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Parlando dello sfondo religioso di Tarkovskij , vorrei, sin dall 'inizio, evitare un
equivoco. In quale senso deve essere intesa questa religiositi? Essa va intesa
nello stesso senso di quella cu si allude quando si parla della religiositi di Dostoevskij , di Solgenitsin ed altri.
Nella cultura deii'Europa occidentale, un autore religioso si presenta spesso
sotto questa forma: ha le sue ferme convinzioni religiose, osserva, presenta e
giudica la realta dall'altezza della sua persuasione. Del tutto diverso e l'atteggiamento di Dostoevskij. Al centro della sua attenzione non vi e il cristianesimo, neppure Dio, ma l' uomo concreto, cosi com'e, con tutti i suoi difetti: un
ubriacone, una prostituta, un razionalista, un impiegato servile ecc. Ma tutti
sono uomini e con tutta !'anima cercano di risolvere i loro problemi umani.
Non vi riescono e cosi tormentano se stessi e gli altri perch l'uomo, in se sresso, e un enigma insolubile. La sua persona ha uno sfondo misterioso: demoniaco o divino. Allora, per comprendere l'uomo, bisogna avventurarsi in questa regione del mistero che e, per gli scrittori russi, essenzialmente cristiano,
perch e il mistero dell'uomo-Dio.
In questo senso, credo, si deve vedere anche la religiosita dei film di Tarkovskij. Egli e, senza dubbio, un autore molto originale. E sono forse pochi,
come lu, inconsapevolmente legati all' antica tradizione spirituale russa con le
sue note caratteristiche. Sara difficile, in una breve conferenza, presentarla. Ma
proviamo almeno a sottolinearne alcuni tratti fondamentali che ci aiuteranno
a comprendere Tarkovskij.
La spiritualitii ontologica
Il termine e stato diffuso da Pavel Evdokimov 1 che afferma che la santita ontologica si oppone alla santita morale adottata in Occidente. Qui e santo colui
al quale non si possa rimproverare nulla dal punto di vista morale. E inscrito
negli schemi delle virtil tradizionali.
I russi han no avuto sempre la coscienza del fatto che 1' aspetto moral e e
solo una manifestazione, non sempre infallibile, di qualche cosa che epi u profondo; al di la dei fenomeni empirici e razionali vi e una forza operante nel
mondo e soprattutto negli uomini: lo Spirito. Spesso, aquesto proposito, viene citato un famoso brano tratto dalla vira di Serafino di Sarov ( t 1833 ), 2 un
santo molto popolare in Russia. Egli, ad un tale che si reco da lu, spiego il
mistero della vita spirituale in questi termini: Essi [i preti] ti hanno detto:
'Va' in chiesa, prega Dio, osserva i comandamenti di Dio, fa' del bene. Ecco
per te il fine della vira cristiana!' Non ti hanno parlato a dovere. La preghiera,
il digiuno, le veglie e tutte le altre opere del cristiano, per eccelse che possano
essere, non sono, in quanto opere, lo scopo della vira cristiana, sebbene siano
mezzi indispensabili per conseguirlo. Il vero fine della nostra vira cristiana consiste nell'acquisire lo Spirito di Dio.
In quel Colloquio si presento del tutto logicamente la domanda: Le
buone opere sono visibili, ma come si puo vedere lo Spirito Santo? Come sapere se e in me o no? Secondo la testimonianza del protagonista, egli fu, in
seguito, capace di sentire, vedere lo Spirito con l'aiuto prodigioso dello starets Seraphim.
Ma e pericoloso fondare la vita quotidiana sulle visioni prodigiose. D'altra
parte l'uomo non puo vivere senza rendersi como della realta nella quale vive.
Se questa realta e Spirito , dobbiamo avere qualche visione spirituale del
mondo. Di questa necessiti erano convinti gli autori russi: non solo gli ecclesiastici, ma anche i profani. Citiamone almeno uno di entrambe le correnti .
G.S. Skovoroda ( t 1794) 3 puo essere considerato il precursore della filosofia russa. Da giovane cerco di liberarsi dal predominio della cultura ecclesiastica del suo paese. Studio con entusiasmo le scienze naturali e volle convertire i suoi contemporanei a una visione emprica e scientifica del mondo. Ma
piil studiava i fenomeni, piil si rendeva como che la realta si spezzava davanti ai suoi occhi. Alla fine, ammise apertamente che al di la dell' esperienza
dei sensi si deve scoprire l'unico possibile principio di unione viva che e il divino Verbo o Logos. Infatti, nel quadro delle sue vedute cosmologiche, Cristo
e la legge interna del mondo . Indirizzandosi alle creature, Skovoroda esclama: Dietro al vostro cattivo sole troveremo quello nuovo e magnifico: si faccia luce! ... Egli ci grida: Rallegratevi! Siate fiduciosi! La pace sia con voi! Non
remete! lo sono la luce per !'dolo del solee del suo mondo. Chi ha sete venga
a me e beva. 4
Come esempio dell' altra corre me puo esserci u rile un autore tpicamente
spirituale, Teofane il Recluso ( t 1894). ~ Per questo autore la scoperta del senso spirituale del mondo non dovrebbe essere tanto difficile, perch tutti abbiamo un senso estetico , senso della bellezza, senso per l'unita. Questo senso estetico suscita in noi, da una parte la scontentezza per tutto co che vediamo, una triste malinconia; d'altra parte , pero , ci da la sicurezza che il mondo
deve avere un senso. Se non lo si trova, si ecome un affamato che corre adestra
e a manca in cerca del cibo, l'unico che gli conviene.
Non e forse questa ricerca estetica del senso spirituale del mondo che
si trova in tutti i film di Tarkovskij?
La spin'tualt'tii vitale
Lo Spirito e la vira: non puo, quindi, essere espresso in maniera compiuta con
termini astratti. Pavel Florenskij scopre quest' atteggiamento speciale gia nel1'ai_Ialisi filologica del termine verita . 6 La parola verita e molto significauva per comprendere la memaliti di vari popoli. JI termine latino veritas e
3
4
Ivi, p. 329.
lbtdem.
~ T. Spidlk, La doctnne spintuelle de
Thophane le R.eclus. Le Coeur eti'Esprit, Ro-
ma 1965.
6 P . Florenskij, La colonna e il fonda
mento del/a venlii, Milano 1974, pp. 55 sgg.
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Thomas tpidlk
piuttosto sacro. Ha la stessa radice del tedesco wehren, impedire e del latino
verenda. La verid e un mistero, un tabil . Al contrario, del tutto profano e il
termine greco aletheia: significa cio che e uscito dalla dimenticanza, significa
la scoperta, la verid scientifica. Il termine slavo per dire e verid e istina. Ha
la stessa radice del latino est. Yero e cio che esiste. Ma e anche vicino al sanscrito asthmi che significa aspirare, vivere. Gli slavi hanno sempre fonemente avvenito che quanto esiste deve essere vivo. La verita e la vita. Cio che e vivo
si muove. La vitae una vibrazione: arrestarla significherebbe uccidere. Avendo
davanti agli occhi questa considerazione, facilmente possiamo comprendere l'itinerario spirituale di tanti pensatori russi del secolo scorso. Quanti di essi furono affascinati dall'hegelismo tedesco, dalla perfezione delle idee pure. Ma, placato il primo entusiasmo, intervenne una crisi: la riconversione dalle idee alla
vita che sfugge le idee.
Pumoppo questa scelta della verid viva reca un altro grave pericolo. La
vita che si muove, che cambia, e assoggettata alla morte. Le idee sono eterne,
la vita muore. Eppure i cristiani credono alla vita eterna. Non vi e forse una
contraddizione? Dio e eterno perch e immobile; le idee, le verid astratte si
dicono eterne perch partecipano aquesta immobilid.. Come potrebbe essere
eterno il ritmo della vita? A questa domanda, che si presenta ai teologi come
un grande problema, la teologa russa diede una propria risposta. Essa non chiamo la verita semplicemente Dio, come gli scolastici. La verita e Cristo. Cioe,
non e una pura idea, non e solo una e prima causa di tutto !'universo, ma
e una persona viva che regna per rutti i se~oli. Cristo e la verita viva, nasce e
muore, soffre e gioisce ed e anche eterno. E una contraddizione? Cristo e una
e forza che riesce a conciliare sul piano logico cio che sembrerebbe inconciliabile. 7
Come esempio possiamo citare V.G. Belinskij ( t 1848). 8 Un tempo, Belinskij credeva all' Assoluto in senso hegeliano. Ma sopraggiunse una crisi interiore. L' Assoluto di Hegel puo spiegare forse il senso dell'universo quando si
pensa in maniera astratta, teoretica, ma non consola gli individui che soffrono
e che muoiono. Per gli esseri umani J'unica salvezza si trova nella croce di Cristo e nella sua resurrezione, che e il punto centrale della storia dell'umanitii.
e Per il rinnovamento dell 'umanita era necessario che questo caos di morte e
di putrefazione apprendesse la parola del Figlio dell'uomo, parola piena di grazia: 'Venite a me voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero'. Era
necessario, per distruggere questo colossale potere (si parla del mondo antico
greco-romano), per dividerlo con la spada in una moltitudine di poteri, che
le folle dei barbari accettassero il Verbo e andassero, ciascuno per la propria
via, verso un unico fine.
Il valore della vita, il fascino della vita concreta nelle sue manifestazioni
storiche, la sete della vita che abbia un senso e una fome nell'eternita: questo
e il valore costante in Belinskij. e L' eternita non e un sogno; non e un sogno
nemmeno la vita che le serve di gradino! C'e molto di brutto in essa, ma c'e
ancor piil di bello. Ci sono in essa debolezze, vizi e misfatti, ma ci sono anche
lacrime di pentimento, ardenti e insieme consolanti, lacrime di pentmento,
a mezzanotte inoltrata, davanti alta Croce di Colui che fu crocifisso per noi.
C'e la caduta, ma c'e anche il rialzarsi. C'e la tensione, ma c'e anche il ragT . ~pidlfk, 1 grandi mzstzci russi, cit. ,
pp . 327 sgg .
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C!
giungim~nto ..
s~no mi.nuti ~ari, ~icidiali, min':lti ~i ?ubbio e di disperazione, mmuu dt dtstrutttva dtsarmoma con se stesst, dt npugnanza controla
vita, ma ci sono anche minuti inebrianti di fede, quando nel petto si fa sentire
un tal calore, nell'anima tanta luce, e la vita diventa cosi bella, cosi piena, cosi
identica alla felicita; ci sono delle sofferenze profonde, insopportabili, ci sono
delle miserie che eccedono la misura della pazienza e convertono per noi la terra in un inferno, dove s' ocle stridor di denti, donde spira un soffio di fredda
umidita sepolcrale, dove non c'e n uscita n fine; ma da questo mondo di
distruzione e di morte si fa sentire all'anima una voce consolante: 'Venite a
me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, ed io vi ristorero. Prendete sopra
di voi il mio giogo, e mparate da me c~e sono mansueto e umile di cuore:
e troverete riposo perle anime vostre. Poich soave e il mio giogo, e leggero
il mio carico'. Allora 1' anima di nuovo si riempie di felicita inesplicabile, ed
il cimitero, con la vita degli estinti in putrefazione, si converte per essa in una
tranquilla valle di quiete, dovele tombe sono coperte di erbe e fiori, ombreggiate da salici piangenti, dove il mormorio del lmpido ruscello si confonde
con il fruscio sommesso dell'aria, ma lontano, dietro la montagna, diventa visibile l'orlo del cielo della sera, illuminato, bagnato dai raggi porporini del sole che tramonta, e le sembra in questa solenne calma di contemplare il mistero
dell'eternita, che vede come una nuova terra e un nuovo cielo.
1966. p. 365.
lO T. ~pidlck, 1 grandi mistici russ, cit. ,
p . 332
11 lntc:rvista in e Cahic:rs du cinma . n .
369, aprilc: 1985 , p 15.
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ThomaJ Spidlk
pare nel film Lo specchio. E, in Stalker, bisogna arrivare alla zona della liberta
eludendo la sorveglianza di coloro che la controllano. O, come disse lo stesso
Tarkovskij: Cercare la verita significa seguire le esigenze spirituali dell'uomo :., 12 che lo conducono amaverso la molteplicira e variabilita dei fenomeni
della vita.
La spin'tualitii personalistica
Dato che la vita e eterna mobilita, non puo essere racchiusa in un sistema, in
una somma di nozioni. Solo la persona viva riesce a fare una sintesi delle molteplici manifestazioni della realta fluida. Percio anche Cristo non puo diventare un cristianesimo . un catechismo. Egli e la vita e allora deve vivere. Ed
egli vive specialmente in quelle persone che da parte della natura sono state
dotare della possibilita di dare la vita, cioe nelle madri cristiane. La migliore
immagine di Dio Padre e la madre umana.
Un esempio eloquente di questa riflessione lo rroviamo nel fondatore del
movimento slavofilo A.S. Chomiakov ( t 1860), che diede un'impronta decisiva al pensiero religioso russo del secolo scorso. l l Chomiakov proveniva da un
ambiente familiare colmo di incoerenze, ma tenuto in armona da una madre
meravigliosa. Piu tardi fece molti srudi e riconobbe che !'Europa occidentale
era, per molti aspetti, incomparabilmente piu progredita della Russia. Nonostante cio, vi erano molte divisioni ideologiche e travagli che nella sua famiglia
egli non aveva potuto conoscere. Quale il motivo di questa diversa esperienza?
La risposta gli parve semplice. La civilta europea e alla ricerca di un'unira ideologica, mentre a casa sua il principio dell'unira in famiglia era la madre. La
verita viva non la si puo costringere dentro le ideologie: da cio nascono i conflitti. La sintesi della vira puo essere fatta solo da una persona viva. Per vedere
la verira bisogna avere un cuore materno, la capacita di conciliare i contrasti.
Non e questo illuogo per sviluppare questa riflessione. Ma tenendola dinanzi agli occhi possiamo capire vare cose del cinema di Tarkovskij. Anche
nella sua evoluzione spiriruale, il momento decisivo e stato sua madre. Basta
vedere il film L 'infonzia di !van per rendersene conto, per comprendere questa
forza sintetica di una persona umana capace di unire le antinomie del corso
della vita.
La spin'tualitii contemplativa
Spesso la Chiesa d'Oriente e stata paragonara a Maria e la Chiesa occidentale
a Marta. Bisogna convenire che anche gli autori russi hanno esaltato le delizie
della contemplazione, essendo questa, secondo la legislazione di Giustiniano
(Novellae 133), il solo scopo della vita monastica. 1 russi, sotto quest'aspetto,
continuano la ricca rradizione greca. Anche per essi la contemplazione, in greco theona, rappresenta l'ideale della vita degna di un uomo saggio. 14
12 Conferenza stampa in e Le FigaJo Magazine . n . 257, agosto 1984, dition internationale.
U A. Gratieux, A.S. Chomzkov el
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Etimologicamente la parola theona significa visione . Ma vi sono diversi ti pi di visione. La prima e quella che si ha con gli occhi. Essa scopre la bellezza della realta carnale. Amaente si, ma vuota di significato profondo. Essa non
istruisce, ma acceca perch impedisce la visione interiore. Come sono stanco
di vede re le cose belle , sospira il protagonista di Nostalghia all' inizio del film.
Vi e, pero, un'altra visione. 1 saggi greci hanno fatto presto quest'espenenza nella ricerca della verita: i sensi non procurano che 1' opinione :. (doxa). Se l'uomo ha mai visto qualche cosa di bello o di buono, dice Platone,
l'ha coleo alrrimenti, con un senso che non e corporeo Esiste, quindi, accanto alla visione dei sensi, un'altra, quella interiore , intellettuale, mentale.
1 filosofi greci la chiamano anche spirituale, raggiunta con la forza dello spirito
umano. Non vi e bisogno di mostrare quanto estata sottolineata nell'antichira
greca la supremazia dell' intelletto che si eleva alla conoscenza delle cose celesti
grazie ad un'affinita col mondo superiore delle idee. L'intelletto e considerato
vedente per natura, simile a Dio e divino.
Ma i cristiani sono in radicale disaccordo con loro su questo punto. Insistono che vi e, al di la delle due precedenti, ancora una terza visione e che solo
quella e spirituale nel vero senso. Solo quella e capace di decifrare il misrero
del mondo, il segreto del Creatore, la ratio mundi, il contenuto della parola
creatrice di Dio. La tradizione sofianica russa chiama questo senso primordiale di tutte le crearure sofia, sapienza del mondo e lo rappresenta come un
angelo divino di forme femminee, das ewig Weibliche, descritto nella v~
ne di Soloviev con i versi seguenti: l l
Tutto cio che fu, cio che e
e tutto cio che sara
un unico sguardo immobile lo abbraccio ...
O luce che mi hai sedotto,
ti ho vista rutta nel deserto.
Dovunque io vada, ti portero sulle onde della vira,
nell'anima mia queste rose non appassiranno mai.
Einutile voler dimostrare quanto Tarkovskij insista su questa visione spirituale del mondo. Essa puo essere definita il contenuto principale dei suoi film.
Questa terza visione supera non soltanto la visione dei sensi, ma anche quella
dell' intelletto. E concessa solo a coloro che son o di cuore puro: Beati i puri
di cuore, perch essi vedranno Dio (Mt. 5,8).
La spirirualira russa ha tanto insistito su questo aspetto che vi si e manifestato un ceno, per cosi dire , culto della follia. 16
Sullo scorcio del XVI secolo, lo Stato moscovita si separo decisamente dall'Occidente umanistico e dalla Grecia filosoficamente platoneggiante. 11 momento culminante fu raggiunto verso la meta del medesimo secolo, che cappresenta il Medioevo russo, e precisamente sotto lo zar !van il Terribile e il merropolita Macario. Tutta la vita civile di quel tempo era compenetrara di esercizi spirituali monastici. Su qualunque atto di ogni uomo imperava la legge divina rappresentata dalla Chiesa. Pieta monastica e pieta laicale erano identiche. Anzi tuna la sociera sembrava un grande monastero dove !'abate e padre
1) V. Soloviev, Opere, vol. XII, Bruxelles 1970, p . 84.
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rroppo occidentale e, _~ome ~ale, in un ceno modo, ~conoc.lasta. La visione spirituale supera tutto c10 che e nel mondo, ma non s1 acqlllsta fuggendo , trascendendolo , bensi, al contrario, immergendosi pienamente nella sofferenza
che la vita porta con s. Gli autori lo esprimono con il principio della praxis:
la pienezza della vita e la salita alla theoria , alla conoscenza spiriruale.
La spiritualitii iconografica
Le icone occupano nella spiritualita russa un posto speciale. Costituiscono l'iconostasi, vengono portare in processione; le case privare hanno un piccolo santuario detto 1' angolo bello - N ella tradizione della Chiesa orientale e manfestazione di fede allo stesso modo della tradizione scritta e di quella orale.
Il secondo concilio di Nicea, nel 787 , paragona la pitrura alla predicazione della fe de. Secondo il Podlinnik russo (manual e per i pittori), 1' arte iconografica
rassomiglia al ministero sacerdotale. La vita liturgica e sacramentale della Chiesa
e inseparabile dall'immagine , scrive B. Uspenskij; l'icona e un simbolo che
esprime e, in un ceno qual modo, incorpora e rende presente una realta superiore - 18
Non ci sorprende, quindi, che il problema iconografico occupasse Tarkovskij sin dall' inizio della sua attivitii artstica. Lo affront nel film Andrej Rublev, in una maniera non soltanto artsticamente preziosa, ma anche in assonanza con il tradizionale insegnamento della teologa russa sull' arte sacra. L' icona, come tale, presuppone da una parte la visione spiriruale del mondo, quindi
la contemplazione, mentre dall'altra essa non rimane semplice visione. L'iconografo e colui che riesce a comunicare la sua esperienza agli altri per mezzo
del suo quadro.
Con una fine osservazione psicologica, P. Florenskij 19 descrive come dalla visione n<!;SCa un'icona . Etutto un processo particolare. Il primo Stadio e tenebroso . E una penosa esperienza del contrasto fra la bellezza della visione
spirituale e la bruttezza del mondo concreto. L' artista soffre. E, quindi, spinto
a creare nuove forme, belle ma irreali_ Gli artisti impazienti le producono co- .qe definitive. In tal modo, secondo Florenskij, nasce un'arte falsa, illusoria.
'f',.fveri artisti attendono il terzo stadio. Scoprono che certe forme concrete, anche
s~ formalmente non perfette, p,ossono divenire smbolo della prima visione spintuale. E cosi nasce un'icona. E una forma reale della vira, ma in essa, piuttosto che al di la di essa , si vede la re alta spirituale.
Il p_r~blema concreto, quindi, si presenta sotto questa forma: come arrivar~ all~ Vlswne spiriruale e come esprimerla. Abbiamo gia norato che il principw d! .base e: per mezzo della praxis, cioe la vita, si arriva alla theoria, cioe
all~ V~SlOn~, ed e propro questo principio che e bene illustrato dal!' evoluzione
aru~.u~ad1 Andrej Rublev, cosi come ce la presenta Tarkovskij, nel suo film.
All llllZlO appare la figura di Teofane il Greco, pittore delle belle forme osservate nel_la v1~a e copiare su modelli vivi. Ma Rublev sente che questa non e !'arte da lUl des1derata: e la visione dei sensi che corre il rischio di rimanere allivello dell' estetismo profano. I monaci pittori procedono in modo diverso: studia1
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no attentamente le Scritture e dipingono ci che hanno vissuto nelle loro meditazioni. Ma neppure queste icone piacciono a Rublev.
La sua grande opera iconografica comincia sol<? dopo le sofferenze della
vita ed in accordo con la campana uscita dalla terca. E la vita nella sua pienezza
che ispira la vera pittura, i travagli della terra ci devano alla visione del cielo.
La vita, come abbiamo detto, viene chiamata praxis. Per arrivare alla visione
spirituale si esige anche la praxis spirituale il cui perno e la carita, la compassione per il prossimo. Su questo gli autori russi sono concordi: l'amore e il principio gnoseologico; chi non ama non conosce la verita divina, che e amore. Non
e, quindi, l'intelletto che ci deve guidare, ma il cuore. Citiamo due testi tipici.
11 primo e di P. Ivanov: E solo per mezzo del cuore che si pu intendere il
segreto dell'universo [ ... ]. Allora, chi ha cuore percepisce Dio , gli uomini , gli
animali, la natura. Solo il cuore e capace di dare la pace dell'anima. 20
11 cuore e la sede naturale dell'amore. Ne segue che l'amore e il primo
e piil importante principio gnoseologico. Anche ci lo dimostriamo con un solo testo. Scrive B. Vyseslavcev: Per l'intellettualismo recente e profetica questa espressione di Leonardo da Vinci: 'Un grande amore e figlio di una grande
conoscenza': noi cristiani orientali possiamo dire il contrario: 'Una grande conoscenza e figlia di un grande amore'. 21 Anche quest'aspetto e ben sottolineato nel film Andrej Rublev.
La veritii e anamnetica
Adopero espressamente il termine liturgico di anamnesis perch e a tutti noto
quanto influsso abbia esercitato sulla mentalita degli slavi orientali la bellezza
delle lunghe liturgie. Gia san Vladimiro, secondo il racconto della Cronaca,
si sarebbe convertito al cristianesimo perch stimolato dalla bellezza della liturgia di Costantinopoli. 22 Sembra che sia 1' amo re per le manifestazioni esteriori e perlo sfarzo che ispira queste solennica liturgiche. Sorprende, d 'altra
parte, come amassero lo splendore liturgico anche quei santi che si concentravano sull' aspetto interiore della vita spirituale. N ella liturgia essi scoprivano
qualche elemento che sembrava loro indispensabile per sentirsi cristiani. Come
caratterizzarlo? Si dice che la liturgia attira i russi perch offre loro, in mezzo
al grigiore di ogni giorno, la visione di un'altra vita, del cielo sulla terca
come afferma S. Bulgakov. 23 L'espressione e buona, pero potrebbe essere intesa in maniera errata, come una visione del mondo futuro, di un mondo del
tutto nuovo. In questo senso si parla anche dell' escatologismo russo, il concentrarsi sulle realca a venire. 24 Queste considerazioni, pero, spiacevano a molti,
ad esempio a V. Soloviev. Gli sembrava persino che i predicatori che parlavano
troppo del mondo nuovo rinnegassero il vero cristianesimo, la cui essenza
e la resurrezione (che e tutt' altro che una proiezione illusoria nel futuro). Essa
significa, al contrario, il ritorno esteriore alla vitae, quindi, a tutti i valori vis20 P. 1vanov, L 'umile riconciliazione in
Cnsto (in russo), Parigi 1925, p. 97.
21 B. Vykslavcev, JI cuore nella mtica
cnstzna e indiana (in russo), Parigi 1929, p. 26.
22 Tradotto in T. Spidlk, La spintualitii
russa, Roma 1981 , pp. 33 sgg.
21
Nei villaggi russi, spesso cosi: lontani tra loro, illavoro comune e la stretta collaborazione crearono uno spirito collettivistico che si riflette anche in campo spirituale. Dostoevskij ha saputo esprimere questa idea col dire che tutti sono
responsabili di tutti . La coscienza russa non si e mai accontentata di conside2) V.
Soloviev, Fondamenti spz'n'tuali
del/a vita, Casale Monferrato 1949, p. 108.
26 In S. Verchovskoj, Ortodossia nella vi
ta (in russo), New York 1953. p. 244.
22
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29
30
!vi.
V. Soloviev, L'ide russe, Parigi 1888,
p. 46.
23
La sofferenza purificatn'ce 3 1
_?-V
1 pensatori russi si sono sempre soffermati a indagare su! vero senso del dolore,
della morte, delle violenze sofferte. Esempio recente ne e Pasternak quando,
nelle ultime righe del Dottor Zivago, scrive: L'anima e triste fino alla morte
[ ... ]. Ma illibro del! a vira e giunto al! a pagina pi u preziosa di ogni cosa sacra.
Ora deve compiersi cio che fu scritto, lascia dunque che si compia. Amen. l 2
La sofferenza e una grande forza, perch santifica non soltanto gli innocenti, ma anche coloro che hanno peccato, che hanno sbagliato indirizzo di
vita mache lo sanno ammettere. Per meglio comprendere quest'aspetto, forse,
saca utile menzionare una riflessione del poeta V. lvanov sui tre gradi del misticismo. 33 11 primo e chiamato anarchico e la sua espressione migliore la
si puo vedere nel Giudizio universale di Michelangelo, nella cappella Sistina.
E il misticismo dei giovani che aprono gli occhi al mondo e scoprono molta
disonesta ed ipocrisia. La loro reazione e: Va da me, maledetti!
11 secondo grado e quello della speranza, espresso da Raffaello nella Trasfigurazione. N ella parte inferiore si vedo no i farisei che condannano 1' adultera. Ma gli apostoli, saliti sul Monte, vedono, con gli occhi illuminati, il mondo
nuovo, futuro, dove non ci saca piu malizia, ma soltanto luce. Questa mstica
si solleva, ma nel contempo ci allontana dalla vita concreta, dal presente, dalla
realra. Ed ecco il terzo grado del misticismo, quello del sacrificio. lvanov vede
la sua espressione nell' Ultima cena, di Leonardo da Vinci. Cristo si rende como
del tradimento eppure china la testa accennando un si : accetta la sofferenza, perch scopre che anch'essa e divina e trasformatrice del mondo. Nell'Andrej Rublev di Tarkovskij e proprio questo pensiero che domina nell'ultima
scena, quando la nuova campana suona a distesa.
L'inverno russo e un smbolo naturale della morte e della distruzione. Non
vi e il mnimo segno di vita che riesca a mantenersi da un' estate all 'anno successivo. Un nuovo maggio crea la ricchezza dei suoi fiori sul campo di sterminio. Nella mentaliti del russo, la vita nuova, la societa nuova puo cominciare
soltanto dopo la distruzione della societa precedente, la vita eterna dopo la morte
temporale. Espressioni di questo genere non possono sorprendere in un rivoluzionario come Bakunin, ma le leggiamo anche, in tono filosoficamente sereno,
nel Senso del/a vita, scritto dal prncipe E. Trubeckoij (1863-1920): Nella storia
piu recente troviamo una quantita di esempi. La visione dell'indistruttibile,
eterna citra di Dio, si rivelo a sant' Agostino nei giorni della catastrofica occupazione di Roma da parte di Alarico, al tempo della decadenza deli'Impero
romano d'Occidente. Lo sforzo religioso di Savonarola e del Beato Angelico
si verifico nei giorni delle apparizioni spirituali del male, al tempo di Machiavelli e di Cesare Borgia. Da noi, in Russia, in mezzo ai terrori dei tartar, nacque la crescita spiriruale che si esprime nella vita di san Sergio e nelle opere
immortali di Novgorod. Tutti questi ed altri esempi danno testimonianza di
una stessa cosa: del significato positivo del!' elemento catastrofico del mondo,
del nesso fra rivelazioni profondissime e la distruzione del genere umano. Ecco
perch alla seconda venuta del Salvatore deve precedere una tale miseria, quale
non vi e stata ancora dall'inizio del mondo[ ... ]. E vero solo questo: la vita
31 T. Spidlk, 1 grandi mistici russi, cit.,
pp. 13 sgg.
32 B. Pasternak, JI dottor iivago, Mila-
no 1958, p. 709.
33 Opere, vol. III , Bruxelles 1979. p. 86.
24
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eterna del mondo si realizza mediante la morre delle sue forme temporali; il
raggiungimenro del senso assoluro si prepara mediante la disrruzione di turro
cio che ha senso parziale e doppio ( ... ]. Si realizza il giudizio sul mondo, e
turre le forze spirituali nascoste nell'umanira devono manifestarsi in questa prova
del fuoco. La sressa distruzione del mondo prova che si avvicina il Regno di
Dio: e vicino, e presso la porta. 34
Si dice che Tarkovskij denunci nei suoi film le ingiustizie di ogni genere.
Ma non e soltanro un 'accusa. Vi appare anche una grande
compassione per il mondo che sembra anclare verso la catastrofe. Egli sresso
scrive: e Abbiamo costruito una civilra che minaccia di disrruggere l'umanita.
Di fronre a una simile carasrrofe globale sorge in me un unico bisogno essenziale, che e quello di far emergere la responsabilira personale dell'uomo e la
sua disponibilita ad un'offerra spirituale. n
Questo carattere oblativo e di servizio nei confronti del mondo e precisamente il rema del suo ultimo film, Sacnficio. Per mezzo di esso il mondo si
sal vera.
Ecerramente vero.
34
Simona Argenlieri
Heimweh, ossia mal del paese . E interessante osservare che quegli antichi
medici la consideravano proprio una malattia fisica, anche se cercavano di individuarne la causa in una supposta patologa dell'informazione ( Soltanto un'immagine rimane nella mente e la occupa ... ). Questo mal del paese simanifestava con tremori, sentimento di perdita di s, febbricola, vertigini, disposizione agli incidenti, fino a sfociare in casi estremi in un vero e proprio deperimento, e addirittura nella follia delirante o nella morte. Interrogandosi su quale
potesse essere la causa di una malattia che prima era del corpo e poi dell'anima, quei medici pensarono- se si vuole, acutamente- che la malattia avesse
proprio a che fare con 1' elemento del distacco: del distacco non sol tanto dalla
patria come luogo, ma anche da tuno un contesto di cose caree amate, da abitudini e consuetudini radicare. e La parte sofferente la forza dell'immaginazione [ ... ] soprattutto quella parte del cervello in cui son o present le immagini di quegli oggetti che evocano nostalgie ... . Ci fu addirittura un medico che
ipotizzo che fosse la mancanza della minestra della sera, al ritorno dalla giornata di lavoro nei pascoli, cui erano abituati questi giovani, a determinare la
malattia. Pu essere interessante citare le note storiche di un alteo medico svizzero del Settecento, che scrive: e ... Gli ufficiali svizzeri hanno notato nelle loro truppe in Francia e in O landa [ ... ] che quando le nuove reclute provenienti
dalla Svizzera intonano, attorniati dai soldati piu anziani, la cosiddetta KheReihen che i contadini elvetici usano cantare e suonare con lo zufolo tea le loro
mandrie nei pascoli alpini, reagiscono i vecchi commilitoni evocando con inusata veemenza il dolce pensiero della patria immagine, tanto da cadere precipitosamente nella cosiddetta Heimweh e, di seguito, in una febrem ardentem,
cosicch gli ufficiali, con un'ordinanza che commina severissime pene, debbono proibire il canto e il suono di questa meloda.
Per que! che concerne il nostro discorso, ancor piu interessante della patogenesi e della diagnosi era pero la cura, una sorra di poetica ed ingenua terapia
simbolica che veniva attuata nei casi estremi. Oltre alle cure consuete, delle
quali nel Settecento si usava ed abusava (illassativo, l'emetico, il salasso ... )
e che raramente - e ovvio - ottenevano risultati felici, si ricorreva dunque
all'espediente terapeutico di prendere il giovane soldato e di portarlo nelluogo piu alto che fosse possibile reperire nei dintorni (una torre, una collina).
U gli si faceva volgere il viso e gli occhi verso la patria lontana, in modo che
amaverso lo sguardo potesse tentare di ristabilire un contatto, un legame con
la terca perdura. Era ceno una profonda intuizione, perch amaverso que! gesto si tentava di ristabilire l'unione. lnteressante e che questo mal del paese
era considerato una malattia nazionale. Que! che Tarkovskij dice della e sua
nostalgia gli svizzeri dicevano della loro. Addirittura Jung - mi permetto di
citare Jung anche se io sono una freudiana- la chiamava e malattia nazionale e considerava questa sofferenza come specifica, legara all'identita nazionale svizzera. Colpito nella sua suscettibilica nazionalista da questa pretesa di specificica della Heimweh svizzera, Jean-Jacques Rousseau notava con malizia: E
davvero singolare che un paese cosl rude, da! quale gli abitanti sono cosl inclini
ad uscire, ispiri loro tuttavia un amore talmente tenero [ ... ). lo non posso impedirmi di notare che la Francia e sicuramente il miglior paese del mondo, dove tutte le comodita e tune le piacevolezze della vira concorrono al benessere
degli abitanti [ ... ]. Questa malattia diminuisce molto presso gli svizzeri da quando si vive piu piacevolmente nel loro paese
Credo che la spiegazione di tali contesrazioni sia in fondo semplice. I rus-
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si, i francesi, gli svizzeri si sono comportati come ciascuno di noi si comporta
di fronte alla pienezza delle passioni. Davanti, per esempio, a un grande amore o a un grande dolore, ciascuno crede che sia unico, assolutamente impossibile da confrontare con quello altrui.
Che dobbiamo dire dunque di questa specificita russa della nostalgia di
cu parla Tarkovskij? La storia del film Nostalghia e davvero, a mio avviso, una
sorra di anamnesi. Non rratta soltanto di una situazione di sofferenza legara
ad un effettivo distacco concreto, alla separazione reale nello spazio e nel tempo, come appunto quella che vive chi e stato costretto ad emigrare. Ma tratta
anche di un alteo tipo di nostalgia malata, che e poi quella che- come psicoanalista, come medico- specificamente mi interessa e mi compete. Ela nostalgia tutta interna, legara non alla mancanza reale di persone, di cose, ma a una
dimensione di perdita interiore, cioe alla perdita del contatto con e oggetti interni - come noi diciamo- di pani di s, alla sensazione di essere esiliati
(in una dimensione immaginaria) da qualcosa che una volta era stato nostro
e che e stato perduro. Per cu, anche in questo senso, temo che non possiamo
consentire a Tarkovskij di considerare unica e speciale questa sua nostalgia, perch
se e vero che !'anima russa e grande, credo che questo sentimento lo conoscano
pumoppo anche gli umani di tune le altre terre, col nome meno poetico di
depressione. Una depressione che, appunto, ha la caratteristica di essere legara
alla sensazione dell'angoscia- all'angoscia di morte- e alla sensazione della
perdita di s e dei rapporti d'amore interiori.
D'altronde, la grande intuizione poetica di Tarkovskij in questo film mi
sembra sia stata proprio quella di rappresentare come una storia questa dimensione malata, patologica, depressiva della nostalgia. Ricorderete che Gorciakov
-lo storico dell'arte protagonista- lascia il suo paese per congiungersi con
qua !cosa da lui molto amaro: le opere d' arte italiane nel loro contesto naturale. Ma non appena comincia ad avvicinarsi aii'Italia, alle pitture, alle architetture dell'Italia, ora che le pu raggiungere sensorialmente e non solo con l'immaginazione, comincia paradossalmente a soffrire la lontananza dalla Russia
lontana. E una scena bellissima e - da! mio punto di vista - estremamente
illuminante quella in cui Gorciakov arriva di fronte alla piccola chiesa che, nell'arbitraria ricostruzione del film, e quella che contiene la Madonna del parto
di Piero della Francesca. N el momento in cui sta finalmente per vedere da vicino questo capolavoro da lu tanto amaro, dice due volte, forre, prima in italiano poi in russo: e Non voglio Credo che cosl si esprima i1 vero dramma di
......-~Gorciakov, perch il bisogno autentico non e quello di ricongiungersi con questo oggerco simbolico sognaro (in questo caso la Madonna del parto) m a di esprimerne l'impossibilita. 11 dramma ch'egli vive a livello delle opere d'arte si riproduce fedelmente anche con le due donne che non riesce adamare. Nel film
vediamo continuamente l'alternarsi della nostalgia, della sofferenza perla separazione- passata o futura-perle due donne. La giovane sposa russa, lasciata da un anno, ma rimpianta come mona, rievocara con la tenera curva della sua gravidanza, somiglia- lo dice egli stesso - alla bellezza italiana della
Madonna di Piero. Mentre la bionda, grandiosa bellezza di Eugenia- la donna che gli sta davvero accanto e che in vano cerca di comunicare con lu pensieri
ed emozioni- sembra appartenere ai colori e alle luc della sua Russia lontana.
C'e sempre questo doppio intreccio di cose perdure, e i1 tentativo, lo sforzo di un ricongiungimento che non pu giungere mai ad avverarsi. Per farci
sentire questo dilemma, ho trovato molto suggestiva la modalita con cu Tar-
Stmona Argentien
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kovskij ha usato i luoghi, gli spazi, le opere d'arte italiane. So che Tarkovskij le ha ricercate con fervore quasi religioso, che ha girato chilometri di pellicola lungo tutta la penisola. Pero ha anche compiuto in continuazione un arbitrario stravolgimento di spazi e di luoghi, inventando una topografia assolutamente fantastica. Si osservi, per esempio, il modo in cui ha situato la Madonna
del parto, anzich nella cappellina del cimitero di Momerchi, in una cripta.
Questo continuo bisogno di stravolgere, frammentare e ricostruire, credo che
esprima il bisogno disperato di imegrazione che aveva l'autore. 11 bisogno di
tentare di riunificare un mondo interno che semiva frantumato e disgregato.
Di Giammatteo dice che forse Tarkovskij al fondo e un' anima semplice,
che non e una personalita cosi contorta ed ermetica come tanti critici hanno
detto. Credo che sia al tempo stesso vero e non vero. I problemi di fondo di
Tarkovskij sono semplici perch sono universali: sono il dramma dell'angoscia
di morte e la sofferenza per la separazione. La grande differenza che esiste fra
lui e tutti gli altri umani e che noi probabilmente avremmo avuto una depressione, mentre lui invece ha fatto un grande film, e non e una differenza da poco.
In questa dimensione , molti studiosi hanno pero riscontrato - ed io su
questo sono abbastanza d'accordo - che c'e un eccesso di sacralizzazione. C'e
troppo sublime in questo dramma, che affronta un dolore che in fondo e semplice ed universale. Tarkovskij, invece, ha un bisogno disperato di dargli una
dimensione eccezionale e sacrale. Puo essere illuminante , aquesto punto, citare una frase di Binswanger (ancora uno svizzero!), che a mio parere testimonia
molto bene la qualita profonda e melanconica della nostalgia di Tarkovskij:
Binswanger dice: e Cosi il melanconico sembra apparentememe reclamare che
gli restituiscano gli oggetti d'amore del passato , incosciente dello scorrere della
vita, dello spazio, del tempo [ ... ]. In realta tenta vanamente di assolvere all'impossibile compito di essere fedele a un oggetto d'amore irraggiungibile,
ideale o inesistente nella condizione tragica della inaccessibilita al divino . Si
puo forse dire che questo bisogno quasi coatto di sublime esprima il tentativo
estremo di Tarkovskij di trovare una soluzione all'angoscia di morte .
Il significato psicologico, psicoanalitico della nostalgia e, come dicevamo,
quello del!' esperienza interiore di sentirsi solo e separato, di ave re subito la
perdita: una perdita, pero, di oggetti e interni e non di oggetti reali. In questo simbolismo arcaico la cosa piu consueta che noi vediamo nell'esperienza
clnica e che la nostalgia originaria ( quella che poi e il capostipite di tutte le
altre nostalgie) e quella per l'unione prenatale con la madre. Credo pero che
occorra chiarire un equivoco. Quando noi parliamo di nostalgia dell'utero, del
ventre materno, non intendiamo una nostalgia concreta di quella situazione.
Intendiamo piuttosto la nostalgia di un vissuto , di uno stato di s inconsapevole, ancora libero dai conflitti, dalle frustrazioni e dai limiti che impongono la
vita e il principio di realta.
Puo forse essere imeressante ricorrere a un esempio tratto dall' esperienza,
di quello che noi psicoanalisti clnicamente vediamo nel nostro operare quotidiano. Le persone malinconiche , quelle che soffrono a livello di coscienza di
una nostalgia irrinunciabile per il passato (roa in una dimensione inconscia,
simbolica vivono la nostalgia perla regressione prenatale) non sono affattocome sarebbe logico pensare -coloro che hanno avuto un'esperienza felice
nel loro passato, un rappono con la madre. Al contrario: soffre di nostalgia
per il tempo perduto proprio chi ha avuto invece un'esperienza reale deficitaria, carente ed infelice. E un paradosso imeressante dal punto di vista clinico,
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e che forse vale anche per tutti noi a livello delle umane vicende: la nostalgia
ha quasi sempre a che fare soprattutto con l'immaginario, con qualche cosa
di fittizio e con il rifiuto della vita. Infatti , al di la di questa qualira di amore
struggeme, di meraviglioso desiderio del ritorno, di riconquista di oggetti perduti, c'e quasi una sotterranea dimensione di morte. Non soltanto e la ricerca
illusoria di un paradiso perduto: roa e il paradiso perduto stesso che ha in s
una connotazione regressiva e mortale. Credo che anche su questo punto Tarkovskij non faccia che darci una precisa conferma, perch la fine di Nostalghia
e appunto la morte; la morte fisica del protagonista che solo cosi riesce a realizzare il su o disperato tentativo di unificare e integrare tutte le su e esperienze,
i suoi mondi. Soltanto nel momento in cui Gorciakov muore si ha finalmente
una sensazione di quiete e di serenira. Solo alla fine della vicenda tutto si ricompone in un'immagine di grande poesia: tra i ruderi romanici dell'antica
baslica a cielo apeno , sull'erba che ne ha sommerso la pavimentazione, appare il paesaggio della campagna russa, con la casa, gli alberi, gli animali e tutti
i suoi cari.
Al centro, finalmente pi acato, sta Gorciakov, disteso sulla riva di un piecolo stagno che riflette nella sua acqua tranquilla 1' intera scena: i personaggi,
la natura, il contorno delle grandi arcare di pietra. Con un solo sguardo nello
specchio dell'acqua l'uomo puo raccogliere concentricamente tutto il suo spazio e il suo tempo. Anche nella rappresentazione della Madonna di Piero c'e
questa sensazione del contenere . Nella cappellina del piccolo cimitero di
Monterchi quasi l'intera parece e occupata daii'affresco: due angeli aprono le
corrine laterali; al centro, Maria posa la mano sui due lembi della veste che
si aprono sulla perfetta rotondita del venere. Anche lo sguardo di Maria e e interno . Tutto e un racchiudersi concentrico a partire da! suo grembo, punto
dell'orizzonte di chi dipinse e di chi guarda; un rapporto privatissimo ed intenso a cui ogni e spettatore e ancora oggi convocato.
11 motivo per cui ho pensato di accostare Nostalghia a Sacrificio e perch
a mio avviso in queste due opere si coltivano gli stessi temi cari a Tarkovskij,
seppure in Sacnficio questi ci appaiono condotti ormai all'estremo. Innanzitutto, c'e il dramma della catastrofe, il dramma della fine. In Nostalghia il personaggio di Domenico (fra l'altro, imerpretato dallo stesso attore, Erland Josephson) cercava di scongiurare la fine del mondo (la candela accesa per implorare pieta per le sorti dell'umanita). In Sacrificio i! dramma della catastrofe,
invece, si fa estremamente concreto, reale: non e piu simboleggiato o immaginato come un'ipotesi di fine possibile, roa e proprio la catastrofe nucleare, rappresentata direttamente. In questa catastrofe immanente troviamo, e per entrambi e cosi, il tentativo delle povere forze umane di porre riparo al dramma
della distruzione final e. Interessante e il fatto che in questa catastrofe total e.
cosmica, avviene un duplice gioco di proiezione: da una parte l'angoscia prodona dall'ipotesi della fine del mondo si riflette (e lo aggrava e lo determina)
nel senso di angoscia individuale e psichica del protagonista e del regista, che
prova dentro di s l'ombra depressiva della morte: dall'altra, c'e il senso di morte
interno del regista che si proietta fuori, mediante quello che e un espediente
poetico caratteristico di Tarkovskij e che consiste nel cercare di fare assurgere
ad una dimensione tragica, cosmica i suoi problemi personali.
L'altro dramma presente in Nostalghia, e condono all'estremo in Sacrificio, penso sia quello dell'impossibilira di comunicare. Se il protagonista di Nostalghia, Gorciakov, era chiuso nel suo silenzio e nella sua disperazione, in Sa-
Simona Argentien"
cnficio questa difficolta della comunicazione si fa totale. Il modo in cui il protagonista si aggira, per tutto il tempo del film, attraverso i luoghi e le situazioni, ricorda i sogni di certi moribondi che vivono gia la sensazione del distacco,
sentono di non fare piu parte del mondo dei vivi eppure cercano ancora disperatamente di incidere su questa realta che loro di continuo sfugge.
Qui in Sacnficio viene reiteratamente urilizzato un altro modello espressivo caro a Tarkovskij, quello del mutismo (la non comunicazione, o, perlo meno, la non comunicazione attraverso le parole). In questo film il bambino e
muto, sia pure temporaneamente. Ricorderete che muto e il ragazzo dello Specchio; muto e Rublev stesso dopo il dramma del sacco di Vladimir, e muta e
la ragazza di cu egli si prende cura all' inizio del film; e ancora muta e l' operaia, interpretara dalla sensibile Milena Vukotic, che raccoglie i detriti nella piscina vuota di Nostalghia. Ossia Tarkovskij ci fa vivere il mutismo come perdita della parola in quanto legame, nesso di comunicazione con gli altri. Inoltre,
il protagonista di Sacnficio e persona che, anche quando parla col bambino,
ha un tipo di comunicazione assai bizzarra: un modo di parlargli continuamente
ma di non rivolgersi mai effettivamente a lui (sembra piuttosto un monologo
interiore, e in realta del bambino nessuno si prende cura). Quando, sia pure
per sbaglio, lo colpisce e gli fa sanguinare il nasino, reagisce con lo svenimento: perde totalmente il contatto sia col bambino sia col suo senso di colpa per
averlo ferito. E una comunicazione ancora una volta simbolica, endopsichica.
Credo che que! bambino rappresenti, in modo semplificato al massimo, lo stesso
Tarkovskij, la sua parte infantile, dalla quale sente di essere lontano e separata. Probabilmente c'e una sorta di coazione a ripetere nella dimensione del
film rispetto alla sua realta biografica: noi sappiamo che da bambino, il regista
ha subito la separazione, l'abbandono da parte del padre, e sappiamo che lui
stesso si e sentito obbligato dal suo destino ad allontanarsi a sua volta dalla
moglie e dal figlio (cosi, per una sorra di coazione, nella realta come nelle opere, si determina la difficolta di mantenere il rapporto rra padre e figlio ). Percio
penso cha sia lui que! bambino del quale e cosi difficile prendersi cura, quel
bambino per il quale ruttavia il protagonista non vuol rinunciare a nutrire
speranze.
A mio parere, le scelte tecniche messe in opera in Sacnficio possono confermare quello che ho cercato di leggere nel film. Per esempio, la scelta del
modo di inquadrare le scene. Tarkovskij sceglie come scenario le lande immense del Nord Europa, ma poi la macchina da presa indugia su inquadrature restrittive , anguste. Non solo , mala macchina e lo sguardo sono quasi sempre
rivolte verso il basso. La prospettiva e chiusa, ramappita. Non c'e mai la sensazione di un allargamento dell'orizzonte. C'e sempre, inoltre, una luce di eterno crepuscolo (il crepuscolo e proprio l' ora della depressione), che rende ancora piu intensa questa sensazione di angustia dello sguardo che non puo spaziare, respinto in continuazione verso il basso, verso la claustrofobia e lo spezzettamento dell'immagine in oggetti parziali. L'unica inquadratura che va dal basso
verso !'alto e quella finale, enfatica, con !'albero secco che il bambino annaffia
secondo il rito suggerito dal padre.
L' altra cosa interessante e che anche la costruzione scenografica dello spazio e assai bizzarro, perch la distinzione tra esterno e interno viene continuamente stravolta. Ad esempio, la stranissima casa piena di porte e di finestre
-che ha un po' le linee della dacia russa- e pero poi ingombrata da pareti
che continuamente interrompono lo sguardo e precludono, di nuovo, la possi-
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Simona Argent1en
far altro che constatare che era una ben povera cosa). Mi sembro un' orribile
violenza! commenta. Qui c'e proprio il dramma dell'artista, di tantissimi artisti che, per quanto grandi e geniali, sentono che la creazione sempre al di
sotto della loro aspirazione verso il sublime. Forse puo essere interessante notare che la psicoanalisi usa proprio la parola tecnica di sublimazione per designare il tentativo umano di compensare talvolta le tensioni , i conflitti, le angosce amaverso il sublime edil bello. Ma Tarkovskij sente come vana e inadeguata anche questa sua preziosa capacita creativa.
L'ultimo tentativo al quale si puo fare ricorso per tentare di trovare un
rimedio all' angoscia rimane quello esuemo della regressione. E questo della
regressione e anche il tema che piu da vicino mi riguarda. Dopo aver rivolto
la srruggente preghiera al padre (il e Padre nostro . che non esaudisce la sua
implorazione di piet3.), il protagonista decide di anclare dalla serva, che - per
1' appunto - si chiama Maria. All 'apparenza, quello che cerca un rapporto
sessuale adulto con la donna, seppure un rapporto d'amore rituale, magico,
che deve servire a scongiurare il terrore della monee della distruzione. Ma non
e difficile cogliere in questo abbraccio qualcosa di assai piu arcaico: la regressione verso 1' infanzia, dal padre alla madre .
In Nostalghia c'era l'unione prenatale con la madre rappresentata dalla
Madonna di Piero: in Sacnficio viene citara I'Adorazione dei magi di Leonardo; maqui , alla fine, nell'amplesso del protagonista con la serva Maria, tutto
avvolto in un grande lenzuolo, credo che non possiamo che vedere la Pietii,
la Madonna con il figlio mono in braccio, con il bianco delle pieghe dellenzuolo che evocano l'immobilita del marmo. 11 sentimento della e pieta . umana
o divina, credo sia veramente quello che pervade e impronta quest'ultimo film
di Tarkovskij.
Penso di poter concludere cosl, lasciando rispettosamente a ciascuno la liberta di leggere secondo le sue personali ossessioni e passioni, secondo la sua
fede o la sua capacita di interpretare, il dramma umano e l'avventura creativa
di Tarkovskij. A me preme soltanto sottolineare che, al di la di quella che puo
essere la soluzione individuale di questo regista, egli sicuramente riuscito a
trasmetterci il senso estremo della tragedia umana, il tentativo delle nostre forze di e contenere l'angoscia di mone.
Tarkovskij e !'Occidente
Francesco M. Cataluccio
Andrej Tarkovskij sepolto vicino a Parigi, nel piccolo cimitero di SainteGenevieve des Bois. Ci si arriva con un traballante aurobus pieno di anziane
signore dallo sguardo fiero e il cappotto cento volte rovesciato, che parlottano
in russo a bassa voce. Giunti alla fermata ci si avvia lungo un viottolo di campagna cosparso di pozzanghere dello stesso grigio del cielo. Dopo una curva,
appare in lontananza un bianco bosco di betulle, in mezzo al quale si intravede la cupola azzurra orlara d'oro di una chiesetta onodossa. La come se rerminasse la Francia e si aprisse davanti a noi l'immensa Russia. Un muro sbreccato, coperto di angeli, delimita il cimitero. Dietro la chiesa di Norre-Dame
de 1' Assomption, tra gli alberi, si stendono le tombe. Subito ci si imbatte nella
lapide dedicara allo scrittore pi amaro da Tarkovskij: il romanziere premio
Nobel lvan Bunin, anch'egli morro in esilio. Dopo lunghe ricerche, ci viene
finalmente indicara la tomba, in travenino, di un cerro Wladimir Grigorieff
(1895 -1973). Due piante di gerani rossi coprono una targhetta di plastica nera,
fissata alla pietra col fil di ferro. L1 c'e scritto: Andrej Tarkovskij. Riposa nella
tomba di un altro in artesa che, con i soldi di una sorroscrizione tra gli emigrati
a Parigi, sia possibile comprargli un posto e collocarvi una lapide.
Fu Tarkovskij stesso a voler essere seppellito in questa piccola isola di russi, nell'illusione di poter esser in questo modo di nuovo nella sua terra. 11 regista russo non si emai trovato bene in Occidente. Per un fatto di nostalgia anzitutto. In una delle ultime interviste da lui rilasciate aveva detto: e Non bisognerebbe lasciare la patria. Non dovrebbero farlo i polacchi, i rus~i, tutti gli
slavi in generale. Do ve porranno ri trovare la propria 'slavi ta'? 1 E vero: pochi popoli come i russi san no stare cosl mal e nell' emigrazione. Basterebbe prendere, tra gli esempi contemporanei, Andrej Sinjavskij- che, emigrato nel 1973
a Parigi, non parla una parola di francese - o Solgenitsin, che nel Vermont
si ricostruito un piccolo pezzetto di Russia. Ma non e su questo aspetto che cosl efficacemente Tarkovskij ha mostrato in Nostalghia (1983)- che ci
inreressa qui soffermarci. Eun altro aspetto del difficile rapporro di Tarkovskij
con I'Occidente che ci sembra meriti qualche considerazione ed un tentativo
di approfondimento: l'avversione culturale e morale del russo Tarkovskij verso
!'Occidente. Per rre anni il regista russo non si mai stancato di ribadire la
sua e alterira . il suo essere un e uomo deli'Oriente . di un mondo diverso
da questo.
La prima critica di Tarkovskij riguarda lo stato della cultura occidentale
e il modo di essere degli intellettuali. Da noi, secondo il regista russo, la cultura ha perso la sua natura spirituale: e In Occidente la cultura e diventata gia
da molto rempo un oggerto di consumo, proprieta del consumatore. Cultura
per gli occidenrali, cio che essi possono avere Gli intellettuali son o ego-
e,
1987
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Fr.zncesco M. Cataluccio
centrici, romantici, si sentono padroni del mondo. Avendo eliminato Dio ritengono che aB'uomo tutto sia possibile. Tarkovskij invece pensa che l'uomo
debba essere umile, che non possa pretendere di conoscere l'aspetto profondo
deBa realca. La sua idea di spiritualica consiste nel considerare la crescita intellettuale come un cammino, un avvicinamento, e non come un dominio. Nel
film Nostalghia, il protagonista si fa condurre fino alla chiesa dove si trova la
Madonna del parto di Piero deBa Francesca. Giunto la si rifiuta di entrare. Lascia che vada la sua accompagnatrice-tradumice che e curiosa di sapere perch
tante donne si rechino in quel poseo. Vorrebbe scoprire il segreto deBa Fede.
Non otterra nessuna risposta. Tarkovskij vuol farci capire che !'importante e
1' anclare a e non 1' entrare in . L' uomo de ve sapersi fermare. Anche in
Stalker si scontrano due diversi atteggiamenti: la guida che rispetta la zona , si vuol fermare aBe soglie della stanza, e lo scrittore narcisista Trigorin,
affiancato dallo scienziato, che vorrebbe addirittura piazzare una bomba in que!
mistero che sfugge alle sue definizioni. L'atteggiamento spirituale, magico, dell'Oriente si contrappone alla folle volonta di potenza della cultura occidentale. Lo stalker e un profeta che crede che l'umanita stia andando verso
la mone perch ha smarrito i valori dello spirito; egli cerca di trovare persone
che credano in qualcosa, quel qualcosa che permette alla figlia apparentemente minorara (anche il figlio del protagonista di Sacrificio e momentaneamente
muto ma riuscira a capire, come nella scena finale del film, che 'bisogna annaffiare ogni giorno un albero mono avendo fede che risorgera', muto e il bambino de Lo specchio) che e in grado di spostare gli oggetti con la forza del
pensiero. 2
Nella contrapposizione tra poesa e fede da una parte e ragione e tecnica
dall'altra sta tutta la tradizione di una certa cultura russa dell'Ottocento. Le
radici sono quelle di una separazione tra Russia ed Europa che restituisca al
mondo orientale una sua specificita che il filoccidentalismo di Pietro il Grande
aveva frustrato. Basterebbe andarsi a rileggere, ad esempio, il libello del linguista Nikolaj Trubeckoj, L 'Europa e l'umanita ( 1920), per trovarvi espressi
i tem della critica al!' eurocentrismo, al le conseguenze pesanti e spaventose
della europeizzazione che tornano nelle interviste a Tarkovskij.
Ci vorremmo pero qui soffermare un attimo su due aspetti particolari della differenza era la cultura occidentale e orientale su cui insiste Tarkovskij. Mi
riferisco alla musica e alla pittura. Le musiche di Wagner e di Beethoven sono
definite dal regista russo un infinito monologo su se stessi 3 Nella musica
orientale, invece, la persona e totalmente assorbita in Dio, nella Natura, nel
Tempo : 4 trova se stessa in tutto, e scopre tutto in se stessa. La musica europea positiva finisce con Bach e Pergolesi, che accompagnano le immagini
de Lo specchio, come anche quelle di Sacnficio, dovela Mathiius Passion si fonde
con una meloda giapponese per flauto.
Riguardo al rapporto di Tarkovskij con la pittura, misia consentito un ricordo personale. Quando abitava a Firenze ebbi occasione di chiedergli seandava agli Uffizi. Mi rispose che riusciva a vedere soltanto le prime sale, adorava
Simone Martini, Ambrogio Lorenzetti e Giotto. Gli ori di quelle tavole gli ricordavano le icone, e anche gli sguardi delle madonne. Col Rinascimento la
2 lmerv1sta a e La Repubblica . 9 gennaio 1981.
l lmervlsta cit. su e Res Publica
Tarkovskzj' e I'Occzdente
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pittura italiana si era allontanata dalla tradizione dell' icona, come la cultura
- esaltando l'uomo- aveva voltato le spalle alla spiritualita e a Dio . Come sostenne il teologo russo Pavel Florenskij: e La pittura religiosa dell' Occidente, incominciata col Rinascimento, fu una radicale falsita artstica e pur predicando a parole la prossimita e fedelca alla realta raffigurata, gli artisti non
avevano niente a che fare con quella realta che pretendevano e ardivano cappresentare; non ritenevano nemmeno opportuno osservare le norme della pittura d'icone tradizionale, cioe la conoscenza del mondo spirituale, quale era
trasmessa dalla Chiesa cattolica , In questo valore sacro dell' icona Tarkovskij credeva molto, e con orgoglio riaffermava questa specificita dell'arte russa,
da molti occidentali considerara minore Per questo motivo teneva molto
affinch nel film Andrej Rublev non si cogliesse soltanto l'aspetto storico, ma
anche quello cultural-religioso. Parlando di questo film, forse uno di quelli che
amava di piu, ricordava un'altra affermazione di Florenskij: Fra tutte le dimostrazioni filosofiche dell' esistenza di Dio su ona la piu persuasiva quella di
cui non e fatta menzione nei manuali: si puo formulare con il sillogismo: 'Esiste la Trinira di Rublev, percio Dio e'. La pittura ha un ruolo importante
anche in al tri film di Tarkovskij. Il regista russo la utilizza per rappresentare
due visioni opposte del mondo, come nel caso della musica. Al di la delle citazioni, piu o meno esplicite, da Bosch, Rembrandt, Breughel e Drer (il piccolo
Ivan, sfogliando un album di riproduzioni artistiche del pittore tedesco, ritrova la stessa violenza che i nazisti compiono nella realta), e a Leonardo da Vinci
che Tarkovskij dedica la maggiore attenzione. Leonardo come esponente piu
rappresentativo della cultura occidentale, della razionalica che si allontana, dopo il Medioevo, dall'Oriente. C'e fascinazione ed inquietudine nei confronti
di questo pittore. In Lo specchio il figlio del protagonista, Ignat, sfoglia un
album (uno dei tanti album sfogliati dai protagonisti di Tarkovskij: Ivan, come abbiamo visto; lgnat; Alexander, il giorno del suo compleanno) con le immagini della Madonna col bambino e sant 'Anna, 1' Ultima cena, la Gioconda,
la Vergine del/e rocce. Sempre nello stesso film compare il Ritratto di giovane
donna con il ginepro (Ginevra de' Benci), amibuito a Leonardo, che Tarkovskij ha definito e un labirinto infinito; qualcosa che attrae e respinge . 6 In
Sacnficio invece un fascino malato emana dalla riproduzione dell 'Adorazione
dei magi, sempre di Leonardo. E lo strano postino-filosofo Otto afferma: Ho
sempre avuto molta paura di Leonardo Il protagonista Alexander, invece,
con l'album di riproduzioni di icone, ricevuto in regalo, si abbandona ad un
ejogio di questa pittura e del senso di pace e di spiritualita che emana da quelle figure ieratiche.
C'e un ultimo aspetto che vorremmo considerare nell'esame del rapporto
difficile e polemico di Tarkovskij con il mondo e la cultura occidentali. Tarkovskij non si e mai stancato, nelle interviste che ha concesso quand'era in Occidente, di ribadire la differenza che esiste tra liberta inten'ore e liberta esten'ore.
La liberta poltica e la liberta spirituale sono due concetti diversi. Quando parliamo di liberta poltica, come nei paesi dell'Est europeo, non abbiamo in realta in mente la Liberta, ma il din'tto. Il diritto di poter vivere nel modo in cui
riteniamo giusto, secondo le nostre convinzioni ed esigenze. Per quanto riguarda
invece la Liberta, secondo Tarkovskij, se uno vuol essere libero, puo esserlo dol p Florenskij, Le porte regali (1922],
Milano 1977.
Francesco M. Cataluccio
vunque, persino in prigione. Ad un polacco che lo intervist poco prima dell'aggravamento della malattia, Tarkovskij disse in proposito: Gli occidentali
non capiscono niente di ci che dico aquesto proposito . Tempo fa ho partecipato ad un incontro qui in Svezia ed i giornali hanno scritto che io, riguardo
alla liberta, non faccio che parlare della spiritualiti. Per loro e strano, non hanno piula mnima idea di che cosa sia. lo parlo di spiritualita nel senso che l'uomo dovrebbe sapere perch vive, dovrebbe pensare al senso della sua vita. Se
fa questo, e riesce a realizzarlo dentro di s, allora e libero . La Russia, da questo punto di vista, gli appariva- come in Berdiajev- la liberta interiore ,
un luogo dove la spiritualiti e ancora, nonostante tutto, salva. L'unica salvezza: quella personaJe , soleva ripetere, sconcertando i giornalisti: La mia
liberta e la mia arte .
In Svezia, durante le riprese di Sacnficio, dichiar: Sto cercando di fare
anche un discorso sulla liberta. Piu vivo in Occidente, piu mi convinco che la
gente ha perso la sua liberta. Non c'e dubbio che in Russia la gente sia piu
libera. Non in senso legale, certo. Ma non dobbiamo confondere la liberta con
i diritti. In Occidente tutto ha un prezzo e forse la gente ha dovuto sacrificare
la sua liberta. interiore per garantirsi dei diritti. 7
Queste sue idee si trovano espresse , in modo meno categorico, in quello
che pu esser considerato il suo testamento: la Conclusione del libro Sco/pendo ne/ tempo, che raccoglie le sue riflessioni sul cinema e sulla vita. La nostra epoca, dice amaramente Tarkovskij, e la fase final e di un intero ciclo storico nel quale il massimo potere e stato nelle man del grande inquisitore ,
di uomini e gruppi che si erano assunti la responsabilita della felicita altrui.
Ma queste promesse del benessere per tutti sono risultate in flagrante violazione dei diritti degli individui. In nome di una necessiti storica, della retta va
si e assassinato l'uomo e la sua vita spirituale. Noi viviamo in societa dove tutto
e organizzato in modo concertato , e non facendo leva sugli sforzi degli individui. L' individuo e diventato lo strumento delle idee e delle ambizioni degli altri. Il progresso materiale non ha proceduto di pari passo con il progresso
spirituale. Il progresso materiale non porta alla felicita. Il protagonista di Sta/ker dice che il presente ha fagocitato il futuro, nel senso che esso contiene tutte
le precondizioni dell'imminente disastro. Questo perch il rapporto tra il comportamento umano ed il destino individuale e stato distrutto. La caratteristica
del mondo occidentale e che le innegabili liberta democratiche coesistono con
una mostruosa crisi spirituale che affligge i cittadini. La liberta non pu essere
presa come un dono, come l'acqua che sgorga dalla fonte, che non costa una
lira, e non richiede nessuno sforzo. La liberta non e qualcosa che pu essere
incorporara nella vita di un uomo una volta per tutte: deve esser sempre costantemente raggiunta attraverso uno sforzo morale. In rapporto al mondo esterno, l'uomo e essenzialmente schiavo perch non e solo. Ma egli possiede, sin
dall'inizio, una liberta interiore, se soltanto pu evocare il coraggio e la risolutezza ad usarlo, accettando il fatto che la sua esperienza interiore ha un significato sociale.
Nei suoi due film girati in Occidente - Nosta/ghia e Sacnficio- Tarkovskij ha lanciato questo messaggio. Un messaggio accompagnato che ripete un
rito. Sembra caratteristico della cultura russa: Immolarsi col fuoco - ha scritto
7
1985.
36
37
39
Marco Fagioli
per noi una particolare importanza - pot conservare , malgrado la disorganizzazione che inuodusse nella composiz10ne, singoli elementi cosmuuvi dell 'antico spazio prospeuico e trasmetterli al Rinascimento occidemale ; in E. Panofsky. La prospetttva come forma simbo/tea e a/.
tnscnttt(l924-!92~}. Milano 1961, pp. 56, 57,
e n. 32 a p. 97
2 V. Lazarev, Stona del/a pittura bizantina (1947). Torino 1967. pp. 23 sgg. Damasceno riprende questo concetto da Dionjgi 1' Aero-
pagita .
Marco Fagio/i
40
Bachtin su! problema del!a posizione del!' aurore nei confronti del personaggio
nell'opera di Dostoevskij, che a parer nomo possono servire ad illuminare meglio anche la posizione di Tarkovskij verso i suoi personaggi. Vi sono dei ricorrenti indizi biografici, che pure sono tanti, mache possono fuorviare: ci riferiamo a Lo specchio ed anche ad alcuni piu recenti accenni nelle vicende di Alexander in Sacrificio, e cioe la recita shakespeariana (regia di Tarkovskij, Amleto, nel 1976), e le allusioni al prncipe Miskyn, lavoro interrotto della trasposizione cinematografica di L 'idiota. Al di la di questi indizi biografici va analizzato il rapporto stesso che il regista costruisce con i suoi personaggi nel film.
Bachtin scrive a proposito di Dostoevskij: Il personaggio interessa Dostoevskij non come elemento della realta che possiede determinati e stabili segni
socialmente tipici e individualmente caratterologici, non come figura determinara che nasce da tratti univoci e oggettivi che nelloro insieme rispondono alla
domanda 'chi e'. No, il personaggio interessa Dostoevksij come particolare punto
di vista sul mondo e su se stesso [ ... ]. Per Dostoevskij e importante non quello
che il suo personaggio e nel mondo, ma co che il mondo e per personaggio
e co che egli e per se stesso . 4 In questo contesto la costruzione del personaggio non riguarda il chi e quanto il come egli prende coscienza di s ,
secondo una operazione di scrittura che trasferisce l' auto re e il narratore, con
tutto l' insieme dei loro punti di vista e del!e descrizioni, caratterizzazioni e
determinazioni del personaggio da loro fornite, nell'orizzonte del personaggio
stesso trasformando la sua compiuta, totale realta in materiale della sua autocoscienza . $
Questo tipo di rapporto tra l'autore e il personaggio nei romanzi di Dostoevskij viene definito da Bachtin dialogico , in opposizione alla tecnica narrativa di Lev N. Tolstoj, nel quale invece l'orizzonte dell'autore non interseca e non incontra mai dialogicamente l'orizzonte-visione dei personaggi , cosicch il punto di vista del personaggio (la dove e messo in luce dall' auto re)
e sempre un oggetto per il punto di vista dell'autore . 6 II procedimento seguito da Tarkovskij nella costruzione dei personaggi dei suoi film, in particolare di Andrej Rublev e Sacrificio, ci sembra- pur tenendo como delle differenze strutturali tra linguaggio letterario e filmico - in qualche modo assimilabile a questa concezione << dialogica . In tal senso i giudizi e le riflessioni
sulla pittura espressi da Rublev e Teofane, oppure da Alexander e Otto, con
le loro convergenze e antinomie, vanno intesi come punti di vista, come
illuminazioni appartenenti a un,processo dialettico di autocoscienza che siradica ed attua nell' autore stesso. E interessante notare come la presenza di Leonardo nella cultura russa abbia trovato uno dei maggiori momenti di risalto
nellibro Leonardo da Vinci o la resurrezione degli dei (1902), di Dimitrij Sergeevic Merdkovskij, un' opera che, seppure mai citata, deve essere stata presente a Tarkovskij. A Merdkovskij si deve, per primo, l'introduzione del sistema comparativo nello studio di Tolstoj e Dostoevskij, con un saggio del1909.
Molti tem di questo scrittore sembrano present nella problematica ideologica
di Tarkovskij: la rivolta contro il positivismo e !'utilitarismo, la ricerca di una
missione religiosa dell'arte, l'aspirazione profonda ad un nuovo cristianesimo,
la convinzione- confermata dallo studio di Dostoevskij- che il vero spirito cristiano e da ricercare in Russia . Una personalita, quella di Merdkovskij,
4 M. Bachtin, Dostoevskt/ Poetica e stilistica ( 1963 ), Torino 1968, pp. 64 sgg.
) Ivi, p. 97.
Ibdem.
41
il rittatto della Ermolova si veda V. Serov, Peinture, Art graphique, Dcor thatral, a cura di
D. Sarabianov e G. Arbouzov, Leningrado 1982,
n. 466, ravole 141, 142.
Marco Fagioli
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Marco Fagioli
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avanti della prima esposizione degli Impressionisri- non avrebbe capito la novitii di tale pittura; si veda M. Gibdlino Krasceninnicowa, L'arte russa moderna e conlemporanea. Pittura e
scultura, Roma 1960, p. 35. Altri srudiosi insisrono nell' interpretare la su a opera come e un
equivalente russo di Courbet ; si veda S. Monneret, L 'lmpressionisme et son poque. Dictionnaire intemationalillustr, Parigi 1979, vol. 2,
p. 182. In effetti Repin, come successivamente
Serov, fece i conti a suo modo con l'Impressio-
fJ
tura di Repn, anche in assenza di qualsiasi indicazione del regista che sembra
non averlo mai ricordato tra le sue fonti pittoriche, a differenza di Bruegel e
Leonardo, e perch nella sua opera mi sembrano evidenti gli indizi di tale presenza. Tutto AndrejRublev, pur svolgendosi sul tema della pittura antica, guarda al Medioevo russo con occhi che hanno sempre presente la pittura russa della fine Ottocento.
Gli echi di questa pittura sono spesso volti da Tarkovskij in chiave simbolista, si da ricordare quadri precisi come la Visione del giovane Bartolomeo di
Mikhail Nesterov (1862-1942), opera del1889, ora alla Gallera Tret'jakov. Nesterov e un altro pittore che dopo un debutto, da giovanissimo, nel gruppo
degli Ambulanti ,si caratterizzo per una sorra di realismo simbolice a sfondo mstico e liricheggiante. Nella Visione del giovane Bartolomeo non e solo
l' impianto del quadro, il primo piano di due figure intere su uno sfondo di
paesaggio, che rimanda a certe inquadrature di Andrei Rublev, ma soprattutto
il rapporto tra la figura del giovanissimo santo biondo in preghiera e il monaco
in abito nero che sta di fronte a lui, sembrano essere una suggestiva anticipazione della figura di Boris e quella di Andrej nell 'episodio La campana .
E piu in generale, alcuni dei ritratti di Nesterov di giovani ed adolescenti, quasi esaltati in un lirismo di acerba purezza, rimandano a !van e a Boris di Tarkovskij. Cosi alcune sequenze del massacro nella cattedrale di Vladimir, nell' episodio La scorreria , con i tartar e i russi che distruggono e uccidono, posseno rimandare seppure in modo piu indirecto ai quadri di soggetto epico, alle
battaglie dipinte da Viktor M. Vasnecov (1848-1926).
Quello del rapporto tra Tarkovskij e la pittura moderna russa e comunque
un capitolo tutto da scrivere. Non ci stupiremmo infatti, se ad una indagine
piu approfondita alcune scene militari di L 'infanzia di !van , rivelassero legami
con la pittura degli anni cinquanta, quindi del cosiddetto realismo socialista . Pur restando valida 1' analisi di Sartre che colse subito la grande noviti
del film nel trattare il tema della guerra, rispetto alla tradizione agiografica
e retorica del cinema russo, si deve ricordare che a fianco di alcune concordanze formali con altri film del periodo, Quando volano le cicogne (1958)
di M.K . Kalatazov e Pace a chi entra (1961), di A.A. Alov e V.N. Naumov,
appaiono ricordi formali di pittori realisti degli anni cinquanta, soprattutto
nel taglio obliquo del quadro che le scene di partenza dei soldati mostrano.
La tradizione iconografica russa contemporanea sembra ben presente quindi
in Tarkovskij, anche quando egli si volge a negarne i contenuti retorici e trionfalistici . Ma riprendendo il discorso su un eventuale rapporto tra il cinema di
Tarkovskij e certi quadri di Repin si deve rilevare come molte delle sequenze,
gli interni, di Sacnficio suggeriscano connessioni dirette. A volte Tarkovskij costruisce la progressione della sequenza e del dialogo sincronicamente, con una
tecnica teatrale, fino a risolvere la tensione del dialogo facendone coincidere
la fine con l' uscita dei personaggi dalla scena stessa e proseguendo con la cinepresa all'esterno: sono queste situazioni, di un'attesa che sembra incombere
sugli eventi, di tensione progressivamente accumulata ed infine disciolta, che
nismo ed in particolare con la nuova imponanza assunta da! rapporto luce-colore nella pittura: ne sono testimonianza non solo alcuni ritratti,
come quello della figlia Vera con un mazzo di
fiori del 1878 o quello della figlia Nadeda, Al
so/e, del1900, in cui appare evidente il confronrarsi con Renoir, ma anche il piu ambizioso
Gruppo difomiglia in campagna, del 1876 . Si
veda per queste opere G . Sternine, op. cit. , nn.
35, 51, 266.
Marco Fagioli
fanno ricordare nei dialoghi di Sacrificio siruazioni omologhe al teatro di Cechov oppure ad un testo di Ibsen come JI piccolo Eyolf.
Ebbene, di questo meccanismo- artesa e tensione finalmente risoltaRepin ha dato una esemplare realizzazione pittorica, nel quadro Non l'attendevano (1884-1888) nella Gallera Tret'jakov di Mosca. Si tratta di un quadro
molto famoso, di importanza capitale nella storia della pittura russa moderna,
che raffigura il ritorno di un esule poltico dalla Siberia: dello stesso soggetto
esiste anche una versione precedente, 1883-1898, piu semplice, in cui l'esule
e una donna invece di un uomo. N ella seconda versione, quella che a noi interessa, la compilazione della scena avviene in una stanza in cui dalla porta aperta entra l'esule, dal volto quasi allucinato: i familiari, una donna al pianoforte ,
un'altra che si alza dalla poltrona e i due giovani figli al tavolo che studiano,
appaiono sorpresi dall' improvviso ritorno. Sulla porta aperta la domestica si staglia controluce e nella stanza adiacente si apre una finestra con un altra figura
femminile anch'essa controluce che guarda. La costruzione prospettica del quadro, due stanze allineate con la luce della finestra che funziona da punto di
fuga, sottolinea la scansione verticale delle figure in concordanza del significaro psicologico della vicenda: alcuni dettagli alle pareti, fotografie, stampe ed
una carta geografica, rafforzano la percezione dell'evento.
Di questa opera i critici europei, pur avendo sottolineato il penetrante
valore psicologico , non hanno afferrato appieno le novita e la originaliti strutturale, disturbati dall'eccesso di moralismo e di propaganda ideologica prevalente nel soggetto. 17 In Repin si assiste a una costruzione originale dello spazio pittorico, a una definizione di interno in cui gli elementi prospettici
si associano sempre ad una distribuzione delle emozioni raffigurate, una costruzione che non trova riscontro alcuno nella pittura europea degli stessi anni;
di questa visione dello spazio interno in rapporto alle vicende rappresentate,
per certi versi sempre teatrale e mai melodrammatica, sembra essersi nutrita
l'immaginazione visiva di Tarkovskij. Poniamo accanto alcune sequenze di Sacrificio, come quella tra i quattro personaggi alla fine del primo tempo dopo
la discussione sui trascorsi teatrali di Alexander, sequenza che si scioglie nell'inquadrarura del volto della cameriera Giulia, in primo piano, di profilo, con
porta e figura in controluce sullo sfondo, poniamola in una visione sinottica
con il quadro Non l'attendevano e vedremo quanto sottile sia la presenza di
quello che azzarderei chiamare il Repin methodus in Tarkovskij.
Se la pittura di Repin sembra costituire una delle riserve nascoste che hanno influenzato 1' ottica compositiva di Tarkovskij, la presenza manifesta della
pittura russa antica e la problematica relativa al rapporto arte-religione-sociera
assume in Andrej Rublev cadenze quasi ossessive. La lettura che di Rublev ci
da Tarkovskij nel suo film sembra in gran parte corrispondere aquella gia compiuta dallo studioso di pittura russa e bizantina Victor N. Lazarev in una monografia del1960. Cosi come l'interpretazione della Adorazione dei magi degli Uffizi in Sacrificio sembra rimandare aJla lettura iconografica fatta da Andr Chastel in alcune pagine di Arte ed Umanesimo a Firenze, sulla novita leonardiana di presentare il tema deJla nativita come un avvenimento sconvolgente ed enigmatico, e non piu semplicemente gioioso, 1' interpretazione della figura di Rublev sembra ricalcare molte pagine della monografia di lazarev. Ad
17 T. Talbot Rice, L 'Arte Russa (1963),
Firenze 1965, p. 238.
46
47
esempio il contesto delle fonti ideologiche di Rublev, definito nel modello degli scritti di padre Sergej Radonezskij (1322-1392) e dei suoi seguaci Epifanio
il Saggio e Nil Sorskij (1433-1508). Epifanio, aurore di una vita di Sergej, viene citaro insieme al maestro nel dialogo tra Teofane e Kirill all' inizio del terzo
episodio di Andrej Rublev: Potrai penetrare la sostanza di ogni cosa, se veridicamente saprai darle un no me [ ... ]. Quella fede che erom pe dal profondo
dell'anima. E non c'e semplicita. Come e detto da Epifanij a proposito delle
virtu di san Sergio: 'Semplicita senza fronzoli' .
Ma anche in Sacrificio, proprio all'inizio del colloquio con Otto, Alexander ripete - tra citazioni di Nietzsche - un luogo del pensiero di padre Sergej: Un saggio disse: 'Il peccato e tutto cio che non e necessario' , ed aggiunge la sua considerazione: Se questo e vero tutta la nosrra civilra e sbagliata, e fondata sul peccato . Mettiamo a confronto questa chiave interpretativa
di Tarkovskij e Koncalovskij, coautore della sceneggiatura, con alcuni brani dello
scritto di Lazarev: Come San Francesco d' Assisi, Sergej fu nemico per principio di qualsiasi proprieti e tanto piu della ricchezza. Egli escludeva qualsiasi
forma di sfruttamento dellavoro obbligatorio dei contadini sulle terre dei monasteri. Queste terre dovevano lavorarle gli stessi monaci. Secondo Sergej, l'uomo
aveva diritto a un compenso solo per il lavoro compiuto con le proprie mani
[ ... ). Probabilmente Rublev si ricordo della pura e modesta fisionoma del famoso fondatore del monastero della Triniti. Proseguendo su questa linea interpretativa Lazarev afferma: Vi sono tutte le ragioni per ritenere che Rublev
trovo ancora tra i vivi Sergej, la cui notevole personalita doveva lasciare rraccia
incancellabile nella sua coscienza . 18
Lazarev si spinge poi ad un confronto tra Rublev e il monaco Nil Sorskij,
che sebbene sia vissuto dopo la morte del pittore costiruirebbe, dal punto di
vista filosofico, la testimonianza piu significativa di quella visione religiosa e
spirituale che animo la sua pittura: Gli scritti di Nil Sorskij, sono, da! punto
di vista filosofico, quanto di piu significativo ci ha lasciato in eredita il secolo
XV. Essi con evidenza testimoniano della comparsa dell'interesse per il mondo
spiriruale individuale dell'uomo. Solo su questo terreno poteva svilupparsi 1' arte
di Andrej Rublev. Allo stesso modo di Ni! Sorskij , Andrej Rublev non rompe
con la cultura della Chiesa, ma introduce nei dogmi tradizionali un nuovo contenuta . 19 Non entreremo nel merito della discussione sul ruolo che Rublev
D ha avuto nella storia della pittura russa, se cioe egli sia da considerarsi o meno
) - il primo pittore russo moderno rispetto alla tradizione bizantina: perla valutazione di questo problema si rimanda al gia citato studio di Lazarev, con
il quale concordiamo pienamente. 20 Quello che ci preme sottolineare e come
il complesso quadro del rapporto di Rublev con la storia e la cultura del suo
tempo e la relativa, ancor piu ampia, ragnatela dei riferimenti ideologici,
appaia gia tutta delineara nel saggio di Lazarev, che nel 1966 - anno della
realizzazione del film - era gi stato pubblicato in russo da sei anni.
18 V. Lazarev, Andrej Rublev (1960), Milano 1966, p . 13. Su Rublev si veda anche l'altra fondamentale monografia di M. Alpatov,
Andrej Rublev, Milano 1962. Per quanto riguarda la sceneggiatura del film si veda A. Michalkov Koncalovskij-A . Tarkovskij, Rublev il pittore del/e icone, traduzione da! russo di K. Ri-
sel, Rimini 1983. Perla sceneggiarura ed i dialoghi desunci dalla colonna sonora del film si veda in Tarkovsktj. Andrej Rublev-II testo, a cura
di F. Vigni, Quaderni della Media teca regionale toscana, Firenze 1987.
19 V. Lazarev,AndrejRublev, cit., p. 15 .
20 !vi, p. 77.
Marco Fagioli
Anche il tema del discepolato-confronto con Teofane il Greco, che Tarkovskij ha saputo genialmente drammatizzare in chiave filosofica si da farne
uno dei centri ideologici di tutto il film, trova nelle pagine di Lazarev la sua
prima formulazione: cos1 i motivi del laicismo di Teofane, le sue invettive contro gli ortodossi, il suo pessimismo nei riguardi del genere umano, la sua vitale
fiducia nel dipingere, elementi tutti che si profilano nei colloqui-scontri tra
il vecchio pittore e Rublev, si inseriscono nel quadro interpretativo delineato
da Lazarev. Qui ci troviamo nuevamente di fronte ad una caratteristica del metodo di Tarkovskij; l'uso di una o piu fonti, a volte anche tra loro discordanti,
finalizzato a comporre una visione spirituale d' insieme che giustifichi le motivazioni della scelta interpretativa stessa. Alcuni critici hanno esaltato come momento central e del film 1' aspirazione totale alla liberta personal e contrapposta all'intolleranza del sistema sociale, del corpo delle istituzioni ; non
ci sentiamo di condividere un' interpretazione cos1 es trema. Le relazioni tra i
diversi temi ideologici che circolano nei film di Tarkovskij non sono mai cosi
esplosive e conflittuali come sembrano apparire a prima vista.
Ancora una volta il richiamo ad una lettura di alcune pagine di Lazarev
mostra quanto i temi del dissidio tra spirituale-individuale e sociale-collettivo,
che animano tutto il film su Rublev, 1' anelito alla discesa nella propria coscienza, non sono solo metafora di una condizione presente alla quale Tarkovskij
sembra alludere, ma anche elementi di una corretta lettura storicistica della figura del pittore stesso: Non temette di procedere apertamente contro i diritti
di proprietii fondiaria dei monasteri; alla cosi diffusa imolleranza ecclesiastica
contrappose 1' esigenza della liberta personale [ ... ] miro a penetrare nel profondo dell' anima umana [ ... ] e soprattutto si volse all' analisi di questa 'coscienza' dell'uomo, della sua mente e del suo cuore . 21 Con queste parole Lazarev descrive il pensiero di Nil Sorskij, ma appare evidente quanto esse corri.:spondano alla tematica ideologica che sta alla base del film di Tarkovskij. E
proprio questa chiave di lettura storicizzata della figura di Ru blev, nella scelta
di Tarkovskij, che amplifica il quadro dei riferimenti culturali presenti nel film
a tutto un corpus di motivi propri della tradizion: e della storia della pittura
bizantina: tali elltfenti vengono poi utilizzati dal regista secondo un modello
di riflessione quasr teologica .
Ci limiteremo ad indicarne alcuni. Il tema della priorita della parola sulla
vanitii delle forme: Potrai penetrare-la sostanza di ogni cosa, se veridicamente saprai darle un no me , e la frase che corre nell' incontro tra il m o naco Kirill
e Teofane il Greco, gia citata in precedenza. Questa richiama un'altra affermazione all'inizio di Sacrificio, quando Alexander rivolto al figlio dice: In principio era il Verbo, ma tu sei muto, muto come un pesce ... come un salmone .
Queste due enunciazioni sul primato del Verbo ci richiamano un'altra enunciazione: il voto di silenzio che Rublev fa al fine di espiare 1' omicidio commesso, e il silenzio e il tema di un episodio intero nella seconda parte del film.
Piil volte Rublev appare tormentato dal valore e dal significato religioso della
pittura, quasi ad ostentare che essa degradi 1' essenza dello spirito. Questa angoscia della pittura sembra correre per tutto il film , fino a manifestarsi nel1' episodio << 11 giudizio universal e , con il gesto di ribellione di Rublev, che
imbrattando con larghe pennellate-macchie scure le pareti bianchissime pronte per l'affresco, rifiuta di continuare i lavori.
21
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Equesto uno dei momenti in cui Tarkovskij, come farii poi in Solaris , utilizza appieno una sorta di pluralita di significati: la commistione dell' elemento ideologico, motivazione spirituale che sta alla base del rifiuto , con la valenza visiva, il gesto di imbrattare-dipingere con larghe pe!_lnellate una parete bianca, splendida allusione all'informalita della pittura. E forse uno dei rari momemi (se non l'unico, perch vi sono poi i diversi, nitidi e ripetuti movimemi
della macchina da presa sui rivoli, le sgorature di acque e 1' accumulo di oggetti, rifiuti e brani di un mondo vegetale e meccanico, sorta di nature morte postindustriali, di cui Tarkovskij anima i suoi film), ove presenta un rapporto con
la pittura contemporanea come quotidianita, al di fuori quindi di ogni storicizzazione. Ma e anche questo, del muro imbrattato come rifuto al gesto del
figurare , un rimando ad uno dei temi emblematici, centrale, della storia
della pittura bizantina: la condanna dell' immagine come degradazione idolatrica del sacro e del divino. Non e un caso che tale condanna, precocemente
serpeggiata nei tes ti dei Padri della Chiesa, ufficialmente dichiarata con l' editto controle immagini sacre del 730 d. C. di Leone III Isaurico, si sia rivolta
poi principalmente contro l'uso del colore; il colore infatti, componente fondamentale dell'icona bizantina, rappresentava nel pensiero degli iconoclasti quella materia che introdotta dalla malizia di Lucifero nel mondo cristiano, facendo si che alle icone-idoli si attribuisse il nome di Cristo, confondeva la creatura divina con la degradante materia . 22
Non possiamo seguire tutta la complessa questione della disputa iconoclastica, dall' editto di Leone III fino alla riabilitazione della pittura durante il concilio niceno 11 (787 d.C.); a noi urge sottolineare come alcune questioni oggetto di accesa controversia, inserite poi nel corpo dell' estetica bizantina, abbiano
trovato puntuali risonanze in Tarkovskij e costituiscano una sorta di sotterranea riflessione in Andrej Rublev. Cosi 1' esaltazione del colore propria di alcuni
testi della patristica, la distinzione stessa tra il colore inteso come Grazia e Verita in opposizione all' ombra intesa come Legge, presente nell' orazione in difesa delle icone di Giovanni Damasceno (65 7-749 d.C. ), e ancora piu espressamente i passi di Cirillo di Alessandria (prima meta del V seco lo) nella lettera
Ad Acacium, in cui si afferma che l'ombra e la delineazione costituiscono
soltanto 1' inizio dell' immagine' ma che e il fiore dei colori che fa risplendere
la pittura di bellezza , 23 la costituzione stessa in questi testi di una sorta di
_{}) cromaturghia cioe di azione e forza del colore come linguaggio figurato ,
1:rovano suggestivi riscontri ed echi in Andrei Rublev.
Ci limiteremo a indicare, oltre al gia citato episodio, la sequenza immediatamente precedente, in cui, dopo !'episodio dell'accecamento del capomastro, il latte rovesciato dalla borraccia si spande lentamente nell'acqua come
una sorta di calce; preluciendo, questa opposizione bianco-nero, alla successiva
nero-bianco del colore lanciato da Andrej controla parete. Oppure, subito dopo, la sorpresa attonita della sordomuta che osserva le macchie informi sul muro, ed ancora 1' invettiva pronunciata da Teofane nella su a apparizione onirica
ad Andrej dopo la morte: Il Signore ha detto: 'Se i vostri peccati saranno come purpurei, io li faro candidi come la neve' .
Marco Fagio/i
50
La lista dei tem dell' estetica bizantina, o meglio dei dilemmi present in
Andrej Rublev, che andiamo compilando, potrebbe continuare a lungo; ne indichiamo ancora solo i principali. Il problema della incircoscrivibilita del Cristo e 1' eresia del pittore: si avverrono gli echi di questo problema nei colloqui
tra Andrej e Teofane, e tra questi e Kirill. Secondo la corrente iconoclastica
(iconomaci) era impossibile circoscrivere in una immagine la divinita del Cristo; da qui derivava uno svilimento del valore dell'icona, che recando la pretesa immagine del Cristo avrebbe presentato al fedele soltanto i1 Cristo nato
dalla Vergine e quindi il Cristo uomo, e non il Cristo Dio , contribuendo
a diffondere 1'eresia. 24
A nostro parere questa concezione suggerisce una piil ampia chiave di lettura della scena di tortura di fronte al!' icona con il Cristo pantocrator e la Deesis
di Vladimir nell'episodio del massacro. Ed ancora le domande ironiche del Khan
tartaro sulla Vergine Maria al prncipe minore - Che vergine e dunque se
ha un figlio? - sembrano alludere al tema dell'eresia nuova, quella della
trasformazione della Trinita in Quaternita, di cui i pittori di icone furono considerati fautori. Infine, tutta l'assillante questione, a cui si e gia accennato, della
supremazia della parola sull'immagine dipinta : secondo gli iconomaci la
via della salvezza si esplicava non attraverso la visione e la venerazione delle
icone, ma attraverso l'ascolto e la venerazione delle parole divine . 25 Abbiamo cos! indicaro quella che e, secondo noi, una delle piil attendibili chiavi
di lettura di AndrejRubfev: !' assunzione del tema biografico del pittore, il su o
rapporto con la storia, la posizione dialogica del regista che si muove in due
direzioni opposte, come il pittore; verso la tradizione mstica bizantina, grecoortodossa, e verso lo scandalo della modernita. La tensione tra questi due poli,
una tensione mai risolta, caratterizza Andrej Rublev, e da esso si irradia agli
altri film di Tarkovsk.ij, pensiamo ad esempio a Solans, dovela riflessione sulla
modernita e su! futuro appare cos! intrisa di elementi spiritualistici da sentirsi
metafsica; e ricordiamo come nella sequenza di Kris nella camera con la moglie che dorme, all'inizio della seconda parte, appaia sulla parete una riproduzione dell'icona La santa Tntta (Gallera Tret'jakov), a segnare ancora una
volta nella religiosita i1 fondamento di ogni riflessione.
Si tratta di una pittura che riveste un significato tutto particolare; in primo luogo perla novita iconografica che il pittore introdusse rispetto alla tradizione, l'eliminazione delle figure di Abramo e Sara dall'episodio raffigurato.
In secondo luogo per tutto il complesso simbolismo a cui questa rimanda: l'immagine della Trinita interpretara dai teologi bizantini come rappresentazione
della divinita una e trina, come prototipo dell' eucarestia, come simbolo circo!are della fede, della luce e dell'amore. L'icona della Tnnitafu dipinta da Rublev in onore del santo Sergej Radone.Zskij e Lazarev descrive anche la complessa situazione culturale in cui il pittore si trovo ad operare, in una sorra di riaffermazione del dogma della Trinira come risposta alle innumerevoli eresie antitrinitarie, che a Novgorod e Pskov scuotevano la Russia di allora. 26 Ma pensiamo anche a Sacnficio, dovela riflessione metafisica sulla verita, sulla parola
e sulla redenzione, pur assumendo la forma di citazione da Nietzsche e da Dosroevskij, si ancora ad un retroterra che implica quelli che si sono chiamati i
dilemmi dell' estetica bizantina.
24 F. de' Maffei, op. cit., p. 24.
n F. de' Maffei, op. cit., pp. 28-29.
26
47-56.
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E pensiamo anche a Nostalghia, dovela citazione della Madonna del parto di Piero della Francesca propone un'opera rinascimentale mache, rispetto
alle altre del grande pittore, denota uno schema compositivo in qualche modo
aulico . Come ha rilevato Roberto Longhi, nella Madonna del parto, Piero
immagino una rappresentazione estremameme piana, eppure, come amano i
villici, del tutto aulica , ove nella ripetizione capovolta dei due Angeli reggicortina Piero - sono parole del Longhi - non si perito di rimare affattissimo angelo con angelo, invertendo semplicemente lo spolvero 27 . Ora, per
quanti abbiano una qualche confidenza con la pittura di icone o piil approssimativamente con i mosaici bizantini, non saca difficile riconoscere in questa
operazione di Piero, l'inversione appunto dello spolvero, l'applicazione di una
norma compositiva della pittura bizantina e cioe della simmetria bilaterale
speculare .
Tutto questo ci riconduce ad una affermazione di Otto nella seconda parte di Sacrificio, di fronte alla Adoraone dei magi di Leonardo: lo preferisco
Piero della Francesca . Quello che Tarkovskij amava di Piero della Francesca
non era, probabilmente, il suo essere un pittore del Rinascimento, quanto in
qualche modo la sacralita , la cosmica sospensione delle sue figure. Di nuovo si affaccia qui l'opposizione tra mondo bizantino e mondo rinascimentale,
tra misticismo ascetico e mondanira, da cui si era iniziata la nostra riflessione.
Proponiamo questa come una delle possibili chiavi di lettura, consapevoli che
il mondo poetico di Tarkovskij e ben piil complesso rispetto ad ogni possibile
riduzione in termini critici. Se si afferma pero che Andrej Rublev e un' opera
centrale nella produzione dell' artista occorre tener conto anche di questo tipo
di lectura. La struttura stessa del film diviso in episodi, preceduto da un prologo e chiuso da un epilogo, sembra rimandare aquella che in un saggio acutissimo di Henry Maguire e stata definita come una delle caratteristiche strutturanti dell' arte bizantina: la stretta connessione tra eloquenza retorica e arti
visive. 28
Si schiude cosi una possibilita nuova, rispetto a quelle consuete, di decodificare un' opera complessa e densa di citazioni e significati come Andrej Rublev. E nello stesso tempo si riafferma la stretta dipendenza di Tarkovskij dalla
cultura russa.
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Gli anni sessanta hanno segnato, per il cinema, il momento di radicale discrimine tra convenzionali statuizioni e codificazioni quali scuole nazionali, insorgenze innovatrici, tendenze stilistiche-espressive ed una teorizzazione e ancor
piu una pratica creativa improntate da una deregulation, un'informalita
tematica-operativa per se stesse sovvertitrici di acquisiti criteri, di collaudate esperienze nel vasto campo della settima arte . In tale contesto, relativamente
facile fu anche, giusto in concomitanza col proliferare nel nostro paese delle
cosiddette televisioni private, 1' automatico, prevaricante influsso della produzione americana. Ci riferiamo specificamente al termine produzione , poich in effetti la montante egemonia del cinema hollywoodiano in Europa e,
in ispecie, in Italia, propizio la diffusione, la circolazione- e, d'immediato
riflesso, il consenso vistosissimo- di cose abbastanza spurie. Cioe, una complessa congerie ove il lungometraggio a soggetto di tradizionale fattura o, in
misura minoritaria, certi film d'autore, risultavano indistintamente mischiati
a confezioni, a materiali assolutamente incongrui che solo in forza di taluni
allettamenti strumentali (gadgets, effetti speciali, mode musicali giovanili) diventarono presto successi spropositati, oggetti immotivati di un culto consumistico dissipatore. Fu, insomma, ci che oggi si lamenta quasi ritualmente come
que! male - parrebbe - esiziale, irreversibile, definito efficacemente l'americanizzazione dell'Europa >> in generale e del cinema tout court in particolare.
Un riscontro consistente, spesso drammatico di tale fenomeno di degrado
civile-culturale si avverd in modo piu sensibile, pregiudizievole nel nostro paese tanto per 1' oggettiva, congenita fragilita, la colpevole imprevidenza dell' apparato produttivo-distributivo del cinema italiano, quanto per l'insipienza, la
neghittosita con cu la stessa cultura europea, il proverbiale lassismo italiano
finsero velleitariamente di resistere alla montante marea normalizzatrice >> made
in USA. Si sa bene oggi, come era stato chiarito fin dai primordi del cinema
e sulla scorta delle ricorrenti crisi che hanno contrappuntato costantemente 1' avventurosa storia della settima arte >> al di qua e al di la dell' Atlantico, che
uniche risorse , strumenti efficaci per far fronte a tanta e tale destabilizzante
invasione risiedevano nel ricorrere alle cinematografie nazionali dei singoli
paesi europei. E, soprattutto, nel puntare al recupero di quelle inespresse risorse di cinematografie di prestigiosa, classica tradizione come la sovietica, 1' italiana, la francese, che in un non lontano passato, avevano gia dato circostanziata, puntuale prova di innegabile originalita stilistico-espressiva, oltrech di
una tempestivita, di una pertinenza tematica-narrativa pregevolissima.
Squadernare una volta di piu questo frequentato cahier de dolance puo
servire, ua l'altro, per rinverdire una constatazione apparentemente scontata
e, in effetti, invece mai abbastanza ribadita, ricordata. Lo stentato mercato cinematografico italiano attuale risulta, ad esempio, sintomaticamente rivelatore di una sndrome abbastanza sconcertante. E notoria, anche fuori della ristretta cerchia degli specialisti, la dovizia, la varieta, 1' altissima qualita delle
Sauro Borelli
tentica vocaziooe. Appuoto, il cinema. E, siotomaticameote, Tarkovskij e Koocalovskij si cimentarono fin dagli ioizi in una complice collaboraziooe sfociata,
prima, oella comuoe sceoeggiatura del saggio di regia JI rullo compressore
e ti vioNno (1960) e, quiodi, oella successiva, piu densa fatica del soggetto e
della sceneggiatura della memorabile opera secooda Andrej Rublev (1966),
lavori questi tra i piu tipici, caratterizzanti del fervore creativo innovatore dello
stesso Tarkovskij gia postosi risolutameote in luce, tra !'una e 1' altra realizzaziooe ora ctate, col film tutto eterodosso, intrnsecamente trasgressivo L 'infonzia di !van (1962).
In qualche misura, aozi, L 'infonzia di !van costitui verosmilmente il cuneo che, va va spinto piu a fondo, determin poi la progressiva separaziooe
tra la poetica tendeozialmente spiritualistica, larvatamente irraziooalista dello
stesso Tarkovskij e quella piu intimista, classicamente umaoistica (piu precisamente, cecoviaoa) cu si rila Koocalovskij fin dalle sue ispirate, origioali prove
ioiziali , JI primo maestro e Stona di Asa la zoppa. Si e detto significativamente, giusto a proposito di questo distacco operato da Tarkovskij, oel momento stesso in cu, con la sua ricerca, il suo stile, rivisita luoghi e miti all'appareoza iotoccabili o troppo frequeotati del mondo sovietice: Mette in causa una
cultura che [ ... ) divioizza la ragiooe. Ma il suo umanesimo ignora le classi e
le loro lotte (che pure eraoo present in Rublev), e si fonda su un' idea dell'uomo astratto, eterno. Il solo motore della storia, secondo lu, resta la coscieoza
iodividuale. L'analisi storica e, dopo tutto, la grande asseote dai film di Tarkovskij . Il passato vi e esaltato (iofanzia, tradizione, ricerche spirituali) e coodaonato (per le sue soffereoze) . Tutti i suoi persooaggi sooo presi dalla storia
ma non possono agire su di essa. Privato e collettivo costituiscono due sfere separate. Destoricizzata, la guerra, o e L 'infonzia di !van , e solamente condtone tragica e assurda. E quando la storia e ritrovata - come oe Lo specchio e a vantaggio della russita , delle domine e delle convinziooi slavofile sulla
missione della Russia santa e pagana .
Il giovanile sodalizio tra Tarkovskij e Koocalovskij si esaurisce duoque in
una convergenza accidentale, episodica, contingente, anche se, nel corso degli
aooi, e particolarmente in occasione della ricordata coincideoza e coocomitanza delle preseoze delle loro opere ultime a Cannes '86, rivelano in trasparenza
taluoe costanti occultate, certi percorsi segreti che, se indagati a fondo, potrebbero forse rimettere in discussiooe tanto il ribadito spiritualismo di Tarkovskij, quanto la presunta moodanita, 1' ostentato cosmopolitismo (e persino cinismo) di Kooealovskij. In altri termioi, porre mano e mente al cinema di Tarkovskij implica, d 'immediato riflesso, proiettarsi sul terreno accidentato e oltremodo problematico della totalira del vissuto. Con tutto ci che tale avveotura tarkovskiana comporta necessariamente di cimenti narrativi, dialettici e,
se si vuole, poetici spericolatamente tesi a cogliere, a penetrare la complessira,
la contradditorieta estreme d'una condiziooe esistenziale unica, irripetibile, volta
ossessivamente verso mete, approdi assoluti. E, per ci stesso, irraggiungibili,
angosciosamente frustranti.
Al termine di una simile, pur disorgaoica .iocursiooe oelle cootigue e, calora, complici esperieoze di Tarkovskij e Koncalovskij emerge, tra l'altro, un' ulteriore, piu precisa coostataziooe. Con le successive, piu caratterizzate prove
occidentali , realizzate dallo stesso Koocalovskij in Inghilterra e negli Stati
Uniti, quali Duet for One e Shy People, prende forma ed evideoza anche piu
marcara que! distacco, il discrimine, diremmo, ormai classico tra la spettacola-
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Accade sempre che in una personalica complessa (anche se semplice nel fondo)
si riverberino influenze culrurali disparate. Accade, non puo non accadere, che
per Tarkovskij si avverta la presenza di una filosofia come quella heideggeriana. Cosl come accade che in questa chiave possano essere interpretare le stesse
inclinazioni mistiche present in tutta la filmografia del regista. Accade, infine, che la contraddizione complessita-semplicita si trasformi, nelle man dei
critici, non soltanto in un metodo di analisi ma anche in un gioco linguistico.
Quanti hanno notato che il gioco linguistico e parte integrante e imprescindibile di quella che si vorrebbe chiamare la nuova critica cinematografica? Forse
pochi, ma e necessario sottolinearlo: il gioco linglistico come metodo critico
e innovazione ricca di follia ma anche di futuro. E cerro che su questa strada
molti si muoveranno, ed e sicuro che !'opera di Tarkovskij sara un'ottima pietra di paragone per cene esercitazioni. Non c'e bisogno di evocare Wittgenstein per sapere che il gioco linguistico e sempre la spia di segreti profondi.
E non e necessario ripensare ossessivamente al linguaggio di Tarkovskij (o ai
linguaggi di artisti al pari di lui contorti, da Murnau a Bergman) per sapere
che molto spesso la complessica (il parere) e figlia della piu disarmata e fragile
semplicita (l'essere).
Eovvio ma va ribadito: la contraddizione complessica-semplicica ha ~nche
origini esterne. Quando si parla dei tormentati rapporti fra Tarkovskij e il potere sovietico si offre anche un elemento fondamentale alla comprensione di
uno stile di artista. Un poeta - diceva Tarkovskij - << e colui che non tenta
di riprodurre la realta che lo circonda .Non era vago, in questo, e non parlava
delle nuvole. Cosi dicendo, faceva la sua dichiarazione di poetica contro il realismo socialista , rifiutava la piatta riproduzione di quella che il potere usava
chiamare- ma non era -la realca (era, semmai, la schematizzazione, la glorificazione, la sclerotizzazione della rea!ta sovietica). Citando il poeta, Tarkovskij sapeva di non citare un generico intellettuale che inseguisse vaghi ideali,
come noi tendiamo a pensare quando usiamo la parola << poesa . Si riferiva,
al contrario, alle condizioni di lavoro che erano le sue e dei suoi colleghi. Si
riferiva a rutto cio che gli veniva imposto e che egli (a differenza di molti altri)
non voleva e non poteva accettare. Si riferiva, in ultima analisi, a una visione
del mondo che respingeva. Cosl, la sua affermazione dovrebbe essere tradotta,
per essere veramente compresa, in questo modo: Un poeta non tenta di riprodurre la realta che lo circonda perch un poeta non puo essere realistasocialista . Ecco, dunque, un altro spunto perla riflessione. Per una riflessione che non attenga soltanto ai rapporti fra il regista e il suo >> potere poltico,
ma che concerna il problema stesso della liberta-costrizione che ogni artista vive nell' ambito della sua societa. E che naturalmente riguardi le conseguenze
c~e questa lacerazione inevitabile produce sugli sviluppi dell 'ideologa e del
hnguaggio propri dell' artista.
Con ogni probabilid non e sbagliato far risalire a tale lacerazione la pre-
L'zdeologia e la contraddizione
senza di quella criptomnesia che la psicoanalisi offre come strumento ermeneutico. Cio che conta non e la citazione conscia. Conta soprattutto, anche se
non esclusivamente, la citazione inconscia. Fuorviante. Dire e non dire. Dire
una cosa per dirne un'altra. Di nuovo, essere e parere. Alla fine, e nel fondo:
far perdere le tracce. Che questo meccanismo della << criptomnesia debba essere accostato (sovrapposto, forse) alla lacerazione )) prodotta dal potere e quasi
cerro. Come l'accostamento abbia funzionato lo si potrebbe vedere attraverso
un'analisi specifica dei film del regista. Ma, forse, lo si scopre nella maniera
piu chiara se quei film (alcune sequenze di quei film) li si mette a confronto
con le dichiarazioni del regista.
Per prendere un solo caso, esistono numerose dichiarazioni di amore che
Tarkovskij ha pronunciara verso i pittori del Rinascimento italiano: verso Leonardo in special modo. Si provino ad osservare i suoi film. Si vedra come esistano, evidenti, i segni della figurativita rinascimentale, ma come siano ben piu
evidenti i segni di un' altra pittura, e si scoprano le tracce di un pittore russo
come Repin. Repin al posto di Leonardo. O accanto a Leonardo. Tracce perdure, tracce nascoste. Che il regista pensasse al Rinascimento, e alla sua civilta,
era naturale: non e stato il primo russo e non sara !'ultimo a farlo. Ma, nel
caso di un artista come lui, il fatto che Leonardo nasconda >> la pitrura dell'Ottocento russo (o, se si vuole, le dia una patente di nobilica) e assai significativo.
Un discorso simile puo essere fatto per i maestri cinematografi di Tar"
kovskij. Ha detto di averne cercato alcuni (il maggiore di tutti Dovzenko) e
di averne rifiutati altri (uno soprattutto, queli'Ejzenstejn da cu s'e sempre voluto lonrano). Eppure , a guardare bene, in Andrej Rublev la presenza di Ejzenstejn e continua, ossessiva perfino: la si scopre nei movimenti delle folle,
~olti totali dall'alto, in rutto )'episodio della fusione della campana, nel
rbriativo (sovente riuscito, esplendido) di trasfigurare la materia visiva, di farla significare oltre la semplice apparenza. Lontano nelle intenzioni ma vicino
nei f;~ni, Ejzensrejn e a buon diritro uno dei maestri di Tarkovskij.
E un singolare esempio di criptomnesia . Si ricordi come su entrambi
abbia agito la suggestione di Leonardo, e forse nella stessa maniera. Sia daTarkovskij che da Ejzenstejn il pirrare italiano fu considerato un modello di artista
prima ancora che un modello di arte. Ritorna il tema della complessita con una
sfaccettatura ancor piu inreressante. Tarkovskij (e anche Ejzenstejn?) si richiama a Leonardo per far perdere le tracce, per nascondersi, richiudersi in se sresso, manifestare le proprie idee attraverso segni ambigui. Fa tuno questo mediante un linguaggio denso e<< sottolineato (inquadrature inconsuete, angolazioni innaturali , dall'a!to, fissita eccessive e lentezze quasi intollerabili,
improvvise accensioni ritmiche ecc. ). Di nuovo sembra riapparire 1' analoga
Tarkovskij-Ejzenstejn: fratelli oemici (ideologicamente?), mistici (anche se ciascuno a suo modo), portatori di un'immagine contraddittoria dell'uomo.
Sul terreno della contraddizione si dovra anche parlare dei segoi e dei simboli ricorrenti. Non sono molti questi simboli, ma sono tutti forti >>. Imanto,
i quattro elementi naturali: l'acqua (gocce, pioggia, stagni, pozzanghere, terreoi paludosi ecc.), che e sempre legara al suono che produce o che da essa
si estrae; il fuoco (la fusione della campana, e forse 1' esempio piu alto, ma quanti
altri ve ne sono in Rublev, e quante altre volte riemerge, in piu di un film e
in forme complesse, come nel magma incadescente di Solaris); )'aria (materializzata nel vento, come nella sospesa >> sequenza iniziale di Lo specchio ); .
Fem.Jido Di Giammatteo
la terra (zolle, radici, arbusti, fili d'erba, foglie, rami, nei quali la macchina
da presa si immerge, si incunea e quasi scompare: Stalker e Nostalghia rappresentano i due episodi piu clamorosi). Gli elementi naturali si trovano sempre
al centro della rappresentazione: la sostengono, la guidano, la giustificano. Fanno
parte della storia.
Accanto ai simboli citati- quelli che si potrebbero definire macroscopici
-vi sono quelli indiretti. Sono simboli che ora si presentano nelloro aspetto
concretamente simbolico, ora possono essere colti dallo spettatore come semplici tem. Ad esempio, il tema-smbolo del fanciullo. ll fanciullo ignaro
che possiede la verica: colui che non vede, non sente, non conosce, ma tuno
vede, sente e conosce. E tuno decide, come Boriska che finge di essere il depositario del se greco della fusione della campana (ma non e vero) e che alla fine
la campana riesce davvero a fonderla, nella sequenza piu straordinaria di Rublev. Accanto a questo ragazzo possiamo porre il piccolo muto di Sacnficio,
che rimane accanto (custode e padrone insieme) all'albero della vira. 1 fanciulli
sono, insieme, l'innocenza (del mondo) e la vera conoscenza: i dottori del Tempio non hanno nulla da contrapporre alla sapienza di Gesu. Tem o simboli
che siano, Tarkovskij introduce i suoi fanciulli dentro storie atroci e pietose.
Li osserva impassibile, senza commozione alcuna.
Simboli e tem. Sono due nozioni che, per Tarkovskij, possono ridursi a
una. N el suo linguaggio tutto e simbolico, perch ogni tema affrontato rimanda ad altri tem e suggerisce al tri significati. Che cosa vi sia alle spalle di questa
tematica (per cos! dire) simbolica, in parte sappiamo, ma parecchio ancora dovra essere scoperto. Quando ci si trova di fronte a una strutrura simbolica cos!
ramificara, si puo anche reagire (m o !ti han no reagito, e reagiscono) con un rifiuto. Edel tuteo naturale. Non solo, ma elo stesso Tarkovskij che non ha mai
chiesto il consenso, n dei suoi produttori, n dei suoi spettatori. Ha sempre
cercato di provocare attraverso una totale, e complessa, sinceridi. Lo stesso suo
individualismo, cosl sbandierato e cosl intenso, e stato una sfida continua non
solo al potere ma all'ideologia dominante. La provocazione non ha mai conosciuto il compromesso e, come ogni provocazione autentica, e stata o accolta
con entusiasmo o duramente respinta. Tune le inquadrature dei film tarkovskiani sono, in cerro senso, fuori misura. Provocatorie, appunto. Ma non basta.
Lo sguardo che Tarkovskij rivolge agli uomini e al mondo e fermo tanto
da parere immobile. Da qui nasce quell'impressione di impassibilica checomunicano le sue immagini. Da qui nasce anche quella concezione dello spazio
e del tempo che fa del regista russo un caso unico. Dire che lo spazio tarkovskiano imprigiona m a non contiene (e 1' osservazione che scaturisce dal metodo
psicoanaltico) significa che anche qui si ritrova il segno della contraddizione ,
come in tutti gli altri tem e simboli del regista. Lo spazio non puo essere abitato , eppure chiude chi vi si trova come in una cella e gli impedisce di uscire.
Quasi sempre si tratta di uno spazio incorniciato : la macchina da presa guarda
verso gli interni (le stanze, i luoghi chiusi) attraverso cornici o finestre o porte,
e qualche volta penetrando nella finta realta degli specchi.
La sospensione che da senso al linguaggio si esprime in modo ancora piu
chiaro nella messa in scena del tempo. 1 lunghi carrelli che accentuano
l'immobilita ottengono l'effetto di dilatare il tempo, di sospenderlo in una
sorra di e infinita dell'immagine. Cosl, il tempo sospeso e immobile si trasforma insensibilmente, di sequenza in sequenza, nell'attesa di qualcosa che
dovra accadere (e che certamente accadra). Le contraddizioni si moltiplicano
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L 'ideologia e la contraddizione
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'
~
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L 'equivoco de/I'Occtdente
a dare buoni consigli su come risolvere i problemi degli altri. Ho viaggiato attraverso gli Stati Uniti accanto a Tarkovskij, e ho visto come la su a opera si a
accolta in America con maggiore difficolta che neii'Europa occidemale. Forse
questi sono fatti collegati. Tarkovskij inruiva che lo sbaglio deii'Occidente comincia col Rinascimento. Sbaglio iniziato da Galileo, continuaro da Cartesio,
Hegel, Freud e Marx. Sentiva che questa suada non buona: Tarkovskij la contestava , pensava che non fosse giusta. Uno di voi, ieri, parlava del suo gusto
per la pittura e ricordava che nella Gallera degli Uffizi voleva vedere solamente le prime tre sale. Mi sembra un fatto abbastanza emblematico. N elle molte
conversazioni che abbiamo avuro, parlava a me - polacco, cioe slavo ma occidenrale - di quesro Rinascimenro maledetto, che rende fieri voi fiorentini,
voi italiani, e che per lui non era affatto positivo . Non accettava (lo dico in
forma poetica) quesro mettere al centro dell'universo non piii Dio ma l'uomo
con il suo orgoglio, la sua arroganza, la sua imperfezione. Lo imuisco soprattutto dalla sua opera e ci mi spiega come questa opera, cosl bene articolata,
cosl bene calibrara, trovi difficolra enormi a essere compresa, perch contraddice totalmente la coscienza occidenrale.
"Da dove viene la differenza? Efacile dire che viene dalle su e origini russe.
Ma non basta. Occorre penetrare piii a fondo nella mentalita russa. Occorre
Qi~tin
. guere tra la corrente filo-occidenrale e quella, per cosl dire, isolazionistic{.iJ.a una parte uoviamo Herzen, dall'altra Dostoevskij , forse Solgenitsin. Dove
collocare Tarkovskij? E un problema da approfondire, ma probabilmente piii
che le radici culturali contano 1' esperienza vissuta, la paura che qualcuno bussi
alla porta di notte. Per tutti noi quesro e parte della nostra esperienza esisrenziale. Per voi so no cose astratte. Chi pu bussare alla vostra porta, nella notte?
Un ubriaco? Una persona sbagliata o il fattorino dei telegrammi? Per me, in vece, pu significare la fine della mia esistenza artstica, pu significare un cambiamento radicale della vita. E questo poteva accadere, particolarmenre negli
anni cinquanra, ogni giorno. Da qui nasce una visione del mondo completamente diversa.
Questo credo sia il punto di partenza per capire Tarkovskij. Egli comincia
sempre con domande filosofiche d'ordine onrologico, che da molti anni- dall'inizio (quasi) del secolo- I'Occidente non si pone piii, considerandole domande non necessarie. Tanti filosofi hanno espresso il dubbio se queste domande si debbano porre. Perch siamo nari, perch siamo srati chiamari dalla non esistenza all'esistenza, qua) e il nosrro posto nell'universo, qua) e il ruolo che dobbiamo interpretare . Sono parole di Tarkovskij ed e un modo di
parlare opposto al modo che probabilmente usare voi: per voi l'uomo e sempre
il soggetto che sceglie, decide, e onnipotente. Al contrario, l'umilta verso la
propria sorre viene da un'altra esperienza, e, se il mondo di oggi fosse meno
contento di s, queste sarebbero domande valide. Se Tarkovskij oggi ricorre
all'irrazionale contestando il razionalismo occidenrale, compie un'operazione
di grande valore perch apre una prospettiva per lungo tempo trascurata dalla
sensibilira occidentale. C'e di piu. Credo che questa esperienza sia non solamente collettiva ma anche individual e. La sua e una dimensione particolarmente
tragica. Conoscevo Andrej quando ancora viveva in Russia, so come doveva Jorrare, sino ad impazzirne, per conservare la sua liberta, la sua indipendenza dal
potere, dalle pressioni esrerne, dal conformismo, dalle esigenze estetiche dell'ufficialira. Quame volte fu denunciato dai suoi colleghi pur ostili al potere,
che accusavano Tarkovskij di contrabbandare nei film idee condannate e viera-
Vorrei anzitutto ringraziare per quesro invito. Mi sento molto onorato di poter
parlare di Tarkovskij a Firenze, la cittii che lo ha accolro in un momento drammatico della sua vira. Qui )'apertura tradizionale e la continuira della sroria
si senrono e si esprimono in gesti come quesro. Credo che questo sia per tutti
gli artisti un segno di ottimismo: anche quando si e nei guai d'ordine poltico,
o amministrativo, si trova appoggio in gente che riesce a superare questa prospettiva immediata e poltica e a vede re 1' artista come un individuo e a dargli
una mano. Ma parlare di Tarkovskij per me non e facile: non sono uno studioso, non sono un critico. Ho sentiro ieri inrervenri belli, dotti, complessi, io invece posso pon e solo la ma testimonianza, racconrare i miei contatti con lu
e forse cercare di generalizzare un po', magari rischiando di essere mal compreso (il mio italiano non e abbastanza sottile per esprimere le cose che vorrei esprimere, ma confido nella vostra fantasa per essere capito anche se non sar molro chiaro).
Mi sembra che il rapporto tra Tarkovskij e il pubblico occidentale (e i critici occidentali) sia un rapporto complicaro. C'e senza dubbio inreresse ma c'e
anche un malinreso permanente, e un equivoco che Tarkovskij stesso semi e
soffrl per tutta la vita. Cerco di capire da dove viene questa spaccatura. Essendo polacco, un po' a meta strada fra la vostra Europa occidenrale e !'Europa
orienrale della Russia, forse senro questo sentimento come particolarmente mio.
Perch e tanto difficile essere d 'accordo con Tarkovskij per il pubblico e sopratrutro per gli intellettuali occidentali? Vorrei azzardare un'ipotesi: il revisionismo di Tarkovskij va molto piii lontano di quanro gli intellettuali e !'Europa occidentale vogliano accettare. La mia intuizione e questa: venendo dalla
Mitteleuropa, dalla Polonia, vedo )'Europa occidentale particolarmente contenta di s, perch ha constatato che tante sue aspirazioni si sono realizzate (la
societa occidenrale, soprattutto oggi dopo la seconda guerra mondiale, e divenuta una societa del benessere, una societa democratica che si senre profondamente soddisfatta, e quesro stato d'animo non permette revisioni radicali, perch non ce n'e bisogno). Vedo un ceno compiacimento, un'approvazione profonda del mondo nel quale si vive. So benissimo quante correnti di critica, e
anche di rabbia, esistono in Occidente, ma dubito che lo scontento sia davvero
profondo. Ricordo di aver letto Stefan Zweig che parlava dell' Austria di fine
secolo. Scriveva di questa Austria come del Regno della sicurezza, dove si sapeva turro, dove il denaro era sicuro, dove non e' era inflazione, dove ciascuno
conosceva perfettamente il suo futuro, e dove si pensava che con la conciliazione si possono risolvere tutti i problemi dell'umanira. Questo stato d'animo si
e dissolto durante la prima guerra mondiale, ma ora lo si pu attribuire alla
cultura deii'Europa occidentale, deii'Europa tecnicizzata.
Se ci spostiamo ancora piii a Occidente, troviamo che quesro sentimento
e persino piii forre: la cultura nord-americana e ancora piii sicura e contenta
di s. Questo si vede negli atteggiamenti degli americani, che sono sempre promi
Krzysztof Zammi
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Frammenti di memoria
Tonino Guerra
Mi sono innamorato deJie opere di Tarkovskij molri anni fa, quando in Italia
non era ancora conosciuto. Cos!, decisi di anclare in Russia, anche perch ero
facilirato per aver sposaro una ragazza di Mosca. Volevo portarlo in Italia. Ho
impiegato rre anni. Lu credeva che non ci potessi riuscire. Invece io- aiutaro
da mia moglie - ci sono riuscito. Soprattucto perch amavo molto i suoi lavori
e, siccome tra le altee cose sono anche sceneggiatore, amavo molto il modo che
aveva di usare la natura. Una delle cose che mi aveva col pito di pi u fu l' inizio
de11o Specchio. Vi parlo di un farro tecnico, perch Tarkovskij era un grande
sceneggiatore.
"
All'inizio dello Specchio si vede - di spalle - una donna bionda che
sra guardando una grande vaJie piena di sole. Noi vediamo che sulla destra ci
sono anche dei bambini. Quesra donna che guarda la valle piena di sole, noi
)'\ , capiamo, e come in artesa di un inconrro, e noi immediatamente sentiamo la
U sua grande solirudine. Infacti, a un cerro momento, qualcuno cammina fra il
grano. E un doctore, che adesso vediamo in primo piano. Un doctore con la
barba, che sta cercando una casa. C'e subito un arrimo di simpata tra i due.
Lui chiede: e Dov'e la casa tal dei rali? (non ricordo il nome russo). La donna
dice: e Non e quesra . C'e delusione negli occhi dell'uomo: e Ma dov'e? e Deve ridiscendere, anclare a destra e trovera quella casa . Lui, affascinato dalla
presenza di questa ragazza, dice: e Posso fumare una sigarecta? Accende, fuma, appoggiandosi anche lui sulla sraccionata. La sraccionata crolla. Lui chiede
scusa, la rimectono a posto. La donna si mecte a sedere, l'uomo se neva e cammina nel grande prato, nella vaJie di grano. Ma aquesto punto interviene una
cosa che noi avevamo gia norato. Il vento che muove i rami degli alberi, ora
scende questo vento, abbassa il grano, colpisce la sc~iena dell'uomo, il quale
si gira quasi chiamato dalla donna. Come dicesse: E un vento ruffiano . Eppure si guardano, si salutano da lontano. Non si vedranno mai piii.
Questa irruzione del vento ha aumentato la stima che avevo per Tarkovskij. Euno degli elementi che mi ha portato in Unione Sovietica a parlare con
lui . La casa di mia moglie e a dieci passi daJia casa dei Tarkovskij. Cos! noi,
tutti i giorni, si parlava, si cercava un soggecto. 11 soggecto che ci sembrava il
piii furbo (a que! tempo bisognava proprio dire cos!) era un Viaggio in Italia di Tarkovskij. Se e' era stato il viaggio di un grande scrirtore francese come
Stendhal, poteva anclare anche per un regista. L'ho proposto alla televisione.
Alla televisione la cosa piaceva. 1 contatti sono durati tre anni.
Poi , finalmente Tarkovskij e venuto in Italia. lo ho cercato di mostrare
le cose che mi sembravano abbastanza magiche. Siamo andati nel Sud e siamo,
aJia fine, approdati in questo paese magico che e Bagno Vignoni. Credo che
la scoperra di questa piscina dove si bagnava Caterina da Siena, lo abbia veramente deciso a inventare il film. All'inizio era proprio un viaggio, realizzato
in film da Tarkovskij, con un operatore un tantino distracto. Da H nacque l'idea di Nostalghia.
Tanino Guerra
Nostalgia per un russo non e la stessa nostalgia che puo avere un italiano (un italiano che va in America ha la nostalgia dell'Italia, se ha i soldi viene
in Italia). Per un russo, anche quando non c'erano i comunisti e anche prima
(adesso le cose sono molto cambiare), significa probabilmente, una volta che
decide di abbandonare l'Unione Sovietica, non tornarci mai piu. Accadeva sotto
gli zar, a quelli che venivano a studiare in Italia. Molti erano musicisti. Conosciamo la storia: si tratta di un musicista mandato in Italia da un prncipe che
lo teneva come schiavo. Era venuto a studiare a Bologna dall'abate Martini,
lo stesso che insegno a Mozart. Quest'uomo ha lasciato una lettera dove dice:
Vorrei pagarmi la liberta. Ma cambia idea: No, tanto il prncipe non me
la daca mai la liberta e io ho troppa nostalgia per non ritornare . Per un russo,
e una cosa drammatica la nostalgia. Da romagnolo l'ho provata anch'io. Con
tutto questo occuparmi di Tarkovskij , mi hanno proibito per tre anni di entrare in Russia, una terra per cu ho grande simpata, una terra che a me ha dato
molto. Ho sofferto anch' io di quello stesso tipo di nostalgia.
Devo dire che ho rivisto Nostalghia, come ho rivisto Sacrificio, e trovo piu
perfetto Sacrificio. Ma cerro Tarkovskij non poteva fare Sacrificio se prima non
partiva dalla nostalgia, perch il tema, secondo me, e quello. La gente giudica
il film noioso, ma le opere d'arte sono noiose (chi ha voglia di leggere La divina commedia?). Sotto sotto, al di la del racconto, c'e la meraviglia di Tarkovskij , que! suo darci l'acqua, i rumori dell'acqua, di toccarci dentro per farci
capire che cosa e la chiarezza di un avvenimento. Imanto, e proprio la storia
vera di Tarkovskij. Volle il caso che nei due film il protagonista muoia ostia
morendo. Sono film che vanno riveduti per bene.
Due mesi fa sono stato in Unione Sovietica e ho visto che finalmente e' e
grande stima e amore per Tarkovskij. Ci sono stati degli incontri. lo ho parlaro
anche in un teatro e durante una trasmissione televisiva. Mi sono trovato in
una situazione un pochino drammatica, avevo sette persone attorno e improvvisamente tutti si sono messi a piangere . Tra l'altro dovevo anclare a trovare
la madre di mia moglie, malata, la quale si trovava in una casa di riposo molto
comoda vicino a Mosca. Mentre stavo mangiando mia moglie mi dice: Sta
arrivando il padre di Andrej . Vedo questo grande poeta (Tarkovskij amava
il padre e lo stimava enormemente) che avanza appoggiandosi a due stampelle, per raggiungere il suo tavolo. Devo anclare a salutare quest'uomo mi dico.
Aspetto un po' , mi decido, resto in piedi con le mani appoggiate al tavolo.
Dico soltanto: Sono Tonino Guerra . E il viso di quest'uomo si trasforma
in una maschera di commozione e di dolore. Mi accarezzava la mano, quasi
come se io fossi suo figlio, quasi fossi io il ritratto, la memoria di suo figlio.
Sentivo questa mano leggera che mi accarezzava in questo immenso atto di umilta. Subito cerco di fuggire. lo sono romagnolo e la prima cosa che fa un romagnolo e di dire di no. Vi potrei parlare mezz'ora dell'incontro con mio padre
(con lui non ci si dava mai la mano) quando tornai dalla Germana. Ero stato
prigioniero un anno. Torno e quest'uomo mi guarda con il sigaro in bocea.
Stiamo fermi a quattro metri di distanza perch so che baci non si danno, la
mano non si da, non si da niente. Lui si toglie il sigaro di bocea e mi dice:
Hai mangiato? Ceno, moltissimo! E se neva. Entro in casa con gli amici
che mi aspettano. A un ceno punto entra un personaggio con la valigetta in
mano. Dico: Lei cerca me? Si. Cosa vuole? Dice: Sono il barbiere,
sono venuto a farle la barba . Chi glielo ha detto? Suo padre . In quel1' occhiata aveva visto un tantino di barba lunga.
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Frammenti di memona
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ker, che si muove a suo agio solo nella zona e nel sistema di trabocchetti
della zona , e colui che agisce di soppiatto. Eocchio di lince, si muove nella
giungla della metropoli come si muovono gli indiani nel loro territorio, ma
e anche colui che guadagna soldi sfruttando 1' angoscia dei due (lo scrittore e
lo scienziato) che accompagna nella zona . Ein qualche modo un prototipo
del detective, forse e un detective dell'inconscio (puo alludere anche al detective dell' inconscio, allo psicanalista). Lo stalker conduce nella zona e la zona e un sistema complesso di trabocchetti imperniati intorno allo stato d' animo. Euna nostra creazione. Non lascia passare n i buoni n i cattivi ma quelli
che non hanno piu nessuna speranza: lascia passare gli infelici.
Il rapporto tra lo stalker e la zona spiega anche come l'ultimo stadio
di incarnazione dello stalker sia il verme, 1' idiota, colui che non ha alcun merito: probabilmente lo stalker puo essere una lettura in termini dostoevskiani di
una figura ti pica del racconto occidentale. Le caratteristiche della zona sono
~uesto sistema complesso di trabocchetti, di percorsi non rettilinei, di tracce,
J Vt piste che portano a una infinita serie di riferimenti all ' acqua. La presenza
dell'acqua e ossessiva, assillante. C'e pressoch dappertutto, nelle sue vare forme: pioggia, acqua stagnante, palude ecc. L'acqua, che e il punto d'approdo
della zona >~ , sono questo sistema complesso di trabocchetti, di percorsi non
rettilinei, di tracce, di piste che portano a una infinita serie di riferimenti all'acqua. La presenza dell'acqua e ossessiva, assillante. C'e pressoch dappertutto, nelle sue vare forme: pioggia, acqua stagnante, palude ecc. L'acqua,
che e il punto d 'approdo della zona , lascia trasparire nel suo fondo- quando
c'e un fondo - i detriti e i relitti di cio che e stato: bottiglie vuote, siringhe,
icone, corpi, pezzi, oggetti.
Credo che in Stalker sia molto forte il riferimento a una serie di aspetti,
di significati e di rimandi che fanno la struttura complessa del film, e dei film
di Tarkovskij. C'e, anzitutto, il riferimento portante all' acqua, simbolo cosmogonico, ricettacolo di ogni forma e genere di vita come diceva Heidegger: formule mitiche di una stessa realta, metafisico-religiosa. Nell'acqua abitano la
vita, il vigore, l'eter?ita. Naturalmente , quest'acqua non si puo avere n facilmente n da tutti. E custodita da mostri, si trova in territori difficilmente penetrabili, la possiedono diviniti o demoni. Lastrada per raggiungere la sorgente, conquistare 1' acqua viva, implica una serie di consacrazioni e di prove precisamente come la ricerca dell'albero della vita. L'acqua come elemento di nascita e di rinascita, come l'acqua amniotica del par,to. Questo complesso itinerario ha momenti alti di rappresentazione, quasi astratti, un paesaggio in cui non
c'e posto per l'uomo. Il percorso che compiono e un viaggio di uomini che
guardano un po' da dove veqgono e un po' dove vanno. Non sanno esattamente che cosa li aspetta. E un percorso che condurri alla sequenza final e, che
arriva all'improvviso: vediamo che sono n sulla soglia della stanza e poi li vediamo di nuovo nel bar da cui sono partiti.
Questo percorso e attraversato da momenti di raffigurazione che riguarda
soprattutto 1' acqua nelle su e vare forme (una serie di tunnel, di passaggi .ec~.)
ma e anche attraversato da una serie di tem interessanti in astratto ma nowstssimi: polemiche sull'ottimismo della scienza, sul contrasto tra l'inquietudine
(e i compromessi) dello scrittore e la ricerca dello scienziato. Polemiche, tentativi, discorsi e contrapposizioni che forse non sono un incidente di percorso ma
un transito verso qualche cosa. E si arriva cosi alla sequenza finale. La bambina
e tre bicchieri sul tavolo. Bambina con questo c0 pricapo curioso, e una faccia
Ono Cafdiron
da antica icona. Vediamo la bambina camminare (infatti, e una specie di miracolo, un miracolo della macchina da presa perch cammina sulle spalle del padre che poi scopriamo quando 1' inquadratura si allarga). Tarkovskij punta tutto su questo finale, che e un' epifana di forme rigorose, come ha detto Emengual in un suo saggio. E ~n momento altissimo, e tutto quello che Tarkovskij
ha da dirci con Stalker. E un po' come Sacrificio, con tanti livelli di lettura
e una grande ricchezza di riferimenti, e forse una maggiore sapienza di risultati (qui tutto quello che ha da dire, forse, Tarkovskij lo dice benissimo nella
visita a Maria).
C'e in Tarkovskij un doppio livello, una doppia dimensione. Perch due
dimensioni e non una? Perch usare due parole per dire la stessa cosa? Perch
in pieno giorno pu apparire qualcosa che non sia il giorno, qualcosa che in
un'atmosfera di !impida luce rappresenti il brivido di terrore da cui il giorno
e nato. Una bella follia: il parlare. Nei film di Tarkovskij si parla molto. A
molti ricordano, giustamente, il cinema da camera di Bergman. Sono parole
importanti. In molte di esse ci sono le idee di un uomo coltissimo, le idiosincrasie culturali di un uomo che aveva parecchio da dire. Nel suo Sacnficio c'e
tutto il suo amore per !'Oriente. Nell'ultima intervista, ha detto chiaramente:
Mi sento pi vicino alla Thailandia, al Tibet, al Nepal, che non alla Francia
o alla Germana .
Ho ricordato prima il suo contrastato rapporto con il Rinascimento. Nei
suoi film c'e tutto questo, ma c'e anche il bisogno di elaborare una grossa macchina di significati e di riferimenti, per potersi rimettere nelle condizioni di
provare il brivido di terrore da cu e nato il giorno.
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L'intervento di Tonino Guerra sulla funzione e l'importanza dello sceneggiatore mi permette di osservare che, nell'itinerario cos1 breve di Tarkovskij (sette
film in 25 anni sono molto pochi), i primi tre sono in un cerro senso film di
genere. L 'infonzia di !van e un film di guerra; Rublev e un film storico, anzi
~orico-biografico; Solans e un film di fantascienza (fra 1' altro e tratto da uno
~aordinario romanzo di fantascienza di un autore polacco ). Persino Stalker,
) a'nche se chiamarlo un racconto di fantascienza mi sembra un po' esagerato,
possiede elementi di fantascienza. Dunque, solo gli ultimi sono film d'autore
nel senso che diamo noi in Italia e in Francia aquesta parola, un'opzione, tra
1' altro, molto riduttiva e piuttosto artificiosa.
Una cosa che avrei voluto sentire, analizzare piu a fondo e la presenza della storia e della poltica nei film di Tarkovskij. Borelli, mettendo l'accento un
po' troppo su! lato spiritualistico, ha rimproverato in un certo s~nso a Tarkovskij il suo distacco dalla poltica. Non mi sembra molto giusto. E vero che Tarkovskij esamina la storia soprattutto nella sua atrocita. Qualcuno ha detto che
la storia e un incubo da cui ci si dovrebbe svegliare un giorno (e naturalmente
e impossibile). E Zanussi ha messo giustamente l'accento sul fatto che noi occidentali- almeno noi italiani- non possiamo capire bene, perch non l'abbiamo vissuto in prima persona, che cosa sia stato prima Auschwitz, e tutto
quello che ci significa, e poi lo stalinismo nelle sue forme piu dure. Ebbene,
prendiamo quello che, secondo me, e il piu poetico dei film tarkovskiani, Lo
specchio. U troviamo, eccome, la presenza della storia e della poltica, sia pure
intesa come atrocitii. Di Giammatteo ha citato 1' angoscia della correttrice di
bozze per que! famoso refuso: quello non e soltanto un rimando ai tempi della
paura dell'epoca staliniana ma e anche una variazione sul tema della colpevolezza, ossia su uno dei temi del film.
Non solo. C'e 1' episodio degli esuli spagnoli che si son fatti una famiglia
nell'Unione Sovietica ma i cui figli ormai ignorano che cosa sia la Spagna. In
un certo senso, questa e un'anticipazione, forse profetica, del tema dell'esilio
che il regista avrebbe provato sulla propria pelle. Ci sono, sempre nello Specchio, spezzoni di cinecronaca di repertorio, dalla guerra civile spagnola agli scontri cino-sovietici sull'Ussuri e su! culto fanatico di Mao Zedong, maqui il discorso si dovrebbe allargare aquella che probabilmente era !'idea di Tarkovskij
sulla missione salvfica della Russia nei rapporti tra 1' Oriente (quello vero) e
1' Occidente.
Si e discusso delle citazioni nel cinema tarkovskiano: sia quelle esplicite
sia quelle segrete. Ora, in un'intervista che gli fu fatta proprio da Tonino Guerra
(Panorama, aprile 1979), Tarkovskij parla perLo specchio di una inquadratura alla Ingmar Bergman . Aveva pensato: Questa avrebbe potuto farla
anche Bergman . E la rifece uguale. Parla invece di due altre inquadrature
chiaramentc ispirate a quadri di Bruegel e aggiunge di averle costrue, molto
coscientemente e deliberatamentc, non con !'idea di robare (csiste un libro che
Morando Morandini
si chiama Ladri di cinema) o di mostrare quanto fosse coito, ma per testimoniare il mio amore per Bruegel, la ma dipendenza da lu, il segno profondo
che ha lasciato nella ma vita . Cita poi una scena del Rubiev che - dice lu
- potrebbe appartenere a Mizoguchi. E quando, con molto buon senso, Guerra
gli dice che pretendere di non citare e pretendere di non avere dei padri, dei
nonni, degli avi, Tarkovskij continua: Mi sembra che ogni aspetto profondo
nell' opera di autentici scrittori, pittori, musicisti abbia sempre radici molto profonde, sicch e inevitabile trovare richiami nel passato. Non so neppure da che
cosa derivi. Forse non e una caratteristica del nostro tempo perch il tempo e
pur sempre reversibile- almeno cosi credo io. Spesso scopriamo qualcosa che
abbiamo gia vissuto. Quando lavoro, mi aiuta molto pensare a Bresson. Solo
il pensiero di Bresson. Non ricordo nessuna delle sue opere in concreto, ricordo
solo la sua maniera supremamente ascetica, la sua semplicira e la sua chiarezza .
Qui il discorso potrebbe ritornare al tema della semplicira-complessira. Prima, sia pure scherzosamente Tonino Guerra diceva che i film di Tarkovskij sono spesso noiosi. Ora, sapete spero che la noia non e una categora critica, nel
senso che c'e chi si annoia a vedere i film di Tarkovskij o di Dreyer perch sono
lenti e chi si annoia a vedere i western. D'altra parte, nel cercare le ragioni per
le quali i film di Tarkovskij, almeno alcuni, sono non noiosi, ma difficili, ostici
e faticosi non si tiene abbastanza conto del fatto che molto dipende dalla nostra pigrizia mentale, dalla mancanza di allenamento. Siamo assuefatti al cinema di tutti i giorni che, bello o brutto che sia, e un cinema di prosa mentre
quello di Tarkovskij e un cinema di poesa, e non si puo leggere .la poesa come
si legge un romanzo, percp si tratta di un altro meccanismo. Si parlava della
popolarira di Tarkovskij. E come pretendere che un libro di poesie, non dico
di Tonino Guerra (che tra l'altro scrive in dialetto, anche se poi le traduce molto bene in italiano), madi Umberto Saba abbia la stessa tiratura di Moravia.
A proposito dell'atteggiamento di Tarkovskij verso il mondo occidentale,
nell'intervista che gli fece Tonino Guerra trovo un'osservazione che mi ha colpito, per fatto personale. lo sono arrivato ai sessant'anni e, forse come molti
di quelli che si avvicinano alla ma era, ho il problema dei libri: in casa non
ci stanno piu, non sisa dove metterli e, siccome sono sfrattato e entro due anni
devo andarmene, la sola idea del trasloco dei li bri mi mette 1' angoscia fin da
adesso. 11 mio sogno - lo dico da dieci o quindici anni- sarebbe di ridurre
la ma biblioteca a 100-120 libri, quelli fondamemali (se pensare che solo di
cinema ne ho 1500, e non ne ho letti nemmeno la meta). Tarkovskij racconta
che in Stalker gli era venuta voglia di far apparire all'improvviso uno scaffale
pieno di libri (lo scaffale apparira nel finale in una scenografia del tutto impropria per un simile oggetto). E aggiunge: Vorrei avere a casa ma una librera
simile. Non ho mai avuto una librera cosi. Mi piacerebbe averla nello stesso
disordine in cu la tiene lo Stalker . Ecco, questa osservazione marginale di
uno dei quattro o cinque poeti che il cinema possegga mi ha dato molto da
pensare a proposito dei discorsi che si sono fatti sul progresso, su! benessere,
su! consumismo dell 'Occidente, e sulle altre cose alle quali stanno arrivando
a poco a poco i paesi socialisti. Questa frase sulla librera che Tarkovskij vorrebbe avere mi ha anche un po' commosso.
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Giovanni Bogani
fJ
Come ti chiami?
Stephen Dedalus
Che razza di no me
e questo?
a.
Joyce, A Portrait
ofthe Artistas a Young Man)
Com 'e bello zi mondo e come sono brutti
Vorrei poter tenere conto della complessita, che non vuol dire oscurita, dei film
di Tarkovskij, ma sono costretto a cercare un filo conduttore: sara !'idea di labirinto. Sulla strada, naturalmente, ho incontrato altri film, e primo di tutti
Shining di Stanley Kubrick.
Non voglio trovare a tutti i costi delle analogie, anche se qualcosa in comune tra i due autori cosi grandi la troviamo subito: entrambi hanno fatto i
loro film col contagocce. Nei quattordici anni tra il1966 e il1970, ad esempio,
ciascuno ha realizzato solo quattro film. E, quasi in ogni film, entrambi i registi affrontano un genere nuovo, o almeno diverso dal precedente. Se Tarkovskij passa da un film storico (con tutte le riserve dell' etichettazione per generi ad autori come loro) come Rublev alla fantascienza di Solans, poi ad un
film parzialmente autobiografico come Lo specchio (Zerkalo), Kubrick passa
dalla famascienza di 2001: a Space Odyssey a A Clockwork Orange (Arancia
meccanica), ad un film storico come Barry Lyndon. Insomma, non si adatta
a loro la battuta mi chiamo Jobo Ford e faccio western , neanche cambiando
il nome.
E come se la ricerca dell' antitesi nel genere costituisse per loro un passo
necessario per proseguire; m a anche per non rimanere schiacciati dall' e red ita
del film precedente. Allo stesso modo, sono entrambi tenaci perfezionisti: se
si racconta che Kubrick, durante la lavorazione di Barry Lyndon, abbia fatto
attendere la troupe per settimane intere in mezzo alla campagna finch non
ha visto il giusto colore dei cieli e dei prati, allo stesso modo, tra le piu recenti,
c'e una testimonianza di Olof Lotwall, sulle pagine di Positif , il quale racconta di ore e ore passate a provare la stessa scena senza che Tarkovskij manifestasse il minimo segno di stanchezza o di irritazione, nonostante la malattia
fosse ad uno stadio gia avanzato; o di come tutta la troupe fosse mobilita~a
Giovanni Bogani
per cogliere tutti i fiori di colore incongruo dal prato dell'ultima scena.
Due punti in comune, dunque: lentezza di gestazione e perfezionismo,
del resto l'uno pendant dell'altro. C'e stato poi un momento in cui i due autori sano stati costantemente paragonati. Quando in Europa usd Solaris, se ne
parlo come della risposta sovietica a 2001. Naturalmente, non lo era n lo veleva essere: confrontare a quelle di 2001, le astronavi di Solaris sembrano lavatrici. Casi doveva essere: Tarkovskij non ha mai voluto suscitare furori o entusiasmi tecnologici.
Entrambi trovano poi la loro grandezza nella forza espressiva dell'immagine. Kubrick puo permettersi, nell'ultimo Fui/ Metal jacket, di ridurre i dialoghi a una serie di urli e di canzoncine militar-demenziali, tanto sa di poter
contare sulle sue immagini: del resto , era stato per anni, prima di prendere
la cinepresa in mano, fotografo perla rivista Look . La qualita d'immagine
di Tarkovskij e ugualmente inconfondibile, anche se cambiano i generi, i paesi, i direttori di fotografa: VadimJusov fino a Solans, Georgij Rerberg perLo
specchio, Aleksander Kuniazinskij per Stalker, Giuseppe Lanci per Nostalghia.
Ultimo, il mago delle luci di Bergman, Sven Nyqvist, per Sacnficio. I suoi scenografi, poi, cambiano ad ogni film. Tutto questo significa solo una cosa: l'uryid di un film con l'altro, nel suo caso, si trova solo nella persona del regista.
E lui che riesce a dare alle immagini di ogni film un' impronta tarkovskiana .
Il colore toglie allo spettatore tutte le possibilita d'evasione, e costringe
il suo sguardo a meditare su una realta che non riconosce come sua , e stato
scritto, e per quello che riguarda la maggior parte dei film a colori, giustamente. Ma proprio Tarkovskij smentisce la frase, nel porsi come uno dei piii grandi
registi a colori . E non solo perch i colori dei suoi film rivelano un' intensid
che rimanda a chissa quali accorgimenti d' illuminazione, pellicole, tecniche di
laboratorio (e i verdi della su a tavolozza forse non esisterebbero se non avesse
l'abitudine di allagare la scena prima di filmarla). Ma perch in lui colore, viraggio monocromatico e bianco-nero , usa ti all ' interno dello stesso film, riescono a creare doppie e triple realta, funzionano da veri e propri indicatori del
livello narrativo al quale ci troviamo. E moltiplicano, perlo spettatore, le possibilita d' evasione.
Solo pochi registi, e spesso registi sperimentali, gli si possono paragonare
nell'uso del colore. Uno e Patrick Bokanowski: un artista nato ad Algeri da genitori polacchi nel '43, allievo del pittore e foto grafo Henri Dimier, che impiega anni per realizzare i suoi cortometraggi in cui gioca con viraggi e decolorazioni per tentare la descrizione degli stati di coscienza intermedi tra il sonno e la veglia. O, su versanti di piii largo consumo, 1' Alain Tanner di Dans
la vzfle blanche; e poi si torna a Kubrick, magari a quei cieli attesi giorni e giorni dalla troupe di Barry Lyndon.
Un altro momento in cui questi due grandi dell'immagine s'imbattono
in qualcosa di simile e il tema dellabirinto. Detto questo, divarichiamo subito: anche figurativamente, i labirinti di Kubrick sono di linee nette, superfici
lisce, bagnati di luce, e se ne da un punto di vista esterno. Tarkovskij, al contrario, evita superfici lisce o geometrie regolari, il suo labirinto e fatto di cunicoli fangosi e non riducibili a nessuna delle figure geometriche piii semplici,
in continuo rivolgimento. Ma ne parleremo poi, con il fine (neanche troppo
nascosto) di rivalutare la modernid di Andrej Tarkovskij, di gettare dubbi sulla correttezza di parlare dell'autore di Nostalghia gia in termini nostalgici. La
sua opera non e un canto antico . Anche se i suoi temi hanno radici millenarie,
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come parte del suo universo di riferimenti, nondimeno sono estremamente moderni. C'e ancora molto, sui suoi film, da dire. C'e ancora quasi tutto, probabilmente, nei film che gia conosciamo, da vedere. Perch- come scrive Emmanuel Carrere su Positif - i territori che con i suoi film ha esplorato
sono territori nuovi per il cinema intero .
L 'universo del sogno
J
Giovanm Bogani
presente nei film successivi quasi esclusivamente nei sogni o nei ricordi dei protagonisti: figura desiderata e desiderabile, mai connotara negativamente.
In una di queste sequenze, dalla mano del piccolo Ivan, che abbiamo visto prima tentare di riposare, ma ancora con gli occhi aperti, mano su cui gocciola dell'acqua, si sale in verticale verso !'orlo di un pozzo dove rivediamo Ivan
e la madre, che si sorridono radiosi. Tra noi e i due c'e una massa d'acqua;
ma 1' immagine e talmente ntida che ce ne accorgiamo solo quando Ivan sfiora
la superficie dell'acqua, e l'immagine si fa ondulara. In fondo al pozzo c'e qualcosa di luminoso: e una stella , gli dice la madre. Ivan cerca di afferrarla: il
secchio cacle e adesso, al!' orlo del pozzo, c'e soltanto sua madre distesa in terra, mona.
A parte 1'innegabile suggestione della sequenza, essa ci m ostra uno dei
procedimenti che Tarkovskij usera per introdurre il sogno nel film. Da un particolare del suo corpo (ma in realta viene utilizzata una controfigura), in queseo caso la mano, la ci,nepresa si sposta ad inquadrare la scena sognata, che inelude ii personaggio. E cio che avviene in Stalker (1979): dalla mano dello stalker addormentato parte una lunga carrellata su oggetti d'ogni tipo (e c'e chi
ne ha analizzate le valenze simboliche) giacenti sotto un velo d'acqua, fino ad
arrivare di nuovo alla figura dello stalker disteso. Tarkovskij non usera mai,
per introdurre i suoi sogni, il segnale piii comodo e banale: n il flou, n la
dissolvenza incrociata. Utilizzera invece, oltre alla tecnica descritta sopra, i passaggi da! bianco enero al virato, al colore, per attuare le sue strategie di passaggio dall'universo e reale aquello fantastico o onrico, o da un tempo ad un
altro.
Naturalmente, si potrebbe tracciare una storia di come, nel cinema, i passaggi tra le gradazioni cromatiche (bianco e nero, seppia, colore e i vari tipi
di dominanti e di e iper colorazioni) siano stati in vario modo usati come indice di transizione tra i livelli della narrazione. Ai tempi del cinema muto, si
usavano virare nello stesso tono (per esempio, un leggero seppia) le scene del
film ambientare negli stessi luoghi, cio che si e tentato di fare anche nell'operazione di maqutllage svolta su Metropoli.r di Fritz Lang ad opera di Giorgio
Moroder. Ma vi sono esempi, a volte anche mal riusciti, di un uso narrativo
del colore anche in molto cinema recente, da! Mistero di ObeTWald (1980) di
Michelangelo Antonioni all'uso e tematico delle dominanti rosa e celeste in
Zuckerbaby (1985) di Percy Adlon, recentemente distribuito in Italia, ad opera della videoartistaJohanna Heer. Infine, nel Cielo sopra Berlina (Der Himmel ber Berlin , 1987) Wenders, a costo di contraddire certe sue precedenti,
ormai e famose affermazioni circa la maggior e realta del bianco e nero rispetto al colore, sceglie il bianco e nero per mostrarci la modalita di visione
degli angeli, e il colore per quella dei comuni mortali: anche se ex angeli. E,
non a caso, all'ex angelo (e ispiratore, nell'uso dei diversi piani cromatici?) Andrej Tarkovskij e dedicato il suo film.
Nel labinnto
11 termine e di moda, ma !'idea di labirinto esiste da almeno tremila anni.
Una e danza dellabirinto viene descrina nell'IItizde. Si parla di Minosse
nell' Odsea, di Dedalo nelle Ston'e di Erodoto, del Minotauro nelle Metamorfosi di Ovidio; sembra anche che sia esistita una tragedia di Sofocle oggi per-
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duta: Dedalo. Ma, andando ancora indietro nel tempo, troveremo labirinti di
pietre risalenti al Paleoltico sulle coste del mar Bianco e del mare di Barents.
Tra i piu antichi graffiti preistorici di cui siamo a conoscenza troviamo spirali
a numerose circonvoluzioni: e illabirinto e, nella sua forma piu semplice, una
spirale. Questi e embrioni di labirinto risalgono al Neoltico, circa 2500 anni
avanti Cristo.
Una popolazione di marinai, infine, incise disegni a forma di labirinto
sulle rocce della Scozia tra il 2000 e il 1500 avanti Cristo, nell'eta del Bronzo.
Sigilli di scisto rinvenuti in Egitto raffigurano meandri e spirali rettangolari , e forse risalgono al terzo millennio a.C. Infine, su una terracotta del1400
a.C. troviamo, con un testo in lineare B, il primo accenno cretese ad una e signora dellabirinto Arianna, forse. Dallontano tempo dell'edificazione del
Palazzo di Cnosso o meglio della leggenda che lo riguarda, giardini, pavimenti
di cattedrali, disegni, citta scritte e immaginate possiedono le caratteristiche
del labirinto.
Giovanni Bogani
rativa e come figura strutturale alla base di molti aspetti della cultura di oggi.
E se analizza quello di Shining come motivo figurativo, e piu interessante quando
descrive in termini di labirinto il modello di un serial come Dalias, in cu lo
spettatore e non arriva mai all'uscita, e in cu non riesce nemmeno, dopo un
numero sufficiente di puntare, a capire a quale punto della vicenda (dellabirinto) si trovi: non riesce ad aver presente la mappa dell'edificio serial. Oppure, quando accosta al piacere dello smarrirsi la rivoluzione introdotta dall'uso
del personal computer, in cui si scrive senza veder dispiegarsi davanti a noi uno
dopo !'alero i fogli di co che abbiamo scritto, ma solo una limitatissima porzione di testo: infiliamo materiali in una specie di e buco nero , esercitando
quella che Rosenstiehl ha definito e miopa teorica
Fa/si movimenti
Si e visto che i labirinti possono avere infinite forme, da quella di un word
processor a quella di un serial TV. Ma si possono ricondurre abbastanza agevolmente a tre tipi: specialmente se c'e Umberto Eco a guidarci. Il suo saggio
L 'Antiporfin e in Sugli specchi (Bompiani, Milano 1985). Quello classico, di
Cnosso, e unicursale: come vi si entra, non si puo che raggiungere il centro,
e dal centro non si puo che ritrovare l'uscita. Se questo labirinto fosse e srotolato , ci ritroveremmo era le man un unico filo. Il filo d'Arianna alero non e
che illabirinto stesso: ci vuole un Minotauro, per rendere la vicenda inceressante.
Poi c'e illabirinto detto Irrgarten (Irren, errare . Auf der Irrweg sein,
essere sulla strada sbagliata ), in cu tutti i percorsi portan o a un punto morto tranne uno, che porta all'uscita. Vi si possono commettere errori, e non c'e
bisogno del Minotauro: il Minotauro e il visitatore stesso, capace di ingannarsi
e di girare la dentro tutta la vira.
Il terzo tipo, il piu interessante, e la rete, in cui ogni punto puo essere
connesso con un alteo punto. Puo essere finito, ma anche, purch abbia la possibilica di espandersi, infinito. Non c'e bisogno d'andar lontano per trovarne
un esempio. La stessa Enciclopedia Einaudi, fatta a e voci collegabili !'una
all'altra secondo i percorsi cognitivi piu vari, e un sistema asistematico di questo tipo. Proprio la casa editrice torinese, non a caso, ha organizzato un seminario sul Sapere come rete di modelli .
Di questo tipo e anche il nzoma: un modello episremologico ispirato alle
forme degli steli sotterranei, reso e celebre da un libretto di Gilles Deleuze
e Flix Guanari, pubblicato in Italia nel 1977 da Prariche editrice di Parma.
Nel rizoma, ogni punto puo essere connesso con qualsiasi altro; esso non ha
n dentro n fuori; di esso non si da descrizione globale. Non si puo definire:
non esiste la parola definitiva, che lo squadri da ogni lato, il senso ultimo
d'un'opera che si rifaccia aquesto modello. Un modello che, probabilmente,
e 1' ultima derivazione di quelli pro pos ti dalle poetiche dell' e opera aperta
e dalle rivoluzioni e informali nel campo dell'arte figurativa. Deleuze e Guattari saranno, tra l'altro , alfieri di quel nomadismo artstico (vedi illoro Nomades et vagabonds, Pars 1976) che rifiuta ogni soluzione e orizzonte finale.
Con le osservazioni che seguiranno vorrei suggerire 1' ipotesi che i labirinti
di Kubrick siano di un tipo diverso da quelli di Tarkovskij. Non diro di quale
tipo: l'assassino si scopre alla fine. Tuno cio, con alcune conseguenze di carattere piu generale sulla loro opera.
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Man'enbad: un luogo?
Giovanni Bogani
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L'angelo sterminatore
Un altro film in cui si trova una situazione di facile entrara, ma difficile uscita
e di ~uis Buue.l: ~nge~ exterminador (L'angelo sterminatore, 19~1).l!n grup1
po d1 persone s1 numsce m una casa dopo esser stata a teatro e, po1ch m obbedienza a norme di educazione e cortesa, nessuno fa il gesto di andarsene per
.-->\) primo, nessuno si mueve. Presto nessuno ricordera il perch di quello stallo:
l'uscire sara creduto impossibile, creando una situazione d' isteria e panico collettivo, e di degradazione fisica e morale di tutti i personaggi. Vorrebbero uscire, ma non riescono. Finch si ritrovano, per l' intuizione di una di loro, nella
esatta posizione dell'inizio della vicenda. Sono tornati all'inizio della storia,
all'entrata dellabirinto, e dunque possono uscire.
Naturalmente, qui illabirinto e !'universo claustrofobico delle convenzioni borghesi, contro cui si scaglia la metafora di Buuel. E, anche qui, ripassiamo visivamente dagli stessi luoghi non solo per uscire dalla casa (e dal film).
Una stessa breve scena e stata montara due volte nel film, a distanza di pochi
minuti. Buuel afferma che si tratta di un errore del montatore che pero, accortosi che ci stava bene (ovvio che ci stava bene), non ha voluto tagliare.
Ma di certe affermazioni dei registi e bene fidarsi poco.
?f
Citizen Kane
Uno dei primi film a considerare l'abisso del possibile, un film che secondo
Borges raggiunge il prisma del romanzo (in Borges y el cine), e anche uno
dei film piu celebri in assoluto: Quarto potere (Citizen Kane, 1941) di Orson
Welles. Tutti ricordano, all'inizio, la cinepresa che avanza superando cancelli,
sbarramenti, cartelli con la scritta No Trespassing, finch giunge alletto di morte
del cittadino Kane . Che, nell'ultimo istante, fa cadere una palla di vetro
e la mtica parola Rosebud: nome, soprannome, invettiva? Imanto , nella palla
di vetro entriamo noi spettatori, per scoprire la verita di quella vita e di
quella parola. E scopriremo che l'insieme dei gesti del cittadino Kane, cosi come gli oggetti che ha collezionato, hanno costituito un insieme in cui ci si perde, di cui non si riesce a ricostruire 1' esatto tracciato, cosi come 1' insieme dei
passi percorsi da un uomo nella sua vita da luego ad una figura geometrica,
che forse un dio e capace di comprendere all'istante, come noi comprendiamo
un cerchio o un triangolo.
Come in Rashomon, ancora da venire, vari testimoni visualizzeranno il medesimo evento, ognuno da un punto di vista diverso. In questo caso, !'evento
e la vita di Kane. Piu andiamo avanti, piula personalita di Kane si rivela sfaccettata, sfuggente, e ancor piulo e il significare di quel misterioso Rosebud :
ci siamo persi nel labirinto, ogni testimone incontrato ci ha condotti su una
strada diversa. Cosa fosse Rosebud lo sappiamo solo in fondo, e scopriamo
che in fin dei conti non significava molto. Scriveva Borges che la soluzione
del mistero e sempre inferiore al mistero stesso. 11 mistero ha a che fare addirittura col divino; la soluzione con un trueco da prestigiatore . Non e forse un
caso che Citizen Kane fosse piaciuto tanto a Borges, noto architetto di labirinti
letterari.
Sempre su Welles, un luego in cui ci siperde, dove si perde la sicurezza
della visione, e la stanza degli specchi che si rompono nell'istante di massima
tensione drammatica di The Lady from Shangai (La signara di Shangai, 1946)
e che ci impediscono di capire cosa sia successo, chi sia vivo e chi mono dei
tre personaggi moltiplicati all' infinito dagli specchi frantumati da uno sparo;
un gioco anticpate dalla mise en abme della figura di Welles che passa in un
corridoio dove si fronteggiano due specchi- e quindi duemila, infiniti- verso il finale di Citizen Kane. E, naturalmente, tutti i luoghi della continua fuga
di Anthony Perkins nel film che Welles trasse da Kafka: The Tnal (JI processo,
1961). In un film non suo, infine, e Welles stesso vittima d'un labirinto. Nel
Third Man (JI terzo uomo, 1950) di Caro! Reed, Welles fugge tra i cunicoli
scuri delle fogne di Vienna.
Per Welles, ci sembra, i labirinti sono del tipo in cui certamente ci si perde, e proprio lista il piacere dello spettatore: non certo nel sapere cos'e Rosebud o chi e l'assassino nel trio infernale di The Lady from Shangai. In un labirinto c'e anche il fascino di perdersi.
Realta al quadrato
Di labirinti come suggestioni figurative o metaforiche, come struttura profonda, ne troveremo ancora nella storia dei film. Ad esempio nella discesa agli
infer, oltre lo specchio (riferimento ad Alice?) dell'Orphe di Cocteau; in
certo cinema di Rivette: Cline et }ulie, o Pans nous appartient. O nell'opera
d 'un autore che fa perdere i suoi protagonisti negli abissi delle possibilita, delle commistioni tra vero e falso e tra presente e passato come Raul Ruiz, 1' auto re
delle Tre corone del mannaio (Les trois coronnes du matelot, 1982) e dell'Jpotesi del quadro rubato (L 'ipothese du tableau vol, 1978). Ma, proseguendo,
ci vorrebbe presto un' Arianna per tirarci fuori.
Citiamo solo un altro film. Si chiama Le labyrinthe uno dei luoghi strani
che vediamo nel film La pnsonniere (1967) di Henri-Georges Clouzot. Ed e
un labirinto in perfetto stile pop, in un film che figurativamente e una serie
di punti esclamativi della visione, capace di dare la temperatura artstica di un' epoca come pochi altri in quegli anni: la Swingin' London di Blow-up o i
deliri pop di Arancia meccanica. Clouzot era stato anche uno dei pochi a usare
lo stacco tra bianco-nero e colore come indice di transizione tra livelli della
realta. Nel suo Mystere Picasso (195 1) crea una realta al quadrato degradando genialmente in bianco e nero quella che siamo soliti vedere, ed elevando a colore quella dei quadri di Pablo Picasso. Una intuizione che Andr
Bazin comprende e descrive in .modo affascinante; e che probabilmente e la
stessa che e alla base di tutti i sal ti cromatici del cinema di Tarkovskij, a cominciare da que! suo primo balzo nel colore (datato 1966) nel final e di Andrej Rublev che e, anch'esso, un entrare nella realta al quadrato del mondo prodotto da un artista figurativo.
Giovanni Bogani
Shining
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Lo scontro col piccolo Danny appare inevitabile, e diviene il soggetto stesdella narrazione ambientara nel labirinto. In fondo, Shining e piu la storia
'un duello tra due personaggi maschili che non la storia del!' esplorazione d 'un
birinto, che non e mo!to diverso da! ring in cui si devono affrontare i pugili
del primo film di Kubrick, Day ofthe Fight ( Il giorno del combattimento ,
1949): uno spazio chiuso da cui non si esce se non si e steso il rivale.
Sarebbe poi facile dimostrare come in mo!ti film di Kubrick si tratti di
un duello: tra figure paterne e filiali, perla maggior parte dei casi, con la costante vittoria del figlio: insomma, di casi di Edipo puntualmente rispettati.
I padri rimediano sempre gran brutte batoste: basti pensare a Barry Lyndon
ferito, umiliato e ricondotto al la miseria iniziale da! figliastro (il film Barry Lyndon mette in scena, contemporaneamente, anche un Edipo alla rovescia :
il piccolo Redmond Barry, troppo innamorato del padre e abituato alle su e coccole, finira sbatacchiato per terra al primo incontro con la Vita, nella forma
di un cavallo ancora non ben domato che doveva essere il suo regalo di compleanno ). Basta pensare, ancora, alla fine che fa, in Fui/ MetalJacket, 1' istruttore delle reclute, signore e padrone, ma soprattutto padre di tutti i futuri marines com pressi nell'universo concentrazionario della scuola di addestramento.
Oppure, basterebbe ricordare quanto Kubrick sia affascinato da scacchiere e giocatori di scacchi , tanto che appena puo ce ne mostra. 1
Gli scacchi sono, evidentemente, un gioco sostitutivo dell'arte della guerra. Ma c'e di pi u. In un libro sulla Psicologia del giocatore di scacchi, pubblicato in Italia da Adelphi nel 1977, Reuben Fine, un maestro americano di Iivello
mondiale, porta mo!te conferme all'ipotesi che il movente inconscio che spinge
all'azione i giocatori non e semplicemente ii gusto per l'agonismo, ma quello
piu oscuro della uccisione del padre . Del resto, dovrebbe bastare a fare suonare un cam panel!o d 'aliarme 1' osservazione che chi insegna a giocare a scacchi
(gioco, tra I'altro, eminentemente maschile )e spesso il padre , e che lo scopo del figlio diventa ben presto quello di batterlo.
In 2001: Odissea nello spazio (2001: a Space Odyssey, 1968), uno degli
astronauti che moriranno edil computer Ha! giocano a scacchi. E l'uomo perde. L'altro astronauta David ingaggia una diversa lotta col computer Ha!, la
cui posta in gioco e la sopravvivenza. Se caratteristica del gioco degli scacchi
e che un giocatore puo perdere tutti i pezzi, o quasi, e vincere ugualmente,
questo e cio che fa David' perdendo tUtti i colleghi' tra 1' a!tro congela ti in involucri come pezzi da mettere sulla scacchiera, ma alla fine vincendo su Ha!,
al quale a sua vo!ta smonta tutti i pezzi .
Tornando a Shining, sembra appropriato parlare di un labirinto facile
con Minotauro, al cui interno cio che coma e il duello tra i personaggi, che
assume carattere edipico. Che lo scontro, in Kubrick, assuma importanza fondamentale ce lo spiega lui stesso quando dice, in una delle sue rare interviste,
che e difficile negare che esista un a priori relativo all' istinto di combattere .
Nonostante l'ambientazione labirintica , ino!tre, nel suo film i confini
tra visione reale e allucinazione sono molto ben definiti (mentre non lo sono
so
Siamo invece, adesso, nell'Olimpo dei Iabirinti cinematografici, alle prese con
i due film che piu ci interessano. Tratto da un romanzo del re del! 'horror Stephen King, The Shining, tradotto in Italia da Bompiani, il film Shining (The
Shining, anche in originale) esce nel 1980. Jack Nicholson (Torrance), scrittore
a corto di ispirazione, accetta di essere ii custode per 1' inverno di un hotel nel
Colorado: si stabilisce li con la moglie e ii piccolo figlio Danny. L'hotel e pieno
di corridoi che il bambino percorre incessantemente col suo triciclo , mentre il
padre, che anche nell'albergo non riesce a trovare la forza di uscire dalla sua
impasse creativa, comincia a sviluppare un inarrestabile odio verso moglie e figlio. Allo svilupparsi di strani sentimenti non sembra estraneo I'isolamento o
forse !'albergo stesso: tutti e tre i personaggi cominciano ad avere strane visioni
di ascensori pieni di sangue, di cadaveri e fantasmi. Finch Nicholson-Torrance
non cerca di uccidere moglie e figlio e insegue ii bambino in un Iabirinto di
siepi nella migliore tradizione del giardino-Iabirinto che tanta fortuna ebbe in
Inghilterra nel Sei-Settecento. Quello di Shining, in particolare, richiama il giardino di siepi di Hartfield House , nell'Hertfordshire, fatto costruire alla fine
del Seicento da! conte di Salisbury.
La prima cosa da notare e che, nel film, i Iabirinti sono tre. Uno e infatti
lo stesso hotel Overlook: non per nulla, pur di mostrarci le continue svolte del
piccolo Danny in triciclo lungo i suoi corridoi, Kubrick sperimenta 1' al! ora rivoluzionaria steadicam; e, di fronte alla enorme cucina che funge da magazzino di provviste, Shelley Duvall esclama: Ma questa cucina e un Iabirinto! .
All'interno dell'hotel, nella cui stanza centrale sta Nicholson-Torrance, sempre piu intrattabile e feroce, come si conviene ad un Minotauro, c'e anche un
modello in scala del giardino situato all'esterno.
Ma, Ieggendo il romanzo di Stephen King, pubblicato nel 1977 negli USA
e nel 1981 da noi, abbiamo una piccola sorpresa. II Iabirinto di siepi non c'e,
non se ne parla. Nessuna traccia. Insomma, e un particolare aggiunto da
Kubrick, ii quale ne e doppiamente responsabile, metteur en scene e ideatore.
Un altro piccolo cambiamento c'e. Nel libro, !'arma del protagonista e una
mazza da croquet. Nel film e diventata una sorta di ascia doppia che non a
caso somiglia tanto aquella labrys, ascia smbolo di potere, che stava all'entrata del palazzo di Cnosso e da cui pareva derivare 1' etimologa di Iabirinto.
Vera o no che sia I'etimologia, Kubrick ha deviato in direzione Iabirinto. Ancora, nel romanzo mo!te pagine introducono la situazione di Jack e
della famiglia prima dell'arrivo all'Overlook. Di tutto questo, che potrebbe
spiegare la successiva follia del protagonista, non resta niente. Vediamo solo,
all'inizio del film, alcuni ghigni un po' strani di Nicholson. La follia sembra
procedere in modo autonomo, innescata dall'isolamento.
La prima sequenza del film, uno splendido volo della cinepresa sopra
monti e valli, situa fin dall'inizio ii microcosmo dell'Overlook nell'isolamento
piu assoluto, con i suoi Iabirinti che, seguendo la divisione proposta prima,
sono del primo tipo. Tutti i labirinti dell'Overlook sono caratterizzati dalla presenza, prima all'interno e poi nel giardino, del Minotauro: Nicholson. II quale, contrariamente a que! che avviene nel romanzo, non possiede una storia,
una vira precedente ed estema al labirinto; anzi, e Ji da sempre, come suggerisce la fotografia finale, che ce lo mostra, identico a se stesso, in una festa
da bailo del 1921.
1
Per esempio in Rapina a mano armata,
in Lo/ita e in 2001 . Ma anche in Onzzonti di
glona c'e un pavimento a forma di scacchiera.
Ed Enrico Ghezzi ci raccoma (Stanley Kubnck,
Firenze 1978) come Kubrick giocasse fin dal-
l'eca di dieci anni nei club del Greenwich ecome, ancora all'epoca del suo primo film, The
Day ofthe Fight, si mantenesse con i soldi guadagnati nei tornei scacchistici.
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Giovanni Bogani
quelli temporali: dalla didascalia che annuncia Il giorno di chiusura dell'Overlook, si ha anche nel film una chiusura del tempo lineare, con una serie
di indicazioni temporali, per cosl dire, disancorate da ogni rete di riferimento,
come nota Franco La Polla in The House Thatjack Built in AA.VV., Stanley
Kubrick. Spazio, lempo, storia e mondipossibili, Pratiche, Parma 1985; vol ume in cui appare anche un intervento di carattere piii generale sulle ambiguita
e le inversioni temporali nel cinema di Kubrick di Guido Fink: Senso antiorario, ovvero le due :'mmortalita di Lolt"ta).
1 confini tra reale e allucinazione, si diceva, sono abbastanza distinguibili.
Poche sono le immagini allucinatorie, che i vari personaggi si e passano : quella
dell'ascensore pieno di sangue, quella delle due gemelline le quali, nel romanzo, sono solo due sorelle (di sei e otto anni) e che 1' ossessione per la simmetria
di Kubrick trasforma in gemelline assai simili a quelle, celebri, fotografate da
Diane Arbus. Eovvio che, quando rivediamo le gemelline, o stiamo per avvicinarci alla stanza 237 dove capita di tutto, siamo avveniti.
Naturalmente, molte altre sono le letture di un film come Shining e deiI'Overlook, universo chiuso in cu si consuma il rituale della Morte come gia
in tanta letteratura e gialla , da Poe (La maschera del/a morte rossa) ad Agatha Christie (Five Lt"ttle Pigs). Ci interessava solo, pero, ci che accomunava
il giardino intorno ali'Overlook (e naturalmente, solo analizzando il nome
Overlook potrebbero sorgere altre letture: overlook possiede ad esempio il
significato di e stregare : e di motivi tipici della fiaba, compresa una bella ragazza che si rivela orrida strega nella stanza 23 7, e disseminato il film, come
nota La Polla nel saggio citato) 2 aquello di Marienbad; cio che accomuna le
infinite svolte del palazzo di Marienbad a quelle dell'albergo; e, infine, cio
che fa assomigliare il 1921 che vede Nicholson tale quale appare nel 1980, a
queJJ'anne derniere impossibile da afferrare.
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vista esterno a quello dei personaggi della storia, e al loro sapere superiore: iJ
suo. E Kubrick si serve di essi per un e discorso di origine ancora eisensteiniana, di montaggio delle amazioni. L'osso e !'astronave, montati l'uno dopo l'altro, vengono anche paragonati, e il giudizio implcito e ovviamente che ogni
strumento, anche !'astronave, non e che que! primo osso perfezionato con il
suo corollario, che l'uomo del 2000 non e che la scimmia di allora.
Kubrick si mostea cosl capace di vedere cio che i suoi personaggi non vedono, e di operare collegamenti logici che essi non possono compiere: di esprimere giudizi su co che mostra. In termini narratologici, e un regista fortemente e extradiegetico e onnisciente rispetto ai personaggi. Lo stesso accade quando
usa il vecchio montaggio parallelo con cui ci mostra contemporaneamente cio
che avviene in luoghi diversi, come in JI bao dell'assassino (Kzller's Kiss, 1955)
o nella voce narrante che ripete ossessivamente: e N ello stesso momento ... ,
in Rapina a mano armata (The Killing, 1956), segnalandoci ogni volta con forza che lui sa quello che i personaggi e noi non sappiamo.
Al contrario, Tarkovskij mostra di possedere uno e sguardo esterno solo
in rari casi, come nella sequenza finale di Solaris. Molto piil spesso si rannicchia in uno sguardo interno ad essi: all'interno dei loro sogni, dei loro ricordi,
della loro soggettivira pensante (il monologo interiore dello stalker). Ascoltare
i pensieri. Ci che sanno fare gli angeli di Wenders lo fa il regista Tarkovskij
con i suoi personaggi, seguendone i ricordi e i sogni: forse per questo, nella
dedica di Wenders alla fine del Cielo sopra Berlina, Tarkovskij e nominato CO
me un ex angelo. Non si entra mai, invece, all'interno dei personaggi kubrickiani, cui non e concesso un pensiero a voce alta, un solo sogno o ricordo che
non si faccia dialogo, azione o e oggettivo flash-back.
Stalker
Ellissi e attrazioni
Su Shining e su Kubrick in generale, Ornar Calabrese scrisse un saggio su e Promerco (dicembre 1985), in cui notava come Kubrick scelga spesso punti di
vista che non possono appartenere n ad un personaggio, n ad un osservatore
umano vicino alla scena rappresentata. Punti di vista impossibili , dunque,
e non qualunque: per esempio, quello che permette di congiungere, in 2001:
Odissea nello spazio, il famoso e monolito con una costellazione astrale: basterebbe che il punto di vista si spostasse anche solo di poco, e questa congiunzione non sarebbe piii possibile. Ancora in 2001, uno scimmione lancia in aria
con gioia un osso - primo strumento tecnologico e prima arma con cu ha ucciso altre scimmie - : 1'osso visto al rallentatore si trasforma nella sagoma ad
esso simile d'una astronave. Con l'ellissi piil audace della storia del cinema,
Kubrick ha saltato in un colpo solo qualche migliaio di anni. Ma questa immagine ci interessa perch !'uso di questi punti di vista impossibili (o questi montaggi impossibili: chi pu vedere in un colpo solo due istanti lontani migliaia
di anni?) mostrano la forre volonta del regista di fare emergere un punto di
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Stalker e tratto dal racconto di Arkadij e Boris Strugackij, due tra i piu no~
narratori di fantascienza sovietici, tra i pochi tradotti anche in Occidente. E
un racconto che si chiama Picnic su/ ciglio del/a strada (Piknik na Obokine,
1972) e che nel gennaio 1988 estato pubblicato nella collezione Urania di Mondadori. Il film esce nel1979: curiosamente, quasi in contemporanea con Shining.
Totalmente inassimilabile ai canoni del realismo socialista, Stalkere il film
che provoca il definitivo affermarsi di quella e congiura del silenzio che da
al lora in poi la critica sovietica opporra a tutto cio che riguarda 1' opera di Tarkovskij (fino, ovviamente, al tardivo invito a tornare in patria, e allo scongelamento recente di film come Lo specchio). La piii importante rivista sovictica
di cinema, Iskusstvo Kino , non recensisce il film; la pubblicazione che tiene como dei principali eventi cinematografici della stagione, l'annuario Ekran . non lo registra.
Ma cominciamo dall'inizio: da! ti tolo. Stalker euna parola che non esiste.
Esiste, nella !ingua inglese, to sta/k, e avvicinarsi di soppiatto - Lo stalker e
dunque colui che avanza furtivamente. Verso dove? Verso la cosiddetta zona : un'area della terra in cui- forse a causa d'un meteorite, o di esseri venuti da fuori che, come i gitanti che lasciano cartacce e lattine dopo un picnic,
avrebbero lasciato dei e rifiuti totalmente estranei al nostro universo- tutte
le Jeggi della fisica sono sconvolte. Al centro della e zona . una stanza: dove
si soddisfano i desideri piu intimi e profondi, piu irrinunciabili di coloro eh~
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ziqqurat, che si protende verso il cielo, illabirinto s' inabissa verso gli infer .
Il pe~corso nel labirinto e la discesa nel ventre della madre Terra.
E stato notato, anche in questo stesso convegno, che Tarkovskij non spinge quasi mai la cinepresa verso !'alto nel Sacnficio (Offret! Sacnficatio, 1986).
Ma questo e vero, in misura piu generale, per tutti i suoi film. Gia in Andrej
Rublev, nella sequenza in cui un uomo si solleva nel cielo su una rudimentale
mongolfiera, ci che quest'uomo guarda non e il cielo, mala terca. Addirittura, in Stalker, non ci sono piu di tre o quattro inquadrature in cui il cielo sia
~ realmente presente. Tarkovskij e uno dei registi che filma con maggior attenU zione il suolo, l'erba, !'humus, mentre si ricordano poco le sue nuvole. C'e
anche una spiegazione molto semplice, aquesto piccolo mistero di un regista
tanto spirituale (secondo molta critica), ma cosi ancorato al pianterreno ,.
della natura. Forse non tutti sanno che, prima di anclare alla Scuola di cinema
di Michail Romm, il futuro regista fu per molti anni geologo. Il percorso ipogeo all'interno della zona, dunque, sembra accettabile vederlo come un labirinto: anche perch ci si perde. Vi e anche un centro, in cu non si trova il
Minotauro, ma la stanza dei desideri.
Ma co che e piu interessante, di questo labirinto, e che si muove al suo
interno. E lo stalker lo dice: La 'zona' e un sistema complesso di trappole,
tutte mortali. Non so cosa succede quando non c'e nessuno, ma basta che appaiano delle persone e tutto entra in movimento. Le vecchie trappole scompaiono, ne appaiono di nuove. I posti sicuri diventano impraticabili e il cammino si fa ora semplice, ora ingarbugliato fino all'impossibile . Dei tipi di
labirinto di cu sopra, il rizoma di Deleuze e Guattari e l'unico modello che
esprime un riassestamento continuo, un aprirsi incessante di canali impensati;
qualche cosa che si disfa e si riforma, secondo leggi sempre nuove. Mi sembra
che l labirinto di Stalker sia quello che, al cinema, piu si avvicina a questo
terzo tipo. Non ci sono angoli retti e siepi: ma il viaggiatore pu aspettarsi di
tutto. Scrive ancora Calabrese nell'Eta neobarocca: Il piu moderno dei labirinti non e quello in cui prevalga il piacere della soluzione, ma il gusto dello
smarrimento e il mistero dell'enigma . In questo, nel peso ancora maggiore
dello smarrimento rispetto alla soluzione, Tarkovskij appare ancora piu moderno di Kubrick.
Ma vorrei suggerire che la sospensione della storia . 1' assenza di soluzioni,
no!! sta soltanto nel fatto che i personaggi non entrano nella stanza dei desideri. E anche una questione di colori. Prima di affrontare la zona , i tre personaggi siedono in un bar: l'immagine e in bianco enero. Solo quando si entra
nella zona appaiono i colori: il passaggio da bianco enero a colore funziona
da ndice di transizione da un mondo supposto reale ad un mondo possibile in cui le leggi del! a fisica non valgo no pi u. Poi si torna al bar dell' inizio,
e le immagini ridiventano in bianco enero: e viene il sospetto che tu~to il vi~g
gio nella zona si a da mettere tra parentesi: che non sia al tro che l'tmmagme
di un mondo strano immaginato da tre tipi che forse hanno bevuto un ~o piu
del solito . Ma, poi, nell'ultima sequenza Tarkovskij ritorna al colore: nvela~
doci che con la zona non abbiamo affatto finito, che non ne siamo fuon.
E infatti succede qualcosa di molto strano: la figlia dello stalker con il suo sguardo
opaco e sofferto fa muovere i bicchieri che sono su! tavolo. Quando noi crediamo di essere fuori dallabirinto, !'ultima sequenza rivela che anche quel fuori vi e immerso.
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Giovanni Bogam
Nella parte e a colori del film, quella che si svolge nella e zona , c'e una
sequenza in bianco e nero. Menrre il professore e lo scienziaro si dispongono
a passare la notte era l'erba e i sassi, lo stalker si accovaccia in un acquicrino.
Dapprima, ascoltiamo un suo monologo interiore. Poi dalla sua mano rilasciata parte una carrellata a pelo d'acqua: un movimento lunghissimo che svela,
appena sotto l'acqua, una serie di oggetti: delle siringhe, un bollirore, un calendario, delle bende, pezzi di specchio, una icona con sopra alcune monete,
pezzi bruciacchiati di giornale, un mitra. Poi rroviamo, di nuovo, la testa dello
stalker. Andando avanti, siamo rornati al punto di prima, come nella cenrrale
elemica. Ma anche, partendo dalla mano di un protagonista semiaddormentato siamo ritornati a lu: come neii'Infanzia di !van. Dunque, quello che abbiamo visto era, con ogni probabilita, un sogno.
Infatti all' interno della e zona , realta diversa da quella del bar e della
casa dello stalker, dunque a colon rispetto al bianco e nero (in realra e una
e seppia ), come un e bianco enero al quadrato , il sogno dello stalker deve
essere di natura ancora diversa; ed il colore e al quadrato rirorna bianco e nero. Ma, ancora, questa carrellata riserva altri sensi. Se io parto da un punto,
come il corpo d'un uomo che dorme, e mene allontano in linea retta, lo cirrover<) solo dopo aver compiuto il giro del mondo. Dunque questa carrellata
idealmente, lunga come un giro del mondo: ed in essa troviamo, del mondo,
i simboli. La divisione del rempo sociale (il calendario), la medicina (la siringa
e il bollitore), l'informazione (il giornale), !'arte ridotta a merce (l'icona sovrastata dalle monete), la violenza (il mirra).
SI, gli stalker sognano. E, com'e ovvio, sognano quello che sanno: per esempio la scarola sterilizzatrice sotto il pelo dell' acqua, che e la stessa che avevamo
visto al!' inizio del film in casa dello scalker. Probabilmente e un' allusione alla
malattia di sua figlia, che doveva essece cerro nei suoi pensieri.
Tuero il film, abbiamo suggeriro prima, potrebbe essece stata una lunga
parentesi immaginata era due escremita reali: la e zona . le avventure nella
e zona , i discorsi, i litigi : nient'alrro che chiacchiere fra amici al bar. Ma facciamo attenzione al fatto che il film inizia con lo stalker che esce dalletto. Alla
fine del film, lo rroviamo lungo disteso in biblioteca. La moglie gli si avvicina
e gli dice: Non puoi star qui. E umido, e ci sono i libri . Lo stalker riesce
solo a mormorare: e ... Sono cattivi ... .
In mezzo, potrebbe non esserci stato che un sogno. 11 sogno di un uomo
stanco che alzatosi dalletto si sdraia su! pavimento umido della stanza-biblioteca,
e che, addormentatosi, sogna di dormire disteso nell'acqua e di sognare (ecco
1' alero cambio di colore, il rirorno al bianco-nero) la lunga carrellata di simbo Ji
di un universo che si disfa.
e,
A case scoperte
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Altn' labin'nti
Ci sono altri luoghi, nel cinema di Tarkovskij, in cui ci si perde. In !van, l'acquitrino ficto di reticolati, dovele betulle spuntano all'infiniro; e l'altra foresta di be tulle dove Ma5a (la don na ten ente medico) fugge al le pesanti attenzioni del capitano Coln, e la cinepresa corre con foga addosso agli alberi, evitandol per un pelo e dandoci dopo pochi istanti un senso di vertigine e smarrimento. In un'alrra foresta si perde, di notte, Andrej Rublev. Ma anche !'astronave di Solans e composta da una serie di corridoi da cu se ne diramano alrri,
e non facile per l'occhio trovare punti fermi a cu orientarsi. Piu audace di
tutti gli altri, illabirinto narrativo dello Specchio, in cu non sono rispettate
n le cronologie n la corrispondenza univoca attore-personaggio, ed lo spettato!e a dover ricomporre il puzzle i cu pezzi gli vengono dati in ordine sparso. E ancora una foresta, infine, quella in cui Josephsson perde il figlioletto,
e sente perla prima volea quell'inquietante canto popolare scandinavo che accompagnera anche le immagini di angoscia successive all'annuncio della catastrofe. Infine, la sequenza splendida, purtroppo del tutto eliminara nella versione italiana del film, della prima parte di Solan's. Prima di partire perlo spazio, una lunga sequenza, in soggettiva, di un' auto che s'immerge nel traffico
della metropoli al crepuscolo (Mosca, stato detto ). Ed un caos infernale di
circonvoluzioni stradali che sembra non aver fine, mentre la colonna sonora
scatarra tremendi rumori metaJiici. Una sequenza introduttiva al!' e altra realca , quella dell' oceano Solaris, cosl come lo sara quella dei ere protagonisti
di Stalker che raggiungono la e zona .
Giovanm Bogam
Mazes
Labirinto, in inglese, non si dice solo labyrinth, ma anche maze. Maze vuol
dire sorpresa, meraviglia. e Amazement e l'atteggiamento di chi non sa da
che parte voltarsi perla sorpresa. E il cinema di Tarkovskij e pieno di sorprese
in cui, a perdersi , e lo spettatore. Piccole, o grandi, mazes, che sono anche geniali invenzioni cinematografiche.
Solans. Il protagonista Kelvin si trova in una stanza della navicella spaziale e sta abbracciando la moglie, che esce da una porta situara alla destra del
quadro. La cinepresa si muove verso sinistra, e svela, vestita allo stesso identico
modo, la madre di Kelvin. Si sposta ancora e ritrova, di spalle, la moglie, che
esce di nuovo dalla sressa porta di destra da cui gia una volta era uscita. Andiamo ancora verso sinistra: troviamo di nuovo la mogl~ spalle; infine, nevediamo una quarta, che ci mostra il volto. Non ci sono dubbi, e proprio lei.
Kelvin la abbraccia, e nel controcampo dell'immagine sta abbracciando lamadre ed e a casa su a. Poi si sveglia: e nell' astronave, e una voce gli dice: Etempo che tu rorni sulla terca . Era un sogno del protagonista, visualizzato usando due controfigure della moglie, di spalle, e la moglie vera che, appena
uscita dalla porra, passa dietro la cinepresa e corre nel luogo dove dovca essere
vista, di fronte, perla seconda volta. Ma l'effetto e srraordinario: siamo gia
entrati in quella e febbre della visione di cui sopra. Sogno e real ca stanno dissolvendo i propri confini. E infatti, nell'oceano Solaris, i sogni si materializzano: noi non riusciamo quasi piu a distinguere.
Poi, Kelvin torna finalmente a casa: il canelo saluta, e lui va ad abbracciare il padre. Zoom indietro: 1'inquadratura allargandosi m ostra la casa, il lago
accanto, una strada. Appaiono in dissolvenza, delle nuvole. Quando l'immagine ritoena visibile, la casa appare come un' isola immersa in un ribollire di
liquidi colorati. Altre nuvole in dissolvenza. La casa stessa, dunque, e dentro
l'oceano di Solaris: di quell'oceano non esiste nessun e fuori .
La casa perde la sua caratteristica di ancora, di realra ferma e al di fuori
da un mondo inquietante. Fino a quel momento potevamo pensare che tutta
la parte centrale del film fosse un lungo sogno di Kelvin mentre gira per i campi intorno casa. Con !'ultima inquadratura anche questa consolatoria ipotesi
ci e negara. E si noti che nel romanzo Solans (1961) di Stanislaw Lem non v'e
nulla di simile.
Lo specchio. Non e certo nuovo il procedimento per cui e possibile che
un personaggio sia interpretato da piu attori, o che il medesimo attore interpreti piu personaggi. Ma, nello Specchio, questo procedimento e talmente estenuato (con Margarita Terechova che impersona sia la madre che Natalja, e Ignat
Danilchev che impersona sia Ignat che Aljosha a 12 anni, mentre un altro bambino impersona Aljosha a 5 anni), e combinato alla complessa operazione di
smontaggio della successione cronologica, per cu una successione di avvenimenti a-b-c-d viene montata nel film nella sequenza c-b-d-a, che non e raro
che lo spettatore, alla prima visione, si perda.
N ello Specchio appare, piu evidente che alrrove, la grande rivoluzione narrativa di Tarkovskij.
11 continuo intercalarsi di flash-back su piani temporali diversi, dove il ricordo e realisrico del passato vissuto si intercala alle immagini di un passato
e immaginato (immaginare il proprio padre bambino)- e sono due nature
diverse di flash-back - e ancora a quelle della memoria collettiva negli inserti
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Giovanni Bogani
in Natura morta estrada, una incisione del 1937 di Escher, vediamo in primo
piano un tavolino con dei libri e un mazzo di carte da gioco. L'ultimo dei libri
e appoggiato alla parete di un palazzo, parete appena piu alta del dorso del
libro; guesto palazzo s'affaccia su una strada affollata che e anche il ripiano
del tavolo, su cu stanno le carte da gioco. La presenza simultanea, nello stesso
spazio, di due mondi di diversa scala getta lo spettatore in una condizione di
smarrimento; ma, anche, lo costringe ad intensificare la sua visione. Tarkovskij
come Escher? In fondo, in entrambi, la costruzione di mondi differenti all'interno dello stesso spazio non e che un aspetto del loro straordinario saper fare
coesistere mondi reali e mondi possibili.
cf-
La matena e zl mondo
Si potrebbe parlare di altee piccole mazes freguenti nell'opera di Tarkovskij.
Fenomeni come la levitazione (corpi sospesi nel vuoto, come nello Specchio
o in Sacnficio) e la telecinesi: oggetti mossi a distanza grazie, apparentemente,
aBa forza del pensiero, come nel finale di Stalker. Gia Riccardo Rosetti, su Filmcritica (n. 373, aprile 1987), ne ha scritto con intuizioni molto interessanti.
Qui, potremmo semplicemente aggiungere che, in generale, Tarkovskij ha compreso a fondo il principio che fonda la fortuna stessa del genere fantascienza : il cinema rende tutto (entro ceni limiti) ugualmente credibile, ugualmente
reale. Al punto che i primi spettatori dei film di Mlies si chiedevano se davvero, all 'epoca del Voyage dans la /une, gli attori fossero sbarcati sul satellite della terca.
Tarkovskij ha capito, insomma, che al cinema realta e sogno, possedendo
entrambi il medesimo grado di visibilira, si assomigliano. Si assomigliano al
punto da rendere problematico ogni discorso sulla rappresentazione del sogno
nel cinema: le immagini cinematografiche sono tutte guante un sogno ad occhi apeni, ed in ogni istante possono sovvertire le leggi non solo del senso comune, ma anche della fisica e della logica; ed e cio che fa Tarkovskij. Questa
azione disgregatrice della realta narrativa, che abbiamo cercato di presentare
nelle osservazioni precedenti, e analoga a guella che esercita sulla materia. Ad
esempio, guei muri che sotto l'azione della pioggia si sgretolano, come in Nostalghta: muri che ridiventano terra, opere umane che ridiventano natura. E
anche la zona di Stalker non e solo un territorio le cui vie mutano in continuazione. I materiali stessi che la compongono stanno attraversando fasi di trasformazione. Cos'e infatti guello sgretolarsi, arrugginire, dissolversi di prodotti umani della lunga carrellata che scivola, mentre lo s_talker dorme, su maioliche, ferro, immagini sacre, armi e monete arrugginite? E i1 ritorno di ogni espressione della civilta alla materia, all' eterno ciclo della polvere.
In guesto senso, e l'acgua che, sia materialmente (chimicamente) che visivamente, trasforma ed amalgama, che facilita il passaggio tra una materia e
1' altra, dal lucido degli specchi o dei letti di ferro all' opaco della terca e dei
visi; dalle linee rette dei muria guelle irregolari del suolo. Il muro, cos!, diventa terca. Anche il centro del mondo , la casa, ugualmente perde la sua caratterisrica di oggetto sociale e civile, umano, guando la si mostea isolata in mezzo alla terra, nel confronto con l'eterna natura, il non-umano che la circonda.
Tolto JI rullo compressore e il violino, guante case metropolitane vediamo
nel cinema di Tarkovskij? Ma le sue case in mezzo alla campagna, invece di
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Una testimonianza
Charles de Branthes
Ho avuto negli ultimi due anni la possibilira di seguire da vicino la vira di Andrej. Per capire Andrej bisogna amarlo, bisogna lasciarsi trascinare dall'immagine ch'egli ci offre. Il che significa non opporgli un distacco critico ma essere
completamente aperti. Qualcuno qui ha detto: Ateenzione al manicheismo.
Guardatevene. La vira non e cosi, non e rutta bianco e nero Si, pu essere
vero se non ci abbandoniamo all'esperienza che Tarkovskij ci comunica. Ma
se c'e l' abbandono, se si vive questa esperienza, al lora si capisce perch la situazione e molto dura e rgida: ci che egli ha vissuto era molto duro e rgido.
Qui davvero scopriamo come l'approccio di Tarkovskij alla vira sia molto
complesso. Ma impariamo anche che al fondo della complessira e' una grande
semplicita. Una volea che ci siamo immersi nel fondo della complessira, tuteo
diventa chiaro, evidente. E si capisce quanto sia essenziale il valore dell'uomo,
la responsahilita dell'uomo. Fuori di questa esperienza, Tarkovskij diventa abbastanza intollerante, perch il resto sono parole, come in Shakespeare. In questo
senso, e un po' intollerante.
Perch Tarkovskij colpisca tanto sia il pubblico di destra che quello di sinistra, e un fatto misterioso. Quel che e certo e che a destra come a sinistra
si cerca di appropriarsene. Credo che sia la destra che la sinistra subiscano in
egual misura il dominio del materialismo. Ed e per questo che Tarkovskij scuote un po' tutti, perch dimostra come, accanto alla liberazione, all'edonismo
e al progresso (accanto anche alla generosita che ha prodoteo il progresso), c'e
qualcosa che manca. Qui il regista cocea quel che c'e di piii importante nell'uomo: l'infanzia. Per questo, le sue immagini dell'infanzia sono cosl: pure.
Con l'ausilio di un'arte del tuteo moderna, contemporanea, da spessore e corpo a ci che sembrava impossibile da esprimere: alla purezza.
Lavorando al Comitato accanto ad Andrej per un anno, ho potuto ascoltare telefonate di molta gente che amava Tarkovskij. Una volea chiam un uomo
che aveva deciso di suicidarsi e che vi aveva rinunciato dopo aver visto Sacnficio. In Tarkovskij c'e il segno di un nuovo Rinascimento che si nutre di spiricualita, ma fuori di ogni dogma e alimentato dall'esperienza. Una nuova esperienza che cerca di scrappare la maschera all'uomo moderno. Quella maschera
cosi pesante e rigida che si trova ancora in alcune istituzioni o in alcuni ambienti politici. Tarkovskij cocea nell'uomo ci che e vero nell'uomo. Qualcuno
ha detto stamattina che non esiste una unica interpretazione dei suoi film, e
lui era d' accordo su questo. Era d' accordo sul fatto che cuete le interpretazioni
possono essere valide. Ognuno si pu esprimere secondo le proprie origini, il
proprio ambiente, la propria cultura, ma liberamente, anche se la liberta completa e impossibile. Andrej era il primo a dirlo. Diceva che una persona completamente libera e come un pesce fuor d'acqua, un pesce gettaro sulla spiaggia, fuori dal suo ambiente narurale. La liberta, per l'uomo, e la liberta di essere se stesso; e la liberta di essere l'immagine del suo creatore. Per Tarkovskij
non vi sono alternative: la vita e questa, o e la morte.
Riccardo Fe"ucci
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Riccardo Ferrucc1
e fin troppo lento e oscuro, difficilmente accessibile. Un cinema della difficolta; in Solaris il contenitore-pretesto della fantascienza permetteva di mantenere il film a livelli piu elevati di spettacolaritii., senza rinunciare alla forza delle
idee; inoltre affrontava tematiche ricorrenti e ripetute: dal motivo dell'acqua
all'immagine vuota, dai paesaggi naturali ai particolari in primo piano. Diceva
in un'intervista Tarkovskij: e Lamia ambizione e di fare quanto piu possibile
dei film che aiutino gli altri a vivere felici. E anche se alcuni fi lm fanno scoppiare in lacrime gli spettatori questo non significa necessariamente che si tratta
di film brutti o deprimenti . 2
Parlando di JI prato diceva Paolo Taviani: Per paradosso mi viene da di re
che il film si presenta come un film disperato proprio perch la vita potrebbe
non essere disperata, e invece lo e. Oggi il dolore sta in mezzo a noi, e come
sempre sono i giovani che lo rilevano . 3 Il coraggio di essere deboli, di vergognarsi. Eil motivo di partenza dell'immagine commovente e religiosa del cinema di Tarkovskij. Trovare un equilibrio tra le cose materiali e quelle spirituali
e la scommessa piu difficile che attende l'uomo di oggi. Uno scrittore italiano,
Cario Cassola, si pone lo stesso interrogativo: cosa lasciare in eredita alle nuove
generazioni? La nostra eredita, di cerro, non puo essere fatta solo di cose materiali. Dovremo lasciare loro qualche parola, qualche gesto, comportamenti che
insegnino ad amare la vita e chiunque e qualsiasi cosa la porti con s . 4
So/an's si chiude sull'attesa di una svolta, di un cambiamento. Un cambiamento anche crudele e drammatico, ma che apra nuovi scenari. In realta
il finale del film, con il ritorno alle radici, al la casa paterna, forse e solo !'ultima e crudele beffa: un luogo evocato dall'oceano per catturare il personaggio
di Kelvin. Il ritorno alla terra, alla felicita, e forse un percorso non realizzabile.
!talo Cal vino concludeva la sua ricerca della veritii. con un segnale di resa. Pensa
il signor Palomar: Solo dopo aver conosciuto la superficie delle cose, ci si puo
spingere a cercare que! che c'e sotto. Ma la superficie delle cose e inesauribile . 6
Tarkovskij si e spinto molto al di la della superficie delle cose, la sua immersione nella profonditii. dello spirito umano e stata totale. e Cio che si e irrigidito non vincera . Per questo ha cercato di diventare debole, partecipe e disponibile alle sofferenze e ai dolori. Il personaggio di Kelvin, fermo nell'attesa
di una risposta, anche crudele, resta un smbolo alto del suo interrogarsi e interrogarci su dove stiamo andando e perch.
Poesia e ven'ta. Un titolo goethiano, per un poeta che, come Tarkovskij, cerca
nelle immagini una via verso la conoscenza, e particolarmente indicato, non
solo per !'intenso e profondo rapporto con la figura materna che sottende tutta
la biografia di Goethe (come anche tutta !'opera di Tarkovskij) ma anche e soprattutto perch Goethe poneva queste due parole a titolo di un'opera che indicava 1' essenza di ogni percorso conoscitivo in un processo di trasformazione
interiore. E Tarkovskij, come vedremo, pone a fondamento di tutta la sua esperienza cinematografica - che e soprattutto esperienza della visualita, o esperienza della poesia come visione- proprio i1 concetto di Verita, un concetto
inteso in senso tutt' altro che dogmatico e definitivo, a differenza di come lo
intend~va il realismo socialista contro il quale tutta la sua opera costituisce una
lotta. E per lui un concetto apeno e dialettico, una Verita intesa come fattore
di instabilitii., come elemento critico che dissolve le cenezze, come una teo/ogia negativa, fondata sulla non raffigurabilitii., o piuttosto sulla impossibilita
di esaurire attraverso il discorso la descrizione degli uomini, delle cose, del mondo: e Si rimane stupefatti , come scrive egli stesso e davanti a questo accento
di unicita che esprime il principio di base del nostro comportamento emozionale verso la vita: !'artista cerca senza sosta di riprodurre la coloritura di questa
unicita, sforzandosi invano di cogliere la immagine della Veritii. ... .
Da questo rapporto con la Verita ha origine cio che Tarkovskij, prendendo a prestito il termine probabilmente da Auerbach e dai suoi studi sulla letteratura cristiana medievale, chiama la e figura ,che diventa per lui un elemento portante della rappresentazione cinematografica: e Quale cosa fantastica e
la figura! In un ceno senso essa e ben piu ricca della vita, forse nel senso che
essa esprime !'idea della Veritii. assoluta . 1
La Verita che Tarkovskij indica come obiettivo dell'artista, va quindi intesa non nel senso formale-linguistico, come verificazione, ma piuttosto nel senso simbolico, come ricerca, come processo, e anche come sostanziale ambiguitii
del visibile. L'arte e un'attivita conoscitiva e il cinema per Tarkovskij e conoscenza visiva, che si sviluppa quindi come un percorso senza fine: parte dagli
oggetti e da! loro aspetto chiaro e distinto, per discioglierli in un mare di percezioni imprecise ed incerte, o viceversa mostra illoro processo di generazione
dal magma impreciso dell'essere, dalla terra intesa come madre delle cose. Sono le sedie abbandonate nel fango, le monete, le siringhe, i vestiti, i piatti,
i vetri, i mobili, i pesci, i coltelli e tutti gli altri oggetti che, reimmersi nell'acqua, si disciolgono nella loro componente essenziale, la terra, o la materia. Come osserva con grande precisione Riccardo Rosetti, i suoi film e nel pieno di
una funzione poetica scelgono la srrada di quello che chiamo realismo, ossia
di una effettiva riflessione sulle possibilitii. di una riorganizzazione sempre ul1 A. Tarkovskij, De la figure cini'matogrphique, in Positif . n. 249, dicembre 1981.
Sandro
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B~mardi
teriore della esperienza e sulle condizioni che presiedono il formarsi del senso
in riferimento al non-detto. [ ... ] Tarkovskij ci fa cosl sen tire non pi u delle materie, ma la materia, non piii le cose, ma i/ mondo . 2
E la Verita questo processo di generazione-dissoluzione, che appare ovunque nel cinema di Tarkovskij, ma soprattutto emerge nei tre mirabili pianisequenza in bianco enero, in Stalker, Nosta/ghia, Sacnficio, dovela macchina
da presa scivola con carrelli o panoramiche sopra una serie di oggetti disposti
senza ordine e senza intenzione, abbandonati nell'acqua o immersi nel sonno
dei significati.
Un concetto di Veritii., dunque, in cuila teologa negativa (secondo la quale
possiamo dire di Dio solo co che non e) si avvicina sensibilmente alla filosofa
ermeneutica ed epistemica, e a mol te riflessioni contemporanee sulla conoscenza
umana. Come aquella di Gadamer, ad esempio, che illustra una concezione
della Verira come forza critica e trainante, e giunge ad una specie di religiosira
laica, fondata sull'antica massima eschilea to pathei mathos : Cio che l'uomo
deve apprendere amaverso la sofferenza non e una nozione qualunque, e l'intendimento giudizioso dei limiti dell'uomo, la comprensione dell'insopprimibilita della sua distanza dal divino . 3
Anche per Tarkovskij allora, potremmo commentare, la Verira non ha alteo senso che questa distanza dalla Verira: un rapporto erotico-visuale con
il mondo, dove il soggetto che vede continuamente trascinato, o fascinato,
attratto verso il regno della possibilira, verso quello che, per usare un termine
di Rilke, potremmo definire l'Aperto (das Offene ). 4
Ma come si determina in un cineasta questa convergenza di vede re e sapere, oppure di sapere e di non sapere, di singolarita e di universalita? Ricorriamo subito ad un esempio. 11 film Sta/ker, nella sua opera complessiva, occupa
un posto centrale per quanto riguarda questo problema del rapporto fra visione e conoscenza; un' opera fortemente simbolica che conduce direttamente,
sotto forma di percorso allucinatorio, alla scoperta della Verita come dissoluzione e genesi della forma, come luogo senza spazio e momento senza tempo.
Dopo un esordio notturno in cu i preparativi per la partenza ci mostrano
lo stalker e i suoi compagni di viaggio, lo scrittore e lo scienziato . ecco
che un lungo carrello ci conduce dentro la misteriosa zona . nel luogo in
cui, secondo la storia, la caduta di un meteorite avrebbe creato una condizione
favorevole alla realizzazione dei desideri umani. Questo carrello, dicevamo,
real e e figurato insieme, ovvero 1' identita di figura e di contenuto: si tratta
infatti di un carrello delle ferrovie, che i tre compagni cubano e usano per entrare nella zona. La macchina sale con loro e per tuno il tragitto rimane sul
carrello, fra uno sferragliare molto rtmico di rotaie, e un vibrare di altro materiale ferroso, fili, tubi, lamiere , che tutti insieme costituiscono una specie di
musica aleatoria, alla Cage. Mentre 1' inquadratura riempita dalla testa dello
stalker o, alternativamente, di uno dei suoi passeggeri (i primi piani della testa
sono frequentissimi lungo tutto il film, dato che si tratta di un viaggio simbolico) dietro a loro a poco a poco si schiude, con il sorgere dell'alba, uno strano
paesaggio in abbandono. Si apre la natura sconosciuta che, nei colori slavati
E'/~gr~n;
l'onava
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Fra poeJta e
v~tii
dell'aurora, poi nell'oro del sole che sorge, poi nell'azzurro cupo, quasi violetto, di un cielo ancora nuovo, ancora giovane, mostea, o comincia a mostrare,
i suoi aspetti piii comuni e nello stesso tempo meno conosciuti all'occhio, esaltati da una fotografa molto diaframmata.
La zona dovrebbe essere, come apprendiamo dai dialoghi, il regno del
fantastico, anzi della fantascienza, dove avvengono i prodigi, dove apparizioni
misteriose si susseguono incomprensibili. In effetti appare come un luogo abbandonato dagli uomini, in cui vare costruzioni desolare e materiali in disfacimento, come anche alla fine le tor!i di una centrale nucleare, tuno sta a suggerire illuogo di una mutazione. E stato lui, ad aprirmi gli occhi dice lo stalker, parlando del suo maestro, chiamato il porcospino , e segnala con queste parole il fatto che nella zona, in primo luogo, si tratta di vedere. Mache
cosa? E chi era questo porcospino, chiedono sconcertati gli altri due, si tratta
forse di una figura retorica ? Non era il suo vero nome, risponde lo stalker,
ma un soprannome, esattamente come il vostro (scrittore e scienziato). Duoque si tratta di una figura retorica. Di una metafora. E un' altra figura retorica
seguirii subito dopo. Voi aspettate un momento qui, non allontanatevi . dice lo stalker lo devo ... . Ecco una reticenza: niente di meglio per segnalare
!'apertura del senso sul regno del possibile, per aprire suggestioni indefinite.
Imanto, abbandonando i due novizi, la macchina da presa, rivolta aterra, parte da sola, da un traliccio di ferro arrugginito e caduto, per tracciare un percorso visivo: si solleva lentamente, passa sopra una ragnatela congelara dalla brina, e continua il suo do//y fino a scoprire una casa azzurrina nella lontananza,
diroccata, con un rettangolo nero al posto della porta. E una scenografia, se
alcuna mai, da horror, che ricorda le case anseatiche di Brema, in Nosferatu,
diroccate e scure, quelle in cui entra il vampiro, portando sottobraccio la sua
bara; ma potrebbe anche semplicemente essere una vecchia casa di contadini
disabitata e screpolata dal tempo. Una metafora visiva? Un'eco di antiche percezioni, di antiche visioni? Le domande non avranno risposta.
Con i dadi lanciati dalla guida, i tre personaggi attraverseranno lo spazio
sconosciuto, fino a giungere davanti a questa casa: Ecco la, la vostra stanza.
Ma noi non ci andremo direttamente, dovremo fare il giro ... Nella zona lastrada
diretta non e la piii corta. Piii si allunga e meno si rischia . Anche qui, un' altra figura viene proposta, la piii ambigua, l'ossimoro, unione di affermazione
e negazione, secondo cu la strada diretta non la piii corta; ma il discorso
dello stalker ci indica anche nella forma dell'aggiramento, del percorso indiretto, il modello di tutte le figure retoriche: il dire non dicendo, la significazione indiretta, velara, la traslazione. Forse, il tema del film proprio questo:
di figura in figura, il percorso dentro la zona si rivelerii come cammino verso la Verita, verso il senso diretto delle cose, ma questa Verita risultera irraggiungibile O addirittura temibile: la Stanza dei desideri solo uno spazio VUOto, dove una leggera pioggia e frequenti cambiamenti di colore manifestano
la incessante potenza del divenire, e il trascorrere di ogni elemento nel suo contrario.
Ma i tre personaggi pensano che sia bene rimanere fuori, poi~h la st~n
za non soddisfa i desideri conosciuti, ma quelli piii veri, interion e sconoscmti agli stessi uomini che li portano. Edunque il luogo, oltre che della felicita . anche della Veritii. Ma come tale si rivela appunto impraticabile, come
e impraticabile anche il senso diretto delle cose: occorre passare per metafore
e metafore, di traslato in traslato (ritroviamo quila tesi rousseauiana, secon~o
Sandro Bernardi
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la quale illinguaggio non puo essere che figurato). Occorre girare, aggirare,
passare sotto e sopea continuamente, per ritrovarsi poi anche piu indietro di
dove si era all'inizio; e una volta giunti al centro, i tre viaggiatori scoprono
misteriosamente di essere fuori, all' esterno, nel bar da cui erano partiti. La e zona frattanto, dice lo stalker, cambia continuamente, e dove prima c'era l'acqua, ora ci sono le braci ed i carboni ardenti, mentre i fiori calpestati ora ricrescono ancora, ma e non odorano piu .
Questo percorso, che non puo raggiungere il suo oggetto se non evitandolo, e il percorso dellinguaggio, e della conoscenza, che opera per via figurativa
(intendendo pecfigura non semplicemente qualche cosa al posto di qualcos'altro, ma piuttosto un velo imposto ad un oggetto che appare solo in quanto
nascosto dietro questo velo). Mentre i tre personaggi cercano di raggiungere
la meta, ecco che la e zona (cioe, fuor di metafora, la natura) dispiega intorno a loro le sue forme e i suoi colori piu misteriosi ed affascinanti, rivelando
un'apologia della visibilidi, dove il verde dell'erba e il fremito del vento uniscono suoni e luci in un perpetuo divenire. Il film potrebbe essere anche un
viaggio, un tnp visuale (ad un certo punto nell'acqua appare anche la siringa),
un' esperienza dove il percorso e solo simbolico e consiste in una trasformazione della facolta visiva.
Paradossalmente infatti questo film, che si presenta come un film fantastico o fantascientifico, non mostra assolutamente niente di questo genere: nessun effetto speciale, nessun oggetto immaginario. Ma piuttosto attiva una messa
in immagine senza fine (ricordiamo la e Einbzldung di Kant) in cui gli oggetti piu consueti vengono allucinati, inventati, fantasticati. La scoperta di Stalker
e la scoperta del fantastico nel reale, degli aspetti infiniti del visibile: sono l'erba, le rovine, le acque, !'aria, il vento, il fuoco, i muri screpolati, la sabbia,
il ferro, le ragnatele, la terca, il fango, il legno, i colori, i suoni, il silenzio,
che diventano fantastici, in modo conforme al suggerimento che Leonardo dava ai pittori, di guardare le mura screpolate, le braci, le nuvole, come fonte
d'ispirazione perla fantasa. Forse Stalker, in questa apologa della visibilita,
e il film che maggiormente si accosta al principio dello sforzo infinito con cui
Leonardo, pittore molto amaro da Tarkovskij (ma amaro con e terrore come
dice il postino Otto in Sacnficio) si studiava di riprodurre e disegnare 1' eternamente mutevole: i vortici dell'acqua, o la forma delle nuvole.
Focse la zona e proprio questo: un apparire delle cose ad occhi che comunemente non possono vedere, o che guardano senza vedere. Vedere infatti
significa, come scrive Gombrich, proiettare sempre forme distinte sopea gli oggetti, comporre e schematizzare secondo figure predeterminare gli stimoli visivi che riceviamo. Nessun modello figurativo certamente e in grado di esaurire
la e infinita ambiguita dello stimolo visivo ; ma d'altra parte, osserva sempre
Gombrich, nessun oggetto sarebbe visibile se non ci fosseco i modelli figurativi, le forme della percezione e della rappresentazione, che ci consentono di vedere, di identificare cio che abbiamo davanti. , La visione dunque consiste in
~~.vimento duplice, con il quale proiettiamo un modello sopea dei dati sen~
stbfh, ;~'~llo stesso tempo pero scopriamo anche l'inadeguatezza di questo mo;:/ ~ dello d{panenza, perch 1' oggetto rivela sempre inarrestabilmente nuovi aspetti
;;::
1 --sc~nosciuti )Ecco allora che !'artista, come diceva Tarkovskij, si sforza invano
(.. ~
-..
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di cogliere questa unicira e complessira infinita del visibile. Le forme, le figure, le metafore infatti, oltre a consentirci di vedere la e cosa . finiscono anche
per nascondercela.
E la Verira non e forse, come dice Foucault, questo e conflitto inesauribile
fea il visibile e l'enunciato . fea la visibilita indefinita degli oggetti, e le forme
definite, volta a volta conchiuse, attraverso cui noi ce Ji raffiguriamo? La natura figura! e dellinguaggio si applica anche alla conoscenza sensibile e all' occhio
che vede sempre sotto qualche modello, sotto qualche figura; chi e il pittore,
se non colui che produce nuovi modelli raffigurativi e percettivi, partendo da
quelli che gli vengono tramandati dai suoi predecessori? Per Tarkovskij il regista e un pittore che usa la macchina da presa, un creatore di modelli, di e figure cinematografiche . intese come nuove forme del vedere e del sapere. Qui,
il regista sovietico si avvicina straordinariamente ad una concezione dell' arte
come e pura visibilita . quale fu definita da Konrad Fiedler, a partire dalle
acquisizioni della Cn'tica del giudizio kantiana.
La Verira agisce qui come visibilita, ovvero come possibilira. E la possibilita, come apprendiamo dai filosofi sta piu in alto della realra . 6 Ma in che
modo il cinema diventa il luogo della Verita, ovvero della possibilira? C'e in
Tarkovskij un sistema privilegiato che serve a mostrare questa infinita apertura
del le cose, questa conoscibilid illimitata: e 1' insistenza sull' effetto di reale, la
durara e la fissita dell' inquadratura. Tarkovskij considera il cinema una specie
di e scultura fatta con il tempo ; per lui le inquadrature sono tubi pieni di
tempo e il montaggio stesso e analogo a un !avoco di idraulica, a un confronto fea le diverse e pressioni del tempo dentro l'inquadratura . La funzione del
tempo nell'immagine e quella di liberare i due aspetti della figura cinematografica: la sua definitezza e la sua indefinitezza, giungendo ad una specie di
e universale nel particolare . che e anche !'infinito estetico, o il sublime. Qui,
e molto chiara ed evidente 1' influenza delle teorie di Ejzenstejn (uno dei maestri rifiutati da Tarkovskij), 1' eco delle sue ricerche sul processo di e generalizzazione dell'immagine (obobscenje), e della sua distinzione fea e rappresentazione (izobrazenje), intesa come evento singolo, contingente, e immagine (obraz), intesa come schema generale che incarna !'idea dell'evento, il suo
valore concettuale.
Cio che pero Tarkovskij introduce rispetto alle teorie di Ejzenstejn e il fattore tempo. Il tempo insiste sull' immagine, fino a che la su a funzione significante si spezza, fino a che noi non vediamo piu una casa, un albero, una testa,
un volto, oppure un prato, ma cominciamo a vedere qualcos'altro, cominciamo a vedere nel senso pieno della parola. Mache cosa vediamo? Niente, o meglio non un'altra figura, ma solo la possibilidi, la pura e semplice possibilita
di altee figure, di altee forme. Il mondo ci appare allora come il possibile e
l'immaginabile: dato che l'oggetto estetico, come dice mirabilmente Mikel Dufrenne, non e alteo che e il sensibile che appare nella sua gloria . 7 Questa
funzione dis-identificante che ha la Ve rica nei confronti dell' oggetto, del visto
che viene trasformato in visibile, si riflette anche sul soggetto della visione, che
viene ugualmente dis-identificaro, collocato in un movimento ottico senza centro. Alla domanda: chi guarda? non possiamo allora rispondere piu con sicu6 La frase e di Martn Heidegger e si trova in Sein und Zell, Tbingen 1927 (tr. it. di
P. Chiodi, Torino 1974 2 , p . 100).
Sandro Bemardi
102
rezza. 11 punto di vista del personaggio collocato sulla scena infatti si sposta
all 'indietro e si dilata fino ad acquisire proporzioni smisurate, fino a coincidere
con lo sguardo della macchina da presa o con il punto di vista di Dio. Anche
qui la visibilica come forza dissolutrice muove i riferimenti, sposta i punti di
vista, fino a rivelare in ciascun vedente la funzione primaria del vedere, l'esistenza di uno sguardo-soggetto impersonale e primitivo, ma anche finale ed
assoluto.
Nel finale di Solaris, ad esempio, vediamo che la difficolta della soggettiva viene segnalata da una serie di falsi raccordi fra gli sguardi del personaggio
e quelli della macchina da presa; questi due punti di vista infatti, seppure rivolti allo stesso paesaggio e alle stesse cose, non coincidono mai, e suggeriscono
continuamente la soggettiva senza mai raggiungerla. Dopo la guarigione e dopo che Snaut gli ha detto: Credo che sia tempo per te di tornare sulla terca ,
Kelvin viene a trovarsi improvvisamente a casa, nello stesso paesaggio campestre, nella stessa immobile atmosfera invernale, in cu lo avevamo visto all'inizio. Attraverso tre falsi raccordi, come Ji chiamerebbe Burch, 8 abbiamo l'impressione, sempre contraddetta, di vedere con i suoi occhi un paesaggio che
appare poi invece guardato con altri occhi: dalle erbe fluttuanti e viscide, agli
alberi immersi nell'acqua ferma dello stagno, alla casa lontana; solo alla fine,
come una difficile conquista, le inquadrature si allineano in un raccordo faticoso ed instabile fra i due sguardi, il nostro ed il suo. In compenso pero non
tarderemo ad apprendere che lo sresso Kelvin si trova, e noi con lui , dentro
una ricostruzione oggettivata del suo ricordo, quindi dentro una sua soggettiva, dentro un'immagine tridimensionale che l'oceano pensante di Solaris ha
tratto dalla sua memoria.
La pioggia dentro casa infatti coniuga non solo !'interno con l'esterno, ma
anche il presente con il passato. Nell' inizio infatti (particolalre che purtroppo
manca nell' edizione italiana) pi ove sulla terrazza della casa di Kelvin, e questa
pioggia che batteva sui piatti, sulle mele, su! tavolo, si e trasferita, alla fine,
dentro la casa, e cade sopea le spalle del padre, sollevando anche un cerro vapore. Questa dis-identificazione (chi sei? dove sei?) viene accettata da Kelvin, insieme con tutti gli altri prodigi gia accaduti, e il personaggio si china ad abbracciare le ginocchia del padre. La macchina da presa allora inizia un maestoso dolly che la sollevera fino ad una visione aerea della stessa scena, sopea le
nuvole, fino a scoprire che 1'isola e il frammento di paesaggio ricostruito seanno in mezzo alle acque dell'oceano. Vediamo allora che il groppo di terca su
cu si trova Kelvin e senza cornici, e immerso nel vago delle acque vorticanti,
come quei frammenti di paesaggio cinesi, circondati da! bianco della pagina,
in cui Ejzenstejn affascinato, intravedeva uno dei momenti maggiormente estatici: l'uscira del personaggio e dello spettatore da se stessi, il sentimento di
un dissolvimento e della risoluzione di noi stessi nella natura . 9 11 punto di
vista di un osservatore terreno di fronte alla casa si e trasformato nel punto di
vista di Dio. Lo comprendiamo meglio se confrontiamo questo modello con
quello analogo, ma piu chiaro, che troviamo in Sacnficio, nella scena della miniaturizzazione della casa.
11 passaggio da! colore al bianco e nero, in questo film, e accompagnato
' N Burch, Praxis du cinEmJ, Paris 1969
(rr. it dt C. Bragaglia, Parma 1980)
~ S.M. Ejzensrejn, LJ nJturJ non md1f
103
dall' annuncio della catastrofe. 11 rombo dell' aereo, i personaggi che corrono
sgomenti adestra e a sinistra attraverso la sala, trascinandosi dietro la macchina
da presa, e infine la caduca della brocca di latte, accompagnata da un violento
carrello avanti, producono nella rappresentazione un forre senso di instabilita,
di incertezza riguardo alle cose e alle proporzioni. A questo punto uno stacco
improvviso ci porta fuori di casa in lontananza, nel prato, dove Alexander (ErlandJosephson) si china ruotando il busto (con lo stesso movimento maestoso
che tante volte vediamo compiere a Cerkasov in lvan zl Tem"btle, o ai marinai
del Potiitnkin) ed osserva qualche cosa che sea a terca. Si tratta di un modellino
della sua stessa casa: la disposizione di quesra scena, con il punto di vista aereo,
e una variante del finale di Solaris ottenura, anzich con un dolly, con una
miniaturizzazione; ma 1' effetto e lo stesso, qui Alexander Sta guardando dal1' alto il suo stesso mondo, la scena oggettivata della su a vita, con lo stupore
che lo porta a recitare la nota frase di Macbeth: Which ofyou have done this? .
La funzione simbolica di queste visioni semi-soggettive, come le chiamerebbe Mitry, ci appare piu chiara se rivolgiamo la nostra attenzione ad un'altra
immagine di un film precedente. Nel finale di Nostalghia troviamo una scena
che condensa due motivi precedenti: il protagonista Andrej che, nel corso del
film, ha spesso visto con gli occhi della memoria la sua isba, la sua terca, con
le donne, i bambini, il cane, alla fine, dopo la morte improvvisamente si vede
dentro questa scena. Eentrato, con la morte, in una sua soggettiva. Ma questa
soggettiva in cui e contenuto il soggetto stesso che sta guardando, appare (grazie al movimento indietro e senza stacchi, che allarga il campo visivo) come
contenuta dentro un'altra scena: la baslica di San Galgano, che era gia apparsa precedentemente nel sogno di Andrej, m entre fuori campo si u diva la voce
di Dio. Come nei sogni surrealisti di Buuel, dove contenente e contenuto si
scambiano le part, qui il vedente si fa oggetto di se stesso; ma in piulo vediamo allontanarsi fino ad essere presente-assente.
L' esperienza estatica di Kelvin, di Andrej, di Alexander consiste nell 'essere assorbiti dentro una loro propria soggettiva, pur rimanendo se stessi: una
morte simbolica che Ejzenstejn non avrebbe esitato a identificare come uscita
da se stessi: exstasis. Questo ci mostra come la forza trainante della Verita, o
della visibilita, per il mstico Tarkovskij e per il non mstico Ejzenstejn, si risolva in un procedimento non privo di analogie. Se in Ejzensrejn lo strumento
principale era un montaggio fatto di tensioni e di conflitti che spostava continuamente il punto di vista e produceva una continua fuga di metafore, fino
alla sparizione dell 'oggetto (basta pensare alla famosa sequenza degli dei
in Ottobre), qui invece, in Tarkovskij, si tratta di un movimento di macchina,
o di una inquadratura inconsuetamente lunga e prodigiosamente insistente,
che si protrae fino a quando non rimane il puro e semplice senso dello spazio
e del tempo, il sentimento di s, la tautologa dell'ex-stasis, in cui il soggetto
vede se stesso dal di fuori.
Cosl, nonostante le dichiarazioni di Tarkovskij osrili al maestro sovietico,
la sua opera rradisce chiaramente e indiscutibilmente la influenza di Ejzenstejn,
come anche quella di un alteo maestro apparentemente respimo e temuto: Leonardo da Vinci, il pittore imitato in Lo specchio e citato in Sacnficio. Sono due
figure di padri rifiutati (come un alero padre, quello autentico, il poeta Arsenij) che determinano il suo stile, fondato sulla forza della contraddizione.
105
La malattia e la solitudine
Fabrizio Borin
Una prima cosa che potrebbe essere interessante e rifarsi alla lettera di Sartre
all'e Unira . Non per riaccendere la discussione a proposito dell'Infonzta di
!van, ma perch in quella lettera Sartre etichettava nella maniera giusta la figura del giovane lvan, definita a un tempo mosteo e martire, ossia una figura
doppia, apparentemente oppositiva; un bambino vittima della guerra e, insieme, un e diverso ,., reso tale dalla guerra e dalla privazione dei genitori. Questa doppia immagine - mosteo e martire - la ritroviamo in molti personaggi
dei film successivi, e potremmo anche, meccanicamente, riferirla alla figura stessa
di Tarkovskij, regista come mosteo e come marrire.
Semmai, alle due M potremmo aggiungerne una terza: M come malattia. Il tema della malattia, del malato, e un tema ricorrente in Tarkovskij
perch egli e, a mio avviso, un malato. Malato non tanto di nostalgia, ma dell'invasamento; dell'ossessione dell'artista, questa insopprimibile necessira di
creare accoppiata a un' insofferenza personale per la mancara accettazione del
mondo nei suoi confronti. Nei film la malattia e resada una serie di personaggi come il ragazzo all'inizio di Lo specchio, la bambina di Stalker, l'ometto
di Sacnficio (malato temporaneamente, e dunque malattia e convalescenza).
Ecome se i film di Tarkovskij fossero, nella loro realizzazione, malattie superate, dalle quali il regista e i personaggi escono con guarigioni che non sono mai
definitive, (cosi' come non sono mai definitive le soluzioni finali delle situazioni tarkovskiane). Anche le sconfitte non sono mai decisive. Lo stalker tornera.
Ogni volta conduce gli intellettuali e gli uomini di cultura nella e zona ,., e
ogni volea torna stanco e sconfitto. Ma e una sconfitta sempre provvisoria, dalla
quale, a mio avviso, si riprende e si rigenera. Da un film si passa a un alteo,
il sacrificio e la rigenerazione si rinnovano. Il sacrificio di Alexander non sarebbe possibile se non si fosse passati attraverso la e sconfitta ,. dello stalker.
Mostruosira, martirio. Il martirio equello che sono costretti a vivere i personaggi del cinema di Tarkovskij, ed e quello che deve vivere il regista stesso,
perch eun regista isolato. Allora, l'isolamento e un'altra delle caratteristiche
del suo fare cinema. Pu darsi che l'insegnamento di Tarkovskij abbia fatto
discepoli fra i nuovi registi sovietici, ma io resto profondamente convinto dell'assoluta individualira della posizione tarkovskiana: se ha eredi, si tratta di continuatori di un ideale, null'altro.
La sua solitudine potrebbe suggerire di rivolgere l'attenzione da una parte
verso la fede e dall'altra verso il pessimismo. Che Tarkovskij sia un regista profondamente pessimista e stato detto da molti. Ma si dovrebbe aggiungere che
Tarkovskij non avrebbe voluto essere pessimista, non avrebbe voluto che esistesse questa frattura (fra il mondo occidentale e il suo mondo, fra il suo modo
di sentire e quello degli altri, fra la sua visione delle cose e la visione che delle
cose hanno gli altri, prima in Unione Sovietica e successivamente in Italia). Il
pessimismo, in lui, fu una contraddizione e un dramma.
Oggi bisogna evitare la beatificazione del personaggio. Per evitarlo con-
La malattia e la solitudin
verra mettere l'accento, magari per paradosso, sulle sue debolezze, sui suoi difetti, veri o presunti. Ad esempio, l'esasperazione formalistica, la ripetitivita
e 1'insistenza su certi elementi ricorrenti. Non mi ripeto sugli esem pi dell' acqua, e degli oggetti dentro l'acqua. Solo, agli esegeti dell 'oggettistica cinematografica potrei segnalare que! contenitore porta-siringhe di metallo che sta sul1' oblo della stazione orbitante di Solans, dove ecresciuta una piantina. E1'ultima immagine sulla quale il regista insiste prima di farci rivedere il protagonista di nuovo sulla terra, accanto alla riva del lago gelato. Ecco e la stessa scatoletta che troviamo nella lunga carrellata di Stalker sull'acqua (accanto a un'altra serie di oggeni). Sembrano insistenze gratuite, orpelli. Ma basta un animo
di attenzione per comprendere che queste insistenze sono essenziali allo sviluppo del raccomo. Si e discusso sulla complessita (o semplicitii) delle tematiche tarkovskiane. Tarkovskij complica le cose elementari oppure no? Si potrebbe osservare che in alcuni film i personaggi minori hanno la funzione di fare
chiarezza, di spiegare cose che il filo del discorso invece non contribuisce a chiarire. Pensiamo al personaggio del postino Otto in Sacnficio, un non protagonista che fornisce una serie di indizi necessari per spiegare il comportamento finale di Alexander: in particolare, dove parla dell 'episodio della fotografia. Si
apre qui un discorso sull'immagine fotografica, e cinematografica, che potrebbe appumo spiegare alcune delle motivazioni che conducono il protagonista
al gesto finale del dar fuoco alla casa.
Quanto alla solitudine, come non ricordare che la solitudine e la condizione della preghiera? E la preghiera in Tarkovskij non e soltanto lo stadio finale cui giunge Alexander quando prega per scongiurare la catastrofe nucleare
e pur sacrificando se stesso. La preghiera egia presente nei primi film: una preghiera intesa come implorazione per operare nella realizzazione di un mondo
e ideale (irreale) che contraddice la realtii quotidiana, dove !'artista ecostretto a vivere. E un'opposizione che contraddistinguera tune le tappe del suo cinema: JI violino e ti rullo compressore, una divisione insanabile; da una parte
1' arte, la poesia, la musica ecc., e dall' alua il rullo compressore dell' immagine.
in grado di costruire e di distruggere nello stesso tempo.
A proposito della preghiera, mi veniva da pensare (e stato citato) aJancs.
L'ultimo film diJancs, Le stagioni dei mostn', e molto tarkovskiano. Pone gli
stessi problemi, sfocia nell' uccisione metaforica di Cristo e in una serie di esplosioni che si sentono fuori campo (di rumori che possono far pensare a esplosioni analoghe a quelle di Sacnficio). Ci sono grandi vampate di incend!, e arr!viamo, anche qui, al nodo: cosa fare per contrastare la catastrofe che c1 sta mJnacciando. (Catastrofe che non e solo Cernobyl, o la guerra nel Golfo, ma e
proprio il punto di ronura, la contraddizione tea due mondi, tra due s~ere del
sentire). Tarkovskij, in maniera molto fideistica, sposta il problema all'mterno
di s: per salvarsi non c'e alua srrada che il e sacrificio ,. personaJe. Bisogna sacrificare qualcosa di noi stessi: evidentemente, Tarkovskij non. ~ensa solo al s~
crificio del benessere occidentale raggiunto, ma anche allo spmto, nel tentativo di far coincidere lo sviluppo spirituale, con lo sviluppo materiale. .
Jancs approda qui anche lui. Alla catastrofe. Si muove, pero, a un !J.vello
cinematografico piu basso, perch non riesce a staccarsi dall'uso del pianosequenza inteso come labirimo (simbolo della situazione di stall~ al~a q~ale
siamo giunti). Dal piano-sequenza di Jancs non emerge alcuna mdJcazone
per il futuro. Indicazione che invece (si potra essere d'accordo o meno su quel
che contiene) emerge con straordinaria chiarezza da Sacnjicio.
107
A proposito di Stalker
Gabriele Boccacini
A Torino la Compagnia Stalker Teatro ha imperniato su questo film di Tarkovskij un'azione teatrale. Non ho mai conosciuto personalmente Andrej Tarkovskij, eppure a volte mi sembra di conoscerlo molto bene, per il solo motivo
di avere visto i suoi film. Questa sensazione penso sia comune al pubblico, quando avverte ntimamente un'opera, quando viene portato dagli stimoli dell'opera stessa ad interpretare, ad intuire, a condividere l'esperienza che essa cappresenta.
Posso quindi dire di avere conosciuto Andrej Tarkovskij una sera, a Torino, in un cinema d'essai dove, per pochi giorni, agli inizi dell980, venne proiettato Stalker. Come talvolta puo accadere, ero andato al cinema senza sapere,
se non vagamente, cosa avrei visto; dell' auto re allora non conoscevo nessun lavoro. Come mi era successo altre volte andando al cinema o a teatro, leggendo
un libro o guardando un quadro, mi aspettavo qualcosa di utile, che avesse
qualcosa a che fare con me, anche se non previsto e definito, qualcosa di cui
si avverte la mancanza, per riempire quel vuoto, maturato durante una qualunque giornata.
Quella volta, a differenza di tante altee, ho provato una sensazione di appagamento, come se, guardando il film, avessi realmente compiuto un'esperienza di vita. Nonostante il film possa essere incluso nel genere della fantascienza, ho avuto l'impressione che venisse raccontata una storia realmente accaduta; i personaggi erano vivi, modellati nelle loro contraddizioni, carichi di
umanita; le metafore risultavano !impide ed illuminanti, le allucinazioni credibili, come utopie che in seguito, un giorno, si sarebbero potute avverare.
Non nell'immediato, ma dopo circa due anni in cui quest'avventura dello
spirito di tanto in tanto tornava in luce, scorsi l'occasione per intraprendere
un viaggio affine, per tematiche e visioni, attraverso il mezzo a me piu congeniale, il teatro, ispirandomi a Stalker di Tarkovskij. Pro posta 1' ipotesi, e verificara con gli altri componenti della compagnia, individuammo la zona ~. il
luogo misterioso del film, in un ex ospedale psichiatrico, quello della citta di
Collegno, dove abbiamo costituito la base fisica e mentale da cui iniziare il
v1agg10.
E bene aquesto punto precisare che quanto diro in seguito sull'opera di
Tarkovskij , limitandomi fra l'altro al film Stalker, va inteso come una noma
libera interpretazione. Da questo film, infatti, abbiamo tratto il pretesto poetico per realizzare un'esperienza di ricerca teatrale. La struttura del viaggio dello stalker da noi individuara e formara da nove momenti o unita, tradotti in
ambienti teatrali che compongono un percorso in cui si devono avventurare gli
interpreti e gli spettatori, sia mentalmente che fisicamente , procedendo realmente nello spazio.
Nella scelta di un teatro ambientale a percorso c'e gia un'affinira con quello
che e lo spazio fisico del cinema, cioe i set cinematografici: gli interni e gli esterni
di diversi e magari remoti luoghi che per virtu del cinema si ricompongono
A proposito di Sra!
in un unico percorso. Immaginare di lavorare in tali condizioni, facendo teatro, ritengo dipenda dal fatto che sia proprio un film ad esserne il punto di
part~nza; se fo~sim.o partiti da un te~to .teatrale o da un romanzo saremmo probab!lmente arnvau ad altre conclus10n1. Ma come poter operare in luoghi ampi, non previsti negli spazi abituali delle prove teatrali? Non restava che utilizzare ambienti reali che avessero, di per s, attinenza con i luoghi di avventura
dello stalker. La zona ~. illuogo misterioso del film (proibita, recintata, chiusa
e ritenuta pericolosa perch non conosciuta) , puo rimandare per facile associazione ad un ospedale psichiatrico, altrettanto proibito, cioe non praticato dalla
gente, attorniato da alte mura di cinta, e da quelle ancora piu alte costruite
dalla logica sociale, chiuso a qualsiasi cambiamento esterno perch non si vuole n conoscere, n tanto meno sapere, cosl come non si vogliono sapere i desideri di chi, nel film , potrebbe realizzarli giungendo nel cuore della zona vietata: la stanza dei desideri ~.
Ritornando alla noma interpretazione del film, che dicevo scandita in nove ambienti teatrali, vorrei mettere in evidenza alcuni precisi fotogrammi del
film, nove fuggevoli immagini che come fossero icone incise fortemente con
i colori sullegno, ci hanno abbagliato suggerendoci un possibile cammino. Di
queste nove immagini, che abbiamo scelto e urilizzato come punto di riferimento anche nelle schede di presentazione dello spettacolo, vorrei descrivervi
brevemente parte di quello che abbiamo inteso, che e certamente solo parte
di quello che al tri ancora possono avere coito, ma comunque sia immagini, sensazioni e riflessioni conseguenti, importanti per noi per il loro valore.
Il primo fotogramma preso in esame e !'equivalente simbolico dell'inizio
del nostro spettacolo: il primo ambiente intitolato la casa~. L'immagine mostra il protagonista, lo stalker, intento a lavarsi vicino a un lavandino in una
stanza disadorna di una povera casa. Poco prima s' era al zato dal letto, cautamente per non svegliare la moglie e la figlia che dormono. Mentre sta ultimando i preparativi per uscire e dirigersi verso la zona proibita, improvvisamente
la luce, che tenuamente aveva finora dominato l'inquadratura, pare che salti
in un lampo e rischiarando la stanza sorprende lo stalker. La moglie interviene
maledicendolo per il suo, presunto, menefreghismo nei confronti dei familiari. Lo stalker renta blandamente di giustificarsi per poi demandare completamente ai suoi stessi atti la decisione ultima di andarsene. La moglie, dopo averlo ripetutamente ingiuriato, cacle aterra piangendo. In questa prima sequenza
del film abbiamo ravvisato le condizioni iniziali che generano una forza creativa, l'energia primigenia che da origine all'epica di questo croe moderno. Vi
e un nucleo, in questa prima parte , che e composito, un realra cruda e contraddittoria formata da opposti che si amaggono e si respingono formando, per
un movimento irrequieto (dato dalla rottura e dalla crisi), una energa iniziale,
sostanzialmente propositiva, di necessario cambiamento di stato. Lo stalker la:
scia la famiglia, mala famiglia e parte di lui; egli lascia quindi una pa~e d!
s, nel dolore e nella sofferenza, per evolversi. Ma non e un atto egOJsuco: e
chiaro che lo fa anche per i suoi cari , forse per tutto il genere umano: Sembra
un atto sacrificale che vada oltre una concezione cristiana del sacriftcJO e della
redenzione, ricordando piuttosto una genesi narurale: separazione, sdoppia:
mento e proliferazione, indispensabile all'evoluzione del ciclo della ~atu~- Cost
come non e affatto ovvio che sia l'uomo, lo stalker, ad andarsene; s1, puo essere un'utile convenzione narrativa, ma emerge con chiarezza, in particolare nel
momento del ritorno a casa, l'esistenza in lui di forze antagoniste (rapp~esen-
Gabriele Boccacini
tabili proprio dallo stalker e dalla famiglia), cosi come entrambe sono presenti
nella donna-moglie. In questo senso, nel nosteo spettacolo la figura dello stalker viene interpretara sia da uomini sia da donne. Abbiamo ipotizzato che sia
quindi la famiglia a generare la volonta di azione dello stalker, e cio di nuovo
rimanda a una immagine della natura: alla terca che tutto genera e alla fine
tu tto raccoglie.
Tralasciando queste interpretazioni forse troppo cosmogoniche, che fra l'altro possono essere stimolate anche da altee parti del film, procediamo nella lectura passando alla seconda immagine scelta. Qui lo stalker si incontea con i due
visitatori, lo scrittore e lo scienziato, che intendono farsi condurre all' interno
della zona e - per bisogno e sfida - addentrarsi nella stanza dei desideri . I tre personaggi appaiono seduti attorno al tavolino di un locale pubblico,
dimesso, di cui sono i sol avventori. Nel dialogo che segue scopriamo un' altea
unita o momento del racconto, che nella nostea interpretazione teatrale diventa il secondo ambiente: il bar l>. Il bar, come luogo pubblico, diviene l'occasione di incontro e di confronto fra tre diversi punti di vista o filosofie di vita,
che racchiudono nell'insieme altee contraddizioni facenti parte di un tutto emblematico. Lo scienziato con le sue motivazioni dettate dalla necessita di conoscere, e forse di distruggere; lo scrittore con la voglia di indagare su se stesso,
per meglio alimentare la sua arte; lo stalker, infine, con il suo compito fatale
e morale di condurre gli altei sulla soglia della verita, pur senza condividere
lo stesso scopo. Tutti e tre danno la sensazione di rappresentare un unico individuo sfaccettato nelle sue diverse componenti emotive, intellettuali e imprescindibilmente naturali, in balia di un fato che domina l'uomo desideroso di
sapere per appieno manifestarsi. In questa sequenza del film sembra che i tre
parlino linguaggi diversi, che non si possano capire tra loro , ma tutti sono uniti
da un destino comune, un segnale per iniziare insieme il viaggio, e solo uno
stalker puo percepirlo.
Il nostro terzo ambiente teatrale, il viaggio , si ispira ad alcune parti
precedenti e successive all'attraversamento del recinto che circonda la zona.
Nel fotogramma ripreso nelle nostre schede, vediamo lo scrittore che corre verso una jeep in un ambiente fortemente degradato. Attorno alla zona, infatti, tutto appare distrutto ed abbandonato; i tee personaggi si aggirano nascondendosi alle ronde delle pattuglie che sorvegliano l'unico possibile accesso. Solo qui compaiono gli antagonisti, militari in divisa, armati. Madi fatto
hanno un'importanza relativa. Ben altei risulteranno essere i pericoli, i nemici
impalpabili frutto delle angosce e delle visioni dei protagonsiti stessi. Con un
espediente narrativo di piii facile comprensione (le raffiche di mitra esplose dai
militari) si sottolinea la difficolta del superamento del recinto che circonda la
zona . Al suo interno ritroveremo sempre i soldati, ormai impotenti anche
se armati, senza ferite ma misteriosamente privi di vita. La sequenza attinente
al tema del viaggio che piii mi ha sollecitato e quella in cui i tre, ormai addentratisi nella zona, proseguono su di un carrello disposto su interminabili rotaie.
Un be! piano-sequenza mette in luce le mutevoli espressioni dei personaggi,
che ben rappresentano la sensazione del perdersi nel vuoto, di dense distanze
che generano timori; paure che con il passare del tempo e il procedere verso
luoghi sempre piu remoti, si teaformano, cedendo alla stanchezza, in un profondo oblio. Addormentati ed incoscienti riescono a giungere nel centro della
zona vera e propria, quasi si volesse affermare che illuogo tanto agognato
si puo raggiungere solo se si abbandonano tutte le difese, solo se ci si lascia
108
109
A propoJito di
Gabn"ele Boccacini
tabili proprio dallo stalker e dalla famiglia), cosl come entrambe sono present
nella donna-moglie. In questo senso, nel nostro spettacolo la figura dello stalker viene interpretara sia da uomini sia da donne. Abbiamo ipotizzato che sia
quindi la famiglia a generare la volonra di azione dello stalker, e cio di nuovo
rimanda a una immagine della natura: alla terca che tuno genera e alla fine
turro raccoglie.
Tralasciando queste interpretazioni forse troppo cosmogoniche, che fra l'altro possono essere stimolate anche da altre part del film, procediamo nella lectura passando aBa seconda immagine scelta. Qui lo stalker si incontra con i due
visitatori, lo scrittore e lo scienziato, che intendono farsi condurre aB'interno
della e zona e - per bisogno e sfida - addentrarsi nella e stanza dei desideri 1 tre personaggi appaiono seduti attorno al tavolino di un locale pubblico,
dimesso, di cu sono i sol avventori. Nel dialogo che segue scopriamo un'altra
unira o momento del racconto, che nella nostra interpretazione teatrale diventa il secondo ambiente: e il bar Il bar, come luogo pubblico, diviene l'occasione di incontro e di confronto fra rre diversi punti di vista o filosofie di vira,
che racchiudono nell' insieme altre contraddizioni facenti parte di un tutto emblematico. Lo scienziato con le sue motivazioni dettate dalla necessira di conoscere, e forse di distruggere; lo scritrore con la voglia di indagare su se stesso,
per meglio alimentare la sua arte; lo stalker, infine, con il suo compito fatale
e morale di condurre gli altri sulla soglia della verita, pur senza condividere
lo stesso scopo. Tutti e tre danno la sensazione di rappresentare un unico individuo sfaccettato nelle sue diverse componenti emotive, intellettuali e imprescindibilmente naturali, in balia di un faro che domina l'uomo desideroso di
sapere per appieno manifestarsi. In questa sequenza del film sembra che i tre
parlino linguaggi diversi, che non si possano capire tra loro, ma tutti sono uniti
da un destino comune, un segnale per iniziare insieme il viaggio, e solo uno
stalker puo percepirlo.
Il nostro terzo ambiente teatrale, e il viaggio . si ispira ad alcune part
precedenti e successive aB'attraversamento del recinto che circonda la e zona .
N el fotogramma ripreso nelle nostre schede, vediamo lo scrittore che corre verso una jeep in un ambiente fortemente degradato. Attorno alla e zona . infatti, tutto appare distrutto ed abbandonato; i tre personaggi si aggirano nascondendosi alle ronde delle pattuglie che sorvegliano l'unico possibile accesso. Solo qui compaiono gli antagonisti, militari in divisa, armati. Madi fatto
hanno un'importanza relativa. Ben altri risulteranno essere i pericoli, i nemici
impalpabili frutto deBe angosce e delle visioni dei protagonsiti stessi. Con un
espediente narrativo di pi u facile comprensione (le raffiche di mitra esplose dai
militari) si sottolinea la difficolra del superamento del recinto che circonda la
e zona Al suo interno ritroveremo sempre i soldati, ormai impotenti anche
se armati, senza ferite ma misteriosamente privi di vita. La sequenza attinente
al tema del viaggio che piu mi ha sollecitato e quella in cui i tre, ormai addentratisi nella zona, proseguono su di un carrello disposro su interminabili rotaie.
Un be! piano-sequenza mene in luce le mutevoli espressioni dei personaggi,
che ben rappresentano la sensazione del perdersi nel vuoto, di dense distanze
che generano timori; paure che con il passare del tempo e il procedere verso
luoghi sempre piu remoti, si traformano, cedendo alla stanchezza, in un profondo oblio. Addormentati ed incoscienti riescono a giungere nel centro della
e zona vera e propria, quasi si volesse affermare che illuogo tanto agognato
si puo raggiungere solo se si abbandonano tutte le difese, solo se ci si lascia
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A propoitlo di Stalkcr
G:1bn'e/e Boccacmi
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A proposilo di Stalker
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avanzando verso il pubblico lungo una traiettoria composta da nove sedie amiche di diversa epoca. Togliendosi le fasce, e sempre guardando verso il pubblico, con forza imprevedibile prende ad una ad una le sedie e le scaglia lomano.
Finch, concluso il percorso, si trova per qualche animo ancora di frome al pubblico, investita da una forre luce.
Non so quanto abbia oggettivamente riponato del film, quanto abbia reinventato, quanto sia opportuno interpretare e quanto, bene o male, abbiamo
saputo cogliere, e ad altri riportare amaverso lo spettacolo. Dopo alcuni anni
di lavoro sull'opera di Tarkovskij, i diversi livelli di esperienza quasi si confondono fra loro. Volevo parlare di Stalkerdi Tarkovskij, ma mi e difficile a queseo punto dissociarlo da quello che ne abbiamo tracto. Considerando Stalker
come una parabola sulla vicenda dell'uomo moderno, che non si arrende alla
perdita dell'utopia, pur ravvisandone i limiti edil probabile scacco, noi abbiamo perseguito per pratiche e per metafore le indicazioni che Tarkovskij ci ha
suggerito . Teoricamente certi della necessita, per chi opera nelle arti, di !oteare
attorno ai limiti da cui l'uomo e costretto, nella pratica cerchiamo di potenziare con gli strumenti dellinguaggio l'immaginario confrontandolo ed alimentandolo con dati di realta.
La e zona, quindi, per noi e diventata un ospedale psichiatrico e Ji siamo andati anche fisicamente a vivere, ad abitare. Abbiamo avvertito la separazione dai luoghi carie dagli affetti, abbiamo conosciuto la sofferenza dell'emarginazione e di chi vive costretto in un alero mondo, e siamo ritornati, a
nostra volta, per raccontare e far conoscere ad altri cio che abbiamo provato.
Credo che anche Tarkovskij abbia vissuto un' esperienza per qualche verso attinente aquella del film. Immagino lo stalker come una figura emblematica della
condizione di chi, con cene intenzioni e presupposti, svolge un lavoro artstico.
Per tutto questo ringrazio Tarkovskij: per quello che la sua opera ci ha
dato. Vorrei in suo ricordo citare una poesa di Holderlin che, scavata nel fango, compare nella zona del noscro spettacolo:
In alto il mio spirito si procese,
ma subito amore lo tiro giu:
dolore con piu forza lo incurva;
cosl ho percorso della vira l'arco
e ritorno donde mi mossi.