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GIANLUCA MARIA ESPOSITO

IL SISTEMA AMMINISTRATIVO
TRIBUTARIO ITALIANO

PARTE PRIMA
FINALITA’ E REGOLE DEL DIRITTO TRIBUTARIO

CAPITOLO I
IL SOSTENTAMENTO DELLO STATO.
LE RAGIONI E LA TASSONOMIA DEI TRIBUTI.
1.1. Il sostentamento dello Stato e la cura dei bisogni pubblici.

Lo Stato e gli enti pubblici necessitano di mezzi finanziari per sostenere i rispettivi apparati e svolgere i
compiti assegnati loro dalla legge, finalizzati al soddisfacimento dei bisogni sociali.

I bisogni sociali però, non sempre rientrano nel raggio d’azione dello Stato, ma possono formare oggetto
dell’attività, esclusiva o concorrente – di imprese, organizzazioni e soggetti privati. È il legislatore a decidere
a chi e fino a che punto estendere la competenza dell’amministrazione nella cura dei bisogni sociali.

In Italia il passaggio da Stato liberale (il cui intervento restava circoscritto a servizi pubblici essenziali,
quali difesa, ordine pubblico ecc) a Stato sociale (o Welfare State, che ha attratto nel proprio raggio un
insieme molto più eterogeneo di funzioni) ha comportato un ampliamento dell’intervento pubblico e delle
sue funzioni, il che ha influito costantemente sul livello della spesa pubblica; per farvi fronte il legislatore ha
dovuto innalzare progressivamente la PRESSIONE FISCALE a carico dei cittadini.

Oggi non si sono raggiunti, però, gli obiettivi di crescita strutturali che si speravano. Le ragioni del
fallimento, nonostante l’intervento dello Stato, sono da ricercarsi innanzitutto nei limiti di
un’organizzazione amministrativa iper-frammentata; nella scarsa efficacia dei programmi
amministrativi e nella loro incessante modificazione da parte del decisore politico; nelle scelte dello stesso
legislatore con danni all’economia reale e senza alcun beneficio per la finanza pubblica.

Qui il cittadino è vittima 2 volte: come contribuente, perché costretto a pagare tributi insopportabili, e
come utente di servizi insoddisfacenti.

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1.2. Ambito del diritto tributario e inerenza al diritto amministrativo.

Le entrate finanziare che lo Stato si procura possono essere distinte, a seconda del METODO DI
ACQUISIZIONE e della FONTE da cui pervengono, in:

 ENTRATE FINANZIARIE PUBBLICHE  esse definite anche entrate tributarie sono


ottenute dall’esercizio della potestà coattiva dell’amministrazione pubblica e con
l’acquisizione di ricchezza iure imperii dai cittadini attraverso il prelievo dei tributi; sono rette
da norme di diritto pubblico.

 ENTRATE FINANZIARIE PRIVATE  definite anche entrate extra – tributarie, sono


ottenute dallo Stato iure privatorum, cioè tramite accordo come se fosse un soggetto privato,
acquisendo i proventi dell’attività di gestione delle sue imprese o dall’utilizzo dei suoi beni; sono
rette da norme di diritto comune.

Dunque le entrate che lo Stato si procura agendo iure privatorum formano oggetto della contabilità dello
Stato e degli altri enti pubblici; viceversa le entrate ottenute avvalendosi di poteri d’imperio (iure imperii)
formano l’oggetto del diritto tributario.

Abbiamo poi anche entrate che derivano da prestazioni patrimoniali imposte, ma a carattere sanzionatorio.

È possibile classificare le entrate anche sotto un profilo ECONOMICO in:

- ORIGINARIE  quando derivano dalla gestione di beni pubblici patrimoniali o dall’attività


economica dello Stato o altri enti pubblici;
- DERIVATE  quando vengono acquisite attraverso i prelievi coattivi di risorse dai privati.
Anche se non vi è una nozione in merito, grazie alla dottrina e alla luce di tali distinzioni, possiamo definire i
TRIBUTI quali entrate pubbliche derivanti da prestazioni patrimoniali imposte, aventi carattere derivato.

Dunque il DIRITTO TRIBUTARIO è costituito dalla legislazione che regola i rapporti giuridici tra pubblica
amministrazione fiscale e soggetti privati relativi alle entrate tributarie e tutte le funzioni pubbliche
connesse.

Inizialmente il diritto tributario non nasce come autonomo settore, ma come branca del diritto
amministrativo , ma con il crescente aumento delle norme fiscali, tale settore ha gradualmente
acquisito autonomia.

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Dobbiamo però dire che pur nella specialità di alcuni suoi aspetti, come ad esempio la previsione di un
giudice ad hoc, è oggi comunque indubbia la sua afferenza col diritto amministrativo , sia sul versante dei
principi dell’organizzazione che su quello delle regole del procedimento; ecco perché il professore Esposito
parla di SISTEMA AMMINISTRATIVO TRIBUTARI quale fondamentale settore dei poteri pubblici
relativo alla gestione, programmazione e controllo della funzione tributaria.

1.3. Imposizioni tributarie: la nozione di tributo.


Sotto un piano teorico potremmo collocare tale figura nella categoria giuridica dei provvedimenti e
procedimenti amministrativi a carattere ablatorio. Dunque tenendo presente l’articolo 23 Cost., il
quale recita che «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla
legge.» l’ordinamento sembrerebbe contemplare le sole ablazioni legali, e che dunque quelle
amministrative in senso proprio sarebbero incostituzionali.

Ma questo è in parte non vero, dal momento che i comuni, le province ,


le città metropolitane e le Regioni “stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri ”
in armonia con la Costituzione (articolo 119, comma 2 Cost.)

Quindi anche gli enti minori, nell’esercizio della propria autonomia e nel rispetto dei limiti previsti dalla
legge, possono concorrere a stabilire taluni aspetti della fattispecie impositiva, ad esempio la misura del
tributo. Tutto questo ci porta a dire che abbiamo una ABLAZIONE SEMI – AMMINISTRATIVA.

L’INTERPRETAZIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE.


In materia di tributi si è pronunciata la Corte Costituzionale che ha affermato che affinché possa
parlarsi di tributi devono sussistere la: “doverosità della prestazione e il collegamento di questa alla
pubblica spesa, con riferimento ad un presupposto economico rilevante”

Dunque secondo la corte devono sussistere 3 punti:


1. Doverosità della prestazione: la prestazione obbligatoria deriva dal carattere d’imperio del
potere pubblico. Essa infatti è oggetto di un rapporto giuridico coattivo, avente ad oggetto
un’obbligazione di pagamento in capo al contribuente, che assume la posizione di debitore di
imposta nei confronti dello Stato che è il creditore.
2. Collegamento del tributo alla spesa pubblica: tale nesso distingue il tributo sia dalle
entrate di diritto privato che dalle sanzioni. Il tributo quindi va a finanziare le spese pubbliche, che
possono essere classificate in:
 Divisibile = ossia che trova presupposto nel fatto che vi sia una domanda
individuale del singolo, oppure in una specifica fiscalità di scopo (es. l’istruzione,
trasporti pubblici).
 Indivisibile = che riconduce il beneficio indistintamente alla collettività intera, e
non ad una richiesta individuale. Cioè sono spese per attività che non vengono
offerte dietro richiesta individuale (es. mantenimento dell’ordine pubblico).

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PRESUPPOSTO
IMPOSITIVO
1.4. Presupposto e finalità del provvedimento di imposizione.
Qui dobbiamo parlare del 3^ punto, ossia il presupposto o la causa del tributo:

3. Fatto economicamente rilevante: partiamo col dire che spetta al legislatore individuare
i bisogni pubblici, e quindi stabilire ciò che è meritevole di prelievo, in quali casi ed in quali
condizioni sorge in capo al cittadino di contribuire alle spese pubbliche (presupposto impositivo).

Possono definirsi tributari infatti solo gli atti espressione di manifestazioni dirette (reddito e
patrimonio) o indirette (trasferimento di beni, compimento di affari e consumo) di forza economica
riconducibili ad un soggetto passivo. Questo distingue i tributi dalle sanzioni che, seppur imposte,
derivano da un fatto illecito.

Il concetto di tributo, quindi, è strettamente legato al principio di capacità contributiva


(Art. 53 Cost.) che impone ad ogni persona di partecipare alle spese pubbliche, sia sotto un
aspetto DIRETTO, ossia come i proventi conseguiti dall’esercizio di un’attività d’impresa, ma anche
sotto un aspetto INDIRETTO, come i consumi, l’acquisto appunto di beni e servizi (l’IVA).

Dunque questo sacrificio dei cittadini, trova la sua RATIO proprio nell’art. 53 Cost. ossia nel

dovere di contribuire ai bisogni pubblici, questo ovviamente in proporzione alla


propria idoneità a partecipare, ossia alla loro CAPACITA’ CONTRIBUTIVA. Questo articolo dunque a
un forte collegamento con l’articolo 2 Cost. proprio in riferimento all’adempimento di
inderogabili doveri di solidarietà economica e sociale.

Dunque in definitiva l’imposizione da chi dipende? Dipende oltre che dallo Stato (legislatore) anche
dallo stesso contribuente e dalla sua attitudine a concorrere ai bisogni pubblici.

ECCEZIONI: tuttavia in casi eccezionali il presupposto d’imposta, piuttosto che alla situazione del
singolo si può riferire ad una finalità politica, culturale e sociale che riguarda l’intera collettività, in
questo caso parliamo delle OBBLIGAZIONI TRIBUTARIE EXTRAFISCALI.

1.5. Classificazione e species dei tributi: LE IMPOSTE.

La categoria unitaria del TRIBUTO, si compone di 4 species: TASSA, CONTRIBUTO, MONOPOLIO FISCALE e
IMPOSTA.

 IMPOSTE: l'imposta è la più importante dei tributi. Partiamo col dire che essa è una prestazione
patrimoniale coattiva, priva di relazione diretta con una specifica attività dello Stato o ente
pubblico, cioè per capirci, noi pagando un’imposta non la colleghiamo ad una particolare attività (io
pago l’imposta per … “no”), è dunque carente del carattere commutativo.
Dunque le imposte sono destinate a finanziare i servizi INDIVISIBILI, ossia il beneficio è rivolto
indistintamente alla collettività e non ad una richiesta individuale, sono dunque impossibili da
suddividere.
La ratio delle imposte la possiamo ravvisare nell’art.2, proprio in relazione ai doveri di solidarietà.
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Classificazioni dell’imposta:

- Imposte dirette  ossia i tributi afferenti a manifestazioni DIRETTE di capacità contributiva, cioè
la percezione di un reddito o il possesso di un patrimonio;
- Imposte indirette  esse invece si sostanziano in manifestazioni MEDIATE di capacità
contributiva, misurabile ad esempio al momento del consumo.

- Imposte erariali  che hanno ad oggetto tributi dovuti allo Stato;


- imposte non erariali  che hanno ad oggetto tributi dovuti agli altri enti pubblici dotati del
potere di imposizione.

- imposte personali (soggettive)  che si basano sulla situazione del soggetto, ossia mirano a
colpire la manifestazione di capacità contributiva. Ad esempio sono espressione del carattere
personale del tributo, i meccanismi di detrazione dall’imposta, come la presenza di familiari a
carico, che consentono di ridurre il carico fiscale.
- imposte reali (oggettive)  colpiscono il fatto indice di capacità contributiva autonomamente
considerato, a prescindere da un puntuale riferimento di ordine soggettivo.

In riferimento alla determinazione dell’ammontare poi distinguiamo:


- Imposte fisse  queste sono predeterminate nella misura, senza che rilevi la quantità di ricchezza
prodotta o manifestata.
- imposte proporzionali  queste invece mutano secondo la base imponibile.

- Imposte istantanee  queste sono dovute una tantum, quando viene compiuto un determinato
atto o fatto.
- Imposte periodiche  queste invece sono applicate con cadenza periodica, destinate a durare
nel tempo.

In definitiva l’imposta è quella parte di ricchezza privata che i cittadini o i residenti di uno Stato devono
cedergli per la realizzazione di bisogni pubblici di ordine generale. Esempi di imposta sono l’IRPEF, l'IVA e
l'IRES.

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TASSE: la tassa, proprio a differenza dell’imposta, ha come presupposto l’erogazione di un
servizio pubblico a fronte di un pagamento, da parte del soggetto interessato. La sua RATIO quindi non
è la solidarietà, come per l’imposta, ma l’ottenimento di una utilità, su domanda di chi ne ha interesse.
Perciò la tassa ha una natura commutativa (ossia che consente uno scambio)

Il suo gettito è destinato a coprire le spese pubbliche divisibili in quanto vi è domanda individuale del
soggetto interessato.

Qui dobbiamo dire che, nonostante non sembra esserci connessione con il concetto di reddito, non sono
comunque sottratte all'applicazione del principio di capacità contributiva: il legislatore infatti ha previsto
forme di esenzione per soggetti socialmente deboli o con reddito molto basso.

In definitiva la tassa è la somma che un dato soggetto paga in corrispettivo di una prestazione che, pur
recando a tutti un vantaggio indistinto, ne regala uno particolare e distinto a coloro che ne profittano.
Esempi di tassa sono TASI, TARI ed IMU.

CONTRIBUTI: esso per certi aspetti è equiparabile alla tassa, per quanto concerne la sua causalità,
infatti è dovuto a carico di determinati soggetti in relazione al vantaggio – diretto o indiretto – che essi
conseguono da determinate attività pubbliche, rivolte ad una specifica collettività.

Esempio: contributi di fognatura, o per opere idrauliche ecc.


Interesse di una data collettività.
Il contributo si distingue:

- dall’IMPOSTA poiché l’obbligo non è connesso solo al generale dovere di concorrere alla spesa
pubblica, ma anche allo specifico e differenziato vantaggio che il soggetto passivo consegue;
- Dalla TASSA perché nel caso del contributo viene in rilievo anche l’interesse pubblico realizzato con
la medesima attività.

Dunque possiamo dire che il contributo è una via di mezzo tra imposta e tassa, questo perché si tratta di
un prelievo coattivo come un’imposta, ma viene effettuato per finanziare un’opera o un servizio specifico
come nel caso delle tasse.

In definitiva il contributo è ciò che si dà allo Stato o altro ente pubblico per raggiungere un fine al quale
concorrono più persone. Esempi di contributo sono i CONTRIBUTI DI BONIFICA, i CONTRIBUTI DI
FOGNATURA E PER OPERE IDRAULICHE, i CONTRIBUTIPER LE SPESE DI GIUDIZIO e i CONTRIBUTI
CONSORTILI.

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MONOPOLI FISCALI: la LEGGE può riservare allo Stato e agli altri enti pubblici, la produzione e la
commercializzazione di un determinato prodotto (es. tabacchi), o l’erogazione di determinati servizi.

Trattasi di una possibilità ammessa dall’art. 43 Cost. :

“A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e
salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o
categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di
monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”.

Dunque il monopolio costituisce una deroga al principio dell’iniziativa economica, è dunque una
manifestazione imperativa dell'intervento pubblico nell'economia.

Nell’ordinamento italiano esistono vari monopoli pubblici: il GIOCO DEL LOTTO,l'IMPORTAZIONE E LA


COMMERCIALIZZAZIONE DEI TABACCHI LAVORATI e la COMMERCIALIZZAZIONE DEI FIAMMIFERI.

I monopoli sono definiti FISCALI quando sono strumenti di imposizione e riscossione di un’imposta di
consumo, in questo caso la prestazione deve essere ritenuta a tutti gli effetti un tributo.

LA GIUSTIFICAZIONE: da un lato una finalità secondaria di assicurare entrate tributarie, ma soprattutto di


salvaguardare la salute pubblica e nell’occupazione dei lavoratori.

TARIFFE: la tariffa è composta da una quota determinata in relazione alle componenti essenziali
del costo del servizio. Esempi di tariffe sono la TARIFFA DEI SERVIZI IDRICI, ELETTRICI, DI TRASPORTO,
INFRASTRUTTURALI nonché la TARIFFA PER LO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI.
Dunque lo Stato o altri enti pubblici che promuovono la realizzazione e gestione di infrastrutture e servizi
possono chiedere una tariffa agli utenti.

Secondo la dottrina la tariffa non ha natura di tributo, data l’irrilevanza della finalità solidaristica, anche se
di recente le sezioni unite hanno ritenuto che vi sono alcune tariffe che hanno natura tributaria. Il dibattito
non ha ancora trovato un definitivo assestamento.

Una fattispecie nota è quella del PROJECT FINANCE, ossia il contratto attraverso il quale
l’amministrazione pubblica affida ad un soggetto privato, selezionato attraverso una gara pubblica, la
realizzazione di un’opera in cambio del diritto di gestire l’opera per un certo tempo. In tali casi gli utenti
pagano una tariffa che costituisce il corrispettivo di godimento dell’opera (es. strada).

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CAPITOLO 2
FONTI INTERNE DI PRODUZIONE DEL DIRITTO TRIBUTARIO
2.1. Inquadramento generale: la definizione di fonte giuridica.

È fonte del diritto quella realtà dalla quale scaturiscono le norme giuridiche.
È la COSTITUZIONE a disciplinare le norme di produzione del diritto, individuando i SOGGETTI cui è affidato
il potere di produrle, nonché i procedimenti attraverso i quali sono create.

Distinguiamo:

- FONTI ATTO  sono atti espressi dei soggetti titolari del potere normativo cui l'ordinamento
giuridico attribuisce aspetti regolatori.
Ad esempio: la legge ordinaria, in particolare l'articolo 70 della Costituzione che affida alle Camere
la funzione di adottare un atto legislativo;
- FONTI FATTO  consistono in comportamenti cui l'ordinamento riconosce un preciso valore
giuridico pur in mancanza della forma scritta tipica degli atti normativi.
Ad esempio: la consuetudine ha origine in una condotta umana costante che nasce dal
comportamento ripetuto nel tempo e che per questo viene avvertito e ritenuto come obbligatorio
dai consociati.

Cosa importante è che per il diritto tributario hanno valore unicamente le fonti atto, in quanto le
fonti fatto non sono idonee a disciplinare le materie tributarie, dunque NON VI SONO FONTI FATTO. Inoltre
non si annoverano tra le fonti di diritto amministrativo tributario gli atti amministrativi generali.
Dobbiamo ricordare che, nell'ambito della vastissima produzione legislativa di settore, con L. 212/2000,
è stato adottato uno Statuto dei diritti del contribuente

Il quale in particolare il manuale ci ricorda subito l’art.1 che dispone: “le disposizioni della presente legge,
in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 Cost., costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario
e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali”

2.2. Fonti di produzione del diritto tributario: la costituzione. FONTI COSTITUZIONALI


Diciamo che ogni ordinamento giuridico presuppone una base di regole fondamentali che tutto lo regge.
Nell’ordinamento Italiano questa base è rappresentata dalla COSTITUZIONE e dalle FONTI EUROPEE.

La Costituzione riserva alle materie TRIBUTARIE diversi articoli, in particolare:

- Art.23  esso stabilisce una riserva di legge relativa, nella previsione delle imposte;
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- Art.75.2  esso vieta il referendum abrogativo per le leggi tributarie e di bilancio;
- Art. 81.3  secondo cui ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per
farvi fronte;
- Art. 117  disciplina il riparto della potestà legislativa tra Stato ed enti locali, riservando alla
competenza legislativa concorrente il coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario;
- Art.119  che concede agli enti territoriali autonomia finanziaria tributaria e risorse autonome.

Di particolare importanza è soprattutto poi l’art. 53 Cost., che dispone:


“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”.

Dunque l’art. 53 ci da 3 basilari principi della materia tributaria:


 UNIVERSALITA’ dell’imposta;
 PROGRESSIVITA’ del sistema tributario;
 UGUAGLIANZA del carico tributario;

questi principi vanno a costituire quello che è lo standard universale dell'intero ordinamento fiscale, quale
la capacità contributiva.

Dunque l’articolo 53 va ad attuare:

- sia le finalità dell’art. 2 Cost., in merito all’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
economica, in particolare di concorrere alle spese pubbliche;
- sia l’art. 3 Cost. in merito al principio di uguaglianza tra tutti i cittadini, senza distinzioni alcune
davanti alla legge.

FONTI PRIMARIE
2.3. Legge in senso formale.

Come ben sappiamo, avendo studiato il diritto Costituzionale, la legge in senso formale è l’atto normativo
prodotto dalla deliberazione delle Camere (potere legislativo) e promulgato dal Presidente della
Repubblica.

La legge in senso formale è la principale fonte di produzione del diritto tributario, questo anche grazie alla
riserva relativa di legge fissata dall'articolo 23 della Costituzione, ma

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anche l’art.117 comma 2 lett. e, che affida alla potestà esclusiva dello Stato la disciplina legislativa in
tema di sistema tributario e contabile dello Stato.

La ratio di questa riserva, la possiamo ravvisare nella garanzia della partecipazione del Parlamento al
procedimento decisionale in un settore, come quello tributario, ad elevato impatto sulla vita dei cittadini,
nonché quella di garantire il costante controllo.

Dunque entro questi canoni nessun tributo può essere introdotto nell’ordinamento attraverso un atto
normativo diverso dalla legge o, quanto meno, da atto con eguale forza.

2.4. Atti aventi forza di legge: legge di delega e decreto legislativo delegato.

Qui dobbiamo parlare di atti aventi forza di legge come il:

 DECRETO LEGISLATIVO art. 76 Cost.

 DECRETO LEGGE art. 77 Cost.

 DECRETO LEGISLATIVO sono disciplinati dall'articolo 76 della Costituzione secondo cui il


Parlamento può delegare l'esercizio della funzione legislativa al governo; tale strumento tecnico è
utilizzato molto di frequente in ambito tributario anche per la complessità tecnica della stessa
materia.
La delega deve avvenire sia sotto un profilo:
o Formale = la delega può essere conferita soltanto tramite legge formale, cui spetta di
specificare ex ante i limiti temporali cui il governo deve attenersi, non potendo tale
mandato avere carattere permanente;
o Sostanziale = il Parlamento deve stabilire i principi e i criteri direttivi ai quali il governo
deve attenersi nell'esercizio del potere legislativo, l'incarico deve perciò riguardare un
oggetto definito, pur essendo ammissibili deleghe uniche per settori vasti della legislazione.

Tuttavia la prassi applicativa recente ha condotto spesso alle all'elusione di tale prescrizione
attraverso il conferimento di deleghe con principi e criteri ridotti a denunciati generali, si parla
delle cosiddette deleghe in bianco , assolutamente privi di reale dettaglio; per questo la
giurisprudenza costituzionale è ripetutamente tornata ad occuparsi del caso precisando che le
direttive, i principi ed i criteri servono a circoscrivere il campo della delega per evitare che si
eserciti in modo divergente dalle finalità che l'hanno determinata.

Dunque nonostante la giurisprudenza costituzionale abbia invitato il legislatore ad una


maggiore precisazione nel conferimento delle deleghe, i risultati non sono comunque quelli
sperati, con l'effetto di svuotare il Parlamento della sua prerogativa fondamentale.
ESPOSITO Per questa ragione, il prof. Esposito ritiene che i principi e criteri direttivi della delega
dovrebbero essere attentamente valutati ed indicati, anche con riguardo alla fissazione di
termini troppo larghi.

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2.5. Atti del governo aventi forza di legge.

 DECRETO LEGGE, al pari dei decreti legislativi sono atti aventi forza di legge. Essi sono
provvedimenti normativi adottati ad iniziativa del governo, ai sensi dell'articolo 77 della
Costituzione, quando ricorrano casi straordinari di necessità ed urgenza.
Questo comporta la loro entrata in vigore immediatamente dopo la pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale, producendo subito effetti provvisori che però necessitano di ratifica attraverso una
conversione in legge che il Parlamento è tenuto a compiere entro i successivi 60 giorni dalla sua
pubblicazione. In mancanza di conversione i decreti legge perdono efficacia ex tunc, ossia sin
dall'inizio, il che travolge tutti gli effetti fino a quel momento prodotti e spetta poi al Parlamento
regolare, con apposita norma, i rapporti che nel frattanto sono sorti.

Dobbiamo però dire che la Corte Costituzionale e il legislatore hanno precisato dei limiti.
In particolare richiamiamo l’art.4 dello Statuto dei diritti del contribuente, ha espressamente
statuito che non possono disporsi nuovi tributi per decreto legge, proprio in
conformità all’art.23 Cost.
Dunque attraverso i decreti legge possono soltanto modificarsi le aliquote o i modi di
determinazione della base imponibile, qualora ci siano le condizioni di necessità ed urgenza e la
necessità di intervenire in modo tempestivo.

Non può quindi essere ammesso ricorso ai decreti legge per intervenire sugli assetti strutturali
dell'ordinamento tributario o per varare norme di riforme in senso sostanziale della materia.

2.6. Legge regionale e fonti degli enti locali.

Grazie soprattutto alla riforma del Titolo V della Costituzione (3/2001) oggi si può parlare di leggi regionali
e locali.

In particolare la Costituzione riconosce alle Regioni addirittura la competenza ESCLUSIVA in tema di


tributi regionali e locali, ed una potestà CONCORRENTE in tema di coordinamento della finanza pubblica e
del sistema tributario.

La Costituzione infatti definisce Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni quali


enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla stessa Costituzione;
tutto ciò vale anche per le funzioni tributarie  infatti l'articolo 119 comma 2 prevede che i
Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni stabiliscono e applicano tributi ed entrate
proprie in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario.

Infatti nell’ambito TRIBUTARIO vige il PRINCIPIO DELLA TERRITORIALITA’ DELL’IMPOSTA = ossia che il gettito
prelevato, almeno in parte, deve essere conservato a favore del territorio e della comunità che lo hanno
espresso.

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FONDO PEREQUATIVO  art. 119.3 lo Stato istituisce un fondo per i territori con minore
capacità fiscale per abitante;

RISORSE AGGIUNTIVE  art. 119.5 lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi
speciali in favore di determinati Comuni, Province, città metropolitane e Regioni.

Su questa estensione dell’AUTONOMIA TRIBUTARIA è intervenuta la Corte Costituzionale, che si espressa


proprio nel limitare la portata dell’art.119. E’ stata infatti esclusa la possibilità per le Regioni di legiferare
sui tributi già esistenti, istituiti e regolati da leggi statali. Mentre per gli altri enti locali, essi possono solo
dettare la disciplina di dettaglio di tributi locali previsti nella legge dello Stato.

FONTI SECONDARIE FONTI SECONDARIE


2.7. Fonti secondarie: regolamenti.

Accanto alle fonti normative primarie, l'ordinamento conosce anche fonti di produzione
secondaria quali i regolamenti, definiti dall'articolo 117 della Costituzione. Essi sono atti che, pur non
avendo forza di legge, sono idonei a disporre in materia generale ed astratta.

All’art.117 comma 6 Cost. viene stabilito che la potestà regolamentare, oltre che allo STATO
detentore della competenza legislativa esclusiva, spetti anche alle REGIONI nelle materie di

competenza concorrente o esclusiva, mentre gli ENTI LOCALI, i Comuni, le Province e le Città
metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello
svolgimento delle funzioni loro attribuite.

La LEGGE 400/1988 contempla 2 tipologie di regolamenti:


- I REGOLAMENTI GOVERNATIVI che possono essere:
 Esecutivi  essi sono emanati per disciplinare l'esecuzione delle leggi e dei decreti
legislativi;
 Attuativi  essi sono emanati per disciplinare l’attuazione e l'integrazione delle
leggi e dei decreti legislativi recanti norme di principio;
 Integrativi  essi sono emanati per disciplinare le materie in cui manchi la
disciplina da parte di leggi o di atti aventi forza di legge;
 organizzativi  essi sono emanati per disciplinare l'organizzazione ed il
funzionamento delle amministrazioni pubbliche secondo le disposizioni dettate
dalla legge.

In tutti i casi indicati, i decreti sono adottati con decreto del Presidente della
Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e sentito il parere del

Consiglio di Stato che deve pronunciarsi entro 90 giorni dalla richiesta.

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- I REGOLAMENTI MINISTERIALI essi invece possono essere adottati con semplice decreto
del Ministro nelle materie di competenza di quest'ultimo o di un'autorità a questo subordinata,
sempre a condizione che sia la legge a conferire espressamente il relativo potere; nel caso in cui tali
materie sono oggetto di competenza di più ministri, i regolamenti ministeriali possono essere
adottati con decreti interministeriali. Essi, in un caso oi nell’altro, devono essere comunicati
al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.
Cosa importante è che i regolamenti ministeriali non possono modificare o contenere previsioni
contrarie alle previsioni dei regolamenti governativi.

Possiamo dire che il regolamento funge da completamento del sistema amministrativo.

Essendo atti amministrativi generali il contribuente può richiedere l'annullamento dei regolamenti
illegittimi al giudice amministrativo , se sono immediatamente lesivi. Mentre in caso di ricorso al
giudice tributario, questo ha il potere di disabilitarlo ove contrasti con la legge.

CAPITOLO 3
FONTI SOVRANAZIONALI DI PRODUZIONE DEL DIRITTO TRIBUTARIO

3.1. Fonti primarie dell’ordinamento comunitario.


Nella gerarchia delle fonti del diritto, la norma comunitaria sta sopra il diritto nazionale, questo
perché l'ordinamento europeo è sorto dalla rinuncia volontaria degli Stati membri ad una parte della loro
sovranità, mediante l’adesione ai TRATTATI.

Tutto ciò è sancito a livello Costituzionale  art.117, comma 1

“la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dai
vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli organi internazionali”.

Nello spazio giuridico comunitario vi sono:

- anzitutto fonti normative definite ORIGINARIE = ossia i TRATTATI ISTITUTIVI;


- a queste si affiancano i PRINCIPI GENERALI di diritto elaborati dalla GIURISPRUDENZA DELLA CORTE
DI GIUSTIZIA.

In queste fonti giuridiche europee, appena richiamate, è contenuta l’affermazione di primari valori, essi
sono espressione della finalità suprema dell'Unione Europea, che è quella di assicurare un mercato interno

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libero nel quale la concorrenza e la competizione tra i soggetti possano generare un ambiente dinamico in
grado di aumentare il benessere dei cittadini dell'Unione stessa.

Ciò si espande anche in materia tributaria. Dunque l’insieme di questi principi, proprio per la prevalenza
gerarchica, fa si che a livello nazionale vi deve essere l'adeguamento delle singole normative tributarie.

3.2. Fonti derivate dell’ordinamento comunitario.


Accanto alle fonti primarie, vi sono le fonti derivate create dall'attività degli organi comunitari.

Infatti la Commissione o il Parlamento europei hanno attitudine a creare norme, e dunque anche loro
influenzano il diritto tributario vivente.

Esse si distinguono in ATTI UNILATERALI & ATTI CONVENZIONALI. sono accordi che
vincolano su specifici
argomenti l’Unione,
gli Stati membri o le
singole istituzioni
Atti unilaterali = essi sono disciplinati dall'articolo 288 del TFUE e sono: comunitarie.

 REGOLAMENTI  essi sono atti normativi ad efficacia diretta ed


immediata e corrispondono alla legge primaria degli ordinamenti nazionali.
I tratti peculiari del regolamento europeo sono:
 l'obbligatorietà, ossia l’inderogabilità da parte della disciplina normativa
nazionale;
 la portata generale, ossia comprende tra i destinatari tutti i soggetti;
 ed il carattere di self executing, ossia non necessita di essere recepito in
una legge di conversione o in altro atto normativo interno.

Dobbiamo dire però che i regolamenti non sono la fonte comunitaria più
utilizzata in campo tributario.

Non è consentita un’applicazione solo parziale.

 DIRETTIVA  solo talvolta è apposta la clausola self executing, infatti normalmente


necessita di un atto di recepimento nazionale che di solito ha forma di legge o
decreto legislativo. Le direttive sono l'atto normativo più usato dalla legislatura
europea nei confronti degli Stati membri per vincolarli alla realizzazione di risultati
di politica comune da raggiungere entro un dato termine; l'ordinamento giuridico
destinatario della direttiva non ha quindi l'obbligo di applicazione immediata ma
quello di adottare tutte le misure necessarie all'attuazione dei fini perseguiti
dall'ordinamento comunitario entro la scadenza prestabilita, la cui inosservanza da
parte lo Stato è fonte di responsabilità per inadempimento e può dare luogo anche
all'erogazione di una sanzione.

14
 DECISIONE  esse a differenza dei regolamenti e delle direttive riguardano un caso
specifico. Al pari dei regolamenti sono obbligatorie in ogni loro parte.
Si distinguono in:
 le decisioni legislative  adottate da due organi comunitari
congiuntamente attraverso una procedura di tipo propriamente normativo
 decisioni non legislative  adottate singolarmente dagli organi istituzionali
dell'Unione quale la Commissione o il Consiglio Europeo.

All’ultimo comma dell’art. 288 troviamo le raccomandazioni, che hanno un

valore meramente esortativo, e i pareri che possono essere considerati come una
presa di posizione dell’Unione su dato argomento. Essi, come disciplinato dall’articolo,
hanno natura di atti normativi non vincolanti, ma la Corte di Giustizia ha sostenuto che
non possono essere considerati privi di valore giuridico e quindi i giudici nazionali
devono tenerne conto al fine di interpretare correttamente le norme nazionali.

Accanto a tali atti tipici si ritrovano anche atti atipici che sono figure che non rientrano nelle forme
espressamente previste e pertanto possono assumere forma di regolamenti interni, direttive di
negoziazione, accordi inter-istituzionali, risoluzioni, orientamenti o comunicazioni; essendo atti politici non
sono vincolanti.

3.3. Fonti complementari: le pronunce della Corte di giustizia europea.

Qualora diritto originario e derivato non riuscissero a disciplinare ogni ambito ed aspetto del
fenomeno giuridico, il completamento del sistema comunitario è assicurato dalle
fonti complementari.
Esse comprendono:

- il diritto internazionale = l'Unione Europea è essa stessa un soggetto di diritto internazionale ed


è per questo sottoposta alle norme riconosciute ed accettate come vincolati dagli Stati sovrani, ha
l’obbligo inoltre di rispettare i trattati e gli impegni assunti in base al principio pactasuntservanda
ed è responsabile per i danni eventualmente causati a terzi in conseguenza della loro violazione.

- le sentenze della Corte di Giustizia e i principi generali del diritto = dunque si tengono conto i
principi generali del diritto elaborati dalla CORTE DI GIUSTIZIA, per disciplinare appunto settori non
espressamente regolati dai trattati. Infatti la Corte è chiamata a pronunciarsi sull’interpretazione
dei trattati. E di conseguenza cosa importante è che i giudici nazionali qualora venga sollevata
dinanzi ad esso una questione interpretativa, possono richiedere proprio alla Corte di pronunciarsi
su tale questione qualora lo ritengono necessario. Quindi anche il GIUDICE TRIBUTARIO a
seconda dei casi ha la potestà o l’obbligo di rimettere alla Corte di giustizia questioni la
cui decisione richiede una pregiudiziale pronuncia di questa.
15
3.4. Rapporto tra ordinamento interno e ordinamento comunitario:
la superiorità della norma comunitaria.

La norma comunitaria è SUPERIORE, dunque prevale sulla norma nazionale.

Tale principio è oggi sancito nell’art.117 Cost.


Qualora ci fossero antinomie dunque, tutti i poteri dello Stato e anche i GIUDICI, hanno un obbligo di
disapplicazione della norma interna contrastante con quella comunitaria.
Essa non comporta l’eliminazione della norma incompatibile, ma solo la sua provvisoria inefficacia.

La giurisprudenza ha operato una distinzione tra categorie di:

- tributi armonizzati  introdotti e regolati dal legislatore comunitario, che ne definisce


le principali caratteristiche;
- tributi non armonizzati  imposti invia originaria da singoli ordinamenti nazionali e
rimessi alla loro autonomia.

Il prof Esposito però ci tiene a precisare che l'ordinamento europeo però non esercita potestà
impositiva diretta sui contribuenti , ma si limita a prelevare indirettamente quote dei
tributi dei singoli Stati. Sono gli Stati membri che, tramite rinuncia ad una parte della loro fiscalità,
trasferiscono all'Unione delle risorse necessarie per il suo corretto funzionamento. Non esistono infatti
imposte amministrate degli organi comunitari sul territorio nazionale dedicate in via esclusiva a sostenere
costi della macchina burocratica europea (fatta eccezione per i diritti doganali).

3.5. Doppia imposizione internazionale.

Può accadere che una stessa fattispecie risulti imponibile due volte, e si presenti quindi il rischio di un
doppio prelievo tributario. Al tema della territorialità dei tributi è quindi strettamente connessa la
problematica della doppia imposizione, generalmente vietata nell'ordinamento interno come in quello
internazionale ai sensi dell'articolo 163 Tuir.

Tale fenomeno trova origine nell'adozione, in ciascun ordinamento, di criteri di collegamento

differenti, ad esempio: il criterio oggettivo, cioè il luogo di produzione del reddito; ed il


criterio soggettivo, ossia il luogo di residenza effettiva del soggetto che lo produce.

In tutte queste ipotesi di conflitto è necessario determinare un principio di coordinamento tra i


diversi criteri approntati dagli Stati, per evitare la doppia imposizione internazionale, e lo si fa attraverso le
CONVENZIONI, ossia accordi tra Stati, per regolamentare la SOVRANITA’ TRIBUTARIA.
LE NOTE. Nelle note il prof. ci ricorda che oltre alle convenzioni sussistono poi misure interne di contrasto
alla doppia imposizione che prescindono dall’accordo bilaterale e multilaterale tra Stati e che si sostanziano nella
rinuncia all'imposizione da parte dello Stato italiano in favore della sovranità impositiva di altro Stato o con la
predisposizione di strumenti che consentono di recuperare le imposte già pagate in altro Stato, in relazione 16allo
stesso presupposto economico.
CAPITOLO 4

EFFICACIA NEL TEMPO DELLA NORMA TRIBUTARIA


4.1. Efficacia nel tempo della norma giuridica in generale.
Così come per le norme giuridiche, anche le norme tributarie soggiacciono alle stesse regole e ai medesimi
principi previsti sia nelle Preleggi art. 10 e 11 sia nella Costituzione art.73.
In particolare l’art.73 Cost. prevede che entro un mese dall’approvazione la legge è promulgata dal
Presidente della Repubblica, salvo che le Camere non ne dichiarino l’urgenza. Dopo tale promulgazione le
leggi vengono pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, e dopo un periodo di 15 giorni
(vacatio legis) entrano in vigore, salvo che è un termine diverso sia stabilito dalla legge.

L’art. 11 delle Preleggi ci ricorda che la legge non dispone che per l’avvenire, e di regola non produce
effetti retroattivi.

Stesse regole valgono per l’ ABROGAZIONE  ossia l’eliminazione della norma e la cessazione dei
suoi effetti. Non va confusa con l’abrogazione la DEROGA. Infatti mentre l’abrogazione prevede la
perdita di efficacia di una disposizione, la deroga è la conseguenza di un’antinomia. La norma oggetto di
deroga subisce in sostanza una limitazione del suo campo di applicazione, quindi abrogata la norma
derogante troverebbe nuovamente efficacia la regola generale. Vi sono anche dei casi in cui vi può essere

né abrogazione ne deroga, ma SOSPENSIONE, dove appunto una norma viene sospesa da una
disposizione di carattere straordinario (es. in ambito tributario la sospensione degli obblighi fiscali a favore
di zone colpite da calamità naturali).

Particolarità è che se di norma l’entrata in vigore ed efficacia delle norme coincidono, vi sono ipotesi nelle
quali il momento dell’efficacia della legge non coincide con la sua effettiva entrata in vigore,
questo accade in caso di differimento dell'efficacia o nel caso, ECCEZIONALMENTE,
di legge tributaria retroattiva.

L’irretroattività delle norme costituisce secondo la nostra giurisprudenza PRINCIPIO GENERALE DEL
NOSTRO ORDINAMENTO, ritenendo che rappresenta una regola essenziale del nostro sistema, a cui
salvo un’effettiva causa di giustificazione, il legislatore deve attenersi. Dunque occorre una
adeguata giustificazione sul piano della RAGIONEVOLEZZA, pena il contrasto con valori e interessi
costituzionalmente protetti.

17
4.2. Efficacia temporale della norma tributaria.
Fino ad ora abbiamo parlato della legge in generale, e la legge tributaria soggiace ai medesimi
principi in tema di efficacia nel tempo. Dunque anche le disposizioni normative tributarie sono sottoposte
alle disposizioni dell’art.11 e 11 Preleggi, e all’art.73 Cost. dunque sono pubblicate in Gazzetta subito dopo
la promulgazione del Presidente della Repubblica, ed entrano in vigore normalmente decorsi 15 giorni.

In particolare dobbiamo dire che la previsione di SANZIONI rende incompatibile la norma tributaria con una
sua applicazione RETROATTIVA, in base all’art.25 Cost.:”nessuno può essere punito se non in forza
di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.

Questo principio è stato ulteriormente ribadito nello Statuto dei diritti del contribuente
che ha sancito il divieto di retroattività delle norme tributarie , infatti
dispone che le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo, e in ogni caso le modifiche introdotte si
applicano solo a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore
delle disposizioni che le prevedono, anche per un principio di affidamento sulla certezza del diritto.

Precisamente il legislatore ha previsto che  Le NORME TRIBUTARIE non possono prevedere


adempimenti dei contribuenti la cui scadenza sia
Ratio: necessità di garantire fissata anteriormente al 60^ giorno dalla data della
l’effettiva informazione del loro entrata in vigore.
contribuente, e tutelarlo con
la certezza del diritto.

4.3. Limiti alla retroattività della norma tributaria.

In verità, non vi è una totale preclusione della possibilità di un effetto retroattivo delle norme
tributarie, ma il legislatore deve giustificarli adeguatamente sul piano della ragionevolezza, pena contrasto
con i valori e gli interessi costituzionalmente protetti.

Infatti il principio di IRRETROATTIVITA’ della normativa tributaria è disciplinato attraverso una legge
ordinaria. Tuttavia proprio il rango di semplice legge, diversamente da quello penale in cui il principio di
irretroattività è costituzionalmente previsto (l’art.25 si riferisce a leggi penali), determina la possibilità
di derogare a tale divieto sempre con fonte legale avente pari rango.

A tal proposito la giurisprudenza ha precisato come sia necessario che il legislatore, nel suo emanare leggi
aventi efficacia retroattiva rispetti sempre alcuni principi di particolare valore, e soprattutto quello previsto
dall’art. 53 Cost.  PRINCIPIO DI CAPACITA’ CONTRIBUTIVA.

18
Può ammettersi infatti la RETROATTIVITA’ solo se il presupposto dell’imposizione, cioè il fatto
economicamente rilevante, venga individuato in una manifestazione di capacità
contributiva attuale del soggetto inciso. Cioè un tributo può colpire retroattivamene fatti passati, solo se
questi non erano privi (al tempo in cui furono compiuti) di attitudine alla contribuzione.

IL LIMITE DELLA
RETROATTIVITA’ LO
Si parla dunque di ATTUALITA’ DELLA CAPACITA’ CONTRIBUTIVA.
RITROVIAMO DELL’ARTICOLO
53 COSTITUZIONE.

Quindi secondo l’insegnamento della Corte costituzionale non sussisterebbero preclusioni all’introduzione
di disposizioni con efficacia al passato, a condizione che la retroattività degli effetti non vada a colpire fatti
che erano privi di forza economica.

Carattere attuale della capacità contributiva = è il limite costituzionale, insuperabile all’applicazione


retroattiva delle disposizioni tributarie.

Es. art. 25 L.246/1963 che consentiva ai comuni di applicare un’imposta speciale a carico di tutti
coloro che, sino a 10 anni prima dell’entrata in vigore della legge, avessero alienato aree
fabbricabili, conseguendone plusvalenze.

La dottrina in particolare distingue:

- una retroattività propria = una norma successivamente introdotta che


detta una regola di condotta per il passato,ma anche in questo caso gli
effetti della legge non sono anticipati ma si producono dopo l'entrata in
vigore;
- e una retroattività impropria = l'efficacia retroattiva della norma che
condiziona una condotta successiva, in riferimento ad una condotta
precedente.

In fine, in merito al DIVIETO DI RETROATTIVITA’ dobbiamo dire che questo opera a seconda della natura
SOSTANZIALE, PROCEDIMENTALE e PROCESSUALE della norma. Infatti nel primo caso, se si
tratta di una norma che introduce un tributo nuovo, è pacifica l’operatività del divieto. Diversamente, se
non incidono sulla pretesa tributaria, le norme procedimentali e processuali possono applicarsi anche
retroattivamente.

4.4. (Segue). Retroattività e legge di interpretazione autentica.

Connessa all’irretroattività della norma è la problematica delle LEGGI DI INTERPRETAZIONE


AUTENTICA, in cui è stata riconosciuta più volte l’efficacia retroattiva.

Sono leggi con le quali il legislatore precisa il significato


di disposizioni legislative precedenti. Costituiscono
l’esempio più frequente di legge retroattiva. 19
Cosa importante però è che la legge di interpretazione autentica non deve mai eccedere la portata
precettiva della disposizione interpretata.

In particolare deve rispettare 3 requisiti:


a. Non deve operare in senso sostitutivo, deve lasciare in alterato il testo della norma che va ad
interpretare;
b. Deve essere evidente la volontà di scegliere un possibile significato;
c. Deve essere in grado di escludere tutti i possibili significati differenti.

Anche se nella pratica, sono molti i casi in cui tali leggi sono state usate dal legislatore per mascherare
l’approvazione di nuove disposizioni tributarie (es. soggetti passivi dell’ICI, è soggetto passivo anche il
concessionario).

4.6. Cessazione di efficacia della norma tributaria.

Al pari di tutte le altre norme, anche quelle tributarie cessano di avere efficacia in conseguenza di:

ABROGAZIONE  stabilita da una disposizione di pari grado che provvede ad eliminare o sostituire
una data disposizione. Principio generale in tale caso è che l’abrogazione deve essere espressa o esplicita,
non può mai essere tacita.

SOPRAVVENUTA DICHIARAZIONE DI INCOSTITUZIONALITA’  di una norma tributaria,


quest’ultima cessa di avere efficacia ex tunc. Dunque i tributi riscossi dovrebbero essere rimborsati.
In casi eccezionali, dobbiamo dire però che se questa retroattività metti in pericolo valori
costituzionalmente garantiti, è possibile stabilire un regime di efficacia non retroattiva della sentenza di
incostituzionalità.
L’effetto retroattivo della pronuncia di incostituzionalità si distingue in:

- EFFICACIA SOSTANZIALE: qui l’effetto retroattivo si verifica nei soli casi di rapporti tributari che
non siano esauriti, ossia ad esempio che sia scaduto il termine di presentazione dell’istanza di
rimborso, o per una sentenza passata in giudicato.
- EFFICACIA TEMPORALE: per quanto concerne ai fini della restituzione di quanto già versato, il
relativo termine decorre dalla data del pagamento, e non dalla sentenza che dichiara l’illegittimità
costituzionale.

20
CAPITOLO 5

EFFICACIA NELLO SPAZIO DELLA NORMA TRIBUTARIA


5.1. Efficacia della norma tributaria nello spazio: il principio di territorialità dell’imposta.

Quando si affronta il tema dell’efficacia spaziale di una norma, ovviamente ci si riferisce


all'ambito territoriale della sua applicazione.

IN GENERALE  Ciascuno Stato esercita la sua sovranità sul rispettivo territorio, infatti è espressione tipica
di sovranità la potestà di imporre tributi entro i confini nazionali.

PERO’  Può tuttavia accadere che le conseguenze della norma:

- oltrepassino questi limiti spaziali, ad esempio quando la legge italiana estende la potestà
tributaria su eventi o soggetti stranieri, i quali conservano un criterio di COLLEGAMENTO con il
territorio dello Stato.
- Siano limitate, ossia il principio di territorialità può subire delle limitazioni in conseguenza della
rinuncia parziale da parte degli Stati membri alla propria potestà impositiva. Non sono rare infatti le
convenzioni internazionali stipulate con altri stati, attraverso le quali l’Italia ha limitato l’ambito di
applicazione territoriale delle norme tributarie interne.

5.2. Collegamento con il territorio dello Stato.

Non sempre è agevole risalire allo Stato effettivamente titolare della potestà tributaria. Per questo motivo
la prassi internazionale ha enucleato il principio secondo il quale è necessaria la sussistenza di un sufficiente
grado di COLLEGAMENTO CON IL TERRITORIO NAZIONALE.

Ogni Stato è libero di regolare e definire i criteri di collegamento.


Ad esempio in tema di IVA, il legislatore ha assoggettato a tassazione sia i soggetti per fatti avvenuti
nel territorio dello Stato, sia i soggetti residenti per fatti che hanno avuto concreta manifestazione
in un paese estero.
Dunque si rende necessario in 1^ luogo individuare caso per caso i criteri di collegamento,
così da accertare obiettivamente il grado di connessione con il territorio dello Stato.
In 2^ luogo è necessario verificare in che modo le limitazioni alla sovranità impositiva italiana
provenienti dai trattati e dal diritto comunitario, possono influenzare la concreta libertà politica di
regolamentare il legame tra territorio ed imposizione.

21
5.3. Criteri di collegamento nella disciplina delle imposte sui redditi.
Come abbiamo visto in precedenza, le imposte dirette sono quelle relative al reddito o al possesso di
un patrimonio.

Per quanto riguarda la categoria delle imposte dirette vi è una pluralità di criteri per determinare il

collegamento tra il soggetto inciso ed il territorio. In particolar modo segue una bipartizione tra:
- elemento oggettivo ossia la manifestazione oggettiva di ricchezza, ad esempio la
prestazione professionale svolta o nel territorio dello Stato o nei confronti di un soggetto residente.
- Elemento soggettivo ossia la permanenza del soggetto entro i confini della
repubblica. Il collegamento con il territorio dello Stato è costituito dalla effettiva residenza
anagrafica o dal domicilio e,secondo tale criterio, sono tassati in Italia i redditi ovunque prodotti
dal soggetto avente residenza o domicilio nel territorio dello Stato.
Per individuare la residenza anagrafica è sufficiente verificare l’iscrizione all’anagrafe tributaria
italiana.
Per individuare il domicilio, occorre verificare il complesso dei rapporti riguardanti gli affari e gli
interessi non solo economici, ma anche familiari, sociali e morali.

Ora dobbiamo distinguere due casi:


A. SOGGETTO PASSIVO RISIEDE IN ITALIA:

 PERSONA FISICA  bisogna verificare la residenza anagrafica;


 PERSONA GIURIDICA  dunque i soggetti residenti in Italia diversi dalle persone
fisiche, ad essi si applicano gli art.5 e 73 TUIR, secondo cui ai fini delle imposte sui redditi si
considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta
hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio
dello Stato.

Quindi i criteri di collegamento ai fini delle imposte dirette riguardano:


- la sede legale, che quella che risulta dall'atto costitutivo o dallo statuto;
- la sede dell'amministrazione, che è individuata nel luogo dove si localizza la sede
direzionale della società e da cui promanano le decisioni strategiche necessarie all'amministrazione
dell'impresa;

- oggetto principale dell'attività, ossia l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi
l'
primari indicati dalla legge e dall'atto costitutivo o dallo statuto; se sono più d’una le attività
previste, prevale quella ritenuta essenziale per il raggiungimento degli scopi primari.

22
Questi criteri di collegamento sono posti a presidio del fenomeno della
ESTEROVESTIZIONE

si intende la fittizia localizzazione all'estero della residenza fiscale di una società che, al contrario,
ha di fatto la sua attività e persegue il suo oggetto sociale in Italia. Lo scopo principale della
localizzazione, tipicamente in un paese con un regime fiscale più vantaggioso di quello nazionale, è
quella di fare in modo che gli utili siano sottoposti ad una minore tassazione.

B. SOGGETTO PASSIVO NON RISIEDE IN ITALIA:

 PERSONA FISICA  se il soggetto passivo non risiede in Italia, ed è persona fisica, sono
considerati tali anche i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed
emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato. Tali cittadini, nel caso vi risiedano
effettivamente, hanno l'onere di fornire la prova del reale trasferimento all'estero e di dimostrare
che non hanno in Italia la dimora abituale o il complesso dei rapporti riguardanti gli affari e gli
interessi riferibili, oltre che agli aspetti economici della sfera familiare, sociale e morale. Ai sensi
dell'articolo 23 del T.u.i.r., i soggetti considerati non residenti sono tassati esclusivamente sui
redditi prodotti nel territorio italiano
 PERSONA GIURIDICA  qui si distingue tra società ed enti non commerciali.
Per le prime si applica il criterio di collegamento indicato nell’art.151 del Tuir, e per i secondi quello
sostanzialmente analogo del successivo articolo 153.

REDDITI DI CAPITALE: il criterio di collegamento con il territorio dipende dal soggetto erogatore, ad
esempio si considerano prodotti nello Stato i redditi corrisposti dallo Stato, o da soggetti residenti nel
territorio dello Stato.

REDDITI DI LAVORO: per i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo, assume rilevanza il fatto che
le rispettive attività siano materialmente svolte entro i confini dello Stato;

REDDITI FONDIARI: per i redditi fondiari ed altre categorie, ciò che conta è se il cespite (Fonte di reddito, di
entrata, di produzione) da cui derivano si trovi o meno in Italia.

5.4. Criteri di collegamento nella disciplina dell’imposta sul valore aggiunto.

Per quanto riguarda l'imposta sul valore aggiunto (IVA) i criteri di collegamento con il territorio dello
Stato sono previsti dagli articoli 7 ss. del Dpr n. 633/1972.

In particolare bisogna distinguere tra:

- cessioni di beni: le cessioni si considerano effettuate entro i confini italiani se hanno per
oggetto beni immobili o beni mobili nazionali installati, montati o assemblati nel territorio italiano
dal fornitore o per suo conto;
- prestazioni di servizi: si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese a
soggetti passivi stabiliti su di esso o sono rese a committenti non soggetti passivi da soggetti passivi.
23
CAPITOLO 6
INTERPRETAZIONE DELLE NORME TRIBUTARIE

6.1. Premessa: sull’interpretazione del diritto tributario.

Sebbene a norma dell’ art.2 dello Statuto dei diritti del contribuente la norma tributaria è redatta
nel rispetto dei principi di trasparenza, chiarezza e precisione, potrebbe rendersi comunque

necessaria un’ attività ermeneutica da parte dell'interprete, a causa del contenuto tecnico
particolarmente complesso delle disposizioni di tipo fiscale.

Il compito dell'interprete infatti, specie quando le intenzioni del legislatore non sono chiare, è quella di
applicare la norma senza sacrificare nessuna delle due parti del rapporto tributario, ossia il contribuente
e l’amministrazione finanziaria, le quali, sebbene abbiano opposti interessi, sono entrambi meritevoli di
protezione da parte dell'ordinamento giuridico.

L'esegesi delle disposizioni tributarie, quindi, è regolata dall'articolo 12 delle disposizioni preliminari al
codice civile secondo il quale l’interpretazione tributaria si fonda sul criterio letterale, logico e sistematico
e, in caso di persistenza dei dubbi, questi vanno risolti secondo i principi generali di diritto. I soggetti che
hanno il compito di interpretare il diritto tributario sono: il legislatore, l'Amministrazione finanziaria, i
giuristi e gli organi giudiziari.

Trovano per tanto applicazione i principi stabiliti dall’art.12 delle disposizioni preliminari al codice civile, in
cui anche l’interpretazione tributaria si fonda sul criterio letterale, logico e sistematico.

Tra i soggetti che hanno il compito di interpretare il diritto tributario hanno un ruolo preminente:

 IL LEGISLATORE  interpretazione autentica;


 L’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA  interpretazione ufficiale.

In entrambi i casi si tratta si interpretazione strettamente


vincolante al dettato legislativo, nel senso che né il legislatore né
l’autorità amministrativa possono introdurre innovazioni alla
disposizione normativa.

24
6.2. Interpretazione autentica del legislatore.

In casi particolari, il contrasto o il dubbio in merito al significato di una determinata disposizione è risolto
attraverso l'intervento del legislatore, in questo caso parliamo di INTERPRETAZIONE AUTENTICA.

Il legislatore può adoperarsi per risolvere i conflitti interpretativi di una data norma attraverso l'adozione di
un atto normativo nuovo che abbia però il solo scopo di precisare e specificare il significato di termini e
prescrizioni contenute in una legge in vigore senza innovarla.
In particolare la norma di interpretazione autentica, secondo la dottrina, richiede il rispetto dei 3 requisiti
prima elencati.

6.3. Interpretazione ufficiale dell’amministrazione pubblica.

Abbiamo poi l’interpretazione ufficiale, ossia quella diffusa da un ente o rogano appartenente allo Stato –
amministrazione nello svolgimento delle proprie funzioni.

Distinguiamo 2 categorie:

- la 1^ attiene all'esercizio di funzioni consultive in senso stretto e riguarda testi di legge e


provvedimenti normativi in genere che sono in via di emanazione; è un'attività preventiva
volta a prevenire possibili contrasti applicativi o dubbi interpretativi sulle disposizioni in corso di
adozione.
- la 2^ ipotesi attiene all'esercizio della funzione interpretativa in senso lato e riguarda norme già
in essere, proviene da organi e uffici della pubblica amministrazione successivamente
all'emanazione della legge; qui l'attività di interpretazione prende forma nella predisposizione e
diramazione da parte dell'autorità amministrativa di particolari atti amministrativi denominate
circolari interpretative.
In ambito tributario tali circolari sono predisposte dalle agenzie fiscali competenti, se non direttamente dal
MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, che come vedremo rappresenta il ramo dell’amministrazione
centrale che si occupa della materia tributaria.

Questi atti interpretativi di regola NON HANNO CARATTERE VINCOLANTE, essi hanno natura di
ATTI INTERNI.
Tuttavia l’interpretazione ufficiale può produrre atti all’esterno nei casi in cui l'amministrazione ricorre alla
circolare per definire in dettaglio le procedure di controllo e di verifica, che in seguito i singoli uffici
applicano nei confronti del contribuente.
Se pur frequente nell’ordinamento amministrativo dei tributi, tale attività ermeneutica appare di dubbia
legittimità. In proposito va rilevato che l'amministrazione ha il dovere di preservare e tutelare il legittimo
affidamento del contribuente, che agisce confidando sull’interpretazione fornita dallo
Stato – amministrazione. Dunque è direttamente la legge a garantire direttamente la protezione del
contribuente, Prevedendo che non possono erogarsi sanzioni per obiettiva incertezza
sulla applicazione della norma tributaria.
25
6.4. interpretazione dottrinale e giudiziale.

- INTERPRETAZIONE DOTTRINALE  è l’interpretazione elaborata dai giuristi, ossia dagli studiosi


del diritto. Seppure proveniente da soggetti privati gli viene riconosciuta comunque una portata
qualifica, che la giurisprudenza infatti, ai fini di una decisione, può tenerne conto. Ma in ogni caso
comunque NON ha carattere vincolante.

- INTERPRETAZIONE GIUDIZIALE  è quella proveniente dagli organi giudiziari attraverso i


provvedimenti che adottano. Questa, a differenza delle altre, assume un’efficacia vincolante con
riferimento al caso concreto. Tuttavia tale interpretazione non vincola il giudice successivo, infatti
come ben sappiamo nel nostro ordinamento non abbiamo il cosiddetto precedente
giurisprudenziale. Tuttavia particolare valore rivestono le sentenze emanate dalla Sezioni Unite
della Corte di Cassazione, come lo sono anche quelle della Corte costituzionale.

6.5. Criteri di interpretazione della norma tributaria: letterale, logica e sistematica.

Abbiamo detto che l'interpretazione delle disposizioni normative tributarie si fonda sugli stessi criteri

previsti dall'articolo 12 delle disposizioni preliminari al codice civile.


 INTERPRETAZIONE LETTERALE: in particolare il criterio ermeneutico posto al
vertice della gerarchia è l’interpretazione letterale, ciò vuol dire che quello che conta è
innanzitutto il significato lessicale e grammaticale delle parole . Tale criterio dovrebbe
rappresentare una metodologia sufficiente per comprendere il significato del testo normativo. Il
principio lessicale potrebbe però in alcuni casi non essere sufficiente. In tali evenienze è perciò
necessario il ricorso a ulteriori criteri interpretativi. In particolar modo nel mondo tributario il
criterio letterale è il meno idoneo per l’interpretazione.

 INTERPRETAZIONE LOGICA: questo criterio impone di ricercare l’intenzione del


legislatore (ratio legis). Anche se è il criterio più utilizzato nella pratica, non sempre però riesce a
gettare luce sul problema, l'intenzione legislatore infatti resta talvolta opaca;

 INTERPRETAZIONE SISTEMATICA: ossia bisogna fare riferimento alla legge nel suo
complesso, ossia la disciplina in cui si inserisce la norma da interpretare.

6.6. Interpretazione analogica delle norme tributarie.

Un rimedio al quale si è provati spesso a ricorrere, per arginare le incoerenze logico - sistematiche della
legislazione tributaria è l’INTERPRETAZIONE ANALOGICA.

Ossia in presenza di una lacuna normativa si ricorre alle norme previste per casi simili o da
disposizioni analoghe , sempre tentando di rimanere più vicino possibile alle categorie oggetto di
interpretazione.

26
In materia tributaria è molto discussa l’applicazione di questo criterio. Generalmente è infatti ammissibile
per le norme che regolano questioni procedimentali o processuali, e non ammissibili ad esempio per
l’interpretazione delle norme tributarie che stabiliscono i caratteri essenziali dell’imposta, che
contrasterebbe con la riserva di legge prevista dall’art.23 Cost.

INTERPRETAZIONE ESTENSIVA  tende a comprendere nella portata concreta della norma tutti i casi da
essa anche implicitamente considerati. Contrariamente all’analogia essa è stata sempre ritenuta
ammissibile.

INTERPRETAZIONE EVOLUTIVA  in determinati limiti si ritiene ammissibile anche l’interpretazione


evolutiva, che si limita ad adeguare la formulazione normativa ai mutamenti economico – sociali o tecnici
intervenuti nel tempo.

6.7. Sequenza dei criteri interpretativi secondo la giurisprudenza.

I criteri ermeneutici finora esaminati, secondo la giurisprudenza vanno ordinati e applicati in ordine
strettamente GERARCHICO.

INTERPRETAZIONE LETTERALE

INTERPRETAZIONE LOGICA

INTERPRETAZIONE SISTEMATICA

La regola è che nell’ipotesi in cui l’interpretazione letterale di una legge sia sufficiente per individuarne in
modo chiaro il significato, l’interprete non dovrebbe ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario, costituito
subito dopo dalla ricerca dell’intento del legislatore (interpretazione logica) e poi da quella sistematica.

In fine è possibile anche, qualora questi criteri non siano sufficienti, l’applicazione combinata dei due
diversi criteri di interpretazione.

27
6.8. obiettiva incertezza della norma tributaria.

In tema dell’incertezza applicativa ed interpretativa della norma tributaria assume particolare


rilevanza nel rapporto tra amministrazione e contribuente.
Causa di esclusione dalla responsabilità

L’ordinamento contempla una specifica ESIMENTE dall’applicazione delle sanzioni amministrative


pecuniarie, relativamente a casi di obiettiva incertezza sulla portata applicativa delle disposizioni
tributarie, il che rileva soprattutto nel rapporto tra amministrazione e contribuente.

In particolare, tale esimente è prevista:

 dall’articolo 8 del d.lgs. n. 546/1992, dove si attribuisce alla Commissione Tributaria la


possibilità di dichiarare la non applicabilità delle sanzioni penali quando la violazione è giustificata
da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle
disposizioni alle quali si riferisce;

 dall'articolo 6 del d.lgs. n. 472/1997, che esclude la punibilità anche nei casi in cui la violazione è
provocata da indeterminatezza
delle richieste di informazioni o dei
modelli per la dichiarazione e per il pagamento;

 dall'articolo 10 della Legge 212/2000, che afferma il principio della non punibilità del
contribuente in buona fede e prevede che comunque le sanzioni non possono essere
irrogate se la violazione dipenda da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di
applicazione della norma tributaria.

In realtà, per quanto importanti, tali enunciati di principio sono a lungo rimasti senza concreta traduzione in
regole puntuali.
La Corte di Cassazione è intervenuta attraverso diverse sentenze a precisare quali condizioni
devono sussistere ai fini dell'esclusione delle sanzioni tributarie in presenza di manifesto contrasto tra
norma, prassi amministrativa, giurisprudenza e dottrina.

Nello specifico si possono indicare una serie di situazioni indice:

- difficoltà d’individuazione delle disposizioni normative, dovuta a difetto di esplicite previsioni di


legge;
- mancanza o contradditorietà di informazioni o prassi amministrative;
- mancanza di precedenti giurisprudenziali;
- formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti;
- contrasto tra prassi amministrativa e giurisprudenza;
- netto contrasto tra opinioni dottrinali;
- adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita
preesistente.
28
6.9. Procedimento amministrativo di interpello: l’interpretazione del caso concreto.

Oltre le regole sonora illustrate, se sorgono dubbi circa l’interpretazione e l’applicazione di una disposizione
di legge, il contribuente ha diritto di rivolgersi all’amministrazione finanziaria per richiedere un parere

preventivo attraverso l’INTERPELLO TRIBUTARIO.

Previsto dall’art. 11 dello Statuto dei diritti del contribuente per una piena certezza del rapporto giuridico
tributario.

Esso è  un procedimento ad istanza di parte, attraverso cui il contribuente propone una propria
interpretazione di una specifica norma tributaria di incerta applicazione in merito alla quale
si vuole acquisire un parere tecnico giuridico dell'amministrazione pubblica.

L’ordinamento giuridico contempla numerose fattispecie di interpello:

a. l’interpello “ordinario puro”, in forza del quale il contribuente, con riguardo ad un caso concreto e
personale, è ammesso a chiedere un parere sull’applicazione di norme tributarie di portata incerta
o chiarimenti sulla corretta qualificazione di una data fattispecie;
b. l’interpello “ordinario qualificato”, applicabile in tutti i casi in cui l'obiettiva incertezza non si
riferisce alla norma tributaria ma alla qualificazione giuridico-tributaria della fattispecie prospettata
dal contribuente;
c. l’interpello “probatorio”, in forza del quale il contribuente può chiedere un parere sulle condizioni
necessarie al fine di accedere a specifici regimi fiscali;
d. l’interpello “antiabuso”, che consente di ottenere un parere relativo ad una operazione della
quale si sospetta l'elusività e che dunque potrebbe integrare una fattispecie di abuso di diritto;
e. l'interpello “disapplicativo o antielusivo”, al quale si ricorre per ottenere la disapplicazione di
norme che, per finalità antielusive, limitano deduzioni, detrazioni e crediti d’imposta fornendo la
dimostrazione che nella particolare fattispecie talieffetti non possono verificarsi; nei casi in cui non
sia stata resa risposta favorevole resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fornire
la dimostrazione di cui al periodo precedente anche ai fini dell'accertamento in sede
amministrativa e contenziosa;
f. l’interpello “per i nuovi investimenti”, che consenteagli investitori italiani e stranieri di chiedere
un parere circa il trattamento tributario applicabile a importanti investimenti effettuati nel
territorio dello Stato;
g. l’interpello “abbreviato”, riservato al contribuente che aderisce al regime dell'adempimento
collaborativo per il quale è prevista una procedura abbreviata di interpello preventivo in merito
all'applicazione delle disposizioni tributarie in casi concreti, in relazione ai quali l’interpellante
ravvisa rischi fiscali.

29
Il procedimento amministrativo che segue la proposizione di INTERPELLO è un procedimento
tipizzato, a cui si applica la disciplina dello statuto dei diritti del contribuente e la legge 241/1990.
A seguito della presentazione dell’istanza ove la documentazione esibita sia insufficiente, l’ufficio può
invitare il contribuente ad integrarla. Tale richiesta interrompe il termine assegnato per la risposta.

LA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO, questa può avvenire :

1^  con l’adozione di un ATTO ESPRESSO DI ACCOGLIMENTO della soluzione del contribuente;

2^  con FORMA TACITA;

3^  con l’adozione di un PROVVEDIMENTO ESPRESSO NEGATIVO;


Quindi possiamo avere 3 conclusioni, in particolare:

1^  dunque nel primo caso il provvedimento deve essere comunicato al contribuente, anche in maniera
telematica, nel termine di 90 o 120 giorni a seconda del tipo di interpello. La decisione va resa in FORMA
SCRITTA, e vincola esclusivamente la questione oggetto d’interpello, e limitatamente al richiedente. Tale
decisione inoltre vincola il richiedente anche in futuro per la medesima fattispecie oggetto d’interpello
(salvo rettifica).

In ogni caso vi deve essere la comunicazione all’istante della decisione, ma in alcuni casi tassativi vi deve
essere la pubblicazione della decisione in forma di circolare, i casi sono:

- se vi sia stato un numero elevato di contribuenti che abbiano presentato istanza aventi ad oggetto
la stessa questione;
- se il parere sia reso in relazione a norme di recente approvazione o per le quali non siano stati resi
chiarimenti ufficiali;
- in tutti i casi in cui si ritenga di interesse generale il chiarimento fornito.

2^  Altro è il caso in cui l’amministrazione non da alcuna risposta, ed il procedimento si conclude


attraverso un silenzio significativo. Questo silenzio dell’ufficio equivale a condivisione della soluzione
proposta, ossia vi è l’accoglimento dell’interpretazione offerta da contribuente (silenzio assenso).
Anche in questo caso la decisione è vincolante solo per l’oggetto dell’interpello e a contribuente che ha
presentato l’istanza.

3^  l’amministrazione può concludere il procedimento con un provvedimento espresso recante però


una diversa interpretazione rispetto a quella prospettata da parte del contribuente. L’ufficio deve
pubblicare i risultati dell’interpello ritenuti particolarmente rilevanti.

30
PARTE SECONDA

PRINCIPI EUROPEI E ITALIANI DELL’ORDINAMENTO TRIBUTARIO

CAPITOLO 1
PRINCIPI COSTITUZIONALI IN MATERIA TRIBUTARIA
1.1. Riserva di legge in materia tributaria.

In materia fiscale il principio di legalità costituisce la fondamentale garanzia del


cittadino quando questi viene in relazione ed interagisce con la funzione amministrativa dei tributi.

Oggi questo principio è sancito nell'articolo 23 della Costituzione :

“nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”

Tale riserva di legge era prevista già in passata, nella Magna Charta Libertatum dove si era sancita
l’impossibilità di istituire nuove tasse senza che vi fosse un preventivo accordo, ma anche nell'articolo 30
dello Statuto Albertino del 1848.

Questa non si tratta di una mera statuizione di principio, perché la diretta correlazione con la sovranità
popolare è garanzia del rispetto della volontà dei cittadini di contribuire alle spese pubbliche ed
essere incisi dal tributo in virtù di quello che è stato definito il principio di “auto imposizione” o di
“autotassazione”; cosiddetto patto di convivenza; infatti lo Stato non possiede il potere di istituire
sic et simpliciter nuovi tributi o di aumentare arbitrariamente l'area di soggetti incisi in quanto i soli
legittimati a farlo sono i cittadini stessi, per il tramite dei loro rappresentanti che provvedono
attraverso un PROCEDIMENTO LEGISLATIVO.

1.2. Perimetro della riserva di legge

La riserva è disciplinata dalla Costituzione in modo diverso, abbiamo:

 RISERVA DI LEGGE COSTITUZIONALE  quando si tratta di mettere mano all’assetto


dei principi costituzionali, e spetta esclusivamente al legislatore costituzionale regolare i relativi
ambiti;

31
Fuori da questa ipotesi particolare vi sono 3 specie di riserve a favore della LEGGE ORDINARIA:

 RISERVA DI LEGGE ASSOLUTA  quando una materia viene affidata dalla Costituzione
esclusivamente alla legge, il che si verifica a proposito dei diritti fondamentali della persona;

 RISERVA DILEGGE RELATIVA  quando la Costituzione affida al legislatore la disciplina


fondamentale della materia che a sua volta può essere anche integrata e attuata da fonti
secondarie, con un margine limitato di intervento che non può avere carattere innovativo;

 RISERVA DI LEGGE RINFORZATA  quando la Costituzione limita persino la stessa


discrezionalità del legislatore, indicando direttamente alcuni contenuti di un eventuale legge.

Secondo l’interpretazione consolidata la riserva prevista dall’art.23 Cost.  è una RISERVA RELATIVA
che affida alla legge la disciplina fondamentale del sistema tributario e delle prestazioni imposte, come
l’istituzione di tributi, la scelta dei contribuenti ecc. lasciando poi ad atti normativi secondari la
regolamentazione attuativa e di dettaglio.

Dunque il limite invalicabile dell’art. 23 è chiaro, perché sia costituzionalmente giusta la prestazione

presuppone una BASE LEGISLATIVA, con cui le fonti secondarie devono essere “coerenti e
coordinate”.

Ossia, per capirci, si tende a interpretare la riserva in modo più rigido con riferimento
alla disciplina tributaria SOSTANZIALE, ossia quelle norme che individuano:

- Il presupposto oggettivo impositivo (ossia l’evento al verificarsi del quale è da ricollegare l’imposta);
- I soggetti incisi;
- La base imponibile;
- L’aliquota massima.

Pertanto il contenuto essenziale delle prestazioni imposte deve essere sempre fissato dallo
strumento normativo, mentre quello accidentale può eventualmente essere determinato nella fase
applicativa attraverso fonti di rango secondario.

ECCEZIONE = è l’art.119 comma 2 Cost. secondo cui anche gli enti minori, non dotati di potestà legislativa,
stabiliscono e applicano tributi ed entrate proprie (se ne parlerà a breve).

Puntualizziamo che quando si parla di Legge si intende sia la LEGGE ORDINARIA, sia gli ATTI NORMATIVI
AVENTI FORZA DI LEGGE, ossia DECRETO LEGGE E DECRETO LEGISLATIVO.

L’ordinamento giuridico ha ritenuto necessario porre dei limiti


all’attività del governo, prevedendo Non è sempre agevole
stabilire il limite della delega,
all’art. 4 Statuto del contribuente che non si può disporre
specialmente in una materia 32
con decreto legge l’istituzione di nuovi tributi, né prevedere come quella tributaria.
l’applicazione di tributi esistenti ad altre categorie di soggetti.
1.3. Riserva di legge e autonomia tributaria degli enti locali. Federalismo fiscale e Costituzionale.

Con la riforma del 2001, che ha introdotto il cosiddetto FEDERALISMO FISCALE,si è avuta una
svolta nell'ambito della disciplina degli enti locali con l'articolo 114 della Costituzione che ha superato
l'originale assetto centralistico del ’48.

Di particolare importanza è l’art. 119 Cost.


1^ comma:

tale comma ha esteso ai Comuni, alle Province e alle Città metropolitane l’autonomia
finanziaria sia di entrata che di spesa, in origine limitata alle Regioni. La dottrina ha
osservato che per consentire l'adattamento del prelievo fiscale alle singole comunità, la legge
riconosce loro di norma un potere di autonomia compatibilmente con la riserva stabilita
dall'articolo 23; affinché sia assicurata questa compatibilità occorre che sia la legge primaria a
stabilire gli elementi fondamentali del tributo lasciando all'ente locale la discrezionalità di
configurare la disciplina del prelievo,nell'esercizio della sua autonomia.

2^ comma:

prevede che «I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse


autonome; stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri in armonia con la Costituzione e
secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario».
Dunque fatte salve le limitazioni tipiche della riserva di legge e del principio di capacità
contributiva, le regioni e gli enti locali dispongono del potere di stabilire ed
applicare i tributi locali e sono titolari di una fondamentale competenza, da esercitare
Finanza comunque in armonia con la Costituzione ed entro i principi di coordinamento del sistema
ordinaria tributario.
TUTTO CIO’ PERMETTE DI ESPANDERE L’AUTONOMIA DECISIONALE IN AMBITO TRIBUTARIO DA
UN SOLO CENTRO REGOLATORE STATALE IN FAVORE DEL PLURALISMO DEGLI ENTI REGIONALI E
LOCALI.
Il secondo comma prevede che agli enti locali sono anche riconosciuti la compartecipazione
al gettito di tributi erariali direttamente riferibile al territorio amministrato, dunque il
gettito prelevato in loco rimarrà anche in ambito locale.

3^ comma:

Fondo lo Stato deve istituire poi un fondo perequativo senza vincoli di destinazione per i territori con
perequativo
minore capacità fiscale per abitante.

5^ comma:
Finanza
Lo Stato inoltre destina risorse aggiuntive in favore di determinati Comuni, Province,Città
straordinaria
metropolitane e Regioni ed effettuare interventi speciali sotto forma di finanza straordinaria.

IN DEFINITIVA LE 3 RISORSE DI CUI DISPONGONO GLI ENTI LOCALI SONO LA FINANAZA ORDINARIA, IL FONDO PEREQUATIVO
33
E LA FINANAZA STRAORDINARIA A SUPPORTO DELLA CORRISPONDENTE AUTONOMIA ATTRIBUITA DALLA COSTITUZIONE.
1.4. Concorso alle spese pubbliche tra solidarietà, dovere del singolo e compiti della Repubblica.

 In base all’art. 53, comma 1 Cost. prevede:


“tutti sono tenuti a concorrere alle spese dello Stato in ragione della propria capacità contributiva”

Prevede quindi il cosiddetto principio di capacità contributiva.


Correlazione con l’art.2 Cost.
Il concorso alle spese pubbliche forma oggetto di un fondamentale dovere di solidarietà sociale
che deve essere posto in correlazione con il principio di solidarietà politica, economica e sociale di cui
all'articolo 2 della Costituzione.

Dunque qui abbiamo 2 interessi diversi, quello del CITTADINO ad una giusta imposizione, e quello
dello STATO al prelievo fiscale.

Quello che bisogna capire è che l’interesse fiscale non riflette un mero vantaggio dell’ufficio finanziario, ma
deve essere inteso come interesse generale della collettività, per l’erogazione dei servizi necessari. Dunque
si effettua un PATTO SOCIALE.

In questa prospettiva il principio di capacità contributiva si identifica


in MANIFESTAZIONI DI FORZA ECONOMICA,
assurgendo a fonte sia di DIRITTI che di DOVERI.

DIRITTI  il cittadino non può essere sottoposto ad imposizione in misura maggiore di quanto
effettivamente egli sia in grado di corrispondere;

DOVERE  la contribuzione grava su tutti coloro che sono parte di una data comunità, si parla di
adempimento di un dovere inderogabile.

Sotto un profilo strutturale, il principio della capacità contributiva opera su 2 piani:


- a livello orizzontale, cioè nel rapporto che intercorre tra contribuenti, garantendo che situazioni
uguali siano trattate allo stesso modo e situazioni differenti in modo differente;
- a livello verticale, nei rapporti cittadino-Stato, tale principio diviene un limite
all'amministrazione, che non potrà attaccare indiscriminatamente la ricchezza prodotta trovando
limiti insiti nel principio stesso e nella legge che ne forma garanzia.

DIFFERENZA tra capacità economica e capacità contributiva. Un reddito minimo, appena


sufficiente a garantire una vita libera e dignitosa al suo possessore e per i suoi familiari, manifesta si
capacità economica, ma non quella contributiva.

34
Secondo la dottrina a questo dovere di contribuzione non si adempie perché si riceve, ossia per una
correlazione commutativa, ma si adempie perché si partecipa alla comunità e si ha quindi la responsabilità
del benessere sociale.

Secondo il prof. Esposito invece l’impostazione solidaristica, ossia adempio per il benessere della
collettività, non è più valida, soprattutto per l’elevata evasione fiscale. Piuttosto questo dovere di
contribuzione è oggi un modo per acquisire il diritto di ricevere dall’amministrazione pubblica prestazioni.

EZIO VANONI  esso vedeva la facoltà dello Stato di prelevare i mezzi necessari per la propria
esistenza, cioè senza questa attività finanziaria non vi sarebbe lo Stato, e senza Stato non vi sarebbe diritto.

Quindi per capacità contributiva si intende l’attitudine a contribuire di un soggetto in base all’esistenza di
un patrimonio dal quale prelevare denaro.

1.5. Principio della capacità contributiva: universalità, effettività e attualità quali limiti costituzionali
all’imposizione tributaria.

Dunque l’art.53 assicura una GIUSTIZIA NEL PRELIEVO, che tutela la persona dal rischio di
un’imposizione tributaria sproporzionata rispetto alle sue reali possibilità economiche.

MINIMO VITALE  non è assoggettato ad imposta il minimo vitale, che è quel reddito appena sufficiente
per la soddisfazione dei bisogni fondamentali dell’individuo.

Nella nozione di CAPACITA’ CONTRIBUTIVA, convivono 3 requisiti:

 UNIVERSALITÀ  che sta ad indicare che il concorso alle spese dello Stato grava su ogni
individuo, quindi tale obbligo si estende anche ai cittadini stranieri residenti nel territorio dello
Stato, o che esercitano in Italia un’attività economica professionale o vi possiedono delle proprietà.
Ciò che rileva dunque è il collegamento con il territorio statale.

 EFFETTIVITÀ  ossia che è tenuto a concorrere alle spese dello Stato è soltanto colui che
abbia una capacità contributiva reale e non meramente apparente, ma all’effettiva ricchezza che
viene prodotta.

 ATTUALITÀ  nel senso che il tributo al momento della sua applicazione deve essere

parametrato ad una capacità contributiva in atto, che non sia quindi né passata, né futura; ciò
in ragione del fatto che il cittadino è assoggettabile al prelievo fiscale unicamente con riguardo ad
un’attività attuale e non potenziale, quindi non sono tassabili manifestazioni di capacità
contributiva in modo retroattivo, né tantomeno anticipato.

35
Mentre nel 1^ comma
1.6. Principio di progressività. abbiamo parlato del
principio di capacità
 In base all’art. 53, comma 2 Cost. prevede: contributiva.

“il sistema tributario è informato a criteri di progressività”

Dunque nel secondo comma viene enunciato così il cosiddetto principio di progressività,
ossia per progressività tributaria si intende:

il parametro di calcolo in base al quale una data imposta (il tributo) all’aumentare della
ricchezza imponibile (della ricchezza di un soggetto), cresce in maniera graduale e proporzionale.

Anch’esso è manifestazione dei principi di uguaglianza e solidarietà, perché esprime la necessità che il
sistema tributario sia ordinato in modo da far gravare l'imposizione maggiormente su chi ha quote di
reddito più elevate, e quindi tutti i cittadini devono pagare in proporzione alla loro attitudine alla
contribuzione, assicurando così la giustizia fiscale.

La progressività può operare in diverse modalità (la progressione continua; la progressione per classi;la
progressione per scaglioni;la progressione per detrazioni), il nostro manuale però si limita a specificare solo:

- PROGRESSIONE PER SCAGLIONI  al reddito delle persone fisiche (IRPEF), si applica


un'imposta ordinata dal legislatore in scaglioni: per ogni classe di imponibile è prevista
un'aliquota, che va applicata esclusivamente allo scaglione di imposta compreso in quella classe.

Esempio: lo scaglione di reddito compreso tra 0 e 5.000 paga l'aliquota del 5%; lo scaglione di
reddito che va da 5.001 a 10.000 paga un'aliquota del 10%; lo scaglione di reddito che va da 10.001
a 15.000 paga l'aliquota del 15% e così via.

Quindi Tizio, che percepisce un reddito di 5.000, paga un'imposta di 250 (5.000 x 5%).
Caio, che percepisce un reddito di 5.005, paga:

- sullo scaglione fino a 5.000, l'imposta del 5%, pari a 250;


- sullo scaglione che va da 5.001 a 5.005 l'aliquota del 10% (4 x 10% = 0,4) per complessivi 250,04
(250 + 0,4).

La progressione per scaglione ci permette di superare l’inconveniente della progressione per classi.

- ALIQUOTA FISSA (PROGRESSIONE CONTINUA)  al reddito di impresa (IRES), corrisponde


un’imposta ordinata dal legislatore in aliquota fissa: aumentando il reddito di impresa l'imposta
cresce senza un tetto massimo.

Dobbiamo dire che la categoria strutturata nell’art.53 primo e secondo comma, non è una progressività
come nozione esclusivamente economica, infatti distinguiamo:

- PROGRESSIVITA’ ECONOMICA: esprime una regola econometrica, ossia metodo matematico,


formata da un semplice algoritmo al crescere del quale la percentuale impositiva incide in maniera
crescente o costante;
36
- PROGRESSIVITA’ GIURIDICA: questa invece ha la funzione di conformare la mera regola economica
a tutti i valori ordinamentali, per definire la giusta misura d’imposizione.
L’esempio più lampante per capire al meglio la questione è costituito dalla regola dell’esenzione del
minimo legale, perché in tal caso la progressività economica è neutralizzata dalla regola per cui non
può essere tassata una ricchezza appena sufficiente a vivere. Dunque il soggetto sul piano della
progressività economica potrebbe essere tassato, ma non sul piano della progressività giuridica.
Dunque la progressività giuridica è un parametro correttivo del mero paradigma matematico.

Per questo motivo è corretto dire che la Costituzione non ha adottato un sistema di pura

progressività, ma “INFORMATO” a criteri di progressività


e quindi da una parte ha previsto la progressività come canone generale del modello e non della
singola imposta, dall'altra ha demandato al legislatore la definizione dei tributi con differenti gradi
di progressività.

Per concludere dunque, dobbiamo dire che la tenuta del sistema costituzionale dipende dalla
contemporanea osservanza dei principi fissati dai 2 commi dell’art. 53,
ossia CAPACITA’ CONTRIBUTIVA & PROGRESSIVITA’.

CAPITOLO 2
ORDINAMENTO COMUNITARIO.
I PRINCIPI REGOLATORI DELL’ATTIVITA’ TRIBUTARIA.
2.1. Divieto di discriminazione

L'ordinamento comunitario incide sui diritti nazionali, e dunque anche in materia TRIBUTARIA.
Esso incide soprattutto su discipline quali:

a. il divieto di discriminazione;
b. le libertà fondamentali;
c. il divieto di aiuti di Stato.
Sono ambiti accomunati dalla finalità di assicurare un regime di piena e reale concorrenza.

a. Il divieto di discriminazione:
esprime una forte valenza tributaria e trova la sua base negli articoli 110, 111 e 112 del TFUE,
trattasi di disposizioni direttamente applicate agli Stati membri (self executinge) che hanno
l'obbligo di conformarsi ai principi in esse espressi.

Il divieto contiene 2 distinti precetti a carico degli ordinamenti, i quali non possono applicare,
imposizioni interne ai prodotti degli Stati membri di qualsivoglia natura se:

37
 Superiori a quelle applicate, direttamente o indirettamente,ai prodotti nazionali
similari o simili;
 intese a proteggere indirettamente altre produzioni.

Queste sono regole fondamentali strumentali alla creazione di un mercato competitivo che
riguardano l'intero sistema dei tributi, attraverso la presentazione di una connotazione di regole
negative  cioè nel senso che non fanno sorgere a carico degli Stati l’obbligo di assicurare
uguaglianza di tassazione al proprio interno ed all’estero, ma circoscrivono l'obbligo alle politiche
che disciplinano il trattamento fiscale delle produzioni estere, che non può essere sfavorevole
rispetto a quello interno.
Pertanto, tale divieto ha carattere conservativo, nel senso che tende ad eliminare effetti
distorsivi della concorrenza, non mira all’uguaglianza ma al mantenimento della
libera concorrenza, arginando le reazioni egoistiche di Stati membri che potrebbero avere interesse
ad utilizzare la leva fiscale per ottenere vantaggi.

Vi sono tre esempi di comportamento discriminatorio che la dottrina ha classificato:


- over the discrimination  quando la condotta discriminatoria è esplicita ossia diretta, ed
è basata sulla nazionalità o sulla cittadinanza dell’agente economico sfavorito;
- covertdiscrimination  quando le normative nazionali prevedono trattamenti discriminatori
indiretti, ad esempio nelle norme che disciplinano la residenza fiscale di un dato soggetto quale
elemento di differenziazione rispetto agli altri soggetti nelle medesime condizioni;
- reverse discrimination  quando la normativa interna viene interpretata in senso
discriminante nei confronti del residente, dando luogo ad una discriminazione al contrario, ove i
non residenti possono ottenere in un comportamento più favorevole rispetto ai residenti.

2.2. Libertà fondamentali dell’individuo e delle imprese.

b. Libertà fondamentali.

Numerose sono le disposizioni a tutela delle fondamentali libertà di circolazione :


a. La libertà di circolazione dei beni è prevista dall'articolo 28 comma 1 del TFUE che
prevede un’UNIONE DOGANALE, attraverso un pieno riconoscimento del divieto di tasse ad
effetto equivalente. Si intende ogni normativa commerciale degli Stati membri
dell'Unione europea che possa ostacolare direttamente o
indirettamente gli scambi intracomunitari.

38
Questa disciplina dell’UNIONE DOGANALE, va interpretata in modo da garantire la
libera circolazione delle merci non solo nell’ambito del commercio tra Stati, ma su tutto
il territorio dell’Unione.
Il divieto dei dazi ha carattere assoluto, il che se da una parte deve rendere neutra l’allocazione
dei prodotti nei vari Stati membri, dall'altra deve assicurare anche pari condizioni per le
merci in ingresso nel territorio dell'Unione mediante la fissazione una unica tabella doganale
da applicare a tutte le merci provenienti dai Paesi esterni alla comunità.
b. Il diritto comunitario assicura la libertà di circolazione dei lavoratori art. 45 TFUE
all’interno dell’Unione. La portata del principio è stata ulteriormente precisata dal diritto
derivato (insieme delle norme giuridiche emanate dalle istituzioni dell’Unione Europea)
comprendendo: i diritti di circolazione e di soggiorno dei lavoratori e dei loro familiari, il diritto
di svolgere un'attività lavorativa in un altro Stato membro, nonché il diritto di essere trattati in
posizione di parità rispetto ai cittadini dello Stato.

L’art. 49 ci parla della libertà di stabilimento, ossia il divieto di restrizioni da uno


Stato membro al territorio di un altro Stato membro, e la libera prestazione dei servizi,
ossia all’apertura di agenzie, succursali da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul
territorio di un altro Stato membro. Entrambe, sia la libertà di stabilimento che la libera
prestazione dei servizi garantiscono la mobilità delle imprese e dei professionisti nello
spazio europeo, e pertanto sono riconosciute sia alle persone fisiche che alle persone giuridiche
le quali hanno il diritto di risiedere e operare alle condizioni definite dalla
legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini .

La disciplina comunitaria ammette 3 possibili deroghe a tale libertà:


 la prima deroga  è quella che esclude le attività che in uno Stato membro
partecipino all'esercizio di pubblici poteri; cioè attività professionali collegate
all’esercizio di poteri pubblici.
 la seconda deroga  attiene alla possibilità per il Consiglio dell'Unione europea di
escludere alcune categorie di attività dal diritto di stabilimento.
 la terza deroga  attiene alle prerogative dello Stato membro di limitare la
circolazione delle persone per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità
pubblica.

c. La libertà di circolazione dei servizi è prevista dall'articolo 56 del TFUE ai sensi del
quale i servizi ricomprendono tutte le attività di carattere industriale, commerciale,
artigianale e le attività delle libere professioni, dovendo sempre trattarsi di un'attività non
salariata (cioè non deve trattarsi di lavoro dipendente) ma retribuita (lavoro autonomo).
Il cittadino stabilito in uno Stato membro quindi può esercitare la propria attività in
maniera temporale in un altro Stato membro, dunque le restrizioni alla libera
prestazione dei servizi all'interno dell'Unione sono vietate nei confronti dei cittadini
degli Stati membri.
39
d. La libera circolazione dei capitali è prevista dall'articolo 63 del TFUE e prevede che:
“sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati
membri e paesi terzi”. Tale tutela a sua volta è integrata dal principio di non discriminazione
sancito l'articolo 14 della CEDU, riaffermato anche dall'articolo 21 della Carta di Nizza,che
costituisce un manifestazione del più generale principio di uguaglianza in virtù del quale stati e
condizioni simili vanno trattati in modo uguale, stati e condizioni differenti vanno trattati in
modo differente.

Nel complesso le libertà fondamentali e il principio di non discriminazione delimitano


largamente l'esercizio della potestà impositiva degli Stati membri, che non possono darsi norme
fiscali che ne comportino la violazione.

2.3. Portata del divieto di aiuti di Stato.

Gli articoli che trattano GLI AIUTI CONCESSI DAGLI STATI


sono il 42, 93, 106, 107, 108 e 109 del TFUE.

Diamo innanzitutto una definizione, per aiuto si intende un’agevolazione concessa senza corrispettivo
dallo Stato mediante risorse pubbliche a soggetti che svolgono attività economica su un determinato
mercato, e che si risolve in un vantaggio che ha l’effetto di falsare o minacciare la concorrenza. La
definizione di aiuto dunque è ampia, perche comprende anche agevolazioni di natura tributaria.

Come ci ricorda l’art.107 TFUE: salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il
mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati,
ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni,
falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

Dunque si parla del divieto di aiuti di Stato che ha la finalità di evitare che sia falsata la concorrenza
tra imprese a causa di indebiti aiuti che hanno l'effetto di favorire talune imprese o produzioni nei rapporti
con imprese concorrenti.

Affinché diventi operativo il relativo divieto sufficiente che vi sia un intervento selettivo dello Stato
attraverso risorse statali, idoneo ad alterare l'equilibrio della concorrenza tra paesi
membri che conferisce un vantaggio al beneficiario o gruppo di beneficiari, che distorce o minaccia di
distorcere la concorrenza.

2.4. Deroghe al divieto di aiuti di Stato.

Il regime giuridico del divieto di aiuti di Stato si completa con la previsione di specifiche DEROGHE, che si
giustificano per fondamentali esigenze di uguaglianza sostanziale.

In particolare il divieto di aiuti di Stato non opera:

a. gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori;


Sono
compatibili
con il mercato 40
interno.
b. gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi
eccezionali;
c. gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni;
d. gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune
interesse europeo, oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno
Stato membro;
e. gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio;

Gli aiuti di cui alla lettera a e b, sono compatibili di diritto con le regole del mercato unico, mentre per gli altri
aiuti spetta alla Commissione valutare volta per volta la compatibilità. Per consentire il controllo della
Commissione, il trattato ha previsto in capo agli Stati l’obbligo di notificare alla Commissione gli aiuti che essi
PARTE
intendono istituire, con il divieto di darne esecuzione TERZAdi una decisione di autorizzazione.
prima dell’adozione

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA DEI TRIBUTI.


RAPPORTO GIURIDICO TRIBUTARIO.

CAPITOLO 1
RAPPORTO OBBLIGATORIO PUBBLICO. PRESUPPOSTI
DELL’IMPOSIZIONE TRIBUTARIA.

1.1. Caratteri del rapporto obbligatorio tributario: elemento materiale (presupposto d’imposta) ed
elemento formale (base imponibile).

Parliamo adesso del rapporto giuridico tributario che sorge tra Stato e cittadino al verificarsi
di determinati fatti storici. Non sempre si attiva la pubblica amministrazione,
potendo accadere che il contribuente dichiari il suo
reddito e accerti da solo l'entità del suo debito, di
guisa che invia altrettanto autonoma verserà le
imposte, con l’estinzione dell'obbligazione

Questo rapporto è alternativamente conseguenza giuridica di un atto di iniziativa privata o di un


provvedimento amministrativo.

in mancanza di un adempimento spontaneo, è lo Stato - apparato ad azionare la


concessione di prelievo, che prenderà forma nei diversi provvedimenti amministrativi
d’imposizione (accertamento, interpello, adempimento collaborativo, rimborso
all'autotutela, esecuzione amministrativa, irrogazione di sanzioni.

41
La dottrina sostiene che esistono una pluralità di fattispecie obbligatorie: l'obbligazione tributaria
principale, l'obbligazione d'acconto, l'obbligazione per sanzioni e interessi; in tutti questi casi, sul piano sia
strutturale che funzionale, si è comunque dinanzi al medesimo tipo di rapporto che mostra un
carattere unitario, perciò può parlarsi di OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA IN SENSO
LATO quale non si presenta del tutto diversa dalle obbligazioni in diritto civile, ma si distingue da
quest'ultima poiché, data la sua natura pubblica, è retta da norme speciali che rappresentano il tratto
peculiare del diritto tributario; inoltre, a differenza dell'applicazione civilistica che ha fonte nel contratto o
in un fatto illecito, quella tributaria è un'obbligazione strettamente legale, cioè ha fonte
direttamente nella legge e come tale è indisponibile tra le parti. Dunque la nascita di questa obbligazione
tributaria è legata al verificarsi di un fatto.

Il legislatore individua quali elementi sono dotati di rilevanza economica e diventano oggetto
d’imposizione. Qualora si verifichi nella realtà l'atto o l'evento previsti dalla norma, si dà luogo alla
cosiddetta fattispecie impositiva , dunque parliamo in questo caso del

PRESUPPOSTO IMPOSITIVO, ossia quindi l’evento che deve


avvenire affinché sia applicata l’imposta.

Esempio, per capirci:

- nel caso delle imposte sui redditi delle persone fisiche (IRPEF), il presupposto impositivo è il
possesso di redditi in denaro o in natura;
- nel caso dell'imposta sul valore aggiunto (IVA), il presupposto è costituito dalla cessione di beni e la
prestazione di servizi;

In tutte queste ipotesi dunque la corretta individuazione del presupposto impositivo


consente al soggetto di determinare la ricchezza rilevante ai fini della tassazione.

BASE IMPONIBILE  essa è il valore su cui viene applicata l’aliquota per calcolare l’IMPOSTA.
Esempio: nel caso dell’IRES, una volta accertata la presenza di redditi, fatto dal quale sorge l’obbligazione
(presupposto impositivo), deve essere determinata la grandezza di questi redditi, ai fini proprio della
tassazione. L’ammontare dunque dei redditi netti costituisce la BASE IMPONIBILE.
La legge stabilisce che l’imposta si applica sul reddito complessivo NETTO, che viene determinato

secondo gli articoli dall’81 al 143 del TUIR.


In particolare l’art.83 dispone che:

“Determinazione del reddito complessivo.


Il reddito complessivo è determinato apportando all'utile o alla perdita risultante dal
conto economico, relativo all'esercizio chiuso nel periodo d'imposta, le variazioni in
aumento o in diminuzione conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti
42
nelle successive disposizioni della presente sezione. ”
1.2. Classificazione delle imposte: a) dirette e indirette; b) reali e personali; c) istantanee e
periodiche.

Il presupposto dell’imposta può essere individuato:

- In ragione della sua prossimità al contribuente IMPOSTE DIRETTE O INDIRETTE;


- In ragione della sua sfera giuridica patrimoniale o personale IMPOSTE REALI O PERSONALI;

IMPOSTE DIRETTE  sono quelle che colpiscono direttamente la ricchezza, già esistente (il
patrimonio) o nel momento in cui si produce (il reddito). Quindi ad esempio il possesso di un immobile
integra un collegamento diretto tra soggetto e bene, ed in questo caso la capacità contributiva può essere
determinata in via diretta senza necessità di utilizzare induzioni logiche;
IMPOSTE INDIRETTE  sono tributi che si applicano in presenza di una manifestazione mediata di
capacità contributiva (il consumo di ricchezza,il trasferimento di un bene, il compimento di affari).Ad
esempio: nel caso dell'IVA il consumatore finale è inciso dal tributo, che viene calcolato direttamente sulla
cessione di beni o sulla prestazione di servizi eseguite in suo favore;

IMPOSTE PERSONALI (soggettive)  sono modellate secondo la concreta attitudine a


contribuire del soggetto, sono quelle che colpiscono tutta la ricchezza di un contribuente, tenendo conto
delle sue condizioni familiari, economiche e sociali.
Un esempio di imposta personale è l'IRPEF, questa Infatti, nel determinare l'imposta netta da versare, si
tiene conto di una serie di detrazioni: per i familiari a carico; per l'eventuale lavoro dipendente svolto; per
aver percepito delle pensioni.
Dunque bisogna tenere presente più fattori delle circostanze di vita del soggetto, bisogna tener conto del
reddito EFFETTIVO.
IMPOSTE REALI (oggettive)  sono quelle che colpiscono i singoli tipi di reddito (redditi di
lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi di impresa, redditi di fabbricati, ecc..) percepiti dalla
persona considerandoli in maniera oggettiva, cioè indipendentemente delle condizioni familiari,
economiche e sociali del contribuente.

Quindi come ovvio che sia le imposte personali e reali si differenziano anche sotto il profilo del periodo
impositivo. Infatti per quelle personali deve essere lasciato un termine al contribuente per poter presentare
le dovute detrazioni e quindi per la corretta definizione dell’imponibile. Mentre per quelle reali
l’imposizione è anticipata al momento della produzione del reddito.

43
Abbiamo poi anche un’altra distinzione:

IMPOSTE ISTANTANEE  esse si caratterizzano per la loro applicazione immediata, esaurendosi la loro
forza impositiva con la tassazione dell'atto generatore della capacità contributiva. Tipica imposta istantanea
è l'imposta di registro e tutte le imposte d'atto.

IMPOSTE PERIODICHE  sono tributi applicati in maniera ripetitiva, la ricchezza che si manifesta lungo un
certo arco temporale. Esempio classico di imposta periodica è l’IRPEF perché viene calcolata in proporzione
al reddito complessivo conseguito in ciascun anno, detto periodo d’imposta.

1.3. Misura della prestazione: imposte fisse e proporzionali.

In base all'aliquota possiamo avere:

 IMPOSTE FISSE  queste imposte sono dovute in un ammontare fisso a prescindere dalla
ricchezza, dal reddito, dal prezzo, ecc..
Esempio: l'imposta di registro è un'imposta dovuta nel caso di registrazione di alcuni atti presso
l'Agenzia delle Entrate. Per alcuni tipi di atti è previsto il pagamento di un'imposta fissa a
prescindere dal valore dell'atto registrato. O ancora il canone rai.

 IMPOSTE PROPORZIONALI  queste imposte crescono proporzionalmente alla base imponibile,


quindi più intensa è la manifestazione di forza economica, maggiore è l'imposta da pagare. Ad
esempio: le imposte sul reddito delle società (Ires).

Le imposte proporzionali si distinguono in:

 imposte proporzionali non progressive che sono esemplificate da una


costante, cioè abbiamo una aliquota fissa;

 imposte proporzionali progressive che causano un aumento dell'aliquota


connesso all'aumento della base imponibile.

La progressività può essere applicata in vari modi:


- progressività semplice o continua: in cui l'aliquota aumenta al crescere del reddito
essendo direttamente proporzionale ad esso;

44
- progressività a scaglioni che si distingue in:
 progressività a scaglioni aggiuntivi: la quale varia col variare della base imponibile che è
divisa in scaglioni per ciascuno dei quali la legge stabilisce un tasso via via più elevato.
Ripetiamo ciò che abbiamo detto in precedenza:
per ogni classe di imponibile è prevista un'aliquota, che va applicata esclusivamente allo
scaglione di imposta compreso in quella classe.
Esempio: lo scaglione di reddito compreso tra 0 e 5.000 paga l'aliquota del 5%; lo scaglione
di reddito che va da 5.001 a 10.000 paga un'aliquota del 10%; lo scaglione di reddito che va
da 10.001 a 15.000 paga l'aliquota del 15% e così via.
Quindi Tizio, che percepisce un reddito di 5.000, paga un'imposta di 250 (5.000 x 5%).
Caio, che percepisce un reddito di 5.005, paga:
sullo scaglione fino a 5.000, l'imposta del 5%, pari a 250;
sullo scaglione che va da 5.001 a 5.005 l'aliquota del 10% (4 x 10% = 0,4) per complessivi
250,04 (250 + 0,4).
 progressività a scaglioni sostitutivi: ove il superamento di una data soglia la percentuale
cambia per l'intera base imponibile.

1.4. Regimi fiscali sostitutivi.


Sono meccanismi impositivi che per ragioni connesse all'applicazione del tributo stesso o in virtù di un
favore nei confronti di determinate categorie di redditi sostituiscono il regime impositivo comune.

Il loro scopo è la semplificazione da parte del legislatore di talune fattispecie tributarie e


operano in sostituzione della disciplina applicabile in via ordinaria.

Sebbene multi il meccanismo impositivo e sia prevista una diversa aliquota, non cambiano le regole di
formazione del presupposto imponibile.
Esempio:
sono i regimi forfettari dove vi è una serie di contribuenti con determinate caratteristiche
che sono ammessi a beneficiare di un meccanismo sostitutivo rispetto a quello generale dell'IRPEF con
la previsione, in luogo degli scaglioni, di un’imposta forfettaria ad hoc – qui si sostituisce un'imposta
proporzionale progressiva con un'altra sostitutiva proporzionale non progressiva.

1.5. Esenzioni, agevolazioni ed esclusioni.

È possibile che siano previste delle agevolazioni fiscali. E pertanto che alcune categorie di contribuenti
siano esentate in tutto o in parte dal pagamento del tributo.

Nell’ambito delle AGEVOLAZIONI FISCALI convivono più species, queste si differenziano in base al loro:

- carattere patrimoniale: queste operano in presenza di una manifestazione economica


diretta;
- non patrimoniale: queste possono riguardare gli obblighi strumentali.

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Per quanto concerne le AGEVOLAZIONI A CARATTERE PATRIMONIALE possono essere
ulteriormente suddivise in:

- ESCLUSIONI  sono enunciati con cui il legislatore chiarisce i limiti di applicabilità di un


determinato tributo. Esse di fatto negano il presupposto del tributo, escludono dalla base
imponibile i redditi che non sono soggetti a tassazione.
Ad esempio: ai sensi dell'articolo 74, comma 1, del T.u.i.r. sono esclusi dall’IRES lo Stato, le sue
pubblica amministrazione nonché gli enti territoriali.

- ESENZIONI  che esentano il rapporto o il soggetto per ragioni extra-tributarie, sono infatti
una deroga alla disciplina generale del il tributo.
Ad esempio: l’articolo 87 del T.u.i.r. relativo al reddito d’impresa, prevede che le plusvalenze
possono essere sottratte dalla tassazione in quanto, al ricorrere di determinati elementi, non
concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti.

Dunque la DIFFERENZA tra esclusioni e esenzioni sta nel fatto che le prime sono dei limiti al tributo,
mentre le seconde sono delle deroghe al tributo.

Il loro effetto è quello di agire sul presupposto impositivo eliminandone all'origine l’obbligazione tributaria
ed il tributo. La dottrina ha opportunamente messo il rilievo tale distinzione dal momento che i costi
inerenti i proventi esclusi sono deducibili, mentre i costi inerenti ai proventi esenti non sono deducibili.

A loro volta esenzioni ed esclusioni possono definirsi:

Oggettive, quando la norma ha l'effetto di escludere o esentare il rapporto nella sua rilevanza
obiettiva;

Soggettive, quando esclusa o esentata dall’imposizione è una determinata categoria di soggetti.

1.6. I crediti d’imposta.

È una fattispecie soggettiva tributaria a favore del contribuente (persona fisica o giuridica) nei
confronti dello Stato.

L’ordinamento disciplina varie ipotesi di credito d'imposta che possono originare:


- da un errore di calcolo;
- liquidazione dell’imposta;
- errore nel versamento;
- o da una vicenda di natura agevolativa;

tali evenienze fanno sorgere in capo al soggetto un credito da computare in diminuzione rispetto i
tributi da versare.

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 ERRORE NEL VERSAMENTO / LIQUIDAZIONE DELL’IMPOSTA: se il credito nasce da questioni legate alla
mera liquidazione o da versamenti eccedenti rispetto a quanto dovuto, esso è privo di un
presupposto autonomo, trovando la sua ragion d'essere in quello medesimo che ha
giustificato l’imposta liquidata o generato l’eccedenza d’imposta.
Quanto al RIMBORSO, prima di poter restituire delle somme ad un contribuente, lo Stato deve
confermare d’esser debitore, riconoscendo la posizione di credito del contribuente; qualora
quest'ultimo non si attivi direttamente, lo stesso ufficio deve provvedere, chiedendone al contribuente
la conferma con una comunicazione di irregolarità.

 DISPOSIZIONE AGEVOLATIVA: nel caso in cui il credito è derivante da una disposizione agevolativa,
esso si fonda su un proprio presupposto giustificandosi in esso.
Facciamo un esempio, con la legge di stabilità 2016 è stato introdotto per gli anni dal 2016 al 2019 un
credito d'imposta a favore delle imprese che acquistano beni strumentali nuovi destinati a strutture
produttive ubicate nelle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Molise, Sardegna, Abruzzo
nella misura massima del 20% per le piccole imprese, del 15% per le medie e del 10% per le grandi.

Dunque in questo caso il credito d’imposta ha una propria autonoma causa o presupposto,consentendo alle
aziende di sostenere un minor costo fiscale, parametrato alla qualità e alla dimensione dell’investimento
effettuato.

CAPITOLO 2
NATURA GIURIDICA E OGGETTO
DELL’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA

Nel capitolo precedente abbiamo analizzato il rapporto obbligatorio conseguente al verificarsi del FATTO

IMPOSITITVO. Ora analizziamo la NATURA GIURIDICA e l’OGGETTO


dell’obbligazione tributaria.

Come sappiamo il diritto tributario inerisce al diritto amministrativo, dunque il rapporto giuridico che si
crea tra Stato e il contribuente presenta una connotazione strettamente pubblicistica , pur se
dobbiamo dire che vi sono tratti assimilabili alle obbligazioni di diritto comune.

Dunque parliamo di obbligazioni pubbliche, in quanto coinvolge un soggetto pubblico ed è


funzionalizzata alla realizzazione di un interesse pubblico.

47
Tuttavia la fattispecie tributaria si presenta giuridicamente bivalente: Trattasi di una FIGURA
COMPLESSA, in quanto
1. ritenendo che non indica solo un rapporto obbligatorio; include prestazioni diverse.
2. ma anche una potestà pubblica ablatoria.

Questo perché a seconda della sua evoluzione può accadere che la fattispecie resti su un piano, oppure
evolva, cambia, e si sposti su un piano diverso. Per capirci:

 un conto è che al sorgere del fatto impositivo e nei tempi, il contribuente accerti, dichiari e
versi le imposte;
 altro è invece il caso in cui questi ometta di accertare, oppure di dichiarare, oppure solo di
versare;
 ancora, altro è il caso in cui anche dopo il versamento delle imposte l’ufficio avvii un
procedimento di controllo o di accertamento nei suoi confronti.

Si tratta di un fenomeno a formazione progressiva.


Fatto sta che tutte queste possibili evenienze non indicano l’esistenza di rapporti diversi, assolutamente,
ma indicano l’eterogeneità dei possibili suoi OGGETTI, senza che ciò ne faccia venire meno la sua originaria
natura giuridica di RAPPORTO OBBLIGATORIO.
Quindi possiamo dire che la questione, anche se sembrerebbe complessa, è più semplice di quello che
sembra. Possiamo infatti riferirci alla vicenda obbligatoria per definizione, ossia quella di diritto privato.
Infatti anche questa si può sviluppare con la medesima complessità e progressività di quella tributaria. Cioè
se il debitore paga l’obbligazione è estinta, se invece questi non esegue la prestazione il creditore ha il
diritto di porre tutta una serie di iniziative (ricorso al giudice, pignoramento ecc).

Quindi da ciò che abbiamo detto possiamo trarre alcune conclusioni sulla NATURA GIURIDICA
DELL’OBBLIGAZIONE TRIBUTARIA.

Innanzitutto che dalla fattispecie privatistica, sotto il profilo oggettivo non vi sono differenze,
mentre ci si differenzia sotto il profilo soggettivo con la particolare natura del creditore e
l’inerenza dell’obbligazione ad un interesse pubblico primario.

Infatti in particolare nell’ambito tributario, differentemente dal diritto privato anziché doversi rivolgere al
giudice per l’accertamento del credito e la riscossione, l’amministrazione ha la potestas di accertare e di
riscuotere direttamente i tributi (anche se comunque vi è un controllo di un giudice art113 Cost.).

In conclusione possiamo dire che il diritto tributario è retto anzitutto da norme prettamente
pubblicistiche, e in via residuale da norme civilistiche compatibili.

48
2.2. Nascita dell’obbligazione tributaria tra previsione della legge e provvedimento
dell’amministrazione pubblica.

Dunque come detto il rapporto tributario è OBBLIGATORIO, cioè per quanto concerne il versamento delle
imposte dovute dal contribuente si parla di OBBLIGO.

PRIMA  sino alla metà del 20esimo secolo il compito di accertare e determinare i tributi era riservato ai
pubblici uffici.

DOPO  nel secolo scorso, a seguito delle grandi riforme tributarie degli anni 70 si è spostato sul
contribuente il compito di dichiarare i redditi.

Vi è stata appunto una liberalizzazione del sistema, oggi spetta al soggetto


PASSIVO la responsabilità di denunciare il proprio carico tributario, e
all’amministrazione pubblica quella di svolgere ACERTAMENTI e CONTROLLI.

Anche se vi è stata questa liberalizzazione non vuol dire che sia venuta meno la natura giuridica
dell’obbligazione. Il contribuente resta in una situazione passiva.

Il manuale poi ci parla di altre due teorie oltre quella della liberalizzazione:

- 1^ Teoria dichiarativa  in cui l’obbligazione tributaria nasce in conseguenza del realizzarsi proprio
del presupposto d’imposta. Ossia l’accertamento ha solo la funzione di rendere esigibile un credito
nato automaticamente;
- 2^ Teoria costitutiva  che invece riconduce la nascita dell’obbligazione all’attività
dell’amministrazione finanziaria, cioè che il presupposto impositivo si perfeziona con la nascita del
rapporto debito – credito.

In ogni caso, pur senza negare alcune buone ragioni sia della prima che della seconda teoria, maggior
successo ha avuto quella della LIBERALIZZAZIONE DEL SISTEMA, in cui al contribuente spetta
l’autodeterminazione del tributo, restando al fisco le note funzioni di controllo.

2.3. Presupposto e forme dell’obbligazione tributaria.

Come già detto il presupposto d’imposta è variamente definito come fatto imponibile, fatto generatore ecc.

Dal presupposto scaturisce la fattispecie d’imposta che può essere

 Soggettiva: riguarda tutte quelle situazioni riconducibili allo status o alla qualifica rilevante
ai fini tributari del soggetto;
 Oggettiva: si riferisce alle singole operazioni, atti o fatti;

o Statica: si riferisce al carattere dell'imposta senza alcuna considerazione del loro divenire;
o Dinamica: dipende dal ciclo economico e tributario.

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Classificazioni delle FATTISPECIE IMPOSITIVE:

 FATTISPECIE SOSTITUTIVE  si hanno quando il legislatore stabilisce con una norma


derogatoria che alcuni fatti siano sottratti all'applicazione di un'imposta ad essi applicabile e siano
soggetti ad un altro regime speciale o regime fiscale sostitutivo.
Sebbene molto simile al concetto di ritenuta a titolo di imposta, in quanto in entrambi i casi si
impedisce l'applicazione del regime generale, vanno tenuti distinti i due concetti in quanto la
fattispecie sostitutiva è l’applicazione dell'imposta diversa da quella generale, la ritenuta a titolo di
imposta è un diverso modo di applicare lo stesso tributo.

 FATTISPECIE EQUIPARATE  si hanno quando determinate categorie di atti economici sono


assimilate ad altre macro-categorie e lo scopo del legislatore è quello di far si che certi fatti
economici non sfuggano alla tassazione.
Ad esempio: la fattispecie tipica dell’imposta di registro è un atto scritto;per evitare che, nel caso in
cui l’atto non fosse scritto, non vi sia alcuna imposizione, è stato stabilito che determinati contratti
verbali sono soggetti ad imposta tramite registrazione della denuncia del contratto.

 FATTISPECIE SUPPLEMENTARI si tratta di fattispecie aggiunte rispetto alla categoria


generale e consentono la riconduzione di un fenomeno impositivo ad un altro; qui lo scopo del
legislatore è quello di ostacolare l’elusione fiscale.
Ad esempio: se un soggetto conferisce ad un altro soggetto un mandato irrevocabile, con dispensa
dall'obbligo di rendiconto, per vendere un immobile e questo viene acquistato dal mandatario
stesso, sulla vendita immobiliare verrebbe pagata l'imposta di registro sul mandato e non la
maggiore imposta prevista per la vendita immobiliare. Per evitare che con un mandato a vendere si
possa di dissimulare una vendita al mandatario, il legislatore ha previsto che in questo caso non
sarà applicata l’imposta prevista per il mandato ma la maggiore imposta prevista per l'atto per il
quale è stato conferito il mandato, ovvero la vendita.

Questa classificazione ci permette di individuare i CARATTERI del presupposto d’imposta.

2.4. Indisponibilità dell’obbligazione tributaria.

DIVIETO DI DISPORRE DELL’OBBLIGAZIONE  PRINCIPIO DI INDISPONIBILITA’


ossia riguarda tutti i mutamenti giuridici che attengono al suo trasferimento o al suo esercizio ,
compresa una sua eventuale rinuncia.

Questa indisponibilità è sia dal lato dell’amministrazione che del debitore, sia in ordine agli obblighi
principali che non.

Tale principio è protetto dall’art. 23 Cost. (in senso strutturale) cioè solo la LEGGE definisce le prestazioni
imposte; e dall’art.53 Cost. (in senso funzionale).

Ciò nonostante vi sono comunque degli spazi di discrezionalità da parte del potere pubblico.

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CAPITOLO 3
VICENDE ATTIVE E PASSIVE DEL RAPPORTO TRIBUTARIO

3.1. Lato attivo del rapporto tributario. Amministrazione fiscale e competenze degli uffici.

Parliamo del LATO ATTIVO ossia il creditore ovvero lo Stato o altro ente
pubblico.

Dunque parliamo della PUBBLICA AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA

per la quale si intende  il vasto insieme dei soggetti, enti, uffici pubblici, statali, centrali
e periferici, regionali e locali.
Possiamo dire che si parla di amministrazione fiscale in senso
ampio per far riferimento a tutti i soggetti pubblici titolari di
interessi tributari.

all’istituzione, applicazione, regolamentazione, controllo, accertamento,


preposti  liquidazione, contabilizzazione delle entrate pubbliche di natura erariale
e a tutte le competenze previste dall'ordinamento in materia.

Questi soggetti che abbiamo richiamato però non si occupano solo (esclusivamente) dell’attività fiscale,
infatti a livello centrale l’amministrazione finanziaria è costituita:

 Dal Ministero dell'Economia e delle Finanze  che ha la


competenza in materia di politica economica, finanziaria, di bilancio e fisco;

 Dalle agenzie fiscali  l’art. 57 D.lgs. 300/99 prevede 4 agenzie:


 Agenzie delle entrate;
 Agenzie delle dogane;
 Agenzie del territorio (confluita in quelle delle entrate);
 Agenzie del demanio.

Sono enti pubblici non economici dotati di un’organizzazione tipicamente aziendale,


benché i rispettivi funzionari sono considerati dalla legge dipendenti pubblici.
Sono sottoposte alla vigilanza e controllo del ministero.

51
ALTRI SOGGETTI

Oltre le amministrazioni dello Stato sono parte del sistema amministrativo fiscale anche:

 gli enti pubblici territoriali, che gestiscono e riscuotono i tributi non erariali (comuni e regioni);
 gli enti di diritto pubblico, che incamerano entrate di natura tributaria e non riferibili né alle
tasse,né alle imposte (es. casse previdenziali);
 la Guardia di Finanza, nei suoi compiti di polizia economica, al servizio dello Stato e con poteri di
accertamento coincidenti con quelli dell'Agenzia delle Entrate;
 i soggetti riscossori come ad esempio Equitalia.
 i soggetti i ausiliari dell'amministrazione finanziaria in relazione ad alcuni specifici tributi (l’ACI e la
SIAE).

Tutti questi soggetti rappresentano la parte attiva del rapporto obbligatorio tributario.

LE LORO COMPETENZE, LE LORO ATTRIBUZIONI.


Quanto alle attribuzioni dell'amministrazione, queste sono disciplinate dagli
articoli 31, 31-bis e 32 del DPR n. 600/73, in particolare questi articoli specificano che agli
uffici spetta ad esempio:

- controllare le dichiarazioni presentate dai contribuenti;


- provvedere alla liquidazione delle imposte;
- vigilare sull'osservanza degli obblighi relativi alla tenuta delle scritture contabili e degli altri
obblighi di legge;
- erogare le pene pecuniarie;
- segnalare all'autorità giudiziaria le violazioni sanzionate penalmente;
- possono invitare i contribuenti a comparire per fornire dati e notizie, ovviamente indicando le
dovute motivazioni;
- possono invitare i contribuenti a fornire determinati documenti (indic. motivo);
- possono chiedere informazioni riservate alle banche dei rapporti con i propri clienti;
- Le agenzie fiscali inoltre possono disporre l'accesso dei loro impiegati locali destinati
all'esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali, per procedere alle ispezioni
documentali, verifiche e ricerche ritenute utili per l'accertamento dell'imposta e la repressione
dell'evasione; tali impiegati devono essere espressamente AUTORIZZATI, ed inoltre per
l'accesso sono necessari gravi indizi di violazione delle norme tributarie o comunque
lo scopo di reperire libri, registri, documenti, scritture e altre prove di violazioni.
Per le perquisizioni personali e per l'apertura coattiva di sigillati, borse, casseforti, mobili,
ripostigli e simili per l'esame di documenti e notizie per le quali è stato eccepito il segreto
professionale, è necessaria l'autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria.

52
Nel complesso tutte queste funzioni di cui abbiamo parlato sono funzioni procedimentalizzate,
cioè il loro esercizio deve avvenire nell’ambito di un

giusto procedimento amministrativo.

3.2. (Segue). Lato passivo. Contribuente e soggettività giuridica tributaria.


Il LATO PASSIVO del rapporto obbligatorio è rappresentato dal cittadino o
dall’impresa che hanno realizzato la manifestazione di forza economica da cui origina il debito d’imposta. Il
soggetto passivo nel linguaggio tributario viene definito CONTRIBUENTE.

Ricordiamo però che dal lato passivo del rapporto vi sono anche soggetti non debitori d’imposta ma
che sono tenuti all'adempimento di obblighi strumentali. Come gli enti non commerciali di utilità
sociale (Onlus) i quali nella loro attività non si vedono incisi da alcuna imposizione diretta, potendo
beneficiare delle dovute esenzioni.

La dottrina tributaria è stata da tempo impegnata nello studio di soggetti passivi dell'imposta per
individuare una categoria della soggettività tributaria:

Possiamo ritenere che la SOGGETTIVITA’ CIVILISTICA, come capacità di essere centro d’imputazione di
situazioni giuridiche, e la SOGGETTIVITA’ TRIBUTARIA, come capacità di essere centro d’imputazione di
vicende tributarie, sono applicazioni della stessa funzione giuridica.

TUTTAVIA vi sono delle differenze di rilievo: il diritto positivo ricorre alla categoria della
soggettività tributaria perché ha una grande ampiezza, questa raggiunge anche entità prive
di soggettività civilistica come detto.

Tale maggiore ampiezza della soggettività tributaria consente di definire il soggetto passivo
dell'obbligazione come:
colui al quale è imputabile la capacità contributiva,
è quindi l'attitudine alla contribuzione che attrae il soggetto contribuente obbligato alla
contribuzione, mentre nella soggettività civilistica è il soggetto ad attrarre la titolarità del rapporto.

Quindi l'ordinamento considera soggetti passivi oltre che le persone fisiche, anche le persone giuridiche ed
una serie di altri enti privi di personalità giuridica aventi però attitudine alla contribuzione.

53
3.3. Solidarietà nell’obbligazione tributaria.

Può accadere che nel lato passivo si trovino insieme più soggetti, tutti tenuti solidalmente al pagamento
dell’imposta. Dunque si parla di SOLIDARIETA’ TRIBUTARIA che crea quel legame
giuridico tra più soggetti nell’obbligazione di corrispondere il tributo.

Abbiamo 2 ipotesi di solidarietà:

 SOLIDARIETA’ TIPICA  viene definita anche paritetica, questa si realizza quando due soggetti
vengono a trovarsi nella stessa situazione prevista dalla norma, realizzando una medesima ed
unitaria fattispecie imponibile, e per tale ragione sono solidalmente soggetti all'imposta.
Un esempio di solidarietà paritetica o tipica è quello dell’imposta di successione.
 SOLIDARIETA’ ATIPICA  questa si ha nel caso in cui il presupposto impositivo si realizza in capo
ad un solo soggetto passivo ma, per scelta di politica tributaria, il legislatore estende l'obbligo
anche ad altri soggetti che sono legati al primo seppure estranei al fenomeno impositivo.
Un esempio di solidarietà atipica o dipendente è quello del responsabile d'imposta.

Al rapporto di solidarietà viene applicato, in quanto compatibile, la disciplina codicistica in tema di


obbligazioni solidali. Infatti, ad esempio, in applicazione dell’art. 1292 c.c. il soggetto pubblico può
esercitare il suo potere di riscossione per l’intero su tutti i soggetti co – obbligati, e l’adempimento di uno
libera anche gli altri.

3.4. Teoria della super – solidarietà nei rapporti plurilaterali.


PRIMA: in passato, la dottrina, per spiegare la solidarietà tributaria, aveva elaborato la teoria della
“super-solidarietà”  secondo la quale i co-obbligati sarebbero stati responsabili nei confronti
dello Stato indipendentemente dalla notifica dei rispettivi atti di contestazione a tutti, cioè la notifica
dell'avviso di accertamento era ritenuta non essenziale, bastando la notifica anche solo ad alcuni dei co-
obbligati entro il termine di decadenza. Questa posizione dell’amministrazione limitava eccessivamente il
diritto alla difesa

OGGI: questa tesi è ritenuta superata e l'obbligazione solidale è ricostruita come fascio di rapporti
connessi ma tra loro autonomi, imputabili pertanto ai singoli debitori tenuti in solido.
Tuttavia vi è il diritto di ciascuno di valersi del giudicato favorevole, nel caso in cui una parte risulti
vittoriosa ma un altro co – obbligato solidale non abbia impugnato o pur avendo impugnato abbia visto
rigettato il ricorso.

54
3.5. Procedimento di sostituzione nel versamento d’imposta.

Può accadere che al pagamento del debito anziché il diretto interessato provveda per suo conto un

soggetto diverso, in questo caso abbiamo la sostituzione d'imposta, dunque l'imposta e


materialmente versata da un soggetto differente (IL SOSTITUTO) rispetto a quello che ha manifestato
l'attitudine alla contribuzione (IL SOSTITUITO). Per compensare i rapporti interni, l'ordinamento

giuridico legittima ma soprattutto OBBLIGA il SOSTITUTO ad esercitare la RIVALSA sul


sostituito rigenerando l'equilibrio economico alterato dall’effetto sostitutivo.
Se non è espressamente
Il procedimento di sostituzione è previsto previsto il contrario dalla legge
dall’articolo 64 del DPR n. 600/1973 che disciplina
i rapporti tra sostituto e sostituito.

Esempio: dobbiamo parlare dell’esempio più calzante, ossia le ritenute d’imposta nel
rapporto di lavoro dipendente che il datore versa all’erario in nome del lavoratore, per poi rivalersi
all’atto della retribuzione mensile.

Parliamo della cosiddetta tassazione attraverso le aziende, questa viene considerata


una efficiente riscossione delle imposte, per 2 principali motivi:

- sia per il versamento in tempi ridotti, in quanto lo Stato incassa su base mensile o semestrale e non
annuale;
- sia perché attraverso le aziende l’amministrazione affida ad una struttura organizzativa
tecnicamente più affidabile di singoli lavoratori quelli che sono i rapporti erariali. Questo permette
di creare organizzazione laddove non vi è, affidando alle aziende funzioni esattoriali.

inoltre il soggetto sostituto ha la facoltà di intervenire nel procedimento di accertamento.Vi è quindi


l'obbligo del versamento delle imposte in capo all'azienda o all’ente che opera le ritenute, le trattiene e le
versa, accollandosi un compito strumentale al prelievo ed’interesse delle istituzioni tributarie: si verifica
quindi una tassazione attraverso le aziende che l'impresa svolge nei confronti dell'amministrazione fiscale,
infatti i redditi di milioni di lavoratori dipendenti sono accertati direttamente dalle aziende eroganti
secondo un meccanismo identico a quello che riguarda i consumi.La sostituzione d'imposta assicura una
serie di vantaggi all'Amministrazione finanziaria:

- il versamento delle ritenute avviene in un tempo molto inferiore a quello occorrente per una
dichiarazione tributaria, lo Stato in questo caso infatti incassa su base mensile o trimestrale, e non annuale,
così da anticipare i flussi ed efficientare controllo sulla formazione dell’imponibile;

- attraverso le aziende l'amministrazione affida ad una struttura organizzativa tecnicamente più affidabile i
rapporti erariali di soggetti sprovvisti di un proprio apparato (i lavoratori), creando un’organizzazione
laddove non c’è.
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Un esempio di sostituto d'imposta sono le ritenute d'imposta nel rapporto di lavoro dipendente: in questo
caso è il datore di lavoro che effettua sulle spettanze del lavoratore una ritenuta di denaro alla fonte per
versarla all'erario in suo nome.Il datore di lavoro si rivale sul lavoratore all'atto della corresponsione della
retribuzione mensile agendo in qualità di sostituto e trattenendo somme da versare; il soggetto sostituito
ha diritto di conoscere le somme trattenute e altresì di ottenere dal sostituto la certificazione delle somme
versate e non ha nei confronti dello Stato alcun obbligo, neppure strumentale.

3.6. Fattispecie tipiche della ritenuta a titolo d’imposta e della ritenuta a titolo d’acconto. Traslazione
e rivalsa.

Il procedimento di sostituzione a livello strutturale può dar luogo a 2 fattispecie differenti:


 SOSTITUZIONE A TITOLO D'IMPOSTA  qui il versamento operato dal sostituto,
l’imposta dovuta è sostituita da un'altra imposta che a tutti gli effetti la sostituisce e che
corrisponde all'intero importo da versare per quella data manifestazione di capacità
contributiva; la sua dazione estingue l'obbligazione originaria. Estinguendosi il rapporto tributario, il
sostituito non deve presentare alcuna dichiarazione, unico debitore verso il fisco è il sostituto a
titolo d'imposta che è dovuto al pagamento dell’imposta sul presupposto realizzato dal sostituito.
Pur trattandosi di una deroga alla normale tassazione e quindi di un regime sostitutivo, tra sostituto
e fisco vi è un rapporto d’imposta, mentre tra sostituto e sostituito vi è un rapporto privatistico in
quanto il primo è debitore di interesse nei confronti del secondo ma tale debito viene estinto col
versamento della ritenuta.

Cosa accade se il sostituto non adempie ai propri obblighi verso l'amministrazione finanziaria ?

PER LE RITENUTE A TITOLO D’IMPOSTA :


distinguiamo:
 Il sostituto effettua la ritenuta e non la versa, qui le conseguenze
ricadono solo sul sostituto, in quanto il rapporto tributario tra sostituito e
amministrazione finanziaria si esaurito quando il primo ha subito la ritenuta.
 se il sostituto non ha eseguito e non ha versatola ritenuta al fisco ,
sostituto e sostituito sono obbligati in solido a pagare il tributo, le sanzioni e gli
interessi; essendo però stato il sostituto a commettere la violazione, è a lui che il
fisco notificherà l'avviso di accertamento e solo dopo aver riscosso da questo
l'Amministrazione finanziaria potrà recuperare l'importo anche dal sostituito

 SOSTITUZIONE A TITOLO DI ACCONTO  qui il versamento ha ad oggetto


un mero acconto rispetto all'obbligazione tributaria che deve essere calcolata e liquidata in un
momento successivo. Qui si ha solo un’anticipazione nella riscossione del tributo. Inoltre possiamo
affermare che solo nella sostituzione a titolo d’imposta si configura un vero e proprio regime
sostitutivo.

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Cosa accade se il sostituto non adempie agli obblighi verso l'amministrazione finanziaria ?

 PER LE RITENUTE A TITOLO DI ACCONTO :


distinguiamo:
 se il sostituto ha eseguito ma non ha versato la ritenuta al fisco, qui unico
responsabile è il sostituto;
 se invece il sostituto non ha eseguito e non ha versato la ritenuta al fisco,
non essendovi una norma tributaria specifica che stabilisca solidarietà tra sostituto
e sostituito per le ritenute non eseguite e non versate, la giurisprudenza ha
stabilito che il fisco in teoria potrebbe rifarsi solo sul sostituto, il quale però potrà
poi rifarsi a sua volta sul sostituito (rivalsa successiva).

I corollari di chiusura del rapporto sostitutivo sono la:

traslazione d’imposta, questa è lo spostamento su terzi del sacrificio patrimoniale


che l'imposta comporta e che si attua con il prelievo. Tale fenomeno è di difficile regolazione, se
lasciato alla libertà dei privati rischia di comportare l'arbitraggio tributario del carico impositivo;
proprio per evitare tali dinamiche si è prevista la rivalsa obbligatoria ,riservando a casi limitati
quella facoltativa.

Per quanto concerne i rapporti tra sostituito e sostituto il manuale ci presenta 2 posizioni presenti in
dottrina:

- questi sono collegati da OBBLIGAZIONE SOLIDALE PASSIVA;


- la seconda tesi è quella collegata all’art. 53 Cost. che non legittima l’applicazione di un tributo due
volte sul medesimo presupposto impositivo.

perchè
3.7. Status del responsabile d’imposta.

Il responsabile d’imposta è un soggetto che, in virtù di una data norma di legge, è


responsabile del pagamento delle imposte insieme all’obbligato principale.
L'ordinamento ricorre alla figura del responsabile di imposta per assicurare una tutela rafforzata alle
ragioni di credito dello Stato.

L’esempio di scuola è quello del NOTAIO, responsabile d’imposta per il versamento dell’imposta di
registro.

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Benché il responsabile d'imposta non sia titolare di alcuna capacità contributiva, viene considerato capace
di garantire il soddisfacimento della pretesa erariale, e pertanto ha diritto di rivalsa.

Tra obbligato principale e responsabile di imposta non vi è un rapporto diretto, la manifestazione di


capacità contributiva si esaurisce in capo al primo senza che il secondo prenda in alcun modo parte alla
determinazione della ricchezza tassabile.

Il ricorso indiscriminato a tale fattispecie è stato censurato dalla Corte Costituzionale stabilendo che il
legislatore non può operare una tale estensione di responsabilità, se non nel rispetto di un canone generale
di ragionevolezza e coerenza del sistema tributario.

3.8. Cenni in tema di successione nel debito tributario.

Parliamo della successione nel debito tributario, i debiti ed i crediti tributari sono trasferibili mortis
causa, unica eccezione riguarda le sanzioni che sono definite intrasmissibili.

In base a quanto previsto dall'articolo 752 del codice civile, i rapporti attivi e passivi vanno ripartiti
pro quota tra gli eredi,  TUTTAVIA in ambito tributario l’articolo 65 del DPR n. 600/73
introduce una deroga espressa che prevede la solidarietà degli eredi per le obbligazioni
tributarie,in cui lo Stato è ammesso a pretendere l'intero credito da ciascun erede e in tal caso il
soggetto inciso ha diritto di rivalsa sugli altri.

Lo stesso articolo 65 prevede una proroga di 6 mesi di tutti i termini pendenti alla data della morte del
soggetto privato o in scadenza nei 4 mesi successivi; inoltre è prevista la successione nei rapporti
processuali, con necessaria interruzione del processo.

3.9. Cessione del credito d’imposta.

Differentemente dal passato, oggi è ammessa la cessione del credito d’imposta.


In particolare vi sono 3 distinte ipotesi di cessione:

 la cessione dei crediti relativi alle imposte sul reddito: dunque è possibile la cessione dei
crediti chiesti a rimborso nella dichiarazione dei redditi. Occorrono però che ci siano una serie di
necessari passaggi formali che devono essere rispettati, quali la notifica all'amministrazione
finanziaria, la stipula per atto pubblico o scrittura privata autenticata,etc.
Qui l'estensione della solidarietà del recupero dell'imposta non è dovuta anche al cessionario, cioè
lo Stato se rivuole indietro le somme rimborsate non potrà rivolgersi anche al cessionario.
 la cessione infragruppo delle eccedenze delle imposte sul reddito delle società: dunque le
eccedenze delle imposte risultanti dalla dichiarazione dei redditi delle società o degli enti
appartenenti ad un gruppo, possono essere cedute anche in parte ad altre società o enti dello
stesso gruppo; la cessione di eccedenze è efficace però solo a condizione che l'ente o la società
cedente indicano nella dichiarazione dei redditi gli estremi dei soggetti cessionari ed importi ceduti.
Qui l'estensione della responsabilità si estende anche nei confronti del cessionario.

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 la cessione dei crediti relativi all'imposta sul valore aggiunto: possono cedersi anche le
somme rimborsate a titolo di iva. L’ufficio potrà richiedere anche al cessionario le somme
rimborsate, salvo che questi non presti garanzia, fino a che l'accertamento sia diventato definitivo.

Oggi l'ordinamento non vieta di cedere il credito ma lo lega al cessionario, configurando in capo allo stesso
la responsabilità di un eventuale utilizzo in danno dello Stato del credito ceduto.

3.10. Efficacia interna dell’accollo d’imposta.

Quanto all’accollo d’imposta, la dottrina ha lungamente discusso sulla sua applicabilità al rapporto
tributario.

È una fattispecie civilistica con cui un terzo,soggetto diverso dal debitore, si fa carico del debito
tributario assumendosene l’obbligazione.

L’accollo non è vietato, ma il ricorso a questo istituto è limitato. La dottrina ha previsto che in
ambito tributario l’accollo ha efficacia meramente interna e non verso lo Stato, operando solo a
favore di quest’ultimo e senza liberare il debitore principale.

Infatti richiamiamo l’art 8, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente:

«è ammesso l'accollo del debito d'imposta altrui senza liberazione del contribuente originario».

In base ai principi civilistici in questo caso il debitore originario dovrebbe almeno godere del privilegio
dell'escussione preventiva del debitore subentrato, e quindi lo Stato deve prima escutere il soggetto che si
è accollato il debito, e solo dopo potrà aggredire il patrimonio del debitore cedente.

CAPITOLO 4
OBBLIGHI DEL CONTRIBUENTE
VERSO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
4.1. Obblighi formali e strumentali del contribuente verso lo Stato: tenuta, redazione e conservazione
delle scritture contabili.

Come abbiamo detto il sistema tributario si basa sui principi dell’AUTODETERMINAZIONE, e quindi che il
contribuente sia in grado di stimare autonomamente la ricchezza prodotta, in modo da dichiararla
correttamente allo Stato e versare le imposte dovute.

Il legislatore perciò ha disciplinato una serie di obblighi strumentali del contribuente nei
confronti dell'amministrazione, a partire da quello più importante di autocertificare i propri redditi
 DICHIARAZIONE DEI REDDITI. Quindi, per essere dichiarata, la ricchezza deve essere
calcolata è definita.

59
Dobbiamo qui dire però che se per una persona fisica accertare e dichiarare il reddito può
risultare relativamente agevole, per un’impresa o per enti dotati di autonoma organizzazione può
assumere caratteri di particolare complessità.

Qui il contribuente deve istituire un sistema contabile che permetta non soltanto di apprezzare l’entità
della ricchezza ai fini tributari, ma anche di stabilire il processo analitico – aziendale che ha condotto alla

sua determinazione. Occorre che vi sia la tenuta delle SCRITTURE CONTABILI.

Sono quei documenti necessari per consentire un


controllo costante dell'attività di impresa. Sono definiti
obblighi strumentali proprio perché sono finalizzati alla
ricostruzione dell’attività svolta dal contribuente.

È il legislatore ad individuare i soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili, essi
sono:

 le società soggette all'imposta sul reddito delle persone giuridiche;


 gli enti pubblici e privati diversi dalle società soggette all'imposta sul reddito delle persone
giuridiche, nonché i trust, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività
commerciali;
 le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice e le società ad esse
equiparate;
 le persone fisiche che esercitano imprese commerciali;
 le persone fisiche che esercitano arti e professioni;
 le società o associazioni tra artisti e professionisti;

Ai sensi dell'articolo 14 del DPR n. 600/73, le scritture obbligatorie sono:

- il libro giornale: in cui vengono indicate giorno per giorno le operazioni relative all’esercizio
dell’impresa;
- il libro degli inventari: è redatto all’inizio dell’esercizio dell’impresa e successivamente
ogni anno.
Da questo poi scaturirà il BILANCIO con il conto dei profitti e delle perdite.
- i registri iva, ossia quelli prescritti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, in cui sono riportate
tutte le operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto;
- le scritture ausiliarie, nelle quali devono essere registrati elementi patrimoniali e reddituali
raggruppati in categorie omogenee in modo da poterne desumere chiaramente e distintamente gli
elementi positivi e negativi che concorrono alla determinazione del reddito;
- le scritture ausiliarie di magazzino, tenute informa sistematica e secondo norme di
ordinata contabilità, diretta seguire le variazioni intervenute tra le consistenze negli inventari
annuali.

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CONTRIBUENTI MINORI.
È previsto che per determinati soggetti e società sia possibile optare per una contabilità semplificata
piuttosto che per il modello contabile ordinario, in particolare possono ricorrere a tale regime semplificato:

REGOLARITA’ DELLE SCRITTURE CONTABILI E LA LORO CONSERVAZIONE.


A norma dell'articolo 2219 c.c. tutte le scritture contabili devono essere tenute secondo
una ORDINATA CONTABILITA’, cioè devono essere numerate progressivamente in ogni pagina, non vi
devono essere spazi in bianco, non vi devono essere abrasioni, le parole cancellate devono essere leggibili.
Inoltre sono soggette ad un obbligo di conservazione fino a quando non siano definiti gli accertamenti
relativi al corrispondente periodo d’imposta.

In definitiva sono 4 gli obblighi fondamentali del contribuente:

1. lasciare traccia documentale delle operazioni (fatture, scontrini, ecc);


2. registrare nei libri contabili obbligatori le operazioni rilevanti ai fini della determinazione della
ricchezza imponibile;
3. conservare i libri e le scritture contabili in modo efficiente;
4. qualora vi sia sostituzione, operare una serie di adempimenti formali in qualità di sostituto
d’imposta.

4.2. Atto giuridico dichiarativo: struttura e funzione.

PRIMA  come già detto in precedenza fino al 20esimo secolo in tutt'Europa lo Stato aveva il compito di
determinare gli importi e richiederli al contribuente. Quest’ultimo doveva quindi attendere che la ricchezza
tassabile fosse accertata dallo Stato, e solo successivamente sorgeva il vero e proprio obbligo di
versamento.

OGGI  a seguito di una privatizzazione della funzione pubblica, vi è stata l'introduzione di un modello
che si è definito AUTODETERMINAZIONE DEI TRIBUTI.
L'amministrazione quindi ha visto cambiare le sue attribuzioni e i suoi compiti, perciò da esattore diretto è
divenuto controllore della corretta determinazione degli imponibili. Quindi oggi abbiamo l’obbligo

del contribuente di effettuare la dichiarazione tributaria dei redditi (L. n. 25/1951 – la


cosiddetta legge Vanoni).

Si è affidato, quindi, al contribuente il dovere di predisporre una comunicazione tributaria e


trasmetterla agli uffici, la cui validità è subordinata al rispetto delle forme e modalità stabilite
dall'amministrazione. Tale dichiarazione ha rappresentato un passo in avanti verso un sistema più
maturo, in grado di richiedere ai contribuenti l’adempimento di un obbligo collaborativo, con
l’adempimento delle attività amministrative di controllo su una platea di contribuenti destinata ad
essere sempre più numerosa.

61
 STRUTTURA  quanto alla struttura della dichiarazione dei redditi si tratta di un atto privato
sostitutivo di un provvedimento, e perciò con effetti pubblicistici, mediante il quale il contribuente
indica all'amministrazione dati, fatti ed elementi economicamente rilevanti. Prima, inizialmente era
contenuta in un documento cartaceo spedito tramite l'intermediario postale agli uffici del
Ministero delle Finanze, oggi ha forma elettronica ed è trasmessa in via telematica all'Agenzia
delle Entrate. Ricordiamo che per tale forma telematica è prevista una CONFERMA della sua
acquisizione, idonea a togliere ogni incertezza, ed è idonea a provare l’assolvimento dell’obbligo del
contribuente.
Le dichiarazioni possono essere ordinate e classificate in più modi:
o dal punto di vista del soggetto obbligato alla trasmissione (persone fisiche, società di
persone, società di capitali, enti non commerciali, etc.);
o dal punto di vista dell’imposta da corrispondere (dichiarazione IRAP, IVA, etc.).

In altre parole a seconda di questi casi sono previsti diversi modelli dichiarativi, relativi al
soggetto e all’oggetto dell’imposta.

 FUNZIONE  quanto alla funzione, la dichiarazione soddisfa anzitutto la necessità di classificare i


vari atti economici, nonché l’individuazione dell’aliquota d’imposta applicabile.
Spetta al contribuente interpretare la norma, accertare e dichiarare i fatti indice di capacità
contributiva, assumendo su di sé la responsabilità di determinazione dell'onere tributario.

Una volta trasmessa, la dichiarazione assolve una funzione prettamente liquidatoria dei tributi:
dichiarati il reddito, l'importo delle imposte deve essere versato tramite procedure telematiche specifiche.

Cosa importante è che la dichiarazione costituisce titolo per la riscossione delle imposte dichiarate,
infatti se non si riscontrano gravi incertezze sull’entità o sulla corretta determinazione degli importi
denunciati dal contribuente, la sua dichiarazione forma titolo giuridico per l’emissione del ruolo di
riscossione.

IL TEMPO  per quanto concerne le scadenze per la maggioranza dei casi ricalcano l’anno solare, tuttavia
non è raro imbattersi in dichiarazioni con altra periodicità (es. successioni ecc).

4.3. Natura giuridica della dichiarazione dei redditi quale autocertificazione.

 NATURA GIURIDICA
In realtà, sebbene vi possono essere tributi di varia natura e siano previste modalità specifiche, la

dichiarazione dei redditi è un ATTO GIURIDICAMENTE UNITARIO, col quale il suo autore
individua e qualifica i fatti che generano l'attitudine alla contribuzione, nell'unità di tempo stabilita dal
legislatore.

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Sul tema della natura giuridica della dichiarazione il manuale ci presenta due teorie:

- Secondo la prima teoria la dichiarazione costituisce un atto negoziale o di manifestazione


volontaria dell'intento;
- Secondo la seconda teoria invece la fattispecie dichiarativa è una mera manifestazione di

scienza, e non una manifestazione di volontà, questa è idonea soltanto a costituire titolo per la
successiva riscossione. Questo perché il contribuente non ha il potere di disporre degli importi
dichiarati.

Sebbene sembrerebbe prevalere la seconda tesi, ossia la tesi secondo cui la dichiarazione è
manifestazione di scienza e di giudizio, in realtà la dichiarazione sembra non lasciarsi inquadrare
perfettamente in nessuna delle due teorie , perché entrambe ricostruiscono la fattispecie alla stregua
di un atto privato, mentre essa ha un marcato rilievo pubblico.

Essa è un atto giuridico attraverso il quale il privato, in virtù di specifiche previsioni legislative, è abilitato a
certificare, dichiarare stati, fatti e circostanze che complessivamente si inquadrano nel processo di
liberalizzazione di alcune attività cui l'ordinamento riconnette precise conseguenze giuridiche.

Cioè qui la dichiarazione dei redditi può essere accostata ad istituti quali la DIA o la SCIA ed in generale ad
ogni forma di auto – certificazione o dichiarazione sostitutiva. Anche la dichiarazione dei
redditi pertanto è un autocertificazione destinata a produrre effetti nell'ambito di un procedimento
amministrativo tributario.

Questa dichiarazione dunque si ritiene abbia valore probatorio, con la quale il contribuente accerta
con valenza pubblica la propria situazione tributaria, e proprio su tale presupposto si fa discendere l’effetto

della liquidazione dell’imposta. Dunque il dichiarante ha l’obbligo di enunciare il vero,


trattandosi proprio di AUTOCERTIFICAZIONE,

Per quando concerne la NON VERIDICITA’, l’ordinamento distingue i casi di ERRORE INVOLONTARIO da
quelli corrispondenti alla PRECISA INTENZIONE DI DICHIARARE IL FALSO (se ne parlerà in seguito di
questo).

Parliamo dell’errore involontario, ed innanzitutto dobbiamo dire che la dichiarazione può essere

modificata dal contribuente, così facendo può correggere eventuali errori materiali da lui
involontari. Può avvenire:

- mediante la presentazione integrativa;


- o mediante sanatoria nell'ambito del procedimento di ravvedimento;
- oppure integrarla durante la fase amministrativa di mediazione o contenziosa.

Cosi facendo si rimuovono gli effetti della dichiarazione frutto di errori.

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Ricordiamo in ultimo che la dichiarazione non assume valore confessorio, in quanto la confessione
presuppone un agire libero finalizzato ad ammettere la verità. La dichiarazione tributaria non è libera,
poiché rappresenta l’oggetto di un obbligo indisponibile per lo stesso contribuente. Nella dichiarazione il
contribuente vuole solo la produzione dell’atto.

4.4. Efficacia giuridica della dichiarazione: teoria dichiarativa e teoria costitutiva.

 EFFICACIA

L’effetto giuridico tipico della dichiarazione è quello di generare l'obbligazione o di renderla attuale,
tanto che in seguito alla sua trasmissione il contribuente è vincolato a versare l'imposta.

Noi abbiamo parlato di 2 teorie in merito alla nascita dell’obbligo di contribuzione:


rispetto alla teoria dichiarativa, che riconduce il debito al presupposto impositivo, e alla teoria
costitutiva, che fa discendere l’obbligo dal procedimento amministrativo, la dichiarazione si situa
esattamente a metà. Cioè questa dichiarazione del contribuente si posiziona al centro tra la manifestazione
del presupposto e l’atto dell’autorità.

Eh per l’appunto questa dichiarazione rimette in discussione entrambe le due teorie appena
richiamate. Infatti possiamo dire che il sorgere del debito va ricollegato più che al presupposto impositivo
(teoria dichiarativa) e all'attivazione del procedimento amministrativo (teoria costitutiva), come espletano
entrambe le teorie, alla dichiarazione del contribuente, ossia alla presentazione dell'autocertificazione con
cui questo liquida il debito e si obbliga a versarlo.

4.5. Regime di invalidità della dichiarazione: nullità, incompletezza e infedeltà.

 INVALIDITA’

La dichiarazione può essere affetta dai VIZI DI FORMA & da VIZZI DI SOSTANZA.

 VIZI DI FORMA:

questi dipendono:

- dall'errata trasmissione/ricezione del modello  qui abbiamo NULLITÀ ASSOLUTA


che è INSANABILE, che impedisce all'atto giuridico di produrre qualsivoglia effetti ed impone
al contribuente di trasmettere nuovamente la dichiarazione.
Qui per non incorrere nelle conseguenze giuridiche dell’omessa dichiarazione, il contribuente deve
dimostrare che non solo ha effettuato la trasmissione del modello, ma che questo è stata accettato
dall’amministrazione.
- dalla mancata sottoscrizione della dichiarazione  la quale va sottoscritta dal
contribuente o da chi ha la rappresentanza legale o negoziale; la mancanza di questa integra una
64
fattispecie di NULLITÀ RELATIVA SANABILE, il contribuente infatti può essere invitato dagli
uffici a verificare direttamente presso l'ente impositore i suoi dati.

Si ricorre alla sanzione della nullità per l’esigenza di certezza giuridica.

Ricordiamo che è concesso un termine di 90 giorni dopo la scadenza del termine di presentazione
entro cui la dichiarazione benché tardiva è in ogni caso considerata correttamente trasmessa.

 VIZI DI SOSTANZA:
nel caso di vizi di sostanza si parla di infedeltà dichiarativa, che riguarda il contenuto
della dichiarazione. Sotto determinate soglie di punibilità, la sanzione è meramente pecuniaria , al
di sopra acquista rilievo penale, dunque da luogo a reato.
L’infedeltà dichiarativa può riguardare la qualificazione degli imponibili o la loro quantificazione.

Occorre distinguere le infedeltà dichiarative di natura elusiva, che hanno effetto di errori causati
da problematiche di tipo interpretativo che conducono ad un imponibile errato, dalla
dichiarazione infedele, che diversamente è preordinata ad evadere le imposte sui redditi e sul
valore aggiunto, essendo frutto di un comportamento fraudolento realizzato con coscienza e
volontà.

4.6. Termini utili per la rettifica.

Le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno riconosciuto il diritto del contribuente a RETTIFICARE la

dichiarazione, ENTRO:
- Il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta
successivo, questo nel caso in cui è prevista una compensazione del credito.
- Oppure entro la fine del 5^ anno successivo, qualora non sia prevista una compensazione.

Infine è possibile avere la RETTIFICA della dichiarazione anche in sede contenziosa.

65
PARTE QUARTA
PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI
CAPITOLO I
DISCIPLINA GENERALE DEI PROCEDIMENTI
AMMINISTRATIVI AD OGGETTO TRIBUTARIO.
1.1. Premessa allo studio dei procedimenti di imposizione tributaria.

Parliamo dunque dei procedimenti amministrativi ad oggetto tributario, questi sono procedimenti
di competenza dell'amministrazione fiscale, avente ad oggetto l’ACCERTAMENTO e l’ATTUAZIONE
dell'obbligazione tributaria, nelle diverse forme e tipologie.

Trattasi della manifestazione più rilevante della potestà tributaria, per tale motivo è definito

procedimento di imposizione tributaria ”.


Non mancano tuttavia altri moduli procedimentali che riguardano le diverse vicende ed evenienze
del rapporto tributario, come il procedimento di interpello, il procedimento di estinzione dell’obbligazione, i
procedimenti di autotutela decisoria ecc. Questi hanno luogo a seguito del procedimento impositivo
principale di accertamento e di controllo, e in tali casi essi si presentano come sub – procedimenti
amministrativi; in altri casi invece, come per l’interpello, sono invece procedimenti autonomi.

Nel complesso possiamo dire che la disciplina sul procedimento amministrativo tributario è affidata a
norme particolari che si ispirano alla LEGGE 241/1990. Dieci anni più tardi è stato varato anche lo
STATUTO DEI DIRITTI DEL CONTRIBUENTE 212/2000, riconoscendo importanti diritti anche in tema di
contraddittorio.

Tuttavia l’esperienza applicativa dei procedimenti tributari ha conosciuto delle rilevanti deroghe dal
paradigma di base, con preoccupanti riduzioni di tutele del contribuente.

1.2. Procedimenti amministrativi d’ufficio e su istanza di parte.

L’AVVIO  il procedimento amministrativo può essere avviato:

- D’ufficio; ricordiamo, a norma dell’art.2 l. 241/90, che


- Da parte dell’amministrazione agente; l’amministrazione pubblica ricevente nel caso di
- Su istanza di parte; istanza di parte (idonea) è tenuta a provvedere, ed a
emanare un provvedimento conclusivo espresso.

CONCLUSIONE  il procedimento amministrativo può concludersi sia con un provvedimento, che con
una misura consensuale. Nel procedimento tributario invece la conclusione è normalmente effettuata con
provvedimento, sono pochi i casi di accordi.
66
1.3. (Segue). Strumentalità della potestà amministrativa alla cura degli interessi pubblici. Termine di
avvio del procedimento.

Si definiscono d’ufficio i procedimenti amministrativi avviati su iniziativa dell’autorità cui la legge


normalmente gli attribuisce anche la funzione di adottare il provvedimento conclusivo.

La ratio del procedimento avviato d’ufficio la ritroviamo nel fine di soddisfazione


dell’interesse pubblico  che in materia fiscale è quello del corretto accertamento e prelievo
dei tributi.

Può sia accedere che l’ufficio avvii una verifica autonomamente, sia che vi sia un intervento di un
altro ente come la guardia di finanza, e sia che vi sia un procedimento penale nel corso del quale si
rende necessario disporre una verifica tributaria. In ogni caso tutte queste evenienze rientrano nel
medesimo paradigma di procedimento, sottoposto alla disciplina dello STATUTO DEI
CONTRIBUENTI.

In presenza dei presupposti l’amministrazione è OBBLIGATA ad avviare d’ufficio il


procedimento, nonché è obbligata a concluderlo con un PROVVEDIMENTO ESPRESSO.

Quindi possiamo qui richiamare una 1^ FASE  l’ufficio deve compiere una preliminare
valutazione, proprio per verificare se vi siano o meno i presupposti per l’effettiva necessità di dar
vita al procedimento = FASE DELL’INIZIATIVA.
Quindi poi avremmo una fase successiva, 2^ FASE  definita ISTRUTTORIA, in cui compie un
accertamento dei fatti.

Importante parlare del tempo o termine di avvio, perché nell’ambito fiscale esso è di notevole
rilevanza, soprattutto in relazione alla decadenza del potere.

Possiamo dire che il termine decorre, per i procedimenti


d’ufficio, dalla data in cui l’autorità amministrativa abbia
accertato la necessità dell’azione. Ossia il termine iniziale
decorre dal momento in cui l’autorità amministrativa ha
notizia del fatto da cui origina l’obbligo di provvedere.

Per il settore tributario il legislatore ha stabilito espressamente i termini massimi entro cui può essere
avviato il procedimento di accertamento, dunque sono previsti precisi termini di decadenza dell’ufficio dal
suo potere di verifica, entro i quali il procedimento deve essere necessariamente avviato, una volta scaduti
i termini come detto l’amministrazione decade dal potere, e l’eventuale avvio tardivo comporta
l’ILLEGITTIMITA’ del provvedimento oltre a costituire RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA.

67
1.4. Vincoli nascenti in capo all’amministrazione pubblica dall’avvio d’ufficio del provvedimento.
Con l’avvio del procedimento ricadono poi dei vincoli sull’amministrazione. In particolar modo dobbiamo
ricordare uno dei vincoli principali, che è quello in cui se il procedimento viene avviato d’ufficio,
l’amministrazione poi è OBBLIGATA a concluderlo in forma espressa.

È possibile che l’amministrazione avvii dei procedimenti anche ATIPICI (SI, è possibile) ossia non
espressamente previsti dalla legge (la quale prevede dei casi tipici). In questo caso, come ovvio che sia,
l’amministrazione è tenuta in ogni caso ad osservare le regole generali.

Ed anche qui dobbiamo dire che, se l’amministrazione avvia un procedimento, poi è tenuta a
concluderlo  dunque indipendentemente dalla sussistenza di un’espressa previsione di
legge.

Teoricamente possiamo dire che l’obbligo di concludere un procedimento sussiste in


tutti i casi di avvio di un procedimento, anche ove l’amministrazione, pur non essendo tenuta
ad avviarlo lo avvii, nonché nel caso abbia ricevuto un’istanza (ammissibile).

1.5. Partecipazione al procedimento del contribuente tra disciplina generale e particolare.

LE GARANZIE DEL CONTRIBUENTE.

In merito alle garanzie del contribuente, in particolare alla partecipazione dello stesso l’art. 13 LEGGE
241/1990 dispone che le norme generali in tema di partecipazione “non si applicano ai
procedimenti tributari per i quali restano ferme le particolari norme che li
regolano”

Queste sono contenute nello STATUTO DEL CONTRIBUENTE , in quale, seppur in determinati limiti,
riconosce al contribuente gli stessi diritti di cui gode il cittadino a cospetto del potere pubblico negli altri
settori dell’amministrazione.

Dunque, per la complessità della materia, per i procedimenti tributari l’intera disciplina è stata affidata a
NORME PARTICOLARI.

Richiamiamo i seguenti articoli dello Statuto:

 Art. 6  “conoscenza degli atti e semplificazione”. Tale articolo impone


all’amministrazione di di assicurare al contribuente l’effettiva conoscenza di tutti gli atti ad esso
destinati, affinché possa prenderne visione e difendersi nel pieno contraddittorio con gli uffici
finanziari.
L’amministrazione inoltre ha un obbligo di semplificazione delle attività e dagli adempimenti
posti dal legislatore a carico del contribuente.
68
Il comma 4 infatti prevede un divieto di aggravamento del processo, infatti vieta agli uffici di
richiedere documenti e informazioni già in possesso dell’amministrazione.
Il comma 5 prevede che prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di
tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della
dichiarazione, l'amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a fornire i chiarimenti
necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non
inferiore a 30 giorni dalla ricezione della richiesta.

Si tratta di una garanzia rinforzata, in quanto è sanzionata con la previsione della NULLITA’.
 Art. 10  “tutela dell’affidamento e della buona fede”. In base a tale articolo i
rapporti tra amministrazione e contribuente sono improntati al principio della COLLABORAZIONE
e della BUONA FEDE. Non è infatti consentita l’irrogazione di sanzioni se l’interessato si è
conformato alle indicazioni contenute negli atti dell’amministrazione.
Comma 3 prevede che lo stesso divieto opera nel caso in cui la violazione dipende da obiettive
condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria. Tutto cioò
perché vi è il principio della buona fede.

Particolare importanza riveste l’articolo 12.

 Art. 12  “diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche


fiscali”.
Comma 1. Tale articolo fa espresso divieto di accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali
destinati all'esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, ecc. dunque presso la sede del
contribuente che non siano sorrette da esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo .
Essi si svolgono, salvo casi eccezionali, durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con
modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività.
Comma 2. Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle
ragioni che l'abbiano giustificata e della facoltà di farsi assistere da un professionista.
Comma 3. Su richiesta del contribuente, l'esame dei documenti amministrativi e contabili può
essere effettuato nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta.
Comma 4. Il contribuente ha diritto di presentare osservazioni e rilievi che devono darsi atto
nel processo verbale delle operazioni di verifica.
Comma 5. La permanenza degli operatori civili o militari dell'amministrazione finanziaria, dovuta a
verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i 30 giorni lavorativi, prorogabili per
ulteriori 30 giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati e motivati dal
dirigente dell'ufficio.
Comma 6. Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi
alla legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente.
Comma 7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo
il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di
controllo, questi devono consentire al contribuente di comunicare entro 60 giorni osservazioni e
richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato
prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.
69
1.6. Tutela procedimentale europea.
Dobbiamo dire che le Sezioni unite non riconoscono in modo generalizzato e uniforme il diritto al
contraddittorio endo – procedimentale.
Ossia la partecipazione del contribuente
Interpretano in maniera RESTRITTIVA le garanzie
all’attività di accertamento fiscale.
presenti all’interno dello Statuto, limitata ai casi
particolari espressamente contemplati.

TUTTAVIA, questa interpretazione restrittiva è assolutamente


in contrasto con l’ordinamento comunitario.

In particolare con l’art.6 CEDU, che riconosce la tutela dei diritti fondamentali all’interno dello spazio
europeo, in particolare al diritto al giusto procedimento , il quale viene riconosciuto
anche dall’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione Europea, e poi 47 e 48 che
garantiscono il rispetto dei diritti di difesa in qualsiasi procedimento giurisdizionale.

Quindi, dobbiamo dire che il principio del giusto procedimento fa sorgere obblighi in capo alle
amministrazioni degli Stati ogni volta che venga avviato un procedimento, quand’anche la normativa di
settore non preveda espressamente garanzie del cittadino. Pertanto, per rispondere all’interpretazione
restrittiva delle sezioni unite, le eventuali disposizioni interne limitative delle garanzie del contribuente
vanno comunque disapplicate. Stante la prevalenza della disciplina comunitaria.

1.7. Procedimenti di autotutela in materia tributaria.

Parliamo dei procedimenti che l’amministrazione avvia nell’esercizio della generale potestà di
AUTOTUTELA. Si tratta di un modello unitario di procedimento con più specie di provvedimenti.

L’autotutela è prerogativa di tutte le amministrazioni pubbliche.

Abbiamo:

- AUTOTUTELA DECISORIA  ossia il potere dell’ufficio di modificare o annullare un


provvedimento affetto da vizi di legittimità o di merito, senza necessità di ricorso all’autorità
giudiziaria;
- AUTOTUTELA ESECUTIVA  ossia il potere di dare esecuzione al provvedimento
attraverso speciali procedure coattive, espressamente previste dalla legge.

Anche se sembrerebbero identiche, sono due potestà legislative differenti.

La particolarità che le distingue è che

- l’AUTOTUTELA DECISORIA è implicita nell’attribuzione originaria dell’ufficio, ossia


l’amministrazione opera sempre nell’esercizio dello stesso potere.

70
- L’AUTOTUTELA ESECUTIVA invece indica un potere ulteriore, che va oltre quello posto a
base della decisione, e che perciò non è implicito nella funzione base ma presuppone una norma
giuridica, che ne preveda e disciplini l’esercizio.

Questo principio è disciplinato dall’ art.21 ter L. 241/1990 , in cui viene disposto che le
pubbliche amministrazioni possono imporre coattivamente l’adempimento degli
obblighi nei loro confronti, e qualora l’interessato non ottemperi le pubbliche amministrazioni,
previa diffida, possono provvedere all’esecuzione coattiva.

Dunque l’amministrazione gode di entrambe le autotutele per farsi giustizia da sé, senza addire al giudice.
In particolar modo qui analizzeremo l’autotutela decisoria, lasciando l’esame di quella esecutiva nella 5^
parte.

L’oggetto  il suo oggetto dell’autotutela decisoria tributaria non sono solo gli atti impositivi, ma in
generale qualunque espressione della funzione pubblica fiscale;

Profilo strutturale  l’esercizio dell’autotutela da luogo all’avvio di procedimenti di


secondo grado, che cioè hanno oggetto procedimenti e provvedimenti preesistenti, e si
svolgono anch’essi nelle medesime fasi di iniziativa, istruttoria e decisione, si applicano dunque le stesse
norme del procedimento di primo grado;

Profilo funzionale  l’autotutela è un potere ATIPICO, in quando comprende un potere ampio, anche
quello di disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato.

Come detto si applicano le stesse norme del procedimento di primo grado, quindi anche quelle in tema di

ANNULLAMENTO e REVOCA:  può essere totale o parziale.

In generale spetta al MINISTRO DELL’ECONOMIA individuare gli organi


dell’amministrazione centrali responsabili dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di
revoca, normalmente tale competenza spetta allo stesso ufficio che ha adottato l’atto di
accertamento. Per quanto concerne gli atti regionali e locali la competenza è invece affidata alle
regioni, province e comuni cui spetta designare gli organi competenti.
Vi è una notevole ampiezza dell’autotutela tributaria, vi è infatti la possibilità di ANNULLAMENTO
anche in caso di provvedimenti definitivi, contrariamente alla disciplina generale.
LIMITE  l’unico limite è costituito dal passaggio in giudicato della sentenza che ha deciso il
rapporto controverso, perché si è già cristallizzata una decisione del giudice tributario.

Le ipotesi più ricorrenti di comportamenti che inducono all’avvio di un procedimento di AUTOTUTELA sono
ad esempio:

a. Errore di persona, ossia sull’identità del contribuente;


b. Evidente errore di calcolo;
c. Errore sul presupposto d’imposta;

71
d. Per una doppia imposizione;
e. O ancora il mancato computo ai fini della determinazione dell’imposta da versare di pagamenti
regolarmente eseguiti;
f. Ecc.

In via generale però possiamo dire che il legislatore ha rimesso alla valutazione degli uffici la
determinazione dei casi concreti in cui provvedere, secondo il criterio della PRIORITA’ riconosciuta
alle fattispecie di rilevante interesse generale. Per di più se il procedimento di autotutela consegue
ad un avvio d’ufficio, in teoria si avrà un’istruttoria interna cui il contribuente non viene per forza
chiamato a partecipare, solo a termine dell’eventuale procedimento (positivo o negativo) è data
comunicazione al contribuente.

1.8. (Segue). Procedimento di autotutela decisoria durante il procedimento di esecuzione.

È possibile che il procedimento di autotutela DECISORIA, venga avviato nel corso dell’esecuzione.

Cioè su istanza del contribuente l’ufficio azioni il procedimento di autotutela anche dopo aver avviato
l’esecuzione del provvedimento di primo grado.
Questo comporta la possibilità per il contribuente di ottenere la sospensione immediata della
procedura di esecuzione coattiva del credito. Dunque, procedimento ad istanza di parte, il contribuente
dichiara che il titolo posto alla base è illegittimo. E in tal caso l’agente della riscossione è

obbligato a SOSPENDERE la riscossione delle somme iscritte a ruolo.


Tale istanza deve essere presentata, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla notifica del
primo atto di riscossione, e deve essere accompagnata dal deposito di una dichiarazione da
parte del debitore (istante), con la quale sia documentato che gli atti emessi
dall’amministrazione sono interessati da:

a) Prescrizione o decadenza del diritto di credito, intervenuta in data antecedente a quella in cui
il ruolo è reso esecutivo;
b) Provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore;
c) Sospensione amministrativa concessa dall’ente creditore;
d) Sospensione giudiziale, o comunque da una sentenza che abbia annullato la pretesa dell’ente
creditore;
e) Pagamento effettuato in data antecedente alla formazione del ruolo in favore dell’ente
creditore.

Ricordiamo che se necessario, l’ufficio può richiedere documentazione integrativa.

Entro il termine di 10 giorni, i concessionari per la riscossione debbono trasmettere all’ente creditore la
dichiarazione/documentazione in oggetto.

72
In fine l’ente creditore deve comunicare al debitore la conclusione del procedimento, che può essere di
segno positivo, se viene adottato il provvedimento di sgravio, oppure negativo, se invece è confermato il
provvedimento di primo grado, ossia il debito iscritto a ruolo.

Nell’inerzia dell’ente creditore, una volta decorsi 220 giorni dalla presentazione della dichiarazione, gli atti
dell’esecuzione son o annullati di diritto e il debitore è considerato automaticamente escluso dai relativi
ruoli (silenzio accoglimento).

Possiamo dire che dal punto di vista strutturale questi due procedimenti sono svincolati tra loro. Il
procedimento di autotutela decisoria ha una sua autonomia e non ha un nesso giuridico con il
procedimento principale. Tuttavia quello di autotutela può interferire sull’efficacia di quello
principale.

1.9. Bilanciamento tra discrezionalità e vincolo nei procedimenti amministrativi ad oggetto tributario.

BILANCIAMNETO TRA DISCREZIONALITA’ E VINCOLO  In sostanza qui si vuole rispondere alla domanda se
l’attività amministrativa nell’ambito del procedimento amministrativo sia esclusivamente vincolata o
goda di discrezionalità.

Guardando all’impianto normativo dobbiamo ricondurci a 2 seguenti piani:

a. In un 1^ aspetto ci ricolleghiamo all’art.119 che riconosce agli enti minori una potestà tributaria
di stabilire ed applicare tributi propri. Quindi l’esercizio di una tale potestà non è di stretta
attuazione di un’ablazione legale, ha una portata semi – impositiva. Pertanto in tal caso si è dinanzi
ad una specie di importante discrezionalità.
b. In un 2^ aspetto parliamo della qualità del potere tributario di accertamento, nella quale si può
configurare un potere discrezionale, che implichi una vera e propria attività valutativa.

In sostanza, in merito al rapporto discrezionalità e vincolo


nei procedimenti amministrativi tributari,
si parla di BILANCIAMENTO tra le due fattispecie,
in quando da una parte è la norma a stabilire l’onere tributario, ma dall’altra parte però, in sede di
accertamento, vengono talora in rilievo spazi di apprezzamento, e in definitiva di scelta
dell’amministrazione. Dunque nella realtà la potestà non è mai inquadrabile nell’una o nell’altra
fattispecie, in quanto l’ufficio esercita spesso una potestà valutativa (che deve essere motivata e
giustificata. Dunque vi è bilanciamento.

Valutazione del reddito compiuta dal fisco sulla


base di presunzioni e non di documenti.

Soprattutto in tema di accertamento induttivo è la stessa legge a riconoscere


all’amministrazione la discrezionalità di ricostruire interamente la capacità contributiva del soggetto.
Con la facoltà di prescindere dalle risultanze delle scritture contabili.

73
CAPITOLO 2
DISCIPLINA SETTORIALE DEI PROCEDIMENTI ABLATORI
DI CONTROLLO E DI ACCERTAMENTO.
2.1. Inquadramento generale.

Qui adesso ci occupiamo dello studio della disciplina particolare dei singoli procedimenti tributari
previsti dall’ordinamento.

Per la maggior parte essi hanno ad oggetto ACCERTAMENTI DELLA CAPACITA’ CONTRIBUTIVA IN
FUNZIONE IMPOSITIVA.

Accanto a questi procedimenti impositivi, vi sono anche dei MODULI, nei quali è spesso presente un’attività impositiva, che riguardano alcune
vicende del rapporto tributario, abbiamo:

- Procedimenti d’interpello;
- Procedimenti di rimborso;
- Procedimenti di adempimento collaborativo;
- Ecc;

Come abbiamo detto più volte, è affidato direttamente al contribuente il compito di autodeterminare i
tributi dovuti, attraverso la dichiarazione dei redditi, con cui il cittadino accerta e comunica
all’amministrazione il reddito e le imposte da pagare.

Per tale motivo viene affidata all’amministrazione un’attività di CONTROLLO e di ACCERTAMENTO,


attraverso verifiche, ispezioni e accessi. Che ovviamente, tale attività, deve essere avviata entro
determinati termini.

Dunque abbiamo una efficace pianificazione dei controlli a cura dell’amministrazione, infatti il legislatore ha
previsto CRITERI SELETTIVI generali, sulla cui base viene adottato un piano dei controlli.

2.2. Procedimento di imposizione: fasi e atti endo – procedimentali.

Con l’espressione PROCEDIMENTO D’IMPOSIZIONE si vuole indicare il complesso di


atti coordinati e collegati tra di loro posti in essere dall’Amministrazione finanziaria per l’applicazione delle
norme tributarie ai singoli contribuenti.

Dunque l’adozione del provvedimento finale è preceduta da un insieme di operazioni, atti e fasi collegati.

Come in ogni procedimento amministrativo, anche quello d’imposizione si articola in:

a. Fase di avvio, generalmente d’ufficio;


b. Fase istruttoria;
c. Fese decisoria, avente ad oggetto l’adozione del provvedimento di accertamento.

74
Da pag. 75 a pag. 81

Ci soffermiamo adesso a parlare della fase ISTRUTTORIA:

questa è la fase destinata all’accertamento dei fatti, la fase di controllo. Qui gli
uffici adottano atti di varia natura, come verbali, acquisizione di documenti, inviti a comparire,
effettuano valutazioni tecniche.

Tale fase può essere APERTA o CHIUSA:

APERTA  in alcuni casi vi sono atti endo – procedimentali, formati appunto dal contradditorio
con l’interessato, attraverso memorie, osservazioni dello stesso.

CHIUSA  Tuttavia, nella maggior parte dei casi l’ufficio cura l’attività preparatoria
dall’interno, e soltanto al termine di questa provvede alla notifica di un atto impositivo.
In questo caso però se l’istruttoria sfocia direttamente in un provvedimento lesivo per il
destinatario senza coinvolgerlo si avrà una violazione del diritto di difesa, che l’interessato potrà far
valere dinanzi al giudice.

La legge obbliga l’organo competente all’adozione del provvedimento finale. Qualora l’organo in
questione sia diverso dal responsabile del procedimento, esso deve comunque attenersi alle
risultanze istruttorie dalla quali non può distaccarsi, salvo in presenza di ragioni obiettive di cui
occorre dare motivazione.

Nell’ambito del procedimento tributario abbiamo atti istruttori più frequenti, ossia:

a. Il processo verbale di constatazione PVC : è la figura più rilevante degli atti


istruttori, in cui a seguito di accessi e verifiche in loco, l’ufficio contesta le violazioni emerse. Per la
sua portata potenzialmente lesiva è previsto il contradditorio con il contribuente, il quale ha la
facoltà di presentare osservazioni e richieste. In particolare questo ha diritto, nel termine di 60
giorni, di depositare memorie scritte. Fino ala scadenza è preclusa la notifica dell’atto impositivo ad
opera dell’ufficio.

b. Gli inviti al contraddittorio o a comparire: ossia qui l’ufficio chiede la produzione di documenti,
o chiede notizie su particolari questioni. Inoltre l’amministrazione può convocare il contribuente
per richiedere spiegazioni in riferimento ad una serie di spese.

75
2.3. Procedimenti amministrativi impositivi: a) procedimenti di controllo automatico.2.4.
2.4. (Segue). b) procedimenti di controllo formale.

Abbiamo più moduli di procedimenti fiscali per il controllo:

A. PROCEDIMENTO DI CONTROLLO AUTOMATICO;


Determinazione della somma dovuta
B. PROCEDIMENTO DI CONTROLLO FORMALE;
a titolo d’imposta dal contribuente.
C. PROCEDIMENTI DI ACCERTAMENTO DI MERITO O SOSTANZIALI.

I primi due procedimenti di controllo sono i procedimenti relativi alla liquidazione delle imposte,
liquidazione dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni ed al controllo
formale delle dichiarazioni.

A. Nel procedimento di tipo AUTOMATICO  la partecipazione qui è differita, nel senso che è
postergata rispetto alla conclusione del procedimento. Qui vi è la sola verifica dei dati risultanti
dalla dichiarazione del contribuente, cioè vengono accertati gli errori di mero calcolo; con la
possibilità dell’ufficio di adottare una serie di provvedimenti immediatamente efficaci, quali la
correzione di errori materiali e di calcolo.
Tale procedimento può essere avviato entro
l’inizio del periodo di presentazione delle
dichiarazioni relative all’anno successivo .

CASI DI URGENZA: se necessario, per eventuali ragioni di urgenza, il procedimento può essere
anche anticipato, e svolgersi anche prima della presentazione della dichiarazione annuale.
Ovviamente se il contribuente rileva eventuali dati o elementi non considerati ha il diritto di
trasmettere osservazioni entro i 30 giorni successivi al ricevimento della comunicazione degli uffici.
In mancanza, decorsi i 30 giorni l’ufficio darà luogo alla riscossione coattiva.

B. Nel procedimento di tipo FORMALE  qui invece la partecipazione è preventiva, perché ha ad


oggetto il riscontro tra dichiarazione e ulteriori documentazioni a supporto, infatti gli uffici hanno
l’obbligo di invitare il contribuente a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella
dichiarazione.
Gli uffici possono avviare tale procedimento entro un termine di decadenza,
ossia il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione .
A seguito dell’avvio l’amministrazione può:
 Escludere lo scomputo delle ritenute non adeguatamente documentate;
 Escludere delle detrazioni d’imposta non spettanti;
 Correggere eventuali errori;
 Ecc.
Al termine di queste verifiche gli uffici comunicano l’esito dell’istruttoria all’interessato, insieme
alle ragioni, tutto ciò per consentire alla parte il diritto di presentare entro un dato termine di 30
giorni si segnalare eventuali dati ed elementi non considerati. In mancanza di chiarimenti
l’amministrazione adotta il provvedimento di liquidazione delle somme soggette.
76
Il contribuente può decidere di versare le somme accertate dall’ufficio oppure impugnare il
provvedimento dinanzi al giudice. Nell’inerzia del contribuente, l’ufficio adotta il provvedimento di
iscrizione a ruolo. I crediti qui vengono riscossi per mezzo di una CARTELLA DI PAGAMENTO.

Le VARIAZIONI essenziali:

dunque, mentre nei procedimenti di controlli automatici, d’ufficio l’amministrazione rettifica


l’imposta, o avvia un procedimento di rimborso (qualora sia stato accertato un versamento eccessivo), il
procedimento ha quindi funzione essenzialmente liquidatoria, con una partecipazione post –
procedimentale della parte; nel secondo caso, procedimento di controllo formale, si da luogo ad
un accertamento in contraddittorio, a seguito del quale solo dopo sono adottate la rettifica della
dichiarazione o l’eventuale rimborso. Qui dunque il controllo è compiuto con la partecipazione del
contribuente, infatti quest’ultimo è invitato a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella
dichiarazione.

Dunque mentre nel primo caso vi si limita ad una verifica aritmetica su i valori già presenti nella
dichiarazione; nel secondo caso l’ufficio effettua un vero e proprio controllo, dove talvolta richiedere anche
una documentazione integrativa.

Altra differenza è che il provvedimento finale di un procedimento di controllo formale deve essere
estensivamente MOTIVATO , mentre per il controllo automatico viene richiesto una motivazione

documentale, ossia la semplice indicazione delle tabelle in cui sono indicati i valori disconosciuti, o gli
eventuali crediti.

Nel complesso entrambi i procedimenti possono concludersi con l’adozione di un avviso di irregolarità
denominato AVVISO BONARIO, questo potrà essere oggetto di autonoma impugnazione dinanzi al
giudice tributario.

2.5. (Segue). c) Procedimenti di accertamento . Premessa generale.

Come sappiamo i contribuenti devono dichiarare i propri debiti. L’amministrazione dunque, attraverso
un’istruttoria approfondita verifica questi dati trasmessi attraverso un procedimento di accertamento, e se
occorre riporta il livello di imponibile alla misura del dovuto attraverso un’attività di ricalcolo che corregge
la dichiarazione infedele. Vi sarà dunque un provvedimento impositivo che l’ufficio avrà l’obbligo di
MOTIVARE, illustrando in che modo ha accertato e modificato i valori.

Dunque il PROCEDIMENTO DI ACCERTAMENTO è volto alla verifica del PRESUPPOSTO D’IMPOSTA. Tale
procedimento può essere avviato d’ufficio, ma teoricamente anche su istanza di parte. In mancanza di
avvio del procedimento, il debito tributario resta definitivamente quello dichiarato dal contribuente.

Il legislatore opera una distinzione tra il procedimento di accertamento riguardante i soggetti che non
hanno l’obbligo della tenuta delle scritture contabili (persone fisiche) e quello relativo alle persone
giuridiche e agli altri soggetti sui quali grava l’obbligo delle scritture.

77
2.6. Species dei procedimenti di accertamento. A) disciplina per le persone fisiche.

Diversi sono i procedimenti amministrativi di verificazione della ricchezza.


Iniziamo tra questa prima distinzione tra:

A. accertamento del reddito delle persone fisiche;


B. Accertamento del reddito dei soggetti che determinano il reddito in base
alle SCRITTURE CONTABILI;

A. Per quanto concerne l’accertamento del reddito delle persone fisiche abbiamo:
a. Accertamento analitico;
b. Accertamento analitico – induttivo;
c. Accertamento sintetico puro;
d. Accertamento sintetico – redditometrico;
e. Accertamento d’ufficio in caso di omessa dichiarazione, o nulla dichiarazione;

a. Accertamento analitico  ossia l’accertamento si attiene sulle dichiarazione fatte dal


contribuente. Qui l’amministrazione può rettificare le dichiarazioni delle persone fisiche a
seguito di una verifica dei fatti presenti nella dichiarazione. Si tratta di una verifica superficiale
perché si limita a verificare sugli elementi già disponibili e dichiarati. Si tratta di una
ricostruzione poco invasiva, limitata ai singoli dati preseti nella dichiarazione. Dunque qui
l’amministrazione può controllare i singoli elementi pur senza mettere in discussione la
generale attendibilità della compilazione;

b. Accertamento analitico – induttivo  l’accertamento può assumere modalità


induttive, e perciò può prescindere dai dati indicati nella dichiarazione, andando ad accertare e
contestare l’intera dichiarazione ricostruendola completamente. Si tratta di
una analisi molto più incisiva. I redditi possono essere determinati anche sulla base di
PRESUNZIONI, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

c. Accertamento sintetico puro  come abbiamo visto per determinare il reddito


esterno dalle dichiarazioni fatte dal contribuente occorre che vi siano i requisiti della gravità,
precisione e concomitanza. In mancanza l’amministrazione può accertare il reddito in maniera

78
SINTETICA, ossia attraverso la spesa non giustificata. Ossia ciò che viene preso in
considerazione non è il reddito – entrata, ma la SPESA, che supera il reddito dell’anno e dunque
l’ufficio può chiederne conto. Tuttavia il contribuente potrà comunque dimostrare
all’amministrazione che tali redditi siano redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo
d’imposta, ad esempio accumulati negli anni precedenti.

d. Accertamento sintetico – redditometro  in origine ed in certi limiti tutt’oggi


questo permetteva di collegare una presunta capacità contributiva al POSSESSO DI UN BENE.
Dunque l’amministrazione poteva determinare sinteticamente il reddito in misura superiore a
quella dichiarata dimostrando il possesso di un determinato bene. Oggi tale procedimento
rispetto alla normativa passata, è rafforzato con la previsione dio un contraddittorio endo –
procedimentale.

In ogni caso tutti gli accertamenti che seguono lo schema sintetico, che dunque non si basano sul
semplice disconoscimento dei singoli elementi dichiarati, incontrano un limite applicativo. Tale limite

stabilisce che il reddito accertato deve discostarsi da quello dichiarato per almeno 1/5 del suo
ammontare, in mancanza esso non può essere determinato attraverso un procedimento sintetico.

e. Accertamento d’ufficio in caso di omessa o nulla dichiarazione  nei casi


di cui abbiamo parlato precedentemente ci siamo riferiti ad un accertamento che avviene sul
fatto che il contribuente abbia presentato la propria dichiarazione, e che quindi
l’amministrazione procede a verificarne la correttezza. Caso diverso è quello in cui sia stata
omessa la dichiarazione, o che la dichiarazione sia nulla. In questa ipotesi l’ufficio può
procedere di propria iniziativa a determinare il reddito delle persone fisiche sulla base dei
dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza.

2.7. B) disciplina per le persone giuridiche e gli altri soggetti tenuti alle scritture contabili.

Abbiamo una disciplina a parte per il procedimento di accertamento nei confronti delle persone giuridiche
e dei contribuenti tenuti alle scritture contabili.

Qui abbiamo:

a. Accertamento analitico;
b. Accertamento analitico – induttivo (accertamenti standardizzati);
c. Accertamento induttivo extracontabile.

a. Accertamento analitico  in questo caso l’ufficio può limitarsi a rettificare gli elementi già
comunicati, senza disconoscere gli elementi contabili. L’attività di controllo è doverosa ove gli
elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del conto dei profitti e
delle perdite.

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b. Accertamento analitico – induttivo  trattasi di un procedimento misto, basato su
elementi analitici e induttivi. La disciplina prevede più ipotesi di tale accertamento, che si possono
distinguere in 2 macro – categorie:

 Accertamento analitico – induttivo basato su elementi forti: qui l’ufficio procede


alla rettifica se rinviene un elemento di tale forza accertativa da rendere possibile
una ricostruzione dell’imponibile basata
 Accertamento analitico – induttivo presuntivo: riguarda la possibilità di rettificare
la dichiarazione non solo ove siano presenti elementi particolari di forza, ma anche
nel caso in cui si accerti l’0esistenza di attività non dichiarate desumibili anche sulla
base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

c. Accertamento induttivo extracontabile  è possibile prescindere dalle risultanze del


bilancio e delle scritture contabili, e di avvalersi anche si presunzioni prive dei requisiti di gravità
precisione e concordanza, ove ricorrano condizioni particolarmente gravi:
 Se il reddito d’impresa non è stato indicato nella dichiarazione e comunque è
incerto;
 Se dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto una ol più
scritture contabili previste dalla legge;
 O anche se per forza maggiori le scritture contabili non siano disponibili e quindi
l’ufficio è obbligato a ricostruire il reddito in maniera induttiva, non avendo i dati a
disposizione;
 Se le omesse dichiarazioni o false dichiarazioni siano cosi gravi e numerose da
rendere inattendibile nel loro complesso le scritture contabili;
 Se il contribuente non abbia dato seguito agli inviti disposti dagli uffici, e quindi non
potendo accedere alla documentazione necessaria all’accertamento si deve
procedere in via induttiva;

2.8. Partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento.

Parliamo dunque del DIRITTO DI ACCEDERE, ossia della partecipazione del contribuente alla formazione
della pretesa tributaria. Dunque nelle verifiche il contribuente sottoposto a controllo può assistere ed
essere sentito. È possibile anche farsi rappresentare da un professionista.

Le regole restano quelle previste dalla L. 241/1990, e le norme sulla garanzia dello Statuto dei
diritti del contribuente.
Ricordiamo che a tale procedimento di accertamento il contribuente non può opporsi, salvo che siano
violati i suoi diritti fondamentali (es. perquisizione domiciliare non autorizzata).

LIMITI ALLA PARTECIPAZIONE. Il diritto di accedere è limitato qualora vi siano diritti alla riservatezza di altri
contribuenti, o comunque vi sia l’esigenza di non condividere atti potenzialmente lesivi della posizione
amministrativa dei funzionari.

80
PARTECIPAZIONE PROBATORIA. In alcuni casi la partecipazione del contribuente acquisisce valore
probatorio, dunque in alcuni casi è persino presupposto necessario la collaborazione del contribuente, per
far si che vi sia l’avviso di accertamento.

FINE DELLA PARTE SULL’ISTRUTTORIA.

ADESSO PARLIAMO DELLA FASE DECISORIA.


2.9. Fase decisoria del procedimento e adozione del provvedimento impositivo e di rettifica delle
dichiarazioni.

Come ogni procedimento amministrativo anche quello di accertamento va concluso entro 30 giorni art.2
Legge 241/1990, con l’adozione di un provvedimento espresso.

Il provvedimento che viene preso è di regola  L’AVVISO DI ACCERTAMENTO.

In casi specifici possiamo avere


l’avviso di rettifica e liquidazione
o l’avviso di sola liquidazione.

Con l'avviso di accertamento l'Amministrazione Finanziaria notifica al contribuente i dati di fatto e di diritto
per i quali è richiesto un versamento e la misura dello stesso.

Tale atto può riguardare una singola serie di rapporti o un periodo d’imposta.

I suoi effetti però non sono sempre definitivi, infatti vi è la possibilità da parte dell’ufficio di integrare l’atto
anche se già notificato. Dunque tale avviso di accertamento può essere, fino alla scadenza, integrato o
modificato mediante la notificazione di un NUOVO ATTO, sostitutivo del precedente in base alla
sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
Questo potere però di integrare o modificare il primo atto, incontra un LIMITE, ossia la rettifica non può
riguardare gli originari presupposti a base del primo accertamento, poiché in tal caso l’atto risulterebbe
adottato in carenza di potere.

81
2.10. Contenuto dell’avviso di accertamento. Obbligo di motivazione.
A norma dell’art. 42 dpr 600/73 l’avviso di accertamento deve possedere i seguenti elementi:
- L’indicazione dell’imponibile o degli imponibili accertati;
- Le aliquote applicate e delle imposte liquidate, al lordo e al netto delle detrazioni, delle ritenute
di acconto e dei crediti d’imposta.

- Precisiamo pero che per legge l’avviso contiene anche l’intimazione ad adempiere all’obbligo di
versamento delle somme entro il termine per la presentazione del ricorso.

L’art. 7 dello Statuto dei diritti del contribuente prevede che l’avviso deve contenere inoltre:

1. l'ufficio presso il quale è possibile ottenere informazioni complete in merito all'atto notificato
o comunicato e il responsabile del procedimento;
2. l'organo o l'autorità amministrativa presso i quali è possibile promuovere un riesame anche
nel merito dell'atto in sede di autotutela;
3. le modalità, il termine, l'organo giurisdizionale o l'autorità amministrativa cui è possibile
ricorrere in caso di atti impugnabili.

Cosa importante è che l’avviso di accertamento deve contenere la sua MOTIVAZIONE,


come previsto dall’art. 7 dello Statuto dei diritti del contribuente, e più in generale dall’art.3
L.241/1990. Tale motivazione risponde ad una duplice esigenza:

- Di conoscere come si è formato l’avviso;


- E di permettere al contribuente di elaborare le proprie difese e di adire l’autorità amministrativa o
il giudice tributario.

È possibile che vi sia anche una “motivazione per relationem ”, ossia il rinvio ad altri atti per
motivare l’avviso, in questo caso tali atti dovranno essere allegati.

2.11. Notifica dell’avviso di accertamento e acquiescenza del contribuente.

L’avviso di accertamento deve essere portato a conoscenza dei contribuenti mediante

NOTIFICAZIONE secondo le modalità previste dall’art.43 dpr 600/1973:

“gli accertamenti in rettifica e gli accertamenti d'ufficio sono portati a conoscenza dei contribuenti
mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera
direttiva da lui delegato”.

82
La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente e'
eseguita secondo l’art.60 del dpr 600 che rinvia agli articoli 137 e seguiti del codice di procedura
civile, con le seguenti modifiche:
sono impiegati del comune incaricati di provvedere
alla notificazione ed alla pubblicazione degli atti
dell'amministrazione di appartenenza.

a. la notificazione e' eseguita dai messi comunali ovvero dai messi speciali
autorizzati dall'ufficio delle imposte;
b. il messo deve fare sottoscrivere dal consegnatario l'atto o l'avviso ovvero
indicare i motivi per i quali il consegnatario non ha sottoscritto;
c. salvo il caso di consegna dell'atto o dell'avviso in mani proprie, la
notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario;
d. vi è la facoltà del contribuente di eleggere un domicilio presso una persona
o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione
degli atti o degli avvisi che lo riguardano.
e. quando nel comune nel quale deve eseguirsi la notificazione non vi e'
abitazione, ufficio o azienda del contribuente, l'avviso del deposito
prescritto dall'art. 140 del codice di procedura civile si affigge nell'albo del
comune, e la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere,
si ha per eseguita nell'ottavo giorno successivo a quello di affissione;

In ogni caso è facoltà del contribuente che non ha la residenza nello Stato, comunicare al competente
ufficio locale l’indirizzo estero per la notificazione degli avvisi e degli altri atti che lo riguardano. In questo
caso la notifica avverrà a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

In ogni caso la notifica si considera effettuata nella data della spedizione, e il termine inizia a decorrere
dall’avvenuta notificazione, ovvero dal giorno in cui l’atto è ricevuto.

Una volta ricevuta la notifica il contribuente può accettare il provvedimento (ricevendo anche una
riduzione delle sanzioni) o contestarlo proponendo ricorso.

83
2.12. Procedimento di accertamento con adesione del contribuente.

Il procedimento di accertamento con adesione permette al contribuente di rideterminare gli importi


accertati, diciamo che è un “accordo” tra contribuente e ufficio che può essere raggiunto sia prima
dell’emissione di un avviso di accertamento, che dopo, sempre che il contribuente non presenti ricorso
davanti al giudice tributario.

Possono configurarsi 2 diversi casi di adesione:

LA PRIMA  il procedimento di accertamento con adesione può avvenire dopo aver ricevuto un
avviso di accertamento. In questo caso il contribuente può prestare adesione ai contenuti comunicati
mediante comunicazione al competente ufficio e versamento delle somme dovute.
In questo caso la misura delle sanzioni è ridotta alla metà.

LA SECONDA  il procedimento di accertamento con adesione può avvenire dopo un controllo


eseguito dall’ufficio o dalla Guardia di Finanza, che abbiano effettuato sul contribuente accessi, ispezioni
o verifiche). In poche parole durante il procedimento di controllo l’ufficio e il contribuente possono
addivenire alla definizione della controversia e redigere un atto di adesione in forma scritta. In questo caso
possiamo dire che il contribuente e l’ufficio adottano un vero e proprio accordo.
In tal caso le sanzioni sono irrogate nella misura di 1/3.

2.13. Procedimento di accertamento dell’abuso del diritto.

Parliamo dunque dell’abuso del diritto.

La figura è disciplinata dall’art. 10 bis dello Statuto dei diritti del contribuente.
Dal punto di vista strutturale può considerarsi un vero e proprio procedimento di accertamento, che
rispetto al paradigma generale, ha un oggetto più limitato in quando riguarda non tutta l’attività posta in
essere dal contribuente ma determinati atti e negozi giuridici.

Configurano abuso del diritto  una o più operazioni prive di sostanza economica
che realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti:

- si considerano  operazioni prive di sostanza economica i fatti, gli atti e i contratti,


anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Sono
Comma
indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle
2 singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell'utilizzo
degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato;
- si considerano  vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in
contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario.

84
Comma 3 dispone che non si considerano abusive, in ogni caso, le operazioni giustificate da valide
ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a
finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa ovvero dell'attività professionale del
contribuente.

Nel procedimento in esame l’amministrazione esercita una speciale potestà di controllo sul contribuente, al
fine di reperire e formare la prova che questi ha compiuto operazioni elusive. Precisamente l’ufficio ha
l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, il contribuente dal canto suo ha l’onere di
dimostrare le ragioni extrafiscali.

Comma 5 dispone che il procedimento in esame può anche nascere su istanza del contribuente, infatti
quest’ultimo ha il diritto di rivolgere un’istanza all’ufficio al fine di conoscere ex ante se le operazioni che
egli intende porre in essere costituiscano fattispecie di abuso del diritto. Questa ha la forma di
procedimento d’interpello.

In ogni caso la legge richiede una motivazione rinforzata.

Ricordiamo per ultimo che per espressa disposizione di legge le operazioni abusive non danno luogo a fatti
punibili ai sensi delle leggi penali tributarie, ma sono sanzionate attraverso sanzioni amministrative.

2.14. Procedimento di adempimento collaborativo o cooperative compliance.


Si tratta di un istituto di recente introduzione, la cui funzione è quella di promuovere l’adozione di forme di
COMUNICAZIONE e COOPERAZIONE tra amministrazione finanziaria e contribuenti.

Esso è disciplinato dal d.lgs.


128/2015 applicabile ai contribuenti dotati di un sistema di
rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, cioè del
pericolo di operazioni in violazione di norme di natura tributaria.

L'adesione al regime è subordinata al possesso dei requisiti di cui all'articolo 4, comporta


l'assunzione dei doveri di cui all'articolo 5 e produce gli effetti di cui all'articolo 6.

Questo sistema di rilevazione deve essere idoneo ad assicurare: ART. 4

a. una chiara attribuzione di ruoli e responsabilità ai diversi settori dell'organizzazione dei


contribuenti in relazione ai rischi fiscali;
b. efficaci procedure di rilevazione, misurazione, gestione e controllo dei rischi fiscali il cui rispetto
sia garantito a tutti i livelli aziendali;
c. efficaci procedure per rimediare ad eventuali carenze riscontrate nel suo funzionamento e attivare
le necessarie azioni correttive.

85
L’aspetto più innovativo è che il rapporto tra amministrazione e contribuente è fondato sull’assuznione di
OBBLIGHI reciproci e corrispettivi.
ART. 5

Il regime comporta per l'Agenzia delle entrate i seguenti impegni:

a. valutazione trasparente, oggettiva e rispettosa dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità del


sistema di controllo adottato, con eventuale proposta degli interventi ritenuti necessari ai fini
dell'ammissione e della permanenza nel regime;

b. pubblicazione periodica sul proprio sito istituzionale dell'elenco aggiornato delle operazioni,
strutture e schemi ritenuti di pianificazione fiscale aggressiva;

c. promozione di relazioni con i contribuenti improntate a principi di trasparenza, collaborazione e


correttezza nell'intento di favorire un contesto fiscale di certezza;

d. realizzazione di specifiche semplificazioni degli adempimenti tributari, in conseguenza degli


elementi informativi forniti dal contribuente nell'ambito del regime;

e. esame preventivo delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali significativi e risposta alle
richieste dei contribuenti nel più breve tempo possibile;

f. debita considerazione degli esiti dell'esame e della valutazione effettuate dagli organi di gestione
presso ciascun contribuente, della revisione contabile, nonché di quella dei loro collegi sindacali e
dei pareri degli organismi di vigilanza.

Il regime comporta per i contribuenti i seguenti impegni:

a. istituzione e mantenimento del sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del


rischio fiscale, per garantire il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 3, comma 1, nonché
attuazione delle modifiche del sistema adottato eventualmente ritenute necessarie dalla Agenzia delle
entrate;

b. comportamento collaborativo e trasparente, mediante comunicazione tempestiva ed esauriente


all'Agenzia delle entrate dei rischi di natura fiscale e, in particolare, delle operazioni che possono
rientrare nella pianificazione fiscale aggressiva;

c. risposta alle richieste della Agenzia delle entrate nel più breve tempo possibile;

d. promozione di una cultura aziendale improntata a principi di onestà, correttezza e rispetto della
normativa tributaria, assicurandone la completezza e l'affidabilità, nonché la conoscibilità a tutti
i livelli aziendali.

In ultimo l’art.6 ci parla degli EFFETTI di tale istituto. Infatti l'adesione al regime comporta la possibilità
per i contribuenti di pervenire con l'Agenzia delle entrate a una comune valutazione delle situazioni
suscettibili di generare rischi fiscali prima della presentazione delle dichiarazioni fiscali, attraverso
forme di interlocuzione costante e preventiva su elementi di fatto, inclusa la possibilità dell'anticipazione
del controllo.
86
Nell’ambito di tale vicenda su istanza della parte si può avere un procedimento di interpello abbreviato.

Una volta avviato il procedimento di adempimento collaborativo, anche se l’ufficio non condivida
l’interpretazione proposta dall’impresa le eventuali sanzioni amministrative sono ridotte della metà.

Ricordiamo che se il contribuente perde i requisiti di ammissione al regime oppure non adempie anche ad
uno solo degli impegni assunti, l’agenzia può dichiarare l’esclusione dei contribuenti dal regime.

In conclusione possiamo dire che si tratta di un accordo programmatico e di cooperazione, che da un lato
permette al contribuente di ricevere veloci risposte alle proprie istanze, dall’altro invece consente
all’agenzia di ottenere riscontro immediato alle attività di controllo senza necessità di ricorrere ai classici
procedimenti accertativi.

PARTE QUINTA
PROCEDIMENTI DI AUTOTUTELA ESECUTIVA
ESTINZIONE DELL’OBBLIGAZIONE PUBBLICA
CAPITOLO I
PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI
DI RISCOSSIONE VOLONTARIA

1.1. Modi di estinzione dell’obbligazione tributaria. Riscossione volontaria attraverso la


trattenuta alla fonte.

Per quanto concerne l’estinzione dell’obbligazione tributaria dobbiamo parlare dell’ATTIVITA’ DI


RISCOSSIONE.

Possiamo avere:

- Una riscossione volontaria  qui il contribuente procede autonomamente al versamento;


- Una riscossione coattiva  qui vengono avviate procedure forzose;

Parliamo della RISCOSSIONE VOLONTARIA. Essa può avere luogo attraverso 2 principali modalità:
ritenuta diretta e versamento diretto.

 Ritenuta diretta = in questo caso l’amministrazione opera una trattenuta alla fonte
per poi provvedere a riversare quanto dovuto a titolo di imposta, ad esempio sui redditi di
lavoro dipendente, sul lavoro autonomo, su alcuni tipi di provvedimenti e su tutta una serie
di altri compensi tassativamente stabiliti dalla legge. Si tratta dunque di una modalità
tipicamente pubblicistica di riscossione delle imposte, detta diretta perché effettuata
direttamente dell’ente impositore
87
1.2. Riscossione volontaria attraverso i versamenti diretti.

 Versamento diretto = qui è lo stesso contribuente che sulla base della


dichiarazione dei redditi da egli in precedenza formata e trasmessa provvede al versamento
delle imposte, attraverso un adempimento volontario e spontaneo.
Il pagamento avviene di regola attraverso canali telematici attivabili dal contribuente
presso un istituto di credito. Praticamente il contribuente aziona la delega avvalendosi di
una banca o di un intermediario abilitato e il versamento viene detratto dal suo conto e
accreditato direttamente nelle casse dello Stato.

Vi è anche la possibilità di un versamento concluso mediante compensazione,


ossia qualora anche lo Stato abbia un debito nei confronti del contribuente. È lo stesso
Statuto dei diritti del contribuente che prevede espressamente che l’obbligazione tributaria
può essere estinta anche per compensazione.
Questa modalità di estinzione può essere attivata dal contribuente soltanto attraverso
tipiche modalità e con procedimenti stabiliti dalla legge.
La compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione
successiva.

In definitiva dobbiamo dire che la disciplina dei versamenti diretti (e delle procedure di compensazione) ha
notevolmente snellito l’attività amministrativa della riscossione non coattiva.

CAPITOLO 2
AUTOTUTELA ESECUTIVA TRIBUTARIA.
ENTI E PROCEDIMENTI PUBBLICI DI RISCOSSIONE

2.1. Procedimento di autotutela esecutiva tributaria: soggetti pubblici riscossori.

RISCOSSIONE è spontanea se il
Come abbiamo detto nel precedente capitolo l’attività tributaria di

cittadino procede autonomamente al versamento, oppure come detto può essere coattiva, quando
manca la prestazione autonoma ad opera del privato, e si rende dunque necessario avviare delle procedure
forzose.

Si tratta dunque di un procedimento amministrativo tipizzato, rappresentando una ipotesi tipica di


autotutela esecutiva, idonea a produrre effetti ablatori.

Sul piano generale tale disciplina è dettata dalla L. 241/1990 art. 21 ter 2^ comma:
“Ai fini dell'esecuzione delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro si applicano le disposizioni per
l'esecuzione coattiva dei crediti dello Stato”.
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La tutela del credito tributario mediante RISCOSSIONE COATTIVA, in genere è sempre stata affidata ad un
soggetto diverso dall’ente titolare del diritto. In passato tale attività era stata affidata ad
EQUITALIA SERVIZI PER LA RISCOSSIONE S.p.A. questa però è stata sostituita, infatti oggi tali relative
funzioni sono passate all’AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE,
sottoposto alla vigilanza del Ministro dell’economia e delle finanze. Tale agenzia ha
autonomia organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. Si è passati quindi da una società esterna
(Equitalia) ad un ente pubblico direttamente controllato dallo Stato.

2.2. Natura del “ruolo”: provvedimento ablatorio collettivo.

È il RUOLO lo strumento, o il mezzo principale per la riscossione coattiva delle entrate dello Stato.
Si tratta di un provvedimento amministrativo ablatorio, di competenza dell’ente pubblico impositore, e non
dell’ente riscossore.

La sua funzione è quella di rendere immediatamente esigibile il credito, ed in


mancanza di adempimento, di autorizzare l’esecuzione forzata secondo la procedura
speciale prevista dalla legge.

Come disposto dalla L. 241/1990 art. 21 ter 1^ comma e 2^ comma:


“Nei casi e con le modalità stabiliti dalla legge, le pubbliche amministrazioni possono imporre
coattivamente l'adempimento degli obblighi nei loro confronti. Il provvedimento costitutivo di obblighi
indica il termine e le modalità dell'esecuzione da parte del soggetto obbligato. Qualora l'interessato non
ottemperi, le pubbliche amministrazioni, previa diffida, possono provvedere all'esecuzione coattiva nelle
ipotesi e secondo le modalità previste dalla legge.

Ai fini dell'esecuzione delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di denaro si applicano le disposizioni per
l'esecuzione coattiva dei crediti dello Stato”.

L’ordinamento contiene una precisa definizione del “RUOLO” dettata dall’art.10 dpr 602/1973

b) ''ruolo'': l'elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall'ufficio ai fini della riscossione a
mezzo del concessionario.

L’art. 12 dpr 602/1973 ci ricorda proprio che in ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute
dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi nell’ambito territoriale cui il ruolo si
riferisce. Inoltre in ciascun ruolo devono essere indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la
specie del ruolo e la data in cui il ruolo diviene esecutivo.

89
IMPORTANTE per capire il tutto.

Il provvedimento di ruolo è sottoscritto dal capo dell’ufficio o da un suo delegato, con tale sottoscrizione il
RUOLO DIVIENE ESECUTIVO, ossia costituisce titolo esecutivo.

Questo viene consegnato al CONCESSIONARIO RISCOSSORE DELL’AMBITO TERRITORIALE CUI ESSO SI


RIFERISCE.

Tale concessionario della riscossione in forza proprio di questo “ruolo”


redige la CARTELLA DI PAGAMENTO, che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo
risultante dal ruolo entro il termine di 60 giorni dalla notificazione, con l’avvertimento che in mancanza
si procederà ad esecuzione forzata.

Entro questo lasso di tempo perciò il debitore a seconda del suo


interesse può impugnare entrambi gli atti, ossia ruolo o cartella di pagamento,
o quello dei due che ritiene viziato. Se tale impugnazione non avviene divengono definitivi.

Ricordiamo che la nullità di un atto non comporta la nullità degli atti precedenti ad esso, ma solo di quelli
successivi ad esse. Per capirci, la nulli della cartella di pagamento non comporta anche la nullità del ruolo,
viceversa la nullità del ruolo comporta anche la nullità della cartella.

DIFFERENZA tra “ruolo” ed “estratto di ruolo”. Il primo è un provvedimento dell’ente


impositore, avente ad oggetto una pretesa economica; il secondo invece è un mero documento,
formato dal riscossore che non contiene nessuna pretesa impositiva, proprio perché come abbiamo
detto il riscossore non ha questo potere di pretesa impositiva.

QUINDI  Nello specifico il ruolo è un elaborato tecnico (oggi informatizzato) formato dall’ufficio
dell’ente impositore territorialmente competente in base al DOMICILIO FISCALE di ciascun
contribuente. Esso contiene 2 sezioni distinte, una ordinaria e l’altra straordinaria,
quest’ultima formata qualora vi sia un elevato rischio che l’amministrazione possa perdere il credito.

In tutti i casi in cui non risultano versate le somme dovute, l’ente pubblico deve necessariamente avviare un
procedimento amministrativo di riscossione, attraverso la notifica di un AVVISO DI ACCERTAMENTO,
avente la natura di intimazione ad adempiere. Il riscossore riceve l’elenco dei contribuenti da parte
dell’ente impositore, tale documento dovrà indicare:

- Codice fiscale del soggetto a cui l’obbligazione è riferita;


- La natura del tributo;
- La data in cui quest’ultimo è divenuto esecutivo.

90
2.3. (Segue). Funzione della cartella di pagamento.
Dunque come detto il riscossore riceve il ruolo da parte dell’ente impositore, e quindi (il riscossore) avvia la
fase esecutiva del procedimento di attuazione del tributo mediante proprio la formazione
della CARTELLA DI PAGAMENTO, che al suo interno contiene il RUOLO.
Sul piano giuridico possiamo dire che tale cartella è una diffida pubblica ad adempiere, qui il debitore ha a
disposizione 60 giorni per procedere al versamento delle imposte dovute.

Stante la sua valenza amministrativa la cartella deve essere MOTIVATA, per questo motivo deve indicare al
suo interno:

- L’ufficio presso cui rivolgersi per ricevere informazioni sul titolo;


- Il responsabile del procedimento;
- L’organo o l’autorità amministrativa presso cui è possibile promuovere un riesame dell’atto.

Tale cartella è un atto di natura RECETTIZIA, quindi ha piena efficacia nel momento in cui raggiunge
l’interessato. Quindi è essenziale oltre ai requisiti appena elencati, che vi sia l’effettiva ricezione da parte
del destinatario.

In mancanza di opposizione entro i 60 giorni, la cartella diviene TITOLO ESECUTIVO per la


riscossione con la conseguente facoltà da parte dell’agente della riscossione di predisporre le procedure
coattive di esazione.

2.4. Presupposti del procedimento di esecuzione tributaria: a) dichiarazione dei redditi.

Come sappiamo vi è l’AUTODETERMINAZIONE DEI TRIBUTI, ossia è lo stesso contribuente


a misurare la propria capacità contributiva e a certificarla attraverso la DICHIARAZIONE all’amministrazione.

Quindi presupposto per il procedimento di esecuzione tributaria può essere ovviamente anche
l’incongruenza o l’irregolarità tra ciò che il contribuente ha dichiarato e ciò che invece ha realmente
versato. Anche questo è un presupposto per avviare i procedimento di esecuzione tributaria.

91
2.5. (Segue). b) Natura giuridica del provvedimento di accertamento.

Dunque ricapitoliamo ancora una volta che il procedimento di riscossione mediante ruolo si articola nei
seguenti termini:

 iscrizione a ruolo delle somme da parte dell’ente impositore;


 consegna del ruolo all’Agente della Riscossione;
 notifica della cartella di pagamento da parte dell’Agente della Riscossione;
 avvio del procedimento di esecuzione forzata in caso di mancato pagamento delle somme dovute
nei termini previsti.

L’attività di riscossione delle somme richieste però è stata potenziata a seguito dell’articolo 29
Decreto Legge 78/2010. A seguito di questa legge gli avvisi di accertamento hanno
natura di titolo esecutivo, e pertanto devono contenere anche l’intimazione ad adempiere.

Tale norma ha previsto che gli avvisi emessi dal 1° gennaio 2011, e relativi ai periodi di imposta in corso al
31 dicembre 2007, siano immediatamente esecutivi, con la conseguenza che l’Agente della Riscossione
può emettere direttamente l’atto di pignoramento, non essendo più necessaria l’emissione della cartella di
pagamento. Questo in attuazione del principio di buon andamento dell’amministrazione e dunque per
accelerare i tempi del procedimento di riscossione.
Dunque il legislatore ha stabilito che il provvedimento con cui l’ente impositore ridetermina l’imposta è
l’avviso di accertamento, ove questo non sia impugnato si converte e ha valenza di titolo esecutivo.

Dunque l’avviso di accertamento da provvedimento meramente dichiarativo ha assunto valenza di atto


impositivo, cosicché il contribuente già in questa fase è legittimato a scegliere se versare le imposte
richieste entro il termine di 60 giorni per ricorrere all’autorità giudiziaria.

L’atto di pignoramento può essere emanato, però, solo dopo che siano trascorsi 180 giorni dalla data
di affidamento del debito all’Agente della Riscossione.
Qualora vi sia fondato pericolo per la riscossione, invece, il menzionato termine di 180 giorni non opera, e
quindi l’Agente della Riscossione può procedere al recupero immediato dell’intera somma.

La cartella di pagamento continua, invece, ad essere necessaria in caso di:

 liquidazioni automatiche;
 controlli formali;
 accertamenti aventi ad oggetto le imposte indirette diverse dall’Iva (ad esempio, l’imposta di
registro o l’imposta sulle successioni e donazioni);
 altre entrate riscosse con ruolo (ad esempio, le tasse automobilistiche, il canone rai e i diritti
camerali).

92
2.6. procedimenti di riscossione: a) definitiva; b) provvisoria; c) straordinaria.
Dal punto di vista CRONOLOGICO, l’attività di riscossione può essere attivata in vari momenti:

a. può essere avviata quando diviene DEFINITIVA la pretesa erariale per l’intero importo del ruolo;
b. oppure durante la pendenza di una lite secondo quanto previsto nella riscossione frazionata;
c. oppure in qualsiasi momento quando venga formulata una contestazione e vi sia un fondato
pericolo per la riscossione dei tributi.

a. Dunque come detto il procedimento di riscossione può essere avviato quando


diviene definitiva la pretesa erariale, e quindi ad esempio quando le imposte si
considerano liquidate ecc;

b. Va subito detto che l’eventuale ricorso del contribuente al giudice tributario


contro l’atto impositivo, non sospende l’esecuzione della riscossione , ma permette la
riscossione frazionata degli importi iscritti a ruolo. Per l’effetto dell’impugnazione
dinanzi al giudice, il riscossore potrà richiedere solo il parziale assolvimento delle somme
contestate al contribuente nella misura di 1/3 del totale dell’imposta dovuta. All’atto della sentenza
se il ricorso è respinto e la pretesa erariale è confermata vengono riscossi i 2/3 restanti; se
viceversa la sentenza accoglie solo parzialmente il ricorso verranno riscossi i 2/3 dell’imposta
dovuta compensando però e deducendo l’importo eventualmente versato antecedentemente dal
contribuente. Questa riscossione frazionata assicura al contribuente la possibilità di cedere solo
parte di ciò che è preteso dallo Stato, salvo il diritto al rimborso delle somme versate in caso di
soccombenza dello stesso (Stato), qualora il ricorso sia accolto. Al contempo l’amministrazione con
tale metodo non si espone al rischio di ricorsi tributari dilatori e perciò pregiudizievoli.

c. L’ordinamento infine ha disciplinato il caso in cui lo Stato corra grave pericolo di perdere le somme,
ove si aspetti l’ordinaria prosecuzione del procedimento di recupero, per esempio a causa di
fenomeni distrattivi della ricchezza da parte del contribuente. In questa evenienza è possibile
procedere in via STRAORDINARIA alle misure esecutive.

2.7. pagamento e procedimento di rateazione.

È possibile il pagamento rateato dei debiti scritti a ruolo. Infatti è possibile la dilazione di pagamento con la
quale il contribuente, che versi in stato di difficoltà, effettua la richiesta all’AGENZIA ENTRATE
RISCOSSIONE.

Tale dilazione di pagamento è possibile fino ad un massimo di 72 rate mensili, in caso di comprovato
peggioramento per una sola volta tale dilazione può essere prorogata.

93
A seguito della presentazione della richiesta di rateazione non possono essere avviate nuove azioni
esecutive.

Infine ricordiamo che se il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una
comprovata e grave situazione di difficoltà, la rateizzazione può essere aumentata fino a 120 rate mensili.

Qualora nel corso del periodo di rateazione si accerta il mancato pagamento di 5 rate, anche non
consecutive, il debitore decade automaticamente dal beneficio, e l’INTERO IMPORTO sarà immediatamente
e subito riscuotibile in unica soluzione.

2.8. compensazione pubblica dei debiti iscritti a ruolo.


In queste vicende obbligatorie è possibile che il contribuente abbia maturato dei crediti d’imposta, ad
esempio per versamenti non dovuti.

In tali casi è stabilito che vi può essere compensazione tra quando il contribuente deve versare e
quanto deve ricevere.

2.9. procedimento amministrativo di esecuzione forzata.

In caso di mancato pagamento da parte del contribuente delle somme risultanti nella CARTELLA, o dagli
AVVISI DI ACCERTAMENTO divenuti esecutivi, perché come abbiamo detto in precedenza gli avvisi di
accertamento possono diventare anche esecutivi, è possibile procedere all’ESECUZIONE

FORZATA a condizione che sia decorso il termine di sospensione intercorrente dalla data di presa in
carico del ruolo di 180 giorni.

Diversamente se il riscossore non procede entro l’anno all’avvio dell’esecuzione questa deve essere
preceduta da una nuova intimazione di pagamento dei debiti tributari iscritti a ruolo, pena l’inefficacia
dell’atto esecutivo emesso.

Ricordiamo che in caso di riscossione con l’avviso di accertamento esecutivo l’espropriazione è soggetta al
termine di decadenza dei 3 anni successivi a quelli in cui l’accertamento è divenuto definitivo.

La messa in esecuzione dei crediti erariali è disciplinata dal dpr 607/1973 a cui si applicano gli articoli
del codice di procedura civile ove compatibili. Ricordiamo però che tale procedura di esecuzione non è
affidata all’ufficiale giudiziale ordinario, ma ad un ufficiale speciale della riscossione dello stesso ente
preposto all’esazione dei tributi erariali.

L’esecuzione forzata sui beni mobili ed immobili è divisa in 3 fasi:


a) il pignoramento;

b) la vendita del bene pignorato;

c) l’assegnazione delle somme ricavate.


94
2.10. procedure amministrative speciali a tutela del credito fiscale: a) iscrizione ipotecaria; b)fermo
amministrativo; c) pignoramento diretto.

Prima della fase esecutiva però sono possibili delle azioni a tutela del credito tributario.
Abbiamo:

 ISCRIZIONE IPOTECARIA;
 FERMO AMMINISTRATIVO;
 PIGNORAMENTO DIRETTO.

A. PROCEDURA DI ISCRIZIONE IPOTECARIA.

La normativa di riferimento è l’ art.77 dpr 602/1973, questa prevede che decorso


inutilmente il termine di 60 giorni dalla notificazione della CARTELLA DI PAGAMENTO, il
provvedimento di ruolo diviene titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei co –
obbligati per un importo pari al doppio dell’importo complessivo del credito.

Inoltre l'agente della riscossione, anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere,
può iscrivere la garanzia ipotecaria anche quando non si siano ancora verificate le condizioni per
procedere all'espropriazione di cui all'art. 76, commi 1 e 2, purché l'importo complessivo del
credito per cui si procede non sia inferiore complessivamente a 20.000 euro.

Solo decorsi 6 mesi dall’iscrizione ipotecaria senza che il debito sia stato estinto si procede
all’espropriazione. PERO’  per la validità dell’espropriazione occorre che il riscossore notifichi al
proprietario dell’immobile una comunicazione PREVENTIVA, con la cui comunica al contribuente
che in mancanza di pagamento entro 30 giorni sarà iscritta l’ipoteca.

La natura giuridica dell’istituto  si tratta di un atto esecutivo preordinato alla esecuzione.

Ricordiamo in ultimo che sono nulle tutte le ipoteche iscritte in assenza di una preventiva
comunicazione al contribuente, occorre però sempre la cancellazione da parte del giudice.

B. FERMO AMMINISTRATIVO.

86 dpr 602/73, anche in tal caso decorso il termine di 60 giorni


L’articolo di riferimento è l’

dalla notificazione della CARTELLA DI PAGAMENTO, il soggetto responsabile della


riscossione può disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei co – obbligati.

95
La procedura di iscrizione del fermo è avviata con la notifica al debitore di una comunicazione
preventiva contenente l’avviso che in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il
termine di 30 giorni, verrà eseguito il fermo, SENZA NECESSITA’ DI ULTERIORE COMUNICAZIONE.

STRUMENTALITA’ DEL BENE  in questo termine di 30 giorni però il contribuente o i co –


obbligati possono dimostrare all’agente della riscossione che il bene in questione p strumentale
all’attività di impresa o della professione.

NATURA GIURIDICA  la giurisprudenza qualifica il fermo come misura puramente afflittiva,


volta ad indurre il debitore all’adempimento, pur di ottenere la rimozione di questo fermo.

Ricordiamo che tale procedimento di fermo è impugnabile attraverso un’azione di


accertamento della pretesa di eseguire il fermo.

C. PIGNORAMENTO DIRETTO.
L’articolo di riferimento è il
Riguarda:
- il pignoramento di affitti  72 dpr 602/73.
- il pignoramento di crediti verso terzi  72 bis dpr 602/73.
- il pignoramento delle cose del debitore in possesso di terzi  73 dpr 602/73.
Nell’atto di pignoramento diretto il riscossore non cita in giudizio il debitore, ma ordina direttamente al
terzo, che sia per l’affitto (art.72) o per il credito (art. 72 bis) oppure per la consegna del bene (art.73).

Precisamente:

- per quanto concerne il pignoramento di affitti (72) vi è l'ordine all'affittuario o


all'inquilino di pagare direttamente al concessionario i fitti e le pigioni scaduti e non corrisposti nel
termine di 15 giorni dalla notifica ed i fitti e le pigioni a scadere alle rispettive scadenze fino
a concorrenza del credito per cui il concessionario procede.
- per i pignoramenti di crediti verso terzi (72 bis) vi è l’ordine al terzo di pagare il
credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede: a) nel
termine di 60 giorni dalla notifica dell'atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla
percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica; b) alle rispettive scadenze, per le
restanti somme.
- Per i pignoramenti delle cose del debitore in possesso di terzi (73) il giudice
dell'esecuzione ordina la consegna dei beni stessi al concessionario, che procede alla vendita
secondo le norme del presente titolo. Il pignoramento dei beni di cui al comma 1 del presente
articolo può essere effettuato dall'agente della riscossione anche con le modalità previste
dall'articolo 72-bis; in tal caso, lo stesso agente della riscossione rivolge un ordine di consegna di
tali beni al terzo, che adempie entro il termine di 30 giorni, e successivamente procede alla
vendita)).

96
In ogni caso il terzo può inviare una dichiarazione all’ente riscossore che indichi la non correttezza
dei dati. Viceversa in caso di mancata ottemperanza del terzo, il riscossore deve attivare le
procedure ordinarie presso il giudice dell’esecuzione.

Al contribuente è riconosciuta comunque l’ordinaria tutela giurisdizionale diretta a contestare la


pignorabilità dei singoli beni. Infatti trattandosi di una procedura esecutiva essa è sottratta alla
giurisdizione tributaria e rientra in quella del giudice ordinario.

CAPITOLO 3
PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI DI RIMBORSO

3.1. Indebito pagamento all’amministrazione pubblica.

Non è infrequente che il pagamento del contribuente sia in misura non esatta, infatti può accadere che il
contribuente versi una somma inferiore o superiore. Nel primo caso andrà incontro a delle sanzioni, mentre
nel secondo caso fa sorgere nei confronti dello Stato il DIRITTO ALLA RESTITUZIONE.

Richiamiamo in questo caso l’art. 2033 c.c.  “chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di
ripetere ciò che ha pagato”.

La dottrina qui parla di INDEBITO TRIBUTARIO:

- Versamenti effettuati in assenza di qualsiasi obbligazione fiscale  INDEBITO TOTALE,


- Versamenti effettuati in misura eccedente l’effettiva misura e importo dell’obbligazione 
INDEBITO PARZIALE;

Mancando una vera e propria definizione di rimborso, possiamo dire che questo si realizza quando manchi
la causa solvendi.

Fattispecie di rimborso, in base alla natura dei crediti:

a. Crediti di rimborso: sono quei crediti che sorgono da versamenti diretti da meri errori di
calcolo, ossi nella quantificazione dell’imposta. Dunque il contribuente può commettere degli
errori e trasferire allo Stato più di quanto sia effettivamente dovuto.
In questo caso il diritto alla restituzione nasce contestualmente del versamento.

b. Crediti di restituzione: questi sono crediti che non si basano su un mero errore di calcolo,
ma su una valutazione erronea della doverosità di una data imposta , cioè il
contribuente si assoggetta ad un tributo senza essere tenuto a versarlo.

97
Il diritto alla restituzione può nascere in vari momenti:

 Se non vi è contestazione il diritto alla restituzione può essere azionato dalla data
del versamento;
 Se viene sollevata un’eccezione il diritto alla restituzione decorrerà dal momento in
cui è accertato l’effettivo diritto alla ripetizione del tributo;
 Il presupposto della restituzione può configurarsi in una situazione sopravvenuta,
ossia se viene in essere un evento che rende necessaria la restituzione di una
somma già versata, in tale ipotesi il diritto al rimborso sorge nel momento in cui si
realizza l’evento sopravvenuto.

c. Crediti d’imposta in senso stretto: la causa di rimborso può originare dal meccanismo
attuativo di una data imposta: ad esempio nel caso dell’Iva il meccanismo di calcolo del tributo
prevede che la posizione del contribuente possa maturare un saldo per lui positivo.

d. Crediti derivanti da carenza ab origine della norma impositiva: sono crediti


che derivano da eventi esterni alla sfera di controllo del contribuente. Cioè successivamente
al versamento si realizzano dei fatti che privano l’apporto patrimoniale a favore
dell’amministrazione. Esempio più calzante è quello di un versamento disposto da un decreto legge
non convertito.

3.2. Procedimenti amministrativi di rimborso: avvio d’ufficio e ad istanza di parte.

Essendo diversi i tributi che possono essere oggetto di rimborso, diversi sono anche i rispettivi
procedimenti amministrativi. Quanto alla scadenza entro cui proporre istanza opera il termine biennale
che decorre dal pagamento o dal presupposto della restituzione .,

Abbiamo in ogni caso 2 categorie:

- Procedimenti d’ufficio  AUTOMATIZZATI. Questi sono direttamente avviati


dall’amministrazione in sede di liquidazione, attraverso verifiche meramente cartolari. È lo stesso
ufficio che dispone il rimborso e che ne disciplina il relativo procedimento. Qui l’amministrazione
dispone di tutti i dati necessari, e dunque devono compiere operazioni relative a valori noti,
procederà quindi a rimborso automatizzato.

- Procedimenti avviati su istanza di parte  DOMANDA. Più complesso è il caso dell’istanza di


parte. Differenti sono le procedure in merito alle imposte dirette rispetto all’IVA:

 IMPOSTE DIRETTE  qui il termine di presentazione dell’istanza di rimborso


è stabilito in 48 mesi dal versamento, il dies a quo è costituito dal saldo
d’imposta, essendo questo il momento nel quale l’imposta in eccedenza diviene
effettivamente disponibile.

98
 IVA  qui occorre distinguere l’iva transitata in dichiarazione e
l’iva non dichiarata. Ove l’eccedenza iva sia transitata nella dichiarazione il termine
di prescrizione del rimborso è quello decennale.
Possiamo dire che il contribuente può richiedere la restituzione dell’eccedenza iva:

a. Quando esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comporta


l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquota inferiori a quelle
dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni;
b. Quando effettua operazioni non imponibili per un ammontare superiore al 25
% dell’ammontare complessivo di tutte le operazioni effettuate;
c. Lo può fare limitatamente all’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di
beni ammortizzabili, nonché di beni e servizi per studi e ricerche;
d. Quando compie prevalentemente operazioni non soggette all’imposta per
effetto degli articoli da 7 a 7 – septis, norme che definiscono il requisito della
territorialità;
e. Quando si trova nelle condizioni previste dal comma 3 dell’art.17 dpr 633/72, si
tratta dei soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio.

La mancanza di questi presupposti legittima l’ufficio ad adottare un provvedimento


di diniego.

PARTE QUINTA
ILLECITI TRIBUTARI.
SISTEMA SANZIONATORIO
CAPITOLO I
ILLECITI AMMINISTRATIVI TRIBUTARI.
SANZIONI PECUNIARIE.
1.1. Disciplina amministrativa speciale per gli illeciti tributari. La doppia categoria delle sanzioni
pecuniarie e accessorie.

Dobbiamo dunque parlare delle SANZIONI, che possono essere:

pecuniarie  consistenti nel pagamento di una somma di denaro;

accessorie  che sono irrogate in casi espressamente previsti d.lgs. 472/97

Devono esserci, in quanto avendo un sistema con l’onere di auto – dichiarare gli imponibili, la coercitività
del diritto non può essere appieno garantita dalle procedure di esecuzione coattiva o dagli eventuali
interessi per ritardato pagamento dei tributi.

99
Vi devono perciò essere delle sanzioni punitive, afflittive.

Le sanzioni amministrative tributarie prima degli anni 90 erano contemplate dalle singole leggi d’imposta.
Con la riforma degli anni 90 il legislatore ha disposto l’abrogazione delle singole disposizioni sanzionatorie,
sostituendole con un’UNICA DISCIPLINA  d.lgs. 471 e 472/1997, l’ultima novella si è avuta
col d.lgs. 158/2015.

1.2. Principi generali in tema di illeciti amministrativi tributari.

I principi generali in merito agli illeciti amministrativi tributari sono:

a. Principio di personalità  le sanzioni sono applicabili solo alla persona fisica che ha
commesso la violazione o che ha concorso a commetterla;

b. Principio di in trasmissibilità  le sanzioni non si trasmettono agli eredi;

c. Principio della inidoneità a produrre interessi  la somma irrogata a titolo di sanzione è


infruttifera;

d. Principio di legalità  nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una
legge entrata in vigore prima della commissione della violazione;

e. Principio del favor rei  nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che
secondo una legge posteriore non costituisce violazione punibile. Inoltre se la legge in vigore al
momento in cui è stata commessa la violazione e quella posteriore stabiliscono sanzioni
differenti, si applica la legge più favorevole. Nello stesso senso ove la sanzione sia già stata
irrogata con provvedimento definitivo non è ammessa la ripetizione di quanto già versato allo
Stato;

f. Principio di buona fede  art. 10 Statuto dei diritti del contribuente, secondo il quale
non sono irrogate sanzioni al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni
contenute in atti dell’amministrazione finanziaria. Allo stesso modo non può essere sanzionato
se il contribuente ha agito in presenza di obiettive condizioni di incertezza;

g. Ignorantia legis non excusat  l’ignoranza della legge tributaria non rileva, a meno che
se non si tratti di ignoranza inevitabile.

100
1.3. Fattispecie degli illeciti tributari soggetti a sanzioni pecuniarie.
*
L’ordinamento ha diversificato le sanzioni a seconda che si tratti:

- Dei contribuenti;
- Dei sostituti d’imposta;
- Degli altri soggetti.

CONTRIBUENTI  i casi tipici sono:

 Omessa dichiarazione: se la dichiarazione precedentemente omessa viene


presentata dal contribuente entro il termine di presentazione di quella relativa al
periodo d’imposta successivo si applica una sanzione amministrativa più lieve.
Le sanzioni applicabili ai casi in cui non sono dovute imposte possono essere
aumentate fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta di scritture
contabili.

 Infedele dichiarazione: è prevista la sanzione amministrativa dal 90 al 180 %


della maggior imposta dovuta

SOSTITUTI D’IMPOSTA (soggetto che per legge sostituisce in tutto o in parte il contribuente
 si applica uno schema simile, distinguiamo:

 Omessa dichiarazione: anche in questo caso se la dichiarazione omessa viene


presentata entro il termine della dichiarazione relativa al periodo d’imposta
successivo si applica una sanzione notevolmente ridotta;
 Infedele dichiarazione: qui si applica la sanzione amministrativa parametrata agli
importi di cui è stato omesso il versamento.

GLI ALTRI SOGGETTI  per quanto concerne gli altri soggetti ovvero:

 quelli incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni;


 e quelli tenuti a sottoscrivere la relazione di revisione;

nel caso di inosservanza dei rispettivi obblighi è irrogata una sanzione, per i primi in
misura variabile tra valore minimo e massimo; mentre per i secondi in maniera
proporzionale con un tetto massimo.

In particolare per l’omessa denuncia della variazione dei redditi è prevista una sanzione
fissa.

101
Inoltre sono fattispecie di illecito tributario anche:

RITARDI  il non rispetto delle prescritte scadenze di versamento comporta una sanzione amministrativa
pari al 30 % di ogni importo non versato;

OMESSI VERSAMENTI DIRETTI  l’utilizzo di un’eccedenza o di un credito d’imposta esistente in misura


superiore a quella effettivamente spettante comporta la sanzione del 30 % del credito utilizzato;

VIOLAZIONE IN MATERIA DI COMPENSAZIONE  l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per i


pagamento di somme effettivamente dovute è prevista una sanzione dal 100 al 200 % della misura dei
crediti stessi.

*
1.4. Fattispecie degli illeciti tributari soggetti a sanzioni accessorie.
In aggiunta alle sanzioni di natura pecuniaria di cui abbiamo appena parlato, il nostro ordinamento prevede

anche sanzioni ACCESSORIE, regolate dall’art. 21 del d.lgs. 472/92

che contempla 4 fattispecie:

a. Interdizione per una durata massima di 6 mesi dalle cariche di amministratore, sindaco o
revisore di società di capitali;
b. Interdizione dalla partecipazione a gare per l’affidamento di pubblici appalti e forniture, per la
durata massima di 6 mesi;
c. Interdizione dal conseguimento di licenze, concessioni o autorizzazioni amministrative per
l’esercizio di imprese o di attività di lavoro autonomo per la durata massima di 6 mesi;
d. Sospensione per la durata massima di 6 mesi dall’esercizio di attività di lavoro autonomo o di
impresa diverse da quelle individuate nella lettera c.

Le singole leggi d'imposta, nel prevedere i casi di applicazione delle sanzioni accessorie, ne stabiliscono i
limiti temporali in relazione alla gravità dell'infrazione.

Sono altresì contemplate sanzioni accessorie per il caso in cui siano contestate nel corso di un quinquennio
4 distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale. In tal caso è disposta la
sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per un periodo da 3 giorni ad 1
mese. Addirittura se l’importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede un certo
limite, la sospensione è disposta per un periodo da 1 a 6 mesi.

Questi atti di sospensione devono essere notificati entro 6 mesi da quando è stata contestata la quarta
violazione, a pena di decadenza.

102
La sanzione della sospensione è disposta dalla
direzione regionale dell’agenzia delle entrate
competente per territorio in relazione al domicilio fiscale del contribuente. Dunque l’esecuzione è
effettuata dall’agenzia delle entrate ovvero dalla Guardia di finanza.

DISCIPLINA PER LE ATTIVITA’ LIBERO – PROFESSIONALI  la sanzione è applicabile nel


caso in cui siano stata contestate a carico di soggetti iscritti in albi e ordini professionali,
nel corso di un quinquennio 4 distinte violazioni (compiute in giorni diversi) dell’obbligo di emettere il
documento certificativo dei corrispettivi.

In tali casi è disposta la sanzione accessoria della sospensione dell’iscrizione all’albo o all’ordine per
un periodo da 3 giorni ad 1 mese.

RECIDIVA: in caso di recidiva, ossia in caso sia ripetuta la suddetta violazione, la sospensione sarà
disposta per un periodo da 15 giorni a 6 mesi.

Gli atti di sospensione vengono comunicati all’ordine professionale, affinché ne sia data
pubblicazione sul relativo sito internet.
Ricordiamo che in questi casi, qualora la violazione sia commessa nell’esercizio in forma associata
di attività professionale, la sanzione accessoria sarà disposta nei confronti di tutti gli associati.

DISCIPLINA DEGLI OPERATORI FINANZIARI IN CASO DI RECIDIVA  le violazioni degli obblighi


commesse dagli operatori finanziari, consegue l’interdizione dalle cariche di amministratore della banca,
società o ente per un periodo da 3 a 6 mesi.

1.5. Criteri generali di determinazione delle sanzioni.

La sanzione amministrativa non può essere scelta dall’amministrazione secondo i suoi criteri, infatti ciò
costituisce riserva di legge.

In particolare il d.lgs. 471 si occupa di fissare il livello della sanzione per ciascuna violazione,
l’amministrazione tributaria deve dunque utilizzare nella commisurazione determinati criteri generali, cioè:

Anzitutto si deve aver riguardo alla gravità della violazione, desunta anche dalla condotta
dell’agente, in riferimento tra l’altro all’opera dallo stesso svolta.
Bisogna tenere in considerazione anche le eventuali azioni dallo stesso svolte per eliminare le
conseguenze della violazione.
Tenere presente poi anche i suoi precedenti fiscali, dalle sue condizioni economiche e sociali.

Particolarità poi è se il contribuente adempie entro 30 giorni dalla scadenza del termine, in questo
caso la sanzione è ridotta della metà.

RECIDIVA TRIBUTARIA  La sanzione poi è aumentata fino alla metà nei confronti di chi nei 3 anni
precedenti sia incorso in altra violazione della stessa indole.
103
1.6. Concorso di persone nell’illecito amministrativo tributario.

Anche il diritto tributario, come quello penale, contempla l’ipotesi di CONCORSO DI PERSONE
NELL’ILLECITO AMMINISTRATIVO TRIBUTARIO.

La regola generale è che  quando più persone concorrono in una violazione, ciascuna di esse soggiace alla
sanzione per questa disposta. In caso di frode di più soggetti la sanzione deve essere applicata a tutti.

Vi è però anche la possibilità, in alcuni casi particolari, che vi sia una OBBLIGAZIONE SOLIDALE, ossia
disponendo che il pagamento della sanzione eseguito da uno dei responsabili libera tutti gli altri salvo il
diritto di regresso.

1.7. Potestà sanzionatoria dell’amministrazione tributaria: le species. Procedimenti sanzionatori con fase
del contraddittorio.

Parliamo dunque del procedimento che viene avviato per sanzionare soggetti responsabili di illeciti
amministrativi tributari.

Queste sanzioni dunque danno luogo ad una generale potestà sanzionatoria


dell’amministrazione fiscale. Cosa importante però è che non è l’ufficio a scegliere quali sanzioni irrogare,
ma vi è il principio di legalità, bisogna agire secondo i modelli tipici.
Dunque la sanzione deve essere sempre irrogata nell’ambito di un procedimento amministrativo
di natura CONTENZIOSA o SANZIONATORIA, avviato a cura dell’amministrazione attraverso una
contestazione di un’infrazione di una norma tributaria.

Sono disciplinate 3 figure di procedimento contenzioso o sanzionatorio:

a. Procedimento di contestazione – irrogazione;


b. Procedimento di irrogazione immediata, con accertamento del tributo e irrogazione della
sanzione;
c. Procedimento di irrogazione immediata con diretta iscrizione a ruolo.

Come abbiamo potuto capire il procedimento lettera “a” deve avvenire in contraddittorio con la parte,
mentre i procedimenti di lettera “b” e lettera “c” non contemplano invece un’autonoma fase di
partecipazione.

a. Partiamo dall’esame del PROCEDIMENTO DI IRROGAZIONE DELLE SANZIONI

art. 16 d.lgs. 472/97.

L’avvio è rimesso all’amministrazione che vi provvede attraverso l’invito

ATTO DI CONTESTAZIONE
dell’
al contribuente, proprio in conseguenza della contestazione si apre la fase istruttoria.

104
Tale fase si svolge in CONTRADDITTORIO con la parte, che deve essere posta in condizioni di esercitare
pienamente il proprio diritto di difesa.

Per questo motivo è NECESSARIO, che l’atto di contestazione contenga, a pena di nullità:
- L’indicazione dei fatti;
- Degli elementi probatori utilizzati;
- Delle norme applicate;
- Delle disposizioni che si ritengono violate;
- Indicazione dei CRITERI applicati per la determinazione delle sanzioni e della loro entità;
- In merito alla MOTIVAZIONE, se questa fa riferimento ad un altro atto, quest’ultimo deve essere
allegato all’atto che lo richiama;
- Tale contestazione inoltre deve contenere l’intimazione ad adempiere nel termine per la
proposizione del ricorso;
- In fine deve indicare l’organo cui proporre l’impugnazione immediata.

Il contribuente che riceve tale atto di contestazione, in alternativa può:

a. Effettuare una DEFINIZIONE AGEVOLATA  ossia il contribuente che riceve l’atto di


contestazione può definire una definizione agevolata nel termine previsto per la proposizione del
ricorso, con il pagamento di un importo pari ad 1/3 della sanzione indicata. Tale definizione
agevolata impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie.
b. Presentare altrimenti entro lo stesso termine DEDUZIONI DIFENSIVE  in tal caso l’ufficio
nel termine di decadenza di 1 anno dalla loro presentazione irroga le sanzioni con atto motivato a
pena di nullità, anche in ordine alle deduzioni medesime. Particolarità è che la definizione
agevolata è ammessa qualora l’ufficio ridetermini le somme a seguito delle deduzioni, altrimenti la
definizione non è ammessa.

L’ordinamento permette quindi al contribuente di operare la scelta più conveniente nel proprio interesse.

In mancanza di definizione o di deduzioni l’atto di contestazione diviene definitivo e assurge a vero e


proprio provvedimento di irrogazione, impugnabile ai sensi dell’art. 18 d.lgs. 472/1997 (ricorsi
amministrativi).

Quindi sul piano della tutela giurisdizionale ciò che è IMPUGNABILE è solo il provvedimento finale e
non l’atto di mera contestazione, che costituisce atto interno non ancora definitivo, sebbene quest’ultimo
sia destinato a convertirsi nel provvedimento sanzionatorio.

105
1.8. (Segue). procedimenti sanzionatori di irrogazione immediata senza fase del contraddittorio.

Dobbiamo quindi parlare delle altre 2 ipotesi prima richiamate, ossia:

a. Procedimento di irrogazione immediata, con accertamento del tributo e irrogazione della


sanzione;
b. Procedimento di irrogazione immediata con diretta iscrizione a ruolo.

Sono disciplinati dall’articolo 17 d.lgs. 472/1997, rispettivamente 1^ e 3^ comma, ed hanno ad oggetto


procedimenti di irrogazione immediata.

Dobbiamo dire però che il 1^ solo apparentemente si tratta di un procedimento con immediata
irrogazione senza previa contestazione, infatti che la fase di contraddittorio manchi non è del tutto vera.
Possiamo dire che la fase del contraddittorio mentre nella lettera “c” manca del tutto, nella lettera “b” è
assorbita nell’ambito del connesso procedimento di accertamento. Può descriversi come una sorta di sub
– procedimento, o appunto procedimento assorbito da quello principale. Quindi vi è il procedimento di
accertamento, in cui partecipa anche il contribuente, al termine del quale l’amministrazione provvede
all’irrogazione della sanzione con atto autonomo.

Nel 2^ caso invece si parla di irrogazione immediata delle sanzioni con iscrizione a ruolo. Qui le sanzioni
possono essere irrogate senza previa contestazione con riguardo ai casi di omesso o ritardo pagamento dei
tributi. Dobbiamo dire che tale procedimento è di indubbia costituzionalità sotto il profilo della violazione
del giusto procedimento, precludendo in radice il diritto di difesa del cittadino.

1.9. Decadenza dal potere e prescrizione del diritto: il tempo nella vicenda tributaria.
Dobbiamo qui parlare dunque della DECADENZA e della PRESCRIZIONE dal potere
sanzionatorio.

L’ordinamento prevede un termine per entrambi i casi. Precisamente si occupa di fissare i termini di
decadenza con norme speciali, infatti raramente si occupa di prescrizione, per le quali si applicano le norme
di diritto comune.

Ricordiamo che per ragioni di certezza del diritto, lo Statuto dei diritti del contribuente ha previsto che i
termini di prescrizione e di decadenza, per gli accertamenti d’imposta, non possono essere prorogati.

Per quanto concerne i provvedimenti di irrogazione delle sanzioni amministrative , l’atto


di contestazione o di irrogazione delle sanzioni devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il
31 dicembre del 5^ anno successivo a quello in cui è avvenuta la violazione , oppure
nel caso di contestazione immediata nel diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi.

106
Nel caso in cui vi siano più co – obbligati in solido, la notifica fatta ad uno di essi entro i termini permette
che il termine di decadenza sia prorogato di 1 anno.

Ricordiamo che solo l’esercizio del potere sanzionatorio è soggetto a termini di decadenza, mentre
l’esercizio del diritto alla riscossione è regolato attraverso termini di prescrizione.

Per quanto concerne i termini di prescrizione, tale diritto si prescrive in 5 ANNI, tuttavia tale termine
si interrompe nel caso di impugnazione del provvedimento di irrogazione.

Dunque, anche il legislatore tributario ha mantenuto la distinzione tra decadenza dal potere
sanzionatorio e prescrizione dal potere di riscossione. In quanto la decadenza non può essere
interrotta e costringe l’amministrazione a svolgere controlli tempestivi per eventuali sanzioni. Mentre la
riscossione può essere interrotta iniziando poi nuovamente a decorrere.

1.10. Cause di non punibilità.

Il diritto tributario contempla una serie di cause di non punibilità, ispirate ai principi generali della legge
penale.

In particolare non può essere assoggettato a sanzione:

- Chi, al momento in cui ha commesso il fatto non aveva la capacità di intendere e di volere;
- Se la violazione è conseguenza di ERRORE sul fatto, però occorre che l’errore non sia determinato
da colpa;
- L’autore non è punibile inoltre quando questa è determinata da obiettive condizioni di
incertezza delle disposizioni;
- Non sono inoltre punibili coloro che abbiano dimostrato che il non pagamento del tributo dipenda
da circostanze addebitabili esclusivamente a terzi , che sono stati già denunciati all’autorità
giudiziaria;
- Ulteriore causa di non punibilità ovviamente è la forza maggiore, ossia evento non prevedibile e
inaspettato;
- Non sono punibili inoltre le violazioni che non causano un concreto pregiudizio all’esercizio delle
azioni di controllo, e sulla determinazione della base imponibile.

1.11. Procedimento del ravvedimento: sanatoria della violazione.

Parliamo dunque del RAVVEDIMENTO  è il contribuente che ammette autonomamente una


violazione, ad esempio un mancato versamento. Dunque si tratta di un procedimento di sanatoria ad
iniziativa di parte, che consente di rimediarvi in modo volontario e spontaneo.

La disciplina è contenuta nell’art.13 d.lgs. 472/1997, recentemente modificata.

107
Dunque il contribuente per scongiurare una più grave sanzione produce una nuova dichiarazione a
correzione di quella originaria, e compie il contestuale pagamento del tributo non versato. Con questa
nuova dichiarazione vengono sanati i vizi della dichiarazione originaria e il versamento estingue il debito.

L’ordinamento giuridico incentiva il ricorso a questo istituto del ravvedimento, concedendo una
riduzione delle sanzioni:

- 1/10 del minimo edittale per la relativa sanzione se il ravvedimento viene eseguito nel termine di
30 giorni dall’omissione;
- 1/9 del minimo edittale per la relativa sanzione, se il ravvedimento avviene entro 90 giorni dalla
data dell’omissione o dell’errore;
- 1/8 del minimo edittale per la relativa sanzione se il ravvedimento avviene entro il termine per la
presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la
violazione;
- 1/7 del minimo edittale per la relativa sanzione se il ravvedimento avviene entro il termine per la
presentazione della dichiarazione successiva all’anno in cui la violazione è stata commessa;
- 1/6 del minimo edittale per la relativa sanzione se il ravvedimento avviene oltre il termine per la
presentazione della dichiarazione successiva all’anno in cui la violazione è stata commessa;
- 1/10 del minimo edittale per la relativa sanzione se il ravvedimento avviene solo dopo un processo
verbale di costatazione.

Dobbiamo ricordare però che la legge ha previsto un doppio binario, a seconda che si tratti dei
tributi amministrativi dall’AGENZIA DELLE ENTRATE o dei tributi di ALTRI ENTI. Per questi ultimi il
ravvedimento è precluso a seguito di accessi, ispezioni, verifiche ecc mentre invece tale preclusione non è
prevista per i tributi amministrativi dall’agenzia delle entrate. Trattasi comunque di una disparità che desta
più di qualche dubbio, in quanto tende a perdere la sua indefettibilità.

Ricordiamo che il ravvedimento non preclude l’inizio o la prosecuzione di accessi, ispezioni, verifiche o altre
attività amministrative.

108
CAPITOLO 2
ILLECITI PENALITRIBUTARI
SANZIONI PENALI

2.1. Categoria dell’illecito tributario penale: reati fiscali.


Allo scopo di rafforzare l’efficacia della fattispecie impositiva, il diritto tributario riconnette alla loro
violazione più tipologie sanzionatorie:

- alcune di natura amministrativa  sanzioni pecuniarie e accessorie, rimesse


all’amministrazione pubblica;
- Altre invece di natura penale  attribuite alla competenza del giudice.

Dunque viene applicata la sanzione amministrativa in casi di minor pericolosità, mentre quella penale in
casi più gravi.

In questo capitolo parleremo delle sanzioni penali, che vengono applicate qualora vi fosse un ILLECITO
PENALE, che nel nostro caso è un REATO FISCALE.

La normativa di riferimento è d.lgs. 74/2000 , che contempla le fattispecie

tipiche dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

In particolare l’ordinamento vuole punire la frode, cioè la condotta attraverso cui il contribuente camuffa la
realtà e utilizza artifizi contabili per mascherare l’evasione.

I reati puniti dalla vigente disciplina possono essere così suddivisi:

a) delitti in materia di dichiarazione  che si distinguono in delitti tipicamente fraudolenti


e delitti connessi all’infedeltà o all’omissione dichiarativa;
b) delitti in materia di documenti e pagamento di imposte;

Il titolo terzo della disposizione comprende le disposizioni comuni, quali ad esempio le pene accessorie.
Il titolo quarto si occupa del raccordo tra il sistema sanzionatorio amministrativo e quello penale.
Il provvedimento si chiude con il titolo quinto recante le disposizioni di coordinamento e finali.

109
Cominciamo dunque a parlare dei delitti inerenti al
momento DICHIARATIVO del contribuente. Art. 2 -3 -4 – 5.

2.2. delitti tributari dichiarativi.

a. I delitti dichiarativi connessi alla frode sono disciplinati dall’art.2 – 3 d.lgs. 74/2000 e si
consumano quando nelle dichiarazioni relative alle IMPOSTE DUI REDDITI e sul VALORE AGGIUNTO, il
contribuente utilizza fatture riconducibili ad operazioni inesistenti o esistenti ma sovrafatturate o sotto
fatturate.

Le menzionate fattispecie delittuose perciò si configurano sia con l’uso di fatture che di altri documenti.
Il reato in entrambi i casi può dirsi consumato allorché tali condotte confluiscono nello strumento

DICHIARATIVO.

Art. 2: dichiarazione fraudolenta


Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti
1. E' punito con la reclusione da 1 anno e 6 mesi / a 6 anni chiunque, al fine di evadere le
imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte 
elementi passivi fittizi.
2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono
detenuti a fine di prova nei confronti dell'amministrazione finanziaria.
3. Se l'ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07 (lire trecento milioni), si
applica la reclusione da 6 mesi a 2 anni.

Art.3:
Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici:
1. Fuori dai casi previsti dall'articolo 2, è punito con la reclusione da 1 anno e 6 mesi
/a6 anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di
documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore
l'amministrazione finanziaria, indica
in una delle dichiarazioni relative a dette imposte
elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od
elementi passivi fittizi, quando, congiuntamente:

a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro 30.000;
b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, anche mediante indicazione di
elementi passivi fittizi, è superiore al 5 % dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in
dichiarazione, o comunque, è superiore a euro 1 500 000, ovvero qualora l'ammontare complessivo dei
crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell'imposta, è superiore al 5 % dell'ammontare dell'imposta
medesima o comunque a euro 30 000.
110
2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati
nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell'amministrazione
finanziaria.
2. Ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non costituiscono mezzi fraudolenti la mera
violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la
sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali.

La differenza oltre al fatto che nel primo caso (art.2) si parla di operazioni del tutto inesistenti, e nel
secondo caso (art.3) si parla di operazioni fraudolenti di natura diversa.
Locuzione ampia, comprendendo tutti
quegli artifizi idonei a sottrarre imponibile
allo Stato,oppure ad indurlo in errore.

Dobbiamo dire che sebbene la pena sia identica, il disvalore sociale è maggiore nell’art.2, infatti alla fine
della punibilità non sono richieste ulteriori condizioni come per l’art.3 (a e b). Sono state poste queste
soglie quantitative minime (a – b) proprio perché vi è la chiara intenzione del legislatore di
considerare reati solo gli illeciti economicamente più rilevanti.

Art.4  dispone la DICHIARAZIONE INFEDELE  una dichiarazione, che a


differenza dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, non è stata predisposta in maniera fraudolenta, ma che
tuttavia è stata resa omettendo di dichiarare elementi positivi del reddito. Anche in questo caso sono poste
delle soglie di punibilità.

Art. 4. Dichiarazione infedele


1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da 1 a 3 anni chiunque, al
fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative
a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od
elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:

a) l'imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro 150 000;
Limite di
b) l'ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all'imposizione, è superiore al 10%
tolleranza. dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o, comunque, è
superiore a euro 3 milioni.

Anche in questo caso si parla delle IMPOSTE DIRETTE e del VALORE AGGIUNTO, rimanendo esclusi gli altri
tributi minori.

Con la riforma del 2015 è stato aggiunto che ai fini dell'applicazione della disposizione del comma 1, non si
tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente
esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio
ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali.
Inoltre, sempre dopo la riforma del 2015 possiamo dire che comunque non danno luogo a fatti punibili, le
valutazioni che singolarmente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 % da quelle corrette.

111
Per chiudere le fattispecie correlate al momento dichiarativo del contribuente dobbiamo parlare

omessa dichiarazione  art.5


dell’
In questa ipotesi colui che essendovi obbligato non presenta la propria dichiarazione dei redditi o dell’Iva
nei termini previsti dalla legge, se l’imposta evasa superi i 50.000 euro (con riferimento ai singoli tributi)
è punito con la reclusione da 1 anno e 6 mesi / a 4 anni.

Al reato soggiace anche chi omette di presentare la dichiarazione di sostituto d’imposta.

È necessario ovviamente che vi sia il dolo specifico del contribuente nell’evadere l’imposta.

Non è configurabile però tale reato nelle ipotesi in cui l’obbligato, ravvedutosi, presenta il modello entro il
termine di 90 giorni dalla data di scadenza.
2.3. Delitti dio natura documentale e relativi al versamento delle imposte.

Ci spostiamo quindi sul TITOLO II del d.lgs. 74/2000.

Parliamo dei DELITTI IN MATERIA DI DOCUMENTI E PAGAMENTO DI IMPOSTE.

Art.8  Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.


Tale articolo disciplina l’ipotesi di chi con lo scopo di permettere a terzi di evadere le imposte sui redditi o
sull’Iva, emette o rilascia fatture o altri documenti di spesa che tuttavia fanno riferimento ad operazioni mai
avvenute, oppure riferite a soggetti inesistenti. Costui è punito con la reclusione da 1 anno e 6 mesi
/a6 anni, tuttavia se l'importo che non corrispondente al vero è inferiore a euro 154.937,07 (lire
trecento milioni) per periodo di imposta, si applica la reclusione da 6 mesi a 2 anni.

Art.10  Occultamento o distruzione di documenti contabili.


Questa seconda fattispecie punitiva è quella realizzata da chi occulta o distrugge le scritture contabili o i
documenti di cui è obbligatoria la conservazione, col fine precipuo di evadere le imposte sui redditi o l’Iva.
Costui è punito con la reclusione da 1 anno e 6 mesi / a 6 anni.

Art.10 bis  Omesso versamento di ritenute dovute o certificate.


E' punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chiunque non versa entro il termine previsto per la
presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa
dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a 150.000
euro per ciascun periodo d'imposta.

Art. 10-ter  Omesso versamento di IVA.


E' punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni chiunque non versa, entro il termine per il
versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in
base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a 250.000 euro per ciascun periodo
d'imposta.
112
2.4. Regime sanzionatorio delle pene accessorie.

Alle pene principali di cui abbiamo appena parlato, si affiancano le cosiddette PENE ACCESSORIE.
Queste sono regolate dall’art.20 codice penale, in base al quale esse conseguono alla condotta
come ULTERIORI CONSEGUENZE PENALI.

Dunque vi è automatismo delle pene accessorie, che permettono anche al giudice penale di non MOTIVARE
la loro applicazione.

Esse sono:

a. l’interdizione dagli uffici direttivi (periodo da 6 mesi a 3 anni);


b. l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione (periodo da 1 anno a 3 anni);
c. l’interdizione dalle funzioni di rappresentanza in materia tributaria (periodo da 1 anno a 5 anni);
d. l’interdizione perpetua dall’ufficio di componente di Commissione tributaria.
e. Pubblicazione della sentenza;

Inoltre ricordiamo che la condanna per uno dei delitti indicati negli art. 2 – 3 – 8 comporta inoltre
l’interdizione dai pubblici uffici per un periodo non inferiore ad 1 anno e non superiore a 3 anni.

2.5 principio di specialità nella concorrenza tra sanzioni amministrative e penali.


Dobbiamo parlare adesso dell’eventuale concorrenza di sanzioni amministrative e penali.

In particolare se uno stesso fatto è punito sia dalla norma penale che da quella amministrativa, proprio in
virtù del PRINCIPIO DI SPECIALITA’, si applica la sanzione speciale , che è quella PENALE. Art.
19 d.lgs. 74/2000, proprio alla luce del divieto del ne bis in idem.

Nel caso in cui a commettere una violazione sia una persona fisica, che agisce per nome e per conto di un
soggetto giuridico, la persona fisica sarà soggetta a sanzione penale, mentre il soggetto giuridico sarà
soggetto a sanzione amministrativa, ma che in ogni caso quest’ultimo avrà il diritto di rivalsa nei confronti
della persona fisica.

Dunque per essere precisi bisogna distinguere in ogni caso fra le seguenti 3 categorie di soggetti:

- Il dipendente o il rappresentante di una persona fisica, nell’adempimento del suo ufficio sono
sottoposti alla sanzione penale ed all’azione di regresso.
- Eventuali concorrenti nel reato restano esposti alla sanzione penale;
- Altri contribuenti sono puniti in base all’art.19, dunque tra sanzione amministrativa e quella penale
prevale quella penale.

113
Dobbiamo però dire che la sanzione amministrativa non è eseguibile fino alla definizione della vicenda
penale, con la seguente variante:

- Se il processo accerti l’irrilevanza penale della condotta, allora può darsi luogo alla riscossione delle
sanzioni amministrative;
- Viceversa se il giudizio penale si concluda con la condanna del reo, le sanzioni amministrative sono
applicate per la porzione di sanzione eccedente delle violazioni penalmente rilevanti (divieto di
cumulo).

2.6. Doppio binario: coesistenza di processo penale e procedimento amministrativo tributario.

Dobbiamo parlare dei rapporti tra il PROCESSO PENALE e PROCESSO TRIBUTARIO.

Tale collegamento è disciplinato dall’art. 20 d.lgs. 74/2000  DOPPIO BINARIO.


Il succo è che le vicende penali non si riflettono necessariamente in quelle tributarie, e tale art. 20 rafforza
la volontà del legislatore di tener distinti i due procedimenti. Questo anche perché si vuole evitare che il
procedimento penale sia rallentato dai tempi del processo tributario.

L’art. 20 dispone che  Rapporti tra procedimento penale e processo tributario


Il procedimento amministrativo di accertamento ed il processo tributario non possono essere sospesi per la
pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento
comunque dipende la relativa definizione.

Dunque i due processi, penale e tributario, seguono due strade separate, per questo motivo si parla di
DOPPIO BINARIO.

Tuttavia rimangono forti dubbi sulla tenuta costituzionale del DOPPIO BINARIO, che in settori analoghi a
quello in esame è già stato interessato ad interventi. In particolare richiamiamo la SENTENZA GRANDE
STEVENS, con la quale la Corte EDU ha affermato che lo Stato che abbia già esercitato la propria pretesa
sanzionatoria attraverso il procedimento amministrativo, non può avviare anche un processo penale sui
medesimi fatti, e viceversa.

Per questo motivo si ritiene che il legislatore italiano dovrebbe intervenire su questo doppio binario,
riallineandosi anche ai principi europei in base all’art.4 del protocollo n.7 CEDU DIRITTO A
NON ESSERE GIUDICATO O PUNITO DUE VOLTE.

114
PARTE SETTIMA
GIURISDIZIONE TRIBUTARIA.
AMPIEZZA E LIMITI
CAPITOLO I
MODELLO DELLA GIURISDIZIONE TRIBUTARIA.
STRUTTURA E REGOLE.
Prima di addentrarci nella disciplina in esame, volevo spendere alcune parole su i caratteri della
giurisdizione tributaria:

Perché aggiunge elementi alla


partiamo col dire che è una giurisdizione SPECIALE. disciplina civile, per questo si
I caratteri con precisione sono: differenzia dalle altre giurisdizioni, ma
in ogni caso si applica la disciplina
1^ BREVITA’  i tempi devono essere quanto più stretti possibili; civile dove compatibile.

2^ GENERALITA’  è una giurisdizione generale, anche se vi sono delle eccezioni dateci dal diritto vivente
della Corte di Cassazione, ad esempio la violazione del codice della strada rientra nella giurisdizione del
giudice civile.

3^ NATURA DOCUMENTALE  la giurisdizione tributaria NON AMMETTE LA TESTIMONIANZA, dunque


non ammette l’ORALITA’.
Eccezione: è rappresentata dalla dichiarazione di terzi che differiscono dalla testimonianza, perché sono
precostituite, precostituite nella fase amministrativa istruttoria, ma il loro valore è sono di meri indizi, non
sono prove. Quindi occorre delle prove documentali per potersi difendere, come ad esempio un ATTO DI
DONAZIONE, ATTO DI TESTAMENTO, BORSA DI STUDIO, SENTENZA CHE ATTESTI IL RICEVIMENTO DI UNA
SOMMA A TITOLO DI RISARCIMENTO DANNI, UNA VINCITA AL GIOCO.

4^ PROCESSO DI IMPUGNAZIONE  il processo tributario nasce nel momento in cui il contribuente


impugna un atto, quindi entro 60 giorni il contribuente effettua il ricorso a pena di decadenza. Si tratta di
processo di impugnazione FORMALE e non sostanziale (pag. 118).

5^ GIURISDIZIONE GENERALE PIENA  parliamo di legittimità, mentre il giudice amministrativo è


giudice di legittimità, il giudice tributario è anche giudice di merito, oltre che di legittimità.
Per questo motivo la giurisdizione del giudice tributario è una giurisdizione PIENA.
115
1.1. Oggetto della giurisdizione tributaria: inquadramento generale.

Prima di parlare del fatto che il contribuente può rivolgersi al giudice, dobbiamo dire che questo prima del
ricorso al giudice può invitare l’amministrazione a riesaminare una decisione definitiva nell’esercizio della
sua AUTOTUTELA.

Come sappiamo quest’ultima è la capacità dell’amministrazione di farsi giustizia da sé , avviando un


procedimento amministrativo di 2^ grado , che può condurre ad una adozione di una decisione
di annullamento o di revoca dell’originario provvedimento; ma può anche concludersi con la conferma
dell’originario provvedimento.

In questo ultimo caso, o se comunque il contribuente ritiene di volersi rivolgere direttamente al giudice
senza chiedere un RIESAME, egli è ammesso a presentare un RICORSO DINANZI AGLI ORGANI DELLA

GIURISDIZIONE TRIBUTARIA, in virtù dell’art. 24 Cost. “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei
propri diritti e interessi legittimi” o anche in riferimento all’art.113.3 Cost. “la legge determina quali
organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti
previsti dalla legge stessa”.

Il PROCESSO TRIBUTARIO ha avuto un definitivo assetto attraverso i decreti legislativi numero

545 e 546 del 31 dicembre 1992. Art. 2 (546) oggetto della


giurisdizioni tributaria.
Questi riguardano le controversie aventi ad oggetto
“i tributi di ogni genere e specie comunque denominati”,
oggi grazie a questa clausola generale la giurisdizione tributaria comprende tutte le liti relative ai tributi.

LIMITE. Tranne per le controversie riguardanti gli


atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla
notifica della cartella di pagamento, appartenenti
alla giurisdizione del giudice ordinario. Nonché gli
1.2. Caratteri e ampiezza della giurisdizione tributaria.
atti amministrativi generali che sono impugnabili
dinanzi al giudice amministrativo.

A seguito proprio dell’estensione a TUTTI I TRIBUTI di ogni genere e specie quella tributaria si profila come
una giurisdizione esclusiva e di carattere generale cui sono devolute tutte le controversie in materia di
imposte e tasse.

La particolarità pero del processo tributario è che a differenza di quello amministrativo che
rimane sul piano di un sindacato di legittimità, quello tributario è strutturato su un controllo pieno, dunque
penetra nel MERITO dell’atto impugnato.
116
Questa giurisdizione è stata attribuita ad un giudice ad hoc, potendo affermare che il processo tributario
abbia lo stesso OGGETTO del procedimento tributario.

Naturalmente perché vi sia giurisdizione tributaria è necessario che la lite sorga dall’esercizio di un potere
impositivo sussumibile nello schema tipico del rapporto tributario, ossia potestà – soggezione. Vi deve
essere appunto il VINCOLO TRIBUTARIO. È anche per tale ragione che il giudice tributario deve accertare
l’esistenza del rapporto obbligatorio, ed entrare così nel merito.

In generale, le principali azioni esperibili dinanzi al giudice tributario sono:


 AZIONI DI NULLITA’ DEL PROVVEDIMENTO IMPOSITIVO, carente degli elementi essenziali art.21
septies L.241/90;
 AZIONE DI ANNULLAMENTO DEL PROVVEDIMENTO TRIBUTARIO affetto da uno dei vizi di
legittimità del provvedimento amministrativo art. 21 octies, ossia provvedimento amministrativo
adottato in violazione di legge, per eccesso di potere o da incompetenza;
 AZIONE CAUTELARE diretta proprio ad ottenere la sospensione di un provvedimento tributario;
 AZIONE DI CONDANNA per la corresponsione di somme indebitamente versate o per rimborsi;
 AZIONE DI OTTEMPERANZA al fine di ottenere l’adempimento da parte dell’amministrazione degli
obblighi derivanti da una sentenza esecutiva.

1.3. Commissioni tributarie provinciali e regionali.

L’azione dinanzi al giudice tributario si propone attraverso il RICORSO, nelle forme e nelle modalità previste
dalla legge.

Prendiamo subito in considerazione il d.lgs. 546 all’art. 1, dispone che :


1. La giurisdizione tributaria è esercitata dalle
commissioni tributarie provinciali & dalle commissioni tributarie regionali
di cui all'art. 1 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545.
2. I giudici tributari applicano le norme del presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse
compatibili, le norme del codice di procedura civile.

Dunque, possiamo subito capire che:

- le commissioni tributarie provinciali sono giudici di 1^ grado;


- mentre per l’APPELLO, la competenza spetta alle commissioni tributarie regionali che
sono giudici di 2^ grado.
- Abbiamo poi la Cassazione che si occupa del sindacato di legittimità giudice di 3^ grado.

Commissione tributaria provinciale  sono distribuite sull’intero territorio dello Stato, con sede nel
capoluogo di ogni provincia;

Commissione tributaria regionale  sono istituite nel capoluogo di ogni regione.

117
Ad ogni sezione della Commissione è attribuito un PRESIDENTE, UN VICE PRESIDENTE, e non meno di 4
giudici. Inoltre ogni collegio giudicante è composto da un numero invariabile di 3 membri.

REQUISITI GENERALI PER RICOPRIRE LA CARICA DI GIUDICE TRIBUTARIO: devono essere soggetti dotati di
adeguata esperienza e competenza professionale. Sono giudici non togati, che non devono avere incarichi
specifici relativi alla materia tributaria.

Secondo il prof. Esposito sarebbe auspicabile un raccordo con la giurisdizione amministrativa, ossia che se
ne occupasse il giudice amministrativo, in quanto esperto delle vicende tra amministrazione e cittadino,
sarebbe il più idoneo secondo l’opinione del prof.

1.4. Parti necessarie del processo.

Le parti necessarie del giudizio sono:

 IL RICORRENTE  che promuove il ricorso diretto ad ottenere una pronuncia


giudiziale di annullamento del provvedimento tributario lesivo, ossi è il contribuente, che si ritiene
leso da un atto tributario illegittimo;

 LA RESISTENTE  che è l’autorità amministrativa che ha emanato l’atto.

In altre parole il ricorrente è la parte attiva, che propone il ricorso, e la resistente è l’ente che ha adottato
l’atto amministrativo impugnato.

PERO’: come detto il contribuente impugna il provvedimento, è quindi considerato attore, ma in realtà
una volta iniziato il procedimento dinanzi al giudice attore in senso sostanziale viene considerato
l’agenzia delle entrate, perché è stata questa che ha emanato il provvedimento eventualmente lesivo del
contribuente. Cioè il ricorso nasce perché ? Perché è stato emesso un provvedimento, la provocazione è
arrivata dall’amministrazione, e quindi attore in senso sostanziale è considerato chi ha emesso il
provvedimento , e non chi ha fatto ricorso.
Si parla di processo di impugnazione formale, e non sostanziale.

Nello specifico le parti che agiscono dinanzi alle commissioni tributarie sono:

- Il ricorrente;
- Gli uffici dell’amministrazione finanziaria dello Stato (ossia l’agenzia delle entrate ecc);
- Gli altri enti impositori come i COMUNI, LE REGIONI dotati di potestà impositiva;
- L’agente della riscossione.

118
1.5. Litisconsorzio e intervento.

È possibile che alle parti originarie si aggiungano altri soggetti, parliamo in tal caso del Litisconsorzio e
dell’ intervento (litisconsorzio facoltativo).

Il litisconsorzio avviene quando vi sono una pluralità di parti all’interno dello stesso procedimento.

Abbiamo 2 tipologie di litisconsorzio:

- Litisconsorzio necessario  è necessario quando devono agire, o essere convenute in


giudizio nell’ambito dello stesso procedimento più soggetti, al punto che in assenza di una parte
necessaria la sentenza pronunciata dal giudice sarà inesistente. Questo perché la controversia non
può essere decisa solo parzialmente, ossia limitatamente ad alcuni di essi.
Accade che, il giudice qualora ravvisi l’assenza di una parte necessaria deve prima verificare la
regolarità della costituzione, e quindi ordina l’integrazione del contraddittorio
mediante la loro chiamata in causa, che deve avvenire entro un termine stabilito a pena di
decadenza.

- Litisconsorzio facoltativo INTERVENTO  ci riferiamo all’art. di riferimento che è


il 103 cod. procedura civile. Secondo cui più parti “possono”, da questo capiamo che si
tratta di una possibilità e non di un obbligo, dunque possono agire o essere convenute nello stesso
processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l'oggetto o per il
titolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione dipende, totalmente o parzialmente,
dalla risoluzione di identiche questioni.
Il giudice può disporre, nel corso della istruzione o nella decisione, la separazione delle cause, se vi è
istanza di tutte le parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o
renderebbe più gravoso il processo.

Naturalmente sia se si tratta di litisconsorzio necessario, sia se si tratta di quello facoltativo, tutte le parti che
intervengono nel processo hanno il diritto di spiegare le proprie difese.

1.6. Difesa tecnica e capacità di stare in giudizio nel processo tributario.

I soggetti diversi dalla parte pubblica devono OBBLIGATORIAMENTE essere assistiti da un


DIFENSORE ABILITATO.

Sono abilitati un elevatissimo numero di soggetti:

- Avvocati;
- Commercialisti iscritti all’albo;
- Consulenti del lavoro;
- Ufficiali ed ispettori della Guardia di finanza;
- Periti ed esperti del settore;

Questa apertura a molti soggetti favorisce una difesa tecnica molto ampia.

119
1.7. Condizioni per l’impugnazione del provvedimento tributario: legittimazione ad agire e interesse
a ricorrere.

Per poter proporle ricorso occorre che il contribuente abbia un interesse a proporlo.

Per la proposizione del ricorso è necessaria la sussistenza di 2 importanti condizioni:

 INTERESSE LEGITTIMO  parliamo dunque della legittimazione ad agire. In questi


casi per poter proporre ricorso occorre che il contribuente sia legittimato a rivolgersi al giudice,
proprio in conseguenza del fatto che egli abbia ricevuto un provvedimento tributario con effetti
lesivi. Dunque in sostanza può ricorrere solo se gli è stato notificato un provvedimento impositivo.
 INTERESSE AD AGIRE  parliamo dunque dell’interesse al ricorso. Ossia l’azione è
ammissibile solo se il destinatario della pretesa avrà interesse effettivo a vedere annullato l’atto
impositivo, e che quindi vi è la possibilità di ricevere un’utilità, un vantaggio, attraverso
l’accoglimento della domanda di annullamento.
Questo interesse ad agire deve essere:
 PERSONALE: apprezzato alla necessità della persona, di quella
determinata persona;
 ATTUALE: cioè contestuale alla proposizione della domanda;
 CONCRETO: cioè valutabile in relazione al pregiudizio effettivamente
discendente dal provvedimento impugnato.

Quindi ricapitolando deve esserci la condizione dell’interesse legittimo, ossia che il soggetto abbia
ricevuto un provvedimento impositivo, e la condizione dell’interesse ad agire, cioè che questo
provvedimento impositivo sia lesivo di un suo interesse.

Mancando una delle 2 condizioni il ricorso non è ammesso.

1.8. Provvedimenti tributari autonomamente impugnabili.

Mi preme richiamare inizialmente l’art.2 d.lgs. 546  Appartengono alla giurisdizione tributaria
”tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati”.

Dunque, da ciò potremmo desumere che uno dei carattere della giurisdizione tributaria è la
GENERALITA’.

Tuttavia si tratta comunque di una generalità solo relativa, infatti, ad esempio, pur essendo riscossa
tramite una cartella esattoriale, una violazione del codice della strada non potrà essere impugnata dinanzi
al giudice tributario, non riguardanti prestazioni fiscali.

120
Il d.lgs. 546 tuttavia ci da un elenco tassativo degli atti impugnabili dinanzi alla commissione. Dunque sono
elencati TASSATIVAMENTE dall’art. 19 d.lgs. 546/1992:

Atti impugnabili e oggetto del ricorso


1. Il ricorso può essere proposto avverso:
a. l'avviso di accertamento del tributo;
b. l'avviso di liquidazione del tributo;
c. il provvedimento che irroga le sanzioni;
d. il ruolo e la cartella di pagamento;
e. l'avviso di mora;
e – bis. l'iscrizione di ipoteca sugli immobili;
e – ter. il fermo di beni mobili registrati;
f. gli atti relativi alle operazioni catastali;
g. il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi o altri
accessori non dovuti;
h. il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti
tributari;
i. ogni altro atto per il quale la legge ne preveda l'autonoma impugnabilità davanti alle commissioni
tributarie.

Gli atti espressi di cui al comma 1 devono contenere:


- l' indicazione del termine entro il quale il ricorso deve essere proposto;
- e l’indicazione della commissione tributaria competente;
- nonché delle relative forme da osservare.

La tipizzazione degli atti impugnabili ha la finalità di agevolare la delimitazione della giurisdizione del
giudice tributario.

Dobbiamo però dire che, anche se si tratta di un elenco tipico, con l’art.19 che non ha una interpretazione
estensiva, comunque in presenza di un atto impositivo tributario, idoneo a produrre una lesione negativa
immediata al contribuente, questi sarà sempre ammesso ad impugnarlo, anche se non previsto all’interno
dell’articolo 19.

Ovviamente deve essere sempre inerente ad atti che fanno riferimento


a rapporti prettamente tributari. Dunque l’art. 19 deve essere interpretato in relazione
all’art. 2. Si tratta di una norma relativamente aperta.

121
1.9. Onere probatorio e prove ammesse.

Partiamo col dire subito che la capacità probatoria del contribuente è notevolmente LIMITATA.
Questo perché uno dei caratteri della giurisdizione tributaria è la NATURA DOCUMENTALE, ossia
non è ammesso né il giuramento né la prova testimoniale , non ammette dunque
l’ORALITA’.

A bilanciamento di questo limite vi è però il giudice tributario che viene dotato di un ampio potere di
indagini e di valutazione, che si estende anche alla possibilità di disporre di una consulenza tecnica.

PRIMA DI AVVIARE
IL RICORSO PERO’ : CAPITOLO 2
DISCIPLINA DEL PROCESSO TRIBUTARIO.
2.1. Procedimento di reclamo e mediazione: procedibilità del ricorso.

Come abbiamo visto con la notifica del RICORSO viene dato impulso alla vicenda processuale, che si svolge
dinanzi al giudice tributario.

Il legislatore ha però previsto una fase intermedia potremmo dire, ossia di RECLAMO – MEDIAZIONE, per

le controversie di valore inferiore a 20.000 euro. L’art. di riferimento è il 17 bis, che recita:
“Per le controversie di valore non superiore a 20.000 euro, relative ad atti emessi dall'Agenzia delle entrate,
chi intende proporre ricorso e' tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo le disposizioni
seguenti”

Dunque si tratta di un procedimento collegato al processo, di cui costituisce lo stadio preliminare. Si tratta
di una fase pre – contenziosa, infatti in tale fase il reclamo – mediazione il contenzioso vero e proprio non è
ancora iniziato.

Diciamo che la ratio di tale procedimento è ravvisabile nel contenere il numero di vertenze, ed evitare la
fase giudiziale.

La lite viene quindi SOSPESA in pendenza di questa fase preliminare per un periodo di 90 giorni dalla
data di notifica dell’ente impositore. dunque in questi 90 giorni deve concludersi questa procedura di
reclamo – mediazione.

Le agenzie dunque, in questa fase, devono provvedere all’esame del reclamo e della proposta di
mediazione, affidato a strutture diverse ed autonome da quelle che hanno curato l’istruttoria.

In caso di accoglimento totale o parziale del reclamo ai fini del perfezionamento dell’accordo non è
sufficiente la sottoscrizione dell’atto di mediazione, occorrendo il VERSAMENTO delle somme dovute entro
il termine di 20 giorni, oppure il versamento almeno della prima rata se il pagamento è stato dilazionato.

122
RICORSO disciplina art. 18 a 48 ter.
2.2. Proposizione del ricorso introduttivo: il processo tributario di primo grado.

Nel caso in cui venisse rigettata la domanda di reclamo, si aziona dunque il PROCESSO con ricorso alla

commissione provinciale tributaria art. 18 comma 1.

L’azione come detto più volte è promossa nella forma del ricorso,
questo deve contenere i seguenti elementi  art. 18 comma 2 :
a. della commissione tributaria cui e' diretto;
b. del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza o sede legale o del domicilio
eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché del codice fiscale;
c. dell'ufficio del Ministero delle finanze o dell'ente locale o del concessionario del servizio di
riscossione nei cui confronti il ricorso e' proposto;
d. dell'atto impugnato e dell'oggetto della domanda;
e. dei motivi.

Ove manchi uno degli elementi indicati il ricorso è INAMMISSIBILE art. 18 comma 4.
Il ricorso deve essere proposto entro 60 giorni dalla notifica
del provvedimento impugnato art. 21 Comma 1.
Ricordiamo però che è previsto un termine diverso per il ricorso contro rifiuto tacito delle restituzioni di
tributi, in tal caso il ricorso può essere proposto dopo il 90esimo giorno dalla domanda di
restituzione. art. 21 Comma 2.
Cosa importante è che il termine è perentorio, cioè scaduti i termini il ricorso è INAMMISSIBILE e
l’atto diventa definitivo se entro tali termini non avviene la notifica.

 Entro 30 giorni dalla notifica il ricorrente ha l’onere di costituirsi in giudizio, anche questo
termine è perentorio, e l’inosservanza comporta l’INAMMISSIBILITA’.
 Anche la parte resistente deve costituirsi in giudizio entro 60 giorni dalla notifica.
Dunque qui l’amministrazione espone compiutamente le sue difese.

All’atto del deposito del ricorso, che avviene presso la SEGRETERIA DELLA COMMISSIONE TRIBUTARIA,
questa ne cura L’ISCRIZIONE NEL REGISTRO GENERALE DEI RICORSI,
assegnando un numero progressivo e l’anno.

Si forma cosi il fascicolo d’ufficio, dove al suo interno vengono inseriti tutti i documenti in esame ,
compresi gli originali verbali di udienza e copia delle sentenze.

123
Il ricorrente ha poi l’onere di curare entro 20 giorni il deposito dei documenti di cui intende avvalersi.
In seguito all’iscrizione del ricorso, il presidente della Commissione tributaria assegna il ricorso ad una
SEZIONE, dove viene nominato il giudice relatore, ed è fissata la data per la trattazione della controversia.

2.3. Proposizione del ricorso per motivi aggiunti, di memorie e repliche.

Può accadere che dopo l’iscrizione del ricorso, l’amministrazione adotti UN NUOVO ATTO, che potrà essere
impugnato dal contribuente con apposito ricorso per MOTIVI AGGIUNTI* disciplinato
dall’art.24.

Anche forma dei motivi aggiunti è la stessa del ricorso originario, di cui deve contenere gli stessi
elementi, e va proposto sempre entro 60 giorni, che decorrono dalla data in cui l’interessato viene a
conoscenza dell’atto.

Il legislatore, a tal riguardo, ha previsto un rito alquanto rigido, sanzionato con una causa di inammissibilità
che è in grado di travolgere l’esito dell’originario ricorso.

Dobbiamo dire però che è ben più frequente del ricorso per motivi aggiunti, è il deposito di memorie e
repliche difensive*, che deve avvenire entro 10 giorni. Nel caso di trattazione della
controversia in camera di consiglio sono consentiti brevi repliche scritte fino a 5 giorni prima della data
d’udienza.

Il processo di merito si celebra in UDIENZA PUBBLICA DI TRATTAZIONE , nella quale il giudice


relatore espone al collegio i fatti e le questioni della controversia, e in seguito il presidente ammette le
parti alla discussione.

Il COLLEGIO GIUDICANTE, subito dopo la discussione in pubblica udienza delibera la decisione in


segreto nella camera di consiglio.

Ricordiamo che quando ne ricorrano i motivi, la deliberazione in camera di consiglio può essere
RINVIATA di non oltre 30 giorni. La decisione che assume la forma della SENTENZA, viene
depositata in segreteria e così pubblicata.

2.4. Processo cautelare nell’interesse del contribuente.

Come per il processo amministrativo, anche per quello tributario è prevista una fase cautelare.

Questa è volta a permettere al giudice di prestare idonee misure per evitare che nel tempo necessario a
concludere il giudizio di merito con la sentenza, il contribuente o l’amministrazione possano subire
un pregiudizio. Tutto questo perché la sentenza non assicura quella fondamentale tutela provvisoria.

124
CONTRIBUENTE.
Si tratta dunque di una fase eventuale, la cui attivazione deve essere richiesta dalla parte interessata
attraverso un’istanza al giudice, nella sussistenza di due presupposti:

- il periculum in mora  cioè il pericolo che dall’esecuzione del provvedimento in esame (quello
impugnato) possa derivare subito un danno gravissimo e irreparabile.
- Il fumus boni iuris  ossia l’apparenza che della fondatezza delle ragioni a sostegno del ricorso.

Dunque qualora ricorrano queste condizioni il RICORRENTE può chiedere alla Commissione
tributaria la SOSPENSIONE DELL’ESECUZIONE del provvedimento impugnato con apposita

istanza motivata inserita nel ricorso, oppure se l’esigenza cautelare sorge dopo la proposizione
del ricorso introduttivo con atto autonomi notificato e depositato in segreteria art. 47 Comma 1.

art. 47 Comma 2.  quando un istanza cautelare viene proposta in 1^ grado, il presidente fissa
con decreto la trattazione della istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile, disponendo
che ne sia data comunicazione alle parti almeno 10 giorni prima.

art. 47 Comma 3.  In caso di eccezionale urgenza però il presidente, previa


delibazione del merito, con lo stesso decreto, può motivatamente disporre la provvisoria
sospensione dell'esecuzione fino alla pronuncia del collegio.
art. 47 Comma 4.  Successivamente però sulla questione si pronuncia anche il collegio
che sentite le parti provvede con ordinanza motivata impugnabile.

A parte l’eccezionalità di tale caso, il codice del processo tributario prevede che la domanda di sospensione
sia decisa entro 180 giorni dalla data di presentazione, termine che tuttavia sembra essere eccessivo
rispetto all’esigenze connotate per la fase cautelare.

art. 47 Comma 5  La sospensione può anche essere parziale e subordinata alla prestazione di
idonea garanzia mediante cauzione o fideiussione bancaria o assicurativa, nei modi e termini
indicati nel provvedimento.

art. 47 Comma 6  Nei casi di sospensione dell'atto impugnato la trattazione della controversia
deve essere fissata non oltre 90 giorni dalla pronuncia.

A seguito delle riforme del 2015 oggi la fase cautelare è prevista in ogni grado e stadio di giudizio .

APPELLO  nel procedimento di appello è previsto che l’appellante può chiedere alla Commissione
regionale di sospendere in tutto o in parte l’esecutività della sentenza impugnata, provando però che
sussistono gravi e fondanti motivi, che in mancanza della sospensione subirebbe un danno grave
ed irreparabile.

125
Il codice prevede che il presidente fissa con decreto la trattazione della istanza di sospensione per la prima
camera di consiglio utile; in caso di eccezionale urgenza il presidente può disporre con decreto motivato la
sospensione dell’esecutività della sentenza fino alla pronuncia del collegio. Il collegio sentite le parti in
camera di consiglio provvede con ordinanza motivata non impugnabile.

CASSAZIONE  La parte che ha proposto ricorso per cassazione può chiedere alla commissione che
ha pronunciato la sentenza impugnata di sospenderne in tutto o in parte l'esecutività, allo scopo di evitare
un danno grave e irreparabile. Affinché l’istanza di sospensione sia trattata deve essere data prova del
deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte di Cassazione.

2.5 (Segue). Processo cautelare nell’interesse dell’amministrazione pubblica.

Finora abbiamo analizzato la fase cautelare dal lato del contribuente, ma l’ordinamento contempla anche le
misure cautelari a tutela del credito tributario dell’amministrazione.

A seguito della notifica di un atto di contestazione l’amministrazione che fondato timore di perdere la
garanzia del suo credito, può chiedere al presidente della Commissione tributaria provinciale
l’ISCRIZIONE DI IPOTECA sui beni del contribuente e degli obbligati in solido.

Le istanze devono essere notificate alle parti interessate, che entro i 20 giorni successivi, possono
depositare memorie e documenti difensivi.

La Commissione decide con SENTENZA.

Tuttavia spesso la stessa presentazione dell’istanza cautelare può indebolire la possibilità di


restituzione, dunque il presidente può adottare la misura con decreto monocratico che deve
essere motivato. Nel decreto deve essere fissata l’udienza da tenersi entro i successivi 30 giorni
dinanzi al Collegio, il quale, con ordinanza può confermare o revocare i provvedimenti emanati con
decreto monocratico.

2.6. (Segue). Processo cautelare in materia di aiuti di Stato: il rito abbreviato.


L’ordinamento contempla un processo cautelare che riguarda gli atti volti al recupero di aiuti di Stato,
perché dichiarati incompatibili in esecuzione di una decisione adottata dalla Commissione europea.

Il codice del processo tributario affida alla Commissione tributaria provinciale il potere di concedere la
sospensione di questa decisione di recupero.
Devono però sussiste 2 presupposti:

- Gravi motivi di illegittimità della decisone di recupero, o evidente errore nella individuazione del
soggetto tenuto alla restituzione dell’aiuto di Stato, o evidente errore nel calcolo della somma da
recuperare;
- Pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile.
126
Se la sospensione è giustificata da vizi di illegittimità della decisione di recupero, la Commissione
tributaria provinciale provvede con ORDINANZA alla sospensione del giudizio, e all’immediato rinvio
pregiudiziale della questione alla CORTE DI GIUSTIZIA con la richiesta di trattazione d’urgenza.

Il codice tributario ha previsto per tali controversi un RITO ABBREVIATO, tali controversie dunque sono
definite, anche nel merito, entro 60 giorni dalla pronuncia dell’ordinanza di sospensione.

2.7. Mezzi di impugnazione. Il processo di appello.

art. 50
In base all’ i mezzi per impugnare le sentenze delle commissioni tributarie sono:

- APPELLO;
- RICORSO PER CASSAZIONE;
- REVOCAZIONE.
Anzitutto dobbiamo dire che verso la sentenza della Commissione provinciale è possibile proporre APPELLO
dinanzi alla COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE. Qui si applicano le norme del c.p.c. fatto salvo quanto
diversamente disposto dalle norme del codice tributario che prevalgono.

Richiamiamo l’art. 327 c.p.c. che dispone che la sentenza di primo grado è soggetta ad impugnazione nei
termini ordinari, dunque non può proporsi dopo decorsi 6 mesi dalla pubblicazione della
sentenza, per quello breve invece non può proporsi dopo decorsi 60 giorni dalla notifica.

L’APPELLO TRIBUTARIO  si configura quale impugnazione di tipo sostitutivo, nel senso che il suo
oggetto coincide con il giudizio di primo grado, ossia l’annullamento dell’atto che viene impugnato o la
condanna del ricorso. Qui l’appellante può far valere qualsiasi vizio della sentenza.

La decisione di secondo grado prende il posto, sia in caso di rigetto che di accoglimento, di quella di primo
grado.

Come avviene, i procedimenti da seguire:

il processo di appello è introdotto con la presentazione del RICORSO dinanzi alla Commissione tributaria
regionale della circoscrizione dove ha sede il giudice di primo grado. Cosa importante è che il ricorso deve
essere notificato nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado art. 53
comma 2.
Dopo la notifica dell’appello la parte appellante deve costituirsi presso la Commissione tributaria regionale
entro 30 giorni dalla notifica; mentre le parti diverse dall’appellante devono costituirsi entro 60 giorni.
Ricordiamo che qualora l’appellato non si costituisca in giudizio entro i 60 giorni non vi saranno comunque
conseguenze pratiche irreversibili, tuttavia questo non avrà diritto a ricevere determinati avvisi, come
l’avviso di trattazione dell’udienza ecc

127
Anche qui, come per il ricorso di primo grado, l’atto di appello deve contenere l’indicazione:

a) della commissione tributaria cui e' diretto;


b) dell’appellante e i dati che lo identificano;
c) altre parti nei cui confronti è proposto l’appello;
d) estremi della sentenza impugnata;
e) l’esposizione sommaria dei fatti
f) oggetto della domanda;
g) motivi specifici di impugnazione e capi della sentenza cui sono riferiti;
h) sottoscrizione del difensore.
Come per il provvedimento di primo grado, qualora mancasse unoi di questi elementi l’appello è
INAMMISSIBILE.
Dopo il deposito del ricorso, quest’ultimo viene iscritto dalla segreteria in un registro generale, dunque
una volta seguito l’esame preliminare viene fissato il termine per la trattazione.

Ricordiamo che vi è un termine di 20 giorni per la presentazione di documenti, e 10 giorni per la


presentazione di memorie.

2.8. (Segue). Onere di impugnazione incidentale, riproposizione dei motivi e divieto di ius novorum.

Può darsi che la sentenza di 1^ grado risulti insoddisfacente per entrambe le parti, che cioè ognuna abbia
interesse ad impugnare determinati capi della decisione.

Dunque in seguito alla notifica dell’appello principale, l’altra parte può presentare un atto qualificato come

APPELLO INCIDENTALE, che si inserisce necessariamente nel giudizio avviato dalla prima
impugnazione.

A pena di inammissibilità la proposizione dell’appello incidentale e il suo deposito, deve avvenire entro 60
giorni della notifica dell’appello principale.

128
Il processo di appello è dominato da 2 fondamentali principi:

 PRINCIPIO DEVOLUTIVO  ossia il giudice di secondo grado è investito della causa, nei
limiti delle determinazioni e delle censure contenute nei motivi di appello e della loro
riproposizione ad opera delle parti appellanti. Dunque sui capi di sentenza di primo grado che non
hanno formato specifico oggetto di appello si forma il “giudicato interno”, cioè che le eccezioni non
espressamente riproposte s’intendono rinunciate.
 DIVIETO DI IUS NOVORUM  ossia impedisce l’ampliamento dell’oggetto in appello
rispetto al primo grado. L’appello infatti deve essere circoscritto alle domande e alle eccezioni

formulate dalle parti in primo grado. L’art. di riferimento è il 57 :


“nel giudizio di appello non possono proporsi domande nuove, e se proposte devono
essere dichiarate inammissibili d’ufficio, e non possono proporsi nuove eccezioni che
non siano rilevabili anche d’ufficio”.
Questo principio è sancito anche dall’art. 345 c.p.c. che è stato novellato nel 2012, ritenendo che
mezzi e documenti nuovi sono ammessi qualora la parte dimostri di non averli potuti proporre nel
giudizio di primo grado per cause ad essa non imputabili. Allo stesso modo questa variante ha
prodotto effetti anche nel modello del processo tributario, proprio in sede di interpretazione

dell’art. 58:
“Il giudice d'appello non può disporre nuove prove, salvo che non le ritenga
necessarie ai fini della decisione o che la parte dimostri di non averle potute fornire
nel precedente grado di giudizio per causa ad essa non imputabile”.

Nel complesso comunque possiamo ritenere che il processo di secondo grado è delimitato dall’atto
impugnato (principio devolutivo) e resta pur sempre nei margini del ricorso introduttivo (divieto di ius
novorum), il quale compete al giudice di secondo grado censurare eventuali inammissibilità.

2.9. (Segue). Giudizio di cassazione: il rinvio al giudice di merito.


Il ricorso per cassazione è disciplinato dagli arti 62 – 62 bis e 63.
A norma dell’art.62 :

1. Avverso la sentenza della commissione tributaria regionale può essere proposto ricorso per cassazione
per i motivi di cui ai numeri da 1 a 5 dell'art. 360, comma 1, del codice di procedura civile.
2. Al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di
procedura civile in quanto compatibili con quelle del presente decreto.

I termini per ricorrere sono gli stessi dell’appello: 60 giorni nel caso in cui la sentenza di secondo grado è
stata notificata, 6 mesi in mancanza di notifica.

129
In base all’art. 366 c.p.c. il ricorso per cassazione, a pena di inammissibilità, deve contenere:
1. l’indicazione delle parti;
2. l’indicazione della sentenza o decisione impugnata;
3. l’esposizione sommaria dei fatti della causa;
4. i motivi per i quali si avvia i ricorso per cassazione;
5. l’indicazione della procura;
6. la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti, e dei contratti o accordi collettivi sui
quali il ricorso si fonda.

Una specifica attenzione merita il punto 3, ossia l’esposizione sommaria dei fatti della causa, da ciò deve
essere possibile apprendere tutto, senza dover ripercorrere a ritroso gli atti dei precedenti gradi di giudizio.

Il ricorso per cassazione è strumento d’impugnazione a critica vincolata, potendosi proporre


esclusivamente i motivi d’impugnazione contemplati nell’art.360 c.p.c.

Le sentenze pronunziate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso
per cassazione:

1. per motivi attinenti alla giurisdizione;


2. per violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di
competenza;
3. per violazione o falsa applicazione di norme di diritto (4) e dei contratti e accordi collettivi nazionali
di lavoro;
4. per nullità della sentenza o del procedimento;
5. per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le
parti.

Il ricorso deve essere notificato nelle forme appositamente previste per il giudizio di cassazione, che
prevalgono anche su quelle del codice del processo tributario (art.16.3).

La successiva costituzione deve avvenire nel termine di 20 giorni.


Il ricorso per cassazione impone il deposito di una serie di documenti, a pena di improcedibilità:

- copia autenticata della sentenza impugnata;


- procura speciale;
- gli atti e documenti posti a fondamento del ricorso;
- la richiesta di trasmissione del fascicolo d’ufficio alla cancelleria della Corte di cassazione, munita
del visto della segreteria della Commissione tributaria regionale.
- L’avviso di ricevimento del piego raccomandato al fine di dimostrare il perfezionamento della
notifica.

CONTRORICORSO  nel procedimento dinanzi alla Corte è possibile alla parte contro cui è proposto
ricorso proporre a sua volta un controricorso, per le quali sono fissate le medesime prescrizioni del ricorso
principale.
130
Nel procedimento in cassazione manca la fase istruttoria.

L’udienza viene comunicata con almeno 20 giorni di anticipo, ed è consentito il deposito di note nei 5 giorni
precedenti all’udienza.

SENTENZA  la sentenza che decide può:

- Rigettare il ricorso e confermare la sentenza impugnata;


- Accogliere il ricorso e cassare senza rinvio;
- Accogliere il ricorso e cassare con rinvio, rimettendo la causa ad un giudice di merito (solitamente
ad una diversa commissione tributaria regionale), tale procedimento è definito GIUDIZIO DI
RINVIO.

2.10. (Segue). Giudizio di revocazione.

Come detto in precedenza, in base all’ art. 50 i mezzi per impugnare le sentenze delle commissioni
tributarie sono:

- APPELLO;
- RICORSO PER CASSAZIONE;
- REVOCAZIONE.
Dopo aver analizzato i primi due, andiamo ad analizzare il giudizio di revocazione (64 a 67bis).

Si tratta di un mezzo proposto nei confronti del medesimo giudice autore della sentenza gravata, in
presenza di vizi speciali e tipici.

Abbiamo un elencazione tassativa delle ipotesi in cui e contemplabile tale revocazione, art.395 c.p.c. e

l’art.64 del codice tributario:

1. Dolo di una delle parti in danno dell’altra;


2. Giudizio in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false;
3. Se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto
produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario;
4. se la sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è
questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è
incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è
positivamente stabilita, e tanto nell'uno quanto nell'altro caso se il fatto non costituì un punto
controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare;
5. se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata [324],
purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione;
6. se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.

131
Si tratta di una impugnazione che può essere sia ordinaria che straordinaria:

ordinaria  quando riguarda vizi palesi  n. 4 e 5;

straordinaria  quando riguarda vizi occulti  n. 1 – 2 – 3 – 6

Il ricorso per revocazione presenta la stessa struttura dell’atto di appello.

Il relativo giudizio ha una particolare fase bifasica, dividendosi in 2 momenti: RESCINDENTE e RESCISSORIO.
Vi è una domanda rescindete inerente al fatto di accertare i suddetti vizi. Se tali vizi sono riconosciuti segue
il secondo momento che è l’esame della domanda rescissoria.

2.11. Giudizio di ottemperanza.

Se un giudizio si conclude con un esito sfavorevole per lo Stato e questo non adempie agli obblighi
discendenti dalla sentenza, la parete che vi ha interesse può promuovere un GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA,
volto all’esecuzione della sentenza passata in giudicato.

Il giudizio di ottemperanza deve essere indirizzato a norma dell’art. 70 codice del processo tributario:

- per quanto concerne i giudizi di 1^ grado e 2^ grado può essere chiesta l’ottemperanza al
medesimo giudice tributario che ha emesso la sentenza;
- per quanto concerne il ricorso per cassazione invece l’ottemperanza può essere richiesta al
tribunale amministrativo regionale TAR

Il ricorso per l’ottemperanza è proponibile soltanto dopo la scadenza del termine prescritto dalla legge per
l’adempimento, o in mancanza dopo 30 giorni dalla messa in mora a mezzo di ufficiale giudiziario.

Il ricorso deve essere presentato al presidente della Commissione competente, e deve contenere:

- la sommaria esposizione dei fatti;


- sentenza passata in giudicato dio cui si chiede l’ottemperanza.

Entro 20 giorni l’ufficio o l’ente possono trasmettere le proprie osservazioni, allegando la prova
dell’eventuale adempimento. Decorsi tali termini il presidente della Commissione assegna il ricorso alla
sezione che ha pronunciato la sentenza. Sentite le parti in contradditorio ed acquisita la
documentazione necessaria, il Collegio adotta con ulteriore sentenza i provvedimenti indispensabili per
l’ottemperanza.

Contro la sentenza di ottemperanza è ammesso soltanto ricorso in cassazione per inosservanza delle norme
sul procedimento.

132
2.12. Vicende sospensive e interruttive del processo tributario.

Le norme del codice civile in materia di sospensione e di interruzione si applicano anche al processo
tributario.

SOSPENSIONE  è disposta quando è necessario risolvere una questione pregiudiziale alla


controversia in questione (es. querela di falso). Dunque nell’attesa di verifica vi p la temporanea paralisi del
processo.

INTERRUZIONE  questa viene disposta quando decede una delle parti oppure quando essa perde la
capacità di stare in giudizio. Dunque l’interruzione diversamente dalla sospensione è un effetto automatico
di tali evenienze.

133

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