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SACRO E SECOLARE

PARTE PRIMA: CAPIRE LA SECOLARIZZAZIONE

CAPITOLO I 🡪 DIBATTITO SULLA SECOLARIZZAZIONE


Secondo una teoria accreditata nella prima metà del ‘900 (teoria in realtà presente anche nel periodo
dell’Illuminismo), i cui massimi esponenti troviamo Weber e altri grandi pensatori, con la nascita
della società industriale la religione avrebbe gradualmente perso importanza e significato
sociale: le forze della modernizzazione hanno conquistato il mondo e la secolarizzazione ha
allentato il dominio del sacro (secondo quanto sostenuto da Wright Mills).

TUTTAVIA, tale teoria della secolarizzazione viene oggi contestata , e i critici mostrano vari
indicatori che testimoniano l’attuale salute e vitalità della religione (es. frequentazione costante
delle Chiese negli USA, crescita partiti religiosi…).

MA, è presto per “seppellire” la teoria della secolarizzazione, in quanto la critica si basa su alcune
ANOMALIE (USA, funzioni cattoliche e protestanti…), anziché comparare sistematicamente
l’evidenza empirica di un ampio insieme di società ricche e povere, dunque la tesi della
secolarizzazione necessita di essere aggiornata, e questo volume si occupa di questo.

Tesi: la religiosità rimane importante nelle popolazioni più vulnerabili, in particolare in quelle
nazioni più povere che si trovano di fronte minacce alla sopravvivenza personale; dunque la
sensazione di essere vulnerabili a danni fisici, sociali e personali sarebbe una spinta decisiva alla
base della religiosità. Il processo di secolarizzazione è stato più netto negli strati sociali più prosperi
delle nazioni postindustriali ricche e sicure. La secolarizzazione è una tendenza, non una legge
ferrea. Gli individui che nei loro anni di formazione provano rischi egotropici o socio tropici
tendono a essere molto più religiosi di coloro che crescono in condizioni più sicure, tranquille e
prevedibili. Esistono ovviamente delle eccezioni. es. Osama bin Laden, ricco MA estremamente
religioso.

Le prove empiriche della secolarizzazione si possono riscontrare in valori e comportamenti.


NONOSTANTE la minore affluenza ai luoghi di culto in quasi tutti i paesi post industriali, ciò NON
significa che il mondo nel suo insieme sia diventato meno religioso . Infatti OGGI nel mondo
vivono più persone che mai con opinioni religiose tradizionali.

Secolarizzazione e sviluppo umano hanno un forte impatto negativo sui tassi di fecondità: tutte le
società più secolarizzate presentano tassi di fecondità ben al di sotto del livello di sostituzione,
dunque una quota crescente della popolazione mondiale è religiosa. L’approfondirsi globale del
divario tra sacro e secolare ha conseguenze importanti per il mutamento culturale, per la società e
per la politica globali.

Il volume, nella sua prima parte, cerca di testare una serie di proposizioni, per mostrare come la
religiosità sia sistematicamente legata a:

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1. Livello di modernizzazione sociale, sicurezza umana e disuguaglianza economica.
2. Tipo di cultura religiosa predominante in ciascun paese.
3. Andamento per generazione dei valori.
4. Stratificazione sociale.
5. Andamenti demografici, tassi di fecondità e tendenze di mutamento della popolazione.

Nella seconda parte, si studiano alcuni casi regionali.

Nella terza parte, si studiano le conseguenze sociali e politiche della secolarizzazione.

Nella conclusione, si riassumono i risultati dello studio.

Questo studio si basa sulla nuova evidenza empirica prodotta dalle 4 ondate della World Values
Survey condotte tra il 1981 e il 2001 (presenza di sondaggi nazionali in cui sono rappresentate tutte
le principali fedi del mondo). Infatti mancano studi sistematici basati sull’evidenza empirica che
comparino culture religiose e atteggiamenti verso la religione nei paesi in via di sviluppo.

Teorie tradizionali della secolarizzazione

● Teoria della domanda, si concentra dal basso verso l’alto: quando la società diventa
industriale le abitudini religiose perdono gradualmente di peso e il pubblico diventa
indifferente ai richiami spirituali, qualsiasi cosa facciano le organizzazioni religiose;
● Teorie dell’offerta, dall’alto verso il basso: la domanda pubblica di religione è una
costante, e le variazioni sulla sua vitalità derivano dall’offerta disponibile sul mercato della
religione. I teorici dell’offerta sostengono che le organizzazioni e i leader religiosi hanno un
ruolo strategico nel fondare e mantenere aggressivamente in vita le loro congregazioni.

La teoria della secolarizzazione assume giustamente la centralità della domanda.

La Weltanschauung razionale: la perdita della fede

Secondo Weber l’epoca dell’Illuminismo ha prodotto una visione razionale del mondo. Si pensava
che il razionalismo delle società moderne avesse reso implausibili le principali tesi della Chiesa. La
perdita della fede svuota la religione, per cui l’afflusso alle funzioni e l’osservanza delle cerimonie
rituali calano.

TUTTAVIA, scienza e religione NON si possono confrontare direttamente in un gioco a somma


zero. Tesi centrale di Weber riguarda l’effetto della Riforma e della riv ind, fatti avvenuti MOLTO
tempo fa → difficile controllarne empiricamente gli effetti. MA, SE si ritiene che il razionalismo, la
fede nella scienza e nella tecnologia (...) comporti una minor fede religiosa, OGGI, si riscontra
empiricamente che nelle società in cui c’è più fiducia nella scienza, vi è ANCHE una maggior fede
religiosa.

L’evoluzione funzionale: la perdita di significato

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La teoria della differenziazione funzionale delle società moderne, che deriva dall’opera di
Durkheim (+ funzionalisti) sostiene che la religione NON è semplicemente un sistema di opinioni
e ideali (⌿ da Weber).

Religione = sistema d’azione, composto da rituali formali e dalle cerimonie simboliche che segnano
i principali passaggi del corso della vita (nascita, matrimonio, morte…). Questi rituali sostengono la
solidarietà e la coesione sociale, ovvero benefici collettivi.

Durkheim afferma che le società industriali sono caratterizzate dalla differenziazione funzionale,
ovvero il processo per cui professionisti e organizzazioni specializzati sono subentrati nella maggior
parte delle funzioni che in Europa occidentale precedentemente erano svolte da istituzioni religiose
(salute, istruzione…). L’espansione del welfare state ha comportato l’esaurimento del ruolo
spirituale e morale di tali istituzioni religiose. Lo studio empirico dei Paesi con un welfare state più
sviluppato (Svezia, Francia, Olanda…) sembrano confermare questa tesi. TUTTAVIA, aumento
delle critiche: si accetta l’erosione dell’azione SOCIALE della religione, MA NON il suo ruolo
MORALE e SPIRITUALE. In discussione l’idea che tutte le società progrediscano su un sentiero
comune di sviluppo socioeconomico con un punto finale comune: lo stato moderno secolare e
democratico.

La modernizzazione della società NON è associata automaticamente alla perdita di fede e delle
inclinazioni spirituali. Alcuni esempi a sostegno di questa critica sono il successo dei partiti islamici
in Pakistan, la popolarità delle sette evangeliche in America Latina ecc.

● Greeley, oggi esistono diversi modelli di religiosità e NON si osserva una tendenza
massiccia verso l’ateismo o l’agnosticismo.
● Stark, la secolarizzazione non è che un mito e le tesi di un forte declino della
partecipazione religiosa sono basate su una percezione decisamente esagerata della
religiosità passata, dunque le assunzioni comprese nella teoria della secolarizzazione sono
più una dottrina o un dogma che una teoria rigorosa e ben verificata;
● Hadden, OGGI, nascita di nuovi movimenti spirituali; religione rimane intrecciata alla
politica. → Secolarizzazione NON sta andando come previsto, si sottostima il potere e la
popolarità dei movimenti religiosi contemporanei.

Vivace dibattito sulla vitalità della religione contemporanea.

La teoria dei mercati della religione: la diminuzione della concorrenza

La prospettiva dell’offerta (alternativa OGGI più popolare) ha ispirato numerose ricerche. Secondo
il modello del mercato della religione ci si concentra sul modo in cui le condizioni di libertà di
religione e l’azione di associazioni religiose in concorrenza tra loro generino attivamente l’offerta.
La tesi precedentemente accettata è che il pluralismo erode la fede nella religione (es riforma
protestante ha frammentato il cristianesimo occidentale), MENTRE la teoria dei mercati religiosi fa
l’assunzione opposta.

Concorrenza tra diverse confessioni religiose ha un effetto positivo sulla partecipazione religiosa, e
il motivo per cui in certi luoghi la religione fiorisce e in altri no sta nelle energie e nelle attività dei
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leader e delle organizzazioni religiose (analogia con aziende che competono per i consumatori nel
mercato economico).

Di contro, nelle società in cui una sola organizzazione religiosa ha una posizione dominante si
creano condizioni perché il clero si impigrisca e le comunità religiose perdano di vigore.

TUTTAVIA, la prospettiva dell’offerta rimane controversa, poiché parte dell’evidenza comparata va


in senso opposto (Europa meridionale, dove i fedeli rimangono numerosi nonostante il monopolio
della Chiesa cattolica). Chaves e Gorski sostengono che una relazione positiva tra pluralismo
religioso e partecipazione può essere trovata solo in un numero limitato di paesi.

Teoria della secolarizzazione basata su sicurezza esistenziale

La versione classica della teoria della modernizzazione deve essere aggiornata, MA ha comunque
dei punti importanti. In questo volume la teoria della secolarizzazione basata su sicurezza
esistenziale si basa su due assiomi o premesse, che sembrano in grado di spiegare gran parte delle
variazioni delle attività religiose che si riscontra a livello globale:

● Assioma della sicurezza: le nazioni ricche e povere presentano livelli molto differenziati di
condizioni generali di sicurezza umana e vulnerabilità ai rischi. L'idea di sicurezza indica la
libertà da rischi e pericoli di vario genere, e tale mancanza è un fattore decisivo per la
religiosità. Quando le economie agrarie dei paesi poveri si trasformano in società industriali
a ricchezza intermedia ne consegue un generale miglioramento delle condizioni di base della
sicurezza umana. Questo sviluppo crea progressivamente un pubblico più informato e
progressivamente consapevole, in questo stadio cambiano le condizioni di vita di molti e si
riduce la loro vulnerabilità a rischi improvvisi e imprevedibili. D’altra parte lo sviluppo
economico è condizione necessaria ma non sufficiente per creare sicurezza umana: in
diverse nazioni in via di sviluppo negli strati inferiori della popolazione spesso rimangono
sacche di povertà grave. La relazione tra sviluppo umano, condizioni di uguaglianza
economica e produzione di livelli crescenti di sicurezza è di tipo probabilistico, NON
deterministico: questo processo può sempre essere fermato o rovesciato (es Argentina).
● Assioma delle tradizioni culturali: diverse visioni del mondo originariamente associate con
le varie tradizioni religiose hanno dato forma in modo duraturo alla cultura di ogni paese
(solo il 5% della popolazione svedese va in chiesa una volta a settimana, MA la popolazione
nel suo insieme presenta un sistema di valori tipicamente protestante). L’eredità religiosa
delle varie religioni continua a informare le visioni del mondo e a definire la geografia
culturale. Per esempio tra le società protestanti e cattoliche i valori e le norme sono
sistematicamente differenziati a seconda delle tradizioni culturali del passato.

Ipotesi

Dai due assiomi precedenti si delineano una serie di ipotesi che verranno testate nel corso del libro:

1. Ipotesi del valore della religione.


L’esperienza di crescere in società poco sicure incrementa il valore della religione, MENTRE al
contrario l’esperienza di condizioni più sicure la fa diminuire.
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Il bisogno di rassicurazione religiosa diventa meno pressante in condizioni di maggiore sicurezza,
e questi effetti agiscono SIA a livello sociale SIA a livello individuale. Le persone che vivono nelle
società industriali avanzate sono sempre più spesso indifferenti ai leader e alle organizzazioni
religiose contemporanee, diventando meno disponibili a impegnarsi in attività spirituali.

→ DIVERSAMENTE DALLA SCUOLA DEI MERCATI DELLA RELIGIONE, gli autori


ritengono che la DOMANDA NON sia costante (a partire da paesi ricchi / poveri).
La fede infatti riduce lo stress e consente agli individui di fermare ansia e di concentrarsi sui loro
problemi immediati: gli individui che si trovano in una condizione di stress hanno bisogno della
massima prevedibilità, mentre le persone cresciute in condizioni di relativa sicurezza possono
tollerare un’ambiguità maggiore e hanno meno bisogno delle regole assolute.
Questo accade nelle società industriali economicamente sicure. L’industrializzazione fa venire meno
la coerenza cognitiva tra i sistemi normativi tradizionali e il mondo che la maggior parte delle
persone conoscono per esperienza diretta. Nella società industriale, in cui al centro della produzione
si trova la fabbrica, sembra naturale una visione meccanicistica dell’universo, in cui Dio è visto
come un orologiaio (colui che crea la macchina e la fa poi funzionare). TUTTAVIA, con la crescita
del controllo umano sull’ambiente, il ruolo di Dio viene a diminuire. Il mondo della fabbrica perde
importanza e l’esperienza esistenziale degli individui ha a che fare più con idee che con oggetti
materiali. Nelle condizioni di insicurezza esistenziale le grandi domande teologiche non hanno mai
interessato più che una minoranza relativamente piccola, mentre la gran parte della popolazione era
più interessata al bisogno di rassicurazione di fronte a un mondo in cui la sopravvivenza è incerta
→ Fattore principale che spiega la presa della religione tradizionale sulle masse.

2. Ipotesi della cultura religiosa.


Le culture religiose sono path-dependent, cioè si adattano e si evolvono in risposta agli sviluppi del
mondo contemporaneo, MA in un modo che riflette direttamente l’eredità dei secoli passati. Per
focalizzare l‘analisi, prendiamo in considerazione l’effetto della cultura religiosa predominante
sulle società contemporanee secondo la teoria weberiana dell’etica protestante e delle origini del
capitalismo.

3. Ipotesi della partecipazione religiosa.


Ci si aspetta che nei paesi post industriali la diminuzione del valore della religione abbia a sua volta
indebolito la partecipazione regolare alle pratiche religiose.
Nei paesi più ricchi e sicuri, dove l’importanza della religione è diminuita, → maggiore declino
della partecipazione religiosa. Di contro dove i valori religiosi rimangono parte integrante della vita
quotidiana della gente (società agricole), → persone più attive nei riti e nelle preghiere.

4. Ipotesi dell’impegno civico.


Ci sono buone ragioni per pensare che la partecipazione religiosa regolare stimoli l’impegno
politico e sociale, nonché il sostegno elettorale ai partiti religiosi. Negli USA le istituzioni religiose
promuovono reti sociali, attivismo associativo e impegno civico, MA, negli altri paesi?
Nelle società postindustriali da un lato, data la diminuzione di partecipazione e valore religioso, ci
si deve aspettare un de allineamento religioso, per cui le identità confessionali vengono a perdere di
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importanza nel comportamento elettorale; dall’altro il libro sostiene che la religione continui a
giocare un ruolo importante nella vita politica delle società in via di sviluppo.
5. Ipotesi demografica.
Lo sviluppo umano e le condizioni di crescente sicurezza esistenziale riducono il valore della
religione, e quindi abbassano i tassi di crescita della popolazione delle società postindustriali.
Dunque si ipotizza che:
a. Le società più ricche stiano diventando più secolari per quanto riguarda i valori, e che
contemporaneamente la loro popolazione diminuisca. Le società ricche e secolari producono
meno persone, MA con un investimento relativamente alto in ciascun individuo.
b. Le società tradizionali, più povere, producano una grande quantità di bambini, con un
investimento molto minore in ciascun individuo.
→ La strategia moderna (a) produce un livello di vita molto più elevato. TUTTAVIA, nella misura
in cui contano i puri numeri, le società tradizionali sono chiaramente vincenti (popolazione religiosa
sta crescendo a grande velocità). Dunque ci aspettiamo di osservare enormi differenze fra i tassi di
fecondità delle società tradizionali e quelle moderne.

6. Ipotesi del mercato della religione.


Contrariamente a tale ipotesi, secondo gli autori, un maggiore pluralismo religioso NON ha
relazioni positive con la partecipazione né nelle società postindustriali, né a livello globale.
La teoria funziona SOLO per il caso americano ma non altrove, dunque il grado di pluralismo
religioso di una società è molto meno importante dell’esperienza individuale della maggiore o
minore sicurezza della propria sopravvivenza. A tale conclusione si giunge controllando
empiricamente, confrontando l’effetto sulla partecipazione religiosa tanto del pluralismo religioso
quanto di un nuovo indice di libertà di religione a 20 punti.

Conclusione

● La popolazione di praticamente tutte le società industriali avanzate si è mossa verso


orientamenti più secolari.
La modernizzazione indebolisce di molto l’influenza delle istituzioni religiose nelle
società ricche (gli USA sono un’eccezione);
● Per via delle tendenze demografiche nelle società più povere, il mondo nel suo insieme oggi
ha più individui con idee religiose tradizionali di quanti non ne abbia mai avuti prima.
La differenza di tassi di fecondità tra società religiose e secolari è direttamente
associata alla secolarizzazione, la percentuale di popolazione mondiale per cui la
religione è importante cresce.
● La crescita e il divario tra società sacre e società secolari avrà conseguenze importanti per
la politica mondiale, rendendo più importante il ruolo della religione nell’agenda
internazionale.
NON necessariamente ciò causerà conflitti etnico-religiosi più intensi all’interno dei
paesi o tra di loro, TUTTAVIA la conciliazione degli atteggiamenti opposti verso le
questioni morali che si trovano in società tradizionali e in quelle moderne
rappresenta una grande sfida per ogni genere di tolleranza.
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Dimostrare la teoria

Lo studio controlla empiricamente le diverse teorie della secolarizzazione sopra presentate: teoria
cognitiva, funzionalista, del mercato, e trova poca evidenza a loro sostegno. Contrariamente a
quanto sostenuto da Weber la secolarizzazione è associata al fatto che la popolazione di una data
società abbia conosciuto livelli relativamente alti di sicurezza economica e fisica, e non nelle
società più istruite in cui la scienza ha un ruolo più importante.

Se la teoria della secolarizzazione basata sulla sicurezza esistenziale fosse corretta, ne seguono
determinate proposizioni e ipotesi precise, ciascuna delle quali è analizzata nel corso del nostro
studio:

1. Comparazione di casi nazionali.


I livelli di modernizzazione sociale, sviluppo umano e uguaglianza economica determinano
la forza della religiosità, vale a dire il valore della religione, la fede nelle dottrine e le attività
religiose esistenti in ogni società.
L’ipotesi è che nella parte di società più povera E nelle società preindustriali è più
probabile che la religione abbia un ruolo centrale;
2. Comparazione delle culture religiose dominanti.
L’eredità storica delle tradizioni religiose dominanti in ogni società contribuisce a produrre
l’adesione a determinati valori, dottrine e attività religiose. Di conseguenza la cultura
religiosa predominante lascia la sua impronta su ogni società, e tra società con livelli diversi
di sviluppo possono darsi variazioni religiose notevoli;
3. Comparazione per generazioni.
Nelle società in cui ci sono stati LUNGHI periodi di crescita economica e di aumento della
sicurezza fisica, O una crescita economica molto rapida ci si aspetta di trovare differenze
sostanziali tra il valore della religione per le generazioni più anziane e per le più giovani: i
giovani dovrebbero essere meno religiosi per valori, atteggiamenti e attività, mentre gli
anziani dovrebbero mostrare atteggiamenti più tradizionali. Il declino della religiosità non
riflette l’inevitabile diffusione della conoscenza e dell’istruzione scientifica, ma dipende dal
fatto che la popolazione di una società abbia provato un aumento della sicurezza esistenziale
piuttosto che la stagnazione economica, il fallimento dello stato o il crollo del welfare state,
come è successo nelle economie postcomuniste più deboli.
4. Comparazione per strati sociali.
Anche negli strati sociali più vulnerabili all’interno di ogni società gli individui sono più
religiosi (anche all’interno delle società postindustriali). INOLTRE ipotizziamo di trovare
maggiori differenze tra strati sociali nei paesi in cui il reddito è distribuito in modo più
diseguale.
5. Andamenti demografici, tassi di fecondità e mutamento della popolazione.
I tassi di fecondità sono sistematicamente associati alla forza della religiosità e allo sviluppo
umano, dunque ipotizziamo di trovare che nei paesi in cui la religiosità è più forte così è
anche per la crescita della popolazione, e al contrario nel paesi più secolarizzati;
6. Conseguenze sociali e politiche.
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Ipotizziamo che il processo di secolarizzazione abbia conseguenze sociali e politiche
importanti, in particolare perchè indebolisce l’influenza della religiosità sull’acquisizione di
valori morali ecc. e riduce la rilevanza sociale delle identità religiose e del conflitto
etnico-religioso.

CAPITOLO II 🡪MISURARE LA SECOLARIZZAZIONE


Il disegno della ricerca

Per studiare gli andamenti della religiosità in questo studio ci si basa sulla triangolazione dei
seguenti approcci:

1. Sondaggi internazionali.
Il lavoro empirico compara grandi numeri, usando dati macro relativi a 191 società del
mondo e dati sondaggio di quali 80 società (società contemporanee con livelli di sviluppo
sociale molto variabili). Grazie ai World Values Survey (WVS) e European Values Survey
(EVS) e la loro disponibilità di dati è possibile unire i punteggi medi di ciascuna società ai
dati macro relativi alle loro caratteristiche socioeconomiche e politiche; è così possibile pure
identificare le eccezioni agli andamenti generali (es. USA, Irlanda). TUTTAVIA correlazioni
rilevate in un unico momento non possono per sé dimostrare una causalità, inoltre vari
aspetti della modernizzazione sociale, come la crescita dei livelli di ricchezza, istruzione e
urbanizzazione, sono connessi tra loro, il che rende difficile distinguerne i rispettivi effetti;
2. Tendenze longitudinali.
OLTRE alle WVS svolte dal 1981 al 2001 dobbiamo prendere in considerazione un arco
temporale più lungo. Confrontare dati relativi a diversi decenni fornisce indicazioni più
affidabili sui processi in corso e gli andamenti causali che stanno dietro ai mutamenti di
atteggiamento e di comportamento, MA anche in questo caso ci troviamo davanti a due
limiti notevoli:
a. Le serie di analisi storiche sono possibili solo per uno spazio geografico limitato;
NON abbiamo molti dati che ci permettano di valutare com’è cambiata la religiosità
nella maggior parte dei paesi in via di sviluppo, né per religioni diverse da quella
cristiana.
b. Abbiamo soprattutto dati di breve periodo, i quali possono facilmente offuscare gli
effetti delle tendenze di lungo periodo. Il processo di modernizzazione ha tempi da
ghiacciaio, le nostre evidenze longitudinali delle tendenze ricavate dai sondaggi per
le democrazie dell’Europa occidentale e dell’America del Nord è troppo breve
perché si possano vedere tutti gli effetti in gioco;
3. Analisi per generazioni.
L’analisi per generazione dei sondaggi cross-section svolti in un solo momento temporale è
un’altra tecnica con cui si possono ricavare informazioni sul mutamento culturale sul lungo
periodo. Se il processo di socializzazione esprime gli effetti delle esperienze comuni degli
anni di formazione sulle generazioni che si susseguono, l’analisi degli atteggiamenti e dei
comportamenti delle diverse coorti di nascita può essere considerata un indicatore indiretto
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delle tendenze longitudinali. La dimensione dei campioni internazionali disponibili nelle
WVS rende questo approccio affidabile, in particolare quando analizziamo gruppi di società
aggregati, per esempio quando confrontiamo l’andamento generale delle differenze di coorte
delle società agricole con quelle delle società postindustriali e industriali. La disponibilità di
dati provenienti da società profondamente diverse ci permette di interpretare questi effetti
perché non sembra esserci una tendenza delle persone a diventare più religiose con
l’aumentare dell’età: nelle società post industriali i giovani sono meno religiosi degli
anziani, ma in quelle agricole non troviamo questo fenomeno.

→ Nessun approccio può essere di per sé definitivo, MA SE combinando diversi metodi, indicatori
e basi di dati si ottengono risultati che vanno nello stesso senso, e sono coerenti con il nostro
argomento teorico di fondo, allora l’evidenza diventa più convincente.

Il quadro comparativo
In questo libro si adotta il quadro comparativo che segue il disegno di ricerca dei sistemi differenti,
con cui si massimizzano le differenze tra quasi 80 società tra loro molto diverse per ricavare gruppi
di proprietà sistematicamente associate con diverse dimensioni e tipi di religiosità.

Svantaggi che questa strategia comporta:


a. Perdita dell’approfondimento del contesto storico che si potrebbe avere studiando SOLO
una / due nazioni.
Vantaggi che questa strategia comporta:
a. Possibilità di verificare se i valori, le fedi e le pratiche religiose si indeboliscono nel
passaggio da società agrarie a società industriali e poi postindustriali. Lo sviluppo umano è
un processo di trasformazione sociale complesso di cui fanno parte tantissimi elementi;
b. Possibilità di comparare società che rappresentano tutte le grandi fedi del mondo. Ogni
analisi di questi temi va incontro al problema di troppe variabili e troppi pochi casi, che
rende quasi impossibile controllare tutti i fattori che potrebbero influire sulla religiosità. Per
superare questo limite, nella seconda parte del libro studiamo la religiosità regione per
regione, per cui possiamo approfondire l’analisi comparata della variazione di valori morali
e fedi religiose tenendo costanti determinate caratteristiche sociali.

Le World Values Survey e le European Values Survey


Materiale empirico utilizzato sui valori, fedi e comportamenti religiosi derivano dai WVS e EVS.
= sondaggi nazionali rappresentativi sui valori e le opinioni della popolazione di 76 stati nazionali
per 5 miliardi di persone. La base di dati aggregati usata in questo libro contiene i dati di 4 ondate di
sondaggi, con quasi un quarto di milioni di intervistati, il che rende possibile analizzare anche i
gruppi religiosi meno numerosi. I dati del WVS ci permette di comparare 79 società del mondo:
● economie più ricche
● paesi in via di industrializzazione a redditi intermedi
● paesi agricoli più poveri
● paesi più piccoli e grandi

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● democrazie di vecchia data, democrazie più recenti e regimi non democratici

Nella ricerca sono contenuti alcuni dei primi dati disponibili dell’opinione pubblica dei paesi
musulmani. Ci sono paesi di tutte le regioni del mondo, TUTTAVIA, ogni ondata di ricerca dal
1981 al 2001 NON comprende ognuna TUTTI gli stati. Per questo, la comparazione di serie
storiche complete si può fare solo per un sottoinsieme di 20 società.

Misure della secolarizzazione


Sia la secolarizzazione che la religione sono fenomeni multidimensionali e bisogna sempre tenere
presente l’importante distinzione tra religione come istituzione sociale e religione come pratica
individuale. Questo studio NON prende in considerazione:
Potere e il prestigio delle autorità e istituzioni religiose.
Forza organizzativa relativa delle diverse confessioni o sette all’interno di ciascun paese.

Ci concentriamo invece sullo studio empirico e sistematico di tre dimensioni centrali della
secolarizzazione, per vedere se a livello individuale ci sia stata una diffusa diminuzione della
partecipazione, della fede e del valore attribuito alla religione:
● Partecipazione religiosa.
Analisi del declino delle pratiche collettive (es. andare in Chiesa) MA ANCHE individuali
(es. meditazione per musulmani e buddisti).
● Valore della religione e valori religiosi.
Valori = obiettivi che le persone mettono al primo posto per le loro società, comunità,
famiglie e per se stessi. Indifferenza verso la religione può far venir meno ache il senso di
appartenenza a comunità. In questi casi l’appartenenza a una religione può diventare una
mera etichetta priva di qualsiasi significato sostanziale (es. Irlanda).
● Fede nelle dottrine religiose.
La secolarizzazione indica il venire meno della fede nelle dottrine sostenute dalle diverse
teologie del mondo (-> presenza di agnostici e atei). Secolarizzazione comprende anche il
fatto che le autorità religiose riescano sempre meno a orientare le opinioni su argomenti
quali aborto, omosessualità…

Ci sono studi che si concentrano solo su una di queste dimensioni, TUTTAVIA in questo studio
consideriamo la secolarizzazione come un concetto multidimensionale, che deve essere studiato in
modo sistematico su diversi piani di realtà. Inoltre non è detto che ci sia una relazione automatica
tra il calo della presa sul pubblico di massa di valori, fedi e pratiche religiose e implicazioni
significative per la religione come istituzione sociale (es. ruolo della Chiesa anglicana nella House
of Lords, possedimenti ecclesiastici della Chiesa di Roma…).

La classificazione delle culture religiose

È importante rilevare la cultura religiosa prevalente in ogni paese, perché la nostra ipotesi è che i
valori e le fedi esercitino il loro influsso sulle rispettive società attraverso i principali canali di
trasmissione culturale e di socializzazione, indipendentemente dalla misura in cui gli individui
partecipano attivamente alla religione (messa la domenica ecc ecc). Dobbiamo anche quantificare la

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diffusione delle principali religioni presenti in ciascun paese per rendere possibile il calcolo del
pluralismo religioso in ciascun paese, che rappresenta una componente essenziale della teoria del
mercato della religione.

La classificazione della religione predominante nelle 191 nazioni del mondo che usiamo proviene
dall’Encyclopedia Britannica del 2001, tuttavia tale classificazione prevede dei problemi:

a. L’individuazione e la classificazione di molte religioni tradizionali e popolari ancora


esistenti in parte dell’Asia dell’Africa e dei Caraibi è tuttora problematica.
b. Ci sono paesi che pubblicano censimenti nazionali ufficiali e paesi che NON lo fanno.
c. Problematica la stima dei non credenti, agnostici e atei e di coloro che non vogliono
rispondere: questo è molto importante quando una o più religioni sono limitate dallo stato.

I dati dell’Encyclopedia Britannica sono confrontati e integrati con quelli della World Christian
Encyclopedia e la Cia World Factbook 2002.

Religione storicamente
dominante in ogni paese:
67 cattolicesimo-romano
(poco meno di un mld di
persone); 28 paesi
protestanti (mezzo mld
di persone); 50 paesi
musulmani (+ di un
mld); 3 stati indù (un
mld di persone);
ortodossia in europa
orientale e russia; altri 10
stati (un mld di persone)
tra buddismo, taoismo
ecc. ovviamente la
classificazione presenta più problemi nelle società frammentate, nelle quali viene indicata SOLO la
religione della maggioranza dei rispondenti.

Tipi di società
Classificazione dei 191 Stati in base al livello di modernizzazione sociale: utilizziamo l’indice di
sviluppo umano delle Nazioni Unite che consiste in una
scala standard a 100 punti che unisce livelli cognitivi
(alfabetizzazione e istruzione), salute (aspettative di
vita) e tenore di vita (PIL pro capite).

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Si propone di fornire un indicatore di benessere sociale più esauriente e affidabile delle stime
monetarie basate sui livelli di ricchezza reale o finanziaria.

Classificazione (1998) → 20 società postindustriali; 58 società industriali; 97 società agricole.

Per studiare a livello globale la relazione tra sviluppo umano e culture predominanti si possono
osservare le differenze tra società sui più comuni indicatori di benessere sociale. Dai dati si vede
che l’indice di sviluppo umano è più alto nei paesi protestanti, cattolici e ortodossi, mentre nelle
altre religioni il livello di sviluppo umano è più basso. Infine la cultura musulmana presenta alcune
caratteristiche comuni di rilievo: queste società NON SOLO sono le più povere a livello globale,
MA hanno anche il più alto livello di disuguaglianza economica tra ricchi e poveri, l’aspettativa di
vita più bassa dopo la categoria altri, la crescita della popolazione più veloce e la maggiore
omogeneità religiosa.

Tipi di stati
Per misurare il livello di buon governo, e più precisamente di democrazia, ci sono variabili diverse
da prendere in considerazione. Tuttavia il confronto tra
i nove principali indici di democrazia (Munck e
Verkuilen) conclude che le nazioni sono classificate in
modo sostanzialmente simile da tutte queste misure,
dunque l’adozione di una misura piuttosto che un’altra
NON dovrebbe portare a grosse differenze nei risultati.

In questo studio prendiamo la classificazione della Freedom House, che consente una
classificazione multidimensionale dei diritti politici e delle libertà civili (indice di Gastil). Un
punteggio più alto (max = 7) indica che un paese ha diritti politici e libertà civili maggiori (l’indice
è stato rilevato annualmente per ciascun paese dal 1970). Ci interessano anche le tendenze storiche,
e in particolare quanto tempo le diverse società sono state democratiche. In base a questo si
definiscono democrazie antiche i 39 stati del mondo con almeno 20 anni di democrazia
continuativa; 43 democrazie recenti con meno di 20 anni di democrazia; 47 semidemocrazie; 62
rimanenti stati non democratici. In cima alla scala c’è una notevole sovrapposizione tra sviluppo
umano e democrazia: molte democrazie antiche sono anche ricche società postindustriali.

Indice di libertà di religione


L’indice di libertà di religione qui costituito si basa sui rapporti tra Stato e Chiesa, verificando se le
costituzioni limitino la libertà di religione, se lo stato ponga particolari restrizioni a qualche
confessione o setta, o se esista una chiesa di stato. Si è ottenuta una scala di 20 punti, dove a un
punteggio più elevato corrisponde una maggiore libertà di religione. Si è verificato che il nuovo
indice presenta correlazioni medie o alte con livelli di democrazia di ciascun paese.

CAPITOLO III 🡪 LA SECOLARIZZAZIONE IN


COMPARAZIONE GLOBALE

12
Il processo di modernizzazione sociale comporta due stadi:

1. Transizione dalla società agricola a quella industriale


2. Transizione dalla società industriale a quella postindustriale.

Secondo la nostra tesi la crescita dei livelli di sicurezza esistenziale segue un processo analogo,
TUTTAVIA si tratta di un’evoluzione probabilistica, non deterministica.

La precondizione cruciale per la sicurezza è lo sviluppo umano ancora prima che quello economico:
esso infatti riguarda la misura in cui tutta la popolazione ha accesso all’istruzione, alfabetizzazione,
sanità ecc. Si parla di ipotesi PROBABILISTICA in quanto:

a. Anche la ricchezza privata può coesistere con la miseria pubblica.


b. Anche nelle democrazie stabili e ricche gli individui possono sentirsi di colpo vulnerabili (a
causa di disastri naturali, crisi economiche…).
c. Possono sussistere alcuni fattori contingenti che possono influenzare l’andamento della
religiosità in contesti particolari (potere carismatico di particolari leader spirituali,
repressione religiosa da parte dello Stato (es. Cina)...

Comunque nel lungo periodo con il processo di sviluppo umano l‘importanza della religione nella
vita degli individui diminuisce regolarmente, e questo mutamento è più forte nella prima fase di
sviluppo (grazie all’introduzione dei sistemi di welfare), più contenuto nella seconda.

Infine, danno forma alla secolarizzazione anche le dottrine spirituali e teologiche associate alla
cultura religiosa predominante, e tali dottrine pensiamo che agiscano sia a livello specifico sia in
generale. Pensiamo che ANCHE coloro che NON aderiscono “ufficialmente” a una determinata
comunità religiosa, subiscano comunque l’influenza delle tradizioni religiose che vi sono
predominanti, attraverso i vari meccanismi universali di socializzazione culturale (scuola,
università…). Le idee centrali sostenute dalle dottrine con la loro influenza hanno effetto su tutti
coloro che vivono nella società.

Le fonti empiriche dello studio del comportamento religioso

Studieremo l’andamento della partecipazione religiosa usando tre tecniche:

● comparazione internazionale di molte società che si trovano a livelli diversi di sviluppo;


● tendenze longitudinali della partecipazione e della fede in un sottoinsieme più ristretto di
paesi prevalentemente postindustriali per cui sono disponibili serie storiche di dati di
sondaggio;
● confronti intergenerazionali per scoprire se si riscontra un mutamento intergenerazionale dei
valori.

Se i risultati di questi approcci vanno tutti nella stessa direzione, le conclusioni che se ne possono
trarre diventeranno piuttosto affidabili.a

I sondaggi danno informazioni sul comportamento religioso degli individui, e, la domanda standard
di misurazione è: quanto spesso si reca a funzioni religiose, a parte matrimoni, funerali e

13
battesimi? Le risposte sono codificate in una scala da 1 (mai) a 7 (più volte alla settimana). In base
a questa domanda il WVS definisce regolare la partecipazione religiosa come frequenza almeno
settimanale (quindi risposte 6 e 7). TUTTAVIA questa misura ha un limite: molte fedi o religioni
(asiatiche, popolari africane, new age, Giappone) hanno un’idea di obbligo del fedele diversa da
quella cristiana, e danno più importanza a forme di partecipazione individuale / rituale. Quindi il
confronto della frequenza ai riti confessionali può dare luogo a distorsioni sistematiche se esistono
religioni diverse da quella cristiana.

Per vedere se queste misure creino distorsioni rilevanti , la partecipazione religiosa è stata messa a
confronto con una seconda misura di comportamento religioso, ricavata da una scala 1-7 che misura
quanto spesso gli individui pregano o meditano al di fuori delle funzioni. La correlazione mostra
che l’associazione tra le risposte alle due domande è significativa per tutte le fedi. In tutte le
religioni, la partecipazione religiosa è associata significativamente anche con il valore della
religione e anche con l’autoidentificazione religiosa. Per evitare di sottostimare pratiche individuali
useremo una misura di frequenza regolare alle funzioni per agevolare il confronto con le numerose
ricerche precedenti, ma faremo anche uso dell’indicatore di frequenza della preghiera, comune a
diverse religioni del mondo.

L’andamento globale del comportamento religioso

Le società ricche postindustriali sono di gran lunga le più secolari per comportamenti, valori e
sistemi cognitivi; in complesso quasi metà (44%) della
popolazione delle società agricole partecipano almeno
settimanalmente a una funzione religiosa, mentre nelle
società industriali la percentuale scende a un quarto e
nelle postindustriali a un quinto. Anche la propensione
alla preghiera quotidiana segue lo stesso andamento:
la partecipazione religiosa nelle società povere è il
doppio che in quelle ricche. La differenza è ancora più
evidente se si guarda al valore della religione nella
vita degli individui. La partecipazione, la fede e i
valori religiosi riguardano oggi solo una minoranza
delle popolazioni postindustriali più ricche. Un sondaggio svolto in 44 nazioni nel 2002 per il Pew
Global Attitudes Project conferma l’esistenza di
nette differenze, a livello globale, per quanto
riguarda l’importanza personale della religione.
Tali differenze sono state rilevate anche
dall’International Millennium Survey (pag. 99).
Tuttavia ci sono eccezioni notevoli come l’Irlanda
e gli USA. Le società più religiose sono quelle tra
le più povere del mondo (cattoliche, musulmane e
protestanti). Infine tra le società più secolari
abbiamo le nazioni della ricca Scandinavia, il
Giappone e alcune nazioni postcomuniste, la cui
14
repressione religiosa ha lasciato un'eredità anche dopo la sua fine.

Qual è il ruolo della modernizzazione sociale e dello sviluppo umano in questo processo? Per
esaminare la questione in modo più sistematico abbiamo calcolato le correlazioni bivariate tra i due
indicatori di comportamento religioso e una serie di indicatori standard associati al processo di
sviluppo sociale e alla sicurezza umana. Tra le misure utilizzate c’è l’indice di sviluppo umano
dell’Undp, oltre che altri indicatori (PIL pro capite, coefficiente di Gini, alfabetizzazione, tasso
lordo di partecipazione scolastica ecc). Tutti gli indicatori di sviluppo umano sono fortemente e
significativamente correlati con entrambe le forme di comportamento religioso. In base a ognuno
degli indicatori di base di sviluppo umano possiamo prevedere quanto una società sia orientata
verso il sacro o il secolare. Per spiegare e prevedere la forza e la popolarità della religione in un
qualsiasi paese NON abbiamo bisogno di ricorrere a fattori specifici, quello che ci serve sapere sono
le caratteristiche di base che rendono vulnerabile una società e producono la domanda di religione,
tra cui fattori ben poco spirituali come i livelli di vaccinazione …

È anche vero che le correlazioni a livello macro danno un’idea solo parziale dei fattori alla base di
queste relazioni, e bisogna sempre tenere in mente che la causalità potrebbe essere inversa: la
partecipazione religiosa e la frequenza della preghiera potrebbero causare lo sviluppo più lento dei
paesi (= tesi di stampo Weberiano: valori protestanti → industrializzazione). MA non c’è nessuna
teoria solida che sostenga che tutte le forme di religione rallentano lo sviluppo economico: una
spiegazione di questo tipo non darebbe conto del fatto che la religiosità presenta correlazioni simili
con tutti gli indicatori esaminati, non tutti strettamente economici, come nel caso dei tassi di
vaccinazione, di mortalità infantile o di alfabetizzazione.

Separare i diversi effetti per isolare quello della sicurezza è difficile, ed essa sta secondo noi sotto
tutti questi fattori (i paesi più istruiti sono i più ricchi e i più sani); MA a livello individuale non c’è
correlazione tra fede nella scienza e religiosità.

Dato che nelle società più povere e meno sicure la vita dura di meno ci si potrebbe aspettare che le
tendenze demografiche portino a una crescita costante del livello di secolarizzazione a livello
globale. Ma la realtà è più complessa e l’esito è esattamente l’opposto: la vulnerabilità sociale
produce sia la religiosità sia la crescita della popolazione. È per questo che la popolazione religiosa
mondiale tende ad aumentare, anche se i paesi più ricchi si secolarizzano.

L’analisi multivariata a livello macro fornisce un’ulteriore indicazione. Secondo la teoria che
abbiamo proposto condizioni di sicurezza umana e esperienza di una maggiore uguaglianza
economica hanno un effetto indiretto sui tassi di partecipazione religiosa, perché fanno
diminuire il valore della religione nella vita quotidiana degli individui. Il livello di sicurezza
umana e la disuguaglianza economica da soli spiegano il 46% della varianza della partecipazione
alle funzioni di culto ma se aggiungiamo a questo modello la misura del valore della religione, che
si mostra associata in forte e significativo modo alla partecipazione religiosa, l’indice di sviluppo
umano e il coefficiente di Gini diventano non significativi. Ciò conferma che la sicurezza umana
agisce nel modo atteso, riducendo il valore della religione, e quindi influisce indirettamente sul
comportamento religioso. (pag. 106).

15
I risultati della regressione sono coerenti con la nostra tesi secondo cui la sicurezza umana ha effetto
sul valore attribuito alla religione, perché le società più ricche e egualitarie riducono la vulnerabilità
quotidiana a rischi e minacce per la vita. I modelli usati fino ad ora fanno credere che il valore della
religione abbia un ruolo decisivo nell’incentivare la partecipazione religiosa. Ciò è a sua volta
strettamente connesso all’andamento della modernizzazione sociale, della sicurezza umana e
dell’uguaglianza socioeconomica. Si potrebbe però sempre sostenere che qualche altra causa non
specificata provochi sia la sicurezza sia la religiosità, MA fino a oggi nessuno ha proposto
un’ipotesi soddisfacente su cosa mai possa essere questo altro fattore. L’argomento Weberiano (fede
nella scienza e nella tecnologia hanno indebolito le basi della magia e della metafisica) è da
scartare, poiché le società con più fede nella scienza sono quelle che hanno anche una più forte fede
nella religione (es. popolazioni musulmane), mentre in alcune società postindustriali più secolari si
riscontra scetticismo nei confronti del progresso scientifico e tecnologico (es popolzioni
scandinave). USA continuano ad essere un’eccezione perché abbiamo molta fiducia nella scienza e
molta religiosità. Conclusione: le correlazioni tra sicurezza umana e secolarizzazione sono stabili,
qualsiasi indicatore di sviluppo umano si utilizzi.

Le caratteristiche sociali

Finora l’analisi dei fattori principali alla base dell’impegno


religiosa si è mantenuta a livello macro, esaminiamo ora a
livello individuale le caratteristiche dei partecipanti alla
religione. Si ipotizza che la religione venga più praticata nei
ceti più bassi della società.

Nelle società agricole la diffusione religiosa è abbastanza


omogenea per sesso, ceto, età. Nelle società industriali e
postindustriali invece vi è una religiosità più forte nei gruppi
più vulnerabili (donne, anziani…).

Alcune osservazioni generali:

1. Il TIPO DI SOCIETÀ ha un effetto sulla religiosità


molto maggiore rispetto all’appartenenza a un
determinato gruppo sociale.
2. Riduzione maggiore della religiosità si ha di solito al
primo stadio della modernizzazione sociale (società
agricola → industriale).

Tendenze della partecipazione religiosa e della feda

Un’analisi condotta su un solo piano temporale non è in grado di dimostrare la causalità di cui parla
la nostra interpretazione (= società agricole più religiose). Possiamo però analizzare le tendenze
degli ultimi decenni di molte società postindustriali. La tabella riporta l’andamento della
partecipazione religiosa in 13 società europee. Inoltre per verificare la significatività e la direzione
del cambiamento, abbiamo per ogni società, un modello di regressione che stima l’effetto dell’anno

16
del sondaggio sulla proporzione di popolazione che si reca settimanalmente alla funzione religiosa.
Il risultato dell’analisi conferma chiaramente che in tutte le società c’è stata una forte caduta della
partecipazione. Nel caso dei 5 paesi membri dell’UE nel 1970 circa il 40% della popolazione si
recava in chiesa regolarmente, mentre negli anni recenti la proporzione si è dimezzata. Nei paesi
prevalentemente cattolici c’è stata la più forte diminuzione di fedeli. Incrociando i dati
dell’Eurobarometro con quelli del WVS, notiamo come nella maggior parte dei paesi protestanti
dell’Europa settentrionale la partecipazione religiosa era già molto bassa sin dall’inizio, ed è rimasta
stabile con un effetto pavimento. Solo in Italia, USA e Sudafrica si è riscontrato un certo aumento.

Le serie storiche confermano le tesi: dove abbiamo dati, in molte società postindustriali e in qualche
società industriale, la partecipazione religiosa solitamente è caduta. Le serie storiche presentate
rendono molto più credibile la storia raccontata basandosi sulla comparazione internazionale
sincronica. TUTTAVIA, un’eccezione di rilievo alla generale crescita della secolarizzazione sta nel
fatto che anche in presenza di un’opinione pubblica sempre più indifferente ai valori religiosi
tradizionali, NON si osserva un abbandono della spiritualità privata o individuale. Ad alti livelli di
sicurezza esistenziale diventa più importante il bisogno di significato, così che anche nei paesi
ricchi, anche se la frequenza in chiesa diminuisce, gli interessi spirituali intesi in senso più ampio
non stanno scomparendo. Contemporaneamente, è chiaro che queste popolazioni hanno smesso di
sostenere le autorità religiose tradizionali, le forme di religione istituzionalizzate e gerarchiche e le
attività religiose che vi sono connesse.

Confronto per generazioni

L’ultimo approccio che possiamo usare sono i confronti per


generazioni. Le tendenze sociali secolari hanno solo un
effetto glaciale, molto lento, sulle norme culturali, MA per
via del processo di socializzazione, l’esperienza delle
condizioni prevalenti durante gli anni formativi
dell’infanzia e della prima adolescenza lascia un’impronta
duratura sulle persone. Il valore attribuito alla religione
nelle fasi successive della vita deriva in buona misura dalle
esperienze formative degli individui. Ad esempio è
probabile che la generazione del dopoguerra degli stessi
paesi, cresciuta in un’epoca di ricchezza, pace interna e
stabilità sociale senza precedenti, sostenga valori e opinioni
secolari. Ovviamente bisogna tenere presente che, con dati
di sondaggio su un solo punto temporale, è impossibile
distinguere gli effetti generazionali dagli effetti dell’età. Crescendo di età gli individui entrano in
diverse fasi della vita e subiscono cambiamenti, MA c’è forte evidenza empirica del fatto che il
valore della religione si apprende all’inizio della vita, in famiglia, a scuola, nella comunità in cui si
cresce, nel quadro del processo di socializzazione primaria. Le società postindustriali mostrano un
declino della religiosità netto e costante della coorte più anziana, nata negli anni tra le due guerre,
fino alla coorte del dopoguerra. Nelle società industriali c’è solo una piccola diminuzione nella
generazione tra le due guerre, e forse un piccolo aumento nella coorte più giovane. Nelle società
17
agricole l’andamento per coorti di nascita è completamente piatto e mostra persino un leggero
incremento nelle coorte degli anni ’60. I critici della secolarizzazione preferiscono quest’ultima
interpretazione: essi respingono ogni ipotesi di mutamento storico, e interpretano i dati in base
all’effetto del corso della vita. L’argomento è che tutti diventando più vecchi diventano più
religiosi, MA l’evidenza empirica (pag. 121) dimostra che non esiste una tendenza delle persone a
diventare più religiose invecchiando: nelle società agricole i giovani sono religiosi come i vecchi.
Ma nelle società industriali i giovani sono molto meno religiosi dei vecchi, il che sembra riflettere i
mutamenti storici associati al raggiungimento di alti livelli di sviluppo umano, NON qualcosa di
relativo al corso della vita. I paesi più ricchi nel corso degli anni sono diventati molto più secolari.
L’andamento fa pensare che il divario di religione non sia dovuto, come molti sostengono, al fatto
che le società agricole stanno diventando con il tempo più religiose: i loro valori sono rimasti
relativamente costanti. Invece quello che è successo è che il rapido mutamento culturale delle
società più ricche ha spostato in senso più secolare i valori e i sistemi cognitivi dei loro abitanti,
creando una distanza crescente tra loro e le società meno ricche.

PARTE SECONDA: STUDI DI CASO SU RELIGIONE E POLITICA

CAPITOLO IV 🡪 L’ENIGMA DELLA SECOLARIZZAZIONE


NEGLI STATI UNITI E IN EUROPA OCCIDENTALE
Sfida più forte alla teoria della secolarizzazione = situazione degli USA.
Nel capitolo ci si propone di comparare empiricamente le differenze tra USA e Europa occidentale,
società postindustriali che condividono una cultura cristiana, economie di conoscenza e terziarie,
buoni livelli di istruzione, sistemi politici democratici di lunga data… Lo studio si propone di
comprendere SE siano gli USA O l’Europa ad essere l'eccezione.

Comparare la religiosità nei paesi postindustriali

Prendiamo in esame l’evidenza internazionale: c’è una


fortissima differenza tra il gruppo di paesi che di gran lunga
risultano più religiosi, ovvero USA, Irlanda e Italia, e i paesi più
secolari come GB, Danimarca e Francia. L’andamento dei due
indicatori di comportamento religioso sono molto simili
complessivamente (pag. 129) il che fa pensare che in tutti questi
paesi ci sia una coerenza tra forme di partecipazione religiosa
collettiva e individuale. Dunque anche se la religione negli
USA presenta diversità rispetto gli altri paesi più ricchi, sarebbe
fuorviante parlare di eccezionalismo, in quanto il caso
americano somiglia a quello italiano e irlandese.

I notevoli contrasti interni all’Europa tra nord e sud è un enigma


difficilmente spiegabile in base allo sviluppo sociale di per sé, dato
18
che si tratta sempre di nazioni più ricche: una spiegazione può dunque essere quella della diversa
forza della religiosità nelle culture protestanti e in quelle cattoliche, e dalle differenze tra società dal
punto di vista dell’uguaglianza economica. Delle differenze tra Europa occidentale e orientale se ne
parlerà più avanti.

Tendenze della secolarizzazione in Europa occidentale

Un motivo di queste variazioni tra paesi potrebbe stare nel fatto che questa tendenza è scaturita da
punti di partenza diversi, in modo path dependent, per via dell’eredità storica delle istituzioni e
delle culture religiose che caratterizza ciascun paese.

Il materiale empirico disponibile per l’Europa Occidentale mostra che:

1. Le fedi religiose tradizionali e il coinvolgimento nella religione istituzionalizzata variano


notevolmente da paese a paese.
2. Entrambi questi fattori sono in costante calo in tutta l’Europa occidentale (soprattutto dai
‘60s).

I sondaggi Eurobarometro del periodo ‘70-’91 mostrano una brusca diminuzione dei fedeli nei paesi
almeno parzialmente cattolici presenti nel campione. Il livello complessivo di allontanamento dalla
Chiesa è salito più rapidamente in Francia, GB e nei Paesi Bassi. Gli autori concludono che la
tendenza generale è stabile (nonostante il cambiamento di tempi e ritmi da paese a paese): la
percentuale di persone non affiliate a nessuna chiesa sta aumentando. Altre ricerche empiriche
mostrano un declino della religiosità molto simile in diversi altri paesi postindustriali. Il processo di
secolarizzazione è osservabile quale sia l’indicatore o il sondaggio prescelto. Restano notevoli
differenze nella diffusione sociale dell’uso di andare in Chiesa, MA in ogni caso tutte le tendenze
vanno verso il basso. Per di più, il declino della religiosità non riguarda solo i paesi dell’Europa
Occidentale: la frequenza regolare è calata anche in altri paesi ricchi come Canada e Australe.

Una diversa interpretazione è quella di coloro che sostengono che la frequenza in chiesa come
indicatore è datata, perché oggi la religiosità si è evoluta e reinventata sotto varie forme di
spiritualità personale. SE una tendenza di questo tipo è osservabile anche in Europa, potrebbe darsi
che l’impegno pubblico nelle chiese sia stato sostituito da una ricerca privata o personale. Inoltre,
anche indipendentemente dalla frequenza, le tendenze della religiosità europee sono molto
complesse: secondo Greelay la religiosità soggettiva NON mostra un andamento univoco o un
declino uniforme, e date tali differenze egli ritiene che bisogna spiegare comparativamente le
differenze persistenti nel lungo periodo.

Noi però non vediamo andamenti divergenti: vediamo un motivo del declino della partecipazione
nel tardo 20esimo secolo nel fatto che nelle società industriali la fede nelle dottrine tradizionali si è
molto indebolita. C’è in realtà un forte legame tra dimensione pubblica e dimensione privata della
religiosità. Diversamente da Greeley (che ha svolto sondaggi d’opinione dal ‘91 al ‘98) noi
studiamo la tendenza della fede in Dio e nella vita ultraterrena negli ultimi 50 anni. Nel 1947 8
persone su 10 credevano in Dio, e ovunque la fede in Dio è calata, tranne che negli USA e in
Brasile, mentre il calo più netto è nei paesi scandinavi, Paesi Bassi, Australia e GB. Le rette di

19
regressione hanno pendenza negativa, ma il coefficiente è significativo solo in sei paesi. Andamento
molto simile ha l’andamento della fede nella vita ultraterrena. I casi di declino più forte sono in
Europa settentrionale, Canada e Brasile, e le sole eccezioni a questo andamento sono USA,
Giappone e Italia, dove invece c’è stata una ripresa della fede religiosa.

Tendenze della religiosità negli Stati Uniti

Alla luce degli andamenti europei, gli USA rappresentano un’eccezione, però l’evidenza empirica
NON è ancora del tutto chiara. Almeno fino alla fine degli anni ’80 l’analisi delle tendenze si
basava su registri storici delle chiese e sondaggi campionari e concludeva che la numerosità dei
fedeli era rimasta stabile nel corso dei decenni. Un declino della frequenza in chiesa era più netto tra
i cattolici.

Secondo le rilevazioni Gallup, il dato sui frequentanti della chiesa NON variano dal ‘39 al 2003, e
alcuni studiosi concludono che le risposte ai sondaggi sono sistematicamente esagerate, a causa del
meccanismo di desiderabilità sociale che nella cultura americana investe la frequenza in Chiesa. I
sondaggi Gallup sono privi di filtri per questa desiderabilità sociale e presentano difetti di
campionamento (NON si chiamano mai al telefono particolari fasce della società): dunque
esagerano sistematicamente la frequenza. Anche altri dati fanno pensare che queste stime
potrebbero essere gonfiate.

Secondo GSS la percentuale di popolazione americana che dichiara di andare in chiesa almeno una
volta a settimana nell’ultima rilevazione è caduta di un quarto negli ultimi 10 anni, mentre coloro
che dichiarano di non essere mai andati in chiesa sono raddoppiati (⅕ di tutta la popolazione).

Vi sono pure altri indicatori che mostrano come la tendenza


americana sia simile a quella del declino europeo: secondo
Gallup meno americani sono membri di chiese o sinagoghe e la
porzione di secolari è aumentata. Nel decennio dei ’90 il calo
più forte è stato nei protestanti, e nello stesso periodo ci sono
anche stati cambiamenti all’interno della popolazione religiosa
degli USA: molte ricerche mostrano un aumento dei fedeli delle
chiese evangeliche di origine più recente (anche a causa
dell’immigrazione negli USA), a spese delle confessioni
protestanti tradizionali. Secondo Wilson potrebbero non esserci
relazioni tra queste attività e la spiritualità, per esempio perché
andare in chiesa risponde a un bisogno di relazioni sociali nelle comunità locali, oppure perché la
cultura delle chiese americane è diventata più secolare.

NON tutti gli americani la pensano allo stesso modo: i più secolari vivono nelle grandi città della
costa del Pacifico o del Nordest, di contro gli evangelici più impegnati vivono molto più spesso in
provincia o in campagna, soprattutto nel Sud e nel Midwest. Secondo alcuni la distribuzione della
religiosità potrebbe aver dato vita a due culture americane diverse, una tollerante, progressista,
multiculturale e secolare, l’altra conformista, patriottica, religiosa e puritana. Queste differenze
geografiche e culturali hanno assunto una grande importanza anche a livello politico. Un’altra

20
caratteristica è che la religione negli USA è molto pervasiva e lascia segni ovunque nella vita
pubblica, nonostante la rigorosa divisione tra chiesa e stato. Allo stesso modo i valori culturali
americani sono più individualistici, più moralistici e più conservatori di quelli europei. Tuttavia ci
sono indizi del fatto che le tendenze secolari si siano rafforzate anche in America, il che potrebbe
portare l’opinione pubblica americana ad avvicinarsi a quella Europea.

Spiegare le variazioni della religiosità: il modello del mercato della religione

La teoria del mercato della religione è la critica più frequente delle teorie tradizionali della
secolarizzazione. L’argomento è che fattori relativi all’offerta, in particolare la concorrenza tra
confessioni e la regolazione statale delle istituzioni religiose, determinano i livelli di partecipazione
religiosa negli USA e in Europa. Questa teoria assume che la domanda di prodotti religiosi sia
relativamente costante. Dunque si pensa che i diversi livelli di comportamento spirituale visibili nei
vari paesi NON provengano dalla domanda dal basso, MA dalla variazione dell’alto. I gruppi
religiosi sono quindi in competizione per i fedeli, MA con diverso impegno. Le chiese monopolio di
stato danno i loro fedeli per scontati, e non si impegnano per mantenerli, INVECE, dove esiste un
libero mercato della religione, sussiste una competizione tra dottrine, che porta le istituzioni a
cercare sempre nuovi appigli con progetti per attirare fedeli e mobilitare la popolazione.

I dati relativi a questa teoria provengono soprattutto da USA ed Europa. Negli USA troviamo
effettivamente un’ampia offerta di chiese di ogni genere e attività religiose, AL CONTRARIO in
Europa si parla di “economia religiosa socializzata”, in quanto lo Stato fornisce sussidi alle chiese
tradizionali, rendendo i monopoli meno efficienti. Le chiese saranno “impigrite” e poco incentivate
a organizzare eventi che possano attrarre maggiormente la popolazione.

TUTTAVIA, non è ancora empiricamente provato che la concorrenza tra fedi spieghi bene la
partecipazione religiosa. Le critiche rivolte a questa tesi sono state:
- Teoriche.
- Empiriche.
I commentatori hanno rilevato seri problemi con le misure standard del grado di concorrenza
religiosa. Gli studi utilizzano solitamente l’indice Herfindahl, il quale misura la dimensione
delle aziende rispetto al settore di cui fanno parte. L’indice va da 0 a 1 (da molte aziende a
un monopolio).
L’impatto del pluralismo è fondamentalmente curvilineo: il primo passaggio dal monopolio
religioso di una singola chiesa alla concorrenza tra due o più chiese ha un impatto notevole
sulla frequenza, MENTRE, quando il pluralismo diventa più forte l’effetto viene meno per
saturazione. Diversi studi hanno osservato la correlazione tra indice di pluralismo religioso
all’interno di determinate aree geografiche, e i coefficienti di correlazione positivi sono
interpretati come prova empirica della teoria del mercato della religione. (pag. 147)

MA il concetto di competizione religiosa presenta gravi problemi di operativizzazione. Secondo


Chaves e Gorsky la verifica empirica della teoria è debole, perché ci sono studi che hanno trovato
una correlazione positiva e altri che non l'hanno trovata. Altri critici sostengono che le relazioni

21
siano di tipo spurio, e a loro parere nessuno degli studi esistenti prova in modo empiricamente
convincente che il pluralismo religioso influisce sui tassi di partecipazione alla chiesa.

Ci sono problemi anche per definire l’unità di analisi geografica appropriata. Tuttavia una volta
che affrontiamo la questione in termini di comparazione internazionale, i termini della concorrenza
diventano meno facili da definirsi. Comparazione deve concentrarsi sul numero di chiese di una
stessa O diversa confessione?

Infine si tratta di un approccio NON sistematico, e la selezione di casi specifici di studio può dare
luogo a distorsioni sistematiche. A proposito ci sarebbero anche chiare anomalie a questa teoria, in
quanto alcuni paesi dove la chiesa istituzionale è unica, non si è registrato un abbassamento delle
tendenze religiose (Italia, Irlanda, Colombia, Venezuela, Polonia). Altre ricerche critiche della
teoria:

● Iannaccone, compara la frequenza in chiesa tra 8 paesi nell’Europa Occidentale e 4


democrazie angloamericane: le regressioni trovano una relazione significativa e molto forte
tra grado di pluralismo confessionale tra questi paesi e i livelli di partecipazione religiosa.
NON chiaro però perché egli abbia escluso 6 paesi cattolici dell’Europa meridionale che
deviano da questa tendenza.
● Verweij, Ester e Nauta, comparano 16 paesi e ottengono il risultato che indipendentemente
dalla specificazione del modello, in tutti i paesi l’effetto del pluralismo religioso NON è
significativo sulla partecipazione religiosa (misurata come tassi di adesione alle chiese e
come frequenza).
● Bruce, compara la religiosità dei paesi nordici e baltici, e conclude che l’andamento
dell’osservanza religiosa contraddice diverse delle proposizioni centrali dell’approccio
dell’offerta. L’evidenza empirica a favore di quest’ultimo è però stata messa in discussione
perché la maggior parte dei lavori di Stark e Finke è viziata da errori di codifica.

→ In ogni caso, nonostante i limiti empirici, la teoria


dell’offerta rappresenta una prospettiva alternativa che si
può mettere alla prova con indicatori esenti da questi
difetti. Le proposizioni che possono essere comparate a
livello internazionale si basano sulla comparazione di 4
indicatori:

1. Pluralismo religioso.
SE la teoria dell’offerta è corretta, il pluralismo
religioso e la regolamentazione statale della religione
dovrebbero essere buoni predittori dei tassi di
frequenza in chiesa nelle società postindustriali. Il
pluralismo religioso è misurato con i dati
dell’Ecyclopedia Britannica Book of 2001: si tratta
della misura standard della frammentazione della
religione in ciascun paese (da 0 a 1). Per quanto
riguarda le unità di comparazione, nel nostro studio
22
misuriamo il pluralismo religioso tra le grandi religioni mondiali a livello di società, come sempre
nel caso delle comparazione internazionale. Questo però significa che non possiamo considerare la
concorrenza tra organizzazioni di diverse sette e confessioni religiose a livello locale o regionale. Si
evince che NESSUNA delle correlazioni tra pluralismo religioso e comportamento religioso nei
paesi postindustriali è significativa. La teoria funziona SOLO per gli USA, mentre in altri casi
(soprattutto negli Stati a maggioranza cattolica) la relazione è addirittura rovesciata (Italia).
Anche la comparazione globale di tutti i paesi conferma che tra partecipazione e pluralismo NON
c’è relazione significativa. Si potrebbe salvare la teoria sostenendo che quello che conta è la
concorrenza tra confessioni vicine o al loro interno (è più facile che gli individui cambino chiesa
all’interno della STESSA religione / confessione). → ci sarebbe bisogno di uno studio a livello
LOCALE.

2. Regolazione statale della religione e libertà di religione.

Una diversa versione della teoria dell'offerta sostiene che la partecipazione è massima dove c’è una
forte divisione istituzionale tra Stato e Chiesa, e dove lo Stato difende le libertà di culto religioso e
tolleranza tra le diverse confessioni, SENZA porre limiti ad alcuna fede o setta (Lipset). Questa
relazione si può analizzare con tre indicatori:

a. Regolazione statale della religione, misurata con una scala a 6 punti, in base alla presenza o
meno di queste situazioni:
● Unica chiesa di stato.
● Riconoscimento statale ufficiale di certe confessioni ma non di altre.
● Nomina statale / approvazione dei dirigenti ecclesiastici.
● Pagamento diretto dello stipendio del personale ecclesiastico da parte dello Stato.
● Esistenza di un sistema di raccolta di tasse ecclesiastiche.
● Finanziamento diretto statale;
b. Indice di libertà della religione, costruito codificando 20 items;
c. Risultati dell’analisi sintetica di libertà di religione prodotta ogni anno della Freedom
House, che definisce la libertà di religione facendo riferimento alla libertà delle istituzioni
religiose, la libertà di svolgere particolari attività religiose personali, diritti umani generali..

→ TUTTAVIA, NON sembrano esserci delle relazioni significative tra nessuno di questi indicatori
e i comportamenti religiosi.

Le teorie funzionaliste e il ruolo sociale delle istituzioni religiose

Durkheim fu il fondatore della teoria funzionalista classica, teoria secondo la quale nel corso del
processo di industrializzazione delle società, la popolazione ha gradualmente abbandonato le chiese
per via della differenziazione e della specializzazione funzionali, per cui il ruolo sociale della
chiesa, è stato assunto da altre istituzioni che offrono servizi sociali. Le chiese hanno perso il loro
monopolio in molti settori della vita quotidiana, e il loro ruolo sociale è diminuito in seguito alla
differenziazione istituzionale.

23
SE questo argomento fosse corretto, la partecipazione religiosa dovrebbe essersi indebolita
maggiormente nelle società postindustriali in cui il ruolo di welfare delle istituzioni religiose è stato
assunto in modo più completo dai servizi pubblici scolastici, sanitari e di sicurezza sociale finanziati
dallo Stato. Ora, è possibile dimostrare empiricamente questa tesi. Mettendo a confronto la
percezione da parte dell'opinione pubblica delle diverse funzioni e competenze delle autorità
religiose vediamo che nelle società agricole c’è una percezione più forte del ruolo delle autorità
religiose: circa i ¾ della popolazione pensano che le autorità religiose abbiano una funzione
importante dal punto di vista morale, spirituale, della famiglia e sociale; nei paesi postindustriali la
percentuale è molto minore, MA aumenta quando si prende in considerazione la funzione sociale
della chiesa e la sua capacità di occuparsi delle esigenze spirituali della gente: ciò è il contrario di
quanto ci si sarebbe aspettati secondo la tesi funzionalista.

Il ruolo della sicurezza e della disuguaglianza economica.

Ci continuiamo a chiedere come mai alcuni casi, come gli USA e l’Irlanda, nonostante la loro
ricchezza rimangano molto religiosi; la risposta che diamo si basa sull’andamento della sicurezza
umana, e in particolare sulle condizioni di disuguaglianza socioeconomica. Anche se lo sviluppo del
welfare state nei paesi industriali assicura buona parte della popolazione contro i rischi peggiori,
come le malattie, la vecchiaia ecc., è anche vero che nei paesi relativamente ricchi ci sono sacche
interne di povertà persistenti, dunque anche nei paesi ricchi la sensazione di vulnerabilità incentiva
la religiosità. I gruppi più a rischio sono: anziani, bambini, disabili, senzatetto…

Questo si dovrebbe vedere comparando i livelli di


disuguaglianza economica delle varie società, e
guardando se e quanto la religiosità è più forte negli
strati sociali più poveri. A ciò serve il coefficiente di
Gini (0 = uguaglianza perfetta della società, 100 =
disuguaglianza perfetta). A nostro parere la
religiosità è così alta negli USA soprattutto perché si
tratta della più disuguale delle società postindustriali
comprese nella comparazione. Gli americani si
trovano in condizioni di ansia maggiore rispetto ai
cittadini degli altri paesi industrializzati avanzati, e la
disuguaglianza di reddito è maggiore che in tutte le
altre democrazie industriali avanzate.

CAPITOLO V 🡪 UNA RINASCITA DELLA RELIGIONE


NELL’EUROPA DELL’EST?
Cosa si può dire riguardo l’Europa postcomunista?

Oggi in Europa ci sono 27 paesi postcomunisti, e i dati derivanti dai sondaggi risalgono tutti
all’ultimo decennio degli anni ‘90. Dunque c’è una forte limitazione nel materiale empirico a
24
disposizione. Perciò il miglior modo per osservare tendenze di lungo periodo sembra essere quello
del confronto tra generazioni, utilizzando i sondaggi degli anni ‘90. Se nei paesi esaminati troviamo
forti differenze intergenerazionali, queste danno un’idea della tendenza che ci interessa.

Il dibattito fra teoria della secolarizzazione e teoria dell’offerta

Da un lato, la tesi tradizionale della secolarizzazione prevede che in Europa centrale e orientale la
religione è gradualmente diminuita nei decenni, per le stesse cause all’opera nelle altre società
industriali (dopo il crollo del comunismo la tendenza alla secolarizzazione avrebbe dovuto subire
un’accelerazione nei paesi in cui la transizione alla democrazia ha avuto successo e in cui
l’adesione all’Unione Europea ha aumentato la sicurezza esterna). Di contro, si può ipotizzare che
la religione rimanga forte tra giovani e anziani delle società postcomuniste che restano povere e
sottosviluppate. La letteratura riscontra una certa evidenza empirica a favore della tradizionale tesi
della secolarizzazione.

● Need ed Evans mostra che passando dalle generazioni anziane alle più giovani i tassi di
partecipazione religiosa (in società cattoliche e ortodosse) presentano un declino lineare
(come vuole la teoria della secolarizzazione);
● Borowik nota che grazie alle nuove libertà, nel breve periodo il numero di coloro che crede
in Dio sale, ma oggi l 'impegno nella chiesa e il livello di attività religiosa sono bassi come
nelle società dell’Europa Occidentale secolarizzate. Dunque la rinascita religiosa è breve,
forse anche causa della poca conoscenza della popolazione della fede ortodossa
tradizionale;
● Altri sostengono che in Europa centrale e orientale stia nascendo una nuova forma di
spiritualità individualizzata esterna alla chiesa.

Se è vero che il processo di secolarizzazione è collegato allo sviluppo umano e alla sicurezza
esistenziale, nei paesi postcomunisti in cui lo standard di vita è gradualmente cresciuto la religiosità
dovrebbe diminuire. TUTTAVIA, i fenomeni drammatici associati al crollo del comunismo degli
anni ‘90 (abbandono del welfare state, recessioni economiche dovute all’introduzione del libero
mercato…) dovrebbero aver fatto crescere la religiosità. La teoria della secolarizzazione dunque
sostiene che in questa area il processo di modernizzazione dovrebbe produrre di coorte in coorte un
declino lineare della religiosità, ma che questa trasformazione possa essere contrastata da fattori di
breve periodo associati al crollo del comunismo.

In opposizione a questa teoria, la teoria dei mercati della religione suggerisce un insieme di ipotesi
molto diverse, e potrebbe funzionare nel caso dell’Europa postcomunista. Durante l’era sovietica la
religione era disincentivata se non repressa, MA con la dissoluzione dell’URSS, essa rinasce.
Dunque dovremmo aspettarci un andamento a “U”, con i più anziani formatisi nell’epoca
precomunista molto religiosi, quelli formatisi nel comunismo poco religiosi, e i più giovani
nuovamente religiosi. Gli studi di Greeley hanno dato sostegno a questa ipotesi, ed egli conclude
che la generazione più giovane, specialmente in Russia, conosce una rinascita dei sentimenti
religiosi, ma deve ammettere che questa rinascita non è stata accompagnata da una crescita della

25
frequenza in chiesa. Altre dimensioni del comportamento religioso rimangono a livelli bassi e
mostrano un declino nelle coorti di nascita successive.

Altri fattori esplicativi

Dibattito tra teoria della secolarizzazione e dell’offerta è di difficile risoluzione, in quanto:

● pochi dati e relativi a un arco di tempo ridotto;


● rischio dell’approccio caso per caso;
● mutamenti generazionali troppo lenti per emergere in un periodo di tempo così breve;
● pochi studi che si concentrano sulle società ortodosse e musulmane dell’Europa orientale.

Inoltre le società dell’Europa dell’est sono molto diverse per vari fattori che potrebbero costituire
variabili intervenienti che condizionano la relazione tra età e religione. Per questo uno studio
sistematico deve usare tecniche di analisi multivariata.

Bisogna intanto distinguere tra società postcomuniste più di successo (Polonia, Ungheria,
Slovenia…) e paesi ex comunisti dove la crescita economica e il progresso dal punto di vista dei
diritti umani e delle libertà politiche sono stati lenti o addirittura inesistenti (Russia, Bielorussia,
Azerbaigian…). Le società postcomuniste hanno ritmi di progresso verso la democrazia e lo
sviluppo economico molto diversi, e anche i rapporti storici tra stato e chiesa sono molto
differenziati. Johnston sostiene che la religiosità pubblica continua a essere particolarmente elevata
nei paesi in cui la chiesa è stata attivamente coinvolta nel processo di resistenza contro il regime
sovietico e nella lotta per l’indipendenza (es. Polonia).

La comparazione deve prendere in considerazione anche la cultura religiosa storicamente


predominante in ogni paese, dato che l’Unione Sovietica comprendeva paesi cattolici, protestanti,
ortodossi e musulmani. Need e Evans hanno anche mostrato che in Europa centrale e orientale i
cattolici in genere vanno in Chiesa più regolarmente degli ortodossi.

Mutamento generazionale della religiosità

Dato che non disponiamo di dati in serie storica di ragionevole durata, useremo come indicatore
indiretto del mutamento di lungo periodo un confronto per generazioni delle 22 società
postcomuniste comprese nella WVS. La nostra versione rivista della teoria della secolarizzazione
ipotizza una relazione lineare tra età e partecipazione religiosa, con una caduta della religiosità di
coorte in coorte nelle società economicamente più avanzate. Le variabili dipendenti sono il valore
della religione, misurato dalla frequenza ai servizi di culto e dalla preghiera. Verificheremo anche se
tra generazioni ci sono differenze per quanto riguarda la fede nelle dottrine della religione. In
generale la nostra ipotesi è che le differenze generazionali saranno più forti nel caso del valore della
religione, anche se, quando esistono, saranno associate anche all’andamento del comportamento
religioso.

In tutte le società postcomuniste troviamo che la religiosità è più forte nelle generazioni anziane
(pag. 179) che nelle giovani, e che le differenze di religiosità connesse con l’età tendono a essere
lineari e non curvilinee → andamento in linea con le ipotesi. I risultati dimostrano:

26
1. Chiaro declino della religiosità: quasi ovunque le generazioni più anziane sono
significativamente più religiose.
2. Oggi nelle società postcomuniste ci sono notevoli differenze di livello di religiosità, proprio
come abbiamo osservato in Europa occidentale.

Presenza di differenze tra paesi: nei paesi in cui le vecchie generazioni sono più secolari gli
andamenti delle coorti successive sono relativamente piatti, MENTRE nei paesi in cui le vecchie
generazioni sono molto religiose si vede che il calo della religiosità delle giovani generazioni è
molto più brusco. Le tendenze sono molto simili sia che si consideri il valore della religione, sia la
frequenza alle funzioni di culto, sia la frequenza alle preghiere, il che ci fa pensare che si tratti di
risultati robusti e affidabili.

Per controllare altri fattori, utilizziamo un’analisi multivariata, per vedere se la relazione bivariata
tiene o se invece dipende da altri fattori. I modelli stimano anche l’effetto del valore della religione
e della fede nelle sue dottrine, e dell’appartenenza alle varie religioni. I risultati mostrano che
l’effetto lineare dell'età rimane significativo anche con tutti questi controlli, e che la religiosità
rimane più forte nelle generazioni più anziane. L’effetto degli altri fattori sociali e di atteggiamento
va nel senso ipotizzato. Dunque l’analisi della religiosità individuale nell’Europa postcomunista
conferma in larga misura gli andamenti visti prima per l’Europa occidentale.

L’effetto dei mercati della religione a confronto con quello


dello sviluppo umano

Possiamo esaminare in che misura la religiosità sia


sistematicamente associata al mercato della religione e allo
sviluppo sociale. Utilizziamo quattro indicatori per vedere
quanto è forte la correlazione tra queste due variabili e gli
indicatori di valori, fede e partecipazione religiosa utilizzati
nel libro.

● Pluralismo religioso, il grado di concorrenza tra


istituzioni religiose ha un ruolo cruciale nello spingere
verso la religione. Il pluralismo religioso è misurato
con l’indice Herfindahl, ed esso dovrebbe far
aumentare la partecipazione religiosa.
● Regolazione statale della religione, secondo Greeley la
regolazione statale della religione nell’URSS ha posto
vincoli alle chiese, MA che dopo la sua caduta ci sia
stata una rinascita della religione nei paesi in cui si
riscontra una forte separazione costituzionale tra stato e
chiesa. La rinascita è avvenuta perché la separazione ha
protetto la libertà di culto e la tolleranza verso le
confessioni diverse.
● Sviluppo sociale, nell’analisi si considerano anche le
correlazioni tra gli indicatori di religiosità, sviluppo umano e
27
la variazione del PIL pro capite. Essi sono indicatori fondamentali di modernizzazione sociale e
sicurezza umana. Le correlazioni bivariate mostrano che l’indice di libertà di religione NON è
correlato significativamente con nessuno degli indicatori di religiosità che usiamo, che si tratti di
partecipazione, di valore della religione o di fede nelle dottrine religiose. I dati mostrano il contrario
di quanto sostenuto dalla teoria del mercato della religione: a un aumento della libertà è associata
una diminuzione dei livelli di religiosità, e la correlazione tra pluralismo e religiosità è negativa. Di
contro invece il valore della religione è correlato negativamente sia con lo sviluppo umano che con il
livello di ricchezza, come sostiene la teoria della secolarizzazione (pag. 186).
Il netto contrasto che i grafici mostrano tra paesi con valori secolari e paesi con valori spirituali può
essere in gran parte attribuito ai diversi livelli di sviluppo umano e quindi alle diverse condizioni di
sicurezza.

Sempre diversamente da ciò che sostiene la teoria dei mercati, i paesi più secolari hanno più
pluralismo religioso e le chiese hanno anche più libertà dallo stato. La nostra teoria è che lo sviluppo
umano produca nella popolazione valori più secolari (= libertà di religione, tolleranza, democrazia).
Nei paesi più poveri e meno sviluppati invece la religione rimane centrale nella vita degli individui.

CAPITOLO VI 🡪 RELIGIONE E POLITICA NEL MONDO


MUSULMANO
Huntington ha cercato di comprendere il ruolo della religione nel mondo musulmano. Secondo la
sua tesi dello “scontro tra civiltà”, nel mondo post guerra fredda, i conflitti più profondi sono quelli
tra gruppi appartenenti a entità culturali diverse, in particolare tra civiltà occidentale democratica e
civiltà musulmana.

Questa tesi è stata contestata da molti. I dati raccolti in questo studio in parte danno sostegno a tale
tesi, ma d’altra parte lo contraddicono significativamente: la cultura conta, e le tradizioni religiose
lasciano un’impronta peculiare e duratura sui valori contemporanei. Tuttavia Huntington si sbaglia
quando assume che lo scontro tra civiltà occidentale e civiltà islamiche riguardi valori politici. Al
contrario l’evidenza mostra che nel mondo occidentale e quello islamico gli atteggiamenti nei
confronti della democrazia sono simili. La tesi di Huntington assume che la principale linea di
frattura tra Occidente e Islam riguardi lo stato democratico, MA non si accorge dell’esistenza di una
frattura culturale più forte sui temi della liberazione sessuale e l’uguaglianza di genere. Mentre le
giovani generazioni occidentali diventano più liberali, quelle islamiche non variano, mantenendo la
loro tradizionalità. I valori che separano Islam e Occidente ruotano più attorno all’Eros, che al
Demos.

Il dibattito sullo scontro delle civiltà

La tesi dello scontro di civiltà sostiene fondamentalmente tre cose:

● I valori contemporanei nelle varie società sono path-dependent, cioè condizionati


storicamente dalle eredità di lungo periodo associate alle principali civiltà.

28
Civiltà = cultura in senso lato, definita sia da elementi oggettivi comuni (storia, lingua,
religione…) che dal processo soggettivo di auto identificazione del popolo. Tra questi
elementi, H. ritiene che l’elemento centrale per definire una civiltà sia la religione.
● Esistono profonde differenze culturali tra i valori politici fondamentali delle società che
condividono la comune eredità cristiana (in particolare quelle riguardanti la democrazia
rappresentativa), e le convinzioni diffuse nel resto del mondo, in particolare nelle società
islamiche. La caratteristica della civiltà occidentale sta nei valori associati alla democrazia
rappresentativa. A prova di questo egli fa riferimento alle libere elezioni che NON sono
riuscite a radicarsi nei paesi islamici. Infatti, secondo lo studio annuale di Freedom House
del 2002, dei 47 paesi a maggioranza islamica, SOLO 11 hanno libere elezioni, e nessuno di
questi si trova in Medio Oriente o Nordafrica.
● Infine H. sostiene che queste profonde e consolidate diversità di valori politici, che derivano
dall’influenza di diverse culture religiose, porteranno a conflitti tra gli stati nazionali e al
loro interno, e che a livello globale il conflitto etnico-religioso sarà all’origine di seri
problemi politici. L’interpretazione maggioritaria afferma che tale conflitto si svolgerà tra
Occidente e Islam.

Molti specialisti e studiosi hanno criticato questa tesi. In primis si critica l’idea che esista un’unica
cultura islamica omogenea, così come una sola cultura della cristianità occidentale. Tale credenza
semplifica eccessivamente le grandi differenze che ci sono anche tra società postindustriali ricche e
all’apparenza simili.

Accettando comunque l’idea dell’esistenza di una “cultura islamica”, molti studiosi hanno sostenuto
che i valori e le dottrine del Corano NON sono affatto incompatibili con la democrazia.

Edward Said ha condannato la tesi di Huntington, accusandolo di voler far rinascere le dicotomie
globali tra “noi” e “loro”. Si sottolinea come gli attacchi terroristici islamici siano opera di limitati
gruppi, i quali non possono rappresentare la totalità dei musulmani. Le spiegazioni alternative al
fondamentalismo e al radicalismo islamico fanno anche notare che le cause profonde stanno nelle
gravi disuguaglianze tra ricchi e poveri presenti nelle società islamiche, mantenute dalla
concentrazione del potere politico che caratterizza i paesi mediorientali. Le teorie marxiste e
strutturaliste sostengono che le cause dello scontento alla base del radicalismo stanno
nell’andamento disuguale della modernizzazione a livello globale, e nell’esistenza di profonde
disuguaglianze interne alle società islamiche. La linea di frattura principale potrebbe essere quella
che vede da un lato la classe media e dall’altro gli strati di giovani disoccupati, poveri e poco
istruiti, i quali possono diventare reclute dei gruppi fondamentalisti.

Ci sono anche teorie alternative riguardanti le differenze culturali tra Islam e Occidente. Inglehart
ipotizza che lo sviluppo umano cambi gli atteggiamenti culturali di praticamente tutte le società, ma
i valori riflettono anche l’impronta delle eredità religiose e dell’esperienza storica di ciascuna di
esse. la modernizzazione determina mutamenti sistematici e prevedibili dei ruoli di genere, e
l’effetto della modernizzazione si articola in due fasi:

1. L’industrializzazione spinge le donne nella forza lavoro e riduce drasticamente i tassi di


fecondità; le donne iniziano a partecipare al governo rappresentativo;
29
2. Con la fase postindustriale c’è un salto verso una maggiore uguaglianza di genere: le donne
accedono a occupazioni più prestigiose. Oltre la metà del mondo non è ancora entrata in
questa fase.

Le due fasi corrispondono alle due grandi dimensioni di variazione delle culture : il passaggio dai
valori tradizionali a quelli secolari-razionali e quello dalla sopravvivenza ai valori espressivi. Se si
applica questa teoria viene da ipotizzare che una delle differenze più grandi tra il mondo islamico e
quello occidentale potrebbe consistere nell’atteggiamento verso l’emancipazione femminile e la
liberazione sessuale, e NON nei valori democratici attorno ai quali è costruita la teoria di H.

Classificazione e misure

H. sostiene che in Occidente i valori politici democratici siano nati con:

- La separazione tra stato e chiesa.


- Lo sviluppo di istituzioni parlamentari rappresentative.
- L’espansione del suffragio universale e dei diritti civili.

Dunque la sua ipotesi è che, nonostante la nascita recente e il consolidarsi in molte parti del mondo
delle nuove democrazie della terza ondata, nelle società occidentali i valori democratici sono
radicati in modo più profondo e condiviso. Se questo è vero dovrebbe risultare evidente che lo
scontro culturale più forte a livello di valori politici è quello tra Occidente e Islam.

Di contro la versione di Inglehart della teoria della modernizzazione fa pensare che nei paesi ricchi
postindustriali sia molto importante il consenso crescente verso l’emancipazione femminile e la
liberazione sessuale, MENTRE nelle società in via di sviluppo continuano a prevalere gli
atteggiamenti tradizionali. Dunque a partire da questa interpretazione sottoponiamo a controllo
empirico anche la proposizione opposta alla precedente, secondo cui le divisioni profonde tra Islam
e Occidente ruotano molto più attorno ai valori sociali che a quelli politici, e in particolare ai temi
della liberazione sessuale e dell’uguaglianza di genere.

● Tessler, esaminando l’orientamento nei confronti della democrazia in 4 stati arabi, ha


riscontrato che il sostegno all’Islam politico non è associato a un atteggiamento contrario
alla democrazia.
● Rose, in uno studio sugli atteggiamenti della popolazione del Kirgikistan e Kazakistan
riscontra come neanche li l’essere musulmano renda una persona meno incline a rifiutare la
democrazia e appoggiare una dittatura.

La classificazione delle religioni culturali

Secondo H. è possibile individuare nove civiltà principali, definite soprattutto in base alla cultura
religiosa predominante in ciascuna:
- cristianità occidentale,
- musulmana,
- ortodossa,
- latino-americana,

30
- sinico-confuciana,
- giapponese,
- indù,
- buddista,
- africana sub sahariana.

H. considera gli stati e le società nazionali come agenti delle civiltà, dunque per controllare
empiricamente queste proposizioni abbiamo classificato le società in queste categorie:

I modelli misurano quindi l’effetto di vivere in ciascuno di questi tipi di società rispetto a vivere in
Occidente. Le regressioni multivariate studiano l’effetto della cultura religiosa di ogni società
tenendo sotto controllo i livelli di sviluppo umano e politico, in modo da eliminare l’effetto delle
variabili intervenienti. La teoria della modernizzazione sostiene che questa determina in modo
sistematico, e quindi prevedibile, determinati mutamenti dei valori culturali, come il declino della
fiducia nelle tradizionali autorità religiose e la crescita della domanda di partecipazione sociale e di
impegno civico.

Misurare i valori politici e sociali

La nostra analisi si occupa dell’atteggiamento degli individui verso tre tipi di valori politici e
sociali:

1. Il giudizio sugli ideali democratici e sulle prestazioni reali della democrazia.


2. L’atteggiamento nei confronti della leadership politica.
3. Il sostegno all’uguaglianza di genere e alla libertà sessuale.

Bisogna però fare una distinzione importante tra giudizio


sugli ideali democratici e la valutazione dell’effettiva
performance della democrazia. I dati delle WVS fanno
pensare che i cittadini di molti paesi sostengono
energicamente i principi della democrazia in generale, MA
contemporaneamente siano molto insoddisfatti di come i
governi democratici agiscono in pratica. Due degli
strumenti importanti nella tabella rilevano: il giudizio sul

31
ruolo dei leader religiosi nella vita pubblica. Entrambi non menzionano la democrazia per non
imboccare la risposta agli intervistati; in linea di principio infatti non è incoerente credere sia in un
ruolo importante delle autorità spirituali sia nella democrazia (es. partiti democristiani tedeschi).

La nostra ipotesi è che il mutamento sociale del valore attribuito alla sessualità e all’emancipazione
delle donne, così importante per la generazione più giovane delle società postindustriali, potrebbe
essere all’origine dello scontro culturale tra società moderne e tradizionali in generale, e in
particolare tra Islam e Occidente. Da questo punto di vista Huntington potrebbe avere ragione nel
sottolineare l’importanza dei valori delle diverse civiltà, ma potrebbe avere torto nel diagnosticare
le cause delle differenze culturali. Per verificare questa proposizione possiamo studiare
l’atteggiamento verso l’uguaglianza di genere usando una
scala standardizzata, e tre scale a 100 punti che misurano
l’approvazione o disapprovazione di tre aspetti del
mutamento dei costumi sessuali, cioè l‘omosessualità,
l’aborto e il divorzio.

Atteggiamenti verso la democrazia

La tabella mostra come la tesi di Huntington sia errata:


per quanto riguarda il giudizio sulla performance della
democrazia, il sostegno agli ideali democratici e il
consenso a una leadership forte non ci sono differenze
significative tra abitanti dell’Occidente e abitanti dei
paesi a cultura religiosa musulmana. Si può anche
osservare che le popolazioni musulmane mostrano un consenso maggiore di quelle occidentali
verso un ruolo sociale forte delle autorità religiose. Questa preferenza per le autorità religiose non
rimanda a una divisione culturale tra Occidente e Islam, bensì a un divario generale tra Occidente e
vari tipi di società meno secolari.

I paesi dove è più alto il consenso verso gli ideali democratici sono i paesi scandinavi, mentre
sembra più basso in alcuni paesi dell’Europa meridionale. Ma in generale gli atteggiamenti verso i
principi e la performance della democrazia sono distribuiti in modo poco differenziato sulle diverse
culture religiose. Il consenso verso i leader religiosi è molto basso in diverse società secolari
scandinave ed europee occidentali, ma anche in diverse società dell’Europa orientale; gli USA si
distinguono con un consenso ai leader
religiosi superiore alla media degli altri
stati occidentali. In confronto i paesi ai
occidentali, molti paesi islamici
esprimono un consenso maggiore per il
principio di autorità religiosa.

Nel caso della tesi della


modernizzazione, che ricollega la
differenza maggiore tra Occidente e
Islam ai valori sociali come
32
l’uguaglianza di genere e la liberazione sessuale, l’analisi di questi valori (pag. 214) conferma la
diversità. Su questi temi il divario è sempre più forte e significativo di quanto non sia nel caso di
valori politici. Inoltre il divario tra Occidente e Islam di solito è inferiore nella generazione più
anziana, ma con il tempo aumenta per tutti gli indicatori: nei paesi occidentali le generazioni più
giovani diventano quindi progressivamente più liberali e ugualitarie, mentre nei paesi islamici
rimangono tradizionaliste come genitori e nonni.

Conclusioni e discussione

Sintetizziamo il nucleo della tesi di H., il quale si può dividere in tre argomenti: i valori socialmente
diffusi nelle società contemporanee sono radicati nelle culture religiose; la divisione culturale più
importante tra il mondo occidentale e quello islamico sta nel diverso valore alla dato alla
democrazia; nell’era post guerra fredda questo scontro tra culture è fonte di molti conflitti
internazionali e interni.

L’evidenza comparativa presentata in questo capitolo può essere riassunta in 4 punti:

1. Per quanto riguarda i valori politici (democratici) NON si vede scontro di valori alcuno: tra
il mondo musulmano e l’Occidente la differenza e minima;
2. Lo scontro sulla democrazia divide più gli stati postcomunisti dell’Europa orientale (Rusia,
Ucraina, Moldavia…) dove il consenso verso la democrazia è molto basso, dagli altri paesi
sia islamici sia occidentali, dove è più alto. Questa situazione potrebbe essere spiegata a
partire dalla guerra fredda, ma NON come rinascita di un conflitto etnico radicato nei valori
della chiesa ortodossa;
3. Nelle società musulmane c’è un consenso più forte di quello in Occidente nei confronti delle
autorità religiose.
4. Una linea di frattura culturale esiste, anche se H. l’ha sottostimata: essa riguarda il valore
socialmente attribuito all’emancipazione della donna e alla libertà sessuale; da questo punto
di vista l’Occidente è molto più egualitario e liberale di tutte le altre società, specialmente
quella musulmana. Inoltre l’analisi per coorte fa pensare che questo divario sia in costante
aumento, nella misura in cui le giovani generazioni occidentali diventano gradualmente più
liberali nei loro costumi sessuali, mentre i loro coetanei delle società musulmane rimangono
molto tradizionalisti.

L’interpretazione di H. è eccessivamente semplicistica e deve pertanto essere respinta.

PARTE TERZA: LE CONSEGUENZE DELLA SECOLARIZZAZIONE

CAPITOLO VII 🡪 RELIGIONE, ETICA PROTESTANTE E


VALORI MORALI

33
Che conseguenze ha la secolarizzazione? Questo capitolo studia l’effetto della religione
sull’atteggiamento nei confronti del lavoro e dell’economia in generale, prendendo le mosse da un
classico della sociologia della religione, la tesi di Max Weber.

L’etica protestante e lo spirito del capitalismo: la tesi

L’argomento di Weber sulle origini del capitalismo prende le mosse da una domanda: perchè la
rivoluzione industriale, la modernizzazione economica e il capitalismo borghese hanno avuto
origine proprio in Occidente (e in particolare nelle società protestanti)? Secondo Weber quello che
mancava altrove era un ethos che caratterizza la cultura occidentale: lo spirito del capitalismo
occidentale è nato proprio dai valori della riforma protestante e della dottrina calvinista. Secondo
questa dottrina il lavoro è visto come un dovere morale, da perseguire come fine in sé. I valori
protestanti esaltano l’autodisciplina, il duro lavoro, il reinvestimento ecc ecc, comportamenti che
hanno creato le condizioni culturali perché in Occidente nascesse il capitalismo. Ovviamente Weber
non intende dire che il ceto di imprenditori, mercanti ecc. fosse la parte più asceta e religiosa della
popolazione, anzi essi erano spesso indifferenti alla chiesa. Se si vuole verificare la tesi di Weber
bisogna farlo a livello macro, NON micro.

La tesi di Weber andò incontro a numerose critiche: critiche su dettagli storici (anche nell’Europa
tardomedievale iniziavano a esserci manifestazioni di comportamenti di tipo capitalistico), critiche
di economisti, che si chiedono se la religione determina atteggiamenti culturali che favoriscono lo
sviluppo e la crescita economica, critiche di sociologi della politica. SE l’ipotesi di Weber è
corretta, ipotizziamo che la cultura del protestantesimo abbia lasciato un’eredità di valori duratura e
visibile ancora oggi. Ci concentreremo dunque sulla tesi centrale di Weber: in confronto alle società
in cui predominano altre culture religiose, nelle società protestanti le persone hanno una più forte
etica del lavoro e sono più favorevoli al capitalismo moderno, nel senso che ritengono il lavoro un
dovere etico e preferiscono il mercato allo stato. Inoltre Weber sostiene che un aspetto importante
del protestantesimo è l’insegnamento e la trasmissione di principi etici ad ampio raggio.

Il nostro studio si svolge a livello macro, classificando le società a seconda della cultura religiosa
predominante. Per prima cosa guardiamo alla distribuzione media degli atteggiamenti a seconda
della cultura religiosa, poi usiamo modelli multivariati per tenere sotto controllo i fattori che
abbiamo visto essere strettamente collegati con il valore della religione e delle attività religiose.
Secondo Iglehart invece oggi la nascita dell’epoca postmaterialista va nel senso opposto all’etica
protestante, e oggi l’equivalente funzionale dell’etica protestante è più forte in Asia orientale, e sta
scomparendo nell’Europa protestante. Se questo fosse vero l’etica protestante deve essere intesa
come un insieme di valori più diffusi in una società in cui c’è scarsità.

L’etica del lavoro

Secondo questi studi il migliore modo per misurare gli atteggiamenti verso il lavoro è
multidimensionale, Weber infatti ipotizza che l’etica protestante comprenda diversi valori personali
favorevoli al capitalismo. Le domande scelte dalla WVS per studiare i valori connessi al lavoro
possono essere suddivise in tre dimensioni principali, esse si le riferiscono:

34
1. Ai benefici intrinseci del lavoro.
2. Alle ricompense materiali al lavoro
3. Al lavoro come dovere.

I dati riportati consentono di capire se le società protestanti sono diverse dalle altre culture religiose
per l’importanza attribuita alle ricompense intrinseche e materiali del lavoro.

Diversamente dall’ipotesi weberiana, rispetto alle altre culture religiose, coloro che vivono in
società protestanti mostrano l’etica del lavoro più debole. Le differenze tra culture religiose sono
costanti in tutte le scale, anche se non molto forti: l’eccezione è la cultura musulmana, dove c’è
l’etica del lavoro più forte. Oggi le economie postindustriali hanno l’etica del lavoro più debole
perché si dà più importanza al tempo libero, al riposo. MA nei paesi poveri in via di sviluppo gli
individui danno la massima importanza al valore del lavoro. La differenza tra società ricche e
povere è più forte nella valutazione del lavoro rispetto alla cultura religiosa.

Se ci limitiamo a confrontare le società cattoliche e protestanti viene fuori qualche piccola


differenza nelle singole variabili comprese nelle scale (es cattolici danno maggiore peso alla
retribuzione e alle vacanze), MA in generale il punteggio complessivo sulla scala di etica del lavoro
delle società protestanti è leggermente inferiore a quello delle culture cattoliche, e NON superiore
come invece ipotizza la tesi weberiana nella sua formulazione originale. Potrebbe però trattarsi di
risultati spuri: qualche altra caratteristica delle società protestanti potrebbe causare questo
andamento (es livelli d’istruzione superiori, età media maggiore…). I risultati confermano la
significatività degli andamenti osservati, che si mantengono anche tenendo sotto controllo il livello
di sviluppo umano e politico e le caratteristiche sociali dei rispondenti. In generale l’etica del lavoro
è indebolita dal livello di sviluppo umano, del reddito e dell’istruzione degli individui, come ipotesi.
Tutte le altre culture religiose sembrano significativamente più orientate verso il lavoro di quanto
non lo siano le società protestanti.

Le società che danno più peso al valore intrinseco del


lavoro danno anche più importanza ai compensi materiali.
Le società protestanti sono sparse, ma per la maggior
parte sono i paesi con valori bassi su entrambe le scale).
La nostra conclusione mostra in quale misura gli
intervistati credono che il lavoro sia un dovere nei
confronti della società e che esso debba avere la priorità
rispetto al tempo libero. I risultati confermano che molte
società protestanti ricche esprimono un minor consenso
verso questi valori. L’omogeneità di questo andamento
rende più fiduciosi nell’interpretazione i risultati, che si
possono ritenere robusti e indipendenti dal particolare
indicatore prescelto per l’analisi. Questi risultati hanno senza dubbio dei limiti: dati di sondaggio
contemporanei non possono dirci come si sono strutturati questi atteggiamenti culturali nei secoli
passati.

35
L’analisi condotta da Weber potrebbe essere corretta per l’epoca in cui a suo parere l’ethos
protestante ha alimentato lo spirito capitalista. Ma sembra chiaro che OGGI le società protestanti
contemporanee danno un valore relativamente basso alle virtù del lavoro.

L’atteggiamento nei confronti del capitalismo

Secondo lo studio di Guiso, Sapienza e Zingales, la religiosità è associata alla fiducia personale, che
secondo la teoria del capitale sociale agevola un libero mercato efficiente e migliori istituzioni di
governo. Logicamente la catena causale è questa: un fattore culturale influisce su determinati valori
e convinzioni, e questi a loro volta influiscono sulle decisioni e quindi sui risultati delle attività
economiche. I valori connessi al consenso nei confronti del capitalismo sono studiati in questo
capitolo attraverso domande riguardanti:

1. La priorità da dare al mantenimento di incentivi economici individuali, piuttosto che al


conseguimento di una maggiore uguaglianza di redditi;
2. Se gli individui debbano essere responsabili di se stessi, o se lo stato debba pensare a tutti;
3. Se la concorrenza è giudicata utile o dannosa;
4. La preferenza per lo stato e per il mercato dal punto di vista delle proprietà delle attività
economiche.

Se ci limitiamo a confrontare società protestanti e cattoliche, vediamo che l’orientamento dei


protestanti è leggermente più filocapitalista in ¾ indicatori. Dunque questo conferma la tesi
weberiana. TUTTAVIA, SE si allarga la comparazione a tutte le culture religiose, l’andamento è
meno chiaro. In confronto a tutte le altre culture religiose, gli individui che vivono in società
protestanti sono quelli meno d’accordo con l’idea che le
persone debbano badare a sé, anziché dipendere da uno stato
che garantisce a ciascuno ciò di cui ha bisogno. Si tratta di
una risposta coerente con la forza dello stato sociale e il
welfare. Le società protestanti hanno anche un atteggiamento
più positivo della media verso la concorrenza e sono più
favorevoli alla proprietà privata. L’andamento complessivo
rimane confuso, e la tesi secondo la quale oggi coloro che
vivono nelle società protestanti sono più convinti del valore
di un’economia a libero mercato e più critici del ruolo dello
stato NON si riesce a verificare empiricamente in modo
soddisfacente.

Principi etici

La tesi weberiana potrebbe essere comunque valida per le società protestanti contemporanee SE si
dimostrasse che in esse sono più vitali quei particolari principi etici che ungono le ruote del
capitalismo. È vero che le culture religiose hanno un ruolo decisivo nella definizione di principi
etici che favoriscano la fiducia negli affari, gli investimenti e il rispetto dei contratti? La WVS
contiene quattro domande create per verificare gli atteggiamenti etici dei rispondenti, per esempio
quanto credono che determinate azioni siano più o meno giustificate. Alcune di queste azioni sono:

36
rivendicare servizi statali senza averne il diritto, non pagare il biglietto sui mezzi di trasporto
pubblici; evadere le tasse e accettare un compenso illecito nel proprio lavoro.

Questi principi etici sono in generale approvati, MA le società protestanti hanno un livello etico
solo modesto su tutte le quattro scale: sono di solito più etiche delle società cattoliche MA meno
rispetto alle culture religiose orientali, le quali sono quelle in cui c’è la più forte disapprovazione
per una condotta immorale. Dunque queste analisi NON confermano in alcun modo la tesi secondo
cui oggi le società protestanti hanno principi favorevoli alla fiducia negli affari e al buongoverno.

Valori morali sulle questioni vitali

Al fine di vedere le differenze in una prospettiva più vasta, è possibile comparare anche la
valutazione di quelle questioni di vita o di morte in cui tradizionalmente le istituzioni religiose
hanno avuto un ruolo importante, impegnando la loro autorità morale per stabilire i principi in base
ai quali affrontare temi quali l’eutanasia, il suicidio e l’aborto. Che influenze esercitano le
differenze tra le culture religiose osservate finora sugli atteggiamenti economici di fronte a questi
problemi? Il risultato dell’analisi mostra che su questi temi la variazione è più forte, sia in società
cattoliche e protestanti, sia tra le varie religioni, sia fra tipi di società. Per esempio, nelle società
ortodosse solo ¼ degli intervistati pensa che l’aborto non sia mai giustificabile. Di contro nei paesi
cattolici quasi ½ ha risposto che l’aborto non è MAI giustificato, e nei paesi musulmani si arriva
quasi a ⅔. Nelle società postindustriali ci sono dunque atteggiamenti più liberali nei confronti di
aborto. Queste differenze non si riscontrano solo relativamente ai diritti sulla riproduzione: un
andamento molto simile si ha nei confronti del suicidio e dell’eutanasia. Questo fa pensare che le
differenze tra società di diverso sviluppo e quelle tra società di diversa cultura religiosa, non
riguardano solo particolari dottrine teologiche, ma
riflettono in modo più ampio e generale l’ethos con cui
si affronta questo tipo di problemi: in generale le società
postindustriali sono significativamente più liberali.

Anche in questo caso i risultati potrebbero essere spuri,


ma i modelli multivariati confermano che l’effetto della
cultura religiosa sugli atteggiamenti morali rimane
significativo anche se si tengono sotto controllo il livello
di sviluppo e le caratteristiche sociali degli individui.

I più liberali su questi temi sono i paesi protestanti del


Nord, mentre i più tradizionalisti sono i vari paesi
musulmani e dell’America Latina.

CAPITOLO VIII – ORGANIZZAZIONI RELIGIOSE E CAPITALE


SOCIALE
La teoria del capitale sociale di Putnam

37
La teoria del capitale sociale è nata dalle intuizioni di Bourdieu e Coleman, che segnalavano l’importanza dei
legami sociali e della condivisione delle norme per il benessere della società e l’efficienza economica.
Secondo Putnam il capitale sociale sono “le relazioni tra individui, le reti sociali e le norme di reciprocità e
affidabilità che ne derivano”. Si tratta di un fenomeno tanto strutturale quanto culturale. Il nucleo della
teoria di Putnam si basa su 3 tesi:

1. Le reti orizzontali presenti nella società civile hanno conseguenze sociali importanti, sia per le
persone che ne fanno parte, sia per la società in generale. Esse infatti producono beni privati e beni
pubblici. Le reti bridging che collegano le persone creano le condizioni affinché gli individui
collaborino alla creazione di beni pubblici;
2. Dato il ruolo decisivo che le chiese hanno ricoperto nella vita civica americana, la secolarizzazione
ha contribuito al declino dell’associazionismo di comunità. Putnam ritiene che le organizzazioni
religiose abbiano avuto un ruolo decisivo per la società civile americana, infatti queste
contribuiscono alla vita civica sia direttamente, sia indirettamente. Putnam osserva che la
partecipazione religiosa delle ultime generazioni del XX secolo è calata;
3. Il capitale sociale ha effetti politici importanti. La sua teoria propone un modello a due tempi:
Rosenstone e Hansen sostengono che gli individui siano “attratti” all’attivismo politico dalle
organizzazioni di partito, dalle reti collettive come le chiese e dalle reti sociali informali. Putnam,
per quanto riguarda l’impegno politico tradizionale, documenta un’erosione che egli associa al
declino delle associazioni volontarie nel dopoguerra. TUTTAVIA, non è chiaro se il secondo
dopoguerra abbia effettivamente avuto un’analoga diminuzione dei membri delle organizzazioni
volontarie. In generale, nei paesi postindustriali degli ultimi decenni, le ricerche disponibili non
mostrano una diminuzione omogenea delle adesioni individuali ai vari tipi di associazioni. Infatti
nella maggior parte delle nazioni è diminuita la partecipazione ai sindacati, ma è cresciuto
l’attivismo nei nuovi movimenti sociali. La comparazione mostra anche che tra le diverse culture e
regioni del mondo ci sono differenze per quanto riguarda la forza e la vitalità della società civile,
differenze che possono dipendere dalla storia dei rapporti tra società civile e stato. Pertanto è vero
che nei paesi ricchi c’è stata secolarizzazione, ma la letteratura non chiarisce se questo ha
contribuito a indebolire le organizzazioni a base religiosa. E, inoltre, non è chiaro se il calo della
frequenza in chiesa abbia causato il calo dei membri delle associazioni locali e dell’impegno civico
in generale.

Comparare l’associazionismo

Per esaminare i temi in questione si è utilizzata l’evidenza empirica prendendo le mosse da una serie di
ipotesi verificabili. Secondo la teoria del capitale sociale, la partecipazione religiosa dovrebbe influire su:

1. Affiliazione a organizzazioni collegate con la chiesa;


2. Appartenenza a una serie di organizzazioni di volontariato e di associazioni locali;
3. Impegno civico in senso più generale.

L’ipotesi degli autori è che la partecipazione alle associazioni sia relativamente diffusa nelle democrazie
postindustriali (partiti, sindacati, associazioni professionali ecc sono solidamente radicati nelle classi medie e
nella società civile ). Essi si domandano se la partecipazione religiosa ha effetti diversi a seconda del tipo di
fede religiosa e di società in cui ci si trova.

Appartenenza a organizzazioni religiose

38
Si può iniziare studiando l’effetto della partecipazione religiosa sull’appartenenza ad associazioni volontarie
ecclesiali o a base religiosa. L’ipotesi è che la frequenza a funzioni religiose sia associata all’appartenenza a
vari gruppi ecclesiali. I risultati della tabella 8.1 confermano che l’appartenenza alle organizzazioni religiose
cresce con il livello di sviluppo umano e politico. Tutti i mutamenti della società civile associati alla
democratizzazione incentivano la partecipazione alle associazioni collegate con la chiesa, così come
l’appartenenza ad altri gruppi d’interesse e ai movimenti sociali. La partecipazione individuale cresce con
l’età e con il livello di reddito, mentre il genere non è significativo. Per quanto riguarda il livello di
istruzione, questo ha un effetto negativo e ciò fa pensare che le organizzazioni religiose offrano un canale
importante di impegno nella comunità a persone religiose MA poco istruite. Anche tenendo conto di tutti
questi fattori, la frequenza religiosa in chiesa, sinagoga, moschea e tempio ha un effetto significativo
sull’appartenenza a organizzazioni religiose. Questo aumento si riscontra in tutte le religioni tranne che
l’ortodossia e l’Islam.

Appartenenza a organizzazioni non religiose

La teoria di Putnam sostiene che la società civile è più densa e forte SE gli individui appartengono
contemporaneamente a diversi tipi di associazioni, di modo che la frequenza in chiesa rinforza gli altri
legami sovrapposti presenti nella comunità. Per verificare l’ipotesi secondo la quale le istituzioni religiose
sono tali da influire sull’impegno nella vita comunitaria, si può confrontare il numero medio di associazioni
non religiose a cui gli individui prendono parte. La tabella 8.2 mostra i fattori che influiscono
sull’appartenenza alle associazioni volontarie e comunitarie. Anche in questo caso il livello di sviluppo
politico è legato positivamente all’appartenenza associativa. La crescita dei diritti politici e delle libertà
civili associata al processo di democratizzazione incrementa le opportunità di partecipazione diretta nella
società civile. I risultati mostrano che la partecipazione religiosa è positivamente associata a livelli di
partecipazione più alti alle associazioni comunitarie non religiose. I membri delle chiese hanno più
probabilità di appartenere a diversi tipi di associazioni volontarie. TUTTAVIA l’andamento cambia a
seconda del tipo di fede, per esempio i protestanti presentano un’appartenenza associativa significativa
rispetto alla media, a differenza dei cattolici che hanno un numero di gruppi inferiore alla media. I risultati
mostrano che una frequenza regolare in chiesa è associata più strettamente all’appartenenza ad associazioni
che svolgono le tradizionali funzioni filantropiche delle istituzioni religiose. Di contro, la frequenza in chiesa
è legata solo debolmente ad altri tipi di associazioni civiche (es sindacati). Questo andamento conferma la
tesi della teoria del capitale sociale, secondo cui le reti sociali e di comunicazione diretta create dalla
frequenza regolare in chiesa hanno un ruolo importante nell’incentivare l’attivismo in organizzazioni
religiose, MA NON SOLO.

L’andamento dell’impegno civico in senso lato

La teoria del capitale sociale sostiene che l’appartenenza


associativa è SOLO UN aspetto di questo fenomeno e che
occorre verificare SE la frequenza in chiesa e
l’appartenenza a organizzazioni collegate con la chiesa
esercitano un’influenza su atteggiamenti sociali più
generali, come la fiducia sociale, la tolleranza, la fiducia
nel governo, l’attivismo civico e la disponibilità ad
impegnarsi nella protesta politica. La tabella 8.4 sintetizza
la relazione tra partecipazione religiosa, appartenenza a
organizzazioni religiose e gli aspetti sopra elencati.
L’andamento NON è coerente. La tabella mostra che la

39
frequenza in chiesa è associata a livelli di discussione e di interesse politico significativamente inferiori alla
media, a livelli di fiducia sociale inferiori e a partecipazione inferiore ad alcune delle forme più radicali di
protesta politica. TUTTAVIA si nota una partecipazione a discussioni politiche superiori alla media. Dunque
gli individui che appartengono a organizzazioni religiose mostrano livelli relativamente alti di atteggiamenti
e comportamenti civici. Si può affermare che diversi modi di misurare la partecipazione religiosa danno
risultati diversi. Alti tassi di frequenza in chiesa sono collegati negativamente con l’attivismo civico, MA
sono collegati positivamente con l’attivismo. Inoltre la direzione causale NON è chiara: la teoria del capitale
sostiene che gli individui imparano a impegnarsi nelle questioni sociali perché hanno interazioni dirette nelle
organizzazioni collegate alla chiesa. MA potrebbe altrettanto agire il processo causale inverso, per il quale le
persone fiduciose nella società sono quelle che tendono più facilmente a diventare attivisti civici e
appartenere a organizzazioni religiose. Si può quindi concludere affermando che l’appartenenza alle
organizzazioni religiose va effettivamente di pari passo con l’impegno nella comunità e la partecipazione
democratica, come sostiene la teoria del capitale sociale, MA che la direzione del legame causale non è
chiara. Non si è, quindi, in grado di capire se il processo di secolarizzazione abbia effettivamente indebolito
il capitale sociale e l’impegno civico.

CAPITOLO IX, I PARTITI POLITICI E IL COMPORTAMENTO


ELETTORALE
Nelle democrazie occidentali moderne i leader della chiesa continuano a prendere posizioni sulle questioni
morali e sociali, ma la loro oggi è solo una voce tra tante. Allo stesso modo la creazione del welfare state ha
trasformato la funzione della chiesa in molti aspetti della vita degli individui (come l’istruzione, la sanità…).
D’altra parte la religione continua ad avere un impatto notevole sulla politica (es crescita dei partiti islamici
radicali..). Questo capitolo studia l’effetto della secolarizzazione sul consenso verso i partiti e sul
comportamento elettorale delle popolazioni. Dati empirici mostrano che nei paesi postindustriali il
disallineamento religioso ha diluito il vincolo di lealtà che tradizionalmente legava gli elettori cattolici ai
partiti democristiani. TUTTAVIA, nelle società postindustriali la religione sembra ancora giocare un ruolo
elettorale notevole.

es. Nelle elezioni USA del 2000, la religione era il criterio più affidabile per predire chi avrebbe vinto tra
Bush e Gore.

Teorie strutturali dell’allineamento politico

Negli anni ’60 Lipset e Rokkan elaborano una teoria secondo cui, in Europa occidentale, le identità sociali
sono alla base del consenso verso i partiti politici. Secondo i due studiosi gli stati nazionali europei sono
caratterizzati da una serie di divisioni sociali di lunga durata (frattura geografica tra centro e periferia, la lotta
di classe, i confini religiosi). Si pensava che queste identità sociali fossero politicamente rilevanti per vari
motivi:

Esse corrispondevano alle divisioni ideologiche della politica di partito (dx/sx sulle tematiche dell’economia,
del ruolo della donna, sull’accentramento o meno dello Stato…). Lipset e Rokkan sostenevano che i legami
organizzativi si sono gradualmente rafforzati con il passare degli anni, con un graduale processo di
congelamento dei sistemi partitici esistenti negli anni ’20. Per es, in UK, il dibattito si basa ancora
stabilmente sulla lotta di classe sociale.

MA, perchè le linee di frattura religiose sono rimaste importanti anche nelle società industriali? In Europa
occidentale le chiese dominanti sono riuscite a creare reti organizzative che comprendevano i partiti

40
democristiani e religiosi. In USA, le chiese fondamentaliste evangeliche si sono avvicinate al partito
repubblicano. In Italia, Irlanda e Polonia, la Chiesa cattolica ha assunto posizioni conservatrici sui temi di
divorzio, aborto…

Per concludere, si può affermare che la frattura religiosa giochi un ruolo molto importante nell’ambiente
politico. Un esempio può essere quello che vede la maggior parte dei partiti religiosi dell’Europa occidentale
(Italia, Germania ovest) andare incontro a un periodo di successi elettorali senza precedenti nei due decenni
dopo la WWII. In UK invece, nel dopoguerra la frattura dominante è stata la classe sociale (conservatori
della high church inglese VS liberali della low church). La frattura religiosa sembra essere quella
fondamentale in Medio Oriente e in Asia meridionale e sudorientale.

Teorie del deallineamento partitico

A partire dalla metà degli anni’70 buona parte degli studiosi del comportamento elettorale ha osservato un
indebolimento dei legami tradizionali tra gruppi sociali e consenso verso i partiti politici. Molti studiosi
hanno trovato la ragione delle tendenze al deallineamento osservate nelle democrazie più antiche, ai vari
mutamenti che caratterizzano le società postindustriali:
● la secolarizzazione,
● il mutamento intergenerazionale dei valori,
● gli effetti della mobilità sociale e geografica,
● la crescente importanza del multiculturalismo e della problematica ambientale,
● la globalizzazione.

Per tutti questi motivi le identità basate sulla classe sociale e sull’appartenenza religiosa NON riescono più a
produrre una lealtà di partito solida e stabile. Ciò ha fatto sì che i nuovi partiti NON basati sui tradizionali
riferimenti sociali (classe e religione) abbiano ottenuto buoni risultati elettorali. Alcune conseguenze
dovrebbero essere la crescente volatilità del comportamento elettorale, voti disgiunti sui diversi livelli
elettorali, esplosioni di politica di protesta e comunque voto instabile. Ciò aumenta anche l’importanza delle
strategie di partito a breve periodo e l’importanza delle campagne elettorali.

Il deallineamento politico: evidenza empirica

MA la secolarizzazione ha davvero fatto venir meno il sostegno ai partiti religiosi in tutte le società
postindustriali? Per rispondere analizziamo i dati del Comparative Study of Electoral System, i cui risultati
mostrano che la religione è tuttora associata alla scelta di voto in modo più forte e sistematico di qualsiasi
altro indicatore di status socioeconomico (istruzione, reddito, classe sociale…). Nel caso analizzato quasi ¾
dei più devoti hanno votato per un partito di destra.

Orientamento sx/dx e religione.

I dati della ricerca Cses riguardano 32 nazioni, tra cui democrazie vecchie e nuove, in società industriali e
postindustriali. Classificare i partiti come di dx o di sx è relativamente semplice nelle democrazie
consolidate, MA diventa molto più difficile quando proviamo a classificare i numerosi partiti delle nuove
democrazie e di quelle in corso di consolidamento.

Basandoci su come gli intervistati collocano se stessi su una


scala ideologia dx-sx vediamo come nella maggior parte delle
società vi sono bassi tassi di mancata risposta. I risultati
descrittivi mostrano che la partecipazione religiosa è associata
all’autocollocazione politica a dx: la religiosità produce un
41
divario di 12 punti percentuali. Il livello di religiosità personale riportato dagli intervistati ha un andamento
simile. Questo divario è sistematico in tutti i tipi di società, ma è più forte in quelle postindustriali. Solo un
terzo di coloro che dichiarano di non appartenere ad alcuna fede si colloca nella metà destra dello spettro
ideologico, mentre ⅔ si sono collocati a sinistra. Questo andamento è più forte nelle società postindustriali, e
non si riscontra nei paesi agricoli.

Sembra probabile che determinate caratteristiche sociali associate alla religiosità, come l’età, siano associate
anche a un maggiore orientamento verso destra. I risultati (pag. 286) mostrano che nelle società
postindustriali e industriali la partecipazione religiosa continua ad
essere predittore significativo e positivo dell’orientamento a destra,
anche se si controlla per il livello di sviluppo umano e democratico e
per i fattori sociali tradizionalmente associati agli orientamenti
ideologici (genere, età, istruzione, reddito, classe sociale). In queste
società l’effetto della partecipazione religiosa è il miglior predittore di
una posizione ideologica di destra. Nelle società agricole la
partecipazione religiosa è associata negativamente a
un’autocollocazione a destra: l’andamento che si riscontra
sistematicamente nelle società industriali e postindustriali NON vale
per le società agricole.

A pag. 288 sono mostrate le correlazioni bivariate semplici tra valore


della religione e orientamento a destra, per ciascun paese e ciascun
periodo. In primo luogo, la significatività delle correlazioni dimostra
la sistematicità della relazione: coloro che credono che la religione sia
importante per la loro vita sono più orientati a destra in quasi tutti i
paesi, indipendentemente dal periodo considerato. La religione
continua a essere un predittore relativamente buono delle posizioni
ideologiche di un individuo, ma si trovano segni che con il passare del
tempo la relazione si indebolisce, come sostiene la tesi del
deallineamento. (Gli USA sono tra i pochi casi analizzati a pagina
290 dove invece la relazione si è rafforzata). Anche nelle società
industriali troviamo un andamento simile. Da ultimo, le ricerche in
società agricole, i cui dati non sono molti, mostrano che nel tempo i
legami tra valore della religione e orientamento a destra sono
cresciuti. Dunque qui la religione non è venuta assolutamente meno come fattore determinante delle
posizioni ideologiche degli individui. Questo è particolarmente vero anche per paesi come Spagna, Italia e
Irlanda. Tuttavia negli ultimi 20 anni questa relazione si è indebolita nella maggior parte dei paesi
industrializzati e postindustriali; questa perdita della funzione di stimolo ideologico della religione NON ha
luogo però nelle società agricole.

Il consenso elettorale verso i partiti religiosi

Alla luce di questi fatti, come si presenta in assoluto il consenso verso i partiti religiosi? È possibile mettere a
confronto la forza elettorale dei partiti religiosi nel dopoguerra, misurandola con la quota di voti che hanno
ricevuto nelle elezioni politiche di 16 società postindustriali dal 1945 al 1994. I risultati mostrano le
tendenze: nell’ultimo mezzo secolo il consenso verso i partiti religiosi è diminuito soprattutto nell’Europa
cattolica.

42
Conclusioni

In fasi storiche precedenti, l’identità religiosa di un individuo influiva sul suo orientamento rispetto ai partiti
politici e alle loro posizioni ideologiche nello spettro politico. Negli ultimi decenni però nelle società
industriali avanzate la secolarizzazione ha progressivamente indebolito le identità religiose: per questo la
nostra ipotesi è che oggi l’effetto delle differenze confessionali pesi meno nella politica di partito e nelle
elezioni. Di conseguenza i partiti che un tempo avevano forti legami organizzativi con la Chiesa cattolica,
sono diventati più secolari nei toni delle campagne elettorali. L’andamento documentato in questo capitolo è
generalmente coerente con queste ipotesi: nei paesi postindustriali il valore della religione continua a essere
associato al senso di appartenenza alla destra politica. Questo divario basato sulla religione rimane
significativo anche dopo aver utilizzato la nostra consueta serie di controlli sociali e individuali. Esso è
presente sistematicamente in molte società tra loro diverse, il che fa pensare che negli orientamenti ideologici
degli individui sia presente una struttura tendenzialmente universale. D’altra parte il rapporto tra religiosità e
orientamento politico a destra negli ultimi anni sembra essersi indebolito, nella maggior parte dei paesi
industriali e postindustriali. Si potrebbe dire che il test decisivo è quello dei voti effettivamente espressi nelle
elezioni nazionali: negli ultimi 50 anni il consenso verso i partiti religiosi è calato in quasi tutti i paesi
postindustriali.

La secolarizzazione è un processo che nei paesi protestanti è partito molto prima che fossero disponibili dati
per i sondaggi. Negli ultimi 50 anni il processo di secolarizzazione è stato più forte nell’Europa cattolica, per
cui in questi paesi ci si sta avvicinando al basso livello di religiosità dell’Europa settentrionale, anche se non
lo si è ancora raggiunto. Non c’è evidenza di declino della religiosità, o del ruolo della religione in politica.
Si tratta di fenomeni tipici delle società industriali e postindustriali.

CAPITOLO X – CONCLUSIONI
Nelle scienze sociali la teoria della secolarizzazione ha una storia lunga: molti pensatori hanno sostenuto che
nelle società occidentali la religiosità fosse in declino. Verso la metà degli anni ’60 la tesi generale secondo
cui la religione era in via di estinzione è stata considerata debole dal punto di vista empirico.

Questo capitolo riprende e chiarisce il nucleo della nostra teoria della secolarizzazione. Le società più povere
rimangono religiose come nei secoli precedenti, mentre nei paesi ricchi, il processo di secolarizzazione è in
corso a partire almeno da metà del XX sec. Il risultato congiunto di queste tendenze è che le società ricche
stanno diventando più secolari ma il mondo in complesso sta diventando più religioso (a causa della crisi
demografica dei paesi ricchi).

La teoria della secolarizzazione come sicurezza esistenziale

La teoria di Norris e Inglehart è una teoria che vede la secolarizzazione come sicurezza esistenziale e questa
si fonda su due assiomi:

1. Assioma della sicurezza.


Si parte dall’idea che a livello globale le società siano molto diverse per livello di sviluppo
economico e umano e per uguaglianza socioeconomica. Quindi le popolazioni più vulnerabili, che si
trovano davanti a rischi cronici, sono più attaccate alla religione.
2. Assioma delle tradizioni culturali.
Assunzione che le convinzioni, i valori e i comportamenti culturalmente connotati e diffusi in ogni
società siano radicati nella sua storia e nelle sue tradizioni culturali di lungo periodo. Queste

43
differenze religiose e culturali fanno sì che dobbiamo essere cauti quando facciamo generalizzazioni
estese a molti paesi.
TUTTAVIA, i sondaggi internazionali sono in grado di mettere a confronto determinati elementi di
fondo comuni a tutte le religioni, quali il valore attribuito alla religione…

Le ipotesi

Da queste premesse derivano una serie di ipotesi, controllate empiricamente nel corso del libro.

● Ipotesi del valore della religione


La prima ipotesi sostiene che le condizioni in cui gli individui si trovano a vivere nei loro anni di
formazione hanno un impatto profondo sui loro valori culturali. In una società in cui la
sopravvivenza è incerta, l’importanza soggettiva della religione sarà maggiore rispetto ad una
società in cui esistono condizioni di sicurezza.
Ipotesi è che quando le società superano le prime fasi di industrializzazione → orientamenti tendono
a diventare più secolari.

● Ipotesi delle culture religiose


La teoria degli autori ipotizza che anche se la crescita dei livelli di sicurezza esistenziale incentiva la
secolarizzazione, il mutamento culturale è path-dependent, ossia segue percorsi storicamente
determinati: la tradizione religiosa storicamente predominante in una data società tende ad avere un
impatto durevole sulla fede religiosa e sulle norme sociali in generale.
Si è presa in analisi la tesi di Weber, secondo cui l’etica protestante avrebbe degli effetti sulla
percezione del lavoro, che però è stata empiricamente smentita. Si è notato invece come essa vada a
influire sulle questioni morali (aborto, divozio…).
Un’altra tesi influente è quella di Huntington, secondo la quale una differenza tra mondo
musulmano e occidentale è il diverso valore della democrazia politica. Tuttavia, confrontando gli
atteggiamenti politici tra mondo islamico e occidentale non sono stati trovati scontri di valori. È
chiaro che le culture religiose abbiano un impatto notevole sul modo in cui gli individui si pongono
di fronte all’uguaglianza di genere e alla liberazione sessuale. Da
questo punto di vista l’occidente è più egualitario e liberale di tutte
le altre società.

● Ipotesi della partecipazione religiosa


L’ipotesi è che il valore attribuito alla religione e la fede abbiano una
forte influenza sulle varie forme che assume l’attività religiosa,
come la frequenza alle funzioni di culto o la pratica di preghiera e
meditazione. La fig. 10.1 confronta la frequenza media alle funzioni
religiose con il valore della religione in ciascuna società: nella
maggior parte dei paesi il valore attribuito alla religione sembra
avere un effetto forte sulla partecipazione religiosa. Il livello di
presenza in chiesa particolarmente alto negli Stati Uniti può essere
spiegato in base al valore della religione e alla forza della fede che li
caratterizza.
In generale si può affermare che la forza della fede religiosa
consente di prevedere con una certa precisione il livello di
2
partecipazione religiosa di un paese (𝑅 = 0,476).

44
Non si riesce però a spiegare il perché questi indicatori di religiosità siano così alti negli Stati Uniti.
Le possibili spiegazioni sono: gli Stati Uniti sono stati fondati da rifugiati per motivi religiosi; gli
Stati Uniti hanno una rete di sicurezza sociale meno estesa rispetto ad altri paesi (quindi alcuni strati
della popolazione si sentono vulnerabili); è possibile che gli immigrati di prima/seconda
generazione portino con sé una religiosità relativamente forte.

● Ipotesi dell’impegno civico


Si è anche ipotizzato che un maggior impegno nelle attività religiose possa incentivare l’attivismo
politico e sociale, e quindi il capitale sociale e l’impegno civico. La teoria del capitale sociale
sostiene che le reti sociali incentivano la produzione di beni pubblici e privati. Questa teoria ha
confermato che nella maggior parte dei paesi la partecipazione religiosa è associata positivamente
con l’appartenenza a organizzazioni religiose o religiosamente connotate. Inoltre l’appartenenza a
organizzazioni religiose è significativamente associata ad una serie di indicatori di impegno civico.
Resta comunque difficile capire la direzione causale di questa relazione. In ogni caso, l’effetto del
declino della frequenza in chiesa sull’impegno civico sembra essere stato compensato dallo sviluppo
di nuovi movimenti sociali.

● Ipotesi dei mercati della religione


La teoria dei mercati della religione dà un ruolo decisivo all’offerta: la partecipazione religiosa
cresce in presenza di un maggior pluralismo religioso e di un’inferiore regolazione statale delle
istituzioni religiose. TUTTAVIA NON è stata trovata nessuna conferma empirica delle tesi secondo
cui il pluralismo religioso e la regolazione statale sono molto importanti, ANZI risulta il contrario.
Le culture religiose più omogenee e le società con maggiore regolazione pubblica della religione
presentano maggior partecipazione religiosa e più forte fede in Dio.

● Ipotesi demografica
La secolarizzazione e lo sviluppo umano hanno avuto una conseguenza paradossale, collegata al
declino dei tassi di fecondità che ha dato luogo ai mutamenti demografici che oggi impediscono alla
secolarizzazione di estendersi a tutto il mondo. Le 73 società presenti nei dati della Wvs 1981-2001
sono state classificate in 3 categorie: le più secolari, le moderatamente secolari e le più religiose. Il
tasso di fecondità corrisponde al numero medio di figli nati alle donne in età fertile: negli ultimi 30
anni la fecondità delle donne è diminuita in tutti
e tre i tipi di società. Gli indicatori di aspettativa
di vita e mortalità infantile e i tassi di
sopravvivenza in età avanzata mostrano tutti
quanto siano diverse le opportunità di vita nelle
società secolari e in quelle religiose. Nelle
società tradizionali la vita è insicura e breve.
Tuttavia ciò incentiva le persone a produrre un
gran numero di figli e disincentivano qualsiasi
comportamento che vada contro il concetto di
famiglia (es. divorzio). Le società ricche e
secolari, invece, producono meno individui, ma
investono più in ciascun membro. La fig. mostra
che le società in cui la religione è ritenuta più
importante sono anche quelle che negli ultimi 30
anni hanno avuto la maggiore crescita della
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popolazione, mentre le società secolari hanno tassi di crescita demografica bassi. NONOSTANTE il
fatto che la popolazione di quasi tutte le società industriali avanzate si è spostata verso orientamenti
più secolari, il mondo NEL SUO COMPLESSO è oggi abitato da PIÙ persone religiose.

Le sfide aperte

Infine si può dire che noi non siamo in grado di misurare direttamente se in queste società ci sia
secolarizzazione o una rinascita della religione. È chiaro da questo libro che gli Stati Uniti sono
eccezionalmente religiosi rispetto al loro livello di sviluppo, ma non è ancora chiaro perché. Questo libro ha
mostrato come, con la crescita dei livelli di sicurezza esistenziale, negli ultimi 50 anni la popolazione di
praticamente tutte le società industriali si è spostata verso orientamenti più secolari (ciò nonostante la quota
crescente di popolazione religiosa, a causa della crisi demografica dei paesi più sviluppati).

→ Religione rimane comunque importante in ambito politico, sociale, economico…

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