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STATO MODERNO E SOVRANITA’

Quando usiamo la parola stato indichiamo un potere politico organizzato.


Secondo Weber lo stato cambia il suo significato in corrispondenza di un
cambiamento del potere politico che si è verificato in età moderna, con
gli stati nazionali che hanno dei confini territoriali, un buon apparato
amministrativo e un monopolio della forza. La sovranità è l’attributo
principale dello stato moderno e questa indica un potere sommo che non
può essere fondato da un'autorità superiore a lui, è da cui derivano poteri
inferiori. Bodin con i “sei libri dello stato” e Hobbes con “il leviatano”
teorizzano la sovranità dello stato sperando in uno stato forte e unitario
che facesse finire guerre interne e garantire la pace per uno sviluppo
economico e sociale. C'è bisogno di un ordine politico ovvero un progetto
razionale per formare rapporti sociali Pacifici in contrapposizione a un
ordine naturale dove la vita non è regolamentata da norme e quindi c'è
una condizione generale di insicurezza. Lo stato moderno ha varie forme
istituzionali.

LO STATO ASSOLUTO
La monarchia assoluta è una forma istituzionale di stato moderno, ad
esempio il regno di Luigi XIV di Francia. In questo stato il monarca ha un
accentramento del potere ed esercita tutte le funzioni della sua
sovranità, ma lui non è in alcun modo vincolato. L'assolutismo per Hobbes
è la soluzione per uscire dalla situazione originaria dell'uomo di guerra di
tutti contro tutti. Lo stato per Hobbes è un patto a cui non si può
retrocedere e con questo gli individui cedono ad una persona la loro
libertà in cambio di pace e sicurezza. Con questo patto gli individui si
sottomettono totalmente al potere politico che regola con norme la
convivenza sociale. Questa tesi estrema ha un presupposto che è la laicità
del potere politico, infatti per Hobbes l'autorità dello stato non deriva da
Dio o altro ma ha come conseguenza il contratto stipulato dagli uomini
per finire la condizione originaria di guerra.

LA MONARCHIA COSTITUZIONALE
La monarchia costituzionale è un'evoluzione di quella assoluta e possiamo
prendere come esempio il regno di Guglielmo III d'Orange e della moglie
Maria che nel 1689 giurarono fedeltà Al documento elaborato dal
Parlamento ovvero alla dichiarazione dei diritti, che è preso come spunto
per le successive costituzioni monarchiche dette liberali perché rispettano
le libertà personali e politiche. Durante la formazione delle monarchie
costituzionali si sviluppò il liberalismo politico, corrente di pensiero e di
azione, che dà dei limiti al potere statale e riconosceva ai cittadini i diritti
civili, ad esempio la libertà di scegliere dove risiedere, che sono i diritti
che determinano lo spazio dove il cittadino può fare ciò che vuole senza
essere controllato dallo stato. La tradizione liberale si concentro anche
sull'articolazione interna del potere, se lo stato assoluto concentra in un
solo individuo tutti e tre i poteri (legislativo potere di fare leggi, esecutivo
potere di amministrare lo stato, giudiziario potere di applicare la giustizia)
per il liberalismo questi tre poteri devono essere distribuiti in modo
equilibrato, ovvero a diversi organi indipendenti, questo è il principio
della separazione dei poteri che è un tratto fondamentale del liberalismo
e delle democrazie. Un limite della monarchia costituzionale è la
piccolezza della base elettorale ovvero i cittadini che eleggevano i propri
rappresentanti nel parlamento erano una minoranza.

LA DEMOCRAZIA LIBERALE
La democrazia liberale che oggi è detta stato rappresentativo è uno stato
in cui tutti gli individui sono uguali davanti alla legge. Anche nella
democrazia liberale c'è la separazione dei poteri e anche un'attenzione ai
diritti civili dei singoli che sono dei limiti che il potere statale non può
superare. Gli stati democratici vengono chiamati così perché assumono il
principio della sovranità popolare, ovvero governo del Popolo, e ne fanno
una fonte del potere: Chi ha il potere di governare è perché è stato eletto
dal popolo. Nelle moderne democrazie gli individui possiedono i diritti
politici che il più importante è quello della libertà dei cittadini di
partecipare attivamente alla vita della nazione eleggendo i propri
governanti e potendo essere eletti.

DEMOCRAZIA: RISCHIO O RISORSA?


Sulla democrazia ci sono state diverse riflessioni degli studiosi. Ad
esempio Aristotele nella politica indica la democrazia come una forma di
governo deviata rispetto alla politia, governo dei molti, dove non si
persegue il bene comune, che è il fine della vita politica, ma c'è un
dominio della maggioranza che sfrutta il suo potere a suo vantaggio.
Anche per il magistrato Tocqueville la democrazia era una prevaricazione
sulle minoranze. Per Tocqueville la democrazia fa sorgere un certo tipo
umano caratterizzato dalla simpatia e dalla solidarietà nei confronti dei
suoi simili. Mentre per Aristotele le disuguaglianze impediscono all'uomo
di riconoscersi nei suoi simili, se non in una classe sociale, l'egualitarismo
democratico crea una sensibilità condivisa che fa comprendere e
condividere ad un individuo le vicende degli altri, e modella i rapporti
interpersonali. Per Tocqueville al cittadino mancano l'eroismo la
magnanimità e l'abnegazione che erano caratteristiche delle precedenti
età, (una mediocrità domina le coscienze livellando le idee non meno
delle condizioni di vita). Inoltre Tocqueville associa la democrazia alla
tirannide della maggioranza. Regimi democratici che garantiscono la
libertà dei cittadini rischiano di sfociare nel dispotismo che non era
conosciuto nelle società tradizionali, quello del pensiero la cui arma è
l’annientamento morale di chi non si riconosce nelle opinioni espresse dai
più.
Santorini nel suo libro la democrazia in 30 lezioni dice che il popolo è una
maggioranza moderata che hai il diritto di comandare rispettando i limiti
delle minoranze. Il principio di maggioranza è necessario per la
democrazia, e non sufficiente perché uno stato democratico deve tutelare
anche le minoranze in modo che queste abbiano l'accesso ai mezzi per
poter ribaltare la situazione, e quindi la maggioranza può diventare
minoranza e viceversa. Quindi l'alternanza di potere è un buon indicatore
della democraticità del sistema politico senza ricorso alla violenza.

L’ESPANZIONE DELLO STATO


Lo stato si è espanso in maniera evidente dalla seconda metà dell'800 e
per tutto il 900. Questo processo è stato caratterizzato dall' aumento
numerico dei ministeri, dalla crescita e penetrazione capillare della
burocrazia, statalizzazione dei servizi pubblici essenziali, dalla crescita
della spesa pubblica, dell'intervento dello stato nelle dinamiche
economiche, dall'incremento del prelievo fiscale e dall'aumento del
numero dei dipendenti statali. Per tutti questi motivi oggi lo stato
controlla quasi tutti gli aspetti della società, infatti si è parlato di una crisi
dell'efficienza dello stato a causa dell'eccessiva presenza della società
civile. La società civile è tutto ciò che non è lo stato o il governo politico,
quindi il mondo del lavoro e delle associazioni dove i membri sono Uniti
attraverso una condivisione gli interessi e relazioni. Hegel dice che la
società civile è una dimensione tra l'ambito politico e l'ambito familiare
dove si può condividere la dimensione pubblica e relazionarsi in modo
volontario e paritetico con membri adulti.

LO STATO TOTALITARIO
Un sistema politico è definito totalitario quando lo stato è guidato da un
capo che regola la vita dei cittadini e impone, oltre alle norme della
convivenza civile, anche valori e stili di vita controllando la politica la
cultura e l'educazione a cui i cittadini non possono dissentire. Uno stato
totalitario abolisce di separare la sfera privata da quella politica. Uno
stato totalitario si può distinguere dalle dittature per l'assorbimento della
società civile da parte dello stato. Negli Stati totalitari la vita dei cittadini e
modellata in base a principi politici e si collegano ad essi anche aspetti
economici e produttivi, aspetti educativi e formativi e aspetti della vita
personale. Nelle varie dittature della storia queste hanno eguagliato la
crudeltà dei regimi totalitari e non hanno mai controllato, come fanno gli
stati totalitari, la vita individuale dei cittadini. Ad esempio il nazismo
tedesco lo stalinismo sovietico e il fascismo italiano che si sono affermati
durante il periodo delle due guerre mondiali.

IL TOTALITARISMO PER HANNA ARENDT


La filosofa Hannah arendt nelle origini del totalitarismo fa comprendere il
fenomeno del totalitarismo. Secondo lei il totalitarismo è un'evoluzione
che è inevitabile per lo sviluppo storico, ovvero il prodotto degenerato
della società di massa, dove l'allineamento delle opinioni e il non
coinvolgimento nelle questioni sociali fanno in modo che lo spazio politico
scompare creando masse passive. Per la arent un regime totalitario ha i
seguenti presupposti:
-un capo che guida le masse che non può essere sostituito, ciò che lui
vuole è legge suprema infatti se ci sono cambiamenti di linea politica non
ci si bisogna stupire, ciò che dice è infallibile anche se non è vero, dato
che non descrive una situazione ma la istituiscono, il capo ha la
responsabilità delle azioni svolte dai subalterni;
-assolutezza della leadership ovvero il capo è superiore rispetto alle
persone che guida e non è in alcun modo vincolato;
-appoggio delle masse e fanatismo, il popolo si fida del Capo che ha scopi
in base ai propri interessi personali;
-controllo della vita di un individuo in tutti i suoi aspetti;
-concezione distorta della realtà in quanto il capo prende le proprie
decisioni non considerando la realtà dei fatti e non si cura dei veri
interessi nazionali;
-ricorre alla propaganda e al terrore in quanto tutti devono sentirsi in
pericolo di vita in caso si oppongono al regime ma anche quando si
appartiene a categorie che il re considera nemiche;
-riferimento a un'ideologia ovvero che il regime è uno strumento per un
processo ineluttabile.

LO STATO SOCIALE
Dopo le guerre del ventesimo secolo gli stati europei tornano alla
democrazia e si è formò un nuovo modello di rapporto tra stato e società
chiamato stato sociale o welfare state, questo stato non lascia il cittadino
da solo ma lo assiste sempre con servizi essenziali quali sanitari formativi
e assistenziali, che prima assistevano famiglie caritatevoli. Il welfare State
fu definito in Gran Bretagna tra il 1945-1950 garantendo un servizio
sanitario gratuito per tutta la nazione. Successivamente si diffuse in
Europa quindi anche in Italia. L'obiettivo del welfare state è quello di
garantire l'uguaglianza sociale nell'economia di libero mercato
stravolgendo il liberalismo classico: lo stato non poteva intervenire nelle
dinamiche economiche. Questo obiettivo era difficile da raggiungere in
quanto si poteva sfociare nella disuguaglianza economica, ad esempio
agevolare un imprenditore nelle sue decisioni dell'azienda può
comportare la diminuzione delle tutele per chi ci lavora, ma anche gli
interventi attenuati per ridurre la disuguaglianza possono tendere a
limitare la libertà personale, ad esempio per tutelare le condizioni di
lavoro di un lavoratore di un’azienda, si può scoraggiare l'imprenditore
nel investire i suoi capitali nell’ampliare le attività. Per trovare un giusto
equilibrio il welfare State tutela i diritti sociali ad esempio il diritto
all'istruzione alla salute eccetera. Questo rispetto ai diritti civili e politici
hanno bisogno di un intervento dello stato che con il prelievo fiscale
distribuisce la ricchezza in modo equo. Il filosofo politico inglese Berlin è il
politologo italiano Bobbio tematizzano la contrapposizione tra libertà
negativa e libertà positiva e possiamo affermare che:
-lo stato liberale tutela i diritti civili e garantisce la libertà negativa, o
libertà da ovvero quando non vogliamo essere ostacolati, dallo stato da
altri cittadini, per esercitare le nostre facoltà di individui liberi
-lo stato sociale riconosci diritti civili promuovendo la libertà positiva, o
libertà di, ovvero si impegna garantire ai cittadini le giuste condizioni per
realizzare i propri bisogni. Questa libertà positiva garantisce quindi ad
esempio il bisogno di istruirsi di curarsi eccetera.

LUCI E OMBRE DEL WELFARE STATE


Il welfare State ha portato sicuramente a dei risultati positivi quali
l'allungamento della vita media dei cittadini, la possibilità di tutti i cittadini
di istruirsi, maggiori diritti dei lavoratori e specialmente delle lavoratrici, e
non c'è stato ambito della vita pubblica e privata che non abbia dato un
beneficio allo stato per servizi alle persone che erano sconosciuti fino a 60
anni prima. Il welfare State ha indotto anche nei cittadini delle aspettative
che sono consapevoli del loro miglioramento delle condizioni di vita e
quindi sperano in un futuro ancora migliore per i loro i figli. Ma il welfare
State può avere anche risvolti negativi come ad esempio sul piano politico
quello di mettere in difficoltà il Parlamento dato che può essere pressato
dei gruppi organizzati influenti che tutelano gli interessi dei propri
membri ad esempio dei sindacati che vogliono una soluzione per
particolari problemi sociali che per loro sono trascurati. Tutto ciò avviene
perché i diritti sociali sono tutelati in base ai cittadini che hanno situazioni
giudicate più urgenti. Il welfare State ha fatto crescere lo stato quindi ha
bisogno di più dipendenti, sia quelli che fanno un servizio diretto come
medici e anche quelli indiretti come il personale amministrativo. Infatti
per questo il pubblico impegno è diventato una garanzia di stabilità
professionale. Il risultato di tutto ciò è che l'amministrazione si è
ingigantita e questo è ignoto alle forme più tradizionali dello stato.
Parlando dell'ambito economico sociale l'aumento della spesa pubblica,
data dalla richiesta delle prestazioni, può determinare un incremento
della pressione fiscale e quindi squilibri finanziari. L'estensione delle
politiche di welfare state può comportare a degli sprechi e quindi far
risultare il servizio meno efficiente come ad esempio delle lunghe attese
per ricevere un servizio sanitario.

DECLINO O RIORGANIZZAZIONE DEL WELFARE?


Periodi di crisi che hanno portato una riorganizzazione dei rapporti tra
stato e società ovvero tra pubblico e privato. Il welfare State viene messo
in discussione da studiosi come Friedman che sostiene che lo stato deve
intervenire il meno possibile perché nuoce la libertà individuale e la
capacità del mercato di risolvere da solo le proprie dinamiche socio-
economiche, per lo studioso il welfare destrutturato rilancerebbe
l'economia capitalista aumentando la produttività. Con la crisi del welfare
state molti governi hanno attenuato delle politiche restrittive per la spesa
pubblica con la privatizzazione di servizi importanti come trasporti e
facendo dei tagli sulla spesa del sistema pubblico impiego, sulla scuola e
sulla sanità, ad esempio il cittadino deve contribuire al servizio pagando
un ticket. Il principio della sussidiarietà che è il nuovo principio del
sistema che permetteva allo stato di, non farsi più carico dei servizi in
maniera indiscriminata, ma di intervenire solo quando i cittadini non
erano in grado di soddisfare da se i propri bisogni

DIVERSE FORME DI PARTECIPAZIONE


Per partecipazione politica si intendono tutte le azioni che i cittadini fanno
liberamente per cambiare la vita della collettività. Questo risale già alla
democrazia ateniese dove cittadini partecipavano attivamente nella vita
della polis. Nelle democrazie di oggi la partecipazione non è diretta
perché lo stato ha territori più grandi delle città greche, quindi il popolo a
chi appartiene la sovranità, la esercita eleggendo i propri rappresentanti.
Una della principale partecipazione politica è quella delle consultazioni
elettorali, ma oltre a voto che riguarda i cittadini maggiorenni, ci sono,
negli stati democratici, altre modalità per prendere parte alla vita politica
ad esempio: tenersi informati sulla vita politica ad esempio leggendo
giornali, frequentando dei corsi di formazione politica per chi vuole avere
una cultura più approfondita o anche per fare in modo che i cittadini che
frequentano questi corsi possano avere dei ruoli di responsabilità delle
istituzioni, la militanza di partito ovvero coloro che condividono il
programma di un partito si impegnano a farlo conoscere per conquistare
nuovi lettori, la protesta, anche se può turbare la vita sociale ma questo è
sinonimo di democraticità perché la democrazia è libera di contestazione,
e infine c'è la partecipazione professionale ad esempio quello di svolgere
il ruolo del sindaco.

ELEZIONI E COMPORTAMENTO ELETTORALE


Le consultazioni elettorali ovvero le elezioni sono l'eccellente forma della
partecipazione politica. Con queste vengono eletti cittadini che
rappresentano il popolo, di organi centrali e periferici, quindi queste sono
lo strumento che rappresenta la volontà popolare e con la loro frequenza
possiamo indicare il livello di libertà e democraticità. nei regimi autoritari
il popolo convalida le decisioni già prese dai capi, nei governi democratici,
la democraticità viene fuori nelle campagne elettorali dov'è il popolo
sovrano deve poter contare su più fonti di informazioni libere corrette in
modo da far esprimere tutti i candidati. Il comportamento elettorale è
studiato per capire quali motivi hanno i cittadini di dare la loro fiducia di
un partito piuttosto che un altro. Nelle consultazioni elettorali i cittadini
possono non andare a votare e quindi si astengono oppure fare una
scheda bianca oppure dare il proprio voto. L'astensionismo è quando un
cittadino si astiene di votare nonostante ne abbia il diritto. Quando un
cittadino non va a votare questo può significare che la socializzazione
politica non è riuscita tra i gruppi sociali come ad esempio gli immigrati
che che hanno da poco il diritto di voto, per altri l'astensionismo è il
risultato delle caratteristiche del sistema politico che non invogliano i
cittadini esprimere la propria preferenza. Esempio quando negli Stati Uniti
si vota per il nuovo presidente vota soltanto poco più della metà del
corpo elettorale e le differenze tra i repubblicani e democratici riguardano
specifici problemi quindi molte persone pensano che qualsiasi partito
vinca le condizioni di vita non cambieranno. Anche nel nostro paese
specialmente degli anni 90 c'è stata un'altra percentuale di astensionismo
ed alcuni dicono che c'ho è dovuta alla sfiducia nei confronti degli uomini
che governano e quindi la loro possibilità di migliorare le condizioni di
vita. Per gli studiosi di scienza politica il cittadino preferisci al voto partito
rispetto ad un altro
perché si riconosce nell'universo ideologico o nella categoria sociale del
partito scelto,
perché in cambio del voto un candidato gli fa un favore ad esempio da un
posto di lavoro,
e perché è informato sui programmi dei partiti e ha deciso di votare
quella perché per lui convincente. Con questa classificazione possiamo
individuare tre tipi di voto il voto di appartenenza, il voto di scambio, il
voto di opinione. La differenza tra questi voti possiamo ritrovarla in un
esempio ovvero che in Italia negli anni cinquanta e sessanta del
ventesimo secolo gli operai il partito comunista e i cattolici la democrazia
Cristiana, questione esempio di voto di appartenenza perché l'operaio
vota per il partito che difende la sua classe operaia. Per quanto riguarda il
voto di scambio che è illegale possiamo prendere come esempio gli anni
di tangentopoli ovvero dal febbraio del 1992 parti un'inchiesta della
magistratura chiamata mani pulite venne a conoscenza della corruzione
illecita dei partiti a causa di affari. Il voto di opinione che quello più
consono alla democrazia ha un problema ovvero le fonti quand'è quali
cittadini si informano.

OPINIONE PUBBLICA E STEREOTIPI


L'opinione pubblica sono l'insieme dei pensieri che una società ha e che
esprime l'opinione prevalente delle persone su determinati argomenti
che riguardano l'intera collettività. Opinione pubblica che era di origine
illuministica ha ricevuto un nuovo rilievo grazie all'estensione del corpo
elettorale che ha compreso sempre fasce più ampie di popolazione grazie
allo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, questi due fattori
stimolano si l'opinione pubblica ma hanno degli elementi di criticità.
Cittadino non può formarsi delle idee e della realtà che lo circonda solo
utilizzando i propri mezzi conoscitivi, questi mezzi di comunicazione di
massa compensano questi insufficienza ma per lippman queste offrono al
cittadino un universo di rappresentazioni semplificate schematiche.
Queste rappresentazioni sono degli stereotipi, per parlare di unione
pubblica diventa problematica infatti per lui il cittadino onnicompetente
non può esistere perché nella realtà le persone discutono di argomenti di
cui hanno solo conoscenza anche minima.

OPINIONE PUBBLICA E MASS MEDIA


Sulla via di lippmann lazarsfeld colloca gli effetti dei media che producono
sulla gente nel contesto generale della società dove ci sono fonti di
influenza come quello delle relazioni interpersonali. Ad esempio
prendendo in esempio una comunità nell'ohio durante la campagna
presidenziale del 1940 lazarsfeld notò che l'influenza dei media
sull’opinione pubblica non era diretta ma passava attraverso le reti dei
rapporti sociali e delle comunicazioni faccia a faccia. Decisivo era il ruolo
degli opinion leader ovvero gli individui più attivi degli altri nella
partecipazione politica che facevano da filtro tra i messaggi dei diversi
schieramenti politici e il resto della comunità. Lazarsfeld osservo un flusso
comunicativo a due stadi two-step flow dove i mezzi di comunicazioni
influenzano l'opinione della gente che era filtrata da una fase di
scrematura esercitata dalle opinion leaders e dei contatti interpersonali. A
questo si aggiunge il ruolo dell'esposizione selettiva ovvero le persone
scelgono da prima i messaggi a cui si espongono ovvero quali formeranno
una loro opinione. Successivamente questa prospettiva è stata
abbandonata e ciò si deve anche all'affermarsi di nuovi orientamenti
teorici ma anche grazie al cambiamento del contesto sociale che aveva
una presenza sempre più capillare dei media specialmente con la
diffusione della televisione, tutto questo fece considerare la questione
delle incidenze dei media sulla formazione dell'opinione pubblica in
termini di strutture dove avviene il processo di formazione delle opinioni.
La spirale del silenzio formulata da numan indica l'idea che i media, dato
che danno più visibilità a certe orientamenti a scapito di altri, ne
confermano la capacità di presenza, scoraggiando le idee alternative che
diventano perdenti. Il ruolo dei media deve essere compreso partendo da
due fattori. Il primo è la presenza eccessiva di media e in particolare della
TV che rendono sempre più difficile formarsi una propria opinione
indipendente dalle informazioni che ci danno queste. In secondo luogo le
dinamiche tipiche della società di massa dove le opinioni delle persone si
costruisce grazie a un monitoraggio dell'opinione altrui guidato dalle
ricerche di integrazione sociale e paura dell'isolamento. Quindi la persona
tende a esprimere più volentieri il proprio giudizio se sente che è
condiviso da altri mentre evita di manifestarlo quando capisce che la sua
opinione appartiene a una minoranza. I risultati di questi atteggiamenti è
l'opinione maggioritaria che è sempre più visibile e risulta più forte di
quando in non lo sia in contrapposizione all'opinione di minoranza che
resta sempre nell'ombra e in silenzio. Il ruolo dei media nella spirale del
silenzio trovano conferma indiretta nei casi di orientamenti collettivi
inaspettati ad esempio in Italia nel 1992 l'opinione pubblica comincio a
denunciare con decisione alla corruzione dei politici dopo la
pubblicazione di mani pulite che induceva i cittadini a dare voce a una
convinzione che nutrivano da tempo.

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