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STORIA
Il primo modello di sistema di d.i.p risale all'epoca romana, il c.d ius gentium, quel diritto
destinato a regolare i rapporti tra peregrini di città diverse e peregrini e romani.
In questo periodo, con l'estensione della cittadinanza romana a tutta la popolazione,
non esistevano problemi di conflitto di legge, perchè il diritto romano si applicava a tutta
la popolazione.
Con la caduta dell'impero romano e la costituzione dei regni barbarici le cose sono
cambiate. I re barbarici, infatti, hanno adottato la regola del "ciascuno legi sua vivit",
cioè si applicava la legge del gruppo etnico di appartenenza del soggetto, quindi si
affermò il principio della personalità.
Con la nascita del Sacro Romano Impero, il principio della personalità del diritto venne
sostituito con il principio di territorialità, secondo cui si applicava la legge del territorio a
prescindere dalla nazionalità del soggetto.
Cioè, la legge emanata dall'autorità territoriale si applicava, all'interno di quel territorio,
a tutti gli abitanti, a prescindere dalla loro nazionalità.
Per quanto riguarda, invece, i conflitti trasnazionali si applicava la lex fori, cioè le
autorità giudicavano secondo le proprie leggi le controversie che sorgevano nella
propria circoscrizione.
Con l'abbandono del sistema feudale, la nascita delle citta e lo sviluppo delle relazioni
commerciali, crebbero anche i conflitti di legge e di giurisdizione.
Si assistette, così, alla creazione di veri e propri sistemi di d.i.p, alcuni emanati dalle
autorità centrali (stato) o locali (città), altri di elaborazione dottrinale o
giurisprudenziale.
In realtà, il vero e proprio d.i.p si sviluppo all'inizio del secondo millennio, grazie alla
riscoperta del diritto romano, che venne visto come ius univerale, da parte dei giuristi
della scuola di Bologna e della scuola dei commentatori.
Nonostante ciò, però, il d.i.p non era l'unico diritto, ma coesisteva con i diritti degli
ordinamenti particolari (soprattutto entrava spesso in conflitto con gli statuti nell'Italia
dei comuni e con le consuetudini in Francia).
Infatti, poco dopo venne visto, non più come diritto unico, ma come ius commune, cioè
come un elemento di un sistema di fondi che coesisteva e si coordinava con i diritti degli
ordinamenti particolari.
Per molto tempo si è discusso circa il carattere del d.i.p, se avesse carattere universale o
particolare, se avesse una vocazione internazionalistica o nazionalista, ecc.
Per molti anni è prevalsa la teoria universalistica e i maggiori sostenitori di questa teoria
furono:
* Savigny --> che elaborò il principio dell'armonia delle decisioni. Cioè, secondo Savigny,
lo Stato non ha nessun interesse a regolare fattispecie che presentano degli elementi di
collegamento significativi con altri ordinamenti. Inoltre, la scelta della legge applicabile a
quella fattispecie deve essere fatta, non in funzione di una sorta di rispetto nei confronti
dell'autorità che ha emanato quella norma, ma in funzione della lagge più conveniente
per quella fattispecie, cioè si deve tenere conto degli interessi privati.
Infatti, la parole chiave dell'elaborato di Savigny è "conflitto di interessi", cioè c'è un
conflitto di interessi tra più ordinamenti circa la regolamentazione di una fattispecie
privatistica.
* Mancini --> sostenne il principio dell'applicazione della legge dello stato di cui la
persona è cittadina.
Mancini era un grande sostenitore delle teorie personalistiche, cioè riteneva che
nell'individuare la legge applicabile è opportuo tenere conto dei criteri personali fondati
sulla nazionalità, e non dei criteri territoriali (come il luogo dove è situato il bene
oggetto della controversia).
Mancini diceva che l'elemento fondamentale del d.i.p è la nazionalità e sostiene
l'applicazione della legge della cittadinanza per lo statuto personale, che non riguardava
solo la condizione della persona, ma era esteso anche ai rapporti di famiglia e alle
successioni, mentre rimette alla scelta delle parti la legge applicabile alla materia dei
beni e delle obbligazioni.
Le fonti giuridiche del d.i.p sono le fonti dell'ordinamento di riferimento (nel nostro caso
quello italiano) quindi le norme variano da paese a paese. Una certa omogeneità, però,
è garantita dal fatto che molte norme sono contenute in trattati internazionali e molte in
atti del diritto dell'UE.
Quindi, il d.i.p è il diritto interno, è un insieme di norme interne che sono volte a
disciplinare fattispecie privatistiche che presentano degli elementi di estraneità con il
proprio ordinamento.
Le norme del d.i.p. hanno un carattere meramente strumentale, cioè sono volte, non a
disciplinare una determinata fattispecie, ma semplicemente a individuare la legge
applicabile a quella fattispecie. Infatti, vengono chiamate:
- norme di scelta di legge;
- norme di conflitto --> perchè risolvono un conflitto tra due o più ordinamenti
apparentemente in contrasto tra loro (l'ordinamento del foro e quello con cui la
fattispecie è collegato);
- norme neutre --> perchè non dettano una disciplina, ma si limitano a identificare la
legge applicabile.
NORME D.I.P
Le norme di d.i.p sono riconducibili a 4 diverse tipologie:
-->fattispecie transnazionali e possono essere:
1) norme di d.i.p materiale --> quelle norme che non si limitano a individuare la legge
applicabile, ma disciplinano direttamente quella fattispecie.
Nel nostro sistema le norme a carattere materiale sono piuttosto poche, la maggior
parte delle norme della l. 218/95 sono norme di conflitto.
Le norme materiali sono soprattutto quelle che regolano il commercio internazionale e
vengono chiamate lex mercatoria.
Le norme di diritto materiale hanno precedenza rispetto le norme di conflitto, perchè
l'esistenza di una disciplina ad hoc previene il conflitto di leggi.
2) norme di conflitto --> norme che dettano dei criteri (criteri di collegamento) al fine di
individuare la legge applicabile a quella fattispecie transnazionale.
Vi sono anche le norme di conflitto c.d unilaterali, cioè quelle norme che individuano
come legge applicabile a una determinata fattispecie transnazionale la legge italiana,
senza ricorrere ai criteri di collegamento.
Es: art 25 che sancisce l'applicabilità della legge italiana a tutte le società che hanno in
Italia la loro sede dell'amministrazione o l'oggetto principale dell'impresa.
- norme sulla competenza giurisdizionale --> norme che hanno il compito di stabilire in
quali casi il giudice è competente a pronunciarsi in relazione a fattispecie che
presentano degli elementi di estraneità rispetto all'ordinamento del foro.
- norme sul riconoscimento --> norme che stabiliscono se e a quali condizioni gli atti
emanati da un autorità possono avere efficacia anche in un ordinamento diverso
rispetto a quello di appartenenza dell'autorità che li ha emanati.
- regole di funzionamento --> norme accessorie rispetto alle norme di conflitto, sono
norme volte a stabilire i limiti, le condizioni necessarie affinchè un giudice possa
applicare il diritto straniero designato dalla norma di conflitto interna.
Le regole di funzionamento stabiliscono:
* quando la norma di conflitto interna designa una norma di diritto straniera sostanziale
o di conflitto, le quali, a loro volta, possono richiamare un altra legge;
* quando il diritto straniero non si può applicare perchè contrasta con i principi
fondamentali dell'ordinamento del foro;
* come deve essere applicata e interpretata la legge straniera, ecc.
Le regole di funzionamento trovano applicazione solo quando il diritto straniero è
designato da una norma di conflitto interna e non quando è designato da una norma di
conflitto di fonte comunitaria o internazionale, perchè i regolamenti dell'UE e le
convenzioni internazionali hanno la caratteristica di applicarsi in modo uguale a tutti gli
stati.
ELEMENTO DI ESTRANEITA'
Gli elementi di estraneità si atteggiano in modo diverso a seconda delle diverse tipologie
di norma di d.i.p. Non tutte, infatti, contengono nella fattispecie l'indicazione specifica
dell'elemento di estraneità (es norme di conflitto, norme sulla giurisdizione) e quando
ciò non avviene la norma potrà essere applicata in presenza di qualunque elemento di
estraneità.
Contengono, invece, un elemento specifico di estraneità le norme materiali e le norme
sul riconoscimento.
Bisogna distinguere:
- elemento di estraneità --> è un concetto non giuridico, ma meramente reale, fattuale;
- elemento di collegamento --> è un concetto giuridico, frutto della scelta del legislatore;
cioè è un dato che il legislatore ritiene rilevante ai fini dell'individuazione della legge
applicabile.
Normalmente gli elementi di estraneità coincidono con gli elementi di collegamento (ciò
che è elemento di estraneità è anche elemento di collegamento con l'ordinamento
straniero) questo, però, non sempre succede, talvolta possono anche non coincidere.
Es: Tizio proprietario di nazionalità francese i cui beni sono localizzati in Italia.
L'art 51 "POSSESSO E DIRITTI REALI" sancisce che: "il possesso, la proprietà e gli altri
diritti reali sui beni mobili e immobili sono regolati dalla legge dello stato in cui i beni
si trovano".
Quindi, in questo caso l'elemento di estraneità è la nazionalità francese, il criterio di
collegamento è il luogo in cui sono situati i beni. (in questo caso non coincidono)
Es: Art 20 sancisce che: " la capacità giuridica delle persone fisiche è regolata dalla loro
legge nazionale".
In questo caso l'elemento di estraneità e il criterio di collegamento coincidono, è la
nazionalità della persona della cui capacità giuridica si tratta.
CRITERI DI COLLEGAMENTO
Il criterio di collegamento dice al giudice in quale ordinamento andare a prendere la
norma applicabile a quella fattispecie che presenta elementi di estraneità.
Il giudice, una volta individuato l'ordinamento straniero competente, deve individuare la
legge applicabile e poi deve comportarsi come giudice naturale di quella controversia
dinanzi a lui pendente, cioè deve applicare i criteri ermeneutici propri dell'ordinamento
individuato.
Tra i criteri di collegamento quello più importante è quello giuridico e personale della
cittadinanza.
L'acquisto della cittadinanza, normalmente, segue due criteri:
- ius soli --> secondo cui si acquista la cittadinanza di uno stato per il semplice fatto di
essere nati sul suo territorio, indipendentemente della cittadinanza dei genitori.
- ius sanguinis --> secondo cui si acquista la cittadinanza del genitore ,
indipendetemente del luogo di nascita.
Oggi, con la riforma avvenuta nel 1995, si ha un sistema ben organizzato, infatti, tale
legge, contiene una serie di norme che disciplinano tutti gli aspetti sostanziali e
processuali dei rapporti privatistici che presentano degli elementi di estraneità con il
proprio ordinamento.
La legge 218 è stata modificata con il decreto legislativo 2016 che istituì le unioni civili
anche nel caso di persone omessuali.
1. FONTI INTERNE
La legge 218 è la fonte principale e costa di 74 art che sono divisi in 5 titoli:
- I titolo --> costituito dall'art 1 che definisce l'ambito di applicazione di questa legge e
dall'art 2 che definisce il limite di applicazione di questa legge.
L'art 2, infatti, dice che: " tale legge non pregiudica le convenzioni internazionali".
Significa che, nel caso di contrasto prevale sempre la convenzione di diritto uniforme e
non è necessario che il giudice sollevi questione di legittimità costituzionale.
(Questo è importante perchè la prevalenza dei trattati diversi dal diritto dell'UE è
garantita soltanto per via accentrata, cioè attraverso il giudizio della Corte Cost).
- II titolo --> costituito da una serie di art che contengono delle norme volte a
disciplinare il processo civile internazionale, cioè quel processo civile che ha ad oggetto
fatti o atti che presentano degli elementi di estraneità.
Importante a riguardo è l'art 12 che sancisce: "al processo civile si applica la legge
processuale italiana". Significa che il processo civile rientra nell'ambito del diritto
internazionale pubblico, cioè ha carattere territoriale.
- III titolo --> è il più importante perchè contiene le vere e proprie norme di conflitto,
cioè quelle norme che individuano la legge applicabile.
- IV titolo --> costituito da una serie di articoli che contengono delle norme che hanno il
compito di individuare le modalità, le procedure necessarie affinchè un atto o
provvedimento straniero possa considerarsi efficace.
Oltre alla legge 218/95 vi sono altre fonti interne del d.i.p italiano come:
* la legge 184/1983 --> legge sull'adozione internazionale
* la legge sul divorzio
* il codice di navigazione --> è una fonte ordinaria ma speciale quindi in caso di conflitto
prevale.
Quindi, le fonti del d.i.p sono fonti interne, quindi variano da paese a paese. Una certa
omogeneità, però, è garantita dal fatto che molte norme sono contenute in trattati
internazionali e in atti del diritto dell'UE.
Cosi come sancisce l'art 2 della legge 218, in caso di contrasto prevale la convenzione
internazionale. Inoltre, sempre l'art 2 sancisce che le norme contenute nella
convenzione devono essere interpretate tenendo conto del carattere internazionale e
dell'esigenza di uniformità. Cioè, il giudice deve applicare i criteri ermeneutici stabili
nella convenzione e non quelli del proprio ordinamento.
Si dice che le convenzioni di diritto uniforme hanno avuto vita breve perché sono stati
assorbiti, sostituiti dai regolamenti dell'UE.
ES. convenzione di Roma sostituita dal regolamento UE Roma I.
3. FONTI COMUNITARIE
Alcune norme di d.i.p sono contenute anche negli atti del diritto dell'UE e quest'ultimi
prevalgono rispetto alle norme interne in virtù del principio di supremazia del diritto
comunitario.
In realtà, tutte le norme interne che disciplinavano le stesse materie che sono
disciplinate a livello comunitario sono state eliminate, quindi questa contrasto non viene
ad esistere.
Tutti i regolamenti contenenti norme di conflitto sono erga omnes, cioè si applicano
anche se la fattispecie presenta dei collegamenti con Stati non facenti parte dell'UE.
Es di regolamenti UE:
- reg. Bruxelles I bis;
- reg. Bruxelles II bis;
- reg. Rima III, ecc.
L'importanza del d.i.p cresce in modo proporzionale all'aumentare della mobilità delle
relazioni umane. La mobilità delle relazioni umane comporta l'esigenza di fare circolare i
valori giuridici.
Il sistema di d.i.p, infatti, prevede un apertura ai valori giuridici stranieri, perchè si
ritiene che nessuno stato ha interesse a regolamentare delle fattispecie che presentano
degli elementi di collegamento significativi con un altro ordinamento.
Questa apertura ai valori giuridici stranieri avviene:
* attraverso il richiamo a leggi stranieri per la disciplina di fattispecie che presentano
degli elementi di collegamento significativi con altri ordinamenti;
* attraverso il riconoscimento dell'efficacia degli atti e provvedimenti stranieri, purchè
rispettano l'ordine pubblico e le regole del giusto processo;
* attraverso il diniego della competenza giurisdizionale del giudice interno a disciplinare
fattispecie che presentano degli elementi di collegamento con altri ordinamenti.
Inoltre, il sistema di d.i.p garantisce, non solo la penetrazione dei valori giuridici
stranieri, ma garantisce anche l'applicazione dei valori giuridici italiani a fattispecie che
presentano degli elementi di estraneità con il nostro ordinamento. Questo avviene:
* attraverso il richiamo di leggi italiane o il riconoscimento della competenza
giurisdizionale a un giudice interno per la disciplina di fattispecie che presentano il
contatto più significativo con il nostro ordinamento;
* attraverso meccanismi di chiusura dell'ordinamento giuridico interno, volto ad:
1) evitare la penetrazione di valori giuridici che contrastano con l'ordine pubblico
interno;
2) garantire l'applicazione di alcune norme interne (norme di applicazione necessaria)
che si impongono rispetto ad altre in virtà del loro contenuto e scopo.
Inizialmente, l'onere di dimostrare questa condizione di reciprocità era posto a capo del
soggetto che invocava questa condizione, oggi, invece, è applicabile d'ufficio.
Questo per dire come sia importante l'operazione di qualificazione che deve svolgere il
giudice:
- prima per individuare la norma di conflitto;
- poi per individuare la norma regolatrice della fattispecie.
DEPECAGE
Il depecage consiste in una particolare tecnica di redazione delle norme ci conflitto.
Depecage significa ‘frazionamento’ e consiste nel dedicare norme diverse ad uno stesso
istituto. Cioè una fattispecie viene divisa in più aspetti giuridicamente rilevanti e ognuna
può essere sottoposta ad un ordinamento diverso.
FRAZIONAMENTO: spezzettare una fattispecie per studiare tutti gli aspetti fondamentali
che la compongono, è utilizzato in via di applicazione e interpretazione.
QUESTIONI PRELIMINARI
Si tratta di quelle questioni che sono priotitarie rispetto alle questioni di merito, cioè la
soluzione della questione preliminare è logicamente necessaria affinchè si possa
procedere alla soluzione di quella di merito.
2. Qual'è la legge applicabile alla questione preliminare --> Sono state formulate 4 tesi
diverse:
- teoria legge forista --> secondo cui alla questione preliminare si deve applicare la
legge materiale del foro, cioè la legge interna.
Teoria che si predilige in Italia.
- teoria disgiunta --> secondo cui bisogna risolvere le due questioni (preliminare e di
merito) come se fossere indipendente l'una dall'altra. La questione preliminare è
disciplinata dalla norma di conflitto che la contempla.
Teoria usata soprattutto dall'ordinamento tedesco.
- teoria dell'assorbimento --> secondo cui alla questione preliminare si deve applicare la
stessa legge materiale applicabile alla questione principale .
Teoria applicata soprattutto in Francia.
- teoria congiunta --> secondo cui alla questione preliminare non si deve applicare la
legge materiale applicabile alla questione di merito, ma si deve applicare l'ordinamento
straniero che regola la questione principale nel suo complesso.
IL RINVIO
Il rinvio è quel meccanismo attraverso il quale la norma di d.i.p dispone l'applicazione di
una norma straniera.
Es. la norma di conflitto dice che la successione mortis causa è regolata dalla legge di
nazionalità del de cuius al momento della morte. L'ordinamento italiano rinuncia a
disciplinare quella fattispecie e dispone con un rinvio l'applicazione di una norma
straniera.
Il rinvio è globale, cioè non si rinvia alla legge straniere, ma si rinvia all'ordinamento
straniero nel suo complesso (ai suoi criteri ermeneutici, ai suoi principi costituzionali,
alle sue norme di d.i.p, ecc) non è un rinvio selettivo.
Viene detto anche rinvio di produzione, cioè si attribuisce valore di precetto normativo
ad una norma che sarebbe soltanto un fatto.
La ratio del rinvio è di fare in modo che l'ordinamento italiano non regoli rapporti che
non ha interesse a regolare, ma che ogni rapporto privatistico venga regolato
dall'ordinamento che ha effettivamente interesse a regolarlo.
Es. Successione del cittadino venezuelano morto in Italia i cui beni si trovano in Algeria.
La successione è regolata dalla legge nazionale del de cuius al momento della morte
(quindi Venezuela).
Ma l'ordinamento venezuelano stabilisce che la legge applicabile alla successione è
quella dello stato in cui si trovano i beni, quindi l'Algeria.
Può succedere però che il d.i.p algerino, per es, stabilisce che la successione è regolata
dalla legge di nazionalità degli eredi legittimari (per es argentini).
In questo caso l'art 13 dice che il rinvio altrove è ammesso solo se definitivo, cioè solo se
si ferma al terzo stato coinvolto (Algeria).
In caso contrario, cioè se non si ferma al terzo stato, si avrà un ritorno all'ordinamento
richiamato per primo (venezuelano).
Il 3 comma, invece, stabilisce che il rinvio altrove e indietro non sono ammessi in alcune
ipotesi particolarmente sensibili, es la filiazione, in cui la protezione giuridica del minore
prevale rispetto a qualsiasi meccanismo.
In materia di filiazione, riconoscimento del figlio il rinvio è ammesso solo se consente lo
stabilimento della filiazione.
Si tratta del c.d rinvio di favore, cioè il rinvio è ammissibile se nessuno dei collegamenti
previsti dagli articoli garantisce direttamente il risultato voluto e tra tutti i rinvii è da
preferire quello che porta al risultato più vantaggioso.
L'art 15 della legge 218 dice che: "la legge straniera è applicata secondo i propri criteri
di interpretazione e applicazione nel tempo".
Cioè quando il giudice italiano richiama la norma starniera, dovrà leggere la norma come
se fosse il giudice straniero, cioè il giudice italiano dovrebbe applicare la legge che
avrebbe applicato il giudice del paese richiamato dalle norme di conflitto del foro.
Il giudice dovrà guardare anche ad eventuali problemi di costituzionalità di quella norma
straniera con i principi costituzionali propri di quell'ordinamento richiamato:
- operando direttamente il controllo --> se il paese di cui si tratta prevede un controllo di
costituzionalità diffuso;
- rispettando le decisioni dell'organo a ciò deputato --> se il paese di cui si tratta prevede
un controllo di costituzionalità di tipo accentrato.
L'eventuale contrasto, invece, della norma straniera con la Cost italiana non dà luogo a
nessuna questione di costituzionalità, perchè la norma straniera non è compresa tra
quelle per le quali la Cost prevede il sindacato della Corte Cost.
Es. le norme del cc relative alla capacità di contrarre matrimonio sono norme di
applicazione necessaria, si applicano a prescindere dalla sussistenza di elementi di
estraneità.
Se Tizio intende contrarre matrimonio con una persona di nazionalità bulgara e il luogo
di celebrazione è Palermo, non sarà possibile per Tizio, ad es, contarre matrimonio con
una persona infraquattordicenne, anche se l'ordinamento astrattamente richiamabile
prevede diversamente.
ORDINE PUBBLICO
Altro limite all'applicabilità del diritto straniero è l'ordine pubblico.
L'art 16 dice che: "la legge straniera non si applica se i suoi effetti sono contrari
all'ordine pubblico".
"In questo caso si applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento
eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza si applica la
legge italiana".
Cioè, se la norma straniera risulta incompatibile con l'ordine pubblico, il giudice dovrà
cercare un altra norma straniera attraverso un altro criterio di collegamento che non
produca effetti incompatibili con l'ordine pubblico.
Se non ci riesce applicherà la legge italiana.
L'art 16 non configura un conflitto tra norme, ma guarda agli effetti che la legge
straniera produce in quel momento e in quello specifico caso. Cioè non è la norma
straniera ad essere considerata incompatibile con l'ordine pubblico, ma i suoi effetti che
essa produce nell'ordinamento interno.
Quindi, significa che la stessa legge potrà essere richiamata e applicata da un altro
giudice in un caso simile perchè non ravviserà questa incompatibilità.
La nozione di "ordine pubblico" è difficile da definire, perchè è una nozione relativa nel
tempo e nello spazio, si parla infatti di relatività dell'ordine pubblico, proprio per
sottolineare che si tratta di principi mutevoli nel tempo che seguono l'evoluzione delle
concezioni morali e sociali.
Una buona definzione è quella dataci dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 2006
dove dice che l'ordine pubblico è l'insieme di tutti quei principi desumibili dalla carta
cost o fondanti l'intero assetto ordinamentale in un preciso momento storico. E' una
nozione politica, sociologica, culturale.
In realtà non è così, perchè tutte le norme, di qualsiasi natura essa siano, recano una
scelta di fondo, una scelta che incide sulle situazioni giuridiche soggettive e, in questo
caso, la scelta ricade su un criterio di collegamento invece che un altro.
La Corte Cost, infatti, ha respinto la tesi che sosteneva la neutralità delle norme di
conflitto e ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di due norme di d.i.p: art 18 e 20
delle disp preliminari al cc, per violazione dell'art 3 e 29 della Cost (uguaglianza e parità
tra coniugi).
(Erano le norme che stabilivano l'applicazione della legge nazionale del marito in
relazione ai rapporti personali e patrimoniali tra coniugi nell'ipotesi in cui non vi fosse
una legge di nazionalità comune de coniugi).
Però c'è una soluzione a questo problema. E' il giudice ordinario che, in questo caso,
opera il sindacato di costituzionalità.
Cioè, generalmente, nel nostro ordinamento il sindacato di cost è fortemente
accentrato. In questo caso, invece, il sindacato di cost assume carattere diffuso
nell'ordinamento italiano.
E' il giudice ordinario che opera un controllo di cost della norma straniera. Se questa
norma presenta dei profili di incompatibilità con la nostra Cost, allora il giudice opererà
ai sensi dell'art 16 (rinvia al altre norme straniere e se non ci riesce applica la legge
italiana).
Quindi:
- se l'ordinamento richiamato prevede un controllo diffuso, il giudice italiano potrà
dichiarare l'inapplicabilità della norma straniera per incompatibilità con la Cost
dell'ordinamento richiamato;
- se l'ordinamento richiamato prevede un controllo accentrato di costituzionalità, il
giudice non potrà operare valutazioni circa la compatibilità o meno della norma
straniera con la Cost dell'ordinamento richiamato; il giudice italiano dovrà tenere conto
delle decisioni adottate dall'organo deputato a ciò.
Se il giudice non si accorge dell'incostituzionalità della norma straniera con la Cost
straniera, si configurerà un errore di diritto ricorribile per Cassazione.
Esistono delle norme che pongono determinati limiti al funzionamento delle norme di
conflitto:
a) limiti preventivi: norme che disciplinano materialmente (in tutto o in parte) le
fattispecie transnazionali, prevenendo alla radice il conflitto di leggi. Ne esistono due
categorie:
• norme di d.i.p. materiale, aventi ad oggetto solo le fattispecie con elementi di
estraneità;
I criteri di giurisdizione
Come per i criteri di collegamento, anche per quelli di giurisdizione è possibile che ci sia
un concorso di criteri che individuano una pluralità di fori competenti in ordine alla
medesima fattispecie:
Nel d.i.p., le parti hanno la possibilità di scegliere la legge e il foro; la volontà privata
funziona dunque come criterio di collegamento e di giurisdizione sui generis, di natura
personale.
La scelta di legge è prevista solo in determinate materie: per le obbligazioni contrattuali
(Reg. CE 593/2008), per determinati negozi diversi dal contratto (la l. 218/1995), per le
obbligazioni extracontrattuali (Reg. CE 864/2007), per le obbligazioni alimentari
derivanti da rapporti di famiglia (Reg. CE 4/2009), per la legge applicabile a separazione
e divorzio (Reg. 1259/2010).
La scelta di legge incontra però un limite nelle norme inderogabili dell’ordinamento al
quale si riferiscono gli elementi della fattispecie rilevanti come possibili criteri di
collegamento (per evitare che venga usata come strumento per sottrarre il negozio
all’applicazione di norme inderogabili).
La volontà privata può essere usata anche come criterio di giurisdizione dalle norme di
d.i.p. processuale: in questo caso, le parti possono scegliere se farsi giudicare dal giudice
di un Paese piuttosto che di un altro (o di deferire ad un arbitrato internazionale). La
scelta della giurisdizione è ammessa dall’art.4 l. 218/1995, dal Reg. CE 44/2001, dal Reg.
CE 2201/2003 (in misura più limitata, e solo relativamente alla responsabilità
genitoriale), dal Reg. CE 4/2009 (in misura più limitata, in materia di obbligazioni
alimentari della famiglia).
Il Reg. CE 593/2008 (che sostituisce la Convenzione di Roma, richiamata “in ogni caso”
dalla l. 218/1995) deferisce alla legge che sarebbe applicabile se l’atto fosse valido anche
le questioni relative all’esistenza e alla validità dell’atto con cui si compie la scelta di
legge.
L’esistenza e la validità dell’atto di scelta del foro competente sono sottoposte alla legge
designata dalla Convenzione di Roma (in virtù del richiamo della l. 218/1995). L’aspetto
della capacità giuridica è regolato da delle norme di conflitto (art. 20 e 23 l. 218/1995).