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LEONE MAGNO L'«INTREPIDO PONTEFICE» CHE FERMÒ ATTILA

Continua la serie su alcuni tra i più significativi Papi della storia. Nella decima puntata la vicenda di un uomo
che Benedetto XVI ha definito «uno dei più grandi pontefici che la Chiesa abbia avuto»

Eugenio Russomanno29.03.2010

Benedetto XVI ha dedicato a san Leone Magno l’udienza del 5 marzo 2008, definendolo «uno dei più grandi
Pontefici che abbiano onorato la Sede romana: il suo pontificato è stato senza dubbio uno dei più
importanti nella storia della Chiesa».

Nel 430 divenne diacono della Chiesa di Roma e si fece subito notare: nel 440 fu inviato dalla corte
imperiale in missione diplomatica in Gallia, per risolvere una difficile situazione. Fu al servizio in modo
esemplare prima di papa Celestino I e poi di papa Sisto III: alla morte di quest’ultimo fu eletto proprio
Leone. Il nuovo Papa fu consacrato il 29 settembre 440, data che egli stesso avrebbe celebrato ogni anno
come anniversario della sua vera nascita.

«Intrepido pontefice», lo definisce lo storico August Franzen. Mentre John Kelly, nel Grande dizionario
illustrato dei Papi, ne parla così: «Pontefice energico e tenace, in tutta la sua politica e nelle sue
dichiarazioni ufficiali s’ispirò alla convinzione che la suprema e universale autorità della Chiesa,
originariamente conferita da Cristo a Pietro, era stata trasmessa a tutti i Vescovi di Roma come successori
ed eredi dell’Apostolo. Come infatti Pietro aveva ricevuto dal Signore un potere maggiore a paragone degli
altri apostoli, così il Papa era “il primate di tutti i vescovi”». Secondo Benedetto XVI, «Leone mostrava come
l’esercizio del primato romano fosse necessario allora, come lo è oggi, per servire efficacemente la
comunione, caratteristica dell’unica Chiesa di Cristo».

Leone Magno non mostrò mai il minimo dubbio che il primato appartenesse al Vescovo di Roma e che esso
si estendesse anche sulla Chiesa d’Oriente.

Come sarebbe accaduto più tardi con il pontificato di Gregorio Magno, la realtà indusse la responsabilità del
Papa ad assumere un ruolo dominante in campo non solo religioso ma anche civile e politico. Ricordiamo in
particolare un celebre episodio, ritratto dal genio di Raffaello nella Stanza di Eliodoro dei Musei Vaticani.
«Esso risale al 452, quando il Papa a Mantova, insieme a una delegazione romana, incontrò Attila, capo
degli Unni, e lo dissuase dal proseguire la guerra d’invasione con la quale già aveva devastato le regioni
nordorientali dell’Italia. E così salvò il resto della Penisola. Questo importante avvenimento divenne presto
memorabile, e rimane come un segno emblematico dell’azione di pace svolta dal Pontefice», scrive il Papa.

Leone affermò con successo la propria autorità su tutto l’Occidente. Invece nei rapporti con l’Oriente ebbe
qualche resistenza. Il monaco Eutiche aveva iniziato a propagare la dottrina secondo cui Gesù Cristo aveva
una sola natura, la natura divina, e non quella umana: papa Leone spedì a Flaviano, vescovo di
Costantinopoli, diretto superiore di Eutiche, un’importante lettera, il cosiddetto Tomo a Flaviano (Epistola
dogmatica ad Flavianum), nella quale condannava Eutiche e chiariva in modo autorevole la vera dottrina
dell’unione delle due nature nell’unica persona di Cristo (unione ipostatica). Questa lettera fu definita la
prima decisione infallibile ex cathedra di un Papa.

Benedetto XVI pone in risalto un altro fatto importantissimo del pontificato di papa Leone: il Concilio di
Calcedonia, «la più importante assemblea fino ad allora celebrata nella storia della Chiesa». Fin dal VI
secolo il Concilio di Nicea del 325, il Concilio di Costantinopoli del 381, il Concilio di Efeso del 431 e il
Concilio di Calcedonia del 451 furono a ragione considerati punto di riferimento per la vera cristologia: essi
riassumevano la fede della Chiesa antica e vennero paragonati da Gregorio Magno ai quattro Vangeli. Il
Concilio di Calcedonia, contro l’eresia di Eutiche, affermò l’unione nell’unica persona di Cristo delle due
nature umana e divina: Gesù Cristo era vero uomo e vero Dio. Il citato Tomo a Flaviano fu letto a
Calcedonia e i Vescovi presenti lo acclamarono con l’esclamazione: «Pietro ha parlato per bocca di Leone».

Proclamato nel 1754 “Dottore della Chiesa”, Leone Magno non fu teologo originale ma chiaro assertore
dell’ortodossia, come dimostrano i suoi 96 sermoni e le sue 143 lettere, scritti con chiarezza, concisione e
melodiosa prosa ritmica. Con Benedetto XVI ricordiamo, in particolare, quanto egli sottolinea in un
sermone a proposito della Pasqua: essa è da celebrare in ogni tempo dell’anno «non tanto come qualcosa
di passato, quanto piuttosto come un evento del presente». Morì il 10 novembre 461. Santo, la sua festa si
celebra il 10 novembre in Occidente e il 18 febbraio in Oriente.

Papa Leone Magno ferma Attila (part.), Raffaello.<br>Roma, Palazzo Vaticano.

Papa Leone Magno ferma Attila (part.), Raffaello.

Roma, P

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