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I PRINCIPI FONDAMENTALI DEL SISTEMA TRUBUTARIO.

I principi generali del sistema tributario italiano sono


delineati dalla Costituzione, essenzialmente negli articoli
23 e 53.
Tali principi “fondamentali” sono quattro:
1) la legalità dell’imposta: le imposte possono essere
istituite solo per legge. Questo principio di legalità dei
tributi discende dal principio di certezza dei tributi, per cui
l’imposta non può essere introdotta in modo arbitrario.
2) l’universalità dell’imposta: tutti i cittadini sono tenuti a
contribuire alle spese pubbliche;
3) l’equità del carico fiscale: i cittadini devono contribuire
alle spese pubbliche in funzione delle proprie capacità
economiche;
4) la progressività dell’imposta: l’imposizione fiscale cresce
all’aumentare della capacità contributiva del cittadino.
Teoria della capacità contributiva:
Sappiamo che per finanziare la spesa pubblica lo Stato ricorre al prelievo
fiscale, cioè all’imposizione dei tributi.
Da qui l’art.23 Cost. cita il “principio di riserva di legge in materia
fiscale”: cioè nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere
imposta se non in base alla legge.
L’art.53 Cost. afferma che tutti sono tenuti a concorrere alle spese
pubbliche in ragione della loro capacità contributiva (cioè dell’effettiva
capacità di sopportare l’onere dell’imposta). Quindi, di conseguenza, ciò
significa che più alto è il reddito, più aumenta il prelievo fiscale da parte
dello Stato. Tale principio dimostra quindi che il sistema tributario è
informato a criteri di progressività.
NOTA BENE: con il termine tutti, la Costituzione si riferisce anche agli
stranieri che percepiscono un reddito in Italia seppur non vi risiedono.
Nello specifico, dunque, l’art. 53 è un’applicazione dei principi di
generalità (o universalità) dell’imposta, della capacità contributiva e
della progressività dell’imposizione.

IL Principio di Legalità dei tributi.


Il principio di legalità dei tributi è stabilito dall'articolo 23 della
costituzione, secondo il quale "nessuna prestazione personale o
patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge". Il principio
di legalità significa che l'istituzione di un'entrata tributaria, e la sua
concreta applicazione, è consentita allo Stato solo in base alla legge,
cioè in base ad un atto approvato dal parlamento: che può essere una
legge formale vera e propria (approvata secondo la normale procedura
di cui all'articolo 72 della costituzione) oppure può essere un atto con
valore di legge, come sono i decreti delegati (articolo 76 costituzione) ed
i decreti legge (articolo 77 cost.). Il principio di legalità si ricollega ad
una caratteristica essenziale del moderno Stato di diritto, nel quale
l'attività della pubblica amministrazione, ed in particolare l'attività
impositiva (cioè il potere di imporre tributi), deve essere esercitata
secondo norme di carattere generale, approvate da organi
rappresentativi della volontà popolare.
IL Principio della Progressività.
Il principio della progressività è stabilito dall'articolo 53 della
costituzione, in base al quale il sistema tributario deve essere
"informato a criteri di progressività". Ora, poiché un'imposta è
progressiva quando aumenta in modo più che proporzionale rispetto
all'incremento del reddito colpito, il principio costituzionale della
progressività significa che l'insieme delle imposte, e quindi il contributo
complessivo dei singoli cittadini alle spese pubbliche, deve aumentare in
misura più che proporzionale rispetto all'aumento della ricchezza
posseduta. Il principio della progressività costituisce un importante
strumento di giustizia tributaria, e può essere collegato al principio di
uguaglianza effettiva tra i cittadini stabilito nell'articolo 3, secondo
comma, della costituzione. E' chiaro, infatti, che lo Stato, facendo
pagare le imposte con criteri progressivi, e provvedendo con le entrate
così riscosse a servizi di utilità generale, si adopera attivamente contro
le disuguaglianze, e, in particolare, tende a "rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale", che limitano di fatto la libertà e
l'uguaglianza dei cittadini. In pratica, il principio di progressività non
risulta, però, molto attuato in Italia, sia perché l'unica imposta
progressiva rispetto al reddito è l'IRPEF (mentre le altre imposte sono
generalmente proporzionali), sia perché in ogni caso non è sempre vero
che "chi più ha più paga", soprattutto in relazione al noto fenomeno
dell'evasione fiscale.

NOTA BENE:
quando si tratta di tasse, o meglio, di leggi che riguardano le tasse, il
ministero delle finanze ed i cittadini sono sullo stesso piano. Per la corte
di cassazione, di fronte alle norme tributarie, contribuenti ed
amministrazione finanziaria si trovano su un piano di parità.
L’amministrazione non ha poteri discrezionali sulla terminazione delle
imposte dovute e la cosiddetta interpretazione ministeriale delle regole,
che si trova nelle circolari e nelle risoluzioni, non vincola i contribuenti e
neppure i giudici e non costituisce fonte di diritto. Proprio per questo,
prosegue la suprema corte, con la sentenza numero 14619/2000, alle
circolari del ministero non si estende il controllo di legittimità esercitato
dalla cassazione: non sono infatti atti normativi, ma documenti interni
alla pubblica amministrazione, destinati ad esercitare una funzione
direttiva nei confronti degli uffici, che dall’amministrazione finanziaria
dipendono. Incapaci, però, ad incidere sul rapporto tributario.

In definitiva, le fonti del diritto tributario sono principalmente le leggi e


gli altri atti aventi valore di legge. Importanti disposizioni in materia di
leggi tributarie sono contenute nello Statuto dei diritti del contribuente,
si tratta di disposizioni di varia natura e contenuto, ma tutte qualificate
come principi generali dell’ordinamento tributario che possono essere
derogate o modificate solo espressamente.
In materia di fonti nello Statuto vi sono quattro importanti enunciati.
1) L’auto qualificazione delle disposizioni dello Statuto come
attuative della Costituzione;
2) Il valore di tali norme come principi generali dell’ordinamento
tributario.
3) Il divieto di deroga o modifica delle norme dello Statuto in modo
tacito;
4) Il divieto di deroga o modifica attraverso leggi speciali.

Lo Statuto si pone come una legge tributaria generale.


La funzione legislativa spetta al Parlamento ma il Governo può emanare
decreti con forza di legge, ossia decreti – legge e decreti legislativi.
I decreti legge sono provvedimenti provvisori con forza di legge che
possono essere adottati dal Governo in casi straordinari di necessità ed
urgenza. I decreti legge hanno efficacia dal giorno della pubblicazione e
perdono efficacia se non sono convertiti in legge entro 60 giorni dalla
pubblicazione. Del decreto legge vi è un uso frequente in materia
tributaria. Le ragioni dell’uso sono tante: ad esempio se si istituisce o si
aumenta un tributo sui consumi è necessario un provvedimento celere
non preannunciato per evitare l’accaparramento dei generi colpiti. Sino
al 1996 il Governo usava abitualmente l’emanazione dei decreti legge
per ovviare con tale strumento alla lungaggine delle procedure
parlamentari. Sovente, i decreti legge non erano convertiti e il Governo
li reiterava; la Corte Costituzionale ha però censurato tale prassi. Da
allora è divenuto più frequente il ricorso alla legge delega.

0RGANIZZAZIONE SOCIALE DEI TRIBUTI


Il carico tributario deve essere ripartito fra i contribuenti in modo da
rispettare le esigenze della giustizia sociale. Queste ultime trovano
fondamento nella costituzione, che stabilisce le regole fondamentali,
alle quali si deve attenere lo Stato, per quanto riguarda i tributi.
Proviamo a fare un breve esame:
Solidarietà economica e sociale significa che essere cittadino impone ad
ognuno "l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale": ciascuno di noi, in sostanza, è tenuto al
pagamento delle imposte, che diventano strumento per una più giusta
distribuzione del reddito, in vista del conseguimento del bene comune.
Riserva di legge Tasse e imposte, cioè, possono essere decise ed
applicate solo con una legge dello Stato ed assolutamente mai in altri
modi (quindi legge del parlamento o decreto legge e decreto legislativo
del governo). Questa regola ha, quindi, lo scopo di assicurare la facoltà
di imporre tributi solamente agli organi che rappresentano la volontà
popolare; volontà espressa con elezioni libere pubbliche e democratiche.
Capacità contributiva Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche
in ragione della loro capacità contributiva. (articolo 53 della
costituzione).
È chiaro che, per attuare questo programma, tutti i tributi dovranno
essere generali ed uniformi.
1) generalità dei tributi: quindi tutti sono tenuti al pagamento delle
imposte. L'obbligo riguarda anche i cittadini stranieri residenti nel
territorio dello Stato o che in Italia esercitano una attività economica o
professionale, oppure vi possiedono delle proprietà. Alla regola della
generalità sono ammesse alcune eccezioni, per particolari ragioni di
giustizia sociale o di politica - 3 - economica (esempio la esenzione per i
redditi dei fabbricati di nuova costruzione o esenzioni per i contribuenti
che hanno redditi minimi).
2) uniformità dei tributi: il sacrificio tributario deve essere ripartito in
maniera giusta fra tutti. In altre parole, tutti devono pagare in relazione
alle proprie possibilità economiche. (articolo 3 della costituzione: "tutti i
cittadini sono uguali di fronte alla legge").
Segue:
Le Disposizioni costituzionali da conoscere in materie legislativa
“Tributaria” sono:
Art 53, co.2: il sistema costituzionale è informato a criteri di
progressività.
Art 75, co.2: è vietato il referendum abrogativo di leggi tributarie.
Art. 81, co.3: non possono essere istituiti nuovi tributi con la legge di
bilancio.

Il Diritto tributario:
Insieme di norme e principi che presiedono alla istituzione e alla
attuazione del tributo:
1) Norme sostanziali (impositrici, agevolative, sanzionatorie);
2) Norme procedurali (amministrative, giurisdizionali).
Ricordiamo che la costituzione, all’articolo 53, vuole che il sistema
tributario italiano sia improntato al criterio della progressività (dunque
questa è la regola, pur in presenza di inevitabili eccezioni), perché si
ritiene che questo criterio meglio serva per diminuire il più possibile le
differenze sociali.
La progressività può essere:
- continua: se l’aliquota varia anche per minime variazioni
dell’imponibile, - per classi (o scaglioni), se l’aliquota aumenta con il
passaggio da una classe di redditi ad un’altra classe di redditi superiore,
- per detrazioni, quando l’aliquota è costante, con detrazione, però, di
una somma fissa dall’imponibile (abbattimento alla base).
I princìpi delle imposte sono i seguenti: giuridici, amministrativi ed
economici. Vediamoli meglio, uno ad uno:
1) princìpi giuridici: la generalità (l’imposta si applica a tutti) e
l’uniformità (ognuno deve pagare le imposte secondo la propria
capacità contributiva);
2) princìpi amministrativi: l’imposta va accertata da appositi organi
dello Stato, sulla base anche di specifica modulistica compilata dai
contribuenti;
3) princìpi economici: l’evasione, la rimozione, l’elisione, la traslazione;
quindi: - evasione: trattasi di comportamento illecito, che avviene in
pratica nascondendo l’imponibile, totalmente o parzialmente (ad
esempio il contrabbando);
- rimozione: consiste nell’eliminazione, da parte del contribuente, della
materia imponibile, attraverso una diminuzione della produzione o del
consumo dei beni colpiti; - elisione: consiste nel procurarsi, mediante un
accrescimento di attività, un maggior reddito, col quale far fronte
all’imposta;
- traslazione: avviene quando il contribuente, che ha avuto il prelievo
fiscale, trasferisce, modificando il prezzo del bene o del servizio, l’onere
economico su un altro soggetto (per esempio, avviene dal commerciante
al cliente). Il commerciante, che è chiamato “percosso”, è il contribuente
di diritto, in quanto è con lui che lo Stato e l’ente pubblico hanno un
rapporto. Il cliente dell’esempio, chiamato “inciso”, è quello sul quale
ricade effettivamente il peso dell’imposta ed è quindi il contribuente di
fatto. I presupposti perché sia possibile la traslazione sono: che vi sia un
rapporto economico tra i contribuenti, che il prezzo sia modificabile, che
l’oggetto dell’imposta sia un bene o un servizio destinato allo scambio.

PRINCIPI COSTITUZIONALI
La Costituzione detta i principi cui deve necessariamente attenersi il
legislatore fiscale nell’emanare le norme tributarie:
Riserva di legge (ART. 23);
Universalità dell’imposta (ART. 53);
Capacità contributiva (ART. 53);
Progressività del sistema tributario (ART. 53);
Uguaglianza (relativa) dell’onere tributario (ART. 3).

L’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA
L'obbligazione tributaria:
• è introdotta da una norma impositrice di diritto tributario
sostanziale. L'applicazione del tributo, poi, è disciplinata con
norme procedurali di diritto tributario formale;
• ha una disciplina propria nel diritto tributario, ma, in caso di
lacune tecniche la disciplina del diritto tributario può essere
integrata per analogia con le norme del codice civile. L'analogia,
però, si ravvisa, può essere applicata solo alle norme procedurali, e
non a quelle impositrici;
• è indisponibile. L'amministrazione finanziaria non può disporre
come vuole dei crediti tributari e del potere impositivo. Pertanto,
ad esempio, è nulla la clausola contrattuale con la quale il Comune
rinuncia all'applicazione di un tributo;
• è una obbligazione di diritto pubblico. Pertanto non trae origine da
un contratto ma da una legge o da un provvedimento dello Stato;
• è una obbligazione legale. Pertanto tutta la disciplina
dell'obbligazione è stabilita dalla legge. A differenza delle
obbligazioni di diritto privato, nulla della disciplina
dell'obbligazione tributaria può essere determinato dalla volontà
delle parti.
Essa è dunque un’obbligazione di diritto pubblico e quando la disciplina
tributaria presenta delle lacune, l’interprete può colmarla ricorrendo
alle norme di diritto civile ma solo se ricorrono i presupposti
dell’analogia.
L’analogia, pertanto, è possibile quando:
1) La disciplina tributaria presenti delle lacune in senso tecnico;
2) Le norme del codice civile siano suscettibili di essere estese oltre
l’ambito del diritto privato;
3) Le norme del codice civile siano compatibili con le peculiarità del
diritto tributario.

Elementi dell’obbligazione tributaria.


L’obbligazione tributaria si compone di tre elementi essenziali:
a. il presupposto impositivo;
b. la base imponibile;
c. i soggetti passivi d’imposta.
Il soggetto attivo è il creditore e non sempre coincide con il
soggetto che percepisce le somme prelevate (es. IRAP).

Il soggetto passivo è il debitore e di norma coincide con il


contribuente, cioè con colui che subisce un decremento della
propria ricchezza. Tuttavia, vi sono dei casi in cui tale coincidenza
non si realizza; ad esempio, nel caso dell’IVA, come si vedrà nel
prosieguo della trattazione, soggetto passivo è l’imprenditore, ma
è il consumatore finale che subisce in concreto un decremento
della propria ricchezza.

Il presupposto è il fatto o requisito al cui verificarsi sorge


l’obbligazione tributaria, ovvero l’obbligo di provvedere al
pagamento del tributo.

La base imponibile è la quantificazione monetaria del presupposto,


che si esprime in un numero e può variare da soggetto a soggetto.
In altri termini, il presupposto determina l’applicabilità di un
tributo (an debeatur), la base imponibile ne determina la misura
(quantum debeatur). Nella gran parte dei casi, la base imponibile è
costituita da una grandezza monetaria.

La misura dell’imposta può essere fissa o variabile, ed è correlata


all’individuazione della base imponibile.

Per obbligazione tributaria deve intendersi un’obbligazione di


diritto pubblico a carico di ciascun privato, consistente nell’obbligo
di pagare all’erario una determinata somma di danaro, in ragione
della propria capacità contributiva. La sua fonte è legale in quanto
ha origine esclusivamente nella legge, in forza del principio VI. LA
STRUTTURA DEI TRIBUTI: L’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA 33 sancito
all’art. 23 Cost. e la sua disciplina è stabilita interamente dalla
legge, restando irrilevante la volontà dei soggetti del rapporto; è,
pertanto, caratterizzata dall’indisponibilità, non solo per i privati,
ma anche per la stessa Amministrazione finanziaria, i cui poteri
sono vincolati.

Tutti questi sopra citati, sono quindi gli elementi essenziali della
fattispecie tributaria, in cui si concretizzano le scelte politiche ed
economiche su cui si fonda il tributo.

Lo studio della struttura dei tributi deve prendere le mosse da


un’importante differenziazione tra l’aspetto sostanziale (statico),
concernente gli elementi essenziali del tributo ed il rapporto
giuridico che ne rappresenta il contenuto, e l’aspetto dinamico,
relativo all’attuazione del prelievo tributario. Pertanto,
preliminarmente andrà analizzato il “profilo statico”
dell’obbligazione tributaria, attraverso lo studio delle norme
materiali, per poi esaminare (sotto il “profilo funzionale-
dinamico”) le modalità di attuazione dell’imposizione tributaria,
attraverso lo studio dei poteri di cui è dotata l’Amministrazione
finanziaria e delle forme di esercizio di detti poteri, regolati dalle
norme procedimentali (di accertamento, di riscossione,
sanzionatorie, etc.). Sul corretto esercizio delle funzioni della P.A.
in ambito tributario, si pronuncia un Giudice Speciale (il Giudice
Tributario), che presiede il processo tributario, caratterizzato da
regole proprie e, in assenza, dal rinvio a quelle di procedura civile.
La violazione degli obblighi tributari gravanti sul privato, dà luogo
a sanzioni e, talvolta, la loro violazione può integrare fattispecie di
reato (c.d. reati tributari) il cui accertamento spetta al Giudice
Ordinario, in sede di penale.

Chiunque opero nel campo del Diritto Tributario deve conoscere gli
strumenti specifici, normativi e non, ed utilizzarli secondo una
metodologia corretta.
Strumenti e metodologia

Normativa (leggi, decreti);


Prassi (Circolari, Risoluzioni);
Giurisprudenza (Sentenze);
Dottrina (testi, riviste);
Strumenti pratici (testi, riviste, guide pratiche, formulari).

Il restringimento del presupposto tipico: agevolazioni, esenzioni ed


esclusioni d’imposta - le norme fiscali di favore.
Dal fenomeno dell’ampliamento del presupposto d’imposta, va distinto
il fenomeno del restringimento dell’ambito di applicazione della
fattispecie impositiva, caratterizzato dalle norme fiscali di favore.
Nell’ambito delle norme di favore, si definisce agevolazione, o aiuto
fiscale, ogni tipo di norma che, in deroga a quanto previsto in via
ordinaria, riduce il peso dell’imposta (TESAURO). Gli strumenti
attraverso i quali il legislatore prevede agevolazioni fiscali, sono vari, tra
tutti vanno ricordati: - esenzione d’imposta, quando una norma
(speciale) restringe il campo di applicazione del presupposto di un
tributo, sottraendo all’imposizione situazioni (esenzione oggettiva) e
soggetti (esenzione soggettiva) che, altrimenti, in assenza di una
specifica deroga, ricadrebbero nell’ambito di applicazione della norma
impositiva generale (D’AMATI). Le esenzioni possono tanto nascere da
previsioni legislative, quanto possono essere subordinate alla
presentazione di un’istanza di parte o all’emissione di un provvedimento
autoritario di esonero. - Un esempio tipico di esenzione oggettiva,
nascente ex lege, è rappresentato dalle operazioni esenti IVA, di cui
all’art. 10 del D.P.R. 633/1972; mentre l’esenzione dalle imposte sui
redditi per gli immobili con destinazione ad usi culturali (art. 5‐ bis
D.P.R. 601/1973), presuppone la richiesta del contribuente. - Si
differenzia dall’esenzione, l’istituto dell’esclusione d’imposta che si
configura quando le disposizioni normative che la contraddistinguono
hanno la funzione di delimitare i confini del presupposto tipico
d’imposta, chiarendo, sostanzialmente, i limiti di applicabilità del
tributo, senza per questo derogare agli enunciati di carattere generale
(Falsitta ‐ Tesauro). Esemplificando, è una norma di esclusione quella in
base alla quale i dividendi percepiti da soggetti IRES sono esclusi dal
reddito complessivo in misura pari al 95% (art. 89, secondo comma,
TUIR.).

I SOGGETTI PASSIVI
Il termine Contribuente indica il debitore dell’imposta o più
genericamente il soggetto passivo di rapporti tributari. Coloro i quali
sono obbligati al versamento dell’imposta. Ogni contribuente ha il
domicilio fiscale in un comune dello stato. Il domicilio fiscale è concetto
distinto da quello di residenza fiscale: quest’ultima nell’ambito delle
imposte sui redditi, è una nozione di diritto tributario sostanziale, che
determina la tassazione in Italia della totalità dei redditi del residente
anche se prodotti all’estero. Il domicilio fiscale invece è una nozione di
diritto formale che risolve i problemi di competenza territoriale; perciò
hanno un domicilio fiscale sia i residenti che i non residenti.
Oltre alle persone fisiche ed agli enti collettivi dotati di personalità
giuridica possono essere titolari di situazioni giuridiche anche dei
soggetti non dotati di personalità. Sono perciò soggetti passivi
d’imposta anche le società di persone, le associazioni non riconosciute e
le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei
confronti delle quali il presupposto si verifica in modo unitario e
autonomo.
Le diverse situazioni passive che scaturiscono dalle fattispecie tributarie
possono far capo ad una pluralità di soggetti passivi. Può trattarsi di
obblighi formali o dell’obbligazione tributaria; e ricorre la figura
dell’obbligazione solidale in senso tecnico solo quando più soggetti sono
tenuti in solido ad adempiere l’obbligazione tributaria. Vale per la
solidarietà passiva tributaria la definizione dell’art. 1292 c.c. secondo cui
l’obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la
medesima prestazione in modo che ciascuno può essere costretto
all’adempimento per la totalità e l’adempimento da parte di uno libera
gli altri. Il soggetto passivo del tributo non è soltanto obbligato
all’adempimento di una prestazione pecuniaria ma è anche tenuto
all’adempimento di obblighi formali come la presentazione della
dichiarazione.
Vi è sostituzione tributaria nei casi in cui l’obbligazione tributaria è
posta a carico di un soggetto diverso da colui che realizza il presupposto
del tributo.
Conosciamo due tipi di sostituzione:
1) a titolo d’imposta, ovvero quando il sostituto deve pagare tutta
l’imposta, con l’azzeramento del debito del sostituito, il quale è
libero da qualsiasi altro adempimento: per esempio nel caso di
premi e vincite, nel quale chi eroga il premio opera una ritenuta a
carico del vincitore a titolo d’imposta, oppure in caso di
distribuzione di dividendi soggetti alla cosiddetta “cedolare secca”
vale a dire a titolo d’imposta quando la partecipazione non è
qualificata (inf.20%).
2) A titolo di acconto, ovvero quando l’obbligazione del sostituito non
si estingue, ed egli rimane soggetto passivo dell’imposta: per
esempio il caso del datore di lavoro che opera le trattenute IRPEF
sullo stipendio del lavoratore. Si parla di acconto perché il
lavoratore sarà tenuto al pagamento dell’IRPEF derivante da
redditi diversi da quello da lavoro dipendente.
L’AZIONE AMMINISTRATIVA
La riforma dell’organizzazione del governo e della pubblica
amministrazione ha riguardato anche l’amministrazione
finanziaria che è stata ristrutturata separando nettamente le
funzioni operative affidate alle agenzie, da quelle di indirizzo e
controllo. Un solo ministero ha assunto le competenze riguardanti
la politica economica e finanziaria, il bilancio ed il fisco. Le agenzie
sono enti pubblici economici, soggette ai poteri di indirizzo e
vigilanza del ministro. Sono regolate oltre che dalla legge anche da
un proprio statuto. Le agenzie fiscali sono quattro: agenzia delle
entrate, delle dogane, del territorio e del demanio. L’agenzia delle
entrate amministra tutti i tributi statali. Al vertice dell’agenzia
delle entrate vi è un direttore generale da cui dipendono le
direzioni regionali. I compiti sono: controllare dichiarazioni,
svolgere indagini, emettere accertamenti, formare ruoli di
riscossione, disporre rimborsi ecc. A seguito dell’istituzione
dell’agenzia delle entrate la titolarità dell’obbligazione tributaria è
rimasta allo Stato, mentre l’esercizio dei poteri in materia di
imposizione fiscale sono stati trasferiti all’agenzia.

Nello Statuto dei diritti del contribuente vi sono diverse norme che
disciplinano i rapporti tra amministrazione finanziaria e
contribuenti. Regola fondamentale della materia è quella dettata
dall’art. 10 il cui comma 1 dispone che i rapporti tra contribuente e
amministrazione finanziaria sono improntati al principio della
collaborazione e della buona fede. L’art. 10 comma 1 si riferisce al
principio di buona fede in senso oggettivo perché regola i rapporti
tra contribuente e amministrazione finanziaria. La buona fede in
senso oggettivo è una regola di comportamento conforme a
principi di correttezza. La buona fede in senso soggettivo è la
convinzione di agire secondo le regole.
I principi enunciati nell’art.10 imposti all’amministrazione:
1) Garantire al contribuente l’effettiva conoscenza degli atti a lui
destinati senza violare il diritto alla riservatezza.
2) Informare il contribuente di ogni fatto o circostanza a sua
conoscenza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento
di un credito ovvero l’irrogazione di una sanzione.
3) Informare adeguatamente i contribuenti non residenti in Italia.
4) Garantire che i modelli di dichiarazione, le istruzioni e in
generale ogni comunicazione siano comprensibili anche ai
contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria con il
minor numero di incombenti e nelle forme meno costose e più
agevoli.
Inoltre l’amministrazione deve:
1) Non richiedere al contribuente documenti o informazioni già in
possesso dell’amministrazione finanziaria.
2) Prima di procedere ad iscrizione a ruolo in base alla
dichiarazione invitare il contribuente a fornire chiarimenti
necessari o a produrre documenti mancanti;
3) Svolgere gli accessi, le ispezioni e le verifiche con particolari
modalità, per non turbare l’attività del contribuente;
4) Motivare i propri atti; in caso di motivazione per relationem
rendere disponibile l’atto richiamato; indicare l’ufficio presso cui
si possono ottenere informazioni e il mezzo di impugnazione.

L’art. 11 dello statuto dei diritti del contribuente prevede il


diritto di presentare all’agenzia delle entrate circostanze e
specifiche istanze con cui viene richiesto un parere circa
l’interpretazione di una disposizione tributaria con riguardo ad
un caso concreto e personale.
INTERPELLO ORDINARIO
È disciplinato dall’art. 11 delle dichiarazioni Statuto Contribuente. Il
contribuente può inoltrare istanze all’amministrazione finanziaria. Deve
inserire la propria interpretazione della norma (entro 120 giorni).
INTERPELLO DISAPPLICATIVO
Riguarda norme antielusive, il contribuente deve presentare sempre
all’amministrazione finanziaria un’istanza dove chiede la
disapplicazione delle norme in materia elusiva, descrivendo l’operazione
e provando che non esistono fini elusivi.
I rimedi a disposizione dell’amministrazione sono molteplici:
1) L’avviso di accertamento già emesso può essere sostituito da un
accertamento con adesione;
2) In pendenza del giudizio di primo grado la lite può riconoscere la
fondatezza del ricorso o non impugnare la sentenza ad essa
favorevole;
3) Infine l’amministrazione può annullare l’atto che riconosce vietato.

L’autotutela concerne quest’ultima ipotesi. In diritto amministrativo


l’annullamento d’ufficio dell’atto deve essere giustificato oltre che dalla
sua illegittimità anche da un interesse dell’amministrazione
all’annullamento. In diritto tributario invece non essendovi
discrezionalità l’esercizio dei poteri di autotutela non presuppone
valutazioni di convenienza: il ritiro o la correzione dell’atto viziato vanno
compiuti in applicazione della regola di buona fede cui deve attenersi
l’amministrazione. Il potere di autotutela in diritto tributario è
espressamente riconosciuto e regolato. L’ART.7 comma 2 dello statuto
in tema di chiarezza e motivazione dei provvedimenti dispone che gli
atti dell’amministrazione finanziaria e degli agenti della riscossione
devono tassativamente indicare l’organo e l’autorità amministrativa
presso i quali è possibile promuovere il riesame dell’atto. Nella disciplina
dell’autotutela tributaria si parla di annullamento e di revoca degli atti
illegittimi e infondati. L’annullamento è da riferire agli atti infondati
ossia viziati nel contenuto. Nel regolamento si prevede a titolo
esemplificativo che l’autotutela può essere esercitata per errore di
persona; evidente errore logico o di calcolo; errore sul presupposto
dell’imposta; doppia imposizione; mancata considerazione di pagamenti
di imposta. L’autotutela può essere esercitata a seguito di richiesta del
contribuente o d’ufficio, sia in presenza di giudizio sia dopo che l’atto è
divenuto definitivo e può riguardare qualsiasi atto dell’amministrazione
finanziaria. L’utilità pratica dell’autotutela per il contribuente che abbia
ricevuto un atto illegittimo emerge soprattutto quando l’atto è divenuto
definitivo perché non impugnato o perché il ricorso proposto non ha
raggiunto il risultato richiesto.
Presso ogni direzione regionale dell’agenzia delle entrate è istituito il
garante del contribuente (art. 13), che è un organo collegiale formato
da tre membri scelti e nominati dal presidente della commissione
tributaria regionale all’interno di alcune categorie particolarmente
qualificate. Il garante è autonomo rispetto all’amministrazione ed ha il
compito di tutelare il contribuente che lamenta disfunzioni, irregolarità,
scorrettezze, prassi amministrative anomale o irragionevoli o qualunque
altro comportamento suscettibile di incrinare il rapporto di fiducia tra
cittadini e amministrazione finanziaria. Per svolgere i suoi compiti può
richiedere documenti o chiarimenti agli uffici competenti. Non si tratta
di un organo con poteri autoritativi. Infatti può soltanto:
1) Stimolare le procedure di autotutela nei confronti di atti
amministrativi di accertamento o di riscossione notificati al
contribuente;
2) Rivolgere raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della
tutela del contribuente;
3) Prospettare al ministro delle finanze i casi in cui possono essere
esercitati i poteri di rimessione in termini del contribuente;
4) Individuare i casi di particolare rilevanza in cui le disposizioni in
vigore ovvero i comportamenti dell’amministrazione determinano
pregiudizi per i contribuenti.
LA DICHIARAZIONE DEI REDDITI
La dichiarazione dei redditi è il documento contabile attraverso il quale
il cittadino contribuente comunica al fisco le proprie entrate, ovvero il
proprio reddito, ed effettua le imposte relative a partire dalla base
imponibile e dalle aliquote fiscali per ciascuna imposta dovuta. In Italia
tale dichiarazione si effettua mediante la compilazione del cosiddetto
modello 730.
Agli effetti dell’imposizione sui redditi gli imprenditori commerciali in
regime di contabilità ordinaria debbono tenere le seguenti scritture
contabili:
1) Il libro giornale e il libro degli inventari.
2) I registri ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
3) Le scritture ausiliare in cui registrare gli elementi patrimoniali e
reddituali che concorrono alla formazione del reddito.
4) Le scritture ausiliare di magazzino.
5) Il registro dei cespiti.
Nella disciplina della maggior parte delle imposte ai contribuenti è
imposto l’obbligo di presentare una dichiarazione all’amministrazione
finanziaria nella quale devono essere indicati il presupposto e
l’ammontare dell’imposta. La dichiarazione dei redditi e dichiarazione
Iva devono essere presentate ogni anno. Infine vi sono dei tributi per i
quali non è prevista la dichiarazione.
La dichiarazione dei redditi deve essere presentata da ogni soggetto che
nel periodo di imposta abbia posseduto reddito. Sono esonerati i
soggetti che hanno solo redditi di lavoro dipendente e il reddito
dell’abilitazione principale. Non devono presentare la dichiarazione i
soggetti che possiedono soltanto redditi esenti o soggetti a ritenuta alla
fonte a titolo d’imposta. Infine non devono presentare la dichiarazione i
soggetti che hanno redditi di ammontare inferiore al minimo imponibile.
I contenuti della dichiarazione sono:
1) Il contenuto caratteristico è dato dalla indicazione degli elementi
attivi e passivi necessari per la determinazione degli imponibili
secondo le norme che disciplinano le imposte stesse. La
dichiarazione dei redditi è un atto il cui contenuto è vario e
complesso in relazione alle molteplici funzioni che assolve.
2) La dichiarazione è anche la sede nella quale si esercitano delle
opzioni: la scelta del regime di contabilità; la scelta tra rimborso e
riporto a nuovi crediti d’imposta; l’opzione in materia di tassazione
separata.
3) I contribuenti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare
presentato la dichiarazione unificata annuale che è un atto a
contenuto plurimo comprendente: la dichiarazione dei redditi, la
dichiarazione iva, la dichiarazione di sostituto d’imposta e la
dichiarazione annuale iva.
La dichiarazione deve essere redatta, a pena di nullità, su stampati
conformi ai modelli annualmente approvati dall’amministrazione
finanziaria. Il modello standard è detto Unico; vi è poi il modello
semplificato (modello 730) destinato ai lavoratori dipendenti e
pensionati. La dichiarazione non sottoscritta è nulla ma l’ufficio deve
invitare il contribuente a sanare la nullità. La dichiarazione della
società o enti soggetti ad IRES deve essere sottoscritta anche dal
presidente del collegio sindacale; per le società ed enti sottoposti al
controllo contabile, occorre anche la sottoscrizione di coloro che
hanno sottoscritto la relazione di revisione. La dichiarazione dei
redditi deve essere presentata in via telematica entro il 30 settembre
dell’anno successivo al periodo d’imposta cui si riferisce.

L’ISTRUTTORIA
Ogni contribuente ha un numero di codice fiscale ed è iscritto
all’anagrafe tributaria che è un grande sistema informatico posto al
servizio delle agenzie fiscali con il compito di raccogliere e ordinare su
scala nazionale i dati e le notizie risultanti dall’amministrazione
finanziaria e dai relativi accertamenti nonché i dati e le notizie che
possono comunque assumere rilevanza ai fini tributari.
La liquidazione è un controllo limitato sia nell’oggetto sia negli effetti
in quanto non è finalizzato alla rettifica del reddito ma solo alla
verifica dell’esattezza numerica dei dati dichiarati. Sulla base dei dati
dichiarati e dei tratti dell’anagrafe tributaria, l’amministrazione
finanziaria:
1) Corregge gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti
nella determinazione degli imponibili;
2) Riduce le detrazioni di imposta, indicati in misura superiore a
quella prevista dalla legge o non spettanti sulla base di quanto
dichiarato;
3) Controlla che i versamenti siano tempestivi e corrispondenti a
quanto dichiarato.
Alla liquidazione può seguire il cosiddetto controllo formale delle
dichiarazioni, disciplinato dall’art 36 ter D.P.R. 600/1973 a cui gli
uffici dell’agenzia delle entrate provvedono entro il 31 dicembre del
secondo anno successivo a quello di presentazione sulla scorta di
criteri selettivi. Il controllo formale non è automatico ma è svolto in
base a criteri selettivi fissati dal ministero e riguarda alcune voci della
dichiarazione che devono essere giustificate documentalmente. In
sede di controllo formale il contribuente è infatti invitato a fornire
chiarimenti in ordine ad alcuni elementi della dichiarazione, a
trasmettere i documenti che li giustificano o a esibire le ricevute dei
versamenti. Il controllo formale si differenzia quindi alla liquidazione
perché non riguarda solo la dichiarazione ma anche i documenti che
devono corredarla. Il controllo sostanziale delle dichiarazioni è svolto
dagli uffici della agenzia delle entrate e dalla guardia si finanza. La
verifica è la forma principale di controllo dei contribuenti e consiste in
una serie di operazioni che iniziano con l’accesso seguito da ispezioni
documentali e da altri controlli e si conclude con la redazione di un
processo verbale di constatazione.
L’art. 12 dello statuto prevede che gli accessi, le ispezioni e le
verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali
sono effettuati sulla base di esigenze di indagine e controllo sul
luogo.
Di ogni accesso deve essere redatto processo verbale da cui risultino
le ispezioni e rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente e le
risposte ricevute. Il verbale deve essere sottoscritto dal contribuente
che ha diritto di averne copia, a descrizione dettagliata delle
operazioni compiute viene effettuata nel processo verbale di verifica,
viene redatto da ultimo un processo verbale di chiusura delle
operazioni da parte degli organi di controllo il contribuente può
comunicare entro 60 giorni osservazioni che sono valutate dagli uffici
impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima
della scadenza del termine.
Le indagini bancarie possono essere svolte in via amministrativa
dall’agenzia delle entrate e dalla guardia di finanza che può eseguirle
anche in veste di polizia giudiziaria. La corte costituzionale ha
precisato che il dovere di riservatezza connesso con il segreto
bancario non può essere di ostacolo all’accertamento degli illeciti
tributari. Ciò però non significa che le indagini bancarie non siano
soggette a vincoli e limiti. Per svolgere le indagini bancarie gli uffici
dell’agenzia delle entrate e la guardia di finanza devono essere
autorizzati rispettivamente dalla direzione regionale dell’agenzia e
dal comandante di zona. Le banche devono comunicare all’anagrafe
tributaria il nome del loro cliente e la natura dei rapporti intrattenuti.
Acquisiti i dati bancari, l’ufficio può chiedere dati e notizie al
contribuente invitandolo a compiere di persona o inviandoli
questionari.
La verifica fiscale eseguita dalla guardia di finanza come quella
dell’agenzia è un’attività di natura amministrativa ma la guardia di
finanza è anche organo di polizia giudiziaria per cui se nel corso di
una verifica emergono notizie di reato deve darne notizia alla procura
della Repubblica.

L’AVVISO DI ACCERTAMENTO
Il procedimento amministrativo di applicazione delle imposte sfocia in
un provvedimento impositivo denominato avviso di accertamento.
Si tratta di un provvedimento amministrativo che ai sensi dell’art. 7
dello Statuto Contribuente che richiama l’art.3 deve essere motivato.
Deve contenere la motivazione e la parte dispositiva. La parte
dispositiva è data dalla statuizione dei presupposti di fatto e delle
ragioni giuridiche per cui è emanato l’avviso. In materia di imposte
sui redditi la legge prescrive che l’avviso di accertamento deve recare
l’indicazione dell’imponibile o degli imponibili accertati, delle aliquote
applicate e delle imposte liquidate.
L’avviso di accertamento come tutti i provvedimenti amministrativi
deve essere motivato, indicando i presupposti di fatto e le ragioni
giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione.
Esempio: Accertamento bancario
Questo tipo di accertamento è più ampio rispetto a quello normale ed
è rafforzato. Deve contenere anche il perché, le informazioni del
contribuente devono essere motivate dall’amministrazione
finanziaria (questo sia quando è d’accordo che non). Maggiore tutela
nei confronti del contribuente.
Motivazione rafforzata:
Con riferimento al principio del contraddittorio e all’attenta
valutazione delle ragioni dei soggetti sottoposti a verifica, nel citato
art. 10 bis è previsto che , a pena di nullità, l’atto di accertamento sia
preceduto dalla notifica al contribuente di una richiesta motivata di
chiarimenti, inoltre, nella motivazione del successivo ed eventuale
atto impositivo l’amministrazione finanziaria deve tenere conto dei
chiarimenti forniti dal contribuente.
Si distingue l’accertamento analitico e sintetico, analitico- contabile
ed induttivo.
L’accertamento analitico ricostruisce l’imponibile delle persone fisiche
considerandone le singole componenti; più precisamente
l’accertamento analitico è effettuato quando sono le fonti dei redditi
e si perviene al reddito complessivo sommando i redditi delle singole
fonti. Oltre che con metodo analitico – contabile, il reddito
complessivo delle persone fisiche può essere determinato con metodo
sintetico. Mentre l’accertamento analitico ha per oggetto redditi
appartenenti a singole categorie con l’accertamento sintetico si
ottiene direttamente la misura del reddito complessivo. Con il
metodo analitico l’iter conoscitivo ha come punto di partenza
specifiche fonti reddituali e come esito la quantificazione del reddito
attribuibile a tali font; il metodo sintetico ha invece come punto di
partenza l’individuazione di elementi e fatti economici diversi dalle
fonti di reddito.
Gli accertamenti analitico- induttivi possono essere fondati anche
sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi e i
corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle
caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività
svolta, ovvero degli studi di settore.
Oggetto degli studi di settore è la determinazione presuntiva dei
ricavi o compensi in base ad una varietà di fattori interni ed esterni
all’azienda ed in base ad indici di normalità economica.
Gli studi di settore si applicano agli imprenditori e lavoratori
autonomi i cui ricavi rientrino nei limiti stabiliti in ciascuno studio.
Ogni contribuente che appartenga ad una categoria alla quale si
applicano gli studi di settore deve presentare insieme con la
dichiarazione un modello con cui comunica i dati rilevanti ai fini degli
studi. I moduli si compilano e si trasmettono attraverso un software
che applica automaticamente lo studio di settore e indica:
cluster di appartenenza, congruità e coerenza. Ogni contribuente
deve dunque:
1) Inquadrare la propria attività in un cluster;
2) Indicare se il volume dei ricavi e compensi dichiarati è congruo;
3) Individuare la coerenza dei principali indicatori economici che
caratterizzano la sua attività rispetto alla forchetta di valori
assunti come normali per il cluster di appartenenza.
Il reddito del contribuente congruo ma non coerente non può essere
rettificato applicando gli studi di settore ma con gli ordinari metodi di
accertamento.
Gli studi di settore sono atti amministrativi generali di
organizzazione. Essi non possono essere applicati in via automatica
per rettificare i ricavi dichiarati essendo necessario che l’ufficio svolga
un’attività istruttoria in contraddittorio con il contribuente per
verificare se vi sono ragioni che confermano i ricavi indicati negli
studi di settore o ragioni che giustificano la produzione di ricavi in
misura inferiore. Gli studi di settore forniscono una indicazione dei
ricavi e compensi non del reddito. Essi permettono la rettifica dei
ricavi o compensi quando non vi è corrispondenza tra i ricavi indicati
dallo studio di settore a prescindere da valutazioni di inattendibilità
della contabilità.
L’ufficio può procedere ad accertamento induttivo- exstra contabile
solo nei casi espressamente previsti dalla legge e cioè:
1) Quando il reddito di impresa non è stato indicato nella
dichiarazione;
2) Quando al verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha
tenuto o ha sottratto alla ispezione una o più scritture contabili
prescritte ai fini fiscali;
3) Quando le omissioni o le false o inesatte indicazioni accertate
mediante verbale di ispezione sono così gravi numerose e ripetute.
4) Quando il contribuente non ha seguito all’invito a trasmettere o
esibire atti o documenti e non ha risposto al questionario.
In presenza di tali situazioni all’ufficio sono attribuite tre facoltà:
a) Può avvalersi dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a
sua conoscenza,
b) Può presentare in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e
delle scritture contabili;
c) Può avvalersi anche di presunzioni prive di requisiti di gravità
precisione e concordanza.

L’accertamento con adesione (detto comunemente concordato) è un


atto di accertamento formato al termine di un contraddittorio tra
ufficio e contribuente che consta di un provvedimento di
accertamento dell’ufficio sottoscritto per adesione dal contribuente.
La procedura dell’accertamento con adesione può essere avviata sia
dal contribuente sia dall’ufficio. Il contribuente può prendere
l’iniziativa al termine di una verifica fiscale chiedendo all’ufficio di
formulare una proposta. Inoltre il contribuente può prendere
iniziativa anche dopo che gli è stato notificato l’avviso di
accertamento; la presentazione dell’istanza sospende per novanta
giorni il termine per la proposizione del ricorso.
L’accertamento con adesione ha contenuto analogo all’accertamento
normale; deve essere infatti motivato e deve contenere la
liquidazione delle imposte e degli altri importi dovuti; a differenza
dell’accertamento ordinario, l’accertamento con adesione non è
notificato al contribuente ma è un atto dell’ufficio che viene
sottoscritto per adesione anche dal contribuente.
L’accertamento con adesione è un accertamento che nasce definitivo
ed impegna il contribuente e l’ufficio: il contribuente non può
proporre ricorso, nè l’ufficio può modificarlo. Vi sono però dei casi in
cui l’accertamento con adesione può essere integrato con un
successivo accertamento; ciò è consentito:
a) Se sopravviene la conoscenza di nuovi elementi dai quali si desume
un maggior reddito superiore al 50% del reddito definito;
b) Se la definizione riguarda accertamenti parziali;
c) Se la definizione riguarda redditi derivanti da partecipazione nelle
società di persone o da associazioni o da aziende coniugali gestite
in forma societaria;
d) Se l’azione accertatrice è esercitata nei confronti della società o
dell’associazione.

COME SI SUDDIVIDE IL SISTEMA TRIBUTARIO?


Il sistema Tributario si suddivide in tasse e imposte.
Sono entrambi definiti Tributi ma tra di loro c’è una differenza.
La tassa è un pagamento volontario di un determinato servizio pubblico
richiesto che ha ad oggetto una controprestazione, dal cittadino che
vuole usufruirne (ES: Tassa scolastica, tassa universitaria).
L’imposta è invece un prelievo forzoso da parte dello Stato per
finanziare i servizi pubblici generali (istituti, strade, ospedali, strutture di
ordine pubblico) e dipende dalla capacità contributiva del soggetto.

LE IMPOSTE
Premettiamo che si chiama IMPONIBILE il reddito su cui si paga l’imposta
e ALIQUOTA la percentuale di imposta che il cittadino deve pagare con il
suo reddito:
Esempio: IL sig. GIACOMO paga un’aliquota d’imposta pari al 20 % su un
imponibile di 10.000 euro, cioè paga 2000 euro di imposta.
Come può essere l’imposta?
REGRESSIVA: l’aliquota diminuisce all’aumentare dell’imponibile. (sono
dunque favoriti i contribuenti più ricchi).
PROPORZIONALE: quando l’aliquota è costante all’aumentare
dell’imponibile.
PROGRESSIVA: l’aliquota aumenta all’aumentare dell’imponibile.
IMPOSTA più equa.
CLASSIFICAZIONE DELLE IMPOSTE:
IMPOSTE DIRETTE: Sono quelle che gravano sul reddito o sul patrimonio di
una persona fisica o giuridica.
Si chiamano dirette perché colpiscono direttamente la capacità
contributiva e sono progressive (es: IRPEF).
IMPOSTE INDIRETTE: Sono imposte che gravano indirettamente sulla
capacità contributiva della persona fisica o giuridica e sono proporzionali
(ES: IVA).

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