO
DELL’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA
Si ha riscossione spontanea quando l’obbligo di pagamento è adempiuto da parte del contribuente
in modo spontaneo, corretto e tempestivo; le modalità sono : le ritenute, i versamenti diretti, gli
acconti e versamenti periodici, il versamento unitario e la compensazione:
LE RITENUTE : la ritenuta diretta è una modalità di estinzione parziale o totale dell’obbligazione
tributaria che è realizzata mediante il trattenimento di somme, poi versate all’erario, da parte del
sostituto, che eroga emolumenti, indennità, compensi a favore del soggetto passivo del tributo
definito sostituito, nel momento in cui le somme vengono corrisposte. Il sostituto ha l’obbligo di
attuare il prelievo nel momento in cui viene realizzato il presupposto d’imposta, il sostituito quindi
è il soggetto inciso da tale prelievo. La ritenuta diretta può essere:
· A titolo d’imposta o definitivo: se l’obbligazione tributaria è completamente e definitivamente
estinta, in questo caso il prelievo svolge la doppia funzione di riscossione e di regime fiscale
sostitutivo
· A titolo di acconto : se detta obbligazione è parzialmente estinta e il conguaglio avverrà in sede
di dichiarazione, ed è operata normalmente dal sostituto d’imposta, la sua caratteristica è quella di
costituire un prelievo anticipato rispetto alla chiusura del periodo d’imposta, ma sempre collegata
al presupposto dell’obbligazione essendo operata sui proventi che concorrono a formare il reddito
complessivo del soggetto che la subisce Quindi per i :

° Redditi di lavoro dipendente : società di capitali, società cooperative, società di mutua


assicurazione, società di persone, associazioni, imprenditori individuali, enti pubblici e privati
diversi dalle società, persone fisiche che esercitano un’arte o una professione sono obbligati ad
operare una ritenuta a titolo di acconto IRPEF, ai sensi del d.lgs. 600 del 1973, quando
corrispondono somme o valori, a qualunque titolo percepito, in relazione al rapporto di lavoro
dipendente comprese le pensioni di ogni genere, a compensi per incarichi di amministratori,
sindaci e revisori di società, compensi per collaborazioni a riviste, giornali, enciclopedie e simili,
compensi per collaborazioni coordinate e continuative svolte senza vincolo di subordinazione. La
ritenuta sui redditi di lavoro dipendente è determinata applicando alla somma versata
un’aliquota IRPEF corrispondente allo scaglione di reddito in cui presumibilmente si colloca la
somma percepita dal prestatore di lavoro, scomputando le detrazioni per carichi di famiglia.

° Redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente : la determinazione della ritenuta sui redditi
assimilati a quelli di lavoro dipendente, di regola, seguono gli stessi criteri sanciti per la ritenuta
sui redditi di lavoro dipendente, ad eccezione delle operazioni di conguaglio che per queste
fattispecie di redditi non sono previste.

° Soggetti non residenti : per tali soggetti la ritenuta sui redditi di lavoro autonomo è prevista
nella misura del 30% ed è definitiva, essendo questa a titolo d’imposta.

° Redditi di capitale ed interessi : per tali redditi si opera una ritenuta IRPEF che può essere a
titolo di acconto o a titolo d’imposta, a seconda del soggetto percipiente, e con aliquote diverse
in relazione alla tipologia del provento derivante dall’impiego del capitale. Per gli interessi

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corrisposti dall’Ente poste italiane o dalle banche ai titolari di conti correnti e depositi è applicata
una ritenuta IRPEF, a titolo d’imposta, nella misura del 12,50%; la tassazione che viene applicata
sui rendimenti a decorrere dal 1 Gennaio 2012 è del 20% (dal 1 Luglio 2014 del 26%). Tale misura
(20%) è valida anche per altri redditi di capitale come gli utili di partecipazione a società o a enti
commerciali, utili derivanti da associazioni in partecipazione, compensi per prestazioni di
fideiussione o altra garanzia.

° Enti pubblici ed istituzioni : le Regioni, le Province, i Comuni e gli antri enti pubblici o privati
quando erogano contributi ad imprese devono operare una ritenuta a titolo di acconto o
d’imposta nella misura del 4% della somma erogata. La ritenuta IRPEF che devono operare le
amministrazioni dello Stato e le amministrazioni delle Camere (Deputati e Senato) e della Corte
Costituzionale sulle somme da loro corrisposte per prestazioni di lavoro dipendente e per
prestazioni di lavoro autonomo del tutto simile a quella applicata dai soggetti privati (sopra
descritti).

° Redditi da lotterie e premi (redditi diversi) : per tali redditi, derivanti da: operazioni a premi,
su vincite di fortuna, da giochi di abilità, da pronostici e scommesse corrisposti dallo Stato, da
persone giuridiche private o pubbliche, si applica una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta: per i
premi di lotterie l’aliquota è del 10% mentre, per giochi svolti in occasione di spettacoli radio-
televisivi è del 20%.
I VERSAMENTI DIRETTI: i versamenti diretti possono essere di due tipi : versamenti eseguiti dal
soggetto passivo del tributo e versamenti eseguiti dal sostituto allo Stato

² Versamenti eseguiti dal soggetto passivo : sono i versamenti che il soggetto passivo del
tributo, in autoliquidazione, provvede direttamente all’adempimento dell’obbligazione tributaria;
trattasi del versamento delle imposte dovute sull’IRPEF, sull’IRES e sull’IRAP, nonché il
versamento dell’imposta sostitutiva sui redditi di capitali corrisposti da soggetti non residenti a
soggetti residenti nel territorio dello Stato.

² Versamenti eseguiti dal sostituto : vi appartengono il versamento delle ritenute operate


dai sostituti sui redditi di lavoro dipendente, sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente,
sui redditi di lavoro autonomo e sui redditi conseguiti per prestazioni eseguite in assunzioni di
obblighi di fare, non fare o permettere, sugli interessi e sui redditi di capitale, sui compensi ed
altri redditi corrisposti dallo Stato, sui premi e sulle vincite.
I versamenti diretti vengono eseguiti mediante delega ad un istituto di credito convenzionato
oppure alle Poste Italiane S.p.A. , quest’ultimi rilasciano l’attestazione di pagamento con efficacia
liberatoria per il contribuente e versano le somme riscosse alla tesoreria dello Stato. Detta delega
può essere rilasciata attraverso il:
Modello F24 : per il versamento delle imposte dirette, dell’imposta del valore aggiunto e
dell’imposta sulle attività produttive
Modello F23 : per il versamento delle imposte indirette e delle tasse, tale modalità di versamento
si è resa necessaria a seguito della soppressione dei servizi autonomi di cassa operanti presso
l’Ufficio del Registro.
La delega può essere redatta su supporto cartaceo o può essere conferita per via telematica, dal
2006 è stato imposto l’obbligo a soggetti titolari di partita IVA, per la delega in via telematica è
previsto l’utilizzo del modello F24. A partire dal 1995 è stato posto l’obbligo a carico delle banche

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delegate di registrare su supporti magnetici i dati relativi alle attestazioni rilasciate ed ai versamenti
effettuati e di trasmetterli agli uffici dell’A.F.
GLI ACCONTI E I VERSAMENTI PERIODICI : gli acconti d’imposta, al pari delle ritenute d’acconto,
costituiscono una modalità di estinzione parziale dell’obbligazione tributaria con la sostanziale
differenza che, mentre le ritenute alla fonte sono liquidate su segmenti di redditi effettivamente
prodotti, gli acconti d’imposta sono calcolati sulla base di imposte stimate e, quindi, del tutto
slegate al presupposto d’imposta. L’istituto degli acconti d’imposta è stato introdotto nel 1977
(legge n.97), in particolare è stato posto l’obbligo a carico dei contribuenti soggetti passivi di IRPEF,
(ai tempi IRPERG) IRES, ed analogamente per l’imposta sul valore aggiunto (a decorrere dal 1991 in
base a liquidazioni mensili o trimestrali a scelta del contribuente) e per l’IRAP (a decorrere dal
1997) di effettuare, a titolo di acconto dell’imposta dovuta per il periodo in corso, un versamento
che ha come parametro l’imposta dovuta per il precedente periodo. Gli acconti afferenti alle
imposte sul reddito, sull’IVA e sull’’IRAP, sono versati mediante delega irrevocabile con il modello
F24 ad un istituto di credito o alle Poste Italiane S.p.A.
Se il contribuente ritiene che l’imposta dovuta per l’anno in corso è inferiore a quella dell’anno
precedente, a causa della percezione di minor reddito o per maggiori detrazioni di imposta o per
crediti d’imposta, può abbandonare il metodo di calcolo storico e determinare l’acconto sulla base
dell’imposta stimata, applicando ad essa la medesima misura percentuale che avrebbe dovuto
applicare all’imposta dovuta per l’anno precedente.
IL VERSAMENTO UNITARIO E LA COMPENSAZIONE : i contribuenti possono versare
cumulativamente, mediante un versamento unitario, con contestuale compensazione dei crediti
dello stesso periodo: imposte sui redditi, addizionali sulle imposte sui redditi, ritenute alla fonte,
IVA, imposte sostitutive, IRAP, contributi previdenziali ed assistenziali ed interessi in ipotesi di
pagamento rateale dei tributi. A tal fine viene utilizzato il modello F24 alle Poste Italiane S.p.A. o
ad un istituto di credito.
La dottrina maggioritaria ritiene che il versamento unitario sia un istituto pubblicistico, che si dice
per comodità, di “compensazione fiscale” essendo il versamento unitario una somma algebrica di
partite debitorie e creditorie del contribuente: trattasi un’operazione contabile differente dalla
compensazione civile, contraddistinta, peraltro, da un ristretto campo di azione. I crediti che
possono essere portati in compensazione sono quelli derivanti dalle dichiarazioni fiscali e quelli
derivanti dalle denunce periodiche previdenziali, possono essere portati in compensazione anche i
crediti d’imposta che scaturiscono da errori commessi dal contribuente nel caso abbia versato
importi maggiori.

LA RISCOSSIONE COATTIVA
La riscossione coattiva viene eseguita quando il versamento del tributo non è adempiuto
spontaneamente dal contribuente e può avvenire a mezzo ruolo o a mezzo di ingiunzione fiscale

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GLI ATTI PRODROMICI: COMUNICAZIONI DI IRREGOLARITÀ E L’AVVISO BONARIO : nel


procedimento di riscossione, per atti prodromici si intendono tutti quelli che l’amministrazione
finanziaria o l’agente della riscossione notifica al contribuente prima di procedere all’iscrizione ai
ruoli; tali atti hanno la duplice finalità di portare a conoscenza del contribuente che si sta
procedendo all’iscrizione a ruolo di somme a suo carico e quindi di evitare l’avvio della fase di
riscossione coattiva a mezzo ruolo. A tale fine ci sono:
● Comunicazioni di irregolarità : che originariamente avevano la funzione di colmare una
carenza legislativa che non consentiva al contribuente di conoscere il termine entro il quale era
stata eseguita l’attività di controllo, le comunicazioni di irregolarità non esprimono una pretesa
tributaria compiuta ed incondizionata, sono meri inviti a fornire documenti, dati, ed elementi
non considerati dall’amministrazione o erroneamente valutati dalla stessa ai fini della
liquidazione, pertanto essi non sono impugnali.
● Avvisi bonari : prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi
risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione,
l’amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente a fornire chiarimenti necessari entro un
termine congruo di 30 gg., i provvedimenti emessi in mancanza di tale formalità sono nulli.
Infatti la giurisprudenza tributaria afferma che la mancanza di avviso determina la nullità
insanabile della successiva cartella esattoriale che diviene priva di una condizione di validità
dell’azione di riscossione; la stessa A.F. è concorde nell’affermare che l’avviso fa parte del
procedimento di riscossione del tributo, e quindi ha carattere obbligatorio. Si può ritenere
ammissibile l’impugnazione degli avvisi bonari (Cassazione) quando questi contengono una
pretesa tributaria compiuta e definita, anche se la loro mancata impugnazione non comporta la
cristallizzazione della pretesa tributaria (questa è la differenza che li contraddistingue dalle
comunicazioni di irregolarità).
Sia le comunicazioni di irregolarità che gli avvisi bonari non sono indicati negli atti impugnabili
espressamente elencati (art.19 d.lgs. 546/1992).
IL RUOLO : il ruolo è l’atto fondamentale per procedere alla riscossione coattiva del tributo; in
particolare il ruolo è un atto amministrativo che racchiude un elenco di somme da riscuotere (per
imposte, interessi, sanzioni), formato dall’Ufficio ai fini della riscossione coattiva a mezzo
concessionario; nel ruolo deve essere indicato il codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo,
la data in cui il ruolo diviene definitivo e il riferimento all’eventuale precedente atto di
accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa tributaria. -
Oggetto e specie dei ruoli : nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi dovute dai
contribuenti; la disciplina attuale prevede due specie di ruoli :
-ruoli ordinari : dove sono confluiti i ruoli principali
-ruoli straordinari : sono formati quando vi è un fondato pericolo per la riscossione

L’Ufficio competente forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari
operano e che ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il
domicilio fiscale in un Comune compreso nell’ambito territoriale. Non si può procedere a iscrizione
a ruolo per somme inferiori a €10,33.
Iscrizioni a titolo definitivo : sono iscritti a titolo definitivo nei ruoli le imposte e le ritenute
liquidate al netto dei versamenti diretti, le imposte, le maggiori imposte, le ritenute alla fonte
liquidate in base ad accertamenti divenuti definitivi ed i relativi interessi, soprattasse e pene
pecuniarie.

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Iscrizioni a titolo provvisorio : le iscrizioni provvisorie vengono effettuate nei ruoli in base ad
accertamenti non definitivi; ed inoltre vengono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli: le imposte, i
contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio e non ancora definitivi,
dopo la notifica di accertamento.
LA CARTELLA DI PAGAMENTO : la cartella è l’atto di riscossione con cui si porta a conoscenza del
contribuente il ruolo limitatamente alla partita iscritta a suo carico e si avanza la pretesa
tributaria; tale atto è notificato dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal
concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero dai messi comunali o dagli agenti della
polizia municipale, la notifica può avvenire anche mediante l’invio di una raccomandata con avviso
di ricevimento. Quando la notificazione della cartella di pagamento avviene nelle mani proprie del
destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, non è richiesta la
sottoscrizione dell’originale da parte del consegnatario.
La questione dei termini di notifica è stata al centro di un dibattito dottrinale e giurisprudenziale
per lungo tempo; la questione muoveva dal sospetto di incostituzionalità in quanto non era
previsto per il concessionario della riscossione un termine per la notifica del ruolo: in mancanza di
tale termine il contribuente poteva ricevere notifica dell’atto in questione fino alla fine del termine
decennale di prescrizione, che se interrotto dal ricevimento di un avviso di mora, poneva il
contribuente in una condizione di una indefinita soggezione e incertezza all’azione esecutiva del
Fisco; in quanto il contribuente poteva conoscere la pretesa erariale solo al momento della notifica
della cartella, non era più in grado né di dimostrare l’eventuale infondatezza della pretesa del fisco
né controllare la legittimità dell’azione dell’A.F.

Dopo gli interventi della Corte di Cassazione è intervenuta con sentenza nel 1997 dichiarando
l’illegittimità della liquidazione delle imposte dovute in base alla dichiarazione dei contribuenti
effettuata oltre il 31 dicembre dell’anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione;
e sotto la spinta della Corte costituzionale nel 2005, il legislatore ha reso irrilevante tutta la fase
amministrativa della formazione e della consegna dei ruoli ed ha considerato il solo termine di
notificazione della cartella di pagamento; infatti l’attuale formulazione (2015) prevede che il
concessionario notifichi la cartella di pagamento, al debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei
confronti dei quali procede, a pena di decadenza, entro il 31 Dicembre, per i tributi erariali:
² del terzo anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione per le somme che
risultano dovute a seguito di attività di liquidazione
² del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione per le somme
che risultano dovute a seguito dell’attività del controllo formale
² del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le
somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio
² nel caso di riscossione coattiva dei tributi locali, la cartella di pagamento o l’ingiunzione
fiscale, devono essere notificati al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 Dicembre del
terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo

Responsabile del procedimento : per quanto concerne il responsabile del procedimento, è stato
posto l’obbligo (a partire dal 1° Giugno 2008) di indicare, sotto pena di nullità, il responsabile del
procedimento di iscrizione a ruolo e quello di emissione di notifica della cartella di pagamento,
ovviamente l'indicazione va fatta nl cartella di pagamento.

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Motivazione : un altro elemento essenziale della cartella di pagamento è la motivazione che, come
ha chiarito la Cassazione, alle cartelle di pagamento si applicano i principi di ordine generale
sull’obbligo di motivazione fissati per ogni provvedimento amministrativo; sempre la Cassazione ha
affermato che <<la cartella di pagamento emessa deve contenere, in forma comprensiva e non
criptica, l’indicazione della qualifica e dell’ammontare del tributo richiesto>>.

Modalità di pagamento : è previsto che il pagamento delle somme iscritte a ruolo può essere
effettuato presso gli sportelli del concessionario, le agenzie postali e le banche, i costi
dell’operazione sono posti a carico del contribuente; fuori del territorio nazionale il pagamento può
essere effettuato mediante bonifico bancario sul contro corrente bancario indicato dal
concessionario nella cartella di pagamento.

Modalità di pagamento mediante compensazione volontaria del debito iscritto a ruolo con
credito d’imposta : l’Agenzia delle Entrate, in sede di rimborsi d’imposta, verifica se il beneficiario
risulta iscritto a ruolo e, in caso affermativo, trasmette la segnalazione all’agente della riscossione,
quest’ultimo notifica all’interessato una proposta di compensazione tra credito d’imposta e
debito iscritto a ruolo, sospendendo l'azione di recupero e invitando il deb a dare comunicazione
dell’accettata proposta entro 60 gg., in caso di accettazione, l’agente della riscossione incassa le
somme entro i limiti dell’importo complessivamente dovuto iscritto a ruolo. In caso d rifiuto cessao
gli effetti dl sospensione dl riscossione e e l'agente dl riscossione comunica all'agenzia dl entrate
che nn ha ottenuto l'adesione dl interessato alla proposta d compensazione.

Accertamento esecutivo :con il d.l. 78 del 2010 è stato introdotto il c.d. accertamento esecutivo
(che diventa cn il trascorso dl tempo automaticamente titolo su cui fondare l'esecuzione esattoriale
in luogo dl storica cartella di pagamento) al fine di velocizzare e semplificare la riscossione per gli
avvisi di accertamento concernenti le imposte dirette e l’IVA nonché i connessi provvedimenti di
irrogazione delle sanzioni emessi il 1 Ottobre 2011 e relativi ai periodi d’imposta in corso dal 21
Dicembre 2007 e successivi; la riscossione delle somme risultanti a ruolo è affidata agli agenti della
riscossione anche ai fini dell’esecuzione forzata.
Dalla notifica all’inizio della procedura di esecuzione forzata intercorre un arco temporale di circa
270 gg. , infatti:
 gli atti diventano esecutivi decorsi 60 gg. dalla notifica: pertanto in caso di inadempimento
totale se l’atto non è impugnato o inadempimento parziale in caso di tempestiva
presentazione del ricorso, decorrono 30 gg. per il pagamento
 una volta decorsi infruttuosamente i 30 gg. per il pagamento, l’agente della riscossione,
sulla base del titolo esecutivo così formato e senza la preventiva notifica della cartella di
pagamento, può procedere ad espropriazione (esecuzione) forzata con i poteri, le facoltà e
le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo
 tuttavia l’esecuzione forzata è inibita ex lege, per ulteriori 180 gg. , ma tale ultima
sospensione non opera in diversi casi soprattutto quando l’Agenzia delle Entrate abbia il
fondato timore che vi sia pericolo per l’esito positivo della riscossione (invero in tal caso non
opera neppure il termine di 30 gg. per proporre ricorso , per cui l’esecuzione forzata può
avere inizio decorsi 60 gg.) ne per le azioni cautelari e conservative
Quindi : 60 gg. dalla notifica + 30 gg. utili per il pagamento + 180 gg. di sospensione ex lege
dell’esecuzione forzata = 270 gg.

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LA DILAZIONE DI PAGAMENTO DELLE SOMME ISCRITTE A RUOLO : in materia di dilazioni di


pagamento delle somme iscritte ai ruoli, la competenza del provvedimento di rateizzazione è
attribuito all’agente della riscossione (Equitalia S.p.A.) o a sue società partecipate. Secondo l’attuale
formulazione, l’Agente della riscossione, su richiesta del contribuente, può concedere, nelle
situazioni di obiettiva difficoltà dello stesso, la dilazione del pagamento delle somme iscritte a
ruolo fino ad un massimo di 72 rate mensili, il debitore perde tale beneficio in caso di mancato
pagamento della prima rata o, successivamente, di 2 rate consecutive, e l’intero importo del ruolo
diviene immediatamente ed automaticamente riscuotibile in un'unica soluzione.
Equitalia ha cercato di individuare criteri generali ed obiettivi per l’accertamento della
“temporanea situazione di obiettiva difficoltà”:
● per le persone fisiche e gli imprenditori individuali in regime di contabilità semplificata:
rilevano due parametri cioè l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (I.S.E.E.) del
nucleo familiare; e l’entità del debito
● per le società di capitali, società cooperative, mutue assicurazioni, società di persone ed
imprenditori individuali in regime di contabilità ordinaria: rileva la capacità di far fronte ai debiti
di prossima scadenza con propri mezzi, accertata mediante l’applicazione dell’indice di
“Liquidità”, che è l’indice impiegato nelle analisi di bilancio per stabilire la maggiore o minore
capacità dell’impresa ad assolvere gli impegni finanziari a breve termine delle proprie
disponibilità liquide; inoltre le società di capitali, cooperative e mutua assicurazione devono
presentare una copia dell’ultimo bilancio e una relazione dello stato economico patrimoniale

La discrezionalità per l’agente della riscossione è una discrezionalità di tipo tecnico, poiché se
sussistono tali requisiti di “temporanea situazione di obiettiva difficoltà”, secondo il principio di
imparzialità e di buon andamento delle pubbliche amministrazioni, tale dilazione di pagamento
deve essere concessa.
In ultimo c’è la possibilità di chiedere la proroga per le rateazioni concesse entro il 28 Dicembre
2011, anche se c’è stata decadenza della rateazione, per un ulteriore periodo di 72 mesi, a patto
che il debitore provi il peggioramento della sua situazione di difficoltà.
Con dlgs 159/15 viene uniformato il numero minimo d rate (8 trimestrali) ed elevato il numero
massimo dl stesse che sale da 12 a 16. Sono poi introdotte disp volte a ampliare l'ambito
applicativo dl istituto d rateizzazione dei deb trib , in particolare procedendo ad 1 revisione dl
disciplina sanzionatoria prevedendo che ritardi d breve durata nn comportino l'automatica
decadenza dl beneficio dl rateizzazione . Le rate impagate che comportano la decadenza sono 5
anche nn consecutive.
L’INGIUNZIONE FISCALE : è la modalità di riscossione dei tributi locali quando questi sono riscossi
direttamente dagli enti locali, anche attraverso proprie società partecipate o unioni di Comuni
oppure ai concessionari (cd. minori) iscritto nell’apposito albo. Secondo la consolidata
giurisprudenza, l’ingiunzione ha natura di atto amministrativo complesso, il quale, non ha solo la
funzione di formale accertamento del credito, ma cumula in sé anche le caratteristiche di forma e
di efficacia di titolo esecutivo e di precetto.
Circa l’impugnabilità dell’ingiunzione fiscale, va chiarito, innanzitutto, che è un atto amministrativo
recettizio che esplica i suoi effetti nel momento in cui si perfeziona la notifica ovvero quando viene
a conoscenza del destinatario; l’ingiunzione consiste in un ordine di pagamento con il quale l’ente
impositore intima di pagare l’importo richiesto entro un preciso arco di tempo. La Corte di
Cassazione ha precisato che il giudice competente a sindacare la legittimità dell’ingiunzione fiscale
è il giudice tributario (non quello ordinario).

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LE AZIONI ESPROPRIATIVE : il ruolo, una volta scaduto infruttuosamente il termine di 60 gg. dalla
data di notifica della cartella di pagamento, e l’ingiunzione fiscale, scaduto l’analogo termine
concesso per il pagamento, se non vi è impugnazione, diventano ope legis titoli esecutivi ai fini
delle azioni cautelari, conservative ed espropriative.
Il procedimento di espropriazione forzata è regolato dalle norme del codice di procedura civile, ma
con alcune deroghe, una differenza rilevante tra le due discipline è che l’Agente della riscossione
assume tutte le funzioni di competenza degli Ufficiali giudiziari e provvede direttamente alla
vendita dei beni pignorati senza autorizzazione dell’autorità giudiziaria, governando così tutto il
procedimento espropriativo, salvo l’intervento del giudice dell’esecuzione in sede di riparto ed
assegnazione delle somme ricavate dalla vendita. Il giudice esecutore:
a) può nominare uno stimatore ai fini della determinazione del prezzo degli oggetti preziosi
b) su istanza del debitore o dell’agente della riscossione ordinare la pubblicità degli incanti a mezzo
giornale o altra forma idonea di pubblicità
c) esercita il controllo di legittimità sull’operato dell’agente della riscossione (che è tenuto al
risarcimento dei danni al seguito di autonomo giudizio dopo il compimento dell’esecuzione forzata
d) può sospendere il procedimento esecutivo qualora ricorrano gravi motivi e vi sia fondato
pericolo di grave ed irreparabile danno.
Circa le azioni espropriative, il legislatore ha previsto tre forme di espropriazione forzata: 1-
espropriazione mobiliare 2espropriazione immobiliare 3- espropriazione presso terzi :
1- Espropriazione mobiliare : l’agente della riscossione deve astenersi dal pignoramento o
desistere dal procedimento quando è dimostrato che i beni appartengano a persona diversa dal
debitore iscritto a ruolo o dai coobbligati, tale dimostrazione può essere offerta solo mediante
esibizione di atto pubblico o di scrittura privata autenticata: il diritto di proprietà opponibile
all’agente della riscossione deve essere sorto in base ad un titolo o documenti certi, prima della
nascita della pretesa tributaria iscritta a ruolo
2- Espropriazione immobiliare : molte sono le deroghe alla disciplina dell’espropriazione
immobiliare dettate dal codice di procedura civile. Innanzitutto il concessionario può procedere
all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui si procede supera
complessivamente €8.000. Il criterio di determinazione del prezzo base dell’incanto nella
procedura di espropriazione si richiama alle regole di valutazione automatica degli immobili, in
base alla rendita catastale, superando in questo modo le lungaggini dei tempi di estimazione a
mezzo consulenza tecnica d’ufficio.
3- Espropriazione presso terzi : particolarmente coercitivo ed immediato è il procedimento di
espropriazione dei beni mobili o crediti del debitore presso terzi, infatti è previsto che l’agente
della riscossione, senza citare in giudizio il terzo per l’accertamento del credito può rivolgere
direttamente a questi l’ordine di versare le somme dovute e già maturate entro 15 gg. dalla
notifica dell’atto di pignoramento; l’agente della riscossione, prima di procedere al pignoramento,
può chiedere ai soggetti debitori del soggetto esecutato, le cose e le somme da loro dovute al
soggetto iscritto a ruolo. Strumentale all’espropriazione presso terzi è anche l’istituto del blocco
dei pagamenti da parte di pubbliche amministrazioni a soggetti iscritti nei ruoli.
L’iter della riscossione in sintesi
Æ ATTI PRODROMICI - COMUNICAZIONI DI IRREGOLARITÀ E AVVISI BONARI: se il
contribuente non accetta l’invito a fornire chiarimenti o non si conforma alle pretese tributarie si
passa a
Æ ISCRIZIONE AI RUOLI E NOTIFICA DELLA CARTELLA DI PAGAMENTO: una volta avvenuta
l’iscrizione nei ruoli e avvenuta la notifica della cartella di pagamento se il contribuente, entro 60

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gg. dalla notifica dell’atto, non ha provveduto ad adempiere al pagamento della pretesa tributaria
o non ha impugnato il provvedimento, gli atti diventano titoli esecutivi e si procede alle
Æ AZIONI ESPROPRIATIVE

IL FALLIMENTO E LE SOLUZIONI CONCORDATARIE


Ex ART 87 dpr 602/73 il concessionario può per conto dl agenzia dl entrate presentare il RICORSO DI
FALLIMENTO utilizzando il ruolo x chiedere l'ammissione al passivo dl procedura. La giurisp ha
chiarito che in caso d fallimento dl deb i crediti iscritti a ruolo ed azionati dalla societa concessionaria
x la riscossione seguono l'iter processuale prescritto x gli altri crediti concorsuali , risultando
legittima la rich d ammissione al passivo se dl caso cn riserva sl base dl sola iscrizione a ruolo, senza
che occorra la preventiva notifica dl cartella esattoriale al curatore dl fallimento.
il ruolo è altresi titolo da utilizzare nl procedura d concoradato preventivo che prevede la redazione
di 1 piano di soddisfacimento ridotto dei crediti sotto la vigilanza dl trib, d'intesa cn i cred. L'agente
dl risc a cui venga comunicata la proposta d concordato la trasmette senza ritardo all'agenzia dl
entrate e la approva espr o omettendo d esprimere dissenso in base alla formale autorizzazione dl
agenzia titolare dl dir d credito sottostante.
Mlt usato è anche l'accordo di ristrutturazione dei debiti che s fonda su 1 accordo cn tnt cred che
rappresentino almeno il 60% dei crediti e sl relazione di 1 professionista che ne attesti l'attuabilita.
Tale accordo richiede lo stato dl insolenza e l'intervento dl trib in fase prefallimentare.
Del pari apprezzata è la TRANSAZIONE FISCALE cioè 1 proposta di pagamento parziale o dilazionato
dei tributi che va fatta con apposito piano di concordato preventivo .

PARTE III – LE AZIONI E I PROVVEDIMENTI DI GARANZIA DEI CREDITI ERARIALI

LE AZIONI E I PROVVEDIMENTI DI GARANZIA DEI CREDITI ERARIALI : REVOCATORIA – SEQUESTRO


CONSERVATIVO – ISCRIZIONE AD IPOTECA DEGLI IMMOBILI DEL DEBITORE E DEI COOBBLIGATI –
FERMO AMMINISTRATIVO DEI BENI MOBILI REGISTRATI
Il d.lgs. 602/1973 (art.49 1° comma) riconosce al concessionario il potere di procedere la recupero
delle somme affidategli, ai fini del contrasto al fenomeno dell’evasione da riscossione il legislatore
ha inteso rafforzare le competenze dell’agente della riscossione, infatti quest’ultimo può tutelare la
pretesa erariale attraverso molteplici mezzi di conservazione del patrimonio del soggetto iscritto a
ruolo:
² Revocatoria : l’azione revocatoria (art. 2901 c.c.) tende a far dichiarare l’inefficacia di tutti
quegli atti con i quali il debitore trasferisce agli altri un diritto che gli appartiene (ad es. vendita di
un immobile, cessione del credito), ovvero costituisce diritti a favore di terzi (ipoteca), con
conseguente insufficienza del suo patrimonio a garantire il soddisfacimento del creditore.

² Sequestro conservativo : il sequestro conservativo (art. 2905) ha lo scopo di bloccare i beni


disponibili del debitore nel patrimonio dello stesso, ancorandoli alle ragioni dell’esecuzione
forzata, rendendo inopponibili al creditore procedente gli effetti degli atti concernenti i beni
sottoposti a sequestro conservativo.

² Iscrizione ad ipoteca degli immobili del debitore e dei coobbligati : l’art. 77 del d.p.r.
602/1973 dispone che il ruolo, decorso inutilmente il termine di 60 gg. dalla notifica della cartella
di pagamento costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati
per un importo pari al doppio dell’importo complessivo del credito erariale iscritto,e se l’importo

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complessivo del credito per cui si procede non supera il 5% del valore dell’immobile da
sottoporre ad espropriazione il concessionario prima di procedere all'esecuzione deve iscrivere
ipoteca.
Se il debito non viene estinto entro i 6 mesi dall’iscrizione ad ipoteca, lo stesso concessionario
procede all’espropriazione forzata immobiliare. Per accendere ipoteca occorre che il cred erariale
ammonti ad almeno 20.000 euro complessivi, tale iscriz necessita dl notificaz d 1 comunicaz
preventiva al deb che lo renda edotto dl immenente cautela. Si è inoltre posto il probl dl giurisd
inerente le controversie ad ogg il provv d ipoteca esattoriale nn essendo espr indicato tale atto
tra ql indicati dall19 DLGS 546/92, il legisl cn L223 e 248/06 ha incluso tale provv d iscrizione di
ipoteca tra gli atti impugnabili innanzi al giud trib.

² Fermo amministrativo dei beni mobili registrati : l’art. 86 del d.p.r. 602/1973 dispone che il
concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti in
pubblici registri, dandone notizia alla direzione generale delle entrate ed alla regione di
residenza; in particolare il fermo si esegue mediante iscrizione, a cura del concessionario, del
relativo provvedimento nei registri dei beni mobili (ossia il Pubblico Registro Automobilistico
P.R.A. tenuto dall’ A.C.I.) che ne da comunicaz alla direz regionale dl entrate ed alla regione di
residenza; il fermo trova applicazione anche se il bene registrato risulti di facile reperibilità e a
disposizione degli ufficiali giudiziari.
L'iscriz dl fermo nei registri di fatto nn precludeva la circolaz dl veicolo essendo sottoposto solo a
sanz pecuniaria amm alla quale d recente tuttavia è stata aggiunta la confisca dl veicolo,
inbendone l'uso. Le disp dl ART 86 hanno fatto sorgere questioni circa la poss d eseguire o meno
il fermo anche in assenza d decreto ministeriale e quella riguardante la natura giuridica dl fermo
ai fini di stabilirne la giurisdizione.
Il primo probl è stato risolto chiarendo che fino all'emanaz dl decreto ministeriale il fermo può
essere eseguito dal concessionario sui veicoli a motore nl rispetto dl disp relative alle modalita di
iscriz e d cancellaz ed agli effetti dl iscriz. Per qnt riguarda il 2° probl il fermo rientra tra gli atti
impugnabili dinnanzi al giud trib , tuttavia permangono dubbi circa la sua natura giu, a proposito
generalmente si ravvisa la sua natura di procedimento cautelare strumentale alla succ fase
esecutiva
Il fermo amministrativo, quindi, è da ritenersi il risultato dell’azione di un soggetto privato,
concessionario di pubblici servizi, che emette un provvedimento amministrativo, in virtù di un
potere discrezionale, incidente sulla situazione giuridica soggettiva del contribuente di interesse
(legittimo) al corretto esercizio dello stesso.

PARTE V – I RIMBORSI

I CREDITI D’IMPOSTA E LE VARIE TIPOLOGIE DI RIMBORSO : il rimborso in materia tributaria si


confronta con il corrispondente istituto civilistico della ripetizione dell’indebito disciplinato
dall’art.2033 c.c. che recita: <<chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò
che ha pagato>>; seppure manchi in materia tributaria una norma che disciplina specificatamente
la ripetizione dell’indebito, non può dubitarsi che il divieto di arricchirsi ingiustificatamente ai danni
di altri, in quanto espressione di un principio generale dell’ordinamento, vige anche nell’ambito del
diritto tributario. La legittimità della sussistenza al diritto di rimborso è anche collegata all’art.53
Cost., infatti in virtù del principio di capacità contributiva, nessuno può essere chiamato a
corrispondere pagamenti superiori o non dovuti in base alla propria capacità contributiva.

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Il contribuente può vantare un credito nei confronti del fisco per varie ragioni : perché ha versato
una somma non dovuta, perché ha versato acconti che superano il dovuto o perché si sono
verificate situazioni a cui il legislatore collega il sorgere di un credito d’imposta; la dottrina ha
cercato di tenere distinti i rimborsi fisiologici o strutturali dove le somme versate erano
originariamente dovute (ad es. rimborso da acconti o altri versamenti fatti provvisoriamente, o
somme iscritte a ruolo provvisoriamente poi risultate superiori al dovuto in sede di liquidazione)
dai rimborsi patologici o accidentali nei quali rientrano le somme versate che già all’origine erano
indebite (per errore di calcolo o per errata interpretazione di una norma). Pertanto nell’ambito dei
rimborsi bisogna distinguere :

1- RIMBORSO DA ACCONTI (o altre somme debitamente versate) : in quanto la restituzione si


realizza in presenza di una situazione creditoria del contribuente scaturente da fattispecie
agevolative, equitative o di aiuto finanziario
2- CREDITO D’IMPOSTA (IN SENSO TECNICO) : quando si riferisce ad una situazione creditoria
diversa da quella ottenuta con indebito, e votata alla compensazione
3- RIMBROSO DA INDEBITO VERSAMENTO : che sorge a favore di un soggetto che corrisponde
una somma non dovuta, le fattispecie generatrici del rimborso da indebito si collegano sia a)
fattispecie collegate all’attuazione dei tributi sia a b) fattispecie collegate all’illegittimità di
norme impositrici :
a) Fattispecie collegate all’attuazione dei tributi : a queste possono ricondursi le ipotesi che
riguardano la presentazione di un’errata dichiarazione con relativa liquidazione e versamento
d’imposta maggiore al dovuto, oppure in ipotesi di accertamento dove l’Ufficio determini un
debito maggiore rispetto a quello dovuto, o in ipotesi di errori riguardanti le ritenute dirette, i
versamenti diretti o somme iscritte a ruolo e non dovute.
b) Fattispecie collegate all’illegittimità di norme impositrici : si riferiscono alle ipotesi più
frequenti che riguardano i casi in cui il pagamento indebito sia stato effettuato :
² sulla base di una norma che non esista
² sulla base di un decreto legge non convertito
² sulla base di una norma che sia stata abrogata retroattivamente
² in ossequio ad una norma che successivamente sia stata dichiarata incostituzionale oppure
ad una norma che sia incompatibile con la norma tributaria comunitaria : per quanto
riguarda il pagamento dei tributi regolati da norma che successivamente vengono
dichiarate incostituzionali, il dies a quo per poter esercitare il diritto al rimborso nasce in
seguito alla sentenza di illegittimità costituzionale pronunciata dalla Corte Costituzionale,
allo stesso modo delle sentenze di incompatibilità comunitaria, con esclusione dei casi in
cui i rapporti si sono esauriti (in tal modo la giurisprudenza, per poter evitare una portata
troppo ampia e incontrollabile delle decisioni della Corte Costituzionale, tenendo conto che
le sentenze costituzionali hanno efficacia ex tunc (dall’origine) e di conseguenza
considerano l’obbligazione tributaria inesistente ab origine, in entrambi i casi si vuole così
limitare l’efficacia retroattiva delle sentenze ex tunc).
IL RIMBORSO D’UFFICIO : l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate deve provvedere ad effettuare il
rimborso d’ufficio di tutto ciò che risulta non dovuto dal contribuente qualora emergano:
² errori materiali o duplicazioni dovuti allo stesso Ufficio dell’Agenzia delle Entrate
² eccedenze di acconti e ulteriori versamenti provvisori rispetto all’imposta liquidata in base
alla dichiarazione
² crediti d’imposta derivanti dalla medesima dichiarazione

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Trattasi, in tutti questi casi, di versamenti provvisori dovuti, che poi in via di definitiva liquidazione
risultano in parte indebiti: in tali circostanze l’Ufficio dovrà provvedere alla ripetizione
dell’indebito, non solo senza l’istanza della parte interessata, ma anche senza che il contribuente
abbia fatto menzione del credito nella sua dichiarazione annuale. Se l’Ufficio non provvede
autonomamente ad effettuare il rimborso, il contribuente dovrà presentare un’apposita istanza
entro il termine prescrizionale di dieci anni, e qualora l’Ufficio non risponda, il contribuente dovrà
presentare ricorso avverso il silenzio rifiuto alle Commissioni tributarie, in tal caso il contribuente
oltre a chiedere la condanna al pagamento da parte dell’A.F. , potrà chiedere gli interessi maturati
per il ritardo del rimborso.
PROCEDIMENTO DI RIMBORSO E TUTELA GIURISDIZIONALE AVVERSO IL DINIEGO : tanto il rifiuto
tacito quanto quello espresso con provvedimento dell’A.F. presuppongono una precedente attività
del creditore cioè la proposizione di una apposita istanza di rimborso. Il termine decadenziale
entro il quale deve essere presentata l’istanza di rimborso è di 2 anni ma ha carattere residuale e
pertanto questo termine è valido solo qualora non vi siano specifiche disposizioni che regolino le
singole imposte, quindi :
● per il rimborso di ritenute e versamenti diretti i termini decadenziali per presentare la
domanda di rimborso sono di 48 mesi
● per il rimborso di imposte indirette : di 3 anni, decorrente dal pagamento indebito (ad es.
imposta di registro, imposta sulle donazioni, successioni etc.)
● per il rimborso dei crediti IVA la domanda di rimborso va presentata entro il termine di
decadenza di 2 anni
L'istanza di rimborso dv essere comunicata all'ufficio comp (ufficio locale comp) in base al domicilio
fiscale dl contr creditore, tale istanza interrompe i termini sia ai fini dl prescrizione che dl
decadenza (anche se pres a ufficio incompetente) e qualora nn vi sia risp o qualora qsta sia
negativa rispetto al ric dl credito vantato, si può impugnare il diniego davanti alle comm trib
provinciali.

Diniego di rimborso : se la domanda è esplicitamente respinta, il rifiuto espresso è atto


impugnabile dinanzi alla commissione tributaria entro 60 gg.; se l’Amministrazione rimane inerte
per 90 gg. esprimendosi con il silenzio il rifiuto, l’interessato può proporre ricorso alla
commissione tributaria dopo il novantesimo; la sentenza di accoglimento emessa in seguito ad un
giudizio instaurato con ricorso avverso un rifiuto espresso, sarà una sentenza di annullamento
dell’atto impugnato; invece la sentenza di accoglimento avuta a seguito di un giudizio instaurato
con ricorso avverso rifiuto tacito sarà di accertamento del credito del contribuente, sempre con
condanna al rimborso.

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CAPITOLO XI – LA GIUSTIZIA TRIBUTARIA

PARTE I – IL PROCESSO E LA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA: I PRINCIPI

I CARATTERI DEL PROCESSO TRIBUTARIO: IL GIUDIZIO DI IMPUGNAZIONE-MERITO E


L’IDIVIDUAZIONE DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA
Il processo tributario nasce come contenzioso amministrativo; le commissioni tributarie,
originariamente nate come organi competenti in materia di accertamento dei redditi, hanno
subito un travagliato processo di “giurisdizionalizzazione” consacrato solo all’inizio degli anni 70
solo a seguito del riconoscimento della giurisdizionalità delle Commissioni tributarie è stato
possibile recepire alcuni dei principi fondamentali di ogni tipo di processo, quali, ad es. la
ripartizione dell’onere della prova tra le parti in giudizio e l’applicazione del principio del
contraddittorio. Detti principi hanno trasformato il processo tributario in un processo vero e
proprio.
Anche se è indubbio che l’interesse fiscale merita tutela di particolare rilievo, essendo il dovere
tributario un dovere inderogabile di solidarietà, commisurato alla capacità contributiva, l’interesse
fiscale non dovrebbe mai attenuare il diritto alla difesa e le regole del giusto processo sanciti
nell’art. 111 Cost.
Il sistema del contenzioso tributario è essenzialmente disciplinato dai dd.llgs. n. 545 e 546 del
1992. La legge n.69 del 2009 ha apportato al codice di procedura civile numerose modifiche, le
modifiche del processo civile possono essere distinte in: disposizioni che si applicano al processo
tributario in quanto riguardano fattispecie non disciplinate dal d.lgs. n.546 del 1992; e in
disposizioni che non si applicano in quanto incompatibili con il processo tributario o per la
sussistenza di norme autonome nel d.lgs. n.546 del 1992.
La Corte di Cassazione ha limpidamente chiarito che il processo tributario non è annoverabile tra
quelli di “impugnazione-annullamento”, ma tra i processi di “impugnazione-merito”, in quanto non
è diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di
merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente, che del procedimento dell’ufficio.

L’individuazione della giurisdizione tributaria : fino al 2001 la giurisdizione delle commissioni


tributarie aveva per oggetto soltanto le liti relative ad un specifico elenco di tributi, mentre le liti
relative agli altri tributi appartenevano alla giurisdizione dei giudici ordinari. Dal 2002 la
giurisdizione delle commissioni tributarie è stata ampliata e comprende tutte le controversie aventi
ad oggetto i tributi di ogni genere e specie compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il
contributo per il servizio sanitario nazionale, nonché le sovraimposte e le addizionali, le sanzioni
amministrative comunque irrogate da uffici finanziari, gli interessi ed ogni altro accessorio; inoltre
sono state considerate rientranti nella giurisdizione tributaria alcune controversie in materia
catastale. In definitiva il giudice tributario, attualmente, è competente a conoscere tutte le
controversie in materia di tributi di ogni genere e specie comunque denominati, unitamente ad
un ampia competenza di carattere incidentale in merito a qualsiasi questione da cui dipende la
decisione sul rapporto principale, escluse quelle in materia di querela di falso e stato di capacità
delle persone e con esclusione, in via principale, delle controversie riguardanti gli atti di esecuzione
forzata tributaria: da ciò deriva che l’oggetto della giurisdizione tributaria ha ormai assunto
carattere di generalità.
Inoltre va delineandosi, da qualche tempo, l’esistenza di una giurisdizione comunitaria dei giudici
tributari, infatti il giudice nazionale tributario è tenuto a pronunciarsi direttamente in ogni stato e
grado del giudizio su questioni di incompatibilità della legislazione fiscale nazionale con le norme
del Trattato UE.

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La giurisdizione tributaria, essendo di impugnazione-merito, è subordinata all’impugnazione di


uno degli atti normativamente indicati nell’art.19 del d.lgs. 546 del 1992, pertanto, con riguardo
all’estensione della giurisdizione tributaria, accanto al “limite materiale” si delinea uno specifico
“limite funzionale” al di fuori di una determinata controversia potrà rientrare nella competenza del
giudice ordinario o, in alcuni casi, del giudice amministrativo. Tuttavia riguardo alla competenza di
giurisdizione esistono ancora orientamenti discordanti che si riflettono sull’individuazione da
parte del contribuente del giudice competente a conoscere la controversia. Tra i vari casi di
contrasto di giurisdizione :
● Sulle liti sostituto- sostituito in punto di ripartizione della giurisdizione è stato oggetto di
contrasto giurisprudenziale: nel medesimo giorno le Sezioni unite della Cassazione hanno
depositato due decisioni dal contenuto opposto
● La controversia tra il cedente e il cessionario in merito alla legittimità della rivalsa dell’IVA :
la Corte di Cassazione a Sezioni unite ha poi ribadito che appartiene alla giurisdizione ordinaria e
non a quella tributaria, quindi in ordine all’addebito della rivalsa dell’IVA la controversia fra
cliente e fornitore atterrebbe ad un rapporto privato
● Le domande relative agli interessi ed al risarcimento danni da svalutazione monetaria : non
si comprendono le ragioni in base alle quali appartengono alla cognizione delle commissioni
tributarie, sebbene quest’ultima presenti carattere autonomo rispetto alla domanda principale
inerente al rapporto tributario
In conclusione, il riferimento legislativo alle controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e
specie comunque denominati, porta a considerare che, sotto il profilo oggettivo, la controversia
potrà essere considerata tributaria solo nel caso in cui abbia ad oggetto l’accertamento del
rapporto giuridico di imposta; sul piano soggettivo la controversia deve necessariamente avere
come protagonisti da un lato il contribuente e dall’altro l’ente impositore.
Al di fuori di questi limiti la controversia non potrà qualificarsi tributaria in senso tecnico con la
conseguenza che non potrà essere legittimamente devoluta alla cognizione delle Commissioni
tributarie.
LA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA E LA TASSATIVITÀ DEGLI ATTI IMPUGNABILI
Il processo tributario si attiva con l’impugnazione di un provvedimento o comportamento
dell’A.F.; il legislatore divide gli atti impugnabili in due categorie: atti autonomamente impugnabili
(espressamente enumerati) e altri atti non impugnabili autonomamente (tali atti non sono indicati
espressamente):
ATTI AUTONOMAMENTE IMPUGNABILI : sono espressamente previsti dal legislatore nell’art.19
del d.lgs. 546 del 1992, ognuno di questi atti può essere impugnato solo per vizi propri e, per vizi
della attività ad essi presupposti (che non danno luogo a atti autonomamente impugnabili). La
mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto
notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo.
1) avviso di accertamento
2) avviso di liquidazione
3) provvedimento che irroga sanzioni
4) iscrizione a ruolo e cartella di pagamento
5) avviso di mora
6) atti delle operazioni catastali
7) rifiuto espresso o tacito di restituzione (rimborso)
8) diniego o revoca di agevolazioni e rigetto di domande di definizione agevolata 9) iscrizione
di ipoteca sugli immobili e fermo dei beni mobili registrati

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L’elenco degli atti autonomamente impugnabili sembra essere tassativo: una enumerazione
tassativa ammette letture estensive ma esclude integrazioni analogiche, infatti l’opinione
giurisprudenziale considera l’elenco tassativo ma interpretabile estensivamente: ciò consente di
ampliare la categoria degli atti autonomamente impugnabili (in quest’ottica la Corte di Cassazione
ha ritenuto impugnabili il cd. preavviso di fermo di beni mobili registrati emesso dall’agente della
riscossione, l’avviso di liquidazione per indebita detrazione, l’estratto di ruolo in quanto costituisce
una parziale riproduzione del ruolo).

ATTI NON AUTONOMAMENTE IMPUGNABILI (art. 19 3°comma d.lgs. 546/1992): sono gli atti
diversi da quelli espressamente previsti dal legislatore (ad es. il processo verbale di constatazione),
tali atti non sono impugnabili autonomamente: gli atti non autonomamente impugnabili sono
impugnabili con quelli autonomamente impugnabili; in pratica il contribuente quando riceve
notifica di un atto non autonomamente impugnabile dovrà attendere che gli giunga notifica di un
atto autonomamente impugnabile e proporre ricorso contro entrambi.
IL PRINCIPIO DEL GIUSTO PROCESSO, IL DIRITTO DI DIFESA E LA PARITÀ DELLE PARTI
L’art.111 Cost. sancisce che la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge
e che ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità dinanzi ad un
giudice terzo ed imparziale; si delinea, in tal modo, un modello al quale qualsiasi giudice ordinario
o speciale deve uniformarsi a prescindere dall’oggetto della tipologia di controversia considerata.
Pertanto la specificità del processo tributario non può essere invocata per escludere
l’applicabilità dell’art.111 anche a tale processo. Tanto il diritto alla difesa sancito nell’art. 24
Cost., tanto il principio della necessaria motivazione nell’originario art.111 Cost., non v’è dubbio
che anche il principio del contraddittorio, dell’imparzialità e della terzietà del giudice, attraverso
l’emanazione del nuovo art.111 sono stati incorporati nella Costituzione. Tuttavia il perfetto
adeguamento della disciplina del processo tributario con l’art. 111 Cost. non è stato raggiunto,
infatti nel processo tributario:
° dovrebbero essere semplificata l’instaurazione dei procedimenti di rimborso
° la discussione orale dovrebbe essere la regola
° in materia cautelare, sarebbe necessario riconoscere espressamente il potere del giudice di
appello di sospendere gli atti impugnati come in primo grado
In tal senso fa riflettere ciò che è disposto nel d.lgs. n.546 del 1992 che non prevede, allo scopo di
equilibrare le posizioni, la possibilità da parte del contribuente di produrre in giudizio
dichiarazioni di terzi quali prove testimoniali; tale possibilità, ancorché valutata ai fini indiziari
dalla giurisprudenza, non è contemplata da alcuna norma. Ma la prospettiva interpretativa della
Corte Costituzionale ritiene che in definitiva il valore della parità delle parti fosse già compreso nel
disposto degli artt. 3 e 24 Cost.; il richiamo alla parità di parti può essere utile sia in ordine
all’orientamento giurisprudenziale che attribuisce al giudice poteri officiosi, spendibili solo a favore
dell’A.F., al fine di tutelare l’interesse pubblico, che riguardo al regime delle eccezioni a favore
dell’A.F., oltre che in materia di decadenza.

PARTE II – GLI ORGANI E L’ORDINAMENTO DELLE COMMISSIONI TRIBUTARIE

LE COMMISSIONI TRIBUTARIE : a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n.545 del 1992 le
Commissioni tributarie si articolano in: Commissioni tributarie provinciali aventi sede in ciascun
capoluogo di provincia che giudicano in primo grado e Commissioni tributarie regionali aventi
sede in ciascun capoluogo di regione che giudicano in grado di appello.

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A ciascuna commissione tributaria è preposto un presidente che presiede anche la prima sezione; a
ciascuna sezione sono assegnati un presidente, un vicepresidente e non meno di 4 giudici tributari;
il collegio giudicante è però costituito da 3 membri, tra cui il presidente o il vicepresidente di
sezione, che lo presiede.
I componenti delle commissioni tributarie sono nominati con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Ministro dell’Economia e delle Finanze. I presidenti delle commissioni
tributarie e delle loro sezioni sono scelti tra magistrati ordinari, amministrativi o militari, in servizio
o a riposo; i vicepresidenti tra gli stessi magistrati o tra i componenti che hanno esercitato per
almeno 5 anni (commissioni provinciali) o 10 anni (commissioni regionali) le funzioni di giudice
tributario. I componenti delle commissioni tributarie cessano dall’incarico al compimento del 75°
anno di età; la nomina non costituisce un rapporto di pubblico impiego, i giudici tributari
percepiscono un compenso fisso mensile e un compenso aggiuntivo per ogni ricorso deciso.
Dlgs 546/92 richiama le norme dl cpc in materia di astensione e ricusazione dei componenti dl
comm tributarie in qnt applicabili.
GLI UFFICI DI SEGRETERIA : le commissioni tributarie sono supportate da uffici di segreteria,
dipendenti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, e svolgono attività preparatorie all’udienza
e assistono ai collegi giudicanti; per ciascuna commissione tributaria regionale è operativo un
ufficio del massimario che provvede a rilevare, classificare e ordinare le decisioni delle commissioni
tributarie provinciali e regionali; predetti al servizio di tale ufficio sono un congruo numero di
giudici, di cui uno con funzioni di direttore, in pratica lo scopo dell’Ufficio del massimario è quello
di alimentare la banca dati del servizio di documentazione tributaria.
Gli uffici di segreteria oltre ad essere organi di assistenza alle commissioni tributarie sono anche
investiti di funzioni che la legge attribuisce loro direttamente; tali funzioni possono essere
concorrenti con quelle del giudice: redazione del processo verbale di udienza o esecuzione degli
ordini della commissione; altre sono autonome: iscrizione dei ricorsi nel registro generale, la
formazione e tenuta dei fascicoli processuali, il rilascio di copie autentiche delle pronunce
giudiziali, le comunicazioni o notificazioni e pubblicazioni delle sentenze.
IL CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA TRIBUTARIA : il Consiglio di Presidenza della
Giustizia Tributaria (CPGT) è l’organo di autogoverno della magistratura tributaria; il Consiglio è
costituito con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Economia e
delle Finanze, ed è composto da: 11 membri eletti da e tra i componenti delle commissioni
tributarie provinciali e regionali e 4 membri eletti dal Parlamento 2 dalla Camera e 2 dal Senato.
Il Consiglio di Presidenza dura in carica per 4 anni ed elegge nel suo ambito un presidente e due
vicepresidenti. Il Consiglio ha il compito di verificare i titoli di ammissione dei propri componenti e
di decidere sui reclami attinenti alle elezioni, deliberare sulle nomine e su ogni altro provvedimento
riguardante i componenti delle commissioni tributarie, stabilire i criteri di massima per la
formazione delle sezioni e dei collegi giudicanti e per la ripartizione dei ricorsi nell’ambito delle
commissioni tributarie divise in sezioni, ed inoltre promuovere iniziative intese a perfezionare la
formazione e l’aggiornamento professionale dei giudici tributari, vigilare sulle commissioni e
disporre ispezioni. Il CPGT è anche il custode della deontologia professionale dei giudici tributari
allorquando si promuove l’azione disciplinare su iniziativa del Presidente del Consiglio e dei
Presidenti delle Commissioni regionali nell’esercizio del loro potere di vigilanza.

PARTE III – LE PARTI E GLI ATTI DEL PROCESSO TRIBUTARIO

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IL GIUDICE TRIBUTARIO: COMPETENZA E POTERI ISTRUTTORI


Le Commissioni tributarie provinciali sono presenti in ogni capoluogo di provincia; ciascuna
Commissione tributaria provinciale è competente per le controversie proposte nei confronti degli
uffici tributari del Ministero delle Finanze, degli enti locali e dei concessionari del sevizio di
riscossione che hanno sede nella sua circoscrizione.
Le Commissioni tributarie regionali hanno competenza in appello per le sentenze delle
Commissioni tributarie provinciali; le Commissioni tributarie regionali sono presenti in ogni
capoluogo di regione, nella cui circoscrizione ha sede la Commissione tributaria provinciale che ha
emesso la sentenza impugnata.
La presentazione di un ricorso ad un giudice territorialmente non competenze non è un errore
irrimediabile, infatti, dopo che la commissione si è dichiarata incompetente, il ricorrente potrà
riassumere la causa innanzi alla commissione dichiarata competente; la riassunzione deve avvenire
nei termini indicati dal giudice o, se non indicato, nei termini di legge, altrimenti il processo si
estingue; con l’estinzione del processo l’atto, impugnato innanzi al giudice incompetente, diventa
definitivo.
In materia di competenza, nei casi in cui l’ufficio finanziario che ha formato il ruolo ha sede in una
provincia diversa rispetto a quella del concessionario della riscossione che ha emesso la cartella di
pagamento, giurisprudenza e dottrina concordano che la soluzione sta nella proposizione di due
distinti e separati ricorsi innanzi a entrambe le commissioni, in considerazione del fatto che la legge
individua la competenza delle commissioni tributarie sulla base della sede del soggetto che ha
emanato l’atto impugnato.
Il d.lgs. n.546 del 1992 (art.7) disciplina i poteri istruttori del giudice, affermando il principio del
parallelismo tra i poteri istruttori delle commissioni tributarie e quelli dell’ente impositore; tale
disposizione trova la sua giustificazione in quanto le commissioni tributarie, originariamente nate
come organi competenti in materia di accertamento dei redditi, hanno subito un travagliato
processo di “giurisdizionalizzazione” consacrato solo all’inizio degli anni 70.
Ma tale disciplina contrasta con la ormai indiscussa natura giurisdizionale che caratterizza le
Commissioni tributarie; perché innanzitutto i poteri istruttori delle Commissioni derivano dai
procedimenti amministrativi di accertamento degli uffici rivolti verso il contribuente; quindi non
potendosi eliminare quella unidirezionalità che caratterizza i due poteri istruttori (quello
giurisdizionale e quello amministrativo), il potere istruttorio del giudice non potrà operare in ugual
misura con le due parti (Amministrazione e contribuente). Inoltre le Commissioni hanno la facoltà
e non già l’obbligo di esercitare i poteri istruttori, anche quando le parti abbiano inoltrato
apposita formale istanza per la loro assunzione; ove però la Commissione non accolga l’istanza e,
conseguentemente non disponga l’adempimento istruttorio, deve specificatamente giustificarla
nella motivazione della sentenza.
Quindi la Commissione tributaria regionale, quindi, non ha la piena libertà istruttoria di cui
dispone la Commissione tributaria provinciale, ma può esercitare i poteri istruttori in quanto ne
sussista la necessarietà ai fini della pronuncia. Tuttavia i poteri istruttori non sono esercitabili
incondizionatamente, essendo l’attività istruttoria dei giudici tributari sottoposta a precisi limiti, i
quali trovano fondamento nella specifica natura del processo tributario inteso quale processo di
impugnazione di atti impositivi aventi prevalentemente carattere dispositivo.
L’attività istruttoria dei giudici, pertanto, può essere esercitata nell’ambito dei fatti dedotti dalle
parti, cioè dei fatti posti a fondamento della pretesa tributaria; si deve escludere, invece, qualsiasi
autonoma indagine da parte delle Commissioni, in quanto ogni intervento in tal senso
comporterebbe un ampliamento dell’oggetto del contendere ed uno scavalcamento dei limiti dei
poteri istruttori che necessariamente devono essere circoscritti.

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LE PARTI : IL RICORRENTE – LA LEGITTIMAZIONE ATTIVA IL RESISTENTE – LA LEGITTIMAZIONE


PASSIVA
IL RICORRENTE: LA LEGITTIMAZIONE ATTIVA : il d.lgs. 546/1992 individua direttamente i soggetti
che possono essere parti del processo, tuttavia quando si riferisce al ricorrente usa un termine
generico che non consente l’immediata individuazione di chi sia effettivamente tale soggetto. Il
problema della legittimazione ad agire consiste nell’individuazione della persona fisica o giuridica
cui spetta l’interesse ad agire, infatti, affinché la Commissione tributaria provveda nel merito, non
basta che il ricorso sia stato proposto, ma occorre che sia stato proposto proprio da quel soggetto
che, per legge, può agire giurisdizionalmente.
Una volta notificato l’atto impositivo, la posizione di legittimato attivo deve essere riconosciuta in
capo al destinatario dell’atto anche quando vi sia stata un’erronea individuazione del
contribuente; in tal caso il ricorrente non è privo della legittimazione attiva, ma si verifica una
infondatezza soggettiva della pretesa tributaria. Il ricorso, proposto da un soggetto privo della
necessaria legittimazione, perché terzo rispetto al rapporto d’imposta, deve essere dichiarato
inammissibile. Il difetto di legittimazione ad agire va distinto dal difetto di legittimazione
processuale che è l’incapacità di agire nel processo ossia di esercitare il diritto di azione.
IL RESISTENTE : LA LEGITTIMAZIONE PASSIVA : la legittimazione passiva si determina sulla base
dell’atto che si intende impugnare, pertanto il resistente è l’ente o l’ufficio che ha emanato l’atto
impositivo. Se dopo la presentazione di un’istanza di rimborso, l’ente o l’ufficio non ha emanato
l’atto richiesto si forma il silenzio rifiuto; legittimato a resistere avverso tale silenzio è l’ufficio o
l’ente cui è stata presentata l’istanza, una volta individuato tale soggetto, si determina anche la
Commissione provinciale competente. Gli uffici dell’agenzia e gli enti stanno in giudizio senza
difensore tecnico.
Con l’entrata in vigore delle Agenzie fiscali, e avendo queste la natura di enti pubblici, si deve
ritenere che l’espressione “ufficio del Ministero”, vada sostituita con l’espressione “ufficio
dell’Agenzia delle Entrate”; ne consegue che il soggetto legittimato passivo è l’Ufficio locale
dell’Agenzia delle entrate che ha emanato l’atto impugnato o non ha emanato l’atto richiesto.
L’ente locale nei cui confronti è preposto il ricorso può stare in giudizio anche mediante il dirigente
dell’ufficio tributi, ovvero, per gli enti privi di figura dirigenziale, mediante il titolare della posizione
organizzativa in cui è collocato detto ufficio. Il destinatario della notifica della sentenza emessa
dalla Commissione tributaria provinciale è l’Ufficio resistente.
Infine, il ricorso per cassazione, se proposto contro l’ufficio periferico anziché contro il Ministero
dell’Economia e delle Finanze, è inammissibile, atteso che, essendo l’ufficio periferico di detto
Ministero privo di soggettività esterna per quanto attiene tale giudizio non risulta alcuna azione
proposta nei confronti di alcun legittimo contraddittore.
Se si contestano vizi della cartella dovrà essere notificato il ricorso al concessionario della
riscossione, mentre, se la controversia riguarda la parte erariale dovrà essere chiamato in causa
l’ente impositore.
Considerato che il confine tra le differenti ipotesi di legittimazione passiva può risultare alquanto
difficile da individuare, potrebbe essere consigliabile, in linea di principio, procedere alla chiamata
in causa, oltre che dell’Agenzia delle Entrate, anche dell’Agente della riscossione; il giudice adito,
quindi, potrà dichiarare il difetto di legittimazione della parte in cui non sono ascrivibili violazioni.
IL LITISCONSORZIO E IL PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO : al processo tributario possono
partecipare, oltre al ricorrente ed al resistente, anche altri soggetti; si parla in tal caso di
litisconsorzio, che è necessario quando l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più

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soggetti, tale situazione si verifica quando l’accertamento giudiziale della situazione dispiega i suoi
effetti nei confronti di una pluralità di soggetti cosicché la mancata partecipazione di alcuni di essi
determina una limitazione del diritto alla difesa; quindi il litisconsorzio è necessario per una
parità di trattamento e per un interesse ad evitare contrasto tra i giudicati e per garantire l’unicità
del trattamento giudiziale.
Prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 546 del 1992 l’istituto del litisconsorzio trovava già
applicazione, infatti era ammesso il litisconsorzio facoltativo che prevede la possibile
partecipazione di altri soggetti, a giudizio già instaurato, in quanto era stabilito che fossero
applicabili al processo tributario le norme del c.p.c., la formula attualmente prevista nel processo
tributario sembra diversa da quella racchiusa nel c.p.c. (art. 102 c.p.c. litisconsorzio necessario) in
quanto appare più restrittiva; tra le varie ipotesi di litisconsorzio da prendere in considerazione: °
litisconsorzio che riguardano le controversie sostituto e sostituito: una situazione controversa che
parte della giurisprudenza afferma il carattere litisconsortile del giudizio, altra parte della
giurisprudenza è invece orientata nel senso di escludere la sussistenza di un litisconsorzio
necessario tra sostituto d’imposta e sostituito nelle controversie con l’A.F.
° nelle controversie che vedono coinvolti soci e società di persone , secondo un orientamento
costante della Cassazione, si prefigura la sussistenza di un litisconsorzio necessario e la
celebrazione di un giudizio senza la partecipazione di tutti i litisconsorziati necessari è affetta da
nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, anche d’ufficio
° ipotesi di litisconsorzio necessario può configurarsi dal lato attivo della pretesa impositiva
tra l’Agenzia del territorio e l’ente locale nelle liti catastali
Il principio del contraddittorio è disciplinato nell’art. 111 Cost. (e non come scritto nel libro art. 111
c.p.c.) secondo il quale ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di
parità di fronte ad un giudice terzo ed imparziale. La mancata proposizione di ricorso di tutte le
parti litisconsorti non determina la inammissibilità dello stesso, ma è imposto al giudice di
ordinare l’integrazione del contraddittorio fissando un termine entro il quale i ricorrenti devono
chiamare in causa gli altri legittimati: il litisconsorte deve costituirsi, a pena di decadenza, nei
termini di 30 gg.; la sentenza che deve essere emanata a contraddittorio non integro è inutiliter
data e il vizio rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
L’ASSISTENZA TECNICA : è obbligatoria l’assistenza tecnica nel processo quando la lite sia di valore
pari o superiore ai vecchi 5 milioni di lire; inoltre è previsto che nelle controversie di modico valore,
per le quali non è obbligatoria l’assistenza tecnica, il presidente della commissione o della sezione o
il collegio giudicante possono, se lo ritengono opportuno, ordinare la contribuente di munirsi di
assistenza tecnica fissando un termine entro il quale egli è tenuto, a pena di inammissibilità, a
conferire l’incarico ad un difensore abilitato. Il professionista a cui è affidata la difesa tecnica
obbligatoria è scelto tra gli appartenenti a determinate categorie, la norma distingue tra
un’abilitazione a carattere generale e una a carattere limitato; rientrano nella prima categoria gli
avvocati, i dottori commercialisti, i ragionieri e i periti commerciali purché iscritti negli appositi albi
professionali; la seconda categoria comprende professionisti di determinate materie ovvero
consulenti del lavoro, ingegneri, architetti, geometri, periti edili, dottori agronomi, periti agrari,
spedizionieri.
Questi professionisti possono stare in giudizio dinanzi alle commissioni tributarie senza l’assistenza
tecnica di altri difensori; la procura deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata
autenticata, e può essere speciale o generale; il giudice assegna alle parti un termine perentorio
per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza. Il ricorso deve essere
sottoscritto dal difensore, la sanzione per la carenza di sottoscrizione è l’inammissibilità del ricorso.

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È previsto il gratuito patrocinio per i non ambienti, per poter beneficiare di tale assistenza è
necessario avere un reddito imponibile non superiore ad €9.296,22; l’interessato in questo caso
deve presentare un’istanza all’apposita commissione (provinciale o regionale); chi è ammesso al
patrocinio può nominare un difensore tra gli iscritti negli appositi albi (elenco degli avvocati) o un
difensore scelto nell’ambito di altri albi od elenchi.
GLI ATTI DEL GIUDICE TRIBUTARIO: IL DECRETO, L’ORDINANZA, LA SENTENZA
Il giudice tributario (come il giudice ordinario) può emettere 3 tipi di atti : sentenza, ordinanza,
decreto
1-Sentenza : il decreto legislativo sul processo tributario disciplina precisamente la sentenza, il
collegio si pronuncia con sentenza in tutti i casi in cui si definisce il giudizio; la sentenza deve
essere emanata in nome del popolo italiano ed è intestata alla Repubblica italiana, deve essere
sottoscritta dal presidente della Commissione, deve contenere: l’indicazione della composizione
del collegio, delle parti e dei difensori, lo svolgimento del processo, le richieste delle parti, la
succinta esposizione dei motivi in fatto e in diritto, il dispositivo.
2-Ordinanza : il collegio pronuncia ordinanza in tutti i casi in cui non definisce il giudizio (ad es.
quando sospende l’atto impugnato), l’ordinanza presuppone il contraddittorio e deve essere
motivata; la commissione emana un’ordinanza quando dispone la separazione di processi,
quando decide in merito alla sospensione dell’atto cautelare, dispone la sospensione o
l’interruzione del processo.
3-Decreto : il decreto è un atto che può essere emanato solo da un organo monocratico, ovvero
dal presidente della commissione o dal presidente della sezione. i decreti riguardano, in genere,
lo svolgimento del processo; il presidente della commissione o della sezione emette un decreto :
quando fissa la trattazione della controversia, quando dichiara inammissibilità manifesta del
ricorso, la sospensione del processo, l’interruzione del processo e l’estinzione del processo.
GLI ATTI DELLE PARTI: IL RICORSO, LE CONTRODEDUZIONI, I DOCUMENTI E LE MEMORIE
Ai sensi dell’art. 18 del d.lgs. 546/1992 il processo è introdotto dal ricorrente con ricorso alla
Commissione tributaria provinciale. Nel ricorso a pena di inammissibilità devono essere indicati:
1- la commissione a cui è diretto, quindi la commissione competente per territorio e per grado
funzionale
2- il ricorrente e il suo legale rappresentante, la residenza o la sede legale o il domicilio eletto
ai fini del giudizio nel territorio dello Stato ed il codice fiscale del ricorrente, l’omissione del
codice fiscale non è motivo di inammissibilità
3- l’ufficio del Ministero delle Finanze (attualmente la Direzione provinciale) o l’ente locale o il
concessionario del servizio di riscossione, quindi colui che ha emanato l’atto, nei cui confronti il
ricorso è preposto
4- l’atto impugnato e l’oggetto del ricorso; quindi quando si impugna il rifiuto tacito ad
un’istanza di rimborso; l’oggetto della domanda consiste nel provvedimento che si chiede al
giudice di emanare (annullamento dell’atto, concessione del rimborso, concessione
dell’agevolazione)
5- i motivi, ovvero le ragioni di fatto e di diritto per le quali si richiede di rimuovere l’atto o
concedere il rimborso o l’agevolazione; il contribuente non può addurre successivamente in
giudizio motivi che non siano stati formulati nel ricorso
Di recente è stata posta (d.l. n.98 del 2011) come condizione per l’ammissibilità del ricorso
giurisdizionale per le liti il cui ammontare è inferiore a € 20.000, la procedura del reclamo-
mediazione in ambito amministrativo; la portata vincolante di tale istituto e l’inammissibilità in

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materia tributaria in caso di mancata presentazione, oltre all’automatica trasformazione del


reclamo in ricorso decorsi i 90 gg. consentono di configurare una forma di giurisdizione
condizionata.
Altre particolarità sul ricorso :
² Il ricorso deve essere sottoscritto dal difensore del ricorrente e contenere l’indicazione
dell’incarico, salvo che il ricorso non sia proposto personalmente
² Per la giurisprudenza un ricorso non sottoscritto dal difensore ma dal contribuente è
inammissibile, se entro un dato termine il contribuente non nomina un difensore
² Il resistente (ufficio del Ministero o ente locale o concessionario della riscossione) si
costituisce in giudizio entro 60 gg. dalla notifica del ricorso con il deposito presso la segreteria
della commissione adita del fascicolo contenente le proprie controdeduzioni e i documenti offerti
in comunicazione: nelle controdeduzioni sono esposte le difese contestando i motivi enunciati
nel ricorso
² La mancata costituzione del ricorrente rende inammissibile il ricorso, mentre la mancata
costituzione del resistente non è essenziale ai fini del giudizio, ma genera delle conseguenze dal
punto di vista processuale: la parte non costituita non riceve l’avviso di trattazione, non avrà la
notifica dell’avviso di fissazione di udienza né quella del dispositivo della sentenza. Sebbene sia
indicato un termine per la costituzione del resistente, tale termine non è perentorio, e
giurisprudenza e dottrina sono concordi nel ritenere che l’ufficio o l’ente resistente possa
costituirsi in giudizio successivamente, sebbene gli siano inibite talune attività (ad es. la chiamata
in giudizio di un terzo). È questione controversa, invece, in mancanza di una specifica previsione
normativa, l’individuazione del limite temporale oltre il quale anche la costituzione tardiva deve
ritenersi preclusa, non esistendo, nel processo tributario, l’istituto della contumacia.
² È consentito alle parti di poter depositare memorie illustrative fino a 10 gg. liberi prima della
data di trattazione; tali memorie hanno l’unica funzione di precisare ulteriormente
argomentazioni e conclusioni già assunte

PARTE IV – LE PROVE

MOTIVAZIONE DELL’ATTO IMPOSITIVO E ONERE DELLA PROVA : l’atto impositivo deve contenere la
ragioni giuridiche che ne hanno portato all’emanazione ponendo il contr in cond d conoscere l'iter
logico che ha indotto l'ufficio ad emetterlo. L’art.7 dello Statuto del contribuente (legge 212/2000)
prevede espressamente che nei provvedimenti amministrativi devono essere indicati i presupposti
di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato le decisioni dell’Amministrazione; tale
obbligo incombe anche sul concessionario della riscossione.
L’onere della prova costituisce un elemento fondamentale all’interno del processo tributario,
laddove, il rapporto sostanziale tra l’Amministrazione ed il contribuente è quello tra il creditore e il
debitore. Nell’ambito del rapporto d’imposta spetta all’Amministrazione l’onere di provare i fatti
costitutivi della pretesa erariale mentre, di contro, ricade sul contribuente la prova del fatto
modificativo ed estintivo dell’obbligazione tributaria.
La veste di parte attore in senso sostanziale è assunta dall’Amministrazione, mentre il contribuente
è formalmente attore, ma dal punto di vista sostanziale è l’Amministrazione creditrice che deve
fornire la prova del credito vantato. Pertanto dal combinato disposto dell’onere della prova e del
divieto di richiesta, rivolta al contribuente, di produrre documenti già in possesso
dell’Amministrazione, deriva l’obbligo per quest’ultima di produrre in giudizio qualsiasi documento,
anche favorevole al contribuente.

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La posizione formale delle parti, in conclusione, non rileva ai fini del riparto dell’onere della
prova: infatti, in materia di rimborso l’onere della prova grava sul contribuente che in questo caso è
il soggetto più indicato a fornire la dimostrazione dell’errore materiale commesso
dall’Amministrazione; mentre nel processo tributario d’impugnazione grava sull’A.F. l’onere di
provare tali fatti, vale a dire il presupposto del tributo e gli elementi in base ai quali l’A.F. ha
operato la quantificazione.
PROVE ESCLUSE : l’art.7 del d.lgs. 546 del 1992 prevede che non sono ammessi il giuramento e la
prova testimoniale, sottolineando il carattere scritto e documentale del processo tributario. Con
riguardo all’esclusione della prova testimoniale questa risponderebbe all’esigenza che i fatti
economici, aventi rilevanza tributaria, siano documentati e, quindi, dovrebbero coordinarsi con le
numerose norme che, nelle leggi tributarie sostanziali, stabiliscono l’esclusività della prova
documentale. Nonostante ciò si dubita se sia opportuno tale esclusione, in quanto stabilita in
termini generali ed assoluti, dato che non sempre la disciplina sostanziale richiede che i fatti con
rilevanza tributaria siano documentati per iscritto. Il divieto di un mezzo di prova, ed il divieto di
prova testimoniale in particolare, limita gli strumenti di ricostruzione della verità e incide
negativamente sulla completa attuazione del contraddittorio e sul diritto di prova. La Corte
Costituzionale è intervenuta sulla questione della prova testimoniale, secondo la quale non esiste
affatto un principio costituzionalmente rilevante di necessaria uniformità di regole processuali tra i
diversi tipi di processo, pertanto il divieto della prova testimoniale trova, nella sua specie, una sua
non irragionevole giustificazione, da un lato nella specificità del processo tributario rispetto a
quello del giudizio civile ed amministrativo, dall’altro nella circostanza che il processo tributario è
ancora, specie sul piano istruttorio, in massima parte scritto e documentale; anche la Corte
europea dei diritti dell’uomo si espressa in senso negativo sulla prova testimoniale.
PROVE ATIPICHE ED ELEMENTI INDIZIARI : le norme che, in tema di accertamento, riconoscono
espressamente la possibilità di utilizzare variamente dati e notizie o altri atti e documenti in
possesso dell’ufficio, diversi da quelli formati o acquisiti nell’esercizio dei poteri istruttori tipici del
procedimento tributario, hanno ampliato, nel tempo, l’uso di fonti di prove atipiche nel
contenzioso tributario. Il ruolo delle prove atipiche nel processo tributario è destinato ad assumere
importanza crescente se si considerano gli ampi spazi d operativita che si tende ad attribuire allo
strumento presuntivo nl acc tributario; tuttavia le prove atipiche non possono essere equiparate,
quanto alla loro efficacia, a quelle tipiche anche per ragioni di diritto positivo. Infatti gli argomenti
di prova non sono propriamente prove ma strumenti logico-critici per valutare le prove tipiche, né
possono costituire una compiuta e sufficiente catena di anelli presuntivi, ma solo, concorrere, in un
ragionamento induttivo, con altri elementi tratti dai risultati delle prove atipiche o da fatti non
contestati. Gli argomenti di prova pox rafforzare il convinimento dl giudice ma mai di per se soli
fondarlo.
Tra le prove atipiche utilizzabili nel processo, può costituire fonte di convincimento del giudice la
perizia di parte (in qnt il giudice può elevarla a fondamento dl decisione a condizione che indichi le
ragioni per la quale la ritenga corretta e convincente), oppure la cd. contabilità “in nero”, risultante
da appunti personali ed informali dell’imprenditore, ovvero le indicazioni rinvenute su di un
supporto magnetico (floppy disk) durante 1 verifica fiscale, oppure, ancora, le dichiarazioni rese in
sede di verifica utilizzate dall’A.F., sono tutti elementi che possono costituire validi elementi
indiziari, dotati dei requisiti di gravita, precisione e concordanza.
La corte cost cn sent 2000 ha affermato che il divieto dl prova testimoniale nn esclude l'utilizzo nl
proc trib di dich scritte di terzi, a contenuto essenzialmente testimoniale eventualmente raccolte
dall'amm nl fase procedimentale dotate di efficacia probatoria minore, dotate di efficacia

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probatoria minore e da considerarsi cm meri argomenti di prova da soli nn suff a fondare il


convinciemento dl giudice, in mancanza d idonei riscontri obiettivi.

DIVERSE TIPOLOGIE DI PROVE: ACCESSO, RICHIESTA DI DATI, INFORMAZIONI, CHIARIMENTI,


CONSULENZA TECNICA, DICHIARAZIONE DI TERZI : l’art.7 d.lgs. 546 del 1992 attribuisce alle
Commissioni tributarie gli stessi poteri istruttori conferiti all’ufficio dalle singole leggi d’imposta, ciò
significa che i poteri del giudice non sono sempre gli stessi ma variano col mutare del tributo
oggetto della controversia. La ratio della norma, attribuendo al giudice un potere analogo a quello
dell’amministrazione, garantisce un sostanziale riequilibrio tra le parti in contraddittorio; infatti
l’attribuzione delle medesime prerogative riconosciute all’ente impositore avrebbe il fine di
garantire al giudice di una possibilità di verifica ex post dell’istruttoria primaria, soprattutto laddove
i risultati di tale attività fossero contestati dalla parte privata. Ciò appare necessario in ragione del
fatto che non è previsto il diritto di partecipazione del contribuente alla fase procedimentale
istruttoria, in tal modo si riconosce ad un organo terzo e imparziale di verificare la legittimità e la
validità (ai fini decisori) degli elementi raccolti dall’Ufficio prima dell’emissione dell’atto.
Inoltre il giudice, al fine di acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, può richiedere
una consulenza tecnica (C.T.U.), nel caso in cui i documenti prodotti in giudizio e i fatti notori non
siano sufficienti per poter giudicare e sia necessario fare ricorso a speciali conoscenze di carattere
extragiuridico, richiedendo apposite relazioni; tale consulenza è sottratta alla disponibilità delle
parti ed è rimessa al potere discrezionale del giudice.
Nella libera formazione del proprio convincimento, il giudice potrà trarre considerazioni rilevanti ai
fini della decisione dalla consulenza tecnica richiesta. La Commissione, infine, potrà decidere di
rinnovare le indagini richieste dal perito, allorché i risultati raggiunti dalla consulenza già espletata
siano ritenuti insufficienti.
INUTILIZZABILITÀ DELLE PROVE ACQUISITE ILLEGITTIMAMENTE : prima di procedere alla
valutazione della prova il giudice tributario deve verificare che siano state rispettate tutte le
norme procedimentali che regolano l’attività istruttoria dell’A.F.; la prima forma di tutela
adoperata dal legislatore tributario, per contemperare l’interesse pubblico al prelievo con quello
attinente alla sfera personale dei privati, è l’istituto dell’autorizzazione, infatti la tutela della libertà
personale e quella di domicilio costituiscono il limite più rilevante all’esercizio della potestà
ispettiva.
In particolare il d.p.r. 633 del 1972 prevede che gli uffici finanziari e la Guardia di Finanza possono
disporre l’accesso dei propri impiegati a condizione che siano muniti di una apposita
autorizzazione; tale autorizzazione deve essere preventiva, ed è rilasciata in forma scritta, deve
indicare i locali dove è destinata a svolgersi l’azione ispettiva, nonché le generalità del funzionario
responsabile del procedimento ovvero il dipendente dell’Amministrazione al quale il contribuente
può rivolgersi per chiedere informazioni e chiarimenti e per inoltrare eventuali lamentele. Le
autorizzazioni sono rilasciate dal capo dell’Ufficio e congiuntamente a quella rilasciata dal
Procuratore della Repubblica per i locali adibiti promiscuamente ad abitazione privata ed attività
commerciale. Il provvedimento che autorizza alla perquisizione di un domicilio di un soggetto,
emesso dall’autorità competente, consente di acquisire in tale domicilio anche la documentazione
relativa ad altro soggetto, pur non menzionando il provvedimento stesso.
La giurisprudenza di merito e la Suprema Corte si sono espresse per l’inutilizzabilità degli
elementi probatori raccolti nel corso di accessi effettuati in mancanza dell’autorizzazione del
Procuratore della Repubblica, nonché in casi di insufficiente motivazione della stessa, ritenendo
che il giudice tributario, prima di utilizzare, ai fini della decisione, una prova, deve verificare la

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regolarità della relativa acquisizione, in quanto non potrà porre a base della sua decisione prove
indebitamente raccolte; in particolare la Suprema Corte ha riconosciuto il potere-dovere al giudice
di verificare che la pretesa fiscale non trovi fondamento su prove irritualmente acquisite in
violazione degli artt. 13 e 14 Cost.

PARTE V – IL PRIMO GRADO DEL GIUDIZIO

LA PROPOSIZIONE DEL RICORSO : il ricorso alla competente Commissione tributaria provinciale,


va notificato all’ufficio che ha emanato l’atto entro 60 gg. dalla data in cui il contribuente ha
ricevuto il medesimo atto. Per le domande di rimborso alle quali l’Amministrazione non ha dato
risposta il ricorso si può produrre dopo 90 gg. dalla data di presentazione della richiesta. Con la
proposizione del ricorso si instaura solo il contraddittorio tra le parti; il ricorso deve essere
notificato all’ufficio che ha emesso l’atto contestato.
LA COSTITUZIONE DELLE PARTI : il ricorrente entro 30 gg. dalla proposizione del ricorso deposita o
trasmette a mezzo posta in plico raccomandato con avviso di ricevimento, a pena di
inammissibilità, nella segreteria della commissione tributaria adita, l’originale del ricorso notificato.
In caso di consegna o spedizione a mezzo di servizio postale la conformità dell’atto depositato a
quello consegnato o spedito è attestata conforme dallo stesso ricorrente.
L’inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio.
Il termine perentorio di 30 gg. decorre dalla data in cui si propone il ricorso. Il termine di 60 gg.
previsto per la costituzione in giudizio della parte resistente, non è da considerarsi perentorio bensì
di natura chiaramente ordinatoria; la parte resistente può costituirsi anche posteriormente ai
suddetti 60 gg., ultimo termine va individuato fino a 20 gg. liberi prima della discussione della lite,
nn oltre la data fissata per l'udienza in caso di trattaz in pubblica udienza.
IL RECLAMO E LA MEDIAZIONE
Istituti volti a spingere le parti dl rap d'imposta a dialogare e risolvere le controversie
anteriormente alla fase processuale, in ottica deflattiva dl contenzioso e a pena di
IMPROCEDIBILITA dl stesso. L'ambito di applicaz dl istituto è oggi riferito alle liti inferiori a 20.000
euro e relative ad atti emessi dall'agenzia dl entrate. Cn il dlgs 156/15 la mediazione è estesa anche
agli atti emanati dall'agente dl riscossione e dall'ente locale.
il meccanismo è attivato dal contr.
Il reclamo può contenere anche 1 proposta motivata d mediazione dl contr che può trovare
concorde l'ufficio ponendo fine alla contesa senza intervento dl giudice. L'ufficio ricevente se
ritiene di nn accogliere la proposta dl contr può articolare 1 propria proposta d mediazione o nn
formulare alcuna proposta, in entrambi i casi se il contr nn è concorde nasce la lite in qnt il
reclamo, senza necessita d ulteriori adempimenti è gia insito nl ricorso cn conseguente ovvio
deposito al giudice trib. Decorsi 90 gg senza che sia not l'accogliemnto dl reclamo o senza che si sia
conclusa la mediaz , il reclamo produce infatti gli stessi effetti dl ricorso. L'intero proc sospende
quindi l'esecutivita dl atto impugnato per 1 breve periodo di 90 gg dalla proposiz dl reclamo.
Uno dei maggiori profili di criticita è la mancanza d terzieta dl "mediatore" (che nn c'è ma c'è l'A.F.)
rispetto all'ogg d cui si discute, tuttavia nn occore la figura dl mediatore in qnt l'A.F. opererebbe cm
sogg agente x il perseguimento dl interesse pub alla corretta e equa riscossione dei tributi, quindi
in veste di amm e nn di parte e percio imparziale.

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LA PRODUZIONE DEI DOCUMENTI E I MOTIVI AGGIUNTI : l’integrazione dei motivi del ricorso è
ammessa entro il termine perentorio di 60 gg. dalla data in cui l’interessato ha notizia di tale
deposito; se è già stata fissata la trattazione della controversia, l’interessato, a pena di
inammissibilità, deve dichiarare, non oltre la trattazione, che intende proporre motivi aggiuntivi.
Principio centrale del processo tributario è quello dell’immodificabilità della domanda; infatti,
proposto il ricorso, è fatto divieto al contribuente, salvo naturalmente che si tratti di eccezioni
rilevabili d’ufficio, di integrare i motivi già evidenziati nell’atto introduttivo del giudizio. Tale
principio non può essere derogato per volontà della avversa parte processuale manifestata
attraverso l’accettazione del contraddittorio, in quanto esso trova fondamento in un esigenza di
speditezza del processo tributario.
LA TRATTAZIONE DELLA CONTROVERSIA IN CAMERA DI CONSIGLIO O IN PUBBLICA UDIENZA : la
trattazione della controversia da parte del collegio può avvenire in camera di Consiglio (modalità
ordinaria) o in pubblica udienza. La trattazione in pubblica udienza può essere richiesta da una
delle parti mediante apposita istanza da depositare nella segreteria e notificata alle altre parti
costituite.
Se l’istanza è proposta correttamente la trattazione della controversia in pubblica udienza è
obbligatoria; nel caso in cui, nonostante la richiesta di pubblica udienza, la causa è trattata con il
rito camerale, la sentenza emessa è nulla per violazione del diritto alla difesa.
LA DECISIONE DELLA CONTROVERSIA: COMUNICAZIONE DEL DISPOSITIVO, PUBBLICAZIOJNE E
NOTIFICAZIONE DELLA SENTENZA :
la sentenza è resa pubblica nel testo integrale originale mediante deposito nella segreteria della
Commissione tributaria entro 30 gg. dalla deliberazione. La sentenza non pubblicata è
giuridicamente inesistente. La comunicazione del dispositivo alle parti costituite che il segretario
della commissione deve eseguire entro 10 gg. dal deposito ha valore meramente informativo, non
assumendo neanche rilevanza ai fini della decorrenza dei termini di impugnazione, mentre il
deposito da parte del giudice rileva ai fini dell’esistenza della sentenza.
L’interesse alla notifica della sentenza è il decorso del cd. “termine breve” per l’impugnazione
innanzi alla Commissione tributaria Regionale (CTR) quindi in appello, in questo caso il termine per
l’appello sarà di 60 gg. dalla suddetta notificazione, o, in assenza di questa, di 6 mesi dalla data di
deposito della sentenza. La notifica può essere fatta in 3 modi :
1)mediante ufficiale giudiziario (modalità prevista dal codice civile), in tal caso l’ufficiale giudiziario
consegna al destinatario copia autentica dell’atto di notifica, e restituisce l’originale al ricorrente
2)spedizione postale, con plico senza busta, raccomandata e con avviso di ricevimento, in tal caso
le notifiche si considerano perfezionate alla data di ricezione
3) consegna diretta dell’atto alla controparte

1-SOSPENSIONE 2- INTERRUZIONE 3-ESTINZIONE DEL PROCESSO


1- SOSPENSIONE : l’ art. 39 del d.lgs. n.546 del 1992 prevede due casi di sospensione del
processo: a) quando è presentata querela di falso e b) quando debba essere decisa in via
pregiudiziale una questione sullo stato o sulla capacità delle persone, escluso che si tratti della
capacità di stare in giudizio; tale ipotesi di pregiudizialità non si riferisce a rapporti di
pregiudizialità interna cioè ai rapporti fra giudizi pendenti dinanzi al giudice tributario, ma a
rapporti di pregiudizialità esterna (tra giudice tributario e giudice ordinario) . Oltre le cause
previste dall’art.39 il processo è sospeso :
a) quando viene presentato regolamento preventivo di giurisdizione

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b) quando viene sollevata una questione di costituzionalità


c)quando viene sollevata una questione di interpretazione delle norme comunitarie
d) quando viene presentato ricorso per la ricusazione del giudice

2- INTERRUZIONE : il processo è interrotto se, dopo la proposizione del ricorso si verifica :


a) il venir meno, per morte o altre cause, o la perdita della capacità di stare in giudizio di una
delle parti, diversa dall’ufficio tributario, o del suo legale rappresentante o la cessazione di tale
rappresentanza
b) la morte o la radiazione o sospensione dall’albo o dall’elenco di uno dei difensori incaricati
L’interruzione si ha al momento dell’evento se la parte sta in giudizio personalmente e nei casi in
cui la causa dell’interruzione riguardi il difensore. Negli altri casi,l’interruzione si ha quando
l’evento è dichiarato o in pubblica udienza o per iscritto con apposita comunicazione del
difensore della parte a cui l’evento si riferisce.
Durante la sospensione e l’interruzione non possono essere compiuti atti del processo; i termini in
corso sono interrotti e ricominciano a decorrere dalla presentazione del’istanza di trattazione.
3- ESTINZIONE : il processo tributario può estinguersi:
a) rinuncia al ricorso : la rinuncia deve essere sottoscritta dalla parte personalmente o da un
suo procuratore; la rinuncia acquista efficacia nel momento in cui sia accettata dalla
controparte costituita in giudizio che possa vere interesse alla prosecuzione del giudizio stesso
b) inattività delle parti : si verifica ogni qualvolta le parti non si attivano per porre in essere gli
atti del processo, dovuti o ordinati dal giudice
c) la cessazione della materia del contendere : quando viene meno l’oggetto del processo,
cioè si determina nei casi in cui cessa la causa che ha instaurato la controversia tra le parti,
come ad es. quando avviene la conciliazione; o quando l’amministrazione ritira l’atto impugnato
esercitando il suo potere di autotutela
LA SOSPENSIONE DELL’ATTO IMPUGNATO : l’istanza di sospensione è un atto incidentale che può
essere formulato solo nel caso in cui sia instaurato il processo principale sull’atto impugnato. Con
tale domanda il contribuente chiede alla Commissione tributaria provinciale l’esecuzione dell’atto
impugnato in considerazione della sussistenza di due propositi: il fumus boni iuris (ossia la
probabile fondatezza del ricorso) ed il periculum in mora (ossia che nelle more del processo si
verifichi un danno grave ed irreparabile).
La decisione in merito alla domanda cautelare spetta alla commissione adita, tuttavia in caso di
eccezionale urgenza il presidente con decreto può disporre la provvisoria sospensione
dell’esecuzione fino alla pronuncia del collegio. Il collegio decide in camera di consiglio dopo aver
sentito le parti e dopo aver delibato il merito; il collegio stesso provvede con ordinanza motivata
non impugnabile. La sospensione può essere anche parziale e subordinata alla prestazione di
idonea garanzia; gli effetti della sospensione cessano con la pubblicazione della sentenza di primo
grado
LA CONCILIAZIONE GIUDIZIALE : nel processo tributario le parti possono trovare un accordo
tramite la conciliazione; la conciliazione può essere conclusa solo davanti la commissione
tributaria provinciale e quindi, non oltre la prima udienza. La ratio sottesa a tale previsione
normativa va, senza dubbio, individuata nell’esigenza di potenziare la portata definitiva dell’istituto
cercando di evitare atteggiamenti attendisti.

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La conciliazione comporta per il contribuente innanzitutto il beneficio della riduzione delle sanzioni
fino ad un terzo di quanto irrogato; altro beneficio previsto è la riduzione della pena consentita può
essere superiore ad un terzo delle pene previste per i reati tributari.
Nella legge non è posto nessun limite alla possibilità di conciliare, ma ciò non significa per
l’Amministrazione di comportarsi arbitrariamente, l’Amministrazione, quindi, non può accedere ad
alcuna soluzione che non appaia conforme al diritto e che non rappresenti la giusta composizione
della lite: dal punto di vista oggettivo l’accordo può sicuramente investire il quantum
dell’obbligazione, più complessa è la problematica per quanto concerne l’an.
La conciliazione può riguardare tutte le questioni oggetto della controversia e in questo caso si
avrà estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere; se invece la conciliazione
riguarda solo alcune questioni si avrà estinzione del giudizio limitatamente alle sole questioni
conciliate. La conciliazione può avvenire sia in sede extraprocessuale che in sede processuale :
●In sede extraprocessuale : il procedimento conciliativo fuori udienza si instaura mediante il
deposito, da parte dell’ente impositore, di una proposta conciliativa a cui il contribuente abbia
preventivamente aderito
●In sede processuale : ciascuna delle parti costituite può proporre all’altra la conciliazione totale o
parziale della controversia, la conciliazione può essere proposta anche dalla commissione.
Quando viene raggiunto l’accordo è redatto un processo verbale che chiude il giudizio, e che
costituisce titolo per la riscossione delle somme dovute; qualora una delle parti abbia proposto
l’accordo e questo non riesca a raggiungersi nel corso della prima udienza, la commissione può
assegnare un termine non superiore a 60 gg. per la redazione di una proposta che
successivamente seguirà il procedimento di conciliazione fuori udienza
La conciliazione è sottoposta al vaglio del Presidente della commissione o del collegio, tale
controllo è di mera legittimità formale e sostanziale, teso quindi alla sola verifica del rispetto dei
termini, della competenza e del contenuto obbligatorio della proposta; quindi il controllo del
giudice non è un controllo di merito che investe la congruità dell’accordo o l’opportunità
dell’accordo stesso.
Il perfezionamento dell’accordo (adempimento dell’obbligazione) è recepito o mediante il decreto
di estinzione del giudizio (in caso di conciliazione fuori udienza) o tramite un apposito processo
verbale (il verbale di conciliazione in sede processuale), dai quali risultano indicate le somme
dovute per imposte, sanzioni ed interessi; sia il decreto di estinzione che il processo verbale
costituiscono titolo per la riscossione delle somme dovute, pagabili in unica soluzione o in forma
rateale a decorrere dalla data di comunicazione del decreto di estinzione o dalla data di redazione
del processo verbale: in caso di mancato pagamento, anche di una sola rata, il competente ufficio
dell’Agenzia delle Entrate provvede all’iscrizione a ruolo delle somme dovute. Dlgs 156/15 ha
esteso l'ambito applicativo dl istituto in ogg prevedendo la poss d conciliare la controversia trib in
pendenza di giudizio e dunque anche in appello e in cass.

PARTE VI – LE IMPUGNAZIONI

PREMESSA
I mezzi d’impugnazione esperibili nel processo tributario sono: l’appello alla Commissione
tributaria regionale contro le sentenze della Commissione tributaria provinciale; il ricorso per
Cassazione contro le sentenze della Commissione tributaria regionale; la revocazione contro le
sentenze di primo e secondo grado. Si considerano mezzi di impugnazione “ordinaria” l’appello, il
ricorso per cassazione e la revocazione ordinaria, le sentenze passano in giudicato quando non

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possono essere più impugnate con tali mezzi; costituisce, invece, mezzo di impugnazione
“straordinaria” la revocazione proponibile contro le sentenze passate in giudicato. Non sono
proponibili né l’opposizione di terzo, né il regolamento di competenza
L’APPELLO : per il deposito in Commissione tributaria, sia del ricorso introduttivo del giudizio dia
del ricorso in appello:
² consegna diretta o spedizione a mezzo del servizio postale
² attestazione di conformità, da parte del ricorrente, dell’atto depositato a quello consegnato o
spedito
² inammissibilità del ricorso rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio
Costituisce causa d’inammissibilità non la mancata attestazione, da parte dell’appellante, della
conformità tra il documento depositato e il documento notificato, ma solo la loro effettiva
difformità. In caso di contumacia del resistente o dell’appellato si è evidenziato che: qualora
l’appellato sia rimasto contumace, venendo a mancare in radice la possibilità di riscontrare e
denunciare la difformità, s’impone la declaratoria dell’inammissibilità dell’appello. L’atto di appello
deve essere proposto nel termine di 60 gg. dalla notificazione della sentenza di primo grado; in
mancanza di notificazione si considera il termine lungo di 6 mesi dalla data di deposito della
sentenza.
Nel procedimento di appello, l’atto deve contenere a pena di inammissibilità l’indicazione del
giudice adito, dell’appellante e delle parti nei cui confronti l’appello è proposto, gli estremi della
sentenza impugnata, l’espropriazione dei fatti; l’oggetto della domanda ed i motivi specifici
dell’impugnazione, nonché recare la sottoscrizione del difensore o della parte, sia nell’originale che
nelle copie. ã Nuove prove : il giudice di appello non può disporre di nuove prove, salvo che non le
ritenga necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire nel
precedente grado di giudizio per causa ad essa non imputabile; è ancora riconosciuta, però, alle
parti la facoltà di produrre nuovi documenti: di conseguenza è condivisibile l’impostazione in base
alla quale il giudizio di appello non costituisce una revisio prioris instantie, bensì un “nuovo
giudizio”. Tuttavia la facoltà di produrre nuovi documenti non può eludere il divieto di ampliamento
dell’oggetto della decisione che fissa il divieto di produrre nuove domande e nuove eccezioni che
non siano rilevabili d’ufficio in grado di appello pena l’inammissibilità.
In ordine ai capi che hanno formato oggetto di impugnazione si determina l’effetto devolutivo in
base al quale le deduzioni ed i materiali acquisiti in primo grado passano automaticamente
all’attenzione del secondo giudice. Le decisioni d’appello possono avere un contenuto soltanto
processuale (decisione di inammissibilità dell’appello, di remissione al primo giudice, di estinzione
del giudizio di appello) o di merito (dette decisioni sostituiscono quelle di primo grado sia nel caso
in cui accolgono l’appello sia nel caso respingono l’appello). ã Cause di rimessione al 1° grado: il
giudice d’appello deve rimette la causa al primo giudice quando: a) dichiara la competenza
declinata o la giurisdizione negata dal primo giudice, b) quando nel giudizio di primo grado il
contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato, c) quando la sentenza impugnata
ha erroneamente dichiarato estinto il processo in sede di reclamo contro il provvedimento
presidenziale, d) quando il collegio della commissione tributaria provinciale non era
legittimamente composto; e) quando manca la sottoscrizione della sentenza di primo grado.
IL RICORSO IN CASSAZIONE : le sentenze della commissioni tributarie regionali sono impugnabili
dinanzi alla Corte di Cassazione, al ricorso in Cassazione si applicano le norme dettate dal codice di
procedura civile in quanto compatibili con il d.lgs. 546 del 1992.

Motivi per il ricorso alla Cassazione : il ricorso per Cassazione (art.360 c.p.c.) è proponibile per:

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a) motivi attinenti alla giurisdizione,


b) per violazione delle norme sulla competenza,
c) per violazione e falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali
di lavoro,
d) per nullità sella sentenza o del procedimento,
e) per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio.

Procedimento : il termine per proporre ricorso in Cassazione è quello breve di 60 gg. dalla
notificazione della sentenza della commissione tributaria regionale, se la sentenza non è notificata
vale il termine lungo di 6 mesi dal deposito della stessa. Il ricorso per cassazione deve essere
sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell’apposito albo munito di
procura speciale (cassazionista). Nel caso in cui viene accolto il ricorso, il giudizio di cassazione si
conclude con una sentenza che annulla la sentenza impugnata senza rinvio o con rinvio; il rinvio si
opera generalmente dinanzi alla Commissione tributaria regionale, in alcuni casi dinanzi alla
Commissione tributaria provinciale.
La cassazione si può pronunciare eccezionalmente sul merito, ma solo nel caso in cui siano
necessari ulteriori accertamenti di fatto. La riassunzione del giudizio tributari di merito deve
avvenire entro il termine perentorio di un anno dalla pubblicazione della sentenza della Suprema
Corte che ha cassato la sentenza, rinviando la causa al giudice di primo o di secondo grado; se la
riassunzione non avviene entro il predetto termine o si avvera successivamente a essa una causa di
estinzione del giudizio di rinvio, “l’intero processo si estingue”. Sul punto è opportuno considerare
che la mancata riassunzione dopo l’intervento di una sentenza di cassazione con rinvio, fa sì che
l’atto impositivo originariamente impugnato diviene definitivo, legittimando l’iscrizione a ruolo di
imposte, sanzioni ed interessi.
Nel giudizio di rinvio le parti conservano la stessa posizione processuale che avevano nel
procedimento in cui è stata pronunciata la sentenza cassata e non possono formulare richieste
diverse da quelle prese in tale procedimento gli adeguamenti di cui alla sentenza di cassazione.
LA REVOCAZIONE : a differenza dell’appello, impugnazione a carattere generale e a critica libera, la
revocazione è un impugnazione limitata, a critica vincolata, proponibile solo in ordine ai motivi
tassativamente indicati dalla legge non suscettibili di integrazione analogica. La revocazione delle
sentenze delle commissioni tributarie è possibile per motivi:
² di revocazione ordinaria : si tratta di motivi palesi intrinseci alla sentenza (errore di fatto e
contrasto con il precedente giudicato); il termine per farli valere è quello ordinario di 60 gg. dalla
notificazione della sentenza o di sei mesi dal deposito della sentenza in caso di mancata
notificazione della stessa
² di revocazione straordinaria : trattasi di motivi occulti esteriori alla sentenza (costituiti dal
dolo della parte, falsità della prova, ritrovamento di documenti decisivi, dolo del giudice) che
possono essere scoperti dalla parte interessata anche più in là nel tempo: il termine per proporre
l’impugnazione decorre dal momento in cui la parte è venuta a conoscenza del motivo
legittimante
Sono soggette a revocazione :
a) le sentenze della commissioni tributarie provinciali passate in giudicato, limitatamente alla
revocazione straordinaria; se non sono passate in giudicato è sempre esperibile l’appello;
b) le sentenze delle commissioni tributarie regionali sia per revocazione ordinaria che straordinaria;
c) le sentenze della Corte di Cassazione in caso di errore di fatto.

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Il ricorso di revocazione, a pena di inammissibilità, deve contenere gli stessi elementi del ricorso in
appello e la specifica indicazione del motivo di revocazione. Allo svolgimento del processo in
esame si applicano le regole dettate per il procedimento dinanzi alla commissione adita.

PARTE VII – L’ESECUZIONE DELLE SENTENZE DELLE COMMISSIONI TRIBUTARIE

IL PAGAMENTO DEL TRIBUTO E DELLE SANZIONI PECUNIARIE IN PENDENZA DEL GIUDIZIO


Il d.lgs. 546 del 1992 (art.68) disciplina il “pagamento frazionato” in pendenza del processo,
pertanto anche per quanto previsto, in deroga del decreto (546/1992), dalle singole leggi
d’imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto del giudizio dinanzi
alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato :
a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il
ricorso
b) per l’ammontare risultante dalla sentenza della commissione tributaria provinciale,e
comunque non oltre i due terzi, se la stessa accoglie parzialmente il ricorso
c)per il residuo ammontare determinato nella sentenza della commissione tributaria regionale
La riscossione frazionata è sempre stata intesa come strumento di temperamento della normale
esecutorietà dei provvedimenti amministrativi, in funzione cautelare delle ragioni sia del
contribuente che della Pubblica amministrazione.
Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla
sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali,
deve essere rimborsato d’ufficio entro 90 gg. dalla notificazione della sentenza. Per dare
esecuzione ai provvedimenti giudiziari non occorre attendere la notifica della sentenza favorevole
al contribuente, le somme devono essere restituite entro 90 gg. dalla comunicazione del
dispositivo della sentenza da parte della segreteria della commissione tributaria all’ufficio. Tale
obbligo è riferito alle sentenze delle commissioni tributarie regionali, ma si ritiene che lo stesso
obbligo anche alle commissioni tributarie regionali ed alla commissione tributaria centrale.
LA CONDANNA DELL’UFFICIO AL RIMBORSO : <<Se la commissione condanna l’ufficio del Ministero
delle Finanze o l’ente locale o il concessionario del servizio di riscossione al pagamento di somme,
comprese le spese di giudizio, e la relativa sentenza è passata in giudicato, la segreteria ne rilascia
copia spedita in forma esecutiva>> (art. 69 d.lgs. 546/1992); detta norma obbliga l’Amministrazione
ad effettuare il rimborso soltanto in esecuzione di sentenze passate in giudicato.
L’Agenzia deve provvedersi sollecitamente, con abbandono del contenzioso in ogni stato e grado
del giudizio anche in assenza di sentenza; la stessa Agenzia sottolinea che tali rimborsi devono
effettuarsi in via prioritaria rispetto ad altre tipologie di rimborso spettanti ad i contribuenti, al fine
di evitare giudizi di ottemperanza o procedure di esecuzione forzata con conseguente aggravio di
lavoro e spese a carico degli Uffici.
Una significativa modifica è stata apportata nl dlgs 156/15 in punto di esecutivita dl sentenze in
favore dl a.f per le quali resta il meccanismo dl riscossione frazionata dl trib al fine d garantire 1
maggior tutela dei contr / per qnt concerne le sent a favore dl contr per pagamenti di somme
superiore a 10.000 per l'immediata esecutivita può essere richiesta idonea garanzia il cui onere
gravera cmq sl parte che risultera definitivamente soccombente in giudizio.
IL GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA : l’ottemperanza è azionata nel caso in cui, a seguito di un
giudicato l’A.F. non ottemperi all’obbligo di restituzione di somme derivanti da rimborso o da
importi già versati in virtù della riscossione in pendenza di giudizio.

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Il giudice, anche mediante nomina di un commissario ad acta, adotta provvedimenti in luogo


dell’amministrazione inadempiente. Il giudizio di ottemperanza e l’espropriazione forzata sono
mezzi a disposizione del contribuente alternativi e cumulativi, il giudizio di ottemperanza è
strumentale all’adozione di provvedimenti di merito in luogo dell’amministrazione inadempiente.
Lo scopo del procedimento di ottemperanza è quello di rendere effettivo il comando contenuto
nelle sentenze definitive dei giudici tributari.

Procedimento : il ricorso deve essere proposto dopo la scadenza del termine entro il quale è
prescritto dalla legge l’adempimento dell’ufficio del Ministero delle finanze o dell’Ente locale
all’obbligo posto a carico della sentenza. Il contribuente dovrà, tramite l’ufficiale giudiziario
mettere in mora l’amministrazione ed attendere 30 gg. per poi proporre il ricorso dimostrando
proprio la messa in mora che integra l’unica condizione di procedibilità del giudizio in oggetto.
Competente a giudicare sull’ottemperanza è la commissione tributaria provinciale, qualora la
sentenza sia passata in giudicato sia da essa pronunciata, in ogni altro caso la competenza è
attribuita alla commissione tributaria regionale. I provvedimenti emessi nel giudizio di
ottemperanza sono immediatamente esecutivi.
IL GIUDICATO TRIBUTARIO : il passaggio in giudicato della sentenza si verifica a seguito del decorso
dei termini di impugnazione della sentenza. Il giudicato in senso formale riguarda si alle sentenze
aventi contenuto meramente processuale, sia le sentenze di merito; la cosa giudicata in senso
sostanziale è invece riferibile esclusivamente alle sentenze di merito.
Bisogna ancora distinguere tra giudicato interno e giudicato esterno (formatosi in altro processo;
la Corte di Cassazione ha operato un ridimensionamento all’efficacia ultra litem del giudicato
tributario : la valenza del giudicato esterno in materia tributaria sarebbe da ricondursi a quella di
un mero precedente. La ragione della mancata estensione del giudicato penale in ambito tributario
deriva dai differenti regimi probatori dei due processi: in particolare, il giudice tributario non può
limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari, deve in ogni
caso, verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare.

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