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La definizione di norme di applicazione necessaria nasce dalla dottrina ed ha una

funzione positiva, derogando le norme di diritto internazionale privato per il proprio


carattere di lex specialis all’interno del sistema delle norme di conflitto.
Le norme di applicazione necessaria vengono utilizzate per il soddisfacimento delle
esigenze pratiche dello Stato e come necessità di applicare la lex fori.

Ordine pubblico: rispetto e protezione dei principi fondamentali degli Stati. Non è
chiarita la distinzione ontologica esistente tra le due categorie, comportando
un ampio grado di imprevedibilità.

In origine vi era un’ unica categoria di “public policy”, ma tra il XIX e il XX secolo si è
arrivati alla distinzione tra ordine pubblico e norme imperative inderogabili.
Ordine pubblico rappresenta l’insieme dei principi fondamentali che caratterizzano
un certo ordinamento giuridico in un determinato periodo storico, impedendo
l’applicazione di una legge straniera o di un provvedimento straniero ogni qualvolta i
suoi effetti siano incompatibili con quelli della lex fori.
A questo punto, la dottrina e la giurisprudenza italiana e tedesca si sono interrogate
sull’esistenza di una categoria giuridica che potesse descrivere tale concetto: la
clausola generale. Le clausole generali rappresentano uno strumento per
affrontare le imprevedibili evoluzioni culturali e sociali del futuro (Rodotà).
Le norme di applicazione necessaria sono state anche definite come “norme
spazialmente condizionate” poiché impongono la loro applicazione su un certo
territorio o ad una certa persona. Questa definizione ha subito diverse evoluzioni:
• Savigny le definiva come norme imperative eccezionali originate in
ordinamenti giuridici interni che per la loro particolare natura pubblica
rappresentano un limite allo scambio di leggi ;
• Mancini (1874) affermava che tali norme esprimono l’ordine pubblico del foro,
cioè volte a salvaguardare la sovranità e l’indipendenza dello Stato, devono
essere sempre applicate nelle cause con elementi di estraneità;
• Anzilotti: alcune norme di diritto privato possono escludere l’applicabilità di
qualsiasi legge straniera a causa del loro spirito o della loro portata.
• Quadri: le norme di diritto pubblico positivo hanno la funzione di garantire
sempre la prevalenza della lex fori sul diritto straniero;
• Fedozzi e Biscottini: alcune norme sarebbero definibili “norme territoriali” e in
quei casi il legislatore sarebbe libero di determinare l’applicazione delle
norme interne.
Queste teorie contengono già l’idea che alcune disposizioni interne
possono prevalere sul meccanismo internazional-privatistico.
• Sperduti (1950): primo a definirle “norme di applicazione necessaria”, ancora
strettamente legate al concetto di ordine pubblico;
• Wengler: riconosce che alcune norme della lex fori possono essere applicate
imperativamente sulla base dell’interesse politico dello Stato;
• Nussbaum: Primo a parlare di “norme interne spazialmente condizionate”
che possono interferire e/o paralizzare il meccanismo del conflitto di leggi.
• De Nova: disposizioni di diritto sostanziale interno che devono essere
applicati in tutti i casi che rientrano in tale ambito e che prevalgono sui
sistemi di conflitto delle leggi del foro.
• Graulich: norme di applicazione necessaria come disposizioni che
pretendono di garantire la regolamentazione di casi transnazionali e legate
ad una scelta di politica legislativa che eccezionalmente consente che la
legge del foro prevalga sul sistema di conflitto delle leggi.
La definitiva affermazione della teoria delle norme di applicazione necessaria è
ritrovabile nell’opera di Phocion Francescakis. È avanzata la teoria che tale
categoria di norme condivide con l’ordine pubblico l’idea di limitare il funzionamento
delle norme di conflitto ma che queste hanno la particolarità specifica di non essere
espressione dei principi fondamentali , quindi le norme di applicazione necessaria
possono anche basarsi sulla necessità di garantire comunque la prevalenza
determinate esigenze di rilevanza pratica di uno Stato. I giudici hanno così un ruolo
cruciale nel decidere se una certa norma sia necessaria o meno. Quest’idea ha
trovato un’ importanza nel diritto internazionale privato.

Fin dal principio, alcuni studiosi hanno messa in guardia dai rischi intriseci legati alla
discrezionalità che caratterizzerebbe il lavoro dei giudici nello stabilire se una certa
disposizione di legge sia una norma di applicazione necessaria.
Argomento significativo è quello di Giovanni Pau che nega con forza la possibilità
che i giudici individuassero alcune norme della lex fori in grado di escludere
l’applicazione di norme di conflitto. Ma nella Convenzione di Roma del 1980 è
espressamente riconosciuta l’esistenza della categoria in questione. Altri autori
hanno sostenuto che dev’essere superata l’idea secondo cui le norme di
applicazione necessaria operino prima dell’applicazione di una norma in conflitto.
Deve, dunque, essere verificata in concreto e non può avvenire quando norma
interna e norma straniera conducono allo stesso risultato.
La distinzione tra ordine pubblico e norme di applicazione necessaria
risiederebbe solo nella tecnica normativa utilizzata dei legislatori per
soddisfare un certo interesse o raggiungere un certo obiettivo.
Heuze: la differenza tra i due risiederebbe in una mera speculazione intellettuale:
non esiste un minimo comune denominatore tra le norme di applicazione
necessaria tale da giustificare la prevalenza di queste sui meccanismi propri del
diritto internazionale privato. Ciò non può dunque che tradursi in una forma di
arbitrarietà.
Basedow: la distinzione tra norme di applicazione necessaria e ordine pubblico è
sempre più sottile nella realtà e l’unico vero limite al diritto internazionale privato
sono le norme imperative.

Analisi delle varie teorie dottrinali che hanno provato ad offrire una
giustificazione per la distinzione tra ordine pubblico e norme di applicazione
necessaria
a. Netta distinzione tra i principi fondamentali (Ordine pubblico) e gli
interessi degli Stati (norme di applicazione necessaria), Teoria sostenuta
principalmente da Tullio Treves. Il prof. Yves Lequette sostiene che mentre
l’ordine pubblico opererebbe solo in senso negativo, le norme di applicazione
necessaria richiederebbero sempre un’azione positiva che porta alla loro
applicazione in tutti i casi in cui queste pretendano di essere applicate.
Si svilupparono diverse critiche:
• La disciplina valutaria è tipicamente considerata come norma di
applicazione necessaria ma, al contempo, è stata più volte richiamata
come parte dell’ordine pubblico;
• I Principi interessi sono così strettamente collegati che difficilmente si
può tracciare una delimitazione sostanziale;
• Sulla netta distinzione tra la funzione negativa e positiva, oggi si
afferma che l’ordine pubblico possa operare sia negativamente, come
limite alle leggi e decisioni straniere, sia positivamente, cioè
imponendo l’applicazione di determinate norme.
Distinzione basata sull’interesse protetto: si può ricorrere alla categoria
delle norme di applicazione necessaria quando ciò è fondamentale per la
tutela di interessi pubblici degli Stati. Secondo Conforti, l’emanazione di tali
norme avverrebbe quando uno Stato vuole tutelare gli interessi pubblici
dell’ordinamento in un contrasto con interessi privati. Secondo Benjamin
Remy, l’ordine pubblico tutela gli interessi delle parti, mentre le norme di
applicazione necessaria tutela gli interessi degli Stati. Secondo alcuni critici
però questa teoria premetterebbe che certe norme non tutelino di fatto anche
gli interessi pubblici ma tutte le norme di intervento dello Stato nei rapporti
privati sono finalizzate alla tutela dell’interesse pubblico e, pertanto, non è
opportuno ricorrere alla dicotomia pubblico privato per individuare la fonte di
distinzione tra norme di applicazione necessaria e ordine pubblico.
Distinzione basata sulla natura pubblica o privata della fonte di diritto
interno pertinente. Secondo questa teoria le norme di applicazione
necessaria consisterebbero principalmente in leggi afferenti al diritto pubblico
e tutelerebbero solo interessi collettivi protetti dal diritto pubblico. Questa
impostazione è stata espressamente avallata di recente dal Tribunale di
Pisa, sottoposta all’ordinanza di rimessioni alla Corte costituzionale del 15
marzo 2018, che ha statuito che tutte le norme che regolano l’attività della
pubblica amministrazione sono da considerarsi spazialmente condizionata e
quindi necessaria applicazione sul territorio del foro.
Secondo Barile, vi sono alcuni casi in cui il diritto pubblico straniero può
avere una certa rilevanza in controversie transnazionali, anche in deroga al
diritto pubblico interno, con ciò confermando che quest’ultimo non gode
necessariamente della qualificazione di norme di applicazione necessaria.
Distinzione basata sul concetto di organizzazione statale, per cui le
norme di applicazione necessaria sarebbero viste come finalizzate ad
assicurare che il funzionamento di determinate norme ad espressione di
interessi politici, sociali, economici di un sistema giuridico non sia
compromesso dal funzionamento delle norme di conflitto.
Critiche:
• Il concetto di organizzazione statale non è del tutto chiaro perché, se
interpretato in senso restrittivo, questo riguarderebbe solo la struttura
dell’organizzazione statale, ergo non rientrerebbe nell’ambito
d’interesse del diritto internazionale privato.
• L’uniformità e la coerenza della regolamentazione di alcune aree
sensibili del diritto può essere garantita in concreto anche se il diritto
straniero ha lo stesso contenuto della lex fori sulla materia in
questione.
La Teoria presentata da Jean Pierre Karaquillo nel 1977 ha affermato che
l’ordine pubblico sarebbe, dunque, un limite all’applicazione del diritto
straniero a protezione di valori condivisi sul piano internazionale, mentre le
norme di applicazione necessaria sarebbero un insieme di norme che mirano
ad una garanzia preventiva della coerenza del diritto interno. Proprio in
questo senso, l’autore afferma che le norme pertinenti dovrebbero
presentare in concreto un punto di contatto con il caso per essere qualificate
come norme di applicazione necessaria.
La premessa è discutibile in quanto l’ordine pubblico proteggerebbe solo i principi
condivisi dalla comunità internazionale. Le norme di applicazione necessaria
possono trovare origine anche in fonti di diritto internazionale.
b. Distinzione basata sul prodotto della differenziazione tra principi e
regole
Secondo Sperduti mentre le norme di applicazione necessaria sono regole
che impongono positivamente una condotta, l’ordine pubblico consiste in
principi generali che funzionano in modo negativo, cioè come limitazione.
Questa tesi si basa sulla premessa che i principi sono una componente
intrinseca dei sistemi giuridici e sono spesso il risultato di un processo di
generalizzazione della ratio alla base delle norme specifiche. Il merito della
tesi di Bonomi risiede nel fatto che essa spiega come l’ordine pubblico e le
norme di applicazione necessaria condividano il loro fondamento
sostanziale.

È ragionevole affermare che le norme di applicazione necessaria e l’ordine pubblico


condividono un contenuto imperativo minimo.
Perché allora le norme di applicazione necessaria allora sono considerate concetto
autonomo? L’unica spiegazione plausibile si fonda sulle caratteristiche intrinseche
del diritto internazionale privato contemporaneo, connotato da un generale
atteggiamento di apertura verso valori stranieri. Tuttavia, vi sono ancora casi in cui
legislatore sceglie di escludere programmaticamente l’applicazione del diritto
straniero. Ciò avviene in tutti quei casi in cui gli Stati non si sentono ancora a
proprio agio con il metodo di conflitto bilaterale. Paolo Picone afferma che ogni
Stato tutela il mercato nazionale e ciò esclude a priori la possibilità che a quel caso
si applichi una legge straniera al posto della legge del foro. Le norme di
applicazione necessaria, secondo l’autore, sono il risultato di precise scelte di
politica legislativa. A sostegno di questa posizione vi sono due obiter dicta della
Corte di Cassazione italiana:
1. Norme di applicazione necessaria come forma di unilateralismo c. un generale
approccio bilaterale delle norme di conflitto. 2. Le norme di applicazione necessaria
devono essere espressamente stabilite dalla legge nazionale al fine di tutelare
principi ed esigenze fondamentali della comunità nazionale, escludendo il
funzionamento delle norme di conflitto.
Bisogna tener presente che la giurisprudenza e parte della dottrina continua a
proporre la tesi secondo cui i giudici avrebbero il potere di dedurre per via
preventiva l’imperatività di alcune norme e riguardo ciò è possibile sollevare due
critiche: 1. Non tengono conto dell’argomento secondo cui per derogare le norme di
conflitto sembra necessario che una legge dello stesso valore gerarchico preveda
tale deroga. 2. Gli unici esempi ricorrenti di norme di applicazione necessaria che si
possono trovare in dottrina riguardano norme alle quali il carattere imperativo
sovraordinato è stato conferito dal legislatore.
È possibile sostenere che le norme di applicazione necessaria possano essere
individuate in tre casi:
a. Norme di applicazione necessaria autodichiarate, il legislatore ha
conferito tale valore expressis verbis. Si può ritrovare il minimo comune
denominatore nella necessità di risolvere efficacemente una questione
giuridica garantendo il raggiungimento immediato di un determinato risultato.
In questo caso è evidente il bilanciamento compiuto dal governo italiano ma
norme di applicazione necessaria autodichiarate possono rinvenirsi anche in
contesti molto diversi, come la tutela dei contraenti deboli (art. 1, comma 2,
del decreto n.199/2012 emanato dal Ministero dell’Agricoltura, a tutela dei
piccoli agricoltori italiani contro un possibile pregiudizio contro le
multinazionali straniere) o il diritto di famiglia (legge italiana n.218 del 1995
che, all’art.32 ter, prevede l’inderogabilità della norma che stabilisce i motivi
che possono ostacolare la costituzione dell’unione registrata).
Le disposizioni di questa legge che attribuiscono potere al giudice
sono fortemente criticata in dottrina in quanto è difficile procedere a
tale individuazione in via interpretativa.
b. Norme di applicazione necessaria spazialmente condizionate: sono
norme che espressamente impongono la loro applicabilità a tutti i casi che
rientrano nel proprio ambito di applicazione, compresi i casi con elementi di
estraneità. Le esigenze di certezza del diritto e la necessità di evitare abusi
nel meccanismo delle norme di conflitto hanno indotto i legislatori ad
emanare norme che derogano al diritto internazionale privato. Così le norme
di applicazione necessaria rappresentano l’unico meccanismo per garantire
la prevalenza dei valori nazionali protetti.
c. Norme di applicazione necessaria derivanti da convenzioni di diritto
privato uniform. La Corte di Cassazione italiana ha riconosciuto
l’applicabilità della Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita
internazionale di beni mobili. In un obiter dictum ha riconosciuto
espressamente che il diritto privato uniforme è caratterizzato da elementi di
specialità, evitando di fare riferimento al meccanismo a due fasi che
caratterizza il diritto internazionale privato.
Gli Stati hanno scelto di far prevalere sempre la certezza del diritto e
l’uniformità internazionale della regolamentazione di determinate
materie rispetto all’autonomia delle parti e/o al conflitto di leggi.

Sembra che le norme di applicazione necessaria siano una forma di tecnica


legislativa ispirata da un’economia di ragionamento che si giustifica solo se
espressamente prevista dal legislatore. Dalle parole del Prof. Heuzé, questa
categoria non può diventare la soluzione del diritto internazionale privato per tutti i
casi in cui si preferisca applicare la lex fori. Se 1. I sistemi di diritto internazionale
privato si basano sul presupposto che la legge straniera debba essere applicata
laddove non sia concretamente contraria a principi fondamentali dell’ordinamento e
2. I principi fondamentali del foro sono garantiti dalla legge straniera in questione
non vi è alcun motivo per non applicare la legge straniera. L’applicazione della lex
fori va garantita quando la mancata applicazione pregiudicherebbe i valori
fondamentali dell’ordinamento. Esempi:
• Tribunale di Rovereto, decisione del 15 marzo 2007, in merito ad una causa
disciplinata dal diritto inglese tra un citt. Inglese ed uno italiano che
prevedeva una liquidazione dei danni a carico di quest’ultimo. Secondo la
parte italiana, la clausola di liquidazione dei danni poteva equipararsi a
norma di applicazione necessaria e, per questo motivo, andavano applicate
le norme italiane in materia. La corte, però, non ha considerato l’art. 1384
c.p. come imperativo.
• Tribunale di Napoli, sentenza del 13 giugno 2000, ha riconosciuto all’art.
1346 c.c. (che richiede che il corrispettivo di un contratto sia definito o
definibile) il valore di norma di applicazione necessaria in virtù della
necessità di certezza del diritto.

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