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Scienza politica sbobbina del libro Caramani:

1. Scienza politica: è una branca dello studio dei fenomeni politici (relazioni internazionali, scienza politica e teoria
politica) che si occupa delle strutture interne, degli attori individuali e collettivi e dei processi all’interno dei vari
ordinamenti politici. Il suo obiettivo è descrivere, spiegare e prevedere similitudini e differenze tra sistemi politici
attraverso l’uso di dati quantitativi e qualitativi.
2. Politica: attività umana relativa alla presa di decisioni pubbliche imperative che si applicano a chiunque sia dotato
di una data cittadinanza e/o viva in uno specifico territorio. Sono imperative perché chi prende tali decisioni, che
riguardano l’intera società, è investito di AUTORITA’. Tale autorità ha il potere di obbligare o forzare gli individui. La
politica è, quindi, l’attività di acquisizione (e mantenimento) del potere di prendere tali decisioni e di esercitarlo.
CONFLITTO O COMPETIZIONE PER IL POTERE E PER IL SUO IMPIEGO.
3. Politica comparata: “come funzione la politica?”. Tale disciplina include tre diverse tradizioni: 1. Studio dei singoli
paesi (USA); 2. Metodologica (come condurre le analisi comparate); 3. Analitica (sostanza e metodi empirici, con
l’obiettivo principale di tipo esplicativo)

Scienza politica come combinazione di oggetto e metodo che implica l’analisi tra somiglianze e differenze tra i casi.
Descrivere, spiegare e predire sono le funzioni della scienza politica.

4. Oggetto della scienza politica: sistemi politici non nazionali (regioni, imperi, organizzazioni internazionali, sistemi
politici regionali subnazionali); tipi di sistemi politici (regimi democratici vs autoritari); elementi singoli o
componenti di un sistema (struttura dei parlamenti o politiche pubbliche)

La scienza politica include, come oggetto di studio, tutte le caratteristiche del sistema politico e, recentemente, ha
spostato la propria attenzione verso l’interazione fra i diversi sistemi politici, avvicinandosi alle relazioni internazionali

La scienza politica non si basa su un metodo specifico, piuttosto, utilizza una tipologia di disegno di ricerca detta
“metodo della concordanza” di John Stuart Mill (metodo dei sistemi maggiormente differenze) e un’altra chiamata
“metodo della differenza” (metodo dei sistemi maggiormente simili) tra unità politiche.

LO STATO

Le unità politiche più importanti del mondo moderno sono generalmente dette “stati” o “stati-nazione” ed è all’interno
di essi che si svolge l’attività politica contemporanea. L’analisi si riferisce a una molteplicità di unità interdipendenti, più
o meno autonome dette POLITY.

 Stato = polity caratteristiche dell’ambiente politico moderno che si affermò nel mondo moderno, alla fine del
Medioevo (XIII-XV). Lo stato è in genere un tipo di polity in cui un singolo centro di potere ha affermato il suo diritto
esclusivo al controllo e all’impego del mezzo ultimo dell’attività politica su un territorio definito. I formanti di uno stato
sono: popolo, territorio e sovranità.
 Territorio: uno stato dev’essere in grado di mantenere l’ordine su un dato territorio, ma deve anche
rivendicarlo contro tutti i possibili sfidanti come esclusivamente suo. Il mezzo ultimo, per tale attività, è la
violenza organizzata. La relazione tra stato e territorio è intima, in quanto quest’ultimo rappresenta la
manifestazione fisica dell’identità e il fondamento ultima dello stato, della sua esistenza e della sua
continuità storica. SANTI ROMANO: LO STATO E’ UN TERRITORIO
 Sovranità: per uno stato, essere sovrano, significa non riconoscere alcun potere superiore a se stesso.

L’ambiente politico moderno consiste in una pluralità di stati territorialmente distinti, che si affermano, organizzano e
difendono in maniera autonoma.

 Popolazione: uno stato esercita il proprio potere su una popolazione e allo stesso tempo è costituito da
una popolazione. L’esistenza stessa di uno stato implica una forma di diseguaglianza scoiale,
un’asimmetria tra individui che esercitano il governo (minoranza) e quelli soggetti ad esso (maggioranza).
TEORIA DELL’ELITE, PARETO. Assieme alla minoranza che governa, la popolazione dei governati, forma
una comunità politica.

Lo stato moderno possiede un ordinamento amministrativo e legale, modificabile tramite la legislazione e verso cui
sono orientate le attività organizzate dello staff amministrativo.
La legge ha un ruolo significativo nella costruzione e nella gestione degli stati. Essa, in ogni ordinamento, ha due
funzioni: reprimere comportamenti antisociali e ripartire tra i gruppi e gli individui l’accesso/utilizzo delle risorse
materiali.

Lo stato venne coinvolto nella produzione ed implementazione di assetti che trovarono espressione attraverso
strumenti legali di diverso tipo. Essi creano una gerarchia di fonti giuridiche:

1. Costituzione: vertice, legittima e pone limiti su fonti giuridiche inferiori


2. Statuti
3. Leggi sussidiarie

Distinzione tra stato e società: teorizzata da Hegel. Lo stato è un insieme di assetti e pratiche istituzionali che
riguardano tutti e solamente gli aspetti politici della gestione di una società delimitata territorialmente. Rappresenta e
giustifica se stesso come un ambito di attività espressamente politiche complementari alla società. Con il procedere
della modernizzazione tale differenza è stata resa più profonda da molteplici processi di differenziazione (separazione
dei poteri).

Come perno tra stato e società, vi è la sfera pubblica: i soggetti acquisiscono una capacità di osservare le attività dello
stato, di comunicare l’uno con l’altro riguardo ad esse, criticarle e portare significativi contributi alle stesse. Comprende
la libertà di opinione, stampa, assemblea, associazione e le istituzioni del governo rappresentativo. (progresso del
liberalismo => minoranza che esprime le proprie preferenze, che man mano cresce)

La maggior parte degli stati moderni la minaccia del conflitto interno viene fronteggiata attraverso la cittadinanza
(“tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge”, progressiva inclusione di tutti gli individui che costituiscono il popolo
in una relazione formalmente uguale con lo stato stesso) e la nazionalità (senso di solidarietà condiviso. Nazione:
comunità politica immaginata come comunità limitata e sovrana. Nazionalismo, determinanti significative dell’attività
politica). Le nazioni appaiono come comunità immaginate e socialmente costruite.

Un popolo, dati questi riferimenti, può cominciare a condividere un’immagine della propria storia e del proprio
destino, un senso della propria unicità e generalmente inizia ad identificarsi con il territorio che considera come la
propria culla. Può accadere che l’emergere del sentimento nazionale preceda la formazione di uno stato.

Sviluppo dello stato: si possono distinguere almeno 5 percorsi nella formazione dello Stato: la monarchia assoluta, che
ottenne un potere indipendente creando eserciti e burocrazie responsabili esclusivamente nei confronti del monarca
(prussia e francia), le monarchie costituzionali (in cui i sovrani si confrontavano con assemblee rappresentative e
successivamente, all'interno di esse, partiti politici), che svilupparono forza sufficiente per diventare potere
indipendenti (Inghilterra e Svezia), dal basso, attraverso confederazioni o federazioni, caratterizzata dal mantenimento
di un'effettiva autonomia degli Stati costituenti e un'enfasi generale sulla divisione del potere centrale attraverso pesi e
contrappesi (Svizzera e Stati Uniti); tramite conquista e/o unificazione (Germania ed Italia); tramite indipendenza
(Irlanda, Norvegia e casi di frammentazione di imperi come quello asburgico ed ottomano).

L'espansione dello Stato implica una crescita di tre aspetti interdipendenti: il prelievo fiscale (cioè la quota del prodotto
annuale di un paese estratta e gestita dallo stato); il grado di differenziazione interna della macchina organizzativa
dello Stato; il numero totale di individui che quelle unità impiegano e che possiedono qualifiche e abilità sempre più
diversificate. Gli ultimi due fenomeni non solo ridefiniscono la linea di demarcazione fra Stati e società ma influenzano
profondamente anche lo stesso stato.

LE DEMOCRAZIE

Le democrazie su scala mondiale, successivamente alle due guerre mondiali, costituivano un gruppo di regimi
relativamente piccolo ed omogeneo che si trovava fondamentalmente in Occidente. Tutte erano sotto l'influenza dei
modelli occidentali. Una prima comparazione ambiziosa e dettagliata degli sviluppi democratici paese per paese fu
condotta dal negli anni 60 da Dahl, nel suo famoso volume “political oppositions”. Ma mentre particolari istituzioni
entro le democrazie sono state sempre comparate e valutate, poca attenzione è stata data alla comparazione di
modelli di regimi democratici in quanto tali. All'interno della scienza politica, oggi, le differenze fra democrazie hanno
acquisito molta più importanza.
Ci sono quattro fattori importanti che hanno contribuito a questo nuovo interesse: Powell e Lijphart: Distinzione tra
modelli di democrazia maggioritaria e consensuale; terza ondata di democratizzazione ed esplosione dei processi di
transizione alla democrazia subito dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989; Ingegneria istituzionale: valutare
differenti modelli di democrazia nei termini della loro efficienza, stabilità e legittimità; Neo istituzionalismo: le
istituzioni cominciano ad essere viste come variabili indipendenti che impattano direttamente su esiti e
comportamento quasi a prescindere dal contesto sociale ed economico. Nuove modalità di classificazione delle policy
democratiche e nuovi modi di comparare le diverse architetture istituzionali

Ciò ha portato ad un'enorme varietà di proposte riguardo a come affrontare la comparazione delle democrazie:
democrazia elettorale, il liberale, delegativa, deliberativa, riflessiva.

Vi sono due approcci per definire la democrazia: procedurale (organizzazione e processi all'interno del regime->
Schumpeter: “libera competizione per un libero voto”) o sostantiva (obiettivi e sforzi per promuovere uguaglianza
equità ed inclusione-> Shumpeter: “assetto istituzionale per arrivare a decisioni politiche che realizza il bene comune
facendo decidere il popolo stesso attraverso le elezioni di individui che devono riunirsi per espletare la sua volontà”).

Dal preferisce non parlare di democrazie, per quanto riguarda i casi del mondo reale, bensì di POLIARCHIA. Essa è
definita da qualcosa di più di un semplice processo elettorale, ma anche da una cittadinanza e dal diritto di quei
cittadini ad opporsi a destituire i propri governanti. Nella poliarchia vi sono 8 garanzie istituzionali e 7 istituzioni che
devono esistere affinché un governo sia classificato come tale (suffragio universale, elezioni libere ed eque, diritto a
concorrere per gli incarichi, libertà di espressione e di associazione)

per Dahl la democrazia ha due dimensioni: la prima è caratterizzata da un insieme esecutivo di diritti ed opportunità,
sulla base dei quali i cittadini possono scegliere di agire se lo desiderano e che include i diritti di libertà di associazione,
culto ed espressione; la seconda corrisponde alla versione ristretta e si riferisce alla reale partecipazione nella vita
politica.

In maniera simile mani e tracciano una distinzione tra democrazia popolare (comprende il ruolo del demos, la libera
associazione dei cittadini, il mantenimento di libere elezioni, la libertà di espressione politica e il governo DAL popolo)
e democrazia costituzionale (Comprendi i requisiti istituzionali del buon governo, i limiti all'autonomia dell'esecutivo,
garanzia dei diritti individuali e collettivi e il più ampio sistema di pesi e contrappesi, governo PER il popolo)

Democrazia liberale vs democrazia illiberale: Istituzione formale di un processo elettorale democratico, ma in


presenza di fondamentali lacune riguardo al conferimento di libertà costituzionali e alle introduzioni di limiti
all'esercizio arbitrario del potere esecutivo. Sono quelle nelle quali livelli di libertà accettabili sulla scala politica si
combinano con forti restrizioni libertà sulla scala delle libertà civili ed è questa categoria che vari osservatori
ritenevano essere in aumento.

Democrazie in via di sviluppo: secondo dal vi sono state tre tappe fondamentali nello sviluppo delle democrazie:
incorporazione, raggiunta quando i cittadini acquisirono il diritto di partecipare alle decisioni governative esprimendo
un voto (espansione del suffragio); rappresentanza (diritto ad essere rappresentati ad organizzarsi in partiti e a far sì
che questi concorrano in pari condizioni alle elezioni del Parlamento. Cambiamento del sistema elettorale, dallo storico
maggioritario a formule di uso più aperte e proporzionali); opposizione organizzata (diritto di un'opposizione
organizzata a chiedere un voto contro il governo nelle elezioni e in Parlamento. Nei sistemi parlamentari questa tappa
è stata raggiunta quando l'esecutivo diviene pienamente responsabile verso il potere legislativo e quando può essere
sfiduciato da una maggioranza in Parlamento)

Dal ha anche tracciato la trasformazione dei regimi non democratici verso la democrazia lungo due dimensioni: quella
della liberalizzazione e quella dell'inclusività. I regimi non democratici che hanno sperimentato la liberalizzazione senza
diventare più inclusivi sono detti oligarchie competitive (regimi parlamentari con suffragio ristretto che si affermarono
nel Regno unito e in Francia nel periodo precedente alla prima guerra mondiale); i regimi non democratici che sono
divenuti più inclusivi senza liberalizzazione sono detti egemonie inclusive (regimi totalitari fascisti e comunisti); i
regimi che sono diventati effettivamente democratici lo hanno fatto sia liberalizzando sia diventando più inclusivi
simultaneamente o in fasi diverse, poliarchie. (scatola di Dahl)

Almond:
Democrazia maggioritaria: cultura politica secolare e omogenea nella quale gli attori e le associazioni partecipanti
erano interdipendenti ma autonomi. Il sistema politico è centripeto, moderato e stabile

democrazia consensuale: Cultura politica frammentata con subculture politiche separate e non sovrapposte, nel quale
attori indipendenti approdavano la politica con alcuni margini di di negoziazione ma con progetti confliggenti e
mutualmente esclusivi a livello di cultura e di sistema politico. Il sistema politico è conflittuale, polarizzato ed instabile

Lijphart:

distinzione del comportamento delle elite politiche: collaborativo e avversiale.

Democrazia consociativa, democrazia centripeta, democrazia centrifuga, democrazia depoliticizzata

Il problema della comparazione delle democrazie si ritrova nel modo in cui comparare mele che sono diventare pere e
mele che sono diventate in parte mele.

Democrazia dell’audience: nel mondo contemporaneo siamo davanti ad una diminuzione dell’affluenza elettorale, i
cittadini si sono spesso allontanati dalla vita politica ed ora più probabile che diffidano dei loro leader
democraticamente scelti e i processi decisionali sono ora spesso depoliticizzati.

REGIMI TOTALITARI

Fino a tempi recenti gli Stati erano normalmente governati da regimi autoritari e la maggior parte erano monarchie
ereditarie basate su una forma tradizionale di governo personale a cui venivano posti dei limiti attraverso costumi ed
istituzioni tradizionali. Per sopravvivere il regime dovette modernizzarsi introducendo una nuova forma detta dittatura,
riconducibile l'invenzione dell'antica Roma della carica di dittatore che permetteva alla Repubblica romana di nominare
qualcuno che agisse come governatore temporaneo in caso di emergenza. Da allora la nozione di dittatura acquisì un
significato più ampio, il dittatore divennero coloro che si nominarono e che avevano preso il potere senza intenzione di
cederlo. Quando il generale Bonaparte aprì la strada alla prima fase della modernizzazione dopo il colpo di Stato
adotto una strategia molto innovativa. La prima fase di modernizzazione della dittatura incluse: un governo di
un'organizzazione militare oppure del suo leader, una legittimazione democratica attraverso un Plebiscito o un'elezione
presidenziale con un unico candidato. La seconda fase portò alla nascita dello Stato ideologico a partito unico
attraverso l'organizzazione del partito politico monopartitico e la rivendicazione della propria legittimità attraverso un
qualche genere di ideologia.

Chi governa?

Monarchie dittatoriali: La monarchia assoluta (differente da monarchia costituzionale e parlamentale) è una tipologia
di monarchia in cui il monarca, al potere per legittimità storica, governa al di sopra delle leggi. Le monarchie si dividono
in dinastiche o elettive. (monarchie arabe)

Dittatori monarchici: Mao Zedong, aveva rovesciato la relazione principale-agente col proprio partito aveva
trasformato quello che in teoria era il partito al governo in un mero agente o strumento del suo governo personale.

L'ondata di democratizzazione che portò al crollo di gran parte delle monarchie presidenziali ha determinato un
contesto politico in cui una forma insolita di monarchia presidenziale e adesso divenuta la forma standard. Si tratta di
una forma antica di dittatura personale populista che emerge attraverso una appropriazione indebita di potere da
parte di un presidente eletto ed in cui questo trasforma l'elettorato nello strumento del proprio governo personale.

Governo militare: governo da parte di un'organizzazione distintiva che ha proprio uniforme caserme, la propria
struttura di carriera e di leggi. L'intervento militare nella politica ha prodotto parecchi differenti forme strutturali di
governo militare: forme palesi e forme camuffate, tra cui la trasformazione in governo civile oppure il governo indiretto
tramite un gabinetto guidato da civili. Un governo militare palese nasce quando un colpo di Stato militare porta gli
ufficiali a formare un'aggiunta che agisca come governo supremo del paese; il governo camuffato si ha quando il
governo dell'esercito e mascherato tramite la trasformazione in governo civile oppure opera indirettamente
influenzando i lettori quinte un governo civile.

Governo a partito unico: Si realizza con un partito dittatoriale che conquista il potere tramite una rivoluzione oppure
con un'appropriazione indebita di potere dopo aver conquistato le posizioni cruciali del governo. Successivamente il
partito istituisce una delle tre forme strutturali di Stato a partito unico: lo stato palesemente e letteralmente a partito
unico; lo stato camuffato ma quasi a partito unico e lo stato camuffato e di fatto a partito unico.

Perché governa?

I regimi autoritari rivendicano di esercitare un'autorità legittima che conferisca loro il diritto a governare ed impone ai
suoi sudditi un dovere all'obbedienza. Tipicamente hanno una costituzione, un Parlamento e un sistema giudiziario che
può rappresentare una notevole rivendicazione formale di legittimità, in aggiunta ci sarà una rivendicazione di
legittimità religiosa o ideologica ed una rivendicazione di legittimità democratica.

Vi sono state rivendicazioni ideologiche a livello personale, organizzativo e visionario o programmatico.

Come governa?

Totalitarismo: fu reso popolare per la prima volta negli anni 20 e 30 del 20 secolo quando Mussolini descrisse lo stato
fascista come totalitario. Questo tipo di dittatura cercò di trasformare la natura umana attraverso un'organizzazione
totalitaria di tutti gli aspetti della vita e tramite un'ideologia ufficiale che non solo giustificava ed indirizzava questa
trasformazione ma forniva anche i mezzi psicologici per eseguirla con l'ausilio di controlli esterni, specialmente il
terrore imposto dalla polizia segreta.

Autoritarismo:

1. Presenza di un limitato pluralismo politico,


2. Assenza di un'ideologia che si e elaborata e usata per guidare il regime;
3. Assenza di una mobilitazione politica intensa o estesa;
4. Leadership soggetta a limiti prevedibili nell'esercizio del potere piuttosto che arbitraria o discrezionale di un
piccolo gruppo di un individuo.

Il controllo è esercitato monitorando imponendo la lealtà politica così come attraverso le implementazioni delle
politiche del regime. Il meccanismo di controllo più efficace e la polizia segreta o politica. Un regime militare ha alcuni
meccanismi distintivi di controllo, specialmente la giunta e la dichiarazione della legge marziale che conferisce poteri di
polizia giudiziaria all'esercito che può poi impiegare i propri soldati per mantenere l'ordine e controllare la popolazione
sul territorio. Alcuni regimi militari hanno ulteriormente esteso il loro controllo nominando ufficiali dell'esercito in
importanti posizioni dell'amministrazione pubblica e del governo regionale o locale.

PARTECIPAZIONE POLITICA

La partecipazione politica istituisce dei collegamenti tra il pubblico di massa ed élite politiche. Il termine indica volare
nelle elezioni, donare tempo e soldi alle campagne politiche, candidarsi per una carica…

la democrazia non funziona senza la partecipazione politica, volontaria e legale, dei suoi cittadini. Anche molti regimi
autoritari possono tollerare qualche modalità di partecipazione politica, se in un'altro per raccogliere informazioni
riguardo alle lamentele dei loro sudditi. I regimi totalitari restituiscono la partecipazione obbligatoria mentre
reprimono la partecipazione autonoma dal basso verso l'alto degli individui.

La partecipazione politica è un'attività che si svolge a dispetto di tutti i tipi di ostacoli e preferenze per azioni più
spontanee ed indipendenti.

Modalità di partecipazione:

Può avere luogo in arene o con testi politici differenti, può variare di intensità e le attività di partecipazione possono
essere distinte con riguardo alla loro rischiosità per la libertà e la vita dei partecipanti.

Il rischio della partecipazione dipende dal regime legale e politico nel quale si verifica. Tanto meno tollerante un
regime e quanto più rischioso e costose sono le riforme dell'articolazione degli interessi politici. Nelle democrazie le
attività sono a basso rischio, mentre la partecipazione non convenzionale varia da attività a basso rischio ad attività
proibite dalla legge. In tutti i regimi politici la politica di protesta che danneggia gli individui e i diritti di proprietà è
soggetta a sanzioni di legge, nei regimi non democratici più attività sono non convenzionali e, quindi, punite.
La maggior parte della partecipazione popolare organizzata e regolare e solo in alcuni casi gli individui possono
decidere di essere coinvolti in un particolare evento partecipativo:

movimenti sociali: indirizzano istanze ai policy maker attraverso eventi a livello di comunità, mediatico e di piazza. I
movimenti sociali possono coinvolgere un gran numero di individui, ma generalmente hanno piccoli nuclei
organizzativi. Non vi è un'adesione formale e i leader dei movimenti non fanno grossi investimenti nella costruzione di
un'infrastruttura organizzativa di coordinamento tra gli attivisti.

gruppi di interesse: i partecipanti fanno affidamento al comunicare le proprie preferenze, istanze e minacce ai policy
maker coinvolti nell'arena legislativa ed esecutiva, tendendo a portare alla creazione di gruppi di interessi durevoli.
Tipicamente sono organizzati in modo formale con espliciti ruoli da partenza e statuti interni e il numero degli associati
è un indicatore della capacità di minaccia nei confronti del policy maker. Il potere di un gruppo di interesse deriva dalla
centralizzazione della sua organizzazione interna e possono prendere impegni credibili per perseguire i loro fini in un
negoziato. Sono, per questo, attraenti per i policy maker disposti a essere compromessi fra interessi contrapposti.

partiti politici: attività in cui i partecipanti cooperano per nominare candidati parlamentari, li aiutano a conquistare gli
elettori e organizzano l'affluenza alle urne. Dalla prospettiva dell'elettore, la decisione di partecipare ad un'elezione è
resa più facile se vi è un solo numero ristretto di candidati alternativi raggruppati sotto simboli identificabili. La
reputazione delle promesse dei partiti giocano un ruolo cruciale e i partiti acquisiscono reputazione solo se riuniscono
in gran numero di politici per un lungo periodo e li fanno accordare su istanze più o meno simili

Perché associarsi?

La partecipazione politica è solo uno dei tanti modi per i membri di una società di ampliare le proprie opportunità
(mercati, famiglie e associazioni comunitarie). Quando tecniche più semplici per la risoluzione dei problemi risultano
inefficaci, le persone partecipano.

Gli individui partecipano alla politica per arrivare a decisioni vincolanti che assegnino costi e benefici a gruppi di grandi
dimensioni, questi hanno il carattere di beni collettivi. Una volta prodotti nessun individuo appartenente ad una Polity
può essere escluso dal godere, o soffrire, delle conseguenze di avere tali beni. Questo è un'apparente paradosso
dell'azione collettiva. Sì gli individui sono mossi dal proprio interesse e tentano di minimizzare il proprio sforzo il
produrre qualche beneficio, eh si potrebbero non contribuire a produrre beni collettivi. Inoltre, se ciascun individuo
arriva alla conclusione che gli altri dovrebbero sobbarcarsi i costi del produrre il bene collettivo nessun bene verrebbe
mai prodotto. Olson sostiene che la partecipazione politica si verifica perché gli incentivi selettivi superano il problema
del freerider: coloro che partecipano ad uno sforzo di mobilitazione per produrre beni collettivi ricevono benefici
privati aggiuntivi che riguardano solo i partecipanti. Se tali incentivi sono sufficientemente preziosi da prevalere sui
costi della partecipazione allora la mobilitazione politica avrà luogo. Le soluzioni al paradosso delle azioni collettiva
sono:

1. la partecipazione da parte di imprenditori politici che non considerano costoso il coinvolgimento politico
2. partecipazione politica che gratifica molte persone e a cui questi danno un significato di beneficio o di
derivazione di un beneficio
3. gli attori possono essere portati a sottostimare i costi della partecipazione
4. le reti sociali possono servire come dispositivo di monitoraggio acqua motivare alcuni individui di unirsi allo
sforzo collettivo

Quando e dove partecipare?

La spiegazione del perché gli individui si impegnano nella partecipazione politica si articola in due parti: 1. Perché esse
si trovano in un certo momento in un certo luogo e perché gli imprenditori politici promuovono le organizzazioni di
azioni politiche appropriate e 2. Perché hanno risorse disposizioni che facilitano la partecipazione.

 Nelle democrazie con elezioni a suffragio universali esiste un'ampia gamma di azioni partecipativi che si
cristallizzano nel tempo e nello spazio attorno a movimenti con nuclei organizzativi ristretti, a grandi gruppi di
interesse e a partiti politici.
 Nei regimi autoritari l'esecutivo è al di là della responsabilità democratica, ma tollera alcune attività di
movimenti sociali e persino di partiti politici che possono competere per seggi dell'organo legislativo
 nei regimi dispotici aspramente repressivi le opportunità sono ristrette. Essi non solo contrastano il reprimono
ogni forma di azione coordinata e continuativa promossa dal basso, ma impongono dall'alto la partecipazione
politica obbligatoria.

Le differenze di partecipazione le ritroviamo anche all'interno degli stessi regimi e sembra che i livelli dello sviluppo
economico siano correlati alla partecipazione. Chiaramente un gruppo di paesi più ricchi è caratterizzato da
un'esperienza partecipativa molto più ampia dei paesi post-comunisti o di altri paesi in via di sviluppo. Queste
differenze potrebbero avere a che fare con la struttura delle opportunità politiche potenziali. Sei i partiti e i gruppi di
interessi esistenti sono disponibili in grado di incorporare nuove istanze senza alienare elementi della loro già esistente
coalizione di sostegno, una nuova causa saliente può avere un impatto ridotto. Tuttavia se veicoli esistenti di
aggregazione resistessero all'incorporazione, imprenditori politici esterni potrebbero decidere di iniziare una
mobilitazione politica indipendente.

I con una varietà di simboli di partito tendono a rendere più probabile che i veicoli consolidati di aggregazione
raccolgano nuove domande. Tuttavia la maggior facilità di ingresso nei sistemi elettorali a rappresentanza
proporzionale controbilancia questa tendenza. Tali regole fanno sì che gli imprenditori politici possano organizzare una
sfida elettorale di parte. Nei sistemi bipartitici vi è una mancanza di coesioni interne ai partiti che può creare dei punti
di accesso per nuove istanze nell'ambito della politica già consolidata.

Affluenza alle urne: i paesi con un sistema di voto obbligatorio tendono ad esprimere un'affluenza molto più elevata
ma vi sono importanti meccanismi istituzionali che influenzano l'affluenza elettorale aggregata:

1. voto obbligatorio
2. regole elettorali -> sistemi maggioritari o proporzionali, collegi uninominali, plurinominali o unici.
3. requisiti di registrazione -> in molti paesi è automatica. Negli USA i cittadini devono, invece, registrarsi
attivamente
4. collocazione temporale delle elezioni -> l'affluenza vende essere maggiore se le elezioni legislative e
presidenziali hanno luogo lo stesso giorno.

Adesione ai sindacati: i sindacati tendono ad avere, nelle democrazie, più membri di quasi ogni altro gruppo di
interesse organizzato.

La mobilitazione può fondarsi su un'infrastruttura organizzativa che facilita il coordinamento fra un gran numero di
individui e messaggi politici diffusi e gli obiettivi dello sforzo relativo alla mobilitazione subiscono un costante esame è
una reinterpretazione da parte dei leader e dei loro sostenitori. Essi potrebbero investire nel processo di ridefinizione o
di espansione degli obiettivi che guidano lo sforzo della mobilitazione per attrarre nuovi alleati e sostenitori.

Le associazioni politiche degli interessi si limitano a un ambito ristretto di questioni e pertanto non sono obbligate a
fare grandi investimenti nelle procedure di definizione degli obiettivi.

I gruppi politici di interesse non prendono decisioni politiche vincolanti nelle democrazie e se spettano agli organi
legislativi. Vi è un'ampia letteratura sulla formazione dei partiti che tipicamente enfatizza come precondizioni per
l'ingresso che: le soglie istituzionali di ingresso non siano troppo elevate, che il partito si richiami a un'istanza su una
questione saliente che non è rappresentata da partiti esistenti.

I partiti che lottano per conquistare cariche rappresentativi negli organi legislativi non possono mai avere successo e
mantenersi attivi per molte tornate elettorali se si richiamano ad una sola questione.

Chi partecipa?

Abbiamo detto che gli individui si impegnano nella partecipazione politica se hanno risorse e disposizioni che facilitano
questa i fattori più importanti possono essere: risorse (disponibilità di tempo, scolarizzazione, vita professionale,
coinvolgimento in una varietà di attività civiche); reclutamento (Coinvolgimento associativo. Se l'organizzazione del
processo lavorativo consente agli attori di entrare in contatto con altri che vivono in condizioni sociali molto simili.
L'elevata capacità di azione collettiva che ne deriva ulteriormente potenziata dalla situazione residenziale che rende
possibile lo sviluppo di interazioni e di associazioni. Il ruolo della famiglia si colloca in un qualche modo all'interno
dell'intersezione tra risorse socio economiche e le appartenenze alle associazioni civiche. Luogo in cui i giovani
acquistano il gusto o l'avversione per la partecipazione politica); orientamenti (la partecipazione politica risulta da, e
stimola a sua volta, la formazione del sapere politico. Gli individui possono organizzare questo in complessi ideologie
politiche che possono mostrare qualche associazione empirica con il retroterra socio economico e lavorativo degli
individui); stimoli contestuali (nel Nord Europa le adesioni associative sono molto elevate tuttavia la partecipazione
nelle attività delle associazioni è debole; nei paesi anglosassoni l'appartenenza a gruppi politici a contenuta
ma l'attivismo molto forte; nei paesi mediterranei poche persone sono parte di associazioni politiche ma quelle che lo
sono mostrano una maggiore volontà di partecipare. Queste differenze dipendono da fattori contestuali: a livello micro
dalle reti familiari amicali che influenzano la partecipazione; a livello meso dall'esistenza di associazioni grandi e
generaliste e di partiti organizzati in maniera capillare che hanno un gran peso; a livello macro Dall'esistenza di
istituzioni democratiche e di allineamenti strategici tra forze politiche che possono incoraggiare o scoraggiare il
coinvolgimento)

ASSOCIAZIONI D’INTERESSE

Le associazioni di interesse giocano ruoli importanti ma anche differenti nei diversi sistemi politici nel tempo e nello
spazio, anche se l'ascesa definendole, invece, come organizzazioni di soci che si appellano al governo ma non
partecipano alle elezioni (Wilson 1990). Anche questa definizione non è però completa, perciò Gabriel Almond, si
concentrò sulla funzione della rappresentanza degli interessi, poiché le istituzioni tramite le quali sono articolati gli
interessi dipenderebbero dal contesto politico e socio economico dello specifico sistema politico.

In un contesto comparato una definizione formale può essere problematica, poiché la forma della rappresentanza degli
interessi varia a seconda di diversi paesi. È stato proposto di distinguere tra associazioni di interesse privati e pubblici.
Quelle in cui un'azione di gruppo è all'interno dell'interesse pubblico sono dette politicamente influenti. Tuttavia,
analiticamente il termine di interesse pubblico è problematico a causa della sua natura controversa. In effetti,
difficilmente viene una rivendicazione così persuasiva che sono tutti d'accordo con essa.

Le associazioni di interesse derivano da diverse tradizioni:

1. Tradizione repubblicana: Rousseau, per il quale ogni organismo politico include delle associazioni di interesse
percepite come minaccia al governo del popolo. I leader della Rivoluzione francese adottarono una visione
unitaria della democrazia, secondo cui le associazioni di interesse minerebbero la volontà generale del popolo
(cost. 1793: Repubblica francese unica indivisibile)
2. Tradizione liberale: associazioni di interesse come fonte essenziale della libertà. Questa visione è stata
delineata in modo particolare dallo studioso Alexis de Tocqueville che osservò che gli americani avessero una
predisposizione a spiegare quasi tutte le loro azioni tramite il principio dell'interesse correttamente inteso
mentre in Europa le rivendicazioni venivano giustificate in termini morali assoluti; inoltre, Sostenne che dato
che l'ascesa dello Stato moderno avrebbe reso i singoli cittadini più deboli, essi avrebbero dovuto imparare ad
associarsi per difendere se stessi dall'influenza dispotica della maggioranza o dalle aggressioni del potere. Le
associazioni rappresentano la linfa vitale della vita civica.
3. Tradizione corporativa: I neocorporativisti concepiscono il sistema politico come un corpo politico costituito
non solo da cellule individuali, ma anche da organi che svolgono funzioni differenti, ma complementari. La
vita e la morte del corpo politico dipendono dalla solidarietà organica (la crescita incontrollata di singole
cellule o organi potrebbe minacciare il funzionamento dell'intero sistema). Associazioni di interesse ed
interessi non possono essere esclusi dal processo politico, ma i neo-corporativista sollevano dubbi sulla
nozione di libera competizione fra interessi diversi, in quanto essa condurrebbe al prevalere degli interessi più
forti su quelli più deboli. Ciò rappresenterebbe una sfida per la governabilità, minerebbe la giustizia sociale e
ostacolerebbe la performance economica della moderna democrazia di massa. Le politiche pubbliche
dovrebbero quindi includere delle misure che garantiscano un equilibrio fra interessi sociali in
contrapposizione. I socialdemocratici erano diretti discendenti del movimento organizzato del lavoro mentre i
cristiani democratici erano strettamente legati alla chiesa che a sua volta dubitava della capacità
dell'individualismo liberale di provvedere all'integrazione sociale. Smetter ha introdotto il termine
corporativismo per distinguere un nuovo stato neocorporativo dal secondo dopoguerra dello Stato
corporativo fascista.

Formazione:
Secondo Olson, incentivi selettivi motivano gli individui razionali ad unirsi alle associazioni di interesse. Secondo questa
logica di scelta razionale, prospereranno solo le associazioni che forniscono benefici privati. Da questa prospettiva,
sarebbe molto più razionale per il potenziale membro del sindacato fare il free rider facendo affidamento sui contributi
di coloro che sono già membri del sindacato piuttosto che farsi carico del costo dell'adesione, per questo motivo Olson
concludeva che la formazione delle associazioni di interesse riguarda soprattutto quelle associazioni che sono in grado
di offrire vantaggi speciali.

In quasi tutti i paesi le cifre relative alla densità delle adesioni sindacali sono considerevolmente più basse che in
Danimarca Finlandia Svezia e Belgio, tuttavia hanson non riesce a spiegare perché individui razionali volontariamente
aderiscono ai sindacati nei paesi in cui l'adesione sindacale non include benefici selettivi. Per questo motivo vi possono
essere numerosi motivi per i quali un individuo di cibi di unirsi ad un'associazione di interesse.

Le esperienze collettive le preoccupazioni morali possono innescare un senso di identità di interessi tra individui.

Offe e Wiesenthal, valutarono le pratiche associative del lavoro e del capitale, proponendo la distinzione tra due
logiche dell'azione collettiva. Evidenziarono la dipendenza strutturale dei politici dei detentori di capitale nelle società
capitalistiche e dal momento che ogni singola decisione di investimento ha un impatto sulle performance economiche
di un territorio, i politici devono tenere in considerazione il punto di vista dei capitalisti a prescindere che essi siano
ben organizzati o meno. Inoltre, il problema dell'azione collettiva è molto più difficile da risolvere per i lavoratori che
per le grandi aziende: i sindacati fanno affidamento sulla volontà dei loro membri di agire collettivamente, mentre le
associazioni degli imprenditori devono solo dire ai policy maker che le singole imprese agiranno in modo indesiderato
se i politici non verranno incontro ai loro interessi.

Questa analisi permette di introdurre una nuova tipologia di associazioni di interesse che non distingue le associazioni
sulla base del loro ambito della natura privata o pubblica dell'interesse rappresentati. Per prima cosa distinguiamo le
associazioni sulla base della capacità d'azione dei loro membri e quelle sulla base della loro relazione con il sistema
politico, questo ci porta a distinguere gli interessi imprenditoriali da quelli dei gruppi di interesse, come i sindacati. Gli
interessi imprenditoriali sono in grado di determinare norme forme di regolamentazione senza doversi rivolgere al
governo, per contro, la globalizzazione sembra limitare la capacità dei lavoratori di esercitare il potere politico
attraverso l'agitazione sindacali. Anche queste però contengono degli anelli deboli e per questo motivo non
mantengono più potere rispetto ad altre organizzazioni non governative. Questo ci consente di distinguere differenti
repertori di azione:

 capacità di concludere scambi politici con il governo


 capacità di dar vita a una politica del conflitto
 capacità di impostare strutture per il governo degli interessi privati

LOBBYING: attività che mirano ad influenzare una qualsiasi branca del governo ad un qualsiasi livello del processo
decisionale. Le strategie del lobbing dei gruppi di interesse rispetto ai diversi RAM del governo possono essere
descritte e comparate (esecutivo, legislativo, burocrazia statale tribunale). Tanto più un gruppo di interesse dotato di
risorse quanto è più elevata la sua capacità di influenzare i decisori e i risultati delle politiche

SCAMBI POLITICI: il lobbing diretto non è solo il meccanismo attraverso cui le associazioni di interesse influenzano il
potere, questo può avvenire anche attraverso scambi politici. Per cui, dal momento che il capitale dipende dal lavoro
nel processo di produzione e le organizzazioni del capitale del lavoro possono anche decidere di dar vita ad accordi tra i
partiti col governo in cambio di pace sociale e performance economiche soddisfacenti. La difficoltà fondamentale
rispetto allo scambio politico per un sindacato e la sua dipendenza dalla capacità di minacciare la stabilità sociale. Lo
scambio di potere del lavoro dipende interamente dal suo potere di mobilitazione collettiva, quindi lo scambio politico
sfrutta il potere della mobilitazione.

POLITICA DEL CONFLITTO: le associazioni di interesse prendono parte anche alla politica del conflitto (lobbying
esterno), ad esempio lo sciopero, spesso visto come potere costitutivo del lavoro. I sindacati si impegnano nella
politica del conflitto principalmente per obbligare le istituzioni al compromesso, concepiscono, quindi, il conflitto come
azione di ultima istanza per ricordare alle imprese e al governo il prezzo del lavoro per la cooperazione. Tanto più la
capacità dei sindacati di intraprendere un'azione collettiva declina, quanto più è difficile diventa difendere le conquiste
del compromesso di classe della metà del XX secolo. I processi di ristrutturazione in corso le minacce di delocalizzare le
imprese hanno considerevolmente indebolito il potere dei sindacati nei paesi industrializzati e Hymen ha osservato
una polarizzazione crescente tra diversi settori della classe lavoratrice. Questo erode la solidarietà interna alla classe e,
quindi, anche la capacità dei sindacati di concludere scambi politici generali. Secondo crouch, mentre la politica
democratica continuerebbe a giocare un ruolo in alcune aree, lo stato democratico avrebbe lasciato vacante quello che
era stato il cuore della sua strategia economica. Al tempo stesso la politica economica verrebbe plasmata dalle grandi
imprese a causa del declino della classe dei lavoratori manuali al fallimento dei nuovi movimenti sociali nel costruire
una nuova classe in grado di rappresentare un interesse sociale generale. Di conseguenza la politica economica
diventerebbe una questione privata di affari.

Nel caso di governo degli interessi privati, lo stato va oltre delega alla sua autorità di prendere decisioni vincolanti alle
associazioni di interesse.

PARTITI POLITICI:

i partiti politici sono fra gli attori centrali della politica democratica, così come in molti regimi autoritari e totalitari. È
improbabile che i movimenti sociali o le reti di governance rimpiazzeranno in molteplici ruoli dei partiti.

“Un partito politico è un gruppo autonomo di cittadini che ha lo scopo di avanzare candidature e competere nelle
elezioni nella speranza di prendere il controllo del potere governativo attraverso la conquista di cariche pubbliche e le
organizzazioni del governo (Huckshorn)“

Questa definizione accomuna quattro elementi: il primo riguarda l'obiettivo dei partiti (ricerca e mantenimento del
potere); il secondo i metodi (area governativa ed elettorale); il terzo le elezioni (competizione libera e corretta); il
quarto che il gruppo di cittadini e autonomo. L'elemento implicito è che il gruppo di cittadini abbia un qualche livello di
coerenza che consenta loro di coordinare le proprie azioni e mantenere un'identità con il tempo.

HUME: “le fazioni possono essere divise impersonali o reali, fondate sull'amicizia personale e sull'utilità tra le parti contendenti,
ehm fazioni fondate su una qualche reale differenza di sentimento ed interesse”

BURKE: “è un corpo di uomini Uniti che promuovono l'interesse nazionale tramite lo sforzo comune, sulla base di qualche
particolare principio su cui tutti loro concordano”

WEBER: “vivono nella casa del potere. La loro azione orientata verso l'acquisizione del potere sociale, ovvero dell'influenza
sull'azione comune indipendentemente da quale possa esserne il contenuto”

SHUMPETER: “è un gruppo i cui membri intendono agire di concerto nella lotta competitiva per il potere politico"

REAGAN: “ci si unisce in un partito politico a causa di certe credenze su ciò che il governo dovrebbe essere”

ORIGINI

le origini dei partiti moderni risiedono nelle assemblee rappresentative del sedicesimo e diciannovesimo secolo e negli
sforzi compiuti da coloro che erano esclusi da queste assemblee per riuscire a conquistare una voce. I partiti sorsero in
risposta al fatto che è probabile che un'azione coordinata sia più efficiente rispetto ad un'azione intrapresa da individui
isolati. I primi partiti furono di origine intra parlamentare, con la novità di accettare l'idea che il disaccordo non fosse
sinonimo di slealtà e che l'organizzazione non fosse sinonimo di cospirazione. Il loro contributo più significativo fu
strappare il controllo dell'esecutivo dalle mani del monarca e sostituire quel controllo con la responsabilità verso il
Parlamento (democratizzazione). Successivamente si svilupparono i partiti di origine extraparlamentare. La distinzione
tra partiti di origine intra o extra è una questione a livello organizzativo e le loro differenze hanno continuato a
persistere per molti decenni dopo che i partiti esterni avevano acquistato la presenza parlamentare.

Quelli originatisi nel Parlamento in genere rappresentano l'establishment delle classi alte e medio alte; mentre quelli di
origine esterna rappresentano le classi medie, medio basse e lavoratrici.

FUNZIONI

spesso i partiti sono definiti almeno in parte sulla base dello svolgimento delle loro funzioni:

1. Coordinamento: storicamente è la prima funzione, all'interno del governo, della società e tra governo e
società. Mantengono una disciplina e la comunicazione all'interno del gruppo parlamentare, svolgono
un'azione di coordinamento del gruppo parlamentare a sostegno del, o in opposizione al governo;
organizzano l'attività politica dei cittadini con opinioni simili; svolgono un collegamento della rappresentanti
eletti nei pubblici uffici e sostenitori organizzati tra la cittadinanza.
2. Competizione elettorale: forniscono candidati e collegano i candidati individuali a simboli e storie riconoscibili,
e ad aspettative di comportamento di squadra; sviluppano programmi di policy; reclutano e coordinano
attivisti per le campagne elettorali.
3. Reclutamento e selezione del personale politico: selezione dei candidati per le elezioni; reclutamento e/o
selezione dei candidati per le cariche di nomina; reclutamento e socializzazione degli attivisti politici e dei
potenziali detentori di cariche
4. Rappresentanza: parla a nome dei propri membri sostenitori all'interno o di fronte le agenzie del governo;
rappresentano una manifestazione organizzativa nella sfera politica di categoria di cittadini definiti da un
punto di vista demografico o ideologico.

TIPOLOGIE

 partiti di quadri o elite: predominano durante l'ascesa del governo parlamentare, fino al suffragio di massa. Sono
di origine parlamentare e hanno una struttura organizzativa minima e locale. Non vi era bisogno di presenza sul
territorio e nemmeno di un ufficio centrale del partito, che veniva subordinato al partito delle cariche pubbliche.
Le elite sono i soli iscritti e le principali fonti di risorse sono le ricchezze e le connessioni personali. ES. Partito
liberale democratico USA e schieramento di destra in Francia.
 partiti di massa: predominano dall'impulso al suffragio di massa agli anni 50 del ventesimo secolo. Hanno origine
extraparlamentare, con struttura organizzativa che comprende i membri organizzati in sezioni locali. L'ufficio
centrale e responsabile verso un Congresso eletto di partito. L'appartenenza è ampia e omogenea e la leadership
formalmente responsabile verso gli iscritti. Le principali fonti di risorse sono le quote degli iscritti e organizzazione
ancillari. BASATO SULL’APPARTENENZA (diretta o integrata)
 partiti pigliatutto: predominano dagli anni 50 del ventesimo secolo ad oggi. Si evolvono dai partiti preesistenti e
coinvolgono membri organizzati in sezioni, ma marginalizzati nel processo decisionale. L'ufficio centrale è
subordinato al partito delle cariche pubbliche. L'appartenenza è eterogenea ed organizzata principalmente al fine
di sostenere l'elite, mentre le principali fonti di risorse sono i contributi dai gruppi di interesse e dagli individui.
 partito-cartello: dagli anni 70 del ventesimo secolo ad oggi. Si evolvono dai partiti preesistenti. L'ufficio centrale
dominato dal partito delle cariche pubbliche e in gran parte rimpiazzato da consulenti esterni. Le decisioni sono
ratificate da un Plebiscito di membri e sostenitori. Vi è una differenza sfocata tra iscritto e sostenitore egli stessi
iscritti sono visti come individui anziché come un corpo organizzato. La principale fonte di risorsa sono i sussidi
statali.
 partito azienda: dagli anni 90 del ventesimo secolo ad oggi. Sono di origine extraparlamentare di imprenditori
politici. Hanno un'organizzazione formale minima, con controllo gerarchico da parte dell'imprenditore autonomo e
dei suoi dipendenti. L'appartenenza è minima ed irrilevante e la sua principale fonte di risorse sono le risorse
aziendali. ES. Forza Italia.

partiti negli Stati Uniti: da una prospettiva europea appaiono avere molto in comune con i partiti e elitari:
organizzazione centrale debole, attenzione sui singoli candidati piuttosto che sulle istituzioni durevoli, assenza di
un'organizzazione associativa formale. Tuttavia si differenziano profondamente in quanto sono in larga misura regolati
dalla legge, per ciò che concerne il fatto di consentire alla massa degli iscritti di effettuare la decisione più importante,
scegliere i candidati. Rispecchiando la separazione dei poteri nella costituzione americana entrambi i partiti hanno
organizzazioni separate in ciascuna camera del Congresso.

REGOLAMENTAZIONE E FINANZIAMENTI:

un crescente numero di paesi hai nato speciali leggi sui partiti, alcune perfino incorporate nella costituzione nazionale.
Le giustificazioni a questa azione sono tre: la centralità dei partiti per la democrazia, che gli consente di avere diritti
speciali, protezione e privilegi; il potere dei partiti, derivato dalla loro posizione centrale, che gli consente di avere una
sorveglianza delle restrizioni speciali; una questione di convenienza e necessità amministrativa.

Un campo in cui il coinvolgimento dello Stato nella vita dei partiti è particolarmente importante è quello del
finanziamento, che ha assunto forma di regolamentazione e divieti:

regolamentazione delle spese: regolamentazioni delle spese per le campagne elettorali. Assume tre forme generali:
divieti di particolari forme di spesa; limitazioni sulla spesa totale; richieste di trasparenza sulle spese. Il divieto più
significativo riguarda l'acquisto di spazi pubblicitari sui mezzi radiotelevisivi, le limitazioni generalmente sono basate
sulla dimensione dell'elettorato e sul tipo di carica pubblica coinvolta, mentre i resoconti di spesa sono richiesti
frequentemente e forniscono elementi di trasparenza, ma differiscono da paese in paese.

regolamentazione della raccolta fondi: i limiti alle contribuzioni liberali sono progettati per impedire che gli individui e
gruppi facoltosi esercitano un'influenza eccessiva sui partiti. Ci possono essere, anche i limiti sull'ammontare dei
contributi da un donatore individuale a un beneficiario individuale. Questi limiti sono comunque facili da eludere: una
società piuttosto che effettuare un unico contributo aziendale può raggruppare quelle che appariranno come
donazioni individuali provenienti dai suoi funzionari o dipendenti. La definizione stessa di contributo e problematica

sovvenzioni pubbliche: un numero crescente di paesi fornisce un sostegno economico ai partiti attraverso il proprio
sistema di tassazione, la fornitura diretta di beni e servizi, o l'erogazione di sovvenzioni finanziarie dirette. Le prime e
più comodi di sovvenzioni pubbliche sono la messa a disposizione di staffa ai partiti parlamentari e ai loro membri,
generalmente, inoltre, nei paesi in cui le telecomunicazioni sono monopolio pubblico fruiscono di un'allocazione
gratuita di spazi di trasmissione.

I partiti hanno giocato e continuano a giocare un ruolo vitale nella stabilizzazione della democrazia integrando nuovi
cittadini entro il sistema politico esistente. Se il successo elettorale dei partiti antidemocratici contribuisca a moderarli
e integrare i loro sostenitori nella democrazia, o piuttosto contribuisca a minare la democrazia stessa, è una questione
irrisolta ma pressante.

SISTEMI DI PARTITO

Un sistema partitico è il risultato di interazioni competitive fra i partiti. Vi sono tre elementi principali dei sistemi di
partito: quali partiti esistono; quanti partiti esistono e quanto sono grandi; come si comportano i partiti. Un punto
ovvio è che i sistemi di partiti devono essere composti da partiti diversi (pluralismo). La maggior parte dei partiti
contemporanei e delle famiglie di partito ebbero origine dai radicali cambiamenti socioeconomici e politici avvenuti del
700. Lipset e Rokkan distinguono due aspetti di questa trasformazione: la rivoluzione industriale (cambiamenti prodotti
dall'industrializzazione e dall'urbanizzazione); rivoluzione nazionale (formazione degli Stati nazione).

La rivoluzione nazionale fu all'origine di due fratture:

Centro-periferia => Scaturisce alla formazione degli Stati nazione con la centralizzazione del potere politico, delle
strutture amministrative e dei sistemi di tassazione. Linguaggi nazionali e adozione di una religione nazionale con
territori eterogenei. L'elite nazionaliste e liberali affrontarono resistenze rispetto alla centralizzazione statale ed
amministrativa e alla standardizzazione culturale. Distanza è espressa in partiti regionalisti come il partito nazionalista
scozzese il partito svedese in Finlandia.

Stato-chiesa => il nuovo stato liberale secolare combatteva contro il ruolo consolidato della Chiesa nel sistema
educativo, promuovendo l'istruzione obbligatoria da parte dello Stato al fine di creare nuovi cittadini. Ciò specialmente
nei paesi cattolici determinava forti conflitti, mentre nei paesi protestanti si concentrava sui principi morali. La chiesa
fu anche espropriata delle terre e dirle proprietà immobiliari e in Italia perse il potere temporale e il suo stato quando
l'Italia si unificò come in azione tra il 1860 e il 1870. In alcuni paesi cattolici presero il posto dei conservatori e in altri gli
fu vietato la partecipazione alla vita politica dello Stato nazionale liberale tramite decreto papale. Fu solo dopo il
collasso della democrazia il periodo fascista che la chiesa cattolica accetto pienamente la democrazia. Esempi sono il
partito popolare austriaco, il partito cattolico svizzero e il partito popolare.

la rivoluzione industriale produsse due ulteriori fratture:

Città- campagna => nasce dal contrasto tra interessi rurali terrieri (agricoltura) e la classe in ascesa (borghesia). Gli
agricoltori auspicavano il protezionismo, mentre gli industriali prediligevano il libero mercato e il liberismo economico.
I settori deboli tendono ad essere protezionisti, mentre quelli più forti preferiscono l’apertura delle frontiere. La difesa
degli interessi agrari trovò espressione nei partiti agrari, che nel secondo dopoguerra o scomparvero o si
trasformarono in partiti di centro

datori di lavoro- lavoratori=> frattura tra borghesia imprenditoriale industriale e lavoratori formatasi a seguito della
rivoluzione. Sinistra-destra è la più comune dimensione ideologica in cui i partiti vengono posizionati. I partiti socialisti
si batterono per la protezione del lavoro contro l’economia capitalista (diritti sociali, civili e politici e sistemi di welfare);
sostennero politiche economiche basate su un forte interventismo statale contro l’ideologia del libero mercato. Si alla
proprietà pubblica

la rivoluzione sovietica del 1917 produsse una frattura in seno al movimento dei lavoratori:

comunisti- socialisti

la rivoluzione post industriale creò fratture più recenti:

materialisti- post-materialisti => frattura tra generazioni. I giovani svilupparono sentimenti nuovi di tolleranza,
uguaglianza, partecipazione e libertà. Queste tendenze si espresse in nuovi movimenti sociali (nuova sinistra: partiti
verdi)

società aperte-chiuse => la globalizzazione ha creato una frattura tra settori economici che traggono vantaggio
dall’indebolimento dei confini nazionali e settori che ne risentono negativamente. Perdenti della globalizzazione e
dell’integrazione hanno rafforzato il sostegno a partiti protestatari neo-populisti, la cui attitudine economica è ampliata
da pregiudizi culturali, xenofobi ed anti-immigrazione (British National Party).

Le fratture cambiano nel tempo e nello spazio. Non tutte esistono in tutti i paesi. Dagli anni 20 i sistemi sono rimasti
stabili (cristallizzazione), per cui Lipset e Rokkan hanno formulato la cosiddetta IPOTESI DEL CONGELAMENTO

MORFOLOGIA

I due elementi principali sono: numero di unità in competizione e dimensione di queste unità. Il numero e la forza
vengono studiati a livello di voti ottenuti alle elezioni e seggi in parlamento. Una variabile è, quindi, il SISTEMA
ELETTORALE.

1. Sistemi a partito unico => un solo partito legale. Partito comunista in URSS e nazionalsocialista in Germania
2. Sistemi a partito egemonico => un solo partito detiene il poter, gli altri “partiti satellite”. Regimi comunisti pre
1989 in Europa centrale e orientale
3. Sistemi a partito dominante => un partito con ampia maggioranza, al di sopra dell’assoluta al 50%, per lungo
periodi. Agli altri partiti è consentito competere in elezioni libere per sfidare il partito dominante.
4. Sistemi bipartitici => vi sono due grandi partiti equamente bilanciati che dominano il sistema politico e si
alternano al potere. Hanno stesse possibilità di vincere le elezioni e vi è una frequente alternanza. Sistema
bipartitico perfetto solo in USA
5. Sistemi multipartitici => sistemi di partito più frequenti. Vi sono dai 3 a più di 10 partiti presenti nel sistema
politico che concorrono nelle elezioni. Nessuno dei partiti è maggioritario, ma proporzionale e si differenziano
per dimensione e nessuno raggiunge la maggioranza assoluta. Devono, quindi, formarsi governi di coalizione.
Sono ritenuti causa di instabilità politica, crisi di coalizione e scarsa rispondenza nei confronti dei cittadini,
mancanza di moderazione ideologica. Nelle democrazie consensuali, invece, sono stabili, funzionanti e
pacifici. Sartori distinse due tipologie di multipartitismo:
 Moderati: il numero dei partiti < 5 e direzione della competizione centripeta (i principali partiti
convergono verso il centro dell’asse sinistra-destra). Al centro vi sono partiti piccoli con cui i
due più grandi possono formare una coalizione. La distanza ideologia è limitata, in modo che
siano possibili tutte le coalizioni.
 Polarizzati: grande distanza ideologica, forte radicalismo dogmatico, partiti antisistema che
vogliono cambiare il sistema di governo e le istituzioni. Non tutte le coalizioni sono possibili
6. Sistemi bipolari => combinano elementi del bipartitismo e del multipartitismo: vi sono molti partiti senza
maggioranza assoluta, i governi di coalizione sono la regola ma queste si formano prima delle elezioni e
competono come alleanze elettorali, rimanendo stabili nel tempo. La competizione assomiglia a quella dei
sistemi bipartitici.

Il numero dei partiti viene conteggiato in due diversi modi: numerico (indici sulla dimensione) e qualitativo (indici sul
ruolo).

1. NUMERICHE: indice di frazionalizzazione di Rae (da 0, piena concentrazione dei seggi o voti in unico partito, a
1, frammentazione totale con ciascun seggio o voto ad un partito diverso) e numero effettivo dei partiti di
Laasko e Taagepera (= numero di partiti in un sistema senza limite superiore). I paesi meno frammentati sono
quelli che utilizzano sistemi di voto plurality/maggioritari o trasferibili in seggi uninominali
2. QUALITATIVE: potenziale di coalizione (un piccolo partito è irrilevante se non è necessario a nessuna
coalizione) e potenziale di ricatto (un piccolo partito è rilevante quando è in grado di esercitare pressione
sulle decisioni governative attraverso veti e minacce)

Le leggi elettorali influenzano la struttura dei sistemi di partito. I sistemi elettorali possono essere maggioritari a collegi
uninominali o proporzionali a circoscrizioni plurinominali. La prima formulazione sul rapporto tra sistemi di partito e
sistemi elettorali è stata formulata da Duverger: LE LEGGI => 1. Il sistema maggioritario a turno unico (plurality) tende
al bipartitismo; 2. Il sistema maggioritario a doppio turno (majority) ed il proporzionale tendono al multipartitismo. Ciò
è dovuto ad effetti meccanici (formula) e psicologica (comportamento).

FUNZIONAMENTO

Nel mercato elettorale, partiti e candidati, competono per quote dell’elettorato, così come accade nel mondo
economico tra imprese e quote di mercato (Downs). ANALOGIA DI MERCATO: i partiti determinano le loro strategie
per massimizzare i voti ed essere eletti/rieletti al governo. Sono coalizioni di individui che cercano il controllo delle
istituzioni ed agiscono in base ai propri interessi, come le imprese. Gli elettori sono come consumatori che compiono
una scelta razionale sulla base delle proprie preferenze e della posizione dei partiti, seguendo la logica della
DOMANDA-OFFERTA. La ricerca di vantaggi individuali produce beni comuni (economia). ANALOGIA SPAZIALE: le
imprese e i partiti collocano le proprie sedi in base alla distribuzione fisica della popolazione, cercando man mano di
ottimizzare il proprio posizionamento.

ELEZIONI E REFERENDUM

Le elezioni si svolgono per assegnare i seggi in un Parlamento o in un’altra istituzione rappresentativa. I referendum
sono voti su una questione specifica da approvare o respingere. Nelle democrazie liberali moderne, le elezioni sono
l'istituzione rappresentativa centrale che crea un collegamento tra popolo e rappresentanti. Le decisioni che
riguardano tutti vengono prese da un piccolo numero di individui, detti parlamentari, ministri del governo, presidenti e
definiti collettivamente come la classe politica. Il motivo per cui consideriamo questo stato delle cose legittimo è il
fatto che i membri della classe politica sono eletti da noi, e potranno, quindi, essere destituiti, se non ci soddisfano,
nella successiva tornata elettorale. Questo meccanismo di rappresentanza e di accountability è fondamentale per le
democrazie moderne.

Sistema elettorale = insieme delle regole che strutturano il modo in cui i voti sono espressi alle elezioni e le modalità
nelle quali essi vengono convertiti in cariche.

Votare è generalmente un atto volontario, benché in alcuni paesi sia obbligatorio (Belgio; Austria) – voto obbligatorio
che aiuterebbe ad aumentare l’affluenza alle urne, eliminando il divario di voto sulla base dello status socioeconomico

 Sistema maggioritario uninominale => assegnano la vittoria ai candidati/partiti che ottengono il maggior
numero di voti. Possono essere di tipo PLURALITY (gli elettori votano per un solo candidato in un collegio
uninominale e viene eletto chi ottiene il numero maggiore dei voti. UK e paesi anglosassoni) o MAJORITY (è
necessario ottenere la maggioranza assoluta)
 Voto alternativo => gli elettori hanno la possibilità di ordinare i candidati ponendo un 1 sulla prima scelta, un
2 sulla seconda e così via. Se i voti di un candidato ammontano alla maggioranza di tutti i voti espressi, il
candidato è eletto, altrimenti il candidato in ultima posizione è eliminato e le sue schede ridistribuite. Il
processo continua fin quando un candidato non raggiunge la maggioranza assoluta. È un sistema
maggioritario ed è utilizzato in Australia
 Rappresentanza proporzionale => mirano ad ottenere una proporzionalità più o meno stretta tra voti e seggi,
sono basati su collegi plurinominali e dipendono da dimensioni dei collegi e soglie elettorali. Alcuni sistemi
fanno uso di soglie di sbarramento (percentuali minime di voto per essere ammessi alla ripartizione dei seggi).
Esse possono essere formali (esplicite => stabilite dalla legge elettorale) o naturali (implicite=> proprietà
matematica del sistema). I sistemi proporzionali possono essere DI LISTA (ogni partito presenta una lista di
candidati in ciascun seggio plurinominale e ottiene un numero proporzionale alla percentuale complessiva di
voti ottenuti. Ciò può essere calcolato tramite il metodo del quoziente, del divisore o automatico) o A VOTO
SINGOLO TRASFERIBILE (fa ricorso ad un sistema di voto ordinale. Gli elettori devono classificare i candidati in
ordine di preferenza e coloro che superano una determinata quota vengono immediatamente eletti.
Altrimenti si elimina il candidato con il minor numero di voti e si ridistribuiscono i punteggi secondo le
successive preferenze)
 Sistemi misti => gli elettori eleggono i propri rappresentanti attraverso due sistemi diversi: maggioritario e
proporzionale. Hanno più livelli elettorali con formule maggioritarie per un livello inferiore e proporzionali per
un livello superiore. Possono essere INDIPENDENTI (L’applicazione di una formula elettorale non dipende dal
risultato prodotto dall’altra) DIPENDENTI (l’applicazione dipende dalla distribuzione dei seggi o dei voti
prodotti dalla formula maggioritaria). SISTEMA TEDESCO

 IL CASO ITALIANO: l’Italia, dal 1948 al 2015, ha sperimentato 4 sistemi elettorali:


1. Proporzionale puro (1948-1992) => per la camera: 31 circoscrizioni plurinominali e formula proporzionale
con metodo del quoziente Imperiali rafforzato. “LEGGE TRUFFA” (’53), la DC e i suoi alleati cercarono di
modificare il sistema concedendo un premio di maggioranza del 65% dei voti al partito/coalizione con la
maggioranza assoluta. Tuttavia, il premio non venne attribuito. Per il senato: sistema plurality che funzionava
come un proporzionale. Ciascuna delle 20 regioni era suddivisa in collegi uninominali in base alla popolosità
e il candidato che otteneva almeno il 65% dei voti era eletto. Se nessuno raggiungeva tale soglia i seggi
venivano assegnati con metodo d’Hondt. Referendum del ’93 che trasforma il sistema in un maggioritario
plurality che, però, non vide mai applicazione
2. Legge Mattarella (1993-2005) => sistema misto per ¾ maggioritario e ¼ proporzionale. Per la camera:
ciascun elettore aveva a disposizione due schede (magg./prop.), vi erano 26 circoscrizioni e il 75% dei seggi
veniva attribuito con sistema plurality in collegi uninominali, e il 25% con sistema proporzionale Hare e soglia
di sbarramento al 4%. Era caratterizzata dallo scorporo proporzionale per evitare la sovra rappresentazione
dei partiti. Per il senato: sistema simile. I candidati avevano a disposizione un solo voto e lo scorporo era
totale. Il merito è stato quello di aver consentito una fase di alternanza bipolare sperimentata per la prima
volta nel 2001.
3. Legge Calderoli (2005-2013) => per la camera: i seggi venivano distribuiti prima a livello nazionale utilizzando
la formula proporzionale har e dei resti più alti ai partiti e alle coalizioni che superassero una delle seguenti
soglie: 10% dei voti validi per le coalizioni, posto che questo ottenessero almeno il 2%; per le liste non
coalizzate o in coalizioni che non avessero raggiunto il 10%, il 4% dei voti validi. La colazione o la lista più
votata otteneva un premio di maggioranza che garantiva 340 seggi su 630. Per il Senato: attribuzione dei
seggi soglie e premi erano calcolati a livello regionale. I seggi erano attribuiti con metodo Hare e le coalizioni
dovevano ottenere più del 20% dei voti validi, posto che almeno una delle liste coalizzate avesse ottenuto il
3%; per le liste singole, almeno l'otto% dei voti validi. La coalizione o la lista più votata otteneva un premio di
maggioranza che assicurava il 55% dei seggi della regione. La riforma fu ampiamente criticata su tre fronti: 1.
Premio di maggioranza che avrebbe potuto causare maggioranze diverse nei due rami di Parlamento; 2. La
legge prevedeva che i partiti e le coalizioni presentassero un programma elettorale e il nome del proprio
leader, in conflitto con i poteri costituzionali del capo dello Stato; 3. Le liste lunghe chiuse non permettevano
agli elettori di scegliere i propri rappresentanti
4. Italicum (2013) => nel 2013 la Corte costituzionale dichiarò incostituzionale la legge Calderoli e l'effetto fu di
accelerare la riforma costituzionale. Questa nuova legge prevede un peculiare sistema proporzionale a
doppio turno. I seggi vengono designati con formula proporzionale HR e resti più alti tra le liste che superano
il 3% a livello nazionale. Tuttavia assegna un premio di maggioranza al partito che ottenga almeno il 40% dei
voti. Se nessun partito supera tale soglia i due partiti più votati si scontrano al ballottaggio il vincitore
conseguirà 340 seggi su 630 mentre i seggi restanti verranno distribuiti proporzionalmente tra gli altri partiti.
Le liste di candidati sono Corte e semiaperte solo i capilista possono essere candidati in un massimo di 10
collegi e le liste devono prevedere l'alternanza di genere. Gli elettori possono esprimere fino a due
preferenze a patto che siano attribuite a candidati di genere diverso. Anche questa legge è stata dichiarata
parzialmente incostituzionale nel 2017 dalla Corte costituzionale.

Un referendum si ha quando un elettorato di massa vota su qualche questione pubblica. Ha tre dimensioni:

 un referendum potrebbe essere obbligatorio in alcune circostanze oppure opzionale. Quando è opzionale il
dispositivo è aperto alla manipolazione partigiana
 può aver luogo su richiesta di un numero di elettori, di iniziativa popolare oppure di un'istituzione politica.
L'iniziativa popolare permette un determinato numero di elettori di dar luogo a una votazione popolare
 vi è distinzione tra referendum che promuovono la decisione e quelli che controllano decisione i primi sono
rari mentre i secondi sono più comuni. In questi possiamo distinguere tra referendum abrogativi e referendum
di interdizione

ORGANI LEGISLATIVI

Gli organi legislativi sono presenti in tutto il mondo e giocano un ruolo centrale in quasi tutti i sistemi politici. Le
variazioni nei loro poteri nelle loro strutture sono notevoli.

Le definizioni di assemblea, legislativo, Parlamento e Congresso spesso vengono definiti come organo legislativo o
organismo di individui che ha potere di legiferare, tuttavia tali termini non sono interscambiabili.

Assemblea: un organo legislativo; Nello specifico, la camera bassa di un organo legislativo

L'assemblea è un gruppo di individui riuniti assieme, solitamente per uno scopo particolare, che sia religioso, politico,
educativo o sociale, Possiamo poi designare gli organi legislativi come quelle assemblee per le quali lo scopo
particolare e politico e legislativo. Indipendentemente dal fatto che un sistema politico possa essere categorizzato
come democratico o meno, se vi è un organo legislativo in aggiunta ad un ramo esecutivo, la relazione fra i due
determinerà le caratteristiche essenziali dell'organo legislativo.

organo legislativo: un corpo di individui che ha il potere di legiferare; nello specifico, un corpo organizzato che ha
l'autorità di fare le leggi per un'unità politica

Parlamento: il supremo organo legislativo, solitamente di un'unità politica importante virgola che rappresenta
un'istituzione permanente comprendente una serie di raggruppamenti individuali. La parola Parlamento è derivata dal
verbo francese parler, parlare: i vincoli istituzionali e politici posti sui parlamenti servono a focalizzare le loro attività
sul dibattito e la discussione.

Nei sistemi parlamentari, l'esecutivo è scelto dall'organo legislativo pescando tra i membri di quest'ultimo. Inoltre,
l'esecutivo o il governo è formalmente responsabile verso questo organo legislativo durante tutto il suo mandato. Ciò
significa che essere rimosso dalla carica in qualsiasi momento in cui una maggioranza del legislativo dovesse opporsi ad
esso. Poiché c'è un altro grado di dipendenza reciproca questi tipi di sistemi sono noti come sistemi a fusione dei
poteri.

Congresso: il supremo organo legislativo di una nazione, in particolare, di una Repubblica. Il Congresso si trova
all'interno di quelli che sono comunemente denominati i sistemi presidenziali, un tipo di sistema separazione dei
poteri: i rami legislativo ed esecutivo sono scelti di indipendentemente e nessuno ha la capacità di sciogliere o
rimuovere l'altro dalla carica. Il sistema a separazione dei poteri più conosciuto, è quello degli USA il cui nome ufficiale
dell'organo legislativo è proprio, non a caso, Congresso. Questa parola deriva dal latino congressus ovvero una
riunione, un incontro per competere o affrontarsi.

Sia parlamenti che congressi sono tipi di organi legislativi ovvero assemblee politiche con alcune mansioni legislative.

Gli organi legislativi hanno principalmente tre categorie di attività:

1. Collegamento e rappresentanza (Fungono da agenti dei cittadini che rappresentano e ci si attende che
agiscano nei loro interessi) => Essi fungono da intermediario fra circoscrizione elettorale e governo centrale. Il
grado in cui un organo legislativo è capace di funzionare come un efficace strumento di comunicazione,
dipende dal livello di interazione formalizzate tra i membri dell'organo legislativo e le loro circoscrizioni
elettorali, così come dal tipo e dalla frequenza delle opportunità che si hanno di convogliare informazioni
verso l'esecutivo. In generale i singoli parlamenti hanno più attivamente impegnati quando eletti in collegi
uninominali, questo perché sono i soli rappresentanti dei cittadini nelle rispettive circoscrizioni a livello
nazionale.
 Rappresentanza = i legislatori sono chiamati a farsi portavoce dei propri elettori -> delegati (trasmissione di
messaggi/iniziative) o fiduciari (interpreti delle istanze popolari)
 Dibattimento = attività più importante e centrale negli organi legislativi con controllo diretto limitato sul policy-
making (sistemi non democratici); questi organi possono fungere da strumenti importanti di compromesso
 Legittimazione = adeguata rappresentanza delle minoranze e dibattito pubblico. È un fondamentale riflesso delle
loro attività di collegamento e rappresentanza
2. supervisione e controllo (diventano i principali e hanno il compito di monitoraggio della supervisione
collettiva dell'esecutivo)
 Controllo = elezioni libere e corrette programmate con frequenza regolare. I sistemi democratici hanno due tipi di
principali per controllo sull’esecutivo: nei sistemi presidenziali l’agenda di policy dell’esecutivo non è soggetta a
controllo; di solito l’impeachment (x incapacità fisica o mentale) è raro; nei sistemi parlamentari, invece, gli organi
legislativi sono esplicitamente incaricati di promuovere controllo sull’esecutivo. La rimozione di quest’ultimo
avviene tramite una mozione di censura o un voto di sfiducia
 Sorveglianza = generalmente comprende sia le implicazioni delle policy a livello di budget, sia la loro
implementazione. La prima è più forte nei sistemi parlamentari, la seconda in quelli presidenziali. Le attività
possono essere: question time (domande a governo e primo ministro nei parlamenti); indagini speciali ed
audizioni ad hoc; commissioni di inchiesta; resoconti su specifiche questioni di interesse da parte dell’esecutivo
 Controllo sul bilancio = la maggior parte dei sistemi politici richiede l’approvazione delle leggi di bilancio nazionali
e delle politiche fiscali

3. Policy-making (= legislatori; si dedicano a legiferare e possono agire come agenti o principali, ciò che
interessa è che il loro compito è specificamente focalizzato sul processo relativo alla policy).
 Consultazione = garantisce al legislativo di presentare un’opinione riguardo una proposta legislativa specifica, un
piano d’azione o un ampio programma di policy
 Rallentamento del processo deliberativo e veto = potere negativo, in quanto il processo può solo essere frenato,
può essere un ottimo strumento di contrattazione con l’esecutivo e la sua incarnazione più estrema è il potere di
veto (blocco)
 Emendamento ed iniziativa legislativa = il legislativo ha il potere di cambiare aspetti delle proposte dell’esecutivo;
un potere di iniziativa garantisce ad individui e gruppi del legislativo di presentare le proprie proposte di policy

STRUTTURA:

mono camerali (1 camera) o bicamerali (2 camere). La camera bassa, di solito la più grande, rappresenta la popolazione
nel suo complesso; la camera alta, specifici gruppi definiti in termini sociali e territoriali.

Nei sistemi monocamerali tutti i poteri del legislativo sono attribuiti ad un’unica camera, nei bicamerali possono essere
condivisi equamente; divisi equamente (bicameralismo perfetto o simmetrico) o distribuiti in modo diseguale
(bicameralismo imperfetto o asimmetrico)

Il legislativo è di solito il ramo più eterogeneo e numeroso di quelli che creano il governo. Gli organi legislativi si
strutturano al loro interno sulla base di commissioni, create ad hoc o permanenti e sottocommissioni altamente
specializzare e/o commissioni temporanee di indagine

Generalmente c’è un presidente e uno o più vice o altre posizioni di segreteria/amministrazione. La differenza più
importante è tra legislativi che incentivano la cooperazione e legislativi che utilizzano un sistema first-past-the-post
(maggioritario = no compromesso)

GOVERNI E BUROCRAZIE

Governo = struttura gerarchica in qualsiasi ambiente organizzato. All’interno della definizione politica comprende le
istituzioni pubbliche che producono o implementano decisioni politiche e che possono essere ripartite su diversi livelli.
Il lavoro del governo è GOVERNARE IL PAESE = detenere il potere. Per questo ha burocrazie che a supporto dei suoi
compiti di amministrazione e regolamentazione del paese.

I fondamenti normativi del governo democratico si fondano su: il governo dev’essere connesso al processo elettorale e
lavorare nel quadro dei vincoli costituzionali. In questi confini può essere organizzato in molti modi: collegiali o
monocratici.

 MODELLO PARLAMENTARE => forma di governo semplice. Il capo di governo è diverso dal capo dello stato; la
maggior parte dei sistemi prevede lo scioglimento anticipato da parte del capo dello stato (su proposta del
primo ministro o del governo); in alcuni casi il primo ministro è eletto all’interno del parlamento, in altri
nominato dal capo dello stato o dal presidente del parlamento con successivo voto di fiducia ed in altri ancora
nominato dal capo dello stato senza voto di fiducia obbligatorio; primo ministro e gabinetto sono
politicamente responsabili verso il legislativo: possono essere destituiti con voto di sfiducia, in qualsiasi
momento. Alcuni paesi richiedono il voto di sfiducia correttiva, il parlamento deve rimpiazzare il governo in
carica con un governo alternativo.

 MODELLO PRESIDENZIALE => il principio è quello di conferire tutto l’esecutivo nelle mani di una sola figura
(presidente). Il presidente è sovrano

Formazione e responsabilità: elezione popolare diretta del presidente per un periodo determinato; capo dello stato
che si identifica nel capo di governo; presidente non politicamente responsabile verso il legislativo e presidente che
nomina i membri del governo (nella maggior parte dei casi con il consenso del legislativo)

 MODELLO SEMIPRESIDENZIALE => talvolta il presidente agisce come vero capo del governo, relegando al
primo ministro a semplice assistente e, occasionalmente, capro espiatorio; in altri casi questi due uffici
lavorano insieme e in altri casi ancora, il presidente è poco più che un poco più potente capo di stato, utile
nelle situazioni di crisi.

Formazione e responsabilità: il presidente è eletto direttamente o quasi; nomina il gabinetto di governo; il gabinetto è
politicamente responsabile verso il parlamento e il presidente può far dimettere il gabinetto e/o sciogliere il
parlamento.

 GOVERNO DIRETTORIALE => attualmente, solo la Svizzera lo utilizza. Il Bundesrat o Conseil Federal consiste in
sette membri eletti individualmente dal parlamento (camere in seduta comune). Il presidente federale è capo
del governo e dello stato (presidenzialismo statunitense), ma la diversità linguistica e religiosa del paese ha
richiesto un governo collegiale: la presidenza ruota su base annuale tra i membri del gabinetto di governo.
Quest’ultimo non è politicamente responsabile verso il parlamento

 PRIMO MINISTRO ELETTO DIRETTAMENTE => solo Israele mise in patica questo sistema nelle elezioni tra il
1996 e il 2003. Pertanto, il primo ministro era eletto a livello popolare a maggioranza assoluta (se necessario,
in due turni) nello stesso giorno di ogni elezione parlamentare e quando la carica di primo ministro era
vacante. Il gabinetto di governo era nominato dal primo ministro, ma richiedeva un voto di fiducia
parlamentare per entrare in carica. Il primo ministro era politicamente responsabile verso il parlamento, ma
l’approvazione di un voto di sfiducia determinava anche lo scioglimento del parlamento e l’indizione di nuove
elezioni

 GOVERNO DI GABINETTO => è il tradizionale modo operativo del sistema parlamentare, nato in Inghilterra nel
19esimo secolo. Il gabinetto di governo discuteva e decideva e questioni importanti collettivamente, il primo
ministro era un primo tra eguali, in quanto alla base vi era il ruolo limitato dello stato rispetto alla posizione
del monarca. Il gabinetto era infatti una sua creazione: monarca come primo ministro.

 GOVERNO DEL PRIMO MINISTRO => decision making monocratico del primo ministro. Esistono 3 differenti
modalità: capacità generalizzata di decidere tutte le aeree di policy d’interesse del primo ministro; decidere
questioni chiave e definire un ethos di governo (ideologia) che limiti la libertà di manovra degli altri ministri.
Questo governo assomiglia a quello presidenziale, la differenza sta nel fatto che i primi ministri vanno oltre al
ruolo a loro assegnato dalla costituzione. Possono essere, inoltre, costretti a dimettersi in ogni momento

 GOVERNO MINISTERIALE => è la trasformazione del governo di gabinetto: il potere è disperso tra i membri
individuali del gabinetto (governo frammentato). I ministri si attengono alla regola tacita di mutuo NON
intervento reciproco. Ministri come dittatori di policy.

il collegamento elettorale che rende democratico un governo sono i partiti che giocano un ruolo cruciale nelle elezioni.
le democrazie moderne hanno governi di partito, ovvero che le azioni del governo sono fortemente influenzate dai
valori e dalle politiche dei/del partito/i di governo. I partiti controllano ciò tramite programmi, reclutamento e
sorveglianza e controllo sul governo. L’iniziale fusione di partito e governo da, spesso, luogo, all’autonomia di governo
e occasionalmente alla dipendenza del partito dal governo. I leader individuali tendono a guadagnare più peso rispetto
ai partiti.

GOVERNO UNITO VS GOVERNO DIVISO => termini inventati negli Stati Uniti. Governo diviso significa che la presidenza
è detenuta da un partito e almeno una camera del congresso è controllata dall’altro partito; governo unito significa che
tutti e tre gli organi sono sotto il controllo dello stesso partito, la presidenza dev’essere inevitabilmente sotto il
controllo di uno ed un solo partito. Al contrario è possibile che nessun singolo partito controlli una maggioranza
assoluta.

GOVERNI DI MINORANZA VS MAGGIORANZA => Un governo è considerato di minoranza quando si regge sul voto di
fiducia di meno della metà dei parlamentari.

GOVERNI MONOPARTITO VS GOVERNI DI COALIZIONE => i governi monopartito hanno il vantaggio che nessuna linea
di divisione partitica attraversa il governo.

BUROCRAZIA

Weber ha delineato le caratteristiche chiave dell’organizzazione democratica: Personale; Organizzazione; Procedure.


Ciascuna ha una funzione specifica e una pietra angolare della burocrazia è il reclutamento in base al MERIT SYSTEM

IL POLICY MAKING

Le policy sono progettate per raggiungere obiettivi definiti e offrire soluzioni ai problemi della società. Sono
disposizioni del governo riguardo a ciò che intende fare (leggi, regolamenti, decisioni o ordini). Esistono politiche
distributive (distribuzione delle risorse dal governo a particolari destinatari); redistributive (trasferimento di risorse da
un gruppo all’altro all’interno della società); regolative (specificano condizioni e vincoli per il comportamento
individuale); costituenti (creano e modificano le istituzioni degli stati). Ciascuna delle quattro combinazioni comporta
implicazioni diverse.

Studiare il policy making in termini di politica comparata può migliorare significativamente la nostra comprensione
scientifica del fenomeno, in più, fornendo la possibilità di scomporre il processo in vari stadi politici, è possibili di
analizzare gli effetti di nuovi sviluppi politici (internazionalizzazione)

POLITICS= politica/ POLICY = modelli di politiche pubbliche.

 Modello istituzionale => il focus analitico è sull’equilibrio tra esecutivi e legislativi. Le politiche sono formulate e
implementate esclusivamente da queste istituzioni. Il policy making è un processo fluido e tecnico a cui
partecipano tutte le istituzioni rilevanti.
 Modello razionale => è associato al modo di apprendimento bayesiano in cui i governi rivedono le loro convinzioni
delle conseguenze politiche sulla base delle informazioni disponibili riguardo agli esiti delle politiche passate e
scelgono la policy che ci si attende produca i migliori risultati. È legato alla TEORIA DEI GIOCHI (per uscire
dall'escalation basta cambiare il tipo di relazione: se si è in simmetria basta rispondere in modo complementare, e
viceversa. Per intenderci, il prepotente dovrebbe ammettere di avere torto, il remissivo mostrare gli occhi di tigre)
 Modello incrementale => descrizione realistica fondata sulla razionalità limitata (limiti delle conoscenze e delle
capacità cognitive dei decisori). Il tallone d’Achille è che esso non spiega come i decisori giungano agli
aggiustamenti incrementali
 Modello di gruppo => politiche come risultato di un equilibrio raggiunto nella lotta di gruppo e determinato dalla
forza relativa dei singoli gruppi di interesse coinvolti possono innescare il cambiamento della policy. L’effetto
potenziale dei policy maker dipende dalle particolari strutture politiche.
 Modello elitista => policy making determinato dalle preferenze delle elite al governo, piuttosto che da quelle
dell’opinione pubblica generale

Il policy making che viene analizzato come processo e con il nome di CICLO DI POLICY = serie di attività politiche

1. AGENDA SETTINGS: identificazione di un problema che richiede l’intervento dello stato. I problemi scelti
faranno parte dell’agenda ed i fattori che la influenzano possono essere culturali, politici, sociali, economici o
ideologici. Vi sono tre modelli di avvio delle politiche: iniziativa dall’esterno; mobilitazione; iniziativa
dall’interno. L’agenda è definita da quattro tipi di attori: funzionari pubblici; burocrazia; mass media (priming e
framing) e gruppi di interesse.
2. FORMULAZIONE DELLE POLITICHE: definizione, discussione ed accettazione/rifiuto di possibili corsi d’azione
per far fronte ai problemi di policy. Questa fase porta alla relazione tra esecutivo e legislativo, in cui di solito i
primi dominano sui secondi.
3. ADOZIONE DELLE POLITICHE: servono due fattori (1) che l’insieme delle politiche possa essere ridotto dalla
necessità di costruire maggioranze per la loro approvazione, il che implica considerazioni riguardo ai valori;
l’affiliazione partitica; gli interessi circoscrizionali e l’opinione pubblica. (2) il tipo di organizzazione dello stato
influenza il successo, la velocità e la natura della policy. (LEGISLATIVO)
4. IMPLEMENTAZIONE DELLE POLITICHE: traduzione in pratica di nuove leggi e programmi, spesso esiste un
divario sostanziale tra l’approvazione di una nuova legislazione e la sua applicazione. Vi sono tre categorie
generiche: modelli top-down; modelli bottom-up; modelli ibridi. Per un’implementazione di successo
dev’esserci un’entità in grado di tradurre gli obiettivi in una struttura operativa responsabile delle proprie
azioni (BUROCRAZIA)
5. VALUTAZIONE DELLE POLITICHE: verifica che l’output abbia conseguito gli obbiettivi voluti. Può essere:
formale; in base alla soddisfazione del cliente; in base ai risultati; in base al rapporto costi-benefici; in base
alle conseguenze di lungo periodo. Una volta che una policy è istituzionalizzata all’interno di un governo, è
difficile porvi fine. La cessazione è probabile in caso di SHOCK ESTERNO che giustifica misure drastiche (es.
crisi economiche)

Il policy making può essere pensato come una strategia per risolvere i problemi nella società utilizzando le istituzioni. I
quadri cognitivi e formativi svolgono importanti funzioni durante il processo di policy-making e, perciò, integrano la
prospettiva politica. Analogo al ciclo di policy, troviamo il concetto di STILI DI POLICY NAZIONALI, che serve come
strumento euristico utile per elaborare spiegazioni teoriche più specifiche.

Le fonti internazionali influenzano il policy making domestico. Dato che l’internazionalizzazione è un fenomeno
complesso, è utile avvicinarsi ai meccanismi che ne sono alla base tramite i concetti di: diffusione (disseminazione
mediata al livello delle politiche all’interno e tra sistemi politici); trasferimento (processi con cui le conoscenze sulle
politiche, ordinamenti ed istituzioni vengono impiegate per lo sviluppo delle politiche etc..); convergenza
transnazionale di policy. Esistono quattro meccanismi principali: imposizione, armonizzazione, competizione
regolamentare e comunicazione transnazionale.

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