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1. Mutamenti e movimenti
Ponendo l’attenzione sul senso paradossale del diritto, parliamo di una
ricerca che affonda lo studio sulla modernità giuridica e sull’estetica del
diritto. Partendo dal diritto civile viene la riflessione sul nichilismo
giuridico ( i caratteri della modernità giuridica) il quale proviene dalla
medesima fonte, quella sulla crisi della fattispecie. Lo schema proposto
è il seguente:
da un lato c’è lo ieri, o la fattispecie e ciò che con essa è legato: cioè il
modo moderno di pensare un diritto che misura la realtà; dall’altro c’è
l’oggi che si contrappone, non più fattispecie ma il rimedio, quindi la
necessità di rintracciare di volta in volta la soluzione dell’evento pratico.
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invariante, il giurista che giudica è impegnato nello sforzo del gesto
fondativo. Appartiene al pensiero tradizionale un costante andare avanti
nella consapevolezza del passato, e delle conquiste e degli errori che
l’hanno formato, e di un ampio orizzonte nel quale il particolare si
compone con il generale. Tradizione significa costante rigenerazione,
innovazione, la tradizione non è qualcosa di passato che attiene al
passato, è qualcosa di presente che ha un passato. Come dice
Pareyson: “la tradizione contiene in se la possibilità di un continuo
rinnovamento, per sua natura non può tramandare se non rinnovando.
Secondo Grossi il diritto non è mai in crisi, piuttosto è in crisi il modo con
cui potere politico e forze politiche, con la colpevole connivenza dei
giuristi, hanno ridotto il diritto. Particolarmente illuminante è la
distinzione pareysoniana tra tradizione e rivoluzione. Quest’ultima è un
voler ricominciare dall’inizio, azzerare il pregresso, il passato e
ricominciare; ciò significa che la storia non è altro che il succedersi
lineare del tempo, dove ciò che viene dopo sostituisce ciò che è stato
prima. La tradizione è invece pensata da Pareyson non come
conservazione ma come rigenerazione, ciò significa che l’inizio non è
rimosso ma non è neanche conservato, la tradizione è quindi un
continuo recupero dell’origine che comporta una continuità nel tempo.
Concludendo la paradossalità del diritto sta qui: il problema del diritto
come realtà che si è formata; e il problema del diritto come realtà che
tenta di formarsi.
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saranno Kelsen e Dworkin a discutere dell’ateismo moderno in
direzioni che però sono opposte.
3. L’ateismo moderno
Cosa c’entra Dio con la religione?
Dio è questione di fede, la religione è qualcosa di naturale, connaturata
all’essere umano in quanto tale. Il pensiero moderno, quello che parte
dal 600, sarebbe un pensiero ateo, che non problemizza Dio, il mondo,
l’essere umano, ma ci presenta il momento della loro crisi. Il momento in
cui l’uomo afferma un umanesimo integrale, che ingloba eventualmente
Dio, intendendolo come creatura della mente, dei desideri, dei bisogni
umani. Il punto che a noi interessa è che la modernità porta in dote un
diffuso ateismo e questo in ragione dell’umanesimo che comporta. Di
qui l’idea di Fabro: l’ateismo è essenziale al moderno, perché promette
all’essere umano la praticabilità di una libertà dell’uomo per l’uomo.
Perciò l’ateismo moderno ha strettamente a che vedere col desiderio di
libertà.
6. 7. Un Dio Necessario?
Il processo di secolarizzazione che ha qualificato il moderno, non ha
cancellato il religioso ma ne ha rimodulato i termini.
La questione è se si tratti di una religione senza Dio o di un Dio senza
religione.
Sezione II
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Iconomia: il diritto e la sua rappresentazione
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Fig.2: Si rende evidente come la giustizia sia sempre rappresentata
come divinità, come qualcosa di sovrumano. Qualcuno ha il potere di
fare e agire sugli altri per delega divina.
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Fig.5: In questa figura la giustizia bendata si svela essere in realtà
cieca e inutilmente formale, cieca alle esigenze reali e resa tale da un
demone buffone.
2. Estetica giuridica
CAPITOLO IV
1. L’immagine geologica- la storicità della scienza giuridica
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Monumento romano-canonico” che ha proprio nel medioevo il suo
edificatore principale e consapevole. Per il francese, le società umane
sono qualificate da una struttura testuale, ovvero quella narrativi che fa
di esse un montaggio dis torie sociali, culturali, individuali e collettive. La
società come spazio-testo costituisce il campo do battaglia, il teatro ove
si costituisce l’identità sociale e di conseguenza senza il montaggio di
discorso in nome del quale funziona lo Stato o il Totem, nè l’uno né
l’altro esisterebbero. In quest’opera di montaggio del medioevo giunge
la scrittura di un’altra bibbia, quella occidentale, che nega validità
all’altra religione monoteistica, l’Islam, e acquisendo invece quella del
diritto romano, una struttura tolemaica che funziona per tenere insieme
la società attraverso il suo testo, quel testo nel quale Cristo non è solo
Dio rilevato ma è sovrano, imperatore universale secondo l’economia
argomento tributaria del diritto romano. Da qui parte secondo Legrande
quel processo di occidentalizzazione del reale che nel moderno ha
preso le forme della secolarizzazione, ovvero dell’oblio sul fondamento,
dell’oblio della ragione del totem, oblio che alla fine, ha reso bastevole il
Totem come unico riferimento originario e archetipo.