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- Nel caso dei redditi fondiari il possesso del reddito consiste nel possesso del bene immobile
produttivo di reddito, inteso in senso civilistico, salvo i casi in cui manchi la disponibilitĂ
giuridica del reddito da esso ritraibile.
- I redditi da lavoro vengono imputati ai titolari del rapporto di lavoro dipendente o a coloro
che esercitano lâarte e professione.
- I redditi di impresa vengono imputati al soggetto che esercita lâattivitĂ di impresa.
- I redditi di capitale vengono imputati a coloro che sono titolari della ricchezza investita.
Soggetti passivi e residenza fiscaleâ soggetti passivi Irpef sono âle persone fisiche, residenti e
non residenti nel territorio dello statoâ nonchĂŠ i soggetti collettivi, cioè societĂ e altri organismi
collettivi non societari specificamente individuati dal legislatore, ai quali si applica lâIres.
*Le societĂ di persone non sono soggetti passivi in quanto i redditi vengono imputati direttamente
ai soci in base al principio di trasparenza.
Il carattere personale dellâIrpef si evince dal fatto che tiene conto anche delle condizioni sociali e
della situazione personale e familiare del contribuente, e gli strumenti tecnici per âpersonalizzareâ
lâIrpef sono deduzioni e detrazioni.
Il reddito imponibile viene determinato tenendo anche conto del criterio di residenza dei soggetti
passivi: per i soggetti residenti in Italia si applica la tassazione del reddito mondiale, cioè si
tassano tutti i redditi posseduti ovunque prodotti allâestero (world wide taxation principle); per i
soggetti residenti allâestero rilevano soltanto i redditi prodotti in Italia.
La tassazione del reddito mondiale per i soggetti residenti in Italia si giustifica per la stretta
connessione tra contribuente e territorio, che genera lâobbligo per tutti i consociati di concorrere
alla spesa pubblica, sempre in base alla capacitĂ contributiva.
Il legislatore definisce la residenza fiscale in modo diverso dalla residenza civilistica, perchĂŠ ai
fini fiscali si considerano residenti coloro che sono iscritti allâanagrafe della popolazione residente
e che hanno nel territorio dello stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civileâ questi
requisiti sono alternativi e non concorrenti, quindi ne basta uno per configurare la residenza
fiscale. Il domicilio viene inteso nel senso civilistico, e non va confuso con il domicilio fiscale, che
invece si riferisce allâUfficio fiscale competente a svolgere gli accertamenti:
- Per i residenti il domicilio fiscale è nel Comune dove sono iscritti allâanagrafe
- Per i non residenti il domicilio fiscale è nel Comune in cui producono il reddito soggetto a
imposta italiana.
I residenti sono iscritti allâanagrafe della popolazione residente e sono coloro che hanno nel
comune la dimora abituale o vi hanno stabilito il proprio domicilio (presunzione assoluta di
domicilio fiscale). Non tutti concordano sulla presunzione assoluta di domicilio, infatti alcuni
sostengono che lâiscrizione allâanagrafe costituisca una presunzione relativa di residenza fiscale,
per evitare lâincongruenza di ritenere obbligato a pagare lâimposta un soggetto che continua ad
essere iscritto nellâanagrafe della popolazione residente, ma di fatto ha trasferito fuori dal territorio
dello stato sia il proprio domicilio sia la propria dimora abituale.
Per i concetti di domicilio e residenza nel territorio dello stato si fa riferimento al codice civile,
infatti si considerano residenti le persone fisiche che hanno nel territorio dello Stato la sede
principale dei propri affari e interessi (domicilio), che si riferisce non soltanto ai rapporti
patrimoniali, ma anche a quelli personali e familiari del contribuente. Si considerano residenti
anche coloro che hanno nel territorio dello stato le persone fisiche che hanno la dimora abituale
(residenza), con la quale si intende il luogo dove il contribuente vive abitualmente.
Funzione diametralmente opposta ha lâ AIRE, cioè lâanagrafe degli italiani residenti allâestero, i
quali risultano appunto non residenti in Italia. La semplice iscrizione allâAIRE e la cancellazione
dallâanagrafe italiano, non escludono che il contribuente abbia in Italia la residenza fiscale, che
potrebbe desumersi dal mantenimento del domicilio. Il domicilio infatti prescinde dalla presenza
fisica continuativa del soggetto, e può desumersi dallâesistenza di rapporti personali e familiari
oltre che economici â qualora il soggetto sia iscritto allâAIRE, ma mantiene interessi familiari in
Italia, occorre stabilire quale dei 2 aspetti prevale ai fini dellâindividuazione della residenza fiscale.
In giurisprudenza non vi è un orientamento univoco, infatti in molti casi affermava la prevalenza
degli interessi familiari, ma in altri casi ha ritenuto prevalente il luogo in cui vengono gestiti gli
interessi economici. A livello europeo invece la Corte di Giustizia dĂ prevalenza ai legami
personali. In ogni caso occorre fare una valutazione caso per caso anche in relazione alla tipologia
di attivitĂ economica estera.
Per facilitare lâaccertamento dellâemigrazione fittizia, che si attua col formale trasferimento della
residenza allâestero, il legislatore ha previsto una presunzione relativa di residenza in Italia (salvo
prova contraria fornita dal contribuente) per i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della
popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi regime fiscale privilegiato. Lâinversione
dellâonere della prova implica che il contribuente deve dimostrare lâeffettivitĂ del mutamento di
residenza, e in mancanza di prova la situazione di fatto prevale sul criterio formale.
Lâindividuazione di stati o territorio aventi regime fiscale privilegiato (c.d. paradisi fiscali) è
effettuata in relazione al basso livello di tassazione personale e ad un insufficiente grado di
trasparenza e collaborazione amministrativa garantita dalle amministrazioni fiscali degli stati
esteri. La presunzione può essere smentita dal contribuente fornendo elementi di prova anche
indiretta, che dimostrino lâeffettivitĂ del trasferimento di residenza, e la localizzazione nel paese
estero della sede principale dei propri affari e interessi. Lâevasione fiscale internazionale ha indotto
il legislatore ad intervenire sul piano normativo e ad intensificare i controlli. Si pensi infatti alla
disciplina del c.d. monitoraggio fiscale degli investimenti e delle attivitĂ finanziarie detenute
allâestero; i provvedimenti finalizzati a consentire il rientro di capitali e attivitĂ finanziarie o
patrimoniali irregolarmente detenute allâestero (c.d. scudo fiscale); il raddoppio dei termini di
accertamento dei redditi connessi a investimenti e attivitĂ finanziarie detenuti in Stati esteri
aventi un regime fiscale privilegiato.
Lâadozione di criteri ampi per considerare residente una persona fisica può determinare problemi
di doppia residenza fiscale, e quindi di doppia imposizione giuridica generalmente vietata, che si
ha quanto 2 stati considerano lo stesso soggetto come residente, ovvero lo stesso reddito come
prodotto nel loro territorio: questo comporta sia un danno al commercio internazionale che una
disparitĂ di trattamento tra soggetti che operano entro confini nazionali e soggetti che operano in
ambito internazionale. Per evitare la doppia imposizione infatti esistono rimedi sia unilaterali
(esenzione o credito di imposta per le imposte pagate allâestero) sia bilaterali tramite convenzioni
internazionali.
La determinazione dellâimposta dovuta per ogni periodo e oggetto della dichiarazione annuale, è il
risultato di una serie di operazioni: 1. Determinazione del reddito complessivo (c.d. reddito
complessivo lordo) mediante la quantificazione dei singoli redditi sommati algebricamente alla
sottrazione di eventuali perdite); 2. Determinazione del reddito imponibile (c.d. reddito
complessivo netto) sottraendo al reddito complessivo gli oneri deducibili; 3. Determinazione
dellâimposta mediante applicazione delle aliquote (c.d. imposta lorda) e successive detrazioni per
carichi di famiglia, lavoro dipendente e altri oneri (c.d. imposta netta); 4. Quantificazione
dellâimposta da versare mediante lo scomputo di crediti di imposta, versamenti in acconto e
ritenute alla fonte a titolo di acconto. Se questâultima operazione dĂ saldo positivo, si determina
lâammontare del versamento che il contribuente deve effettuare. Se il saldo è negativo si avrĂ una
dichiarazione a credito, nel senso che il contribuente risulterĂ aver versato unâimposta maggiore
rispetto a quella effettivamente dovuta, e in questo caso il legislatore riconosce al contribuente il
diritto di computare lâeccedenza in diminuzione dellâimposta del periodo successivo o di chiederne
il rimborso in sede di dichiarazione.
Dunque il punto di partenza per il calcolo dellâimposta è la determinazione del reddito
complessivo, dato dalla somma algebrica del reddito (imponibile netto) appartenente ad una delle
6 categorie reddituali. Il principio fondamentale in questo caso è quello della rilevanza dei
corrispettivi contrattualmente fissati dalle parti: ad es. se un soggetto cede un terreno edificabile,
lâeventuale plusvalenza si ottiene sottraendo dal corrispettivo il costo sostenuto per lâacquisto del
bene, ma non è comunque sufficiente per determinare ai fini Irpef lâarricchimento del
contribuente, perchĂŠ il prezzo non deve comunque essere inferiore al valore di mercato, e molto
spesso le parti pattuiscono corrispettivi fittizi.
Oltre i redditi in denaro vengono tassati anche i redditi in natura, per i quali vale la regola del
valore normale del bene o del servizio. Per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo
mediamente praticato per beni e servizi della stessa specie o simili, in condizioni di libera
concorrenza, nello stesso tempo e nello stesso luogo.
Mentre i redditi fondiari, i redditi di capitale, i redditi di lavoro dipendente e i redditi diversi hanno
normalmente segno positivo, i redditi di impresa e i redditi di lavoro autonomo possono avere
segno negativo, in quanto la loro determinazione avviene al netto dei costi (contrapponendo
componenti positivi e negativi) â in questo caso emerge una perdita che viene computata con
criteri diversi nella determinazione del reddito complessivo.
Per quanto concerne il reddito delle persone fisiche, una perdita può derivare dallâesercizio di
impresa e dallâesercizio di arti e professioni. Per esigenze di cautela il legislatore ha previsto che le
perdite possono essere utilizzate con differenti modalitĂ , alternando 2 criteri: compensazione
orizzontale e compensazione verticale (=o riporto in avanti delle perdite).
*Per le perdite di impresa in contabilità ordinaria si è scelto il riporto in avanti perchÊ non vi è
certezza che nel medesimo anno vi siano altre categorie di reddito da abbattere.
Nel calcolo del reddito complessivo non si considerano le fattispecie reddituali esentate
dallâimposta, i redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o a imposta sostitutiva,
nonchĂŠ i redditi assoggettati a tassazione separata. Il reddito imponibile si ottiene invece
sottraendo dal reddito complessivo i c.d. oneri deducibili.
La base imponibile consente di calcolare lâimposta lorda applicando ad esso le aliquote progressive
per scaglioni di reddito, e attualmente sono previsti 5 scaglioni:
- Fino a 15.000 euro, 23%
- Da 15.000 a 28.000, 27%
- Da 28.000 a 55.000 38%
- Da 55.000 a 75.000 41%
- Oltre 75.000, 43%
Se ad es. una persona fisica ha un reddito imponibile di 25.000, lâimposta lorda si ottiene
applicando lâaliquota del 23% su 15.000 e lâaliquota del 27% sui restanti 10.000.
Tuttavia le aliquote e gli scaglioni sono costantemente oggetto di modifiche. Dallâimposta lorda si
ricava poi lâimposta netta, sottraendo fino al suo ammontare le detrazioni previste dalla legge.
Lâimposta netta però non coincide con lâimposta da versare, in quanto questâultima risulta dalla
sottrazione dei crediti dâimposta, delle ritenute dâacconto subite e degli acconti dâimposta giĂ
versati.
Deduzioni dal reddito e detrazioni dallâimposta lordaâ Gli oneri deducibili dal reddito
complessivo e le detrazioni di imposta contribuiscono a conferire carattere personale allâIrpef, e
danno rilievo a fattori che incidono sulla determinazione dellâeffettiva capacitĂ contributiva del
soggetto. Si tratta di oneri e spese che, a seconda della condizione sociale e familiare del
contribuente, investono in vario modo la sua sfera personale ed economica, producendo una
variazione della sua capacità contributiva. Gli strumenti di personalizzazione del prelievo, cioè
deduzioni e detrazioni, si applicano solo ad una minima parte di contribuenti non residenti e
producono effetti diversi:
- La deduzione incide sulla base imponibile prima dellâapplicazione ad essa delle aliquote
progressive, che alleggeriscono il prelievo tanto maggiore quanto piÚ elevato è il reddito del
contribuente
- La detrazione dallâimposta invece, poichĂŠ non varia in relazione al variare delle aliquote ed
alla ricchezza posseduta dal contribuente, determina un risparmio uguale per tutti a
prescindere dalla capacità reddituale, e tale risparmio è tanto piÚ rilevante quanto piÚ
basso è il reddito del contribuente.
La disciplina degli oneri deducibili è contenuta nellâart.10, che elenca una serie di spese e attivitĂ
da sottrarre al reddito complessivo del contribuente prima di ottenere la base imponibile ed
applicare le aliquote. Tali spese possono rappresentare spese di produzione del reddito che
comunque non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi: si pensi ad es. alla
deducibilitĂ dellâimporto pari alla rendita catastale dellâunitĂ immobiliare adibita ad abitazione
principale, che ha lâeffetto di sgravare da imposta il reddito derivante dal possesso della âprima
casaâ.
Lâelencazione degli oneri deducibili è tassativa e prevista dalla legge: sono indicati nella
dichiarazione e devono essere adeguatamente documentati, benchĂŠ la documentazione non debba
essere allegata alla dichiarazione ma conservata dal contribuente ed esibita a richiesta in caso di
controllo. Per tutti gli oneri si applica il principio di cassa, secondo cui le spese possono essere
sottratte dal reddito complessivo solamente se effettivamente sostenute nel periodo di imposta.
Lâelenco di oneri deducibili è eterogeneo, ma è possibile raggrupparli in 2 categorie: spese
personali (cioè spese mediche, assegni corrisposti al coniuge, contributi previdenziali) spese
socialmente rilevanti (contributi e donazioni a ONG per la lotta alla fame nel mondo, erogazioni
liberali per il sostentamento del clero, erogazioni liberali a favore di istituzioni religiose).
Le detrazioni soggettive tengono conto della situazione familiare del contribuente (es. detrazioni
per carichi di famiglia, cioè per familiari a carico) e vengono quantificate in modo forfettario dal
legislatore.
Le detrazioni oggettive invece riguardano i soggetti titolari di redditi di lavoro dipendente e
autonomo e rispondono ad una duplice finalitĂ :
- Da un lato concorrono alla realizzazione della progressivitĂ dellâIrpef (c.d. progressivitĂ per
detrazioni), determinando lâesclusione da imposizione dei redditi da lavoro di ammontare
inferiore ad un determinato importo, e diminuiscono al crescere del reddito fino ad
azzerarsi. Inoltre con tali detrazioni si attua una discriminazione qualitativa dei redditi.
- Per altro verso tali detrazioni rappresentano una sorta di riconoscimento forfetizzato delle
spese inerenti la produzione del reddito, ove queste non vengono ammesse in deduzione
allâinterno della categoria reddituale (come avviene per i redditi da lavoro dipendente).
Oltre le detrazioni soggettive e oggettive, sono previste anche detrazioni per oneri âeffettivamenteâ
sostenuti dal contribuente, e riguardano spese non deducibili dai singoli redditi. La misura della
detrazione è fissata nella maggior parte dei casi in misura ridotta pari al 19% rispetto allâimporto
effettivo sostenuto dal contribuente, con la previsione di un limite massimo di detraibilitĂ : ad es.
per una spesa medica di 1000 euro, il contribuente può ottenere una detrazione di imposta pari a
190 euro, a prescindere dallâentitĂ del reddito complessivo dichiarato.
Tutte queste detrazioni, operano fino alla concorrenza con lâimposta lorda e qualora lâammontare
sia superiore non sono previsti rimborsi o detrazioni per il periodo di imposta successivoâ quindi
se ad un contribuente risulta una imposta lorda di 3000 euro, e un ammontare di detrazioni pari
a 4000, lâimposta netta sarĂ pari a 0.
Nel nostro sistema fiscale progressivo per scaglioni occorre distinguere tra aliquota marginale e
aliquota media:
- Lâaliquota media si ottiene dal rapporto tra imposta netta e reddito imponibile;
- Lâaliquota marginale si riferisce al piĂš elevato scaglione di reddito.
Imposta netta, crediti di imposta e accontiâ Lâimposta netta non corrisponde allâammontare
dellâimposta da versare allâErario a titolo Irpef, ma devono essere sottratti i versamenti giĂ eseguiti
in acconto dellâimposta e le ritenute subite alla fonte a titolo dâacconto. Occorre portare in
diminuzione dallâimposta netta anche eventuali imposte assolte allâestero sui redditi che hanno
concorso a formare il reddito complessivo Irpef. Il credito per le imposte sui redditi pagate
allâestero è calcolato in diminuzione dellâimposta netta e riconosciuto entro il limite dellâImposta
sul reddito estero dovuta in Italia, in base al rapporto prodotto allâestero e il reddito complessivo,
al fine di evitare che il contribuente possa beneficiare di un credito superiore allâimposta italiana.
In presenza di redditi prodotti in piĂš stati esteri il credito deve essere determinato separatamente
per ogni singolo statoâ in pratica il credito di imposta consiste in una detrazione dâimposta.
Per quanto riguarda gli acconti dâimposta vanno quantificati considerando una percentuale
dellâimposta pagata per il periodo precedente (intorno al 98%); tale somma viene versata in una o
2 rate a seconda dellâimporto, con scadenza a giugno e novembre. Se il contribuente prevede di
versare alla fine del periodo unâimposta minore rispetto al periodo precedente (avendo registrato
una riduzione del reddito imponibile) può ridurre lâammontare dellâacconto. In caso di errata
previsione, il versamento effettuato in acconto sarĂ considerato insufficiente e sulla differenza
rispetto al dovuto sarĂ richiesta una sanzione pari al 30%. Se lâammontare complessivo dei
versamenti in acconto e delle ritenute alla fonte è superiore allâimposta netta, lâeccedenza, con
opzione risultante dalla dichiarazione, può essere utilizzata in compensazione verticale, cioè in
diminuzione dell'imposta dovuta per il periodo successivo, ovvero orizzontale, cioè utilizzata per
ridurre il versamento di altri tributi. In alternativa alla compensazione, il contribuente può
chiedere il rimborso.
Infine, nel nostro sistema fiscale sono previste anche le addizionali regionali e comunali Irpef:
â Lâaddizionale regionale si calcola applicando lâaliquota fissata dalla Regione in cui il
contribuente risiede al reddito complessivo al netto degli oneri deducibili, ed è dovuta se
risulta dovuta per lo stesso anno lâimposta ordinaria. Lâaliquota di compartecipazione è
determinata dalla legge nel minimo pari a 0,9% ma può essere aumentata dalle Regioni
fino a 1,4%.
Lâaddizionale viene versata in unica soluzione con le stesse modalitĂ di pagamento
dellâIrpef. Per i soggetti che possiedono redditi da lavoro dipendente e simili, i soggetti che
operano nei loro confronti come sostituti determinano la ritenuta su tali redditi allâatto del
conguaglio e ne trattengono lâimporto nei periodi di retribuzione successivi.
â Lâaddizionale comunale è determinata e riscossa con le stesse modalitĂ di pagamento
dellâaddizionale regionale. Lâaliquota base di compartecipazione è stabilita con decreto
ministeriale, ma i comuni hanno facoltĂ di variare lâaliquota senza eccedere
complessivamente 0.8 punti percentuali e possono prevedere una soglia di esenzione in
presenza di specifici requisiti reddituali di compartecipazione.
Redditi tassati separatamenteâ il metodo di tassazione Irpef è quello ordinario, in base al quale
lâimputazione del reddito ad un periodo di imposta nel quale viene tassato, considerando rilevante
solo il momento in cui si realizza il possesso del reddito. Il problema si pone relativamente ai
redditi âstraordinariâ a formazione pluriennale, che ricoprono piĂš periodi di imposta, come ad es. il
trattamento di fine rapporto nellâambito di lavoro dipendente: tali redditi se sommati tutti insieme
subirebbero una imposizione molto piĂš onerosa di quella che subirebbero frazionati , quindi la
regola è quella di applicare lâimposta separatamente. Per esigenze di certezza i redditi a formazione
pluriennale sono tassativamente indicati dalla legge, lasciando al contribuente la facoltĂ di
applicare il regime di tassazione ordinaria sommando il reddito pluriennale a quello complessivo
del periodo. Lâimposta si calcola applicando aliquote variabili in base al reddito degli anni
precedenti e la liquidazione dellâimposta non è effettuata dal contribuente bensĂŹ
dallâamministrazione finanziaria, che provvede a riscuoterla mediante iscrizione a ruolo. La base
imponibile di regola è costituita dallâammontare del reddito, e lâaliquota da applicare è unâaliquota
media calcolata in base al reddito del biennio precedente, ovvero è quella corrispondente alla
metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore al periodo in cui è sorto
il diritto alla percezione del reddito. Se in uno dei 2 anni anteriori non risulta reddito imponibile,
lâaliquota è quella corrispondente alla metĂ del reddito complessivo netto di un solo anno. Se in
entrambi gli anni precedenti non vi è stato reddito imponibile, lâaliquota è quella minima stabilita
per il primo scaglione di reddito.
Il criterio di calcolo per individuare lâaliquota da applicare ai redditi soggetti a tassazione separata,
chiarisce perchĂŠ è lasciata al contribuente la facoltĂ di optare per il regime ordinario. Lâaliquota
media potrebbe anche determinare unâimposta maggiore di quella calcolata con il regime
ordinario, soprattutto quando il reddito complessivo del periodo è particolarmente basso.
Un regime autonomo di tassazione separata è previsto per lâindennitĂ di fine rapporto, che è la
prestazione economica percepita dal lavoratore subordinato al momento della cessazione del
rapporto di lavoro. A differenza di quanto accade per le altre fattispecie, il criterio di
determinazione dellâaliquota da applicare è collegato alla durata del periodo di maturazione del
reddito (numero di anni) in considerazione del fatto che il trattamento di fine rapporto è
determinato proprio in relazione alla durata del rapporto di lavoro. Quanto al calcolo dellâimposta
per il trf, occorre tener conto del regime fiscale in vigore dal 2001, nel senso che da tale data le
rivalutazioni maturate annualmente sullâindennitĂ sono assoggettate ad imposta sostitutiva con
lâaliquota dellâ11% âtale imposta è versata direttamente dal datore di lavoro ed è imputata a
riduzione dellâindennitĂ . Le modalitĂ di determinazione della base imponibile con riferimento al
trattamento di fine rapporto sono differenti per le quote maturate prima o dopo il 2001.
â Nel primo caso lâindennità è imponibile per un importo che si determina riducendone
lâammontare netto di una somma forfettaria (euro 309,87) per ogni anno di anzianitĂ
lavorativa.
â Le quote di indennitĂ maturate dopo il 2001 sono imponibili al netto delle rivalutazioni giĂ
assoggettate ad imposta sostitutiva.
Alla base imponibile complessiva si applica lâaliquota corrispondente ad un reddito di riferimento
determinato dividendo lâammontare dellâindennitĂ (al netto delle rivalutazioni assoggettate
allâimposta sostitutiva) per il numero di anni e frazioni di anno di anzianitĂ e dividendo il risultato
per 12. Lâaliquota è determinata con riferimento agli scaglioni di reddito vigenti nellâanno in cui è
maturato il diritto alla percezione dellâindennitĂ di fine rapporto, indipendentemente dallâeffettiva
percezione. Tale meccanismo è suscettibile di determinare unâimposizione piĂš mite, a paritĂ di
ammontare dellâindennitĂ , per quelle maturate in un periodo di tempo piĂš lungo.
Applicazione dellâimposta ai non residentiâ Le persone fisiche non residenti in Italia sono
assoggettati ad Irpef solo per i redditi prodotti in Italia, che vengono individuati in base ai criteri di
localizzazione. Per i redditi fondiari ad es. il criterio di localizzazione è il luogo in cui si trova la
fonte reddituale (es. redditi derivanti da immobili siti nel territorio dello stato), mentre non si
considerano redditi fondiari quelli di immobili relativi ad impresa commerciale e quelli di beni
strumentali allâesercizio di arti e professioni. I redditi di capitale si considerano prodotti nel
territorio dello Stato se corrisposti da soggetti residenti o da stabili organizzazioni nel territorio
stesso, e di regola tali redditi corrisposti a non residenti sono assoggettati a ritenuta alla fonte a
titolo di imposta del 26%. Per i redditi di lavoro invece assume rilevanza il luogo ove è svolta
lâattivitĂ (es. redditi di lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato, redditi di lavoro
autonomo derivanti da attivitĂ esercitate nello Stato, reddito di impresa esercitata nel territorio
dello Stato mediante stabile organizzazione). Il reddito dei professionisti non residenti è
assoggettato a ritenuta alla fonte a titolo di imposta del 30%, effettuata dal soggetto residente che
corrisponde il compenso. Per i redditi diversi valgono in parte le regole su esposte e si considerano
prodotti nel territorio dello stato se derivanti da attivitĂ svolte nel territorio se derivano da beni
che si trovano nel territorio. Anche i redditi di partecipazione in societĂ di persone o in societĂ di
capitali che abbiano optato per il regime della trasparenza fiscale, se corrisposti ai soci, associati o
partecipanti non residenti, si considerano prodotti nel territorio dello Stato. Per i soggetti non
residenti che esercitano attività di impresa è fondamentale, ai fini della localizzazione del reddito
in Italia, lâesistenza di una âstabile organizzazioneâ nel territorio italiano.
Solo di recente è stata introdotta nel nostro ordinamento la definizione della nozione di stabile
organizzazione che è contenuta in una convenzione dellâOCSE (organizzazione per la cooperazione
e lo sviluppo economico). In base a tale convenzione, le caratteristiche della stabile organizzazione
sono essenzialmente:
- Lâesistenza di una sede fissa intesa in senso tecnico come luogo o struttura a disposizione
per lâesercizio dellâimpresa;
- Lâeffettivo esercizio di unâattivitĂ , rientrante tra quelle di impresa, per mezzo della
installazione fissa.
La ratio è che deve esserci una connessione fisica tra il luogo di esercizio dellâattivitĂ ed il
territorio, e che il carattere della stabilitĂ dellâorganizzazione implica che essa possa essere
utilizzata in modo durevole per lo svolgimento dellâattivitĂ di impresa. In generale la stabile
organizzazione viene identificata con âla sede fissa di affari in cui lâimpresa eserciti in tutto o in
parte la sua attivitĂ â (es. succursale, sede di direzione, ufficio, officina, laboratorio, miniera, cava
o altro luogo di estrazione di risorse naturali, un cantiere di costruzione o di montaggio, ecc.).
Redditi provenienti da attivitĂ illeciteâ Non tutti concordano sulla tassabilitĂ dei proventi
derivanti da attivitĂ illecita, in particolare lâobiezione principale sul punto è che la loro tassabilitĂ
risulterebbe una legittimazione implicita delle attivitĂ illecite per tutelare lâinteresse fiscale. Le
varie obiezioni sono state superare negli anni â90 con la previsione che âdevono intendersi
ricompresi nelle categorie reddituali, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o
attivitĂ qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non giĂ sottoposti a sequestro
o confisca penale. I relativi redditi sono determinati secondo ciascuna categoriaâ. Una norma
interpretativa ha chiarito meglio il punto specificando che âqualora tali proventi non siano
classificabili nelle categorie reddituali, sono comunque considerati redditi diversiâ. Il fatto illecito
di per sÊ non può essere considerato produttivo di reddito imponibile, ma è comunque possibile
annoverarlo in una categoria reddituale, a prescindere dal tipo di violazione conseguita, e
condizioni essenziale per considerarli imponibili è che non devono essere sottoposti a sequestro o
confisca penale. Tuttavia la giurisprudenza ritiene che sequestro e confisca escludono
lâimponibilitĂ del provento illecito solo se intervengono nel periodo di imposta in cui il provento è
stato realizzato.
Redditi fondiari dei terreni e dei fabbricatiâ I redditi fondiari sono quelli che derivano dagli
immobili (terreni e fabbricati) situati nel territorio dello Stato, che devono essere iscritti con
attribuzione di rendita, nel catasto dei terreni o catasto edilizio urbano. Si distinguono tenendo
conto della natura del bene e della sua funzione in:
- Redditi dominicali dei terreni, che sono imputati al possessore del terreno;
- Redditi agrari, che sono imputati al possessore o a colui che sul terreno esercita lâattivitĂ
agricola;
- Redditi dei fabbricati, che sono imputati al possessore del fabbricato.
Tali redditi non corrispondono allâeffettiva ricchezza prodotta dallâimmobile, ma sono determinati
in base alle rendite catastali. Il cespite è ritenuto naturalmente produttivo di ricchezza ed è
tassato in base al suo reddito potenziale (c.d. reddito medio ordinario), determinato catastalmente
applicando le tariffe dâestimo previste (= rendite catastali). Il reddito in questo caso viene imputato
ai soggetti che possiedono lâimmobile a titolo di proprietĂ , enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale
di godimento. Tali redditi, individuati sulla base di criteri forfettari, potrebbero apparire in
contrasto col principio di capacitĂ contributiva dal punto di vista della tassazione, ma si
considerano legittimi per esigenze di semplificazione dellâadempimento fiscale. Il criterio forfettario
penalizza chi ritrae dal bene un reddito minore di quello catastale e premia invece con una rendita
fiscale chi ritrae dal bene un reddito maggiore, perchĂŠ la differenza sarĂ esclusa dalla tassazione.
Questo sistema però comporta che il tributo si paghi anche per immobili dai quali il contribuente
non ritrae alcun reddito (si pensi ad es. alla residenza secondaria del contribuente): questa
situazione viene tollerata per il fatto che le stime catastali sono notoriamente di importo inferiori
ai valori effettivi; in alcuni casi però lâimmobile non sconta la tassazione su base catastale, e ciò
avviene quando lâimmobile è inagibile, è strumentale per lâesercizio di arti e professioni, è relativo
a imprese commerciali.
I terreni producono reddito fondiario a prescindere dal loro utilizzo per attivitĂ di coltivazione e
allevamento, ma a condizione che siano astrattamente idonei alla produzione agricola. Non
producono reddito fondiario i terreni che costituiscono pertinenze di fabbricati urbani, nĂŠ terreni
dati in affitto per usi non agricoli (in questo ultimo caso si parla di redditi diversi).
Il catasto è un censimento di tipo geometrico particellare di tutto il territorio nazionale che
localizza terreni e fabbricati, il loro classamento e la formazione delle tariffe dâestimo. Le
operazioni catastali consistono:
- Nella misura e suddivisione delle proprietĂ in particelle o vani catastali
- Nella stima secondo la qualitĂ del terreno e la classe di produttivitĂ o secondo la categoria
dellâimmobile determinata in base alle sue caratteristiche e per classi
- Nella determinazione della rendita unitaria e classamento di ogni unitĂ immobiliare con
attribuzione della relativa rendita per la formazione delle tar iffe dâestimo.
LâunitĂ di misura per lâiscrizione al catasto è la particella, intesa come porzione di terreno situata
interamente in un comune, uniforme per qualitĂ e classe; per i fabbricati si fa riferimento ai vani
catastali delle unitĂ immobiliari urbane, quali parti di immobili potenzialmente produttive di un
reddito proprio. La tassazione dei redditi immobiliari deve essere aggiornata periodicamente, per
esigenze di giustizia ed equitĂ , in quanto anche la tassazione patrimoniale sugli immobili si basa
sul valore catastale, cioè la rendita, e la rendita viene sempre utilizzata come valore di riferimento
nei trasferimenti di immobili. Da anni si discute su una possibile riforma del catasto al fine di
avvicinare il valore degli immobili a quelli reali di mercato, ma finora sono state modificate solo le
tariffe dâestimo.
Il reddito dominicale è quella parte di reddito medio ordinario che si ritrae dalla terra nel suo
stato naturale e dal capitale in essa stabilmente investito. Eâ determinato catastalmente
applicando le tariffe dâestimo in base alle caratteristiche del terreno ed è imputato al possessore
del fondo, a titolo di proprietĂ o di altro diritto reale di godimento, a prescindere dallâeffettiva
percezione e dallâeffettiva coltivazione del fondo. Si hanno variazioni in aumento o diminuzione
con lâintroduzione di una qualitĂ di coltura maggiore o minor reddito rispetto a quella allibrata in
catasto; mentre provoca una variazione in diminuzione la perdita di capacitĂ produttiva del
terreno per naturale esaurimento o per altra causa di forza maggiore. Tali variazioni danno luogo
ad una revisione del classamento del terreno e devono essere denunciate entro il 31 gennaio
dellâanno successivo a quello in cui si verificano, e hanno effetto da tale anno.
Vi sono alcuni elementi che rendono il collegamento tra il reddito dominicale e reddito effettivo,
riconoscendo parziale rilevanza allâeffettivitĂ della coltivazione del fondo e alla perdita del prodotto
delle attivitĂ agricole su di esso esercitate. Il fondo non coltivato involontariamente per unâintera
annata (per cause non dipendenti dalla tecnica agraria) si considera produttivo di un reddito
dominicale pare al 30% di quello determinato con il metodo catastale. Il reddito dominicale del
fondo si considera inesistente quando si subisce la perdita, per un evento naturale, di almeno
30% del prodotto ordinario.
Il reddito agrario è quella parte di reddito medio ordinario ritraibile dal terreno in relazione al
capitale di esercizio e al lavoro di organizzazione impiegato nellâesercizio delle attivitĂ agricole ed è
imputato a chi coltiva il fondo. Le quote (dominicale e agraria) del reddito dei terreni possono
essere attribuite al medesimo contribuente, ovvero a 2 contribuenti diversi (possessore e
coltivatore del fondo). Se il terreno è dato in affitto per uso agricolo il possessore del terreno a
titolo di proprietà o altro diritto reale è tenuto a dichiarare il reddito dominicale, ed il reddito
agrario sarĂ imputato allâaffittuario che lo coltiva. Il reddito agrario assume rilevanza anche per il
collegamento allâattivitĂ di sfruttamento del fondo: il legislatore elenca le attivitĂ che a fini fiscali
sono considerate âagricoleâ:
- Le attivitĂ dirette alla coltivazione del terreno, che riguardano tutti i lavori necessari per
coltivare i frutti della terra;
- La silvicoltura, cioè lâattivitĂ di cura e conservazione del bosco;
- La produzione di vegetali, anche mediante strutture fisse o mobili poggiate sul terreno
(colture in serra), a condizione che la superficie adibita alla produzione non superi il
doppio di quella del terreno su cui insiste.
Per le attività di coltivazione e silvicoltura non è previsto un parametro quantitativo, in quanto si
considerano sempre produttive di reddito agrario essendo inscindibile il loro collegamento con il
terreno. Per quanto riguarda lâattivitĂ di allevamento, il legislatore pone una condizione affinchĂŠ
lâattivitĂ si consideri agricola (per connessione) e produttiva di reddito agrario determinato
catastalmente, e cioè deve esserci un collegamento diretto tra essa e il fondo. Questo collegamento
sussiste se il terreno è idoneo a produrre almeno Âź del mangime necessario allâalimentazione
degli animali, prescindendo dallâeffettiva produzione. Si considerano agricole a fini fiscali, le
attivitĂ connesse alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura e allâallevamento, che siano dirette
alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di
prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dallâallevamento di
animali.
Lâobiettivo del legislatore è quello di evitare che il terreno divenga un tramite per eludere la
classificazione di un reddito effettivamente commerciale, qualificandolo come agrario. Per le
attività di allevamento e attività connesse allo sfruttamento del fondo è previsto un parametro
quantitativo, costituito dal rapporto tra attivitĂ e fondo. Lâesercizio dellâattivitĂ oltre i limiti è
ritenuto esercizio di impresa commerciale e di conseguenza, il reddito prodotto è qualificato
reddito dâimpresa da determinare nel suo effettivo ammontare applicando le regole proprie della
categoria (sono previsti regimi agevolati per la determinazione forfettaria del reddito dâimpresa
derivante dallo svolgimento di attivitĂ agricole). Il reddito agrario si considera inesistente nelle
stesse ipotesi di perdita per mancata coltivazione e per eventi naturali, previste per la riduzione di
reddito dominicale.
Il reddito dei fabbricati è costituito dal reddito medio ordinario ritraibile da ciascuna unitĂ
immobiliare urbana, e viene imputato al proprietario, allâusufruttuario o al titolare di un diritto
reale sullâimmobile. La definizione di unitĂ immobiliare urbana fa riferimento a tutti i fabbricati e
le costruzioni suscettibili di produrre un reddito autonomo. Sono escluse talune tipologie di
fabbricati in quanto il legislatore non le considera produttive di reddito e i fabbricati che non
producono reddito fondiario autonomo (es. costruzioni rurali che concorrono a produrre il reddito
del terreno sul quale insistono, immobili relativi allâimpresa commerciale o strumentali
allâesercizio di arti e professioni, che concorrono a produrre un reddito di altra categoria.
Il reddito dei fabbricati è determinato anchâesso applicando le tariffe dâestimo, sottoposte
periodicamente a revisione (ogni 10 anni) e quando se ne manifesti lâesigenza per sopravvenute
variazioni permanenti della capacitĂ di reddito. Il calcolo produce un risultato variabile in base
alle dimensioni del fabbricato, nonchĂŠ in base alla sua ubicazione ed alle sue caratteristiche, che
ne determinano la classe e la categoria. Sebbene il reddito dei fabbricati sia determinato con il
metodo catastale, se il reddito effettivo ricavato dallâutilizzazione produttiva del bene prevale ed è
superiore, esso prevale sul reddito catastale â ciò si ottiene differenziando i criteri di
determinazione del reddito imponibile delle unitĂ immobiliari locate (che producono un reddito
effettivo) rispetto a quelle non locate (per le quali vige il criterio catastale). Per le unitĂ immobiliari
concesse in locazione il reddito imponibile è quello effettivo se superiore a quello catastale ed è
costituito dallâammontare del canone pattuito nel contratto (anche se non effettivamente
percepito) ridotto forfettariamente del 15%, come riconoscimento dei costi di manutenzione del
bene.
Per le unitĂ immobiliari non locate, sono previste regole diverse a seconda che si tratti di
fabbricato utilizzato direttamente dal titolare come abitazione principale, ovvero di fabbricati
posseduti dal contribuente in aggiunta a quello adibito ad abitazione principale o allâesercizio di
arti e professioni o di impresa commerciale.
Nel primo caso lâimmobile non determina un reddito imponibile per il contribuente perchĂŠ nel
modello unico pur evidenziandosi la rendita dellâabitazione principale nel quadro relativo ai redditi
fondiari, si opera una deduzione dal reddito complessivo di importo pari allâammontare della
rendita catastale. Nel secondo caso, la rendita catastale è aumentata di 1/3 e si colpisce una
capacitĂ contributiva costituita dalla disponibilitĂ del fabbricato o dallâutilizzo personale di esso,
anche come residenza secondaria, da parte del possessore o dei suoi familiari.
Non sono invece produttivi di reddito fondiario gli immobili situati allâestero, sia terreni che
fabbricati, sono considerati redditi diversi e per la loro quantificazione si fa riferimento alla
valutazione effettuata nello stato estero, fermo restando il riconoscimento del credito di imposta.
Con lâintroduzione dellâIMU (imposta municipale sugli immobili) è stato nettamente modificato il
sistema di tassazione degli immobili ai fini delle imposte sui redditi: lâIMU è un tributo che
colpisce il patrimonio e si applica sul valore catastale degli immobili con aliquota ordinaria pari
allo 0,76% modificabile dai comuni in aumento o in diminuzione fino a 0,3 punti percentuali.
*Sono escluse dallâimposta le abitazioni principali non di lusso.
LâIMU ha lâobiettivo di concentrare in unâunica imposta la tassazione connessa al possesso di
immobili, il cui soggetto attivo è il Comune, e lâapplicazione dellâIMU sui terreni e fabbricati ha
effetto sostitutivo delle imposte sui redditi. Nonostante ciò, continuano ad essere assoggettati ad
imposizione i redditi delle seconde case possedute nel territorio comunale in cui il contribuente ha
la residenza; il reddito agrario; i redditi fondiari da locazione ai quali non si applica la cedolare
secca; i redditi degli immobili non produttivi di reddito fondiario; i redditi degli immobili posseduti
da soggetti passivi Ires. Il contribuente deve segnalare il possesso del bene immobile nella
dichiarazione dei redditi, evidenziando lâassoggettamento dello stesso ad Imu, senza far concorrere
la rendita catastale alla formazione del reddito complessivo Irpef. Nel caso di immobili dati in
locazione non si determina lâeffetto sostitutivo dellâImu, quindi il contribuente dovrĂ versare lâIrpef
sul canone di locazione annuo.
Per le locazioni intercorse tra persone fisiche a decorrere dal 2011 è previsto un regime di
tassazione sostitutiva dellâIrpef di tipo opzionale, in base al quale il locatore può scegliere di
versare unâimposta sostitutiva del 21% sul canone pattuito (tale imposta è ridotta al 15% per le
locazioni a canone concordato). La logica della tassazione sostitutiva è di incentivare i
contribuenti a dichiarare la locazione degli immobili, perchÊ è molto meno onerosa della
tassazione ordinaria Irpef. Tuttavia ancora oggi persistono le locazioni in nero.
Di recente, sempre al fine di incrementare il gettito Irpef, si è stabilito che lâeffetto sostitutivo
Imu/Irpef viene meno per gli immobili abitativi non locati situati nel medesimo comune in cui il
proprietario possiede lâabitazione principale: in tal caso il 50% del reddito catastale del fabbricato
concorre a formare il reddito fondiario imponibile Irpef.
Redditi di capitaleâ Nella disciplina dei redditi di capitale, vengono elencati analiticamente i
proventi ottenibili dallâinvestimento di una somma di denaro ed attratti a tassazione con una
denominazione comune. Tale elencazione comprende fattispecie eterogenee, molto diverse tra loro,
e una formula di chiusura generale che include tra i redditi di capitale âgli interessi e gli altri
proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto lâimpiego del capitale, esclusi i rapporti
attraverso cui possono essere realizzati differenziali (= plusvalenze) positivi e negativi in
dipendenza di un evento incertoâ. In ogni caso tutte le fattispecie elencate hanno un elemento
comune, costituito dalla fonte economica del reddito, ossia dallâimpiego in senso lato
(effettivamente potenziale) di un capitale. Rientrano nei redditi di capitale tutti i frutti o proventi
normali dellâimpiego di capitale, ancorchĂŠ non necessariamente predeterminati o predeterminabili
(redditi certi nellâan ma non nel quantum). Sono compresi i proventi variabili ma non anche quelli
incerti o aleatori, con riferimento ai quali la realizzazione del reddito è caratterizzata non solo
dallâincertezza del quantum, ma anche dellâ an (cioè del risultato), potendo lâi mpiego del capitale
produrre come effetto tipico un risultato negativo. I redditi di capitale derivanti da rapporto
aleatorio suscettibile di determinare plusvalenze positive o negative rientrano nella categoria
âredditi diversiâ. In questo contesto, sono redditi di capitale i frutti dellâinvestimento del capitale,
quali i proventi di obbligazioni e titoli similari, mentre sono redditi diversi le plusvalenze
eventualmente realizzate con la loro cessione.
La determinazione dei redditi di capitale avviene in base alle regole previste per ciascuna
fattispecie previste dalla legge: il reddito viene imputato al periodo di imposta di percezione in
base al principio di cassa, salvo specifiche eccezioni come ad es. per gli interessi su capitali dati a
mutuo che si presumono percepiti alle scadenze pattuite per iscritto; non è deducibile alcun costo
di pro duzione (tassazione al lordo) e quindi rilevano solo le plusvalenze, con la conseguenza che
le minusvalenze non sono deducibili. Anche il regime di tassazione non è omogeneo, in quanto tali
redditi scontano il prelievo attraverso una ritenuta alla fonte a titolo di imposta (che si sostanzia
in imposta sostitutiva, detta anche cedolare secca) con aliquota del 26% (per gli interessi sui titoli
di stato lâaliquota invece è 12,5%), operata dal soggetto che eroga il provento. Eâ prevista la
possibilitĂ di opzione per un regime particolare di risparmio gestito che deroga in parte ai principi
di cassa e di tassazione al lordo. Tale regime opzionale accomuna i redditi di capitale (derivanti
dallâaffidamento di una massa patrimoniale in gestione ad un intermediario finanziario) e redditi
diversi (di natura finanziaria); è consentita quindi la compensazione dei primi con i secondi (che
possono dare un risultato differenziale negativo). Sul risultato netto della gestione âmaturatoâ nel
periodo si applica unâimposta sostitutiva del 26%.
Lâapplicazione di un regime sostitutivo (cedolare secca con aliquota proporzionale ed esclusione
del reddito dalla base imponibile alla quale si applicano le aliquote progressive) è giustificato
dallâesigenza di incentivare il risparmio, oltre che per ragioni di concorrenza fiscale tra stati, per
evitare la fuga verso paesi con minore tassazione. Da ciò si deduce che la minore imposizione
derivante dalla tassazione proporzionale in luogo di quella ordinaria con aliquote progressive,
spetterĂ ai contribuenti che possiedono un reddito piĂš elevato ed applicano unâaliquota marginale
piĂš alta.
Negli ultimi anni il legislatore è intervenuto sulla disciplina delle rendite finanziarie, riformando i
redditi di capitale e i redditi diversi di natura finanziaria. Per tali categorie reddituali erano
previste a seconda dei casi modalitĂ di tassazione sostitutiva con aliquota del 27% o del 12,5%.
Queste aliquote sono state accorpate in unâunica aliquota del 20%, inferiore allâaliquota minima
Irpef, lasciando lâaliquota del 12,5% in vigore soltanto per i casi in cui si riteneva necessario un
basso livello di tassazione al fine di incentivare specifiche modalitĂ di risparmio. A distanza di 3
anni il legislatore ha previsto ulteriori modifiche con il d.l. n.66/2014 in materia di spending
review e lâaliquota del 20% è salita a 26%, dunque al di sopra dellâaliquota minima Irpef, con
riferimento alle imposte sostitutive su redditi di capitale e redditi diversi di natura finanziaria,
confermando lâaliquota ridotta al 12,5% per i titoli di Stato.
telematica ora viene autoliquidata dal notaio. Dunque il notaio alla luce di
tutte queste considerazioni rappresenta una figura sui generis, non
riconducibile ad altre figure tipizzate, che può essere considerato quale
âmandatario nellâinteresse del terzoâ e del Fisco in particolare: le parti infatti
conferiscono al notaio il mandato di curare gli adempimenti fiscali sulla
base delle prescrizioni fornite dalla legge, con la conseguenza che la
corresponsione delle somme di denaro a titolo di tributi ha effetto liberatorio
per le parti contraenti ai sensi dellâart.1188 c.c.
In caso di mancato pagamento del tributo da parte del notaio, le parti
contraenti non possono essere chiamate a corrispondere nuovamente il
tributo, soggiacendo all azione del Fisco. Il tributo può essere riscosso solo
nei confronti del notaio, che non ha effettuato il versamento.
Il sostituto dâimpostaâ Il sostituto dâimposta si identifica nelle imprese
(individuali e societarie), nei professionisti e negli enti privati e pubblici, che
provvedono al pagamento delle imposte in luogo di altri soggetti (c.d.
sostituiti). Eâ un istituto di grande importanza in quanto da esso deriva gran
parte del gettito tributario connesso alle imposte sui redditi (IRPEF), mentre
invece il sostituto non si ravvisa nellâambito delle imposte indirette. Le
imprese o enti pubblici o privati, erogano redditi ai lavoratori dipendenti, ai
professionisti e ai propri finanziatori; erogando periodicamente questi
redditi, dividendi, compensi e interessi, versano anche il tributo dovuto dai
percettori (che hanno realizzato il reddito), operando una âritenutaâ
sullâammontare dovuto, che viene corrisposta allâErario. Tramite questo
meccanismo di tassazione i sostituti di imposta versano allâerario una parte
(sostituzione dâacconto) o lâintero tributo (sostituzione definitiva) dovuto dai
lavoratori dipendenti, dai lavoratori autonomi, dai soci e dai finanziatori sui
redditi da loro percepiti.
La definizione giuridica di sostituto dâimposta è contenuta nellâart.64
D.P.R.n.600/1973, in base alla quale il sostituto dâimposta è colui che in
forza di disposizioni di legge è obbligato al pagamento di imposte in luogo di
altri (i sostituiti) per fatti o situazioni a questi riferibili e anche a titolo di
acconto: deve esercitare la rivalsa se non è diversamente stabilito in modo
espresso.
Questo obbligo di rivalsa del sostituito diviene uno strumento finalizzato al
conseguimento di un interesse pubblico costituzionalizzato che non si
risolve in un rapporto interno tra sostituto e sostituito, ma è a tutti gli effetti
un obbligo del sostituito al cui inadempimento è collegata una specifica
sanzione, e in questo caso assume una connotazione pubblicistica. Tramite
la sostituzione dâimposta, lâobbligazione tributaria viene imputata ad un
soggetto âterzoâ, e a tal fine è necessario che tra il Sostituto (=colui che
versa il tributo allâErario pur non manifestando capacitĂ contributiva) e il
Sostituito (=colui che dovrebbe versare il tributo allâErario avendo
manifestato la capacitĂ contributiva) intercorra un legame economico tale
da giustificare la sostituzione, in modo tale che il sostituto possa addossare
al sostituito lâonere economico del tributo con facilitĂ mediante la rivalsa (si
pensi ad es. al rapporto debito-credito).
Il sostituto è debitore verso il sostituito di una certa somma che per
questâultimo costituisce un elemento reddituale da assoggettare ad
imposizione: è su questo reddito infatti che il sostituto, dopo aver calcolato
lâimposta, opera la c.d. ritenuta fiscale, che versa successivamente
allâErario. Tre sono le motivazioni per cui il legislatore tributario ha previsto
questa figura:
a) Anticipare lâacquisizione del gettito tributario;
b) Prevenire lâevasione fiscale in capo a chi realizza il fatto economico;
c) Semplificare lâadempimento per una determinata categoria di
contribuenti (in particolare i lavoratori dipendenti)
Il sostituto dâimposta non ha alcun interesse a sottrarsi allâadempimento
fiscale, poichĂŠ si rivale per lâintero sul sostituito, senza che il suo
patrimonio venga intaccatoâ in questo modo lâevasione fiscale viene evitata
tramite sostituto dâimposta.
Inoltre il sostituito non deve porre in essere alcun ulteriore adempimento
fiscale: si pensi ad es. ai lavoratori dipendenti, i quali se non hanno altri
redditi o spese da far valere in deduzione dal reddito non devono presentare
la dichiarazione dei redditi, nĂŠ versare il tributo, in quanto lâassolvimento
dellâonere fiscale avviene esclusivamente per mezzo del datore di lavoro (che
in questo caso è sostituto d imposta). Per tali motivi il legislatore estende le
ipotesi di sostituzione dâimposta, infatti di recente è stato introdotto
lâobbligo per le banche di effettuare una ritenuta dâacconto del 10% allâatto
dellâaccredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per
il pagamento di spese per le quali usufruisce di detrazioni fiscali per le
ristrutturazioni edilizie.
Il legislatore prevede 2 modi attraverso cui opera la sostituzione tributaria:
a) Sostituzione definitiva, sostituzione propria o sostituzione
dâimposta: il sostituto viene chiamato ad adempiere totalmente
allâobbligo tributario del sostituito, estinguendo cosĂŹ lâobbligazione
tributaria
b) Sostituzione impropria o sostituzione dâacconto: il sostituto è
obbligato ad effettuare un versamento âin accontoâ che deve essere poi
âconguagliatoâ dal sostituito affinchĂŠ si estingua lâobbligazione
tributaria.
La sostituzione definitiva serve a far sfuggire a tassazione progressiva
Irpef un determinato reddito, che cosĂŹ facendo viene assoggettato ad una
imposta sostitutiva (c.d. cedolare secca) che viene riscossa per mezzo del
sostituto dâimposta. Tuttavia le imposte sostitutive non sempre vengono
riscosse per mezzo della figura del sostituto dâimposta, in quanto in
determinati casi vengono corrisposte direttamente dal soggetto passivo
perchĂŠ il soggetto che eroga il compenso non riveste la qualifica di sostituto
di imposta (ad es. lâimposta sostitutiva sui canoni di locazione di beni
immobili viene versata direttamente al proprietario). In questo caso il
sostituito resta completamente estraneo al rapporto dâimposta, che
coinvolge unicamente il sostituto e il Fisco. Lâobbligazione tributaria viene
quindi incardinata sul sostituto, pur essendo il fatto imponibile riferito al
sostituito. La rivalsa viene esercitata dal sostituto direttamente sulle somme
che corrisponde al sostituito. Il sostituito, percettore del reddito, avendo
subito la ritenuta dâimposta è liberato da qualsiasi obbligo verso
lâamministrazione, sia di dichiarazione che di versamento. Il sostituito può
essere chiamato a rispondere in solido con il sostituto, del pagamento del
tributo quando questâultimo non ha operato nĂŠ versato la ritenuta allâErario.
La responsabilitĂ solidale si giustifica per il fatto che il sostituito ha
incassato il provento lordo, infatti lâAmministrazione finanziaria prima
agisce nei confronti del sostituto, e poi in caso di inadempimento si rivolge
in seconda battuta al sostituito. Qualora invece il sostituito subisce la
ritenuta, e quindi incamera il provento al netto delle imposte, ma il sostituto
non versa la ritenuta allâErario, non potrĂ mai essere chiamato a
corrispondere nuovamente il tributo in via solidale col sostituito, in quanto
ha giĂ sopportato lâonere economico del prelievo tributario.
Lâamministrazione può rivolgersi esclusivamente al sostituto pretendendo
lâimporto della ritenuta non versata e delle relative sanzioni per omessa
effettuazione della ritenuta.
*Dal 2015 invece non è piÚ dovuta la sanzione per omesso versamento, pari
al 30% delle somme non versate: tale sanzione si applica soltanto in caso di
ritenute operate ma non versate.
Molte ipotesi di sostituzione propria o definitiva si ravvisano nei redditi di
capitale e nei redditi diversi soggetti ad Irpef: si pensi ad es. agli interessi
bancari attivi corrisposti a persone fisiche, gli interessi sulle obbligazioni, i
dividendi percepiti da persone fisiche in relazioni a partecipazioni di
modesta entitĂ , sono assoggettati ad una ritenuta definitiva con aliquota del
26%. Il soggetto che eroga lâinteresse o il dividendo, allâatto di
corresponsione delle somme, deve operare la ritenuta fiscale accreditando al
beneficiario il residuo. Il sostituito, per mezzo del sostituto, avendo giĂ
assolto il debito tributario in via definitiva non deve porre in essere alcun
ulteriore adempimento.
Per quanto riguarda invece la sostituzione dâacconto o impropria, che è
largamente diffusa, essa riguarda i redditi di lavoro dipendente e quelli di
lavoro autonomo: in questo caso lâintervento del sostituto assume carattere
differente, in quanto lâobbligazione tributaria è incardinata sul sostituito,
cioè sul percettore del reddito, nel senso che si instaura un rapporto
trilaterale tra Fisco, sostituto e sostituito. Il sostituito deve verificare se in
Il consolidato mondialeâ La disciplina del consolidato mondiale ricalca quella del consolidato
nazionale ma con qualche differenza: si tratta di un campo applicativo limitato rispetto a quello
del consolidato nazionale perchĂŠ riguarda solo le societĂ e gli enti residenti nel territorio dello
stato, i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati e che hanno partecipazioni in societĂ
ubicate allâestero. Si rivolge cioè a imprese multinazionali di grandi dimensioni la cui capogruppo
risiede in Italia e le societĂ controllate siano oltre il confine. Eâ un regime opzionale che dura per
un periodo irrevocabile non inferiore a 5 esercizi, con rinnovi di 3 esercizi. Lâopzione deve essere
esercitata unicamente dalla società controllante e non anche dalle controllate ed è vincolante per
tutte le controllate in ossequio del principio c.d. all in-all out (tutte dentro o tutte escluse). Tale
previsione, è giustificata dal fatto che la controllante potrebbe consolidare solo le società in
perdita, ovvero quelle in utile ubicate in paesi ove è previsto un carico fiscale piÚ oneroso, ed
escludere le altre. Per esigenza di cautela quindi lâopzione è prevista per tutte le controllate. Le
condizioni necessarie per lâesercizio dellâopzione sono 2:
⢠Che le controllate abbiano identico esercizio sociale a quello della controllante;
⢠Che i bilanci della controllante siano sottoposti a revisione.
La controllante può interpellare lâagenzia delle entrate con la procedura ex art.11 dello statuto del
contribuente al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per il valido esercizio dellâopzione.
Con riferimento alla determinazione del reddito consolidato, la somma algebrica dei redditi delle
controllate estere va fatto tenuto conto solo della percentuale di partecipazione diretta o indiretta
posseduta. Non si consolida quindi lâintero reddito della controllata estera, come avviene nel
consolidato nazionale, ma solo la frazione di reddito corrispondente alla quota di partecipazione,
indipendentemente dalla distribuzione, tenendo conto della demoltiplicazione determinata dalla
catena societaria di controllo. Prima del consolidamento, la controllante deve ricalcolare il reddito
della controllata estera, risultante dal bilancio di esercizio, sulla scorta delle disposizioni stabilite
dal TUIR, salvo alcune esclusioni che limitano le rettifiche per evitare di rendere il consolidato un
metodo di difficile applicazione. Le limitazioni alle rettifiche sono anche giustificate dalla
circostanza che il bilancio delle controllate estere essendo assoggettato a revisione ha una forte
garanzia di attendibilitĂ .
La tassazione per trasparenza delle piccole SRLâ Il principio di trasparenza nelle piccole srl,
ricalca quello previsto per le societĂ di persone e degli enti ad esse equiparati. La ratio
dellâestensione del principio di trasparenza alle piccole srl è giustificato dalla necessitĂ di
accomunare il regime fiscale di queste ultime a quello della societĂ di persone, in quanto in
entrambi i modelli societari non vi è separazione tra proprietà e gestione e sussiste un forte
collegamento tra lâattivitĂ dei soci e lâutile prodotto. La tassazione per trasparenza vale anche per
le piccole srl e va valutata positivamente, in quanto consente ai soci di beneficiare di un notevole
risparmio di imposta. Infatti secondo la tassazione ordinaria la societĂ sconta unâimposta pari al
27,50% sul reddito prodotto e successivamente al momento della distribuzione degli utili, i soci
subiscono un ulteriore prelievo fiscale sul 49,72% del dividendo percepito, se si tratta di
partecipazione qualificata, ovvero una ritenuta dâimposta del 26% sullâintero dividendo in caso di
partecipazione non qualificata. Optando per la trasparenza invece, la societĂ perde la qualifica di
soggetto passivo di imposta e i soci scontano il prelievo fiscale Irpef, sulla base della propria
aliquota dâimposta. Tale principio riguarda le srl con un volume dâaffari che non supera le soglie
per lâapplicazione degli studi di settore (7,5 milioni di euro circa) e con una compagine sociale
composta esclusivamente da persone fisiche in numero non superiore a 10. Nel caso di
cooperative a responsabilitĂ limitata, il numero dei soci non deve essere superiore a 20.
Vi è quindi un doppio limite: uno economico collegato al volume dâaffari e uno connesso alle
dimensioni della compagine sociale.
Lâagevolazione concessa alle piccole srl è giustificata dal fatto che una parte dellâutile prodotto è
frutto anche dellâattivitĂ lavorativa dei soci e quindi meritevole di un trattamento preferenziale.
Nelle grandi srl invece, lâutile percepito dai soci diventa una mera remunerazione del capitale
investito.
Le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni che godono del regime di esenzione nel
caso di opzione per il regime di trasparenza, concorrono a formare il reddito imponibile nella
misura del 49,72%.
Ciò non avviene nel caso di trasparenza per le società di capitale perchÊ il beneficio della
partecipata si trasferisce nella partecipante ma è sempre insito in una struttura societaria e, nel
momento in cui verrĂ distribuita ai soci persone fisiche sulla plusvalenza si applicherĂ lâIrpef sul
49,72% del suo ammontare.
Un principio comune alle due forme di trasparenza è che la società partecipata è solidalmente
responsabile con ciascun socio per lâimposta, le sanzioni e gli interessi dovuti sul reddito imputato
ai partecipanti. Infine, a differenza di quanto accade nelle societĂ di persone, la piccola srl che
opta per la trasparenza deve contabilizzare in bilancio le imposte sul reddito dellâesercizio. Il
reddito realizzato è infatti, giuridicamente ascrivibile ad essa, fintanto che non intervenga una
delibera societaria di distribuzione. Le imposte sul reddito, anche se sono corrisposte dai soci,
sono riferibili alla societĂ . Tali imposte vengono iscritte per competenza al momento della
chiusura del bilancio di esercizio, inserendo in contropartita un debito verso i soci e non un debito
verso lâerario. Nel caso delle societĂ di persone lâiscrizione delle imposte non è obbligatoria, per il
fatto che proprio sotto il profilo civilistico oltre che fiscale, il reddito appartiene direttamente al
socio.