Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
coordinati da loro: Ad esempio – le crisi recenti hanno aperto gli occhi a una
revisione “totale” ai capisaldi del nuovo millennio.
La crisi ha evidenziato una serie problematiche (Gli Stati Europei hanno provveduto
con degli interventi che, però, sono arrivati troppo tardi).
La BCE è intervenuta sopperendo agli interventi della politica (azioni di Mario
Draghi).
La normativa bancaria e finanziaria è una normativa di carattere speciale, laddove
esiste. La specialità delle fonti di carattere finanziario sta ad indicare che se c’è una
regola scritta nella disciplina del mercato finanziario quella è prevalente. Queste
regole, laddove esistono, prevalgono sulle regole generali.
FONTI DEL DIRITTO:
Criteri Generali
- Gerarchico → (Prevalenza) Legge superiore prevale su regole inferiore
- Cronologico → Legge posteriore deroga legge anteriore (si applica
sostanzialmente alle leggi penali nel nostro Paese, ha valenza assoluta)
Nell’ambito delle fonti, all’interno del sistema italiano abbiamo:
Leggi – Regolamenti – Usi
La Costituzione prevale sulle forme interne (non può essere modificata se non con
procedure aggravate), poi vengono le leggi (fonti primarie) e regolamenti (fonti
secondarie).
Separazione delle competenze:
Ci sono delle fonti che possono essere adottate soltanto da determinati organi
prestabiliti (separazione Nazionale e Regionale)
Le Fonti:
Quelle dell’ordinamento Italiano (e dell’ordinamento finanziario) si possono definire
stratificate – devono essere considerati vari livelli:
La Costituzione in Italia prevale sulle altre leggi, ha un organismo rafforzato di
modifica.
Sotto la Costituzione vi sono le leggi ordinarie e gli atti aventi forza di legge:
Decreto Legge e Decreto Legislativo.
A livello comunitario abbiamo direttive e regolamenti.
Se c’è un conflitto fra normativa italiana e normativa europea, prevale quella
europea (la normativa italiana si disapplica); fatta eccezione per la Costituzione.
Sotto le leggi abbiamo i regolamenti.
In ambito bancario e finanziario abbiamo:
BCE (attività di vigilanza e formalizza decisioni vincolanti)
Autorità Europee - ESAS (European Supervisory Authorities):
EBA (European Banking Authority) – in ambito bancario
ESMA (European Securities and Markets Authority) – in ambito mobiliare
EIOPA (European Insurance and Occupational Pension Authority) – in ambito
assicurativo
Normalmente queste autorità hanno il potere di emanare atti di SOFT LAW che
hanno un impatto rilevante nell’ordinamento proprio perché emanate da autorità
europee – anche se non obbligatorie – e seguono il principio di comply or explain
(nel momento in cui non recepisco la norma, io come banca, devo spiegare perché
ho disatteso le indicazioni).
Regolazione Amministrativa:
Si tratta di adempimenti amministrativi a carico degli operatori per assicurare le
finalità di vigilanza affinché tutti operino sotto le stesse regole.
Dove può nascondersi il problema della regolazione?
Non tenere conto dei fallimenti di mercati o del legislatore stesso. Se le regole
risultano poco chiare, i comportamenti non si indirizzano verso il fine giusto e dove
c’è discrezionalità, c’è corruzione. Ciò ha impatto a livello economico (ne risente il
PIL).
Le più importanti tipologie di fallimento di mercato sono riconducibili alla presenza
di:
- ESTERNALITA’
- ASIMMETRIE INFORMATIVE
- POTERE DI MERCATO
- BENI PUBBLICI (Non escludibilità dal consumo)
Già dagli anni 70 si sono cercati degli spiragli per rinnovare il modello bancario,
viene introdotto, dunque con questa direttiva anche il modello di banca universale
(la banca diviene attiva su tutti i segmenti del mercato finanziario, si inizia a parlare
di conglomerato finanziario cosi come lo è oggi – da questo momento la banca è
motivo di interesse per tutte e tre le autorità di vigilanza!).
Anche con questa direttiva si vanno a specificare concetti già analizzati come:
- Finalità dell’azione di vigilanza (si sposta da un profilo strutturale a un profilo
prudenziale – si focalizza sulle caratteristiche dell’intermediario in termini
organizzativi, finanziari e di competitività ed efficienza in modo che lo stesso
possa stare sul mercato con una corretta consapevolezza del rischio assunto e
con una corretta composizione sociale di esponenti aziendale)
- La concorrenza diventa su base universale e non settoriale proprio perché la
banca diventa universale
Processo di Privatizzazione Bancaria e Focus sull’Italia:
Gradualmente si passa da un rilievo pubblicistico ad un rilievo privatistico (con
eccezione ad oggi della Monte dei Paschi). Il processo di privatizzazione bancaria
inizia negli anni ’90; si cerca di far transitare il sistema dal pubblico al privato e
questo processo viene distinto in più fasi:
Privatizzazione Formale e Privatizzazione Sostanziale.
Le fasi possono essere cosi distinte:
Legge Amato: si danno delle regole di diritto privato alle banche, ma l’azionista resta
lo Stato (si elimina l’elemento pubblicistico formale e legislativo – cambiano solo le
normative applicabili). In questo contesto di particolare rilevanza è il ruolo delle
fondazioni (si trattava di S.p.a con azionista di controllo la fondazione pubblica) che
avrebbero dovuto cedere le partecipazioni in queste banche. Vi era, quindi, un
soggetto pubblico che possedeva le azioni ma che non poteva effettuare l’attività
bancaria.
Tramite una serie di leggi si è andata a smontare l’attività delle fondazioni.
Legge n. 1 del 1991, la cd. legge sulle SIM: Si arriva a un modello privato e ad un
modello di autoregolamentazione (il mercato regolamentato è, dunque, gestito
dalla società di gestione – un soggetto privato). Il business si autoregolamenta sia
come regolamento del mercato sia per quanto riguarda le società quotate (in
particolare c’è un comitato che gestisce il codice di regolamentazione delle società
quotate e a cui tutte le società aderiscono e partecipano mediante varie modifiche).
Testi unici: Perché ci fu necessità dei testi unici? Quasi tutti gli interventi di sostanza
della normativa bancaria e finanziaria (in Italia) sono preceduti da uno scandalo. Il
TUF e il TUB non sono esenti da questa regola. Si tratta di norme di principio, di
finalità.
- Testo Unico Bancario (D. Lgs. 385/1993) -> C’erano nuovi soggetti e nuovi
player sul mercato, c’era la necessità di fare chiarezza andando a
regolamentare in maniera unica, efficiente ed omogena ambito mercati,
ambito emittenti e ambito intermediari.
- Testo Unico Finanza (D. Lgs. 58/1998)
Non esiste un diritto dei mercati internazionale, non esiste una procedura
amministrativa a livello europeo che vincola tutti gli stati. Non c’è una procedura
legislativa globale che introduca norme giuridiche obbligatorie e vincolanti nei
confronti degli altri Stati
Nell’evoluzione normativa, per comprendere le regole, conta capire come
determinati provvedimenti siano stati emanati e per quale motivo.
ART 2 TUF: Rapporto tra norme nazionali e norme europee con principio di
prevalenza della norma europea su quella nazionale (in determinate materie) –
PRINCIPIO GENERALE! Ma nel TUF c’è una norma che espressamente stabilisce, a
livello legislativo, questo tipo di regolamento. MEF – Banca D’Italia – CONSOB
esercitano i poteri loro attribuiti in armonia con le disposizioni comunitarie,
applicano i Regolamenti e le Decisioni dell’Unione Europea e provvedono in merito
alle raccomandazioni concernenti le materie disciplinate dal presente decreto.
◼ Infatti l’ART 2 enuncia: “il Ministero dell’economia e delle finanze, la Banca
d’Italia e la Consob esercitano i poteri loro attribuiti in armonia con le
disposizioni comunitarie, applicano i Regolamenti e le Decisioni dell’Unione
Europea e provvedono in merito alle raccomandazioni concernenti le materie
disciplinate dal presente decreto”.
L’esercizio, da parte delle Autorità, dei poteri sull’ applicazione del diritto europeo
deve avvenire in armonia con le disposizioni comunitarie. Le Autorità hanno il
compito di provvedere in merito all’applicazione dei Regolamenti e delle Decisioni
dell’Unione Europea, nonché delle raccomandazioni concernenti le materie regolate
dal Testo Unico.
Riprendendo la differenziazione fra norme vincolanti e norme non vincolanti:
La norma vincolante è direttive e regolamenti (le prime recepite con regolamenti
nazionali, le seconde cosi come son scritti vengono applicati ed entrano in vigore)
La norma non vincolante (atti giuridici che provengono dall’UE) sono
raccomandazioni e pareri che hanno un’importanza nel sistema finanziario e lo
regolano e lo “guidano”, perché l’ordinamento finanziario si basa sulla fiducia dei
buoni meccanismi di mercato. Se le istituzioni europee emanano delle
raccomandazioni o pareri nei confronti degli intermediari, è bene che quest’ultimi le
recepiscano e le capiscano. L’autorità di vigilanza ha poteri di ispezione, regolazione
e informazione. La distinzione fra norme primarie e norme secondarie è
fondamentale per comprendere l’ordinamento finanziario.
In Europa abbiamo norme primarie e normative secondarie (di attuazione delle
direttive) ma abbiamo tutta una serie di provvedimenti che non hanno funzione
normativa, ma che rappresentano un ruolo fondamentale nell’armonizzare –
uniformare – le prassi degli intermediari. Con una raccomandazione, gli operatori
vengono istruiti (ad esempio). Se le raccomandazioni non vengono seguite possono
diventare obbligatorie e vincolanti!
Fonti ordinamento finanziario
Nel sistema Nazionale abbiamo:
- Art.41 Cost. → Tutela il diritto soggettivo di libertà d’impresa
- Art.47 Cost → Tutela il diritto al risparmio in tutte le sue forme. Questo
articolo è diventato il riconoscimento della libertà economica; i poteri pubblici
possono dettare norme NON per limitarla o indirizzarla ma per organizzare i
mercati e vigilare sul corretto funzionamento. L’Art.41 è la disposizione che
legittima la regolazione dei mercati.
La regolazione finanziaria è un mix tra HARD LAW e SOFT LAW (Nel momento in cui
la HARD LAW viene violata c’è subito la risposta dell’ordinamento).
Non esiste un diritto internazionale finanziario (il complesso di norme generali e
astratte vincolanti per tutto il mondo)
I Paesi interessati alla finanza, hanno iniziato a riunirsi per realizzare degli organismi
(tramite consensi fra autorità di vigilanza) mirati a far funzionare bene il mercato –
stabilire delle regole, obbligo di informare le imprese, ispettiva per fare ispezioni
laddove necessario – il fatto che tutti riescano ad operare tramite criteri analoghi fa
bene alla finanza mondiale (Cosi nasce la SOFT LAW – nel momento in cui questa
tipologia di mercato finanziario ha iniziato ad espandersi).
SOFT LAW: Ricapitolando, è stata, prima di diventare una direttiva, un insieme di
considerazioni fra le autorità che hanno determinato il regolamento. Si dà il valore
di SOFT LAW anche all’esternazione di autorità pubblica (esternazioni,
considerazioni non vincolanti fra autorità che però gli operatori dei mercati
rispettano perché le percepiscono come vincolanti anche se non lo sono).
Per capire la regolazione finanziaria nazionale, occorre ripercorre l’evoluzione
normativa.
Alle origini la disciplina dell’intermediazione finanziaria si esauriva e coincideva con
la disciplina delle banche. Per capire il tipo di regolazione che abbiamo avuto in Italia
c’è da dire che le varie leggi di settore son sempre intervenute in seguito ad una crisi
(ad una crisi corrisponde sempre una nuova normativa).
L’evoluzione normativa della disciplina del mercato finanziario dipende proprio da
determinate crisi conseguite durante gli anni (crisi finanziarie, bancarie più o meno
grandi). Non c’è una norma speciale che disciplina il settore bancario. Le banche
sono imprese che svolgono la loro attività liberamente (c’è il codice del commercio
che tratta le banche come una qualsiasi altra impresa, con il riconoscimento della
loro esistenza). A un certo punto lo Stato inizia a capire di dover investire in queste
“imprese”, attuando un processo di consolidamento e sviluppo industriale derivato
proprio dalle risorse di queste imprese che svolgono attività di intermediazione –
banche. Questa attività, inizia ad essere chiaro, è un’attività fondamentale e
significativa per il Paese.
Riforma bancaria del 1926:
Nel 1926 per la prima volta l’attività bancaria viene disciplinata da una legge
speciale – le banche che svolgono attività a breve nei confronti dei risparmiatori
sono soggette a una disciplina speciale (che prevale sulla normativa generale –
codice del commercio). Questa legge stabilisce che: Le banche sono soggetti speciali
perché svolgono un’attività particolare e devono essere soggette a un controllo
all’entrata (autorizzazione affinché possano svolgere l’attività), a dei controlli di
bilancio (che deve essere approvato e vidimato dall’autorità di vigilanza) e, inoltre, ci
si accorge che c’è un interesse pubblico a regolare l’attività bancaria (nel momento
in cui, ad esempio, la banca va in crisi si destabilizza l’intero sistema bancario).
Questa legge, però, permane nel modello operativo della banca (già previsto dal
codice del commercio) secondo cui la banca viene definita “banca mista” (banca
libera di fare qualsiasi cosa senza vincoli). E’ una legge speciale ma che dà soltanto
un controllo all’ingresso e del bilancio; si caratterizza, però, la legge del ’26, nella sua
operatività, per attribuire una totale libertà di assunzione di partecipazione (anche
di controllo) nelle altre società industriali (l’elemento negativo di questa legge è
proprio che non si è intervenuti in nessun modo a regolare il rapporto tra banche e
imprese – le prime potevano acquisire partecipazioni all’interno di imprese) –
questo elemento non va tralasciato, poiché ha rappresentato il presupposto
principale che ha poi scaturito la crisi del 1929 – le banche avevano talmente tante
quote partecipative nel settore industriale che quando è fallita l’impresa industriale,
quest’ultima ha portato con se le banche. Ciò ha determinato il fallimento della
legge bancaria del ’26.
La conservazione del modello della banca mista e limitate forme di vigilanza
pubblica hanno consentito la trasmissione della crisi dall’industria alla finanza. La
carenza di regole aveva consentito gestioni non prudenti con eccessiva
concentrazione dei crediti e molti enti bancari si erano trasformati in holding delle
industrie, protese al sostegno dei loro titoli che detenevano in misura ingente in
portafoglio. Esigenza di una riforma radicale del settore.
La riforma degli anni 30:
La grande depressione ha portato a una revisione delle leggi esistenti in materia
bancaria in tantissimi Paesi. La riforma in Italia si distingue per essere
particolarmente rigida. La riforma del ’36 (Vigilanza regolamentare – affidamento
alle autorità tecniche delle disposizioni secondarie) introduce a livello normativo
l’opzione di un mercato bancario in cui le banche sono sottoposte alla vigilanza
pubblica (vigilanza forte e penetrante) che arriva, non soltanto a vigilare sulla forma,
ma anche a vigilare sull’operatività e sulle scelte aziendali. Con ciò si è voluto
impedire che le banche si ritrovassero a non riuscire, nuovamente, a far fronte ai
propri impegni (cosi come visto durante la crisi del 1929). Le banche, a partire dal
1936 (fino agli anni ’70), in Italia, per qualsiasi operazione facessero (fusione,
acquisto di partecipazioni) dovevano essere soggette all’autorizzazione della Banca
d’Italia. Il mercato era comunque stabile, ma ingessato – c’erano oneri su operazioni
davvero care, ma c’era una certa sicurezza ad esempio nell’investimento in buoni
del tesoro. Ciò ha sicuramente costituito una certa sfiducia dei risparmiatori e
un’amplificazione delle turbolenze finanziarie. C’era, da parte della Banca d’Italia,
una sorta di equa divisione del lavoro bancario – banche istituite per finanziare
determinate opere pubbliche ad esempio. La regolazione negli anni ’30, quindi, è
incentrata sulla specializzazione funzionale (si era visto con la crisi del ’29 che le
banche davanti ai risparmiatori a breve termine non potevano rispondere perché
avevano impiegato i fondi in investimenti a lungo termine e nel momento in cui è
crollata l’industria, automaticamente sono crollate le banche), i cui capisaldi
possono essere cosi riassunti:
- Correlazione fra raccolta e impiego
- Distinzione fra aziende di credito ordinario
- Istituti di credito speciali (aziende di credito che raccolgano ed erogano a
breve senza finanziare il settore industriale)
- Separatezza fra banca e industria (ogni assunzione di partecipazione
all’interno dell’industria doveva essere autorizzata dalla Banca d’Italia che
andava a valutare le esigenze economiche di mercato – valutazione
discrezionale)
Cosa fa la CONSOB?
È presente in tutte le tappe fin dal momento in cui una società si quota.
- Tutela la trasparenza verificando che il soggetto abbia tutte le informazioni
necessarie
- Verifica che vengano rispettati gli obblighi informativi in capo alle società
quotate.
- Può ritenere necessario di richiedere notizie e informazioni e se ritiene che le
informazioni fornite non siano sufficienti a garantire la trasparenza nel
mercato può richiedere ulteriori informazione, di contro, qualora ritenga che
tali norme non vengano rispettate può predisporre ispezioni (seguite da
sanzioni nel caso in cui l’ispezione non vada a buon fine).
Il TUF (disciplina primaria – ma speciale poiché si tratta di un decreto legislativo)
rimanda alla disciplina di dettaglio (regolamenti). Nel contesto delle società quotate
e dei poteri della CONSOB, la disciplina primaria è il TUF e la disciplina secondaria è il
cosiddetto regolamento emittenti.
Nel contesto della disciplina emittenti rientra la disciplina degli assetti proprietari
(importante per capire chi sta al vertice e chi possiede le partecipazioni della
società). Quando parliamo della disciplina degli assetti proprietari, parliamo di tutte
le norme in materia di:
- Partecipazioni rilevanti
- Disciplina dei patti parasociali
Partecipazioni rilevanti:
Parliamo di tutte le norme che riguardano gli obblighi e gli oneri in capo a soggetti
che detengono partecipazioni rilevanti all’interno della società quotata e che questi
ultimi sono tenuti a rispettare. L’obiettivo è assicurare la trasparenza (il mercato, nel
momento in cui le società sono quotate, deve essere a conoscenza di chi ha le
partecipazioni e di chi, di conseguenza, influenza l’attività della società). Parliamo di
tutto quel complesso di obblighi informativi. Chi detiene una partecipazione
rilevante deve comunicare di avere questa partecipazione, all’interno della società
quotata, sia alla società stessa (oltre che alle sue partecipate) che alla CONSOB
(art.120 comma2 del TUF). Qualora la comunicazione non avvenga, e dunque,
l’obbligo informativo non viene rispettato, il diritto di voto applicato a determinate
azioni viene neutralizzato (quindi neutralizzando la sua logica di investimento). La
partecipazione rilevante, e il conseguente obbligo di comunicazione, scatta già dal
3% in poi (Soglia che aumenta al 5% per una piccola/media impresa). Una volta
comunicato il superamento della soglia alla CONSOB, quest’ultima avrà 3 gg per
comunicare il superamento della soglia al mercato (primo obbligo informativo del
soggetto verso la CONSOB, seguito da un secondo obbligo informativo della
CONSOB – in 3 gg – nei confronti del mercato). A quel punto scatta l’obbligo di
conoscenza.
Patti parasociali:
Sono accordi stipulati, in qualsiasi forma, tra i soci di una società quotata. In quanto
tali sono sottoposti a una serie di norme specifiche (perché influenzano in maniera
importante e significativa l’andamento della società e le decisioni delle società
stessa). Il mercato deve essere a conoscenza del fatto che all’interno di una certa
società sono stati stipulati dei patti parasociali. Vengono disciplinati dall’art.122 e
123 del TUF e hanno durata di 3 anni (scaduti i 3 anni devono essere rinnovati –
equivalgono ad un contratto) – parlando di società quotate.
Esistono vari tipi di patti parasociali:
- Patti di voto (come votare all’interno dell’assemblea)
- Patti di consultazione (patto che obbliga le parti – obbligo di consultarsi
prima di prendere una decisione)
- Sindacati di blocco (limitano il trasferimento e la sottoscrizione dei diritti
aventi di voto e/o della quota societaria)
- Patti che obbligano l’acquisto concertato di titoli aventi diritto di voto
- Esercizio congiunto dell’influenza dominante
- Contrasto o concordanza sugli obiettivi di un OPA (qualora ci dovesse essere
un’OPA, i facenti parte del patto possono contrasto o aderire all’OPA stessa)
Tutti i patti seguono la stessa norma.
L’obiettivo della norma è quello di rendere pubblico il patto parasociale al fine di
rafforzare la trasparenza del mercato (fare in modo che il mercato sia consapevole
che ci sono dei patti parasociali che possono influenzare l’andamento della società)
ed evitare che venga influenzata e/o contrastata l’efficienza del mercato.
Quando viene sottoscritto un patto deve essere comunicato entro 5 gg, dalla data di
sottoscrizione, alla CONSOB. A quel punto, entro 10 gg deve essere pubblicato sulla
stampa quotidiana ed entro altri 15 gg deve essere pubblicato all’interno del
registro delle imprese (dando le opportune indicazioni alla società quotata e a tutte
le sue controllate). Qualora ci si trova di fronte a un patto parasociale di una società
non quotata si applica la disciplina del codice civile (la durata si estende da 3 anni a
5 anni e si applica la disciplina dell’art. 2341-bis/ter del codice civile).
Operazioni con parti correlate:
Si intende qualunque tipo di operazione che può essere trasferimento, servizio,
rapporto di credito e attività posta in essere dalla società quotata e soggetti
correlati/collegati alla società stessa, a prescindere che sia stato definito un
corrispettivo in cambio. Queste operazioni sono disciplinate dal codice civile
(art.2391-bis), però si rimanda alla disciplina speciale (in particolare al regolamento
n.17221 del 2010 che disciplina le operazioni con parti correlate: si rimanda alla
CONSOB la disciplina di tutti gli aspetti qualitativi/quantitativi delle operazioni
stesse.
Perché le operazioni con parti correlate necessitano di un comparto normativo più
articolato?
Perché un’operazione con una parte correlata (ovvero un soggetto che ha legami
particolari con la società) potrebbe andare ad influenzare l’operazione stessa (che in
tal caso non verrebbe più fatta in ottica di efficienza di mercato ma verrebbe
effettuata in ottica di convenienza del soggetto stesso).
Cosa si intende, quindi, per parte correlata?
Esiste un elenco di soggetti che pongono in essere operazioni con la società quotata
e, in quanto tale, l’operazione svolta viene definita operazione con parte correlata e
la definizione la troviamo all’interno dell’allegato 1 del regolamento Consob 17221
del 2010: Una parte correlata è tale quando si tratta di un soggetto che detiene
una parte idonea ad esercitare un’influenza dominante all’interno della società
(potrebbe sorgere il problema di conflitto d’interessi e, dunque, di convenienza
economica del soggetto).
Parti correlate possono essere:
- Uno dei dirigenti (o un suo stretto familiare)
- Fondo pensionistico costituito per gli stessi dipendenti della società
(potrebbe esserci conflitto di interesse nelle operazioni poste in essere tra la
società e il fondo pensionistico)
- Joint Venture
L’allegato 1 del regolamento CONSOB non è esaustivo e viene continuamento
aggiornato con nuove tipologie di soggetti.
Perché nasce questo tipo di normativa? Per tutelare le minoranze e, quindi, evitare
che soci di minoranza, ad esempio, si ritrovino sovrastati da operazioni che non
vengono poste in essere nell’interesse della società.
L’obiettivo è proprio quello di evitare che un’operazione posta in essere da una
parte correlata vada ad innescare un rischio nei confronti dei soggetti di minoranza
(definito anche come estrazione dei benefici privati del controllo – effettuare
un’operazione estraendo un interesse privato a discapito dell’interesse della società
e, quindi, di tutti i soci).
C’è la necessità di presidiare correttezza e convenienza economica dell’operazione
posta in essere dall’emittente nell’interesse della società e non del singolo.
In che modo si tutelano le minoranze e in che modo si interviene nel momento in cui
l’operazione posta in essere è un’operazione con parte correlata?
All’interno di ogni società quotata vi è un comitato parti correlate in cui troviamo
amministratori indipendenti all’operazione (soggetti non interessati alle operazioni
stesse) che prendono decisioni sul porre in essere le operazioni oppure no. Non è,
quindi, l’assemblea che approva l’operazione ma un comitato specifico composto da
soggetti indipendenti che non hanno alcun tipo di convenienza economica se
l’operazione viene effettuata o meno. Tali soggetti valutano la convenienza
economica dell’operazione e che l’operazione venga effettuata nel rispetto delle
condizioni di mercato. Il compito di approvare o meno questo tipo di operazioni
spetta, dunque, ad un comitato indipendente che si occupa dell’istruttoria (studio
dell’operazione) e dell’approvazione dell’operazione stessa. Il comitato valuta che
l’operazione sia o meno adeguata alle condizioni del mercato e sia idonea al
processo della società. Se il comitato respinge l’operazione (perché definita
inadeguata), questa può essere comunque effettuata se prevista dallo statuto della
società (lo statuto deve espressamente prevedere che qualora il comitato dinieghi il
porre in essere dell’operazione con parte correlata, l’operazione può essere
effettuata mediante l’approvazione dell’assemblea dei soci – questa eccezione è
valida solo per operazioni di estrema rilevanza che hanno un certo impatto
sull’andamento della società e sul suo relativo sviluppo). In questo specifico caso gli
unici a non votare sono gli azionisti di maggioranza e la decisione spetta
esclusivamente agli azionisti di minoranza. A quel punto, se sono d’accordo,
l’operazione viene posta in essere. In questo contesto, i soci di minoranza vengono
definiti Indipendent Shareholder (la votazione che viene effettuata soltanto dagli
azionisti di minoranza viene definita whitewash).
Il comitato cambia a seconda, o meno, del rinnovo degli amministratori
indipendenti.
Disciplina prospetto:
Nel momento in cui si pone in essere qualsiasi tipo di attività che rientra nella
sollecitazione al pubblico risparmio, il soggetto deve essere consapevole di quello
che sta acquistando attraverso il prospetto informativo.
Il prospetto informativo deve essere redatto obbligatoriamente tutte le volte che si
fa ricorso alla sollecitazione al pubblico risparmio.
Costituiti in forma
3. FONDI COMUNI DI INVESTIMENTO contrattuale
Ciò che caratterizza gli organismi di investimento collettivo del risparmio, e che li
differenzia dalla SICAV e dalla SICAF, è che sono disciplinati da un regolamento.
- Se il fondo è retail, il regolamento viene approvato dalla Banca d’Italia
- Se il fondo è riservato, non viene approvato
Le SGR:
Sono S.p.A., con sede legale e direzione generale in Italia. Hanno caratteristiche
particolari, fra queste il capitale sociale (diverso a seconda della tipologia di fondi
gestiti). Le SGR che gestiscono fondi riservati possono avere un capitale più piccolo
(500.000 euro) – proprio perché si tratta di un investitore specializzato e quindi
consapevole.
Cosa può fare un SGR?
Tutto quello che possono fare le SIM (gestione di portafoglio, consulenza,
commercializzazione di OICR) più la gestione collettiva del risparmio.
Le SGR vengono autorizzate da Banca d’Italia (sentita la CONSOB).
Requisiti:
- Capitale sociale versato non inferiore a quello richiesto
- Requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza per chi svolge funzioni
di amministrazione, direzione e controllo
- Presentazione del programma di attività e relazione sulla struttura
organizzativa
Le SICAF:
E’ una società d’investimento a capitale fisso. È l’OICR chiuso costituito in forma di
società per azioni a capitale fisso con sede legale e direzione generale in Italia
avente per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto
mediante l’offerta delle proprie azioni e di altri strumenti finanziari partecipativi.
Possono essere contemporaneamente gestori e fondi. E’ un fondo chiuso poiché si
tratta di una società di investimento a capitale fisso e, dunque, costituito come
società per azioni).
Può essere:
- Autogestita e eterogestita
- Riservata e non riservata
- Sotto soglia
Autogestita:
E’ contemporaneamente gestore e fondo. Gestisce direttamente il proprio
patrimonio.
Eterogestita:
Affida la gestione del patrimonio a un terzo soggetto (SGR). E’ solamente un fondo.
La responsabilità di gestione è della SGR. Gli amministratori della SICAF hanno
obblighi di vigilanza.
Retail:
Commercializza le proprie azioni a soggetti retail. Le azioni SICAF vengono acquistare
da qualsiasi investitore.
Riservata:
Le azioni vengono acquistate soltanto da determinate categorie di investitori.
Sotto soglia:
Sono SICAF con capitale più piccolo (perché gestiscono soltanto determinati tipi di
fondi – in particolare quelli che non ricorrono alla leva finanziaria) e sono meno
rischiosi. In materia di controlli interni è prevista un’unica funzione.
Costituzione delle SICAF:
Devono essere autorizzate da Banca d’Italia (sentita la CONSOB) e questa avviene
quando vengono rispettati i requisiti della sana e prudente gestione
dell’intermediario e le norme in tema di gestione degli investimenti.
Requisiti per la costituzione:
• la forma della società per azioni
• un capitale sociale iniziale minimo di almeno 1 milione di euro (che può essere
ridotto a 500.000 euro qualora si tratti di SICAF riservata)
• la sede legale e la sede principale devono trovarsi in Italia
• l'oggetto sociale deve prevedere esclusivamente l'investimento collettivo del
patrimonio raccolto mediante l'offerta di proprie azioni e di altri strumenti finanziari
previsti dallo statuto
• il possesso da parte dei soci fondatori dei requisiti di onorabilità
• il possesso da parte degli esponenti aziendali dei requisiti di onorabilità, di
professionalità e di indipendenza
Direct Lending:
Con il decreto competitività (d.l. 91/2014) viene modificato il TUF e viene attribuita
agli OICR la possibilità di concedere finanziamenti (ovviamente solo nei confronti di
imprese, società industriali e non persone fisiche). Da quel momento i fondi hanno
iniziato a fare concorrenza alle banche.
Con il d.l. 18/2016 vengono chiarite le modalità operative del direct lending da parte
di OICR:
I FIA (Fondi di investimento alternativi) possono erogare in Italia a condizione che
vengano autorizzati a investire in crediti dal proprio paese di origine, abbiamo forma
chiusa ed uno schema di funzionamento analogo a quello dei FIA italiani, e che le
norme del paese di origine siano equivalenti a quelli dei FIA italiani.
Nel momento in cui parliamo di mercati regolamentati il primo collegamento che dobbiamo fare è
quello con le SGM (Società di Gestione del Mercato) -> Nate con il decreto Eurosim, poiché non ci
può essere un mercato regolamentato se non vi è dietro una società di gestione del mercato. Il
ruolo della SGM è quello di organizzare e gestire mercati regolamentati di strumenti finanziari,
cioè quei particolari mercati che godono dei benefici del mutuo riconoscimento e del passaporto
europeo.
Cos’è un mercato regolamentato?
A dircelo è l’articolo 1 del TUF che lo definisce come “Un sistema multilaterale che consente e
facilita l’incontro al suo interno, e in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di
acquisto e vendita, nel rispetto delle regole del mercato stesso; è gestito da una società di
gestione, viene autorizzato dall’autorità di vigilanza e funziona regolarmente”.
Quando parliamo di società di gestione parliamo di quel soggetto che organizza e crea il mercato
stesso.
Nel caso delle SGM, per poter ottenere l’autorizzazione è necessario che esistano i presupposti
oggettivi:
- Essere sotto forma di S.p.a
- Deve presentare un piano dove viene messa in evidenza l’esistenza di risorse finanziarie
- Deve avere l’esclusività dell’oggetto sociale (non può mettere nell’oggetto sociale attività
diverse rispetto alla gestione di un mercato regolamentato)
- Deve avere requisiti esponenti aziendali
- Deve presentare un adeguato programma di attività
Contenuto tipico dell’attività del gestore del mercato:
- Predisporre le strutture, fornire i servizi del mercato e determinare i corrispettivi ad esso
dovuti
- Assicurare e verificare il rispetto dei requisiti del mercato regolamentato
- Disporre l’ammissione, l’esclusione e la sospensione degli strumenti finanziari e degli
operatori dalle negoziazioni
- Adottare tutti gli atti necessari per l’ordinato funzionamento del mercato
- Adottare le disposizioni e gli atti necessari a prevenire e identificare abusi di informazioni
privilegiate e manipolazioni del mercato
- Provvedere agli altri compiti eventualmente ad esso affidati dalle autorità competenti
Nello svolgimento dell’attività di gestione del mercato regolamentato, la società di gestione (cosi
come i gestori delle altre sedi di negoziazione) sono tenuti al rispetto di obblighi di trasparenza per
e post negoziazione e ad obblighi di segnalazione relativamente alle operazioni in strumenti
finanziari concluse.
Con riguardo alla trasparenza, bisogna distinguere quella relativa agli strumenti finanziari
rappresentativi di capitale e quella relativa a strumenti finanziari non rappresentativi di capitale.
Per i primi è previsto che i gestori delle sedi di negoziazione ne rendano pubblici i prezzi correnti di
acquisto e di vendita. Per i secondi, sia in fase di pre-negoziazione e post-negoziazione è prevista
la stessa disciplina in linee generali. Le sedi di negoziazione che intendono non utilizzare la
trasparenza devono farne espressa richiesta di autorizzazione alla CONSOB e a Banca d’Italia.
Quando la CONSOB autorizza una SGM ad organizzare e gestire un mercato, automaticamente sta
autorizzando anche il regolamento del mercato (elemento senza il quale il mercato non può
esistere).
La MIFID II, inoltre, aggiunge un nuovo tipo di mercato: l’OTF (Organised Trading Facility)
È un mercato dove vengono negoziati tutti gli strumenti diversi dalle azioni. “È un sistema
multilaterale diverso da un mercato regolamentato o sistema multilaterale di negoziazione che
consente l’interazione tra interessi multipli di acquisto e vendita di terzi relativi a obbligazioni,
strumenti finanziari strutturati, quote di emissione e strumenti derivati, in modo da dare luogo a
contratti”. Negli OTF non troviamo il carattere della “non discrezionalità” come negli MTF; quindi,
l’OTF può collocare e/o ritirare un dato ordine all’interno del sistema oppure può abbinare o meno
un ordine di un cliente con gli altri disponibili nel sistema (purché ciò sia conforme alle istruzioni
ricevute dal cliente e non violi gli obblighi di best execution). Una disciplina speciale concerne la
così detta “negoziazione matched principal” consentita ai soli gestori di OTF ed ammessa solo nel
caso in cui il cliente vi abbia acconsentito e la negoziazione interviene su obbligazioni, strumenti
finanziari strutturati, quote di emissione e strumenti derivati non appartenenti a una categoria di
derivati dichiarata soggetta all’obbligo di compensazione. Agli stessi gestori di OTF è anche
consentito di effettuare negoziazioni per conto proprio.
L’introduzione degli OTF ha lo scopo di rendere i mercati dell’Unione più trasparenti ed efficienti
nonché di definire condizioni eque tra le varie sedi di negoziazione multilaterale.
La gestione di un OTF, al pari quella di un MTF, costituisce un servizio d’investimento; pertanto il
soggetto che voglia gestire un OTF dovrà essere autorizzato quale impresa d’investimento. Vi è
incompatibilità tra la gestione di un OTF e la qualifica di internalizzatore sistematico. Agli OTF, al
netto di alcune differenze, si applica la disciplina relativa ai requisiti organizzativi, di
funzionamento ed operativi prevista per gli MTF (comprese le norme in tema di ammissione,
sospensione ed esclusione degli strumenti finanziari, e di accesso degli operatori alle sedi di
negoziazione, cosi come quelle in tema di vigilanza delle Autorità). È previsto, inoltre, che alle
operazioni concluse in un OTF si applicano le regole di trasparenza e correttezza dei
comportamenti previste per gli intermediari, la cui applicabilità è invece esclusa per le operazioni
concluse sui MTF.
LA CONSULENZA
Per consulenza in materia di investimenti si intende la prestazione di raccomandazioni
personalizzate al cliente, dietro sua richiesta o per iniziativa del prestatore del servizio, riguardo a
una o più operazioni relative a strumenti finanziari.
Il cliente può richiedere l’upgrade e, dunque, richiedere di essere classificato come investitore
professionale per accedere a strumenti al quale un cliente retail non potrebbe accedere.
La MIFID definisce la consulenza come una raccomandazione personalizzata (non generica) fatta
in base alle caratteristiche del cliente.
La consulenza in materia d’investimento è, chiaramente, un’attività riservata (cosi come lo è la
gestione collettiva del risparmio – attività riservata alle SGR – ma, la gestione collettiva del
risparmio, non è un servizio di attività di investimento perché va ricordato che viene realizzata
attraverso la promozione, l’istituzione e l’organizzazione di fondi comuni d’investimento).
Una delle principali novità introdotte dalla MIFID II è la differenza tra consulenza indipendente e
consulenza non indipendente:
Il consulente indipendente è un “libero professionista” a cui il cliente si rivolge per chiedere un
consiglio in materia d’investimenti. Il consulente indipendente viene remunerato con una
commissione.
Il consulente non indipendente lavora per conto di qualcuno e nella maggior parte dei casi lavora
per incentivi. Affinché l’incentivo sia accettabile è necessario che la consulenza sia a valore
aggiunto (mi rivolgo a quel consulente pur consapevole che quel consulente viene remunerato per
propormi un determinato prodotto, ma allo stesso tempo ricevo un monitoraggio costante
sull’adeguatezza del mio portafoglio – concetto di adeguatezza).
• Tra i documenti da leggere prima di effettuare l’investimento rientrano il KIID (Key
investor information document) – che fa riferimento ai fondi; se nel fondo c’è anche una
componente assicurativa deve esserci anche il DIP - e il prospetto informativo.
• Il consulente, inoltre, deve consegnare al cliente la lettera dei reclami, il FIA (Foglio
informativo analitico) e solo su richiesta il regolamento del fondo
La MIFID II dice che, ex-post, il cliente deve ricevere almeno annualmente il rendiconto (che
racchiude sia in termini assoluti, sia in termini percentuali i costi che sono stati applicati).
Imprese d’investimento
Come funziona la disciplina degli intermediari e in cosa consiste la riserva di
attività?
Ad oggi abbiamo una vigilanza informativa (sottolinea l’importanza della trasparenza
nel miglioramento dell’attività degli intermediari sui mercati). Il TUB definisce le
banche come l’impresa autorizzata allo svolgimento dell’attività bancaria.
art.10 TUB: Stabilisce che le banche svolgono attività bancaria che consiste nella
raccolta fra il pubblico del risparmio e dell’esercizio del credito - questo articolo
stabilisce che l’attività bancaria ha carattere d’impresa e che è riservata alle banche
e le banche possono svolgere qualsiasi attività finanziaria secondo la disciplina
propria di ognuna di esse. È stato il legislatore, all’indomani della seconda direttiva
CEE in materia bancaria (646/1989 – recepita nel 1992), a fare chiarezza con questo
articolo sul ruolo della “banca vista come impresa”.
Le banche:
- L’attività bancaria ha, dunque, forma d’impresa. Nel momento in cui ha
carattere d’impresa viene applicata la regolazione tipica nel rapporto che
intercorre tra legge speciale e legge generale (laddove non c’è la legge
speciale si ricorre alla legge generale – ovvero il codice civile).
- L’attività è riservata (vale per le banche, per le SIM, le imprese di
investimento, le assicurazioni private ecc.), cioè tutte le volte che un soggetto
svolge l’attività d’impresa sul mercato finanziario deve essere autorizzato da
un’autorità tecnica; vuol dire che questo soggetto svolge un’attività riservata
(è riservata soltanto agli operatori che hanno ottenuto l’autorizzazione a
svolgere l’attività – questa autorizzazione è un vaglio dove l’autorità di
vigilanza ha la competenza di giudicare sulla base di requisiti predeterminati
la serietà dell’organizzazione e dell’iniziativa e soltanto in quel momento
avviene l’autorizzazione, a cui poi segue l’iscrizione nell’albo – che ha
sostanzialmente funzione di trasparenza)
A tal proposito: la questione dell’abusivismo era una questione abbastanza
importante; le banche raccoglievano abusivamente (quindi senza autorizzazione)
risparmio e non avevano ripercussioni dal punto di vista penale. La mancanza di una
norma fino al 1993 ha fatto sì che la violazione della riserva di attività non venisse
riconosciuta come reato – al massimo era prevista una sanzione pecuniaria. Col
riconoscimento dell’abusivismo dell’attività bancaria si è aggiunta anche la
reclusione alla sanzione pecuniaria. Nonostante l’art.1 del Testo Unico Bancario
preveda che l’applicazione sia finalizzata alle banche, la giurisprudenza ha da
sempre voluto allargare l’applicazione del caso di abusivismo anche alla legge
fallimentare (problema ancora aperto).
- Possono svolgere, oltre all’attività bancaria, ogni tipo di attività finanziaria
secondo la disciplina propria di ognuna di esse: Con la previsione dell’art.10
si introduce il modello della Banca Universale (ovvero il modello di banca che
può svolgere qualsiasi attività finanziaria – può essere un’impresa di
investimento, può svolgere attività di consulenza o gestione di portafogli e
qualsiasi attività prevista dal TUF). Quando una banca svolge attività bancaria
si applicherà il TUB, per qualsiasi altra attività finanziaria si applicherà il TUF.
La riserva di attività si caratterizza perché la banca ottiene appieno l’autorizzazione
della Banca d’Italia. I requisiti che sono in esso previsti, ai fini dell’ottenimento
dell’autorizzazione al rilascio dello svolgimento dell’attività bancaria, riguardano:
- La forma giuridica: Banche in forma giuridica di S.P.A e banche in forma di
cooperativa di credito (cominciano ad avere un carattere residuale – fra il
2014/2015 viene introdotto un disegno riformatore di queste cooperative
prevedendo una concentrazione, nel caso delle banche popolari la
trasformazione in S.p.a ad un certo livello di patrimonio e creazione di gruppi
cooperativi per le BCC)
Obiettivi principali:
L'SRM è stato quindi concepito per garantire un approccio comune al problema delle
banche in dissesto ed accrescere in tal modo la stabilità del settore finanziario negli
Stati membri partecipanti.
Alle banche verrà comunicato dalle autorità di vigilanza su base annua il requisito
minimo del MREL che dovrà essere raggiunto a livello individuale e consolidato.
Nella definizione della soglia ogni autorità di risoluzione competente dovrà tener
conto delle dimensioni, del modello di business, del modello di finanziamento e del
profilo di rischio degli istituti di credito.
TLAC:
E’ una norma stabilita dal Financial Stability Board (FSB) nel 2015 che riguarda
esclusivamente le G-SIB (banche a rilevanza sistemica globale). Lo scopo di questa
regolamentazione è assicurare un’adeguata capacità di assorbimento delle perdite
nella fase di risoluzione di una G-SIB, minimizzando così i rischi sulla stabilità
finanziaria internazionale. Inoltre, la TLAC ha la funzione di assicurare la continuità
delle funzioni essenziali di un istituto di credito, evitando che siano i contribuenti a
sostenere le perdite.
Gli strumenti ammissibili ai fini del calcolo del TLAC devono essere titoli stabili, a
lungo termine, non pagabili a vista o con breve preavviso. Nello specifico, possono
quindi rientrarvi solo il capitale, i titoli subordinati e una parte delle obbligazioni
senior.
Il terzo pilastro, l’EDIS, è invece fermo alla proposta del novembre 2015 avanzata
dalla Commissione Europea. La proposta prevedeva una introduzione graduale di
EDIS ma con un punto di arrivo che prevedesse un sistema di copertura di tutti i
costi (in caso di esigenza) per la protezione depositanti. Questo obiettivo, nella
proposta iniziale, veniva raggiunto, dunque, in modo graduale:
1. Si partiva con un meccanismo di ri-assicurazione (In cui il meccanismo
europeo interveniva soltanto in seconda battuta – prima paga il DGS
nazionale e poi interviene lo schema europeo)
2. Il secondo passaggio era un meccanismo di co-assicurazione (Entrambi
pagano simultaneamente)
3. Terzo passaggio con copertura totale da parte del meccanismo europeo
Perché nasce la garanzia dei depositi?
- Mediante la scelta del policy-maker di dare una protezione ai depositanti
retail. La garanzia depositi permette di assicurare il depositante fino ad una
soglia di 100.000 euro per depositante per banca.
La maggior parte dei Paesi ha introdotto un sistema di garanzia dei depositi dopo gli
anni ’70 e ad oggi abbiamo 143 Paesi con uno schema di garanzia dei depositi (alcuni
dei quali hanno rafforzato il proprio sistema mentre altri lo hanno completamente
rinnovato – negli USA, dopo la crisi, la copertura è stata aumentata fino a 250.000
$).
L’assicurazione depositi ha molti benefici ma allo stesso tempo può produrre dei
rischi perché l’introduzione di meccanismi di garanzia dei depositi potrebbe spingere
la banca a fare leva su questa “garanzia pubblica” e, conseguentemente, ad
assumere rischio eccessivo.
Preoccupazioni legate ad EDIS:
- La metodologia per calcolare i contributi al fondo (risk based contribution)
I fondi sono tendenzialmente finanziati attraverso contributi dell’industria (la
banca beneficia di una protezione per i propri depositi e quindi deve
contribuire al fondo per tutelare la stabilità del sistema) e la metodologia risk
based segue il cosiddetto “polluter pays approach” (meccanismo secondo cui
chi è più rischioso paga di più di chi, in termini relativi, è più solido)
- Un sistema del genere potrebbe far pagare troppo alle banche più piccole o
alle banche più grandi (metodologia di distribuzione dei contributi)
Riuscire ad identificare il target size di EDIS e stabilire se questo è sufficiente (I DGS
nazionali devono raggiungere un fondo che sia grande tanto quanto lo 0,8% dei
depositi garantiti)
Cartolarizzazione:
Per quanto riguarda il framework europeo abbiamo due regolamenti:
2401/2017 -> Riguarda i requisiti prudenziali (quanto pagano le banche che si
comprano una tranche di una cartolarizzazione- in termini di capitale)
2402/2017 -> Individua le caratteristiche di strutturazione dell’operazione di
cartolarizzazione (come l’operazione di cartolarizzazione deve essere strutturata)
Per quanto riguarda la disciplina italiana abbiamo:
legge 130 del ’99 (legge di cartolarizzazione dei crediti)
Le due discipline danno una definizione diversa di cartolarizzazione.
Come viene definita la cartolarizzazione in Europa?
È l’operazione in cui il rischio di credito associato ad un’esposizione è diviso in
segmenti e ha tali caratteristiche:
- I pagamenti effettuati nell’ambito dell’operazione dello schema dipendono
dalla performance dell’esposizione o dal portafoglio di esposizioni
- La subordinazione dei segmenti determina la distribuzione delle perdite nel
corso della durata dell’operazione dello schema
In sintesi:
Per il legislatore europeo la cartolarizzazione è la cessione di crediti ad un veicolo
(SVP) che emette “notes” (titoli). Ciò che conta per il legislatore europeo è che le
“notes” siano “tranchate”; cioè che l’SPV emetta categorie di titoli che prevedono
una diversa partecipazione del rischio (emette almeno due, o tre, classi di note:
senior, mezzanine e junior – per diversa partecipazione al rischio si intende che se
la cartolarizzazione inizia ad andare male, le note che non vengono ripagate sono
le più basse, cioè le “junior”). Le junior di norma nelle operazioni di
cartolarizzazione vengono “regalate” perché tendenzialmente, nelle operazioni di
NPL, hanno poche possibilità di recupero – chi compra junior solitamente compra
anche mezzanine. Altro elemento importante, ai sensi del framework europeo, è
l’ottenimento dell’SRT (Significant Risk Transfer) – cioè è necessario, ai sensi del
2401/2017, che la banca abbia fatto la recognition contabile e prudenziale dei
crediti (la cessione dei crediti non è sufficiente, la banca deve fare in modo che
questo rischio trascritto a terzi non possa rientrare).
Il 2401/2017 è un regolamento che modifica il CRR (Capital Requirements
Regulation) – ai sensi del framework europeo, per il CRR, è cartolarizzazione quella
composta dai seguenti elementi:
- Tranchamento delle “notes” (3 o 2 categorie obbligatorie)
- Ottenimento dell’SRT
Come viene definita la cartolarizzazione in Italia?
È la cessione, a titolo oneroso, di titoli pecuniari ad un SPV (Special Purpose
Vehicle) a fronte dei quali vengono emessi titoli, i cui interessi capitali sono
ripagati dalle somme corrisposte dai debitori ceduti.
La differenza, rispetto a quella europea, è che in questo caso non vengono nominati
i segmenti e non è necessario il trasferimento del rischio!
• Se cedo un credito ad un SPV e si emettono titoli “tranchati” in che framework
sono?
- Italiano ed Europeo sono i framework di riferimento.
• L’ambito di disciplina della legge 130 è più o meno ampio del framework
europeo?
- Più ampio.
Ogni qualvolta che faccio una cessione di crediti a una SPV sono sicuramente nella
disciplina della legge 130; se faccio anche la tranche di titoli e ottengo la SRT sono
anche in quella comunitaria.
• Perché è necessario che vi sia una disciplina in merito al fatto che vengono
ceduti crediti all’SPV (dunque, un soggetto non vigilato)?
- Perché l’acquisto di crediti è riserva di attività. La cessione avviene a un
soggetto non vigilato, si ha, dunque, una deroga all’art.106 del TUB
La ragione per cui la legge 130 c’è dal ’99 è che si voleva consentire alle banche di
monetizzare i crediti rapidamente (cedere e trasferire il rischio); ma affinché un
intermediario vigilato possa vendere a un soggetto che non è vigilato serve una
norma di rango primario analoga a quella del TUB – non viene infranta la riserva di
attività.
Le sanzioni:
GACS (Garanzia cartolarizzazione statale delle sofferenze):
E’ una garanzia statale sulle tranche senior di operazione di cartolarizzazione. Ciò
significa che se la senior va in default il rischio (e il conseguente pagamento) è dello
stato.
Per la banca che vuole fare l’operazione di cartolarizzazione è sufficiente trovare
un’acquirente della mezzanine e della junior a cui vendere tranche a basso prezzo e
si ricompra le senior perché tanto se l’operazione va male paga lo Stato (le banche
non pagano requisito – rischio zero per le stesse).
Ci sono dei limiti/condizioni:
1) Tale operazione non può essere fatta per tutte le cartolarizzazioni, soltanto
sulle cartolarizzazioni di NPL.
2) La banca che ha originato i crediti deve essere Italiana (ça va sans dire)
3) Perché si possa avere la GACS la senior deve retata e il rating deve essere
almeno pari a BBB (prima era BBB-)
Disposizioni Generali
Circa lo svolgimento dell’offerta il TUF si limita a stabilire alcuni principi fondamentali quali: l’irrevocabilità
dell’offerta, l’obbligo di assicurare parità di condizioni a tutti i soggetti detentori di strumenti finanziari,
l’inammissibilità di limiti al numero di rilanci che possono essere effettuati fino alla scadenza del termine. Per
quanto concerne, invece, la normativa di dettaglio, sono disciplinate dal Regolamento di attuazione emanato
dalla Consob.
Il Procedimento
• La Comunicazione di voler promuovere un’offerta pubblica di acquisto e scambio, che deve essere
comunicata alla Consob e contestualmente resa pubblica.
• Il Documento di Offerta deve essere presentato alla Consob (destinato alla pubblicazione) entro
venti giorni dalla comunicazione per promuovere l’offerta. La stessa Consob nei quindici giorni
successivi approva il documento, che viene poi diffuso sul mercato.
Il periodo di adesione dell’offerta ha inizio decorsi cinque giorni dalla diffusione del documento di offerta. La
pubblicazione del documento di offerta ha l’effetto (come la proposta contrattuale) di attribuire agli “oblati”1
il potere di accettare la proposta determinando la proposta del contratto. Il procedimento si conclude poi
con la pubblicazione dei risultati dell’offerta.
Modifiche all’offerta
Durante il periodo d’offerta è possibile una modifica della stessa, che dovrà essere comunicata al mercato
con le stesse modalità previste per la comunicazione dell’offerta originaria. Qualora poi ci siano delle offerte
concorrenti sui medesimi strumenti finanziari, le adesioni all’offerta originaria diventano revocabili per dare
la possibilità agli oblati di beneficiare dell’opportunità di scelta tra le offerte concorrenti.
Le società italiane quotate i cui titoli costituiscono oggetto di offerta devono astenersi dal compiere “atti od
operazioni che possono ostacolare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta” (c.d. “passivity rule”)
Nella disciplina comunitaria la regola generale impone l’autorizzazione assembleare per l’adozione di misure
“difensive”, inoltre la c.d. “break-through rule” rende le misure difensive di carattere preventivo (limiti,
statuari o parasociali, al trasferimento dei titoli o all’esercizio del voto) inefficaci ni confronti dell’offerente.
1
Destinatari dell’offerta
Le offerte obbligatorie
L’offerta pubblica di acquisto è obbligatoria quando c’è la concentrazione di una partecipazione significativa
in capo ad un unico soggetto (o a una coalizione). È sostanzialmente uno strumento offerto dal legislatore
per consentire agli azionisti di minoranza di vendere le proprie azioni (concedendo un’opportunità di
ripensamento) in ragione dell’alterazione rilevante della situazione iniziale. La partecipazione è considerata
significativa qualora, tramite l’acquisto o a seguito di maggiorazione del diritto di voto, questa sia superiore
al 30% del totale. Tale soglia è abbassata al 25% per le società diverse dalle PMI2. Le PMI possono inoltre
prevedere diverse soglie nel loro statuto, purché non inferiore al 25% e non superiore al 40%. Per ciascuna
categoria di titoli, l’offerta è promossa a un prezzo “non inferiore a quello più elevato” pagato dall’offerente
nei dodici mesi anteriori alla comunicazione di offerta per acquisti di titoli della medesima categoria.
Le offerte preventive
L’offerta preventiva totalitaria e l’offerta preventiva parziale hanno l’effetto di esimere il soggetto che
abbia superato la soglia rilevante dall’obbligo di procedere a offerta successivamente totalitaria.
Tipologie di OPA
L’offerta pubblica di acquisto può essere volontaria o obbligatoria. Nel secondo caso la legge prevede le
fattispecie in cui scatta l'obbligatorietà. Fino al 2014 l'obbligo sorgeva qualora un soggetto (anche in
concerto con altri) venisse a detenere, a seguito di acquisti a titolo oneroso, una partecipazione nel capitale
ordinario della società superiore al trenta per cento. Successivamente la legge n. 116 del 11 agosto 2014 (il
"Decreto Competitività") ha apportato importanti modifiche alla disciplina delle società quotate contenuta
nel Testo Unico della Finanza (TUF), modifiche che si riverberano anche sulle offerte pubbliche e che
verranno esposte più avanti.
2
Piccole e Medie Imprese
maggioranza dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria (art. 106 del TUF, comma 3, punto b).
• Squeeze out
Chi, a seguito di un'offerta totalitaria, arriva a detenere almeno il 95% del capitale di una società
italiana quotata, ha il diritto di acquistare i titoli residui entro tre mesi dal termine dell'offerta: per
avvalersi di questo diritto l'offerente deve però averlo dichiarato nel documento di offerta (art. 111
del TUF). Nella pratica internazionale questo istituto viene comunemente definito “squeeze out”.
DIRETTIVA PSD:
L’obbiettivo di tale direttiva è quello di armonizzare le regole in materia di servizi di
pagamento elettronici al fine di agevolare il buon funzionamento del mercato unico
dei servizi di pagamento al dettaglio. La PSD costituisce infatti le fondamenta
giuridiche della SEPA (Single Euro Payment Area), ossia un’area perfettamente
integrata e concorrenziale in cui non vi siano differenze di trattamento tra
pagamenti nazionali e transfrontalieri in euro. Il fine della SEPA è infatti quello di
creare un mercato dei pagamenti armonizzato, che offra ai consumatori strumenti di
pagamento comuni basati su standard operativi uniformi, utilizzabili con la stessa
sicurezza e alle stesse condizioni in tutto il territorio dell’UE. In quest’ottica, la PSD
ha permesso di definire, all’interno di una cornice giuridica unitaria, gli aspetti
fondamentali dei servizi di pagamento come: i requisiti di accesso al mercato per i
fornitori; la trasparenza delle condizioni relative all’erogazione dei servizi stessi; i
diritti, gli obblighi e le responsabilità di prestatori e utenti.
DIRETTIVA PSD2:
L’obbiettivo di tale nuova direttiva è quello di garantire un mercato dei pagamenti
maggiormente integrato, basato su regole chiare, moderne e uniformi che possa
stimolare la crescita economica in tutta l’UE. Più nello specifico la nuova normativa
dovrebbe costituire il presupposto per rafforzare la fiducia nel mercato dei
pagamenti.
la PSD2 si applica a tutti i servizi di pagamento elettronici.
Tra le principali novità apportate dalla PSD2, si annovera l’apertura del mercato dei
servizi di pagamento a due nuove categorie di operatori cosiddetti third party
providers (TPPs): i prestatori di servizi di disposizione di ordini di pagamento
(Payment Initiation Service Providers, PISPs) e i prestatori di servizi di
informazione sui conti (Account Information Service Providers, AISPs). I PISP
consentono di effettuare pagamenti online. Gli AISPs offrono invece, tramite una
piattaforma online, un servizio di consolidamento delle informazioni riguardanti i
diversi conti intestati al cliente, consentendo al cliente stesso di avere una visione
chiara e complessiva della propria situazione finanziaria.
CROWDFUNDING:
Particolare tecnica, che permette il finanziamento di iniziative di vario genere
attraverso la raccolta di capitali tra la folla, effettuata tramite l’utilizzo di una
piattaforma online.
Esistono diverse tipologie di crowdfunding che si differenziano per la modalità di
remunerazione prevista per il finanziatore.
- Donation based crowdfunding. Il finanziamento avviene tramite donazione di una
somma di denaro in favore di una specifica iniziativa, senza ricevere nessun tipo di
ricompensa
- Reward-based crowdfunding. A fronte dell’erogazione di una somma di denaro, i
finanziatori ricevono una remunerazione non finanziaria, ossia un riconoscimento
sociale o personale.
- Lending-based crowdfunding. Imprese o individui privati ottengono fondi dalla
gente sotto forma di contratti di prestito.
- Royalty based o profit-sharing crowdfunding. Il finanziamento di un’iniziativa
imprenditoriale viene ricompensata con le partecipazioni ai futuri profitti della
stessa.
- Investment based crowdfunding. Particolari tipi di imprese emettono azioni o
obbligazioni (in Italia Legge di Bilancio 2019 introduce prossibilità di emettere
obbligazioni a start-up e PMI) e li offrono al pubblico tramite una piattaforma online.
Rientra in questa categoria l’equity crowdfunding.
EQUITY CROWDFUNDING:
Rappresenta un’efficace fonte di finanziamento alternativa che assume particolare
rilevanza soprattutto per le imprese che tipicamente sono escluse dal mercato del
credito per l’assenza di asset tangibili da porre a garanzia oppure semplicemente
perché troppo piccole e rischiose.
Per quanto riguarda gli investitori, tra le opportunità principali che l’equity
crowdfunding offre loro, abbiamo sicuramente l’elevato potenziale di rendimento;
le persone fisiche possono godere di una detrazione fiscale pari al 30% di quanto
investito e le persone giuridiche di una deduzione dei ricavi pari al 30%
dell’investimento.
In generale i regimi adottati dagli Stati membri presentano il duplice obbiettivo di
promuovere il crowdfunding come nuova fonte di finanziamento per le piccole
imprese, garantendo al contempo la difesa degli investitori dai possibili rischi che
esso comporta. L’Italia è stata il primo paese europeo a dotarsi di una displina
specifica in materia di equity crowdfunding con Regolamento CONSOB.
Le principali novità riguardano:
- L’obbligo per i gestori dei portali online di aderire ad un sistema di indennizzo a
tutela degli investitori
- Il rafforzamento degli obblighi in tema di conflitto di interesse
- La possibilità di recesso e di co-vendita per tutte le tipologie societarie entro un
limite temporale di solito di tre anni
L’attività di gestione dei portali online per l’equity crowdfunding è riservata a due
tipologie di soggetti: le imprese di investimento e le banche autorizzate ai relativi
servizi di investimento (c.d. gestori di diritto) e i soggetti iscritti in un apposito
registro tenuto dalla CONSOB.
FINTECH:
Con il termine FinTech, abbreviazione di tecnologia finanziaria, si indentifica un
ecosistema, in continua evoluzione, di innovazioni tecnologiche applicate al settore
finanziario, che si concretizzano in nuovi modelli di business, processi e prodotti e i
cui effetti sono dirompenti e di carattere rivoluzionario sia per i mercati finanziari
che per le istituzioni. FinTech comprende alcune tra le principali innovazioni degli
ultimi anni che investono tutti i settori dell’intermediazione bancaria e finanziaria: il
crowdfunding, la robo advice, il P2P, le valute virtuali, lending platforms, la
blockchain ecc.
Le innovazioni FinTech in più consentono di semplificare il più possibile la fruizione
dei servizi finanziari, permettendo di compiere operazioni in qualunque momento e
ovunque ci sia connessione, tramite i propri dispositivi mobili.
Al fine di sostenere l’innovazione apportata dalle nuove frontiere del FinTech ma
nello stesso tempo proteggere i consumatori e la stabilità del sistema finanziario dai
rischi ad essa legati è indispensabile innovare il sistema normativo adeguandolo
all’evoluzione in atto.
La regolamentazione si basa sul principio di neutralità tecnologica (same services-
same riskssame rules) e sulla necessaria conformità alle regole di tutela del
consumatore. Inoltre, il regolatore deve fare in modo di individuare norme che
assicurino un level playing field e che non creino sovrapposizioni di regole e di
competenze ed incertezze che fomentino fenomeni opachi.
I rischi e le opportunità di Fintech sono legati a:
• Approcci regolatori e coordinati;
• Tutela europea del consumatore;
• Over-regulation; la paura della novità tecnologica può portare ad una
regolazione eccessiva che aumenta i costi e rende il sistema inefficace ed
eccessivamente burocratico.
• Non sottovalutare l’apporto umano; l’apporto umano resta rilevante.
La MIFID II è andata ad interagire laddove la crisi finanziaria globale e la crisi dei debiti sovrani
hanno causato una conflittualità della realtà concreta, evidenziando una serie di limiti che la
direttiva ha dimostrato di avere e che il legislatore ha ritenuto di rimuovere. L’approccio del
regolatore europeo è quello preventivo sulla base di ciò che accade. Comunque sia si riparte dalla
MIFID I che continua a rappresentare una direttiva ad ampio raggio che si concentra su tutta la
prestazione dei servizi di investimento. Vi è, dunque, uno sviluppo ulteriore del concetto di best
execution.
Una delle novità dell’approccio MIFID è il principio (descritto dall’art.19 della direttiva) attraverso
il quale si fa riferimento al modo onesto, equo e professionale con il quale gli operatori devono
agire per assicurare il miglior interesse dei clienti (ciò ha portato ad una maggiore
responsabilizzazione degli intermediari).
Nel 2018 c’è stato un nuovo regolamento intermediari (Regolamento CONSOB) secondo cui:
- I clienti devono essere a conoscenza della loro classificazione in quanto clienti retail,
professionali o controparti qualificate.
- Gli intermediari devono garantire la migliore esecuzione possibile degli ordini dei clienti
(obbligo di best execution – non solo riguardante il prezzo ma riguardante la rapidità di
esecuzione dell’operazione).
La MIFID introduce negli articoli 21 e seguenti del TUF tutte le regole di condotta degli
intermediari, specificate nel regolamento CONSOB intermediari. L’articolo 21 è stato più volte
modificato attraverso le direttive per essere riadattato all’evoluzione delle architetture
istituzionali; mentre prima (fino al 2007) si faceva riferimento soltanto al TUF e al regolamento
intermediari, ora si fa riferimento anche alle guide lines dell’ESMA (come nuova autorità di
vigilanza del mercato finanziario). L’articolo 21 è la norma cardine che sancisce il rapporto
intermediario – cliente e stabilisce dei criteri generali a tutela degli investitori. Questo articolo
riguarda le conseguenze che la violazione delle regole di condotta determina sulle contrattazioni e
sui riflessi negativi che possono avere sulla fiducia dei meccanismi di mercato. Tale articolo,
inoltre, sancisce un altro aspetto che garantisce la tutela dell’investitore: il buon funzionamento
della società che si rispecchia mediante un’elevata regolazione dell’organizzazione interna.
**Possibile domanda d’esame**
Quali sono le finalità della vigilanza?
Facciamo riferimento all’art.5 del TUF secondo cui l’attività di vigilanza ha per obiettivi:
- Salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario
- Tutela degli investitori
- Stabilità e buon funzionamento del sistema finanziario
- Competitività del sistema finanziario
- Osservanza delle disposizioni
A tal proposito è utile ricordare che Banca d’Italia è competente per quanto riguarda il
contenimento del rischio, la stabilità patrimoniale e la sana e prudente gestione degli intermediari;
la CONSOB è competente per quanto riguarda la trasparenza e la correttezza dei comportamenti.
Entrambi esercitano i propri poteri di vigilanza nei confronti di soggetti abilitati, operano in modo
coordinato al fine di ridurre al minimo gli oneri gravanti sui soggetti abilitati e si danno reciproca
comunicazione dei provvedimenti assunti.
Una nuova formulazione dell’art.5, con decreto 164 del 2007, ha inserito tra i compiti assegnati
all’organo di vigilanza la “salvaguardia della fiducia nel sistema finanziario”
**RICORDARE**
Le norme sui requisiti patrimoniali per il settore bancario sono:
- Regolamento sui requisiti patrimoniali (CRR) -> Stabilisce requisiti patrimoniali in materia di
fondi propri, liquidità e rischio di credito per le imprese di investimento e gli enti creditizi
(banche)
- Direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD IV) -> Stabilisce norme su riserva di capitale,
remunerazione e bonus di banchieri, vigilanza prudenziale e governo societario. Essa aveva già
previsto una serie di oneri di governance.
La fase dell’adeguatezza viene estesa, non solo alla fase di proposta e vendita, ma anche alla fase
di concepimento del prodotto e relativo design.
Collegato alla product governance, abbiamo la product intervention:
È il potere dell’autorità di vigilanza sospendere la commercializzazione o la vendita di strumenti
finanziari quando l’impresa non ha sviluppato un processo di approvazione del prodotto efficace.
Nella fase di ingegnerizzazione del prodotto, la MIFID prevede espressamente la fase di
approvazione del prodotto. C’è un giudizio scritto in cui viene identificato che il prodotto presenta
certe caratteristiche che ne rappresentano l’effettiva adeguatezza.
La product intervention è l’extrema ratio, cioè può essere adottata soltanto laddove si accerti che
gli obiettivi di tutela che si vogliono perseguire non possono essere efficacemente realizzati
attraverso l’applicazione delle norme esistenti.
La MIFID II prevede anche la disciplina per l’INDUCEMENT:
Introduce una serie di limiti in tema di fornitura di informazioni in merito ai pagamenti a favore
dell’intermediario. I pagamenti che sono necessari alla prestazione di servizi d’investimento, come
ad esempio costi di custodia, competenze di regolamento e cambio, prelievi obbligatori non sono
soggetti a questi obblighi/limiti.
Vi sono poi degli obblighi aggiuntivi che possono includere il divieto o restrizione dell’offerta o
accettazione di commissioni o altri benefici pagati o forniti da terzi in relazione alla prestazione del
servizio ai clienti.
Nella MIFID II sono rafforzati i requisiti di best execution. Viene prevista un’esecuzione degli ordini
a condizioni più favorevoli al cliente. Vi è la necessità per le imprese di investimento di adottare
misure sufficienti per ottenere il miglior risultato possibile e di dimostrare di aver eseguito gli
ordini in conformità della propria strategia in materia di esecuzione non solo nei confronti dei loro
clienti, ma anche nei confronti dell’autorità competente.
• Vi è l’obbligo di fornire al cliente i dati relativi alla qualità dell’esecuzione delle operazioni
con frequenza almeno annuale
Sono precisate le tipologie di servizi e di strumenti finanziari (non complessi – azioni, obbligazioni,
fondi armonizzati) per le quali si opera in modalità di execution only (mera esecuzione dell’ordine
– viene eseguito l’ordine impartito dal cliente).
Il Whistleblowing:
Si intende la segnalazione da parte di un lavoratore, ovvero di un soggetto all’interno dell’azienda,
di un’irregolarità (reato) di cui egli venga a conoscenza.
Domanda da ricordare: