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Quando l’oggetto del desiderio è un altro soggetto, che ha una sua coscienza e
una sua volontà, noi appropriandocene lo cancelliamo come altro.
Ma anche l’altro vuole fare altrettanto con noi e cancellando l’altro si cancella il
senso dell’io; quindi appropriarsi dell’altro significa cancellare il suo io.
Hegel delinea la lotta per il riconoscimento che sfiora il pericolo della vita.
Per Hobbes “l’uomo è lupo dell’uomo”, vuole il diritto di tutti su tutto.
Con Hegel invece siamo sul piano mitologico, sul piano della conoscenza.
Nella storia il servo è colui che ha perso il suo io, individui ridotti a oggetti,
individui privi di autonomia (la capacità di governarsi, di darsi una regola).
Il padrone è colui che comanda, che è autonomo.
In Hobbes l’uomo aliena i propri diritti e li trasferisce allo Stato, diritti mai più
recuperati.
In Hegel il padrone è colui che, pur di comandare, è disposto a combattere, fa
le guerre, gestisce la sua vita in maniera spavalda, anche a rischio di morire.
Il servo invece è colui che si sottomette alla sovranità del signore per paura di
perdere la propria vita, per conservare integra la propria vita.
La differenza dipende dal fatto che il padrone è disposto a sacrificare la vita pur
di comandare, il servo per conservare la vita è disposto a perdere la propria
indipendenza, la propria autonomia.
Ma il padrone trova la sua definizione di padrone perché ha dei servi su cui
comandare; il servo in questo modo rende padrone il padrone, non esiste un
padrone senza servo.
In Hegel il padrone, non potendo fare a meno del servo, diventa servo del
servo; il lavoro rende il servo, che rende il padrone tale grazie al proprio lavoro,
padrone del padrone: è il lavoro che emancipa il servo dalla sua condizione di
servitù.
Per Marx il lavoro non rende i servi padroni, ma aliena i servi traducendoli in
oggetto del proprio lavoro, il lavoro aliena il lavoratore e lo rende materia.