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La Riforma protestante nell’Europa del Cinquecento


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Per la Riforma protestante tre segni furono particolarmente significativi:
1) Grandi congiunzioni planetarie del 1484 e 1524;
2) Rinvenimento mostro di Sassonia nel 1522.
Il piano astrale del 1484 prevedeva una svolta religiosa con un eresiarca da settentrione, fondatore di una
nuova religione che distruggerà l’unità del corpo cristiano (o rinnoverà lo spirito della Chiesa, ≠
interpretazione). Nel 1488 la Pronosticatio di Lichtenberg vide 24 edizioni in pochi anni. La seconda
congiunzione planetaria era foriera della massima sventura, un nuovo diluvio universale connessa all’azione
di Martin Lutero. Il mostro di Sassonia era un vitello appena nato che veniva identificato con Lutero per una
protuberanza che pareva la cocolla di un frate (segno di ira o benevolenza divina). I voleri celesti si
manifestavano anche con i profeti, che riconobbero una nuova fioritura in questo periodo e divenne figura
abituale. Donne e uomini qualsiasi vantavano la condizione di vox Dei; le profezie erano di stampo politico e
religioso e venivano tenute di conto nella minacciosità di un futuro imperscrutabile. Il profetismo riguardò
tutta Europa, dagli ambienti ecclesiastici (= Lutero) a quelli eterodossi. In Italia il profetismo era dato da una
commistione tra politica e religione particolare; la profezia divenne parte attiva nella dinamica degli Stati
fino alla conclusione delle guerre d’Italia (durante le quali si attendeva un papa angelico che portasse pace
e rinnovamento – dalla pace con Clemente VII sembrava la pace fosse davvero tornata). Il Savonarola,
fondatore nel 1494 della Repubblica dei santi a Firenze, tendeva a un rinnovamento politico e religioso in
chiave millenaristica. Si diffusero anche le sante vive, donne laiche di grande spiritualità con poteri
taumaturgici: esse furono elette maestre e pie consigliere delle più alte famiglie italiane. Dal Cinquecento le
sante vive furono spinte nell’area dell’eresia. Il savonarolismo non si chiuse con il rogo del 1498, ma si
diffuse negli ordini religioni nazionali. Accanto ai profeti e carismatici vi erano i predicatori; la predicazione
era strumento formidabile di critica della condizione della Chiesa e di propaganda di nuove idee religiose.
Nelle strade risuonavano moniti di castighi apocalittici per colpe dell’umanità. Tra gli ordini che predicavano
vi erano i francescani, la cui evangelizzazione era caratterizzata da un acceso millenarismo.
Questi interventi umani e divini mettevano paura della morte e del futuro; la stampa ne amplificò l’impatto
nel Rinascimento e nella Riforma. I testi profetici medievali furono largamente pubblicati insieme ad opere
di divinazione di varie epoche diverse. Si svilupparono libelli, fogli volanti, avvisi e immagini adatte a un
pubblico analfabeta (90%). Alla stampa era consegnata anche la satira anticlericale, che vantava di una
solida tradizione italiana per colpa dello stato di decadenza della Chiesa cattolica. Ebbero successo le
pasquinate, brevi satire italiane in versi o prosa, che erano collocate sulla statua di Pasquino a Roma. Erano
comunque testi colti e redatti dagli ecclesiastici perché puntavano alla conservazione. Si usava la tecnica del
discorso infamante nei confronti di prelati e papi (Alessandro VI – Lettera del diavolo). Enorme successo
ebbero le satire di Erasmo da Rotterdam che si inserivano nella visione di riforma della Chiesa e non di
conservazione. L’immagine di Roma Babilonia emerge nell’Elogio della Pazzia (1509), Giulio escluso dal
cielo (1513) e nei Colloqui (1522). Questi scritti penetrarono nel profondo il tessuto della società
cinquecentesca (particolare in Spagna e Italia con esiti originali). Nell’Elogio (36 edizioni), l’umanista
olandese prende di mira la società civile e soprattutto la Chiesa in un estro di follia: i teologi furono definiti i
più pazzi di tutti. Le imputazioni erano pesanti e sarcastiche, ribaltandole con l’uso della follia. L’opera
divenne una risposta positiva per cercare un nuovo cristianesimo fedele al Vangelo, piuttosto che rifugiarsi
nelle tradizioncelle umane. La satira contro il malcostume dei papi trova espressione nel Giulio, uscito alla
morte di Giulio II della Rovere; egli compare in un colloquio con San Pietro e un genio di fronte alla porta
del paradiso, coperto di lussurie per nascondere i peccati, seguito da un drappello di soldati e pronto a
rivendicare il proprio dominio assoluto. Non riesce ad aprire le porte del paradiso con le chiavi del potere.
L’orrido e fetido mostro rimane fuori e se ne andrà con il suo esercito. L’immagine negativa degli
ecclesiastici emerge nei Colloqui, in cui diversi attori della società mettono in luce le storture e abusi
religiosi, mettendo in dubbio l’istituzione per una religione dello spirito. Tale proposta religiosa viene unita
a insegnamenti pedagogici della formazione linguistica e morale del bon-ton. Per questo l’eccezionale
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successo del testo dipende anche dall’adozione didattica nelle scuole fino al Settecento, seppur censurato
in quelle cattoliche. Nel Cinquecento si sviluppa una pubblica voce e fama negativa sugli ecclesiastici che
farà poi da clima pre-riforma.
Critiche e proposte di riforma, dal Medioevo a Erasmo
La Riforma ha origini medievali e umanistiche, ma non è mera continuazione di esse. Prima di Lutero vi
furono molti tentativi di opposizione alla Chiesa: dal Mille erano nate molte sette ereticali con potenziale
eversivo: esse rimanevano fedeli alla Bibbia volgare, valorizzavano l’illuminazione divina, condannavano la
mondanità della Chiesa e imitavano la vita di Cristo. Questi principi furono recepiti dalla Riforma
protestante, ispirandosi a Pietro Valdo, Wyclif e Jan Hus. Valdo di Lione, nel XII secolo, predicava nel sud
francese e in Piemonte a favore di un pauperismo apostolico → valdesi si organizzarono i comunità
autonome modellate sulla Chiesa primitiva e sopravvissero alle persecuzioni, per poi aderire al calvinismo
nel 1532. Durante la crisi avignonese, due secoli dopo, le critiche del filosofo e politico John Wyclif (del XIV
secolo) mirarono ai pilastri dell’istituzione facendo perno sulla Bibbia tradotta in inglese. Nei suoi trattati si
negavano l’autorità del papa, le dottrine e le pratiche definite dalla tradizione ecclesiastica (respinse
dottrina della transustanziazione, sostenendo prima di Lutero la presenza reale e non corporale di Cristo).
Come per Lutero, la Chiesa fu accusata di essere l’Anticristo, contrapposta alla comunità invisibile dei veri
cristiani. In Boemia grazie a Jan Hus (teologo uni Praga) le dottrine di Wyclif furono tradotte in un
programma di riforme religiose, formando un movimento nazionale di straordinaria resistenza. La riforma
hussita basava tutto sulla superiorità della Scrittura (in volgare) e del potere civile su quello ecclesiastico (no
sfera temporale alla Chiesa – furono condannate le indulgenze). Utraquisti = laici del clero invisibile che
ottennero comunione di pane e vino come il clero (compromesso ottenuto dopo l’esecuzione di Hus). L’ala
radicale del movimento, i taboriti (perché posti sul monte Tabor), fu invece liquidata (realizzazione del
regno di Dio sulla terra con l’uso della forza e letteralismo biblico, per cui ammettevano solo battesimo e
eucaristia – influenzano Riforma).
Mistici e profeti contribuirono al ripudio della Chiesa: i primi con un percorso religioso diverso, i secondi
attaccando l’istituzione reale in luce apocalittica (Savonarola, il quale viene visto da Lutero come un suo
anticipatore, per poi ricredersi sulla diversità dottrinale). La secolarizzazione della vita religiosa seguì
principi di giuristi e filosofi del Trecento (es. Marsilio da Padova e Guglielmo di Ockham = fondamento
teorico alla resistenza dei sovrani contro le pretese del papato). Marsilio ottenne la supremazia
dell’autorità temporale nel Defensor pacis (1324), per cui lo Stato è istituzione unificante la società, da cui
ottiene legittimazione, mentre Chiesa è soggetta al potere civile. L’opera fu condannata insieme all’autore
ma influì molto nel pensiero del Cinquecento e nel movimento conciliarista (di esito fallimentare). Ockham
delineava una riforma della Chiesa e dello Stato su base scritturale; da combattivo francescano egli minò
all’architettura teologica dell’istituzione, propugnando una subordinazione della Chiesa al potere civile. Al
posto di Tommaso e Scolastica sostituì una visione empirista e individualista della realtà umana (non Ǝ più
gli universali) e spirituale della Chiesa. Questo influenzò il movimento umanistico tedesco e poi quello
riformatore. A infliggere un colpo decisivo alla Chiesa fu l’Umanesimo, affermando la dignità dell’uomo e
della sua ragione → critica al principio di autorità e ritorno ad fontes. Giudizio autonomo degli individui si
sostituisce all’ipse dixit ecclesiastico = rivoluzione intellettuale che investì ogni aspetto della vita. In politica
nacquero gli Stati rinascimentali e la diplomazia; in arte la prospettiva; in guerra la strategia. Questa visione
penetrò nella stessa curia romana e vide pontefici come Leone X o Paolo III che furono veri principi
rinascimentali. Filologia, nata con Lorenzo Valla, fu strumento fondamentale per questo atteggiamento
antidogmatico e storicizzante. Lo studio dei testi originali rivelò gli errori e le contraffazioni dei documenti
storici. La filologia divenne proprio un habitus mentale e Valla dette prova della falsità del documento di
donazione di Costantino (atto fondativo del potere temporale della Chiesa) nel 1440. Nel 1431 arrivarono
numerosi testi greci portati dai dotti bizantini in un concilio per tentare l’unione della Chiesa occidentale
con quella orientale, nella paura della presa di Costantinopoli da parte dei turchi (1453). Con la diffusione
del greco si ebbe una rinascita della filosofia neoplatonica (Erasmo), operata da Ficino e Pico della
Mirandola nella culla del Rinascimento = Firenze laurenziana, sede dell’Accademia platonica.
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Neoplatonismo = perenne rivelazione di Dio nella storia → valorizzazione di ogni espressione culturale e
religiosa in quanto manifestazioni legittime di una stessa verità divina. Pico, 1486, La dignità dell’uomo:
uomo è unione microcosmo e macrocosmo, libertà e centralità, sfera celeste e terrena. Il dotto deve
ricomporre il disegno divino attraverso le varie culture (nuova attenzione verso cultura ebraica e letteratura
esoterica, la Cabala). Niccolò da Cusa, vescovo di Bressanone, fu primo teorico della riconciliazione religiosa
universale nel 1453. Anche oltralpe (con Tommaso Moro, Jacques Lefevre ed Erasmo) l’Umanesimo si univa
con un profondo rinnovamento spirituale ed etico. Lo studio scritturale cristocentrico basato sulle lezioni
dei classici e dei Padri della Chiesa dette il via all’esegesi delle Sacre Scritture, punto di convergenza degli
umanisti cristiani europei. La Bibbia rivista criticamente e ritradotta (Erasmo) fu perno del percorso di
ritorno alle fonti del cristianesimo che si compie con la Riforma. In Germania il pensiero agostiniano
rinacque nell’Uni di Tubinga, assieme alla Devotio moderna e via moderna nominalistica, in cui la Riforma
ha gettato le sue radici. Nascono le scholae humanitatis, le nuove scuole laiche create nelle città in cui, con
una pedagogia avanzata, si formano nuovi cittadini con una consapevolezza religiosa. Questa rivoluzione
inavvertita divenne momento chiave del successo della Riforma. La cultura uscì dai monasteri con libri e
laicizzazione del sapere (anche le donne ora potevano studiare). La trasmissione orale contribuì ad
espandere quella scritta, sebbene rimanesse un’alta percentuale di analfabetismo.
La stampa fu arma privilegiata da Erasmo da Rotterdam (1469-1536), cosmopolita e intellettuale
indipendente. Il suo pensiero è la sintesi delle aspirazioni della riforma religiosa, reso da un’appassionata
vocazione pedagogica per migliorare l’individuo dell’intera societas Christiana (principi di pace, libertà,
tolleranza, ragione critica). Le sue opere spaziano dalla religione all’educazione, alle norme e alle regole
civili, fondendo cristianità e classicità. Critica sferzante e lucida del malcostume romano finalizzata alla
riforma interna. Egli non condivise la rottura di Lutero, malgrado l’apprezzamento iniziale. Le sue
considerazioni aprirono le porte alla Riforma protestante e al radicalismo religioso e politico moderno
(Erasmo non solo depose l’uovo che Lutero covò come fu detto). Per questo Erasmo fu figura controversa
nei giudizi: in vita fu attaccato da entrambe le parti (protestante e cattolica) come ambiguo e incapace di
prendere una posizione (“essere anfibio”). Fu condannato alla damnatio memoriae fino al Novecento. Molti
cercarono di ridurlo a una posizione piuttosto che un’altra e viceversa, senza riuscirci. Egli fu accostato alla
Riforma radicale per la concezione religiosa e per la sua critica biblica; la religione di Erasmo era la
philosophia Christi, cioè l’attuazione pratica e razionale dei principi evangelici di amore, carità, fratellanza =
imitazione di Cristo. Tutto si basava su pochi principi religiosi essenziali: fundamentalia fidei e niente dogmi,
dottrine e cerimonie considerate indifferenti (adiaphora) per salvarsi. Il disegno di salvezza era esteso a
tutta l’umanità per infinita bontà e grazia. Per rendere originale e autentico il messaggio di Cristo, Erasmo
decise di tradurre nuovamente il Nuovo Testamento e di redigere le monumentali edizioni dei Padri (per cui
la cultura classica fu propedeutica). Erasmo era figlio illegittimo di un prete e dopo la sua breve esperienza
monastica iniziò la sua mobilissima vita in Europa a contatto con i circoli umanistici. A Parigi nutrì
avversione per teologia scolastica e metodi educativi in voga e scoprì la sua vocazione pedagogica
(L’educazione dei fanciulli). In UK venne a contatto con il neoplatonismo e divenne studioso della Bibbia.
Tornato nei Paesi Bassi scrisse Il pugnale del soldato cristiano (1503), manifesto del suo pensiero e della
religione del puro spirito. Al soldato in lotta con il mondo peccaminoso Erasmo indicava la strada della
spiritualizzazione interiore della fede: la conoscenza di sé, lo studio della Bibbia ne erano pietre miliari e
l’imitazione di Cristo era la meta. La ragione rendeva possibile tutto questo; i sacramenti potevano essere
utili sse si aderiva interiormente ad essi – altrimenti indifferenti. Con il Giulio e l’Elogio questa concezione si
arricchì ancora di più; in altre opere emerge un modello di potere ispirato alle virtù etiche e religiose di
Cristo per una società equa, democratica e di elevati principi. Pace = ideale sommo in relazione alla
condotta individuale, sia per lo Stato che per gli altri Stati. Guerra = male peggiore perché anticristiana e
portava solo a conseguenze negative, annientando principi e legami sociali (non esiste una guerra santa
contro i Turchi ma solo una mossa da moventi politici). Solo con il nemico alle porte Erasmo considerò
lecito difendersi da esso (Vienna, 1529). Più critico fu nei confronti degli ebrei per l’enfasi sull’esternazione
piuttosto che l’interiorizzazione (non ne promuoveva comunque la persecuzione). Erasmo puntava alla
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riconciliazione religiosa universale nell’alveo del cristianesimo (suprema ma non unnica manifestazione di
Dio). Tolleranza verso i non cristiani e verso dissenzienti, rifiuto della costrizione religiosa. Basandosi solo
sulla fede si poteva ambire a una religione larga, di contenuto etico e non dottrinale. Questo fu
fondamentale per il dibattito sulla tolleranza religiosa del Cinquecento. Il lascito di Erasmo fu fertile e di
lunga durata. Con la filologia biblica Erasmo attingeva all’originario messaggio di Cristo, cui doveva
modellarsi la vita del cristiano. Nel 1516 dette alle stampe la prima traduzione del Nuovo Testamento dopo
la Vulgata di san Girolamo. L’opera, dedicata a papa Leone X, fu intitolata Novum instrumentum: fu nuova
perché pubblicò a fronte il testo originale in greco per permettere a chiunque di attingere all’originale.
Lettura critica del testo che scioglie le sedimentazioni storiche (storicizzazione del sacro che prenderà piede
nel Settecento). Le critiche dei teologi spinsero Erasmo a produrre le Annotazioni alle 5 edizioni dell’opera.
La traduzione risultò eversiva: il dogma della Trinità venne messo in dubbio per l’infondatezza scritturistica
(il comma giovanneo fu eliminato perché non presente nel testo greco). L’incipit “In principio era il Verbo”
divenne “In principio era la parola”, cioè predicazione del Messia. Cristo dunque era riconosciuto come Dio
solo per le qualità concessegli dal Padre → conclusioni di stampo antitrinitario. L’umanista non giunse a
queste conclusioni ma si limitò ad essere grammatico e non teologo. La grammatica fu comunque una lama
tagliente: non furono risparmiati i sacramenti, per cui solo eucaristia e battesimo vennero riconosciuti come
tali = segno di dispensazione della grazia salvifica. La pratica penitenziale tradizionale divenne atto di
pentimento interiore (metanoia = pentimento, non fare penitenza) e fu abolita la persecuzione degli eretici
attraverso interpretazioni di passi famosi in cui si sostituisce a eretico “fazioso”. La strada per la Riforma era
spianata, anche attraverso le Parafrasi al Nuovo testamento e il commento ai Salmi (critica severa alla
corruzione della Chiesa + idee nuove come negazione del battesimo agli infanti e priorità assoluta della
pratica spirituale secondo il sermone della montagna). La sua visione antropologica e teologica comunque
si distacca molto da quella di Lutero: Erasmo si contrappose al riformatore dopo un’iniziale favore, in difesa
del libero arbitrio dell’uomo concesso da Dio attraverso il dono della razionalità per cooperare alla propria
salvezza. Dio = padre di immenso amore e misericordia, fiducioso abbandono alla provvidenza. Erasmo fu la
voce più alta ma non l’unica a invocare il rinnovamento della Chiesa: anche i monaci camaldolesi
avanzarono proposte di riforma, insieme a illustri prelati. Tutti rimasero però inascoltati e a rompere il
silenzio della Chiesa fu definitivamente Lutero.

2. Lutero, dalla protesta alla costruzione della Chiesa


Martin Lutero
Martin Lutero era personaggio medievale che aprì le porte alla modernità. Egli provocò la rottura
dell’unità del corpus cristiano millenario, da cui scaturì una società nuova e pluralistica. In Germania la
protesta luterana fu consonante con il particolarismo dei principi tedeschi e con l’avversione verso Roma. Il
movente di Lutero però fu eminentemente religioso e la sua fede radicata nella spiritualità medievale. La
Riforma originariamente fu risposta a un problema religioso perenne: la salvezza eterna, da cui Lutero era
ossessionato. La risposta teologica luterana era in continuità con dottrine medievali ma in modo
dirompente per la Chiesa. Egli attaccò la dottrina della salvezza cattolica invece che le se degenerazioni
pratiche e affermò un’alternativa fondata solo su fede + Sacra Scrittura. Lutero non giudicò mai la sua
opera come riforma, ma piuttosto come restaurazione della verità evangelica. In veste di profeta, egli l’ha
compiuta sullo scenario apocalittico dell’imminente fine dei tempi; la sua mentalità rimase quella del tipico
tedesco del Quattro-Cinquecento.
Lutero visse nell’immenso Sacro Romano impero della nazione tedesca, un mosaico di diverse realtà laiche
ed ecclesiastiche. Questa complessa galassia aveva il proprio organo di rappresentanza nel Reichstag,
convocato per discutere problemi generali (come Lutero). Il re, unificante e sovranazionale, era eletto dai
Sette principi elettori (4 laici e 3 ecclesiastici), ma di fatto il titolo era divenuto ereditario della casa
asburgica. Nell’epoca di Lutero era in atto un conflitto innescato dai ceti che reclamavano autonomia
dall’imperatore e trasformazione sistema feudale. La soggezione a Roma era di crescente insofferenza e le
minacce ottomane e francesi di Carlo V favorirono il cammino del riformatore. Lutero, nato nel 1483 da
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commerciante di rame e donna facoltosa in Turingia, era uno di otto figli la cui educazione fu severa e
rigorosa, tradizionale in ambito religioso. Egli crebbe con la superstiziosa pietà convenzionale di demoni
sempre in agguato per trascinare i cristiani all’inferno + visione medievale di Cristo come giudice inflessibile
e punitivo = angoscia sia per la paura che per il giudizio nella vita di Lutero. Con la logica dell’ascesa sociale,
Martin ricevette un’ottima istruzione e si avviava per gli studi di diritto a Erfurt, dove non fu influenzato
dall’Umanesimo ma dal nominalismo agostiniano (= antropologia pessimistica che lo porta a respingere
Aristotele). Nel 1505 Lutero evitò la morte dopo la caduta di un fulmine in un violento temporale a
Mansfeld: con il timore di morire senza essersi confessato, egli reagì come uomo medievale e si fece frate
nel nome di S. Anna per ottenere la salvezza garantita (malgrado le proteste del padre). Nel convento
Martin rispettò una severa disciplina, studiando e prendendo i voti nel 1507 con estrema convinzione.
Questo non placò i suoi tormenti (= “tentazioni”, Anfechtungen) nei confronti di un Dio potentissimo e
punitore verso i peccatori (agostinismo poneva questo concetto nella massa damnationis predestinata da
Dio): divenne presto una questione esistenziale per Lutero, il quale respingeva gli attacchi del diavolo nella
sua cella (angoscia di non poter emendare la sua indegnità = vede bocca dell’inferno aprirsi). Abisso
incolmabile tra santità di Dio e empietà dell’uomo. Lutero giunse dunque a compiere il peccato più grave,
cioè detestare Dio per il destino di irrimediabile perdizione preordinato per l’uomo. Gran parte del mondo
cristiano condivideva questa visione con Lutero, il quale però la vive con stati psicologicamente dirompenti.
Staupitz inviò Martin a insegnare teologia a Wittenberg, fiore all’occhiello dell’epoca e futuro epicentro
protestante. Nel 1511 Martin andò a Roma e gli sorsero dubbi circa gli strumenti salvifici offerti dalla Chiesa
(es. pellegrinaggio delle sette Chiese, santa scala di Cristo ecc.). Successivamente, Lutero trovò risposta al
suo quesito nella Bibbia (dal 1512 teneva corso di esegesi biblica). A partire dal “Mio Dio mio Dio, perché mi
hai abbandonato”, Lutero capisce che Cristo in realtà è più vicino alla condizione umana che divina in quel
momento e da lì inizia a ripensare al concetto di giustizia di Dio. 1517, Epistola di san Paolo ai Romani =
dottrina della salvezza mediante la giustificazione per sola fede (non più fede ed opere). “Il giusto vivrà in
forza della fede” + “L’uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge”:
giustificare = dichiarare giusto il peccatore. La fede viene dal dono gratuito della grazia divina e le opere
sono solo conseguenza della rinascita. Cristo è figura centrale, mediatore Dio e uomo, incarna la giustizia ed
è fonte di giustificazione = nasce la teologia della croce. Dopo questa Turmerlebnis (= esperienza della
torre), la vita di Lutero cambia completamente (si sente già in paradiso): Vangelo diventa veramente una
buona novella, di cui la fede diveniva percorso salvifico ulteriore. Lutero rafforzò la sua antropologia
negativa con concetti come predestinazione divina (S. Agostino: salvezza è data dalla libera scelta di Dio ab
aeterno) ma anche dell’elezione celeste. Percorso di totale abbandono al padre mediante svuotamento di
sé per giungere al fondo dell’anima (mistica tedesca). Queste sarebbero rimaste semplici speculazioni
dottrinali e non principi anti-Chiesa.
La rottura dell’unità cristiana
La vendita delle indulgenze di Alberto Hohenzollern fu motivo di protesta per Lutero. Egli voleva ottenere
l’arcivescovado di Magonza ma l’unico ostacolo era il divieto all’accumulo di benefici. Papa Leone X gli
accordò la licenza per 10.000 ducati prestati da una famiglia facoltosa: per saldare quest’ultimo debito gli fu
concessa una campagna straordinaria di indulgenze (metà a lui e metà alla Chiesa di Roma). Teztel:
“quando il soldo tintinna nella cassa, un’anima salta via dal purgatorio”. Ad ogni versamento veniva
rilasciata una lettera bollata con cui si otteneva la remissione dei peccati da scontare in purgatorio (Papa
aveva tesoro dei meriti dei santi); il cristiano doveva confessarsi e mostrare contrizione, ma a nessuno
interessava più di tanto. Scandalo del mercimonio della salvezza portò Lutero a levare la sua voce di
predicatore, prof e vicario di Wittenberg: egli si scagliava contro le indulgenze in sé come strumento
salvifico (sola fede!). Egli affisse le 95 tesi sulla porta della cattedrale di Wittenberg (leggenda) il
31/10/1517: Lutero non attaccava il ruolo del Papa, ma lo difendeva dagli abusi delle indulgenze. L’uomo
doveva essere spinto a un sincero pentimento, non fuggire dalle proprie responsabilità con il denaro.
Indulgenze = generatrici di false illusioni. Lutero respingeva la dottrina del tesoro dei meriti evidenziando i
fini pecuniari della Chiesa. Martin voleva solo discutere la questione in un ristretto gruppo di teologi
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secondo prassi consueta. Grazie alla stampa (= dono divino secondo Lutero), però, le 95 tesi furono
pubblicate in latino e tedesco, riscuotendo un enorme successo. I teologi cattolici indussero Lutero a
redigere un programma di riforma della Chiesa secondo il suo pensiero verso rottura definitiva con Roma.
Discussioni ad Heidelberg, Lipsia (dove rese nota la posizione della sola scriptura) portarono a sviluppo il
proprio credo. Lutero venne accusato di essere seguace di Hus: Lutero ne accettò l’ascendenza e ottenne
l’appoggio degli hussiti. Queste dispute avvennero al di fuori dell’ambiente teologico: Federico di Sassonia
(protettore) e umanisti (Erasmo) intervennero pesantemente. Nel 1519 viene eletto Carlo V. La pluralità di
comunicazione (immagini, scritti) permisero la partecipazione di una più larga comunità cristiana nel
dibattito, il quale andò oltre i confini e giunse in Italia. Leone X nel 1520 promulgò la bolla Exsurge Domine,
con cui ultimava a Lutero di ritrattare i propri errori: Lutero rispose con uno scritto in cui si rifiuta di
sconfessare le proprie tesi e a sua volta scomunicava il papa. Tre opere cardine della Riforma protestante:
Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca, per il miglioramento dello stato cristiano incita i potenti a
riprendere il potere temporale e ristabilirne la supremazia sulla Chiesa, creando una chiesa nazionale
tedesca i cui sovrani erano legittimati da Dio. Triplice muraglia del papa: superiorità spirituale su temporale,
autorità esclusiva del papa a interpretare le scritture e di convocare concilio. Qui emerge il sacerdozio
universale dei credenti (abolizione sacramento ordine, no barriera laici ed ecclesiastici; santificazione
diventa comune e individuale). Lutero, come Calvino, ritiene che Dio assegni ad ogni uomo una Beruf da
realizzare e questo fosse più importante di una vita monastica (anche professione più umile aveva valore
religioso). Ufficio pastorale non veniva eliminato: per Lutero la Chiesa è spazio fondamentale di vita e
crescita della fede personale in Cristo (somministrazione dei sacramenti e predicazione). Chiesa visibile
poteva anche accogliere i non credenti, al contrario di quella invisibile. Abolizione celibato ecclesiastico. La
cattività babilonese della Chiesa, seconda opera in latino in cui denuncia la decadenza morale della Chiesa;
Lutero tratta dei sacramenti, cambiandone natura e numero. I sacramenti per Erasmo erano nati come
strumento di salvezza da Bibbia e Sacre Scritture; il fatto era che il sacramento agiva indipendentemente
dalla disposizione interiore del comunicante. Solo il battesimo e l’eucaristia erano testimoniati nel Nuovo
Testamento: il resto dei passaggi della vita umana cessavano di essere sotto giurisdizione della Chiesa. Per il
battesimo Lutero si schierò a favore della patristica, sostenendo che fosse da amministrare da bambini; per
l’eucaristia Lutero non ritenne la messa un sacrificio (perché l’uomo non può nemmeno pensare di
sacrificarsi data la sua condizione) e nemmeno transustanziazione (pane e vino non si trasformano in
sangue e corpo = interpretazione indebita del Concilio lateranense del 1215 sotto filosofia aristotelica).
L’eucaristia luterana è segno del dono di grazia divina, presente corporalmente nel rito ed in comunione coi
fedeli attraverso l’eucaristia = consustanziazione. La libertà del cristiano, ultima opera del 1520, dischiude
la libertà spirituale in Cristo, emozione dell’essere emancipati dal servile giogo della colpa (Borrhaus).
Rifondazione etica della religione sulla libertà del cristiano (opere divenute gratuite ma non superflui =
uomini emuli della generosità di Cristo). Le opere buone non fanno un uomo buono, ma un uomo buono fa
opere buone! Uomo colto in una condizione paradossale, libero da tutto e schiavo di tutto.
Nello stesso anno Lutero bruciò la bolla papale pubblicamente, insieme al codice del diritto canonico.
Inoltre egli identificò il papa con l’Anticristo. L’intera istituzione ecclesiastica cattolica era costruzione
diabolica: lotta contro la Chiesa anticristiana e vera fondazione della Chiesa di Cristo con Lutero. 1521,
Lutero pubblica il libello L’Anticristo, con 26 illustrazioni corredate da brevi didascalie tratte dalla Bibbia
(Passional Christi und Antichristi): immagini significative dell’opposizione tra Cristo e il papa (Anticristo). Il
libello ebbe un successo enorme, facilmente accessibile a tutti (12esima: Cristo con un cencio addosso
scaccia i mercanti dal tempio, il papa riccamente vestito firma bolle di indulgenza pagate a caro prezzo).
Comunicazione di massa attraverso la stampa di immagini (analfabetismo), di chiarezza immediata e
schematica (viene usata anche letteratura carnevalesca per giungere direttamente alla cultura popolare).
Lutero è Ercole germanico che abbatte esponenti della Chiesa.
Colpito dalla scomunica, Martin fu chiamato nella dieta imperiale di Worms; Carlo V, sempre più
preoccupato delle rivolte, sperava in una conciliazione. Nella gotica cattedrale di Worms il 17/04/1521
Lutero rifiutò di rinnegare le proprie idee: “Se non sarò convinto dalla Scrittura e chiare ragioni, io sono
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vinto dalla mia coscienza e prigioniero della parola di Dio”. Prima volta che l’imperativo della coscienza era
diventato categorico. Gli costò la condanna per eresia e il bando dall’impero; venne preso da Federico il
Savio e portato nel castello ducale della Wartburg, dove Lutero si dedicò a tradurre in volgare la Bibbia
(pilastro della Riforma protestante). Carlo V, Roma e i sovrani cattolici continuarono a imporre le proprie
armi per far tornare la stabilità, ma il processo di rottura era ormai inarrestabile.
Tra politica e Riforma: la nascita della nuova Chiesa
Il messaggio di Lutero si propagò velocemente proprio per il bisogno di una riforma religiosa basata su
spiritualità interiore. Questo è stato interpretato e trasformato in maniera diversa a seconda di dove si
diffondeva (spesso in contrasto con le intenzioni di Lutero), ma comunque il dado era tratto. Il radicalismo
si sviluppò a Wittenberg già dal 1521. La vittoria delle dinamiche imperiali spettò ai principi e alla Chiesa
luterana, con il riconoscimento del principio del territorialismo confessionale (≠ religioni in Stati cattolici e
luterani = Pace di Augusta). Alleanza Stato-Chiesa tentò una confessionalizzazione della società, rimasta
incompiuta. Evoluzione politico-religiosa in Germania: i primi a ribellarsi furono cavalieri e contadini, con
risultati fallimentari (i primi, destinatari di uno scritto di Lutero e soppiantati dalla fanteria, furono vinti
nell’attacco arcivescovato di Treviri). I contadini dettero vita a una ribellione incendiaria che dilagò da
Germania verso Svizzera, Alsazia e Tirolo (1524-25). Engels lo definì il più grande esperimento rivoluzionario
del popolo tedesco che avrebbe cambiato il corso della storia. Blickle: depurata da filtri marxisti, essa fu
rivoluzione dell’uomo comune (sudditi, contadini, minatori), scarsamente dotato di potere politico. Fu
redatto un manifesto politico (Dodici articoli) in cui si riforma lo Stato, la Chiesa e la comunità cristiana
sull’uguaglianza evangelica. Sacra Scrittura divenne fonte di legittimazione per la rivoluzione politica e
sociale del 1525. Forza inusitata della folla per l’uso del diritto divino. Principi laici ed ecclesiastici avevano
appesantito le tasse e reso condizioni di vita peggiori; a questa via per lo Stato moderno, i rivoluzionari
opponevano una visione basata sul Vangelo: democrazia e federalismo delle istituzioni con elezione diretta
+ emancipazione della servitù e riduzione imposte. Queste posizioni emersero in petizioni, libelli e fogli
volanti, ma anche violenza contro nobili. 30.000 rivoltosi furono controllati da unioni militari, cristiane e
politiche dette Landschaften. Tra queste vi era la Lega di Allstedt in cui capeggiava Muntzer, ex discepolo di
Lutero e rivoluzionario armato della Riforma protestante (bollato il Satana di Allstedt da Lutero).
Storiograficamente sembra che la scelta della violenza di Muntzer non fosse predeterminata quanto indotta
dal fallimento di altre vie. Più che fanatico dell’apocalisse o crociato, parliamo di un uomo proteso con tutte
le energie a realizzare un’autentica riforma della Chiesa, fino a imboccare una strada diversa dalle sue
originali intenzioni. Muntzer, millenarista dai profeti di Zwickau, sosteneva che la rivoluzione fosse l’atto
fondativo del regno divino di pace sulla terra da parte degli eletti. Questi erano incaricati di eliminare gli
empi (ecclesiastici e governanti) su ispirazione mistica di rigenerazione (l’ora è suonata, es ist Zeit). Ottica
attivistica e attualizzante che rompe con tradizione apocalittica. Grande capacità organizzativa della rivolta
che inizialmente non funzionò con mezzi pacifici, ricorrendo alle armi. Muntzer fu decapitato nella sconfitta
del 1525 (5.000 morti) a Frankenhausen.
A legittimare la repressione fu Lutero stesso con Contro le empie e scellerate bande dei contadini, redatto
pochi giorni prima del massacri. Lutero non voleva che la sua riforma fosse travisata per questa rivoluzione
sociale. Il radicalismo luterano si era fatto strada a Wittenberg, con i profeti di Zwickau e Andrea
Carlostadio (abolizione della messa, del celibato, di immagini sacre). Lutero si rivolta contro questo e
riporta la Riforma nei propri binari attraverso vari libelli. Il radicalismo fu stimolo alla riflessione teorica;
Lutero elaborò la dottrina dei due regni: da un lato vi è il regno di Cristo, invisibile, composto dai credenti e
retto dal Vangelo, dall’altro il regno mondano, inclusivo di peccatori e pii, che con la politica e le armi
preservano società da Satana e anarchia. Dio era sovrano di entrambi, ma le loro sfere erano distinte:
politica non poteva interferire nella religiose e viceversa. Né l’uno né l’altro erano legittimati a impiegare la
coercizione per imporre il Vangelo (osservanza ordine della società dato da Dio). Universalismo cristiano nel
rispetto della libertà spirituale del singolo e laicità del potere civile. Dopo il 1525, Lutero iniziò a costruire la
Chiesa sotto l’egida del principe, Giovanni di Sassonia, il quale sfruttò la Riforma per marcare
l’emancipazione dal dominio dell’imperatore e di Roma = nuova identità politica indipendente. Strutture
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feudali si trasformarono in apparati dello stato moderno, con il finanziamento di beni secolarizzati. Potere
politico costruisce la nuova istituzione! Lutero arrivò ad affermare l’obbligo dell’autorità civile di garantire
l’insegnamento della dottrina cristiana per avere conformismo religioso. Nella nuova Chiesa la libertà
religiosa fu messa al bando senza mezzi coercitivi (eccetto per gli anabattisti, condannati per infrazione
della sottomissione allo Stato). Tolleranza non fu assicurata nemmeno agli ebrei (Lutero intransigente ispirò
le politiche di espulsione di questi). L’Islam, non più Anticristo ma comunque condannato, fu considerato
fonte di conoscenza per il riformatore. Furono istituite le Istruzioni per i visitatori elle parrocchie della
Sassonia elettorale (1528), in cui si stabiliva un sovrintendente per ogni distretto del ducato che
controllasse disciplina dottrinale e morale della comunità (poteva bandire i non luterani). Furono istituite e
per i poveri delle casse comuni e una nuova liturgia incentrata sulla predicazione della Bibbia e rito
eucaristico accompagnato da inni scritti da Lutero. La liturgia matrimoniale cambiò: non quanto
sacramento, ma in quanto fondamento di un’ordinata società civile, esso fu importante per la Chiesa, la
quale promuoveva il contenimento della sessualità ed educazione religiosa della prole. Lutero stesso sposò
un’ex monaca che gli dette sei figli verso cui ebbe molte premure. Il vincolo matrimoniale poteva essere
sciolto, ma il divorzio fu concesso raramente. La donna acquisì una maggiore dignità. Fu istituito il
catechismo per i più piccoli e per i più grandi (due versioni diverse nel 1529 con elementi essenziali).
Tutto questo permise la penetrazione del movimento riformatore, che in Germania rimase
prevalentemente urbano (più di 50 città su 65). Molte città europee, al passaggio della Riforma, divennero
laboratori multiconfessionali e contribuirono alla tolleranza religiosa. Fino a metà secolo la Chiesa luterana
non ebbe vita facile: la tradizione cattolica fu difficile da sradicare e sorsero molti conflitti con l’imperatore.
Ulteriore rottura avvenne con la Chiesa zwingliana (diversa dottrina eucaristica diffusa in Svizzera e città
tedesche), saldata attraverso il compromesso della Concordia di Wittenberg nel 1536. Pe ritrovare la
compattezza dell’impero, l’imperatore usò la duplice politica dei colloqui e delle armi, fallimentare in
entrambi i casi. Nel 1529, chiuso il fronte italiano con la vittoria dei cattolici, i riformatori protestarono
contro un rescritto di abiura della propria fede editto dall’imperatore – da qui il nome di protestanti. Carlo
V, minacciato dai turchi, ricercò l’appoggio dei principi tedeschi nella dieta di Augusta, a cui parteciparono
entrambe le fazioni religiose. Testo fondamentale fu la Confessione di Augusta, massimo tentativo di
compromesso tra Roma e Wittenberg redatto da Melantone, noto per il suo impegno pedagogico oltre che
apporto solidale luterano. Si illustravano i principali articoli di fede del luteranesimo e se ne sottolineavano
le affinità con il cattolicesimo, lasciando le controversie nel silenzio. Le rigidità dottrinali riguardavano
zwingliani e radicali. L’imperatore respinse la confessione e condannò i luterani; alcune città risposero con
la Confessione Tetrapolitana, più zwingliane. Molte città tedesche si unirono ai principi e fu formata la Lega
militare di Smalcalda, capeggiata dai duchi di Sassonia e Assia. Né la stipula di una tregua, né i colloqui e
nemmeno le prime fasi del Concilio di Trento (1545-47) riuscirono a creare una riconciliazione
(intransigenza della Chiesa cattolica, indisponibilità alla mediazione dottrinale). Carlo V, malgrado la vittoria
contro la Lega di Smalcalda (1547), dovette prendere atto della realtà e sancire la divisione religiosa
dell’impero. Nel 1555 fu proclamata la pace di Augusta, con cui si legittimava il principio del territorialismo
ecclesiastico secondo la formula cuius regio, eius religio (vincola i sudditi a seguire la religione del sovrano).
In alcune città libere fu ammesso il biconfessionalismo. Non veniva infranto il principio dell’unità
confessionale dello Stato. Fu escluso il calvinismo dal trattato, emendato solo dopo la guerra dei Trent’anni
con la pace di Vestfalia (1648). Il trattato di Augusta ufficializzò la rottura del millenario corpus Christianum
e l’inizio del difficoltoso cammino della convivenza religiosa.

3. Altre vie della Riforma magisteriale


A Zurigo e a Strasburgo
La via aperta da Lutero dette vita a percorsi alternativi in vari luoghi d’Europa. Importante fu la Riforma in
Svizzera, dove il calvinismo conobbe una propagazione maggiore del luteranesimo, ponendosi all’origine di
cambiamenti politici e sociali. Meno influente fu lo zwinglianesimo, segnato dalla morte precoce del suo
leader (il quale aveva introdotto la distinzione riformati ed evangelici). La Confederazione divenne un
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mosaico religioso, ove si sperimentarono conflitti e tolleranze. Zwingli inaugurò la riforma in Svizzera nei
primi anni venti a Zurigo. Zwingli si distinse subito da Lutero per differenze fondamentali, quali il
radicalismo del primo. Originario di un villaggio svizzero, dopo la laurea a Basilea, Zwingli fu parroco per
dieci anni, continuando gli studi tomisti, fino a diventare uno dei principali umanisti di orientamento
erasmiano. Attraverso la lettura dei testi luterani cominciò a tendere verso le posizioni evangeliche con
grande seguito di folla. L’applicazione della Sacra Scrittura fu da subito pietra miliare della Riforma: nel
1522 egli, su base scritturale, rifiutò il digiuno quaresimale, mentre nel 1523 egli investì il Consiglio cittadino
del compito di realizzare la Riforma. Trovò piena espressione la religione civile caratteristica del
riformatore. Zwingli nutriva un interesse politico, battendosi per l’indipendenza di Zurigo dal sistema
mercenario e per la creazione di una lega antiasburgica on città svizzere e Filippo d’Assia (muore con le armi
in pugno nella battaglia di Kappel contro i cantoni cattolici). Il programma zwingliano fu rapidamente
attuato con un metodo semplice e consequenziale: il Consiglio approvava quelle riforme religiose che
dimostravano di avere fondamento nella Bibbia. In pochi anni, dal 1523 al 1527, furono abolite le immagini,
le statue e la musica sacra, la messa, le feste religiose, demoliti gli edifici ecclesiastici. Vennero create
nuove istituzioni come il tribunale della disciplina e dei matrimoni e soprattutto una nuova chiesa diversa
da quella di Lutero per il carattere comunitario, religioso e civile e sacramentale. Zwingli assoggettò la
Chiesa al potere secolare del governo repubblicano dei cantoni svizzeri. Predicazione della Parola di Dio e
bando di peccatori e dissidenti. La nozione eucaristica zwingliana era di carattere simbolico della Cena: si
tratta di un rito celebrativo di ringraziamento e di confessione collettiva della fede personale. Escludeva la
presenza reale del Signore e la trasmissione sacramentale della grazia; tutto si basava sull’interpretazione
filologica dell’umanista Honius, per cui “est” di “questo è il mio corpo” si può rendere con “significa”
secondo l’etimologia greca. Zwingli privò di carattere sacramentale anche il battesimo, che rappresenta
solo l’atto primo di cittadinanza cristiana, sancendo l’ingresso nella comunità religiosa (al pari della
circoncisione ebraica – “circoncisione del cuore”). Per questo Zwingli si oppose aspramente contro gli
anabattisti, i quali proprio a Zurigo vedono una sua fondamentale filiazione nel gruppo dei fratelli svizzeri. I
capisaldi zwingliani furono l’assoluta sovranità di Dio e l’espressione del disegno predestinazionista. In
quanto erede di Tommaso, egli concepiva Dio come signore assoluto e onnipotente dell’universo (anche
causa del male). La predestinazione zwingliana era più rigorosa e innovativa di quella di Lutero: assoluta
esclusività rapporto Dio-uomo nella storia dell’umanità, tanto da eliminare le differenze confessionali.
Predestinazione è libera, universale e indipendente: l’elezione era unico fondamento di salvezza,
precedente la fede (trascende la rivelazione, aiuta i pagani). Indipendenza della predestinazione rispetto al
peccato di Adamo (Paolo, Seneca), preordinato da Dio per mostrare la sua onnipotenza e misericordia con
Cristo. Egli è unico tramite tra fedeli e Padre che permette la redenzione con insegnamento evangelico e
sacrificio espiatorio (che non si può ripetere nella liturgia perché Cristo non è ubiquo ma alla destra del
Padre). Antropologia positiva: libertà di credere con fede soggettiva e immagine divina nell’uomo c’è
ancora ma è solo stata oscurata.
Successore di Zwingli fu Bellinger, umanista irenico che non riuscì a dispiegare a pieno la via della Riforma.
Egli cercava un accordo tra Chiese svizzere e unione con Chiesa di Ginevra (accordo nel 1549). Rimase
comunque fermo oppositore degli anabattisti. Basilea divenne città simbolo della liberalità e tolleranza fino
a tardo Cinquecento. La pacificazione religiosa fu ottenuta da Martin Bucer, capo della Riforma di
Strasburgo: da leader delle Chiese svizzere e tedesche meridionali, egli ricercò una mediazione teologica e
pratica tra luterani e zwingliani e cattolici e radicali (fu attivo anche nella riforma italiana). Rimasero
riformatori fermi nella loro posizione contro la persecuzione religiosa oltre Bucer (es. Capitone, ebraista
erasmiano). Strasburgo = capitale del protestantesimo e centro pluriconfessionale che accoglieva tutti (=
“rifugio della speranza”). La società si adoperò per mantenere tale libertà dell’individuo e dall’impero
(Sturm fondò il Ginnasio – larga diffusione della cultura con editoria). 1534 = scioglimento della grande
comunità anabattista. Clima di tolleranza rimase anche con l’Interim (1548), che ripristinò culto cattolico
accanto a quello protestante. Bucer emigrò in UK per questo, dove esercitò forte influsso. A Strasburgo
Bucer fu modello per Calvino (infatti considerato diretto precursore del riformatore). Chiesa assume forte
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carattere istituzionale, indipendente dalla società. Due missioni: cura pastorale + esercizio della disciplina
ecclesiastica. Alla celebrazione eucaristica erano solo ammessi i credenti: i pastori erano affiancati da
anziani, maestri e diaconi. Bucer introdusse comunità cristiane nelle parrocchie per accrescere spiritualità
della cittadinanza (disaccordo con autorità). Strasburgo si orientò poi al luteranesimo; Calvino avrebbe
portato questo nuovo modello ecclesiastico a compimento a Ginevra.
Giovanni Calvino
Il calvinismo ebbe una straordinaria capacità di attrazione. Ginevra fu rifugio internazionale di esuli e da qui
il calvinismo penetrò nei territori limitrofi per poi dilagare verso America ed Europa orientale. Per i valdesi
decisivo fu l’operato di Calvino a Ginevra. Le istituzioni e le discipline furono pensate da lì in poi in maniera
diversa. Dal calvinismo sono discesi la secolarizzazione, l’individualismo, l’utilitarismo, l’empirismo e la
democrazia moderna. Weber lo pose, in maniera discutibile, all’origine del capitalismo moderno (etica
secolare del lavoro + accumulazione finanziaria). Nuova concezione del tempo in quanto dono divino
(dunque da non sprecare). Il calvinismo tese alla costruzione della città di Dio sulla terra secondo un
modello teocratico, mantenendo scissione Chiesa-Stato. Venne forgiata una razza di eroi: fedeli impegnati
nella vita per onorare la gloria di Dio: l’esistenza divenne luogo e mezzo della celebrazione di Dio (=
secolarizzazione della santità). Carattere composito e ambivalente del pensiero riformatore; il movimento si
adattò facilmente a paesi ed esigenze diverse, aprendosi anche al mutamento. Questa dottrina fu
fondamentale anche per la trasformazione della condizione sociale individuale e dell’ordine tradizionale
della società. Vigore e attivismo dettero risultati visibili in pace e in guerra (forte intolleranza verso
cattolicesimo, speculare per forza istituzionale). Ginevra = “L’altra Roma”. Le guerre di religione europee
videro sempre i calvinisti in prima fila in quanto guerrieri di Dio. A Ginevra ebbe per la prima volta luogo
l’esecuzione capitale di un eretico e proprio qui nacque la liceità della persecuzione religiosa (refrattari alla
diversità).
Cauvin, detto poi Calvino (1509-1564), dedicò la vita agli studi indirizzato dal padre notaio. Frequentava una
famiglia di buona posizione (Montmor). Destinato alla carriera ecclesiastica, fu inviato a Parigi con ottima
formazione classica a Montaigu (legge Aristotele, Ockham, Pietro Lombardo e scuola agostiniana moderna).
Dopo l’incontro con l’Umanesimo in altre Università decise di avviarsi verso la giurisprudenza con
l’appoggio del padre: tali studi furono fondamentali per la costruzione della sua forma mentis (ritorno a
fonti classiche e diritto romano) da teologo ed esegeta biblico (coerenza di pensiero, concretezza,
chiarezza, analisi filologica). Egli ricercava una religiosità rinnovata unendo bonae litterae e Vangelo. Calvino
si dedicò alle lingue antico, prendendo parte al circolo evangelico della sorella di Francesco I. Dopo essersi
laureato, esordì come commentatore di Seneca, autore allora in gran voga: atteggiamento positivo verso la
cultura pagana. Essa era affine al cristianesimo (stoicismo) e mostrava la corruzione dell’intelligenza
naturale. Vi trovò risposte ai suoi quesiti angosciosi (es. disordine del mondo e ricerca di vita sobria),
mettendo in luce il suo spirito umanistico. Negli anni successivi aderì alla Riforma (“conversione
improvvisa”), probabilmente leggendo opere di Lutero e collaborando con il rettore dell’Uni di Parigi per
apertura al movimento riformatore. Calvino poi lasciò la Francia dopo lo scoppio delle forti tensioni
religiose (a partire dall’affaire des placards) con introduzione di idee protestanti. Si rifugiò a Basilea, la città
tollerante, dove nel ’36 pubblicò Istituzione della religiose cristiana, con cui Calvino si impose nel dibattito
teologico. Nata come difesa del re di Francia e compendio catechista, nelle edizioni successive l’opera fu
molto arricchita da riferimento alle Scritture, divenendo monumento della dottrina riformata (come la
Summa di Tommaso per il cattolicesimo). L’opera rivelava l’ottica secolare con cui Calvino affrontò i
problemi religiosi, educando piuttosto che speculando (pragmaticità). Altri scritti formano un corpus di 50
volumi del calvinismo. Il pensiero di Calvino non è sistematico ma presente una coerenza interna
straordinaria, spaziando da politica, religione e diritto. In quattro libri (1 = creazione e provvidenza divina, 2
= redenzione Cristo, 3 = fede giustificazione e predestinazione umane, 4 = Chiesa e Stato) Calvino si
concentra sulla nozione di gloria di Dio: egli è principio sommo di tutto e oggetto di celebrazione. Dio è
onnipotente e libero (anche di permettere il male): questa potestas però non è fine a se stessa quanto utile
alla salvezza dell’umanità corrotta dal peccato originario. A Dio si sovrappone l’immagine del sovrano
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moderno, fondamentale per Calvino (suddito di Francesco I). L’escatologia politica calviniana diventa
progetto politico da realizzare nella storia (dominio universale di Dio sulla terra con la Chiesa).
Predestinazione diventa corollario primo della concezione teologica calviniana, attingendo a S. Paolo e
Agostino e ispirazione occamista. Fu frutto del suo percorso esistenziale, in cui la conversione fu
interpretata come segno di elezione alla missione riformatrice. Lungo processo di elaborazione concettuale
che culmina nell’Istituzione con la dottrina della doppia predestinazione degli uomini (salvezza o
perdizione). Predestinazione = decreto eterno di Dio che comporta salvezza per cerchia ristretta di uomini.
Elezione è opera di misericordia del Padre, decisa per ragioni imperscrutabili, mentre la reiezione è indice di
assenza di azione salvifica (no condanna di Dio!). Ai pii era aperto l’accesso a una vita secondo vocazione e
fede (≠ dal progetto di salvazione cattolico, conforme alla immensa bontà di Dio). La predestinazione,
stabilita ab aeterno, esige la conoscenza da parte dell’uomo. Secondo Calvino si può attingere alla nozione
di divino attraverso l’osservazione della realtà naturale nella sua storia, poiché la creazione universale ne è
espressione visibile: alla percezione segue la celebrazione. In via ipotetica tutti potevano giungere all’idea di
Dio per via razionale, perché la ragione umana non è completamente corrotta (percezione innata della
divinità = religione universale). È un Dio imperfetto e ottenebrato però, a cui serve la luce della rivelazione
divina. Calvino vede la predicazione scritturale come il veicolo principale della Rivelazione, dato che espone
l’opera divina con il suo culmine, Cristo. La parola annunciata diveniva alimento della fede, elemento chiave
nel calvinismo perché consente unione dell’uomo con Cristo (trasformazione radicale della vita del
credente, accesso al perdono e riconciliazione). Cristo = punto focale nel disegno salvifico di Dio come
mediatore Creatore/creature. Principio extra Calvinisticum per cui la realtà divina di Cristo sopravanza
quella umana, non è racchiusa nell’uomo storico per la pienezza del dominio celeste. È il mezzo esclusivo
per la salvezza umana; Cristo si incorpora con il prescelto: l’intima compenetrazione tra Cristo e fedele è
intera esistenza di quest’ultimo, alimento e orizzonte. Una vita vissuta secondo vocazione e rispetto
testimonia l’elezione divina. Questi elementi costituiscono i segni presuntivi della scelta di Dio.
Predestinazione legata alla vita personale e comunitaria e diventa fonte di sicurezza sul destino
ultraterreno. Cristianesimo calvinista rivela una dimensione concreta sconosciuta a Lutero e più universale
di quella di Zwingli. La Chiesa diventa luogo necessario di rivelazione della verità religiosa e comunione con
Cristo. Calvino considera i sacramenti come mezzo oggettivo per unirsi a Cristo (quanto con la Parola,
sebbene subordinati ad essa) e dare un senso comunitario agli eletti. Battesimo = ingresso nella comunità
ecclesiastica; eucaristia = suggellazione dell’unione con Cristo, reale e non corporale. Intersezione Lutero e
Zwingli: per Calvino Cristo è presente con il pane e non nel pane, negando valore simbolico della Cena.
Obbligo di appartenenza alla Chiesa, separazione da essa = negazione del Padre e Figlio. La trasgressione
dalla dottrina era gravissima, divenendo ipso facto atti lesivi della gloria divina. Per questo Calvino impose
precisi obblighi confessionali e disciplinari ai fedeli. Lo spazio pubblico era controllato dalla Chiesa,
indipendente dallo Stato (non ingerenza) ma garante del rispetto del primo (dato che entrambi i poteri
derivano da Dio). La Repubblica di santi, formata da eletti, deve celebrare la gloria divina, segnando la rotta
e governando la nave. Il Concistoro, principale istituzione, è tribunale ecclesiastico incaricato di vigilare
sull’ortodossia e condotta morale (poteva anche scomunicare!) ≠ Consiglio cittadino, cui spettava
l’esecuzione delle sentenze. Questa struttura richiedeva un personale qualificato: vi è un ordine distinto di
ministri che garantiscono la coesione della comunità. Il corpo era articolato in quattro unità: pastori
(ministri), dottori (interpretazione delle scritture e istruzione), anziani (tutelano integrità dottrina) e diaconi
(assistono poveri). Pastori + anziani = Concistoro. Tutto questo venne realizzato dal riformatore a Ginevra,
compiendo il pensiero di Calvino in realtà storica, diffondendosi in tutto il mondo.
Ginevra, la Repubblica dei santi
Con l’Istituzione stampata, Calvino si recò dalla duchessa d’Este in Italia, Renata di Francia (corte
filoriformata e faro per gli eterodossi della penisola). La sovrana ne risultò convertita ma si differenziava da
Calvino per diverse vedute sul suo ruolo nella promozione della Riforma in Italia. Nel 1536 iniziò il rapporto
di Calvino con Ginevra, a lungo mitizzato per il clima fecondo della città (non esente da tensioni per
refrattarietà del partito libertino contro il regime rigoristico calviniano. Calvino non rivenne il fondatore del
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calvinismo a Ginevra, ma nonostante Ginevra = forte identità da esule che lo spinse a guardare oltre
Ginevra, verso il resto del mondo (partendo dalla Francia) – questo secondo Oberman. Calvino riottenne
cittadinanza francese solo nel 1559; Calvino comunque trasformò Ginevra nella Nuova Gerusalemme
terrena, sollecitato dai problemi con la città.
Il riformatore Farel convinse Calvino a rinunziare allo studio per aiutarlo nell’opera riformatrice,
minacciandolo di maledizione divina altrimenti. Portare la Riforma a Ginevra era difficile, malgrado
l’appoggio delle magistrature civili e della maggioranza popolana. La lotta religiosa a Ginevra si era
identificata inizialmente con quella d’indipendenza dal ducato di Savoia: Ginevra era divenuta dominio del
duca, il quale aveva un forte potere in assenza di quello signorile ed episcopale della città. Con la
penetrazione della Riforma si sentì l’esigenza di un cambiamento politico e religioso: emancipazione dal
vescovo e duca e avvicinamento alla Confederazione svizzera + inclusione nelle combourgeoisies (patti di
solidarietà) tra città. A volerlo erano i ceti popolari e produttivi, con interessi finanziari nelle altre città
svizzere. La Riforma evidenziò la spaccatura tra fazioni dei filo-Savoia e filo-svizzeri; nel 1535 Ginevra passò
ufficialmente alla Riforma dopo una disputa pubblica sostenuta da Farel. Il duca di Savoia fu sconfitto
militarmente: Ginevra divenne una repubblica indipendente che solo Napoleone avrebbe privato della
propria libertà. Calvino venne nominato nel 1536 pastore e predicatore della Chiesa di Ginevra. Il suo
incarico non fu duraturo per l’impopolarità di un progetto con Farel per la sostituzione di un nuovo dominio
ecclesiastico più intransigente. Nel 1538 fu espulso Calvino insieme a Farel dalla città.
Calvino si stabilì a Strasburgo in quanto pastore, politico e intellettuale. Fu pastore della Chiesa dei rifugiati
francesi; partecipava ai colloqui di religione di Worms e ricevette incarico di insegnare all’Accademia di
Sturm. Dopo il matrimonio con la vedova Idelette de Bure, Calvino scrisse opere di grandi rilievo. Pubblicò la
nuova edizione dell’Istituzione in latino e francese, il commentario alla Lettera ai Romani e altre opere. La
cittadinanza strasburghese lo avviò a una crescente ascesa personale, quando Ginevra lo richiamò come
“salvatore della patria” dopo un periodo di conflitti interni. Calvino nel 1541 torna a Ginevra, dando inizio
alla sua era calviniana. L’edificazione della Repubblica dei santi (= società coesa nella fede e nella disciplina)
ne fu il coronamento. Le Ordinanze ecclesiastiche diventano chiave di volta del progetto calviniano.
Approvate dal consiglio cittadino, fondarono una Chiesa disciplinata, solida e intenzionata a svolgere un
ruolo primario nella vita religiosa morale e politica di Ginevra, indipendentemente dal potere civile. Le
Ordinanze delineavano l’obbligo alla fede calvinista, partecipando ad almeno quattro cene del signore
all’anno pena la scomunica, il bando o la condanna a morte. Il Concistoro aveva diritto ad emanare sanzioni
(2000 sentenze in cinque anni); esso controllava la popolazione anche dal punto di vista politico,
consentendo Calvino di esercitare una funzione decisiva per la conquista di Ginevra. Il potere del Concistoro
discendeva dalla Venerabile compagnia dei pastori, composta da emigrati francesi devoti a Calvino. Nel
1559 fu istituita l’Accademia ginevrina per l’istruzione calvinista. La Chiesa impose un rigidissimo codice
morale per rendere Ginevra la Repubblica dei santi, riesumando leggi suntuarie medievali (es. si punivano il
gioco dei dadi, osterie e balli). Erano vietati i rapporti con il cattolicesimo (no culto dei santi e no reliquie).
Calvino condusse un’indefessa opera pastorale per contribuire al progetto di trasformazione. Egli formulò
un monumentario corpus di commentari biblici, rendendolo il maggior esegeta del secolo. L’istruzione
catechista lo condusse a pubblicare il primo Catechismo nel 1537. Calvino per estendere la fede riformata
promosse l’unione con la Chiesa zwingliana con il Consenso Tigurino, continuando la sua opera di
propaganda ed evangelizzazione europea.
La lotta contro Roma si concretizzava in una continua polemica contro il papato, nel disegno calviniano di
Chiesa originaria a Ginevra, rendendola l’alternativa a quella romana. Prendendosi con cardinali e teologi,
le discussioni acquisirono toni sempre più alti fino a sconfinare nell’avvio del Tridentino: gli scritti calviniani
furono confutazioni dei capisaldi del cattolicesimo. Tutta la sua produzione finì all’Indice in Italia, Paesi Bassi
e Portogallo, mentre Ginevra era accusata di essere la sinagoga di Satana. Contro il dissenso religioso
Calvino fu durissimo: la sua visione non lasciava spazio all’eterodossia, concepita come manifestazione di
Satana. Gli eretici dovevano essere messi a tacere per difendere l’onore di Dio e la Chiesa. Calvino ingaggiò
fiere battaglie contro gli avversari, mettendo in atto la persecuzione religiosa. Gli anabattisti, libertini e
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nicodemiti furono il maggior bersaglio di una serie di libelli che tendevano a proteggere le comunità
riformate di lingua francese: la sua condanna però colpì tutti i dissidenti. Colpì anche gli italiani, spesso
sostenitori delle sue idee, complicando il rapporto con Calvino (che teneva in grande considerazione i
valdesi e gli esuli riformati; maturò poi un atteggiamento di diffidenza verso i fratelli itali per la loro
inclinazione al nicodemismo e indagine razionale nelle questioni di fede, eredità erasmiana). Per gli italiani
Calvino e Ginevra erano punti di riferimento fondamentali (modelli da emulare e obiettivi polemici per la
chiusura della ricerca religiosa indipendente intrinseca alla Riforma). Nei pamphlet contro gli anabattisti si
confuta puntualmente la loro dottrina: la negazione del battesimo infantile e il separatismo pacifista
venivano respinti per la dissociazione netta tra politica e religione, cancellando la visione tradizionale di
Chiesa e Stato. Le idee anabattiste erano giudicate bestemmie contrarie alla verità divina, come ad esempio
la dottrina del sonno delle anime dopo la morte (psicopannichismo), sostenuta da Carlostadio (si negava
l’immortalità dell’anima, fondando una nuova etica dell’agire umano e riservando solo ai pii la resurrezione
nel giorno del giudizio finale). Contro il libertinismo (riconducibile alla tradizione spiritualista radicale),
Calvino, che contribuì a definirne il fenomeno, li descriveva come assassini che annientano ogni forma di
religione, conoscenza e coscienza, eliminando la differenza tra uomo e bestie e propagando la pratica della
simulazione e dissimulazione. Il nicodemismo (episodio biblico di Nicodemo) fu maggior bersaglio di
Calvino, data la propagazione del fenomeno eversivo. Simulazione = svalutazione istituzioni ed essenza
religiose, vita di compromesso. In quanto risposta di sopravvivenza alla crisi della divisione confessionale
della società cristiana, il nicodemismo si diffuse in tutta Europa (soprattutto dove la repressione era più
forte e dove vi era interesse per mutamento confessionale). Il nicodemismo trovò la prima formulazione nel
mondo riformato con Otto Brunfels, ex monaco reduce dalla guerra dei contadini. Nelle sue Pandette
(1527) propose la clandestinità in attesa di tempi migliori per la realizzazione delle aspirazioni
rivoluzionarie. Non bisognava scandalizzare le coscienze deboli durante il dominio degli empi. Brunfels
aveva una visione irenica di libertà confessionale. Quest’opera fu molto stimolante per gli spiritualisti e
riformatori. In Italia questa si intrecciò al messaggio valdesiano discendente dell’alumbradismo spagnolo.
Calvino fu il primo ad affrontare la questione del nicodemismo con uno scritto rivolto agli evangelici
francesi che avevano trovato nel nicodemismo la risposta alla loro ricerca di una via spirituale. Con la silloge
di scritti riformatori, Sulla necessità di evitare le superstizioni (1550), Calvino contribuì enormemente
all’argomento, invertendo il rapporto con gli italiani. Era stato un caso italiano a determinare la
pubblicazione dell’opera, ovvero la vicenda di Francesco Spiera, avvocato di Cittadella morto dopo
un’angosciosa agonia per aver abiurato la fede calvinista (vedendo in questo atto un segno della
predestinazione alla damnatio). Intorno al suo capezzale si era sviluppato un intenso dibattito che poi sfociò
nella stampa. Il vescovo Vergerio giustificò con questa vicenda la sua fuga malgrado i compiti pastorali. In
generale prevaleva la comprensione verso la condotta nicodemitica, soprattutto da parte dei “deboli nella
fede”. Curione identificò l’Anticristo nel veleno dei comportamenti coercitivi e nella Chiesa romana.
Calvino, nella Storia, condannò la simulazione dopo un’analisi puntuale del fenomeno, equiparandola al
peccato di idolatria: per evitarlo si poteva seguire il martirio o l’esilio. Non valeva la giustificazione pratica di
salvaguardia della vita. Calvino si rivolse prima di tutto agli italiani: in essi egli trovava i difetti confermati dal
caso Spiera (ipocrisia, opportunismo, pavidità). L’Italia era diventata per Calvino il maggiore e più illustre
teatro del mondo cristiano e piazza privilegiata dell’azione dell’Anticristo. Calvino rimase isolato nella sua
posizione intransigente. Altro affare clamoroso di risonanza internazionale sul nicodemismo fu l’esecuzione
di Michele Serveto a Ginevra il 27/10/1553. Esso inaugurò il dibattito moderno sulla tolleranza e libertà
religiosa, che lo assunse a simbolo. Il Consiglio cittadino era in competizione con Calvino per il diritto di
amministrazione della giustizia; il consiglio dimostrò di voler difendere l’ordine religioso decretando la
condanna al rogo dello spagnolo per le idee antitrinitarie e anabattiste del suo capolavoro. Le Chiese
svizzere dettero il loro assenso, lasciando Calvino il principale promotore del processo. Serveto divenne
l’eretico per eccellenza. In questo affaire, Calvino si dimostrò uomo del Medioevo con visione monolitica
della verità e dell’autorità da imporre (secondo Bainton). Calvino collaborò con l’Inquisizione francese,
incriminando Serveto che risiedeva nel paese sotto falso nome. Nella Difesa, Calvino condannava
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fermamente il pensiero di Serveto, antitetico al proprio. Serveto, figlio del Rinascimento, mirava alla
divinizzazione dell’uomo e rinnovamento radicale della società cristiana. Verbo e Spirito erano solo
modalità di espressione divina nel processo di emanazione d’energia celeste. Cristo è il tramite per la
divinizzazione dell’uomo, mentre lo Spirito è flatus vitae che vivifica il creato. Calvino così sostiene la liceità
della repressione degli eretici per la salvaguardia della gloria di Dio (non per la conversione, data la
predestinazione). Serveto = il più esecrabile mostro satanico. Sebastiano Castellione, “Uccidere un uomo
non significa difendere una dottrina, ma solo uccidere un uomo”. Calvino equiparava gli eretici ai
bestemmiatori, idolatri e falsi profeti puniti nell’Antico Testamento, dando fondamento biblico alla loro
eliminazione. I passi a favore della tolleranza furono piegati apposta per fornire ulteriori giustificazioni alla
coercizione. Calvino attaccò anche la tendenza degli italiani a indagare razionalmente le questioni di fede
(vacua curiosità); fu dagli italiani che provennero le risposte più incisive sulla persecuzione. I celebri
umanisti Castellione e Celio Curione, membri del circolo eterodosso di Basilea (cuore del dibattito sulla
libertà di coscienza). Castellione pubblicò in anonimato l’opera considerata l’incunabolo della teorizzazione
della tolleranza. Curione invece criticava fermamente la dottrina della doppia predestinazione calviniana. Il
nesso tra lotta per libertà e battaglia antipredestinazionitsa divenne saldo. Calvino li giudicò distruttori della
religione, affiancato da un altro riformatore ginevrino contro i nuovi accademici scettici. La controversia
durò oltre la morte dei contendenti, con toni violenti e attivi: a scontrarsi erano due visioni opposte della
Riforma. Un ampliamento significativo riguardò il tema della predestinazione divina: lo scontro fu frontale
tra Calvino e Castellione: alla predestinazione quest’ultimo contrapponeva la libertà dell’arbitrio e
dell’immensa misericordia di Dio (Erasmo). Il conflitto negli anni Cinquanta conobbe le posizioni
antitrinitarie di vari signori e giuristi italiani, difensori di Serveto. Essi accusarono Calvino di sostenere una
quaternità (Padre, Figlio, Spirito Santo, Trinità) priva di fondamento biblico e frutto di speculazioni
intellettualistiche. La divinità per essenza era il Padre, mentre Figlio e Spirito ne erano compartecipi per
comunicazione e Cristo rivestiva ruolo di mediatore. Gli antitrinitari furono costretti a sottoscrivere
confessioni di fede ortodosse ed esiliare nella più tollerante Polonia. Uno di loro fu condannato a morte.
Ochino, capo della Chiesa italiana di Zurigo, per colpa di una sua opera in cui esponeva concezioni
antitrinitarie e tolleranti, fu colpito dal riformatore ginevrino, bandendolo dalla città. Calvino divenne il
“novello papa”, campione di una Chiesa coercitiva. Bolsec, ex carmelitano francese bandito da Ginevra nel
’51 per la sua condanna al predestinazionismo, tornato al cattolicesimo, pubblicò una biografia di Calvino
dipingendolo come uomo depravato, eretico per eccellenza e despota sanguinario.
Malgrado il rigore, Ginevra fu il refuge privilegiato per gli esuli di tutta Europa: apparendo come la Nuova
Gerusalemme, fu assalita durante il Cinquecento per abbandonare le terre dell’Anticristo. L’insediamento
dei rifugiati fu favorito dal diritto di borghesia e di voto per gli esuli facoltosi, oltre a quello di residenza
accordato a tutti. L’obiettivo era di sanare la situa fiscale della città, sollevato solo successivamente con i
finanziamenti delle Chiese sorelle. Gli immigrati furono importanti per l’industria (soprattutto tipografica,
trasformando Ginevra in centro editoriale del pensiero riformato). L’Accademia ne forgiò gli indirizzi per
accrescere l’attrazione della città: presto la Repubblica dei santi divenne mito nell’Europa moderna. I
maggiori immigranti furono italiani e francesi, che raddoppiarono la popolazione. Calvino guardava ai suoi
connazionali come milizie per l’evangelizzazione della madrepatria. Grazie al loro appoggio Calvino ottenne
nel 1555 una vittoria sul diritto di scomunica, sebbene successivamente la bilancia tornò a pesare a favore
dell’autorità secolare. L’Italia si distinse per la sua compattezza e attivismo, insieme ad una maggiore
indipendenza rispetto alla linea calviniana. L’emigrazione interessò ogni ceto sociale (es. a Lucca vennero
famiglie del grande patriziato mercantile). La comunità passò da iniziale preponderanza dei ceti medio-bassi
a marcata presenza del ceto medio-alto, generoso di finanziamenti per i beni pubblici della città in segno di
riconoscenza verso la signoria di Ginevra. A Vico venne costruita una propria Chiesa grazie ad un marchese;
questa era in linea con gli indirizzi calvinisti aperta all’anabattismo e antitrinitarismo. La chiesa italiana non
rimase estranea alle controversie scoppiate tra eterodossi connazionali e riformatori ginevrini. In Italia
l’adesione al credo calvinista avvenne con un’intensa opera di propaganda attuata dall’editoria, predicatori
e teologi. Le stamperie (in cui l’egemonica era quella piemontese) pubblicarono molti testi con sovvenzioni
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locali, spesso con la collaborazione di Calvino. Alcuni teologi, come Giulio della Rovere, si distinsero per
l’attività pastorale, propagandistica ed elaborazione dottrinale in linea con Ginevra (≠ da Ochino, che prese
posizioni radicali). Vi era un atteggiamo improntato alla tolleranza; Vermigli, ex canonico lateranense, fu
principale promotore della riforma a Lucca e il teorizzatore più sistematico dei difensori della dottrina (a
Oxford collaborò alla riforma del diritto canonico inglese). Lentolo, ex carmelitano e storico, perpetuò
un’indefessa evangelizzazione anche nelle Valli valdesi; così rigido nella difesa dell’ortodossia calvinista,
sancì l’espulsione dei suoi connazionali. Questi e altri riformatori controbilanciarono il giudizio negativo di
Calvino sugli italiani. Ginevra divenne rifugio per i perseguitati della Chiesa cattolica in Europa; questi
contribuirono all’espansione europea della confessione calvinista dopo la scomparsa di Calvino. La città
divenne alternativa al cattolicesimo e al luteranesimo; l’internazionalizzazione portò un profondo
mutamento: mentre Ginevra perdeva il suo primato, nasceva il calvinismo in altre roccaforti. Il calvinismo fu
più complesso del pensiero di Calvino poiché si unì a istanze diverse (d un lato rigido predestinazionismo,
dall’altro grande capacità performativa nel rispondere a sollecitazioni intellettuali dei vari luoghi). Sviluppi
diversificati che il calvinismo ebbe in Francia (teorie contrattualistiche e monarcomache nelle guerre di
religione), nei Paesi Bassi (controversia ti fine secolo tra Arminius e Gomar) e in UK (puritanesimo di matrice
ortodossa di orientamenti d’avanguardia). Malgrado la sua posizione dominante nella Confederazione, con
l’unione con Zwingli con la Seconda confessione elvetica (1566), la Chiesa calvinista non divenne una
struttura ecclesiastica centralizzata in Svizzera per colpa dell’autonomia politica dei cantoni.
Lo scisma inglese
L’instaurazione della Riforma in UK seguì un percorso peculiare. Le dottrine di Lutero si unirono
all’anticlericalismo diffuso con esiti eterodossi e creativi = “lunga Riforma”, cioè evangelismo data
l’indeterminatezza dottrinale. Secondo alcuni questi orientamenti erano minoritari rispetto alla lunga
tradizione cattolica viva. La Bibbia fu tradotta in inglese da Tyndale negli anni Venti: malgrado il divieto di
circolazione di Bibbie alternative, il testo divenne base di tutte le successive edizioni inglesi e tramite delle
idee evangeliche. Negli anni ’20-’30 si formarono dunque comunità protestanti. Lo scisma dalla Chiesa
cattolica romana non avvenne tramite un’eresia, ma con l’Act of Supremacy del 1534, con cui Henry VIII
divenne unico capo supremo della Chiesa anglicana a seguito del rifiuto pontificio di annullamento del
matrimonio con Catherine of Aragon (zia di Carlo V allora vittorioso su Roma). Non era nelle intenzioni del
re aprire le porte alla Riforma, che egli avversava: nel 1521 era divenuto Defensor fidei per la difesa dei 7
sacramenti vs Lutero. La Chiesa inglese mantenne dottrina, liturgia, paramenti e struttura episcopale
cattoliche; continuità dottrinale con i Six Articles (1539). La frattura avvenne con il titolo del sovrano di
Capo supremo, con obbligo di giuramento di conformità ai suoi precetti da parte dei sudditi, pena la
condanna (Atto di uniformità). L’arcivescovo di Canterbury era il primate della Chiesa e governava la
gerarchia e l’amministrazione. I conventi furono soppressi e i beni della Chiesa incamerati. La politica
religiosa di Henry non fu lineare (per esigenze politiche interne e contrastanti istanze conservatrici –
vescovo Gardiner, e filoevangeliche – regina Bolena e cancelliere Cromwell). Modello politico-religioso
erastiano da Erastus, teologo riformato che definì il principio di supremazia Stato > Chiesa. Religione
divenne affare di Stato soggetto al potere laico. Gli indirizzi dottrinali mutavano a seconda dei sovrani,
producendo cambiamenti drastici: nel 1558 si stabilizza una posizione riformata, rimanendo invariata la
gerarchia ecclesiastica. Rimane caratteristico dell’Inghilterra il carattere politico dell’opzione religiosa: il non
conformismo fu reato contro lo Stato (papisti erano potenziali sovvertitori per questo). Il cattolicesimo non
fu estirpato ma l’identità nazionale si identificò con la causa protestante. Nonostante il dovere di
uniformità, rimase una libertà di opinione personale, favorendo la relativa tolleranza religiosa nel paese.
Con Henry VIII la politica repressiva (che giustiziò Tommaso Moro) si attenuò e cessò del tutto verso i
protestanti con Edoardo VI (1547-1553). Con il suo breve regno egli fu decisivo per l’impianto della Riforma.
Sotto la guida del protettore Seymour, duca di Somerset, Edward perseguì il rinnovamento religioso interno
con l’eliminazione dell’antico cerimoniale e arredi ecclesiastici – UK doveva essere leader del
protestantesimo militante e il motore della Reformation on the World. Nel 1552 fu pubblicato il Book of
Common Prayer, con cui si definiva la liturgia anglicana con principi riformati e pratiche cattoliche. I
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Quarantadue articoli fissavano il sistema religioso, sintesi di luteranesimo e riformismo, avviando


parallelamente una revisione del diritto canonico. L’arcivescovo di Canterbury, Cranmer, riuscì a rendere
all’Inghilterra riformata un respiro internazionale. Apertura all’emigrazione religionis causa, l’UK guadagnò
fama europea come terra di asilo e dibattito religioso. Molti teologi perseguitati divennero punti di
riferimento nella Chiesa. Una massa cosmopolita di esuli si riversò a Londra, dove furono istituite Chiese
straniere dotate di libertà di culto. Con l’ascesa di Maria Tudor iniziò un periodo di forte repressione
religiosa che le valse l’appellativo di Maria la Sanguinaria. Moglie del futuro re di Spagna Filippo II,
campione della Controriforma, ella si impegnò con intransigenza al ripristino del cattolicesimo, imponendo
persecuzioni ed esili. Gli emigranti si misurarono con i grandi maestri della Riforma in Europa e dettero vita
a un’intensa attività propagandistica. Acts and Monuments (= Book of Martyrs, 1563) di Foxe divenne il più
famoso martirologio della Riforma e pilastro dell’identità religiosa inglese. L’opera di restaurazione fu
comunque coadiuvato da un forte consenso popolare (come mostrano studi recenti); la sovrana si avvalse
della collaborazione del cardinal Reginald Pole. La sovrana Elisabetta I Tudor (1558-1603, circa 50 anni) fu
salutata come Astrea, mitica restauratrice dell’età dell’oro per la prosperità e pace garantite. In realtà il suo
regno presentò luci e ombre: il paese era diviso sul piano confessionale e stretto dalle potenze cattoliche
ostili del papa. Questi la fulminò con la scomunica 18 anni prima dell’Invincible Armada. Abile a
destreggiarsi nell’arte della politica e vissuta da figlia illegittima all’ombra della sorellastra, Elisabetta optò
per una politica religiosa di compromesso definita dagli storici Elizabethan Settlement, su cui si fondò la
Chiesa anglicana. La riforma elisabettiana, attuata dai ministri Cecil e Walsingham, avvenne mediante il
Book of Common Prayer + Trentanove articoli (1559/1563) = conservazione della struttura ecclesiastica
cattolica (no celibato) e formulazioni mediane tra dottrine riformate e luterane (eucaristia). La Chiesa
d’Inghilterra è unicum nella riforma europea = “via media anglicana” secondo alcuni studiosi, mentre altri
sostengono che abbia assunto con Elisabetta un carattere riformato o non calvinista. Elisabetta I, con l’Atto
di supremazia e quello di uniformità, divenne governatore della Chiesa, responsabile con il Parlamento e
Convocation dell’organizzazione e dottrina ecclesiastiche. Assieme alla nuova e consolidata identità
riformata nella popolazione rimanevano tracce di ignoranza, superstizione e scetticismo verso la religione.
Per chi non si adeguava alla Chiesa anglicana la libertà di coscienza per i cattolici e radicali fu comunque
tollerata. Londra divenne refuge da non conformisti (es. Bruno); malgrado l’ostilità di accademici ed
ecclesiastici, le posizioni tolleranti di questi esuli circolavano nel paese, rendendolo un centro di vivaci
discussioni religiose. La presenza cattolica rimane consistente e maggioritaria in alcune zone e si avvalse di
una rete protetta e ambasciate. Le strategie di sopravvivenza consentirono la conservazione della loro
identità religiosa. Cattolicesimo rimane confessione irlandese, ma i suoi fedeli subirono una brutale
persecuzione durante la Rivoluzione inglese (= causa religiosa e politica divennero una sola cosa nella lotta
d’indipendenza dall’UK). In Scozia era affermato il calvinismo con Knox, pastore anglicano esule dell’età
mariana che scrisse il Book of Common Order sul modello calvinista. Egli rese la Chiesa presbiteriana
scozzese Chiesa di Stato nel 1592. Con la dottrina di resistenza al despota, nel 1559 spinse alla ribellione
armata contro la regina, attaccando la linea filofrancese della sovrana: a seguito della rivolta il calvinismo
divenne religione di Stato e il cattolicesimo fu abolito. Maria Stuart tornò dalla Francia nel ’61, alla morte
del marito Francesco II: la situazione non mutò e la sovrana fu deposta per finire sul patibolo a Londra nel
1587 a causa delle sue trame politiche. A corte Knox esercitò una forte influenza su Giacomo VI di Scozia,
futuro James I. Si attirò invece l’ostilità di Elisabetta I per l’intransigenza dottrinale e opposizione verso il
diritto a governare delle donne. La politica religiosa di Elisabetta non ottenne il consenso sperato: si
manifestò l’opposizione dei puritani, cosiddetti per la volontà di eliminare le sopravvivenze papiste dalla
Chiesa. L’ala più moderata dei presbiteriani intendeva riformarla mediante struttura presbiteriana (modello
ginevrino in Scozia); l’ala più estrema, dei separatisti, voleva soppiantare la Chiesa di Stato con
congregazioni amministrate dai fedeli (= congregazionalisti) secondo democrazia e libertà. Il puritanesimo
fu perseguitato dal governo elisabettiano e poi stuardiano, emergendo come protagonista nella Rivoluzione
inglese. La Rivoluzione, iniziata nel 1642, cambiò la storia dell’intero paese; essa scoppiò per il progetto
assolutistico di Carlo I e l’arcivescovo di Canterbury William Laud, mirante al ridimensionamento del ruolo
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del Parlamento. Egli era a favore anche di qualche istanza arminiana, percepite in UK come filocattoliche. Il
moto rivoluzionario, nelle sue molteplici sette radicali, si rivolse contro la nuova egemonia religiosa e
politica dei presbiteriani. Venne inaugurata una stagione di fertilissimi dibattiti religiosi e politici all’insegna
della libertà, che investirono le fondamenta dello Stato e misero il mondo alla rovescia (Hill). La Glorious
Revolution del 1688-89 dopo l’intermezzo della restaurazione stuardiana, ne raccoglie i frutti con il Bill of
Rights (1689) + editto di tolleranza: la Chiesa anglicana perse l’uniformità e la libertà fu concessa a tutti,
divenendo un principio imprescindibile della nuova e unica monarchia costituzionale mondiale.

4. La Riforma radicale
Nel moto riformatore europeo del Cinquecento si distinte il movimento detto della Riforma radicale
(Williams, 1957), in opposizione a quella magisteriale dei fondatori delle Chiese istituzionali. La presenza di
un’ala sinistra era già individuata dagli storici dell’Ottocento, riscattandola dal giudizio negativo di
fanatismo pronunziato da Lutero, mostrando la tendenza dei riformatori magisteriali ad emarginare questa
componente sovversiva (come fa ancora oggi la storiografia confessionale, che valorizza continuità
piuttosto che discontinuità). La Riforma radicale fu un movimento di fluidità dottrinale e differenziazione
interna per scambi tra gruppi diversi in movimento. Fu battezzata come grande fucina di idee che in alcuni
casi portarono a nuove istituzioni ecclesiastiche o tradizioni di pensiero. i radicali volevano la restaurazione
integrale del cristianesimo piuttosto che una sua riforma, ripristinando i valori evangelici sul piano morale,
sociale, economico e politico (rinnovando dunque anche la società). Tale obiettivo produsse una galassia di
sette in tutta Europa, in cui la vita cristiana era prioritaria alla teorizzazione dottrinale. Furono elaborate
concezioni di avanguardia della religione. Vi era una tendente refrattarietà verso sistemi dottrinali
monolitici e autoritarismo, ponendosi in prima linea nella difesa della tolleranza. Degli studiosi sostengono
che la Riforma non è nata moderata per divenire radicale, ma è oggetto di una de-radicalizzazione; i radicali
svilupparono i principi originari fino alle estreme conseguenze, coniugandole con principi erasmiani e
medievali. Questo gli apparve legittimo perché coerente con le istanze della Riforma = liberazione dalla
tirannia dell’Anticristo e rifondazione della società cristiana evangelica (spesso in una prospettiva
apocalittica). Il loro impegno fu totale, scevro da vincoli e incurante di sacrifici (stesso atteggiamento dei
fondatori della città di Dio). Il carattere magmatico della Riforma radicale ne ha reso difficoltoso uno studio
complessivo (iniziato con Cantimori e Williams).
Battesimi
Il battesimo fu il primo motivo di divisione nella Riforma protestante. Esso sanciva l’ingresso nel corpus
Christianum, comunità religiosa e civile. Per questo lo si somministrava da bambini, sin dall’età patristica; il
testo biblico di Marco però recita: “Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvato” = sembra atto di fede
consapevole. Lutero giustificò il pedobattismo ricorrendo all’attivazione della fede inconsapevole degli
infanti con la Parola di Dio. Una soluzione che strideva con il dettato della Scrittura, rivelando falle nella
concezione tradizionale. L’anabattismo fu un movimento molto variegato, privo di dottrina e inclusivo di
posizioni divergenti = articolato in sette, comunità e correnti di ricerca personale. La negazione del
pedobattismo fu motivata con la mancanza di fondamento scritturale → inessenzialità di un rito esterno
come gli altri in un’ottica spiritualista anche se si tradusse nella sua somministrazione in età adulta. Il primo
a definire il movimento fu Zwingli: nell’Elenco contro i cavilli degli anabattisti (1527), il termine indicava
dispregiativamente i ribattezzatori. L’eterogenea galassia anabattista presentò comunque delle costanti: le
comunità erano consessi di eletti rigenerati e uniti allo Spirito. Modello di riferimento erano le comunità
cristiane delle origini, riprodotte fedelmente in tutti gli aspetti. La loro guida era il Nuovo Testamento, in
particolare il sermone della montagna (Mt, 5, 7) per la priorità della vita cristiana secondo principi di
amore, rettitudine, pace, uguaglianza e comunismo di beni (+ apostolato e martirio). L’esternazione rituale
fu considerata secondaria se non indifferente. In Italia assunsero importanza le posizioni antitrinitarie, che
sostennero in maniera particolare gli anabattisti. Nel movimento erano diffusi i millenaristi. Gli anabattisti
riuscirono ad attrarre persone di qualsiasi nazionalità e provenienza sociale e in forza dell’uguaglianza
anche i poveri e le donne. La donna finalmente godeva di diritti paritari, potendo esercitare anche il
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ministero. Chiesa e Stato divennero istituzioni distinte e separate: era proibito al cristiano partecipare alla
politica e impugnare la spada. Rifiuto di avvalorare la politica porta a vedere gli anabattisti come
sovvertitori della società e per questo furono repressi duramente sia da cattolici che protestanti. Le loro
posizioni hanno contribuito alla storia culturale dell’Europa verso Olanda, Rivoluzione inglese e
colonizzazione dell’America del Nord. All’origine dell’anabattismo vi erano i profeti di Zwickau: per loro il
battesimo non era di importanza primaria, in quanto millenaristi che professavano continuamente la fine
del mondo. Indicavano un percorso catartico con illuminazione dello Spirito; furono anche i primi a
mostrare l’incongruenza del pedobattismo sulla base del versetto di Marco. Il gruppo si era formato nella
cittadina di Zwickau (vicino alla Boemia hussita) e iniziò la predicazione a Wittenberg nel 1521 mentre
Lutero era a Wartburg. Lutero trasse da loro motivo di riflessione sul battesimo, pur criticandoli con un
pamphlet e accostandoli alla figura eversiva di Muntzer. Il più forte filone dell’anabattismo, che ne
costituisce le origini secondo la storiografia confessionale, si sviluppò a Zurigo dal nucleo dei Fratelli
svizzeri; nel 1525 essi procedettero al primo ribattesimo della storia = ingresso volontario e consapevole
nella loro comunità. La vera Chiesa di Cristo a cui dettero vita era fedele al messaggio evangelico, contraria
alla violenza e al potere statale e disposta al martirio per la difesa dei propri ideali. Inizialmente erano stati
seguaci di Zwingli per poi allontanarsene per l’estremismo biblicista. La rottura si consumò con il battesimo
da adulti, proibito dal Consiglio cittadino. Malgrado la brutale repressione del 1527, i Fratelli svizzeri
diffusero il movimento con il loro programma nello stesso anno attraverso un’intensa opera di proselitismo.
La rete di comunità “unioni fraterne” si estese in Germania e nell’Europa centrale per poi tendere verso
quella orientale (dove vi era più tolleranza). Con la propagazione crebbe l’articolazione interna del
movimento (in relazione ai suoi leader). La comunità di Augusta è esempio di laboratorio di idee; Hubmaier,
dotto ex-sacerdote, propugnava la creazione di una Chiesa territoriale anabattista e partecipazione alla vita
dello stato (giustificazioni antropologiche e soteriologiche). Emancipazione dell’uomo dalla corruzione =
percorso mistico verso Dio + guida del Vangelo e governo civile. Teorico della tolleranza religiosa, egli non
riconobbe allo Stato alcun diritto sulle coscienze; bruciato sul rogo a Vienna, pagò con la vita il suo
attivismo. Egli fondò l’importante comunità di Augusta; la sua opera fu continuata da Denck, detto “papa
degli anabattisti” (precursore del cristianesimo etico seicentesco). Antidogmatico alacre, prospettò la
divinizzazione dell’umanità e la salvazione universale (financo demoni) con completa compenetrazione con
Dio attraverso il libero esercizio della ragione e l’abbandono all’amore per Cristo. I sacramenti rivestivano
un valore interiore. Il pacifismo messianico fu caratteristico del pensiero di Hut, nel suo cammino di
paziente attesa dell’avvento del regno spirituale di Cristo. I suoi discepoli si orientarono verso posizioni
radicalmente spiritualistiche, verso una completa svalutazione dei sacramenti, della Bibbia, dogmi e Trinità.
Anche le donne contribuirono a questa comunità (es. Gross, ruolo significativo nel governo pastorale e
giustiziata nel 1528). In Moravia protagonista del movimento fu Hutter, fondatore di 80 comunità della
Fratellanza cristiana perché basate su attività dell’amore cristiano. L’opera di Riedemann ne fornì
illustrazione dei principi religiosi e la Fratellanza ne godette di fama; solo dopo la ricattolicizzazione della
Moravia emigrò ulteriormente verso est. Nei Paesi Bassi l’anabattismo, con Joris e Simons, risentì di un
diverso orientamento, dato anche dalla tradizione erasmiana e mistica del paese. La visione religiosa di
Joris era connotata da individualismo spiritualistico + irenismo (orizzonte messianico): proclamandosi terzo
Davide egli incentrò la vita religiosa sull’illuminazione divina, la libertà e la ragione. Totale svalutazione
delle istituzioni, dei riti e dei testi; oppresso in patria insieme alla sua setta (davidisti), Joris visse sotto falso
nome a Basilea, continuando a divulgare le proprie idee internazionalmente (dopo rogo di Serveto).
Scoperta alla morte la sua vera identità, il Consiglio fece bruciare il cadavere con i suoi libri. Simons fu di
segno opposto, protagonista dell’anabattismo come padre della corrente principale dei mennoniti
(fondamentali per il pensiero moderno). Ex sacerdote, Menno si impegnò con numerosi scritti ed
evangelizzazione per creare solide comunità in cui ci si univa intimamente con Cristo in quanto eletti.
L’attuazione letterale della sua Parola comporta la celebrazione dei sacramenti (= momenti di comunione
simbolica e profonda con Cristo). Inoltre egli riuscì a ricomporre le fila del movimento dopo la tragica
vicenda di Munster. Qui nel 1534 avvenne un evento clamoroso: l’instaurazione della Gerusalemme celeste
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a partire dalla predicazione del millenarismo rivoluzionario volto all’eliminazione degli empi e alla creazione
del regno milleniale sulla terra. Hofmann, commerciante di pellicce, si sentì incaricato di adunare l’esercito
in quanto Elia redivivo: a convincerlo del suo carisma era stata la profetessa Jost. Morì nel carcere a
Strasburgo dopo dieci anni di attesa dell’evento. La profezia si concretizzò con Rothmann, ex sacerdote che
aveva instaurato la Riforma a Munster con ceti popolari contro oligarchia. A capo della Nuova Sion
anabattista vi erano rappresentanti del ceto popolare incarnando le vesti di personaggi biblici = clima di
forte esaltazione religiosa. Fu creata una teocrazia sul modello veterotestamentario, con regime di
condivisione di donne e beni + riti di purificazione degli eletti. Tutto questo sembrava realizzare l’utopia del
trionfo della giustizia degli oppressi contro i tiranni della terra. La propaganda avvalorò questo mito e
quello opposto (di nuova Gomorra, simbolo di tutte le nefandezze). Gli eserciti cattolici e luterani
espugnarono la città, mentre i cadaveri dei capi furono appesi in gabbie alla torre cittadina. Qui rimasero
fino al 1881 a imperitura memoria dello scandalo della Gerusalemme celeste.
La dispersione del movimento fu scongiurata da Simons, ma la repressione si aggravò per molto tempo
ovunque. A farne le spese furono gli anabattisti in Inghilterra dopo l’esperimento munsterita, nonostante la
protezione assicurata dai pastori della Chiesa olandese di Londra. Dagli anni Ottanta il movimento si radicò
nel paese e stabilì solidi rapporti con i mennoniti olandesi. Nel Seicento mutò poi nel congregazionalismo e
battismo, contribuendo alla lotta per la creazione di una nuova società in UK e America e cristianizzazione
degli afroamericani.
Con la guida dello Spirito
Lo spiritualismo è grande componente della Riforma radicale. Non è un corpo dottrinale omogeneo, ma
orientamento che pone illuminazione spirituale al centro della vita = percorso di rigenerazione personale e
indipendente da tutto (dottrine e sacramenti sono inessenziali ai fini della salvezza). L’orizzonte era spesso
apocalittico. Il primato della libertà spirituale nella fede fu affermato da Lutero ne La libertà del cristiano; la
portata eversiva del principio venne poi ridimensionata: molti fondatori delle Chiese lo adattarono alla
dimensione istituzionale (complementarità tra illuminazione, riti e Scrittura – forme esterne sono
manifestazioni necessarie). Spiritualisti ruppero questo equilibrio e con il loro individualismo erosero gli
apparati tradizionali per affermare una nuova concezione libera dell’uomo. Riconoscendone il diritto
all’umanità intera, chiunque può appartenere alla Chiesa invisibile di Cristo (universalismo tolleranza e
relativismo religioso – più nel Settecento). Il nicodemismo era la risposta alla conciliazione tra esistenze e
illuminazione senza rotture traumatiche. Numerose furono le personalità di spicco dello spiritualismo;
l’ispirazionismo e l’individualismo non comportarono l’assenza di dottrine. Molti crearono sette e vissero
nelle Chiese e movimenti. In Italia fu centrale il magistero di Valdès.
Andreas Bodenstein = Carlostadio (1480-1541) fu personaggio emblematico; professore con Lutero a
Wittenberg, egli fu artefice della fase iniziale della Riforma. Abolì messa, celibato, immagini sacre e prese
misure per i poveri: idea della fede operante (fascinazione per i profeti di Zwickau) + libero arbitrio e
uguaglianza = differenziazione da Lutero. Radicalizzò le sue iniziative riformatrici creando una Chiesa
guidata dallo Spirito, priva di gerarchie e riti, con fedeli aderenti al Vangelo e uguali (sacerdozio universale).
La concezione sacramentale fu trasformata: l’eucaristia divenne rito simbolico come il battesimo, prima di
Zwingli e Fratelli svizzeri. Il riformatore non aderì mai alle posizioni degli anabattisti, perché contrario al
ribattesimo e violenza (rischiò l’impiccagione nella guerra dei contadini). La sua presa di distanza dalla
rivolta portò alla riconciliazione con Lutero e la fine della battaglia sull’eucaristia. Dopo varie peregrinazioni,
Carlostadio abbandonò il radicalismo per divenire pastore e professore di ebraico a Basilea. Nella stessa
città trovo opportunità di inserimento anche Borrhaus (1499-1564): egli, per raggiungere Lutero a
Wittenberg dopo la lettura della Libertà del cristiano, interruppe gli studi umanistici e presto si è distinto
come un seguace dei profeti di Zwickau, trovando rifugio a Strasburgo. Nell’asilo di non conformisti, egli
strinse legami radicali importanti. Borrhaus si immagina l’esistenza di un’ampissima Chiesa invisibile,
formata da uomini di tutte le fedi e civiltà (eletti per motivi imperscrutabili) impegnati nella deificazione
propria con la guida dello Spirito nell’esempio di Cristo. Questa Chiesa degli eletti doveva realizzare sulla
terra il regno spirituale del Messia, di cui si annunciava avvento mediano. La realtà storica delle Chiese ne
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risultò svalutata. Il trasferimento a Basileo cambiò le condizioni ma non le sue idee. Malgrado i privilegi di
professore e rettore, Borrhaus continuò a esporre le posizioni in commentari biblici, intraprendendo
relazioni con eterodossi e salvaguardando libertà religiosa. Oppositore dell’intolleranza fu il senese Ochino,
famoso predicatore e vicario cappuccino; esulò cinquantacinquenne nel 1542 a seguito della convocazione
del Sant’Uffizio per posizioni filoprotestanti; ottenne incarichi direttivi nella Chiesa riformata per grande
stima nella sua propaganda (celeberrimo Imagine de Antichristo (1545)). Divulgò immagine diabolica di
Roma in contrapposizione a Ginevra. Per lui religione = illuminazione interiore, fondamento di un
cristianesimo etico e tollerante. Avversione alla predestinazione e all’autoritarismo di Calvino lo avvicinano
a Castellione e Sozzini, con cui elaborò dottrine antitrinitarie nei Dialoghi XXX: per questa fu espulso, ormai
vecchissimo, da Zurigo, finendo i suoi giorni in una comunità anabattista italiana in Moravia.
Strasburgo era crocevia di spiritualismo europeo: con Borrhaus, Denck e Hofmann trovarono accoglienza
altri esponenti come Schwenckfeld (ricco slesiano che ha rinunciato alla carriera diplomatica per dedicarsi
all’instaurazione della Riforma; entrò in violenta collisione con Lutero per l’eucaristia simbolica: ostia è
carne celeste, atta a trasfigurarsi progressivamente in Spirito e divinizzare il fedele, non più peccatore. Egli
pose le basi per moderna religione morale, fondata su dimensione umana. La setta degli schwenckfeldiani
sopravvive ancora in America), Franck (= “primo uomo moderno” che coincide etica e fede
nell’individualismo religioso; erasmiano, esercitò il ministero cattolico e poi luterano, per poi pubblicare
due opere fondamentali in cui la rettitudine dei turchi è contrapposta al settarismo violento cristiano. Storia
del cristianesimo e dell’eterodossia vengono rovesciate rispetto alla tradizione: eresia è segno distintivo
della vera Chiesa di Cristo. Le Chiese positive (+ anabattismo) venivano negate per la creazione di invisibile
Chiesa di Dio posta sotto la legge dello Spirito. L’umanità ha in sé l’amore promanato da Dio che lui gli
riflette con catarsi = innatismo divino e universalità della rivelazione. Distruzione dei paradigmi teologici
tradizionali e trasformazione di tolleranza: libertà dell’uomo è assoluta e indipendente da vincoli esterni
alla coscienza), Weigel (= padre della teosofia, il cui pensiero viene conosciuto per la prima volta con
pubblicazioni curate anche da Leibniz, rivelando nuova gnoseologia, metafisica e mistica. Egli era
immanentista, piena compenetrazione tra mondo terreno e divino, escludente l’esistenza di paradiso e
inferno. Questo indicò la rinascita dell’uomo con l’attivazione della luce divina innata con la grazia
all’unione con Cristo).
La Famiglia dell’Amore fu attiva con le sue comunità diffuse nei Paesi Bassi e Inghilterra a fine Seicento. Il
fondatore Niclaes, commerciante, combinò varie istanze culturali e religiose con organizzazione pratica.
Familisti volevano perfezionale l’unione con Dio con la guida dello Spirito e della ragione, in vista
dell’avvento del regno milleniale. Questo fu perseguito individualmente dentro solide comunità strutturate
gerarchicamente (simile al cattolicesimo) con rete di assistenza economica e protezione. Teorizzazione della
liceità della simulazione = legittimità del nicodemismo, consente di vivere in realtà confessionali diverse con
fedeltà al proprio credo.
Concordia e tolleranza religiosa
La rottura dell’unità religiosa della Riforma protestante e l’articolazione interna posero nella cultura
europea il problema caleidoscopico dell’Altro (già avviato con apertura di nuovi orizzonti commerciali).
Formazione di una nuova alterità nell’Europa moderna decisiva per la formazione degli Stato. La difesa della
tolleranza fu intrinseca alla storia della Riforma radicale per le persecuzioni avviate. La discussione
riformistica si concentrò sull’atteggiamento antiereticale delle Chiese; molti estesero la questione al
problema della concordia con musulmani ed ebrei: la tolleranza si declinò allora come universalismo. A
inaugurare la lotta contro la persecuzione furono i primi a subirla: gli anabattisti. Il loro portavoce aveva
scritto contro la persecuzione attraverso principi libertari e condanna della violenza religiosa. La
repressione degli anabattisti mosse gli esponenti delle Chiese che segnalarono con vari scritti il proprio
appoggio. Molti facevano riferimento alla condanna di Serveto, tornante del dibattito europeo sulla
tolleranza. Basilea vantava tradizione di cosmopolitismo e apertura culturale con università prestigiosa.
Eredità di Erasmo era ancora significativa. Basilea così attraeva dotti, studenti ed esuli europei = porto di
tutte le genti. Pacifica convivenza e relativa libertà di culto + tolleranza verso non conformisti divenne
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proverbiale con il processo di Joris (1559), coniando il detto “gli eretici si bruciavano solo da morti”. La
controversia Serveto divenne banco di prova tra vari contendenti: contro Calvino si schierò un fronte
composito. Gli eretici per tutte le Chiese (esuli italiani che uniscono ragione e fede a ottimismo verso Dio e
uomo) furono i primi a parlare dal circolo di Basilea, pubblicando Se gli eretici siano da perseguitare, prima
di una compiuta teoria della tolleranza religiosa. L’opera raccoglieva pareri favorevoli dei Padri della Chiesa
e riformatori (incluso Calvino!) per mostrare l’anima libertaria della Chiesa di Dio + tre scritti di Castellione
sotto pseudonimi. Umanista savoiardo, professore a Basilea, sanciva la rottura con Calvino, con cui
inizialmente andava d’accordo: la coercizione religiosa è contraria al principio dell’inviolabilità della
coscienza e cristianesimo stesso. La religione ha dimensione etica ed evangelica che si risolve nella pratica
individuale e comunitaria. Amore, carità, fratellanza e fundamentalia fidei per la salvezza erano desunti dal
Nuovo Testamento con ermeneutica basata sui sensi e intelletto. I riti erano indifferenti ai fini salvifici ma
fonte di male per gli uomini: è proprio nella difesa intransigente dell’ortodossia che nasce la radice della
persecuzione. Atto ‘accusa contro la cristianità per aver tradito il messaggio di Cristo perpetrato con la
violenza. Principali accusati erano gli ecclesiastici che adottavano metodi coercitivi e dissoluti, condannando
fedeli per meri reati di opinione. Calvino compare fra le righe come il campione di questo corso autoritario
della Riforma che trasforma la vera religione in violenza. L’uso della spada fu respinto da Castellione +
escluso l’intervento del potere civile (questioni di fede sono estranee alla giurisdizione). Il Nuovo
Testamento, con la parabola della zizzania, attestava la via da perseguire con gli erranti: bisogna affidare
alla predicazione del Vangelo il loro recupero (“Dio vuole istruire, non uccidere”). Imposizione
confessionale vs ricerca della verità = processo intrinseco alla religione, continuo e costruito nel tempo.
Libertà di espressione = essenziale per consentire comunicazione tra uomini e con Dio (Cristo era sermo
Dei, parola di Dio). Libertà intesa in senso religioso e religione è figlia di Dio. La legittimazione di questo fu
fondamentale per lo sviluppo del pensiero moderno. Relativizzazione della nozione di verità, che perse
valore assoluto. Consapevolezza della realtà multiculturale del mondo porta a conclusioni nicodemiche
fulminanti. La religione deve possedere principi universali che valgono tra religioni diverse!
La relativizzazione del concetto di verità porta a completo mutamento di eresia: non è dottrina erronea ma
atteggiamento ostinato nel professarla. I veri eretici per Castellione, capovolgendo tutto, sono i persecutori,
che impongono dottrine con la forza. Concordia religiosa è principale attributo della Chiesa di Dio quale
comunità invisibile e universale, estranea alla violenza ma pronta a subirla. Per realizzarla Castellione
propone un progetto semplice: vivere come Cristo con amore per nemici e coesistenza pacifica per unità di
fede. Castellione divenne antagonista dei ginevrini fino alla morte, generando ostilità che lambì pure
Basilea; molti scritti rimasero inediti, sebbene sarebbe stato meglio che qualcuno avesse letti (moderna
apologia dubbio metodico, invito a fermare la guerra per la tolleranza reciproca).
Nella lotta contro la persecuzione intervennero Renato e Gribaldi, autori di opere apologetiche di Serveto.
In modo particolare Curione spiccò la sua presa di posizione: celebre per il suo insegnamento umanistico a
Basilea, dopo intensa partecipazione alla riforma italiana collaborò con Castellione e poi si affermò
indipendente. I Dialoghi, dedicati al tollerante re di Polonia, furono editi nel 1554 con falso luogo di stampa;
egli sosteneva Calvino per poi porsi contro di lui, facendo emergere concezioni erasmiane e spiritualiste. La
sua concezione di tolleranza era molto affine a quella di Castellione, focalizzandosi però sul problema della
predestinazione divina (vs concezione restrittiva di Calvino): egli demolisce l’intera visione religiosa
autoritaria. Tolleranza diventa inclusione paritaria dell’alterità; mutarono le concezioni di cristianesimo e di
comunità, private dell’architettura confessionale. L’umanista piemontese credeva nell’esistenza del decreto
divino, che configura un regnum Dei vastissimo. Si parla di universale predestinazione alla salvezza (in voga
in Italia). Curione dimostrò tutto questo teologicamente e filosoficamente con la disamina degli argomenti
per la ristrettezza del numero di eletti e affermazione di ottimismo della divinità. In ogni uomo è presente
legge naturale che include principi etici e religiosi che conducono alla salvezza anche senza Rivelazione.
Osservando tale legge ci viene garantita la salvezza, chiunque noi siamo. Chiesa diventa realtà
aconfessionale e non istituzionale, che include tutte le espressioni religiose. Libertà è necessaria per aperta
ricerca della verità divina; conversione di tutti i popoli e instaurazione del regno di Cristo sono coronamento
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di questo percorso. Polemica contro la predestinazione calvinista portata avanti anche da rappresentanti
dell’universalismo (teologi e dotti che promuovono ideale di concordia universale; cristianesimo consiste in
un messaggio etico). I loro progetti hanno spesso aspirazione politica (sovrano a capo della respublica
Christiana). Gli universalisti rimasero nei confini europei, limitandosi alle religioni monoteiste e
abbandonando atteggiamento conversionistico. L’universalismo fu trasversale alle confessioni religiose e
avversato da tutte (sebbene strumentale per i progetti politici). Riforma magisteriale ne vede esponente
Bibliander, teologo zurighese e orientalista che pubblicò la prima monumentale edizione latina del Corano
(1543) nell’ottica di una riconciliazione con l’Islam ed ebraismo (ecumenismo). Egli mirava all’instaurazione
di una monarchia cristiana messianica. In ambito cattolico emerse Postel, orientalista e matematico,
visionario dell’armonia del mondo: ripristino corrispondenza tra micro e macrocosmo, antica unità sapere-
religione. Perse la cattedra per la sua opposizione a Ginevra e finì i suoi giorni imprigionato. Altri ci rimisero
la vita con l’Inquisizione, come Pucci e Siculo. Il primo, rampollo di mercanti fiorentini, dopo l’eccidio di S.
Bartolomeo, si fece profeta di concordia e salvezza universale accessibili a tutti grazie a Cristo. Questo si
concretizzò in un progetto politico-religioso di nuova Repubblica cristiana. Decise di rivolgersi al papa
Clemente VIII, incoraggiato dalle sue iniziative, come la fondazione di un’accademia per la riunificazione del
mondo cristiano: fu arrestato e giustiziato a Roma, precedendo Giordano Bruno. Il puccianismo sopravvisse
nella Chiesa luterana. Nell’Inghilterra che accolse Pucci e Bruno si era affacciato Aconcio, esule trentino che
elaborò le sue idee in UK con sguardo rivolto all’Europa devastata da guerre confessionali. Antidogmatico
tollerante, le dottrine elaborate dal Vangelo per lui sono escogitazioni diaboliche che distruggono la
cristianità, spingendo uomini a difenderle come verità assolute. Indifferentismo verso l’esteriore.
Contro il dogma della Trinità
Ricerca di un ritorno al cristianesimo originario conduce alla critica del dogma della Trinità, considerata
elaborazione filosofica più artificiosa sovrapposta al Vangelo. Trinità era chiave di volta del cristianesimo
che aveva permesso distinzione da Ario e Paolo di Samosata (unitariani). Erasmo ne aveva dimostrato
l’infondatezza scritturistica, da cui discesero i maggiori filoni dell’antitrinitarismo:
- Triteisti = Serveto e seguaci intorno a Gribaldi;
- Sociniani = Lelio e Fausto Sozzini.
I fondatori italiani erano stati influenzati dal movimento anabattista veneto orientato all’antitrinitarismo.
Felice connubio con grande eredità rinascimentale + valorizzazione dell’uomo e della sua ragione.
Antitrinitarismo manteneva in sé potenziale sovversivo che spaventava la Chiesa; l’unitarianismo dette vita
alla terza alternativa protestante a Roma e dette il via a riflessioni che apriranno all’Illuminismo. Il nesso tra
antitrinitarismo e tolleranza è forte e inscindibile razionalmente. Questo dette vita alla dimensione politica
del fenomeno religioso; oggi comunità sociniane sono presenti negli USA.
Serveto fu il primo a mettere in discussione la Trinità con una sua opera. L’interesse per il problema era
sorto ad Aragona, dove forse era l’aspirazione a superarlo in quanto conditio sine qua non del ritorno alla
secolare convivenza fra le tre religioni del Libro (drasticamente chiusa dalla Reconquista). Serveto
abbandonò il servizio presso il precettore di Carlo V per diventare un intellettuale eclettico (scoprì
circolazione polmonare del sangue). Le sue idee colpirono Gribaldi in particolare, provocando la condanna
di Calvino; si diffusero anche in Polonia, con alcuni eretici italiani lì esuli. L’Europa d’Oriente fu molto
ricettiva verso idee ed esponenti della Riforma radicale per eccezionale libertà religiosa fino alla
ricattolicizzazione secentesca. Antitrinitari, anabattisti, non conformisti vi si radicarono dai primi anni
Trenta; questo clima liberale determinò l’autonomia della nobiltà locale e i rapporti con il Rinascimento
italiano, favorito dai sovrani (moglie di Sigismondo è Sforza!). Dal 1565 l’antitrinitarismo divenne Chiesa,
Ecclesia minor, per poi ottenere pari dignità rispetto alle altre confessioni. L’istituzionalizzazione non
comportò unitarietà nel movimento antitrinitario, raggiunta solo con Sozzini nel 1579 = Chiesa sociniana.
Fino ad allora diverse fra loro furono le correnti interne anche per la presenza di anabattismo. Lo stesso
principio basilare e comune di Cristo fu declinato in vari modi; i vari filoni furono determinati dalle
combinazioni delle personalità dei leader. Importante fu Biandrata per aver organizzato e teorizzato il
movimento; egli fu promotore dell’antitrinitarismo in Polonia e fondò la prima comunità antitrinitaria
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italiana. Dopo essere stato trasferito in Transilvania come medico, egli ottenne la legittimazione ufficiale
dell’antitrinitarismo nel regno e ne definì le nozioni basilari con vari scritti. Egli si oppose a David, portavoce
del non adorantismo che estremizzava umanità di Cristo fino a negargli il ruolo di maestro nel Vangelo.
Biandrata lo incarcerò ed ebbe la meglio, pagando la sua vittoria con l’isolamento. David aveva preso
spunto da Paleologo, ex domenicano rettore in Transilvania. Egli elaborò una visione universalista (legge
mosaica = evangelica) → rifiuto della centralità di Cristo come modello e mediatore nel disegno salvifico e
dell’adorazione del Figlio. Egli legittimava la partecipazione alla vita dello Stato e l’uso della spada, creando
polemiche con altri filoni del movimento (Pawel: acceso ispirazionismo, prospettiva millenaristica e
irenismo, anabattismo. Il suo successore renderà a Cristo tutta la sua valorizzazione vs Paleologo). Budny fu
critico verso l’adorazione di Cristo ma non della sua esemplarità per i fedeli. Rakòw divenne capitale
dell’unitarianismo con Fausto Sozzini, che dette una solida architettura dottrinale e istituzionale al
movimento antitrinitario polacco e transilvano. Egli vi giunse dopo varie peregrinazioni europee e dopo
aver rinunciato gli agi della sua posizione di funzionario dei Medici. Lelio, suo zio, esule in Europa, definì il
nucleo della concezione antitrinitaria, rifacendosi alla revisione filologica erasmiana del passo (natura
umana di Cristo e unicità di Dio: figlio è Dio non perché eterno ma perché colmato di virtù divine per qualità
morali, che ne facevano modello per i fedeli). In linea con gli psicopannichisti di Renato e anabattisti veneti,
Lelio riservava salvazione ai giusti, mentre sonno eterno ai malvagi. Queste concezioni erano frutto di
applicazione della razionalità alle verità di fede = esercizio sistematico del dubbio. Fausto si pose sulla
stessa linea dello zio, svolgendone le idee. A Cristo fu attribuita la sola funzione di guida e di esempio etico
negando, con la Trinità, il valore metafisico della colpa adamitica e del sacrificio del Messia (incongruenti
con la ragione e bontà divina). Egli costruì una Chiesa modellata sull’esempio di Cristo e dei suoi principi
evangelici. Gli erano indifferenti le opinioni personali e sacramenti (anche battesimo nella versione
anabattista). L’unitarianesimo dovette la sua fertilità nel mondo moderno.

5. La Riforma italiana
La via italiana alla Riforma
Nel Cinquecento l’Italia fu teatro della propagazione del movimento riformatore, sebbene non manchino
silenzi storiografici al riguardo (e scontri su opposte visioni della storia italiana). Tutto dipende
dall’interpretazione del ruolo della Chiesa, degli Stati e dei gruppi sociali coinvolti (interpretazione
raramente neutra). Il fallimento del moto riformatore chiama in causa l’intervento di Roma. Cantimori e
Chabod inaugurarono una nuova stagione di studi, ampliando la ricerca dalle singole personalità secondo il
modello di Benedetto Croce. Lo studio venne esteso ad ambiti non indagati e nuove problematiche (nuove
figure come Valdes, Eraso e riformatori oltralpe). Monumentale bibliografia dedicata alla Riforma italiana
da Tedeschi nel 1996 ne è lampante testimonianza. La Riforma italiana è stata originale rispetto a quella di
altri stati; il paese partiva da una condizione diversa, a causa dell’autorità della Chiesa attiva sia in politica
che nella cultura – una Chiesa al culmine della decadenza morale religiosa (su cui si sarebbe presto
abbattuto il tragico sacco di Roma). Acceso anticlericalismo e fervido anelito di spiritualità in tutta la
penisola. Particolarismo politico con fiero indipendentismo repubblicano in diverse città nel drammatico
scenario delle guerre d’Italia: gelosa tutela del proprio potere, tentativi di salvaguardare relativa autonomia
religiosa rispetto a Roma e all’Inquisizione. Assetto politico instabile della penisola, estrema
frammentazione e alleanze variabili interne (rapporto di tensione con il papato e l’imperatore, esploso
tragicamente nel 1527). Anche in Italia si registra intreccio tra politica e religione, benchè più forti che
altrove furono i legami politici per ottenere benefici ecclesiastici. La Chiesa fu debole fino agli anni ’40 per
l’indeterminatezza dottrinale dell’istituzione nel clima di attesa e riconciliazione con i protestanti. Paolo III,
1537, Consilium de emendanda ecclesia + colloquio di Ratisbona quattro anni dopo = massima espressione
di tendenza a riconciliare. Zona grigia in cui prosperarono ambiguità; Calandra testimoniò che non si
parlava d’altro e ognuno era libero di avere una propria opinione. Il vescovo detto grechetto affermò che
segretamente la penisola intera ormai era luterana. La situazione poi cambiò. Paolo III istituì nel 1542 la
Congregazione Romana del Sant’Uffizio, al contempo della convocazione del Concilio di Trento (i cui primi
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decreti chiusero la mediazione con i protestanti, affermando la dottrina della salvezza per fede e per
opere). Paolo III fu papa dai volti contrastanti: uomo di raffinata cultura, gran mecenate, propenso ad
affrontare problemi della Chiesa ma impegnato in una politica nepotistica per il figlio che comportò la
tensione con Carlo V. Il fronte filoasburgico formato da alcuni signori italiani elaborò un progetto teso a
eliminare lo Stato della Chiesa e ristabilire la piena sovranità di Carlo V, riportando il papato ad una
condizione spirituale. Questo fu un tornante decisivo nei rapporti fra le due massime autorità: il fallimento
di tale partito fu sancito dall’elezione di Giulio III (1550-1555). In quegli anni si chiuse un’epoca per:
- Ceto dirigente che aveva coltivato il sogno imperiale;
- Intero movimento riformatore in Italia.
Malgrado la ferma opposizione del papa, impegnato in cure mondane più che in problemi religiosi,
l’Inquisizione divenne supremo tutore e garante della Chiesa e del suo magistero, agendo come centro di
potere religioso e politico = intervento repressivo ad ogni forma di dissenso. Il tenace Gian Pietro Carafa,
capofila degli intransigenti, permise la presa del potere del Sant’Uffizio. Egli era convinto del rinnovamento
della Chiesa per via autoritaria e ortodossa. La tela di ragno di Carafa si svolse attraverso un’azione
sotterranea più che decennale, fino alla sua candidatura ed elezione con il nome di Paolo IV (1555-1559). Il
papa consacrò il ruolo egemonico dell’Inquisizione, accrescendone il potere su tutti piani. Politica del
papato = politica del Sant’Uffizio. Pio IV fu disponibile al dialogo, ma segnò una breve parentesi in questo
orientamento. La linea carafiana fu ripresa da Pio V e Sisto V, anche loro ex-inquisitori provenienti dagli
ordini mendicanti. I due papi rafforzarono ulteriormente l’inquisizione e il controllo ecclesiastico con la
censura dei libri con Paolo IV (1558) → Congregazione dell’Indice dei libri proibiti (1572), con cui la Bibbia in
volgare fu messa al rogo. La professione di fede era obbligatoria per praticamente tutti e questo contribuì
all’imposizione dell’uniformità confessionale interna e chiusura verso gli stranieri. Barriera fra Italia ed
Europa nel grande sviluppo culturale moderno. Le riforme innovative del concilio tridentino risultarono
vanificate, interrotto per conflitti interni alla gerarchia e instabilità europea (tre sedute: 1545-47, 1551-53,
1562-63). Il consolidamento dogmatico e istituzionale che si creò contribuì a creare l’Ecclesia militans et
triumphans della Controriforma, celebrata nell’arte barocca romana. Al “sovrano pontefice” si riallinearono
gli Stati italiani per legittimare il proprio potere e rafforzarne il dominio (si credeva sostegno della Chiesa +
eliminazione dell’eresia = solide garanzie per mantenere lo Stato). Tensioni politiche con la Santa Sede non
misero in discussione l’alleanza trono-altare. La perdita di una progettualità politica interna + guerre di
religione in Francia + irrigidimento quadro confessionale = rinserimento nel grembo della Chiesa, con
persuasione e abiure private (Giulio III e gesuiti). La Riforma in Italia si chiuse tra condanne, abiure e fughe.
Il movimento riformatore italiano presenta caratteristiche particolari: fu un fenomeno urbano, diramato
nella penisola attraverso reti di comunità. Con la stampa la diffusione e propagazione si semplificano,
riconoscendo fra gli autori membri del clero, della bassa e alta gerarchia. La Riforma in Italia fu trasversale e
originò osmosi sociale che non si è più creata in seguito, accomunando vita religiosa di uomini e donne
nelle conventicole. Le donne vi partecipavano per proselitismo di parenti e fu favorita da matrimoni
endogamici. Vi erano anche donne indipendenti delle proprie scelte religiose, sia della bassa che alta
società. Le altolocate protezioni sociali del movimento garantì una relativa impunità che iniziò ad indebolirsi
verso metà secolo, quando la repressione si fece più dura. L’atteggiamento delle élite generò la speranza
che alcuni Stati si facessero promotori della Riforma nel paese. Il movimento fu influenzato da idee
d’oltralpe della Riforma (magisteriale e radicale); i valdesi aderirono immediatamente alla Riforma nel
1532, divenendo esempio per molte comunità degli anni ’50. La Chiesa ginevrina sostenne fortemente i
“fratelli” italiani, sottoposti a dura repressione, mentre nell’Europa si affermava il calvinismo. Le relazioni
con il mondo protestante furono costanti e portarono a un attivo coinvolgimento dei gruppi. Si creò una
sorta di calvinismo internazionale grazie anche alle rotte commerciali; i riformatori italiani furono inclini allo
sperimentalismo dottrinale con rielaborazione autonoma, creativa e radicalizzante. L’adozione di griglie
dottrinali rigide non permette la comprensione della Riforma italiana; le fonti primarie sono i processi
inquisitoriali, condizionati e condizionanti (voci delle donne spesso sovrastate da quelle maschili – clichè
della debolezza e ignoranza). Tendenza all’eclettismo religioso in cui si sono articolate flessibili comunità
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italiane: gruppi organizzati e coesi erano presenti, come gli anabattisti (presente nel Nord). Malgrado
diversità religiose vigeva clima di solidarietà e di copertura: la sopravvivenza di tale network fu agevolata
dall’eterogeneità sociale delle comunità. Tali legami delle élite furono fondamentali per il movimento
italiano, costretto alla clandestinità. L’impossibilità di esprimersi liberamente favorì una mentalità incline
alla dissimulazione = sottomissione all’autorità con abiura o delazione (1559: viene resa nel confessionale
con obbligo di comunicazione all’Inquisizione, pena la non assoluzione). L’alternativa erano martirio ed
esilio: quest’ultima comportava privazioni di ogni tipo sia per il migrante che per il paese. La diaspora
italiana contribuì alla vita delle Chiese e alla società d’oltralpe. Riforma italiana = elemento di grande
vitalità nella storia della penisola: raggiunto l’apice negli anni ’50, essa scomparì negli anni ’80, senza lasciar
tracce. La Chiesa aveva trionfato nella Controriforma attraverso l’Inquisizione. Le attese di cambiamento
tramontarono; l’anticlericalismo non si esaurì del tutto (presente nei ceti alti) e contribuì alla venuta del
relativismo del Sei-Settecento. Fino all’età dei Lumi rimane una pesante coltre di conformismo religioso.
La diffusione: idee, libri, attori
La Riforma arrivò in Italia rapidamente con i primi scritti di Lutero. Venezia, città cosmopolitica, divenne
centrale del movimento riformatore italiano sotto lo sguardo tollerante del suo governo (traffici
commerciali, tipografia e università). I commercianti tedeschi nascondevano i libri della Riforma nelle balle
delle merci e venivano venduti sottobanco nelle molte librerie cittadine = con il commercio da Venezia, i
libri giunsero anche in Sicilia, nascosti nel doppio fondo delle tavole degli orafi veneziani. I canali di
diffusione dei libri divennero molteplici. Le università divennero poli fondamentali di tali circuiti religiosi e
intellettuali (Padova in testa per prestigio internazionale). Dal 1520 i libri furono disponibili sul mercato,
tanto che quattro anni dopo furono ricercati perché fossero dati in fiamme. Dagli anni ’40 compaiono
traduzioni con il testo a fronte. La capitale tipografica rimase Venezia con diverse stamperie note.
L’occultamento degli autori, l’anonimato e gli pseudonimi dettero copertura ufficiale alla divulgazione (solo
a Venezia qualche caso fu semi-clandestino). Molti furono tradotti in volgare per giungere facilmente a più
persone. Le opere di Serveto, Lutero, Bucer, Zwingli, Calvino e Melantone si unirono a quelle italiane di
Ochino, Curione, Negri. Un frutto significativo della crisi religiosa del ‘500 i tre libri nelle Lettere volgari di
Manuzio, editore veneziano di punta. L’uso del volgare fu di primaria importanza, dando ai laici la
possibilità di una partecipazione attiva. Un formidabile veicolo di idee furono le raccolte di lettere, tra i cui
autori si segnalano donne. Questo flusso di libri portò alle biblioteche ricchissime. Le stesse prediche di
Ochino, che celavano sotto mascara le dottrine eterodosse, entusiasmavano le folle, gli alti prelati e persino
Carlo V. La predicazione di vari frati fu fondamentale per la Riforma in Italia. Gli stessi conventi e monasteri
costituirono luoghi di irraggiamento delle dottrine eterodosse, ospitando anche fratelli eterodossi. I libri
seguivano gli spostamenti dei confratelli, mentre nei conventi femminili venivano passati dalle grate. I
maestri di scuola e professori condivisero la funzione di stimolo e divulgazione; dopo l’Inquisizione furono
numerosi gli esuli e i rifugiati nel resto d’Europa a continuare ad essere canale di trasmissione per dottrine
riformate. In condizione di clandestinità le dimore private divennero luoghi di evangelizzazione e
celebrazione del culto. Le classi subalterne parteciparono alla volontà di rinnovamento, trovando
liberazione dalla tradizione nella riflessione autonoma religiosa. Per gli ecclesiastici questo era segno di
possibile sovversione sociale: le popolane di Pirano rifiutavano l’eucaristia dalle finestre, dicendo che la
Madonna era una donna come loro. Assurdo il modello cosmogonico del mugnaio friulano Menocchio
(forma di formaggio). Attraverso letture molto personali circolano pericoli della libera riflessione stimolata
dalla riforma. Il futuro Clemente VII, nel 1521, metteva in guarda da Lutero, il cui unico scopo era quello di
suscitare tumulti e scandali. Fonti di tutte queste speculazioni dottrinali sono le carte d’archivio. Ci si
volgeva alle Scritture in volgare per smantellarne l’architettura dottrinale e minare all’istituzione cattolica.
Gli anabattisti veneti si riunirono nel 1550: studiando la Bibbia giunsero a rifiutare la divinità di Cristo e i
principi della Riforma. Il Nuovo Testamento era testo di riferimento della nuova etica per i laici erasmiani e
luterani nel Sommario della Sacra Scrittura, libro tra i più letti dai riformati italiani per l’applicazione
corretta e quotidiana dei precetti evangelici. Con la Controriforma la Bibbia in volgare fu vietata a tutti nel
1596 attraverso l’Indice. La circolazione delle idee formò una cultura riformata italiana, eterogenea e
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frammentata. Il protestantesimo si unì al profondo disagio religioso degli italiani con l’applicazione della
razionalità alla fede, in linea con la libertà umana. La cultura popolare fornì il contributo materialista antico
e di consequenzialità logica. Con la giustificazione per sola fede si formarono tensioni interne agli ordini
religiosi, valorizzando la grazia e la fede rispetto alle opere. Molti prelati iniziano a predicare la sola fide,
tracciando il confine dell’ortodossia.
Lutero fu una prima onda d’urto contro il cattolicesimo con sola fide, sola Scriptura e libertà del cristiano.
Per molti questa era LA confessione della Riforma, che marcò la rottura con la religione tradizionale. Questo
messaggio di liberazione ebbe larga fortuna (insieme ad anticlericalismo ed erasmismo). Le dottrine
zwingliane trovarono grande seguito per il loro carattere estremamente radicale e di rottura con
l’istituzione → processo di estremizzazione religiosa. Numerose comunità si rivolsero al calvinismo in
ragione della sua forza dottrinale e organizzativa (+ rete di supporto). Gli orientamenti religiosi italiani si
sovrapposero, contaminandosi ed evolvendo con consapevolezza. Al di là delle differenze, la comune
condizione di clandestinità rese solidarietà fra i riformati italiani, detti heretici lutherani. Il radicalismo si
diffuse con il messaggio valdesiano, una miscela tra idee alumbradas, erasmiane e riformate. Nel pensiero
di Valdes, la dimensione religiosa era percorso di perfezionamento interiore sotto il lume divino,
incorporandosi con Cristo nell’intima meditazione della sua Parola. La religione diventa tutta spirituale e
interiore, realizzandosi nell’esperienza piuttosto che nella scienza. Il cammino palingenetico procedeva per
gradualismo esoterico con maestri di maieutica (che portava alla svalutazione di dottrine e riti esterni). La
possibilità di raggiungere la verità divina non era data a tutti ma solo agli eletti. Ognuno doveva essere
animato dalla fiducia nella misericordia divina, richiedendo perdono. Questo portò a indifferenza verso
apparati dottrinali e cerimoniali, legittimando nicodemismo per i deboli della fede e per proteggere la
coscienza da coercizioni. Obiettivo primario del valdesianesimo = tutelare libertà della coscienza. Il
messaggio di Valdés fu significativo per l’Italia del ‘500 per la sua valenza politica. Di altolocata famiglia
conversa, si accostò all’alumbradismo, erasmismo e luteranesimo, per poi essere costretto alla fuga
dall’Inquisizione dopo aver scritto un’opera. Grazie alle protezioni di suo fratello (segretario di Carlo V),
ottenne l’incarico di cameriere segreto del papa, segretario e spia dell’imperatore presso la corte papale.
Successe poi al fratello per ruoli prestigiosi: nella ragnatela diplomatica dei suoi uffici, egli mise a punto il
proprio pensiero religioso e politico. Il suo centro di diffusione fu Napoli intorno agli anni ’30-’40,
raccogliendo membri aristocratici e associazioni caritative (vi si trovava anche Ochino). Molti personaggi
illustri si dedicarono, in questo circolo, a elevate conversazioni spirituali e politiche per risolvere problemi
politici. Duplice funzionalità del discorso valdesiano; Valdés, in una sua opera dedicata alla discepola
prediletta, suggeriva un iter spirituale per reagire alla perdita finanziaria e d’immagine, evitando le rotture
fra le due famiglie più illustri della politica asburgica. Furono gli spirituali a determinare la diffusione dei
valdesiani in tutta la penisola (Valdés ha infectato tutta Italia). Da questo nuovo polo religioso si irradiò il
proselitismo dei seguaci di Valdés, ampliando la loro cerchia e trovando un nuovo capi carismatico, ovvero
il cardinale Reginald Pole con la sua ecclesia Viterbiensis. Il gruppo di Viterbo promuoveva il messaggio
valdesiano con una fitta trama di relazioni personali; all’estero uscirono le opere di Gonzaga e Flaminio,
discepoli prediletti (influendo anche su Michelangelo!). L’attivismo degli spirituali era finalizzato alla riforma
spirituale della Chiesa per una riconciliazione con i protestanti. Si voleva perseguire un cambiamento
religioso senza rotture istituzionali. Dal 1542, con il fallimento del colloquio di Ratisbona, si dispiegò l’azione
degli spirituali con particolare vigore. La guida di Pole, chiamato a presiedere anche il Concilio di Treno, e
Morone (vescovo di Modena) pareva agli spirituali garanzia di successo del progetto, sostenendo la
comunità riformata di Modena. In realtà questo fu destinato al fallimento per mancanza di visione
condivisa e carente impegno pastorale. Morone subì un lungo processo, conclusosi solo con la morte del
papa. L’esperienza degli spirituali fu intrecciata alla storia cinquecentesca; Gonzaga non fu l’unica
proveniente dall’aristocrazia femminile italiana. Profondamente legata al suo ceto e scelta spirituale, si
destreggiò tra mondano e religioso senza continuità, giocando in un’Italia attraversata da conflitti di ogni
tipo. La bellissima Giulia andò in sposa 14enne ad un vecchio nobile, per poi rimanerne vedova due anni
dopo (ereditando un piccolo feudo tra Napoli e Stato pontificio, dopo una causa legale con la figliastra
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Isabella). Giulia si impegnò in creare strategie feudali e matrimoniali per tutelare gli interessi della casata e
il progetto religioso degli spirituali. Centro d’azione fu un monastero napoletano dove risiedette dal 1535,
rendendolo luogo di intellettuali; nel frattempo partecipava al circolo valdesiano di Napoli (Valdés era stato
suo difensore legale e maestro spirituale). Lei ereditò gli scritti dello spagnolo, oltre che avere opere
dedicate a suo nome; ella ne promosse la diffusione. Il messaggio valdesiano mostrò la propria potenzialità
eversiva con il discepolo misterioso Villafranca: il suo magistero fu all’origine degli svolgimenti radicali del
valdesianesimo, fino all’affermazione libertinismo. Mentre quelli dell’alta società partecipanti al circolo
rimanevano su posizioni più moderate, un altro gruppo seguiva le idee radicali. Il gruppo venne definito
diabolico e constava di tanti membri diversi (Capece era figura più colta e altolocata = panteismo
naturalistico epicureo). La predicazione di Busale fu all’origine della svolta antitrinitaria del movimento
anabattista veneto.
L’anabattismo era giunto in Italia con truppe contadine trentino-tirolesi guidate dal comandante militare
della Repubblica di Venezia (fallito artefice con Zwingli di alleanza militare antiasburgica). Il movimento si
era diffuso nel Nord e nel Centro Italia, ponendo a Padova la centrale. Il movimento presentò una buona
organizzazione interna, oltre che dottrinale, indicendo sinodi (Venezia 1550 fu vero e proprio concilio). Il
movimento qui si spaccò per l’imporsi della corrente antitrinitaria, forte nelle opere di Serveto e nella
propaganda. Le conclusioni furono radicalissime e furono arricchite dagli esuli come Sozzini e Gribaldi, che
parteciparono al movimento veneto. La delazione del capo anabattista Manelfi ci riporta gli articoli decisi a
Venezia: egli si era presentato nel ’51 all’Inquisizione. In questi punti si negava la divinità di Cristo e al posto
della giustificazione per fede si pone la salvezza dalla misericordia divina. Con estremo razionalismo si
misero alla prova concetti fondanti la religione tradizionale (aldilà sostituito dallo psicopannichismo, la non
esistenza di Satana e l’affermazione di un nuovo processo di generazione). La corrente tradizionale si
espanse comunque con l’opera di molti evangelizzatori, i quali hanno dato la vita per questo. Con questo
movimento ebbero rapporti due protagonisti del radicalismo italiano: Paolo Ricci (= Renato) e Giorgio Rioli
(= Siculo). Il primo, ex francescano, fu maestro di eterodossi (Chiesa invisibile, concordia universale etc),
frutto di spiritualismo estremo. Siculo invece fu bruciato al rogo nel ’51 come arcieretico. L’ex benedettino
si escludeva sia da cattolicesimo che protestantesimo, negando sacramenti e dottrine e giustificando il
nicodemismo. La rivalutazione dell’uomo venne motivata con la tesi del beneficio di Cristo e l’inesistenza
della predestinazione. Nelle vesti di novello Cristo, al Concilio di Trento, voleva dare inizio al rinnovamento
della società su principi anabattisti. Siculo creò una setta di seguaci, detta dei giorgiani, su cui si battè una
forte repressione inquisitoriale. Nel fertile humus della Riforma si formarono gli eretici cantimoriani che
recarono con sé le esperienze di rinnovamento oltralpe, allargando le maglie confessionali del mondo
protestante.
Per una geografia della Riforma in Italia
Intenso brulicare di idee e contatti interni ed esterni all’Italia portò a contagio ereticale. Generalmente
simili furono le forme di manifestazione della conversione nella vita quotidiana: no messa, no culto dei
santi, no indulgenze, no opere pie, no confessione, no Chiesa e no divieti alimentari. Raramente si assiste
ad atti aperti di rottura simbolica (iconoclastia, matrimoni di religiosi, confessione aperta). La formazione
religiosa partiva dalla famiglia; nelle case private si ritrovava la comunità per leggere, commentare la Sacra
Scrittura e ripetere la celebrazione della Cena. Gli anabattisti formavano pacifiche conventicole di santi
isolate dalla vita civile e dedite alla pratica evangelica (battesimo da adulti, eucaristia è simbolica). La
densità ereticale si sviluppò nelle zone più aperte ai rapporti con l’Europa (commerciali e intellettuali, come
Lucca, capitale della tradizione mercantile internazionale). La diffusione delle dottrine fu più fertile dove vi
erano già orientamenti novatori: Venezia, rinomata per tradizione erasmiana e filosofica non conformista.
Le élite di potere si sentivano fiduciose verso l’impunità della loro posizione, convinti che si potesse
professare le opinioni religiose in sicurezza (scudo protettivo di vitale importanza per il movimento
riformatore). La copertura del patriziato rese molte città “infette”. Alcuni feudi dell’Italia meridionale
furono trasformati in zone religiose franche, al riparo dal potere della Chiesa. Per motivi politici i signori
delle città scelsero una politica tollerante, agevolando la diffusione della Riforma. Tutto questo accadde nel
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tragico periodo delle guerre d’Italia, conflitto con Carlo V e Stati luterani e guerre di religione francesi +
mutevoli alleanze italiane per strategia religiosa. Il contagio ereticale si diffuse nei domini della Repubblica
di Venezia e nei territori limitrofi lungo le Alpi (intensa circolazione di uomini e libri). L’oligarchia veneziana
deteneva il primato di economia mondo mediterranea; ella mostrò una linea tollerante, prudente e
calibrata. Questo alimentò le speranze di fase della Serenissima la promotrice della Riforma riscattandosi
dalla tirannide di Roma: in realtà furono illusorie, dato il pragmatismo della Repubblica, anche se più tardi
Venezia ospitò la Lega di Smalcalda e il partito francese per la Chiesa ugonotta. L’eresia contaminò anche
uomini nobili ecclesiastici perseguitati dal Sant0Uffizio malgrado gli interventi del Senato veneziano presso
Roma. Venezia divenne maggiore centro di attrazione, sviluppo e propagazione del movimento riformatore.
Il flusso inarrestabile delle novità portò ad un humus fertile nell’anticlericalismo cittadino e dinamismo
sociale. Fiorirono numerose comunità con esponenti di alta e bassa società (donne, stranieri e aristocratici),
in cui rientrano anche Curione e Ochino. Questa situazione iniziò a cambiare negli anni ’40 per la
ridefinizione del quadro politico europeo con ripercussioni sul ruolo di Venezia. Il controllo del dissenso
religioso divenne pià stringente nel 1547 con la Magistratura laica dei Tre savi sopra l’eresia, destinata ad
affiancare l’Inquisizione. Nel ’49 fu emanato il primo Indice dei libri proibiti, rimasto inapplicato. Questo
non determinò la fine del movimento riformatore né il mito della libertà di Venezia. Il movimento rifulse
nella scabrosa controversia dell’interdetto (1606). Tra Sei-Settecento a Venezia fiorirono ateismo e
miscredenza, con sviluppi individuali delle dottrine riformate. Le comunità calviniste e luterane straniere
continuarono la loro vita religiosa senza interferenze dall’Inquisizione. Il movimento ereticale si ramificò nei
domini della Repubblica, creando circuito fra le maggiori città (grazie ad un ceto dirigente più libero di
quello veneziano). A Padova era forte l’elemento anabattista e antitrinitario (tradizione non conformista
della sua università + frequentazioni internazionali), definendola un focolaio di verità evangelica che si
ispira ai principi calvinisti. Rovigo divenne centro di importazione di libri; il gruppo attrasse letterati
mantenendo legami con anabattisti.
Il luteranesimo si diffuse sempre nel Nord Italia (appartenenza all’impero o vie di incontri culturali). Il
vescovo dell’Istria cercò di organizzare una riforma della Chiesa a Venezia insieme a uno stretto
collaboratore di Lutero (Illirico). Non si verificò però una meccanica adesione alle dottrine europee da parte
delle comunità (diversità e fluidità). Udine, complessa dottrinalmente, fu frutto di letture e scambi esterni.
Molti di essi radicalizzarono le loro opinioni con Zwingli, mentre altri aderirono all’anabattismo. A
Portogruaro il dissenso religioso ebbe il volto di Isabella da Passano, elogiata come donna illustre d’Italia: il
suo lungo processo inquisitoriale rivela una storia personale vissuta. Alla fine fu assolta ma costretta ad
affrontare difficoltà e lutti. Nella zona milanese le autorità politiche non interferirono, in opposizione
all’Inquisizione: focolai di eresia permasero fino agli anni ’80. Cremona fu vero e proprio centro del
movimento eterodosso lombardo; vi fu edificata la prima Chiesa calvinista dello Stato di Milano, dove la
comunità di eletti aveva scelto i propri pastori. La propagazione di idee religiose sfruttò la trama di
solidarietà aristocratica femminile “scola di madonne” creata a Mantova. Piacenza divenne quasi una
seconda Ginevra per l’aiuto accordato agli eterodossi.
La Chiesa valdese, in Piemonte, Calabria e Puglia, ebbe il primato del calvinismo in Italia. Ancora oggi attiva,
sopravvisse a una dura repressione; la Chiesa valdese si immise nel panorama della Riforma europea sotto
l’egida di Ginevra (1532). Essa presentò una robusta impalcatura istituzionale, con pastori stabili e residenti.
I valdesi penetrarono largamente nel territorio piemontese (detto “terra d’eresia”). La decadenza della
Chiesa, la contiguità con i territori d’oltralpe e la presenza delle comunità valdesi aprirono il Piemonte alle
dottrine protestanti. I sovrani promossero una politica di tolleranza, sebbene la repressione non fu fermata
(ricattolicizzazione forzata). Il regno di Emanuele Savoia determinò un ritorno all’ordine, graduale ma
definitivo, eccezion fatta per i valdesi. Margherita di Valois mitigò la politica draconiana, promotrice della
causa calvinista. I valdesi impugnarono le armi contro l’autorità sovrana tirannica, creando il precedente
delle guerre di religione in Francia. Con la pace di Cavour (1561) si sancì la legittimità delle chiese valdesi.
Nel contempo i valdesi venivano massacrati in Calabria, conducendo alla loro estinzione.
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La Repubblica di Genova condusse una linea di prudenza nel controllo del dissenso religioso, frenando i
rigori dell’Inquisizione ma senza compromettere relazioni con Roma. Lotta dei nobili Nuovi contro la
ristretta oligarchia al potere, in cui la religione si intreccia con la politica. Ferrara, governata dalla figlia di
Luigi XII, d’Este, era convertita al calvinismo (aveva soggiornato con lei nel 1536); divenuta sorella d’Italia
ella rese la sua corte un laboratorio di dissenso ereticale. Si sottrasse alla missione di Calvino, però, perché
rimase ligia a una linea di tolleranza e prudente dissimulazione (no propaganda del messaggio al di fuori
della loro cerchia). Nicodemismo militante che creò una rete clandestina di sostegno agli eterodossi. Renata
fu inquisita e costretta all’abiura, ma questo non la fermò. La repressione investì anche Modena, definita
novella Praga, in cui si contano diverse eresie. Solo l’intervento di Pio V, fine anni ’60, chiuse la stagione del
dissenso modenese. L’Accademia modenese, rinomata, contava l’appoggio del patriziato cittadino,
garantendone la centralità nella vita ereticale modenese. La città divenne centro culturale d’avanguardia in
tutta Italia. Espressione di un’elevata consapevolezza dottrinale. A Modena agì la grande comunità dei
fratelli, con esponenti del basso ceto che trasformavano i loro luoghi di lavoro in laboratori di idee. Bologna
mostrava costante mobilità di idee favorita dall’itineranza di predicatori come Ochino. Il governo vigilò sulla
diffusione della riforma per i rapporti che intratteneva con la Santa Sede. Vivace vita religiosa in cui
università diventano centri propulsori (Lelio Sozzini ci fece apprendistato religioso).
La Toscana era semenzaio di eresie: la più corrotta era Lucca, in cui tutto il ceto dirigente si convertì alla
Riforma (promotrice di una città di Dio posta sotto l’egida dell’imperatore). Il progetto, mandato avanti da
Burlamacchi con la congiura del ’46, rivelò la forte unione tra eterodossia e repubblicanesimo antimediceo.
Teologia della città impegna laici nel governo spirituale e temporale. Le capitali dei loro affari furono Lione
e Anversa, porte della Riforma che rimasero modello per il patriziato lucchese. Il movimento riformatore
lucchese si orientò verso la Chiesa calvinista. Impegno nel rinnovamento completo della società
riorganizzando il sistema di istruzione pubblica con collaborazioni erasmiane e filoprotestanti. Nel convento
fu fondata una scuola trilingue e nella ricca famiglia Arnolfini fu assunto come precettore Curione. Il
tentativo di estirpare l’eresia dalla città fu impresa ardua e con esiti incerti, malgrado l’istituzione nel ’45 di
un tribunale laico cooperante con il vescovo (Offizio sopra la religione), invece dell’Inquisizione. Molti
scelsero la strada del nicodemismo. Analoga u la parabola riformata a Siena: repubblicanesimo e religione
portarono l’oligarchia a progettare la liberazione dalla dominazione spagnola. Sembrò realizzarsi nel ’52 con
la rivolta, ma a questa pose fine Cosimo I de’ Medici con la conquista della Repubblica e azione repressiva
del clero. Con gli anni ’60 si chiuse la stagione della Riforma nella città. Ochino, esiliato, incitava il governo a
farsi artefice dell’instaurazione della Riforma nelle città (Guerrieri prese il suggerimento). A Siena il
radicalismo ha toccato punte ancora pià estreme (ateismo e miscredenza libertina). Da lì la riforma si è
propagata a Grosseto. A Firenze Cosimo I attuò repressione per motivi politici: mentre all’inizio era opposto
al Papa, mostrandosi come restauratore della Repubblica cristiana a favore degli eretici, egli si riallineò a
Roma appoggiando l’elezione di Pio IV, ottenendo vari privilegi. Il Sermone della Croce di Varchi faceva da
controcanto con versi ispirati al messaggio valdesiano. Panciatichi sostenne la pubblicazione clandestina di
opere di Calvino, mentre Ricasoli organizzò a Pisa una comunità riformata (su protezione ducale). Il
fenomeno eterodosso di Firenze assume carattere prevalentemente elitario.
Lo Stato della Chiesa non rimase intatto dall’eterodossia, presente a Roma e dintorni, dove il messaggio
riformatore rafforzò il tradizionale anticlericalismo → ribellismo politico-religioso. Alberico Gentili, uno dei
padri del diritto internazionale, vide la sua comunità eterodossa repressa dall’Inquisizione. A Napoli il
dissenso religioso fu un fenomeno rilevante (ignoranza, povertà, promiscuità), terra definita dai gesuiti
“Indie italiane”. Attivi e significativi furono i pensatori (es. Valdès) e fondamentale fu il coinvolgimento del
potere feudale. Le violente rivolte furono espressione della generale riottosità verso il papato e la Spagna. I
baroni orientarono verso la complicata partita tra impero, Roma e Spagna: i vicerè si impegnarono nella
repressione, con numerosi processi ed evangelizzazione. Il braccio di ferro con i baroni durò fino agli anni
’60 (Pio V, ferrea linea repressiva). Il principe di Salerno divenne simbolo cittadino dell’indipendenza,
ottenendo dall’imperatore l’obbligo di non introduzione dell’Inquisizione spagnola (come in Sicilia e
Sardegna): fu costretto alla fuga con accusa di eresia e sodomia, spegnendosi in povertà in Francia nel
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fallimento di liberare il regno di Napoli. I feudi favorirono la Riforma, evangelizzando ovunque; il


multiconfessionalismo aumentò per il fiorire di comunità ispirate alle dottrine valdesiane, calviniste,
luterane. Varie furono le diramazioni del circolo valdesiano di Napoli; alla formazione di varie sette seguì
una reazione inquisitoria che si servì della confessione per incastrarle e condannare al rogo i suoi capi.
La comunità valdese iniziò ad essere protetta da Ginevra nella repressione, rafforzando la volontà di
resistere con il martirio. I due ministri ginevrini lo subirono, mentre i fratelli preferirono la resistenza
armata contro gli spagnoli. Nel 1561 il Piemonte fu distrutto in parte, con la popolazione di alcuni luoghi
interamente massacrata. La chiesa valdese chiuse la stagione in Calabria, sopravvivendo fino agli anni ’70
con il sostegno di comunità clandestine siciliane. La Sicilia fu centro vitale del dissenso religioso italiano: i
libri venivano nascosti nei tessuti e nel fondo delle tavole da tirar oro che venivano commerciate (il nobile
Campolo giustificò l’aver trovato testi riformati nel pacco alimentare per calzare i vasetti di marmellata).
Vivace fu il traffico di Messina con le fiere della seta e industria orafa. Il nerbo della riforma fu costituito dai
forestieri. L’Inquisizione spagnola tentò di arginare il movimento riformato, ma servì a poco. Spesso vi
erano forti contrasti interni per la supremazia giurisdizionale, a cui si aggiungevano quelli dell’Inquisizione.
Esempio fu Spadafora, politico sottoposto alle due inquisizioni per legami con i valdesiani e costretto a
esilio a Venezia e confisca dei beni e carcere, malgrado l’intervento dell’imperatore e Repubblica di
Venezia. La rottura con Roma avvenne con la diffusione del messaggio luterano e valdesiano. Fondamentale
fu la predicazione di Ochino che portò tutti a leggere le opere riformate. La comunità di Palermo era
composta esclusivamente da stranieri. Alcune comunità isolane erano ben organizzate, mentre altre furono
massacrate. Quasi assente fu l’eresia in Sardegna, per la grande arretratezza e povertà (nemmeno
l’Inquisizione esercitava controllo). Pochissimi calvinisti e luterani. Due non conformisti furono Gallo e
Arquer.

6. La propagazione della Riforma in Europa


Convivere nel “secolo di ferro”
Il messaggio protestante si diffuse in tutti i paesi europei in maniera diversa: in alcuni stati venne fatto
proprio dalle autorità, in altri venne tollerato se non respinto. Influirono dinamiche interne ed esterne: le
iniziative di riconquista messe in atto dalla Chiesa della Controriforma nel sostenere gli Stati in conflitto e
nell’impegno missionario ed educativo furono molto importanti. La Riforma comunque fu una realtà con cui
confrontarsi sul piano religioso, culturale, politico e sociale. Il movimento investì la società intera
modificandone valori e principi (e orientandone anche il modello politico!). Il confronto fra Stati e comunità
avvenne solitamente all’insegna del conflitto. I cento anni chiusi dalla pace di Vestfalia vennero definiti
secolo di ferro per i tragici scontri bellici per motivi religiosi che dilaniarono l’Europa. La repressione
ovunque era divenuta legge, anche se fuori Spagna e Italia fu meno sistematica e capillare in assenza di un
tribunale della fede (tribunali secolari ne presero il posto). Le Chiese si impegnarono a rafforzare la propria
identità confessionale con propagande e stamperie, denigrando le pratiche rituali altrui.
Tra guerre, persecuzioni religiose, rochi e censure raramente si vedono editti di tolleranza e pratiche di
convivenza confessionale. Nelle realtà multiconfessionali (impero o Confederazione elvetica) nacquero le
divided communities, laboratori di coesistenza religiosa con la ripartizione tra cattolici e protestanti nei
diritti di celebrazioni (e uso dei luoghi di culto con il simultaneum). Altrove furono messe in campo misure
di tolleranza, più di fatto che per legge; nei luoghi di conflitto vennero stipulate paci di religione
temporanee. Le autorità politiche italiane e spagnole, che non mettevano in discussione il principio di
uniformità confessionale, presero provvedimenti per tutelare gli stranieri calibrando la fedeltà a Roma per
interessi veniali. Caso delle Livornine concesse da Ferdinando I de’ Medici nel ’93, rendendo la città di
Livorno città di tolleranza. La stessa Chiesa fu costretta obtorto collo a scendere a compromessi nei
confronti dei forestieri. Le disposizioni attuate rispondevano a criteri di pragmatismo politico ed
economico, evitando condizione di perenne belligeranza tra i cittadini. Le strategie di convivenza non
eliminarono le frizioni pronte a esplodere e non indebolirono l’identità confessionale individuale. Tolleranza
= sopportazione e non accettazione consapevole dell’altro. Dove fu concessa per legge fu una tolleranza
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civile e non religiosa (= riconoscimento legale delle religioni altrui). La tolleranza religiosa rimase sempre ai
margini; è stato un cammino lento tortuoso e complesso. Si diffuse l’ecumenismo della vita quotidiana,
tentativo di superamento delle divisioni confessionali (civicamente); la conoscenza di altre confessioni fu
incentivo alla graduale accettazione della relativizzazione religiosa. La familiarità con l’Altro (matrimoni
misti) e gli scambi culturali favorirono tutto questo. Nel mondo intellettuale pian piano il sapere iniziò a
superare di valore l’appartenenza confessionale, divenendo valore primo (nicodemismo). Alla regola di fede
si sostituisce quella di buona fede che, come nota Spinoza, governa gli affari della fiorente città di
Amsterdam. Piano piano la religione si ritirò dalla sfera pubblica, avviando il processo di secolarizzazione
della società propria dell’età moderna. La Riforma fu all’origine di un’Europa diversa.
Europa reformata
Con la Riforma l’Europa divenne mosaico di religioni diverse. Vi sono grandi aree calviniste (zwingliane),
anabattiste, ortodossi, armeni, ebrei, musulmani, anglicani. Nel dominio turco i credi furono rappresentati
da un regime di piena tolleranza, limitato dl pagamento di una tassa in più da parte dei non islamici. Il Sacro
Romano impero germanico, dopo la lotta contro la Lega di Smalcalda, fu diviso tra Stati cattolici e luterani a
seconda del sovrano, mentre nelle sette città imperiali viene legittimato il biconfessionalismo (pace di
Passavia, 1552). Ai territori soggetti a ecclesiastici fu imposto il reservatum ecclesiasticum per cui i principi-
vescovi passati al luteranesimo perdevano diritto di diocesi. Esistevano altre fedi cristiane non
ufficialmente; il calvinismo conquistò spazi in antagonismo con il luteranesimo e cattolicesimo, fino al suo
riconoscimento nella pace di Vestfalia. Molte sette sopravvissero alla repressione in enclave di maggior
tolleranza in condizione di clandestinità. Nello scenario delle guerre di religione europee crebbe la criticità
di una convivenza complicata: la mobilità delle frontiere confessionali, con conversioni o esili, intolleranze e
competizioni, non aiutava a migliorare la situazione. Generale attaccamento alla propria identità religiosa.
Restringimento dei diritti agli ebrei negli Stati luterani fino a espellerli: furono protetti dagli Asburgo
secondo la tradizione politica dello Judenschutz, con cui fiorirono grandi comunità. Imperatore e principi si
ponevano come fine la pace per preservare integrità del loro potere: divennero più flessibili. Nella città
mercantile di Augusta il biconfessionalismo fu superato con la spinta dei traffici mercantili internazionali:
cattolici, luterani, calvinisti, ebrei ed eterodossi vissero insieme (matrimoni misti in cui il più innamorato
subisce la fede dell’altro). A Norimberga l’adesione al luteranesimo non ridusse il cosmopolitismo né i
commerci; i mercanti italiani, sotto obbligo papale di non risiedere in città prive di culto cattolico, si
adeguarono alle cerimonie religiose locali. Ad Amburgo la tolleranza fu concessa per interessi economici. Il
pluriconfessionalismo fu realtà fino al Seicento, anche in sedi vescovili come Colonia, rimasta fedele al
cattolicesimo ed epicentro di grande prosperità economico intellettuale. In altre città la convivenza fu
ricercata per motivi politici. La pace di Augusta non determinò una rigida divisione confessionale (in vari
territori fu permessa la convivenza religiosa (fino alla guerra dei Trent’anni).
La Confederazione elvetica era interessata a risolvere il problema della convivenza: la Svizzera fu teatro di
aspri scontri religiosi, terminati con la pace di Kappel (1531) = principio del territorialismo religioso ripreso
dalla pace di Augusta. I cantoni furono divisi in cattolici e riformati (con conversione o esilio): l’applicazione
di questo si scontrò con la complessità dell’amministrazione della Confederazione + instabilità politico-
religiosa = fitta ragnatela confessionale. In questo scenario prevalse l’interesse a salvaguardare l’unità e
l’indipendenza della Confederazione; in luoghi con debole identità confessionale si cercarono accordi
politico-religiosi. Alcuni compromessi furono facili, mentre altri molto meno: alcune tradizioni permasero in
tutta la Svizzera fino al Seicento (cimitero di Ussling). Con le riflessioni sulla tolleranza di Basilea si aprì
l’orizzonte dell’accettazione dell’Altro non conformista; le comunità ebraiche videro i propri diritti accettati
ufficiosamente quasi ovunque. Oscillazioni religiose ma speculazioni sulla libertà di fede.
I territori ereditari della casa d’Austria, colpiti dal declino del cattolicesimo, furono colonizzati dal
luteranesimo, calvinismo e sette radicali (alta promiscuità religiosa = orientamenti dei sovrani + forza della
nobiltà). L’adesione fu usata come leva contro l’assolutismo monarchico, impiegando tolleranza religiosa
come mezzo i legittimazione del potere. L’Impero ottomano partecipò con la sua incombente presenza sui
confini asburgici. La dominazione aristocratica rese un alto grado di pluriconfessionalismo. In Ungheria,
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terra contesa fra gli Asburgo, i turchi e la Transilvania, il cattolicesimo aveva perso il suo stato privilegiato,
facendo posto al calvinismo, che conquistò l’80% della popolazione. Fu instaurata tolleranza e convivenza
confessionale (simultaneum nei villaggi). Particolare l’accezione dello ius patronatus = principio legislativo
assoluto di ricchi individui privati e pubblici, divenendo cuius patronatus, eius religio solo in Ungheria. I
diritti dei nobili furono riconosciuti nel 1606, sancendo successivamente il pluralismo confessionale
nonostante la ricattolicizzazione della Controriforma. In Transilvania il patronatus, esercitato dal sovrano,
tutelava la configurazione politica composita in nome della tolleranza. In Polonia la tolleranza fu legittimata
per legge, caso unico. La Chiesa unitariana ebbe molto successo; ciascun nobile nei suoi villaggi governa
secondo la sua fantasia. La libertà religiosa in Transilvania fu riaffermata ancora nel 1690 da Leopoldo I
d’Asburgo. La monarchia asburgica dovette divenire flessibile rispetto alla Riforma. Ferdinando I, pur
determinato a restaurare il cattolicesimo, dovette consentire per motivi politici il relativo pluralismo.
Massimiliano II, pur non riuscendo a realizzare appieno il disegno irenico, rappresentò una piccola tappa nel
lungo processo di secolarizzazione europea. Rodolfo II legittimò per equilibri politici la liberà religiosa per
luterani e Fratelli boemi. Nei successivi sovrani le frizioni tra cattolici e riformati si aggravarono, finché la
defenestrazione di Praga del 1618 dette inizio alla guerra dei Trent’anni (insieme al tentato insediamento
sul trono del calvinista Federico V del Palatinato). La decadenza dell’impero ottomano e l’affermazione
asburgica portarono alla ricattolicizzazione dei domini asburgici nel Seicento.
Nel regno polacco-lituano si ravvisa un eccezionale esempio di pluriconfessionalismo e libertà religiosa per
legge. Vastissimo agglomerato di domini, il luteranesimo e calvinismo preponderavano nei maggiori
territori, senza però mai divenire confessioni esclusive. Vi erano molti radicali (anabattisti incontrarono
antitrinitari). Qui maturarono i maggiori teorici della tolleranza, rivendicando i diritti della coscienza
erronea e separazione sfera religiosa/civile, ruolo super partes dello Stato per pace civile. Per governare
questa Babele di culture erano state varate norme di condivisione degli spazi religiose; l’integrazione
religiosa nel tessuto nazionale fu anche cementata da patriottismo civico, alimentato da forme di
contribuzione al bene pubblico. La nobiltà dette vita a una repubblica aristocratica con la Confederazione di
Varsavia (1573), garantendo liberum veto nella dieta, monarchia elettiva e regime di tolleranza religiosa (+
diritto di resistenza al sovrano tirannico). Sigismondo II Augusto proseguì questo progetto irenico,
organizzando un concilio che riunisse un’unica Chiesa polacca. Gli italiani, con il commercio, portarono con
sé idee eterodosse, creando reti di solidarietà per i connazionali in esilio (es. Soderini). Con la fine del regno
di Bathory si ebbe il trionfo della pax religiosa in Polonia, che durò solo fino al regno successivo (Sigismondo
III, mirante alla Polonia come baluardo cattolico). Il re era interessato anche alla nativa Svezia, da cui era
stato spodestato: l’avversario Gustavo II Adolfo, campione della guerra dei Trent’anni, ricompattò il fronte
protestante per far guerra alle inclinazioni egemoniche del cattolicesimo. In Svezia l’identità nazionale era
stata forgiata da lotta di liberazione da Roma e dal dominio danese. Venne sciolta l’Unione di Kalmar (del
1397), con cui la Svezia non rispose più alla Danimarca (poca coesione sociale). Distacco con la Chiesa
cattolica portò a vari conflitti (a partire con il re di Danimarca nel 1521); Holstein e Vasa operarono per
l’affermazione della Riforma nei due paesi, ufficializzata nel 1536 e nel ’44. In Scandinavia nacquero subito
Chiese di Stato nazionali luterane: il re ne era capo. L’opera di catechizzazione irradiò la Riforma dalle realtà
urbane alle masse rurali; nel Seicento la Riforma protestante si era consolidata in Scandinavia, più
rigidamente che in Danimarca.
Religioni in armi: le guerre civili in Francia
Le ripercussioni della Riforma investirono tutta Europa. In Francia fu l’unica, nel panorama europeo, a
legittimare ufficialmente il biconfessionalismo nello Stato. Il principio di unità politica e religiosa fu infranto
con l’editto di Nantes del 1598: Enrico IV volle che il cattolicesimo e calvinismo divenissero religioni del
reame, auspicando comunque a un ritorno al passato. Il bene della nazione diventava per la prima volta
prioritaria rispetto all’unità confessionale di uno Stato cristiano il cui principio era “un roi, une foi, une loy”:
religione e politica non furono più coincidenti, dando via alla secolarizzazione dello Stato. Tale fu esito delle
guerre civili degli ultimi 30 anni, che lacerarono il paese e misero a rischio la monarchia stessa. L’editto fu
pian piano svuotato per realizzare il disegno assolutistico dei sovrani e primi ministri, per poi essere
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ufficialmente abrogato da Luigi XIV nel 1685 con l’editto di Fontainebleau. Il messaggio protestante fu
accolto da un profondo rinnovamento spirituale e culturale in Francia: le origini della Riforma francese sono
ancora questione aperta nella storiografia. A livello popolare si diffuse dissenso religioso indistinto e vivo;
definita dottrinalmente era invece l’antica comunità valdese. Le istanze riformatrici dell’evangelismo erano
nate con l’Umanesimo: con una grande fioritura artistica durante Francesco I, fervevano studi biblici e
classici, irradiandosi con scuole del paese. L’evangelismo trovò rispondenza negli ambienti di alto livello
culturale = clero regolare e secolare, docenti universitari e studenti, editori e aristocratici. Si voleva
realizzare un cristianesimo non confessionale incentrato sulla rinascita spirituale in Cristo e vita religiosa del
tutto aderente al Vangelo. Questo non avrebbe comportato rotture con la Chiesa, affine al valdesianesimo;
per debolezza pastorale questo non fu realizzato. La corrente evangelista non mancò comunque di
attivismo; oltre a varie manifestazioni, Lefèvre pubblicò la traduzione del Nuovo Testamento, cui seguì la
versione integrale della Bibbia edita ad Anversa. Il teologo francese si confermò stella polare
dell’evangelismo francese. Egli ebbe un percorso simile a quello di Erasmo, suo interlocutore pur nella
tensione del loro rapporto. In sintonia con la Devotio moderna, si era aperto al neoplatonismo per poi
consacrarsi allo studio agostiniano delle Scritture (testi evangelici e paolini). Dette alle stampe, nei primi
anni del ‘500, tesi fondamentali per lo sviluppo del pensiero riformatore francese. Visione religiosa
spiritualista e cristocentrica dove relazione con il figlio è incorporazione (Christiformitas) con la
resurrezione nel battesimo. La salvezza universale si realizzava con Cristo perché aveva soddisfatto la
giustizia di Dio. La fede è giustificazione per gli uomini (Lutero). Lefèvre comunque non aderì alla Riforma,
rimanendo saldo nel cristianesimo purificato.
Per l’Italia era una fase fluida della vita religiosa. In Francia la situazione era particolare: la sua fiera
tradizione anglicana l’aveva resa una Repubblica ecclesiastica, legittimata dal 1516 con l’indipendenza da
Roma e la soggezione al potere regio. A ostacolare il re Francesco I fu la Facoltà Teologica di Parigi insieme
ai tribunali della fede laici francesi = lotta antiereticale con numerose condanne (proibizione Bibbia in
volgare). Dalle file dell’episcopato venne l’impegno di riformare la morale della Chiesa con numerose
iniziative. Dell’offensiva antiereticale caddero vittime come Lefèvre e il gruppo protetto da Margherita
d’Angoulême (1492-1549): donna di grande sensibilità, ella guidò il partito dei santi alla corte francese.
Divenuta nel 1529 regina di Navarra creò un nuovo polo di evangelismo, in cui Lefèvre visse nel silenzio dei
suoi studi. Francesco I fu più oscillante: cercò di ostacolare la persecuzione (per ambizioni personali e ruolo
di tutore della religione = manifestazione della potenza rigeneratrice del monarca, simbolismo messianico).
Nel 1533 l’atteggiamento regale mutò per la diffusione della Riforma in Francia e con lo scontro con Carlo V
per il ducato di Milano. Egli cercò un’alleanza con il papato, senza rinunciare a una certa flessibilità per non
inimicarsi gli Stati tedeschi. Il partito francese in Italia (condotto da eterodossi) seguì una politica
opportunista; con queste oscillazioni il movimento riformatore penetrò sempre più. Dal 1519 le nuove
dottrine si diffusero tra università, libri e comunicazione orale: principalmente queste si irradiarono da
Strasburgo. Gli editori francesi scelsero di stampare in lingua volgare una marea di opere calviniste e
riformate. L’industria tipografica inaugurò l’epoca eroica dell’editoria riformata (a partire dai testi
zwingliani di Neuchâtel). La repressione fu dura, alimentata dall’affaire des placards, in cui Neuchâtel
appese ovunque manifesti contro il sacrilegio e l’eresia della messa (1534). Con i provvedimenti del sovrano
molti fuggirono (tra cui Calvino), mentre l’editoria veniva censurata e le comunità valdesi del Sud
massacrate. Con Enrico II (1547-1559) si cercò di continuare la linea di non tolleranza con estremo rigore;
nel ’47 istituì un nuovo tribunale laico parallelo al Parlamento (Chambre ardente). Malgrado le numerose
condanne, il moto riformatore era ormai un fiume in piena che partiva da Ginevra. Nel 1547 Calvino aveva
esortato gli ugonotti a edificare comunità su esempio di Ginevra: tra le due si crearono forti rapporti e flussi
migratori di pastori e libri. Alla morte del re il calvinismo in Francia era divenuta una Chiesa minoritaria
grazie all’adesione degli aristocratici. Ciò che attraeva era il modello politico calvinista, funzionale
all’opposizione all’accentramento regio. L’organizzazione ecclesiale fu molto solida su esempio ginevrino
ma con diversità (es. collegialità e ugualitarismo). Scopo degli ugonotti era realizzare una riforma civica,
necessaria alla rigenerazione della Chiesa. Il loro progetto fu avvertito come minaccia per il re, il quale si
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dotò di milizie. La Francia rimase spaccata in due confessioni, con divisioni interne anche al tessuto sociale.
La situa deflagrò quando la monarchia non ebbe più autorità (morte di Enrico II → reggenza della moglie
Caterina de’ Medici per minore età o scomparsa dei successori). Dal 1560 la Francia fu teatro di una guerra
sanguinosa di religione (“un massacro di Dio”). La guerra ebbe impatto forte e diversificato. I Grandi in
Francia si schierarono sia per l’uno che per l’altro fronte, in cui si stabilivano alleanze tra potenze europee.
La grandiosità della guerra civile produsse il dibattito sulla tolleranza. L’editto di Nantes fu l’ultimo di una
lunga serie a favore della libertà religiosa (paci di religione). Caterina de’ Medici aveva infatti imboccato la
via della tolleranza civile: la sovranità della corona divenne imperativo categorico, soprattutto con le
pressioni tra i Grandi di Francia (Guisa e Borbone). Nel 1562, con l’Editto di Saint Germain, Caterina
riprendeva a modello quello di Nantes; la Chiesa calvinista fu ufficialmente legittimata, ottenendo libertà di
esercizio. Per mantenere unità religiosa la tolleranza fu soluzione temporanea. Il Parlamento reagì
fortemente, insieme al partito cattolico, sicuro di aver attirato la collera di Dio. I Guisa nel 1562 fecero una
strage di ugonotti, dando inizio alle guerre civili che avrebbero insanguinato la Francia. Fanatismo religioso
esplose con violenza, con fazioni organizzate, terrorismi e vandalismi: lo scontro divenne lotta purificatrice
contro il Male. La guerra, in cui si riversarono tensioni apocalittiche tra ceti diversi, terminò con la voglia di
far pace: nel ’63 fu emanato l’editto di Amboise, stabilendo norme per i rapporti interconfessionali, senza
però vincere la bellicosità dei Parlamenti. I politiques sostennero Caterina (così definiti di Pasquier) nella
ricerca di una soluzione politica alla lotta confessionale (instaurazione di regime di tolleranza civile sotto
egida del sovrano = male minore rispetto a divisioni religiose). Tra questi vi era il consigliere della regina,
Michel de L’Hospital, il quale sostiene che il problema non era fondare la religione, ma fondare la cosa
pubblica (visione erasmiana e irenica per la riconciliazione religiosa). Deconfessionalizzazione dell’autorità
temporale e affermazione della tolleranza. La dottrina dei politiques, inizialmente avversata da tutti, alla
fine risultò vincente. Castellione fece lo stesso, dando importanza alla pace civile. Molte nobildonne si
adoperarono per favorire il dialogo interconfessionale. Fondamentali gli interventi dei Consigli cittadini, atti
a gestire le strategie politiche che dettero il via alla secolarizzazione della ragione politica: si alternarono
diversi esperimenti di convivenza, ma la tendenza fu quella di ricercare paci di religione o patti di amicizia.
Processo corale che coinvolse tutti, a partire da Lione. Caterina e Carlo IX nel ’63 viaggiarono per il paese in
modo da riunirlo nella persona del re: il giovane sovrano, filosofo principe neoplatonico, perseguiva
armonia e pace universale, sostenendo la linea tollerante della madre. Carlo attuò una riforma giudiziaria
per rafforzare potere monarchico. La guerra però riprese con virulenza nel 1567: il tentato rapimento del re
provocò la vittoriosa controffensiva dei cattolici e una virata della politica regia con l’editto di Saint-Maur
(’68) che vietava l’esercizio del culto riformato. L’esigenza di arginare i Guisa e continuare con matrimoni
misti protestanti portò i sovrani a riavvicinarsi agli ugonotti (editto del ’70 che riequilibrava la bilancia). Le
fortissime tensioni interne e internazionali scoppiarono nella notte di San Bartolomeo.
La strage avvenne nella notte del 24/08/1572 in occasione delle nozze tra Margherita di Valois e l’ugonotto
Enrico di Navarra (conciliazione). Migliaia di fedeli radunati a Parigi per l’occasione furono sterminati; la
decapitazione del partito ugonotto fu un massacro politico voluto dai sovrani per affermare l’autorità reale.
Secondo alcuni studiosi è stata attuata per salvare l’opera di concordia a seguito di una forte e nuova
radicalizzazione (che costò la vita all’eloquente de Coligny). Evento è parso come istante di un sogno
perduto del Rinascimento. Cattolici estesero la strage per compiere azione catartica nella veste di popolo di
Dio. La strage fu apice nella lotta confessionale dell’Europa del Cinquecento, ma non ne sancì la fine. Le
guerre di religione si diffusero in varie città (a partire da La Rochelle, roccaforte ugonotta sostenuta dall’UK,
dopo che il re aveva limitato la libertà di culto). I monarcomachi e i politiques con Bodin elaborarono le loro
dottrine rivoluzionarie: i monarcomachi legittimavano l’eversione di un potere regio assoluto in nome del
patto tra sovrano e sudditi (obiettivo è sovranità del popolo), in accordo con i malcontents, scontenti per
l’inadeguata considerazione del re (sovranità agli Stati generali e al re) = lotta comune contro il dispotismo
(Trattato di associazione) e rispetto della libertà di coscienza (in accordo con i politiques). Bodin,
parlamentare e politico, dette espressione della guerra civile nei Sei libri della Repubblica, in cui si
teorizzava il carattere supremo della sovranità nei limiti divini (dunque obbedienza incondizionata).
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Religione era instrumentum regni di un potere libero dalla confessione; Bodin = incoercibilità delle
coscienze per motivi politici. Persecuzione porta ad ateismo; la tolleranza dei turchi diventa modello da
seguire. Rapporti interconfessionali si inscrivono nell’ordine cosmico con i Colloquium Heptaplomeres. Nel
1574 viene creata l’Unione delle Province, basata sul modello degli Stati generali. Nella quinta guerra civile,
scoppiata con la caduta in disgrazia dei malcontents, l’alleanza dette prova di sé. Enrico III dovette piegarsi
ai rivoltosi con la promulgazione di un ennesimo editto nel 1576, concedendo libertà di culto ovunque
tranne Parigi. La liberalità ne impedì la messa in atto; alla sesta guerra, esplosa su iniziativa degli ugonotti,
seguì nel 1577 l’Editto di Poitiers, meno favorevole ai riformati.
Negli otto anni di pace successivi Enrico tentò di ristabilire il cattolicesimo, ma non ci riuscì per la morte del
successore e la futura guerra dei tre Enrichi, che vide Enrico di Navarra (successore ufficiale calvinista),
Enrico di Guisa (capo della Lega Santa) ed Enrico III Valois combattere fra loro. Guisa, con l’appoggio del
papa, si alleò con Enrico III e fece emanare un trattato che imponeva conversione o esilio: la guerra durò 13
anni. L’occupazione di Parigi da parte della Lega cattolica, l’assassinio di Enrico di Guisa per ordine di Enrico
III, l’intervento militare della Spagna e l’ascesa al trono di Francia di Enrico di Navarra nel 1594 dopo la
conversione al cattolicesimo resero questa guerra indimenticabile. Con l’editto di Nantes si concluse nel ’98
quasi mezzo secolo di guerre civili. L’editto sanciva il biconfessionalismo del regno di Francia, con l’auspicio
di ripristino cattolico. Obiettivo è realizzare la concordia, piuttosto che la tolleranza; si trattò di una tappa
fondamentale per la deconfessionalizzazione del potere pubblico (religione scivola nella sfera privata).
Legittimata la libertà di coscienza, la Chiesa calvinista potè munirsi di strutture ecclesiastiche, rispettando le
festività cattoliche. Gli ugonotti poterono accedere a qualunque carica politica. Commissari regi furono
incaricati di verificare l’applicazione dell’editto. Il bisogno di pace indusse a chiamare l’editto perpetuo e
irrevocabile (con Luigi XIV questo verrà revocato per vari motivi). Nel caos che precede l’editto, il problema
della tolleranza genera posizione diverse all’interno degli schieramenti. I politiques coadiuvarono Enrico IV
nell’opera di pacificazione, dividendosi però in una maggioranza favorevole alla tolleranza e una minoranza
favorevole a riconciliazione. Intellettuali di fedi diverse giunsero a medesime aspirazioni di concordia;
Enrico IV nel Seicento, insieme ad altri uomini di potere, si fece promotore del grand dessein di
pacificazione europea. La tolleranza fu proposta da Montaigne e Bodin a fine secolo; il primo applicò anche
nei confronti del Nuovo Modo (infrangendo paradigma eurocentrico) la nozione di tolleranza. La
costruzione dell’io si realizza secondo lui con l’esperienza illimitata del pluralismo culturale mediante viaggi.
Il confronto con gli altri popoli genera consapevolezza, coscienza e appartenenza all’umanità. Coscienza è
luogo di unità del genere umano: è importante l’affermazione dell’unità nella differenza, riconoscimento
della piena dignità esistenziale e culturale del singolo. Egli si mantenne sulla linea di cattolicesimo
moderato, esprimendosi contro l’intransigenza confessionale perché distruttiva per le coscienze e per la
cultura (imperatore Giuliano esempio). Bodin invece, nel suo Colloquium, spinge per una completa
tolleranza verso tutte le fedi: l’armonia è inclusiva delle differenze nella loro individualità. La complessità
della natura si sposa con l’unitarietà del disegno di Dio. Polifonia: non fusione di suoni dissonanti in un
unico, ma espressione corale nei vari registri. Colloquio immaginario tra sei di diverse posizioni a Venezia: la
fede in Dio diventa sostanziale continuità fra fedi diverse. La discussione afferma l’assenza di una verità
assoluta. Dio non può essere ridotto a formule dogmatiche; forma di deismo, sistematica demolizione dei
fondamenti del cristianesimo su base razionale. Religione naturale originaria + cerimonie sociali. Il sovrano
deve comporre le differenze per organismo politico unitario (politica e tolleranza a braccetto per somma
armonia universale). Con Charron si apre la stagione secentesca del libertinismo (critica di tutte le fedi e
legittimazione dell’uniformità confessionale statale). L’assassinio di Enrico IV nel 1610 per mano di un
monarcomaco cattolico segnò il cambiamento dei tempi.
Lotta politica e libertà religiosa nei Paesi Bassi
La diffusione della Riforma nei Paesi Bassi portò alla fondazione della Repubblica delle sette province unite
(Repubblica olandese per la preminenza dell’Olanda), mentre le restanti dieci meridionali tornarono nelle
mani spagnole (= Belgio). Con la pace di Vestfalia la Repubblica nacque dalla lotta d’indipendenza da Filippo
II, il quale volle assoggettare i Paesi Bassi al proprio potere assoluto. Erano terre fiorenti (capitale Anversa),
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autonome e aperte al cosmopolitismo per viva eredità erasmiana. Il re spagnolo provocò la rivolta del
paese, identificando lotta religiosa con quella politica. La Repubblica olandese ascesa nel Seicento, con
multiconfessionalismo e dinamismo economico, fu esempio dell’assolutismo in Europa con centro ad
Amsterdam (mille scambi). Il motto era “libertà e denaro”: il primo divenne imperativo commerciale per
permettere il dominio nel mondo secentesco. Con la diffusione del messaggio riformatore (luteranesimo,
anabattismo, calvinismo, Famiglia dell’Amore, libertini, spiritualisti) il cattolicesimo fu limitato al Sud,
mentre minoranze si sparpagliavano nel territorio. Molti giunsero dall’Inghilterra come esponenti del
puritanesimo perseguitati in patria. Le differenze confessionali passarono in secondo piano rispetto
all’opposizione a Filippo II, il quale sembrava attentare all’identità stessa dei Paesi Bassi con l’imposizione
dell’unità confessionale. La crisi economica aggravò la situazione. Margherita d’Austria, sorellastra del re,
posta al governo delle province, fu essenzialmente inetta e per questo nel ’67 Filippo inviò un contingente
armato per sedare la rivolta con repressione spietata. La linea del duca di ferro determinò la trasformazione
della rivolta in moto nazionale di indipendenza in nome della libertà politica e religiosa. Leader era principe
Guglielmo di Orange-Nassau (1533-1584), grande politico che venne eletto nel 1572 Stadtholder (=
governatore militare) delle province di Olanda e Zelanda, convertitosi al calvinismo. Egli guidò le fila dei
cosiddetti pezzenti che, aiutati da protestanti di vari paesi, non riuscirono a impedire il terribile saccheggio
del 1576 ad Anversa = fine della fortuna della città (saccheggiata perché spagnoli non avevano ricevuto il
soldo). Stati Generali si allearono con Guglielmo con Unione di Gand che ebbe vita breve per colpa del figlio
di Margherita. Nel 1579 le province del Sud tornarono alla Spagna, mentre le sette del Nord si strinsero
nell’Unione di Utrecht, proclamando l’indipendenza. Per colpa di vari fronti aperti, la Spagna non riuscì ad
avere la meglio e riconobbe la Repubblica.
Il pluriconfessionalismo fu regolamentato con la pace di religione di Guglielmo d’Orange (amichevole
accordo di libertà religiosa + art.13 per la prima volta vieta persecuzione religiosa). In Olanda e Zelanda era
ammesso solo il calvinismo però. Il principe fu ucciso da fanatico cattolico, ma la libertà di coscienza rimase
legge della Repubblica. Il cammino di tolleranza non fu pienamente realizzato se non fino al Seicento per
colpa della Chiesa riformata: il calvinismo, dopo essere stato riconosciuto ufficialmente nel ’70, volle
imporre il proprio credo su quello degli altri (soprattutto cattolici). Il loro volere di erigere una
Gerusalemme terrena contro l’Anticristo contribuì, insieme alla crisi arminiana, a generare tensioni nella
nuova Repubblica. Il calvinismo, aldilà dell’istituzione, non ebbe grande presa sulla società e vide fra le sue
fila gli amatori, partecipanti per i vantaggi ma refrattari a una piena adesione. Il loro progetto egemonico
iniziale trovò formidabili oppositori nei libertini, fautori di posizioni liberali che misero in atto Chiese
comuni gestite dai laici. Il potere civile non fu convinto di appoggiare il disegno calvinista, il quale si limitò a
qualche cittadina e basta. Pur restando la religione ufficiale della Repubblica fino all’Ottocento, il calvinismo
non divenne mai Chiesa di Stato. Il potere secolare giocò ruolo fondamentale: ovunque si reclamava il
temporale sullo spirituale e l’esercizio della piena giurisdizione sulla popolazione. Pià graduale fu la
legittimazione del regime di tolleranza, consentito di fatto e non per legge per il bene pubblico (malgrado la
distonia civile-ecclesiastico = genuino miracolo). Il paradigma della Riforma nelle città si applica al caso
olandese: nei centri finanziari prevalse la linea liberale, mentre nelle province orientali vi fu più accordo con
il calvinismo. La vita religiosa dlele minoranze fu oggetto di legislazione. I cattolici, sospettati di tradimento
politico, non poterono iscriversi all’università e avere pari diritti: tuttavia queste disposizioni rimasero
letteramorta per complicazioni legislativa e scarsa volontà. Nel ’76 fu fondata la chiesa del popolo olandese
aconfessionale, aperta a protestanti e cattolici per rinnovamento spirituale e concordia; la milizia calvinista
si oppose a ciò e fu vittoriosa per un decennio per poi abbandonare il disegno per l’inasprirsi del conflitto
sociale per il riscatto dei cattolici. Il predominio del calvinismo fu riconosciuto ma ne fu circoscritto il raggio
d’azione = regime calvinista moderato e comunità pluriconfessionale. Le limitazioni cattoliche condussero al
famoso Nostro Signore della soffitta di Amsterdam. I luterani furono inizialmente limitati ma poi liberati per
ragioni economiche. La tolleranza agli esecrati anabattisti fu rilevante: componente dinamica e produttiva,
ne nacquero numerose comunità con la predicazione di Menno Simons. La società olandese influì
sull’azione delle istituzioni civili e religiose con le loro pratiche di convivenza con vasta gamma di fedi.
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Neutralità della vita pubblica, laboratorio di sperimentazione dell’ecumenismo della vita quotidiana = luogo
privilegiato di realizzazione di tolleranza (intellettuali come Coornhert, attivista per la libertà di coscienza e
culto, contro la violenza, graduale miglioramento dell’uomo, no predestinazionismo, Stato come protettore
temporale della religione). Avversario di Coornhert fu Lipsius, professore a favore della libertà della
coscienza privata e contro la tolleranza civile. Individuo è subordinato allo Stato (Bodin), il quale può anche
imporre se stesso. Il dissidio fra i due determinò, insieme ad altri fattori, il naufragio del disegno d’Orange.
Banco di prova della libertà religiosa fu lo scontro tra gomaristi e arminiani del 1619 culminato in un
concilio. Controversia teologica tra due professori, Gomar e Arminius, sulla dottrina della predestinazione.
Arminius = interpretazione erasmiana e meno rigorista, autonomia del credente e fundamentalia fidei. Lo
Stadtholder Maurizio d’Orange era orientato a una dittatura militare contro il fautore della sovranità
assoluta degli Stati generali, filoarminiano. La Repubblica impose la tolleranza per decreto alle fazioni, cioè
una convivenza pacifica, lasciando che lo Stato controllasse la vita religiosa. Sottraendo potere coercitivo
alle Chiese si scongiurò il pericolo di una teocrazia. Dopo il sinodo gli Stati generali si allinearono alla politica
repressiva dei gomaristi; la spaccatura tra le città accrebbe la tensione. Mentre al dibattito prendeva parte
anche Grozio, la crisi fu risolta da Federico Enrico d’Orange, Stadtholder dal 1625 che inaugurò l’età
tollerante della Repubblica.

Conclusioni
Nel mondo della Riforma
La Riforma protestante ha trasformato l’intera vita delle persone, non immediatamente (Lutero dovette
“abituarsi alla libertà”). La nuova Europa riformata è scandita dal tempo: misurazione, organizzazione e
valori del tempo. Il rifiuto del cattolicesimo comportò la decisione di non sostituire il calendario giuliano con
quello approvato dal papa, benchè scientificamente corretto. Nel Sacro romano impero germanico ci si
attenne a calendari locali, creando un complicato mosaico di datazioni. I calendari ginevrini furono genere
editoriale fiorente a partire da Eber; i calendari erano veicolo propagandistico fondamentale. Essi erano
strumenti di testimonianza della storia della Riforma per l’identità collettiva (al posto dei santi vi erano date
di nascita e morte dei riformatori o eventi fondamentali. I giorni di digiuno della Quaresima scomparvero.
L’orizzonte apocalittico rimase invariato, alimentando tensione di miglioramento del corpo cristiano. Il
tempo quotidiano divenne spazio di concreta attuazione della fede, soprattutto per chi valorizzava la vita
evangelica rispetto alla dottrina. A Ginevra il tempo era dono di Dio da impiegare proficuamente dando
origine a un’etica nuova per celebrare il Creatore. Nasce il moderno valore della puntualità e l’orologio per
regolare il tempo (da qui l’industria svizzera). Il lavoro calvinista era forma di preghiera produttiva e
benefica per tutti secondo l’idea del Beruf, cioè della vocazione pari all’elezione divina. Weber da qui
formulò la teoria della relazione tra etica calvinista e nascita dello spirito capitalistico moderno (Beruf e
legittimazione morale di produzione). La tesi di Weber, formulata a inizio ‘900, si incentrava sull’analisi di
fortune dei calvinisti inglesi. La generalizzazione europea incontrò varie controversie sul piano storico (il
capitalismo si impose anche senza calvinismo ma cattolicesimo). Carattere idealtipico della sua proposta
che offre caratteri del capitalismo moderno. Comunque il calvinismo modificò lo status del lavoro
recandogli una nuova etica.
Ogni spazio della vita doveva rappresentare consacrazione a Dio: la famiglia diventa spazio sacralizzato laico
come luogo di formazione cristiana. Valorizzazione del matrimonio e notevole cambiamento della
concezione del sesso (Erasmo e Calvino). Studi recenti sostengono che non è con la Riforma ma con
dinamiche iniziate nel Medioevo che la coppia è divenuta unità basilare della società. Rivalutazione delle
donne, molto attive nella vita religiosa (es moglie di Lutero), sia da bassi che alti ceti sociali. Si iniziarono
riflessioni sulle figure peculiari femminili delle Scritture, ma non mutò nel complesso la condizione di
subalternità delle donne nella società (Anna Schurman). La Riforma dei costumi, che disciplinava la
condotta sessuale, ebbe effetti stringenti nei paesi protestanti per maggiore sensibilità al peccato. Restò
immutato il senso dell’onore femminile e non mancarono le condanne per soprusi e quant’altro. Le
istituzioni assistenziali nei paesi protestanti furono subito rese pubbliche: privati donavano per sostenere
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fasce deboli. Questa forma di assistenza sociale fu presente anche nei paesi cattolici. Sostegno sociale
soprattutto per la scolarizzazione dei giovani poveri, creando borse di studio e sussidi (c’era bisogno di
personale nelle istituzioni ecclesiastiche). Solo il fondo erasmiano prescindeva da caratteristiche individuali.
Formazione di università. Attenzione alla formazione delle élite con i gesuiti. Crescita del sapere e
circolazione culturale, atteggiamento positivo verso la scienza (mondo come opera di Dio) contribuì alla
rivoluzione scientifica del Seicento. Storicizzazione del testo sacro, critica biblica. Non si parla ancora di
trionfo della ragione sulle tenebre illuministico; questo non scalfì la cultura folkloristica e superstiziosa.
Tragica espressione ne fu l’immaginario della caccia alle streghe, contro cui cattolici e protestanti si diedero
alla caccia con apice nel secolo di ferro. Clima di instabilità e paura contribuirono (+ epidemie).
Accanimento maggiore nei confronti delle donne, concepimento di una nuova nozione di stregoneria =
patto con Satana, impiego della tortura. Passaggio da giustizia ecclesiastica a quella civile ne determinò
ulteriore diffusione (maggioranza protestante, dove però iniziò il declino della stregoneria –
cristianizzazione attraverso la bibbia e scetticismi vari). I santi vengono depotenziati del loro ruolo
intercessione e protezione: culto non scompare ma muta forma gradualmente. Santi e martiri nella loro
realtà storica, riforma agiografica che culmina nella martirologia protestante (Foxe). Eclissi dei santi nella
rappresentazione pittorica o scultorea: immagini devozionali nei paesi riformati sono proibite perché fonte
del peccato capitale di idolatria (iconoclastia di Zwingli). Nei paesi luterani solo le immagini legate alla pietà
medievale furono tolte. L’intransigenza verso il culto mariano fu di diversa intensità (massima in Calvino),
devozione per la madre di Cristo garante dell’incarnazione. Condivisa è invece la dottrina dell’immacolata
concezione, benchè non fondata su scrittura ma interpretazione allegorica (Erasmo, esegesi critica sui
fratelli e sorelle di Gesù). Al posto delle immagini vengono affissi i testi fondamentali protestanti. Grandi
pulpiti e inginocchiatoi penitenziali. La chiusura di conventi e monasteri rese la chiesa l’unico centro della
fede comunitaria. Composizione d’organo e inni fornì lancio spirituale alla religiosità (Bach, Il Signore è la
mia torre).

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