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PARTE PRIMA
SOVRANITÀ IMPOSITIVA, FONTI
ED ESERCIZIO DELLA POTESTÀ IMPOSITIVA
NEL CONTESTO INTERNAZIONALE
2 Sovranità, fonti e potestà nel contesto internazionale
I concetti fondamentali del diritto tributario internazionale 3
Capitolo I
I concetti fondamentali
del diritto tributario internazionale
2. La sovranità tributaria
3. Il collegamento all’imposizione
Capitolo II
Politiche fiscali ed extrafiscali:
loro ripercussioni nel contesto internazionale
duzione dei contributi pensionistici durante la vita lavorativa del soggetto, senza
poter assoggettare a tassazione la pensione che da essi scaturisce.
Similmente, la mancanza di flussi bidirezionali può avvertirsi nelle relazioni
tra Paesi dell’Europa settentrionale (come i Paesi Bassi e quelli scandinavi) e Pae-
si dell’Europa meridionale (come Grecia, Italia, Portogallo e Spagna), che spinge
i primi a evitare clausole di attribuzione di potestà esclusiva sulle pensioni a causa
della maggiore frequenza del trasferimento di residenza all’atto del pensionamen-
to verso l’Europa meridionale rispetto a quanto occorra nella direzione inversa.
Queste situazioni dimostrano come le scelte di politica fiscale di uno Stato
debbano ben integrarsi con quelle delle clausole da negoziare e inserire all’interno
delle convenzioni internazionali in materia fiscale, così da evitare che queste ul-
time possano compromettere gli obiettivi di una giusta ed equa ripartizione del
carico fiscale tra i contribuenti.
L’analisi delle situazioni in cui la convenzione internazionale attribuisce pote-
stà ripartita ad entrambi gli Stati contraenti rivela risultati diversi, ma altrettanto
interessanti ai fini della nostra analisi.
In particolare, nel modello di convenzione dell’Organizzazione per la Coope-
razione e lo Sviluppo Economico (OCSE), in queste situazioni si consente allo
Stato che attua il collegamento su base personale a sgravare la doppia imposizio-
ne internazionale, servendosi in alternativa del metodo dell’esenzione o quello del
credito per le imposte estere. Tali metodi realizzano diverse condizioni di neutra-
lità e quindi possono alterare il comportamento dei contribuenti a livello transna-
zionale.
Consideriamo ancora una volta un caso relativo all’imposizione del reddito.
L’applicazione del metodo dell’esenzione ravvicina l’esercizio della potestà
impositiva sulle fattispecie transnazionali a quello che risulterebbe se entrambi gli
Stati adottassero la tassazione su base territoriale. Pertanto, l’imposizione nello
Stato della fonte del reddito ivi prodotto ha carattere definitivo, in quanto lo Stato
di residenza non esercita la potestà impositiva su tale reddito, non sgravando di
conseguenza nemmeno le perdite che si verificano nel primo Stato.
Questo metodo evita quindi ogni interferenza nella politica fiscale ed extrafi-
scale dello Stato della fonte, rendendo però lo Stato della residenza indirettamente
vulnerabile alla concorrenza operata dal primo Stato in base a politiche extrafisca-
li di attrazione degli investimenti esteri. Inoltre, impedisce allo Stato della resi-
denza di adeguare il carico fiscale alla capacità contributiva complessiva del sog-
getto, determinando effetti di frammentazione della base imponibile.
Per comprendere tali problemi, pensiamo allora alla situazione di una persona
fisica con reddito complessivo pari a 100, integralmente prodotto sul territorio
dello Stato di residenza, che applica l’imposizione del reddito ad aliquote progres-
sive per scaglioni. Immaginiamo poi un altro contribuente che produce un reddito
complessivo dello stesso importo, di cui però soltanto 10 sono prodotti sul territo-
rio di tale Stato e i restanti 90 sul territorio dell’altro Stato contraente, laddove
12 Sovranità, fonti e potestà nel contesto internazionale
mento nello Stato di residenza con il minor carico fiscale per il tramite di società
stabilite in Stati con favorevoli convenzioni internazionali o a schermarlo in uno
Stato o territorio a fiscalità privilegiata, mettendolo al di là di ogni possibile col-
legamento personale o reale con lo Stato di residenza dell’investitore.
Per sua natura questo fenomeno determina in molti casi un preoccupante fe-
nomeno di aggiramento delle fattispecie impositive per la finalità essenziale di
conseguire un vantaggio fiscale, dunque dando luogo a forme di elusione fiscale
internazionale, alle quali gli ordinamenti tributari hanno dovuto reagire. Questo
fenomeno ha progressivamente assunto dimensioni a dir poco inquietanti, mano a
mano che si è andati oltre la mera rimozione degli svantaggi fino al punto di crea-
re schemi cosiddetti di pianificazione fiscale aggressiva, che sfruttano le disparità
esistenti tra i sistemi tributari nazionali per ottenere la doppia non imposizione a
livello internazionale.
In alcuni casi questi regimi hanno finito per operare anche in assenza di un ge-
nuino collegamento all’imposizione, costituendo un porto sicuro per i contribuenti
che cercavano di erodere la sovranità tributaria dello Stato di appartenenza e han-
no trovato in questi regimi un riparo dalla pretesa impositiva di tale Stato.
Questa situazione ha favorito lo sviluppo di politiche fiscali incoerenti da parte
di Stati che per un verso perseguono politiche extrafiscali al fine di attrarre i capi-
tali internazionali fino al punto da rendersi complici di possibili effetti di erosione
della sovranità tributaria degli altri Stati e, per altro verso, contrastano con vee-
menza quello stesso tipo di fenomeni quando erodono la propria sovranità imposi-
tiva.
Queste complesse dinamiche hanno alterato a lungo il normale quadro per
l’interazione delle politiche fiscali ed extrafiscali degli Stati a livello internaziona-
le, determinando una situazione di costante rincorsa tra regimi fiscali di favore e
loro neutralizzazione da parte degli Stati danneggiati, che è finalmente sfociato
nel più grosso progetto di coordinamento fiscale internazionale mai realizzato, os-
sia il progetto di contrasto all’erosione della base imponibile e allo spostamento
degli utili, meglio noto come Base Erosion and Profit Shifting, o semplicemente
BEPS.
L’obiettivo del progetto BEPS è quello di consentire al Paese della fonte del
reddito di esercitare la propria potestà impositiva. In questo senso le azioni che at-
tuano il progetto BEPS impediscono l’erosione della sovranità tributaria dello
Stato della fonte e lo spostamento degli utili verso altri Stati.
Occorre però chiedersi se questa protezione della potestà impositiva dello Sta-
to di creazione del valore implichi altresì un obbligo di esercitarla da parte dello
Stato della fonte, ossia se il progetto BEPS impedisca a tale Stato l’esercizio di
politiche extrafiscali. Questo progetto raccomanda l’introduzione di norme relati-
ve alle società controllate estere e al contrasto alla concorrenza fiscale dannosa,
imponendo come standard minimo il contrasto all’abuso delle convenzioni inter-
nazionali.
14 Sovranità, fonti e potestà nel contesto internazionale
Tuttavia, queste norme vanno correttamente intese alla luce della ratio che ca-
ratterizza tali misure all’interno di questo progetto, ossia la protezione della so-
vranità tributaria dello Stato di creazione del valore e il divieto di pratiche di pia-
nificazione fiscale aggressiva. In quest’ottica, riteniamo che, nella misura in cui lo
Stato della fonte decida di intraprendere politiche extrafiscali di attrazione dei ca-
pitali stranieri che non diano luogo a fenomeni di elusione fiscale o pianificazione
fiscale aggressiva, il progetto BEPS non osti all’attuazione di tali politiche.
Questo ci consente anche di affermare che l’applicazione di queste tre misure
del progetto BEPS non può risolversi in uno spostamento sistematico dell’impo-
sizione dallo Stato di creazione del valore a quello che tassa su base personale.
Pertanto, anche il collegamento personale all’imposizione di questo Paese me-
diante il ricorso alla legislazione sulle società controllate estere e l’applicazione di
misure compensative volte a contrastare la concorrenza fiscale dannosa devono
strettamente rispettare i limiti per la loro ammissibilità, evitando di trasformare il
progetto BEPS in uno strumento di sistematica compensazione della minore tas-
sazione al fine di perseguire logiche di neutralità all’esportazione dei capitali.
Le fonti del diritto tributario internazionale 15
Capitolo III
Le fonti del diritto tributario internazionale
SOMMARIO: 1. Il sistema delle fonti del diritto tributario internazionale. – 2. Il diritto interna-
zionale consuetudinario. – 3. Le tre fonti principali del diritto tributario internazionale. –
3.1. Aspetti generali. – 3.2. La normativa tributaria di fonte interna. – 3.2.1. Le funzioni e
l’oggetto. – 3.2.2. Le norme sostanziali. – 3.2.3. Le funzioni accessorie e strumentali. – 3.3.
La normativa tributaria di fonte convenzionale. – 3.4. La normativa tributaria sovranazio-
nale dell’Unione Europea. – 3.4.1. Gli effetti della cessione di sovranità sul piano delle
fonti del diritto tributario. – 3.4.2. Le ripercussioni nei rapporti con i Paesi terzi in materia
tributaria. – 4. La soft law in materia tributaria internazionale. – 5. I progetti di coordina-
mento fiscale internazionale a livello globale. – 5.1. Aspetti generali. – 5.2. Il progetto di tra-
sparenza fiscale internazionale. – 5.3. Il progetto BEPS. – 5.3.1. Aspetti generali. – 5.3.2. Il
primo pilastro. – 5.3.3. Il secondo pilastro. – 5.3.4. Il terzo pilastro.
Esso si manifesta infatti anche in altri Paesi del mondo che applicano in via unila-
terale misure di esercizio della propria potestà impositiva sulle fattispecie trans-
nazionali senza tenere conto degli obblighi assunti in sede internazionale per ef-
fetto della conclusione di convenzioni in materia fiscale o che li aggirano di fatto.
Ciò può accadere con l’applicazione di tributi che colpiscono manifestazioni di
forza economica leggermente diversi rispetto a quelli oggetto di una limitazione
di sovranità impositiva in base alla convenzione. Questo è ad esempio il caso del-
l’imposta di conguaglio sui servizi, applicata dall’India al fine di assoggettare a
imposizione alcuni servizi digitali in relazione ai quali questo Paese non manter-
rebbe il diritto ad esercitare la propria potestà impositiva in base alle proprie con-
venzioni internazionali. Inoltre, sebbene la ratio dell’applicazione dell’imposta
britannica sullo sviamento degli utili (diverted profit tax) sia quella di contrastare
l’erosione della base imponibile e l’elusione fiscale, le modalità di applicazione di
questo tributo in realtà prescindono dal riscontro di tale fenomeno, dando luogo a
un fenomeno simile a quello cui si faceva testé cenno.
alle esportazioni di beni o servizi verso Stati che non sono membri dell’Unione
Europea.
Esamineremo tali funzioni in modo più dettagliato al momento di studiare le
classificazioni delle norme tributarie, applicandole al contesto internazionale.
Per il momento è importante sottolineare che l’esercizio della potestà imposi-
tiva in base alla normativa di fonte interna è soggetto alle condizioni imposte dal-
le convenzioni internazionali e dal diritto dell’Unione Europea, ove applicabili a
una determinata fattispecie.
Vediamo le conseguenze di questo rapporto in relazione a qualche esempio
concreto relativo a fattispecie in cui l’Italia è prima Stato della fonte e poi Stato
della residenza.
Immaginiamo un dividendo di fonte italiana percepito da un non residente. In
questo caso, la normativa di fonte interna prevede l’applicazione della ritenuta a
titolo d’imposta fino a un massimo del 26%. In presenza di una convenzione in-
ternazionale contro la doppia imposizione che segue il modello OCSE, tale con-
venzione attribuisce all’Italia in questo caso una potestà impositiva limitata se-
condo gli schemi dell’art. 10 del modello OCSE – dunque fino a un massimo del
5%, nel caso di dividendo intersocietario percepito dal beneficiario effettivo o
15% – in relazione ai dividendi di fonte italiana percepiti da un non residente. Nel-
l’ipotesi in cui il percettore sia residente in uno Stato membro nell’Unione Euro-
pea, potrà però trovare applicazione la ritenuta ridotta prevista dalla normativa di
fonte interna pari a un massimo dell’1,20%. Tale ritenuta in uscita è stata intro-
dotta al fine di parificare il trattamento delle situazioni interne e transnazionali
all’interno dell’Unione Europea.
Prendiamo ora in considerazione la situazione di un altro soggetto non residen-
te che svolge stabilmente attività d’impresa in Italia nel settore delle costruzioni
edili per un periodo di otto mesi.
In tale situazione, il non residente potrebbe avere una stabile organizzazione in
base alla normativa di fonte interna (essendo la stabilità dell’attività d’impresa
ammessa al di sopra dei tre mesi). Il quadro cambierebbe però nell’ipotesi in cui
questa fattispecie rientrasse nell’ambito regolato da una convenzione bilaterale
che segue il modello OCSE, che in questo tipo di fattispecie impedisce l’esistenza
di una stabile organizzazione al di sotto dei dodici mesi. In assenza di stabile or-
ganizzazione non troverebbero nemmeno applicazione le condizioni stabilite dal
diritto dell’Unione Europea al fine di ritenere il non residente in una situazione
comparabile con quella di un residente e quindi godere del trattamento nazionale.
Non verrebbe però meno la fonte italiana del reddito nell’ipotesi in cui fossero
rinvenibili gli estremi per determinarla in base ad altre categorie reddituali.
Facciamo ora alcuni esempi che riguardano il collegamento personale all’im-
posizione, in cui, cioè l’Italia è lo Stato della residenza del soggetto.
Prendiamo il caso di un soggetto, residente in Italia, che svolge la propria atti-
vità in quattro Paesi esteri sulla base di un rapporto di lavoro dipendente con un