2020
Il populismo può essere analizzato da diverse discipline, adottando, di conseguenza, diversi metodi
di studio. Noi analizzeremo il populismo da una prospettiva propriamente giuridica adoperando le
categorie tipiche del diritto costituzionale o, più in generale, del diritto pubblico. Il tema centrale
del nostro discorso si basa sul riuscire a conciliare una rappresentanza politica, tale da rendere
effettivamente visibili i bisogni dei cittadini, con varie forme di democrazia, specialmente quella
rappresentativa. Tale tema pone alla nostra attenzione il popolo in tutte le sue sfaccettature e il
conflitto che lo anima. La partecipazione del popolo a cui si assiste oggi è una partecipazione a-
strutturata le cui espressioni quali la rivolta, la ribellione non contestano a priori l’attuale
rappresentanza politica ma ne desidera una forma differente, più democratica, capace di
approcciarsi ai reali bisogni dei cittadini. Oggi più che mai è necessario dare una qualificazione alla
forma della rappresentanza, la cui crisi è legata al disfacimento dei più comuni modelli di
partecipazione politica quali i partiti politici, mediante nuovi modelli capaci, come detto prima, di
focalizzarsi sui bisogni reali della popolazione. Sotto il nome di populismo vengono
sommariamente riconosciute varie forme di mobilitazione che nella realtà nascondono problemi
ben più complessi. Ciò a cui si assiste oggi non è altro che una rottura del contratto sociale tra
governanti e governati di cui la crisi della rappresentatività è una delle più evidenti conseguenze.
Visto che il populismo è un tema molto vasto cercheremo di contenerlo e circoscriverlo mediante
metodo giuridico, quale atto di soggezione ad un ordinamento giuridico e alle sue categorie. Come
detto precedentemente il populismo è oggetto di studio da parte di molte discipline come
l’antropologia: da questa prospettiva il populismo va interpretata come una sintesi tra tradizione e
cambiamento, di resistenza alle trasformazioni dell’assetto sociale e allo stesso tempo di ricerca di
vantaggi dalla stessa situazione. L’esame del populismo, inoltre, non può prescindere dalla storia:
il costituzionalista è uno storico-giurista per comprendere l’oggetti dei suoi studi e discuterlo
profittevolmente. Del populismo va apprezzato, però, per porre al centro dell’attenzione la crisi
della rappresentanza e dei parlamenti. Citando Mudde, politologo olandese, il populismo non è
solo demagogia e opportunismo ma è piuttosto una thin ideology, un pensiero esile, composto da
poche convinzioni: una società in contrasto di cui la parte del cattivo è rappresentata dalle elites e
quella dei buoni dal popolo.
Andando oltre questa visione il populismo è da intendersi come un fenomeno teso a ideare
strumenti idonea ad ampliare gli strumenti di partecipazione ampliare i diritti sociali; non è
certamente un fenomeno nuovo ma un fenomeno antico che si ripropone ciclicamente seppur in
contesti diversi.
1.1 Populismi e rappresentanza democratica: presupposti teorici per una lettura “alternativa”
delle categorie.
Non tutte le esperienze che oggi vanno sotto il nome di populismo risultano essere ostili alla
rappresentanza politica (per intenderci noi non possiamo fare a meno del concetto di
rappresentanza come non possiamo ignorare il fatto che tale categoria debba essere rivitalizzata
in maniera tale tale da non essere più considerata come una mera fictio juris scaturente dal
ripetitivo rito delle elezioni politiche.) Ciò che emerge da alcuni dei movimenti definiti populisti è
che le molteplici scansioni dell’indirizzo politico non possono prescindere dall’intervento del
popolo il quale avverte l’esigenza di pressare i propri rappresentanti affinché tale funzione non sia
unicamente nelle mani delle elites dei rappresentanti ma cerchi di rispecchiare le proprie esigenze.
Le loro richieste, come sostenuto da gran parte della dottrina, son più che legittime ma è il modo
di richiederle che risulta essere sbagliato. Le grandi mobilitazioni vengono solitamente tacciate
come populiste con un accezione di sovranismo. Tale sovrapposizione è completamente sbagliata;
la questione è molto più complessa. La crisi della rappresentanza e del ruolo del parlamento ci
portano a dover analizzare e, in certi sensi a valorizzare, alcuni punti fermi della democrazia
rappresentativa. Il parlamento è il luogo per eccellenza della rappresentanza democratica anche
se ad oggi risulta essere profondamente corrotto: al compromesso parlamentare trasparente
viene sostituito un compromesso sociale, realizzato in sordina adoperando coalizioni elettorali
fittizie con lo scopo di creare maggioranze fittizie, che non rispondono a quelle che sono le
esigenze del popolo e non lo rappresentano.
1.2 I populismi attraverso le categorie del diritto costituzionale: popolo, territorio, governo.
Il populismo non può essere declinato come una mera contrapposizione tra popolo ed elites. Nel
fenomeno del populismo un ruolo chiave è svolto dai partiti politici: la loro attività è volta ad
alimentare la creazione di una oligarchia interessata più al potere che la partecipazione; tale
comportamento ha creato una cesura tra istanze dal basso e capacità di recepirle (ciò ovviamente
è anche dovuto anche al fatto che queste istanze siano diventate più disomogenee, disarticolate e
complesse per incanalarle in progetti politici). Il fenomeno è alquanto complesso ma lo si può
circoscrivere mettendo in risalto il rapporto tra populismo e crisi della rappresentanza nei modelli
democratici caratterizzati dal suffragio universale e dal principio del pluralismo politico e sociale
(altro sarebbe infatti la rappresentanza senza elezioni e/o a suffragio limitato). In merito a tale
contrapposizione sono stati individuati due filoni di populismi: il cd.
1.3 Il canone interpretativo della visibilità del popolo nella cornice della rappresentanza.
Per lungo tempo si è identificata la rappresentanza con la visibilità dei cittadini: il Parlamento,
democraticamente eletto, garantirebbe partecipazione e dibattito. Tale ragionamento non prende
in considerazione le criticità dei rapporti tra stato e società. Per quanto si possa essere affermato
uno Stato di diritto questo cela uno Stato autoritario in cui il parlamento non è altro che un luogo
di mediazione apolitica in cui vengono prese le decisioni e la società non fa altro che ubbidire a
quanto deciso. Sul piano formale, dunque, il parlamento assorbe e soddisfa le istanze e i bisogni
dei cittadini; tale ragionamento non si concilia con la post democrazia in cui viviamo oggi, un
modello in cui vengono ridisegnati i tre pilastri del diritto costituzionale: popolo, territorio,
governo. Con la post democrazia nascono nuovi assetti, nuove governance, appaiano sulla scena
nuovi elementi fino ad ora esclusi dai circuiti decisionali. In questo circuito la rappresentanza
diventa distante dalle esigenze del popolo e non aiuta più i cittadini a prender parte nei processi di
determinazione dell’indirizzo politico. Il discorso, dunque, non va impernato sul populismo, ma
bisogna partire dal concetto di visibilità, di quanto le esigenze del popolo siano visibili e rilevanti. Il
populismo si avvantaggia della crisi di visibilità del popolo: per lungo tempo si è ritenuto che la
partecipazione attraverso i partiti politici fosse sufficiente a garantire la visibilità e la
rappresentatività quando non è così.
3 Populismi e cittadinanza attiva: cambi di prospettiva dei modelli classici della partecipazione.
Il popolo si avvantaggia di corpi intermedi per poter contribuire alla realizzazione di una
rappresentanza diffusa, per esprimere le proprie esigenze. C’è un filo conduttore che partendo dal
territorio, attraverso il popolo, contribuisce alla realizzazione di un governo plurale e inclusivo.
Tale processo è entrato in crisi nel momento in cui il territorio si è allargato con la creazione
dell’Unione Europea; la dimensione sovranazionale muta i rapporti tra cittadino e territorio: i
processi decisori si spostano verso l’alto e ciò non viene bilanciato da una rappresentanza forte né
da la presenza di validi corpi intermedi. Insomma, la rappresentanza, su scala sovranazionale, non
garantisce più la visibilità del popolo né la sua capacità di incidere sui processi decisionali. Quando
la rappresentanza entra in crisi si genera una nuova forma di populismo, populism in democracy,
rivolto alla ricerca di nuovi spazi di partecipazione democratica: un fenomeno di populismo che si
insinua all’interno della democrazia rappresentativa, un populismo democratico che cerca nuove
via di affermazione dei diritti politici mediante comportamenti mossi da istanze economiche e da
frustrazioni di ordine sociali. In un clima dii forte frammentazione Colin Crounch ha parlato di post
democrazia, un modello di rappresentazione in cui la decisione politica è nelle mani dei poteri
economici, di gruppi di professionisti esperti nel persuadere; in tutto ciò il “popolo
sovrano” ha un ruolo passivo e sottomesso. Questo scenario ha provocato istanze reattive nel
popolo il quale è intenzionato a smascherare l’ipocrisia della rappresentanza e della politica che
viene privatamente decisa dai governi eletti e le elites economiche; il governo altro non è che un
soggetto decisore distinto e distante dalla sovranità popolare. Questo nuovo fenomeno è liquidato
molto spesso come esponenziale di processi di natura populistica in quanto non si riesce a cogliere
la sua istanza ultima: puntare ad una migliore rappresentanza od anche una rappresentanza
partecipata.
Il populismo esprime fenomeni che trovano terreno fertile nella crisi della rappresentanza,
fenomeni volti a dare visibilità ai bisogni dei cittadini e trovare un contatto con i soggetti decisori.
Il populismo, però, non è da intendersi soltanto come una sorta di antinomia del processo di
decisione del governament by discussion, processo teso a prendere decisioni attraverso pericolose
scorciatoie facendosi forza dal consenso del demos maggioritario. Alla base di talune espressioni
del populismo non si pone un radicale disconoscimento della rappresentanza politica, bensì un
diverso approccio dei cittadini alle istituzioni. Si viene delineando un diverso modello di
governament by discussion, dove il confronto non avviene più solamente tra partiti o all’interni di
istituzioni; un movimento che si muove nella categoria del politico ma che ritiene i parlamenti
come luogo votato all’azione di gruppi di potere socio-economico. Da qui nascono movimenti
nascono movimenti che pur non interagendo con la rappresentanza (senza però delegittimandola)
rappresentano le esigenze di rafforzare i servizi pubblici, i diritti sociali, la tutela dell’ambiente… La
crisi della rappresentanza ha provocato due reazioni molto diverse tra loro: > populismo
sovranista e nazionalista : non si tratta di un ossimoro; il sovranismo cui si fa riferimento si pone
contro l’ingerenza dell’Unione Europea, vista come una forma di stato eccessivamente invasiva e
regolativa. É una forma non priva di contraddizioni: se da un lato desidera uno Stato leggero in
economia proteso alla deregulation economico-finanziaria, dall’altro, sul piano della sicurezza e
della difesa della proprietà, sembra evocare esigenze diametralmente opposte, una tensione verso
uno Stato di polizia. > populismo democratico: si pone in un atteggiamento critico nei confronti
dell’attuale concetto di rappresentanza, studiando altri modelli di partecipazione democratica.
Tale atteggiamento viene definito populistico perché critica l’attuale rappresentanza perché
ritiene che la sovranità popolare non posso esaurirsi solo nel momento della votazione; quello che
si tenta non è un totale sdraricamento del concetto di rappresentanza bensì un suo cambiamento.
La democrazia del pubblico può avere tra i suoi elementi fondativi la democrazia partecipativa la
quale, ad oggi, risulta essere sempre più complessa a causa dell'avvento dei social media, i quali
hanno messo in crisi gli attori tradizionali come i partiti politici e dei sindacati: sono modalità di
partecipazioni dirette, immediate, costanti senza la necessità di deleghe ed intermediazioni.
Apparentemente la rete sembrerebbe democratizzare le istanze partecipative; in realtà si tratta di
un apparente libertà e democrazia, incapace di mettere in collegamento la società e le istituzioni:
dal 2006 al 2012 la rete viene occupata dal controllo monopolistico di alcune aziende quali Apple,
Amazon, Microsoft, Facebook le quali hanno privatizzato gli strumenti di partecipazione attraverso
la rete, nel breve periodo si raggiungono alti risultati ma questi sono dissolti nel medio lungo
periodo. La democrazia partecipativa rappresenta un elemento fondativo ma non sovrapponibile
alla democrazia del pubblico. La democrazia partecipativa si basa sul referendum e l'iniziativa
legislativa: questi ultimi per essere effettiva espressione di tale democrazia devono attraversare
un percorso di formazione, di dissenso, di conflitto, di condivisione; in assenza di questo percorso
non possono generare fenomeni di condivisione e soprattutto di relazione con la rappresentanza.
Il potere di iniziativa legislativa ad oggi è stato trasformato di fatto in un mero referendum
propositivo; ciò ha portato la dottrina ad esprimere forti preoccupazioni ritenendo che ciò
porterebbe a una contrapposizione tra democrazia diretta e democrazia rappresentativa. Ciò a cui
si mira è una sintesi tra democrazia partecipativa e democrazia della rappresentanza il cui frutto
sia un indirizzo politico capace di trasformare in atti legislativi ed amministrativi le istanze e le
esigenze del popolo. Per evitare la barbarizzazione delle istituzioni è necessario trovare un
rapporto tra sovranità popolare e rappresentanza, non solo a livello nazionale, ma anche a livello
sovranazionale: al deficit democratico delle istituzioni europee è legato il sovranismo degli stati
nazione. Le fonti del diritto europeo sono il frutto di accordi tra gli esecutivi e non conoscono una
spinta costituente dal basso: ciò porta alla creazione di una comunità prettamente di consumatori
e non a una comunità di cittadini legati dai principi della democrazia. Tale comportamento ha
portato ad una reazione sovranista la quale, per essere rigettata, ha bisogno di un parlamento che
si faccia portavoce di una democrazia che chiameremmo oggi sostanziale.
La crisi del coronavirus ha aggravato le disuguaglianze e ciò sta determinando, da una parte il
cosiddetto populismo dell'emergenza; dall'altra, la nascita di una nuova forma di populismo
democratico. Il populismo autoritario dell'emergenza si caratterizza per un rapporto diretto tra
organi di direzione e popolo, avallando qualsiasi strumento di mediazione quali i partiti politici o le
associazioni.In tale forma di populismo il parlamento, al momento, si è limitato solo a ratificare la
volontà del governo. Ciò ha portato ad annullare la differenza tra atti di government (atti di
indirizzo politico tesi a fissare principi ed obiettivi) e atti di governance (atti finalizzati alla mera
gestione). Una forma di populismo democratico si pone contro la svolta autoritaria del populismo
dell'emergenza sostenendo come la protezione della salute sia adoperata per comprimere i diritti
fondamentali. L'obiettivo è quello di riportare lo stato emergenziale nei confini della costituzione
evitando che questo sia gestito attraverso deboli norme di rango amministrativo.