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DON CARLOS

Riforma Luterana: La riforma luterana è un movimento religioso, politico e culturale che


nacque nel sedicesimo secolo in Germania e che portò alla frattura della cristianità in
diverse comunità o gruppi. Figura centrale del movimento protestante fu il frate
agostiniano Martin Lutero, da cui prende il nome la riforma. Gli storici fanno coincidere la
data dell'inizio del movimento con il 31 ottobre 1517, giorno in cui Lutero pubblico sulla
porta del castello di Wittenberg quello che è passato alla storia come il manifesto del
movimento: Le 95 tesi contro lo scandalo delle indulgenze. Secondo la dottrina delle
indulgenze il fedele poteva cancellare una parte precisa delle conseguenze di un peccato
attraverso la confessione. La critica di Lutero nacque dalla convinzione che la salvezza
umana risiedesse in Dio e che solo fede conducesse alla giustificazione dell'anima. Altro
punto fondamentale della Riforma Protestante era la lettura diretta delle Sacre scritture,
Lutero infatti notava che al suo tempo i preti non erano preparati dal punto di vista
teologico e al popolo era preclusa qualsiasi interpretazione delle Sacre Scritture. Lutero
provvide a tradurre la Bibbia dall'ebraico e dal greco al tedesco, da quel momento essa
divenne un oggetto di studio e approfondimento. Attraverso la cultura della riforma venne
attuata la restituzione dell'uomo alla terra; l'uomo, tuttavia, si sentiva prigioniero, privo di
qualsiasi consolazione.
Avere fortuna nella vita vuol dire simbolo divino. Si accede al cielo con capacità critica
A questo proposito la cultura protestante recuperò dal Medioevo il De Consolatione
Philosophiae (Severino Boezio, 523 d.C.) è costituita da un dialogo tra la personificazione
della Filosofia e l'autore stesso, ingiustamente imprigionato da Teodorico, re dei Goti.
Nell'opera ritorna il tema del giusto, il giusto che paga mentre il peccatore trionfa. A questa
ingiustizia si contrappone, però, la filosofia, che è una consolazione provvidenziale. La
filosofia è, perciò, l'unica Dea degna di essere amata. Con la cultura della riforma anche la
letteratura tedesca, quindi, diventa filosofica. (Rousseau, Kant, Nietzsche)
Periodizzazione della lingua tedesca (Scherer) Il giornalista austriaco Wilhelm Scherer
propone, un’articolazione della lingua tedesca in quattro periodi. 600 d.C epoca di
incubazione, primo apice della letteratura tedesca. 900 d.C predominio del clero, la lingua
letteraria torna ad essere in latino. 1200 d.C la letteratura tedesca diventa la più
importante letteratura Europea. 1500 d.C la riforma di Lutero ha un forte impatto sulla
lingua. 1600 d.C la Germania è il paese in cui si traduce di più, non vi è quasi alcuna
forma di letteratura autoctona. 1800 d.C secondo apice della letteratura tedesca.
L'Illuminismo tedesco: Il primo grande filosofo è Leibniz→ tedesco che però scrive in
francese e latino.
La centralità della ragione: Secondo la definizione che ne dà Immanuel Kant, l'Aufklärung
(rischiaramento, fenomeno storico che si realizza in Germania all'incirca tra la fine del 600
è l'inizio del 700) rappresenta l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità determinato dalla
incapacità di servirsi della ragione. Anche l'Aufklärung si declina infatti, al pari
dell'illuminismo francese e britannico, come un tentativo di affermazione della ragione -
seppur nella consapevolezza dei suoi limiti. All'indomani della guerra dei trent’anni il paese
si ritrova infatti frammentato in una serie di staterelli direttamente governati, in mancanza
di un potere centrale forte, da esponenti della classe nobiliare la quale, saldamente
attaccata al potere politico ed economico, costituiva un grande ostacolo alla formazione di
una borghesia in grado di portare avanti le istanze di un rinnovamento politico e culturale.
1783: D’Alembert si chiede se “sia meglio distruggere i pregiudizi o mantenerli”
(illuminismo promuoveva l’abolizione dei pregiudizi). I razionalisti però vogliono mantenere
i pregiudizi→ Illuminismo autocritico = la razionalità si autocritica razionalmente
Pietismo: Accanto a questa forte instabilità politica, la situazione della cultura tedesca del
tempo è profondamente segnata dalla progressiva affermazione del pietismo. Si tratta di
un movimento religioso che nasce nella Germania degli ultimi decenni del 600 attraverso
l'opera del teologo evangelico August Hermann Franke e rappresenta il principale
rinnovamento all'interno del protestantesimo europeo. Esso propugna (sostenere con
forza) il ritorno ad una forma di luteranesimo originario che potesse restituire centralità al
libero esame del testo sacro, e che riconoscesse la libertà dei Cristiani di fronte all'autorità
ecclesiastica e rivendicasse il primato della fede viva delle coscienze di fronte al culto
esteriore.
Il pietismo Il pietismo fu un movimento religioso diversificato che attraversò il luteranesimo
e il calvinismo, e che indirettamente contribuì allo sviluppo della vita letteraria tedesca.
Originariamente il pietismo si qualificò come reazione forte all'ortodossia protestante, che
criticava perché riduceva il cristianesimo a un insieme di questioni dottrinali e consolidava
una chiesa formalizzata in pratiche prive di autentica partecipazione. I temi caratteristici
del pietismo sono la conversione e la rinascita che si presentano come una continuazione
della riforma, anzi, come il suo ultimo perfezionamento. In generale, il pietismo per la sua
accentuazione della vita cristiana pratica, ha contribuito a indebolire la consapevolezza
delle appartenenze confessionali, favorendo un certo soggettivismo
Pietistica= mette al centro del fedele il controllo dell’anima→ c’è un continuo rapporto di
scambio tra amici e vi è l’uso della poesia (giocosa) anacreontica
La letteratura tedesca tra 700 e 800: Il 700 trova una Germania che soffre le terribili
conseguenze delle guerre religiose del 500 del 600 e, in particolare, della guerra dei
trent'anni che rallenta lo sviluppo economico e culturale dell'intero territorio. La Germania
ne risulta divisa in minuscoli staterelli autonomi e indipendenti la cui convivenza non è
affatto facile. Nasce la letteratura dell'introspezione: si tende verso uno studio dell'anima
moderno. Il mondo interiore (bello, libero) entra in conflitto con quello esteriore. La
tendenza all'introspezione è di derivazione religiosa; le riforme religiose, in particolare
quella luterana, propugnano l'idea di una libertà religiosa individuale: si pensa che nella
sfera privata si possa raggiungere il contatto con Dio. In questo clima di dualismi la cultura
tedesca vede la convivenza di aspetti razionali e irrazionali; quattro movimenti (due
razionali, gli altri irrazionali) si intrecciano e si alternano: l'Aufklärung, lo Sturm und Drang,
il Classicismo e il Romanticismo, tutti accomunati da un sostrato pietista.
Sturm und Drang (Rousseau): Lo Sturm und drang è un movimento eminentemente
critico di ampio respiro che dura relativamente poco (1770 1775) ma che influenzerà le
opere successive almeno fino al 1780. Si riprende la critica alla società effettuata da
Rousseau (il distacco condizione naturale umana ha prodotto una società in cui
continuano ad abbondare le discriminazioni). La progressione della società consiste nel
soddisfacimento dei bisogni che non sono primari, essa infatti soddisfa bisogni privi di
alcuna urgenza e necessità. Questa società del lusso e dell'artificio ha creato uno
squilibrio enorme che necessita di essere riformato. Quando arriva in Germania il pensiero
Rousseauliano ha un impatto clamoroso. Esso si combina con il concetto di ritorno alla
natura secondo il quale bisogna invertire il corso della società: bisogna far decrescere i
bisogni superflui e riportare le istituzioni e valori a comunicare con la realtà naturale. Colui
che è in grado di fare ciò è il genio, attraverso la sua opera egli crea, infatti, realtà originali
secondo il modo in cui la natura crea le sue realtà, imita dunque il modo di procedere della
natura. Il genio è eversivo e rappresenta una figura universale. Il luogo in cui il genio
compie le sue azioni è l’idillio che si sviluppa in Germania prima dello Sturm und drang il
quale, in seguito, lo stravolge. Il tema dell'idillio sarà presente in tutto il Settecento.
La cultura dell'Empfindsemkeit: A metà del 1700 si sviluppa una corrente sentimentale
(in tutta Europa) → molto noiosa.
Il pietismo recupera la sensibilità per l'analisi psicologica e sposa l'ambizione psicologica
della cultura del sentimento alla tendenza all'introspezione tipica della cultura religiosa.
Nel corso del tempo l'Empfindsemkeit non muore ma subisce delle trasformazioni. In
generale l'Empfindsemkeit nasce come reazione al razionalismo dell'Aufklärung e
propugna una nuova sensibilità la quale indica che è arrivato il momento di voltare pagina.
In musica è ora possibile esprimere i propri sentimenti (Empfinsamkeit: letteratura noiosa
ma musica fantastica): La musica del 600 si basa, infatti, su formule compositive che si
legano alle espressioni di determinati stati d'animo (imitato naturae). Questa retorica dei
sentimenti, a partire dagli anni 60-70, viene sostituita da una nuova visione della musica:
si cessa di imitare i sentimenti, la musica adesso ha il compito di entrare in contatto con
l'anima dell'ascoltatore e di smuoverla. La musica si rende sempre più autonoma dalla
parola, il che provoca una forte crisi all'interno dell'Opera e dell'oratoria, incapaci di stare
al passo con le trasformazioni della musica. I teorici del 700 credono, tuttavia, che l'opera
abbia enorme potenziale e che sia l'unica forma d'arte paragonabile alla tragedia greca,
ambizione che però si perde di fronte alla limitatezza degli strumenti utilizzati dai
compositori. Sulzer ritiene, di fatto, che la materia e la musica siano altisonanti e che,
dunque, esse non corrispondano alla trama. Nasce la necessità di riformare la musica nel
teatro d'opera per renderla quanto più simile alla tragedia greca: il teatro va trasformato in
qualcosa di più compatto e coerente.
Empfindsamkeit→ Mozart più grande Empfindsam di tutti i tempi
Accompagnamento di musica e parola a braccetto → la parola controlla le emozioni.
Presente nel Don Carlos (presente ancora oggi)
La riforma Gluckiana: Si definisce come riforma gluckiana il tentativo di rinnovamento
nell'opera del Settecento portato avanti nella seconda metà del secolo del musicista
Christopher. Come gli stessi autori indicheranno esplicitamente nella prefazione-dedica
dell'Alceste, il vero e proprio manifesto programmatico della riforma, apparso nel 1769,
essa si rivolgeva contro «tutti quegli abusi ... che hanno per troppo tempo deformato
l'opera italiana e reso ridicolo e seccante quello che era il più splendido degli spettacoli», e
si proponeva «di ricondurre la musica al suo vero compito di servire la poesia per mezzo
della sua espressione, e di seguire le situazioni dell'intreccio, senza interrompere l'azione
o soffocarla sotto inutile superfluità di ornamenti». «Per prima cosa si trattava di
semplificare al massimo l'azione drammatica». Vi è poi la volontà precisa di disfarsi di tutti
gli orpelli e ornamenti tipici del barocco che erano in evidente contrasto con il pensiero e il
gusto razionalista. Infine richiedeva una soluzione la questione legata al rapporto tra
parola e musica. Quest'ultimo fu un nodo cruciale che però Gluck seppe sciogliere
abilmente, dando poi lo spunto a nuove e più radicali trasformazioni. Era convinto che il
testo e la musica avessero un ruolo complementare, ma sempre assoggettando la
seconda al primo. Solo in questo modo poteva essere rispettato il razionalismo. Inoltre
quest'esigenza nasceva dall'eccesso di virtuosismi che si era avuto nei decenni precedenti
ad opera dei cantanti, i quali, talvolta, a causa della loro esecuzione eccessivamente
ornata di abbellimenti tecnici, compromettevano la comprensione delle parole (orfeo è un
bravo cantore, anche se si dispera canta bene, non grida)
Eudemonismo: ricerca della felicità→ 1776 dichiarazione d’indipendenza Usa (letta da
Schiller, importanti i diritti di felicità, è libertà e vita)
Psicologia: Il Settecento vede una straordinaria crescita dell'antropologia che rappresenta
una fase intermedia tra lo studio della fisiologia umana e la psicologia, la quale fa proprio il
principio di Commercium mentis et corporis (Cartesio): si credeva, infatti, che l'essere
umano fosse composto di due materie →res cogitans (anima) e res extensa (corpo)
considerate separatamente (la mente contiene l’anima). Solo la revisione dell'immagine
dell'uomo alla fine del 600 modifica questa visione: si comincia a studiare in che modo
mente e corpo possano comunicare. Schiller inizia ad avere il dubbio che una ragione
lasciata libera di agire può farsi beffe di qualsiasi principio, può essere dunque pericolosa.
(riferimento a I Masnadieri)
Melancolia: La melancolia è uno dei temperamenti concepiti da una teoria fisico-
psicologica che risale ad Ippocrate ed è conosciuta come la teoria più antica della
medicina classica. La medicina antica percepiva l'uomo come un combinato di quattro
umori: sangue, bile gialla, flegma e bile nera, che non sono mai in equilibrio e danno luogo
a quattro temperamenti che dipendono dal prevalere di uno di essi. Sangue= sanguigno
(carattere attivo) → giovani; Bile gialla= collerico (eccessi di collera, impulsività) → adulti;
Flegma= flemmatico (stupidi, incapaci) → vecchi; Bile nera= melancolico→ genio. Nel
problema trentesimo primo, Aristotele afferma che tutti i grandi uomini sono stati
melancolici. Laddove abbonda la bile nera si genere la follia, che produce astenia (pigrizia)
da una parte e grande attività intellettuale dall'altra. La melancolia presenta il tipico
impulso suicida, proprio del genio folle. L'umanesimo riscopre la melancolia come
condizione elettiva del genio e allo stesso tempo come condizione estremamente
preoccupante. In epoca riformata il sentimento dell'uomo nei confronti del mondo cambia
totalmente, il che produce un senso di profonda afflizione e abbandono di fronte al silenzio
di Dio che parla solo attraverso il testo biblico. L'uomo protestante, costantemente
influenzato dal diavolo, è profondamente melancolico. Se però tutti gli uomini sono
influenzati dall'istinto diabolico essi sono inevitabilmente melanconici. L’uomo deve agire
contro la melancolia con la filosofia
Il Don Carlos di Schiller: Schiller trae l'ispirazione per il suo don Carlos dall'omonima
opera realizzata dall' Abée de Saint Real; si tratta di un dramma concepito in termini
antispagnoli che narra la storia di una fallita rivolta nelle Fiandre. Schiller però trasforma il
Don Carlos in un dramma borghese. Con l'antropologia lo studio del rapporto tra gli
individui fornisce agli autori una casistica straordinaria, vi è molto più scavo psicologico. I
temi dell'Empfindsemkeit vengono approfonditi dal punto di vista psicologico e depurati
dalla rigidità morale. Nella concezione schilleriana il Don Carlos è un dramma dalle mille
facce, tuttavia esso sarà percepito nell'Ottocento soltanto sul piano politico. Ha una
continuazione: “Lettere sul Don Carlos” che capovolge tutta la storia.
Vi è il recupero di un doppio tema:
 Amore da parte di Carlos per la terza moglie del re, Elisabetta
 Introduzione di una sovversione nella politica statica
Lessing= più importante intellettuale tedesco→ Emilia Galotti= dramma politico e prima
tragedia che unisce amore e politica→ c’è una tragedia familiare (conflitto sia amoroso sia
familiare (Romeo e Giulietta)
Nell'opera di Schiller il Marchese di Posa diventa il vero protagonista del dramma. Il
confessore del re (Domingo) invece rappresenta una sorta di cultura psicologica del
passato.
“Il principe ama la regina” → tutto dovrebbe ruotare intorno a questo tema. Le cose però
cambiano→ alla pari del dramma amoroso c’è il dramma politico (si aggiunge un altro
personaggio: marchese di Posa per la politica). La parte amorosa si affievolisce
I ATTO → 9 scene
II ATTO → 15 scene
III ATTO→ 10 scene
IV ATTO→ 24 scene
V ATTO → 11 scene
Le motivazioni di Carlos sono sì sentimentali, ma anche religiose. La felicità di cui parla
Carlos non designa un’idea edonistica di realtà, bensì un’idea paradisiaca: egli è
controtendenza rispetto alle ideologie del 700, le quali ragionano in una maniera
completamente differente; la felicità non è contemplata tra le unità di misura delle cose,
essa è però contemplata e, anzi, vista come uno dei diritti inviolabili nella dichiarazione dei
diritti dell’uomo americana (eudemonismo). La Germania era uscita, molto tempo prima,
da una carneficina molto più grande di quella che fu la rivoluzione americana; l’Illuminismo
arriva in Germania proprio in un momento di riscoperta della felicità. La guerra dei trent’
anni è una guerra religiosa, che risulta dal diffondersi del protestantesimo in Europa. Nella
cultura tedesca del ‘700 era impossibile pensare di sposarsi per amore; ci si sposava per
le più svariate ragioni, ma sicuramente mai per amore. La novità del don Carlos sta nella
scelta di Schiller di rappresentare una figura anacronistica (Posa), i cui ideali politici e
morali sono assolutamente lontani da quelli dell’epoca. Carlos, però, non è da meno, i suoi
dialoghi sono tanto scandalosi quanto quelli di posa. Schiller mostra una grande abilità nel
mescolare e fondere il tema politico e quello sentimentale, egli infatti sa bene che la
politica è comunque regolata da meccanismi che non prescindono dal sentimento. Carlos
improvvisamente si rende conto di dover rinunciare alla tanto agognata felicità amorosa
con Elisabetta perché, in qualità di figura cristologica, non gli è assolutamente concesso
commettere peccati. Egli è, tuttavia, una figura a servizio della verità e dell’amore, e
dunque ha necessità di traslare il suo sentimento verso qualcosa di completamente
diverso e in un certo senso ‘nuovo’. Carlos non può tirarsi indietro di fronte al nuovo
indirizzo del suo amore: questo sentimento non va indirizzato a una persona, bensì al
paese, alla causa. In Schiller non c’è mai un ideale puro, tutto è sempre contaminato dal
resto, tutto è regolato da un ‘istinto animale’. L’amore di cui parla Carlos è un amore
estremamente concreto, è una realtà antropologica di cui bisogna assolutamente tener
conto. Dobbiamo servire l’amore perché non possiamo fare altrimenti, e non possiamo
fare altrimenti perché siamo animali, inevitabilmente attratti l’uno dall’altro. Dietro Schiller
non vi sono soltanto ideali filosofici, bensì anche una larga dose di antropologia. Dietro ai
grandi ideali politici di libertà, di emancipazione, dietro tutte le rivoluzioni realizzate o
anche soltanto sognate c’è sempre l’uomo istintuale.
Carlos, si fa tuttavia forte di una condizione di sottomissione che accetta ma che allo
stesso tempo sfida con le sue decisioni proprio in virtù della sua condizione. Anche in
questo caso abbiamo un anacronismo determinato dalle conoscenze sui sentimenti e la
realtà psicofisiologica dell’uomo propria del 700 e quella della Spagna di Filippo ll, cioè
solo chi sa, lo sa solo la cultura del 700, che la debolezza può trasformarsi in forza se
agisce sulla debolezza altrui, può determinare questa dialettica dei rapporti di forza.
Elisabetta già nella scena in cui si ribella alla decisione del re, lo costringe a riconoscere
una condizione di sorprendente subordinazione emotiva alla moglie. Elisabetta, di fronte
all’insistenza del re che la invita a riflettere sul fatto che la condanna di Mondecar sia in
realtà dimostrazione dell’affetto che lo lega alla regina, continua la sua protesta. Schiller
gioca pulito con lo spettatore, gli dice chiaramente come stanno le cose; la vulnerabilità
del re sta nella sua dimensione privata. Subentra un altro importante tema politico che
diventerà un caposaldo della filosofia Hegeliana: viene marcata una netta differenza tra
quella che è la sfera pubblica e sfera privata che qui determina non soltanto il doppio volto
del re, ma anche il doppio volto delle relazioni che intercorrono tra il re e gli altri. L’intreccio
diventa complesso nel momento in cui i volti del re si sovrappongono ed egli stesso non sa
più distinguere le due dimensioni. Il rapporto padre-figlio è regolato dall’ordine gerarchico
della corte, mentre i rapporti tra il re e la regina sono sì regolati dalle norme cortesi, ma
sono determinati al loro interno da quella fragilità delle emozioni di cui il re si manifesta
latore. Filippo vuole reprimere la rivolta nelle fiandre per fornire un esempio a chiunque
altro voglia ribellarsi. Le Fiandre non hanno chiaramente la forza per opporsi al potere
della corona spagnola, quindi lo scontro tra le due istanze (libertà e oppressione) si sposta
nella dimensione privata del re ed essere affidato l’incarico nelle Fiandre. L’istanza di
Carlos è esattamente opposta a quella di Filippo, egli si appella ai sentimenti di Filippo.
Vediamo nel Don Carlos il presentarsi di varie contrapposizioni: 1. Carlos – Elisabetta:
istanza sentimentale di Carlos nei confronti di Elisabetta che quest’ultima per convesso
trasforma in istanza politica; 2. Carlos – Filippo: laddove Carlos rappresenta l’istanza
sentimentale, Filippo rappresenta l’istanza della sovranità; 3. Carlos – Posa: legame
regolato essenzialmente da rapporti di forza, i quali si introducono nel rapporto emotivo tra
i due.
Secondo atto
L'amore funge da contenuto ambivalente nel dramma, esso comprende sia l'amore di
Carlos nei confronti di Elisabetta sia l'idea di un principio che può estendersi e diventare
fattore della trasformazione politica. È l'esatto opposto di ciò che troviamo nei Masnadieri il
cui mondo, retto dal principio dell'amore, viene spazzato via dal principio dell'odio
Filippo riesce a smascherare il progetto di Domingo e Alba in quanto conosce bene le
strategie di corte. ciò che appare inaspettato è che Medina Sidonea, suddito del re il quale
ha appena perso in battaglia una flotta di navi, incontra la benevolenza del sovrano. Il
gesto di benevolenza del re non ha apparente giustificazione; Filippo assolve Medina
Sidonea delle sue colpe perché questi non finge, non cerca scuse.

Posa si definisce artefice del proprio destino, egli afferma che non è stato il caso a portarlo
dal re, bensì è stato lui stesso a fare in modo che ciò avvenisse. Nel conflitto di forze,
spesso ha la meglio chi soccombe, la debolezza diventa più forte della forza e i rapporti si
capovolgono. Posa è riuscito ad avvicinarsi al potere paradossalmente standovi lontano.
Posa si definisce ‘Bürger dieser Welt’, egli si dichiara cosmopolita. Un concetto che è
assolutamente non in linea sul piano sincronico con gli ideali della cultura cinquecentesca.

L’idea di un nuovo modo di fare politica proviene da ciò che sta accadendo nella stessa
epoca in quelli che saranno poi gli Stati Umani. Schiller rende Posa il più seduttivo eroe
della ragione politica, il re è infatti in contemplazione di Posa, che è lo stesso
atteggiamento dello spettatore. L’universalismo politico di Posa sembra però avere un fine
estremamente ridotto rispetto alle sue ambizioni. Posa è interessato a diventare il
confessore del re, per questo motivo lo trae in inganno; avendo ottenuto libero accesso
alla regina, Posa può adesso ottenere nuovamente la fedeltà di Carlos. Elisabetta non
cade nella trappola di Posa, riconosce che egli abbia potuto agire sul re simulando,
avvalendosi di ideali che non gli appartengono. Il piano è quello di rendere Carlos una
sorta di agente segreto, egli deve trasferirsi a Bruxelles e sovvertire il piano di Alba.
Nella prima scena del quarto atto Carlos consegna a Posa le sue lettere alla regina e in
particolare una lettera che dovrebbe costituire il vero e proprio atto di accusa della regina,
questa consegna scatena tutta una serie di avvenimenti che ripropongono quel conflitto di
posizioni di forza fra Carlos e Posa. Subito dopo la consegna delle lettere, infatti, Carlos
dubita delle intenzioni di Posa, il quale a sua volta teme l’irrisolutezza di Carlos e
soprattutto teme che Carlos possa non avere più fiducia in lui. Nel parallelismo delle scene
al monologo di Posa segue un breve monologo del re che è ancora tormentato dai dubbi
nei confronti della regina e alle velate accuse di Rodrigo si interroga sulla sua paternità. I
dubbi che affliggono il re sono intrecciati e hanno a che fare con l’affidabilità delle persone
che gli stanno intorno, la quale è sia morale che politica. Lo snodo deve avvenire
sciogliendo i due filoni che Schiller è stato attento a tenere legati fino ad ora. Se il motivo
dell’amore è stato il legante delle vicende del dramma, adesso il filone sentimentale e
quello politico devono dividersi ed opporsi l’uno all’altro. Qui le cose cominciano a
complicarsi. Il quarto atto è un atto in cui le cose devono confondersi, la percezione della
situazione da parte dello spettatore deve essere quanto mai confusa. Il re in questo
momento si trova a sbrigare un doppio intreccio: quello a lui visibile è quello che gli hanno
reso esplicito Alba e Domingo e che quindi riguarda la tresca amorosa, l’altro invece è
quello segreto che riguarda il complotto per la liberazione delle fiandre. Il dialogo tra il re e
la regina porta alla luce i dubbi del re, ai quali la regina risponde raccontando la verità
sugli incontri tra lei e Carlos. Il re è adesso in una situazione di assoluta debolezza, tant’è
vero che uscendo dalla stanza la regina cade e ciò comporta tutta una serie di
conseguenze. Tra le altre, ciò causa la preoccupazione di Carlos il quale, incautamente, si
reca da Eboli e la implora di poter far visita alla regina. In precedenza però Posa,
insospettito dai dubbi di Carlos e temendo un suo gesto inopportuno, si è fatto dare dal re
un mandato di arresto in bianco per Carlos, nella convinzione che potrebbe essere
necessario. Quando Carlos si reca da Eboli, Posa interviene e lo fa arrestare, sennonché
Carlos ha nuovamente detto le cose come stanno. Nel colloquio con il re Posa ha gettato
sospetti politici sulla regina e su Carlos per ottenere il controllo della situazione. Questo
controllo della situazione passa, però, per un piano spericolato: la necessità di avere la
chiave della situazione condanna uno dei due, o Carlos di cadere in sospetto delle
Corona, o Posa di aver commesso un arresto di arbitrio. Posa stavolta ha commesso un
errore, ha letto in Carlos dei dubbi che crede riguardino il progetto delle Fiandre. Quest’
errore di Posa determinerà la condanna di entrambi. Carlos dà un’interpretazione molto
precisa delle intenzioni di Posa: ciò che muove Posa non è un sentimento d’amicizia o
d’amore, bensì la possibilità di influenzare una larga massa, di avere una parte all’interno
di un processo storico. Il disegno di Posa si configura, dunque, nient’altro che come
un’ambizione personale. Posa è pronto a sacrificare anche ciò che gli è più caro in nome
di una sua ambizione egoistica. Il problema adesso è quello di neutralizzare Eboli, a fare
ciò se ne occupa la regina. Eboli, infatti, dopo l’arresto di Carlos, temendo che la
condanna sia irrevocabile, confessa tutto alla regina, la quale la condanna all’ esilio. Da un
lato abbiamo la triade ‘Domingo – Alba – Re’, indebolita dal fatto che il re ha smascherato
gli intrighi dei suoi consiglieri, e dall’altro la triade ‘Carlos - Posa – Regina’ che sembra
avere la meglio ma è comunque indebolita dall’arresto di Carlos. Il gioco dei rapporti di
forza tra Carlos e Posa è sempre attivo. Se da bambini l’autoaccusa di Carlos era servita a
scagionare Posa, adesso l’autoaccusa di quest’ultimo scagionerà il primo. Tuttavia la
dinamica è la stessa e si basa sulla conquista del primato morale. La condanna di Posa
però ha un valore coercitivo, ha il valore di vincolare Carlos al progetto nelle Fiandre.
Carlos tuttavia protrarrà la dinamica dei rapporti di forza anche dopo la morte di Posa. Se
il vantaggio di posizione dipende dalla capacità di intuizione della natura dell’altro, il
problema è che qui Posa ha fatto un errore: ha costruito il suo progetto su un’idea
dell’amore tra Carlos e la regina che ora quest’ultima ora mostra nella sua debolezza.
Posa entra in scena nel dramma con l’idea di sfruttare l’amore tra Carlos ed Elisabetta per
le sue finalità politiche, la nobiltà morale di Posa ne risulta gravemente intaccata. Abbiamo
visto fino a adesso come l’intrigo politico è sempre più debole della forza morale, il tema
sta perciò diventando quello della dinamica dei rapporti di forza che non hanno più a che
fare con la capacità intuitiva, bensì con la capacità di sfruttare le virtù morali: chi si
mantiene più integro in questo contesto, vince. Poiché Posa si trova in una situazione di
palese svantaggio nei confronti della regina, è chiaro che il centro della situazione si sta
spostando da Posa ad Elisabetta. Mentre mostra la debolezza del progetto di Posa,
Elisabetta gli si mostra superiore anche nella capacità intuitiva. Elisabetta riassume in sé
la forza morale e la capacità intuitiva. Posa è guidato unicamente dalla sua ambizione, il
motore di tutta la narrazione non è stato altro che l’ambizione di un individuo, che giunge
la sua apoteosi nel momento in cui Posa autocondannandosi sta per diventare una figura
eterna della storia. L’ambizione di Posa è quella di diventare l’iniziatore di un processo di
liberazione che se giungesse a termine renderebbe eterno il suo nome. Posa ha disposto
le pedine del suo piano in modo tale che non vi sia via di uscita, la regina propone di
schierare se stessa a difesa di entrambi, ma egli la rifiuta. La frase ‘Oh Dio, è pur bella la
vita’ è motivata dal fatto che la regina dimostra di essere una sorta di quintessenza della
bellezza intesa come ciò che contiene la verità più profonda. A questa scena segue la
serie di scene confuse in cui gli intrighi continuano a susseguirsi. In questo contesto
sembra chiaro che Posa non ha via di scampo, verrà condannato e coloro che penseranno
di aver smascherato la sua trama lo definiscono ‘diabolico’. Che Posa sia diabolico e che il
meccanicismo del suo calcolo sia diabolico è assodato. All’interno del dramma Schiller
non fa altro che costruire e al contempo sgretolare la figura di Posa
Alla fine del quarto atto compare nuovamente la figura di Eboli, la quale serve
esclusivamente da introduzione al quinto atto. L’idea di Carlos di andare fino in fondo alla
propria condanna spiazza Posa, che aveva fatto i conti con l’autodenuncia. Ciò che guida
il dialogo tra Carlos e Posa è la logica del doppio sacrificio: chi muore si sacrifica per la
causa, e resterà eterno nella storia. Con Alba giunge l’ordine del re di liberare Carlos. Il
dialogo fra Carlos e Posa continua con la spiegazione da parte di Posa della sua
macchinazione. C’è qui un apparente scollamento tra Posa e Carlos, in realtà ognuno dei
due segue la propria natura. La concezione del suicido utilitario è un’idea che circola nella
letteratura tedesca. Posa si fa uccidere in nome del suo piano. Alla virtù politica di Posa si
oppone la virtù pura e disinteressata di Carlos, il quale non può cedere all’inganno. Nella
storia Carlos è una figura di cui si tramanda la follia, il carattere instabile.
Carlos fa di Posa una proiezione di se stesso, una figura cristologica: vede in Posa colui
che si è sacrificato gratuitamente, proprio come Cristo, e che quindi è rimasto vittima delle
sue intenzioni. Sennonché noi la sappiamo più lunga, e questo è un fraintendimento di
Carlos. Se non intervenisse la regina a questo punto, il progetto di Posa sarebbe finito, in
quanto Carlos in realtà avrebbe condotto oltre la morte di Posa quella sfida di generosità
che avevano iniziato da bambini. Filippo si rende protagonista di un monologo in pubblico,
egli riflette su ciò che potrà fare per cancellare il ricordo di Posa. Nel momento in cui sorge
in Filippo la coscienza di essere ancora il re, il suo atteggiamento cambia. Essendo ancora
lui a fare la storia, trasformerà la memoria di Posa nella memoria di un pagliaccio, e cioè
tramanderà i suoi ideali come gli ideali di un pazzo.
Entra in scena adesso il grande inquisitore, il quale non ha bisogno di simulare e dunque
può dire la verità sul potere. Posa è spinto da un’ambizione che in associazione con la
ragione può fa saltare sistemi saldissimi. È l’accoppiata ambizione – ragione che Schiller
denuncia. Il grande inquisitore impartisce al re una lezione di realpolitik: mantenere il
regno significa reprimere. Nessun regno può permettersi di derogare alle leggi che lo
tengono in piedi, nel comportamento di Filippo si vede in lui stesso una forma di
ammutinamento nei confronti di quelle leggi, lui stesso è stato sedotto in nome del
desiderio di essere amato, di essere felice.

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