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DIRITTO TRIBUTARIO

Carinci Tassani
Quarta Edizione

GRAMMATICA TRIBUTARIA
1. Diritto tributario e concetto di tributo
Il diritto tributario è la branca giuridica che ha ad oggetto l'istituzione e la disciplina dei tributi.
Il tributo è un'entrata pubblica, una risorsa che affluisce allo stato e agli enti territoriali con la
funzione di fare fronte al fabbisogno finanziario: è un'entrata di carattere ordinario stabile e
prevedibile, oltre che definitivamente acquisita. Si distingue tra entrate di diritto privato, le quali
derivano dallo svolgimento di attività economiche e dalla gestione del patrimonio dell'ente
pubblico, ed entrate di diritto pubblico, che derivano dall'esercizio di poteri autoritativi.
Attraverso i tributi l'ente pubblico è in grado di garantire la sostenibilità finanziaria dell'azione
pubblica diretta a realizzare la rete di protezione sociale che si usa ricomprendere nel concetto di
welfare state.
Occorre sottolineare come il diritto tributario si occupi della sola fase acquisitiva e delle risorse e
del fascio di rapporti giuridici ad essi connesse, mentre rimane estranea a tale disciplina la fase di
allocazione delle risorse pubbliche.
Il tributo si palesa in termini di obbligazione, avente come oggetto il pagamento di una somma di
denaro di cui il singolo è debitore nei confronti dello Stato o dell'ente pubblico: l'imposizione
fiscale rappresenta una delle principali espressioni della sovranità statale e l'ablazione patrimoniale
che si genera nella sfera giuridica del consociato ha carattere coattivo.
È possibile definire, quindi, il tributo come un'obbligazione pecuniaria che sorge in capo al singolo
per effetto di un intervento autoritativo dello Stato o di un altro ente territoriale, avente la funzione
di reperire entrate pubbliche attraverso cui realizzare il riparto delle spese tra i consociati.

2. Tipologie di tributi: imposte e tasse


I tributi si distinguono in imposte e tasse. le imposte rappresentano la categoria è più importante, e
la loro causa giustificatrice consiste nella complessiva forza economica del soggetto che rende
doveroso il concorso individuale alle spese pubbliche; Il prelievo tributario realizzato tramite
imposta non rivela alcun collegamento con uno specifico servizio o una specifica attività dell'ente
pubblico a favore del consociato: la forza economica rilevante ai fini della tassazione è espressa dai
c.d. fatti-indice che le singole leggi d'imposta assumono come presupposto di diversi tributi. Si usa
distinguere tra imposte dirette, in cui la forza economica è manifestata direttamente da reddito e
patrimonio, e imposte indirette, in cui la forza economica è espressa in via indiretta da fatti indice
come consumo e compimento di atti giuridici. Altra distinzione rilevante è quella tra imposte
personali, in cui la capacità contributiva è valutata nell'ambito della complessiva situazione
personale e familiare del soggetto, e reali, in cui la capacità contributiva è valutata in senso
oggettivo. La tassa è dovuta dal singolo a fronte della fruizione in modo individuale di un servizio
pubblico, di un atto pubblico, o di un'attività pubblica: E un assetto giuridico di tipo para
commutativo, poiché la ragione del prelievo è da individuarsi del beneficio attribuito al soggetto a
favore del quale il servizio è predisposto; nei sistemi tributari moderni alle tasse è assegnata una
dimensione residuale rispetto alle imposte. La struttura giuridica della tassa esclude ogni rapporto di
sinallagmaticità tra la stessa e il servizio prestato al singolo; inoltre, la causa giustificatrice della
tassa non è solo espresso dal beneficio attribuito al singolo, ma anche dalla sua forza economica.
È necessario concentrarsi sulla delimitazione del tributo dalle entrate non tributarie, qualificate
normativamente in vario modo, come canoni, tariffe, prezzi pubblici, diritti. Si tratta di corrispettivi
veri e propri che traggono la propria fonte dalla disciplina negoziale del rapporto tra il singolo e
l'ente: l'estraneità della categoria al tributo impedisce di applicare i principi e le disposizioni
dell'ordinamento tributario.

3. Tributi e destinazione finanziaria. Il tributo di scopo


Il diritto tributario ha ad oggetto il solo momento acquisitivo delle risorse pubbliche: la destinazione
finanziaria delle entrate tributarie risulta irrilevante nello studio giuridico del tributo, ma vi sono
delle ipotesi in cui la destinazione finanziaria costituisce parte integrante della disciplina. I tributi di
scopo sono tributi specificamente finalizzati dalla legge al perseguimento di determinati obiettivi,
ossia il sostenimento di spese appositamente individuate: esso può essere un'imposta a una tassa.
Nel sistema vigente i tributi di scopo sono soprattutto presenti a livello locale, e la loro sempre
maggiore diffusione si spiega per l'immediata percezione che il contribuente ha della finalizzazione
del sacrificio impostogli.

4. La struttura normativa del tributo


La struttura normativa del tributo può essere scomposta in fattispecie sostanziale e fattispecie
procedimentale.
la fattispecie sostanziale del tributo è delineata dalle norme sostanziali che consentono di
determinare i soggetti, l'an e il quantum del prelievo tributario; La fattispecie sostanziale comprende
il presupposto, i soggetti attivi e passivi, la base imponibile e l'aliquota.
- Presupposto  il presupposto è quella situazione di fatto ho diritto al verificarsi del quale
si rende dovuto il tributo; Si tratta di una situazione che risulta in grado di esprimere la forza
economica del singolo imposta a base del prelievo. Si usa distinguere tra imposte istantanee,
in cui il presupposto si risolve in un fatto o atto isolato, e imposte periodiche, dove il
presupposto è idoneo a manifestarsi nell'arco di un periodo di tempo e come tale è misurato.
La previsione di fattispecie negative nella norma tributaria può ricollegarsi ad una
delimitazione della capacità contributiva coerente con la ratio del tributo (norme di
esclusione) oppure a vere e proprie deroghe rispetto a quest'ultima (norme di esenzione o
agevolazione).
- Soggetti  i soggetti del tributo sono il soggetto attivo ed il soggetto passivo
dell'obbligazione pecuniaria; l'ordinamento prevede una pluralità di soggetti passivi, tra cui
il più importante è il contribuente, ossia il soggetto che realizza il presupposto.
- Base imponibile  La base imponibile costituisce l'espressione quantitativa del
presupposto, ossia la grandezza su cui viene applicata l'aliquota del tributo.
- Aliquota  L'aliquota è la percentuale che, applicata alla base imponibile, permette la
determinazione del quantum, quantificando il tributo in moneta corrente. L'aliquota può
essere fissa o progressiva: nel primo caso, essa rimane immutata al variare della base
imponibile; Nel secondo caso, l'incremento della base imponibile produce un aumento più
che proporzionale dell'aliquota da applicare. Altri tributi prevedono una pluralità di aliquote
che variano a seconda della specifica fattispecie impositiva, ma non in una dimensione
progressiva in senso proprio; Vi sono anche tributi dovuti in misura fissa, per i quali
l'imposizione prescindere dall'applicazione di un'aliquota.
Si parla di imposta sostitutiva quando la legge prevede l'applicazione di una disciplina impositiva
differente in luogo di quella ordinaria. L'imposta sostitutiva rappresenta un tributo che si
caratterizza per la circostanza di sostituirsi ad un regime ordinario, in funzione soprattutto
agevolativa.
Con l'imposta addizionale la legge prevede l'applicazione di una aliquota ulteriore che si aggiunge
a quella già prevista per l'imposta principale.
La sovraimposta è un autonomo tributo in cui il presupposto è la base imponibile sono comuni a
quelli di un altro tributo.
La fattispecie procedimentale attiene la regolamentazione dell'iter attuativo del tributo, ossia di
quella fase dinamica che consente di concretizzare l'astratta determinazione del dovere tributario: si
deve parlare di procedimento amministrativo tributario, composto da norme che disciplinano gli
obblighi strumentali del soggetto passivo, i poteri dell'amministrazione finanziaria e le forme di
cooperazione tra i soggetti.
Mantengono una dimensione autonoma le norme processuali e sanzionatorie: la distinzione tra le
diverse tipologie di norme assume particolare rilievo con riferimento all'efficacia temporale delle
norme tributarie. Per le norme sostanziali, vale la regola dell'applicazione di quelle vigenti nel
momento in cui si realizza il presupposto d'imposta. Per le norme procedimentali e processuali, vale
la regola del tempus regit actum, quindi è applicabile la norma vigente nel momento in cui è
compiuto l'atto o la specifica attività. Per le norme sanzionatorie valgono i principi dell’abolitio
criminis e del favor rei.

5. L’interpretazione della norma tributaria


L'interpretazione è l'operazione logica necessaria per determinare e realizzare il prelievo fiscale.
Oggi si ritiene che l'operazione interpretativa debba essere condotta secondo i principi e i criteri di
diritto comune, alla stregua dell'articolo 12 delle disposizioni sulla legge in generale che precedono
il Codice civile. Si ritiene che il criterio letterale, quello teleologico e quello sistematico debbano
concorrere insieme alla luce dei principi fondamentali dell'ordinamento tributario; importante è
l'interpretazione adeguatrice che si risolve nell'assegnare alla norma un significato che sia
maggiormente adeguato ai principi superiori della costituzione è dell'unione europea; si riconosce
l'interpretazione dichiarativa, restrittiva ed estensiva. le specificità del diritto tributario si
evidenziano nelle caratteristiche dell'ordinamento fiscale: è abbastanza frequente ritrovare
riferimenti ed istituti e concetti tipici di altre branche del diritto, parlandosi della norma tributaria
come norma di secondo grado. Sussistono perplessità circa la possibilità di adottare in materia
tributaria il metodo dell'interpretazione analogica: nonostante sia condivisa l'idea che la norma
fiscale non assuma carattere eccezionale, si tende ad affermare il carattere di fattispecie esclusiva
della disposizione tributaria che, quindi, non si presterebbe ad una declinazione di tipo analogico.
L'analogia è in ogni caso esclusa per le norme sanzionatorie tributarie.

6. I soggetti dell’interpretazione giuridica tributaria


Tutti i soggetti che risultano coinvolti nell'attuazione del tributo risultano direttamente chiamati ad
interpretare la norma tributaria: si tratta del contribuente e degli altri soggetti passivi, degli uffici
fiscali e degli organi dell'amministrazione finanziaria competenti, oltre che il giudice tributario.
Pare opportuno delineare una suddivisione della attività interpretativa in funzione dei soggetti
istituzionali che assumono un ruolo di indirizzo interpretativo di carattere generale. Si parla di
norme di interpretazione autentica quando una fonte di produzione di una norma giuridica contiene
l'interpretazione di una disposizione emanata in precedenza: la disposizione interpretativa si
aggiunge a quella preesistente integrando nel contenuto precettivo in modo che la fattispecie astratta
risulti maggiormente definita; è un intervento normativo in senso proprio che dispiega i propri
effetti dal momento dell'entrata in vigore della norma previgente interpretata. Lo statuto dei diritti
del contribuente ha introdotto alcuni principi che dovrebbero limitare l'utilizzo delle norme
interpretative: l'introduzione di questo tipo di norme in materia tributaria può essere disposta
soltanto in casi eccezionali e tramite legge ordinaria, che espressamente le qualifichi come di
interpretazione autentica; inoltre, si ritiene necessario che il significato attribuito rientri tra quelli
che ragionevolmente potevano essere ascritti alla legge anteriore e che realmente sussistesse una
difficoltà interpretativa. Qualora la norma tributaria non riveli carattere della disposizione di
interpretazione autentica, la stessa dovrà essere qualificata alla stregua di una disposizione
autonoma e nuova. Un ruolo di indirizzo interpretativo e di carattere generale è svolto dalle
pronunce della Corte di Cassazione, della Corte costituzionale e della Corte di giustizia della
Unione europea. I principi affermati dalla Corte costituzionale sono punti di riferimento
dell'interpretazione delle norme tributarie per il ruolo di principi fondamentali assunto dalle
disposizioni costituzionali di rilievo fiscale; La Corte di Cassazione ha tra i suoi compiti quello di
assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge; La Corte di giustizia
dell'unione europea è custode dell'interpretazione del diritto europeo, essendo tenuta a fornire al
giudice nazionale remittente la corretta lettura circa il significato e la porta della norma europea. Il
soggetto attivo del tributo esercita un'importante attività di indirizzo interpretativo mediante
l'emanazione di circolari: le circolari sono atti che non hanno natura né normativa né
provvedimentale, dalla valenza esclusivamente interna, in quanto dirette agli uffici pubblici aventi il
compito istituzionale di curare l'attuazione dei tributi; le circolari sono emanate dalle strutture
apicali delle agenzie fiscali e degli altri organi che fanno parte dell'amministrazione finanziaria, e si
distinguono in:
a. Circolari in senso stretto, che contengono indicazioni interpretative di carattere generale
(sono con emanate quando entrano in vigore nuove leggi tributarie).
b. risoluzioni, risposte a interpelli e consulenza giuridica, FAQ, che riguardano
l'interpretazione relativa ad una fattispecie concreta.
Le circolari non hanno alcun effetto cogente nei confronti del contribuente, degli altri soggetti
passivi e dei giudici tributari: la natura interna può al più esplicitare effetti di vincolatività nei
rapporti gerarchici tra gli uffici e i rispettivi funzionari. Il problema giuridico che si pone non è
tanto quello di ritenere i singoli vincolati a quanto scritto nelle circolari, quanto di affermare
posizioni giuridiche tutelabili dei soggetti passivi dinanzi a mutamenti interpretativi della prassi: sia
la dottrina che la giurisprudenza hanno riconosciuto uno stato di affidamento tutelabile della
posizione giuridica del singolo, derivanti dai generali valori di correttezza e buona fede, di buon
andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, oltre che di certezza del diritto; si
riconosce una tutela parziale dell'affidamento del singolo, in quanto questa non si estende fino a
considerare non dovuto il tributo non versato in aderenza alle originarie indicazioni interpretative,
ma il singolo sarà comunque libero di contestare la nuova interpretazione e la conseguente ripresa
fiscale, avendo la certezza della non applicazione di sanzioni ed interessi moratori.
L'amministrazione è tenuta a portare a conoscenza del contribuente in modo tempestivo e con mezzi
idonei tutte le circolari e le risoluzioni emanate. In relazione all'attività interpretativa
dell'amministrazione finanziaria occorre menzionare anche gli interpelli: essi sono modelli
procedimentali attraverso cui il contribuente rivolge un'istanza all'amministrazione finanziaria, al
fine di ottenere un parere qualificato in ordine all'applicazione di norme tributarie ad una fattispecie
personale e concreta; l'interpretazione fornita determina una situazione di affidamento pienamente
tutelato in capo al singolo consociato.

7. Elusione della norma tributaria ed evasione fiscale


Con il termine evasione si fa riferimento a quel comportamento, posto in essere dal soggetto
passivo, che viola direttamente una o più norme tributarie attraverso l'occultamento o l'artificiosa
alterazione del presupposto o della base imponibile. Si utilizza l'espressione “evasione da
riscossione” per indicare il diverso fenomeno della violazione degli obblighi di versamento
relativamente all'imposta liquidata o all’artificioso spossessamento di beni finalizzato a impedire la
riscossione coattiva. L'azione di contrasto all'evasione fiscale è affidata all'amministrazione
finanziaria, attraverso l'esercizio dei poteri di verifica, accertamento e riscossione coattiva, oltre che
sanzionatori: superate determinate soglie l'evasione diviene penalmente rilevante. Il fenomeno
dell'evasione è il frutto di comportamenti illegittimi dei singoli.
Con il termine elusione si fa riferimento a quel comportamento che non determina alcuna violazione
diretta di una norma tributaria, giungendo tuttavia ad ottenere un vantaggio indebito alla luce delle
finalità e dei principi del sistema. Il primo problema che si pone è quello di individuare il principio
da cui discende l'antigiuridicità della fattispecie elusiva ed in base al quale poter distinguere
l'illusione dalla pianificazione fiscale. Il sistema tributario italiano ha conosciuto l'introduzione di
una disposizione generale antielusiva in grado di:
- Contenere una definizione di elusione ad averli internamento;
- configurare le conseguenze giuridiche del comportamento elusivo;
- individuare uno specifico iter procedimentale per accertare l'elusione.
L’art.10bis, L 212/2000 ha disciplinato il divieto di abuso del diritto, stabilendo che “configurano
abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che pur nel rispetto formale
delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti.”; la stessa disposizione, al
comma quattro, sancisce il principio della libertà di scelta del contribuente, che può scegliere tra
operazioni comportanti un carico fiscale diverso, orientandosi verso quelle fiscalmente meno
onerose, senza che questa sia considerata elusione.

8. Applicazione della norma tributaria e incertezza giuridica


L'ordinamento fiscale italiano si è sviluppato in modo tale da non rendere agevole e certa
l'applicazione della norma tributaria: cioè dovuto dalla creazione di sottosistemi normativi e dalla
forte presenza di disposizioni che assolvono ad ulteriori funzioni rispetto a quella fiscale in senso
stretto. Per questo il contribuente si trova spesso dinanzi a situazioni di oggettiva incertezza
applicativa due punti l'ordinamento fiscale è stato modificato introducendo diversi modelli
collaborativi e partecipativi aventi la funzione di prevenire le liti fiscali ed attribuire certezza ai
rapporti giuridici tributari. Uno sforzo nella direzione di recuperare maggiore qualità e trasparenza
nella normativa fiscale è stato fatto con lo statuto dei diritti del contribuente che ha posto alcuni
principi generali:
- Art.2  si dispone la necessaria menzione dell'oggetto nel titolo della legge, il divieto di
prevedere disposizioni tributarie per leggi non aventi oggetto tributario, la menzione del
contenuto sintetico delle altre disposizioni eventualmente richiamate, la necessità in caso di
modificazione di indicare il testo modificato.
- Art.10, comma 3  si prevede che le sanzioni non possono essere irrogate quando la
violazione dipenda da “obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di
applicazione della norma tributaria”: l'obiettiva condizione di incertezza è causa di non
punibilità penale in caso di violazioni di norme tributarie, e deve manifestarsi in modo
oggettivo.

IL SISTEMA DELLE FONTI DI DIRITTO TRIBUTARIO


1. Complessità del sistema e gerarchia delle fonti
Il sistema delle fonti di diritto tributario può essere schematizzato nel modo seguente:
- Costituzione e leggi costituzionali / trattati e fonti derivate dell'unione europea
- legge di ratifica delle convenzioni internazionali
- leggi ordinarie, decreti legislativi, decreti legge, leggi regionali
- regolamenti statali e degli altri enti territoriali

2. Il rapporto tra fonti europee e fonti nazionali


Per quanto attiene la ripartizione delle competenze tra Stati membri ed Unione europea in materia
fiscale, oltre all'esclusiva competenza dell'unione in materia doganale, viene in considerazione
l'art.113 TFUE, secondo il quale il consiglio, deliberando all'unanimità previa consultazione del
Parlamento europeo, adotta le disposizioni riguardanti l'armonizzazione delle legislazioni in materia
di imposta sulla cifra d'affari, imposta di consumo e altre imposte indirette, al fine di assicurare il
funzionamento del mercato unionale ed evitare distorsioni di concorrenza. Si parla di tributi
armonizzati o tributi europei, perché oggetto di una disciplina comune in ambito europeo, contenuta
in apposite direttive, con riferimento all'iva, alle imposte di fabbricazione e consumo e ai tributi
doganali. L'articolo 115 del TFUE prevede la regola dell'unanimità per le direttive del consiglio
volte al riavvicinamento delle disposizioni legislative regolamentari e amministrative degli Stati
membri che abbiano una incidenza diretta sul mercato dell'unione. I profili di competenza euro
unionale si sostanziano nella creazione di modelli impositivi omogenei che sono innestati negli
ordinamenti nazionali; l'unione europea non è però dotata di sovranità in positivo in senso stretto,
non potendo istituire propri tributi applicabili all'interno territorio europeo: si parlerà piuttosto di
integrazione fiscale europea di carattere negativo, in quanto viene realizzata mediante limiti imposti
dalla giurisprudenza europea ai legislatori nazionali in nome dei superiori principi unionali.

3. Il diritto internazionale pattizio e le leggi di ratifica delle convenzioni internazionali


Le principali convenzioni internazionali rilevanti in materia tributaria sono volte a contrastare la
doppia imposizione internazionale dei redditi e del patrimonio, nonché a consentire forme di
reciproca collaborazione tra le amministrazioni finanziarie nazionali.

4. Le fonti legislative e regolamentari nazionali


Rinvio.

5. L’autonomia tributaria delle Regioni e degli enti locali


L'autonomia tributaria rappresenta un elemento essenziale dell'autonomia finanziaria che si esprime
tanto nell'autonomia delle decisioni politiche relative alle entrate, quanto in quella che ha ad oggetto
l'utilizzo delle risorse. Occorre esaminare l'attuale assetto della ripartizione delle competenze tra
stato ed altri enti territoriali.
La potestà legislativa dello Stato è esclusiva nelle materie indicate al comma due dell'articolo 117
della costituzione, tra cui rientrano il sistema tributario e contabile dello Stato, l'armonizzazione dei
bilanci pubblici e la perequazione delle risorse finanziarie.
La potestà legislativa delle regioni e invece concorrente per quanto attiene il coordinamento della
finanza pubblica e del sistema tributario è residuale per materia esclusivamente collegate al
territorio della regione.
L'articolo 119 della costituzione riconosce alle regioni e gli altri enti territoriali l'autonomia
finanziaria di entrata e risorse autonome potendo stabilire ed applicare tributi in armonia con la
Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario;
Gli enti territoriali possono anche disporre di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili
al loro territorio.
Il sistema prevede per le regioni a statuto ordinario che lo stato debba determinare i principi
fondamentali di coordinamento del sistema tributario che la regione deve rispettare nell'esercizio
del potere impositivo le regioni a statuto speciale possono invece istituire tributi propri con il solo
limite dell'armonia con i principi del sistema tributario statale e di quello europeo.
A parte le entrate rappresentate dalla compartecipazione al gettito di tributi erariali e da risorse
provenienti dal fondo perequativo, le regioni possono finanziarsi attraverso:
- tributi propri  sono istituiti e disciplinati con legge regionale nell'esercizio della
competenza residuale
- tributi propri-derivati  sono istituiti e regolati da legge statale con attribuzioni della
titolarità di credito tributario alla regione
- addizionali  sono calcolate sulla base imponibile di tributi erariali
L'autonomia tributaria delle province e dei comuni può essere esercitata nell'ambito di tributi
istituiti e disciplinati dalla legge statale o da quella regionale: la limitata autonomia normativa può
esplicarsi nella fissazione dell'aliquota o nella previsione di norme di esenzione ed agevolazione o
nella disciplina del procedimento attuativo.

6. Le fonti di soft law


La proliferazione della soft Law in diritto tributario si percepisce a livello europeo ed
internazionale, derivando dalla necessità di un'azione congiunta e coordinata dei singoli legislatori
nazionali per affrontare fenomeni tributari di portata mondiale. A fronte dell'urgenza di
regolamentare dei determinati fenomeni, è ormai presso lo studio e l'elaborazione di modelli di
regola di soft Law destinati ad essere recepiti spontaneamente nelle legislazioni nazionali o nelle
direttive o nelle convenzioni multilaterali e bilaterali.
Soggetti della soft Law sono anche gli organi europei che tenta di coordinare la politica fiscale degli
Stati membri agendo sul piano del diritto mite piuttosto che su quello del diritto cogente.
Un ruolo importante è svolto dalla organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico
(OCSE), predisponendo modelli di convenzioni internazionali e standard di interpretazione.

I PRINCIPI FONDAMENTALI DEL DIRITTO TRIBUTARIO


1. Introduzione
I principi generali assumono una doppia valenza:
- Svolgono un'importante funzione interpretativa, in quanto attraverso essi è possibile
identificare la ratio delle disposizioni normative e collocare le singole norme nella
dimensione del sistema, oltre che assegnare alle regole il significato maggiormente in
armonia con i valori fondamentali.
- Dal rango di principi generali derivano vincoli per la subordinata attività normativa ed
amministrativa, i quali, se non rispettati, conducono a configurare diverse conseguenze di
illegittimità degli atti.

2. Il principio costituzionale di riserva di legge (art.23 Cost.)


Il principio di riserva di legge in materia tributaria è contenuto nell'articolo 23 della costituzione,
secondo cui “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla
legge.”. La lettera dell'attuale articolo 23 evidenzia i primi e più importanti ambiti di competenza
parlamentale e di affermazione di riserva di legge: la tutela della libertà individuale e la tutela della
libertà patrimoniale. La ratio cui attualmente risponde il principio di riserva di legge è quella di
rafforzare il principio di legalità, in relazione a valori ed interessi fondamentali, del singolo e della
società. La riserva di legge in materia tributaria è idonea a:
- configurare la subalternità del potere esecutivo e rispetto a quello legislativo;
- consentire una maggiore ponderazione della scelta politica che solo il procedimento
legislativo può garantire;
- assicurare la trasparenza dei processi decisionali dinanzi all'opinione pubblica;
- determinare il controllo di legittimità da parte della Corte costituzionale.
In relazione all'ambito oggettivo della riserva di legge, l'articolo 23 contiene il concetto di
prestazione patrimoniale imposta. Essa è connotata dalla contestuale presenza di due elementi:
- La coattività (obbligatorietà)  si deve fare riferimento a quelle prestazioni in cui l'obbligo
sia previsto da un atto autorizzativo, adottato senza il concorso della volontà del soggetto
destinatario; la progressiva evoluzione del concetto di prestazione imposta ha portato la
giurisprudenza costituzionale ad individuare la coattività anche in quelle prestazioni che
risultano integralmente disciplinate in via autoritativa.
- La decurtazione patrimoniale  Si deve fare riferimento all'attitudine della disciplina
normativa a produrre un'ablazione del patrimonio del privato, il che può accadere per il
sorgere di una obbligazione pecuniaria, per la decurtazione di un profitto altrimenti spettante
o per la perdita di un diritto reale o di credito (in linea teorica anche la previsione di un
obbligo di fare a carico del singolo); la decurtazione patrimoniale può derivare sia da
prestazioni che causano un sacrificio patrimoniale definitivo, sia da prestazioni in cui
l'effetto ablatorio è solo temporaneo o parziale.
Il tributo si caratterizza per una coattività che mai può comprendere prestazioni di tipo
sinallagmatico o corrispettivo ed in esso la decurtazione patrimoniale è sempre assoluta e di
carattere definitivo; il tributo ha poi una specifica dimensione funzionale, essendo volto al
finanziamento delle spese pubbliche, ed una connotazione causale, perché prelevato in ragione della
forza economica espressa dal singolo.
È da sottolineare che vi possono essere prestazioni patrimoniali diverse dei tributi potenzialmente
suscettibili di essere ricomprese nell'articolo 23, come le sanzioni penali pecuniarie e le
espropriazioni forzate.
La riserva di legge a carattere relativo e non assoluto, in quanto è possibile che la materia tributaria
sia anche disciplinata da fonti normative secondarie. La minore rigidità della riserva di cui
all'articolo 23 della costituzione è collegata alla natura anche collettiva dei valori tutelati da un
principio che esprime anche una dimensione collettiva e solidale. Occorre definire quale debba
essere il rapporto tra fonte primaria e fonte secondaria: secondo la prevalente interpretazione, la
legge deve individuare i criteri di riparto e di concorso dei singoli e le spese pubbliche, attraverso
quelle che sono state definite norme sostanziali (disciplinano il presupposto, i soggetti attivi e
passivi, la base imponibile e l'aliquota). la riserva di legge copre sia le norme che individuano in
positivo il carico tributario, sia quelle che lo delimitano in negativo. Posta alla base legislativa, si
ritiene che le fonti secondarie possano intervenire a regolare la disciplina sostanziale
esclusivamente per definire l'aspetto quantitativo del prelievo attraverso la determinazione di base
imponibile e aliquota, se la legge prevede la fissazione di criteri o di limitazioni tali da orientare
delimitare adeguatamente la potestà normativa secondaria. Con riferimento alle norme formali o
procedimentali (disciplinano la fase attuativa e dinamica del fenomeno tributario), si ritiene che esse
siano tendenzialmente al di fuori della riserva di legge. Per quanto attiene le norme sanzionatorie, si
osserva che per le sanzioni tributarie penali vale la riserva assoluta di legge e che per la
giurisprudenza costituzionale le sanzioni amministrative tributarie costituiscono una prestazione
patrimoniale imposta.
Si ritiene che il termine “legge” in di chi sia la legge in senso formale sia gli atti aventi forza di
legge. Di conseguenza la base legislativa in cui si sostanzia la riserva di legge in materia tributaria
può essere costituita da:
- La legge del Parlamento
- il decreto legislativo
- il decreto legge
- la legge regionale
Con riferimento al decreto legge al decreto legislativo, si deve osservare come la previsione
costituzionale del controllo parlamentale preventivo o successivo è tale da ritenere rispettata la ratio
del principio di riserva di legge; le ragioni di straordinaria necessità e urgenza che devono sostenere
il ricorso al decreto legge spesso sono fatte coincidere con le esigenze di carattere finanziario: ciò
può condurre forme di abuso dello strumento del decreto legge. Dall'articolo 4 dello statuto del
contribuente prevede che non si possa disporre con decreto legge l'istituzione di nuovi tributi, nel
prevedere l'applicazione dei tributi esistenti ed altre categorie di soggetti. La diffusione dei decreti
legislativi e invece collegata in gran parte alla complessità e al tecnicismo che caratterizzano la
materia fiscale e che richiedono spesso una fase iniziale di definizione e approfondimento da parte
dell'esecutivo. i principali tributi del nostro ordinamento sono stati inseriti con decreti legislativi che
possono anche contenere i c.d. testi unici, ossia fonti normative che raccolgono la disciplina di un
determinato tributo.
Il peculiare rapporto tra ordinamento nazionale ed europeo ha posto qualche dubbio in relazione al
principio di riserva di legge di cui all'articolo 23, chiedendosi se il precetto costituzionale possa
dirsi rispettato qualora l'obbligo tributario sia introdotto e disciplinato da fonti normative europee.
La Corte costituzionale ha riconosciuto il pieno rispetto della riserva di legge sulla base della
superiorità gerarchica delle fonti europee rispetto a quelle nazionali. Maggiori perplessità sorgono
avendo riguardo alla ratio del principio di riserva di legge, in quanto gli organi e i procedimenti del
diritto europeo non si rapportano con le finalità della riserva di legge dell'ordinamento italiano, dato
che le fonti derivate del diritto internazionale prevedono l'intervento del Parlamento solo in
funzione consultiva: il riconosciuto e non ancora del tutto superato deficit democratico dell'unione
si pone in contrapposizione con la natura democratica delle giustificazioni storiche e costituzionali
che legittimano la potestà normativa tributaria.
Le fonti normative secondarie sono rappresentate dai regolamenti, i quali possono essere statali
oppure regionali e locali. La natura si può andare della fonte determina un limitato spazio di
operatività dei regolamenti in materia tributaria, potendo integrare la normativa tramite la
determinazione del quantum del prelievo entro criteri e limiti fissati dalla legge. La disciplina
procedimentale può essere oggetto di norme regolamentari, salvo quando si tratti di disposizioni che
abbiano un indiretto effetto sostanziale. Il regolamento delegato non può essere emanato nelle
materie coperte da riserva assoluta di legge: in campo fiscale simili tipologie di regolamenti sono
ammesse nel rispetto del perimetro fissato dall'articolo 23.
Fondamentale compiere una distinzione tra potestà normativa dello Stato e potestà di imposizione,
indicando con quest'ultima il potere di dare attuazione al singolo rapporto tributario mediante
l'attività di controllo, accertamento e riscossione compiuta dallo stato quale ente creditore. Solo la
potestà normativa è in grado di produrre norme giuridiche di disciplina della materia fiscale, mentre
la potestà di imposizione si risolve in una attività attuativa di tipo amministrativo.
3. Il principio costituzionale di capacità contributiva (art.53, comma 1, Cost.)
Il principio di capacità contributiva è contenuto nel primo comma dell'articolo 53 della costituzione,
il quale statuisce che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro
capacità contributiva”.
Il principio individua il necessario collegamento tra prelievo tributario e finanziamento delle spese
pubbliche video punti la situazione giuridica del concorso del singolo è delineato in termini più
velocità, mentre l'interesse generale dello Stato alla percezione dei tributi è considerato un valore
fondamentale per la collettività, definito interesse fiscale.
La capacità contributiva è assunta dalla norma costituzionale come causa giustificatrice del prelievo
tributario, nonché come regola di determinazione dell'an e del quantum di quest'ultimo: imposizione
tributaria si giustifica solo che il consociato manifesta una propria capacità contributiva, la presenza
della quale è sufficiente per legittimare il concorso individuale alle spese pubbliche.
L'attuazione dell'obbligo tributario risulta essere adempimento di doveri inderogabili di solidarietà
economica e sociale essendo strutturato per comportare un maggior sacrificio economico in capo a
coloro che manifestano una maggiore forza economica: il profilo di solidarietà economica e sociale
ulteriormente rafforzato dal principio di progressività idoneo determinare effetti di redistribuzione
della ricchezza.
Il principio di capacità contributiva assolve anche ad una fondamentale esigenza di tutela del
singolo consociato nel rapporto con lo stato, delineando un forte vincolo per il legislatore tributario.
Mediante il principio di riserva di legge si individua un vincolo di tipo formale; mediante il
principio di capacità contributiva la costituzione pone un vincolo di tipo sostanziale, per il quale il
prelievo tributario è legittimo esclusivamente se il soggetto manifesta una forza economica e solo
entro i limiti quantitativi espressi dalla stessa.
Un'ultima dimensione del principio di capacità contributiva e quella definibile di tipo razionale, la
quale esprime un limite di carattere relativo. Il principio di capacità contributiva in due direzioni:
- A non assoggettare a tassazione il singolo a prescindere dalla sua capacità contributiva e
oltre la stessa  Limite assoluto
- Ad assoggettare l'imposizione, nella medesima misura tutti coloro che manifestano la
medesima capacità contributiva  Limite relativo
In questa seconda dimensione viene imposta l'uguaglianza nel prelievo fiscale, la quale rappresenta
il riflesso del principio di uguaglianza contenuto l'articolo tre della costituzione. In tal modo l'art.53
può essere assunto tra i principi fondamentali della costituzione italiana, rappresentando una e
contro i limiti interni all'attuazione del diritto dell'unione europea.
Il concorso alle spese pubbliche è basato sulla capacità contributiva è un limite per il legislatore è
un dovere per il singolo, ed è soggettivamente riferito a tutti. Non può esistere un criterio di
collegamento soggettivo/territoriale valido per tutti i tributi e per tutte le manifestazioni di capacità
contributiva: in base all'articolo 53 si ritiene che il tributo possa essere imposto a tutti coloro che
manifestano una capacità contributiva idonea a configurare un collegamento rilevante con il
territorio italiano e con la comunità e l'ordinamento dello Stato, tale da giustificare il concorso alle
spese pubbliche. I criteri di collegamento possono essere differenti e il legislatore gode di
discrezionalità nella relativa individuazione, rispettando criteri di ragionevolezza e di coerenza
interna del tributo. Si ritiene che la sovranità fiscale dei singoli stati non incontri limitazioni
territoriali derivanti dei principi del diritto internazionale. risulta necessario valutare la legittimità e
l'efficacia delle singole disposizioni nazionali riguardanti fattispecie transnazionali sotto il profilo
del rispetto dei principi di non discriminazione, oltre che alla luce delle eventuali convenzioni
contro le doppie imposizioni potenzialmente applicabili. Diverso e il tema dell'attuazione del tributo
in rapporto ai soggetti che si trovano al di fuori del territorio italiano: si ritiene che l'attuazione del
tributo al di fuori dei confini territoriali dello Stato debba tendenzialmente avvenire con la
collaborazione dell'amministrazioni finanziarie straniere.
Il principio di capacità contributiva esige la coincidenza tra il soggetto passivo del tributo e colui
cui è attribuibile il fatto indice espressione di forza economica: da questa considerazione deriva la
necessità di valutare gli specifici criteri giuridici previsti dalla legge tributaria per poter riferire il
presupposto al soggetto passivo. Il profilo soggettivo della capacità contributiva rende legittimo
riferire il tributo a tutte le figure soggettive che risultano dotate della capacità giuridica di diritto
comune. La legge fiscale attribuisce lo status di soggetto passivo del tributo anche a soggetti diversi
dal contribuente, cui non è riferibile il presupposto era il tributo.
La Corte costituzionale ha definito il concetto di capacità contributiva come forza economica
effettiva ed attuale. Ciò comporta che il legislatore non possa attribuire rilievo a fatti o atti che siano
privi di valenza economico patrimoniale, dovendo selezionare quei fatti e atti che siano idonei a
presentarsi quali indici della più complessiva capacità economica del soggetto medesimo. Il
problema è connesso a quello più generale della individuazione dei fatti indice di capacità
contributiva, che tradizionalmente sono identificati nel reddito, nel patrimonio, nel consumo e
nell'attività giuridica. Ci si chiede se vi sia spazio per individuare ulteriori fatti indice, e la risposta
può essere tendenzialmente positiva entro il limite che debba trattarsi di fatti che esprimono una
forza specifica economica del soggetto, e che, come tali, siano rilevabili misurabili in denaro.
Si ritiene che dal necessario legame tra prelievo fiscale e forza economica del singolo non il vino
dei limiti di tassazione massima per il legislatore. Non sono ammissibili i prelievi confisca attori,
aventi ad effetto la produzione di totale ablazione della ricchezza oggetto del tributo. Si configura
come incostituzionale la tassazione che grava sul minimo vitale, ossia che priva il singolo delle
risorse economiche necessarie per soddisfare i bisogni essenziali suoi e della sua famiglia; la
dimensione quantitativa del minimo vitale è lasciata alla valutazione discrezionale del legislatore,
da esercitarsi in base al principio di ragionevolezza.
Una forza economica può dirsi effettiva quando è reale, sussistente in concreto e non meramente
virtuale o presunta, prestandosi ad essere verificata nella sua dimensione effettuale. Tale requisito
rappresenta un limite rispetto all'introduzione di metodi di determinazione e di misurazione della
capacità contributiva che non siano idonei a rappresentare la reale dimensione della forza
economica del soggetto. Io nei particolari merita il tema dell'ammissibilità delle presunzioni: in
materia tributaria l'utilizzo della presunzione può porre problemi di rispetto del requisito di
effettività della capacità contributiva, ma se il contribuente è messo nelle condizioni di dimostrare
l'erroneità della presunzione o l'effettività della propria situazione economica, si può recuperare una
dimensione effettuale in linea con il principio di capacità contributiva. Le presunzioni risulteranno
in linea con l'articolo 53 della costituzione qualora:
- Siano ragionevoli e fondate su regole di comune esperienza, oltre che coerenti con la ratio e
la struttura del tributo.
- Sia normativamente consentito al contribuente di fornire la prova contraria.
- Il contribuente ci ha messo nelle condizioni di difendersi dalla presunzione.
Una forza economica può dirsi attuale quando è sussistente nel momento in cui il tributo è
applicabile. Il requisito di attualità costituisce un limite per il legislatore soprattutto per quanto
riguarda l'adozione di legge tributarie retroattive: una legge retroattiva può risultare in contrasto con
il requisito di attualità qualora la forza economica risulti completamente esaurita al momento della
vigenza del tributo, delineandosi due ipotesi:
- Legge retroattiva che ha ad oggetto una forza economica comunque attuale
- Legge retroattiva che ha ad oggetto una forza economica non più attuale  solo in questo
caso è possibile ritenere di essere presenza di una legge costituzionalmente illegittima
il giudizio rispetto alla persistente attualità di una forza economica deve essere compiuto sulla base
di un criterio di ragionevolezza che tenga conto del lasso di tempo intercorso, ma anche della
prevedibilità, da parte del contribuente, del possibile intervento impositivo. La ragionevolezza della
legge tributaria retroattiva deve essere valutata anche alla luce dei principi europei della certezza del
diritto e di tutela del legittimo affidamento.
Con riferimento alla retroattività della legge tributaria occorre considerare il principio contenuto
all'art.3 dello statuto dei diritti del contribuente, il quale statuisce che “le disposizioni tributarie non
hanno effetto retroattivo”. Tuttavia, la natura di legge ordinaria dello statuto non consente di
considerare il principio come dotato di rilevanza costituzionale, con la conseguenza che ogni legge
ordinaria espressamente retroattiva può legittimamente derogare alla previsione. Si può piuttosto
assegnare una portata ermeneutica al principio di irretroattività dello statuto.
Un problema di rispetto del canone di attualità si pone anche per quelle disposizioni normative che
prevedono acconti o anticipazioni di imposta: benché non si tratti di veri e propri tributi su una
capacità contributiva futura, può astrattamente rilevarsi un potenziale conflitto con l'articolo 53,
anche se la Corte ha ritenuto legittime simili previsioni in considerazione dell'interesse fiscale dello
Stato e del diritto al rimborso.
Il principio di capacità contributiva costituisce espressione del principio di uguaglianza.
L'introduzione di trattamenti fiscali differenziati diviene legittima costituzionalmente solo quando si
presenti come ragionevole, giustificata, non arbitraria o sproporzionata. Sembra opportuno
distinguere le ipotesi di regimi fiscali meno favorevoli, da quelle di regimi più favorevoli.
Per quanto riguarda i primi, la Corte costituzionale ritiene necessario individuare la giustificazione e
la coerenza del diverso trattamento. Sembra possibile delineare come ragionevole e
costituzionalmente legittimo un simile intervento legislativo in due casi:
- Quando la finalità normativa ricade su un fatto o un comportamento che assume anche
valenza economica, risultando idoneo ad esprimere una diversa posizione giuridica ed
economica del soggetto (Tributi ambientali o fiscalità alimentare).
- Quando la finalità di disincentivo assume una portata ulteriore rispetto alla ratio principale
del prelievo tributario (imposte di fabbricazione e consumo).
Una differenziazione dei regimi fiscali può essere in linea con il principio di capacità contributiva
qualora risulti ragionevole, giustificata e proporzionale. Considerazioni analoghe valgono nelle
ipotesi in cui la legge tributaria preveda una minore imposizione fiscale per determinate categorie
che può esprimersi a livello di presupposto di base imponibile o di aliquote. il problema di un
possibile contrasto con l'articolo 53 si pone per le misure agevolative in senso stretto (esenzioni),
ossia per quelle disposizioni che non si fondano su un'adeguata valutazione della forza economica
espressa, risultando di carattere derogatorio. L'impostazione tradizionale è quella di ritenere che le
agevolazioni fiscali possono essere considerate legittime nei limiti in cui la finalità extra tributaria
consenta di soddisfare garantire specifici valori di rilevanza costituzionale o comunque
fondamentali del sistema. Diversa appare la questione della compatibilità delle agevolazioni fiscali
con il diritto dell'unione europea, in particolare considerando il principio di divieto di aiuti di Stato
e il principio di non discriminazione, collegati alle libertà fondamentali del diritto eurounionale:
qualora l'agevolazione fiscale nazionale beneficiata l'una imprese in modo selettivo può configurarsi
un aiuto di Stato in grado di falsare la concorrenza, risultando incompatibile sul piano comunitario.
problemi di conflitto con il diritto europeo si hanno anche quando all'agevolazione fiscale determina
un trattamento più favorevole per i soggetti residenti, o in ragione della provenienza nazionale di
merci, servizi e capitali, provocando un trattamento discriminatorio. la valutazione della legittimità
dei trattamenti fiscali differenziati deve essere compiuta necessariamente sul piano costituzionale e
su quello del diritto e unionale.
Un ulteriore corollario del canone di ragionevolezza attiene la logicità e coerenza interna del
tributo: la disciplina del tributo deve manifestare una consequenzialità logica ed una razionalità
strutturale, in modo da evitare che si determini la tassazione di una forza economica e diversa da
quella assunta a livello di presupposto o che vi sia una contraddittorietà con la ratio che sorregge
l'introduzione del tributo.

4. Il principio costituzionale di progressività (art.53, comma 2, Cost.)


Il comma due dell'articolo 53 costituzione stabilisce che “il sistema tributario è informato a criteri
di progressività”. il principio di progressività esige che l'imposizione fiscale cresca in misura più
che proporzionale al crescere della forza economica del soggetto, determinandosi un maggior carico
fiscale per i soggetti più abbienti e una meno gravosa imposizione per quelli meno abbienti. il
principio costituzionale per richiede che il sistema sia nel suo complesso di carattere progressivo,
imponendosi una valutazione che tenga conto della struttura dell'intero ordinamento, ma anche
dell'effettivo gettito tributario. Il fatto che siano ammissibili tributi sia proporzionali sia regressivi
evidenzia come sia sufficiente una progressività mite. L'unico tributo ad avere una struttura
realmente progressiva e l'Irpef, che riveste un ruolo sistematico fondamentale nel realizzare
l'imposizione generale sul reddito delle persone fisiche. È possibile affermare che la progressività
del sistema tributario è garantita esclusivamente dalla progressività dell’IRPEF, fondata soprattutto
sul sistema di aliquote crescenti per scaglioni. Si possono immaginare altri congegni normativi che
risultano idonei a garantire effetti di progressività, come sarebbe qualora fosse introdotta un'ampia
no tax area generale per tutti i redditi, accompagnata dalla previsione delle deduzioni e detrazioni
decrescenti all'aumentare del reddito.

5. Altre norme costituzionali rilevanti in materia tributaria


Ai sensi dell'articolo 75, comma due della costituzione non è ammesso il referendum abrogativo per
alcune tipologie di leggi, tra cui quelle tributarie e di bilancio: la ratio è di evitare che uno
strumento di democrazia diretta possa operare nei settori così delicati e impopolari.
L'articolo 81 della costituzione contiene il principio del pareggio di bilancio, che interessa anche gli
enti territoriali minori e le pubbliche amministrazioni: la regola del rispetto di un tendenziale
equilibrio di bilancio assume una dimensione anche fiscale, dato lo stretto collegamento esistente
tra tributi ed attività e servizi pubblici.
6. I principi generali contenuti nello Statuto del contribuente
Con lo statuto dei diritti del contribuente il legislatore ha inteso riconoscere in capo ai consociati
taluni diritti fondamentali, individuando importanti principi relativi all'attività normativa tributaria e
di discipline del rapporto tra contribuente e amministrazione finanziaria.
L'art.1 dello statuto prevede che le disposizioni dello stesso “costituiscono principi generali
dell'ordinamento tributario”, stabilendo una clausola di auto qualificazione. Nonostante ciò, lo
statuto ha natura di legge ordinaria, andando ad occupare nella gerarchia delle fonti la stessa
posizione delle altre dei giardini arie con possibilità di deroga da parte di atti successivi pari
ordinati.
Lo statuto prevede anche una clausola auto rafforzativa ai sensi della quale le disposizioni statutarie
“possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali”: sia inteso dare
stabilità ai principi dello statuto, richiedendo meditazione consapevolezza legislativa nel momento
in cui si introducono in deroga modifica i principi statutari.
La principale portata giuridica dei principi dello statuto si apprezza a livello ermeneutico, in quanto
le norme statutarie sono idonee a riprodurre riconoscere i principi generali immanenti
all'ordinamento tributario, di derivazione soprattutto costituzionale. I principi statutari costituiscono
criteri guida per l'interpretazione e l'applicazione delle norme tributarie, oltre che assumere una
generale valenza interpretativa garantendo che alla legge sia attribuito il significato più aderente con
i principi e i valori di sistema da esso rappresentati.

7. I principi generali dell’Unione europea


Tra i principi generali del diritto euro unionale si tende a distinguere tra:
- Principi propri
Costituiscono principi propri del diritto europeo quelli che delineano le libertà fondamentali,
da cui la Corte di giustizia ha tratto generalizzati divieti di non restrizione e di non
discriminazione rivolti ai legislatori nazionali.
Il principio di non discriminazione vieta ogni discriminazione effettuata in base alla
nazionalità: in termini fiscali il concetto di nazionalità è interpretato in senso ampio,
dovendo ricomprendere anche la residenza dei soggetti, così come l'origine delle merci e dei
servizi. La Corte di giustizia ha elaborato alcune possibili cause di giustificazione alle
restrizioni o discriminazioni, che tuttavia devono palesarsi come rispettose del principio di
proporzionalità.
Con il principio di libera circolazione delle merci si vieta agli Stati di applicare direttamente
o indirettamente ai prodotti di altri paesi membri forme di tassazione interne che siano
superiori a quelle previste per i prodotti nazionali similari.
Il principio di libera circolazione dei lavoratori impedisce qualsiasi discriminazione,
determinata dalla nazionalità, tra lavoratori relativamente a impiego, retribuzione e
condizioni di lavoro.
La libera circolazione dei servizi vieta le restrizioni alla libera prestazione di servizi nei
confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese dell'unione europea ed
interessa tutti gli operatori economici che risiedono in uno stato diverso da quello in cui il
servizio reso.
È vietato ogni tipo di restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati
membri e paesi terzi: dal principio deriva anche il divieto per gli Stati membri di ostacolare
gli investimenti con norme fiscali che possono avere un simile effetto.
La libertà di stabilimento delle attività economiche si applica sia alle persone fisiche sia agli
enti alle persone giuridiche, distinguendosi tra:
o libertà di stabilimento primaria (ogni operatore economico residente in uno Stato
membro il diritto di trasferirsi e stabilirsi nel territorio di un altro stato)
o libertà di stabilimento secondaria (riconosce l'operatore economico di uno Stato
membro la facoltà di aprire agenzie succursali o filiali nel territorio di un altro Stato
membro)
Tra gli altri principi del diritto europeo consideriamo:
o Divieto di aiuti di Stato  il diritto europeo via da quegli aiuti concessi dagli Stati
che, favorendo talune imprese o produzioni, incidono sugli scambi tra Stati membri
falsando la concorrenza.
o Divieto di abuso del diritto  i singoli non possono avvalersi abusivamente o
fraudolentemente delle norme del diritto dell'unione.
o Principio di effettività  assume una dimensione strumentale sostanziandosi nel
dovere da parte dei singoli stati di garantire la compiuta ed effettiva affermazione
delle norme dell'unione.
o Diritto al contraddittorio  assumono dimensioni di principio generale nella sfera di
applicazione del diritto unionale

- Principi comuni
I principi comuni sono individuati ed elaborati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia
dell'unione europea, sulla base delle tradizioni giuridiche nazionali. tra questi quelli
maggiormente rilevanti in ambito tributario sono:
o Principio di certezza del diritto  viene assunto come valore fondamentale
dell'ordinamento europeo nel generale significato di conoscibilità delle norme
giuridiche da parte destinatari e prevedibilità delle conseguenze giuridiche dei
comportamenti; esso viene tradotto nell'ulteriore principio di tutela del legittimo
affidamento E costituisce un argine alla retroattività degli atti normativi ed
amministrativi dell'unione.
o Principio di proporzionalità richiede che le misure impiegate per raggiungere uno
scopo non eccedano quanto è necessario per lo scopo medesimo.

IL RAPPORTO GIURIDICO TRIBUTARIO


1. Il rapporto giuridico tributario e l’obbligazione tributaria
La norma tributaria contiene la disciplina di un rapporto giuridico obbligatorio che si instaura tra
l'ente pubblico creditore e il singolo, avente ad oggetto una prestazione pecuniaria. Vi è concorde
nel ritenere che l'obbligazione tributaria appartiene al genus delle obbligazioni di diritto pubblico,
perciò la struttura dell'obbligazione si rivela omogenea a quella delle obbligazioni disciplinate dal
Codice civile, per quanto l'adempimento della stessa richiede lo svolgimento di un iter
procedimentale che assume i caratteri del procedimento amministrativo. È possibile definire
l'obbligazione tributaria come un rapporto obbligatorio su cui si innesta un procedimento
amministrativo.

2. I soggetti del rapporto giuridico tributario


Il soggetto attivo del rapporto tributario è il creditore dell'obbligazione tributaria e si identifica con
lo stato o con il diverso ente pubblico territoriale. è necessario distinguere la titolarità del credito
tributario, che spetta all'ente pubblico designato dalla legge, e destinazione finanziaria delle risorse
tributarie, che può essere anche diversamente. Ulteriore distinzione va fatta tra potestà normativa e
potestà di imposizione: per poter star normativa si intende il potere di introdurre disciplinare il
tributo, e non necessariamente coincide con la titolarità del credito tributario; per potestà di
imposizione si intende il potere dell'ente pubblico di dare attuazione al tributo, a cui si riconnetta
una potestà sanzionatoria amministrativa, inerendo strettamente alla titolarità del credito d'imposta.
Si definisce come amministrazione finanziaria quel complesso di organi ed uffici avente il compito
istituzionale di curare l'attuazione dei tributi da parte del soggetto attivo: vi è una amministrazione
finanziaria dello Stato, ma si può parlare di amministrazione finanziaria anche in relazione alle
regioni e agli enti locali. Nell'amministrazione finanziaria dello Stato, un ruolo fondamentale è
assunto dalle agenzie fiscali, e in particolare l'agenzia delle entrate, che ha competenza generale sui
principali tributi dell'ordinamento. Le altre agenzie sono quelle delle Dogane, del demanio e del
territorio.
L'agenzia delle entrate è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia
organizzativa e patrimoniale, sottoposto all'indirizzo alla vigilanza del ministero dell'economia e
delle finanze: essa si articola in una struttura centrale (con sede a Roma) con compiti di
programmazione, indirizzo, controllo e coordinamento, ed è suddivisa in direzioni centrali e in una
struttura territoriale, a sua volta distinta in uffici regionali e periferici. Le direzioni regionali hanno
un ruolo di coordinamento e supervisione degli uffici periferici siti del loro territorio, oltre che
alcune funzioni operative ed interpretative; Le direzioni provinciali gestiscono l'applicazione dei
tributi amministrati dall'agenzia e operano a livello di attuazione del singolo rapporto tributario.
All'interno dell'amministrazione finanziaria e comprendiamo anche la Guardia di finanza, ossia il
corpo militare dello Stato, alle dipendenti del ministero dell'economia e delle finanze, avente
competenze in materia di contrasto all'evasione ed elusione tributaria; alla stessa aspettano i
medesimi poteri istruttori spettanti all'agenzia delle entrate, con la quale è tenuta a collaborare.
La riscossione dei tributi è affidata ad una figura estranea all'amministrazione finanziaria, ossia
all'agente della riscossione (Agenzia delle entrate-Riscossione).
Lo statuto dei diritti del contribuente ha previsto l'istituzione della figura del garante del
contribuente, il quale non appartiene in senso stretto all'amministrazione finanziaria e non è dotato
di poteri autoritativi: al garante attribuito il compito di raccogliere dai soggetti passivi segnalazioni
per rapportarsi con gli uffici fiscali in modo da risolvere il correggere le problematiche emerse; egli
può anche richiedere agli uffici documenti e chiarimenti, oltre che dare avvio il procedimento di
autotutela.
Si definiscono soggetti passivi coloro che risultano debitori dell'obbligazione tributaria nei confronti
dell'ente pubblico creditore. La figura più importante è quella di contribuente, al quale si riferisce la
capacità contributiva oggetto del tributo, ma vi sono altre figure soggettive il cui coinvolgimento si
giustifica per meglio garantire l'interesse dello Stato ad una pronta e sicura attuazione del tributo.
È necessario chiedersi quali siano i presupposti della soggettività passiva tributaria e i criteri
normativi in base ai quali può attribuirsi in capo al singolo la responsabilità per il debito fiscale: si
ritiene che la soggettività tributaria presupponga quella di diritto comune, dato che l'imputazione
della capacità contributiva e del debito di imposta richiede che il soggetto sia giuridicamente in
grado di essere titolare delle situazioni attive e passive; si riconosce anche che il legislatore
tributario sia libero di attribuire la soggettività passiva a taluni centri di imputazione che non sono
dotati della soggettività civilistica, qualora ciò corrisponda ad una più idonea valutazione della
capacità contributiva. Si ritiene anche che il legislatore tributario possa scegliere di non attribuire la
soggettività passiva accendere di imputazione che invece risultano soggetti di diritto comune,
qualora ciò appaia coerente con la struttura dello specifico tributo.
Il contribuente è il debitore dell'obbligazione tributaria in quanto soggetto che esercita il
presupposto e manifesta la capacità contributiva oggetto del tributo. Si definisce contribuente di
fatto colui nei cui confronti è traslato l'onere finanziario del tributo, pur rimanendo estraneo al
rapporto giuridico tributario facente capo al contribuente di diritto: sei in presenza di una traslazione
normativa del tributo quando il trasferimento dell'onere finanziario è imposto dalla stessa disciplina
legislativa; sia una traslazione meramente economica del tributo quando il trasferimento dell'onere
finanziario da parte contribuente del diritto avviene in modo occulto attraverso un incremento del
corrispettivo richiesto all'acquirente del bene o del servizio; sia in presenza di una traslazione
pattizia nel tributo quando le parti prevedono contrattualmente con soggetto si accolli il debito
tributario di un altro. L'accollo d'imposta non determina alcun mutamento nel rapporto giuridico
tributario ed alcun effetto a livello di fattispecie impositiva e di apprezzamento della capacità
contributiva; L'amministrazione finanziaria non può esercitare nei confronti degli accollanti i propri
poteri di accertamento e riscossione, che possono rivolgersi solo nei confronti di chi sia tenuto a
soddisfare il debito tributario, ossia il soggetto passivo accollato. Il pagamento da parte
dell’accollante è legittimo e dà effetto estintivo dell'obbligazione tributaria, ma sussiste il divieto di
utilizzo in compensazione di crediti dell’accollante.
- Domicilio fiscale  determina l’ambito territoriale di coinvolgimento del soggetto
nell’attuazione del tributo e la competenza territoriale dell’Amministrazione finanziaria
nell’esercizio del potere impositivo.
- Residenza fiscale  attiene al momento sostanziale del rapporto tributario, assumendo
rilevanza a livello di definizione della fattispecie impositiva; essa individua un criterio di
collegamento del contribuente con il territorio statale.
Si definisce sostituto di imposta il soggetto che, in forza di una disposizione di legge, è obbligato al
pagamento di imposte in luogo d’altri, con rivalsa normalmente obbligatoria. Si prevede la presenza
di tre soggetti:
- Ente pubblico creditore
- Sostituito (contribuente)
- Sostituto
Il sostituto risulta titolare di un’autonoma obbligazione nei confronti dell’ente pubblico, avente il
medesimo oggetto dell’obbligazione tributaria gravante sul contribuente e di cui quest’ultima
rappresenta il fondamentale elemento costitutivo: l’obbligazione in capo al sostituto tende a
sostituirsi a quella del contribuente, in modo che il soggetto attivo può pretendere l’adempimento
della prestazione pecuniaria solo dal sostituto. La sostituzione tributaria ha posto dubbi di
legittimità costituzionale in merito alla personalità dell'obbligazione tributaria: simili dubbi si
possono superare considerando che il meccanismo della sostituzione risulta funzionale all'interesse
fiscale ad una più sicura e rapida attuazione del tributo, oltre che alla previsione dello strumento
della rivalsa che risulta obbligatoria e preventiva rispetto del sostituto, consentendo di evitare il
rischio che il peso economico gravi in via definitiva sul sostituto stesso. La rivalsa viene effettuata
con una ritenuta alla fonte, che il sostituto opera direttamente sulle somme che è tenuto a versare al
sostituito; esistono due tipologie di ritenute:
- Ritenute a titolo d'acconto  si prevede l'obbligo per il sostituto di trattenere parte di quanto
da lui dovuto al sostituito e di versare allo stato il corrispondente importo, non esaurendo
però il rapporto tributario tra contribuente e soggetto attivo: le somme prelevate alla fonte
costituiscono forme di acconti dell'imposta sui redditi dovuta dal sostituito, il quale è tenuto
a dichiarare il complesso di tutti i propri redditi e a liquidare l'imposta, dal cui ammontare
può scomputare l'importo della ritenuta subita. L'esecuzione della ritenuta fa sorgere in capo
al sostituito un credito nei confronti dell'erario di importo pari alla ritenuta. l'effetto di
sostituzione ha ad oggetto non l'interezzae del debito tributario ma solo la somma prelevata
a titolo di acconto, potendosi parlare di sostituzione parziale d'imposta.
- Ritenuta a titolo d'imposta  il sostituto all'obbligo di trattenere parte da quanto di lui
dovuto al sostituito e di versare allo stato il corrispondente importo, determinando
l'estinzione della obbligazione tributaria facente capo al contribuente, esaurendo il rapporto
giuridico tra quest'ultimo e il soggetto attivo: il sostituito non è tenuto ad effettuare alcun
ulteriore adempimento, configurandosi in termini di sostituzione integrale.
Qualora il sostituto non adempia all'obbligo di effettuare la ritenuta non si potrà ritenere di essere in
presenza di alcun effetto di sostituzione tributaria: il contribuente non potrà scomputare la ritenuta
d'acconto dall’imposta liquidata. In caso di accertamento si tende a ritenere che l'amministrazione
finanziaria possa procedere al recupero del tributo non versato sia in capo al sostituito sia in capo al
sostituto, Prevedendosi la responsabilità solidale quando “il sostituto viene iscritto al ruolo per
imposte, sopra tasse e interessi relativi a redditi sui quali non ha effettuato né le ritenute a titolo
d'imposta né i relativi versamenti”. Qualora il sostituto effetto la ritenuta senza versarla
l'amministrazione finanziaria può procedere alla riscossione del debito tributario solo nei confronti
dello stesso sostituto e, in caso di ritenuta d'acconto, il sostituito potrà scomputare dalla propria
imposta complessiva la ritenuta subita. Il sostituito può opporsi validamente alla ripresa fiscale
dell'ufficio dimostrando di aver subito la ritenuta non solo esibendo la certificazione del sostituto
d'imposta, ma con qualunque altra documentazione idonea.
Si definisce il responsabile d'imposta come colui che è obbligato al pagamento dell'imposta insieme
ad altri, per fatti o situazioni riferibili esclusivamente a questi ultimi, con diritto di rivalsa. Anche in
questo caso si individua un'obbligazione distinta da quella che grava sul contribuente, ma
all'obbligazione del responsabile d'imposta si aggiunge a quella del contribuente, non
determinandosi alcun effetto di sostituzione. Tre l'obbligazione tributaria in senso proprio è quella
del responsabile d'imposta vi è un rapporto di pregiudizialità e dipendenza, determinandosi una
situazione di solidarietà tra contribuente e responsabile. La Corte costituzionale ha affermato che la
scelta legislativa della responsabilità di imposta deve essere ragionevole, ossia fondata su un criterio
basato su preesistenti rapporti giuridici ed economici con il contribuente. Anche in questo caso deve
sussistere l'effettiva possibilità per il responsabile di esercitare la rivalsa.
Con l'espressione solidarietà tributaria si indica la situazione giuridica in base alla quale più soggetti
sono obbligati all'adempimento della medesima prestazione pecuniaria nei confronti dell'ente
pubblico creditore del tributo. Essa si definisce paritetica quando il presupposto di imposta è
realizzato unitariamente da diversi soggetti, determinando il sorgere di un'unica obbligazione
tributaria in cui i coobbligati assumono tutti il ruolo di debitori principali. La solidarietà tributaria si
definisce dipendente quando i soggetti passivi sono obbligati alla prestazione pecuniaria in virtù di
titoli giuridici differenti, in modo che vi sia una obbligazione principale ed un'obbligazione
dipendente (responsabile d'imposta); La responsabilità del coobbligato dipendente è illimitata
(possono anche prevedersi casi di responsabilità limitata), e lo stesso non gode del beneficio della
preventiva escussione dell'obbligato principale. Per quanto concerne i rapporti interni tra i soggetti
passivi, il coobbligato dipendente che adempie ha diritto di regresso per l'intero verso l'obbligato
principale, mentre nella solidarietà paritetica il regresso si realizza pro quota. Dal punto di vista dei
rapporti procedimentali l'interpretazione prevalente ritiene che la situazione di solidarietà non
comporti una considerazione unitaria dei rapporti tra soggetto attivo e singoli condebitori: ne deriva
la necessità di uno sviluppo autonomo degli iter procedimentali, il che determina che l'atto
impositivo emesso dall'amministrazione finanziaria produca i propri effetti solo nei confronti del
debitore cui è intestato e notificato. Vi è però il rischio di una definizione diversificata e non
omogenea dei vari rapporti obbligatori, il quale non appare eliminabile in radice ma può ridursi
attraverso il ricorso a taluni istituti (art.1306 c.c., litisconsorzio, autotutela).

3. La successione nel debito d'imposta


Il rapporto obbligatorio tributario può essere oggetto di successione a titolo universale: con
riferimento alla successione mortis causa gli eredi del soggetto passivo succedono nel debito
tributario del defunto relativo all'obbligazione d'imposta sorta per i presupposti realizzati sia
anteriormente alla morte. L'effetto successorio relativo all'obbligazione tributaria si determina solo
quando gli eredi divengono tali dal punto di vista civilistico, ossia in seguito all'accettazione
dell'eredità. I successori sono responsabili in solido per l'adempimento delle obbligazioni tributarie,
ma la successione mortis causa non può determinare una responsabilità degli aventi causa per il
pagamento delle sanzioni tributarie amministrative del de cuius, dato il principio della
responsabilità personale delle sanzioni amministrative. Se noi di successione a titolo universale
equiparabili a quelle mortis causa si configurano con riferimento alle vicende estintive degli enti
collettivi.

4. L'estinzione dell'obbligazione tributaria


La normale modalità estintiva dell'obbligazione tributaria è rappresentata dall'adempimento:
all'interno delle specifiche discipline devono essere valutati possibili adempimenti parziali e
dilazioni di pagamento per i quali le norme del Codice civile non sono direttamente applicabili.
L'adempimento spontaneo dell'obbligazione tributaria si realizza nelle forme del versamento diretto,
della compensazione e della ritenuta diretta; il legislatore può anche prevedere che l'adempimento
possa avvenire tramite il trasferimento di determinati beni all'ente pubblico creditore (datio in
solutum), oltre che la possibilità di pagare i tributi tramite cessione di beni culturali. L'obbligazione
tributaria si può estinguere per confusione nel momento in cui le qualità di creditore e di debitore si
riuniscono nella stessa persona.
si ritiene che l'obbligazione tributaria sia indisponibile da parte dell'amministrazione finanziaria,
escludendo che la stessa possa estinguersi per effetto di remissione e novazione; non risulta
integrabile l'ipotesi della impossibilità definitiva o temporanea della prestazione. Sono configurabili
forme di estinzione non satisfattive della obbligazione tributaria Connesse al mancato esercizio del
diritto da parte dell'ente creditore entro un determinato lasso temporale, distinguendosi tra:
- Prescrizione  rappresenta una causa di estinzione del diritto; riguarda il diritto di credito
ed attiene all'obbligazione
- Decadenza  determina la perdita della possibilità giuridica e di esercizio del diritto; è
riferibile alle singole situazioni giuridiche scaturenti nell'ambito del procedimento tributario
e dalle facoltà esercitabili
Il condono rappresenta una modalità atipica di estinzione dell'obbligazione tributaria:
l'interpretazione prevalente tende a ricomprendere nell'istituto quelle discipline, di carattere
temporaneo, che consentono ai contribuenti di definire in modo agevolato i propri rapporti tributari
non ancora esauriti, con effetti estintivi di un'obbligazione tributaria e premiali per quanto attiene la
responsabilità sanzionatoria. Si distinguono tre tipologie:
i. Condoni totali o tombali  concerto nel contribuente di estinguere obbligazione
tributaria con il versamento di una somma inferiore al tributo dovuto, determinandosi
l'abbandono della pretesa sanzionatoria da parte dello Stato.
ii. Condoni parziali o sulle sanzioni  consentono al contribuente di ottenere l’estinzione
delle sanzioni attraverso l'integrale adempimento dell'obbligazione tributaria a suo
tempo non assolta.
iii. Condoni processuali  consentono al contribuente di estinguere contenziosi tributari in
corso attraverso il pagamento di una somma che varia a seconda Dello Stato della
controversia.
L'istituto del condono non può essere stabilmente presente nell'ordinamento, potendo invece essere
legittimamente introdotto per periodi temporali determinati, in una logica eccezionale.

LA STRUTTURA DEI PRINCIPALI TRIBUTI


1. Le imposte nel sistema fiscale italiano
Il sistema fiscale italiano si basa su una serie di imposte che hanno ad oggetto una pluralità di fatti
indice. Benché la forza economica del singolo contribuente costituisca un fenomeno unitario, i
sistemi fiscali moderni tendono a costituire autonomi prelievi tributari.
È possibile schematizzare la struttura dei sistemi dei tributi in Italia nel modo seguente:
- Imposte sul reddito
o Irpef  imposta sul reddito delle persone fisiche
o Ires  imposta sui redditi delle società
o Addizionali Irpef
o Addizionali Ires
- Imposte sul patrimonio
o Imu  imposta municipale unica
o Ivie  imposta sul valore degli immobili situati all'estero
o Ivafe  imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all'estero
o Tasse automobilistiche
o Imposta erariale sugli aeromobili privati
o Canone rai
o Imposta di bollo sui depositi bancari e titoli
- Tributi indiretti
o Iva  imposta generale sui consumi/imposta sul valore aggiunto
o Irap  imposta sull'esercizio organizzato delle attività produttive
o Accise  imposta sulla fabbricazione e consumo
o Imposta di registro
o Imposte ipotecaria e catastale
o Imposta su successioni e donazioni
o Imposta sui finanziamenti
o Imposta sulle transazioni finanziarie
o Imposta di bollo
o Imposte doganali
o Imposte di nuova introduzione

2. Le imposte sui redditi: Irpef e Ires


L'imposta sul reddito delle persone fisiche e un'imposta progressiva e personale: l'effetto della
progressività si ottiene attraverso un sistema di aliquote crescenti per scaglioni, abbinato a
detrazioni da imposte decrescenti all'aumentare del reddito; il carattere della personalità del tributo
deriva dalla possibilità di scomputare somme in grado di riflettere oneri, spese, carichi di famiglia e
condizioni sociali.
l'imposta sul reddito delle società è una imposta proporzionale, con una sola aliquota del 24%;
anche in questo caso per talune categorie di enti è possibile scomputare deduzioni e detrazioni.
La disciplina di entrambi i tributi a contenuta nel testo unico delle imposte sui redditi (TUIR). il
presupposto di entrambe è individuato nel possesso di redditi in denaro o in natura rientrante nelle
categorie indicate all'articolo sei del TUIR. Il testo unico non contiene una definizione di reddito,
per cui si ritiene che il concetto accolto dal legislatore tributario italiano sia quello di reddito
prodotto: il reddito fiscale è costituito dagli incrementi patrimoniali realizzati da un soggetto,
nell'arco di un determinato periodo di tempo, provenienti da specifiche fonti produttive. Si possono
individuare i seguenti elementi caratterizzanti il reddito:
- Il reddito fiscale è un incremento di patrimonio;
- Il reddito fiscale è un flusso misurabile in un determinato periodo di tempo;
- Il reddito fiscale deriva dal collegamento tra l'incremento del patrimonio ed una specifica
fonte produttiva;
- Il reddito fiscale presuppone la disponibilità giuridica dell'incremento patrimoniale
determinato dalla titolarità della fonte produttiva;
- Il reddito fiscale consiste nel reddito complessivo del soggetto.
Le somme e le indennità percepite da un soggetto a titolo di risarcimento danni costituiscono redditi
solo se conseguite in sostituzione di altri redditi (lucro cessante); si prevede allo stesso modo la
valenza reddituale degli interessi moratori e per dilazioni di pagamento.
Il tributo è dovuto per periodi di imposta: per le persone fisiche il periodo d'imposta corrisponde
all'anno solare, mentre per le società e gli enti può essere diversamente stabilito dalla legge e
dall'atto costitutivo. A ciascuno dei vari periodi corrispondono obbligazioni tributarie autonoma. Il
sistema delle imposte sui redditi conosce due principi alternativi:
- Principio di competenza  il componente reddituale deve essere computato nel periodo
d'imposta in cui il credito o il debito è sorto.
- Principio di cassa  il componente reddituale deve essere computato nel periodo d'imposta
in cui vi è stata effettiva erogazione.
La relazione tra reddito e fonte produttiva rappresenta il fondamento delle sei categorie reddituali
indicate all'articolo sei del TUIR. La ratio è quella di definire le categorie in funzione di una
specifica fonte da cui il reddito può generarsi. La fonte può essere rappresentata:
- Da un immobile (redditi fondiari);
- Da un investimento mobiliare (redditi di capitale);
- Da un'attività (redditi di lavoro autonomo, di lavoro subordinato, di impresa);
- Dal compimento di un atto giuridico o di un fatto (redditi diversi).
Se il soggetto beneficio di un incremento patrimoniale che non è riconducibile ad alcuna fonte
produttiva, detto incremento non può considerarsi come reddito fiscale. È da considerare che la
presenza della categoria dei redditi diversi si presta ad essere utilizzata come categorie di chiusura
nel tentativo di far rientrare in essa le ipotesi non classificabili nelle restanti categorie reddituali;
occorre ricordare la vicenda legislativa che ha interessato la problematica della tassabilità dei redditi
provenienti da attività illecita, che il legislatore ha affermato doversi ricomprendere nelle esistenti
categorie reddituali.
L'imputazione del reddito al contribuente indica una relazione qualificata con la fonte produttiva
che ne esprime la titolarità giuridica: essa risulta strettamente individuale anche nella dimensione
familiare, posta la non configurabilità della famiglia come autonomo e unitario centro di
imputazione di effetti fiscali e come soggetto passivo del tributo.
il perimetro tra Irpef e Ires è delimitato in base al soggetto che produce il reddito.
sono soggetti passivi dell’Irpef le persone fisiche residenti nel territorio italiano per i redditi
ovunque prodotti e le persone fisiche non residenti per il solo redditi prodotti nel territorio italiano
un discorso a parte meritano le società di persone, per le quali si dispone che i redditi sono imputati
a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di
partecipazione agli utili (principio di trasparenza): La società di persone non risulta debitrice del
tributo, pur continuando ad essere assoggettata ad obblighi di natura formale rilevante ai fini del
procedimento di attuazione.
Il TUIR suddivide i soggetti passivi Ires in quattro tipologie:
- Società di capitali
si prevede che il reddito prodotto sia imputato e tassato in capo alla società ai fini Ires, per
poi rilevare per i singoli soci nel momento della distribuzione: questo doppio momento
comporta una situazione di potenziale doppia tassazione, che il legislatore ha cercato di
limitare tramite lo strumento della parziale esenzione da imposta dei redditi di
partecipazione percepiti dai soci di società di capitale, i quali sono tassabili non per l'intero
ma solo per una quota; Si segnala la possibile scelta per la trasparenza fiscale che determina
un sistema analogo a quello obbligatorio per le società di persone.
- Enti pubblici e privati diversi dalla società residenti nel territorio dello Stato ed aventi
oggetto commerciale
Vengono considerati alla stregua di una società commerciale, con la conseguenza che il
reddito da esso prodotto è sempre qualificabile quale reddito di impresa.
- Enti pubblici e privati diversi dalle società e residenti nel territorio dello Stato non aventi
oggetto commerciale
Sono in grado di produrre tutte le categorie reddituali e sono destinatari di particolari
disposizioni agevolative nella logica di promozione del terzo settore.
- Società ed enti di ogni tipo non residenti nel territorio dello Stato
Viene applicata la medesima regola previsto ai fini Irpef, per cui esclusivamente i redditi
prodotti in Italia sono assoggettati ad imposizione.

Ai fini Irpef si considerano fiscalmente residenti le persone fisiche che per la maggior parte del
periodo d'imposta:
- sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente;
- hanno nello stato il proprio domicilio;
- hanno nello stato la propria residenza.
la sussistenza di uno solo dei criteri è sufficiente per radicare in Italia la residenza fiscale. Per
contrastare il fenomeno del trasferimento fittizio di residenza fiscale all'estero, il legislatore ha
previsto una presunzione relativa di residenza in Italia per i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi
della popolazione residente e trasferiti in stati blacklist. È da segnalare l'introduzione di un regime
opzionale applicabile le persone fisiche che trasferiscono in Italia la propria residenza fiscale e che,
per almeno 9 degli ultimi 10 anni, abbiano avuto la residenza all'estero; si segnala anche il regime
sostitutivo previsto per i titolari di pensione estere che si trasferiscono in un comune del Sud Italia,
oltre che l'incentivo al trasferimento in Italia di particolari categorie di soggetti.
Ai fini Ires si considerano residenti in Italia quelle società ed enti che possiedono nel territorio dello
Stato almeno:
- La sede legale (sede indicata nell’atto costitutivo o nello statuto);
- la sede amministrativa (luogo da cui promana la preminente attività direttiva e gestionale);
- l'oggetto principale (luogo in cui la società o l’ente esercita prevalentemente l’attività).
Si presume la sede dell'amministrazione in Italia, salvo prova contraria, qualora la società possieda
una partecipazione di controllo in una società di capitali residenti in Italia, e sia a sua volta
controllata da soggetti residenti nel territorio dello Stato oppure sia amministrata da un organo
formato in prevalenza da consiglieri residenti nel territorio italiano.
La declinazione del principio di localizzazione della fonte del reddito è contenuta nell'articolo 23
del TUIR, che fissa differenti criteri a seconda delle singole categorie reddituali. L'istituto della
stabile organizzazione risulta di particolare importanza anche perché assunto in ambito
internazionale pattizio come criterio di soluzione per i casi di doppia imposizione sui redditi
d'impresa. Il TUIR definisce la stabile organizzazione come “sede fissa di affari per mezzo della
quale l'impresa non residente esercita in tutto in parte la sua attività sul territorio dello Stato”: è
dunque un'articolazione territoriale idonea a determinare l'assoggettamento all'imposizione. Si usa
distinguere la stabile organizzazione materiale da quella personale, integrata dai soggetti che
operano nel territorio in nome dell'impresa. I più recenti sviluppi internazionali e nazionali hanno
portato ad individuare la stabile organizzazione nella significativa e continuativa presenza
economica dell'impresa nel territorio dello Stato.
Con l'espressione doppia imposizione internazionale si definiscono quelle fattispecie in cui il
medesimo reddito prodotto da un soggetto è assoggettato l'imposizione in diversi stati: ciò può
accadere perché il soggetto è considerato residente in più stati, ovvero perché vi sia il concomitante
operare del principio dell'utile mondiale e di quello della localizzazione della fonte di reddito. Per
risolvere queste situazioni gli Stati stipulano tra loro convenzioni internazionali con cui disciplinano
criteri e strumenti per eliminare la doppia imposizione, sulla base dei modelli predisposti
dall’OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico). Con riferimento alle
fattispecie di plurima residenza, si prevede che la persona fisica debba considerarsi residente nel
solo stato in cui ha un'abitazione permanente a disposizione, in cui ha relazioni personali ed
economiche più strette, in cui dimora abitualmente, di cui ha la nazionalità; relativamente ai
soggetti diversi dalle persone fisiche, la residenza è tradizionalmente individuata sulla base della
sede effettiva di direzione. Con riferimento alla doppia tassazione internazionale derivante dal
concomitante operare del principio della residenza e di quello della localizzazione del reddito, le
convenzioni internazionali individuano i criteri di soluzione del conflitto per ogni singola categoria
di reddito. I metodi previsti in generale dal modello OCSE sono 2:
- Metodo dell'esenzione: prevede l'esenzione in uno dei due Stati del reddito al verificarsi della
fattispecie convenzionale;
- Metodo del credito di imposta: prevede l'obbligo di compensazione attraverso il riconoscimento,
da parte di uno dei due Stati, di un credito di imposta in capo al soggetto.
I legislatori nazionali possono riconoscere al soggetto residente la possibilità di detrarre le imposte
sui redditi assolte all'estero dall'imposta dovuta sul reddito complessivo.
Le disposizioni del TUIR prevedono anche regole di determinazione della base imponibile,
delineando una pluralità di basi imponibili destinate a confluire in un'unica base imponibile finale
che esprime il reddito complessivo assoggettato al tributo.
Si definiscono redditi fondiari quelli “inerenti ai terreni e ai fabbricati situati nel territorio dello
Stato che sono o devono essere iscritti, con attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o nel
catasto edilizio urbano”. la fonte produttiva è individuata nel bene immobile, rispetto al quale
risulta essenziale l’iscrivibilità catastale: la rilevanza catastale dell'immobile assume importanza
perché le regole categoriali di determinazione della base imponibile dispongono che il reddito
fondiario si calcoli applicando le tariffe d'estimo stabilite dalla legge catastale. La rendita catastale
riflette la redditività media ritraibile in condizioni normali di tutti gli immobili che presentano le
stesse caratteristiche oggettive. La titolarità della fonte produttiva individua il soggetto passivo, per
cui rileva il possesso dell'immobile da intendersi come titolo giuridico di proprietà o altro diritto
reale di godimento; in caso di trasferimento dell'immobile nel periodo d'imposta, l'imputazione del
reddito al soggetto titolare è proporzionale alla durata del possesso; nel caso di contitolarità della
proprietà o altro diritto reale, il reddito fondiario concorre alla formazione del reddito di ciascun
soggetto per la parte corrispondente al suo diritto. Il reddito fondiario si distingue a seconda che
riguardi:
- Terreni  il legislatore fiscale individua le sottocategorie del reddito dominicale dei terreni
e del reddito agrario dei terreni
o reddito dominicale: è imputato a chi possiede il fondo a titolo di proprietà o altro
diritto reale
o reddito agrario: esprime la remunerazione del lavoro di organizzazione dell'attività
agricola e del capitale impiegato ed è imputato al soggetto che svolge l'attività
agricola sul terreno (si considerano attività agricole la coltivazione, la silvicoltura,
l'allevamento e ogni altra attività relativa ai prodotti ottenuti delle attività precedenti)
è previsto che il contribuente possa denunciare all'ufficio fiscale competente le
variazioni idonee a condurre alla revisione della qualificazione e del classamento dei
terreni; in caso di perdita per eventi naturali di almeno il 30% del prodotto il reddito si
considera inesistente nell'anno in cui si è verificato l'evento.
- Fabbricati  non producono redditi fondiari immobili che costituiscono beni relativi
all'impresa commerciale e altri immobili non in grado di produrre un reddito autonomo;
anche il reddito da fabbricati segue la regola della rilevanza della rendita catastale, ma si
prevede che quando l'immobile è dato in locazione e il canone risultante dal contratto sia
superiore la rendita catastale, il reddito imponibile sia pari al canone di locazione ridotto del
5%. Per le unità immobiliari non locate e disposto una maggiorazione di 1/3 della rendita
catastale. Occorre considerare la vigenza di un regime opzionale di tassazione dei redditi
derivanti dalla locazione degli immobili ad uso abitativo riservato alle persone fisiche, che si
sostanzia nell’assoggettamento ad un'imposta sostitutiva con aliquota del 21% che esaurisce
il prelievo fiscale Irpef e di altri tributi.
Il TUIR non fornisce una definizione espressa di reddito di capitale, ma è possibile considerare i
redditi di capitale come i proventi che rappresentano la remunerazione di una forma di impiego del
capitale. Si parla anche di rendite finanziarie per indicare i redditi provenienti da impieghi di
capitale, anche se è necessario compiere una distinzione tra:
- Proventi che rappresentano i frutti dell'investimento;
- Plusvalenze derivanti dalla negoziazione dello strumento finanziario che rappresenta
l'impiego di capitale.
Solo la prima tipologia costituisce redditi di capitale, mentre la seconda determina la produzione di
redditi diversi. Il reddito di capitale è imputato a colui cui è giuridicamente riferibile il provento,
ossia che hai il diritto a percepirlo. I redditi di capitale sono determinati a lordo ed in base al
principio di cassa: sono assoggettati ad imposizione nel periodo d'imposta in cui sono
effettivamente percepiti e subiscono l'effetto di attrazione del reddito di impresa. La fattispecie dei
redditi di capitale è ampiamente assoggettata ai regimi delle ritenute alla fonte e delle imposte
sostitutive. Per tali regimi il sistema attuale prevede l'aliquota ordinaria nella misura del 26%, salvo
la minore aliquota del 12,5%.
Si definiscono redditi da lavoro dipendente quelli che derivano da “rapporti aventi per oggetto la
prestazione di lavoro alle dipendenze e sotto la direzione di altri”. assume rilievo il vincolo di
subordinazione di un soggetto nello svolgimento di un rapporto di lavoro con la conseguenza che il
contribuente risulta identificato sulla base della specifica posizione negoziale relativamente
all'attività prestata. Vengono compresi anche le pensioni di ogni genere, gli assegni a queste
parificate e le somme percepite a titolo di rivalutazione monetaria ed interessi. la base imponibile è
costituita da tutte le somme e valori a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta anche per
erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro, delineandosi il carattere di onnicomprensività
del reddito di lavoro dipendente. La legge esclude da imposizioni determinate erogazioni e prevede
specifiche regole per la valutazione di beni e servizi attribuiti al dipendente e per talune indennità
riconosciute al lavoratore. Si segnala la previsione dell'imposizione sostitutiva per gli emolumenti
corrisposti quali premi di produttività. Il reddito di lavoro dipendente è determinato al lordo ed in
base al principio di cassa; esso è oggetto di una specifica detrazione avente la funzione di
riequilibrare il trattamento di tale tipologia reddituale rispetto agli altri redditi di attività. I compensi
erogati a titolo di lavoro dipendente sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'acconto.
Si definiscono redditi di lavoro autonomo quelli derivanti dall’”esercizio di arti e professioni”, ossia
dall'esercizio per professione abituale di attività di lavoro autonome diverse da quelle di impresa.
L'attività professionale si definisce in termini residuali rispetto all'attività di impresa commerciale.,
si ritiene che assumano natura dei redditi di lavoro autonomo quelli derivanti dall'esercizio delle
professioni liberali. Se la prestazione professionale è svolta senza il carattere dell'abitualità e in
forma occasionale il provento costituisce una fattispecie di redditi diversi. Per quanto riguarda le
regole di determinazione della base imponibile, particolare rilevanza hanno le disposizioni di cui
all'articolo 54 del TUIR. Il reddito da lavoro autonomo è determinato al netto e sulla base del
principio di cassa, costituendosi dalla differenza tra l'ammontare dei compensi in denaro o in natura
percepiti nel periodo d'imposta e l'ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso ed inerenti
all’arte e la professione. Comporta l'obbligo di tenuta della contabilità, ed è assoggettato a ritenuta
alla fonte a titolo d'acconto.
Si definisce il reddito d'impresa quello derivante dall'esercizio di imprese commerciali, ossia
dall'esercizio per professione abituale dell'attività indicate all'articolo 2195 del Codice civile. Il
requisito della professionalità e dell'abitualità indica un esercizio non occasionale composto da una
pluralità di atti in senso giuridico; il requisito della commercialità è riferito all'oggetto dell'attività:
l'attività agricola è idonea a realizzare la categoria reddituale di impresa sono quando si superano i
limiti fissati dell'articolo 32 del TUIR. L'elemento dell'organizzazione è ciò che distingue l’azione
fiscale di impresa commerciale da quella civilistica, in quanto se l'attività è di tipo commerciale è
svolta per professione abituale, la stessa produce reddito di impresa anche se non esercitata in forma
di impresa. L'organizzazione in forma di impresa assume invece rilievo qualora l'attività esercitata
sia una prestazione di servizi rientranti nell'articolo 2195 Codice civile. I caratteri dell'impresa
commerciale sono riferibili alla persona fisica che deve porre in essere un'attività avente
concretamente i requisiti di cui sopra, e analoghe considerazioni valgono per l'ente non
commerciale; diverso ragionamento deve essere svolto per le società commerciali, per le quali è
previsto che relativi redditi siano sempre considerati quali redditi d'impresa. Ciò comporta tre
conseguenze:
i. La fonte della categoria reddituale si considera realizzata in base alla sola sussistenza del
soggetto societario, parlandosi di una qualificazione normativa con cui il legislatore
interviene a livello di fattispecie impositiva.
ii. Gli elementi reddituali della società commerciale sono sempre valutati nella sola
prospettiva del reddito di impresa.
iii. L'irrilevanza dell'oggetto della società fa sì che si considerino fiscalmente imprenditori
anche quelle società che esercitano un'attività agricola oppure professionale oppure
meramente economica.
La qualificazione legislativa di impresa per le società commerciali è prevista anche per gli enti
commerciali, con la differenza che per questi ultimi la commercialità è data dall'oggetto principale
dell'ente, per definire il quale occorre considerare sia le previsioni statutarie sia l'attività di fatto
svolta. Il reddito di impresa è un reddito determinato al netto, legato da un nesso di derivazione con
il conto economico civilistico: esso si determina assumendo come base l'utile o la perdita risultante
dal conto economico ed apportando le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti
all'applicazione delle specifiche norme fiscali; si tratta di una tipologia reddituale che comporta
l'obbligo di tenuta della contabilità. Con riferimento ai criteri generali di determinazione del reddito
di impresa si segnalano:
- Principio di inerenza  le spese ai componenti negativi sono ammessi in deduzione se e
nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano proventi che concorrono a
formare il reddito.
- Principi di competenza  i componenti reddituali concorrono a formare il reddito
dell'esercizio in cui sorge il diritto o l'obbligo.
- Principio di attrazione  i proventi di immobili ed investimenti in capitale relativi
all'impresa sono riqualificati in termini di componenti del reddito di impresa.
Le variazioni fiscali avvengono alla luce delle specifiche disposizioni relative ai componenti
positivi di reddito e a quelli negativi. Oltre al regime specifici per le imprese minori vengono
disciplinate le operazioni straordinarie di impresa. Tra le diverse misure agevolative previste per i
redditi di impresa si segnala l'aiuto alla crescita economica, che si sostanzia in un regime che
determina la detassazione di una parte del reddito di impresa avente la finalità di incentivare la
patrimonializzazione delle imprese e di esentare da imposizione gli utili reinvestiti.
La categoria dei redditi diversi si presenta come disomogenea e residuale, in quanto vi sono
comprese una serie di fattispecie non accomunabili sul piano strutturale e che non trovano
collocazione in altre categorie reddituali. L'elencazione assume un carattere tassativo:
- Plusvalenze immobiliari
a. Realizzate mediante la lottizzazione di terreni o l'esecuzione di opere intese a
renderli edificabili e la successiva rivendita di terreni e edifici;
b. Realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati e
costruiti da non più di 5 anni;
c. Realizzate mediante la cessione a titolo oneroso di aree edificabili.
- Plusvalenze mobiliari realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni
societarie ed altri strumenti finanziari
- Redditi degli immobili situati all'estero
- Redditi derivanti da attività commerciali o di lavoro autonomo esercitati occasionalmente
- Proventi di vincite di lotterie.
Le regole di determinazione della base imponibile delle diverse fattispecie sono eterogenee e
disciplinata analiticamente.
La base imponibile Irpef corrisponde al reddito complessivo dato dalla somma algebrica dei redditi
di ogni categoria e delle perdite derivanti dall'esercizio di imprese di attività di lavoro autonomo. Si
esclude dalla base imponibile i redditi esenti dall'imposta e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a
titolo di imposta o imposta sostitutiva; si riconosce inoltre la natura non reddituale di taluni
emolumenti. Il TUIR disciplina nel dettaglio le modalità di utilizzo delle perdite distinguendo tra:
- Perdite riportabili in orizzontale (in diminuzione degli altri redditi dello stesso periodo);
- Perdite riportabili in verticale (diminuzione dei redditi della stessa categoria nei periodi di
imposta successivi).
Il reddito complessivo esprime una base imponibile lorda dalla quale occorre scomputare gli oneri
deducibili.
Per determinare l'Irpef occorre applicare alla base imponibile netta le aliquote progressive per
scaglioni:
- Per redditi fino a 15.000 €  aliquota del 23%
- per redditi da 15.000 a 28.000 €  aliquota del 27%
- per redditi da 28.000 a 55.000 €  aliquota del 38%
- per redditi da 55.000 a 75.000 €  aliquota del 41%
- per redditi superiori a 75.000 €  aliquota del 43%
dall'imposta lorda e poi possibile scomputare le detrazioni d'imposta: le diverse detrazioni
riconosciute sono in grado di riflettere situazioni di tipo individuale e familiare, oltre a rispondere
ad eterogenee finalità agevolative. L'incidenza del calcolo delle detrazioni sulla progressività
dell’Irpef deriva dalla circostanza che talune di queste detrazioni sono strutturate in termini di
detraibilità di importi predefiniti e decrescenti all'aumentare del reddito. L'ammontare del tributo
dovuto è ulteriormente definito attraverso lo scomputo e dei crediti di imposta spettanti al
contribuente; nel quantum da versare allo stato incidono anche gli acconti già versati e le ritenute
d'acconto subite.
Un istituto che determina la sottrazione di taluni redditi alla regola della tassazione progressiva sul
reddito complessivo è quello della tassazione separata, ossia un meccanismo di calcolo previsto per
un elenco tassativo di redditi e formazione pluriennale. Tra le fattispecie ammesse alla tassazione
separata si segnalano: i trattamenti e le indennità di fine rapporto, le somme percepite a seguito di
provvedimenti giudiziali, le altre entrate per prestazioni di lavoro dipendente, le somme percepite in
occasione di recesso, esclusione, riduzione del capitale sociale e liquidazione delle quote delle
società. La tassazione dei redditi delle persone fisiche è profondamente alterata dalla presenza di
numerosi regimi speciali ed agevolativi, i quali determinano evidenti situazioni di disuguaglianza
fiscale: il legislatore italiano ha introdotto diversi regimi agevolativi aventi la funzione di attenuare
il prelievo fiscale su imprenditori e lavoratori autonomi di ridotte dimensioni. Attualmente è in
vigore il regime opzionale forfettario agevolato che prevede l'applicazione di una imposta del 15%
che è sostitutiva di imposte sui redditi, addizionali regionali e comunali, Irap.
Anche ai fini Ires la base imponibile lorda coincide con il reddito complessivo dell’ente o della
società. Per le società e gli enti commerciali residenti le perdite di impresa possono essere
scomputate in diminuzione del reddito dei periodi di imposta successivi; Per gli enti non
commerciali residenti valgono invece le stesse regole previste ai fini Irpef. Dal reddito complessivo
possono essere dedotti alcuni oneri previsti dal TUIR: il ruolo degli oneri deducibili e delle
detrazioni è minore rispetto a quello che gli stessi rivestono ai fini Irpef. L'aliquota di imposta e
attualmente del 24%, ma sono previste addizionali e maggiorazioni dell'aliquota Ires per taluni
settori e soggetti. Dall'imposta possibile scomputare detrazioni e crediti d'imposta; Sul calcolo del
tributo da versare si devono considerare anche gli acconti e le ritenute d'acconto.

3. L'imposta regionale sulle attività produttive (Irap)


L’Irap costituisce un tributo regionale proprio derivato, in quanto la fonte legislativa statale
attribuisce alle regioni la titolarità del credito e la connessa potestà impositiva.; la portata regionale
del tributo si manifesta anche in termini di delimitazione territoriale. Il presupposto dell'imposta è
rappresentato dall'esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, diretta alla
produzione o scambio di beni e servizi: la ratio che sorregge il tributo è che l'esistenza di una
struttura idonea alla produzione di beni e servizi possa delineare una capacità contributiva specifica,
autonoma ed ulteriore rispetto a quella creata singolarmente dai fattori della produzione. Nell’Irap il
fatto indice espressivo e di capacità contributiva è rappresentato dalla posizione di dominio
organizzativo su fattori produttivi ed è riferita al soggetto che assume i poteri di coordinamento
dell'organizzazione, assumendo fondamentale importanza il concetto di autonoma organizzazione.
Affinché sia identificato come soggetto passivo Irap è necessario che il soggetto sia il responsabile
dell'organizzazione, il che non si verifica quando l'attività è destinata a confluire in strutture
organizzative di cui altri abbiano interesse e responsabilità.
Soggetti passivi d'imposta sono coloro ai quali si imputa l'attività produttiva delineata dal
presupposto, tra cui non sono ricompresi, per esplicita indicazione normativa, i fondi comuni di
investimento, gli organismi di investimento collettivo, i GEIE e i soggetti che esercitano attività
agricola.
La base imponibile dell’Irap è costituita dal valore della produzione netta quale risultato economico
dell'attività esercitata nel territorio della regione: tale valore costituisce l'indicatore della rilevanza
economica dei processi produttivi svolti dei risultati ottenuti, venendo misurata la complessiva
potenzialità produttiva dell'attività organizzata. Il valore della produzione netta espresso dalla
differenza tra i proventi e i costi della produzione che è ottenuto dalle risultanze di bilancio secondo
il principio di derivazione piena del conto economico. È esclusa la possibilità di poter scomputare
gli interessi passivi ed il costo di lavoro: simile regola è stata in più occasioni derogata dal
legislatore con diversi interventi che si sono accavallati tra loro. Si prevedono specifiche regole di
determinazione della base imponibile in ragione del soggetto passivo. L'aliquota del tributo e in via
ordinaria del 3,9%, ma le regioni hanno la facoltà di variarla nel limite dello 0,92% potendo anche
differenziarla per settori di attività e categorie di soggetti passivi.

4. L’imposta sul valore aggiunto (Iva)


L'imposta sul valore aggiunto rappresenta un'imposta europea poiché introdotto in attuazione di
direttive comunitarie sulla base di una disciplina ampiamente uniforme a livello europeo. Il
meccanismo di applicazione dell'iva fa sì che tutte le cessioni di beni e le prestazioni di servizi poste
in essere dagli operatori economici soggiacciono all'imposta, che viene addebitata in via di rivalsa
all'acquirente. L'operatore economico può portare in detrazione dall'imposta da versare allo stato
quella che ha aggravato sui beni e servizi da lui acquistati, che gli è stata sua volta divisa da altri
operatori economici. Il gravame definitivo è indipendente dal numero degli scambi ed è il
consumatore finale ad essere inciso dal peso del tributo nonostante gli adempimenti formali e il
versamento dell'imposta gravino sugli operatori economici. La Corte di giustizia qualifica l'iva
come imposta generale sui consumi, affermando l’applicazione del principio di neutralità che
informa la disciplina, diretto ad esonerare interamente l'operatore economico dall'iva dovuta o
pagata nell'ambito di tutte le sue attività. In base al principio di neutralità, la tassazione si realizza
senza salti né duplicazioni, andando a colpire il complessivo valore aggiunto creato nel corso
dell'intero processo di produzione e distribuzione.
Gli elementi caratterizzanti la fattispecie impositiva prevedono l'applicazione dell'imposta:
- Alla cessione di beni e prestazioni di servizi (presupposto oggettivo)
- effettuate nel territorio dello Stato (presupposto territoriale)
- ddnell'esercizio di imprese o arti e professioni (presupposto soggettivo)
L'iva si applica sulle importazioni da chiunque effettuato e agli acquisti intracomunitari di beni. Il
soggetto attivo dell'iva è lo stato italiano, ma una quota del gettito dell'imposta è destinata al
finanziamento dell'unione europea.
Per quanto riguarda il presupposto oggettivo, si definisce cessione di beni quell'atto a titolo oneroso
che importa trasferimento della proprietà, ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di
godimento su beni di ogni genere; possono considerarsi cessioni di beni tutti gli atti giuridici aventi
il medesimo effetto. Risultano esclusi trasferimenti per confisca, così come gli acquisti della
proprietà a titolo originario. L'elencazione delle fattispecie che devono considerarsi quali cessioni di
beni ai fini iva ha carattere tassativo e le scelte normative di assimilazione rispondono a ratio tra
loro eterogenee. sono escluse le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro, le
cessioni e di conferimenti di aziende e rami di azienda, le cessioni di terreni non edificabili, i
passaggi di beni in occasione di operazioni societarie straordinarie. Si parla di prestazione di servizi
in termine di prestazione verso corrispettivo dipendente da obbligazione di fare, non fare e
permettere, quale ne sia la fonte: anche per le prestazioni di servizi il legislatore prevede fattispecie
assimilate e fattispecie escluse.
La dimensione soggettiva del presupposto esprime la rilevanza dell'attività economica e nella
fattispecie impositiva, identificando i soggetti passivi di diritto. Soggetti passivi iva sono coloro che
pongono in essere la cessione del bene o la prestazione del servizio nell'ambito di un'attività
imprenditoriale o professionale. Il presupposto soggettivo è definito sulla base dei concetti di
esercizio di impresa e di esercizio di arti e professioni, con la differenza che ai fini iva diviene
rilevante anche l'esercizio di attività agricola oltre a quella commerciale. Vengono escluse dal
presupposto iva quell'attività che si risolvono nel mero possesso e nella gestione passiva di
immobili, partecipazioni e titoli finanziari: le società di mero godimento non sono tenute al
pagamento del tributo per le operazioni attive realizzate, e non possono portare in detrazione l'iva
assolta sugli acquisti di beni e servizi. Con riferimento agli enti pubblici occorre distinguere tra
attività svolte in regime privatistico, per cui può sussistere l'assoggettamento all'iva, e attività
esercitata in qualità di pubblica autorità, escluse dal tributo. Per esercizio di arti e professioni si
intende l'esercizio per professione abituale di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di
persone fisiche, società semplici e associazioni senza personalità giuridica tra persone fisiche per
l'esercizio in forma associata della professione. Con riferimento ai soggetti passivi non residenti che
pongono in essere operazioni in Italia, è necessario procedere alla identificazione diretta iva o alla
nomina di un rappresentante fiscale residente.
Il presupposto territoriale è individuato quale realizzazione delle operazioni all'interno del territorio
dello Stato italiano, intendendosi il territorio politico in cui lo stato italiano esercita la propria
sovranità politica. Per le cessioni di beni la territorialità è definita dall'esistenza fisica nel territorio
dello Stato del bene al momento in cui le operazioni sono effettuate, con la precisazione che si deve
trattare di beni prodotti in Italia o il cui perfezionamento sia avvenuto in Italia, ovvero prodotti in
altro stato UE o in libera pratica, ovvero vincolati al regime della temporanea importazione. Non
rientra nel campo di applicazione la cessione di beni mobili che hanno la condizione di beni
viaggianti. Le prestazioni di servizi si considerano effettuate in Italia se resi a soggetti passivi
stabiliti nel territorio dello Stato o resi a committenti non soggetti passivi da operatori economici
stabiliti nello stato. In caso di committenti soggetti passivi vale il criterio del luogo del committente,
in caso di committenti privati vale quello del luogo del prestatore.
Le operazioni intracomunitarie si definiscono quali acquisti e cessioni di beni che intercorrono tra
soggetti passivi iva appartenenti a diversi Stati membri dell'unione europea: il regime in vigore
prevede la tassazione nel paese d'origine solo per le operazioni effettuate nei confronti dei
consumatori finali, mentre per gli scambi tra soggetti passivi iva si prevede la non imponibilità nello
stato del cedente e la tassazione nello stato del cessionario, con un'importante ruolo assegnato agli
adempimenti formali che devono essere posti in essere da entrambi i soggetti passivi. In base alla
regola del paese di destinazione l'operazione assoggettata ad imposta in Italia è costituita
dall'acquisto intracomunitario mentre la cessione intracomunitaria rileva quale operazione non
imponibile. Con riferimento alle operazioni extracomunitarie, la scelta legislativa è di considerare
non imponibili le esportazioni e assoggettare ad iva le importazioni: la tassazione delle importazioni
si giustifica con l'esigenza di garantire la parità di trattamento tra prodotti esteri e nazionali.
È importante individuare il momento di esigibilità dell'imposta, momento in cui sorge anche il
diritto di detrazione per l'operatore economico cui è stata addebitata l'imposta di acquisto. In termini
generali:
- Per le cessioni che hanno ad oggetto beni immobili si fa riferimento alla data di stipula
dell'atto;
- Per le cessioni che hanno ad oggetto beni mobili si considera la data di consegna o
spedizione del bene;
- Per le prestazioni di servizi rileva il momento del pagamento del corrispettivo.
Occorre considerare che, se per un'operazione viene pagato il corrispettivo o emessa una fattura
prima dell'effettuazione dell'operazione medesima, in quel momento si determina l'esigibilità
dell'imposta in relazione al quantum corrisposto o fatturato. La disciplina legislativa prevede in
alcuni casi l'esigibilità differita dell'imposta. Particolare importanza riveste il regime opzionale
dell'iva per cassa adottabile da quei soggetti passivi che effettuano cessioni o prestazioni imponibili
nel territorio dello Stato nei confronti di acquirenti soggetti passivi, se hanno un volume d'affari
inferiore a una data soglia: per questi soggetti l'iva diviene esigibile solo nel momento del
pagamento della fattura da parte dei clienti o decorso un anno dall'effettuazione dell'operazione.
La base imponibile ai fini iva è costituita dall'ammontare complessivo dei corrispettivi secondo le
condizioni contrattuali; in alcuni casi essa è definita dal valore normale del bene o del servizio.
L'aliquota ordinaria dell'iva è prevista nella misura del 22%, ma sono previste aliquote inferiori per
determinate categorie di beni o servizi:
- Aliquota minima del 4%  compravendita di immobili abitativi non di lusso e beni di prima
necessità
- aliquota ridotta del 10%  servizi alberghieri, alcuni prodotti alimentari e operazioni
edilizie
Esistono diversi regimi speciali iva, tra cui quelli per l'agricoltura, il commercio di sali e tabacchi e
le prestazioni dei gestori di telefonia.
Le operazioni che rientrano nel campo applicativo del tributo si distinguono in:
- Operazioni imponibili  determinano il sorgere dell'obbligazione tributaria e degli obblighi
formali ad essa connessi
- Operazioni non imponibili  non determinano la nascita dell'obbligazione tributaria
essendo però soggette a tutti gli obblighi formali
- Operazioni esenti  non determinano la nascita dell'obbligazione tributaria essendo
assoggettate agli obblighi di natura formale, ma comportano esclusioni o limitazioni al
diritto di detrazione per il soggetto passivo che le pone in essere relativamente agli acquisti
operati a monte
Molteplici sono le giustificazioni della scelta di esenzione, ma l'effetto è sempre quello di un
beneficio per il consumatore fiscale, cui non si riconnette una totale rinuncia al prelievo da parte
dello Stato. Rimangono totalmente estranee alla disciplina dell'imposta le operazioni escluse.
Il meccanismo di applicazione del tributo si fonda su due situazioni giuridiche soggettive:
- Rivalsa
La rivalsa consente la traslazione normativa dell'iva, prevedendo il diritto di traslare l'onere
del tributo in capo a un soggetto diverso da quello tenuto ad assolvere l'imposta: l'operatore
economico che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi deve addebitare la
relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o committente. La rivalsa determina il
sorgere di un credito nei confronti del cessionario assistito da privilegio speciale o generale.
La traslazione deve essere evidenziata in fattura nel senso che il cedente è tenuto a
specificare l'importo addebitato a titolo di rivalsa. In alcuni casi la traslazione dell'iva
tramite rivalsa è sostituita da un diverso meccanismo di inversione contabile (reverse
charge), ossia una deviazione dall'ordinario schema applicativo del tributo che prevede il
sorgere dell'obbligo di applicazione dell'iva in capo al cessionario; ciò può avvenire in due
modalità:
a. Emissione di autofattura da parte del cessionario
b. Emissione della fattura da parte del cedente, integrata per quanto attiene all'iva
dall'acquirente o dal committente
L'applicazione del tributo direttamente da parte del cedente non fa venire meno il diritto di
detrazione di tale operatore economico relativamente all'iva assolta, con la conseguenza che,
se si tratta di un soggetto che non ha limitazione alla detrazione, l'applicazione del reverse
charge finisce per essere neutra.
- Detrazione
Secondo il diritto di detrazione, si prevede che per la determinazione dell'imposta dovuta dal
soggetto passivo è detraibile dall'ammontare dell'imposta relativa alle operazioni effettuate
l'ammontare dell'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo, ovvero a lui addebitata a
titolo di rivalsa, in relazione ai beni e ai servizi importati o acquistati nell'esercizio
dell'impresa, arte o professione. Il diritto di detrazione sorge nel momento in cui l'imposta
diviene esigibile ed è condizionato al requisito del possesso della fattura con specifiche
indicazioni dell'iva addebitata; esso è subordinato ad un giudizio di inerenza tra l'operazione
passiva e l'attività economica esercitata con la finalità di evitare che il soggetto passivo
possa detrarre il tributo connesso ad acquisti relativi alla sfera personale o aventi carattere
extra imprenditoriale. Il sistema dispone una forte correlazione tra il diritto di detrazione
dell'iva relativo alle operazioni passive e la tipologia delle operazioni attive poste in essere
dal soggetto passivo. Viene altresì sancito la non detraibilità dell'iva relativa all'acquisto
importazione di beni e servizi afferenti operazioni attive esenti o non soggette all'imposta,
comportando che:
o Quando sia possibile ravvisare un chiaro nesso funzionale tra un'operazione attiva
esente e un'operazione passiva, non si potrà configurare il diritto di detrazione;
o In presenza di beni o servizi acquistati o importati e destinati ad essere utilizzati in
modo promiscuo vi sarà una detraibilità solo parziale;
o Quando il soggetto passivo compia sistematicamente attività che comportano
operazioni con diritto di detrazione e attività esenti, la detrazione è calcolata secondo
il meccanismo del pro-rata, ossia in maniera forfettaria in base al rapporto tra
ammontare delle operazioni che danno diritto alla detrazione e quello delle stesse
aumentato delle operazioni esenti.
La legge prevede ulteriori limiti ed esclusioni della detrazione in relazione a determinate
operazioni e tipologie di beni e servizi; qualora la misura della detrazione si rivela essere
differente da quella inizialmente operata, è necessario procedere a rettifica.
Particolarmente significativi sono gli obblighi formali della disciplina iva, in grado di condizionare
fortemente il meccanismo applicativo, come l'obbligo di fatturazione o l'obbligo di dichiarazione
dell'inizio dell'attività, cui è collegata l'attribuzione del numero di partita iva.

L’ATTUAZIONE DEL TRIBUTO AD OPERA DEL SOGGETTO PASSIVO


1. L’attuazione del tributo, il procedimento amministrativo tributario e la partecipazione
del soggetto passivo
La realizzazione della fattispecie impositiva determina il sorgere di una serie di situazioni
giuridiche in capo ai soggetti attivi e passivi, che hanno ad oggetto obbligazioni pecuniarie,
obblighi, oneri e poteri aventi una portata procedimentale. Si utilizza la nozione di procedimento
tributario per indicare la fase attuativa del tributo e il complesso delle situazioni giuridiche ad esso
relative, fase che è da ricondurre tra i procedimenti amministrativi. La disciplina attuativa del
tributo è nel corso del tempo profondamente mutata soprattutto in funzione del ruolo assegnato la
partecipazione del soggetto passivo: si fa riferimento ad una serie di istituti caratterizzanti
dall'elemento comune della rilevanza procedimentale di situazioni giuridiche di stampo lato sensu
partecipativo, posto in capo al contribuente si possono rilevare tre ambiti di rilevanza della
partecipazione del soggetto passivo nel procedimento di attuazione del tributo:
i. Si parla di partecipazione forzosa facendo riferimento a quel dovere di partecipazione
consistente nell'adempimento di obblighi di natura formale, tra cui particolare rilievo
assume quello della presentazione della dichiarazione d'imposta e il versamento
dell'imposta accertata e liquidata. In tale prospettiva il potere impositivo dell'ente
pubblico creditore si esplica nelle attività:
a. Di controllo e verifica rispetto all’adempimento degli obblighi;
b. Di accertamento del presupposto, della base imponibile e di liquidazione
dell'imposta se non provveduto dal contribuente;
c. Di riscossione coattiva in caso di non adempimento spontaneo;
d. Di carattere sanzionatorio.
ii. Vi è un ambito di rilevanza della partecipazione del soggetto passivo che si manifesta
nell'iter procedimentale con cui si esplica il potere impositivo dell'ente pubblico: in
questa fase sono previsti diversi obblighi di fare o di subire in capo ai soggetti passivi; le
più recenti evoluzioni del sistema delineano moduli procedimentali in cui è riconosciuto
il diritto alla partecipazione e l'obbligo di coinvolgimento dialettico.
iii. Una terza dimensione si riferisce a modelli procedimentali di tipo collaborativo, basati
sulla cooperazione tra il contribuente e l'amministrazione.

2. La dichiarazione d’imposta
La principale forma di partecipazione del contribuente all'attuazione del tributo è costituita dalla
presentazione della dichiarazione, prevedendosi una pluralità di obblighi ed oneri dichiarativi per i
soggetti passivi. tra le varie fattispecie delle dichiarazioni distinguiamo la dichiarazione d’imposta,
con cui il singolo accerta il presupposto, determina la base imponibile e liquida l'imposta dovuta.
La presentazione della dichiarazione d'imposta è un obbligo per il contribuente al quale legge
ricollega specifiche sanzioni in caso di inadempimento; essa è un atto di tipo formale e deve essere
sottoscritta dal soggetto passivo o da chi ha la rappresentanza legale e negoziale.
I termini di presentazione sono diversi a seconda del tipo di imposta e diviene importante anche la
differenza tra tributi periodici e tributi istantanei.
Con riferimento al contenuto, è possibile distinguere un momento dichiarativo o comunicativo da
uno più di tipo volitivo:
- Il primo attiene alle informazioni e ai dati che il soggetto passivo è tenuto a comunicare,
diretti alla quantificazione del debito tributario; La dichiarazione assume la natura giuridica
di dichiarazione di scienza, quale atto giuridico volontario di cui il singolo si assume la
responsabilità, ma i cui effetti sono determinati dalla legge.
- Il secondo momento riguarda le scelte che il soggetto passivo può compiere in sede
dichiarativa, per cui si ritiene che la dichiarazione tributaria evidenzia una natura di tipo
negoziale.

3. L’emendabilità della dichiarazione


Con l'espressione emendabilità della dichiarazione si intende la possibilità per il soggetto passivo di
prospettare elementi di fatto o di diritto diversi ed ulteriori rispetto a quelli indicati in origine, in
grado di inficiare l'esattezza o l'esaustività della dichiarazione originaria: si può trattare della
allegazione di fatti nuovi, come anche della mera riqualificazione giuridica di quelli dichiarati
originariamente.
La disciplina attuale prevede la possibilità per il contribuente di modificare la dichiarazione
attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa entro i termini stabiliti per
l'accertamento (entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della
dichiarazione originaria); la dichiarazione integrativa va compilata come una nuova dichiarazione.
Con riferimento all'ipotesi in cui il soggetto voglia rettificare la dichiarazione infedele o incompleta
mediante una nuova dichiarazione che determina una maggiore liquidazione del tributo, la
tempistica della regolarizzazione deve tenere conto anche della scansione temporale prevista
dall'Istituto del ravvedimento operoso. Nell'ipotesi inversa il contribuente invece mira a rimediare al
versamento in eccesso d'imposta, facendo emergere un credito che può essere chiesto a rimborso
oppure usato in compensazione.
Il contribuente può far valere eventuali vizi commessi nella redazione della dichiarazione anche in
sede contenziosa, quindi impugnando la cartella di pagamento tesa a recuperare l'imposta dichiarata
ma non versata, indipendentemente dai termini previsti per fare la correzione della dichiarazione o
proporre istanza di rimborso.
La presentazione di una dichiarazione integrativa incide anche sui termini di decadenza dell'azione
accertativa: questi devono essere calcolati a partire dall'anno di presentazione della dichiarazione
integrativa, determinandosi uno slittamento del dies a quo per conteggiare i termini decadenziali sia
per l'accertamento, sia per la liquidazione ed il controllo formale (circoscritto ai soli elementi di
correzione).
Rimane controversa la possibilità di applicare la disciplina in materia di dichiarazione integrativa
anche alle fattispecie in cui il contribuente intenda modificare il contenuto negoziale della
dichiarazione.

4. Gli obblighi formali e dichiarativi nei principali tributi


Occorre considerare preliminarmente le disposizioni di principio contenute nello Statuto dei diritti
del contribuente. L'art.6 prevede che l'amministrazione finanziaria debba assumere iniziative volte a
garantire che i modelli di dichiarazione, le relative istruzioni, i servizi telematici, la modulistica e i
documenti di prassi siano messi a disposizione del contribuente, con idonee modalità di
comunicazione e pubblicità, almeno 60gg prima del termine per l'adempimento relativo; questi
devono essere comprensibili anche ai contribuenti sforniti di conoscenze in materia tributaria.
I più rilevanti obblighi formali riguardano i soggetti obbligati alla tenuta di scritture contabili. Si
tratta in particolare del libro giornale, del libro degli inventari, delle scritture contabili ausiliarie,
delle scritture contabili di magazzino e del registro dei beni ammortizzabili; i soggetti imprenditori
sono anche tenuti alla redazione annuale del bilancio, comprensivo dello Stato patrimoniale, del
conto dei profitti e delle perdite, del rendiconto finanziario e della nota integrativa. Esiste un regime
di contabilità semplificata per i soggetti con ricavi annui non superiori a un certo ammontare, con
possibile opzione per il regime ordinario. Altre regole contabili specifiche sono previste per talune
tipologie di enti non commerciali, oltre che per gli aderenti al regime forfettario agevolato.
Con riferimento alla dichiarazione d'imposta si dispone che le dichiarazioni dei redditi e quelle ai
fini di Irap devono essere redatte su modelli conformi a quelli approvati con provvedimento
amministrativo, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale: l'adempimento è previsto a pena di nullità
della dichiarazione, così come comporta nullità la mancata sottoscrizione da parte del contribuente
o di chi ne ha la rappresentanza legale negoziale. Le dichiarazioni devono essere presentate
annualmente all'agenzia delle entrate in via telematica direttamente dal contribuente o tramite
intermediari abilitati, ed hanno l'oggetto i presupposti, la base imponibile e l'imposta dell'anno
precedente: sono previsti appositi modelli che attribuiscono vantaggi in termini di semplificazione
in modalità di rimborso e di versamento; l'agenzia delle entrate mette a disposizione una
dichiarazione dei redditi precompilata con diversi dati già inseriti, che si prevede il soggetto accetti
senza modifiche se non vuole essere sottoposto a controlli documentari e vuole essere esentato da
obblighi di esibizione e conservazione di documenti. I termini di presentazione variano a seconda
del tipo di modello di dichiarazione e sono sovente oggetto di variazioni ad opera dei provvedimenti
normativi, nonché di proroghe.
Con riferimento agli acconti, una precisazione importante va fatta rispetto al contenuto della
dichiarazione: si prevede che il contribuente dichiari il presupposto e la base imponibile e quindi
liquidi l'imposta dell'annualità precedente, provvedendo a versare anche gli acconti dell'annualità in
corso calcolati nella misura del 100% dell'imposta liquidata per l'anno precedente; l'imposta che
residua da versare è solo un saldo dell'acconto già versato l'anno precedente. Può verificarsi una
imposta negativa per effetto di acconti versati in misura superiore all'imposta definitiva, che
determina il sorgere di un diritto di credito in capo al contribuente. Il sistema degli acconti
determina un perenne sfasamento tra annualità di riferimento per l'obbligo dichiarativo e di
liquidazione del tributo, e versamento del tributo di competenza: con l'acconto il contribuente si
ritrova a liquidare ed effettuare il versamento del tributo o ancora prima che il periodo d'imposta sia
determinato e il presupposto compiutamente realizzato. Gli acconti devono essere ordinariamente
versati a giugno e a novembre del periodo d'imposta in corso, mentre il saldo deve essere versato a
giugno dell'anno successivo.
Per quanto riguarda gli obblighi dichiarativi dei sostituti d'imposta, questi devono presentare
annualmente una dichiarazione unica per tutti i percipienti secondo i modelli approvati con
provvedimento amministrativo: tale dichiarazione deve contenere l'indicazione del sostituto
d'imposta, i dati e gli elementi necessari e determinare l'ammontare dei compensi e proventi
corrisposti, l'indicazione delle ritenute, premi e contributi.
I soggetti passivi iva sono tenuti ad una serie di obblighi formali dichiarativi di natura fiscale:
- Obbligo di fatturazione delle operazioni
Il cedente o prestatore del servizio deve emettere la fattura per ogni operazione rientrante
nell'ambito di applicazione del tributo, in duplice copia, di cui una deve essere consegnata o
spedita al cessionario o committente del servizio; il contenuto è stabilito dalla legge. In
talune fattispecie l'obbligo di emissione della fattura o di indicazione dell'iva in fattura è
imposto al cessionario, determinandosi inversione contabile. Dal 1° gennaio 2019 la fattura
deve essere emessa in formato elettronico da tutti gli operatori, salvo alcune deroghe.
- Obbligo di tenuta del registro delle fatture e del registro degli acquisti
il soggetto passivo deve annotare le fatture entro il giorno 15 del mese successivo a quello di
effettuazione delle operazioni, ordinandole in base a numerazione e data di emissione
nell'apposito registro delle fatture; il soggetto passivo deve numerare in ordine progressivo
le fatture e le bollette doganali relative ai beni servizi acquistati o importati nell'esercizio
dell'impresa, arte o professione e deve annotarle in apposito registro anteriormente alla
liquidazione periodica o alla dichiarazione annuale.
- Obblighi dichiarativi
In capo ai soggetti passivi iva sono previsti diversi obblighi dichiarativi:
o Presentazione della dichiarazione di inizio attività  il soggetto comunica l'attività
svolta ai propri dati identificativi ottenendo il rilascio del numero di partita iva.
o Dichiarazioni di variazione e cessazione dell'attività  devono essere presentate
entro 30 giorni dal realizzarsi dell'evento.
o Dichiarazione d'imposta  l'iva è dovuta per masse di operazioni e non per ogni
singola operazione su cui viene applicata; la liquidazione dell'imposta deve essere
fatta in corso d’anno, dovendo essere comunicate le liquidazioni periodiche che
determinano il debito di imposta o l'eccedenza detraibile del periodo: nella
dichiarazione annuale il contribuente deve solo riepilogare gli adempimenti già
eseguiti e procedere alla liquidazione definitiva in relazione alle operazioni effettuate
nel corso dell'anno da cui potrà emergere un'imposta di debito oppure un'imposta di
credito. La dichiarazione iva deve essere presentata in via telematica, redatta in
conformità al modello approvato con provvedimento amministrativo da pubblicare
nella Gazzetta Ufficiale nel termine fissato tra il 1° febbraio e il 30 aprile dell'anno
successivo a quello cui si riferisce la dichiarazione.

5. La riscossione spontanea del tributo


L'imposta liquidata nella dichiarazione è versata dal contribuente nei termini e nelle modalità
previste dalla legge. L'esercizio di poteri autorizzativi dell'amministrazione finanziaria nella fase
della riscossione è previsto qualora il soggetto passivo non provveda a versare quanto dovuto. Le
ipotesi di adempimento spontaneo sono 3: il versamento diretto, la compensazione e la ritenuta
diretta.
Il versamento diretto costituisce la modalità di pagamento ordinario per tutte le imposte e da parte
di tutti i soggetti passivi: esso consiste nel pagamento dell'imposta ad opera del soggetto passivo nei
termini previsti dalla legge. Il versamento si effettua mediante una delega irrevocabile ad una banca
convenzionata o un ufficio postale, che viene rilasciata mediante la compilazione di un apposito
modello di pagamento (F23 o F24) che assolve una triplice funzione:
- Delega di pagamento  ordina l'intermediario di trasferire le somme dovute all'ente
creditore.
- Giustificazione del pagamento  fornire una causale al versamento dell'imposta che si
compie per tramite del modello, andando a specificare l'imposta, il titolo, il periodo
eccetera; il dettaglio delle informazioni è fornito mediante l'impiego dei codici tributo,
sequenze di quattro cifre che identificano in modo univoco una precisa causale di
pagamento; la particolarità di questi modelli è quella di consentire il pagamento di più
imposte contestualmente, mediante la compilazione di diverse caselle con i relativi codici
tributo, per poi prevedere un riquadro di saldo finale dov'è indicato il totale dei versamenti
effettuati.
- Strumento per operare la compensazione  è possibile operare la compensazione
orizzontale, ossia pagare le imposte dovute compensandole con crediti vantati:
l'intermediario finanziario, verificata la provvista, rilascia al contribuente la quietanza, che
ha efficacia liberatoria nei confronti dell'erario; entro 5 giorni lavorativi gli intermediari
riversano all'ente creditore quanto riscosso.
La compensazione costituisce un mezzo di adempimento satisfattorio dell'obbligazione, che
comporta estinzione dei debiti in presenza di crediti di quantità corrispondente. È attualmente in
vigore la compensazione orizzontale eterogenea tra attributi differenti ma con riguardo al medesimo
periodo di imposta, prevedendosi la possibilità per il soggetto passivo di saldare i propri debiti con
pensandoli direttamente con i crediti vantati per altre imposte. La compensazione è consentita nei
soli casi e con limiti espressamente previsti. Essa viene effettuata con il modello F24, con il quale
viene operata in modo speculare al pagamento. La compensazione ha diversi limiti, tra i quali
quello quantitativo per cui non si può compensare con modello F24 crediti in misura superiore a
700.000 € per anno solare. La compensazione rappresenta una modalità alternativa al rimborso per
utilizzare i crediti di imposta, e risulta esercizio di un diritto potestativo: la compensazione è
assolutamente disponibile, quindi il contribuente può scegliere cosa e quanto compensare. La
facilità applicativa della compensazione tramite F24 può prestarsi a comportamenti fraudolenti: allo
scopo di contrastare utilizzi illegittimi dello strumento della compensazione orizzontale dei crediti
sono stati introdotti una serie di presidi regole che pongono seri condizionamenti del limite
l'impiego dei crediti in compensazione; è necessaria l'attestazione da parte di un professionista circa
la correttezza dei dati riportati nelle dichiarazioni per l'utilizzo dei crediti iva e di quelli per imposte
sui redditi eccedenti determinate soglie (visto di conformità); si prevede anche che l'utilizzo di
crediti inesistenti ovvero non spettanti comporti l'applicazione di sanzioni penali o amministrative.
Le imposte possono essere assolte mediante ritenuta diretta soltanto nei casi indicati dalla legge e
secondo le modalità previste dalla norma sulla contabilità generale dello Stato. La ritenuta diretta
rappresenta una modalità particolare di riscossione delle imposte sul reddito dovute sulle somme
erogate da amministrazioni dello Stato: si tratta di una ritenuta operata dalle amministrazioni dello
Stato sui redditi dalle stesse erogati la particolarità consiste nella circostanza che essa non viene
materialmente versata, in quanto il soggetto obbligato ad effettuarle l'ente impositore coincidono,
verificandosi un semplice trasferimento delle somme.

I MODELLI DI ATTUAZIONE DEL PRELIEVO AD OPERA


DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA
I poteri e le metodologie di controllo
1. Il ruolo dell’Amministrazione finanziaria nell’attuazione del tributo: l’attività di
controllo
L'intervento dell'agenzia delle entrate nell'attuazione del tributo si esprime essenzialmente
attraverso un'attività di controllo e di verifica dell'esatto adempimento dei propri obblighi in merito
all'attuazione del prelievo: e il soggetto passivo il primo e principale responsabile del corretto
adempimento del tributo. Si comprende come il ruolo primario dell'amministrazione finanziario
diventa quello di controllare il corretto adempimento è solo e quando emerga un'omissione, un
errore o un'infedeltà, l'intervento dell'amministrazione finanziaria diventa più incisivo: in tale
eventualità occorre rimediare all'errore per ripristinare e assicurare la corretta determinazione del
debito tributario, la sua riscossione nonché irrogare le sanzioni del caso previste. Oggetto di
controllo sono le dichiarazioni annuali dei redditi e dell'iva. Il controllo sulle dichiarazioni può
avere ad oggetto la mera regolarità formale della dichiarazione e la correttezza dei calcoli (controllo
cartolare), o può verificare l'esattezza e fedeltà della dichiarazione (accertamento).
Il controllo cartolare consiste nel constatare la correttezza formale della dichiarazione e dei calcoli
eseguiti ai fini della liquidazione e del versamento delle imposte: i controlli comportano
l'attivazione di un obbligo di partecipazione da parte del contribuente, che viene informato dell'esito
del controllo è invitato a fornire i chiarimenti necessari; i controlli di tipo cartolare non
pregiudicano ne sostituiscono la seconda tipologia di controllo.
Ogni tre anni viene adottato dal ministero dell'economia e delle finanze un atto di indirizzo per il
conseguimento degli obiettivi di politica fiscale, con cui si determinano le linee generali e gli
obiettivi della gestione tributaria assegnate tutte le agenzie fiscali: le agenzie provvedono ad
emanare circolari con gli indirizzi operativi cui gli uffici periferici devono attenersi per i controlli
da effettuare nell'anno. La scelta dei contribuenti da sottoporre a controllo è frutto di un'analisi
metodologica basata su molteplici fattori di tipo economico e sociale, in quanto una verifica estesa a
tutti i contribuenti è possibile solo con le metodologie di controllo completamente automatizzate.
Annualmente l'agenzia delle entrate e la Guardia di finanza fissano delle linee guida per la scelta
delle categorie di contribuenti da sottoporre a controllo, stilando liste selettive formate in base alle
risultanze acquisite innesto delle attività di analisi operate mediante le banche dati. Per raffinare la
selezione dei contribuenti da verificare vengono condotte apposite analisi del rischio, in modo da
intercettare gli indici ricorrenti di condotte evasive e situazioni concrete di rischio di evasione o
elusione. Per la categoria dei grandi contribuenti è prevista una vigilanza specifica Demandata alle
direzioni regionali; per il resto dei contribuenti i criteri di selezione variano di anno in anno, mentre
la competenza aspetta le direzioni provinciali.
Le verifiche possono essere:
- Centralizzate  sono verifiche delle strutture centrali a sorteggio o sulla base di criteri
selettivi fissati annualmente con apposito decreto, ovvero nei confronti delle imprese di più
rilevanti dimensioni.
- Ad iniziativa  sono le verifiche private nei confronti dei soggetti selezionati dalle parti
territoriali o degli uffici periferici sulla base di fattori rivelatori di potenziale pericolosità
fiscale.
- Di carattere generale  la verifica è rivolta all'esame degli aspetti rilevanti della posizione
fiscale del soggetto in riferimento ai principali tributi.
- Di carattere parziale  l'oggetto è limitato alla posizione fiscale del soggetto in riferimento
ad un singolo tributo.

2. I controlli cartolari delle dichiarazioni


Il controllo cartolare delle dichiarazioni si articola in due modelli:
- Liquidazione automatica dell'imposta
È da compiersi entro l'inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all'anno
successivo, consistendo in un controllo cartolare generalizzato, operato a mezzo di
procedure automatizzate, per verificare la corretta liquidazione dell'imposta operata nella
dichiarazione sulla base dei dati direttamente desumibili dalla stessa, nonché di quelli in
possesso dell'anagrafe tributaria.
- Controllo formale
È da effettuarsi entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione
della dichiarazione, coinvolge le dichiarazioni individuate sulla base di criteri selettivi e ha
ad oggetto propriamente la spettanza delle detrazioni, delle deduzioni, delle ritenute e dei
crediti di imposta, da dimostrare ragione di una documentazione strana nella dichiarazione,
nonché la riliquidazione della maggiore imposta dovuta; Il termine indicato è meramente
ordinatorio.
Nel caso della liquidazione automatica, sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili
dalle dichiarazioni presentate e di quelle in possesso dell'anagrafe tributaria, gli uffici procedono
alla liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovute in base alla
dichiarazione: si tratta di procedure automatizzate attraverso le quali l'agenzia delle entrate compie
una riliquidazione della dichiarazione, attraverso la correzione degli eventuali errori che le possono
avere inficiata. Con la liquidazione automatica gli uffici procedono a:
- Correggere gli errori materiali e di calcolo;
- Correggere l'eventuale errato riporto delle eccedenze delle imposte;
- Ridurre le detrazioni di imposta, le deduzioni del reddito e i crediti d'imposta esposti in
misura superiore a quella stabilita per legge;
- Controllare l'esattezza e la tempestività dei versamenti delle imposte.
Si tratta di casi in cui l'errore commesso nella dichiarazione appare con immediata evidenza. Con la
procedura di liquidazione automatica gli uffici non possono contestare la fondatezza nella veridicità
della dichiarazione del contribuente, quindi è consentita nei limiti e tassativi casi espressamente
numerati dalla legge ed esclusivamente per correggere gli errori ivi specificamente elencati.
Il controllo formale attiene alla correttezza della dichiarazione estrinseca, in quanto verificata alla
stregua di elementi esterni. L'attività di controllo formale resta diretta alla verifica della mera
correttezza dei dati esposti nella dichiarazione dei redditi, e viene svolta sulla base dei criteri
selettivi fissati dal ministero dell'economia e delle finanze. Gli uffici possono, ai fini delle imposte
sui redditi:
- Escludere lo scomputo delle ritenute d'acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti
di imposta;
- Escludere le detrazioni d'imposta ovvero le deduzioni dal reddito non spettanti;
- Determinare i crediti di imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai
documenti richiesti;
- Liquidare la maggiore imposta sul reddito e i maggiori contributi dovuti sull’ammontare
complessivo dei redditi risultanti da più dichiarazioni presentate per lo stesso anno dal
medesimo contribuente;
- Correggere gli errori materiali e di calcolo commessi nelle dichiarazioni dei sostituti
d'imposta.
Tale tipo di controllo è stato introdotto in ragione della semplificazione intervenuta negli
adempimenti formali correlati alla presentazione delle dichiarazioni: il controllo formale è stato
pensato proprio per verificare l'esistenza della documentazione attestante la spettanza della
detrazione, deduzione, eccetera, nonché la corrispondenza tra quanto ivi riportato con quanto
esposto in dichiarazione. Oggetto del controllo e il riscontro documentale volto a comprovare
l'effettiva sussistenza e la spettanza degli elementi che hanno concorso a determinare l'imposta
dovuta dal contribuente; e qui previsto un possibile coinvolgimento del contribuente o del sostituto
d'imposta prima che il controllo giunga a compimento, che può prevedere la richiesta di detta
documentazione. gli uffici non possono richiedere ai contribuenti documenti relativi ad
informazioni già disponibili presso l'anagrafe tributaria o a dati trasmessi da parte di soggetti terzi in
ottemperanza a obblighi dichiarativi, certificativi o comunicativi.
Sul piano procedimentale sia la liquidazione automatica che il controllo formale presentano un
tratto qualificante rappresentato dal fatto che l'esito del controllo non viene formalizzato al
contribuente mediante una notifica di avviso, quanto piuttosto l'esito del controllo è direttamente
iscritto al ruolo e portato in riscossione coattiva. La regione d'Italia semplificazione è stata
rinvenuta nella natura di questi controlli con un margine ridotto di elementi valutativi e, perciò,
idealmente verosimili; con lo statuto dei diritti del contribuente queste procedure sono state riviste,
prevedendo espressamente appena di nullità del ruolo alla previa comunicazione al contribuente
dell'esito del controllo. L'esito di un controllo cartolare della dichiarazione deve essere previamente
comunicato al contribuente e, solo nel caso di sua inerzia prolungata per i successivi 30 giorni, si
può procedere con l'iscrizione al ruolo della pretesa. In mancanza di comunicazione il ruolo e nullo.
Una volta ricevuta la comunicazione, il destinatario può:
- Pagare entro 30 giorni dalla comunicazione, beneficiando di un abbattimento delle sanzioni
e potendo rateizzare il pagamento.
- Fornire chiarimenti e produrre documentazione a giustificazione del proprio operato entro
30 giorni: se i chiarimenti appaiono fondati, l'agenzia procede a riliquidare inoltrare una
nuova comunicazione, mentre sei si sono infondati l'agenzia procede all'iscrizione al ruolo
decorsi 30 giorni senza pagamento.
In caso di inerzia, la pretesa oggetto della comunicazione viene iscritta al ruolo, sicché il
contribuente riceverà la cartella di pagamento con la sanzione in misura piena.
La comunicazione di irregolarità assolve ad almeno tre funzioni:
i. Funzione di allerta per il contribuente affinché non reiteri l'errore:
ii. Funzione di offrire al contribuente la possibilità di ottenere una riduzione delle sanzioni
applicabili;
iii. Funzione di consentire al contribuente di fornire chiarimenti.
La comunicazione di irregolarità è richiesta a pena di nullità come adempimento preliminare
all'iscrizione al ruolo; essa non è richiesta in tutti i casi di meri errori materiali, quanto piuttosto
solo nel caso di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione. Essa è dovuta se dai controlli
automatici emerge un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero
un'imposta o una maggiore imposta. Se le incertezze riguardano aspetti meno rilevanti della
dichiarazione la comunicazione è dovuta, ma la sua omissione determina una mera irregolarità e
non preclude una volta ricevuta la notifica della cartella di corrispondere quanto dovuto con
riduzione della sanzione: in questi casi non si determina la sanzione della nullità la riduzione delle
sanzioni in assenza della comunicazione di irregolarità non è consentita nei casi in cui la
comunicazione non è comunque prescritta, ossia nei casi di meri omessi versamenti. In merito alla
forma della comunicazione si stabiliscono due modalità:
- Per regola generale, mediante raccomandata;
- Inoltro ai soggetti incaricati della trasmissione telematica della dichiarazione, se è prevista
nell'incarico di trasmissione della dichiarazione; i soggetti incaricati portano a conoscenza
dei contribuenti, tempestivamente e non oltre 30 giorni, gli esiti di controllo contenuti
nell'invito; i termini decorrono dal sessantesimo giorno successivo a quello di trasmissione
telematica dell'invito all'intermediario.
I redditi soggetti a tassazione separata non concorrono alla determinazione della base imponibile
Irpef, ma sono oggetto di una tassazione con imposizione di un'aliquota media. Alla liquidazione a
saldo d'imposta provvede l'ufficio e l'esito della liquidazione è qui comunicato necessariamente al
contribuente con raccomandata con avviso di ricevimento, anche quando non vi siano incertezze di
sorta sulla dichiarazione.

3. Controlli sostanziali sulle dichiarazioni: gli accertamenti


L'agenzia delle entrate può operare un controllo sostanziale delle dichiarazioni, volto a verificarne
l'eventuale omissione, incompletezza o falsità. Questi controlli vengono programmati ed eseguiti
sulla base di criteri selettivi formalizzati annualmente con apposito decreto del ministero
dell'economia e delle finanze.
Gli uffici possono provvedere:
- Agli accertamenti in rettifica dei redditi dichiarati, per i quali la base di partenza è la
dichiarazione e vengono rettificati l'imponibile o l'imposta dichiarati;
- All'accertamento d'ufficio dei redditi nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o
di presentazione di dichiarazione nulla.

4. L'evasione e l'elusione (o abuso del diritto)


L'azione dell'amministrazione finanziaria è essenzialmente orientata a contrastare l'evasione, ma
accanto ad essa si è affermato il fenomeno dell'illusione, o anche detto abuso del diritto, che è
ugualmente riprovato dal sistema. La linea di demarcazione tra illusioni ed evasione appare sottile e
non mancano casi in cui le due figure sono state indebitamente sovrapposte.
L'evasione è un comportamento illegittimo e illecito che contrasta in modo diretto con una specifica
previsione normativa: la condotta e diretta sottrarre materia imponibile, occultandola, celando
componenti positive di reddito ovvero rappresentando componenti di costo fittizie; l'evasione si
realizza anche attraverso tutte le vicende di alterazione dei fatti economici ed è contrastata dal
legislatore attraverso la previsione di specifiche fattispecie sanzionatorie.
L'elusione è una vicenda caratterizzata dalla presenza di condotte assolutamente lecite che, tuttavia,
realizzano un risultato disapprovato dall'ordinamento, risultando non legittime. L'abuso del diritto si
sostanzia nel porre in essere un negozio giuridico ovvero una concatenazione di negozi,
giuridicamente valide ed efficaci, impiegati tuttavia con la funzione atipica di minimizzare il carico
fiscale riducendo il relativo onere.
Un'ipotesi tradizionale di pratica evasiva e integrata interposizione fittizia, la quale si realizza
mediante la stipulazione di un contratto simulato che in testa fittiziamente un bene o una fonte di
reddito ad un soggetto il quale ne è il titolare solo apparente: nella simulazione vi è una divergenza
tra apparenza e realtà, tra effetti giuridici meramente apparenti ed effetti giuridici effettivi e reali,
per questo va considerato la circostanza che la reale titolarità del cespite sia occultata da una
titolarità meramente apparente costituisce una pratica di tipo evasivo, in quanto mira a non far
pagare chi è l'effettivo titolare del cespite del reddito è colui che manifesta la reale capacità
contributiva. Per contrastare questa peculiare fattispecie di evasione il sistema ha predisposto che,
in sede di rettifica o di accertamento, gli uffici possono imputare al contribuente i redditi di cui
appaiono titolari altri soggetti quando hai provato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e
concordanti, che egli ne è l'effettivo possessore per interposta persona. La verifica circa il carattere
simulato o meno del negozio sarà oggetto del giudizio incidentale da parte del giudice tributario, in
caso di eventuale ricorso avverso l'atto di imposizione. Le persone interposte possono chiederne il
rimborso, a cui procederà l'amministrazione solo dopo che l'accertamento è divenuto definitivo e in
misura non superiore all'imposta effettivamente percepita a seguito di detto accertamento. Ai fini
del rimborso al soggetto interposto:
- Occorre che sia divenuto definitivo l'accertamento in capo al soggetto interponente;
- È rimborsabile solo l'imposta pagata in misura massima pari e quanto effettivamente
riscosso al soggetto interponente.
La disciplina dell'interposizione non presuppone un comportamento fraudolento da parte del
contribuente, essendo sufficiente un uso improprio ingiustificato o deviante di un legittimo
strumento giuridico.
L’elusione fiscale per lungo tempo è stata contrastata da una norma limitata alle sole imposte sui
redditi. Istruttore della nuova previsione precedente, da cui si differenzia essenzialmente per avere
una portata generale, tornando applicabile a tutti i tributi ed a qualunque ipotesi elusiva, Oltre a
mutare il termine elusione con abuso del diritto. l'articolo 10 bis della legge 212 del 2000 stabilisce
che “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel
rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali
operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce vantaggi
determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato
dal contribuente per effetto di dette operazioni”. la norma si applica a quelle operazioni abusive,
connotate dal rispetto formale delle norme fiscali e dal fatto di essere tesi a realizzare vantaggi
fiscali indebiti; affinché un'operazione possa essere considerata abusiva, l'amministrazione
finanziaria deve identificare il provare il congiunto verificarsi di tre presupposti costitutivi:
i. La realizzazione di un vantaggio fiscale indebito, integrato da benefici realizzati in
contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario;
ii. L'assenza di sostanze economiche dell'operazione o delle operazioni poste in essere
consistenti infatti, atti e contratti in idonei a produrre effetti significativi diversi dei
vantaggi fiscali (operazioni circolari);
iii. L'essenzialità del conseguimento di un vantaggio fiscale, che deve essere l'obiettivo
principale.
In assenza di uno dei tre presupposti l'operazione non può essere considerata abusiva, e le
condizioni vanno verificate in ordine scalare. Una volta verificate tutte e tre, l'operazione può essere
considerata abusiva e può essere invocato il regime di inopponibilità, il quale può ancora essere
disattivato. Una volta argomentata la natura abusiva dell'operazione, incombe sul contribuente
l'onere di fornire eventuali valide ragioni extra fiscali non marginali in grado di giustificare
l'operazione: se le ragioni sono fornite l'operazione non può più essere trattata come abusiva anche
se lo è.
Sul piano degli effetti della norma, questi sono individuati nell'inopponibilità dell'operazione
realizzata dall'agenzia, in quanto l'assetto giuridico realizzato dal contribuente non è opponibile
all'amministrazione finanziaria: questo significa che per l'amministrazione finanziaria è come se
l'operazione non si fosse mai realizzata e non fossero venuti in essere gli effetti giuridici dei
contratti posti in essere, al fine di disconoscere il vantaggio fiscale fruito in regione dei contratti resi
inopponibili. L’inabilità è meramente strumentale, servendo solamente a realizzare il
disconoscimento del vantaggio fiscale indebitamente fruito per il tramite dell'operazione elusiva e
l'applicazione delle norme fiscali eluse. Per operare il disconoscimento del vantaggio fiscale non è
sufficiente rendere inopponibile un certo assetto giuridico e disapplicare il regime fiscale che è
quello naturalmente comporta, occorre, piuttosto, rendere applicabile il regime l'uso, ossia rendere
applicabile il regime fiscale che sarebbe stato attuato se non ci fosse stato l'aggiramento: occorre
che l'amministrazione ricostruisca l'assetto giuridico e le condizioni che consentono l'applicazione
della norma elusa.
La disciplina antiabuso si articola in due passaggi:
i. Non opponibilità all'agenzia fiscale della realtà giuridica realizzata e non del regime
fiscale che questa naturalmente comporterebbe;
ii. Realizzazione virtuale delle condizioni per applicare il regime fiscale eluso.
L'abuso del diritto è una figura interstiziale che si colloca tra la condotta lecita del legittimo
risparmio di imposta e la condotta illecita dell'evasione, le quali vanno a imporsi come limiti
negativi di definizione della figura dell'elusione. L'articolo 10 bis, al quarto comma, prevede che
“resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali differenti offerti dalla legge e
tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale” , per cui risulta chiaro che per poter
configurare abuso del diritto occorre che il vantaggio fiscale non trovi ragione giustificazione in
un'opzione accordata dal sistema (principio di non contraddizione).
L'applicazione della disciplina antiabuso comporta l'attivazione di una peculiare procedura, sempre
contenuta all'articolo 10 bis della legge 212 del 2000.

5. L'attività istruttoria
L'istruttoria è un'attività amministrativa volta di indagare per acquisire la conoscenza dei fatti
rilevanti ai fini dell'esercizio della funzione impositiva e dell'emissione di un eventuale atto di
imposizione, nella forma di un accertamento di ufficio o di un accertamento in rettifica. Si tratta di
una faccia del procedimento tributario antecedente e prodromica l'effettuazione degli accertamenti
tributari: nell'ambito dell'apparato di poteri istruttori a disposizione degli uffici verificatori, la scelta
di quale mezzo di indagine impiegare è discrezionale, pur nel rispetto dei principi di efficienza,
economicità ed efficacia. L'attività istruttoria è informata al principio di legittimità, nel senso che
l'attività non può svolgersi in contrasto con le norme che disciplinano i poteri degli uffici. L'attività
istruttoria può essere svolta anche dalla Guardia di finanza nell'esercizio dell'attività di polizia
tributaria, cooperando con gli uffici delle imposte per l'acquisizione il reperimento degli elementi
utili ai fini dell'accertamento e per la repressione delle violazioni delle leggi fiscali.
non esiste un testo organico che disciplini i poteri istruttori a disposizione degli uffici dell'agenzia
delle entrate della Guardia di finanza, ma la disciplina va ricercata nel decreto del presidente della
Repubblica numero 600 nel 1973 per le imposte dirette, e nel decreto del presidente della
Repubblica numero 633 del 1972 per l'imposta sul valore aggiunto. L'elenco dei poteri istruttori a
disposizione dell'agenzia delle entrate della Guardia di finanza è assai ampio e possono essere
distinti in tre tipologie:
- Poteri che comportano l'intervento diretto presso i luoghi in cui il soggetto sottoposto a
controllo svolge la propria attività;
- Poteri che si connotano per la possibilità di inoltrare al soggetto sottoposto a controllo
richieste di informazioni o di trasmissione di documenti o inviti a comparire;
- Poteri che consentono di richiedere ad enti, organismi qualificati o a soggetti terzi,
informazioni o documenti o di inoltrare inviti a comparire.
nell'ambito dei poteri quelli di più delicato impiego sono i poteri che comportano un'ingerenza nella
sfera privata del contribuente: è previsto che i funzionari dell'agenzia delle entrate, così come i
militari della Guardia di finanza, possano procedere all'esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche
nei confronti del soggetto indagato. Per accesso si intende la facoltà di ingresso in un luogo e di,
anche senza il consenso del soggetto che nella disponibilità, per compiere le indagini; l'ispezione
consiste in un esame della documentazione rinvenuta nei locali; per verifica si intende il complesso
di attività intese a controllare il corretto adempimento delle norme tributarie, che si estende al
personale, agli impianti e alle merci. La disciplina si caratterizza per il tentativo di operare una
mediazione tra valori costituzionalmente tutelati e l'interesse parimenti primario del contrasto
all'evasione fiscale: per questo a favore del contribuente sottoposto ai predetti poteri sono previste
specifiche garanzie. Per regola generale è previsto che per accedere in locali adibiti all'esercizio di
un'attività commerciale, agricola, artistica o professionale è necessaria l'autorizzazione del superiore
gerarchico: l'autorizzazione e il foglio di servizio devono essere esibiti al contribuente sottoposto a
verifica, ma non è prevista appena di nullità. Nel caso di locali ad uso promiscuo è necessaria anche
l'autorizzazione del procuratore della Repubblica; l'autorizzazione del procuratore è prescritta per
operare l'accesso in locali diversi e segnatamente nell'abitazione privata: in questo caso per
procedere occorre argomentare la sussistenza di gravi indizi di violazioni delle norme e lo scopo
dell'accesso deve essere quello di reperire prove di tali violazioni. il giudice tributario ha il potere e
il dovere di verificare la legittimità di detta autorizzazione, oltre che di controllare la correttezza
della motivazione del decreto autorizzativo. È necessaria l'autorizzazione del procuratore della
Repubblica o dell'autorità giudiziaria più vicina per procedere a perquisizioni personali, all'apertura
coattiva di pieghi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili ovvero per l'esame di
documenti o la richiesta di notizie relativamente ai quali è eccepito il segreto professionale l'accesso
nei locali destinati all'esercizio di arti e professioni deve avvenire alla presenza del titolare o suo
delegato.
Gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività commerciali
devono essere effettuati sulla base di effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo: essi si
devono svolgere durante l'orario ordinario di esercizio dell'attività e con modalità tali da arrecare la
minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività e alle relazioni commerciali o professionali
del contribuente. Quando inizia la verifica il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni
che l'abbiano giustificata, nonché dell'oggetto della stessa, della facoltà di farsi assistere da un
professionista abilitato, oltre che i diritti e gli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in
occasione delle verifiche. La permanenza dei verificatori non può superare i 30 giorni, salvo la
proroga per ulteriori 30 nei casi di particolare complessità dell'indagine; Il termine diviene di 15
giorni lavorativi, nell'arco di non più di un trimestre, nel caso di verifiche condotte presso imprese
in contabilità semplificata o presso lavoratori autonomi. Nel computo rilevano solo i giorni di
effettiva permanenza presso la sede del contribuente, non anche quelli impiegati per le verifiche
eseguite al di fuori della sua sede. È importante che il contribuente venga edotto che i libri, i
registri, le scritture i documenti di cui è rifiutata l'esibizione, non possono essere presi in
considerazione a favore del contribuente ai fini dell'accertamento, in sede amministrativa e
contenziosa. L’applicazione di tale preclusione sottostà a precise condizioni:
- È prescritta una richiesta di informazioni e documenti specifica e adeguata al caso concreto;
- Occorre la coscienza e volontà del rifiuto, quindi la consapevolezza e l'intenzione del
contribuente di impedire che l'accertatore possa procedere: non integrano i presupposti
applicativi le dichiarazioni di indisponibilità del documento, nel caso in cui essa sia
ascrivibile a forza maggiore o caso fortuito, ma anche nei casi imputabili a colpa.
la sanzione dell’inutilizzabilità non opera nei confronti del contribuente che, in allegato all'atto
introduttivo del giudizio di primo grado, depositi le notizie, i dati, i documenti, i libri i registri,
dichiarando contestualmente gli di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a
lui non imputabile. Su richiesta del contribuente, l'esame dei documenti amministrativi e contabili
può essere effettuato nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste e
rappresenta; nelle ipotesi in cui i verificatori procedano con modalità non conformi alla legge, il
contribuente può rivolgersi al garante del contribuente. L'esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche
si deve concludere con la redazione di un processo verbale di constatazione: esso deve essere
sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta, ovvero indicare il motivo della mancata
sottoscrizione, non credo ai verbalizzanti; Il contribuente ha diritto di averne copia. Il pvc è un atto
pubblico che fa prova fino a querela di falso. Una volta consegnato il pvc scatta un termine di, per il
quale l'avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del termine di 60
giorni dal rilascio del PVC, in modo da consentire al contribuente di formulare osservazioni o
chiarimenti alle contestazioni mosse. L'avviso di accertamento emesso prima del termine di 60
giorni decorrenti dal rilascio del verbale di chiusura della verifica è nullo: il vizio di nullità non è
ferro rilevabile d'ufficio e deve essere contestato dal contribuente nel ricorso introduttivo. Quanto
alle particolari ragioni di urgenza, queste non possono consistere nella mera imminente scadenza
del termine decadenziale a disposizione dell'ufficio ai fini dell'accertamento, ma non devono essere
esplicitate necessariamente nella motivazione dell'avviso di accertamento. In caso di contestazione
da parte del contribuente, incombe sull’agenzia delle entrate argomentare e provare la sussistenza
delle ragioni di urgenza, mentre rispetto al giudice verificare l'effettività o meno di dette ragioni. la
nullità per violazione del termine dilatorio non è subordinata alla prova di resistenza, ossia la
verifica che il contribuente avrebbe potuto formulare rilievi osservazioni meritevoli di
considerazione e non meramente pretestuosi. Secondo la giurisprudenza l'accertamento emesso a
seguito di indagini condotte dall'agenzia presso i propri uffici non richiede il rispetto del termine dei
60 giorni.
ulteriori poteri a disposizione dei verificatori sono:
- Invitare i contribuenti a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e
notizie rilevanti ai fini dell'accertamento nei loro confronti;
- Invitare i contribuenti a esibire o trasmettere atti e documenti rilevanti ai fini
dell'accertamento nei loro confronti, ovvero esibire il bilancio rendiconti ovvero libri o
registri;
- Inviare i contribuenti questionari relativi ai dati e notizie ovvero inerenti ad altri contribuenti
con i quali abbiano intrattenuto rapporti, con invito a restituirli compilati e firmati;
- Richiedere agli organi e alle amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici,
alle società ed enti di assicurazione la comunicazione di dati e notizie relative ai soggetti
indicati singolarmente o per categorie;
- Richiedere alle banche, alle società Poste Italiane spa, alle società ed enti di assicurazione,
agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento
collettivo, alle società di gestione del risparmio alle società fiduciarie dati, notizie e
documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata;
- Invitare ogni altro soggetto di esibire o trasmettere atti o documenti fiscalmente rilevanti
concernenti specifici rapporti intrattenuti con il contribuente;
- Richiedere agli amministratori di condominio notizie e documenti relativi alla gestione
condominiale.
le notizie e i dati non addotti non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai
fini dell'accertamento; la mancata esibizione o trasmissione di atti e documenti richiesti come la
mancata risposta ai questionari, legittima all'ufficio all'accertamento induttivo puro, mentre la
mancata osservanza degli inviti comporta l'irrogazione di una sanzione; al punito penalmente chi a
seguito di richieste istruttorie esibisce o trasmette atti o documenti falsi, ovvero fornisce dati e
notizie non rispondenti al vero.
Si contempla espressamente la possibilità per l'ufficio di utilizzare le risultanze emerse dalle
indagini bancarie, quindi gli uffici possono porre a base delle rettifiche degli accertamenti i dati e
gli elementi attinenti ai rapporti e alle operazioni effettuate, acquisiti mediante le indagini
finanziarie. Questa possibilità resta subordinata alla circostanza che il contribuente non sia in grado
di dimostrare che di detti elementi ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad
imposta ovvero che gli stessi non hanno alcuna rilevanza allo stesso fine. Possono essere considerati
come redditi sottratti all'imposizione i versamenti sui conti correnti di cui il contribuente non offre
dimostrazione che ne ha tenuto conto in sede di determinazione del reddito, o che non hanno
rilevanza a quei fini. Per quanto riguarda i prelevamenti dai conti, si prevede che possono essere
posti come ricavi a base delle rettifiche ed accertamenti i prelevamenti gli importi riscossi se il
contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempre che non risultino dalle scritture
contabili (solo per importi superiori a 1.000 € giornalieri e a 5.000 € mensili): questa disciplina
torna applicabile solamente per i soggetti che producono reddito di impresa, e non anche agli
esercenti attività professionale né ai privati non titolari di redditi da attività. La giurisprudenza
considera gli elementi predetti come vere e proprie presunzioni legali che invertono sul contribuente
l'onere di dimostrare l'irrilevanza fiscale dei movimenti bancari; l'agenzia non ha l'obbligo di
motivare la ragione per cui ricorre alle indagini bancarie, né la loro attivazione presuppone
l'esistenza di elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. La giurisprudenza esclude che la
legittimità della utilizzazione degli elementi risultanti dalle movimentazioni bancarie sia
condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase
dell'accertamento.

6. Vizi dell’attività istruttoria e le conseguenze sull’accertamento


Nell'esercizio dei poteri autoritativi può accadere che vengano compiuti atti o attività illegittime,
tali da viziare l'attività istruttoria nonché l'eventuale atto impositivo finale, ovvero cagionare un
danno al soggetto sottoposto a indagine fiscale. Per vizio istruttorio si intende una qualsiasi
violazione delle regole che disciplinano l'esercizio dell'attività istruttoria e di acquisizione di
elementi informativi fiscalmente rilevanti: l'attività si dice viziata quando si discosta dal modello
predeterminato dalla legge, assunto che detta attività debba comunque rimanere informata al
principio di legalità.
L'atto istruttorio è un atto costitutivo di precisi obblighi in capo al suo destinatario, la cui
inosservanza determina conseguenze pregiudizievoli: ciò rende applicabile la disciplina generale
della nullità e dell'annullabilità degli atti amministrativi.
L'atto di indagine è affetto da nullità quando è stato emesso in situazioni di difetto assoluto di
attribuzione, mentre annullabile quando ricorrono le classiche ipotesi di eccesso di potere,
violazione di legge e incompetenza.
Una volta acclarata l'illegittimità si tratta di vedere se e come questa possa essere fatta valere e con
quali effetti. Nel processo tributario non è possibile ottenere una tutela immediata e diretta avverso
le predette illegittimità: la tutela diventa solo di tipo differito tipicamente da esperire nel momento
in cui viene promossa azione giudiziale avverso l'atto impositivo conseguente all'attività istruttoria
viziata. Il vizio dell'attività istruttoria può essere valorizzato solo una volta che venga formalizzato
l'atto impositivo che si possa dire l'effetto di quell'attività.
In ordine alle conseguenze e agli effetti del vizio istruttorio sulla eventuale attività di accertamento
e dell'atto impositivo sono state elaborate tre tesi interpretative:
i. La prima tesi è quella della invalidità derivata, secondo cui il vizio dell'attività istruttoria
si ripercuote sull'avviso di accertamento conseguente quale atto finale del procedimento
di accertamento, di cui l'istruttoria va intesa come una fase: l'emersione di vizio
istruttorio dovrebbe determinare l'illegittimità dell'atto finale. Tale soluzione è avversata
in dottrina e da parte della giurisprudenza, la quale preferisce la teoria
dell’inutilizzabilità delle prove raccolte illegittimamente o illecitamente.
ii. La seconda tesi sostiene l'inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite, per cui
non possono essere usate le prove acquisite illegittimamente, con la conseguenza che in
mancanza di altre prove l'avviso diviene infondato: il vizio procedimentale determina
una semplice inutilizzabilità dell'elemento istruttorio viziato, che non può essere
impiegato a dimostrare la pretesa avanzata nell'avviso di accertamento; il vizio
istruttorio realizza un vizio estrinseco dell'atto impositivo, in termini di carenza
probatoria, quindi l'avviso è legittimo ma infondato. Il giudice ha chiamato a verificare
se le fonti di prova recuperate in altro modo sono comunque sufficienti a giustificare il
provvedimento impositivo.
iii. La terza tesi (del male captum bene retentum) ritiene che l'acquisizione di materiale
probatorio in violazione delle norme istruttorie non comporti l'inutilizzabilità di tale
materiale, ma una responsabilità civilistico-contabile-penale in capo ai verificatori
responsabili della violazione. Secondo questo orientamento l'irregolarità istruttoria può
determinare in linea di principio una responsabilità in capo all'autore dell'illecito sul
piano disciplinare e su quello civile, contabile e penale, non essendo concepibile che una
prova oggettivamente ammissibile non possa essere utilizzata a causa della negligenza di
chi l'ha acquisita; il provvedimento resta comunque valido ed efficace, Salve solo le
azioni di responsabilità eventualmente configurabili.
Tra le teorie è andata consolidandosi la seconda, prevalendo comunque l'opinione per cui sarebbe
inutilizzabile la prova ottenuta in violazione delle disposizioni del decreto del presidente della
Repubblica numero 600 del 1973 e del decreto del presidente della Repubblica numero 633 del
1972 a fini meramente fiscali.
quando sono violate norme che attengono alle indagini condotte dalla Guardia di finanza quale
polizia giudiziaria e che sono finalizzate all'accertamento di reati, la mancata osservanza delle
prescrizioni che regolano e limitano dette indagini è rilevante al solo fine della possibilità di
utilizzare in sede penale i risultati di detta indagine; detta inosservanza non incide sul potere degli
uffici finanziari e del giudice tributario di avvalersi del relativo materiale probatorio a fini
meramente fiscali.
Resta preclusa l'utilizzazione a fini fiscali di dati e documenti acquisiti in violazione delle
specifiche disposizioni dettate dalle norme tributarie per le indagini fiscali, come nel caso della
necessità di preventiva autorizzazione del procuratore della Repubblica; la giurisprudenza si mostra
ferma nel ritenere che l'illegittimità del provvedimento di autorizzazione dell'accesso domiciliare
comporta l'inutilizzabilità delle prove reperite mediante la perquisizione. L'acquisizione di un
documento con violazione di legge non può rifluire a vantaggio del detentore, che sia l'autore di tale
violazione, o ne sia comunque direttamente o indirettamente responsabile.

L’attività e gli atti di accertamento tributario


1. L’accertamento come attività e l’accertamento come atto
Quando si parla di accertamento ci si può riferire sia l'attività, sia all'atto in sé.
L'accertamento come attività integra uno dei poteri dell'amministrazione finanziaria, la quale,
attraverso l'accertamento, determina il quantum di imposta dovuto dal contribuente, rettificando la
dichiarazione da quest'ultimo presentata ovvero sopperendo all'inerzia del contribuente nel caso di
dichiarazione nulla od omessa. L'attività di accertamento costituisce espressione di un modello
patologico di attuazione del tributo, dove all'amministrazione finanziaria provvedere alla
determinazione del tributo dovuto.
L'accertamento come atto è un provvedimento con natura autoritativa, destinato a produrre i propri
effetti sulla sfera patrimoniale del contribuente a prescindere dalla volontà di quest'ultimo: l'atto di
accertamento costituisce un atto provvedimentale, in cui si compendia l'attività di accertamento
mediante la quale si perviene alla determinazione di una pretesa tributaria da vantare nei confronti
del contribuente. L'avviso di accertamento ha come fine quello di manifestare al contribuente l'esito
dell'attività di accertamento, formalizzando la pretesa impositiva che viene vantata al contribuente.
La natura provvedimentale dell'atto di accertamento discende dalla circostanza che questo
costituisce l'atto terminale di un procedimento amministrativo autoritativo. Per contestare la pretesa
vantata con l’avviso di accertamento, chi ne è destinatario lo deve impugnare dinnanzi al giudice
tributario in un termine di 60 giorni, pena l’incontestabilità assoluta della pretesa.
vai escluso che l'accertamento abbia carattere di provocatio ad opponendum non potendo essere
qualificato alla stregua di mezzo finalizzato semplicemente indurre il destinatario ad avvalersi dei
rimedi processuali oppositori: esso è atto autoritativo preordinato a modificare unilateralmente la
sfera giuridica del destinatario e, come tale, deve possedere tutti i requisiti di forma e di sostanza
prescritti per gli atti autoritativi.

2. I modelli di attività di accertamento


L'amministrazione finanziaria può avvalersi di diverse metodologie di accertamento, che variano a
seconda:
- Del tipo di imposta  non esiste un regime unitario di disciplina dell'attività di
accertamento, quindi si può reputare il regime dettato per le imposte sui redditi una sorta di
disciplina paradigmatica dell'accertamento, che ne giustifica l'esame preferenziale.
- Della natura del soggetto destinatario dell'accertamento  le procedure sono differenziate
anche in ragione del reddito prodotto, prevedendosi in modalità peculiari nel caso in cui il
soggetto ha accertato produca redditi da attività.
- Della situazione sostanziale in cui versa il contribuente  volo operata una distinzione tra
l'attività che ha ad oggetto la mera rettifica della dichiarazione del contribuente è quella che
ricerca il presupposto, determina l'imponibile e calcola l'imposta in assenza della
dichiarazione: nell'ambito delle imposte sui redditi e dell'iva si parla di rettifica o
accertamento in rettifica quando l'amministrazione finanziaria corregge la dichiarazione del
contribuente; si parla di accertamento di ufficio quando la dichiarazione manca, o perché
annulla o perché non è stata presentata, oppure è stata presentata oltre il termine prescritto
con oltre 90 giorni di ritardo rispetto al termine di presentazione.
In materia di imposte sui redditi, qualora l'attività dell'amministrazione riguardi un soggetto persona
fisica che ha presentato una regolare e valida dichiarazione, l'accertamento ha quale oggetto il
reddito complessivo così come dichiarato, allo scopo di verificarne la correttezza e corrispondenza
al presupposto effettivamente realizzato. L'accertamento in rettifica può essere:
- Analitico
Qualora l'amministrazione finanziaria ritenga il reddito dichiarato inferiore a quello effettivo
accertato, deve procedere a rettificarlo ricostruendo l'esatta fonte dei redditi omessi o da
rettificare: per poter determinare le esatte e corrette a manifestazioni di capacità contributiva
diventa necessario ricostruire la fonte e il tipo di ciascun reddito. Con l'accertamento in
rettifica analitico l'amministrazione finanziaria procede alla ricostruzione del reddito
complessivo del contribuente, rettificando i singoli redditi esposti nella sua dichiarazione;
l'accertamento si dice analitico perché la rettifica viene operata ricostruendo e correggendo
analiticamente i singoli redditi che lo compongono, potendosi avvalere l'amministrazione di
presunzioni semplici supportate dai requisiti di gravità, precisione e concordanza.
- Sintetico
L'amministrazione finanziaria può rideterminare il reddito complessivo del contribuente
persona fisica attraverso il metodo sintetico, ricostruendolo direttamente in modo globale: la
ricostruzione del reddito dell'accertamento sintetico è di tipo deduttivo, venendo operata
sulle base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta.
L'accertamento fondato sulla presunzione per cui la differenza positiva tra le spese sostenute
dal contribuente in un determinato periodo di imposta e il reddito dal medesimo dichiarato
costituisce il reddito imponibile sottratto a tassazione. La determinazione sintetica può
avvenire anche mediante il ricorso ad elementi selezionati con decreto del ministero
dell'economia e delle finanze (spese sostenute per l'acquisizione di servizi e di beni e per il
relativo mantenimento). Con l'accertamento sintetico redditometrico, l'accertamento del
maggior reddito viene ad essere fondato sull’assunto “tanto hai speso, tanto hai
guadagnato”.
Il legislatore ha subordinato l'impiego dell'accertamento sintetico a precise condizioni di
garanzia per il contribuente, ossia che lo scostamento tra il reddito dichiarato e quello
presuntivamente accertato deve essere pari ad almeno il 20%. In presenza di queste
condizioni, il contribuente ha facoltà di dimostrare:
o Il finanziamento delle spese è avvenuto:
i. Con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d'imposta;
ii. Con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o esclusi
dalla formazione della base imponibile;
iii. Per il tramite di soggetti diversi dal contribuente.
o Il diverso ammontare delle spese a lui attribuite.

Ricorso a questa particolare metodologia è presidiato da precisi obblighi procedimentali in


capo all'amministrazione finanziaria: ufficio deve instaurare un contraddittorio preventivo
con il contribuente, invitandola a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per
fornire dei dati in notizie rilevanti ai fini dell'accertamento; la prova richiesta al contribuente
è libera, ed esso non deve fornire nessuna dimostrazione circa l'effettiva destinazione della
disponibilità economica l'incremento patrimoniale. Qualora l'ufficio ritenga non decisivi gli
argomenti addotti dal contribuente, prima di emettere l'avviso di accertamento deve avviare
il procedimento di accertamento con adesione, al fine di trovare con il contribuente un
accordo preventivo all'emissione dell'avviso.
Nel caso in cui il soggetto destinatario dell'accertamento sia un soggetto per il quale è prescritta la
tenuta di una speciale contabilità, la previsione di quest'ultima, quale strumento di determinazione
del presupposto, impone in via prioritaria di verificare se detta contabilità sia o meno
complessivamente attendibile. Solo nei casi in cui la contabilità palesi una manifesta in attendibilità,
è consentito all'agenzia di procedere con un accertamento in grado di prescindere completamente
dalla contabilità stessa. Sono due le variabili che assumono rilievo:
- La situazione sostanziale in cui si trova il contribuente;
- Il tributo oggetto di accertamento.
In presenza di un soggetto esercente un'attività di impresa, un'arte o una professione,
l'amministrazione finanziaria può avvalersi del metodo analitico-contabile o anche detto analitico-
induttivo. In questo caso la rettifica del reddito ovvero dell'iva dichiarati deve passare
necessariamente attraverso la rettifica della contabilità. L'esistenza di attività non dichiarate o la
inesistenza di passività dichiarate può essere desunta anche sulla base di presunzioni semplici,
purché queste siano gravi, precise e concordanti, senza necessità che l'ufficio fornisca prove certe:
in caso di impugnazione dell'avviso le presunzioni devono essere vagliate dal giudice e incombe la
neve della prova contraria sul contribuente sono quando il giudice ritenga integrati i tre caratteri. La
mera regolarità formale della contabilità non è elemento sufficiente a precludere l'accertamento
dell'amministrazione: l'amministrazione non deve provare altro se non la gravità, la precisione e la
concordanza delle circostanze alla base della presunzione, mentre spetta al contribuente l'onere di
dimostrare la regolarità delle registrazioni effettuate. Anche la contabilità in nero costituisce un
valido elemento indiziario dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, che legittima di
per sé il ricorso all'accertamento induttivo e ribalta sul contribuente l'onere di fornire la prova
contraria. Nell'accertamento in materia di imposte sui redditi, il metodo analitico-contabile può
essere impiegato:
- Se gli elementi indicati nella dichiarazione non corrispondono a quelli del bilancio, del
conto dei profitti e delle perdite;
- Se non sono state esattamente applicate le disposizioni del tuir;
- Se l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei
relativi allegati risulta in modo certo e diretto dai verbali e dai questionari inviati a
contribuente, oltre che dagli altri documenti relativi e di ispezioni eseguite nei confronti di
altri contribuenti o in possesso dell'ufficio;
- Se l'incompletezza, la falsità o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei
relativi allegati risulta dall'ispezione delle scritture contabili e delle altre verifiche, ovvero
dal controllo delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e
documenti relativi all'impresa, nonché dei dati e delle notizie raccolte dall'ufficio.
Oggetto dell'accertamento analitico-contabile sono le singole componenti dei redditi, che per effetto
dell'accertamento vengono rideterminate sia sotto il profilo dell'an che sotto quello del quantum.
L'accertamento analitico-contabile può essere fondato su presunzioni purché gravi, precise e
concordanti.
Tradizionalmente è stato possibile condurre gli accertamenti analitico induttivi sulla base degli studi
di settore, i quali consentivano di stimare i ricavi compensi verosimilmente attribuibile al
contribuente: essi erano elaborati attraverso analisi statistico matematiche di dati che gli operatori
erano tenuti a compilare e presentare annualmente e in cui veniva riportato il valore di parametri
prestabiliti. Questa particolare metodologia è stata superata dall'introduzione degli indici sintetici di
affidabilità fiscale (Isa), il cui obiettivo è quello di superare le criticità determinate dall'impiego
degli studi di settore, introducendo un giudizio in termini di affidabilità fiscale complessive del
contribuente in luogo di quello sulla congruità dei ricavi dichiarati. La novità si compie nella
predisposizione di strumenti più adeguati e precisi, basati su un'analisi di dati e informazioni relativi
a più periodi di imposta per rintracciare la normalità e coerenza della gestione aziendale o
professionale. All'impiego degli Isa sono ricollegati livelli di premialità per i contribuenti più
affidabili, consistenti nell'esclusione di talune metodologie di accertamento, nella riduzione dei
termini per gli accertamenti, nell’esonero della prestazione della garanzia per i rimborsi iva
eccetera. La giurisprudenza è giunta a chiarire che la procedura di accertamento standardizzato
costituisce un sistema di presunzioni semplici la cui gravità, precisione e concordanza non è
determinata ex lege ma può conseguire solo ad esito di un contraddittorio da attivare
obbligatoriamente, venne la nullità dell'accertamento, con il contribuente: solo per mezzo del
contraddittorio è possibile adeguare le elaborazioni statistiche degli standard alla concreta realtà
economica del contribuente. Gli Isa sono ammissibili e non contrastano con il diritto unionale solo
nella misura in cui rimane rispettato il principio di neutralità fiscale è quello di proporzionalità del
diritto di difesa, che implica la possibilità di contestare al fisco le risultanze derivanti dagli
strumenti parametrici, utilizzando tutte le proprie contrarie di cui il contribuente possa disporre.
Anche per l'iva l'amministrazione finanziaria può procedere alla rettifica della dichiarazione annuale
presentata dal contribuente sulla base del metodo analitico contabile, in particolare quando ritiene
che della dichiarazione emergono imposte inferiore rispetto a quella effettivamente dovuta, ovvero
un'eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante: il metodo di accertamento ad
oggetto l'infedeltà della dichiarazione e la conseguente ricostruzione del quantum di imposta dovuto
dal contribuente. le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere desunte indirettamente
sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti; l'ufficio può procedere alla
rettifica anche indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente nel caso
in cui l'esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella
dichiarazione risulti in modo certo e diretto.
Il metodo di accertamento induttivo extra-contabile, o induttivo puro, consente all'amministrazione
finanziaria di ricostruire globalmente il reddito di impresa, di lavoro autonomo ovvero il debito iva,
potendo prescindere dalle risultanze contabili: oggetto dell'accertamento e il reddito globale e il
debito totale iva. Il ricorso a questa particolare tipologia di accertamento consente l'utilizzo di
presunzioni semplicissime, ossia prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Vengono
in considerazione due elementi qualificanti:
- La possibilità di prescindere dalle risultanze contabili;
- La possibilità di utilizzare qualsiasi mezzo di prova a sostegno della pretesa impositiva.
Il metodo può essere impiegato solamente in presenza di presupposti determinati, ossia:
i. La complessiva inattendibilità delle scritture contabili;
ii. La sussistenza delle determinate situazioni normativamente individuate.
Con riferimento alle imposte sui redditi, il metodo induttivo extracontabile può essere impiegato
allorché si verifichino determinate situazioni, in particolare quando:
- Il reddito di impresa non è stato indicato nella dichiarazione;
- Dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha sottratto all'ispezione
le scritture contabili previste, ovvero quando esse non sono disponibili per causa di forza
maggiore;
- Le omissioni o le false e inesatte indicazioni accertate, ovvero le irregolarità formali sono
così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse;
- Quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici;
- Previo contraddittorio nei casi di omissione della comunicazione dei dati rilevanti ai fini
della costruzione dell'applicazione degli indici di affidabilità fiscale.
Anche ai fini iva, l'agenzia può rideterminare l'imposta dovuta dal contribuente solamente in
presenza di determinate situazioni tassativamente stabilite dal legislatore:
- Quando risulta che il contribuente non ha tenuto, o ha rifiutato di esibire o sottratto
all'ispezione i registri previsti e le altre scritture contabili obbligatorie;
- Quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha emesso le fatture per una
parte rilevante delle operazioni, ovvero non ha conservato, ha rifiutato di esibire o ha
sottratto all'ispezione le fatture emesse;
- Quando le omissioni o le false o inesatte indicazioni o annotazioni accertate sono così gravi,
numerosi e ripetuti da rendere inattendibile la contabilità del contribuente.
L'accertamento di ufficio costituisce una modalità di svolgimento dell'azione dell'amministrazione
finanziaria caratterizzata dalla circostanza della mancanza di una valida dichiarazione da rettificare.
Questa particolare modalità di accertamento può essere impiegata nel caso di nullità della
dichiarazione o di omessa presentazione della dichiarazione: queste ipotesi sono tassative, nel senso
che l'amministrazione non può ricorrere all'accertamento d'ufficio al di fuori di esse. La materia
imponibile in questo caso deve essere stabilita direttamente dall'agenzia, in ragione del materiale
istruttorio raccolto; nell'accertamento d'ufficio l'agenzia è abilitata ad avvalersi di dati e notizie
comunque raccolti, nonché di presunzioni semplicissime, potendo prescindere in tutto in parte dalle
risultanze della dichiarazione, nonché dalle eventuali scritture contabili, sebbene regolarmente
tenute. Nel caso in cui l'amministrazione finanziaria è legittimata ricorrere all'accertamento d'ufficio
deve tenere conto anche delle componenti negative di reddito emerse dagli accertamenti.
Tradizionalmente si insegna che l'amministrazione finanziaria, quando accerta un contribuente per
un dato presupposto per uno specifico periodo d'imposta, lo deve fare con un atto unico e unitario: a
conferma di questa regola, nota come dell'unità dell'accertamento viene invocata quella che
rappresenta la principale deroga. Con l'accertamento integrativo l'agenzia delle entrate ha la
possibilità di integrare l'accertamento originariamente notificato, mediante l'emissione di un
secondo accertamento. A conferma della regola dell'unitarietà, tale possibilità è soggetta a precise
condizioni:
- L'atto integrativo deve essere notificato entro il termine di decadenza previsto per
l'accertamento originario;
- L'integrazione deve essere determinata dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi;
- L'avviso deve essere specificamente motivato, appena di nullità, in relazione ai predetti
nuovi fatti ed elementi.
L'esercizio del potere di emettere un accertamento integrativo va tenuto poi l'istinto dall'esercizio
del potere di autotutela: il ritiro di un precedente atto può avvenire nella forma del contro atto, che
assume identica struttura di quello precedente, salvo che il suo dispositivo è di segno contrario, con
cui si dispone l'annullamento, la revoca o l'abrogazione del primo atto. Accanto al rimedio
demolitorio, il potere di autotutela della pubblica amministrazione può essere espresso anche nella
forma dell'intervento sostitutivo, esprimendosi con un atto di riforma che non contraddice il
contenuto dell'atto precedente, ma lo sostituisce con un contenuto diverso. Il potere di accertamento
integrativo ha per presupposto un atto che continua a resistere e non viene sostituito dal nuovo
avviso accertamento; l'atto di tutela sostitutiva assume ad oggetto un precedente atto di
accertamento illegittimo, al quale si sostituisce con innovazioni, con la conseguenza che per l'atto di
autotutela non è richiesta la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi. Il potere di sostituzione
dell'atto impositivo incontra solamente i limiti temporali del termine decadenziale, oltre che del
divieto di elusione del giudicato sostanziale formatosi sull'atto viziato. Si distingue un'autotutela
sostitutiva in malam partem, la quale presuppone l'illegittimità del precedente avviso, la sua
eliminazione del mondo giuridico e la contestuale sostituzione ad opera di un nuovo
provvedimento, dall'autotutela sostitutiva in bonam partem, che non integra una nuova pretesa
tributaria, ma solo una pretesa minore che non necessita neppure di una forma o di una motivazione
particolari.
Con lo strumento dell'accertamento parziale l'agenzia, sulla base di elementi che consentono di
stabilire l'esistenza di un reddito in tutto in parte non dichiarato ovvero di corrispettivi o di imposta
in tutto in parte non dichiarati ovvero detrazioni in tutto in parte non spettanti, può limitarsi ad
accertare l'imposta o la maggiore imposta dovuta senza pregiudizio per l'ulteriore azione
accertatrice. Il tratto qualificante era la provenienza qualificata delle segnalazioni e la loro
immediata utilizzabilità: l'amministrazione finanziaria poteva procedere ad accertamento parziale
anche se gli elementi segnalati non presentavano un elevato grado di certezza. La semplificazione
procedimentale che l'accertamento parziale i consente all'amministrazione finanziaria ha indotto a
trasformare in regola quella che era stata avanzata come eccezione, con la conseguenza che la scelta
tra accertamento ordinario e accertamento parziale finisce per essere una scelta essenzialmente
discrezionale dell'ufficio. L'accertamento parziale dell'iva e delle imposte dirette può essere
legittimamente adottato anche su iniziativa proprio dell'ufficio titolare del potere di accertamento.
Laddove l'amministrazione finanziaria ritenga di avere individuato un'operazione che integra i
presupposti dell'elusione, è stabilito che essa non può emettere direttamente un avviso di
accertamento, ma deve notificare al contribuente una preventiva richiesta di chiarimenti
(questionario): la richiesta deve essere notificata e motivata, specificando le ragioni per cui si ritiene
configurabile un abuso di diritto. Se la richiesta di chiarimenti viene omessa, l'avviso di
accertamento è nullo. Una volta ricevuta la richiesta di chiarimenti il contribuente ha tempo 60
giorni per rispondere, esercitando la possibilità di arrestare l'accertamento dimostrando l'esistenza di
valide ragioni extra fiscali: se le ragioni del contribuente sono accolte, la contestazione di abuso
cade e non viene emesso alcun avviso di accertamento; se sono rigettate, l'ufficio procede con
l'emissione dell'avviso di accertamento. L'avviso di accertamento che segue la richiesta di
chiarimenti deve contenere una motivazione particolare, con riferimento al mancato accoglimento
di chiarimenti forniti dal contribuente (motivazione rinforzata). Per assicurare l'effettività di tale
interlocuzione, è prevista una peculiare deroga al regime ordinario sui termini di decadenza,
stabilendosi che tra la data di ricevimento dei chiarimenti è quella di decadenza
dell'amministrazione dal potere di notificazione dell'atto impositivo, debbano intercorrere non meno
di 60 giorni. In deroga alla regola generale, e qui previsto che se viene impugnato l'atto impositivo,
la riscossione delle imposte è sospeso integralmente per tutto il primo grado. Il contribuente ha la
possibilità di presentare l'istanza di interpello per conoscere preventivamente se le operazioni
realizzate costituiscono fattispecie di abuso del diritto. La condotta abusiva è sanzionabile in via
amministrativa ma non assume alcuna rilevanza in ambito penale.
Per l'accertamento e la contestazione di crediti indebitamente utilizzati in tutto in parte anche in
compensazione, l'agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero. Gli avvisi di recupero
dei crediti di imposta hanno natura di atti di accertamento, e devono essere motivati e notificati al
contribuente con le modalità previste per gli avvisi di accertamento delle imposte dirette. L'avviso
deve essere notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di effettivo utilizzo
del credito in compensazione, e risulta autonomamente impugnabile in commissione tributaria. In
caso di mancato pagamento entro il termine assegnato dall'ufficio, non inferiore a 60 giorni, si
applica la riscossione in base al ruolo. Nel caso di recupero di crediti inesistenti impiegati in
compensazione con l’F24, si applica il più lungo termine del 31 dicembre dell'ottavo anno
successivo a quello del relativo utilizzo.

3. Il contradditorio
Uno dei temi più controversi in tema di attività e di accertamento attiene alla configurabilità o meno
di un obbligo di attivare un contraddittorio preventivo con il contribuente prima di emettere un
avviso di accertamento a suo carico. Per contraddittorio preventivo si intende un momento del
procedimento di accertamento, in cui l'amministrazione invita il contribuente a fornire i chiarimenti,
osservazioni, ovvero a controbattere alle contestazioni che la stessa intende svolgere, prima che
dette contestazioni siano formalizzate in un atto. I tratti qualificanti del contraddittorio sono
integrati dalla previsione di un obbligo in capo all'agenzia di invitare il contribuente a fornire la
propria versione dei fatti, nonché la prescrizione, appena di nullità, dell'obbligo per l'agenzia di
replicare puntualmente alle osservazioni e memorie presentate dal contribuente. Ad avviso della
Suprema Corte non esisterebbe, in campo tributario, una clausola generale di contraddittorio
endoprocedimentale, per cui l'amministrazione finanziaria non può ritenersi obbligata a contraddire
il contribuente prima di emettere un atto lesivo nei suoi confronti se non nei limitati casi in cui il
legislatore lo abbia positivamente prescritto: per i tributi armonizzati l'obbligo di contraddittorio
preventivo sarebbe configurabile in ogni caso, in ragione del computo riconoscimento della
configurabilità di un principio del contraddittorio elaborato dalla Corte di giustizia. Nella
giurisprudenza della Corte di giustizia l'obbligo di contraddittorio si traduce in un vizio dell'atto di
imposizione solo al superamento della prova di resistenza, quindi, affinché l'atto sia annullato,
occorre che il contribuente fornisca la concreta dimostrazione degli argomenti che avrebbe potuto
avanzare in sede di contraddittorio. per i tributi non armonizzati, l'obbligo dell'amministrazione
finanziaria di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena invalidità dell'atto, sussisterebbe
esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo è specificamente sancito: la
regola che impone il contraddittorio procedimentale, se violata, determina la nullità dell'avviso
senza che sia richiesta alcuna prova di resistenza.
creandosi una discriminazione tra i diversi tributi e i contribuenti, il legislatore ha previsto un
generalizzato obbligo di attivare l'accertamento con adesione preventivo, secondo cui, prima di
emettere un avviso di accertamento, l'ufficio deve notificare un invito per l'avvio del procedimento
di accertamento con adesione preventivo, ossia che precede l'adozione dell'avviso. Il mancato avvio
del contraddittorio mediante l'invito comporta l'invalidità dell'avviso di accertamento; l'ufficio ha,
altresì, l'obbligo di vagliare ed eventualmente contestare le ragioni esposte dal contribuente.
Restano esclusi casi in cui vi è stato un acceso con rilascio del PVC, oltre i casi di accertamento
parziale; nei casi di particolare urgenza, specificamente motivata, o nelle ipotesi di fondato pericolo
per la riscossione, l'ufficio può notificare direttamente l'avviso di accertamento senza dover
previamente procedere con un invito.

4. L'atto di accertamento
l'avviso di accertamento è un atto provvedimentale che, in ossequio al principio di legalità, è
soggetto di una serie di prescrizioni formali.
Il primo requisito essenziale è che l'atto di accertamento deve essere emesso dall'ente impositore
competente:
- Competenza esterna: viene determinata in ragione del tributo oggetto di accertamento
o Tributi erariali e Irap  la competenza spetta all'agenzia delle entrate
o Tributi doganali e diritti di confine  la competenza spetta all'agenzia delle Dogane
o Tributi regionali diversi dall’Irap  la competenza spetta alla regione
o Tributi locali  la competenza spetta all'ente locale
- Competenza interna: viene determinata in ragione dell'imposta
o Imposta di registro  l'ufficio competente è quello nella cui circoscrizione risiede il
pubblico ufficiale obbligato a richiedere la registrazione
o Imposta sulle successioni  la competenza è determinata in ragione dell'ultima
residenza del defunto o Roma
o Imposte sui redditi  la competenza è data dalla circoscrizione in cui si trova il
domicilio fiscale del contribuente
La competenza dell'ufficio va individuata al momento di presentazione della dichiarazione e
permane sino all'esaurimento del rapporto d'imposta. Viene in considerazione solo il criterio
territoriale di competenza, il quale risulta inderogabile. Il difetto di competenza territoriale
dell'ufficio impositore comporta l'assoluta carenza di potere dell'organo amministrativo e un vizio
sostanziale da cui discende la nullità assoluta dell'atto, rilevabile anche d'ufficio in ogni Stato e
grado del procedimento tributario.
L'atto di accertamento tributario presenta un contenuto complesso, composto da due parti essenziali:
- Una parte motiva;
- Una parte dispositiva.
Con la motivazione dell'atto di accertamento l'ente impositore esplicita al contribuente le ragioni
alla base della pretesa vantata nei suoi confronti. In merito al suo contenuto, è possibile individuare
una parte necessaria (indicazione dei fatti e delle circostanze che giustificano il ricorso ad una
determinata metodologia di accertamento; indicazione dei presupposti di fatto; indicazione delle
ragioni giuridiche) e una parte eventuale.
La motivazione deve esternare il percorso logico giuridico a fondamento della pretesa impositiva,
risultando l'atto adeguatamente motivato quando consenta la lettura e comprensione dell'atto e
quando faciliti il suo controllo da parte dei destinatari e del giudice. La motivazione
dell'accertamento deve permettere al contribuente di avere piena contezza delle ragioni
dell'amministrazione, in modo da poter valutare l'opportunità di prestare o meno acquiescenza al
provvedimento, ovvero di impugnarlo con piena cognizione di causa. L'accertamento tributario
deve necessariamente esplicitare le ragioni fattuali e giuridiche che lo giustificano e sorreggono, in
quanto è precluso all'amministrazione, in sede contenziosa, di addurre ragioni diverse ed ulteriori
rispetto a quelle enunciate nell'avviso di accertamento. La motivazione non deve però contenere
anche gli elementi probatori a sostegno della pretesa vantata.
La parte eventuale della motivazione deve indicare:
- L'ufficio presso cui è possibile ottenere informazioni e il responsabile del procedimento;
- L'ufficio presso cui è possibile presentare istanza di autotutela;
- Il termine, le modalità e l'organo giurisdizionale cui proporre il ricorso.
La mancanza di una delle indicazioni citate non comporta la nullità dell'atto, ma semplicemente
un'irregolarità formale che può provocare la rimessione in termini del contribuente ai fini della
proposizione del ricorso.
L'obbligo di motivazione dell'accertamento può essere risolto anche per relationem, la quale si ha
quando la motivazione di un atto è operata mediante il rinvio ad altri atti o documenti. Essa è
consentita solo se l'atto richiamato è:
- Già conosciuto o conoscibile dal destinatario dell'avviso;
- Allegato all'avviso di accertamento;
- Riprodotto nelle sue parti essenziali nell'avviso di accertamento.
Per contenuto essenziale si deve intendere l'insieme di quelle parti dell'atto del documento,
necessarie e sufficienti per sostenere il contenuto del provvedimento adottato. L'indicazione delle
parti richiamate deve consentire al contribuente di individuare i luoghi specifici dove si rinvengono
le parti del discorso oggetto del richiamo; affinché un atto di accertamento motivato per relationem
possa ritenersi legittimo occorre che il rinvio all'atto richiamato non si risolva in una pura e
semplice adesione acritica alle relative conclusioni, quanto piuttosto deve fare emergere una
valutazione degli elementi istruttori. La motivazione degli atti di accertamento per relationem con
rinvio alle conclusioni non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell'ufficio
degli elementi da quella acquisiti, laddove emerga che l'ufficio ha inteso realizzare semplicemente
un'economia di scrittura, sempre che siano indicati in atto gli estremi identificativi del documento
richiamato. Gli atti richiamati devono essere allegati all'accertamento ovvero riprodotti per
contenuto essenziale: in difetto, l'accertamento è nullo per difetto di motivazione. La doppia
motivazione per relationem (l'avviso rinvia ad un altro che, a sua volta, rinvia ad un ulteriore atto) è
legittima se ed in quanto l'ultimo rinvio è a documenti in possesso o conosciuti e conoscibili dal
contribuente. L'atto richiamato deve servire ad integrare la motivazione dell'atto impositivo,
restando esclusi i casi in cui la motivazione sia già sufficiente, e il richiamo ad altri atti abbia solo
un valore narrativo. Ai fini dell'annullamento il contribuente deve provare la sua mancata
conoscenza degli atti, oltre che almeno una parte del contenuto di essi è necessaria ad integrare
direttamente o indirettamente la motivazione dell'atto impositivo; il contribuente ha diritto di
conoscere tutti gli atti il cui contenuto viene richiamato per integrare la motivazione, ma non il
diritto di conoscere il contenuto di tutti quegli atti ove la motivazione sia comunque sufficiente.
L'ordinamento tributario contempla casi in cui la motivazione debba essere rafforzata, dovendo
contenere la valutazione delle ragioni, delle circostanze e degli elementi addotti dal contribuente in
sede di contraddittorio procedimentale. Questo particolare obbligo motivazionale viene in
considerazione laddove sia previsto un contraddittorio procedimentale obbligatorio tra
amministrazione finanziaria e contribuente. L'obbligo di motivazione rinforzata è prescritto
espressamente:
i. In materia di abuso del diritto;
ii. In materia di pvc emesso ad esito di una verifica;
iii. In materia di sanzioni;
iv. In materia di interpello disapplicativo;
v. In materia di imprese estere controllate.
Quello che deve emergere dalla motivazione dell'atto è un esame, accurato e imparziale, di tutti gli
elementi rilevanti della fattispecie impositiva, in modo da assicurare una motivazione attenta e
circostanziata della decisione.
L'atto di accertamento contiene anche una parte dispositiva, nella quale deve recare le indicazioni
dell'imponibile o degli imponibili accertati, delle aliquote applicate e delle imposte liquidate, a pena
di nullità. Si tratta di prescrizioni concepite a garantire il contribuente di un diritto di immediato ed
agevole controllo sugli atti dell'ufficio.
L'atto di accertamento deve essere redatto per iscritto, secondo una struttura rigorosamente
formalizzata che prevede:
i. Una prima sezione di identificazione de:
o L'ufficio che procede;
o Il soggetto intestatario dell'atto nei cui confronti è operato l'accertamento;
o Il destinatario dell'atto;
o L'individuazione dell'oggetto dell'accertamento, ovvero dell’imposta o delle imposte
richieste.
ii. La parte motiva;
iii. La parte dispositiva;
iv. La liquidazione dell'imposta;
v. L'irrogazione delle eventuali sanzioni;
vi. La sezione dedicata alle istruzioni sul pagamento del tributo.
L'avviso di accertamento deve essere sottoscritto e, in difetto di sottoscrizione, risulta nullo. Si
pongono problemi con riferimento al tema dei funzionari delegati, in quanto, affinché l'atto sia
legittimo, occorre che il funzionario sottoscrittore sia munito di una delega valida: per la
giurisprudenza maggioritaria si viene a costituire una delega di funzioni, per la quale devono
ricorrere una serie di condizioni; per altra giurisprudenza la delega costituisce una delega di firma,
in cui il delegato agisce semplicemente in qualità di mero sostituto materiale del soggetto persona
fisica titolare dell'organo cui attribuite alla competenza. Gli accertamenti che non siano sottoscritti
dal capo dell'ufficio emittente o da un impiegato alla carriera direttiva validamente delegato sono
nulli.
L'atto di accertamento deve essere portato a conoscenza del contribuente, di norma mediante il
procedimento di notifica. Alla notifica degli atti tributari tornano applicabili le regole del Codice di
procedura civile, salvo alcune specificità. La violazione delle predette regole può comportare un
vizio di nullità della notifica. La notificazione degli avvisi degli altri atti può essere fatta a mezzo
della posta, direttamente dagli uffici, considerandosi compiuta alla data della spedizione, mentre i
termini che danno inizio alla notificazione decorrono dalla data in cui l'atto è ricevuto. La
notificazione degli avvisi e degli altri atti alle imprese e ai professionisti può essere effettuata
direttamente dal competente ufficio anche a mezzo di posta elettronica certificata. Il vizio di
notifiche non determina l'illegittimità dell'atto di accertamento, in quanto essa costituisce una
condizione di mera efficacia dell'atto e non un elemento costitutivo del medesimo: il
raggiungimento dello scopo è costituito dalla piena conoscenza dell'atto impositivo. La sanatoria
non è ammessa in caso di notifica inesistente, intesa come mancanza materiale dell'atto, ovvero il
caso in cui l'attività posta in essere sia priva degli elementi essenziali idonei a ritenerla qualificabile
come notifica. Gli elementi essenziali sono considerati solo l'attività di trasmissione da parte di un
soggetto dotato della possibilità giuridica di compierla e la fase di consegna, intesa come
raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti possibili della notificazione previsti dall'ordinamento.
L'esercizio del potere di accertamento non è temporalmente illimitato: i termini entro cui deve
essere esercitato il potere di accertamento sono termini decadenziali. Su di essi esiste una serie di
regole specifiche in relazione alle singole imposte. Per quanto riguarda le imposte principali, si
prevede un doppio termine:
- Entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della
dichiarazione, se si tratta di un accertamento in rettifica;
- Entro il 31 dicembre del settimo anno successivo quello di presentazione della
dichiarazione, se si tratta di un accertamento d'ufficio accertante una mancanza di
dichiarazione regolarmente presentata.
In caso di componenti reddituali pluriennali l'agenzia può rettificare la dichiarazione in cui le
singole quote sono esposte. La decadenza dell'ufficio deve essere censurata con il ricorso avverso
l'atto per cui si ritiene intervenuta la decadenza; essa non è rilevabile d'ufficio dal giudice e deve
essere eccepita fin dal ricorso introduttivo. Accanto ai termini ordinari sono previste alcune
eccezioni che si giustificano in ragione di una maggiore semplicità o di una maggiore complessità
per l'amministrazione finanziaria di procedere al controllo. In taluni casi è disposta una proroga di
termini decadenziali.
si parla di prescrizione in materia di sanzioni e di imposta di registro: una volta impedita la
decadenza in ragione della notifica dell'atto impositivo, inizia a decorrere il termine di prescrizione
secondo le regole civilistiche. Il termine è ordinariamente di 10 anni, ma viene considerato di 5 con
riferimento ai tributi locali.

5. I vizi dell'atto
L'atto di accertamento, per essere legittimo deve conformarsi al paradigma normativo.
È possibile rinvenire due diverse tipologie di vizi dell'atto accertato:
- Vizi formali  compromettono la legittimità dell'atto
- Vizi sostanziali  coinvolgono la fondatezza dell'atto
I vizi formali possono investire l'esercizio dell'attività di accertamento, mentre i vizi sostanziali
attengono al merito della pretesa, ovvero l'applicazione delle norme tributarie relative al
presupposto di imposta, alla base imponibile, alle aliquote e al soggetto passivo.
Le conseguenze delle violazioni non sono uniformi:
- Vizi che danno luogo a mere irregolarità  sono privi di conseguenze effettiva sulla
legittimità e fondatezza dell'avviso.
- Vizi che comportano l'annullamento dell'atto  Il vizio deve essere eccepito
tempestivamente dal contribuente nel proprio ricorso altrimenti diviene non contestabile e
non può essere rilevato d'ufficio dal giudice.
- Vizi di nullità in senso stretto  sono rilevabili d'ufficio dal giudice in ogni Stato e grado
del giudizio.

La riscossione dei tributi


1. L’attività di riscossione
La riscossione comprende l'insieme di atti attività attraverso cui l'ente impositore acquisisce la
disponibilità delle somme dovute dal soggetto obbligato all'adempimento: tale fase rappresenta il
momento di attuazione dell'obbligazione tributaria e si compie con l'esazione anche coattiva delle
risorse finanziarie derivanti da entrate tributarie. La riscossione costituisce la fase conclusiva dei
rapporti giuridici tra amministrazione finanziaria e contribuente, tramite cui il contribuente estingue
l'obbligazione tributaria e soddisfa il suo obbligo di partecipazione alle pubbliche spese. Nella
pratica, la riscossione non rappresenta necessariamente la fase terminale del rapporto, come accade
in materia di imposte sui redditi: qui la realizzazione del presupposto si compie a conclusione del
periodo d'imposta, mentre la presentazione della dichiarazione con la liquidazione della relativa
imposta è successiva; per anticipare la riscossione del tributo sono stati congegnati i versamenti in
acconto, per effetto dei quali il contribuente paga in corso danno un acconto d'imposta che sarà
dovuta sul reddito complessivo in via di realizzazione: l'acconto è parametrato all'imposta liquidata
per l'anno precedente e va poi detratto dall'imposta che risulta dovuta a seguito della liquidazione da
effettuare l'anno successivo. Alla medesima esigenza risponde l'istituto delle ritenute d'acconto.
La riscossione delle imposte non è curata direttamente dall'ente creditore, bensì affidata ad un
soggetto terzo, ossia l'esattore: questo era una persona fisica o giuridica, iscritte in un apposito albo,
dotata dei prescritti requisiti di struttura e di solvibilità cui veniva appaltato lo svolgimento del
servizio di riscossione dei tributi e di altre entrate pubbliche in un determinato ambito territoriale,
dietro compenso (aggio). Per assicurare un flusso costante e regolare di entrate dello Stato, veniva
applicato l'obbligo del non riscosso per riscosso, per effetto del quale l'esattore era obbligato al
versamento anticipato all'ente impositore delle somme di cui doveva curare la riscossione presso i
contribuenti, salva il rimborso delle quote inesigibili, ossia delle partite di cui l'esattore riusciva a
dimostrare la sostanziale impossibilità di riscossione. Nel 2005 venne istituita riscossione spa,
successivamente denominata Equitalia spa, ossia una società partecipata dall'agenzia delle entrate e
dall'Inps incaricata di svolgere il servizio di riscossione. Nel 2016 si previde la soppressione di
Equitalia e il subentro di un nuovo ente pubblico, denominato Agenzia delle entrate-riscossione:
questo è un ante pubblico economico sottoposto all'indirizzo e alla vigilanza del ministro
dell'Economia e delle finanze, il quale è subentrato a titolo universale nei rapporti giuridici attivi e
passivi delle società del gruppo Equitalia. Per i tributi locali la riscossione può essere curata
direttamente dall'ente impositore attraverso una società in house ovvero avvalendosi di soggetti
iscritti in apposito albo. L'attività di riscossione rimane remunerata con aggio di riscossione ovvero
mediante oneri di riscossione di esecuzione: sono somme commisurate a una percentuale delle
somme da riscuotere in regione della fase in cui avviene il pagamento.
I soggetti passivi della riscossione sono i soggetti tenuti al pagamento delle somme vantate, ma vi
sono casi in cui i destinatari di un atto di riscossione sono soggetti che non hanno ricevuto alcun
atto impositivo e che vengono coinvolti solo in sede di riscossione coattiva della pretesa: in questi
casi l'obbligo di pagamento trova titolo in una responsabilità di tipo patrimoniale e non
propriamente tributaria (responsabilità dei soci di società di persone per i debiti della società).

2. La riscossione coattiva
L'articolo uno del decreto del presidente della Repubblica 602 del 1973 elenca le modalità di
riscossione. Si prevede che l'adempimento dell'obbligazione tributaria possa avvenire mediante:
- Ritenuta diretta;
- Versamento diretto;
- Iscrizione nei ruoli.
A queste si aggiunge la riscossione in base all'accertamento esecutivo e la riscossione in base ad
ingiunzione fiscale.
La riscossione coattiva è una vicenda eventuale patologica nell'attuazione dei tributi, che si verifica
nelle ipotesi in cui il contribuente non proceda al pagamento spontaneo nei modi e nei tempi
prescritti. La riscossione coattiva esattoriale e una particolare procedura finalizzata al
soddisfacimento coattivo del credito fiscale, mediante l'espropriazione dei beni e dei crediti del
debitore e la loro successiva vendita: la disciplina ricalca il modello dell'esecuzione forzata
contenuto nel Codice di procedura civile, seppure con alcune peculiarità. La prima peculiarità è
rappresentata dal soggetto che conduce la procedura, ossia l'agente della riscossione che, tuttavia,
non diviene cessionario del credito da riscuotere, ma viene solamente incaricato di riscuoterlo
coattivamente: la peculiarità rappresentata dal fatto che nell'esecuzione esattoriale l'attività
esecutiva è svolta direttamente dall'agente della riscossione. La seconda peculiarità concerne
l'intervento del giudice dell'esecuzione esattoriale, il quale risulta meramente eventuale è
circoscritto al caso in cui il debitore promuove un'opposizione. Altre peculiarità tengono la
disciplina delle varie procedure, che prevedono sovente delle facilitazioni rispetto al modello
processual-civilistico. La procedura esecutiva di cui al decreto del presidente della Repubblica 602
del 1973 è comune a tutti i tributi: ciò che varia è solo l'atto con cui detta procedura viene avviata.
La riscossione in base al ruolo e la procedura base su cui è costruito l'intera disciplina della
riscossione esattoriale. Essa costituisce la modalità generalizzata di riscossione coattiva delle entrate
tributarie; in base al ruolo vengono anche riscosse coattivamente tutte le entrate pubbliche anche
non tributarie. Il ruolo è un elenco dei debitori e delle somme da questi dovute, formato ai fini della
riscossione ad opera dell'agente della riscossione: esso viene formato dall'ufficio sulla base degli
avvisi con cui è stata vantata una data pretesa che occorre riscuotere coattivamente. Esso è atto
dell'ente impositore nel senso che l'iscrizione al ruolo è fatta una volta verificato che il contribuente,
cui è stato notificato un avviso di imposta, non ha proceduto al pagamento spontaneamente, per cui
l'ufficio procede ad iscrivere il contribuente e la somma pretesa nel ruolo. Esso ha un contenuto
molto composito in quanto vi vengono iscritte tutte le somme dovute diversi debitori, anche se con
titolo differente; sul piano funzionale, il ruolo costituisce un titolo esecutivo che il legittimo
all'agente della riscossione a procedere all'esecuzione forzata nei confronti dei debitori iscritti a
ruolo. Nel ruolo vanno indicati: Codice delle componenti di credito, il codice dell'ambito, l'anno o il
periodo di riferimento del credito, l'importo di ogni articolo di ruolo, il totale degli importi, il
numero delle rate, l'importo e le scadenze. Si prescrive anche l'indicazione del codice fiscale del
contribuente, la specie di ruolo, la data in cui il ruolo è reso esecutivo il, la motivazione. Il ruolo
deve essere motivato solo quando non sia preceduto da un precedente atto di accertamento, perché
in quest'ultimo caso sarebbe già motivato. Ogni singola partita in cui si articola il ruolo deve trovare
ragioni in un atto o nel risultato di un'attività precedenti al ruolo ed idonei a definire caratteri
qualitativi e quantitativi del credito da riscuotere mediante l'azione dell'agente della riscossione: per
poter legittimamente iscrivere al ruolo un debitore, l'ufficio deve disporre del titolo di iscrizione al
ruolo, che può essere un atto impositivo ovvero l'esito di una peculiare attività che consente di
iscrivere direttamente al ruolo il relativo risultato.
Ci sono due forme di iscrizione al ruolo:
- Iscrizioni a titolo provvisorio  l'atto che costituisce il titolo di iscrizione e impugnato
innanzi al giudice tributario
- Iscrizioni a titolo definitivo
Ci sono, poi, due tipi di ruolo:
- Ruolo ordinario
- Ruolo straordinario  si forma quando vi affondato pericolo per la riscossione e necessita
di motivazione
Una volta formato, il ruolo deve essere sottoscritto, in modo da divenire titolo esecutivo; A seguito
della sottoscrizione, il ruolo viene consegnato all'agente della riscossione affinché possa procedere
esecutivamente verso i debitori iscritti. I ruoli si intendono formati e resi esecutivi anche mediante
la mera validazione dei dati contenuti, eseguite dal sistema informativo dell'ente impositore.
Una volta ricevuto il ruolo, l'agente della riscossione provvede alla cartellazione, ossia formare le
cartelle di pagamento estrapolando dal ruolo le pretese riferite al medesimo debitore. La cartella di
pagamento è un estratto del ruolo e un atto individuale: essa ha un profilo funzionale e peculiare,
integrato dall’intimazione a adempiere il versamento della somma richiesta entro 60 giorni dalla
notificazione, nonché dell'avvertimento che si procederà a riscossione forzata. Essa assolve alla
funzione di precetto. Nella cartella devono essere riportate le medesime indicazioni prescritte per il
ruolo, ad eccezione della data di consegna del ruolo stesso al concessionario e del codice degli
articoli di ruolo e dell'ambito. Una volta ricevuta la cartella, il debitore ha 60 giorni di tempo per
pagare (anche a rate) e scongiurare l'esecuzione forzata. L'agente della riscossione procede alla
notifica della cartella di pagamento al debitore iscritto al ruolo o al coobbligato nei confronti dei
quali procede: la cartella esattoriale può essere notificata anche direttamente mediante
raccomandata con avviso di ricevimento; la notifica della cartella deve essere fatta entro rigorosi
termini decadenziali, diversificati in ragione del titolo di iscrizione al ruolo. la tardiva notifica della
cartella costituisce vizio della pretesa, e non anche della cartella di pagamento; la legittimazione
passiva in un'eventuale impugnazione spetta all'agenzia delle entrate. Si deve riconoscere al ruolo
l'idoneità a fungere da titolo esecutivo, non solo nei confronti del debitore verso questo formato, ma
anche nei confronti di terzi.
Per la riscossione delle imposte sui redditi, dell'iva e dell’Irap nonché delle connesse sanzioni, non
si utilizza più il ruolo ma l'avviso di accertamento, andando a parlare di accertamento esecutivo.
L'accertamento esecutivo cumula tre funzioni, ossia di atto impositivo, titolo esecutivo e precetto.
All'eventuale riscossione forzata provvede ancora l'agente della riscossione, ma in questo caso
opera sulla base dell'avviso di accertamento una volta che questo è stato trasmesso dall'agenzia
delle entrate. La ragione dell'introduzione dell'accertamento esecutivo va ricercata nell'obiettivo di
concentrare la riscossione nell'accertamento, abbreviando i tempi necessari per procedere
all'esecuzione forzata. L'avviso di accertamento esecutivo deve riportare il contenuto tipico dell'atto
impositivo, a pena di nullità; esso è però anche titolo esecutivo e precetto. Intimazione a adempiere
è differente da quella prevista nella cartella di pagamento in quanto è a termine mobile e a
contenuto modulare. L'intimazione contenuta nell'accertamento esecutivo è modulare nel senso che
l'entità delle somme non è fissa ma varia a seconda di come intende comportarsi il contribuente.
Decorso il termine per impugnare e decorsi ulteriori 30 giorni l'avviso viene affidato all'agente della
riscossione, il quale deve dare notizie al contribuente con raccomandata semplice; a seguito
dell'affidamento, l'agente della riscossione può procedere con atti conservativi o cautelari, mentre
per l'esecuzione forzata occorre attendere ulteriori 180 giorni.
Il nuovo regime dell'immediata esecutorietà torna applicabile anche agli atti di rideterminazione o
atti secondari: si tratta di quegli atti che vengono emessi in tutti i casi in cui, dopo la notifica di un
accertamento esecutivo, che ha già intimato il pagamento di una somma, occorre riqualificare la
somma intimata. Anche qui è previsto un termine per l'intimazione di pagamento che non è mobile,
bensì fisso ed individuato nel decorso di 60 giorni dell'avvenuto ricevimento della raccomandata.
L'affidamento all'agente della riscossione è per l'intera pretesa. Un secondo istituto da considerare è
la riscossione per il caso di grave pericolo, configurabile laddove emergano elementi idonei a far
ritenere reale in rischio che il contribuente sottragga i propri beni ad eventuali azioni esecutive: in
questo caso è consentita la riscossione integrale e non pro quota, tanto dell'imposta quanto degli
interessi e sanzioni. La circostanza del grave pericolo per la riscossione legittima l'applicazione di
un regime peculiare, ispirato ad imprimere una forte accelerazione alla procedura di riscossione.
A partire dal 1° gennaio 2020 sono stati previsti gli accertamenti esecutivi anche con riguardo
all'entrata degli enti locali, per cui modalità sono state uniformate a quelle previste per le principali
entrate erariali.
L'ingiunzione fiscale consiste in un ordine di pagare entro un termine fisso la somma dovuta, pena
l'inizio di atti esecutivi. Prima dell'introduzione dell'accertamento esecutivo era impiegata per la
riscossione dei tributi propri, ma solo per gli enti locali che non si avvalevano della riscossione in
base al ruolo. L'ingiunzione costituiva un atto che assolveva sia la funzione di atto impositivo, sia
quello di titolo esecutivo e di precetto; successivamente, è stata impiegata essenzialmente come
esecutivo e precetto, ossia come atto prodromico alla esecuzione forzata. L'ingiunzione fiscale,
laddove impiegate per riscuotere tributi, è impugnabile innanzi alle commissioni tributarie.

I MODELLI PROCEDIMENTALI DI TIPO COLLABORATIVO


1. La definizione del rapporto tributario secondo modelli procedimentali di tipo
collaborativo e cooperativo
l'evoluzione normativa del procedimento di attuazione del tributo è stata caratterizzata da un
significativo cambiamento del rapporto tra contribuente e l'amministrazione finanziaria. Il modello
tradizionale prevede che i soggetti comunichino attraverso atti formali, che la partecipazione del
contribuente si sviluppa attraverso obblighi, che l'intervento dell'ufficio fiscale sia solo successivo e
diretto ad accertare e sanzionare una violazione già realizzata. Si sono poi sviluppati i modelli
procedimentali che si ispirano a logiche del tutto differenti. Il legislatore ha progressivamente
introdotto discipline riconducibili alla collaborazione e cooperazione tra singolo e amministrazione
finanziaria, alcuni dei quali si caratterizzano per avere una più spiccata funzione deflattiva del
contenzioso: si tratta dell'istituto dell’acquiescenza e quello del ravvedimento operoso, in cui il
comportamento collaborativo del singolo e premiato con il beneficio della riduzione delle sanzioni
amministrative applicabili. Altri istituti collocano il momento cooperativo in una fase precedente
l'adempimento dell'obbligo tributario o al sorgere del presupposto impositivo, come le diverse
forme di interpello previsti dall'ordinamento ovvero il regime dell'adempimento collaborativo.
L'intento legislativo è quello di far sì che l'agenzia delle entrate mette a disposizione del
contribuente elementi e informazioni in suo possesso, al fine di stimolare l'assolvimento degli
obblighi tributari, favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili e consentire al contribuente
di segnalare tempestivamente fatti ed elementi non conosciuti dall'agenzia.

2. I modelli consensuali di imposizione


L’accertamento con adesione rappresenta un modello procedimentale che può condurre alla
definizione concordata della base imponibile e dell'imposta dovuta, con riduzione delle sanzioni a
1/3 del minimo edittale. Esso può riguardare le imposte sui redditi, l’Irap, l'iva e le imposte sui
trasferimenti. L'accertamento con adesione può essere introdotto:
- Su iniziativa di ufficio  l'ufficio competente, mediante un invito a comparire prima della
notifica dell'avviso di accertamento, può attuare un tentativo di definizione concordata del
rapporto tributario per periodi d'imposta suscettibili di accertamento: l'invito deve contenere
gli elementi e i periodi di imposta su cui verte l'accertamento insieme all'indicazione del
giorno e del luogo previsti per il contraddittorio; attualmente sussiste l'obbligo per l'agenzia
di invitare il contribuente a comparire per l'avvio del procedimento di adesione.
- Su istanza del contribuente  essa può avvenire in due momenti: a seguito di accessi,
verifiche ispezioni ma comunque prima della notifica dell'avviso di accertamento; dopo la
notificazione dell'atto di accertamento, ma entro i termini di impugnazione dello stesso. In
questo secondo caso il contribuente presenta una domanda in carta libera in cui chiede
all'ufficio competente di formulare una proposta di accertamento per un'eventuale
definizione e adesione: l'ufficio deve provvedere a formulare l'invito a comparire, entro 15
giorni, e l’istanza del contribuente determina l'effetto di sospendere per 90 giorni il termine
di impugnazione dell'avviso di accertamento. L'istanza di accertamento di adesione
presentata dopo la notifica dell'accertamento sospende il termine per impugnare a
condizione che l'ufficio non abbia formulato l'invito per l'adesione nella fase pre-
accertamento: se l'invito vi è stato, l'eventuale successiva istanza del contribuente non
assume valenza sospensiva. La mancata convocazione del contribuente da parte dell'ufficio
non comporta la nullità del procedimento di accertamento, non essendo tale sanzione
prevista dalla legge.
Elemento centrale è l'instaurazione del confronto tra amministrazione finanziaria e contribuente,
che può realizzarsi in uno o più momenti aventi ad oggetto la corretta valutazione del presupposto e
della base imponibile. Il coinvolgimento del contribuente avviene in una dimensione non
meramente istruttoria, ma anche valutativa ed accertativa: né il contribuente né l'ufficio fiscale sono
tenuti a chiudere positivamente l'iter procedimentale avviato. il procedimento di adesione si può
concludere senza nessuna definizione consensuale: il verbale negativo di constatazione del mancato
accordo implica solo una presa del mancato raggiungimento dell'accordo tra contribuente e ufficio
finanziario, non valendo come rinuncia a far valere le pretese tributarie; l'ufficio fiscale ha titolo per
notificare legittimamente l'avviso di accertamento, ma il contenuto deve tenere conto degli
eventuali chiarimenti e prove fornite dal contribuente per addivenire ad una rideterminazione più
favorevole dell'imponibile. Se dall'esito del confronto e delle valutazioni reciproche si raggiunge il
risultato della definizione consensuale, ciò determina un significativo vantaggio per il contribuente,
il quale può ottenere una riduzione dell'imposta dovuta, oltre che un abbattimento premiale delle
sanzioni amministrative. L'amministrazione finanziaria, con l'adesione, ottiene il risultato del
riconoscimento del debito e del versamento di quanto dovuto da parte dei contribuenti, evitando
tempi e incertezze di un possibile contenzioso. La definizione consensuale dell'imponibile
dell'imposta costituisce il contenuto dell'atto di accertamento con adesione, redatto in duplice copia
e sottoscritto da entrambi; l'adesione si perfeziona con il pagamento delle somme risultanti
dall'accordo, da effettuare entro 20 giorni dalla redazione dell'atto di adesione. Le somme dovute
possono essere ripartite in 8 rate trimestrali ovvero in 16 rate trimestrali se il debito è superiore a
50.000 €: in questo caso l'adesione si perfeziona con il pagamento della prima rata. Il risultato
deflattivo e di certezza derivante dalla definizione consensuale è garantito dalla previsione della non
impugnabilità dell'atto di accertamento con adesione, della non modificabilità e non integrabilità
dello stesso e dell'esclusione dell'esercizio di un ulteriore azione accertatrice da parte
dell'amministrazione finanziaria. La natura giuridica dell'accertamento con adesione è oggetto di
dibattito in sede dottrinale, ma sembra maggiormente coerente inserire l'istituto tra i modelli
procedimentali partecipati il riconoscere natura pubblicistica all'atto di accertamento con adesione
nella dimensione dell'accordo amministrativo.
Altri istituti che determinano una definizione consensuale del debito di imposta sono quelli della
mediazione e della conciliazione giudiziale.
[ho deliberatamente saltato la mezza pagina sulla transazione fiscale, se me la chiedono mortacci
loro ma mi rifiuto :)]

3. Il ravvedimento operoso
L'istituto del ravvedimento operoso consente al contribuente di correggere i propri errori
dichiarativi o di versamento, procedendo alla rettifica con la corresponsione integrale delle imposte
dovute, ottenendo un abbattimento delle sanzioni amministrative applicabili. L'effetto premiale si
riduce con il trascorrere del tempo che il contribuente fa passare per procedere alla
regolarizzazione, ed è riconducibile al principio della leale collaborazione e cooperazione tra le
parti. Il ravvedimento è consentito sempre che la violazione che si intende correggere non sia stata
già contestata e non siano già iniziati accessi, ispezioni o verifiche.

4. L’acquiescenza
Si definisce acquiescenza il comportamento del contribuente che accetta la ripresa
dell'amministrazione finanziaria e rinuncia a contestarla: con essa il contribuente rinuncia ad
impugnare l'avviso di accertamento o di liquidazione e a formulare istanza di accertamento con
adesione, provvedendo a pagare le somme complessivamente dovute entro il termine per la
proposizione del ricorso. La riduzione delle sanzioni amministrative previste per l'acquiescenza è
pari ad 1/3 del minimo. Un'ulteriore forma di acquiescenza che attiene alle sole sanzioni
amministrative consente al contribuente di definire in via agevolata le sanzioni irrogate con il
pagamento di un importo pari ad 1/3 del minimo, mantenendo la possibilità di contestare in sede
giudiziale le maggiori imposte accertate dall'ufficio, attraverso l'impugnazione dell'atto impositivo.

5. Gli interpelli
L’interpello è un istituto procedimentale attraverso il quale è riconosciuta al contribuente la facoltà
di rivolgere un'istanza all'amministrazione finanziaria, al fine di ottenere un parere qualificato in
ordine all'applicazione delle norme tributarie ad una fattispecie concreta e personale. In questo
modo l'amministrazione pone in essere un'attività di consulenza giuridica a carattere specifico, in
una fase precedente a quella dell'adempimento dell'obbligazione tributaria. Tramite l'interpello, il
singolo può conoscere preventivamente la posizione dell'amministrazione finanziaria in merito al
regime fiscale di un atto, fatto un negozio, per evitare di commettere violazioni della norma
tributaria ed avere un importante effetto di certezza giuridica.
L'attuale sistema prevede quattro tipologie di interpello:
i. Interpello ordinario
si tratta dell'interpello relativo all'applicazione delle disposizioni tributarie fa casi
concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta
interpretazione di uno o più norme tributarie. Si distingue tra interpello interpretativo,
che mira a risolvere un dubbio in ordine alla corretta interpretazione di una norma, e
interpello qualificatorio, che mira a fornire la corretta qualificazione giuridica di una
fattispecie e ad individuare le norme da applicare in concreto.
ii. Interpello probatorio
riguarda le istanze volte ad ottenere un parere sulla sussistenza delle condizioni o sulla
valutazione di idoneità di determinati elementi probatori richiesti dalla legge per
applicare o disapplicare un regime fiscale.
iii. Interpello antiabuso
Attraverso tale interpello, il contribuente può chiedere all'amministrazione finanziaria il
parere relativamente all'applicazione della disciplina sull'abuso del diritto a una
determinata fattispecie.
iv. Interpello disapplicativo
Consente al contribuente di ottenere un parere dell'amministrazione finanziaria in ordine
alla disapplicazione di una specifica norma di natura antielusiva potenzialmente
applicabile alla fattispecie prospettata.
Sono legittimati a presentare istanza di interpello tutti i contribuenti; le istanze sono presentante
mediante consegna brevi manu, o spedizione a mezzo posta raccomandata con avviso di
ricevimento, o per via telematica mediante PEC alla direzione regionale dell'agenzia delle entrate
competente. L'istanza di interpello deve identificare il soggetto istante e contenere la descrizione
puntuale e circostanziale della fattispecie, oltre ad indicare le disposizioni di cui si chiede
l'interpretazione, applicazione o disapplicazione; deve essere esposta in modo chiaro e univoco con
la soluzione interpretativa proposta dal contribuente.
L'istanza presentata dal contribuente deve rispettare quattro condizioni:
- La questione oggetto dell'istanza deve essere riferita a casi concreti e personali;
- Deve sussistere una condizione di obiettiva incertezza;
- L'istanza di interpello deve avere il carattere preventivo;
- Non possono essere presentate istanze idonee ad interferire con l'esercizio di poteri
accertativi.
La risposta dell'amministrazione finanziaria deve essere notificata o comunicata al contribuente
entro 90 giorni (interpello ordinario) o 120 giorni (altri interpelli) dalla presentazione dell'istanza;
qualora l'amministrazione abbia richiesto documentazione integrativa, la risposta dovrà essere
comunicata entro 60 giorni dalla ricezione della stessa. Se l'amministrazione finanziaria non
risponde nei termini previsti, si forma il silenzio assenso. La risposta dell'amministrazione vincola
tutti gli uffici fiscali, con sanzione espressa di nullità per i successivi atti impositivi o sanzionatori
che siano difformi alla risposta medesima; il vincolo opera limitatamente al soggetto istante e al
caso prospettato. Per il contribuente la risposta fornita dall'amministrazione finanziaria non è
vincolante, potendo egli decidere di discostarsene. Espressamente prevista è la non impugnabilità
delle risposte alle istanze di interpello.
 Interpello sui nuovi investimenti
Interpello sui nuovi investimenti è rivolto a quei soggetti che intendono effettuare nel
territorio dello Stato investimenti del valore non inferiore a 30 milioni di euro. La ratio è
quella di individuare in termini preventivi quale sarà il complessivo trattamento fiscale del
progetto imprenditoriale. L'istanza di interpello deve essere presentata alla direzione centrale
normativa dell'agenzia delle entrate, la quale è tenuta a rispondere entro 120 giorni con
possibile formazione del silenzio-assenso. La risposta vincola l'agenzia delle entrate, in
relazione al piano di investimento descritto, nei confronti di tutti i soggetti coinvolti
nell'investimento, senza possibilità di rettifica in autotutela. Qualsiasi organo chiamato ad
esercitare attività di accertamento sugli investitori coinvolti è tenuto a interpellare l'ufficio
che ha redatto la risposta, per verificare se l'accertamento in corso riguardi la stessa
fattispecie è già risolta in sede di interpello sui nuovi investimenti.
 Interpello internazionale
Questa tipologia di interpello, riservata alle imprese con attività internazionale, costituisce
una forma avanzata di tax compliance, in quanto prevede la partecipazione del soggetto
istante alla fase istruttoria posta in essere dall'amministrazione è la conclusione di un
accordo di interpello tra i due soggetti. L'istanza deve essere presentata presso la direzione
centrale accertamento dell'agenzia delle entrate e deve contenere una chiara indicazione
dell'oggetto dell'accordo preventivo proposto, recando la documentazione atta a comprovare
il possesso dei requisiti relativi all'impresa con attività internazionale. Al termine dell'attività
istruttoria, l'ufficio può invitare l'impresa a comparire per mezzo del legale rappresentante o
di un procuratore, al fine di verificare la completezza delle informazioni fornite, formulare
eventuale richiesta di ulteriore documentazione e definire i termini di svolgimento del
procedimento in contraddittorio. Quest'ultimo deve concludersi entro 180 giorni dal
ricevimento dell'istanza. Nel corso del procedimento l'ufficio può accedere presso le sedi di
svolgimento dell'attività dell'impresa allo scopo di prendere diretta cognizione di elementi
utili a fini istruttori. Al termine dell'istruttoria, la procedura si perfeziona con la
sottoscrizione di un accordo del quale vengono individuati e definiti gli elementi oggetto
dell'istanza. Gli accordi preventivi sono vincolanti per il contribuente per l'amministrazione
finanziaria per il periodo d'imposta nel corso del quale sono stipulati e per i quattro periodi
di imposta successivi.

6. I modelli di adempimento collaborativo


Il regime generale di adempimento collaborativo rappresenta il modello più avanzato della
compliance fiscale, nella prospettiva di anticipare il rapporto tra contribuente ed amministrazione
rispetto all'assolvimento degli obblighi tributari in termini non conflittuali. In fase di prima
applicazione, sono ammesse al regime solo le imprese di maggiori dimensioni che devono dotarsi di
un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale, inteso come rischio
di operare in violazione di norme di natura tributaria ovvero in contrasto con i principi o con le
finalità dell'ordinamento tributario.
Tale sistema determina un effetto di trasparenza nei confronti dell'amministrazione finanziaria,
relativamente a procedure di operazioni aziendali in grado di determinare i rischi fiscali
significativi.
L'amministrazione si impegna a promuovere relazioni con i contribuenti improntata a principi di
collaborazione, correttezza e trasparenza. Il contribuente si impegna a mantenere in maniera
funzionale ed efficace il sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale.
Si determina un contesto di interlocuzione costante preventiva tra i soggetti, con la possibilità di
addivenire ad un'anticipazione del controllo; si innesta anche una procedura di interpello abbreviata,
che deve essere presentata all'ufficio preposto della direzione centrale accertamento dell'agenzia
delle entrate. L'agenzia delle entrate può accedere presso le sedi di svolgimento dell'attività di
impresa allo scopo di prendere diretta cognizione di elementi informativi utili per la risposta, la
quale è efficace esclusivamente nei confronti del contribuente, limitatamente alle fattispecie
prospettate nell'istanza di interpello; in caso di mancata risposta dall'agenzia de nei termini, vale il
silenzio assenso.
La procedura di cooperazione e collaborazione rafforzata è finalizzata alla definizione dei dubbi
tributari dell'eventuale stabile organizzazione in Italia di gruppi multinazionali. È un modello
speciale rivolta alle società e agli enti di ogni tipo, non residente in Italia, che appartengono a
gruppi multinazionali con ricavi consolidati superiori a un miliardo di euro annui e che effettuano
cessioni di beni e prestazioni di servizi in Italia per un ammontare superiore a 50 milioni di euro
annui, avvalendosi del supporto di imprese ausiliarie. È necessario formulare domanda di accesso
alla procedura sulla quale le società possono definire i debiti tributari dell'eventuale stabile
organizzazione presente in Italia, oltre a chiedere all'agenzia valutazione circa la sussistenza dei
requisiti che configurano la stabile organizzazione. l'agenzia trasmette alla società un invito per
definire in contraddittorio i debiti tributari della stabile organizzazione. Nei confronti delle società
che decidono di estinguere i debiti tributari della stabile organizzazione relativi ai periodi di imposta
per i quali sono scaduti i termini di presentazione delle dichiarazioni, le sanzioni amministrative
sono ridotte alla metà; è previsto che tali società possano accedere al regime di cooperative
compliance.

7. L’autotutela tributaria
L'autotutela tributaria consiste nel potere dell'amministrazione finanziaria di annullare gli atti
illegittimi e di revocare gli atti impositivi infondati e di rinunciare in tutto in parte all’imposizione.
Tale potere è attribuito allo stesso ufficio che ha emanato l'atto e alla direzione regionale
dell'agenzia delle entrate competente. La disciplina dell'autotutela individua una serie di ipotesi, non
tassative, in cui l'ufficio fiscale può intervenire (errore di persona, è evidente errore logico di
calcolo, errore materiale del contribuente facilmente riconoscibile). Il potere di autotutela può
essere esercitato senza necessità di istanza da parte del contribuente; esercitabile anche in pendenza
di giudizio e qualora sulla controversia sia intervenuta sentenza passata in giudicato, purché
l'annullamento dell'atto da parte dell'ufficio si basi su motivi diversi da quelli su cui è intervenuto il
giudicato. L'annullamento dell'atto impositivo può determinare il sorgere di un diritto di credito in
capo al contribuente, relativamente alle somme già versate. L'autotutela non determina il venir
meno del potere impositivo dell'amministrazione relativamente alla fattispecie tributario oggetto
dell'atto annullato: l'ufficio potrà sostituire l'atto non ancora decaduto con un altro diverso,
rinnovando la pretesa impositiva. La presentazione dell'istanza di autotutela non sospende i termini
per l'impugnazione dell'atto ritenuto viziato.
Una fattispecie di autotutela doverosa per l'ufficio fiscale si può configurare qualora l'atto
amministrativo sia contrario al diritto europeo.
Se l'esercizio del potere di autotutela avviene nel corso del processo tributario, occorre distinguere
due ipotesi:
- L'annullamento o revoca dell'atto è parziale  il contribuente ha la possibilità di prestare
acquiescenza alla pretesa per fruire della riduzione delle sanzioni; il contribuente può
avvalersi degli istituti di definizione agevolata delle sanzioni previsti per l'atto oggetto di
annullamento revoca, purché rinunci al ricorso.
- L’annullamento o revoca dell'atto è totale  si viene a determinare una situazione di
cessazione della materia del contendere in virtù della quale il contribuente può chiedere al
giudice la condanna dell'amministrazione alle spese processuali.

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