cenni biografici
Georg Wilhelm Friedrich Hegel nacque il 27 agosto 1770 a Stuttgart (Stoccarda), da famiglia
protestante, "bene ordinata e agiata"; il padre era impiegato statale. Studiò al ginnasio di
Stoccarda i classici greci e latini. Seguì i corsi di filosofia (2 anni) e teologia (3 anni)
all'Università di Tubinga (1788-1793), dove si legò di amicizia con Schelling (con cui
conndivise un giudizio fortemente critico verso l'ambiente accademico di Tubinga) e
Hölderlin.
Si entusiasmò, in tali anni giovanili per la Rivoluzione e Napoleone. Gli avvenimenti della
Rivoluzione francese suscitarono infatti in lui un grande entusiasmo ed esercitarono sul suo
pensiero un'influenza duratura. Con gli amici di Tubinga, piantò un albero della libertà e fu tra
essi l'oratore più acceso in difesa dei princìpi rivoluzionari della libertà e dell'eguaglianza.
Quando Napoleone entrò a Jena (il 13 ottobre 1806), Hegel scrisse in una lettera:
"Ho visto l'Imperatore - quest'anima del mondo - cavalcare attraverso la città per andare in
ricognizione: è davvero un sentimento meraviglioso la vista di un tale individuo che,
concentrato qui in un punto, seduto su di un cavallo, abbraccia il mondo e lo domina ".
Né questo entusiasmo diminuì quando Hegel ebbe dato la sua adesione allo Stato prussiano.
Paragonava infatti, più tardi, la rivoluzione a un levarsi superbo di sole, un intenerimento
sublime, un entusiasmo di spirito che han fatto tremare il mondo di emozione, come se solo in
quel momento la riconciliazione del divino e del mondo si fosse compiuta".
A Berna, Francoforte e Jena.
Terminati gli studi, Hegel fece, com'era d'uso, il precettore in case private e fu per qualche
tempo a Berna (1793-1796). Al tempo del suo soggiorno a Berna appartengono i primi scritti,
che rimasero inediti: una Vita di Gesù (1795) e un saggio Sulla relazione della religione
razionale con la religione positiva (1795-1796). Dopo tre anni di soggiorno in Svizzera, Hegel
tornò in Germania ed ebbe un posto di precettore privato a Francoforte sul Meno (1797). Nel
1798-1799 Hegel compose alcuni scritti, tutti rimasti inediti, di natura teologica; nel 1800 il
primo breve abbozzo del suo sistema che anch'esso rimase inedito. Frattanto essendogli morto
il padre, che gli aveva lasciato un piccolo capitale, si recò a Jena, invitato da Schelling, e vi
ottenne il posto di libero docente. Qui anche esordì pubblicamente con la Differenza dei
sistemi di filosofia di Fichte e Schelling (1801). Nel frattempo, componeva e lasciava inediti
altri scritti politici. Nel 1801 pubblicò la dissertazione De orbitis planetarum e nel 1802-1803
collaborò con Schelling al "Giornale critico della filosofia". Nel 1805 divenne professore a
Jena e fu redattore capo di un giornale bavarese ispirato alla politica napoleonica.
A Norimberga
Nel 1808 divenne direttore del Ginnasio di Norimberga e rimase in questo ufficio fino al 1816.
Hegel descrive come anni felici quelli di Norimberga: in tale periodo si sposò, e scrisse la
Scienza della Logica
Heidelberg e Berlino
Nel 1816 fu nominato professore di filosofia a Heidelberg, dove pubblicò l'Enciclopedia delle
scienze filosofiche in compendio; e nel 1818 fu chiamato all'Università di Berlino. Cominciò
allora il periodo del suo massimo successo. Hegel moriva a Berlino, forse di colera, il 14
novembre 1831."
(alcune notizie sopra riportate sono tratte e adattate dalla Storia della filosofia, di N.Abbagnano, vol.3).
opere
Gli scritti giovanili (composti tra il 1793 e il 1800) rimasero inediti e sono quasi tutti di natura
teologica:
Inediti rimasero pure un primo abbozzo di Sistema, composto a Jena nel 1800: una Logica e
metafisica, una Filosofia della natura e un Sistema della moralità. Dello stesso 1801 è la
dissertazione per l'abilitazione alla libera docenza De orbitis planetarum. Con Schelling Hegel
collaborò nei due anni successivi al "Giornale critico della filosofia".
Differenza dei sistemi di Primo scritto filosofico pubblicato da Hegel: in esso privilegia
filosofia di Fichte e Schelling l'idealismo di Schelling che, in quanto è soggettivo ed
(1801) oggettivo ad un tempo, gli appare come il vero e assoluto
idealismo. In Fichte vi è ancora opposizione tra io e non-io,
solo in Schelling si ha una vera conciliazione degli opposti.
Anche qui si schiera contro ogni dualismo,
tanto illuminista (che esalta il finito, ponendo l'Infinito come
Fede e sapere (Glauben und un al-di-là inconoscibile),
wissen) (1802) quanto kantiano, di Jacobi e di Fichte (che non superano
l'opposizione finito/infinito, se non ricorrendo alla fede,
mentre è la ragiione che può conciliare i due poli)
Tutto è già come dovrebbe essere. Nella fattispecie storica
inutile inquietarsi per la sconfitta tedesca davanti a
Napoleone. La stessa guerra è necessaria e salutare per uno
La Costituzione della stato.
Germania (1802)
Comunque la Germania è stata sconfitta per la sua disunione,
e per l'individualismo in essa diffusosi: occorre invece una
unità attorno allo Stato, visto come fine assoluto.
Hegel si pone il problema di come sorga la vita spirituale
dall'originaria unità indifferenziata. Dal bisogno scaturisce il
Sistema dell'eticità (1803) lavoro, da cui poi il tipo di rapporto economico e infine la
famiglia e il popolo, che è la forma più alta di eticità (più della
stessa famiglia).
la Prefazione
a) critica Kant: per la sua pretesa di giudicare la conoscenza dall'esterno (mentre "non si
impara a nuotare stando fuori dall'acqua"); la ragione non può dubitare della sua validità in
generale, dato che è pur sempre lei a dubitare (impossibile essere giudice e imputata ad un
tempo). Si può perciò mettere in discussione una sapere parziale a partire da un altro sapere,
più perfetto)
b) critica Schelling: il suo errore è di concepire l'Assoluto come indifferenza, appiattimento dei
contorni (una "notte in cui tutte le vacche sono nere"), attingibile perciò dall'intuizione, con un
"colpo di pistola" immediato. Invece esso è l'Intero, in cui le differenze non sono annientate, e
che non è Sostanza (statica), ma Soggetto (dinamico), si sviluppa realizzandosi
progressivamente, mediante tappe o "figure" e così la filosofia lo raggiunge mediante uno
sviluppo, la "fatica del concetto", che ripercorre tali figure.
"tutto dipende da questo: che si colga e si esprima il vero non come sostanza, ma altrettanto
decisamente come Soggetto."
"Il vero è l'intero. Ma l'intero è soltanto l'essenza che si compie mediante il suo sviluppo.
Bisogna dire dell'assoluto che esso è essenzialmente risultato, che esso solo alla fine è ciò che
è in verità." per l'intero brano
1) la coscienza
Si scandisce nei tre momenti della certezza sensibile (limitata all'hic et nunc), della percezione
(coscienza universale e globale ogg) e dell'intelletto (pensa che l'oggetto sia altro).
2)l'autocoscienza
Hegel stesso dice che "l'autocoscienza è in sè e per sè per un'altra; ossia è soltanto come un
qualcosa di riconosciuto" "per l'autocoscienza c'è un'altra autocoscienza".
3)la ragione
È la "certezza di essere ogni realtà", il che le rende accettabile quel mondo che prima le
sembrava diverso da sé, antitetico a sé. Questa certezza per divenire verità deve giustificarsi:
a)dapprima cercandosi nel mondo della natura, contemplandolo (naturalismo Rinascimentale);
attraverso la ricerca delle leggi naturali, la ragione cerca nel mondo oggettivo nient'altro che sé
stessa, benché non lo sappia. b)poi si cerca nell'azione: prima nel piacere (cfr. Faust di
Goethe), che però la travolge come qualcosa di estraneo: allora si dà alla legge del cuore (cfr. i
Romantici), che però è ancora troppo individuale e urta contro la legge di tutti: così, per
vincere la potenza superiore di tale legge esterna punta sulla virtù, che però è qualcosa di
astratto, donchisciottesco (allusione a Robespierre, secondo Abbagnano): solo nell'eticità,
nell'operare nello Stato, la Ragione trova pienamente sé stessa, deponendo ogni scissione, ogni
infelicità e raggiungendo pace e sicurezza.
4) lo spirito
Nasce dalla ragione diventata eticità, dentro un popolo (sostanza della vita degli individui).
Hegel ne segue l'evoluzione in tre momenti essenziali: il mondo greco, quello romano e quello
moderno.
a) il mondo greco è il mondo della "libertà bella", spontaneo inserimento dell'individuo nello
Stato. Già in esso però si manifestano antitesi *tra legge umana (quella della polis) e divina
(testimoniata dalla Antigone), e *tra consapevolezza umana e Fato (documentata nell'Edipo
Re).
b) il mondo romano è poi il momento della antitesi (tra individuo e legge universale)
c) il mondo moderno è così chiamato ad essere la sintesi, destinata ad aversi quando avverrà
l'alienazione di sè da parte degli individui (come enti naturali) nello Stato e nella società
[secondo Hyppolite Hegel pensa qui a Hobbes, Locke e soprattutto Rousseau], costruendo così
la civiltà (Bildung).
A ciò si oppongono: *la fede, che la giudica vanità; e *la pura "intellezione" (l'illuminismo),
che si chiude nel finito. SSia Kant sia la Rivoluzione francese, in tal senso non sanno
conciliare, rispettivamente: legge e volontà, stato e individuo.
Distigue tre tipi di religione: *quella naturale (che pone il divino in realtà materiali, come
animali e piante); *la religione artistica (quella greca, che si avvale soprattutto della scultura,
degli oracoli, della tragedia) e * quella rivelata, che ha il suo culmine nel Cristianesimo
(l'Assoluto come presente).
6) la filosofia
in sintesi
la scienza della Logica Idea in sè "Dio" (/ovvero lo spirito umano) com'era prima
di creare il mondo
la natura, ovvero lo spirito alienatosi, uscito da
la filosofia della natura Idea per sè
sè
soggettivo
Idea in sè e per
la filosofia dello spirito lo spirito rientrato in sè stesso oggettivo
sè
assoluto
definizione
"La logica è la scienza dell'idea pura, dell'idea nell'astratto elemento del pensiero" (Scienza
della Logica, d'ora in poi WL, 19)
essa studia:
a. [atto del soggetto] "una delle attività o facoltà spirituali" del soggetto, "accanto
alla sensibilità ,all'intuizione, alla fantasia, all'appetizione, al volere, etc" [WL,20]
Infatti l'oggetto della metafisica è l'essere, ma l'essere coincide con pensiero, che è l'oggetto
della logica. Tale identità non è stata riconosciuta da subito nella storia della filosofia, la si è
guadagnata in una storia, che ha visto tre fondamentali momenti (anche qui: tesi, antitesti e
sintesi), ossia TRE POSIZIONI DELL'ESSERE rispetto all'OGGETTIVITà
è "la verità della sostanza" (nel senso che per l'idealismo di H. si dà piena e
totale intelligibilità del reale). Di per sè il concetto è *universale, ma poichè
deve afferrare *l'individuale, deve farsi *giudizio (cioè coincidenza di
universale e particolare: universale concreto) e sillogismo (cioè
dottrina del
comprensione del perchè di tale coincidenza: la razionalità del reale va
concetto
dimostrata, non può essere intuita).
Mentre per Parmenide e Aristotele (sia pur in diverso senso) l'essere non può non essere, ossia
l'essere è non-contraddittorio, ossia è uno, ossia ogni cosa è identica a sè stessa per Hegel
l'essere è e non è, è contraddittorio, è diviso in polarità dialettiche che si contraddicono e si
sintetizzano, ossia ogni cosa richiama il suo contrario, ed è al contempo sè stessa e il suo
contrario, e la sintesi di entrambi. Ne segue, ad esempio, che "il falso non è che un momento
della verità".
La filosofia della natura è la parte meno originale e meno pensata del Sistema.
2) la natura, in generale. La Natura è "l'idea nella forma dell'esser altro", fuori di sé,
"decaduta", alienata. È il momento dell'antitesi, della contraddizione insoluta. È peraltro
passaggio necessario per la realizzazione dialettica dello Spirito.
H. afferma la intelligibilità della natura, per cui sostiene una concezione antimeccanicistica e
organicistica: la Ragione infatti non si perde realmente, perché nel mondo dello Spirito si
ritroverà, superando questa fase di esteriorità.
in cui tratta del moto locale, quindi di spazio e tempo, da lui visti (a differenza di Kant)
meccanica come inerenti alla natura, pur essendo qualcosa di astratto (astratta esteriorità lo spazio,
astratta interiorità il tempo).
Concerne l'Idea ritornata in Sé, dopo l'estraneazione nella natura, di cui lo Spirito è la "verità".
I. è nella forma della relazione con se stesso: dentro di esso la totalità ideale dell'Idea diviene
a lui, vale a dire ciò che è suo concetto, diventa per lui, e il suo essere sta appunto nell'essere in
possesso di sé, cioè nell’esser libero. Tale è lo spirito soggettivo;
II. è nella forma della realtà, come di un mondo da produrre e prodotto da esso, nel quale la
libertà sta come necessità esistente. Tale è lo spirito oggettivo;
III. è nell'unità dell'oggettività dello spirito e della sua idealità o del suo concetto: unità,
che è in sé e per sé, ed eternamente si produce: lo spirito nella sua verità assoluta. Tale è lo
spirito assoluto."
lo spirito soggettivo
E l'Idea "nella forma della relazione con sé stessa": "§11 (387). Lo spirito, che si svolge nella
sua idealità, è lo spirito in quanto conoscitivo. Ma il conoscere qui non viene concepito
meramente come è nella determinazione dell'idea in quanto logica (§223); sebbene nel modo in
cui lo spirito concreto si determina alla coscienza.(...) Nell'anima si desta la coscienza; la
coscienza si pone come ragione, che si è immediatamente destata alla consapevolezza di sé; la
quale ragione, mediante la sua attività, si libera col farsi oggettività, coscienza del suo
concetto."
Antropologia: H. vi sviluppa la tesi della
"B) per sé o
mediatamente, come
riflessione ancora identica
in sé e in altro, lo spirito
Lo spirito
nella sua relazione o Fenomenologia dello spirito: vi riprende molti
soggettivo
particolarizzamento, la concetti dell'omonima opera giovanile
è:
coscienza: il che è
l’oggetto della
Fenomenologia dello
spirito."
Psicologia: studia lo spirito, tripartito in
lo spirito oggettivo
ossia l'Idea "nella forma della realtà, come di un mondo da produrre" vede il succedersi di tre
momenti:
in sintesi
Hegel nega che esista una legge naturale (=precedente le leggi poste dagli stati): vano è
affannarsi con la legge morale, come faceva Kant (certo, prendendosela con lui ha
miglior gioco: Kant era la caricatura della moralità naturale); la moralità non è
faccenda personale, non è il mio rapporto con la legge (e questo passi) nè il mio
rapporto col Destino (e qui Hegel sbaglia).
Avrebbe ragione a dire che una lotta senza tregua contro la propria non-moralità (quale
la pensava Kant) è controproducente e insostenibile, se si fonda sulle proprie forze e in
virtù di un proprio progetto e non avendo presente altro che il proprio io, da rendere
perfetto: senza rapporto con un TU non c'è vera morale.
Ma ha avuto torto a buttar via, col moralismo kantiano, la stessa idea di morale, di
dovere che l'individuo, anzi la persona avverte in sè e che non è condizionabile o
cancellabile dalla società.
Di conseguenza affida tutto alla legge positiva: "tutto ciò che è reale è razionale", ossia
la legge dello stato (ciò che è "reale") ha sempre ragione (è "razionale"). Anche quando
chiede di uccidere, o di torturare: ha sempre ragione. Inutile tormentarsi: in piena
tranquillità si può e deve obbedire allo Stato. Non esiste termine di paragone per la
legge positiva.
Nello stato e solo in esso quindi si attua pienamente l'uomo: né la famiglia (importante
sì, ma solo se relazionata alla totalità statale), nè la società (che secondo Hegel è minata
dagli egoismi individuali, non ha una vera unità ma è solo una somma di tanti interessi
particolari) costituiscono ambiti degni di una stima e di un rispetto incondizionati, ma
solo lo Stato
"la realtà della libertà concreta è volontà divina, in quanto spirito esplicantesi a forma reale e
ad organizzazione di un mondo" , "è totalità organica che precede gli individui
"tutto ciò che l'uomo è, lo deve allo Stato: solo in esso egli ha la sua essenza.[..] Lo stato è
l'unità della volontà universale, essenziale, e di quella soggettiva."
"Lo Stato non esiste per i cittadini: si potrebbe dire che esso è il fine, e quelli sono i mezzi."
la storia
Non esiste un solo stato, e il rapporto tra gli stati non è qualcosa di statico: dalla molteplicità
degli stati, in dinamica evoluzione nasce la storia.
in generale
E' possibile comprendere la storia, la sua logica. Infatti solo apparentemente la storia è un
succedersi di eventi casuali, contingenti. In realtà essa è razionale, di una razionalità che non
deve essere creduta, come potrebbe essere nel caso di una teologia della storia, ma può essere
saputa, compresa dalla ragione. Dunque esiste una filosofia della storia. E questa coglie non
solo delle linee generali, delle leggi universali, delle costanti, ma capisce esaurientemente ogni
dettaglio concreto della storia.
Che cosa è allora la storia? In generale essa è attuazione e manifestazione progressiva della
ragione, dell'Assoluto, dello Spirito. Infatti Dio diviene, si realizza, nella storia.
L'Assoluto è quindi esaurientemente nella storia. Non esiste perciò niente di metastorico. Non
esiste giustizia metastorica (lo si è già visto: non esiste un diritto naturale metastorico):
piuttosto "la storia universale è in giudizio universale" (Weltgeschichte ist Weltgericht, § 548).
Dunque:
o tutto ciò che accade nella storia ha una sua ragione, una sua necessità, come
momento inevitabile del dispiegarsi della Ragione assoluta;
o anche la guerra è giustificata, ed è bene, né può essere eliminata (in ciò H. si
stacca non solo dal Cristianesimo ma anche da Kant).
Il fine della storia in questa prospettiva è "che lo spirito giunga al sapere di ciò che esso
realmente è (...) manifesti ogettivamente sè stesso", ossia è la piena automanifestazione dello
spirito in una realtà storico-oggettiva.
il succedersi di vari popoli (in effetti l'azione dell'individuo, dice H., è tanto più
efficace, quanto più si innerva nella vita del suo popolo), in cui via via si incarna lo
Spirito universale;
quest'ultimo si serve anche di motivazioni passionali e particolari per raggiungere
attraverso di esse dei fini universali: si attua così la astuzia della ragione;
nella storia si evidenziano dei personaggi di speciale portata, degli eroi o
weltgeschichtlichen individuen (individui storico-universali), che sanno cogliere il
sebso in cui va la storia, e sanno collocarsi su un punto di vista superiore (beché in
qualche modo anche loro soggiacciano alla Astuzia della Ragione); il loro segno è il
successo, e la gente comune sente che li deve seguire (si pensi a personaggi come
Alessandro Magno, Cesare, Napoleone).
In particolare
lo spirito assoluto