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Andrea Di Maio QUATTRO SENSI DI FILOSOFIA CRISTIANA: CONTRIBUTO ALLA RIDEFINIZIONE DEL PROBLEMA

1. PRIMA TESI. Sulla questione della filosofia cristiana, e in particolare alla domanda se sia filosoficamente e teologicamente possibile una filosofia caratterizzata dal cristianesimo, si adducono (da parte sia cristiana, sia non cristiana) argomenti ingenuamente favorevoli o contrari, ma alcune delle obiezioni (da parte non cristiana) mettono radicalmente in discussione la possibilit stessa per un credente di ragionare liberamente. Tuttavia, non la filosofia cristiana in s, ma la polemica che se ne fatta il risultato di un malinteso, superabile definendo meglio il problema. La questione verte sulla filosofia cristiana: con tale espressione, coniata in et patristica per indicare la novit cristiana rispetto alla tradizione ellenica nella ricerca della sapienza, si soliti esprimere leventuale caratterizzazione cristiana del pensiero 1. E ci si domanda se una tale filosofia sia realmente possibile e utile (e cio legittima tanto per la filosofia quanto per il cristianesimo). Preannunciata da alcune polemiche ottocentesche, fu soprattutto negli anni Trenta del Novecento che si sviluppata la discussione sulla legittimit di una tale filosofia cristiana. Da un punto di vista cristiano, riprendendo la diffidenza deuteropaolina per la vana filosofia secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo e lopposizione patristica fra Atene e Gerusalemme, c chi ha fatto notare la separazione tra la sfera della filosofia e quella del cristianesimo: se filosofia non cristiana e se cristiana non filosofia 2; viceversa, c chi ha insistito che la filosofia filosofia e basta. Cos Tertulliano afferma che non bene cercare se non ci che bene trovare e che la ricerca finalizzata alla fede, e che una volta trovato, non si deve cercare oltre, come

Questa distinzione cerca di sistematizzare diversi contributi alla discussione sulla filosofia cristiana. Per lo status quaestionis cf Emerich CORETH e altri (ED.), Christliche Philosophie im katholischen Denken des 19. und 20. Jahrhunderts, 3 vol., Graz - Wien - Kln, Styria 1987-1990; ed. it. a cura di Gaspare Mura e Giorgio Penzo, La filosofia cristiana nei secoli XIX e XX, 3 vol., Roma, Citt Nuova 1993-1995; in particolare i contributi introduttivi di Heinrich SCHMIDINGER (secondo ledizione italiana): Sulla storia del concetto di filosofia cristiana, vol. 1, p. 3352; La disputa sulla filosofia cristiana considerata nel proprio contesto, vol. 3, p. 49-76.
2 Cos Karl BARTH, al principio della Dogmatica Ecclesiale del 1932. In ambito protestante una certa propensione alla separazione tra filosofia e teologia dovuta anche al fatto che il libro deuterocanonico della Sapienza, con la sua importante ammissione della possibilit di un discorso analogico su Dio, non considerato canonico e pertanto ispirato.

pretendono di fare gli eretici (gnostici), ispirati dalla vana curiosit della filosofia 3. Viceversa, gli Alessandrini ammettono la possibilit di una gnosi cristiana 4. Quanto poi a una filosofia cristiana essa, cos come una certamente improponibile aritmetica cristiana 5, non sarebbe che un ferro di legno (cio una contradictio in terminis), una quadratura del cerchio (cio un tentativo vano) e insomma il risultato di un malinteso 6. Questo per lincommensurabilit di ragione e fede, la quale riterrebbe follia la ricerca della ragione e si presenterebbe essa stessa come follia a questultima. Fede e sapere non vanno daccordo nello stesso cervello: essi vi stanno come lupo e pecora nella stessa gabbia 7. In risposta alla questione va detto che tuttavia, a ben intendere, non lidea di filosofia cristiana ma la discussione critica che ne stata fatta sembra il risultato di un malinteso, che si pu superare solo definendo adeguatamente ci di cui si tratta. Per filosofia cristiana si intende in senso minimale la storia e la fenomenologia (in diacronia e sincronia) delle dottrine filosofiche elaborate dai cristiani (Philosophia Christianorum); in senso lato, filosofia della religione applicata al cristianesimo (Philosophia Christianismi, col genitivo oggettivo); in senso stretto, il complesso di intra-strutture filosofiche implicite nel messaggio cristiano (Philosophia Christianismi, col genitivo soggettivo); in senso forte, una filosofia specificamente cristiana pensabile filosoficamente supposita veritate revelationis. Non esiste alcun motivo per rifiutare lidea di una filosofia cristiana nei primi tre sensi; nel quarto senso, invece, tale speculazione potr essere accolta come filosofica solo in modo paradossale.

Cf TERTULLIANO De praescriptione haereticorum, 7.12-13; 8.1; 9.4; 14.9; De anima, 2.7; cf Giuseppe VISON, Gli scritti antieretici, 3 [Cercate e troverete. La controversia sul quaerere], in Enrico DAL COVOLO, Storia della teologia. 1. Dalle origini a Bernardo di Chiaravalle, Dehoniane, Roma - Bologna 1995, 72-73 (e bibliografia citata). In particolare, ORIGENE [ad esempio in In Canticum, 1.7] interpreta la ricerca dellamata per lAmato come la ricerca dellanima per la sapienza mistica; cf Giuseppe TURBESSI, Quaerere Deum: la ricerca di Dio in antichi testi cristiani, Rivista di Ascetica e Mistica 1964, p. 240-255. Cos Arthur SCHOPENHAUER, Parerga e Paralipomena, vol. 1, Sulla filosofia delle universit, trad. it. a cura di Giorgio Colli, Adelphi, Milano 1981, p. 204: Altri poi fondono filosofia e religione in un centauro da loro chiamato filosofia della religione e sono soliti inoltre insegnare che la religione e la filosofia sono propriamente la stessa cosa. []. Altri ancora non fanno troppi complimenti e e parlano addirittura di una filosofia cristiana; ci equivale per cos dire a parlare di una aritmetica cristiana, che consideri come pari il 5. C da dire che qui lobiettivo polemico era la filosofia idealistica che intendeva assorbire speculativamente il cristianesimo. Tuttavia altrove Schopenhauer ribadisce lalternativa: O si ragiona o si crede. Heidegger apriva nel 1935 la sua Introduzione alla metafisica con la domanda metafisica fondamentale: Perch in generale vi lessente e non il nulla?; e ribadiva che laffermazione biblica In principio Dio cre il cielo e la terra non pu esserne la risposta, non avendo alcun rapporto con la domanda: Quanto propriamente viene richiesto nella nostra domanda per la fede una follia: in tale follia che consiste la filosofia; quanto poi a una filosofia cristiana essa non che una specie di ferro ligneo e un malinteso. Heidegger riteneva la filosofia non solo estranea ma rovinosa per la fede. In questa linea va intesa anche la sua critica verso lontoteologia (luso della nozione di essere, essenzialmente filosofica, per la concezione di Dio). Cos Arthur SCHOPENHAUER: dalla silloge, compilata da Franco Volpi utilizzando testi pubblicati e postumi, Larte di insultare, Adelphi, Milano 1999, p. 62 (cf anche Parerga, vol. 2, 175): Fede e sapere non vanno daccordo nello stesso cervello: essi vi stanno come lupo e pecora nella stessa gabbia; e il sapere il lupo che minaccia di divorare il suo vicino. Il sapere fatto di materia pi dura della fede, di modo che, quando cozzano fra loro, la fede si spezza.
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2. SECONDA TESI. Per filosofia cristiana si intende progressivamente: la storia e la fenomenologia della filosofia dei cristiani; la filosofia della religione cristiana; lermeneutica e sistematica razionale delle intra-strutture filosofiche del Cristianesimo; e infine il senso cristiano della filosofia. Intendiamo filosofia cristiana in pi sensi, analogicamente (per prius et posterius) connessi. 1. Innanzitutto, per filosofia cristiana si intende in senso lato e immediato (cio storico e fenomenologico) la philosophia Christianorum (col genitivo soggettivo), ossia la filosofia elaborata da quanti per fede o per cultura sono cristiani o perlomeno non possono non dirsi tali.
La filosofia cristiana cos intesa non solo data come fenomeno storico, ma possiede anche una sua giustificazione teoretica. Infatti, poich prima si vive, e solo poi si filosofa, non si d filosofia a prescindere dalle condizioni vitali della conoscenza; pertanto, poich la fede per i cristiani filosofi motivo dispirazione e riflessione (dal punto di vista psicologico), legame dinterazione e tradizione (dal punto di vista sociologico), ma soprattutto nuovo orizzonte di senso 8 (dal punto di vista esistenziale), non pu non esistere una filosofia dei cristiani, riscontrabile nella storia e nella fenomenologia dellinflusso esercitato dal cristianesimo sul filosofare. In questo senso si pu anche individuare una specificit cattolica o protestante, latina o orientale, e perfino una francescana o domenicana o altro ancora del pensare. Alla philosophia Christianorum pu essere parzialmente assimilata la filosofia di quanti, pur non essendo propriamente credenti in Cristo o appartenenti alla Chiesa, risentono tuttavia del suo messaggio, al punto da ammettere loro stessi di non potersi non dire cristiani 9.

In tale prospettiva, la filosofia cristiana (come del resto il cristianesimo stesso) trasversale alle diverse epoche storiche e non si pu ridurre a quella particolare forma (per quanto emblematica) che fu la filosofia medievale (patristica e scolastica).
Nella storia si sono susseguite finora quattro differenti posizioni del cristianesimo rispetto al mondo: il regime di dispersione a mo di lievito nella pasta, proprio del cristianesimo primitivo; il regime di cristianit, in cui il cristianesimo venuto a coincidere con la societ formando la respublica Christiana post-costantiniana e medievale; il regime di modernit, in cui la riscoperta di una legittima laicit e secolarit si spesso attuata in polemica contro la Chiesa e la trascendenza; e infine la situazione della societ attuale, definita post-moderna, che pur non essendo pi cristiana, per pone ai cristiani le sfide della secolarit, del senso della vita e della comunicazione. Ogni epoca infatti pone alcune sfide caratteristiche, a cui si possono pure dare risposte diverse e contrarie; ma poich i contrari sono nel medesimo genere, la diversit delle risposte sar sempre allinterno di un medesimo orizzonte culturale, quello appunto offerto dalla stessa sfida. in questo senso che non possiamo mai non essere contemporanei, perch anche se non condividessimo le risposte che i pi rinomati alfieri della contemporaneit hanno dato alle sfide odierne, nondimeno queste ultime resterebbero anche le nostre sfide. La posizione della filosofia cristiana nei confronti della modernit e della post-modernit non pertanto di opposizione alternativa, ma di mutua implicazione: non si tratta infatti di scegliere tra cristianesimo e modernit (o post-modernit), ma semmai di declinare il cristianesimo nella modernit (o post-modernit).

2. Parallelamente, per filosofia cristiana si intende in senso lato ma mediato (cio sistematico) la philosophia Christianismi (col genitivo oggettivo), scilicet de Christianismo, ossia la filosofia che ha come oggetto il cristianesimo.

8 Cf Peter HENRICI, Aufbrche christlichen Denkens, Einsiedeln, Johannes Verlag 1978, p. 24. In questa direzione va Carlo HUBER (nel suo volume Vegliate dunque. La costituzione della realt. Introduzione al pensiero trascendentale, Cittadella, Assisi 1999), interpretando la nuova creatura [2Cor 5,17] (costituita da chi in Cristo) come la ricostruzione della realt nel nuovo orizzonte della fede. 9

Secondo lespressione con cui Benedetto CROCE ha intitolato una sua celebre conferenza, poi pubblicata.

Si tratta dunque di una filosofia seconda o al genitivo: la filosofia della religione cristiana, ossia quella parte della filosofia della religione che riflette sui problemi posti alla filosofia dal cristianesimo (filosoficamente compreso come religione, senza cio pronunciarsi sulla sua pretesa di essere la via rivelata da Dio di salvezza). La filosofia, che per sua natura vuole comprendere tutto, non pu omettere di esplorare i suoi propri confini, n lasciare fuori di s il cristianesimo e la sua teologia. Il cristianesimo fa pensare sia per il suo rapporto di originalit senza rotture e continuit senza riduzioni con la filosofia e le religioni non cristiane, sia perch il centro del cristianesimo (Cristo) d alla filosofia lidea chiave di un universale concreto in cui si realizza lunione senza confusione di infinito e finito, Dio e Uomo. Pertanto la filosofia della religione cristiana si presenta non solo come riflessione filosofica sui singoli aspetti del cristianesimo (il suo linguaggio, la sua logica, le sue forme culturali e rituali, la sua teologia), ma soprattutto come cristologia filosofica (a cui si connette una pneumatologia e unecclesiologia) 10, ossia, pi in generale, come cristianologia filosofica: riflessione che pu essere condotta egualmente da filosofi credenti e non credenti in Cristo. La filosofia (della religione) cristiana e la teologia (cristiana) fondamentale studiano entrambe il messaggio cristiano (con la sua pretesa dessere rivelato), indagandone per rispettivamente le condizioni di pensabilit (e possibilit) e le condizioni di credibilit, e costituendo cos linterfaccia 11 tra la filosofia simpliciter e la teologia cristiana; questo richiede luso non soltanto di ragioni dimostrative (a partire da primi principi condivisi da tutti), ma anche di ragioni solo probabili 12 (a partire da principi di fatto non condivisi e dallesperienza di fede, assolutamente personale).

3. Poi, per filosofia cristiana si intende in senso stretto e proprio la philosophia Christianismi (col genitivo possessivo o soggettivo), scilicet in Christianismo exercita, ossia la filosofia che implicita nel cristianesimo stesso e di cui il cristianesimo latore.
La filosofia infatti presente nel cristianesimo non solo in quanto importata dallesterno, o come infra-struttura (assunta e fatta propria dal messaggio cristiano 13), oppure come sovra-struttura (applicata al messaggio cristiano cos da costruire la teologia come scienza), ma anche in quanto generata dal suo interno, ovvero come intra-struttura 14. Ebbene, queste strutture interne al cristianesimo possono far pensare il filosofo; di converso, la riflessione del filosofo su di esse pu far pensare pi a fondo il teologo 15.

Cf Xavier TILLIETTE, Filosofi davanti a Cristo, Queriniana, Brescia 1989; Le Christ des philosophes. Du Matre de sagesse au divin Tmoin, Namur, Culture et Verit 1993 (per una presentazione concisa del tema, cf Sergio PISA, Filosofia e cristologia. Una lettura del pensiero di Xavier Tilliette, in Filosofia 1997, p. 133-153); La settimana santa dei filosofi, Morcelliana, Brescia 1993; Il Cristo dei non-credenti e altri saggi di filosofia cristiana, AVE, Roma 1994; Il Cristo della filosofia. Prolegomeni a una cristologia filosofica, Morcelliana, Brescia 1997; cf anche Eucharistie et philosophie, Paris, Institut Catholique 1983; La Chiesa nella filosofia, trad. it., dal manoscritto, di Giuliano Sansonetti, Morcelliana, Brescia 2003; Che cos cristologia filosofica?, Morcelliana, Brescia, in via di pubblicazione nel 2003. Secondo una espressione adoperata oralmente da Xavier Tilliette; per il rapporto con la teologia fondamentale cf Karl RAHNER (con il contributo di Johann Baptist Metz), Hrer des Wortes, Mnchen, Ksel 21963; trad. it., Uditori della parola, Roma, Borla 1988.
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Secondo lespressione di Tommaso in SCG 1.9.5-6.

Cos, ad esempio, il culto razionale di cui parla Paolo [in At 17,22-29 e Rm 12,1-2] richiama e riadatta dottrine filosofiche previe. Questa considerazione rielabora una suggestione di Henri BOUILLARD, Logique de la foi, Paris, Aubier 1964, p. 121 (in nostra traduzione): la teologia naturale lintrastruttura (e non propriamente linfrastruttura) razionale della teologia cristiana. Cf Peter HENRICI, La dramatique entre lesthtique et la logique, in Pierre Philippe DRUET (ED.), Pour une philosophie chrtienne. Philosophie et Thologie, Paris - Namur, Lethellieux - Culture et Verit 1984 (in nostra traduzione; il testo originale trattavia in particolare della struttura della trilogia balthasariana): la struttura stessa <della teologia> [], dettata da ragioni dordine strettamente teologico, d da pensare (o pu dar da pensare) alla filosofia; e forse, allora, allinverso, le [] riflessioni di un filosofo [] potranno dar da pensare ai teologi stessi. Si noti che la funzione di dar da pensare (secondo la celebre formula di Ricoeur) viene trasposta dalla metafora letteraria alla struttura della teologia.
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Per quanto riguarda le sue infrastrutture, il paradosso del cristianesimo proprio questo: da una parte, secondo la celebre affermazione della antichissima Lettera a Diogneto, i cristiani non si distinguono dagli altri uomini n per lingua n per cultura, ma daltra parte il cristianesimo legato indissolubilmente ad alcune lingue e culture, per la sua fondamentale storicit, che gli deriva dalla fede nellincarnazione del Verbo e dalla conseguente communicatio idiomatum (secondo la quale Dio stesso in Ges ha parlato aramaico). Riprendendo e sviluppando una suggestiva immagine bonaventuriana, possiamo dire che le tre lingue (e culture) ebraica, greca e latina, in cui fu composta liscrizione posta sulla croce di Ges, sono rimaste definitivamente inchiodate al suo Mistero 16.
Chi perseguisse dunque una radicale de-ellenizzazione del cristianesimo si comporterebbe come quel restauratore che, per togliere le incrostazioni successive da un dipinto, raschiasse via anche parti delloriginale. Infatti, la cultura greca non si semplicemente sovrapposta al messaggio biblico, ma ne entrata in un certo senso a far parte, se consideriamo gli influssi culturali greci nel libro della Sapienza o nelle lettere paoline o nel prologo giovanneo; tanto pi che molto spesso lopera di de-ellenizzazione finisce per sostituire surrettiziamente alla cultura greca qualche altra cultura o filosofia. E se i primi pensatori cristiani hanno adoperato il pensiero greco pagano nelle proprie sintesi teologiche, questo non stato soltanto per uno sforzo di interculturazione con chi non crede, ma anche perch le ragioni e una certa autorevolezza dei filosofi greci erano state in qualche modo e in certa misura assunte dalla Scrittura sacra, come nel discorso di Paolo allAreopago 17.

La filosofia cristiana in senso stretto consiste insomma implicitamente nellinsieme delle intra-strutture filosofiche del cristianesimo ed esplicitamente nella loro razionale interpretazione e sistemazione.
Tali strutture sono implicite nel cristianesimo e nei suoi testi fondamentali non nel senso che vi siano sottintese (quasi vi fossero dette sottovoce o in cifra), ma in quanto vi sono concretamente (e non sempre consapevolmente) esercitate.

Pi precisamente possiamo distinguere una filosofia cristiana implicita nel vissuto stesso del cristianesimo (philosophia Christiana exercita), e in particolare nella mistica; e una filosofia cristiana in esercizio (philosophia Christiana professa in actu exercito) nella filosofia dei cristiani filosofi; e infine una filosofia cristiana tematizzata e riflessa (philosophia Christiana professa in actu signato), che allinterno delle precedenti riconosce e discute le intra-strutture filosofiche, elaborandone una ermeneutica e sistematica razionale; inoltre, allinterno di essa, si colloca infine la riflessione seconda sopra lidentit e la funzione della filosofia cristiana stessa (philosophia Christiana professa ex professo). Per intenderci, al primo dei gradi si colloca tutta la vita cristiana, soprattutto in quanto mistica (sia ordinaria, sia straordinaria, e prescindendo dal suo preteso carattere sovrannaturale), intesa come visione del mondo capace di coglierlo come un tutto dotato di senso; al secondo dei gradi si presenta la filosofia dei cristiani, praticata ordinariamente (ossia nel comune dibattito allinterno della pi vasta comunit filosofica), ossia come una filosofia cristiana in esercizio, che pur essendo cristiana nellintimo non si presenta formalmente e segnatamente come tale; al terzo grado, ma rinvia tale com16 Cf BONAVENTURA, In Hexameron 14.19: [Christus] habuit tres filios, scilicet Graecos, Iudaeos et Latinos: quia scriptus erat titulus litteris Graecis, Hebraicis et Latinis (i tre figli sono la Chiesa dalla circoncisione e le Chiese dalle genti doriente e doccidente).

Cf TOMMASO DAQUINO, ST1 1.8 co + ra 2: Non [...] ad probandos articulos fidei per rationes, sed ad solvendum rationes, si quas inducit, contra fidem; sicut Paulus [...] inducit verbum Arati.

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prensione alla filosofia cristiana riflessa, intesa come particolare indirizzo di riflessione filosofica. Linterpretazione e sistemazione di tali strutture, pur riguardando in pieno la teologia, nondimeno pienamente filosofica, in quanto non si fonda sullauctoritas (che lautorevolezza e autenticit di una rivelazione), ma sulla sola ratio. E per questo, anche la filosofia cristiana intesa in questo senso stretto pu pretendere di essere universale, come ogni filosofia, e pu essere in tutto o in parte condivisa anche da non cristiani.
Le intra-strutture filosofiche del cristianesimo vanno interpretate soprattutto a partire dai testi religiosi fondamentali della tradizione cristiana, e in particolare dalla Bibbia: infatti essa, in quanto Biblia, ossia Libro fatto di libri (ciascuno col suo autore e i suoi destinatari, e tuttavia riuniti insieme a formare un nuovo testo, che non pi la semplice somma dei suoi componenti) rinvia almeno idealmente ad un Meta-Autore, ad un Meta-Messaggio e ad un Meta-Destinatario, ed quindi particolarmente suscettibile di letture e interpretazioni sempre nuove e perfino indipendenti dal testo stesso (purch coerenti ad esso), anche da parte del filosofo; inoltre, tale Scrittura essendo stata da tutta una tradizione riconosciuta come Sacra devessere un testo eminentemente metaforico (in quanto intende dire lindicibile) e mistico (in quanto intende presentare il mistero), e proprio per questo particolarmente interessante anche per il filosofo. Il filosofo pu dunque rileggere filosoficamente la Scrittura, prescindendo dalla sua eventuale auctoritas e giudicando solo in base alla propria ratio: in tal modo la Scrittura, in quanto metaforica, fa pensare il filosofo, ma non ne determina normativamente il giudizio; e, in quanto mistica, non gli interessa per spiegare come il mondo , ma per sentire con meraviglia che esso 18. Il filosofo cristiano cio (a differenza del teologo) non sappella alla Scrittura, ma linterpella, e si lascia interpellare su di essa e da essa; come del resto molti altri filosofi interpellano e commentano i miti o i poeti, o addirittura parlano essi stessi mitologicamente o poeticamente, senza per questo confondere la filosofia con il mito o la poesia. In altre parole, tanto la filosofia cristiana in senso stretto, quanto la teologia speculativa (cristiana) studiano le strutture di pensiero del cristianesimo: per, la prima lo fa dal punto di vista metafisico (previo alla divisione disciplinare), la seconda invece dal punto di vista propriamente teologico.

4. Infine, per filosofia cristiana si intende in senso forte o enfatico 19 la philosophia essentialiter Christiana (con laggettivo specificativo), che data solo condizionatamente, e cio supposita veritate revelationis, ma che rimane filosoficamente pensabile, nello spazio dialettico dellargomentazione probabile 20. La specificazione di cristiana pu infatti convenire alla filosofia dal di dentro (senza snaturarla) solo se si ammette la duplice manifestazione naturale e sovrannaturale di Dio mediante lunico suo Verbo che per (rispettivamente) concreatore e incarnato.
Se infatti Cristo veramente il Verbo che illumina ogni uomo, allora in ogni sistema filosofico si nasconde una philosophia naturaliter Christiana 21, di cui i filosofi, in quanto filosofi, non possono accorgersi, se non presupponendo la fede; in questo senso la filosofia non cristiana pu essere svelata a se stessa 22 come preparazione al Vangelo 23 e il filosofo stesso ha potuto essere ritrovato nella figura del

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Cf Ludwig WITTGENSTEIN, Tractatus logico-philosophicus 6.44. Secondo una espressione cara a Xavier Tilliette.

In base alla dottrina dei Topici e della Retorica di ARISTOTELE, gi applicata da Tommaso in OCG [1 e passim] e SCG [1.9 e passim], e oggi riattualizzata da Cham PERELMAN nel Trattato dellargomentazione: la nuova retorica. Cf rispettivamente Gv 1,9 e TERTULLIANO, Apologeticum 17: O testimonium animae naturaliter christianae! [testo tratto dal CLCLT-2]. Secondo la suggestione di Hans Urs VON BALTHASAR [in Apokalypse der deutschen Seele. Studien zu einer Lehre von letzen Haltungen, 3 vol., Salzburg 1937-39].
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Precursore. Cos tutta la filosofia pu essere ricompresa teologicamente allinterno della teologia della creazione (ossia della manifestazione naturale di Dio a tutti gli uomini). Se poi Cristo incarnandosi veramente divenuto il centro di ricapitolazione di ogni cosa, in cui sono nascosti tutti i patrimoni della sapienza e della scienza 24, allora si d anche una philosophia supernaturaliter Christiana, ossia un filosofare allinterno della fede e un rileggere cristianamente la filosofia, e, in generale, tutta la umana cultura e scienza (che detta cristiana in quanto si d un senso cristiano di essa 25). In questo consiste la filosofia cristiana in senso pi pieno; essa si fonda su una certezza che non pu essere <filosoficamente> comunicata, perch nasce unicamente dallintimo dellazione perfettamente personale 26 e che perci rimane filosofica solo in senso paradossale.

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Secondo il titolo dellopera di EUSEBIO DI CESAREA. Cf Ef 1,10 e Col 2,3; cf anche Col 1,15-20 e 2,1-10.

Cos ad esempio un brillante esempio di rilettura cristiana (e cristocentrica) non solo della filosofia, ma di tutto il sapere e di tutta la cultura (compresa la tecnologia) quello offerto da BONAVENTURA in De reductione artium ad theologiam e in Collatio in Hexameron 1.
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Maurice BLONDEL, LAction (1893), conclusione.

RIEPILOGO SCHEMATICO DEI QUATTRO SENSI DI FILOSOFIA CRISTIANA

1. PHILOSOPHIA CHRISTIANORUM [gen. sogg.]

2. PHILOSOPHIA CHRISTIANISMI [gen. ogg.] scilicet de religione Christiana = Filosofia della religione cristiana

= Storia (diacronica) e Fenomenologia (sincronica) della Filosofia dei Cristiani

Attraverso la riduzione filosofica della teologia e lanalisi di momenti e figure: 3. PHILOSOPHIA CHRISTIANISMI [gen. sogg.] scilicet in Christianismo exercita = Ermeneutica e Sistematica delle intra-strutture filosofiche del Cristianesimo 3.1 Implicitamente 3.1.1 Filosofia implicita (exercita) nel Cristianesimo 3.1.2 Filosofia cristiana in esercizio (professa in actu exercito)

3.2 Esplicitamente 3.2.1 Filosofia cristiana tematizzata (professa in actu signato) 3.2.2 Filosofia cristiana in riflessione tematica (professa ex professo)

NB: Uso neutrale, reciproco, interno, esterno della Filosofia Cristiana

Attraverso la tematizzazione delinterazione tra fede e ragione: 4. PHILOSOPHIA ESSENTIALITER CHRISTIANA = Filosofia specificamente cristiana, in due sensi, secondo lo schema del doppio:

4.1 Philosophia naturaliter Christiana

4.2 Philosophia supernaturaliter Christiana

3. TERZA TESI. Per lemmata Christianorum si intende la terminologia coniata o semanticamente modificata dal cristianesimo, il cui uso specifico e aspecifico riflette e manifesta le intra-strutture filosofiche del cristianesimo. In base ai quattro sensi di filosofia cristiana, deriva lammissibilit, riconoscibilit ed eventuale classificabilit di concetti e vocaboli cristiani (i lemmata Christianorum) come categorie del cristianesimo.

1. Per lemmata Christianorum intendiamo il lessico proprio del cristianesimo in quanto o morfotematicamente coniato o almeno semanticamente modificato dai cristiani, a motivo del nuovo orizzonte di senso costituito dalla loro fede. 2. Lo studio lessicografico e logografico di tali lemmi rientra nella filosofia del linguaggio cristiano, il cui impianto lessicale e concettuale per un verso a-specifico (ossia in rapporto di continuit e comunanza rispetto al contesto non cristiano), ma per laltro verso specifico (ossia in condizione di discontinuit e originalit).
I lemmata Christianorum hanno la duplice funzione di esprimere tanto il sermo de Deo quanto il sermo cum Deo, e anzi, questo prima di quello (in conformit anche a quello che era ed lo spirito domenicano): la lex orandi per la teologia lex credendi; per la filosofia, invece, lex cogitandi (non cognoscendi), in quanto appunto d da pensare al filosofo, pur non bastando a determinarne il giudizio.

3. Poich in generale luso del lessico manifesta la philosophia exercita del locutore, allora il sistema concettuale insito nelluso dei lemmata Christianorum costituisce una delle pi rilevanti intra-strutture filosofiche del cristianesimo. Tali lemmi, che esprimono quei concetti utilizzati per pensare lessenza del cristianesimo, sono paragonabili in parte agli otri nuovi fatti per contenere il vino nuovo; e in parte agli otri vecchi che devono essere riempiti fino allorlo per contenere lacqua trasformata in vino, e per poi esplodere 27: per un verso, infatti, i concetti precristiani (o comunque non cristiani) vengono assunti, affinati ed estesi, per poter pensare e contenere il messaggio cristiano, fino ad esplodere nellanalogicit; per laltro verso, le categorie in cui originariamente espresso il messaggio cristiano e le categorie in cui stato successivamente riversato possono essere svuotate del loro contenuto teologico, ed essere consegnate o restituite (affinate ed estese) al pensiero umano come categorie filosoficamente significative anche al di fuori del cristianesimo.
Cos, secondo il primo movimento, categorie filosofiche e religiose non cristiane possono essere riformulate per esprimere pi adeguatamente il nuovo e possono perfino essere restituite speculativamente pi raffinate alla filosofia: come ad esempio hanno fatto i Padri e gli Scolastici con le categorie di natura, persona, essere, e cos via. Invece, secondo laltro movimento, categorie bibliche o in generale cristiane possono essere secolarizzate e utilizzate filosoficamente; e questo in in tre modi diversi: o per riduzione a concetti speculativi (come ad esempio ha fatto Hegel con la categoria di spogliazione); o per assunzione dialettica come progetti o ipotesi (come ad esempio ha fatto Kierkegaard con le categorie di paradosso, scandalo, momento); o per riconduzione al loro fondamento naturale e preconfessionale (alla luce del procedimento socratico e anamnestico adottato da Marcel per le categorie di mistero, fede, speranza, amore) 28. In una circolarit di movimenti, possiamo trovare nozioni come quelle di ricerca e di comunicazione (e comunione), o di sapienza e affini, presenti in modo diverso tanto nel messaggio biblico quanto nella tradizione culturale ellenica, dal cui incrocio sono state potenziate e perfezionate, offrendo un esempio significativo di interazione tra cristianesimo e filosofia e di contributo originale (ma non dirompente) del cristianesimo alla storia del pensiero.

Secondo una interpretazione metaforica incrociata di Mt 9,17 e Gv 2,3-10. Per la metafora dellacqua della filosofia mutata nel vino nuovo della teologia, cf BONAVENTURA, In Hexameron 19 e Andr HAYEN, Aqua totaliter in vinum conversa. Philosophie et Rvlation chez Saint Bonaventure et Saint Thomas, in: Metaphysik im Mittelalter: ihr Ursprung und ihre Bedeutung (Miscellanea Mediaevalia 2), Berlin, De Gruyter 1963, p. 317-324. Cf di DIONIGI, De divinis nominibus; di BOEZIO, De duabus naturis; di TOMMASO, CMP 5 (e OEE); di Georg Wilhelm Friedrich HEGEL, Fede e Sapere, Conclusione, ed Enciclopedia, 564-577; di Sren KIERKEGAARD, Il concetto dellangoscia, 1; Esercizio del Cristianesimo, numero II (una esposizione biblica e definizione cristiana dei concetti), e in particolare la parte relativa alle categorie concettuali; di Gabriel MARCEL, Il Mistero dellessere, 1.1 e 1.10.
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4. Ammessa la verit della rivelazione cristiana, la logografia di tali parole, esprimenti i lgoi (ossia parole e idee) comuni alla filosofia e alla teologia porta a scoprire che al fondo delle parole si cela la Parola 29. In tali lgoi, infatti, la filosofia cerca il Lgos originario e originante (interpretando umanamente il parlare proprio di Dio che lessere da lui creato); la teologia invece lo fa coincidere con il Lgos generato e incarnato (interpretando il parlare umano della Scrittura, che si presenta come ispirato da Dio). 4. QUARTA TESI. Alla luce delle definizioni date di filosofia cristiana, si risponde facilmente alle obiezioni da varie parti mosse al riguardo di una filosofia fatta da credenti. Voi non cercate davvero, perch credete di aver gi trovato (per fede); e se invece cercate, allora credete di credere (per doxa), ma non credete davvero. Ma noi continuiamo a cercare con la ragione ci che crediamo di aver trovato per fede! Se cercate con la ragione, cercate in malafede, perch non ammettereste mai di aver trovato qualcosa non conforme alla fede!. Ma se non fossimo convinti di questo in coscienza, non avremmo perseverato nella fede! Poich infatti, come dice Kant, il primo dovere del filosofo (e non solo suo) la coerenza (e non solo dottrinale, ma soprattutto esistenziale), allora come disse Elia, fino a quando zoppicherete da entrambi i piedi? Se infatti Dio Baal seguitelo, ma se lo il Signore adorate lui. Voi non siete liberi di dire ci che volete!. Ma noi vogliamo dire quel che diciamo! Voi siete condizionati da un a-priori. Tutti lo siamo! Infatti, primum vivere, deinde philosophari e tutta la filosofia immersa in un a-priori teologico (anche fosse ateo), ossia lorizzonte di senso della propria visione del mondo. E a maggior ragione lo siete voi, se presupponete che chi cerca non possa trovare. La fede e la teologia non necessitano di una filosofia e unontologia. Ma per credere che Dio ha risuscitato Ges dai morti, occorre avere almeno una precomprensione di cosa significhino Dio, risuscitare, morte e di cosa comporti la nozione di causalit, e cos via Sotto il nome di coscienza, voi coniate monete false davanti a voi stessi. Se la nostra zecca conia moneta falsa, cosa conia allora chi non ammette neppure una zecca? Ma la proiezione della fede in fondo vi fa comodo. Ma a noi tanto comodo veramente non fa. Chi crede e filosofa, che far qualora fede e filosofia confliggessero?. Se si risponde che vera fede e vera filosofia non potranno mai confliggere, provenendo entrambe dallunica fonte che Dio che si manifesta per natura e si rivela per grazia, questo pu andar bene teologicamente, ma non filosoficamente: infatti che esse non confliggano non dimostrabile filosoficamente, ma solo teologicamente; come tale dunque non utilizzabile in una discussione filosofica. Anzi, aumenta il sospetto di un accomo29

Secondo unespressione adoperata da Roberto Busa: in verbis imis Verbum latet.

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damento surrettizio e di una malafede teologica. Viceversa il discorso questo: se confliggeranno, decider la coscienza. Infatti, in un primo caso, vale il principio del primum vivere, deinde philosophari: ossia lesperienza val pi di una teoria. Nessun filosofo sacrificher la vita per salvare la sua teoria (e se anche la sacrificasse, si troverebbe in contradictione exercita), ma semmai riformuler la propria teoria fino a che sia adeguata alla vita. Ma se il conflitto fra due teorie o due interpretazioni radicali della vita, una dovuta alla fede e laltra dovuta alla ricerca razionale, allora la coscienza (in quanto misura misurata) che lo risolve. In questo senso, la fede rientra in quella che Cartesio chiamava morale provvisionale (e non, come spesso erroneamente sintende provvisoria: in effetti essa duratura), che non contrasta con le esigenze della ragione; anzi le rende possibili e reali, facendole appoggiare sulla vita. Per, come dice Schopenhauer, fede e sapere non vanno daccordo nello stesso cervello: essi vi stanno come lupo e pecora nella stessa gabbia 30. Ben stiano: se il lupo manger la pecora, avremo un credulone di meno; se il lupo non potr mangiarla, abbiamo riscontrato che una fede irriducibile rimanda a una condizione in cui, secondo Isaia, il lupo e lagnello pascoleranno insieme. La fede in cui si spera contro ogni speranza (in spe contra spem) appunto ci che resiste alla critica di ogni vacua certezza. Solo la fede che attraversa labisso della vacuit dellesistenza merita di esser creduta (vanit di vanit: tutto vanit; morale del discorso, dopo che si ascoltata ogni cosa: rispetta Dio e osserva i suoi comandamenti, perch questo per luomo tutto). La speranza non una falsa certezza, ossia una stampella che surrettiziamente uno cerca in se stesso. Chi crede, trucca di nascosto i suoi ragionamenti filosofici, come un prestigiatore che dal suo speculativo cappello tragga il coniglio dogmatico che vi aveva prima surrettiziamente introdotto, o che poi sempre surrettiziamente lo sottragga al critico colpo di pistola. Ma ebbene, proprio secondo la felice immagine di Schopenhauer, non vola la razionalit filosofica il filosofo che disponesse di una bussola segreta, che lo guidi nella navigazione, purch egli rifaccia i suoi calcoli in base alle stelle e alle mappe comunemente usate 31. In filosofia cristiana non fate vera filosofia, ma teologia della filosofia o apologia della teologia. Ma noi nella filosofia cristiana riflessa operiamo una particolare epoch
Cos Arthur SCHOPENHAUER: dalla silloge, compilata da Franco Volpi utilizzando testi pubblicati e postumi, Larte di insultare, Adelphi, Milano 1999, p. 62 (cf anche Parerga, vol. 2, 175): Fede e sapere non vanno daccordo nello stesso cervello: essi vi stanno come lupo e pecora nella stessa gabbia; e il sapere il lupo che minaccia di divorare il suo vicino. Il sapere fatto di materia pi dura della fede, di modo che, quando cozzano fra loro, la fede si spezza. Cf Arthur SCHOPENHAUER, Parerga e Paralipomena, vol. 2, 10, trad. it. a cura di Giorgio Colli, Adelphi, Milano 1981 (qui citata con qualche correzione): Nellinsieme la filosofia di tutti i tempi si pu anche considerare come un pendolo che oscilla tra razionalismo e illuminazionismo, cio tra luso della fonte conoscitiva oggettiva e della fonte conoscitiva soggettiva. Il difetto fondamentale dellilluminazionismo che la sua conoscenza non comunicabile, in parte perch per la percezione interiore non vi il criterio dellidentit delloggetto per soggetti diversi; in parte, perch tale conoscenza dovrebbe pur tuttavia essere comunicata mediante il linguaggio. []. Ora una tale conoscenza essendo incomunicabile anche indimostrabile. []. Ma la filosofia devessere comunicabile; perci deve essere razionalismo. Nondimeno alla base del razionalismo pu essere un illuminazionimo travestito, verso il quale allora il filosofo guarda come verso una bussola nascosta, mentre per sua stessa ammissione egli regola il suo cammino solo sulle stelle, cio sugli oggetti che esistono esteriormente e chiaramente e tiene conto soltanto di questi. Ci ammissibile purch un tal filosofo non si metta a comunicare la conoscenza incomunicabile, bens le sue comunicazioni restino puramente oggettive e razionali.
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fenomenologica, ossia la messa tra parentesi della fede, e la riduzione filosofica della teologia (nel senso di riconduzione, inversa a quella teologica della filosofia, mostrata da Bonaventura), ossia (blondelianamente) come ipotesi e pretesa. Voi, in quanto confessionalmente caratterizzati, fate una filosofia chiusa in se stessa. Anzi, la filosofia cristiana costituzionalmente si confronta con le altre filosofie; delle altre si pu dire altrettanto? Molte ragioni ha il cristiano filosofo per confrontarsi criticamente con altri: se uno ha paura di confrontarsi con chi non crede, non sicuro di ci che crede; e se uno cos sicuro di ci che crede, da non volersi confrontarsi con chi non crede, anche allora non sicuro; bisogna paolinamente saggiare ogni cosa (col sapere) per ritenerne ci che buono (e mostrare coi fatti ai critici della fede che limperativo del credente non non devi sapere); bisogna evangelicamente benedire quelli che ci maledicono (e quindi dir bene anche di chi come Nietzsche ha scritto una maledizione del Cristianesimo): infatti (parafrasando il vangelo), se leggiamo solo i testi di quelli con cui siamo daccordo, che merito ne avremo? Non fanno cos anche i pagani?. 5. QUINTA TESI. La filosofia cristiana a volte intesa in senso ambivalente, come cio teologia (cristiana) della filosofia e come filosofia della teologia (cristiana), lunica per ad essere filosofica in senso stretto. Nel 1998, il papa Giovanni Paolo II nella sua enciclica Fides et Ratio [76] riprendeva la nozione di filosofia cristiana, garantendone da una parte la legittimit dal punto di vista teologico (in quanto speculazione filosofica concepita in unione vitale con la fede, ossia in senso enfatico, e non solo in senso minimale in quanto i filosofi cristiani nella loro ricerca non hanno voluto contraddire la fede, ma comprendendovi anche tutti quegli importanti sviluppi del pensiero filosofico che non si sarebbero realizzati senza lapporto diretto o indiretto della fede cristiana), e per non entrandovi filosoficamente nel merito, in quanto non una filosofia ufficiale della Chiesa. In questo vengono distinti due aspetti della filosofia cristiana: uno soggettivo, come valore della fede nei confronti della ragione, e uno oggettivo, riguardante i contenuti. Ma c da dire che tutta questa distinzione rientra in una teologia (cristiana, o in questo caso cattolica) della filosofia; viceversa noi dobbiamo anche fare una filosofia della teologia (cristiana), in cui, certamente, anche la teologia della filosofia venga fatto oggetto di riflessione. Per fare un discorso filosofico, e non teologico, sulla filosofia cristiana, occorre per introdurre la nozione di epoch o messa tra parentesi della fede e la riconduzione filosofica della teologia (ossia una riduzione non riduttivistica), per cui categorie come quella di rivelazione, sovrannaturale, peccato originale, Cristo come Uomo Dio vengono ricondotte a categorie filosofiche della possibilit, quali pretesa di rivelazione, ipotesi del sovrannaturale, ingiustezza originale, Idea di Uomo Dio. Tale riconduzione sar quindi aconfessionale, non nel senso di anticonfessionale, ma di preconfessionale (in quanto fondata su princpi a priori dellatto di fede). Tale filosofia cristiana pu per essere attuata in actu exercito e in actu signato. Questultima serve alla prima e alla verifica dei procedimenti di interazione tra esperienza religiosa cristiana e riflessione razionale autonoma. Ebbene, tale riflessione pu essere attuata in un regime di duplice focalizzazione: in focalizzazione interna (ossia

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come autocomprensione del cristianesimo) e in focalizzazione esterna (ossia come eterocomprensione del cristianesimo). Anche se solo un cristiano credente arriver ad una piena focalizzazione interna nella comprensione del cristianesimo, e solo un non credente ad una piena focalizzazione esterna in essa, tuttavia credenti e non credenti, pur separati dalla nozione di mistero quale nube chiaroscura che impedisce agli uni di accostarsi agli altri (per i credenti infatti il mistero rivelativo, ma illuminante di spalle; per i non credenti invece il mistero il residuo oscuro frontale), possono mutuamente aiutarsi nella elaborazione di una equilibrata e comunicabile filosofia cristiana, utile agli uni come agli altri. A tale scopo, bisogna innanzitutto determinare quale sia lo spazio filosofico di una eventuale teologia rivelata; poi quale sia lo spazio teologico (nella concreta teologia del cristianesimo) per una filosofia; e infine stabilirne le modalit di interazione, avendo la capacit di affrontare il problema non solo dal punto di vista della filosofia e da quello della teologia cristiana, ma da entrambi, e in qualche modo da un punto di vista decentrato. 6. SESTA TESI. Lo spazio filosofico per una teologia positiva dato dalla distinzione filosofica (e pre-cristiana) di tre modalit di ricerca del senso (cercarlo in s nella Gnosi, cercarlo da s nella Filosofia, chiederlo a Chi possa e voglia comunicarlo per Rivelazione), sempre che in qualcuna sia possibile trovare ci che si cerca. Gi Platone 32 aveva distinto tre modalit della ricerca riguardo alla realt ultima, che possiamo, anche alla luce di sviluppi ulteriori, ridefinire cos 33: cercar di trovare da s e in s (quaerere in se), cercare con le proprie forze ma in altro, come su una zattera (quaerere ex se), chiedere ad altri (quaerere ab alio) che possano e vogliano comunicarci quanto cerchiamo, e quindi affidarci ad una pi sicura navigazione. Queste sono in fondo i tre approcci della Gnosi, della Filosofia e di una eventuale Rivelazione, approcci che anche storicamente si sono a volte mantenuti separati o addirittura opposti, a volte si sono invece intrecciati. Sia la Gnosi che la Rivelazione propongono una Sapienza, ma la prima la coglie per illuminazione e ispirazione autonoma, la seconda la riceve per fede. Ebbene, gi Platone aveva enunciato da una parte la necessit di una mediazione fra logos e mythos religioso, onde evitare il rischio della misologia, e daltra parte la convenienza del credere 34. Oggi possiamo in riferimento alla questione religiosa accoCf PLATONE, Fedone (trad. it.: Opere complete in CD, Laterza, Bari nel 1999): Perch insomma, trattandosi di tali argomenti, non c che una cosa sola da fare di queste tre: o apprendere da altri dove sia la soluzione; o trovarla da s; oppure, se questo non possibile, accogliere quello dei ragionamenti umani che sia se non altro il migliore e il meno confutabile, e, lasciandosi trarre su codesto come sopra una zattera, attraversare cos, a proprio rischio, il mare della vita: salvo che uno non sia in grado di fare il tragitto pi sicuramente e meno pericolosamente su pi solida barca, affidandosi a una divina rivelazione [35; Simmia a parlare]; Ora io, dunque, per apprendere una causa di tal genere [], siccome [] non fui capace n di trovarla da me n di apprenderla da altri, mutai modo di navigazione [47; Socrate a parlare]. In realt, le vie prospettate sono quattro (anche se la rivelazione divina ammessa solo come ipotesi limite); daltra parte, lapprendere la soluzione da altri ripropone il problema di come questi a loro volta labbiano appresa; dunque tale approccio deve essere ricondotto a sua volta a uno degli altri tre.
33 Cf Andrea DI MAIO - Stefano GUACCI - Gianmarco STANCATO, Il concetto di cercare (quaerere) in Tommaso dAquino, in Medioevo 1996, p. 39-135. 34 Cf PLATONE, Fedone (trad. it. cit.) Ma bisogna badare a che non ci cpiti il guaio [] di diventare mislogi [39; Socrate a parlare]; Certo, ostinarsi a sostenere che le cose siano proprio cos come io le ho descritte, non si 32

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stare allatteggiamento esclusivo della misologia, cio il fondamentalismo, anche quello di una analoga misomistera, o razionalismo. Secondo una metafora medievale 35, la filosofia cristiana come laqua totaliter in vinum conversa da Ges alle nozze di Cana: ebbene, questo banchetto nuziale si sovrappone al simposio filosofico, in cui si ricerca il vino della verit e ci si accorge che il vino venuto a mancare, ossia il senso sofico della vita, e si cerca di riempire le capacit umane fino allorlo attraverso la mediazione di Ges Cristo, nuovo mediatore (al posto dellEros platonico) tra divinit e umanit 36. Platone aveva intrapreso una seconda navigazione, ossia metafisica, che la teologia razionale, ma aveva lasciato aperta la possibilit di una navigazione ulteriore. Tale terza navigazione pi sicura , secondo una nota interpretazione, quella che Agostino intendeva attraverso il Legno della Croce (giocando sullambivalenza semantica di lignum, legno e nave) 37. Per Agostino la filosofia Soliloquio come dialogo fra il s empirico e il S trascendentale e pertanto comunicabile ( questo il fondamento del dialogo interpersonale); una eventuale teologia rivelata sarebbe invece Confessione 38. In maniera geniale Agostino aveva nel prologo delle Confessioni esposto laporia fondamentale, il circolo vizioso, della ricerca: chi cerca deve aver gi trovato; chi chiede deve conoscere prima di invocare, ma deve invocare per conoscere; e solo leventuale autocomunicazione del Cercato pu rompere il circolo, irrompendo in esso. Tale irruzione la definizione filosofica del gratuito. Significativamente il gratuito duplice, indicando a volte la banalit del dato senza senso, e a volte la pienezza donata di senso. Tutta la ricerca filosofica immersa in un precategoriale orizzonte di senso, che la personale e comunitaria visione del mondo, che pertanto costituisce per tutti i filosofi la-priori (in qualche modo teologico, in senso ampio) della propria filosofia. Alla luce degli odierni sviluppi della filosofia, le possibili posizioni della questione di senso sono fondamentalmente queste: il personalismo del Senso (il Senso c ed personale e va personalmente scoperto, perch Solo la verit che edifica una verit per te 39); limpersonalismo del Senso (il Senso c, ma impersonale ed ineffabile 40);

addice a uomo che abbia senno; ma credere che sia cos o poco diverso di cos [], mi pare si addica, e anche metta conto di avventurarsi a crederlo. E la ventura bella. E giova fare a se stesso di tali incantesimi; e proprio per questo gi da un pezzo oramai io tiro in lungo la mia favola [63]. Cf Gv 2,3-10 e Mt 9,17; BONAVENTURA, In Hexameron 19; cf anche Andr HAYEN, Aqua totaliter in vinum conversa. Philosophie et Rvlation chez Saint Bonaventure et Saint Thomas, in: Metaphysik im Mittelalter: ihr Ursprung und ihre Bedeutung (Miscellanea Mediaevalia 2), Berlin, De Gruyter 1963, p. 317-324.
36 Devo la suggestione del Cristo nuovo Eros, e quindi nuovo filosofo, a una relazione tenuta da Giovanni Salmeri a un convegno padovano per ricercatori del Centro di studi filosofici di Gallarate alla fine degli anni 1990. 37 Cf AGOSTINO, Commento al Vangelo di Giovanni, 2.2 e 2.4; cf anche Giovanni REALE, Introduzione a AGOSTINO, Amore assoluto e terza navigazione, Rusconi, Milano 1994, 17-18. 38 Cf AGOSTINO, Soliloqui, 2.7.14; 1.1-2; 2.1; Confessioni 1.1; Ritrattazioni 2.6.1 e Sermone sulla triplice confessione. 39 Sren KIERKEGAARD, Aut Aut, Ultimatum (1843). Cf anche Postilla, 2.2.2 (1846): Quando il problema della verit [essenziale] si pone in modo oggettivo, si riflette oggettivamente sulla verit come su un oggetto e, rapportandosi ad esso, il soggetto nella verit; quando invece si pone in modo soggettivo, si riflette soggettivamente sul rapporto dellindividuo e anche quando nella verit, si rapporta alla non verit. Quello che Kierkegaard chiama oggettivo e soggettivo forse pi chiaro se reso con oggettuale e personale, per evitare che la posizione teoretica kierkegaardiana venga fraintesa come soggettivismo. 35

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e il nichilismo del Senso (non vi alcun Senso; siamo noi a doverlo dare 41). Accanto a tali posizioni possiamo oggi individuare due vie di approccio al senso, rispettivamente analitica ed ermeneutica, in quanto cio il misterioso ineliminabile pu (solo?) essere indirettamente mostrato, analizzandone (ossia dissolvendone) la questione 42; oppure pu (solo?) essere ri-cercato, interpretandone (ossia riproponendone e rielaborandone) la questione 43. Ebbene, il personalismo del Senso pu trovare la via mediana tra soggettivismo e oggettivismo (in quanto la verit personale s relativa al singolo soggetto, ma a lui oggettivamente data), attraverso la nozione tipicamente cristiana (ma pienamente filosofica) di appello della coscienza (o vocazione). La coscienza la mediazione immediata che obbliga ciascuno ad essere fedele al posto assegnatogli (la txis) nel mondo. La coscienza ha un ruolo teoretico indiretto: infatti la sua domanda non quale sia la verit in astratto, ma quale sia il mio posto nel mondo; ma da questo tutto segue. Vediamo come cambia la problematica religiosa se affrontata in termini di coscienza o di astrattezza. In termini di astrattezza si dovrebbe rispondere alle seguenti domande: C un Senso? personale? donato da un Dio? Tale Dio si rivela in una religione? Qual questa religione? Qual la vera religione fra le tante che si conoscono e fra quelle che non si conoscono ancora?. Ciascuno vede che su tale via non si arriva da nessuna parte. Viceversa, dal punto di vista della coscienza luomo si chiede: Dov il mio posto? A cosa sono chiamato?. In altre parole (riprendendo la celebre metafora evangeliCf Arthur SCHOPENHAUER, Parerga e Paralipomena (1851), vol. 2, 1 e 108-19: La base [] su cui si fondano tutte le nostre nozioni e scienze linspiegabile: ad esso riconduce ogni spiegazione []; esso riguarda la metafisica; Le verit fisiche possono avere un gran significato esteriore, ma non interiore, che privilegio delle verit intellettuali e morali. [] Che il Mondo abbia solo un significato fisico e nessun significato morale: ecco il massimo errore [], ci che la fede ha personificato come Anticristo. interessante che Nietzsche assuma proprio questultima figura per esporre il suo nichilismo di senso. Cf Friedrich NIETZSCHE, Volont di potenza (edizione in trad. it. a cura di Ferraris e Kobau, con le importanti annotazioni, Bompiani, Milano 2001), Frammenti 2, 55 e 495 (1887): Che cosa significa nichilismo? Significa che i valori supremi perdono valore. Manca lo scopo. Manca la risposta al perch?; Pensiamo questo pensiero nella sua forma pi terribile: lesistenza qual , senza senso n scopo, ma inevitabilmente ritornante, senza esito, nel nulla []: leterno ritorno [], il nulla (nonsenso) eterno!; Il senso della verit deve legittimarsi [] come volont di potenza. [] Noi possiamo capire solo un mondo che noi stessi abbiamo fatto. Se si continua a cercare un senso l dove non c si cade nel nichilismo passivo, ossia nella decadenza e nello sdoppiamento; se invece si accetta coraggiosamente che non vi alcun senso con un nichilismo attivo, allora si pu dar senso a ci che in s non ne ha. Cf Ludwig WITTGENSTEIN, Tractatus logico-philosophicus (1918): La soluzione dellEnigma della vita nello spazio e tempo fuori dello spazio e tempo [6.4312]; Come il mondo , del tutto indifferente per ci che pi alto. Dio non rivela s nel mondo [6.432]; Non come il mondo , il Mistico, ma che esso [6.44], ovvero sentire il mondo come un tutto limitato; Duna risposta che non si pu formulare non si pu formulare neppure la domanda. Non si d Enigma. Se una domanda pu porsi, pu pure avere risposta [6.5]; Noi sentiamo che anche qualora tutte le possibili domande scientifiche avessero avuto risposta, i problemi della vita non sarebbero stati ancora neppure toccati. Certo, allora non resta pi domanda alcuna, e questa appunto la risposta [6.52]; La soluzione del problema della vita si scorge allo sparir di esso [6.521]; Vi davvero dellineffabile: esso mostra s, il Mistico [6.522]; Di ci di cui non si pu parlare, si deve tacere [7]. Cf Martin HEIDEGGER, Essere e Tempo (1927; citato con qualche modifica nella trad. it. di Pietro Chiodi, Longanesi, Milano 1970), Esergo iniziale: dunque necessario riproporre il problema del senso dellessere [] <incominciando> col ridestare la comprensione del senso di tale problema. Lo scopo del presente lavoro quello della elaborazione del problema []; il suo traguardo provvisorio linterpretazione del tempo come orizzonte possibile di ogni comprensione dellessere in generale.
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ca), sebbene lessenziale per il tralcio sia di essere attaccato alla sua vite, non indifferente dove: nessuno infatti pu mettersi altrove che al suo posto. Da questa concezione nasce anche una pluriversione (che non molteplicit) della verit. Proprio dellamore infatti fare a persone diverse doni diversi. La verit personale pu cos essere oggettiva senza essere oggettuale, ossia ammette un problema di sfumature: cos, quando Moro ritiene di dover rifiutare il giuramento al Re, non intende con questo condannare quanti invece hanno giurato 44.
Lidea di coscienza collettiva, ossia non di un singolo, ma di una persona corporativa, come la Chiesa, costituisce il fondamento filosofico della sua pretesa di infallibilit quanto allinsegnamento connesso con la salvezza.

7. SETTIMA TESI. Lo spazio teologico (ebraico-cristiano) per la filosofia dato dalla distinzione ebraica tra una legge data fuori e una dentro. Lo schema del doppio si fonda sulla nozione gi ebraica del duplice Verbo: una sola Parola ha detto Dio, due per ne ho udite: nella natura cio e nella grazia. Per la prima, i Cieli narrano la gloria di Dio; per la seconda, la Legge del Signore perfetta. Sebbene cio fin dalleternit Dio abbia detto nel suo Verbo tutto quello che aveva da dire, nel tempo per questunico Verbo stato espresso in due modi diversi, ossia nella creazione e nellincarnazione. Sulla scorta del prologo di Giovanni e della tradizione teologica, si parla perci di un duplice Verbo. Questo schema del doppio sar adottato da tutta la cultura occidentale: sulle due basi sono costruiti i due Libri, della Natura e della Scrittura; questo schema profondamente trasformato sar alla base della distinzione galileiana fra la scienza e la teologia e secolarizzato sar alla base dellasserto kantiano del Cielo stellato e della Legge morale, ossia della filosofia teoretica e pratica. Secondo un testo classico allinizio della lettera ai Romani, gli etnici sono legge a se stessi; da qui, lidea patristica secondo cui quel che la Torah fu per i Giudei, fu la Filosofia per gli Etnici. Epicurei e Stoici sono nominati come interlocutori di Paolo allAreopago; linno di Arato e varie affermazioni socratiche, platoniche ed anche aristoteliche sono citate nelle Scritture intertestamentarie e neotestamentarie. Addirittura Epimenide viene considerato (anche se retoricamente) uno dei profeti dei cretesi. Similmente, allinizio della prima lettera ai Corinzi vengono opposti due atteggiamenti, che possiamo identificare nella filosemia giudaica e nella filosofia etnica (in particolare ellenica), che sarebbero assunte e superate dal logos della croce. In questa prospettiva, i cristiani che senza tener conto della mutatio temporum (dallantica alla nuova alleanza) volevano unire alla fede cristiana il ritorno a tali atteggiamenti furono chiamati (a volte ingiustamente e ingenerosamente) iudaizantes o philosophantes, questi ultimi prosecutori della vana filosofia ispirata agli elementi del mondo e non secondo Cristo, secondo la celebre espressione della lettera deuteropaolina ai Colossesi.
Cf la lettera a un prete di Thomas MORE (dalle Lettere dal carcere): Io non agisco per ostinazione, ma per la salvezza dellanima mia, non potendo indurre la mia mente a pensare in modo diverso in merito al giuramento, [] perch sono certissimo che se dovessi prestare giuramento [di sottomissione al Re quale capo della Chiesa anglicana], arrecherei un dolore mortale alla mia coscienza []. In quanto poi alla coscienza degli altri, io non ne sar giudice; n mai ho spinto alcuno a prestare o a rifiutare il giuramento. []. <Mi auguro comunque> [] che tutti coloro che hanno prestato giuramento possano mostrarsi verso il Sovrano sudditi leali quanto come mi viene assicurato lo sono coloro che hanno rifiutato di prestarlo.
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Proviamo a ricostruire questa teologia del duplice Verbo in base soprattutto alla dottrina agostiniana e bonaventuriana. Innanzitutto c il Verbo increato, che fin da principio (nelleternit) nel seno del Padre e per mezzo del quale al principio dei tempi tutto fu fatto e senza del quale fu fatto nulla, cio il peccato; e questo Verbo la luce vera che illumina ogni uomo che viene nel mondo: questo [] Verbo la Verit, ossia (secondo la definizione) adeguazione dellintelletto e della realt intesa, dellintelletto cio che causa della realt, e non del mio intelletto che della realt non causa 45. Pertanto le diverse creature sono come tante parole che significano lunico Verbo increato, e tutto il creato (che le contiene) come un libro, il libro della natura, scritto in parte esteriormente (come libro del macrocosmo, o mondo corporeo esteriore, contenente le impronte di Dio), e in parte scritto interiormente (come libro del microcosmo, o anima, che di Dio immagine). Tale libro contiene la legge di natura (ossia la rivelazione naturale di Dio e delluomo), da cui deriva il diritto naturale (ossia la morale immutabile delluomo che alla base del diritto positivo). La legge di natura nascosta interiormente nella coscienza delluomo, cos che siamo inescusabili se non la pratichiamo. Destinatari di tale rivelazione sono in generale tutti gli uomini che vengono al mondo, ma in particolare essa stata accolta dai patriarchi della Genesi e dai filosofi antichi, mentre i pagani lhanno travisata giungendo alla perversione dellidolatria. Per consentire alluomo di leggere il libro della natura e la legge naturale, Dio lo ha provvisto del lume indito naturale (inserito per creazione nelle sue facolt naturali), riflesso della luce vera del Verbo. Dopo il peccato, per, luomo peccatore, come un analfabeta, incapace di comprendere il senso ultimo del libro che ha davanti, e perci non pu non pu contemplare in alto per ottenerne la sapienza, ma solo considerare verso il basso, dove la scienza. Lintelligenza del Verbo increato fonda la filosofia (che la lettura e meditazione del libro della natura in vista di una contemplazione sapienziale di Dio). Ma dopo il peccato luomo pu arrivare a sapere che ci devessere un Verbo increato, nel senso di un progetto creatore di Dio, ma non arriva a conoscere il Verbo come seconda persona della Trinit: e pertanto lintelligenza filosofica risulta monca e bisognosa della fede. Per salvare luomo da questa situazione nella pienezza dei tempi il Verbo si fatto carne nel seno di Maria ed abit fra noi e per mezzo di lui venne la grazia e la verit: infatti non solo riport luomo allo stato naturale dorigine, ma lo riemp di grazia 46. Il Verbo incarnato stesso un libro, scritto fuori e dentro (poich misteriosissimo, a causa del Mistero di unione fra Dio e Uomo), ma di lui parla in generale la Scrittura: come infatti larca culminava in un cubito, cos tutte le parole della Scrittura in questo Verbo abbreviato, cio nato, morto [] e risuscitato 47. Anche il libro della Scrittura scritto fuori (in quanto ha un senso letterale o esteriore) e dentro (in quanto ha un senso mistico), ma sigillato, cos che linterno leggibile solo grazie allAgnello immolato, che degno di prendere il libro ed aprirne i sigilli: infatti non si pu comprendere la Scrittura se non in riferimento a Cristo morto e risorto. I Filosofi (coi Patriarchi), i Giudei e i Cristiani sono dunque i tre destinatari della progressiva rivelazione normativa di Dio; ma come ogni legge successiva toglie forza alla precedente, cos ora che stata rivelata la legge di grazia, voler continuare a osservare le altre come voler tornare indietro in Egitto: come i primi cristiani chiamavano giudaizzanti i cristiani che persistevano nelle osservanze giudaiche, cos nel XIII secolo erano a volte chiamati filosofanti coloro che (come gli averroisti) anteponevano la filosofia antica alla verit rivelata.

Mentre la filosofia cerca la certezza in s, la fede la trova fuori di s 48. La filosofia un domandarsi mediante la ratio, la teologia (a partire dalla fede) un domandare a Chi pu e vuole rispondere (e previene addirittura la domanda, suscitandola), tramite chi ne ha la rappresentanza, o auctoritas. Le stesse sono le domande fondamentali della filosofia e della teologia, ma la filosofia le pone criticamente alla ragione stessa, mentre la teologia le pone esistenzialmente e definitivamente a Dio tramite la Chiesa. A tali domande la teologia trova risposta nella Scrittura e ne condensa il senso nelle formule
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BONAVENTURA, In Hexameron, 3.8. Cf Don 1.5-8; Hex 3.10-21; In Lucam 24.58. In Lucam 24.33.

Cf John Henry NEWMAN, Lettera al duca di Norfolk, 5 (trad. it. di Valentino Gambi, Paoline, Milano 1999): Tutte le scienze [] hanno la loro certezza in se stesse [], eccetto la scienza della religione [] <in cui> il sentimento del giusto e dellingiusto [] il primo elemento.

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della fede, della speranza e della carit (ovvero il Simbolo, lOrazione domenicale e il Decalogo col comandamento nuovo, rispettivamente per le domande Cosa debbo sapere, sperare o domandare, e fare per vivere sempre?), secondo una tradizione catechetica iniziata nella prima et patristica e attestata in Agostino e in Tommaso. Dal problema della vera filosofia rispetto alle diverse scuole filosofiche e dal problema della via cristiana rispetto alle diverse religioni emerge in et patristica il concetto che ne propone la sintesi come vera religione e come filosofia cristiana 49. Ma lo schema del duplice verbo e quindi del doppio sapere pu essere articolato secondo tre modelli. Secondo un primo modello (agostiniano, bonaventuriano, tommasiano), che possiamo chiamare doppio in parallelo, creazione e rivelazione, ragione e fede, filosofia e teologia sono armonicamente corrispettive. Secondo una definizione classica (formulata ad esempio da Tommaso) dei confini epistemologici dei due ambiti, ci sono proposizioni appartenenti solo allambito filosofico, proposizioni appartenenti solo allambito teologico (articula fidei e loro conseguenze) e proposizioni appartenenti ad entrambi (praeambula fidei); le proposizioni teologiche non possono essere razionali (ossia razionalmente dimostrabili come vere), ma debbono essere ragionevoli (ossia razionalmente plausibili: quindi non possono essere dimostrate false e quindi gli argomenti in contrario non possono essere stringenti). Secondo invece un altro modello (scotista, occamista, luterano, ed anche galileiano) che potremmo chiamare del doppio in separazione, i due saperi sono indipendenti e separati; la libert di Dio non consente di mettere limiti filosofici alla teologia; daltra parte, secondo il modello galileiano c una separazione di ambiti che non consente contrapposizioni fra sapere sovrannaturale per fede e sapere naturale o scienza; ma questo vale perch la scienza quella fisica: se invece considerassimo la metafisica, ma soprattutto la storia, possibilit di contrasto ci sarebbero, come ha ben mostrato Blondel. Secondo infine un terzo modello (averroista, spinoziano, variamente importato nel cristianesimo, ma non autenticamente cristiano), lo schema del doppio sarebbe solo apparente: una sola la verit; laltra ne solo la divulgazione o meglio volgarizzazione; questo il modello con esiti diametralmente opposti sia del razionalismo (averroista e spinoziano), per cui la sola verit sarebbe quella filosofica, sia del fondamentalismo, per cui la sola verit sarebbe quella teologica. 8. OTTAVA TESI. La struttura dilemmatica e paradossale della questione pone innanzitutto la comprensione del cristianesimo come mana o come follia. La domanda sulla legittimit della filosofia cristiana pu a questo punto essere riformulata cos: possibile una intersezione tra le due parti (filosofica e teologica) dello schema del doppio sapere? Sul primo versante, il problema di fondo la vita stessa: un caso serio ma non disperato (attraverso la gratuit sensata del dono), oppure disperato, ma non serio (attraverso la gratuit insensata della banalit dellesistenza)?

Secondo questo schema, AGOSTINO compose il De vera religione e parl di filosofia cristiana nel Contra Iulianum; cos, prima ancora, Crisostomo, similmente Evagrio Pontico e i padri del deserto.

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Sul secondo versante, il problema linterpretazione personale della proposta evangelica: il cristianesimo, mana o mora? Del resto, secondo una delle versioni del Kerygma originario, il fenomeno pentecostale fu letto come ebbrezza o come presenza dello Spirito Santo; largomentazione petrina per escludere lebbrezza pu essere considerata latto di nascita delluso apologetico della ragione nella soluzione pragmatica del dilemma insito nel paradosso cristiano. Secondo una tradizione iniziata da Paolo (e che ha trovato grande enfasi filosofica nellElogio della Follia di Erasmo), il cristianesimo sarebbe apparentemente mora, ossia stoltezza, ma in realt (ammessa la divina rivelazione) sapienza; mentre invece la filosofia sarebbe apparentemente sofa, sapienza, ma in realt (ammessa appunto la divina rivelazione), stoltezza. Non si tratta di psicopatologia, ma di allargamento degli orizzonti; onde limpegno a rendere ragione di tale stoltezza. Significativo invece che per i primi critici pagani, il cristianesimo fosse mana (cos ad esempio Epitteto), ossia ostinazione ed esagerazione: i cristiani agirebbero per pura partigianeria e mera ostinazione (kat psiln partaxin), e non per un ragionamento, con nobilt e senza tragedia come i veri filosofi (secondo Marco Aurelio); a tali accuse, sostanziali, seguivano e seguono altre legate al carattere paradossale del cristianesimo e al suo conseguente fraintendimento. In particolare, al fraintendimento della fede monoteistica, della liturgia sacramentale, della comunione e fraternit ecclesiale, della duplice cittadinanza (ossia della distinzione della sfera della coscienza personale e comunitaria dalla sfera pubblica statuale) e finalmente della nozione di sovrannaturale (intesa come antinaturale), sono da ricondurre rispettivamente le accuse di ateismo e superstizione, aberrazione rituale (le cene tiestee o cannibalche), promiscuit (le unioni edipiche o incestuose), lesa maest nei confronti dellautorit dello stato, misantropia 50. In un certo senso, dovendo giudicare il cristianesimo proprio lambivalenza dei sospetti a destare sospetto: ateismo o superstizione (come sospettava la critica antica); proiezione consolatoria e compensatrice, oppure introiezione repressiva e defraudatrice (come sospetta la critica psicologica); religione ideata dai dominatori per tener buoni i dominati, oppure dai deboli dominati per risentimento contro i forti dominatori (come sospettano la critica sociale marxiana e quella nietzscheana); il cristianesimo pu anche essere stato occasionalmente luna e laltra cosa, ma non pu certo esserlo costitutivamente. 9. NONA TESI (TUTTA TEOLOGICA). La filosofia cristiana dal punto di vista teologico cattolico (sia speculativo, sia soprattutto pratico) ha una molteplice funzione positiva, in particolare nella elaborazione del progetto culturale di una universit ecclesiale degli studi e degli studiosi e del progetto educativo per la formazione di quanti avranno responsabilit nella Chiesa. Poich, infatti, come acutamente notava Kant, non si pu imparare la filosofia: tuttal pi si pu imparare a filosofare, questo si pu meglio fare alla luce del principio

50 Cf TACITO, Annali, 15.44.4; EPITTETO, Diatribe, 4.7.6; Marco Aurelio, Pensieri, 11.3.2; in generale cf (a cura di Paolo Carrara), I pagani di fronte al cristianesimo. Testimonianze dei secoli I e II, Nardini, Firenze, 21990, p. 3839, 47, 106-107, 116, 144-147.

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cristiano del fare la verit nella carit, ossia, secondo una bella espressione di Ireos Della Savia, cercando di mettere in comunione i valori di ogni differenza. In questa prospettiva linsegnamento filosofico deve essere fondamentalmente una educazione allinterpretazione: infatti, parafrasando Ignazio, ogni buon cristiano, a fortiori se filosofo, devesser disposto a salvare laffermazione dellaltro, pi che a condannarla, e se proprio non la pu salvare, cerchi di capire come laltro lintenda; e se la intende male, faccia di tutto perch ben intesa si salvi 51. In questo senso, la filosofia cristiana, proprio perch cristiana, non pu disinteressarsi delle altre visioni del mondo: Se infatti salutate solo quelli che vi salutano, che merito ne avrete?. Se Leibniz, in base ad una (discutibile) concezione digitale della conoscenza, auspicava il tempo in cui due filosofi che discutessero potessero dire: Calcoliamo!; oggi noi potremmo pi realisticamente auspicare di poterci sedere al tavolo per dire: Traduciamo!.
Fatta salva la possibilit del paradosso di una rivelazione eterna nel tempo, da un punto di vista filosofico non rimane che dialogare e discutere. Linterculturazione resa possibile da un medium interculturale: ma esiste un esperanto filosofico, che accomuni oggi tutte le culture, le religioni, le filosofie, come la filosofia aristotelica corretta in chiave creazionista lo era nel tredicesimo secolo? Oggi non pi: ma ci pu essere un accordo sui primi principi a partire da cui discutere del resto. Bisogna correre il rischio del dialogo e dellinterculturazione, sulla base comune dei primi principi (in certis unitas), pur nella tolleranza per le diverse opzioni (in dubiis libertas) fondata non su un relativismo etico e culturale ma sul rispetto oggettivo della dignit personale (in omnibus caritas). Daltra parte, dialoga di pi chi essendo se stesso si confronta con gli altri, piuttosto che quanti rinunciando ad essere se stessi non si confrontano con gli altri. Il dialogo si vede pi dalle opere che dalle parole. La filosofia cristiana va difesa di principio, anche se nel contatto con i non cristiani pu essere tenuta nel sottofondo.

Ancor oggi, come ai tempi di Tertulliano, la filosofia cristiana teme una sola cosa: di essere rifiutata senza essere capita o perlomeno ascoltata, e di essere fraintesa come mana, ossia fanatica follia) 52, anzich colta come ragionevole mora (ossia come tentativo di render ragione della apparente stoltezza della ragione, che per pu far allargare i paletti del pensiero e mostrare una sapienza pi sapiente). Ci che daltra parte rende i cristiani troppo spesso irrilevanti nella cultura la loro paura di essere irrilevanti: ci li porta a compromettersi con il potere pur di assicurarsi una presenza nella societ (che sarebbe per solo nominale, in quanto svuotata di pregnanza) o ad una dissimulazione nella mentalit dominante. La cultura cristiana troppo spesso assomiglia alla manzoniana Perpetua, celibe per aver rifiutato tutti i partiti, come diceva lei, o perch non aveva trovato nessun cane che la volesse, come dicevano le sue migliori amiche. Sebbene il senso filosofico della filosofia cristiana si comprenda meglio se insegnata e praticata in una universit aconfessionale, e possibilmente accanto alle filosofie ebraica, islamica, ind, buddhista, taoista e confuciana, tuttavia linsegnamento e la pro51

Si tratta del celebre Praesupponendum, premesso agli Esercizi Spirituali: Al fine che tanto chi d gli esercizi [], quanto chi li riceve, maggiormente si aiutino e avvantaggino, si deve presupporre che ogni buon cristiano devesser pronto pi a salvare laffermazione del prossimo, che a condannarla, e se <proprio> non la pu salvare, ricerchi comegli la intenda; e se la intende male, lo corregga con amore; e se ci non bastasse, cerchi tutti i mezzi convenienti perch, intendendola bene, si salvi. In effetti anticamente questa era lobiezione, ad esempio di Epitteto e Marco Aurelio; cos pure le altre accuse mosse ai cristiani dal mondo antico: lesa maest (in realt fraintendimento della secolarit), cene tiestee (fraintendimento della sacramentalit), unioni edipiche (fraintendimento della comunionalit), ateismo (fraintendimento della religiosit).
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mozione della filosofia cristiana indispensabile in un contesto teologico e in vista di una formazione pastorale: questo potrebbe essere il progetto di una universit ecclesiale. In generale, una universit (intesa come totalit articolata degli studi e degli studiosi) ha due funzioni, quella di ricercare e quindi aumentare il sapere della cultura, e quella di comunicare e quindi trasmetterlo e discuterlo nella comunit accademica e scientifica, fermo restando che ogni universit dovrebbe cercare di dedicarsi a quei settori in cui potrebbe dare il meglio di s ed essere cos pi competitiva rispetto alle altre. Ebbene sia quanto alla prima sia quanto alla seconda funzione, per una facolt ecclesiale di filosofia il punto di forza potrebbe essere appunto il campo della filosofia cristiana. SantIgnazio aveva fondato il Collegio Romano sotto gli occhi del vicario di Cristo e al centro della Cristianit per formare a sentire cum ecclesia e a leggere non multa sed multum, dando ordine allesercizio, che la cosa pi valida per rendere gli studenti davvero dotti, nella speranza che la buona dottrina, degli autori tanto cristiani quanto non cristiani, eventualmente rivista, si estenda anche al di fuori di essa. Limportante che negli studi ecclesiali si alimenti con rigore e onest linteresse per luomo, cos che lo studente, approfondendo la cultura e allargando i paletti della sua tenda interiore, si prepari ad esercitare il compito di intellettuale nella societ: infatti (parafrasando Paolo) tutta la cultura prodotta dalluomo utile a istruire, educare, correggere, formare alla giustizia cos che luomo [...] sia completo e ben preparato per ogni bella impresa. Inoltre, dal punto di vista educativo, una facolt ecclesiale dovrebbe formare i suoi alunni cristiani non solo come intellettuali, non solo come credenti, e nemmeno solo come intellettuali e credenti, ma anche e soprattutto come intellettuali credenti (si devono insomma fare non due cose, ma una sola, nella distinzione senza separazione e nellunione senza confusione: ossia facendo del dogma calcedonese il paradigma culturale cristiano per eccellenza). Dal punto di vista teologico questa operazione pu certamente essere propedeutica e apologetica rispetto alla fede, ma da un punto di vista strettamente filosofico questo ha una triplice valenza, secondo i tre valori della filosofia ancor oggi particolarmente attuali, ossia la valenza dialogica, utopica e critica, che costituiscono rispettivamente leredit ancor oggi condivisa della filosofia antica e di quella moderna. Possiamo riassumere questa eredit filosofica nella educazione al fatto che si pu pensare altrimenti: questo sia col confronto con un pensiero concretamente altro, mediante il dialogo, sia con lo sforzo di sognare una realt idealmente altra, mediante lutopia; sia con il mettere in discussione i propri presupposti e le proprie convinzioni senza dar nulla per scontato, attraverso la riflessione metodologica e critica. Questo compatibile con un concetto fondamentale del cristianesimo, quello del carisma, ossia del dono dato ad alcuni per tutti, ai pochi per i molti. Proprio dellamore infatti fare a persone diverse doni diversi, perch la diversit aiuti a costruire comunit. La funzione dialogica della filosofia cristiana consiste nel preparare al dialogo fra punti di vista: quello cristiano e quelli non cristiani (in quanto la differenza aiuta cia-

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scuno a costruire la propria specifica identit e ad integrarla), ma anche fra quello filosofico e quello teologico, contro i facili concordismi e gli ancor pi facili unilateralismi. La funzione utopica della filosofia cristiana consiste nel saper illuminare i problemi del mondo attraverso il ricorso filosofico, e quindi condivisibile da tutti, alla questione teologale cristiana. Al vagheggiamento di una realt migliore (eutopia) si unita la messa in guardia di una realt peggiore (distopia); la caratteristica cristiana quella di tenere unite le due cose e che declina lutopia nel tempo attraverso la speranza. Fra i due estremi dellottimismo (che spesso pare, come nota Schopenhauer, non solo falso, ma anche irriguardoso per chi sta male) e del pessimismo (che spesso pare un realismo ben informato), il cristianesimo offre la visione di un ottimismo tragico, o meglio di una divina commedia, dove il brutto e deforme viene assunto per la migliore riuscita della storia. Per influire sulla cultura e sulla societ bisogna sapere interessare tutti ai problemi teologali presentati culturalmente e socialmente e bisogna preparare gli intellettuali cristiani a saperlo fare. Dal punto di vista etico e politico, una adeguata formazione eviterebbe gli estremismi di quei cristiani che sono pi radicali dei no-global e considerando il denaro come sterco di satana trascurano che la loro stessa esistenza si conduce attraverso mediazioni economiche. Contrariamente a quanto comunemente si crede in ambito ecclesiastico, la questione filosoficamente teologale non interessa soltanto i credenti in Cristo, ma anche e soprattutto gli altri; i primi infatti hanno la fede cristiana e la filosofia cristiana un di pi; ma per gli altri veramente interessante perch la possibilit di mettere in circolazione certi contenuti cristiani al di fuori della cerchia strettamente credente. Occorre dunque far ripensare i temi teologali, ma a tal fine occorre essere preparati, perch non accada che come nei quartieri di un tempo ledificio pi bello era la chiesa, in quelli di oggi il pi brutto ancora la chiesa, o non accada come in quella chiesa stupenda di Firenze, in cui cerano cartelli in tutte le lingue con su scritto offerte, ma nemmeno un cartello per spiegare il senso teologico dei capolavori darte in essa contenuti. Oltre a ci, c una valenza etica e politica. La conoscenza amorosa riesce a capire la realt pi in profondit. Secondo la narrazione evangelica, alla notizia che la cugina anziana era incinta, Maria cap che doveva andare ad aiutarla; e a Cana solo lei si accorse che mancava il vino. Quanto alla funzione critica essa molteplice. C innanzitutto una funzione critica prolettica, e quindi formativa: la riflessione teorica sulle condizioni di possibilit dellesperienza se ben condotta anche una preparazione pratica ad ogni esperienza possibile, anche difficile. Finora non mi sono scandalizzato di alcun fatto negativo, perch anche se non sempre lo ritenevo probabile, tuttavia lho sempre saputo possibile. In questo senso, la filosofia cristiana pu svolgere un ruolo importante di proposizione della filosofia non cristiana e anticristiana quale advocatus diaboli indispensabile per la edificazione interiore. Dante presenta il diavolo come un gran logico (Tu non credevi chio loico fossi!); e in effetti la filosofia pu svolgere la funzione educativa rappresentata simbolicamente dallepisodio delle tentazioni di Cristo nel deserto,

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quasi anticipazione e soluzione di tutte quelle che sarebbero tornate al momento opportuno. La presenza della filosofia nella filosofia cristiana, e del cristiano filosofo come maestro di filosofia simpliciter aiuter il cristiano discepolo ad affrontare serenamente tutti i generi di obiezione alla sua fede. Infatti, il proporre la filosofia con tutta la sua carica di aconfessionalit, se fatto con serenit dal maestro filosofo credente, aiuter il discepolo ad assimilarla positivamente. vero che lo studio in genere (e quello filosofico in specie) in s ambivalente: come un bisturi chirurgico pu servire a salvare una vita o a perderla. Tuttavia, ragionare bene non pu fare che bene. C poi nella filosofia cristiana una funzione critica confermativa; chi certo della propria fede non ha paura di confrontarsi con chi non crede. Occorre accompagnare gli alunni a portare la pecora nella gabbia del lupo senza timore, per confermare loro e per smentire il sospetto contro la fede. Bisogna dare compattezza alledificio della fede, perch non solo per il filosofo, ma anche per il credente il primo dovere la coerenza (che per il filosofo non solo dottrinale, ma exercita ossia col vissuto; e per il credente non solo reale, ma anche personale, come fedelt a una Persona). C poi una funzione critica di smascheramento, contro i virus che infestano la fede e la ragione; in particolare la misologia, che oggi si ripropone come fondamentalismo e integralismo in quasi tutte le grandi religioni. Tra i virus, occorre guardarsi soprattutto dai cavalli di Troia; in ogni epoca storica, quando ci si scagliati contro veri o presunti avversari, si spesso finito per accogliere nella propria dottrina princpi da loro inconsapevolmente desunti (cos fecero i neoscolastici nei confronti del razionalismo moderno). Ebbene, in era post-moderna il cavallo di Troia costituito dallambivalenza del nichilismo e del connesso pensiero debole. Se il nichilismo di senso consiste nel non trovare alcun senso nel mondo, ma nel darlo soggettivamente, ebbene molta della fede e della vocazione dei credenti di tal tipo, ossia gratificante, soggettivistica. Allora la fede non pi fiducia certa, ma credere di credere. Inoltre, mentre il pensiero ontologico espresso dalla celebre affermazione vero dire essere ci che e non essere ci che non , viceversa il pensiero debole consiste nel ritenere che non lo dico perch vero, ma vero perch lo dico; ma allora il pensiero autoritario che spesso nella Chiesa si afferma in tempi di relativismo non altro che il rovescio della medaglia: infatti non dice che lo dice il magistero perch vero, ma che vero perch lo dice il magistero. Lultima funzione critica quella di garanzia di trasparenza e correttezza dellinterazione fra ragione e fede, per evitare i trucchi da prestigiatore che tira fuori dal cappello speculativo il coniglio dogmatico (che prima vi aveva nascosto dentro), e lo sottrae poi al critico colpo di pistola. Ebbene, non incorre in scorrettezza il filosofo che pur disponendo di bussola segreta, rifaccia i calcoli della rotta in base alle stelle che tutti possono osservare. Questo deve fare la filosofia cristiana. Unultima osservazione. Spesso i filosofi cristiani sono pi realisti del re quando parlano dellidea di rivelazione, come se si trattasse di una forma di conoscenza totalmente diversa da quella abituale. Ebbene, perlopi il profeta non sa di essere profeta. E dunque lo stesso testo scritturale frutto del riconoscimento ecclesiale quanto al canone pi che della consapevolezza degli agiografi. Lispirazione, in senso cristiano comunemente accolto, non altro che la garanzia che quello che gli agiografi hanno scritto con

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il loro sforzo interpretativo e riflessivo (ossia con la ragione) ha un inerrante senso salvifico. Similmente latto di fede del credente non normalmente frutto di una evidenza immediata, ma il risultato di una cooperazione tra ragione e volont, che per la dottrina cristiana, anticipata e sostenuta dalla grazia, ma che non toglie mai il lavoro della ragione, sicch il credente pu come Paolo dire: So a chi ho creduto. Di conseguenza, ad unanalisi pi approfondita, ragione e fede non sono due funzioni separate, ma sono due esercizi della stessa facolt (in questo, limmagine delle due ali, per quanto suggestiva, come tutte le immagini carente). A queste funzioni della filosofia cristiana se ne aggiunge una ulteriore, quella pedagogica, nel senso di preparazione evangelica o di propedeutica a Cristo. Secondo Paolo, la Filosofia per gli etnici ci che la Torh per i Giudei: ne ricaviamo che entrambe (e non solo la Torah) hanno dunque la funzione di pedagoghi che permettono di accedere alla scuola di Cristo: la Torh tramite limposizione di una Legge tanto necessaria quanto impossibile, e la Filosofia tramite la riflessione sullimplosione delle modalit (del possibile, del reale e del necessario) nella categoria del dono. La fenomenologia del dono ci mostra come non ci sia mai data direttamente lesperienza della pura gratuit: non a caso lo stesso termine latino munus significa tanto dono quanto compito e si riconduca alla radice verbale dello scambio. Nessun uomo pu essere veramente e totalmente generoso: lo insidia labisso dei doppi pensieri. Solo attraverso lesperienza dello scacco e della croce luomo pu intuire la dimensione della gratuit e della sincerit della generosit. La filosofia come necessario ma impossibile Amore della Sapienza condizione per arrivare a capire la Sapienza dellAmore, che allarga i paletti della mente dando luce a ci che appariva semplice follia. Occorre riempire dacqua le giare fino allorlo, perch si possa ricevere il buon vino; occorre avere ed usare le reti fino a riempirle, per poterle abbandonare con senso; occorre aver prima acquistato tutto e fatto tutto per capire che nulla serve e che noi stessi siamo servi inutili. Solo allora capiremo che cosa significa essere chiamati non servi, ma amici.

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